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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 10 aprile 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La V Commissione,
   premesso che:
    nel 1936 è stato costituito l'Ente Eur, Ente autonomo per l'esposizione universale di Roma, per la realizzazione di un modello di pianificazione urbanistica e architettonica tra i maggiori esempi di architettura razionalista;
    nel 1937, ad opera di Marcello Piacentini, Giuseppe Pagano, Luigi Picchiato, Ettore Rossi e Luigi Vietti, con la partecipazione dei maggiori architetti dell'epoca, tra cui Adalberto Libera e Luigi Moretti, fu redatto il primo progetto urbano, in cui l'intero quartiere era stato pensato come una città organica e coerente in tutte le sue parti, non solo, a comporre la grandezza del progetto espositivo, contribuirono, insieme agli edifici, grandi esempi di architettura monumentale razionalista, oltre 70 ettari di verde urbano destinato a parchi e giardini di alto pregio, la cui ideazione scenografica fu opera del paesaggista Raffaele De Vico;
    negli anni sessanta l'unicità del complesso urbanistico fu arricchita da ulteriori opere come il Velodromo e il Palazzo dello Sport;
    attualmente sono oggetto di studio, da parte dell'università La Sapienza e delle più importanti università di tutto il mondo, anche i progetti non realizzati, quelli di Giuseppe Terragni, per ripensare tutto l'impianto urbano dell'Eur un grande parco architettonico diffuso, un laboratorio espositivo, patrimonio della nostra cultura, non smembrabile in singoli poli significanti;
    il 17 agosto 1999, con decreto legislativo n. 304, il Parlamento, al fine di garantire l'unitarietà del patrimonio immobiliare di alto pregio, trasformò l'Ente Eur in Società per Azioni, detenuta al 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e al 10 per cento da Roma Capitale, con l'obiettivo, da statuto societario, della tutela e della valorizzazione del patrimonio immobiliare, stimato in 645 milioni di euro con decreto ministeriale del 13 marzo 2000;
    il 22 gennaio 2004 il patrimonio di Eur spa, riconosciuto di notevole interesse storico-architettonico e paesaggistico, fu posto sotto tutela, con decreto ministeriale n.42, ai sensi del codice dei beni culturali;
    nel 2008, ebbero inizio i lavori di realizzazione della «nuvola» progettata dall'architetto Massimiliano Fuksas, vincitore, nel 2000, di un concorso internazionale di progettazione bandito nel 1998; con un Accordo di programma, sottoscritto da Ministero dell'economia e delle finanze, comune di Roma e regione Lazio, si stabilì che Eur spa fosse il soggetto realizzatore e che l'opera sarebbe stata realizzata con un cofinanziamento pubblico fino al 50 per cento del costo totale, con i fondi della legge per Roma Capitale; i costi erano stati stimati in 200.000.000 di euro e l'ultimazione prevista a dicembre 2010;
    il progetto in corso di realizzazione è stato oggetto di numerose varianti che hanno comportato un raddoppio dei costi e un sostanzioso ritardo nel completamento delle opere, anche per gli obbligatori adeguamenti alle nuove norme anti-sismiche, inoltre, la crisi economica sopraggiunta e la negativa influenza determinata dallo stallo dei progetti immobiliari delle Torri ex Finanze (Fintecna) hanno condizionato la vendita dell'albergo, parte del progetto del Nuovo centro congressi denominato «Lama», nonché l'incerta prospettiva della valorizzazione dell'area dell'ex Velodromo Olimpico, subordinata al cambio di destinazione d'uso da parte dell'amministrazione Comunale, hanno indotto Eur spa, nel 2008, a sottoscrivere un finanziamento con un pool di banche, per un ammontare di 190.000.000 di euro;
    Eur spa ha prodotto sempre dividendi per i soci, con bilanci in utile su valori oscillanti tra 20 milioni di euro nel 2006 e 700.000 euro nel 2013, decremento conseguente all'impegno economico per il realizzando Nuovo centro congressi, difatti la società, nonostante la crisi nazionale del mercato, ha mantenuto stabile il livello dei valori locativi;
    il 27 dicembre 2013 con legge n. 147 e successivamente il 23 giugno 2014 con legge n. 84, il Ministero dell'economia e delle finanze, dispose un'anticipazione di liquidità ad Eur spa per l'anno 2014 per circa 37 milioni di euro e per la rimanente parte di 133 milioni la sottoscrizione di un aumento di capitale da parte degli azionisti, al fine di risolvere la condizione finanziaria particolarmente critica della società e di consentire il completamento del Nuovo centro congressi;
    il 9 dicembre 2014, il Consiglio di amministrazione di Eur spa, constatato l'esito dell'Assemblea straordinaria, che andò deserta, ha deliberato di procedere alla richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex articolo 161 comma 6 della legge fallimentare, presentata il successivo 12 dicembre al tribunale di Roma e concessa dallo stesso il 23 dicembre successivo; il termine per la presentazione del piano di ristrutturazione del debito, stabilito al 24 aprile 2015, prevederebbe l'alienazione sul mercato di parte del patrimonio immobiliare di particolare pregio e già sottoposto al vincolo dei beni culturali;
    il 16 febbraio 2015 l'Assemblea straordinaria degli azionisti, assente l'azionista di Roma Capitale ha, su proposta del consiglio di Amministrazione, deliberato la modifica dell'articolo 4 dello statuto, inserendo la facoltà di alienare edifici di particolare pregio vincolati tra cui l'Archivio centrale dello Stato, il palazzo della scienza universale ed il palazzo delle arti e tradizioni popolari;
    il patrimonio immobiliare di Eur spa risulta, contrariamente alla modifica dello Statuto, inalienabile ai sensi degli articoli 10 e 54 del Codice dei beni culturali, decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, nonché della legge istitutiva dell'Eur spa n. 304 del 1999, che all'articolo 3 «oggetto sociale» stabilisce che è compito dell'Eur spa «la gestione e la valorizzazione del complesso dei beni di cui la società è titolare»; inalienabilità dichiarata anche dal Ministro Dario Franceschini, il quale, in occasione di un incontro al Ministero dell'economia e delle finanze con il Ministro Padoan e con il sindaco Marino, ha ribadito la necessità inderogabile del mantenimento permanente della attuale destinazione degli edifici storici quali per esempio l'Archivio centrale dello Stato ed i musei;
    per l'acquisto di alcuni palazzi storici della società, sarebbero pervenute, da quanto si apprende dagli organi di stampa, manifestazioni di interesse sia da soggetti privati che da soggetti pubblici, tra cui Invimit, partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, istituita il 19 marzo del 2013 a seguito del decreto-legge n. 98 del 2011 e dell'Inail, società che si occupa di infortuni e sicurezza sul lavoro, entrambi quindi prive di alcuna competenza in materia di valorizzazione, gestione e promozione;
    la vendita dei palazzi storici di Eur spa anche a soggetti pubblici comporterebbe una contrazione dei ricavi che hanno da sempre consentito la manutenzione e la valorizzazione del patrimonio e di quelle proprietà anch'esse di pregio che non producono redditi ma che sono a totale fruizione della comunità, quali i parchi, le fontane, il laghetto e i portici: ne conseguirebbe inoltre, come dichiarato dagli stessi vertici di Eur spa, anche la riduzione del personale dipendente altamente qualificato che ha, fino ad oggi, garantito la valorizzazione, la tutela e l'unitarietà del patrimonio storico, esempio magistrale di architettura razionalista studiata e visitata da tutto il mondo,

impegna il Governo:

   ad intraprendere iniziative finalizzate alla ricapitalizzazione della società Eur spa, come era già stato previsto dalla legge di stabilità, scongiurando quindi il processo di dismissione del patrimonio immobiliare di altissimo pregio e valore storico-architettonico, rendendolo strumento di una speculazione finanziaria, al solo fine di pagare i debiti contratti per il Nuovo centro congressi, con il conseguente inevitabile fallimento della società Eur spa, ed escludere in via definitiva l'ipotesi dell'alienazione del patrimonio immobiliare della società, in particolare degli immobili di particolare pregio;
   a garantire la tutela dell'attuale livello occupazionale della società Eur spa anche come garanzia di sviluppo di quella capacità produttiva messa a rischio da progetti oltremodo complessi;
   a verificare i costi e i tempi di realizzazione del Nuovo centro congressi con procedure trasparenti e accessibili al pubblico.
(7-00655) «Prestigiacomo, Rampelli, Abrignani».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'Italia è un paese unico al mondo per le sue ricchezze storico-artistiche e per il suo patrimonio culturale che rappresenta una fonte inesauribile di attrazione turistica e, quindi, una risorsa economica unica e non replicabile per il Paese;
    tra il patrimonio architettonico italiano una buona parte è costituito dagli edifici storico-artistici, una parte importante del capitale artistico italiano, che oggi spesso versano in condizioni di difficile conservazione e manutenzione. Tali edifici, infatti, per la maggior parte di proprietà privata, rappresentano beni dal valore insostituibile e non rinnovabile e quindi meritevoli di salvaguardia e protezione, non soltanto da parte dei proprietari, ma anche da parte delle autorità pubbliche: i primi investiti del compito di conservare una simile ricchezza artistica, le seconde di agevolare questo compito;
    non si può infatti pensare che nella conservazione di questo grandissimo patrimonio diffuso in tutto il territorio, lo Stato possa sostituirsi al privato, sia per motivazioni di carattere organizzativo, ma soprattutto di carattere economico: ne sono un esempio i danni irreparabili che l'incuria pubblica genera e ha generato in siti importantissimi quali Pompei e la Reggia borbonica di Carditello nel Casertano. Lo Stato dovrebbe valorizzare e sostenere l'operato di questi proprietari che si dedicano alla cura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria di questi edifici attraverso sgravi fiscali e regimi agevolativi, non certo per far loro acquisire maggiori diritti rispetto agli altri contribuenti, ma piuttosto per riequilibrare la loro situazione di svantaggio generata dagli oneri eccessivi che la manutenzione e la gestione di questi edifici richiede;
    gli edifici storici, in qualità di beni culturali privati vincolati, sono infatti sottoposti ad un regime particolare di manutenzione, gestione e conservazione, di gran lunga più articolato e dispendioso rispetto al regime previsto per l'edilizia comune e, proprio per questa ragione, lo Stato dovrebbe agevolare i proprietari di questi edifici sia da un punto di vista burocratico, ma soprattutto fiscale;
    tali vincoli, obbligazioni e adempimenti rendono particolarmente gravoso il possesso, nel senso che il diritto di proprietà viene limitato attraverso una serie di restrizioni finalizzate all'utilità sociale e collettiva del mantenimento del bene artistico;
    innanzitutto, nei piani regolatori, per gli edifici storici non sono ammesse ristrutturazioni, frazionamenti, modifiche né è possibile aumentarne i volumi o modificarne la sagoma e, nei rarissimi casi in cui sono ammesse modifiche, gli adempimenti e gli oneri burocratico amministrativi a cui sono sottoposti sono notevolmente maggiori: mentre l'edilizia comune è subordinata alla semplice segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) con possibilità di inizio immediato dei lavori, per l'edilizia vincolata si deve invece ricorrere al contributo, ovviamente sotto compenso, di professionisti che illustrino alle sopraintendenze, con relazioni e progetti, le modalità e i materiali impiegati per il progetto. A questo punto la sopraintendenza ha tempo 120 giorni, salvo indagini suppletive che si rendano necessarie, per esaminare il progetto, che potrà essere avviato soltanto con il rilascio del nullaosta e decorsi ulteriori 120 giorni dopo la presentazione della SCIA. A ciò si aggiunga che il proprietario, per ottenere le deduzioni fiscali, è sottoposto ad ulteriori obbligazioni da adempiere al termine dei lavori: si tratta dell'obbligo del certificato di buona esecuzione che deve essere rilasciato dalla competente sopraintendenza (con un tempo di attesa di ulteriori 120 giorni), mentre invece nell'edilizia comune è sufficiente la semplice dichiarazione del direttore dei lavori;
    ad aggravare tali oneri si aggiungono le sanzioni penali, in luogo di quelle amministrative normalmente commisurate per inottemperanze relative all'edilizia comune, con cui il proprietario può essere punito con la detenzione da 6 mesi ad un anno, oltre l'ammenda, quando: senza autorizzazione modifichi o restauri il bene od esegua opere di qualunque genere; lo destini ad uso incompatibile con la natura storico-artistica; ometta di dare notizia alla competente soprintendenza dello spostamento di beni culturali dipendente dal mutamento di dimora; non ottemperi alle prescrizioni fornite dal Ministero per la tutela indiretta; non denunci il trasferimento della detenzione dell'immobile storico, anche quando si intenda soltanto affidare temporaneamente il bene ad un figlio;
    il proprietario, inoltre, è sottoposto all'obbligo della buona conservazione del bene, a norma dell'articolo 30 del Codice dei Beni Culturali (decreto legislativo 42 del 2004), a cui lo Stato può sostituirsi nel caso di inerzia, con l'esecuzione dei lavori in danno, ponendo però i costi a carico dello stesso proprietario. Gli interventi di manutenzione e ristrutturazione sono notevolmente più onerosi, in quanto, secondo quanto stabilito dal regio decreto 2537 del 1925, il proprietario deve sottoporre all'approvazione ministeriale un progetto redatto da un architetto, far svolgere eventuali indagini stratigrafiche per l'accertamento di decorazioni sottostanti e utilizzare materiali molto costosi e di difficile reperibilità;
    a tutti questi costi si aggiunga che le spese ordinarie annue sono decuplicate:
     a) il riscaldamento degli edifici, a parità di metratura e di combustibile, possono essere anche 15 volte superiori alla spesa sostenuta per il riscaldamento di un immobile comune;
     b) i costi di sorveglianza, che si rendono necessari perché è impossibile adeguare l'edificio agli standard di sicurezza moderni;
     c) gli insostenibili oneri assicurativi che si rendono indispensabili in quanto frequentemente i locali contengono opere d'arte;
    per quel che concerne poi la circolazione di tali immobili, il decreto legislativo 42 del 2004 ne limita anche la libera alienazione, stabilendo il diritto di prelazione delle amministrazioni pubbliche e, inoltre, prevede la possibilità di espropriare l'immobile per motivi di pubblica utilità, quando «l'espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi (articolo 95)»;
    tali vincoli garantiscono certamente la giusta tutela di un patrimonio artistico e architettonico che non può naturalmente sottostare alle medesime regole dell'edilizia comune, ma non si può non tener conto di come la tutela comporti anche dei gravami in termini burocratici e, sopratutto, fiscali per i proprietari, i quali dovrebbero vantare i necessari diritti non soltanto al fine di riequilibrare «sostanzialmente» la propria singola situazione giuridica con quella dei proprietari di immobili comuni, ma anche al fine di consentire loro la possibilità di conservare e mantenere un tale patrimonio artistico per il bene dell'intera collettività;
    questi proprietari, infatti, nella maggior parte dei casi, non riescono a sostenere le spese per un'adeguata manutenzione e conservazione e, spesso, sono costretti a vendere tali ricchezze, a prezzi anche notevolmente ribassati, ad acquirenti stranieri che, seppur in disponibilità economiche, non possono, e talvolta non sono interessati, a valorizzare e trasmettere in maniera efficace la tradizione, la storia e la cultura che questi edifici rappresentano, impoverendo il territorio anche e sopratutto nella sua capacità di attrattiva turistica;
    la Corte costituzionale, nella sentenza n. 346 del 2003, ha evidenziato come la minore utilità economica dei beni vincolati imponga di essere compensata con un regime fiscale agevolato, come ha poi rilevato la Corte di cassazione, nella sentenza a Sezioni Unite n. 5518 del 2011, che ha sancito il diritto ad un regime particolare, in base alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione costituzionalmente riconosciuta dall'articolo 9, ripresa anche dall'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 42 del 2004 che stabilisce che «la Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati alla valorizzazione del patrimonio culturale»;
    nonostante ciò, è stato abrogato l'articolo 11, comma 2, della legge 413 del 1991 con cui si stabiliva che il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico fosse determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato. Tale norma consentiva di contenere in maniera significativa la pressione fiscale gravante sui beni culturali vincolati poiché i proprietari potevano destinare i loro risparmi alle manutenzioni, con considerevole beneficio delle imprese artigiane e del gettito IVA;
    la delega fiscale (decreto legislativo dell'11 marzo 2014, n. 23), all'articolo 2, comma primo, lettera m) invita il Governo a prevedere, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico, adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario e delle rendita media ordinaria, che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi alla destinazione, all'utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro;
    la riforma del catasto in atto non sembra però improntata a simili criteri e principi direttivi, andando ad aggravare ulteriormente le difficoltà economiche a cui i proprietari fanno già fatica a far fronte. Attualmente, infatti, la rendita catastale di un immobile viene calcolata in base al numero di vani, mentre la riforma prevede che nel futuro questa debba basarsi sulla metratura quadrata, con considerevole pregiudizio per gli edifici storici che sono caratterizzati da vani molto ampi la cui distribuzione non risponde affatto ai criteri razionalizzati funzionalmente delle moderne abitazioni, senza contare le pertinenze di grandissime dimensioni di questi edifici, non utilizzabili per altri scopi se non quello ornamentale. Gli edifici storici non sono poi commercialmente sfruttabili al pari di un edificio comune a causa dell'impossibilità di ristrutturare il bene e ricavarne più vani o addirittura più appartamenti, anche per la mancanza di finestre e l'impossibilità di aprire degli spazi di luce;
    inoltre, i metri quadrati che saranno presi in considerazione saranno i metri quadrati commerciali (superficie lorda) e non i metri quadrati calpestabili (superficie netta), penalizzando ulteriormente gli edifici storici caratterizzati da imponenti strutture murarie che, a parità di superficie lorda, possono godere, in media, di un 10 per cento in meno di superficie netta;
    inoltre, da più parti sembra poi essere confermata l'intenzione dell'Agenzia delle Entrate di applicare dei coefficienti riduttivi modesti e del tutto inadeguati, suscettibili quindi di imporre una tassazione altrettanto elevata che aggraverà, anziché alleggerire, la pressione fiscale a cui saranno sottoposti i contribuenti proprietari di tali edifici storici, generando, oltre le conseguenze già esplicate in termini di danno culturale al patrimonio artistico, anche una considerevole diminuzione del gettito fiscale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative dirette a prevedere, per i beni culturali vincolati, un trattamento fiscale adeguato al fine di garantire l'investimento dei recuperi fiscali nella manutenzione dei beni, e in particolare:
    a) ad assumere iniziative normative dirette a ripristinare l'abrogato articolo 11, comma 2, della legge 413 del 1991;
    b) a tenere presente, nell'attuazione della delega fiscale, i cinque principi indicati all'articolo 2, comma 1, lettera m), ossia i particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione e i vincoli legislativi alla destinazione, nonché i vincoli all'utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro;
    c) ad assumere iniziative normative per prevedere due coefficienti riduttivi per il calcolo del valore del metro quadrato degli immobili di interesse storico-artistico rispetto al valore del metro quadrato dell'edilizia ordinaria:
     1) un coefficiente riduttivo, dovuto alle anomalie della superficie quali le grandi dimensioni dei singoli locali e la presenza di grandi pertinenze, che non potrà essere inferiore al 20 per cento per le unità sino a 300 metri quadrati di superficie, al 25 per cento per le unità con superficie superiore ai 300 metri quadrati e al 30 per cento per le unità speciali molto grandi come castelli, grandi palazzi urbani e grandi ville;
     2) un coefficiente riduttivo, dovuto alle restrizioni del vincolo, quantizzato nel 30 per cento, in considerazione del complesso di imposizioni derivanti dal vincolo dei beni culturali in base all'articolo 2, primo comma, lettera m) della legge delega dell'11 marzo 2014, n. 23.
(7-00656) «Busin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sul sito dell'Inps compaiono rielaborazioni statistiche che prefigurano un ricalcolo delle pensioni relativamente ai seguenti comparti: Fondo speciale delle Ferrovie dello Stato spa; Fondo speciale dirigenti ex-Inpdai; Fondo speciale per il trasporto aereo. Il tutto etichettato sotto la rubrica «operazione porte aperte», quasi a voler far intendere che gli attuali trattamenti pensionistici per queste categorie di lavoratori siano stati non il frutto dell'applicazione delle leggi vigenti in materia, ma di oscuri raggiri che dovrebbero essere corretti sulla base di criteri arbitrariamente scelti dagli analisti che hanno compiuto le simulazioni;
   le simulazioni mettono a confronto gli attuali trattamenti con quanto invece gli interessati avrebbero dovuto percepire in base ad ipotesi teoriche che sono solo nella testa degli loro estensori. Con la conseguenza di determinare un drastico ridimensionamento dei trattamenti in essere;
   l'operazione è scorretta da diversi punti di vista. Gli anonimi analisti, infatti, si appropriano di competenze che, fino a prova contraria, appartengono al legislatore nazionale e non sono delegabili. La loro analisi, inoltre, è viziata da evidenti incongruenze. I dati mettono a confronto la situazione effettiva, che è frutto della storia personale di ciascun pensionato, basata sulla certificazione amministrativa fornita al momento del pensionamento, con ipotesi che, per carenza di informazione, sono frutto, innanzitutto, di un «a priori»: le ipotesi di riforma non hanno infatti avuto il vaglio del Parlamento, e presumono una ricostruzione che, non avendo a disposizione le necessarie informazioni, mescola elementi diversi (come risulta dalle note metodologiche), tra loro non omogenei, ricorrendo a forme di interpolazione arbitraria e comunque non verificate, nel metodo, da nessun organo terzo;
   operazioni di tale natura sono naturalmente legittime, quando sono effettuate da istituzioni private – il singolo ricercatore, l'università, eventuali centri studi e via dicendo – diventano inaccettabili quando collocate nel sito istituzionale dell'Ente preposto alla gestione del sistema previdenziale. In questo secondo caso la loro valenza informativa assume un significato diverso. Rischia di diventare, oggettivamente, incubatore per future, più o meno prossime, decisioni governative. Tanto più che il presidente dell'Inps non fa mistero di avere un suo personale progetto di riforma del sistema pensionistico, che confonde ulteriormente i profili della previdenza con quelli della semplice assistenza;
   autorevoli esponenti del Governo hanno più volte escluso che l'ennesima riforma del sistema pensionistico faccia parte dell'agenda politica. Tuttavia il presidente dell'Inps insiste. Ne illustra gli ipotetici contenuti in conferenze stampa, dibattiti, interviste e talk show. Tutto ciò lascia intendere che quelle elaborazioni rappresentino il pavimento analitico sulla base del quale – congiuntura politica permettendo – impostare la futura riforma, i cui effetti sarebbero devastanti. Visto che si tratterebbe di introdurre un'ulteriore stretta fiscale, con conseguente taglio – comunque la si chiami o lo si giustifichi – che dovrebbe riguardare le pensioni superiori alle 2 mila euro al mese. Ritenute, a torto, appartenenti alla categoria delle «pensioni d'oro»;
   il presidente dell'Inps non può in alcun modo avocare a sé la facoltà di proporre dei radicali cambiamenti di quelle leggi che avrebbe il dovere di applicare e che assicurano stabilità al sistema pensionistico. Compito istituzionale dell'Inps non è quello di sostituirsi impropriamente al circuito decisionale – Parlamento e Governo – cui spetta deliberare in materia. Compito dell'Inps è gestire al meglio le risorse di cui dispone, che sono frutto del sacrificio di milioni di lavoratori. La priorità del suo presidente dovrebbe essere quello di garantire il massimo dell'efficienza – che, ad avviso dell'interrogante – oggi lascia molto a desiderare – dell'Istituto che è stato chiamato a dirigere; piuttosto che occuparsi di argomenti ultronei. Del resto, se vuole coltivare il terreno dell'innovazione, gli spazi che ha a disposizione sono sterminati. Basti pensare al tema della separazione tra assistenza e previdenza. Qui la cui confusione, anche contabile, regna sovrana. E genera equivoci a non finire, che pesano sulla stessa reputazione internazionale del Paese. Fa lievitare impropriamente la spesa previdenziale caricandovi gli oneri impropri delle prestazioni sociali. Nei quadri di contabilità nazionale, pertanto, la prima appare sovradimensionata, creando l'immagine di un suo carico eccessivo, rispetto alle analoghe elaborazioni – molto più puntali – degli altri Paesi;
   secondo l'ultimo consuntivo approvato (2013) le spese di funzionamento dell'Inps ammontano a 4.209,6 milioni di euro. Il personale addetto è pari a oltre 33 mila unità, ma gli sportelli sono aperti al pubblico solo dalle 8.30 del mattino alle 11.30. Dati che dimostrano quanti siano ancora ampi gli spazi di razionalizzazione, specie se si considera che nel 2013 l'Inps è riuscito a riversare nelle casse dello Stato, grazie alle economie realizzate, ben 536,3 milioni di euro. E che una cifra ancora maggiore, pari a 552,8 milioni era stata versata l'anno precedente. È pertanto auspicabile che il nuovo presidente, di cui è nota la preparazione accademica, possa fare ancora di più, dedicando tutta la sua attenzione a quello che è il core business dell'Istituto;
   è bene quindi che ogni equivoco sia sgombrato e che tutti coloro che operano in campo pensionistico seguano uno stesso indirizzo di coerenza e di rigore;
   mantenere questa situazione di ambiguità è infatti intollerabile, e alimenta il sospetto che sia lo stesso Governo a spingere i tecnici a precostituire il terreno più favorevole, su cui intervenire successivamente. Com’è già avvenuto per il contributo di solidarietà, sulle pensioni più elevate, che poi la Corte ha dichiarato anticostituzionale. Il tema delle pensioni, che investe milioni di persone, non può essere agitato in modo scomposto. Ogni ventilata ipotesi di riforma genera incertezze. Spinge milioni di cittadini ad adottare comportamenti conservativi, comprimendo i consumi e quindi aggravando la situazione congiunturale del Paese. Il cui principale handicap è dato proprio dalla caduta della domanda interna –:
   se il Presidente del Consiglio ed il Ministro interrogati condividano le proposte di riforma più volte enunciate dal presidente dell'Inps, con la prevista riduzione delle pensioni superiori a 2 mila euro al mese, e se, nel caso, intendano predispone un atto formale su cui avviare una discussione di merito in Parlamento;
   qualora quanto esposto in premessa corrisponda ad un'iniziativa estemporanea del presidente dell'Inps, che travalica quindi le competenze attribuitegli, se intendono stigmatizzare tale atteggiamento, in particolare per l'utilizzo strumentale del sito istituzionale dell'Inps, eliminando ogni ambiguità soprattutto nei confronti di tutti quei cittadini potenzialmente colpiti dalle proposte di riforma, richiamando il dovere e la necessità per il presidente di adottare un comportamento coerente con il ruolo che è stato chiamato a svolgere, fermo restando che i propri interessi accademici possono essere coltivati nelle sedi all'uopo dedicate. (3-01430)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOSSATI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   sono apparse notizie di stampa, non smentite, che riguardano la modalità con cui sarebbero stati impegnati i fondi a disposizione della Fondazione per la mutualità generale per gli sport professionistici a squadre;
   detta Fondazione è un Ente non profit, istituito ai sensi del decreto legislativo n. 9 del 2008 allo scopo di dedicare una quota «non inferiore al 4 per cento» dell'ammontare complessivo dei diritti televisivi e audiovisivi «allo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, al sostegno degli investimenti per la sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi, e al finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche», inoltre «assicurando priorità a progetti destinati a promuovere interventi socio-educativi per la mediazione dei conflitti, il superamento del disagio sociale, la promozione dell'inclusione sociale, in collaborazione con scuole, università, enti locali ed associazioni sportive»;
   da tali notizie risulterebbe operare invece una gestione operativa influenzata dagli interessi di alcuni componenti il consiglio di amministrazione, che produrrebbero una distribuzione dei fondi spartita secondo disegni di costruzione di potere e consenso dentro il sistema del calcio professionistico, del tutto estranei allo statuto della Fondazione e al mandato ad essa affidato dalla legge;
   tali fatti, ove confermati, completerebbero un quadro di cattiva gestione del sistema del calcio professionistico, alle prese con un indebitamento gravissimo che ha ultimamente, ad esempio, portato alla impossibilità per il Parma Calcio di svolgere alcune partite del campionato di serie A, con relativa perdita di credibilità del campionato e relativo allarme fra azionisti, fornitori, sostenitori del calcio professionistico;
   che il decreto legislativo sopracitato si dava proprio il compito di spingere le società professionistiche a gestire in modo solidale i proventi della vendita dei diritti audiovisivi sulle partite, responsabilizzandole sull'andamento dell'intero sistema e investendo, anche se in misura del tutto parziale, sul rafforzamento degli impianti e della base dei praticanti, dei giovani atleti del calcio e degli altri sport –:
   se la Fondazione per la mutualità generale per gli sport professionistici a squadre abbia presentato la relazione annuale sulla propria attività al Governo come da dettato del decreto e quale siano le valutazioni che il Governo ne abbia tratte;
   se non vi siano gli estremi perché sia disposto il commissariamento della Fondazione allo scopo di ristabilire la coerenza fra l'uso delle risorse a sua disposizione e il mandato affidatole dalla normativa;
   se, data la gravità della situazione, vi sia l'intenzione di aggiornare ed usare gli strumenti diretti e indiretti di intervento dello Stato su quegli enti, come le Federazioni sportive, che pur avendo personalità giuridica di diritto privato, mantengono funzioni di carattere pubblico e per questo ricevono finanziamenti pubblici al di fuori di ogni indirizzo e controllo sul reale utilizzo dei quali da parte dello Stato. (5-05309)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALLASCAS, CRIPPA, DA VILLA, FANTINATI, DELLA VALLE e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   sul sito del dipartimento delle politiche europee presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è pubblicato, aggiornato al 5 giugno 2014, l'Elenco delle decisioni della Commissione europea che dispongono il recupero di aiuti di Stato; l'elenco include tutte le decisioni che non risultano archiviate dalla Commissione europea, per un totale, alla data della pubblicazione dell'elenco, di sedici casi in cui la Commissione avrebbe ravvisato, nelle misure assunte dallo Stato italiano e dalle sue diverse articolazioni organizzative e territoriali, una incompatibilità con il mercato comune e, pertanto, configurabili come aiuti di Stato; nelle decisioni, la Commissione dispone che l'Italia intimi ai diversi beneficiari degli aiuti giudicati incompatibili di rimborsare gli aiuti illegittimi, eventualmente maggiorati di interessi (dalla data in cui gli aiuti sono messi a disposizione dei beneficiari fino a quella dell'effettivo recupero), nonché le modalità e i tempi con cui l'Amministrazione di competenza intende procedere al recupero; sempre sul sito del dipartimento delle politiche europee si afferma: «Il Servizio aiuti di Stato cura il coordinamento fra tutte le amministrazioni centrali e regionali per assicurare il rispetto della normativa europea. Gli incentivi agli investimenti spesso costituiscono aiuti di Stato e quando ciò accade è necessario che siano conformi alla normativa UE. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea disciplina la materia agli articoli 107 e 108»; i procedimenti inclusi nell'elenco aggiornato al 5 giugno scorso riguarderebbero diversi aiuti illegittimi che sarebbero stati riconosciuti tali in diversi periodi. Tra questi sarebbero presenti posizioni che sarebbero state oggetto di decisione della Commissione europea più di un decennio fa; le diverse procedure relative ai casi presenti nell'elenco di cui sopra sarebbero in capo alle diverse amministrazioni competenti; questo stato di cose determinerebbe una molteplicità di procedimenti, tanti quanti sono le amministrazioni competenti interessate, con percorsi e adempimenti giuridici, spesso profondamente diversi tra loro, che richiederebbero tempistiche anch'esse diverse; tutto questo avrebbe ripercussioni rilevanti sui soggetti beneficiari chiamati a restituire gli aiuti di stato; in alcuni casi, la celerità dei procedimenti adottati per il recupero è destinato a ripercuotersi con grave danno sui soggetti beneficiari e sulla sopravvivenza stessa sul mercato; in materia di concorrenza e aiuti di stato, la Corte di giustizia dell'Unione europea in più circostanze ha giudicato lo Stato italiano inadempiente delle decisioni della Commissione europea, in merito al recupero degli aiuti, con un ulteriore aggravio per le casse dello Stato –:
   se sia una competenza del Dipartimento delle Politiche europee armonizzare, nel rispetto delle normative in materia e dell'autonomia amministrativa degli enti interessati, i procedimenti per il recupero degli aiuti di Stato;
   quali siano le motivazioni per le quali alcuni soggetti beneficiari a distanza di anni non abbiano provveduto a restituire gli aiuti di Stato;
   quale sia lo stato di attuazione delle decisioni della Commissione europea che dispongono il recupero di aiuti di Stato e se sia noto quale sia l'ammontare complessivo degli aiuti di Stato erogati dalle diverse amministrazioni centrali e regionali. (4-08731)


   MARCON. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il segretario regionale all'ambiente e al territorio della regione Veneto con la comunicazione rubricata «oggetto: articolo 146 decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 – autorizzazione paesaggistica per i progetti soggetti al parere della Commissione per la salvaguardia di Venezia» in data 16 febbraio 2010, forniva ai nove comuni ricompresi nella conterminazione della laguna di Venezia, alle province di Venezia e di Padova e alle segreterie regionali competenti le seguenti indicazioni: «Ai sensi dell'articolo 6 della Legge n. 171 del 1973, la Commissione per la salvaguardia di Venezia, relativamente ai progetti ricadenti entro la conterminazione lagunare, deve accertare che le opere da eseguirsi non siano in contrasto con le finalità indicate dall'articolo 1 della legge stessa: “...garantisce la salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico della città di Venezia e della sua laguna...” Considerato che dal 1o gennaio 2010 è entrata in vigore la nuova disciplina per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 si ritiene opportuno confermare che la commissione per la salvaguardia di Venezia mantiene la competenza per il rilascio del parere paesaggistico indicato dalla legge n. 171 del 1973 e s.m. e i. all'interno degli ambiti individuati dalla legge stessa e che il parere della Soprintendenza è acquisito in sede di commissione»;
   in data 18 marzo 2010, sul tema «autorizzazione paesaggistica per i progetti ricadenti nell'ambito della conterminazione lagunare vigente, sottoposti ai pareri della commissione per la salvaguardia di Venezia ai sensi della legge n. 171 del 1973 e della Soprintendenza, ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004», la Soprintendenza confermava ai nove comuni della conterminazione lagunare che «il parere di questa Soprintendenza [...] viene espresso in seno alla Commissione per la salvaguardia di Venezia»;
   in data 28 luglio 2011, il presidente della regione Veneto chiedeva al Presidente del Consiglio dei ministri e a cinque Ministri un parere in merito alle competenze della commissione di salvaguardia in comune di Venezia e in particolare «di valutare il ruolo assegnato alla commissione per la salvaguardia di Venezia in materia di rilascio paesaggistica, con l'entrata in vigore [...] della nuova disciplina in materia di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e della legge della regione del Veneto del 26 maggio 2011 n. 10 in materia di paesaggio»;
   in data 11 novembre 2011, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri comunicava al Presidente della regione che «il 13 ottobre u.s. si è tenuta presto gli uffici di questa Presidenza del Consiglio una riunione tecnica con le suddette Amministrazioni, nel corso della quale [...] i rispettivi rappresentanti hanno ritenuto condivisibili le considerazioni contenute nella lettera del 28 luglio 2011[...]. Per quanto attiene, infine, al ruolo ed alle competenze della commissione per la salvaguardia di Venezia in materia paesaggistica, sembrerebbe che le stesse debbano permanere, considerato che l'introduzione di una normativa di portata generale [...], qual è quella recata dall'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, non possa derogare alla normativa di carattere speciale, costituita dal complesso delle norme che disciplinano i poteri della stessa commissione»;
   in data 9 febbraio 2012, l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia faceva presente che: «Il nuovo testo della norma [modifica del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42], in vigore dal 1o gennaio 2010, prevede, tra le altre cose, che “l'autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire e agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio”»;
   a partire dal gennaio 2010, otto comuni hanno inviato le richieste di parere paesaggistico alla commissione di salvaguardia per gli interventi nell'ambito della conterminazione lagunare, tra i quali anche i comuni che hanno completato l'adeguamento della propria strumentazione urbanistica al piano d'area della Laguna e dell'area veneziana (PALAV). Solo il comune di Venezia, per le autorizzazioni paesaggistiche, non segue la procedura prevista dalla legge speciale per Venezia n. 171 del 1973, non invia le pratiche alla Commissione di salvaguardia e segue invece l'iter e le procedure previste dalle leggi ordinarie (articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni, e conseguente legge regionale n. 1 del 2009, modificata dalla legge regionale n. 26 del 2009, in particolare da quanto previsto all'articolo 5) –:
   se i Ministri interrogati alla luce i quanto esposto in premessa e per quanto di competenza, non ritengano opportuno chiarire se la legge speciale per Venezia n. 171 del 1973, e successive modifiche e integrazioni, e in particolare gli articoli 1 e 6, mantenga la propria validità giuridica per tutti i 96 comuni della conterminazione lagunare compreso il comune di Venezia o se vadano altrimenti applicate le competenze e le procedure della legge ordinaria (decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 146) che, secondo il parere del Sottosegretario di Stato trasmesso in data 11 novembre 2011 e i pareri dell'Avvocatura distrettuale dello Stato (9 febbraio 2012 e 27 novembre 2014), non avrebbe valenza per il territorio della conterminazione lagunare. (4-08736)


   TOFALO, COZZOLINO e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Sam – Società autostrade meridionali s.p.a. è l'ente esercente concessionario dell'ANAS per la gestione del tratto Napoli – Salerno dell'Autostrada A3. La concessione scaduta il 31 dicembre 2012, è stata oggetto di proroga in vista della riassegnazione;
   con articolo del Corriere della Sera del 4 marzo 2015 si apprende il cedimento di «Una fetta d'asfalto e cemento lunga come un mezzo campo da calcio precipitata nel vuoto. Giù per ottanta metri. La campata stradale ha ceduto d'improvviso. Nel crollo è morto un operaio, un venticinquenne, Adrian Miholca, rumeno. È successo lunedì sera sulla Salerno Reggio-Calabria, nel Cosentino, in un cantiere sul viadotto “Italia”, il più alto della Penisola e il secondo in Europa»;
   l'autostrada A3 risulta chiusa per crollo nel tratto tra i caselli di Lagonegro Nord e Sibari. Per salire o scendere la punta della penisola bisogna addentrarsi in strade provinciali colpite da frane allungando di molto i percorsi e i tempi –:
   quali azioni siano state attivate per assicurare la sicurezza dell'infrastruttura e degli utenti e quali interventi siano stati già posti in essere in tal senso;
   come sia stato possibile il collasso di un'opera di importanza strategica in fase di ammodernamento. (4-08739)


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sul sito del Partito Democratico di Milano, http://pdmilano.net, c’è un post intitolato «vivi con noi expo 2015 !» nel quale si offre agli iscritti al partito PD che siano under 30, il biglietto per l'Expo 2015 a metà prezzo, riferendosi non solo a chi è già tesserato, ma anche ai nuovi iscritti, configurando questa proposta come una vera propria campagna di tesseramento;
   il testo molto esplicitamente dice: «il PD è l'unico partito a Milano ad essere rivenditore ufficiale dei biglietti per Expo 2015 – spiega il Segretario Bussolati – questo perché crediamo fortemente nel successo della manifestazione e vogliamo, come è nel nostro dna, metterci a disposizione della città anche in questa importante occasione. Vogliamo che tanti milanesi visitino Expo. Per questo abbiamo deciso di acquistare e rivendere i tagliandi ai nostri iscritti con una promozione dedicata. E per i giovani under 30, che si iscriveranno al Partito Democratico di Milano, un'opportunità in più: con 25 euro riceveranno tessera 2015 e un biglietto per visitare Expo»;
   alle molte critiche che si sono sollevate contro questo comportamento legato ai biglietti per l'Expo 2015 il PD milanese ha risposto sul social network facebook dicendo che «Le università stanno agevolando la visita ad expo per i loro studenti, noi abbiamo pensato di contribuire ad allargare quest'offerta anche ai giovani che universitari non sono», ma in effetti il supporto del PD ai giovani che non vanno all'università in questo caso non è democraticamente offerto a tutti, ma solo a chi vuole far parte del partito –:
   se il Governo sia al corrente dell'offerta dei biglietti per l'Expo 2015 scontati da parte del PD in cambio del tesseramento, di cui in premessa, e se non consideri urgente attivarsi nell'ambito delle sue competenze, per verificare la legittimità dell'attività di vendita di tali biglietti. (4-08751)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni siti web, come milanotoday e Il Giorno – Legnano, si apprende un allarme per la presenza di amianto nel comune di Canegrate, in due luoghi pubblici: i colombari del cimitero civico e la tettoia della biglietteria del campo sportivo di via Terni; tale situazione è stata segnalata – si legge anche dai siti web – da alcuni consiglieri comunali del Gruppo «Nuova Canegrate» nell'ambito delle attività di sindacato ispettivo;
   sulla base della legge n. 17 del 2003 della regione Lombardia, il comune di Canegrate ha avviato il censimento di tutte le fonti di amianto che coinvolge tutti gli edifici pubblici, produttivi/commerciali e privati, obbligando i proprietari a comunicare la presenza di amianto con appositi moduli identificativi;
   tuttavia, da quanto si apprende dai media i moduli compilati dallo stesso comune di Canegrate per la quantificazione dell'indice di degrado risulterebbero incongruenti e non conformi alla data della realizzazione delle citate strutture, che risalgono agli anni ’60; ciò ha comportato un obbligo di bonifica per il comune entro 3 anni, in luogo dei 12 mesi previsti appunto per la rimozione dell'amianto messo in posa negli anni ’60 –:
   se il Ministro intenda interessarsi per appurare, anche attraverso il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e il comando dei carabinieri per la tutela della salute, eventuali rischi per la salute dei cittadini di Canegate dovute alla presenza di amianto nelle strutture pubbliche, anche e soprattutto per la segnalata presenza di incongruenze nella documentazione proposta dell'amministrazione comunale che comportano ritardi alla celere rimozione e adeguato smaltimento di tale rifiuto pericoloso. (4-08745)


   TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento della Raffineria Tamoil spa della città di Cremona, situato a meno di due chilometri dal centro della città e a pochissima distanza dal fiume Po ha provocato negli anni passati uno dei più gravi disastri ambientali accertati in Italia, per il quale la società stessa si era «autodenunciata» fin dal 2001, secondo le previsioni dell'allora vigente decreto ministeriale 25 ottobre 1971, n. 471;
   nel luglio 2007 le piscine delle società Canottieri vennero chiuse, quando nella falda fu rinvenuta la presenza di idrocarburi, episodio da cui scaturì il processo penale per disastro ambientale recentemente conclusosi in primo grado con una sentenza di condanna a carico di alcuni manager della società;
   nell'ambito della dismissione attualmente in corso, è stata decisa la trasformazione degli impianti della raffineria in deposito di carburanti; questa trasformazione avviene tuttavia in assenza di bonifica delle aree della raffineria;
   l'articolo 36 comma 1 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni in legge 7 agosto 2012, n. 134, cosiddetto «decreto Sviluppo», prevede infatti che «nel caso di attività di re-industrializzazione dei siti contaminati anche di interesse nazionale, nonché nel caso di chiusura di impianti di raffinazione e loro trasformazione in depositi, i sistemi di sicurezza operativa già in atto possono continuare ad essere eserciti senza necessità di procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto di riutilizzo delle aree interessate attestante la non compromissione di eventuali successivi interventi di bonifica», ciò che consente alle raffinerie che si sono trasformate in deposito, come la raffineria Tamoil in questione, di non essere più obbligate ad effettuare la contestuale bonifica;
   sebbene l'autorizzazione ministeriale non escluda un eventuale successivo intervento di bonifica, la scelta di non procedere immediatamente ad un'analisi accurata della situazione ambientale onde valutare più correttamente la necessità di interventi immediati di bonifica appare all'interrogante del tutto incomprensibile;
   infatti, al di là della previsione normativa, nel caso di specie l'inquinamento risulta così grave che il rilascio di metano in particolari condizioni della falda fa registrare il raggiungimento di condizioni di esplosività nei fabbricati limitrofi alla raffineria, quindi ben al di sopra di qualsiasi limite di tollerabilità secondo i parametri tecnico-scientifici TLV-stel, IDLH e LD50;
   non risulta, inoltre, essere stata effettuata alcuna approfondita indagine sulla popolazione residente nell'area, finalizzata a valutare il danno biologico derivante dall'assorbimento del benzene e degli altri aromatici prodotti dall'attività della raffineria, essendosi invece le analisi limitate al controllo della barriera idraulica posta a salvaguardia del fiume, laddove soltanto un'analisi approfondita e affrontata con sistemi di analisi statistica sulle ricadute dell'inquinamento sulla popolazione potrebbe condurre ad una più corretta valutazione circa il danno prodotto e ad una più corretta valutazione della necessità della bonifica delle aree interessate –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere ai fini dell'analisi dell'incidenza del danno ambientale provocato dalle attività della raffineria Tamoil di Cremona e da quelle ad esse correlate sulla popolazione residente;
   se alla luce di indagini approfondite e statistiche sull'incidenza effettiva del danno ambientale sulla popolazione residente i Ministri interrogati intendano valutare la sussistenza dei presupposti per l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 36, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012 nelle aree della ex raffineria Tamoil destinate alla trasformazione in deposito di carburanti anche in considerazione di quanto esposto in premessa. (4-08748)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, LOMBARDI, MARZANA, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'area denominata «Muro dei Francesi», sita nel comune di Ciampino, alle porte di Roma, costituisce un sito di interesse storico–artistico e archeologico di grande pregio. Al suo interno sono presenti il portale d'ingresso denominato «Marcandreola», una chiesa seicentesca, i due casali «della Marcandreola», costruiti su strutture murarie di epoca romana;
   nell'ottobre del 2013, infatti, il sito è stato inserito nella lista «Watch» del World Monuments Fund e precisamente tra i 67 siti culturali del mondo a rischio di degrado e da salvaguardare per le generazioni future;
   l'area in questione è nata come zona agricola ma nel 2006 l'amministrazione comunale di Ciampino ha approvato una variante al Piano regolatore generale, ivi individuando la sede per l'edilizia convenzionata, ai sensi della legge n. 167 del 1962;
   nel 2009 la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del comune di Roma ha emanato un provvedimento di tutela diretta avente ad oggetto il bene denominato «Muro dei Francesi», oltre che un vincolo di tutela indiretta per salvaguardare tutta l'area di rispetto, ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo 42 del 2004;
   avverso tale provvedimento (del 20 novembre 2013), il comune di Ciampino, nonché le cooperative partecipanti al piano di edilizia residenziale pubblica, hanno presentato ricorso al TAR Lazio, che con sentenza n. 00185/2015, per carenza di motivazione in relazione alle osservazioni dedotte nel procedimento, ha annullato lo stesso provvedimento;
   il Ministro era stato già interrogato sulla vicende che hanno interessato il sito, con interrogazione a risposta orale n. 3-01327, nella seduta n. 334 del 21 ottobre 2014, dalla senatrice Michela Montevecchi ma, alla luce della recente pronuncia del giudice amministrativo, sorge l'opportunità che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti, e Viterbo provveda con nuovo vincolo paesaggistico, che contempli quanto disposto dalla Direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici del Lazio n. 126/2013 in combinato con la recente sentenza amministrativa;
   l'articolo 9 della Costituzione, secondo comma, dispone che la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio artistico e storico della nazione;
   l'articolo 4 dello statuto del comune di Ciampino dispone la promozione di tutte le iniziative necessarie alla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale del proprio territorio;
   l'articolo 1 comma 2, del decreto legislativo n. 42 del 2004, sancisce che la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura;
   a parere degli interroganti è necessario dare completamento alla tutela di tutta l'area di rispetto del bene denominato «Muro dei Francesi», tramite vincolo di tutela indiretta;
   tale tutela era già stata riconosciuta ed attuata dalla Soprintendenza competente con decreto del 20 novembre 2013;
   tale provvedimento è stato annullato dal giudice amministrativo per carenza di motivazione ma non per motivi di merito. Tale tipo di censura, infatti, si può limitare esclusivamente ad un sindacato di tipo estrinseco, relativo ai vizi del procedimento, al difetto di motivazione, illogicità o irragionevolezza manifesta, o errore di fatto. Ciò in quanto le valutazioni relative al pregio storico-culturale-artistico, poste a fondamento della determinazione vincolistica indiretta, sono espressioni di discrezionalità tecnica che competono esclusivamente alla soprintendenza competente;
   la sentenza del TAR Lazio è stata depositata in data 8 gennaio 2015, e, ad oggi, l'amministrazione non si è ancora pronunciata riguardo ad un nuovo vincolo di tutela indiretta –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   se la soprintendenza non ritenga di doversi pronunciare per poter dare rinnovata e completa tutela all'area in questione;
   se si ravvisino ragioni ostative al nuovo provvedimento. (5-05308)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'UVA, COZZOLINO e PETRAROLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 5-bis, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, al fine di sostenere la tutela del settore dei beni culturali, istituisce, per l'anno 2014, presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo un Fondo straordinario con stanziamento pari a 1 milione di euro, denominato «Fondo mille giovani per la cultura», destinato alla promozione di tirocini formativi e di orientamento nei settori delle attività e dei servizi per la cultura rivolti a giovani fino a ventinove anni di età;
   così come disposto dal decreto ministeriale 9 luglio 2014, al fine di promuovere attività formativa di alto livello nel settore dei beni e delle attività culturali, il legislatore ha inteso impiegare le prime risorse del Fondo straordinario di cui all'articolo 2, comma 5-bis, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, per tirocini formativi e di orientamento destinati a 150 giovani particolarmente qualificati, e denominati «150 giovani per la cultura»;
   al fine di attrarre i giovani più capaci e meritevoli il decreto ministeriale 9 luglio 2014 ha disposto una indennità per la partecipazione al programma di tirocini formativi e di orientamento all'importo delle borse di dottorato nelle università italiane pari a 1.000 euro di compenso lordo, comprensivi della quota relativa alla copertura assicurativa;
   a norma dell'articolo 1, comma 1, il decreto ministeriale 9 luglio 2014, disciplina criteri e modalità per l'accesso al Fondo straordinario di cui all'articolo 2, comma 5-bis, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
   il comma seguente, del citato articolo, dispone, invece, la promozione di tirocini formativi e di orientamento per 150 giovani, fino a ventinove anni di età, da utilizzare per la realizzazione di progetti specifici, finalizzati a sostenere attività di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale;
   tali tirocini sono da attivarsi presso «la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia e l'Unità “Grande Pompei” (50 giovani) e la Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta», presso «la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo e la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna» e, infine, presso «l'Archivio centrale dello Stato, le soprintendenze archivistiche e gli archivi di Stato presenti sul territorio nazionale, nonché presso le Biblioteche Nazionali di Roma e di Firenze»;
   tali disposizioni ministeriali sono state assunte anche in relazione a quanto disposto dall'articolo 1 del decreto-legge 8 agosto 2013 n. 91, il quale ha introdotto strumenti utili ad accelerare «la realizzazione del grande progetto Pompei e per la rigenerazione urbana, la riqualificazione ambientale e la valorizzazione delle aree interessate dall'itinerario turistico-culturale dell'area, nonché per la valorizzazione di Pompei, della Reggia di Caserta, del Polo Museale di Napoli e per la promozione del percorso turistico-culturale delle residenze borboniche»;
   a dimostrazione dell'elevato livello di preparazione dei giovani concorrenti al bando per l'attivazione dei tirocini formativi, si è previsto, quale criterio essenziale per l'accesso alle selezioni, il possesso di diploma di laurea specialistica o magistrale, ottenuto con votazione di almeno 105/110 in una delle discipline richieste dal decreto;
   così come rilevato, a norma dell'articolo 7 del decreto ministeriale 9 luglio 2014, ai tirocinanti è corrisposta, per la partecipazione al tirocinio, della durata di 6 mesi, una indennità mensile di importo pari a 1.000 euro lordi, comprensivi della quota relativa alla copertura assicurativa;
   così come disposto dalla circolare ministeriale n. 27, del 28 gennaio 2015, dal 9 febbraio 2015 e indirizzata a tutti i partecipanti dei bandi della procedura denominata «150 giovani per la cultura», i candidati vincitori hanno iniziato, presso le rispettive sedi di svolgimento, la propria attività di tirocinio;
   a seguito di numerose segnalazioni pervenute, gli interroganti hanno appreso notizia circa una possibile inottemperanza nell'erogazione dei compensi spettanti ad alcuni dei candidati vincitori i quali, pur avendo già iniziato il proprio percorso formativo nelle rispettive sedi così come assegnate, sarebbero a oggi oggetto di ritardi negli inadempimenti burocratici e contrattuali;
   anche in relazione alle emergenze che hanno portato, a norma dell'articolo 1 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, l'attivazione di urgenti strumenti per la riqualificazione delle aree citate, si ritiene necessaria una verifica circa l'effettiva erogazione delle somme previste dal decreto ministeriale –:
   se sia a conoscenza dell'effettivo trasferimento agli enti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale 9 luglio 2014, e assegnatari dei tirocini, delle somme necessarie all'erogazione dei compensi spettanti ai soggetti vincitori del bando denominato «150 giovani per la cultura», così come disposti dall'articolo 7 dello stesso decreto;
   se intenda adoperarsi, in caso di mancato trasferimento, per una celere erogazione di tali somme, agevolando, così, il pagamento dei relativi compensi;
   se, a oggi, i tirocinanti vincitori del bando, e assegnati alle sedi previste dalle relative circolari ministeriali, siano coperti dall'idonea polizza assicurativa, così come prevista dal decreto ministeriale. (4-08732)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCÀ, BRUGNEROTTO, CANCELLERI, COZZOLINO, DA VILLA, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, PETRAROLI e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la recente sentenza 4541 del 21 gennaio 2015 la suprema Corte di Cassazione ha stabilito la tassabilità ai fini IMU degli impianti di risalita. In particolare, definendo il giudizio introdotto con ricorso dell'Agenzia del territorio contro la società funivia Arabba Marmolada-Sofma spa, ha affermato l'illegittimità della tipologia catastale assegnata all'immobile per la non sussistenza del presupposto del classamento come «mezzo pubblico di trasporto» assegnato ad un impianto di risalita che svolgerebbe invece, ad avviso della Corte di Cassazione, una «funzione commerciale di ausilio ed integrazione dell'uso delle piste sciistiche»;
   la pronuncia della suprema costituisce un precedente giurisprudenziale che produrrà un effetto dirompente avendo sancito il principio della tassabilità ai fini IMU e TASI degli impianti di risalita. Le stime delle associazioni di categoria parlano di cifre che vanno dai 25.000 euro all'anno per una seggiovia a sei posti ai 50.000 per una telecabina a otto posti. In altre parole, si tratta di un prelievo insostenibile per le aziende del settore, già sottoposte a condizioni di precarietà e per di più soggette all'imprevedibilità delle condizioni meteorologiche. La nuova imposizione, dunque, avrà senz'altro ripercussioni negative su un comparto che invece andrebbe tutelato e salvaguardato in quanto strategico per l'economia turistica della montagna;
   con la decisione della Corte di Cassazione, quindi, la tassazione degli impianti e macchinari di risalita sembra oramai definitivamente decisa a danno delle imprese del settore. Più che dal punto di vista giuridico, dunque, la questione andrebbe risolta sotto il profilo politico. Solo un diverso indirizzo politico del Governo potrebbe di fatto superare la decisione e l'orientamento dei giudici di legittimità e dell'Agenzia del territorio e delle entrate. Di ciò ne è consapevole lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze che, nel rispondere all'interrogazione n. 5-05212 presentata in Commissione VI – Finanze in data 31 marzo 2015, ha evidenziato come risulti «evidente che un'eventuale esenzione degli impianti come richiesta dall'interrogante necessiterebbe di un'apposita previsione legislativa, in relazione alla quale andrebbero valutati anche gli effetti in termini di impatto sull'erario» –:
   se intenda assumere iniziative normative volte ad escludere la tassabilità ai fini IMU e TASI degli impianti di risalita nella disponibilità delle imprese del settore, considerato peraltro il ruolo fondamentale di tale comparto per l'intera economia turistica della montagna. (4-08735)


   PESCO, CANCELLERI, ALBERTI, VILLAROSA, CIPRINI, LOREFICE, GRILLO, CHIMIENTI, DI VITA, CARIELLO, DALL'OSSO, BARONI, PAOLO BERNINI, SIMONE VALENTE, D'UVA, LUIGI GALLO, MARZANA, CORDA, TONINELLI, NUTI, PETRAROLI, NESCI, CARINELLI, BATTELLI, VIGNAROLI, FRUSONE, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, GRANDE, SCAGLIUSI, BRESCIA, VACCA, SPESSOTTO, MICILLO, DE ROSA, MANTERO, D'AMBROSIO, TOFALO e CASO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo del 24 settembre 2013 a firma Sergio Patti pubblicato su «La Notizia-Giornale.it è riportato «Di andare davvero in pensione, tra questi grandi dirigenti dello Stato, non c’è proprio voglia. E, allora ecco che un altro potentissimo, lo stesso capo del personale dell'Agenzia delle entrate, Girolamo Pastorello, arrivato ai 64 anni (il 13 aprile scorso) ha già inoltrato (a se stesso ?) la domanda per restare in carica almeno altri due anni, fino ai 67. Uomo risoluto, dai metodi notoriamente urticanti, legatissimo a Befera, Pastorello ricopre consecutivamente lo stesso incarico al personale da 13 anni, nonostante la legge (come il buon senso) indichi chiaramente la necessità di far rotare negli incarichi quei dirigenti che occupano posizioni delicate e fondamentali per le amministrazioni»;
   il dirigente di cui si parla nell'articolo sembra che ancor oggi sia direttore del personale dell'Agenzia delle entrate pur essendo in pensione ed essendo a quanto consta agli interroganti presente in organigramma dell'Agenzia delle entrate un dirigente aggiunto con la stessa funzione proveniente dall'agenzia del territorio;
   con sentenza n. 37 del 17 marzo 2015 la Corte costituzionale:
    1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44;
    2) dichiara, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'ad. 1, comma 14, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15;
    3) dichiara, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'ad 1, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative); (il tutto a conferma di una gestione del personale dirigenziale al quanto arbitraria e poco consona per un ente pubblico);
   il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e la circolare n. 2 del 2015 del Ministro Madia in materia di soppressione del trattenimento in servizio e modifica della disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro disciplinano anche la durata dei rapporti di lavoro del personale della pubblica amministrazione –:
   se il direttore centrale del personale Girolamo Pastorello possa ancora ricoprire tale ruolo;
   per quale motivo stia ancora oggi svolgendo l'incarico di direttore del personale quando è presente un direttore del personale aggiunto proveniente dall'Agenzia del territorio;
   se in seguito all'eventuale chiusura del servizio dei dirigenti dell'Agenzia delle entrate per pensionamento o trasferimenti ad altri incarichi, si provvederà ad utilizzare l'organico dirigenziale delle agenzie del territorio, ora «dirigenti aggiunti». (4-08743)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   visto il decreto del 7 marzo 2014 emesso dal Ministero della giustizia, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14 aprile 2014, all'articolo 4 ha disposto la cessazione del funzionamento della sede dell'ufficio del giudice di pace di Roma sede distaccata di Ostia;
    all'articolo 1 del decreto non è stata inserita la sezione di Ostia tra gli uffici del giudice di pace da mantenere, all'articolo 2 primo comma è stata disposta invece la soppressione;
   è disposto inoltre che le competenze territoriali dell'ufficio del giudice di pace soppresso di Ostia passino all'ufficio del giudice di pace di Roma, quindi non sarà più possibile iscrivere a ruolo nuove cause a decorrere dal 30 marzo 2014 presso detta sede giudiziaria;
   l'accorpamento vede imperniati di diritto i giudici di pace delle sedi soppresse; vari giudici hanno la qualifica di coordinatore attribuita anche a seguito di delibera di Consiglio superiore della magistratura, delibera ancora efficace anche in considerazione del fatto che il decreto ministeriale del 7 marzo 2014 non indica un criterio in forza del quale debba essere definito l'incarico di coordinatore qualora tra i giudici di pace delle sedi soppresse vi siano soggetti titolari di tale ruolo;
   il passaggio di diritto dei giudici di pace nella sede accorpante non può ritenersi un inserimento, come nel caso del trasferimento in cui invece il giudice di pace trasferito si alloca non potendo egli rivendicare l'anzianità giudiziaria in quanto aderente, per sua richiesta, ad una realtà già preesistente e già vagliata dal Consiglio superiore della magistratura;
   la soppressione delle sedi ha creato una situazione novativa ope legis;
   il dettato dispositivo è silente in merito a differenza della fattispecie relativa alla soppressione delle sedi di tribunale dove per i presidenti dei tribunali soppressi si prevede l'inserimento in quello accorpante tra i presidenti di sezione con i connessi benefici conservativi;
   ragioni di equità e di giustizia, anche al fine di consentire la più corretta applicazione dei criteri di nomina, sulla base delle anzianità giudiziarie e di altri titoli ove posseduti, anche nel rispetto della pari opportunità da riservare tra i giudici tutti presenti per effetto dell'accorpamento, con il nuovo organico come di fatto determinatosi, indurrebbero a dover considerare la possibilità di selezione ex novo per la nomina del coordinatore dell'ufficio circondariale;
   le associazioni dei giudici di pace hanno pubblicamente più volte espresso la necessità di chiarezza in merito ad una situazione che rischia di minare l'efficienza di una funzione giudicante che riesce, con elevata capacità, a dare ai cittadini risposte in tempi brevi –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra illustrata e se non ritenga che essa possa portare a una situazione emergenziale cronica che avrà irrimediabilmente effetti negativi sul funzionamento della giustizia nel Lazio, con ripercussioni sui territori interessati e sui cittadini ivi residenti. (4-08747)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a distanza di oltre un mese (il crollo del viadotto che ha causato la morte di un operaio risale al 2 marzo 2015) Calabria e Sicilia continuano a rimanere isolate dal resto d'Italia;
   l'autostrada Salerno-Reggio Calabria è completamente chiusa al traffico nel tratto compreso tra Laino Borgo e Mormanno e nessuno, finora, ha saputo indicare con certezza i tempi di riapertura;
   la Calabria è fuori dal mondo: in questa regione è sempre più difficile arrivare e/o andare via, dal momento che restano praticabili soltanto percorsi alternativi e vie secondarie di montagna per aggirare la chiusura dell'autostrada;
   lo scorso 9 marzo, la Procura di Castrovillari ha nominato due consulenti per la verifica della sicurezza strutturale dell'impalcato e della pila di sostegno del viadotto Italia, ai quali l'ANAS ha assicurato di fornire la massima collaborazione al fine di consentire tutte le attività necessarie di indagine e di valutazione degli interventi di esecuzione dei lavori –:
   cosa, alla luce di quanto espresso in premessa, il Ministro interrogato intenda fare per consentire al più presto il ripristino della viabilità dell'autostrada A3 in piena sicurezza per gli utenti;
   se non si ritenga opportuno organizzare un tavolo tecnico a livello di rappresentanti del ministero, tecnici dell'ANAS ed amministratori locali della regione Calabria al fine di monitorare lo stato dei lavori dell'autostrada A3 in generale, con particolare attenzione ai lavori di messa in sicurezza e ripristino della viabilità del viadotto Italia crollato nei mesi scorsi, che ha causato la morte di un operaio.
(3-01429)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPOZZOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comprensorio cilentano in provincia di Salerno da anni è penalizzato da una serie di criticità che interessano la viabilità;
   la provinciale 430 «Cilentana» è da oltre un anno chiusa al traffico per il cedimento di due piloni del viadotto compreso nel tratto tra Agropoli Sud e Prignano Cilento ed interessata da una lenta, ma inesorabile frana, sta colpendo l'intera arteria stradale;
   fino al 27 gennaio del 2014, gli automobilisti potevano percorrere l'arteria provinciale 430 almeno in direzione nord, quindi verso Salerno;
   la «Cilentana» è di importanza vitale per l'economia dell'intero territorio e la sua chiusura costringe ad intraprendere deviazioni tortuose che non pochi disagi crea agli automobilisti;
   le alternative a partire dalla strada provinciale 45 risultano non in grado di reggere il traffico e presenta notevoli limiti anche in termini di sicurezza a causa dell'assenza di adeguata manutenzione;
   la pericolosità aumenta esponenzialmente in caso di cattivo tempo;
   ad essere particolarmente interessata è il territorio del basso Cilento da Agropoli a scendere;
   particolari disagi si registrano per il raggiungimento dell'ospedale di Vallo della Lucania, unico insieme a quello di Sapri nel Cilento dopo la chiusura dell'ospedale civile di Agropoli;
   le stesse chiamate di soccorso e il 118 sono in difficoltà nel raggiungere pazienti in difficoltà;
   anche la strada provinciale 46, versa in condizioni critiche chiusa nel tratto tra Torchiara e Laureana Cilentana dallo scorso 23 gennaio quando un movimento franoso ha provocato la caduta sull'asfalto di fango, terra ed altri detriti, e anche in questo caso per la riapertura dell'arteria a doppio senso di marcia ci vorrà tempo e saranno ulteriori disagi per i cittadini;
   per quanto riguarda invece la strada statale 116 è stata riaperta solo dallo scorso mese di febbraio a seguito della chiusura provocata da caduta massi e comunque versa in pessimi condizioni con un manto stradale segnato da buche avvallamenti e cedimenti in diversi punti –:
   se il Governo sia a conoscenza della gravissima condizione di isolamento in cui versa il comprensorio cilentano come riportato in premessa e quali iniziative per quanto di competenza intenda adottare al fine di convocare con la massima urgenza un incontro istituzionale sulla viabilità nel Cilento al fine di individuare soluzioni concernenti le principali arterie che collegano il territorio ed il ripristino di condizioni di sicurezza e di accessibilità a partire dal raggiungimento delle strutture ospedaliere. (5-05305)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi si è svolto presso il centro Aci-Sara di Vallelunga un altro corso in lingua inglese al quale hanno partecipato ambasciatori, consoli, consiglieri e personale diplomatico di ambasciate estere presenti nel nostro Paese tra cui Polonia, Bielorussia, Svizzera, Afganistan, Ucraina, Benin, Filippine, Finlandia, Colombia, Estonia, Bangladesh, Indonesia;
   un altro corso riservato al personale diplomatico era stato svolto anche l'anno passato e l'interrogante in quell'occasione aveva chiesto chiarimenti attraverso un'interrogazione a risposta scritta circa la reale necessità di investire soldi pubblici in quella manifestazione. La risposta all'interrogazione non è tuttora sopraggiunta;
   il progetto dell'ACI riservato agli stranieri è stato avviato nel 2012 con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero degli affari esteri, del Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, e del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport ed ha già coinvolto oltre 2.900 automobilisti appartenenti a 60 Paesi;
   il progetto nasce dalla constatazione che il numero di incidenti stradali causati da uno straniero è in costante aumento, fino a sfiorare i 90 sinistri al giorno con 141 feriti e più di 1,4 morti, per un costo sociale che supera i 4,2 miliardi di euro annui, pari al 14 per cento del totale (oltre 30 miliardi di euro). Gli immigrati che registrano più incidenti sono i rumeni (4.753 sinistri), seguiti da albanesi (3.504), marocchini (3.142), cinesi (1.215), moldavi (735), tunisini (700), peruviani (678), egiziani (675), serbi (607) ed ecuadoregni (586), ma non è noto il numero degli incidenti provocati dal personale diplomatico;
   non meno allarmante è il tasso di incidenti mortali tra i conducenti giovanissimi, fino ai 24 anni, che risulta essere doppio rispetto a quello dei conducenti più esperti. I neopatentati non sono soltanto un rischio per se stessi ma anche per gli altri: per ogni neopatentato deceduto in un incidente, altre 1,3 persone perdono la vita. Gli incidenti che coinvolgono i conducenti giovani sono spesso dovuti alla perdita del controllo del mezzo o all'eccesso di velocità –:
   quali siano i costi finora sostenuti per portare avanti il progetto dell'Aci di cui in premessa e quante siano le risorse totali a disposizione del progetto;
   se il Ministro sia in possesso dei dati aggiornati relativi al numero di incidenti causati da stranieri nel 2014, così da poter verificare la validità del corso svolto finora frequentato da un numero così elevato di automobilisti;
   quale sia il numero degli incidenti causati da personale diplomatico presente nel nostro Paese, che ha motivato la decisione dell'Aci di offrire periodicamente corsi di guida sicura ad ambasciatori, consoli, consiglieri e personale diplomatico;
   quali siano le motivazioni che hanno spinto l'Aci ad investire sulla sicurezza della guida dei soli stranieri piuttosto che sui neopatentati, considerati i dati allarmanti che coinvolgono i giovani automobilisti;
   se non ritenga opportuno, in un periodo di crisi come questo, che le risorse destinate al progetto dell'Aci siano destinate a finalità più urgenti. (4-08738)


   SPESSOTTO, COZZOLINO e PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un recente articolo apparso sulla stampa e intitolato «Pignorati i conti del Ministero di Lupi», riporta la preoccupante notizia per cui, a partire dallo scorso 14 gennaio sarebbe stato disposto il blocco giudiziario dei conti correnti appartenenti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   la procedura giudiziaria avviata nei confronti dei conti correnti del dicastero trae le sue origini dal piano di ricostruzione post-bellica della città di Ancona, affidato in concessione all'Adriatica Costruzioni srl dell'imprenditore marchigiano Edoardo Longarini;
   con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992 fu disposto l'annullamento nei confronti del gruppo di Longarini di tutti i rapporti concessori per i lavori relativi ai lotti di piani di ricostruzione della città di Ancona;
   a seguito dell'impugnazione degli atti di annullamento da parte del Gruppo Longarini, la corte di appello di Roma, con sentenza depositata lo scorso 8 luglio 2014, si è espressa nel procedimento promosso per la quantificazione dei danni, a favore di Edoardo Longarini, il quale ha richiesto alle Infrastrutture un indennizzo di 1,2 miliardi di euro per gli appalti revocategli e che egli stesso ha sempre rivendicato;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tramite l'Avvocatura Generale dello Stato, ha quindi presentato un ricorso in Cassazione contro l'esecuzione della sentenza della Corte d'appello di Roma e del lodo arbitrale a favore di Longarini per chiedere «la sospensione dell'efficacia esecutiva e dell'esecuzione della sentenza della Corte d'appello di Roma, nonché dei lodi arbitrali definitivo e non definitivo»;
   nel ricorso si lamenta che «dall'esecuzione del lodo e della menzionata sentenza deriva un danno grave e irreparabile per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in quanto l'enorme importo della pronuncia di condanna, da valutare anche alla luce dell'attuale contingenza economica, caratterizzata dalla drastica riduzione delle disponibilità finanziarie di pertinenza del Ministero, rischierebbe di paralizzare l'esecuzione di opere pubbliche di rilevante interesse strategico nazionale, come rappresentato dal ministero, e determinerebbe la perdita di circa 40 mila posti di lavoro;
   per quanto di conoscenza degli interroganti, in base alle notizie di cronaca apparse sulla stampa, si apprende che, a seguito della notifica di un atto di pignoramento di rilevante importo, le disponibilità economiche esistenti sui conti correnti riferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbero state bloccate, dalle piccole spese d'amministrazione ai finanziamenti ai trasporti o addirittura ai cantieri in tutta Italia;
   tra i conti del Ministero sottoposti a pignoramento compare anche il conto di tesoreria centrale sul quale erano disponibili le risorse anche per i lavori di completamento della variante alla S.P. 14 — Circonvallazione al centro di Bojon, le cui procedure di affidamento dei lavori sono state conseguentemente interrotte –:
   se il Ministro sia conoscenza dei fatti sopra descritti e se possa confermare o meno la sussistenza delle preoccupanti notizie riportate in premesse secondo cui tutte le disponibilità esistenti sui conti correnti riferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbero state bloccate a seguito della notifica di un atto di pignoramento a carico dello stesso Ministero per un importo di circa 1,2 miliardi di euro per gli appalti del Gruppo Longarini. (4-08746)


   CULOTTA e ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Ustica lines, la compagnia di navigazione che gestisce il servizio di aliscafi per le isole Eolie ed Egadi, ha comunicato in data 8 aprile 2015 la sospensione del servizio di collegamento con le isole a partire da domenica 12 aprile a causa mancati pagamenti della regione siciliana per i servizi svolti dal 1o aprile 2014;
   la vicenda, unita alla complicata situazione che coinvolge Siremar Compagnia delle isole, aumenta drammaticamente la precarietà che ormai da anni affligge gli arcipelaghi siciliani sul versante dei collegamenti marittimi;
   la questione è di particolare rilievo ed urgenza, considerato che il suddetto servizio garantisce la continuità territoriale con le isole Eolie ed Egadi, e che i residenti non hanno adeguate alternative modali di trasporto;
   enorme è il danno per gli abitanti isolani, poiché la sospensione di tale pubblico servizio si configura come una vera e propria serrata che interrompe la fornitura di servizi pubblici essenziali per beneficiare di diritti costituzionalmente garantiti (diritto all'assistenza, alla sanità, all'istruzione, alla libera circolazione etc...);
   forte è anche l'allarme degli albergatori e di tutti gli operatori economici all'inizio della stagione estiva, quando i collegamenti via mare con gli arcipelaghi si fanno più intensi e ne sostengono l'attività turistica;
   vi è poi la necessità di tutelare i circa 400 lavoratori dell'azienda, che con la sospensione del servizio rischiano la perdita del posto di lavoro;
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per garantire la continuità territoriale e la fornitura di servizi minimi essenziali di collegamento delle isole Eolie ed Egadi. (4-08749)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAROCCI, GHIZZONI e BASSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i progetti FIRB «Futuro in ricerca» sono stati riconosciuti con l'articolo 3 del decreto ministeriale n. 276 del 1o luglio 2011, in applicazione dell'articolo 29, comma 7, della legge n. 240 del 2010, come programmi di ricerca di alta qualificazione finanziati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca i cui vincitori possono essere destinatari di chiamata diretta ai sensi dell'articolo 1 dello stesso decreto ministeriale;
   i ricercatori dei progetti FIRB sono inquadrati come ricercatori a tempo determinato di tipo a) (legge n. 240 del 2010, articolo 24, comma 3, lettera a)) ed inseriti all'interno della programmazione 2013-2015 perché assunti in base a fondi esterni;
   a tale proposito, si precisa quindi che una eventuale trasformazione da parte dell'Ateneo di appartenenza del loro contratto attuale in un nuovo contratto da ricercatori a tempo determinato di tipo b) (legge n. 240 del 2010, articolo 24, comma 3, lettera b)) ne determinerebbe un peso espresso in punti organico del valore di 0,5. I ricercatori vincitori del programma di rientro dall'estero, conosciuto come programma «Rita Levi Montalcini», sono invece inquadrati come ricercatori a tempo determinato di tipo b), prevedendo per l'ateneo la possibilità di «impegnare esclusivamente il differenziale Punti Organico tra il posto di Professore di II fascia e quello di Ricercatore già riconosciuto dal Ministero all'Ateneo» (MIUR AOODGUN, registro ufficiale, n. 21381);
   ciò genera, inevitabilmente, una differenziazione di qualifica tra ricercatori dei progetti FIRB e quelli del programma «Rita Levi Montalcini», nonostante il rilievo scientifico attribuibile ad entrambi i profili, in quanto vincitori di programmi di ricerca di alta qualificazione (decreto ministeriale n. 276, articolo 3);
   in particolare, rende sostanzialmente impossibile, dati i vincoli assunzionali esistenti, il reclutamento dei ricercatori FIRB negli atenei, che garantirebbe, peraltro, il ringiovanimento degli organici con personale altamente qualificato;
   i progetti FIRB sono già avviati ed in molti casi ormai prossimi alla conclusione. Essi inoltre non sono più stati banditi dopo il 28 dicembre 2012. I ricercatori FIRB sono quindi ormai in un numero ben definito e non suscettibile di ulteriori aumenti;
   i progetti FIRB «Futuro in ricerca» hanno spesso consentito il coinvolgimento di assegnisti, post dottorato e contrattisti che hanno potuto beneficiare di questa importante opportunità per procedere, nel loro percorso di formazione e specializzazione. Essi inoltre hanno permesso l'avvio di progetti di ricerca che hanno creato reti tra atenei, enti di ricerca ed imprese altamente qualificate a livello sia nazionale che internazionale, ed hanno dato origine a nuovi laboratori, missioni scientifiche e progetti di trasferimento tecnologico del più alto valore –:
   quali misure intenda adottare per favorire il reclutamento dei ricercatori «Futuro in Ricerca» negli organici degli Atenei o degli enti di ricerca. (5-05306)

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHESI e CAPARINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il piano di edilizia scolastica, fortemente voluto dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, fin dal suo discorso di fiducia alle Camere il 24 febbraio 2014, dovrebbe riguardare complessivamente 21.230 interventi su edifici scolastici, con investimenti pari a 1.094.000.000 di euro. Nell'arco del biennio 2014-2015, parole del Presidente del Consiglio dei ministri si avranno scuole più belle, più sicure e più nuove;
   il piano, nelle intenzioni del Governo, è così articolato:
    a) costruzione di nuovi edifici scolastici o rilevanti manutenzioni attraverso liberazione di risorse dei comuni dai vincoli del patto di stabilità per un valore di 244 milioni;
    b) finanziamento per 510 milioni dal Fondo di sviluppo e coesione, dopo la delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 30 giugno 2014, per interventi di messa in sicurezza, di decoro e piccola manutenzione;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, il 3 marzo 2014, aveva mandato una lettera a tutti i sindaci invitandoli a segnalare interventi di edilizia scolastica immediatamente cantierabili da finanziare;
   con le delibere approvate dal Cipe il 30 giugno 2014 sono stati destinati complessivamente 510 milioni all'edilizia scolastica riprogrammando i Fondi di sviluppo e coesione. Di questa somma 400 milioni di euro sono stati destinati a interventi di messa in sicurezza ed agibilità delle scuole per un totale di 2.865 interventi;
   comuni e province per acquisire i relativi finanziamenti dovevano aggiudicare gli appalti perentoriamente entro il 31 dicembre 2014, esaurendo i primi 1.635 interventi previsti dal cosiddetto decreto del Fare del Governo Letta, poi rilanciati da Renzi;
   il termine è stato prontamente rispettato dai comuni, e malgrado la comunicazione del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca indicasse che il trasferimento dei fondi sarebbe avvenuto entro il mese di gennaio 2015, fino ad oggi i comuni non si sono visti accreditare neppure un euro, ma nel frattempo hanno avviato le opere e si vedono costretti a pagare gli stati di avanzamento dei lavori;
   nelle belle intenzioni del Governo si prevedono per finanziare gli interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino funzionale, ulteriori 300 milioni di euro che dovrebbero essere sbloccati nel 2015 e riguarderanno 10.160 plessi scolastici;
   va denunciata la decurtazione di alcune voci, come le spese tecniche e l'Iva, dal finanziamento previsto, fatto questo che ha scatenato una vivace protesta da parte di tutti i sindaci;
   gli stessi sindaci sono molto scettici non solo sull'entità del finanziamento, ma anche sui tempi della relativa erogazione;
   pare che tutti gli interventi del piano «scuole sicure» anche già ultimati non abbiano ricevuto il finanziamento assegnato, con gravi danni per i comuni e le imprese che hanno eseguito i lavori;
   molti sindaci da tempo stanno contattando la direzione competente del Ministero circa i relativi tempi di erogazione; risulta che dal Ministero siano giunte risposte rassicuranti ma finora nulla è accaduto;
   il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca ha conferito al comune di Piancogno (BS) un finanziamento di euro 16.500,00 (escludendo Iva e spese tecniche per circa 33.500 che rimangono a carico del comune), con l'obbligo perentorio dell'aggiudicazione delle opere entro il 31 dicembre 2014 (termine rispettato e comunicato al Ministero);
   da comunicazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si apprendeva che il trasferimento al comune dei fondi sarebbe avvenuto entro il mese di gennaio 2015, cosa che non è avvenuta, ma il Comune nel frattempo ha avviato le opere e deve pagare gli stati di avanzamento dei lavori;
   ad oggi non si hanno notizie di accrediti e il comune di Piancogno (come tanti altri) si trova nella condizione di non poter procedere al pagamento degli stati di avanzamento lavori, a fronte di un finanziamento concesso ma mai pervenuto ed il forte dubbio che di fronte al mancato pagamento l'impresa potrebbe interrompere i lavori ed aprire un contenzioso –:
   se il Governo, con riferimento alla scuola di Piancogno (BS), intenda procedere con la massima sollecitudine agli accrediti promessi entro gennaio 2015, senza ulteriori indugi che ne stanno mettendo a serio rischio la credibilità, causando evidenti difficoltà all'amministrazione del comune e soprattutto pregiudicando la messa in sicurezza delle scuole, con grave rischio per l'incolumità degli alunni. (4-08750)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GNECCHI, GREGORI, GRIBAUDO, PARIS, COMINELLI, ROTTA, BARUFFI, INCERTI e MAESTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la riforma Dini – legge n. 335 del 1995 – prevede il calcolo della pensione con il sistema contributivo per coloro che hanno il primo accredito di contributi a partire dal 1o gennaio 1996 e non è prevista per suddette pensioni l'integrazione al trattamento minimo;
   la mancata previsione dell'integrazione al trattamento minimo per le pensioni liquidate con il calcolo contributivo doveva essere compensata dall'introduzione della previdenza integrativa, secondo pilastro, prevista però su adesione volontaria, con l'obiettivo di garantire ai futuri pensionati un reddito ulteriore che andava a sommarsi alla pensione di base come primo pilastro;
   il presidente dell'Inps ha annunciato l'invio delle buste arancioni in modo che ogni singolo lavoratore, lavoratrice possa essere consapevole della propria situazione previdenziale, questo è ancora più importante oggi perché la carriera lavorativa inizia sempre più tardi ed è caratterizzata da discontinuità e diversificazione di iscrizione;
   dall'ultima relazione della COVIP (dati anno 2013) sugli iscritti alla previdenza complementare, presentata nel 2014, risulta la seguente composizione degli iscritti lavoratori dipendenti suddivisi per classi di età, va quindi stimolata l'iscrizione dei giovani:
    a) inferiore a 25 anni: 1,8 per cento
    b) fra 25 e 34 anni: 15,4 per cento
    c) fra 35 e 44 anni: 30,4 per cento
    d) fra 45 e 54 anni: 34,0 per cento
    e) fra 55 e 64 anni: 17,1 per cento
    f) 65 e oltre: 1,3 per cento;
   a partire dall'anno 1996 i giovani che hanno iniziato l'attività lavorativa hanno avuto raramente opportunità occupazionali con continuità contributiva. Nella maggior parte dei casi hanno avuto offerte di stage, rapporti di lavoro parasubordinati (co.co.co) e nella migliore delle ipotesi contratti a termine, molto spesso di breve durata. A ciò si aggiunga che l'aliquota contributiva prevista per i co.co.co era stata fissata nel ’95 al 10 per cento;
   è altresì noto che ancora oggi abbiamo la disoccupazione giovanile che è oltre il 42 per cento e ciò comprometterà pesantemente la pensione futura dei giovani –:
   quanti siano in media, alla data del 31 febbraio 2014, gli anni di contribuzione versati o accreditati distinti in FPLD e gestione separata distinti per sesso, nonché la media del relativo montante maturato distinto in FLPD e gestione separata sempre distinte anche per sesso per le seguenti classi di età:
    a) inferiore a 25 anni;
    b) fra 26 e 30 anni;
    c) fra 31 e 35 anni;
    d) fra 36 e 40 anni. (5-05303)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LIBRANDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'Eurostat, la spesa per sostegni al reddito per disoccupazione e sospensione del rapporto di lavoro in Italia è aumentata da 11,3 miliardi del 2008 a 24 miliardi del 2012 (+113 per cento), mentre in Germania, con una popolazione molto più numerosa, questa spesa per gli ammortizzatori sociali ha subito una flessione da 25,7 miliardi del 2008 a 24,8 miliardi del 2012 (-4 per cento);
   la spesa per gli ammortizzatori sociali in Italia nel 2012 è già oggi, come percentuale del PIL (1,5 per cento), superiore a quella della media europea (1,2 per cento) e di molti grandi paesi come la Francia (1,4 per cento), la Germania (0,9 per cento) e il Regno Unito (0,3 per cento) ed è destinata ad aumentare ulteriormente in seguito alle riforme che hanno ampliato la platea dei beneficiari e la durata delle prestazioni (secondo il bilancio sociale dell'INPS, la spesa per ammortizzatori nel 2013, al netto dei contributi figurativi, è aumentata rispetto all'anno precedente del 15,8 per cento);
   la spesa per le prestazioni di disoccupazione e di sospensione dal lavoro in Italia appare fuori controllo e non più sostenibile soprattutto per la quota a carico della fiscalità generale che è pari al 61,7 per cento della spesa complessiva comprensiva dei contributi figurativi (il 38,3 per cento proviene dai contributi delle imprese e dei lavoratori) e per le prestazioni in deroga — non solo a causa della crisi occupazionale, ma anche perché non è praticato, se non in pochi centri per l'impiego, il principio di condizionalità che lega la fruizione dei sostegni al reddito ai doveri di attivazione del beneficiario (accettazione delle offerte di lavoro, di formazione e di lavori socialmente utili, obbligo di sostenere periodici colloqui, e altro);
   la mancata attuazione del principio di condizionalità è determinata dalla impossibilità da parte della maggioranza dei servizi per l'impiego pubblici di convocare in tempi brevi i beneficiari di ammortizzatori sociali per il primo colloquio, di offrire loro proposte di lavoro o di formazione e di riconvocarli periodicamente per verificare e accompagnare l'attuazione del piano di azione individuale;
   i primi risultati del programma Garanzia Giovani segnalano che una gran parte dei centri per l'impiego non è nelle condizioni di rispettare l'impegno di garantire ai giovani, entro quattro mesi dall'inizio della disoccupazione, un'offerta di lavoro, di tirocinio o di formazione, nonostante il bonus occupazionale per le aziende: dal primo maggio 2014 al 25 marzo 2015 si sono iscritti 476 mila giovani, i centri per l'impiego, dopo circa 11 mesi dall'inizio del programma, sono riusciti a contattare per il primo colloquio 234 mila persone (49 per cento degli iscritti) e solo 49 mila hanno ricevuto un'offerta (10 per cento degli iscritti);
   la difficoltà da parte dei servizi per il lavoro pubblici di erogare ai disoccupati i servizi previsti dalla legge è causata, innanzitutto, dal sottodimensionamento del loro personale: in Italia gli addetti dei centri pubblici per l'impiego sono circa 9 mila e ognuno dovrebbe attivare mediamente 254 disoccupati; nel Regno Unito gli addetti sono 78 mila e ognuno ha in carico 20 disoccupati che devono recarsi al job center plus almeno ogni 15 giorni per dare conto delle ricerche di lavoro effettuate; in Germania gli addetti sono 110 mila e ognuno ha in carico 26 disoccupati; in Francia gli addetti sono circa 50 mila e ognuno ha in carico mediamente 65 disoccupati;
   l'Italia spende a favore dei centri pubblici per l'impiego solo l'1,8 per cento del totale degli stanziamenti per le politiche del lavoro (meno di 500 milioni di euro nel 2011, pari allo 0,03 per cento del PIL). Quote ben più elevate sono spese dalla Germania (19,2 per cento, pari a 9,1 miliardi di euro), dalla Francia (11 per cento, pari a 5,1 miliardi di euro) e dal Regno Unito (46,3 per cento, pari a 5,6 miliardi di euro). L'80 per cento della spesa per le politiche del lavoro è dedicata in Italia agli ammortizzatori sociali, a fronte del 56 per cento della Germania, al 60 per cento della Francia e al 43 per cento del Regno Unito;
   la maggioranza dei centri pubblici italiani non ha personale specializzato per raccogliere le offerte di lavoro delle imprese e per offrire loro un servizio di preselezione dei candidati per la copertura dei posti vacanti e, di conseguenza, non è in grado di proporre ai disoccupati registrati offerte di lavoro, limitandosi a erogare, nella maggior parte dei casi, misure di orientamento e di formazione, mentre negli, altri paesi europei la quota di personale dei servizi pubblici dedicata a queste attività varia dal 33 per cento della Francia al 51 per cento del Regno Unito;
   alla luce delle precedenti criticità, non sorprende che gli occupati dipendenti che hanno trovato lavoro attraverso i 556 centri per l'impiego italiani (33 mila nel 2013) rappresentano il 2,6 per cento della platea dei disoccupati registrati (2,2 milioni nel 2012), quota che sale al 19 per cento nel Regno Unito e in Germania e al 56 per cento in Svezia –:
   quali iniziative intenda adottare per contenere la spesa per gli ammortizzatori sociali attraverso la riduzione del tempo di transizione dallo stato di disoccupato sussidiato a quello di occupato, anche al fine di dedicare maggiore risorse al rafforzamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive; – quali misure intenda adottare per adeguare il numero degli operatori dei centri per l'impiego in modo che sia o, in rapporto con gli utenti e in particolare con i percettori di ammortizzatori sociali, al di sopra della soglia minima che nei paesi dell'Unione europea è considerata necessaria per offrire un servizio efficace ed efficiente alle persone in cerca di lavoro e alle imprese in cerca di lavoratori (un operatore per ogni 80-100 disoccupati registrati);
   se ritenga indispensabile e urgente, per far sì che i centri per l'impiego possano erogare servizi efficaci ed efficienti per la più rapida ricollocazione dei disoccupati percettori di sussidi e per adeguare il numero dei loro operatori, far confluire, in via prioritaria, nella Agenzia nazionale per l'occupazione le risorse umane, finanziarie è strumentali dell'unico ente strumentale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali «Italia Lavoro» — come è previsto espressamente dall'articolo 1, comma 4, lettere c), f) e h) della legge 10 dicembre 2014, n. 183 — che da anni promuove e gestisce con efficacia e con risorse del Fondo sociale europeo azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale in tutte le regioni italiane, spesso in diretto affrancamento degli operatori dei centri per l'impiego, come è stato del resto riconosciuto dalla Corte dei conti con le deliberazioni n. 17/2008/G («Attività di controllo e di vigilanza — Governance – del Ministero del lavoro nei confronti della Società Italia Lavoro S.p.A.») e n. 4/2014/G («L'evoluzione del sistema degli Ammortizzatori sociali e relativo impatto economico»), in particolare a proposito dei progetti «welfare to work» portati avanti dall'Amministrazione, prevalentemente con il ricorso all'Agenzia tecnica Italia Lavoro S.p.A.;
   se ritenga, inoltre, che la stessa Agenzia tecnica abbia tutte le competenze per formare adeguatamente il personale in esubero di enti, come per esempio le province e le camere di commercio, in modo che possa confluire ed essere operativo entro breve tempo all'interno della stessa Agenzia nazionale e per dare assistenza tecnica alle istituzioni formative per la realizzazione del nuovo contratto di apprendistato duale per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale, previsto dallo schema di decreto legislativo di riforma delle tipologie contrattuali in attuazione della legge 10 dicembre 214, n. 183, anche sulla base dell'esperienza acquisita da Italia Lavoro nella realizzazione del progetto «FIxO» che ha supportato le scuole secondarie superiori nell'erogazione dei servizi di placement per gli studenti. (4-08734)


   PETRAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Giovanni Crespi spa era una società, fondata nel 1936, attiva nella produzione e commercializzazione di materiali speciali, semilavorati e prodotti finiti, destinati principalmente ai mercati dell'arredamento, delle costruzioni, dell'automotive, della calzatura, della pelletteria, dell'abbigliamento, del medico-ospedaliero e del cleaning;
   la storica ditta di Buscate, con oltre 1.100 dipendenti e stabilimenti produttivi in Italia, Polonia, Cina e Brasile, ha chiuso definitivamente i battenti;
   per rispondere alle banche creditrici la famiglia Crespi aveva deciso di investire 10 milioni di euro per ristrutturare un reparto di produzione, condizione essenziale per riottenere la fiducia degli istituti bancari, ma le difficoltà del mercato immobiliare non hanno permesso la vendita di alcuni immobili, bloccando l'investimento;
   nel marzo 2013 la proprietà si è trovata alle strette e ha presentato una domanda di concordato preventivo. Venduta l'Orsa Foam di Gorla Minore, che produce poliuretano espanso, e la controllata Nuova mabel, la proprietà stava per chiudere un accordo con alcuni imprenditori cinesi, proprietari della Zhejiang Unique Science & Technology Development Co. (Unik), interessati a entrare nella compagine aziendale. La mancata prestazione di garanzia bancaria da parte del potenziale acquirente avrebbe favorito il parere non favorevole all'omologazione del commissario giudiziale. Il 10 settembre 2014 durante l'udienza si è preso atto del mancato rilascio della fidejussione e il pubblico ministero ha formulato domanda di fallimento della società. Il 15 settembre 2014, anche il collegio dei liquidatori della società delibera di rinunciare alla procedura concordataria;
   con sentenza n. 200/2014 del 22 settembre 2014, il Tribunale ordinario fallimentare di Busto Arsizio ha dichiarato il fallimento della Giovanni Crespi spa;
   gli ultimi 78 dipendenti usciranno per sempre dai cancelli il giorno 21 aprile 2015, fino a quel giorno le maestranze potranno percepire la cassa integrazione straordinaria resa possibile grazie ad un accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   l'asta fallimentare è andata, per la seconda volta, deserta e nessuno si è presentato con offerte per il rilancio della storica fabbrica;
   quest'anno il gruppo Giovanni Crespi avrebbe festeggiato gli 80 anni dalla sua fondazione –:
   quali azioni intenda assumere il Ministro interrogato per tutelare i lavoratori della Giovanni Crespi spa;
   quali azioni intenda mettere in campo il Governo, di concerto con gli enti locali, per rilanciare l'occupazione nel varesotto. (4-08737)


   VACCA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Crudi d'Italia spa sta attraversando una grave crisi aziendale;
   nel tentativo di tutelare al meglio gli 82 dipendenti in forza nel 2013 presso lo stabilimento di Colledara, le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto, in data 5 novembre 2013, con la proprietà, sotto l'egida della provincia di Teramo, un accordo di mobilita ex legge 223 del 1991 e successive modificazioni e integrazioni, secondo il principio della non opposizione alla risoluzione del rapporto di lavoro;
   in data 11 novembre 2013 le organizzazioni sindacali e hanno sottoscritto un accordo di cassa integrazione guadagni straordinari per cessazione, della durata di dodici mesi, sempre riguardante gli 82 dipendenti;
   il 30 dicembre 2013, la Crudi Italia spa avanza al tribunale di Parma la richiesta di ammissione dell'azienda alla procedura di concordato preventivo ex articolo 161, comma VI;
   la Crudi Italia spa è stata ammessa alla procedura concordato preventivo con decreto del tribunale di Parma n. 61 del 2013 C.P. e depositato in cancelleria il 7 gennaio 2014;
   successivamente, il 29 gennaio 2014, le parti hanno convenuto di modificare l'oggetto della cassa integrazione guadagni straordinari essere, sottoscrivendo un nuovo accordo di cassa integrazione guadagni straordinaria per concordato preventivo in continuità con decorrenza 30 dicembre 2013 e della durata di dodici mesi, riguardante 78 unità lavorative;
   nonostante lo stato di crisi ed il concordato preventivo, nello stabilimento di Colledara di proprietà della Crudi Italia spa di fatto, non è stata mai interrotta l'attività lavorativa tant’è che nel mese di gennaio 2014 nello stabilimento stesso si è insediato un nuovo soggetto imprenditoriale, denominato Potenza Srl;
   dalle notizie pervenute da parte dei sindacati nello stabilimento di Colledara sembra abbiano prestato attività lavorativa, con contratti a tempo determinato, circa 20 ex dipendenti della Crudi d'Italia spa che hanno risolto il loro rapporto di lavoro, passando per le liste di mobilità, due dipendenti della Crudi d'Italia spa con contratto a tempo indeterminato ed un numero imprecisato di altri lavoratori reperiti sul mercato del lavoro;
   a più riprese i sindacati hanno invocato l'inosservanza della normativa che regola il trasferimento d'azienda, in particolare l'articolo 2112 del codice civile e l'articolo 47 della legge 428 del 1990 così come modificato dal decreto legislativo 18 del 2001, a tutela dei lavoratori dipendenti rimasti esclusi dall'attività produttiva senza ottenere alcun esito ma non si sono ottenuti esiti;
   le rappresentanze sindacali il giorno 4 aprile 2014, nel corso di un incontro svoltosi presso il Ministero dello sviluppo economico ha denunciato la ripresa della produzione nello stabilimento di Colledara con l'utilizzo circa trenta addetti, di cui alcuni richiamati al lavoro dalle liste di mobilità;
   nella riunione svoltosi il 16 maggio 2014 presso il Ministero dello sviluppo economico sullo stabilimento di Colledara (TE), le rappresentanze sindacali hanno chiesto formalmente alla Crudi Italia spa di verificare se era possibile un nuovo accordo per la sospensione della cassa integrazione guadagni straordinaria;
   in mancanza di un accordo tra le parti mancano i presupposti per la cassa integrazione guadagni straordinaria;
   a giudizio dell'interrogante, vi sono forti sospetti che, in realtà, la Potenza Srl non sia altro che uno strumento attraverso il quale la Crudi d'Italia spa continui la sua attività imprenditoriale, risparmiando indebitamente sui costi del personale ed affrancandosi dai suoi doveri e dalle sue responsabilità nei confronti dei propri dipendenti –:
   perché sia stata concessa la cassa integrazione senza il consenso dei sindacati e dunque dei lavoratori. (4-08742)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FABRIZIO DI STEFANO e RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dopo anni di forti riduzioni della quota pescabile di tonno rosso, l'ICCAT (International Commission for the Conservation of Tunas) nell'ultima sessione speciale tenutasi a Genova nel Novembre 2014, ha adottato una nuova raccomandazione (n. 04-14) con la quale sono state modificate alcune misure di gestione e conservazione del tonno rosso, tra cui l'aumento del totale ammissibile di cattura (TAC) nel triennio 2015-2017;
   l'aumento di quote di cattura attribuito dall'ICCAT, come ogni anno è distribuito tra i Paesi dell'Unione che praticano la pesca del tonno rosso e che, in relazione al riparto storico; all'Italia, nel triennio 2015-2017 spetta un aumento di circa 1.500 tonnellate. Nell'anno 2015 l'aumento previsto è pari a 352,39, passando quindi da una quota di 1.950,42 del 2014 a 2.302,81 tonnellate per la campagna di pesca dell'anno in corso;
   la ripartizione delle quote è sempre avvenuta tramite decreto, non c’è stata mai, altresì, una norma che disciplinasse la materia; tutti i decreti che si sono succeduti negli anni, non hanno mai seguito un indirizzo preciso, un unico criterio, sono stati sempre influenzati dal momento ed anche dalla situazione politica. Negli anni in relazione alle congiunture economiche si sono anche verificati trasferimenti di quote da un sistema all'altro; altre volte ciò è stato impedito. Tutto ciò ha influito notevolmente sull'assegnazione delle quote negli anni con una sempre e costante preponderanza del sistema circuizione tanto che a tale sistema viene oggi assegnato circa il 74,406 per cento delle quote destinate all'Italia; mentre al sistema palangaro è stata assegnata una quota pari a 13,587 per cento; Tale situazione è paradossale in quanto la stragrande maggioranza delle quote risultano assegnate a sole n. 12 imbarcazioni da pesca (circuizione) a differenza dei palangari ove solo il 13 per cento delle quote devono soddisfare la necessità di 30 imbarcazioni (palangari). Tutto ciò crea due diversi settori economici all'interno dello stesso segmento di pesca: quello della circuizione sempre più ricco e gli altri sistemi sempre più in difficoltà economica;
   le quote sono di proprietà dello Stato e da sempre la politica aveva tranquillizzato il sistema del palangaro nel senso che il consolidato non si sarebbe modificato, ragionamento anche questo non privo di molte lacune, e che nel momento in cui ci fossero state quote aggiuntive queste sarebbero state utilizzate proprio per riequilibrare il tutto;
   un ampliamento della quota di tonno rosso pescabile, con conseguente aumento di prodotto sul mercato, determinerà, in base alla legge della domanda e dell'offerta, una diminuzione del prezzo a livello internazionale ed in particolare del prodotto morto pescato dai palangari; a dispetto del tonno pescato vivo con il sistema a circuizione e con possibilità di immissione sul mercato in concomitanza di condizioni più favorevoli di mercato;
   un aumento minimo di quote per il sistema palangaro non riuscirebbe a compensare il calo di prezzo del tonno rosso e quindi creerebbe problemi economici aggiuntivi alla già precaria situazione economica delle imbarcazioni autorizzate alla pesca del tonno rosso con il sistema palangari;
   per il sistema circuizione è stato fissato a 12 il numero di imbarcazioni autorizzate alla pesca del tonno rosso per la campagna 2015 ed un aumento considerevole delle quote di tonno rosso a tali pescherecci altererebbe le condizioni di mercato, creando di fatto un monopolio in mano a pochi operatori;
   in relazione a quanto descritto l'applicazione del principio della «stabilità relativa» per la suddivisione delle 352,39 tonnellate di tonno rosso assegnate in più all'Italia per la campagna di pesca 2015, tra i sistemi di pesca penalizzerebbe di fatto le imbarcazioni da pesca al tonno rosso con il sistema «palangari», mettendo in grave rischio la sostenibilità economica delle imprese stesse –:
   se sia legittima questa procedura o se invece non sia opportuno prevedere una ripartizione che consenta agli altri sistemi, in primis il palangaro, di avere una propria autonomia economica, nell'interesse di intere comunità e di interi territori; nello specifico abbandonare la ripartizione a percentuali predefinite (principio della «stabilità relativa»), che non hanno nessun riferimento legislativo, ed assegnare le nuove quote in base al bisogno specifico ed in particolare: 120 tonnellate alla circuizione, 150 al palangaro, 50 alla tonnara fissa e 30 alla quota indivisa, cosa che servirebbe a portare serenità all'intero comparto della pesca del tonno, a sanare scelte precedenti, spesso contraddittorie, e a garantire a tutti gli attori in campo un giusto ed equilibrato ritorno economico non più totalmente sbilanciato verso una direzione, al contrario il metodo che sembrerebbe abbia scelto il Ministero consentirebbe ad un'unica imbarcazione il possesso delle stesse quote di un intero sistema, quello del palangaro. (5-05304)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 aprile 2015 il Corriere della Sera ha pubblicato un ampio servizio in cui si riportava la notizia secondo cui oltre 70 milioni di scatole di medicinali non possono essere consegnate alle farmacie perché l'Istituto Poligrafico dello Stato, incaricato per legge di fornire i contrassegni, non è in grado di stampare i bollini che devono essere applicati sui medicinali prima della vendita;
   la causa di questa mancata consegna sarebbero da addebitare al fatto che le bobine di carta giunte presso lo stabilimento di Foggia dell'Istituto poligrafico sarebbero difettose e che la carta a triplo strato adesiva si scolla rendendo impossibile la sua applicazione alle scatole dei farmaci;
   questa situazione rischia di porre in serio rischio la salute dei cittadini in quanto presso i produttori farmaceutici il ritardo dei bollini sta facendo accumulare farmaci da consegnare;
   è un altro paradosso che riguarda lo stesso Istituto poligrafico Zecca dello Stato che fino ad ora ha appaltato ad appaltatori fiduciari oltre la metà dei bollini per farmaci e che ora ha sospeso per procedere in proprio acquistando nuove macchine;
   con l'avvento della ricetta elettronica anche questo investimento di 11 milioni di euro rischia di essere inutile;
   da questa vicenda emergono due ordini di problemi, uno di natura prettamente sanitaria che interessa la salute dei cittadini che rischiano di non avere neppure i salvavita a causa di questo difetto di carta ed un secondo problema di efficienza dello Stato –:
   se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere con urgenza al fine di assicurare la rapida distribuzione dei farmaci a partire da quelli salvavita e smaltire questo arretrato di 70 milioni di confezioni di medicinali nonché per evitare che in futuro si possano ripetere simili disservizi rendendo più efficiente l'attività dell'Istituto poligrafico di proprietà dello Stato. (5-05307)


   RIZZETTO e BARBANTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso dalla stampa e da informazioni rilasciate dal presidente, Pietro Crisafulli, dell'associazione Sicilia Risvegli Onlus, del caso di Nicola, un bambino tetraplegico di 11 anni, con tutti e quattro gli arti paralizzati che sta rischiando la vita;
   il bambino vive con la propria famiglia a Reggio Calabria e si trova in condizioni di salute gravissime causate da un danno vaccinale a circa 6 mesi dalla nascita. Difatti, per il riconoscimento di handicap, gli è stata diagnosticata una «Tetraparesi Spastica, per esiti di encefalite post-vaccinica», come da certificazione rilasciata, in data 1 giugno 2011, dalla commissione medica della ASL di Palermo per l'accertamento delle invalidità civili ai sensi della legge 104/92;
   l'associazione Sicilia Risvegli Onlus, riferisce che il bambino andrebbe sottoposto immediatamente ad uno specifico intervento chirurgico;
   la madre del bambino, denuncia la totale assenza di sostegno da parte delle istituzioni. Inutili sono stati i tentavi di ricevere un aiuto da parte del comune, poiché il Sindaco e gli amministratori locali hanno affermato che non vi sono i fondi necessari;
   si ritiene urgente verificare come sia possibile che in casi come quello in questione, non sussista l'assistenza necessaria e dovuta da parte delle istituzioni, anche e soprattutto considerando che come è stato diagnosticato, la grave disabilità del bambino è conseguente ad un vaccino obbligatorio a cui è stato sottoposto nei primi mesi di vita;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali siano i suoi orientamenti;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro affinché in casi come quello esposto in premessa siano garantiti sostegno e assistenza alle famiglie che devono provvedere alla persona affetta da disabilità a cui sono dovute le necessarie cure, ciò soprattutto nei casi in cui la disabilità è stata procurata da una vaccinazione obbligatoria anche incrementando le risorse disponibili per le politiche sociali e assistenziali. (5-05310)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 25 marzo 2015 il Ministro Lorenzin ha firmato il regolamento sulla definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, in attuazione dell'articolo 1 comma 169 della legge 30 dicembre 2004 n. 311 e dell'articolo 15, comma 13 lettera c) del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni della legge 7 agosto 2012 n. 135;
   il provvedimento, a detta del Ministro, costituisce l'attuazione del Patto per la salute per gli anni 2014-2016, e avvierebbe il processo di riassetto strutturale e di qualificazione della rete assistenziale ospedaliera italiana, in modo da consentire ai cittadini di poter usufruire nell'erogazione delle prestazioni sanitarie di livelli qualitativi appropriati e sicuri, garantendo l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e nel contempo riducendo significativamente i costi;
   l'allegato 1 dello schema del succitato regolamento, prevede l'accreditamento esclusivo dei centri cardiochirurgici che effettuano almeno 200 interventi di bypass aortocoronarico all'anno, e che abbiano una mortalità di 30 giorni (aggiustata per rischio) inferiore al 4 per cento sia sul bypass aortocardico isolato sia sulla sostituzione o riparazione valvolare isolata;
   questa previsione discende esplicitamente dalla tesi secondo la quale per le procedure chirurgiche di bypass aortocoronarico siano disponibili «prove, documentate dalla revisione sistematico della letteratura scientifica, di associazione tra volumi di attività e migliori esiti delle cure (...)»;
   sempre secondo il regolamento citato, «sono misurabili sistematicamente (...) gli esiti e possono essere identificati valori di rischi al di sotto (per gli esiti positivi) o al di sopra dei quali alle strutture (...) non possono essere riconosciuti i requisiti di accreditamento specifico»;
   il citato regolamento ammette, però, che per le linee di produzione ospedaliera per le quali è definita l'associazione volume-esiti «la letteratura scientifica non consente di identificare in modo unico soglie di volume al di sotto delle quali non possano aversi sufficienti garanzie di efficacia e sicurezza»;
   si osserva che il documento del Comitato outcomes in cardiochirurgia della Società italiana di chirurgia cardiaca (Sicch) pubblicato il 31 marzo 2015 sul sito www.sicch.it, si osserva preliminarmente che esistono al mondo solo due linee guida che forniscono raccomandazioni sull'eventuale livello minimo d'interventi di bypass coronarico che devono essere effettuati in un centro cardiochirurgico;
   si tratta delle linee guida statunitensi Aha/Acc (American Heart Association/American College of Cardiology) pubblicate nel 2011, e di quelle europee Esc/Eacts (European Society for Cardiology/European Association for Cardio-Thoracic Surgey) pubblicate nel 2014;
   le due linee guida citate non concordano sulle soglie minime. Infatti, secondo le statunitensi Aha/Acc il cutoff è pari a 125 interventi di bypass aortocoronarico per anno. Altrimenti il centro che ne effettua di meno deve affiliarsi a centri di maggior volume; le linee guida europee, invece, suggeriscono la cifra di 200 interventi di bypass coronarico per anno, come soglia minima per un centro cardiochirurgico;
   entrambe le linee guida non precisano se la soglia fissata comprenda solo bypass singoli o anche in associazione con altri eventi, e ammettono le suddette soglie minime sono solo suggerimenti che dovrebbero essere presi in considerazione ma non si basano su robusti studi clinici randomizzati, ma solo su evidenze molto limitate della letteratura o su pareri di esperti del settore;
   appare, quindi, chiaro che non esistono al momento criteri scientifici condivisi che possano fungere da solida base per le scelte fissate dal regolamento appena firmato dal Ministro;
   il documento della Sicch citato osserva, tra l'altro che:
    1) nel caso degli interventi di bypass aorto-coronarico isolato non vi è un chiaro rapporto tra volume del centro e mortalità a 30 giorni;
    2) nel caso degli interventi di sostituzione o riparazione valvolare isolata esista d'altro, canto un rapporto tra volume chirurgico ed esiti a 30 giorni;
    3) la proposta di usare come criterio di accreditamento il volume dei bypass coronarici non appare quindi fondata dalle evidenze disponibili sulla performance dei centri italiani;
    4) l'analisi degli interventi di chirurgia coronarica o valvolare «Isolati» non tiene infine conto della crescente complessità della patologia che viene quotidianamente affrontata in tutti i centri cardiochirurgici italiani, ove sovente gli interventi combinati (bypass più valvola) o multivalvola sono all'ordine del giorno;
    5) La Sicch ritiene a questo punto prioritario espandere gli orizzonti dell'osservazione delle performances dei centri italiani ad altre tipologie di intervento al momento attuale non considerate e qui sopra citate al fine di arrivare a criteri oggettivi e condivisi di accreditamento delle strutture italiane; tra questi gli interventi associati di bypass più valvola, gli interventi multivalvolari, gli interventi di cardiochirurgia pediatrica e delle cardiopatie congenite, e gli interventi per la cura dello scompenso cardiaco;
    6) Per arrivare a tale criterio bisogna infine considerare che, all'interno dei diversi centri cardiochirurgici italiani vi sono delle importanti diversità nel case mix (alcuni centri effettuano più procedure valvolari, altri più procedure coronariche), e considerare anche che non sono disponibili i dati sulle procedure combinate;
   visti i dati sopra ricordati la Sicch propone che la soglia minima necessaria per le procedure di accreditamento la somma degli interventi isolati di chirurgia coronarica e di plastica o sostituzione valvolare, sia uguale o superiore a 400/biennio o 200/anno, valutato sulla media dei tre anni precedenti di attività, tenendo presente che oltre alle valutazioni di ordine numerico debbano accompagnarsi anche a fattive e incisive valutazioni del mantenimento delle performances e della preparazione dei singoli cardiochirurghi;
   nonostante l'evidente mancanza di una visione univoca ed esauriente del problema delle soglie, nelle more della definizione dei valori soglia per volumi di attività specifici e delle soglie per rischi di esito ad, opera di un tavolo tecnico appositamente istituito presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agena), composto da rappresentati del Ministero della salute, di Agenas, delle regioni e della pubblica amministrazione, il regolamento in questione ha autonomamente individuato la soglia minima del volume di attività in 200 interventi/anno per le procedure chirurgiche di bypass aortocoronarico e la soglia massima di rischio di esito (mortalità aggiustata per gravità a 30 giorni) nel 4 per cento sia per gli interventi di bypass aortocoronarico isolato sia per gli interventi di valvuloplastica o sostituzione della valvola isolata;
   il regolamento prevede, inoltre, che entro sei mesi dalla data di approvazione del regolamento, nell'attuazione delle procedure di riconversione e di accreditamento della rete ospedaliera, le regioni e la pubblica amministrazione dovranno identificare, in relazione alle risorse disponibili, le strutture che possano garantire le soglie di volume e di esito individuate;
   il citato regolamento, inoltre, stabilisce le modalità e i tempi di attuazione degli interventi di riconversione e identificare le strutture per le quali, invece, non sono determinabili condizioni e interventi che consentano il rispetto dei requisiti di volume ed esito e per le quali, pertanto, si determinano le condizioni per la disattivazione;
   i criteri scelti dal regolamento avrebbero come conseguenza, esaminando i dati pubblicati dal Programma nazionale esiti (Pne) di Agenas e riguardanti il volume di attività e le performance di esiti per gli anni 2012-2013 di tutte le cardiochirurgie italiane per gli interventi di bypass aortocoronarici e per gli interventi di valvuloplastica o in sostituzione della valvola isolata, che solo 16 ospedali in tutto il territorio (circa il 27 per cento di tutta l'attività cardiochirurgica italiana) risponderebbero ai requisiti previsti;
   si creerebbe così un'inaccettabile sperequazione tra parti d'Italia. Secondo i dati del citato documento Sicch sui 16 ospedali accreditati, 9 sarebbero a nord (4 in Lombardia, 2 in Emilia Romagna, 1 in Veneto, 1 in Friuli Venezia Giulia, 1 in Liguria), 4 al centro (2 in Toscana, 1 nelle Marche, 1 nel Lazio), 3 al sud (ma 2 solo in Campania, 1 in Puglia e nessuno nelle altre regioni meridionali). Nessun ospedale della Sicilia e della Sardegna otterrebbero l'accredito necessario;
   appare chiaro che il regolamento firmato dal Ministro limita secondo l'interrogante in modo irragionevole il diritto del malato di scegliere liberamente il luogo di cura, cosa già dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza 236 del 2012 –:
   se il Ministro interrogato non intenda intervenire per modificare i criteri previsti dal regolamento firmato il 25 marzo 2015, in modo da evitare quelle che l'interrogante giudica la «cancellazione per decreto» della cardiochirurgia in mezza Italia, visto che Piemonte, larga parte del centrosud, la totalità delle isole, saranno costrette a chiudere i loro centri accreditati, con evidenti conseguenze negative sui livelli di assistenza per i cittadini di quelle regioni, costretti a spostarsi in altre parti d'Italia, con costi rilevanti e forti rischi per la salute, visto che molti interventi di cardiochirurgia devono essere attuati in condizioni di urgenza e su pazienti che non possono sopportare lunghi spostamenti. (4-08740)


   SORIAL, ALBERTI, COMINARDI e BASILIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da tempo il comitato dei genitori dell'asilo di Villa Carcina, in provincia di Brescia, sta cercando di trovare una soluzione per impedire ai propri figli di bere l'acqua del rubinetto contenente cromo esavalente, anche quando si trovano a scuola, considerato che in questa zona la media di cromo VI sembrerebbe essere di 7 microgrammi per litro;
   il cromo esavalente è una sostanza che «sulla base di evidenze sperimentali ed epidemiologiche è stata classificata dalla IARC (International agency for research on Cancer) come cancerogena per l'uomo (classe I)» (Fact sheet: «Cromo esavalente», Ispesl, dipartimento di medicina del lavoro, Centro ricerche Parma CERT); diversi studi, infatti, hanno dimostrato l'elevata tossicità del cromo esavalente se ingerito o se ne vengono respirati i fumi;
   per le amministrazioni locali, sollecitate più volte dai genitori preoccupati, si può bere l'acqua senza problemi, ma le famiglie si sono mobilitate: ora all'asilo di Villa Carcina non si beve più l'acqua che corrente poiché le maestre, d'accordo con i genitori, fanno bere agli alunni l'acqua delle bottiglie che avanzano del pranzo;
   resta ora da capire come soddisfare la crescente richiesta di acqua che giungerà con l'arrivo del caldo e soprattutto come estendere l'uso dell'acqua in bottiglia anche alla mattinata, quando qualche bambino ne ha bisogno; i genitori si stanno organizzando per risolvere questi problemi con una colletta;
   la modalità adottata dall'asilo di Villa Carcina per evitare l'uso dell'acqua del rubinetto sta facendo scuola: già altri plessi, come quello di Cogozzo, si stanno organizzando per adottare a loro volta questa soluzione;
   sono ormai all'ordine del giorno, come in un bollettino di guerra, le segnalazioni di valori di record di cromo VI rilevati nell'acqua di Brescia e dintorni:
    il 5 marzo, a Folzano, una frazione del comune di Brescia, il valore di cromo VI rilevato nell'acqua di quattro pozzi privati è arrivato a livelli record: fino a 300 microgrammi litro, 6 volte il limite stabilito dalla legge per l'acqua potabile con il decreto legislativo n. 31 del 2001, di 50 per l'acqua del rubinetto e di 5 per la falda; scoperta che ha portato il comune ad emettere un'ordinanza per vietare categoricamente il consumo di quell'acqua «perché non è potabile e non può essere destinata al consumo umano»;
    il 2 marzo 2015, ad Ospitaletto, provincia di Brescia, è stato rilevato che le falde acquifere sono inquinate da cromo esavalente per un valore di ben 70 volte oltre il limite di legge, ossia fino a 364 microgrammi per litro: si è scoperto questo sotto il tracciato del TAV;
    nel dicembre del 2014 è stata riscontrata la presenza di cromo esavalente oltre i limiti sotto la terza corsia dell'autostrada A4, mentre si stava creando un sottopasso per la Brebemi: il valore era di 1.400 volte oltre il limite;
    la presenza del cromo esavalente nell'acqua di Brescia è una triste eredità del passato industriale della zona: i bagni di cromo sono una protezione essenziale per tutte le lavorazioni metalliche (dalle posate alle armi) e fino a pochi anni fa le scorie liquide venivano scaricate semplicemente nei corsi d'acqua e nel terreno, infatti nel Mella per decenni sono finiti quintali e quintali di liquidi tossici che hanno inquinato i pozzi nella bassa valle, parte della città, fino ad arrivare nella Bassa, il granaio della provincia;
   oggi non sono aumentate le fonti inquinanti, ma i veleni rilasciati nell'ambiente in passato proseguono inesorabili la loro discesa e stanno dunque percolando fino alla falda profonda;
   nel comune di Brescia e nella provincia, le morti per tumore al fegato, casi di cancro al pancreas, cancro alla laringe, incidenza per malattie pneumologiche e altre malattie legate all'aria e all'alimentazione e a quello che viene ingerito sono elevatissime e sono oltre la media nazionale;
   in una sua nota l'ISS (Istituto superiore di sanità) spiega che «il Cromo esavalente, diffuso in composti di origine industriale quali cromati e tiolati, è caratterizzato da elevata tossicità e cancerogenicità» infatti anche se «l'esposizione per ingestione a Cr(VI) è associata a minor grado di rischio», «uno studio di cancerogenesi a lungo termine in roditori, effettuato dall'NTP (National Toxicology Program), ha evidenziato che la somministrazione del Cr(VI) per via orale è associato ad un'aumentata incidenza di tumori della cavità orale nel ratto e dell'intestino tenue nel topo in entrambi i sessi» e che «i composti di Cr(VI) sono genotossici in un ampio range di test di genotossicità in vitro e in alcuni studi in vivo in seguito a somministrazione per via orale»;
   sempre secondo la nota dell'Istituto superiore di sanità, anche se l'esposizione per ingestione al Cr(VI) è legata ad un rischio minore poiché i composti del cromo esavalente nel tratto gastrointestinale dell'uomo sono ridotti efficientemente a composti cromo III, che non è pericoloso, «tuttavia non si può escludere che anche a bassi livelli di esposizione una piccola percentuale possa eludere la riduzione a Cr(III), riduzione che determina i potenziali effetti tossici o cancerogeni»;
   lo Stato italiano parla di limite massimo di 5 microgrammi per litro per l'acqua di falda che si alza a 50 per quella che scende dal rubinetto di casa nostra (decreto legislativo n. 31 del 2001), limite specifico per il cromo in generale che è stato stabilito dall'Unione Europea 15 anni fa, e segue le linee guida sull'acqua potabile dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, quarta edizione 2011, dove però è l'OMS stessa, che, pur riconfermando il valore standard, che risale addirittura al 1958, specifica che quel valore è individuato come livello provvisorio, alla luce di alcune incertezze di ordine tossicologico, e totale, nel senso che non prende in considerazione un livello apposito per il cromo esavalente, dal momento che permangono difficoltà analitiche per la valutazione di questa sola forma, che però è riconosciuta essere molto pericolosa per l'organismo umano –:
   se il Governo, vista la mobilitazione delle famiglie di cui in premessa, non consideri necessario attivarsi per quanto di competenza e in quale modo perché il diritto all'acqua potabile di queste famiglie sia rispettato, organizzando adeguatamente gli istituti scolastici in via precauzionale rispetto a questa emergenza, in considerazione degli ampi margini di incertezza che ancora ci sono a livello scientifico sul reale impatto del cromo VI, se ingerito, sulla salute dell'uomo e soprattutto dei minori, che, avendo un peso corporeo inferiore e un organismo più sensibile, potrebbero essere maggiormente a rischio;
   in che modo il Governo intenda rispondere a questa emergenza ambientale e sanitaria che minaccia da troppi anni la salute della popolazione della città di Brescia e dintorni, e se non intenda sollecitare adeguatamente la revisione tecnico-scientifica dei criteri che presiedono ai parametri e ai valori di parametro attualmente indicati nella direttiva n. 98/83/CE, e promuovere studi più approfonditi sull'effetto del cromo VI sulla salute dei più piccoli;
   se il Governo, visto il carattere di urgenza che ha assunto il problema, evidenziato sia dalle recenti scoperte di valori record della sostanza nell'acqua dei dintorni di Brescia, sia dalla preoccupazione diffusa dei cittadini coinvolti che si stanno mobilitando ed autogestendo, dimostrando di sentirsi abbandonati dalle autorità rispetto a questa minaccia, non intenda intervenire anche attraverso iniziative normative per abbassare da subito in via precauzionale il limite massimo fissato dal decreto legislativo n. 31 del 2001 per il cromo VI, in modo da tutelare la salute dei cittadini. (4-08741)


   DIENI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 162 del 21 maggio 1998 «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave», lo Stato italiano ha compiuto un importante passo nella legislazione nazionale affermando, in modo esplicito, il diritto delle persone disabili a gestire in prima persona i finanziamenti che vengono loro assegnati e i loro assistenti personali, cioè il diritto a vivere una vita indipendente;
   in particolare, la legge in esame è finalizzata a promuovere il diritto a una vita indipendente delle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell'autonomia personale e agevolare la loro piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nella società;
   essa tuttavia è rivolta anche alla finalità di prevenire e rimuovere le condizioni invalidanti o che impediscono lo sviluppo della persona umana, perseguire il recupero funzionale e sociale, superare stati di emarginazione e di esclusione sociale e di garantite un pieno sostegno alla famiglia nel suo compito fondamentale di educazione e di cura, garantire così a tutti, cominciando dai bambini, il diritto vitale di vivere e crescere in famiglia, luogo naturale e sociale privilegiato per la crescita e lo sviluppo;
   tutto ciò va nella direzione di migliorare la qualità della vita della persona con disabilità e delle loro famiglie, favorire l'inclusione sociale e rafforzare la rete dei servizi intorno alla persona e il collegamento fra essi;
   nuova centralità assume, in questo approccio, la famiglia e nuovi servizi «umanizzati», con piani personalizzati, che tengano conto delle caratteristiche e delle esigenze specifiche di ogni persona con disabilità;
   fondamentali sono, in tal senso, gli interventi socio-assistenziali quali assistenza domiciliare e assistenza educativa;
   purtroppo questo sistema di misure di supporto previste dalla suddetta legge non sembrano garantite in modo uniforme in tutto il territorio nazionale e, in taluni casi, vengono sistematicamente disattese;
   Nicola è un bambino di soli 11 anni residente a Reggio Calabria, danneggiato da un vaccino 11 anni fa, versa in condizioni di salute gravissime causate da un danno vaccinale a circa 6 mesi dalla nascita;
   il caso portato alla ribalta dalla Onlus Sicilia Risvegli, associazione radicata su tutto il territorio nazionale, mette in rilievo l'assenza dell'intervento delle istituzioni da diversi anni;
   secondo quanto dichiarato dal presidente della Onlus Pietro Crisafulli, che ha interessato l'interrogante facendosi portavoce anche della madre del piccolo Nicola, gli unici approcci ospedalieri ed ambulatoriali risalgono nel 2006, e nel 2009 e si limitano a visite e Day Hospital;
   il quadro clinico del piccolo Nicola di 11 anni è assai preoccupante, mentre la diagnosi finale per il riconoscimento dei benefici relativi alla legge n. 104 del 1992 è stata tetraparesi spastica, per esiti di encefalite post-vaccinica;
   ciò che risulta sconcertante è che il bambino, secondo quanto dichiarato dal presidente dell'Associazione, riscontrabile anche in un video pubblicato sui social network, non avrebbe beneficiato di alcuna assistenza medica, fisioterapica o riabilitativa, avendo il comune di Reggio Calabria escluso la possibilità di mettere a disposizione fondi per l'applicazione della legge 162 del 21 maggio 1998 in quanto esauriti –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e con quali mezzi lo Stato garantisca una piena informazione delle misure di sostegno rivolte alle famiglie di persone disabili come quella del piccolo Nicola;
   quali atti di propria competenza intenda adottare al fine di rafforzare l'uniformità delle prestazioni assistenziali sull'intero territorio nazionale anche valutando l'urgenza di assumere iniziative normative per aumentare in maniera congrua le risorse a disposizione del fondo nazionale per le politiche sociali. (4-08744)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO, TARICCO, MONCHIERO e RABINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Burgo group è uno dei principali produttori europei di carte grafiche e speciali e si configura oggi come un vero sistema che si sviluppa intorno al mondo della carta: produzione, distribuzione, riciclo della carta e lavorazione di prodotti forestali, studio, progettazione, realizzazione ed engineering di impianti cartari, ma anche factoring ed energia;
   l'azienda Burgo ha 12 stabilimenti attivi di cui 11 in Italia con un elevato numero di addetti a certificare una realtà produttiva importante qualitativamente e quantitativamente;
   nello stabilimento di Verzuolo (Cuneo) l'azienda ha intenzione licenziare 46 operai e lo ha comunicato alle rappresentanze sindacali modificando l'orario di lavoro su una delle due linee produttive giudicata maggiormente in sofferenza dalla proprietà;
   nello storica cartiera, attiva dal 1905, a partire dal 2008 è stata avviata una riorganizzazione che, d'intesa con i sindacati, ha portato alla riduzione di circa 100 posti di lavoro per arrivare all'attuale forza produttiva di 400 dipendenti;
   senza accordi tra proprietà e sindacati il rischio è di dare inizio a una serie di tensioni che non potranno che portare scarsi risultati con l'irrigidimento delle parti in campo a scapito di un accordo che, come nel recente passato, potrebbe essere occasione di presidio e rilancio dello stabilimento consentendo anche all'azienda di ottimizzare i costi –:
   se non ritengano intraprendere un'iniziativa, per quanto di competenza, per tutelare i livelli occupazionali.
(5-05311)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   già in data 21 giugno 2014, «il Gazzettino Locale» denunciava gravi disagi determinati da ritardi o mancanze nella distribuzione della posta ad Acerra (NA);
   fra i disagi denunciati, vi sono numerosi casi di bollette maggiorate perché quella del bimestre precedente non è mai stata recapitata, casi di ritardo o mancato arrivo di lettere urgenti, tasse, contributi degli ordini professionali;
   gli utenti sarebbero addirittura costretti ad andare di persona a cercare la propria corrispondenza e le proprie bollette presso il centro di smistamento;
   a causare il disservizio sarebbe la scarsità di personale in servizio e la confusa situazione della toponomastica comunale;
   i danni, anche economici, a un tessuto sociale già pesantemente colpito dalla crisi risultano significativi;
   in data 8 aprile 2015, Striscia la Notizia ha mandato in onda un servizio di denuncia della situazione del recapito di Acerra, così evidenziando che la situazione non è minimamente migliorata rispetto ai mesi precedenti –:
   se quanto premesso corrisponde al vero;
   di che notizie disponga il Governo;
   come il Governo intenda intervenire al fine di ripristinare e garantire livelli minimi di efficienza del servizio pubblico postale in Campania e più in generale nel Sud della penisola. (4-08733)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Iori ed altri n. 1-00785, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pinna, Giovanna Sanna, Bazoli, Lodolini, Roberta Agostini, Senaldi, La Marca, Piccione, Patriarca, Rotta, Scuvera, Bergonzi, Piccoli Nardelli, Miotto, Zanin e Franco Bordo e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve, intendersi così modificato: «Iori, Sberna, Daniele Farina, Locatelli, Pinna, Tidei, Antezza, Carra, Cimbro, Fossati, Gadda, Gasparini, Giacobbe, Gribaudo, Iacono, Incerti, Laforgia, Maestri, Malisani, Martelli, Romanini, Villecco Calipari, Zampa, Giovanna Sanna, Bazoli, Lodolini, Roberta Agostini, Senaldi, La Marca, Piccione, Patriarca, Rotta, Scuvera, Bergonzi, Piccoli Nardelli, Miotto, Zanin, Franco Bordo».

Cambio di presentatore di mozione.

  La mozione n. 1-00776, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2015, è da intendersi presentata dall'On. Zaccagnini già cofirmatario della stessa.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ATTAGUILE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa si apprende che la direzione nazionale delle Ferrovie dello Stato ha confermato il taglio dei treni a lunga percorrenza dalla Sicilia verso il resto del Paese a partire dal 13 giugno 2015;
   con l'entrata in vigore dell'orario estivo saranno soppressi tutti gli Intercity giorno per Roma, ovvero i treni 724-728-723-727, e l'Intercity Notte per Milano 784-785;
   i collegamenti a lunga percorrenza e la «continuità territoriale» saranno pertanto affidate a due soli treni notte per Roma e una nave traghetto che effettuerà 18 corse per i treni rimasti e le merci;
   Rfi ha dichiarato che tale decisione è determinata dalla totale assenza di sovvenzioni Statali per la continuità territoriale dei siciliani già dal 23 dicembre 2014;
   cinque milioni di siciliani, di cittadini italiani, verranno privati del diritto sancito dall'articolo 16 della Costituzione italiana per cui: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale... Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche...» –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere, per quanto di sua competenza, per tutelare il diritto dei siciliani, come previsto dalla nostra Costituzione, alla mobilità e alla libera circolazione. (4-07791)

  Risposta. — In merito ai collegamenti ferroviari da e per la Sicilia, sono state assunte informazioni presso Ferrovie dello Stato Italiane e si riferisce quanto segue.
  L'attuale offerta di servizi ferroviari di media-lunga percorrenza è costituita da cinque coppie di treni (Intercity/Intercity Notte) che collegano giornalmente l'isola con le principali località della direttrice tirrenica e Milano.
  Nello specifico, si tratta di:
   1 coppia di Intercity Roma-Palermo e viceversa, con sezioni da/per Siracusa;
   1 coppia di Intercity Roma-Siracusa e viceversa, con sezioni da/per Palermo;
   2 coppie di Intercity Notte Roma-Siracusa e viceversa, con rispettive sezioni da/per Palermo;
   1 coppia di Intercity Notte Milano-Siracusa e viceversa, con sezioni da/per Palermo.

  Tutti questi treni rientrano nel contratto di servizio 2009-2014 stipulato tra Trenitalia e lo Stato, scaduto il 31 dicembre 2014 e in attesa di essere prorogato da parte dello Stato per un anno, sino alla fine del 2015. Dopo tale data, non essendo possibili ulteriori proroghe, si renderà necessario procedere ad un nuovo affidamento.
  Si ritiene opportuno evidenziare che nessuna sospensione dei servizi IC in contratto di servizio media e lunga percorrenza è stata autorizzata da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Inoltre, si segnala che dal cambio orario ferroviario del 14 dicembre 2014 Rete ferroviaria italiana, tramite la società Blueferries, ha attivato un servizio di traghettamento veloce in sovrapposizione con i servizi di traghettamento dei convogli ferroviari/carrozze ferroviarie al fine di operare un miglioramento, ammodernamento ed efficientamento dei collegamenti passeggeri da e per la Sicilia.
  Come è noto, attualmente è allo studio l'ipotesi di una rottura di carico tra Villa S. Giovanni e Messina per i viaggiatori IC diretti sull'Isola tramite l'utilizzo, alle attuali condizioni e tariffe, dei nuovi e più moderni collegamenti veloci, che permetterebbero non solo di viaggiare con un maggior
comfort e sicurezza, ma anche di ridurre notevolmente i tempi di attraverso dello Stretto e, contemporaneamente, rendere più efficienti i collegamenti ferroviari. L'ipotesi di progetto dovrà prevedere anche interventi infrastrutturali (tapis roulant, scale mobili, eccetera) tali da agevolare al massimo i viaggiatori senza tuttavia impattare in alcun modo sugli attuali livelli occupazionali.
  Ovviamente, siffatta ipotesi dovrà essere prioritariamente condivisa con il Governo locale.
  Infine, si informa che il 16 febbraio 2015 si è tenuto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un incontro alla presenza delle autorità locali e della regione siciliana, proprio per determinare la volontà di procedere per un netto miglioramento dei collegamenti, fermo restando che i servizi delle navi veloci (circa 9 coppie al giorno nei giorni feriali e 6 coppie in quelli festivi) sono da considerarsi aggiuntivi a quelli già effettuati con i traghetti tradizionali.
  In conclusione, come già espresso in più occasioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti assicura la massima sensibilità e attenzione su questo tema: sarebbe infatti inaccettabile il
vulnus alla continuità territoriale e al diritto a servizi efficienti, oltre che la mancata garanzia dei livelli occupazionali.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 18 marzo 2015)


   COVELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in base alla denuncia dei sindacati regionali dei trasporti calabresi, Trenitalia si preparerebbe ad effettuare una nuova serie di tagli di corse lungo la rete regionale;
   dal primo luglio 2014 verrebbero ad essere interessate dai tagli di Trenitalia le seguenti corse: il 3740 con partenza alle 5 da Reggio Calabria fino a Crotone, il 3751 con partenza da Catanzaro Lido alle 18,05 fino a Reggio Calabria, il 3752 da Reggio Calabria ore 16,05 fino a Catanzaro Lido, il 12712 da Reggio Calabria ore 7,05 a Roccella, il 12713 da Roccella ore 9,50 a Reggio Calabria, il 3696 da Cosenza alle 9,50 a Sapri, il 3697 da Sapri alle 5,30 a Cosenza;
   a questi si aggiungeranno tagli sulla Catanzaro-Lamezia e lungo la tratta Villa San Giovanni-Rosarno;
   questi tagli seguirebbero quelli autorizzati a seguito della delibera regionale dell'8 aprile 2014 con la quale la regione Calabria ha autorizzato il taglio di risorse per il trasporto ferroviario regionale per i treni «a bassa frequenza»;
   il taglio complessivo operato da Trenitalia inciderebbe per circa 15 milioni di euro e di fatto determinerebbe un gravissimo ulteriore e mortale colpo al trasporto ferroviario in regione penalizzando le fasce di utenza più deboli –:
   se il Governo intenda nell'ambito delle proprie prerogative attivare un tavolo istituzionale di confronto con l'azienda Trenitalia per scongiurare la soppressione delle corse citate in premessa e conseguentemente assicurare anche per i cittadini calabresi un servizio di trasporto pubblico su rotaia con standard adeguati. (4-06797)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, occorre evidenziare che, secondo la normativa vigente (decreto legislativo n. 422 del 1997), la programmazione dei servizi ferroviari regionali è di competenza delle singole regioni, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da un contratto di servizio, nell'ambito del quale vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili da ciascuna regione.
  Quindi, nel caso in esame, le dimensioni e le caratteristiche dell'offerta vengono determinate dalla regione Calabria che, come riportato anche nell'atto ispettivo, con deliberazione di giunta n. 124 dell'8 aprile 2014, ha stabilito ...l'adeguamento dei programmi di esercizio dei servizi affidati a Trenitalia, con riduzioni dei servizi sulle linee a più bassa domanda servita...; ciò per effetto di una minore disponibilità di risorse economiche.
  Pertanto, proprio sulla base di tali indicazioni, Trenitalia ha predisposto un piano di riorganizzazione dell'offerta ferroviaria regionale, tenendo conto, in particolar modo, del livello di frequentazione rilevato su ciascuna linea.
  Il suddetto piano, approvato dalla regione stessa, è stato attuato a partire dall'orario entrato in vigore il 15 giugno 2014, e successivamente confermato con la nuova offerta ferroviaria, attiva dal 14 dicembre 2014, che recepisce le indicazioni contenute nella delibera della regione Calabria n. 380 del novembre 2013.
  Il nuovo orario 2015, in discontinuità rispetto al passato, introduce alcuni elementi di novità, volti a migliorare l'offerta ferroviaria, quali, ad esempio, il rafforzamento dell'asse metropolitano Rosarno/Melito Porto Salvo e l'istituzione di treni regionali veloci, sulla linea ionica.
  In particolare, sulla linea ionica sono state istituite 4 coppie di treni regionali veloci, a cui si aggiungono 3 coppie di treni con maggior numero di fermate, che collegano le province di Reggio Calabria e Catanzaro.
  Per il collegamento sulla direttrice Lamezia Terme C.le-Catanzaro Lido, sono state programmate 7 coppie di collegamenti (14 treni) nelle giornate lavorative, 3 coppie (6 treni) nelle giornate festive più 1 coppia sulla Lamezia Terme C.le-Lamezia Terme Nicastro, rivolti alle esigenze di mobilità degli studenti; tale offerta è integrata con due corse bus (tratta Catanzaro Lido/Lamezia Terme C.le) nei giorni lavorativi e una corsa bus (tratta Lamezia Terme C.le/Catanzaro Lido) nei giorni festivi.
  Per quanto riguarda, in particolare, i treni segnalati nell'atto di sindacato ispettivo in esame si forniscono le seguenti informazioni:
   il treno 3740 con origine da Reggio Calabria C.le alle ore 05:00 e destinazione Crotone, corrisponde attualmente al treno 12706 con partenza alle ore 05:40 e destinazione Sibari;
   il treno 3751 con origine da Catanzaro Lido alle ore 18:05 e destinazione Reggio Calabria Centrale corrisponde attualmente al treno 12713 con partenza da Catanzaro Lido alle ore 17:41 ed origine da Sibari;
   il treno 3752 con origine da Reggio Calabria Centrale alle ore 16:05 e destinazione Catanzaro Lido, corrisponde attualmente al treno 12678 con partenza alle ore 15:38 e destinazione Sibari;
   il treno 12712 con origine da Reggio Calabria Centrale alle ore 07:05 e destinazione Roccella Jonica, corrisponde attualmente al treno 12710 con partenza alle ore 06:28 e destinazione Catanzaro Lido;
   il treno 12713 con origine da Roccella Jonica alle ore 09:50 e destinazione Reggio Calabria Centrale, corrisponde attualmente al treno 12707 con partenza da Roccella alle ore 08:30 ed origine Sibari;
   il treno 3696 con origine da Cosenza alle ore 09:50 e destinazione Sapri, corrisponde attualmente al treno 22486 con partenza alle ore 08:53 da Cosenza e cambio a Paola con treno 12694 delle ore 9.30;
   il treno 3697 con origine da Sapri alle ore 05:30 e destinazione Cosenza, corrisponde attualmente al treno 3701 con partenza alle ore 05:35 e cambio a Paola con treno 12679 delle ore 06.57.

  Va segnalato inoltre, che a seguito di quanto emerso in sede di tavolo tecnico, per valutare eventuali, possibili variazioni migliorative dell'offerta in atto dedicate all'utenza, tra Trenitalia, la regione Calabria e il gestore dell'infrastruttura ferroviaria (Rfi), sono stati introdotti 2 pacchetti di modifiche di cui alcune in vigore dal 19 gennaio 2015 e altre dal 15 febbraio 2015.
  Tra le prime si ritiene opportuno menzionare le seguenti:
   inserimento delle fermate di Mirto Crosia e Botricello per i treni regionali veloci 12678 e 12707;
   il treno 12720, in origine Reggio Calabria C.le-Roccella Jonica, ora viene prolungato con fine corsa a Catanzaro Lido;
   il treno 12721 (in origine Roccella Jonica-Reggio Calabria C.le) ora viene prolungato con origine da Catanzaro Lido e destinazione Reggio Calabria C.le.

  Mentre, le variazioni in vigore dal 15 febbraio 2015 sono le seguenti:
   nuovo treno 3660 Cosenza-Sapri delle ore 17:15;
   nuovo treno 3661 Sapri-Paola delle ore 19:10;
   nuovo treno 22463 Paola-Cosenza delle ore 21.50;
   nuova fermata a Mirto Crosia del treno 3756;
   nuova fermata a Bovalino dei treni: 8551-8549-12678;
   nuova fermata a Monasterace dei treni: 8551-8549-12678.

  In tale ambito, si inseriscono anche alcuni collegamenti che vengono effettuati in giorni specifici dell'anno e precisamente:
   nuovo treno 23890 Reggio Calabria C.le-Lamezia TC., via Tropea, con partenza alle ore 08:15 (6 e 25 aprile, 1o maggio e 2 giugno 2015);
   nuovo treno 23891 Lamezia T.C.-Reggio Calabria C.le, via Tropea, con partenza alle ore 17:30 (6 e 25 aprile, 1o maggio e 2 giugno 2015).

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)


   COVELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende sarebbe imminente da parte di Trenitalia la soppressione della fermata delle 6.30 presso la stazione di Mirto – Crosia in provincia di Cosenza del treno regionale 3721;
   si tratta di un treno molto importante per l'utenza del comprensorio della Valle del Trionto che riguarda complessivamente circa 20 mila abitanti;
   il treno regionale 3721 Sibari – Catanzaro è quello che consente ai pendolari che per motivo di studio e di lavoro si devono recare a Crotone e Catanzaro;
   la soppressione di questa fermata costringerebbe gli utenti della locale stazione a recarsi a Cariati cosa molto complicata considerata la conformazione del territorio per gli abitanti di paesi dell'entroterra come Longobucco, Bocchigliero, Caloveto per citare i più importanti;
   le amministrazioni comunali e le istituzioni regionali hanno già manifestato la propria contrarietà rispetto a tale decisione ove fosse confermata da parte di Trenitalia –:
   se il ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire presso Trenitalia al fine di evitare la soppressione della suddetta fermata, che penalizzerebbe eccessivamente l'utenza di questo comprensorio. (4-08143)

  Risposta. — In risposta al quesito posto dall'interrogante, occorre premettere che, come è noto, ai sensi del decreto legislativo n. 422 del 1997 la programmazione dei servizi regionali, che assicurano principalmente la mobilità della clientela pendolare, è di competenza delle regioni.
  Infatti, in base alla normativa attualmente vigente, i rapporti delle singole regioni con Trenitalia sono disciplinati da contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono stabiliti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare sulla base delle risorse economiche rese disponibili da ciascuna regione per il trasporto ferroviario nel proprio territorio.
  In merito allo specifico rilievo posto, Ferrovie dello Stato italiane precisa che la regione Calabria, con delibera n. 380 del 2013, ha ritenuto opportuno riorganizzare l'offerta ferroviaria sulla linea ionica (a semplice binario non elettrificato) introducendo, in particolare, alcuni treni regionali veloci che collegano le province di Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone con un minore tempo di percorrenza.
  La velocizzazione dei collegamenti ha, di conseguenza, determinato l'esigenza di eliminare alcune fermate.
  Tuttavia, con riferimento alla soppressa fermata delle ore 6.30 presso la stazione di Mirto Crosia del treno regionale n. 3721, in sede di tavolo tecnico tra Trenitalia e regione Calabria, per valutare eventuali, possibili variazioni dell'offerta in atto, è emersa l'opportunità di verificare – unitamente al gestore dell'infrastruttura ferroviaria Rfi – la possibilità di assegnare la suddetta fermata ad un altro treno in transito nella medesima fascia oraria.
  A seguito dell'esito positivo di tali verifiche, è stato possibile prevedere la fermata a Mirto Crosia del nuovo treno veloce n. 12707 alle ore 6.25, fermata attivata a partire dal 19 gennaio 2015.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 4 marzo 2015)


   DE LORENZIS, PETRAROLI, LIUZZI e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa si apprende che, in data 24 ottobre, l'Usb, l'Unione sindacale di base, ha indetto uno sciopero generale che ha coinvolto per 24 ore ogni settore dei trasporti. Nel suddetto sciopero, era ricompreso a pieno titolo il trasporto aereo e dunque per tali motivi interessava Enav spa;
   Enav spa, secondo l'interrogante, ha replicato in occasione di tale giornata, lo stesso comportamento tenutosi nello sciopero proclamato dal personale Sacta-Fata-Cisal, il 5 luglio 2014, decidendo di non contingentare il personale;
   dalle medesime fonti stampa, sembrerebbe evincersi come la linea della policy aziendale assunta da Enav spa sia di evitare, anche implicitamente, atti che favoriscano l'ingresso di un sindacato come Usb;
   nella giornata del 24 ottobre 2014, il personale di Enav spa e in particolare i controllori della torre di Fiumicino (ad esclusione dei capisala e dei facenti funzione) aderiscono allo sciopero, in quanto la legittimità dello stesso risulta dal fatto che la Commissione di garanzia non esclude Enav spa dallo sciopero generale;
   il personale di Enav che decide di aderire allo sciopero, in mancanza di un atto di contingentamento, è obbligato a lavorare dalle 7 alle 10 per il turno di mattina (6 unità su 11) e dalle 18 alle 21 per il turno di pomeriggio (7 unità su 11), garantendo le prestazioni minime nel servizi assistenza al volo –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure organizzative siano state poste in essere da ENAV nel corso della giornata del 24 ottobre 2014 al fine di garantire il servizio operativo e di sicurezza, considerato che l'adesione allo sciopero avrebbe dovuto rendere, ad avviso dell'interrogante, pressoché impossibile il citato servizio. (4-08115)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, circa le ripercussioni sul trasporto aereo dello sciopero indetto il 24 ottobre 2014 dall'Unione sindacale di case (Usb), sono state fornite le seguenti informazioni dall'Ente nazionale di assistenza al volo (Enav).
  Oggetto dell'iniziativa di sciopero, stando all'atto di proclamazione, era «le politiche economiche e sociali del Governo Renzi dettate dall'Unione europea e dalla Banca nazionale europea (BCE) in materia di lavoro,
welfare, pubblica amministrazione, scuola e previdenza».
  L'organizzazione sindacale invitava quindi anche i lavoratori e le lavoratrici di Enav, addetti ai settori operativi, ad astenersi dalle ore 00,00 alle 23,59 con il rispetto delle fasce di garanzia e dei voli garantiti e, per i lavoratori normalisti o non operativi, l'intero turno di lavoro.
  La consistenza associativa del sindacato proclamante lo sciopero, allora come oggi, consta di soli 5 componenti, di cui uno, peraltro, con qualifica diversa da quella di «controllore del traffico aereo».
  Per completezza, si informa che l'Usb non raggiunge i requisiti minimi di legge previsti per la costituzione di Rappresentanza sindacale aziendale (Rsa) presso un qualsivoglia aeroporto o struttura in capo ad Enav risulta, peraltro, che la stessa sigla sindacale non è firmataria del vigente contratto del settore del trasporto aereo né di contratti aziendali o collettivi.
  Pertanto, nel porre in essere le ordinarie azioni previste dalla vigente normativa in tema di voli cosiddetti «garantiti» (legge n. 146 del 1990, unitamente alla delibera della Commissione di garanzia per lo sciopero del 19 luglio 2001), l'Ente nazionale aviazione civile (Enac), in occasione dell'azione di sciopero in argomento, individuava gli
stakeholder del settore aeronautico suscettibili di risentire impatti dall'agitazione, ritenendo di poter escludere Enav dagli stessi.
  Di fatto, pur avendo Enav pienamente garantito a tutto il personale la facoltà di aderire all'azione di sciopero, stante la totale assenza di misure organizzative di alcun tipo e comunque tali da restringerne il campo di azione, su un totale di circa 1.000 unità impiegate nell'erogazione dei servizi della navigazione si è registrata un'adesione di sole 13 unità, mentre nessuna partecipazione si è registrata per il restante personale tecnico e amministrativo (circa 700 unità); la percentuale di adesione pertanto è stata dello 0,7 per cento.
  Ciò premesso, si evidenzia che le scelte organizzative operate in occasione di un'azione di sciopero, e segnatamente «la mancanza di un atto di contingentamento», non presentano profili di collegamento causale con l'obbligo «a lavorare dalle 7 alle 10 per il turno di mattina e dalle 18 alle 21 per il turno di pomeriggio».
  Dette fasce orarie, infatti, vengono imposte al personale scioperante dalla richiamata legge n. 146, e non certamente dalle misure organizzative adottate dal datore di lavoro.
  Infine, in merito alla prospettata ipotesi di impossibilità a rendere i servizi della navigazione aerea in occasione dell'adesione allo sciopero del 24 ottobre 2014, l'Enav fa presente che, indipendentemente dalle previsioni di traffico, mantiene in servizio un livello di presidio più che necessario alle reali esigenze e ciò al fine di garantire, sempre e comunque, i più elevati
standard di sicurezza.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 4 marzo 2015)


   DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, SPESSOTTO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e BRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili consentono ai passeggeri di utilizzare il telefono cellulare a bordo mentre sono in volo sull'Europa tramite la decisione 2008/294/CE della Commissione europea, del 7 aprile 2008, sulle condizioni armonizzate dell'uso dello spettro per il funzionamento dei servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA) nella Unione europea;
   dal sito di Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile), in particolare dalla pubblicazione di «dati di traffico 2013» che rappresentano una fotografia dello stato attuale del trasporto aereo nazionale, si comprende, i dati delle principali compagnie e il numero dei passeggeri. Alitalia gruppo CAI – Italia: 23.993.486 passeggeri e Ryanair – Irlanda: 23.041.752 passeggeri;
   le linee guida dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) consentono l'utilizzo dei dispositivi elettronici personali (tablet, smartphone, e-reader e lettori mp3) durante tutte le fasi del viaggio aereo. I dispositivi, infatti, devono essere in «modalità aereo», e devono avere tutte le funzioni di trasmissione disattivate;
   Ryanair sulla suddetta questione ha fatto sapere, tramite un comunicato stampa pubblicato in data 6 febbraio 2014 che «tutti i clienti Ryanair possono – con effetto immediato – utilizzare i propri dispositivi elettronici portatili (inclusi tablet, smartphone, e-reader e lettori MP3) per l'intera durata del volo, a condizione che sia stata attivata la modalità “in volo” e che tutte le dimostrazioni/indicazioni sulla sicurezza siano rispettate»;
   la società Alitalia consente ai propri clienti di utilizzare i medesimi dispositivi radiomobili solo durante la fase di crociera in volo in quota, i mentre impone di tenerli spenti anche dopo l'atterraggio vietando categoricamente di accendere i dispositivi, anche esclusivamente in modalità «in volo», fino a quando le porte dell'aeromobile non sono aperte;
   a quanto consta all'interrogante molti passeggeri non rispettano le disposizioni della compagnia Alitalia, disattivando solo le connessioni gps, bluetooth, wi-fi e telefoniche (dati e voce su gsm, umts);
   la differenza dei comportamenti che i passeggeri devono tenere in relazione alla compagnia con la quale volano, può generare facilmente confusione e di conseguenza indurre a disattendere le indicazioni più restrittive adottate da talune compagnie;
   i rischi di interferenze con la strumentazione di bordo degli aeromobili potrebbero comportare il verificarsi di incidenti con conseguenti decessi;
   le compagnie e i fornitori di strumentazione per la navigazione e l'assistenza al volo si dotano secondo standard internazionali di procedure e tecnologie per ridurre al minimo potenziali situazioni di malfunzionamento dovuto alla mancata osservanza da parte dei passeggeri delle indicazioni citate;
   a detta dell'interrogante le sanzioni a carico di coloro che non rispettano le norme sono molto onerose avendo giustamente l'obiettivo di dissuadere i passeggeri dall'adozione di un errato comportamento che possa provocare rischi di notevole entità per la sicurezza aerea –:
   se i ministri siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali iniziative di competenza intendano porre in essere al fine di evitare i rischi di interferenze, di cui alla presente interrogazione, tra apparecchiature elettroniche e la strumentazione di bordo degli aeromobili;
   se i Ministri non intendano sollecitare, tramite un atto proprio o delle autorità preposte, le compagnie aeree al recepimento delle normative internazionali citate in premessa al fine di rendere omogenea la loro applicazione indipendentemente dalla compagnia aerea;
   se i Ministri, tramite le autorità preposte, non intendano verificare il rispetto delle normative internazionali citate in premessa al fine di rendere omogenea la loro applicazione indipendentemente dalla compagnia aerea. (4-08144)

  Risposta. — In risposta ai quesiti posti dagli interroganti circa i servizi di comunicazione mobile a bordo dei velivoli, si richiama il regolamento europeo n. 965 del 2012, il quale recita: l'operatore non permette a nessuno di usare dispositivi elettronici portatili (Ped - Portable electronic devices) a bordo dell'aeromobile che possono influenzare negativamente le prestazioni dei sistemi e degli equipaggiamenti dell'aeromobile e adotta tutte le ragionevoli misure per impedirne l'uso.
  L'Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) ha classificato i dispositivi elettronici portatili utilizzati dai passeggeri in due categorie:
   1. Ped che non emettono trasmissioni di radio frequenze (Rf) in maniera intenzionale. In questa categoria rientrano, ad esempio, computer portatili, foto/video camere, radio Am/Fm, riproduttori digitali audio e video, giochi elettronici;
   2. T-Ped (
Transmitting Ped) che possono emettere intenzionalmente trasmissioni Rf durante lo svolgimento della loro funzione. Essi possono anche svolgere la funzione di Ped, come sopra definita, senza emissione intenzionale di Rf. In questa categoria rientrano, ad esempio, radiocomandi a distanza per giochi elettronici, radio ricetrasmittenti a due vie (noti anche come «radio mobili private»), telefoni cellulari di qualunque tipo, telefoni satellitari, computer portatili con collegamento alla rete di telefonia mobile per lo scambio di dati, sistemi Wi-Fi o Bluetooth. Quando viene disattivata la funzione di «trasmissione», tramite la cosiddetta funzione «modalità volo», i T-Ped funzionano come Ped.
  
L'European aviation safety agency (EASA) richiede che gli operatori aerei che intendono consentire a bordo dei propri aeromobili, da parte dei passeggeri, l'uso dei dispositivi elettronici portatili durante le varie fasi di volo, stabiliscano idonee procedure per assicurare il controllo del loro uso e il rispetto delle condizioni e limitazioni previste.
  Come principio generale, l'Easa (raccomanda di tenere disattivati tutti i Ped a bordo per tutta la durata del volo (dalla chiusura delle porte prima della partenza fino all'apertura delle stesse dopo l'arrivo).
  Sempre secondo l'Easa, eccezioni al principio generale possono essere concesse ai passeggeri, sotto la responsabilità dell'operatore aereo, per le seguenti tipologie di dispositivi elettronici portatili:
   gli equipaggiamenti elettromedicali per necessità fisiologiche dei passeggeri;
   i Ped come definiti nel punto 1 precedente o T-Ped selezionati in funzione Ped prima della partenza del volo, come descritto nel precedente punto 2, possono essere usati in tutte le fasi del volo;
   i T-Ped possono essere usati durante le fasi di volo non critiche (essenzialmente durante la fase di crociera) solamente se l'aeromobile è stato progettato e certificato per tollerare l'uso di questi dispositivi in funzione «trasmittente»;
   tutti i dispositivi elettronici portatili (trasmittenti e non) possono essere utilizzati, previa autorizzazione del comandante del volo, nei casi di prolungata attesa a causa di ritardo prima del decollo, anche con porte chiuse, purché sia disponibile sufficiente tempo affinché gli assistenti di volo possano controllare la cabina passeggeri prima di decollare, oppure in caso di prolungata attesa, dopo l'atterraggio, per raggiungere il parcheggio assegnato all'aeromobile.

  Le procedure che l'operatore aereo deve stabilire, oltre a specificare i casi di uso consentito, nel rispetto delle eccezioni summenzionate, devono prevedere anche le modalità da attuare, da parte degli assistenti di volo, per effettuare il controllo dei passeggeri durante le varie fasi del volo e, quando necessario, intervenire per far rispettare le condizioni e le limitazioni imposte dall'operatore stesso. Deve essere previsto, inoltre, l'obbligo di far spegnere i dispositivi considerati sospetti o che sono ritenuti essere causa di interferenze elettromagnetiche o altri problemi di sicurezza segnalati dal comandante durante il volo, previo coordinamento tra quest'ultimo e il responsabile della cabina passeggeri.
  Per quanto sopra detto, la scelta di autorizzare l'uso di dispositivi elettronici portatili a bordo degli aeromobili, incluse le condizioni e limitazioni con riferimento anche alle varie fasi di volo, è prerogativa e responsabilità dell'operatore aereo nel rispetto dei summenzionati criteri stabiliti dall'Easa.
  L'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), tramite i
team di sorveglianza, effettua l'attività di controllo degli operatori aerei nazionali, verificando l'adeguatezza delle suddette procedure sui rispettivi Operations Manual e accertandone la puntuale e aderente applicazione durante le ispezioni in volo a campione previste dal programma di sorveglianza stabilito per ciascun operatore aereo.
  In sintesi, l'Enac ritiene che la normativa sia adeguata per gestire il rischio interferenze: spetta alle compagnie aeree adottare questa normativa secondo modi, tempi e strumenti che ritengono più opportuni, in funzione degli equipaggiamenti installati sui propri aeromobili.
  Concludendo, una completa armonizzazione di comportamenti tra le diverse compagnie aeree non risulta, al momento, possibile.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 4 marzo 2015)


   DE MARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'intersezione sulla S.P.3 in corrispondenza del casello A13 di Bologna interporto è uno dei nodi essenziali e al contempo più pericolosi della viabilità in provincia di Bologna;
   si tratta del più importante punto di accesso alla rete autostradale del territorio bolognese e, in particolare, di due grandi piattaforme della logistica e del commercio, quali l'Interporto e il Centergross di Bologna che hanno un ruolo strategico nello sviluppo della regione e dell'intero paese;
   nel nodo di confluenza al casello autostradale interporto di Bologna si verificano frequenti congestioni e ingorghi anche perché in quel tratto affluiscono i traffici del quadrante nord bolognese, il più dinamico e sviluppato della regione per attività produttive e densità abitativa;
   l'accesso alla rete autostradale e alla viabilità pubblica è, di fatto, ostacolato da insostenibili rallentamenti, con gravi costi di transazione e inevitabile perdita di competitività del sistema territoriale;
   nell'incrocio tra la viabilità comunale e la SP3, in prossimità del casello autostradale, hanno perso la vita negli ultimi venti anni più di 10 persone e molte altre sono rimaste ferite in modo grave;
   da tempo la regione Emilia Romagna, la provincia di Bologna e le amministrazioni comunali interessate, sollecitano un intervento per la creazione di un punto di confluenza dei flussi di traffico in entrata e in uscita dal casello Interporto sulla A13 Bologna-Padova; la soluzione progettuale individuata da Autostrade per l'Italia e condivisa dalle amministrazioni prevede l'adeguamento dell'innesto dei rami di svincolo del casello di Bologna interporto sulla SP3 «Trasversale di Pianura» e la realizzazione di una rotatoria all'uscita del casello di Bologna Interporto sulla A13 in sostituzione dell'attuale innesto a «T»;
   la soluzione progettuale consentirebbe inoltre di raccordare alla rotatoria la viabilità comunale eliminando definitivamente l'intersezione con la SP3 che rappresenta un punto estremamente critico in termini di pericolosità, come dimostrato dall'elevato numero di incidenti mortali che l'hanno interessato;
   il 18 giugno 2012 l'ispettorato di vigilanza sulle concessioni autostradali ha inviato alle amministrazioni una nota di conferma della propria disponibilità ad autorizzare Autostrade per la spesa necessaria a realizzare l'intervento, previa integrazione dell'allegato alla Convenzione unica (F2), nell'ambito della revisione quinquennale della medesima Convenzione, anche in considerazione dell'esigenza di provvedere ad alcuni limitati espropri;
   rispetto agli incroci, la rotatoria – roundabout nella terminologia anglosassone – presenta indubbi vantaggi in termini di efficace smaltimento del traffico e snellimento della circolazione, per la netta riduzione dei tempi di inserimento – anche in misura superiore al 70 per cento – con l'eliminazione totale dei cosiddetti «tempi morti», per il minor inquinamento, per la riduzione della congestione e dei consumi, per la ridotta e più costante velocità, per l'eliminazione delle lunghe attese agli accessi; consente inoltre l'agevole inversione del senso di marcia; minori costi gestionali e di sorveglianza; in particolare la rotatoria aumenta in misura significativa la sicurezza dell'intersezione, per minori punti di conflitto rispetto ad un incrocio, e la documentata riduzione dell'incidentalità in misura superiore al 50 per cento, con -40 per cento collisioni fra veicoli; -80 per cento danni alle persone; -90 per cento danni gravi e mortali; la velocità contenuta nel punto di confluenza in entrata ed in circolo, determina una netta riduzione della probabilità di incidenti e della gravità delle conseguenze;
   successivamente al giugno 2012 dall'Ispettorato di vigilanza sulle concessioni autostradali non risultano pervenute risposte alle comunicazioni della regione Emilia Romagna e del comune di Bentivoglio, sul cui territorio insiste l'accesso il casello autostradale Bologna interporto, in merito all'avanzamento dell'istruttoria per la revisione della convenzione unica –:
   quale sia lo stato di avanzamento e i tempi previsti per la conclusione dell'istruttoria relativa alla revisione della convenzione unica e, in particolare, per il corretto inquadramento dell'intervento in questione nell'ambito della convenzione;
   quali urgenti iniziative intenda assumere:
    a) per sollecitare l'Ispettorato di vigilanza sulle concessioni autostradali a inserire tale infrastruttura nella revisione quinquennale della convenzione unica con Autostrade per l'Italia;
    b) per provvedere a semplificare ed accelerare tutti gli adempimenti di competenza necessari all'immediata realizzazione di interventi per la sicurezza e la fluidità della circolazione come l'infrastruttura in oggetto, ivi compreso l’iter progettuale, autorizzativo ed amministrativo, la procedura di evidenza pubblica per l'affidamento dei lavori e l'apertura del cantiere. (4-05907)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, relativa all'intersezione della Strada provinciale 3 in corrispondenza del casello interporto di Bologna in A13 Bologna-Padova, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  L'intervento è stato inserito nel piano economico finanziario (Pef) allegato alla vigente convenzione unica di autostrade per l'Italia, alla voce «Altri Investimenti», tra le iniziative previste all'articolo 2, comma 2, punto C3, della suddetta convenzione, per un valore netto di 2,5 milioni di euro in occasione dell'aggiornamento quinquennale con la sottoscrizione dell'atto aggiuntivo nel mese di dicembre del 2013.
  Autostrade per l'Italia ha comunicato di avere avviato lo studio tecnico-trasportistico e la redazione del progetto preliminare dell'opera, supportato da indagini di traffico specifiche per l'area in questione, completo di studio di prefattibilità ambientale, utile per l'avvio della procedura di verifica presso l'organo competente in materia ambientale, ai sensi della legge regionale dell'Emilia Romagna n. 9 del 1999.
  Ad oggi, sono state eseguite le indagini di traffico che consentono ad autostrade per l'Italia di verificare l'efficacia delle soluzioni tecniche ipotizzate, che saranno sviluppate nell'avviata fase di progettazione preliminare.
  Al fine di una maggiore condivisione della soluzione tecnica che sarà adottata, autostrade per l'Italia, in data 2 dicembre 2014, ha trasmesso il progetto agli enti locali interessati (regione Emilia Romagna, provincia di Bologna e comune di Bentivoglio) in merito al quale sono tuttora in corso ulteriori incontri di confronto con i rappresentanti dei suddetti Enti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)


   DI GIOIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto «Gino Lisa» di Foggia, è incluso nella rete TEN-T Comprehensive Network approvata da Parlamento europeo, Commissione europea e Consiglio dei ministri europeo in via definitiva nel dicembre del 2013 (Regolamento 11 dicembre 2013, n. 1315/2013/Ue – GuU.E. 20 dicembre 2013 n. L 348);
   la provincia di Foggia è la seconda più estesa d'Italia e comprende nel proprio territorio aree interne, remote, periferiche, geograficamente ed economicamente svantaggiate, (es. Gargano e Monti Dauni), che distano oltre 220 chilometri e circa tre ore dall'aeroporto di Bari Palese;
   la provincia di Foggia non è dotata di collegamenti con treni ad alta velocità;
   con decreto ministeriale n. 414 del 20 novembre 2013, pubblicato su GURI n. 294 del 16 dicembre 2013, riguardante i collegamenti aerei da e per Crotone con Roma – Fiumicino e Milano – Linate, è stato individuato l'aeroporto di Crotone come scalo nazionale, prevedendo per esso che i servizi aerei di linea sulle rotte Crotone-Milano Linate e Crotone-Roma Fiumicino e viceversa costituiscano servizi di interesse economico generale;
   tali servizi aerei di linea sulle rotte predette sono stati sottoposti ad oneri di servizio pubblico che sono diventati obbligatori dal 30 giugno 2014;
   pur non mettendo in discussione quanto previsto per la provincia di Crotone, non si comprende perché tale opportunità non si voglia concedere alla provincia di Foggia che, oltre agli elementi sopra esposti e che sono un elemento distintivo e particolare, ha anche le seguenti caratteristiche particolari:
    a) la provincia di Foggia, rispetto alla provincia di Crotone, ha un numero maggiore di abitanti (circa 650.000), e la popolazione residente nella catchment area dello scalo di Foggia (abitanti che risiedono in aree più vicine al «Gino Lisa» rispetto agli aeroporti alternativi di Bari, Napoli e Pescara) è di 1.333.325 abitanti, inclusi residenti in porzioni di province limitrofe (Campobasso, Potenza, Avellino, Benevento, BAT) da poter beneficiare di un bacino d'utenza specifico e non sovrapposto ad altri scali, così come previsto in merito dalla Comunicazione 2014 Orientamenti sugli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree pubblicato in GuUe n. 99/03 del 4 aprile 2014;
    b) garantisce la continuità territoriale verso le Isole Tremiti;
    c) dista oltre cento chilometri dall'aeroporto più vicino ed incluso, come abbiamo già, ricordato, nella rete TEN-T dell'Unione europea;
   sul riconoscimento dell'aeroporto «Gino Lisa» come scalo nazionale, come è noto, il sottoscritto ha presentato numerosi atti di sindacato ispettivo affinché attraverso la valorizzazione di questa infrastruttura si avviasse un progetto di ripresa economica di un'intera provincia che vive una profonda crisi economica e, come giusto che sia, i sindaci dell'intero territorio hanno presentato un'istanza collettiva affinché di arrivi a tale riconoscimento –:
   se si intenda, finalmente, riconoscere all'aeroporto «Gino Lisa» di Foggia la qualifica di scalo nazionale tenuto conto che le caratteristiche della provincia di Foggia sono maggiormente corrispondenti a quelle richieste per accedere a tale prerogativa di quelle presenti in altri aeroporti a cui è stata riconosciuta tale qualifica;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative per l'istituzione di almeno due collegamenti per garantire la continuità territoriale dall'aeroporto «Gino Lisa» e le città di Milano e Torino. (4-07336)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In merito al riconoscimento della qualifica di scalo nazionale per l'aeroporto Gino Lisa di Foggia, si comunica che il processo di individuazione degli aeroporti di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 698 del Codice della navigazione, ha visto una proposta iniziale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, contenuta nell'Atto di pianificazione della rete aeroportuale nazionale e delle azioni di razionalizzazione ed efficientamento del settore e dei relativi servizi adottato il 25 settembre 2014.
  In tale proposta, è previsto che gli aeroporti di interesse nazionale sono considerati tali purché realizzino due condizioni consistenti, sostanzialmente, nella specializzazione dello scalo funzionale al sistema di bacino in cui lo stesso risulta inserito e nel raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario, anche tendenziale, e di adeguati indici di solvibilità patrimoniale.
  Tali condizioni non sono richieste per gli aeroporti di particolare rilevanza strategica e per quelli che garantiscono la continuità territoriale.
  Al predetto Atto di pianificazione è conseguita una prima delibera nel Consiglio dei ministri del 30 settembre 2014, di approvazione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, che ha accolto le linee guida del predetto Atto di pianificazione.
  Su tale schema di decreto del Presidente della Repubblica, il 19 febbraio 2015, è stata acquisita l'intesa in sede di conferenza Stato-regioni, per poter procedere, sentita l'Agenzia del demanio e previo parere delle competenti commissioni parlamentari, all'emanazione del definitivo decreto del Presidente della Repubblica che individuerà, in base alla suddetta norma del Codice della navigazione, gli aeroporti di interesse nazionale.
  Nel corso del confronto con la predetta Conferenza, è emersa l'esigenza condivisa di prevedere nello schema di decreto del Presidente della Repubblica una norma transitoria che sancisca, in sede di prima applicazione del medesimo decreto, che i gestori degli aeroporti allo stato non inseriti tra gli scali di interesse nazionale possono presentare, entro e non oltre un anno dalla data in vigore dello stesso decreto, la documentazione dimostrativa del possesso delle condizioni per il riconoscimento dell'interesse nazionale.
  Quest'ultima previsione potrà essere utilizzata da tutti gli aeroporti, compreso quello di Foggia, che allo stato non risultano inseriti nell'elenco degli scali di interesse nazionale.
  In ordine alla seconda richiesta, relativa all'istituzione di collegamenti per garantire la continuità territoriale, si fa presente che i fondi statali a suo tempo stanziati con la finanziaria 2014, che estendeva l'ambito di applicazione degli oneri di servizio pubblico di cui all'articolo 36 della legge n. 144 del 1999, tra gli altri, anche ai collegamenti tra lo scalo di Foggia e i principali aeroporti nazionali, risultano ormai esauriti. Peraltro, la regione Puglia, a suo tempo, non ha avanzato istanza per usufruirne.
  Allo stato attuale, non rivenendosi fondi disponibili nel bilancio statale per tali finalità, la possibilità di istituire collegamenti per la continuità territoriale è rimessa esclusivamente all'individuazione di risorse a carico della finanza regionale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   uno dei problemi maggiormente avvertiti dai cittadini calabresi è l'impossibilità di raggiungere agevolmente le altre aree del Paese, dato il deficit infrastrutturale, cui si cumula il costante decremento della qualità e della quantità dei trasporti che servono la regione e, più in generale, il Sud del Paese;
   questo stato di cose, denunciato dalla interrogante e in svariati atti di sindacato ispettivo, viene talvolta aggravato da un'inaccettabile inosservanza delle regole a tutela dei consumatori che rendono il disagio, specie per dei cittadini che non possono beneficiare di alternative nella scelta dei trasporti, realmente intollerabile;
   a quanto emerge da un articolo apparso ne Il Quotidiano della Calabria di martedì 9 dicembre 2014 dal titolo «Salta il volo per Lamezia», è caos: passeggeri «sequestrati» per due giorni in aeroporto, la compagnia aerea Ryanair alle 17.30 di domenica 7 dicembre 2014 avrebbe comunicato, attraverso sms rivolto ai viaggiatori interessati, la cancellazione del volo da Bergamo per Lamezia delle 19.50;
   la causa sarebbe attribuibile al malfunzionamento di un radar sito nell'area dell'aeroporto di Milano;
   nel messaggio di testo sarebbero stati invitati i passeggeri a prenotare un altro volo, attraverso il sito della Ryanair, ma l'operazione sarebbe stata resa impossibile dal blocco del sito causato dall'eccessivo numero di richieste pervenute;
   un cospicuo numero di passeggeri si sarebbe dunque recato nell'aeroporto di Orio Al Serio dove, dopo un tempo di attesa di due ore, sarebbe stato comunicato loro che se era loro intenzione raggiungere la Calabria, era disponibile un solo posto per Crotone nella giornata del martedì successivo, 9 dicembre, in serata;
   alternativamente sarebbe stata indicata la possibilità di attendere fino alla giornata di mercoledì, data in cui era previsto il pieno ripristino dell'operatività dei collegamenti;
   solo allora i viaggiatori calabresi bloccati a Bergamo sarebbero potuti tornare a Lamezia in aereo;
   nonostante sarebbe stata concessa, secondo l'articolo, la possibilità di ottenere un rimborso o di cambiare prenotazione al mercoledì successivo senza costi aggiuntivi, appare evidente che entrambe queste possibilità avrebbero comportato per il viaggiatore un forte aggravio dei costi, dovuti al pernottamento per 3 giorni a Bergamo o, alternativamente, alla necessità di individuare un nuovo volo senza un congruo periodo di preavviso e con la conseguente esplosione dei costi;
   va ricordato inoltre che i collegamenti ferroviari da Bergamo a Lamezia Terme richiedono, secondo il sito di Trenitalia, tempi di percorrenza che vanno dalle 9 ore e 40 alle 15 ore e 30 minuti, e non costituiscono quindi una valida e rapida alternativa al mezzo aereo –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se la compagnia aerea Ryanair abbia ottemperato, nel comportamento tenuto nell'occasione descritta in premessa, a tutti i suoi doveri nei confronti degli utenti coinvolti dal disservizio;
   se il ritardo di 3 giorni prospettato ai viaggiatori diretti a Lamezia Terme a causa del guasto del radar avvenuto nell'area di Milano nella giornata di domenica 7 novembre 2014, trovi riscontri in altre tratte servite da Ryanair o da altre compagnie, e quali siano le ragioni per le quali non sia stato possibile limitare il disagio ad un semplice ritardo anziché prevedere la cancellazione del volo.
(4-07253)

  Risposta. — In riferimento ai quesiti posti dall'interrogante si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Si premette che il volo oggetto dell'interrogazione è il volo FR 5292 del giorno 8 dicembre 2014, infatti non risulta un volo corrispondente dello scorso 7 dicembre come citato nell'atto parlamentare.
  Si riporta di seguito la sintetica ricostruzione degli eventi sulla base di quanto comunicato dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) sentita al riguardo.
  Alle ore 14.30 circa, dopo aver ricevuto la conferma del malfunzionamento del Radar di Linate, sono stati cancellati alcuni voli Ryanair, tra cui il volo FR 5292 Bergamo-Lamezia Terme.
  La compagnia aerea ha avvisato i passeggeri della cancellazione del volo FR 5292 alle ore 16.13 dello stesso giorno via e-mail e, per chi ne aveva fatto richiesta, anche per via Sms.
  A tutti i passeggeri dei voli cancellati, come da autorizzazione Ryanair, è stata offerta la riprotezione su voli alternativi e la sistemazione in albergo (Hotac), su richiesta degli stessi passeggeri presso gli Hotel Mercure e Palace di Zingonia.
  Per ciò che concerne il
Refreshment, è giunta al coordinamento di scalo del gestore, alle ore 18.33 dello stesso giorno, l'autorizzazione all'erogazione dell'assistenza per tutti i voli cancellati.
  Dal sistema di prenotazione di biglietteria si evince che nella lista dei passeggeri prenotati sul volo FR 5292 è rimasto un solo passeggero
No-Show; tutti gli altri passeggeri sono stati o riprotetti oppure hanno avanzato al vettore relativa richiesta di rimborso del prezzo del biglietto.
  In particolare, Enac riferisce che il vettore, nel caso di specie, ha subito conseguenze operative a causa di problematiche Atc – Controllo del traffico aereo – indipendenti dalla volontà dello stesso e non prevedibili né evitabili.
  Esse, pertanto, ai sensi del regolamento (CE) 261/2004, sono da considerarsi cause eccezionali esimenti per il vettore dall'obbligo del pagamento della compensazione pecuniaria (considerando 14 e 15 delle premesse al regolamento e articolo 5, punto 3).
  Enac informa, infine, che dal
report di scalo emerge chiaramente che gli obblighi sanciti dal citato regolamento in tema di diritti dei passeggeri per disservizi nel trasporto aereo sono stati puntualmente rispettati in quanto è stata offerta assistenza oltre alla riprotezione o il rimborso, per cui alla compagnia aerea in oggetto non sono attribuibili inadempienze.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)


   GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Il Comitato Pendolari Roma-Firenze rende noto che Trenitalia ha deciso arbitrariamente di sopprimere la fermata di Orvieto del treno regionale 581 interrompendo un pubblico servizio senza darne informazione ai passeggeri in attesa alla stazione di Orvieto;
   a quanto dichiara il Comitato Pendolari Roma-Firenze tramite un comunicato stampa, ad Orvieto martedì 24 giugno 2014 alle ore 7.30, a causa di questo disservizio, circa quattrocento persone sono rimaste sul binario in attesa del treno 581 utilizzato da molti pendolari a Roma per motivi di lavoro e di studio;
   alcuni pendolari ad Orvieto dichiarano che il servizio Internet www.ViaggiaTreno.it della Società Trenitalia spa, in un primo momento segnalava il treno al bivio di Allerona con un ritardo di 12 minuti, mentre dopo pochi minuti improvvisamente individuava il treno a Castiglione in Teverina, quindi a sud di Orvieto, come se il treno avesse saltato la fermata di Orvieto;
   la seconda segnalazione del servizio Viaggiatreno era evidentemente corretta, come conferma un pendolare di Chiusi che si trovava sul convoglio, e rivelava che il treno regionale era quasi arrivato alla stazione di Orte, dove ha successivamente effettuato una fermata straordinaria per far scendere lavoratori e studenti, alcuni dei quali dovevano sostenere gli esami di maturità, diretti a Orvieto;
   Trenitalia, quindi, ha lasciato circa quattrocento persone sul binario di Orvieto senza nessun avviso, provocando gravissimi disagi ai passeggeri;
   il Comitato Pendolari Roma-Firenze, a seguito di quanto accaduto, ha dichiarato altresì di valutare la possibilità di esporre denuncia contro Trenitalia per i danni provocati dall'interruzione di pubblico servizio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e, se non ritenga opportuno intervenire, presso Trenitalia di cui il Governo è azionista di maggioranza affinché venga salvaguarda la continuità temporale e spaziale del servizio. (4-05305)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, sono state chieste dettagliate informazioni alla società Trenitalia che ha riferito quanto segue.
  Il 24 giugno 2014, alle ore 7.24, a seguito di un guasto a un deviatoio presso il primo bivio di Orvieto Nord, il treno Intercity 581 che parte da Firenze alle ore 5.50 e arriva a Roma Termini alle ore 8.26, non ha potuto eseguire la programmata deviazione dalla linea Direttissima Firenze-Roma alla linea tradizionale e, conseguentemente, non ha effettuato la fermata prevista nella stazione di Orvieto alle ore 7.29.
  Il gestore dell'infrastruttura ha disposto il proseguimento del viaggio dell'Intercity 581 sulla linea «Direttissima», assegnando al collegamento stesso la fermata straordinaria nella successiva stazione di Orte.
  I viaggiatori in attesa nella stazione di Orvieto hanno utilizzato l'Euronight 235 per raggiungere Roma, mentre i passeggeri a bordo dell'Intercity 581 con destinazione Orvieto hanno potuto usufruire del collegamento regionale 2306 in partenza da Orte.
  Trenitalia ha comunicato, altresì, che i passeggeri a bordo del treno Intercity 581 sono stati informati e assistiti dal personale di accompagnamento, mentre, ai viaggiatori in attesa nella stazione di Orvieto sono state fornite tutte le informazioni dal personale di Trenitalia presente in stazione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)


   GALATI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto di Lamezia Terme «Sant'Eufemia» è il principale scalo della Calabria e uno dei primi del Mezzogiorno per traffico passeggeri, con volumi di traffico sempre crescenti e pari a n. 2.256.752 passeggeri registrati per l'anno 2014;
   l'aeroporto rappresenta uno snodo centrale per i collegamenti da e verso il territorio della Calabria e per tutto il meridione e costituisce un'infrastruttura vitale del sistema economico del Mezzogiorno, con particolare riferimento al settore turistico, che rappresenta uno dei comparti strategici di estrema rilevanza per le prospettive di sviluppo e crescita economica e sociale del territorio;
   da una nota recentemente diffusa dalla Società aeroportuale calabrese Sacal spa, ente gestore dell'aeroporto internazionale di Lamezia Terme, e riportata dai principali quotidiani locali, si apprende la notizia della previsione di una drastica riduzione delle frequenze giornaliere dei voli da Lamezia Terme per Milano Linate (che passerebbero dai tre attualmente attivi ad uno soltanto), per effetto delle modalità di ristrutturazione della nuova «Alitalia-Ethiad». La riduzione dovrebbe operare, secondo quanto comunicato, già a partire dal mese di aprile 2015. La notizia non ha mancato di suscitare stupore e preoccupazione, sia tra gli operatori di settore che tra i cittadini, passeggeri ed utenti, oltre che dai rappresentanti istituzionali, in specie in considerazione degli elevati e crescenti livelli di utenza normalmente registrati per la rotta considerata, in costante espansione negli ultimi anni anche per effetto dell'evoluzione e della crescente interrelazione tra stakeholders ed operatori economici e finanziari, nell'esercizio delle loro attività organizzate dirette alla produzione o scambio di beni o servizi espletate a livello nazionale ed internazionale, espressione della crescente complessità del sistema economico e finanziario che converge in larga misura proprio sulla città di Milano;
   una scelta che determinerebbe impatti negativi ed effetti penalizzanti non solo sul versante delle attività e relazioni economiche già avviate, e dei diritti soggettivi ed interessi legittimi degli operatori che hanno già avviato relazioni economiche o finanziarie sia di livello interregionale che nazionale ed internazionale e che richiedono per il loro espletamento una agevole possibilità di comunicazione e circolazione sul territorio (possibilità che sarebbe così drasticamente limitata), ma che andrebbe a penalizzare fortemente anche le prospettive di crescita e le opportunità di sviluppo ed attrattività, per una regione che punta proprio sul turismo quale settore strategico per il rilancio della propria economia, che già versa in condizioni di debolezza e criticità. Inoltre l'annunciato taglio andrebbe a limitare in modo determinante le opportunità connesse al grande evento Expo-Milano 2015 ed i possibili impatti positivi ed incrementi stimati per tutto il Paese, connessi all'importante flusso turistico convogliato verso l'Italia in occasione dell'Esposizione universale. Un adeguato sistema di collegamento aeroportuale da e verso Milano è la condizione essenziale e necessaria affinché la Calabria ed in generale il meridione possano beneficiare, in condizioni di parità con le aree regionali italiane, degli effetti economici positivi connessi al grande evento; una possibilità che non sarebbe garantita in caso di concretizzazione delle riduzioni alle quali si, fa riferimento –:
   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è a conoscenza del piano di riduzione delle frequenze giornaliere, al quale fanno riferimento i principali quotidiani di informazione locale, per la rotta Lamezia Terme – Milano da parte della Compagnia Aerea Italiana spa – Alitalia;
   in quale misura il Ministro intenda intervenire, coerentemente alla propria funzione di indirizzo e coordinamento dello sviluppo infrastrutturale e dei trasporti nel Paese, al fine di impedire la penalizzazione della Calabria e delle regioni meridionali nel trasporto aereo.
(4-07676)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, occorre premettere che il mercato del trasporto aereo trova a livello comunitario la propria disciplina nel Regolamento n. 1008/2008 del 24 settembre 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante norme comuni per le prestazioni di servizi aerei nella Comunità.
  In base a tale Regolamento, che si pone come finalità quella di governare in modo uniforme il graduale e progressivo processo di liberalizzazione del trasporto aereo attraverso la definizione di regole certe e comuni a tutti gli operatori del settore, i vettori titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata da uno Stato membro dell'Unione europea hanno la possibilità di scegliere le rotte sulle quali operare e di fissare le tariffe aeree per il trasporto passeggeri e merci.
  In altri termini, l'opportunità di istituire collegamenti aerei all'interno del territorio europeo è devoluta a logiche imprenditoriali e di mercato che si inquadrano in una dimensione concorrenziale e che, come tale, non consentono all'Amministrazione di intervenire sulle scelte operate dalle singole imprese.
  Ciò posto, si evidenzia che, proprio su impulso determinante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono state emanate norme finalizzate a rendere più trasparenti gli accordi tra operatori al fine di evitare comportamenti potenzialmente distorsivi delle dinamiche concorrenziali.
  In particolare, si richiamano i commi 14 e 15 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 145 del 2013 (Interventi urgenti di avvio del piano Destinazione Italia, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed Expo 2015) e relativa legge di conversione, nei quali si prevede espressamente che i gestori di aeroporti che stringono rapporti commerciali con vettori aerei in funzione dell'avviamento e dello sviluppo di rotte destinate a soddisfare e promuovere la domanda nei rispettivi bacini di utenza, devono esperire procedure di scelta del beneficiario trasparenti e tali da garantire la più ampia partecipazione dei vettori potenzialmente interessati, secondo modalità da definirsi con apposite linee guida adottate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti l'Autorità di regolazione dei trasporti e l'Ente nazionale per l'aviazione civile.
  I gestori aeroportuali dovranno comunicare all'Autorità di regolazione dei trasporti e all'Enac l'esito delle procedure previste dal citato comma 14, ai fini della verifica del rispetto delle condizioni di trasparenza e competitività.
  Peraltro, ad ottobre 2014 sono state pubblicate le menzionate linee guida, consultabili anche sul sito
web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che consentiranno all'impianto normativo sopra descritto di esplicare pienamente i propri effetti, dotandolo di reale operatività, sotto la stretta vigilanza dell'Enac e delle competenti strutture del Mit.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 20 marzo 2015)


   LA MARCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sono decine di migliaia le persone che ogni anno si recano per ragioni di turismo, lavoro o studio dall'Italia al Canada e viceversa ed in molti casi acquisiscono la residenza del nuovo Paese;
   tra gli Stati con i quali l'Italia ha concluso accordi di reciprocità in materia di conversione di patenti di guida non è compreso il Canada, Paese dove risiedono oltre un milione di persone di origine italiana i quali spesso rientrano in Italia anche per lunghi periodi di tempo;
   per conversione della patente si intende il rilascio, senza l'obbligo del superamento di esami teorici e pratici, di una patente dello Stato di nuova residenza corrispondente a quella di origine;
   in Canada attualmente possono tuttavia convertire la patente italiana in patente canadese solo i cittadini facenti parte del personale diplomatico e consolare italiano che si trasferiscono per motivi di servizio in quel Paese;
   purtroppo alla quasi totalità dei cittadini italiani che si recano in Canada e dei cittadini canadesi che si recano in Italia, e che per motivi di studio o di lavoro acquisiscono la nuova residenza, non viene riconosciuta né convertita la patente di guida italiana;
   con la patente italiana si può, di norma, guidare in Canada per tre mesi, successivamente a tale periodo è necessario munirsi di patente canadese a seguito di esame;
   in Italia invece per i titolari di una patente di guida non comunitaria è possibile guidare veicoli cui la patente abilita fino ad un anno dall'acquisizione della residenza; dopo un anno è necessario, per poter condurre veicoli sul territorio italiano, convertire la patente. Ciò è possibile ovviamente se lo Stato che ha rilasciato l'abilitazione alla guida ha sottoscritto accordi di reciprocità con l'Italia (non è il caso del Canada);
   sembra quindi ovvio che un accordo di reciprocità tra Italia e Canada per la conversione delle patenti di guida renderebbe molto più semplice la possibilità di guidare nello Stato dove si è acquisita la nuova residenza;
   la materia del rilascio delle patenti di guida in Canada non è prevista tra le competenze del Governo federale ma ciascuna delle province canadesi vi provvede secondo una normativa ad hoc approvata dai rispettivi Parlamenti;
   il Governo italiano, tramite l'ambasciata d'Italia in Canada, all'inizio degli anni 2000 aveva avviato un primo tentativo di negoziato con alcune province canadesi che avrebbe dovuto portare alla firma di un'intesa amministrativa tra il nostro Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e tali province per il riconoscimento reciproco delle patenti di guida;
   nel 2006 le autorità competenti canadesi avevano predisposto e inviato al Governo italiano una proposta di accordo quadro a livello federale che prevedeva la successiva stipula di protocolli tecnici attuativi a livello delle varie province canadesi e si era successivamente avviato a Roma un negoziato specifico tra esperti dei due Paesi per definire un testo comune la cui ultima versione è stata sottoposta nel luglio del 2011 ai negoziatori canadesi da parte della nostra ambasciata a Ottawa;
   da allora, nonostante i tentativi compiuti nella scorsa legislatura da parlamentari eletti nella Ripartizione America centrale e settentrionale con numerose iniziative politiche e legislative, e voci non confermate di un prossimo accordo, le trattative sembrano essersi arenate –:
   quali misure il Ministro interrogato intenda intraprendere per verificare lo stato dei negoziati e per eventualmente accelerarne l’iter, anche alla luce delle persistenti aspettative dei cittadini italiani e canadesi che si spostano da un Paese all'altro e che da anni attendono la stipula di un necessario accordo tra i due Paesi, e tra l'Italia e le province canadesi interessate, per la conversione delle patenti di guida. (4-01331)

  Risposta. — In risposta al quesito posto dall'interrogante circa la definizione di un accordo in materia di conversione di patenti di guida tra l'Italia e il Canada, si ritiene di dover premettere che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha intrapreso da tempo tutte le azioni necessarie per un esito positivo del negoziato che, come è noto, presenta notevoli difficoltà dato l'ordinamento federale del Canada, suddiviso in province e territori.
  Infatti, l’
iter procedurale ha avuto inizio dal 2001, quando si pensava di realizzare un'intesa con le singole province canadesi (in particolare con il Quebec), in ossequio alle indicazioni fornite all'epoca sia dal Ministero degli affari esteri, che dal Governo centrale canadese.
  Tuttavia, nel 2003 il Dipartimento degli affari esteri canadese comunicava di voler realizzare un accordo quadro fra i governi centrali, per poi dare vita a delle intese fra le province e l'allora Ministero dei trasporti italiano.
  Successivamente, di concerto con il Ministero degli affari esteri, veniva valutata la possibilità di adottare un atto unilaterale amministrativo, sia da parte del Ministero dei trasporti italiano che da parte della singola provincia canadese interessata, per attuare la conversione reciproca delle patenti di guida.
  Alla fine del 2006, su richiesta delle autorità canadesi, le quali riproponevano l'utilizzo dello strumento dell'accordo quadro fra governi, veniva trasmesso un testo all'attenzione del governo centrale canadese.
  Dopo lunghi tempi di attesa per ricevere il riscontro da parte delle autorità estere, la procedura aveva un nuovo impulso su iniziativa del Ministero degli affari esteri che promuoveva un incontro, tenutosi in data 6 marzo 2012, fra i rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e due funzionari dell'ambasciata del Canada in Italia, con scambio di informazioni.
  Veniva, quindi, nuovamente proposto alle autorità canadesi un testo per concludere un accordo quadro fra i governi centrali.
  La controparte canadese presentava successivamente una bozza diversa da quella concordata e, nonostante la presenza di alcuni punti non pienamente condivisibili, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esprimeva l'assenso, proprio nell'intento di porre fine alla lunga fase di confronto e di passare alla definizione del citato accordo quadro.
  Purtuttavia, nel dicembre del 2013 la parte canadese proponeva nuovamente una serie di modifiche al testo che lei stessa aveva suggerito nel 2012. Dopo un'intensa attività di contatti e scambio di comunicazioni, anche per il tramite del Ministero degli affari esteri, veniva individuato il testo finale, con l'impegno del predetto Ministero di acquisire il definitivo assenso formale da parte delle autorità canadesi.
  Ad ottobre 2014, l'ambasciata d'Italia a Ottawa comunicava di aver avuto un incontro con il direttore generale del Ministero degli esteri canadese competente per l'Europa, al quale è stato ribadito l'estremo interesse da parte italiana a concludere l'accordo in questione. In tale circostanza, però, la parte canadese ha nuovamente suggerito di apportare delle modifiche al testo, poiché la provincia del Quebec non condivide la previsione secondo cui dopo la conversione la patente estera va ritirata e restituita alle Autorità di rilascio.
  Al riguardo, i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno rappresentato, con nota del 5 novembre 2014, che non è possibile concludere un accordo che non contempli il ritiro e la restituzione della patente estera convertita, poiché sarebbe contrario alle vigenti norme sia italiane che comunitarie.
  Da parte dello scrivente Dicastero si assicura, per il futuro come fino ad ora, la massima attenzione per la procedura in corso.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 4 marzo 2015)


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   quanto si apprende da nota diffusa dalla FIT CISL MARCHE l'aeroporto di Ancona Falconara, infrastruttura imprescindibile e fondamentale per l'economia di tutto il territorio regionale, sarebbe stato inserito dall'ENAV (Ente nazionale assistenza al volo) nel gruppo di aeroporti definiti «a basso traffico» insieme a Perugia, Grottaglie, Lampedusa, Brescia, e altri, e su tale premessa, è stato avviato un programma di ristrutturazione interna con riduzioni di costi, di apparati tecnologici e di personale;
   questo ridimensionamento potrebbe deprimere fortemente le speranze di sviluppo del territorio e minare nelle fondamenta anche il nuovo piano industriale della società di gestione (Aerdorica) e il progetto della regione Marche, intenzionata ad investire circa 20 milioni di euro per determinare lo sviluppo dell'aeroporto con l'obiettivo del raddoppiare in cinque anni il numero dei passeggeri e della quantità di merci;
   il declassamento dell'aeroporto inoltre potrebbe inibire le aspettative di sviluppo legate al progetto della macro regione adriatico-ionica e tutte quelle sinergie di collegamenti e scambi culturali e commerciali, su cui fortemente si stanno impegnando le comunità e le istituzioni locali. Di fatto viene mortificata la realtà locale chiudendo la porta alla valorizzazione che il territorio meriterebbe. A riprova di quello che l'interrogante sostiene, l'ENAV ha avviato un ulteriore programma di dismissione di importanti ausili tecnologici per la fornitura dei servizi alla navigazione aerea nell'aeroporto di Ancona/Falconara (o meglio dell'aeroporto delle Marche);
   nello specifico vengono dismessi: l'ATIS, il servizio automatico di trasmissione delle informazioni utili al pilota per acquisire in modo aggiornato e continuativo i dati meteorologici per l'atterraggio e decollo, fondamentale in caso di condizioni meteo marginali; l'apparato di emergenza delle frequenze di comunicazione; il sistema meteo di riserva che gestisce l'acquisizione e distribuzione di dati temperatura, umidità dell'aria, pressione, vento;
   la dismissione di questi apparati, che sono solitamente ridondanti per ovviare alle pericolose conseguenze in caso di avaria di quelli principali, non comporterebbe nemmeno risparmi economici evidenti, in quanto questi apparati automatici necessitano di una manutenzione trimestrale o semestrale, svolta da personale tecnico già presente in loco (tra l'altro già ridimensionato a giugno 2014 di due unità con profondo disagio per le famiglie dei lavoratori coinvolti);
   a ciò si aggiunge il piano di ristrutturazione dell'ENAV che prevede che i controllori di volo e gli osservatori meteo «esperti» vengano trasferiti negli aeroporti maggiori (ovvero in aeroporti solo classificati di maggiore interesse, ma non necessariamente aventi le caratteristiche strategiche, in termini di traffico merci e passeggeri del nostro aeroporto) e sostituiti, in quantità numericamente ridotta, da personale neo assunto, abilitato a entrambe le funzioni –:
   quali garanzie di sviluppo e di mantenimento degli standard di sicurezza si possano assicurare per il futuro, in vista di un necessario potenziamento tecnologico/infrastrutturale di cui il citato aeroporto ha urgente necessità, evitando che siano dismessi importanti apparati di sicurezza e che si trasferiscano alte professionalità in altri aeroporti. (4-07435)


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto di Ancona-Falconara rappresenta una parte fondamentale della piattaforma logistica ed una infrastruttura strategica per le Marche, per la sua economia industriale e turistica, per i marchigiani che vogliono recarsi all'estero e per le persone che dal mondo raggiungono le Marche;
   occorre mettere le basi per una nuova fase di crescita del citato scalo, sviluppare sinergie con le altre importanti infrastrutture marchigiane, a partire dal porto e dall'interporto, ma anche con gli altri soggetti che si occupano di trasporti e di mobilità, Società Autostrade e Rete ferroviaria italiana, e rafforzare, infine, la dimensione marchigiana in un orizzonte Sistema Italia e in una proiezione europea e mondiale;
   in questo quadro va segnalato che l'attuale management di Aerdorica spa ha avviato una strategia di riorganizzazione, di riduzione dei costi e di consolidamento finanziario che dovrebbe portare al risultato di una riduzione dell'esposizione debitoria della società; va aggiunto che con l'accordo siglato nella primavera scorsa con le maestranze si è prevista la riduzione dei salari e degli stipendi di tutto il personale –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla situazione e alle prospettive di sviluppo e di crescita dell'infrastruttura aeroportuale di Ancona-Falconara, anche sotto il profilo della continuità produttiva e della solidità economico-finanziaria delle società operanti nel settore nonché del mantenimento dei livelli occupazionali;
   quali siano i dati concernenti il traffico aereo dello scalo marchigiano e, in particolare, se nell'anno 2014 si sia registrato un aumento del traffico medesimo relativo sia ai passeggeri sia all'attività cargo, al netto dei voli charter. (4-07470)


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto di Falconara Marittima rappresenta uno snodo essenziale della piattaforma logistica delle Marche che, con determinazione la regione Marche sta pianificando e strutturando;
   strategico è il ruolo che lo scalo aeroportuale marchigiano si appresta ad assumere nella Macroregione Adriatico-Ionica e nel Corridoio europeo Helsinki – La Valletta, diramazione Ancona;
   con il nuovo piano industriale di Aerdorica sono stati previsti investimenti in attrezzature per assicurare l'atterraggio anche in condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli e che tale potenziamento porterebbe ad un aumento del volume di traffico e ad un potenziale avanzamento nella classificazione dell'infrastruttura;
   numerose e crescenti sono le dichiarazioni che paventano il rischio di un declassamento del nostro aeroporto, rischio ancora più concreto a seguito della programmazione da parte dell'ENAV (Ente nazionale assistenza volo) di un piano di ristrutturazione e dismissione di apparati che garantiscono i servizi di supporto alla navigazione aerea –:
   quali iniziative dirette intenda adottare per garantire al permanenza degli attuali servizi e attrezzature di supporto al volo. (4-07624)

  Risposta. — In riferimento alle interrogazioni parlamentari in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso l'Ente nazionale di assistenza al volo (Enav).
  Preliminarmente, detto Ente ha evidenziato come – per effetto delle azioni di razionalizzazione ed efficientamento poste in essere sullo scalo di Ancona – non si determinerà alcuna modifica né ridimensionamento del livello dei servizi forniti.
  Quanto alle motivazioni poste alla base dello sforzo di efficientamento, il medesimo Enav rileva che lo sfavorevole momento congiunturale internazionale ha determinato, come è noto, una consistente flessione del traffico aereo assistito, fenomeno che è risultato particolarmente significativo sugli aeroporti a basso livello di traffico.
  I flussi e i relativi livelli di unità di servizio su tali aeroporti sono diminuiti con una flessione del -35 per cento rispetto al 2008, ultimo anno di crescita.
  A quanto sopra deve aggiungersi che, in coerenza con le previsioni del Cielo unico europeo, la normativa comunitaria di settore prescrive che dal 2015 anche i sistemi aeroportuali dei paesi membri siano soggetti al regime di
performance operativa ed economica comunitaria. La Commissione europea ha definito gli obiettivi di efficienza economica cui gli Stati membri e i relativi provider designati, tra cui Enav dovranno adeguarsi per conseguire aumento della produttività e riduzione dei costi di esercizio.
  Pertanto, su indirizzo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e di concerto con l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), Enav ha posto in essere iniziative di razionalizzazione e ottimizzazione dei propri costi connessi agli orari di servizio, agli organici, alle configurazioni tecnologiche e agli interventi di manutenzione tecnica insistenti su circa venti aeroporti a basso traffico, tra i quali appunto lo scalo di Ancona-Falconara.
  L'analisi effettuata ha infatti permesso di identificare una modifica della struttura dei costi attraverso soluzioni operative, organizzative e gestionali specifiche per le caratteristiche dei predetti aeroporti, configurando una nuova modalità tecnico-operativa di erogazione del servizio, basata su una ancor più rigorosa e stringente congruenza tra le risorse impiegate e il traffico servito.
  In particolare, il piano di standardizzazione delle dotazioni tecnologiche deriva da un'approfondita analisi che ha permesso di classificare gli aeroporti in questione in tre classi omogenee, tenendo conto sia delle caratteristiche fisiche degli aeroporti stessi che dei volumi di traffico da assistere.
  Per ogni classe è stata individuata una dotazione tecnologica
standard che consenta di mantenere inalterati i livelli di safety, riducendo al contempo i costi di esercizio e, di conseguenza, gli oneri per l'utenza.
  Venendo, poi, agli specifici elementi informativi sullo scalo di Ancona, pur a fronte dei predetti interventi di razionalizzazione della struttura dei costi, il livello di servizio di controllo del traffico aereo fornito da Enav è rimasto invariato, in linea con quanto previsto dal contratto di programma e di servizio.
  Per quanto concerne l'organico presente sullo scalo in oggetto, l'adeguamento è previsto a partire dal prossimo biennio 2016/2017, garantendo personale operativo professionalmente formato e addestrato per i compiti e le mansioni da ricoprire, in ottemperanza alla vigente regolamentazione tecnica di settore approvata da Enac.
  In merito alle configurazioni tecnologiche previste su Ancona, si rappresenta che le standardizzazioni previste, quali ad esempio quella riguardante il sistema Atis, non avranno alcun impatto sull'efficienza e la qualità del servizio reso né, ovviamente, sui livelli di
safety che rimangono inalterati.
  Lo studio di valutazione del rischio è stato regolarmente presentato a Enac, il quale riferisce che lo scenario proposto non ha impatti sulla sicurezza del servizio che continua ad essere assicurato conformemente al regolamento Enac sui servizi del traffico aereo e all'Annesso 11 ICAO.
  Quanto alla fornitura di un servizio informazioni automatizzato (Atis), lo stesso è da considerarsi come via opzionale di rilascio delle informazioni di volo, per alleggerire il carico di comunicazioni radio tra torre di controllo e piloti, nelle situazioni di considerevole flusso di movimenti aerei sull'aeroporto; nell'aeroporto di Ancona-Falconara la situazione del traffico aereo sull'aeroporto è tale da non generare sovraccarico nelle comunicazioni radio.
  Inoltre, la dismissione di altri apparati tecnici d'interesse, alla luce del citato studio di valutazione del rischio, non pregiudica la sicura fornitura dei servizi di navigazione aerea da parte di Enav, sia con gli attuali che con i prevedibili livelli di traffico.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 18 marzo 2015)


   OLIVERIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da recenti notizie apparse sulla Gazzetta del Sud del 3 ottobre 2014 si apprende il disagio che affligge ormai da anni automobilisti e pendolari che percorrono quotidianamente il tratto di strada della statale 18 nei pressi del comune di Gizzeria in provincia di Catanzaro;
   la parte dell'arteria nazionale che attraversa il territorio gizzerioto è uno di quelli che reclamano un urgente adeguamento sul piano della sicurezza stradale;
   procedendo verso sud, un primo punto pericoloso è l'incrocio all'altezza del torrente Spilinga (meglio conosciuto come Piscirò), dove, nell'arteria nazionale, in prossimità di una curva confluisce la via Porto che conduce direttamente nel centro abitato di Gizzeria Lido. Chi proviene da sud, e va ad una certa velocità, si può trovare davanti ad una fila di veicoli fermi sulla corsia di marcia, perché il primo di essi, dovendo svoltare a sinistra per imboccare la via comunale, deve dare la precedenza a quanti provengono da nord;
   ad alcuni chilometri di distanza, sempre in direzione nord, un altro incrocio che richiede massima attenzione negli automobilisti, è quello all'altezza della località comunemente nota come «Pesce e Anguille», anche qui la strada nazionale e una via comunale si congiungono in prossimità di una curva;
   c’è poi il cosiddetto bivio di Zinnavo, nei pressi del lago La Vota, dove un'automobilista proveniente da sud che non conosca bene la zona, ha difficoltà a capire da lontano quale sia la traiettoria della curva;
   dopo alcuni chilometri, più a nord, all'altezza del ponte sul torrente Tridattoli di Caposuvero, è ubicato un altro teatro di tamponamenti, anch'esso in prossimità di una curva in cui la strada nazionale si congiunge e dirama verso l'interno del territorio gizzeroto;
   a tutto ciò si aggiunge che la statale 18 dopo il crollo del ponte sul fiume Savuto, che collega la città di Catanzaro a quella di Cosenza, è rimasta l'unica arteria di passaggio scorrevole nella zona. Se dovesse esserci una nevicata sull'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, come spesso avviene nei mesi invernali, si potrà dire che l'Italia sarà divisa in due in quanto l'uscita sulla statale è bloccata;
   fino al 2006 l'alternativa alla statale 18 era costituita a monte della provinciale 163/1, cioè la strada del famigerato ponte, che fu chiuso al transito nel 2006 e crollò definitivamente nel 2008, da allora sono passati 8 anni e nonostante le manifestazioni dei cittadini della zona e dei pendolari i disagi continuano e nulla di concreto è avvenuto;
   il comune di Amantea ha indicato nel 2013, nel piano di protezione civile, che la statale 18 è di strategica importanza per i collegamenti con la città di Lamezia Terme, sede dell'aeroporto internazionale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per una tempestiva soluzione delle suddette criticità, e se intenda promuovere un tavolo di concertazione coinvolgendo anche le amministrazioni comunali interessate e le province di Catanzaro e di Cosenza. (4-06692)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il tratto della strada statale 18 «Tirrena inferiore» è formato prevalentemente da una strada a due corsie, prive di banchine laterali, con una larghezza complessiva della carreggiata pari a circa 6 metri che, in corrispondenza dei cosiddetti
ponticelli, si riduce ulteriormente.
  Sulle specifiche questioni poste dall'interrogante sono state chieste dettagliate informazioni alla società Anas che ha comunicato quanto segue.
  Per quanto attiene all'incrocio all'altezza del torrente Spilinga, che ricade nel centro abitato del comune di Gizzeria, l'area risulta regolarmente delimitata da adeguata segnaletica stradale, e pertanto, gli automobilisti sono tenuti al rispetto della velocità massima di 50 km/h.
  La località «Pesce e Anguille» è, invece, interessata da flussi turistici esclusivamente durante la stagione estiva, ma per l'accesso al mare viene utilizzata l'intersezione con la strada comunale, che si innesta sulla Statale 18 in prossimità di una curva dotata di buona visibilità.
  Il ponte sul torrente «Tridattoli» ha una sezione ridotta e pertanto durante la stagione estiva il notevole flusso di traffico è causa di rallentamenti alla circolazione stradale.
  Anas segnala, infine, che in caso di deviazione del traffico dall'autostrada Salerno-Reggio Calabria sulla citata statale 18 vengono utilizzati gli svincoli di Falerna e/o di Lamezia Terme; quest'ultimo è attualmente aperto al traffico pur essendo interessato da lavori di ammodernamento attualmente in via di ultimazione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni giornali online siciliani apprendiamo che Ferrovie dello Stato avrebbe deciso di cancellare di fatto i treni che collegano la Sicilia al continente a partire dal prossimo 13 giugno 2015;
   tale decisione sarebbe stata confermata dal management delle Ferrovie dello Stato durante il confronto con le organizzazioni sindacali che si è tenuto a Roma il 2 febbraio 2015, con la comunicazione che il Ministero dal 23 dicembre scorso avrebbe provveduto al taglio del finanziamento di 46 milioni di euro previsto per l'attraversamento dello Stretto;
   inizialmente i treni che collegavano la Sicilia con il resto del Paese erano 14 e con il tempo sono stati ridotti a 5 (tre diurni e due notturni), per arrivare all'ultimo taglio previsto da Ferrovie dello Stato che manterrebbe un solo treno notturno e uno solo traghetto dei due attualmente in servizio sullo Stretto;
   la continuità territoriale della Sicilia con il resto del Paese viene quindi negata e sacrificata per meri calcoli economici, scaricando i costi e i disagi sui cittadini siciliani che saranno costretti a sbarcare dal treno con tutti i bagagli, traghettare a piedi per risalire sul treno a Villa San Giovanni e ripetere il percorso inverso quando dalla Calabria si dovrà raggiungere la Sicilia;
   le organizzazioni sindacali inoltre stimano che con questa compressione del servizio si registrano 102 esuberi soltanto nel settore navigazione e la fine degli imbarchi periodici per circa 70 precari che ruotano nella flotta di Stato con contratto a tempo determinato. Con le ricadute sulla manovra, manutenzione e personale mobile di ferrovie, aggiunte al personale dell'indotto, la perdita dei posti di lavoro si attesterebbe intorno alle 700 unità;
   a parere dell'interrogante se ci fosse realmente un disinvestimento da parte dello Stato e delle Ferrovie sulla continuità territoriale sarebbe un fatto gravissimo –:
   se corrisponda al vero la notizia che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal 23 dicembre 2014 ha provveduto al taglio del finanziamento di 46 milioni di euro previsto per l'attraversamento dello stretto;
   se il Ministro non intenda intervenire immediatamente per garantire la continuità territoriale tra la Sicilia e il resto del Paese con un numero adeguato di treni e traghetti per l'attraversamento dello stretto, evitando ulteriori disagi e aumento dei costi ai passeggeri costretti ad attraversare lo stretto con mezzi alternativi;
   se il Ministro non intenda intervenire immediatamente per evitare la pesante ricaduta occupazionale che avrebbe sui lavoratori e le lavoratrici siciliani il piano di riduzione dei treni da e per la Sicilia, stimata dalle organizzazioni sindacali intorno alle 700 unità, indotto incluso. (4-07921)

  Risposta. — In merito ai collegamenti ferroviari da e per la Sicilia, sono state assunte informazioni presso Ferrovie dello Stato Italiane e si riferisce quanto segue.
  L'attuale offerta di servizi ferroviari di media-lunga percorrenza è costituita da cinque coppie di treni (Intercity/Intercity Notte) che collegano giornalmente l'isola con le principali località della direttrice tirrenica e Milano.
  Nello specifico, si tratta di:
   1 coppia di Intercity Roma-Palermo e viceversa, con sezioni da/per Siracusa;
   1 coppia di Intercity Roma-Siracusa e viceversa, con sezioni da/per Palermo;
   2 coppie di Intercity Notte Roma-Siracusa e viceversa, con rispettive sezioni da/per Palermo;
   1 coppia di Intercity Notte Milano-Siracusa e viceversa, con sezioni da/per Palermo.

  Tutti questi treni rientrano nel contratto di servizio 2009-2014 stipulato tra Trenitalia e lo Stato, scaduto il 31 dicembre 2014 e in attesa di essere prorogato da parte dello Stato per un anno, sino alla fine del 2015. Dopo tale data, non essendo possibili ulteriori proroghe, si renderà necessario procedere ad un nuovo affidamento.
  Si evidenzia che nessuna sospensione dei servizi IC in contratto di servizio media e lunga percorrenza è stata autorizzata da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Inoltre, si segnala che dal cambio orario ferroviario del 14 dicembre 2014 Rete ferroviaria italiana, tramite la società Blueferries, ha attivato un servizio di traghettamento veloce in sovrapposizione con i servizi di traghettamento dei convogli ferroviari/carrozze ferroviarie al fine di operare un miglioramento, ammodernamento ed efficientamento dei collegamenti passeggeri da e per la Sicilia.
  Come è noto, attualmente è allo studio l'ipotesi di una rottura di carico tra Villa S. Giovanni e Messina per i viaggiatori IC diretti sull'Isola tramite l'utilizzo, alle attuali condizioni e tariffe, dei nuovi e più moderni collegamenti veloci, che permetterebbero non solo di viaggiare con un maggior
comfort e sicurezza, ma anche di ridurre notevolmente i tempi di attraverso dello Stretto e, contemporaneamente, rendere più efficienti i collegamenti ferroviari. L'ipotesi di progetto dovrà prevedere anche interventi infrastrutturali (tapis roulant, scale mobili, eccetera) tali da agevolare al massimo i viaggiatori senza tuttavia impattare in alcun modo sugli attuali livelli occupazionali.
  Ovviamente, siffatta ipotesi dovrà essere prioritariamente condivisa con il governo locale.
  Infine, si informa che il 16 febbraio 2015 si è tenuto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un incontro alla presenza delle Autorità locali e della regione Siciliana, proprio per determinare la volontà di procedere per un netto miglioramento dei collegamenti, fermo restando che i servizi delle navi veloci (circa 9 coppie al giorno nei giorni feriali e 6 coppie in quelli festivi) sono da considerarsi aggiuntivi a quelli già effettuati con i traghetti tradizionali.
  In conclusione, come già espresso in più occasioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti assicura la massima sensibilità e attenzione su questo tema: sarebbe infatti inaccettabile il
vulnus alla continuità territoriale e al diritto a servizi efficienti, oltre che la mancata garanzia dei livelli occupazionali.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 18 marzo 2015)


   PILOZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il servizio universale dei treni notte a lunga percorrenza è stato oggetto negli ultimi anni di una profonda trasformazione da parte di Ferrovie dello Stato italiane che, a partire dall'anno 2011, ha ridotto notevolmente la frequenza dei treni che collegano le due estremità del nostro Paese;
   ciò ha comportato e comporta inevitabili disagi per i tanti cittadini, soprattutto quelli del Sud Italia, che hanno visto ridurre le possibilità di fruire di un mezzo di trasporto sicuro, efficiente e meno costoso del trasporto aereo o su gomma;
   tale contesto di sostanziale penalizzazione dei cittadini del Sud, è notizia dei giorni scorsi che Ferrovie dello Stato italiane si appresterebbe a ridurre ulteriormente il servizio universale dei treni «notte» e a eliminare il traghettamento ferroviario dei treni a lunga percorrenza tra la Calabria e la Sicilia (http://stampalibera.it);
   nel caso in cui tale notizia venisse confermata e attuata da Ferrovie dello Stato italiane i passeggeri dei treni diretti in Sicilia e provenienti dalla terra ferma, sarebbero costretti a scendere dal treno, prendere il traghetto per poi risalire sul treno una volta sbarcati in Sicilia, con inevitabili disagi personali e aumento dei tempi di percorrenza;
   la decisione delle società Ferrovie dello Stato italiane, se confermata, causerebbe la sostanziale interruzione della continuità territoriale per la Sicilia, che oggi è comunque garantita nonostante la riduzione del numero dei treni, l'aumento del trasporto merci su gomma, in contraddizione con tutti gli indirizzi di politica nazionale ed europea, e gravissimi disagi per i cittadini siciliani;
   inoltre, l'interruzione del servizio di traghettamento comporterebbe la perdita di numerosi posti di lavoro oggi necessari allo svolgimento del servizio;
   le negative conseguenze di questa possibile decisione di Trenitalia sono state denunciate anche da tutti i sindacati di categoria –:
   se corrisponda al vero che le Ferrovie dello Stato sono in procinto di eliminare, o anche solo ridurre, il traghettamento ferroviario dei treni a lunga percorrenza tra la Calabria e la Sicilia e, in caso affermativo, se non ritenga opportuno e necessario intervenire affinché l'attuale servizio venga mantenuto al fine di garantire la continuità territoriale tra la Sicilia e il resto del Paese. (4-07767)

  Risposta. — In merito ai collegamenti ferroviari da e per la Sicilia, sono state assunte informazioni presso Ferrovie dello Stato Italiane e si riferisce quanto segue.
  L'attuale offerta di servizi ferroviari di media-lunga percorrenza è costituita da cinque coppie di treni (Intercity/Intercity Notte) che collegano giornalmente l'isola con le principali località della direttrice tirrenica e Milano.
  Nello specifico, si tratta di:
   1 coppia di Intercity Roma-Palermo e viceversa, con sezioni da/per Siracusa;
   1 coppia di Intercity Roma-Siracusa e viceversa, con sezioni da/per Palermo;
   2 coppie di Intercity Notte Roma-Siracusa e viceversa, con rispettive sezioni da/per Palermo;
   1 coppia di Intercity Notte Milano-Siracusa e viceversa, con sezioni da/per Palermo.

  Tutti questi treni rientrano nel contratto di servizio 2009-2014 stipulato tra Trenitalia e lo Stato, scaduto il 31 dicembre 2014 e in attesa di essere prorogato da parte dello Stato per un anno, sino alla fine del 2015. Dopo tale data, non essendo possibili ulteriori proroghe, si renderà necessario procedere ad un nuovo affidamento.
  Si ritiene opportuno evidenziare che nessuna sospensione dei servizi IC in contratto di servizio media e lunga percorrenza è stata autorizzata da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Inoltre, si segnala che dal cambio orario ferroviario del 14 dicembre 2014 Rete ferroviaria italiana, tramite la società Blueferries, ha attivato un servizio di traghettamento veloce in sovrapposizione con i servizi di traghettamento dei convogli ferroviari/carrozze ferroviarie al fine di operare un miglioramento, ammodernamento ed efficientamento dei collegamenti passeggeri da e per la Sicilia.
  Come è noto, attualmente è allo studio l'ipotesi di una rottura di carico tra Villa S. Giovanni e Messina per i viaggiatori IC diretti sull'Isola tramite l'utilizzo, alle attuali condizioni e tariffe, dei nuovi e più moderni collegamenti veloci, che permetterebbero non solo di viaggiare con un maggior
comfort e sicurezza, ma anche di ridurre notevolmente i tempi di attraverso dello Stretto e, contemporaneamente, rendere più efficienti i collegamenti ferroviari. L'ipotesi di progetto dovrà prevedere anche interventi infrastrutturali (tapis roulant, scale mobili, eccetera) tali da agevolare al massimo i viaggiatori senza tuttavia impattare in alcun modo sugli attuali livelli occupazionali.
  Ovviamente, siffatta ipotesi dovrà essere prioritariamente condivisa con il governo locale.
  Infine, si informa che il 16 febbraio 2015 si è tenuto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un incontro alla presenza delle autorità locali e della regione siciliana, proprio per determinare la volontà di procedere per un netto miglioramento dei collegamenti, fermo restando che i servizi delle navi veloci (circa 9 coppie al giorno nei giorni feriali e 6 coppie in quelli festivi) sono da considerarsi aggiuntivi a quelli già effettuati con i traghetti tradizionali.
  In conclusione, come già espresso in più occasioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti assicura la massima sensibilità e attenzione su questo tema: sarebbe infatti inaccettabile il
vulnus alla continuità territoriale e al diritto a servizi efficienti, oltre che la mancata garanzia dei livelli occupazionali.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Costa Crociere è da sempre una delle realtà economicamente più importanti per Genova e la Liguria;
   la società ha puntato da anni su stile ed eleganza italiani per proporre le sue crociere nel mondo, come si evince anche dalla sua ultima campagna pubblicitaria;
   anche la sua controllata tedesca «AIDA cruise» ha navi battenti bandiera italiana;
   la prevista cessione di quattro dipartimenti ad una nuova società dello stesso gruppo Carnival prevede come nuova sede unica per i dipartimenti tecnici la Germania, con un ovvio ridimensionamento della sede genovese, e con centosessanta lavoratori a rischio trasferimento o licenziamento;
   i fornitori italiani che lavorano per questi quattro dipartimenti sono quasi settecento, in massima parte liguri, esterni a Costa, per una spesa annua di oltre cento milioni di euro annui, e con lo spostamento in Germania vedrebbero a forte rischio il mantenimento degli appalti, con ulteriori ricadute negative in termini occupazionali in una regione che già incontra grandi difficoltà nello sforzo di superare l'attuale congiuntura economica –:
   in che modo intenda intervenire per garantire il mantenimento in Italia di questi importanti settori operativi.
(4-07830)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, relativa all'intendimento della società Costa Crociere di trasferire quattro dipartimenti e circa 160 dipendenti da Genova ad Amburgo, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Questo Ministero sta seguendo molto da vicino la vicenda, infatti il 13 febbraio 2015 è stato convocato l'amministratore delegato Michael Thamm e i rappresentanti degli enti locali liguri per un approfondito confronto sulle ragioni di tale scelta.
  Al riguardo occorre premettere che, come rappresentato dallo stesso Thamm, la società è attiva a livello globale, con 19.000 dipendenti e uffici in 14 paesi, e che questa razionalizzazione di gruppo, che non eccede il 4 per cento della forza lavoro italiana di Costa, non avrà ulteriori futuri impatti, rimanendo centrale la Direzione commerciale e strategica della società in Italia presso il quartier generale di Genova.
  L'Italia rappresenta il terzo mercato del gruppo Carnival (proprietaria di Costa Crociere) nel mondo. Quanto a forza lavoro di nazionalità italiana, la società dichiara di impiegare 2.733 marittimi e 1.103 dipendenti di terra.
  Dai dati forniti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la spesa diretta di Costa Crociere a Genova è di poco inferiore ai 500 milioni di euro/anno, e questo non verrà influenzato dalla programmazione operativa.
  Costa Crociere conferma che non vi è alcuna intenzione di spostare il
business fuori dall'Italia, considerata un mercato con un grosso potenziale. Il nuovo piano industriale che sarà presentato vede la centralità operativa dell’hub genovese con investimenti e obiettivi ulteriori nel nostro paese.
  Costa Crociere, dunque, assicura di non voler dismettere piuttosto di voler rilanciare la propria presenza sul territorio nazionale, mantenendo così la stabile organizzazione.
  Questo Ministero continuerà a seguire con la massima attenzione la vicenda e i futuri orientamenti dell'azienda Costa Crociere.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)


   SCOTTO e GIANCARLO GIORDANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la «G.O.R.I. s.p.a.» è l'azienda che gestisce il servizio idrico integrato nell'ambito territoriale ottimale numero 3 della Campania;
   l'ATO 3 campano comprende 76 comuni appartenenti alle province di Napoli e Salerno;
   in questi giorni la «G.O.R.I. s.p.a.» sta inviando cartelle, soprattutto nei comuni dell'area vesuviana, della penisola sorrentina, del nolano e dell'agro sarnese, per il «recupero partite pregresse ante 2012», in particolare per gli anni 2003-2011;
   gran parte di questi crediti vantati dalla «G.O.R.I, s.p.a.», però, risulta prescritto, essendo i crediti relativi a canoni idrici soggetti al termine di prescrizione quinquennale: i crediti precedenti l'ottobre del 2009, dunque, sono già da considerarsi prescritti;
   inoltre, il calcolo dell'importo fatturato per le partite pregresse al 2012 è stato richiesto con modalità di dubbia legittimità alla platea degli utenti del 2012, senza considerare che gli eventuali conguagli avrebbero dovuto essere richiesti alla platea degli utenti corrispondente alle singole annualità per le quali si vanta il conguaglio, sulla base dei consumi effettivi relativi alle varie annualità;
   non si parla di richieste di pagamenti per bollette emesse, notificate e mai pagate, bensì sembra invece essere il caso di una fatturazione del disavanzo di gestione maturato dall'azienda nel costo degli anni, e fatto ricadere sull'utenza;
   già diverse centinaia di cittadini hanno presentato reclamo per contestare questi addebiti. Anche molti sindaci si sono espressi esplicitamente contro queste scelte della «G.O.R.I. s.p.a.»;
   la regione Campania, guidata dal presidente Caldoro, aveva già provato, pochi mesi fa, con una delibera di giunta, ad «adeguare» le tariffe dell'acqua all'ingrosso dei sistemi regionali ai suoi costi di gestione, ma tale provvedimento non aveva superato il vaglio della giustizia amministrativa;
   la «G.O.R.I. s.p.a.», inoltre, nelle scorse settimane aveva effettuato una serie di «distacchi selvaggi» nei confronti degli utenti morosi, senza alcun rispetto delle procedure e senza previa diminuzione della quantità di acqua erogata, compromettendo il diritto di ognuno ad un bene comune come l'acqua;
   non si può non ricordare come l'ATO 3 Campania sia stato commissariato, esautorando, quindi i sindaci dell'area;
   il commissario proviene dalla stessa forza politica del nuovo presidente della «G.O.R.I. s.p.a.», Amedeo Laboccetta;
   la Campania è praticamente l'unica regione a non aver varato una legge organica di riforma della gestione del sistema idrico;
   va rilevato che, secondo l'articolo 3-bis del decreto-legge n. 138 del 2011, spetta alle regioni organizzare lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio istituendo o designando gli enti di governo degli stessi; lo stesso articolo prevede che, decorsi inutilmente i termini prescritti, il Governo può esercitare i poteri sostitutivi di cui all'articolo 8 della legge n. 131 del 2003; l'articolo 13 del decreto-legge n. 150 del 2013 stabilisce, inoltre, che la mancata istituzione o designazione dell'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale ovvero la mancata deliberazione dell'affidamento entro il termine del 30 giugno 2014, comportano l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del prefetto, le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente, che provvede agli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento;
   il servizio idrico integrato è il servizio pubblico di fornitura di acqua potabile, fognatura e depurazione;
   vi è un ruolo pubblico non delegabile nel campo dei servizi, non a caso definiti «pubblici», che attiene al governo ed al controllo dei processi e dei sistemi;
   esso è un ruolo politico, ruolo di indirizzo, regolazione e programmazione;
   in assenza di tale ruolo, a giudizio degli interroganti, si sostituiranno, semplicemente, monopoli privati a monopoli pubblici non garantendo efficienza né riducendo a vantaggio dei cittadini le tendenziali rendite di posizione associate alla gestione di monopoli naturali;
   nel settore idrico, inoltre, la componente relativa a lavori infrastrutturali è massima;
   privatizzare significa, in concreto, aumentare il rischio di consegnare a determinati operatori (e per molti anni) la gestione di lavori essenziali, senza neanche quel minimo di controllo che è oggi possibile;
   non è tollerabile l'idea di affidare la gestione del sistema idrico regionale ai privati;
   i fatti sono narrati, tra gli altri, nell'articolo pubblicato dall'edizione online del quotidiano Il Mattino il 21 ottobre 2014 dal titolo «Bollette pazze nell'Agro dalla Gori, Gambino: ora indaga la Finanza», nell'articolo pubblicato dall'edizione online del quotidiano Corriere del Mezzogiorno il 17 ottobre 2014 dal titolo «Bollette idriche, salasso della Gori - Sindaci e consumatori in “rivolta”», e nell'articolo pubblicato dal quotidiano online Stabia Channel l'11 settembre 2014 dal titolo «Castellammare - Gori, distacchi selvaggi a “presunti morosi”» –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e se non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per esercitare i poteri sostitutivi di cui in premessa. (4-06631)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato di cui in esame si rappresenta quanto segue.
  Con legge regionale n. 14 del 21 maggio 1997, la regione Campania ha organizzato il servizio idrico integrato, delimitando il territorio regionale in quattro ambiti territoriali ottimali, e ha stabilito le modalità di costituzione delle autorità di ambito, quali loro organi di Governo.
  Successivamente, l'articolo 2, comma 186-
bis, della legge 23 dicembre 2009 n. 191, introdotto dall'articolo 1, comma 1-quinquies del decreto-legge n. 2 del 25 gennaio 2010, così come modificato dalla legge di conversione n. 42 del 26 marzo 2010, ha previsto la soppressione delle autorità di ambito.
  Nell'attesa dell'emanazione di apposita legge per la riassegnazione delle competenze a nuovi soggetti, le funzioni originariamente assegnate alle predette autorità di ambito sono state affidate a commissari straordinari, individuati nelle persone dei precedenti presidenti delle disciolte autorità di ambito, i quali sono stati incaricati di avviare le procedure di liquidazione e assicurare lo svolgimento delle attività necessarie a garantire l'ordinaria amministrazione.
  Con propria legge del 6 maggio 2013 n. 5, la regione Campania ha disposto che detti commissari esercitassero le funzioni di cui all'articolo 148 del decreto-legge n. 152 del 2006 fino al definitivo conferimento delle stesse e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi dall'approvazione della normativa regionale di riassetto dei Servizi idrici integrati.
  In effetti, in applicazione della citata normativa nazionale che ha soppresso esclusivamente il soggetto giuridico ente d'ambito e non il sistema delle competenze allo stesso affidate, la Regione con delibera di giunta del 27 dicembre 2012 n. 813, al fine di garantire le funzioni già esercitate dagli enti d'ambito le ha assunte direttamente, mediante la nomina di commissari straordinari, in attesa di una nuova assegnazione con apposita norma regionale.
  Come evidenziato dalla regione, tale operato ha trovato conforto nella più recente giurisprudenza, che ha riconosciuto la possibilità per gli enti regionali di attribuire provvisoriamente le funzioni già nella titolarità dei soppressi enti d'ambito ai commissari straordinari incaricati della liquidazione dei medesimi enti (confronta TAR Veneto, Sezione I, 21 gennaio 2014, sentenza n. 79).
  Da ultimo, il quadro normativo di riferimento è stato completato con l'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, il quale – al comma 1-
bis – ha disposto che le regioni che non hanno individuato gli enti di governo dell'ambito provvedano, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine trova applicazione l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131 (attuazione poteri sostitutivi).
  Nel caso dell'ambito territoriale ottimale 3 Sarnese Vesuviano, secondo il disposto dell'articolo 13, comma 1, della legge n. 150 del 2013 («in deroga a quanto previsto dall'articolo 34, comma 21, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, il servizio è espletato dal gestore o dai gestori già operanti fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014») la gestione è già stata affidata ad un gestore, per cui – come sostenuto dalla Regione Campania – non possono essere richiamati i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 13 del decreto-legge n. 150 del 2013, in quanto la deliberazione della gestione è stata fatta entro il termine del 30 giugno 2014 (la convenzione di gestione è stata firmata tra Gori e ente di ambito nel 2002).
  Per quanto attiene, invece, alle problematiche tariffarie, il commissario straordinario dell'ente d'ambito Sarnese Vesuviano ha precisato che l'Assemblea dei Sindaci dei Comuni dell'ATO 3 Campania, con delibera del 10 luglio 2009, n. 9, ha accertato il ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 8 del decreto ministeriale 1o agosto 1996 ed ha avviato il procedimento per la revisione straordinaria del piano d'ambito.
  Si evidenzia che, il citato articolo 8 prevede che, al fine di assicurare il mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione del servizio, gli enti d'ambito sono tenuti a riconoscere al gestore le necessarie azioni correttive, ove si registri la mancata rispondenza tra i ricavi derivanti dall'applicazione della tariffa agli utenti e quelli pianificati in sede di «Piano d'Ambito».
  Nelle more dell'Attività di revisione del piano d'ambito, con decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con legge n. 214 del 2011, sono state trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas (Aeeg), tra l'altro, le funzioni attinenti alla regolazione ed al controllo dei servizi idrici e alla predisposizione del metodo tariffario per il servizio idrico integrato. Conseguentemente, l'Aeeg ha emanato una serie di documenti propedeutici a definire la nuova metodologia tariffaria.
  L'ente d'ambito Sarnese Vesuviano, in regime di piena operatività, ha proceduto al calcolo degli importi delle azioni correttive per assicurare l'equilibrio economico/finanziario della gestione del servizio idrico integrato dell'Ato 3, dando applicazione alle regole di cui al decreto ministeriale 1o agosto 1996.
  Con delibera n. 5 del 27 ottobre 2012, l'Assemblea dei Sindaci dei Comuni dell'Ato 3 ha condiviso pienamente i criteri posti a base del calcolo dell'importo delle azioni correttive ed ha approvato a larga maggioranza la relativa quantificazione. In seguito, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (Aeeg), con delibera n. 643 del 2013, ha approvato il metodo tariffario idrico, che prevede il riconoscimento degli eventuali conguagli tariffari fino al 31 dicembre 2011, determinati applicando il cosiddetto metodo normalizzato, purché approvati dall'organo competente entro il 30 giugno 2014. Tale deliberazione ha definito i criteri e le modalità di trattamento dei conguagli tariffari (denominati «partite pregresse»), disciplinando le modalità di fatturazione agli utenti nonché i criteri per l'eventuale rateizzazione.
  In ragione di ciò, il commissario straordinario dell'Ato 3, non avendo potuto considerare i conguagli tariffari nell'ambito delle tariffe 2012-2013, in quanto approvati con la citata deliberazione del 27 ottobre 2012, e cioè successivamente alla data del 30 aprile 2012, con provvedimento n. 43 del 30 giugno 2014, ha determinato, nel rispetto della normativa di settore, l'entità delle partite tariffarie.
  Relativamente al contrasto con il principio di irretroattività degli atti amministrativi, asserito dagli interroganti, il medesimo commissario straordinario ha altresì evidenziato che tale richiamo è assolutamente inconferente, tenuto conto che, come espressamente previsto prima dal decreto ministeriale 1o agosto 1996 e poi dai metodi tariffari approvati dall'Aeeg, le «partite pregresse» costituiscono una componente per la determinazione delle tariffe future. Il fatto, poi, che le stesse vadano contabilizzate agli utenti in maniera separata è il frutto di una scelta discrezionale dell'Aeeg, a tutela della trasparenza.
  Secondo quanto ulteriormente rappresentato, le verifiche ispettive condotte dall'Aeeg non hanno portato ancora ad alcuna azione nei confronti dell'ente d'ambito, posto che il procedimento sanzionatorio, ancora in fase istruttoria, è rivolto unicamente nei confronti della Gori spa, la quale, peraltro, avrebbe tempestivamente chiarito, in maniera diffusa e documentata, la legittimità del proprio operato, chiedendo l'archiviazione degli atti.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieMaria Carmela Lanzetta.
(Risposta del Governo del 2 gennaio 2015)


   SPESSOTTO e TOFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni che le procure di Arezzo e di Forlì hanno avviato una inchiesta congiunta sulla superstrada E45 Perugia-Cesena per i lavori di manutenzione, miglioramento e messa in sicurezza eseguiti fra il 2010 e il 2014 nel tracciato sui versanti toscano e romagnolo della E45;
   come si apprende da fonti giornalistiche, sono state iscritte nel registro degli indagati, per inadempimento di contratti di pubbliche forniture e per aver posto in pericolo la sicurezza dei trasporti, ventidue persone, fra titolari delle aziende, dirigenti e direttori dei lavori;
   in particolare, l'ipotesi di reato avanzata dalle procure è quella di non avere adempiuto «agli obblighi indicati nei contratti di fornitura stipulati con l'Anas», dal momento che, secondo le procure «il materiale cementato e stabilizzato non era conforme alle condizioni dettate dai contratti di fornitura»;
   la doppia indagine, che nasce da una denuncia della Associazione dei familiari delle vittime della E45 per individuare le responsabilità inerenti una serie di gravi inadempienze quali le pessime condizioni dell'asfalto e le buche gigantesche della E45, riguarderebbe 23 contratti per un importo complessivo pari a 15.536.955 euro;
   per quanto riguarda il territorio romagnolo, l'indagine ha preso in esame, nella sola provincia di Forlì-Cesena, sempre con riferimento al quinquennio 2010-2014 anche 153 segnalazioni per danneggiamenti a veicoli in transito, censiti dalle forze dell'ordine, e 19 casi di incidenti stradali provocati dalle stesse buche;
   è stata altresì disposta, nell'ambito delle indagini in corso, una consulenza tecnica che dovrà accertare, fra l'altro, se «il materiale cementato e stabilizzato fosse o meno conforme alle condizioni dettate dai contratti di fornitura» stipulati dalle aziende con l'Anas;
   delle condizioni della superstrada si è occupata anche l'Asaps, la Associazione dei sostenitori e amici della Polizia stradale, che l'ha definita «un percorso di guerra» e l'ha descritta in questi termini: «Quella strada è così: semplicemente malmessa, con voragini sui viadotti, tunnel anneriti, aree di sosta impraticabili: ogni giorno molti veicoli riportano danni strutturali. (...) L'E45, ormai famigerata (tanto che molte guide turistiche straniere la sconsigliano apertamente), è piena di trappole mortali» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, in particolare con riferimento all'ipotesi al vaglio degli inquirenti che il materiale cementato e stabilizzato, utilizzato per la E45, non sia conforme alle condizioni dettate dai contratti di fornitura, e quali provvedimenti, per quanto di competenza, il Ministro ritenga di poter mettere in atto, anche per mezzo della società ANAS spa, al fine di garantire i necessari standard manutentivi e di sicurezza lungo l'intero tracciato della E45, in considerazione delle preoccupanti condizioni di deterioramento del manto stradale e della pessima qualità del cemento utilizzato nella sua costruzione, elementi che emergerebbero anche dall'inchiesta attualmente in corso.
(4-07249)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, sono state chieste dettagliate informazioni alla società Anas che ha riferito quanto segue.
  Nel corso dei lavori di ammodernamento del tratto toscano della strada di grande comunicazione E/45 «Orte Ravenna», compreso tra i km. 133+685 e 148+981, la società Anas ha provveduto a rescindere, per gravi inadempienze contrattuali, il contratto di appalto con la ditta esecutrice.
  La medesima Anas ha, inoltre, presentato, in data 19 gennaio 2013, denuncia presso la procura di Arezzo, nei confronti dell'impresa esecutrice per frode in pubblica fornitura, attentato alla sicurezza dei trasporti e falso.
  La suddetta procura ha, quindi, disposto le opportune verifiche per accertare le violazioni denunciate.
  Per quanto attiene, invece, al tracciato emiliano-romagnolo della strada statale 3-
bis «Tiberina», si segnala che sono in corso indagini, da parte della procura di Forlì, sugli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria realizzati lungo la citata strada, nel tratto compreso tra il km. 162+698 e il km. 250+565, tra le province di Forlì e Ravenna.
  In particolare, la procura ha dato incarico al Consulente tecnico d'ufficio di svolgere accertamenti in merito alle presunte difformità nell'esecuzione degli strati di fondazione in materiale cementato e stabilizzato.
  La medesima Anas ha messo a disposizione delle autorità competenti tutta la documentazione tecnica e amministrativa riguardante i lavori eseguiti nel periodo oggetto della denuncia, unitamente ai verbali delle verifiche, autonomamente svolte, sui materiali utilizzati confermando, nel contempo, la piena disponibilità a fornire ogni elemento utile per il buon fine delle indagini.
  Si comunica, infine, che i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'esercizio delle proprie funzioni di vigilanza hanno provveduto a richiedere all'Anas tutti gli approfondimenti del caso.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.
(Risposta del Governo del 19 marzo 2015)