Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 9 aprile 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la complessa vicenda relativa alla revisione del regime IMU sui terreni agricoli montani evidenzia l'ulteriore confusione che coinvolge la disciplina relativa alla fiscalità locale, anche e soprattutto per le evidenti responsabilità del Governo e dell'amministrazione tributaria, che hanno gestito ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo con evidente superficialità il contesto normativo legato al pagamento dell'imposta sui terreni agricoli, ricadenti in particolari aree, soprattutto con riferimento ai criteri di individuazione altimetrici dei comuni esenti;
    l'ingorgo burocratico-amministrativo connesso alla classificazione dei parametri predisposta dall'ISTAT, inizialmente suddivisa in tre fasce sulla base dell’«altitudine al centro», ovvero nel punto in cui si trova il municipio, la retroattività della norma che imponeva il pagamento del tributo per l'anno 2014, i provvedimenti cautelari adottati dalla magistratura amministrativa, rappresentano soltanto alcuni dei numerosi elementi critici e distorsivi che hanno caratterizzato, nel corso dei mesi precedenti, il pagamento di tale tributo, che permane secondo i firmatari del presente atto di indirizzo iniquo e costituzionalmente illegittimo;
    anche la nuova revisione dei meccanismi di calcolo delle esenzioni, (contenuta all'interno del decreto-legge n. 4 del 2015) che persiste in forma complicata in larga parte irrazionale, induce ad un profondo ripensamento della classificazione ISTAT sui criteri di montanità risalenti peraltro al 1952 e non più aggiornati;
    l'irrazionalità con cui sono stati fissati i termini relativi alla scadenza del pagamento, (rinviati peraltro tre volte) e molto ravvicinati, che non hanno consentito tempi adeguati e congrui per i soggetti interessati, al fine di verificare quale sia il regime applicabile, (mutato tra l'altro diverse volte nel corso dei mesi scorsi), il calcolo dell'imposta e l'adempimento finale del pagamento (considerando peraltro che i comuni non hanno avuto alcun obbligo di invio ai contribuenti dei bollettini precompilati) delineano, un quadro generale sconfortante e intricato del sistema tributario italiano, che si dimostra essere palesemente in antitesi con qualsiasi ipotesi di collaborazione e buona fede tra l'amministrazione fiscale e il cittadino-contribuente;
    il suesposto decreto-legge, approvato in via definitiva il 19 marzo 2015, resosi necessario alla luce delle precedenti e ripetute difficoltà applicative (relative al discusso criterio dell'altitudine «al centro»), nonché a seguito delle pesanti censure del Tar Lazio, che ha invitato il Governo a rivedere l'impianto dei criteri (a cui si è unita la confusione generata dall'accavallarsi di regole e ricorsi), non solo continua a destare dubbi e incertezze interpretative, ma introduce ex novo l'imposta anche per i terreni «parzialmente montani», contraddicendo nella forma e nella sostanza, quanto invece previsto dal decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;
    se, all'interno del decreto interministeriale 28 novembre 2014, di attuazione dell'articolo 22 del decreto legge n. 66 del 2014, erano emersi notevoli dubbi sui criteri di attribuzione dell'imposta (in quanto la classificazione in base all'altimetria, delle sede comunale rappresentava un'impostazione irrazionale e aleatoria), i successivi interventi normativi rilevano anch'essi evidenti profili discriminatori, che generano distinzioni eccessive, non soltanto tra i comuni limitrofi, ma anche tra appezzamenti di terreno contigui e su comuni differenti;
    i nuovi parametri stabiliti dall'ISTAT, infatti, che definiscono un comune «totalmente montano» (esente dal pagamento dell'IMU), «parzialmente montano» (che esonera soltanto i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli, i proprietari o affittuari del terreno) e «non montano» (che prevede il pagamento per tutti i proprietari senza eccezioni), determinano una discrepanza nei criteri altimetrici, generando inspiegabili asimmetrie impositive in particolare in regioni collinari in cui si registrano comunità locali considerate non montane e altre più pianeggianti, valutate invece parzialmente montane;
    alle suesposte e articolate criticità, come la decisione di intervenire attraverso il pagamento di un tributo che graverà in maniera pesante sull'assetto economico del comparto agricolo nazionale (anche a seguito delle disfunzioni applicative nella corresponsione dell'imposta medesima), si affiancano ulteriori aspetti problematici connessi alla scarsa valutazione dei delicati profili di equità fiscale, che avrebbero dovuto essere affrontati in un'ottica di adeguamento dell'imposta alla capacità contributiva del comparto agricolo;
    le modifiche normative apportate dal recente provvedimento d'urgenza, a decorrere dal 2014 (peraltro in forma retroattiva violando per l'ennesima volta il principio sancito nello statuto del contribuente), sebbene risultino meno penalizzanti per i territori montani, evidenziano numerosi problemi legati alla disparità di trattamento, difficilmente giustificabili, tra territori contigui e affini per caratteristiche morfologiche ed economiche;
    gli attuali criteri di esenzione confermano, in generale, numerosi elementi di irragionevolezza ed iniquità dell'imposizione tributaria, (già contenuti all'interno del decreto interministeriale 28 novembre 2014) connessi alla mancata considerazione di aspetti legati alla redditività delle colture tipiche, al rischio idrogeologico, alla dimensione delle aziende agricole e ad altri aspetti tipici delle diverse realtà rurali territoriali;
    con riferimento alla riduzione del taglio operato sul fondo di solidarietà comunale, a fronte del maggior gettito stimato per i comuni derivante dalle nuove imponibilità dei terreni agricoli, pari a circa 230 milioni di euro per il 2014 e a quasi 269 milioni di euro per il 2015, occorrono iniziative nei confronti dei sindaci, affinché le aliquote applicate per la revisione del regime fiscale legato all'IMU sui terreni agricoli, possano essere riconsiderate, evitando un impatto sui bilanci delle imprese agricole, vessate da tale imposta;
    ulteriori rilievi altamente critici e profili discriminatori, nei confronti del settore agricolo, si rinvengono nelle disposizioni concernenti copertura finanziaria previste dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2015;
    l'abrogazione della deduzione ai fini IRAP per i lavoratori nel medesimo comparto, determinerà effetti penalizzanti anche in termini di rilancio del mercato del lavoro agricolo;
    occorre evidenziare, inoltre, che la decisione di armonizzare la geografia delle aree esentate, (che ha aggiornato la mappa dei territori agricoli, risalente alla circolare n. 9 del 14 giugno 1993, del Ministero delle finanze), all'interno del decreto-legge 22 aprile n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, è stata ispirata dall'esigenza di rimediare al difetto originario della «riforma» dell'IMU che è partita dalla coda, ovvero dalla necessità di reperire il gettito complessivo pari a circa 359 milioni di euro, già iscritti all'interno del medesimo decreto, essendo già stati utilizzati nel 2014;
    l'esigenza di procedere ad una ridefinizione coerente ed organica di esenzione dall'IMU per i terreni agricoli (nell'ottica di un superamento di una serie di criticità, la cui metamorfosi normativa nel corso degli ultimi mesi, ha generato notevoli complicazioni ed incertezze), appare pertanto urgente e necessaria, al fine di una risoluzione complessiva in grado di prevedere l'esonero definitivo del pagamento del tributo medesimo, per tutte le fasce di terreni classificati dall'ISTAT;
    i forti limiti degli interventi adottati dal legislatore e dalle decisioni politiche del Governo, sia nel merito che nel metodo utilizzato (per la revisione devi criteri di esenzione), richiedono a tal fine, un'inversione di tendenza delle scelte da adottare, anche attraverso un ampio coinvolgimento delle associazioni agricole e degli enti locali, in un'ottica di condivisione comune, affinché si possa comprendere in maniera risolutiva come il comparto agricolo non sia considerato dal Governo come un settore su cui evidentemente s'intende «fare cassa»,

impegna il Governo:

   a prevedere in tempi rapidi iniziative volte all'esenzione definitiva dell'imposta municipale propria (IMU), prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, relativa all'anno 2015, per i soggetti individuati sulla base delle disposizioni previste dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro dell'interno, del 28 novembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre 2014, nonché dei successivi interventi normativi introdotti;
   ad assumere iniziative per prevedere la restituzione nei confronti dei proprietari terrieri che hanno già effettuato il pagamento dell'IMU dei terreni parzialmente montani e non montani, il 10 febbraio 2015 e nei periodi precedenti, attraverso il rimborso fiscale in sede di dichiarazione dei redditi per il prossimo anno con la procedura della compensazione fiscale;
   ad assumere iniziative per introdurre interventi compensativi volti ad attribuire ai comuni interessati, il minor gettito complessivo derivante dall'entrata tributaria pari a 219,8 milioni di euro per l'anno 2015 e in 91 milioni di euro annui a decorrere dal 2016, attraverso l'immediata introduzione di misure per la revisione della spesa pubblica (cosiddetta spending review) contenute nel piano predisposto dall'ex commissario straordinario Carlo Cottarelli per le quali il Governo ha costantemente rinviato l'attuazione, abrogando di conseguenza l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014;
   a prevedere, infine, in caso contrario, adeguate misure di compensazione di natura finanziaria o fiscale, a vantaggio delle imprese agricole, interessate dal pagamento dell'IMU sui terreni considerati dall'ISTAT parzialmente montani e non montani posto che gli effetti tributari di un'iniqua penalizzazione del settore agricolo ad avviso dei firmatari del presente atto di utilizzo sono stati soltanto volti ad ottenere un immediato risultato finanziario da parte del Governo Renzi.
(1-00784) «Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo, Sandra Savino, Laffranco, Francesco Saverio Romano, Alberto Giorgetti, Palmizio, Occhiuto, Ciracì, Distaso, Marti, Palese, Fucci, Prestigiacomo, Castiello, Carfagna, Latronico, Gelmini, Polidori, Brunetta».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo le informazioni che giungono dai media locali e internazionali, nonché dalle organizzazioni umanitarie, come l'Unicef, la situazione già disumana del campo profughi di Yarmouk, a circa otto chilometri a sud di Damasco, in Siria, sta assumendo un carattere di emergenza umanitaria;
    il campo profughi su citato, abitato da circa 18 mila palestinesi, è stato occupato dal primo aprile dallo Stato islamico (Is), che attualmente presidia gli accessi al medesimo campo;
    all'interno del campo di Yarmouk si trovano circa 3.500 bambini, ostaggi del terrorismo, senza acqua, cibo e medicinali, costantemente a rischio di morte, abusi e violenze;
    l'8 aprile 2015, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, ha previsto di mettere in campo un intervento urgente in favore dell'Unicef e dell'Unrwa (Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi), pari a 1,5 milioni di euro, contribuendo così all'attività di Unicef di protezione umanitaria e assistenza psicologica ai bambini palestinesi che sono tuttora nel campo, oltre che alle famiglie che sono riuscite a evadere dalla spaventosa trappola di guerra, fame e deprivazioni;
    il Ministro Gentiloni ha altresì evidenziato la necessità di intervenire rapidamente e fare il possibile per creare corridoi umanitari con l'obiettivo di limitare i danni di una situazione già drammatica;
    è necessario agire prontamente non solo con gli aiuti economici, ma con azioni finalizzate ad allontanare i bambini del campo profughi di Yarmouk dalle zone di guerra e da condizioni precarie al limite della sopravvivenza, favorendo programmi solidaristici di accoglienza e affidamenti temporanei;
    i citati programmi solidaristici, possono essere realizzati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, congiuntamente al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale tramite l'accoglienza temporanea in Italia di minorenni non aventi cittadinanza italiana o di altri stati dell'Unione europea, attraverso l'attività di promozione operata da enti, associazioni o famiglie, seguiti da uno o più adulti con funzioni di sostegno, guida e accompagnamento;
    la realizzazione di tali programmi potrà avvenire sulla base della normativa prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 9 dicembre 1999, che ha definito i compiti del «Comitato Minori Stranieri» affinché venga garantita la tutela dei minorenni accolti in Italia nell'ambito di programmi solidaristici in linea con quanto dichiarato dalla Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 1989;
    la permanenza in Italia di breve durata potrà avvalersi dell'esperienza positiva, realizzata dal 1993; tramite l'accoglienza dei bambini vittime delle conseguenze della nube tossica di Chernobyl e residenti nelle zone contaminate della Bielorussia,

impegna il Governo:

  a mettere in atto a livello internazionale, nel più breve tempo possibile, tutte le azioni necessarie per arginare questa tragedia che coinvolge tanti bambini e adolescenti, prendendo immediati contatti con enti e associazioni che già operano sul territorio;
    ad attivare corridoi umanitari e programmi di accoglienza destinati ai bambini di Yarmouk e alle centinaia di minori che sono profughi in Libano, ostaggi del terrorismo;
    a promuovere permanenze temporanee in Italia dei bambini profughi da Yarmouk, assumendo come riferimento le modalità degli affidamenti temporanei, già sperimentati con successo in occasione dell'accoglienza dei bambini di Chernobyl da parte delle famiglie italiane.
(1-00785) «Iori, Sberna, Daniele Farina, Locatelli, Tidei, Antezza, Carra, Cimbro, Fossati, Gadda, Gasparini, Giacobbe, Gribaudo, Iacono, Incerti, Laforgia, Maestri, Malisani, Martelli, Romanini, Villecco Calipari, Zampa».


   La Camera,
   premesso che:
    l'autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre è ricompresa nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui alla delibera Cipe del 21 dicembre 2001, n. 121, in conformità a quanto previsto dalla «legge obiettivo» (legge n. 443 del 2001), ed è inserita nel piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL), approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo del 2001;
    il corridoio autostradale Civitavecchia-Orte-Mestre è considerato un intervento complementare allo sviluppo delle reti Ten-T, quali corridoi infrastrutturali e intermodali dichiarati strategici per lo sviluppo delle vie di comunicazione in Europa;
    il CIPE ha approvato, con prescrizioni, il progetto preliminare del corridoio di viabilità autostradale dorsale Civitavecchia-Orte-Mestre, relativo alla tratta E45-E55 Orte-Mestre, nella seduta dell'8 novembre 2013;
    il 10 novembre 2014 il CIPE ha riapprovato la delibera del 18 novembre 2013 sull'autostrada Orte-Mestre, a seguito delle norme previste dal decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto Sblocca Italia, che permettono la realizzazione in project financing delle grandi opere anche «per stralci», nonché il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario delle medesime grandi opere attraverso la defiscalizzazione anche per quanto riguarda quelle avviate prima del 2011;
    il soggetto promotore del progetto-autostradale risulta essere, insieme ad Anas spa, una cordata di imprese e di banche, capeggiata dalla società Gefip Holding, formata da Banca Carige spa, Efibanca spa, Egis Projects sa, Ili Autostrada spa MEC S.r.l., Scetaroute sa, Technip Italy spa e Transroute International sa;
   l'autostrada Orte-Mestre è un'opera importante per il Paese che copre una tratta di circa 396 chilometri, attraversa cinque regioni (Lazio, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Veneto), 11 province e 48 comuni e comprende 139 chilometri di ponti e viadotti, 64 chilometri di gallerie, 20 cavalcavia, 226 sottovia, 83 svincoli, 2 barriere di esazione e 15 aree di servizio;
    il progetto prevede la realizzazione ex novo di un'autostrada a quattro corsie nel tratto Ravenna-Mestre e l'adeguamento con varianti della superstrada E-45;
    l'investimento complessivo previsto per la realizzazione dell'opera è stimato in 9,8 miliardi di euro, da realizzare integralmente in regime di project financing; la società che si aggiudicherà l'appalto e la concessione dell'opera potrà inoltre beneficiare dell'applicazione della normativa per la defiscalizzazione delle opere di project financing, ai sensi della legge n. 183 del 2011, con un credito di imposta, quantificabile in circa 1,87 miliardi di euro, riconosciuto su Ires, Irap e Iva e valido per 15-20 anni;
    i rimanenti 8 miliardi di euro necessari per realizzare l'opera dovrebbero essere anticipati dalla stessa società privata utilizzando il sistema di project financing e di project bond, fatto salvo il sostegno pubblico, qualora le condizioni pattuite in sede di convenzione sulla base del piano economico e finanziario dovessero venire meno;
    il tracciato della nuova autostrada interessa importanti zone con rilevanze di interesse storico, paesaggistico ed ambientale come, ad esempio, il parco delle foreste casentinesi, la valle del Tevere, il delta del Po, le valli del Mezzano, la laguna di Venezia, la zona archeologica nei dintorni di Lova e la riviera del Brenta;
   in particolare, nel tratto emiliano-veneto l'asse viario interessa 330 ettari di terreno, per la quasi totalità agricolo, 11.000 ettari di siti di interesse comunitario (Sic), 5800 zone a protezione speciale (Zps) e 8300 ettari di parchi regionali;
    la strada statale 309 – Romea, la cui gestione è in capo alla società ANAS spa, è stata classificata, come riportato dai rilevamenti statistici dell'Aci e dell'Istat, come una delle strade più pericolose d'Italia, secondo i parametri relativi al numero di incidenti stradali per chilometro e al numero di decessi per incidente;
    Governo, regione Veneto e ANAS spa demandano la risoluzione del problema legato all'insicurezza dell'arteria strada statale 309 alla realizzazione della nuova autostrada Orte-Mestre, parallela all'attuale, ma il progetto preliminare approvato dal Cipe non contiene alcun provvedimento significativo diretto alla riqualificazione e messa in sicurezza della strada statale 309 – Romea;
    per il territorio romagnolo l'arteria autostradale rappresenta una grandissima opportunità in quanto crea un collegamento diretto e veloce con l'Europa dell'est producendo significativi vantaggi per lo sviluppo economico e commerciale del porto di Ravenna;
    i rallentamenti di percorrenza, i continui cantieri di manutenzione straordinaria presenti a macchia di leopardo, la scarsa capacità della sede stradale, che spesso presenta una corsia per senso di marcia o l'assenza di una banchina transitabile e le numerose tratte marcatamente urbanizzate ai margini, rendono inadatta l'infrastruttura attuale a sostenere gli elevati flussi di traffico, che in tutti i mesi dell'anno vedono la sovrapposizione del traffico passeggeri con quello pesante delle merci di breve, media e lunga percorrenza, e richiedono chiaramente la trasformazione dell'asse stradale in un'arteria a percorrenza veloce con caratteristiche di autostrada;
    negli ultimi tempi gli scandali connessi alla realizzazione di alcune grandi opere pubbliche hanno messo in evidenza una serie di lacune del sistema di gestione degli appalti che in più occasioni hanno permesso l'annidarsi di fenomeni di malaffare e corruzione;
    il diffondersi di tali notizie allarmanti rischia di far penetrare nell'opinione pubblica un principio generalista secondo cui qualsiasi opera pubblica diventi necessariamente occasione di truffe e azioni illecite;
    occorre sostenere e incoraggiare le stazioni appaltanti che operano sulla base di rigorosi principi di moralità e buona amministrazione; recentemente il Presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ha candidato sui media la regione Veneto ad una certificazione da parte dell'Anac per la buona gestione degli appalti, invitando formalmente il Presidente dell'Autorità a certificare appalti e opere pubbliche venete;
    la revisione del quadro normativo sugli appalti pubblici e concessioni di attuazione delle direttive comunitarie, in corso di esame al Senato, rappresenta uno strumento legislativo fondamentale per correggere e riordinare il settore, verso la semplificazione, la trasparenza e la lotta alla corruzione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per avviare, in tempi rapidi, un programma di interventi urgenti per la messa in sicurezza del tracciato dell'attuale strada statale 309 Romea e della superstrada E-45 finalizzato alla riqualificazione e al potenziamento delle infrastrutture esistenti, al fine di migliorare la viabilità e la sicurezza su queste arterie;
   a promuovere un confronto, con le associazioni, i comitati, tutte le amministrazioni locali interessate dal tracciato e le associazioni di categoria, al fine di raccogliere debitamente le loro istanze in merito alla realizzazione del nuovo corridoio autostradale Civitavecchia-Orte-Mestre;
   a trasformare nel più breve tempo possibile l'attuale asse viario del territorio romagnolo in un'arteria a percorrenza veloce con caratteristiche di autostrada, anche rivedendo ed accorciando il tracciato nella parte appenninica con l'attraversamento dell'alta Val Marecchia, a livelli altimetrici più bassi e con, la realizzazione di gallerie, sfruttando la possibilità di ottenere economie derivanti dal riutilizzo del materiale di scavo delle gallerie;
   ad assumere iniziative di carattere normativo per prevedere particolari qualificazioni e certificazioni per le stazioni appaltanti che gestiscono gli appalti pubblici con capacità tecnico-organizzativa e requisiti di moralità, competenza e professionalità, anche tenendo conto di esempi di buona amministrazione e trasparenza come quello della gestione degli appalti da parte della regione Veneto.
(1-00786) «Busin, Gianluca Pini, Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    il trasporto aereo acquista sempre maggiore rilevanza nell'ambito dell'intero sistema dei trasporti interni e nella rete di collegamento internazionale, e tale importanza è destinata a crescere ulteriormente in relazione alle rotte e al numero dei vettori impiegati;
    nell'ambito dell'evoluzione del sistema di trasporto aereo è impellente la necessità di una riflessione urgente e di intraprendere le conseguenti iniziative di pianificazione del settore di medio e lungo termine a fronte delle preoccupanti crisi aziendali di Alitalia-CAI e Meridiana, attualmente oggetto di procedure di riorganizzazione e ristrutturazione, che nel caso di Alitalia comportano anche un mutamento dell'assetto societario;
    il quadro generale di una crisi così diffusa nel settore aero-portuale ha determinato e continua a provocare conseguenze particolarmente negative anche sui diritti alla continuità territoriale aerea dei cittadini e delle imprese, con grave danno all'intera economia territoriale;
    viene lamentata con sempre maggior frequenza da parte delle organizzazioni sindacali nazionali e regionali, confederali e autonome, la crescente difficoltà nelle trattative per l'individuazione dei percorsi di soluzione che rilancino le compagnie aeree in crisi garantendo livelli di sicurezza sempre più alti e che riducano al minimo gli effetti negativi dei processi di ricostruzione e ristrutturazione;
    è evidente l'insistenza dei sindacati sulla mancanza nel trasporto aereo di regole certe, a fronte di sistemi aeroportuali confusi che avrebbero prodotto effetti negativi anche sulla questione Meridiana, che sarebbe aggravata anche dal continuo cambiamento di amministratori delegati e piani industriali, in un quadro di atipica presenza di compagnie aeree low cost che, secondo quanto denunciato dalle rappresentanze dei lavoratori, in Sardegna e in Italia, avrebbero una forte penetrazione, agevolata da finanziamenti pubblici elargiti a vario titolo dai diversi gestori aeroportuali;
    le compagnie aeree in crisi, fornendo una quantificazione precisa di un numero di esuberi strutturali importanti pari a circa 1.200-1.350 unità in questa fase della vertenza, particolarmente difficile, ha destato attrito e preoccupazione sia tra i lavoratori che nelle organizzazioni sindacali comportando un orientamento delle compagnie a rinunciare all'attività di lungo raggio;
    quest'anno nel trasporto aereo nazionale si rischia di arrivare a 14.000 persone in regime di ammortizzatori sociali, e, in particolare, per Meridiana i cassintegrati sarebbero stati determinati anche dalla mancata partecipazione della compagnia alla gara sulla continuità territoriale su Cagliari;
    la situazione della compagnia aerea Alitalia è anche più farraginosa: il fallimento della privatizzazione del 2008 dell'Alitalia e il passaggio agli arabi-anglosassoni di Etihad, ha provocato 2251 esuberi, oltre agli annunciati imminenti sacrifici, promossi in nome dell'interesse generale, comprensivi dell'impiego, in Alitalia di oltre 1600 lavoratori precari necessari per far fronte all'emergenza della ex-compagnia di bandiera italiana;
    tale farraginosità è dovuta al fatto che è stata prevista una ristrutturazione particolarmente pesante per le conseguenze occupazionali per la realizzazione di un piano industriale finalizzato allo sviluppo della compagnia tricolore, che dovrebbe tornare all'utile precedente nel 2017 con più rotte e destinazioni soprattutto di lungo raggio internazionale (con un incremento del 40 per cento in 4 anni), con la finalità di diventare in 5 anni uno dei principali vettori in ambito globale;
    gli orientamenti sul futuro di Alitalia, la cui gestione CAI avrebbe registrato 1,5 miliardi di perdite in 5 anni, e la pesante ristrutturazione di Meridiana giustificano le preoccupazioni espresse e la richiesta di un impegno del Governo finalizzato ad assicurare un'efficiente e adeguata gestione, tale da garantire il pieno rispetto dei principi di uguaglianza e pari trattamento riservato a tutti i cittadini italiani, nel pieno rispetto anche delle vigenti normative in materia di libera circolazione di persone e merci in ambito europeo;
    per quanto riguarda infine la compagnia Meridiana con 29 aeromobili e con un trasporto di circa 4 milioni di passeggeri, gli attuali 2.500 dipendenti sono considerati in eccesso dal proprio stesso management, non solo in funzione di uno sviluppo della compagnia, ma anche per la sua sopravvivenza sul mercato, tale da proporre una ristrutturazione aggressiva con il 50 per cento di esuberi;
    il diritto alla mobilità è il principio base della continuità territoriale che, se non garantita dall'accessibilità al necessario numero di voli e alla diversificazione delle rotte, con costi sostenibili, determinerebbe conseguenze pesanti nella vita delle persone e della comunità sarda dal punto di vista sociale ed economico,

impegna il Governo:

   a fornire un quadro dello stato della riorganizzazione e ristrutturazione delle compagnie aeree in crisi di cui Alitalia-CAI, Meridiana, Groundcare, Sea-handling e Argol rappresentano solo i casi più importanti;
   ad adoperarsi affinché le situazioni economico-finanziarie ed occupazionali di Meridiana e di Alitalia prevedano la possibilità di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali ad oggi esistenti, avviando urgentemente un tavolo di confronto riguardante sia la questione sarda che l'ex compagnia di bandiera, per realizzare una rinascita economica e sociale del settore aeroportuale;
   a definire una strategia di relazione con tali compagnie, che consenta, nell'ambito della definizione delle politiche di trasporto in continuità territoriale, anche di sostenere, compatibilmente con i necessari più piani industriali di salvataggio delle compagnie, i più elevati livelli occupazionali;
   a proporre anche a livello europeo un programma di aiuti che assicurino l'applicazione di regimi tariffari per un adeguato numero di collegamenti aerei atti ad assicurare la libera circolazione di persone e merci.
(1-00787) «Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Rostellato, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    in data 13 febbraio 2015 il tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione di Palermo, prima sezione interna, ha pubblicato la sentenza n. 461/2015 Reg. Provv. Coll., con la quale si è definitivamente pronunciato sui ricorsi riuniti, numeri 1864/11, 808/13, 950/13, 1825/13 e 2397/13 Reg. Ric.;
    la sentenza, come è noto, ha ad oggetto la realizzazione in Contrada Ulmo, nel territorio del comune di Niscemi (Caltanissetta), della stazione di comunicazione satellitare ad uso esclusivo della Marina militare statunitense individuato con l'acronimo Muos (Mobile user objective system);
    la sentenza del TAR di Palermo parte dall'analisi dei due provvedimenti con cui il 29 marzo del 2013 l'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente revocava le autorizzazioni concesse nel 2011 per la realizzazione del Muos;
    il TAR ritiene di dover condividere le censure avanzate dall'associazione «Legambiente» e dell'associazione «No Muos», secondo le quali i suddetti provvedimenti non sono da qualificare come revoche, ma, più correttamente, «come annullamenti d'ufficio, con effetto ex tunc, con la conseguenza che i lavori medio tempore eseguiti si devono considerare abusivi, perché privi ab origine di titolo legittimante»;
    il provvedimento del 24 luglio 2013, cosiddetta «revoca delle revoche», sarebbe invece una vera e propria revoca, traendo origine da un dato sopravvenuto, e cioè la relazione dell'istituto superiore di sanità. Tale revoca, sottolineano i giudici amministrativi, «non potrebbe avere alcun effetto ripristinatorio, con la conseguenza che si sarebbero dovuti nuovamente acquisire nulla osta e pareri»;
    il TAR, in definitiva, ritiene di qualificare i due provvedimenti del 29 marzo 2013 in termini di annullamento, perché, si legge nella sentenza, «nulla è sopravvenuto tra la data di rilascio delle autorizzazioni (giugno 2011) e l'intervento in autotutela del marzo 2013, nessun fatto nuovo si è verificato o viene acquisito, nessuna nuova valutazione dell'originario corredo istruttorio e motivazionale è stata fatta dall'amministrazione regionale». Dunque, «ciò che si è accertato è esclusivamente una “mancanza” originaria di idonea attività istruttoria, che ha reso, quindi, in radice illegittimi i due atti». I lavori eseguiti fino a quel momento, affermano i giudici, si devono considerare «abusivi»;
    la sentenza prosegue con l'esame del regime relativo all'autorizzazione paesaggistica rilasciata per tali opere, attraverso il quale si accerta che essa risulta scaduta il 17 giugno 2013 e mai rinnovata;
    il provvedimento del tribunale amministrativo ha, dunque, disposto l'annullamento delle autorizzazioni in forza delle quali è stata realizzata (e parzialmente è ancora in corso di realizzazione) l'installazione;
    alla luce di quanto disposto dalla sentenza del TAR appare evidente che in assenza di procedimento autorizzatorio, allo stato le opere sono prive di qualsiasi autorizzazione e, pertanto, integralmente abusive e carenti dei requisiti per la loro permanenza e, tanto più, per la loro messa in esercizio;
    in particolare, il TAR, accogliendo il ricorso n. 1825/13 R.G., proposto dall'associazione Legambiente, comitato regionale Sicilia onlus, e il ricorso n. 2397/13 R.G., proposto dall'associazione movimento No Muos Sicilia, ha annullato, per l'effetto, il provvedimento del dirigente generale del dipartimento dell'ambiente dell'assessorato del territorio e dell'ambiente della regione siciliana del 24 luglio 2013;
    la sentenza n. 461/2015 è stata trasmessa dalla cancelleria del TAR alle amministrazioni interessate, le quali sono tenute a dare alla stessa esecuzione in via amministrativa, trattandosi di sentenza immediatamente esecutiva,

impegna il Governo:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, ad adottare ogni opportuna iniziativa, per quanto di propria competenza e nel rispetto dell'autonomia regionale siciliana, affinché sia data piena ed immediata esecuzione in via amministrativa alla sentenza del tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione di Palermo, prima sezione interna n. 461/2015 Reg. Provv. Coll. pubblicata il 13 febbraio 2015;
   a vigilare puntualmente affinché non si svolga alcuna attività di completamento, implementazione ed utilizzo dell'installazione di comunicazioni satellitari ad uso esclusivo della Marina militare statunitense denominata Muos, posta all'interno della base militare di Contrada Ulmo in agro del comune di Niscemi, adottando il principio di precauzione a denunciare alla competente autorità giudiziaria ogni attività illecita volta al completamento ed utilizzo dell'impianto e a denunciare l'avvenuta realizzazione delle opere abusive ed il loro permanere all'interno dell'area protetta in assenza di valida autorizzazione;
   a non contrastare la sospensione dei lavori per la realizzazione del Muos, attivandosi, invece, per quanto di competenza, presso i soggetti interessati per l'immediata dismissione delle opere già realizzate, al fine di non aggravare ulteriormente le conseguenze derivanti dall'installazione di tale sistema sulla salute umana, sull'ecosistema della Sughereta di Niscemi, sulla qualità dei prodotti agricoli, sul diritto alla mobilità e allo sviluppo del territorio e dei suoi abitanti.
(1-00788) «Rizzo, Lorefice, Grillo, Villarosa, Nuti, Micillo, Manlio Di Stefano, Cancelleri, D'Uva, Marzana, Corda, Basilio, Gagnarli, Mannino, Pesco, Lupo, Alberti, Crippa, D'Ambrosio, Businarolo, Di Vita».

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    la comunità italiana all'estero da tempo chiede che chi ha perso la cittadinanza italiana recandosi all'estero, non per propria colpa, possa riacquistarla anche oltre la data definita dall'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, che concedeva due anni di tempo dall'entrata in vigore della legge stessa, per riacquistare la cittadinanza. In seguito, tale termine è stato prorogato consecutivamente per due volte, con ultima scadenza il 31 dicembre 1997;
    molti italiani hanno perso la cittadinanza per il semplice fatto di veder riconosciuti alcuni diritti, di conservare un lavoro o per assumerne uno pubblico o semplicemente per matrimonio, a seconda dei Paesi di accoglienza. Ma trattasi di scelte spesso obbligate se si voleva continuare a vivere in quel nuovo contesto;
    successivamente, diversi Paesi hanno cambiato le proprie norme sulla cittadinanza, secondo il principio della cittadinanza plurima, accettando, quindi, che il nuovo cittadino arrivato da un altro Paese mantenesse anche la cittadinanza di origine;
    la Costituzione italiana, all'articolo 22, stabilisce il principio per cui non si può essere privati della cittadinanza per motivi politici;
    una democrazia evoluta e moderna, come la nostra deve considerare la possibilità di venire incontro alle aspettative di quegli italiani che vivono all'estero e che hanno perso la cittadinanza ma che vogliono riacquistarla in seguito a mutamenti avvenuti nei vari ordinamenti giuridici;
    il vivere sociale non può prescindere dalla dimensione della cittadinanza, intesa come appartenenza, capace di aiutare a definire la propria identità, nel rispetto delle origini, e garantire anche sul piano formale l'appartenenza ad una comunità;
    negli italiani all'estero questo senso di appartenenza all'Italia non è mai venuto meno e pertanto è importante che vi sia un riconoscimento anche giuridico di una dimensione psichica che affonda le sue radici nell'essere italiani nel cuore,

impegna il Governo

ad assumere, con tempestività, iniziative sul piano normativo, affinché i nati in Italia, figli di almeno un genitore italiano, che hanno perso la cittadinanza in seguito ad espatrio, per cause non direttamente imputabili a loro stessi o per motivi di lavoro, possano riacquistare la cittadinanza italiana attraverso semplice richiesta al consolato italiano che ha giurisdizione sul territorio di residenza estera, purché ciò non sia in contrasto con accordi bilaterali internazionali in vigore.
(7-00654) «Gigli, Fitzgerald Nissoli, Dellai, Tabacci, Rabino, Marcolin, Borghese, Bueno, Fedi, La Marca, Picchi, Archi, Porta».


   La IV Commissione,
   premesso che:
    le nostre Forze armate si devono misurare da un lato con la realizzazione di uno strumento moderno ed efficace, in grado di rispondere alle tensioni e ai pericoli a livello globale, dall'altro con l'uso nel miglior modo possibile dei fondi a disposizione, obbligatoriamente limitati dalle difficili condizioni della finanza pubblica;
    la legge n. 244 del 2012, con la quale è stata ridisegnata la struttura dello strumento militare ha come fondamento una previsione di spesa per la «funzione difesa» sulla base del paradigma 50-25-25 (cioè 50 per cento per il personale, 25 per cento per l'esercizio e 25 per cento per gli armamenti);
    al momento, le risorse destinate all'esercizio sono molto al di sotto delle reali necessità delle Forze armate e dell'obiettivo del 25 per cento della spesa complessiva. La voce «esercizio» rimane, quindi, la più penalizzata. Con le risorse assegnate, che quest'anno assommano a 1.170,9 milioni di euro, con un decremento di 173,81 milioni di euro (-12,92 per cento) rispetto alla dotazione approvata per l'anno 2014, si devono coprire esigenze fondamentali per il buon funzionamento dello strumento militare: addestramento, manutenzione, carburante, adeguamento infrastrutture e, non ultimi, i costi energetici;
    nell'impossibilità di reperire nuovi fondi per l'esercizio devono essere prese in considerazione anche idee fortemente innovative come la riconversione a basso impatto energetico di edifici e/o complessi pubblici che fanno parte del patrimonio immobiliare della difesa. Un'occasione è rappresentata dalla possibilità di riconvertire l'apparato della difesa, ricorrendo alle più avanzate tecnologie quali, ad esempio, l'illuminazione a led;
    in tale ottica, il Ministro della difesa, avvalendosi delle competenze e della collaborazione dell'ENEA, dovrebbe individuare le strutture con impianti vetusti e altamente energivori che dovrebbero esseri ammodernati e trasformati tramite le più avanzate tecnologie disponibili, al fine di garantire risparmi energetici sia per quanto riguarda le esigenze di illuminazione che quelle di riscaldamento;
    peraltro, siffatta iniziativa si inserirebbe coerentemente nel quadro delle norme contenute nel decreto legislativo n. 102 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 18 luglio, ed entrato in vigore il 19 luglio) che recepisce la direttiva europea 27/2012, introducendo misure innovative finalizzate a promuovere interventi per il miglioramento dell'efficienza energetica nelle grandi, piccole e medie imprese e nella pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

   a presentare al Parlamento, entro sei mesi dalla data di approvazione del presente atto; una dettagliata valutazione sistematica e documentata dell'efficienza del sistema energetico infuso alle Forze armate;
   a sottoporre al Parlamento un programma di interventi di medio-lungo termine, da attuare attraverso un cronoprogramma vincolante nell'arco di un triennio, per la riqualificazione energetica degli impianti e delle infrastrutture in uso alla Difesa, per quanto concerne sia i sistemi di illuminazione sia gli impianti termici, considerata l'importanza che tutto ciò assume sulle condizioni del personale e sui conseguenti risparmi di spesa, valutando anche possibili forme di finanziamento pubblico-privato per la realizzazione del programma.
(7-00652) «Bolognesi, Scanu, Carlo Galli, Stumpo, Boldrini, Fusilli, Fontanelli, Giuditta Pini».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    con decreto n. 1420 del 26 febbraio 2015 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha introdotto disposizioni modificative ed integrative del decreto ministeriale 18 novembre 2014 di applicazione del regolamento (UE) n. 1307/2013 recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune;
    con riferimento al sostegno accoppiato concesso al settore del latte, in attuazione della normativa comunitaria, il decreto ministeriale in parola ha integrato l'articolo 20 del decreto 18 novembre 2014 specificando che i premi previsti per le vacche da latte siano destinati ai produttori di latte per i capi appartenenti ad allevamenti iscritti, nell'anno di riferimento della domanda, nei libri genealogici o nel registro anagrafico della razze bovine ed iscritti ai controlli funzionali latte, che partoriscono nell'anno e i cui vitelli sono identificati e registrati secondo le norme comunitarie e nazionali vigenti;
    i rilievi dei dati produttivi e riproduttivi sulle bovine da latte sono svolti, tramite uffici periferici dislocati sul territorio, dall'ufficio centrale dei controlli sulla produttività animale dell'associazione italiana allevatori (AIA) alla cui iscrizione è pertanto subordinata la concessione del premio politica agricola comune per il settore del latte;
    come noto, le quote di iscrizione alle associazioni provinciali di AIA differiscono da regione in regione e, pertanto, l'entità del premio politica agricola comune ricevuto per ogni capo risulta diminuire o aumentare, in termini relativi, a seconda della tariffa applicata dall'APA competente ai controlli funzionali;
    al fine di ovviare a tale problematica che sembra peraltro configurare una fattispecie lesiva della concorrenza, e soprattutto di evitare di disporre per legge l'iscrizione ai controlli funzionali, sarebbe opportuno rivedere i criteri di assegnazione dei contributi al settore del latte,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per rivedere urgentemente i criteri di assegnazione del sostegno accoppiato nel settore del latte, prevedendo l'obbligo dell'iscrizione alle anagrafi nazionali o alla banca dati nazionale dell'anagrafe zootecnica (BDN) o ai libri genealogici come razze da latte o a duplice attitudine.
(7-00651) «Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Lupo».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il programma «Frutta nelle scuole», è un progetto introdotto dal regolamento (CE) n. 1234 del Consiglio del 22 ottobre 2007 e dal regolamento (CE) n. 288 della Commissione del 7 aprile 2009, finalizzato ad aumentare il consumo di frutta e verdure da parte dei bambini. Tra gli strumenti impiegati, oltre alla distribuzione di prodotti ortofrutticoli e all'informazione rivolta a genitori e insegnanti, erano previste visite a fattorie didattiche, creazione di orti scolastici, sistemi multilingue per la promozione del territorio e dei suoi prodotti;
    il programma «Frutta nelle scuole» in Italia è gestito dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e fino ad oggi ha coinvolto decine di migliaia di studenti, ma i risultati sono ancora lontani dal poter essere considerati soddisfacenti, a fronte di una ingente somma di denaro pubblico investito; si è registrato, inoltre, uno scarso livello di integrazione con il servizio di ristorazione scolastico presente nelle scuole, a cui il programma spesso si sovrappone, e con le amministrazioni comunali;
    risulta inoltre complicato, ad oggi, reperire i dati sul livello di raggiungimento degli obiettivi del programma, il grado di soddisfazione di chi usufruisce, la sua reale diffusione nel nostro Paese, nonché le modalità con cui i fondi siano stati utilizzati;
    tre le diverse criticità emerse, si segnala ad esempio che nelle mense la frutta viene fornita in modo calibrato e tenendo conto delle esigenze nutrizionali dei bambini, mentre gli spuntini che arrivano tramite il progetto sono distribuiti in modo estemporaneo, e spesso non coordinato col servizio mensa; a differenza della frutta distribuita dal servizio di ristorazione, normalmente trasportata in ceste, i frutti del progetto sono confezionati singolarmente, in molti casi si tratta di prodotti di IV gamma che producono un eccesso di rifiuti (anche se da fonti ministeriali risulterebbe che vengono utilizzati imballaggi biodegradabili); anche per quanto riguarda la qualità dei prodotti distribuiti sono stati molti i casi in cui maestri e genitori si sono lamentati di frutti acerbi, troppo maturi, fuori stagione o addirittura ammuffiti;
    inoltre, le modalità di aggiudicazione degli appalti hanno permesso che, attraverso il programma, siano distribuiti prodotti agricoli di una zona in un'altra che normalmente ne produce, ad esempio mele tirolesi in Valtellina o frutta pugliese in Sardegna, generando comprensibili proteste da parte dei produttori locali;
    un'altra problematica deriva dal fatto che in Italia le aziende fornitrici vincitrici dell'appalto «Frutta nelle scuole» devono sottoscrivere con gli istituti una convenzione che preveda un rimborso per l'attività di assistenza alla distribuzione della frutta, pari a 2,00 euro ad alunno: tale previsione potrebbe scoraggiare le scuole con poche risorse a segnalare eventuali problemi sull'apposito modulo predisposto nel sito del ministero, pur di non per non perdere il contributo annuale sulla distribuzione della frutta;
    Caterina Cogliano, funzionario del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che segue il progetto Frutta nelle scuole, ha spiegato che le novità per la stagione 2014-2015, introdotte dal Consiglio europeo a seguito della riforma dell'organizzazione comune dei mercati avvenuta a fine 2013, riguardano innanzitutto l'ampliamento del fondo europeo a disposizione che da 90 milioni sale a 150 milioni. In secondo luogo, per invogliare gli Stati membri più refrattari all'iniziativa, è stata abbassata anche la quota di co-finanziamento, che per l'Italia è passata dal 42 per cento al 20 per cento. Infine, la riforma dell'Ocm ha reso rimborsabili le spese per attività di accompagnamento per i ragazzi fino ad un massimo del 15 per cento dell'assegnazione per ogni singolo Stato membro;
    nell'ambito delle attività collegate al progetto, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha recentemente destinato specifici fondi per la realizzazione di azioni di formazione rivolte agli insegnanti delle scuole primarie aderenti al programma. Si tratta in particolare di seminari gratuiti per insegnanti che sono partiti il 10 febbraio a Roma per poi essere, mano a mano, replicati in tutt'Italia e che affiancheranno i docenti nel percorso di conoscenza dei prodotti;
    i seminari gratuiti sono certo un passo positivo ma non appaiono una misura sufficiente per la formazione completa degli insegnanti che andrebbe, piuttosto, affrontata con apposite iniziative legislative da affiancare al programma «Frutta nelle scuole». Diverse sono le proposte di legge e le mozioni depositate in Parlamento che affrontano l'argomento dei disturbi alimentari e dell'obesità (si vedano, la proposta di legge AC 2904 o la mozione n. 1-00744) che si propongono di garantire l'adeguatezza degli apporti nutrizionali di alimenti e bevande somministrati nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado, anche mediante distributori automatici, al fine di sostenere l'adozione di corretti stili di vita, anche promuovendo campagne di sensibilizzazione, cercando accordi con i grandi produttori di alimenti per colazione e merenda volti alla significativa riduzione della quota di zucchero contenuto negli alimenti messi in commercio, ridimensionando l'utilizzo di farine e cereali raffinati, oltre che di grassi saturi, ed altre interessanti proposte;
    la bontà di questo programma si può inquadrare in un più ampio progetto di lotta all'obesità infantile, che ormai rappresenta il più comune disordine nutrizionale nel mondo occidentale; la sua prevalenza è in progressivo aumento, tanto da indurre l'organizzazione mondiale della sanità (OMS) ad utilizzare la definizione di pandemia;
    l'obesità ed i rischi presentati da una cattiva alimentazione, infatti, iniziano già durante l'infanzia, accumulandosi poi nel corso della vita. Il percorso per combattere il sovrappeso e l'obesità, in particolare quella infantile, non può non passare attraverso l'educazione alimentare e motoria nella scuola; l'ambiente scolastico è, infatti, il luogo in cui la maggior parte dei bambini e degli adolescenti trascorre buona parte della giornata; le sue finalità educative, le regole organizzative e la scansione della vita scolastica si prestano alla realizzazione di interventi di promozione della salute, ma purtroppo queste materie sono spesso tralasciate e non trovano sufficiente spazio nella scuola italiana;
    secondo il sistema di sorveglianza Okkio alla Salute, promosso dal Ministero della salute – CCM (Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie), coordinato dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, le regioni e le aziende sanitarie locali, nel 2014 i bambini in sovrappeso sono il 20,9 per cento, i bambini obesi il 9,8 per cento, il 25 per cento dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura, ma il 41 per cento dichiara che i propri figli assumono abitualmente bevande zuccherate e gassate;
    il 30 gennaio 2014, la Commissione ha pubblicato una nuova proposta di regolamento (COM(2014)0032) che modificherebbe il regolamento (UE) n. 1308/2013 e il regolamento (UE) n. 1306/2013 riguardo anche al finanziamento del regime di aiuti per la distribuzione di ortofrutticoli. La proposta di Regolamento raggruppa i due programmi attualmente separati destinati alle scuole, ovvero il programma «Frutta nelle scuole» e il programma «Latte nelle scuole», ma rischia di slittare se inserita nel più ampio processo di semplificazione della PAC;
    in data 31 gennaio 2015 il Ministro Martina ha dichiarato di voler avviare nel 2016 anche il progetto Latte nelle scuole specificando che «È necessario invertire la tendenza che vede i consumi di latte e formaggi in calo nel nostro Paese [...] vogliamo fare un'operazione forte di educazione alimentare [...] perché è importante che i nostri bambini conoscano e consumino di più questo prodotto fondamentale dal punto di vista nutrizionale», inquadrando l'avvio di questo progetto come una delle possibili soluzioni, nel medio periodo, all'attuale crisi del settore lattiero-caseario italiano;
    in questo contesto sarebbe di certo auspicabile comprendere in che modo il latte sarà inserito all'interno del menù giornaliero scolastico, considerato che è già un alimento consumato abitudinariamente a colazione e che, anche secondo i nutrizionisti, non dovrebbe andare a sostituire la porzione di frutta a merenda,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in sede di Consiglio dell'Unione europea dei ministri per l'agricoltura, al fine di scongiurare il rinvio dei lavori sulla proposta di regolamento (COM(2014)9032) come richiesto dalla Commissione europea per ottenere una semplificazione degli obiettivi della PAC;
   a proporre, nelle competenti sedi comunitarie, una revisione delle procedure di attuazione e dell'utilizzo dei fondi dedicati al progetto «frutta nelle scuole», in via di revisione all'interno della proposta di regolamento (COM(2014)0032), affinché gli Stati membri scelgano i prodotti da distribuire o da includere nelle misure educative di sostegno in base a criteri oggettivi che includano considerazioni di ordine ambientale, sanitario ed etico, la stagionalità, nonché la varietà o la disponibilità di prodotti locali, privilegiando per quanto possibile i prodotti originari dell'Unione, in particolare l'acquisto locale, i prodotti biologici, le filiere corte, con particolare attenzione ai benefici per quanto riguarda la sensibilità ambientale, ed escludano frutta e verdura con aggiunta di zuccheri, sali, grassi o altri additivi;
   a non scendere sotto la soglia minima del 20 per cento della dotazione finanziaria annuale destinata agli Stati membri in favore delle misure educative;
   a verificare l'efficacia dei programmi con azioni di monitoraggio e valutazione dei risultati conseguiti, con particolare attenzione al cambiamento a medio termine dei consumi e mettere quindi a disposizione i dati sul livello di raggiungimento degli obiettivi dei programmi, la loro reale diffusione nel nostro Paese, le modalità con cui i fondi siano stati utilizzati, anche tramite una relazione annuale da trasmettere alle Commissioni parlamentari competenti;
   a valutare l'opportunità, tenendo conto del lavoro delle Commissioni competenti sulle proposte di legge già depositate, di proporre soluzioni normative aventi come obiettivi quelli di garantire l'adeguatezza degli apporti nutrizionali di alimenti e bevande somministrati negli istituti scolastici e di promuovere l'educazione alimentare e motoria ed ogni altra iniziativa col fine di sostenere l'adozione di corretti stili di vita da parte dei minori;
   a valutare l'opportunità di avviare il programma «Latte nelle scuole» solo nel momento in cui sia definitivamente implementato nel nostro Paese il programma «Frutta nelle scuole», che presenta ancora evidenti criticità da risolvere;
   a promuovere una campagna di sensibilizzazione per mezzo di specifici spot sugli organi di stampa mainstream e/o con pubblicità progresso in tv per educare ad una sana alimentazione;
   ad assumere iniziative necessarie per introdurre correttamente l'educazione alimentare nel ciclo della programmazione scolastica, a partire dalla scuola primaria di primo grado.
(7-00653) «Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Massimiliano Bernini, Parentela, Benedetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   nella regione del Salento in Puglia, tra Gallipoli e Santa Maria di Leuca, sono andate distrutte intere coltivazioni di ulivi a causa della presenza di un batterio originario della California chiamato «Xylella Fastidiosa»; tale parassita, difficile da eliminare, è giunto in Italia con l'importazione di piante ornamentali di caffè infette, provenienti dall'America centrale e, purtroppo, ha colpito le distese di uliveti di cui la Puglia è ricca, mettendo i coltivatori nelle condizioni di doverli eradicare e bruciare in quanto pericolosi anche per la fauna;
   il batterio è stato trasmesso dalla «cicala sputacchina» che è un insetto ad apparato pungente-succhiatore che, una volta assorbita la linfa delle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia;
   il ceppo di batterio che ha devastato gli ulivi in Puglia è in grado di attaccare anche altre piante, come il ciliegio, il mandorlo, l'oleandro e alcune ornamentali;
   l'unico rimedio ad oggi conosciuto per eliminare il parassita pare sia il taglio radicale del tronco e l'estirpazione delle radici stesse: le ripercussioni negative sull'agricoltura pugliese risultano evidenti e si tradurranno in un danno inestimabile;
   il rischio di diffusione non riguarda solo la Puglia: il batterio infatti potrebbe diffondersi anche in altre zone d'Italia producendo gli stessi effetti disastrosi con un reale pericolo per tutta la penisola;
   la Francia ha adottato misure, considerate in linea con la legislazione dell'Unione europea, contro la diffusione della «Xylella fastidiosa» che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio;
   il decreto firmato dal Ministro dell'agricoltura francese, Stephane Le Foll, in vigore dal 4 aprile 2015, vieta l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle piante contaminate dal batterio e inibisce gli scambi intra-europei con la Puglia con un conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino;
   la procura di Lecce sta indagando sulla provenienza originaria del batterio e sta verificando se durante l'importazione delle piante provenienti dai Paesi extracomunitari in Europa, ed entrati attraverso il porto di Rotterdam, siano stati effettuati i dovuti controlli dal cui esito dipenderà poi la richiesta di risarcimento del danno per gli agricoltori pugliesi e per tutta la Puglia colpita da questa piaga che sta indebolendo l'immagine commerciale in un settore strategico di economia come l'agricoltura di eccellenza –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, attraverso un'azione in sede comunitaria, per contrastare il blocco decretato dalla Francia alle importazioni delle piante provenienti dalla Puglia e quale strategia intenda adottare a livello comunitario per far fronte a questa emergenza;
   quali proposte il Governo intenda avanzare nella prossima riunione del Comitato permanente dell'Unione europea per la salute delle piante, che si terrà il 27 e 28 aprile 2015, visto che in quella sede verranno varate le nuove misure europee contro il diffondersi del batterio della «Xylella fastidiosa» e che Paesi come Grecia, Spagna e Francia corrono gli stessi rischi dell'Italia;
   in che modo e con quali tempi il Governo intenda adempiere all'impegno preso con il Parlamento per valutare la possibilità di introdurre la sospensione degli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e dei premi assicurativi, nonché della rateizzazione dei pagamenti successivi alla sospensione a cui non saranno applicati sanzioni ed interessi, per chi ha subìto danni a causa della «Xylella fastidiosa»;
   se siano già stati individuati strumenti finanziari finalizzati al ristoro dei danni subiti dagli agricoltori e dai vivaisti colpiti dall'infestazione del batterio;
   se sia stata creata presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un'unità di emergenza per la dichiarazione e per la gestione dello stato di calamità;
   se sia stato già previsto un potenziamento dei controlli sulle piante importate dai Paesi in cui il batterio è endemico, e se il Governo abbia previsto l'adozione di un eventuale embargo per le piante importate da tali Paesi e da quelli che nei fatti ospitano i porti di entrata, sia europei che extraeuropei.
(2-00921) «Elvira Savino, Palese, Occhiuto».

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la straordinaria decisione del Papa di svolgere un nuovo Giubileo a Roma dal dicembre 2015 al novembre 2016 assegna alla Capitale l'onore e l'onere di accogliere bene milioni di pellegrini che verranno da tutto il mondo;
   la valenza spirituale e religiosa dell'evento assume un significato ancora più importante nel momento in cui in tante parti del mondo vi sono grandi tensioni che spesso sfociano in atti di guerra e di terrorismo che colpiscono la comunità cristiana in modo disumano, come succede in Iraq, Siria, Nigeria, Egitto, Pakistan, Kenja e altri Paesi;
   lo Stato italiano dovrà assicurare la sicurezza di questo evento così come la Capitale si dovrà far carico, con l'aiuto dello Stato, di organizzare al meglio i servizi di trasporto, di igiene, e in generale di organizzazione dell'accoglienza;
   si tratta di ingenti risorse come è già successo per eventi di analoga importanza svolti a Roma negli anni scorsi, dall'Anno Santo alla Giornata mondiale della gioventù;
   il Governo italiano non sempre ha corrisposto quanto dovuto al comune di Roma e in particolare alle partecipate del comune per loro servizi: basti pensare che l'Atac, l'Ama e la Cotral attendono ancora 26 milioni di euro per i servizi resi in occasione della Giornata mondiale della gioventù;
   a tale proposito sono in corso azioni legali intentate dalle suddette società partecipate contro il Governo –:
   come intenda il Governo onorare i debiti contratti con le partecipate del comune e con il comune per eventi internazionali svolti a Roma;
   quale sia il contenzioso complessivo con il comune di Roma;
   come intenda operare per il prossimo Giubileo e se intenda assumere iniziative per stanziare fondi adeguati per il comune di Roma per la migliore organizzazione del prossimo Giubileo dal dicembre 2015 al novembre 2016. (3-01427)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della trattativa Stato-regione promossa a suo tempo dalla giunta regionale della Sardegna in materia di entrate, il Parlamento ha approvato la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), nella quale, al comma 837 dell'articolo 1, è stabilito: «Alla regione Sardegna sono trasferite le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna Meridionale) e le funzioni relative alla continuità territoriale»;
   il comma 840 precisa inoltre che «per gli anni 2007, 2008, 2009 gli oneri relativi alle funzioni trasferite di cui al comma 837 rimangono a carico dello Stato». Nulla, pertanto, è dovuto dallo Stato per gli oneri della continuità territoriale oltre il 2009;
   tale clausola è penalizzante per la Sardegna, in quanto lo Stato dovrebbe farsi carico del superamento delle condizioni di squilibrio tra le regioni e porre le stesse condizioni di pari opportunità;
   la regione autonoma Sardegna, come dimostra la recente manovra finanziaria, non dispone di risorse in grado di affrontare il tema della continuità;
   al momento, non è neppure possibile contare sull'Unione europea, nonostante le indicazioni dell'articolo 174 del Trattato di Lisbona, quanto precisato nella risoluzione del parlamento europeo del 12 giugno del 2013 sulla politica regionale nel quadro di aiuti più ampi e la volontà espressa dal Consiglio europeo secondo il quale «le regioni ultraperiferiche e le regioni settentrionali a bassa densità di popolazione di livello nuts 2 beneficeranno di una dotazione supplementare speciale con un'intensità dell'aiuto di 30 euro per abitante e per anno. Essa sarà distribuita per regione e Stato membro in proporzione alla popolazione totale di tali regioni. Occorre tenere conto anche della situazione particolare delle regioni insulari»;
   sino a quando l'Unione europea non individuerà con chiarezza quali regioni debbano essere considerate insulari e non stabilirà misure concrete di riequilibrio, la Sardegna continuerà a vivere una condizione di particolare svantaggio, soprattutto in materia di trasporti e, conseguentemente, in un segmento produttivo fondamentale come quello agricolo –:
   quali iniziative intendano assumere affinché la condizione di insularità della Sardegna venga riconosciuta da parte dell'Unione europea;
   se non ritengano doveroso riaprire un confronto con la regione autonoma della Sardegna affinché siano posti a carico dello Stato tutti gli oneri relativi alla continuità territoriale e quelli relativi al trasporto pubblico locale e si perfezioni il riconoscimento effettivo degli svantaggi geografici e naturali legati all'insularità che pesano sull'isola in sede di programmazione di numerosi interventi in materia di trasporti. (5-05289)


   TINO IANNUZZI e IACONO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   già da tempo, diverse organizzazioni sociali e sindacali, innanzitutto la CISL, ed associazioni operanti nel settore del Welfare e delle politiche sociali hanno espresso profonde preoccupazioni per i tagli a seguito della legge di stabilità per il 2015, da destinare al Programma nazionale dei servizi per la cura dell'infanzia e degli anziani non autosufficienti per l'anno 2015; tale programma svolge sicuramente una preziosa e fondamentale funzione perequativa per rafforzare ed assicurare un sistema di servizi sociali più adeguato ed equilibrato nelle regioni dell'obiettivo 1;
   tali risorse, infatti, per il 2015 ammontano complessivamente a 627.636.020 milioni di euro, con una decurtazione di ben 102.363.980 milioni di euro, come risulta dalle comunicazioni ufficiali del Ministero dell'interno;
   ne consegue che le dotazioni da assegnare per le linee di intervento «servizi per la cura dell'infanzia» e «Servizi per la cura degli anziani non Autosufficienti» sono state proporzionalmente ridotte ed ammontano ora, rispettivamente, a 352.327.000 e 275.309.020 milioni di euro;
   le politiche di Welfare, così, verrebbero ad essere gravemente penalizzate, con pesanti ricadute negative sulle famiglie, in particolare per quanto attiene ai Servizi in favore dei bambini, da 0 a 3 anni e delle persone anziane non autosufficienti; tali rilevanti e forti difficoltà sarebbero avvertite ancora più duramente nelle regioni del Mezzogiorno, a cominciare dalla Campania, che hanno, invece, quanto mai bisogno di un serio riequilibrio territoriale nell'organizzazione e nell'erogazione dei servizi;
   inoltre, la situazione è ulteriormente aggravata dalla fase estremamente avanzata nella quale si trovano i piani di intervento, nell'ambito dell'assegnazione fra le regioni delle relative risorse finanziarie;
   invero i piani inerenti al primo riparto sono già stati approvati, mentre i piani concernenti il secondo riparto sono in via di avanzata programmazione –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere con ogni tempestività per scongiurare i prospettati, pesanti tagli ai finanziamenti per l'anno 2015, destinati al programma nazionale dei servizi per la cura dell'infanzia e degli Anziani non Autosufficienti, garantendo, invece, l'assegnazione di ulteriori e necessarie risorse al fine di evitare le conseguenti, enormi difficoltà ed i riflessi negativi e critici sulle politiche del Welfare e sulle famiglie – per di più in una fase di prolungata e grave crisi economica e sociale – nei settori così prioritari e delicati della cura dei bambini e delle persone anziane non autosufficienti ancor di più nelle Regioni del Mezzogiorno, che versano in una situazione estremamente difficile e preoccupante.
   (5-05296)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCECCO, AMATO, CASTRICONE, FUSILLI e GINOBLE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi due anni le difficoltà della finanza pubblica si sono notevolmente aggravate, gli effetti della crisi finanziaria che ha interessato particolarmente l'Europa e l'Italia si sono intensificati e l'andamento dei conti pubblici è stato influenzato da un quadro congiunturale che risente di una crisi extra oceanica;
   in questo contesto si è reso necessario intervenire con reiterati provvedimenti per il riequilibrio dei conti pubblici, che hanno indubbiamente segnato anche la finanza locale e soprattutto quella provinciale;
   il taglio operato sul totale delle autonomie locali è del tutto sproporzionato rispetto a quello operato sulle amministrazioni centrali. Sulle province, l'impatto delle manovre finanziarie è stato massimo rispetto ad ogni altro comparto. Pur rappresentando solo l'1,3 per cento delle spesa pubblica, è stato imposto alle province di contribuire al risanamento del Paese tagliando la spesa primaria del 27 per cento. All'interno dei comparti regioni, province e comuni, il taglio ha pesato per il 52 per cento sulle province, per il 21 per cento sulle regioni e per il 27 per cento sui comuni;
   dal 2011 al 2014, cumulando gli obiettivi del patto e i tagli operati dalle manovre finanziarie, i bilanci delle province sono stati ridotti di oltre 9,4 miliardi euro. Con l'ulteriore taglio di 1 miliardo di euro disposto per il 2015 la situazione è diventata del tutto insostenibile;
   il 30 marzo 2015 il presidente della provincia di Pescara, Antonio Di Marco, ha incontrato i parlamentari abruzzesi per discutere della carenza di fondi dell'Ente e per chiedere un'attenzione ulteriore sul patto di stabilità che non consente all'amministrazione provinciale di pagare le imprese, pur disponendo dei fondi in cassa;
   il residente ha consegnato ed illustrato un corposo dossier sulle problematiche legate alla rete stradale di propria competenza e all'edilizia scolastica, parlando di una «viabilità martoriata» anche a causa della violenta ondata di maltempo (neve, pioggia e forte vento) che ha colpito l'Abruzzo all'inizio del mese di marzo 2015;
   secondo Di Marco servono 33 milioni di euro per mettere in sicurezza le strade del territorio provinciale e 5 milioni di euro per l'edilizia scolastica (63 edifici);
   stando alla relazione dei dirigenti dell'ente, le zone più colpite sono la Vestina (Penne, Farindola, Vicoli, Loreto, Carpineto, Piacciano) e l'alta val Pescara (Corvara, Pietranico, Pescosansonesco, Castiglione). Nella fascia pedemontana si sono registrate le problematiche maggiori e la situazione è in continua evoluzione. Con l'arrivo della stagione estiva c’è il rischio di nuovi crolli e smottamenti in quanto i terreni si asciugheranno. Perizie e progetti per la messa in sicurezza e la sistemazione definitiva delle strade provinciali sono già pronti, ma servono le risorse;
   la realizzazione di interventi specifici (realizzazione di opere di contenimento; drenaggi e ricostruzione del corpo stradale; ripristino delle sedi stradali, della barriere di protezione e della segnaletica; disgaggio e bonifica delle parti rocciose; regimazione delle acque meteoriche; consolidamento delle scarpate) consentirà di ristabilire condizione di piena efficienza e sicurezza della viabilità provinciale;
   sul fronte dell'edilizia scolastica, l'ente gestisce 18 istituti, per un totale di 63 edifici ed una popolazione scolastica di 15.979 unità. Nello specifico, occorrono 600 mila euro l'anno per la manutenzione ordinaria e 600 mila euro l'anno per quella straordinaria. Altri 600 mila euro servono per il completamento revisioni coperture; 800 mila euro per la riqualificazione degli impianti termici; 1,5 milioni di euro per il completamento degli adeguamenti certificativi; 1,3 milioni di euro per il completamento delle verifiche sismiche;
   nel corso dell'incontro è emerso lo stato di grave difficoltà finanziaria della provincia che non potrà garantire il mantenimento degli equilibri di bilancio, non potrà approvare il bilancio di previsione 2015/2017, non potrà garantire i servizi riconducibili alle funzioni fondamentali e si avvierà sulla strada del dissesto;
   per l'erogazione dei servizi ci sono 8,8 milioni in meno rispetto all'anno scorso – ma i servizi sono gli stessi – e a fronte di entrate correnti per 26 milioni la spesa corrente dovrebbe essere di 35 milioni di euro, generando un disequilibrio di bilancio di parte corrente per 8,8 milioni. Per quanto riguarda il patto di stabilità, per il 2015 l'amministrazione provinciale pescarese ha un margine di manovra pari a 1,2 milioni di euro, mentre le fatture registrate ammontano a 7,8 milioni di euro –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per il superamento dell'emergenza della rete stradale del territorio provinciale e per evitare la paralisi dell'ente. (4-08707)


   TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   molti esponenti politici già con mandato elettorale nei propri comuni stanno sfruttando una falla legislativa in merito all'incompatibilità e l'ineleggibilità legge 165 del 2004, al fine di candidarsi alle elezioni regionali nelle fila del proprio partito;
   i sindaci dei comuni di Sant'Egidio Monte Albino e Agropoli hanno fatto ricorso contro i loro stessi comuni per aver ricevuto una multa in divieto di sosta. Il sindaco di Giffoni Valle Piana ha danneggiato la propria auto in una buca e ha fatto ricorso per i danni alla sua autovettura. Queste azioni sono servite per incorrere nell'incompatibilità di carica (fonte: http://wwwgazzettadeipicentini.it)
   la dottrina ritiene riconducibili le ipotesi di abuso di diritto alle clausole generali di buona fede – articolo 1175 del codice civile, comma 2. L'articolo fa riferimento al concetto di correttezza, a cui può affiancarsi quello di buona fede in senso oggettivo, cioè il dovere di comportarsi con lealtà ed onestà. Tale concetto viene richiamato per specificare la figura dell'abuso del diritto, cioè di quella condotta che si sostanzia nell'esercizio di un diritto, in modo da ledere la sfera giuridica altrui (833 codice civile) –:
   quali iniziative il governo intenda assumere per integrare la legge 2 luglio 2004, n. 165, affinché descriva, non solo le incompatibilità, ma anche l'ineleggibilità temporanea di tali soggetti. (4-08715)


   DA VILLA, SPESSOTTO e COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 febbraio 2010 il segretario regionale all'ambiente e al territorio della regione Veneto con la comunicazione rubricata «oggetto: Articolo 146 decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 — Autorizzazione paesaggistica per i progetti soggetti al parere della Commissione per la salvaguardia di Venezia» forniva ai nove comuni ricompresi nella conterminazione della laguna di Venezia, alle province di Venezia e di Padova e alle segreterie regionali competenti le seguenti indicazioni: «Ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 171 del 1973, la Commissione per la Salvaguardia di Venezia, relativamente ai progetti ricadenti entro la conterminazione lagunare, deve accertare che le opere da eseguirsi non siano in contrasto con le finalità indicate dall'articolo 1 della legge stessa: “... garantisce la salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico della città di Venezia e della sua laguna...” Considerato che dal 1o gennaio 2010 è entrata in vigore la nuova disciplina per il rilascio delle Autorizzazioni Paesaggistiche ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, si ritiene opportuno confermare che la Commissione per la Salvaguardia di Venezia mantiene la competenza per il rilascio del parere paesaggistico indicato dalla legge n. 171 del 1973 e successive modificazioni e integrazioni all'interno degli ambiti individuati dalla legge stessa e che il parere della Soprintendenza è acquisito in sede di Commissione»;
   in data 18 marzo 2010, sul tema «Autorizzazione paesaggistica per i progetti ricadenti nell'ambito della Conterminazione lagunare vigente, sottoposti ai pareri della Commissione per la Salvaguardia di Venezia ai sensi della legge n. 171 del 1973 e della Soprintendenza, ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004», la Soprintendenza confermava ai nove Comuni della Conterminazione lagunare che «il parere di questa Soprintendenza [...] viene espresso in seno alla Commissione per la Salvaguardia di Venezia»;
   in data 28 luglio 2011, il presidente della regione Veneto chiedeva al Presidente del Consiglio dei ministri e a cinque Ministri un parere in merito alle competenze della commissione di salvaguardia in comune di Venezia e in particolare «di valutare il ruolo assegnato alla Commissione per la Salvaguardia di Venezia in materia di rilascio paesaggistica, con l'entrata in vigore [...] della nuova disciplina in materia di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e della Legge della Regione del Veneto del 26 maggio 2011 n. 10 in materia di paesaggio»;
   in data 11 novembre 2011, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri comunicava al presidente della regione che «il 13 ottobre u.s. si è tenuta presto gli uffici di questa Presidenza del Consiglio una riunione tecnica con le suddette amministrazioni, nel corso della quale [...] i rispettivi rappresentanti hanno ritenuto condivisibili le considerazioni contenute nella lettera del 28 luglio 2011 [...]. Per quanto attiene, infine, al ruolo ed alle competenze della Commissione per la salvaguardia di Venezia in materia paesaggistica, sembrerebbe che le stesse debbano permanere, considerato che l'introduzione di una normativa di portata generale [...], qual è quella recata dall'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, non possa derogare alla normativa di carattere speciale, costituita dal complesso delle norme che disciplinano i poteri della stessa Commissione»;
   in data 9 febbraio 2012, l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia faceva presente che: «Il nuovo testo della norma [modifica del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42], in vigore dal 1o gennaio 2010, prevede, tra le altre cose, che “l'autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire e agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio”»;
   a partire dal gennaio 2010, otto comuni hanno inviato le richieste di parere paesaggistico alla commissione di salvaguardia per gli interventi nell'ambito della conterminazione lagunare, tra i quali anche i comuni che hanno completato l'adeguamento della propria strumentazione urbanistica al piano d'area della laguna e dell'area veneziana (PALAV). Solo il comune di Venezia, per le autorizzazioni paesaggistiche, non segue la procedura prevista dalla legge speciale per Venezia n. 171 del 1973, non invia le pratiche alla Commissione di Salvaguardia e segue invece l’iter e le procedure previste dalle leggi ordinarie (articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni, e conseguente Legge Regionale n. 1 del 2009, modificata dalla Legge Regionale n. 26 del 2009, in particolare da quanto previsto all'articolo 5) –:
   se il Governo, per quanto di competenza, non ritenga opportuno chiarire se la legge speciale per Venezia n. 171 del 1973, e successive modifiche e integrazioni, e in particolare gli articoli 1 e 6, mantenga la propria validità giuridica per tutti i comuni della conterminazione lagunare compreso il comune di Venezia o se vadano altrimenti applicate le competenze e le procedure della legge ordinaria (decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 146) che, secondo il parere del Sottosegretario di Stato trasmesso in data 11 novembre 2011 e i pareri dell'Avvocatura distrettuale dello Stato (9 febbraio 2012 e 27 novembre 2014), non avrebbe valenza per il territorio della conterminazione lagunare. (4-08724)


   FRANCO BORDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 aprile 2015 il Partito Democratico di Milano ha lanciato tramite il proprio sito internet www.pdmilano.net una campagna di tesseramento attivando una «promozione» utilizzando il logo ufficiale della Manifestazione Universale EXPO 2015 «Nutrire il pianeta, Energia per la vita», tale promozione consiste nella possibilità di iscriversi al partito e ricevere un biglietto per l'EXPO di Milano pagando 25 euro al posto di 50 euro;
   nel proprio sito il Partito Democratico di Milano scrive: «Il PD è l'unico partito a Milano ad essere rivenditore ufficiale dei biglietti per Expo 2015 – spiega il Segretario Bussolati – questo perché crediamo fortemente nel successo della manifestazione e vogliamo, come è nel nostro dna, metterci a disposizione della città anche in questa importante occasione. Vogliamo che tanti milanesi visitino Expo. Per questo abbiamo deciso di acquistare e rivendere i tagliandi ai nostri iscritti con una promozione dedicata. E per i giovani under 30, che si iscriveranno al Partito Democratico di Milano, un'opportunità in più: con 25 euro riceveranno tessera 2015 e un biglietto per visitare Expo.»;
   sul web viene fatta girare una comunicazione che, oltre a riportare il simbolo elettorale del PD a fianco del logo di EXPO 2015,così recita: «Iscriviti al PD di Milano e acquista da noi il tuo biglietto di Expo: spendi SOLO 25 euro invece di 50 !»;
   sul sito ufficiale di EXPO 2015, nella sezione relativa i rivenditori autorizzati, aggiornato al 30 marzo 2015 il Partito Democratico non risulta nell'elenco dei rivenditori autorizzati;
   sul sito ufficiale di EXPO 2015 è specificata la seguente condizione: «Il Biglietto è valido solo se acquistato da Expo 2015 S.p.A. o dai Rivenditori Autorizzati. Per accedere e restare all'interno dell'Esposizione universale, il detentore del biglietto deve aver acquistato il biglietto direttamente da Expo o da un soggetto autorizzato a rivendere i biglietti. Nel caso in cui i biglietti fossero acquistati da terzi, o nel caso in cui il biglietto fosse rubato, contraffatto, non leggibile, copiato o ottenuto in violazione dei termini e condizioni (disponibili al seguente link: https://tickets.expo2015.org/Content/TerminiECondizioni.pdf), il detentore del biglietto non sarà legittimato ad accedere all'Esposizione Universale o potrà essere invitato ad abbandonare l'Esposizione Universale»;
   il contratto di rivendita dei biglietti EXPO 2015 scaricabile dal sito ufficiale di EXPO 2015 (www.expo2015.org) specifica:
    al punto 16.2 (a) «Il Rivenditore Autorizzato si impegna ad informare ciascun acquirente dei Biglietti che all'acquirente ed al Detentore del Biglietto è fatto espresso divieto di rivendere i Biglietti (salvo il caso in cui l'acquirente del Biglietto sia un Sub-Distributore) e di utilizzare i Biglietti per promuovere un qualsiasi prodotto o servizio di terzi. Il Rivenditore Autorizzato si impegna a far sì che la disposizione, “l'acquirente del biglietto si impegna affinché lo stesso non sia rivenduto o utilizzato per promuovere persone, società, prodotti o servizi” o espressioni avente lo stesso effetto, siano fornite per iscritto a ciascun acquirente dei biglietti al momento della vendita o, per lo meno, al momento in cui il biglietto è consegnato all'acquirente.»;
    al punto 16.2 (b) «Il Rivenditore Autorizzato si impegna a (i) non vendere i Biglietti ad alcun soggetto che il Rivenditore Autorizzato abbia ragione di credere rivenda i Biglietti ovvero utilizzi i Biglietti a fini promozionali o per altri scopi commerciali (ii) non utilizzare in alcun modo i Biglietti in campagne di raccolta di contributi o donazioni senza il preventivo consenso scritto di Expo, e (iii) a non acquistare o in ogni modo tentare di acquistare Biglietti da soggetti diversi da Expo ai sensi del presente Contratto. Qualsiasi inadempimento da parte del Rivenditore Autorizzato degli obblighi di cui al 16 presente Articolo 16.2 (b) sarà considerato un inadempimento grave e di rilevante importanza ai sensi del Contratto»;
    al punto 18.1 «Salvo quanto previsto all'Articolo 17.1 che precede o se altrimenti autorizzato da Expo, il Rivenditore Autorizzato non ha diritto di utilizzare alcun marchio, simbolo: tema, logo o mascotte relativi ad Expo o un qualunque nome o designazione che implichi un rapporto di società, associazione, licenza, agenzia, rivendita autorizzata o sponsorizzazione con Expo, il BIE o in qualsiasi modo connesso all'Esposizione Universale.»;
    al punto 18.2 «Il Rivenditore Autorizzato riconosce che gli sono stati concessi diritti esclusivamente connessi alla vendita e commercializzazione dei Biglietti e che non gli è stato concesso alcun altro diritto di commercializzazione, pubblicità, cobranding o promozione delle vendite in qualsiasi modo connesso ad Expo o all'Esposizione Universale diversi da quelli di cui all'Articolo 17. Per chiarezza, nessuna disposizione del presente Contratto può essere interpretata come una concessione al Rivenditore Autorizzato di alcun diritto di commercializzazione, promozione, sponsorizzazione o altri diritti associati ad Expo, al BIE o all'Esposizione Universale.»;
   da un articolo apparso sul quotidiano «la Repubblica» dell'8 aprile 2015 si apprende che il Segretario del PD Milanese specifica che il Partito Democratico sarebbe «sub-rivenditore» e non rivenditore ufficiale dei biglietti di expo 2015, contraddicendo quanto scritto sul proprio sito internet;
   il contratto di rivendita dei biglietti di EXPO 2015 altresì specifica:
    al punto 22.1 «Mandato ai Sub-Distributori. Il Rivenditore Autorizzato potrà dare mandato ad alcuni SubDistributori ad assisterlo nella promozione, vendita e distribuzione dei Biglietti. Il Rivenditore Autorizzato potrà dare mandato solo a quei Sub-Distributori che siano parte dello stesso gruppo societario del Rivenditore Autorizzato e che siano elencati all'Allegato C o che siano stati preventivamente approvati per iscritto da Expo. La vendita dei Biglietti da parte dei Sub-Distributori approvati da Expo nel rispetto delle disposizioni del presente Contratto non sarà considerata una attività di rivendita in violazione del Contratto.»;
   il Governo italiano partecipa la Società «EXPO 2015 SPA» –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere in merito alla necessità di verificare l'effettiva legittimità di questa attività di vendita dei biglietti «Expo 2015» da parte del Partito democratico di Milano e la legittimità dell'utilizzo del logo di EXPO 2015 in abbinamento al simbolo di un partito per la propria campagna di tesseramento;
   quali iniziative di competenza si intenda assumere affinché si provveda alla sospensione della suddetta attività e all'eventuale verifica della legittimità e validità dei biglietti venduti da parte del Partito Democratico anche al fine di evitare pregiudizio di immagine all'Esposizione universale di Milano. (4-08726)


   COSTANTINO e FRANCO BORDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'attestazione di idoneità alloggiativa è un documento che certifica, in base ai parametri di cui al decreto ministeriale 5 luglio 1975 (recante indicazioni relative alla «Altezza minima ed ai requisiti igienico sanitari principali dei locali d'abitazione»), l'adeguatezza di un alloggio dal punto di vista igienico-sanitario e rispetto ai requisiti minimi di abitabilità;
   ai fini del rilascio di tale certificazione, gli uffici comunali devono dunque valutare le caratteristiche dell'alloggio nonché, in base ai parametri indicati dal citato decreto ministeriale, la sua capienza effettiva concernente il numero di persone per le quali risulti adeguato;
   la certificazione di idoneità alloggiativa ha validità per soli 6 mesi, come risulta «a contrario» dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 (a norma del quale, «I certificati che riguardano fatti e qualità personali non soggette a modificazioni hanno validità illimitata. Le altre certificazioni hanno validità di sei mesi dalla data del rilascio»);
   questure e prefetture si conformano a tale interpretazione richiedendo generalmente (salvo virtuosi casi di ragionevole tolleranza) attestazioni rilasciate non oltre 6 mesi prima;
   il certificato di idoneità alloggiativa è richiesto unicamente ai cittadini stranieri per i seguenti procedimenti amministrativi: richiesta di permesso di soggiorno di lungo periodo, anche nell'interesse dei familiari conviventi (articolo 9 testo unico dell'immigrazione e articolo 16, comma 4, lettera b, decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999), richiesta di nulla osta ricongiungimento familiare (articolo 29, comma 3 lettera a) del testo unico dell'immigrazione, articolo 6, comma 1 lettera c), decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999), sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro subordinato solo in caso di primo ingresso (a seguito di decreto flussi o a seguito di sanatoria per l'emersione di lavoro irregolare);
   l'abrogazione delle norme che ne richiedevano il possesso in sede di rinnovo del permesso o di cambio del datore di lavoro ne ha decisamente ridimensionato l'importanza e la frequenza di richiesta;
   con ordinanza 6 agosto 2014, il tribunale di Bergamo – accogliendo il ricorso presentato da ASGI, CGIL Bergamo e Coop. Ruah insieme a 3 cittadini stranieri residenti a Bolgare (Bergamo) – ha dichiarato la natura discriminatoria per ragioni di etnia e nazionalità della delibera comunale 6/2014, nella parte in cui aveva aumentato da 150 a 500 euro (mentre nel 2011 era di soli 30 euro) il costo del certificato di idoneità alloggiativa;
   nonostante detta ordinanza sia passata in giudicato altri comuni della medesima provincia hanno seguito la medesima strada emanando delibere comunali con incrementi anche del 100 per cento della tassa richiesta per ottenere il certificato (Telgate: euro 325; Albino: euro 160; Seriate: euro 220) e motivando con riferimento ad asseriti costi e oneri per l'amministrazione per il rilascio del certificato;
   in realtà non risulta affatto che l'attività di verifica preliminare al rilascio del certificato sia diventata più onerosa rispetto al passato (quando veniva comunque svolta dai comuni con i medesimi strumenti e le medesime finalità, non essendo per nulla mutata la normativa in materia), tanto è vero che la maggioranza dei comuni italiani (come si può evincere dai portali internet dei singoli enti locali) richiede un tributo attorno ai 30/50 euro;
   vi è quindi ragione di ritenere che l'improvviso e ingiustificato incremento della tassa richiesta per il rilascio del certificato sia determinato dalla illecita finalità di dissuadere gli stranieri dalla residenza nei comuni in questione, aggravando illegittimamente i procedimenti che li riguardano;
   l'equilibrata distribuzione dei migranti sul territorio nazionale e il divieto di forme protezionistiche che influenzino illegittimamente detta distribuzione, oltre a costituire espressione del diritto alla mobilità dei migranti che soggiornano regolarmente sul nostro territorio, costituisce compito del governo quale titolare delle politiche migratorie –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se ritengano di assumere iniziative, anche normative, al fine di evitare che il potere di determinazione della tassa per il rilascio del certificato di idoneità alloggiativa possa incidere negativamente sulla libertà di circolazione dei migranti e sulla determinazione delle politiche migratorie. (4-08727)


   PRATAVIERA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) è una Autorità di regolazione di servizi di pubblica utilità ai sensi della legge n. 481 del 1995 ed è stata istituita con la legge n. 249 del 31 luglio 1997, n. 249;
   per l'espletamento delle funzioni attribuitele l'Autorità può avvalersi di 25 unità di personale provenienti da altre amministrazioni in posizione di comando o distacco o fuori ruolo;
   il comma 68 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2012 (cosiddetta legge anticorruzione) prevede che: «... i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato non possono essere collocati in posizione di fuori ruolo per un tempo che, nell'arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni, anche continuativi. Il predetto collocamento non può comunque determinare alcun pregiudizio con riferimento alla posizione rivestita nei ruoli di appartenenza»;
   l'avvocato Francesco Sclafani appartenente ai ruoli dell'Avvocatura dello Stato, a febbraio 2013 aveva già accumulato nel corso della sua carriera 7 anni e 8 mesi di servizio in posizione di fuori ruolo dalla propria amministrazione e pertanto, sulla base della predetta normativa, un eventuale ulteriore incarico fuori ruolo non avrebbe potuto avere durata superiore a 2 anni e 4 mesi;
   in data 27 marzo 2013 l'Agcom adottava la delibera 257/13/CONS con la quale attribuiva l'incarico di segretario generale dell'Autorità all'avvocato Francesco Sclafani per una durata di 5 anni, rinnovabile, previo collocamento del medesimo in posizione fuori ruolo;
   in data 24 aprile veniva concesso il predetto fuori ruolo e l'avvocato Sclafani si insediava presso l'Agcom in qualità di segretario generale a decorrere dal successivo 2 maggio 2013 per una durata di 5 anni, a giudizio dell'interrogante in palese contrasto con il comma 68 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2012 –:
   quali iniziative il Governo abbia intenzione di adottare per garantire il rispetto del comma 68, dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2012 in primo luogo da parte dell'Avvocatura dello Stato. (4-08729)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 24 aprile 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, è stato introdotto, a partire dall'8 luglio 2014, il pagamento di una tassa consolare equivalente a 300 euro per la trattazione delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana presentate, a qualsiasi titolo, da soggetti maggiori di anni 18;
   l'introduzione di diritti consolari per tale servizio è stata decisa proprio in considerazione della complessità delle operazioni di ricostruzione jure sanguinis della cittadinanza;
   come è noto, soprattutto in Sudamerica, dove si registra la più grande comunità di discendenti italiani, tale processo può estendersi a volte oltre la sesta generazione, richiedendo adempimenti molto onerosi per gli uffici consolari in termini di risorse umane e strumentali;
   il suddetto tributo aggiuntivo, qualora non comporti un miglioramento in termini di accelerazione del procedimento amministrativo per il riconoscimento certo della cittadinanza o, in generale, della qualità dei servizi consolari resi agli utenti, si limita a configurarsi come l'ennesimo taglio alle già esigue risorse destinate alla rete consolare, non avendo alcuna altra ratio tale da giustificarne la sussistenza a fini di ottimizzazione amministrativa. Pertanto, l'applicazione di un tributo aggiuntivo troverebbe una sua giustificazione qualora le risorse da esso derivate venissero veicolate dal Ministero dell'economia e delle finanze ai relativi capitoli di spesa del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in ragione di un non trascurabile principio di coerenza amministrativa –:
   in che modo vengano distribuite ed adoperate le somme prelevate per la trattazione delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana all'estero e trattenute presso Ministero dell'economia e delle finanze;
   se non ritenga urgente la necessità di riallocare integralmente alle stesse strutture consolari i diritti che riscuotono rafforzando e migliorando i servizi agli utenti;
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché il contributo di 300 euro possa essere destinato all'azzeramento delle pesanti liste di attesa accumulatesi, soprattutto in America Latina, e al rafforzamento dei servizi consolari nelle circoscrizioni dove si concentra elevatissimo numero di cittadini italiani. (4-08723)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, MICILLO, BUSTO, DAGA, MANNINO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comma 6 dell'articolo 1 della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante «Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale» prevede che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ogni due anni, presenti al Parlamento la relazione sullo stato dell'ambiente;
   la relazione rappresenta un importante momento di sintesi politica che, partendo dalla fotografia della situazione ambientale del nostro Paese, individua le linee di azione su cui il Governo intende muoversi;
   le prime due relazioni sono state trasmesse al Parlamento nel 1989 e nel 1992 dall'allora Ministro Giorgio Ruffolo; la terza relazione, pubblicata nel 1997, dopo ben cinque anni dalla precedente, è stata firmata dal Ministro Ronchi; dopo altri quattro anni, nel 2001, è arrivata la relazione predisposta dal Ministro Willer Bordon; con un intervallo analogo sono arrivate le ultime due relazioni sullo stato dell'ambiente, nel 2005 la relazione curata dal Ministro Altero Matteoli e nel 2009 la relazione curata dal Ministro Stefania Prestigiacomo;
   l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 195 del 2005 prevede che la relazione sullo stato dell'ambiente sia pubblicata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con modalità atte a garantire l'effettiva disponibilità al pubblico;
   pur con la consapevolezza dell'enorme quantità di dati di interesse ambientale contenuti nelle preziose e dettagliate relazioni predisposte annualmente dall'ISPRA – che sembrano, di fatto, aver sostituito la relazione sullo stato dell'ambiente prevista dalla legge n. 349 del 1986 — si ha la sensazione che la mancata pubblicazione biennale della relazione manifesti l'assenza di un importante strumento politico — proprio perché indicativo di possibili strategie di Governo — che non può essere sopperita dai rapporti tecnici dell'ISPRA;
   anche in questa legislatura, iniziata da due anni, il Governo non ha ancora provveduto all'invio al Parlamento della relazione sullo stato dell'ambiente, in contrasto con una precisa disposizione di legge –:
   se il Ministro interrogato intenda adempiere all'obbligo di elaborare e trasmettere al Parlamento una aggiornata relazione sullo stato dell'ambiente, che, sulla base delle enormi criticità ambientali del Paese, esprima la proposta programmatica del Governo per assicurare la sostenibilità della propria azione. (5-05290)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti stampa che nei giorni scorsi i carabinieri hanno disposto presso il comune di Chiaravalle il sequestro di atti riguardanti la realizzazione di un centro commerciale, proprio accanto alla Abbazia Cistercense nel centro storico della città;
   l'abbazia cistercense di Santa Maria in Castagnola di Chiaravalle, in provincia di Ancona, è un monumento del XII secolo di grande rilievo artistico ed un pregevole esempio, di architettura romanica in Italia;
   il monumento è stato già oggetto di attenzione da parte dell'opinione pubblica in quanto nel maggio del 2010 il comune ha ceduto alla parrocchia (un ente privato) il diritto di superficie (per 99 anni) sul Chiostro del Monastero (un'area di circa 800 metri quadrati), nonostante l'esistenza di un vincolo pubblicistico di indisponibilità;
   circa 30 anni fa, infatti, il chiostro del monastero di Chiaravalle, all'epoca di proprietà del Monopolio di Stato, fu trasferito al comune di Chiaravalle per 400 milioni di lire, ed acquisito al suo patrimonio indisponibile con vincolo di destinazione pubblica;
   nel corso del 2010 il consiglio comunale, su proposta della giunta comunale, ha approvato il trasferimento del Chiostro dal patrimonio indisponibile a quello disponibile del comune e, ciò, nonostante l'esistenza di un vincolo pubblicistico statuale di inalienabilità;
   per la cessione del diritto di superficie – si apprende sempre dalla stampa – il sindaco allora in carica, a fine 2011, avrebbe chiesto alla Soprintendenza l'autorizzazione e, nell'estate del 2012, la Soprintendenza avrebbe dato il via libera all'operazione;
   in particolare, le indagini dei carabinieri sarebbero dirette ad accertare la liceità dell'acquisto, da parte del comune di Chiaravalle, dell'orto dei preti della Abbazia: una fascia di terreno di circa 2 mila metri quadrati sulla quale si teme possa essere realizzata la strada di accesso al nuovo centro commerciale che, in base al progetto approvato nel 2012 dalla giunta comunale del sindaco allora in carica, dovrebbe sorgere proprio accanto al monastero;
   il Chiostro del complesso cistercense è, infatti, adiacente all'area ex Fintecna-Cral dove la Servizi srl, attuale proprietaria dell'area, ha in cantiere la realizzazione di un megastore di 2.200 metri quadrati;
   il progetto del centro commerciale, incluso nel piano particolareggiato del centro storico, è stato approvato a fine 2012 dalla giunta a 16 giorni dalle sue dimissioni;
   l'area è stata quindi già oggetto di un preliminare di vendita tra la Servizi srl e la Cedi Marche (marchio «Sì con te») –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione ai fatti narrati e, ciò, sia con riguardo specifico alla operazione di cessione del diritto di superficie dal comune di Chiaravalle alla parrocchia, nonostante l'esistenza di un vincolo pubblicistico di indisponibilità, sia più in generale con riguardo al progetto di centro commerciale sull'area ex Fintecna-Cral, proprio adiacente all'Abbazia, ed alla realizzazione della strada di accesso al megastore su una fascia di terreno di circa 2 mila metri quadrati, nota come «orto dei preti» della medesima Abbazia al fine di assicurare la piena tutela del bene.
(5-05297)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in materia di finanza locale, negli ultimi anni, numerosi interventi normativi sono stati principalmente rivolti al contenimento della spesa e alla riduzione dell'indebitamento da parte degli enti locali, a tal fine prevedendo una progressiva diminuzione del tetto dell'indebitamento;
   gli enti locali che attivano le procedure per l'estinzione anticipata dei mutui assunti presso la Cassa depositi e prestiti devono corrispondere oltre al capitale residuo anche un indennizzo calcolato ai sensi del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 20 giugno 2003;
   l'entità dei suddetti indennizzi supera spesso, per i mutui a tasso fisso, il 10 per cento del capitale da rimborsare, configurandosi come una sorta di «penalità» per gli enti locali;
   il rimborso anticipato del mutuo consente all'ente di ridurre l'indebitamento pubblico e di spendere l'avanzo di amministrazione altrimenti non utilizzabile visti i limiti imposti dal patto di stabilità;
   secondo Cassa depositi e prestiti spa l'indennizzo previsto per l'estinzione anticipata dei prestiti ordinari concessi dalla medesima in favore degli enti locali, e regolati a tasso fisso, ha la finalità di recuperare i costi connessi al disallineamento tra i tassi dell'originaria provvista necessaria ai fini della concessione del finanziamento ed i tassi di mercato vigenti al momento del rimborso anticipato;
   pertanto a fronte di una riduzione dell'indennizzo per estinzione anticipata da parte degli enti locali – associata a una elevata richiesta di rimborso di prestiti – potrebbero verificarsi significative conseguenze per la società in termini di redditività ed equilibrio economico-patrimoniale;
   Cassa depositi e prestiti ha inoltre precisato che, per quanto concerne i prestiti che presentano quale modalità di calcolo dell'indennizzo quello previsto dal decreto Ministero dell'economia e finanze 20 giugno 2003, una eventuale revisione dello stesso – che comporti la corresponsione di indennizzi inferiori a quelli attualmente previsti – determinerebbe la necessità di reintegrare la società per i minori introiti che si verrebbero a creare in conseguenza della revisione stessa;
   appare necessario agli interpellanti approfondire queste considerazioni poiché, in un contesto di grande criticità della finanza locale, sarebbe importante consentire agli enti territoriali di estinguere i mutui e destinare maggiori risorse agli investimenti e alla crescita –:
   quali siano i dati disaggregati relativi ai mutui accesi dagli enti territoriali (con particolare riferimento alle seguenti classi demografiche: da 0 a 5000 abitanti, da 5000 a 15.000 e oltre i 15.000) quale ne sia l'ammontare medio per comparto e quali siano il tasso di interesse medio applicato e l'entità media dell'indennizzo;
   se il Ministro interpellato non ritenga necessario operare una puntuale ricognizione dei dati a disposizione per verificare la possibilità di cambiare la disciplina in materia di estinzione anticipata dei mutui al fine di contenere l'entità dell'indennizzo nella misura massima del 5 per cento del capitale da rimborsare.
(2-00922) «Fragomeli, Causi, Marchi, Fregolent, Marco Di Maio, Marantelli, Garofani, Amato, Antezza, Bergonzi, Borghi, Bruno Bossio, Capozzolo, Carloni, Casati, Cominelli, D'Incecco, Donati, Fabbri, Fanucci, Cinzia Maria Fontana, Fossati, Gadda, Galperti, Gasparini, Giulietti, Lodolini, Magorno, Manfredi, Montroni, Moretto, Patriarca, Petrini, Piazzoni, Preziosi, Rampi, Romanini, Sgambato, Verini».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MORETTO, GINATO e ZOGGIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (legge di stabilità 2015) all'articolo 1, comma 92, è introdotto, a decorrere dal 2015, un credito d'imposta in favore delle forme di previdenza complementare (i cosiddetti fondi pensione, di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252), riconosciuto nella misura del 9 per cento del risultato netto maturato (assoggettato all'imposta sostitutiva di cui all'articolo 17 del richiamato decreto legislativo n. 252 del 2005, applicata in ciascun periodo d'imposta); l'agevolazione intende compensare l'incremento dell'aliquota impositiva sui redditi di natura finanziaria, che per gli investimenti dei fondi pensione è incrementata dall'11,5 al 20 per cento nella stessa Legge di stabilità (articolo 1, commi 621 e 622);
   il credito d'imposta è attribuito a condizione che un ammontare corrispondente al risultato netto maturato assoggettato alla citata imposta sostitutiva sia investito in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine, individuate con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; l'agevolazione prevista va certamente a favore dello sviluppo economico del nostro Paese, ma la forma che prenderà l'assegnazione di tale credito d'imposta si rivelerà determinante per gli effetti sull'economia reale;
   dalle anticipazioni sui contenuti del decreto attuativo sembrerebbe identificata la definizione di cosa si intende per medio lungo termine nella previsione secondo cui i titoli debbono essere mantenuti in portafoglio per almeno cinque anni (e in caso di vendita anticipata, il corrispettivo conseguito deve essere impiegato per nuovi investimenti nelle medesime attività);
   sembrerebbe inoltre che il credito fiscale sia previsto solo a fronte di investimenti in attività che rappresentano operazioni di finanziamento per la realizzazione di infrastrutture correlate all'erogazione di servizi pubblici o di pubblica utilità e dove questi investimenti siano condotti in forma diretta nel capitale o in strumenti di debito di società che operano in questi settori oppure in forma indiretta, sottoscrivendo quote di fondi specializzati in questo tipo di investimenti; il credito d'imposta si attiverebbe soltanto in relazione a investimenti in infrastrutture, comprese telecomunicazioni ed energia, mentre risulterebbero esclusi tutti gli altri settori;
   tali modalità di attuazione consentirebbero certamente di attrarre gli investitori istituzionali nei settori che più rapidamente incidono sulla competitività dell'economia e dove l'investimento è capace di generare reddito attraverso ricavi da utenza; tuttavia, la limitazione dei settori potrebbe costituire un freno alla capacità di incanalare il risparmio previdenziale nel rilancio dell'economia; minibond e forme di equity «di sviluppo» diretti alle imprese di altri settori e in grado di creare occupazione risulterebbero infatti esclusi da tali modalità di attuazione, nonostante costituiscano tipologie di investimento sostenute da realtà dedicate alla tutela del risparmio, che si sono in molti casi mosse tempestivamente e coraggiosamente per contrastare la crisi –:
   quale sia lo stato di avanzamento della stesura del decreto relativo alle modalità di attuazione del credito d'imposta in favore delle forme di previdenza complementare previsto all'articolo 1, comma 92, della legge di stabilità 2015 e se siano confermate le anticipazioni descritte riguardanti la durata e i settori di destinazione degli investimenti (5-05291)


   SARTI, FERRARESI, DELL'ORCO, SPADONI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 25 della legge 142 del 1990, in data 1o gennaio 1992, si costituiva a Rimini l'azienda consortile «TRAM», che si occupa della programmazione e dell'esercizio del trasporto pubblico locale nel bacino della provincia e con l'Accordo di programma per la realizzazione del trasporto rapido costiero (TRC) Cattolica – Rimini Fiera – del 18 dicembre 1998, il consorzio TRAM veniva individuato quale affidatario della gestione del servizio e della costruzione delle opere pubbliche necessarie al suo svolgimento;
   Agenzia TRAM nel 2006 cambiava denominazione sociale e diventava «Agenzia Mobilità Provincia di Rimini». Agenzia mobilità avrebbe dovuto realizzare nel quinquennio successivo l'imponente progetto della metropolitana di costa (TRC);
   l'intervento, nella sua più ampia definizione di «sistema di trasporto a guida vincolata nell'area metropolitana della Costa Romagnola Metropolitana», rientrava nel primo programma delle opere strategiche (cosiddette Grandi Opere) individuate con delibera CIPE 21 dicembre 2001 n. 121 (Gazzetta Ufficiale n. 51 del 21 marzo 2002 S.O.) attuativa della legge 21 dicembre 2001 n. 443 cosiddetta legge Obiettivo);
   il progetto veniva tecnicamente denominato trasporto rapido costiero (TRC), e prevedeva la realizzazione di tre tratte, che avrebbero dovuto essere eseguite nel seguente ordine: prima tratta funzionale da Rimini stazione a Riccione stazione; seconda tratta funzionale da Rimini stazione alla fiera di Rimini; terza tratta funzionale da Riccione stazione a Cattolica;
   il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) assumeva determinazioni in merito alla prima tratta funzionale Rimini stazione – Riccione stazione, approvandone il progetto preliminare (delibera n. 86 del 20 dicembre 2004) e stanziando dei finanziamenti statali (delibera n. 70 del 27 maggio 2005). Il CIPE stesso, nella delibera 86/2004 sottolineava le caratteristiche tecniche che qualificavano l'opera, attestando quanto emerso dall'istruttoria svolta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. A conferma dell'aumento di permeabilità della circolazione tra monte e mare, lungo il percorso del metrò di Costa fra Rimini e Riccione sarebbero stati realizzati 9 sottovia per lo scavalcamento delle vie trasversali alla via di corsa, 2 ponti ed un ponticello, 3 sottopassi pedonali e 4 carrabili alla linea ferroviaria, mentre per 9 sottopassi già esistenti era previsto un intervento di prolungamento o ristrutturazione;
   in data 15 luglio 2008, la regione Emilia Romagna, la provincia di Rimini, il consorzio di enti locali agenzia mobilità provincia di Rimini ed i comuni di Rimini, Riccione, Misano Adriatico e Cattolica sottoscrivevano – ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 267 del 2000 e dell'articolo 15 della legge 241 del 1990 – l'accordo di programma disciplinante la realizzazione della infrastruttura metropolitana denominata trasporto rapido costiero (TRC) Cattolica-Rimini/Fiera, al fine di elevare l'efficienza dell'offerta di trasporto e migliorare la qualità urbana ed ambientale del sistema insediativo costiero;
   gli importi previsti per la realizzazione di tale infrastruttura venivano determinati in complessivi euro 85.773.839; con successivi adeguamenti tali importi venivano rideterminati, seppur non in via definitiva, in euro 102.794.092 complessivi da ripartirsi tra i partners pubblici;
   ad oggi non risultano ancora quantificati e resi noti i costi di esercizio e messa in funzione dell'opera. Diversamente, il quadro normativo di riferimento e segnatamente il contesto finanziario in cui opera l'ente, è stato profondamente innovato dopo la stipula dei vari accordi di programma;
   la presente interrogazione riguarda, in particolare, la seconda tratta funzionale del TRC (cosiddetto TRC 2), che dal 2009 è ancora soltanto un progetto fermo al CIPE. Si tratta di un'opera che si estenderebbe per 4 chilometri e 125 metri in sede protetta, al costo di circa 12 milioni di euro al chilometro, con un costo totale di 49 milioni di euro circa. Infatti, per la sua realizzazione saranno necessarie una serie di opere integrative quali ponti e sottopassi oltre agli inevitabili espropri e alle demolizioni che avranno luogo anche in una delle zone più pregiate della città, San Giuliano e Celle. Il TRC 2 diventerebbe una sorta di barriera, una strada preferenziale sopraelevata dai 3 ai 6 metri, adiacente alla ferrovia già esistente;
   è di primaria importanza sottolineare come tale progetto della seconda tratta funzionale del TRC, sia antecedente rispetto all'esistenza della fermata della ferrovia Trenitalia creata appositamente per la Fiera di Rimini. Al tempo del progetto dunque, poteva sussistere la necessità di un collegamento diretto con la Fiera, oggi non più in ragione del fatto che esiste già. Si ricorda infatti che i dati presi a riferimento per giustificarne la domanda di trasporto risalgono addirittura al 1995 e in questi 20 anni la situazione è mutata;
   alla luce di quanto fin ora esposto e data la situazione attuale, oggi, ad opinione dell'interrogante, non si ravvisa l'esistenza di alcun interesse pubblico alla messa in atto di tale progetto, condizione necessaria alla creazione di un'opera pubblica: si tratterebbe, infatti, di un mezzo di collegamento tra stazione e fiera che, come spiegato, esiste già e viene effettuato da Trenitalia. Il «TRC 2», inoltre, viaggerebbe nella stessa tratta e direzione e sorgerebbe proprio a fianco dei binari dell'attuale Ferrovia, già collegata con apposita fermata alla fiera di Rimini la quale viene raggiunta, in occasione delle manifestazioni, da ben 16 treni della linea Milano-Bari;
   l'interrogante, oltre a non rilevare alcuna pubblica utilità nell'utilizzo di risorse dello Stato per creare un collegamento già esistente e funzionante, si ritiene preoccupata dell'impatto ambientale che deriverebbe dalla realizzazione del TRC2. Infatti, già per la realizzazione del tratto TRC1, per fare spazio ai cantieri sono stati abbattuti numerosi alberi e ci sono state manifestazioni dei cittadini di Riccione e diffide da parte di Enpa, Lipu, Lav e Wwf. I lavori stanno danneggiando anche direttamente i cittadini proprietari delle case che affacciano sulla ferrovia i quali si ritroveranno a guardare il TRC subito fuori dalle loro finestre e che hanno già subito i relativi espropri –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della presenza del progetto in questione della seconda tratta funzionale cosiddetto TRC 2 presso il CIPE, fermo dal 2009, se, in ragione delle considerazioni di cui in premessa non ritenga di non contribuire al finanziamento di tale opera. (5-05299)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORDANO e SCOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la relazione al Parlamento 2013 predisposta dal Governo ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009 n. 196 è stato aggiornato il quadro macroeconomico e di finanza pubblica;
   da tale relazione è emersa la necessità di affiancare al consolidamento dei conti pubblici specifiche azioni di sostegno per fronteggiare l'accentuata debolezza della domanda interna;
   la relazione ha individuato nello sblocco dei pagamenti dei debiti delle amministrazioni pubbliche verso i propri fornitori un intervento attraverso il quale immettere in tempi brevi liquidità nel sistema economico, così da agevolare una ripresa della crescita;
   per realizzare queste misure il Governo ha varato il decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013 n. 64, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali;
   il comma 1 dell'articolo 1 di tale norma esclude dal patto di stabilità interno, per un importo complessivo di 5.000 milioni di euro, una serie di pagamenti tipizzati, sostenuti nel corso del 2013 dagli enti locali;
   sono dunque esclusi dal patto di stabilità interno i debiti in conto capitale certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012 e i debiti in conto capitale per i quali è stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2012 (compresi i pagamenti fatti dalle province ai comuni e i debiti in conto capitale riconosciuti alla data del 31 dicembre 2012 ovvero che presentavano i requisiti per essere riconosciuti come debiti fuori bilancio entro la medesima data, ai sensi dell'articolo 194 del decreto legislativo n. 267 del 2000);
   ai fini dell'attivazione della procedura il comma 2 prevedeva che comuni e le province dovessero, entro e non oltre il termine del 30 aprile 2013, comunicare mediante il sistema web della ragioneria generale dello Stato gli spazi finanziari di cui necessitavano per sostenere i suddetti pagamenti di debiti;
   sulla base delle comunicazioni pervenute sono stati individuati, con decreto del Ministero economia e delle finanze, per ciascun ente locale, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno, secondo modalità di riparto individuate dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 10 maggio 2013 ovvero, in mancanza, su base proporzionale;
   con un esposto del 19 aprile 2013 e successivi i consiglieri comunali di minoranza del gruppo consiliare «Noi per Pratola Serra» hanno segnalato tali omissioni ed altre macroscopiche irregolarità contabili alla procura regionale della Corte dei conti, alla Guardia di finanza, al prefetto della provincia di Avellino, al revisore dei conti del comune di Pratola erra e poi anche alla Cassa depositi e prestiti per mezzo fax e successiva raccomandata;
   alla data del 30 aprile 2013 (coincidente peraltro con la data dell'approvazione del conto consuntivo 2012) il comune di Pratola Serra ha effettuato richiesta dell'anticipazione di tesoreria per sbloccare i pagamenti inerenti a fatture che non risulterebbero né tra i residui passivi dell'ente né tra quelli fuori bilancio, inesistenti al consuntivo 2012, per circa un milione e trecentomila euro;
   l'amministrazione comunale ed i relativi dirigenti, quindi, non potevano non sapere di detti debiti;
   durante lo svolgimento del consiglio comunale di Pratola Serra convocato il 30 maggio 2013 per discutere sulle determinazioni del citato decreto-legge n. 35 del 2013 alcuni consiglieri hanno rilevato che alcuni tra i debiti per i quali il comune ha richiesto l'anticipazione di tesoreria per sbloccare i pagamenti non risultavano né tra i residui passivi dell'ente né tra quelli fuori bilancio (inesistenti e mai riconosciuti), notificandolo poi dallo stesso gruppo di opposizione;
   tale inserimento, a giudizio degli interroganti ambiguo e forse indebito, potrebbe aver pregiudicato gravemente la legittima soddisfazione di altri creditori del comune di Pratola Serra;
   su tale vicenda era già stata presentata il 5 agosto 2013 l'interrogazione a risposta scritta n. 4-01580, per la quale era stato delegato a rispondere il Ministero dell'economia e delle finanze e relativamente alla quale, tuttavia, ancora non è stata formulata risposta alcuna –:
   se il Ministro non ritenga doveroso ed urgente attivarsi al fine di effettuare verifiche, per quanto di competenza, sulle ipotizzate irregolarità amministrative disponendo i controlli che le norme attualmente in vigore rendono possibili;
   se non ritenga opportuno, alla luce delle possibili numerose e reiterate violazioni di norme che sembrano emergere da quanto esposto in premessa, promuovere un'ispezione contabile ed amministrativa da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica. (4-08712)


   VITELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il comma 251 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, sostitutivo del comma 1 dell'articolo 03 del decreto-legge n. 400 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 494 del 1993, ha ridefinito le modalità di determinazione dei canoni demaniali marittimi, prevedendo una classificazione delle aree sottoposte, in base agli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, al pagamento dei canoni di concessione (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei) in due aree: A (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica) e B (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica);
   il successivo comma 252, sostitutivo del comma 3 del citato articolo 3 del decreto-legge n. 400 del 1993, ha invece previsto che le misure dei canoni demaniali marittimi, come ridefinite dal comma 251, si applichino anche, a decorrere dal 1o gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto;
   l'articolo 12-bis del decreto legge 17 giugno 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, ha prorogato al 15 settembre di ciascun anno il versamento dei canoni delle concessioni demaniali marittime dovuti a partire dall'anno 2014;
   i commi 251 e 252 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 hanno generato il proliferare di un notevole contenzioso che va via via evolvendosi in senso favorevole ai concessionari;
   già nel 2012 la VI sezione del Consiglio di Stato (ord. n. 2810/1012) aveva rimesso le norme al vaglio della Corte Costituzionale avendo rilevato che un'applicazione generalizzata della norma contrastava con i principi di cui agli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 42 (libertà d'iniziativa economica) della Costituzione, in quanto venivano gravati della stessa misura di canone gli imprenditori che avevano realizzato strutture portuali con investimenti milionari, e quelli che invece avevano rilevato in concessione una struttura portuale realizzata e di proprietà statale. La Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 128 del 2014 ha ritenuto che il Consiglio di Stato non avesse fornito elementi sufficienti per decidere;
   oltre al profilo di incostituzionalità, va sottolineato che il concessionario che realizza una struttura portuale, resta proprietario delle opere fino a quando stesse, alla scadenza della concessione, divengono di proprietà statale (articolo 49 codice della navigazione). Ne consegue che, in base ai princìpi del nostro ordinamento, lo Stato non può pretendere canoni per beni che non gli appartengono (pertinenze, opere di facile e difficile rimozione), ma il canone andrà commisurato ai beni che originariamente ha dato in concessione;
   va peraltro considerato che i concessionari che hanno realizzato strutture portuali, essendo proprietari delle stesse, pagano l'IMU e pertanto il simultaneo pagamento di IMU e canone su un determinato immobile appare incompatibile dal momento che l'IMU inerisce alla proprietà, mentre il canone alla concessione e quindi un soggetto non può essere contemporaneamente proprietario e inquilino di un bene immobile;
   tale questione è stata oggetto di riflessione da parte della VI sezione del Consiglio di Stato (sentenza n. 626/2013) che ha individuato nella acquisizione dei beni da parte dello Stato il momento di discrimine per l'applicazione dei canoni di cui alla legge finanziaria 2007;
   la Magistratura amministrativa ha anche evidenziato profili di disparità di trattamento della norma che, applicata indiscriminatamente a tutti i concessionari, onererebbe dello stesso canone sia i soggetti che hanno realizzato la struttura con investimenti milionari, sia i soggetti che rilevano dallo Stato in concessione una struttura realizzata da altri;
   la VI sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 454 del 30 gennaio 2015 ha rimesso per la seconda volta gli atti alla Corte Costituzionale a riprova di quello che appare un fermo convincimento della incostituzionalità della normativa;
   al fine di eliminare disparità di trattamento e soprattutto per deflazionare il contenzioso in atto, appare opportuno emanare una norma interpretativa che espliciti che i nuovi canoni debbano trovare applicazione anche ai rapporti in corso, ma solo a quelli nei quali la struttura portuale data in concessione appartenga già allo Stato e non sia stata realizzata dal concessionario, e quindi che sino alla data di scadenza della concessione il concessionario debba corrispondere il canone originariamente pattuito, con le relative maggiorazioni pattuite, e che alla scadenza della concessione lo Stato, divenuto proprietario della struttura, possa concederla ai nuovi canoni, spettando quindi all'imprenditore valutare se risulti conveniente accedere all'operazione o rifiutarla;
   inoltre, l'applicazione delle nuove misure dei canoni demaniali anche ai concessionari che hanno realizzato la struttura, comporterebbe uno squilibrio del sinallagma contrattuale e dell'originario piano economico e finanziario, confezionato in modo che potessero, per la durata della concessione, ammortizzare gli investimenti, pagare il canone originariamente pattuito e realizzare un giusto guadagno;
   su tale materia in data 17 giugno 2014 è stato accolto un ordine del giorno presentato dall'interrogante in sede di conversione del decreto-legge 17 giugno 2014, n. 66, che impegnava il Governo ad una norma interpretativa, anche alla luce dei principi costituzionali e della giurisprudenza amministrativa, secondo la quale i nuovi canoni siano applicabili anche ai rapporti in corso, i con la precisazione che siano dovuti per quei rapporti in corso nei quali lo Stato sia divenuto proprietario delle strutture –:
   alla luce di quanto sopra esposto, quali iniziative il Governo abbia adottato o intenda adottare in merito, al fine di dare seguito all'ordine del giorno citato in premessa. (4-08721)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 aprile 2015 si è verificato un grave episodio presso la struttura carceraria di Montorio-Verona;
   in particolare, nel corso di una protesta avanzata da un detenuto, è stato appiccato il fuoco ad un materasso e ciò ha causato il panico tra i reclusi nonché l'intossicazione da fumo di dodici agenti penitenziari, oltre al detenuto responsabile;
   come emerge dai comunicati stampa allegati, a firma delle varie Organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria, altri episodi si sono verificati recentemente e tutti caratterizzati da gravi minacce verso il personale di vigilanza;
   dai medesimi comunicati emerge il mancato intervento della dirigenza della struttura in un particolare momento di tensione, si legge di una costante contrapposizione tra personale e detenuti e di un marcato contraddittorio tra il personale e la dirigenza dell'istituto penitenziario;
   pare, inoltre, che nell'occasione del 7 aprile 2015 non funzionassero i dispositivi antincendio (allarme e idranti) e non erano disponibili mascherine antifumo;
   recentemente il carcere di Montorio-Verona è stato oggetto di visita ispettiva da parte di ispettori del dipartimento amministrazione penitenziaria;
   è prioritario garantire la sicurezza del personale in servizio che, alla luce dei resoconti giornalistici e dei comunicati stampa, non pare sia stata pienamente tutelata;
   è altresì, importante segnalare il contesto in modo da favorire un confronto positivo volto da un lato a soddisfare le richieste del personale, dall'altro a superare le difficoltà che sono state pubblicamente manifestate e che, a quanto pare, creano una condizione lavorativa non ottimale –:
   se non ritenga utile approfondire gli aspetti segnalati ed avviare ogni utile iniziativa al fine di corrispondere alle esigenze di sicurezza desiderate dal personale e dalla comunità. (4-08722)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BOSCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Rete autostradale siciliana si snoda attualmente per 726 chilometri, gestiti in parte dal CAS (Consorzio per le autostrade siciliane) e in parte direttamente dall'ANAS;
   la A18 Messina-Catania è un'autostrada con pedaggio che si sviluppa su un tracciato di 76,800 chilometri e la cui gestione è affidata al CAS (Consorzio per le autostrade siciliane). Interamente a due carreggiate e quattro corsie (due per senso di marcia) con relative corsie di emergenza, corre lungo tutta la costa ionica settentrionale dell'isola, collegando l'autostrada A20 Messina-Palermo al raccordo autostradale RA15 tangenziale-ovest di Catania e dunque, tramite questo, anche all'autostrada A19 Palermo-Catania e all'autostrada A18 Catania-Siracusa. La A18 Messina-Catania fa parte della strada europea E45;
   la A18DIR è una diramazione (gestita direttamente dall'ANAS) di 6 chilometri che, partendo dalla barriera di Catania-San Gregorio (barriera che chiude la A18 Messina-Catania), costituisce una delle più trafficate porte d'accesso al capoluogo etneo provenendo da nord. Marciando in direzione Catania Centro, sono cinque le uscite presenti sulla diramazione: San Gregorio, Canalicchio, Catania Est, Catania Ovest, Catania Centro;
   la RA15 Tangenziale Ovest di Catania rappresenta un raccordo autostradale, tangente alla città di Catania, che si sviluppa su un tracciato di 25 chilometri, interamente a due carreggiate e quattro corsie (due per ogni senso di marcia) con relative corsie di emergenza. Gestita direttamente dall'ANAS, la tangenziale ovest di Catania fa parte della strada europea E45 e, oltre ad essere l'asse contenente quasi tutti gli svincoli di accesso al capoluogo etneo (altri svincoli si trovano sulla diramazione A 18dir.), svolge pure l'importantissima funzione di raccordare tra loro tutte le principali strade della Sicilia orientale che hanno il proprio fulcro su Catania:
    la A18 Messina-Catania;
    la A18 Catania-Siracusa;
    la A19 Palermo-Catania;
    la SS114 Orientale Sicula (che da Messina scende fino a Siracusa);
    la SS194 Ragusana (che da Catania scende verso Ragusa);
    la SS417 Di Caltagirone (che da Catania scende verso Caltagirone e verso Gela);
    la SS121 Catanese (che da Catania si sviluppa verso il centro dell'isola fino a raggiungere Palermo) da cui poco dopo nasce anche la SS284 Occidentale Etnea che sale verso i paesi del versante ovest dell'Etna;
    la SP92 che raggiunge buona parte dei paesi etnei dell'area metropolitana catanese;
   la NSA339 Catania-Siracusa si presenta come un'autostrada senza pedaggio gestita direttamente dall'ANAS. Inaugurata in tutta la sua interezza nel dicembre del 2009, con l'apertura al traffico del tratto Catania-Augusta, si sviluppa su un tracciato di 46 chilometri (interamente a due carreggiate e quattro corsie, due per senso di marcia, con relative corsie di emergenza), attraversando anche aree di pregio ambientale sia per la presenza di agrumeti che di siti protetti: per questo motivo, è stata realizzata dotandola di un'apposita e innovativa rete di smaltimento delle acque della piattaforma con un trattamento mediante eco-filtro in apposite vasche. Allo stato attuale, l'ANAS non ha ancora provveduto ad assegnare a questa nuova autostrada una denominazione definitiva: per questo motivo, viene ancora individuata col nome provvisorio di NSA339 (dove NSA sta per Nuova Strada Anas). Da notare, poi, che la parte di tracciato compresa tra Augusta e Siracusa, pur avendo anche essa caratteristiche autostradali, non è ancora stata formalmente classificata come autostrada, conservando la vecchia denominazione di SS114;
   la A18 Siracusa-Gela, è un'autostrada gestita dal CAS (Consorzio per le autostrade siciliane) che, dopo il raccordo autostradale RA15 tangenziale ovest di Catania e dopo l'autostrada NSA339 Catania-Siracusa, riprende la numerazione della A18 Messina-Catania. Ad oggi, completamente aperto al traffico (su quattro corsie, due per senso di marcia, con relative corsie di emergenza) è solo un primo tratto che, con un tracciato di 41,500 chilometri, corre tra Siracusa e Rosolini, ma è atteso il prolungamento sino a Gela (con un tracciato complessivo di 131,700 chilometri);
   la A19 Palermo-Catania, è un'autostrada senza pedaggio che si sviluppa su un tracciato di 188 chilometri interamente a due carreggiate e quattro corsie (due per senso di marcia) con relative corsie di emergenza, collegando Palermo al raccordo autostradale RA15, tangenziale-ovest di Catania e dunque, tramite questo, anche all'autostrada A18 Messina-Catania e all'autostrada A18 Catania-Siracusa. Gestita direttamente dall'ANAS sin dal momento della sua inaugurazione avvenuta nel 1975, la A19 Palermo-Catania si congiunge con l'autostrada A20 Messina-Palermo al chilometro 40 (praticamente all'altezza dello svincolo di Buonfornello): qui la A19 si incontra con la A20 che procedendo lungo tutta la costa tirrenica proviene da Messina, mentre la A19 devia verso l'entroterra dell'Isola dirigendosi dapprima verso Caltanissetta e Enna e poi verso Catania. La A19 Palermo-Catania fa parte della strada europea E90 per quanto riguarda il suo tratto tirrenico (tra Palermo e Buonfornello) e della strada europea E932 per quanto riguarda il suo tratto che da Buonfornello prosegue sino a Catania;
   la A20 Messina-Palermo è un'autostrada con pedaggio che si sviluppa, sino a Buonfornello, su un tracciato di 183 chilometri: i suoi primi 21 chilometri (dalla barriera di Messina sud alla barriera di Messina nord) sono liberi da pedaggio e costituiscono la tangenziale di Messina. Con l'apertura al traffico (avvenuta il 21 dicembre 2004) dell'ultimo tratto della A20, ricadente tra le località di Castelbuono e di Furiano per complessivi 41,2 chilometri, si è in pratica completato l'anello autostradale Messina-Palermo-Catania-Messina, consentendo così di concludere tutti i lavori sul tratto siciliano della strada europea E90 (di cui la A20 fa parte) e Corridoio TEN-1 Berlino-Palermo. Interamente a due carreggiate e quattro corsie (due per senso di marcia) con relative corsie di emergenza, la A20 è gestita dal CAS (Consorzio per le autostrade, siciliane). Correndo lungo la costa tirrenica della provincia di Messina, questa autostrada collega tra loro la A18 Messina-Catania con la A19 Palermo-Catania, nella quale appunto confluisce all'altezza di Buonfornello (al chilometro 40);
   la A29 Palermo-Mazzara Del Vallo è un'autostrada senza pedaggio che si sviluppa su un tracciato di 118 chilometri, interamente a due carreggiate e quattro corsie (due per senso di marcia) con relative corsie di emergenza. Costruita dall'ANAS (che anche oggi la gestisce direttamente) dopo il terremoto che nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 scosse il Belice, questa autostrada fa parte della strada europea E90;
   alla A29 Palermo-Mazara del Vallo si allaccia la diramazione A29dir. che, coi suoi 42 chilometri a due carreggiate e quattro corsie (due per ogni senso di marcia), devia dal tracciato principale della A29 per raggiungere Trapani e l'aeroporto di Birgi. Fa parte della strada europea E933 –:
   alla luce di quanto espresso in premessa, quale sia l'attuale situazione dei lavori di costruzione e di manutenzione dell'intera rete autostradale siciliana;
   a quanto ammonti la spesa sostenuta finora per la costruzione delle infrastrutture autostradali e quanto si preveda di spendere per l'ampliamento della rete autostradale nonché per il mantenimento dei tratti esistenti. (3-01425)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MURA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale n. 554 è un'arteria fondamentale di collegamento tra l'area metropolitana della città di Cagliari e il centro abitato di Villasimius, importante zona turistica nella zona sud orientale della Sardegna, nonché l'infrastruttura maggiormente utilizzata nei trasporti tra il capoluogo sardo e le zone interne dell'Ogliastra;
   nella nuova strada, la 554 bis, si registrano di continuo crolli e, fino a oggi, le risorse impiegate dall'Anas, competente per la manutenzione, sono state ingenti ma non hanno prodotto risultati visto il ripetersi di frane e importanti cedimenti del manto stradale;
   l'inaugurazione della nuova strada 554 risale a circa 10 anni fa essa è stata realizzata dalle ditte Della Morte, Gecopre e Safa. Da allora la carreggiata ha iniziato a sprofondare in più punti. In questi anni sono state numerose le colate di asfalto e le iniezioni di cemento per rafforzare il sottosuolo;
   malgrado gli interventi, non cessa la comparsa improvvisa di gradoni sull'asfalto, il che costringe l'Anas a chiudere una corsia, con la conseguenza di limiti di velocità al minimo e inevitabili code di auto. I disagi per gli automobilisti sono evidenti;
   le «soluzioni tampone» adottate dalla società delle strade, alle porte della stagione estiva, non sembrano scongiurare il rischio concreto che questa importante arteria possa cedere ancora una volta sotto il peso del traffico;
   uno studio della facoltà di ingegneria dell'università di Cagliari, condotto dai professori Roberto Balia e Pier Paolo Manca, incaricati dall'Anas di individuare le cause del male che da sempre affligge la strada, ha rivelato la presenza di un fenomeno franoso che ha origine in profondità, «difficile da individuare in fase di progettazione»;
   l'Anas ha assicurato anche un costante monitoraggio del fenomeno per la sicurezza della circolazione;
   si è mossa anche la procura di Cagliari che ha chiesto una perizia dalla quale potrebbero emergere ulteriori elementi di verità su questa strada che doveva sboccare sulla vecchia 554;
   finora, le quattro corsie si interrompono in mezzo alla campagna: non è mai stata conclusa –:
   se sia a conoscenza della gravità di questa situazione;
   quali iniziative intenda adottare per assicurare che questa importante arteria di scorrimento dell'area metropolitana di Cagliari sia messa in sicurezza in modo definitivo e far cessare, una volta per tutte, la costosissima serie di «interventi tampone» che ad oggi non hanno prodotto alcun risultato. (5-05292)


   FRUSONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 31 marzo 2004 l'ENAC accoglie la richiesta della Società HFD di subentrare nella Concessione dell'Aeroclub della Ciociaria su Aquino e comunica alla DCA (Ciampino) di riferimento di procedere alla cessazione della concessione dell'AEC della Ciociaria per mancato pagamento dei canoni demaniali. Canoni che poi saranno interamente pagati dalla HFD che, subentrando, si accolla i debiti pregressi del vecchio aeroclub;
   in data 16 settembre 2004 l'HFD sollecita l'ENAC per il subentro nella concessione su Aquino: suo scopo realizzare sull'Aeroporto un centro federale polivalente di sport aeronautici;
   in data 4 ottobre 2004 l'ENAC Area Gestioni Aeroportuali esprime alla DCA Ciampino parere favorevole al subentro dell'HFD nella concessione;
   in data 19 settembre 2005 l'ENAC invia all'HFD la pre accettazione della concessione che l'HFD firma, accettando conseguentemente il canone prestabilito (canone ricognitorio);
   in data 21 settembre 2005 con provvedimento prot. n. 1671 l'ENAC DCA Ciampino, concedeva alla HFD (provvedimento a firma del direttore Sergio Legnante) di subentrare per la durata di un anno nella concessione delle aree e dei locali demaniali dell'ex Aero Club della Ciociaria sull'Aeroporto di Aquino, previo accollo delle morosità maturate dal predetto Aeroclub e quantificate in euro 18.000,00. In data 29 settembre 2005 dette aree e locali venivano materialmente consegnate alla HFD (vedi verbale di consegna) dal funzionario ENAC Geom. Luigi Guerrini, in sostituzione del direttore Sergio Legnante. La HFD era interessata ad investire sull'aeroporto di Aquino per creare un centro federale di sport aeronautici, tant’è che nei mesi a seguire manifestava più volte agli enti competenti la volontà di prolungare la concessione ottenuta e partecipava anche a tutte le riunioni del Comitato di Sicurezza Aeroportuale per discutere sulla futura recinzione dell'Aeroporto (secondo il codice della Navigazione Aerea);
   in data 29 settembre 2006 con provvedimento prot. n. 3744 (a firma del direttore Sergio Legnante l'ENAC DCA Ciampino rinnovava all'HFD la concessione delle aree e dei locali demaniali sull'aeroporto di Aquino per una durata di anni 6+6 ad un canone annuo ricognitorio (10 per cento). Modalità della concessione che venivano accordate a condizione che la società concessionaria rispettasse tutta una serie di obblighi, tra cui quello di effettuare a proprie spese, non solo la riqualificazione e la manutenzione ordinaria e straordinaria sui beni concessi, ma anche quella sull'intero Aeroporto, in modo da ripristinare la piena funzionalità degli stessi beni, di tutte le infrastrutture aeroportuali (pista, vie di rullaggio, aree di sosta aeromobili) completamente inagibili e non ultimo e sempre a proprie spese, la messa in sicurezza di tutto il sedime aeroportuale attraverso la costruzione di una recinzione aeroportuale;
   in quasi 10 anni l'HFD non è riuscita ad esercitare il suo diritto concessorio, salvo qualche rara manifestazione sportiva di alcuni giorni;
   in data 5 febbraio 2008, l'HFD invia una lettera al dottor Vito Riggio, Presidente ENAC, evidenziando i problemi che la Società sta avendo sull'Aeroporto di Aquino, nel quale, nonostante aveva investito quasi 800.000 euro in opere, non poteva ancora svolgere attività di volo. L'HFD chiede, quindi, una concessione come Gestore Aeroportuale, visto che di fatto lo è;
   successivamente l'HFD otteneva una nuova concessione, della durata di due anni, di altre piccole aree senza manufatti all'interno dell'aeroporto, con una pre accettazione alla richiesta inoltrata rilasciata il 22 ottobre 2008 e formalizzata il 3 febbraio 2009 (Prot n. OCI-482/P). Da notare che, anche nel 2009, il canone demaniale applicato all'HFD continua ad essere quello ricognitorio (10 per cento) nonostante il decreto del Presidente della Repubblica 296/2005 (decreto in seguito citato per disconoscere gli impegni presi da ENAC nei confronti della HFD) fosse in vigore da ben 4 anni e di questo sia i funzionari dell'ENAC che quelli del Demanio ne erano perfettamente a conoscenza;
   in data 17 luglio 2012 ENAC DCA, ad 8 anni dall'inizio della Concessione, chiede ad HFD conto dell'iscrizione al Centro sportivo italiano (Ente di promozione Sportivo), «condizione indispensabile per l'HFD», dichiara la DCA (Direttore dottor Legnante), per continuare a pagare i canoni demaniali al 10 per cento (canoni ricognitori); e in data 20 luglio 2012, l'HFD invia all'ENAC DCA Ciampino tutti gli attestati d'iscrizione al Centro Sportivo Italiano (Ente di promozione Sportiva) dal 2005 al 2012, come richiesto dalla DCA Ciampino;
   in data 11 ottobre 2012 l'Aeroclub d'Italia dà il suo benestare per procedere alla certificazione della Scuola VDS dell'HFD sull'Aeroporto di Aquino in attesa del nulla osta ad operare della DCA Ciampino;
   a gennaio del 2013, HFD riceve una strana ingiunzione di pagamento da una società di consulenza, la Primavera 83 Srl, il cui socio di maggioranza, e amministratore, Luigi Guerrini, è un ex funzionario ENAC che si è occupato fino al 30 novembre 2008 delle concessioni nell'Ente dell'aviazione civile, anche di quelle su Aquino. La richiesta di pagamento è riferita al periodo luglio-ottobre 2008, quando Guerrini ancora era dipendente della Dca (Direzione circoscrizionale aeroportuale) di Ciampino, consulenza a quanto risulta all'interrogante non sarebbe mai stata sottoscritta dalla società HFD e non ha mai avuto corso e per questo la società si è rifiutata di pagare;
   La società Primavera 83 srl in una comunicazione rivolta ad HFD con la quale si richiedeva il corrispettivo per una asserita attività di consulenza dava conto di una «particolare introduzione negli uffici di tutte le istituzioni coinvolte»; si noti che il geometra Guerrini era nel contempo amministratore della società Primavera e dipendente ENAC; tale attività di consulenza avrebbe consentito, secondo la società Primavera srl il rilascio alla HFD della piccola concessione accessoria a due anni, in pre-accettazione il 22 ottobre 2008, e lo stanziamento di 170 mila euro di fondi pubblici per lavori sull'aeroporto di Aquino per l'anno 2009 100 mila euro per l'anno 2010 100 mila euro per l'anno 2011; l'HFD, per legge, non era assolutamente destinataria di tali fondi e infatti alcuni appalti furono assegnati alla società Edil Moter srl, riconducibile a Mantovano, come emerso dall'inchiesta sull'aeroporto dell'Urbe;
   in data 8 febbraio 2013 HFD riceve una raccomandata da ENAC DCA Ciampino (datata 18 gennaio 2013) inerente il ricalcolo dei canoni demaniali, dove viene richiesto l'immediato pagamento di quasi 200.000 euro di adeguamento canoni passati e di pagamento per il futuro dei canoni pieni, poiché, dichiara la DCA, l'HFD, per la sua natura giuridica, non ha diritto ad alcuna agevolazione. La DCA precisa, tra l'altro, che le attestazioni richieste d'iscrizione al Centro Sportivo Italiano nella lettera del 17 luglio 2012 «indispensabili al riconoscimento del canone agevolato al 10 per cento», in realtà sono ininfluenti. L'ENAC ha improvvisamente iniziato a richiedere un canone non più ricognitorio, senza nemmeno consentire una rinegoziazione dell'atto concessorio, stante quella che all'interrogante appare una palese alterazione dell'equilibrio contrattuale;
   in data 20 febbraio 2013 l'HFD risponde alla missiva del 18 gennaio 2013 in cui l'ENAC DCA Ciampino chiede circa 200.000 euro di canoni arretrati. Nella lettera, l'HFD precisa punto per punto tutte le motivazioni legislative e non, per cui ha il pieno diritto di pagare un canone concessorio ricognitorio, ripercorrendo tutta la storia della Società sull'Aeroporto di Aquino;
   in data 20 marzo 2013 l'ENAC DCA Ciampino comunica con raccomandata datata 26 febbraio 2013, ma spedita il 19 marzo 2013, che non rinnova una delle concessioni in scadenza all'HFD quella per cui Guerrini chiedeva il pagamento, perché l'HFD risulta morosa, non avendo pagato i 200.000 euro di adeguamento dei canoni concessori dal 2005 ad oggi, come richiesto dall'ENAC DCA Ciampino nella precedente missiva inviata ricevuta dall'HFD l'8 febbraio 2013;
   i lavori realizzati dall'HFD sull'aeroporto di Aquino per ripristinarne l'agibilità e per la sua messa in sicurezza ammontano ad euro 849.044,14 come da computo metrico presentato ad ENAC e Demanio nel 2008, ad euro 262.161,07 come da computo metrico 2009/2011 e ad euro 601.384,99 come da computo metrico 2011/2013;
   in riferimento all'interrogazione (5-00687), il Ministro interrogato risponde «Lo scorso 5 ottobre, l'ENAC ha acquisito il parere di detta Avvocatura, dal quale si evince che la società HFD non è legittimata ad usufruire del canone agevolato al 10 per cento in quanto le società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, quale è la società in argomento, non sono contemplate nell'applicazione dell'articolo 11 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 296 del 2005. Inoltre, con riferimento al recupero delle somme relative ai canoni pregressi a tariffa piena, l'Avvocatura ritiene che l'ENAC non possa richiederne il conguaglio, essendo stato ingenerato nel privato un legittimo affidamento al pagamento del canone in misura agevolata. Secondo tale parere l'adeguamento del canone può essere richiesto solo con effetto ex nunc, ossia con riferimento ai canoni maturati dalla messa in mora, ovvero, dal 18 gennaio 2013.»;
   si è quindi proceduto, nel dicembre 2013 alla luce delle inadempienze degli enti e dell'inutilizzabilità della gran parte dei beni in concessione a mettere in mora l'ENAC e a presentare formalmente istanza di sospensione dell'obbligo per l'anno 2013 del pagamento del canone nella misura del 100 per cento, come richiesto con nota ENAC 15 novembre 2013, prot. n. CCI129287/P, e comunque la sospensione del pagamento dei canoni futuri fino a quando non fosse stata certa la definizione dello stesso, nonché reso possibile l'uso completo delle strutture in concessione ed il pieno esercizio del diritto concessorio, per la realizzazione degli scopi della società e, quindi, per lo svolgimento di scuola e attività di volo e di paracadutismo ovvero in subordine la sua rideterminazione in considerazione dell'effettivo utilizzo dei beni. Tale istanza veniva reiterata con nota 8 maggio 2014;
   nelle more l'ENAC assume la deliberazione 00158627-p del 14 febbraio 2014 contenente la decisione di richiedere per tutte le concessioni di beni aeroportuali assentiti dall'ENAC, un canone pieno al 100 per cento del valore di mercato, e non più un canone ricognitorio, che però impugnata dall'Aeroclub d'Italia innanzi al Tar Lazio è stata sospesa con ordinanza del 30 maggio 2014 n. 2468, attesa la sua illegittimità per violazione del principio di affidamento non potendosi secondo il giudice amministrativo richiedere alle concessioni in corso di validità un canone pieno, quando per tanti anni si è sempre richiesto e ritenuto dovuto un canone ricognitorio (nel caso di HFD anche in occasione dei rinnovi e/o estensioni delle concessioni stipulate dopo molti anni dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 296 del 2005);
   nonostante ciò l'ENAC, nel mese di giugno, pur dando atto della pendenza dei procedimenti avviati con le suddette istanze e non ancora definiti dall'Agenzia del Demanio, ha ritenuto di poter richiedere alla HFD, istituzione affiliata all'Aero club, d'Italia, il canone pieno calcolato intimando il pagamento ad HFD entro 30 giorni;
   in tale clima di trattative, che avevano ingenerato un ulteriore legittimo affidamento circa la ritenuta sospensione di ogni richiesta di canone pieno, la HFD si è vista recapitare l'avviso di avvio di decadenza dalla concessione per mancato pagamento dei canoni pieni, per come peraltro erroneamente calcolati;
   il suddetto procedimento meriterebbe, senza dubbio, di essere archiviato perché, ove finalizzato con l'adozione di un provvedimento di decadenza dalla concessione dei beni demaniali, di cui all'atto 29 settembre 2006 prot. n. 3744, sarebbe senza dubbio illegittimo e fonte di gravissimi danni e per il demanio e per l'ENAC (sotto il profilo risarcitorio e di responsabilità amministrativa) oltre che, chiaramente, per la Società concessionaria;
   l'ENAC, infatti, a fondamento dell'avvio del procedimento di decadenza, pone la circostanza che la Società, a fronte delle richieste di canone pieno per l'anno 2013 e per l'anno 2014, avrebbe provveduto soltanto al pagamento del canone per come previsto nell'atto concessorio – ritenuto dall'Ente però quale mero acconto – e non avrebbe, invece, provveduto al pagamento degli importi dovuti, comunicati con le note 15 novembre 2013 prot. n. 129287 rettificata con nota 14 gennaio 2014 prot. n. 3329 quanto al 2013 e con nota 3 giugno 2014 prot. n. 57813 quanto al 2014 e cioè del canone pieno, asseritamente individuato secondo i criteri di cui alla concessione demaniale di cui all'atto 29 settembre 2006 prot. n. 3744;
   bisogna precisare che l'articolo 47 lett. d) cod. nav. dispone che «L'amministrazione può dichiarare la decadenza del concessionario ...; d) per omesso pagamento del canone per il numero di rate fissato a questo effetto dall'atto di concessione». Orbene nell'atto di concessione è espressamente indicato (sub. punto s n. 3) che la facoltà dell'Ente di procedere con la decadenza è subordinato all'omesso pagamento di una rata annua del canone, così come determinato nella medesima concessione, pari al 10 per cento del canone intero, e successivamente approvato dall'Agenzia del Demanio. Tale importo è stato integralmente e tempestivamente pagato;
   già tale elemento sarebbe sufficiente a dimostrare la vincolatività di quanto sancito nell'atto concessorio e l'impossibilità di correlare al mancato pagamento di somma non contemplata in quest'ultimo (canone pieno al 100 per cento l'avvio di un procedimento di decadenza. Specie poi se si considera la non esigibilità di tale rideterminato canone per le concessioni in corso di validità alla luce di quanto recentemente evidenziato con ordinanza del Tar Lazio sez. III ter 30 maggio 2014 n. 2468;
   sanzionare, quindi, con la decadenza il mancato pagamento di un canone erroneamente determinato risulterebbe secondo l'interrogante illegittimo, specie poi se si considera che la società non si rifiuta di pagarlo, ma ritiene legittimamente di dover attendere l'esito della valutazione delle istanze presentate volte o alla sospensione del pagamento o comunque ad una corretta determinazione dell'importo (nonché l'esito del giudizio innanzi al Tar instaurato dall'Aero Club d'Italia);
   stante la perdurante pendenza di tali procedimenti non sarebbe secondo l'interrogante possibile l'adozione di un provvedimento di decadenza, atteso che un accoglimento delle istanze, ove successivo alla pronunciata decadenza, sarebbe inutiliter dato, attese le conseguenze irreparabili connesse appunto alla decadenza dalla concessione, con palese violazione anche di diritti costituzionalmente garantiti (articolo 24 cost.) oltre che dei principi di buona amministrazione di cui all'articolo 97 Cost.;
   si apprende che, su richiesta del pm Mario Palazzi, il gip Maurizio Caivano lo scorso 7 aprile 2014, ha disposto il carcere per Sergio Legnante, ex direttore dell'aeroporto di Ciampino, funzionario dell'ENAC; per Alfonso Mele, ingegnere in servizio presso la Direzione centrale dell'ENAC, nonché per l'imprenditore Massimiliano Mantovano, «dominus» effettivo di numerose ditte che si aggiudicavano in modo illegittimo gli appalti sugli aeroporti del Lazio gestiti direttamente dall'ENAC. Ai domiciliari sono finiti due collaboratori di Mantovano, Adriano Revelant e Luigi Guerrini (socio di maggioranza e amministratore della PRIMAVERA 83 srl, società che ha richiesto il pagamento della consulenza all'HFD) e un altro funzionario ENAC, Renato Lolli. L'accusa sarebbe quella di associazione per delinquere finalizzata ai reati di corruzione, turbativa d'asta, falso e frode nelle pubbliche forniture. Le indagini, secondo gli inquirenti, avrebbero portato alla luce un sistema collaudato di alterazione delle procedure di gara indette dall'Ente e assegnate sempre a Mantovano: i costi delle opere venivano gonfiati in modo fraudolento e gli indebiti profitti divisi assieme ai funzionari pubblici infedeli come prezzo della corruzione. Un sistema che andava avanti da anni e che secondo gli inquirenti avrebbe portato ad un danno erariale di circa 8 milioni di euro;
   l'ENAC, a seguito dell'accaduto, ha costituito una Commissione interna di indagine che avrebbe rilevato;
   l'impegno economico e professionale di un privato come l'HFD, ha permesso a tutto il territorio del Lazio di poter nuovamente utilizzare in sicurezza un bene pubblico abbandonato a costo zero per lo Stato, ripristinando, anche, uno snodo nazionale strategico dal punto di vista dei trasporti e delle comunicazioni. L'Aeroporto di Aquino per le sue caratteristiche orografiche e di posizionamento al centro del Mediterraneo è uno «Scalo Avioturistico» importante, un punto di accoglienza per i velivoli da diporto e per i loro equipaggi provenienti da tutto il mondo, oltre che luogo per eventi sportivi culturali e turistici di grande rilevanza internazionale. La sua apertura al traffico aereo e all'attività didattica sarebbe un'opportunità di sviluppo costante per tutta l'economia del territorio circostante per la formazione professionale dei giovani e per la creazione di nuovi posti di lavoro e ad oggi tale sviluppo del territorio è precluso dall'impossibilità per HFD di poter operare su tale aeroporto, nonostante sia merito esclusivo della stessa il ripristino della funzionalità dello scalo;
   a fronte di ciò, l'ENAC non procederebbe ancora con l'accatastamento degli immobili dati in concessione all'HFD, impedendo di fatto l'allaccio dell'acqua e l'utilizzo di tutti i manufatti ristrutturati, non permettendo, quindi, alla società di esercitare il proprio diritto concessorio di volare e fare scuola, dopo quasi 10 anni dall'inizio della concessione e dopo tutti i lavori effettuati dalla stessa per ripristinare la funzionalità dell'aeroporto –:
   se i fatti elencati in premessa corrispondano al vero;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario ed urgente, per quanto di sua competenza, verificare insieme alla commissione interna d'indagine dell'ENAC, eventuali gravi irregolarità amministrative, riguardanti il procedimento di decadenza portato avanti, nei confronti della Società HFD e quali provvedimenti e iniziative intende porre in essere, per ovviare alla situazione di incertezza creatasi in relazione ai fatti sopra descritti. (5-05301)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della salute, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   accade spesso da diversi anni, e anche nei fine settimana scorsi, che immigrati malati, scovati dalla polizia austriaca (ma anche di altri Stati dell'Unione europea), vengano rifiutati e riaccompagnati in Italia (dove erano sbarcati o giunti in altra precaria maniera) al commissariato del Brennero;
   come è noto, l'Italia è il crocevia dell'immigrazione oramai da molti anni, carovane di disperati sbarcano sulle spiagge italiane per, almeno nei loro pensieri, poi dirigersi verso le altre nazioni, come l'Austria, la Germania, la Francia, e altre;
   capita spesso che, dopo viaggi improbabili e pericolosi, in situazioni insalubri e non dignitose, i migranti arrivino a destinazione deceduti durante il viaggio e che molti sbarchino (o scendano da camion dove hanno viaggiato chiusi nei bagagliai o – addirittura – appesi sotto il mezzo, o nascosti sugli aerei nel vano bagagli o altro) gravemente malati, in Italia che è oramai la frontiera del resto d'Europa;
   spesso gli immigrati vengono rimandati nel nostro Paese, al commissariato del Brennero, perché malati e senza specificare quale sia il loro problema di salute. Si è venuti così a contatto con persone afflitte da scabbia non riconosciuta subito e quindi curata in ritardo e contagiosi per gli operatori stessi. Capitano, come il caso di alcuni giorni fa, ma ce ne sono molti, giovani con convulsioni scoperte solo dopo una crisi epilettica, dopo essere stati rifiutati da altre nazioni, come caso ultimo di una persona rimandata indietro dall'Austria;
   i sindacati di polizia, lamentano la noncuranza nella quale si svolge il tutto. Costringendo gli addetti e i volontari a lavorare al «buio» senza sapere quale situazione si trovano a dover affrontare volta per volta, e questo in contrasto con qualsiasi protocollo di intesa, di accordo o di sicurezza proclamata nelle visite ufficiali;
   questo comporta rischi per gli immigrati a cui vengono tardate le cure per non conoscenza del fatto, rischi per gli operatori della polizia stessi, e rischi per i cittadini con i quali gli immigrati malati stessi vengono a contatto dopo essere usciti dai commissariati;
   oltre ai tanti protocolli e accordi internazionali tutto questo disattende anche molti dei punti anche della risoluzione del Parlamento europeo sulla «relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e sulla politica dell'UE in materia», del 20 febbraio 2015, che sottolinea al punto al punto 66 (su: Il sostegno dell'UE ai diritti umani universali e alle organizzazioni multilaterali per i diritti umani) l'importanza delle decisioni pronunciate dalla Corte europea dei diritti umani e della Idro attuazione da parte dei Paesi interessati, in merito al rispetto e al consolidamento dei diritti umani quali valori e principi basilari. Nei punti successivi (in: L'azione dell'UE in materia di migrazione e profughi), al punto 183, si denuncia il numero di morti in mare nel Mediterraneo, stimato dall'organizzazione internazionale per le migrazioni, nel suo rapporto «Fatal Journeys» (Viaggi fatali), in 3000 persone nel 2013, il che rende questo mare la regione più letale al mondo per la migrazione irregolare; si esprime la preoccupazione per le informazioni sugli abusi dei diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo durante il loro viaggio verso l'Unione europea e si invita quest'ultima a introdurre un sistema europeo comune di asilo e garantire norme comuni efficaci per le procedure di accoglienza in tutta l'Unione, al fine di proteggere i minori non accompagnati e i più vulnerabili;
   si invita il VP/AR, il commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza e il SEAE a intensificare la cooperazione e l'equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, compresi l'accoglienza e il reinsediamento dei rifugiati, e a contribuire ai servizi di ricerca e salvataggio per assistere i migranti in situazioni di emergenza in mare, mentre tentano di raggiungere le coste dell'Unione europea; si rammenta a tale proposito la necessità di rispettare il principio di non respingimento in acque europee e internazionali, come confermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo; al punto 186, il Parlamento invita l'Unione europea a garantire che la negoziazione e l'attuazione di tutti gli accordi di cooperazione in tema di migrazione e di riammissione con gli Stati non aderenti all'Unione europea siano conformi al diritto internazionale dei diritti umani, al diritto internazionale dei rifugiati e al diritto internazionale marittimo e chiede di essere consultato prima della loro conclusione; infine, al punto 190, si condanna la crescente criminalizzazione della migrazione irregolare all'interno dell'Unione europea a spese dei diritti umani delle persone interessate; si esorta a provvedere senza indugio alla creazione delle necessarie tutele dei diritti umani, nonché di meccanismi di responsabilizzazione e applicazione –:
   come i Ministri interpellati ritengano di adoperarsi affinché siano garantiti sicurezza ed efficienza alle forze di polizia, mettendole in condizione di operare non al «buio», ma con la consapevolezza della situazione sanitaria della persona che si trovano a trattare;
   se, non si ritenga di dover assumere le opportune iniziative nei confronti delle autorità degli altri Paesi d'Europa, rammentando sia la carta dei diritti dell'uomo, sia tutti i protocolli finora stabiliti e non ultima la relazione annuale al Parlamento europeo del 20 febbraio 2015 «sui diritti umani e la democrazia nel mondo», di cui sopra, affinché non vengano meno al rispetto di quel diritto d'asilo, di cura e di solidarietà che spetta ai rifugiati in base ai trattati internazionali e al dovere umano di cura verso chiunque ne abbia bisogno ma, in particolare, in questo caso, nei confronti dei richiedenti asilo evitando deresponsabilizzazioni e non rigettando tutto l'onere del caso sull'Italia e sul nostro volontariato e sulle, forze dell'ordine italiane, che, proprio data la dimensione della questione immigrazione, non sono in condizione di poter operare al meglio.
(2-00923) «Melilla».

Interrogazione a risposta orale:


   D'ALESSANDRO, PARISI, CHIARELLI, SARRO e MAROTTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento al gravissimo fatto di sangue che si è verificato nel tribunale di Milano che allo stato, ha fatto registrare tre vittime e due feriti, episodio che rappresenta un chiaro indice di come la sicurezza pubblica non sia affatto garantita neanche in luoghi altamente simbolici come un importante palazzo di giustizia, che rappresenta un grave vulnus per la sicurezza dei cittadini ed una perdita di prestigio per le pubbliche istituzioni;
   la città di Milano è chiamata quest'anno ad ospitare l'Expo 2015, evento simbolo di rilievo internazionale, che vedrà la presenza di milioni di visitatori a cui è necessario garantire il più alto livello di sicurezza –:
   a) come sia stato possibile che una persona sia potuta entrare armata di tutto punto dentro i locali del palazzo di giustizia di Milano;
   b) se e come si intendano perseguire le responsabilità di chi doveva garantire la sicurezza del predetto tribunale;
   c) come si intenda agire per evitare che simili episodi si possano ripetere in futuro e come si intende garantire una adeguata sicurezza degli edifici pubblici non solo a Milano ma anche in tutto il territorio nazionale. (3-01426)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Sappada (BL) usufruisce di un servizio di sms per comunicare ed informare la popolazione. Come si legge sul sito comune all'url http://www.comune.sappada.bl.it/, i cittadini interessati al servizio, possono comunicare il proprio numero di cellulare attraverso la mail info@comune.sappada.bl.it e riceveranno sul proprio telefonino «importanti comunicazioni» relative al territorio;
   ebbene, alcuni cittadini che hanno aderito al predetto servizio pubblico, si sono lamentati poiché il comune di Sappada utilizza lo stesso per fare propaganda politica;
   in data 24 marzo 2015, il comune di Sappada ha inviato la seguente comunicazione: «al seguito di segnalazioni che abbiamo ricevuto, vi preghiamo di prestare attenzione alla presenza in paese di persone che si presentano porta a porta spacciandosi per personale dell'Enel. Chiediamo di allertare soprattutto le persone anziane. Il Sindaco». Tale messaggio è in linea, dunque, con le informazioni che dovrebbe prestare il servizio informativo comunale. Di contro, non si ritiene attinente al servizio il successivo messaggio inviato dal comune in questione, dai seguente tenore: «Buongiorno, informiamo che martedì 7 aprile, alle ore 20.45 presso la sala congressi di Cima Sappada, la candidata alle elezioni regionali Alessandra Moretti incontrerà la popolazione. Invitiamo tutti a partecipare. Buona giornata. Il Sindaco». In riferimento a detta comunicazione, l'interrogante ritiene che sia di dubbia legittimità che un'amministrazione pubblica si avvalga di un servizio informativo dedicato ai cittadini, attivato con risorse pubbliche, per informare e dunque sostenere una campagna elettorale, che nel caso di specie è della candidata del Partito Democratico alle elezioni regionali, Alessandra Moretti;
   tra l'altro, non risulta che il comune di Sappada abbia inoltrato informazioni relative a campagne elettorali di altri gruppi politici –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa se e quali iniziative di competenza anche normative, intenda promuovere affinché le amministrazioni pubbliche non approfittino della propria posizione nei confronti dei cittadini e non utilizzino, risorse pubbliche, per veicolare informazioni che nulla hanno a che fare con gli specifici interessi del territorio e che possano influenzare ideologicamente i cittadini.
(5-05288)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le indagini del nucleo ispettorato del lavoro di Cremona hanno recentemente portato alla luce uno sconvolgente scenario di sfruttamento, che ha condotto al sequestro di ben quaranta aziende nei primi tre mesi del 2015, riconducibili a titolari di nazionalità cinese. La gravità e la numerosità delle violazioni registrate non solo minacciano il tessuto sociale e economico cittadino ma investono direttamente la sicurezza e la dignità delle persone coinvolte –:
   se, a fronte dei fatti richiamati, i Ministri interrogati intendano intervenire, e in quali tempi e con quali modalità specifiche intendano farlo. (4-08709)


   FICO, COLONNESE, SIBILIA e PETRAROLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinamento italiano prevede una serie di norme volte a prevenire e a contrastare l'infiltrazione delle organizzazioni criminali di tipo mafioso nel tessuto imprenditoriale del Paese, nonché ad impedire che le pubbliche amministrazioni, nelle gare d'appalto e negli affidamenti, possano fungere da fonti di finanziamento delle medesime organizzazioni;
   al fine di contrastare l'infiltrazione mafiosa, già l'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia, prevedeva che per la stipula di contratti oltre un determinato valore, le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e gli altri soggetti indicati all'articolo 1 del regolamento, dovessero previamente acquisire dalla prefettura territorialmente competente le informazioni sulle imprese interessate;
   laddove dalle verifiche del prefetto emergessero elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese interessate all'appalto, le amministrazioni non avrebbero potuto procedere alla stipula del contratto;
   nella sentenza del Tar Campania n. 10732 del 2003, emessa in data 5 giugno 2003, e rilevante in ordine ai fatti esposti nella presente interrogazione, si afferma che l'informativa prefettizia «non deve, evidentemente, fondarsi su prove certe di infiltrazione se non di appartenenza dell'impresa all'organizzazione criminale, prove che, ove sussistenti, fonderebbero procedimenti penali a carico dei soggetti coinvolti ed altri provvedimenti [...], ma è sufficiente che essa ponga a proprio fondamento elementi volti a dimostrare collegamenti tra impresa e mondo criminale»;
   nella stessa pronuncia il giudice amministrativo afferma che tali elementi non debbono caratterizzarsi «come meri sospetti», bensì ricollegarsi direttamente ai soggetti, imprenditori individuali o che ricoprono nella persona giuridica una delle cariche contemplate dalla legge. Essi cioè devono essere «tali da sorreggere una valutazione che, pur frutto di un apprezzamento latamente discrezionale, risulti non illogica, tale cioè da dimostrare con ragionevolezza il “pericolo” (non la certezza) dell'infiltrazione mafiosa»;
   le disposizioni contenute nel citato decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998 sono state modificate e trasfuse nel Capo II del decreto legislativo n. 159 del 2011, il cosiddetto codice antimafia, il cui articolo 84, comma 3, identifica l'informativa antimafia altresì «nell'attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate»;
   l'articolo 91 del codice, interamente dedicato all'informativa antimafia, stabilisce che il prefetto può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, oltre che da provvedimenti di condanna anche non definitivi per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali, anche da «concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»;
   il comma 7 dell'articolo 91 demanda ad un apposito regolamento, da adottarsi con decreto del Ministro dell'interno, l'individuazione delle «diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa per le quali, in relazione allo specifico settore d'impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, è sempre obbligatoria l'acquisizione della documentazione indipendentemente del valore del contratto, subcontratto, concessione, erogazione o provvedimento di cui all'articolo 67»;
   negli ultimi anni, inchieste giornalistiche (I prefetti e il fattore, di Rita Pennarola in «La voce delle voci«, 3 febbraio 2013, nonché Dall'infiltrazione camorristica alla mensa scolastica di Gaeta. Reportage sulla ditta senza certificato antimafia, di Adriano Pagano, sul portale «h24 notizie», 23 febbraio 2014) ed interrogazioni parlamentari (la n. 4-05924 del 20 gennaio 2004) si sono concentrate sui presunti collegamenti fra la E.P. spa, operante nel settore della fornitura dei pasti alle pubbliche amministrazioni, e la camorra;
   la E.P. risulta aggiudicataria di appalti con una pletora di aziende pubbliche e pubbliche amministrazioni, fra le quali la polizia, la Guardia di finanza, l'assessorato all'ambiente del comune di Napoli, il consiglio regionale della Campania, diversi comuni campani;
   nell'ottobre del 2013 il comune di Gaeta affidava, senza gara, alla ditta E.P. spa il servizio di fornitura dei pasti per il servizio mensa scolastico. Alla domanda di certificazione antimafia proposta dallo stesso comune, la prefettura competente non ha risposto entro i sessanta giorni previsti dalla legge, facendo scattare così il meccanismo del silenzio-assenso;
   nel corso del 2014 il comune di Gaeta si è rivolto direttamente alla prefettura di Roma per avere delucidazioni in merito all'integrità della E.P., anche considerato che l'importo dell'appalto sarebbe nel frattempo lievitato fino al valore di 150 mila euro, ovverosia la soglia per la quale il codice antimafia prescrive l'acquisizione della certificazione antimafia;
   nell'interrogazione parlamentare n. 4-05924 del 20 gennaio 2004, alla quale non risulta essere stata data risposta, il senatore Michele Florino introduceva i propri quesiti al Ministro dell'interno pro tempore evidenziando che gli imprenditori collegati alla camorra «stanno affinando sempre di più le loro illegali tecniche elusive della normativa antimafia per rimpossessarsi del mercato degli appalti e dei subappalti pubblici spesso, ad avviso dell'interrogante, con la complicità di soggetti pubblici deviati»;
   la sentenza del Tar Campania n. 10732/2003, sopra citata, confermò la legittimità del provvedimento prefettizio antimafia nei confronti della Hotel Guiren srl, «interdetta ai fini antimafia per collegamenti indiretti con la criminalità organizzata mediante rapporti di parentela», dato che il coniuge della legale rappresentante della società, l'albergatore Antonio Esposito, risultava essere stato condannato per favoreggiamento di persona colpita da ordine di cattura per il reato ex articolo 416-bis, nonché avere rapporti con organizzazioni camorristiche;
   la situazione in cui versa la E.P. spa, fondata da Pasquale Esposito, fratello di Antonio, e amministrata da Salvatore Esposito, che è un componente della stessa famiglia che gestisce l'Hotel Guiren, appunto controindicata a fini di mafia, appare analoga per certi versi;
   pur accomunate dallo stesso pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata, nei confronti della Hotel Guiren Srl è stato emesso un certificato antimafia, mentre nei confronti della E.P. non è stato emesso alcun provvedimento;
   la EP. è stata inoltre oggetto dell'articolo Mense d'oro, l'inchiesta dimenticata, pubblicato il 14 aprile 2013 sul quotidiano La Repubblica, nel quale si fa riferimento alle modalità con cui per anni è stato gestito il servizio di ristorazione dell'ospedale barese «Di Venere», uno dei tantissimi appalti del settore delle Asl affidati alla società di Esposito;
   proprio l’ex direttrice generale della Asl di Bari, Lea Cosentino, «aveva concesso l'appalto, senza evidenza pubblica, per un milione e mezzo di euro alla napoletana EP, di Esposito Pasquale, fondatore della ditta coinvolto in inchieste di mafia e camorra»;
   benché quell'inchiesta si sia arenata, dalle indagini emergeva la «gestione spregiudicata del servizio mensa, affidato semplicemente con una delibera del 2008 alla ditta già operante presso il San Paolo, che per distribuire i pasti si sarebbe servita anche di personaggi appartenente alle più famose famiglie della criminalità barese»;
   secondo la stessa fonte, per anni la asl avrebbe pagato alla E.P. «78 mila euro al mese, estendendo l'appalto negli anni in regime di proroga». Il servizio, peraltro, comprendeva anche la fornitura di carrelli e attrezzature ospedaliere, poi acquistati dalla Asl a cifre assolutamente sproporzionate rispetto ai prezzi di listino della ditta fornitrice –:
   se trovi conferma che, nel corso del 2014, il comune di Gaeta si sia rivolto alla prefettura di Roma per avere delucidazioni in merito, all'integrità della E.P. spa, e, nel caso, quali siano state le conclusioni della prefettura;
   se non sia anomalo, alla luce dei fatti e delle inchieste esposti in premessa, che la E.P., pur rientrando in un contesto del tutto analogo a quello della Hotel Guiren Srl, interdetta ai fini antimafia per collegamenti indiretti con la criminalità organizzata, non sia stata interessata da alcun provvedimento prefettizio;
   se non ritenga opportuno, anche alla luce delle indagini aperte, svolgere ogni attività di competenza in merito alla sussistenza e alla natura dei collegamenti fra la E.P. spa e le organizzazioni camorristiche, considerato che questa società risulta aggiudicataria di appalti in tutto il territorio nazionale con i più svariati settori dell'amministrazione statale, ivi compresa la polizia di Stato. (4-08710)


   DI BATTISTA, PETRAROLI, SIBILIA, COLONNESE e COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riportato da alcune sigle sindacali, la carenza di organico nella polizia di Stato ammonterebbe a circa 18.000 operatori, a fronte di circa 3.000 poliziotti che andranno in pensione nel 2015 e senza contare un turnover del 55 per cento;
   dalla legge di stabilità 2015 emerge, inoltre, il blocco, fino al 1o dicembre 2015, delle assunzioni del personale dei Corpi di polizia;
   questi dati non possono che mettere a serio rischio la sicurezza interna considerando, da un lato, la necessità di perseguire fenomeni, sempre più diffusi, di criminalità ordinaria e soprattutto mafiosa – che si stanno infiltrando con crescente frequenza nel tessuto politico-economico;
   dall'altro lato, alla luce dei recenti e drammatici attentati terroristici che sono avvenuti in Europa, va considerata la necessità per l'Italia, di dotarsi di straordinarie misure per la sicurezza sul territorio nazionale in un'ottica di prevenzione e contrasto di fenomeni terroristici;
   a parere degli interroganti, contrariamente a quanto sino ad oggi fatto dal Governo e dal Ministro interrogato, sarebbe necessario un immediato rafforzamento del fronte della prevenzione nonché di quello investigativo e di intelligence al fine di contrastare efficacemente le mafie ed eventuali cellule terroristiche;
   questo risultato appare, però, difficilmente raggiungibile anche in considerazione del fatto che, secondo quanto riportato da fonti sindacali, e come evidenziato nell'interpellanza a prima firma Lombardi n. 2-00747, è stata preannunciata la chiusura di oltre 250 uffici di polizia;
   tra gli uffici oggetto di chiusura sembra che vi rientrino addirittura alcuni uffici della polizia di frontiera, della polizia postale e delle comunicazioni (quando in realtà internet è uno strumento storicamente utilizzato dai terroristi al fine di scambiarsi notizie ed informazioni), della Polfer e della stradale;
   a parere degli interroganti, per dare una prima risposta alle predette esigenze di sicurezza e di contrasto ai fenomeni mafiosi e terroristici, si dovrebbe procedere ad una straordinaria assunzione del personale di polizia;
   si potrebbe iniziare, ad esempio, ad assumere i soggetti idonei e non vincitori degli ultimi concorsi banditi, di coloro che, quindi, hanno sostenuto e superato la selezione concorsuale ma che non sono, poi, stati assunti a causa del numero chiuso dei posti di cui al bando;
   anche il segretario generale della polizia di Stato ha difatti indicato al Governo di procedere immediatamente a delle assunzioni straordinarie in modo tale che gli agenti siano operativi entro il 2015 al fine di fronteggiare il fenomeno del terrorismo e della criminalità organizzata;
   da un lato, esistono graduatorie ancora valide di concorsi terminati nell'anno 2012; gli allievi che hanno superato detti concorsi dovranno comunque sostenere visite mediche e psicologiche in quanto sono trascorsi quasi tre anni dall'ottenimento dell'idoneità;
   dall'altro lato, la polizia di Stato ha bandito un concorso nell'anno 2014 per 650 allievi agenti della polizia di Stato, dove 278 ragazzi sono risultati idonei ma non vincitori e che, dunque, sono ancora in possesso di idoneità conclamata tra i mesi luglio e settembre 2014; di conseguenza, potrebbero essere immediatamente assunti e messi a disposizione della polizia di Stato;
   il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle, già in più occasioni, ha sottoposto al Governo ed al Ministro interrogato la questione degli scorrimenti di graduatoria per la polizia di Stato – con l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-02377, con l'interpellanza urgente n. 2-00554 e con la mozione n. 1-00391 (tutte a firma Tiziana Ciprini);
   il recente intervento normativo del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, ha «configurato un vero e proprio diritto in capo non solo ai vincitori collocati nelle graduatorie ma anche agli idonei collocati nelle graduatorie vigenti ed approdate a partire dal 1o gennaio 2007 all'immissione in servizio e subordina espressamente l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali all’“avvenuta immissione in servizio” di tutti i vincitori collocati nelle graduatorie e degli idonei presenti nelle graduatorie vigenti al 1o gennaio 2007»;
   a parere degli interroganti potrebbe pertanto affermarsi l'operatività in via generale dell'istituto dello scorrimento delle graduatorie anche per il comparto polizia e sicurezza;
   in ogni caso, con decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2014, n. 114, è stato esplicitamente stabilito che «Al fine di incrementa i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi allo svolgimento di Expo Milano 2015, le Forze di polizia, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2199 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e successive modificazioni, sono autorizzate, in via straordinaria, per l'immissione nei rispettivi ruoli iniziali, ai sensi del medesimo articolo 2199, allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi indetti per l'anno 2013»;
   medesime ragioni di straordinarietà ed urgenza possono rinvenirsi al fine di prevenire e contrastare sia la criminalità ordinaria e mafiosa sia possibili fenomeni di tipo terroristico;
   difatti il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle – già con un emendamento (il 5.08) a prima firma della deputata Ciprini – ha tentato di modificare l'articolo 5 del decreto-legge n. 7 del 2015 (Lotta al terrorismo e missioni internazionali) attraverso l'introduzione della possibilità di scorrere le graduatorie dei concorsi effettuati negli ultimi 5 anni (non solo gli ultimi 3 anni), così immettendo nei ruoli iniziali della polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, anche gli idonei non vincitori, che hanno partecipato ai bandi concorsuali;
   durante la seduta del 26 marzo 2015 la Camera dei deputati ha respinto il predetto emendamento con 251 voti contrari e 132 voti favorevoli e, di conseguenza, in questa sede, si ritiene di dover sottoporre al Governo una nuova valutazione della problematica;
   infine, per quanto risulta agli interroganti, anche i consigli regionali di Piemonte, Liguria, Toscana, Campania, Abruzzo, Sicilia e Veneto hanno approvato un ordine del giorno che impegna i rispettivi Governatori a «farsi portavoce presso il Ministero dell'interno affinché si attivi per un ampliamento dei posti disponibili, consentendo ai 900 Allievi in attesa di iniziare il corso, di poter dar seguito al superamento dei concorsi» –:
   alla luce di quanto esposto nelle premesse, quali atti di propria iniziativa intenda adottare al fine di procedere ad una straordinaria assunzione di personale di polizia così aumentando gli strumenti di contrasto alla repressione di fenomeni di criminalità ordinaria e mafiosa nonché di prevenzione e contrasto di possibili infiltrazioni di cellule terroristiche;
   se intenda procedere allo scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori di tutti i concorsi espletati a partire dal 2011 ed, in particolare, quali atti di propria competenza intenda adottare al fine di procedere ad un immediato ampliamento dei posti disponibili di cui al concorso per 650 allievi agenti della polizia di Stato anno 2014, assumendo, quindi, i 278 idonei non vincitori, previa partecipazione al corso di formazione per allievi agenti della polizia di Stato. (4-08713)


   CASELLATO, NACCARATO e RUBINATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   martedì 7 aprile 2015 si è verificato un grave incendio allo stabilimento, attualmente chiuso, dell'ex Chiari & Forti di Silea, in provincia di Treviso. Nel rogo è stato divorato il corpo più antico, l'ex mulino Toso, risalente ai primi del ’900. Era chiamato anche «piccolo Stucky» e proprio come il più famoso mulino veneziano, è rimasto vittima delle fiamme appiccate, apparentemente, da una mano dolosa;
   i carabinieri di Treviso stanno svolgendo indagini per accertare l'esatta dinamica dell'accaduto e l'eventuale matrice dolosa del rogo;
   il manufatto, uno dei più importanti esempi di architettura industriale del ’900 per la provincia di Treviso, sarebbe andato all'asta venerdì 10 Aprile 2015 alle ore 10:00, come confermano l'avvocato Paola Matrundola, commissario giudiziale del concordato della Silea Parco, e in quello del liquidatore, il dottor Ireneo Baratta:
   come riportato dalla stampa locale, il complesso ex Chiari & Forti è stato protagonista di un'articolata storia negli ultimi vent'anni. Nel 1995, insieme a nuovi soci, Giulio Malgara rileva dalla Quaker, la multinazionale già proprietaria dell'area, i rami delle attività e i marchi su cui aveva puntato fin dall'inizio per i suoi progetti. Progetti ceduti ad acqua Pia Antica Marcia (e cioè di Francesco Bellavista Caltagirone) nel 2006 che, nelle intenzioni dei nuovi proprietari, avrebbero dovuto trasformare l'area di 90.000 metri quadrati in 40.000 di parco, 56.000 residenziali, 16.000 di uffici, 12.000 di negozi e quasi 18.000 di attività alberghiere (quelli divampati ieri);
   fallito Bellavista Caltagirone con i suoi progetti sull'area, che hanno visto solo la posa della prima pietra il 15 maggio del 2008 al cospetto delle autorità dell'epoca, l'area ha iniziato il percorso delle aste giudiziarie. Il 15 ottobre del 2014, la prima, nello studio romano del liquidatore giudiziale Alessandro Ireneo Baratta. Secondo tentativo, il 13 gennaio di quest'anno. Per cercare di realizzare le risorse necessarie a pagare i creditori, il commissario giudiziale ha abbassato la base d'asta di un milione di euro, ma l'asta è andata ancora deserta: il terzo tentativo di vendita sarebbe stato appunto il 9 aprile prossimo, con base d'asta fissata a 9 milioni 100 mila euro;
   l'incendio ha destato grande preoccupazione tra i residenti e tra i cittadini della provincia, sia per la gravità del fatto, soprattutto se ne sarà accertata l'origine dolosa, sia per la compromissione della riqualificazione dell'area, a livello ambientale, economico e architettonico –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito ai fatti di cui in premessa, con particolare riguardo alle cause e alla matrice dell'incendio divampato nello stabilimento, anche alla luce dell'intervento svolto dai vigili del fuoco;
   considerato che la struttura è ritenuta un importante esempio di architettura industriale, se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per la tutela di un bene di tale rilevanza dal punto di vista storico e architettonico. (4-08725)


   FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Bagheria, in provincia di Palermo ha stipulato, a far data dal 1o dicembre 2004, contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e parziale, per 40 unità di personale, oggi 31, già in carica ed in servizio dal 1o marzo 1996, quali lavoratori del bacino di precariato regionale, previsto dalla legge della regione Sicilia n. 85 del 1995; tali contratti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2014, in ultimo, dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni;
   dal 31 dicembre 2014 quindi, presso il citato comune, sono in servizio 31 dipendenti, di categoria C e D, con un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato e parziale i quali assolvono, in base alla professionalità posseduta ed acquisita nel corso di quasi due decenni, a funzioni di particolare rilievo al punto da essere considerate figure infungibili per garantire il buon funzionamento dell'ente, in qualità di responsabili amministrativi, contabili, tecnici, funzionari presso l'ufficio legale dell'ente, agenti di polizia municipale;
   il comma 268 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (legge di stabilità 2015), nel richiamare espressamente l'articolo 4, comma 9-bis, del decreto-legge n. 101 del 2013, consente la proroga di tali rapporti di lavoro fino al 31 dicembre 2015. Il citato articolo 4, comma 9-bis, del decreto-legge n. 101 del 2013, recita infatti: «Esclusivamente per le finalità e nel rispetto dei vincoli e dei termini di cui al comma 9 del presente articolo, i limiti previsti dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, possono essere derogati limitatamente alla proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle regioni a statuto speciale, nonché dagli enti territoriali compresi nel territorio delle stesse, a valere sulle risorse finanziarie aggiuntive appositamente individuate dalle medesime regioni attraverso misure di revisione e razionalizzazione della spesa certificate dagli organi di controllo interno»;
   la materia è stata successivamente disciplinata con norme della regione Sicilia, in particolare dal comma 4 dell'articolo 30 della legge regionale n. 5 del 2014 e dall'articolo 4 della legge regionale n. 2 del 13 gennaio 2015;
   il comune di Bagheria, con delibera commissariale n. 5 del 19 maggio 2014, ha dichiarato dissesto economico finanziario ai sensi dell'articolo 244 e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
   tutta la normativa richiamata deve essere conciliata con quanto previsto dal decreto legislativo 267 del 2000 in materia di dissesto degli enti locali;
   a questo riguardo, il comune di Bagheria ha adottato la deliberazione n. 8 del 19 gennaio 2015, «Proroga, ai sensi dell'articolo 1 comma 268 della legge 190 del 23 dicembre 2014 (Legge di stabilità 2015) e dell'articolo 4 della legge regionale n. 2 del 13 gennaio 2015 di n. 31 contrattisti di diritto privato di soggetti facenti parte del bacino del precariato articolo 25 L.R. 21 del 2003 fino al 31 dicembre 2015», con la quale, è stata approvata la proroga dei contratti per tali dipendenti dal 1o gennaio 2015, fino al 31 dicembre 2015, subordinandone l'efficacia all'autorizzazione preventiva del Ministero dell'interno, in particolare della commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali appositamente costituita ai sensi dell'articolo 155 del citato TUEL;
   la citata commissione, in data 26 marzo 2015 ha negato l'autorizzazione alla proroga in questione con la seguente motivazione: il comma 2 dell'articolo 41 del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito dalla legge n. 89 del 23 giugno 2014, fa divieto agli enti pubblici di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo con qualsivoglia tipologia contrattuale ivi compresa la collaborazione continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, qualora l'ente abbia superato il termine di novanta giorni per l'anno 2014, quale indice di tempestività dei pagamenti;
   a tal riguardo, si fa rilevare che il limite citato nella motivazione risulta penalizzante per alcune amministrazioni locali ove svolgono servizio lavoratori che da diversi anni attendono, da parte del decisore pubblico, sia nazionale che locale, una soluzione che ponga fine alla delicata problematica del precariato nella pubblica amministrazione, senza con ciò voler significare la perdita del posto di lavoro;
   allo stesso modo non si può uniformare la posizione di un lavoratore che abbia in essere un rapporto di lavoro a tempo determinato con la pubblica amministrazione, a quella dei precari «storici» che da decenni sono inseriti stabilmente nell'organico di un ente che si è avvantaggiato delle loro prestazioni e delle loro professionalità;
   molti comuni siciliani sono in condizioni di dissesto e/o pre-dissesto finanziario e pertanto difficilmente rispettano l'indice di tempestività dei pagamenti introdotto dal decreto-legge n. 66 del 2014;
   l'interrogante intende evidenziare un paradosso normativo rappresentato dal fatto che risulta irrealizzabile, se non completamente illogico, prevedere che un comune in dissesto possa rispettare la tempestività dei pagamenti nelle transazioni commerciali;
   si sottolinea, inoltre, che tale limite contrasta assolutamente con la volontà politica di portare a termine, entro il 2016, i processi di stabilizzazione di tutti i precari, così come previsto dal citato decreto-legge n. 101 del 2013 convertito dalla legge n. 125 del 2013;
   a parere dell'interrogante, si prefigurerebbe, per di più, una palese disparità di trattamento tra i precari in servizio presso i comuni dissestati e quelli in carico ai comuni «virtuosi»; per la gran parte, tali lavoratori sono, anche per età, ormai fuori dal mercato del lavoro e subiscono, di fatto, una forte penalizzazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, ritenga che sussistano i presupposti, pur in mancanza del rispetto dell'indice di tempestività dei pagamenti introdotto dal decreto-legge n. 66 del 2014, per concedere, per quanto di competenza e per il tramite della commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, autorizzazioni alla proroga di rapporti contrattuali;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno rendere note le ragioni delle diverse decisioni assunte, finora, dalla commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali;
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare il Governo al fine di escludere il vincolo imposto con il comma 2 dell'articolo 41 del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito dalla legge n. 29 del 23 giugno 2014, in riferimento ai processi di stabilizzazione avviati e/o in atto, rimuovendo, in tal modo le criticità esposte che penalizzano gli stessi enti pubblici in dissesto finanziario che dovrebbero privarsi di figure professionali fondamentali per garantire il buon funzionamento dell'amministrazione comunale. (4-08728)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 7, lettera f), della legge delega n. 183 del 2014, «allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l'attività ispettiva», ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi sulla seguente materia: «Revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell'impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore»;
   la materia dei controlli a distanza è oggi disciplinata dall'articolo 4 della legge n. 300 del 1970 (cosiddetto statuto dei lavoratori) il quale prevede che «È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti»;
   in realtà, tutto l'impianto della legge n. 300 del 1970, seppur da alcuni ritenuto ingiustamente, «superato», reca disposizione per la tutela e la dignità del lavoratore: gli articoli 2, 3 e 6 dello statuto disciplinano il potere di controllo del datore di lavoro sui lavoratori, così attuando la garanzia della dignità del lavoratore – che costituisce il limite della libertà di iniziativa economica di cui al secondo comma dell'articolo 41 della Costituzione – e, nel loro combinato disposto, distinguono la tutela del patrimonio aziendale (e, quindi anche la vigilanza) dalla vigilanza sull'attività lavorativa. La finalità è quella di evitare per un verso forme di controllo occulto e, per altro verso, di escludere un controllo di tipo poliziesco, quale quello effettuabile dalle guardie giurate, che, nel tempo della emanazione dello statuto, appariva vessatorio nella forma e di limitare le ispezioni sulla persona del lavoratore;
   l'articolo 4, completando le garanzie nei confronti dei controlli occulti, vieta il controllo a distanza operato con impianti audiovisivi e con altre apparecchiature installati allo scopo esclusivo del controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, e, al contempo, operando una sorta di bilanciamento di interessi, al comma 2 ne ammette l'istallazione solo se finalizzati a soddisfare esigenze organizzative e produttive o di sicurezza del lavoro, ma previo accordo con le rappresentanze sindacali o, in mancanza, se interviene provvedimento autorizzatorio dell'ispettorato del lavoro;
   una volta ottenuto il provvedimento autorizzatorio dell'ispettorato, l'uso dell'impianto audiovisivo ovvero della apparecchiatura è ammesso per la realizzazione delle esigenze organizzative, produttive e di sicurezza e non anche al fine (sia pure concomitante con quello difensivo) di effettuare la sorveglianza del lavoratore;
   dall'ambito di applicazione della norma sono esclusi i controlli cosiddetti difensivi, quelli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore quali, ad esempio, quelli assicurati dai sistemi audiovisivi di controllo dell'accesso ad aree riservate o le apparecchiature di rilevazione di telefonate ingiustificate, ma solo se non ne risulti indirettamente un controllo sull'attività lavorativa;
   ove ciò accada rimane applicabile la garanzia prevista dal secondo comma dell'articolo 4 per la semplice ragione che l'innegabile e comprensibile esigenza di evitare condotte illecite da parte di terzi o degli stessi dipendenti non giustifica forme di controllo a distanza che determinano un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore l'evoluzione tecnologica, informatica ed elettronica ha creato una serie di questioni legate sia alle caratteristiche intrinseche della tecnologia stessa, sia alle sue modalità di utilizzazione e alla sua capillare diffusione nel mondo del lavoro e ciò sul rilievo della estrema pervasività di un sistema che raccoglie dati diversi e consente verifiche incrociate;
   computer, impianti di telefonia mobile, navigazione in internet, posta elettronica, ed anche badge e sistemi di riconoscimento (biometrici o RFID – radio frequency identification device – palmari), sono ormai normali strumenti di lavoro, e presentano una capacità di intrusione elevatissima anche perché il loro uso consente controlli incrociati che aprono lo sguardo sugli aspetti più intimi della persona del lavoratore;
   l'utilizzo di internet, ad esempio, può formare oggetto di analisi, profilazione, ed integrale ricostruzione mediante elaborazione di file cronologici (log file) della navigazione web ottenuti da un server aziendale (proxy server) o da altri strumenti di registrazione; i servizi di posta elettronica sono suscettibili di controlli che possono giungere alla conoscenza da parte del datore di lavoro del contenuto della stessa corrispondenza del lavoratore; come il palmare, il badge dotato di banda magnetica consente la identificazione del lavoratore ai varchi di ingresso in azienda, ma in caso di predisposizione di altri rilevatori, anche la localizzazione continua del lavoratore; l'utilizzazione dei dati biometrici (impronte digitali, conformazione della mano, impronta dell'iride) utilizzati per l'identificazione dei lavoratori all'ingresso dei luoghi di lavoro è particolarmente invasiva (come è accaduto per la richiesta di Fincantieri di applicare un microchip agli scarponi o agli elmetti degli operai – Il fatto quotidiano del 6 aprile 2015);
   questi strumenti, come altre forme di tecnologia avanzata, ogni volta che consentono forme di controllo a distanza che per le modalità di realizzazione ledono la dignità del lavoratore e perciò stesso vanno oltre quella dimensione umana alla quale si è fatto cenno, rimangono sussumibili entro la previsione dell'articolo 4 dello statuto;
   le disposizioni dello statuto hanno conservato la loro piena validità e modernità anche di fronte alla pervasività dell'evoluzione tecnologica;
   recentemente Il Fattoquotidiano on line del 6 aprile 2015 ha dato la notizia che «lo scorso 1o aprile il Consiglio d'Europa ha rivolto ai 47 Stati membri una “raccomandazione” (in realtà un aggiornamento rispetto a quanto disposto nel 1989) sui principi da seguire quando si legifera in tema di lavoro, privacy e nuove tecnologie. Ai punti 15 e 16 si fa esplicito riferimento alle tecnologie utilizzate per monitorare i lavoratori e a quei sistemi in grado di rivelare la loro posizione: il testo ribadisce che il monitoraggio dell'attività del dipendente non può essere lo scopo principale, bensì solo l'indiretta conseguenza di un'azione volta a proteggere la produzione e la salute e la sicurezza dei lavoratori. Al contrario è fatto divieto assoluto di controllare “attività e comportamenti” dei dipendenti e di usare telecamere o altri sistemi di sorveglianza in spogliatoi, mense e aree ricreative. Viene ribadita poi la necessità di un confronto con le organizzazioni sindacali»;
   la raccomandazione, che si applica sia al settore pubblico sia al privato, indica che i datori di lavoro dovrebbero evitare di interferire in modo ingiustificato e irragionevole nel diritto al rispetto della privacy dei dipendenti sul luogo di lavoro, precisando che questo principio si estende a tutte le tecnologie dell'informazione. Il testo contiene una serie di garanzie volte a far sì che i dati personali dei dipendenti siano adeguatamente protetti, e fornisce linee guida sulla raccolta dei dati personali da parte dei datori di lavoro, la loro registrazione e comunicazione esterna (a degli organismi pubblici, per esempio);
   la raccomandazione impone limiti ferrei su qualsiasi tipo di controllo operato nei confronti dei dipendenti, ma anche sulla raccolta e l'utilizzo di tutti i loro dati personali. Viene così stabilito che ai datori di lavoro è vietato usare qualsiasi tecnologia al solo scopo di controllare le attività e i comportamenti dei dipendenti, ma soprattutto che nel caso si renda necessario utilizzare telecamere, o altri sistemi di sorveglianza, questi non dovranno mai essere posizionati in zone dove normalmente i dipendenti non lavorano, come spogliatoi, aree ricreative, o mense;
   ad essere «off limits» sono anche tutte le comunicazioni «private» dei dipendenti. Mentre l'accesso a quelle professionali, per esempio una mail a un collega, è consentito solo se il lavoratore è stato informato che questo può accadere, e unicamente se l'accesso è necessario per motivi di sicurezza, o, per esempio, per garantire che un lavoro venga terminato. Il lavoratore ha poi il diritto di sapere quali dati il datore di lavoro sta raccogliendo su di lui e perché, e ha anche il diritto di visionarli, di chiederne la correzione, e addirittura la cancellazione. Nella raccomandazione vengono elencate anche tutte le informazioni che un datore di lavoro non può chiedere al dipendente o a chi vuole assumere, e i limiti che deve rispettare nel comunicare, anche all'interno della stessa azienda, i dati raccolti;
   alla luce della raccomandazione europea, la nuova normativa dovrà portare ad un rafforzamento delle garanzie e dei diritti già previsti nell'articolo 4 dello statuto, stante la pervasività delle nuove tecnologie;
   altrettanto determinante è la circostanza che il nuovo contratto a tutele crescenti previsto dal decreto legislativo n. 23 del 2015 ha di fatto «liberalizzato» il licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo (licenziamento disciplinare anche per condotte extra lavorative) limitando drasticamente la tutela reintegratoria e così indebolendo la posizione del lavoratore di fronte a licenziamenti anche per fatti estranei all'attività lavorativa;
   si rende necessario un intervento del Governo volto a rafforzare e migliorare la tutela del dipendente nel quadro delle garanzie già previste dallo statuto dei lavoratori –:
   quale sia la posizione del Governo in merito e se nella predisposizione delle prossime iniziative normative abbia intenzione di rispettare quanto prescritto dalla raccomandazione del Consiglio d'europa anche migliorando e/o rafforzando l'attuale quadro normativo previsto dallo statuto dei lavoratori in tema di garanzie sindacali e diritti del lavoratore in materia di controlli a distanza e/o con apparecchiature elettroniche scongiurando il rischio di profilazione, controllo e/o sorveglianza occulta dei lavoratori per fini estranei all'attività lavorativa. (5-05294)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO, CAMANI, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il settore della logistica presenta diversi problemi: si caratterizza per un intenso sfruttamento della manodopera, in larga parte di origine straniera, e per la presenza di fenomeni di caporalato e di evasione contributiva, commessi da alcuni operatori, solitamente organizzati in società cooperative;
   numerose indagini dell'autorità giudiziaria e denunce delle organizzazioni sindacali hanno evidenziato le irregolarità e le illegalità presenti nel settore;
   il ricorso alla forma cooperativa viene utilizzata spesso dai maggiori operatori della logistica per abbassare il grado di tutela dei lavoratori che in molti casi svolgono le loro mansioni in un sostanziale rapporto di subordinazione;
   a Padova esiste una delle più grandi zone industriali italiane nella quale hanno sede l'interporto, il mercato ortofrutticolo e numerose aziende che utilizzano cooperative della logistica per il movimento e il trasporto di merci;
   nel 2010 gli interroganti avevano sollevato di fronte al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i casi di cooperative venete ed emiliane costituite per eludere il fisco;
   in quella occasione le indagini dei magistrati inquirenti avevano portato alla luce ben 14,5 milioni di euro di omesse contribuzioni Inps, 13,8 milioni di mancate dichiarazioni fiscali e oltre 2,2 milioni di iva non pagata;
   negli ultimi anni diversi casi hanno confermato l'allarme rispetto alle irregolarità diffuse nel comparto della logistica, dove i vincitori di appalti, pubblici e privati, hanno abusato delle norme e assoldato manodopera in violazione delle disposizioni vigenti, dando spesso luogo a fenomeni di caporalato, di sfruttamento dell'immigrazione e di palese evasione fiscale e contributiva;
   è frequente il caso di grosse società che affidano lavori e servizi di facchinaggio a cooperative in una sorta di subappalto;
   in questo passaggio nasce il sistema delle false cooperative (dette «cooperative spurie») che, sotto mentite spoglie, costringono i lavoratori ad accettare condizioni di lavoro estenuanti, con inquadramenti professionali ben lontani dal contratto collettivo nazionale, e retribuzioni inadeguate;
   le organizzazioni sindacali hanno diffuso dati secondo cui il 90 per cento delle persone impiegate nelle cooperative è composto da lavoratori immigrati. Tale fattore rende difficile l'emersione di comportamenti illeciti e mantiene una sostanziale opacità nel regolamento dei rapporti di lavoro;
   questa situazione favorisce il fenomeno del caporalato con sfruttamento di immigrati anche da parte di altri immigrati e con frequenti episodi di intermediazione illecita di manodopera;
   il settore della logistica, per queste ragioni, risulta seriamente esposto al rischio di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali, da tempo presenti sul territorio, costantemente alla ricerca di spazi per utilizzare il tessuto economico per riciclare i proventi delle attività illecite e per ampliare la sfera del loro controllo su capitali e persone –:
   se i Ministri siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali concrete iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, anche per il tramite degli uffici territoriali del Governo, intendano porre in essere per fare luce sui fenomeni descritti, per tutelare i lavoratori del comparto, per aumentare i controlli e la vigilanza e per contrastare e prevenire il rischio di infiltrazioni criminali nel settore della logistica. (4-08708)


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22 disciplina la normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati in attuazione del Jobs Act;
   la Naspi sostituirà progressivamente ASPI e MiniASPI;
   la nuova prestazione a sostegno del reddito sarà corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà (50 per cento) delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni;
   per il calcolo della durata, però, non vengono computati eventuali periodi contributivi in cui il lavoratore abbia già percepito prestazioni di disoccupazione;
   ciò rischia di comportare gravi ricadute sulla condizione dei lavoratori stagionali: infatti, mentre con il precedente ammortizzatore sociale (Aspi) un lavoratore stagionale con un contratto di 6 mesi poteva contare, una volta perduto involontariamente il posto di lavoro, su un sostegno al reddito per gli altri 6 mesi, riuscendo a percepire un salario per l'intero anno, adesso il nuovo sistema di calcolo porterà ad una riduzione della durata della disoccupazione di ben 3 mesi;
   effettuando delle semplici simulazioni, inoltre, emerge come chi lavora con molte interruzioni raggiungendo il requisito per somma di giornate effettuate in periodi lunghi di tempo, riceve un sussidio meno cospicuo rispetto a chi può contare su rapporti di lavoro più stabili e lineari –:
   se il Governo sia consapevole degli effetti che la nuova normativa avrà sui lavoratori stagionali;
   e quali misure abbia già preso in merito;
   se non ritenga opportuno valutare la possibilità di assumere un'iniziativa normativa per una sospensione transitoria del secondo capoverso dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 22 del 2015 in attesa di una circolare dell'Inps che chiarisca le disposizioni relative ai nuovi ammortizzatori sociali, in particolare rispetto alla posizione dei lavoratori stagionali;
   se non ritenga, il Governo, di dover mettere in campo, di concerto con le associazioni degli albergatori, dei lavoratori e dei commercianti, ogni azione necessaria volta alla destagionalizzazione del periodo turistico e garantire un più ampio periodo occupazionale. (4-08711)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la SACCI spa ha deciso di chiudere il cementificio di Pescara cessando definitivamente l'attività produttiva nel capoluogo adriatico. Se ciò accadesse sarebbe un duro colpo per i dipendenti che lavorano al cementificio di Pescara;
   il cementificio aveva già mandato in mobilità una cinquantina di operai il 13 luglio dell'anno scorso;
   la situazione è precipitata il 13 marzo 2015 dopo otto mesi dalla procedura di riduzione del personale che ha comportato il licenziamento di 50 lavoratori a Pescara;
   i sindacati di categoria, in una nota, hanno indetto lo stato di agitazione in tutti i siti produttivi della Sacci e hanno richiesto l'apertura di un tavolo a livello nazionale con Ministero dello sviluppo economico;
   situazione è molto grave: il numero dei posti persi salirà a 80, più l'indotto, per un totale di 120 lavoratori. La riduzione complessiva, con questa nuova procedura riguarderà 135 lavoratori a livello di gruppo, con la chiusura definitiva degli stabilimenti di Pescara e Macerata e la riduzione della sede di Roma;
   le organizzazioni di categoria sperano nell'offerta arrivata dal colosso della Buzziunicem, pronta ad acquistare il 99,5 per cento delle quote societarie della Sacci spa;
   il 18 marzo 2015 a soli 5 giorni dall'attivazione della procedura di mobilità, con l'annuncio della cessazione delle attività degli stabilimenti di Pescara e Macerata, è arrivata l'offerta di acquisto da parte di Buzziunicem, società quotata in borsa e secondo gruppo industriale produttore nazionale di cemento in Italia. I sindacati sospettano che l'attuale proprietà abbia proceduto a una ripulitura eliminando gli stabilimenti meno produttivi, tra cui quello di Pescara, per essere più appetibile alla pretendente;
   inoltre se il Cementificio di Pescara dovesse cessare veramente, si presenterà il problema della messa in sicurezza e della bonifica del sito industriale –:
   se non intendano accogliere la richiesta dei sindacati per un incontro con le parti sociali, la regione Abruzzo e il comune di Pescara per trovare una soluzione condivisa della crisi aziendale con l'obiettivo di, tutelare, nelle forme concordate, l'occupazione, adottando ogni utile decisione. (4-08714)


   MASSIMILIANO BERNINI, BARONI, SILVIA GIORDANO, GALLINELLA e L'ABBATE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi anni, numerose sono state le iniziative e le manifestazioni che hanno coinvolto cittadini malati da SLA (sclerosi laterale amiotrofica), molte delle quali spontanee, altre organizzate da associazioni senza scopo di lucro;
   alcuni dei soggetti in questione hanno costituito nel 2010 il «Comitato 16 novembre» che nasce come una rete informale di persone, malati di SLA, familiari e amici, che si riconoscano nella lettera aperta inviata al Governo;
   la presente lettera è l'atto fondativo per la battaglia concreta dei malati di SLA in difesa della propria dignità e nella quale si impegnano a mantenere un presidio senza interruzioni avviato il 16 novembre 2010 a Roma davanti al Ministero dell'economia e delle finanze sostanziandolo con azioni positive che non diano tregua alle istituzioni inadempienti nei confronti del diritto alla salute riportato nella Costituzione;
   tra le battaglie vinte dai cittadini malati di SLA, dai loro famigliari e amici, si annovera quella per lo stanziamento nel 2010 di 100 milioni di euro a sostegno dell'assistenza domiciliare diretta o indiretta, degli assistenti familiari e delle attività svolte dai congiunti che prestano assistenza ai malati di SLA ed interamente destinati alla realizzazione di prestazioni, interventi e servizi socio-sanitari in favore delle persone affette da SLA, aggiuntivi e non sostitutivi a quelli già previsti;
   si definisce assistenza diretta quella in cui gli operatori sociali del comune prestano la propria opera al domicilio dei pazienti per attività non sanitarie, mentre per assistenza indiretta ci si riferisce alla famiglia che riceve un assegno con cui pagare l'assistente familiare, rendicontando le spese al comune;
   i 100 milioni di euro servono a realizzare o potenziare l'assistenza domiciliare, a garantire la formazione e il supporto di assistenti familiari e a riconoscere concretamente l'insostituibile attività assistenziale svolta dal familiare-caregiver;
   come riporta il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'intesa il 60 per cento dei 100 milioni di euro è stato ripartito in base alla prevalenza dei malati di SLA di età pari o superiore a 45 anni (45-60 anni) residenti nelle varie regioni, mentre il restante 40 per cento è stato suddiviso tra le regioni secondo i criteri utilizzati per il riparto delle risorse per le politiche sociali; in questo modo il 16 per cento delle risorse totali sarà destinato alla Lombardia, seguita da Lazio e Campania (rispettivamente il 9,08 e il 9,97 per cento dei fondi), l'8,36 per cento del fondo andrà alla Sicilia, il 7,8 per cento al Veneto e il 7,61 per cento al Piemonte;
   le regioni, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, potranno svolgere, anche tramite protocolli interregionali, attività di ricerca in collaborazione con le associazioni dei malati per ottimizzare i modelli assistenziali utilizzando l'1 per cento delle risorse assegnate;
   le regioni saranno tenute a comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali tutti i dati necessari al monitoraggio dei flussi finanziari, degli interventi, dei trasferimenti effettuati, dei progetti finanziati con le risorse del fondo ed anche le procedure per favorire l'integrazione socio-sanitaria nella programmazione degli interventi;
   non più tardi del novembre 2014, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti che ha ricevuto i rappresentanti delle associazioni Fish e Fand insieme al sottosegretario pro tempore della Presidenza del Consiglio Delrio, hanno dichiarato l'impegno del Governo ad incrementare lo stanziamento per il fondo «per le non autosufficienze» fino a 400 milioni di euro;
   i cittadini malati di SLA e le loro associazioni segnalano gravi ritardi nell'erogazione dei contributi, come avviene ad esempio nella regione Lazio dove l'assegnazione è iniziata solo nel 2013 e ancor più tardi nei comuni capofila;
   i cittadini malati di SLA e le loro associazioni denunciano che dei 24 mesi che si sarebbero dovuti garantire, solamente 20 sono stati «coperti» dagli stanziamenti e che ai malati di SLA che hanno deciso di ricevere il contributo in forma indiretta è stata sospesa l'erogazione –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se le regioni abbiano comunicato al Governo tutti i dati necessari al monitoraggio dei flussi finanziari, degli interventi, dei trasferimenti effettuati, dei progetti finanziati ed anche le procedure adottate per favorire l'integrazione socio-sanitaria nella programmazione degli interventi e quali misure siano previste in caso di inadempienze;
   quali azioni intenda adottare affinché le risorse fluiscano dallo Stato/Governo alle regioni e da queste, a comuni copofila, fino ad arrivare ai malati gravi e di SLA, onde evitare che ci siano interruzioni delle attività di assistenza;
   quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per garantire l'erogazione nei confronti dei cittadini malati di SLA che hanno deciso di ricevere il contributo in forma indiretta;
   se si intendano assumere iniziative per garantire il mantenimento del «Fondo per le non autosufficienze» per i malati di SLA e per tutti i disabili gravi, con gli importi ufficializzati dagli organi di Governo. (4-08717)


   BARUFFI, GNECCHI, MAESTRI, INCERTI, CASELLATO, ALBANELLA, GIACOBBE e TINAGLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nei primi giorni di aprile 2015, a seguito di una circostanziata denuncia della Cgil di Modena, è apparsa sulla stampa la notizia di un'agenzia interinale, la Work Support Agency, resasi protagonista di una campagna promozionale particolarmente aggressiva nei contenuti e nella forma sul territorio di Modena;
   in particolare, attraverso volantini fatti circolare sul territorio, si veicolano messaggi, rivolti alle imprese, quantomeno disinvolti e distorcenti la realtà, sotto il titolo «Supera la crisi ! Riduci i costi ! Con i lavori interinali con contratto rumeno». Tra questi messaggi vanno segnalati in particolare (citazioni testuali):
    «Chi utilizza un lavoratore interinale con contratto rumeno risparmia il 40 per cento ! ! !»
    «Niente Inail !»
    «Niente Inps !»
    «Niente tredicesima !»
    «Niente quattordicesima !»
    «Niente malattia !»
    «Niente infortuni !»
    «Niente Tfr !»
    «Il vostro autista non starà mai male !»
   tale agenzia avrebbe sede a sede a Brasov e risulterebbe regolarmente registrata presso l'Albo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   a seguito della denuncia del sindacato sono state numerose e unanimi le prese di posizione delle istituzioni locali e regionali del territorio, tese a stigmatizzare queste campagne aggressive e lesive della dignità e dei diritti dei lavoratori;
   la procura di Modena, appresi i fatti e su segnalazione del sindacato stesso, ha annunciato l'apertura di un'inchiesta conoscitiva in proposito –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati;
   se risulti al Governo la effettiva e corretta registrazione di Work Support Agency presso l'apposito albo ministeriale;
   se il Governo non ravvisi gli estremi per un approfondimento del caso attraverso una specifica attività ispettiva sull'agenzia stessa e su tutti i casi riconducibili a situazioni di questo genere eventualmente a conoscenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   se non ritenga il Governo, a fronte delle premesse di cui sopra, di valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa di competenza per impedire e sanzionare comportamenti di questa natura, nonché per evitare eventuali abusi dell'applicazione dell'attuale disciplina in materia di lavoro, pure in corso di revisione.
(4-08720)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   RAVETTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la notizia di un'iniziativa promossa dal Partito democratico di Milano relativa alla partecipazione alla manifestazione Expo 2015, che, come noto, è un evento di rilievo internazionale che il nostro Paese ospita a seguito della votazione espressa nel 2008 dai delegati dell'Ufficio internazionale delle esposizioni (BIE);
   sul sito del Partito democratico di Milano si legge che «il PD è l'unico partito a Milano ad essere rivenditore ufficiale dei biglietti per Expo 2015. Questo perché crediamo nel successo della manifestazione e vogliamo metterci a disposizione della città». «Vogliamo che tanti milanesi visitino Expo, aggiunge il segretario cittadino Pietro Bussolati per questo abbiamo deciso di acquistare e rivendere i tagliandi ai nostri iscritti con una promozione dedicata. E per i giovani under 30, che si iscriveranno al PD di Milano, un'opportunità in più: con 25 euro riceveranno la tessera 2015 e un biglietto per visitare Expo»;
   in sostanza, un partito politico, nello specifico il Partito democratico, si presenterebbe come rivenditore ufficiale di biglietti per una manifestazione di stampo internazionale, associando esplicitamente (e nei manifesti che pubblicizzano l'iniziativa) il proprio simbolo politico al simbolo dell'Expo 2015;
   inoltre, la vendita di biglietti dell'evento parrebbe associata ad una vera e propria campagna di tesseramento per i giovani che, attraverso l'iscrizione al Partito democratico (con un costo inferiore rispetto a quello del biglietto), avrebbero l'opportunità di visitare la manifestazione in maniera completamente gratuita –:
   se e come il Partito democratico di Milano abbia ottenuto un'autorizzazione specifica all'utilizzo del simbolo di Expo 2015 e alla relativa associazione ad una campagna di tesseramento, e quali siano state le condizioni di vendita dei biglietti Expo 2015 allo stesso Partito democratico. (3-01428)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Sardegna stanno giungendo piante dalla Puglia senza alcun tipo di controllo e il rischio contaminazione dell'isola è gravissimo;
   a rischio del devastante batterio Xylella ci sono non solo gli ulivi ma ben 120 specie;
   il batterio uccide senza tregua tutte le piante che incrocia nella sua propagazione;
   la regione Sardegna come al solito sta ignorando il problema e a nulla servono le azioni di verifica a valle con pochissimi campioni effettuati;
   occorre bloccare immediatamente i porti della Sardegna e in tutti i modi l'accesso nell'isola di qualsiasi possibile veicolo di trasmissione;
   quella che si configura è una vera e propria guerra contro un batterio che potrebbe propagarsi in modo vertiginoso mettendo in ginocchio per sempre l'agricoltura sarda;
   è gravissimo che i porti siano ancora privi di qualsiasi tipo di controllo e divieto;
   ci si occupa della carne di suino cotta e non si fa niente per bloccare un rischio letale per oltre 120 specie a rischio di batterio;
   il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali non può continuare a limitarsi a quello che all'interrogante appare un modesto commissariamento;
   non si può rischiare di mettere a repentaglio l'unica oasi che potrebbe essere salvaguardata da questa calamità devastante che sta preoccupando tutto il sistema agricolo europeo;
   la malattia del disseccamento rapido degli ulivi è solo un primo devastante risultato, ma appare evidente da tutte le prime analisi che la contaminazione può arrivare per l'elevata variabilità genetica e fenotipica (ossia l'insieme delle sue caratteristiche osservabili) ad infettare circa 150 diverse piante;
   la «fastidiosa» colpisce olivi, viti e aceri;
   la «sandyi» punta all'oleandro;
   la «multiplex» predilige il pesco, l'olmo, il susino;
   la «pauca» preferisce le piante di agrumi e di caffè;
   è evidente che l'intera agricoltura sarda potrebbe essere messa in ginocchio da un possibile contagio;
   mentre contro la Sardegna vengono messe in campo tutte le possibili azioni di profilassi, al contrario l'isola viene lasciata alla mercé di lassismo e incapacità;
   prima che si capisca e si studi quello che sta avvenendo bisogna vietare nei porti della Sardegna qualsiasi tipo di importazione capace di veicolare il batterio;
   la Sardegna può essere l'unica regione indenne proprio per le sue condizioni insulari;
   consentire, come è avvenuto e sta avvenendo, l'arrivo in Sardegna di piante proprio dall'area pugliese denota, ad avviso dell'interrogante, incapacità di governare qualsiasi tipo di emergenza;
   il meccanismo di attacco delle varietà del batterio è tale che ostruisce i vasi che trasportano acqua e nutrienti dalle radici al fusto e fino alle foglie, creando una sorta di gel che impedisce il regolare flusso del fluido. Le piante infette così si seccano completamente –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative per bloccare ogni accesso nei porti suscettibili di diffondere l'epidemia e vietare qualsiasi tipo di importazione a rischio, posto che esiste la seria possibilità di infettare la Sardegna con conseguenze letali;
   se il Governo non ritenga che il «blocco» dei porti debba essere immediato e senza perdere altro tempo;
   se il Governo non ritenga di dover impedire che l'agricoltura sarda rischi di restare vittima di questo batterio, mettendo la parola fine ad un settore decisivo per il futuro della Sardegna. (5-05293)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANIN, PICCIONE, VEZZALI, AMATO, ALBANELLA, ROMANINI, PELLEGRINO, GAGNARLI, GIAMMANCO, BIANCOFIORE e ROSSI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva «Habitat 92/43/CEE prescrive che gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all'allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;
   la direttiva «Uccelli» 79/409/CEE prescrive che gli Stati membri adottano le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all'articolo 1, che comprenda in particolare il divieto di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;
   la legge n. 157 del 1992 dispone che: la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale;
   le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, sono integralmente recepite ed attuate nei modi e nei termini previsti dalla presente legge la quale costituisce inoltre attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503;
   le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformità alla presente legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie. Le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono in base alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti;
   l'Ispra in più occasioni attraverso pareri ufficiali inviati alle regioni richiedenti ha espresso parere negativo alla richieste di autorizzazione di prove e gare cinofile durante la fase riproduttiva delle specie selvatiche, poiché le gare cinofile possono arrecare disturbo e poiché la presenza dei cani spinge gli animali a spostarsi durante il corteggiamento o la cova determinando il rischio di perdita del legame di coppia o l'abbandono del nido limitando il successo riproduttivo con conseguenze negative anche sulla disponibilità per il successivo prelievo venatorio;
   l'ente nazionale della cinofilia italiana (ENCI) con sede in Milano, riconosciuto con regio decreto 13 giugno 1940 n. 1051 è sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi del decreto-legge del Capo Provvisorio dello Stato del 23 dicembre 1947 n. 1665 come richiamato anche nell'articolo 1 dello statuto sociale dell'Ente;
   le zone di ripopolamento e cattura sono ampi territori ricompresi all'interno dei piani faunistici venatori provinciali, dove la caccia è vietata, destinati alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione e il suo irradiamento sul territorio, in tempi e condizioni utili all'ambientamento, fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;
   le aziende faunistiche venatorie sono territori finalizzati al mantenimento, all'organizzazione ed al miglioramento degli ambienti naturali, ai fini dell'incremento della fauna selvatica e dell'irradiamento nel territorio circostante. Le aziende faunistico venatorie hanno prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche e sono costituite in territori di rilevante interesse ambientale e di elevata potenzialità faunistica –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fatto che l'Enci autorizza, nei mesi di aprile, maggio e giugno, prove di caccia su selvaggina naturale e prove di caccia su starne, con la presenza di centinaia di concorrenti e di cani, all'interno di zone ripopolamento e cattura e aziende faunistiche venatorie ovvero nel periodo di maggiore criticità della stagione riproduttiva per le specie selvatiche;
   se e come intendano intervenire, vista l'urgenza e la prossimità dei mesi sopra richiamati e per quanto di competenza, per ripristinare una situazione di aderenza normativa delle attività cinofile dell'Enci ai dettati delle direttive comunitarie e della legislazione italiana ai fini della concreta gestione conservativa della fauna selvatica. (4-08730)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO, COZZOLINO e PETRAROLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, recante «Riorganizzazione della Associazione italiana della Croce rossa italiana (C.R.I.) a norma dell'articolo 2, della legge 4 novembre 2010, n. 183», è stata disposta la riorganizzazione della C.R.I. mediante una graduale procedura di privatizzazione dell'ente pubblico;
   con il successivo decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, sono stati prorogati di un anno, dal 1o gennaio 2015 al 1o gennaio 2016, i termini previsti dal decreto legislativo n. 178 del 2012 per la trasformazione del comitato centrale e dei comitati regionali della Croce rossa italiana in soggetti di diritto privato, con la conseguente proroga di un anno di tutti i termini previsti relativi al processo di privatizzazione e riordino;
   nei programmi del Governo, la privatizzazione della Croce rossa italiana avrebbe dovuto portare efficienza e risanamento economico, ma, come rilevato dalla Corte dei conti, il primo anno di privatizzazione ha comportato un aumento del disavanzo superiore al 200 per cento e la vendita degli immobili, che doveva essere finalizzata al risanamento, è stata invece rovinosa, con ribassi di quasi l'84 per cento, procurando un ricavo di soli 6 milioni, a fronte di stime dei beni di oltre 36 milioni;
   tra le sedi della Croce rossa oggetto di alienazione c’è anche quella del comitato regionale di Jesolo, alienazione autorizzata univocamente, con l'ordinanza presidenziale n. 0040-15, con cui è stata disposta, senza confronto con le parti interessate, la vendita del complesso immobiliare di Jesolo, con una base d'asta di 42 milioni di euro;
   l'alienazione del complesso immobiliare della sede della Croce rossa italiana di Jesolo determinerà anche l'alienazione dell'area, comprensiva degli adiacenti terreni di competenza del complesso ospedaliero, molto probabilmente oggetto di offerte d'acquisto al massimo ribasso;
   un appello per la revoca della vendita del complesso immobiliare di Jesolo è stato lanciato dal presidente regionale CRI del Veneto, Fabio Bellettato, dimessosi nei giorni scorsi, al Presidente nazionale della Croce rossa italiana Francesco Rocca, appello in cui si sottolineava il carattere di unilateralità della decisione assunta dal presidente nazionale CRI;
   in particolare, il presidente Bellettato ha criticato apertamente il metodo con cui è stata disposta l'alienazione del complesso immobiliare di Jesolo, senza che fossero prese in considerazione le valutazioni contrarie della CRI del Veneto, del suo presidente, dei suoi volontari e dei suoi dipendenti;
   come segnalato dal presidente regionale la sede CRI di Jesolo svolge anche numerose attività istituzionali tra cui l'accoglienza dei migranti e dublinati, in attesa di perfezionare i loro documenti per restare in Italia o in Europa la soppressione della quale attività di accoglienza farebbe venire meno lo stesso ruolo ausiliario che la CRI ha rivestito fino ad oggi nell'assistenza sanitaria e sociale su tutto il territorio nazionale;
   si sottolinea inoltre come la CRI del Veneto, per le attività svolte nel Centro di Jesolo, ha ricevuto riconoscimenti da parte del comune di Jesolo, dalla provincia di Venezia e dalla regione Veneto oltre che dalla Croce rossa nazionale ed internazionale;
   preoccupazione per la possibile perdita della sede di lavoro, dei livelli occupazionali e delle attività svolte sino ad oggi è stata espressa anche da parte dei dipendenti della CRI del Veneto a rischio esubero a seguito dell'annuncio dell'imminente avvio di un'asta per la cessione della sede di Jesolo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di confusione normativa, organizzativa e gestionale in cui versano attualmente i comitati regionali del Veneto della Croce rossa italiana, a rischio di chiusura, con particolare riferimento al comitato regionale di Jesolo i cui immobili sono in via di alienazione e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di salvaguardare il futuro della CRI regionale del Veneto e scongiurare il rischio di una perdita di servizi nell'assistenza sanitaria e sociale svolti fino ad oggi dalla Croce rossa su tutto il territorio nazionale. (5-05298)


   BARONI, FRUSONE, MASSIMILIANO BERNINI, CECCONI, SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, DI VITA, GRILLO e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il territorio della Asl Roma G, che presenta una popolazione di 476.586 abitanti comprende un territorio molto vasto. Nel distretto G2, in cui si annoverano circa 110.000 abitanti e dove è ubicato il comune di Palombara Sabina (e che comprende anche i comuni di Guidonia, Marcellina, Monteflavio, Montelibretti, Montorio Romano, Moricone, Nerola e Sant'Angelo Romano) non sussiste alcun presidio ospedaliero. La struttura di ricovero per acuti più vicina è rappresentata dall'ospedale di Tivoli, il cui servizio di pronto soccorso patisce sempre più difficoltà nel reperire posti letto in cui ricoverare le urgenze. Il gravissimo ridimensionamento delle funzioni della suddetta struttura SS. Salvatore di Palombara Sabina, sta causando un generalizzato senso di abbandono sanitario nella popolazione interessata;
   come stabilito dalla legge n. 81 del 2014, dal 1o aprile 2015 tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) dovranno chiudere; i pazienti saranno trasferiti in «Residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza sanitaria» (REMS);
   gli ospedali psichiatrici giudiziari attualmente accolgono diverse tipologie di pazienti con diverse posizioni giuridiche. Vi sono prosciolti per vizio totale di mente e dichiarati socialmente pericolosi; condannati che durante l'esecuzione della pena sono colpiti da infermità psichica; condannati, ma con vizio parziale di mente, dichiarati socialmente pericolosi e che devono eseguire un periodo di casa di cura e custodia, eventualmente in aggiunta alla pena detentiva; imputati, detenuti in ogni grado del giudizio e condannati che vengono sottoposti ad osservazione psichiatrica per un periodo non superiore a 30 giorni; imputati ai quali sia stata applicata una misura di sicurezza provvisoria in considerazione della loro presunta pericolosità sociale e in attesa di un giudizio definitivo; imputati sottoposti a perizia psichiatrica e infine imputati colpiti durante il giudizio da malattia mentale tale che essi non siano più in grado di attendere utilmente al procedimento e l’iter processuale;
   le nuove REMS saranno strutture che a causa delle loro peculiari connotazioni (fra le altre l'assenza di personale afferente al Ministero della giustizia), si caratterizzeranno per la presenza di elevati livelli di tensione emotiva che richiederanno uno stato di allerta del personale sanitario sicuramente più intenso di quello che si potrebbe avere per altre tipologie di strutture residenziali o comunitarie;
   con delibera regionale n. 1157 del 9 agosto 2006 l'ospedale Santissimo Salvatore di Palombara Sabina ha perso le sue principali funzioni essendo stato declassato in «Casa della Salute» e, successivamente, al suo interno è stato attivato un PTP (presidio territoriale di prossimità);
   alla data odierna, la casa della salute non è utilizzata come sede degli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, non è garantita la presenza 24 ore su 24 dei medici di famiglia e della continuità assistenziale (ospedale di comunità) e non è stata realizzata l'istituzione di servizi e attività di grande valenza assistenziale: risulta quindi che, come tutte le altre case della salute inaugurate nella regione Lazio, dopo molti mesi di «efficientamento» e nonostante i soldi pubblici spesi, non sono ancora attivi i servizi di base promessi, e i relativi PDTA per i cittadini cronici residenti;
   la ASL RMG, con provvedimento n. 114 del 12 febbraio 2015, è intenzionata a ubicare, in via «provvisoria», una struttura REMS per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, nella struttura del Santissimo Salvatore di Palombara Sabina;
   il progressivo «svuotamento» dell'ospedale di Palombara concomitante con la mancata attivazione della casa della salute, unitamente alla chiusura di altri ospedali del territorio intorno a Palombara, sta rendendo gravoso il raggiungimento dei LEA (livelli essenziali di assistenza) all'interno della ASL RM G;
   dal 2009 sono sorti dei comitati spontanei di cittadini in difesa della struttura ospedaliera, i quali hanno formulato alla regione Lazio delle precise istanze di tutela e potenziamento del primo soccorso al fine di garantirne l'operatività 24 ore su 24, dotandolo delle attrezzature mediche in grado di assicurare la migliore assistenza anche alle urgenze classificate in codice rosso e garantendone l'autonomia e l'indipendenza rispetto alle omologhe strutture di Tivoli e Monterotondo, nonché dotare l'ambulanza di personale medico a bordo;
   dall'ultimazione dei lavori riguardanti l'ala nord dell'ospedale in esame, i nuovi ambienti risulterebbero chiusi e pertanto privi di una destinazione, nonostante l'ingente spesa pubblica sostenuta per la loro realizzazione; alla struttura ospedaliera in esame dovrebbero essere assicurate la funzione di direzione sanitaria, la funzione di degenza nelle 24 ore a gestione infermieristica e assistenza medica prestata o dai medici di medicina generale o dai medici specialistici, la presenza di un vero punto di pronto soccorso operativo nelle 24 ore, collegato al Sistema dell'emergenza-urgenza 118, la funzione specialistica ambulatoriale, le attività diagnostiche di base come radiologia e laboratorio, il servizio farmaceutico, il collegamento in telemedicina con altri centri di riferimento, uno specifico sistema informativo dedicato;
   la REMS viene inserita nella struttura stessa della ex casa della salute/ex-ospedale di Palombara Sabina;
   con decreto ministeriale del 9 ottobre 2013 veniva approvato il programma degli interventi necessari alla messa in opera dei progetti relativi all'adeguamento delle seguenti strutture: Presidio via Bartolomeo Capitanio snc ASL RM A per un importo di euro 10.740.300,07; ospedale «A. Angelucci» di Subiaco ASL RM G per un importo di euro 3.347.200,00; presidio Via Clarice Tartufari n. 82 ASL RM C per un importo di euro 1.732.610,00;
   i lavori di adeguamento della struttura di Palombara Sabina (affidati ad una società privata, senza bando pubblico grazie ad un affidamento diretto motivato dall’«urgenza») procedono senza sosta, compresi i sabati e le domeniche, per consegnare l'immobile alla data del 31 marzo 2015;
   il malcontento e le proteste dei cittadini di Palombara Sabina, per l'apertura di una REMS nel loro territorio comunale, nascono da un sentimento di preoccupazione e paura per la vicinanza che tale struttura avrebbe al centro nevralgico della cittadina, soprattutto agli edifici della scuola primaria e dell'infanzia, distanti meno di 20 metri ed inoltre per il mancato coinvolgimento della popolazione in una scelta così importante oltre che per gli impatti che avrà tale struttura su tutto il territorio, in ottica di sicurezza pubblica;
   in data 2 marzo 2015 la commissione politiche sociali e salute del consiglio regionale del Lazio, presieduta da Rodolfo Lena (PD), ha deciso di chiedere una sospensione temporanea dei lavori propedeutici alla realizzazione a Palombara Sabina della REMS in oggetto. La sospensione è stata richiesta in attesa di chiarimenti documentali e dell'esatto calcolo del numero di soggetti che dovrebbero essere ospitati nella nuova struttura;
   in data 21 marzo 2015, a seguito di un'assemblea pubblica, i cittadini di Palombara Sabina hanno incontrato il sindaco, il quale ha confermato di voler intraprendere tutte le azioni necessarie di opposizione alla REMS e di aver presentato un esposto al TAR contro la decisione della ASL e della regione Lazio –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   se, alla luce dei fatti esposti in premessa per il decreto del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario che ha previsto una REMS provvisoria nella struttura dell'ex ospedale Santissimo Salvatore di Palombara Sabina sia stata valutata, anche alla luce della possibile compromissione dei livelli essenziali di assistenza nel territorio, nonché tenuto conto che l'ex-ospedale di Palombara Sabina precedentemente non era considerato nel programma approvato dal Ministero, data l'estrema vicinanza ad una scuola primaria e dell'infanzia e sul quale sono necessari lavori di adeguamento svolti con affidamento diretto e non con una gara pubblica e se risulti se in sede di istruttoria siano state valutate altre soluzioni;
   se sia in grado di confermare la data del 31 marzo 2015 come data di inaugurazione della REMS e se possa confermare che sarà fatto nel pieno rispetto di tutti i requisiti sia tecnici che normativi per accogliere i pazienti psichiatrici, considerando che la struttura sita in Palombara Sabina è mancante di alcune caratteristiche previste dal decreto del Ministero della salute di concerto con il Ministero delle finanze del 1o ottobre 2012 afferenti le garanzie per la sicurezza;
   se sia in grado di stimare quale sia il numero esatto dei pazienti psichiatrici provenienti da ospedali psichiatrici giudiziari che saranno ospitati nella nuova struttura e di quali siano le tipologie di reato relative a tali pazienti. (5-05302)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   recentemente sono stati introdotti nuovi farmaci per la terapia dell'epatite C che, in combinazione con altri, raggiungono percentuali di guarigione di oltre il 90 per cento, e che vengono usati per un periodo molto inferiore e con effetti collaterali quasi del tutto assenti;
   il primo di questi farmaci introdotti in Italia è il Sofosbuvir;
   dato l'alto costo della terapia, tuttavia, è stato deciso di limitare in una prima fase l'uso del Sofosbuvir solo ai pazienti più gravi ed è stato inoltre deciso di limitarne, a livello regionale, la prescrivibilità solo ad un numero di strutture inferiore a quelle autorizzate alla prescrizione delle precedenti terapie per l'epatite C;
   in Campania, con il recente decreto commissariale n. 20 del 24 febbraio 2015, sono state autorizzate 25 strutture, ognuna con la possibilità di trattare 15 pazienti;
   un sistema così parcellizzato, senza un registro né regionale, né provinciale né di ASL, determinerà una selezione dei pazienti centro per centro, con il risultato che pazienti più gravi in un centro potrebbero essere esclusi a favore di pazienti meno gravi di un altro centro;
   i criteri di selezione delle strutture appaiono in molti casi incomprensibili;
   nella ASL Napoli 1 Centro, ad esempio, sono state selezionate due strutture convenzionate (ospedali classificati) che comunque non dipendono dalla ASL, nelle quali l'accesso dei pazienti privati è privilegiato rispetto a quelli che giungono tramite prescrizione del Servizio sanitario nazionale;
   inoltre, a quanto consta all'interrogante sono stati autorizzati due reparti di medicina in ognuno dei quali opera un solo medico già autorizzato alla prescrizione dei farmaci per l'epatite C, senza sostituti ed anche senza presenza quotidiana. È dubbia pertanto la possibilità di considerare le strutture in questione come centri di riferimento;
   centri con numero di operatori molto maggiore, con maggiori possibilità diagnostico terapeutiche e con maggior numero di pazienti precedentemente trattati per epatite C sono stati esclusi –:
   quali siano stati i criteri utilizzati per individuare le strutture selezionate;
   quali iniziative di competenza ritenga opportuno assumere per valutare la correttezza dell'accesso alle cure nei singoli centri autorizzati alla prescrizione del Sofosbuvir ed il rispetto complessivo del criterio di gravità nella selezione dei pazienti. (4-08718)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, TERZONI, MICILLO, MANNINO e ZOLEZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello sviluppo economico ha conferito, in data 23 marzo 2010, il permesso di ricerca esclusivo per idrocarburi liquidi e gassosi, convenzionalmente denominato «Badile», ricadente nel territorio delle province di Milano e Pavia;
   la regione Lombardia, a giudizio degli interroganti senza tener adeguatamente conto delle numerose e puntuali osservazioni di cittadini, studiosi e comitati, ha emesso il decreto con cui rilascia giudizio positivo di compatibilità ambientale al progetto di perforazione del pozzo esplorativo «Moirago 1», presentato alla Apennine Energy spa, all'interno del permesso di ricerca «Badile» a Zibido San Giacomo;
   il pozzo di estrazione gas nel parco agricolo sud Milano, si trova a poche decine di metri dalle abitazioni, dalle sedi di numerose aziende, a 350 metri dall'autostrada Milano-Genova, a 950 metri dalle scuole elementari e medie di Zibido e a 1000 metri dalla scuola materna di Moirago;
   in tutto il periodo di cantierizzazione (minimo 285 giorni pari a 9,5 mesi), i livelli di pulviscolo rilasciati nell'atmosfera, le famigerate PM 10, non potranno che peggiorare, in un contesto che già ora non rispetta gli obiettivi di qualità ambientale fissati dalle normative comunitarie, con tutte le possibili conseguenze per la salute che ciò comporta. I massimi valori giornalieri si riscontreranno fino a 250 metri dalla testa pozzo;
   l'Italia e, in particolare, le regioni della Pianura Padana, non sta ottemperando alla direttiva 2008/50/CE sui limiti di superamento di diversi inquinanti nell'aria ambiente e in particolare dei PM10, tanto da rischiare pesanti condanne da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea come già avvenuto per le discariche e per i depuratori. In diverse osservazioni al progetto i cittadini hanno evidenziato tutto ciò e dalle loro indicazioni potrebbero scaturire specifiche segnalazioni alla Commissione europea. La realizzazione di nuovi interventi che peggiorano oggettivamente la situazione non fa che esacerbare l'inottemperanza e, di conseguenza, i rischi di condanna per lo Stato italiano;
   in merito a tale situazione non è stato valutato il cosiddetto effetto cumulo che, invece, è obbligatorio considerare secondo quanto stabilito da una recente sentenza della Corte di giustizia europea «Sentenza causa C 531-2013» che specifica, tra l'altro, che l'effetto cumulo deve essere considerato anche se le sorgenti degli inquinanti sono di tipo diverso;
   lo stesso si può dire sulla qualità delle acque, visto che le falde acquifere dell'area oggetto dell'intervento non rispettano i limiti di qualità ambientale fissati dalla direttiva 60/2000/CEE. I pozzi per la ricerca di idrocarburi, secondo le ultime ricerche scientifiche pubblicate sulle migliori riviste di settore al mondo, possono inquinare le falde per risalita di idrocarburi lungo il pozzo e rilascio lateralmente. In alcuni casi accertati anche il 75 per cento dei pozzi monitorati perde. Pertanto, il rischio di aggravare una situazione già pesantemente compromessa è reale. Anche in questo caso l'effetto cumulo non è stato considerato;
   la tipologia di incidente possibile in fase di perforazione con ricadute sull'ambiente esterno, come riportato dall'allegato del decreto, è individuata nell'eruzione del pozzo (blow-out). Nel caso in esame lo studio presenta un modello di incidente stimato del tipo «worst-case» con perdita totale di controllo di cui è necessario attivare procedure di intervento con mezzi esterni per riportare il pozzo sotto controllo ed attivare immediatamente le misure per limitare i danni ai recettori più sensibili. Nel decreto non sono state valutate e studiate misure soprattutto verso la popolazione residente e le aree pubbliche (scuole di ogni ordine e grado fino alle superiori, ospedale Humanitas e altro) e di trasporto privato (autostrada MI-GE, tangenziale ovest e strada statale Pavia-Milano in primis) e pubblico (linee ATM e extraurbano);
   secondo quanto affermato da James Parsons, il presidente della società Sound Oil, azionista al 100 per cento della Apennine Energy, ai suoi investitori: «Badile rimane la più grande e strategica risorsa del nostro portafoglio con una stima di estrazione, nel caso migliore, equivalente a 178 BSCF. Il gas prodotto da Badile (a seguito dell'eventuale successo dell'esplorazione del pozzo e di aggiudicazione della concessione di produzione) andrebbe ad alimentare, in Italia, un mercato interno affamato di energia che ha mantenuto i prezzi stabili in un contesto in cui è sceso il prezzo delle materie prime»;
   178 BSCF (billions of standard cubic feet) sono pari a circa 5 miliardi di metri cubi di gas, poco più del 5 per cento del fabbisogno nazionale annuo del nostro Paese, pari a circa 80 miliardi;
   per l'esplorazione del pozzo è previsto il raggiungimento di una profondità pari a circa 4,2 chilometri sotto la crosta terrestre, misure importanti per un pozzo di gas, quindi si prevede un percorso in verticale per circa 4,2 chilometri e poi con un angolazione di 41 gradi per circa 600 metri in orizzontale fino a raggiungere l'ipotetico giacimento;
   lo studio ha inoltre confermato che le possibilità geologiche di successo sono solo del 22 per cento, aspetto che non è stato, però, evidenziato nello studio di impatto ambientale;
   il regolamento recante la disciplina dei procedimenti di conferimento dei permessi di prospezione o di ricerca e di concessione di coltivazione di idrocarburi in terraferma e in mare, adottato con decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 484, all'articolo 12, comma 1, prevede che: «La concessione di coltivazione di idrocarburi in terraferma o in mare è rilasciata al titolare del permesso di ricerca che, in seguito alla perforazione di uno o più pozzi, abbia rinvenuto idrocarburi liquidi o gassosi, se la capacità produttiva dei pozzi stessi e gli altri elementi di valutazione geomineraria disponibili giustifichino tecnicamente ed economicamente lo sviluppo del giacimento scoperto» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare per approfondire le criticità illustrate in premessa e se, nelle more, del richiesto approfondimento, intendano sospendere, per il progetto di ricerca «Badile», ogni ulteriore concessione al fine di chiarire tutti gli aspetti legati alla tutela dell'ambiente e della salute pubblica ed evitare di aggravare ulteriormente la procedura d'infrazione europea in atto.
(5-05295)


   BUSINAROLO, DADONE, COLLETTI, AGOSTINELLI, BONAFEDE, SARTI, SORIAL, D'INCÀ, BRUGNEROTTO, CASO, CARIELLO, CASTELLI e FERRARESI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi uno «tsunami» giudiziario ha portato alla luce l'ennesimo scandalo legato ad episodi di corruzione ed ha visto protagonisti esponenti politici, imprenditori e manager, in una torbida commistione di interessi, «sete di potere» e malaffare, sfociati nell'arresto di diverse persone nell'ambito di un'inchiesta partita dalla procura di Napoli su un giro di presunte tangenti relativo alla metanizzazione dei comuni dell'isola di Ischia;
   l'inchiesta ha portato all'arresto, tra gli altri, del sindaco del comune di Ischia, Giuseppe Ferrandino, detto Giosi, esponente di spicco del Partito democratico campano, di suo fratello Massimo e di altre sette persone, tra cui i vertici della Coop cpl Concordia (acronimo di Cooperativa di produzione Lavoro di Concordia), una delle più antiche cooperative rosse del modenese, fondata nel 1999 a Concordia sulla Secchia e specializzata nella produzione, gestione e distribuzione di sistemi energetici, con un ruolo di primo piano a livello internazionale nel settore del gas metano;
   nell'ambito dell'inchiesta, supportata anche da intercettazioni ambientali e telefoniche, i reati ipotizzati vanno dall'associazione a delinquere alla corruzione (anche internazionale), dalla turbata libertà degli incanti al riciclaggio, all'emissione di fatture per operazioni inesistenti, anche attraverso un sistema di scambio di voti in cambio di appalti, scorciatoie istituzionali per entrare nella white list delle prefetture ed ottenere i certificati antimafia, in una fitta rete di rapporti interpersonali tra i vertici della Coop modenese ed esponenti politici ed imprenditoriali, per un affare di circa 18 milioni di euro;
   in una email citata nel corposo fascicolo di oltre 10 mila pagine di allegati all'ordinanza di custodia, uno degli arrestati, Franco Simone, a cui era affidato il settore delle relazioni istituzionali della Cpl Concordia, rivolgendosi ad alcuni vertici della Coop modenese, citava il nominativo dell'attuale sottosegretario in quota Ncd allo sviluppo economico sotto il Governo Letta e confermata con l'esecutivo Renzi, Simona Vicari. In particolare la Vicari, secondo quanto sintetizzato dal giudice, «si sarebbe impegnata con loro e su loro indicazione avrebbe fatto assegnare 140 milioni al completamento delle opere di metanizzazione, di cui beneficerà anche la Cpl»;
   nello specifico, nel testo della mail Simone dichiarava che: «è impegno della Vicari togliere la parola “nei limiti” nella presentazione e approvazione alla Camera dei deputati», per poi concludere: «La sottosegretario si è detta disponibile a farci visita in Cpl». Il riferimento è ai 140 milioni di euro, distribuiti in sette anni, nell'ultima finanziaria del Governo Letta, per completare le opere di metanizzazione al Sud;
   il «caso Ischia» evidenzia un ruolo di primo piano delle lobby nel finanziamento ai partiti in cambio di favori o, come nel caso specifico, di assegnazione di appalti e, nell'ipotesi di un eventuale coinvolgimento del sottosegretario allo sviluppo economico, Simona Vicari, un probabile condizionamento della decisione del Governo relativamente all'assegnazione dei 140 milioni di euro destinati alla metanizzazione del Sud Italia, rispondendo dunque alle esigenze delle lobby e non a quelle dei cittadini –:
   quali chiarimenti intenda fornire in relazione alla vicenda descritta in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in merito.
(5-05300)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA e GINOBLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 1o aprile 2015 gli interroganti si sono recati al Ministero dello sviluppo economico per partecipare insieme ai sindaci di Pineto (Teramo) e San Giovanni Teatino (Chieti) ad una manifestazione nazionale dei lavoratori del gruppo Mercatone Uno;
   sono minacciati di chiusura molti punti vendita di quel gruppo in Italia e in Abruzzo; la preoccupazione è per questo molto forte tra i 3.700 lavoratori interessati;
   agli interroganti che si recavano all'incontro al Ministero dello sviluppo economico, insieme ai sindaci, non è stata consentita la partecipazione, con grande imbarazzo generale, in quanto i sindaci si sono chiesti a quel punto il senso di una riunione in cui i parlamentari venivano esclusi in modo che appariva irriguardoso;
   resta l'indignazione per il comportamento del Ministero dello sviluppo economico –:
   per quale motivo non sia stata consentita la partecipazione al suddetto incontro sulla vertenza del gruppo Mercatone Uno con i sindaci di Pineto e San Giovanni Teatino. (4-08716)


   FEDRIGA e ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Italiana Coke, ultima storica azienda rimasta nella Val Bormida, in provincia di Savona, è alle prese con una grave crisi di liquidità che coinvolge, tra diretto e indotto, circa un migliaio di lavoratori;
   il futuro dell'azienda appare molto incerto per la mancanza, a detta della rappresentanza sindacale unitaria, dei presupposti necessari alla rapida risoluzione della crisi, la quale rischia di lasciare senza lavoro oltre 200 dipendenti;
   in data 18 marzo 2015, l'azienda ha chiesto al tribunale di Genova un piano concordatario in continuità che le permetterebbe di congelare i debiti e di proseguire l'attività, in attesa della risposta delle banche al piano industriale e finanziario presentato dalla famiglia Ascheri, attuale azionista di maggioranza dell'Italiana Coke;
   le problematiche dell'Italiana Coke potrebbero avere ripercussioni anche su altre attività, comprese quelle terminalistiche, visto che il gruppo Ascheri gestisce in concessione il Terminal Alti Fondali a Savona e il Terminal Rinfuse di Genova, comportando l'eventuale cessione di quote o di spazi a società concorrenti;
   il calo del traffico di sale e pellet che si è verificato lo scorso inverno non ha avuto, a detta dell'azionista principale, un peso rilevante sulle attività di movimentazione, e questo rende ancora più incomprensibili le ragioni che sono all'origine della crisi di liquidità e delle scelte industriali dell'azienda;
   l'azienda, che è strategica per l'economia del territorio, non ha mai avuto problemi di liquidità ed anzi, anche negli anni più duri della crisi, è sempre riuscita a sostenere elevati investimenti nello sviluppo, nell'innovazione e nella tutela dell'ambiente;
   la forte concorrenza nel mercato del coke, in alcuni casi favorita da interventi di tipo statalistico da parte di Paesi competitori, ha sempre fornito all'azienda gli stimoli necessari a migliorare e qualificare la propria attività, spingendola a sostenere anche rilevanti investimenti;
   indispensabile per la prosecuzione dell'attività dell'Italiana Coke è lo sblocco di un finanziamento di 15 milioni di euro presso il Ministero dello sviluppo economico, il quale necessita del riconoscimento del merito creditizio da parte delle banche;
   le cause della sofferenza di liquidità dell'Italiana Coke sono state dibattute in diversi incontri, avvenuti davanti al prefetto di Savona, tra le parti interessate; tali incontri non hanno tuttavia prodotto fino ad ora risultati apprezzabili in termini di tutela della produzione e dei lavoratori;
   per l'Italiana Coke, senza interventi immediati, si aprirebbe la strada del fallimento che coinvolgerebbe circa 227 unità lavorative dirette e altrettante nell'indotto, rischiando di lasciare oltre 400 famiglie senza stipendi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali immediate iniziative intenda adottare affinché venga garantita all'Italiana Coke la liquidità necessaria ad assicurare la continuità della produzione e la tutela occupazionale dei lavoratori. (4-08719)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Pannarale n. 2-00907, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zaratti, Melilla.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Losacco n. 5-03608, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Oliverio.

  L'interrogazione a risposta scritta Paglia n. 4-08668, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Costantino.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Pesco e Cancelleri n. 5-05271, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Alberti, Da Villa, L'Abbate, Parentela, Cozzolino, Massimiliano Bernini, Micillo, Colletti, Di Battista, Spessotto, Nicola Bianchi, Manlio Di Stefano, Dell'Orco, D'Ambrosio, Petraroli, Carinelli, Nesci, Paolo Bernini, Ferraresi, Sorial, Frusone.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Lodolini n. 5-05272 dell'8 aprile 2015.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Santerini e Dellai n. 2-00917 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 404 dell'8 aprile 2015. Alla pagina 23663, seconda colonna, dalla riga quarta deve leggersi: «se non ritenga in subordine, qualora il blocco del turn over risultasse una necessità ineludibile, di assumere iniziative per definire norme rigorose che impediscano l'uso di «minimi in deroga» per aprire nuovi corsi di laurea non solo direttamente, come è già previsto, ma anche indirettamente.» e non come stampato.

  Interpellanza urgente Causi e altri n. 2-00918 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 404 dell'8 aprile 2015. Alla pagina 23624, prima colonna, dalla riga quarantaquattresima alla riga quarantaseiesima deve leggersi: «Gitti, Lodolini, Moretto, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Sanga, Zoggia» e non come stampato.

  Interrogazione a risposta in Commissione Tidei n. 5-05284 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 404 dell'8 aprile 2015. Alla pagina 23680, seconda colonna, dalla riga trentaduesima alla riga trentacinquesima deve leggersi: «le cause che hanno bloccato l'apertura del reparto identificato per la somministrazione del farmaco RU486 e rimuovere gli impedimenti che pregiudicano» e non come stampato.