Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 1 aprile 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   la Camera,
   premesso che:
    i firmatari del presente atto di indirizzo hanno in numerose occasioni avuto modo di constatare la grave difficoltà a verificare le disponibilità finanziarie residue relative ad alcuni stanziamenti del bilancio dello Stato a causa del carente o insufficiente collegamento con le banche dati della ragioneria generale dello Stato, difficoltà di collegamento che persiste già da alcuni anni e ostacola di fatto l'attività di verifica di competenza della V commissione della Camera dei deputati;
   senza gli strumenti informatici necessari, risulta estremamente difficile verificare le coperture dei provvedimenti da parte dei membri della Commissione bilancio;
   il Parlamento è titolare dell'esercizio della funzione legislativa e di controllo dell'azione di Governo e pertanto tale esercizio non dovrebbe essere in alcun modo reso approssimativo, insufficiente e tantomeno ostacolato dal mancato funzionamento di importanti supporti di conoscenza essenziali alle necessarie verifiche;
   la mancata disponibilità delle informazioni al Parlamento previste dalla normativa vigente (tra le tante norme, dall'articolo 6 della legge n. 196 del 2009), costituisce un grave danno alle prerogative informative del Parlamento,

impegna il Governo

ad attivarsi, per quanto di competenza, affinché sia data piena attuazione all'articolo 6, comma 1, della legge n. 196 del 2009, avviando tutte le procedure utili al fine di rendere disponibili al Parlamento le banche dati citate in premessa.
(1-00773) «Sorial, D'Incà, Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, Colonnese, Ruocco, Cancelleri, Alberti, Pesco, Pisano, Villarosa».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e X,
   premesso che:
    l'Unione europea si è data un obiettivo unilaterale al 2020 di riduzione delle emissioni climalteranti del 20 per cento rispetto al 1990. A questo obiettivo sono connessi l'aumento delle fonti rinnovabili fissato al 20 per cento dei consumi di energia e l'efficienza energetica come riduzione del 20 per cento dei consumi di energia. Al 2030 si è successivamente data obiettivi più stringenti: il 27 per cento di produzione di energia da fonti rinnovabili, miglioramento del 27 per cento di efficienza energetica, –40 per cento di riduzione di CO2;
    dai primi dati disponibili nel 2014 la riduzione delle emissioni di gas serra rispetto al 1990 si attesterà a circa il 19 per cento arrivando – con ben 6 anni di anticipo – molto vicino al target UE 2020 di riduzione del 20 per cento;
    la penetrazione delle rinnovabili nei consumi di energia nel 2014 – con ben 6 anni di anticipo – raggiungerà il target UE 2020 obbligatorio del 17 per cento;
    i consumi di energia si sono ridotti – già al 2014 – a 31 per cento, molto al disotto del livello del 20 per cento considerato come obiettivo 2020 di miglioramento di efficienza energetica dalla direttiva 2012/27/UE e dalla SEN (strategia energetica nazionale);
    la grande crisi economica che ha colpito l'Europa e soprattutto il nostro Paese non permette più un approccio superficiale e ideologico alle politiche energetico-ambientali. Esse possono rappresentare realmente un'opportunità per uscire dalla crisi solo se si è in grado di investire su quelle più efficaci dopo un'accurata analisi costi e benefici;
    il piano geotermico del Governo 2010 e 2012 risulta, ad avviso dei firmatari del presente atto, non oculato, in quanto predisposto senza alcuna norma dello Stato sugli inserimenti nei territori di tali impianti e senza alcuna attenzione alle problematiche poste dallo sfruttamento geotermico (sismicità, falde acquifere, paesaggio, salute pubblica per citarne alcuni);
    il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, che abroga le precedenti disposizioni in materia fissate dalla legge 9 dicembre 1986, n. 896, semplifica le procedure d'assegnazione in concessione delle risorse geotermiche e le regole per ottenerne le autorizzazioni, con lo scopo di facilitare l'uso della geotermia a fini energetici e di ridurre le emissioni di anidride carbonica;
    il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche sperimentali, ha agevolato la possibilità di installare su tutto il territorio nazionale impianti pilota, con potenza nominale installata non superiore a 5 MWe, sancendo che l'autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari fosse il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la regione interessata;
    il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, «recante misure urgenti per la crescita del Paese», ha disposto l'inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche;
    il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante «disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», ha stabilito che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale e che pertanto sono sottoposti alla valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e ha, inoltre, stabilito (per gli stessi impianti) l'esclusione dalle previsioni della «direttiva Seveso» (direttiva 96/82/CE), generando preoccupazioni rispetto alla loro sicurezza nelle operazioni di esercizio, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti connessi alla presenza di sostanze pericolose;
    il decreto ministeriale 6 luglio 2012, in attuazione all'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, introduce una incentivazione «base» per gli impianti geotermici ad autorizzazione regionale assoggettati alla doppia fase di ricerca e poi concessione, ma introducendo una incentivazione maggiore per gli impianti pilota sperimentali di potenza fino a 5 megawatt (per una potenza complessiva fino a 50 megawatt), ponendo una condizione paradossale in cui impianti di maggiore potenza, sperimentali e potenzialmente pericolosi, hanno un iter autorizzativo semplificato e un incentivo maggiorato;
    le opportunità a lungo termine dischiuse dall'impiego dell'energia geotermica, se da un lato offrono un forte stimolo alla ricerca, dall'altro pongono alcune problematiche che richiedono risposte allo scopo di far progredire la tecnologia. Ad esempio: in che misura è utilizzabile la risorsa geotermica e quali costi economici comporta; quali azioni dovranno essere sostenute per ottenere da parte delle comunità un clima di consenso sufficiente a consentire il sostegno in termini di ecologia e rischi legati allo sfruttamento della risorsa geotermica per la produzione di elettricità; come si relaziona nel complesso, la geotermia rispetto alle altre fonti energetiche concorrenti; se sarà possibile elaborare in breve termine un quadro normativo che faciliti lo sviluppo della geotermia intesa sia per la produzione di elettricità che per gli usi diretti (pompe di calore, raffrescamento-riscaldamento);
    l'approccio valutativo suggerito dovrebbe essere di tipo interdisciplinare con un confronto con altre tecnologie. Inoltre, una dialettica con i vari gruppi d'interesse nel processo decisionale dovrebbe essere presa in considerazione. È necessario confrontare i punti di forza e di debolezza della geotermia, in tutte le sue diverse applicazioni, al fine di ottenere indicazioni sul ruolo che essa potrà svolgere all'interno del futuro mix energetico nazionale,

impegnano il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di predispone delle linee guida a cura dei Ministeri competenti, di concerto con le regioni e gli enti locali, in campo geotermico che definiscano, chiaramente i parametri ambientali di riferimento e le soglie di tolleranza, tutti i dispositivi necessari per il controllo e la prevenzione dei potenziali impatti, in particolare sismicità, falde acquifere, paesaggio e salute pubblica, da inserire in fase di richiesta di valutazione di impatto ambientale, e un piano di tutela per coprire il rimborso di eventuali danni territoriali, anche attraverso una polizza fideiussoria;
   a predispone una «zonazione» del territorio su basi geologiche, sismo-tettoniche ed idrogeologiche per identificare le aree che, già individuate dagli strumenti urbanistici come idonee per insediamenti industriali, siano adatte ad ospitare insediamenti geotermici e le aree in cui vietare il rilascio di concessioni di ricerca e la realizzazione di impianti geotermici, al fine di evitare potenziali fonti di inquinamento ambientale e pericoli per la salute dei cittadini residenti in tali aree;
   ad assumere iniziative per introdurre dei vincoli alle concessioni di ricerca e alla realizzazione di impianti geotermici in base alla vicinanza di aree di produzioni agricole di qualità e per subordinare il rilascio di concessioni ad una valutazione di impatto economico sulle attività produttive locali e alla stesura del bilancio idrico; ree di produzioni agricole di qualità; 
   a sostenere lo sviluppo e la diffusione della geotermia a bassa entalpia, ossia impianti che sfruttano il calore a piccole profondità, per l'importante contributo che può dare alla riduzione del fabbisogno energetico del patrimonio edilizio italiano;
   ad assumere iniziative per rivedere gli attuali meccanismi incentivanti garantiti al geotermico, in quanto fonte rinnovabile, al fine di confermare detti incentivi solo qualora la produzione di energia non comporta consumo di acqua proveniente dagli acquiferi superficiali oltre che da quelli termali e dal geotermico;
   ad assumere ogni iniziativa utile al fine di armonizzare i diversi regimi di incentivazione attualmente vigenti per gli impianti geotermici pilota e quelli ad autorizzazione regionale utilizzanti le stesse tecnologie;
   a prevedere iniziative al fine di rivedere la norma contenuta nella legge 9 agosto 2013, n. 98, richiamata in premessa, per includere di nuovo le previsioni della «direttiva Seveso» nelle operazioni di trivellazione ed esercizio degli impianti geotermici pilota, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti rilevanti ed all'assenza ex lege dei requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale, con riguardo alla destinazione e all'utilizzazione dei suoli che tengano conto della necessità di mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali o frequentate dal pubblico;
   ad adottare una opportuna iniziativa al fine di inserire l'obbligo della sigillatura del pozzo atta ad evitare la possibilità di scambio tra falde idriche diverse e l'obbligo di evitare il depauperamento della risorsa idrica di falda e di superficie sia in termini quantitativi che qualitativi; prevedendo delle penali;
   ad assumere iniziative per concedere la qualifica di impianto pilota solo ad impianti per cui il contributo di innovazione e sperimentazione sia attestato da specifico brevetto nazionale per il quale venga dimostrato, sulla base di documentate evidenze tecnico-scientifiche, l'impiego di tecniche di coltivazione, di uso diretto del calore o di trasformazione del calore endogeno in energia elettrica migliori in termini ambientali rispetto alle tecniche standard;
   ad assumere iniziative per assegnare alle regioni interessate la competenza in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) anche per gli impianti geotermici pilota;
   ad assumere iniziative normative affinché per gli impianti già a regime e per quelli che eventualmente verranno realizzati sia previsto (pena la sospensione della concessione) un sistema di controlli ambientali effettuati dalla ISPRA e dalla competente agenzia regionale per la protezione ambientale, a spese del concessionario, volti a verificare (pena la sospensione della concessione) che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti del decreto legislativo n. 31 del 2001, che le altre matrici ambientali non risultino contaminate e che la sismicità non aumenti significativamente, prevedendo anche che i risultati dei controlli e dei monitoraggi supplementari siano divulgati al pubblico entro 15 giorni per il tramite dei siti Web del gestore, dell'autorità ambito e dell'agenzia ambientale competente per quel territorio.
(7-00648) «Vallascas, Busto, Crippa, Daga, Micillo, De Rosa, Da Villa, Della Valle, Fantinati, Lupo, Mannino, Terzoni, Zolezzi».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il ruolo educativo della scuola, nell'ambito dell'educazione alimentare, rappresenta un elemento fondamentale del processo di sviluppo delle giovani generazioni, nella consapevolezza che i corretti comportamenti alimentari, costituiscono fonte di salute e benessere per uno stile di vita ispirato ad una sana alimentazione mediterranea;
    a tal fine, le recenti iniziative in ambito comunitario, hanno previsto l'introduzione di programmi destinati a migliorare l'accesso ai prodotti alimentari, con riferimento ai bambini che frequentano scuole materne, istituti d'istruzione primaria o secondaria amministrati o riconosciuti dalle autorità competenti di uno Stato membro;
    il Regolamento (UE) n.1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, che istituisce un'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, nell'ambito delle misure di applicazione, ha previsto a tal proposito, una serie di norme di aiuto dell'Unione europea, per la distribuzione ai bambini di ortofrutticoli, anche trasformati, di banane e prodotti derivati, per la fornitura di latte e di prodotti lattiero-caseari, finalizzate a rafforzare il quadro educativo e informativo alimentare nel sistema scolastico, per una corretta alimentazione e migliorare le abitudini degli adolescenti;
    interventi normativi supplementari, di modifica al suesposto Regolamento (UE) n. 1308 del 2013, hanno stabilito inoltre, nuove misure intese a riunire in un quadro comune, due distinti programmi per le scuole: «Frutta nelle scuole» e «Latte nelle scuole», con l'obiettivo di affrontare con maggiore decisione, il problema della cattiva alimentazione, rafforzare la dimensione educativa dei programmi e contribuire alla lotta contro l'obesità;
    secondo il commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale Dacian Ciolos, attraverso i cambiamenti preposti all'interno della nuova proposta di Regolamento (COM(2014)0032) con il nuovo regime di aiuti (che funzionerà nell'ambito di un quadro giuridico e finanziario comune), si permetterà di migliorare e semplificare i requisiti amministrativi dei due programmi esistenti, riducendo gli oneri, in termini di gestione e organizzazione, per le autorità nazionali, le scuole e i fornitori, ma si potrà anche aumentare l'efficacia del programma comunitario;
    al riguardo, nel rinnovato quadro normativo e nelle prospettive che la Commissione europea descrive in materia di educazione alimentare per l'infanzia e l'età adolescenziale, l'alimentazione assume così primaria importanza, in quanto da tempo si sono evidenziati segnali di aumento di numerose patologie legate agli stili di vita a cui si è unito il ruolo fondamentale svolto dall'attività fisica e dalla corretta nutrizione per la protezione della salute: (anche con riferimento ai casi di sovrappeso ed obesità), indicatori che rappresentano a tal fine, un filo conduttore fondamentale all'interno dei contesti scolastici;
    le numerose iniziative attivate negli ultimi anni, sia a livello nazionale, che continentale, confermano pertanto l'interesse delle istituzioni in proposito e le azioni trasversali nell'ambito scolastico (di ogni ordine e grado) con richiami ed integrazioni alla conoscenza del cibo, dei consumi alimentari, della funzione degli alimenti e degli aspetti culturali, sanitari ed economici dell'alimentazione, costituiscono una rilevanza didattico-educativa, indubbiamente importante all'interno delle decisioni intraprese degli Stati membri;
    ciononostante il problema dell'obesità infantile, che s'inserisce in un andamento generalizzato in tutto l'Occidente, tanto più grave se considerato alla luce del grandissimo numero di bambini che, inversamente soffrono per insufficienza di cibo, rappresenta un fenomeno tuttora complesso e articolato, che coinvolge direttamente il nostro Paese, ai primi posti in Europa in termini di maggiore diffusione;
    gli interventi adottati in sede europea, attraverso i suesposti programmi di sostegno, finalizzati a instaurare un filo diretto tra aziende agricole e scuole (attraverso misure educative destinate a sensibilizzare i bambini sull'importanza di abitudini alimentari corrette e sulla gamma di prodotti agricoli disponibili, nonché sugli aspetti riguardanti la sostenibilità, l'ambiente e i rifiuti alimentari, affiancati alle iniziative di promozione dei singoli Paesi membri), se da un lato, rappresentano segnali incoraggianti, dall'altro ribadiscono la necessità di perseguire iniziative più rigorose per contrastare il fenomeno dell'obesità specie quella infantile;
    al riguardo le attività promozionali sostenute dall'Italia, nell'ultimo periodo, come ad esempio il programma: «Frutta nelle scuole» che risulta indubbiamente retrodatato, (essendo introdotte con Regolamenti (CE) n.1234 del 2007 e n. 288 del 2009) finalizzato ad aumentare il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini e attuare iniziative che supportino più corrette abitudini alimentari e una nutrizione maggiormente equilibrata, non sembrano aver conseguito risultati positivi ed utili, in grado di invertire un trend che permane fortemente negativo, come dimostrano gli ultimi dati forniti dal Ministero della salute (che confermano come l'Italia rimane ai primi posti in Europa per obesità con il 20,9 per cento di bimbi in sovrappeso e il 9,8 per cento obeso);
    il programma di educazione sperimentale nelle scuole, annunciato nel marzo dello scorso anno, dal Governo Renzi, (che avrebbe dovuto coinvolgere tutte le scuole d'Italia a partire dall'anno scolastico in corso, ma che in realtà non sembra aver conseguito particolare successo), in occasione dell'evento universale dell'EXPO 2015, che partirà il prossimo 1o maggio, se da un lato rappresenta un'iniziativa di sensibilizzazione condivisibile sul tema del cibo sano e sostenibile per i giovani, dall'altro se non adeguatamente sostenuto anche attraverso interventi finanziari per favorire l'iniziativa, rischia di non determinare alcun effetto positivo, in termini di conoscenza e divulgazione per una corretta educazione alimentare nelle scuole;
    la necessità d'intervenire in maniera più efficace, per migliorare il quadro di salute delle giovani generazioni, attraverso una serie di linee guida in materia di educazione alimentare nelle scuole, risulta a tal fine non più rinviabile, se si valuta il preoccupante aumento della diffusione di sovrappeso e obesità e le future implicazioni socio sanitarie legate al prevedibile incremento delle malattie cronico-degenerative connesse a questi stati;
    in tale ambito, occorre perseguire la promozione della cultura alimentare all'interno del sistema scolastico nazionale, legata alla dieta mediterranea, riconosciuta come modello virtuoso di salute e patrimonio dell'umanità da parte dell'Unesco dal 2010, rafforzandone il valore, attraverso un approccio sistemico attento sia ai prodotti (incentivandone la ricchezza della biodiversità del nostro territorio e la filiera corta, in particolare i prodotti biologici), che le relazioni tra i soggetti che ad essi li legano;
    con riferimento ai programmi finalizzati a migliorare l'accesso dei prodotti alimentari nelle scuole (siano essi ortofrutticoli o di altro genere), l'incremento della diffusione dei prodotti a «chilometro zero» (provenienti da filiera corta in grado di garantire un limitato apporto di emissioni inquinanti legate alla fase di movimentazione dei prodotti agricoli ed agroalimentari e che mirano a consentirne l'individuazione) rappresenta a tal fine, una misura idonea ed efficace, capace di migliorare la qualità nutrizionale dell'offerta alimentare proposta all'interno della ristorazione scolastica;
    l'imminente avvio dell'EXPO 2015, (che porrà al centro dell'attenzione mondiale l'Italia, sul tema: «Nutrire il pianeta, energia per la vita»), collocherà al centro il tema del cibo e dell'alimentazione delle future generazioni, offrendo un'occasione imperdibile per dare centralità ai temi dell'educazione alimentare, sui quali occorrerà accrescere i livelli di attenzione e dell'azione del Governo, con argomenti di richiamo e di integrazione nel sistema scolastico italiano che risultano in forte ritardo,

impegna il Governo:

   ad intervenire in sede comunitaria, al fine di una revisione complessiva di un metodo decisionale indirizzato in via principale sulla promozione e distribuzione dei prodotti agricoli, potenziando invece la dimensione educativa dei programmi fra cui quello frutta e latte nelle scuole, in precedenza richiamato, il cui processo comunicativo volto a migliorare le abitudini alimentari risulta in forte ritardo;
   ad attivarsi altresì in ambito europeo, affinché si eviti il rinvio dei lavori regolamento (COM(2014)0032), relativo al finanziamento del regime di aiuti per la distribuzione di ortofrutticoli e latte negli istituti scolastici;
   ad assumere iniziative affinché si preveda in sede comunitaria, attraverso specifici negoziati, che all'interno della suddetta proposta di regolamento, siano stabilite specifiche misure in favore delle giovani generazioni, finalizzate a rafforzare il quadro complessivo di educazione alimentare all'interno del sistema scolastico, con specifico riferimento a:
    a) potenziare la dotazione finanziaria annuale destinata agli Stati membri, attribuendo ad essi una percentuale pari al 30 per cento;
    b) aumentare la gamma dei prodotti agroalimentari ammissibili, all'interno delle scuole, riconoscendo una particolare attenzione a quelli facenti parte della dieta mediterranea, che rappresenta un patrimonio culturale condiviso dell'umanità, ed una componente importante di identità culturale d'innovazione e sviluppo economico sostenibile ed elemento riconosciuto di prevenzione delle malattie cardiovascolari;
    c) concedere una specifica valenza qualitativa e distintiva delle produzioni agricole e agroalimentari a partire da quelle di qualità certificata e biologiche e dagli alimenti a «chilometro zero» provenienti da filiera corta, le cui caratteristiche di qualità nutrizionali, di sicurezza, di eticità e di ecocompatibilità degli alimenti, possono determinare effetti positivi e virtuosi, all'interno del quadro di salute delle giovani generazioni;
    d) incrementare l'attività conoscitiva e le linee guida dei metodi educativi alimentari, che s'intendono introdurre all'interno della realtà scolastiche, attraverso un'attività sinergica e di collaborazione, oltre che con le istituzioni nazionali e regionali, anche con il sistema delle imprese agroalimentari, direttamente interessate dalla distribuzione dei prodotti dell'intera gamma agroalimentari interessati e quello universitario e della ricerca;
    e) includere i prodotti agricoli e agroalimentari all'interno delle misure in precedenza indicate, tra i beneficiari di pagamenti nazionali ad integrazione dell'aiuto unionale di cui all'articolo 217 del regolamento (UE) 1308/2013;
    f) aumentare la collocazione del modello agroalimentare attraverso la presenza dei prodotti del made in Italy, il cui valore qualitativo e nutrizionale universalmente riconosciuto, è fondamentale per assicurare la sicurezza alimentare all'interno delle scuole e ridurre le patologie legate al sovrappeso e all'obesità;
    g) valutare infine l'opportunità di assumere iniziative normative in materia di educazione alimentare per promuovere l'educazione alimentare nella scuola italiana, nella ricerca di orientamenti innovativi in materia, con specifica attenzione agli aspetti metodologici, considerando le rilevazioni ed i suggerimenti provenienti dal contesto sanitario.
(7-00649) «Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 30 marzo 2015 si è svolto un incontro, organizzato dal presidente della provincia di Pescara Antonio Di Marco, fra i parlamentari abruzzesi e il consiglio provinciale, per informare i rappresentanti abruzzesi in Parlamento delle emergenze legate all'ultima grande ondata di maltempo che ha investito la provincia di Pescara il 4, 5 e 6 marzo, il presidente Di Marco ha dichiarato che il territorio provinciale ha bisogno di almeno 33 milioni di euro per la messa in sicurezza delle strade e di 5 milioni di euro per la manutenzione e interventi d'urgenza sull'edilizia scolastica, come riportato anche dalle notizie di stampa;
   il presidente Di Marco ha dichiarato, inoltre, che, oltre all'emergenza sulla condizione stradale e degli edifici scolastici si aggiunge il dramma del patto di stabilità, che non consente, pur in presenza di risorse di pagare i corrispettivi alle imprese;
   durante l'incontro i dirigenti della provincia hanno illustrato un dossier sulla viabilità e l'edilizia scolastica a sostegno di quanto dichiarato dal Presidente della provincia di Pescara evidenziando che:
    a) nelle zone dei comuni di Penne, Farindola, Vicoli, Loreto, Carpineto e Picciano, e l'alta val Pescara, Corvara, Pietranico, Pescosansonesco e Castiglione Messer Raimondo si sono registrate le problematiche maggiori sulla viabilità sottolineando che con l'arrivo della stagione estiva i terreni intrisi di acqua si asciugheranno dando luogo a nuovi crolli e smottamenti;
    b) gli istituti scolastici che gestisce la provincia di Pescara sono 18 istituti, per un totale di 63 edifici ed una popolazione scolastica di 15.979 unità con un fabbisogno pari a 600 mila euro l'anno per la manutenzione ordinaria, 600 mila euro l'anno per manutenzione straordinaria, 600 mila euro per il completamento revisioni coperture, 800 mila euro per la riqualificazione impianti termici, 1,5 milioni di euro per il completamento degli adeguamenti certificativi e 1,3 milioni di euro per il completamento delle verifiche sismiche;
   la situazione finanziaria della provincia di Pescara, secondo quanto dichiarato dal dirigente del servizio economico finanziario Laura Ferrara, ad oggi vede un bilancio corrente di 35 milioni di euro con un disequilibrio di 8 milioni di euro a fronte di un margine di manovra pari a 1,2 milioni di euro per effetto del patto di stabilità 2015, mentre le fatture registrate ammontano a 7,8 milioni;
   a giudizio degli interroganti ma anche degli amministratori locali, tali difficoltà comuni a tutti gli enti provinciali sono dovute ai tagli delle risorse e alle inefficaci riforme degli enti stessi –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo per far fronte allo stato della viabilità della provincia di Pescara che ha causato l'isolamento di numerosi comuni. (3-01411)


   OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   risulta da notizie stampa riportate sul quotidiano La Repubblica del 22 ottobre che le api sono sempre più a rischio. Gli insetticidi stanno creando lo spopolamento degli alveari, colpendo duramente i produttori del miele;
   l'allarme è stato lanciato dalle associazioni nazionali degli apicoltori Conapi e Unaapi che insieme a legacoop Agroalimentare ha o chiesto alle istituzioni di intervenire affinché siano prese efficaci misure;
   la sopravvivenza e la produttività delle api risulta minacciata dalle condizioni meteo e dai potentissimi insetticidi irresponsabilmente autorizzati e irrorati copiosamente nelle nostre campagne, le stesse sostanze invece sono vietate in Francia e in Germania;
   l'eliminazione dell'utilizzo di tali sostanze, affermano gli apicoltori, rappresenta un primo passo per tutelate la salute delle api e per salvaguardare la loro attività di impollinazione, un servizio vitale per la produzione di cibo e per l'ecosistema;
   le evidenze scientifiche sulle conseguenze dei pesticidi più dannosi per le api sono note;
   il fenomeno della moria delle api è recente, ma ormai ben noto ed ha determinato per i 12 mila apicoltori sparsi nel nostro paese, che hanno fatto delle api una vera attività commerciale, un notevole crollo delle quantità di miele prodotto, in particolare quello di acacia e castagno provocando come conseguenza un aumento dei prezzi, tra il 20 e il 30 per cento;
   risulta ancora difficile fare una stima dei danni in un settore che, secondo le associazioni di apicoltori, conta oltre 11 milioni di alveari censiti e produce circa 23 mila tonnellate di miele, per un valore di 20,6 milioni di euro;
   il perdurare di tale situazione, denunciano gli apicoltori, determinerà come conseguenza, nell'immediato futuro, la pressoché totale scomparsa della produzione di miele locale, considerato tra i migliori d'Europa –:
   se i Ministri interrogati, anche alla luce dei recenti studi scientifici sulla moria delle api, intendano assumere iniziative per sospendere l'uso dei pesticidi nocivi per le api, a partire dalle sostanze più pericolose attualmente autorizzate;
   se i Ministri interrogati, attraverso l'adozione di piani d'azione e di sostegno nazionali intendano sostenere politiche agricole che apportino benefici al servizio di impollinazione all'interno dei sistemi agricoli, valutando l'opportunità di aumentare i finanziamenti per la ricerca, lo sviluppo e l'applicazione di pratiche agricole ecologiche che valorizzino la biodiversità agraria. (3-01412)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, TERZONI, MICILLO, MANNINO e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di precedente interrogazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avente, per oggetto l'affidamento del servizio idrico integrato della provincia di Monza ed altri particolare della legittimazione del Comitato beni comuni Monza e Brianza a contestare le scelte e a porre in essere tutte le necessarie azioni volte a garantire il rispetto della legge e il perseguimento dell'interesse pubblico e della tutela ambientale il Ministro (24 luglio 2014) si è così pronunciato: «In particolare, pur non riconoscendo la legittimazione ad agire da parte del ricorrente, nel merito il Ministero dell'Ambiente ha dichiarato fondate le istanze del Comitato relativamente alla necessità del parere obbligatorio e vincolante della conferenza dei comuni, nonché in ordine alla mancanza, da parte della Brianzacque s.r.l., dei requisiti giuridici per essere affidataria diretta della gestione del servizio idrico integrato. (...) Si deve rilevare che ad oggi, il Consiglio di Stato non si è ancora espresso. Fermo restando quanto sostenuto dal Ministero dell'Ambiente nella Relazione n. 46976, si deve tuttavia tener conto delle recenti pronunce del Consiglio di Stato in materia, con le quali diversamente è stata riconosciuta la legittimazione attiva ad agire in capo a soggetti, quali il Comitato in questione (Consiglio di Stato n. 5295/2012 e n. 2095 del 2013). Sarà cura, pertanto, del Ministero dell'Ambiente valutare le opportune iniziative da intraprendere al fine di uniformarsi all'orientamento giurisprudenziale e di garantire l'esperibilità di azioni volte alla tutela dell'acqua quale bene comune e pubblico»;
   nella comunicazione di parere resa dal Ministero al Consiglio di Stato in sede consultiva per decidere in ordine al ricorso straordinario al Capo dello Stato presentato dal Comitato Beni Comuni Monza e Brianza contro ATO Monza e Brianzacque il Ministero esprimeva orientamento opposto. In tale comunicazione si legge infatti che il comitato non avrebbe la legittimazione in quanto non iscritto all'elenco di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349 e dotato di una «limitata rappresentatività»;
   la citata norma è precedente ed in totale contrasto con la Convenzione di Aarhus del 1998, la quale «in materia di ambiente, prevede che gli stati sottoscrittori (tra cui l'Italia, che l'ha recepita nell'ordinamento interno con Legge del 16 marzo 2001, n. 108), unitamente al libero accesso delle informazioni, al diritto di partecipazione del pubblico alle decisioni, debbano riconoscere il diritto dei cittadini al libero accesso alla giustizia attraverso associazioni ed organizzazioni non governative, che secondo l'articolo 9 «possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale»;
   si tratta pertanto di una abrogazione tacita della norma richiamata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'articolo 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349, che tende a impedire l'accesso alla associazione ambientalistiche al procedimento mediante delle barriere all'accesso –:
   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per estendere la legittimazione attiva secondo quanto previsto dalle direttive comunitarie, disapplicando la norma nazionale citata in premessa che si pone in contrasto con la disciplina della Convenzione di Aarhus. (5-05243)


   MURER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   una Convenzione, promossa dal Consiglio d'Europa, sul tema della prevenzione e della lotta alla violenza contro le donne è stata adottata ad Istanbul l'11 maggio 2011 ed è entrata in vigore il 1o agosto 2014; L'Italia l'ha ratificata con la legge 27 giugno 2013, n. 77;
   la Convenzione è il primo vero strumento internazionale che ha come obiettivo quello di costruire una politica e una normativa complessiva europea per la tutela della donna;
   il Governo italiano, anche in conseguenza della Convenzione, ha adottato in data 14 agosto 2013, un decreto-legge (n. 93), poi convertito, con modificazioni, nella legge 119 del 15 ottobre 2013;
   con la legge sono state stanziate risorse (10 milioni di euro per il 2013, sette per il 2014 e dieci a partire dal 2015) per centri anti-violenza e case-rifugio, al fine di sostenerne l'azione che viene ritenuta fondamentale per una politica efficace contro femminicidio e violenza;
   in data 18 giugno 2014 il dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso lo schema decreto del Consiglio dei ministri di riparto delle risorse finanziarie del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità relative agli anni 2013 e 2014 da destinare alla prevenzione al contrasto della violenza contro le donne; tale schema di decreto del Consiglio dei ministri è stato trasmesso, per i pareri di cui alla normativa, alla Conferenza delle regioni e delle province autonome;
   il provvedimento ha ripartito, in una unica soluzione, circa 17 milioni di euro (10 milioni di euro per il 2013 e 7 milioni per il 2014);
   i criteri di riparto stabiliti all'epoca furono i seguenti: il 33 per cento della somma complessiva di 17 milioni, pari a 5,67 milioni, è stato destinato alla creazione di nuovi centri antiviolenza e case rifugio; il restante 67 per cento è stato così suddiviso: l'80 per cento, ovvero 9,064 milioni, va al «finanziamento aggiuntivo degli interventi regionali già operativi volti ad attuare azioni di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, sulla base della programmazione regionale»; il 20 per cento, ovvero 2,26 milioni, è stato ripartito in parti uguali tra i centri antiviolenza e le case rifugio già esistenti, pubblici e privati;
   per le nuove iniziative, le risorse sono state ripartite basandosi sul numero della popolazione e sul numero di case e centri esistenti, rapportati alla mediana pari a 1,79 per ogni 400mila abitanti;
   secondo le tabelle allegate al decreto del Consiglio dei ministri, le nuove strutture finanziate sarebbero dovute essere 79, di cui 23 in Lombardia, 18 nel Lazio, 17 in Campania, 12 in Sicilia e in Veneto, con un contributo unitario pari a 71.772 euro;
   i centri attivi «censiti» sono stati, invece, 188, le case rifugio 164; a loro sarebbe spetterebbe, a conti fatti, in media, circa 3mila euro l'anno ciascuno di finanziamento;
   buona parte del finanziamento, quindi, è stato ripartito in favore delle regioni perché attuassero nuove «azioni di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli»; azioni che al momento del riparto erano dai contorni non definiti –:
   quale sia la rendicontazione di dettaglio, regione per regione, intervento per intervento, della spesa di oltre 9 milioni di euro che, nella sede di riparto richiamata in premesse, è stata destinata al «finanziamento aggiuntivo degli interventi regionali già operativi volti ad attuare azioni di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, sulla base della programmazione regionale», e quale sia la rendicontazione di dettaglio degli interventi finanziati su centri antiviolenza e case rifugio esistenti. (5-05245)


   TINO IANNUZZI, COVELLO, SGAMBATO e FAMIGLIETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   gli incentivi previsti dal decreto legislativo n. 185 del 2000, (titolo II, relativo all'autoimpiego) si sono dimostrati in questi anni una misura particolarmente utile ed efficace, soprattutto con riferimento al finanziamento ed alla gestione dei fondi per l'imprenditoria giovanile, erogati dal Ministero dello sviluppo economico attraverso Invitalia;
   le diverse e numerosissime domande di ammissione a finanziamento, presentate nel corso degli anni, sono state adeguatamente ed accuratamente vagliate e selezionate dagli organismi competenti; tale misura ha senza dubbio favorito il costante e significativo ampliamento nel Mezzogiorno della base produttiva con importanti e positive ricadute occupazionali, nonché lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese;
   essa ha costituito il principale strumento di sostegno alla realizzazione ed al concreto e positivo avvio di tante piccole attività imprenditoriali da parte di persone disoccupate, ovvero in cerca di prima occupazione, per lo più giovani e donne;
   gli incentivi in parola hanno permesso l'occupazione stabile di circa 224 mila persone e la nascita di circa 120 mila aziende, che hanno dimostrato di saper reggere la sfida del mercato e della competizione;
   rilevanti, altresì, sono stati gli effetti positivi e, per così dire, moltiplicativi nei tanti settori produttivi nell'indotto;
   si sono anche favorite la affermazione e la crescita di tanti giovani professionisti (commercialisti, tributaristi consulenti fiscali e del lavoro), impegnati nella concreta utilizzazione di tali agevolazioni da parte di numerosissime micro-imprese;
   a tutt'oggi non è stato previsto il rifinanziamento delle agevolazioni di cui al Titolo II del decreto legislativo n. 185 del 2000, relative all'autoimpiego ed alla micro-imprenditorialità giovanile; ne derivano per il Mezzogiorno gravi pesanti ed ingiustificati danni, con la paralisi di una misura che ha prodotto una molteplicità di effetti positivi, sul piano economico, produttivo ed occupazionale e che deve essere con urgenza rifinanziata –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere con tempestività per il rifinanziamento delle agevolazioni previste dal decreto legislativo n. 185 del 2000, ed in particolare, delle misure per la «Microimpresa» e per il «Lavoro Autonomo», necessarie ed urgenti in una fase di così pesante e dura crisi economica e di drammatica disoccupazione giovanile. (5-05247)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CENTEMERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   i fini della piena attuazione del principio della parità di genere, che trova il suo fondamento negli articoli 3 e 51 della Costituzione, sono state approvate due importanti leggi: la legge n. 120 del 2011, che riserva al genere meno rappresentato almeno un terzo dei componenti dei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e delle società pubbliche, e la legge n. 215 del 2012, volta a promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nelle amministrazioni locali, che modifica, fra l'altro, il sistema elettorale dei comuni, introducendo la cosiddetta doppia preferenza di genere;
   il 12 marzo 2015 nel corso del convegno «Pari opportunità e contrasto alla violenza di genere in regione Lombardia, strumenti d'intervento e scenari di sviluppo per il 2015 il direttore generale famiglia, solidarietà sociale, volontariato e pari opportunità, nell'illustrare gli strumenti di intervento e le linee di sviluppo delle pari opportunità per il 2015 ha indicato fra le azioni prioritarie: 1) il monitoraggio dell'applicazione della legge 120 del 2011 sulla parità d'accesso agli organi d'amministrazione e di controllo delle società pubbliche e private (legge «Golfo-Mosca»); 2) il monitoraggio della legge 215 del 2012 per il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali, nonché della successiva «legge Delrio» (legge 56 del 2014) che eleva la soglia minima di presenza dei due generi al 40 per cento;
   il programma regionale di sviluppo della X legislatura prevede tra i suoi obiettivi, il rafforzamento di reti e organismi di parità che operano a livello territoriale e la promozione della presenza delle donne negli organi elettivi e nelle nomine di competenza regionale;
   a far data dal 5 luglio 2013, su iniziativa dei gruppi PD e «Patto Civico» della regione Lombardia sono stati depositati due progetti di legge, uno di modifica alla legge regionale 25 del 2009 (Norme per le nomine e designazioni di competenza del consiglio regionale) e l'altro di modifica alla legge regionale 32 del 2008 (Norme per le nomine e designazioni della giunta regionale e del presidente della regione);
   entrambi i progetti di legge hanno l'obiettivo di dare attuazione al principio di democrazia paritaria, contenuto anche nello «statuto di autonomia di regione Lombardia», adeguando la normativa regionale in materia di nomine alle disposizioni contenute nella legge n. 120 del 2011;
   le due azioni indicate dal direttore generale della regione Lombardia sono già state avviate –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga opportuno avviare, anche a livello statale, apposite iniziative di monitoraggio, per quanto di competenza, sia per l'applicazione della legge 120 del 2011 sulla parità d'accesso agli organi d'amministrazione e di controllo delle società pubbliche e private (legge «Golfo-Mosca»), sia per l'attuazione della legge 215 del 2012 per il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali, nonché della successiva «legge Delrio» (legge 56 del 2014) che eleva la soglia minima di presenza dei due generi al 40 per cento. (4-08639)


   BRUNETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, è riconosciuta in quanto questione di preminente interesse nazionale. A tal fine lo Stato garantisce la salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico e artistico della città di Venezia e della sua laguna, tutela l'equilibrio idraulico, preserva l'ambiente dall'inquinamento atmosferico e delle acque e assicura la vitalità socioeconomica;
   al perseguimento di tali finalità, concorrono nell'ambito delle proprie competenze, lo Stato, la regione Veneto e i comuni. In particolare il comune di Venezia è destinatario di stanziamenti finalizzati al risanamento di immobili da destinare alla residenza, per attività sociali, culturali, e produttive, nonché per la sistemazione di ponti, canali e fondamenta sui canali di competenza comunale e per l'esecuzione di opere di restauro e risanamento conservativo del patrimonio immobiliare privato;
   il territorio entro il quale valgono le disposizioni e i regolamenti per la salvaguardia ambientale della laguna prende il nome di conterminazione lagunare ed è composto da nove comuni divisi tra le province di Venezia e Padova (Venezia, Chioggia, Cavallino-Treporti, Codevigo, Campagna Lupia, Mira, Quarto d'Altino, Jesolo, Musile Di Piave);
   il 16 febbraio 2010 il segretario regionale all'ambiente e al territorio della regione Veneto ha inviato una comunicazione ai nove comuni ricompresi nella conterminazione della laguna di Venezia, precisando quando segue in tema di autorizzazione paesaggistica: «Ai sensi dell'articolo 6 della legge 16 aprile 1973, n. 171, Interventi per la salvaguardia di Venezia» la commissione regionale di salvaguardia di Venezia relativamente ai progetti ricadenti nella conterminazione lagunare, deve accertare che le opere da eseguirsi non siano in contrasto con le finalità indicate dall'articolo 1 della legge stessa, garantendo cioè la salvaguardia dell'ambiente paesaggistico, storico, archeologico ed artistico della città di Venezia e della sua laguna;
   il segretario regionale all'ambiente ha ulteriormente precisato che dal 1 gennaio 2010 è entrata in vigore la nuova disciplina ordinaria per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137» e che pertanto «si ritiene opportuno confermare che la commissione per la salvaguardia di Venezia mantiene la competenza per il rilascio del parere paesaggistico indicata dalla citata legge speciale n. 171 del 1973 e successive modifiche e integrazioni»;
   in data 18 marzo 2010, in tema di autorizzazione paesaggistica per i progetti nell'ambito della conterminazione lagunare, sottoposti al parere della commissione per la salvaguardia di Venezia ai sensi della legge n. 171 del 1973 e della soprintendenza ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, la soprintendenza conferma ai nove comuni della conterminazione lagunare che «il parere di questa Soprintendenza viene espresso in seno alla Commissione per la Salvaguardia di Venezia»;
   in data 28 luglio 2011 il presidente della regione Veneto ha chiesto al Governo un parere in merito alle competenze della commissione di salvaguardia e in particolare «di valutare il ruolo assegnato alla Commissione in materia di rilascio di autorizzazione paesaggistica»;
   il 13 ottobre 2011 si è svolta una riunione tecnica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, alla presenza delle amministrazioni interessate dalla quale è emerso che, la commissione per la salvaguardia mantiene il proprio ruolo e le proprie competenze in materia paesaggistica, considerato che l'introduzione di una normativa di portata generale quale il decreto legislativo n. 42 del 2004, non può derogare alla normativa di carattere speciale, costituita dal complesso delle norme che disciplinano i poteri della stessa commissione,
   a partire da gennaio 2010, otto comuni rispettano quanto stabilito dalla legge speciale per Venezia, trasmettendo le richieste di autorizzazione paesaggistica alla commissione di salvaguardia per gli interventi nell'ambito della conterminazione lagunare, anche quelli che hanno completato l'adeguamento della propria strumentazione urbanistica al piano d'area della laguna e dell'area veneziana (PALAV). Il comune di Venezia è l'unico a non rispettare la procedura prevista dalla legge speciale per Venezia n. 171 del 1973 per le autorizzazioni paesaggistiche, non trasmettendo le pratiche alla commissione di salvaguardia, ma seguendo piuttosto l’iter e le procedure previste dalle leggi ordinarie (secondo il citato decreto legislativo n. 42 del 2004 «Codice dei beni culturali e del paesaggio» e successive integrazioni e modifiche e conseguente legge regionale n. 1 del 2009, come modificata dall'articolo 5 della legge regionale n. 26 del 2009) –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano opportuno chiarire l'ambito di applicazione della legge speciale per Venezia n. 171 del 1973, e successive modificazioni e integrazioni (articoli 1 e 6);
   nello specifico, se l'Esecutivo non ritenga necessario spiegare se siano valide le procedure previste dalla legge ordinaria (decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 146), oppure, come dichiarato dal Governo in occasione di un tavolo tecnico sul tema e in linea con i due pareri espressi al riguardo dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, se la legge ordinaria, in materia di autorizzazione paesaggistica non abbia valenza per i comuni rientranti nel territorio della conterminazione lagunare di Venezia. (4-08642)


   PESCO, ALBERTI, D'INCÀ, MARZANA, DADONE, BASILIO, LUIGI GALLO, SORIAL, DALL'OSSO, CRIPPA, COMINARDI, VILLAROSA, L'ABBATE, NICOLA BIANCHI, TRIPIEDI, BONAFEDE, COLONNESE, CASO, MANTERO, SILVIA GIORDANO e CHIMIENTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 24 settembre 2014 con un comunicato stampa, Adusbef annuncia che insieme a Federconsumatori è stata presentata una lettera di diffida, ex articolo 140 decreto legislativo n.206 del 2005 del codice del consumo a 13 banche primarie sul territorio italiano richiedendo l'immediata rimozione di tutte le clausole vessatorie presenti nei contratti bancari;
   Adusbef in particolare fa riferimento ai contratti di mutuo e di conto corrente, che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio di diritti ed obblighi contrattuali;
   la sentenza n. 870 del 18 gennaio 2006 della prima sezione della suprema corte di cassazione ha dichiarato nulla la commissione massimo scoperto, riapparsa però poi sotto il nuovo nome di CIV (commissione istruttoria veloce);
   la Corte di Giustizia europea (Sez. III, sentenza n. C-34/13 del 10 settembre 2014) blocca l'esproprio della casa e la relativa vendita di banche e finanziarie che mettono all'asta la casa del familiare del consumatore, qualora nel contratto di mutuo firmato, sono presenti una o più clausole abusive e/o illegittime (quelle clausole, cioè, che pongono oneri particolarmente vincolanti a carico del consumatore e a vantaggio dell'azienda, vietate dalle direttive dell'UE), bloccando così l'esecuzione forzata anche per l'intangibilità del diritto all'abitazione garantite da norme Ue;
   la Corte di Cassazione, con la sentenza 19270/2014, tornando sull'argomento della vendita forzata degli immobili per debiti contratti con le banche, ha stabilito che le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 69 del 2013 articolo 52 comma 1, lettera g) che richiama il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 76, comma 1) interrompono le procedure esecutive di Equitalia sugli immobili adibiti a «prima casa»;
   Adusbef e Federconsumatori sulla base di perizie econometriche depositate in tribunale hanno calcolato che l'applicazione del piano di rimborso definito «alla francese» (con rate a capitale crescente), anziché «all'italiana» (con rate a capitale fisso), genera un esborso in termini di interessi molto più elevato: prendendo a esempio un capitale di 100.000 euro per 20 anni di mutuo ipotecario al tasso fisso 5,4 per cento tra i 2 piani di rimborso si genera una differenza di interessi del 17,5 per cento pari a 9.515 euro in più. Espediente giudicato illecito da sentenze di tribunale che hanno condannato alcune banche, e che su un milione di contratti a tasso fisso da 100.000 euro genererebbe un ingiusto profitto pari a 9,5 miliardi di euro, ovvero 475 milioni all'anno a carico dei clienti. Analogamente si comportano gli interessi calcolati sui mutui a tasso variabile con ammortamento alla francese;
   una pubblicazione di Banca d'Italia del 2012 che basa le proprie valutazioni sulle informazioni nominative provenienti dalla «Rivelazione Analitica dei Tassi d'Interesse» (RATI), ha calcolato in circa 1,9 milioni il numero dei nuovi contratti di mutuo stipulati negli 8 anni tra il 2004/2011 (1.894.648), e un capitale medio intorno ai 140.000 euro. Questi contratti, per un valore complessivo di 265,25 miliardi di euro, si sommano a quelli già esistenti;
   essendo noto che dinanzi ad una pronuncia della Corte gli Stati membri sono tenuti ad adottare meccanismi efficaci per scoraggiare l'utilizzazione delle clausole qualificate come illegittime, mentre il giudice nazionale competente deve adottare qualsiasi provvedimento che vieti, quanto meno, la prosecuzione dell'esecuzione su un bene dato in garanzia –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se siano state intraprese, iniziative anche normative, e quali, atte a sanare queste irregolarità che hanno gravemente danneggiato e danneggiano tuttora cittadini e risparmiatori ignari, drenando liquidità quantificabili in svariati miliardi di euro a famiglie e piccole/medie imprese, a favore delle istituzioni creditizie. (4-08643)


   FORMISANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con la circolare n. 1 del 2015 del 29 gennaio 2015 sono state adottate le «Linee guida in materia di attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Articolo 1, commi da 418 a 430, della legge 23 dicembre 2014, n. 190»;
   il provvedimento si è reso necessario per dare attuazione alle disposizioni in materia di personale, in relazione al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane, nonché per fornire chiarimenti in merito ad altri profili di raccordo tra le disposizioni di cui alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) e quanto previsto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56;
   in base a tali norme, a decorrere dal 1o gennaio 2015 è stata prevista una riduzione della dotazione organica pari al 30 per cento per le città metropolitane e le province montane e al 50 per cento per le province, con riferimento al personale in forza all'8 aprile 2014;
   entro il 31 gennaio 2015 gli enti avrebbero dovuto comunicare la consistenza finanziaria della dotazione organica ridotta, ma, stante la complessità delle operazioni, la circolare ha introdotto un termine più favorevole, corrispondente a quello previsto per la definizione dei piani di riassetto organizzativo (1o marzo 2015), con eventuale ridefinizione del valore finanziario delle dotazioni organiche e misurazione del soprannumero;
   risultano esclusi dalle liste nominative dei soprannumerari (anche se computati ai fini finanziari), oltre ai dipendenti dei servizi per il lavoro, anche gli addetti alla polizia provinciale e coloro che saranno collocati a riposo entro il 31 dicembre 2016, anche con i requisiti ante legge n. 92 del 2012;
   in base all'accordo dell'11 settembre 2014, nell'ambito della Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie sul riordino delle funzioni degli enti di area vasta (città metropolitane e province), è stato sospeso ogni provvedimento in materia di polizia provinciale e, sino al riordino delle forze di polizia da parte del Governo, le predette funzioni continueranno ad essere esercitate dalle province e dalle future città metropolitane, istituite a partire dal 1o gennaio 2015, nel rispetto del principio di coerenza dell'ordinamento;
   infatti, si legge nella circolare, che la polizia provinciale non è stata inserita negli elenchi del personale da destinare, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente, alle procedure di mobilità, perché in questo caso «... saranno definiti specifici percorsi di ricollocazione a valle degli interventi di razionalizzazione e potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, garantendo in ogni caso la neutralità finanziaria» –:
   se il Governo non intenda fornire chiarimenti sul futuro di 2.700 dipendenti della polizia provinciale e definire concretamente gli specifici percorsi di ricollocazione annunciati. (4-08655)


   FORMISANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   all'indomani del terribile sisma del 6 aprile 2009 che aveva colpito la città del L'Aquila, il Consiglio dei ministri pro tempore in data 23 aprile 2009, varando un pacchetto di misure di emergenza, ha approvato la progettazione e realizzazione, nei comuni terremotati, di moduli abitativi destinati ad una utilizzazione durevole e rispondenti a caratteristiche di innovazione tecnologica, risparmio energetico e protezione dalle azioni sismiche, nonché delle opere di urbanizzazione e dei servizi connessi, al fine di garantire adeguata sistemazione alle persone le cui abitazioni erano state distrutte o dichiarate non agibili;
   il 16 maggio 2009 la conferenza dei servizi della Presidenza del Consiglio dei ministri ha approvato il progetto C.A.S.E. (complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili), un progetto avente l'obiettivo di fornire in tempi brevi in alloggio ancorché provvisorio ma di media qualità;
   scopo del piano C.A.S.E. era quindi la realizzazione, entro un tempo di cinque/sei mesi, dunque prima dell'inverno, di nuove abitazioni antisismiche procedendo contemporaneamente allo smantellamento progressivo delle tendopoli realizzate nelle fasi dell'iniziale emergenza abitativa e al rientro degli sfollati alloggiati altrove;
   le tecniche antisismiche adottate per tali complessi abitativi avrebbero compreso quelle dell'isolamento sismico, quasi del tutto innovative per il territorio italiano;
   parallelamente al progetto C.A.S.E., è stato portato avanti anche il progetto M.A.P. (moduli abitativi provvisori), avviato nel settembre 2009 e consistente nella realizzazione di prefabbricati in legno nei quali ospitare la popolazione nell'attesa della ricostruzione delle abitazioni in muratura; il piano è stato applicato in diverse frazioni dell'Aquila e in molti altri comuni interessati dal sisma;
   i progetti ed i lavori sono costati un miliardo di euro (finanziati per circa euro 700.000.000 dal Governo, per euro 36.000.000 da donazioni, e per circa 350.000.000 dall'Unione europea) a fronte della costruzione di 6.000 appartamenti per l'alloggio complessivo di circa 18.000 persone;
   le realizzazioni di queste unità abitative sono state gestite, su delega governativa, dal Dipartimento della protezione civile, che ha provveduto, mediante affidamenti diretti, ad appaltare i relativi lavori a varie imprese;
   nei mesi scorsi, il Corpo forestale dello Stato ha consegnato alla procura della Repubblica del L'Aquila il rapporto di polizia giudiziaria concernente 800 sigilli ad altrettanti balconi in legno di 494 alloggi antisismici dislocati in 5 delle 19 new town del progetto C.A.S.E.;
   il documento riguarda la prima parte delle indagini scattate in seguito al crollo per «difetti di costruzione e utilizzo di materiale scadente» di un balcone in legno a Cese di Preturo;
   nel rapporto si fa riferimento all'intera filiera di enti che, in qualche modo, hanno avuto competenza nella realizzazione di quelle cinque cittadelle del progetto C.A.S.E.;
   risulterebbe, all'interrogante, che le aziende del raggruppamento temporaneo d'impresa (Rti) costituito dalle napoletane Iter Gestione e Appalti Spa, Sled Spa e Vitale Costruzioni Spa, siano oggi tutte e tre fallite;
   per tali fatti sono partite diverse indagini condotte dalla magistratura, riguardanti più ipotesi di reato, tra cui quelle di crollo colposo, frode nelle pubbliche forniture e omissione di lavori in edifici con pericolo di rovina, tali da costringere la magistratura a disporre il sequestro di 800 balconi in 500 appartamenti e il sindaco ad evacuare un'intera piastra;
   alla luce della situazione attuale, il comune del L'Aquila dovrebbe farsi carico, in quanto proprietario delle abitazioni indicate, di provvedere alla manutenzione di circa 6.000 appartamenti: se così dovesse essere, è chiaro che tutto il peso degli oneri necessari per mettere in sicurezza ed agibilità centinaia di unità abitativa si riverserebbe sulle spalle della gente aquilana, ancora sofferente per le vicissitudini di questi ultimi anni –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative che prevedano copertura totale a carico dello Stato di tutti gli oneri relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei seimila alloggi sopra indicati, atteso che il comune dell'Aquila ed i suoi cittadini non possono permettersi nuove imposte per la contribuzione alla spese di manutenzione;
   se il Governo nella ipotesi in cui non si trovasse la necessaria copertura economica di cui al punto precedente, non ritenga opportuno adottare delle iniziative che permettano il passaggio della gestione degli alloggi dal comune dell'Aquila allo Stato. (4-08657)


   VERINI, AMENDOLA, SCANU, DE MARIA, FABBRI, LENZI, CARLO GALLI, INCERTI, MONTRONI, LATTUCA, BARUFFI, PAGANI, MAESTRI e ZAMPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il giudice monocratico di Palermo, nel mese di ottobre 2014 aveva condannato i Ministeri della difesa e dei trasporti a risarcire con 5 milioni 637.199 euro i 14 familiari delle vittime della strage di Ustica, o eredi, Annino Molteni, Erica Dora Mazzel, Rita Giovanna Mazzel, Maria Vincenza Calderone, Alessandra Parisi e Elvira De Lisi e, all'inizio di questo mese, aveva condannato i Ministeri a risarcire quattro familiari di Gaetano La Rocca, con poco più di un milione di euro (1.007.152): il procedimento per i parenti di La. Rocca, poi, era stato stralciato per un errore in un documento;
   i procedimenti per il risarcimento ancora pendenti in appello sono numerosi, mentre la Corte di Cassazione si è già pronunciata in maniera definitiva, nel gennaio 2013, sulla richiesta fatta dai familiari di quattro vittime della strage dando loro ragione e giudicando infondata la tesi della prescrizione;
   adesso si apprende che l'avvocatura dello Stato, nella persona dell'avvocato dello Stato Maurilio Mango, ha chiesto alla corte di appello civile di Palermo il rigetto delle domande di risarcimento che il tribunale ha concesso a 18 familiari delle vittime della tragedia aerea di Ustica il 27 giugno ’80, quando il Dc9 Itavia s'inabissò in mare tra Ponza e Ustica con 81 persone;
   l'avvocatura dello Stato chiede il rigetto per prescrizione o infondatezza e chiede di porre a carico dei familiari il «pagamento delle spese di lite oltre che quelle prenotate a debito»;
   il ricorso in questione ribadisce, da parte dell'avvocatura dello Stato, la impossibilità di provare che ad abbattere l'aereo fu un missile, propendendo per l'ipotesi, ormai superata del tutto dalle ricostruzioni storiche e processuali, della bomba a bordo: l'avvocato Mango evidenzia, addirittura, come le ricostruzioni giudiziarie e mediatiche «siano state talvolta macroscopicamente influenzate dal progressivo formarsi e consolidarsi di un immaginario collettivo che ha individuato la causa del disastro nell'abbattimento dell'aeromobile da parte di un missile, con la conseguente responsabilità delle amministrazioni derivante dall'omesso controllo dello spazio aereo»;
   tale atteggiamento da parte dell'avvocatura dello Stato appare gli interroganti sinceramente di difficile comprensione soprattutto alla luce delle due sentenze della Corte di Cassazione che stabiliscono chiaramente le responsabilità dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e della difesa, anche considerando, ovviamente nel rispetto dell'azione dell'avvocatura dello Stato, gli argomenti utilizzati nel ricorso che appaiono agli interroganti decisamente poco riguardosi delle sentenze già emesse, e della ricostruzione storica dei tragici eventi di Ustica;
   va inoltre tenuto ben presente il delicatissimo tema delle rogatorie internazionali che la procura della Repubblica rivolto a Stati amici e alleati per ottenere collaborazione al fine di ottenere finalmente verità e giustizia su questa terribile e dolorosissima pagina della storia del nostro Paese; e sulla cui regolamentazione si sta lavorando alla Camera dei deputati alla luce del disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione che si auspica diventi operativa in tempi brevissimi –:
   quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di assicurare che non vengano fatti passi indietro nella ricostruzione delle responsabilità e nell'accertamento definitivo della verità suina strage di Ustica, affinché lo Stato stesso si faccia, come è suo precipuo compito, garante della verità e del riconoscimento dei diritti delle vittime di quella immane tragedia. (4-08659)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 27 marzo un violento nubifragio ha interessato tutto il territorio regionale calabro; il nubifragio è stato di particolare intensità, tanto da indurre le autorità preposte alla tutela del territorio e di sicurezza pubblica a comunicare lo «stato di allerta livello 2 elevata rosso» in alcune aree del territorio regionale, con la previsione di scenario di rischio di frana ed inondazione connesso alle precipitazioni, considerate di entità tale da poter determinare fenomeni di dissesto diffusi e di intensità da media ed elevata, idonei a configurare l'emersione di profili di pericolosità per l'incolumità delle persone;
   nella stessa data del nubifragio, lungo la strada statale 18 nel tratto che attraversa il territorio del comune di Gizzeria, in provincia di Catanzaro, si è verificato un grave cedimento provocato dal maltempo e dal conseguente ammaloramento e deterioramento del piano viabile; il cedimento ha determinato l'interruzione del tratto della strada statale che collega i comuni di Falerna e Gizzeria;
   si tratta solamente dell'ultimo evento franoso connesso al problema del dissesto idrogeologico, che in Calabria come del resto in gran parte del territorio nazionale, assume i tratti dell'emergenza;
   oltre agli eventi franosi che continuano a verificarsi con intensa frequenza, in specie nel corso di nubifragi stagionali e piogge, a certificare la situazione di pericolosità ed esposizione al rischio della popolazione civile sono i dati. Le stime su base regionale riportate nell'ultimo rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), aggiornato a marzo 2015, descrivono una situazione allarmante: la porzione di popolazione esposta a rischio frane in Calabria è pari a n. 159.611 abitanti, mentre n. 77.251 calabresi sono esposti al rischio alluvione;
   l'ISPRA ha inoltre mappato i punti di criticità per fenomeni franosi lungo le infrastrutture lineari di comunicazione, che in tutta Italia sono stimati in n. 6.180 lungo la rete stradale principale (autostrade, superstrade, strade statali, tangenziali e raccordi), mentre n. 1.862 punti di criticità per frana sono stati individuati lungo i 16.000 chilometri di rete ferroviaria;
   il quadro che emerge è quello di una situazione di grave pericolo e di forte disagio, in specie laddove gli eventi franosi interessano, come è avvenuto a Gizzeria, infrastrutture stradali strategiche di collegamento interno, con ricadute non solo in termini di sicurezza degli abitanti, ma anche sull'economia del territorio; un'economia che, con riferimento al territorio calabro, è già contrassegnata da debolezza e sofferenza e rischia di essere ancor più penalizzata dalla persistenza di elementi di rischio e dal verificarsi di eventi franosi ed alluvionali che investono la rete infrastrutturale interna;
   l'interrogante ritiene opportuno ricordare quanto riportato dalla recente relazione della Corte dei Conti — sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato. Dal controllo effettuato dalla Corte sulla gestione degli interventi per la riduzione del rischio idrogeologico è emerso che il Governo tende a destinare la quasi totalità dei fondi stanziati per la «mitigazione del rischio idrogeologico» per far fronte a situazioni emergenziali, anziché agire preventivamente, evidenziando peraltro diversi profili di criticità soprattutto legati alla governance ed alla dilatazione dei tempi di attuazione degli interventi;
   si tratta di problematiche di carattere burocratico che appaiono incompatibili ed inadeguate rispetto al carattere di gravità ed emergenza di un rischio concreto ed attuale che interessa una così vasta porzione di abitanti e che richiede una gestione politica in grado di assicurare una soluzione strutturale e durevole, assolvendo alla funzione di tutela della sicurezza e dell'incolumità dei cittadini –:
   quali iniziative urgenti il Ministro intenda avviare al fine di pervenire alla messa in sicurezza dei territori e degli abitanti esposti al rischio di frane ed alluvioni;
   in quale misura il Ministro ritenga di poter intervenire per assicurare una rapida razionalizzazione e l'efficientamento del sistema di gestione degli interventi per la riduzione del rischio idrogeologico.
(4-08640)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito di una vasta attività in materia ambientale delegata dalla procura della Repubblica di Benevento, il personale del Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale (NIPAF) del comando provinciale di Benevento, ha eseguito nel novembre 2014 una serie di sequestri probatori in diversi comuni dell'area sannita, finalizzata al rinvenimento di rifiuti tombati;
   in particolare le operazioni di scavo in diversi terreni dei comuni di Morcone, Tocco Gaudio e Sant'Agata de ’Goti hanno portato alla luce il rinvenimento di numerosissimi rifiuti tombati, grazie all'utilizzo del geomagnetometro gestito dal CFS;
   nel comune di Sant'Agata de ’Goti sono stati eseguiti puntuali sondaggi geologici in diversi terreni, molti dei quali coltivati con diversi frutteti;
   tali scavi hanno, in particolare, riesumato numerosi fusti da 100 e 200 litri sepolti a partire da una profondità di 3 metri incirca fino a 10 metri, molti dei quali seriamente danneggiati, con conseguente fuoriuscita dei materiali in essi contenuti;
   alcuni di essi recavano la scritta Genklene, meglio conosciuto con il nome di tricloretano, sostanza altamente nociva per l'ambiente e per la salute umana, utilizzato come solvente industriale o come base per produrre colle, inchiostri e DDT;
   il tricloretano è stato bandito dal commercio nel 1996 con il protocollo di Montreal, in quanto ritenuto uno dei maggiori responsabili del buco dell'ozono;
   tali scavi sono stati effettuati fino ad una profondità di 40 metri attraverso l'impiego di una trivella geologica, ed hanno permesso di intercettare, nella stessa area dove sono stati rinvenuti i fusti, una falda acquifera di risalita a 25 metri di profondità;
   oltre al rinvenimento di fusti pericolosi, gli scavi hanno portato alla luce diverse carcasse di automobili, copertoni per macchine e mezzi pesanti, pezzi di motore, rivestimenti di automobili, rifiuti sanitari di ogni genere oltre ad altre tipologie di rifiuti –:
   se sia noto se nei fusti tossici rinvenuti sia stato effettivamente individuato il tricloretano;
   se si possano fornire chiarimenti in merito a quali conseguenze una prolungata esposizione della falda acquifera e dei terreni al tricloretano possa avere sulla produzione agroalimentare della zona oltre che sulla salute dei cittadini;
   se intenda effettuare, per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, un monitoraggio di ampio raggio dei terreni circostanti la suddetta area al fine di scongiurare l'inquinamento di altri siti, nonché al fine di verificare se i terreni in cui sono stati rinvenuti i fusti e la falda acquifera di risalita scoperta sotto di essi sia stata inquinata. (4-08652)


   MATARRESE, D'AGOSTINO e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dalle cronache, i carabinieri del nucleo operativo ecologico di Lecce hanno sequestrato a Ginosa, in provincia di Taranto, in contrada «lama di pozzo», presso l'impianto di compostaggio «Aseco spa», circa mille metri cubi di acm ovvero «ammendante compostato misto», un compost ricavato dai rifiuti depurati provenienti dagli insediamenti civili utilizzato in agricoltura;
   il composto di fanghi provenienti dagli impianti di depurazione gestiti da Aqp è stato prodotto da Aseco s.p.a., società del gruppo Acquedotto Pugliese incaricata di gestire l'impianto di compostaggio ubicato nella provincia di Taranto, ed è stato già altre volte rivenduto o ceduto gratuitamente ad oltre 50 aziende agricole e destinato poi alla concimazione dei campi;
   il provvedimento è stato emesso dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Lecce, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, in quanto secondo quanto accertato dai carabinieri del Noe e successivamente confermato dalla consulenza tecnica, questo ammendante sarebbe da considerare e gestire a tutti gli effetti come un rifiuto, poiché risultato essere non conforme alla vigente normativa di settore in quanto realizzato con fanghi derivanti da reflui provenienti da insediamenti industriali ed artigianali e non solo da insediamenti civili;
   a seguito di analisi, è stato accertato che il compost contiene elevate concentrazioni di metalli ed idrocarburi totali che lo rendono inidoneo alla commercializzazione ed all'utilizzazione in agricoltura, poiché è rilevante il rischio di inquinamento delle matrici suolo ed acqua sotterranea;
   secondo quanto riferito dai quotidiani, inoltre, la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero avrebbe anche accertato che in alcuni casi i fanghi contenevano alluminio, antimonio, argento, arsenico, boro, berillio, cadmio, cromo, ferro, mercurio, selenio, stagno, tallio e vanadio in concentrazioni fino 87 volte superiori ai rispettivi valori minimi riscontrati. Per il piombo, addirittura, si è giunti a superare il valore minimo di 220 volte –:
   se non intenda, per quanto di competenza, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, effettuare un monitoraggio delle aree concimate con il compost prodotto da Aseco e rivenduto alle aziende agricole pugliesi ed una mappatura delle zone potenzialmente inquinate, anche attraverso le analisi delle falde acquifere interessate.
(4-08653)


   FRUSONE e DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Sora è un comune italiano di 26589 abitanti, della provincia di Frosinone nel Lazio. Attualmente, essendo molto esteso, occupa tutta la piana del Liri;
   nell'ambito del piano operativo regionale FESR LAZIO 2007/2013 – attività 11.4 «Valorizzazione delle strutture di fruizione delle aree protette» – fase III – Progetto di area vasta, Sora città fluviale – progetto LIRIS «Marco Tullio Cicerone», l'amministrazione comunale di Sora, ha dato il via libera ad un progetto riguardante la navigabilità del tratto del fiume Liri che attraversa il centro storico della città, area densamente abitata;
   scopo del progetto sarebbe consentire la navigabilità delle canoe o di altri natanti di ridotte dimensioni, non a motore, per gare sportive o per semplici escursioni con «imbarcazioni» idonee, nei mesi compresi tra giugno e settembre;
   il progetto generale prevede la costruzione di una traversa di sbarramento (diga mobile), la realizzazione di pontili galleggianti, il ripristino degli accessi al fiume, nonché la costruzione di un edificio con funzioni simili a quelle di uno stabilimento balneare. Tra le proposte migliorative verrebbe ipotizzata l'installazione di una turbina idraulica. L'intenzione è quindi di creare un bacino che potrà superare, secondo una stima, i 100.000 metri cubi, un vero e proprio invaso, in una zona ad alta densità abitativa;
   tuttavia, i finanziamenti a disposizione dell'amministrazione comunale sembrerebbero sufficienti sulla realizzazione della prima parte del progetto, vale a dire della sola traversa mobile, pertanto il fiume non sarà accessibile alle canoe se non si troveranno gli ulteriori finanziamenti necessari per completare il progetto generale. Inoltre potrebbe paventarsi l'ipotesi che la traversa sarà data in concessione ad una società per l'installazione della citata turbina ed il relativo sfruttamento ai fini della produzione di energia elettrica;
   si evidenzia che, l'acquedotto e soprattutto la fognatura potrebbero subire delle infiltrazioni al loro interno a causa dell'innalzamento del livello idrico. Quest'eventualità è riconosciuta a pagina 11 della relazione generale del progetto definitivo, senza indicazione alcuna degli interventi necessari per scongiurare tale possibilità. Il problema appare, quindi, concreto se si considera che l'impianto fognario si trova a circa 2-3 metri di profondità ed il livello del fiume verrebbe innalzato di circa 2,5 metri;
   l’iter amministrativo, inoltre, si è svolto ad avviso degli interroganti in maniera molto superficiale ed approssimativa, il progetto non è stato sottoposto alla «Verifica di assoggettabilità alla V.I.A», come invece previsto al punto 7 lettere f) ed o) dell'allegato IV all'articolo 20 del testo unico Ambientale del decreto legislativo 152 del 2006 e nonostante l'opera ricada in un'area densamente abitata;
   vi è stata un'assenza di coordinamento tra i vari enti interessati al rilascio di pareri/autorizzazioni, senza un'opportuna e necessaria «conferenza di servizi». Il comune di Sora, infatti, ha provveduto a richiedere singolarmente ai seguenti enti i pareri necessari: all'Agenzia regionale per la difesa del suolo (ARDIS); all'autorità di bacino del fiume Liri-Garigliano; alla soprintendenza per i beni architettonici e messaggistici per le province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo; alla soprintendenza per i beni archeologici; al genio civile;
   si deve notare come i pareri siano ricchi di prescrizioni vincolanti e in un caso addirittura in contraddizione. L'Agenzia regionale per la difesa del suolo con foglio prot. 447255/GR/16/10, datato 11 agosto 2014, ha indicato tra le prescrizioni vincolanti che il rilievo della quota di fondazione della zattera (soglia) di ancoraggio della paratia mobile, dovrà essere impostata a quota inferiore dell'attuale fondo dell'alveo, pertanto in trasparenza dell'attuale profilo, mentre l'Autorità di Bacino con foglio n. 5959, datato 23 luglio 2014, ha indicato fra le proprie osservazioni: «... una soglia fissa di calcestruzzo armato con quota assoluta dell'incile posto a circa 70 cm sopra l'attuale quota del fondo dell'alveo, su cui installare la traversa...»;
   inoltre, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, a seguito di richiesta di riesame del comune di Sora, con foglio prot. 0023536, datato 22 agosto 2014, ha comunicato al dipartimento territorio direzione regionale urbanistica e territorio di aver rilasciato parere positivo in merito alla: «Riqualificazione di un tratto di alveo in area urbana del fiume Liri con realizzazione di una soglia tondo – progetto LIRIS “Marco Tullio Cicerone”, cosa ben diversa rispetto al progetto in esame;
   si evidenzia, anche, il netto contrasto con il disposto dell'articolo 3-ter del decreto legislativo 152 del 2006 «Principio dell'azione ambientale», con particolare riguardo ai principi di precauzione e di azione preventiva a tutela dell'ambiente che recita, «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante un'adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente... omissis»;
   si deve, altresì, considerare che la città di Sora ricade in una zona ad elevato rischio sismico ed il centro urbano è ricompreso nella fascia «C» del rischio idraulico («Fascia di inondazione per piena d'intensità eccezionale») dal vigente «Piano stralcio per l'assetto idrogeologico». Per rendersi conto delle piene del Liri, basta semplicemente cercare sul web le immagini dell'ultima alluvione avvenuta nel dicembre 2010;
   è necessario aggiungere che, la costruzione della traversa mobile risulterebbe in contrasto con le finalità indicate all'articolo 1 del PsAI-Ri:
    a) difesa, sistemazione e regolazione dei corsi d'acqua;
    b) moderazione delle piene;
    c) omissis;
    d) regolamentazione dei territori interessati dalle piene;
    e) attività di prevenzione omissis...».

  inoltre la realizzazione della stessa potrebbe aumentare i pericoli derivanti da eventi alluvionali, che secondo le statistiche possono raggiungere 623 m3/s. La base di ancoraggio della struttura posta sul fondo del fiume che ha un'altezza di circa 1,5 metri e l'impianto di risalita dei pesci rappresenterebbero, di fatto, un'ostruzione al libero deflusso delle acque in caso di piena, in quanto produrrebbero una riduzione della sezione del fiume. Inoltre, nei mesi di funzionamento si verrebbe a formare un vero e proprio bacino artificiale, posto a monte e non molto distante dalla cascata di Isola Liri, famosa per trovarsi in centro città. Infine, si vuole porre l'attenzione su una fotografia in particolare effettuata durante la realizzazione della traversa, nella quale si vengono evidenziati dei rivoli d'acqua fuoriuscire, in una parte del cemento, che dovrebbe fare da base alla diga mobile;
   il 23 dicembre 2014, in occasione dell'ultimo consiglio comunale, il presidente dell'assise cittadina ha dato lettura di una nota dell'A.R.DI.S., portando a conoscenza della cittadinanza che l'opera è sotto osservazione da parte della procura della Repubblica di Cassino, la quale dovrà stabilire se il progetto sia viziato da reati di natura penale;
   la costruzione dell'opera sta destando molta preoccupazione non solo tra le associazioni ambientaliste locali, ma anche in molti cittadini, soprattutto alla luce dei gravi problemi legati al dissesto idrogeologico che negli ultimi mesi sono tornati, purtroppo, all'onore della cronaca. Basti ricordare l'ultima alluvione che ha colpito la città di Genova;
   secondo quanto riportato dall'autorità di bacino dei fiumi Liri – Garigliano e Volturno «La documentazione prodotta contiene una Relazione Modello Idraulico nella quale sono stati calcolati i profili di corrente per portate di piena trentennali, ventennali e duecentennali nella configurazione della traversa completamente abbassata, verificando l'accettabilità degli effetti i indotti dall'opera sul regime idraulico, non altrettanto è stato verificato nella configurazione a traversa completamente alzata, pertanto non risulta esaustiva dei contenuti previsti dalle predette norme»;
   come sopra rappresentato, tra le proposte migliorative, presenti nella relazione tecnica illustrativa di progetto, viene descritta anche la predisposizione per l'installazione di una centralina idroelettrica di tipo Kaplan, di cui tuttavia non si trova traccia negli altri elaborati. A tal proposito, si evidenzia che nel mese di ottobre scorso, varie associazioni ambientaliste, fra le quali anche la Wilderness, constatato il ritardo del Governo, delle regioni e delle autorità di bacino nell'attuazione della direttiva 2000/60/CE, hanno lanciato un appello affinché vengano presi i necessari ed urgenti provvedimenti per il raggiungimento degli obbiettivi indicati dalla direttiva. Nell'appello è stato segnalato, altresì, che anche nei corsi d'acqua appenninici e nel resto del territorio italiano il livello di sfruttamento delle acque superficiali e la pressione sui corpi idrici sta rapidamente aumentando, al contrario di quanto richiederebbero gli obiettivi delle direttive europee. Nel caso specifico esistono a monte di Sora, in Abruzzo, altri due impianti di cooperazione delle acque del fiume Liri. La citata (eventuale) turbina e la traversa mobile andrebbero ad incidere, pertanto, su un sistema ambientale ed ecologico già di per sé molto fragile –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario ed urgente attuare attraverso specifiche iniziative normative, la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, e della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, ove assume priorità la delocalizzazione di edifici e di infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità;
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda assumere per garantire la sicurezza dei cittadini che risiedono presso Sora e presso l'intero tratto del fiume Liri;
   alla luce di quanto esposto nelle premesse, se intenda valutare l'opportunità di un monitoraggio straordinario delle opere che possono avere impatti sull'assetto idrogeologico costruite all'interno dei centri abitati, affinché si evitino sciagure, più delle volte, prevedibili. (4-08662)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MATARRESE, D'AGOSTINO e PIEPOLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dalle cronache, nell'anno 2013, l'assessore alla qualità dell'ambiente della regione Puglia ed il sindaco del comune di Cellamare, in rappresentanza dell'O.G.A. (organo di governo d'ambito) di Bari, avrebbero sottoscritto il disciplinare per l'assegnazione dei fondi per la realizzazione di un impianto di compostaggio nel comune di Bari e precisamente a Cellamare;
   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, sembrerebbe che il progetto dell'impianto preveda anche la produzione di energia dalla combustione di biogas;
   il costruendo impianto di compostaggio, destinato a raccogliere i rifiuti dei 21 comuni circostanti, sembrerebbe non avere il gradimento dei cittadini e dei comitati dei comuni di Cellamare, Noicattaro e Capurso che lamentano non solo i pericoli derivanti da probabili rischi di impatto ambientale ma anche i potenziali pericoli per la salute della popolazione che potrebbero essere causati dalla localizzazione dell'impianto;
   secondo quanto riferito dai quotidiani, inoltre, sembrerebbe che nella zona industriale di Bari, distante circa 20 chilometri in linea d'aria dalla presunta zona di costruzione dell'impianto di Cellamare, sarebbe in fase avanzata di realizzazione il progetto per la costruzione di un impianto di compostaggio per il recupero energetico dei rifiuti organici e la produzione di compost di qualità. Il progetto, presentato dall'AMIU, ha ottenuto il via libera del Ministero dello sviluppo economico che lo finanzierà con 11 milioni di euro, a fronte di un valore complessivo dell'opera stimata in 18 milioni di euro;
   in merito, la regione Puglia ha già espresso «giudizio favorevole di compatibilità ambientale per il progetto “Realizzazione di un impianto per il trattamento FORSU da RD per produzione di compost con recupero energetico da realizzarsi nell'area dell'AMIU Bari S.p.A.”» così come si evince da determinazione del dirigente del servizio ecologia del 24 ottobre 2014, n. 332;
   a giudizio degli interroganti la presenza del costruendo impianto AMIU dovrebbe rendere superflua la realizzazione di un nuovo impianto simile nella stessa zona di Bari;
   in data 30 marzo 2015, alcuni consiglieri di opposizione del comune di Cellamare hanno presentato una mozione con la quale si chiede al presidente del consiglio comunale di sottoporre all'approvazione del consiglio la revoca in autotutela della delibera di consiglio comunale n. 37 del 10 dicembre 2009 avente ad oggetto «Bacino Alto BA/5. Individuazione sito per impianto di compostaggio consortile e conseguente disponibilità immobile comunale ubicato alla contrada Fogliano in agro di Cellamare»;
   il territorio nel quale è destinato a sorgere l'impianto di compostaggio, attraversato dal torrente Chiancarello, è soggetto a vincolo ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, con particolare riguardo alla presenza di gravine e lame che, con diverse dimensioni, partono dalle ultime propaggini collinari delle murge per arrivare al mare, rivestendo particolare interesse sotto il profilo paesistico e naturalistico –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per tutelare le aree di rilevante interesse paesaggistico in prossimità delle quali è prevista la realizzazione dell'impianto di compostaggio di Cellamare;
   se il Ministero dello sviluppo economico, che ha riconosciuto un consistente finanziamento per il progetto relativo alla costruzione di un impianto di compostaggio nella zona industriale di Bari, fosse a conoscenza del fatto che a distanza di pochi chilometri sarebbe stato realizzato un ulteriore impianto con caratteristiche analoghe. (4-08665)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   FORMISANO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la tutela della salute in contesti civili e militari è il principale compito del servizio sanitario della Marina militare italiana nel quale circa duecento medici e cinquecento infermieri ogni giorno prestano la loro assistenza, sia nelle infermerie a terra che a bordo delle unità navali;
   tra il personale sanitario della Marina militare, il personale infermieristico svolge un ruolo di elevata responsabilità e ad esso, in base al decreto legislativo 15 marzo, n. 66 (codice dell'ordinamento militare), è attribuita la diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
   l'infermiere militare, da sempre considerato complementare al medico, in sua assenza, in virtù della ormai nota evoluzione accademica del proprio profilo professionale sancita dall'ordinamento giuridico vigente, si pone sempre più spesso come principale riferimento per il paziente, sia nei percorsi di prevenzione che in quelli di assistenza sanitaria e cura;
   come statuito dal codice dell'ordinamento militare in tema di esercizio delle professioni sanitarie, nei casi di urgenza ed emergenza, in assenza di personale medico, al personale infermieristico militare specificatamente formato è consentito il sostegno avanzato delle funzioni vitali ed il supporto di base e avanzato nella fase di pre-ospedalizzazione del traumatizzato;
   ai sensi dell'articolo 212 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il personale delle professioni sanitarie infermieristiche, oltre a svolgere con autonomia professionale le specifiche funzioni, è articolato in conformità a quanto previsto dalla legge 1o febbraio 2006, n. 43;
   fermo restando il titolo universitario abilitante di cui alla legge 1o febbraio 2006, n. 43, il personale del servizio sanitario militare può svolgere il percorso formativo presso le strutture del servizio stesso, individuate con decreto del Ministro della salute, che garantisce la completezza del percorso formativo;
   in conseguenza del riordino normativo delle professioni sanitarie nonché delle riforme degli ordinamenti didattici adottate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di adeguare il livello culturale, deontologico e professionale degli esercenti delle professioni in ambito sanitario a quello garantito negli Stati membri dell'Unione europea, la legge 1o febbraio 2006, n. 43, ha regolamentato la professione sanitaria infermieristica e, nel rispetto dei diversi iter formativi, ha individuato tra il personale infermieristico gli «infermieri coordinatori» e «infermieri specialisti» in possesso, rispettivamente, dei master per le funzioni di coordinamento e specialistiche rilasciati dalle università riconosciute dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   con la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), al comma n. 566, è stato definitivamente stabilito che, ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con accordo tra Governo e regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di équipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche anche attraverso percorsi formativi complementari;
   tra le principali specializzazioni a cui può accedere un infermiere della Marina militare, come ribadito sul sito internet istituzionale di Forza armata, ci sono quelle di coordinamento e management infermieristico, di area critica e gestione delle emergenze, di strumentista di sala operatoria ed infine la specializzazione in fisiopatologia subacquea –:
   se il Ministro della difesa abbia utilizzato attuato tutti i canali per rendere note le modalità di specializzazione del personale sanitario infermieristico della Marina militare e quali convenzioni universitarie siano state finora attivate per garantire l'articolazione delle specializzazioni infermieristiche in conformità a quanto previsto dalla legge 1o febbraio 2006, n. 43, e dal codice dell'ordinamento militare;
   se il Ministro della difesa, sia a conoscenza del numero di infermieri della Marina militare ad oggi in possesso dei master specialistici citati sul sito telematico istituzionale e se il corso di specializzazione in fisiopatologia subacquea venga svolto presso le strutture individuate con decreto del Ministro della salute a garanzia della completezza del percorso formativo;
   se il Ministro della difesa sia a conoscenza di quali siano le competenze specialistiche degli infermieri specialisti in fisiopatologia subacquea e quanti di essi risultino impiegati a bordo delle unità navali prive di personale medico imbarcato;
   se il Ministro della salute abbia avuto modo di far valutare la completezza del percorso formativo degli infermieri specialisti in fisiopatologia subacquea della Marina militare e se questi ultimi risultino essere autonomi ed adeguatamente formati per l'applicazione di linee guida per la valutazione ed il trattamento ossigeno-iperbarico emergenziale delle patologie barotraumatiche e da decompressione in assenza di personale medico;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno individuare quali, tra le aree specialistiche infermieristiche (area medica, chirurgica, area intensiva e dell'emergenza-urgenza, cure primarie e servizi territoriali/distrettuali, neonatologica e pediatrica, salute mentale e dipendenze), possano risultare più idonee per l'individuazione di percorsi universitari abilitanti a competenze avanzate e prescrittive utili alla tutela della salute militare e civile, sia sul territorio nazionale che nelle aree operative in cui si svolgono le missioni internazionali, nonché sui mezzi aerei e unità navali presso i quali il personale infermieristico militare risulta oggigiorno impiegato in assenza di personale medico. (4-08648)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MICHELE BORDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Casalnuovo Monterotaro è stato colpito e gravemente danneggiato dal sisma del 31 ottobre 2002 con ingenti danni a carico della collettività, tali da determinare l'allora Ministro dell'economia e delle finanze a sospenderei termini relativi agli obblighi tributari in favore dei contribuenti residenti nel comune alla data del sisma con proprio decreto del 15 novembre 2002 (Gazzetta Ufficiale n. 272 del 20 novembre 2002) sino al 31 marzo 2003 e con successivi decreti sino al 30 giugno 2008;
   al termine dei periodo di sospensione degli obblighi tributari, con l'articolo 6, comma 4-bis del decreto-legge n.185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009), il Ministero dell'economia e delle finanze ha previsto, per quegli stessi contribuenti, l'obbligo di corrispondere i tributi dovuti, al netto dei versamenti già eseguiti, ridotti al 40 per cento da versare in 120 rate mensili di pari importo a partire dal 16 gennaio 2009;
   con lo stesso decreto-legge il Ministero ha autorizzato una spesa di 59,4 milioni di euro per l'anno 2009, di –32 milioni di euro per l'anno 2010, di 7 milioni di euro per l'anno 2011 e di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2012 al 2019 con risorse iscritte in un apposito fondo istituito presso lo stesso Ministero;
   il comune di Casalnuovo Monterotaro al 31 dicembre 2014, ha iscritto in bilancio tra i residui attivi accertati in via definitiva euro 1.004.258,22 al netto dell'assegnazione di euro 226.717,25 già riconosciuta dal commissario delegato per gli eventi sismici nella provincia di Foggia c/o ufficio territoriale del Governo di Foggia quale parziale compensazione dei mancati incassi;
   con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 118 del 2011 e successive modificazioni e integrazioni, che disciplina il nuovo sistema contabile armonizzato, l'applicazione del nuovo principio di competenza finanziaria potenziata porta inevitabilmente, in sede di chiusura del rendiconto 2014, ad adeguare i residui attivi e passivi al nuovo criterio dell'esigibilità; in particolare, l'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 118 del 2011 prevede che possono essere conservati tra i residui attivi soltanto le entrate accertate, esigibili nell'esercizio di riferimento, ma non incassate –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se sia prevista l'attribuzione al comune di Casalnuovo Monterotaro delle risorse iscritte nel Fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, previsto dall'articolo 6, comma 4-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009) a compensazione dei mancati incassi tributari pari al 60 per cento dell'importo dei tributi dovuti dai contribuenti – nel periodo dal 31 ottobre 2002 al 30 giugno 2008 – sui quali fa carico il restante 40 per cento;
   quali siano i tempi entro cui sarà consentito il trasferimento delle risorse finanziarie dal predetto Fondo al comune di Casalnuovo Monterotaro, rendendo le somme esigibili e permettendo così a questo comune – ai fini del riaccertamento straordinario dei residui da effettuarsi entro il 30 aprile 2015 – di iscrivere correttamente le predette somme nel bilancio dell'esercizio in corso e degli esercizi successivi in cui i predetti importi diverranno esigibili. (5-05224)


   COLLETTI, FUSILLI, VACCA, DEL GROSSO, MELILLA, AMATO, SOTTANELLI, FABRIZIO DI STEFANO e CASTRICONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa è una società con socio unico a partecipazione totalitaria del Ministero dell'economia e delle finanze, presente in maniera capillare su tutto il territorio italiano e con 143 mila dipendenti, che fornisce servizi logistico-postali, di risparmio e pagamento, assicurativi e di comunicazione digitale a oltre 40 milioni di clienti;
   il 5 novembre 2014, l'amministratore delegato di Poste italiane, dottor Francesco Caio, in audizione in Commissione industria del Senato, ha presentato il piano di razionalizzazione della rete di sportelli postali;
   nel corso dell'audizione il dottor Caio ha affermato che «oggi abbiamo 13 mila sportelli ma abbiamo avviato una richiesta di autorizzazione per circa 5-600 sportelli in meno»;
   come denunciato più volte da vari esponenti di diversi partiti, la chiusura di un numero così elevato di sportelli di Poste italiane è un atto che nasce da valutazioni di pura natura economico-gestionale e non tiene in minimo conto quello che è l'indispensabile ruolo svolto dall'azienda, ancora pubblica, per milioni di cittadini, ovvero garantire il servizio postale universale;
   anche la Commissione europea ha fornito un parere negativo sul taglio dei piccoli uffici postali: la stessa ha infatti riferito che il servizio postale non è un servizio di mercato ma di un obbligo universale necessario «a garantire il diritto alla comunicazione tra cittadini e per assicurare la coesione sociale e territoriale in tutti i paesi dell'Unione» e che sono ammessi a livello europeo deroghe al servizio universale in circostanze o situazioni geografiche eccezionali molto limitate quali ad esempio quelle accordate alla Grecia per il servizio postale sulle isole che riguarda solo il 6,8 per cento della popolazione e non il 25 per cento quale quello previsto da Poste italiane spa;
   anche la regione Abruzzo sarà colpita drasticamente dai tagli pianificati da Poste italiane, con la soppressione di 19 sportelli e la razionalizzazione d'orario di apertura per ulteriori 35, pari a quasi il 10 per cento degli esperti «razionalizzati»;
   la sentenza della VI° Sezione del Consiglio di Stato n. 1262, depositata l'11 marzo 2015, costituisce motivo di pressione su Poste italiane ribadendo che non è consentito chiudere gli uffici postali nei piccoli centri: se non vengono rispettate le distanze in rapporto alla popolazione e se la scelta non viene adeguatamente motivata in relazione ai disagi che arreca. Infatti, secondo il Consiglio di Stato, l'espressione «accessibilità al servizio» utilizzata dal decreto ministeriale 7 ottobre 2008 «non può prescindere dall'effettiva e normale percorribilità delle strade di accesso agli uffici postali in termini di reale e conveniente fruibilità da parte dei cittadini, non solo le strade devono essere percorribili in condizioni di sicurezza materiale ma devono essere altresì servite da mezzi pubblici, in maniera che l'accesso non sia condizionato dalla disponibilità di mezzi privati». La seconda considerazione, che trova fondamento anche in altre pronunce favorevoli ai comuni, riguarda le motivazioni su cui è basata la chiusura dell'ufficio postale, che nel caso specifico hanno avuto riguardo al solo profilo economico e gestionale. Poste italiane, adombrano i giudici, non può fare spending review sulle spalle dei piccoli comuni, determinando disservizi e disagi soprattutto alla popolazione anziana e a quella priva di strumenti tecnologici, perché le chiusure devono tenere conto della dislocazione degli uffici postali, con particolare riguardo alle aree rurali e montane, ma anche delle conseguenze che la relativa presenza produce sull'utilità sociale;
   si è tenuto il 12 marzo 2015 un incontro richiesto da Anci Abruzzo con Poste italiane e la partecipazione della regione Abruzzo, sul piano di razionalizzazione sopra menzionato; in esito all'incontro Poste italiane ha per il momento sospeso l'inizio dell'attuazione del piano, precedentemente fissato per il 13 aprile 2015;
   Poste italiane, prendendo atto delle argomentazioni di Anci Abruzzo, ha dichiarato di trasferire quanto registrato nell'incontro ai vertici aziendali e ad oggi il risultato parziale ottenuto è stata la sospensione, decisa da Poste italiane, del Piano di razionalizzazione, la cui attuazione era stata precedentemente fissata per il 13 aprile 2015;
   la politica di razionalizzazione di Poste italiane, invece di migliorare il servizio per i cittadini, rischia di creare solo difficoltà, in particolare per gli anziani e per gli abitanti dei piccoli comuni che si ritroveranno senza ufficio postale o avranno un servizio solo a giorni alterni, ignorando così il fatto che gli uffici postali rappresentino un presidio ancora fondamentale per garantire pari opportunità a chi vive nei piccoli comuni –:
   se il Ministro interrogato, anche alla luce dei principi enunciati nella citata sentenza del Consiglio di Stato, nonché del parere della Commissione europea, abbia intenzione di assumere iniziative affinché Poste italiane riveda il piano strutturale, e per tali motivi affinché si mantenga il numero attuale degli uffici nei piccoli comuni abruzzesi al fine di garantire un servizio adeguato alle esigenze dei cittadini abruzzesi anche nei piccoli comuni;
   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché la società garantisca il buon funzionamento delle strutture territoriali presenti nei piccoli comuni italiani, in modo tale da evitare che si verifichino situazioni critiche per l'utenza. (5-05227)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comma 16-octies dell'articolo 41 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, ha previsto che «allo scopo di accelerare e razionalizzare la prosecuzione delle liquidazioni dell'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta (E.N.C.C.), della LAM.FOR. s.r.l. e del consorzio del Canale Milano Cremona Po, la società Fintecna o società da essa interamente controllata ne assume le funzioni di liquidatore»;
   successivamente, l'articolo 1 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze dell'11 novembre 2009 ha stabilito che «la società trasferitaria dei rapporti in corso, delle cause pendenti e del patrimonio immobiliare degli enti disciolti in essere alla data del 30 giugno 2009 di cui all'articolo 41, comma 16-ter del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (..) nonché soggetto liquidatore degli enti di cui al comma 16-octies dello stesso articolo 41, è individuata in Ligestra Due S.r.l.», società del gruppo Fintecna che ne è l'unico socio;
   la Ligestra Due S.r.l. ha avviato una procedura di vendita mediante invito pubblico ad offrire, ex articolo 1336 del codice civile, del cespite di proprietà dell'ex ENCC sito nel territorio di Roma Capitale in via Assisi 157-165, della superficie commerciale di 7.994 metri quadrati coperti e 3.415 metri quadrati scoperti;
   con riferimento alle condizioni del complesso immobiliare, nella relativa scheda pubblicata sul sito web della Ligestra Due Srl si legge: «Le planimetrie catastali riportano correttamente il perimetro e la consistenza delle unità immobiliari che compongono il complesso, mentre la distribuzione interna risulta completamente modificata a causa degli usi impropri verificatisi nel corso degli anni nonché al manifestarsi di ripetuti atti di vandalismo. L'immobile è stato altresì interessato da un incendio nel 2012 e il magazzino M1, in particolare, risulta quasi completamente demolito, a seguito di intervento disposto dalla Polizia di Roma Capitale nel dicembre dello stesso anno»;
   inoltre, nel gennaio 2013 è stato effettuato uno sgombero con la parziale distruzione dell'immobile e l'espulsione di circa ottanta abitanti, in seguito al quale è stato previsto un presidio notturno da parte di un istituto privato di vigilanza, interrotto dopo appena un mese;
   nel gennaio e nel febbraio 2014 si sono verificati due ulteriori incendi che hanno richiesto l'intervento dei vigili del fuoco;
   ad oggi in tutti i piani dell'immobile sono presenti cumuli di rifiuti e sono state rinvenute sostanze nocive, tra le quali anche l’eternit;
   gli immobili versano in uno stato di totale abbandono e degrado, e ciononostante al loro interno vivono in condizioni estremamente disagiate circa un centinaio di persone, tra cui una ventina di italiani che hanno già più volte fatto richiesta di alloggio popolare;
   lo stabile è diventato luogo di scambio e consumazione di droghe e gli operatori sanitari sono stati costretti ad intervenire in diverse occasioni per farsi carico di soggetti che si trovavano sotto effetto di sostanze stupefacenti;
   recentemente tra gli abitanti dell'immobile si è verificato un caso di tubercolosi, ma a quanto consta all'interrogante alcuna misura igienico-sanitaria è stata posta in essere a tutela dei cittadini residenti nella zona;
   i termini per la presentazione delle offerte d'acquisto del complesso immobiliare sono scaduti quasi un anno fa, il 30 aprile 2014, e ancora non si hanno notizie circa il destino degli edifici –:
   se non ritenga di assumere, per quanto di competenza, iniziative urgenti al fine di ripristinare il rispetto delle normative in materia abitativa e sanitaria all'interno del complesso immobiliare di cui in premessa;
   con riferimento alla procedura di vendita, se intenda acquisire elementi in merito a quale ne sia stato l'esito, a quanto ammontino ad oggi i costi per la bonifica degli edifici e a quali siano le modalità ed i tempi di intervento previsti. (4-08631)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 1o agosto 2011 si è perfezionata la cessione di MedioCredito Centrale (MCC), nato come ente di diritto pubblico nel 1952 con l'obiettivo di assicurare i programmi di erogazione delle agevolazioni pubbliche e sviluppare servizi di supporto alle imprese sostenendone l'espansione all'estero, a Poste Italiane spa, nel quadro del progetto promosso dal Ministero dell'economia e delle finanze per la creazione della Banca del Mezzogiorno;
   attualmente la Banca del Mezzogiorno – MedioCredito Centrale è un'istituzione finanziaria che ha la missione di sostenere i progetti di sviluppo del Mezzogiorno aumentando la disponibilità di credito a medio e lungo termine e di supportare le pubbliche amministrazioni centrali e regionali nella gestione di misure agevolative a sostegno del sistema produttivo nazionale;
   recentemente, diversi articoli apparsi sulla stampa nazionale ipotizzano la imminente cessione della Banca del Mezzogiorno all'agenzia pubblica per l'attrazione degli investimenti Invimit;
   il bilancio del 2014 della Banca si è chiuso con un utile netto di 37,6 milioni di euro, oltre il triplo del risultato raggiunto l'anno precedente, che era stato di 11,6 milioni, principalmente a causa dell'aumento del margine d'interesse, rinveniente da uno stock di crediti pari a 1,35 miliardi, rispetto ai 771 milioni contabilizzati nel dicembre 2013;
   risultano in crescita anche le commissioni attive, specie quelle provenienti dal fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, che ha registrato più di 86 mila domande accolte su un totale di quasi novantamila richieste pervenute, con una crescita dell'otto per cento rispetto al 2013;
   complessivamente l'attività della banca ha generato un volume di finanziamenti concessi pari a tredici miliardi di euro, in crescita di quasi il 20 per cento rispetto all'anno precedente;
   l'ipotesi della cessione della Banca non trova, quindi, riscontro in una sua presunta inefficienza, e desta grande preoccupazione tra il personale dipendente, che teme interventi di ristrutturazione sul personale –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito al futuro della Banca del Mezzogiorno, e in che modo intenda tutelare il personale dipendente dalla stessa nel caso di una eventuale cessione, al contempo garantendo che la stessa possa proseguire nella sua attività di agevolazione dell'accesso al credito per le imprese del Meridione. (4-08641)


   FORMISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con la delibera del CIPE n. 50 del 2013 e con la legge n. 147 del 2013 sono state stanziate le risorse per la ricostruzione degli immobili privati crollati a seguito del sisma che in data 6 aprile 2009 ha colpito la città de L'Aquila nonché diversi comuni dell'Abruzzo;
   con le successive delibere del CIPE, n. 1 del 2014 del 6 febbraio 2014 e n. 23 del 2014 del 1o agosto 2014, sono state assegnate le somme al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di ricostruzione privata nei territori della regione Abruzzo colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, per un importo complessivo 468.978.452,34 euro per la copertura del relativo fabbisogno per il periodo marzo-luglio 2014;
   con le suddette delibere vengono disposte le assegnazioni definitive e le autorizzazioni ad assumere impegni anticipati; le assegnazioni a favore del comune di L'Aquila sono:
    a) assegnazione di 63.294.575,83 euro a valere sull'annualità 2014 delle risorse stanziate dalla legge n. 147 del 2013 (tavola 2, colonna F);
    b) assegnazione di 205.819.704,82 euro a valere sull'annualità 2015 delle risorse stanziate dalla legge n. 147 del 2013 (tavola 2, colonna G), assegnazione di cui viene autorizzato l'impegno sin dal corrente anno 2014;
   le suddette delibere sanciscono che i comuni assegnatari delle risorse per la concessione di contributi a privati – finalizzati alla ricostruzione o riparazione di immobili danneggiati, prioritariamente adibiti ad abitazione principale, ovvero per l'acquisto di nuove abitazioni sostitutive dell'abitazione principale distrutta – possono utilizzare le disponibilità di cassa derivanti dai trasferimenti annuali a valere sulle assegnazioni, per erogazioni di contributi della stessa natura concessi a valere sulla competenza assegnata anche per annualità successive rispetto a quella di trasferimento, restando fermo che, nel rispetto dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 43 del 2013, le erogazioni complessive devono essere effettuate nel limite delle risorse trasferite per ciascun anno di competenza;
   contestualmente, il comune del L'Aquila è stato autorizzato a impegnare le risorse stanziate in previsione delle annualità 2015 e 2016;
   ad oggi, tali risorse, che devono essere utilizzate per i lavori di cui ai cosiddetti «decimo ed undicesimo elenco», all'interrogante non risulta che siano state ancora materialmente percepite, non essendo transitate sui conti ad esse dedicati;
   la stasi dei fondi sta causando gravissimi problemi per i già martoriati cittadini dell'Aquila, ai quali, peraltro, dalle istituzioni e dai media è sempre stato fatto passare il messaggio che «le risorse ci sono»;
   risulta infatti all'interrogante che sia accaduto che, facendo affidamento sullo stanziamento dei fondi e sull'assegnazione degli stessi, molti cittadini interessati, sulla scorta delle comunicazioni ricevute dal comune del L'Aquila, hanno stipulato dei contratti preliminari di vendita per l'acquisto di abitazioni sostitutive, e che, non avendo avuto a disposizione i fondi – mai arrivati – hanno perso la relativa caparra confirmatoria, versata al momento del compromesso;
   per tali ragioni, questi ultimi hanno già anticipato di voler chiedere il risarcimento dei danni al comune de L'Aquila; inoltre lo stesso, nella sua qualità di pubblica amministrazione più vicina alla popolazione, oltre a ricevere comprensibili biasimi da parte della cittadinanza, ha dovuto anche anticipare, per due volte, con proprie risorse, i contributi di «autonoma sistemazione» che, ormai, non arrivano da mesi e mesi, rinunciando ai lavori di cantiere per due mesi;
   questo continuo temporeggiamento sta anche minando l'assetto e le prospettive delle imprese aquilane e alterando il mercato della concorrenza;
   le condotte innanzi descritte, sotto gli occhi di tutti, potrebbero profilare, a giudizio dell'interrogante, un danno erariale per lo stesso comune –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'attuale situazione e se non ritengano opportuno assumere iniziative per sbloccare i fondi di cui in premessa secondo modalità e tempistiche certe, individuando anche le eventuali responsabilità dei ruoli dirigenziali per ritardi e omissioni. (4-08647)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il combinato di due interventi normativi, la legge 56 del 2014 cosiddetta «Delrio», che ha aperto la strada della ridefinizione delle funzioni degli enti di area vasta, e della legge di stabilità per il 2015 che, agli stessi enti, ha imposto un taglio di bilancio molto pesante, ha portato le province in una situazione di stasi completa, paralizzandone le funzioni da un lato per l'incertezza relativa a quali siano le proprie funzioni e dall'altro per la totale indisponibilità a farvi fronte dal punto di vista finanziario;
   i nuovi enti di area vasta, ai sensi della legge 56 del 2014 sono titolari di quattro funzioni fondamentali: la gestione e manutenzione delle strade provinciali; la gestione e manutenzione delle scuole superiori; la tutela e valorizzazione dell'ambiente; l'assistenza ai comuni;
   la legge di stabilità 2015 interviene nel pieno processo di riordino prevedendo il versamento allo stato da parte delle province di 1 miliardo per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 per il 2017;
   a queste cifre vanno aggiunti gli effetti già scontati dei due decreti «spending» – decreto-legge 95 del 2012 e decreto-legge 66 del 2014 – per 182,2 milioni, nonché gli effetti dell'entrata in vigore dell'armonizzazione contabile (155 milioni). Dunque, dal prossimo anno viene richiesto un contributo aggiuntivo di 1,337 miliardi;
   ancora, la manovra impone il taglio, entro il 31 marzo 2015, del 50 per cento della spesa per il personale degli enti di area vasta, e del 30 per cento di quella del personale delle città metropolitana;
   lo stato dei bilanci delle province è emergenziale: sono a rischio gli equilibri finanziari degli enti, anche a causa delle sanzioni che saranno applicate per lo sforamento del patto di stabilità 2014, in questo momento stimabili intorno ai 400 milioni di euro, che interesseranno almeno 30 tra province e città metropolitane;
   quanto alla spesa in conto capitale nel periodo 2008-2013 si è verificato un vero e proprio crollo: – 44 per cento. Il trend è confermato dall'analisi del solo anno 2014, dove la riduzione della spesa totale è pari a quasi il 14 per cento in meno rispetto all'anno precedente (da 10 miliardi e 350 milioni a 8 miliardi e 950 milioni);
   uno dei settori maggiormente colpiti dalla palese impossibilità delle province a fronteggiare i propri impegni di finanziamento è quello delle infrastrutture;
   negli ultimi mesi, in particolare, le eccezionali avversità atmosferiche che hanno colpito il territorio nazionale hanno creato dissesti idrogeologici e movimenti franosi che hanno portato alla chiusura di una serie di strade provinciali che richiedono interventi immediati per la messa in sicurezza e il ripristino delle normali condizioni di percorrenza;
   purtroppo, a causa dei tagli di bilancio, le province non sono in grado di intervenire, in quanto non dispongono delle risorse finanziarie necessarie per la manutenzione straordinaria delle strade di propria competenza;
   è il caso, ad esempio, della provincia di Forlì – Cesena, ove le piogge incessanti del 5 e 6 febbraio scorso hanno creato cedimenti sulla strada provinciale 54 – Predappio Alta – Baccanello, nel comune di Predappio, sulla strada provinciale 54, che dal comune di Predappio porta alla frazione di Monte Maggiore e sulla strada provinciale 47 in località Monte Mirabello;
   tali strade sono tuttora interrotte e i tanti residenti che vivono in queste zone di collina, gli addetti alle attività commerciali e zootecniche, i pulmini scolastici, tutti sono obbligati a percorrere strade secondarie, pericolose e lunghissime, subendo enormi disagi e perdite economiche; altrettanto colpite sono le attività turistiche, di agriturismo e di ristorazione della zona, che stanno affrontando consistenti riduzioni dei propri ricavi; tutti chiedono l'immediato intervento della provincia che ha dichiarato l'impossibilità di intervenire per mancanza di fondi;
   si tratta di situazioni gravissime che occorre affrontare nell'immediato –:
   quali interventi immediati il Ministro intenda adottare per permettere alle province di far fronte alle proprie funzioni, soprattutto assicurando alle province medesime le risorse necessarie per la manutenzione straordinaria della rete viaria di propria competenza. (4-08651)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   TURCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la segretaria di Radicali Italiani Rita Bernardini, già deputata nella XVI legislatura, si è resa responsabile di decine di iniziative pubbliche di disobbedienza civile in violazione di quanto previsto dal Testo unico sugli stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990 e successive modificazioni), in particolare, per quel che riguarda i reati legati alla coltivazione, detenzione e cessione della cannabis e dei suoi derivati;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata a Porta Portese (Roma) il 27 agosto 1995 in concorso con Marco Pannella, Benedetto Della Vedova, Paolo Vigevano e Domenico Pinto, l'onorevole Bernardini, il 20 febbraio del 2003, è stata condannata definitivamente a 4 mesi di reclusione;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata a Piazza Navona (Roma) il 12 ottobre 1997 assieme a Marco Pannella e ad altri militanti radicali, l'on Bernardini, il 14 febbraio del 2005 è stata assolta in appello assieme agli altri «perché i fatti loro ascritti non costituiscono reato»;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata in piazza della Scala a Milano il 20 ottobre 1997 assieme a Lucio Bertè, Bernardini è stata assolta assieme al suo coimputato «perché il fatto non sussiste»;
   per le tre disobbedienze civili effettuate tra ottobre e novembre 1997 in Largo San Carlo e in Largo Goldoni a Roma assieme a Marco Pannella e ad altri 20 fra i massimi dirigenti e militanti radicali, Rita Bernardini è stata condannata definitivamente a 2 mesi e 25 giorni di reclusione;
   per la detenzione e cessione di hashish al Dottor Giancarlo Caselli effettuata il 29 novembre del 2000 a Genova nel corso di una conferenza stampa tenutasi in occasione della Conferenza Nazionale sulla Droga, Rita Bernardini è stata prima assolta il 7 aprile del 2003 e poi condannata in appello a 4 mesi di reclusione; intervenuta prescrizione pronunciata dalla Corte d'Appello di Genova a seguito di rinvio della Cassazione;
   per la detenzione e cessione di cannabis terapeutica preannunciata ed effettuata da Rita Bernardini e Daniele Capezzone, il 2 maggio del 2002, presso la sede del Partito Radicale a Roma, le forze dell'ordine, per tempo avvertite, non si sono proprio presentate;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata in Piazza Mario Pagano a Potenza il 25 maggio 2002, assieme a Maurizio Bolognetti, l'on Bernardini, è stata assolta, assieme al suo coimputato, l'8 marzo 2006, «perché il fatto non costituisce reato»;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata in Piazza del Campo a Siena l'8 giugno 2002, assieme a Claudia Sterzi e Giulio Braccini, il 18 giugno 2008 l'onorevole Bernardini è stata condannata, assieme ai suoi coimputati, a 4 mesi di reclusione, multa di 1500 euro e pagamento delle spese processuali, ridotti a 2 mesi e 500 euro; la sentenza è stata riformata in appello il 13 maggio 2011 per intervenuta prescrizione dei reati;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata da Bernardini assieme alla signora Vittoria Bolettieri in Piazza Gavinana a Pistoia il 10 ottobre 2002, vi è stata archiviazione «in quanto la sostanza sequestrata non aveva efficacia stupefacente»;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di cannabis terapeutica effettuata in Piazza Cavour a Rimini il 13 dicembre 2002, assieme a Werther Casali e Lino Vici, l'on Bernardini non ha mai avuto notizie di essere sottoposta ad indagini;
   per la disobbedienza civile, effettuata nella forma della cessione di 2 grammi di hashish al Questore Vittorio Addato, svoltasi a Cremona l'8 febbraio 2003 in Piazza del Mercato, all'onorevole Bernardini viene contestata la violazione per uso personale (articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 90); Bernardini scrive al Prefetto dichiarando di aver effettuato una vera e propria cessione e comunicando che in caso di convocazione dal Prefetto si sarebbe rifiutata di intervenire;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata il 22 febbraio 2003 da Bernardini in Piazza Vittorio Veneto a Matera assieme a Maurizio Bolognetti, l'11 gennaio 2005 vi è stata udienza davanti al GUP che ha deciso il «non luogo a procedere perché il fatto non è punibile», articolo 49 e 51 codice penale;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata l'8 marzo 2003 da Rita Bernardini davanti al Carcere dell'Ucciardone a Palermo, assieme a Santo Vetrano e Marisa Vascellaro, il 16 novembre 2004 il tribunale di Palermo ha emesso sentenza di non luogo a procedere «perché il fatto non sussiste»;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata il 12 aprile 2003 da Rita Bernardini in via XX settembre a Piacenza, assieme a Cristiano Grandi, in data 25 aprile 2003 vi è stata la notifica di convalida della perquisizione e del sequestro gli imputati non hanno avuto più alcuna comunicazione da parte dell'autorità giudiziaria;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata il 16 maggio 2003 da Rita Bernardini in piazza della Pera a Pisa, assieme a Vittoria Bolettieri e Marco Cecchi, il 13 gennaio 2005 GUP Luca Salutini ha assolto Marco Cecchi, perché «il fatto non costituisce reato» e Vittoria Bolettieri e Rita Bernardini «perché il fatto non sussiste»;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di cannabis terapeutica effettuata il 20 maggio 2003 da Rita Bernardini in Piazza del Popolo a Ravenna, assieme ad Andrea Turchetti, i due protagonisti non hanno avuto alcuna comunicazione da parte dell'Autorità Giudiziaria;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata il 29 dicembre 2003 da Rita Bernardini in (Corso Vittorio Emanuele ad Avellino, non c’è mai stata alcuna comunicazione da parte dell'Autorità Giudiziaria;
   per la detenzione e cessione di hashish effettuata 111 marzo del 2004 a Padova, lato Piazzetta Pedrocchi, assieme a Nicolino Tosoni, il 3 dicembre 2004 si concludono le indagini preliminari con la contestazione della recidiva semplice per Tosoni e della recidiva specifica reiterata per Bernardini;
   il 3 ottobre 2006 Bernardini e Tosoni sono condannati dal Tribunale di Padova alla pena di mesi 2 e 20 giorni di reclusione ed euro 600 di multa con pena dichiarata estinta per indulto; i condannati indultati propongono appello la cui data non è stata ancora fissata per probabile intervenuta prescrizione;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata l'11 marzo 2004 da Rita Bernardini in Piazza della Borsa a Trieste, a parte il decreto di convalida del sequestro di 2 grammi della sostanza, nessuna ulteriore comunicazione è intervenuta da parte dell'Autorità giudiziaria;
   per la detenzione e cessione a titolo gratuito di hashish effettuata il 12 marzo 2004 da Rita Bernardini in Piazza Mazzini a Tolmezzo (UD), a parte il decreto di convalida del sequestro di 5,10 grammi di hashish e di 16 semi di canapa indica, nessuna ulteriore comunicazione è intervenuta da parte dell'Autorità giudiziaria;
   per la detenzione e cessione di hashish effettuata il 20 marzo 2004 in via Aldo Moro a Frosinone, l'onorevole Bernardini viene assolta in data 25 maggio 2005 perché «il fatto non sussiste»;
   mentre era in carica come deputata, l'onorevole Bernardini, in data 9 novembre 2012, effettuava una cessione di cannabis terapeutica ai malati di sclerosi multipla del Social Cannabis Club LapianTiamo di Lecce; la sostanza proveniva dalla coltivazione che la stessa Bernardini aveva avviato e completato sulla terrazza del proprio appartamento documentando quasi quotidianamente sul suo profilo pubblico di Facebook la crescita delle piante; quel giorno, in Piazza Montecitorio a Roma, le forze dell'ordine venivano sollecitate più volte ad intervenire dalla stessa Bernardini e da Marco Pannella presente in piazza ma, solo dopo molto tempo, i funzionari del commissariato Trevi-Campo Marzio, sequestravano parte del raccolto quantificato nel verbale in quasi mezzo chilo di marijuana (478,03 grammi); nessuna ulteriore comunicazione è intervenuta successivamente da parte dell'Autorità giudiziaria;
   il 29 gennaio 2014, a Foggia, Rita Bernardini, cede ai malati dell'associazione «La Piantiamo», 120 grammi di marijuana da lei coltivata sul suo terrazzo; il giorno dopo l'onorevole Bernardini si presenta per autodenunciarsi alla procura della città pugliese consegnando il video della cessione e le foto della coltivazione che, dalla semina alla fioritura, erano state postate sistematicamente sul suo profilo pubblico di Facebook; il 6 febbraio 2015, a più di un anno di distanza dai fatti previsti come reati dalla normativa vigente, l'onorevole Bernardini chiede ufficialmente notizie presso la Procura di Foggia ai sensi dell'articolo 335 del codice di procedura penale e le viene rilasciato un certificato dal quale risulta che nei suoi confronti «non esistono iscrizioni suscettibili di comunicazioni»;
   il 25 luglio 2014, presso la terrazza della sua abitazione, Bernardini «semina» germogli di cannabis terapeutica assieme a Marco Pannella e a Laura Arconti; il raccolto viene consegnato a Chianciano il 1o novembre 2014 in pieno congresso di Radicali Italiani alla presenza del leader del CSC LapianTiamo, Andrea Trisciuoglio, delle forze dell'ordine preventivamente avvisate, dei «complici» di Bernardini, Arconti e Pannella, e dei dirigenti e militanti del Movimento radicale;
   nel corso di questi 20 anni (1995-2915) la Segretaria di Radicali italiani ha ripetutamente chiesto di essere arrestata, processata e condannata configurandosi per tutte le sue iniziative la condizione di flagranza dei reati commessi; in particolare, al congresso di Radicali italiani si è rivolta alle forze dell'ordine gridando: «Arrestateci, come fate ogni giorno con migliaia di consumatori»;
   secondo la relazione annuale presentata a gennaio 2015 dalla direzione nazionale antimafia «sulle attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1o luglio 2013-30 giugno 2014»:
    la diffusione della cannabis è un «fenomeno endemico, capillare e sviluppato ovunque, non dissimile, quanto a radicamento e diffusione sociale, a quello del consumo di sostanze lecite (ma, il cui abuso può del pari essere nocivo) quali tabacco ed alcool»;
    «oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell'azione repressiva»;
    quando si parla di «massimo sforzo profuso» in tale specifica azione di contrasto, si intende dire che – fatti salvi i sempre possibili miglioramenti qualitativi, ovvero la razionalizzazione o gli aggiustamenti nell'impiego delle risorse – attualmente, il sistema repressivo ed investigativo nazionale, che questo Ufficio osserva da una posizione privilegiata, è nella letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di più la diffusione dei cannabinoidi. Ciò per la semplice ragione che, oggi, con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile, non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte anti-droga inteso in senso globale, comprensivo di tutte le droghe (impegno che assorbe già enormi risorse umane e materiali, sicché, spostando ulteriori uomini e mezzi su tale fronte, di conseguenza rimarrebbero «scoperte» e prive di risposta investigativa altre emergenze criminali virulente, quali quelle rappresentate da criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di essere umani e di rifiuti, corruzione e altro) ma, neppure, tantomeno, è pensabile spostare risorse all'interno del medesimo fronte, vale a dire dal contrasto al traffico delle (letali) droghe «pesanti» al contrasto al traffico di droghe «leggere». In tutta evidenza sarebbe un grottesco controsenso;
   la Direzione nazionale antimafia, con la citata relazione, rivolge al legislatore la proposta di valutare l’«opportunità di una depenalizzazione della materia, tenendo conto del fatto che, nel bilanciamento di contrapposti interessi, si dovranno tenere presenti, da una parte, le modalità e le misure concretamente (e non astrattamente) più idonee a garantire, anche in questo ambito, il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori) e, dall'altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell'ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite.»;
   la Segretaria di Radicali italiani sarebbe stata ingiustamente favorita – come del resto lei stessa lamenta – rispetto alle centinaia di migliaia di cittadini che in questi ultimi 20 anni hanno subito le conseguenze della legislazione italiana riguardante la cannabis per la quale sono stati arrestati, indagati, processati, incarcerati e sottoposti a vessatorie sanzioni di tipo amministrativo quali il ritiro della patente, del passaporto e del permesso di soggiorno –:
   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   se non ritiene di dover prendere in seria considerazione la proposta di depenalizzazione della cannabis e dei suoi derivati avanzata dalla direzione nazionale antimafia nella sua ultima relazione annuale;
   se sussistano i presupposti di fatto e di diritto per un'iniziativa ispettiva presso gli organi giudiziari che non hanno esperito l'azione penale nei casi indicati in premessa. (4-08661)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   alcuni articoli di stampa locale hanno nelle scorse settimane evidenziato le pessime condizioni in cui versa l'area della stazione ferroviaria di Pisticci Scalo;
   la stazione è ormai chiusa da anni a seguito della razionalizzazione adottata da Ferrovie dello Stato;
   l'immobile è in condizioni fatiscenti con vetri infranti, infissi arrugginiti, indicatori di direzione rotti, una vecchia fontana divelta, servizi di fatto inagibili;
   per un viaggiatore che sosta presso la stazione del terzo comune della Basilicata in attesa di un treno o di un autobus sostitutivo lo spettacolo è indegno;
   ove il viaggiatore non dovesse prendere uno dei pochi convogli ancora previsti bensì un autobus di servizio sostitutivo le cose non vanno meglio, tant’è che vengono segnalate buche pericolose e tombini sprofondati per incuria, situazione che si aggrava ulteriormente in caso di pioggia;
   la stessa illuminazione non è affatto adeguata –:
   in considerazione di quanto esposto in premessa e della pericolosità che siffatto luogo di attesa di un servizio pubblico evidenzia per l'utenza e i cittadini in generale, se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare affinché Rfi, società a partecipazione pubblica, ripristini le condizioni di «vivibilità» della suddetta stazione. (5-05229)


   ARLOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per favorire la mobilità e la fruizione dei servizi nelle stazioni da parte dei viaggiatori con disabilità o a ridotta mobilità, RFI-Rete ferroviaria italiana sta realizzando un programma di interventi di natura strutturale e tecnologica;
   la stazione ferroviaria di Rimini movimenta oltre 3 milioni e mezzo di passeggeri all'anno ed è interessata da importanti flussi di traffico di tipo pendolare durante tutto l'anno, diventando nel periodo estivo porta di accesso alla città ed alla zona mare per un crescente numero di turisti, nonché nodo di interscambio per raggiungere le limitrofe località balneari della costa;
   la medesima stazione è stata oggetto negli scorsi anni di un grande intervento di restyling con la riconversione di parte degli spazi destinati ai passeggeri in superfici commerciali;
   nonostante gli interventi, nella stazione ferroviaria di Rimini gli accessi a tutti i binari sono tuttora possibili solo attraverso le scale: l'unico ascensore esistente permette l'accesso solo fino al 3o binario, in quanto il sottopasso corrispondente a tale ascensore da 25 anni risulta interrotto e mai aperto al transito, e non sono presenti scivoli per facilitare il trasporto di valigie, passeggini e biciclette;
   per quanto sopra riportato, è evidente che come denunciato più volte dalle locali Associazioni Pedalando e Camminando/Fiab Rimini, Spi/Cgil, Auser, la stazione ferroviaria di Rimini continua a mantenere gravissime carenze per l'interscambio con gli altri modi di trasporto (in modo particolare, bus e bici) e per la presenza di barriere architettoniche che impediscono l'accesso a gran parte dei binari per le persone con difficoltà motorie e per chi trasporta un passeggino o una bicicletta –:
   quali iniziative il Ministro attenda assumere affinché RFI realizzi i necessari e urgenti interventi di abbattimento delle barriere architettoniche nella stazione ferroviaria di Rimini, consentendo l'accesso al servizio di trasporto ferroviario a tutti i passeggeri e ai portatori di handicap;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per estendere il piano di abbattimento delle barriere a tutte le stazioni del bacino riminese e della riviera romagnola, considerati i flussi turistici e di pendolari sopra citati. (5-05233)


   CULOTTA e RIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria, ai sensi dell'articolo 7, comma 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2014, n. 72, è organo decentrato del Ministero, funzionalmente dipendente dal dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici;
   ha la sede principale a Palermo ed una sede coordinata a Catanzaro oltre a due uffici dirigenziali a Palermo e Reggio Calabria sede, rispettivamente, degli uffici opere marittime per la Sicilia e la Calabria ed a una rete di nuclei operativi dislocati su tutto il territorio di competenza che ne consentono il pieno controllo;
   presso il provveditorato è insediato l'ufficio tecnico per le dighe, che è un ufficio dirigenziale di livello non generale che risponde funzionalmente alla direzione generale per le dighe, le infrastrutture idriche, elettriche. Presso il provveditorato interregionale inoltre è istituito il comitato tecnico amministrativo (C.T.A.). Al provveditorato è preposto un dirigente di livello dirigenziale generale denominato, provveditore per le opere pubbliche il quale ha facoltà di attribuire, nell'ambito dei titolari degli uffici dirigenziali non generali del provveditorato, le funzioni vicarie anche limitatamente alla sede interregionale coordinata;
   il provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria, con sede in Palermo e sede coordinata in Catanzaro, è articolato in sei uffici di livello dirigenziale non generale, di seguito individuati:
    ufficio 1 – risorse umane, affari generali, programmazione, bilancio e contabilità, con sede in Palermo, che svolge anche i compiti relativi alla gestione stralcio ex Agensud;
    ufficio 2 – tecnico per la regione Sicilia, con sede in Palermo;
    ufficio 3 – tecnico e opere marittime per la regione Sicilia, con sede in Palermo;
    ufficio 4 – tecnico per le dighe, con sede in Palermo e sede coordinata in Cosenza, che svolge le funzioni indicate nell'articolo 7, comma 7, relativamente ai bacini con foce al litorale della Sicilia, e relativamente ai bacini con foce al litorale calabrese dal Sinni (escluso) al Lao (incluso);
    ufficio 5 – tecnico e amministrativo per la regione Calabria, con sede in Catanzaro, che svolge anche i compiti relativi alla gestione stralcio ex Agensud;
    ufficio 6 – tecnico e opere marittime per la regione Calabria, con sede in Reggio Calabria;
   le funzioni comuni degli uffici dei provveditorati interregionali per le opere pubbliche sono appunto disciplinate dall'articolo 7 del decreto ministeriale 4 agosto 2014, n. 346;
   il provveditorato interregionale per le opere pubbliche di Sicilia e Calabria è sede vacante dal 18 novembre 2014 e, oltre ad essere in attesa di nomina del provveditore risultano da nominare i dirigenti degli uffici 1 e 4;
   a causa di questa vacatio si registrano rallentamenti negli adempimenti di competenza degli uffici 1 e 4 con conseguenti ritardi nella realizzazione di opere di interesse rilevante per le comunità coinvolte, opere urgenti e indifferibili come gli interventi nel campo dell'edilizia scolastica con la conseguente potenziale perdita di finanziamenti –:
   quando si preveda di nominare il provveditore interregionale per le opere pubbliche di Sicilia e Sardegna per evitare il perdurare di questa fase di stallo che provocherebbe ulteriori danni in due regioni importanti del Mezzogiorno quali la Sicilia e la Calabria. (5-05235)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARRONI, CHAOUKI e PIAZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Per sapere premesso che:

   nel decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015 pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 73 del 28 marzo 2014 prevista una regolamentazione riguardante la questione delle occupazioni abusive degli immobili;

   l'articolo 5 del suddetto decreto recita infatti chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza ne’ l'allacciamento a pubblici servizi in relazione all'immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge;

   tale norma determina l'inevitabile meccanismo secondo il quale non possibile registrare la residenza di un neonato all'interno di un'abitazione occupata, in attesa di sanatoria, da parte dei genitori, ivi residenti;

   questa situazione porta con se gravi ricadute in termini di tutela dei minori e della maternit; infatti, a seguito della registrazione della residenza del bambino in altro stabile, non di residenza della madre, quest'ultima perde il diritto al congedo per l'allattamento e agli assegni familiari del bambino –:

   quali iniziative si intenda adottare per sanare una situazione che rischia di colpire in modo inaccettabile tali soggetti;

   se non si ritenga utile intraprendere un'iniziativa per procedere ad una modifica urgente della normativa che rischia di entrare in contrasto con diritti di civiltà inalienabili. (4-08634)


   MATARRESE, D'AGOSTINO, VARGIU, DAMBRUOSO, PIEPOLI e PELLEGRINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le criticità riguardanti l'applicazione della disciplina relativa alla garanzia globale di esecuzione, rischiano, in un quadro di crisi economica insostenibile, di riflettersi negativamente sulla realizzazione delle opere di maggiore rilevanza per il Paese e contestualmente sui livelli occupazionali;
   la «garanzia globale di esecuzione», introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 9, comma 57, della legge 18 novembre 1998, n. 415, poi modificato dall'articolo 7, comma 1, della legge 1o agosto 2001, n. 166, è stata nuovamente prevista dall'articolo 129, codice degli appalti; il relativo regolamento di attuazione disciplina sistema di garanzia globale per tutti gli appalti di lavori di sola esecuzione di importo a base d'asta superiore a 100 milioni di euro, agli appalti integrati di importo superiore a 75 milioni di euro, nonché per gli affidamenti a contraente generale, quale che ne sia l'ammontare;
   la garanzia può essere prestata anche da più banche o assicurazioni o dall'impresa capogruppo in caso di raggruppamenti temporanei di imprese aggiudicatari, ma congiuntamente con altro garante. L'eventuale impresa capogruppo deve essere in possesso di un patrimonio netto non inferiore all'importo dei lavori e comunque superiore a 500 milioni di euro;
   la ratio della disciplina è quella di fornire agli appalti di una garanzia di maggior rilievo rispetto alla garanzia definitiva di cui all'articolo 113 del codice. Infatti, nei casi contemplati, il soggetto garante si obbliga nei confronti del committente, non solo alla corresponsione di un importo di denaro, ma anche, su richiesta della stazione appaltante o del soggetto aggiudicatario all'obbligazione del fare, dedotta in contratto, tramite un soggetto sostitutivo che subentra nell'esecuzione dei lavori. Si tratta quindi di una garanzia di buon adempimento cui si aggiunge la garanzia di subentro di cui all'articolo 131 del regolamento;
   in merito all'applicazione di questo istituto, che si aggiunge alle altre garanzie previste nei contratti di appalto quali, la cauzione provvisoria in fase di gara, la cauzione definitiva, la construction all risk e la decennale postuma, stanno emergendo notevoli criticità in quanto nessun istituto bancario o assicurativo nazionale si rende disponibile a stipulare con le imprese la garanzia globale;
   una delle criticità è rappresentata dalla mancanza di strumenti effettivi per l'applicazione di questa garanzia. Il sistema bancario e quello assicurativo si muovono con logiche tradizionali basate sulla massima raccolta di rischi omogenei in applicazione di indici probabilistici ai fini dell'individuazione del rischio medio come già segnalato al Governo ed al Parlamento dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture il 28 febbraio 2002;
   altro elemento di criticità è rappresentato dal requisito di patrimonio netto dell'impresa (o alla capogruppo in caso di raggruppamento temporaneo di imprese) che deve essere superiore ai 500 milioni di euro per contrarre la garanzia globale e che risulta posseduto da un limitatissimo numero di imprese del nostro Paese. Questa circostanza di fatto esclude, soprattutto in questo momento di crisi economica ed in particolare del settore delle costruzioni, la maggior parte delle imprese dalle gare con gravi ricadute in termini occupazionali;
   il rischio concreto è che un gran numero di gare di appalto potrebbero andare deserte con conseguenti ritardi nella realizzazione degli investimenti programmati;
   l'entrata in vigore della disciplina, prevista per l'8 giugno 2012, è stata fatta slittare di un anno dal decreto-legge 73 del 2012, convertito dalla legge n. 119 del 2012, infine, al 30 giugno 2014 dall'articolo 21 del decreto-legge 69 del 2013;
   le proroghe sono apparse necessarie al legislatore per porre rimedio a già evidenti criticità che, nel corso del tempo, hanno poi evidenziato la mancanza di strumenti efficaci, utili a garantire la corretta applicazione delle norme e la coerenza con tutte le altre garanzie previste a tutela degli enti committenti dalla disciplina vigente in materia;
   nell'atto di segnalazione n. 2, del 4 luglio 2013, l'Autorità nazionale anti corruzione, nel ribadire l'ulteriore differimento al 30 giugno 2014 dell'entrata in vigore dell'obbligo della garanzia globale di esecuzione e nel «... prendere atto, con rammarico, dell'ulteriore rinvio...», auspicava che «... il periodo di ulteriore proroga non trascorra invano, ma che tale periodo venga utilizzato per avviare lo studio di soluzioni che consentano di superare le difficoltà poste dal mercato alla copertura di tali rischi. Al riguardo potrebbe essere utile valutare le esperienze estere in materia, ovvero avviare sperimentazioni per alcuni settori specifici, al fine di trovare soluzioni al riguardo...»;
   di fatto, però, dal 30 giugno 2014 non sono state più riproposte proroghe al differimento dell'entrata in vigore della disciplina e nel frattempo non sono state nemmeno avanzate adeguate soluzioni ai problemi che le avevano rese necessarie;
   il Governo ha manifestato, in più occasioni, l'intenzione di voler revisionare il codice degli appalti in conformità del recepimento delle direttive dell'Unione europea in chiave di semplificazione. È proprio in tale contesto che sarebbe auspicabile rivisitare il complesso delle garanzie previste nelle norme vigenti integrando coerentemente l'istituto della garanzia globale;
   una ulteriore proroga appare necessaria e motivata in attesa della rivisitazione del meccanismo della garanzia globale di esecuzione nell'ambito della complessiva revisione del codice degli appalti e del recepimento delle direttive comunitarie di settore, al fine di scongiurare un blocco del mercato e conseguenti rallentamenti nella realizzazione di opere pubbliche rilevanti per il Paese, che potrebbe generare effetti negativi sui livelli occupazionali. La proroga è inoltre necessaria anche per consentire alle piccole e medie imprese di continuare a partecipare alle gare in un regime di concorrenza effettiva, evitando una inevitabile contrazione del mercato non coerente con la necessità di favorire il lavoro e l'occupazione per superare la crisi attuale –:
   se non intenda assumere iniziative urgenti per prorogare ulteriormente il differimento dell'entrata in vigore della disciplina della garanzia globale di esecuzione, poiché di fatto non sono cambiate le condizioni oggettive che hanno motivato le precedenti proroghe. (4-08650)


   FORMISANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2015, sull'autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria, un operaio romeno di 25 anni, Adrian Miholca, nel pomeriggio, è morto mentre stava lavorando sul viadotto Italia a Laino Borgo;
   il signor Adrian Miholca era dipendente della Nitrex, una delle tante ditte che lavorano in subappalto, e risulta all'interrogante che si trovasse a bordo di una piccola ruspa quando è precipitato dal viadotto per 80 metri;
   secondo quanto riporta una nota dell'Anas, l'incidente è avvenuto sulla quinta campata del Viadotto «Italia», dove erano in esecuzione i lavori di predisposizione della demolizione dell'impalcato, quando improvvisamente, è crollata una campata grande come metà di un campo di calcio –:
   quali procedure sono state attivate da parte del Ministro interrogato, per accertare le responsabilità correlate a tale accadimento, e in special modo, se sia stata chiesta all'Anas, e da quest'ultima fornita, una relazione dettagliata sulla dinamica e sulle responsabilità dell'incidente, nonché sull'appalto e sui lavori che vi si stavano svolgendo;
   se il Ministro sia a conoscenza dei tempi necessari alla riapertura del tratto tra i caselli di Lagonegro nord e Sibari, la cui chiusura ad oggi sta creando notevole disagio agli gli automobilisti che quotidianamente sono impegnati nell'attraversamento di tale zona e che a breve ne creerà ancor di più visto il prossimo arrivo della stagione estiva. (4-08656)


   FORMISANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in forza di concessione demaniale marittima avvenuta il 19 maggio 1998, ed avente una durata di sessant'anni, l'autorità portuale di Taranto ha concesso alla Taranto container terminal s.p.a. l'area demaniale ubicata al molo polisettoriale di Taranto, per circa 1.000.000 di metri quadrati;
   in data 26 aprile 2012 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero per la coesione territoriale e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Puglia, l'autorità portuale di Taranto, il commissario straordinario, il comune e la provincia di Taranto, la Taranto container terminal spa, la Evergreen line, la Sogesid spa e il gruppo Ferrovie dello Stato (nelle sue articolazioni di Rete ferroviaria italiana spa e Trenitalia spa) hanno siglato l'accordo per lo sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto e il superamento dello stato d'emergenza socio-economico e ambientale;
   l'accordo ha portato ad una parziale novazione ed integrazione dei precedenti protocolli d'intesa già siglati rispettivamente l'11 maggio 1998, il 23 luglio 1998 e il 5 novembre 2009;
   una serie di ricorsi alla giustizia amministrativa da parte di alcune associazioni temporanee di impresa partecipanti al bando ha portato ad un ritardo nella messa in opera dei lavori di adeguamento della banchina del terminal container di Taranto;
   la Taranto Container Terminal ha annunciato così una sospensione operativa della movimentazione dei container, alla luce dei prossimi i lavori di intervento sulla banchina;
   dal 21 settembre 2014, la compagnia Evergreen, azionista insieme alla Hutchinson della Taranto Container Terminal, ha escluso la città di Taranto dai porti di approdo delle navi oceaniche per l'ammodernamento delle gru esistenti e l'installazione di nuove;
   contestualmente Evergreen ha annunciato che il porto di Taranto non rientra più nelle rotte oceaniche della compagnia in ragione della nuova flotta che richiede fondali più profondi per l'attracco;
   i lavoratori della Taranto Container Terminal hanno organizzato un sit-in permanente sotto la sede dell'autorità portuale per protestare contro i ritardi nell'infrastrutturazione dello scalo e per manifestare preoccupazione per il loro futuro occupazionale perché in cassa integrazione da più di 2 anni;
   la scelta della società di dirottare nelle ultime settimane verso il porto di Trieste l'ultima nave transoceanica attesa a Taranto ha pesato ulteriormente su tale situazione critica, determinando ulteriore preoccupazione per il futuro di questo scalo;
   a pochi giorni dal decreto legge del Governo su Ilva e città – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio 2015 – e quando stavano per essere consegnati i lavori, in data 31 dicembre 2014 sono stati presentati due altri ricorsi di altrettante imprese contro l'affidamento ad Astaldi dei dragaggi nell'area antistante il terminal container Evergreen, uno dei quali avanzato da Grandi Lavori Fincosit, impresa piazzatasi seconda in graduatoria. A questo ricorso si aggiunge anche quello dell'ultima classificata, la undicesima: Piacentini;
   il ricorso avanzato da Grandi Lavori Fincosit ha costretto l'autorità portuale di Taranto a fermare l'inizio dei lavori in attesa che il Tar di Lecce si pronunciasse in merito alla fondatezza o meno dell'impugnazione;
   il tribunale amministrativo di Lecce, in data 23 gennaio 2015, ha rigettato le richieste di sospensione dei lavori avanzate dalle imprese ricorrenti; stesso esito vi è stato dinanzi al Consiglio di Stato, con la pronuncia dell'11 febbraio 2015;
   la contestazione riguardava una serie di aspetti tecnici dell'offerta di Astaldi. La proposta di Fincosit era stata valutata la migliore dal punto di vista della soluzione progettuale, solo che la scelta della commissione era poi ricaduta su Astaldi perché alla fine si è ritenuta quest'offerta come la più economicamente vantaggiosa perché ha tenuto insieme due elementi altrettanto importanti: tempo di esecuzione dei dragaggi e prezzo. L'opera è stata aggiudicata per 51,886 milioni di euro e Astaldi si è impegnata a concluderla in circa un anno. Prima di effettuare l'aggiudicazione definitiva l'Authority ha dovuto fare un supplemento di istruttoria in quanto l'offerta di Astaldi è stata inizialmente ritenuta anomala. Poi l'ulteriore verifica ha superato quest'aspetto e il 28 novembre 2014 c’è stata la cosiddetta aggiudicazione efficace;
   con il rigetto di tali istanze, i dragaggi, che permetteranno ai fondali antistanti il terminal container di Evergreen di arrivare a una profondità di 16,5 metri, rientrano tra gli interventi più importanti del pacchetto porto su cui fa eleva anche il decreto-legge per Taranto e per l'Ilva approvato dal Consiglio dei ministri il 24 dicembre 2014. All'antivigilia di Natale, l'Authority, col presidente Sergio Prete, aveva appunto annunciato la formalizzazione dei due primi interventi per il terminal: l'ammodernamento della banchina, per la quale i lavori sono stati da poco consegnati 48,740 milioni di euro –, al raggruppamento costituito da Consorzio stabile Grandi Lavori, Ottomano e Favellato, e i dragaggi, la cui consegna sarebbe dovuta avvenire il 7 gennaio 2015;
   in data 30 ottobre 2014 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero per la coesione territoriale e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Puglia, l'autorità portuale di Taranto, il commissario straordinario, il comune e la provincia di Taranto, la Taranto container terminal spa, la Evergreen line, la Sogesid spa e il gruppo Ferrovie dello Stato (nelle sue articolazioni di Rete ferroviaria italiana spa e Trenitalia spa) avevano siglato un protocollo d'intesa che migliorava quello del 2012, con l'impegno del Governo di inserire nel decreto del 24 dicembre alcune misure che potessero garantire i tempi stabiliti (ciò è avvenuto con la previsione di cui all'articolo 7 ampliando i poteri del Commissario straordinario del Porto), nell'ottica di superare lo stato d'emergenza socioeconomico e ambientale;
   la grave situazione socio economica coinvolge non solo i lavoratori diretti di TCT ma tutto l'indotto, costituito da autotrasportatori, agenti marittimi, spedizionieri e altri, per una forma lavoro pari a quella diretta;
   gli autotrasportatori, nel mese di novembre 2014, hanno manifestato il loro disagio, con uno sciopero di una settimana che ha visto il fermo dei propri mezzi, davanti al terminal container. In quell'occasione hanno ricevuto la promessa da parte delle istituzioni di provare a trovare una soluzione al fine di garantire la sopravvivenza delle aziende dell'indotto del porto che allo stato attuale non possono sopportare la sospensione del traffici merci fino a conclusione dei lavori;
   in quell'occasione si era pensato di trasferire il traffico locale presso il molo San Cataldo, reso disponibile dall'autorità portuale, vista l'impossibilità dell'armatore di utilizzare la banchina del 5o sporgente interessata dai lavori. A distanza di 3 mesi da quella proposta, ad oggi, la TCT, pur dichiarandosi interessata all'operazione, non ha dato risposte;
   ad oggi le aziende dell'indotto e in particolare quelle dell'autotrasporto, ferme dal novembre 2014 sono ormai in fallimento, e tale situazione si aggiunge alla vertenza Ilva, che coinvolge anche le aziende plurimandatarie dell'autotrasporto –:
   se i Ministri interrogati, alla luce degli ultimi pronunciamenti del Tar Lecce prima e del Consiglio di Stato dopo, intendano promuovere un accordo integrato con un vero piano industriale per TCT-Evergreen, in modo tale che l'impresa concessionaria dell'area demaniale del porto di Taranto garantisca, previa stipula di una clausola che contenga una penale di importo rilevante, il flusso di navi oceaniche immediatamente dopo la fine dei lavori, e se, in difetto, alla luce dell'eventuale inadempimento contrattuale, non ritengano necessario assumere iniziative per revocare la concessione per ragioni di pubblico interesse;
   se, nelle more dei lavori, vista l'emergenza occupazionale, i Ministri non intendano assumere iniziative sin d'ora per fare in modo che la TCT-Evergreen garantisca il traffico locale utile per la minima sopravvivenza dell'indotto (spedizionieri e agenti marittimi, autotrasportatori, operai che sono in cassa integrazione);
   se sia intenzione dei Ministri interrogati convocare un nuovo tavolo che coinvolga le categorie dell'indotto, onde prendere in considerazione l'opportunità di adottare iniziative per definire misure d'emergenza quali la sospensione dei pagamenti dei contributi INPS-INAIL fino alla ripresa della movimentazione dei container e la sospensione dei debiti verso le pubbliche amministrazioni per queste imprese (rappresentate dal sindacato nazionale autotrasportatori Casartigiani Taranto). (4-08658)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRARESI, COZZOLINO e DELL'ORCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la fondazione Adolfo Simonini con sede in Castelvetro di Modena è costituita con atto pubblico il 10 ottobre 1997; il 21 dicembre 1999 il Ministero dell'interno riconosce la fondazione Adolfo Simonini (eretta in ente morale);
   lo scopo della fondazione è principalmente quello di promuovere l'assistenza degli anziani assicurata mediante l'elargizione di parte delle rendite provenienti dal proprio patrimonio;
   lo statuto della fondazione Adolfo Simonini prevede che il sindaco pro tempore di Castelvetro sia un membro di diritto dell'organo amministrativo della fondazione stessa, gli altri membri di diritto della fondazione sono: il parroco della chiesa parrocchiale di Castelvetro di Modena, il padre superiore dei Frati Cappuccini di Puianello, un notaio del distretto di Modena, o loro delegati;
   il Ministero dell'interno, direzione generale per l'amministrazione generale e per gli affari del personale, servizio cittadinanza, affari speciali e patrimoniali, divisione affari speciali, con protocollo n. K. 3.2605 del 21 settembre 1998 chiedeva al fine del riconoscimento che allo statuto venissero apportate delle modifiche ed integrazioni in conformità all'orientamento costante del Consiglio di Stato in materia, in particolare: «Non è possibile stabilire la partecipazione di diritto del sindaco pro tempore di Castelvetro di Modena al Consiglio stesso senza che sia intervenuta una deliberazione in tal senso da parte del Comune. Occorre pertanto costituire alla esplicita adesione del Comune ed all'assunzione da parte dell'Ente della partecipazione alla gestione. Similmente dicasi per le autorità indicate nell'articolo, le quali possono essere incluse nel Consiglio di Amministrazione e menzionate nello statuto solo quando si sia previamente acquisito il loro consenso e l'eventuale autorizzazione dei componenti organi ove necessario»;
   tutti gli enti citati nello statuto, tranne il comune di Castelvetro di Modena, inviano l'autorizzazione richiesta dal Ministero dell'interno, mentre il sindaco pro tempore è entrata nell'organo amministrativo della fondazione Adolfo Simonini, percependone compenso, senza aver richiesto e quindi ottenuto dal consiglio comunale la delibera prevista;
   risulta da nota del 13 febbraio 2014 del settore affari e servizi generali del comune di Castelvetro che la partecipazione del sindaco pro tempore (o di un suo delegato) quale membro di diritto del consiglio di amministrazione della fondazione non sia legittimata da una previa delibera del consiglio comunale, come invece richiesto dall'articolo 42, comma 2, lettera m), decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
   la prefettura di Modena, presso la quale era inizialmente depositata la documentazione inerente al riconoscimento giuridico dell'ente, nel corso del 2008 ha provveduto alla trasmissione della stessa per competenza territoriale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000 alla direzione affari istituzionali e legislativi della regione Emilia Romagna;
   la fondazione Adolfo Simonini, si è iscritta nel registro regionale solo il 21 maggio 2014; dopo sollecitazioni da parte degli uffici preposti della regione stessa, la regione certifica ed assevera che la fondazione Adolfo Simonini ha operato dal 1997 (atto costitutivo) al 2014 (data iscrizione al registro regionale) nel pieno anonimato;
   l'autorità governativa nel proprio ruolo di organo di vigilanza e controllo ai sensi dell'articolo 25 codice civile, ha come compito principale la tutela dell'interesse della fondazione, ma, come ritenuto da dottrina e giurisprudenza consolidata, non può entrare nel merito della gestione della medesime ed in questo caso delle singole operazioni di disposizione del proprio patrimonio immobiliare, se non per verificare che queste nel loro complesso siano volte alla valorizzazione e conservazione di questo e sempre strumentalmente alla realizzazione delle finalità statutarie;
   risulta che il consiglio di amministrazione dell'ente denominato «Fondazione Simonini» abbia deliberato la vendita di terreni di sua proprietà in località S. Eusebio, divenuti poi edificabili a seguito di variante al piano particolareggiato, approvata dal consiglio comunale di Castelvetro: per vero, il fatto che il sindaco del comune (o comunque un membro dell'amministrazione locale) sia, al tempo stesso, componente del consiglio di amministrazione della cosiddetta fondazione e dell'organo deliberante la variante di piano ha ingenerato dubbi di imparzialità sull'operato del comune stesso –:
   se la presenza del sindaco all'interno del consiglio della fondazione sia effettivamente vincolata ad una delibera del consiglio comunale che autorizzi o meno il sindaco a farne parte, posto che la presenza del sindaco pro tempore (o di un suo delegato) all'interno dell'organo direttivo dell'ente potrebbe, ad avviso degli interroganti, ingenerare – quantomeno in via di fatto – una situazione di conflitto d'interessi, a detrimento del ruolo istituzionale e dell'imparzialità dell'amministrazione locale;
   di chi sia responsabilità – e quali strumenti possano essere utilizzati al riguardo – al fine di accertare e verificare se le operazioni di disposizione del patrimonio immobiliare della fondazione siano state nel loro complesso volte alla valorizzazione e conservazione di questo e sempre strumentalmente alla realizzazione delle finalità statutarie nel periodo che va dal 1997 (atto costitutivo) al 2014 (data di iscrizione al registro regionale). (5-05244)


   PELUFFO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale e locale (ad es: «Il Giorno» ed. Sud Milano del 12 e del 20 febbraio 2014), nella zona a Sud di Milano sono occorsi incendi di apparente origine dolosa ai danni di alcuni esercizi commerciali: il 7 febbraio a Locate di Triulzi (Mi) è andato a fuoco il bar-panetteria «La Dolce Vita», il 19 febbraio è toccato al bartabacchi «Jolly», nel centro di Melegnano (Mi);
   secondo quanto riportato dalla stampa, i primi esiti delle indagini hanno rilevato in entrambi i casi la presenza di liquido infiammabile al l'interno dei locali, mentre nulla è ancora emerso per quanto riguarda i presunti autori degli incendi;
   altri attentati caratterizzati da modalità vicine a quelle della criminalità organizzata sono avvenuti negli ultimi mesi in altri comuni della stessa area geografica: Binasco, Vernate, Rozzano. Di questi, sei sono quelli contro le attività commerciali della famiglia Passafaro; quattro a Binasco, uno a Trezzano e uno a Vernate. Inoltre a Rozzano si sono registrati due attentati contro attività di consiglieri comunali (autori e mandanti sono stati individuati e arrestati). Nella stessa area sono stati dati alle fiamme un numero rilevante di autovetture e camion: il numero di episodi registrati è in costante aumento dal 2010 a oggi –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra menzionati;
   se non si ritenga opportuno intraprendere specifiche iniziative al fine di prevenire l'estendersi delazione della criminalità organizzata, ad esempio potenziando la presenza di forze dell'ordine nell'area interessata dagli avvenimenti.
(5-05246)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 27 marzo svariati organi d'informazione hanno comunicato che sarebbe stata disposta, da parte del Ministero dell'interno, la revoca delle misure di protezione e di scorta nei confronti dell'imprenditore Pino Masciari;
   Masciari, imprenditore edile calabrese, è stato sottoposto dal 18 ottobre 1997, assieme alla moglie e ai due figli, ad un programma speciale di protezione per aver denunciato la ‘ndrangheta e le sue collusioni politiche;
   nel 1992 Pino Masciari, dopo aver rifiutato di sottostare alle richieste politiche per poter ottenere lavori, si è ribellato alla ‘ndrangheta, subendo gravi ripercussioni in ambito lavorativo e familiare, cominciando ad essere oggetto di furti, incendi, danneggiamenti e minacce;
   tra tali intimidazioni, la più dura che Pino Masciari e la sua famiglia ebbero a sostenere è senz'altro la gambizzazione di uno dei suoi fratelli;
   a seguito delle denunce formulate dall'imprenditore calabrese formulate in seguito a questi fatti, la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, valutata la rilevanza delle informazioni e dei personaggi accusati, considerato il pericolo grave e imminente a cui il Masciari e la sua famiglia erano sottoposti, prospettarono l'assoluta necessità di entrare sotto tutela del Servizio centrale di protezione;
   la sua attività di testimone di giustizia ha portato all'arresto e alla condanna di svariati capi e gregari di importanti famiglie ‘ndranghetiste come i Vallelunga di Serra San Bruno, i Sia di Soverato, gli Arena di Isola Capo Rizzuto, i Mazzaferro nonché politici e amministratori;
   Pino Masciari con la sua famiglia vive da anni in località protetta e, dopo il fallimento della sua azienda, si trova nell'impossibilità di individuare una nuova attività lavorativa;
   i comuni di San Sperate (CA) il 24 settembre 2009, di Torino il 10 novembre 2008, di Ivrea il 24 novembre 2008, di Nichelino il 13 aprile 2010 e di Bologna il 21 maggio 2012 gli conferiscono la cittadinanza onoraria per il suo impegno nella lotta alle mafie;
   la storia di Pino Masciari è quella di un uomo che orgogliosamente ed ostinatamente si è schierato contro la mafia, ottenendo in cambio solo svantaggi dal punto di vista sociale ed economico;
   la revoca delle misure di protezione nei suoi confronti fanno temere per la sua vita e non si comprende da che ragioni siano state dettate –:
   quali ragioni hanno condotto alla revoca delle misure di protezione e di scorta nei confronti dell'imprenditore Pino Masciari e, visti i fatti esposti in premessa, se non ritenga di attivarsi immediatamente per modificare tale decisione. (4-08636)


   MARRONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la ex scuola media Elio Vittorini situata nel territorio del V municipio in via Luigi Appiani 32 versa ormai da anni in uno stato di grave abbandono;
   la struttura è stata più volte occupata e conseguentemente sgomberata;
   l'immobile fatiscente insiste a pochi metri di distanza da una scuola frequentata da adolescenti;
   il comune di Roma, titolare della proprietà dell'immobile, mediante determinazione dirigenziale n. 612 del 7 ottobre 2014 ha proceduto ad effettuare il passaggio della struttura al Ministero dell'interno per la realizzazione di una nuova sede del nucleo radiomobile dell'Arma dei carabinieri nell'ambito dell'accordo interistituzionale tra il Ministero dell'interno e Roma Capitale avente per oggetto «Sicurezza dei cittadini e presidio del territorio»;
   ad oggi la struttura non è ancora in fase di ristrutturazione e rischia di essere di nuovo occupata mettendo a rischio sia l'incolumità degli occupanti sia la sicurezza dei cittadini di quel quadrante –:
   se siano stati stanziati i fondi per la ristrutturazione dell'immobile;
   quali siano i tempi previsti per la realizzazione della nuova sede del nucleo radiomobile dell'Arma dei carabinieri.
(4-08638)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA, MANZI e MORANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle Marche si sta determinando una pesante situazione di difficoltà a causa di incomprensibili tecnicismi burocratici nell'assegnazione dei posti di organico di diritto che si sono verificati negli anni e che lo stesso direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per le Marche ha ben rappresentato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   a partire dall'anno scolastico 2011/2012 per le scuole della regione Marche sono stati autorizzati annualmente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in organico di diritto, 131 posti aggiuntivi senza però che la conseguente necessaria variazione fosse mai ratificata nel decreto di determinazione degli organici degli anni successivi, inclusi quelli per il 2015/2016;
   lo schema di decreto interministeriale allegato alla circolare Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 6753 prevede che l'organico di diritto relativo ai posti comuni per l'anno 2014/2015 ammonta a 15.972 posti, laddove il numero complessivo dei posti costituiti ed inseriti nel SIDI nell'anno 2014/2015 ascende a 16.110; egualmente la consistenza dell'organico di diritto relativo all'anno 2015/2016 – pur incrementata di 27 unità rispetto al precedente anno scolastico – è pari a 15.979 posti e quindi è inferiore di 131 unità rispetto al numero di quelli ad oggi effettivamente costituiti in organico di diritto;
   la difformità discende da diversi provvedimenti della direzione generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (note prot. n. 795 del 16 giugno 2011, n. 587 del 19 aprile 2012, n. 5795 del 17 giugno 2013) con i quali, nel corso degli anni, è stato autorizzato l'ufficio scolastico regionale per le Marche a costituire un maggior numero di posti in organico di diritto, traendoli però dall'organico di fatto la cui consistenza avrebbe dovuto invece restare invariata;
   l'ufficio scolastico regionale delle Marche nel corso degli anni scolastici 2011/2012, 2012/2013, 2013/2014 e 2014/2015 ha consolidato nell'organico di diritto le quote di posti tratte dall'organico di fatto dal momento che esse erano legittimate dalla consistenza complessiva degli alunni iscritti (in crescita a livello aggregato) nella regione, conseguendo comunque in organico di fatto l'obiettivo del contenimento della spesa come annualmente definito;
   la regione Marche si è da sempre caratterizzata per la sua virtuosità attuando politiche di rigore e di contenimento della spesa in diversi settori, occupando nelle varie analisi nazionali molto spesso i primi posti per l'appropriatezza e l'efficienza nell'utilizzo delle risorse in generale ed in particolare nel sistema educativo;
   le Marche sono tra le prime regioni italiane per l'inserimento sociale degli immigrati, fatto che ha determinato ricadute sul sistema scolastico che si è trovato a dover gestire, in tempi brevi, massicce quote di alunni/studenti provenienti da Paesi stranieri;
   sebbene il settore educativo abbia potuto disporre di risorse statali decrescenti, la regione e gli enti locali non hanno mai fatto mancare, per quanto di competenza, il sostegno alle istituzioni scolastiche le quali, anche grazie all'impegno del corpo docente, hanno raggiunto risultati molto positivi e riconoscimenti a livello nazionale in diversi settori dell'istruzione;
   è quindi necessario che l'ufficio scolastico regionale delle Marche possa continuare a disporre con l'immediata autorizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a reinserire i posti in organico di diritto dei 131 docenti aggiuntivi come negli anni precedenti ed anche di un adeguato numero di insegnanti per far fronte alle criticità del sistema scolastico come le seguenti:
    a) la presenza di numerose classi antimeridiane nella scuola dell'infanzia;
    b) il mancato soddisfacimento nella scuola primaria delle richieste di tempo pieno;
    c) la presenza di classi molto numerose anche in presenza di portatori di handicap;
    d) il sistematico incremento del ricorso alle pluriclassi in molti comuni montani;
   e) la presenza, nelle scuole secondarie di secondo grado, di classi con un elevato numero di alunni pur in presenza di più alunni disabili;
    f) la carenza di organici nei CTP e problemi nell'attivazione dei corsi di istruzione carceraria e di corsi serali;
    g) la carenza di attività d'istruzione per gli adulti che ha reso necessaria, in sede di dimensionamento, la costituzione di solo due centri interprovinciali di educazione loro dedicati a fronte di cinque province; ciò è in contrasto con il rilancio dell'istruzione degli adulti promossa dal Ministero la cui necessità è localmente quanto mai avvertita vista la crisi occupazionale che sta attraversando anche la regione Marche e che porta molte persone ad impegnarsi nella formazione per il miglioramento del proprio curriculum finalizzato al successivo reinserimento lavorativo;
    h) la pesante mancanza di dotazione organica da assegnare ai Licei ad indirizzo musicale e al liceo coreutico;
    i) l'elevato ricorso a cattedre con più di diciotto ore, situazione divenuta ormai quasi sistematica;
   anche l'assessore all'istruzione della regione Marche, il 26 marzo 2015, ha segnalato le criticità esistenti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere con urgenza tutti gli atti necessari per il ripristino immediato dei 131 posti in organico di diritto e se intenda assegnare ulteriori risorse di organico per le scuole della regione Marche al fine di consentire agli uffici preposti di disporre di un adeguato numero di docenti affinché si possa corrispondere alle esigenze locali e cogliere gli obiettivi che il Governo ha indicato con «La Buona Scuola». (5-05228)


   BECATTINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, come nel resto del mondo, i casi di nuovi nati affetti da autismo sono in forte aumento;
   secondo l'articolo di Renzo Parodi del 18 gennaio 2015 pubblicato sul sito www.ilfattoquotidiano.it, si sarebbe verificato a Genova un caso di discriminazione ai danni di un bambino autistico;
   in particolare, il citato articolo riferisce che, per agevolare l'integrazione di un bambino autistico di 9 anni con i compagni, la scuola lo affidava ad un insegnante di sostegno che lo seguiva personalmente in un apposito ambiente dell'istituto in cui a turno i suoi compagni si recavano per relazionarsi con lui;
   pur avendo l'esperimento avuto un esito positivo, con una lettera rivolta all'istituto i genitori dei compagni del bambino manifestavano preoccupazione ed imbarazzo per il fatto che i loro figli erano costretti ad avere con lo stesso contatti quotidiani pericolosi per la loro serenità e sicurezza;
   a seguito di tali proteste e per porre fine alla questione, i genitori del bambino autistico decidevano di trasferirlo in altro istituto scolastico;
   l'ambiente scolastico e sociale risulta essenziale per il bambino e l'adolescente, in particolar modo se autistico, in quanto l'interazione con i coetanei favorisce l'integrazione socio-relazionale che la malattia rende difficoltosa;
   i fatti di cui in premessa parrebbero all'interrogante violare i principi sanciti dalla Costituzione, in particolare, oltre agli articoli 2, 3 e 32, gli articoli 33 e 34, in termini di compromissione del diritto allo studio –:
   se i Ministri interrogati non ritengano urgente e doveroso accertare i fatti di cui in premessa e porre in essere, per quanto di rispettiva competenza, iniziative per tutelare i giovani con autismo da situazioni analoghe;
   se non si ritenga necessario attuare campagne di formazione nelle scuole per istruire i docenti e aiutare i minori con autismo nella gestione della patologia;
   se non si ritenga necessario promuovere campagne di informazione sull'autismo volte a migliorare la comprensione del fenomeno nei diversi contesti sociali in cui si afferma la personalità dell'individuo. (5-05236)


   MANZI, MALPEZZI, ROCCHI e SGAMBATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da autorevoli testate giornalistiche locali e nazionali un'alunna di seconda media dell'istituto comprensivo «Lucatelli» di Tolentino, in provincia di Macerata, è finita in ospedale con due costole fratturate e una distorsione al braccio, a causa di un diverbio con l'insegnante di lingua straniera, che le avrebbe tirato contro un banco;
   il triste episodio, denunciato ai carabinieri di Tolentino dalla madre della ragazza colpita e confermato dalle testimonianze degli altri alunni presenti in classe al momento dell'accaduto, sarebbe avvenuto il 4 marzo 2015, durante l'ora di lezione;
   il referto dei medici del pronto soccorso indica 30 giorni di prognosi per l'alunna, che tuttavia, nei giorni successivi, sarebbe andata regolarmente a scuola, pur non potendo portare lo zaino e svolgere attività fisica, a causa delle fratture riportate;
   a quanto appreso i compagni di classe, nei giorni successivi, giustificati dai genitori, avrebbero chiesto di uscire un'ora prima da scuola, per non assistere all'ora di lingue, alla presenza dell'insegnante coinvolta nell'increscioso episodio;
   come confermato dalla dirigente scolastica, il presunto comportamento aggressivo dell'insegnante era già stato segnalato in passato dai genitori degli alunni e pertanto la stessa aveva debitamente informato di ciò l'ufficio scolastico regionale e comminato alla docente un provvedimento di censura, per invitarla a cambiare atteggiamento;
   gli accertamenti da parte delle autorità competenti sono ancora in corso, ma a quanto si è appreso, l'insegnante ha continuato a svolgere la propria attività nella classe frequentata dalla ragazza e per questo i genitori degli altri alunni hanno minacciano di non far frequentare ai propri figli le ore di lezione di lingua straniera –:
   se, alla luce dei fatti sopra esposti, il Ministro interrogato reputi necessario un suo intervento e se ritenga altresì opportuno chiarire come mai, in attesa del pieno accertamento dei fatti, ma comunque in presenza di un episodio particolarmente grave, ai danni di una minore, l'insegnante interessata non sia stata allontanata dalla classe in cui si sono svolti i fatti, nell'interesse e nel rispetto di entrambe le parti coinvolte. (5-05237)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANTEZZA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il blocco dei concorsi ed i pensionamenti dei professori universitari hanno causato la riduzione del numero dei professori ordinari da 19.858 unità al 31.12.2006 a 12.531 unità ad oggi. Nei prossimi tre anni andranno in pensione altri 10.000 professori universitari, in maggioranza ordinari;
   tale riduzione riteniamo possa essere compensata dalla chiamata nel ruolo degli abilitati dell'anno 2012;
   gli abilitati 2012 alla I fascia dei professori universitari sono i «leader» dell'innovazione scientifica e tecnologica da cui dipendono la crescita e lo sviluppo del Paese;
   l'abolizione della ricostruzione economica della carriera, operata dalla riforma Gelmini, legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha superato la circolare ministeriale del 2009, per cui 0,3 punti organico non è più il costo reale dell’upgrading da associato ad ordinario;
   l'abolizione della ricostruzione della carriera per i nuovi ordinari rende obsoleto il differenziale di 0,3 punti organico richiesti per il passaggio dalla II alla I fascia;
   infatti, se la media del costo del passaggio dalla II alla I fascia era di 0,3 punti organico nel 2009, oggi è pari a 0,1 punti organico e il «budget» necessario alla «chiamata» si riduce ad un terzo;
   per i professori associati confermati, in servizio nel ruolo da almeno dieci anni, la chiamata sarebbe a costo zero, e pertanto non dovrebbe esistere alcun vincolo alla chiamata nel ruolo degli ordinari –:
   alla luce delle considerazioni espresse in premessa, se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per prevedere, per gli abilitati nell'anno 2012 alla I fascia e in servizio da almeno dieci anni nel ruolo dei professori associati confermati, la chiamata nel ruolo di professore ordinario. (4-08635)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto segnalato all'interrogante da alcuni studenti dell'università di Torino, nonché secondo quanto riportato da fonti di stampa, in occasione del prossimo anno accademico i nuovi iscritti al corso «scienze internazionali per lo sviluppo e la cooperazione» presso il medesimo ateneo non potranno più inserire l'insegnamento di diritto costituzionale comparato all'interno del loro piano di studi, dal momento che tale cattedra verrà soppressa;
   peraltro, ciò avviene nel dipartimento «Culture, politica e società» che — fino all'entrata in vigore della cosiddetta «riforma Gelmini» – era la facoltà di scienze politiche fondata dall'illustre filosofo del diritto Norberto Bobbio;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, nel giro di qualche settimana il corso di laurea triennale dovrebbe chiudere il «regolamento didattico di ateneo», che contiene tutti gli insegnamenti attivati. Successivamente, quindi, i piani didattici del prossimo anno accademico dovranno essere presentati all'università e, quindi, al Ministero;
   secondo quanto riportato da fonti di stampa, i vertici del corso di laurea sosterrebbero che tale soppressione sarebbe uno degli effetti della cosiddetta «riforma Gelmini», laddove i dipartimenti «monodisciplinari» hanno sostituito le facoltà;
   come se questo non bastasse, a tale situazione si aggiungono i tagli alle finanze delle università: sempre secondo quanto si apprende da fonti di stampa se la facoltà di scienze politiche aveva un budget di 800 mila euro, ora il dipartimento ne ha 100 mila, fondi con i quali i docenti si trovano a far fronte all'aumento delle immatricolazioni e alla contestuale diminuzione dei docenti; ciò avrebbe costretto la classe docente a sopprimere alcuni corsi a vantaggio di altri;
   risulta di tutta evidenza come l'insegnamento di diritto costituzionale comparato sia di fondamentale importanza in un corso di laurea in scienze sociali e la sua soppressione viene a determinare un vulnus molto grave nella formazione della futura classe dirigente –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e non ritenga di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di risolvere le problematiche segnalate in premessa, non solo ripristinando i fondi tagliati, ma anche mediante l'esercizio del potere di iniziativa legislativa al fine di correggere le gravi storture conseguenti all'approvazione della riforma cosiddetta «Gelmini». (4-08649)


   D'INCÀ, DA VILLA, BRUGNEROTTO e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   tra i temi emergenti, che riguardano la riforma della scuola c’è quello dell'assunzione degli insegnanti – a partire dall'anno scolastico 2016/2017 – esclusivamente per concorso;
   si prevederebbe che per l'ammissione ai nuovi concorsi sarà necessario essere in possesso dell'abilitazione all'insegnamento;
   da più parti ed in particolar modo da ambienti accademici è stato rilevato che dai percorsi annuali o biennali per il conseguimento dell'abilitazione attivati negli scorsi anni (SISS, TFA, PAS) sono rimasti esclusi molti giovani altamente qualificati che stavano invece seguendo i ben più impegnativi percorsi triennali per il conseguimento del dottorato di ricerca;
   a questi corsi, occorre ricordarlo, questi giovani erano stati ammessi tramite concorsi, banditi dalle università, e la frequenza risultava generalmente incompatibile con altri corsi abilitanti e con attività di supplenza nelle scuole. Di conseguenza, la maggior parte di questi giovani si trovano ora esclusi, a causa della riduzione delle risorse allocate per la ricerca e del blocco delle assunzioni in ambito accademico, sia dall'università sia dalla scuola;
   a parere degli interroganti una loro ammissione ai prossimi concorsi della scuola (ovviamente per le aree di specifica competenza e in coerenza con i percorsi di studio e ricerca seguiti da ciascuno) costituirebbe, oltre che elemento di equità una occasione per dare un segnale di attenzione all'importanza della qualificazione culturale dei futuri insegnanti e permetterebbe di far entrare nella scuola persone particolarmente preparate e – per abito mentale ed esperienza di ricerca – propense all'approfondimento e all'aggiornamento, con evidenti vantaggi per i futuri studenti e per l'immagine stessa della scuola –:
   se il Ministro interrogato intenda riconoscere il conseguimento del dottorato di ricerca quale titolo utile alla partecipazione ai prossimi concorsi della scuola. (4-08660)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GNECCHI, INCERTI, MAESTRI, MICCOLI, CASELLATO, ALBANELLA e GIACOBBE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 24 febbraio 2012 n. 14, – articolo 6, comma 2-ter – è stato esteso il beneficio di cui al comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, a coloro che hanno sottoscritto accordi di esodo individuali o collettivi e il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011;
   l'uscita dal mercato del lavoro per l'accesso alla pensione, attraverso accordi di esodo individuale, per ridurre le dotazioni organiche di personale è stato frequentemente utilizzato negli anni antecedenti il 2012, anche da parte delle ex aziende monopoliste di Stato, quali ad esempio: Poste spa, Enel spa, Telecom spa ed Eni;
   suddetti accordi individuali di esodo, assolutamente non considerati meritevoli di salvaguardia, nella manovra «salva Italia» del dicembre 2011, sono stati poi inseriti nelle salvaguardie con il decreto «mille proroghe» – n. 216 del 2011 – anche su esplicita segnalazione delle aziende di cui sopra;
   ancora oggi però, non è purtroppo dato sapere dalle aziende di cui sopra, quanti siano ancora i lavoratori che hanno firmato i suddetti accordi di esodo individuale ante 31 dicembre 2011 e quale fosse la data di accesso alla pensione con i previgenti requisiti;
   nonostante ad oggi si sia pervenuti ad approvare il sesto provvedimento di salvaguardia che prevede per questa tipologia la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 6 gennaio 2016, risulta agli interroganti, dalle segnalazioni che pervengono dai lavoratori interessati, che permangono accordi di esodo individuale, stipulati sempre entro il 31 dicembre 2011, che prevedono l'accesso al pensionamento ben oltre l'anno 2018;
   è sicuramente discutibile che un datore di lavoro pubblico sottoponga un accordo di esodo individuale al proprio dipendente nel 2011, per raggiungere il pensionamento, ben oltre 10 anni dalla stipula dell'accordo stesso;
   diventa parimenti difficile per il legislatore valutare gli interventi relativi alle salvaguardie quando non si è a conoscenza della portata del fenomeno sopra descritto –:
   quanti siano i lavoratori non ancora salvaguardati, che hanno sottoscritto accordi individuali di esodo ante 31 dicembre 2011 con le aziende Poste, Enel, Eni, Telecom e quale sia la relativa data di accesso alla pensione con previgenti requisiti. (5-05234)


   FEDRIGA e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è notizia pubblicata su Il Piccolo del 24 marzo 2015 quella del voto unanime da parte di operai, impiegati e dirigenti tecnici della De Franceschi spa di Monfalcone di istituire un'assemblea permanente all'interno dell'azienda;
   la De Franceschi spa, si ricorda, società leader in Italia nella macinazione del mais, fondata nel 1966 dall'omonima famiglia, ha chiuso il 2014 con un passivo di oltre 5 milioni di euro, cifra inferiore al capitale sociale;
   dal luglio 2014 i lavoratori hanno aderito ai contratti di solidarietà e nell'ultimo periodo si è verificato un massiccio ricorso ai contratti di solidarietà;
   la protesta è contro la proposta della proprietà – emersa in sede di Confindustria il 23 marzo 2015 e prospettata dai sindacati ai lavoratori dell'azienda – di «svuotare» la fabbrica, ponendo 50 dipendenti in mobilità e mantenendo solo 7 dipendenti al banchinamento, i quali però perderebbero scatti, superminimi, rimanendo solo con lo stipendio da contratto collettivo nazionale, senza integrativo e senza prospettive di continuità;
   i sindacati presenti al tavolo di Confindustria hanno dichiarato irricevibile la proposta della proprietà, considerato il licenziamento di ben 50 lavoratori ed il demansionamento degli altri sette, «che di fatto resterebbero in azienda solo a parcheggiare le eventuali navi in banchina»;
   circolano voci di probabili acquirenti, in particolare di un grande gruppo nel business della macinazione, essendo l'azienda molto appetibile: molini tra i più grandi d'Europa; attracco di navi; ferrovia che entra direttamente in banchina; deposito doganale privato con procedure doganali domiciliate –:
   se e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda adottare a salvaguardia dei posti di lavoro e, al contempo, garantire la permanenza sul territorio di una storica azienda;
   se non ritenga opportuno aprire con urgenza un tavolo di concertazione, con la partecipazione della proprietà, dell'eventuale gruppo interessato a subentrare, dei sindacati e della regione Friuli Venezia Giulia, per addivenire ad una soluzione delle crisi che soddisfi tutte le esigenze e garantisca una tutela lavorativa ai 57 lavoratori. (5-05238)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOSACCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di un incontro tra una delegazione tra Aefi e il Vice Ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda è emersa la disponibilità ad organizzare presso la Fiera del Levante di Bari una rassegna dedicata all'olio di oliva da organizzare in partnership con altri enti fieristici;
   si tratta di una volontà estremamente positiva da supportare adeguatamente in considerazione della tradizione pugliese e delle potenzialità rappresentate dalla Fiera del Levante;
   la disponibilità manifestata dal Governo e il coinvolgimento anche dell'ICE per puntare sulla internazionalizzazione del comparto sono elementi di fondamentale importanza;
   il comparto dell'olio in Puglia sta vivendo una fase delicatissima legata alla presenza della Xylella nonché alla forte concorrenza spesso sleale che penalizza uno dei segmenti del settore agricole di eccellenza per il made in Italy nell'ambito del quale la Puglia è primo produttore di olio in Italia;
   è una occasione strategica anche per la stessa Fiera del Levante affinché consolidi il suo marchio e la sua capacità di ospitare eventi dal profilo internazionale in grado di supportare il tessuto imprenditoriale pugliese e della macro area meridionale che la rendono strategica anche per il sistema delle fiere nazionale –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda adottare, in considerazione di quanto riportato in premessa e per quanto di competenza, al fine di consentire la rapida concretizzazione di una rassegna dedicata all'olio di oliva presso la Fiera del Levante, anche al fine di supportare adeguatamente un comparto di eccellenza del made in Italy in stretto raccordo con l'opportunità costituita da Expo 2015.
(5-05230)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane si sono registrati in Toscana una serie di decessi di persone colpite da meningite da meningococco di tipo C;
   l'ultimo caso in ordine di tempo è quello di una infermiera di 34 anni di Vitolini di Vinci (Firenze) morta il 29 marzo 2015 presso l'ospedale di Empoli, dopo essere stata ricoverata per il suddetto motivo, come emerso dagli accertamenti;
   nel mese di febbraio era morto un 13enne di Cerreto Guidi, mentre a marzo per lo stesso motivo era deceduto un 17enne di Montelupo Fiorentino;
   nella giornata del 30 marzo si registrava un nuovo ricovero presso l'ospedale di Grosseto di un ragazzo 19enne per una sospetta meningite meningococcica;
   in tutti i casi le asl competenti hanno attivato tutte le procedure di profilassi per chi era stato a contatto con le vittime o con i ricoverati;
   la giunta regionale della Toscana, ha deciso di deliberare il richiamo gratuito dei ragazzi nella fascia 11-18 anni per il meningococco di tipo C e alcune asl come la n. 11 di Empoli hanno disposto la gratuità del vaccino per gli adulti fino a 45 anni di età;
   le notizie riportate in premessa hanno provocato nella popolazione apprensione e preoccupazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato e quali iniziative di competenza intenda adottare di supporto all'azione della regione Toscana al fine di ridurre il rischio di meningite da meningococco di tipo C attraverso adeguata e capillare azione di profilassi. (5-05226)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COLONNESE, SIBILIA, LUIGI GALLO e LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in alcune scuole del capoluogo campano, precisamente 4, la scuola materna ed elementare «Pontano» di corso Vittorio Emanuele, scuola materna ed elementare De Amicis-quartiere Chiaia, Scuola materna ed elementare Andrea Angiulli quartiere Stella e la scuola secondaria statale di 1o grado Tito Livio, quartiere Chiaia, si sono verificati casi di parassitosi intestinali provocati da ossiuri;
   l'ossiurasi è una parassitosi che si trasmette per via oro-fecale. Gli ossiuri sono dei piccoli vermi bianco-trasparenti di circa 1 cm che entrano nell'intestino umano quando le microscopiche uova del verme vengono ingerite. Dopo essersi dischiuse, la femmina migra nella regione perianale (di solito di notte) e deposita le uova entro le pieghe cutanee. I movimenti del verme femmina e la sostanza gelatinosa in cui deposita le uova causano prurito anale. Le uova possono sopravvivere sui veicoli per 3 settimane a temperatura ambiente. Gli ossiuri sono difficilmente eliminabili proprio perché il soggetto colpito, grattandosi, asporta le uova dalla zona perianale e ne favorisce la dispersione nell'ambiente e/o la propria personale reinfestazione; l'ossiurasi è una parassitosi ad esito benigno e spesso asintomatica. La facilità di trasmissione, soprattutto in situazioni di gravi carenze igieniche, rischia di rendere endemica tale parassitosi;
   agli interroganti sono giunte lamentele di alcuni genitori preoccupati circa le scarse condizioni igieniche di alcune scuole materne e pervenute fotografie scattate all'interno delle stesse che testimoniano l'evidente stato di degrado e carente pulizia dei servizi igienici e degli ambienti, tanto da temere il proliferarsi di malattie tanto più pericolose; solo in seguito alle segnalazioni dei suddetti genitori, nelle scuole citate sono state disposte disinfestazioni da parte dell'Asl competente e, ad esempio nella scuola Andrea Angiulli, la dirigente scolastica ha riammesso i bambini a scuola solo dopo la certificazione medica di avvenuta guarigione;
   in tre delle quattro scuole citate si effettua servizio mensa. Per garantire la corretta applicazione delle norme igienico-sanitarie in ambito scolastico l'Unione europea ha emanato importanti regolamenti volti ad assicurare un alto livello di sicurezza e igiene degli alimenti e a guidare il personale scolastico addetto alle mense nella corretta applicazione del sistema HACCP (hazard analysis and critical control points), di cui è responsabile, secondo la normativa, il dirigente scolastico;
   nelle scuole che dispongono del servizio mensa vengono effettuati controlli periodici da parte delle aziende sanitarie locali o dai NAS (nucleo anti-sofisticazioni) che richiedono un manuale di autocontrollo alimentare in regola con la normativa –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
   se i Ministri interrogati siano al corrente di quanto detto in premessa;
   come intendano intervenire al fine di intensificare i sopralluoghi dei NAS finalizzati a controllare le condizioni di pulizia e igiene necessarie per tutelare la salute dei bambini all'interno dei plessi scolastici;
   se si ritengano rispettate le norme igienico sanitarie secondo il sistema HACCP;
   come si intenda intervenire per una prevenzione al fine di evitare simili ed incresciose situazioni. (4-08633)


   IACONO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione siciliana e nello specifico l'assessore alla sanità Lucia Borsellino ha firmato in data 26 febbraio 2015 un decreto attuativo per il riordino della rete ospedaliera e territoriale regionale, per la «reingegnerizzazione» e la ottimizzazione della rete dei servizi di trasporto emergenza neonatale (STEN) e assistito materno (STAM), già contemplata negli atti di programmazione regionale fin dal 2006;
   secondo quanto previsto dal Governo della regione la nuova rete dovrà essere articolata in 5 punti STEN e STAM per i tre bacini della Sicilia occidentale, centrale ed orientale, così suddivisi:
    Sicilia occidentale: azienda ospedaliera Villa Sofia Cervello di Palermo – presidio ospedaliero Villa Sofia di Palermo;
    Sicilia centrale: azienda sanitaria provinciale di Enna – presidio ospedaliero Umberto I di Enna;
    Sicilia orientale: AOUP di Catania – presidio ospedaliero Santo Bambino; azienda sanitaria di Messina – presidio ospedaliero Barone Romeo di Patti – AOUP di Messina – presidio ospedaliero G. Martino di Messina;
   stando a quanto evidenziato nel provvedimento, a decorrere dal 30 aprile 2015 i direttori generali delle aziende sanitarie sedi di STEN e STAM dovranno continuare ad assicurare l'operatività dei servizi resi dalla rete, attraverso l'applicazione di un formale e condiviso protocollo operativo che rafforzi il pieno raccordo funzionale tra i centri trasferenti ed accettanti, per il tramite della rete di emergenza urgenza 118;
   si è ritenuto, dunque, di cancellare postazioni fisse di trasporto di emergenza neonatale ritenute assolutamente vitali e strategiche, tanto per l'essenzialità di un servizio irrinunciabile, quanto per la loro collocazione logistica che, stante le condizioni in cui versa la viabilità siciliana, le rendono presidi a cui non si può e non si deve rinunciare e rispetto ai quali far prevalere logiche di spending review appare inopportuno;
   si prenda il caso dello STEN di Agrigento: la provincia di Agrigento è la quarta per numero di abitanti, numero di comuni, estensione territoriale e strutture sanitarie pubbliche e private di cui 5 dotate di unità operative di ginecologia ed ostetricia e con quasi 4.000 parti nel 2014, in base a quanto previsto dal decreto succitato, scompare Agrigento come punto STEN ed Enna diventa, oltre che per Caltanissetta, anche per Agrigento sede STEN a cui rivolgersi e affidarsi;
   inoltre, va detto che le condizioni delle reti stradali di collegamento fra le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna, sono assolutamente precarie e versano in condizioni strutturali drammatiche; pertanto si è nell'impossibilità di mettere in rete servizi sanitari in comune; pensare di affrontare un'emergenza riguardante un bambino nato a Sciacca piuttosto che a Montevago e che necessita di immediate cure, trasferendolo ad Enna, a quattro ore di strada pessima e dissestata, appare un grave oltraggio all'incolumità ed alla sicurezza dei bambini;
   considerato che il tempo è fattore determinante per salvare una vita, non si è tenuto conto né delle lunghe distanze né dei prevedibili eventi naturali e metereologici che, soprattutto in inverno, possono rendere più difficile o richiedere molto più tempo di percorrenza;
   appare infatti di tutta evidenza che, quando si programmano servizi di emergenza che salvano la vita, specie trattandosi di bambini appena nati, la tempestività è una variabile dirimente e il tema della loro accessibilità e prossimità, dal punto di vista logistico, diventa assolutamente centrale;
   in tal senso, pare ovvio il fatto che mettere in rete territori così, mal collegati non va in questa direzione: Sciacca o Bivona ad Enna ci sono più di 160 chilometri e da Enna all'Unità di terapia intensiva neonatale dell'ospedale S. Giovanni di Dio di Agrigento altri 65 chilometri;
   ed ancora, il tempo per la presa in carico, l'attivazione del servizio e quello del percorso da fare, anche nelle condizioni più favorevoli possibili, può mettere in pericolo la vita del nascituro;
   la tragedia che ha recentemente colpito la Sicilia, con la drammatica morte della piccola Nicole deve essere da monito costante per impedire il ripetersi di casi simili –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, e posto che la riorganizzazione prospettata sia dettata da esigenze di razionalizzazione della spesa imposte dal piano di rientro dei disavanzi sanitari, quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, affinché non siano pregiudicati irrimediabilmente servizi indispensabili e, quindi, i livelli essenziali di assistenza. (4-08654)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:


   ALLASIA e GRIMOLDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agrati Group, multinazionale che produce viti e bulloni, con cinque stabilimenti in Italia, ha chiuso lo stabilimento di Collegno (Torino) e licenziato 82 dipendenti, sui 500 occupati in Italia;
   tra le motivazioni alla base della cessazione dell'attività produttiva si elencano: la fase di crisi e ridimensionamento del mercato europeo degli autoveicoli; la delocalizzazione delle produzioni oltre Europa; la mancanza di prospettive di ripresa e carenza di competitività del sito di Collegno rispetto alla produzione in Estremo Oriente;
   l'azienda non ha risentito particolarmente della crisi economica in atto nel Paese e questo gli ha permesso di affrontare gli anni più duri della crisi stessa senza far ricorso a misure di cassa integrazione, avendo davanti a sé buone prospettive di crescita;
   l'accordo sulla cessazione dell'attività prevede due anni di cassa integrazione straordinaria, mobilità volontaria, e incentivata per i lavoratori che nel periodo di cassa integrazione decidono di lasciare il lavoro, ricollocazioni con indennizzi negli stabilimenti di Veduggio, Dolzago, Chambéry, possibilità di rivolgersi ad aziende di outplacement per favorire le ricollocazioni esterne all'azienda ed infine un progetto di reindustrializzazione dell'area, in collaborazione con la regione Piemonte, con assunzioni incentivate –:
   se il Ministro interrogato intenda rendere noto lo stato di attuazione dell'accordo e quali misure fino ad ora siano state intraprese ai fini della salvaguardia del futuro professionale dei lavoratori licenziati e della restituzione di una prospettiva industriale allo stabilimento di Collegno. (5-05240)


   CANI, BENAMATI e FRANCESCO SANNA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento di Portovesme (Carbonia-Iglesias) è stato acquistato dalla multinazionale Alcoa nel 1996, congiuntamente allo stabilimento veneto di Fusina, in seguito alle privatizzazione dell'industria nazionale dell'alluminio; il 30 novembre 2012 Alcoa ha deciso di fermare la produzione a Portovesme, unico sito attualmente dedicato alla produzione di alluminio primario in Italia;
   la continuità del funzionamento produttivo degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, come definiti dall'articolo 1 del decreto-legge n. 207 del 2012, costituisce una priorità per il nostro Paese; l'importanza del rilancio dell'industria dell'alluminio primario attraverso la definizione di un piano strategico che consenta non solo di riavviare gli impianti di produzione esistenti, ma anche di sviluppare nuove attività produttive, è stata già sostenuta nella risoluzione in Commissione 7-00557 a prima firma dell'interrogante; tali obiettivi acquistano ulteriore valenza considerato che l'Europa rappresenta il secondo mercato mondiale dell'alluminio, e sono significativi i margini di crescita, grazie ad un'industria di trasformazione tecnologicamente all'avanguardia e in continuo sviluppo;
   è grande la preoccupazione per la situazione dello stabilimento di Portovesme a causa dell'unicità della produzione e del conseguente interesse strategico nazionale che ricopre e della necessità di salvaguardia dell'occupazione dei lavoratori coinvolti;
   nel gennaio 2012 Alcoa annunciò di voler arrestare la produzione nello stabilimento in questione a causa degli elevati costi; il 27 marzo 2012, presso il Ministero dello sviluppo economico (MISE), è stato raggiunto un accordo tra Alcoa, sindacati, regione Sardegna e Governo per la gestione della crisi: l'azienda, in seguito all'intesa raggiunta, ha acconsentito a mantenere attivo lo stabilimento fino al 31 dicembre 2012 e ad assicurare, per almeno un anno, adeguate condizioni di efficienza, così da garantire – nel caso di subentro di nuovi azionisti – una pronta ripresa della produzione. L'accordo prevedeva inoltre un impegno straordinario del Governo per trovare soluzione al problema del costo dell'energia elettrica e, da parte delle istituzioni regionali e locali, l'impegno a migliorare la dotazione infrastrutturale del territorio;
   il processo di fermata dell'impianto di Portovesme si è concluso alla fine del 2012 e i dipendenti (circa 1.000, 500 dei quali direttamente dipendenti e gli altri 500 occupati nell'indotto) hanno avuto accesso alla Cassa integrazione straordinaria dal 1o gennaio 2013; Alcoa si è occupata della manutenzione dello smelter di alluminio primario fino a fine luglio 2014, ma il 25 agosto dello stesso anno ha comunicato la decisione di chiusura definitiva dello stabilimento;
   lo scorso 10 novembre è stato fatto un rilevante passo in avanti nella vertenza. Il Governo, la regione Sardegna e la società Glencore hanno sottoscritto un protocollo d'intesa concernente le condizioni fondamentali perché Glencore avvii un confronto con Alcoa circa la possibile acquisizione e riattivazione dello smelter di Portovesme; l'obiettivo della ripresa della produzione di alluminio primario è perseguito anche attraverso l'impegno di Alcoa a favorire, in assoluta buona fede, il riutilizzo produttivo dell'impianto;
   il Governo e la regione hanno invitato Glencore, proprietaria nella stessa area di Portovesme di un altro impianto di produzione di metalli non ferrosi, a discutere quali condizioni fondamentali debbano sussistere per considerare la possibilità di riavviare l'impianto: Glencore è apparsa pronta a proseguire attraverso ulteriori approfondimenti in questa opportunità;
   il confronto fra Governo, regione e Glencore si è quindi sviluppato prevalentemente sulle condizioni economiche di fornitura dell'energia, sulle possibilità di sostenere con risorse pubbliche gli investimenti necessari e sul miglioramento delle condizioni di contesto infrastrutturale. L'esito dell'operazione è tuttavia subordinato al completamento da parte di Glencore di una esaustiva due diligence in relazione all'impianto e alle condizioni della sostenibilità della gestione delle attività nel lungo termine;
   dagli esiti dell'ultima riunione della task force sullo stato del confronto Alcoa-Glencore che si è tenuta al Ministero dello sviluppo economico 6 febbraio 2015, si apprende che la trattativa tra le due multinazionali prosegue nel rispetto di quanto previsto nel citato protocollo d'intesa; risultano inoltre in corso di definizione gli strumenti di carattere nazionale che, soprattutto in tema di contenimento del costo energia, russano favorire la competitività delle produzioni strategiche –:
   a che punto sia l'interlocuzione con Glencore finalizzata alla ripresa produttiva degli impianti di Portovesme e se vi siano degli sviluppi riguardanti le interlocuzioni sui prezzi dell'energia, elemento assolutamente essenziale per il buon esito della trattativa in corso e la conseguente riapertura dello stabilimento. (5-05241)


   CRIPPA, VALLASCAS, DA VILLA, DELLA VALLE, FANTINATI e LUPO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da settembre 2015 i consumatori elettrici riceveranno una nuova bolletta elettrica, in grado di assicurare una maggiore trasparenza e trasferire informazioni utili ai consumatori in li ma non si fa ancora chiarezza sull'omologazione dei contatori elettrici installati nelle case degli italiani;
   la nuova bolletta sintetica indicherà il costo unitario del kilowattora e spiegherà finalmente «la spesa per gli oneri di sistema», una voce che oggi viene pagata all'interno dei servizi di rete ma non evidenziata nelle bollette. Nel settore elettrico sono, ad esempio, le voci relative agli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate e alle imprese manifatturiere energivore, i fondi necessari alla messa in sicurezza delle centrali nucleari o per la ricerca, valori che incidono per oltre il 22 per cento sulla spesa finale del cliente tipo servito in maggior tutela;
   gli apparecchi installati nelle nostre abitazioni, al contrario, non risulterebbero essere adeguati al compito di assicurare la necessaria trasparenza, certezza e imparzialità nel calcolo dei consumi, con il rischio che eventuali dati errati possano far pagare ai consumatori una bolletta più «salata» del previsto;
   nessuno degli enti preposti ha mai verificato la conformità normativa dei contatori elettrici che misurano il consumo di energia e l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico, fino ad oggi, si concentrata esclusivamente sul modo di gestire il dato di consumo e di riportarlo in bolletta, tralasciando però la verifica della generazione di quel dato con il misuratore. Sembrerebbe proprio ma delle più grandi falle nel sistema elettrico italiano, quasi 40 milioni di misuratori che non sono mai stati certificati da un ente terzo indipendente;
   si ricorda che nel 2004 è entrata in vigore la Direttiva europea su «gli usi filali di energia, l'efficienza e i servizi energetici» (Mid – measurement instruments directive) che impone omologazione e certificazione. Nel 2007 la direttiva viene recepita in Italia: ogni strumento che eroga e elettricità ai consumatori deve avere una marcatura che ne attesti non tanto il corretto funzionamento, quanto che quel contatore sia identico al modello depositato presso l'ente notificatore europeo prescelto. Nel caso dell'Enel, ma solo dal 2007, per i contatori elettrici sono due, l'olandese Nmi e l'italiana Iqf, entrambi iscritti al Nando, la Gazzetta Ufficiale degli enti notificatori;
   l'interrogante ha più volte sottoposto attraverso interrogazioni al Ministero dello Sviluppo economico la problematica dei controlli metrologici dei contatori elettrici ad oggi non c’è stato nessun intervento da parte del dicastero;
   inoltre si fa presente che all'interno delle procedure d'infrazione avviate lo scorso febbraio la Commissione europea ha rilevato che «non è stato recepito l'obbligo secondo cui i contatori installati conformemente alle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE consentono informazioni sulla fatturazione precise e basate sul consumo effettivo» –:
   se ritenga veritiero il rischio descritto in premessa e quali immediate iniziative intenda adottare per adempiere agli, obblighi prescritti dall'Unione europea evitando ulteriori aggravi sulle bollette degli utenti. (5-05242)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRARESI, COMINARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo J Colors riunisce in sé marchi e tecnologie dedicate al mondo del colore per l'edilizia (Paramatti, Vip, Rossetti, Toscano, Paramatti Lo Specifico), alle vernici industriali (Arsonsisi, Sebino, Elcrom) e ai sistemi tintometrici (Edel), facenti capo alla holding Junionfin; è oggi presente con sedi logistiche in tutti i più importanti Paesi europei rappresentando una tra le più grandi realtà italiane nel mondo dei colori;
   la J Colors spa, con sede in Lainate (Milano), è proprietaria in Italia di due stabilimenti produttivi: uno a Lainate ed uno a Finale Emilia (Modena) dove vi trovano occupazione circa 60 lavoratori;
   a seguito dell'evento sismico del maggio del 2012 lo stabilimento di Finale Emilia subiva ingenti danni, diventando inagibile per la produzione;
   per non perdere mercato e clienti l'azienda trasferiva alcune produzioni nello stabilimento di Lainate, dando continuità occupazionale ad una parte dei lavoratori che, tra mille disagi, si trasferivano appositamente; per un'altra parte di essi si faceva domanda di accesso alla cassa integrazione guadagni ordinaria con causale «evento sismico»;
   l'istituto chiamato ad autorizzare il trattamento, la commissione provinciale cassa integrazione ordinaria industria, presso l'IMPS di Modena, per il periodo intercorrente tra il 31 marzo 2014 e il 25 ottobre 2014, riteneva insussistente il requisito fondamentale della ripresa dell'attività lavorativa per la concessione del trattamento di integrazione salariale;
   le motivazioni degli otto provvedimenti di reiezione recitano: «dalla documentazione prodotta non si ravvisano elementi certi ed inoppugnabili per un giudizio prognostico positivo di effettiva ripresa»; tutt'ora le successive richieste di revisione del giudizio negativo non hanno trovato accoglienza, tanto che l'azienda si è trovata nella necessità di ricorrere al TAR contro tale diniego;
   occorre aggiungere che fino a febbraio 2015 la J Colors ha sempre erogato mensilmente le anticipazioni delle integrazioni, con conseguenti importanti esborsi finanziari nonostante il danno subito dal terremoto;
   preme evidenziare che l'azienda, nel periodo delle reiezioni, ha richiesto autorizzazione per sole 26.099 ore di cassa integrazione guadagni ordinaria a fronte di un monte ore teorico di 59.240 (ovvero il 44 per cento), avendo occupato, come già precisato, alcuni dipendenti nello stabilimento di Lainate;
   l'azienda aveva avviato, fin dal periodo immediatamente successivo al sisma, il percorso previsto dall'ordinanza commissariale n. 57 del 12 ottobre 2012 per l'ottenimento dei contributi alla ricostruzione, incaricando professionisti della progettazione per il recupero dello stabilimento;
   le difficoltà nella definizione delle caratteristiche del nuovo stabilimento produttivo hanno dilatato a tutt'oggi i tempi di presentazione del progetto definitivo, pur nella continua positiva interazione dell'azienda con il nucleo di valutazione della struttura commissariale per la ricerca delle migliori soluzioni; la società si è sempre impegnata a presentare entro la data di scadenza il progetto di ricostruzione che prevede un costo del nuovo stabilimento pari a 6 milioni di euro, coperti da contributi regionali e quota assicurativa messa in campo dall'azienda;
   le difficoltà create dalla complessa burocrazia delle ordinanze sono risapute, causa non secondaria anche dei ritardi nei tempi di presentazione delle domande di accesso agli indennizzi per la ricostruzione, tanto che il neo commissario straordinario, Stefano Bonaccini, appena insediato, ha affermato: «Occorre imprimere maggiore velocità ai processi di ricostruzione soprattutto, ove possibile, semplificando le procedure»;
   è previsto che il termine di scadenza della presentazione dei progetti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili ad uso produttivo sia il 30 giugno 2015 e il completamento dei lavori il 30 settembre 2016 (ordinanza commissariale 81/2014);
   l'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con legge 11 novembre 2014, n. 164, al comma 9-ter così statuisce: «Il termine di scadenza dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012... è prorogato al 31 dicembre 2015 –:
   se i Ministri interrogati ritengano di intervenire al fine di chiarire la corretta applicazione delle normative inerenti al riconoscimento o meno della cassa integrazione guadagni ordinaria con clausola «evento sismico», anche al fine di evitare che i dipendenti delle aziende coinvolte restino in assenza di ogni tipo di copertura economica in attesa della ricostruzione degli stabilimenti produttivi e della ripresa dell'attività lavorativa. (5-05225)


   MARTELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'obiettivo del piano «Destinazione Italia» era quello di dotare l'Italia di una politica organica finalizzata a migliorare la capacità attrattiva del nostro Paese;
   creare le condizioni per attrarre investimenti dall'estero e promuovere la competitività delle imprese italiane sono le priorità del citato piano;
   il piano «Destinazione Italia» contiene, in particolare, 10 misure considerate prioritarie dal Governo:
    a) collaborazione più stretta tra fisco e investitor;
    b) accordi fiscali (tax agreements) e desk dedicato presso l'Agenzia delle entrate;
    c) riforma della conferenza di servizi;
    d) testo unico della normativa del lavoro;
    e) attuare la strategia energetica nazionale per abbassare il prezzo dell'energia elettrica e del gas;
    f) rafforzare il tribunale delle imprese;
    g) ampliare le fonti di finanziamento per le piccole e medie imprese;
    h) rendere più facile investire nell'immobiliare tramite lo sviluppo delle società di investimento immobiliare quotate (SIIQ);
    i) credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo;
    l) facilitare le bonifiche ambientali;
    m) potenziare i visti come strumento di attrazione;
   sette di queste misure sono state immediatamente recepite nel citato decreto-legge «Destinazione Italia» presentato il 13 dicembre 2013 e convertito in legge il 21 febbraio 2014;
   è trascorso circa un anno dalla approvazione della citata legge;
   gli indicatori economici lasciano intravedere la possibilità di una inversione di tendenza congiunturale e di una ripresa economica;
   la capacità di attrarre investimenti è fondamentale per consolidare elementi di ripresa industriale –:
   quali siano i dati a disposizione del Ministro per una prima valutazione del piano «Destinazione Italia», e quali interventi intenda porre in essere il Governo per rafforzare la capacità di attrarre investimenti nel nostro Paese. (5-05231)


   MARTELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati Eurostat l'Italia anche nel 2014 è rimasta al top tra i Paesi dell'Unione europea per l'incidenza degli oneri vari sul costo del lavoro pari al 28,2 per cento ponendo il nostro Paese solo dopo la Francia e la Svezia che ci superano con quote pari rispettivamente al 33,1 e al 31,6 per cento;
   alle spalle dell'Italia, secondo i dati Eurostat, si sono collocati la Lituania (28 per cento) il Belgio (27,8 per cento) la Repubblica Ceca (27,1 per cento);
   in termini assoluti, nel 2014 il costo di un'ora di lavoro in Italia è stato, in base ai dati pubblicati da Eurostat, di 28,3 euro contro i 29 della media Eurozona e i 24,6 della media dell'Unione europea;
   nel 2014 il costo complessivo di un'ora di lavoro in Italia è però cresciuto solo dello 0,7 per cento rispetto al 2013, un tasso inferiore sia alla media dell'Eurozona (1,1 per cento) sia a quella dell'Unione europea (1,4 per cento);
   nella media dell'Unione europea, il peso degli oneri extra-salariali sul costo orario del lavoro (principalmente quelli previdenziali e fiscali) si è attestato al 24,4 per cento, incidenza che sale al 26,1 per cento nella media dell'Eurozona;
   nel settore industriale l'Italia figura al di sotto della media Eurozona (28 euro contro 31,8) e sopra quella dell'Unione europea (25,5);
   la legge di stabilità per l'anno 2015 ha introdotto importanti novità in tema di riduzione del cuneo fiscale e di misure di sostegno ai settori produttivi;
   vanno considerati i segnali di ripresa economica che si stanno manifestando in questo avvio di 2015 e l'obiettivo di consolidare elementi strutturali di crescita –:
   quali iniziative il Governo, anche in considerazione dei dati riportati in premessa, intenda attivare, nel corso dell'anno, al fine di diminuire ulteriormente gli oneri sul costo del lavoro nonché di intervenire sulle altre diseconomie con l'obiettivo di far recuperare al nostro Paese ulteriori posizioni in termini di competitività. (5-05232)


   RICCIATTI, FERRARA, SCOTTO, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO e KRONBICHLER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i dati dell'indagine trimestrale «Giuria della Congiuntura», realizzata, dal Centro studi Unioncamere Marche presentati il 27 febbraio 2015 certificano nella regione un calo della produzione pari all'1,7 per cento, meno 1,6 per cento per gli ordinativi e meno 0,5 per cento per il fatturato. Positivi, invece i dati del fatturato estero (+1,2) e gli ordinativi dall'estero (+1,9);
   dallo studio citato emerge per le Marche «un quarto trimestre 2014 ancora particolarmente pesante soprattutto per l'artigianato, che ha perso il 2,6 per cento della produzione con il fatturato in calo dell'1 per cento e gli ordinativi del 2,8. Per quanto riguardai settori manufatturieri, solo la meccanica fa registrare una crescita di produzione (+1,4), fatturato (+1,7) e ordinativi (+1,5). Il segno meno la fa invece da padrone per tutti gli altri settori, con risultati particolarmente pesanti per la produzione del mobile (3,9) e del calzaturiero (-3,7) mentre l'abbigliamento perde il 2,8 per cento e l'alimentare l'1,8. Sul calzaturiero hanno inciso pesantemente le crisi di Ucraina e Russia, con la conseguente riduzione anche di ordinativi esteri (-3,4) e di fatturato estero (-1,9), che invece sono aumentati per gli altri settori»;
   il «Monitor dei distretti», pubblicazione trimestrale della banca Intesa San Paolo dedicata alle aree produttive distrettuali, ha rilevato come la crisi russo-ucraina abbia influito in modo negativo sul commercio e sul volume di nuovi investimenti diretti;
   lo studio citato calcola che «in Russia e in Ucraina l’export dei distretti industriali italiani si sia portato in territorio negativo già nel primo trimestre del 2014, per poi subire un vero e proprio crollo sul mercato ucraino tra aprile e giugno (-30,1 per cento). Nel complesso del primo semestre le esportazioni distrettuali hanno subito un calo dell'8,5 per cento in Russia e del 19,3 per cento in Ucraina»;
   in particolare Fermo, a differenza di altri distretti industriali, «non è riuscite a compensare quanto perso in Russia e Ucraina, accusando un calo complessivo dei valori esportati»;
   il presidente della CariFermo Amedeo Grilli, in una intervista apparsa sulla testata Milano Finanza del 1o novembre 2014, ha spiegato come «il distretto di Fermo nel 1o semestre 2013 aveva esportato in Russia e Ucraina per 160 milioni di euro, ma nel primo semestre del 2014 l’export si è ridotto a 120 milioni», sostenendo inoltre la necessita «che venga rivista a livello nazionale la posizione verso Mosca, tenendo conto delle esigenze dei distretti che hanno da tempo consolidati rapporti commerciali con la Russia»;
   tale posizione è condivisa da più voci nel mondo industriale. Il presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti ha sostenuto, secondo quanto riportato dall'agenzia Askanews del 13 febbraio 2015, che a preoccupare gli operatori del settore è la situazione di tensione tra Ucraina e Russia, in caso di evoluzione negativa potrebbe iniziare «un nuovo ciclo sfavorevole» perché «La Russia è il mercato di riferimento»;
   dello stesso tenore le dichiarazioni del direttore generale di Banca dell'Adriatico Roberto Dal Mas, secondo il quale «l'andamento negativo dei nuovi mercati è determinati dal calo delle esportazioni registrato in Russia, principale sbocco commerciale per le imprese marchigiane» (agenzia AGI, 27 gennaio 2015). Secondo i dati del centro studi della banca, nei primi nove mesi del 2014 le imprese distrettuali marchigiane hanno ridotto le vendite sul mercato russo del 22,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, equivalente a una perdita in valore di 82,7 milioni di euro. Analoghe dinamiche hanno coinvolto le esportazioni dirette in Ucraina, dove il calo è stato superiore al -40 per cento; la crisi russo-ucraina non ha fluito solo sul settore industriale, ma anche su quello del turismo e dei servizi connessi. Negli ultimi tre anni la presenza di turisti russi nelle Marche è cresciuta sino al punto che la Russia, in breve tempo, è diventato il terzo Paese per presenze turistiche nella regione;
   un turismo non localizzato solo nelle zone balneari ma che ha interessato anche i luoghi d'arte, di cultura e della enogastronomia, e sopratutto i distretti del lusso;
   a tali flussi sono seguiti l'incremento dei voli fra l'aeroporto di Falconara Marittima e Mosca e l'aggiunta di ulteriori tratte aeree come quella di Ekaterinburg, nonché l'incremento dei pacchetti turistici, con mete nelle Marche, venduti dai tour operator russi, passati dal 4,8 per cento del 2013 al ben più consistente 14,4 del 2014;
   nel 2015 le stime sui trend di crescita sono state drasticamente ridimensionate a causa delle sanzioni imposte alla Russia da Stati Uniti e Unione europea;
   in data 5 marzo 2015 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si è recato in visita ufficiale in Russia, dove oltre ai temi della politica internazionale è stato posto anche il tema dei rapporti economici tra i due Paesi;
   nel corso della conferenza stampa congiunta, tra i Italia e Russia, il Presidente del Consiglio dei ministri italiano Matteo Renzi e il presidente della Federazione russa Vladimir Putin, hanno sottolineato l'importanza dei rapporti di cooperazione economica, in diversi settori dall'aeronautica al turismo –:
   compatibilmente con le scelte di politica internazionale volte a scongiurare conflitti tra Paesi confinanti o prossimi geograficamente all'Unione europea, quali misure intenda adottare concretamente il Governo italiano per favorire una ripresa dei rapporti commerciali con la Russia e, in ogni caso, quali misure si intendano assumere per sostenere le imprese in difficoltà a causa dell'embargo imposto alla Russia. (5-05239)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DALL'OSSO, CIPRINI, TRIPIEDI e COMINARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da molti anni il nostro Paese è attanagliato dalla morsa della crisi economica mondiale che, nonostante a volte offra degli spiragli di miglioramento, nell'arco di pochi giorni ogni positivismo è rimesso in discussione;
   negli ultimi tempi numerose sono le aziende che hanno chiuso i battenti in Italia delocalizzando negli altri Paesi europei soprattutto dell'Est;
   è notizia delle ultime settimane dell'interesse di ben 500 aziende del Nord-Est al mercato cinese e di molte altre che hanno già aperto filiali e succursali nella Repubblica Popolare;
   il know-how nazionale sta scappando oltre confine e la fuoriuscita del capitale umano sta sfuggendo da ogni controlli –:
   se il Governo sia a conoscenza di tali dati;
   come il Governo intenda agire al fine di mantenere il rapporto con le aziende «emigrate» favorendo un interscambio formativo con la realtà cinese;
   se l'Esecutivo abbia intrapreso una discussione con le regioni del Nord-Est e del Nord-Ovest della penisola al fine di creare una politica comune nei confronti delle aziende che delocalizzano in Cina ed utilizzando nel breve futuro la loro presenza in loco per la promozione del «sistema Italia». (4-08632)


   PASTORINO, QUARANTA e AIRAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   Fincantieri è un'azienda pubblica italiana qualificata al momento come «uno dei maggiori gruppi esistenti al mondo, attivo nella progettazione e costruzione di navi mercantili e militari» controllata da Fintecna, società finanziaria italiana sua volta controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze attraverso la Cassa depositi e prestiti;
   in queste settimane il Governo sta perfezionando le intese con Fincantieri per la contrattualizzazione delle nuove commesse per il rinnovo della flotta della Marina militare. Si tratta di un investimento pari a 5,4 miliardi di euro, che potrebbe garantire una prospettiva di lavoro per le maestranze fino al 2020 e al contempo rappresenterebbe un'occasione per rafforzare la presenza di Fincantieri in Liguria, sede della divisione navi militari di Fincantieri, consentendo dopo un lungo periodo di crisi il rilancio delle attività industriali e nuove opportunità di sviluppo occupazionale sul territorio;
   nei giorni scorsi a Roma si è tenuta una riunione tra le organizzazioni sindacali e l'amministrazione di Fincantieri spa per discutere di contratti integrativi in merito allo stabilimento di Riva Trigoso. A margine di questa riunione sono emerse alcune indiscrezioni, non smentite, riguardo la presunta volontà dell'azienda di «attuare lo scorporo del comparto “meccanica” da trasformare in una società controllata da Fincantieri e nell'area segregata da ritagliare all'interno del cantiere e assegnare a ditte appaltatrici». (Il Secolo XIX 30 marzo 2015). Inoltre c’è il timore che questi lavoratori vengano riassorbiti nella nuova società in base alle direttive contenute nel recente «jobs act», con relativa perdita dei diritti acquisiti e diminuzione delle tutele, quali ad esempio quelli riferiti all'articolo 18;
   nello stabilimento di Riva Trigoso l'eventuale scorporo della meccanica, a detta delle organizzazioni sindacali, non solo creerebbe delle difficoltà nell'organizzazione del lavoro in quanto il settore della meccanica e quello navale sono strettamente legati l'uno all'altro, ma di fatto ne sancirebbe la sua fine;
   a la Spezia gli enti locali sono proprietari del bacino di carenaggio che viene utilizzato da Fincantieri nello stabilimento del Muggiano; a causa della riduzione del budget la provincia di La Spezia sta pensando di cedere le sue quote aprendo la strada alla privatizzazione di questa struttura fondamentale, mettendo quindi in discussione la presenza stessa dello stabilimento;
   ad oggi Fincantieri non ha ancora presentato un piano industriale né ha chiarito con le parti sindacali le sue intenzioni su quanto detto –:
   quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, al fine di avviare un'interlocuzione tra l'azienda e le organizzazioni sindacali affinché venga presentato e discusso il piano industriale da parte di Fincantieri tenendo presente che un investimento pubblico così ingente – 5,4 miliardi di euro – dovrebbe tradursi in una opportunità di sviluppo per il territorio e per i lavoratori interessati direttamente che per quelli relativi all'indotto. (4-08637)


   MARIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Mercatone Business srl, storica realtà italiana della distribuzione organizzata di mobili, complementi di arredo e casalinghi, appartenente, insieme alle società Tre Stelle srl e ad altre società, tutte con sede legale in Imola, al gruppo Mercatone Uno, conta oggi 79 punti vendita nel Paese, concentrati in particolare in Emilia Romagna (19), Piemonte (12), Lombardia (9), Veneto (7), Puglia (7), Toscana (5) e impiega complessivamente circa 3.700 dipendenti in tutta Italia;
   il gruppo Mercatone Uno, a seguito del calo di vendite registratosi per tutto il 2014 e della congiuntura negativa che ha colpito anche il settore di riferimento, si trova in gravi difficoltà economiche e finanziarie: già dal 2010 il gruppo ha beneficiato di ammortizzatori sociali come la cassa integrazione salariale e, in alcune zone, dei contratti di solidarietà, tipologia quest'ultima che andrà in scadenza il 31 maggio 2015;
   la situazione debitoria del gruppo appare grave e ammonterebbe a circa 450 milioni di euro;
   il 19 gennaio 2015, il consiglio di amministrazione della Mercatone Business srl ha comunicato ai sindacati di categoria Fisascat-Cisl, Filcams-Cgil e Uiltucs-Uil, sia a livello nazionale che regionale, la decisione di depositare presso il tribunale di Bologna istanza di ammissione alla procedura per accedere al concordato preventivo «in bianco»; questa scelta ha suscitato un forte allarme nei dipendenti, nei sindacati e nelle istituzioni delle aree interessate, preoccupati per il futuro dei lavoratori e dell'azienda;
   a seguito di questa difficile situazione pare prospettarsi la dismissione di 34 punti vendita definiti «non performanti»; pare probabile che tra questi sia incluso uno dei due negozi della provincia di Lucca, quello situato a Sant'Anna, nel comune capoluogo, che conta 41 dipendenti, la maggior parte donne;
   non è chiaro se esista un piano industriale o se l'obiettivo della società sia quello di chiudere semplicemente i punti vendita succitati e di ridurre complessivamente le sue attività con un piano più ampio di cessioni: in questo senso, per il negozio di Lucca, ha destato allarme nei lavoratori e nei sindacati la decisione della proprietà di procedere con una serie di promozioni, con forti sconti sulla merce, che fanno temere la volontà di svuotare il punto vendita;
   i lavoratori del negozio di Lucca sono in sciopero dal 21 marzo e in presidio permanente nei pressi della struttura al momento chiusa; per il 1o aprile è stato indetto uno sciopero di tutti i punti vendita sul territorio nazionale;
   la proprietà ha nel frattempo evitato in ogni modo il confronto con i sindacati e le istituzioni, disertando peraltro una serie di incontri sia a livello locale che nazionale: l'incontro programmato per il 1o aprile al Ministero dello sviluppo economico è stato rinviato a data da destinarsi in seguito alla comunicazione dell'azienda di non poter essere presente, adducendo motivazioni generiche. Tale atteggiamento aumenta ovviamente le preoccupazioni per il futuro dei dipendenti e per la situazione dell'indotto –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di salvaguardare l'occupazione di tutti i lavoratori e le lavoratrici del gruppo;
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere tempestivamente le iniziative necessarie affinché l'azienda prenda parte ad un confronto attivo e fornisca informazioni e chiarimenti esaurienti sulla condizione complessiva del gruppo, in modo da consentire alle istituzioni, ai sindacati, alle lavoratrici e ai lavoratori coinvolti di valutare la situazione e di mettere in atto tutti gli interventi possibili per tutelarsi e garantire un adeguato sostegno economico alle famiglie, anche facendo ricorso agli ammortizzatori sociali. (4-08644)


   COMINELLI, LACQUANITI, GALPERTI e BERLINGHIERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda M. Business Srl/Mercatone Uno è una delle più importanti realtà nazionali della distribuzione del mobile, con ben 79 punti vendita in tutta Italia e circa 3.700 addetti totali;
   il punto vendita di Castegnato (Brescia) conta 32 addetti diretti e circa 10 indiretti e si segnala come nel 2014 proprio questo punto vendita si sia contraddistinto positivamente per aver raggiunto tutti gli obbiettivi fissati a budget dalla stessa azienda;
   nel mese di gennaio 2015 l'azienda, gravata da un debito di circa 450 milioni di euro, ha presentato istanza di concordato preventivo presso il tribunale di Bologna, mentre negli ultimi tre anni sono stati sottoscritti degli accordi sindacali per l'utilizzo dei contratti di solidarietà, allo scopo di salvaguardare l'occupazione e consentire un processo di riorganizzazione dei punti vendita, tale da rilanciare l'azienda e renderla competitiva;
   nonostante ciò, sembra non andare in tale direzione l'applicazione della svendita straordinaria prevista anche a Castegnato (Brescia) per il 21 marzo, il cosiddetto «fuori tutto» a cui i lavoratori del punto vendita castegnatese si sono opposti con uno sciopero ad oltranza che dura ormai da diversi giorni. Tali provvedimenti infatti sembrano rendere sempre più concreta la paventata ipotesi di chiusura di ben 34 punti vendita in tutta Italia, fra cui quello di Castegnato (Brescia), non smentita dall'azienda, nonostante il curatore fallimentare non abbia autorizzato tale ipotesi;
   la chiusura significherebbe la perdita del posto di lavoro per ben 1.700 persone; situazione ancor più pesante visto che in molti casi si tratta di famiglie monoreddito o di nuclei familiari in cui entrambi i componenti sono lavoratori della medesima azienda;
   nella giornata del 1o aprile 2015 era stato previsto a Roma un importante incontro al Ministero dello sviluppo economico, presso il quale è stato istituito un tavolo di confronto che vede impegnati parti sociali e istituzioni nella ricerca di possibili soluzioni ai gravi problemi legati allo stato di crisi dell'azienda; tuttavia, l'azienda ha dichiarato che non prenderà parte a tale tavolo –:
   se sia al corrente di quanto espresso in premessa e che iniziative di competenza intenda mettere in campo per una realtà aziendale come questa che, se opportunamente rifinanziata e guidata, potrebbe rispondere positivamente alla sfida competitiva del mercato. (4-08645)


   PARENTELA, GAGNARLI, GALLINELLA e L'ABBATE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) n. 1169/2011 ha introdotto, tra le altre cose, l'obbligo di indicazione dell'eventuale presenza di allergeni nelle etichette degli alimenti preconfezionati. La presenza di allergeni deve essere comunicata ai consumatori anche quando gli alimenti siano venduti al dettaglio o somministrati, ad esempio, in bar o ristoranti. In alcuni Paesi dell'Unione europea, come Grecia, Olanda, Belgio, Croazia, ma anche Francia, Germania, Gran Bretagna, la presenza di allergeni si potrà comunicare anche a voce (informativa orale);
   ad oggi non è ancora disponibile la normativa nazionale di applicazione del regolamento (UE) n. 1169 del 2011;
   il 6 febbraio 2015, il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico rispondendo all'interpellanza urgente n. 2-00818 di cui l'interrogante è cofirmatario ha affermato che:
    «gli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico hanno avviato i lavori per mettere a punto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dal decreto legislativo n. 109 del 1992, per l'aggiornamento dello stesso alla luce dell'avvenuta applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011»;
    «riguardo il quadro sanzionatorio delle nuove disposizioni recate dal regolamento (UE) n. 1169/2011, gli uffici del Ministero dello sviluppo economico hanno messo a punto una bozza di decreto legislativo concernente proprio la disciplina delle sanzioni da applicare in conseguenza della violazione delle disposizioni del regolamento, aggiornata alla luce delle osservazioni raccolte in occasione del tavolo di confronto. Il provvedimento sta per essere emanato»;
    «riguardo al quesito concernente la questione su come intenda far fronte all'obbligo di comunicazione dell'eventuale presenza di allergeni negli alimenti venduti o somministrati in ristoranti, si precisa che tale modalità è già contenuta nella bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento del decreto legislativo n. 109 del 1992 e dovrà essere formalmente condiviso con il Ministero della salute, Dicastero concertante nell'emanazione del detto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri»;
   da tempo il MoVimento 5 Stelle denuncia i colpevoli ritardi del Governo nell'introdurre norme applicative e sanzionatorie, e così pure l'inerzia dei controllori rispetto a illeciti diffusi sui prodotti venduti sfusi;
   allo stato attuale, molte delle nuove etichette dei prodotti venduti sugli scaffali dei supermercati sono palesemente non conformi;
   in un articolo dello scorso 22 febbraio de Il Fatto Alimentare è stata pubblicata una lista di errori più frequenti riportati in etichetta:
    a) la dicitura «farina 0», «farina tipo 00» o «farina integrale» non basta, perché il numero («0» oppure «00» come pure la tipologia «integrale») esprime la granulometria dello sfarinato, ma può riferirsi a qualsiasi cereale o legume. Se il prodotto contiene grano o frumento bisogna scriverlo ed evidenziarlo;
    b) la frase «contiene frutta secca con guscio» è insufficiente. Le persone allergiche alle noci devono poter trovare il nome per esteso e in evidenza sulla lista ingredienti in etichetta. Altrettanto dicasi per mandorle, nocciole, pistacchi, arachidi, noci di acagiù (o anacardi), noci di pecan, noci del Brasile, noci macadamia;
   un discorso analogo riguarda i prodotti con glutine. Visto che diversi cereali lo contengono occorre citare separatamente le diverse specie: grano, farro, grano khorasan, segale, orzo, avena;
   quando sulla confezione troviamo la scritta: «pangrattato», «margarina», «formaggio (...)» «cioccolato», «confettura di (... )» occorre essere più precisi perché si tratta di ingredienti composti. In questo caso il nome deve essere abbinato ai componenti minori riportati tra parentesi, in ordine decrescente, evidenziando in grassetto o con un altro metodo grafico gli eventuali allergenici;
   anche la scritta «prodotto in uno stabilimento dove si lavorano/dove sono presenti (...)» non basta. L'operatore responsabile deve assicurare un'informazione esatta indicando eventuali lavorazioni in atto nelle vicinanze, non previste dal regolamento UE 1169/11, possono semmai costituire oggetto delle valutazioni di cui in seguito;
   «contiene/può contenere... (di tutto e di più, ndr)», «cartello unico degli ingredienti...». L'impiego di elenchi generici e tendenzialmente omnicomprensivi rispetto alla lista degli ingredienti allergenici di cui in Allegato II del reg. (UE) 1169/11 può venire considerato, da parte degli ispettori pubblici, come inadempimento dei doveri di autocontrollo a carico degli operatori ed esercenti;
   la presenza in etichetta della parola «Allergeni» seguita da alcuni ingredienti allergici non è prevista dal regolamento, perché può indurre il consumatore a credere che l'elenco consideri oltre alle sostanze previste nella norma europea anche altre come: aglio, fave, alcuni additivi e/o loro supporti, spezie –:
   quali tra gli impegni del Governo citati nelle premesse siano stati onorati in termini di aggiornamento della normativa nazionale e con riguardo all'emanazione di un decreto legislativo concernente la disciplina delle sanzioni da applicare in conseguenza della violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011. (4-08646)


   RICCIATTI, LUCIANO AGOSTINI, MARCHETTI, LODOLINI, QUARANTA, SCOTTO e FERRARA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il piano industriale 2015-2020 presentato da Poste Italiane spa a prevede la razionalizzazione e la chiusura di numerosi uffici postali in sedi periferiche;
   a livello nazionale si prevede la chiusura definitiva di circa 450 uffici mentre 600 uffici avranno un'apertura con orario ridotto;
   nelle Marche, come in altre aree del Paese, ad essere particolarmente penalizzate sono le zone periferiche. Nello specifico il processo di riorganizzazione interessa per il 36 per cento la provincia di Pesaro Urbino, con 9 razionalizzazioni e 3 chiusure; per il 24 per cento quella di Macerata con 6 razionalizzazioni e 2 chiusure; per il 21 per cento Ascoli Piceno con 3 chiusure e 4 razionalizzazioni; per il 12 per cento Ancona con 1 chiusura e 3 razionalizzazioni, e per il 6 per cento su Fermo 1 chiusura e 1 razionalizzazione;
   dal piano di sviluppo di Poste Italiane spa emerge, in sostanza, un «cambio di vocazione» che punta alla riallocazione di risorse, recuperate dalla chiusura degli uffici periferici e dalla razionalizzazione, verso nuovi servizi prevalentemente focalizzati su risparmio, assicurazioni e commerce;
   Poste Italiane è affidataria del servizio universale che garantisce a tutti i cittadini la possibilità di fruire del servizio indipendentemente dal reddito e dalla collocazione geografica;
   il fornitore del servizio universale deve garantire per almeno 5 giorni a settimana una raccolta e una distribuzione al domicilio di ogni persona (fisica o giuridica), salvo deroghe stabilite dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e notificate alla Commissione europea;
   gli uffici postali rappresentano un importante presidio sul territorio, che diventa indispensabile soprattutto per alcune categorie di cittadini come gli anziani, quelli con una scarsa dimestichezza con strumenti informatici e telematici, o che risiedono in aree periferiche del Paese;
   la delibera n. 342/14/CONS dell'Agcom ha modificato i criteri di distribuzione degli uffici postali fissati dall'articolo 2 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 ottobre 2008, prevedendo criteri più restrittivi a tutela degli utenti del servizio postale universale, sopratutto in riferimento alle «aree geografiche remote del territorio nazionale, quali le “isole minori” e le “zone rurali e montane”, individuandole come “situazioni particolari” meritevoli di specifica considerazione nell'ambito del servizio postale universale»;
   la suddetta delibera impone, inoltre, a Poste Italiane di «avvisare con congruo anticipo le Istituzioni locali sulle misure di razionalizzazione; al fine di avviare un confronto sull'impatto degli interventi sulla popolazione interessata e sulla possibile individuazione di soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale nelle zone periferiche»;
   il Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan ha più volte manifestato il progetto di privatizzare Poste Italiane, attualmente società per azioni con capitale detenuto interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   l'amministratore delegato di Poste Italiane Francesco Caio ha dichiarato che il contratto di servizio va ripensato perché allo stato attuale non è più sostenibile («Il piano Poste 2020 è molto ambizioso ma non può prescindere da un ripensamento del servizio universale postale adeguato alle nuove esigenze delle famiglie italiane che ora appare disallineato rispetto ai reali bisogni e quindi non più sostenibile dal punto di vista economico», dichiarazione riportata da Il Sole 24 Ore del 16 dicembre 2014);
   non rientra nelle prerogative dell'affidatario del servizio universale stabilire contenuti e limiti del servizio stesso e la funzione del servizio universale è proprio quella di garantire il servizio postale agli utenti che risiedono in zone «economicamente non vantaggiose» per una impresa che opera sul libero mercato;
   dal piano industriale di Poste 2020 ad avviso degli interroganti emerge chiaramente la tendenza dell'azienda a riallocare risorse in attività a redditività più elevata a scapito delle attività «tradizionali» del servizio postale, e con il processo di privatizzazione tale tendenza sarà verosimilmente più accentuata –:
   quali misure intendano adottare i Ministri interrogati, per garantire la piena operatività del servizio universale, in particolare modo per i cittadini che risiedono in aree svantaggiate del Paese;
   quali iniziative intendano intraprendere affinché siano rispettate e indicazioni dell'Agcom sulla concertazione tra Poste Italiane e le istituzioni del territorio nel processo di riorganizzazione degli uffici postali. (4-08663)


   LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nelle Marche opera da circa trent'anni la Cooperativa Cooperlat, che rappresenta ben 11 cooperative di produzione del latte e del latte fresco di qualità, con un fatturato medio nell'ultimo triennio di circa 240 milioni di euro e con una produzione di 270 milioni di litri di latte lavorato e suoi derivati, che sono commercializzati in Italia e all'estero;
   in occasione del rinnovo delle cariche sociali dello scorso 26 aprile 2011 si è determinata una grave spaccatura all'interno della compagine sociale, ponendosi in contrapposizione le cooperative che conferiscono la totalità del latte prodotto e le cooperative che conferiscono solo parzialmente il latte di loro produzione, benché rappresentino questi ultimi la maggioranza numerica dei soci della Cooperlat;
   i conferitori parziali, unitisi in cartello elettorale, approfittando anche della mancanza di un regolamento elettorale interno, nell'ultima assemblea per il rinnovo delle cariche sociali del 26 aprile 2012 hanno occupato la totalità delle cariche sociali di governo e di controllo della stessa Cooperlat, ignorando la minoranza, con conseguenti e perduranti atti di sfavore verso le cooperative di minoranza, determinando così gravi danni economici e d'immagine ai soci e ai territori di riferimento come quello piceno, con la chiusura nel giugno 2014 dello stabilimento ex Coalac che lavorava il latte fresco di qualità, nonostante rappresentasse il prestigio del marchio «Tre Valli» della Cooperlat;
   dopo due ispezioni straordinarie (la prima chiusa senza rilievi con verbale del 22 novembre 2012; la seconda che si è chiusa con un rilievo con verbale del 1206)2014), che non hanno prodotto alcun effetto rispetto alla violazione delle più elementari e fondamentali regole cooperativistiche e del principio di mutualità, in data 30/09/2014 la Cooperativa Coalac ha richiesto una ulteriore ispezione straordinaria, agli organi di vigilanza sull'attività cooperativistica della Cooperlat di codesto Ministero e ha adito l'autorità giudiziaria ordinaria denunciando:
    a) la violazione dello Statuto nella formazione della compagine sociale, in quanto è stata negata la rappresentatività dei territori regionali delle cooperative socie nel Consiglio di Amministrazione, quantunque espressamente previsto;
    b) la rappresentanza della minoranza dei soci a conferimento totale del latte rispetto a quelli a conferimento parziale, i quali monopolizzano attraverso loro rappresentanti negli organi decisionali il governo e il controllo della Cooperlat, ponendo in essere scelte, azioni e comportamenti lesivi degli interessi dei soci di minoranza a favore dei soci di maggioranza;
    c) le gravi perdite di bilancio nel 2013 del Gruppo Cooperlat durante tutta la gestione della nuova compagine sociale, così come certificato da ben due ispezioni straordinarie di codesto Ministero (4.102.806 euro da parte di Abit Piemonte e 1.384.386 euro da parte di Fattorie Marchigiane);
    d) l'assottigliamento costante della mutualità prevalente passata dal 56,32 per cento per l'anno 2010 al 50,86 per cento per l'esercizio 2013, a causa di un perverso gioco speculativo delle cooperative di   produzione a conferimento parziale, le quali hanno preferito collocare sul libero mercato maggiori quantitativi di latte prodotto quando i prezzi erano migliori di quelli pagati dalla Cooperlat, contravvenendo così non solo ai principi mutualistici che giustificano il regime di privilegio fiscale per le cooperative, ma anche danneggiando gli interessi dei conferitori totali di latte che si sono visti restringere i loro margini di utile;
    e) la compressione del sacrificio dello scopo mutualistico con la esclusiva predominanza nel Consiglio di Amministrazione e nel Collegio Sindacale dei soli rappresentanti delle cooperative di produzione del latte a conferimento parziale, con palese violazione del principio solidaristico;
    f) la commistione tra rappresentanti preposti agli organi ed enti di controllo e preposti agli organi e cooperative controllate, con specifico riferimento alla Confcooperative che, in base al decreto legislativo 220/2002 e all'articolo 2 dello statuto della Cooperlat («Aderisce alla Confederazione Cooperative Italiane ed alla sua struttura territoriale»), esercita la vigilanza ordinaria sulle cooperative come la Cooperlat, il cui segretario regionale delle Marche è componente del consiglio di amministrazione insieme al presidente di Confcooperative della provincia di Pesaro e al Presidente nazionale del settore latte di Confcooperative, con evidente conflitto di interessi tra controllore e controllato;
    g) la sostanziale inapplicabilità dello Statuto il quale affida l'arbitrato alla Confcooperative nazionale per dirimere eventuali conflitti tra soci o violazioni statutarie;
   il rinnovo delle cariche sociali è avvenuto nei termini dianzi richiamate, con l'Assemblea dei soci del 26 aprile 2012 per il triennio 2012-2015, senza alcuna Regolamento di votazione, con conseguente diffida da parte degli ispettori di codesto Ministero – giusta intimazione nel verbale di ispezione delle 12 giugno 2014 – a sanare tale «vulnus» con l'approvazione di un nuovo Regolamento, il quale è stato adottato dall'Assemblea dei soci in data 10 settembre 2014, con congelamento formale e sostanziale della situazione esistente, dal momento che consente ad ogni socio di esprimere tante preferenze quanti sono i componenti del Consiglio di Amministrazione da eleggere, riproponendo quindi l'egemonia del cartello delle cooperative a conferimento parziale del latte anche per il prossimo triennio 2015-2017, con conseguente conferma del vizio di origine nell'Assemblea del 26 aprile 2014;
   il rischio di «default» – così come si ravvisa nel verbale della ispezione ministeriale del 12 giugno 2014 – derivante dalla constatazione «... di un margine negativo, che significa come la stessa (Gruppo Cooperlat ndr) nel breve termine non sia in grado, con la somma delle liquidità totale delle realizzabilità, di coprire le passività correnti... la struttura finanziaria necessita di interventi di miglioramento...»; interventi che però finora non ci sono stati, perdurando la speculazione sul sovrapprezzo del latte conferito dai conferitori parziali a danno del bilancio Cooperlat, che nel 2014, diversamente da 2013, ha pagato agli stessi conferitori un prezzo più alto del latte rispetto al libero mercato, il quale ha registrato un crollo verticale del prezzo del latte, con il riflesso di un nominale incremento della mutualità prevalente, la quale però non si è tradotta anche, al momento, in utile aziendale ma, anzi, in un peggioramento dei conti –:
   se sia stata verificata la coerenza dell'adempimento relativo alla intimazione degli ispettori ministeriali, di cui al verbale del 12 giugno 2014, relativa alla necessità di approvare un regolamento elettorale, con principi mutualistici di rappresentanza della minoranza nei centri di decisione e di controllo della Cooperlat, dal momento che i risultati ottenuti, secondo l'interrogante smentiscono nella sostanza e nella forma, lo spirito della diffida degli stessi ispettori;
   se sia stata predisposta una ulteriore ispezione straordinaria e se non si intende promuoverla nel più breve tempo possibile, con lo scopo di verificare se esistono le condizioni di «commissariare la Cooperlat» dopo aver accertato le circostanze segnalate in premessa. (4-08664)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Speranza e altri n. 1-00769, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gadda.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Zampa e altri n. 7-00643, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Valeria Valente.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rubinato n. 5-04562, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Menech.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Crippa e altri n. 5-04670, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Incà.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti e altri n. 5-05031, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Melilla.

  L'interrogazione a risposta scritta Pesco e altri n. 4-08514, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rizzo, Corda, Basilio, Luigi Gallo, Dall'Osso, Businarolo, D'Incà, D'Ambrosio, Colletti, Cancelleri, Lorefice, Crippa, Pisano, Ruocco.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Dorina Bianchi e altri n. 3-01402, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bernardo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Placido n. 4-07966, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 375 dell'11 febbraio 2015.

   PLACIDO, DURANTI, FRATOIANNI, PANNARALE e SANNICANDRO. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere premesso che:
   è stata richiesta dalla società «Teknosolar Italia2 Srl» alla regione Basilicata, alla provincia di Potenza e al comune di Banzi l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto solare termodinamico con potenza nominale di 50 megawatt dotato di 8.640 captatori (specchi parabolici) sul territorio di Banzi;
   il progetto presentato è comprensivo di alcune opere connesse come il cavidotto di collegamento dell'impianto con la stazione elettrica di Terna spa e la stazione elettrica di utenza;
   l'area su cui si chiede l'autorizzazione è un'area di 226,4 ettari, oggi destinato interamente a terreno agricolo, così come da vocazione dell'intero territorio bradanico;
   la Spagna, unico Paese europeo su cui a oggi insistono impianti solari termodinamici con le caratteristiche di quello per cui viene richiesta l'autorizzazione, ha dislocato tali impianti in aree industriali per evitare di compromettere territori a così marcata vocazione agricola;
   l'impianto in questione prevede un'opera di cosiddetta «bonifica» consistente nella impermeabilizzazione del suolo, e collateralmente prevede la realizzazione di una linea ad alta tensione necessaria a collegare l'impianto con una stazione ad altissima tensione che dovrebbe essere realizzata in territorio di Genzano di Lucania;
   l'utilizzo molto ingente – e nemmeno calcolato per intero e in modo chiaro nello studio di impatto ambientale presentato dalla società realizzatrice –, di acqua che, al pari del terreno, sarebbe sottratta alle attività agricole;
   ad essere sottoposto a tutela paesaggistica non è solo il Fosso Marascione, interessato dall'attraversamento del cavidotto, ma anche il Torrente Marascione che taglierebbe in due l'area d'impronta dell'impianto;
   il Torrente Marascione è il proseguimento del Vallone Garbitello ed insieme a quest'ultimo sono iscritti al n. 533 dell'elenco delle acque pubbliche della provincia di Potenza; esso interferisce in parte con l'area destinata alla costruzione dell'impianto Teknosolar Italia S.r.l.;
   nella nota prot. n. 0149954/19AC del 30 settembre 2014 dell'ufficio ciclo dell'acqua trasmessa dal comune di Palazzo San Gervasio si precisa che il torrente Marascione fa parte del demanio pubblico dello Stato;
   l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 18 febbraio 1999 dichiara la pubblicità di tutte le acque superficiali ed anche sotterranee affermando che: «appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee e le acque superficiali»;
   il Marascione è da considerarsi sottoposto a tutela paesaggistica non soltanto per il suo essere torrente, ma anche per il suo essere corso d'acqua iscritto nell'elenco delle acque pubbliche;
   la società utilizzerebbe materiali altamente pericolosi quali i fluidi termovettori, e non meglio specificati gas «necessari per la sua continuità» (gas che contrasterebbero, per ammissione dello stesso studio di impatto ambientale presentato, con la rinnovabilità delle fonti);
   come riportato dalla stampa locale – e denunciato da decine di associazioni ambientaliste – alla realizzazione dell'impianto si oppongono, oltre alla comunità di Palazzo San Gervasio, anche gli amministratori locali dei comuni di Palazzo San Gervasio, Barile, Genzano di Lucania, Lavello, Maschito, Melfi, Montemilone, Rapolla, Rapone, Rionero in Vulture, San Fele, Venosa, Ginestra, comuni che hanno espresso il loro motivato dissenso tramite specifiche delibere di diniego dell'area programma Vulture Alto Bradano (n. 8 del 21 agosto 2014 e n. 10 del 13 ottobre 2014);
   la società prevede, inoltre, di avvalersi dell'istituto giuridico dell'esproprio per pubblica utilità pur essendo una procedura a giudizio degli interroganti alquanto impropria. Infatti, per i similari impianti a tecnologia fotovoltaica, ai sensi del comma 4-bis dell'articolo 12 del decreto legislativo 387 del 2003, si prevede che «il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell'autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l'impianto». Il citato comma 4-bis venne introdotto dalla legge 23 luglio 2009, n. 99 (articolo 27, comma 42), al fine di evitare un uso improprio dell'istituto giuridico dell'esproprio per le aree interessate dal posizionamento dei pannelli fotovoltaici, fermo restando il riconoscimento della pubblica utilità (e quindi la possibilità di ricorrere all'esproprio) per le sole opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio dell'impianto;
   è del tutto evidente che la ratio legis, ispiratrice del comma 4-bis dell'articolo 12 del decreto legislativo 387 del 2003 per gli impianti fotovoltaici, dovrebbe essere estendibile anche agli impianti a tecnologia solare termodinamica che occuperebbero suoli tramite specchi piani o parabolici piuttosto che tramite pannelli fotovoltaici, con l'aggravante che un impianto a tecnologia solare termodinamica prevede, a parità di potenza elettrica (MWe) con un impianto a tecnologia fotovoltaica, un maggiore consumo di suolo –:
   quali iniziative intenda intraprendere tempestivamente per salvaguardare beni di rilevante interesse paesaggistico dal nocumento derivante dall'impatto «solare termodinamico». (4-07966)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Merlo n. 4-08591 del 27 marzo 2015.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Peluffo n. 4-03795 del 4 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05246;
   interrogazione a risposta scritta Oliverio n. 4-06707 del 31 ottobre 2014 in interrogazione a risposta orale n. 3-01412;
   interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti e altri n. 5-05031 del 13 marzo 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-08663.