Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 18 marzo 2015

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   la legge della regione autonoma Friuli Venezia Giulia n. 4 del 2015, pubblicata sul BURC del 18 marzo 2015 prevede l'istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volontà di donazione degli organi e dei tessuti;
   il testo manifesta secondo gli interpellanti evidenti profili di illegittimità costituzionale in quanto interviene in una materia correlata a diritti fondamentali quali il diritto alla salute, il rispetto della dignità, umana nei trattamenti sanitari e i diritti del paziente nei trattamenti sanitari (articoli 3, 13 e 32 della Costituzione) introducendo disposizioni di livello regionale che riguardano diritti personalissimi in deroga a quanto stabilito dalle leggi statali, e comunque in deroga ai principi fondamentali sanciti dalla legge in materia nonché dalle norme del codice di deontologia medica;
   la legge regionale eccede i limiti di competenza previsti dall'articolo 117 della Costituzione in quanto concerne la materia «ordinamento civile» affidata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato;
   sotto tale profilo la legge regionale n. 4 del 2013, con l'istituzione del registro, questione solo apparentemente amministrativa, disciplina con legge una espressione di volontà del paziente «libera dichiarazione anticipata di trattamento DAT» che non ha un riscontro nella normativa nazionale, peraltro qualificandola giuridicamente. La fattispecie contemplata dalla norma viene poi regolamentata entrando in materia oggetto di specifica disciplina statale e relativa a procedure di volontaria giurisdizione (amministratore di sostegno), stabilendo forme e modalità di espressione della volontà della persona di competenza esclusiva statale già regolate con legge (designazioni da fare con atto pubblico o scrittura privata autenticata, soggette all'apprezzamento del giudice) volte ad assicurare ad un soggetto, con l'intervento del giudice tutelare, la presenza di un amministratore di sostegno in previsione della propria eventuale futura incapacità;
   la legge regionale introduce altresì una nuova figura giuridica «il fiduciario» che dovrebbe «controllare il rispetto della volontà» del paziente rispetto ai futuri trattamenti sanitari, disciplinando anche i requisiti soggettivi che dovrebbe avere il fiduciario in evidente sovrapposizione con quanto disciplinato dal codice civile (articolo 408). La legge regionale stabilisce infatti (articolo 3, comma 2) che il fiduciario, individuato dall'interessato, debba essere «persona maggiorenne capace di intendere e di volere»;
   l'articolo 4 della legge regionale si spinge altresì a dettare disposizioni sulla validità, revoca e modifica, nonché sulla «riconferma» delle dichiarazioni anticipate di trattamento, anche in questo caso introducendo elementi relativi al consenso libero attuale e informato al trattamento sanitario che il medico acquisisce nell'azione di tutela della salute del paziente;
   peraltro, la legge regionale non chiarisce in che maniera il paziente venga messo al corrente della sua situazione clinica e delle conseguenze del contenuto delle sue dichiarazioni, impedendo così alle istituzioni sanitarie di avere certezza del livello di consapevolezza raggiunto dal paziente nell'espressione di quello che dovrebbe essere un consenso informato;
   la disposizione interferisce inoltre con la competenza legislativa esclusiva statale in materia di «Politica estera e rapporti internazionali dello Stato», nello specifico interviene in materia trattata nell'ambito della partecipazione dell'Italia al Consiglio d'Europa con la firma della Convenzione per la protezione dei diritti umani e della dignità dell'essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina – Convenzione di Oviedo sulla biomedicina;
   la legge regionale infatti si propone espressamente di dare attuazione alla Convenzione di Oviedo sulla biomedicina che presenta come «ratificata» dall'Italia e quindi, a norma della stessa Convenzione, in vigore internazionale. Invero la Convenzione non è stata ratificata dall'Italia e non è in vigore per la l'Italia. La legge 28 marzo 2001, n. 145, che autorizza il Presidente della Repubblica a depositare lo strumento di ratifica, prevede la necessità di introdurre una legislazione statale per l'attuazione previa dei principi della Convenzione. Rimane quindi l'esigenza per lo Stato di completare il processo con scelte legislative di sua esclusiva competenza;
   il testo proposto tra l'altro non risulta nemmeno coerente con la Convenzione internazionale negoziata dal Governo italiano cui vorrebbe dare attuazione. In particolare l'articolo 9 della Convenzione, dopo un lungo e difficoltoso percorso di trattative, da rilevanza a «desideri» di trattamento e non a «libere dichiarazioni», espressione impropriamente utilizzata dalla legge regionale. La conferma è data dalla lettura dei testi ufficiali approvati dal Consiglio d'Europa nelle lingue che fanno fede (inglese e francese);
   utilizzare una diversa terminologia con l'espressione «dichiarazioni» al posto di «desideri», accompagnata dall'aggettivo «libere», espressione usata nel contesto più stringente del consenso del paziente al trattamento sanitario «attuale, libero e informato», non appare in linea con l'equilibrio della Convenzione stessa ed evidenzia la necessità di un intervento legislativo nazionale che definisca la delicata materia con una disciplina di livello nazionale –:
   si chiede se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per impugnare innanzi alla Corte costituzionale la nuova legge regionale del Friuli Venezia Giulia ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
(2-00899) «Gigli, Dellai».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAESTRI, ROMANINI, VILLECCO CALIPARI, D'OTTAVIO, LENZI, MALISANI, MANFREDI, CARLO GALLI, CARRA, IORI, GHIZZONI, MOGNATO, LATTUCA, ALBINI, CIMBRO, ROBERTA AGOSTINI, FOSSATI, MONTRONI, BENI, DALLAI, LAVAGNO, GNECCHI, CENNI, MALPEZZI, BLAZINA, BOSSA, TULLO, STUMPO, CAROCCI, MELILLA, BARUFFI, ARLOTTI, PAGANI, CARLONI, GIACOBBE, INCERTI, CASELLATO, PATRIARCA, GIORGIS, GRIBAUDO, DE MARIA, D'ATTORRE, FABBRI, MANZI e MICCOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 10 febbraio 2015 si è svolta presso la Camera dei deputati la celebrazione del «Giorno del Ricordo delle Foibe e dell'Esodo Giuliano-Dalmata» ai sensi della legge 30 marzo 2004, n. 92. In quell'occasione, a margine della celebrazione ufficiale, sono stati consegnati i previsti riconoscimenti ai congiunti degli infoibati sulla base dell'istruttoria compiuta dalla Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 5 della legge;
   tale riconoscimento è stato consegnato anche ai figli del bersagliere di origine parmigiana Paride Mori, ucciso a Modreuzza (Slovenia) in uno scontro coi partigiani il 18 febbraio 1944;
   Paride Mori faceva parte del 1o battaglione bersaglieri volontari «Benito Mussolini» (definito in alcuni documenti Waffen SS. Bersagliere Repubblicano) formatosi a Verona, per iniziativa di Vittorio Facchini, nella seconda decade del settembre 1943, prima ancora della nascita della Repubblica Sociale Italiana. Il battaglione venne impiegato soprattutto a presidio della linea ferroviaria Gorizia-Piedicolle;
   Mori aderì alla Repubblica Sociale in modo consapevole, avendo già quarant'anni e in qualità di ufficiale dell'esercito. Non a caso è menzionato tra i caduti RSI nei siti web revisionisti e di estrema destra (tra cui i quali www.laltraverita.it);
   la lettura degli eventi storici che hanno portato alla morte di Paride Mori parrebbe far ricondurre la stessa ad un evento bellico che ha visto coinvolti repubblicani fascisti e partigiani senza quindi alcuna connessione diretta con gli eccidi ai danni della popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia occorsi durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra;
   la consegna del riconoscimento alla memoria di Paride Mori ha suscitato accese polemiche nell'opinione pubblica. Nella serata del 15 marzo 2015 il Sottosegretario Delrio ha assicurato che «Se la commissione che ha vagliato centinaia di domande ha valutato erroneamente, il riconoscimento dovrà essere revocato»;
   già nel 2010 il comune di Traversetolo (PR), da cui proveniva Mori, ha ufficialmente revocato l'intitolazione di una strada al bersagliere, dedicandola poi a don Enzo Pasini il quale oltre ad essersi prodigato a favore del comitato pro sfollati durante la guerra, si è prestato in più occasioni e con abnegazione come intermediario fra i partigiani, i tedeschi e le brigate nere per lo scambio di numerosi ostaggi, salvando molte vite –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri non intenda intervenire direttamente e con la massima sollecitudine al fine di revocare il conferimento del riconoscimento concesso alle vittime delle foibe ai sensi della legge 30 marzo 2004, n. 92, al bersagliere Paride Mori la cui data di morte (febbraio 1944) non sarebbe in alcun modo compatibile con gli avvenimenti che la legge si impegna a commemorare;
   se alla luce di questo episodio, non ritenga di rendere pubblico l'elenco delle persone cui è stato attribuito il riconoscimento e di compiere un'ulteriore verifica onde evitare che lo stesso possa essere stato conferito in modo improprio a fascisti e militari della RSI che nulla avevano a che fare con gli eccidi perpetrati nelle foibe. (5-05055)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della presentazione del cosiddetto «Decreto competitività e giustizia sociale» dell'aprile 2014, l'attuale Governo promise di ridurre le «centrali d'acquisto» della pubblica amministrazione a 35 rispetto alle circa 32 mila attuali;
   a tutt'oggi, come riporta il settimanale Panorama, il taglio delle stazioni appaltanti non è avvenuto e non si possono fare previsioni su quando avverrà;
   il cosiddetto «decreto mille-proroghe» 2015 ha rinviato l'applicazione della norma per la riduzione delle stazioni appaltanti;
   l'attuale esecutivo, a giudizio dell'interrogante e dell'estensore dell'articolo di Panorama, si trova a dover conciliare due esigenze contrapposte: da un lato i comuni che non vorrebbero la riduzione delle stazioni appaltanti e dall'altro le istituzioni europee a cui è stata comunicata la decisione, dalla quale dovrebbero derivare risparmi di spesa pari a 800 milioni nel 2014 e 2,3 miliardi nel 2015;
   il problema del taglio delle centrali d'acquisto o delle stazioni appaltanti è solamente una parte del problema legato ai presunti o presumibili tagli alla spesa pubblica, dei quali, ad oggi, s’è visto ben poco;
   la riduzione dei trasferimenti alle imprese, 1 miliardo nel 2014 e 1,6 miliardi nel 2015, non si è fatta. La cessione delle municipalizzate in perdita, 100 milioni per il 2014 ed altrettanti nel 2015, non si è fatta. Neanche la riorganizzazione delle forze dell'ordine (800 milioni di risparmio per il 2015) è avvenuta, così come la soppressione di enti o agenzie (100 milioni nel 2014 e 200 milioni nel 2015);
   la digitalizzazione della pubblica amministrazione, 1 miliardo di minori spese nel 2015, è sparita dal bilancio dello Stato. Rimangono i soliti e tanto contestati tagli lineari nelle spese dei Ministeri e nei trasferimenti a regioni e comuni (3,5 e 2,2 miliardi in meno, rispettivamente, alle regioni e ai comuni) che, nel 2015, vivranno un anno durissimo;
   questi previsti, e non attuati, risparmi di spesa compongono quasi la metà dell'ultima manovra economica del Governo che già dall'annuncio, agosto 2014, alla presentazione è diminuita da 20 a 16 miliardi di euro;
   l'esecutivo si è tutelato nei confronti della Commissione europea con la cosiddetta «clausola di salvaguardia» dell'aumento dell'Iva al 12 ed al 24 per cento nel 2016 con ulteriori aumenti nel 2017 e nel 2018;
   è facilmente intuibile chi pagherà nel caso i saldi di bilancio previsti dal Governo non si verificheranno;
   anche la spesa pubblica sta crescendo in questi anni. Fra il 2013 ed il 2015 è cresciuta di 11,6 miliardi e nel 2017 dovrebbe arrivare a 860,3 miliardi di euro: 20,5 miliardi in più rispetto al 2015 –:
   quali provvedimenti e quali iniziative intenda adottare il Governo per applicare concretamente le disposizioni normative previste in materia di «revisione della spesa pubblica». (4-08451)


   PESCO, ALBERTI, TRIPIEDI e CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il TTIP, il Trattato transatlantico sugli investimenti definito «vitale» dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che Europa e Stati Uniti stanno negoziando da diversi mesi, le cui trattative sono avvolte da riserbo e massima segretezza con la finalità di creare la più grande area di libero scambio del mondo, senza più dazi e confini commerciali tra i due continenti, sembra nascondere pericoli seri per la salute e la sicurezza garantita da standard legislativi conquistati in Europa anche con le battaglie legali e le pronunce dei tribunali;
   le indiscrezioni sulla bozza del trattato suggeriscono preoccupanti limitazioni circa le leggi che i Governi partecipanti potrebbero adottare per regolamentare diversi settori economici, in particolare banche, assicurazioni, commercio, telecomunicazioni e servizi postali; si introdurrebbero, in particolare, norme in grado di consentire alle multinazionali americane di intentare cause per «perdita di profitto» contro i Governi dei Paesi europei, qualora questi portassero avanti legislazioni a tutela dell'ambiente (per esempio, contro la diffusione degli OGM), o a favore dei diritti sociali;
   sarebbe ammessa la libera circolazione dei lavoratori in tutte le nazioni firmatarie, e sembra esser stata proposta l'ammissibilità, per i soggetti economici privati, di muovere azioni legali contro i Governi le cui legislazioni prevedano la tutela dello stato sociale e dei diritti inviolabili della persona. Un ulteriore pericolo potrebbe essere rappresentato dal ribasso dei salari, dal momento che per la libertà di circolazione, le imprese di un Paese potranno applicare in un altro Paese i salari vigenti nel proprio generando un vantaggio solo per le imprese statunitensi, posto che i salari dei lavoratori europei sono più elevati di quelli americani. Anche i diritti sindacali europei, se saranno confermate le indiscrezioni, non avranno valore se contrari alle norme sul libero scambio e libera circolazione contenuti nel TTIP, senza possibilità per i lavoratori vessati, di rivolgersi al giudice del lavoro locale. Anche in questo caso, il lavoratore europeo dovrà rivolgersi a una corte arbitrale statunitense;
   qualora un'azienda americana volesse iniziare un'attività considerata pericolosa in Europa (come una centrale nucleare o l'estrazione dello shale gas), nessun tribunale locale potrebbe opporsi, con le stesse multinazionali agroalimentari americane che potrebbero fare incetta di terreni acquistati a poco prezzo dagli agricoltori locali per impiantarvi piantagioni OGM, al posto delle coltivazioni dell'agricoltura tradizionale, smantellando così il principio di precauzione relativamente agli organismi geneticamente modificati previsto dalla legislazione italiana ed europea;
   tra i rischi concreti che ciò comporterebbe, c’è anche l'ingresso di merci e alimenti di cattiva qualità prodotti dalle multinazionali americane, come vegetali e carne OGM, o prodotti imbottiti di ormoni e fitormoni; contro tali rischi le leggi nazionali e le comunità locali non potranno opporsi in quanto le leggi e i regolamenti devono sottostare al trattato. Anche le sentenze dei giudici europei non potrebbero essere opposte in relazione ai prodotti statunitensi perché il TTIP obbligherebbe i cittadini europei, singoli e in associazione, a rivolgersi, non al giudice nazionale, ma a un organo di natura privata per tentare un arbitrato volto a contrastare a proprie spese gli staff legali delle multinazionali, gettando così i cittadini europei, le piccole imprese locali e gli agricoltori, in balia dello strapotere delle grandi corporation americane;
   assieme alle barriere tariffarie salterebbero anche altri ostacoli quali regole, controlli e standard minimi richiesti per la circolazione della merce, norme sulle sostanze chimiche tossiche, leggi sanitarie, prezzi dei farmaci, libertà di internet e la privacy dei consumatori, l'energia, i brevetti ed i copyright;
   l'articolo 41 della Costituzione sancisce che «l'iniziativa economica privata è libera», ma che la stessa «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»;
   l'articolo 3 della Costituzione dispone che: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Da quanto indicato si desume l'impraticabilità e l'inopportunità di accordi tenuti segreti ai cittadini, che di fatto ostacolerebbero e limiterebbero lo sviluppo personale a parità di condizioni economico-sociali, favorendo proprio quei soggetti a conoscenza dei dettagli di questi accordi e delle relative modalità operative;
   l'articolo 80 della Costituzione recita «Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi»;
   l'articolo 11 della Costituzione italiana, nei princìpi fondamentali, recita «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo» –:
   se il Governo sia al corrente della specificità di tali trattative e se intenda chiarire i contenuti specifici delle stesse e lo stato dei lavori concernenti il citato accordo TTIP, rassicurando sulla costituzionalità di eventuali cessioni di sovranità, previste solo in caso di conflitti o se indispensabili per la pace tra le Nazioni tutte. (4-08454)


   PESCO, ALBERTI e TRIPIEDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Corriere Della Sera del 22 ottobre 2014 titolava «La maxi evasione da 1,7 miliardi: 62 indagati a Roma, tra loro c’è il re degli appalti pubblici Pierino Tulli. Ricostruito il meccanismo per non pagare l'IVA. I soldi a San Marino e Lussemburgo»;
   lo stesso articolo, riporta: «Malgrado lo strascico di bancarotte cucite sulla sua reputazione, Pierino Tulli, era ancora considerato il re degli appalti romani. Dalle aule di Montecitorio agli hangar aeroportuali, la sua Gesconet ha lavorato per un ventennio con le istituzioni, occupandosi di facchinaggio, pulizie e sorveglianza degli uffici pubblici. Lavori sui quali, secondo le ipotesi degli investigatori, il settantenne self-made man, convertito alla logistica a 40 anni, avrebbe evaso l'Iva dal 96 a oggi (...) Teoricamente un gioiello della logistica, in realtà un capannone di 64 mila metri quadri il cui pavimento era sprofondato. Oggi Tulli è ritenuto responsabile di un'evasione storica da un miliardo e 700 milioni di euro (una parte ancora in lire);
   suo nome era circolato per il salvataggio della Lazio ai primi del Duemila – prima che intervenisse Lotito – e un anno fa la procura aveva chiesto il suo rinvio a giudizio per la truffa dell'Interporto di Fiumicino;
   l'intera galassia di cooperative a lui riconducibile rappresenterebbe «un meccanismo ideato, pensato, costruito con la sola finalità dell'evasione fiscale». Sfuggito agli arresti – il gip non ha ravvisato il pericolo di fuga e reiterazione del reato – Tulli è indagato per reati tributari, bancarotta e riciclaggio assieme ad altre 61 persone fra collaboratori, prestanome, fiduciari. Tra questi il suo delfino di un tempo, Maurizio Lagada, manager del consorzio Gesconet dal 2000 al 2010 (ora in lite con il fondatore), i figli Alessandro e Siriana e il conte Enrico Maria Pasquini, titolare della società sanmarinese per la quale, secondo altre inchieste, sarebbero transitate le provviste della cosiddetta banda del 5 per cento: del Monte dei Paschi e i fondi neri dell'Atac capitolina e che, per Tulli, invece, trasferiva fondi nell’“ Immobiliare Rocas srl ” per nascondere i proventi dell'evasione fiscale. I finanzieri del Valutario, coordinati dal pm Mario Dovinola e dal procuratore aggiunto Nello Rossi, hanno eseguito ieri un sequestro da un milione di euro nei confronti di Tulli, a garanzia del debito multimilionario col fisco. Partiti da un'ispezione dell'Agenzia delle entrate del 2011, gli investigatori hanno ricostruito il meccanismo usato per evadere l'Iva. Vinta la gara, la cooperativa “ madre ” subappaltava a consorzi che incaricavano altre società (denominate “ operative ”) le quali, a loro volta, cedevano a terze. In questo caso “ cartiere ” di fatture per operazioni inesistenti. In sostanza il cliente pagava per i lavori effettuati ma l'appaltatrice non versava mai l'Iva. In teoria avrebbero dovuto farlo le società a cui andava il subappalto, in realtà l'importo era compensato artificiosamente con la produzione di fatture fasulle per spese mai avvenute. La Finanza ha ricostruito i prelievi effettuati dai vari soggetti (detti “ camminatori ”) per trasferire soldi nel Lussemburgo, a San Marino e in altri paradisi fiscali.
   Gli indagati avrebbero operato in modo unitario, alla maniera di un'associazione “ gestendo più società immobiliari in favore delle quali giungeva il denaro drenato dalle coop ”. La conferma di un comune modus operandi verrebbe anche dalle intercettazioni telefoniche come lo sfogo di Tulli nei confronti dell’ex amico Lagada, captato un anno fa: “ Pensa, nel 2010, con tutto quel nero che ha fatto, io dovevo essere responsabile de quello che ha fatto lui.... ” dice il patron della Gesconet. Ma il gip, di parere diverso, non ha riconosciuto il reato associativo. La produzione massiccia di fatture fasulle lascia ipotizzare provviste in nero che potrebbero nascondere attività di corruzione. Tangenti finalizzate all'aggiudicazione di appalti nella pubblica amministrazione. Un elenco di nomi è al setaccio dei finanzieri. Indagini in corso»;
   un articolo on-line di Edoardo Andrein pubblicato su VicenzaPiù il 29 ottobre 2014 amplia lo scenario della vicenda, svelando una parte della fitta rete di consorzi e cooperative partendo dalla prospettiva «veneta»: la Gesconet vi approda con servizi di facchinaggio, in forza della legge sul socio lavoratore (legge n. 142 del 2001) fin dal 2001, a prezzi concorrenziali, salvo poi subentrare con cooperative create appositamente nei subappalti, dopo aver provveduto a abbassare i costi di committenza, estromettendo di fatto le cooperative preesistenti;
   nella corrente legislatura sono stati ratificati numerosi accordi e trattati bilaterali che coinvolgono molti Paesi ritenuti «paradisi fiscali», non ultima la Repubblica di San Marino;
   è stata approvata alla Camera pochi mesi fa la voluntary disclosure, ovvero un condono penale «tombale», con sanzioni ridotte, ai soggetti aderenti –:
   se il Ministro interrogato fosse al corrente di quanto esposto;
   se siano state avviate verifiche volte a chiarire eventuali responsabilità attribuibili ai funzionari e dirigenti delle amministrazioni statali per gli appalti pubblici assegnati dal 1996 a oggi;
   se siano stati assolti tutti i controlli previsti dalle normative antimafia e in tema di «amministrazione trasparente» per gli appalti commissionati da enti pubblici;
   quali iniziative normative intenda attuare per combattere il fenomeno della falsa fatturazione anche per i piccoli importi. (4-08463)


   PESCO, ALBERTI e TRIPIEDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 settembre 2014 Adusbef e Federconsumatori hanno emesso un comunicato stampa congiunto, dal titolo «Manager e buone uscite: i 27 milioni di euro a Montezemolo, oltre allo scandalo, sono pari a 4,5 milioni di ore di Cassa integrazione in deroga, ossia la paga/mese di 28.125 lavoratori cassaintegrati ! Oltre 500 milioni di liquidazioni a 26 manager pubblici e privati»
   tale comunicato testualmente riporta:
    «Buonuscite scandalose, sostengono Adusbef e Federconsumatori – che hanno elaborato la classifica delle liquidazioni percepite da 26 manager pubblici e privati, dopo il mega-assegno che la Fiat di Fausto Marchionne ha staccato per far dimettere dalla Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, la cui liquidazione di 27 milioni di euro, equivalente a 4,5 milioni di ore di cassa integrazione (media 6 euro/ora), si attesta al settimo posto. L'ennesima vergogna – aggiungono i leader delle due associazioni Elio Lannutti e Rosario Trefiletti – uno schiaffo in faccia a milioni di giovani a 700 euro al mese che faticano ad avere il rinnovo di contratto trimestrale»;
    «Ciò che desta più rabbia ed indignazione, sono le mega-liquidazioni elargite a prescindere dai risultati ottenuti, come due esempi di scuola che dovrebbero indurre ad azioni di responsabilità riguardanti Giancarlo Cimoli (Ferrovie dello Stato), che nel 2004 fu liquidato con 6,7 milioni di euro dalle FS per andare ad Alitalia, e dopo il disastro provocato nei conti della compagnia di bandiera, venne cacciato nel 2007 con una liquidazione di 3 milioni di euro; ed Alessandro Profumo, cacciato nel 2010 da Unicredit con 40,6 milioni di euro di buona uscita, il terzo maxi assegno mai staccato in Italia, al quale non aveva diritto, secondo una perizia del Prof. Stefano Loconte, richiesta dal Pm Michele Nardi della Procura di Roma»;
    «La liquidazione di 40,6 milioni di euro data nel 2010 da Unicredit all'attuale presidente del Monte dei Paschi di Siena, Alessandro Profumo, è il doppio di quanto gli sarebbe spettato sulla base dei contratti siglati prima dell'uscita dall'istituto bancario, come risulta dall'analisi del perito incaricato dalla Procura di Roma, il professor Stefano Loconte, che a conclusione del suo lavoro affermava: “ il depauperamento patrimoniale in danno della società e degli azionisti riscontrato nella corresponsione a Profumo di un incentivo all'esodo non è congruo, perché eccessivamente elevato e pur non integrando alcun reato, rilevare un illecito di natura civilistica ”, invitando il cda Unicredit ad una azione di responsabilità por recuperare il maltolto»;
    «Nella classifica elaborata da Adusbef e Federconsumatori si trova al primo posto Cesare Romiti (Fiat) che nel 1998 ottenne 101,5 milioni di euro; al secondo Andrea Guerra di Luxottica, che poco tempo fa ha preso 45 milioni di euro; al terzo Profumo; al quarto Matteo Arpe, che per uscire da Capitalia nel 2007 ebbe 37,4 milioni di euro; al quinto Cesare Geronzi, con 36,65 milioni tra Capitalia e Generali; Luca Cordero con 27 milioni; Roberto Colaninno con 25,8 milioni per uscire da Telecom e tentare l'avventura dei capitani coraggiosi con Alitalia»;
    «Paolo Cantarella con 20 milioni avuti da Fiat, si classifica all'ottavo posto; nono Riccardo Ruggiero da Telecom con 17,28 milioni nel 2007; Maurizio Romiti 15 milioni da RCS; Carlo Puri Negri 14 da Pirelli; Franco Bernabè 13,7 nelle due tranche da Telecom; Buora 12 da Telecom; Gamberale 11,4 da Autostrada; Perissinotto 10,7 milioni da Generali; Fausto Marchionne 10 da Fondiaria; Cimoli 9,7; Balzanello 6 da Geox; Scaroni 8,4 dall'Eni; Galateri 8 da Telecom; Conti 6,4 dall'Enel; Sarmi 6 dalle Poste; Pansa 5,45 milioni da Finmeccanica; Rossignolo 5 da Telecom; Peluso figlio ex ministro Cancellieri 3,6 milioni da Fondiaria; Flavio Cattaneo 2,4 da Terna»;
    «Liquidazioni e buone uscite, spesso non dovute, per aver portato le loro aziende al disastro (come il caso di Fondiaria Sai), potrebbero finanziare 84 milioni di cassa integrazione e 531.000 paga/mese dei cassaintegrati» –:
    se il Governo abbia intenzione di intraprendere iniziative, per quanto di competenza, per impedire o limitare i danni che certe liquidazioni possono comportare alle società, spesso quotate in Borsa a maggior ragione se partecipate dallo Stato (quindi con fondi pubblici);
   se sia al corrente che la certezza della corresponsione di tali buonuscite possa creare dei conflitti di interesse nei confronti degli investitori pubblici e piccoli/medi risparmiatori e se non intenda pertanto promuovere al più presto iniziative in materia di conflitto di interessi che tutelino Stato e cittadini. (4-08465)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   MERLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   dai provvedimenti sin d'ora assunti dal Governo sembrerebbe che le scuole d'italiano all'estero non sono una priorità, preferendo ridurre il numero degli insegnanti, per ridurre le spese;
   il ridimensionamento del personale era già stato previsto dalla spending review;
   per gli insegnanti italiani nel mondo sono previsti circa 5 milioni di euro in meno per i prossimi anni, che dovrebbero significare una riduzione della busta paga del 10 per cento per tutti; tagli sono contenuti nella manovra per il 2015 e sono previsti non nel capitolo dedicato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ma a quello degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da cui dipendono questi docenti;
   in particolare, si parla di una contrazione di 3,7 milioni nel 2015 e 5,1 milioni per il 2016 e il 2017 sugli stanziamenti per le indennità di servizio. Oltre allo stipendio tradizionale, infatti, gli insegnanti all'estero percepiscono un assegno «extra», che varia a seconda delle sedi di lavoro e che sino ad oggi non veniva sottoposto a tassazione, se non per una minima parte considerata reddito. Su questo trattamento ha deciso di intervenire il Governo, quadruplicando l'imponibile;
   il provvedimento riguarda tutto il personale all'estero: già decurtato di 57 milioni tra il 2011 e il 2014; il fondo per le indennità di servizio passa da 212 a 170 milioni di euro l'anno, con un taglio pari circa al 20 per cento. Il risultato è stato quello di ridurre l'indebitamento netto di circa 31 milioni di euro, ma a spese dei lavoratori;
   la spending review aveva già deciso un taglio di quasi il 50 per cento del contingente, passando dai circa mille insegnanti del 2010 a 624. Il ridimensionamento doveva essere attuato entro il 2017, ma ci si è arrivati con due anni d'anticipo sulla tabella di marcia, decidendo di non rinnovare tutti i mandati in scadenza;
   dall'Algeria al Venezuela, da New York negli Stati Uniti a Brazzaville nella Repubblica Democratica del Congo, le scuole d'italiano all'estero sono 51, di cui otto istituti onnicomprensivi statali, e 43 istituti paritari, a cui si aggiungono 79 sezioni italiane presso scuole straniere. In totale ospitano circa 31mila alunni, di cui il 90 per cento stranieri, proprio per quella che è la loro funzione di promuovere la lingua e la cultura italiana nel mondo;
   i docenti però devono superare delle prove di lingua, e poi inserirsi in graduatorie a punteggio divise per classi di concorso e aree linguistiche. Sono queste liste a determinare la sede d'assegnazione, ciascuna delle quali prevede un coefficiente (sulla base di vari criteri come la distanza da casa, la pericolosità della regione, il costo e la qualità della vita, e altro) per calcolare l'importo dell'indennità di servizio;
   dal 1o luglio 2015 quest'assegno avrà un regime fiscale decisamente più sfavorevole –:
   se il Ministro ritenga necessaria una revisione delle riduzioni di spesa esposte in premessa, che hanno come unico scopo quello di colpire i docenti, continuando a portare una serie di tagli lineari che non risolvono i problemi e riducono il servizio necessario per un prestazione minima, e se non ritenga di assumere iniziative per una modifica immediata della normativa che disciplina il settore degli insegnanti italiani all'estero. (4-08462)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 marzo 2015 il sindaco della città di Acerra ha emanato l'ordinanza n. 6 così rubricata: «azioni per il contenimento dell'inquinamento atmosferico da polveri sottili nel comune di Acerra»;
   in tale ordinanza sindacale viene segnalato che, in seguito all'esame dei dati di monitoraggio dell'inquinamento atmosferico sul territorio comunale, l'ARPAC avrebbe fatto rilevare che nel corso dell'anno 2014 si è verificato un non meglio specificato numero di sforamenti, comunque superiore ai 35 ammessi dal decreto legislativo n. 155 del 2010 e che la quasi totalità degli sforamenti sarebbero riferibili al periodo invernale per cui si potrebbe desumere che derivino prioritariamente da riscaldamenti da biomasse;
   pertanto, alla luce di tutto questo, in tale ordinanza verrebbero previste: una serie di limitazioni all'utilizzo dei riscaldamenti domestici, nonché degli edifici pubblici (come le scuole e gli immobili comunali) e degli edifici adibiti ad attività artigianali, industriali e assimilabili; il divieto di riscaldare zone private non destinate all'abitazione (cantine, ripostigli, scale primarie e secondarie che collegano spazi di abitazione con cantine, box, garage e depositi); il divieto di tenere acceso il motore dei veicoli che sostano per più di un minuto; è prevista una sola deroga per le case di cura pubbliche e private collocate;
   come noto, nel medesimo territorio comunale è collocato un termovalorizzatore della società A2A;
   sul sito web di tale società si può leggere che: «L'impianto di Acerra, è tra i più importanti d'Europa ed è in grado di smaltire seicentomila tonnellate all'anno di rifiuti urbani pretrattati, trasformandoli in circa 600 milioni di kilowattora di energia elettrica all'anno, una quantità sufficiente ad alimentare 200 mila utenze domestiche. Il sito del termovalorizzatore ricade nel comune di Acerra e l'area dell'impianto si estende su una superficie di circa nove ettari. L'impianto si articola in tre linee indipendenti, da 27 t/h di rifiuti, ciascuna delle quali presenta le sezioni: termica (linea di termovalorizzazione con produzione di vapore); depurazione dei fumi. Il termovalorizzatore è stato realizzato con una tecnologia avanzata che consente valori di emissione inferiori di oltre il 50 per cento i limiti fissati dalle direttive europee»;
   da tali informazioni emerge chiaramente come, ammesso e non concesso che corrisponda al vero la circostanza per la quale le emissioni siano di gran lunga inferiori ai limiti fissati dalla normativa comunitaria, tale impianto emetta delle emissioni comunque non trascurabili;
   non è ben chiaro se nell'emanare tale ordinanza il sindaco abbia considerato le emissioni del termovalorizzatore e se non siano state poste limitazioni anche all'attività di detto impianto, in caso contrario, non sarebbe ben chiara la logica di una simile omissione;
   occorre peraltro a tal proposito considerare che il territorio comunale di Acerra è inserito nell'elenco delle «Aree industriali campane che ricadono in partizioni territoriali vincolate» secondo quanto stabilito a pagina 257 del piano regionale di gestione dei rifiuti urbani della regione Campania (di cui al BURC n. 37 del 2011); nonostante ciò, all'interrogante risulta che sia stato autorizzato l'insediamento di ulteriori aziende impegnate in attività di smaltimento dei rifiuti, come nel caso della Ecodrin che potrà stoccare, trattare e smaltire nel nuovo impianto numerose tipologie di rifiuti nocivi a decorrere dalla fine del 2013, così come denunciato da alcuni attivisti ambientalisti campani –:
   se il Governo non ritenga, per quanto di competenza, di avviare una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente per fare chiarezza sul livello di inquinamento nell'area di cui in premessa e se intenda promuovere un'indagine epidemiologica da parte dell'istituto superiore di sanità per monitorare gli effetti delle immissioni sulla salute pubblica. (4-08456)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   CAUSI e BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 41, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, disciplina, nell'ambito dell'armonizzazione europea delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto con quelle recate dalla direttiva 2006/112/CE, le cessioni intracomunitarie non imponibili;
   in particolare, il comma 1, lettera b), del citato articolo 41 prevede la non imponibilità ai fini IVA delle cessioni di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa, ovvero cessioni di beni a privati consumatori;
   tale norma rappresenterebbe la trasposizione dell'articolo 32 della direttiva 2006/112/CE che disciplina le cessioni di beni soggetti ad accisa nei confronti dei privati spediti o trasportati nel territorio di altro Stato membro da parte dell'acquirente, il quale prevede che il luogo di tassazione sia quello in cui si trova il bene al momento di partenza della spedizione o del trasporto;
   l'Agenzia delle entrate, con la consulenza giuridica n. 954-72/2012 del 15 febbraio 2012, (prot. n. 20462/2012) ha interpretato il citato articolo 41, comma 1, lettera b), (nel senso che, per i beni soggetti ad accisa, il luogo di tassazione va sempre individuato nel Paese di destinazione, quando il trasporto è effettuato dal fornitore o per suo conto; al contrario, se il trasporto viene effettuato dall'acquirente, torna di applicazione il criterio generale di cui all'articolo 7-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con conseguente tassazione nel Paese di origine;
   la suddetta interpretazione, prevedendo l'applicazione dell'IVA nel Paese di destinazione nel caso in cui al trasporto provvede il produttore italiano, per l'attività di vendita diretta ai privati intracomunitari, sta creando serie preoccupazioni alle aziende italiane produttrici di vini e bevande alcoliche che effettuano vendite on line comprimendo il prezzo di vendita a livelli non remunerativi (nelle vendite on line è uso esporre il prezzo comprensivo di IVA e spese di trasporto), e riducendo la capacità di collocare sul mercato i propri prodotti –:
   se nell'ambito dell'attuazione della delega fiscale intenda modificare la citata disciplina affinché, anche nell'ambito della vendita diretta ai privati intracomunitari da parte dei produttori di vini e bevande alcoliche italiane che effettuano il trasporto, sia applicato il criterio generale di cui all'articolo 7-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con conseguente tassazione nel Paese di origine. (5-05068)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come preannunciato dai numerosi organi di stampa, le grandi Banche Popolari avrebbero deciso di cedere il 100 per cento delle azioni del Gruppo ICBPI (Istituto centrale delle banche popolari), interamente partecipato dalle banche popolari;
   in tal senso è stato dato mandato a Mediobanca ed Equita di gestire in qualità di advisor le operazioni di vendita, considerate le offerte che alcuni Fondi di private equity, tutti di capitale estero (PERMIRA inglese, APAX, CINVEN, Hellmann & Friedman, BAIN e ADVENT, americani), hanno presentato per importi che vanno dagli 1,9 miliardi ai 2,5 miliardi di euro;
   l'eventuale incasso potrebbe servire realizzare un rafforzamento patrimoniale delle banche popolari che, per dimensioni e relativamente ad alcuni istituti, potrebbe essere paragonato quasi a quello di un aumento di capitale, con un'iniezione di liquidità importante in una fase di riassetto dell'intero sistema bancario;
   il Gruppo ICBPI, infatti, è un Gruppo Bancario leader italiano della monetica, con oltre 2 miliardi di transazioni complessivamente gestite, 13,5 milioni di carte di credito in circolazione, 29 milioni di funzioni di debito (Bancomat e PagoBancomat) e 600 mila esercenti convenzionati, 530.000 mila POS e circa 10.000 ATM, inoltre ICBPI è l'unico offerente italiano del servizio di banca depositaria a terzi, in cui si registra in Italia il predominio di operatori americani e francesi e, attraverso la controllata OASI SPA, è l'unico operatore bancario a sviluppare ancora le procedure antiriciclaggio — GIANOS – e di segnalazione dei rischi di credito – PUMA;
   l'operazione sembra ispirata dai legittimi interessi degli istituti cedenti, ma appare estranea ad ogni logica di politica industriale di sistema;
   autorizzare la cessione del gruppo ICBPI, leader nella gestione delle carte e dei sistemi di pagamento elettronici, significa infatti disfarsi di una fetta consistente della monetica italiana, in favore di operatori esteri, che potrebbero anche valutare l'ipotesi di frammentare la società per massimizzarne il valore, abbandonando così l'implementazione di importanti procedure in una fase in cui sempre più pressante appare la necessità del passaggio nelle transazioni dalla moneta materiale a quella elettronica;
   sono infatti fondi di private equity quelli che manifestano interesse all'acquisizione e quindi soggetti che nella generalità dei casi non gestiscono, ma intervengono per rivendere e realizzare plusvalenze, detenendo la partecipazione solo per il tempo necessario a determinare il più conveniente rapporto costi/ricavi;
   si deve ricordare che la Banca d'Italia aveva negato alcuni mesi fa la possibilità di effettuare un'operazione di fusione fra il Gruppo ICBPI ed il Gruppo SIA, altro leader italiano dei servizi di pagamento, perché sarebbe intervenuto nell'operazione anche Equens SE, operatore europeo nel settore della monetica, di cui ICBPI è socio al 20 per cento –:
   se il Governo non ritenga opportuno intervenire anche con apposite iniziative normative a tutela di un'infrastruttura fondamentale per il nostro Paese, anche favorendo, ove possibile, un'integrazione fra SIA e ICBPI, al fine di realizzare una società unica nel settore. (5-05069)


   LAFFRANCO e SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di Stato (sezione IV), accogliendo a due anni di distanza un nuovo ricorso presentato dall'allora consiglio d'amministrazione della Banca popolare di Spoleto, ha stabilito l'illegittimità dello scioglimento del consiglio di amministrazione e la conseguente sottoposizione ed amministrazione straordinaria dell'istituto;
   lo scorso 10 febbraio 2015, i giudici amministrativi a seguito delle precedenti decisioni del TAR del Lazio, (che aveva respinto una prima istanza per l'annullamento del commissariamento), hanno infatti riformato la sentenza del 12 febbraio 2014 con la quale è stato rigettato il ricorso contro il Ministero interrogato e la Banca d'Italia, che ha in seguito decretato lo scioglimento degli organi di amministrazione e di controllo della banca stessa, sottoposta a straordinaria amministrazione;
   la sentenza del Consiglio di Stato, in particolare, ha contestato al Ministero dell'economia e delle finanze di non aver svolto in maniera approfondita e autonoma l'attività di verifica e controllo rispetto alla decisione di disporre l'amministrazione straordinaria della banca popolare di Spoleto;
   sarebbe stato peraltro, ad avviso degli interroganti, più opportuno che la Banca d'Italia avesse consentito l'aumento del Capitale sociale della banca popolare di Spoleto e la nomina di commissari straordinari;
   in termini più espliciti la sentenza rileva che la Banca d'Italia avrebbe formulato una proposta accettata in maniera acritica dal Ministro interrogato, la quale invece avrebbe dovuto avviare un'istruttoria autonoma o quantomeno promuovere una valutazione critica, sulla proposta di commissariamento avanzata dalla stessa Banca d'Italia, che in qualità di autorità di vigilanza, è l'unica istituzione a poter dare impulso al procedimento;
   la suesposta vicenda, a giudizio dell'interrogante, evidenzia una serie di rilevanti criticità nell'ambito delle decisioni adottate dal Ministro interrogato, in considerazione del fatto che il dispositivo della sentenza emanata dal Consiglio di Stato, evidenzia a giudizio degli interroganti un comportamento superficiale e di contrarietà, connesso alle disposizioni del decreto dello stesso Ministro, che rinvia semplicemente agli atti ispettivi della Banca d'Italia, senza aver preliminarmente esaminato in modo analitico il contenuto delle ipotetiche irregolarità svolte dalla Banca popolare di Spoleto –:
   quali siano state le motivazioni per i quali il Ministro interrogato, con il decreto ministeriale dell'8 febbraio 2013, abbia proceduto a porre in amministrazione straordinaria l'istituto di credito umbro citato nella premessa, e quali siano le ragioni per le quali il Ministro interrogato, secondo quanto emerge dalla sentenza del Consiglio di Stato, non abbia avviato un'istruttoria autonoma, o quantomeno un'attività verifica e controllo rispetto alla proposta della Banca d'Italia di porre in amministrazione straordinaria la banca. (5-05070)


   GEBHARD, PLANGGER, ALFREIDER e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge Finanziaria 2008) ha stabilito che la fatturazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni debba avvenire esclusivamente in forma elettronica;
   il decreto ministeriale 3 aprile 2013, n. 55 ha poi emanato il regolamento attuativo della fattura elettronica, attraverso il Sistema di Interscambio, gestito dall'Agenzia delle entrate, che è un sistema informatico in grado di ricevere le fatture sotto forma di file con le caratteristiche della FatturPA e garantisce la gestione unificata del sistema di identificazione delle amministrazioni cui sono indirizzate le fatture, monitora i flussi informativi, effettua le opportune verifiche dell'integrità e presidia la distribuzione dei documenti digitali alle amministrazioni previa protocollazione;
   l'articolo 6 del citato decreto ministeriale, come modificato dall'articolo 25 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, ha fissato anche la decorrenza degli obblighi di utilizzo della fatturazione elettronica nei rapporti economici con la pubblica amministrazione e dal 31 marzo 2015 saranno obbligati anche gli enti nazionali e le amministrazioni locali, pertanto le pubbliche amministrazioni non potranno più accettare fatture che non siano trasmesse in forma elettronica secondo il formato individuato con il suddetto decreto ministeriale e non potranno nemmeno procedere ad alcun pagamento, nemmeno parziale, sino alla ricezione della fattura in formato elettronico;
   in molti comuni dell'Alto Adige, e frazioni di essi, esistono le cosiddette: «Amministrazioni dei beni di uso civico», ai sensi della legge provinciale di Bolzano 12 giugno 1980, n. 16, che ha dato attuazione a quanto disposto dal regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, convertito dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, riguardante il riordinamento degli usi civici nel regno;
   l'articolo 1, comma 2, della legge provinciale di Bolzano stabilisce che tali amministrazioni sono dotate di autonomia amministrativa, contabile e finanziaria, con ciò facendo insorgere alcuni dubbi sulla loro natura giuridica e su quella dei beni amministrati;
   stessa problematicità sembra rinvenirsi anche per l'applicazione del cosiddetto split payment – ovvero speciali modalità di versamento dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici – introdotto con l'articolo 1, comma 629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
   l'applicazione della fatturazione elettronica per le amministrazioni di beni di uso civico sarebbe un aggravio burocratico difficilmente sostenibile, visto il ristretto raggio d'azione di tali enti –:
   se ritenga che la fattura elettronica e il meccanismo dello split payment debba applicarsi anche alle amministrazioni dei beni di uso civico individuate in premessa, quindi anche che i beni da esse amministrati debbano considerarsi pubblici, oppure se esse debbano essere considerate dei soggetti privati. (5-05071)


   PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 629, lettere a) e d) della legge di stabilità 2015 ha introdotto delle modifiche all'articolo 17, comma 6, e all'articolo 74, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che hanno comportato l'estensione del meccanismo dell'inversione contabile («reverse charge) a nuove fattispecie;
   in pratica, il meccanismo del reverse charge viene esteso anche ai casi in cui l'operazione abbia ad oggetto «prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici» (lettera a-ter));
   a differenza di quanto previsto dalla lettera a) dello stesso articolo 17, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la nuova norma, per espressa volontà legislativa, non contiene alcun riferimento a limitazioni soggettive, per cui le nuove disposizioni sono applicabili anche nel caso in cui le prestazioni siano rese nei confronti del contraente generale a cui il committente ha affidato la totalità dei lavori;
   tuttavia, le nuove disposizioni pongono non pochi dubbi interpretativi ed applicativi. In particolare, è stata da più parti rilevata la difficoltà di individuare le singole fattispecie a cui la disposizione andrebbe applicata; infatti, se non ci sono problemi per i servizi di pulizia e di demolizione, fattispecie queste di chiara identificazione, risulta difficile inquadrare i servizi di «installazione di impianti e di completamento» degli edifici, soprattutto in relazione a quest'ultima fattispecie. Il riferimento ai lavori di «completamento», infatti, in assenza di chiarimenti ministeriali, si presta a differenti letture;
   una prima ipotesi è quella di fare riferimento, come peraltro precisato anche nella relazione tecnica al disegno di legge di stabilità 2015, ai servizi riconducibili al macrocodice ATECO 43, titolato «lavori di costruzione specializzati»: tuttavia, in questo modo, occorrerebbe distinguere, forse in maniera arbitraria, i codici riferiti all'installazione e al completamento dagli altri codici; inoltre, per l'installazione di impianti, la tabella Ateco include anche la relativa manutenzione, che però costituisce un'attività diversa dall'installazione e non menzionata nella lettera della legge;
   altra soluzione sarebbe quella di far riferimento al dato letterale della disposizione e, quindi, applicare il reverse charge esclusivamente a tutti i servizi di installazione di impianti (e quindi forse anche alla loro manutenzione successiva), nonché a quelli di completamento degli edifici facendo rientrare tutti quelli relativi alla loro costruzione (indipendentemente dai codici ATECO); tale lettura, però, lascerebbe fuori i servizi di manutenzione ordinaria e straordinaria non riferiti agli impianti e quegli interventi riferiti alle ristrutturazioni e risanamenti non assimilati alle costruzioni stesse;
   ulteriori dubbi attengono all'ambito soggettivo della nuova disposizione: ci si chiede, infatti, se siano coinvolti dal nuovo meccanismo impositivo i soli operatori classificati in codici ATECO la cui descrizione contenga la nozione di «edifici»; tale interpretazione potrebbe essere suffragata dal fatto che la relazione tecnica al disegno di legge di stabilità 2015 ha affermato che «la stima del maggior gettito derivante dall'entrata in vigore della disposizione fa, prudenzialmente, esclusivo riferimento all'introduzione del reverse charge per le prestazioni di servizi di pulizia (codice ATECO 81.2), nonché per le prestazioni di servizi di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici (codice ATECO 43 – edilizia specializzata)»;
   mai come in questo caso, dunque, si rende necessario un immediato intervento chiarificatore volto ad una definizione più puntuale delle singole fattispecie; al riguardo, infatti, si evidenzia come a distanza di tre mesi dall'entrata in vigore della disposizione non risulti ancora adottata una circolare interpretativa da parte dell'Agenzia delle entrate –:
   quale sia la corretta interpretazione della disposizione tenuto conto della ratio legis ad essa sottesa, specificando al riguardo le fattispecie per le quali troverebbe applicazione il meccanismo del reserve charge nell'ambito dei «servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relativi ad edifici», e quali misure intenda in ogni caso adottare per risolvere i descritti dubbi interpretativi. (5-05072)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO, ROSTELLATO e SEGONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   anche nell'anno 2014 si può affermare che oltre il 20 per cento dell'amministrazione pubblica è stata attinta da provvedimenti di condanna della Corte dei conti in sede giurisdizionale con inevitabili effetti in termini di deterrenza al compimento di atti illeciti, di correzione dell'azione amministrativa e di incentivo all'introduzione di protocolli e procedure di buona amministrazione;
   nel panorama delle amministrazioni pubbliche italiane gli uffici preposti al recupero forzoso delle somme provenienti da condanne al risarcimento dei danni per danno erariale sono istituiti presso ciascuna singola amministrazione o ente titolare del credito, al quale compete la legittimazione attiva per l'esercizio dell'azione esecutiva. La disciplina è contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 260, Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di esecuzione delle decisioni di condanna e risarcimento di danno erariale, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59;
   in sostanza, quindi, non esiste un fondo unico dedicato a ricevere i risarcimenti definiti con le sentenze di condanna comminate dalla Corte dei conti;
   le informazioni di tipo globale sulla quantità dei crediti esigibili e su quelli riscossi sono contenuti nella relazione annuale del procuratore generale della Corte dei conti che viene pubblicata in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario;
   i dati relativi alle condanne e quanto ammontano le somme già pagate non sono, tuttavia, disponibili per ciascuna amministrazione, ma per tipologie di danno erariale e nei suoi valori complessivi;
   tale relazione riconosce che una valutazione realistica del rapporto esecuzioni/condanne, può essere effettuata depurando il riferimento numerico delle sentenze di condanna in I grado dagli effetti di tale decisione e, quindi, giungendo a tale relazione più concreta di 208 milioni di euro di esecuzioni su circa 983 milioni per condanne coperte da giudicato o esecutive, conseguentemente, ad un valore pari a circa il 21 per cento di introiti sull'ammontare delle condanne;
   all'importo delle somme introitate in virtù di attività tecnicamente esecutiva (cioè con esperimento dei mezzi di esecuzione giudiziale, coattiva o concordata tra amministrazione creditrice e debitore) devono sommarsi 141.562.160,61 euro derivanti dalla definizione agevolata delle sentenze di condanna ex articolo 1, commi da 231 a 233, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
   nell'anno 2013 tale introito si era attestato sulla somma di euro 360.093.282,14, di cui 349.500.000,00 corrispondenti al 30 per cento dell'importo di euro 1.165.000.0010,00 riferibile all'importo di condanna di cui alla sentenza 214/2012 della sezione giurisdizionale del Lazio (la sentenza relativa al caso «Slot Machines») che è stato oggetto di definizione agevolata ai sensi dell'articolo 14 del decreto-legge n. 102 del 2014 nella misura stabilita del 30 per cento nei decreti nn. 5-13 del 2013 della III sezione centrale di appello. Detto importo risulta in massima parte incassato e per una parte residua (inferiore al milione di euro) da porre all'incasso;
   nel corso dell'anno 2013 erano stati, quindi, 10.593.282,14 di euro gli introiti complessivi per effetto dell'applicazione della definizione agevolata dei giudizi di responsabilità, ai sensi della legge n. 266 del 2005 e del decreto-legge n. 102 del 2013, nella misura media del 26 per cento dell'importo di condanna derivante dalle sentenze di I grado (pari a circa 40,7 milioni di euro). Sia pure in ragione di tale intervento normativo di carattere straordinario, nel 2013 si era registrato un introito pari a circa 540 milioni di euro e, quindi, pari ad oltre il 50 per cento delle statuizioni di condanna;
   nel 2014, ulteriormente, il numero delle sentenze di condanna emesse in I grado è stato pari a 626 su un totale di 1.019 decisioni complessive (erano state 674 su 1.100 nel 2013, 685 su 1.385 nel 2012 e 556 su 1.499 nel 2011). I provvedimenti sono, quindi, in costante diminuzione, anche in corrispondenza alla lieve diminuzione della dotazione di personale di magistratura, ed in ogni caso gli accoglimenti si mantengono sulla media del 60 per cento delle richieste;
   dei 515 giudizi definiti in secondo grado (erano stati 492 nel 2013), 222 (erano stati 205 nel 2013) si sono conclusi con sentenza di condanna (201, contro i 105 del 2013, di tali giudizi si sono estinti a seguito di definizione agevolata; 42 – erano 62 nel 2013 – di riforma del I grado e, in definitiva, rigetto delle istanze di parte pubblica originarie);
   in I grado le condanne corrispondono a 300.428.451,39 di euro, (anch'esse in forte flessione rispetto all'anno precedente – 431.765.291,35 di euro –), e ad euro 60.224.079,12 in II grado non comprensive dei condoni (rispetto ai 118.115.939,10 di euro del 2013 che però aveva registrato un considerevole aumento rispetto al 2012);
   in materia di giudizio di conto (errori e irregolarità contabili e di bilancio) sono 232 i provvedimenti emanati, di cui 62 di condanna per un ammontare di 33.851.987,10;
   in sostanza tuttavia non viene diffusa tra la cittadinanza l'informazione sul tipo di condanne che sono state comminate e verso quali enti e quanti di questi enti procedano alle definizioni concordate con riduzione delle somme o ottenendo dilazioni di pagamento;
   appare, quindi, che nonostante il gravoso lavoro imposto alla Corte dei conti, anche quando nel 60 per cento dei casi sollevati si giunga alla condanna, o in primo od in secondo grado, la percentuale di incassi da parte delle singole amministrazioni beneficiarie dei risarcimenti per danno erariale sia piuttosto esiguo;
   per di più sembra che non vi siano strumenti in grado di informare adeguatamente il cittadino relativamente alle amministrazioni che hanno agito in modo virtuoso ovvero conoscere agevolmente se queste amministrazioni abbiano maturato un credito nei confronti di uno dei propri funzionari a seguito di sentenza di condanna della Corte dei conti;
   oltretutto si rileva anche un ulteriore preoccupante dato in relazione al comportamento di alcune amministrazioni che non eseguono le sentenze di condanne a loro favore poiché il funzionario condannato lavora ancora presso lo stesso ente e motivi di opportunità organizzativa inducono l'amministrazione stessa a non procedere giudizialmente per il recupero delle somme in danno del funzionario poiché essendo questo ancora in servizio potrebbero ingenerarsi dinamiche interne difficilmente gestibili –:
   se il Governo ritenga opportuno riconsiderare, anche mediante l'adozione di opportuni atti normativi, il sistema dell'applicazione della definizione agevolata dei giudizi di responsabilità, ai sensi della legge n. 266 del 2005 e del decreto-legge n. 102 del 2013 al fine di consentire un maggior recupero percentuale dei risarcimenti per danno erariale od in materia di giudizio di conto dalle sentenze comminate dalla Corte dei conti –:
   se il Governo ritenga opportuno stimolare l'adozione di un'anagrafe delle amministrazioni pubbliche interessate da condanne per danno erariale che palesi le percentuali d'incasso di dette somme evidenziando gli enti che non procedono al recupero forzoso dei risarcimenti in loro favore, pubblicando su portali istituzionali tali informazioni perché siano realmente accessibili ai cittadini anche in ossequio al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 – Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. (5-05067)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 12 febbraio 2015, il commissario ad acta dell'Istituto autonomo case popolari di Trapani, ha posto un quesito alla direzione regionale siciliana dell'Agenzia delle entrate di Palermo;
   il commissario ad acta dello IACP di Trapani, posto che deve provvedere a numerosi pagamenti ai propri fornitori di beni e servizi, ha richiesto se il criterio dello «split payment» fosse applicabile al proprio ente;
   a suo parere, ed anche a parere dell'interrogante, dato che gli istituti autonomi case popolari non rientrerebbero nel novero degli enti previsti dall'articolo 1, comma 629, lettera b) della legge n. 190 del 2014 il meccanismo del cosiddetto split payment non troverebbe applicazione;
   contemporaneamente, però, vi sono oggettive condizioni di incertezza in merito alla disciplina del caso esposto e Io Iacp insieme alle imprese coinvolte rimane in attesa della risposta chiarificatrice –:
   se gli istituti autonomi case popolari rientrino fra gli enti pubblici esclusi dall'applicazione della normativa di cui sopra e quali, eventualmente, altri enti pubblici debbano considerarsi esonerati dalla normativa della legge n. 190 del 2014.
(4-08455)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come riporta il relativo sito internet istituzionale, «Il Fondo Strategico Italiano è una holding di partecipazioni creata per legge (Decreto Ministeriale 3 maggio 2011). Azionista di controllo è il Gruppo CDP (80 per cento), azionista di minoranza è Banca d'Italia (20 per cento). Il capitale di FSI è aperto ad altri investitori istituzionali, italiani o esteri. FSI dispone di un capitale sottoscritto e versato pari a 4,4 miliardi di euro. L'obiettivo è raccogliere fino 7 miliardi di euro. FSI opera acquisendo quote prevalentemente di minoranza in imprese di rilevante interesse nazionale, che siano in equilibrio economico-finanziario e presentino adeguate prospettive di redditività e sviluppo. Sono considerate di «rilevante interesse nazionale» (così come previsto nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 3 maggio 2011, abrogato e sostituito dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 2 luglio 2014), le imprese che operano nei seguenti settori: difesa, sicurezza, infrastrutture, trasporti, comunicazioni, energia, assicurazioni e intermediazione, finanziaria, ricerca e innovazione ad alto contenuto tecnologico, pubblici servizi, turistico-alberghiero, agroalimentare e della distribuzione, gestione dei beni culturali e artistici. Sono altresì di rilevante interesse nazionale le società che, seppur non costituite in Italia, operino nei settori di cui sopra e dispongano di società controllate o stabili organizzazioni nel territorio nazionale che cumulativamente presentino un fatturato annuo netto non inferiore a 50 milioni di euro e un numero medio di dipendenti non inferiore a 250 unità. Al di fuori di tali settori, sono considerate di «rilevante interesse nazionale» anche le imprese che cumulativamente presentino un fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e un numero medio di dipendenti non inferiore a 250 unità. La dimensione può essere ridotta del 20 per cento, fino a 240 milioni di euro di fatturato e 200 dipendenti, nel caso di società le cui attività siano rilevanti in termini di indotto e producano benefici per il sistema economico-produttivo nazionale, anche in termini di presenza di stabilimenti produttivi sul territorio;
   secondo quanto riporta il settimanale Panorama, il Fondo ha rilevato il 23 per cento della Rocco Forte Hotels pagandolo, a giudizio dell'interrogante e del settimanale stesso, carissimo: 76 milioni di euro, che valorizzano l'azienda ben 500 milioni, 17 volte il margine lordo a fronte di una valorizzazione media per il settore degli hotel di lusso pari a circa 11 volte i margini;
   l'operazione si è svolta ugualmente sorvolando sul fatto che la società abbia sede in Gran Bretagna, che non sia uno dei principali operatori mondiali nella gestione di alberghi a cinque stelle (ne possiede solo 11 ed appena tre in Italia) e, soprattutto, che i conti della Rocco Forte Hotels siano tutt'altro che in equilibrio;
   la Rocco Forte Hotels, attraverso una sua controllata di diritto italiano, ha un debito consolidato di 100 milioni di euro a causa della realizzazione del Verdura Resort di Sciacca in provincia di Agrigento e se questo debito non fosse stato rinegoziato con la Bank of Scotland (banca con cui ha più di qualche centinaio di milioni di euro di debiti) avrebbe dovuto dichiarare il fallimento;
   a giudizio dell'interrogante, di fatto si è finito per utilizzare le risorse del Fondo strategico italiano per pagare un debito milionario di una società straniera sull'orlo del fallimento ed il finanziamento andrebbe revocato –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per rivedere i criteri con i quali il Fondo strategico italiano eroga denaro pubblico a favore di soggetti privati ed evitare che in futuro si verifichino nuovamente casi come quello della Rocco Forte Hotels. (4-08464)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BORGHI, BRUNO BOSSIO, AIELLO, BATTAGLIA, CENSORE, D'ATTORRE, MAGORNO, STUMPO e COVELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2015 si è verificato il crollo di una campata del viadotto «Italia» nel tratto che attraversa il Pollino in Calabria dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria;
   il crollo è avvenuto mentre erano in corso i lavori condotti nel cantiere del Macrolotto 3 Sub2 della A13;
   secondo i dati di un dossier pubblicato dalla CGIL, nell'incidente si è registrata la dodicesima vittima da quando l'ANAS ha avviato i lavori di ammodernamento autostradale della A3 e, questa volta, a perdere la vita è stato un giovane operaio 25enne dipendente della impresa «Nitrex», Adrian Miholca, precipitato nel vuoto da 80 metri di altezza;
   in seguito al crollo ed all'infortunio mortale la procura della Repubblica di Castrovillari ha posto sotto sequestro l'intero viadotto;
   la chiusura del tratto autostradale interessato si configura come un vero e proprio diaframma nel collegamento delle regioni Calabria e Sicilia con il resto del Paese, dal momento che i percorsi alternativi sui quali è stato dirottato il traffico autostradale provocano insopportabili rallentamenti;
   tale rallentamenti condizionano fortemente soprattutto i traffici e gli scambi commerciali tra le aree del Sud ed i mercati nazionali e transnazionali;
   tutto ciò è destinato a pesare negativamente sui processi produttivi della economia della Calabria e della Sicilia, già fortemente colpiti dalla grave crisi economica in atto;
   l'ANAS ha annunciato ufficialmente che la chiusura al traffico del tratto interessato è a tempo indeterminato –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di garantire in tempi rapidi la messa in sicurezza e la transitabilità del viadotto e di valutare l'opportunità di svolgere una indagine conoscitiva ed ispettiva, i cui risultati siano resi noti in sede parlamentare, sulla conduzione dell'intero programma di ammodernamento della autostrada Salerno-Reggio Calabria, soprattutto in relazione ai rapporti tra l'ANAS e i general contractors in merito alle modalità e alle forme attuative dei contratti di affidamento dei lavori di tutti i lotti riguardanti i progetti di adeguamento e ammodernamento dell'asse autostradale. (5-05073)


   GRIMOLDI e FEDRIGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 357, comma 5, del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, prevede norme relative alla garanzia globale di esecuzione dei lavori pubblici, dirette a tutelare le stazioni appaltanti;
   l'entrata in vigore della norma, più volte prorogata in passato, crea enormi problemi alle imprese;
   la garanzia globale di esecuzione, che consiste nella garanzia fideiussoria di buon adempimento e nella garanzia di subentro, è diventata obbligatoria per gli appalti di progettazione esecutiva ed esecuzione di lavori di ammontare a base d'asta superiore a 75 milioni di euro e per tutti gli affidamenti a contraente generale di qualunque ammontare e, inoltre, è obbligatoria, solo se viene prevista dal bando o dall'avviso di gara, per gli appalti di sola esecuzione di ammontare a base d'asta superiore a 100 milioni di euro;
   pertanto, per gli appalti integrati di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori, indipendentemente dalla volontà della stazione appaltante, la garanzia globale di esecuzione è obbligatoria;
   in particolare, la parte della garanzia relativa alla possibilità del subentro crea notevoli criticità, in quanto il fideiussore risulta obbligato in solido con il debitore principale e, in questo senso, il creditore potrà chiedere indifferentemente l'adempimento al fideiussore o al debitore; le banche, le compagnie assicuratrici e gli intermediari finanziari nazionali non si rendono pertanto disponibili a stipulare tale garanzia globale;
   l'alternativa che consente alla società capogruppo di prestare tale garanzia prevede un requisito di patrimonio netto superiore ai 500 milioni di euro per la singola società;
   tale requisito è posseduto da pochissime imprese del nostro Paese, addirittura solo due o tre secondo gli articoli dei giornali, e pertanto l'applicazione della norma rischia di escludere la stragrande maggioranza delle imprese italiane dalle gare e imporre l'aggiudicazione delle opere ad imprese con sede in altri Paesi, con gravi ripercussioni in termini di ricadute occupazionali e di ritorno «fiscale»;
   la norma sembra volere imitare quanto avviene nei Pesi anglosassoni, laddove in caso di mancanze dell'impresa aggiudicataria dei lavori, l'utilizzo della garanzia è risolta attraverso un albo delle imprese supplenti a cui le stazioni appaltanti possono rivolgersi per individuare l'impresa in grado di concludere l'opera oggetto di gara; nel nostro Paese mancano gli strumenti effettivi per l'applicazione di una simile norma;
   si tratta pertanto, a giudizio dell'interrogante, di una disposizione che si presenta lesiva della concorrenza;
   come esempi concreti si citano una serie di gare in atto della regione Friuli Venezia Giulia che rischiano di andare deserte con grave pregiudizio per la perdita dei finanziamenti: la gara per l'ospedale Cattinara di Trieste per un valore dell'opera pari a 140 milioni di euro, il cui bando è atteso per la fine del mese e l'aggiudicazione prima dell'estate, pena la perdita dei finanziamenti; la gara per il nuovo ospedale di Pordenone per un valore pari a 100/120 milioni di euro; la gara per i prossimi lotti della terza corsia sulla A4 –:
   quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per eliminare l'obbligo dell'applicazione della garanzia globale di esecuzione dei lavori pubblici, anche per le gare in corso, tenendo conto dell'opportunità di individuare strumenti attuativi e interventi concreti, in accordo con gli istituti bancari e assicurativi, simili a quelli adottati da altri Paesi europei, che possano permettere l'applicazione della norma senza penalizzare le imprese italiane. (5-05074)


   SEGONI e PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come da tradizione, puntualmente, ogni primo dell'anno, attraverso decreti interministeriali tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze, entrano in vigore gli aumenti sui pedaggi autostradali, diversificati su tutto il territorio nazionale;
   il 1o gennaio 2014 l'aumento si è attestato su un +3,9 per cento rispetto all'anno precedente, con punte di aumento fino all'8,28 per cento, mentre nel 2013 l'aumento medio si è aggirato su un +2,9 per cento, nel 2012 su un +3,1 per cento, nel 2011 su un +1,9 per cento ed nel 2010 su un +2,4 per cento;
   esistono disparità notevoli di tariffe da tratta a tratta e da gestore a gestore, infatti, ad esempio, nel 2014, si è registrato un incremento dei pedaggi anche dell'11,5 per cento sulla A9 tra Milano e Como, del 7,17 per cento sulla A4 tra Venezia a Trieste, del 6,26 per cento sulla A15 della Cisa, del 6,26 per cento sul passante di Mestre e del 4,43 per cento sulla A31 tra Rovigo e Padova;
   in base ai dati forniti dall'attività dell'Ispettorato di vigilanza concessioni autostradali (IVCV) ad oggi sono ben 24 le società concessionarie detentrici di ben 5.779,900 chilometri di autostrade italiane, di cui il maggiore concessionario è Autostrade per l'Italia che gestisce ben 2.854,600 chilometri, mentre il resto delle tratte autostradali viene amministrato da altri gruppi quali il gruppo Gavio, il gruppo Toto e un notevole numero di enti pubblici e privati che gestiscono singoli tratti di rete come l'Autobrennero, la Brescia-Padova e la Mestre-Trieste;
   tutti i concessionari operano in regime di monopolio e sostanzialmente, nella quasi totalità dei casi non hanno mai dovuto partecipare a una gara pubblica e ora, grazie al «decreto Sblocca Italia», potranno addirittura predisporre autonomamente un piano economico finanziario e, al contempo, grazie all'unificazione di tratte autostradali contigue o complementari avranno, in maniera implicita, garantita la possibilità di avere un rinnovo della concessione;
   gli introiti complessivi ottenuti dagli aumenti tariffari hanno comunque garantito alle società concessionarie dei profitti in netto rialzo, dato questo in piena discordanza con la condizione economica del nostro Paese in cui negli ultimi anni si è registrata una rilevante diminuzione del traffico su gomma e un'inflazione che, ad esempio, nel 2013 è stata dell'1,3 per cento;
   per l'anno passato l'Adusbef e la Federconsumatori hanno stimato, in seguito all'aumento dei pedaggi, un aggravio di 87 euro a famiglia tra costi diretti e indiretti, rimarcando come tali aumenti siano di gran lunga superiori al tasso di inflazione e come questi ultimi rischino di avere ripercussioni pesanti su tutti i prezzi;
   quest'anno il Ministro interrogato, nel «decreto interministeriale trasporti-economia» di fine 2014 con la fissazione dei rincari tariffari per le concessionarie autostradali ha fatto scattare la tagliola del tetto massimo entro cui contenere gli aumenti tariffari (il tetto è stato fissato all'1,5 per cento contro il 9 per cento dell'anno passato), confermando l'ampio margine discrezionale nel definire l'ammontare degli incrementi –:
   con quali criteri oggettivi e con quali margini di trattativa soggettivi vengano determinati annualmente gli aumenti tariffari, e quanto incidano sulla tariffa finale eventuali tasse, imposte e anticipi per la realizzazione di nuove tratte.
(5-05075)


   TERZONI, PARENTELA, DAGA, DE ROSA, BUSTO, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI, DIENI, NESCI, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, LIUZZI, SPESSOTTO e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Salerno Reggio–Calabria da lunedì 2 marzo 2015 è tornata tristemente al centro delle cronache nazionali con il crollo della quinta campata del Viadotto «Italia» (lato Reggio Calabria) – dove erano in esecuzione i lavori di predisposizione della demolizione dell'impalcato per la realizzazione della nuova autostrada – che è costato la vita ad un operaio di 25 anni precipitato da un'altezza di circa 80 metri mentre era alla guida di una piccola ruspa. L'incidente è avvenuto in un cantiere tra Laino Borgo e Mormanno;
   in questi lavori l'Anas ha solo un compito di controllo, mentre l'Italsarc che fa da contraente generale, ha affidato direttamente i lavori a una sessantina di imprese, tra le quali società di rilevanza nazionale come la Cmb di Carpi e la società Ghella spa di Roma che a loro volta subaffidano ad altre imprese più piccole. Ed è proprio in queste pieghe che – a detta del sindacalista Antonio Di Franco, della Fillea di Castrovillari – si verifica «un allentamento nei controlli e nella vigilanza dei protocolli di legalità sottoscritti, in particolare proprio sui contratti e sull'organizzazione del lavoro, sugli orari di lavoro, data la complessità e i tempi stretti di realizzazione»;
   il tragico evento è accaduto in un cantiere che, nei mesi scorsi, era stato segnalato dai sindacati alla prefettura di Cosenza per l'alto grado di rischio dovuto a turni di lavoro troppo pesanti. Già nell'ottobre del 2014, infatti, i sindacati avevano presentato alla prefettura di Cosenza una segnalazione e una richiesta di intervento delle interforze di polizia per le verifiche sui flussi di manodopera e gli orari di lavoro secondo quanto disposto dal «protocollo di legalità» stipulato tra lo stesso ufficio territoriale del Governo, l'Anas, e il contraente generale, Italsarc. Il protocollo prevede, tra le altre norme rivolte a contrastare l'infiltrazione criminale nei cantieri, anche il rispetto dei contratti di fornitura e di lavoro subordinato impiegato nell'ammodernamento del terzo macrolotto della A3;
   a seguito della tragedia il pm ha disposto il sequestro della parte di strada interessata dall'incidente mortale e ha individuato due consulenti che dovranno effettuare un primo sopralluogo per poi procedere alle verifiche della stabilità della struttura dell'intero viadotto, mentre il presidente dell'Anas ha nominato una commissione d'inchiesta interna;
   il tratto tra gli svincoli di Laino Borgo e Mormanno è stato chiuso al traffico e l'Anas ha individuato percorsi alternativi, differenziati per il traffico pesante e leggero con presidi fissi agli svincoli, poiché «non sono prevedibili i tempi di riapertura del tratto»;
   chiudere un importante snodo di traffico che coinvolge, oltre alla Calabria, anche la Sicilia, oltre a generare disagi per gli automobilisti, ha ripercussioni anche sull'economia di queste due regioni che vedranno lievitare i tempi di consegna delle merci delle aziende che ivi risiedono. Il presidente dell'associazione Aitras che rappresenta i circa quindicimila trasportatori siciliani sulla questione ha affermato: «L'ottanta per cento del trasporto su gomma è dedicato all'ortofrutta; un comparto che impone una regola semplice e secca: in ventidue ore la merce appena raccolta deve stare nei mercati del Centro e del Nord. Altrimenti la puoi buttare. Con gli eterni rallentamenti sulla A3 a stento ci riuscivamo prima; ora, con le deviazioni imposte dai percorsi alternativi ci vogliono circa trenta ore. E noi siamo fuori». A questo si deve aggiungere che l'aumento di ore necessarie a raggiungere la destinazione impone l'aumento del numero di autisti in turno su ogni mezzo, obbligati dal codice della strada a un numero massimo di ore di guida al giorno con un notevole aumento dei costi –:
   quali misure intenda adottare affinché venga garantita in tempi rapidi la transitabilità del tratto autostradale, al momento interrotto, scongiurando danni al comparto ortofrutticolo ed al turismo che andrebbero ad impattare fortemente sulla già martoriata economia siciliana e calabrese. (5-05076)

Interrogazione a risposta scritta:


   PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 114 rubricato «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» impone, all'articolo 6, il divieto d'incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza, variando e integrando quanto stabilito dall'articolo 5 comma 9 della legge 7 agosto 2012, n. 135;
   con la legge 7 agosto 2012, n. 135 si stabiliva il divieto per le pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell'ultimo anno di servizi, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza;
   con l'articolo 6 della legge 11 agosto 2014, n. 114 sono apportate sostanziali modifiche alle disposizioni vigenti. Si stabilisce, infatti, il divieto per le pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Si vieta, altresì, di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllate. Incarichi e collaborazioni sono consentiti, esclusivamente a titolo gratuito e per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione;
   la specificità del settore portuale è rilevata anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 378 dei 2005. In tale sentenza si afferma che «il Presidente è posto al vertice di una complessa organizzazione che vede coinvolti, e soggetti al suo coordinamento, anche organi schiettamente statali e gli è assegnato un ruolo fondamentale, anche di carattere propulsivo, perché il porto assolva la sua funzione, comunque interessante l'economia nazionale» –:
   se i Ministri interrogati intendano chiarire se le disposizioni contenute nell'articolo 6 della legge 11 agosto 2014, n. 114 rendano possibile o meno concorrere alla carica di presidente della autorità portuale per i lavoratori collocati in quiescenza. (4-08457)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   al deputato interpellante è stata segnalata una vicenda che – se confermata nella sua veridicità – rappresenterebbe un fatto molto grave;
   si tratta di una aggressione che il poliziotto Vincenzo Mazzarelli avrebbe ripetutamente denunciato di aver subito da parte di due suoi colleghi; tale aggressione avrebbe comportato, in un soggetto già da alcuni anni affetto da grave cardiopatia parzialmente invalidante, la totale incapacità lavorativa; le denunce del signor Mazzarelli, nonché dei suoi familiari (la più toccante è quella autografa della figlia adolescente indirizzata alle più alte cariche dello Stato e trasmessa per conoscenza anche ai deputati interpellanti), non hanno ad oggi sortito l'effetto sperato;
   ma veniamo ad una più precisa ricostruzione dei fatti: in data 1o dicembre 2011 il signor Mazzarelli, assistente capo della Polizia di Stato in servizio presso gli uffici dei reparti «Tecnico logistico e patrimoniale», con sede a Napoli, in via Miano, n. 2, ha denunciato di aver subito una aggressione sul luogo di lavoro da parte di due suoi colleghi, Luigi Paolone e Luigi Baldassini. Più, precisamente, tale aggressione veniva denunciata dal Mazzarelli con querela del 28 febbraio 2012;
   in seguito alla suddetta aggressione, il signor Mazzarelli sarebbe stato colto da malore in quanto soggetto già cardiopatico. Le conseguenze di tale malore venivano aggravate dal fatto che lo stesso veniva lasciato per lungo tempo privo di soccorsi all'interno degli uffici di pubblica sicurezza presso cui era in servizio, ubicati nel Parco di Capodimonte; già a suo tempo la moglie del predetto Mazzarelli, signora Maria Rosaria Di Guida denunciava l'omissione di soccorso e il conseguente grave peggioramento delle condizioni di salute del marito. A seguito dell'archiviazione di detta procedura in ragione di tale condotta, lo stesso presentava in data 11 agosto 2014 denuncia nei confronti di Maurizio Gelich, Sergio Dell'Aversana Orabona, Antonio Panico, Aurelio Tavone, Lorenzo Maio per i reati di omissione di soccorso aggravata da lesioni gravissime, tentato sequestro di persona, sempre con riferimento ai fatti avvenuti in data 1o dicembre 2011;
   a seguito dell'aggravamento delle proprie condizioni, il Mazzarelli riportava una prolungata inabilità a svolgere il proprio lavoro e successivamente è stato dispensato dal servizio per «inabilità fisica assoluta» dalla Commissione medica ospedaliera di Caserta, in data 28 marzo 2013;
   successivamente, in data 30 luglio 2013, il signor Mazzarelli sporgeva un'ulteriore denuncia nei confronti di Maurizio Gelich, direttore del servizio tecnico-logistico della polizia di Stato e di Luigi Vivolo, medico della polizia di Stato, entrambi pubblici ufficiali, per aver assunto determinazioni assolutamente contrarie alla legge nell'ambito della procedura attivata nei suoi confronti, quale dipendente della polizia di Stato, per la verifica delle condizioni di salute. In relazione a tale denuncia, è attualmente pendente riserva del Giudice per le indagini preliminari di Napoli all'esito dell'udienza camerale celebratasi in data 15 gennaio 2015;
   nel settembre 2014, il signor Mazzarelli ha sporto ulteriore denuncia nei confronti di Maurizio Gelich, Sergio Orabona, Antonio Panico, Aurelio Tavone, Lorenzo Maio per omissione d'atti d'ufficio, abuso d'ufficio e condotte comunque lesive della privacy;
   giova peraltro precisare che, sempre su iniziativa di Maurizio Gelich, il Mazzarelli in ragione delle dichiarazioni dei colleghi aggressori Baldassini e Paolone, è stato sottoposto a procedimento disciplinare in conseguenza dei fatti del 1o dicembre 2011;
   altresì nel novembre 2014 il Mazzarelli ha sporto un'ulteriore denuncia nei confronti del funzionario della polizia di Stato Pasquale Carbonaro per comportamenti vessatori tenuti nei confronti del predetto aventi ad oggetto il tentativo di coartarlo a ricevere, in modo assolutamente irrituale e al di fuori di qualsiasi protocollo, l'atto d'avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, nonostante lo stesso si trovasse in condizioni d'inabilità presso la propria abitazione. Tali fatti sarebbero avvenuti il 5 marzo 2012;
   anche dalla ricostruzione cronologica dei fatti si comprende la gravità di quanto avvenuto e la assoluta necessità di fare al più presto piena luce, anche perché sarebbe probabilmente opportuno che i responsabili di simili vicende sia precluso un avanzamento di carriera, diversamente da quanto sta avvenendo – secondo quanto risulta al deputato interpellante – per almeno uno dei soggetti citati –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto descritto e, qualora non lo fosse, come ciò sia possibile alla luce dei reiterati appelli rivolti, tra gli altri, anche alla sua persona dai familiari del signor Mazzarelli;
   se il Ministro interpellato non ritenga di dover disporre una indagine amministrativa interna alla polizia di Stato che – in via complementare all’iter giudiziario della vicenda – indaghi su quanto realmente avvenuto nella mattina del 1o dicembre 2011 presso gli uffici «Tecnico logistico e patrimoniale» siti in via Miano, n. 2.
(2-00900) «Luigi Di Maio».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MATTIELLO e BONOMO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'applicazione delle norme sui benefici per le vittime di estorsioni ha riguardo anzitutto alla qualità propria delle attività economiche condizionate o danneggiate dalle azioni illecite;
   in situazioni particolari, come quella del signor Mauro Esposito, ammesso al beneficio di cui alla legge n. 44 del 1999 in quanto vittima di estorsione da parte della criminalità organizzata, nella valutazione che la prefettura di Torino dovrà fare entro il mese di marzo 2015 relativamente al danno subito sembra emergere una linea interpretativa fondata sulla controversa, discutibile e discussa persistenza nell'ordinamento dell'anacronistico divieto di esercizio delle attività professionali mediante la forma giuridica delle società, divieto già rimosso espressamente dal legislatore fin dal 1997 –:
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per fornire una indicazione applicativa in merito alle norme sulle vittime di estorsioni che non sia condizionata da giudizi pronunciati in sede civile, che sarebbero inconferenti per la valutazione propria delle prefetture e, per di più, in contrasto con la linea interpretativa in proposito adottata più volte dal Governo. (5-05064)


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO, ROSTELLATO e SEGONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, nel Canale di Sicilia, sono stati salvati dal naufragio, dalla Guardia costiera, 941 migranti: i soccorsi sono stati indirizzati ad un barcone rovesciato dal quale sono stati recuperate 121 persone vive e 10 decedute;
   la nave Dattilo della Guardia costiera, che già aveva a bordo 318 migranti salvati in una precedente operazione, è arrivata nel porto commerciale di Augusta portando con sé i 10 corpi senza vita ed i 121 superstiti della tragedia;
   in meno di 24 ore, inoltre, sono state in totale 7 le operazioni di soccorso coordinate dalla Guardia costiera in una zona di mare a circa 50 miglia a nord della Libia, zona nella quale sono stati dirottati anche 3 mercantili, uno dei quali ha salvato 183 persone;
   la nave Fiorillo della Guardia costiera, ha tratto in salvo 319 migranti, e richiesto l'impiego di 1 unità della Marina militare inserita nel dispositivo Triton che è intervenuta per prestare soccorso;
   in totale quindi sono stati soccorsi 5 gommoni e 2 barconi carichi di migranti, di sedicente provenienza siriana, palestinese, tunisina, libica e sub-sahariana;
   in un solo giorno sono, quindi, sbarcati in Sicilia complessivamente circa un migliaio di migranti soccorsi in diverse operazioni nel Canale di Sicilia;
   si contano tra le persone salvate oltre 30 bambini e più di 50 donne, di cui una incinta per la quale si è resa necessaria l'urgente evacuazione medica con una motovedetta classe 300 della Guardia costiera di Lampedusa;
   i persistenti flussi migratori che dalle coste nord-africane si rivolgono verso le coste dell'Italia meridionale, talvolta accompagnati da avvenimenti luttuosi, a parere degl'interroganti, dimostrano che l'emergenza migratoria non solo non si arresta, ma, nella realtà dei fatti, s'incrementa con sempre maggiore drammaticità;
   questo episodio, infatti, lungi dal rappresentare un caso isolato è ormai divenuto una consuetudine, poiché, gli avvistamenti d'imbarcazioni fatiscenti in alto mare, e le operazioni di soccorso ed assistenza con conseguente trasbordo dei migranti poste in atto dalla Marina militare e dalle capitanerie di porto, e successivo sbarco sull'isola siciliana si ripetono continuamente;
   primario effetto di tale consistente affluenza di migranti consiste nel sovraccarico delle strutture comunali, destinate all'accoglienza degli stranieri, delle città siciliane che ormai si trovano in palese difficoltà e, stante l'ingente numero di persone che devono essere ospitate, non riescono più a far fronte alle esigenze immediate di assistenza e protezione dei migranti loro affidati, palesando inequivocabilmente una situazione ormai insostenibile;
   sebbene sia stata disposta l'apertura di due centri d'accoglienza, uno dei quali a Castellammare del Golfo, le persone provenienti dall'Africa e dal Medioriente cercano di fuggire dai vari centri in cui vengono indirizzati –:
   se e quali misure intenda promuovere in merito alla necessità di scongiurare il persistente stato di crisi umanitaria migratoria diretta dal nord Africa verso le coste siciliane e, conseguentemente, verso l'Italia e l'Europa;
   se e quali provvedimenti intenda adottare per il miglioramento delle condizioni di sicurezza ai confini del sud dell'Italia, anche in relazione all'identificazione dei migranti ed all'avvio delle procedure conseguenti alle richieste di asilo per motivi umanitari;
   se e quali azioni intenda porre in essere in merito al fenomeno dell'emigrazione di massa al fine di supportare la nuova emergenza connessa all'arrivo in Italia di un nuovo e più intenso flusso di migranti all'affacciarsi della stagione estiva;
   se e quali misure intenda adottare con riferimento al soccorso in mare e all'accoglienza, e se ritenga che le condizioni d'accoglienza approntate a terra, igieniche e ambientali, possano essere considerate adeguate in relazione all'incremento del numero di migranti sbarcati in Italia;
   se e quali azioni concrete intenda realizzare per evitare in futuro le frequentissime morti che, troppo spesso, si verificano in relazione ai descritti fenomeni migratori diretti verso l'Italia. (5-05065)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge del 7 aprile 2014, n. 56 (cosiddetta legge Delrio), ha previsto per il rinnovo degli organi delle province, elezioni di secondo livello, che vedono come titolari del diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci ed i consiglieri comunali della circoscrizione provinciale (fatta salva la statuizione derogatoria dettata dal comma 80 dell'articolo 1 del provvedimento normativo in esame);
   il comma 79 della legge n. 56, per quel che concerne la data delle elezioni provinciali secondo le nuove modalità, opera una differenziazione fra gli enti i cui organi venivano a scadenza, o risultavano già scaduti, nel 2014 e quelli la cui conclusione del mandato elettivo è prevista per il corrente anno e per il 2016;
   nella prima ipotesi, infatti, di cui alla lettera a) del comma 79, le elezioni in discorso si sono svolte tra settembre ed ottobre del 2014 (e ciò anche per effetto delle linee guida all'uopo dettate dal Ministero dell'interno, con circolare n. 32 del 2014;
   nella seconda ipotesi di cui alla lettera b) del comma 79, le elezioni debbono svolgersi «... entro trenta giorni dalla scadenza per fine del mandato ovvero per decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali»;
   per la provincia dell'Aquila, la data delle elezioni dovrebbe essere quella di sabato 2 maggio 2015 immediatamente a ridosso se non addirittura prima, del turno delle elezioni amministrative di circa 50 comuni su 108 complessivi;
   l'applicazione della indicata disposizione sopra menzionata impone agli organi preposti della provincia dell'Aquila di dover disporre la convocazione dei comizi elettorali, entro il quarantesimo giorno antecedente la data delle votazioni (da tenersi, lo si ribadisce, entro trenta giorni dalla scadenza del mandato), con la conseguente individuazione del corpo elettorale, al trentacinquesimo giorno antecedente la data delle votazioni, con la inevitabile esclusione di un così rilevante numero di comuni, in quanto interessati dal contemporaneo (o successivo) turno delle corrispondenti elezioni amministrative, previsto comunque, nel medesimo mese di maggio;
   la pedissequa applicazione del quadro normativo sopra delineato determinerà, in assenza di auspicati interventi correttivi, conseguenze paradossali, poiché, qualora le elezioni provinciali dovessero svolgersi nello stesso periodo delle elezioni comunali, verrebbe da un lato, compressa la libertà di partecipazione democratica del voto ad un consistente numero di sindaci e consiglieri comunali e, dall'altro, pregiudicata la legittimazione democratica degli organi rappresentativi del nuovo ente;
   nell'evenienza sopra considerata, infatti, potrebbe accadere, da un lato che soggetti eletti all'ufficio di consigliere provinciale debbano decadere dalla carica, o meglio essere dichiarati ineleggibili, giusto quanto disposto dal comma 78 dell'articolo 1 della legge n. 56 e, dall'altro, che i risultati elettorali siano condizionati, in maniera decisiva, dalla partecipazione alle votazioni di sindaci e consiglieri comunali successivamente non confermati dai cittadini, nelle rispettive cariche;
   ove mai le previsioni dettate dal comma 79, lettera b), della legge n. 56 del 2014, dovessero trovare effettiva applicazione, risulterebbe accresciuto in modo esponenziale, stanti le riferite premesse, il rischio di possibili contestazioni, anche in sede giurisdizionale, circa la legittimità degli esiti elettorali e di una presumibile contestazione politica, in contrasto con le stesse finalità della legge di riforma, tesa, invece, a promuovere la partecipazione attiva di tutti i comuni, senza esclusione alcuna;
   le criticità sopra evidenziate, per contro, risulterebbero eliminate in radice qualora si estendesse, anche alle amministrazioni, provinciali in scadenza negli anni 2015 e 2016, la disciplina dettata per quelle cessate nel 2014, prevedendo, in buona sostanza, una opportuna quanto utile dissociazione istituzionale fra la data di svolgimento delle elezioni comunali e quella delle elezioni provinciali (da tenersi nei mesi di settembre e ottobre del 2015 e del 2016), con applicazione, altresì, della previsione dettata dal comma 82 della legge «Delrio» (permanenza in carica, a titolo gratuito, del presidente e della giunta provinciale sino all'insediamento dei nuovi organi –:
   quali saranno le iniziative di competenza che verranno intraprese – con la massima urgenza – per porre rimedio alle paradossalità evidenziate. (4-08453)


   BORGHESI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale firmato in attuazione del cosiddetto «sblocca Italia» ha destinato 50 dei 100 milioni di euro disponibili provveditorati interregionali alle opere pubbliche «per interventi di completamento di beni demaniali di loro competenza e per l'attuazione di interventi urgenti in materia di dissesto idrogeologico, di difesa e messa in sicurezza di beni pubblici, di completamento di opere in corso di esecuzione nonché di miglioramento infrastrutturale»;
   ammontano a 6 milioni di euro i fondi destinati complessivamente alla regione Lombardia, in particolare per la provincia di Brescia sono stati destinati 1,8 milioni di euro per interventi alle caserme dei carabinieri di Sarezzo, Pontoglio e Flero;
   i lavori per la realizzazione della caserma dei carabinieri di Sarezzo risultano essere in stato avanzato, l'opera è in costruzione ormai da diversi anni;
   il completamento consentirebbe il celere avvio dell'operatività della stessa con notevoli effetti positivi per la popolazione –:
   se il Governo intenda confermare la priorità della realizzazione di questa infrastruttura e se intenda chiarire quale sia ad oggi lo stato di avanzamento dei lavori, al fine di dare al territorio interessato prospettive certe nei modi e nei tempi di completamento dell'opera. (4-08458)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VEZZALI e RABINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   acquisire le competenze motorie e gli stili di vita della persona attraverso l'educazione motoria sin dalla scuola primaria è fondamentale per equiparare il sistema scolastico italiano agli standard europei;
   nel vecchio ordinamento organizzativo dell'amministrazione scolastica, era prevista l'organizzazione e il coordinamento periferico del servizio sportivo scolastico territoriale/ex-provinciale. Tale normativa, sin dal 1958, ha costituito la base per una serie di disposizioni interne, recepite nei diversi CCNL della scuola sino al triennio 2006/2009;
   la legge n. 190 del 2014 all'articolo 307, di fatto, dispone la chiusura degli uffici di educazione fisica territoriali, lasciando l'organizzazione ai soli uffici regionali nell'ambito delle proprie competenze;
   gli insegnanti delegati al coordinamento di educazione fisica degli uffici territoriali, hanno svolto sul proprio territorio un'attività che ha portato all'ottenimento di numerosi titoli regionali, nazionali e internazionali, ponendosi anche nello sport educativo scolastico in posizioni di rilievo. I coordinamenti territoriali hanno inoltre elaborato innumerevoli progetti di avviamento motorio nelle scuole primarie, progetti d'integrazione delle alunne e degli alunni disabili, campagne di prevenzione al doping e sulla sicurezza stradale e che hanno visto partecipi tutte le scuole;
   in seguito alla chiusura degli uffici provinciali di educazione fisica territoriali, prevista al 31 agosto 2015, i docenti s'interrogano su quale futuro potrà avere l'organizzazione di eventi sportivi così efficaci sul territorio e così peculiari dal punto di vista geomorfologico e di consolidata capacità di coordinamento dei comuni, al fine di avviare buone pratiche di cooperazione con le scuole. Nonostante ci sia carenza nelle risorse economiche disponibili, i coordinatori di educazione fisica, responsabili degli uffici territoriali hanno proseguito le attività in corso con l'inalterato impegno di sempre;
   il progetto sperimentale di alfabetizzazione motoria nelle scuole primarie ha prodotto la presenza di un insegnante precario con nessuna prospettiva professionale e di continuità, anche se l'insegnamento frontale è stato immediatamente riconosciuto dalle insegnanti della scuola primaria, come una pedina vincente nel processo formativo dell'alunno; tale progetto triennale sperimentale, avviato nel 2009, è stato prorogato anche per gli anni successivi sino al 2013/2014;
   la continuità del progetto prevedeva l'insegnamento in tutte le scuole d'Italia con lezioni frontali e con un affiancamento al docente della scuola, per 30 ore l'anno, da febbraio a maggio, per ogni classe della scuola primaria, con costi a regime pari a sessanta milioni di euro nei 4 anni;
   pur riconoscendo la buona volontà del CONI, purtroppo allo stato attuale, la partecipazione al progetto dello «sport di classe» da parte della scuola, è molto ridotta e di difficile praticità, poiché, nonostante questi proponga progetti e investa risorse, l'amministrazione scolastica nell'ambito della propria offerta formativa, deve adempiere a delle procedure burocratiche, con strette esigenze di programmazione scolastica. Dette programmazioni, spesso mal conciliano con i vincoli imposti dall'accordo Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-CONI, poiché si sovrappongono con il calendario dell'attività programmate dalle stesse scuole;
   il progetto di alfabetizzazione motoria, per l'anno scolastico 2014/2015 è sostituito dal progetto «sport di classe», giunto a regime grazie agli accordi presi all'interno del protocollo d'intesa Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-CONI-Comitato paralimpico italiano per il potenziamento dello sport scolastico al fine di promuovere l'educazione fisica fin dalla scuola primaria e favorire i processi educativi e formativi delle giovani generazioni;
   tuttavia, il progetto «sport di classe» potrà essere altro arricchimento della proposta didattico-motoria, qualora le scuole che desiderino aderire all'iniziativa ne facciano richiesta nei tempi giusti, permettendo che le due ore settimanali per classe rientrino nel piano dell'offerta formativa per le classi 3a 4a e 5a. Inoltre, il progetto propone l'affiancamento all'insegnante della scuola primaria da parte di un esperto laureato in scienze motorie o diplomato ISEF e non la sua sostituzione;
   le recenti linee guida per «La Buona Scuola» e il Progetto «sport di classe», proposto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-CONI, col supporto del Comitato paralimpico italiano (CIP), contengono una serie di proposte orientate all'inserimento del docente di educazione fisica nella scuola primaria, per affiancare il docente che si occupa dell'insegnamento dell'educazione fisica, ritenuto non sufficientemente formato per gestire tale insegnamento;
   prevale pertanto una visione tradizionale e riduttiva dell'educazione fisica, finalizzata prevalentemente alla prevenzione, salute fisica, sport. Scelta che appare in contraddizione rispetto allo spirito delle indicazioni nazionali (decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2012), che auspicano un'educazione integrale della persona, per realizzare la quale lo sviluppo di competenze nell'ambito motorio sono necessarie e imprescindibili, compito di tutti i docenti, non solo di quello incaricato dell'educazione fisica –:
   come si intendano programmare le attività relative allo sport scolastico, anche in considerazione del fatto che nel mese di maggio s'inizierà a programmare l'offerta formativa per l'anno scolastico 2015/2016;
   come intenda organizzare il nuovo progetto di cui, ancora non si conosce la denominazione precisa; campionati o giochi sportivi studenteschi, tenendo conto che in ambito scolastico si richiede il termine giochi studenteschi, in quanto la vecchia denominazione campionati ha da sempre voluto sottintendere più azioni selettive e competitive, ma di fatto non è la vera immagine dello sport a scuola;
   come intenda risolvere quello che agli interroganti appare un palese conflitto tra il progetto «sport di classe» di Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-CONI-CIP e le linee guida inserite nel disegno di legge de «La Buona Scuola»;
   se intenda attuare e portare a regime un corretto e uniforme programma di educazione motoria nella scuola primaria che faccia capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, quale unica istituzione titolata a riformare l'attività motoria nella scuola nell'ambito della propria offerta formativa e non delegando ad altri soggetti lo «sport scolastico di Stato»;
   se intenda assumere iniziative per la riapertura degli uffici di educazione fisica territoriali per meglio gestire le attività anche concernenti i gruppi sportivi studenteschi che con il solo coordinamento regionale rischiano di estinguersi. (5-05052)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il funzionamento delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado, in provincia di Verona, è stato garantito, fino al 2013, per legge, dall'assegnazione di fondi provinciali: circa 30.000 euro per istituto (in aggiunta alla dotazione ordinaria statale, di appena 812.000 euro per scuola);
   in data 17 luglio 2014, la provincia di Verona ha comunicato ai dirigenti scolastici l'impossibilità di assegnare questi fondi, lamentando i vincoli dettati dal patto di stabilità e dalla riforma delle province;
   gli unici finanziamenti assegnati per il 2014 (mediamente dai 2.000 ai 6.000 euro ad istituto) sono stati quelli per le spese di manutenzione straordinaria, legata ad impellenti problemi di sicurezza;
   in data 10 settembre 2014, il collegio dei dirigenti scolastici delle scuole secondarie di 2o grado della provincia di Verona ha inviato un appello al Ministro interrogato, ai dirigenti dell'ufficio scolastico regionale e provinciale, al presidente e all'assessore all'istruzione della provincia in cui dirigenti denunciano la «grave difficoltà a gestire la delega loro conferita per la gestione ordinaria degli edifici e degli uffici e, nello stesso tempo, non ritengono civilmente corretto utilizzare i soldi che le famiglie hanno versato volontariamente solo per l'ampliamento dell'offerta formativa. Prima di dover declinare l'impegno e restituire all'Ente provinciale la delega loro conferita, i dirigenti scolastici chiedono urgentemente un intervento governativo che sblocchi il patto di stabilità per l'edilizia scolastica e la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici degli istituti superiori, volto a garantire il funzionamento degli uffici a cominciare dal pagamento delle bollette telefoniche e del canone per l'utilizzo di internet, la manutenzione ordinaria degli edifici, l'acquisto o la dotazione degli arredi (sedie, banchi, attrezzi da palestra...) e ogni altro utile intervento sino allo scorso anno sostenuto, finanziariamente, dalle Province di riferimento. Senza tali contributi la stessa sicurezza degli edifici scolastici è messa a repentaglio in quanto per molti aspetti dipende proprio dall'ordinaria manutenzione»;
   a tutt'oggi, l'appello non ha ottenuto alcun riscontro: né dagli organi di Governo competenti, né dai rappresentanti degli enti locali;
   nonostante il silenzio delle istituzioni, i dirigenti, responsabilmente e in accordo con tutte le componenti scolastiche, genitori compresi, hanno deciso di garantire comunque il funzionamento delle scuole;
   il persistere di tale situazione potrebbe determinare l'interruzione dell'attività didattica e di conseguenza rendere impossibile l'esercizio del diritto costituzionale allo studio;
   i genitori, sottraendo risorse ai progetti e all'offerta formativa dei propri figli, si sono fatti carico delle spese relative alla piccola manutenzione (bagni, lampadine, manutenzione serramenti e altro) e quelle della segreteria scolastica;
   imbarazza l'assenza di un Governo che annuncia interventi sulla «Buona Scuola» ma di fatto, a giudizio dell'interrogante, sottrae le risorse finanziarie essenziali per il funzionamento ordinario delle scuole –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   quali iniziative, di cui s'intuisce l'urgenza, s'intendano assumere al fine di accordare alle istituzioni scolastiche della provincia di Verona l'assegnazione delle spese di funzionamento e così consentire il regolare svolgimento delle attività didattiche. (4-08452)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle linee guida de «La Buona Scuola» del settembre 2014, si è prospettata la possibile assunzione in ruolo dei docenti SSIS (soggetti di cui all'articolo 15, comma 17, del decreto ministeriale 249 del 2010 e articolo 1, comma 19 del decreto ministeriale 11 novembre 2011) e degli abilitati di scienze della formazione primaria vecchio ordinamento, in subordine alle eventuali rinunce degli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento;
   è stato preannunciato dal Consiglio dei ministri che si ipotizza l'immissione in ruolo di oltre centomila docenti precari. I beneficiari di tale provvedimento dovrebbero essere i docenti in graduatorie ad esaurimento e i docenti vincitori del concorso 2012, ma nulla si preannuncia sui docenti SSIS dal piano straordinario di immissione in ruolo;
   alcuni abilitati con tirocinio formativo attivo in sovrannumero ai sensi dei succitati articoli 15, comma 17 del decreto ministeriale 249 del 2010 e articolo 1, comma 19, del decreto ministeriale 11 novembre 2011 sono già oggi nelle graduatorie ad esaurimento perché iscritti con riserva nelle medesime dal 2009 o perché inseriti negli ultimi due anni dai giudici amministrativi e del lavoro. Costoro beneficerebbero dunque del piano straordinario di assunzioni;
   immettere in ruolo tutti gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento significa assumere alcuni docenti che hanno seguito esattamente lo stesso percorso dei docenti che, dopo aver superato il concorso per l'ammissione alla SSIS, hanno dovuto sospendere la frequenza della SSIS e conseguire quindi l'abilitazione tramite tirocinio formativo attivo;
   di fatto, i docenti SSIS, nel pieno rispetto della lettera del decreto ministeriale n. 42 dell'8 aprile 2009, che consentiva l'iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento, soltanto a chi sapeva di poter conseguire l'abilitazione completando il corso SSIS entro il 30 giugno 2009, non si sono iscritti allora e non sono riusciti, per tanti motivi, compresa la lentezza della giustizia ed i suoi costi che mal si conciliano con le loro precarie condizioni economiche, a ottenere il riconoscimento del loro diritto tramite i giudici –:
   quali siano i motivi per i quali i soggetti di cui all'articolo 15, comma 17, del decreto ministeriale n. 249 del 2010 e articolo 1, comma 19, del decreto ministeriale 11 novembre 2011 non siano assolutamente presi in considerazione nel disegno di legge «La Buona scuola» approvato dal Consiglio dei ministri il 12 marzo 2015;
   se alla luce di quanto sopra esposto, si intendano assumere iniziative nominative per risolvere la situazione dei cosiddetti «congelati SSIS non inseriti nelle graduatorie ad esaurimento», anche in considerazione dei due ordini del giorno del novembre 2013, entrambi accolti dal Governo pro tempore (S.9/01150/063 e C. 9/01574-A/84), e della risposta in Senato all'interrogazione n. 3-00441 da parte del Sottosegretario Toccafondi;
   se intenda portare a soluzione l'immissione in ruolo, anche in subordine, alle graduatorie ad esaurimento di tutti i soggetti di cui all'articolo 15, comma 17, del decreto ministeriale n. 249 del 2010 e articolo 1, comma 19, del decreto ministeriale 11 novembre 2011, come già previsto dalle linee guida «La Buona scuola», in modo da ovviare al vuoto normativo che fino a oggi comporta l'esclusione di alcuni docenti. (4-08461)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   ALBANELLA, VALERIA VALENTE, GNECCHI, CARLONI, DI LELLO, FAMIGLIETTI, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MIGLIORE, SALVATORE PICCOLO, ROSTAN, SGAMBATO e GRIBAUDO. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Italia Lavoro spa, azienda totalmente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, è l'ente strumentale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale;
   sotto il profilo organizzativo, Italia Lavoro opera attraverso una struttura centrale, con sede in Roma, ripartita in specifiche aree d'intervento, mentre sul territorio nazionale la struttura risulta organizzata in otto macro aree territoriali che supportano le attività di programmi e progetti integrandole a livello locale;
   il personale dipendente di Italia Lavoro ammonta a meno di 450 unità, risultando, perciò, l'operatività dell'Ente, specialmente a livello territoriale, in gran parte affidata a collaboratori con contratti a termine e, nella maggioranza dei casi, a collaboratori con contratti a progetto, per circa 800 complessive unità di personale;
   i contratti con i collaboratori a termine e a progetto verranno a scadere il 31 marzo 2015, fra meno di venti giorni, cioè, ma a tutt'oggi risultano disattesi gli impegni presi nel mese di dicembre 2014 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali circa la garanzia della continuità occupazionale per questi lavoratori e per il riconoscimento delle loro apprezzate professionalità;
   in mancanza dei preannunciati provvedimenti di tutela occupazionale dei collaboratori di Italia Lavoro spa, verrà dunque a crearsi una ulteriore platea di soggetti privati del loro lavoro che potrebbero, altresì, veder disperse esperienza e professionalità lodevolmente acquisite negli anni;
   la contemporanea scadenza dei ripetuti contratti con i collaboratori che hanno sin qui operato, sull'intero territorio nazionale, rendendo possibile la realizzazione di programmi e progetti di Italia Lavoro spa determinerà, inevitabilmente, l'arresto di molte delle attività in corso, vanificando il conseguimento delle pubbliche finalità che hanno motivato l'avvio di quei programmi e progetti;
   con riferimento all'erogazione dei servizi pubblici per il lavoro, in particolare, l'arresto o l'inadeguatezza delle attività istituzionalmente affidate a Italia Lavoro costituirebbero un danno ulteriore per la collettività, nella attuale fase in cui si stanno approntando nuovi assetti normativi in materia, modifiche che tanto più renderanno necessaria la piena utilizzazione di quelle specifiche professionalità e competenze presenti sul territorio, per assicurare, nella necessaria fase di transizione e messa a regime, efficacia ed efficienza rispetto ai nuovi assetti normativi;
   nell'ambito della programmazione dei fondi europei per il periodo 2014-2020 sono riconosciute al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ingenti risorse finanziarie da destinare alle politiche del lavoro, nell'ambito di diversi programmi operativi nazionali;
   in data 11 marzo 2015 si è svolto un incontro tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i rappresentanti di Italia Lavoro e i sindacati, nel quale, secondo quanto rappresentato da fonti sindacali, si è garantito che le commesse per la società saranno pari nel 2015 e nel 2016 a circa 75 milioni di euro, comprensivi dei 12 milioni di euro stanziati dalla legge di stabilità;
   in quella sede si è rappresentato che l'azienda è impossibilitata ad assumere con contratti a tempo indeterminato a causa dei limiti previsti dalla legislazione vigente, mentre non vi sarebbero motivi ostativi all'introduzione di punteggi qualificanti in fase di selezione per tutti coloro che da anni hanno collaborato con Italia Lavoro, pur mantenendo i principi di imparzialità e di evidenza pubblica che sono d'obbligo per una società come Italia Lavoro;
   in vista della prossima adozione dei decreti legislativi attuativi della legge n. 183 del 2014, relativi all'introduzione dell'Agenzia unica per il lavoro, si rende opportuno avviare un confronto circa le modalità con le quali far confluire in tale Agenzia le diverse realtà che operano nel mercato del lavoro;
   nell'incontro dell'11 marzo 2015, il presidente e amministratore delegato di Italia Lavoro ha rappresentato che, velocizzando le procedure, fermo restando il rispetto dei tempi da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, intorno a metà maggio potrebbe, essere in forza in Italia Lavoro circa l'80 per cento del personale in questione con contratti di collaborazione o contratti a tempo determinato;
   le organizzazioni sindacali hanno chiesto un coordinamento continuo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla vertenza, la continuità del tavolo di confronto e un nuovo incontro subito dopo il 23 marzo –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di dare seguito alle rassicurazioni già rese in merito alla continuità occupazionale e al riconoscimento professionale dei collaboratori a progetto e a tempo determinato di Italia Lavoro e assicurare il corretto e tempestivo perseguimento di programmi e progetti, in corso di realizzazione e approvati, rientranti nei fini istituzionali di Italia Lavoro spa, anche attraverso la predisposizione di appositi percorsi di stabilizzazione dei lavoratori anzidetti. (5-05056)


   LOMBARDI e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sono due anni che si documentano e si sono portate all'attenzione di tutti gli organi preposti le «relazioni pericolose» che ruotano e si alimentano intorno ai 60 miliardi di euro di patrimonio immobiliare e mobiliare delle casse previdenziali;
   tale documentazione recuperata, non con poche difficoltà, è stata persino utilizzata per richiedere il commissariamento di Enasarco, la cassa degli agenti di commercio, evidenziando gli «incroci pericolosi»; uno degli ultimi riguarda addirittura proprio il Sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali;
   infatti, l'ultimo in ordine di tempo ed apparso sul Fatto Quotidiano del 28 febbraio 2015 sembrerebbe portare proprio alla famiglia del Sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali in quota Ncd, Massimo Cassano; al centro del quale c’è la Optimum asset management, una società con sede in Lussemburgo che, proprio per Enasarco ha gestito oltre 300 milioni di euro attraverso un investimento che è stato anche criticato dalla stessa Covip, la commissione che ha compiti di vigilanza sulle casse che a giudizio delle interroganti di solito è stata molto delicata nelle critiche verso le casse;
   il fondo in cui sono finiti i contributi pensionistici si chiama Futura Funds ed è lo stesso che nel 2013 ha suscitato interesse negli ambienti finanziari per avere sottoscritto un minibond piuttosto rischioso da 22 milioni di euro emesso dalla Sudcommerci srl;
   ebbene, tra i soci principali che hanno in mano il controllo di Sudcommerci c’è Anna Degennaro, che è moglie proprio del Sottosegretario per il lavoro e delle politiche sociali;
   qui il filo riporta a Enasarco; il sottosegretario, infatti, è titolare delle deleghe in materia di politiche previdenziali, ovvero è colui che al Ministero ha competenza per decidere di commissariare o meno l'ente; decisione che passa anche attraverso la valutazione dell'opportunità di quegli investimenti, alcuni dei quali fatti tramite coloro che hanno raccolto finanziamenti per moglie e parenti del sottosegretario;
   in un atto di sindacato ispettivo presentata dalla prima firmataria del presente atto, il Movimento 5 stelle aveva già evidenziato i rischi dell'investimento di Futura Funds in Sudcommerci;
   l'emissione del minibond viene decisa ad agosto del 2013 per coprire la metà dei costi di un progetto immobiliare che prevede la costruzione di un polo commerciale con oltre 60 mila metri quadri di negozi a Casamassima, in provincia di Bari;
   il rendimento dell'obbligazione è del 6 per cento all'anno, piuttosto basso se si considera che nel bilancio del 2012 Sudcommerci ha già debiti per quasi 20 milioni di euro a fronte di un capitale sociale di appena 10.400 euro;
   il minibond, sottoscritto a ottobre 2014 in un'unica tranche, finisce nel comparto Delta del fondo Futura Funds, amministrato dalla Futura asset management di Malta, a sua volta affiliata della lussemburghese Optimum Asset Management;
   in quel momento è direttore del fondo lussemburghese il finanziere Girolamo Stabile, che intervistato da Linkiesta sull'opportunità dell'operazione considera le garanzie offerte da Sudcommerci «congrue all'investimento», mentre sul rendimento contenuto dice: «... La ratio di un coupon non eccessivamente elevato sta nel non mettere in difficoltà l'imprenditore con tassi insostenibili.»;
   nello stesso periodo in cui presta 22 milioni di euro a Sudcommerci, Optimum Asset Management è impegnata con toni accesi su un altro fronte, quello di Enasarco: lo dimostrano una lettera di fine ottobre 2013 del presidente del fondo lussemburghese, Alberto Matta, e un'informativa del dirigente del servizio finanza di Enasarco, Roberto Lamonica, che a commento della missiva contesta il calcolo delle commissioni addebitate in passato alla cassa e parla di rendimenti con componenti negative «certe e liquide»;
   i tempi sono cambiati; i rapporti non sono più quelli del passato, allorquando Enasarco aveva conferito al comparto Newton di Futura Funds prodotti finanziari per 300 milioni di euro, in parte oggetto di successiva ristrutturazione, a cui poi ha aggiunto 30 milioni di liquidità; a fine ottobre di quell'anno l'ente previdenziale finisce sotto i riflettori per le perdite potenziali nascoste nel bilancio, già denunciate dall'allora vice presidente Andrea Pozzi che per questo decide di dimettersi;
   a febbraio 2014 Enasarco e Optimum asset management trovano l'accordo: il comparto Newton di Futura Funds viene chiuso e i suoi asset finiscono direttamente a Enasarco; tra questi c’è anche una quota, con valore contabile di 80,8 milioni di euro di Optimum evolution fund Sif – Property II, un fondo immobiliare gestito sempre da Optimum Asset Management;
   quel legame che lega a doppio filo Enasarco con i parenti di Cassano è sopravvissuto alle liti di fine 2013 riguardanti proprio finanziamenti dell'ente;
   per concludere e tirando le somme, la Fondazione ha intrattenuto rapporti con i finanzieri Girolamo Stabile e Alberto Matta nei cui fondi sarebbero stati investiti 80,8 milioni di euro di contributi previdenziali;
   il fatto che Stabile e Matta abbiano acquistato per l'ingente somma di 20 milioni di euro le quote di una società quale Sudcommerci, con capitale sociale di poco più di 10.000 euro, lascia intendere legittimamente l'esistenza di solidi rapporti tra questi ultimi e, tramite la moglie, il Sottosegretario Cassano, competente a decidere circa l'eventuale commissariamento della Fondazione Enasarco –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative intenda adottare in relazione a quelle che alle interroganti appaiono situazioni palesi di grave conflitto di interessi. (5-05057)


   PLACIDO e AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, prevede che, in via sperimentale per il 2015, in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1o gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015, i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, iscritti in via esclusiva alla gestione separata, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, possono beneficiare di una nuova indennità mensile di disoccupazione denominata Dis-Coll;
   l'articolo 15 del sopracitato decreto legislativo precisa che per accedere alla misura di sostegno il lavoratore disoccupato debba inoltrare la relativa richiesta all'INPS, esclusivamente per via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro;
   nonostante lo stesso decreto legislativo riconosca la suddetta prestazione sociale anche a quei lavoratori involontariamente disoccupati da una data antecedente a quella della sua entrata in vigore, avvenuta il 7 marzo 2015, molti di loro, ad esempio quelli disoccupati dal 1o gennaio 2015 si sono visti quasi contestualmente scadere, per l'intervenuto decorso dei 68 giorni, il termine di presentazione della relativa domanda. Inoltre, gli stessi, pur avendo maturato i requisiti per richiedere l'indennità, oltre ad aver visto spirare il termine ultimo per presentare la relativa domanda, si sono trovati impossibilitati a farlo perché l'Inps non avrebbe ancora provveduto a predisporre sul proprio sito istituzionale le procedure telematiche, ritrovandosi in tal modo, ai fini del riconoscimento del proprio diritto alla prestazione, doppiamente penalizzati –:
   se non ritenga urgente ed indifferibile assumere iniziative normative volte a modificare il suddetto termine perentorio di decadenza di 68 giorni di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, facendolo decorrere, per quei lavoratori che hanno nel frattempo hanno maturato i requisiti per l'accesso alla Dis-coll (indennità di disoccupazione per i lavoratori con contratto di collaborazione) dal giorno successivo a quello in cui l'Inps avrà definito le procedure informatiche per la presentazione della relativa domanda, piuttosto che dalla data di effettiva cessazione del loro rapporto di lavoro, e, contestualmente, adoperarsi affinché lo stesso Istituto attivi sul proprio sito istituzionale le procedure di accesso telematico. (5-05058)


   PRATAVIERA e FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi 118-124, della legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n.190), ha previsto per i datori di lavoro (eccetto il settore agricolo) che procedono a nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato (esclusi i contratti di apprendistato e quelli di lavoro domestico), decorrenti dal 1o gennaio 2015 e relativi a contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2015, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali per un periodo di 36 mesi nel limite massimo pari a 8.060 euro su base annua;
   con circolare n. 17 del 29 gennaio 2015, l'Inps ha fornito le istruzioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi all'esonero contributivo, precisando – tra l'altro – che «L'applicazione del predetto beneficio non determina alcuna riduzione della misura del trattamento previdenziale, in quanto l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche resta fissata nella misura ordinaria, pari, per la generalità dei lavoratori subordinati, al 33 per cento della retribuzione lorda imponibile»;
   tale beneficio, in combinato con il contratto di lavoro a tutele crescenti di cui al decreto legislativo n. 23 del 2015 dovrebbe negli intenti del Governo promuovere forme di occupazione stabile;
   in più di un'occasione gli interroganti hanno, manifestato il loro scetticismo circa le finalità di tali interventi normativi, atteso che l'ampliamento della base occupazionale e la stabilità dei posti di lavoro dipende da una ripresa economica a sua volta generata da misure permanenti di defiscalizzazione per le imprese;
   nelle medesime circostanze gli interroganti hanno espresso il timore che le neo-assunzioni con contratto di lavoro a tutele crescenti agevolate dall'esonero contributivo possano avere effetti negativi sulla determinazione dell'importo pensionistico del lavoratore, in mancanza di garanzie certe dell'accredito figurativo –:
   se ed in quali termini il Ministro interrogato intenda riconoscere ai neo lavoratori di cui in premessa la certezza dei diritti pensionistici acquisiti, ovvero il riconoscimento dell'accredito figurativo dei contributi previdenziali per tutto il periodo di godimento da parte del datore di lavoro dell'esonero e la contemporanea garanzia che tali contributi figurativi siano riconosciuti e conteggiati ai fini della maturazione del diritto a pensione. (5-05059)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante sono state segnalate alcune problematiche concernenti le strutture riabilitative private presenti sul territorio della regione Campania e convenzionate con il sistema sanitario nazionale;
   tali aziende, come la maggior parte del settore, sono negli ultimi anni in costante crisi per i tagli che hanno interessato i trasferimenti agli enti territoriali e, quindi, alla sanità; la conseguenza è un costante peggioramento del servizio, a causa delle sempre più precarie e malpagate condizioni di lavoro del personale, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e la quantità dei trattamenti che ricevono pazienti, in molti casi affetti da patologie piuttosto gravi e invalidanti;
   in molti dei casi segnalati, nei fatti, ai dipendenti è precluso anche l'esercizio dei diritti sindacali, dal momento che l'adesione alle organizzazioni sindacali è quasi sempre esplicitamente invisa ai datori di lavoro;
   la mancanza di una effettiva vigilanza da parte delle aziende sanitarie locali che attribuiscono a queste strutture private l'esercizio di servizi di cui dovrebbero farsi carico è causa di una situazione che, a parere dell'interrogante, rischia molto seriamente di pregiudicare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza nel territorio della regione Campania;
   peraltro, secondo quanto segnalato all'interrogante, le aziende in questione possono utilizzare fino al 28 per cento di personale esterno; la minaccia di licenziare il personale dipendente, incrementando contestualmente il ricorso a questo tipo di contrattualistica, ha incrementato il senso di precarietà dei dipendenti e sta alimentando un preoccupante e vergognoso conflitto «tra poveri»: da un lato il personale esterno e dall'altro il personale dipendente;
   occorre peraltro considerare che, a parere dell'interrogante, è inopportuno parlare di imprenditorialità e profitto nel campo sanitario, soprattutto laddove questo viene perseguito a scapito sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo delle prestazioni che vengono erogate;
   secondo quanto segnalato, inoltre, non solo il contratto di lavoro dei fisioterapisti non viene rinnovato, per lo meno per la parte economica, dal 31 dicembre 2005, ma sono attualmente in essere ben 16 differenti tipologie contrattuali mediante le quali gli operatori sanitari possono essere assunti nel privato, con un'ampia gamma di livelli di garanzia non solo dal punto di vista salariale, ma anche con riferimento all'orario di lavoro;
   vengono, inoltre, segnalati all'interrogante casi nei quali il datore di lavoro chiede una riduzione di 3 o 6 ore di lavoro settimanale a fronte di una riduzione salariale (in presenza di salari già di per sé molto bassi soprattutto se parametrati al grado di specializzazione dei lavoratori in questione), al fine di evitare il licenziamento in favore dell'affidamento a liberi professionisti per l'espletamento delle prestazioni affidate dalla ASL;
   si tratta con tutta evidenza di una situazione nella quale i lavoratori di un settore molto delicato vivono un grave disagio che rischia seriamente di riverberarsi gravemente sulla qualità dei servizi pregiudicando il rispetto dei livelli essenziali di assistenza delle prestazioni di cui alla lettera m) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione –:
   se il Governo non ritenga di dover avviare, mediante l'esercizio del potere di iniziativa normativa, un processo di riforma della regolamentazione del mercato del lavoro finalizzata a tutelare i diritti dei lavoratori descritti in premessa;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non ritenga di dover avviare, per quanto di competenza e mediante l'esercizio del potere di vigilanza, una verifica approfondita sulle condizioni in cui versano i lavoratori citati in premessa;
   se il Ministro della salute, per quanto di competenza, non ritenga doveroso intervenire al fine di garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza delle prestazioni di cui alla lettera m) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione. (4-08459)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, BRUGNEROTTO, L'ABBATE, GALLINELLA, GAGNARLI, PARENTELA, PESCO, COMINARDI, CIPRINI, MASSIMILIANO BERNINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, DALL'OSSO, TONINELLI, ALBERTI, CASO e D'INCÀ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 febbraio 2015, sul quotidiano online «Corriere.it», veniva pubblicata la notizia riguardante l'ultimo dei numerosi episodi di sequestro da parte delle autorità, di materiale in possesso dei pescatori di frodo presenti da almeno un decennio lungo il corso del fiume Po;
   nell'articolo, veniva sottolineato che, allo stato attuale, sono almeno 400 i pescatori di frodo del Po che adottano sistemi illegali consistenti nell'utilizzo in reti di centinaia di metri, elettrostorditori e sostanze chimiche per pescare quantità ingenti di pesce da rivendere sui mercati est-europei e, in parte, italiani;
   si stima che il mercato creato dai bracconieri sia di 2-3 carichi a settimana da 30 quintali ciascuno, rivenduti a prezzi di molto inferiori a quelli di mercato;
   il comandante del Corpo forestale di Rovigo, Gianfranco Munari, nell'articolo ha dichiarato, riferendosi alla possibilità di applicare sanzioni ai bracconieri, che lo Stato ha le armi spuntate, riferendosi alla mancanza di rigide normative atte a far sì che il fenomeno non si possa ripetere così come invece accade dopo poco tempo che i bracconieri vengono sanzionati. Come afferma il comandante della polizia provinciale di Ferrara, Claudio Castagnoli, le sanzioni non hanno effetto sui predatori, visto che su 46 mila euro di multe elevate, ne sono stati riscossi solo 4.500;
   vi è anche un altro problema sottolineato dal presidente della provincia di Rovigo, Marco Trombini, riguardante il problema del «facile» rilascio delle licenze professionali di pesca che chiunque può chiedere alla provincia di appartenenza al prezzo di circa 50 euro e che ai bracconieri servono come copertura in caso di controllo da parte delle autorità preposte. Lo stesso presidente, viste le dimensioni che ha raggiunto il fenomeno del bracconaggio sul Po, ha definito la situazione al limite del disastro ambientale riportando i dati dell'università di Ferrara che ha stimato che in un anno, nella stessa città, è andato perso un terzo del patrimonio ittico esistente;
   le stesse problematiche sono argomento di importanti discussioni del Movimento Gruppo Siluro Italia e del gruppo Carp Fishing Italia, a livello nazionale tra i più sensibili alle tematiche inerenti ad una pesca fluviale corretta e rispettosa per l'ambiente, che tramite i loro siti internet denunciano da anni le illegalità e dispensano consigli per risolvere la questione di illegalità creatasi lungo il fiume Po. Sempre dai loro siti, si rileva che il Movimento Gruppo Siluro Italia, nel proprio statuto, promuove corsi di formazione per propri operatori e guardie per il servizio di vigilanza ecologica ed ecozoofilia, nonché di protezione civile, atte a collaborare con le fasce sane delle pubbliche istituzioni alla vigilanza sulla osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e locali relativi alla salvaguardia della natura, dell'ambiente, della protezione degli animali e alla difesa del patrimonio zootecnico ivi compresa la pesca, e per le emergenze in ambito di protezione civile. Il gruppo Carp Fishing Italia, annovera nelle sue fila anche il corpo delle guardie particolari giurate volontarie ittiche, che esercitano poteri autoritativi e certificativi nell'ambito dell'attività di protezione del patrimonio indisponibile dello Stato (fauna ittica), che per tale motivo ricoprono la carica di pubblici ufficiali;
   sensibile alla tematica, vi è anche il gruppo A.S.D. Padus Chignolo Po, associazione sportiva dilettantistica di pesca impegnata attivamente nella salvaguardia ambientale che oltre all'attività sportiva propone anche attività ludiche e giornate di sensibilizzazione atte a ristabilire il corretto rapporto tra uomo e natura;
   in data 16 aprile 2014, veniva pubblicato sul quotidiano online «ilpiacenza.it», la notizia riguardante la realizzazione della struttura per il passaggio dei pesci lungo il Po, attraverso la diga della centrale idroelettrica più grande d'Italia ad acqua fluente di Isola Serafini, nel Comune di Monticelli d'Ongina (PC). Il progetto iniziato il 3 dicembre 2012, si concluderà il 30 giugno 2017. Tra gli obiettivi prioritari vi è la realizzazione del corridoio ecologico fluviale che permetterà di ripristinare le rotte di migrazione della fauna ittica per centinaia di chilometri dal mare Adriatico sino al Lago di Lugano. Tra i soggetti sostenitori dell'opera, vi è anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   è facilmente intuibile che sino a che tale corridoio non verrà aperto, i bracconieri potenzialmente potranno svolgere l'attività di pesca di frodo di quantità di pesci ancor più elevate per la presenza della diga –:
   se i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, non ritengano urgente aumentare i controlli su tutte le aree del fiume Po ove è conosciuta la presenza di fenomeni di bracconaggio e non intendano assumere iniziative per modificare le normative vigenti al fine di inasprire le sanzioni per chi effettua pesca di frodo;
   se i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, non intendano assumere iniziative volte a modificare le normative inerenti alla pratica della pesca fluviale, tenendo in considerazione l'opportunità di vietare il metodo di pesca tramite reti;
   se i Ministri interrogati non intendano incontrare il Presidente della provincia di Rovigo, Marco Trombini, il comandante del Corpo forestale di Rovigo, Gianfranco Munari, il comandante della polizia provinciale di Ferrara, Claudio Castagnoli e rappresentanti delle associazioni Movimento Gruppo Siluro Italia, Carp Fishing Italia e A.S.D. Padus Chignolo Po, al fine di poter interagire al meglio alla ricerca di una soluzione che possa risolvere l'annosa situazione creatasi sul fiume Po, causata dai pescatori di frodo sopracitati;
   se non vi sia la possibilità, da parte del Governo, di velocizzare i lavori per la realizzazione del sopracitato corridoio ecologico fluviale della diga presente all'Isola Serafini, allo scopo di poter preservare le specie ittiche e la loro riproduzione nel corso del fiume Po, così da poter riequilibrare, almeno in parte, il disastro alla fauna ittica arrecato dai pescatori di frodo. (5-05053)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   LENZI, GARAVINI, FEDI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono costanti e consistenti i rientri di lavoratori italiani che dopo la conclusione del loro ciclo di lavoro in Svizzera fanno ritorno da pensionati nel nostro Paese per reinsediarsi definitivamente nei luoghi di origine e ricongiungersi con i propri familiari;
   una delle esigenze primarie che essi devono soddisfare è quella relativa alle prestazioni sanitarie, un'esigenza ancor più stringente per l'età degli interessati e per avere trascorso all'estero un'usurante vita di lavoro;
   in base ai regolamenti CE n. 833/2004 e n. 987/2009, applicabili per convenzione anche ai Paesi EFTA, tra i quali la Svizzera, gli oneri per prestazioni sanitarie fornite a lavoratori e pensionati in un diverso Stato sono a carico del Paese di affiliazione, in questo caso la Svizzera, che è chiamato a rimborsare il Paese erogatore dei costi sostenuti per le prestazioni;
   nel quadro dei rapporti di sicurezza sociale tra Italia e Svizzera, i lavoratori di diritto svizzero o pensionati di istituzioni previdenziali elvetiche, indipendentemente dalla loro cittadinanza, in forza dell'accordo sulla libera circolazione del 13 novembre 2000 (ratificato con legge n. 364 del 2000) possono venire a risiedere nel nostro Paese ed esercitare il cosiddetto «diritto di opzione», previsto dall'allegato II, parte 3, lettera a) e b), con la conseguenza di essere esentati dall'assicurazione obbligatoria con il sistema svizzero e di essere inquadrati nel servizio sanitario nazionale italiano;
   in sede di predisposizione dell'accordo Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in data 20 dicembre 2012 («Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera», Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 32 del 7 febbraio 2013 – Supplemento Ordinario n. 9) è stato ritenuto esercitabile il citato diritto d'opzione, da parte sia dei lavoratori occupati in Svizzera chi dei titolari di pensione svizzera, con possibilità per gli stessi d'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale, mediante la corresponsione alla ASL di residenza di un contributo annuo fissato dal decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze dell'8 ottobre 1986 e successive modificazioni ed integrazioni;
   la suindicata possibilità dell'iscrizione volontaria è stata ritenuta applicabile anche alle persone che, indipendentemente dalla loro cittadinanza, esercitino il cosiddetto «diritto d'opzione», ma a condizione che paghino le imposte nel Paese in cui detti redditi sono prodotti, mentre qualora le paghino in Italia (dove vengono a risiedere) hanno, come tutti gli altri cittadini, diritto all'iscrizione «obbligatoria», senza pertanto dover versare alcun contributo all'ASL;
   i pensionati che rientrano dalla Svizzera e esercitano l'opzione per il servizio sanitario nazionale italiano, una volta che risiedano in Italia, partecipano con il pagamento delle imposte al finanziamento del servizio sanitario nazionale al pari degli altri contribuenti residenti in Italia, tenuto conto dell'accordo italo-svizzero «per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia d'imposte sul reddito e sul patrimonio» del 9 marzo 1976 (ratificato con legge n. 943 del 1978), in particolare con riferimento al combinato disposto degli articoli 18 e 19;
   nonostante l'evidenza della normativa in merito e il fatto che i pensionati rientrati siano assoggettati al pagamento dell'IRPEF sulla pensione percepita dalle assicurazioni svizzere e di tutte le addizionali richieste ai contribuenti italiani, un numero crescente di ASL escludono tali soggetti dall’«assicurazione obbligatoria» al servizio sanitario e richiedono loro il versamento volontario per potere usufruire delle prestazioni –:
   se non ritenga necessario ed urgente assumere ogni iniziativa di competenza affinché si adotti un trattamento uniforme nei riguardi dei pensionati rientrati dalla Svizzera, nel senso di garantirne l'iscrizione obbligatoria al sistema sanitario nazionale. (5-05077)


   GRILLO e VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con decreto legislativo n. 106 del 28 giugno 2012 sulla riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero della salute si provvedeva a riorganizzare anche gli Istituti zooprofilattici sperimentali (II.ZZ.SS.);
   il decreto legislativo n. 106 del 2012 all'articolo 16 (Abrogazioni), comma 2, dispone che fino alla data di entrata in vigore dello statuto e dei regolamenti, rimangono in vigore le attuali norme sul funzionamento e sull'organizzazione degli IZS nei limiti della loro compatibilità con le disposizioni del decreto legislativo stesso; talché la disciplina sugli organi introdotta con decreto legislativo 106 del 2012, innovando rispetto a quanto previsto dalla disciplina precedente, ha determinato l'abrogazione delle disposizioni relative alla nomina degli organi degli istituti zooprofilattici con particolare riguardo alla figura del direttore generale. Il quadro normativo derivato dall'introduzione della nuova disciplina consentiva e consente per la sua immediata applicabilità la nomina dei nuovi organi degli istituti senza dover attendere l'emanazione degli statuti e dei regolamenti;
   con una nota del 9 settembre 2013, firmata dal capo dipartimento, dottor Marabelli Romano, avente come oggetto decreto legislativo n. 106 del 2012, il Ministero della salute si esprimeva in maniera nettamente contrastante col disposto dell'articolo 16 del decreto legislativo in questione, imponendo alla regione siciliana una interpretazione che escludeva, in contrasto con il quadro normativo innovato dal decreto legislativo n. 106 del 2012, la possibilità di nominare i nuovi organi alla luce delle nuove disposizioni in materia di organi;
   anche il Ministro interrogato in una nota inviata al presidente Crocetta ribadiva l'interpretazione a giudizio degli interroganti non condivisibile dell'articolo 16 e dell'intero impianto normativo del decreto legislativo n. 106 del 2012, ritenendo che solo una legge regionale di adeguamento e l'emanazione dei successivi statuti e regolamenti avrebbe consentito la nomina dei nuovi organi, sebbene le norme relative a quest'ultimi avevano ed hanno immediata applicabilità trattandosi di norme espressione di competenza esclusiva dello Stato in quanto regolanti gli organi di apparati statali o comunque di derivazione statale in quanto gli Istituti zooprofilattici sperimentali fanno parte dell'amministrazione statale e non certo di quella regionale da cui sono solamente vigilati e non anche finanziati ad istituiti –:
   quali siano le motivazioni che hanno spinto il Ministro ed il suo Capo dipartimento all'emissione delle due note interpretative, esposte in premessa, e quali sia la corretta e definitiva interpretazione dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 106 del 2012 tenendo presente quanto statuito in materia di proroga degli organi da parte della Consulta con sentenza n. 208 del 4 maggio 1992 nonché alla luce della sentenza n. 199 del 16 luglio 2014 della Corte costituzionale. (5-05078)


   CAPELLI, GIGLI e SBERNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel suo rapporto al Parlamento sulla attuazione della legge 194 del 22 maggio 1978, presentato il 15 ottobre 2014 il Ministro ha meritevolmente riferito, per la prima volta, sui colloqui tra il medico e la gestante, ma soltanto in termini numerici. Tuttavia l'indicato rapporto tra numero dei colloqui e titoli rilasciati per eseguire l'interruzione volontaria di gravidanza fa intuire un interesse – manifestato appunto per la prima volta – per la funzione di prevenzione dell'aborto anche a concepimento già avvenuto, che in effetti i consultori dovrebbero svolgere ai sensi dell'articolo 5, legge 194 del 1978 –:
   se il Ministro condivida l'interpretazione dell'articolo 2 della legge 194 del 1978, secondo la quale la funzione prioritaria dei consultori è quella di evitare l'aborto mediante il superamento delle difficoltà delle gestanti e se, conseguentemente il Ministro ritenga necessario che sia rinnovato il decreto del presidente della regione Lazio emanato come commissario ad acta e cioè come organo di Governo per il riordino economico della sanità nella regione, pubblicato il 22 maggio 2014 nel bollettino ufficiale della regione, nella parte in cui il suddetto provvedimento ingiunge agli obiettori di coscienza presenti nei consultori del Lazio (in minima percentuale – 1 su 10 – come risulta dalla già ricordata relazione ministeriale) di partecipare all’iter abortivo con il rilascio dei titoli necessari per eseguire l'interruzione volontaria di gravidanza e di prescrivere o somministrare prodotti da essi in coscienza ritenuti abortivi.
(5-05079)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI VITA, BARONI, CECCONI, GRILLO, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, MANTERO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il mese di luglio ha visto l'approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni del patto della salute. Si tratta di un documento programmatico finalizzato sulla carta a garantire equità e universalità nello sviluppo dei servizi sanitari in Italia, delineando la strada da percorrere per realizzare una sanità sostenibile ed efficiente;
   interessa evidenziare in questa sede come tra i documenti programmatici collegati al Patto della salute vi sia per la prima volta un Patto per la sanità digitale. L'atto programmatico si fonda sulla considerazione che «l'innovazione digitale può svolgere un ruolo chiave sia nell'evoluzione contemporanea dei modelli assistenziali, sia in quelli organizzativi, come fattore abilitante e in taluni casi determinante per la loro realizzazione»;
   nello scenario della sanità digitale si colloca, ancor più di recente, l'iniziativa per la realizzazione di un Ecosistema per la sanità digitale, il cui perno, in particolare, sarebbe costituito dall'introduzione del fascicolo sanitario elettronico;
   promotrice dell'iniziativa è l'associazione Nova, associazione legata in particolare ai temi della sanità, della ricerca e della semplificazione, presieduta da Federico Gelli, medico, componente PD della XII Commissione affari sociali e della Commissione per la semplificazione della Camera dei deputati. Tra le numerose cariche ricoperte da Federico Gelli, si registrano altresì quella di presidente del Cesvot (Centro Servizi Volontariato Toscana), e di presidente di Enaip Toscana formazione e lavoro;
   vicepresidente di Nova è invece Carlo Sismondi, da tempo presidente del Forum della Pubblica amministrazione;
   Associazione Nova, ente non profit, annovera tuttavia all'interno del proprio consiglio direttivo i manager di alcune importanti aziende hi-tech: Stefano Cinquini (Telecom); Stefano Orselli (Philips Healthcare); Umberto Bessi (Axiom); Patrizio Donnini (Dotmedia). Ulteriormente, a schierarsi a sostegno del progetto vi sarebbe poi un nutrito gruppo di società, tra cui Poste italiane, Engineering, Dedalus, Exprivia, Insiel Mercato e NoemaLife;
   il progetto «Ecosistema digitale», di cui si è parlato a Viareggio, in occasione del recente Festival della Salute, è stato avanzato, già lo scorso maggio, al Ministro della salute, onorevole Beatrice Lorenzin, con la presentazione di un position paper da parte dell'asse sopracitato disegnato da Associazione Nova e dalle maggiori aziende ICT in sanità italiane, sebbene – come sottolineato dallo stesso onorevole Gelli a margine dell'evento – «il gruppo si stia ulteriormente allargando»;
   il Ministro della salute, a quanto risulta, avrebbe accolto con molto interesse l'iniziativa, in quanto coerente e a sostegno della sua linea politica, tracciata attraverso il patto per la salute che delinea in particolare negli obiettivi di digitalizzazione un nuovo rapporto pubblico privato quale acceleratore dei processi di innovazione e cambiamento;
   a tal proposito si riportano le dichiarazioni rilasciate lo scorso 25 settembre 2014, proprio in occasione del Festival della Salute di Viareggio, dal Ministro della salute: «l'innovazione tecnologica è lo strumento con cui possiamo raggiungere il nostro fine, efficienza, misurabilità della quantità dei soldi spesi, come sono spesi e la qualità della prestazione che viene data e l'efficacia della prestazione. Abbiamo approvato anche il patto per la salute digitale: grazie all'anagrafe nazionale degli assistiti, abbiamo un unico binario in cui correranno e corrono i dati di tutti e 60 milioni di cittadini italiani, i dati anagrafici e i dati sanitari, fascicolo elettronico, cartella elettronica, le farmacie di servizio messe in rete, ma anche i dati che noi vogliamo vengano caricati. Con i nuovi software possiamo sapere in tempo reale prestazioni e costi di ogni ospedale e struttura sanitaria»;
   lo stesso Ministro aggiungeva che in questo quadro «bisogna ripensare a un nuovo rapporto tra pubblico e privato, perché abbiamo bisogno di questa sinergia dove lo Stato non perde la propria leadership, che poi è al servizio del paziente in un sistema universalistico, e far entrare dentro anche nuove energie non è un peccato, non è un tabù, è la scommessa per rendere il nostro futuro attuale. Il progetto di ecosistema digitale che mi ha proposto l'Associazione Nova, grazie all'impegno di 8 imprese è un primo passo importante in questa direzione e i nostri uffici stanno lavorando per implementare questo progetto»;
   le dichiarazioni di intenti del Ministro Lorenzin, ribadite altresì in un video intervista pubblicata sul canale youtube di Federico Gelli, e da questi condotta, sembrerebbero confermare la notizia che proprio in questi giorni il Ministero della salute stia studiando nel dettaglio il suddetto progetto di digitalizzazione dei processi amministrativi «Ecosistema digitale» proposto dalla cordata di imprenditori facenti capo all'Associazione Nova;
   stupisce in tal senso dover registrare negativamente la mancata pubblicazione attraverso i canali istituzionali del Ministero della salute dei dati relativi al progetto «Ecosistema digitale», il cui contenuto risulta invero ancora incognito, poiché irreperibile, agli interroganti;
   ulteriore riscontro della intensa campagna intrapresa da Associazione Nova e di Federico Gelli si annovera altresì nell'attività di promozione dello stesso progetto altresì per la destinazione mirata alle regioni e alle aree metropolitane. Lo scorso 1o dicembre, ad esempio, lo stesso Presidente dell'Associazione Nova ha annunciato presso l'Università di Firenze il lancio di M.A.D.E. (Metropolitan Area Digital Ecosystem), l'ecosistema digitale per l'area metropolitana fiorentina. Tale progetto, si apprende, verrà realizzato entro aprile 2015 dopo un percorso partecipativo fra istituzioni, imprenditori e cittadini, con l'obiettivo finale di creare la digitalizzazione integrale dell'area metropolitana;
   a margine della presentazione del progetto M.A.D.E il presidente Gelli dichiarava che «M.A.D.E dovrà essere la piattaforma su cui creare un nuovo rapporto fra pubblico e privato ma anche favorire le collaborazioni fra i privati, a tutto vantaggio di servizi integrati per i cittadini dell'area metropolitana vissuta come un'unica comunità con una identità plurale e rafforzata» –:
   quali siano i motivi per cui il citato progetto «Ecosistema digitale» risulti ancor oggi irreperibile, se e quando verrà reso pubblico o se intenda rendere noto il contenuto degli interroganti;
   se non ritenga doveroso illustrare con esattezza la qualifica e la natura del progetto «Ecosistema digitale» sopracitato, con quali modalità lo stesso eventualmente interagisca col NSIS, sulla carta già a regime da anni, e quali future attività, anche di carattere normativo preveda di intraprendere a riguardo;
   cosa intenda con esattezza il Ministro allorché dichiari di essersi impegnata ad implementare il progetto «Ecosistema digitale» nel suo patto per la salute;
   in base a quali criteri e con quali modalità selettiva ad evidenza pubblica (bando, concorso e altro) sia stata compiuta la scelta delle aziende promotrici un nuovo progetto di sanità digitale, quale «Ecosistema digitale», e che tipo di investimento si preveda di disporre in relazione al medesimo; se non ritenga doveroso e opportuno fornire una relazione dettagliata del progetto «Ecosistema digitale»;
   se non ritenga che l'eventuale affidamento del citato progetto alla associazione di cui in premessa possa risultare gravemente inopportuno, alla luce delle considerazioni sopra riportate. (5-05066)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE GIROLAMO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   desta preoccupazione la vicenda che riguarda, nella città di Benevento, il comune e la società Ristorò che fornisce il servizio di mensa scolastica comunale da una parte e l'associazione Altrabenevento insieme al sindacato FLaica Uniti Club dall'altra;
   nel dicembre 2014 l'associazione Altrabenevento ha presentato in consiglio comunale una denuncia in cui si accusa la Ristorò di violazione di una serie di norme in materia igienica, di sicurezza sul lavoro, nonché le norme sulla cassa integrazione e sul capitolato d'appalto. È stata denunciata, altresì, la carenza dei controlli sulla mensa scolastica da parte della asl e del comune;
   il comune e la società Ristorò hanno risposto a tale denuncia inoltrata dall'associazione Altrabenevento che non sussistono irregolarità o anomalie o violazioni di norme igieniche e sanitarie e che i dipendenti della società Ristorò hanno ricevuto regolarmente lo stipendio;
   la vicenda ha destato sconcerto nell'opinione pubblica locale e soprattutto nei genitori dei bambini che usufruiscono del servizio di mensa scolastica –:
   quali iniziative intendano adottare, nell'ambito delle loro competenze, anche avvalendosi del Comando carabinieri per la tutela della salute e delle competenti strutture territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per verificare se esistano violazioni, come riportato in premessa, di norme in materia sanitaria e di sicurezza sul lavoro in relazione al servizio di mensa scolastica comunale della città di Benevento. (4-08460)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   RICCIATTI, PELLEGRINO, FERRARA e ZARATTI. —Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come ampiamente rilevato dalla stampa nazionale e locale, sulla vicenda relativa ai rigassificatore proposto a Zaule (Trieste) da Gas Natural nel 2006 sono stati scritti numerosi documenti di contrari comitati e associazioni ambientaliste, pubblicati inserti articolati sul mensile Konrad, si sono registrate prese di posizione di enti e istituzioni, interventi di autorevoli rappresentanti di istituzioni scientifiche, il tavolo tecnico rigassificatore Trieste ha elaborato precisi e dettagliati studi, sono stati presentati ricorsi al TAR del Lazio da parte di Legambiente e Wwf oltre che da altre associazioni ed enti locali, l'autorità portuale di Trieste ha anche presentato un lungo documento per dimostrare come l'impianto in questione sia incompatibile con lo sviluppo dei traffici portuali;
   gran parte di questi documenti sono richiamati nell'ambito dell'interrogazione a risposta immediata n. 5-04841 presentata lo scorso 25 febbraio dal Gruppo Parlamentare Sinistra Ecologia libertà ove si evidenziava che il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare emanato nell'aprile 2013 aveva sospeso per sei mesi la valutazione di impatto ambientale (VIA) riconosciuta il 17 luglio 2009. Tale decreto prevedeva, in sostanza, due possibili alternative: individuare un sito alternativo oppure consultare nuovamente l'autorità portuale per rideterminare le previsioni di sviluppo. Successivamente, l'autorità portuale di Trieste ha formulato sul punto un parete negativo ma, ciononostante, la valutazione di impatto ambientale non veniva revocata. Per tali ragioni gli interroganti chiedevano all'Esecutivo se non intendesse emanare un decreto di revoca della VIA. A tale quesito il rappresentante del Governo, nella persona del Sottosegretario Silvia Velo, ha risposto che 6 febbraio 2015 la commissione Via/Vas del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha concluso il supplemento istruttorio in materia, affermando – nel proprio parere n. 1706 – che non vi siano aspetti di incompatibilità ambientale tra le previsioni del proposto nuovo piano regolatore portuale di Trieste ed il progetto del rigassificatore Gnl di Zaule, evidenziando come queste determinazioni sono state portate a conoscenza nelle naturali sedi competenti per i seguiti autorizzatori, ovverosia il Ministero dello sviluppo economico, le amministrazioni territoriali e la società proponente;
   una netta opposizione al progetto del rigassificatore è stata espressa più volte dagli enti locali coinvolti – si segnala al riguardo la votazione unanime il 27 febbraio 2015 nel consiglio comunale di Trieste di una mozione contraria all'impianto – oltre che dalla regione Friuli Venezia Giulia e dall'autorità portuale di Trieste;
   al di fuori delle valutazioni di carattere ambientale, sotto il profilo dello sviluppo e della crescita dell'indotto dell'area portuale di Trieste, l'insediamento di un rigassificatore Gnl a Zaule, ad avviso dei firmatari del presente atto, impatterà in modo profondamente negativo sull'economia del territorio, pregiudicando gli andamenti dei traffici portuali, le prospettive degli investimenti e la possibilità di crescita dell'indotto, Basti pensare che le disposizioni che regolano l'ingresso e l'uscita dal porto delle navi gasiere e quelle che ne regolano la sicurezza da quando vengono ormeggiate a quando lasciano libero l'ormeggio sono talmente restrittive che, qualora un rigassificatore dovesse essere realizzato in questo momento, penalizzerebbe senza alcun dubbio i traffici attualmente esistenti ed in particolare quello dei petroli che conta circa 41,5 milioni di tonnellate pari a circa 500 navi nel 2014, così come quello convenzionale e quelle container;
   non si ravvisa la ragione per cui il porto di Trieste – che oggi rappresenta la prima industria della regione Friuli-Venezia Giulia con impiego diretto di circa 3000 addetti e un indotto di circa 10.000 addetti – debba rischiare, con l'insediamento del rigassificatore in questione, di lasciarsi sfuggire l'opportunità di nuove prospettive di crescita e sviluppo. E sotto tale profilo, vale la pena rammentare come il comitato portuale dell'autorità triestina abbia sempre ribadito di non ritenere né utile né percorribile la rideterminazione del piano regolatore portuale di Trieste per renderlo compatibile con l'impianto di rigassificazione proposto dalla società Gas Natural, perché non si può provvedere alla rideterminazione delle previsioni di sviluppo espresse dal Piano regolatore del porto di Trieste senza arrecare grave nocumento allo sviluppo dei traffici e del porto medesimo –:
   quali siano le intenzioni del Governo in relazione al progetto Gnl di Zaule, se si intenda realizzarlo e, in tal caso, quali elementi a supporto della strategicità del progetto possano essere forniti per verificarne l'impatto sotto il profilo dello sviluppo economico, produttivo e occupazionale nell'area del porto di Trieste e dell'intera regione Friuli Venezia Giulia.
(5-05060)


   ALLASIA e CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie di stampa sembrerebbe che il colosso euro asiatico Arcelor Mittal, in cordata con la società italiana Marcegaglia, sia interessato all'acquisizione dell'Ilva, che evidentemente è in vendita;
   il gruppo franco indiano e quello italiano hanno infatti inviato una lettera al commissario straordinario dell'Ilva, Piero Gnudi, formalizzando il loro interesse nei confronti della società, senza tuttavia dar seguito alla trattativa con la presentazione di una vera e propria offerta di acquisto;
   il gruppo Arcelor Mittal è il più grande produttore mondiale di acciaio e dispone di importanti stabilimenti in tutta Europa;
   l'eventuale acquisizione dell'Ilva da parte del gruppo Arcelor Mittal, in partecipazione con la società Marcegaglia a giudizio dell'interrogante, porrebbe queste ultime in una posizione privilegiata rispetto ad altre società che operano nel settore;
   sarebbe utile capire, ai fini di una maggiore trasparenza nel prosieguo delle trattative, se vi possa essere un intervento da parte dello Stato –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, in modo che l'eventuale acquisizione dell'Ilva da parte del gruppo Arcelor Mittal, con la probabile partecipazione della società italiana Marcegaglia, avvenga nel rispetto della normativa antitrust, a tutela della libera concorrenza di mercato, senza che risultino danneggiate dall'operazione le altre imprese che operano nel settore. (5-05061)


   BENAMATI, MARTELLA, BARGERO, LACQUANITI, TARANTO, CANI, SENALDI, IMPEGNO, ARLOTTI, MONTRONI e TIDEI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di dicembre 2014 a seguito delle decisioni adottate dal governo russo la società Gazprom ha ufficializzato l'abbandono del progetto «South Stream», che, nelle strategie industriali, avrebbe dovuto aumentare la sicurezza di fornitura di gas naturale in Europa, attraverso una diversificazione delle rotte di approvvigionamento;
   il progetto «South Stream» avrebbe, infatti, garantito un collegamento diretto, attraverso il Mar Nero, tra Russia e Bulgaria, e dalla Bulgaria versi altri paesi del sud Europa;
   questo progetto nasceva dalla volontà di ridurre i rischi di approvvigionamento, di gas naturale, connesso al transito attraverso altri Paesi non Unione europea, Ucraina in primis, dai profili politici ed istituzionali non stabili;
   in base a quanto dichiarato dal governo russo e dalla società Gazprom, la decisione del disimpegno dal citato progetto avrebbe avuto origine dal mancato supporto, anzi dalla presunta contrarietà della Commissione europea al progetto stesso;
   in verità la Commissione europea ha sempre considerato di «interesse europeo» il progetto «South Stream» coerentemente con quanto realizzato per i paesi del nord mediante il gasdotto «North Stream» quale collegamento diretto tra Russia e Germania attraverso il mar Baltico;
   contestualmente all'abbandono del suddetto progetto, il Governo russo d'intesa con il Governo turco ha dato il via ai lavori preparatori per la realizzazione di una nuova rete di gasdotti denominato «Turkish Stream»;
   tale progetto si pone lo stesso obiettivo dell'abbandonato progetto «South Stream» e cioè realizzare una nuova rotta di approvvigionamento, in grado di bypassare il transito attraverso l'Ucraina;
   per la realizzazione del «Turkish Stream» si utilizzerebbero, tra l'altro, buona parte di progetti e contratti, compresi quelli della posa dei tubi, già sviluppati per «South Stream»;
   a fine dicembre 2014 e precisamente in data 29 dicembre 2014, la società russa Gazprom ha liquidato i principali partner europei del progetto, a partire da Eni, Edf e Winter shall, rilevando le quote detenute dalla società South Stream Transport, acquisendone il controllo esclusivo e impiegandola per la realizzazione della nuova infrastruttura energetica con la Turchia;
   con l'avvio del progetto con la Turchia, la società russa Gazprom ha anche annunciato un cambio di strategie industriali, definito, da molti osservatori economici e politici, di natura epocale;
   tra i principali obiettivi di Gazprom infatti vi sarebbero infatti: a) la indisponibilità ad estendere oltre il 2019, data di scadenza dei contratti vigenti, i transiti di gas attraverso l'Ucraina; b) la volontà di consegnare i volumi di gas oggi in transito attraverso l'Ucraina alla frontiera Turco-Greca, lasciando l'onere della realizzazione delle necessarie infrastrutture di trasporto all'interno della UE ai soggetti dell'Unione; c) la possibilità di indirizzare una parte dei volumi, attualmente diretti in Europa, verso oriente, ed in particolare verso la Cina, alla luce dei recenti accordi siglati;
   tale mutamento di strategie evidenzia il dato oggettivo che l'Europa, nel breve periodo, è destinata a perdere il vantaggio competitivo di essere l'unico mercato accessibile per il gas russo;
   al momento il sistema europeo, ma più di ogni altro, il nostro Paese, non è in grado di disporre di forniture sostitutive del gas russo;
   l'Italia dipende, infatti, per il 40 per cento dei consumi, dal gas russo, ed è l'unico paese a dipendere interamente dalla rotta di transito attraverso Ucraina, poiché Francia, Germania, Belgio, Olanda Rep. Ceca, sono alimentate dal gas russo ma su rotta «North Stream» e «Yamal»;
   a questo bisogna aggiungere che per l'Italia, nel 2019, anno di scadenza del contratto Gazprom, lungo rotta con Ucraina, scade, anche, il contratto di acquisto del gas algerino, Paese che fa registrare ritardi nello sviluppo delle proprie risorse e, quindi, difficilmente, in grado di consentire al nostro Paese, di sopperire all'eventuale crisi della fornitura di gas russo;
   non poca rilevanza assumono poi gli elementi di forte instabilità politica dell'area libica;
   il Tap, con tutte le problematiche ad esso connesse, potrà contribuire solo parzialmente a dare risposte alla necessità di ulteriori fonti di approvvigionamento di gas per l'Italia –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito a quanto riportato in premessa e quali siano, considerata la rilevanza politica ed economica della questione, le conseguenti iniziative che l'Esecutivo intende attivare, in materia di politica energetica e di infrastrutture del settore, al fine di garantire al nostro Paese la sicurezza degli approvvigionamenti.
(5-05062)


   CRIPPA, DA VILLA, VALLASCAS, DELLA VALLE, FANTINATI e LUPO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'11 febbraio 2015 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la «Robin tax» ovvero un'addizionale IRES sul reddito delle società petrolifere ed energetiche, che era stata introdotta per limitare gli effetti di una congiuntura a loro particolarmente favorevole;
   la soppressione, però, non è retroattiva ma i suoi effetti sono cessati dall'anno contabile 2014;
   la norma, inoltre, prevedeva il divieto di traslare in avanti l'imposta aggravando il costo per i consumatori attraverso un aumento del prezzo delle bollette e attribuiva all'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico il compito di vigilare, stabilendo per le imprese l'obbligo di inviare all'Autorità i dati necessari;
   gli operatori interessati non sono più tenuti a trasmettere all'Autorità i dati e le informazioni contabili relativi all'esercizio 2014 ma gli operatori dovranno comunque ottemperare all'obbligo di trasmissione dei dati relativi agli esercizi precedenti;
   secondo quanto riportato in un'analisi dell'Autorità e ripreso dagli organi di stampa, 144 operatori nel 2011 avrebbero traslato tale addizionale Ires nella bolletta, facendo salire i prezzi di luce e gas di 508 milioni di euro nel 2011 e 42,3 milioni nel 2010;
   per tale motivo sono stati conclusi negli anni diversi procedimenti sanzionatori e risulterebbero altri 15 procedimenti sono infatti in corso sui quali l'Autorità deve ancora esprimersi;
   in merito si pongono una serie di interrogativi e contraddizioni. Innanzitutto, la mancata collaborazione delle società con il Garante per verificare la correttezza del comportamento se la tassa effettivamente sia stata in questi anni riversata in bolletta;
   inoltre, se le società dovessero avere la meglio in eventuali contenziosi, non è chiaro come verranno risarcite si teme sempre a carico delle bollette delle famiglie, le quali subirebbero un «doppio prelievo» dopo aver già avuto un danno;
   dopo la sentenza della Consulta il Codacons ha chiesto che siano resi pubblici i provvedimenti adottati tra il 2008 e oggi nei confronti delle grandi società energetiche e del petrolio in merito a irregolarità riscontrate nel pagamento della Robin Tax –:
   di quali elementi disponga su quanto descritto in premessa, se ritenga che esista un rischio di contenziosi relativi all'applicazione delle norme di vigilanza dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e i servizi idrici ed in questo caso quali siano le misure che intende adottare per minimizzare l'eventuale impatto negativo sui prezzi dell'energia. (5-05063)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA, DE MENECH, MOGNATO, MORETTO, MURER, ZOGGIA, CASELLATO e PASTORELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con l'inizio del nuovo anno la società Zeolite Srl di Mira (VE) a causa di un contenzioso con Reckitt Benckiser, sta correndo seri rischi circa la possibile chiusura del sito;
   all'origine della vertenza vi sarebbe uno stato di insolvenza della Zeolite Srl per fornitura di materie prime e servizi industriali della Reckitt Benckiser;
   a partire dalla scorsa settimana l'attività della Zeolite Srl è ferma a causa della decisione di Reckitt Benckiser di bloccare l'approvvigionamento di materie prime dirette agli impianti nonché dei servizi energetici e di smaltimento delle acque industriali;
   la Zeolite Srl a sua volta ha lamentato l'aumento eccessivo dei costi di produzione legato all'incremento dei prezzi e delle tariffe per i servizi resi dalla Reckitt Benckiser che ne rendono impossibile, a suo dire, il prosieguo dell'attività industriale;
   la situazione dell'azienda che a Mira produce zeolite (un allumino silicato cristallino), polimeri (policarboxilati) e silicati solubili e si trova all'interno dell'area dell'ex Mira Lanza, è quindi drammatica con i dipendenti che hanno occupato l'azienda e sono saliti sul tetto dello stabilimento a difesa del proprio posto di lavoro;
   nonostante la mediazione del prefetto e le riunioni che si sono svolte in prefettura la Zeolite ha rifiutato la proposta di dilazionare i pagamenti dovuti a Benckiser;
   le stesse rappresentanze aziendali dei sindacati hanno avanzato alcune proposte che andavano incontro ai problemi aziendali legati agli aumenti dei costi richiesti da Reckitt Benckiser, ma anche in questo caso vi è stato un secco rifiuto da parte del management di Zeolite che evidentemente punta a delocalizzare;
   si è in presenza non di una crisi di mercato ma di un contenzioso tra due società che sta pregiudicando il futuro di un sito industriale;
   a rischio sono circa 40 dipendenti in un'area già fortemente colpita dalla crisi del settore industriale chimico –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere con la massima urgenza al fine di convocare le parti in sede ministeriale e di addivenire ad una intesa che scongiuri la delocalizzazione dello stabilimento Zeolite e che consenta la ripresa delle attività industriali e la conseguente salvaguardia dei livelli occupazionali.
(5-05054)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Crippa e altri n. 5-04874, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Massimiliano Bernini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Della Valle n. 5-05034, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Castelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Paglia e Costantino n. 4-08443, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Scotto, Nicchi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Lombardi n. 5-04920 del 6 marzo 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Villarosa n. 5-05004 dell'11 marzo 2015.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Vita e altri n. 4-07278 del 12 dicembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05066.