Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 marzo 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):


   La Camera,
   premesso che:
    il 22 febbraio 2014, il Presidente della Repubblica ha nominato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti l'onorevole Maurizio Lupi, confermandolo nel medesimo incarico che ricopriva nel precedente Esecutivo guidato dall'on. Enrico Letta;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha competenze rilevantissime sulle infrastrutture e sui lavori pubblici nazionali, sulle reti di comunicazione stradali, autostradali, ferroviarie, lacuali, aeree e aeroportuali, marittime e portuali. Si occupa, inoltre, dell'edilizia residenziale, pubblica e privata, e sovrintende alla pianificazione degli appalti pubblici di competenza statale. Esercita le competenze sulle strade previste dal codice della strada, e le competenze in ambito marittimo e della navigazione, compresa la marina mercantile, e la navigazione aerea, entrambe regolate dal codice della navigazione. Detiene competenze, inoltre, sulla programmazione e regolazione in materia di trasporto intermodale, sul trasporto pubblico locale; sulla vigilanza sull'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie; sull'autotrasporto di persone e cose, sul demanio marittimo, sulla vigilanza sulle autorità portuali e sulle attività nei porti;
    in data 16 marzo 2015 ha avuto luogo una maxi operazione condotta dai carabinieri del Ros e coordinata dalla procura di Firenze che ha portato all'arresto di quattro persone, oltre all'avvio di indagini su altre cinquanta, per una presunta gestione illecita degli appalti delle cosiddette Grandi opere;
    tra gli arrestati risultano Ercole Incalza, già capo della Struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture, oggi consulente esterno dello stesso ministero, il suo collaboratore, Sergio Pacella, e gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo;
    secondo quanto riportato dalla stampa, per gli inquirenti, l'ingegnere Incalza avrebbe fatto parte, in qualità di capo della suddetta struttura, di un articolato sistema corruttivo che vedrebbe coinvolti dirigenti pubblici, società aggiudicatarie di appalti e imprese esecutrici dei lavori relativi alle cosiddette grandi opere;
    tra i lavori interessati dall'indagine risultano, in particolare, secondo fonti di stampa, la linea ferroviaria Alta Velocità (tratta Brescia-Verona), il Palazzo Italia del sito milanese di Expo 2015, il nuovo terminal presso il Porto di Olbia, il Nodo Tav Firenze, il Tav Genova-Milano, il tratto dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, l'Hub nel porto di Trieste, il Tav Firenze-Bologna, l'autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre, l'autostrada Reggiolo Rolo-Ferrara, la linea C della metropolitana di Roma, la tangenziale esterna est di Milano, le linee M4 e M5 della metropolitana di Milano nonché l'autostrada Ras Ejdyer-Emssad in Libia;
    l'ingegner Incalza, seppur prosciolto o destinatario di un provvedimento di archiviazione (in diversi casi per intervenuta prescrizione) risulta essere stato indagato già in altri 14 procedimenti e, secondo quanto riportato dalla stampa, avrebbe in questa vicenda specifica, ricoperto un ruolo chiave nel garantire l'approvazione dei finanziamenti per suddette opere;
    seppur non indagati, dalle intercettazioni pubblicate, risulterebbero emergere i nomi del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi e del viceministro, Riccardo Nencini;
    in particolare, secondo quanto riportato dalla stampa, il Ministro Lupi, nel corso di una conversazione telefonica con Incalza, avrebbe proferito le seguenti parole: «dopo che hai dato la sponsorizzazione per Nencini, l'abbiamo fatto viceministro. Ora parlagli e digli che non rompa i c.... E comunque complimenti, sei sempre più coperto»;
    i toni e i contenuti della suddetta conversazione non possono che suscitare allarme e sgomento oltre che destare preoccupazione per il rigore morale dei soggetti coinvolti;
    sempre da fonti di stampa si apprende che il Ministro Lupi avrebbe difeso la struttura tecnica del Ministero presieduta dall'Ingegner Incalza, minacciando di far cadere il Governo qualora si fosse proceduto a sopprimere, o comunque a trasferire, sotto il controllo della Presidenza del Consiglio, la medesima struttura. In una conversazione telefonica con quest'ultimo, infatti, il Ministro avrebbe affermato: «Su questa roba ci sarò io lì e ti garantisco che se viene abolita la Struttura tecnica di missione viene giù il Governo! L'hai capito? Non l'hanno capito?»;
    la vicinanza, nonché la sostanziale dipendenza, ad avviso dei firmatari del presente atto, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dall'Ingegner Incalza, sarebbe confermata anche dal fatto che, in occasione della risposta al question time presentato alla Camera dei deputati il 2 luglio 2014, il Ministro Lupi ha replicato difendendo strenuamente l'operato e la persona dell'Ingegner Incalza;
    secondo quanto riportato dalla stampa, nell'ordinanza dell'ufficio del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, emergerebbe da una intercettazione l'interessamento da parte di uno dei quattro arrestati, l'imprenditore Stefano Perotti, nei confronti di uno stretto congiunto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
    risulta ai firmatari del presente atto che, nel maggio 2013, i ministri dell'interno, Alfano, e delle infrastrutture e dei trasporti, Lupi, hanno istituito una task force per i lavori dell'alta velocità. A guidare suddetta task force fu nominato, su specifica volontà di questi ultimi, l'ingegner Incalza all'epoca sotto inchiesta, insieme ad altre 31 persone, per una vicenda relativa agli appalti del sotto attraversamento fiorentino della Tav;
    l'attuale impianto normativo che disciplina il settore delle grandi opere e il quantum degli investimenti a loro afferenti necessitano di una gestione limpida e trasparente che non possa lasciare alcun dubbio circa la massima correttezza delle istituzioni che lo gestiscono. Obiettivamente tale regola di buon senso appare essere messa in discussione dalle notizie apprese sulla stampa;
    a prescindere da eventuali responsabilità penali che, ove rilevate, saranno perseguite nelle sedi opportune, i fatti indicati ad avviso dei firmatari del presente atto minano in maniera evidente la credibilità del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere liberamente le funzioni a cui è chiamato nonché sull'opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica di primo piano e di piena rappresentanza politica, in particolare in un ruolo così rilevante, delicato ed esposto a fenomeni corruttivi;
per tali motivi:
     visto l'articolo 94 della Costituzione;
     visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
     esprime la sfiducia al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, e lo impegna a rassegnare immediatamente le dimissioni.
(1-00763) «Dadone, Scotto, Dell'Orco, Airaudo, Liuzzi, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Carinelli, Spessotto, Paolo Nicolò Romano, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi, Placido, Pellegrino, Zaratti, Piras, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro, Zaccagnini, Fava».

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    Poste italiane è una società per azioni che al momento vede la partecipazione totalitaria del Ministero dell'economia e delle finanze;
    il servizio postale assume, soprattutto nei piccoli centri urbani, una fondamentale funzione che non si limita all'offerta dei differenti servizi postali, ma si estende sempre più a servizi bancari: conti correnti, libretti di risparmio, carte di credito, carte prepagate, investimenti obbligazionari, oltre ai pagamenti delle pensioni;
    il completamento del mercato interno dei servizi postali è stato raggiunto in termini legislativi nel 2008, con l'adozione della direttiva 2008/6/CE. L'apertura graduale del mercato e la liberalizzazione dei servizi postali comunitari sono entrati in una fase decisiva. Gli Stati membri sono tenuti a garantire la fornitura di servizi postali universali di elevata qualità e accessibili su tuffo il territorio comunitario. La creazione di autorità nazionali di regolamentazione indipendenti è il pilastro principale della riforma postale comunitaria. La direttiva delinea inoltre il quadro normativo per la definizione, tra le altre cose, degli obblighi di servizio universale e dei principi tariffari, fissando regole comuni di trasparenza contabile per i fornitori di servizi universali, stabilendo e garantendo anche il rispetto delle norme di questo servizio;
    la normativa comunitaria dispone inoltre che gli Stati membri debbano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva in oggetto entro il 31 dicembre 2010;
    con il decreto 1o ottobre 2008 «Approvazione delle condizioni generali per l'espletamento del servizio postale universale» del Ministero dello sviluppo economico sono state definite le «condizioni generali per l'espletamento del servizio postale universale». Tale contratto di programma per l'espletamento del servizio postale universale prevede, quale dovere di Poste italiane, quello di conseguire determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste. Lo Stato quindi, al fine di assicurare la fornitura su tutto il territorio nazionale delle prestazioni comprese nel servizio universale, versa ingenti contributi a Poste italiane spa;
    con la delibera 385/13/CONS del 20 giugno (in Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2013), l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni disciplina le «Condizioni generali di servizio per l'espletamento del servizio universale postale», definendo i servizi che Poste italiane spa sono tenuti a fornire, tra i quali il «servizio universale postale» affidato a Poste italiane spa fino al 2026;
    i servizi postali rientranti nel servizio universale postale comprendono la raccolta, il trasporto, lo smistamento, la distribuzione di pacchi postali e la «posta massiva»;
    la posta massiva è definita nelle suddette condizioni generali quale «servizio per la spedizione verso qualsiasi località del territorio nazionale di invii di corrispondenza non raccomandata in grande quantità»;
    in particolare nella categoria della posta massiva rientrano bollette o fatture di pagamento – molte volte inerenti a servizi di pubblica utilità quali energia elettrica, gas, acqua – oltre alle comunicazioni bancarie;
    fino al mese di marzo 2002, la società effettuava di propria iniziativa, la bollatura di tutta la corrispondenza, pur non esistendo alcun vincolo di natura normativa e regolamentare al riguardo. Dal 2002 con l'avvio del processo di meccanizzazione delle lavorazioni della corrispondenza, Poste italiane applica la bollatura con l'indicazione della data obbligatoriamente ed esclusivamente sulla posta cosiddetta «registrata», vale a dire la posta raccomandata, gli atti giudiziari e la posta assicurata;
    eliminata l'affrancatura della posta ordinaria è stata così soppressa l'apposizione dei timbri di partenza e di arrivo della relativa corrispondenza;
    la sopracitata conseguenza negativa per i cittadini-utenti, derivata dagli obiettivi di velocizzazione e razionalizzazione che le Poste italiane spa si sono imposte, sembra non conciliarsi con gli obblighi in favore della collettività che sono alla base del servizio universale per le comunicazioni postali affidato in gestione all'azienda;
    nel caso – non raro di ritardo nel recapito delle bollette, la mancata apposizione dei timbri di partenza e di recapito all'interessato della posta massiva ha privato i cittadini-utenti della possibilità di motivare il non pervenuto pagamento entro la scadenza prestabilita, adducendo il ritardo nell'invio o nella consegna della fattura con relativo bollettino dell'importo;
    ne derivano conseguenze pregiudizievoli e disagi per i cittadini, soprattutto per quanto attiene alla consegna ed al recapito della posta, contenente bollette o fatture di pagamento, inviate in primo luogo da soggetti gestori di servizi pubblici, quali energia elettrica, gas, acqua, telefonia, la cosiddetta «posta massiva»;
    infatti il pagamento delle bollette, dopo il decorso della data di scadenza, implica l'addebito sulla bolletta successiva della conseguente sanzione, a danno degli utenti;
    in queste ipotesi assai frequenti, nelle quali l'utente ha provveduto al pagamento tardivamente unicamente perché ha ricevuto in ritardo la relativa bolletta, non è possibile dimostrare i tempi di recapito effettivo delle bollette, mancando appunto ed essendo stata eliminata l'apposizione sulla busta del timbro di partenza e di quello di recapito all'interessato;
    ancora più pesanti e gravi sono i danni che subiscono gli utenti, quando, per effetto della ritardata o addirittura mancata consegna delle bollette, il servizio viene sospeso;
    secondo quanto emerso dai dati Eurostat 2014 in Italia i tassi di «alfabetizzazione digitale» sono bassissimi con il 32 per cento della popolazione priva di esperienza con internet rispetto a una media dell'Unione europea pari al 18 per cento. Si rende quindi ancora più importante e necessaria l'affidabilità del mezzo postale per la consegna tempestiva dei bollettini relativi ai servizi di pubblica utilità,

impegna il Governo

   per quanto di competenza ad assumere iniziative anche normative volte a risolvere i problemi che si sono creati per i cittadini-utenti in seguito alla mancata apposizione dei timbri di partenza e di recapito della posta massiva, in particolare:
    a) il ripristino per la posta massiva – almeno relativamente alla spedizione di bollette e fatture inviate da soggetti gestori di servizi pubblici – della timbratura della data, al fine di evitare che i cittadini debbano sostenere oneri economici aggiuntivi;
    b) l'introduzione – a tutela dei cittadini utenti – del divieto, per le società erogatrici di servizi pubblici, dell'addebito agli utenti del tardivo pagamento nei casi in cui le bollette vengano recapitate prive di timbri postali che dimostrano la data di spedizione o di consegna;
    c) l'introduzione di azioni concrete mirate a diffondere – soprattutto nelle fasce della popolazione più estranee alle tecnologie informatiche – la conoscenza e l'agevolazione dell'uso di metodi alternativi di pagamento, ad esempio tramite domiciliazione bancaria o postale.
(1-00762) «Prodani, Mucci, Barbanti, Segoni, Rizzetto, Baldassarre, Artini, Bechis, Rostellato, Turco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   da maggio 2014 ad oggi l'euro si è svalutato progressivamente di più di 14 punti percentuali arrivando ultimamente, con il crollo verticale di ben 8 punti percentuali dei primi mesi del 2015, quasi alla pari col dollaro anche per l'operazione Quantitative Easing da parte della Banca Centrale Europea e per la riduzione dei tassi di interesse;
   sembra che la svalutazione dell'euro sia considerata la soluzione alla crisi e a tutti i mali del nostro Paese, perché dovrebbe produrre effetti positivi sull'economia dell'eurozona da due principali punti di vista: secondo gli economisti da un lato dovrebbe incrementare le esportazioni, dall'altro l'aumento dell'inflazione dovuto all'incremento dei prezzi dei prodotti importati (tra cui le materie prime e in particolare il petrolio);
   per quanto riguarda le esportazioni, l'Italia esporta per circa il 40 per cento all'interno dell'area euro ed inoltre il contesto è tutt'altro che, favorevole ad una ripresa dell’export anche al di fuori dell'eurozona: tra sanzioni contro la Russia e Stati Uniti che puntano ridurre il proprio deficit con l'estero, le esportazioni difficilmente possono essere un traino per la crescita;
   chi sta da anni traendo vantaggio dell'euro debole per esportare, anche ben oltre i limiti imposti dalle regole del six pack, è la Germania, che da tempo dovrebbe limitare le esportazioni ed espandere la propria domanda, ma non lo fa, anche perché la Commissione europea non si decide ancora a sanzionare i tedeschi per il loro eccesso di export;
   per quanto riguarda l'aumento dell'inflazione, a livello tecnico dovrebbe andare a contrastare la deflazione, ma in sé e per sé, l’«inflazione importata» potrebbe esse e di modesta entità, perché i prezzi nei Paesi industrializzati sono relativamente poco sensibili all'aumento dei costi delle importazioni, ma soprattutto potrebbe avere sull'economia reali un effetto recessivo, non espansivo: se i prezzi aumentano a causa dell'aumento dei costi delle importazioni, la domanda in generale non ne può certo beneficiare, anzi, visto che i consumatori si ritroverebbero a fare i conti prezzi più alti, ma con le stesse entrate di prima, con ogni probabilità potrebbero ridurre i loro già bassi consumi;
   secondo la banca centrale giapponese, Bank of Japan, dopo il fallimento della recente svalutazione dello yen, se si esclude il boom del primo trimestre 2014, l'inflazione «buona» ed efficace in prospettiva, è solo quella che scaturisce dagli aumenti salariali;
   il Quantitative Easing non è un piano esente da problemi, come dichiarato di recente dallo stesso Mario Draghi: «Siamo consapevoli che le nostre misure possono comportare alcuni rischi alla stabilità finanziaria ...»;
   secondo i maggiori economisti uno degli effetti collaterali inevitabili del Quantitative Easing è una bolla finanziaria che potrebbe risolversi anche solo con un impatto minimo sui consumi e un aumento del grado di diseguaglianza tra ricchi e poveri: in linea teorica, tassi d'interesse negativi dovrebbero spingere da un lato a consumare di più e dall'altro a indirizzare gli investimenti verso attività più rischiose, presumibilmente più vicine alla economia «reale», ma questo non è certo perché dipende dal comportamento delle banche;
   il Quantitative Easing di per sé non è sufficiente a creare «moneta» e a generare inflazione: la liquidità creata dalla Bce può rimanere nel circuito finanziario e alimentare una pericolosa bolla speculativa oppure può iniziare a fluire nell'economia reale, ma solo se le banche, attraverso l'attività creditizia, la trasformano in «aggregati monetari» per l'economia, «spendendola» ovvero trasferendola a qualcuno, impresa o commerciante, che è in grado di investirla in attività reali e in lavoro;
   secondo l'economista Marcello Esposito de La voce.info: «La parte più delicata di un Quantitative Easing o di una parziale monetizzazione del debito non sta nelle fasi iniziali, ma nella sua conclusione, fase estremamente complessa anche quando il «malato» risponde positivamente alle cure. Le bolle speculative alimentate dal Quantitative Easing devono essere sgonfiate lentamente per evitare che scoppino e travolgano l'economia reale... Il problema potrebbe quindi sorgere se la Bce non avesse il tempo di aspettare i «fondamentali», ad esempio perché l'inflazione riparte, ma l'economia reale no» –:
   se il Governo abbia pienamente valutato gli effetti di quanto descritto in premessa e in che modo intenda intervenire affinché i rischi della svalutazione dell'euro messi in evidenza possano essere prevenuti e il Paese venga tutelato nel caso in cui le previsioni più negative degli economisti dovessero rivelarsi giuste;
   in che modo il Governo si stia attivando per garantire che gli effetti del Quantitative Easing siano il più possibile positivi e dunque le risorse messe in campo vengano effettivamente trasmesse all'economia reale, e non vadano invece ad alimentare la pericolosa bolla finanziaria di cui in premessa;
   in quale modo il Governo intenda adoperarsi affinché la svalutazione dell'euro e il previsto aumento dell'inflazione non abbiano ricadute negative sui consumi già decisamente bassi a causa della crisi e in che modo abbia intenzione di sostenere dunque l'economia reale e i consumatori che, con le stesse esigue risorse economiche, si troveranno a dover affrontare prezzi più alti;
   se e in che modo il Governo intenda promuovere l’export italiano affinché la svalutazione della nostra moneta possa davvero apportare dei benefici anche alla nostra economia;
   se il Governo stia predisponendo misure per affrontare la fase conclusiva del Quantitative Easing che è la più delicata e potrebbe stravolgere l'economia reale del nostro Paese.
(2-00898) «Sorial, Castelli, Caso, Brugnerotto, Cariello, Colonnese, D'Incà, Alberti, Cancelleri, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Grande, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lupo, Mannino, Marzana, Nesci, Parentela, Pesco, Petraroli, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Scagliusi, Spadoni, Spessotto, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Zolezzi, Fico».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TIDEI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 luglio 2008 il Consiglio dei Ministri ha deliberato lo stato di emergenza nell'area archeologica di Pompei, come richiesto dall'allora Ministro dei beni e delle attività culturali, dal prefetto e dalla regione Campania, per intervenire con mezzi e poteri straordinari a difesa dell'immenso patrimonio artistico, minacciato da crescenti e gravi criticità;
   con l'articolo 5 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3742 del 18 febbraio 2009 si disponeva la nomina del dottor Mario Fiori quale commissario delegato con il mandato di «garantire la prosecuzione del interventi di somma urgenza, finalizzati a fronteggiare la grave situazione di crisi che interessa l'area archeologica di Pompei»;
   con l'articolo 1 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3884 del 18 giugno 2010 si disponeva la proroga dell'incarico al dottor Fiori sino al 31 luglio 2010 «in considerazione del complesso delle attività svolte per il superamento dello stato emergenziale in atto nell'area archeologica di Pompei e della necessità di assicurare il rientro nel regime ordinario»;
   nel complesso la grave situazione nell'area archeologica di Pompei è stata affrontata ricorrendo a procedure derogatorie mediante il veicolo normativo delle ordinanze e dei decreti del Presidente del Consiglio. Invero, sono state adottate nel breve lasso temporale di due anni varie ordinanze del Presidente del Consiglio (nn. 3692; 3696; 3707 del 2008 e nn. 3742; 3795; 3807; 3851 del 2009), che hanno stanziato risorse complessivamente per 79 milioni di euro;
   dalla cronaca attuale si apprende che la procura della Corte dei Conti abbia disposto, attraverso la guardia di Finanza, il fermo conservativo per un ammontare di circa 6 milioni di euro nei riguardi del dottor Fiori, già commissario delegato per l'emergenza degli scavi che riguardano l'area pompeiana;
   dal sito ufficiale della Guardia di Finanza, tra le altre cose, è possibile leggere che «al centro dell'attività investigativa, i lavori complementari realizzati nel 2010 per la fornitura di attrezzature per spettacolo e per l'allestimento scenico del Teatro Grande di Pompei, esorbitanti rispetto all'obiettivo di messa in sicurezza, conservazione e restauro del patrimonio del sito archeologico. Tale affidamento, tra l'altro effettuato senza gara, è avvenuto in violazione delle disposizioni emergenziali che imponevano al Commissario delegato l'attuazione delle misure dirette alla messa in sicurezza e salvaguardia dell'area archeologica, tra cui la realizzazione di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria occorrenti per impedire il degrado dei beni archeologici e consentire la piena fruizione ai visitatori, senza alcun riferimento ad interventi relativi all'allestimento di strutture o acquisto di attrezzature mobili per spettacoli teatrali»;
   oltre all'allora commissario delegato, gli inquirenti hanno invitato altre personalità a presentare le proprie deduzioni ed eventuali documenti, alcune delle quali componenti della commissione di controllo di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dell'11 luglio 2008, n. 3692, istituita con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo, con il compito di approvare mani di intervento predisposti dal commissario delegato;
   tra le personalità coinvolte nell'indagine figura anche l'attuale amministratore unico della società Ales (Arte lavoro e servizi) professore Giuseppe Proietti. Ales spa è la società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT), che ne detiene il 100 per cento del pacchetto azionario, e che ha avuto qualche connessione con l'area archeologica di Pompei. Infatti, Ales spa già precedentemente aveva offerto i suoi servizi per gli scavi di Pompei. Con riferimento all'Amministratore unico di Ales spa, parrebbero, inoltre, desumersi profili di incompatibilità, ai sensi del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di incompatibilità tra gli incarichi dirigenziali e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi –:
   se non si intenda valutare l'opportunità di una limitazione dell'utilizzo dei poteri di ordinanza, che legittimano procedure in deroga alle leggi, con specifico riferimento ai casi nei quali non siano evidenti i presupposti dello stato emergenziale;
   se e come intenda intervenire nei riguardi di quelle personalità dipendenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo coinvolte nell'indagine in corso. (5-05047)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA e COSTANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 10 febbraio 2014, in occasione della giornata del ricordo, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano del Rio ha insignito della medaglia ricordo delle vittime delle foibe Paride Mori;
   Paride Mori non fu vittima delle foibe. Fu invece volontario nel battaglione Mussolini, inquadrato nelle Waffen SS naziste, e poi al servizio della RSI, e come tale ucciso in combattimento da partigiani italiani nel febbraio 1944;
   appare quindi del tutto incomprensibile sotto ogni immaginabile profilo la scelta di conferire un'onorificenza alla memoria di un uomo schieratosi coi nemici della patria e dell'umanità –:
   da chi sia costituita la commissione incaricata presso la Presidenza del Consiglio di valutare le richieste di onorificenza, con in dettaglio i curriculum dei dieci componenti;
   se il Governo non ritenga di dover porgere pubbliche scuse alla memoria offesa del nostro Paese;
   se il Governo non ritenga di dover provvedere immediatamente alla revoca della medaglia al ricordo;
   se il Governo non ritenga di liberare dall'incarico tutti i membri della commissione che abbiano partecipato alla scelta in questione, data l'evidente incapacità, ad avviso dell'interrogante, di assolvere ad un compito così delicato. (4-08443)


   SALTAMARTINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dei roghi, da parte dei rom, nella Capitale è diventata oramai intollerabile: i nomadi raccolgono di tutto, bruciano ciò che non possono vendere, interrano ciò che non gli serve creando vere e proprie discariche a cielo aperto di materiali pericolosi e ingombranti, oramai in quasi tutti i quartieri: nel quadrante est, da Tor Sapienza a Ponte di Nona, nel III Municipio, nell'XI Municipio, nell'area go- lenale del Tevere a Magliana, nei pressi della Roma - Fiumicino e in zona «La Barbuta» tra Roma e l'aeroporto di Ciampino. Ovunque roghi, forti esalazioni di sostanze tossiche e intensi fumi maleodoranti;
   il fenomeno, prima circoscritto ai soli campi nomadi, nell'inerzia generale ha raggiunto dimensioni preoccupanti: a fine del 2014 la superficie interessata raggiungeva i 172 mila 390 metri quadrati, l'equivalente di 40 campi da calcio;
   l'Europa ha aperto l'indagine, il 18 marzo 2014, su quella che viene definita la «terra dei fuochi romana». Ma non si tratta di una «semplice» richiesta di chiarimenti: nella nota giunta dalla Commissione europea e indirizzata, per il tramite della Presidenza del Consiglio dei ministri, alle varie autorità che dovranno rispondere del fenomeno il caso viene identificato nell'ambito dell’«Eu-Pilot»: una procedura di indagine comunitaria utilizzata per rendere più rapide le comunicazioni sui vari livelli prima dell'avvio della possibile apertura di una procedura d'infrazione;
   nella richiesta di chiarimenti di cui sopra, la struttura di missione per le procedure di infrazione ha evidenziato che: «I servizi della Commissione europea vorrebbero sottoporre le seguenti richieste alle autorità italiane competenti: informare la Commissione sulla situazione attuale in riferimento alle presunte situazioni illegali nelle aree menzionate e fornire informazioni specifiche su come la normativa comunitaria è in corso di attuazione da parte delle autorità competenti». «È opportuno rammentare – si conclude – che la richiesta della Commissione trova il suo fondamento nell'obbligo di leale cooperazione tra Stati membri e che l'eventuale mancato rispetto di tale obbligo dà diritto alla Commissione di avviare una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano»;
   per quanto di loro competenza, le forze dell'ordine unitamente alla Polizia locale, ai vigili del fuoco, al Corpo forestale dello Stato hanno messo in atto tutti i mezzi per bloccare le attività illecite di gestione dei rifiuti e contrastare i reati ambientali;
   per bloccare la procedura della Commissione europea, veniva annunciato l'impegno di mettere in atto misure ad hoc da parte degli enti locali competenti (comune e regione) ma, ad un anno dall'annuncio di questo impegno, non è stato adottato alcun atto ufficiale o azione concreta per affrontare il fenomeno in maniera adeguata e coordinata;
   l'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE (direttiva quadro sui rifiuti) dispone che le autorità competenti devono adottare tutte le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di far fronte a questa insostenibile situazione di degrado e di abbandono, scongiurando in tal modo l'avvio dell'ennesima procedura di infrazione per il nostro Paese;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro della salute, ognuno per le proprie competenze, ritengano opportuno approfondire le conseguenze in termini di inquinamento, di impatto ambientale e di danni alla salute che può determinare il protrarsi di questa situazione di degrado;
   quali iniziative, il Governo abbia intenzione di porre in essere al fine di contrastare le attività criminali connesse ai roghi tossici causati dalla combustione illecita di ogni tipo di rifiuto, all'interramento di materiali e sostanze pericolose, alla creazione di discariche a cielo aperto verificando, con l'ausilio di reparti speciali, lo stato di inquinamento dei terreni, delle acque e dell'aria. (4-08448)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TIDEI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dai primi di aprile 2013 la discarica di Malagrotta in ottemperanza alle normative europee ha cessato il ricevimento dei rifiuti indifferenziati. L'immobilismo degli ultimi anni ha portato all'ennesima emergenza rifiuti e all'ennesimo commissariamento della sua gestione nelle mani del commissario Goffredo Sottile;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22, ha decretato la semplificazione della normativa che prevede la combustione del CDR (combustibile da rifiuti) o del CSS (combustibile solido secondario) e il declassamento del combustibile solido secondario da rifiuto a combustibile di qualità, all'interno di siti produttivi come cementifici o centrali termoelettriche; il combustibile solido secondario smette di essere rifiuto speciale e diventa Css-combustibile a seguito della dichiarazione di conformità che emette il gestore dell'impianto che lo ha prodotto;
   il Consiglio di Stato (sez. VI, ordinanza 9 marzo 2013, n. 794) ha riformato l'ordinanza con cui il TAR Lazio accoglieva l'istanza cautelare di alcune province e comuni del Lazio avverso il citato decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Di fatto, con questo provvedimento, è ormai vigente il piano regionale dei rifiuti varato dalla giunta Polverini, piano di gestione dei rifiuti del Lazio approvato con deliberazione del consiglio regionale del Lazio del 18 gennaio 2012 n. 14;
   il 4 aprile 2013 il Ministro pro tempore Clini ha firmato l'autorizzazione integrata ambientale della centrale di Torre Valdaliga Nord con il quale si sono stabilite le condizioni di esercizio dell'impianto per i prossimi otto anni;
   il commissario straordinario ai rifiuti del Lazio Goffredo Sottile, nell'espletamento delle sue funzioni, ha il pieno potere decisionale anche al fine di individuare siti per l'incenerimento di CDR o CSS;
   a tal fine, il commissario Goffredo Sottile ha richiesto agli uffici regionali (dipartimento programmazione economica e sociale-direzione regionale attività produttive e rifiuti) l'elenco degli impianti esistenti utilizzabili fin da oggi (decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 25 marzo 2013 prot. N.100-Riscontro nota prot. n. 242/2013/U del 27 marzo 2013). Nell'elenco prodotto dalla regione (Prot. 58344 DB/04/13 del 28 marzo 2013) risultano presenti, tra gli altri, gli impianti termoelettrici di TorreValdaliga Nord e TorreValdaliga Sud;
   la situazione ambientale del comprensorio di Civitavecchia merita una attenzione particolare vista la presenza massiccia di rilevanti fattori di pressione ambientale; secondo uno studio del dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della regione Lazio la popolazione residente nel comune di Civitavecchia nel periodo tra il 2006 e il 2010 presenta un quadro di mortalità per cause naturali (tutte le cause eccetto i traumatismi) e per tumori maligni in eccesso di circa il 10 per cento rispetto alla popolazione residente nel Lazio nello stesso periodo;
   secondo quanto appena detto il comune di Civitavecchia ha deliberato di istituire attraverso la Asl RmF, il registro dei tumori, quale studio dell'incidenza e della prevalenza dei tumori;
   tale evidenza era stata, peraltro, constatata nell'ambito del decreto di valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'ambiente n. 680 del 4 novembre 2003 inerente alla riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord, in cui, in relazione alle emissioni pregresse delle centrali termoelettriche insistenti sul territorio, si legge «Non è possibile escludere che tali emissioni abbiano comportato un impatto sulla salute umana che non è ancora completamente manifestato ed è quindi raccomandabile per il futuro continuare ed anzi rafforzare l'attuale politica di contenimento del carico inquinante»;
   il comune di Civitavecchia, attraverso una ordinanza del sindaco del 26 aprile 2013 ha disposto il divieto totale ed assoluto di combustione presso le centrali elettriche e presso gli altri opifici industriali presenti sul territorio, con qualsiasi modalità e con l'utilizzo di qualsiasi procedimento tecnico, di rifiuti e di materiale di risulta, siano essi ornatura organica o inorganica; ha, inoltre, ordinato che le forze dell'ordine, il Corpo della polizia locale, la ASL, l'ARPA Lazio, l'ISPRA ed il competente servizio comunale ambiente curino l'attuazione ed il rispetto della disposizione;
   i comuni del territorio hanno approvato una mozione che impegna le amministrazioni di competenza a mettere in campo ogni azione necessaria a impedire che le centrali di Torre Valdaliga Nord e di Torre Valdaliga Sud siano utilizzate per l'incenerimento del combustibile da rifiuti combustibile solido secondario;
   la provincia di Roma, nel pieno delle sue funzioni, si è più volte espressa, attraverso mozioni, approvate all'unanimità del consiglio, contro ogni ipotesi di incenerimento di rifiuti negli impianti di Torre Valdaliga Nord e Torre Valdaliga Sud;
   lo stato di sofferenza sanitaria della popolazione è stato registrato sin dagli anni Ottanta da diverse indagini epidemiologiche –:
   quale sia la posizione del Governo sull'ipotesi di usare gli impianti termoelettrici di Torrevaldaliga Nord e Torrevaldaliga Sud per la combustione di combustibile da rifiuti e combustibile solido secondario. (5-05045)


   TIDEI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 22 del 1997 (decreto Ronchi), il decreto ministeriale n. 471 del 1999, il decreto n. 152 del 2006 hanno definito i siti d'interesse nazionale come siti individuabili in relazione alle caratteristiche precipue, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini sanitari ed ecologici nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali;
   tali siti rappresentano delle aree contaminate considerate tra le più delicate dallo Stato italiano e che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee per evitare danni ambientali e sanitari;
   con la legge n. 179 del 31 luglio 2002 venivano aggiunti nuovi siti (Venezia Porto Marghera; Napoli orientale; Gela e Priolo; Manfredonia; Brindisi; Taranto; Cengio e Saliceto; Piombino; Massa e Carrara; Casal Monferrato; Litorale Domizio-Flegreo e Agro aversano; Pitelli; Balangero; Pieve Vergonte; Sesto San Giovanni – aree industriali e relative discariche –; Napoli Bagnoli-Coroglio – aree industriali –; Pioltello e Rodano; Brescia-Caffaro; Broni; Falconara Marittima; Serravalle Scrivia; laghi di Mantova e polo chimico; Orbetello area ex Sitoco; aree del litorale vesuviano; aree industriali di Porto Torres; area industriale della Val Basento) e col decreto ministeriale dell'11 gennaio 2013 si trasferivano alle regioni alcuni siti di bonifica all'epoca classificati di interesse nazionale che non soddisfacevano i requisiti previsti ottenendo l'attuale elenco in cui sono 57 (28 dei quali interessano la fascia costiera) i siti di interesse nazionale sparsi in tutta Italia;
   Civitavecchia non era e non è inserita tra i siti di interesse nazionale, malgrado allo stato attuale il comprensorio della città presenti delle criticità ambientali uniche in Italia: la centrale termoelettrica a carbone di Torrevaldaliga Nord, la centrale termoelettrica a ciclo combinato di Torrevaldaliga Sud (tali impianti rendono il territorio il polo energetico più grande del Paese), il primo porto crocieristico del Mediterraneo, una rete di elettrodotti lunga più di 100 chilometri che percorrono in lungo e in largo il territorio comunale, una rete di depositi costieri ultracinquantennali con notevoli inquinamenti da idrocarburi nel sottosuolo che rischiano di interessare la falda acquifera, uno stabilimento industriale (Italcementi) aperto nel 1896 e solo recentemente dismesso senza che si siano completati gli interventi di bonifica, un centro chimico militare che altro non è che una discarica di materiale spesso ad alto rischio;
   a fine settembre 2013, i comuni dei siti di interesse nazionale si sono riuniti a Mantova per stilare e presentare una serie di istanze; si riporta di seguito il contenuto di tale documento: «i sindaci, nella loro veste di autorità comunale sanitaria poiché la salute di intere comunità e la tutela dei loro territori necessitano di un intervento netto e deciso, chiedono al Governo:
    a) la dichiarazione dello stato di crisi ambientale e sanitaria per tutti i siti inquinati di interesse nazionale, così da poter avviare percorsi di bonifica con carattere di massima urgenza;
    b) un intervento del legislatore al fine di revisionare/armonizzare la normativa specifica per la bonifica dei siti contaminati anche al fine di eliminare/chiarire aspetti normativi e tecnici ancora oggi molto controversi;
    c) la predisposizione di un piano operativo delle bonifiche da parte dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico che venga condiviso con i comuni;
    d) un provvedimento affinché la Cassa depositi e prestiti finanzi con «asse ad hoc» la messa in sicurezza, nei siti prioritari, dei fattori di rischio per salute e matrici ambientali, come da progetti esecutivi. Tali progetti devono essere validati dall'Agenzia europea dell'ambiente, e successivamente, per le aree certificate come «messe in sicurezza», dovranno essere definite le nuove destinazioni d'uso, coerenti con le previsioni urbanistiche a scala locale;
    e) la garanzia di adeguate risorse economiche e umane al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'ISPRA e alle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, ciò al fine di rendere sempre più efficiente la pubblica amministrazione deputata per legge alle valutazioni dei progetti, al rilascio delle autorizzazioni ed alle attività di monitoraggio e controllo, così da accelerare le procedure di bonifica dei siti d'interesse nazionale;
    f) la creazione di uno strumento per la comunicazione trasparente e tempestiva a cittadini ed enti locali di ogni informazione relativa allo stato ambientale e sanitario del sito ed al progredire delle azioni di risanamento;
    g) l'adozione di un provvedimento che preveda di destinare ai comuni che ricadono all'interno dei siti di interesse nazionale almeno il 50 per cento dell'IMU degli opifici;
    h) l'adozione di un provvedimento che preveda di destinare ai comuni che ricadono all'interno dei siti d'interesse nazionale i proventi derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata;
    i) il condizionamento del rinnovo dell'autorizzazione ambientale integrata alla fornitura di idonee e qualificate garanzie costituite mediante polizza fideiussoria vincolata all'esecuzione delle specifiche opere di bonifica e al risarcimento del danno ambientale –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro sui fatti riportati in premessa;
   se non ritenga, alla luce di quanto premesso, che si renda necessario prendere in considerazione l'inserimento della città di Civitavecchia tra i siti di interesse nazionale. (5-05046)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 18 febbraio 2015 sono entrate in vigore le integrazioni, a forma di premessa, introdotte, all'allegato D della parte IV del Codice dell'ambiente, dall'articolo 13, comma 5, lettera b-bis del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;
   infatti, secondo il comma 5-bis del medesimo articolo 13, tali disposizioni si applicano decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 11 agosto 2014, n. 116;
   le modifiche introdotte al citato allegato D, che reca l'elenco dei rifiuti istituito dalla decisione della Commissione europea 2000/532/CE del 3 maggio 2000, contengono nuove indicazioni sull'attribuzione delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti;
   le norme interessano artigiani, imprenditori e chiunque abbia un'attività produttiva di qualsiasi tipologia nel nostro Paese, gli impianti pubblici e privati di smaltimento dei rifiuti, i laboratori con tecnici specializzati che fanno l'analisi di caratterizzazione dei rifiuti, quindi un'enorme quantità di soggetti e di imprese che svolgono ruoli chiave nel ciclo dello smaltimento dei rifiuti;
   a seguito della caratterizzazione, in funzione della provenienza, delle sostanze presenti e delle concentrazioni di queste, a ciascun rifiuto si attribuisce un codice CER che, in funzione delle sostanze contenute, può identificare il rifiuto in pericoloso o non pericoloso;
   i problemi sorgono per i rifiuti classificati con codici CER speculari, uno pericoloso ed uno non pericoloso, sulla base delle proprietà di pericolo che essi possiedono e secondo le indagini da svolgere, come stabilite dalle nuove norme;
   sono state assunte posizioni pubbliche contro le nuove norme da parte delle Associazioni di settore FISE Assoambiente, FEDERAMBIENTE, ATIA-ISWA Italia e dal Consiglio nazionale dei chimici;
   il Consiglio nazionale dei chimici (CNC) ha anche depositato una circostanziata denuncia, alla Commissione europea, presente nel proprio sito web, contro le nuove norme introdotte dal decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni dalla legge 116 del 2014, in tema di classificazione dei rifiuti e attribuzione delle caratteristiche di pericolo;
   secondo il CNC la norma si pone in contrasto con la direttiva 2008/98/CE e non interpreta a dovere la decisione della Commissione europea 2000/532/CE, successivamente modificata dalla decisione della Commissione europea 2014/955/CE, in quanto introduce meccanismi ulteriori e non conformi alla normativa UE per classificare un rifiuto come pericoloso;
   il CNC contesta in particolare l'interpretazione errata del principio di precauzione contenuta nella nuova norma, in base alla quale, quando i componenti di un rifiuto sono determinati in modo «aspecifico e perciò non sono noti i composti specifici che lo costituiscono, per individuare le caratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori»;
   in base a tale interpretazione, come specificano i chimici, si potrebbe arrivare a situazioni grottesche: nel caso di una soluzione salina scartata da un ciclo industriale, determinando analiticamente gli elementi chimici sodio e cloro, si potrebbe finire per prendere paradossalmente in considerazione, anziché l'ovvio – e non pericoloso – cloruro di sodio, l'infiammabile e corrosivo sodio metallico e l'irri- tante, tossico per l'uomo e l'ambiente gas cloro o ancora, il basico e corrosivo sodio idrossido e l'acido cloridrico, tossico e corrosivo composti che, come tutti sanno, si neutralizzano mutuamente;
   il nuovo criterio di caratterizzazione dei rifiuti trasforma circa l'80 per cento dei rifiuti speciali con codice speculare da non pericolosi a pericolosi e, lo fa in modo arbitrario, come affermato dal Consiglio nazionale dei chimici: «...la valutazione non è svolta in scienza e coscienza...»;
   la nuova norma, oltre che introdurre un sistema ad avviso dell'interrogante irrazionale per classificare i rifiuti del nostro Paese, comporta sprechi di denaro e impossibilità di smaltimento dei rifiuti in molte parti d'Italia; se già prima gran parte dei rifiuti pericolosi italiani venivano smaltiti fuori confine, oggi, con la nuova norma, il fenomeno del «turismo» dei rifiuti è destinato ad aumentare, riducendo il lavoro a chi in Italia poteva smaltirli o trattarli come non pericolosi e che oggi non può più farlo a causa della nuova caratterizzazione;
   con i nuovi criteri di caratterizzazione i produttori dei rifiuti diventano produttori di rifiuti pericolosi e di conseguenza hanno costi maggiori di trasporto e di smaltimento, nuovi costi provenienti dall'iscrizione al SISTRI, costi maggiori perché costretti a rifare completamente tutte le analisi di caratterizzazione dei propri rifiuti, in quanto quelle precedenti non sono più valide;
   i soggetti che su vari livelli sono coinvolti nel ciclo dello smaltimento dei rifiuti sono a rischio di pesanti sanzioni in quanto la nuova normativa porterà a «personalizzazioni» e interpretazioni da parte delle autorità di controllo che potranno estremizzare senza fondamento tecnico/scientifico prese di posizione arbitrarie;
   tale situazione reca enormi disagi alle nostre imprese che in una situazione di crisi economica come l'attuale si trovano ad affrontare nuovi costi, che dovranno per forza sostenere per non dover fermare la produzione; il comparto della gestione dei rifiuti a livello nazionale viene oltremisura indebolito impoverendo di «materia prima» i nostri impianti, a favore degli impianti di smaltimento oltre confine, soprattutto tedeschi e svizzeri;
   le nuove norme creano problemi insormontabili al settore della gestione rifiuti, anche in considerazione del fatto che dal 1o giugno 2015 è prevista l'entrata in vigore della nuova normativa comunitaria che prevede una ulteriore rivoluzione della caratterizzazione dei rifiuti richiedendo nuove incombenze e nuovi costi per produttori e gestori;
   infatti, dal 1o giugno 2015 entrano in vigore le disposizioni del Regolamento (UE) 1357/2014 (che sostituisce l'allegato III della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive) e la decisione 2014/955/UE (che modifica la decisione 2000/532/CE relativa all'elenco dei rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio). L'allegato alla decisione 2014/955/UE andrà a sostituire dal 1o giugno 2015 l'attuale Elenco europeo dei rifiuti dettando nuovi criteri ai fini della classificazione di un rifiuto come «pericoloso» o «non pericoloso» –:
   se il Ministro non ritenga opportuno bloccare l'applicazione delle modifiche dell'allegato D della parte IV del Codice dell'ambiente, come introdotte dall'articolo 13, comma 5, lettera b-bis) del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, o, al limite, escludere la punibilità per il mancato adeguamento alla nuova classificazione, nell'attesa di una armonizzazione della nuova normativa con quanto previsto dalle disposizioni del regolamento (UE) 1357/2014 e dalla decisione 2014/955/UE, che entrano in vigore dal 1o giugno 2015. (4-08447)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MUCCI, BARBANTI, ARTINI, SEGONI, RIZZETTO, ROSTELLATO, TURCO, BALDASSARRE, BECHIS e PRODANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il programma per la razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione viene istituito con la legge 23 dicembre 1999, n. 488, con l'obiettivo di ottimizzare gli acquisti pubblici di beni e servizi e contribuire, con la sua attività, allo sviluppo di modelli di approvvigionamento basati su processi e tecnologie innovative;
   come da informazioni pubblicate sul portale, www.acquistinretepa.it, a causa di una interruzione elettrica e delle successive ripercussioni sul sistema, la piattaforma di-eprocurement non è stata disponibile nelle giornate 5 marzo (dalle ore 6,00 alle ore 13,15) e 6 marzo (dalle ore 7,30 alle ore 11,00);
   proprio nelle ore in cui il sito era inaccessibile scadevano i termini di alcuni bandi di gara e pertanto molte aziende non hanno potuto presentare la loro offerta;
   quando il sito è tornato accessibile la gara era già in stato «scaduto» e le aziende non sono più state in grado di inviare le offerte e gli amministratori del sito non hanno consentito di prorogare i termini di consegna;
   alla richiesta da parte degli utenti di riaprire i termini, il servizio interventi della Consip rispondeva che questi sarebbero stati riaperti solo per quei fornitori che ne avessero fatto richiesta attraverso firma digitale prevedendo solo cinque ore di tempo;
   inoltre, il sito sembra presenti estrema lentezza se l'accesso avviene nelle ore centrali della giornata e sia di difficile utilizzo a causa del continuo cambiamento dei prodotti in offerta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato;
   se il Ministro interrogato intenda chiarire se la gara in premessa sia stata annullata e se, una volta riaperta, tutte le aziende interessate siano state messe in condizione di parteciparvi;
   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda assumere affinché il sito sia migliorato dal punto di vista tecnologico onde consentire un facile e rapido accesso agli utenti interessati. (5-05043)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   LIUZZI, DELL'ORCO, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, DI BATTISTA, DADONE, BUSINAROLO, AGOSTINELLI, ALBERTI, BARONI, BASILIO, BATTELLI, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI, BONAFEDE, BRESCIA, BRUGNEROTTO, BUSTO, CANCELLERI, CARIELLO, CASO, CASTELLI, CECCONI, CHIMIENTI, CIPRINI, COLLETTI, COLONNESE, COMINARDI, CORDA, COZZOLINO, CRIPPA, DA VILLA, DAGA, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DE ROSA, DEL GROSSO, DELLA VALLE, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, MANLIO DI STEFANO, DI VITA, DIENI, D'INCÀ, D'UVA, FANTINATI, FERRARESI, FICO, FRACCARO, FRUSONE, GAGNARLI, GALLINELLA, LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, GRANDE, GRILLO, L'ABBATE, LOMBARDI, LOREFICE, LUPO, MANNINO, MANTERO, MARZANA, MICILLO, NESCI, NUTI, PARENTELA, PESCO, PETRAROLI, PISANO, RIZZO, RUOCCO, SARTI, SCAGLIUSI, SIBILIA, SORIAL, SPADONI, TERZONI, TOFALO, TONINELLI, TRIPIEDI, VACCA, SIMONE VALENTE, VALLASCAS, VIGNAROLI, VILLAROSA e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 marzo 2015 Ercole Incalza, già capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oggi consulente esterno dello stesso ministero, è stato arrestato con l'accusa di aver fatto parte, in qualità di capo della suddetta struttura, di un articolato sistema corruttivo che vedrebbe coinvolti dirigenti pubblici, società aggiudicatarie di appalti e imprese esecutrici dei lavori relativi alle cosiddette grandi opere;
   tra i lavori interessati dall'indagine risultano, in particolare, le principali nuove tratte ferroviarie, il Palazzo Italia del sito milanese di Expo 2015, oltre che interventi in alcuni porti, mostre e persino la futura metropolitana di Parma, ancora non realizzata ma già costata trenta milioni di euro;
   l'ingegner Incalza, secondo quanto riportato dalla stampa, avrebbe ricoperto un ruolo chiave nel garantire l'approvazione dei finanziamenti per suddette opere;
   il dottor Incalza, seppur prosciolto o destinatario di un provvedimento di archiviazione (spesso per intervenuta prescrizione), risulta essere stato indagato già in altri 14 procedimenti;
   secondo notizie di stampa, un ruolo dell'ingegnere è emerso anche nel corso dell'inchiesta condotta dalla procura di Venezia riguardante i fenomeni corruttivi legati agli appalti per la realizzazione della costruzione del Mose, così come denunciato dagli stessi interroganti nella seduta del 2 luglio 2014;
   secondo quanto riportato dalla stampa, Incalza tra il 2011 e il 2013 si sarebbe attivato al fine di ottenere la nomina di Paolo Emilio Signorini alla guida del Magistrato delle acque (istituto periferico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che svolge un ruolo rilevante di controllo e vigilanza sulla realizzazione delle opere, nonché di rilascio di tutta una serie di autorizzazioni);
   antecedentemente al contratto di consulenza esterna attualmente in essere, il conferimento all'ingegnere dell'incarico alla guida della struttura tecnica era avvenuto sulla base di un avviso pubblico del 28 ottobre 2013 firmato da Paolo Emilio Signorini, capo del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale;
   suddetto avviso richiedeva esperienze lavorative decennali in posizioni delle quali solo il candidato, nonché già capo del dipartimento, ingegner Incalza risultava essere in possesso;
   l'ammissibilità delle domande e la valutazione dei curricula è stata effettuata da una commissione nominata sempre dal dottor Paolo Emilio Signorini, che, seppur non indagato, risulta aver avuto relazioni con gli indagati e, in particolare, con Mazzacurati;
   dal sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si apprende come il ruolo di capo della struttura tecnica, dal giorno del pensionamento di Incalza, sia attualmente ricoperto dallo stesso Paolo Emilio Signorini;
   il Ministro interrogato, il 2 luglio 2014, intervenendo in replica all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea di cui sopra, aveva difeso l'integrità morale e l'operato dell'ingegner Incalza, sottolineando come quest'ultimo, in ordine alla realizzazione della TAV di Firenze, non fosse mai stato interrogato, né chiesto il rinvio a giudizio;
   nella stessa occasione, il Ministro interrogato, nel giustificare l'elevato numero di procedimenti giudiziari a carico di Incalza, aveva riconosciuto l'importanza del ruolo conferito all'ingegnere, la delicatezza delle funzioni a lui assegnate e la rilevantissima responsabilità ricoperta –:
   se il Ministro interrogato, stante quanto in premessa, consideri opportuna la permanenza del dottor Signorini a capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e non ritenga, dunque, necessario rivedere le proprie posizioni e riesaminare il quadro complessivo dei dirigenti e consulenti del proprio ministero, predisponendo, altresì, urgentemente dei meccanismi di attivazione e conferimento degli incarichi al fine di garantire il corretto operato del suo dicastero. (3-01372)


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano aeroporti presentato a suo tempo dal Ministro interrogato ha ridisegnato la mappa degli scali sul territorio nazionale, giungendo a classificare 11 aeroporti strategici e 26 stazioni d'interesse nazionale;
   nel bacino relativo alla regione Calabria, risulta strategico lo scalo di Lamezia Terme, mentre vengono catalogati come di interesse nazionale quelli di Reggio Calabria e di Crotone;
   la posizione geografica della città di Crotone, insieme alla mancanza di un'efficiente rete ferroviaria ed autostradale in grado di consentirle rapidi collegamenti dalla fascia ionica al resto d'Italia, rendono più che mai necessaria la presenza di uno scalo aeroportuale strategico, in grado di assicurare servizi fondamentali per la collettività, nonché favorire una crescita economico-sociale di rilievo dell'intera fascia ionica;
   ad oggi sul bilancio dello scalo di Crotone (che soddisfa un bacino di utenza naturale per un'area che conta una popolazione residente di circa 450.000 abitanti) gravano servizi di assistenza ai voli forniti da Enac ed Enav per un totale, per quanto consta all'interrogante, di 120.000 euro mensili –:
   se l'aeroporto Sant'Anna di Crotone potrà contare (per come risulta avvenga per gli altri «aeroporti d'interesse nazionale») sullo sgravio dei costi, nonché sui benefici, dei servizi di assistenza ai voli, erogati da Enac ed Enav. (3-01373)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ieri è stato arrestato Ettore Incalza, già capo della struttura tecnica di missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, accusato di gestire una «cupola» che pilotava grandi appalti pubblici in tutta Italia, come quelli legati all'alta velocità, a Expo e alle autostrade;
   come si legge sull’Ansa del 17 marzo 2015, è risultato al giudice per le indagini preliminari che egli dirigesse «ogni grande opera, predisponendo le bozze della legge obiettivo e individuando di anno in anno quelle da finanziarie e quelle da bloccare»;
   al di là degli eventuali profili di responsabilità penale, che verranno chiariti nelle opportune sedi, si palesano delle responsabilità politiche – proprie non solo del presente Governo – nella gestione della politica infrastrutturale italiana, già oggetto di continui scandali nell'ultimo anno;
   già con l'atto ispettivo n. 5-04054, ancora senza risposta, l'interrogante aveva evidenziato criticità di una pubblica gara, avente ad oggetto l’«affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e gestione dell'intervento: corridoio intermodale Roma-Latina e collegamento Cisterna-Valmontone»;
   risulta all'interrogante che la maggior parte delle infrastrutture di trasporto attualmente in fase di progetto o di realizzazione non siano state precedute da analisi economiche conformi alle best practice internazionali e che siano mancate, in particolare, preventive analisi di costo-opportunità che avessero ad oggetto le opere nella loro interezza, che soddisfacessero requisiti di terzietà e comparatività e che tenessero conto del traffico divertito;
   risulta, inoltre, che non vi sia grande opera i cui costi di realizzazione non si siano locupletati, spesso in ragione di varianti, rispetto alle quali non sempre è evidente l'interesse pubblico perseguito –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare al fine di sottoporre a una sistematica e profonda revisione la politica infrastrutturale delle grandi opere, rivalutando le ragioni di moltiplicazione dei costi e procedendo ad analisi costo-opportunità dotate dei requisiti sopra indicati. (3-01374)


   PELLEGRINO, ZARATTI, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FERRARA, DURANTI, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MATARRELLI, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZACCAGNINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 16 marzo 2015 una maxi operazione dei carabinieri del Ros, coordinata dalla procura di Firenze, ha portato a quattro arresti e 51 indagati. In carcere, nell'inchiesta della procura di Firenze sulla Tav e sui numerosi lavori legati alle grandi opere, anche Ercole Incalza, dirigente del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Gli altri tre arrestati sono il funzionario del ministero e collaboratore di Incalza, Sandro Pacella, e gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, presidente del consiglio di amministrazione di Centostazioni spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato;
   nel mirino la gestione illecita degli appalti delle «grandi opere», per quello che i magistrati definiscono un «articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori». Corruzione, induzione indebita, turbativa d'asta ed altri delitti contro la pubblica amministrazione sono le accuse che hanno portato, come detto, all'arresto del dirigente del ministero (ora consulente esterno) Ercole Incalza. Arrestato per la Tav di Firenze, ma citato in quasi tutte le carte processuali relative agli scandali delle «grandi opere», dal Mose all'Expo di Milano;
   l'inchiesta nasce dagli appalti per l'alta velocità nel nodo fiorentino e per il sotto-attraversamento della città. Da lì l'inchiesta si è allargata a tutte le più importanti tratte dell'alta velocità del Centro-Nord Italia e ad una lunga serie di appalti relativi ad altri «grandi opere», compresi alcuni relativi all'Expo;
   sono oltre 100 le perquisizioni eseguite nell'ambito dell'operazione «Sistema». Le perquisizioni hanno – tra l'altro – riguardato gli uffici della struttura di missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della Rete ferroviaria italiana spa, dell’Anas International enterprises spa, delle Ferrovie del sud-est srl, del Consorzio autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre, dell'autostrada regionale Cispadana spa e dell'autorità portuale Nord Sardegna;
   il dirigente arrestato, Ercole Incalza, è una figura di primissimo piano nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Arrivato nel 2001, come capo della segreteria tecnica di Pietro Lunardi (Governo Berlusconi), è rimasto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per quattordici anni;
   in questi anni Incalza ha accumulato 14 procedimenti penali a carico e una sequela di assoluzioni o archiviazioni (in diversi casi per «intervenuta prescrizione»). Tra i proscioglimenti per prescrizione rientra anche il processo in cui era accusato di aver corrotto il giudice proprio per ottenere l'archiviazione;
   come riportato anche dall'agenzia Agi, dalle 268 pagine di ordinanza cautelare scritta dal giudice per le indagini preliminari di Firenze emerge come «Ercole Incalza era così influente all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da aggiornare il Ministro Lupi, in procinto di farsi intervistare da un quotidiano, sullo stato dei lavori e dei finanziamenti delle “grandi opere”, da buttare giù il programma di Governo che il Nuovo Centrodestra avrebbe dovuto presentare e da ottenere la nomina del senatore Nencini a Sottosegretario, dietro sua sponsorizzazione. Il magistrato si sofferma, anzitutto, sullo strettissimo legame tra Ercole Incalza e il Ministro Lupi. “Una relazione – scrive – che ha sicuramente contribuito, da ultimo, all'affermazione del potere di Incalza nei rapporti con i dirigenti delle imprese e anche con altri soggetti istituzionali”. Il 28 dicembre del 2013 è significativa per gli investigatori del Ros una conversazione tra i due che esalta “l'effettiva importanza” rivestita dall'ingegnere all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti»;
   quanto sta emergendo in queste ore è solo l'ultima di una serie intollerabile di vicende di corruzione che vede coinvolti amministratori pubblici, imprenditori, politici, che, mettendo in piedi vere e proprie «associazioni a delinquere», si spartiscono appalti e lavori legati alle tante più o meno grandi opere pubbliche;
   seppure è da valutare positivamente la costituzione dell'Autorità anticorruzione, rimane il fatto che non è pensabile pensare che detta struttura possa essere risolutiva del fenomeno dilagante e cancerogeno della corruzione e del malaffare nella pubblica amministrazione e nell'assegnazione degli appalti pubblici;
   da due anni si è, invano, in attesa dell'approvazione della «legge anticorruzione»;
   peraltro l'8 maggio 2014, in occasione del convegno organizzato dalla «Rete delle professioni», il Ministro interrogato aveva dichiarato che avrebbe provveduto a una revisione del codice degli appalti. Da allora nulla è stato presentato al Parlamento –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare per contrastare il fenomeno della corruzione, con particolare riferimento al settore degli appalti e dei lavori pubblici, che vede in queste ore coinvolto anche il suo dicastero, anche promuovendo opportune modifiche al codice degli appalti, e se non ritenga indispensabile prevedere una periodica rotazione delle figure dirigenziali, nonché rendere disponibili in formato aperto (open data) i dati informativi relativi agli investimenti pubblici principalmente legati alle grandi opere e ai lavori in fase di realizzazione e di progettazione, anche sotto il profilo dei finanziamenti. (3-01375)


   CATANIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   attualmente convergono su Bologna quattro tronchi autostradali: la Bologna-Milano (A1), la Bologna-Firenze (A1), la Bologna-Padova (A13) e la Bologna-Ancona (A14), collegati fra loro dal sistema tangenziale di Bologna. Questa arteria di circa 22 chilometri che va da Casalecchio a San Lazzaro è costituita da un'autostrada a due corsie più quella di emergenza per ogni senso di marcia al centro e all'esterno da altre due corsie più quella di emergenza complanari a traffico libero, che raccordano tutte le strade radiali convergenti sul centro urbano. Dal 2007 la corsia di emergenza autostradale tra le uscite di San Lazzaro e Borgo Panigale-Milano è stata allargata di 1,2 metri e trasformata in «terza corsia dinamica» percorribile dal traffico in caso di necessità con segnalazione semaforica;
   per decongestionare questo nodo cruciale della rete viaria italiana, il cui potenziamento è stato inserito tra gli interventi strategici di preminente interesse sia nazionale che regionale (delibera Cipe 21 dicembre 2001, n. 121), sono state proposte negli anni diverse soluzioni che non hanno avuto seguito fino all'8 agosto 2002, quando è stato sottoscritto un accordo tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Emilia-Romagna, la provincia di Bologna ed il comune di Bologna, che prevede la realizzazione di una nuova infrastruttura denominata «passante nord di Bologna»;
   fin dall'inizio sono state sollevate da più parti aspre critiche sull'opera, per il suo pesante impatto ambientale in un territorio già ampiamente cementificato (Ispra stima che in Emilia-Romagna ci sono valori compresi tra l'8 e il 10 per cento di suolo consumato), per l'aumento del consumo energetico dovuto all'aumento di percorrenza ed il conseguente incremento di emissioni inquinanti, per il consumo di territorio agricolo pregiato (oltre 700 ettari) e l'inibizione delle colture di qualità su un'area molto maggiore (8.000 ettari), nonché per il costo economico elevatissimo (circa 1,9 miliardi di euro per il progetto 2003 e 1,5 miliardi di euro per quello del 2014). A fronte di tali elementi negativi si stima che l'opera allontanerebbe dalla città circa il 20 per cento del traffico e solo a patto di imporre pesanti disincentivi sull'asse tangenziale. Nel 2003 si pensava ad un sovrapedaggio secco sull'asse tangenziale, mentre per la versione attuale è stato escogitato un sistema basato su pericolosi passaggi tra autostrada e tangenziale e complicati pedaggi di disincentivo per il nodo bolognese che penalizzerebbe i pendolari bolognesi. Lo scenario di traffico alla base dal progetto (+ 2,5 per cento annuo fino al 2025) appariva fin dal 2003 in contrasto con i dati di previsione reali e, infatti, successivamente, secondo i dati di Autostrade per l'Italia spa, si è verificata una riduzione, da 180.000 veicoli al giorno nel 2002 a 150.000 nel 2012;
   nell'aprile 2004 è stato presentato un progetto alternativo da parte di un comitato di cittadini, studiato avendo come riferimento i principi di nessun consumo di nuovo territorio, minimizzazione dell'impatto ambientale e del risparmio energetico, mediante il miglioramento dell'esistente sistema tangenziale. Il tutto a costi e tempi di realizzazione pari a circa un terzo di quelli del passante nord;
   il progetto è stato respinto dalla provincia nell'ottobre 2004, gli enti locali hanno deciso di proseguire il progetto del passante nord malgrado tutti gli aspetti negativi che emergevano ad un'attenta analisi e le violazioni delle norme europee sulla libera concorrenza a cui l'Unione europea ha posto dal 2003 al 2010 ben 3 divieti, con precise condizioni da rispettare, pena l'apertura di una procedura di infrazione. Nonostante ciò, il comitato tecnico-scientifico della provincia aveva riconosciuto la fattibilità tecnica del progetto alternativo ed i benefici sul traffico del nodo bolognese. Il parere di fattibilità era stato confermato anche dal convegno alla facoltà di ingegneria di Bologna nello stesso anno;
   il passante nord nella più recente versione sottoscritta con l'accordo del 29 luglio 2014, firmato dal Ministro interrogato, dall'assessore regionale dell'Emilia-Romagna Peri, dal vicepresidente della provincia di Bologna Venturi e Autostrade per l'Italia spa, è una bretella autostradale a sole due corsie, invece delle tre del progetto originario, con una lunghezza di 38 chilometri, al costo stimato di oltre 1.500 milioni di euro, che manterrà il tratto autostradale A14 al centro della tangenziale di Bologna, senza la completa banalizzazione delle corsie, ma con un pericoloso sistema di porte di scambio traffico tra autostrada e tangenziale e viceversa (bypass), che peggiorerebbe ulteriormente il traffico nel nodo bolognese (studio di Autostrade per l'Italia spa del 2013); l'impatto ambientale del progetto in questione sarebbe devastante come il progetto del 2004 e inciderebbe su un territorio agricolo particolarmente pregiato, distruggendo fisicamente circa 700 ettari (comprese fasce di rispetto e interclusioni) e danneggiandone altri 8.000, come si rileva dallo studio effettuato dalla provincia di Bologna nel novembre 2004. Il tracciato, completamento in rilevato, ad una altezza media di metri 3,70 richiederebbe un prelievo di materiale di cava di oltre 3,8 milioni di metri cubi di inerti. A questi risultati improponibili si aggiungono aumenti del consumo energetico (+ 25.000 tonnellate equivalenti di petrolio all'anno) e dell'inquinamento (+ 75.000 tonnellate all'anno di anidride carbonica) per il maggior percorso;
   all'articolo 14 dello schema di convenzione tra Anas e Autostrade per l'Italia spa si consente a quest'ultimo soggetto di poter utilizzare le risorse indicate alla voce «altri interventi». A queste risorse si fa riferimento nell'accordo del 29 luglio 2014, per l'adeguamento e il potenziamento della rete autostradale del nodo bolognese. Tali risorse non risultano pertanto esclusivamente vincolate alla realizzazione del cosiddetto passante nord;
   nel rispondere all'interrogazione n. 4-05198 del 19 giugno 2014, a prima firma dell'interrogante, il Ministro interrogato affermava che, in base all'accordo del 29 luglio 2014, la società Autostrade per l'Italia spa si è impegnata ad elaborare la progettazione preliminare di tale intervento. Al quinto punto delle premesse del citato accordo del 29 luglio 2014 si afferma, tuttavia, che «si è preso atto che al momento non esistono altri tracciati alternativi rispetto alla soluzione condivisa con gli enti locali», nonostante vi siano dal 2004 all'attenzione degli enti locali proposte di tracciato alternativo, tuttora valide tecnicamente, rispetto a quello previsto dal progetto del «passante nord»;
   l'articolo 2 dell'accordo del 29 luglio 2014 lascerebbe inalterata la questione del traffico del nodo bolognese, in quanto non ci sarà alcuna banalizzazione e verranno realizzati punti di interscambio (bypass) tra le complanari e l'attuale tracciato autostradale dell'A14, che rimarrà al centro. Tale soluzione di ingresso e uscita da destra e da sinistra in molteplici punti dei tratti stradali in questione non potrà che generare rallentamenti e situazioni pericolose, anziché favorire il flusso di traffico sul nodo;
   Autostrade per l'Italia spa non ha completato i lavori in autostrada A14. La terza corsia dinamica ha risolto solo in parte i problemi del traffico autostradale, data la sua natura di provvedimento temporaneo privo delle corsie di emergenza –:
   quali iniziative intenda il Governo intraprendere al fine di valutare alternative reali al progetto in questione, che, differentemente da quanto affermato nell'accordo del 29 luglio 2014, erano state già presentate nel 2004 e validate tecnicamente, e se non ritenga preferibile valutare la proposta alternativa di potenziamento in sede come il completamento dell'intervento parziale in A14 del 2008, al costo stimato di circa 600 milioni di euro, e impiegare le risorse restanti dallo stanziamento di 1.280 milioni di Autostrade per l'Italia spa per apportare importanti miglioramenti funzionali tecnologici sull'asse tangenziale, come autosufficienza energetica, riduzione degli inquinanti, asse logistico e di servizi e aumento dei varchi radiali, nonché per terminare alcune opere stradali minori nella pianura nord di Bologna indispensabili per il territorio, bloccate o incompiute da decenni, che porterebbero i benefici attesi al quadrante nord di Bologna, risparmiando risorse finanziarie e limitando al minimo il consumo di nuovo territorio. (3-01376)


   RIBAUDO, CULOTTA, CARDINALE, SCHIRÒ, CAUSI, RACITI, ALBANELLA, ROSTAN, VERINI, RIGONI, GRIBAUDO, ZAPPULLA, ANTEZZA, CAPODICASA, AMODDIO, FRANCESCO SANNA, GIOVANNA SANNA, MINNUCCI, VENITTELLI, TARANTO, IACONO, CAMANI, NACCARATO, CHAOUKI, PARIS, FIORIO, FRAGOMELI, GRECO, GULLO, PICCOLI NARDELLI, LAURICELLA, BERRETTA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 7 aprile 2014, n. 56, «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 7 aprile 2014, n. 81, nota come «legge Delrio», all'articolo 1, comma 85, recita, fra l'altro, che le province esercitano funzioni fondamentali di costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
   ad oggi le province non sono state del tutto abolite, in quanto oggetto della riforma costituzionale, così come continuano ad esistere le loro funzioni;
   anche la Sicilia ha avviato il processo di riforma di cui sopra, senza ancora completarlo, e tuttavia ai suddetti enti, pur essendo commissariati, sono rimasti in capo le competenze e funzioni assegnate, comprese le circa 16.000 chilometri di strade comunali e provinciali su un totale di circa 21.000 chilometri di viabilità complessiva;
   la maggior parte delle strade provinciali italiane risultano di fondamentale importanza per la viabilità e lo sviluppo strategico di intere comunità, rivestendo un ruolo primario in ambito industriale, commerciale, agricolo, turistico, climatico e scolastico;
   la maggioranza delle strade provinciali del nostro Paese sono tra le più importanti e transitate arterie e vie di collegamento, soprattutto nell'entroterra italiano (e siciliano in particolare), ma sono, di fatto, dal 2012 abbandonate senza essere oggetto di alcuna cura e manutenzione da parte degli enti per mancanza di fondi;
   il suddetto stato di abbandono in cui versano oggi le strade provinciali ha effetti negativi, oltre che sulla sicurezza del traffico stradale e delle persone, anche sul decoro, con notevoli ripercussioni soprattutto nelle aree a prevalente vocazione turistica;
   la segnaletica, sia quella orizzontale che quella verticale, sulle strade provinciali è talvolta inesistente e, dove è presente, risulta usurata, illeggibile e obsoleta, con conseguenti rischi di circolazione e dello stato di sicurezza dei cittadini che vi transitano e che giornalmente le percorrono, soprattutto nelle ore notturne e nei periodi invernali;
   a causa degli eventi meteorici invernali si è registrato un ulteriore peggioramento delle condizioni delle strade provinciali, già piuttosto compromesse dallo stato di degrado e abbandono in cui versano, risultando le stesse impercorribili e in taluni casi intransitabili, con la conseguenza che alcune comunità sono rimaste isolate e senza via di collegamento con le città e con gli assi viari principali;
   questo stato è dovuto alla mancanza dei trasferimenti di risorse finanziarie alle province e alla deficienza di mezzi e uomini in dotazione alle stesse;
   la permanenza e il perdurare di un suddetto stato può essere causa di incidenti e danni per cittadini e mezzi;
   oggi alcune province sono oggetto di numerosi contenziosi causati da incidenti verificatisi nelle suddette strade, la cui responsabilità è riconducibile al cattivo stato di manutenzione, aumentando, inoltre, il numero di richieste di risarcimento nei confronti dell'ente proprietario della strada medesima, con notevoli ripercussioni e un aggravio finanziario sulle province, oggi prive di risorse;
   la manutenzione delle strade provinciali è oggi un problema non più procrastinabile ed è necessario affrontare e risolvere tali questioni con carattere d'urgenza –:
   se il Governo abbia messo o intenda mettere in atto tutte le iniziative normative di competenza al fine di finanziare e sostenere economicamente e con mezzi idonei le province, nelle more del definitivo trasferimento delle competenze agli enti che sostituiranno le province stesse, in considerazione dello stato di totale abbandono e degrado in cui versano oggi le strade provinciali, anche al fine di garantire l'incolumità delle migliaia di cittadini che giornalmente le percorrono. (3-01377)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OTTOBRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le disposizioni vigenti del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992), prevedono per gli autocarri di cui all'articolo 54, comma 1, lettera d), del codice, destinati al trasporto di cose e delle persone addette all'uso o al trasporto stesso delle cose, una massa limite di 3,5 tonnellate;
   tale limite costituisce in alcuni casi un vincolo eccessivo rispetto alle esigenze di trasporto di determinate categorie produttive;
   è questo, ad esempio, il caso degli autocarri che includano una gru, i quali, già senza carico, possono superare il limite di 3,5 tonnellate;
   andrebbe pertanto valutata l'esclusione, entro certi limiti, ai fini del calcolo della massa limite, del peso di accessori e attrezzature di bordo –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo sulla questione, con particolare riferimento alla praticabilità, anche in termini di compatibilità con il diritto dell'Unione europea, dell'eventuale esclusione, ai fini del calcolo della massa limite e del peso di accessori e attrezzature di bordo. (5-05044)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Techno Sky, società di ENAV, è responsabile della gestione, assistenza e manutenzione degli impianti e dei sistemi utilizzati per il controllo del traffico aereo nazionale;
   Techno Sky s.r.l. è stata costituita nel 2007, a seguito dell'acquisizione da parte di ENAV s.p.a del ramo di azienda della Vitrociset afferente la logistica ATC (Air Traffic Control);
   in data 18 febbraio 2015 il Coordinamento nazionale Techno Sky Fim, Fiom, Uilm, Fismic Nazionali ha diramato un comunicato stampa dove si affronta, tra le altre cose, l'annosa questione relativa alla parificazione dei trattamenti normativi ed economici del personale Techno Sky a parità di mansioni con Enav. In particolare, nell'ambito di tale comunicato si legge «Lo scorso 17 febbraio si è riunito il Coordinamento nazionale Techno Sky dopo la sottoscrizione del verbale di incontro con Assocontrol lo scorso 21 gennaio. Il tema della parificazione dei trattamenti normativi ed economici a parità di mansioni con Enav è un tema di rivendicazione storica dei lavoratori Techno Sky. Una rivendicazione che il Coordinamento nazionale conferma insieme alla inscindibile difesa dell'integrità occupazionale di Techno Sky ed al mantenimento dell'attuale sistema di relazioni sindacali costruito nel Contratto integrativo aziendale dello scorso 31 maggio 2013. Il prossimo 24 febbraio insieme all'Esecutivo nazionale Rsu, nell'ambito di quanto definito dal verbale, l'Esecutivo nazionale, congiuntamente alla rappresentanza sindacale dei trasporti incontrerà il management Techno Sky e Assocontrol. Occorre definire con chiarezza il perimetro che si intende costruire con l'operazione contrattuale e le relative prospettive occupazionali e industriali. Un passaggio propedeutico all'avvio di un confronto che ha come obiettivo la parificazione normativa ed economica dei trattamenti con Enav. Il coordinamento ritiene, inoltre, che si debba concludere la discussione sulle modifiche alla normativa sull'orario di lavoro introdotta unilateralmente dall'azienda a seguito del passaggio al badge elettronico per la rilevazione della presenza, rendendo operative le correzioni e le modifiche già condivise ed eventualmente definire una regolamentazione degli RLS, nel rispetto del decreto legislativo n. 81 del 2008 adeguata all'organizzazione Techno Sky.»;
   per quanto risulta all'interrogante, l'approvazione del nuovo contratto collettivo nazionale trasporti, in assenza della sollecita risoluzione delle questioni sollevate dal Coordinamento nazionale Techno Sky Fim, Fiom, Uilm, Fismic Nazionali, potrebbe determinare profonde crisi interne al sistema tali da portare presto a reazioni anche estreme del personale interessato, esasperato da decenni di aspettative disattese –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e, in tal caso, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere;
   se non ritenga quanto mai urgente e non più procrastinabile l'opportunità di ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a garantire la parificazione dei trattamenti normativi ed economici dei lavoratori Techno Sky a parità di mansioni con Enav;
   quali siano le informazioni e gli orientamenti del Governo in ordine ai fatti descritti in premessa e, più ampiamente, in relazione alla posizione di ENAV nell'ambito di tale vicenda;
   se e quali iniziative di competenza il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di assicurare che la politica industriale di ENAV sia sviluppata in linea con Eurocontrol, nel rispetto delle normative nazionali e in piena conformità alla legge delle scelte di organizzazione e di investimento. (4-08438)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende da organi di stampa il Ministero dell'interno sarebbe orientato a realizzare, presso il Porto di Taranto, una struttura destinata ad «hub», cioè un luogo di transito per i richiedenti protezione internazionale. Secondo indiscrezioni si starebbe valutando la creazione di una tensostruttura con capienza di 1.300 persone, che dovrebbero stazionare per le prime 72 ore dal loro arrivo;
   nonostante l'interpellante ritenga necessaria una struttura del genere, che assicuri un sistema a terra per il proseguimento della accoglienza nel rispetto dei diritti umani, non risultano attese le valutazioni dell'autorità portuale e del sindaco su eventuali criticità, coinvolgimento ed impegno economico del comune;
   in data 25 febbraio 2015, e con scadenza il 16 marzo 2015, la prefettura di Taranto ha pubblicato un bando sulla «Procedura di gara aperta per l'individuazione di più operatori economici per l'affidamento del servizio di temporanea accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale»;
   suddetto bando è stato presumibilmente pensato per le operazioni di accoglienza delle persone in transito fino alla loro effettiva destinazione, ma presenta diverse criticità letto in seguito alle intenzioni di creazione di un «hub» nel capoluogo ionico. Essendo stato calibrato su una modalità di accoglienza di medio-lungo periodo, si suppone che i 1.300 posti possano essere utilizzati per il periodo previsto, e cioè fino a dicembre dei 2015, non tenendo conto delle condizioni socio-economiche del territorio ed impedendo di fatto una reale inclusione sociale;
   l'operazione «hub» di Taranto non sembra inserita in una pianificazione nazionale che preveda quote regionali e provinciali, con il conseguente rischio di accentrare un carico di accoglienza eccessivamente alto per le esigue capacità del territorio a cui si fa riferimento;
   a quanto a conoscenza dell'interpellante, le Commissioni territoriali stanno riconoscendo un numero bassissimo, che non supera il 10 per cento del totale, di «protezioni internazionali» ai «sub sahariani», che rappresentano la stragrande maggioranza delle persone attualmente in accoglienza. Inoltre il Governo sembra essere orientato a non concedere permessi di soggiorno per motivi umanitari, nonostante l'evidenza della migrazione forzata legata alla situazione libica, nonché a quella dei paesi di origine dei migranti. In questo modo si rischia di avere entro la fine del 2015, oltre ai 55.000 richiedenti già presenti sul territorio nazionale, un ulteriore ed elevatissimo numero di persone in stato di irregolarità. Quindi a Taranto si avranno almeno 1.300 persone messe in condizione di non poter avere un contratto di lavoro e di affitto, oggettivamente inespellibili, quindi ricadenti nelle responsabilità dei servizi sociali del territorio;
   con ordine del giorno del 7 ottobre 2014, n. 9/02616/2 a prima firma Oliverio, il Governo si è impegnato a valutare l'opportunità, attraverso ulteriori iniziative normative da adottare entro il varo della legge di stabilità 2015, di estendere la disciplina dettata dall'articolo 7 anche alle altre città interessate dal fenomeno tra cui Taranto –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di una programmazione a livello nazionale che prevede delle quote di accoglienza per ogni territorio, e se non intenda adoperarsi in tal senso;
   se non ritenga necessario stabilire una quota massima per il territorio di Taranto, se interessato dalla presenza di un «hub», che non superi le 400 persone in accoglienza medio-lunga;
   come intenda procedere rispetto alla regolarizzazione per motivi umanitari della posizione dei migranti;
   se non intenda chiarire il significato di «hub» e la relativa natura giuridica rispetto all'ordinamento vigente;
   se non intenda prevedere in esso la presenza di «ACNUR» e di altri enti di tutela in modo da garantire il diritto alla informazione sulla richiesta di protezione internazionale, e se non intenda predisporre un «corridoio umanitario» nel Mediterraneo per gestire il flusso di rifugiati;
   in che modo abbia dato seguito all'ordine del giorno citato in premessa.
(2-00896) «Duranti».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIAMMANCO e PALESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comma 264 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015 prevede il rinvio delle assunzioni nelle forze di polizia, previste per il 2015, al 1o dicembre 2015, fatta eccezione per quelle disposte nel 2014 per le esigenze di Expo 2015;
   sono state autorizzate le assunzioni del personale nel corpo della polizia di Stato, relativamente alla categoria agenti e assistenti, di cui all'articolo 3, commi 3-quater e 3-sexies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, a decorrere dal 1o gennaio 2015, in via straordinaria, per fronteggiare la palese necessità di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio, anche connessi allo svolgimento di Expo Milano 2015;
   l'amministrazione è autorizzata ad assumere tutti i vincitori e idonei, facendo scorrere la graduatoria fino a completo esaurimento, del concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 650 allievi agenti della polizia di Stato indetto con decreto ministeriale del 7 marzo 2014 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 14 marzo 2014 e la cui graduatoria di merito è stata pubblicata nel bollettino ufficiale del personale del Ministero dell'interno – supplemento straordinario n. 1/48 del 22 dicembre 2014, con avviso di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana – 4o serie speciale «Concorsi ed esami» del 19 dicembre 2014;
   a seguito dei drammatici atti terroristici di matrice islamica compiuti in Francia e delle minacce di cui il nostro Paese è continuamente oggetto da parte del califfato islamico-daesh, tutti i prefetti d'Italia sono stati chiamati, tramite la diramazione di direttive circostanziate del Ministro interrogato e del Capo della polizia di Stato, ad alzare il livello di sicurezza nel nostro Paese;
   il recente piano di soppressione di presidi di polizia interessa numerosi commissariati cittadini di pubblica sicurezza, nell'ottica di una spending review che non riesce a ridurre sprechi e inefficienze, né tiene conto della grave carenza di organico, che ammonta ormai a circa 21.000 unità;
   il taglio di risorse da investire nella sicurezza pubblica fanno ricadere sui cittadini le conseguenze estremamente pericolose che comporta una minor presenza di forze di polizia sul territorio e questo nonostante la proroga dell'impiego di militari sulle strade con funzioni di ordine pubblico, la cosiddetta «operazione strade sicure», fortemente voluta e varata dal Governo Berlusconi nel 2008;
   il numero di 650 unità di polizia da arruolare, inizialmente stabilito, non è più sufficiente a fronteggiare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio, soprattutto in connessione allo svolgimento di ben due eventi internazionali, come quelli di Expo Milano 2015 e del giubileo straordinario che avrà inizio a dicembre 2015 a Roma –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di reclutare, oltre ai 650 vincitori, tutti gli idonei del concorso per 650 allievi agenti della polizia di Stato, di cui in premessa, per un totale di 900 unità. (3-01370)


   RAMPELLI, CIRIELLI e GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si sono svolti il 17 marzo 2015 i funerali di David Raggi, il ragazzo ucciso a Terni il 13 marzo 2015 da un immigrato clandestino;
   l'immigrato colpevole del delitto era entrato nel territorio italiano illegalmente con un barcone approdato a Lampedusa, dopo essere già stato espulso dall'Italia in seguito ad un primo ingresso clandestino, e ha precedenti per furto aggravato, lesioni personali, spaccio di stupefacenti, rissa e resistenza a pubblico ufficiale;
   attualmente sembra che l'immigrato soggiornasse in Italia dopo aver incassato un nuovo rigetto della sua richiesta d'asilo, nell'attesa che si decidesse il ricorso avverso tale decisione da lui presentato;
   i canali dell'immigrazione clandestina, di fatto, permettono l'ingresso in Italia di centinaia di migliaia di migranti e questa vicenda dimostra, una volta di più, come i controlli sulle persone che entrano nel nostro Paese siano totalmente insufficienti, mettendo a rischio la sicurezza di tutti i cittadini, e come le amministrazioni competenti non riescano a gestire un simile afflusso incontrollato di persone;
   il caso del ragazzo di Terni, un'innocente vittima di una morte assurda, non è il primo caso in cui immigrati senza permesso di soggiorno si macchiano di delitti efferati;
   la depenalizzazione del reato di ingresso clandestino e il pressoché totale azzeramento del «fondo rimpatri» stanno mettendo in ulteriore forte difficoltà le forze dell'ordine nel contrasto al soggiorno irregolare di stranieri sul territorio italiano –:
   come sia stato possibile che un immigrato clandestino, già espulso e con precedenti penali, abbia potuto ripresentare la propria richiesta d'asilo e soggiornasse indisturbato in Italia e quali iniziative, anche normative, intenda assumere affinché in futuro possa essere evitato il ripetersi di situazioni di tale tragicità, garantendo la sicurezza di tutti i cittadini. (3-01371)

Interrogazione a risposta orale:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Crotone e nel crotonese si sono registrati notevoli disagi legati alla protesta messa in atto da circa 500 immigrati ospiti del CARA della città calabrese;
   la protesta ha provocato notevoli disagi, tre voli in arrivo presso l'aeroporto sono stati dirottati sull'aeroporto di Lamezia Terme e tre voli in partenza sono stati annullati;
   la strada statale 106 è stata bloccata in più punti oltre che nei pressi dell'aeroporto situato praticamente di fronte al Cara dove vivono i manifestanti;
   non sono mancati momenti di tensione, con i migranti che hanno lanciato pietre contro le forze dell'ordine provocandone il ferimento, per fortuna lieve, di alcuni;
   la protesta si è protratta sino al primo pomeriggio quando grazie alla mediazione delle forze dell'ordine è stato rimosso il blocco stradale sulla 106;
   la protesta è stata posta in essere in quanto i migranti ospiti del Cara di Isola Capo Rizzuto lamentano la lentezza del disbrigo delle pratiche che riguardano il riconoscimento dello status di rifugiato;
   non è la prima volta che questo accade provocando sistematicamente situazioni di preoccupazione per l'ordine pubblico e tensione sul territorio;
   è indispensabile alleggerire il carico delle istanze sino ad oggi assegnato alla commissione di Crotone ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato;
   la questione è stata più volte posta al Governo e sono state assicurate risposte in tale direzione con accoglimento di ordini del giorno nonché nell'ambito della riorganizzazione complessiva della macchina amministrativa messa in atto dall'Esecutivo –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto accaduto a Crotone e se non intenda intervenire con la massima urgenza ai fini di potenziare ulteriormente la commissione presente a Crotone nonché le altre, a partire da quella di Catanzaro Lamezia, per alleggerire i carichi di lavoro, anche in considerazione del costante incremento del flusso migratorio, per il riconoscimento della protezione internazionale e sussidiaria, evitando che si possano determinare ulteriori situazioni di criticità dal punto di vista dell'ordine pubblico. (3-01367)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   fin dal 1996, al fine di risolvere la situazione logistica della polizia di Stato nella provincia di Rimini e di dotare il territorio di una sede unica, il Ministero dell'interno ha dato la propria adesione, più volte riconfermata, all'iniziativa della società DA.MA di realizzare un complesso immobiliare da adibire a nuova sede della questura e della polizia stradale di Rimini da assumere in locazione da parte del Ministero stesso;
   l'amministrazione comunale di Rimini, allo scopo di regolamentare tempi e modalità di realizzazione dell'opera pubblica – proposta nell'ambito di un programma integrato presentato dalla Soc. DA.MA Srl e approvato con contestuale adozione di variante al piano regolatore generale con deliberazione di consiglio comunale nel 1998 – nonché della sua effettiva destinazione alle finalità istituzionali indicate, ha stipulato con la Soc. DA.MA in data 23 aprile 1999 una convenzione per l'attuazione del programma integrato ex articoli 20 e 21 della legge regionale n. 6 del 1996 relativo alla realizzazione della nuova sede della questura e della polizia stradale;
   l'immobile destinato a sede della questura pur se edificato (un edificio di circa 18.000 metri quadrati) nonostante l'impegno a locare sottoscritto tra il prefetto di Rimini ed il privato costruttore in data 30 novembre 2005, non è stato messo a disposizione della competente autorità statale da parte della società DA.MA e pertanto non è stata data effettiva destinazione alle finalità istituzionali indicate nella convenzione stessa;
   l'atto di impegno a locare del 30 novembre 2005 conteneva l'impegno della società DA.MA «a stipulare il contratto di locazione» avente ad oggetto l'immobile (di proprietà della Società stessa) da cedere in locazione al Ministero per essere adibito a sede della questura e della sezione della polizia stradale di Rimini;
   il prefetto di Rimini con diffida del 5 febbraio 2007 aveva richiesto alla società l'adempimento dell'obbligo di stipulare il contratto di locazione dell'immobile «con riserva di assumere ogni iniziativa volta a risolvere le esigenze strutturali dei locali reparti della Polizia di Stato, ivi comprese anche quelle giudiziarie dirette a ottenere l'adempimento in forma specifica dell'obbligo contrattuale assunto e il risarcimento di tutti i danni subiti e subendo per effetto del ritardo nella conclusione del contratto di locazione»;
   i successivi incontri tra il Ministero e la società costruttrice DA.MA srl, svolti anche con il coinvolgimento degli enti locali, i quali si sono impegnati per la soluzione della controversia in atto aderendo alla richiesta, avanzata dal Ministero, di acquisire una porzione di fabbricato «risultata eccedente rispetto alle esigenze della Polizia di Stato», e con assunzione del relativo onere, non hanno portato a risultati positivi, permanendo la divergenza di posizioni delle parti sul contratto preliminare a locare firmato il 30 novembre 2005, sulla base di una cifra annuale d'affitto dell'immobile pari a 3,336 milioni di euro;
   l'impegno era che nel 2006 DA.MA mettesse a disposizione l'immobile per la polizia di Stato, ma questo non è avvenuto perché DA.MA ha richiesto un affitto di 5,2 milioni di euro all'anno;
   in mancanza di accordo, nei due anni successivi il comune ha revocato il piano particolareggiato di 15 mila metri quadrati tra residenze e uffici, mentre l'immobile è diventato luogo di degrado;
   il comune di Rimini tra 2010 e 2011 è stato chiamato in tribunale da DA.MA per due ricorsi (TAR e Consiglio di Stato) contro il provvedimento di revoca del piano particolareggiato, vincendoli entrambi e a sua volta intentando causa a DA.MA per 10 milioni di euro (causa ancora in corso);
   il comune di Rimini è inoltre creditore di 7 milioni di euro per IMU non versata da parte della proprietà della DA.MA;
   nel 2013 prefettura, questura, comune di Rimini e DA.MA Srl firmano un verbale di intesa che pattuisce in 943.500 euro il canone di locazione per la parte di immobile riservata alla questura, alloggi esclusi;
   sulla base di tale accordo si sono svolti più incontri tra prefettura e DA.MA, nonché banche creditrici, al fine di dare corso a quanto pattuito;
   il liquidatore di DA.MA chiede di ripristinare le previsioni urbanistiche sull'area attigua per poter poi stipulare il contratto di affitto con il Ministero dell'interno e inserire l'immobile tra quelli da acquistare da parte di Inail;
   il comune di Rimini non si è ad oggi reso disponibile, dato il contorno ancora indefinito delle questioni poste, ad alcuna iniziativa di variazione degli strumenti urbanistici;
   rimane dunque finora irrisolto il problema di cosa fare di questo enorme edificio, ubicato in un'area centrale della città, il cui non uso scredita l'immagine delle istituzioni locali e nazionali e offende il decoro cittadino –:
   quali siano le condizioni affinché il Ministero sottoscriva il contratto di loca- zione e renda finalmente disponibile e operativa la nuova sede della questura di Rimini. (5-05049)


   DA VILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   numerose associazioni e comitati di cittadini impegnati da molti anni nel riuso pubblico delle strutture militari del comune di Venezia, in data 6 febbraio 2015 e nei giorni successivi hanno inviato una serie di diffide alla gestione commissariale del comune di Venezia e al Ministero dell'interno;
   tali diffide sostanzialmente chiedono di soprassedere a qualsiasi decisione circa il futuro gestionale e la pianificazione patrimoniale della più vasta di queste fortificazioni (Forte Marghera a Mestre), in attesa della futura campagna elettorale per l'elezione del sindaco e per il rinnovo del consiglio comunale:
   il commissario straordinario Vittorio Zappalorto, ignorando le richieste di una così ampia rappresentanza della società civile, con una serie di delibere pubblicate nei giorni successivi (la n. 25 e la n. 26 adottate con la competenza della giunta comunale e la n. 16 adottata con la competenza del consiglio comunale) provvedeva ad assegnare spazi a soggetti terzi all'interno del compendio di Forte Marghera (in alcuni casi per vent'anni) con una procedura eccessivamente rapida e poco garantista, anche alla luce dei princìpi fondamentali dell'ordinamento comunitario in tema di trasparenza, di non discriminazione delle imprese e di efficienza;
   il sub-commissario straordinario Michele Scognamiglio, in data 19 febbraio 2015 inviava una lettera interlocutoria alle associazioni firmatarie delle diffide, che, successivamente, in un incontro del 27 febbraio, ribadivano le loro posizioni;
   nei prossimi giorni è prevista la pubblicazione di una ulteriore delibera del commissario straordinario Vittorio Zappalorto che prevede la costituzione «di una Fondazione per Forte Marghera, soggetto giuridico al pari dei Musei civici veneziani» (la Nuova Venezia del 1o febbraio 2015), di cui è già stato pubblicato il bando per la selezione degli organi direttivi;
   la decisione di dar vita a un soggetto pubblico così significativo per il comune di Venezia, che andrà a incidere sull'intero sistema museale cittadino, dovrebbe essere riservata a giudizio dell'interrogante alla competenza di un consiglio comunale eletto, dopo approfondito dibattito sociale e culturale;
   impiegare per la costituzione di tale soggetto gli strumenti previsti dall'articolo 141 del decreto legislativo n. 267 del 2000, appare all'interrogante un comportamento amministrativo di dubbia legittimità specialmente per il profilo della competenza in quanto finisce per esorbitare dalle funzioni assegnate dalla legge alla gestione commissariale;
   la sostituzione di organi del Ministero dell'interno al corpo elettorale appare all'interrogante atto che arreca grave pregiudizio ai diritti fondamentali sanciti dall'articolo 48 della Costituzione e dai succitati articoli 72 e 73 del decreto legislativo n. 267 del 2000, oltreché atto in contrasto con il principio di sussidiarietà verticale stabilito dall'articolo 118 della Costituzione;
   questo comportamento rischia inoltre di inficiare gravemente la campagna elettorale municipale, nella quale tutti i candidati a sindaco devono poter avanzare, in dialettica partecipata coi cittadini, soluzioni gestionali relative al futuro del sito che potrebbero anche contraddire quelle attuate, senza alcuna investitura democratica popolare, dalla gestione commissariale: pregiudicarne la direzione senza, e potenzialmente contro, un pronunciamento sovrano dei cittadini, configura un elemento di ingerenza pesante che, a parere dell'interrogante, non risulta ammissibile;
   in questo modo viene condizionato lo stesso operato del futuro sindaco di Venezia, che, qualora volesse revocare gli atti amministrativi adottati, per procedere ad una nuova pianificazione e programmazione delle aree, si vedrebbe impedito o fortemente disincentivato a compiere tale operazione per l'insostenibilità degli oneri di liquidazione degli indennizzi scaturenti dai rapporti negoziali nel frattempo stipulati –:
   se il Ministro sia a conoscenza degli atti e comportamenti amministrativi indicati in premessa;
   se il Ministro, valutati tali fatti, reputi che tutti i comportamenti menzionati rientrino nel perimetro delle attività necessarie e di competenza del commissario straordinario, alla luce delle considerazioni sopra espresse, della normativa specifica e dei princìpi costituzionali alla cui ordinata attuazione l'amministrazione dell'interno presiede;
   se il Ministro non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, ove ne ricorrano i presupposti, per addivenire a una revisione, il più possibile tempestiva, almeno di alcuni degli atti accennati in premessa. (5-05050)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la notte di venerdì 27 febbraio 2015 i carabinieri di Trieste hanno arrestato per furto un cittadino serbo senza precedenti penali; il ladro è stato colto in flagranza di reato, mentre era intento a fare razzia di denaro, oro e preziosi in genere, all'interno di una villa di strada del Friuli;
   il ladro, che era insieme ad un complice riuscito poi a dileguarsi ha trascorso meno di dodici ore in carcere: sabato 28 febbraio 2015 è stato interrogato dal giudice per le indagini preliminari che ne ha disposto il rilascio. Il pubblico ministero non ha richiesto l'applicazione di alcuna misura cautelare, a giudizio dell'interrogante opportuna in caso di flagranza di reato;
   sono in continua ascesa gli episodi di furti nelle abitazioni, ancor più nelle zone ritenute più isolate, al punto che si parla ormai di una vera e propria piaga nel territorio della provincia di Trieste, con almeno venti episodi registrati negli ultimi mesi;
   di fronte a reiterati e sempre più violenti casi analoghi a quello esposto, l'interrogante ritiene inaccettabile che non siano state assunte adeguate misure per garantire la certezza della pena, ancor più quando si tratta di furto con scasso ed il ladro è stato colto in flagranza di reato; un episodio di questo tipo costituisce un precedente grave, che ad avviso dell'interrogante equivale ad ammettere il fatto che in Italia si può delinquere, essere colti sul fatto, ma di fatto non dover rispondere penalmente di nulla –:
   quali iniziative di propria competenza intendano assumere i Ministri interrogati sul piano normativo, perché venga assicurato un più corretto funzionamento della giustizia, rispondendo in tal modo al bisogno di sicurezza sempre crescente presso i cittadini. (4-08444)


   MARZANA, D'UVA, LOREFICE, DI VITA, LUPO, DI BENEDETTO, GRILLO, CANCELLERI, MANNINO, RIZZO, NUTI e VILLAROSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 9 e 10 giugno 2013 si sono svolte le consultazioni elettorali amministrative per l'elezione diretta del sindaco ed il contestuale rinnovo del consiglio comunale del comune di Rosolini;
   dei 7 candidati a sindaco che hanno preso parte alla tornata elettorale, in esito allo scrutinio dei voti, avvenuto il giorno 10 giugno 2013, con verbale del 12 giugno 2013, sono stati ammessi al ballottaggio il Signor Corrado Calvo, che ha riportato n. 3.320 voti, e il signor Giuseppe Incatasciato (detto Pippo), che nell'ordine dei candidati è risultato secondo, con voti n. 2.774;
   mentre il signor Giuca, classificandosi al terzo posto, con voti 2.773, non ha avuto accesso al ballottaggio per aver riportato solo un voto in meno rispetto al candidato a sindaco secondo classificato;
   a seguito del suddetto risultato elettorale il signor Giuca proponeva ricorso (R.G. 1726/2013) innanzi il TAR Sicilia, Sezione staccata di Catania (sezione seconda) al fine di ottenere l'annullamento delle suddette elezioni amministrative;
   nello specifico il ricorrente ha impugnato le operazioni e gli atti del procedimento elettorale per presunte irregolarità verificatesi nelle sezioni elettorali nn. 1, 2, 3, 7, 10, 13, 16 e 18, che comporterebbero la caducazione di ogni altro atto successivo e conseguente, inclusi i verbali di proclamazione dell'elezione del sindaco e dei consiglieri comunali;
   la sezione, con sentenza parziale n. 2805/2013 del 21 novembre 2013 ha respinto le censure dedotte in ricorso per quanto attiene alle sezioni elettorali nn. 1, 3, 7 e 18 del comune di Rosolini ed ha ritenuto necessario provvedere a disporre una verificazione, limitatamente alle sezioni n. 2, 10, 13 e 16, incaricando il prefetto della provincia di Siracusa di designare un funzionario per lo svolgimento delle operazioni di verifica e conteggio, limitatamente alle sezioni predette;
   le operazioni di verificazione a cura del dottor Salvatore Fortuna, vice prefetto della prefettura di Siracusa delegato dal prefetto sono state completate in data 14 gennaio 2014 e la relazione del verificatore con i relativi verbali sono stati depositati in data 23 gennaio 2014;
   dalla verificazione, nelle sezioni nn. 2 e 6 il Collegio ha rilevato vizi che assumono carattere sostanziale ed invalidante, dando comunque corpo a fondati sospetti in ordine alla attendibilità del risultato elettorale, sia alla luce di una non corretta utilizzazione di alcune schede elettorali nelle due diverse sezioni; sia anche alla luce del possibile meccanismo fraudolento della cosiddetta «scheda ballerina» (consistente nel far uscire dal seggio una scheda vidimata e non votata, sulla quale viene poi scritto il nome del candidato e consegnata all'elettore che, entrando nel seggio, ritira la scheda bianca assegnatagli, depositando nell'urna non già quest'ultima ma quella consegnatagli all'esterno del seggio);
   con sentenza n. 1097/2014 del 9 aprile 2014, il T.A.R. Sicilia, Sezione staccata di Catania, ha disposto l'annullamento delle operazioni elettorali e dei relativi risultati limitatamente alle sezioni 2 e 16 del comune di Rosolini, dei verbali dell'ufficio elettorale centrale di ammissione al ballottaggio per l'elezione del sindaco, di proclamazione del verbale di ammissione al ballottaggio dei candidati sindaco Calvo e Incatasciato, nonché dei verbali di proclamazione del sindaco Calvo e dei consiglieri comunali (atteso il peculiare meccanismo di attribuzione dei seggi alle liste collegate al sindaco risultato eletto);
   con il D.A. n. 96 del 2 maggio 2014, l'assessore regionale per le autonomie locali e la funzione pubblica ha nominato un commissario straordinario nella persona del dottor Filippo Gagliano con le attribuzioni di sindaco, giunta e consiglio comunale;
   intanto con sentenza n. 3295/2014 del 3 dicembre 2014 - 18 dicembre 2014 del TAR Sicilia, sezione staccata di Catania è stato ordinato all'amministrazione regionale l'immediata indizione delle consultazioni elettorali amministrative nelle sezioni n. 2 e n. 16;
   in esecuzione della suddetta sentenza sono state fissate le elezioni per il giorno di domenica 15 e lunedì 16 marzo 2015, con eventuale ballottaggio domenica 29 e lunedì 30 marzo 2015;
   già in occasione delle consultazioni elettorali del 28 ottobre 2010 per l'elezione del presidente della regione siciliana e per il rinnovo dell'assemblea regionale siciliana il comune di Rosolini è stato interessato da anomalie ed irregolarità tali da essere richiesto l'intervento del consiglio della giustizia amministrativa che con ordinanza n. 874 del 18 ottobre 2013 disponeva la verifica nelle sezioni elettorali nn. 3, 7 e 11 a conclusione della quale accertava: «(...) fondati sospetti in ordine alla attendibilità del risultato elettorale, sia alla luce di una non corretta utilizzazione di un cospicuo numero di schede elettorali in diverse sezioni, sia anche alla luce del possibile meccanismo fraudolento della cosiddetta “scheda ballerina” (...)» e ordinava nelle suddette sezioni la ripetizione delle operazioni di voto;
   si aggiunga che a rendere precaria la stabilità politica e sociale del comune di Rosolini, contribuiscono, oltre alle irregolarità menzionate, gli atti incendiari che oramai da anni si consumano soprattutto ai danni di rappresentanti delle istituzioni locali e funzionari comunali, molto probabilmente allo scopo di condizionare il voto e le scelte politiche della cittadinanza;
   l'ultimo atto intimidatorio in ordine di tempo, a soli 15 giorni dal nuovo mini appuntamento elettorale, ha coinvolto l'ex presidente del consiglio comunale ed ex segretario del PD Corrado Assenza, al quale nel corso di un evento politico è stata incendiata l'autovettura;
   ad avviso degli interroganti un ritorno nelle due sole sezioni incriminate è altamente rischioso considerata la ridotta consistenza del corpo elettorale che andrà ad esercitare il diritto di voto; infatti l'esercizio delle procedure elettorali potrebbe essere suscettibile di facili condizionamenti –:
   se e quali iniziative siano state assunte affinché le elezioni nel comune di Rosolini si potessero svolgere limitando al massimo i rischi di inquinamento del voto;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per contrastare il fenomeno della «scheda ballerina», accertato dalla giustizia amministrativa nel corso delle due ultime consultazioni elettorali (elezioni regionali e amministrative) intervenendo anche in via preventiva con appositi controlli di polizia al fine di evitare distorsioni del risultato elettorale;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per rendere più chiaro quando previsto nelle «Istruzioni per le operazioni elettorali di sezione», emanati dal suo dicastero, al fine di evitare errori od omissioni che possano influire sulla stessa regolarità delle operazioni elettorali e contrastare il fenomeno della «scheda ballerina»;
   se non ritenga necessario rafforzare il sostegno alle forze di polizia già in attività, al fine di favorire le attività preventive e repressive con riferimento agli atti incendiari verificatisi. (4-08449)


   BARONI, LOMBARDI, DAGA, VIGNAROLI, DI BATTISTA, RUOCCO e FRUSONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in seguito alla pubblicazione di alcuni allarmanti articoli di cronaca giudiziaria avvenuta in data 8 e 10 febbraio nonché in data 14 marzo 2014 su alcuni quotidiani nazionali (La Repubblica e Il Messaggero) aventi ad oggetto l'indagine denominata «Caronte» condotta dalla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Roma che vede indagati «impresari di pompe funebri, politici e dirigenti generali e sanitari di ASL e di alcuni ospedali romani», per le gravissime ipotesi di reato di cui agli articoli 416, 416-bis e 416-ter del codice penale (associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso) e tra i politici alcuni, notoriamente vicini al sindaco di Sacrofano (l'ex senatore Domenico Gramazio e suo figlio il consigliere regionale per il Lazio Luca Gramazio), i gruppi consiliari di opposizione «Alternativa civica» e «Sacrofano Progetto Comune» hanno richiesto, in data 21 marzo 2014, ai sensi e per gli effetti degli articoli 38 del Regolamento del consiglio comunale e 39, secondo comma, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la convocazione di un Consiglio comunale straordinario con all'ordine del giorno le «dimissioni del Sindaco». Tale richiesta scaturiva: 1) dalla considerazione che tali notizie di stampa hanno messo in relazione questa indagine col processo pendente presso il Tribunale ordinario di Tivoli (n. 1756/12 R.G. DIB) che vede come imputato del reato di cui all'articolo 319 del codice penale (corruzione), l'attuale Sindaco di Sacrofano, per vicende analoghe e solo parzialmente note; 2) dall'esame del contenuto dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Tivoli, il quale, nell'ambito del suddetto procedimento penale, in data 17 ottobre 2011 non ha ritenuto di applicare all'attuale sindaco di Sacrofano la misura della custodia cautelare in carcere richiesta dal pubblico ministero, solo perché in quel momento egli non rivestiva più la carica di consigliere Regionale, pur sussistendo un «grave quanto desolante quadro indiziario» a carico del medesimo; 3) dalla circostanza che la Giunta comunale di Sacrofano con delibera n. 5 del 14 gennaio 2014 aveva inteso confermare la fiducia al primo cittadino il giorno stesso della pubblicazione sul quotidiano Il Messaggero delle prime notizie che ne rendevano nota l'imputazione senza neppure attendere cosa egli avesse da dire in merito al contenuto di tali articoli; 4) da quanto riferito in merito dal sindaco nel corso del consiglio comunale straordinario convocato il 23 gennaio 2014 su impulso dei gruppi consiliari di opposizione;
   in data 14 aprile 2014, i signori Sebastiano Antonacci, Gianluigi Barone, Franco Felici, nella qualità di consiglieri comunali dei gruppi consiliari Alternativa Civica e Sacrofano Progetto Comune presentavano al Prefetto di Roma, una nota contenente la richiesta di adozione della diffida di cui all'articolo 39, quinto comma, del decreto legislativo n. 267 del 2000 nei confronti del presidente del consiglio comunale di Sacrofano ed in seguito in occasione del consiglio comunale straordinario convocato per il 17 aprile, presentavano anche delle eccezioni scritte ai sensi dell'articolo 2 del Regolamento per il funzionamento del consiglio comunale, eccezioni sulle quali anziché pronunciarsi il presidente del consiglio comunale, si pronunciava il Segretario comunale in spregio all'articolo 97, comma 4, lettera a), del decreto legislativo n. 267 del 2000, ritenendole «assolutamente infondate»;
   segnalavano al prefetto che giunto il momento di discutere il quarto argomento all'ordine del giorno, «dimissioni del Sindaco», il consiglio comunale, a maggioranza, con il voto contrario dei consiglieri di opposizione, aveva approvato una mozione, sulla cui legittimità il segretario comunale aveva espresso – nel corso della seduta – parere di legittimità favorevole, con la quale aveva ritenuto di non aprire neppure la discussione su tale argomento sul presupposto che non vi fossero novità in merito rispetto a quanto oggetto di discussione nel consiglio comunale del 23 gennaio 2014 avente quale ordine del giorno «chiarimenti del Sindaco circa la propria posizione in riferimento ai contenuti dell'articolo di giornale apparso su Il Messaggero Area metropolitana in data 14 gennaio 2014»;
   evidenziavano come tale condotta, inopinatamente avallata dal segretario comunale, il quale dovrebbe garantire che l'attività dell'ente possa dispiegarsi nell'interesse del buon andamento e dell'imparzialità, a nulla rilevando la dipendenza di carattere fiduciario dal sindaco (ex plurimis: Corte dei Conti, Reg. Lombardia, Sez. giurisd., 8 maggio 2009, n. 324), aveva di fatto comportato l'elusione, da parte della maggioranza del Consiglio comunale di Sacrofano, della norma di cui all'articolo 39, secondo comma, del decreto legislativo n. 267 del 2000, essendo stato impedito, del tutto illegittimamente, alla minoranza di discutere l'argomento che essa ed i cittadini presenti erano comunque interessati a discutere, con grave vulnus per le regole democratiche;
   in seguito a questi gravissimi fatti, i medesimi consiglieri comunali con nota del 29 aprile 2014, facendo seguito alla precedente richiesta di adozione della diffida, richiedevano al Prefetto di Roma di: a) diffidare ai sensi dell'articolo 39, secondo comma, del decreto legislativo n. 267 del 2000, il presidente del consiglio comunale di Sacrofano a convocare un consiglio comunale straordinario con all'ordine del giorno le dimissioni del sindaco così come richiesto dalla minoranza consiliare; b) diffidare il medesimo presidente del consiglio comunale di Sacrofano nel senso di imporgli la discussione del predetto argomento all'ordine del giorno; c) diffidare il Segretario comunale dall'intervenire nel corso dei consigli comunali al di fuori dei limiti della funzione attribuitagli dall'articolo 97, comma 4, lettera a) dal testo unico degli enti locali essendo state all'evidenza calpestate le più elementari regole democratiche;
   tali richieste di diffida, a quanto consta, non hanno sortito alcun esito, almeno sino ad oggi;
   a seguito dell'inchiesta «Mondo di Mezzo», condotta dalla Direzione investigativa antimafia presso la procura della Repubblica del Tribunale di Roma, che ha Portato alla luce l'esistenza dell'organizzazione criminale denominata «Mafia Capitale» dedita a numerosi traffici illeciti e che vede indagati tra gli altri politici, il consigliere regionale per il Lazio Luca Gramazio cui il sindaco di Sacrofano è allineato (espressione adoperata dal giudice per le indagini preliminari dottoressa Costantini), i gruppi consiliari «Alternativa civica» e «Sacrofano Progetto Comune» hanno presentato al prefetto della provincia di Roma, in data 5 dicembre 2014, richiesta ufficiale di scioglimento del Consiglio comunale di Sacrofano per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, ex articolo n. 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, essendo risultato tra gli indagati, per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, anche il sindaco Tommaso Luzzi;
   con successiva nota dell'8 dicembre 2014, ad integrazione della precedente avente ad oggetto la suddetta richiesta, i consiglieri comunali del gruppo consiliare Sacrofano Progetto Comune trasmettevano al prefetto della provincia di Roma stralcio dell'informativa dell'autorità di Polizia giudiziaria diretta alla magistratura inquirente relativa ai rapporti del sindaco Tommaso Luzzi con l'organizzazione criminale denominata Mafia Capitale, di per sé esplicativa, sottolineando, tra l'altro, come in tale informativa fosse evidenziato che alle ore 13:15 del 4 maggio 2013, nel corso di una intercettazione ambientale tra Carminati Massimo ed il figlio Andrea avvenuta all'interno del bar Vigna Stelluti, sito in Roma, Largo di Vigna Stelluti n. 4, il Carminati avesse esposto il proprio interesse relativo ad una nuova attività di riciclaggio e smaltimento dei rifiuti da effettuarsi nel comune di Sacrofano, circostanza di cui aveva già parlato con Buzzi Salvatore. Rilevavano come nella medesima informativa fosse scritto che il Carminati Massimo aveva specificato che «nel corso della settimana seguente il figlio lo avrebbe dovuto accompagnare ad una cena che il Carminati stesso stava organizzando per l'elezione di Tommaso Luzzi come Sindaco di Sacrofano, circostanza che lo avrebbe evidentemente favorito nei propri piani imprenditoriali» e rivelavano come in effetti in data 18 giugno 2014, la giunta comunale di Sacrofano con la delibera n. 70, che allegavano, avesse deliberato la realizzazione di una nuova isola ecologica in località Santa Maria con una previsione di spesa di euro 950.000,00 senza che in tale atto fossero state in alcun modo esplicitate le «nuove esigenze di gestione del territorio» che sorreggerebbero tale scelta essendovi già un'isola ecologica attiva e pienamente efficiente;
   con atto separato, i gruppi consiliari di minoranza «Alternativa Civica» e «Sacrofano Progetto Comune» hanno altresì provveduto a chiedere la convocazione di un Consiglio comunale straordinario con all'ordine del giorno una nuova richiesta di dimissioni del sindaco Tommaso Luzzi;
   tali richieste avanzate dai predetti gruppi consiliari, si sono basate sull'articolo 38 del regolamento del consiglio comunale di Sacrofano, sugli articoli 39 comma 2, e 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 nonché sulla giurisprudenza amministrativa secondo cui per lo scioglimento di un consiglio comunale è sufficiente che vi siano elementi fortemente indicativi del sodalizio criminale (Tar Campania, Napoli, Sezione I, 6 febbraio 2006 n. 1622), come rappresentato, nel caso di specie, nell'ordinanza di applicazione delle misure cautelari del 28 novembre 2014, emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, dottoressa Costantini;
   il Presidente del Consiglio comunale convocava il consiglio straordinario per il giorno 22 dicembre 2014, ma il clima di profonda ostilità creatosi tra maggioranza e minoranza impediva il raggiungimento di qualsiasi soluzione, con il risultato che ad oggi Tommaso Luzzi ricopre ancora la carica di sindaco del comune di Sacrofano;
   solamente in data 2 febbraio 2015, i Consiglieri comunali di Alternativa Civica e Sacrofano Progetto Comune ricevano formale comunicazione da parte del comune di Sacrofano che in data 2 gennaio 2015, il prefetto di Roma aveva notificato al medesimo comune il decreto con il quale ha disposto l'istituzione della commissione incaricata di esercitare i poteri di accesso e di accertamento di cui all'articolo 143, comma 2, del testo unico degli enti locali, «considerato che ... è necessario verificare se vi sia compromissione tra l'attività amministrativa e politica con la criminalità organizzata, come emerso dalle indagini di polizia, tale da condizionare la libertà di autodeterminazione degli organi elettivi, del buon andamento e della trasparenza, nonché il regolare funzionamento dei servizi e delle funzioni dell'ente locale interessato»;
   in data 29/31 gennaio 2015, i consiglieri comunali del gruppo Sacrofano Progetto Comune presentavano al prefetto della Provincia di Roma e alla stazione dei carabinieri di Sacrofano un circostanziato esposto denunzia relativamente all'appalto dei lavori per la realizzazione di una residenza sanitaria assistenziale nel territorio del comune di Sacrofano, opera pubblica la cui realizzazione è finanziata anche dalla regione Lazio, dichiarata di interesse strategico, la cui esecuzione doveva essere ultimata in 600 giorni naturali e consecutivi decorrenti dalla consegna dei lavori in via d'urgenza intervenuta il 3 aprile 2008 ed ancora non ultimata –:
   se il Ministero dell'interno sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   se intenda accelerare le procedure previste dalla legge relative a valutare i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale di Sacrofano per fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso, in modo da garantire il ripristino di quelle elementari regole democratiche e di legge che sarebbero state ripetutamente violate in seno al comune di Sacrofano;
   quali siano le azioni per monitorare ed intervenire contro tutte le infiltrazioni mafiose riscontrate negli ultimi tempi sul territorio romano e laziale. (4-08450)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'articolo 30 della Costituzione italiana sancisce il dovere e il diritto dei genitori a «mantenere, istruire ed educare i figli»;
   la Convenzione dei diritti del bambino, all'articolo 14, afferma «il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione», e ribadisce «il diritto e il dovere dei genitori di guidare il fanciullo nell'esercizio del summenzionato diritto in maniera che corrisponda allo sviluppo delle sue capacità»;
   la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 2 del Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (STE n. 9), ricorda come «lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche», e raccomanda «di procedere rapidamente all'analisi richiesta per identificare le riforme necessarie a garantire in maniera effettiva il diritto alla libertà di scelta educativa»;
   la normativa nazionale, con la legge n. 53 del 2003, all'articolo 1, comma 1, dichiara che la scuola persegue il fine di «favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori»;
   contrariamente a quanto fin qui citato, sono mesi che nelle scuole italiane, di ogni ordine e grado, vengono attivate iniziative extracurriculari che si occupano di tematiche eticamente sensibili, di temi che affrontano problematiche di carattere antropologico, e in generale di argomenti che entrano nella sfera dell'intimità personale, senza alcun coinvolgimento delle famiglie, e quindi senza l'autorizzazione dei genitori, violando, di fatto, il diritto alla libertà di scelte educativa dei genitori, nell'ambito di una alleanza fra la scuola e la famiglia;
   queste iniziative attivate dalle scuole coinvolgono studenti di ogni ordine e grado, anche piccolissimi, e si basano sulla diffusione di materiale di propaganda gay e gender;
   il 10 marzo 2015 qualificate fonti di stampa denunciavano l'ennesimo episodio di propaganda gender a Trieste;
   a finire nell'occhio del ciclone, questa volta, è stato il «Gioco del rispetto – Pari e dispari»: un progetto al quale ha aderito il comune di Trieste, proposto ai bambini di 45 scuole dell'infanzia di Trieste e che mira, come si legge sull'opuscolo informativo, «a verificare le conoscenze e le credenze di bambini e bambine su cosa significa essere maschi o femmine, a rilevare la presenza di stereotipi di genere e ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri, offrendo ai bambini anche un punto di vista alternativo rispetto a quello tradizionale»;
   il progetto in questione non era stato inserito nel pof, il piano di offerta formativa, e quindi non era stato prospettato alle famiglie, proprio per questo motivo, un genitore, accortosi per caso del progetto e contrariato dall'iniziativa non precedentemente discussa e quindi non autorizzata, ha inviato una diffida alla dirigente scolastica;
   solo dopo alcuni giorni dalla diffida, la scuola ha deciso di affiggere in bacheca avvisi generici per i genitori circa l'implementazione del gioco. Avvisi che presentavano il progetto per la «sensibilizzazione contro la violenza sulle donne», cosa che non corrisponde al reale contenuto dell'iniziativa;
   sempre solo alcuni giorni dopo la diffida, la dirigente ha fatto esporre un cartello con scritto: «Kit» e una freccia che indica una scatola su un tavolino. Questa doveva essere, probabilmente, la sua attività di informazione alle famiglie circa la valenza educativa del «Gioco» in questione;
   il progetto è stato dunque presentato a giudizio degli interpellanti con finta trasparenza e in modo molto generico ai genitori e solo dopo che era già entrato nella scuola, senza l'autorizzazione delle famiglie;
   il progetto in questione ha immediatamente suscitato lo sconcerto dei genitori dei bambini;
   in particolare, ciò che ha allarmato le famiglie sono i giochi proposti nel progetto e alcune frasi riportate nelle schede di gioco contenute nel kit distribuito negli istituti che hanno aderito all'iniziativa e che forniscono alle insegnanti indicazioni su come svolgere i giochi stessi;
   uno di questi giochi prevede che: «... L'insegnante a questo punto fa notare che le sensazioni e le percezioni che (n.d.a.: i bambini) hanno provato sono uguali per i corpi dei maschi e per i corpi delle femmine. I corpi funzionano nello stesso modo. Per rinforzare questa percezione i bambini/e possono esplorare i corpi dei loro compagni/e (utilizzare uno stetoscopio, se si riesce a reperirlo), ascoltare il battito del cuore a vicenda, respirare per riempire i polmoni e poi svuotarli facendo porre la mano sul torace, eccetera Ovviamente i bambini/e possono riconoscere che ci sono delle differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell'area genitale. È importante confermare loro che maschi e femmine sono effettivamente diversi in questo aspetto, e nominare senza timore i genitali maschili e femminili ma che tali differenze non condizionano il loro modo di sentire, provare emozioni, comportarsi con gli altri/e»;
   tra i giochi proposti c’è pure quello del «Se fossi» durante il quale i bambini utilizzando dei costumi si travestono. «I bambini e le bambine – scrivono le schede informative – potranno indossare dei vestiti diversi dal loro genere di appartenenza e giocare così abbigliati»;
   è evidente a giudizio degli interpellanti, in questo caso come in altri, che non si cerca tanto di insegnare il rispetto tra le persone, ma di introdurre l’«ideologia del gender» fra i minori e di instillare nei giovani alunni l'idea che non esistono maschio e femmina, madre e padre;
   per le norme nazionali e internazionali lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere all'educazione dei figli nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e secondo le proprie convinzioni religiose e filosofiche –:
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda intraprendere per garantire il diritto alla libertà di educazione della famiglia e la scelta educativa dei genitori, e quali misure intenda promuovere per arginare quello che agli interpellanti appare un fenomeno ormai incontrollato di propaganda gay e gender nelle scuole italiane.
(2-00897) «Roccella, Sandra Savino, Calabrò, Minardo, Scopelliti, Tancredi, Sammarco, Buttiglione, Binetti, Piso, Vignali, De Mita, Saltamartini, Totaro, Nastri, Maietta, Gigli, Valentini, Vella, Pagano, Chiarelli, Marotta, Bianconi, Fitzgerald Nissoli, Elvira Savino, Castiello, Laffranco, Giammanco, Biancofiore, Abrignani, Polidori, Sisto, Carfagna, Gelmini, Calabria, Mottola, Lainati, Parisi, Distaso, Alberto Giorgetti, Latronico, Prestigiacomo, Altieri, Palmieri, Squeri, Sberna, Cera, Fauttilli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI, CASATI, SBROLLINI, CAROCCI, MIOTTO, D'INCECCO, BLAZINA, MANZI e PATRIARCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'ultima indagine effettuata da Telefono Azzurro su un campione di adolescenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, il 34,7 per cento degli intervistati ha ammesso di essere stato vittima di episodi di bullismo, il 67,9 per cento dei quali nel contesto scolastico;
   i fenomeni di cyberbullismo, sexting, stalking e di violenza tra adolescenti sono da tempo noti alle agenzie educative e che, nonostante l'attenzione verso il fenomeno negli ultimi anni sia molto alta, l'impatto è ancora probabilmente sottostimato;
   la vittima di bullismo subisce, spesso in silenzio, prepotenze per una sua caratteristica particolare (disabilità, aspetto fisico, religione, orientamento sessuale, nazionalità, e altro);
   sono sempre più frequenti gli episodi di bullismo nei confronti di ragazzi e adolescenti con disabilità, come è accaduto con gli ultimi episodi rilanciati dai mass media: aggressione a due ragazze con disabilità, di cui una all'istituto alberghiero Giulio Pastore di Varallo (VC) e l'altra all'istituto d'arte Brunelleschi di Montemurlo (PR);
   in ambedue i casi, oltre all'aggressione fisica, gli autori della violenza hanno utilizzato, con la complicità di alcuni compagni, i social network pubblicando il video con le immagini del pestaggio e moltiplicando perversamente l'umiliazione delle proprie vittime, i cui effetti di natura morale e psicologica sono gravissimi;
   gli studenti disabili sono spesso i bersagli dei compagni e che, proprio per la loro condizione, non sono in grado di reagire;
   sono gravissimi gli episodi di bullismo consumati nei luoghi tradizionalmente deputati all'educazione, alla crescita culturale ed umana, come lo sono le nostre scuole;
   poche e marginali sono ancora le iniziative di contrasto, di aiuto e di sostegno nei riguardi delle vittime, di rieducazione nei confronti degli autori delle violenze e di sensibilizzazione e di formazione del personale educativo –:
   quali iniziative il Ministro intenda avviare per approfondire e contrastare su scala nazionale il fenomeno del bullismo, in particolare nei confronti degli studenti con disabilità, tra cui l'adozione di specifici moduli di formazione e sensibilizzazione sul tema della disabilità e della diversità, in ogni ordine e grado scolastico, al fine di contrastare i fenomeni di emarginazione, le forme di pregiudizio e di violenza e conseguentemente attivando significativi processi di inclusione sociale. (5-05048)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si rilevano diverse e profonde criticità relative agli insegnamenti di geografia, indirizzi amministrazione, finanza, marketing (AFM) e turismo degli istituti tecnici nell'attuale formulazione della nota 6753 del 27 febbraio 2015;
   come è noto, gli insegnamenti di geografia presso gli attuali bienni degli istituti tecnici (AFM e Turismo) derivano per confluenza, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 2010, dai precedenti insegnamenti di geografia economica e geografia turistica (triennio degli istituti tecnici ante riordino), e concorrono alla definizione del profilo educativo specifico dello studente previsto dallo stesso decreto. Gli insegnamenti originari – geografia economica e geografia turistica – sono sempre stati affidati esclusivamente alla classe di concorso 39/A (decreto ministeriale 39/98 e SIM);
   con l'entrata in vigore del riordino stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 2010, tali insegnamenti sono confluiti nei bienni degli indirizzi AFM e Turismo degli istituti tecnici. In nessun caso era previsto l'affidamento degli insegnamenti del previgente ordinamento attualmente confluiti nell'insegnamento di geografia del biennio degli istituti tecnici a classi di concorso diverse dalla 39/A, stante la profonda diversità dei titoli di accesso e dei requisiti curricolari previsti per tale classe di concorso (limitata esclusivamente a laureati in geografia, lettere, economia che avessero sostenuto ben quattro esami annuali di geografia, due dei quali appartenenti al settore della geografia economica);
   nella difficile fase di transizione al nuovo ordinamento, e nelle more dell'emanazione del regolamento di assegnazione degli insegnamenti alle classi di concorso, entrambi gli insegnamenti di geografia, sia presso l'indirizzo AFM che presso l'indirizzo turismo, sono stati dichiarati atipici. La condizione di atipicità ne consente l'affidamento a più classi di concorso, in particolare 39/A e 60/A, con le sole finalità della salvaguardia della titolarità del personale docente in servizio presso una determinata sede e di scongiurare esuberi di personale a livello provinciale. Questa norma, finalizzata esclusivamente ad evitare situazioni di esubero, prescinde completamente dal profilo culturale sia degli insegnamenti che delle classi di concorso a cui questi sono affidati, e soprattutto prescinde dalla definizione delle competenze dello studente contenute nel profilo educativo;
   a tale situazione e andata soggetta anche l'ora di potenziamento di geografia generale ed economica prevista dal decreto-legge n. 104 del 2013 successivamente convertito con modificazioni nella legge n. 128 del 2013. In questo caso, la norma ha previsto l'assegnazione dell'insegnamento a ben tre classi di concorso (39/A, 50/A, 60/A) con la finalità della salvaguardia della sola titolarità di sede del personale (non ne è previsto l'utilizzo per evitare esuberi a livello provinciale);
   queste disposizioni, finalizzate al riordino dei conti pubblici, hanno però prodotto lo scollamento fra l'attribuzione degli insegnamenti e i profili dei docenti a cui questi sono stati affidati. Lo scollamento fra i profili degli insegnamenti e le competenze, definite nel profilo dello studente, a cui questi concorrono. Uno stravolgimento delle piante organiche provinciali, che, con un meccanismo di causazione circolare cumulativa, ha attribuito più posti in organico alle classi di concorso più numerose e quindi anche più soggette ad esubero;
   tale meccanismo non ha permesso una più razionale distribuzione del personale docente (si vedano a tal proposito i dati raccolti dall'AIIG, che stimavano per l'anno 2013 un esubero di docenti della classe 39/A intorno al 10 per cento, a livello nazionale), e che, per contro, ha compromesso il riequilibrio delle piante organiche rispetto all'originario disegno delle confluenze, e quindi alla specificità degli insegnamenti impartiti. Infatti, l'attribuzione degli insegnamenti atipici coinvolge in primo luogo l'organico di diritto (OD), che è quello su cui avvengono i trasferimenti e le immissioni in ruolo del personale docente. Ne consegue che ore degli insegnamenti atipici affidate per salvaguardia della titolarità, permangono nell'affidamento anche quando sia venuta meno la necessità della salvaguardia della titolarità stessa (se ad esempio, il docente salvaguardato con le ore di geografia ha richiesto trasferimento, le ore di geografia rimangono in organico affidate alla sua classe di concorso, con la conseguenza che possono essere utilizzate per un ulteriore trasferimento, magari anch'esso da una cattedra composta da ore «tipiche» o addirittura per un'immissione in ruolo o per l'affidamento in supplenza annuale);
   si determina pertanto un perverso meccanismo che si autoalimenta e che impedisce nel tempo la convergenza delle piante organiche verso la reale necessità di personale per ciascuna classe di concorso;
   nei passati anni scolastici, lo stesso Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha avuto contezza degli squilibri conseguenti alla situazione descritta e pur non modificando il meccanismo dell'atipicità, è intervenuto specificamente sull'attribuzione dell'insegnamento di geografia (vedi nota n. 679 del 5 maggio 2012);
   in essa si precisa che le ore di geografia in questione devono essere assegnate prioritariamente ai titolari della 39/A e, solo in fase residuale, al fine di evitare la creazione di situazioni di esubero, ai titolari della 60/A. Ne consegue altresì che, in presenza di soprannumero, non deve procedersi alla redazione di una unica graduatoria tra i titolari delle due classi di concorso, facendo esplicito riferimento al disegno delle confluenze menzionato sopra. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stesso è quindi intervenuto ritenendo prioritaria la salvaguardia della specificità dell'insegnamento rispetto alla salvaguardia della titolarità, e limitando i casi di applicazione esclusivamente agli esuberi a livello provinciale, cioè al personale docente di ruolo e in via residuale;
   le disposizioni emanate dallo stesso Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca negli anni passati non hanno lasciato alcuna traccia nella nota 6753 del 27 febbraio 2015. In esse non vi è alcun riferimento alla specificità dell'insegnamento di geografia, ma solamente un riferimento generale;
   per quale motivo viene affidata ai dirigenti scolastici e ai colleghi dei docenti la responsabilità della scelta della classe di concorso a cui attribuire un insegnamento in assenza di situazioni da salvaguardare, attribuendo a questi organismi un onere che non hanno né possono assumersi nel vigente ordinamento, in cui la specificità degli insegnamenti e la loro attribuzione non è di pertinenza delle autonomie scolastiche ma esclusivamente del Ministero, che ne dispone per decreto a livello nazionale –:
   se non ritenga che debbano essere impartite dal Ministero e a livello nazionale, in forma univoca, direttive tese alla salvaguardia degli insegnamenti di geografia, che assicurino la qualità dell'insegnamento e il diritto ad un apprendimento degli studenti coerente con il profilo dell'indirizzo da questi scelto. (4-08442)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante è arrivata una segnalazione concernente una vicenda piuttosto grave riguardante il conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, il più antico d'Europa;
   secondo tale segnalazione, al docente della classe di «esercitazioni orchestrali» verrebbe impedito di svolgere appieno l'attività didattica, di formazione, di produzione — anche esterna al conservatorio — tradizionalmente utilizzata come momento finale del percorso didattico annuale stabilito dal docente all'inizio anno scolastico;
   ciò, secondo quanto denunciato, sarebbe dovuto al fatto che il direttore del conservatorio sarebbe sottoposto a «pressioni» da altri docenti, evidenti «elettori» o «grandi elettori», dal momento che l'eventuale svolgimento di tale attività rischia di adombrare l'orchestra dei professori, alcuni di loro o gruppetti baronali venutisi col tempo a creare all'interno di tale orchestra del corpo docente;
   secondo la segnalazione inviata, al docente sarebbe stato impedito l'utilizzo delle due uniche aule magne a disposizione dell'istituto, che possono contenere circa 60-70 allievi, al fine di far posto ad impegni concertistici di associazioni private musicali stabilite dal direttore, nonostante che l'utilizzo delle aule fosse stato concesso al docente all'inizio dell'anno scolastico per la didattica orchestrale concernente 3 materie curriculari: esercitazioni orchestrali, formazione orchestrale e laboratorio orchestrale per circa un centinaio di allievi;
   il docente vittima di tali comportamenti vessatori li avrebbe segnalati — senza successo — al direttore del conservatorio;
   tutta questa situazione, nel frattempo, avrebbe creato numerosi malumori tra gli allievi dell'istituto che — non potendo evidentemente comprendere appieno le motivazioni sottese a tale grave situazione — si sono autoconvocati più volte, incontrando anche i rappresentati degli studenti in consiglio accademico e addirittura partecipando ad alcune riunioni dove sarebbero stati zittiti;
   ciò ha posto in essere un fervore studentesco interessante per un conservatorio perché privato dell'elementare diritto di svolgere le attività musicali curriculari;
   secondo quanto riferito all'interrogante, la medesima segnalazione sarebbe stata inoltrata reiteratamente — parimenti senza successo — anche al Ministro interrogato –:
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso, per quanto di competenza, avviare una verifica amministrativa interna al fine di accertare la fondatezza di tale segnalazione e, se del caso, attivarsi per quanto in suo potere al fine di ristabilire una situazione di regolarità all'interno del più antico conservatorio d'Europa.
(4-08446)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'indagine «mafia capitale» ha fatto emergere con tutta chiarezza come le associazioni criminali gestiscano attraverso il complesso sistema delle cooperative il business dell'immigrazione;
   in una delle intercettazioni pubblicate nell'ambito dell'inchiesta «mafia capitale» il capo della cosca romana Salvatore Buzzi spiegò che i guadagni che si possono fare con l'immigrazione non sono paragonabili neanche al traffico di droga;
   diverse inchieste, a partire da quella relativa al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Catania), mostrano una fotografia dai contorni ben definiti dalla quale emergono i rapporti tra politici corrotti, cooperative e associazioni criminali per la spartizione del nuovo business dell'immigrazione;
   pur se la questione dei flussi migratori verso il nostro Paese è oramai da anni una realtà acquisita, la gestione delle connesse problematiche viene affrontata come situazione emergenziale senza, quindi, una politica governativa di medio o lungo periodo;
   le cooperative sociali, pur se nate con l'obiettivo nobile di assorbire il gap di intervento statale sulle questioni di impatto sociale, sono state utilizzate impropriamente anche per la loro specifica natura giuridica come strumento di congiunzione tra politica corrotta e criminalità organizzata;
   visto e considerato quanto emerge dalle recenti inchieste giudiziarie è opportuno chiarire le dimensioni del fenomeno di commistione tra il malaffare e le cooperative;
   se, da un lato, è opportuno salvaguardare l'operato delle cooperative che, rispettando la missione istitutiva, collaborano fattivamente per il bene comune, dall'altro lato non è più tollerabile agevolare fiscalmente le cooperative che lucrano, sfruttando in modo strumentale le relative agevolazioni fiscali e le forme contrattuali che permettono di abbattere il costo del lavoro a danno dei diritti e della dignità degli operatori;
   è necessario riformare la normativa vigente che disciplina il funzionamento delle cooperative, individuando chiaramente, oltre a criteri certi per l'assegnazione delle gare pubbliche, anche modalità di monitoraggio per l'accertamento del rispetto di standard qualitativi e quantitativi –:
   quante, a livello nazionale, siano le cooperative impegnate nella gestione dell'impatto sociale connesso ai flussi migra-tori e a quanto ammonti complessivamente l'entità economica degli appalti o delle assegnazioni dirette gestite dalle cooperative. (3-01368)


   SBERNA e GIGLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 13 marzo 1998, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, ha previsto, all'articolo 2, la cessazione della corresponsione degli assegni familiari e la loro sostituzione con una prestazione denominata «assegno per il nucleo familiare»;
   gli assegni familiari sono una prestazione istituita per aiutare le famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei siano composti da più persone e i cui redditi siano al di sotto dei limiti stabiliti annualmente dalla legge;
   il riconoscimento dell'assegno in favore del lavoratore dipendente o del pensionato è condizionato al fatto che il reddito complessivo derivi prevalentemente da lavoro dipendente o da pensione;
   si ha diritto all'assegno, infatti, solo se la somma dei redditi – derivanti da lavoro dipendente, da pensione o da altre prestazioni conseguenti ad attività lavorativa dipendente (integrazioni salariali, disoccupazione ed altro) – riferita al nucleo familiare nel suo complesso, ammonta almeno al 70 per cento dell'intero reddito familiare;
   dal 1998, a seguito del disposto di cui all'articolo 80, comma 12, della legge n. 388 del 2000, l'erogazione degli assegni familiari spetta anche ai lavoratori parasubordinati con le stesse modalità che si applicano ai lavoratori dipendenti. Sono interessati coloro che nella contribuzione versano la quota dello 0,72 per cento, in aggiunta al 27 per cento per la copertura pensionistica, per finanziare l'indennità di maternità, gli assegni per il nucleo familiare e l'indennità di malattia;
   si ha diritto all'assegno nei casi in cui la somma dei redditi derivanti da attività di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto, da vendita porta a porta e da libera professione, è pari o superiore al 70 per cento del reddito complessivo familiare percepito nell'anno solare precedente il 1o luglio. Nel caso di un nucleo composto da un lavoratore dipendente e da un lavoratore parasubordinato (reddito misto), il requisito del 70 per cento si considera realizzato sommando le due tipologie di reddito. Il diritto all'assegno è riconosciuto indipendentemente dall'entità dei singoli redditi (dipendente o parasubordinato) che costituiscono il reddito complessivo;
   si evidenziano, quindi, situazioni di disparità non solo tra lavoratori dipendenti e autonomi – non essendo a questi ultimi riconosciuto il diritto all'assegno familiare –, ma anche tra lavoratori iscritti alla stessa gestione separata – un lavoratore con partita iva, pur versando i contributi alla stessa cassa dei collaboratori coordinati e continuativi o a progetto, gode di meno diritti di quest'ultimo – disparità che non tengono conto ovviamente della finalità dell'assegno familiare, che è appunto quella di sostenere le famiglie;
   infatti, nel caso di un nucleo familiare composto da un lavoratore dipendente e da uno con partita iva si può verificare che, se l'assegno è chiesto alla gestione lavoratori parasubordinati, si può ottenere perché il requisito del 70 per cento è realizzabile anche con reddito misto, se invece è chiesto alla gestione dipendenti non è possibile ottenerlo, perché non è ammesso il reddito misto con attività professionale e l'attività professionale deve toccare al massimo il 30 per cento delle entrate familiari complessive –:
   di fronte alle sopra menzionate disparità di trattamento, quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare perché sia superato l'ostacolo delle differenze di gestione Inps e sia garantito il sostegno alle famiglie. (3-01369)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI, MUCCI, BARBANTI, SEGONI, RIZZETTO, BALDASSARRE, ARTINI, BECHIS, ROSTELLATO e TURCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) – introdotto dal decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 109 – è lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di chi richiede prestazioni sociali agevolate o l'accesso a condizioni agevolate ai servizi di pubblica utilità;
   l'articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, noto come «Salva Italia», ha previsto la riforma dell'Isee, in seguito attuata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 5 dicembre 2013, e dal decreto ministeriale del 7 novembre 2014 sul nuovo modello della dichiarazione sostitutiva unica (DSU). Dal 1o gennaio 2015 sono in vigore le norme che modificano l'Isee;
   all'interrogante giungono numerose segnalazioni relative alle difficoltà incontrate dai cittadini e dai ventri di assistenza fiscale (Caf) nella compilazione delle nuove dichiarazioni Isee 2015. Ad esempio, risulta che il tempo necessario per l'elaborazione della pratica sia raddoppiato, impegnando un'ora circa di lavoro degli operatori Caf. Il nuovo isee prevede inoltre la consegna dell'attestazione in un secondo momento, il che rende necessario accogliere più volte il cittadino anche per la verifica dei dati da lui non autodichiarati;
   secondo quanto segnalato da comunicati stampa delle principali sigle sindacali, nonché da molti operatori addetti all'assistenza fiscale, esiste il rischio concreto che i Caf non siano in grado di prestare l'assistenza relativa alla compilazione dell'isee nei tempi utili per rispettare le scadenze dei bandi per l'accesso alle prestazioni sociali richieste;
   le criticità relative all'isee 2015 non si limitano alla complessità della nuove norme, ma riguardano anche il contenuto di esse. La nuova definizione del nucleo familiare – variabile in relazione alla prestazione che si intende richiedere – come alcune delle informazioni richieste relative al rapporto tra genitori e figli nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio, impostata dall'Inps, lasciano oggettivamente spazio a delle interpretazioni che contribuiscono a rendere più complicato il disbrigo delle pratiche;
   il 6 marzo 2015 la giunta regionale del Friuli Venezia Giulia ha comunicato la propria decisione di far slittare di alcuni mesi l'applicazione dei nuovi criteri previsti per il calcolo dell'isee 2015, invitando tutti i comuni e gli ambiti della regione a dare continuità ai benefici socio-assistenziali fino a quando i caf non saranno riusciti a completare le certificazioni –:
   se il Governo abbia previsto delle iniziative e misure di sostegno in relazione alle difficoltà a cui attualmente vanno incontro i cittadini e i caf nella compilazione delle dichiarazioni Isee 2015;
   se si ritenga opportuno seguire l'esempio della regione Friuli Venezia Giulia assumendo iniziative per una proroga delle scadenze ravvicinate dei bandi, sia per richiesta di rinnovo sia per la presentazione di nuova domanda, alla luce dei disagi seguiti all'introduzione delle nuove norme;
   se, alla luce di quanto sopra illustrato, il Governo intenda assumere iniziative necessarie a rivedere le norme introdotte con riferimento al nuovo isee sono risultate troppo complesse per garantire il disbrigo delle pratiche in tempi ragionevoli per i cittadini e per gli operatori del settore. (4-08439)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ALBERTI, COMINARDI, SORIAL e BASILIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Cazzago San Martino è parte integrante della zona a «denominazione di origine» denominata Franciacorta;
   la Franciacorta è una zona collinare che comprende numerosi comuni, tutti della provincia di Brescia e si estende tra l'estremità meridionale del lago d'Iseo e la città capoluogo;
   la Franciacorta è soprattutto una delle più importanti zone viti-vinicole del mondo con prevalente vocazione spumanticola, con marchio docg di altissima qualità, già riconosciuta dal 1967 con decreto del Presidente della Repubblica, come zona a «denominazione di origine»;
   l'articolo 21 del decreto legislativo n. 228 del 18 maggio 2001, al comma 1 prevede che lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelino, la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT);
   la tutela di queste aree è realizzata, in particolare, mediante la definizione dei criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti e l'adozione di tutte le misure utili per far sì che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;
   da decenni nella provincia di Brescia vengono concentrati i rifiuti dell'intera regione in quanto smaltisce in discarica più del 50 per cento rifiuti di tutta la Lombardia (dati ISPRA del 2009), e incenerisce almeno un terzo dei rifiuti di tutta la Regione (dati ISPRA del 2009);
   l'area della ex-cava Macogna, si trova sul territorio di Cazzago San Martino e Rovato, a confine con i comuni di Travagliato e Berlingo, nelle immediate vicinanze del centro abitato di quest'ultimo;
   nel 2008, gruppi ambientalisti e l'associazione Italia Nostra, hanno proposto la localizzazione di un, parco locale d'interesse sovracomunale nell'area della ex-cava Macogna ed i quattro comuni territorialmente interessati, nel 2010 hanno istituito il P.L.I.S. denominato appunto Macogna, chiedendone il riconoscimento anche da parte della provincia di Brescia, con l'obbiettivo di realizzare una reale compensazione ambientale, nell'ottica della restituzione al territorio di una zona attualmente degradata;
   in data 14 dicembre 2010 la società D.R.R. S.r.l. – divisione rifiuti e riciclati – ha presentato alla regione Lombardia istanza e documentazione finalizzate all'ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi del decreto legislativo (152 del 2006, in ordine al progetto per la realizzazione e gestione di una discarica per rifiuti inerti, da realizzarsi nel comune di Cazzago San Martino (BS), nella ex-cava Macogna;
   nonostante il parere negativo di ASL, dei 4 comuni coinvolti ed in un primo momento anche di regione Lombardia, la provincia di Brescia autorizza la discarica di rifiuti inerti (smaltimento D1) e di deposito preliminare (smaltimento D15) di rifiuti inerti e di rifiuti speciali non pericolosi;
   risultano tuttora pendenti al TAR, diversi ricorsi promossi da comuni e associazioni nei confronti di provincia di Brescia e regione Lombardia;
   nella relazione peritale del CTU nominato, si legge a più riprese che la prima falda presenta un grado di vulnerabilità dell'acquifero elevata, riprendendo anche quanto verificato dalla stessa ditta DDR in una precedente relazione e quanto riportato dai PGT del Cune di Cazzago San Martino, Rovato, Travagliato e Berlingo in particolare, che nel capitolo riguardante la componente geologica, idrogeologica e sismica, al paragrafo 7 relativo all'idrogeologia riporta quanto segue: «partendo dall'analisi delle stratigrafie dei pozzi pubblici e privati di Rovato sembra che non esistano separazioni idrauliche (sistema monofalda). Dalla lettura dei dati chimici si rileva una situazione inquinologica diffusa nel territorio comunale di Rovato e Ospitaletto. La zona a Nord della FFSS contiene dal punto di vista idropotabile un acquifero monostrato non sfruttabile per alti tenori di nitrati. Tale area definita vulnerabile da nitrati appartiene al bacino di alimentazione degli acquiferi profondi più a valle. Nel Comune di Berlingo il pozzo cardine rappresentativo del sistema multi-strato è rappresentato dal pozzo comunale Berlinghetto»;
   si rileva nella relazione peritale che almeno una ventina i pozzi privati nelle strette (vicinanze, captano anche dalla prima falda (pozzi nei comuni di Rovato Travagliato e Berlingo) ed almeno 30 famiglie usano tali pozzi compreso il pozzo ex Nord Strade situato poco a sud del confine della discarica e che effettivamente l'acqua è utilizzata anche per uso potabile;
   attualmente sussiste la concreta possibilità di contaminazione della falda acquifera, che mette a rischio la popolazione e l'ambiente tutelato della Franciacorta, in quanto il progetto di discarica prevede 1,35 milioni di metri cubi di rifiuti speciali su 100 mila metri quadri, in un territorio, l'Ovest bresciano, disseminato di cave e discariche ed in particolare in una zona dove, a fronte di una sempre minore quantità di rifiuti prodotti si concentra un'eccessiva quantità di discariche sottoutilizzate ed una pressione ambientale elevata;
   tale vicenda potrebbe avere ripercussioni sulla salute pubblica dei cittadini che vivono nella zona interessata a causa del possibile inquinamento dei terreni e delle falde acquifere –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
   se sussistano rischi di compromissione dell'area nella quale insiste la produzione marchio docg) di altissima qualità Franciacorta, già riconosciuta dal 1967 con decreto del Presidente della Repubblica alla luce dei fatti rappresentati;
   se non ritengano opportuno intervenire al fine di evitare qualunque danno all'immagine della Franciacorta e alla qualità delle colture viti-vinicole presenti sul territorio e in che forma;
   quali misure, si intendano adottare per la tutela della salute pubblica dei cittadini e per evitare la contaminazione della falda acquifera dei comuni a rischio di contaminazione come quelli di Berlingo e Travagliato;
   se non si ritenga opportuno in via generale valutare se la regolamentazione dei fattori di pressione ambientale, degli impatti ambientali dei progetti e dei rischi cumulativi, sulle risorse agricole, ambientali, sugli ecosistemi e sulla salute dei cittadini residenti, garantiscano a sufficienza le esigenze di protezione di tali valori;
   se non si intenda assumere un'iniziativa normativa al fine di istituire una moratoria per quanto riguarda l'autorizzazione di discariche in territori con un elevato indice di pressione ambientale come la provincia di Brescia. (4-08441)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   anche quest'anno l'epidemia di influenza appare particolarmente preoccupante per l'impatto che potrebbe avere sul nostro servizio sanitario;
   il Ministro interrogato aveva dichiarato già a gennaio che l'influenza stagionale appare più aggressiva reputando utile il prolungamento della campagna vaccinale;
   recentemente è emerso un nuovo allarme per la diffusione di un nuovo virus, l'H3N2, che potrebbe far allungare la stagione anche per tutto marzo e rendere meno efficace il vaccino; questa situazione, sommata alle difficoltà strutturali già riscontrate nell'ambito del nostro sistema sanitario, potrebbe comportare delle situazioni difficili da gestire e già in alcune regioni si verificano casi di sovraffollamento dei reparti e di compromissione del servizio;
   un caso emblematico e alquanto increscioso è quello avvenuto, come riportato dalle cronache dei giornali, presso l'ospedale civile di Venezia;
   un ottantenne, giunto al pronto soccorso per un malore, e per il quale il medico di turno, tenuto conto dell'età e delle condizioni fisiche, aveva deciso il ricovero, è rimasto per 22 ore su un letto barella, dalle ore 18 del 10 marzo fino alla tarda mattinata del giorno successivo, in quanto presso il reparto di medicina non c'erano letti disponibili;
   i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei medici hanno segnalato che proprio la rilevante diffusione dei virus influenzali unito alla carenza di posti letto e alla carenza di personale ha sovraccaricato le strutture sanitarie del territorio con notevoli disagi per operatori e pazienti –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per evitare il ripetersi di simili episodi, posto che la diffusione del virus influenzale finisce per cagionare ogni anno le medesime problematiche. (5-05051)

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHESE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la signora Maria de los Angeles Cortecero Castro laureata in Spagna con la specializzazione di «dietista» corredata dal titolo di «licienciada en ciencias y tecnologia de los alimentos» si trasferisce in Italia al fine di poter esercitare la sua professione sul territorio;
   per tale ragione la dottoressa, inizia fa istanza di riconoscimento del titolo, precisamente in data 23 aprile 2013, presso il Ministero della salute;
   a seguito di ciò, si riunisce una commissione ministeriale, la quale emette un decreto dirigenziale in data 7 febbraio 2014, recapitato presso la residenza della signora Maria de Los Angeles, in cui si dichiara necessaria una misura compensativa ai fini del riconoscimento, così proponendo due strade alternative, un tirocinio di adattamento o una prova attitudinale;
   prontamente la signora Maria de los Angeles invia una lettera contenente un modulo in cui si specificava la volontà di affrontare la prova attitudinale;
   da quel momento attende ormai da 1 anno la risposta da parte del Ministero della salute –:
   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative che consentano procedure più snelle per il riconoscimento dei titoli di studio europei. (4-08440)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRASSI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   risalgono all'8 maggio 2013 gli arresti effettuati dalla tenenza della Guardia di finanza di Molfetta della dirigente del settore servizi finanziari e risorse del comune di Terlizzi (Ba), Francesca Panzini e del Presidente del consiglio di amministrazione della Censum spa, Vito Redavid, per vari reati, al fine di consentire vantaggi patrimoniali e finanziari alla stessa società di riscossione dei tributi, permettendo – di fatto – l'illegittima locupletazione di un importo complessivamente quantificato in circa 1.600.000 euro causando nel contempo danni finanziari all'ente locale, anche a causa del mancato riversamento dei tributi già riscossi;
   a non più di tre mesi dagli eventi giudiziari l'amministrazione, comunale di Terlizzi ha consentito che la Panzini tornasse a dirigere sempre il settore servizi finanziari e risorse e a tutt'oggi – nonostante siano trascorsi quasi due anni – ella riveste ancora il medesimo incarico di vertice, nel particolare settore della pubblica amministrazione dell'ente locale; infatti, mai l'amministrazione comunale ha ritenuto di avvalersi dell'istituto della «sospensione facoltativa», né ha mai attivato alcun «provvedimento disciplinare», nonostante il comune non abbia ancora mai recuperato l'ingente importo, non abbia ancora incassato alcun euro della fideiussione (pari ad un milione di euro), stipulata dalla Censum, a garanzia contrattuale del comune di Terlizzi, con la Confiditalia Scpa, a causa dell'insolvenza della finanziaria;
   continuano – a tutt'oggi – a riverberarsi sui contribuenti del comune di Terlizzi i disservizi creati dalla Censum, con la periodica notifica di decine di migliaia di provvedimenti generati sulla scorta della banca dati, che – peraltro – da contratto pluriennale la medesima società di riscossione tributi avrebbe dovuto bonificare (si vedano ad esempio gli avvisi di accertamento ed ingiunzioni di pagamento effettuati negli anni 2010, 2013 e 2014);
   eppure la commissione comunale d'indagine, istituita prontamente dal consiglio comunale nell'anno 2011, a fronte di emissione di ingenti «cartelle tributarie» scarsamente efficaci, peraltro composta anche dal dottore Nicola Gemmato, all'epoca consigliere di minoranza e successivamente eletto sindaco, ritenne di sottolineare all'amministrazione dell'epoca di dover attivare quanto opportuno e necessario affinché «si avviassero le procedure di gara in un momento antecedente alla scadenza del contratto, evitando proroghe»; invece, l'amministrazione comunale – poi guidata dallo stesso Gemmato – con apposita deliberazione nel mese di dicembre 2012 concesse la proroga di sei mesi, peraltro ratificata e contrattualizzata anche dalla dirigente Panzini; a tal riguardo, la stessa commissione d'indagine invitò l'Ente «ad assicurarsi circa l'affidabilità della banca dati, prima di procedere all'emissione di nuovi avvisi di accertamento» e segnalò la necessità di mettere in rete i vari uffici comunali e sovracomunali, al fine di poter aggiornare costantemente il medesimo «data base dei contribuenti», in seguito alle variazioni che fossero intervenute nel corso degli anni»;
   appare evidente che – a tutt'oggi – la banca dati – di fatto – non risulta essere stata aggiornata, a fronte delle migliaia di accertamenti e ingiunzioni pervenuti negli ultimissimi giorni di dicembre 2014 e nei primissimi giorni di gennaio 2015, tutti riferiti alla Tarsu e all'Ici 2009, nonostante il – comune di Terlizzi, con deliberazione del consiglio comunale n. 44 del 16 settembre 2013, abbia proceduto all'internalizzazione del servizio dei tributi, peraltro anche supportata da «azioni alla gestione diretta delle fasi di accertamento, liquidazione e riscossione ordinaria e coattiva delle entrate tributarie ed extratributarie, tramite un'architettura informatica»; infatti, tale servizio di supporto agli uffici tributari comunali è stata curata dalla Servizi locali spa, a fronte dapprima di affidamenti diretti e successivamente con aggiudicazione di appalto, previo indizione di gara, in cui la Servizi locali sarebbe risultata, – di fatto – unica partecipante e, quindi, vincitrice;
   questi periodici disservizi hanno indotto il 5 febbraio 2015 anche le organizzazioni datoriali di categoria e le organizzazioni sindacali dei lavoratori a mobilitarsi, in forma unitaria, per protestare e chiedere ausilio al prefetto e al Ministro dell'interno, affinché non si ripetano più le vessatorie emissioni – a carico dei contribuenti cittadini di Terlizzi e non solo – di provvedimenti amministrativi tributari comunali, peraltro moltissimi palesemente errati, che i mass media locali, regionali e nazionali – nel corso degli anni – hanno definito «cartelle pazze»;
   nonostante tutto ciò evidenziato, avvenuto a partire dal 2010 e sino a tutt'oggi, la dirigente dei servizi finanziari e risorse, Francesca Panzini, riveste – peraltro – da moltissimi mesi anche la funzione di vice-segretario del comune di Terlizzi, che la porta – viste le assenze di tanti mesi del segretario generale titolare per congedo ordinario e, successivamente, per collocamento a riposo – a svolgere anche la delicata e particolare funzione di responsabile dell'anticorruzione;
   l'inosservanza del decreto legislativo n. 33 del 2013 sulla trasparenza ha prodotto l’«autosospensione» di molti consiglieri comunali, ai quali è stato ripetutamente negato di accedere agli atti comunali e alla corrispondenza intercorsa tra l'ente locale ed altri enti sovraordinati;
   l'autorità nazionale anticorruzione per la vigilanza dei contratti pubblici, si è espressa con la censura dell'operato del comune di Terlizzi, resosi responsabile di aver affidato direttamente – con ordinanze sindacali – e senza alcuna procedura di evidenza pubblica il milionario servizio di raccolta, spazzamento e smaltimento rifiuti, peraltro prorogandolo per ben due anni;
   i sette consiglieri comunali di minoranza, che hanno deciso dal novembre 2014 di «autosospendersi» dalle loro funzioni, non hanno partecipato a tutte le attività istituzionali d'aula, consigli comunali e commissioni consiliari permanenti, e hanno prontamente informato il prefetto di Bari delle motivazioni alla base della forte decisione, senza che – però – questa loro protesta abbia portato ad un miglioramento della situazione; si è registrato – piuttosto – un ulteriore irrigidimento dell'amministrazione comunale, guidata dal sindaco Gemmato, che si è addirittura spinta a portare in consiglio comunale un regolamento per l'accesso agli atti dei consiglieri comunali, che è apparso in aperto contrasto con le disposizioni vigenti e fortemente lesivo del diritto dei consiglieri, di accedere agevolmente, per adempiere alle funzioni di controllo, che rinvengono dal testo unico degli enti locali; regolamento – poi – ritirato alla luce delle numerose e sonore proteste dei consiglieri comunali di minoranza e dei partiti e movimenti politici locali e provinciali;
   questa anomala situazione è resa ulteriormente complessa dall'assenza dell'organismo indipendente di valutazione (OIV), i cui componenti all'unisono hanno rassegnato – in data 15 dicembre 2014 – le dimissioni con decorrenza immediata, notiziando – con apposito verbale – anche la prefettura, l'Anac ed il collegio dei revisori dei conti, sui numerosi profili di illegittimità contenuti nelle deliberazioni di giunta comunale nn. 204/2014 e 206/2014, che delineavano un inammissibile subordinazione dell'organismo al sindaco; a tal riguardo, è da significare che – a tutt'oggi – l'organismo indipendente di valutazione non risulta all'interrogante ancora ri-costituito, nonostante siano trascorsi già tre mesi;
   infine, è da sottolineare che la relazione (alla pagina 41/42) del procuratore regionale della Corte dei Conti per la Puglia, in occasione dell'anno giudiziario 2015 evidenzia la vicenda del «danno erariale» avvenuto nei confronti del comune di Terlizzi, tanto è che la procura della medesima Corte ha dovuto procedere – già dal mese di settembre 2014 – ai sequestri conservativi ante causam per la Censum spa di circa 1.600.000 euro di immobili di proprietà e di disponibilità liquide e per la dirigente comunale Panzini di 200.000 euro oltre a rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio, di disponibilità liquide e creditizie –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se si intenda avviare una verifica congiunta dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'ispettorato per la funzione pubblica alla luce delle criticità e delle anomalie sopra descritte;
   se trovi conferma che, solo recentemente e a seguito di numerosi esposti, il comune di Terlizzi abbia provveduto ad aggiornare il piano triennale della trasparenza e a nominarne il responsabile nella figura del segretario generale o suo sostituto, nella consapevolezza che alla luce dell'assenza del segretario titolare il sostituto risulta essere il vice-segretario, ossia la dottoressa Francesca Panzini;
   se risulti che il comune di Terlizzi non abbia mai approvato il piano delle performance degli anni 2012 e 2013 e che non si sia dotato di un sistema di misurazione e valutazione delle medesime performance; (4-08445)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Cenni e altri n. 7-00487, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Borghi.

  La risoluzione in Commissione Venittelli e altri n. 7-00611, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati; Franco Bordo, Piras.

  La risoluzione in Commissione Mongiello e altri n. 7-00625, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rigoni.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Berretta n. 2-00664, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Burtone.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Sorial n. 4-08296, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 marzo 2015 deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carinelli, De Rosa, Caso, Manlio Di Stefano, Tripiedi, Pesco, Alberti, Cominardi, Basilio, Petraroli, Zolezzi, Toninelli.

  L'interrogazione a risposta orale Quartapelle Procopio n. 3-01362, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cinzia Maria Fontana.

  L'interrogazione a risposta scritta Scagliusi e altri n. 4-08421, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Grande, Di Battista, Manlio Di Stefano, Petraroli, Battelli, Vignaroli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Simone Valente n. 4-08130, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 381 del 25 febbraio 2015.

   SIMONE VALENTE, MANTERO e BATTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società Santa Benessere & Social spa, che ha richiesto al comune di Santa Margherita una concessione demaniale cinquantennale in cambio del progetto di riqualificazione del porto di Santa Margherita, è riconducibile al signor Gabriele Volpi;
   il signor Volpi è un uomo d'affari molto ricco, grazie alla sua attività nel mondo del petrolio in Nigeria. È inoltre presidente dello Spezia Calcio e della squadra di pallanuoto della Pro Recco;
   da un articolo del Sole 24 Ore, recuperabile online, del 1o agosto 2012 a firma Claudio Gatti, si evince che il signor Volpi detiene il monopolio della logistica petrolifera in Nigeria, grazie alla sua società, Intels, con un giro d'affari di 1,5 miliardi di dollari l'anno;
   sempre a detta di questo articolo risulterebbe che un trust di diritto inglese detenga la proprietà della già citata Santa Benessere & Social spa;
   il Permanent sub-committee on investigations, la commissione permanente di inchiesta del Senato Usa che per oltre un anno ha investigato il fenomeno della corruzione della leadership politica nigeriana, ha cercato di ricostruire gli intrecci economici del signor Volpi, ricostruzione descritta sempre nello stesso articolo citato poc'anzi;
   tale ricostruzione evidenzierebbe l'attività del signor Volpi, come caratterizzata da intrecci poco chiari tra fiduciarie e rapporti con l'ex vicepresidente della Nigeria, Atiku Abubakan suo ex socio;
   tali intrecci finanziari rendono poco chiaro ricostruire l'effettiva natura della Santa Benessere & Social e richiedono ulteriori accertamenti, sia da parte del comune, sia da parte degli uffici ministeriali preposti al contrasto al riciclaggio ed elusione fiscale;
   infatti, a quanto risulta all'interrogante, la Santa Benessere & Social spa, dalle notizie apparse sul Fatto Quotidiano (Ferruccio Sansa) e Repubblica (Manco Preve), è posseduta:
    al 60 per cento dalla Rochester Holding (società anonima lussemburghese), a sua volta posseduta da una società con sede alla Isole Vergini e a Panama;
    la Agma di Cristina Pagani;
   la Skyfun di Milano, controllata dalla UBS (banca svizzera);
   nel corso degli ultimi anni risulta che la Rochester sia passata da azionista di maggioranza a socio unico, passando quindi dal 60 per cento al 100 per cento di azioni controllate;
   il comune di Santa Margherita non può in alcun modo intrattenere rapporti di alcun tipo con società che, anche indirettamente, abbiano sede in paradisi fiscali o la cui legislazione statale impedisca un'adeguata trasparenza (articolo 12 del decreto-legge 78 del 2009, che definisce operazioni in tali nazioni illegali e articolo 35 del decreto-legge 90 del 2014, che vieta alle amministrazioni pubbliche di intrattenere rapporti economici con queste società);
   sebbene il divieto non fosse espresso, il decreto del 2009 vietava di fatto già questo tipo di rapporti, in quanto avrebbe reso l'amministrazione «complice» di un'evasione fiscale;
   con il decreto sulla pubblica amministrazione di giugno, il Governo ha rafforzato tale divieto, esplicitandolo concretamente;
   anche le direttive europee stanno mettendo «fuori legge» tali società: infatti sempre più Stati stanno adeguando la loro legislazione a princìpi di trasparenza al fine di operare in Unione europea –:
   se gli uffici preposti al contrasto al riciclaggio e alla trasparenza della Pubblica Amministrazione abbiano svolto le opportune verifiche o, in caso negativo, se abbiano intenzione di approfondire la proprietà e la natura della Santa Benessere & Social spa, al fine di evitare di incorrere in potenziali rapporti con società che la normativa vigente esclude possano avere rapporti con la pubblica amministrazione. (4-08130)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-06986 del 21 novembre 2014;
   interpellanza urgente Ribaudo n. 2-00829 del 5 febbraio 2015.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo apparso sul Il Fatto Quotidiano dell'11 dicembre 2014, a firma di Emiliano Liuzzi, riferendosi al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Stefania Giannini, si apprende che: «Il danno erariale è accertato, poi ci sono episodi, come quello dell'incarico dato al suo architetto di fiducia per restaurare l'ateneo, che non sono ancora stati chiariti. La ricostruzione, come già avevamo spiegato nei giorni scorsi, è molto semplice: il ministro, senza chiedere il parere del cda, nel 2005 decide di affidare la consulenza a un architetto di Lucca, Luigi Puccetti, che è lo stesso professionista utilizzato per ristrutturare la bellissima villa al mare, Marina di Pietrasanta, comune toscano in provincia di Lucca, che Giannini aveva appena fatto ristrutturare. Un attestato di stima, certo, ma che di fatto si traduce in un conflitto d'interessi, come venne sollevato da alcuni membri del cda al momento dell'incarico»;
   la ricostruzione farebbe riferimento a fatti accaduti (come riportato da alcune fonti di informazione on line ad esempio dal blog Byoblu di Messora) quando l'attuale Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Giannini rivestiva l'incarico di rettore dell'università per stranieri di Perugia: tra le consulenze fornite all'università di Perugia, di cui il Ministro Giannini era rettore, vi sarebbero quelle del signor Luigi Puccetti, architetto di Lucca che sembra essersi occupato anche del restauro della casa del marito del Ministro interrogato, Luca Rossello (in particolare si tratterebbe di consulenze per progettazione spazi ateneo della storica sede universitaria di palazzo Gallenga nel cuore di Perugia di cui alle delibere del giugno e luglio 2005 del consiglio di amministrazione dell'Università);
   gli atti compiuti dal Ministro durante il suo incarico di rettore sembrerebbero, oltre che inopportuni, anche in conflitto di interessi poiché presenterebbero profili di incompatibilità con le disposizioni del regolamento di Ateneo dell'Università in tema di partecipazione e votazione nelle delibere del consiglio di amministrazione;
   inoltre l'università per stranieri di Perugia era dotata anche di un ufficio tecnico interno e – a parere dell'interrogante – suscita perplessità la decisione assunta all'epoca di conferire ad uno studio esterno di architettura – ed in particolare dell'architetto Luca Puccetti – la progettazione degli spazi dell'ateneo di palazzo Gallenga;
   i fatti riportati sui quali gli interroganti intendono chiedere spiegazioni e chiarimenti al Ministro interrogato, hanno – tra l'altro – già formato oggetto anche di un precedente atto di sindacato ispettivo (interrogazione a risposta scritta n. 4/06257), a tutt'oggi rimasto privo di riscontro –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire ulteriori elementi in merito ai fatti descritti in premessa ed intervenire, e con quali modalità, al fine di chiarire la vicenda;
   se corrisponda al vero che tra le consulenze fornite all'università degli stranieri di Perugia, quando il Ministro interrogato era rettore, vi sarebbero quelle del signor Luigi Puccetti, architetto di Lucca che si è occupato anche del restauro della casa del marito del Ministro interrogato, Luca Rossello posto che tali atti sembrerebbero concretizzare un conflitto di interessi dell'allora rettore Giannini in contrasto con il regolamento di ateneo in tema di partecipazione al voto;
   se l'Università per stranieri di Perugia fosse dotata di un ufficio tecnico interno e per quale motivo con quale procedura sia stato deciso di affidare un incarico esterno di progettazione degli spazi di Ateneo proprio allo studio dell'architetto Luigi Puccetti;
   se e quali altri incarichi il Ministro interrogato – quando era rettore – abbia conferito allo studio dell'architetto Luigi Puccetti nel 2005-2007. (4-07411)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si ribadisce quanto evidenziato in riscontro all'interrogazione scritta n. 4-06257.
  L'incarico di progettazione è stato conferito dall'università per stranieri di Perugia all'architetto Luigi Puccetti in ragione della necessità di realizzare una più funzionale distribuzione di alcuni spazi dell'ateneo, in vista anche di una riorganizzazione amministrativa, per la quale si è resa necessaria la costituzione di nuove strutture.
  Ciò è avvenuto dopo aver preso atto che il capo della divisione edilizia della stessa università, a causa della carenza del personale tecnico, non era nelle condizioni di provvedere direttamente alla progettazione. Come si evince dal verbale del 20 giugno 2005 lo stesso risultava impegnato infatti, in qualità di responsabile del procedimento, nei lavori di ristrutturazione della cosiddetta «Palazzina Valitutti» e nelle incombenze relative alla manutenzione ordinaria degli immobili e degli impianti di tutte le sedi universitarie.
  Posto ciò, il Consiglio di amministrazione dell'università ha deciso di ricorrere a professionisti esterni. In particolare, considerato che l'allora vigente normativa – articolo 17, comma 12, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 – prevedeva che: «Per l'affidamento di incarichi di progettazione ovvero della direzione dei lavori il cui importo stimato sia inferiore a 100.000 euro le stazioni appaltanti per il tramite del responsabile del procedimento possono procedere all'affidamento ai soggetti di cui al comma 1, lettere d), e), f) e g), di loro fiducia, previa verifica dell'esperienza e della capacità professionale degli stessi e con motivazione della scelta in relazione al progetto da affidare» il Consiglio di amministrazione dell'ateneo, in data 20 giugno 2005, all'unanimità ha deliberato di autorizzare l'espletamento di una procedura negoziata, da aggiudicarsi al prezzo più basso, per l'affidamento dell'incarico di progettazione, con l'indicazione di una base d'asta di 20.000,00 euro con tre professionisti in possesso di idonei curricula.
  Con note n. 8894, n. 8895, n. 8896 in data 23 giugno 2005 i succitati professionisti sono stati, quindi, invitati a presentare un'offerta entro il 6 luglio 2005. Il giorno 8 luglio 2015 si è riunita la commissione giudicatrice per procedere all'apertura delle buste contenenti sole due offerte economiche pervenute e per redigere il relativo verbale.
  Successivamente, in data 25 luglio 2005 lo stesso Consiglio di amministrazione dell'ateneo ha deliberato, sempre all'unanimità e valutate le due offerte alla luce dell'ulteriore ribasso del 5 per cento oltre al 20 per cento previsto per legge sull'importo a base d'asta effettuato dall'architetto Luigi Puccetti, di attribuire a quest'ultimo l'incarico di progettazione in quanto economicamente più vantaggioso.
  Concludendo, si evidenzia che per l'aggiudicazione del suddetto incarico di progettazione non solo v’è stato il pieno rispetto delle procedure deliberative, ma, l'unanimità dei consensi avrebbe comunque consentito l'attribuzione anche con l'astensione dal voto di un solo membro del Consiglio di amministrazione.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse sugli organi di stampa (Il Giornale dell'Umbria dell'11 dicembre 2014) ed in particolare da Il Fatto Quotidiano dell'11 dicembre 2014, in un articolo a firma di Emiliano Liuzzi, si apprende che: «La citazione a giudizio è questione di ore. Il ministro dell'Istruzione e dell'università Stefania Giannini non l'ha ancora ricevuta, ma i magistrati della Corte dei conti di Perugia hanno finito i loro accertamenti. Ci sono i soldi spesi attraverso “atti privi di logica, fondamento e ragionevolezza”, scrivono nero su bianco. E tutto il periodo in cui era rettore dell'Università per stranieri del capoluogo umbro è segnato da una serie di vicende poco chiare, su cui i magistrati contabili vogliono far luce. Il danno erariale è accertato, ...»;
   la citazione a giudizio per il Ministro interrogato, ex rettore dell'università per stranieri di Perugia, sarebbe il frutto della conclusione delle indagini della magistratura contabile perugina che contesta all'ex rettore di aver causato un presunto danno erariale pari a 420 mila euro per aver proposto al consiglio di amministrazione dell'ateneo, che avrebbe approvato l'iniziativa come formulata, un progetto al fine di promuovere attività culturali, strettamente «connesse alla specifica finalità formativa che l'ateneo persegue, che avessero risonanza e rilievo internazionale e culminanti nella creazione della “Scuola internazionale di cucina italiana”, nonché quello di disporre di una struttura ricettiva – anche per il personale e gli studenti strumentale alle attività istituzionali della stessa università (convegni, incontri con altre Istituzioni pubbliche, private, nazionali e internazionali, e congressi)»;
   in sostanza si tratta di un progetto relativo all'apertura di una scuola di cucina, un ristorante per docenti e studenti ed un centro di attività lucrative; la denuncia – all'epoca presentata dal presidente dei revisori dei conti dell'università – postulava un danno erariale di circa 525 mila euro; detto importo deriverebbe dalla locazione, da parte dell'università, di un locale di 465 metri quadri ad un canone annuo di 78 mila euro oltre Iva, nonché dai mancati introiti dell'attività di «ristorazione e vendita» (che vengono stimati in circa 140.000 euro complessivi rispetto a tutto il periodo interessato); nella denuncia che avviò il procedimento contabile e firmata da Antonio Buccarelli, presidente del collegio dei revisori dei conti dell'Università per stranieri, si fa però riferimento anche «all'inutilità dell'iniziativa e al mancato raggiungimento degli obiettivi proposti al Consiglio di amministrazione e da questo autorizzati con le delibere dell'aprile, del giugno e del luglio 2008»; in particolare evidenziando che la proposta dell'iniziativa «non è supportata da alcun atto istruttorio in ordine alla fattibilità dell'operazione, alla sua economicità, alla sua resa, né risulta che l'Ateneo abbia individuato una struttura ad hoc per tali compiti;
   i fatti di indagine per i quali ora la Corte dei Conti sarebbe arrivata alla citazione in giudizio del ministro Giannini, hanno – tra l'altro – già formato oggetto anche di un precedente atto di sindacato ispettivo dell'interrogante (interrogazione a risposta scritta n. 4/04797), a tutt'oggi rimasto privo di risposta –:
   se corrisponda al vero quanto esposto e se il Ministro interrogato intenda fornire ulteriori elementi in merito ai fatti di cui in premessa ed intervenire, e con quali modalità, al fine di chiarire la vicenda;
   se il Ministro interrogato, nelle more della conclusione del procedimento per danno erariale, non ritenga comunque opportuno assumersi ogni responsabilità anche valutando l'opportunità di permanere nell'incarico, così da fugare ogni dubbio, anche di carattere etico e di responsabilità politica, che possa inficiare il prestigio e l'autorità morale necessari per ricoprire l'incarico istituzionale di Ministro della Repubblica. (4-07412)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si ribadisce quanto evidenziato in riscontro all'interrogazione scritta n. 4-06257.
  Non può mancarsi di rilevare che ad oggi, per il periodo di cui all'interrogazione, non è stata accertata, dall'autorità competente in materia, alcuna responsabilità per irregolare gestione contabile e amministrativa riferita all'università per stranieri di Perugia.
  In base a tale fondamentale premessa, si evidenzia pure che l'intera vicenda sottende un rilevante interesse pubblico, comprovato dal coinvolgimento della regione Umbria, della provincia e del comune di Perugia nell'iniziativa dell'ateneo, che si sostanzia nella necessità di dare, da parte dell'università, una tempestiva risposta in termini di immagine e di offerta didattica, specie sul piano internazionale, a seguito del noto evento delittuoso del novembre 2007 che ha interessato i media di tutto il mondo.
  L'intesa programmatica tra regione, provincia, comune ed università del 13 gennaio 2010 si pone in linea con la rinnovata offerta formativa per l'accesso alla qualifica di operatore dell'area gastronomica e dell'accoglienza deliberata dal consiglio accademico.
  Il progetto, infatti, riguarda l'ampliamento dell'offerta formativa attraverso l'istituzione di una scuola di «Alta formazione internazionale della cucina italiana», che vede il coinvolgimento di un soggetto privato particolarmente qualificato nel settore per pregresse esperienze professionali, nonché il reperimento di nuovi spazi di aggregazione, stante l'insufficienza di quelli disponibili, per gli studenti per favorirne l'aggregazione e sottrarli così ad ambienti esposti a rischio.
  In conclusione, la proposta progettuale non è andata a buon fine a causa unicamente di un inadempimento contrattuale del soggetto privato, che, pur presentando ex ante ineccepibile esperienza professionale, si è poi dimostrato del tutto inaffidabile; tanto è vero che l'ateneo si è attivato in sede giudiziale ai fini risarcitori.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.


   D'ARIENZO e ZARDINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   attualmente la commissione tributaria provinciale di Verona (CTP) e la sezione staccata di Verona della commissione tributaria regionale (CTR) sono dislocate in un immobile situato presso il centro del capoluogo scaligero;
   i due organismi tributari dovrebbero essere trasferiti in un immobile situato presso l'estrema periferia di Verona;
   in merito non risulta il coinvolgimento delle parti interessate. Al contrario, come è noto, le commissioni tributarie sono organi giurisdizionali, come riconosciuto dalla Corte costituzionale già dal 1974 e, pertanto, per quanto concerne l'organizzazione ed il funzionamento, le scelte dovrebbero essere discusse con le parti interessate all'amministrazione della giustizia;
   la sede periferica proposta non pare sia idonea a ospitare le attuali commissioni tributarie per varie ragioni:
    a) per la collocazione in estrema periferia, in zona scarsamente servita da mezzi pubblici;
    b) per i disagi per i dipendenti, per i giudici, ma anche e soprattutto per gli avvocati, i commercialisti, gli altri professionisti e per i cittadini utenti della giustizia tributaria;
    c) per gli spazi previsti, un ampio locale pressoché «open air», in cui dovrebbero trovare sistemazione un corridoio comune, archivi da insonorizzare, le stanze per il presidente e per il direttore e quattro stanze promiscue per tutti i servizi e le segreterie della commissione tributaria provinciale e della sezione della commissione tributaria regionale (tre sezioni composte di sei collegi e 18 giudici della CTP oltre ai due collegi della sezione CTR);
    d) per l'assenza di luoghi ove sistemare i terminali per il processo telematico dei 17 giudici della commissione tributaria provinciale e dei 5-6 giudici della sezione della commissione tributaria regionale e di spazi per i professionisti ed i cittadini in attesa della chiamata alle udienze;
   il giusto risparmio che si intende perseguire con la decisione in argomento non può andare a detrimento di una funzione essenziale di uno Stato di diritto;
   sia il presidente della commissione tributaria sia il sindaco della città di Verona si sono espressi negativamente sul trasferimento;
   al fine di individuare luoghi adeguati, possono essere valutate le opportunità offerte dall'articolo 56-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 «decreto del fare», concernente i beni demaniali da concedere in uso agli enti locali e dall'articolo 26 del decreto-legge n. 133 del 2014 «decreto Sblocca Italia» concernente la dismissione di immobili demaniali e/o immobili in uso al Ministero della difesa –:
   se non ritenga necessario sospendere il provvedimento di trasferimento per favorire l'individuazione di un luogo maggiormente funzionale e pienamente idoneo a garantire la compiuta funzionalità della giustizia tributaria veronese. (4-06550)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, gli interroganti rappresentano che la nuova sede prevista per le commissioni tributarie di Verona «(...) non pare sia idonea a ospitare le attuali commissioni tributarie per varie ragioni:
   a) per la collocazione in estrema periferia, in zona scarsamente servita da mezzi pubblici;
   b) per i disagi per i dipendenti, per i giudici, ma anche e soprattutto per gli avvocati, i commercialisti, gli altri professionisti e per i cittadini utenti della giustizia tributaria;
   c) per gli spazi previsti, un ampio locale pressoché «open air», in cui dovrebbero trovare sistemazione un corridoio comune, archivi da insonorizzare, le stanze per il presidente e per il direttore e quattro stanze promiscue per tutti i servizi e le segreterie della commissione tributaria provinciale e della sezione della commissione tributaria regionale (tre sezioni composte di sei collegi e 18 giudici della CTP oltre ai due collegi della sezione CTR);
   d) per l'assenza di luoghi ove sistemare i terminali per il processo telematico dei 17 giudici della commissione tributaria provinciale e dei 5-6 giudici della sezione della commissione tributaria regionale e di spazi per i professionisti e i cittadini in attesa della chiamata alle udienze;».

  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti dell'amministrazione, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 2, commi 222, 222-bis, 222-ter e 222-quater, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, contenente «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2010» e successive modificazioni, attribuiscono all'agenzia del demanio il compito di elaborare, con le singole amministrazioni, piani di razionalizzazione degli spazi utilizzati dalle stesse a fini allocativi. In particolare, ai fini del contenimento della spesa pubblica, le predette amministrazioni dello Stato, nell'espletamento delle indagini di mercato, finalizzate all'individuazione degli immobili da assumere in locazione passiva, hanno l'obbligo di scegliere soluzioni allocative economicamente più vantaggiose per l'erario sulla base di quanto previsto dal comma 222-bis, valutando anche la possibilità di decentrare gli uffici.
  L'articolo 27, comma 5, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha modificato l'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, stabilisce che a partire dal 2013: «Anche sulla base delle previsioni triennali presentate e delle verifiche effettuate, sentiti i Provveditorati per le opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'agenzia del demanio assume le decisioni di spesa sulla base di un piano generale di interventi per il triennio successivo, volto, ove possibile, al recupero degli spazi interni degli immobili di proprietà dello Stato, al fine di ridurre le locazioni passive».
  Con lettera circolare n. 33415 del 5 dicembre 2012 l'agenzia del demanio, relativamente all'abbattimento della spesa per locazioni passive delle amministrazioni dello Stato, ha precisato che «(...) qualora si renda necessario reperire sul mercato un immobile da utilizzare per fini istituzionali, sarà necessario che l'amministrazione dia contezza delle prescritte indagini sul mercato immobiliare, che dovranno sempre e comunque avere l'obiettivo di individuare soluzioni allocative, anche decentrate ma comunque corrispondenti alle esigenze operative, che complessivamente consentano una consistente riduzione di spesa in termini di locazione passiva, consumi energetici, manutenzioni, costi di gestione».
  Ciò premesso, è opportuno far presente che, attualmente, la commissione tributaria provinciale di Verona e la commissione tributaria regionale – sezione staccata di Verona sono ubicate in Verona, via Lungadige Capuleti n. 11 ed utilizzano, a seguito della sottoscrizione di un contratto di locazione passiva con scadenza 31 dicembre 2015, la porzione di un immobile di proprietà della società Pro.Ge.Ca. S.r.L. Per tali locali, di superficie pari a 87 metri quadrati, viene corrisposto un canone annuo di euro 93.135,89 (IVA compresa), oltre alle spese condominiali che, per l'anno 2014, sono state pari ad euro 65.500,00.
  Alla luce del suesposto quadro normativo, il dipartimento delle finanze ha effettuato una verifica sugli spazi attuali a disposizione delle commissioni tributarie di Verona, in base ai parametri stabiliti dalla legge e richiamati dalle linee guida dell'agenzia del demanio, rideterminando il fabbisogno allocativo necessario al regolare funzionamento amministrativo e giurisdizionale delle due stesse commissioni tributarie, che è risultato inferiore di circa 400 metri quadrati rispetto alla superficie attualmente a disposizione (870 metri quadrati).
  Pertanto, al fine di ottimizzare gli spazi a disposizione delle due commissioni tributarie – spazi che, come previsto dal citato articolo 2, comma 222-bis, della legge n. 191 del 2009, debbono essere rapportati alle effettive esigenze funzionali degli uffici e alle risorse umane impiegate avuto riguardo ad un parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto – la direzione regionale Veneto dell'agenzia del demanio, con nota n. 13571 del 9 agosto 2013 ha proposto un'unità immobiliare ubicata al primo piano di un immobile demaniale uso uffici di Via Sommacampagna 63/H – comune di Verona, con superficie di metri quadrati 540 circa.
  Detta soluzione allocativa, ancorché certamente meno centrale di quella attualmente occupata, è stata ritenuta dall'agenzia del demanio coerente con il piano di razionalizzazione presentato e con le effettive esigenze operative delle due commissioni in oggetto, nel rispetto dei limiti dettati dalla normativa vigente.
  In particolare, la soluzione allocativa di via Sommacampagna 63/H consente di risparmiare l'intero canone di locazione passiva oggi corrisposto di euro 93.135,89, oltre ad un sostanzioso abbattimento delle spese condominiali, oggi pari a euro 65.500,00 annui. Inoltre, come riferito dall'agenzia del demanio, i suddetti locali non necessitano di particolari lavori e che, per i minimi adattamenti necessari, la direzione regionale del Veneto della agenzia del demanio ha già avviato le necessarie attività.
  La stessa agenzia ha precisato, inoltre, che gli interventi termineranno entro il primo semestre 2015 e che, entro lo stesso periodo, l'immobile sarà messo a disposizione delle commissioni tributarie facendo peraltro presente che la zona è servita dai mezzi pubblici la cui frequenza è assicurata in qualsiasi orario.
  Su tale ultimo punto, si fa presente che l'amministrazione finanziaria si è impegnata a chiedere al comune di Verona di verificare la opportunità di un ulteriore potenziamento dei collegamenti dei mezzi pubblici nella zona e di un incremento degli spazi per auto e moto nelle zone limitrofe per soddisfare pienamente le esigenze degli utenti, dei professionisti e dei giudici.
  In ordine alla possibile individuazione di immobili demaniali più adeguati, si fa presente che l'agenzia del demanio ha comunicato che, a tutt'oggi, non vi sono ulteriori immobili demaniali disponibili nel comune di Verona e che l'unico immobile esistente è costituito dal tribunale militare che però attualmente è ancora in uso al Ministero della difesa, in ordine al quale non si hanno previsioni temporali/logistiche circa il suo possibile rilascio.
  L'agenzia del demanio ha segnalato che tale plesso, già individuato negli elenchi dei beni per le possibili vendite straordinarie necessarie alla riduzione del debito pubblico, ha un valore immobiliare complessivo di circa 75 milioni di euro e risulta essere assolutamente sovradimensionato rispetto alle reali esigenze allocative delle due commissioni tributarie di Verona contando una superficie lorda di metri quadrati 69.000 su una complessiva di metri quadrati 100.000 circa.
  Pertanto, tale immobile, qualora dismesso e, qualora non coinvolto in operazioni straordinarie di alienazione, sarebbe idoneo per altre pubbliche amministrazioni con maggiori esigenze di spazio e assoggettate a canoni di locazione considerevolmente superiori a quelli attualmente pagati dalle commissioni tributarie di Verona e comunque, indicativamente, necessiterebbe di cospicui finanziamenti per affrontare costi medi di ristrutturazione molto più elevati rispetto alla soluzione di via Sommacampagna individuata per le commissioni tributarie.
  Da ultimo, si fa presente che l'agenzia del demanio ha rilevato una ulteriore soluzione all'interno delle finalità strettamente connesse alla creazione di poli logistici territoriali unitari.
  Detta proposta sarà analizzata nell'ambito del «gruppo di lavoro» costituito mediante l'apposito protocollo di intesa del 2014 tra il dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi, il dipartimento delle finanze e l'agenzia del demanio. Si tratta di un immobile demaniale finalizzato ad uso ufficio che si sviluppa su tre piani oltre l'interrato e occupa un'area di sedime pari a metri quadrati 550. Tale immobile, sito nel comune di Verona, Strada della Genovesa, attualmente sede della motorizzazione di Verona, consentirebbe l'accorpamento di ragioneria territoriale dello Stato e commissioni tributarie nella stessa sede.
  Attualmente, le strutture territoriali dell'agenzia del demanio e del Ministero dell'economia e delle finanze stanno verificando la fattibilità tecnica di tale proposta, e la tempistica per un suo eventuale utilizzo.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanzeEnrico Zanetti.


   DE LORENZIS, L'ABBATE, COLONNESE, SILVIA GIORDANO, TOFALO, SPESSOTTO e DE ROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo diverse fonti stampa, recentemente nei territori dei comuni di Tricase e Alessano, in provincia di Lecce, sono state scoperte dagli uomini della Guardia di finanza, alcune discariche e depositi di rifiuti in esercizio tra gli anni ottanta e novanta, attualmente esaurite e mai bonificate, ricoperte solamente da del terriccio e secondo le diverse testimonianze raccolte, sembrerebbe che in quelle discariche sia stato smaltito illecitamente anche materiale pericoloso;
   i siti in questione sono situati in corrispondenza del tracciato della futura strada statale 275 «Maglie-Leuca» in relazione alla quale l'interrogante ha già presentato interrogazione in data 4 novembre 2013 (interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01147), ma ancora priva di risposta;
   l'intervento della Guardia di finanza è giunto dopo l'apertura di un fascicolo da parte della procura di Lecce, a seguito di una segnalazione della Corte dei Conti che sta svolgendo indagini di natura contabile sulla strada statale 275;
   nel novembre 2013 il comune di Tiggiano, ha disposto analisi dell'acqua di falda attraverso i pozzi in prossimità della discarica di Alessano, sui risultati, il commento dei media è emblematico «da alcuni campioni di acqua prelevati in zona è stata rilevata la presenza di tracce di diossina. Questo è l'unica cosa che al momento si sa, visto che le bocche restano cucite. Non si conosce in che misura eventuali inquinanti siano presenti, se e di quanto eventualmente superino le soglie previste dalla legge, se, insomma, la situazione sia tale da dover richiedere decisioni ad hoc oppure se si possa stare tranquilli. Si va con i piedi di piombo, com’è ovvio. E senza creare allarmismi di alcun tipo» – e ancora – «l'ultimo pozzo ispezionato è a distanza di quasi 2 km. E qualche anomalia sarebbe emersa, perché non si avrebbero valori via via più contenuti man mano che ci si allontanata dalla ex discarica e ciò fa drizzare le antenne, tanto da chiedersi se ci sia un nesso di causalità o se il fenomeno sia da attribuire ad altro e se riguardi solo quella zona o buona parte del Capo di Leuca»;
   sempre a detta della stampa, a seguito dei risultati delle analisi, il sindaco del comune di Tiggiano, insieme a quello di Alessano e Tricase, avrebbe inviato una lettera al prefetto; contestualmente, il dossier del comune di Tiggiano sarebbe stato inviato ad asl, arpa regione Puglia e acquisito anche dai finanzieri delegati alle indagini;
   da diverso tempo, comitati cittadini, approfondendo la documentazione inerente la strada statale 275, e constatando diversi aspetti da cui scaturiscono legittimi e giustificati dubbi e perplessità in merito all'assegnazione ed esecuzione dell'opera, nonché per diversi problemi ambientali, chiedono l'azzeramento definitivo dell'intero progetto della strada statale 275 in quanto apertamente viziato sin dalla genetica fase del conferimento di incarico in sub appalto senza gara a soggetto privo di titoli e le scoperte di cui sopra confermano la totale carenza di valutazioni idrogeologiche in fase preliminare e definitiva, e richiedono il recupero delle somme erogate per i compensi della progettazione a soggetto privo di titoli ed il loro utilizzo per la bonifica dei siti inquinati individuati sotto il nuovo percorso (circa cinque milioni di euro) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e quali iniziative abbiano già assunto o intendano intraprendere, in merito a quanto esposto;
   se i Ministri interrogati intendano acquisire elementi sullo stato dei luoghi, anche per il tramite del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, e in particolare, circa il rispetto del decreto ministeriale n. 471 del 1999 con particolare riferimento alle discariche descritte in premessa;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno attivarsi, nei limiti delle loro competenze, per sospendere le attività della costruzione della strada statale 275, permettendo i dovuti approfondimenti di carattere ambientale almeno lungo tutta la tratta della futura statale 275 ed eventualmente, in caso di contaminazione, la bonifica del territorio coinvolto. (4-04990)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, occorre preliminarmente osservare che le problematiche ivi affrontate esulano dalla competenza istituzionalmente attribuita a questo Ministero, per cui tutti i necessari elementi conoscitivi sono stati acquisiti nell'ambito di una apposita istruttoria e forniti, nella quasi totalità, dalla competente prefettura – ufficio del Governo di Lecce.
  L'ammodernamento della strada statale n. 275 – Santa Maria di Leuca, è inserito nel primo programma delle infrastrutture strategiche di cui alla «Legge Obiettivo» n. 443 del 2001.
  In particolare, con delibera n. 92 del 20 dicembre 2004 il CIPE ne aveva approvato il progetto preliminare e, con delibera n. 76 del 31 luglio 2009, il progetto definitivo; quest'ultimo, prevedeva l'adeguamento della «statale», nel tratto da Maglie a Santa Maria di Leuca, a due corsie per ogni senso di marcia (categoria B del decreto ministeriale 5 novembre 2011) per uno sviluppo complessivo di circa 40 chilometri, nonché lo stanziamento dei fondi necessari per la realizzazione dell'intervento, pari a 287,7 milioni di euro.
  I lavori di ammodernamento avrebbero riguardato le attuali strade statali 16 e 275, da Maglie fino a Montesano Salentino, per circa 18 chilometri, mentre il restante tratto, fino a Santa Maria di Leuca, era previsto fosse realizzato su nuova sede.
  Nel 2010, tuttavia, la regione Puglia, il comune di Alessano e le associazioni Italia nostra e Legambiente, hanno chiesto ad ANAS di modificare il progetto al fine di ridurre l'impatto ambientale dell'infrastruttura nel tratto tra Alessano e Santa Maria di Leuca, mediante la realizzazione di una strada-parco, con una sola corsia per senso di marcia, in sostituzione della strada di categoria B «extraurbana principale» prevista nell'approvato progetto definitivo.
  ANAS, effettuate le pertinenti e necessarie valutazioni, ha ritenuto di poter soddisfare tale richiesta e, in data 3 marzo 2011, si è pervenuti alla firma di un accordo tra la medesima ANAS, la regione Puglia e la provincia di Lecce con il quale si è definito di apportare al progetto, nel tratto dalla strada provinciale 210 a Santa Maria di Leuca, nel tratto finale dell'intervento lungo circa 7 chilometri, le seguenti modifiche:
   riduzione del numero delle corsie da 4 a 2, cioè una per senso di marcia;
   sostituzione del viadotto San Dana con una galleria artificiale;
   abbassamento del profilo stradale in ampi tratti, in maniera tale da sostituire i rilevati con trincee;
   realizzazione di dettagli costruttivi e di interventi di mitigazione per ottimizzare l'inserimento nel paesaggio della nuova strada.

  Il progetto esecutivo, conforme all'accordo sottoscritto il 3 marzo 2011, è, ad oggi, in fase di approvazione.
  Tanto premesso, per quanto attiene alle modalità di acquisizione da parte di ANAS del progetto preliminare e di quello definitivo, è stato riferito che in data 27 dicembre 1994 con delibera n. 339 il SISRI (Consorzio per lo sviluppo industriale e dei servizi reali alle imprese), oggi ASI, ha incaricato la società PROSAL di redigere sia il progetto di massima che quello esecutivo per la realizzazione dell'opera in questione.
  La convenzione sottoscritta il 30 gennaio 2002, con la quale è stata regolamentata l'acquisizione dei progetti da parte di ANAS, aveva previsto che solo dopo aver ottenuto il finanziamento venisse riconosciuta al consorzio SISRI una somma non superiore all'1,5 per cento dell'importo dei lavori come contributo per le attività di progettazione nonché, considerata la complessità dell'intervento, un rimborso spese non superiore allo 0,4 per cento del valore delle opere per le attività cartografiche, le indagini geognostiche e ambientali.
  Nel successivo 2011, la Commissione europea aveva richiesto chiarimenti al nostro Paese circa le modalità di affidamento dei menzionati servizi di progettazione, al fine di accertare eventuali violazioni della normativa comunitaria e, in particolare, del rispetto delle procedure di evidenza pubblica per la scelta del contraente affidatario.
  A seguito delle informazioni fornite da ANAS, dal Ministero delle infrastrutture e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione europea aveva disposto l'archiviazione della pratica.
  Per quanto concerne i ripetuti episodi di sversamento illecito di rifiuti in alcune zone del Salento, è stato sottolineato che in relazione alla forte preoccupazione destata nella popolazione della provincia dalle dichiarazioni rilasciate a suo tempo dal pentito Carmine Schiavone – concernenti, si ricorderà, presunti accordi tra la camorra napoletana e la sacra corona unita per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi nel territorio salentino – la prefettura di Lecce, in data 27 novembre 2013, ha presieduto un incontro, convocato d'intesa con il Presidente della provincia, alla presenza degli assessori regionali all'ambiente e alle attività produttive, del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Lecce, dei dirigenti provinciali di ARPA e del dipartimento di prevenzione dell'ASL, nonché dei sindaci dei comuni che sarebbero stati interessati dai citati episodi illeciti.
  Nel corso dell'incontro, veniva confermato l'impegno da parte della procura a realizzare una precisa mappatura di tali siti – includendovi quelli ulteriori comunque segnalati all'attenzione dello stesso organo inquirente – in costante collaborazione con l'Assessorato regionale all'ambiente. Lo stesso Assessorato, peraltro, aveva manifestato la disponibilità a finanziare eventuali bonifiche, ove fosse risultato necessario a seguito degli esiti delle indagini.
  Nella medesima circostanza, la prefettura di Lecce aveva invitato gli amministratori locali ad esercitare le proprie competenze nei rispettivi territori, provvedendo al ripristino dei luoghi interessati dagli abbandoni dei rifiuti oltre che al controllo delle eventuali aziende edili nello smaltimento degli inerti conformemente alle indicazioni stabilite dalla vigente normativa.
  È stato precisato, altresì, che i rappresentanti delle associazioni di cittadini e dei comitati presenti avevano espresso particolare soddisfazione per il rigore metodologico adottato e dalla sensibilità dimostrata dalle istituzioni pubbliche in tale occasione, dichiarando la loro piena disponibilità a collaborare con tutti gli enti coinvolti per garantire la tutela dell'ambiente e, di conseguenza, il diritto alla salute della popolazione salentina.
  Quale immediato risultato di tale concertazione, è stato riferito, a titolo d'esempio, che proprio la procura, attraverso l'attività delegata alla Guardia di Finanza, in data 3 e 14 aprile 2014, aveva individuato nei territori dei comuni di Tricase e Alessano le due discariche interrate richiamate dagli interroganti, nelle quali venivano rinvenuti rifiuti solidi urbani, ingenti quantità di ritagli di pellame provenienti da industrie calzaturiere, tracce di materiale ferroso e di ritagli tessili, nonché rifiuti ospedalieri e tracce di pneumatici.
  Per tali aree, in particolare, che avrebbero un'estensione esigua (complessivamente 21.400 metri quadrati) rispetto alla intera superficie interessata dal progetto di ammodernamento della strada statale 275, l'autorità giudiziaria ha ipotizzato un reato ambientale (articoli 256-257 del decreto legislativo n. 152 del 2006) e ne ha disposto il sequestro. Le competenti autorità (procura della pubblica di Lecce, guardia di Finanza e agenzia regionale per l'ambiente) stanno proseguendo le indagini a conclusione delle quali dovrebbero essere stabilite le modalità per provvedere alla conseguente bonifica.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   PALESE e CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Avvocatura dello Stato di Palermo, disattendendo di fatto la posizione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (nota 22 settembre 2014, prot. N. 24848 «ravvisata la necessità di prestare acquiescenza alle ordinanze del T.A.R. in maniera uniforme») e dell'Avvocatura generale dello Stato che, a fronte di 5.000 ammissioni decretate dal T.A.R. Lazio ha ritenuto opportuno non proporre appello cautelare, ha proposto appello avverso l'ordinanza del T.A.R. Palermo che ha decretato l'ammissione di «soli» 20 studenti ai corsi di laurea in medicina e chirurgia per l'anno accademico 2014/2015;
   la posizione dell'Avvocatura generale dello Stato si è, invero, dimostrata lungimirante giacché il Consiglio di Stato, in sede consultiva, sezione II, con oltre 50 pareri emessi nelle adunanze dell'8, 22 ottobre e 5 novembre, ha parimenti ammesso all'immediata frequenza dei corsi ulteriori 1.500 studenti, confermando così la correttezza della posizione del T.A.R. Lazio, ritenendo che «il ricorso è assistito dal necessario fumus boni juris, in considerazione dei molteplici precedenti giurisdizionali in tema di anonimato della prova, ivi compreso il parere n. 7690 del 2012 reso da questa sezione nell'Adunanza del 3 luglio 2013, le AA.PP. nn. 26, 27 e 28 del 20 novembre 2013 e l'ordinanza n. 499 del 2014 del C.G.A. Regione siciliana in sede giurisdizionale»;
   nonostante ciò, in data 7 novembre 2014, l'avvocatura distrettuale di Palermo, affermando di agire nell'interesse del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (che però il 22 settembre ha scritto di voler prestare acquiescenza), dell'università di Palermo (che, invece, il 20 novembre ha dichiarato in consiglio di dipartimento di medicina di aver «ufficialmente istituito il canale Spallanzani in data odierna e che sono state fissate le date di lezioni e di appelli», nonché chiarito che «l'Avvocatura dello Stato vieta di fare controricorso, perché sarebbe solo dannoso. La situazione potrebbe cambiare con una sola legge, ma dipende dal Parlamento e la proposta di legge non è stata ancora fatta») e del CINECA, ha proposto appello;
   l'appello proposto, esclusivamente nei confronti di 20 studenti, non è neanche motivato in ragione dell'ingente numero di studenti ammessi a Palermo, giacché l'ateneo sta serenamente ospitando oltre 1.000 matricole, ma, esclusivamente, sulla presunta correttezza della procedura di concorso smentita unanimemente da tutti i giudici uditi sino ad ora;
   trattasi dunque di un gesto ad avviso dell'interrogante inopportuno, oltre che profondamente sbagliato nel merito; inopportuno, perché i ragazzi si sono già iscritti ed hanno rinunciato ad altri corsi di laurea, e, di conseguenza, un eventuale accoglimento del ricorso li porterebbe a perdere un anno. Le famiglie si sono sacrificate comprando libri, pagando le tasse e organizzando la propria vita in ragione di una situazione che sembrava consolidata e che, di fatto, lo è per tutti tranne che per questi 20 studenti;
   senza contare che, stante il fatto che per oltre 4.000 ammessi, i termini per la medesima impugnazione sono scaduti, si dovrà giustificare il motivo per il quale si è deciso di espellerne solo alcuni (20) e non tutti (oltre 5.000). Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che, considerando i precedenti sfavorevoli del Consiglio di Stato e comunque l'oscillante orientamento del massimo organo di giustizia amministrativa, diviso tra l'ammissione soprannumeraria seguita dal Tar e l'annullamento del concorso, l'appello a lezioni oramai da tempo iniziate scontenterebbe tutti, ivi compresi gli aspiranti medici ammessi;
   l'appello è sbagliato soprattutto nel merito, perché le sentenze dei Tar e del Consiglio di Stato in sede consultiva scaturiscono da test, non solo oggetto delle attenzioni della magistratura amministrativa, ma anche di quella penale, per pochi plichi aperti a Bari e altrove e su cui ben cinque procure indagano;
   ci si deve rendere conto una volta per tutte, che il sistema dei test di accesso è sbagliato e ingiusto; le sentenze hanno solo messo in evidenza questa semplice verità di cui il Parlamento e il Governo devono prendere atto, individuando nuove, più efficaci e più eque forme di selezione e di valorizzazione del merito per i ragazzi che si accingono ad intraprendere gli studi di medicina o di altre facoltà;
   è necessario che il Ministro interrogato dia dunque seguito a quanto più volte dallo stesso annunciato, per fare in modo che dal 2015 i test di accesso siano soltanto un brutto ricordo per tanti giovani e per le loro famiglie –:
   se vi sia stata effettivamente una direttiva del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dell'Avvocatura generale dello Stato secondo quanto esposto in premessa, per quali ragioni essa non sia stata osservata a Palermo, e come possa tollerarsi, in una materia tanto delicata e costituzionalmente tutelata come quella del diritto allo studio, una così evidente e intollerabile disparità di trattamento nei confronti di venti giovani siciliani e delle loro famiglie. (4-07101)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede se esiste una nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in cui si ravvisa la necessità di prestare acquiescenze alle ordinanze del TAR del Lazio con cui si ammettono con riserva e in sovrannumero al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia i ricorrenti e, in tale caso, perché la stessa non sia stata osservata dall'avvocatura distrettuale di Palermo.
  L'interrogante domanda, altresì, come si possa tutelare una disparità di trattamento che, ad avviso dell'interrogante, si sarebbe venuta a creare con la proposizione dell'appello cautelare da parte dell'avvocatura distrettuale siciliana nei confronti di 20 giovani della regione Sicilia.
  Si conferma innanzitutto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a seguito di consultazione con l'avvocatura Generale dello Stato, ha deciso di prestare acquiescenza – quindi, di non proporre appello – alle ordinanze del TAR Lazio che hanno ammesso in via cautelare i ricorrenti all'immatricolazione con riserva ed in sovrannumero al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia.
  Detta decisione si è fondata sulle seguenti ragioni di opportunità: lo scrutinio sulla consistenza della posizione dei ricorrenti e sulla fondatezza delle loro pretese richiede un esame approfondito che esula dalla fase dell'appello cautelare e che è proprio esclusivamente della fase di merito. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha, quindi, ritenuto di svolgere, con il patrocinio dell'avvocatura dello Stato, ogni difesa per la fase che riguarda il merito dei ricorsi e, quindi, la ricorrenza del vizio riguardante la violazione del principio dell'anonimato.
  Ciò precisato, si segnala che l'ordinanza cautelare emessa dal T.A.R. siciliano è stata autonomamente appellata dall'avvocatura distrettuale in quanto ictu oculi viziata da incompetenza territoriale – a prescindere, dunque, da ogni eventuale ed ulteriore valutazione sulla fondatezza o meno della pretesa cautela avanzata dei ricorrenti. La pronuncia cautelare del TAR siciliano risulta, infatti, emessa da un giudice non legittimato a decidere su una «graduatoria nazionale», sulla quale legittimato ad esprimersi è il T.A.R. Lazio. Per tale ragione, l'avvocatura distrettuale di Palermo ha interposto appello avverso detta ordinanza deducendo in primis l'incompetenza territoriale del T.A.R. siciliano e in secundis l'errato criterio di determinazione delle spese di lite. Costituendo l'incompetenza territoriale una questione preliminare di rito già sollevata in sede di costituzione in giudizio, l'avvocatura distrettuale di Palermo ha autonomamente impugnato l'ordinanza in questione senza dover acquisire il parere del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Si sottolinea che gli stessi ricorrenti che si sono giovati dell'ordinanza cautelare del T.A.R. siciliano – ora appellata –, hanno proposto anche innanzi al T.A.R. Lazio un ricorso avente lo stesso oggetto.
  In merito alle osservazioni dell'interrogante in ordine ad un paventato ingiusto pregiudizio arrecato dall'appello cautelare intrapreso dall'avvocatura distrettuale di Palermo ai danni di venti ricorrenti de qua, appare opportuna una precisazione di carattere generale: tutti i provvedimenti cautelari emanati nel contenzioso in questione, dai T.A.R. nei ricorsi giurisdizionali e dalla sezione consultiva del Consiglio di Stato nei ricorsi straordinari, hanno efficacia meramente interinale e provvisoria, vincolata, cioè, all'esito della discussione nel merito dei ricorsi. La posizione dei ricorrenti non può, dunque, considerarsi al momento «consolidata», in quanto né il T.A.R. né la sezione consultiva del Consiglio di Stato si sono ancora espressi con sentenza nel merito ovvero hanno pronunciato parere definitivo.
  Si conferma che il Ministero sta lavorando ad una proposta di modifica delle modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia tesa alla valorizzazione del merito.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.


   PISO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 in materia di materia di autonomia di entrata delle regioni, ha trasformato in tributo regionale l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, istituita dalla legge 21 dicembre 2000, n. 342;
   nel dicembre 2012 la conferenza delle regioni (doc 12/175/CR5a/C2), ha dettato regole comuni sull'IRESA (imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili) «al fine di favorire l'uniformità di disciplina nelle regioni ordinarie ed evitare che elementi operativi o di dettaglio possano condurre a discriminazioni tra le diverse regioni..»; la relativa tabella 3 prevede un range di aliquote;
   inoltre, «al fine di evitare effetti distorsivi della concorrenza tra gli scali aeroportuali e di promuovere l'attrattività del sistema aeroportuale italiano» il comma 15-bis dell'articolo 13 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (cosiddetto Destinazione Italia) ha stabilito che nella «...definizione della misura dell'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili civili (IRESA), il valore massimo dei parametri delle misure IRESA non può essere superiore a euro 0,50»;
   sia la regione Lazio che la regione Lombardia hanno introdotto l'IRESA, tra le generali proteste degli operatori turistici; tuttavia, l'elemento di maggiore sconcerto deriva dal fatto che la regione Lazio ha applicato un'aliquota esorbitante: un aeromobile di medio raggio (esempio Airbus 320) è soggetto ad una tassa sul rumore di circa 14 euro a volo a Milano e di 267 euro a Roma (il 1907 per cento in più); un aeromobile di lungo raggio (esempio Boeing 777) paga circa 69 euro a Milano e ben 1.257 euro a Roma (il 1712 per cento in più); su un Boeing 777 a Fiumicino si pagano 1.257 euro per ogni atterraggio e decollo, rispetto ai 69 euro di Malpensa;
   l'IBAR, l'associazione con 104 vettori associati che rappresenta più dell'85 per cento del trasporto aereo in Italia, ha inviato in questi giorni una lettera all'Autorità per i trasporti sostenendo che le differenze applicative tra Lazio e Lombardia sono al di là di ogni ragionevole soglia e che l'imposta «invece di essere utilizzata per realizzare opere di mitigazione dell'impatto acustico a Fiumicino e Ciampino, ... viene di fatto usata per il 90 per cento dalla regione Lazio per ripianare il proprio deficit di bilancio»;
   secondo i calcoli resi noti da Assaereo, nel complesso la nuova imposta avrà un impatto di 37 milioni di euro nel 2013 e di 55 milioni di euro 2014; secondo quanto emerge dall'ufficio studi di Federviaggio le compagnie aeree che operano negli scali romani avranno un impatto di circa 5 euro per passeggero per viaggi nel medio raggio e di oltre 2 euro per viaggi nel breve raggio;
   l'interrogante registra: un federalismo mal regolato e incurante degli stessi limiti posti dalla legge n. 42 del 2009 nella parte che impone il coordinamento tra i soggetti impositori e la fissazione limiti massimi di imposizione complessiva; le decisioni della Corte Costituzionale che hanno assicurato agli enti decentrati la massima libertà in termini impositivi; la finanziaria regionale 2013 della nuova giunta Zingaretti, che ha fissato, per motivi di copertura di bilancio, l'IRESA a livelli elevatissimi arrecando un danno al turismo e all'immagine della regione –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione a quanto sopra esposto e se intendano assumere iniziative normative volte a evitare gli effetti distorsivi di cui in premessa, se del caso rendendo più stringenti i limiti alla determinazione delle aliquote dell'Iresa. (4-05425)

  Risposta. — Si dà riscontro all'interrogazione in esame con la quale si chiede di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione alla introduzione dell'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (cosiddetta IRESA) nella regione Lazio e se intendano assumere iniziative normative volte ad evitare gli effetti distorsivi di cui in premessa, rendendo più stringenti i limiti alla determinazione delle aliquote dell'IRESA.
  A tal riguardo, si premette, in ordine al quadro normativo dell'imposta in argomento, quanto segue.
  L'IRESA è stata istituita, con decorrenza dal 2001, dalla legge n. 342 del 2000 (articoli 90-95), ai sensi della quale, in sintesi, viene previsto:
   quale presupposto di imposta ogni atterraggio e decollo dell'aeromobile civile negli aeroporti civili;
   quale soggetto passivo dell'imposta l'esercente dell'aeromobile;
   quale soggetto attivo, le regioni e le province autonome, che possono aumentare fino al 15 per cento gli importi in ragione del fatto che i decolli o gli atterraggi avvengano nelle maggiori fasce di utilizzazione degli aeroporti, oltre a poter aumentare in base all'incremento dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per la collettività nazionale;
   la destinazione prioritaria del gettito al completamento dei sistemi di monitoraggio e disinquinamento acustico ed all'eventuale indennizzo delle popolazioni residenti in aree facenti parte dell'intorno aeroportuale;
   la determinazione delle misure dell'imposta in ragione delle diverse classi degli aeromobili commisurate al tonnellaggio degli stessi e correlati al tipo di propulsione (elica, subsonica con e senza certificazione acustica eccetera);
   il rinvio delle disposizioni applicative a regolamenti ministeriali.

  Successivamente, nel contesto dell'impianto federalista delineato dalla legge delega n. 42 del 2009, il decreto legislativo n. 68 del 2011 ha espressamente disposto, all'articolo 8, «Ferma la facoltà delle regioni di sopprimerli, a decorrere dal 1o gennaio 2013 sono trasformati in tributi propri regionali...» una serie di tributi, tra i quali l'IRESA.
  Pertanto, la regione Lazio, avvalendosi della predetta facoltà ha istituito l'IRESA, quale tributo proprio regionale, con decorrenza dal 1o maggio 2013, (articolo 5 della legge regionale 29 aprile 2013, n. 2), prevedendo:
   il medesimo presupposto di imposta e i medesimi soggetti previsti dalla citata norma statale n. 342 del 2000;
   esenzioni più ampie;
   la misura dell'imposta avuto riferimento al peso massimo dell'aeromobile al decollo (da 1,80 euro a 2,50 euro per tonnellata) in conformità a quanto previsto da uno schema tipo di legge regionale approvato unilateralmente dalla conferenza delle regioni il 6 dicembre 2011;
   la destinazione del gettito per il 10 per cento al trasferimento in conto capitale e/o spesa corrente ai comuni che ricadono nelle zone circostanti agli aeroporti, come indennizzo alla popolazione ivi residente.

  Successivamente, a seguito di specifica segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 20 agosto 2013, con la quale sono stati segnalati effetti distorsivi sulla concorrenza a seguito dell'applicazione non uniforme dell'IRESA sul territorio nazionale da parte delle varie regioni, è stato introdotto l'articolo 13, comma 15-bis, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145; norma questa che, proprio al fine di «evitare effetti distorsivi della concorrenza fra scali aeroportuali e di promuovere l'attrattiva del sistema aeroportuale italiano», ha stabilito il valore massimo dell'imposta nella misura di 0,50 euro e la rimodulazione del tributo in base alla distinzione tra voli diurni e notturni e alle peculiarità urbanistiche delle aree prospicienti i singoli aeroporti.
  La regione Lazio, a sua volta, ha impugnato la disposizione normativa contenuta nel decreto-legge n. 145 del 2013, ritenendo che fosse stata invasa una materia, quale quella del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, riservata, ai sensi dell'articolo 117, comma 3 della Costituzione, alla competenza legislativa concorrente e che fosse stato arrecato un grave vulnus all'autonomia finanziaria regionale, garantita dall'articolo 119, commi 1 e 2 della Costituzione.
  Inoltre, la stessa regione si è lamentata della irragionevolezza e contraddittorietà della norma statale che, nel fissare una misura massima così bassa – quale quella di 0,50 euro – avrebbe, a suo parere, svuotato di contenuto l'imposta.
  Ciò premesso, nel richiamare quanto già rappresentato dal Ministero dell'economia e delle finanze in occasione della difesa della norma statale impugnata dalla regione Lazio, si evidenzia che seppure l'IRESA, per effetto di quanto disposto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 68 del 2011, abbia assunto la natura di tributo regionale, in realtà, non sia assimilabile al cosiddetto «tributi propri istituiti» dalle regioni stesse, previsti dalla legge delega n. 42 del 2009.
  Ed infatti, i tributi ai quali si riferisce il richiamato articolo 8, seppur disciplinati dalla normativa regionale, restano, pur sempre, forme di imposizione introdotte dalla legislazione statale.
  Conseguentemente, la facoltà rimessa alle regioni di ridisegnare i predetti tributi, non li sottrae da un obbligo di sostanziale coerenza con la normativa istitutiva del tributo, in relazione agli elementi essenziali quali la soggettività passiva, il presupposto d'imposta, la misura massima delle aliquote, nonché dall'obbligo del rispetto del principio di ragionevolezza. Principi, questi, fissati dal legislatore statale nella materia di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario nella quale rientra il tributo in argomento.
  Peraltro anche dalle pronunce della Corte costituzionale emerge l'orientamento che ritiene i tributi regionali di cui al citato articolo 8 di carattere proprio derivato e non proprio istituito; conseguentemente, le regioni non possono modificarne gli elementi essenziali (quali presupposto e soggetti d'imposta) e sono tenuti a mantenere aliquote ed agevolazioni nei minimi di legge (v. sentenza n. 288 del 2012).
  Inoltre, sempre nel difendere la legittimità della norma, lo scrivente Ministero ha evidenziato i profili di carattere comunitario dell'articolo 13, comma 15-bis del decreto-legge n. 145 del 2013, considerato che i limiti ai poteri di intervento delle regioni sull'IRESA sono stati introdotti proprio al fine di rimuovere gli effetti distorsivi sulla concorrenza denunciato dall’Antitrust. Di qui la piena legittimità dell'intervento statale imposto dal principio di supremazia del diritto comunitario.
  Infine, considerato che la norma ordinaria con la quale è stato realizzato quest'ultimo intervento è di pari rango rispetto alla norma che ha precedentemente aveva «regionalizzato» alcuni tributi (il citato decreto legislativo n. 68 del 2011), tra i quali l'IRESA, si può legittimamente ipotizzare, in carenza di criticità sul piano della gerarchia delle fonti, una deroga implicita della disposizione che aveva regionalizzato il predetto tributo, con incompatibile con l'intervento normativo del 2013.
  Peraltro, si evidenzia che già prima del decreto-legge n. 145 del 2013, il Ministero dell'economia e delle finanze aveva segnalato l'eccessiva onerosità delle tariffe IRESA applicate dalla regione Lazio, tanto che sono state attivate presso il dipartimento affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri dei tavoli di confronto con la regione stessa.
  In tali occasioni la regione, nel prendere atto dei rilievi mossi, anche con la segnalazione dell’Antitrust, si era impegnata nel contesto di «leale cooperazione» ad una riconsiderazione delle norme criticate, che, tuttavia, non è mai avvenuta.
  Alla luce di quanto sin qui esposto, le auspicate iniziative normative volte ad evitare i lamentati effetti distorsivi – ed in particolare quelli provocati dalle disposizioni normative introdotte dalla regione Lazio – paiono, invero, già state adottate.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanzeEnrico Zanetti.


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 91 del 2014, convertito con modificazioni nella legge n. 116 del 2014 – il cosiddetto decreto competitività – ha soppresso tutte le soglie dimensionali previste all'Allegato IV del decreto legislativo 152 del 2006, parte II, per l'accesso alla procedura di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale;
   inoltre il decreto competitività ha stabilito che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare emani un decreto, attualmente in fase di stesura, con i nuovi criteri per la sottoposizione valutazione di impatto ambientale che tengano conto di quanto prescritto dall'allegato V del Codice dell'ambiente, e in particolare dell'impatto cumulato degli impianti, della densità abitativa, dell'eventuale presenza di aree protette;
   il combinato disposto tra la soppressione e il ritardo nell'emanazione del suddetto decreto sta comportando di fatto che ogni progetto di qualsiasi dimensione: dall'impianto fotovoltaico da 2 kw alla caldaia; dalla biomasse da 10 kWth all'eolico da 50 kW; dall'inceneritore di rifiuti al termocamino a pellet, dovranno ora essere soggetti, prima dell'autorizzazione, ad una esigente procedura ambientale del tutto sproporzionata all'entità del progetto stesso;
   questo grido d'allarme arriva dall'associazione FREE che denuncia: «...che progetti il cui costo era di poche migliaia di euro ora saranno gravati da procedure amministrative che costeranno tre/quattro volte più dell'impianto (...) e che migliaia di progetti saranno abbandonati ancora prima di essere concepiti, centinaia di milioni di euro di investimenti (nel solo FV senza incentivi sono stati promossi nel 2014 progetti per circa un miliardo di nuovi investimenti e 800 MW di nuova potenza installata) andranno persi...»;
   questa nuova procedura non interessa, però, solo le fonti rinnovabili ma anche ad esempio: progetti di irrigazione e drenaggio dei suoli agricoli, il cambiamento d'uso dei suoli non coltivati ad uso agricolo intensivo, gli impianti per allevamento, la ricomposizione fondiaria; i gasdotti; gli impianti industriali per una grandissima varietà di tecnologie ed applicazioni; caseifici, birrifici, impianti di fabbricazione di pannelli, cellulosa; derivazioni acque, strade, acquedotti, canalizzazioni e bonifiche, porti turistici; elettrodotti aerei privati; villaggi turistici, alberghi, stoccaggi prodotti petroliferi – come un serbatoio di gasolio a servizio di una caldaia – terreni di campeggio... e tutto questo senza soglia di dimensione minima –:
   quali siano i motivi per cui ad oggi ancora non è stato emanato il suddetto decreto e se non si intenda, intervenire perché nello stesso vengano coniugati i criteri di proporzionalità con la giusta attenzione alla specificità di ogni progetto calandolo nel suo reale contesto senza inserire complessi e farraginosi meccanismi burocratici che di fatto finiscono per bloccare centinaia di progetti. (4-07126)

  Risposta. — Il decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, all'articolo 5, ha introdotto disposizioni che modificano il decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di VIA, finalizzate a superare le censure formulate dalla Commissione europea nell'ambito delle procedure di infrazione n. 2009/2086 e n. 2013/2170, avviate per la non conformità delle normative vigenti nell'ordinamento italiano alla normativa dell'Unione europea (direttiva 2011/92/UE).
  In particolare, il citato articolo 15 – al comma 1, lettera c) – ha previsto l'adozione (previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia) di un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per i profili connessi ai progetti di infrastrutture di rilevanza strategica per la definizione dei criteri e delle soglie da applicare, in via generale ed astratta, per l'assoggettamento dei progetti di cui all'allegato IV alla parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006 alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, nonché delle modalità per l'adeguamento, da parte delle regioni, dei suddetti criteri e soglie alle specifiche situazioni ambientali e territoriali; il tutto con l'espresso vincolo di conformità ai criteri dell'allegato V alla parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006 (corrispondenti a quelli stabiliti nell'allegato III alla direttiva UE).
  Lo stesso articolo 15, comma 1, lettera d), sostituendo il comma 9 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha previsto la «salvaguardia» di «quanto disposto nell'allegato IV», al contempo stabilendo espressamente che le «soglie» fissate in tale allegato dovranno considerarsi «integrate» dalle disposizioni contenute nel decreto ministeriale di attuazione della disposizione precedente, ovviamente a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.
  Per rendere immediato ed effettivo il riallineamento del diritto interno al diritto UE, nella citata disposizione dell'articolo 15, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 91 del 2014, è stata prevista fino alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale, un'apposita norma transitoria contenente i nuovi criteri e soglie per l'assoggettamento dei progetti alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA. Tale procedura deve sempre essere effettuata caso per caso per tutti i progetti compresi nell'allegato II della direttiva UE, «sulla base dei criteri stabiliti nell'allegato V» alla parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006 (come detto, corrispondenti a quelli stabiliti nell'allegato III alla direttiva UE).
  Grazie a questa disciplina transitoria, dunque, la situazione normativa italiana risulta, già oggi, uniforme su tutto il territorio nazionale e pienamente conforme al diritto UE.
  Il decreto, è stato prontamente predisposto dai competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed ha acquisito lo scorso 28 ottobre, il prescritto concerto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. È stato trasmesso il successivo 30 ottobre alla Presidenza del Consiglio dei ministri, segreteria della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per l'acquisizione dell'intesa. In data 20 novembre si è tenuta una riunione a livello tecnico presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel corso della quale sono state presentate e discusse le osservazioni allo schema di decreto fatte pervenire dalla conferenza delle regioni e delle province autonome.
  Allo stato attuale si prevede che l'intesa possa essere formalmente deliberata nella riunione politica della conferenza Stato-Regioni del prossimo 18 dicembre e, a quel punto, lo schema di decreto potrà essere trasmesso alle Commissioni parlamentari per l'acquisizione del prescritto parere.
  Quanto al regime transitorio da applicarsi nelle more dell'entrata in vigore del decreto di cui sopra, la disposizione legislativa appositamente prevista allo scopo implica che, allo stato attuale, le soglie fissate per le singole categorie progettuali dall'allegato IV alla parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006, ove previste, non sono più applicabili in quanto tali, e che, conseguentemente, la procedura di assoggettabilità a VIA deve essere effettuata unicamente a seguito di un esame «caso per caso» condotto su ciascun progetto ricadente nelle categorie elencate nell'allegato IV sulla base dei criteri individuati nell'allegato V, indipendentemente dalle eventuali soglie dimensionali già fissate dalla normativa statale e regionale, come pure dagli eventuali criteri previsti nella vigente normativa regionale che limitano il campo di applicazione della medesima procedura.
  Si è pienamente consapevoli, peraltro, degli inevitabili impatti, seppur transitori, che tale situazione normativa determina sulle amministrazioni competenti e sulle imprese. Si tratta, però, di un «prezzo» necessario, imposto dall'esigenza di consentire la immediata chiusura delle procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea, giacché il mantenimento delle soglie, in attesa dell'emanazione del decreto ministeriale, non avrebbe garantito, da solo, la corretta applicazione della direttiva VIA (2011/92/UE) in quanto non si sarebbe tenuto conto di tutti i criteri riportati nell'allegato III della direttiva medesima (e quindi di tutti i criteri dell'allegato V alla parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006).
  La piena consapevolezza della necessità di ridurre al minimo gli aggravi procedimentali del regime transitorio, ha spinto gli uffici del Dicastero ad elaborare due strumenti specificamente finalizzati allo scopo.
  In primo luogo, nel testo dello schema di decreto ministeriale, all'articolo 4, comma 2, è stata inserita una specifica disposizione di diritto intertemporale con la quale si stabilisce che «le allegate Linee Guida si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto», consentendo espressamente che tutti i procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA avviati ed espletati secondo l'approccio «caso per caso» e non ancora conclusi al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina, possano essere definiti facendo applicazione di quest'ultima.
  In secondo luogo, è stata predisposta un'apposita «Nota esplicativa sul regime transitorio in materia di verifica di assoggettabilità a VIA introdotto dall'articolo 15 del decreto-legge n. 91 del 2014», da adottarsi, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997, nelle forme dell'accordo tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano in sede di Conferenza Stato-Regioni. Sul testo della proposta è già stato acquisito il consenso informale della Conferenza delle regioni e delle province autonome e ciò consente di prevedere che l'accordo possa essere formalizzato ufficialmente nella stessa riunione politica della Conferenza Stato-Regioni del prossimo 15 dicembre.
  In ultimo, riguardo ai timori espressi dall'interrogante circa la previsione nel provvedimento in parola di complessi e farraginosi meccanismi burocratici, corre l'obbligo di segnalare che il lavoro svolto dall'amministrazione si è orientato in senso diametralmente opposto, e che si ritiene di aver correttamente coniugato i criteri di proporzionalità con la giusta attenzione alla specificità di ogni progetto, come risulterà dall'esame del provvedimento una volta licenziato dalla Conferenza Stato-regioni e inoltrato alle Commissioni parlamentari per l'acquisizione del prescritto parere.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Oasi urbana WWF «LA BULA», sito nel comune di Asti in località la Boana, compresa tra la riva destra del fiume Tanaro, il corso Savona e la ferrovia Asti-Castagnole Lanze, è una ex cava recuperata grazie ad un innovativo progetto di ingegneria naturalistica che ha trasformato l'intera area, un tempo in stato di totale degrado, in un paradiso per gli uccelli acquatici. Oggi l'area che consta di circa 20 ettari di territorio, caratterizzato da stagni, laghetti, isolotti, lanche e canneti, è culla di biodiversità per la nidificazione di uccelli migratori e stanziali;
   la Bula fa parte del sito di importanza comunitaria (SIC) «Stagni di Belangero» il quale, a sua volta, estendendosi per 591 ettari lungo la valle del Tanaro, rappresenta una preziosa stazione di sosta e svernamento per le specie migratrici. In loco sono state censite 128 specie di uccelli di cui 23 inserite nell'allegato I della direttiva 79/409 «Uccelli»;
   il grande successo naturalistico di Bula è oggetto di studi naturalistici, tesi di laurea e progetti finalizzati al miglioramento ambientale di siti compromessi dall'invasiva attività dell'uomo. Inoltre, data la vicinanza con il centro abitato di Asti, l'Oasi è diventata punto di riferimento del territorio astigiano per le attività didattiche, i «laboratori» di educazione ambientale e le visite naturalistiche, richiamando, per le numerose specie di uccelli presenti, molti appassionati di birdwatching e fotografi;
   purtroppo, come è anche emerso da articoli di stampa, l'Oasi è quotidianamente minacciata da attività illecite quali bracconaggio, pesca di frodo e sversamento illegale di rifiuti, anche tossico-nocivi come l'ondulina in fibra di amianto. I volontari e i simpatizzanti dell'associazione ambientalista WWF, che in convenzione con l'Ente Parchi Astigiani gestisce l'Oasi, trascorrono più tempo nella rimozione dei rifiuti, nell'installazione di barriere e nel controllare bracconieri e pescatori di frodo che per le loro attività istituzionali quali il censimento degli uccelli, il monitoraggio della flora e della fauna, la documentazione fotografica dell’habitat, la manutenzione dei camminamenti e dei percorsi, le visite guidate di gruppi e scuole e i laboratori educativi;
   i numerosi esposti, denunce e segnalazioni, presentate dai gestori del sito alle autorità competenti, per richiedere un loro intervento per tentare di arginare questi fenomeni illeciti, non hanno conseguito grandi risultati –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per garantire la sicurezza dell'Oasi la Bula, patrimonio naturalistico non solo del territorio astigiano ma dell'intero Paese. (4-06131)

  Risposta. — L'oasi «La Buia», sita in comune di Asti, occupa, sulla destra idrografica del fiume Tanaro, una superficie di circa 20 ettari all'interno del sito di interesse comunitario (SIC) «Stagni di Belangero».
  Nata nel 1990 da un progetto di recupero di una ex cava, attraverso la creazione di laghetti idonei alla vita di numerose specie di uccelli, tra cui l'Airone rosso (Ardea purpurea) ed anfibi, come il Pelobate fosco (Pelobates fuscus), trovandosi a pochi chilometri dal centro di Asti risulta essere un sito ideale per la didattica ambientale, senza contare che potrebbe costituire addirittura un richiamo turistico di non trascurabile importanza.
  Tuttavia, a monte e a valle dell'oasi sono localizzati due dei cinque campi nomadi insediati intorno al capoluogo, dediti prevalentemente alla raccolta e trasporto di rifiuti in forma più o meno legale; in particolare il campo nomadi sito più a valle dell'oasi, su terreno acquistato dai nomadi stessi, è del tutto abusivo e crea non pochi problemi di abbandono e combustione di rifiuti.
  Per tale motivo, oltre ai controlli interforze coordinati dalla questura di Asti, l'ufficio competente del Corpo forestale dello Stato pratica con continuità la sorveglianza, come previsto dall'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, quale sito appartenente alla rete Natura 2000.
  Al riguardo, è stato riferito dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che negli ultimi mesi sono state inoltrate tre notizie di reato alle autorità giudiziarie competenti: la prima a carico di ignoti per il deposito incontrollato di rifiuti (rappresentati prevalentemente da pneumatici), mentre le altre due violazioni per la combustione di rifiuti di varia natura ad opera di due donne di etnia Rom, una colta in flagranza di reato, l'altra individuata a seguito di indagini.
  Per quanto evidenziato, per limitare l'accesso di automezzi che scaricano rifiuti in maniera incontrollata, si è ritenuto possibile ed opportuno, d'intesa con il responsabile dell'oasi, di eliminare l'unica rampa utile all'accesso nell'area. A tale scopo è stato trasmesso dal Corpo forestale dello Stato all'agenzia Interregionale per il Fiume Po (AIPO) un rapporto amministrativo contenente la dettagliata descrizione della problematica.
  L'AIPO, in merito alla sua competenza, ha provveduto alla installazione di due sbarre per impedire il transito sulla sommità arginale (una delle quali è stata successivamente rinvenuta manomessa ad opera di ignoti).
  È stato riferito, altresì, dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che a nord dell'oasi, sempre lungo la sponda destra del Tanaro, è presente uno stabilimento industriale parzialmente in disuso, con copertura di amianto in cattivo stato di manutenzione. Il Comando provinciale del Corpo forestale dello Stato di Asti ha trasmesso al comune di Asti il rapporto amministrativo prodromico al coinvolgimento dell'ARPA e del competente servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (S.pre.S.A.L.) per quanto di rispettiva competenza.
  Per quanto concerne l'esercizio della pesca abusiva praticata dai ragazzi minorenni del campo nomadi, il Corpo forestale dello Stato ha suggerito, tramite i servizi sociali del comune, di organizzare in qualche aspetto della gestione dell'oasi, attività di gioco e visite didattiche di carattere ambientale.
  Relativamente al pascolo abusivo, il Corpo forestale dello Stato ha individuato recentemente l'allevatore responsabile dei fenomeni all'interno del SIC, al quale sono presumibilmente da addebitare la rimozione di parte delle recinzioni e delle sbarre poste dal comune a protezione dell'area.
  Inoltre, sempre a cura del Corpo forestale dello Stato, è stata suggerita l'opportunità di realizzare sull'argine, previa autorizzazione dell'AIPO, una pista ciclabile. L'alzaia è, infatti, particolarmente gradevole dal punto di vista paesaggistico e potrebbe far parte del progetto ciclabile Alba-Asti, lungo il Tanaro, già a tratti realizzata.
  Nel corso di un recente incontro, avvenuto lo scorso 22 settembre, presso l'assessorato all'ambiente del comune di Asti, in cui ha partecipato anche il comando provinciale del Corpo forestale dello Stato, è stata affrontata la vulnerabilità dell'area e discusso circa le possibili soluzioni di tutela adottabili, ivi compresa una possibile videosorveglianza.
  Infine, nell'ambito della creazione di un centro polifunzionale all'interno di uno dei campi rom, il Corpo forestale dello Stato, con lo scopo di effettuare interventi mirati in materia di educazione ambientale e gestione corretta dei rifiuti, ha aderito ad un progetto a cui partecipano anche la prefettura e il comune di Asti.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   RONDINI, GRIMOLDI e FEDRIGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione in medicina si è svolto dal 28 al 31 ottobre 2014, in più di 400 sedi differenti in tutta Italia;
   il concorso era strutturato in questo modo: il 28 ottobre era prevista la prova comune composta da 70 quesiti di medicina (argomenti clinici e pre-clinici);
   il 29, 30 e 31 i candidati dovevano svolgere una prova composta da 30 quesiti di macroarea (medica, chirurgica e dei servizi clinici) uguali per tutti i candidati, seguita da una prova composta da 10 quesiti di area specialistica, differenti per ogni scuola. Ciascun candidato poteva scegliere fino a due scuole per ogni area;
   già dal primo giorno, come evidenziato da numerosi articoli e testimonianze dirette di partecipanti al concorso, sono emerse varie criticità:
    a) mancato rispetto delle procedure concorsuali previste nel bando in merito all'assegnazione dei posti a sedere, messo in alcuni casi a verbale;
    b) allestimento non idoneo delle sedi in cui si è svolta la prova. Diversi candidati hanno segnalato pc non adeguatamente distanziati, tastiere a disposizione dei candidati, collegamento alla rete internet dei pc;
    c) controlli non uniformi, pertanto non adeguati, su tutto il territorio nazionale. In alcune sedi è stato possibile introdurre telefoni cellulari, come testimoniato da alcune foto circolanti su internet. Si segnala anche che in alcune aule è stato concesso ai candidati di abbandonare la postazione durante l'espletamento della prova per andare in bagno, ciò in violazione di quanto statuito dal bando;
    d) mancanza di linee guida in merito alla risoluzione di criticità intervenute durante lo svolgimento della prova. In una sede, in seguito ad un blackout, i candidati hanno ripetuto la prova a distanza di due ore, quindi non più contemporaneamente alle altre sedi nazionali, e dopo averne già visualizzato il contenuto;
    e) tutte le suddette segnalazioni dimostrano l'assenza di garanzia di condizioni paritarie fra tutti i candidati su tutto il territorio nazionale nello svolgimento delle prove, con conseguente possibilità, in alcune aule d'esame, di interazione fra gli stessi;
    f) tutte le irregolarità sopra esposte hanno immediatamente allarmato i concorrenti a livello nazionale, dando il via a segnalazioni indirizzate al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in seguito alle quali, il secondo giorno di prove, è stata inviata una circolare, letta a tutti i candidati, in cui si chiedeva un controllo più rigoroso da parte dei vigilanti e responsabili d'aula;
    g) l'irregolarità più eclatante tuttavia si è manifestata in data 1° novembre 2014, quando il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con un comunicato stampa ufficiale affermava che, a seguito dei controlli di ricognizione finali sullo svolgimento dei test, era stata rilevata una grave anomalia nella somministrazione delle prove scritte del 29 e 31 ottobre che riguardavano rispettivamente le scuole dell'area medica e quelle dell'area dei servizi clinici; il Cineca, il consorzio interuniversitario incaricato di somministrare i test, tramite lettera ufficiale inviata al Ministero la sera del 31 ottobre 2014, aveva ammesso «un errore nella fase di codifica delle domande durante la fase di importazione» di queste ultime nel data-base utilizzato per la generazione dei quiz;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, quindi, preso atto di quanto accaduto, stabiliva di annullare e ripetere le prove oggetto dell'errore determinato dal Cineca, ovvero i 30 quiz comuni all'area medica e i 30 quiz comuni all'area dei servizi clinici fissando allo scopo la data del 7 novembre. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca comunicava inoltre che il 3 novembre il Ministro Giannini avrebbe firmato apposito decreto;
   in data 3 novembre 2014, tuttavia, il Ministro Giannini non firmava alcun decreto ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ribaltava la propria decisione annunciando, con un secondo comunicato stampa, che le prove per l'accesso alle scuole di specializzazione in medicina del 29 e 31 ottobre non si sarebbero più dovute ripetere, avendo trovato una soluzione in grado di salvare i test;
   a seguito di un consulto con la Commissione nazionale, incaricata prima del concorso per validare le domande del quiz, nonché con l'Avvocatura di Stato, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca decideva che 28 quesiti su 30 proposti ai candidati sia per l'area medica (29 ottobre) che per quella dei servizi clinici (31 ottobre) erano comunque da ritenersi validi ai fini della selezione, poiché i settori scientifico-disciplinari di ciascuna area erano in larga parte comuni. Pertanto procedeva con la neutralizzazione di solo due domande per area;
   contrariamente a quanto affermato nel comunicato, tale decisione non ha tuttavia salvato la bontà del test, alterando invece la graduatoria in maniera sostanziale;
   non si comprende come mai inizialmente la decisione fosse quella di far ripetere le due prove invertite, basata sulla considerazione che i quesiti appartenessero a due aree differenti, come da bando, mentre con un giudizio a posteriori, la commissione nazionale ha ritenuto i quesiti delle due aree sovrapponibili, ad esclusione di 2 domande per ciascuna area. Peraltro individuate su criteri ancora ignoti;
   la neutralizzazione delle due domande, avvenuta attribuendo 1 punto per ciascuna, ha stravolto interamente la graduatoria, uniformando il punteggio dei candidati. Giova ricordare che inizialmente era attribuito 1 punto per ogni risposta corretta, 0 punti per la risposta non data e 0,3 per ogni risposta errata. Uniformare il punteggio dei candidati ha determinato secondo gli interpellanti una illegittimità che va contro il merito degli stessi. In questo modo coloro che avevano fornito le risposte sbagliate hanno avuto un vantaggio superiore rispetto a chi aveva risposto correttamente;
   si aggiunga che non è dato sapere quali membri della commissione nazionale hanno partecipato a tale valutazione;
   non è noto se il provvedimento di neutralizzazione dei quesiti, adottato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, necessiti di atto ministeriale ufficiale, non essendo stata emanata al momento alcuna disposizione ufficiale, ad eccezione del comunicato stampa sopra menzionato;
   a seguito di segnalazioni inviate, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha provveduto a neutralizzare ulteriori due quesiti, appartenenti alle prove specialistiche di malattie dell'apparato cardiovascolare e endocrinologia e malattie del ricambio, ad avviso degli interpellanti determinando anche qui un'illegittimità contro il merito;
   la prova che ciascun candidato ha svolto e che può scaricare in formato PDF dal sito www.universitaly.it, risulta essere sostanzialmente modificata, poiché riporta non più le risposte realmente fornite dal candidato durante lo svolgimento della stessa, ma quelle corrette ovvero neutralizzate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Appare chiaro che, ove non esistesse più un file originale non modificabile della prova svolta dal candidato, si perderebbe la certezza dell'inalterabilità della prova concorsuale, per eventuale manomissione o contraffazione operata da soggetti terzi;
   molti dei quesiti a cui sono stati sottoposti i candidati, risultano essere quantomeno dubbi e fuorvianti, lasciando ampio spazio ad interpretabilità in merito alle possibili risposte selezionabili. In alcuni casi è possibile che più di una risposta risulti corretta, ovvero quella ritenuta ufficialmente corretta non sia in realtà tale. Dilemma che sarebbe stato evitato mediante l'indicazione di una bibliografia di riferimento, come disposto dal decreto ministeriale 30 giugno 2014, n. 105, articolo 2, comma 1;
   il punteggio medio della prima giornata di prove, in alcune sedi risulta discostarsi enormemente dalla media dei punteggi nazionali, sollevando il legittimo sospetto di svolgimento non regolare della prova da parte dei candidati di tali sedi;
   i partecipanti, con ulteriori segnalazioni, hanno messo in luce un'organizzazione superficiale, lacunosa e poco trasparente del concorso:
    a) la comunicazione di sedi e orari del concorso è avvenuta oltre il termine previsto dal bando (almeno 20 giorni prima dell'inizio del concorso);
    b) la mancanza della comunicazione nei tempi adeguati del numero di concorrenti iscritti. Il numero totale dei candidati, infatti, è stato pubblicato solo il giorno di inizio del concorso. Il numero dei candidati per ciascuna scuola non è stato mai comunicato se non al momento della pubblicazione delle prime graduatorie;
    c) al momento non è noto se siano state poste in essere le dovute verifiche, capillari e non a campione, delle autocertificazioni riguardanti le tesi di laurea sperimentale e i voti che ciascun candidato ha dichiarato per ciascuna materia. Tali parametri sono stati considerati per l'attribuzione dei punteggi per il curriculum individuale, risultando determinanti per l'elaborazione della graduatoria;
    d) il software utilizzato per la prova concorsuale, presenta presumibilmente un'anomalia per cui era possibile modificare inavvertitamente e involontariamente la risposta fornita ai quesiti, cliccando in un punto differente dello schermo rispetto a quello ove doveva apporsi la spunta di selezione (in gergo «radio») modificando in questo modo la scelta del candidato;
    e) l'elevato numero delle sedi individuato non ha garantito omogeneità nei controlli dei candidati da parte del personale preposto. Nell'elenco fornito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca compaiono 169 sedi per un totale di 442 aule. Inoltre, altre sedi sono state designate per lo svolgimento del test pur non comparendo in tale elenco –:
   se il Ministro alla luce dei fatti esposti non intenda:
    a) tutelare il totale dei candidati del concorso nazionale, poiché tutti indistintamente sono stati lesi dalle numerose irregolarità elencate e pertanto hanno diritto a ricevere delle borse di specializzazione in sovrannumero, come forma risarcitoria;
    b) distribuire le risorse aggiuntive di medici nei policlinici universitari e nei presidi ospedalieri territoriali, in linea con l'articolo 43 del decreto-legge n. 368 del 17 agosto 1999, nel rispetto degli standard formativi e garantendo un «tronco comune» tra gli atenei ed il territorio, secondo l'articolo 2 del decreto ministeriale sul riassetto delle scuole di specializzazione di area sanitaria, 1° agosto 2005;
    c) implementare il numero dei contratti di formazione specialistica, in linea con gli standard dei Paesi europei, secondo l'articolo 14 della carta dei diritti Fondamentali dell'Unione europea e l'articolo 4 della Costituzione italiana;
    d) rivisitare e rielaborare il bando per l'ammissione alle scuole di specializzazione in medicina del decreto ministeriale n. 612 del 8 agosto 2014, correggendo le irregolarità emerse e conservando la «nazionalità» del concorso, a tutela dei futuri medici abilitati ed in nome del concetto di meritocrazia. (4-07523)

  Risposta. — L'interrogazione in esame pone una serie di quesiti riguardo alle modalità di svolgimento del concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione in medicina.
  Si precisa preliminarmente che le prove si sono svolte in 117 sedi e in 456 aule ed hanno coinvolto complessivamente 11.712 candidati nella prova del 28 ottobre; 10.444 nella prova del 29; 6.986 nella prova del 30 e 9.117 nella prova del 31 ottobre.
  L'organizzazione logistica è stata studiata nei minimi dettagli. In particolare, le aule sono state individuate attraverso una ricognizione strutturale effettuata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prioritariamente presso le università; e poi presso le scuole. Le stesse aule sono state selezionate in modo da garantire la disponibilità di ambienti con postazioni informatizzate dotate di specifici requisiti tecnici.
  Le postazioni, in numero di 15.340, sono state collaudate una per una al fine di verificarne la singola idoneità alla gestione delle operazioni richieste per lo svolgimento della prova. Il sovrannumero delle postazioni è stato previsto proprio per assicurare comunque il regolare svolgimento delle prove anche nell'ipotesi di malfunzionamento di alcune di esse.
  Il software ha consentito l'acquisizione crittografata delle prove su ogni macchina e la successiva decodifica all'avvio della prova attraverso l'inserimento di specifica password da parte del candidato. Tale password è stata comunicata da ogni responsabile d'aula che a sua volta, proprio per garantire la massima regolarità della procedura, l'ha ricevuta tramite un sito web riservato solo 5 minuti prima dell'inizio delle prove. Le prove sono state correttamente visualizzate su tutte le postazioni utilizzate dai candidati presenti.
  Va altresì precisato che il Ministero ha adottato tutte le possibili misure precauzionali al fine di uniformare a livello nazionale le procedure per lo svolgimento delle prove. Infatti, i referenti di ogni sede d'esame sono stati convocati dall'amministrazione per condividere le indicazioni operative. Inoltre, il materiale relativo alle procedure da seguire nei giorni delle prove (testi e video) è stato reso disponibile a tutti i referenti.
  Si esclude pertanto che si sia potuto verificare un comportamento di omessa vigilanza difforme in caso di utilizzo di cellulari da parte dei candidati.
  Infatti, in relazione al verificarsi di comportamenti irregolari, il personale di vigilanza ha avuto indicazioni precise, analoghe a quelle di cui si è data lettura in aula ai candidati prima della prova che testualmente recitano: «caso di comportamenti che violino le regole previste (es. utilizzo tastiera, copiatura, utilizzo cellulari, ecc...), il responsabile d'aula annullerà la prova. Pertanto il responsabile d'aula si recherà alla postazione del candidato e utilizzando una specifica combinazione della tastiera, procederà all'interruzione della prova e all'annullamento della stessa. La prova sarà comunque salvata sulla pen drive ma non si procederà alla visualizzazione del punteggio e non entrerà in graduatoria. Il tutto sarà verbalizzato».
  Inoltre, per quanto concerne la possibilità di ripetere la prova in caso di malfunzionamento non si sono rilevate irregolarità in quanto l'allegato 4, al punto 3, lettera f) del bando prevedeva già espressamente che «in caso di malfunzionamento di una postazione, il candidato dovrà rifare la prova in una delle postazioni di riserva appositamente predisposte».
  Ad ulteriore garanzia della correttezza delle modalità di svolgimento della prova, il software è stato predisposto in modo che fosse completamente isolato dalle applicazioni residenti nel computer utilizzato per la prova. È comunque possibile verificare la sequenza temporale di tutte le attività compiute dal candidato nello svolgimento della prova e quindi rilevare che questa non sia stata contraffatta.
  Non si sono altresì rilevate anomalie del software che avrebbero consentito la modifica involontaria ed inavvertita delle risposte. Questo, infatti, prevedeva la registrazione della risposta solo attraverso il tasto «conferma risposta» e consentiva al candidato di selezionarla cliccando sull'intera riga e non solo sul singolo pulsante di selezione (radio button). Non si tratta quindi di un errore di programmazione bensì di una funzionalità appositamente studiata per facilitare la compilazione di questionari informatizzati.
  Inoltre, l'integrazione dell'elenco delle sedi si è resa, peraltro, necessaria a seguito di ulteriori operazioni di collaudo fatte per mezzo di test specifici su ognuna delle oltre 15.000 postazioni che hanno interessato sia il funzionamento del software di gestione della prova sia le attività di download delle prove effettuate. Al fine di minimizzare i costi di trasferta dei candidati, il Ministero ha voluto garantire a tutti di svolgere la prova nell'ambito della propria regione di residenza. Questo ha comportato la necessità di ampliare il numero di sedi coinvolte in alcune regioni.
  In merito all'errore riconosciuto dal Cineca sui quesiti dell'area medica e dell'area dei servizi clinici riferito nell'interrogazione in esame, il Ministero, anche a seguito di un'interlocuzione con l'avvocatura dello Stato, ha deciso di neutralizzare solo 2 domande in ognuna delle due prove di area, previa verifica da parte della commissione nazionale della presenza di 28 domande su 30 riconducibili a 5 settori disciplinari comuni ad entrambe le aree interessate dall'inversione dei quesiti. La commissione ha, infatti, riconosciuto che 28 domande su 30 avrebbero potuto essere inserite alternativamente in una delle due prove e che quindi le uniche domande non pertinenti erano 2.
  Il riconoscimento da parte della commissione della congruenza dei criteri con cui sono stati definiti i contenuti delle prove, e quindi della validità del contenuto del test nella forma in cui è stato effettivamente proposto ai candidati, ha pertanto permesso di non invalidare le prove, in ossequio ai principi costituzionali di buon andamento, di conservazione dei valori giuridici e di ragionevolezza.
  In merito poi all'ipotesi di incrementare il numero dei contratti, anche a titolo risarcitorio, si evidenzia che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha la possibilità di aumentarne autonomamente il numero, stante la disponibilità delle risorse stanziate nel capitolo di bilancio.
  Il numero programmato degli specializzandi da formare annualmente è frutto, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 17 agosto 1999 n. 368, di una concertazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con il Ministero della salute, con il Ministero dell'economia e delle finanze, nonché del previo parere della conferenza Stato-regioni, in base ad un preciso fabbisogno.
  Proprio grazie all'impegno del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e di tutto il Governo, è stato possibile incrementare a 5.500 i contratti per l'anno accademico 2013/2014.
  Peraltro, senza adeguata copertura finanziaria non sarebbe comunque possibile procedere all'iscrizione in sovrannumero degli specializzandi. Infatti ciò determinerebbe la necessità di reperire le risorse necessarie, considerando che ogni contratto ha un costo annuo di circa 25.000 euro.
  Come è noto, l'aspetto della copertura economica rappresenta uno dei maggiori ostacoli all'incremento del numero di specializzandi da ammettere alle scuole.
  Al riguardo l'impegno del Ministero è massimo e si ribadisce il fermo obiettivo, anche alla luce dei risparmi di spesa che deriveranno dalla revisione che si sta perfezionando degli ordinamenti didattici delle singole scuole e della loro durata, di ottimizzare l'impiego dei fondi disponibili incrementando a regime il numero di contratti finanziabili con risorse statali.
  Infine, si conferma che il Ministero sta lavorando al bando per il prossimo anno accademico nel rispetto del principio della graduatoria nazionale e del potenziamento degli strumenti di valutazione del merito, rispetto al quale un'ammissione in soprannumero appare assolutamente non coerente.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.


   SCOTTO, FRATOIANNI e PANNARALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   al comma 2 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 12 settembre 2013, convertito dalla legge n. 128 dell'8 novembre 2013, si pone quale obiettivo quello di assicurare continuità al sostegno degli alunni con disabilità attraverso l'incremento dell'organico di diritto fino alla concorrenza del 90 per cento dell'organico di fatto nel 2014-2015 e del 100 per cento nel 2015-2016, determinato in base ai posti complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006/2007 e cioè 90.032 su base nazionale;
   l'organico di fatto attribuito alla provincia di Bari nell'ultimo triennio è stato pari a 2.949, come si evince dalle note dell'ufficio scolastico regionale n. 4853 dell'11 luglio 2013 e n. 7899 del 23 luglio 2014. Tale organico di fatto era costituito da 2387 cattedre in organico di diritto e da 562 cattedre aggiuntive, come risulta dal citato decreto dell'ufficio scolastico regionale Puglia n. 7899 del 23 luglio 2014;
   dei 562 posti aggiuntivi, 542 erano in capo alla scuola secondaria di secondo grado, numero che si ottiene sottraendo dal numero dell'organico di fatto, 983, come da nota 19 luglio 2013 dell'ufficio scolastico provinciale di Bari, il numero delle cattedre in organico di diritto, ovvero 441, come da decreto dell'ufficio scolastico regionale dell'11 aprile 2014 PROT. n. AOODRPU. 4089;
   nell'anno scolastico 2013/2014, alla scuola secondaria di secondo grado della provincia di Bari venivano assegnate 983 cattedre consolidate, di cui 441 di diritto e 542 aggiuntive, mentre agli altri ordini di scuola venivano complessivamente assegnate 1966 cattedre, di cui 1946 in organico di diritto e 20 aggiuntive, con un evidente squilibrio nel riparto nei vari ordini dell'organico di diritto. Di fatto, mentre per la scuola superiore il rapporto di 441 posti di diritto su 983 posti complessivi dell'organico di fatto, porta al 45 per cento circa di copertura, negli altri ordini si è già raggiunto quasi il 100 per cento, considerando complessivamente il rapporto di 1946 posti di diritto su 1966 di organico di fatto;
   in data 11 aprile 2014 l'ufficio scolastico regionale della Puglia con proprio decreto n. 4089 ripartiva in questo modo l'incremento dell'organico di diritto attribuito alla provincia di Bari per complessivi 355 posti: 36 alla scuola dell'infanzia, 89 alla primaria, 53 alla secondaria di primo grado e infine, 177 alla scuola secondaria di secondo grado, portando i nuovi organici di diritto a: 293 cattedre all'infanzia, che con 510 alunni ha un rapporto di un docente per 1,74 alunni (al di sopra della media voluta dalla norma); 1030 cattedre alla primaria per 1785 alunni con un rapporto di un docente per 1,74 alunni; 801 alla secondaria di primo grado per 1404 alunni con un rapporto di un docente per 1,75 alunni; a 618 le cattedre per la secondaria superiore per complessivi 1858 alunni con un rapporto di un docente per 3 alunni;
   il provveditore agli studi di Bari con propria nota del 25 luglio 2014, sulla base del citato decreto 7899 dell'ufficio scolastico regionale Puglia, comunicava che le cattedre in organico di fatto delle scuole secondarie superiore non erano più 983, come il precedente anno scolastico, ma 818, tagliando circa 160 cattedre. Una decisione poco comprensibile se si considera che nella provincia di Bari le iscrizioni degli alunni con disabilità alle scuole secondarie superiori sono aumentate di circa 100 unità, da 1838 (A.S. 2013/14) a 1952 (A.S. 2014/15);
   inoltre, il rapporto fra organico di diritto e organico di fatto, pur con la diminuzione di quest'ultimo, non rispetta ad avviso degli interroganti i parametri imposti dal decreto n. 104 del 2013, visto che si raggiunge la copertura del 75 per cento circa, invece del 90 per cento per l'anno 2014-2015;
   l'ufficio scolastico provinciale di Bari ha convocato il giorno 11, 12 e 15 settembre 2014 i docenti delle aree AD01, AD02, AD03 e AD04 e ha pubblicato in data 10 settembre le disponibilità delle cattedre per queste aree; da tali disponibilità si evince che le cattedre in prima convocazione risultano essere 223 + 90 spezzoni orari circa, a fronte di numeri ben diversi per l'anno scolastico 2013/14, ovvero 553 +81 spezzoni circa in prima convocazione;
   appare chiaro come sarà necessario assegnare ulteriori cattedre per rispettare i rapporti docente/alunni, secondo le normative vigenti, e che queste saranno assegnate con il meccanismo della deroga, creando disagi e ingiustizie, non solo per gli alunni diversamente abili e le loro famiglie, costretti molte volte anche a restare a casa per qualche settimana, ma anche per i docenti precari che dovranno attendere le deroghe per vedere riconosciuto quello che è in realtà un posto consolidato –:
   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   se non ritenga che si sia verificata una condizione contraria a quanto stabilito dal decreto n. 104 del 2013;
   se non ritenga che questa situazione richieda un intervento immediato per garantire la continuità didattica per gli alunni diversamente abili delle scuole secondarie di secondo grado;
   se non ritenga doveroso intervenire per approfondire la situazione e fare luce sulle cause che hanno portato al taglio dell'organico di fatto per le scuole superiori di secondo grado della provincia di Bari, a fronte di un aumento della popolazione studentesca. (4-06491)


   SCOTTO, PANNARALE e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   al comma 2 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 12 settembre 2013, convertito dalla legge n. 128 dell'8 novembre 2013, si pone quale obiettivo quello di assicurare continuità al sostegno degli alunni con disabilità attraverso l'incremento dell'organico di diritto fino alla concorrenza del 90 per cento dell'organico di fatto nel 2014-2015 e del 100 per cento nel 2015-2016, determinato in base ai posti complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006/2007 e cioè 90.032 su base nazionale;
   l'organico di fatto attribuito alla provincia di Bari nell'ultimo triennio è stato pari a 2.949, come si evince dalle note dell'ufficio scolastico regionale n. 4853 dell'11 luglio 2013 e n. 7899 del 23 luglio 2014. Tale organico di fatto era costituito da 2387 cattedre in organico di diritto e da 562 cattedre aggiuntive, come risulta dal citato decreto dell'Ufficio scolastico regionale Puglia n. 7899 del 23 luglio 2014;
   dei 562 posti aggiuntivi, 542 erano in capo alla scuola secondaria di secondo grado, numero che si ottiene sottraendo dal numero dell'organico di fatto, 983, come da nota 19 luglio 2013 dell'ufficio scolastico provinciale di Bari, il numero delle cattedre in organico di diritto, ovvero 441, come da decreto dell'ufficio scolastico regionale dell'11 aprile 2014 PROT. n. AOODRPU. 4089;
   nell'anno scolastico 2013/2014, alla scuola secondaria di secondo grado della provincia di Bari venivano assegnate 983 cattedre consolidate, di cui 441 di diritto e 542 aggiuntive, mentre agli altri ordini di scuola venivano complessivamente assegnate 1966 cattedre, di cui 1946 in organico di diritto e 20 aggiuntive, con un evidente squilibrio nel riparto nei vari ordini dell'organico di diritto. Di fatto, mentre per la scuola superiore il rapporto di 441 posti di diritto su 983 posti complessivi dell'organico di fatto, porta al 45 per cento circa di copertura, negli altri ordini si è già raggiunto quasi il 10 per cento, considerando complessivamente il rapporto di 1946 posti di diritto su 1966 di organico di fatto;
   in data 11 aprile 2014 l'ufficio scolastico Regionale della Puglia con proprio decreto n. 4089 ripartiva in questo modo l'incremento dell'organico di diritto attribuito alla provincia di Bari per complessivi 355 posti: 36 alla scuola dell'infanzia, 89 alla primaria, 53 alla secondaria di primo grado e infine, 177 alla scuola secondaria di secondo grado, portando i nuovi organici di diritto a 293 cattedre all'infanzia, che con 510 alunni ha un rapporto di un docente per 1,74 alunni (al di sopra della media voluta dalla norma); 1030 cattedre alla primaria per 1785 alunni con un rapporto di un docente per 1,74 alunni; 801 alla secondaria di primo grado per 1404 alunni con un rapporto di un docente per 1,75 alunni, ed infine portando a 618 le cattedre per la secondaria superiore per complessivi 1858 alunni con un rapporto di un docente per 3 alunni;
   il provveditore agli studi di Bari con propria nota del 25 luglio 2014, sulla base del citato decreto 7899 dell'ufficio scolastico regionale Puglia, comunicava che le cattedre in organico di fatto delle scuole secondarie superiore non erano più 983, come nel precedente anno scolastico, ma 818, tagliando circa 160 cattedre. Una decisione poco comprensibile se si considera che nella provincia di Bari le iscrizioni degli alunni con disabilità alle scuole secondarie superiori siano aumentate di circa 100 unità, da 1838 (A.S. 2013/14) a 1952 (A.S. 2014/15). Inoltre, il rapporto fra organico di diritto e organico di fatto, pur con la diminuzione di quest'ultimo, non rispetta i parametri imposti dal decreto-legge n. 104 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2013 visto che si raggiunge la copertura del 75 per cento circa, invece del 90 per cento per l'anno 2014-2015;
   l'ufficio scolastico provinciale di Bari ha convocato il giorno 11, 12 e 15 settembre 2014 i docenti delle aree AD01, AD02, AD03 e AD04 e ha pubblicato in data 10 settembre le disponibilità delle cattedre per queste aree; da tali disponibilità si evince che le cattedre in prima convocazione risultano essere 223 + 90 spezzoni orari circa, a fronte di numeri ben diversi per l'anno scolastico 2013/14, ovvero 553 + 81 spezzoni circa in prima convocazione;
   appare chiaro come sarà necessario assegnare ulteriori cattedre per rispettare i rapporti docente/alunni, secondo le normative vigenti, e che queste saranno assegnate con il meccanismo della deroga, creando disagi e ingiustizie, non solo per gli alunni diversamente abili e le loro famiglie, costretti molte volte anche a restare a casa per qualche settimana, ma anche per i docenti precari che dovranno attendere le deroghe per vedere riconosciuto quello che è in realtà un posto consolidato –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione su esposta;
   se il Ministro non ritenga che si sia verificata una condizione contraria a quanto stabilito dal decreto-legge n. 104 del 2013;
   se il Ministro non ritenga che questa situazione richieda un intervento immediato per garantire la continuità didattica per gli alunni diversamente abili delle scuole secondarie di secondo grado;
   se il Ministro non ritenga doveroso intervenire per approfondire e fare luce sulle cause che hanno portato al taglio dell'organico di fatto per le scuole superiori di secondo grado della provincia di Bari, a fronte di un aumento della popolazione studentesca. (4-07239)

  Risposta. — Gli interroganti pongono una serie di quesiti in relazione alla consistenza della dotazione organica dei posti di sostegno agli alunni con disabilità con particolare riferimento alla provincia di Bari per il corrente anno scolastico. In particolare, ritenendo che la consistenza dell'organico non sia conforme a quanto previsto dall'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 2013, chiedono che, al fine di garantire la continuità didattica per gli alunni con disabilità, siano verificate le cause che avrebbero determinato un taglio dei posti da destinare ai docenti di sostegno, soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado.
  Come evidenziato dagli interroganti, l'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 2013 indica i parametri e i limiti da rispettare per la determinazione dell'organico di diritto dei posti di sostegno. Per l'anno 2014/2015, dunque, la dotazione organica di diritto dei docenti di sostegno è stata rideterminata nel rispetto del limite del 90 per cento dei posti complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006/2007, in coerenza con quanto stabilito dalla predetta disposizione normativa.
  A livello nazionale, quindi, la consistenza della dotazione organica di diritto relativa ai posti di sostegno è stata definita, per l'anno scolastico 2014/2015, in un numero pari a 81.137 unità rispetto ad un totale di posti complessivamente attivati pari a 90.469 unità.
  Con particolare riferimento alla regione Puglia, i posti relativi all'organico di diritto sono stati pari a 7.051 unità rispetto ad un totale di posti attivati di 7.503 unità.
  Va evidenziato, tra l'altro, che in virtù di quanto disposto dalla sentenza della Corte Costituzionale 22 febbraio 2010, n. 80, nell'ottica di apprestare una adeguata tutela agli alunni con disabilità, è possibile, in applicazione dell'articolo 40, comma 1, della legge n. 449 del 2007, assumere con

contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga laddove vi siano effettive e comprovate esigenze.
  Va precisato, poi, che i contingenti sono determinati in misura complessiva, mentre la concreta ripartizione tra i gradi di scuola e le aree disciplinari viene definita dagli uffici periferici dell'amministrazione scolastica.
  Ciò posto, con particolare riferimento alla situazione prospettata dagli interroganti, si precisa che la consistenza dell'organico di diritto dei docenti di sostegno per la scuola secondaria di secondo grado nella provincia di Bari ha raggiunto nel corrente anno scolastico 2014/2015 le 618 unità, quindi si è registrato un incremento complessivo in organico di diritto pari a 231 posti.
  Non può ravvisarsi, dunque, un taglio di 160 cattedre, ma al contrario un incremento. Se, infatti, nell'anno scolastico 2013/2014 l'organico di diritto per le scuole secondarie di secondo grado era pari a 387 posti e per l'anno 2014/2015 è pari a 618 unità, di conseguenza è evidente che è aumentato il numero dei posti in organico di diritto. Ciò ha comportato una fisiologica riduzione dei posti da assegnare in organico di fatto in quanto molti di essi sono stati «assorbiti» nell'organico di diritto. Lo stesso articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 2013 indica, per ogni anno scolastico, delle percentuali sempre crescenti di adeguamento dell'organico di diritto a quello di fatto al fine di giungere al 100 per cento dei posti assegnati solo in organico di diritto.
  Si evidenzia, infine, che l'ufficio scolastico di Bari ha assegnato in organico di fatto 200 posti in più rispetto all'organico di diritto alla scuola secondaria di II grado che si aggiungono, quindi, ai 618 previsti in organico di diritto, per un totale di 818 docenti di sostegno.
  A tali posti aggiuntivi si sono, poi, sommati gli ulteriori incrementi conseguenti all'autorizzazione in deroga secondo i principi riconosciuti dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 80 del 2010. Tali posti in deroga sono stati autorizzati tenendo conto del complesso delle richieste presentate dalle istituzioni scolastiche e valutate dal competente gruppo H provinciale. L'ufficio territoriale di Bari ha completato le operazioni di nomina del personale docente di sostegno a tempo determinato, assegnando circa 200 posti interi ed oltre 100 spezzoni orario.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.


   VALLASCAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la pesca del tonno rappresenta un comparto strategico per l'economia di alcune aree della Sardegna, con particolare riguardo alle coste sudoccidentali dell'isola, dove nei comuni di Carloforte, Portoscuso e Gonnesa sono presenti le tre tonnare fisse italiane abilitate alla pesca del tonno rosso;
   in queste comunità, nel tempo la pesca del tonno ha caratterizzato profondamente le attività produttive, creando un forte indotto che ha sempre garantito redditività e occupazione per la popolazione residente;
   unitamente alla pesca, sono infatti nate altre professioni legate alla lavorazione e conservazione del pescato, alla sua commercializzazione, alla ricca offerta di prodotti derivati, alla nascita di una gastronomia tipica del luogo, al turismo, agli sport acquatici, come il diving;
   la pesca del tonno rosso è un'attività radicata nella comunità locale, ed è al tempo stesso elemento della tradizione e volano di sviluppo economico, considerata anche la forte vocazione turistica del territorio;
   da alcuni anni la tradizionale pratica della tonnara fissa è stata stravolta perché ormai del tutto orientata al trasferimento degli esemplari catturati con il trascinamento delle gabbie verso gli allevamenti presenti nel Mediterraneo;
   questo sistema, particolarmente redditizio, non consente di trattenere nel territorio neanche una minima parte del pescato, totalmente venduto sul mercato internazionale;
   la pratica del trasferimento si configura in questo modo come una vera e propria depredazione del territorio e di intere comunità cresciute attorno alla pesca del tonno, a causa della scomparsa della materia prima dal mercato locale e per la conseguente impossibilità di alimentare la filiera legata alla pesca;
   il danno immediato è rappresentato dall'elevato crollo degli occupati e dall'assenza del prodotto nel mercato locale che al dettaglio già raggiunge un prezzo proibitivo per il consumatore pari a 30 euro al chilogrammo;
   è forte la preoccupazione per il futuro del comparto che rischia di veder scomparire una molteplicità di professioni tradizionali, un'importante fonte di reddito e un elemento di straordinario richiamo turistico –:
   quali iniziative intenda adottare per evitare che un settore strategico per l'economia del territorio della Sardegna sud-occidentale venga fortemente danneggiato dalla pratica del trasferimento del tonno rosso negli impianti di allevamento del Mediterraneo;
   se non ritenga opportuno, nel rispetto delle disposizioni internazionali e dell'Unione europea, disincentivare questa pratica;
   se non ritenga opportuno avviare una intensa politica di salvaguardia delle tipicità locali, come quelle derivanti dalla pesca del tonno rosso, al fine di salvaguardare i livelli produttivi e occupazionali e le professionalità maturate, assieme a una importante risorsa per il turismo.
(4-04994)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la pesca del tonno rosso in alcune aeree della Sardegna, preciso che le vigenti disposizioni internazionali, in particolare la Raccomandazione ICCAT 13-07 in materia di pesca del tonno rosso con il sistema tonnara fissa, consentono agli operatori delle tonnare di trasferire, a seguito dell'attività di cattura, esemplari vivi di tonno rosso presso qualsiasi impianto di ingrasso autorizzato a livello europeo e internazionale.
  Pertanto, trattandosi di pratica conforme alle richiamate norme internazionali, non sussistono i presupposti tecnico-giuridici necessari per l'implementazione di norme nazionali che, di fatto, andrebbero a limitare le iniziative imprenditoriali del settore. Peraltro, nell'ambito del bacino del mediterraneo, le aziende di ingrasso nazionali autorizzate dall'ICCAT non sono più operanti da almeno un triennio.
  Infine, preciso che dal 10 al 17 novembre 2014, si sono tenuti a Genova i lavori del 19oMeeting International Commission for the Conservation of Atlantic Tuna (ICCAT), in cui è stato ribadito l'imprescindibile principio in base al quale la gestione sostenibile della pesca richiede programmi e misure a lungo termine e va perseguita in termini di conservazione dell'ecosistema marino e tenendo in considerazione il livello economico e sociale. Pertanto, nel breve periodo, non sono previste modifiche al regime internazionale.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliMaurizio Martina.