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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 16 marzo 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    il rapimento e l'omicidio di Aldo Moro hanno rappresentato uno degli eventi più tragici della storia d'Italia;
    la giornata del 9 maggio è stata scelta come Giornata del ricordo delle vittime del terrorismo, con legge 4 maggio 2007 n. 56, per il valore simbolico e universale che l'omicidio di Aldo Moro ha rappresentato;
    su quel tragico evento continua il lavoro di indagine ad opera della magistratura e delle commissioni parlamentari – come confermato dalla recente istituzione, con legge 30 maggio 2014 n. 82, di una commissione bicamerale di inchiesta per indagare e giungere in via definitiva, alla ricostruzione piena e completa dei fatti e della verità storica e giudiziaria;
    i 55 giorni del sequestro dell'onorevole Moro sono impressi, in modo indelebile, nella memoria degli italiani, anche grazie ai racconti televisivi e per immagini, a cominciare da quelle del rapimento in Via Fani, fino al ritrovamento del suo cadavere in via Caetani;
    l'immagine del corpo privo di vita dell'onorevole Moro, rannicchiato all'interno del portabagagli di una Renault 4 rossa, rappresenta una delle istantanee più conosciute e testimonia uno dei momenti più tragici e complessi della storia italiana, che meriterebbe di essere ricordato e conosciuto anche dalle generazioni più giovani;
    di quei 55 giorni che hanno cambiato profondamente la storia politica italiana, la Renault 4 rossa resta un simbolo concreto e tangibile;
    il proprietario dell'auto, il signor Filippo Bartoli, dopo aver rifiutato negli anni numerose offerte di acquisto, ha deciso, pochi anni prima di morire, di farne dono allo Stato per il suo alto valore simbolico;
    ad oggi l'auto risulta custodita nei depositi del Ministero dell'interno e sarebbe possibile un suo utilizzo di natura culturale;
    la Renault 4 rossa dovrebbe diventare un simbolo ed un emblema della violenza terroristica in Italia, ricordando agli italiani e, in particolare, alle generazioni più giovani, un momento significativo e drammatico della storia del Paese e le tante vittime cadute negli anni per mano di terroristi,

impegna il Governo:

   a favorire iniziative volte alla conoscenza e alla memoria degli anni di piombo e, nell'attuazione e realizzazione di specifici percorsi della memoria a ciò dedicati, prevedere di utilizzare la Renault 4 rossa come simbolo della lotta alla violenza terroristica, monito contro l'uso della violenza per fini politici;
   a promuovere, a tal fine, nell'ambito delle iniziative del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo volte alla conoscenza e alla memoria degli anni di piombo, un concorso di idee – da tenersi entro il settembre 2016, per individuare il modo migliore per collocare in via Caetani la Renault 4 rossa, simbolo della lotta alla violenza terroristica, individuando, nel primo provvedimento utile, le modalità e le forme artistiche idonee a renderne il valore, la simbolicità e la drammaticità, secondo le più innovative forme di costruzione della memoria, anche attraverso i veicoli emotivi che l'arte sa attivare.
(7-00628) «Manzi, Grassi, Rampi, Ascani, Bossa, Carocci, Ghizzoni, Rocchi, Malpezzi, Sgambato, Richetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo un'inchiesta giornalistica pubblicata di recente, nelle serre della provincia siciliana di Ragusa lavorerebbero cinquemila donne, quasi tutte di origine rumena, vivendo segregate in campagna come schiave e subendo ogni genere di violenza sessuale sotto ricatti di vario tipo e nella più completa omertà da parte degli abitanti del luogo;
   in quella che viene chiamata la «città delle primizie», uno dei distretti ortofrutticoli più importanti d'Italia con circa 3.000 aziende agricole di piccola e media dimensione, nel 2011 risultavano regolarmente registrati 11.845 migranti, ma sembrerebbe che una stima reale di quelli che lavorano nelle serre oscilli tra 15 mila e 20 mila;
   dopo i tunisini degli anni ’80, dal 2007 sono arrivati i nuovi migranti rumeni e soprattutto le rumene, disposte a lavorare per metà salario, così è nato il distretto del doppio sfruttamento: agricolo e sessuale;
   Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria, ammette che «Se non ci fossero i migranti, la nostra agricoltura si bloccherebbe. C’è una buona integrazione, ma la violenza sulle donne è un peso sulla coscienza di tutti. Un fenomeno disgustoso, anche se in regressione»;
   il sacerdote Don Beniamino Sacco, che per primo ha denunciato questa situazione che secondo lui è diffusa «soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare», tre anni fa ha mandato in carcere un padrone sfruttatore, e da allora subisce minacce;
   è stato avviato da poco il progetto «Solidal Transfert», un pulmino che permette ai braccianti di spostarsi senza dipendere dai padroni, perché, come sottolinea Giuseppe Scifo della Flai Cgil, lo sfruttamento lavorativo è facilitato anche dall'isolamento che nella maggior parte dei casi sfocia nella vera a propria segregazione e permette ai padroni di ricattare sessualmente le donne anche in cambio di beni primari come l'acqua;
   Alessandra Sciurba, ricercatrice dell'Università di Palermo spiega che le donne sono costrette ad accettare queste condizioni «per tenere unita la famiglia», visto che nelle serre alle donne è permesso di vivere coi figli, mentre in altri lavori come la badante questo non è possibile e questo comporta che a vivere in condizioni disumane nelle serre ci siano anche molti minori;
   una ricerca condotta dall’«Associazione diritti umani» rivela che «Ci sono abitazioni piccole e senza infissi», con letti di cartoni, cucine col fornelletto a gas, buchi nel soffitto che fanno passare l'acqua piovana, mura erose dall'umidità in cui proliferano i miceti, che causano patologie come l'asma soprattutto in soggetti di tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto «nel totale disinteresse del locatario», anzi, c’è chi ha anche il coraggio di chiedere fino a 300 euro al mese per una di queste casupole;
   sia Emergency che Medici Senza Frontiere sono intervenuti nella zona, come se si trattasse di un posto di guerra e non un distretto produttivo;
   non è casuale che Vittoria sembra sia anche il primo comune in Italia per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti da parecchi anni, e le donne che usufruiscono di questo servizio siano per la maggior parte le giovani rumene che lavorano come braccianti, rimaste incinte a causa degli abusi subiti; questa situazione ha portato anche ad un anormale allungamento dei tempi di attesa, rendendo impossibile in molti casi l'aborto entro i tre mesi previsti dalla legge, incentivando strutture abusive che, sotto cospicuo pagamento, praticano l'aborto senza averne competenza, con gravi rischi per la salute delle donne –:
   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e in che modo intenda attivarsi per attuare un serio e completo monitoraggio della situazione, nonché quali azioni intenda intraprendere per fare sì che simili inaccettabili situazioni di reale schiavitù non siano più presenti nel nostro Paese. (3-01365)


   FAUTTILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   risulterebbe che il sindaco di Messina, sollecitato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, non avrebbe indicato alcuna opera cantierabile ricadente nel territorio messinese;
   allo stato dei fatti vi sarebbe, per la verità, da realizzare la messa in sicurezza della zona nord di Messina e l'autostrada Granatari-Annunziata-Giostra, già inserita nel progetto per il Ponte sullo Stretto e sulla quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha già espresso parere favorevole;
   la cancellazione del progetto Ponte sullo Stretto ha comportato la produzione di un elevato contenzioso e altri oneri finanziari ancora da liquidare che rischiano di pesare sulle casse pubbliche per oltre un miliardo di euro;
   la chiusura dei contenziosi con le società vincitrici degli appalti sarebbe opportuno, oltre che in una ottica di risparmio generale, per immettere nell'asfittica economia messinese risorse finanziarie fresche attraverso l'avvio delle opere bandite;
   negli ultimi sei anni sono emigrati oltre 15 mila giovani messinesi per assoluta mancanza di lavoro, e l'opera metterebbe in sicurezza una zona particolarmente vulnerabile mentre la realizzazione dell'autostrada sarebbe utilissima per decongestionare il traffico che coinvolge tutto il versante nord della città, facilitando inoltre l'accesso all'ospedale Papardo e alle facoltà universitarie –:
   quali iniziative intendano porre in essere al fine procedere alla realizzazione delle predette opere, già cantierabili, che risultano essere, da più punti di vista, strategicamente importanti per la città di Messina. (3-01366)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALLI, CICCHITTO, PIZZOLANTE, DORINA BIANCHI, PAGANO, PISO e SAMMARCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   per molti genitori separati residenti negli Stati europei esiste il drammatico problema di non poter vedere i propri figli minori quando il bambino viene condotto illecitamente all'estero. La sottrazione internazionale dei minori è un fenomeno particolarmente delicato che tocca la sfera affettiva delle parti coinvolte e porta a situazioni di conflittualità tra i genitori. Il bambino viene sradicato dal suo contesto di origine ed inizia il dramma della separazione che viene affrontato dal genitore con lunghe ed onerose battaglie legali che il più delle volte non riescono a risolvere in modo efficace il problema;
   infatti, nell'Unione europea, il tema più controverso è quello del riconoscimento reciproco delle sentenze tra i diversi Paesi;
   l'incertezza del diritto applicabile e i conflitti di giurisdizione creano vere e proprie divergenze che ricadono negativamente sui figli minori contesi;
   esistono innumerevoli situazioni nelle quali, nonostante il diritto di un genitore a poter vedere il proprio figlio minore, questo diritto viene negato;
   è innegabile che ciò costituisca un tema che deve essere affrontato soprattutto quando le problematiche interessano i rapporti tra gli Stati membri dell'Unione europea;
   occorre, pertanto, un'azione coordinata a livello europeo allo scopo di uniformare la legislazione ed evitare il più possibile i casi di contrasto giurisprudenziale evitando le dispute tra genitori –:
   quali iniziative intendano adottare per risolvere il problema dell'affidamento dei minori negli Stati dell'Unione europea e uniformare la legislazione europea in materia. (4-08427)


   LABRIOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nonostante siano trascorsi quasi ventitré anni dall'approvazione della legge 27 marzo 1992, n. 257, recante «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», la quale dispone il divieto di estrazione – importazione – esportazione commercializzazione – produzione di amianto – di prodotti di amianto – di prodotti contenenti amianto, fissando – altresì – le norme per la realizzazione delle misure di decontaminazione e bonifica delle aree interessate, il problema della presenza dell'amianto in Italia e dell'insorgenza di gravi patologie – quasi sempre, ad esito infausto – connesse all'esposizione a questa pericolosissima fibra risulta quanto mai attuale;
   l'amianto è un minerale naturale a struttura fibrosa separabile in fibre molto sottili. Principalmente è stato usato nella produzione di materiali in cemento-amianto – comunemente chiamato col nome commerciale ETERNIT – materiale ottenuto dalla combinazione dei due elementi ed usato in passato per la fabbricazione di lastre di copertura, canne fumarie, cassoni per serbatoi idrici, tubi per acquedotti, eccetera. La pericolosità dell'amianto consiste nella capacità che il materiale ha di rilasciare fibre potenzialmente inalabili dall'uomo. Le fibre causano il mesotelioma pleurico, altrimenti detto cancro ai polmoni e l'incubazione può durare fino a 40 anni.
   la mappa dei siti contaminati dall'amianto presentata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATT) nel giugno 2014 e aggiornata al novembre dello stesso anno presenta dati allarmanti: sono circa 38.000 i siti inquinati con amianto – di cui solo 1.957 sono stati bonificati mentre 571 sono stati parzialmente risanati. Ci sono ancora 779 siti fra scuole, tetti di edifici anche pubblici, ospedali, case di riposo, aree residenziali e industriali attive o dismesse in cui l'amianto deve essere smaltito. Si tratta – è bene ricordarlo – di una mappatura non proprio fedele alla realtà perché c’è disomogeneità nei criteri di raccolta dei dati da parte delle regioni e delle province autonome, che entro il 30 giugno di ogni anno, hanno l'obbligo di trasmettere i dati sulla presenza di amianto;
   una situazione allarmante quella descritta che potrebbe assumere caratteri drammatici se fossero confermati i recenti dati relativi all'importazione di amianto nel nostro Paese. Secondo la rivista «Exports of Asbestos Total (By Countries)» risulta infatti che negli anni 2011-2012 l'Italia ha importato rispettivamente 1.296 tonnellate di amianto, mentre secondo il rapporto ufficiale «Indian Minerals yearbook 2012», pubblicato nel febbraio 2014, l'Italia è il maggior importatore mondiale di amianto dall'India;
   risulterebbe in tal modo eluso il divieto di importazione di amianto previsto dalla legge n. 257 del 1992;
   se questi dati venissero confermati, inoltre, risulterebbe quanto meno incomprensibile, lo stanziamento complessivo di 135 milioni di euro per il triennio 2015-2017 (45 milioni per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017) al fine di proseguire le bonifiche dei siti di interesse nazionale (SIN) contaminati dall'amianto la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) disposto ai sensi dell'articolo 1, comma 50 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015);
   in occasione dell'emanazione del decreto da parte della direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare finalizzato a individuare gli interventi da finanziare con le risorse della «manovra» del Governo per gli anni 2015-2017, il Ministro Galletti ha sottolineato che le risorse stanziate costituiscono «un segnale di solidarietà concreta per le comunità che vivono il dramma amianto e la conferma dell'assunzione di responsabilità dello Stato per le bonifiche»;
   secondo i dati dell'Osservatorio nazionale amianto (ONA) Onlus, a circa venti anni dalla messa al bando di questa pericolosissima fibra, siamo ancora in presenza di 34 milioni di tonnellate di materiali in amianto compatto, e alcuni milioni di tonnellate di materiali in amianto friabile, mentre la rimozione ha riguardato circa 500 mila tonnellate e cioè meno del 2 per cento del totale. Ne consegue che continuano a tutt'oggi le esposizioni a polveri e fibre di amianto, che si sommano a quelle precedenti, con un bilancio di circa 5 mila decessi ogni anno, per patologie asbesto correlate, con il picco che è previsto per il 2020;
   secondo dati scientifici citati anche nel Piano nazionale amianto, le prime e principali vittime dell'asbesto sono state, e dove il materiale viene trattato continuano ad esserlo, i lavoratori esposti a causa della manipolazione delle fibre nell'attività estrattiva, nell'uso dell'amianto grezzo, nella produzione di prodotti e materiali in amianto, nella loro utilizzazione, nella manutenzione degli impianti e delle strutture edili;
   l'analisi dei dati forniti dagli studi epidemiologici che mettono in relazione la patologia con l'esposizione subita, indica che il rischio di patologie da amianto cresce in funzione dell'intensità di esposizione, della durata e del loro prodotto (dose cumulativa), anche per le patologie neoplastiche. Come per tutti gli agenti cancerogeni, tuttavia, non esiste una «soglia» di sicurezza al di sotto della quale il rischio sia nullo;
   nonostante ciò esiste ancora oggi in alcuni casi la tendenza a minimizzare – se non addirittura ad ignorare – il rapporto causa-effetto, comprovato dalle evidenze scientifiche, esistente tra l'esposizione all'amianto e l'insorgenza di patologie tumorali gravissime;
   a questo proposito sono pervenute all'interrogante alcune segnalazioni relative al Corpo militare della guardia di finanza;
   i militari di questo Corpo, infatti, a Gela come a Trieste, a Fasano come a Torino, passando per Roma e per Siena, sono accomunati da una trama unitaria: la loro esposizione professionale a polveri e fibre di amianto e non solo perché sequestrano i siti contaminati e le discariche abusive, ma perché contengono amianto i materiali con cui sono state realizzate le loro caserme, le loro imbarcazioni, i loro elicotteri;
   in risposta a recenti atti di sindacato ispettivo (n. 5-03735 del 7 ottobre 2014), presentati presso la Camera dei deputati, il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato che, sulla base di un monitoraggio avviato dalla Guardia di finanza nel 2012, su un totale di 111 caserme, 89 sono state bonificate ed altre 22 sono da bonificare;
   quanto sopra detto costituisce ad avviso dell'interrogante implicita ammissione e riconoscimento da parte del comando generale del Corpo della presenza dell'amianto nelle caserme;
   appare del tutto evidente che questi dati già di per se allarmanti non tengono conto di tutte le caserme dismesse nel passato e di quelle che sono state alienate, oltre a tutti i siti (come dogane, porti, aeroporti, raffinerie e zuccherifici) dove i finanzieri prestano o hanno prestato servizio in presenza di amianto, sotto qualunque forma e quantità;
   sempre sulla base delle segnalazioni pervenute, risulta – altresì – che per i militari della Guardia di finanza affetti da patologie asbesto correlate la procedura per il riconoscimento come causa di servizio dell'esposizione all'amianto sia particolarmente complessa ed incomprensibilmente lunga –:
   quali tempestive iniziative intendano predisporre affinché l'assunzione di responsabilità da parte dello Stato per le bonifiche dall'amianto citata dal Ministro, pro tempore dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si concretizzi nella definitiva messa al bando della fibra killer nel nostro Paese, con particolare riguardo al risanamento di quegli edifici pubblici – tra i quali le caserme – al fine di tutelare il diritto alla salute costituzionalmente garantito anche attraverso il potenziamento delle ricerca scientifica e della prevenzione primaria. (4-08436)


   ATTAGUILE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la situazione della sanità nella regione siciliana sembra essere arrivata al collasso. La cronaca ci riporta, quasi settimanalmente, episodi di morti per presunta malasanità. Pochi settimane fa la morte della neonata Nicole per una concatenazione di negligenze; successivamente il piccolo Daniel, mentre a Niscemi, la vittima, questa volta, un maestro di scuola elementare colpito da emorragia cerebrale è deceduto attendendo per ore un posto in rianimazione;
   l'assessore alla salute della regione siciliana ha disposto, con quattro diversi decreti, la chiusura di altrettanti punti nascita;
   da giorni ormai si susseguono manifestazioni di protesta da parte dei sindaci della città coinvolte e dei cittadini che chiedono all'assessore alla sanità di non dar seguito ai provvedimenti di chiusura;
   le strutture per cui è stata recentemente disposta la chiusura sono quelle pubbliche di Licata, Paternò e Cefalù. Un quarto provvedimento prevede la chiusura del reparto di ostetricia «finalizzato alla nascita» anche nella casa di cura Argento di Catania;
   l'accordo approvato in Conferenza unificata Stato-Regioni il 16 dicembre 2010 per la riorganizzazione dei punti nascita prevede la «razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiori a 1000/anno». L'allegato 1a dello stesso accordo dispone che «la possibilità di punti nascita con numerosità inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno, potrà essere prevista solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà di attivazione dello STAM»;
   l'imprescindibile esigenza di standard di sicurezza in ambito sanitario non può risolversi nell'applicazione di rigidi criteri numerici che finiscono per mortificare il diritto di un territorio di mantenere viva la propria identità e minacciano la sicurezza dei nascituri, per via dei lunghi tragitti che le partorienti saranno costrette ad affrontare per raggiungere gli ospedali –:
   se il Governo non ritenga di discutere nell'ambito della conferenza Stato-regioni l'individuazione di criteri più rispondenti alle reali esigenze del territorio per la gestione dei punti nascita. (4-08437)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   FURNARI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono state avviate, nei giorni scorsi, le operazioni di spegnimento dell'altoforno 5 dell'Ilva di Taranto, che, sino ad ora, hanno garantito circa il 40 per cento della produzione di ghisa;
   l'impianto, che sarà ristrutturato in base alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, è considerato il più grande d'Europa, e, le operazioni che lo hanno interessato, hanno provocato nella notte tra l'11 e il 12 marzo 2015 la fuoriuscita di imponenti emissioni senza che la popolazione venisse messa al corrente dal sindaco il quale non ha preso provvedimenti dopo che la stessa azienda ieri aveva inviato una mail agli enti e agli organi competenti in materia ambientale e di controllo sottolineando che in merito all'attuazione della prescrizione n. 16 dell'Aia relativa alla fermata dell'altoforno 5 (Afo5) potrebbero verificarsi emissioni in atmosfera transitorie;
   il presidente del Fondo antidiossina onlus ha sottolineato che: «Mi sono recato in loco, appostato con una speciale videocamera per riprese notturne, proprio lì davanti, mettendo ben a fuoco l'Afo 5. Ho incominciato a filmare alle ore 2,30 circa ed ho continuato fino alle ore 4,05 del mattino, in condizione di totale assenza di luce naturale. Ho rilevato che, esattamente dalle ore 3,00 fino alle ore 4,05 l'Afo 5 ha rilasciato in atmosfera costantemente e senza alcuna interruzione, enormi quantità di “nubi” che ammorbavano l'aria, tanto che anche io, pur trovandomi a distanza di alcune centinaia di metri dall'area in questione, avvertivo bruciore agli occhi e alle fauci. I fumi si estendevano per chilometri...»;
   nelle sue parole il presidente del Fondo antidiossina è molto duro e prosegue rilevando che: «Dicevano che non era possibile, dicevano che sarebbe saltato tutto in aria o che ci sarebbero voluti minimo 24-36 mesi per spegnerlo. Dicevano che occorrevano maestranze specializzate provenienti da altri paesi...» Invece tutto si è svolto in un paio di giorni –:
   quali notizie risultino ai Ministri interrogati in merito ai fatti esposti in premessa e se risultino i motivi per i quali la cittadinanza non sia stata adeguatamente informata dei possibili rischi;
   quali iniziative i Ministri interrogati, per le parti di competenza, abbiano intenzione di adottare per rilevare le conseguenze sull'ambiente e sulla salute dei cittadini a seguito dello spegnimento dell'altoforno 5 per quanto riguarda in particolare la natura delle emissioni rilasciate. (4-08435)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 51 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, ha riconosciuto ai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale il potere di redigere piani regolatori secondo i criteri e le direttive stabilite nella legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150;
   detti piani regolatori, una volta approvati, producono gli stessi effetti giuridici dei piani territoriali di coordinamento, definiti dalla stessa legge urbanistica nazionale;
   l'ultimo comma del citato articolo 51 precisa, inoltre, che «le norme di cui ai precedenti commi si applicano fino all'emanazione delle apposite leggi regionali in materia»;
   la regione Calabria ha disciplinato l'assetto, la costituzione ed il funzionamento dei Consorzi per le Aree, i nuclei e le zone di sviluppo industriale con propria legge del 24 dicembre 2001, n. 38;
   l'articolo 12 della legge regionale n. 38 del 2001 individua le funzioni dei consorzi ASI, tra le quali risulta preminente quella di favorire l'insediamento di imprese nelle aree attrezzate tramite la predisposizione dei piani regolatori delle aree industriali;
   l'articolo 20 della stessa legge regionale ribadisce che i suddetti piani regolatori dei consorzi ASI hanno valenza di piani territoriali di coordinamento, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 1150 del 1942, e pertanto, in base alle suddette norme, non vi è dubbio che gli strumenti urbanistici dei consorzi ASI debbano considerarsi sovraordinati nella scala gerarchica degli strumenti di cui al comma 2 dell'articolo 6 della stessa legge n. 1150 del 1942;
   dall'esame della vigente legge urbanistica della Calabria e delle relative linee guida attuative, è possibile constatare come non vi sia alcuna menzione della legge n. 38 del 2001 e della pianificazione di settore, quale quella dei piani regolatori territoriali dei consorzi ASI;
   pertanto, rispetto ai consorzi ASI calabresi, continua ad applicarsi, in materia di pianificazione urbanistica, la normativa derivata dal citato articolo 20 della legge regionale n. 38 del 2001;
   il consorzio di Lamezia, è stato sottoposto a vincolo inibitorio con il decreto ministeriale 7 luglio 1967, in attuazione delle previsioni di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497;
   tali vincoli costituiscono oggi un anacronistico e al tempo stesso pesante ostacolo burocratico che determina prolungati ed irragionevoli ritardi per la realizzazione di opere infrastrutturali e per l'insediamento di nuove attività produttive;
   dal punto di vista urbanistico, oggi il territorio del consorzio di Lamezia è disciplinato dal piano regolatore generale adottato dallo stesso comune, che mediante le «Norme Tecniche di Attuazione», approvate con decreto del dirigente generale del quinto Dipartimento della regione Calabria del 30 gennaio 2001, n. 241, esercita il controllo sugli interventi edificatori che vengono realizzati all'interno dell'area, ed inoltre gli stessi interventi, in base alle previsioni di cui all'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, devono essere autorizzati dalla soprintendenza dei beni ambientali;
   fin dalla sua costituzione l'ASI Lamezia è stata oggetto di attenzione da parte di operatori economici nazionali ed esteri, e la regione Calabria, mediante cospicui finanziamenti a valere su fondi europei, inseriti nella programmazione 2007-2013, si è impegnata a dotare il territorio di adeguate infrastrutture, affinché possa continuare ad essere un punto nevralgico dello sviluppo della regione;
   la stessa regione Calabria nel quadro territoriale regionale a valenza paesaggistica (QTRP), strumento previsto dall'articolo 25 della legge urbanistica regionale 19/02, già approvato dalla giunta regionale con DGR n. 377 del 22 agosto 2012, integrato dalla DGR n. 476 del 6 novembre 2012 e adottato dal consiglio regionale con delibera n. 300 del 22 aprile 2013 il quale interpreta gli orientamenti della Convenzione europea del paesaggio di cui alla legge 9 gennaio 2006, n. 14, e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e che si propone di contribuire alla formazione di una moderna cultura di governo del territorio e del paesaggio traccia una chiarissima prospettiva di sviluppo per i consorzi ASI;
   a tale proposito nel documento n. 2 «Visione Strategica», al punto 2.2.3.2. «Il sistema industriale: la produzione della ricerca e dell'innovazione», si individua un'azione finalizzata prioritariamente alla riqualificazione delle aree industriali inserite nelle ASI e nei nuclei industriali, prevedendo in particolare il potenziamento ed il miglioramento dell'offerta localizzativa e dei servizi connessi;
   alla riqualificazione delle aree industriali ed al rilancio degli agglomerati industriali vengono quindi assegnati un ruolo prioritario in quanto fattori determinanti per lo sviluppo del territorio;
   il documento, inoltre, evidenzia che la zona dell'istmo Catanzaro-Lamezia Terme e inserita come elemento importante del paesaggio regionale, e che, nonostante i limiti e le sue contraddizioni, emergono delle tipologie e dei contesti dotati di caratteri importanti da sviluppare;
   dall'analisi svolta emerge la possibilità che sia applicata al consorzio la cosiddetta conservazione dinamica, ovvero la possibilità di ridiscutere i valori originali del vincolo imposto ex lege n. 497 del 1939 attraverso lo strumento partecipativo della copianificazione che coinvolga anche il Ministero competente, ai fini di una riperimetrazione delle zone da sottoporre a vincolo di tutela paesaggistica;
   tale necessità discende dalla considerazione che con la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti industriali è venuto a mancare il principale oggetto di tutela –:
   se non ritenga di avviare l’iter previsto dalla normativa vigente per la riperimetrazione del vincolo paesaggistico apposto ai territori su cui insistono il consorzio industriale della provincia di Catanzaro e l'agglomerato industriale di Lamezia Terme. (4-08433)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni anni, il gruppo Poste Italiane spa, società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, promuove, attraverso i progetti cosiddetti «Mix» e «Svincolo», una politica di selezione e gestione del personale dipendente, dirette ad incentivare, mediante accordi, la «buona uscita» del lavoratore dipendente dall'azienda prima del raggiungimento dell'età pensionabile, ottenendo in cambio l'assunzione a tempo indeterminato del figlio, oltre ad un incentivo in denaro destinato a coprire le spese relative al periodo pensionabile;
   numerosi di questi accordi tra società e lavoratori dipendenti sono intervenuti antecedentemente rispetto all'entrata in vigore delle previsioni di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 e della legge 28 giugno 2012, n. 92, attuative della cosiddetta «Riforma Fornero», che hanno innalzato i parametri dell'età pensionabile e determinato l'insorgenza di una categoria soggettiva assai ampia e sulla quale ancora non sembra essersi determinata una ricognizione definitiva dell'esatto ammontare dei soggetti coinvolti in questa vicenda;
   l'interrogante ritiene opportuno evidenziare come la vicenda in oggetto sia sintomatica di un'azione politica di Governo caratterizzata da mancato coordinamento interministeriale ed assenza di raccordo e continuità rispetto alle politiche adottate dai vari assetti governativi, tradottasi in una incredibile contraddizione dalla quale emergono forti ed ingiusti disagi materiali per i lavoratori coinvolti da queste vicende;
   in particolare i dipendenti di Poste italiane sono stati infatti dapprima invitati, dietro incentivo economico e soprattutto a fronte del miraggio di un lavoro fisso in favore dei propri figli (peraltro in un periodo di forte crisi economica ed occupazionale, in specie per i più giovani), a favorire una sorta di ricambio generazionale, lasciando anticipatamente il posto di lavoro e cedendo la posizione vacante in favore del figlio;
   successivamente, lo stesso apparato amministrativo-statale, che aveva prima invitato il lavoratore dipendente a «cedere» la posizione lavorativa in favore del figlio, per effetto delle previsioni di innalzamento dell'età pensionabile, ha posto lo stesso lavoratore in condizione di forte crisi e disagio materiale, in molti casi ai limiti dell'indigenza;
   si consideri infatti che in molti casi i dipendenti che hanno accettato questo «compromesso», pianificando la propria esistenza sulla base delle risorse finanziarie che sarebbero state nella loro disponibilità (a fronte della liquidazione erogata a titolo di «buona uscita» da parte di Poste), risorse finanziarie che avrebbero utilizzato per affrontare il periodo compreso tra le dimissioni volontarie dal posto di lavoro ed il raggiungimento dell'età pensionabile;
   con l'introduzione delle previsioni legislative di innalzamento dell'età pensionabile apportate dalla «riforma Fornero» ed il conseguente dilazionamento del periodo di inoccupazione, in attesa del raggiungimento dell'età pensionabile, i soggetti interessati da tali progetti vengono a trovarsi in condizioni di grave incertezza, esponendo la propria esistenza al rischio del venir meno dei parametri di libertà e dignità, costituzionalmente garantiti, esclusivamente a causa del mancato raccordo tra l'azione di governo riconducibile ai Ministeri interrogati; si consideri altresì che la grave congiuntura economica in atto e gli elevatissimi indici di disoccupazione rendono difficile, ed in larga misura impossibile, per tali lavoratori, la ricerca di un impiego alternativo, che consenta loro di affrontare il periodo di tempo necessario alla maturazione dei requisiti di anzianità contributiva necessari per andare in pensione;
   una circostanza che appare all'interrogante altamente iniqua e penalizzante, oltre che discutibile sul piano morale, e che deve pertanto essere urgentemente oggetto di revisione e correzione –:
   se il Ministro dell'economia e delle finanze, in qualità di azionista unico della società Poste italiane spa, sia in grado di quantificare la platea di soggetti interessati dai progetti «Mix» e «Svincolo» che risultano penalizzati a seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni della cosiddetta «legge Fornero»;
   quali iniziative il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ritengano di poter adottare, anche congiuntamente, al fine di promuovere la normalizzazione della situazione di profonda iniquità venutasi a determinare, anche eventualmente mediante l'introduzione di opportune deroghe alle disposizioni della legge pregiudizievoli per la situazione degli stessi lavoratori. (4-08428)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO, BARBANTI, ROSTELLATO, BALDASSARRE, ARTINI, PRODANI, SEGONI, TURCO, BECHIS e MUCCI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che il 12 marzo 2015 alle dieci del mattino la scuola a Borgo Faiti (Latina) è stata circondata dagli incaricati del tribunale di Roma, per eseguire il provvedimento giudiziale di sospensione della potestà genitoriale e affidamento a una casa famiglia, nei confronti di un bambino di 12 anni;
   si è trattato di un vero e proprio blitz avvenuto davanti ai compagni, agli insegnanti e agli altri genitori;
   a quanto è dato sapere, il prelievo del bambino è stato traumatico per lo stesso, poiché non comprendeva ciò che stava accadendo, difatti, si sarebbe rivolto alla maestra invocando aiuto. Allo stesso modo, sono rimasti scossi gli altri bambini della classe che hanno visto il proprio compagno portato via bruscamente;
   sicché, il bambino in un primo momento si è rifiutato di seguire gli incaricati del tribunale. Sul posto sono intervenuti anche i sanitari del 118, la polizia e il magistrato che segue il caso. Dopo ore di trattative il bambino è stato portato via dagli assistenti sociali;
   è questo l'ennesimo caso che vede l'esecuzione dell'atto giudiziario in questione, in modo così aggressivo e plateale in danno di un bambino, che già turbato da una complessa vicenda familiare, viene prelevato con modalità che possono determinare effetti psicologici pregiudizievoli per il minore –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito ai fatti premessi e di quali elementi disponga in relazione alla vicenda sopra descritta;
   se e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda intraprendere il Governo affinché non si ripeta un caso del genere e, dunque, sia escluso che un provvedimento giudiziale di sospensione della potestà genitoriale e affidamento sia eseguito con modalità così violente e pubbliche, ciò nell'ottica di tutelare incondizionatamente i diritti dei minori. (5-05041)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LA MARCA, FEDI, PORTA, GIANNI FARINA, GARAVINI, ALBANELLA, BECATTINI, BERGONZI, CIMBRO, D'INCECCO, DALLAI, GADDA, GALPERTI, GRASSI, GIUSEPPE GUERINI, IORI, MARCHI, MANFREDI, MONGIELLO, NARDUOLO, PICCIONE, TACCONI, TARTAGLIONE, TERROSI e FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   le dinamiche di mobilità in atto da anni a livello mondiale spingono milioni di persone a spostarsi per ragioni di lavoro, di studio e di turismo in Paesi diversi da quelli di cittadinanza e di abituale residenza per soggiorni all'estero che spesso si prolungano per anni;
   la disponibilità di regolari patenti di guida rappresenta un elemento essenziale per lo svolgimento delle attività che giustificano il trasferimento e spesso una ragione di scelta del Paese nel quale si decide di risiedere;
   dall'Italia, realtà di consolidata emigrazione, sono ripresi in modo consistente i flussi in uscita verso molteplici aree di interesse commerciale e geopolitico e, nello stesso tempo, è costantemente aumentato il numero degli stranieri residenti, anche se con ritmi condizionati dalla crisi degli ultimi anni;
   il riconoscimento della validità delle patenti di guida in Paesi stranieri è normalmente affidato ad accordi bilaterali di reciprocità, uno strumento di cui l'Italia si è già avvalso in circa sessanta casi, mentre nelle situazioni che esulano dagli accordi le normative esistenti in materia dettano le condizioni per usufruire temporaneamente dei titoli posseduti e per acquisire quelli che hanno validità nei Paesi di residenza;
   è auspicabile che, al di là degli accordi stipulati, si faccia una verifica dello stato di maturazione dei rapporti da tempo intrapresi e si programmi l'avvio di trattative con i Paesi nei quali le presenze di cittadini sono più elevate, sia di connazionali in tali realtà che di cittadini stranieri in Italia;
   gli Stati Uniti sono certamente uno dei Paesi rispetto al quale è più alto l'interesse per un accordo di reciproco riconoscimento delle patenti di guida, sia per il costante flusso di persone che si spostano dall'uno all'altro Paese sia per il vantaggio che l'Italia trae dal turismo proveniente dal Paese nordamericano;
   con gli USA non c’è un accordo in questo senso e non si hanno precise notizie circa la volontà di realizzarlo, mentre altri Paesi europei, come l'Austria, sono già addivenuti a tale soluzione;
   per i cittadini di Paesi con i quali non esiste accordo di reciprocità, decorso un anno di validità della patente straniera in loro possesso, non c’è altra strada che sottoporsi a nuovi esami per ottenere ex novo la patente italiana;
   fino ad alcuni anni fa i test ai quali i candidati stranieri erano sottoposti per ottenere la patente A e B erano redatti in una delle 7 lingue previste dall'ufficialità idiomatica dell'Onu (inglese, tedesco, russo, francese, cinese, spagnolo e arabo), mentre a partire dalla circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 54436/8.3 del 22 giugno 2010 i test sono tradotti solo in tedesco e francese per corrispondere alle esigenze delle minoranze linguistiche in Italia;
   sembra evidente che dopo un anno di permanenza in Italia di norma non è possibile acquisire una padronanza linguistica tale da consentire la sicura comprensione di quesiti aventi un complesso contenuto tecnico –:
   quali contatti siano stati finora stabiliti con le rappresentanze diplomatiche degli Stati Uniti al fine di verificare la disponibilità a stipulare un accordo di reciproco riconoscimento della validità delle patenti di guida e, in caso affermativo, entro quali tempi si ritenga che l’iter possa concludersi;
   se non si ritenga opportuno ripristinare le traduzioni dei test di esame nelle lingue originariamente previste, usate dalle maggiori comunità immigrate presenti in Italia, o almeno, in via subordinata, aggiungere al francese e al tedesco, già adottati per le minoranze linguistiche presenti in Italia, almeno una lingua di uso corrente come l'inglese. (4-08430)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   tra Roma e Cassino è attiva una linea ferroviaria regionale (FL 6), insistente sull'infrastruttura della linea Roma-Napoli;
   si tratta di una delle più frequentate linee ferroviarie del Lazio, tanto che nel 2009 sono stati effettuati 2.621.021 treni al chilometro (compresi i treni per Caserta) e, secondo il rapporto «Pendolaria» del 2011, transiterebbero sulla linea ben 46.000 utenti al giorno;
   sulla FL 6 coesistono oggi diversi livelli di servizio: gli utenti provenienti dalla provincia di Frosinone necessitano di treni ad alta velocità commerciale e bassa frequenza, per quelli della provincia di Roma (che utilizzano sia la FL 6 che la FL 4) l'esigenza è invece di treni a bassa velocità commerciale ed alta frequenza;
   tale coesistenza di diversi livelli di servizio sulla medesima linea, e la congestione che si crea in arrivo a Roma, particolarmente nel nodo Roma Ciampino, sono fonte di inefficienze e gravi disagi;
   i disagi che devono affrontare i pendolari utenti della linea sono ben esemplificati dai dati, ricavabili dal sito ufficiale di Trenitalia, che riporta, nel solo dicembre 2014, la soppressione di 25 treni nelle ore di punta e il cumulo di 74 ore di ritardo nelle ore di punta stesse;
   quasi parallela alla linea storica di cui sopra, corre la linea ferroviaria AV/AC Roma-Napoli;
   tale linea ad alta velocità ha una capacità massima variabile tra 10 e 15 treni all'ora, ma risulta oggi sotto-utilizzata, con una frequenza massima di 6 treni l'ora;
   esiste un progetto, formulato dal team di ingegneri dell'Associazione Roma-Cassino Express, finalizzato alla creazione di un treno regionale ad alta velocità tra Cassino e Roma;
   i treni AV provenienti da Cassino percorrerebbero la linea FL 6 fino a Sgurgola per poi immettersi, tramite l'interconnessione esistente, sulla linea AV ed arrivare fino a Roma bypassando la tratta Ciampino-Roma, che è quella maggiormente congestionata;
   il progetto garantirebbe un uso più efficiente delle infrastrutture esistenti, mentre non sarebbe necessaria la realizzazione di alcuna nuova opera;
   la proposta, in particolare, prevede 5 treni regionali alta velocità a servizio degli utenti della provincia di Frosinone (si considera tuttavia nel seguito l'acquisto di 6 treni per gestire eventuali guasti), 3 treni in meno in circolazione sulla FL 6 rispetto all'orario attuale con conseguente disponibilità di 3 tracce in ingresso a Roma Termini per gestione imprevisti o ulteriore potenziamento delle linee metropolitane, la riduzione dell'eterotachicità con conseguente miglioramento dell'efficienza nell'utilizzo della FL 6 e possibile riduzione dei tempi di percorrenza (non considerata in questa fase), e un aumento del 35 per cento dei posti disponibili;
   il costo annuale complessivo di servizio sarebbe pari a 62,1 milioni di euro, contro gli attuali 51,0 milioni di euro della sola linea FL 6;
   i maggiori costi, pari a 11,1 milioni di euro, sarebbero ampiamente compensati da un aumento dei ricavi da tariffa, dalla riduzione delle inefficienze e delle esternalità negative, e dal guadagno cumulato, per gli utenti, di oltre 1.665.000 ore all'anno;
   la coesistenza di treni regionali e ad Alta Velocità sulla stessa linea già si verifica sulla Roma-Orte e sulla Arezzo-Firenze oltre che in Spagna, Germania e Gran Bretagna;
   il progetto è già pervenuto al centro di ricerca per il trasporto e la logistica dell'università Sapienza nell'ambito dello sviluppo del piano per la mobilità del Lazio (PML), né è già stata confermata la fattibilità tecnica e condiviso l'approccio da parte del responsabile dello sviluppo del piano per la mobilità e dai suoi collaboratori, ma si attende ancora il parere ufficiale da parte dell'università Sapienza, che sarà pubblicato nell'ambito del piano della mobilità del Lazio –:
   di quali notizie disponga il Governo;
   se risultino al Governo difficoltà di ordine tecnico per l'implementazione del progetto di cui in premessa;
   quale sia la valutazione delle Ferrovie dello Stato italiane, rispetto al progetto;
   se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, favorire l'apertura di un dialogo tra le Ferrovie dello Stato italiane e la regione Lazio per studiare la fattibilità del progetto e l’iter per pervenire alla sua realizzazione. (4-08432)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale, n. 78 dell'11 marzo 2008, viene adottato il «Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale per l'ammissione ai concorsi pubblici per l'accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»;
   con il decreto del Presidente della Repubblica, del 6 febbraio 2004 n. 76, è stato adottato il «Regolamento concernente disciplina delle procedure per il reclutamento, l'avanzamento e l'impiego del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»;
   nell'applicazione dei due provvedimenti emergono a giudizio dell'interrogante palesi e incomprensibili discordanze sui parametri fisici, che dovrebbero essere identici nelle procedure di reclutamento nel Corpo dei vigili del fuoco;
   è anacronistico ed ingiustificabile che per fare il volontario sia prevista un'altezza diversa dal permanente, poiché dopo il superamento del corso di 120 ore si è idonei al servizio. Infatti, per fare il volontario l'altezza minima è di 162 centimetri, mentre per il permanente è di 165
centimetri;
   la dicitura «malattie cutanee croniche» sembra troppo generica, a volte discriminatoria e discrezionale. Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004, Tabella 1, punto l), costituiscono cause di non idoneità: «le alterazioni congenite ed acquisite, croniche della cute e degli annessi ed i loro esiti, estese o gravi o che, per sede, determinino rilevanti alterazioni funzionali». Applicando a casi concreti la terminologia normativa dei due decreti, sulle «malattie cutanee croniche», tra vigili del fuoco permanenti e volontari ci si potrebbe trovare di fronte anche a dei paradossi, poiché le commissioni giudicatrici potrebbero ben avere opinioni diverse sulla «gravità delle malattie cutanee croniche». Per esempio, la psoriasi, il favismo, l'orticaria e la dermatite sono state trattate, in diverse procedure di selezione, in maniera diversa sia per i volontari che per i permanenti;
   diversità emergono sia tra i due provvedimenti citati, sia nelle procedure di selezione dei vigili del fuoco volontari e permanenti;
   più volte, nelle diverse sedi istituzionali, sono state evidenziate tali incongruenze dalle varie organizzazioni, sindacali e non, dei vigili del fuoco, in particolare: a) percentuali delle riserve; b) durata delle graduatorie; c) modalità e punteggi delle prove motorio-attitudinali; d) titoli –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intraprendere le opportune iniziative, anche normative, al fine di uniformare procedure per la selezione del personale del Corpo dei vigili del fuoco e nello stesso tempo rivedere alcuni parametri ad avviso dell'interrogante anacronistici ed oggettivamente ingiustificabili e discriminatori. (4-08431)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie derivanti da fonti giornalistiche, il Viminale avrebbe scelto il porto di Taranto per realizzare un «hub» di identificazione degli immigrati il cui arrivo dalla Libia è previsto nei prossimi mesi;
   sulla base di quanto scritto in due articoli pubblicati sull'edizione on-line del Corriere del Mezzogiorno e del Corriere di Taranto, rispettivamente del 10 marzo e dell'11 marzo, in questo modo il Ministero dell'interno si prepara a fronteggiare l'ennesima emergenza legata all'immigrazione, ma al momento l'unica cosa certa è che l'autorità portuale e la capitaneria di porto di Taranto dovranno allestire celermente un'area capace di accogliere almeno 500 persone per un periodo di tempo che, ai sensi della vigente normativa, va delle quarantotto alle settantadue ore;
   a Taranto, secondo quanto comunicato, seppur in via ufficiosa, dallo stesso Ministro dell'interno, arriveranno da Lampedusa i profughi per i quali solo successivamente alla «schedatura», verrà valutata la richiesta d'asilo e la destinazione finale;
   entrambi gli articoli sottolineano come per il Ministero dell'interno la scelta di Taranto sia già definitiva, mentre le istituzioni cittadine restano possibiliste in quanto dichiarano di non aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale al riguardo, e sollecitano, allo stesso tempo, un incontro «ormai indifferibile» con il Governo «per delineare le misure per la gestione dell'emergenza e linee operative condivise per organizzare le migliori condizioni di accoglienza» che tenga conto delle urgenze umanitarie ma anche delle peculiarità e della gravosità dell'impegno per i soggetti coinvolti;
   a questo proposito stanno aumentando perplessità e scetticismo in relazione all'opportunità di insediare nel porto di Taranto un hub per i migranti;
   ricordiamo che il porto di Taranto è già stato utilizzato come centro di identificazione profughi;
   solo pochi giorni fa, l'8 marzo il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi in un tweet ribadiva il suo impegno per la soluzione della questione meridionale, annoverando Taranto tra i progetti sui quali puntare per la rinascita del Mezzogiorno;
   in questo quadro il decreto-legge 5 gennaio 2015, convertito con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 4 marzo 2015, n. 20 — l'ultimo, in ordine cronologico, dei provvedimenti urgenti emanati per imprimere, nelle intenzioni dell'Esecutivo, una svolta nella vicenda dell'Ilva e della città di Taranto – reca misure per la riqualificazione della città vecchia e per il rilancio del porto e dell'Arsenale militare, in un'ottica di sviluppo della città;
   appare incomprensibile come possa coniugarsi la riqualificazione della città in un'ottica di sviluppo con l'insediamento di un centro di identificazione per migranti nel porto di Taranto;
   è parere dell'onorevole interrogante che il Governo stia navigando a vista nella gestione del problema dell'immigrazione e manchi di una politica concreta nella gestione della crisi libica –:
   quali siano gli elementi del piano che prevede di insediare nel porto di Taranto un centro di identificazione per immigrati e se siano state individuate le risorse necessarie alla sua realizzazione, affinché siano tutelati sia i diritti umani dei migranti che l'avvio del processo di riqualificazione della città – e del porto in particolare – per troppo tempo atteso e sul quale i cittadini di Taranto confidano per il riscatto della loro città. (4-08434)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALMIERI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 10 marzo 2015 alcuni organi di stampa hanno raccontato un episodio discutibile avvenuto a Trieste. Il comune infatti, nelle scorse settimane ha aderito a un progetto, proposto ai bambini di 45 scuole dell'infanzia della città, che mira, si legge in un opuscolo informativo, «a verificare le conoscenze e le credenze di bambini e bambine su cosa significa essere maschi o femmine, a rilevare la presenza di stereotipi di genere e ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri, offrendo ai bambini anche un punto di vista alternativo rispetto a quello tradizionale»;
   nel kit ludico-didattico del «Gioco del rispetto – Pari e dispari», così lo hanno chiamato gli organizzatori, è previsto che i bambini e le bambine possano esplorare i corpi dei compagni, e persino, si legge nel progetto, «riconoscere che ci sono differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell'area genitale». Le ideatrici del progetto ci tengono a sottolineare quanto sia «importante confermare loro che maschi e femmine sono diversi in questo aspetto e nominare senza timore i genitali maschili e femminili»;
   fra i giochi proposti, inoltre, c’è anche quello del «Se fossi», nel corso del quale i bambini si travestono con abiti tipici del sesso opposto. «I bambini e le bambine – si legge ancora – potranno indossare vestiti diversi dal loro genere di appartenenze e giocare così abbigliati»;
   alcuni genitori si sono opposti per diversi motivi: il progetto in questione non era stato inserito nel Pof, il piano di offerta formativa, e quindi non era stato prospettato alle famiglie. Così un genitore, accortosi per caso del progetto e contrariato dall'iniziativa, ha inviato una diffida alla dirigente scolastica;
   solo dopo alcuni giorni dalla diffida, la scuola ha deciso di affiggere in bacheca avvisi generici per i genitori circa l'implementazione del gioco. Avvisi che presentavano il progetto per la «sensibilizzazione contro la violenza sulle donne», cosa che a giudizio dell'interrogante non corrisponde, così come si evince dalle stesse parole degli organizzatori sull'opuscolo informativo, al reale contenuto dell'iniziativa;
   sempre solo alcuni giorni dopo la diffida, la dirigente ha fatto esporre un cartello con scritto: «Kit» e una freccia che indica una scatola su un tavolino. Questa doveva essere, probabilmente, la sua attività di informazione alle famiglie circa la valenza educativa del «Gioco» in questione;
   «Ho letto i testi di questo gioco del rispetto, come viene chiamato e sono aberranti», ha spiegato al quotidiano Il Giornale uno dei genitori che si sono schierati contro questo «gioco». «Negano che ci siano discorsi sull'ideologia gender però fanno travestire i maschietti da femmine e viceversa e poi filmano brevi interviste per farli dire come si sentono»;
   posto ciò, appare evidente come in questo caso non si tenti assolutamente di insegnare il rispetto tra le persone, ma di introdurre in maniera subdola l'ideologia del gender fra i minori e di instillare nei giovani alunni l'idea che non esistono maschio e femmina, madre e padre. A rendere ancora più grave la situazione, c’è il fatto che questo «gioco» è rivolto a bambini in età prescolare di appena 3-4 anni –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per garantire il diritto alla libertà di educazione della famiglia e la scelta educativa dei genitori;
   se non ritenga necessaria l'attivazione di una procedura ispettiva al fine di sospendere il progetto. (5-05040)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO, BARBANTI, ROSTELLATO, BALDASSARRE, ARTINI, PRODANI, SEGONI, TURCO, BECHIS e MUCCI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   dopo la riforma che ha coinvolto le province, è necessario gestire la sorte delle società controllate da questi enti;
   a riguardo, si evidenzia che sull'utilità delle partecipate pubbliche, parla chiaro il rapporto del commissario alla spending review Carlo Cottarelli secondo il quale il loro numero dovrebbe ragionevolmente essere ridotto del 90 per cento, da oltre 8 mila a non più di mille;
   la provincia di Roma possiede dal 2002, una società che si chiama Capitale Lavoro spa. Si occupa di formazione professionale e servizi per l'impiego, funzioni che però non dovrebbero spettare più alle province;
   sul punto, si apprendono informazioni e dati da un articolo del Corriere della Sera del mese di febbraio a firma di Sergio Rizzo;
   alla fine del 2013, in seguito alla fusione con Provinciattiva, altra società provinciale costituita invece nel 2007, i dipendenti di Capitale Lavoro erano 306. Inoltre, nelle ultime settimane del 2014, appena prima che la ex provincia di Roma divenisse Città metropolitana e in clima di spending review, ad aumentare gli organici è stato l'ulteriore inserimento di 20 dipendenti di una terza società provinciale, l'Agenzia Colline Romane recentemente liquidata. A ciò si aggiungano 23 precari stabilizzati fra cui un dirigente, per un totale generale di circa 350 dipendenti;
   ed ancora, considerando che si tratta di una società che opera nel settore della formazione professionale, al personale fisso si devono aggiungere i collaboratori per i corsi (docenti, esperti, tutor). Sicché, nel 2014 risultavano a libro paga della società ben 383 lavoratori. In questa situazione attualmente, con un contratto di servizio scaduto il 28 febbraio e pubblicato tardivamente il 2 marzo 2015, ancora circa 220 persone lavorano nei servizi per l'impiego (Progetto «SISPI VIII — Supporto integrato ai servizi pubblici per l'impiego, ottava edizione — DETERMINAZIONE DIRIGENZIALE R.U. 717 del 2 marzo 2015);
   come già rilevato con interrogazione del 19 dicembre 2014 (n. 5-04345), ancora senza risposta, i lavoratori in questione dal 2003/2004 prestano servizio nei Servizi per l'impiego senza interruzione attraverso contratti di servizio continuativi. Dal 2007/2008 sono impiegati con contratto a tempo indeterminato del CCNL commercio. Formalmente la funzione di tali lavoratori è quella di supporto al personale della provincia di Roma. Tuttavia, in concreto, come confermato documentalmente, sono da oltre 11 anni in sostituzione di personale; difatti, svolgono le stesse mansioni dei colleghi provinciali. Sicché, le pratiche che svolgono non risultando firmate dagli stessi, ma dai colleghi provinciali, alimentano la produttività di questi ultimi, il che determina di conseguenza notevoli discriminazioni salariali e di status. Questa situazione costringe i lavoratori di Capitale Lavoro a svolgere funzioni di pubblico ufficiale senza averne le necessarie tutele e riconoscimento, lavorando con la stessa professionalità dei colleghi provinciali –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro rispetto ai fatti esposti in premessa;
   quale sia il destino di Capitale Lavoro e dei suoi lavoratori, considerando che la formazione professionale e i servizi per l'impiego, sono funzioni che non dovrebbero spettare più alle province;
   se il Ministro intenda procedere ad un'urgente verifica della regolarità dell'instaurazione dei rapporti di lavoro nell'ambito di Capitale Lavoro, che, come esposto in premessa, appare una società dove confluiscono lavoratori per tramite di altre società pubbliche, di cui poi non sono ben chiare le funzioni e l'inquadramento;
   se sia intenzione del Ministro inserire tali lavoratori nell'organico della costituenda Agenzia nazionale per l'occupazione. (5-05042)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 giugno 2014, la Direzione Generale per il mercato elettrico, le rinnovabili, l'efficienza energetica ed il nucleare del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con l'Autorità di gestione del programma operativo interregionale (POI) energie rinnovabili e risparmio energetico FESR 2007 – 2013, ha adottato e pubblicato un avviso, finalizzato all'avvio di una procedura di evidenza pubblica per il finanziamento di iniziative riguardanti la realizzazione di interventi di efficientamento energetico e/o produzione di energia da fonti rinnovabili a servizio di edifici di Amministrazioni comunali delle c.d. «Regioni Convergenza» (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), attraverso l'acquisto e l'approvvigionamento di beni e servizi tramite il MePA (mercato elettronico della pubblica amministrazione);
   i soggetti identificati quali destinatari del finanziamento, sono «tutte le Amministrazioni comunali delle Regioni Convergenza», che intendono realizzare interventi di efficientamento energetico e/o di produzione di energia da fonti rinnovabili su edifici di proprietà e nella esclusiva disponibilità dell'amministrazione comunale istante, o di proprietà del demanio dello Stato o di altra amministrazione pubblica e che siano nella esclusiva disponibilità dell'amministrazione istante;
   l'ammontare complessivo delle risorse disponibili è pari ad euro 15.000.000,00 (quindici milioni/00), assegnati «a sportello», cioè sino ad esaurimento della disponibilità finanziaria;
   l'articolo 5 del bando disciplina le modalità di accesso al finanziamento, disponendo in particolare al punto n. 2 l'onere per le amministrazioni comunali istanti di esplicitare, negli atti di gara, la sussistenza dei requisiti di ordine generale di cui all'articolo 38 del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163, subordinando l'aggiudicazione definitiva all'esito positivo della verifica sulla sussistenza di tali requisiti da parte del Ministero;
   l'interrogante rileva anzitutto l'emersione di profili di incompatibilità di tempistiche, tra le condizioni poste dal bando. Al riguardo è infatti necessario considerare da una parte la circostanza per cui la modalità di assegnazione dei fondi «a sportello» presuppone una tempistica di presentazione della documentazione il più possibile «rapida» e che corrisponde, nella maggior parte dei casi, ad una maggiore probabilità di ottenere il beneficio per il quale si concorre per i progetti presentati prioritariamente in ordine cronologico; si consideri altresì al riguardo che, secondo quanto segnalato dai soggetti interessati che hanno partecipato alla procedura, il sistema telematico per la presentazione della domanda, attivato sul portale dedicato, prevedeva un sistema di aggiornamento automatico dell'ammontare totale disponibile (cosiddetto «contatore economico») il quale scalava le risorse assegnate in «tempo reale», dunque nel corso della procedura, inducendo dunque il soggetto interessato ad «accelerare» i tempi di registrazione; dall'altra, il fatto che la predisposizione della documentazione richiesta dal bando, con particolare riferimento al citato articolo 38, richiede invece un tempo tecnico più ampio, incompatibile dunque con la modalità di assegnazione delle risorse «a sportello»;
   già a partire da luglio 2014, proprio per tali ragioni e per l'emersione di dubbi collegati alle verifiche richieste dal bando ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163, molti dei comuni partecipanti alla procedura hanno richiesto al Ministero i dovuti chiarimenti, evidenziando gli elementi di difficoltà nell'adempiere agli oneri documentali richiesti nel bando entro tempistiche ristrette;
   i chiarimenti sono stati resi dal Ministero dello sviluppo economico soltanto a 6 mesi dalle richieste poste da moltissimi soggetti, con una comunicazione a mezzo posta elettronica effettuata in data 16 gennaio 2015, nella quale era riportato un collegamento web al portale http://www.poienergia.govit/, sul quale è stata pubblicata una nota esplicativa;
   si segnala che già prima della emanazione di tale nota ed in particolare nella data del 3 settembre 2014, il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato, mediante avviso pubblico, il completamento dell'assegnazione delle risorse finanziarie pari ad euro 15 milioni/00, previste dall'avviso pubblico della medesima amministrazione adottato mediante decreto ministeriale del 24 giugno 2014;
   molti dei soggetti che sono risultati beneficiari (per la sola regione Calabria si tratta di n. 66 comuni per 84 richieste di offerta, per un valore totale di circa 8,5 milioni di euro) saranno presumibilmente esclusi al momento della verifica della sussistenza dei requisiti per l'aggiudicazione definitiva, non essendo stati messi nella condizione di produrre la documentazione necessaria a comprovare il possesso dei requisiti, e non avendo in tal senso avuto dal Ministero alcun chiarimento, in tempo utile, in ordine ai dubbi emersi sulle modalità di presentazione delle domande;
   inoltre, secondo quanto si evince da recenti comunicazioni inviate ai comuni interessati da parte degli uffici preposti alla verifica della regolarità della procedura, l'erogazione dei contributi assegnati in via provvisoria sarebbe subordinata alla verifica sulla documentazione richiesta, la quale avrebbe dovuto essere presentata prima della richiesta di ammissione al contributo da parte dei soggetti interessati, mentre tutti i comuni risultati beneficiari in prima istanza (non potendo disporre della documentazione richiesta entro tempistiche ristrette), hanno prima prodotto delle autocertificazioni e poi proceduto all'integrazione della documentazione richiesta solo successivamente all'aggiudicazione provvisoria;
   emergono dunque numerosi profili di criticità ed incongruenza nelle modalità di gestione della procedura da parte dell'amministrazione del Ministero dello sviluppo economico, titolare della stessa procedura, nella misura in cui la stessa da una parte non sembra aver tenuto conto delle normali tempistiche amministrative necessarie per la formalizzazione delle necessarie certificazioni e, oltretutto, non ha adempiuto in modo esaustivo ed adeguato ai doveri istituzionali di corretta informazione e tempestiva comunicazione con gli interessati, in un'ottica di leale cooperazione che dovrebbe informare l'azione amministrativa pubblica;
   la risposta tardiva ai chiarimenti richiesti da numerosissimi soggetti interessati, sopravvenuta peraltro solo successivamente alla definizione del bando di concorso, ha determinato l'insorgenza di una condizione di incertezza e scarsa chiarezza che appare all'interrogante poco conforme ed inconciliabile con i principi di chiarezza, fermezza, coerenza, trasparenza e certezza dell'azione amministrativa, venuti evidentemente a mancare nel caso di specie;
   l'interrogante ritiene opportuno rimarcare come, in assenza di un intervento di normalizzazione della procedura da parte del Ministero, la vicenda rischia di configurarsi quale elemento di difficoltà materiale per la realizzazione delle attività progettate da molti dei comuni interessati dalla procedura in oggetto –:
   se il Ministro abbia preso atto dei profili di scarsa chiarezza e delle carenze nelle modalità di comunicazione da parte dell'amministrazione nei confronti dei soggetti interessati a concorrere alla procedura in questione;
   se e con quali modalità, il Ministro ritenga di poter intervenire al fine di normalizzare e regolarizzare la procedura e mettere i comuni interessati nella condizione di concorrere regolarmente per l'aggiudicazione dei contributi e di realizzare i programmati interventi di efficientamento energetico. (4-08429)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Fitzgerald Nissoli, Porta ed altri n. 1-00445, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Borghese e Merlo e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Fitzgerald Nissoli, Porta, Adornato, Allasia, Amendola, Binetti, Borghese, Caon, Capelli, Capua, Caruso, Catalano, Catania, Causin, Cimmino, Cirielli, D'Agostino, De Mita, Dellai, Di Lello, D'Incecco, Gianni Farina, Fauttilli, Fedi, Galgano, Gelli, Gigli, Ginoble, Gitti, Giuseppe Guerini, Guerra, Invernizzi, La Marca, Lo Monte, Locatelli, Marazziti, Marcolin, Mazziotti Di Celso, Merlo, Molea, Monchiero, Nesi, Oliaro, Pagano, Pastorino, Patriarca, Picchi, Piepoli, Pilozzi, Pisicchio, Preziosi, Rabino, Rondini, Santerini, Sberna, Scanu, Scotto, Sottanelli, Tacconi, Tinagli, Totaro, Vaccaro, Vargiu, Vecchio, Vezzali, Vitelli».

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Terzoni e altri n. 7-00596, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pellegrino, Zaratti.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Villarosa n. 4-08314, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lorefice.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Daga n. 4-08345, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 388 del 10 marzo 2015.

   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 22 del 2010 e successive modificazioni ed integrazioni il quale si pone come obiettivo la liberalizzazione del mercato dello sfruttamento geotermico;
   in data 3 marzo 2011, il decreto legislativo n. 28 stabilisce: «... Al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono altresì di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW ...», il che dà il via a 10 progetti pilota da 5 MW che, oltre ad avere iter autorizzativo esclusivamente dipendente dal parere della Commissione CIRM del Ministero dello sviluppo economico, oltre alla valutazione d'impatto ambientale regionale, beneficiavano di incentivi molto elevati;
   il primo progetto riguardante due impianti, uno a Torre Alfina nel Lazio ed il secondo a Castel Giorgio-Orvieto in Umbria, presentato in data 19 luglio 2011, presentato a nome della ITW&LKW geotermia Italia (capitale 200 mila euro, unico azionista, la ITW&LKW Beteilingungs Gmbh, Austria) società costruita ad hoc nel maggio dalla ITW società di costruzioni e dalla LKW una società elettrica del Liechtenstein. Supervisore del progetto e consulente della ITW&LKW è il professor Franco Barberi, all'epoca anche membro della Commissione CIRM del Ministero dello sviluppo economico che autorizzava tali progetti;
   ai sensi del decreto ministeriale 6 luglio 2012, «Attuazione dell'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28», recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse da quella solare fotovoltaica, il quale introduce una incentivazione «base» per gli impianti geotermici ad autorizzazione regionale, mentre una incentivazione maggiore viene introdotta per gli impianti pilota sperimentali di potenza fino a 5 MWe, con la conseguenza che tali ultimi impianti hanno un iter autorizzativo semplificato ed un incentivo maggiorato. In altre parole, l'impianto di Castel Giorgio-Orvieto, costerebbe 32 milioni di euro e, con questi incentivi, genererebbe un ricavo di 220-230 milioni di euro in 25 anni, tutti provenienti dalle bollette pagate dai cittadini italiani;
   conformemente ai sensi dello stesso decreto legislativo n. 22 del 2010 le autorità competenti per le funzioni amministrative, inclusa la valutazione di impatto ambientale, ai fini del rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione, comprese le funzioni di vigilanza sull'applicazione delle norme di polizia mineraria, riguardanti le risorse geotermiche d'interesse nazionale e locale, sono le regioni o enti da esse delegati; ma con il decreto-legge n. 68 del 2013 cosiddetto «Decreto del fare» vengono inserite norme che sottraggono la VIA alla competenza della regione Umbria ed escludono gli impianti pilota geotermici dalla direttiva Seveso sulla prevenzione di incidenti rilevanti, facendo sì che tali impianti dovranno essere valutati dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui è Presidente proprio Guido Monteforte Specchi, consulente della ITW&LKW in occasione della procedura di valutazione di impatto ambientale regionale, interrotta dalla succitata legge; cosa che ha provocato una segnalazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dallo stesso assessore all'ambiente dell'Umbria Silvano Rometti;
   nel progetto presentato dalla società ITW&LKW il modello concettuale del bacino geotermico dell'Alfina, il quale sembrerebbe derivato principalmente da dati di bibliografia, integrata da misurazioni di superficie non consente di comprendere esaustivamente l'evoluzione della risorsa geotermica nel tempo;
   l'area di progetto risulta essere la stessa nella quale l'ENEL nel 1977, aveva condotto test di reiniezione nel sottosuolo, con pressioni fino a 10 atmosfere (in testa di pozzo), innescando terremoti fino a magnitudo 3 ed avvertiti dalle popolazioni. La stessa area era stata inoltre oggetto di un terremoto importante nel 1957. Inoltre tra il 1972 e il 1973, si verificò la fuoriuscita di gas da un pozzo di esplorazione, perdurata per alcune settimane, con moria di animali ed essiccazione di vegetazione arborea ed arbustiva. Infatti, la realizzazione di perforazioni in aree con gas in pressione (CO2, H2S, arsenico, e altro) potrebbe portare a risalite in grado di contaminare anche l'acquifero idropotabile superficiale, sia nel caso di non tenuta idraulica dei pozzi, sia per fratturazione connessa alla potenziale attività sismica indotta;
   il rapporto ICHESE stabilisce una correlazione statistica tra la sismicità dell'Emilia e le reiniezioni di fluidi nel campo di Cavone (MN); Ispra pubblica una rassegna dei molti istituti ed enti che si occupano in Italia di sismicità indotta, anche fornendo una lista di eventi sismici presumibilmente associati ad attività di stimolazione antropica; vengono emanate, dal Ministero dello sviluppo economico, «... Indirizzi e linee guida per il monitoraggio della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle pressioni di poro nell'ambito delle attività antropiche...», le quali si applicano anche alla geotermia;
   si apprende dalla stampa, e simili note di protesta sono state indirizzate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che la provincia di Viterbo e le associazioni ambientaliste del territorio chiedono una nuova verifica dell'impatto ambientale in quanto il parere emesso in data 31 ottobre 2014 – positivo, con prescrizioni – dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato predisposto da un gruppo istruttore ritenuto inadeguato costituito da un astrofisico, un avvocato ed un geologo dei ghiacciai con alcuna esperienza nel settore geotermico, nonostante l'intervento fortemente contrario verso la metodologia della valutazione e della sua carenza del professore Borgia, geologo con elevata esperienza nel campo della geotermia. Peraltro detto impianto è ubicato proprio sopra il bacino idrogeologico del SIC-ZPS lago di Bolsena e, secondo il parere di professori universitari e noti geologi professionisti, inquinerebbe di arsenico il lago e la falda superficiale da cui viene estratta acqua per la rete potabile;
   non è stato da tempo assunto alcun intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con riferimento al rinnovo dei membri della citata Commissione VIA scaduti sin dal luglio del 2014 ed operanti in regime di prorogatio; la nomina dei nuovi membri – come è previsto dalle norme in vigore ma ancora non attuate – si accompagna inoltre alla riduzione del numero da 50 a 40 –:
   se, alla luce dei fatti suesposti, non ritenga necessario, in nome della tutela dell'incolumità delle persone e della sicurezza ambientale predisporre una nuova valutazione ambientale per l'impianto pilota di Castel Giorgio, utilizzando opportune professionalità specializzate nelle materie di cui trattasi;
   se non sia il caso di accelerare il rinnovo dei membri della citata commissione, scaduti da circa un anno. (4-08345).

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Sorial n. 4-06320 dell'8 ottobre 2014 in interrogazione a risposta orale n. 3-01365.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Spadoni e altri n. 5-04942 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 386 del 6 marzo 2015. Alla pagina 22407, prima colonna, alla riga dodicesima deve leggersi: «cooperazione internazionale, Emilio Ciarlo,» e non «cooperazione internazionale, Lapo Pistelli,», come stampato.