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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 10 marzo 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    uccisi, torturati, violentati, in alcuni casi sepolti vivi, decapitati e crocifissi: è il destino toccato a un numero imprecisato di minori iracheni vittime delle violenze dei jihadisti dello Stato islamico. Questo è quanto emerge dal rapporto della Commissione per i diritti del bambino delle Nazioni Unite, reso noto a Ginevra il 5 febbraio 2015 che denuncia che l'Isis uccide, tortura e violenta sistematicamente bambini e famiglie di gruppi minoritari in Iraq e nei territori occupati dal califfato. È così che trovano tragico e crudele fondamento le denunce di diverse organizzazioni che già dalla scorsa estate riferiscono di violenze inaudite ai danni dei minori delle zone occupate dai fondamentalisti islamici. Il rappresentante UNICEF in Iraq, Marzio Babille, aveva infatti già segnalato «il calvario cui venivano sottoposti i bambini e le bambine yazidi in fuga da Isis con le loro famiglie»;
    dal rapporto emerge un dramma di proporzioni immani che riguarda migliaia di minori irakeni, soprattutto appartenenti a gruppi quali yazidi e cristiani. In particolare, il rapporto denuncia «molti casi di esecuzioni di massa di bambini, così come notizie di decapitazioni, crocifissioni di bambini e sepolture di bambini vivi» oltre che segnalare il dramma dei bambini soldato e di bambini disabili addestrati, fin dalla tenera età, a combattere e molto spesso utilizzati come scudi umani, rapiti come schiavi del sesso, utilizzati come kamikaze e impiegati nella fabbricazione di ordigni esplosivi;
    dal rapporto emerge un quadro di una tale violenza e di una così grave violazione dei diritti umani, compiute su minori di età, da configurare la responsabilità di tutta la comunità internazionale e da imporre immediate e adeguate azioni a tutela di queste vittime prescindendo da qualunque collocazione geopolitica e da qualunque appartenenza religiosa;
    insufficiente è stata l'attenzione con la quale la comunità internazionale ha accolto queste notizie e sono ancora del tutto inadeguate le misure adottate a contrasto di questa violenza che non accenna a fermarsi. Non passa giorno infatti che non giunga un nuovo tragico aggiornamento. Pressoché sotto silenzio sono passate anche le notizie riguardanti le barbare esecuzioni e le violenze avvenute da parte del gruppo di Boko Haram, gruppo terroristico jihadista attivo nel nord della Nigeria, che utilizza minori in pratiche di addestramento militare e che nel mese di gennaio scorso ha organizzato attacchi suicidi utilizzando minori, soprattutto bambine, costretti a farsi esplodere in luoghi affollati;
    lo stesso gruppo terroristico, all'inizio dell'anno, si è reso responsabile di una strage di proporzioni inaudite, per efferatezza e per numero di vittime, compiuta nella città nigeriana di Baga: Amnesty International ha riferito, infatti, che il numero delle vittime potrebbe essere superiore a duemila e si tratterebbe soprattutto di donne, bambini e anziani;
    il quadro normativo di riferimento per la tutela dei diritti dei minori è costituito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo sottoscritta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176 che, in particolare, prevede: all'articolo 6 che «Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita. Gli Stati parti assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo»; all'articolo 19 «Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all'uno o all'altro, o a entrambi i genitori, al suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento»; all'articolo 35 «Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire il rapimento, la vendita o la tratta di fanciulli per qualunque fine e sotto qualsiasi forma»; all'articolo 38 «Gli Stati parti si impegnano a rispettare e a far rispettare le regole del diritto umanitario internazionale loro applicabili in caso di conflitto armato, e la cui protezione si estende ai fanciulli. Gli Stati parti adottano ogni misura possibile a livello pratico per vigilare che le persone che non hanno raggiunto l'età di quindici anni non partecipino direttamente alle ostilità»;
    fino ad oggi la comunità internazionale ha reagito a simili efferati crimini con dichiarazioni di sdegno senza tuttavia mettere in campo un'immediata azione congiunta a tutela delle popolazioni, dei gruppi coinvolti dai massacri e dalle violenze e che, viceversa, accanto ad una strategia di lotta comune e concordata al terrorismo e a tutte le forme di fanatismo omicida, dovrebbe essere prioritaria una determinata e incisiva azione di protezione delle popolazioni colpite, in particolare dei soggetti più deboli quali donne, anziani e bambini sulla base della Convenzione succitata;
    l'odioso utilizzo di minori in azioni terroristiche e le agghiaccianti violenze perpetrate su di essi sembrano conoscere ormai una escalation senza fine che sta mettendo in pericolo le future generazioni delle popolazioni coinvolte e si configura come un crimine contro l'umanità,

impegna il Governo:

   a farsi urgentemente promotore presso i partner internazionali, ed in particolare presso gli Stati aderenti alla Convenzione sui diritti del fanciullo, nelle opportune sedi, di un'azione congiunta per la protezione dei minori presenti nei territori controllati dal califfato islamico dell'Isis e nelle aree sotto controllo di Boko Haram in Nigeria, come pure in tutti i territori ad alto rischio terroristico;
    a sostenere progetti e iniziative internazionali, anche attraverso il coinvolgimento attivo di organizzazioni internazionali operanti nel settore, atte a fornire aiuto e supporto ai minori oggetto delle violenze denunciate dal comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e in tutti i territori coinvolti dal terrorismo internazionale;
    a sollecitare, attraverso le Nazioni Unite, in particolare l'Alto commissariato per i diritti umani e il Consiglio per i diritti umani, un'azione di monitoraggio sul rispetto dei diritti umani dei bambini nelle suddette zone.
(1-00758) «Zampa, Gadda, Iori, Bergonzi, Iacono, Marco Di Maio, Gribaudo, Tidei, Pes, Sbrollini, Carrozza, Rubinato, D'Incecco, Amoddio, Capone, Boldrini, Marchi, Rossomando, Albini, Lenzi, Marchetti, Vazio, Mura, Senaldi, Misiani, Gasparini, Porta, Quartapelle Procopio, Piccione, Giuseppe Guerini, Chaouki, Scuvera, Valeria Valente».

Risoluzione in Commissione:


   La V Commissione,
   premesso che:
    l'EUR spa è una società pubblica di interesse nazionale in quanto proprietaria di un grande patrimonio storico monumentale nella città di Roma, partecipata per il 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze ed il restante 10 per cento da Roma Capitale;
    a seguito dell'Assemblea straordinaria della società EUR spa del 24 novembre 2014, aggiornata al 2 dicembre 2014, e di nuovo rimandata al 9 dicembre 2014, e quindi dichiarata deserta non essendosi presentati gli azionisti (Ministero dell'economia e delle finanze 90 per cento, Roma Capitale 10 per cento), gli amministratori hanno chiesto al Tribunale Fallimentare di Roma l'ammissione al Concordato in bianco il 12 dicembre 2014;
    in data 15 febbraio 2015, l'assemblea degli azionisti di EUR spa ha deliberato l'approvazione delle modifiche all'articolo 4, dello statuto sociale prevedendo «la gestione del complesso di beni di cui è titolare, al fine di massimizzarne la redditività nel rispetto comunque del particolare valore storico e artistico dei singoli beni. Nell'ambito di tali attività è compresa l'utilizzazione dei beni immobili per la promozione ovvero per l'organizzazione di iniziative nel campo congressuale, espositivo ed artistico, sportivo e ricreativo»;
    l'EUR spa ha chiuso gli ultimi bilanci sempre in attivo e possiede un patrimonio immobiliare di grande valore e prestigio essendo frutto della trasformazione in spa dell'Ente EUR (Esposizione universale di Roma) creato per terminare e preservare il progetto neo classicista, razionalista e futurista di un quartiere esempio della capacità urbanistica di un gruppo di architetti di grande prestigio nazionale ed internazionale come: Pierluigi Nervi, Adalberto Libera, Marcello Piacentini, Ernesto Lapadula, Achille Ventura e altri;
    la funzione che svolge per la gestione, manutenzione degli edifici, il decoro urbano, la gestione delle aree verdi sono a rischio, così come il mantenimento del posto di lavoro della squadra tecnica che assicura le funzioni di cui sopra e che è composta di circa 120 persone per la maggior parte tecnici qualificati;
    i tempi di intervento degli azionisti sono brevissimi e legati a quelli della procedura concordataria in corso che dovrà concludersi entro il 24 aprile, con la definizione di un piano di ristrutturazione della società concordato con gli azionisti;
    la causa delle difficoltà finanziarie della Società non derivano dalla gestione ordinaria e straordinaria degli immobili dell'E42, ma dall'aver messo a carico dell'EUR spa la costruzione del Nuovo palazzo dei congressi, definito «La Nuvola», progettato dall'architetto Massimiliano Fuksas, e dell'albergo detto «La Lama»;
    tale opera avviata con un concorso internazionale di progettazione nel 1998, di concerto con il sindaco Francesco Rutelli ed il Governo Prodi, per i costi di realizzazione non è mai stato compatibile con il solo bilancio della società EUR spa per cui sono stati sempre garantiti fondi nazionali e comunali per la sua realizzazione;
    i costi dell'opera ed i relativi aumenti, sicuramente da verificare nel dettaglio, sono aumentati negli anni, sia per motivi progettuali che per l'allungamento dei tempi di costruzione, e che dovevano essere in buona parte coperti dalla vendita dell'edificio destinato ad albergo detto «La Lama», ma a causa della crisi economica sopraggiunta tale alienazione non è ancora andata a buon fine;
    tale opera, comunque è strategica per la città di Roma, ed andrà a definire insieme al vecchio Palazzo dei Congressi progettato da Adalberto Libera uno straordinario polo congressuale nel quartiere a vocazione direzionale della Capitale d'Italia e candidata alle Olimpiadi del 2024;
    la non soluzione positiva, non solo produrrebbe un grave danno per l'amministrazione dello Stato in quanto si produrrebbe una nuova «incompiuta» sprecando le risorse già investite, ma metterebbe inoltre a rischio i cantieri in essere oltre al Nuovo centro congressi detto «la Nuvola» ed al completamento dell'albergo detto «La Lama», anche il nuovo parco divertimenti «Luneur», il nuovo acquario di Roma, Picar, i parcheggi previsti a piazzale Sturzo e Civiltà Romana;
    già in sede di approvazione del decreto-legge detto «Sblocca Italia», il Governo aveva evidenziato, anche attraverso un apposito emendamento, che non ha avuto esito nell'esame del decreto, la volontà di ricapitalizzare la Società EUR spa, proprio con l'obiettivo di completare le opere del Nuovo palazzo dei congressi;
    tale volontà di ricapitalizzazione della Società al fine di completare tali opere è stata più volte ribadita sia con norme già approvate dal Parlamento, che da ordini del giorno ed interpellanze parlamentari;
    sarebbe ancor più grave, anche per l'Erario, dover svendere in questo momento di crisi del mercato il cospicuo patrimonio immobiliare dell'EUR spa peraltro in gran parte vincolato dalle norme per la tutela dei beni architettonici e monumentali;
    in data 17 febbraio 2015, il Ministro Dario Franceschini ha dichiarato: «Sarebbe sbagliato vendere per fare cassa non immobili qualsiasi ma edifici vincolati e di grande valore storico e architettonico che contengono al proprio interno l'Archivio centrale dello Stato e musei di grande importanza come il Museo delle tradizioni popolari, il Pigorini, il Museo dell'alto medioevo»,

impegna il Governo:

   a provvedere come già ipotizzato e istruito per l'assemblea della società del 2 dicembre 2014, alla ricapitalizzazione della società con apposito decreto attutivo del Ministero, evitando il fallimento della Società EUR spa che produrrebbe un gravissimo danno per l'Erario;
   a garantire la continuità aziendale e la tutela dei livelli occupazionali;
   a verificare in tempi rapidi i costi e la trasparenza delle procedure di realizzazione del Nuovo centro congressi noto come «la Nuvola», e dell'albergo «La Lama», e a definire tempi rapidi e certi per la conclusione delle opere in corso;
   a definire insieme al management dell'azienda la redazione del piano di ristrutturazione;
   ad escludere e scongiurare la vendita del patrimonio monumentale ed unitario di EUR spa anche a seguito della chiara ed inequivocabile presa di posizione del Ministro per i beni e le attività culturali.
(7-00619) «Fassina, Marroni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   è da diversi mesi che la Sicilia è oggetto di eventi meteorici di straordinaria portata e costante intensità che hanno causato danni ingenti sia alla popolazione che ai territori;
   la pioggia intensa ha provocato danni alle abitazioni, si sono verificati frane e smottamenti, strade di primaria importanza risultano intransitabili rendendo isolati molti comuni, l'agricoltura è stata messa in ginocchio poiché le colture risultano danneggiate e i terreni allagati, molti fiumi sono straripati interrompendo i collegamenti viari e ferroviari;
   molti comuni dell'isola risultano isolati e molte famiglie sono state evacuate dalle loro abitazioni, risultando ancora oggi senza alcuna fissa dimora;
   sono necessari interventi urgenti e immediati per ripristinare la viabilità soprattutto delle strade provinciali e comunali, piene di fango e oggetto di frane e smottamenti; sostenere gli agricoltori e gli allevatori la cui annata agraria è pesantemente compromessa; ripristinare le condizioni affinché le famiglie evacuate ritornino ad avere una dignitosa dimora;
   la protezione civile regionale ha stimato i suddetti danni in svariati milioni di euro;
   né la protezione civile regionale, né quelle provinciali, né tantomeno quelle comunali hanno i fondi per fronteggiare il continuo stato di emergenza che sta interessando l'intero territorio della regione Sicilia;
   i comuni si sono subito attivati al limite delle loro disponibilità di uomini, mezzi e finanziarie per far fronte ai danni e per mettere al sicuro le popolazioni, ma non riescono più a mettere in atto ulteriori interventi per mancanza di fondi;
   lo stato in cui versano le popolazioni siciliane è di totale abbandono e impotenza di fronte all'emergenza maltempo che continua senza sosta da mesi –:
   se il Governo non intenda dichiarare lo stato di emergenza e intervenire con ordinanza di protezione civile a favore della popolazione siciliana affinché i territori della Sicilia non si sentano abbandonati e si senta forte l'intervento dello Stato soprattutto in questo momento di estrema urgenza.
(2-00882) «Ribaudo, Speranza, Culotta».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   l'applicazione del decreto legislativo n. 235 del 2012, cosiddetta legge Severino, ha in concreto generato, oltreché inevitabili polemiche, rilevanti dubbi interpretativi; in particolare con riferimento agli articoli 7 ed 8, rispettivamente relativi alle cause di incandidabilità alle cariche regionali e alle ipotesi di sospensione e decadenza dalle cariche regionali, appare difficile ricondurre a sistema, con gli ordinari strumenti della logica giuridica, la previsione di una incandidabilità certa, sancita dal citato articolo 7, per tutti i soggetti che abbiano riportato condanne definitive per i delitti espressamente previsti dalla norma, e un procedimento di sospensione, previsto dall'articolo 8, che si applica ai soggetti che abbiano riportato sentenze non definitive per le medesime figure delittuose di cui all'articolo 7 nonché a coloro i quali sia stata applicata una misura coercitiva;
   le ipotesi di sospensione e decadenza per incandidabilità dovrebbero ritenersi speculari alle cause di incandidabilità, se si ragionasse in tal senso non si potrebbe che ritenere che le ulteriori fattispecie di cui all'articolo 8 debbano completare le ipotesi di cui all'articolo 7;
   in relazione in particolare agli sviluppi recenti relativi alle prossime elezioni regionali in Campania, importanti esponenti dell'attuale Esecutivo hanno dichiarato che potrebbe essere necessario intervenire, in particolare il Ministro Boschi, intervistata sul tema, ha dichiarato: «Verificheremo e prenderemo i provvedimenti necessari da qui alle elezioni che, non sono state ancora fissate ma saranno presumibilmente il 10 maggio»;
   le riportate dichiarazioni si sono rese necessarie perché il 1o marzo 2015 Vincenzo de Luca ha vinto le primarie del Partito democratico per la candidatura a presidente della giunta regionale campana; com’è noto, lo stesso De Luca, condannato dal tribunale di Salerno, seconda sezione penale, in data 21 gennaio 2015 per il reato di abuso di ufficio ex articolo 323 del codice penale ad una pena di un anno di reclusione è decaduto dalla carica di sindaco del comune di Salerno con sentenza della corte di appello di Salerno n. 104/2015 del 3 febbraio 2015 e risulta destinatario di un provvedimento di sospensione ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 235 del 2012 con decreto prefettizio del 23 gennaio 2015;
   alla luce delle notizie d'attualità nonché delle riportate dichiarazioni del Ministro Boschi appare opportuno chiarire quali siano le reali intenzioni del Governo, fatto salvo che appare altresì necessario intervenire per chiarire definitivamente l'interpretazione e la portata della legge Severino;
   appare comunque opportuno ricordare che, recentemente, anche l'ANAC in relazione all'intervento del Presidente del Consiglio nel giudizio di legittimità costituzionale, promosso dal TAR Campania con ordinanza di rimessione n. 29 del 2015, ha ritenuto opportuno tale intervento, specificando che fosse necessario a tutela di strumenti di garanzia dell'imparzialità dell'amministrazione da applicarsi sia in presenza di sentenza definitiva per il compimento di reati di grave allarme sociale e di reati contro la pubblica amministrazione, sia in presenza (per gli amministratori regionali e locali) di sentenza non definitiva;
   non solo nella stessa occasione l'ANAC ha rilevato che «tutti questi principi che sono al centro delle funzioni e dell'azione dell'Autorità nazionale anticorruzione, sarebbero in buona misura compromessi se si riducesse la portata e l'efficacia delle misure volte a escludere dalle cariche pubbliche coloro che siano stati condannati per reati che la legge consideri pregiudizievoli della moralità e dell'imparzialità dell'amministrazione» –:
   quali siano le reali intenzioni e in quali tempi intenda eventualmente intervenire il Governo, nel pieno rispetto delle proprie e delle altrui competenze, al fine di chiarire i dubbi interpretativi relativi alla corretta applicazione della «legge Severino», anche al fine di evitare continue incertezze e polemiche che mettono inevitabilmente in discussione l'autorevolezza delle istituzioni.
(2-00884) «Silvia Giordano, Pisano, Tofalo, Colonnese, Luigi Di Maio, Luigi Gallo, Micillo, Sibilia, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Brescia, Brugnerotto, Busto, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, Crippa, Da Villa, Daga, Dall'Osso, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Manlio Di Stefano, D'Incà, Fantinati, Fraccaro».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, non ha dato il via libera ai prestiti necessari alla Grecia, dichiarando che: «la lista delle riforme presentate dal governo greco è insufficiente e nel mese di marzo non verrà versata la tranche di aiuti» –:
   se il Governo italiano sia stato informato preventivamente di tale dichiarazione del presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem;
   se il Governo – oltre ad essere stato avvertito – condivida quanto dichiarato dal Presidente dell'Eurogruppo;
   se il presidente dell'Eurogruppo, parlasse quindi anche a nome del Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi;
   se non ritenga il Governo italiano di essere più coerente con le sue stesse affermazioni contrarie alle politiche dell'austerità e di aiutare la Grecia a sostenere le sue ragioni presso l'Eurogruppo, per permettere al Governo Tsipras di affrontare e gestire una delicatissima condizione economica e sociale che rischia di avere anche pesanti ripercussioni sull'insieme dell'Europa
(2-00885) «Marcon, Fratoianni, Kronbichler, Scotto, Pannarale, Melilla, Palazzotto».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   da oltre un mese il Parma FC, club di serie A, è ad un passo da un «fallimento tecnico», per un debito pregresso stimato (cautelativamente) in oltre 200 milioni di euro. Questo fatto straordinario è collegato anche ad una ipotesi di bancarotta fraudolenta a carico dell'ex presidente del club emiliano, l'imprenditore Tommaso Ghirardi. L'intera situazione è da inserirsi nel quadro ancor più grave del dissesto del sistema calcio, il cui livello debitorio ha sforato ormai il tetto di 1,7 miliardi di euro;
   il prodotto calcio è un brand da tutelare, sia da un punto di vista economico, sia da un unto di vista dell'immagine del Paese nella sua globalità;
   è da riformare, a parere dell'interpellante, l'intero sistema di «governance» del calcio italiano (con l'introduzione di nuove attività di audit per evitare, nei prossimi mesi, nuovi casi Parma Fc);
   sarebbe auspicabile prevedere l'introduzione di nuove regole di ingresso dei capitali nel mondo del calcio, vigilando sulla tracciabilità del denaro, per evitare potenziali infiltrazioni della malavita organizzata (sia italiana che straniera);
   la «legge Melandri» sulla ridistribuzione dei ricavi da diritti audiovisivi ai club professionistici del calcio è ormai obsoleta e non ha risposto assolutamente ai principi per cui era nata (generare maggiore competitività nel settore e ridurre il gap economico tra grandi e piccoli/medi club di calcio);
   la FIGC, come federazione riconosciuta dal CONI, riceve periodicamente, in quota parte, decine di milioni di euro per il corretto funzionamento della macchina/industria del calcio, risorse in parte riconducibili a «fondi pubblici»;
   come risulta da varie fonti di stampa, sul «fascicolo Parma» sono in corso rilevanti valutazioni della Presidenza del Consiglio, in particolare del Sottosegretario Delrio –:
   se siano a conoscenza dei fatti elencati in premessa e, considerato il coinvolgimento del Governo sulla vicenda, se intendano acquisire elementi anche in merito alla provenienza dei fondi con cui il presidente del Parma, Giampietro Manenti intende salvare il club;
   quali urgenti iniziative intendano porre in essere in merito al tema delicatissimo della tracciabilità del denaro nel calcio italiano;
   se non ritengano opportuno dar vita ad una prima indagine conoscitiva governativa sullo stato di salute del calcio italiano per acquisire dati quali-quantitativi sul mondo del pallone.
(2-00887) «Rabino».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato sul sito internet ilforconedeldiavolo.it, il nostro Paese avrebbe predisposto, in via riservata, un piano militare d'intervento in Libia, a seguito dei recenti tragici avvenimenti connessi agli attacchi da parte dei terroristi islamici dell'Isis, che hanno preso il controllo di una parte del Paese nord-africano, minacciando tra l'altro attentati in Italia;
   il medesimo sito web descrive a tal fine, che a seguito dell'indecisione e dei ritardi da parte dell'Onu e della Nato, nel definire un quadro d'intervento, la marina militare italiana, avrebbe già avviato i primi movimenti decisi in maniera rapida, attraverso lo spostamento della nave San Giorgio, che da Brindisi ha raggiunto il Golfo di La Spezia, imbarcando un numero imprecisato di marò e di operatori del Goi (il Gruppo operativo incursori del famosissimo Comsubin – Comando subacquei incursori, del Varignano), per dirigersi successivamente per uno scalo tecnico alla Maddalena, in Sardegna, fino a discendere ulteriormente verso Augusta, base della marina posta nella Sicilia orientale, in provincia di Siracusa;
   il suindicato organo d'informazione telematico, a tal fine, si pone il quesito sull'effettivo significato di tale rapido spostamento navale da un capo all'altro del Mediterraneo, aggiungendo inoltre, come desti sospetto e perplessità, l'imbarco degli operatori del Goi, che rappresentano l’élite mondiale delle forze speciali e un numero indefinito di militari del battaglione San Marco;
   l'ipotesi più probabile è che il compito della San Giorgio sia quello di stazionare al largo della Libia, in acque internazionali, pronta ad intervenire con immediatezza in caso di netto peggioramento della crisi in corso, per proteggere la fondamentale piattaforma petrolifera off shore ENI di Sabratha, posta sul mare a centodieci chilometri a nord ovest di Tripoli, che rappresenta una imponente struttura d'acciaio in cui l'ENI ha investito nel 2004 oltre 7 miliardi di euro e sulla quale cui stazionano ben 15 pozzi che estraggono dal giacimento sottomarino di Bahr Essalam preziosissimo gas, indispensabile per le necessità energetiche dell'Italia;
   la suddetta infrastruttura, rappresenta infatti un'opera pressoché vitale, che pompa dal mediterraneo circa 13 milioni di metri cubi di gas al giorno, ovvero una quantità rilevante che confluisce nella stazione di compressione di Mellitah, a poche decine di chilometri da Tripoli, gestita con un'apposita joint-venture italo-libica, e una volta trattata, attraverso il prodigioso gasdotto Greenstream giunge sino a Gela, nella Sicilia meridionale, da cui viene distribuita a tutto il Paese;
   insieme con il gas di Bahr Essalam, attraverso tale opera dell'ingegneria italiana giungono in Sicilia, anche il gas e il petrolio estratti nel deserto a Wafa, al confine tra Libia, Tunisia e Algeria, ed il petrolio di Bouri e del giacimento off shore Elephant;
   nel complesso si tratta del 12 per cento del fabbisogno energetico italiano annuo, il cui dato che non può non far riflettere il Governo in carica e le autorità di controllo italiane;
   quanto suesposto, ove fosse confermato, a giudizio dell'interrogante, non può che destare profonda preoccupazione, in considerazione degli elevati livelli di pericolosità cui il nostro Paese potrebbe essere implicato sia dal punto di vista di una imminente azione militare, che sotto il profilo dei rischi energetici derivanti da attentati ai suesposti impianti petroliferi, fondamentali per l'approvvigionamento di idrocarburi e la loro distribuzione sull'intera rete nazionale;
   gli interpellanti a tal fine evidenziano, come le attuali condizioni di emergenza e di pericolo derivanti da un lato dalla crisi russo-ucraina e dall'altro, dalla costante situazione drammatica legata ai tragici avvenimenti nel Medio Oriente, rischiano di aggravare ulteriormente il quadro geografico del mediterraneo anche a seguito della presenza dei terroristi islamici jihadisti dell'Isis;
   a tal fine, gli interpellanti rilevano che, nel caso in cui gli stessi terroristi si impadronissero della piattaforma di Sabratha, degli altri impianti gestiti dall'Eni inclusi quelli di Mellitah stessa, con la possibilità di prendere preziosissimi ostaggi, anche connazionali distruggendo o comunque bloccando il flusso di gas e petrolio che passa ogni giorno attraverso Greenstream, il nostro Paese potrebbe subire dei contraccolpi disastrosi sia sul piano di perdite umane, che sotto il profilo di gravissime ripercussioni economiche;
   le notizie sempre più allarmanti che giungono dalla Libia, con cadenza oramai quotidiana, dei continui attacchi e attentati ad impianti petroliferi, da ultimo la società National Oil Company, che ha fermato le attività di undici giacimenti del Paese nord africano a seguito degli attacchi messi a segno dai jihadisti, confermano a parere dell'interrogante, come occorrano misure d'intervento rapide ed incisive, in grado di interrompere una situazione di estrema gravità, che appare oramai fuori controllo e coinvolge in maniera evidente e diretta l'Italia, nonché definire un quadro generale delle condizioni attuali, che al momento appaiono confuse e indeterminate –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intendano confermare, per le parti di competenza propria, le articolate informazioni riportate, dal sito web ilforconedeldiavolo.it secondo le quali la nave militare San Giorgio si sarebbe posizionata, in prossimità delle coste libiche, nell'eventualità di dover intervenire a protezione sia dei nostri connazionali, che degli stessi giacimenti petroliferi gestiti dall'Eni, nonché degli altri impianti di idrocarburi, i cui gasdotti, che giungono dalla Libia alla Sicilia orientale, distribuiscono energia al nostro Paese;
   se intendano altresì confermare le notizie diffuse dal medesimo sito internet, secondo le quali il pattugliamento della nave San Giorgio, a cui si sono aggiunte anche altre unità militari navali, non rappresenta un'esercitazione navale all'interno del Mediterraneo, bensì un'attività di sorveglianza marittima, legata all'eventualità di un'azione militare, finalizzata a tutelare gli impianti petroliferi gestiti dalla compagnia italiana;
   se, a tal fine, non ritengano urgente ed opportuno, ferme restando le necessarie ed indispensabili precauzioni legate alla riservatezza degli interventi militari, fornire ogni elemento conoscitivo al Parlamento su come il Governo si stia organizzando per tutelare il personale italiano che opera il Libia; quale sia il piano d'intervento a difesa delle infrastrutture energetiche, quali gas e petrolio, in caso di attacchi o bombardamenti da parte dei terroristi islamici dell'Isis;
   quali iniziative, infine, per quanto di competenza, intendano assumere, al fine di garantire l'efficientamento energetico all'Italia, nel caso in cui vi fosse una riduzione del quantitativo distribuito nel territorio, a seguito di attentati terroristici agli impianti petroliferi o del gasdotto in grado d'interrompere il processo produttivo.
(2-00886) «Palmizio, Palese».

Interrogazioni a risposta orale:


   MELILLA e PELLEGRINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'esplosione di un gasdotto della SNAM a Mutignano, frazione di Pineto (Teramo) in Abruzzo, ha provocato la distruzione di varie case e il ferimento di molte persone;
   l'incendio spaventoso, visibile a chilometri di distanza, ha svelato ancora una volta la pericolosità degli impianti di Enel e Snam. Si sottovaluta la gravità del rischio per le popolazioni che convivono con questi impianti;
   fortunatamente il vento ha portato le fiamme verso la collina di Mutignano, ma, se fosse andato a sud dove vivono tante persone, sarebbe stata una strage;
   è in corso un'indagine giudiziaria per accertare ogni responsabilità da parte di chi ha il dovere di una manutenzione rigorosa degli impianti per rispondere alle esigenze di sicurezza delle popolazioni;
   la Snam ha escluso ogni sua responsabilità individuando come causa dell'incendio la scarsa stabilità del suolo, l'antropizzazione e il maltempo;
   ciò ha suscitato un grave sdegno nelle istituzioni locali e nell'opinione pubblica abruzzese;
   sarebbe sbagliato sottovalutare il rischio nazionale che questo incidente segnala per tutta l'Italia rispetto alle reti di Enel e Snam –:
   come sia stata garantita negli ultimi anni la manutenzione della rete Snam e dell'Enel in Abruzzo;
   quali condizioni di sicurezza garantiscano gli impianti Snam ed Enel soprattutto in una situazione di diffuso rischio del suolo e di attraversamento di territori abruzzesi densamente abitati;
   se esista un piano di sicurezza per gestire condizioni di emergenza da parte di Snam ed Enel. (3-01343)


   D'INCECCO, FUSILLI, GINOBLE e AMATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dal 4 al 6 marzo 2015 il territorio abruzzese è stato colpito da una violenta ondata di maltempo (neve, pioggia e forte vento) in tutte le quattro province;
   la stima approssimativa dei danni «rilevantissimi e permanenti» ammonta a non meno di 80 milioni di euro;
   tra le conseguenze del maltempo vi sono problemi di approvvigionamento di acque, strade interrotte per frane e allagamenti, l'esplosione di un metanodotto con il ferimento di otto persone; scuole e uffici chiusi, chiusura della tratta ferroviaria Sulmona-Avezzano e delle autostrade A24 e A25;
   tra i gravi danni subiti dalla popolazione abruzzese ci sono anche quelli sulla rete elettrica. Questa situazione ha provocato un black out per circa 115 mila utenze, tra cui numerose imprese costrette a ricorrere ad alimentazioni alternative;
   i danni subiti dagli impianti sono ingenti e hanno riguardato oltre 400 linee elettriche di media tensione per un importo stimabile in circa 15 milioni di euro;
   nonostante la task-force messa in campo dall'Enel per il ripristino del servizio elettrico, alle 19 di sabato 7 marzo c'erano 29.000 clienti disalimentati e alle 19 di domenica 8 marzo erano circa 13.000;
   l'assenza di energia elettrica ha lasciato interi paesi e migliaia di cittadini abruzzesi senza luce e riscaldamento creando difficoltà soprattutto alle categorie più deboli della popolazione;
   pur riconoscendo l'impegno dei tecnici messi in campo dall'Enel per far fronte ai guasti, è inconcepibile e inammissibile che nel 2015 interi paesi restino senza corrente elettrica per giorni –:
   se al Governo azionista di Enel, sia noto:
    a) come mai si siano verificate queste interruzioni e se tale situazione possa ripetersi;
    b) quali siano i piani di manutenzione predisposti da Enel negli ultimi 5 anni e per i prossimi 10 anni. (3-01344)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROMANINI e MAESTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nata nel lontano 1913, la squadra di calcio della città di Parma, vanta una lunga e lusinghiera tradizione calcistica, una storia che, anche grazie ai risultati raggiunti, è parte di quella di un territorio già famoso nel mondo, per la musica e l'arte, per l'alta qualità dei suoi prodotti alimentari;
   dopo il fallimento della Parmalat, che detiene il 100 per cento delle azioni del Parma A.C., nel giugno 2004 nasce il Parma F.C. a cui sono conferite tutte le attività sportive del Parma A.C. posto in amministrazione straordinaria;
   la squadra viene stata acquistata il 25 gennaio 2007 all'asta dall'industriale bresciano Tommaso Ghirardi in compartecipazione con Angelo Medeghini e Banca Monte Parma;
   secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, nel giugno 2013 il club ha ceduto il marchio e il contratto con la concessionaria di pubblicità sportiva alla Parma Brand Srl di proprietà della società Eventi Sportivi spa di Brescia, la holding di Tommaso Ghirardi e altri soci;
   l'11 dicembre 2014 la società Parma F.C. ha comunicato il raggiungimento di un accordo per la cessione del pacchetto di maggioranza della controllante Eventi Sportivi spa (detentrice del 90 per cento della società). Pochi giorni dopo sul sito del club viene annunciato quale nuovo presidente il gioielliere piacentino Pietro Doca il quale, i giorni immediatamente seguenti, smentirà tale ruolo comunicando che la trattativa di vendita della società non è conclusa;
   il 19 dicembre 2014 Tommaso Ghirardi comunica la cessione del Parma F.C. al gruppo Dastraso Holgind Limited con sede a Cipro dell'imprenditore albanese Rezart Taci che rileva il 66,55 per cento delle quote azionarie di Eventi Sportivi spa;
   dopo un breve periodo in cui il titolo sportivo è stato rappresentato dal solo avvocato Fabio Giordano il 20 gennaio 2015 diventa presidente del club Ermir Kodra, che ricopre inoltre la carica di amministratore delegato. Pietro Leonardi ricopre le cariche di amministratore delegato e direttore generale Parma F.C., Ermir Kodra è anche presidente e amministratore delegato di Eventi Sportivi spa;
   in quelle stesse settimane cominciano a comparire sulla stampa nazionale e locale, specialistica e di cronaca, notizie sulla difficile situazione finanziaria del Parma F.C. Dall'ultimo bilancio depositato, si scrive, emergerebbe a carico della società un debito tributario di 16 milioni 746 mila euro, di cui 8 milioni 443 mila per redditi di lavoro dipendente e 7 milioni 218 mila di Irap. L'intero ammontare lordo del debito, considerati anche quelli con la controllante Eventi Sportivi spa sarebbe di 197 milioni di euro;
   emergono anche dati sulla gestione del parco calciatori. Negli otto anni di presidenza Ghirardi, riporta la Gazzetta di Parma, sono stati comprati e/o ceduti 1382 giocatori, 670 in entrata e 712 in uscita con una media di 173 trattative concluse a stagione, media cresciuta sensibilmente negli ultimi anni. Nell'ultimo anno il Parma F.C. ha movimentato 325 giocatori contro una media delle altre formazioni di serie A di 90;
   intanto il 9 febbraio 2015 sempre sulla pagina ufficiale del club si comunica che: «A seguito delle assemblee dei soci di Parma F.C. ed Eventi Sportivi spa tenutesi oggi presso il centro direzionale di Collecchio, Parma F.C. comunica che il club è stato acquisito da Giampietro Manenti. Ermir Kodra ha rassegnato in data odierna le proprie dimissioni. Giampietro Manenti assicura fin dalle prime interviste il pagamento delle scadenze imminenti e degli stipendi sospesi da diversi mesi, impegno che a tutt'oggi non è stato onorato;
   il 16 febbraio la procura di Parma attraverso i pubblici ministeri Paola Dal Monte, Giuseppe Amara e Umberto Ausiello ha chiesto il fallimento del Parma F.C. per inadempienze fiscali e ha aperto anche un fascicolo per bancarotta fraudolenta. L'udienza è stata fissata per il 19 marzo; Intanto Energy tg group socio di minoranza si è rivolto al tribunale per gravi inadempienze sulla nomina nuovo consiglio d'amministrazione ed è stato nominato un curatore speciale;
   sono state rinviate al momento due partite Parma-Udinese e Parma-Genoa;
   Maurizio Beretta, presidente della Lega di Serie A, intervenendo a «Radio Anch'io Sport» ha escluso responsabilità dirette di Figc e della stessa Lega Calcio: «Ci sono dei dati che vengono valutati alla fine di giugno per l'ammissione dei campionati, i pagamenti di stipendi e contributi, tutta la parte fiscale e così ha fatto la Covisoc ed evidentemente tutto era in linea con la parte sotto osservazione da parte del mondo sportivo. Poi c’è stata un'ulteriore verifica al primo di ottobre che riguarda la parte residua di stipendi, tasse e contributi e il problema si è evidenziato a novembre e lì sono scattate le misure, cioè le penalizzazioni, ed è cominciato il passaggio di mano della società»;
   il presidente del Coni Giovanni Malagò ha definito quanto sta accadendo a Parma inaccettabile dichiarando che «Nel 2015, nello sport in Italia, non è accettabile. Questo scarico di responsabilità l'uno con l'altro io non lo accetto, quindi aspettiamo questa assemblea di Lega in programma venerdì 6 marzo e vediamo cosa emerge, poi è chiaro che con il sottosegretario Delrio ci confronteremo non solo ufficiosamente ma anche ufficialmente»;
   nel consiglio comunale di Parma svoltosi il 3 marzo, rispondendo ad una interrogazione del capogruppo Pd Nicola Dall'Olio, l'assessore al bilancio Marco Ferretti ha dichiarato che il debito verso il comune ammonta a 1 milione e 400 mila euro (Tep, Parma infrastrutture e Parma gestione entrate), 250 mila euro maturati nel corso dei primi tre mesi del 2015. L'assessore ha anche precisato che il Parma F.C. non paga l'affitto per lo Stadio Tardini dal 2011;
   notizie di stampa riferiscono che il comandante della Guardia di finanza e il suo vice sono sotto inchiesta per omissione di atti d'ufficio nell'inchiesta sul Parma F.C. e sono stati assegnati ad altra sede –:
   se la Presidenza del Consiglio dei ministri sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se non ritenga (opportuno assumere una iniziativa urgente, anche in considerazione degli emergenti risvolti giudiziari, per addivenire ad una rapida soluzione della vicenda al fine di salvaguardare la dignità della città e del mondo italiano del calcio, nonché gli attuali livelli occupazionali della società Parma F.C. (fra cui 23 dipendenti, 14 collaboratori e una decina di lavoratori a partita iva);
   se non si ritenga di valutare ulteriori e nuove iniziative, per quanto di competenza tali da impedire che analoghe circostanze, purtroppo non nuove al mondo del calcio, possano ripetersi nel futuro.
(5-04965)


   RUBINATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della VIII legislatura la regione Veneto ha avviato e promosso l'attuazione del percorso delineato dall'articolo 116, comma terzo, della Costituzione, per acquisire forme e condizioni ulteriori di autonomia rispetto a quelle previste dalla Costituzione per le regioni a statuto ordinario;
   le principali tappe del percorso risultano dal sito della regione Veneto essere state le seguenti:
    con provvedimento della giunta regionale n. 88 del 17 luglio 2007 è stato approvato un documento tecnico di proposte in ordine agli ambiti di maggiore autonomia da richiedere allo Stato, in materie di diretto impatto sui cittadini e sulle imprese del Veneto;
    il consiglio regionale con DCR n. 98 del 18 dicembre 2007, a seguito delle audizioni dei rappresentanti delle autonomie e delle diverse componenti della collettività veneta, ha approvato il Documento di proposte, integrato su iniziativa della giunta regionale, individuando 14 materie in cui avviare un confronto con lo Stato per acquisire competenze rafforzate e affidando contestualmente al presidente della regione il mandato a negoziare e concertare con il Governo la definizione dell'intesa;
    in data 18 gennaio 2008 l'allora presidente della regione ha inviato la deliberazione consiliare all'allora Presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi, nonché al Ministro per gli affari regionali, Linda Lanzillotta, per conoscere la data di avvio e la programmazione delle fasi della negoziazione;
    a seguito delle nuove elezioni politiche dell'aprile 2008, l'allora presidente della regione ha inviato la documentazione al nuovo Governo, in particolare al Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, al Ministro delle riforme per il federalismo, Umberto Bossi, e al Ministro per i rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, auspicando l'immediato avvio dei negoziati attraverso la programmazione congiunta di un calendario di incontri istituzionali;
    in considerazione del dibattito sul cosiddetto federalismo fiscale, che aveva in quel periodo accentrato l'interesse politico nazionale, al Veneto – così come alla Lombardia e al Piemonte, il cui negoziato era appena iniziato — è stato prospettato di attendere gli sviluppi del processo di riforma fiscale delineato dall'articolo 119 della Costituzione, in quanto, con particolare riguardo alle problematiche relative alla identificazione e quantificazione delle risorse finanziarie collegate al trasferimento di funzioni ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, gli uffici governativi, riconoscendo l'esistenza di un imprescindibile legame tra le due norme, hanno ritenuto necessario rinviare il procedimento;
    successivamente all'emanazione della legge n. 42 del 5 maggio 2009, in materia di federalismo fiscale, l'allora presidente della regione (con nota del 17 giugno 2009) ha rinnovato la richiesta al Governo – nelle persone del Ministro per i rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, del Ministro per le riforme per il federalismo, Umberto Bossi, e del Ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli – di avviare il negoziato per giungere alla conclusione di un'intesa sulle ulteriori competenze da attribuire al Veneto ai sensi dell'articolo 116 terzo comma, cui tuttavia non risulta sia stato dato alcun seguito;
   la legge finanziaria del 2014 ha introdotto un'importante novità, prevedendo per la prima volta una procedura per le regioni a statuto ordinario finalizzata all'attuazione della predetta disposizione costituzionale. Stabilisce infatti l'articolo 1 della legge n. 143 del 2013 al comma 571: «Anche ai fini di coordinamento della finanza pubblica, il Governo si attiva sulle iniziative delle regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali ai fini dell'intesa ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione nel termine di sessanta giorni dal ricevimento. La disposizione del primo periodo si applica anche alle iniziative presentate prima della data di entrata in vigore della presente legge in applicazione del principio di continuità degli organi e delle funzioni. In tal caso, il termine di cui al primo periodo decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge»;
   la procedura in questione si articola dunque sulla previsione di un termine di 60 giorni entro il quale il Governo è tenuto ad attivarsi sulle iniziative regionali, anche su quelle eventualmente presentate dalle regioni prima del 1o gennaio 2014 (data di entrata in vigore della legge di stabilità) al fine dell'intesa prevista dalla Costituzione; al riguardo in dottrina si è rilevato che «la norma del 2013 fa assumere un ruolo centrale nella vicenda al Presidente del Consiglio e al Ministro per gli affari regionali, cui spetterà gestire i rapporti con la regione al fine di pervenire all'intesa richiamata dall'articolo 116 Cost. In sostanza, oltre a formalizzare quello che in precedenza già si verificava, viene creata una sorta di corsia preferenziale per giungere a siglare un'intesa, in termini rapidi, con lo Stato. Ma forse la norma permette di andare anche oltre. Sembrerebbe strano, infatti, che i compiti governativi si esauriscano nella sola fase preparatoria; sembra preferibile intendere che, come avviene in alcune regioni, l'intesa raggiunta venga poi trasformata in un progetto di legge e trasmesso al Governo per il prosieguo. Ma alla luce di quanto detto, si potrebbe giungere anche ad un'altra lettura del dettato costituzionale; quest'ultimo, infatti, richiede solo l'iniziativa della regione, per cui potrebbe essere il Governo che, dopo aver stipulato l'intesa con il Consiglio (o la Giunta), presenti un d.d.l. volto a dare maggiore autonomia alla regione interessata. A questo punto, è evidente che l'iniziativa governativa potrebbe avere sicuramente maggiore possibilità di venire approvata in tempi celeri. Le lacune che interessano la procedura, allora, più che costituire un limite, rappresentano invece una scelta consapevole per contemperare gli interessi di tutti gli enti coinvolti (Regioni, Stato ed Enti locali) e, nel contempo, permettono di non ingessare un iter che deve essere ispirato alla massima celerità e fluidità, coinvolgendo il governo con meccanismi, acceleratori», (la legge di stabilità e l'articolo 116, comma 3, Cost., di Massimiliano Mezzanotte, Forum di Quaderni Costituzionali);
   la regione Veneto ha approvato nello scorso anno la legge n. 15 del 19 giugno 2014 concernente l'indizione di un «Referendum consultivo sull'autonomia del Veneto», nonché la legge regionale n. 16 del 19 giugno 2014 concernente «Indizione del referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto», impugnate dal Governo davanti alla Corte Costituzionale;
   come ha scritto il sociologo Ilvo Diamanti in un articolo pubblicato da Repubblica il 9 marzo 2015 «nel Veneto si respira ancora una forte domanda di indipendenza. Coinvolge quasi 6 persone su 10. Per la precisione: il 57 per cento. Poco più di quanto emergeva da un precedente sondaggio di Demos (55 per cento), giusto un anno fa. Quando, peraltro, appariva chiaro come “indipendenza” non significasse “secessione”, ma non-dipendenza. E, quindi, federalismo forte. Capacità di esercitare pressione nei confronti di Roma capitale»;
   un recente articolo del Financial Time ha evidenziato come nell'area dell'euro le disparità di reddito rilevano assai più nel confronto tra regioni che in quello tra Stati e che alcuni Paesi come Spagna e Italia in particolare sono impegnati in politiche di trasferimenti di reddito almeno quanto l'area euro nel suo insieme, concludendo che «non c’è da stupirsi che partiti regionalisti nei Paesi Baschi, in Navarra, in Catalogna, e nell'Italia settentrionale siano divenuti così popolari negli ultimi anni» e citando il fatto che «la Deutsche Bank ha recentemente prodotto un rapporto speciale sulla dimensione economica dei movimenti separatisti e regionalisti in Europa, che spiega alcuni dettagli di come i governi nazionali affrontano queste distribuzioni diseguali. In Spagna e in Italia alcune aree hanno maggiori livelli di autonomia fiscale di altre. Questo influisce sulla quantità dei trasferimenti regolari dalle regioni più ricche a quelle più povere... La distribuzione apparentemente arbitraria fa sorgere rivendicazioni nelle aree più ricche, che lamentano che il loro contributo è sproporzionato»; in particolare ecco le osservazioni della Deutsche Bank sui trasferimenti regionali in Italia: «È pacifico che l'Italia settentrionale porta il peso principale della perequazione regionale. Questa è la conclusione raggiunta nonostante le differenze metodologiche in diversi studi politicamente indipendenti che hanno cercato nel corso degli ultimi anni di calcolare i flussi netti all'interno del sistema di perequazione finanziaria in Italia... In tutte queste analisi, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna risultano al primo, secondo o terzo posto. Tutte le regioni a sud di Roma sono beneficiari netti...»;
   nell'attuale fase di modifica della Costituzione, Senato e Camera hanno approvato modifiche dell'articolo 116 della Costituzione, nonché degli articoli 117 e 119. L’iter prevede una seconda lettura di Camera e Senato e infine la proposta verrà sottoposta al vaglio dei cittadini attraverso referendum;
   ai sensi della normativa vigente potrebbe procedersi da subito alla definizione di una bozza d'intesa tra Governo e regione Veneto, ai sensi dell'articolo 116 ma anche per le altre regioni che l'hanno in precedenza richiesto, anche su iniziativa del Governo in forza della norma contenuta nella legge di stabilità 2014, eventualmente prendendo come riferimento la regola della «doppia conformità» che nella fase di passaggio da una legge ad un'altra permette di utilizzare le norme previste in entrambi i testi e comunque quelle più restrittive. Con questa logica le materie che possono essere oggetto di una intesa sono quanto meno le seguenti: a) organizzazione della giustizia di pace; b) istruzione, ordinamento scolastico, ricerca scientifica e tecnologica; c) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; attività culturali; d) Governo del territorio; e) politiche attive del lavoro e all'istruzione e formazione professionale; f) istruzione universitaria; g) turismo –:
   se intenda prendere in considerazione l'opportunità di avviare con urgenza un confronto con la regione Veneto, nonché eventualmente con le altre regioni che hanno presentato in precedenza analoghe iniziative, per individuare particolari forme di autonomia responsabile, in coerenza con l'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e in conformità a quanto previsto dalla legge di stabilità 2014, al fine di dare attuazione all'articolo 5 della Costituzione. (5-04969)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMATO, CASTRICONE, D'INCECCO, FUSILLI e GINOBLE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   dal 5 marzo 2015 si è registrata una eccezionale ondata di maltempo che ha colpito l'Abruzzo e l'alto Molise e con particolare intensità e conseguenze le province di Chieti e Pescara e Teramo; in poche ore si è abbattuta una vera bomba d'acqua che ha allagato strade, case, esercizi commerciali, campi agricoli, stabilimenti industriali;
   per circostanze ancora da chiarire un incendio con una terribile esplosione è scaturito dalla rottura del metanodotto all'altezza di Mutignano, nel teramano, con gravissime conseguenze ambientali e, prima ancora, con danni alle persone, solo fortunosamente senza esiti mortali;
   il perdurare del maltempo complicato dal black out elettrico, ha aggravato la situazione ostacolando gli interventi di soccorso;
   migliaia di persone e interi territori dopo quattro giorni ancora sono ancora senz'acqua e senza corrente elettrica, l'intera area della costa dei trabocchi è stata colpita, con allagamenti, smottamenti e danni alle infrastrutture;
   i danni alle attività produttive, alle infrastrutture e alle abitazioni private sono ingenti e non è ancora possibile stimarli con precisione;
   una voragine ha interessato l'asse attrezzato Chieti-Pescara causando un incidente che ha coinvolto circa venti veicoli, buche e allagamenti hanno interessato la rete stradale dell'area costiera e dell'area interna;
   l'elevata quantità di pioggia ha determinato l'esondazione dei fiumi Tordino, Trigno, Feltrino e dei relativi torrenti e in alcuni tratti del Pescara, del Sangro e del Tronto;
   nel vastese gli allagamenti hanno reso necessaria la evacuazione degli stabilimenti industriali del vastese Pilkinton e Denso per i quali allo stato attuale non c’è ancora una stima effettiva dei danni;
   la situazione è critica e necessita di interventi urgenti –:
   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere al più presto per la dichiarazione dello stato di emergenza per il comprensorio in questione e il successivo riconoscimento dello stato di calamità naturale. (4-08333)


   MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il presidente della regione Abruzzo Luciano D'Alfonso ha giustamente chiesto conto all'ENEL della sua inadeguatezza a fronteggiare i danni prodotti alla rete elettrica dal maltempo del 5 marzo 2015 e giorni seguenti che ha pesantemente colpito l'Abruzzo;
   a partire dal 5 marzo 2015 ben 117 mila utenze sono state disalimentate dall'Enel con un grave danno alle famiglie, alle imprese e anche agli enti erogatori di servizi pubblici, a partire dalla emergenza sanitaria ed assistenziale;
   sono passati giorni senza che l'Enel ristabilisse condizioni di normalità evidenziando, a giudizio dell'interrogante, una grave inefficienza nel fronteggiare l'emergenza;
   si è resa palese una insufficiente dotazione infrastrutturale delle linee elettriche di media ed alta tensione dell'Enel;
   è apparsa chiara l'assenza di un piano serio di emergenza che non fa sperare bene per il futuro; i disagi e i danni per la società e l'economia abruzzese dei tanti comuni sprovvisti per giorni di energia elettrica sono enormi e non possono essere sottovalutati –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in relazione a quella che è apparsa la grave inadeguatezza dell'azione dell'ENEL in Abruzzo a partire dal 5 marzo 2015 e in generale per un rapido potenziamento della sua rete infrastrutturale in Abruzzo. (4-08336)


   TOFALO e SILVIA GIORDANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è istituito con legge n. 394 del 6 dicembre 1991 – decreto ministeriale e solo con decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1995, n. 181, fu istituito l'ente per la sua gestione. L'iniziale area naturale protetta fu di circa 36.000 ettari, interamente compresa nella provincia di Salerno, successivamente estesa fino a 181.048 ettari. Dal 1998 è patrimonio dell'umanità dell'Unesco (con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula), dal 1997 è riserva della biosfera e dal 2010 è il primo parco nazionale italiano a diventare geoparco. La sede del parco è a Vallo della Lucania;
   l'ente, nonostante le continue denunce, non riesce a provvedere alla manutenzione dei muretti a secco e delle lunette para terra – vanto e vestigia dell'antica civiltà rurale; alla prevenzione della scomparsa sempre più evidente di piccoli volatili – ad esempio merlo, cardellino, pettirosso – preda di altre specie; al controllo del numero dei cinghiali o di volatili finora sconosciuti sul territorio, dunque al conseguente impoverimento dei raccolti preda di fauna selvatica; all'erosione delle superfici coltivate e al conseguente aumento di rovi, nonché all'incuria degli scoli piovani e al conseguente degrado delle strade comunali e provinciali e sentieri di collina e di montagna, con discariche sotto ponti e paracarri –:
   quali azioni siano state intraprese per promuovere il turismo e i prodotti agricoli nel parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni;
   quali siano state le indicazioni degli agronomi competenti per migliorare e ampliare le risorse agro-forestali del parco e se siano noti i carichi di lavoro degli impiegati di cui si è dotato il parco;
   se insieme al Corpo forestale, l'ente svolga efficacemente compiti di vigilanza e prevenzione con relazioni sullo stato del territorio, in particolare sull'assetto idrogeologico, sulle emergenze fitosanitarie dei boschi e sul degrado ambientale, o sul controllo di discariche abusive nel territorio del parco;
   se sia possibile un coordinamento per il contenimento della fauna selvatica insieme alle associazioni in loco, assumendo iniziative per derogare alla normativa vigente vista l'urgenza e considerati i danni incalcolabili;
   se tutti i terreni incolti appartenenti all'ente parco riportati in catasto come agricoli possano essere adeguatamente sfruttati anche coinvolgendo le comunità locali e i corpi intermedi. (4-08340)


   DIENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'Agenzia di stampa Adnkronos, l'8 marzo 2015 il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe dichiarato attraverso una comunicazione via web: «negli ultimi giorni abbiamo chiuso l'accordo per la fine del segreto bancario con la Svizzera, Monaco e Monaco e Liechtenstein e spero presto anche con il Vaticano»;
   questo annuncio riprendeva una notizia lanciata dallo stesso Presidente in un'intervista apparsa sul settimanale Espresso il 5 marzo 2015 in cui affermava «Non c’è solo l'accordo fiscale con la Svizzera. Spero di recuperare un po’ di denari anche dal Vaticano»;
   il confronto in atto tra le parti non riguarderebbe, secondo le notizie apparse sulla stampa, la posizione di eventuali privati con conti in Vaticano, poiché su questo aspetto la revisione condotta negli ultimi due anni allo Ior ha portato alla chiusura di tutti i conti di soggetti non ecclesiastici o non dipendenti della Santa Sede, ma piuttosto i movimenti di denaro, magari verso Paesi terzi, condotti dalla Case generalizie degli Ordini religiosi;
   alcune fonti, tra cui l'agenzia Ansa (cfr. notiziario «Italia-S. Sede: lavori in corso su conti bancari e fisco» del 5 marzo 2015 19:05), confermano il fatto che siano in corso colloqui tra lo Stato italiano e la Santa Sede in materia di depositi bancari e questioni fiscali ad essi collegate;
   il 9 marzo 2015 è apparso su Libero Quotidiano un articolo a firma di Francesco De Dominicis dal titolo «Renzi scherza coi santi: l'accordo Italia-Vaticano sul segreto bancario non esiste»;
   in esso si sostiene che «di concreto, sul tavolo, non c’è proprio nulla. E in ogni caso, assicura a Libero una importante fonte diplomatica italiana, il presunto accordo fiscale tra il nostro Paese e la Santa sede sullo scambio di informazioni bancarie non porterà a risultati importanti sul versante della lotta all'evasione fiscale»;
   a conferma di questo nell'articolo si ribadisce che «a livello diplomatico non risultano fascicoli aperti che facciano intravedere imminenti sottoscrizioni di patti ufficiali. All'ambasciata italiana presso la Santa sede non circolano né dossier né bozze»;
   l'articolo continua sostenendo che «l'annuncio ed eventualmente la successiva firma di un accordo (tutto da scrivere e da «riempire») farebbero comodo tanto al Primo ministro italiano quanto ai vertici delle istituzioni finanziarie della Santa sede. A trarre benefici dal blitz mediatico di Renzi sarebbe, in particolare, all'Aif (presieduta da un consulente di banche americane, lo svizzero René Brülhart) che sta cercando di accreditarsi, non senza fatica, con le istituzioni finanziarie internazionali dell'antiriciclaggio (su tutte Moneyval)» –:
   se ad oggi esista una bozza di accordo o vi siano reali fondamenti per annunciare il buon esito di una trattativa in corso tra la Santa Sede e la Repubblica italiana riguardo alla fine del segreto bancario o se l'annuncio espresso sulla questione dal Presidente del Consiglio sia stato formulato solo sulla base di un mero auspicio. (4-08349)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO, BARBANTI, ROSTELLATO, MUCCI, BALDASSARRE, ARTINI, PRODANI, SEGONI, TURCO e BECHIS. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso dalla stampa che Sandro De Simone, 55 anni, comandante di pescherecci, dal 2 marzo 2015 è recluso insieme al suo direttore di macchina, Massimo Liberati, di San Benedetto del Tronto, nel penitenziario di «Mile Two», a Banjul, la capitale del Gambia. Detta prigione è descritta da «Amnesty International» come un lager, poiché nota per carenti condizioni igieniche, malattie, sovraffollamento, caldo estremo e malnutrizione;
   è assurda la pena inflitta per la tipologia di reato commesso. La Marina del Gambia li accusa, infatti, per una sola rete da pesca, trovata il 12 febbraio 2015 durante un'ispezione, con le maglie strette 68 millimetri invece di 70. Dunque, De Simone e Liberati sono in carcere presuntivamente per 2 millimetri di rete non a norma;
   a quanto è dato sapere, l'ambasciatore italiano in Senegal, Arturo Luzzi, competente anche per il Gambia, ha contattato le famiglie dei due marittimi per rassicurarle ed è previsto che il vice ambasciatore, Domenico Fornara, si recherà a Banjul. Le autorità locali hanno condannato De Simone e Liberati a un mese di detenzione e l'obiettivo è quello di ottenere una riduzione della pena;
   il console onorario italiano in Gambia, che ha fatto visita a De Simone e Liberati, ha riferito che i due sono rinchiusi in condizioni disumane. Si tratta di celle separate, due gabbie di quattro metri per tre, senza bagni né letti, ciascuno in compagnia di altri quindici o sedici detenuti comuni. Intanto, il peschereccio del comandante De Simone, l’«Idra Q», è ormeggiato al porto dal 12 febbraio, sorvegliato da guardie armate con a bordo solo il nostromo, Vincenzino Mora, 60 anni, a cui è stato ritirato il passaporto;
   sembra che i pescherecci italiani per ripiego siano andati nelle acque del Gambia poiché l'Unione europea non ha rinnovato gli accordi bilaterali con Marocco, Mauritania, Senegal, Guinea Bissau e, dunque, tutti questi Paesi, ben più pescosi del piccolo Gambia, sono stati interdetti;
   è necessario intervenire, urgentemente, affinché siano rilasciati De Simone e Liberati. Gli stessi hanno presuntivamente commesso un reato di minima entità, per il quale sono reclusi in condizioni disumane, a rischio per la loro salute, in un penitenziario del Gambia, secondo l'interrogante equiparabile di fatto ad un lager –:
   quali siano gli orientamenti e le eventuali iniziative adottate rispetto ai fatti esposti in premessa;
   se e quali provvedimenti intendano adottare urgentemente per ottenere l'immediata scarcerazione di Sandro De Simone e Massimo Liberati nonché il loro rientro in Italia insieme a Vincenzino Mora, attualmente sorvegliato da guardie armate a bordo del peschereccio del comandante De Simone;
   se e quali iniziative intenda adottare rispetto al rinnovo degli accordi bilaterali con Marocco, Mauritania, Senegal, Guinea Bissau, affinché i pescherecci italiani possano riprendere le loro attività nelle acque di tali territori. (5-04967)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCECCO e FEDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a fine febbraio 2015 un peschereccio italiano della Italfish di Martinsicuro (Teramo) è stato sequestrato in Gambia (Africa Occidentale) per una presunta violazione delle dimensioni delle maglie di una rete;
   a bordo due italiani: il capitano della nave Idra Q., Sandro De Simone, di Silvi Marina (Teramo), e il direttore di macchina, Massimo Liberati, di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno). I due sono stati arrestati dopo dieci giorni passati in stato di fermo e al termine di quella che la società armatrice Italfish definisce come «udienza sommaria»;
   il console onorario in Gambia ha incontrato i due italiani, e secondo quanto riferito alla Italfish srl e riportato dalla stampa, le condizioni igienico sanitarie del carcere sono estremamente scarse. Nelle celle sono rinchiuse anche fino a 20 persone;
   stando sempre a quanto riportato dalla stampa, i due pescatori italiani non sono in buone condizioni né fisiche né mentali, sono rinchiusi in celle sovraffollate, senza cibo, senza bagni e senza acqua. Si trovano in due bracci diversi del carcere, reclusi con veri criminali;
   i familiari, che sono molto preoccupati e stanno vivendo in un profondo stato di angoscia e sofferenza, hanno anche lanciato un appello al Presidente del Consiglio Matteo Renzi;
   la moglie di Sandro De Simone nel suo appello lanciato attraverso l'agenzia Ansa dice che «ogni giorno in più in quel carcere è un giorno di vita in meno. Mio marito rischia di morire, quel posto è come un lager: sono senza servizi igienici e senza cibo, neanche l'assassino più feroce viene trattato così»;
   anche la società armatrice è profondamente preoccupata e teme un nuovo caso «Marò»;
   in Africa sono al lavoro due rappresentanti della Italfish, uno a Dakar (Senegal) dove si trova l'ambasciata competente per territorio, e l'altro in Gambia, per ottenere il rilascio dei due italiani –:
   quali iniziative i Ministri stiamo mettendo in campo per arrivare nel più breve tempo possibile alla revoca del provvedimento di arresto e alla liberazione dei due pescatori italiani. (4-08347)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Santa Margherita Ligure, facente parte della città metropolitana di Genova, è situata nella Riviera ligure di levante, in una conca chiusa nella parte nord-occidentale del promontorio di Portofino, e nella parte più interna del Golfo del Tigullio, con lo sviluppo dell'abitato «a nastro» lungo due principali insenature. L'abitato è circondato da colline ricoperte di vegetazione mediterranea alternate da alcune ville che compongono, paesaggisticamente, la «Costa dei Delfini», che unisce la città di Santa Margherita Ligure a Portofino. Il territorio è costituito dalle tre frazioni di Nozarego, Paraggi e San Lorenzo della Costa per un totale di 10,04 chilometri quadrati. Conservano connotazioni distinte pregevoli brani di paesaggio rurale sul versante a valle di Nozarego e di S. Lorenzo della Costa;
   per il suo particolare pregio ambientale la costa marina del comune di Santa Margherita è in parte interessata da un sito di interesse comunitario del golfo di Rapallo identificato con il codice IT 1332673. Il sito è caratterizzato da 3 subsiti, residui di una più vasta prateria a Posidonia, habitat di interesse prioritario ai sensi della 92/43/CEE;
   il perimetro di tutela e conservazione paesaggistica censito e cartografato, ai sensi della ex legge 1497 del 1939», poi abrogata e sostituita dal decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 parte III, «Codice dei beni culturali e del paesaggio», si estende su tutta l'area del comune di Santa Margherita Ligure;
   nella variante di aggiornamento al piano territoriale di coordinamento paesistico della COSTA, approvata con Dgr n. 936 del 29 luglio 2011, il porto di Santa Margherita Ligure è tuttora classificato quale «porto rifugio»;
   risultano all'interrogante crescenti criticità in relazione a due proposte progettuali per l'ampliamento del porto di Santa Margherita Ligure rispettivamente della società Santa Benessere & Social spa la quale promuove 179.288 metri quadrati di previsione progettuale (di cui 145.209 di specchio acqueo e 33.079 di aree terra) contro i 180.219 metri quadrati dell'Ati Porto Cavour (di cui 156.832 di specchio acqueo e 23.387 di aree a terra). Le società chiedono il rilascio della concessione demaniale marittima per un periodo di 50 anni. Entrambi i progetti prevedono opere all'interno delle aree SIC;
   sul progetto sono state espresse fortissime critiche delle locali associazioni di tutela dell'ambiente e del paesaggio, a causa del devastante impatto ambientale che un tale progetto inevitabilmente comporta. Difatti secondo quanto riportato dalla cronaca di stampa, da «Il venerdì» supplemento di Repubblica, del 23 gennaio 2015, si evidenziano «le grandi perplessità nella popolazione di S. Margherita: “Noi siamo contrari ai due progetti, spiega Marco Di Pino del comitato Difendi Santa e vicepresidente dell'associazione Amici del Monte di Portofino, stravolgono l'identità di un porto che ha unito tradizione Marinara con una vocazione turistica. Aggiungo che dare in gestione ai privati un porto pubblico significa togliere la possibilità del Comune di essere protagonista”»;
   va segnalata la risposta scritta dell'allora Ministro per i beni e le attività culturali, Giancarlo Galan, pubblicata mercoledì 3 agosto 2011 nell'allegato B della seduta della Camera dei deputati n. 512, all'interrogazione 4-11156 presentata lunedì 7 marzo 2011, seduta n. 444, dagli onorevoli Elisabetta Zamparutti, Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci e Maurizio Turco, relativa al progetto di ampliamento del porto di Santa Margherita Ligure. Dal testo si legge: «La competente Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria ha evidenziato la contrarietà dell'ufficio ad ogni intervento di trasformazione dello storico porto di Santa Margherita Ligure. [...] Già allora si era avuto modo di evidenziare come l'intervento avrebbe chiuso ed intasato lo specchio acqueo originale che da sempre caratterizza lo storico porto rifugio di Santa Margherita. Si era riscontrato, infatti, che oltre a venire stravolta la conformazione tipica di un porto da sempre connotato al ricovero delle imbarcazioni di passaggio, privandolo quindi della sua configurazione storica, si sarebbero alterate e danneggiate le visuali panoramiche che si percepiscono dai numerosi punti di belvedere pubblici oggetto dei decreti ministeriali con cui il territorio è stato sottoposto a tutela paesaggistica ex lege n. 1497 del 1939, oggi decreto legislativo n. 42 del 2004, parte III. Pertanto, pur non avendo ancora reso alcun parere su di un progetto definitivo, si ribadisce fermamente l'intenzione e la volontà di mantenere intatta ed inalterata la conformazione storica del porto e, dunque, di evitare la modifica di quegli elementi che rendono unica nel suo genere la costa del Tigullio –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, siano a conoscenza della situazione esposta;
   quali azioni intenda adottare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla luce di eventuali accertamenti tecnici sui i progetti ivi presentati in virtù della effettiva tutela e conservazione degli ambienti naturali in relazione al rispetto dell'articolo 3 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 sul mantenimento dello stato di conservazione soddisfacente degli habitat delle specie migratorie;
   se, alla luce delle numerose criticità riportate in premessa, i Ministri interrogati, per le parti di propria competenza, non ritengano opportuno, sentiti gli enti coinvolti, accertare il rispetto alle prescrizioni di tutela indiretta, al fine di evitare che sia compromessa l'integrità del bene e «ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro» (articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004), tutelare l'assetto dell'area alla situazione originaria in virtù, altresì, della sua classificazione come «Porto Rifugio». (5-04968)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a Sulmona la SNAM prevede la costruzione di una centrale di compressione e spinta su una superficie di circa 12 ettari, con 3 turbo compressori alimentati a gas di 11 megawatt termici, un camino alto 14 metri e tre caldaie con camini alti 6,5 metri;
   il metanodotto e la centrale si collocano in un'area ad alto rischio sismico nei pressi della faglia attiva del Monte Morrone. Il sito è incompatibile con il PRG di Sulmona che prevede una zona a verde agricolo escludendo ogni impianto industriale;
   inoltre la centrale sarebbe in un contesto ambientale di grande pregio naturalistico, praticamente la porta d'accesso al Parco nazionale della Majella – Morrone, su cui poggiano tanti progetti di sviluppo turistico in una zona tra le più depresse dal punto di vista occupazionale d'Abruzzo;
   non è ammissibile che le scelte progettuali della Snam, siano ritenute indiscutibili, mentre le delibere di contrarietà, adottate dalle istituzioni democratiche a tutti i livelli, non siano degne di considerazione alcuna;
   quanto accaduto a Mutignano di Pineto (ultimo di una serie di «eventi» analoghi avvenuti purtroppo in questi anni nel nostro Paese) è la riprova che i metanodotti sono impianti pericolosi che mettono a serio rischio il territorio e la incolumità delle popolazioni residenti;
   dopo l'esplosione del gasdotto Snam a Mutignano di Pineto, il Governo Renzi dovrebbe fermarsi e rivedere la sua posizione di acritica accettazione del mega gasdotto «Rete Adriatica» di 687 chilometri, una infrastruttura di mero attraversamento territoriale che si intende far passare a tutti i costi lungo la dorsale appenninica a forte rischio sismico;
   i territori, con i loro abitanti, meritano rispetto e attenzione. Opere di questa natura e dimensione non possono essere calate dall'alto sulla testa dei cittadini, ma richiedono una attenta valutazione di ogni tipo di impatto: salute, sicurezza, ambiente e economia locale. Valutazione che, nel caso specifico, non è stata effettuata con il dovuto approfondimento e che invece è ancor più necessario dal momento che il metanodotto e la centrale di compressione di Sulmona non servono al nostro Paese, che ha una sovrabbondanza di infrastrutture di importazione rispetto ai fabbisogni;
   il grande gasdotto Rete Adriatica è un'infrastruttura «strategica» inserita nei Progetti di interesse comunitario (nell'ottobre del 2013 la Commissione europea ha individuato un elenco di 248 grandi progetti infrastrutturali, definendoli Progetti di interesse comune (PIC), molti dei quali riguardano gasdotti, lo stoccaggio di gas naturale e GNL) e che, in quanto tale, beneficia di procedure accelerate di autorizzazione, a discapito della qualità della valutazione di impatto ambientale e della partecipazione pubblica;
   nel dicembre 2010 comuni, comitati, associazioni e singoli cittadini hanno inoltrato ricorso alla Commissione europea contro tale opera. Tutte queste infrastrutture, disseminate in maniera esponenziale per favorire la grande finanza, e che la BEI finanzia nonostante il continuo crollo dei consumi di gas sia a livello nazionale (-11,6 per cento che europeo (-9 per cento) nel 2014 rispetto al 2013, non solo a causa della crisi economica, ma anche per la concorrenza crescente delle energie rinnovabili;
   la regione Abruzzo si oppone alla realizzazione di questa opera e ha proposto soluzioni alternative –:
   se non ritenga necessario e doveroso fermare, per quanto di competenza, le procedure autorizzative in atto e disporre la modifica del tracciato escludendo la dorsale appenninica;
   se non intenda convocare un vero tavolo di confronto Stato – regioni al fine di individuare soluzioni alternative al progetto presentato dalla Snam, in applicazione di quanto deliberato dalla Commissione ambiente della Camera dei deputati con la risoluzione n. 7/00518 del 26 ottobre 2011. (4-08341)


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 22 del 2010 e successive modificazioni ed integrazioni il quale si pone come obiettivo la liberalizzazione del mercato della geotermia a media entalpia/temperatura (circa 90-150 oC);
   in data 3 marzo 2011, il decreto legislativo n. 28 stabilisce: «... Al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono altresì di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW. ...». il che dà il via a 10 progetti pilota da 5 MW che, oltre ad avere iter autorizzativo esclusivamente dipendente dal parere della Commissione CIRM del Ministero dello sviluppo economico, oltre alla valutazione d'impatto ambientale regionale, beneficiavano di incentivi molto elevati;
   il primo progetto riguardante due impianti, uno a Torre Alfina nel Lazio ed il secondo a Castel Giorgio-Orvieto in Umbria, presentato in data 19 luglio 2011, presentato a nome della ITW&LKW geotermia Italia (capitale 200 mila euro, unico azionista, la ITW&LKW Beteilingungs Gmbh, Austria) società costruita ad hoc nel maggio dalla ITW società di costruzioni e dalla LKW una società elettrica. Supervisore del progetto e consulente della ITW&LKW è il professor Franco Barberi, all'epoca anche membro della Commissione CIRM del Ministero dello sviluppo economico che autorizzava tali progetti;
   ai sensi del decreto ministeriale 6 luglio 2012, «Attuazione dell'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28», recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse da quella solare fotovoltaica, il quale introduce una incentivazione «base» per gli impianti geotermici ad autorizzazione regionale, mentre una incentivazione maggiore viene introdotta per gli impianti pilota sperimentali di potenza fino a 5 MWe, con la conseguenza che tali ultimi impianti hanno un iter autorizzativo semplificato ed un incentivo maggiorato. In altre parole, l'impianto di Castel Giorgio-Orvieto, costa 32 milioni di euro e, con questi incentivi, genera un ricavo di 220-230 milioni di euro in 25 anni, tutti provenienti dalle bollette pagate dai cittadini italiani;
   conformemente ai sensi dello stesso decreto legislativo n. 22 del 2010 le autorità competenti per le funzioni amministrative, inclusa la valutazione di impatto ambientale, ai fini del rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione, comprese le funzioni di vigilanza sull'applicazione delle norme di polizia mineraria, riguardanti le risorse geotermiche d'interesse nazionale e locale, sono le regioni o enti da esse delegati; ma con la legge n. 98 del 2013 di conversione del «Decreto del fare» vengono inserite norme che sottraggono la VIA alla competenza della regione Umbria ed escludono gli impianti pilota geotermici dalla direttiva Seveso sulla prevenzione di incidenti rilevanti, facendo sì che tali impianti dovranno essere valutati dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui è Presidente proprio Guido Monteforte Specchi, nonché consulente della ITVV&LKW;
   nel progetto presentato dalla società ITW&LKW il modello concettuale del bacino geotermico dell'Alfina, il quale sembrerebbe derivato principalmente da dati di bibliografia, integrata da misurazioni di superficie non consente di comprendere esaustivamente l'evoluzione della risorsa geotermica nel tempo;
   l'area di progetto risulta essere la stessa nella quale l'ENEL nel 1977, aveva condotto test di reiniezione nel sottosuolo, con pressioni fino a 10 atmosfere (in testa di pozzo), innescando terremoti fino a magnitudo 3 ed avvertiti dalle popolazioni. La stessa area era stata inoltre oggetto di un terremoto importante nel 1957. Inoltre tra il 1972 e il 1973, si verificò la fuoriuscita di gas da un pozzo di esplorazione, perdurata per alcune settimane, con moria di animali ed essiccazione di vegetazione arborea ed arbustiva. Infatti, la realizzazione di perforazioni in aree con gas in pressione (CO2, H2S, arsenico, e altro) potrebbe portare a risalite in grado di contaminare anche l'acquifero idropotabile superficiale, sia nel caso di non tenuta idraulica dei pozzi, sia per fratturazione connessa alla potenziale attività sismica indotta;
   il rapporto ICHESE stabilisce una correlazione statistica tra la sismicità dell'Emilia e le reiniezioni di fluidi nel campo di Cavane (MN); Ispra pubblica una rassegna dei molti istituti ed enti che si occupano in Italia di sismicità indotta, anche fornendo una lista di eventi sismici presumibilmente associati ad attività di stimolazione antropica; vengono emanate, dal Ministero dello sviluppo economico, «... Indirizzi e linee guida per il monitoraggio della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle pressioni di poro nell'ambito delle attività antropiche...», le quali si applicano anche alla geotermia –:
   se, alla luce dei fatti, non ritenga necessario, in nome della tutela dell'incolumità delle persone e della sicurezza ambientale, assumere iniziative normative che mirino a garantire un iter autorizzativo con regole chiare e trasparenti (a cui normalmente devono soggiacere i progetti ordinari) evitando che si accelerino in maniera indiscriminata progetti pilota come, nella fattispecie, quello descritto in premessa che, ad avviso degli interroganti, finiscono per favorire interessi particolari. (4-08345)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARLONI, AMENDOLA, BONAVITACOLA, BOSSA, SGAMBATO, IMPEGNO, TINO IANNUZZI, MANFREDI, VALERIA VALENTE e VALIANTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, considerate anche le modifiche previste dal successivo decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 156, ha stabilito che le regioni cooperino con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, nell'esercizio delle funzioni di tutela e valorizzazione dei beni culturali (articoli 5 e 6);
   in molteplici documenti programmatici sulle politiche per il Mezzogiorno si è da molti anni individuato nel patrimonio culturale un fattore fondamentale di crescita socio culturale, tanto più di fronte al declino di altre attività economiche;
   la tipografia storica «Arte Tipografica» Fondata da Angelo Rossi a Napoli, nel 1947 nella attuale sede di Palazzo Marigliano, via san Biagio dei Librai, ha meritoriamente svolto per decenni un'intensissima e regolare attività manifatturiera ispirata ai valori della cultura, del lavoro editoriale e della stampa di qualità;
   la tipografia storica di Angelo Rossi nacque nel primo decennio del ’900 con Angelo Rossi nonno dell'attuale titolare, per uno slancio filantropico tipico della tradizione antica napoletana verso i più piccoli e abbandonati, che devono imparare un mestiere, tanto che all'inizio si chiama «degli Artigianelli», e concretizzò il desiderio del fondatore di mettersi a disposizione delle forze intellettuali impegnate nel riscatto democratico napoletano e italiano;
   la produzione della «Arte Tipografica» si è sempre distinta per guardare al libro come strumento di conoscenza, ma anche come oggetto cui dare una forma di bellezza eleganza e sobrietà attraverso la ricerca della perfezione tipografica;
   le attività della «Arte Tipografica» hanno sedimentato, a partire dalla dotazione iniziale di attrezzature, la formazione negli anni di un patrimonio di macchinari di grande valore storico-culturale. La peculiarità e la ricchezza di tale patrimonio, che documenta l'evoluzione tecnologica e dell'arte tipografica dalle macchine tedesche a funzionamento meccanico e caratteri mobili in piombo, fino alle prime OFFSET, e poi le contemporanee a stampa digitale, rappresenta un punto di riferimento unico nella nostra realtà regionale;
   «Arte Tipografica» ha curato negli anni pubblicazioni (di cui conserva raccolta e documentazione bibliografica), che testimoniano l'ambiente storico e culturale della Napoli del ‘900, entro cui si formarono le idee liberali e il pensiero di figure fondamentali della cultura italiana e meridionale del dopoguerra. In particolare la tipografia storica di Angelo Rossi documenta il mondo intorno a Benedetto Croce, espresso da personalità come Riccardo Ricciardi, Gino Doria, Fausto Nicolini. Molte iniziative prestigiose della storia della stampa e dell'editoria a Napoli si racchiudono nei locali della tipografia a Palazzo Marigliano;
   «Arte Tipografica» ha curato la stampa di innumerevoli pubblicazioni e tra queste vale ricordare, i «Taccuini di lavoro» e l'edizione nazionale de «le Opere» di Benedetto Croce, la nuova serie della rivista «Napoli Nobilissima» dal 1962 al 2014, la stampa delle pubblicazioni dell'Istituto Italiano di Studi Filosofici, dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici, importanti riviste come la «Rivista Storica Italiana», «il Bollettino dell'archivio storico del Banco di Napoli». La tipografia storica di Angelo Rossi, fin dalla prima sede tipografica degli «Artigianelli», ha inoltre pubblicato: nel ’43 lo storico foglio «La Barricata», con riferimento alle barricate delle 4 giornate napoletane; nel ’44 il primo numero della rivista nazionale «noi donne» in 500 copie e 8 pagine; nel ’47, nella attuale sede storica di Palazzo Marigliano, il quotidiano «Il Giornale» che cessò le pubblicazioni nel 1957. Ha inoltre pubblicato testi di Gino Doria, Fausto Nicolini e Benedetto Nicolini, Costantino Del Franco, Giuseppe Galasso, Alfredo Parente, Chinchino Compagna, Marcello Gigante, Raffaello Causa, Giovanni Pugliese Carratelli, Gaetano Macchiaroli, Jole Mazzoleni e molti altri ancora;
   la compresenza di rare macchine tipografiche antiche e moderne tutt'ora funzionanti, di altre attrezzature pregevoli, come i caratteri mobili di piombo oltre che del patrimonio di pubblicazioni rare e preziose presenta i segni di uno sforzo ragionato di gestione e sviluppo imprenditoriale, che è frutto, non di casuale sedimentazione, ma delle attività di impegno culturale, ricerca e formazione promosse dai Rossi, padre e figli con il pieno coinvolgimento delle maestranze;
   essa documenta la storia culturale e sociale napoletana e l'evoluzione nel tempo dell'arte tipografica;
   la crisi di questi anni, ha causato la cessazione delle attività e la stessa permanenza dei macchinari nei locali storici di Palazzo Marigliano, in fitto, è diventata problematica;
   con la cessazione delle attività di impresa, non solo le attrezzature, ma l'intero ambiente, che di per sé costituisce un museo, potrebbe inesorabilmente andare perduto;
   la famiglia Rossi intende offrire alla comunità e alle pubbliche istituzioni l'opportunità di creare un museo della stampa e dell'arte tipografica, sul modello di altre analoghe esperienze presenti in tutti i Paesi europei ed in molte città italiane;
   è grande il valore culturale del patrimonio di macchine tipografiche antiche e moderne posseduto dalla tipografia storica Arte Tipografica, ed appare urgente la predisposizione di interventi idonei ad assicurare la sua corretta conservazione, la sua integrità e la sua unitarietà, anche considerata l'opportunità e l'utilità sociale di predisporne le migliori condizioni di fruizione –:
   se non ritenga, nell'ambito delle attività di competenza, di adottare e attuare, anche con il coinvolgimento del comune di Napoli e della regione Campania, le iniziative necessarie per assicurare l'integrità e l'unitarietà del patrimonio di macchine tipografiche ed altre attrezzature e prodotti editoriali di pregio, di cui è titolare La società «Arte Tipografica», allo scopo di consentire la creazione di un museo della stampa e dell'arte tipografica accessibile ad un vasto pubblico. (5-04961)

Interrogazione a risposta scritta:


   RABINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la vocazione storico e turistico commerciale del Tridente del centro storico di Roma, compresa entro il perimetro del vincolo conforme alle nuove prescrizioni della direttiva ministeriale Ornaghi del 2012, potrà essere valorizzata per la più corretta predisposizione dei PMO (piani di massima occupabilità) al servizio della vocazione turistica millenaria, quale immagine nel mondo della città;
   a seguito di tale direttiva su precise indicazioni della Soprintendenza Capitolina, non solo le imprese in sede fissa ricadenti nel così detto Tridente Mediceo, ma più in generale, tutte quelle comprese nell'ambito storico e archeologico della città, sono state costrette solo due anni fa, al rispetto di nuove prescrizioni per uniformare gli arredi, le coperture fisse o amovibili, gli impianti di riscaldamento funghi, a precise tipologie di riferimento, con un conseguente immediato e notevole impegno finanziario, già sostenuto –:
   se le attività commerciali, regolari, insediate sul suolo pubblico ricadenti entro il perimetro del vincolo, per quanto riguarda i piani di massima occupabilità di via del Corso, via di Ripetta, via del Babbuino, via di S. Giacomo, via della Croce, via dei Condotti, via Frattina e via delle Carrozze, se pur soggette alle procedure autorizzative della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il comune di Roma, non per gli aspetti amministrativi, ma per quanto riguarda la verifica della compatibilità tra ambiti e/o aree monumentali e gli elementi, dovranno essere conformi alle prescrizioni indicate nel provvedimento di tutela, senza ritenerne doverosa in alcun modo la funzione economica imprenditoriale che ha fatto negli anni, dell'accoglienza turistica il primario investimento di queste imprese.
(4-08338)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   SAMMARCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 13, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, in materia di tecnologie digitali dal Servizio sanitario nazionale, stabilisce la progressiva introduzione della ricetta medica elettronica e quindi l'avvio di un sistema di erogazione del farmaco dematerializzato. La misura si inquadra nell'ambito dello sviluppo della «Sanità digitale», tematica che è stata centrale nel corso del recente semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea dalla cui applicazione possono derivare risparmi per oltre 7 miliardi di euro;
   peraltro la legge n. 221 ha avviato quella che è stata chiamata la «Schengen della salute», resa operativa dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 38 che ha dato attuazione alla direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, nonché alla direttiva 2012/52/UE, comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro (in particolare si veda articolo 12);
   la direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2011 (recepita con decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 17) che modifica la direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, ha il fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale e la sua attuazione prevede l'introduzione della codifica anticontraffazione;
   con la ricetta elettronica la farmacia ha la possibilità di visionare esclusivamente i dati per cui l'assistito chiede l'erogazione e può trasmettere telematicamente i dati al SAC (Sistema di accoglienza centrale) o al SAR (Sistema di accoglienza regionale). Tra i dati da inviare vi sono il codice del farmaco, il numero identificativo apposto sul bollino presente sulla confezione e i dati contabili derivanti dalla vendita. A differenza di quelle cartacee, le prescrizioni elettroniche permettono di acquistare il medicinale in tutto il territorio nazionale;
   di fatto si superano, sia pure prevedendo un temporaneo doppio utilizzo, le attuali metodologie anticontraffazione del farmaco, basato sul bollino cartaceo da staccare dal prodotto dispensato dal Servizio sanitario nazionale e da applicare sulla ricetta «rossa», prevedendo il passaggio ad altro sistema. Già oltre il 50 per cento delle prescrizioni avvengono con la ricetta elettronica, e tale sistema si basa solo sul codice riportato sul bollino farmaceutico e non sul supporto cartaceo di sicurezza, che non quindi più motivo di essere applicato e di conseguenza, di essere prodotto;
   nonostante l'oggettivo superamento del bollino farmaceutico cartaceo il Poligrafico il 19 luglio 2013 il poligrafico dello Stato ha aperto una gara per 11 impianti di stampa del bollino, non convertibili ad altro uso, e nel 2015 decide di portare subito tutta la produzione internamente e apre una nuova gara per acquistare direttamente-altri 5 impianti di stampa del bollino con un investimento di circa altri 3 milioni di euro;
   la ricetta elettronica è una realtà diffusa in molte regioni ed il sistema di trasmissione dati implica solo la lettura del codice identificativo e non la conservazione del supporto cartaceo. Mentre il bollino farmaceutico viene vanificato nella sua funzione il Poligrafico fa investimenti in impianti destinati a fermarsi, in quanto superati nel passaggio da ricetta rossa cartacea e ricetta elettronica;
   metodi alternativi, in grado di assicurare la tracciabilità del farmaco con un grado di sicurezza pari a quello del bollino sono già presenti sul mercato: nella Conferenza sulla sanità elettronica, tenutasi a Roma il 7-8 ottobre 2014, nell'ambito del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, a seguito di uno studio realizzato in collaborazione con il Ministero della salute da CENSIS e da CONSAFE è stata formulata una proposta per un sistema di codifica di sicurezza europea sia sull'etichetta, sia direttamente sull'astuccio il cui costo (11 euro ogni 1.000 confezioni) complessivo sembrerebbe essere nettamente inferiore a quello dell'attuale sistema di bollinatura (26 euro ogni 1.000 confezioni), con un risparmio del 46 per cento; si tratta di metodologie rispettose della normativa sulla sicurezza del farmaco, in linea con gli indirizzi fissati dalla direttiva 2011/62/UE, ed in grado di superare i problemi posti al bollino farmaceutico dalla ricetta elettronica;
   secondo il citato studio, tale sistema appare pienamente rispettoso delle norme comunitarie, consente la tracciatura di prodotto, non comporta problemi riguardo l'implementazione delle banche dati ministeriali epidemiologiche e di controllo della spesa farmaceutica, ma soprattutto sembra superare i problemi derivanti dalla dematerializzazione della ricetta –:
   per quali motivi il poligrafico stia procedendo ad investimenti apparentemente non produttivi;
   se non ritenga opportuno intervenire al fine di impedire una spesa in una tecnologia che appare superata dalla normativa comunitaria e dalla progressiva dematerializzazione delle prescrizioni mediche, prevedendo altresì l'avvio di una sperimentazione secondo le modalità esposte in premessa. (4-08344)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   per il grave rischio sanitario e ambientale con cui i cittadini dei comuni di Pernumia, Battaglia Terme e Due Carare sono costretti a convivere dal 2005 costituito dalla ex C&C, altrimenti nota come «la fabbrica dei veleni»;
   tale struttura è un fatiscente edificio al centro di una nota e abnorme vicenda di traffico di rifiuti tossici, avvenuta ai piedi del Parco dei Colli Euganei, vicino alle rinomate stazioni termali di Battaglia Terme, Montegrotto Terme e Abano Terme. La storia è risaputa, e ha lasciato in eredità al territorio 52.000 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi all'interno di capannoni fatiscenti, nelle immediate vicinanze di centri abitati, campagne produttive e di un corso d'acqua che porta le sue acque a ridosso della Laguna di Venezia;
   in seguito ad un processo per traffico di rifiuti tossici la struttura è stata prima sottoposta a sequestro e in seguito, dopo la revoca del sequestro, abbandonata a se stessa con il suo pericoloso contenuto;
   la struttura, nel 2009, è stata inserita dalla regione Veneto nell'elenco dei siti inquinati e da bonificare, ma solo nel 2011 la regione Veneto ha stanziato 500.000 euro per la messa in sicurezza e per attività di caratterizzazione, fondi spesi nel corso del 2013-2014 per rinforzare alcune strutture e tappare le numerose falle sul tetto e alle pareti. Ma, al primo evento meteorologico importante, la struttura ha evidenziato la sua estrema fragilità e i gravi rischi cui è esposta;
   l'evento atmosferico del 13 ottobre 2014 che si è abbattuto nella bassa padovana, ha colpito la struttura provocando falle sulle parti dell'edificio, smontando il portone e sollevando parzialmente il tetto;
   la violenza del vento incuneata nell'edificio, ha fatto disperdere le sue polveri in un raggio di incalcolabile ampiezza;
   la struttura è sottoposta anche ad altri rischi, dall'incendio (già verificatosi) al terremoto, all'alluvione, rischi che non sono affatto teorici e che più volte hanno fatto temere il verificarsi di una tragedia di immani proporzioni; l'andamento ciclico di eventi meteorologici eccezionali dimostra che i rischi, che da tempo i comitati e le associazioni denunciano, sono sempre più probabili e le conseguenze per la popolazione e l'ambiente sono imprevedibili e potenzialmente disastrose. Tutto questo non fa che aumentare l'allarme della popolazione che si sente sempre più minacciata –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interpellati rispetto ai fatti esposti in premessa e se non intendano accertare, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente la situazione della struttura;
   come intendano agire al fine di impedire rischi per l'incolumità pubblica dovuti alla mancata messa in sicurezza della struttura.
(2-00888) «Rostellato, Artini, Barbanti, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Pisicchio».

Interrogazione a risposta orale:


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 21 febbraio 2015 il Centro Studi Investimenti Sociali (Censis) ha reso pubblici i risultati dell'11o rapporto «Diario della transizione» sulla sicurezza nel nostro Paese. La fotografia relativa ai reati consumati nel nostro Paese è allarmante. A sorprendere maggiormente è l'aumento record dei furti in abitazione. In Italia sono svaligiate 689 case al giorno, 29 ogni ora, una ogni due minuti. Un trend che sembra inarrestabile. Nel 2004 sono stati denunciati 10.887 furti in casa, nel 2014, dieci anni dopo, sono passati a 251.422, con una crescita del 126,7 per cento. Solo nell'ultimo anno l'incremento è stato del 5,9 per cento. La zona d'Italia più colpita è il Nord-Ovest, dove nell'ultimo anno i furti in abitazione sono stati 92.100, in aumento del 151 per cento; nel decennio, oltre la media nazionale. Considerando il numero di reati rispetto alla popolazione residente, in cima alla graduatoria delle province italiane più bersagliate si trova Asti (9,2 furti in abitazione ogni mille abitanti);
   Asti, la famosa terra del vino, ha collezionato il poco invidiabile primato di capitale italiana dei furti nelle abitazioni, +44 per cento rispetto all'anno precedente. Inoltre, secondo i dati dell'ultimo bilancio 2014, relativo ai reati consumati nel 2013, presentato nel dicembre 2015 dal Ministero dell'interno, Asti e provincia per crimini totali è al ventitreesimo posto in classifica in Italia. Oltre ad essere prima per furti nelle abitazioni è tra le prime 10 per truffe e frodi (+38,8 per cento rispetto all'anno precedente) e sono in costante aumento le azioni predatorie tipiche dello, scarso controllo del territorio quali borseggi (+10,2 per cento) e rapine negli esercizi commerciali (+5,3 per cento) tra cui alcune finite tragicamente come nel caso del giovane tabaccaio Manuel Bacco assassinato il 20 dicembre 2014 per difendersi da un tentativo di rapina;
   pur davanti a dati così allarmanti, il 12 dicembre 2014 il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha provveduto a trasferire a nuova destinazione il prefetto di Asti, Pierluigi Faloni, senza che venisse opportunamente sostituito. A partire da quel giorno l'intero astigiano è sguarnito da tale apicale figura di rappresentanza dello Stato necessaria per garantire il coordinamento dell'attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato per una migliore azione di controllo del territorio. Neanche l'efferato omicidio di Manuel Bacco, il sopra ricordato giovane tabaccaio, avvenuto pochi giorni dopo il trasferimento del prefetto, è servito a smuovere dall'inerzia il Governo che ancora oggi, pur con continui solleciti, ancora non ha provveduto alla sua sostituzione;
   immediatamente ai tragici fatti del 20 dicembre 2014, l'interrogante sollecitava il Ministro dell'interno ad intraprendere urgenti iniziative, volte ad assicurare ad Asti e provincia il nuovo prefetto e a garantire una maggiore presenza delle forze dell'ordine sul suo territorio, con una missiva inviata il 22 dicembre 2014 a cui però non è seguita nessuna risposta da parte del Governo;
   solo recentemente, dopo due mesi di vacanza di tale apicale funzione di rappresentanza dello Stato e solo davanti alla drammatica constatazione del continuo aggravarsi della criminalità nell'astigiano, il sindaco di Asti, nonché presidente della provincia omonima, Fabrizio Brignolo, si è mosso recandosi il 25 febbraio 2015 presso il Ministero dell'interno per incontrare il Sottosegretario Giampiero Bocci, ricevendone tuttavia solo blande rassicurazioni. A dimostrazione di ciò lo stesso sindaco Fabrizio Brignolo, ha ritenuto opportuno inviare una formale lettera, sottoscritta da tutti i sindaci della provincia di Asti, al Ministero dell'interno per sollecitare la nomina in tempi brevi del nuovo prefetto e più forze dell'ordine nel territorio astigiano;
   risulta all'interrogante che attualmente sono circa una decina le prefetture vacanti sul territorio nazionale e che il problema di Asti, stando alle dichiarazioni del Sottosegretario Bocci, sarà affrontato nell'ambito della definizione complessiva delle attribuzioni di tali incarichi. Questa notizia ha destato non poca preoccupazione essendo in discussione in Senato il disegno di legge delega al Governo per la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche dove è prevista la razionalizzazione della rete organizzativa delle Prefetture-Uffici Territoriali del Governo con un accorpamento delle stesse;
   nel 2015 saranno soppressi in tutta Italia 250 presidi di polizia e questo in un momento storico in cui il Paese sta attraversando una profonda crisi economica che, come molti autorevoli analisti sostengono, farà aumentare i delitti contro le persone e i patrimoni. Anche Asti sarà coinvolta in questa spending review con la soppressione del presidio di polizia postale in un'epoca in cui la web criminalità (pedopornografia, frodi informatiche, cyber bullismo) è in piena ascesa;
   Asti non è più una piccola provincia del Nord opulento come un certo immaginario la vuole rappresentare. La provincia di Asti ha problemi non dissimili ad altre difficili realtà del Paese come i dati sulla criminalità, la disoccupazione e il disagio sociale ci mettono costantemente in evidenza. Pertanto Asti ha bisogno più che mai della presenza dello Stato e questo è possibile nominando quanto prima il nuovo prefetto e non riducendo i servizi per la sicurezza ma aumentandoli –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga urgente provvedere alla nomina in tempi celeri del prefetto di Asti, ovvero dei prefetti nelle province in cui tale carica è rimasta vacante, e se non ritenga prioritario rafforzare i presidi di sicurezza nella provincia di Asti e ovunque nel Paese si richieda. (3-01345)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 7 e l'8 marzo 2015, il locale circolo del Partito Democratico di Acerra è stato vittima di un vile attentato, attraverso il lancio, ad opera di ignoti, di una bomba carta all'interno dei locali presso i quali il predetto circolo ha la propria sede da anni;
   tale attentato, soltanto apparentemente dalle conseguenze lievi, in realtà, per le modalità con le quali è stato compiuto, avrebbe potuto avere effetti ben più devastanti, e tanto in considerazione del fatto che l'ordigno lanciato all'interno della sede del PD è esploso in prossimità della caldaia e delle tubazioni del gas passanti all'interno dei locali di cui in premessa;
   l'episodio è particolarmente inquietante, specie in considerazione del fatto che forte è da sempre l'impegno del PD acerrano sul territorio, al punto da incidere su diverse questioni delicate della vita pubblica del comune di Acerra –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti come sopra esposti e quali, ormai improcrastinabili, iniziative intenda porre in essere per garantire la sicurezza e l'ordine pubblico presso il comune di Acerra e le aree limitrofe, nonché quali strategie intenda adottare al fine di garantire il pieno ed assolutamente libero svolgimento della vita democratica presso le predette località, dei partiti e delle organizzazioni politiche presenti sul territorio. (4-08339)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   entro pochi giorni, e concretamente il prossimo 15 marzo 2015 saranno trascorsi cinque anni dalla approvazione della legge 38 del 2010 «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», pubblicate in Gazzetta Ufficiale, il 19 marzo 2010;
   l'articolo 8 della legge 38, al comma 1, parlando di formazione e aggiornamento del personale medico e sanitario in materia di cure palliative e di terapia del dolore afferma in modo chiaro e preciso che: «Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, individua con uno o più decreti i criteri generali per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici percorsi formativi in materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative. Con i medesimi decreti sono individuati i criteri per l'istituzione di master in cure palliative e nella terapia del dolore»;
   la medesima legge, sempre all'articolo 8, comma 2, rende obbligatoria questa formazione nell'ambito dell’«aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e socio-sanitario, impegnato nella terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative e nell'assistenza nel settore delle cure palliative, e in particolare di medici ospedalieri, medici specialisti ambulatoriali territoriali, medici di medicina generale e di continuità assistenziale e pediatri di libera scelta, si realizzi attraverso il conseguimento di crediti formativi su percorsi assistenziali multidisciplinari e multi-professionali»;
   in base all'accordo previsto dall'articolo 5, comma 2, della legge n. 38 per l'esercizio professionale nel campo delle cure palliative è obbligatorio aver acquisito una formazione specifica nel campo delle cure palliative, al punto che il comma dice esattamente «i contenuti di questi percorsi formativi sono obbligatori ai sensi della normativa vigente ai fini dello svolgimento di attività professionale nelle strutture sanitarie pubbliche e private e nelle organizzazioni senza scopo di lucro operanti nell'ambito delle due reti per le cure palliative e per la terapia del dolore», come prevede il comma 4 del medesimo articolo tali percorsi formativi devono essere omogenei su tutto il territorio nazionale –:
   se esista e sia tuttora attivo, un tavolo di lavoro presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che, di concerto con il Ministero della salute, abbia fissato con chiarezza gli obiettivi professionalizzanti, culturali e formativi che tutti i master in «cure palliative e alla terapia del dolore», attivati sul piano nazionale, debbono soddisfare in modo omogeneo; 
   di quali elementi disponga il Governo in ordine alle modalità e ai criteri con i quali avviene attualmente la valutazione del personale che lavora nel campo delle cure palliative.
(2-00883) «Binetti, Buttiglione, Marguerettaz, Gigli, Lacquaniti, Salvatore Piccolo, Tino Iannuzzi, Murer, Casellato, Arlotti, Capone, Cardinale, Brandolin, Taricco, Carloni, Rubinato, Fitzgerald Nissoli, Polverini, Roccella, Calabrò, Minardo, Garofalo, Bosco, Vella, Latronico, Marti, Pizzolante, Lo Monte, Capelli, Rostellato, Bechis, Sberna, Occhiuto, D'Alia, Totaro, Nastri, Sammarco, Scopelliti, De Mita, Cera, Amato, Carnevali, Piccoli Nardelli, Sandra Savino, Laffranco, Saltamartini, Parisi, Fauttilli, Barbanti, Rondini, Causin».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIORGIA MELONI e RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le norme nazionali, adottate in attuazione delle direttive dell'Unione europea sulla libera circolazione dei medici ed il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, hanno previsto la riforma dei criteri per l'accesso alle scuole di specializzazione medica e la riduzione della durata dei relativi corsi, al fine di uniformare tale fase di formazione alle regole comunitarie;
   nell'ambito della riforma il previgente sistema di accesso alle scuole di specializzazione decentrato a livello di singole università è stato sostituito con un concorso nazionale, affidato ad una commissione unica costituita presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e la formazione di un'unica graduatoria nazionale, in base alla quale i vincitori del concorso saranno destinati alle sedi presenti in tutto il territorio nazionale;
   il primo concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione medica si è svolto nel mese di ottobre 2014 e ha visto la messa a bando di appena cinquemila contratti a fronte degli oltre ottomila richiesti dal Ministero della salute per soddisfare le esigenze del servizio sanitario nazionale;
   il concorso, al quale hanno preso parte oltre dodicimila medici, è stato svolto a mezzo informatico in quattro giorni diversi in più sedi dislocate in tutta Italia e, stando alle denunce fatte dai candidati, alcune di queste non erano dotate delle caratteristiche stabilite nel bando di concorso;
   inoltre, durante lo svolgimento avrebbero avuto luogo diverse irregolarità, riportate anche nei verbali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tra le quali commissioni particolarmente disattente nella vigilanza dei candidati, computer connessi ad internet, blackout di alcuni pc e/o di intere sedi con ripetizione della prova da parte dei candidati dopo decine di minuti, tempo durante il quale i concorrenti hanno avuto la possibilità di confrontarsi tra loro, cellulari a disposizione dei candidati, mancato rispetto delle direttive presenti nel bando per l'assegnazione dei candidati alle postazioni;
   durante lo svolgimento del concorso si è, altresì, verificata un'inversione dei quiz tra due diverse aree, quella medica e quella dei servizi clinici, che ha determinato dapprima una comunicazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai partecipanti al concorso per avvisarli che avrebbero dovuto ripetere le prove oggetto di inversione;
   successivamente, invece, la stessa commissione nazionale incaricata di validare le domande ha stabilito che non fosse necessario annullare integralmente le prove, poiché solo alcuni quesiti non risultavano intercambiabili tra le due aree e che solo tre di questi sarebbero stati oggetto di annullamento;
   in esito a tale valutazione il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha deciso di neutralizzare solo due dei tre quesiti da annullare, di fatto riducendo quelli validi ai fini dell'attribuzione del punteggio da trenta a ventotto;
   come riportato anche da fonti giornalistiche tali accessi nei compiti non sono stati verbalizzati;
   parte dei medici esclusi dalle graduatorie si è rivolta alla giustizia amministrativa, mentre il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha redatto una nota inviata all'Avvocatura dello Stato nella quale evidenzia le ripercussioni economiche che originerebbero dall'accoglimento di tali ricorsi;
   il 28 febbraio 2015, data ultima entro la quale doveva essere bandito il prossimo concorso, sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato pubblicato un comunicato stampa con il quale si annunciano le modifiche proposte al regolamento per lo svolgimento del prossimo concorso, tra le quali quella relativa alle modalità di scorrimento delle graduatorie in base alle preferenze espresse dai candidati, modalità che in occasione del primo concorso hanno formato l'oggetto di gran parte dei suddetti ricorsi –:
   quali chiarimenti intenda fornire rispetto alla vicenda richiamata in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere in merito alle irregolarità verificatesi e al fine di sanare la posizione dei candidati ricorrenti. (3-01354)


   CHIMIENTI, TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, LOMBARDI, DALL'OSSO, SIMONE VALENTE, BRESCIA, MARZANA, LUIGI GALLO, D'UVA, DI BENEDETTO e VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi ha presentato il giorno 3 settembre 2014 alla stampa il dossier «La buona scuola»;
   «La buona scuola» prevedeva espressamente l'immissione in ruolo di oltre 148.000 mila docenti precari a settembre 2015, assorbendone il 90 per cento da graduatorie ad esaurimento e il 10 per cento da concorso 2012;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, così come dai siti di settore, nel corso delle ultime settimane la platea dei docenti interessati dal piano di assunzioni straordinario annunciato nel dossier «La buona scuola» è stata più volte oggetto di revisioni e modifiche;
   in più occasioni, il Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, il Ministro interrogato e i Sottosegretari hanno ribadito l'intenzione di inserire il piano straordinario di assunzione dei docenti in un decreto-legge;
   in data 23 febbraio 2015 la senatrice del Partito democratico Francesca Puglisi, in un'assemblea al liceo Sabin di Bologna, aveva affermato l'imminente decretazione d'urgenza su «assunzioni, organico aggiuntivo di 2-5 insegnanti in più per scuola, trasformazione di parte degli scatti di anzianità in merito tramite crediti formativi per tutti i docenti, valutazione del personale e delle scuole, educazione degli adulti, alternanza scuola lavoro, curriculum personalizzato»;
   la data di uscita del decreto-legge sulla scuola era stata stabilita per il 27 febbraio 2015, per poi slittare al 3 marzo 2015: come riportato in un articolo di Repubblica.it, a firma Salvo Intravaia, pubblicato il 25 febbraio 2015, lo slittamento del decreto-legge di una settimana sarebbe stato causato dalle «difficoltà dei tecnici del Ministero dell'istruzione, alla ricerca della quadra tra le dichiarazioni del Premier Matteo Renzi e la realtà della complessa macchina scolastica italiana»;
   in un'intervista del 30 gennaio 2015 a Il Corriere della Sera, il Ministro interrogato ha dichiarato sul tema delle assunzioni che «saranno tutti assunti il 1o settembre e dovranno restare almeno tre anni nel posto che scelgono», riferendosi ai docenti precari delle graduatorie ad esaurimento e confermando dunque l'intenzione di varare in tempi brevissimi un apposito decreto legge;
   in data 2 marzo 2015, alla vigilia del Consiglio dei ministri che con una settimana di ritardo avrebbe dovuto presentare il decreto-legge sulla scuola, contenente tra le altre misure il piano straordinario di immissione in ruolo di circa 120 mila docenti a settembre 2015, iniziano a rincorrersi le voci circa un nuovo cambio di programma da parte del Governo: non più un decreto-legge e un disegno di legge abbinato, ma solo un disegno di legge;
   la motivazione di questo cambio di direzione, secondo quanto riportato dai maggiori quotidiani di informazione, tra cui Il Messaggero, sarebbe da ricercare nella volontà del Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi di «dare un messaggio al Parlamento e coinvolgere le opposizioni nello spirito delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica»;
   nella serata del 3 marzo 2015, il Consiglio dei ministri, con una nuova inversione di rotta, presenta unicamente le linee guida della riforma della scuola, rinviando nuovamente la pubblicazione del disegno di legge;
   durante la conferenza stampa a seguito del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio dei ministri ha assicurato che le assunzioni dei precari a partire dal 1o settembre 2015 «non slitteranno», dal momento che le risorse economiche ci sono: «Un miliardo subito che diventeranno tre nel 2016»; e che il disegno di legge sarà approvato martedì 10 marzo 2015 in un nuovo Consiglio dei ministri: «Non c’è nessun passo indietro del Governo e ci sono le condizioni per non usare strumenti di urgenza»;
   tali affermazioni sono state più volte ripetute e riprese anche dal Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca Davide Faraone, che in data 4 marzo 2015 ha dichiarato a 24 Mattino che «se il Parlamento non sarà collaborativo nell'attuazione della riforma della scuola, il Governo non starà ad aspettare a braccia conserte, ma agirà velocemente per non mettere in discussione l'assunzione degli insegnanti precari. Il decreto-legge sarà quindi utilizzato come extrema ratio»;
   la volontà di procedere all'immissione in ruolo dei precari unitamente all'adozione delle altre misure di più ampio respiro sulla scuola, facendole confluire nel medesimo strumento normativo, un disegno di legge e non un decreto-legge, ha gettato nell'allarme i docenti inizialmente interessati dal piano di assunzioni e molte sigle sindacali che, come nel caso della Flc Cgil, per bocca del segretario Pantaleo, ha dichiarato: «Si vuole imporre attraverso un futuro disegno di legge una riforma della scuola che non si capisce bene quale possa essere. In merito alle assunzioni, siamo fuori tempo massimo, la scuola ha meccanismi complicati: dopo aver illuso 150 mila precari adesso si decide di cambiare rotta. C’è un tentativo di aggirare anche la sentenza della Corte di Giustizia europea»;
   i rischi connessi alla scelta di emanare un disegno di legge sono stati esposti anche da Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief: «Per poter fare il piano di assunzioni va fatto un censimento che il Governo non ha ancora eseguito sui posti vacanti. Martedì prossimo serve che a palazzo Chigi tornino sui loro passi e facciano un decreto-legge sulla questione dei precari, scorporando tutto il resto, altrimenti sarà a rischio l'anno scolastico. Se si faranno assunzioni dopo il 1o settembre 2015, queste ultime non avranno validità giuridica per l'anno scolastico e andranno ad influire sulle supplenze avviate»;
   secondo uno scenario tratteggiato dal sito di settore orizzontescuola.it in data 5 marzo 2015, il piano di assunzioni del Governo finirebbe per coinvolgere appena 40 mila docenti e sarebbe legato ai posti effettivamente disponibili dell'organico di diritto e corrispondenti al piano pluriennale di assunzioni varato dal Governo Letta –:
   se e con quali tempistiche intenda intraprendere azioni al fine di garantire l'immissione in ruolo dei 150 mila docenti precari a partire dal 1o settembre 2015, così come già annunciato nel documento del Governo denominato «La buona scuola». (3-01355)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALBANELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da accreditati organi di stampa si apprende la notizia che il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia ha accolto il ricorso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca contro lo statuto adottato dall'ateneo catanese nel 2011 dichiarandolo illegittimo per violazione del combinato disposto dell'articolo 6, comma 10, della legge n. 168 del 1989 e dall'articolo 2, comma 7, legge n. 240 del 2010 –:
   come il ministro interrogato intenda tutelare, per quanto di competenza, l'autonomia dell'ateneo catanese, il ruolo di tutta la comunità scientifica, degli studenti e del personale tecnico-amministrativo.
(4-08343)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Trieste ha aderito a un progetto denominato «Gioco del rispetto – Pari e dispari» che verrà proposto ai bambini di 45 scuole dell'infanzia di Trieste e che dovrebbe, secondo l'opuscolo informativo, «verificare le conoscenze e le credenze di bambini e bambine su cosa significa essere maschi o femmine, rilevare la presenza di stereotipi di genere e attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri, offrendo ai bambini anche un punto di vista alternativo rispetto a quello tradizionale»;
   il progetto, che ha visto la luce nel 2013, con una prima edizione sperimentale cofinanziata dalla regione Friuli Venezia Giulia, ha coinvolto quattro scuole dell'infanzia della regione, una per ogni provincia. Ora il progetto, uno tra i primi in Italia e in Europa, vede anche l'adesione del comune di Trieste;
   nel kit ludico-didattico a disposizione delle maestre è previsto che i bambini e le bambine possano esplorare i corpi dei loro compagni, ascoltare il battito del cuore a vicenda o il respiro per rinforzare la percezione che, dopo aver fatto un po’ di attività fisica le sensazioni provate sono uguali fra maschi e femmine; inoltre, si legge ancora nel progetto «ovviamente i bambini possono riconoscere che ci sono differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell'area genitale». Le ideatrici del progetto rilevano quanto sia «importante confermare loro che maschi e femmine sono diversi in questo aspetto e nominare senza timore i genitali maschili e femminili», spiegando che tali differenze non condizionano il modo di sentire, provare emozioni, comportarsi con gli altri;
   infine fra i giochi proposti c’è anche quello del «Se fossi» durante il quale i bambini, utilizzando dei costumi si travestono. «I bambini e le bambine — si legge nelle schede informative – potranno indossare dei vestiti diversi dal loro genere di appartenenza e giocare così abbigliati»;
   alcuni genitori hanno espresso la loro ferma contrarietà rispetto ad un progetto che non è stato in diversi casi adeguatamente presentato alle famiglie dei bambini coinvolti, non essendo stato inserito neanche nel piano di offerta formativa;
   l'interrogante condivide la posizione espressa da alcune famiglie, in base alla quale i bambini così piccoli, da sempre hanno scoperto a piccoli passi, in modo del tutto naturale la differenza tra uomo e donna, senza alcuna necessità di improvvisate lezioni ad hoc di educazione sessuale, rivolte alla scuola dell'infanzia –:
   se il Ministro interrogato, non ritenga necessario intervenire per quanto di propria competenza, anche attraverso l'attivazione di una procedura ispettiva, per sospendere il progetto denominato «Gioco del rispetto – Pari e dispari», che oltre a non avere, a parere dell'interrogante, alcuna funzione pedagogica, risulta completamente inadatto, ancor più perché rivolto a bimbi in età prescolare di 3-4 anni.
(4-08346)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in Sardegna sono oltre 17.600 i lavoratori in mobilità in deroga in attesa da oltre 15 mesi per veder loro riconosciuto il saldo delle indennità spettanti per l'annualità 2014;
   in ragione del decreto n. 83473 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 1o agosto 2014, attraverso il quale sono state introdotte disposizioni più stringenti in materia di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, a far data del 1o settembre 2014 oltre 4 mila si ritroveranno privi di qualsiasi copertura;
   con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze n. 86486 del 4 dicembre 2014 si è provveduto ad assegnare alle regioni e province autonome ulteriori risorse finanziarie di cui nello specifico alla Sardegna la somma di euro 21.641,344;
   successivamente l'Inps ha provveduto a mettere in pagamento due mensilità per i lavoratori in mobilità in deroga relativamente ai mesi di gennaio-febbraio 2014;
   in data 5 febbraio 2015 l'INPS interrompe i pagamenti a causa dell'esaurimento dei fondi. Ne è derivato che allo stato attuale solo il 40 per cento dei lavoratori aventi diritto sono stati pagati, il restante 60 per cento attende ancora oggi;
   allo stato attuale i 17.600 lavoratori in mobilità in deroga non risultano aver percepito le indennità relative all'anno 2014 ed in particolare, come previsto dal decreto interministeriale del 1o agosto, nelle modalità di cui all'articolo 3 lettere A e B dello stesso. Vale a dire 5 mesi più 3 per coloro che alla data di decorrenza del trattamento abbiano già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni anche non continuativi e 7 mesi più 3 per coloro che alla data di decorrenza del trattamento abbiano già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per un periodo inferiore ai tre anni;
   nelle condizioni di cui alla lettera A dell'articolo 3 del decreto risultano esser oltre 4 mila dei 17.600 lavoratori, lasciando gli stessi privi di ogni forma di sostegno del reddito;
   il meccanismo legato all'applicazione di una tassazione IRPEF separata, applicata all'atto del pagamento delle due mensilità, fatto che rappresenta una beffa per lavoratori che non hanno alcuna responsabilità del ritardo nei pagamenti;
   il consistente rischio che le nuove disposizioni determinino un aggravio della già grave condizione sociale dell'isola, regione che registra allarmanti tassi di disoccupazione, superiori a quelli medi nazionali e tassi di inattività elevatissimi –:
   quali siano le iniziative che si intendono adottare per risolvere la drammatica situazione in cui versano i 17.600 lavoratori della Sardegna che aspettano da 15 mesi di incassare quanto loro dovuto;
   entro quali termini, con certezza, saranno disponibili tali fondi e quali siano le coperture previste per riconoscere ai lavoratori in mobilità tutto l'ammontare delle indennità arretrate;
   se il Governo reputi di dover assumere iniziative normative per esonerare i lavoratori in questione – già duramente colpiti dalla crisi e dall'impoverimento – dall'applicazione della tassazione Irpef del 23 per cento sulle mensilità 2014;
   quali strategie il Governo intenda attivare, in raccordo con le istituzioni locali e nel rispetto delle prerogative dell'autonomia speciale, per favorire un piano organico di rinascita economica e sociale dell'isola.
(2-00881) «Piras».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PARENTELA, NESCI e DIENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato in data 22 luglio 2014 un atto di sindacato ispettivo n. 4-05621, per giunta senza risposta, in merito alla vicenda dell'azienda Infocontact operante nel settore dell'erogazione di servizi di contact center, customer care e teleselling che occupa nei due siti di Lamezia Terme e Rende circa 1.100 dipendenti a tempo indeterminato che arrivano a 1.800 considerando i lavoratori interinali e quelli con contratto di collaborazione;
   le prime avvisaglie della crisi di Infocontact si sono verificate nella primavera del 2014 quando fu evidenziata l'esistenza di un passivo per oltre 35 milioni di euro che successivamente risultò essere ben oltre 60 milioni;
   il 24 luglio 2014 il Ministero dello sviluppo economico ha nominato un commissario giudiziale, nella persona del professor Francesco Perrini;
   nell'agosto 2014 è stato indetto un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico per discutere della vertenza Infocontact preceduto anche da un consiglio regionale in cui si è discusso della questione;
   il 26 novembre, in esecuzione del decreto del tribunale di Lamezia Terme del 21 ottobre 2014, è stata dichiarata l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, formalizzata dal Ministero con la nomina di tre commissari straordinari nonché dell'incaricato dell'ordinaria amministrazione. Scopo dichiarato dei commissari e del loro staff è quello di cercare di mantenere i livelli occupazionali cedendo l'intera azienda o i rami di essa ed è per questo che hanno indetto una offerta pubblica di acquisto. La procedura si è chiusa con due offerte vincitrici: Abramo spa per il sito di Lamezia Terme e Comdata per il sito di Rende;
   dopo la cessione dei rami di Infocontact all'Abramo Customer Care e a Comdata, spiegano i dipendenti, «sono circa cento i lavoratori che rischiano di non avere alcuna possibilità di futuro. Per mille operatori telefonici sono previste drastiche riduzioni di orario e di salario e per 300 lavoratori precari delle sedi periferiche la chiusura dei propri centri si tradurrà in rinuncia per manifesti problemi economici»;
   i commissari invitano ad affrettarsi a concludere le trattative, poiché, «in caso di esito negativo delle stesse entro il 14 marzo, la gestione commissariale sarà costretta ad aprire le procedure di mobilità per tutti i lavoratori, per salvaguardare, nel rispetto della legge, l'interesse dei creditori», mentre, «se la trattativa non dovesse concludersi entro il 31 marzo, verrà definitivamente compromessa la liquidità aziendale, con gravi ripercussioni ai fini dell'accesso agli ammortizzatori sociali»;
   i commissari Infocontact hanno anche affermato: «Registriamo con grande rammarico che, nonostante tutti gli sforzi messi atto — pur non avendo, noi, finalità imprenditoriali — per cercare di contemperare la salvaguardia dei lavoratori con gli interessi dei potenziali acquirenti, la trattativa rischia di non concludersi entro il 14 marzo, data di scadenza dei 25 giorni previsti per legge dall'inizio della trattativa, a causa delle pretestuose pregiudiziali e delle dichiarazioni politiche delle organizzazioni sindacali nazionali, che hanno impedito di entrare nel merito delle questioni relative alla salvaguardia dei perimetri occupazionali di Lamezia e Rende»;
   a parere degli interroganti non si possono accusare i lavoratori delle sedi periferiche che stanno protestando per la tutela di un sacrosanto posto di lavoro che, con l'accentramento nelle sedi principali, verrebbe meno per via del fatto che con lo stipendio non riuscirebbero nemmeno a coprire le spese di viaggio –:
   quale sia l'orientamento del Governo con riguardo agli aspetti di competenza in relazione alla vicenda Infocontact di Lamezia Terme e Rende e se non si ritenga di tutelare i lavoratori coinvolti scongiurando quella che si appresta ad essere una catastrofe sociale specie in una regione come la Calabria a forte emergenza occupazionale. (5-04963)


   RONDINI e GRIMOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è stato riproposto dall'Inps, gestione ex Inpdap, il progetto «Home Care Premium» per il 2015, progetto di assistenza domiciliare – e non solo – per soggetti non autosufficienti con disabilità psichiatrica, fisica e/o motoria (minori e adulti);
   trattasi di un vero e proprio «premio» di importo fino a 1.200 euro, con tanto di bando di concorso pubblicato sul sito dell'istituto previdenziale, che viene erogato a chi si prende cura, assiste e supporta a domicilio un familiare disabile ed è rivolto ai dipendenti e pensionati pubblici;
   a differenza di altri bandi simili, non esiste in questo caso alcun vincolo di reddito e, quindi, l'istanza può essere presentata da chiunque, sebbene ad essa dovrà comunque essere allegato il modello Isee; spetterà poi all'Inps stabilire il quantum da erogare nella misura da un minimo di 400 euro al mese ad un massimo 1.200;
   per accedere al bonus, ma anche ai servizi socio-assistenziali, si deve presentare apposita domanda scaricabile online nel mese di maggio 2015 e la persona non autosufficiente deve fare richiesta di iscrizione quale componente familiare all'interno della banca dati del dipendente pubblico o del pensionato INPDAP; la richiesta potrà essere inoltrata fino a novembre 2015 –:
   se il Governo, allo scopo di garantire il principio di parità di trattamento di cui all'articolo 3 della Costituzione, intenda assumere iniziative per estendere il bonus di cui in premessa ai lavoratori del settore privato, atteso che il sostegno in termini economici e di servizi alla persona per assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave è esigenza fortemente sentita da tutte le famiglie coinvolte, a prescindere dal settore – pubblico o privato – lavorativo. (5-04964)


   NICCHI, AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 183 del 2014, recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività, ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro», (cosiddetto Jobs-act) prevede la razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di un'agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l'integrazione in un'unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle ASL e delle ARPA (articolo 1, comma 7, lettera l));
   tale previsione, che dunque si propone anche di ridefinire il sistema istituzionale del lavoro nel nostro Paese da una parte con un'innovazione nella gestione delle politiche attive del lavoro e dall'altra attraverso una razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva, va incontro ad un'esigenza reale tentando di superare la frammentazione degli interventi ed arginando l'impossibilità di esercitare una valida ed efficace funzione ispettiva, e nel contempo, soddisfacendo le richieste avanzate dagli ispettori che da tempo chiedono forme di integrazione e maggior coordinamento;
   secondo la normativa vigente la competenza relativa alla vigilanza in materia di lavoro afferisce a più istituzioni come l'INPS, il Ministero, l'INAIL, le ASL e altre strutture territoriali, che agiscono indipendentemente l'una dall'altra, con una oggettiva moltiplicazione di costi per l'erario, esercitando interventi plurimi e non coordinati sui medesimi soggetti aziendali. Tale quadro determina la necessità oggettiva di una semplificazione, al fine di rendere più efficace l'azione ispettiva e di ridimensionare i costi a carico della collettività;
   la suddetta opera di razionalizzazione e semplificazione passa per la costituzione ex novo di un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, che può essere uno strumento utile per combattere in modo organizzato, efficiente e sistematico le illegalità nei luoghi di lavoro, ma che, allo stesso tempo, potrebbe comportare oltre a complessi problemi organizzativi, di utilizzo e collocazione di personale, di integrazione di procedure e di interventi, anche la necessità di stanziare ulteriori e nuove risorse a carico della finanza pubblica;
   qualsiasi processo di riassetto non dovrebbe, pertanto, prescindere dalla condivisione con i lavoratori interessati, dagli ispettori del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'Inps e dell'Inail ai loro dipendenti, tutti qualificati professionisti. Non sarebbe, infatti, concepibile un processo di razionalizzazione di tutta l'attività ispettiva del Paese che parta dallo smantellamento di realtà amministrative efficienti, di servizi di eccellenza resi ai cittadini ed alle imprese nonché depauperando la professionalità stessa dei lavoratori;
   inoltre, lo scopo di una riforma non dovrebbe essere quello di creare un nuovo, costoso ed inutile ente, ma piuttosto di riorganizzare i servizi ispettivi in modo tale da garantire a cittadini e imprese prestazioni all'altezza di contrastare con massima efficienza e funzionalità abusi, lavoro nero, illeciti, evasione contributiva, tutti fenomeni perpetrati nel nostro Paese soprattutto a danno di tanti altri lavoratori;
   l'INPS, ad esempio, dispone da subito di un modello operativo e organizzativo complesso e articolato, in termini di infrastrutture tecnologiche, come i suoi software informatici in uso più efficienti degli altri che dovranno. Solo essere implementati per servire la nuova struttura, e di altre competenze consolidate nel campo del lavoro, che spaziano dalle visite ispettive mediche ai controlli di prevenzione e contrasto all'economia sommersa, alla lotta al lavoro nero e all'evasione contributiva;
   alla luce di un recente studio realizzato dalla Direzione centrale vigilanza prevenzione e contrasto all'economia sommersa dell'Inps si evidenzia la sostenibilità economica della realizzazione di un ruolo unico presso l'INPS, in termini di risorse umane, di tecnologie, di organizzazione, eccetera, utilizzando l'aumento delle entrate relative ai contributi evasi, aumento reso possibile dal potenziamento del modello operativo di governance e d’intelligence dell'INPS particolarmente produttivo. Tale modello, attraverso un investimento formativo finalizzato, può essere adottato ad esempio dagli ispettori del Ministero e dell'INAIL al fine di realizzare un incremento significativo di produttività e di recupero delle somme evase in termini contributivi e di fiscalità;
   d'altra parte già la suddetta legge delega all'articolo 1, comma 4, lettera r), con riferimento alle politiche attive del lavoro, contempla la previsione di meccanismi di raccordo e di coordinamento delle funzioni tra la neo Agenzia nazionale per l'occupazione e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, sia a livello centrale che a livello territoriale, al fine di tendere ad una maggiore integrazione delle politiche attive e delle politiche di sostegno del reddito;
   pertanto lo stesso dettato della legge delega n. 183 del 2014 delineerebbe, alla fine del percorso di attuazione, una nuova cosiddetta Super-Inps chiamata a ricoprire un ruolo fondamentale per lo sviluppo di nuove e, si spera, più efficienti politiche del lavoro, ma soprattutto a monitorare sotto l'aspetto ispettivo, la corretta applicazione delle nuove norme del mercato del lavoro –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza per ricondurre ad una gestione unitaria tutte le competenze ispettive attualmente frazionate e già assegnate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al servizio sanitario nazionale, alle ARPA, all'Inail ed all'Inps, istituendo presso quest'ultimo un ruolo unico di vigilanza. (5-04970)

Interrogazione a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Desi Mobili è una nota azienda di Cerreto d'Esi (An) specializzata nella produzione di cucine (sia con marchio proprio che conto terzi) che, nel corso degli anni, ha dato lustro al comprensorio fabrianese, dando lavoro a centinaia di persone. Attualmente impiega 140 lavoratori;
   ancora oggi, nonostante la congiuntura economica difficile da anni, ha dichiarato la proprietà di avere «in portafoglio oltre 800 mila euro di ordinativi, sia di clienti Italia che all'Estero, in particolare Emirati Arabi dove ultimamente abbiamo intrapreso trattative per buoni ordinativi contract. Proprio ora che si iniziava a risalire la china, la spaventosa crisi del Mercatone Uno e il conseguente blocco dei loro flussi finanziari, ha rappresentato, per la Desi Mobili, una mazzata che ha comportato la perdita di liquidità per circa 1 milione di euro. Un'altra causa è stata che gli Istituti bancari hanno, di fatto, bloccato l'operatività della nostra azienda. Conseguenza obbligata è stata manifestare al Giudice fallimentare la nostra rinuncia all'omologa e di conseguenza si apriranno le porte per il fallimento dell'azienda»;
   al fine di non disperdere un'esperienza di qualità industriale del territorio, in questi ultimi mesi la proprietà si è adoperata per cercare una possibile via d'uscita attraverso trattative con potenziali investitori;
   in data 6 marzo 2015 i titolari dell'azienda cerretese hanno consegnato tutta la documentazione contabile al giudice fallimentare. Nel contempo, i sindacati del settore hanno firmato le conciliazioni e i licenziamenti, per cui per 80 persone comincerà la procedura della mobilità volontaria, mentre per un'altra sessantina c’è una concreta speranza di un periodo (si parla di cinque mesi) di cassa integrazione straordinaria. In estrema sintesi, se per quanto concerne la mobilità è tutto già sistemato, cosicché tra un mese o poco più i dipendenti che sono voluti uscire subito riceveranno verosimilmente i primi pagamenti, riguardo alla cassa integrazione bisognerà capire la volontà del Ministero dello sviluppo economico, ma soprattutto quella del curatore fallimentare e della regione Marche. Il curatore dovrebbe essere nominato entro la fine di marzo, dopodiché riprenderanno i confronti sui vari argomenti –:
   quali iniziative intendano assumere in relazione alla crisi della Desi Mobili, con particolare riferimento alla ricerca di eventuali potenziali acquirenti dell'azienda che offrano una prospettiva industriale e occupazionale, e all'accelerazione dell’iter che attiene alla cassa integrazione straordinaria. (4-08337)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   FRANCO BORDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i regolamenti comunitari n. 804/68, n. 856/84 e n. 1234/2007 («regolamento unico OCM») assegnano, a ciascuno Stato membro, dei massimali di produzione del latte e di prodotti lattieri che non possono essere superati. All'interno di ciascuno Stato membro, poi, la quota viene divisa fra i vari produttori lattieri, ciascuno dei quali, pertanto, non può superare una soglia specifica;
   lo sforamento di tale tetto massimo, da parte del singolo produttore, impone al medesimo di pagare, sulla produzione in eccedenza e in favore dello Stato cui appartiene, un importo di denaro qualificato come «prelievo supplementare»;
   l'articolo 66 del regolamento (CE) n. 1234/2007 del 22 ottobre 2007 ha prorogato il sistema delle «quote latte» fino alla campagna lattiera del 2014/2015. Il regime delle quote cesserà il 31 marzo 2015;
   il mancato pagamento dei «prelievi», da parte delle imprese italiane, ha costituito oggetto di una serie di procedure di infrazione già promosse dalla Commissione europea fra il 1994 e il 1998, poi archiviate a seguito del ripetuto intervento del legislatore italiano, con una serie di provvedimenti ritenuti dalla Commissione europea adeguati a soddisfare le proprie richieste;
   con decisione 2003/530/CE del 16 luglio 2003, la Commissione europea ha concesso la rateizzazione dei pagamenti dovuti da quelle aziende che, avendo già contestato in sede giudiziale le ingiunzioni delle amministrazioni italiane al pagamento dei prelievi, si fossero ritirate dal contenzioso. Un certo numero di produttori aderì a detti piani di rateizzazione;
   la Commissione europea, in data 20 giugno 2013, ha inviato all'Italia la messa in mora. Di fatto, la Commissione europea ha posto l'Italia sotto procedura di infrazione (n. 2013/2092 – articolo 258 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea) per il mancato recupero alle casse dello Stato, a tutt'oggi, di prelievi per un importo di 1,423 miliardi di euro. Questa cifra corrisponde al debito, fino ad oggi e per le campagne dal 1995/1996 al 2008/2009, dei produttori lattieri che non hanno aderito ai programmi di rateizzazione (per scelta o in quanto esclusi dalla «copertura» di cui alla citata decisione), calcolato al netto di 158 milioni di euro non più recuperabili;
   a seguito della notifica della messa in mora, la Commissione europea ha emesso in data 10 luglio 2014 un parere motivato, che rappresenta la seconda tappa della procedura di infrazione. Nel parere si chiedeva all'Italia di trasmettere una risposta soddisfacente in merito all'attività di recupero delle multe arretrate non ancora pagate da quei appena 2.000 produttori, di cui 600 di loro devono pagare somme superiori a 300.000 euro, a fronte di oltre 35.000 allevatori in regola;
   la Corte dei conti nel 2012 aveva denunciato, con una relazione circostanziata, il rischio dell'apertura di una falla nel bilancio dello Stato e, precisamente, «questo modo di procedere consente di mantenere sommerso un debito a carico del bilancio statale», sottolineando la pericolosità finanziaria delle ingenti anticipazioni di tesoreria;
   lo Stato italiano per far fronte agli impegni con la Commissione europea, che altrimenti si sarebbe rivalsa sui contributi agli agricoltori, è ricorso alle anticipazioni di tesoreria statale, il tutto per sanare un buco di complessivi 4,4 miliardi di euro;
   con la deliberazione n. 12/2014/G del 9 ottobre 2014, la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti ha ricostruito la vicenda del mancato recupero delle «quote latte». Nel paragrafo «Valutazioni conclusive sui mancati recuperi» si legge che: «la Corte dei conti ha svolto, nell'anno 2012, un'indagine su “Quote latte: la gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione (delib. n. 20/2012/G)” e, nel 2013, una successiva sugli esiti della prima, “Quote latte: la gestione delle misure consequenziali finalizzate alla rimozione delle disfunzioni rilevate nel recupero del prelievo a carico degli allevatori (delib. n. 11/2013/G)”. Le relazioni hanno riscontrato notevoli criticità sulle modalità di gestione degli interventi, individuando, altresì, le cause dei ritardi nei recuperi e le responsabilità dei molteplici soggetti istituzionali operanti nel settore. La conseguenza finanziaria della cattiva gestione trentennale delle quote latte – caratterizzata dalla confusione della normativa, delle procedure, delle competenze e delle responsabilità dei soggetti investiti e dall'incertezza sui dati di produzione – si è tradotta in un esborso complessivo nei confronti dell'Unione europea, ad oggi, di oltre 4,4 miliardi di euro. Per il periodo precedente la campagna lattiera 1995/96, l'onere si è scaricato interamente sull'erario, mentre le somme teoricamente recuperabili nei confronti degli allevatori – e già anticipate all'Unione europea a carico della fiscalità generale – superano l'importo di 2.537 milioni. Tuttavia, risultava imputabile ai produttori, secondo l'Agea, nel mese di dicembre 2012, il minor ammontare di 2.263 milioni, ridotto a 2.260 nel settembre 2013, ed ulteriormente diminuito a 2.207 milioni, secondo la comunicazione del luglio 2014. Di esso, il recuperato effettivo è trascurabile. L'accollo da parte dello Stato dell'onere del prelievo si configura come violazione non solo della regolamentazione dell'Unione europea, ma, altresì, degli obiettivi della sua politica economica, indirizzati all'efficiente organizzazione del mercato lattiero-caseario, al suo assetto strutturale in linea con la necessità di contenere le produzioni ed alla tutela della libera concorrenza tra i produttori del settore»;
   la Commissione europea, in data 26 febbraio 2015, ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia europea per il mancato recupero, su un totale di 2,265 miliardi di euro, di 1,395 miliardi di multe dovuti dai produttori di latte che nelle campagne dal 1995 al 2009 avevano superato le rispettive quote di produzione assegnata all'Italia dall'Unione europea;
   la Commissione europea nelle sue comunicazioni inviate più volte al Governo italiano ha stigmatizzato che: «risulta evidente che le autorità italiane non hanno preso le misure opportune per recuperare il prelievo dai singoli produttori e caseifici». Dell'importo complessivo di 2,305 miliardi di euro, circa 1,752 miliardi non sono stati ancora recuperati. Parte di questo importo sembra considerato perso o rientra in un piano a tappe di 14 anni, ma la Commissione europea stima che siano tuttora dovute sanzioni per un importo pari a 1,343 miliardi di euro;
   il deferimento alla Corte di giustizia europea è la terza tappa della procedura di infrazione che consentirà alla Corte di constatare l'inadempienza che, successivamente, si tradurrà in una maxi sanzione pecuniaria;
   nell'ultimo anno di attuazione delle «quote latte» c’è il rischio concreto dell'arrivo di nuove multe a causa del superamento da parte dell'Italia del proprio livello quantitativo di produzione assegnata dall'Unione europea;
   secondo l'ultimo aggiornamento dei dati dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Agea, si evidenzia un aumento della produzione del 3,24 per cento rispetto all'anno scorso, con un incremento in valori assoluti di 2,561 milioni di quintali, sulla base dei primi nove mesi della campagna relativa al periodo che va dal 1o aprile 2014 al 31 marzo 2015;
   si prevede il primo splafonamento dopo l'introduzione della legge n. 33 del 2009, la quale prevede la possibilità di compensazione solo agli allevamenti di montagna e delle zone svantaggiate, a quegli allevamenti che non hanno superato il livello produttivo 2007-2008 e ultimi, in ordine prioritario, a quegli allevamenti che producono entro e non oltre il 6 per cento della quota loro assegnata;
   il Commissario europeo all'agricoltura, Phil Hogan, ha annunciato un provvedimento per consentire di rateizzare le multe di quest'anno a carico degli allevatori per un massimo di tre anni e senza interessi;
   la legge di stabilità per il 2015, con l'articolo 1, comma 214, istituisce presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali il «Fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario», dotato di 8 milioni di euro nel 2015 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017;
   la finalità indicata nella norma è quella di contribuire alla ristrutturazione del settore lattiero-caseario, anche in ragione del superamento del regime europeo delle «quote latte», nonché di contribuire al miglioramento della qualità del latte bovino;
   i criteri e le modalità di accesso ai contributi saranno definite con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni;
   sono esclusi dai contributi i produttori che non risultano in regola con il pagamento delle multe legate all'eccesso di produzione di latte rispetto alle quote assegnate in sede europea e quelli che hanno aderito al programma di rateizzazione, ma non hanno adempiuto nei tempi ai previsti pagamenti;
   in considerazione del fatto che le «quote latte» termineranno il 31 marzo 2015, ad oggi manca ancora il decreto per rendere operativo il predetto fondo che opererà attraverso il «Piano latte qualità» che agirà quale sostegno alla produzione –:
   a quanto ammonti la reale composizione del debito, tra sanzioni e interessi, sulle «quote latte» che lo Stato deve recuperare da quei soggetti inadempienti e quali azioni il Governo abbia assunto o intenda assumere, al fine di individuare, al di là di quelle che all'interrogante appaiono delle evidenti responsabilità di copertura politica, i soggetti responsabili, individuali e non, delle mancate attività di vigilanza e controllo e per non aver attivato nei tempi dovuti le opportune misure finalizzate al recupero delle somme dovute, che hanno portato, conseguentemente, il nostro Paese ad essere deferito alla Corte di giustizia europea con la reale possibilità di vedere comminata all'Italia una maxi sanzione pecuniaria. (3-01352)


   FAENZI e PALESE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'ondata di maltempo della scorsa settimana, che ha interessato gran parte del Paese, ha portato con sé ancora una volta gravi danni alle infrastrutture viarie e a numerose attività produttive, determinando forti disagi alle comunità coinvolte e ingenti danni;
   il territorio della regione Toscana, in particolare, è stato investito da una tempesta di vento, con raffiche ad oltre 160 chilometri orari, che ha causato consistenti danni all'economia del territorio, pari a circa 400 milioni di euro di cui 300 milioni di euro, nei riguardi del settore florovivaistico, il cui distretto è concentrato, in particolare, nella provincia di Pistoia, nel pratese ed in Versilia;
   il medesimo comparto, con circa 1.300 aziende, impegnate a coltivare 5 mila ettari di terreno, che garantisce occupazione a oltre 12 mila addetti, rappresenta un fondamentale volano per l'economia agricola toscana, le cui avversità atmosferiche, causate dalla furia del vento, hanno determinato un gravissima battuta d'arresto, in termini produttivi alla vigilia della primavera 2015, che rappresenta il momento più importante delle spedizioni dirette per l'80 per cento all'estero;
   la richiesta dello stato di calamità naturale e l'attivazione in tempi rapidi di misure straordinarie in favore delle imprese del settore agricolo, la cui stima dei danni risulta pari al 50 per cento della produzione del distretto vivaistico toscano, risulta, pertanto, ad avviso degli interroganti, urgente e necessaria, al fine del ripristino delle condizioni di normalità, per la vasta area territoriale interessata e per il proseguimento dell'attività di produzione di un segmento dell'economia regionale della Toscana di primaria importanza, quale quello florovivaistico in precedenza richiamato –:
   quali valutazioni intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e se a tal fine non ritenga urgente e opportuno promuovere immediatamente la deliberazione dello stato di calamità naturale in favore della regione Toscana, nei riguardi del distretto florovivaistico, dato che le prime dichiarazioni del Ministro interrogato, secondo le quali sarà possibile intervenire attraverso l'utilizzo di una quota prevista dal fondo nazionale di solidarietà, appaiono decisamente insufficienti. (3-01353)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRANCO BORDO e ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha sorpassato per la prima volta quella degli originali nel 2014, provocando il calo del valore delle esportazioni, in controtendenza al record fatto segnare all'estero dall'agroalimentare «Made in Italy» ma anche ai positivi risultati registrati da altri formaggi, dal pecorino al gorgonzola;
   rispetto al 2007 c’è stata una perdita cospicua di migliaia di posti di lavoro negli allevamenti e nei caseifici e la scomparsa di quasi una stalla su quattro impegnata nella produzione del latte per il Parmigiano Reggiano;
   nel 2014 le imitazioni del Parmigiano e del Grana hanno superato i 300 milioni di chili di produzione. Poco meno della metà sono stati realizzati negli Stati Uniti: dal falso parmigiano vegano a quello prodotto dalla Comunità Amish, dal parmesan (vincitore addirittura del titolo di miglior formaggio negli Usa) al kit che promette di ottenerlo in casa in appena due mesi. Ci sono la versione in cirillico — prodotto in Russia dopo l'embargo — il parmesao brasiliano, il reggianito argentino e il parmesan perfect italiano ma prodotto in Australia;
   gli Stati Uniti sono i leader della falsificazione con le produzioni in Wisconsin, California e New York; le imitazioni sono molto diffuse dall'Australia al Sud America ma anche nei Paesi emergenti; mentre sul mercato europeo ed in Italia sono arrivati i cosiddetti similgrana di bassa qualità spesso venduti con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia. Questa rappresenta una concorrenza sleale nei confronti degli autentici Parmigiano Reggiano e Grana Padano che devono essere ottenuti nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione;
   a rischio c’è un sistema produttivo che vale complessivamente quasi 4 miliardi di fatturato con il Grana Padano che si colloca al vertice delle produzioni italiane tutelate dall'Unione Europea con un volume di affari che vale 1,5 miliardi al consumo nazionale e 530 milioni; mentre il Parmigiano Reggiano si colloca al secondo posto con 1,5 miliardi al consumo nazionale e 460 milioni all’export;
   nell'ultimo anno — precisa la Coldiretti — il prezzo pagato ai produttori di Parmigiano Reggiano è diminuito del 20 per cento nel giro di dodici mesi, passando dai 9,12 euro del gennaio 2014 ai 7,31 euro di fine dicembre 2014. Invece il prezzo di vendita ai consumatori italiani è calato appena del 4 per cento con effetti negativi sugli acquisti degli italiani;
   all'estero la situazione non è migliore con il valore delle esportazioni che è sceso nel 2014, con il calo più pesante che si è verificato negli Stati Uniti dove c’è stato un crollo del 10 per cento per un fatturato attorno ai 100 milioni di euro, nonostante l'andamento favorevole del tasso di cambio, secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat;
   dal sistema produttivo di Parmigiano Reggiano si ottengono circa 3,2 milioni di forme all'anno, con 363 piccoli caseifici artigianali della zona tipica alimentati dal latte prodotto nelle appena 3.348 stalle rimaste nel 2014, dove si allevano 245 mila vacche. Una stagionatura che varia da 12 a 24 mesi, il divieto nell'uso di insilati, additivi e conservanti nell'alimentazione del bestiame, un peso medio delle forme di 40 chili, l'impiego di 14 litri di latte per produrre un chilo di formaggio e 550 per produrre una forma, sono le caratteristiche distintive del prodotto alimentare italiano più conosciuto e più imitato nel mondo, che ha ottenuto dall'Unione europea il riconoscimento della loro determinazione a conservare inalterato nel tempo il metodo di lavorazione e l'altissimo livello qualitativo del formaggio che può contare su ben nove secoli di storia;
   secondo i dati della Coldiretti gli acquisti nella grande distribuzione e nel dettaglio tradizionale, sono diminuiti del 2,2 per cento del Parmigiano Reggiano, del 12,6 per cento del Grana Padano, mentre sono aumentati dell'1,5 per cento altri grana non a denominazione d'origine. Si tratta di una concorrenza sleale nei confronti degli autentici Parmigiano Reggiano e Grana Padano, che devono essere ottenuti nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione. Il danno che queste imitazioni comportano per il nostro Paese, non riguarda solo l'agricoltura ma tutta la società, soprattutto in termini di occupazione per migliaia di nostri giovani;
   il Grana Padano è passato da 7,45 a 6,43 euro (-7,5 per cento). I prezzi — rileva Coldiretti Emilia Romagna — sono precipitati al di sotto dei costi di produzione, erodendo i redditi delle 3.348 aziende rimaste sul campo. In tutta questa situazione tuttavia, i consumatori non hanno potuto beneficiare del calo all'origine perché al consumo i prezzi hanno avuto solo lievissime variazioni, con un calo del 4,2 per cento (da 16,45 euro a 15,76) del Parmigiano e rimanendo invariato per il Grana Padano (12,10 euro al chilogrammo);
   alla realtà appena descritta si aggiunge il drammatico fenomeno dello italian sounding di matrice italiana dove si importa dai Paesi più svariati la materia prima, la si trasforma e si ricavano prodotti che successivamente vengono venduti come italiani. Questo fenomeno ha il suo punto di forza a causa del fatto che, ad oggi, non esiste ancora per tutti gli alimenti l'obbligo di indicare la provenienza in etichetta –:
   quali iniziative si intendano adottare affinché venga introdotto l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle materie prime le quali subiscono soltanto il processo di trasformazione in Italia e, successivamente, viene venduto come prodotto 100 per cento italiano, producendo così una oggettiva distorsione del mercato nei confronti di quelle aziende che utilizzano solo materie prime italiane e che rispettano i rigidi disciplinari tecnici di produzione;
   quali provvedimenti intendano porre in essere i Ministri interrogati al fine di contrastare e man mano debellare il fenomeno dell’italian sounding di matrice italiana, al fine di tutelare i consumatori contro quelle imitazioni ed evocazioni che risultano ingannevoli e che tolgono spazio di mercato al prodotto originale;
   quali azioni il Governo intenda adottare rispetto ai Paesi indicati in premessa che si rivelano essere i maggiori mercati esteri di imitazione, contraffazione e adulterazione dei prodotti italiani, creando il mercato del falso che produce un danno economico che si aggira oltre i 60 miliardi di euro annui. (4-08334)


   PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i prodotti agricoli di qualità rappresentano una delle risorse più importanti per il meridione d'Italia e possono divenire uno dei pochi strumenti di base sui quali costruire un solido e autocentrato processo di sviluppo economico di vaste aree;
   è tuttavia necessario che, ove tali patrimoni esistano e siano stati faticosamente organizzati in modo da essere realmente valorizzati, siano rafforzati gli strumenti di protezione degli stessi, preservandone in ogni modo l'integrità;
   in località Pipino, nel comune di Scala Coeli (CS), a due passi dalle coltivazioni biologiche finanziate dalla regione Calabria insiste un'area famosa per la produzione di olio extravergine di oliva a marchio «DOP Bruzio» menzione geografica «Colline Joniche Presilane»;
   il riconoscimento della DOP Bruzio è avvenuto in base al regolamento CE n. 1065/97 (pubblicato sulla GUCE n. 156/97 del 13 giugno 1997) con cui è stata registrata la denominazione d'origine protetta;
   tale zona appare pertanto un'area sensibile e occorrerebbe, come sopra esposto, preservarla in modo da evitare che possa essere compromessa la qualità delle matrici che hanno portato a tale importante e prestigioso riconoscimento;
   proprio nell'area citata sono tuttavia in corso i lavori per la realizzazione di una discarica di rifiuti non pericolosi ad opera della ditta Bieco srl che ne ha ottenuto l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) di cui al registro dei decreti dei dirigenti del Dipartimento politiche dell'ambiente della regione Calabria n. 4180 del 29 marzo 2010;
   il comune di Scala Coeli già con nota del 7 agosto 2009, prot. n. 2284, aveva inviato al dipartimento ambiente per la regione Calabria la delibera del consiglio comunale n. 15 del 3 luglio 2009, nella quale veniva espressa la netta opposizione alla realizzazione di ogni tipo di discarica considerato che nel territorio comunale esistono aziende con certificazioni DOP;
   il dipartimento ambiente della regione Calabria, che, nel gennaio 2012, aveva sospeso i lavori per il completamento della discarica e richiesto alla ditta Bieco Srl di fornire controdeduzioni in ordine alle questioni sollevate dai proprietari delle aree agricole della zona a seguito delle quali, con atto del 25 gennaio 2013, prot. n. 0027625, ha autorizzato la ripresa dei lavori. La regione ha sostenuto altresì che: «le condizioni locali di accettabilità della discarica sopra emarginata, in relazione alla presenza di zone coperte dalla DOP Bruzio nell'area di relativa ubicazione sono conformi ai disposti di cui al capo 2.1 del decreto legislativo 36/2003 in quanto, per come riportato nella relazione agronomica di progetto, l'area risulta ricadere all'interno di zone argillose non conformi, a quanto previsto dal disciplinare di produzione dell'olio extravergine di oliva Bruzio che, all'articolo 4 — caratteristiche di coltivazione — riporta: “sono pertanto da ritenere idonei unicamente gli uliveti i cui terreni sono sciolti o di medio impasto e permeabili”»;
   con nota protocollo 48435 del 16 febbraio 2015 la regione Calabria ha dato il via libera al conferimento di rifiuti nella discarica di Scala Coeli;
   l'interrogante, che ha sottoscritto la proposta di legge n. 2384 «Misure per la tutela dall'inquinamento dei territori di origine di prodotti agricoli e alimentari tutelati da denominazione di origine protetta o da indicazione geografica protetta» presentata il 14 maggio 2014 dal MoVimento 5 Stelle, precisa che tali iniziative — la proposta di legge prima e la presente interrogazione — non vogliono essere un ostacolo allo sviluppo economico e produttivo del Paese ma semplicemente mirare ad un modello di sviluppo sostenibile e maggiormente ragionato, programmato e pianificato: una volta tipizzate le attività che possono arrecare pregiudizio alle matrici ambientali del territorio circostante, non si intende vietarle o ostacolarne la diffusione in sé, ma semplicemente si propone di limitare la loro distribuzione spaziale in modo che non confliggano con eventuali attività produttive relative a prodotti agro alimentari di qualità. In tal modo si intende non solo salvaguardare la naturale vocazione agricola dei territori in cui si realizzano produzioni a DOP e a IGP, ma soprattutto scongiurare il verificarsi di casi in cui delle attività potenzialmente inquinanti possano arrecare danno, invece che portare sviluppo, al tessuto socioeconomico di interi territori. Innanzitutto, si vuole evitare che agenti inquinanti contenuti nelle matrici ambientali si possano trasferire ai prodotti stessi, pregiudicandone la qualità e le proprietà organolettiche o, addirittura, arrivando ai consumatori finali. In tal modo eventuali danni alla salute non si avrebbero soltanto nella popolazione della zona di produzione ma sarebbero trasferiti anche ai consumatori, seguendo la diffusione dei prodotti anche oltre confine. Il secondo tipo di danno da cui si intende salvaguardare i produttori di prodotti a DOP e a IGP è un possibile danno di immagine che si verificherebbe qualora la presenza di fonti di inquinamento nel territorio di produzione divenisse di dominio pubblico. In aggiunta, si rileva che verosimilmente tale danno si ripercuoterebbe anche sul settore turistico;
   la realizzazione di impianti di smaltimento di rifiuti in territori a DOP e a IGP appare, a parere dell'interrogante, come una grave «miopia» in quanto, oltre alla possibile compromissione dell'ambiente, del paesaggio e più in generale dell'intero ecosistema, può diventare un pericoloso boomerang destinato ad affossare l'economia e le attività imprenditoriali già esistenti nel territorio, oltre che a costituire un danno d'immagine immediato anche solo in fase di progetto;
   i prodotti a DOP e a IGP sono spesso caratterizzati da un valore aggiunto molto rilevante: sono infatti espressione di un peculiare rapporto tra uomo e territorio che si è consolidato nel tempo, producendo insediamenti e paesaggi caratteristici che conferiscono a tali territori un notevole pregio naturalistico e ambientale e un'intrinseca vocazione turistica –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati alla luce di eventuali verifiche tecniche effettuate sullo stato di inquinamento dell'atmosfera, delle acque e del suolo e sullo stato di conservazione di ambienti naturali disposte ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge n. 349 del 1986, in particolare, disponendo verifiche e controlli da parte del personale appartenente al comando carabinieri tutela ambiente (CCTA), in relazione all'oggettivo pericolo che si verifichi un danno ambientale, ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   se non ritenga necessario e imprescindibile assumere iniziative normative per fissare regole certe per fare in modo che i territori con prodotti a DOP e a IGP siano esclusi dalla realizzazione di impianti di smaltimento di rifiuti come indicato nella proposta di legge n. 2384 presentata dal MoVimento 5 Stelle in data 14 maggio 2014 richiamata nelle premesse;
   quali iniziative di natura normativa intenda intraprendere al fine di tutelare le produzioni agricole biologiche della zona e le relative denominazioni di origine protetta che, ad oggi, sono sempre più insidiate dai prodotti a bassa qualità e a basso costo provenienti dall'estero. (4-08335)


   DONATI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 novembre 2005 a Bruxelles nell'ambito dell'Organizzazione comune di mercato dello zucchero viene raggiunto un accordo al Consiglio dei ministri dell'agricoltura, presente per l'Italia l'allora Ministro Gianni Alemanno, approvato poi a gennaio 2006, che prevedeva il dimezzamento della filiera bieticola-saccarifera dell'Italia, con la cessione di quasi i 2/3 delle attività industriali, ed un ridimensionamento a 100/120.000 ettari del settore bieticolo nei confronti dei precedenti 240.000, determinando una seria ferita in termini economici e sociali;
   nel territorio aretino tale accordo ha determinato la chiusura dello zuccherificio di Castiglion Fiorentino;
   in data 10 dicembre 2007 tra regione Toscana, PowerCrop, Sadam, provincia di Arezzo e comune di Castiglion Fiorentino, fu avviato un percorso di «riconversione» dell'ex zuccherificio, che dura circa 5 anni, fino alla data del 23 ottobre 2012, data in cui ufficialmente la PowerCrop presenta alla provincia di Arezzo istanza per l'autorizzazione del progetto di polo energie rinnovabili di Castiglion Fiorentino, attivando l'autonoma competenza della provincia di Arezzo e superando formalmente la nomina del commissario ad acta, avvenuta in data 17 ottobre 2012 da parte del Comitato interministeriale di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 2 del 2006, nella persona del prefetto di Arezzo;
   in data 21 marzo 2013 la PowerCrop s.r.l. comunica formalmente alla amministrazione provinciale di Arezzo, con nota n. 23 del 2013, la propria intenzione di prendere parte ai lavori della conferenza di servizi, indetta dalla provincia in relazione al progetto di polo energie rinnovabili di Castiglion Fiorentino, assoggettandosi quindi alle normali regole della valutazione di impatto ambientale provinciale, escludendo quindi da quel momento qualunque attività del commissario ad acta;
   in data 15 aprile 2013 la giunta provinciale di Arezzo con delibera n. 204 istituisce sul progetto PowerCrop il comitato di inchiesta pubblica sulla valutazione di impatto ambientale prevista dall'articolo 53 della L.R.T. n. 10 del 2010;
   in data 22 aprile 2013 viene effettuata presso l'amministrazione provinciale di Arezzo, con la partecipazione di PowerCrop s.r.l., la prima sessione della conferenza dei servizi inerente al procedimento di valutazione di impatto ambientale sul progetto di polo energie rinnovabili di Castiglion Fiorentino;
   in data 25 aprile 2013 con sentenza n. 62/2013 la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità dell'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 5 del 2012 in base al quale il prefetto di Arezzo era stato nominato commissario ad acta per la riconversione produttiva dell'ex zuccherificio SADAM di Castiglion Fiorentino (Arezzo);
   in data 16 settembre 2013 il comitato per l'inchiesta pubblica ex articolo 53 della LRT, n. 10 del 2010 emette la relazione finale in relazione alla valutazione di impatto ambientale inerente al progetto di PowerCrop s.r.l.;
   in data 29 aprile 2014 con deliberazione n. 204 la giunta provinciale di Arezzo, a seguito del procedimento di impatto ambientale, pronuncia la non compatibilità ambientale del progetto di PowerCrop s.r.l.;
   in data 17 luglio 2014 PowerCrop s.r.l. impugna presso il TAR della Toscana la deliberazione n. 204 della giunta provinciale di Arezzo; durante l'udienza preliminare la PowerCrop ha rinunciato alla sospensiva per poter anticipare l'udienza di merito che si è tenuta il 29 gennaio 2015;
   in data 5 febbraio 2015 il comitato interministeriale di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 1 del 2006 nomina nuovamente il prefetto di Arezzo commissario ad acta per il «Progetto di riconversione di Castiglion Fiorentino», nonostante il parere contrario espresso dal rappresentante di regione Toscana in ragione dell'imminenza della decisione del TAR sul ricorso di PowerCrop;
   dal verbale della riunione del Comitato interministeriale del 5 febbraio 2015 si legge che la nomina dei commissari ad acta, ai sensi dell'articolo 30-ter, comma 2 del decreto-legge 24 giugno, n. 91, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, per i progetti di riconversione produttiva degli stabilimenti ex saccariferi tra cui Castiglion Fiorentino, trovano origine dalle relazioni trasmesse da PowerCrop in Allegato 4 alla relazione sugli argomenti all'ordine del giorno e che tali criticità sono state comunque confermate nel corso della riunioni dalle regioni interessate. Tale affermazione viene smentita dal contenuto di altra parte del verbale là dove si legge che il «rappresentante della Regione Dr. Stefano Barzagli fa presente che la Regione Toscana non chiede la nomina del Commissario ad acta ed in ogni caso ritiene che sarebbe opportuno attendere la sentenza prima di procedere alla eventuale nomina del Commissario ad acta»;
   in data 10 febbraio 2015 il TAR della Toscana respinge con sentenza n. 287/2015 il ricorso di PowerCrop contro la deliberazione n. 204 della giunta provinciale di Arezzo;
   il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, all'articolo 30-ter, comma 2, recita: «nel caso in cui i relativi procedimenti autorizzativi non risultino ultimati e siano decorsi infruttuosamente i termini di legge per la conclusione di tali procedimenti, nomina senza indugio, ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, un commissario ad acta per l'esecuzione degli accordi per la riconversione industriale sottoscritta con il comitato Interministeriale, in ottemperanza alle Direttive da questo ultimo adottate»;
   alla data di approvazione del decreto-legge n. 91 24 giugno 2014, il procedimento autorizzativo sul progetto presentato dalla PowerCrop per l'ex zuccherificio di Castiglion Fiorentino, risultava già concluso da oltre 2 mesi, avendo la provincia di Arezzo con la delibera n. 204, a seguito del procedimento di valutazione di impatto ambientale, dichiarata la non compatibilità ambientale del Progetto di PowerCrop s.r.l. –:
   quali siano le motivazioni che hanno portato il Comitato interministeriale alla nomina del commissario ad acta. (4-08348)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   BINETTI e DORINA BIANCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato ha recentemente annunciato che nella prima settimana di febbraio 2015 dovrebbe finalmente realizzarsi l'ampliamento dei livelli essenziali di assistenza e l'inserimento in elenco di oltre 110 malattie rare;
   anche i colossi farmaceutici si stanno attualmente interessando con rinnovato impegno di malattie rare, confinate finora ai margini della ricerca per le scarsa redditività commerciale dei farmaci orfani;
   questo avviene spesso attraverso l'acquisizione di piccole aziende che si dedicano intensivamente alla ricerca di singoli farmaci specifici per singole patologie, oppure attraverso l'acquisizione di aziende biotech per lo sviluppo della diagnostica molecolare, che costituisce un importante punto di riferimento per la personalizzazione delle cure: recentemente, una grande multinazionale ha acquisito un'azienda biotecnologica francese, impegnata nella ricerca sperimentale di molecole per l'atrofia muscolare spinale, una malattia rara, altamente disabilitante nelle funzioni motorie e che ha un grande impatto sociale sulle famiglie;
   occuparsi di farmaci orfani non può essere un evento isolato né casuale, bensì deve prevedere una strategia che coinvolga tutta l'industria farmaceutica che si impegni maggiormente a promuovere farmaci per la cura delle malattie rare e rispondere alle esigenze di malattie di grande impatto sociale, dove c’è ancora un estremo bisogno di ricerca e innovazione, per poter soddisfare le gravi necessità di pazienti affetti da malattie dove una cura ancora non c’è;
   i farmaci innovativi e il comparto diagnostico rappresentano anche settori che contribuiscono in modo significativo alla crescita del volume di affari delle grandi case farmaceutiche, come, ad esempio, la Roche, che nel 2014 ha registrato vendite per 47.462 milioni di franchi svizzeri, pari a circa 50 miliardi di euro, contro i 46.780 milioni del 2013. I farmaci hanno contribuito a creare questo volume di affari per una quota di 36.696 milioni di franchi, mentre la divisione diagnostica si è attestata su circa 11.000 milioni di franchi, con un incremento del 3 per cento per la diagnostica e dell'1 per cento per la farmaceutica;
   in Italia, invece, si è registrato un dato in controtendenza con una flessione complessiva della spesa e del consumo dei farmaci a causa degli effetti del meccanismo di ripiano dello sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera, imposto dal Governo: il payback ospedaliero colpisce, soprattutto, le aziende che investono maggiormente in innovazione;
   ma ciò nonostante l'Italia conserva una forte capacità innovativa in ambito farmacologico che si sviluppa, soprattutto, nella migrazione all'estero dei giovani ricercatori e nell'estrema difficoltà a favorire il ritorno in Italia dei ricercatori senior più esperti anche nella fase di management della ricerca;
   la ricerca farmacologica rappresenta un nodo cruciale che intercetta l'impegno di più ministeri: dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al Ministero della salute, dallo Ministero dello sviluppo economico al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Senza dimenticare il decisivo Ministero dell'economia e delle finanze; il futuro della ricerca farmacologica riguarda l'immunoterapia, che rende possibile disporre di cure altamente personalizzate, come è necessario, soprattutto, nel caso di malattie rare; è ormai consolidata l'ipotesi che il farmaco non debba più colpire in modo sistemico, ma in modo mirato, per cui occorre personalizzare anche l'approccio diagnostico con sistemi di analisi molecolare, completamente automatizzati, sempre più integrati e connessi fra loro, per aumentare appropriatezza ed efficienza;
   risultati e obiettivi strategici confermano la primaria importanza della ricerca nel settore farmacologico che contribuisce in modo significativo a fare da motore trainante dell'economia anche attraverso la creazione di posti di lavoro altamente qualificati, in grado di attrarre giovani ricercatori brillanti e creativi –:
    in che modo il Ministero della salute intenda intervenire a sostegno della ricerca nel campo delle malattie rare, per individuare percorsi terapeutici innovativi e personalizzati, in modo da favorire l'appropriatezza nella somministrazione dei farmaci e la riduzione del disagio sociale, con i conseguenti costi che queste patologie generano, condizionando pesantemente la qualità di vita delle persone malate e delle loro famiglie. (3-01346)


   CAPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 23 luglio 2014 la Commissione XII (affari sociali) della Camera dei deputati, dopo un lungo e attento dibattito, ha approvato la risoluzione Lenzi ed altri n. 8-00068, nuovo testo, «Iniziative volte a fronteggiare la peste suina africana e la malattia vescicolare suina»;
   nella citata risoluzione si osservava, tra l'altro, che per quel che riguardava la malattia vescicolare suina, «l'accreditamento aziendale e regionale di indennità da malattia vescicolare suina consente la possibilità di movimentazione degli animali e delle carni, ma attualmente in Italia non si ha l'accreditamento di tutte le regioni per l'indennità da malattia vescicolare suina. Infatti ad oggi le regioni Campania e Calabria presentano ancora dei focolai»;
   per quel che riguarda la peste suina africana, è noto che questa malattia, contagiosa tra gli animali ma non per l'uomo, sta costituendo un grosso freno alle esportazioni di carne suine, stante anche quanto stabilito dalla Commissione europea che, con propria decisione esecuzione 2011/852/UE, ha definito tutta la Sardegna territorio «ad alto rischio»;
   il Commissario europeo per la salute e la politica dei consumatori, Tonio Borg, ha evidenziato il rischio della diffusione della peste suina africana al di fuori della Sardegna, con gravissimi danni per tutto l'allevamento suino europeo;
   la Giunta Regionale della Sardegna, con deliberazione n.25/18 del 2 luglio ha disposto la redazione e l'attuazione di un piano d'azione straordinario e l'istituzione di un comitato ristretto d'indirizzo per l'eradicazione della peste suina africana;
   a questo è seguita la legge regionale 22 dicembre 2014, n. 34, «Disposizioni urgenti per l'eradicazione della peste suina africana», e, infine, la delibera 5/6 del 6 febbraio 2015, che ha approvato definitivamente il piano d'azione straordinario sopra citato;
   la Commissione europea ha approvato il piano d'azione straordinario sopra citato, deliberando un co-finanziamento pari a 3.500.000 di euro, per contribuire a debellare il virus entro il 2017. Attualmente la somma è suddivisa in due tranche: 2 milioni di euro per il 2015; 1.500.000 di euro per il 2016;
   appare, quindi, evidente l'efficace e fattivo impegno messo in campo dalla regione Sardegna per l'eradicazione della malattia, riconosciuto anche dalla Commissione europea;
   le audizioni effettuate dalla Commissione XII (affari sociali) della Camera dei deputati, durante la discussione della risoluzione ricordata, hanno sottolineato tra le criticità più gravi l'insufficiente attività di controllo in porti ed aeroporti;
   il problema della mancanza di controlli non vale solo per l'esportazione, ma anche per l'importazione;
   è, infatti, noto che molte merci provenienti dall'estero sono introdotte in Sardegna senza nessuna necessaria autorizzazione e senza che vengano svolti i previsti controlli sanitari;
   in tempi recenti, inoltre, proprio la carenza di controlli ha causato la diffusione di gravi virosi che hanno pesantemente danneggiato l'economia sarda e minacciato la salute delle persone;
   in particolare, così come per le esportazioni, anche per le importazioni si registra una mancanza totale di controlli effettivi, in particolare per quel che riguarda le merci che si muovono su gomma ed escono dalle aree portuali;
   il controllo sistematico delle merci e dei prodotti importati in Sardegna dovrebbe essere di competenza del Ministero della salute; si effettua presso punti di ispezione frontaliera che sono del tutto inesistenti in Sardegna;
   la totale assenza di presidi statali nel caso di importazioni dirette in Sardegna rischia di creare gravi problemi di salute, non solo per la popolazione sarda, ma anche per quella italiana ed europea;
   la risoluzione della Commissione XII (affari sociali) della Camera dei deputati, al punto l), impegna il Governo a «rafforzare i controlli su porti e aeroporti, anche favorendo l'istituzione in Sardegna di un punto di ispezione frontaliera»;
   è, inoltre, noto che in occasione dell'Expo sarà possibile importare, in accordo con le specifiche procedure che verranno messe in atto dall'Italia, alimenti di origine animale provenienti da Paesi extra Unione europea anche se non conformi ai requisiti sanitari europei, a condizione che detti alimenti vengano consumati solo nell'ambito dell'Expo;
   sarebbe auspicabile che la stessa possibilità fosse data anche alla Sardegna, per quel che riguarda, in particolare, i prodotti a base di carni suine sarde, trattati termicamente;
   l'istituzione dei punti frontiera in Sardegna sarebbe certamente un utile strumento per consentire che i prodotti a base di carni suine sarde trattati termicamente, sopra ricordati, possano venire introdotti in totale sicurezza e consumati durante l'Expo 2015 –:
   se il Ministro interrogato abbia iniziato ad ottemperare all'impegno preso con l'approvazione della risoluzione citata in premessa, cui il Governo ha dato parere favorevole, e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza abbia intrapreso per l'istituzione di punti frontiera in Sardegna, in modo da garantire un maggiore controllo e una più sicura tutela della salute dei cittadini. (3-01347)


   GALGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 10 luglio 2014 è stata siglata tra Governo e regioni l'intesa con la quale si è approvato il documento «Patto per la salute 2014-2016»;
   all'articolo 6 dell'accordo (assistenza socio-sanitaria) viene stabilito che le relative prestazioni «sono effettuate nei limiti delle risorse previste» (comma 1); «le regioni disciplinano i principi e gli strumenti per l'integrazione dei servizi e delle attività sanitarie, socio-sanitarie e sociali, particolarmente per le aree della non autosufficienza, della disabilità, della salute mentale adulta e dell'età evolutiva, dell'assistenza ai minori e delle dipendenze e forniscono indicazioni alle Asl ed agli altri enti del sistema sanitario regionale per l'erogazione congiunta degli interventi, nei limiti delle risorse programmate per il servizio sanitario regionale e per il sistema dei servizi sociali per le rispettive competenze» (comma 2); «le regioni si impegnano ad armonizzare i servizi socio-sanitari, individuando standard minimi qualificanti di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie che saranno definite anche in base al numero e alla tipologia del personale impiegato» (comma 8);
   la tutela della salute rappresenta un diritto fondamentale, sancito dall'articolo 32 della Costituzione;
   lo Stato, ex articolo 117 della Costituzione, ha legislazione esclusiva in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»; la legge n. 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale, stabilisce che esso debba assicurare «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata» (articolo 2) e che esso opera «nei confronti di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio» (articolo 1);
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, richiamato dall'articolo 54 della legge n. 289 del 2002, sono stati definiti i livelli essenziali di assistenza delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie;
   nella sentenza n. 509 del 2000 la Corte costituzionale ha precisato che il diritto alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie «è garantito ad ogni persona come un diritto costituzionalmente condizionato all'attuazione che il legislatore ne dà attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti (...) Bilanciamento che, tra l'altro, deve tenere conto dei limiti oggettivi che il legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone, restando salvo, in ogni caso, quel nucleo irriducibile alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana (...), il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l'attuazione di quel diritto»;
   in una recente pronuncia del 2013 (sentenza n. 36), la Corte costituzionale ha precisato che «l'attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non autosufficienti è elencata tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001». Nella stessa sentenza, la Corte costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone anziane o disabili che non possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l'aiuto determinante di altri»;
   la limitazione delle prestazioni socio-sanitarie alle risorse previste viola, a giudizio dell'interrogante, il principio della tutela della salute espresso dalla Costituzione e dalle leggi vigenti in materia di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie;
   l'assegnazione alle regioni del compito di disciplinare «i principi e gli strumenti per l'integrazione dei servizi e delle attività sanitarie, socio-sanitarie e sociali» e di individuare «standard minimi qualificanti di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie» contrasta con l'esclusiva titolarità dello Stato nella definizione dei livelli essenziali delle prestazioni;
   le suddette disposizioni del Patto per la salute annullano, di fatto, il diritto alle cure sanitarie e socio-sanitarie per milioni di concittadini malati e/o colpiti da handicap gravemente invalidante, introducendo un'inaccettabile discriminazione non solo fra i malati acuti e quelli cronici non autosufficienti, ma anche fra malati autosufficienti e malati non autosufficienti colpiti da analoghe patologie acute;
   mediante tali provvedimenti si introduce un elemento di discrezionalità nell'attività del medico che può determinare l'accesso o meno alle cure per un paziente in funzione della sua classificazione come malato necessitante dell'assistenza socio-sanitaria limitata alla disponibilità di risorse, anziché di quella sanitaria non vincolata alla quantità di risorse disponibili;
   la risoluzione n. 8-00191 (approvata all'unanimità dalla Commissione affari sociali della Camera dei deputati l'11 luglio 2012) prevedeva di adottare le iniziative necessarie per assicurare la corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie previste dai livelli essenziali di assistenza alle persone con handicap invalidanti, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti psichiatrici, assicurando loro l'erogazione delle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali;
   la medesima tematica è stata trattata nel corso della XVII legislatura con l'ordine del giorno n. 9/02679-bis-A/088, accolto dal Governo –:
   se non ritenga opportuno dare tempestiva attuazione agli impegni presi attraverso gli atti di indirizzo citati in premessa, anche prendendo in considerazione una revisione dell'articolo 6 del «Patto per la salute 2014-2016», che non è più in grado di assicurare livelli essenziali garantiti per tutti su tutto il territorio nazionale, così come previsto dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. (3-01348)


   RONDINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e SIMONETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 30 settembre 2014 l'Agenzia italiana del farmaco e l'azienda farmaceutica Gilead sciences hanno raggiunto l'accordo per la rimborsabilità del farmaco Sofosbuvir, il cui nome in commercio è Sovaldi, per il trattamento dei pazienti affetti da epatite cronica C;
   il 5 dicembre 2014 è stata pubblicata la delibera in Gazzetta Ufficiale con l'autorizzazione all'immissione in commercio e i criteri di rimborsabilità da parte del servizio sanitario nazionale e dal 6 dicembre 2014 viene installata su piattaforma web dell'Agenzia italiana del farmaco il registro del farmaco con l'indicazione terapeutica: «Sovaldi è un medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, da rinnovare di volta in volta (RNRL), da ospedali o specialisti (internista, specialista in malattie infettive, gastroenterologo). L'erogazione di Sovaldi a carico del servizio sanitario nazionale è consentita solo su prescrizione di centri specialistici all'uopo individuati dalle singole regioni». Per potersi fare prescrivere il farmaco, è infatti necessario che la regione di appartenenza abbia individuato i centri prescrittori e li abbia comunicati all'Agenzia italiana del farmaco;
   si stima che in Italia siano circa 70-80 mila i pazienti più gravi a fronte di una patologia diagnosticata a 400-500 mila casi e con una stima complessiva, comprensiva anche di quelli non diagnosticati, di un milione di casi;
   con la legge di stabilità per il 2015 è stata prevista, ai commi 593-598, l'istituzione di un fondo speciale di 1 miliardo di euro per il rimborso alle regioni per l'acquisto di farmaci innovativi, per il biennio 2015 e 2016. Il fondo è alimentato da un contributo statale alla diffusione di farmaci innovativi e da una quota delle risorse destinate alla realizzazione degli obiettivi specifici del piano sanitario nazionale. Tale fondo prevede il pagamento degli importi alle regioni in proporzione ai costi sostenuti per l'acquisto di farmaci innovativi;
   tuttavia, come ha sottolineato anche il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco Luca Pani, nel corso della presentazione del rapporto OsMed «L'uso dei farmaci in Italia dal gennaio-settembre 2014», il 26 gennaio 2015, i 20 sistemi sanitari regionali diversi stanno facendo sì che il farmaco sia erogato a soli 30 pazienti e solo in 5-6 regioni;
   una volta individuati e sanciti con delibere i centri prescrittori, le regioni devono individuare le regole di distribuzione del farmaco. Le delibere per la distribuzione del farmaco sono state attualmente adottate solo in 9 regioni: Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Marche, Toscana, Veneto ed Emilia-Romagna, mentre Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Abruzzo e Basilicata non avrebbero attivato il programma di dispensazione del farmaco. Le regioni che invece non hanno ancora individuato i centri di prescrizione Sofosbuvir sono: Sicilia, Campania, Calabria e Molise. Dunque, soltanto l'81 per cento (17 su 20) dei sistemi sanitari regionali ha attivato i centri prescrittori, con un totale di 234 reparti. La situazione crea, così, delle discrepanze nella prescrizione ed erogazione del nuovo farmaco ai pazienti malati di epatite C, non assicurando equo ed uguale accesso alla cura;
   il presidente dell'associazione EpaC, Ivan Gardini, sostiene che il motivo per cui le regioni stanno avendo ritardi nell'avviare le misure normative locali necessarie all'erogazione di Sofosbuvir è che «il fondo stanziato dalla legge di stabilità per il 2015 per acquistare il farmaco non sia ancora nella disponibilità delle regioni, spingendole a procedere molto lentamente perché intanto devono anticipare i soldi»;
   il termine per la definizione delle procedure amministrative necessarie all'inserimento di Sovaldi nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali è scaduto il 4 febbraio 2015. Si evidenzia che il Ministro interrogato, il 12 febbraio 2015, ha dato incarico ai nuclei antisofisticazione di compiere «accertamenti urgenti presso gli uffici competenti delle regioni al fine di verificare lo stato di attuazione della dispensazione a carico del servizio sanitario nazionale del nuovo farmaco», mostrando impegno e interesse per la problematica;
   è, infine, del 7 febbraio 2015 la notizia che alcuni malati di epatite C, seguiti dallo studio legale Defilippi&associati di Parma, si sono rivolti ai giudici di Roma, Parma e Milano chiedendo, con provvedimento di urgenza, di «ordinare al Ministero della salute e all'azienda farmaceutica Gilead science l'immediata cessazione della condotta sino a questo momento posta in essere in danno del malato», fornendo «immediatamente la cura completa del farmaco Sofosbuvir pari a circa 40 pastiglie, ponendo le spese a carico del servizio sanitario nazionale»;
   il 5 novembre 2014 il Ministro interrogato, già in risposta all'interrogazione n. 3-01133 dell'onorevole Miotto sulle «iniziative di competenza per la determinazione unica del prezzo dei farmaci nell'ambito dell'Unione europea, nonché iniziative urgenti per garantire l'accesso al farmaco Sovaldi per la cura dell'epatite C e per la pubblicazione del piano nazionale per la prevenzione delle epatiti virali», assicurava il suo impegno per «la definizione dei criteri di accesso alla terapia in questione per ottenere il massimo beneficio, garantendo anche la sostenibilità del sistema e l'equità e l'omogeneità dell'accesso stesso; è una priorità che ritiene nazionale e che non può essere gestita regione per regione in base alle differenti disponibilità economiche»;
   il 21 gennaio 2015 nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla «Sostenibilità del servizio sanitario nazionale» in Commissione igiene e sanità del Senato della Repubblica, il direttore generale dell'Agenas Francesco Bevere ha sottolineato l'importanza di rafforzare il monitoraggio, l'analisi e il controllo dell'andamento dei singoli sistemi sanitari regionali, che significa, tra l'altro, «controllare le attività degli erogatori sanitari per verificare che ne siano rispettati tutti gli standard previsti e, al contempo, che, nel momento in cui l'erogazione dei servizi viene messa a repentaglio, Agenas, assieme al Ministero ed alle regioni, sarà in grado di individuare preventivamente ogni scostamento, affinché esso non produca nel tempo difetti nella performance gestionale e nella complessiva erogazione dei servizi sanitari, a danno dei cittadini» –:
   in considerazione di quanto espresso in premessa e alla luce della necessità di garantire a tutti i pazienti, indipendentemente dalla loro regione di appartenenza, l'accesso al farmaco, come si intenda garantire, in tempi brevi, la capillare distribuzione delle nuove terapie hcv su tutto il territorio nazionale e permettere ad ogni malato un equo accesso alla cura e quali azioni si intendano intraprendere per rafforzare e assicurare il ruolo di monitoraggio e controllo dell'Agenas e del Ministero della salute nei confronti dei sistemi sanitari regionali. (3-01349)


   RIZZETTO, MUCCI, BARBANTI, BALDASSARRE, ARTINI, ROSTELLATO, PRODANI, SEGONI, TURCO e BECHIS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i livelli essenziali di assistenza sono le prestazioni e i servizi che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini e non sono aggiornati dal 2001. Ciò implica che tutta una serie di nuovi ausili non sono a disposizione dei malati, in modo particolare quelli più gravi;
   il nomenclatore è il documento emanato dal Ministero della salute che stabilisce la tipologia e le modalità di fornitura di protesi e ausili a carico del servizio sanitario nazionale. Il nomenclatore tariffario attualmente in vigore è quello stabilito dal decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 27 settembre 1999 («Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe»);
   il 10 luglio 2008 il Sottosegretario pro tempore Giuseppe Pizza a nome del Governo in risposta ad una interpellanza affermava: «Solo quando il confronto con le regioni avrà consentito di valutare tutta la complessità delle questioni poste, sarà possibile formulare previsioni realistiche circa l'approvazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza»;
   il 23 giugno 2010 il Ministro pro tempore Fazio dichiarava che quanto di competenza del suo Ministero e, in particolare, l'intesa realizzatasi nella Conferenza Stato-regioni è stata completata nel mese di febbraio e che la bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di revisione dei livelli essenziali di assistenza, con nuove disposizioni rispetto alla versione licenziata dall'ex Ministro Turco, è ormai pronta;
   il 18 ottobre 2012 alla Camera dei deputati veniva accolto l'ordine del giorno Farina Coscioni con il quale il Governo pro tempore si impegnava «a non arrivare alla scadenza ultima del 31 maggio 2013 per aggiornare il nomenclatore, ma a compiere ogni sforzo necessario per anticipare il più possibile la revisione della nomenclatura dei dispositivi erogabili»;
   l'8 novembre 2012 il decreto-legge n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, viene approvato e all'articolo 5, recante «Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con particolare riferimento alle persone affette da malattie croniche, da malattie rare, nonché da ludopatia», prevede che: «Nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica, con la procedura di cui all'articolo 6, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 dicembre 2012, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e con il parere delle Commissioni parlamentari competenti, si provvede all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502»;
   al comma 2-bis del predetto decreto: «Il Ministro della salute procede entro il 31 maggio 2013 all'aggiornamento del nomenclatore tariffario di cui all'articolo 11 del decreto ministeriale del 27 agosto 1999, n. 332»;
   il 13 novembre 2013 durante la seduta di interrogazioni a risposta immediata in Assemblea alla Camera dei deputati il Ministro interrogato ha dichiarato, tra l'altro: «è mia ferma volontà inserire il progetto di aggiornamento dell'attuale nomenclatore tariffario delle protesi per i soggetti disabili nella prossima iniziativa di politica sanitaria, qual è il Patto per la salute 2013-2015, che nel rispetto degli attuali vincoli di finanza pubblica è in corso di perfezionamento con le regioni e che mi auguro possa essere adottato entro la fine dell'anno in corso»;
   il 20 marzo 2014 in Commissione affari sociali della Camera dei deputati viene approvata la risoluzione n. 8-00040. con la quale il Governo si impegna «ad adottare con urgenza, e comunque non oltre il 30 giugno 2014, il decreto di aggiornamento del nomenclatore tariffario dei dispositivi medici, al fine di corrispondere alla legittima aspettativa dei pazienti che hanno il diritto di poter disporre di ausili e dispositivi provenienti dal più attuale stato di avanzamento del progresso tecnologico nel settore della produzione degli stessi, nonché a mettere in atto tutte le iniziative necessarie affinché l'aggiornamento sia biennale»;
   in data 2 luglio 2014, rispondendo all'interrogazione n. 3-00914 sull'attuazione del Patto per la salute 2014-2016, il Ministro interrogato affermava che l'aggiornamento «dei livelli essenziali di assistenza, attesissimo da tutti gli operatori, ma anche dalle associazioni delle famiglie, dei malati, soprattutto di malattie rare, ormai da più di dieci anni (...) avverrà entro il 31 dicembre 2014. La stessa cosa per quanto riguarda il regolatore del nomenclatore tariffario per le protesi audiovisive che, ricordiamolo, non era aggiornato dagli anni ’90, questo ovviamente in attuazione dei principi di equità, innovazione e appropriatezza e nel rispetto degli equilibri programmatici della finanza pubblica»;
   il 16 luglio 2014 la programmazione economico-finanziaria 2014-2016 fissata dal Patto della salute stabilisce che si provveda al tanto atteso aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza entro il 31 dicembre 2014. L'aggiornamento, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è adottato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e dovrà avvenire in attuazione dei principi di equità, innovazione ed appropriatezza e nel rispetto degli equilibri programmati della finanza pubblica;
   il 17 settembre 2014 il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, al programma televisivo Le Iene, dichiarava «il nomenclatore sarà aggiornato entro dicembre» –:
   se e quando sia prevista o prevedibile la seduta del Consiglio dei ministri per l'adozione del decreto sui nuovi livelli essenziali di assistenza e sull'assistenza protesica. (3-01350)


   D'INCECCO, LENZI, GELLI, ALBINI, AMATO, ARGENTIN, BECATTINI, BENI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, FOSSATI, GRASSI, MARIANO, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PIAZZONI, PICCIONE, SBROLLINI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in questi ultimi giorni regioni, Ministero della salute e sindacati della medicina convenzionata hanno raggiunto l'intesa su un documento che modifica l'atto di indirizzo per riaprire le trattative finalizzate alla riorganizzazione delle cure primarie;
   l'intesa – firmata da tutti i sindacati medici tranne che da Snami, Smi (per quanto riguarda la parte della medicina generale) e Unp – prevede che lo studio del singolo medico di famiglia rimanga integrato con l'aggregazione funzionale territoriale, una delle strutture centrali della riorganizzazione delle cure del territorio. Questa dovrà avere almeno una sede di riferimento presso la quale vengono svolte le funzioni di coordinamento, di condivisione e di audit. Per il finanziamento sono previste, nel rispetto degli attuali livelli retributivi, due quote: una per le attività del singolo medico e una per le aggregazioni funzionali territoriali;
   come sottolineato dallo stesso Sottosegretario per la salute Vito de Filippo, «il documento varato nella notte scorsa tra le regioni e i sindacati dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta e della specialistica ambulatoriale, fa definitivamente prendere corpo al nuovo sistema di organizzazione dell'assistenza sanitaria voluto dal Patto della salute che prevede un forte riequilibrio in favore della presenza territoriale piuttosto limitando un eccessivo ricorso all'ospedalizzazione (...) i medici di famiglia e pediatri di libera scelta si integreranno con medici della continuità assistenziale, specialisti convenzionati, infermieri e altri professionisti sanitari e sociali per dare vita a un sistema di assistenza più prossimo ai pazienti in grado di dare risposte alle esigenze di salute 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 senza impropri ricorsi al sistema dell'emergenza urgenza e agli ospedali»;
   il testo condiviso tra regioni e sindacati chiarisce alcuni temi strategici, fra cui il ruolo unico della medicina generale, le problematiche legate al finanziamento dei fattori produttivi, l'organizzazione delle aggregazioni funzionali territoriali, le unità complesse per le cure primarie, il rapporto di convenzionamento con il servizio sanitario nazionale –:
   alla luce del nuovo accordo raggiunto tra le parti in causa, quali siano i tempi di attuazione della riforma della medicina territoriale e quale ruolo effettivo si intenda dare ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta. (3-01351)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMODDIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli ultimi fatti di cronaca hanno evidenziato gravissime lacune del sistema sanitario regionale siciliano. Prima la piccola Nicole, deceduta senza che le venisse trovato un letto per il ricovero d'urgenza; poi un altro bambino, Daniel, deceduto senza che ancora siano chiare le cause della morte. Agli episodi ripresi dalla stampa nazionale si sommano tutti quelli che, con una regolarità sconvolgente, le pagine di cronaca ci raccontano, evidenziando numerosi casi di malasanità in tutta la regione Sicilia. L'ultimo è quello del signor Giuseppe Adorno, dimesso dal pronto soccorso dell'ospedale Umberto I di Siracusa e deceduto quarantotto ore dopo. La procura di Siracusa ha aperto un fascicolo per accertare eventuali responsabilità e ha sequestrato la cartella clinica del paziente e ordinato l'autopsia per definire le cause del decesso. Le carenze dell'ospedale Umberto I di Siracusa e del suo pronto soccorso, riferisce l'opinione pubblica, sono smaccate: numero ridotto di personale medico e paramedico, mancanza di servizi basilari, pazienti lasciati sulle barelle fuori dalle stanze di visita. L'ospedale Umberto I non è la sola struttura inadeguata della provincia di Siracusa. Ad Augusta, una inchiesta della procura della Repubblica, ha accertato carenze strutturali ed igieniche dell'ospedale a Muscatello che ha dovuto sospendere, dopo un atto urgente del direttore generale dell'Asp, le attività nel blocco operatorio per consentire urgenti lavori di ripristino e ristrutturazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, abbia intenzione di adottare per garantire il diritto alla salute per i cittadini siciliani. (5-04966)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con una denuncia-appello ripresa dagli organi di stampa (ad esempio lancio dell'Agenzia AGI del 17 febbraio 2015), l'associazione «Salviamo l'orso» ha richiamato l'attenzione sulla minaccia, per la ridottissima popolazione dell'orso marsicano (Ursus arctos marsicanus), rappresentata dalla presenza, nei pascoli del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, di un focolaio attivo di tubercolosi bovina;
   benché tale focolaio sia stato rilevato da anni, per il mancato o tardivo intervento delle istituzioni direttamente coinvolte (Asl, Parco d'Abruzzo, regione), la situazione appare fuori controllo. Per ben due volte, nel 2011 e nel 2012, l'autorità sanitaria locale ha dichiarato la chiusura del focolaio e tuttavia, nel marzo scorso, un'orsa in piena età riproduttiva è morta proprio a causa della tubercolosi. Risulta infatti che i plantigradi frequentano gli stessi fontanili delle vacche e avrebbero anche predato un vitello potenzialmente infetto;
   nel parco, secondo l'ultima stima dell'università «La Sapienza» di Roma, sono rimasti solo una cinquantina di esemplari di orso marsicano, con una ridottissima variabilità genetica. Un'epidemia di tubercolosi potrebbe facilmente cancellare per sempre dalla faccia del pianeta la sottospecie «marsicanus», la cui conservazione è responsabilità del nostro Paese;
   la presenza della tubercolosi bovina nel parco costituisce una minaccia anche per la salute umana –:
   per quali ragioni non sia stato attuato, finora, un piano di bonifica;
   se non si ritenga opportuno dichiarare «zona ad alto rischio sanitario» per l'orso marsicano, per la fauna selvatica e per il bestiame domestico (tutti infettabili), l'area interessata dal focolaio anche valutando l'ipotesi di assumere iniziative per sospendere cautelativamente il pascolo su tutto il territorio del parco, o su parte di esso, in attesa che opportune analisi facciano chiarezza sulla presenza della TBC bovina. (4-08331)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, RIZZETTO, BECHIS, BALDASSARRE, TURCO, PRODANI, BARBANTI, MUCCI, SEGONI e ARTINI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto n. 163 del 2006 (coordinato con i testi dei decreti n. 6 del 2007; n. 113 del 2007; della legge n. 123 del 2007 e della sentenza 4/2007) stabilisce i requisiti e le modalità di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici;
   il decreto all'articolo 34 elenca i soggetti cui possono essere affidati i contratti pubblici. Tra questi sono previsti gli imprenditori individuali, gli artigiani, le società commerciali e cooperative; i consorzi tra società cooperative, i consorzi tra imprese artigiane; i consorzi stabili anche costituiti in forma di società consortili, mentre all'articolo 39 stabilisce che i concorrenti alle gare possono essere invitati a provare la loro iscrizione, tra l'altro, «presso i competenti ordini professionali»;
   il decreto, essendo stato emanato nel 2006, non tiene conto delle professioni associative che hanno avuto una compiuta regolamentazione solo attraverso la legge n. 4 del 2013 e che costituiscono ormai il secondo pilastro del mondo professionale: è chiaro che questi professionisti non possono essere più esclusi dalle gare per assegnare contratti pubblici;
   attualmente, se un'amministrazione necessita di un professionista associativo (ex legge n. 4 del 2013) deve necessariamente ricorrere al sotterfugio di rivolgersi ad una società che le fornisca il servizio professionale, anche se la tipologia dell'incarico non richiede una specifica organizzazione, in quanto non ha la possibilità normativa di richiedere direttamente il professionista in grado di svolgere il servizio richiesto;
   questo «vuoto normativo» diventa di fatto un vincolo ingiustificato e comporta, come conseguenze immediate ed evidenti: da un lato, la riduzione ingiustificata delle opportunità professionali del singolo professionista e, dall'altro, l'innalzamento del costo del servizio (il ricorso a società organizzate fa crescere i costi);
   il tutto incide anche sul compenso del professionista (la quota parte spettante alla società «intermediaria» incide normalmente tra il 50 e il 60 per cento del compenso pagato dall'amministrazione pubblica);
   pertanto, alla luce dell'innovazione normativa avvenuta con la legge n. 4 del 2013, si ritiene un atto di giustizia sociale inserire, tra i soggetti che possono partecipare alle procedure di affidamento, anche i professionisti in possesso dell'attestato ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 4 del 2013;
   si fa presente che il possesso dell'attestato garantisce all'amministrazione le competenze del professionista, la sua deontologia, il suo aggiornamento professionale e la sua capacità di rispettare gli standard qualitativi professionali –:
   quale sia l'orientamento del Governo;
   non si intendano assumere iniziative normative in merito, affinché vi sia la possibilità, anche per i professionisti finora ingiustamente esclusi, di poter partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici. (5-04962)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO, MASSIMILIANO BERNINI, CIPRINI, LOMBARDI e FRUSONE. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto segnalato al deputato interrogante, negli ultimi tre anni il personale civile della difesa è già stato ridotto di circa 11.500 unità;
   secondo fonti sindacali, la riduzione di altri 10.000 posti di lavoro derivante dalla legge delega n. 244 del 2012, determina una situazione insostenibile e inaccettabile tale da generare un forte stato di agitazione del personale civile che, in più di un'occasione, ha manifestato il profondo dissenso sulle politiche di tagli e contenimento della spesa che da troppo tempo interessano prevalentemente il personale civile della difesa;
   sempre secondo quanto segnalato al deputato interrogante, nell'ultimo triennio la spesa per il personale militare è aumentata del 2,2 per cento mentre quella per il personale civile è diminuita del 5,4 e che ciò ha comportato una drastica riduzione di circa 11.500 posti di lavoro, portando la consistenza attuale reale a circa 29.000 dipendenti comprensivi del personale militare transitato nei ruoli civili della difesa;
   la revisione dello strumento militare prevede una per molti aspetti positiva razionalizzazione di comandi, enti e strutture legate alla logistica, alla formazione e all'amministrazione, specialmente laddove si possono creare efficienti sinergie tra esercito, aeronautica e marina, incidendo però contestualmente sul dato occupazionale con una progressiva riduzione del personale a fronte di una richiesta di maggiore efficienza/produttività dei dipendenti non adeguatamente compensata da alcun miglioramento professionale e economico;
   la norma individua in modo puntuale e dettagliato i tagli al personale e alle risorse per l'addestramento, l'esercizio, l'efficienza di mezzi ed equipaggiamenti, mentre sugli aspetti che riguardano i sistemi d'arma e i programmi di armamento, quali i molto contestati F-35, risulta assai approssimativa e indefinita;
   l'articolo 2 della legge n. 244 del 2012 contiene i principi cui si ispirerà la revisione dell'assetto strutturale e organizzativo della difesa, tra i quali la necessità di conseguire, entro 6 anni, una contrazione strutturale complessiva non inferiore al 30 per cento;
   peraltro, sempre secondo segnalazioni sindacali, alcuni dei comandi ed enti interessati a processi di soppressione o riorganizzazione menzionati negli annessi allegati alle bozze degli schemi dei decreti legislativi, hanno perso funzioni nel corso degli anni attraverso politiche di esternalizzazione delle attività e di depauperamento delle professionalità;
   l'onere di queste scelte, con tutta probabilità, sarà pagato principalmente dai dipendenti civili in termini di abbattimento dei livelli occupazionali, con maggiori criticità nelle aree produttive depresse, peraltro senza le agevolazioni previste per la componente militare;
   ancor più complesso è il ricollocamento del personale che opera nel settore delle lavorazioni e che rischia di essere maggiormente penalizzato. Un auspicato sblocco del turn-over all'interno di tutto il comparto, accompagnato da percorsi di formazione e lavoro gestiti all'interno delle strutture produttive, permetterebbe di assicurare continuità a questo settore, impiegando gli stessi dipendenti in qualità di formatori;
   secondo le organizzazioni sindacali, è evidente e oggettivamente rilevante il pesante contributo pagato dal personale civile alle politiche di contenimento dei costi, con un cospicuo aumento dei carichi di lavoro e delle responsabilità a fronte di un blocco dei contratti e delle carriere che rischia di protrarsi per altri 6 anni;
   viceversa, per quanto riguarda gli aspetti funzionali ed organizzativi, sarebbe auspicabile ed opportuno un piano di assunzioni mirato, superando il blocco del turn-over all'interno di tutto il comparto, per garantire quantomeno le attuali dotazioni organiche e nello stesso tempo reinternalizzare quelle lavorazioni che sono andate inutilmente se non dannosamente perdute;
   sarebbe vantaggioso rendere concreto il sempre promesso processo di civilizzazione del ministero, obiettivo fallito della riforma Andreatta, che determinerebbe notevoli risparmi restituendo a funzioni operative quei militari impropriamente impiegati in mansioni amministrative e tecniche –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di doversi attivare, per quanto di sua competenza, al fine di:
    a) applicare le norme per il pensionamento antecedenti alla cosiddetta «riforma Fornero» per l'intera durata della delega, fino al 2024, a tutto il personale civile che a seguito di provvedimenti di riordino, configurazione e riorganizzazione degli enti dovesse essere considerato in esubero, per evitare il ricorso alla mobilità forzata e alla messa in disponibilità, valutando anche la possibilità di estendere tale deroga a tutto il personale del comparto;
    b) sbloccare il turn-over del personale agendo anche sul ripristino delle scuole allievi operai;
    c) utilizzare da subito quota parte dei risparmi derivanti dal riordino degli enti, per alimentare le risorse del Fondo unico di amministrazione (FUA) al fine di creare condizioni di incentivi motivazionali tra il personale civile della difesa;
    d) definire in modo chiaro ed inequivocabile i compiti ed obiettivi del personale civile;
    e) attuare un vero processo di valorizzazione professionale del personale civile di tutte le aree del Dicastero;
    f) contrattare le ricadute dei processi di riorganizzazione legati al riordino dello strumento militare e riconoscere il confronto sindacale su tutte le parti che interesseranno il personale civile;
    g) reinternalizzare il più possibile le mansioni affidate all'esterno;
    h) assicurare trasparenza e riduzione effettiva degli sprechi. (4-08342)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   OCCHIUTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Infocontact S.r.l. è un'azienda che opera sin dal giugno 2005 nel settore del customer care come call center di servizi avanzati per numerose società multinazionali;
   la suddetta società, con sede legale in Roma, svolge le proprie attività d'azienda in due sedi operative centrali, Rende e Lamezia Terme, e in altri 18 centri periferici dislocati in Calabria, impiegando un totale di circa 1800 unità lavorative;
   le unità lavorative risulterebbero operanti presso la suddetta azienda con contratti a tempo indeterminato, molti dei quali full time (8 ore giornaliere) e part time 75 per cento (6 ore giornaliere);
   nel mese di luglio 2014 la sezione fallimentare del tribunale di Lamezia Terme ha dichiarato, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, lo stato di insolvenza della società Infocontact S.r.l. procedendo alla nomina del commissario giudiziale;
   il commissario giudiziale in data 23 settembre 2014 ha depositato, presso la cancelleria della sezione fallimentare del tribunale di Lamezia Terme, la relazione comprensiva di valutazione motivata sull'esistenza delle prospettive di recupero dell'equilibrio e delle attività imprenditoriali, ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270;
   in data 21 ottobre 2014 la sezione fallimentare del tribunale di Lamezia Terme ha dichiarato aperta la procedura di amministrazione straordinaria;
   presso il Ministero dello sviluppo economico, si sono tenuti diversi tavoli sulla vertenza Infocontact, il primo dei quali in data 7 agosto 2014;
   come riportato dagli organi di stampa, due aziende del settore avrebbero inviato proposte vincolanti di acquisizione dei rami di Rende e Lamezia Terme, proponendo un piano che rischierebbe di far venir meno centinaia di unità lavorative e la trasformazione dei restanti contratti di lavoro a part time 504 con conseguente drastica diminuzione del salario;
   a seguito dell'entrata in vigore delle legge 10 dicembre 2014, n. 183 (cosiddetto «Jobs Act»), le aziende che operano nel settore degli appalti, con il cambio commessa potrebbero collocare in esubero i vecchi dipendenti assumendone altri;
   dai dati Istat relativi al 2014, la Calabria, con il 23,4 per cento si conferma la regione con il maggior tasso di disoccupazione d'Italia –:
   a quali esiti, per la positiva risoluzione della vertenza, sia giunto il tavolo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico e quali misure il Ministro interrogato, organo vigilante sulla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell'articolo 37 decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, ritenga di dover adottare al fine di salvaguardare le prospettive occupazionali delle 1800 unità lavorative, scongiurando ricadute negative sulla già fragile economia calabrese. (4-08332)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Terzoni e altri n. 7-00596, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Liuzzi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Cominelli n. 4-08109, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Narduolo.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rubinato e altri n. 5-04863, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Narduolo.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti e altri n. 5-04900, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Duranti, Sannicandro, Kronbichler.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Pastorelli n. 4-06802 del 10 novembre 2014;
   interrogazione a risposta orale Galgano n. 3-01234 del 17 dicembre 2014;
   interrogazione a risposta scritta Capelli n. 4-08252 del 4 marzo 2015;
   interpellanza Rabino n. 2-00879 del 9 marzo 2015.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Ciracì e altri n. 4-08326 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 387 del 9 marzo 2015.
  Alla pagina 22511, prima colonna, alla riga quarantacinquesima deve leggersi: «DISTASO, CIRACÌ, ALTIERI e FUCCI.» e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi anni, in considerazione del persistere e dell'intensificarsi di forti tensioni sui mercati finanziari, sono state adottate numerose misure di contenimento della spesa pubblica;
   particolarmente incisive sono state le misure di revisione della spesa adottate nel settore della difesa, che ha cominciato a subire un trend fortemente decrescente già dal 2005, peraltro in concomitanza con il processo di professionalizzazione delle Forze armate (e quindi correlati a maggiori costi per il personale) e con l'accresciuto impiego operativo;
   in tale contesto si pone il decreto-legge n. 78 del 2010, che, proprio in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica» ha previsto l'esclusione, per l'intero triennio 2011-2013, delle retribuzioni del personale della pubblica amministrazione, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tanto dai meccanismi di adeguamento previsti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, nonché, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero e senza possibilità di attivare comunque una procedura di concertazione;
   tali disposizioni sono state prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal successivo decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122;
   sul relativo schema di regolamento la stessa Commissione difesa della Camera dei deputati, lo scorso 4 giugno 2013, ha espresso una valutazione negativa;
   in particolare, il richiamato blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali ha pregiudicato la maturazione di alcuni istituti tipici specifici del comparto sicurezza, difesa e soccorso strettamente connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali, nonché più impegnative responsabilità di servizio, quali l'omogeneizzazione, l'assegno funzionale e gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni;
   tale norma ha altresì frenato gli adeguamenti annuali indicizzati (classi, scatti stipendiali ed effetti economici) delle progressioni di carriera, tra l'altro in grande parte legate a rigide procedure di selezione e avanzamento, assolutamente definite dalla normativa vigente per le varie categorie di personale;
   nel corso della XVI legislatura era stata, tra l'altro, approvata in Commissione difesa della Camera la risoluzione n. 8-00151, a prima firma dell'interrogante, che impegnava il Governo pro tempore a escludere il Comparto sicurezza e difesa, per l'anno 2014, dalla possibilità di prorogare ulteriormente i tagli in questione, almeno con riferimento alla fattispecie del blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera;
   in data 8 novembre 2011 la Commissione bilancio del Senato della Repubblica aveva poi approvato l'ordine del giorno G/2969/2/5 che impegnava il Governo, pur nell'ambito della difficile congiuntura economica e della finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare con urgenza le opportune iniziative atte a «impegnare i relativi fondi iscritti nella tabella 8 per assicurare un'interpretazione dell'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010, nel senso che al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nel triennio 2012-2014, sia assicurata la corresponsione integrale dei trattamenti economici connessi con l'impiego (indennità operative, indennità pensionabile, indennità di trasferimento, assegno funzionale, assegno non pensionabile dirigenziale e indennità di missione), con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità emerito»;
   nonostante le molteplici dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi dai vari Governi in carica circa la necessità di garantire maggiore sicurezza del territorio e nel territorio, i provvedimenti adottati nel tempo si sono mostrati indifferenti rispetto alla drammatica e insostenibile situazione degli operatori della sicurezza: dal decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetta spending review) che ha previsto una serie di ulteriori misure di contenimento della spesa nel settore della difesa (dalla riduzione del personale militare in misura non inferiore al 10 per cento alla riduzione di spesa per l'acquisto di beni e servizi del Ministero della difesa pari a 148 milioni di euro, dalla riduzione dei contributi in favore dell'Agenzia industrie difesa alla riduzione delle spese per la professionalizzazione delle forze armate) alla legge di stabilità 2014 adottata dal Governo Letta, le cui previsioni di spesa appaiano altrettanto insufficienti a garantire la piena funzionalità dello strumento militare, in termini di formazione e addestramento del personale, nonché manutenzione ed efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti di sicurezza;
   tale rinnovamento dovrebbe essere invece garantito a un settore, come quello della sicurezza, che non può essere considerato in maniera meramente ragionieristica, ma deve essere visto come un investimento per il futuro;
   occorre infatti pensare alla sicurezza in termini di opportunità e quindi prevedere più risorse in questo settore delicato e strategico per consentire a tutto l'apparato della sicurezza di agire e operare nel migliore dei modi;
   in particolare, è necessario lavorare per la difesa della dignità professionale e della specificità funzionale degli operatori del settore e per la difesa del diritto dei cittadini ad un soccorso pubblico efficiente e qualificato, all'altezza di un paese civile;
   da ultimo, preoccupa l'ultimo piano di riforma annunciato dal nuovo Governo Renzi che avrebbe chiesto al commissario Carlo Cottarelli tagli per miliardi di euro;
   anche in questa occasione il comparto sicurezza farà la sua parte con un risparmio di almeno 700 milioni di euro grazie alla chiusura di centinaia di sedi, soppressione di interi reparti, trasferimento degli uffici in immobili demaniali –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e qual provvedimenti ritengano opportuno adottare per assicurare al personale delle forze armate, delle forze di polizia e del corpo nazionale dei vigili del fuoco la corresponsione integrale dei trattamenti economici connessi con l'impiego, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e di merito per il triennio 2012/2014 o quanto meno per sospendere, a partire dal secondo semestre 2014, il blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera e degli automatismi retributivi per il personale del comparto difesa e sicurezza;
   quali iniziative intendano adottare per garantire un'inversione di tendenza che negli ultimi anni ha ridotto il dibattito sul modello di difesa necessario per l'Italia a una semplice logica della razionalizzazione della spesa o, forse sarebbe meglio dire, del taglio netto della spesa. (4-04345)

  Risposta. — È importante evidenziare preliminarmente che il blocco delle retribuzioni è risultato particolarmente afflittivo per il comparto difesa e sicurezza, la cui struttura organizzativa è fondata su un sistema gerarchico-funzionale nel quale la progressione di carriera e l'anzianità di servizio sono fattori essenziali.
  Il blocco ha, quindi, spesso penalizzato i più meritevoli e quanti sono stati chiamati ad assumere maggiori responsabilità e introdotto un'effettiva disparità di trattamento tra soggetti che ricoprono lo stesso grado o hanno la stessa qualifica e svolgono le medesime funzioni.
  Pertanto, facendomi interprete dell'evidente disagio e delle forti aspettative del personale coinvolto, mi sono impegnata fin dall'inizio del mandato a trovare una soluzione per il ripristino integrale delle retribuzioni spettanti agli appartenenti alle Forze armate.
  Tale impegno è stato innanzitutto indirizzato a porre incisivamente la questione sul piano interministeriale. Infatti, sebbene l'attuale congiuntura economica non fosse certo più facile di quella dei tre anni precedenti, sulla proposta delle autorità politiche di vertice del comparto difesa e sicurezza, in primis il Ministro dell'interno oltre a me, e con il pieno, partecipe e risolutivo coinvolgimento del Presidente del Consiglio dei ministri, il Governo ha fatto il possibile per reperire le risorse necessarie a garantire lo sblocco.
  A partire dal mese di luglio 2014, in specifiche riunioni anche a livello tecnico, è stata affrontata ogni sfaccettatura del problema per verificare la possibilità di conseguire l'obiettivo.
  È stato individuato un percorso tecnicamente e politicamente condiviso e, quindi, il 7 ottobre il Presidente Renzi ha potuto annunciare, nel corso di un incontro con la rappresentanza militare (il Consiglio centrale di rappresentanza) e con i sindacati delle forze di polizia a ordinamento civile, che le risorse occorrenti erano state reperite e che avrebbe proceduto all'agognato sblocco stipendiale dal 1o gennaio 2015.
  Coerentemente, il comma 256 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2015) prevede lo sblocco definitivo, dal 1o gennaio 2015, delle dinamiche salariali del comparto difesa e sicurezza, con esclusione del rinnovo dei contratti e del corrispondente adeguamento indicizzato annuale per i dirigenti non contrattualizzati, nonché della progressione stipendiale biennale per classi e scatti ordinariamente spettante ai dirigenti medesimi.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   dal 12 al 14 novembre la portaerei Cavour, ammiraglia della Marina militare è stata in sosta nella rada di Ortona all'insegna di un impegno di ampio respiro istituzionale dove è stato firmato l'accordo di collaborazione e sviluppo tra la Marina militare e la regione Abruzzo su tematiche marittime afferenti la formazione, la cultura e lo sport, la ricerca, l'innovazione, la progettazione, l'industria, la salvaguardia ambientale, la tutela del territorio e del mare, incentivando al tempo stesso i rapporti con altre realtà nazionali ed internazionali incluse quelle d'oltremare tra cui la Croazia, la Serbia, la Bosnia e l'Albania;
   come dichiarato dal Capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Giuseppe De Giorgi, l'iniziativa è l'inizio di una collaborazione strategica che parte dal contesto regionale dell'Abruzzo, ma si estende ai Paesi della sponda di fronte, raccogliendo tutto il potenziale che il mare può offrire per la prosperità nazionale;
   il 14 novembre alle ore 17:30 sulla Portaerei Cavour, per la prima volta in sosta nella rada di Ortona, è stato organizzato un convegno su «La strategia della Macroregione Adriatico-Ionica: l'Europa delle opportunità», dove erano presenti un centinaio di persone tra autorità politiche e diplomatiche, provenienti dai principali Paesi partner del bacino Adriatico, nonché molti amministratori locali, sindaci e rappresentati di diverse istituzioni;
   sempre il giorno 14 novembre scorso è stato rilevato maltempo ed il moto ondoso forza 3, non permettendo il rientro in porto con le pilotine che avevano trasportato gli ospiti e le autorità sulla maestosa nave ammiraglia della Marina Militare Italiana così da far entrare in azione 2 elicotteri, rispettivamente uno da 7 posti e l'altro da 4 posti, effettuando complessivamente 24 viaggi, per un'operazione di circa sei ore, con una spesa media che ammonterebbe, a quanto consta all'interrogante, a 2/4 mila euro a viaggio, per un costo pari tra i 70 e i 100 mila euro –:
   per quali ragioni la Marina militare, considerate le avverse situazioni meteo, non abbia valutato lo spostamento della sottoscrizione del protocollo in altro luogo in terra ferma;
   se il costo aggiuntivo dei voli di trasbordo dalla portaerei (70/100 mila euro) fino a Pescara sia a carico di contribuenti e cittadini della regione Abruzzo o se ricada su tutti i contribuenti italiani;
   se i fruitori, gli ospiti e le autorità, del soccorso aereo fossero coperti da adeguata polizza assicurativa risarcitoria per eventuali incidenti e danni che avrebbero potuto subire durante le operazioni stesse e in tal caso di quali tipo di assicurazioni si tratti e quali fossero i costi aggiuntivi ad esse collegati. (4-07022)

  Risposta. — La Marina Militare ha siglato il 12 novembre 2014 un accordo di collaborazione con la Regione Abruzzo, allo scopo di «cooperare per sviluppare temi e partenariati coerenti con aspetti marittimi afferenti la formazione, la cultura e lo sport, la ricerca, l'innovazione, la progettazione, l'industria, la salvaguardia ambientale, la tutela del territorio e del mare, incentivando i rapporti con altre realtà nazionali ed internazionali».
  Come convenuto tra le parti, la sottoscrizione del protocollo è avvenuta a bordo di nave Cavour, alla fonda nelle acque antistanti il porto di Ortona (Pescara).
  Nello specifico, il giorno 12 novembre le previsioni meteorologiche davano un quadro tale da consentire la pianificazione delle fasi di imbarco e di sbarco degli ospiti via mare. Tuttavia l'improvviso ed inatteso peggioramento delle condizioni meteomarine non ha consentito l'impiego in sicurezza dei mezzi navali minori a disposizione, rendendo necessario impiegare due elicotteri di nave Cavour per consentire lo sbarco in sicurezza delle persone intervenute alla manifestazione. In particolare sono stati utilizzati un elicottero AB-212 per 10,1 ore di volo (costo orario 363,3 euro) ed un elicottero SH-90 per 9,5 ore di volo (costo orario 451,54 euro).
  Tutti i passeggeri erano coperti da adeguata polizza assicurativa stipulata sulla base della convenzione quadro tra il Ministero della difesa e la società Cattolica; la spesa totale è stata pari a 207,40 euro.
  I costi totali sostenuti per il trasbordo degli ospiti dalla portaerei fino a Pescara, che ammontano quindi a circa 8 mila euro, rientrano nell'attività di volo complessiva della Forza armata nella categoria Utility, ovvero destinata al trasporto di personale.
  Si precisa inoltre che il convegno previsto il 14 novembre sempre a bordo di Nave Cavour su «La strategia della macroregione adriatico-ionica: l'Europa delle opportunità», cui fa riferimento l'atto di sindacato ispettivo, non è stato effettuato a causa delle condizioni meteo marine particolarmente avverse.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   FANTINATI, BUSINAROLO e TURCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 3° stormo da bombardamento venne costituito il 1° luglio 1944 presso l'Aeroporto di Campo Vesuvio (Napoli) e denominato 1° stormo Baltimore». Al termine del conflitto mondiale, nel giugno del 1945, lo stormo fu, dapprima, trasferito prima presso l'aeroporto di Guidonia (Roma) e dopo, dal 1° novembre del 1948, presso quello di Bari Palese, dove assunse la denominazione di «3° Stormo Caccia». Nel marzo del 1954, avvenne il trasferimento presso l'aeroporto di Villafranca (Verona) dove si insediò, ufficialmente, dal 1° luglio di quell'anno;
   il 19 luglio 1999, il 3° stormo diviene «reparto mobile di supporto» e da quell'anno, all'aeroporto militare di Villafranca, cessano tutte le attività e i voli degli aerei militari da caccia e da ricognizione, in quanto, nel settembre del 1997, il 28° gruppo, allora operativo, viene dismesso (tecnicamente collocato in «posizione quadro») e nel settembre del 1999, il 132° gruppo viene trasferito all'aeroporto di Istrana (TV);
   il 2 maggio 2008, il «reparto mobile di supporto» viene ridenominato in 3° stormo «supporto operativo». L'11 settembre 2008, l'aeroporto di Villafranca, da aeroporto militare aperto al traffico civile, diventa aeroporto civile appartenente allo Stato, aperto al traffico militare;
   il 31 luglio 2010, a seguito di un decreto dei Ministri della difesa, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, conseguente il decreto dell'11 settembre 2003, il compito di fornire parte dei servizi della navigazione aerea (servizio radar d'avvicinamento) dal 3° stormo «supporto operativo» di Villafranca è trasferito all'ENAV, mentre lo stormo continua a fornire il servizio di aerodromo (torre di controllo ed ufficio informazioni volo). Dal 15 ottobre del 2012, il 3° stormo «supporto operativo» è stato ridenominato «3° stormo di Verona Villafranca»;
   il 3° stormo dipende dal vice comandante del comando logistico AM (Roma) e ha sede sull'aeroporto di Villafranca di Verona. Attualmente lo stormo ha il compito principale di assicurare le capacità di «sopravvivenza operativa» e il «sostegno logistico» ai reparti e alle componenti mobili del sistema di comando e controllo proiettati a operare al di fuori delle proprie sedi stanziali. Inoltre, cura la predisposizione di procedure, metodologie, attrezzature idonee a ottimizzare e razionalizzare l'attività delle dipendenti articolazioni in occasioni di rischieramenti campali, assicurando la manutenzione degli equipaggiamenti e attrezzature in dotazione;
   attualmente lo stormo rappresenta l'unità di supporto operativo principale per l'invio nella fase «expeditionary» di:
    deployment Team per l'allestimento del campo sino al raggiungimento dell'IOC (enabling party);
    re-deployment Team per la chiusura del campo a termine operazione (closing party);
   in tale quadro, il 3° stormo assicura, in completa autonomia o con il concorso di altre unità (4° reparto tecnico manutentivo, infermeria principale di Villafranca, 27° gruppo genio campale), i necessari approntamenti logistico-operativi per fornire le componenti combat service support (CSS) base servicing, CIS, genio campale (ENG), gestione transiti aeroportuali (AOU/ATOC/CATO), operazioni linea di volo (RWY OPS e Cross Servicing), antincendi (CFR), supporto sanitario (MED), assistenza al volo, controllo traffico aereo e meteo (ATC/MET), rifornimento campale (POL/OX), protezione delle forze e difesa CBRN (FP-C2, CD e COLPRO), sala operativa di base (WOC), national support element (NSE);
   il 3° stormo è responsabile, inoltre, della gestione amministrativa e contabile delle attività legate alle operazioni nazionali ed internazionali, con particolare riferimento all'acquisizione di beni e servizi da impiegare fuori sede, e al flusso di contanti per le esigenze dei reparti schierati fuori area;
   in ambito prettamente nazionale, lo stormo è attualmente designato anche quale aeroporto di imbarco e sbarco (APOD ed APOE) principalmente per il materiale destinato ai teatri fuori area, fornendo di conseguenza le attività di ATOC (air terminal operation center) per velivoli militari e «wide body» commerciali noleggiati dalla difesa. Attraverso il centro addestrativo personale fuori area, provvede alla formazione di tutto il personale dell'Aeronautica militare di previsto impiego in operazioni fuori dai confini nazionali. Infine, lo stormo continua a fornire il servizio di aerodromo;
   l'aeroporto militare, detto «di Villafranca», è così denominato perché il comando del 3° stormo, le caserme per i militari e il «Villaggio Azzurro» (dove risiedono le famiglie dei dipendenti civili e militari) sono tutti ubicati nel comune di Villafranca;
   in realtà, più di metà della pista principale dell'aeroporto, più di quattro quinti della superficie della pista di rullaggio e tutte e tre le «Margherite» dove si sono svolte e si svolgono tutte le attività aeromilitari e dove erano di base il «28° gruppo» e il «132° gruppo» sono ubicati nel territorio del comune di Sommacampagna e pertanto, circa l'80 per cento dell'intero sedime del aeroporto militare di Villafranca, è ubicato in prossimità del centro abitato di Caselle di Sommacampagna, la cui popolazione, dal 1954 al 1999, ha subito tutti gli impatti ambientali (aria e rumore) che hanno generato le attività aero militari (prove motori e decolli di aerei da caccia e ricognizione);
   anche il sedime dell'aeroporto civile «Valerio Catullo», detto di Villafranca, per l'80 per cento insiste sul territorio del comune di Sommacampagna (area sosta aerei, aerostazione, edifici di servizio e parcheggi) e sul territorio di Villafranca ci sono solo i parcheggi delle auto prossimi all'ingresso;
   recentemente è stato approvato il «piano di rischio aeroportuale» dell'aeroporto civile (aree interessate del comune di Villafranca); detto piano è stato sottoposto a verifica di assoggettabilità e alla Vas – la valutazione ambientale strategica, e dal verbale della commissione regionale VAS n. 113 del 30 ottobre 2012, si apprende il parere favorevole è stato concluso con raccomandazione: «Atteso che il piano riduce il potenziale aumento di consumo del suolo e favorisce il mantenimento delle specificità ecologiche e la conservazione del paesaggio rurale, al fine di promuovere l'evoluzione del paesaggio stesso verso obiettivi di migliore qualità, si suggerisce di potenziare l'inserimento di aree a verde limitrofe ai centri abitati e alle zone residenziali e di potenziare gli aspetti ecologici del paesaggio con la riqualificazione a verde delle sponde dei canali irrigui con specie vegetali autoctone, nonché di potenziare le qualità ecologiche con l'introduzione, dove è possibile, di zone a rimboschimento»;
   il 20 gennaio 2014, la società Aeroporto Valerio Catullo spa ha diffuso un comunicato stampa a titolo: «Efficienza energetica e attenzione all'ambiente come investimento strategico. Avviato un percorso eco-sostenibile che coinvolge la struttura aeroportuale e i suoi partner» dal quale si estraggono questi paragrafi:
  «Nello sviluppo dell'attività dell'aeroporto di Verona, Catullo Spa è impegnata per una crescita che sia compatibile con l'ambiente e il territorio circostante, attraverso il confronto con gli Enti Locali, l'ARPAV e il territorio. La tutela dell'ambiente è parte della politica di sviluppo della società, attraverso il monitoraggio continuo degli effetti delle attività aeroportuali (come aria, rumore e rifiuti) e il supporto alla pianificazione e manutenzione di infrastrutture più green, grazie a nuove tecnologie e materiali. Lo scorso anno sono state attuate numerose iniziative a tutela dell'ambiente e di sensibilizzazione, che hanno comportato adeguamenti infrastrutturali, nuove attività di monitoraggio e coinvolto lo staff dell'aeroporto e i partner. Ottemperando la normativa, per l'ottenimento della gestione totale e con il passaggio dello scalo da aeroporto militare a civile, la società ha predisposto il Piano di Sviluppo Aeroportuale (PSA) che progressivamente tiene conto delle esigenze di adeguamento ai flussi di traffico e richieste di modifica da parte dei comuni limitrofi. Il Piano di Sviluppo Aeroportuale, che la società di gestione sta valutando con ENAC (l'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, unica Autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile in Italia), recepisce anche le linee guida del piano industriale approvato dai Soci. Solo dopo una definitiva approvazione del piano di sviluppo, ENAC attiverà la procedura presso il Ministero dell'ambiente per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), come avviene per gli altri aeroporti, e non per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), in piena coerenza con gli indirizzi della Commissione Europea e secondo approcci metodologici condivisi con il Ministero dell'ambiente –:
   se le attività aeromilitari ora presenti nell'aeroporto militare di Villafranca e svolte dal 3° stormo (quasi tutte effettuate sul territorio del comune di Sommacampagna) verranno dismesse e trasferite ad altra base aeromilitare nell'ottica di «spending review»;
   se, nel 2008, una parte del sedime dell'aeroporto militare sia già stata trasferita al Demanio civile e, in caso affermativo e vista la predisposizione da parte della Catullo spa del nuovo piano di sviluppo aeroportuale, quali altre aree aero-militari verranno trasferite al Demanio civile;
   qualora parte delle attività aero-militari dovessero rimanere operative presso l'aeroporto di Villafranca, se non si ritenga di concentrarle in aree ben delimitate (ad esempio, nella «Margherita Sud»), al fine così di recuperare aree ad usi civili e per la realizzazione di opere di mitigazione ambientale da poter realizzare nella «Margherita Centrale» e nella «Margherita Nord»;
   qualora parte delle attività aero-militari dovessero rimare operative presso l'aeroporto di Villafranca, quali altri interventi, come opere di compensazione ambientale, oltre a quelle di mitigazione ambientale, possano essere realizzate a sollievo della popolazione di Caselle di Sommacampagna. (4-03461)

  Risposta. — Il 3o Stormo costituisce l'elemento dell'organizzazione aeronautica deputato a sviluppare una capacità di supporto logistico duale per la realizzazione dei rischieramenti dell'Aeronautica militare o per l'intervento a favore di popolazioni civili in caso di emergenze e disastri naturali (come ad esempio l'intervento a favore delle popolazioni del terremoto dell'Aquila).
  In questo senso, tutte le attività si svolgono nelle aree rimaste nella disponibilità dell'Aeronautica militare e nei piani futuri della Forza armata non è prevista la rilocazione delle funzioni ivi svolte.
  Il decreto interministeriale per il cambio di status dell'aeroporto di Villafranca (avvenuto l'11 settembre 2008), prevede quale unica area di cessione la cosiddetta Area Nord; in ragione di tale previsione, è stato firmato, in data 7 marzo 2014, un accordo tra la «Catullo Spa», società di gestione dell'aeroporto di Verona, e il Ministero della difesa per l'acquisizione in concessione dell'Area Nord (denominata «Margherita Nord»), al fine di rendere possibile l'espansione e la riorganizzazione degli spazi aeroportuali.
  Tanto chiarito, i compiti istituzionali assegnati al 3o Stormo, svolti in Area Centrale, Area Sud e anche Nord, non risulta generino effetti che possano avere un impatto negativo nei confronti della popolazione e dell'ambiente.
  Un'eventuale concentrazione di tutte le attività militari in Area Sud necessiterebbe di considerevoli investimenti, in controtendenza con la possibilità di sfruttare quanto già nelle disponibilità della Forza armata.
  Le attività di volo d'interesse militare ancora svolte presso il 3o Stormo con velivoli non stanziali avvengono normalmente sul piazzale dell'Area Centrale con velivoli cargo e/o passeggeri civili e militari (Boeing 767, Airbus 319, C-130J, Falcon, Antonov, Ilyuscin-IL76).
  Tali aeromobili appartengono alle stesse classi di quelli che operano anche sullo scalo civile, conformi quindi a tutte regolamentazioni previste.
  Possibili rischieramenti su Villafranca di velivoli aerotattici/militari (tipo Tornado o AMX) sono oramai assolutamente sporadici e non avvengono mai in orari notturni.
  Si precisa, infine, che le attività di Valutazione dell'impatto ambientale e il piano di sviluppo dell'aeroporto rientrano nella responsabilità della società di gestione e, pertanto, non sono note.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   FEDRIGA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la caserma La Marmora di Tarvisio è rimasta operativa in capo all'8° reggimento Alpini fino al 1996, data a partire dalla quale l'infrastruttura è stata utilizzata come mero distaccamento dello stesso reparto fino a fine marzo 2014;
   da quando la La Marmora è stata adibita a sede di distaccamento, ha registrato il passaggio di moltissime persone civili ed in armi;
   è stata ad esempio impiegata per offrire ospitalità ai volontari coinvolti nelle universiadi del 2003 di Tarvisio;
   il «core business» dell'infrastruttura, tuttavia, fino al marzo 2014 è stato l'addestramento delle truppe;
   diversi corpi militari italiani ed esteri – come l'Accademia Ufficiali di Modena, l'accademia sottufficiali di Viterbo, la brigata Folgore ed i Royal Marines Olandesi – si sono infatti serviti della caserma La Marmora di Tarvisio come base d'appoggio per molteplici attività legate alla professione, dall'addestramento sciistico all'arrampicata, fino alle pattuglie in ambiente montano in vista della partecipazione delle varie unità alle missioni di peacekeeping in atto all'estero;
   la caserma La Marmora è stata però indirizzata verso la chiusura in ragione dell'esigenza di realizzare economie sul versante della spesa pubblica, malgrado la brigata alpina Julia continuasse a ritenerla un'infrastruttura strategica;
   in seguito alla chiusura della La Marmora, il comando della brigata alpina Julia è stato costretto a trasferirsi al Tonale, spostandovi uomini e mezzi, con considerevole spreco di risorse e perdita sul territorio di Tarvisio delle economie generate sia dalla presenza del reparto che dall'esistenza di accordi tra la Brigata Julia e Promotour per l'agevolazione dello sfruttamento delle infrastrutture turistiche locali;
   resta tuttavia viva l'idea di mantenere alla La Marmora una presenza militare, trasformando almeno parte dell'infrastruttura in un centro addestrativo per le forze armate, lasciando alle amministrazioni regionale e locale il compito di valorizzarne la parte residua –:
   se sia realistico immaginare ancora per la caserma La Marmora un futuro come infrastruttura almeno parzialmente utilizzata dalle forze armate ed a che punto si trovino i lavori per ristrutturarla. (4-07198)

  Risposta. — In merito ai contenuti dell'interrogazione in esame, si evidenzia che la caserma «La Marmora» di Tarvisio, in provincia di Udine, infrastruttura già in uso all'8o reggimento alpini, è risultata, nell'ambito delle ipotesi di razionalizzazione delle basi logistico/addestrative situate nel nord-est del paese, non più utile ai fini istituzionali e non è prevista alcuna ipotesi circa un suo eventuale futuro utilizzo da parte dalla Forza armata.
  In tale quadro, a seguito della richiesta di acquisizione da parte del Ministero dell'interno per le esigenze connesse con l'accoglienza dei migranti il 13 novembre 2014, il cespite in argomento è stato dismesso definitivamente all'amministrazione finanziaria, transitando nelle disponibilità della prefettura di Udine.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   GALATI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il dottore Gerardo Dominijanni è magistrato in servizio presso la procura della Repubblica di Catanzaro e, in tale ambito si è occupato di processi di criminalità organizzata, in particolare della ’ndrangheta calabrese;
   celebre è l'indagine denominata «Mitilos», che ha disvelato, sotto il profilo giudiziario, l'esistenza dei clan Gallace e Novella, ben prima che siffatti sodalizi si infiltrassero in Lombardia. Il dottore, Dominijanni è stato destinatario di gravi minacce all'incolumità personale proprio per effetto di tale inchiesta;
   ma ciò che appare ancor più grave, è la circostanza che lo stesso sia stato fatto oggetto di attacchi anche da parte di rappresentanti delle istituzioni. Per tali vicende, è stato avviato un procedimento penale concluso con sentenza irrevocabile con la quale il dottore Dominijanni è stato assolto dalle accuse ad esso rivolte perché il fatto non sussiste, con contestuale condanna della controparte al pagamento delle spese processuali a causa della manifesta infondatezza della sua denuncia;
   il dottor Dominijanni ha successivamente segnalato i fatti al Ministero della difesa, senza però ottenere alcuna risposta, vedendosi quindi costretto a convenire in giudizio la controparte per il risarcimento dei danni patiti;
   oltre a tale vicenda processuale, il dottor Dominijanni è stato altresì costretto ad agire nei confronti di altro rappresentante istituzionale, in quanto da un'indagine della procura della Repubblica di Salerno risulta che costui ebbe a rivolgere accuse di corruzione nei confronti del dottor Dominijanni, consistite nell'aver richiesto il proscioglimento di alcuni soggetti imputati nel processo denominato Mithos. Accuse infamanti che sono state reputate totalmente infondate dalla procura della Repubblica di Salerno, la quale ha chiesto ed ottenuto l'archiviazione del procedimento nei confronti del dottor Dominijanni;
   il dottor Dominijanni, anche in questa circostanza ha segnalato i fatti al Ministero della difesa, senza però ottenere risposta, vedendosi quindi costretto a convenire in giudizio, oltre alla controparte, il Ministero della difesa, che, pur a conoscenza dei gravissimi comportamenti dolosi non ha adottato nessun provvedimento –:
   se il Ministero della difesa sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   nell'ambito dei propri poteri e delle relative competenze, quali provvedimenti il Ministro intenda adottare al fine di chiarire le responsabilità della vicenda al fine di tutelare adeguatamente l'operato chi lavora al servizio dello Stato. (4-05984)

  Risposta. — In relazione alle questioni contenute nell'interrogazione in esame, si partecipa che la prima vicenda evidenziata dovrebbe riferirsi (per quanto desumibile poiché l'atto di sindacato ispettivo riporta elementi generici di informazione) ad un procedimento penale scaturito da una querela per diffamazione presentata nell'ottobre del 2005 da un militare, all'epoca in servizio presso il comando provinciale dei Carabinieri di Catanzaro, in relazione ad una missiva indirizzata dal magistrato citato nell'interrogazione al comandante generale dell'arma dei Carabinieri, in cui venivano formulate osservazioni sul comportamento del militare querelante.
  Il procedimento penale, poi conclusosi con l'assoluzione del magistrato da parte del giudice di pace di Roma perché «il fatto non sussiste», ha visto la condanna del querelante al pagamento delle spese processuali.
  Al riguardo, si precisa che la connessa valutazione della posizione disciplinare del militare, ad opera dei competenti uffici del comando generale dell'arma dei Carabinieri, è stata definita senza l'adozione di alcun provvedimento.
  A seguito di tale vicenda, poi, il magistrato ha promosso nei confronti del militare un giudizio civile, tuttora pendente presso il tribunale di Locri, per il risarcimento dei danni subiti.
  Con riferimento, invece, alla seconda vicenda riportata nell'atto, si specifica che la stessa dovrebbe riguardare alcune dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria di Salerno, da un altro militare in qualità di persona informata sui fatti, nell'ambito di un diverso procedimento penale.
  In tale procedimento penale il magistrato risultava indagato dalla procura della repubblica di Salerno per i reati di «minaccia, calunnia e diffamazione reiterate ed aggravate» ai danni di un sostituto procuratore della Repubblica in servizio a Catanzaro.
  Il procedimento in parola veniva, quindi, archiviato, senza che emergessero profili di responsabilità penalmente rilevanti nei confronti del militare che aveva reso le dichiarazioni in quello stesso procedimento.
  A seguito di ciò, il magistrato ha intrapreso azione civile risarcitoria nei confronti del militare e del Ministero della difesa, all'esito della quale verranno valutati gli eventuali, autonomi profili disciplinari.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il crollo avvenuto sul viadotto Scorciavacche sulla Palermo-Agrigento, una settimana soltanto dopo l'inaugurazione, ripropone nuovamente le difficoltà connesse all'equilibrio tra i costi finanziari sostenuti per la realizzazione delle opere infrastrutturali di collegamento e l'efficienza durevole di tali interventi, nel corso degli anni;
   l'inchiesta da parte della magistratura, sul cedimento del tratto stradale, costato 13 milioni di euro, a giudizio dell'interrogante, sebbene necessaria ed inevitabile, non esonera dalle responsabilità culturali e progettuali che caratterizzano il livello di scarsa produttività nel nostro Paese, nell'ambito della realizzazione delle opere pubbliche stradali e non solo, come si evince dai cronici ritardi relativi al compimento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, oppure di altri interventi di collegamento rimasti incompiuti in diverse regioni della penisola;
   l'interrogante evidenzia che il crollo avvenuto sulla strada Palermo-Agrigento, la cui opera di un solo chilometro è stata realizzata inaspettatamente in anticipo rispetto ai tempi previsti per il prossimo marzo, stante i cronici ritardi che contraddistinguono i lavori pubblici in Italia, esige a tal fine una rapida inchiesta anche da parte del Ministero interrogato, nei confronti dell'ANAS e della ditta costruttrice, al fine di accertare in tempi rapidi, quali siano i motivi dello sprofondamento avvenuto sul tratto stradale interessato, nonché l'accertamento dei collaudi previsti, che evidentemente non sono stati adeguatamente monitorati –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti e necessarie intenda intraprendere al fine di verificare le responsabilità del crollo avvenuto sulla strada Palermo-Agrigento, il cui evento ancora una volta dimostra l'inefficienza del sistema delle opere pubbliche nazionali, in particolare quelle stradali, con riguardo alla qualità e alla funzionalità delle opere di collegamento la cui dotazione infrastrutturale, confina il nostro Paese in fondo alla classifica dei Paesi europei. (4-07444)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In via preliminare, si evidenzia che il cedimento del rilevato stradale sulla strada statale 121 «Catanese» non attiene ad alcun cedimento strutturale del viadotto Scorciavacche 2 né deve essere posto in relazione ai problemi strutturali che hanno riguardato negli ultimi anni altri viadotti appartenenti alla rete stradale siciliana di competenza ANAS.
  Il cedimento è avvenuto su un tratto di rilevato stradale posto immediatamente a tergo della spalla del viadotto in questione, di recente costruzione da parte del contraente generale Bolognetta s.c.p.a., costituito dalle imprese CMC, Tecnis e CCC, realizzato nell'ambito dei lavori di ammodernamento del tratto Palermo — Lercara Friddi, lotto funzionale dal chilometro 14.4 al chilometro 48.0 dell'itinerario Palermo-Agrigento.
  Sebbene il tratto stradale fosse stato aperto al traffico, in via provvisoria, il giorno 23 dicembre 2014, il cedimento del rilevato è avvenuto nei primi giorni di gennaio 2015, in un momento in cui la circolazione stradale era già stata interdetta da ANAS; infatti, come la stessa società ha riferito, il 30 dicembre 2014 il proprio personale tecnico intervenuto sul posto nell'ambito delle ordinarie attività di sorveglianza e monitoraggio della rete in esercizio, accertava un avvallamento anomalo nella zona di rilevato di accesso al viadotto, lato Palermo, situato a circa 20 metri dal giunto dello stesso.
  La circolazione stradale, a valle della chiusura al traffico del tratto della strada statale 121 interessata dal cedimento, è stata comunque garantita dalla deviazione sull'adiacente strada provinciale 55-bis.
  Pertanto, non si sono verificate situazioni di reale pericolo per gli utenti della strada ma, naturalmente, questo non esime dal rilevare l'anomalia di quanto accaduto.
  E infatti, i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno provveduto a istituire, il successivo 5 gennaio, una apposita commissione ispettiva ministeriale finalizzata alla ricostruzione dell'accaduto, alle verifica delle cause e alla individuazione delle responsabilità.
  La commissione ispettiva sta operando parallelamente alla commissione d'inchiesta nominata dall'ANAS e dal consulente tecnico d'ufficio nominato dalla procura di Termini Imerese.
  Lo scorso 12 gennaio, la commissione ministeriale ha effettuato un sopralluogo sull'area in questione, sottoposta a sequestro dal 4 gennaio, alla presenza dei Carabinieri, del personale ANAS e del contraente generale; ha quindi iniziato l'esame della documentazione consegnata da ANAS, dalla quale emerge – per ora – che le indagini geognostiche preventive sono state eseguite. Rimane ancora da accertare se tali indagini siano state svolte correttamente e se siano state sufficienti.
  Le responsabilità amministrative saranno prontamente registrate e perseguite, nella piena consapevolezza della serietà delle problematiche sollevate dall'episodio oggetto dell'interrogazione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   GAROFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il viadotto Scorciavacche 2, sulla strada statale Palermo-Agrigento, inaugurato il 23 dicembre 2014 e costato 13 milioni di euro, è crollato il 1° gennaio 2014: infatti metà della carreggiata è sprofondata e la restante parte presenta una profonda spaccatura;
   i lavori concernenti il viadotto Scorciavacche 2 dovevano essere consegnati a marzo 2015 invece il raggruppamento di imprese che li ha eseguiti era riuscito a rendere fruibile il tratto stradale dal 23 dicembre 2013;
   dopo le verifiche sull'opera l'Anas aveva dato via libera alla circolazione sottolineando anche come il programma fosse stato rispettato. Ma il 30 dicembre 2014, in presenza dei primi segni di cedimento dell'asfalto del citato viadotto, la stessa Anas ha fatto chiudere il tratto di strada prima che si potessero verificare incidenti e prima e soprattutto che si aprisse una crepa profonda sulla strada;
   la parte interessata dal crollo è stata posta sotto sequestro dalla procura di Termini Imerese che ha aperto un'inchiesta, mentre l'Anas ha annunciato un'indagine interna per accertare le eventuali responsabilità della ditta costruttrice e della direzione dei lavori che aveva autorizzato l'agibilità provvisoria, riservandosi di avviare nei loro confronti un'azione legale;
   si tratta, pertanto, di un fatto che desta grandi perplessità e sul quale è necessario accertare le responsabilità sia di chi ha costruito la strada che poi ha ceduto, sia di chi non ha controllato che i lavori fossero eseguiti con la dovuta diligenza;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha chiesto all'Anas una relazione dettagliata sull'appalto, sui lavori e sulla commissione di collaudo –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, per accertare le responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare di quanti hanno partecipato alla preparazione ed alla realizzazione dell'opera pubblica. (4-07462)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In via preliminare, si evidenzia che il cedimento del rilevato stradale sulla strada statale 121 «Catanese» non attiene ad alcun cedimento strutturale del viadotto Scorciavacche 2 né deve essere posto in relazione ai problemi strutturali che hanno riguardato negli ultimi anni altri viadotti appartenenti alla rete stradale siciliana di competenza ANAS.
  Il cedimento è avvenuto su un tratto di rilevato stradale posto immediatamente a tergo della spalla del viadotto in questione, di recente costruzione da parte del contraente generale Bolognetta s.c.p.a, costituito dalle imprese CMC, Tecnis e CCC, realizzato nell'ambito dei lavori di ammodernamento del tratto Palermo-Lercara Friddi, lotto funzionale dal chilometro 14,4 al chilometro 48,0, dell'itinerario Palermo-Agrigento.
  Sebbene il tratto stradale fosse stato aperto al traffico, in via provvisoria, il giorno 23 dicembre 2014, il cedimento del rilevato è avvenuto nei primi giorni di gennaio 2015, in un momento in cui la circolazione stradale era già stata interdetta da ANAS; infatti, come la stessa società ha riferito, il 30 dicembre 2014 il proprio personale tecnico intervenuto sul posto nell'ambito delle ordinarie attività di sorveglianza e monitoraggio della rete in esercizio, accertava un avvallamento anomalo nella zona di rilevato di accesso al viadotto, lato Palermo, situato a circa 20 metri dal giunto dello stesso.
  La circolazione stradale, a valle della chiusura al traffico del tratto della strada statale 121 interessata dal cedimento, è stata comunque garantita dalla deviazione sull'adiacente strada provinciale 55-bis.
  Pertanto, non si sono verificate situazioni di reale pericolo per gli utenti della strada ma, naturalmente, questo non esime dal rilevare l'anomalia di quanto accaduto.
  E infatti, i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno provveduto a istituire, il successivo 5 gennaio, una apposita commissione ispettiva ministeriale finalizzata alla ricostruzione dell'accaduto, alle verifica delle cause e alla individuazione delle responsabilità.
  La commissione ispettiva sta operando parallelamente alla commissione d'inchiesta nominata dall'ANAS e dal Consulente tecnico d'ufficio nominato dalla procura di Termini Imerese.
  Lo scorso 12 gennaio la commissione ministeriale ha effettuato un sopralluogo sull'area in questione, sottoposta a sequestro dal 4 gennaio, alla presenza dei Carabinieri, del personale ANAS e del contraente generale; ha quindi iniziato l'esame della documentazione consegnata da ANAS, dalla quale emerge – per ora – che le indagini geognostiche preventive sono state eseguite. Rimane ancora da accertare se tali indagini siano state svolte correttamente e se siano state sufficienti.
  Le responsabilità amministrative saranno prontamente registrate e perseguite, nella piena consapevolezza della serietà delle problematiche sollevate dall'episodio oggetto dell'interrogazione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il raccordo Salerno-Avellino rappresenta un collegamento stradale di importanza nazionale e non soltanto campana;
   tale raccordo oltre a collegare tra di loro due capoluoghi di provincia, collega anche le autostrade A30 Caserta-Salerno con A3 Salerno-Reggio Calabria e A16 Napoli-Canosa con A3 Salerno-Reggio Calabria;
   tale raccordo è indispensabile per i collegamenti con il campus dell'università di Salerno, situato nel comune di Fisciano, con il porto e le località turistiche di Salerno e della costiera amalfitana, e con le numerose aziende ospedaliere del comprensorio, e pertanto è interessato quotidianamente da un enorme volume di traffico;
   lo stato dei luoghi sul raccordo Salerno-Avellino versa in condizioni assolutamente inadeguate, paralizzando spesso la circolazione e mettendo anche in pericolo gli utenti che usufruiscono dell'arteria, negli ultimi anni numerosi sono stati gli incidenti stradali anche mortali;
   l'insufficienza della sede stradale e la sua ristrettezza, con sole due corsie per senso di marcia e senza corsie di emergenza, è la causa principale della pericolosità del raccordo in questione;
   l'ANAS, che ha in gestione il raccordo, ha indetto nel 2002 una gara per la progettazione dell'ampliamento della sede stradale;
   il tratto compreso tra Salerno e la galleria di Solofra è stato aggiudicato alla società bonifica Core di Roma;
   il primo e il secondo lotto, da Salerno ad Avellino, hanno bisogno di un finanziamento stimato in 246 milioni di euro, dei quali ne sono già stati assegnati e resi disponibili 123 milioni per la tratta Salerno-Mercato S.Severino (primo lotto);
   bisogna considerare, inoltre, che detti finanziamenti facevano parte della Programmazione relativa ai Fondi ex FAS e quindi spettano, per così dire, di diritto a quel territorio;
   sembra che l'ultima ed unica causa ostativa all'inizio dei lavori per il primo lotto consiste nel fatto che la regione Campania non ha ancora fornito la documentazione utile all'attuazione dell'Accordo di programma quadro (APQ) o meglio non lo ha ancora sotto scritto –:
   in che tempi e con quali provvedimenti il Governo intenda assegnare i fondi necessari alla copertura di tutto il finanziamento previsto per la realizzazione del primo lotto di lavori per l'adeguamento del raccordo Salerno-Avellino;
   se il Governo preveda di finanziare i lotti successivi e in che tempi;
   in che modo il Governo intenda adoperarsi affinché l'affidamento e l'inizio dei lavori nei lotti successivi (da Mercato San Severino ad Avellino), superi tutte le criticità e i dannosi rinvii e ritardi che ci sono stati finora per il primo lotto.
(4-03328)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto l'ammodernamento del raccordo Salerno Avellino è inserito nel primo programma delle infrastrutture strategiche (legge obiettivo, n. 443 del 2001). Con delibera CIPE n. 62 del 3 agosto 2011 sono state attribuite alla regione Campania risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2007/2013, per complessivi 1.181,6 milioni di euro, a copertura finanziaria delle cosiddette «infrastrutture strategiche regionali» (n. 12 interventi).
  Tra queste, risulta ricompreso l'intervento «Potenziamento raccordo SA-A V SS7 e SS7bis primo lotto Mercato San Severino-Fratte», con un finanziamento del Fondo Sviluppo e Coesione pari 123 milioni di euro.
  Trattandosi di risorse della programmazione unitaria, il termine vincolante per l'assunzione dell'obbligazione giuridicamente vincolante (aggiudicazione provvisoria dell'intervento), secondo le norme che regolano il Fondo Sviluppo e Coesione, era fissato al 30 giugno 2014, poi posticipato al 31 dicembre 2014 con delibera CIPE n. 21 del 30 giugno 2014.
  In proposito, il punto 2.4 della citata delibera dispone che «Saranno altresì sottratte alla disponibilità delle regioni le risorse assegnate agli interventi di cui al punto 2.1 per i quali non saranno rispettati i termini indicati per l'assunzione dell'obbligazione giuridicamente vincolante. Tali risorse potranno essere riassegnate alle regioni interessate, al netto di una decurtazione del 15 per cento».
  Con la recente delibera di giunta regionale (DGR) n. 650 del 15 dicembre 2014, la regione Campania ha dato atto di non essere in grado di aggiudicare l'intervento in esame entro il suddetto termine del 31 dicembre 2014; ha pertanto proposto un programma alternativo di interventi cantierabili da coprire, tra l'altro, con risorse poste originariamente a copertura del suddetto intervento (al netto di una decurtazione del 15 per cento sui 123 milioni complessivi).
  Tale proposta è stata quindi inoltrata al CIPE per le approvazioni di competenza, alla cui adozione è subordinata, in parte qua, l'efficacia dell'accordo di programma quadro «Sistemi di mobilità. Atto aggiuntivo», sottoscritto il 30 ed il 31 dicembre 2014 tra le amministrazioni statali competenti e la regione Campania.
  Infine, il dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, interessato al riguardo, informa che nella stessa DGR, la giunta ha deliberato di confermare, in ogni caso, la rilevanza e la strategicità dell'intervento in questione ai fini del finanziamento, in via successiva, nell'ambito della programmazione unitaria 2014-2020.
  Per quanto riguarda, poi il 2o stralcio del 1o lotto Mercato San Severino-Fratte, l'ANAS ha fatto presente che l'intervento è previsto nella propria programmazione degli investimenti tra le opere prioritarie da avviare nel prossimo futuro, non appena disponibili le necessarie risorse finanziarie.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e DE LORENZIS. — Al Ministro della difesa, Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Alitalia Maintenance Systems S.p.A. (AMS), è un'azienda leader in Italia nella manutenzione, revisione e riparazione dei motori degli aeromobili e dei componenti aeronautici. In origine un ramo aziendale di Alitalia, pur con la loro separazione e privatizzazione hanno sempre mantenuto un rapporto simbiotico e di interdipendenza. Infatti, in occasione della nascita della nuova Alitalia (CAI), le due aziende sottoscrivevano un contratto in base al quale Alitalia avrebbe fornito ad AMS la revisione dei propri motori. Questo però ha comportato che la crisi di Alitalia, e il conseguente ridimensionamento del suo parco aerei, si ripercuotesse inevitabilmente sulla stessa AMS;
   per la suesposta ragione attualmente AMS attraversa uno stato di crisi profonda certificato dall'attivazione della procedura di concordato preventivo, presentata presso il tribunale di Roma in data 7 novembre 2013, e da un piano di risanamento che prevede tagli pesanti al personale. Al momento l'organico aziendale è di 324 addetti, di cui circa 270 sottoposti al regime di cassa integrazione. Il nuovo piano industriale, inoltre, prevede un forte ridimensionamento dell'organico che dovrebbe passare a non più di 120 operai;
   le sorti pertanto dell'azienda sono fortemente legate a quelle di Alitalia su cui in queste settimane alta è l'attenzione mediatica per il suo probabile accordo con Etihad, che avrebbe il pregio di risolvere i problemi finanziari della compagnia di bandiera italiana e di tutelare i posti di lavoro dei suoi addetti. Nessuno sembra all'opposto preoccuparsi della crisi di una realtà industriale altamente tecnologica ed innovativa per il trasporto aereo come AMS che rischia la chiusura per mancanza di commesse;
   risulta, all'interrogante che i motori degli aerei e delle navi e i componenti aeronautici e navali delle forze armate italiane vengono revisionati e riparati, direttamente o indirettamente, da aziende non italiane o comunque all'estero;
   se tale ipotesi fosse confermata, non solo desterebbe preoccupazione, per ovvie ragioni di sicurezza nazionale, ma rappresenterebbe uno schiaffo per le numerose imprese, come AMS, che rischiano la chiusura facendo così perdere al nostro Paese un fondamentale e prezioso patrimonio di conoscenze e competenze in un comparto industriale, quella della motoristica aeronautica, su cui per anni l'Italia ha avuto un ruolo di primo piano nel mondo;
   sarebbe pertanto auspicabile che la revisione e la riparazione dei motori dei nostri aerei ed aeroderivati e comunque di tutti i nostri velivoli militari fosse eseguita da aziende italiane non per antiquate ragioni nazionalistiche ma per comprensibili motivi di sicurezza nazionale, di sviluppo ed implementazione delle nostre conoscenze e tecnologie nel settore dell'aeronautica e di salvaguardia dei livelli occupazionali –:
   se i Ministri interrogati siano edotti sulle circostanze rappresentate in premessa;
   se corrisponda al vero che i motori degli aeromobili appartenenti alle forze armate italiane siano attualmente revisionati e riparati, direttamente o indirettamente, da aziende non italiane e comunque all'estero;
   se i Ministri non ritengano, nei limiti delle proprie attribuzioni, di porre in essere ogni opportuna azione affinché tali attività manutentive vengano svolte da aziende italiane o comunque in territorio italiano al fine di garantire la sicurezza nazionale, salvaguardare i livelli occupazionali e il patrimonio tecnologico e di conoscenze delle nostre aziende e dei nostri lavoratori. (4-04507)

  Risposta. — Gli organi tecnici dell'amministrazione militare hanno stipulato contratti di revisione, manutenzione e supporto tecnico per 15 tipologie di motori, 10 dei quali assegnati a ditte italiane, ricorrendo i presupposti normativi per il ricorso alla procedura negoziata.
  Per ulteriori 5 motori, nel rispetto della normativa vigente, sono state esperite gare in ambito Unione Europea (UE) e in ambito World Trade Organization (WTO); due sono state aggiudicate a ditte italiane, due a ditte straniere nonostante la partecipazione di concorrenti ditte italiane risultate non vincitrici, la quinta non è stata ancora aggiudicata.
  Per un tipo di motore montato sul velivolo B 1150 ATLANTIC, l'attività di revisione e manutenzione è stata affidata a una ditta straniera, nel rispetto dell'impegno contrattuale assunto con l'acquisizione del velivolo stesso.
  Per alcuni velivoli militari (12 tipologie) non è previsto il ricorso al supporto separato del motore, essendo tale attività contemplata nel contratto di supporto omnicomprensivo (del tipo contratto di supporto logistico «chiavi in mano»), stipulato necessariamente con la ditta fornitrice del sistema, responsabile «in toto» del velivolo, la quale non sempre ricorre a ditte italiane per la manutenzione e revisione dei relativi motori.
  Più in generale, per quello che riguarda le procedure di gara in ambito Unione Europea, è noto che un'impresa registrata nella UE ha diritto a partecipare alle gare per l'aggiudicazione di appalti pubblici in altri paesi dell'Unione; il diritto comunitario, per garantire condizioni eque di concorrenza in tutta l'Europa, stabilisce norme minime armonizzate che, recepite nel diritto nazionale, si applicano agli appalti il cui valore monetario supera un certo importo.
  Ad ogni buon conto, si sottolinea che il ricorso alla procedure di gara per la manutenzione dei velivoli militari rappresenta l'adempimento di un obbligo di legge derivante dal combinato disposto del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, di recepimento della direttiva europea 2009/81/CE in materia di affidamento dei contratti pubblici nel settore della difesa e sicurezza nazionale, e del decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 49, recante il regolamento di attuazione.
  Si tratta di norme che consentono deroghe per ragioni di sicurezza nazionale, non genericamente motivate ma ben circostanziate, tali da giustificare la ricorrenza della cosiddetta escape clause di cui all'articolo 346 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), del quale la Commissione europea ha sempre fornito un'interpretazione molto restrittiva.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   LAINATI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'adozione di provvedimenti di spending review e di razionalizzazione il Ministero della difesa ha ipotizzato di trasferire in altra sede il comando della compagnia di carabinieri di Sarzana;
   dal comando di compagnia dipendono il nucleo radiomobile, ossia l'unità di pronto intervento in servizio ventiquattro ore su ventiquattro per ogni tipo di emergenza, ed il nucleo operativo, che rappresenta il principale strumento di investigazione dell'Arma dei carabinieri in funzione di prevenzione e repressione delle attività criminose;
   dal comando di compagnia è dipendente anche la centrale operativa del 112 che attualmente da Sarzana coordina l'attività di tutti gli equipaggi delle pattuglie dei carabinieri;
   con la soppressione (o destinazione ad altra sede) della compagnia carabinieri di Sarzana si determinerebbe il venire meno della presenza di componenti essenziali per il controllo del territorio e per il contrasto dei fenomeni di criminalità che da tempo allarmano la cittadinanza;
   fino ad oggi, grazie alla abnegazione dei militari dell'Arma, nonostante le sempre più risicate dotazioni di mezzi e uomini, il nucleo radiomobile di Sarzana ha assicurato la costante presenza di mezzi di pronto intervento in servizio di pattuglia sul territorio con risultati di sicuro rilievo in termini di prevenzione e repressione dei reati, di soccorso ai cittadini e di concreta e tangibile presenza delle forze dell'ordine sul territorio;
   la compagnia carabinieri di Sarzana assicura la presenza di pattuglie in servizio radiomobile sull'intero territorio dei comuni di Calice al Cornoviglio, Follo, Bolano, Vezzano Ligure, S. Stefano di Magra, Arcola, Ameglia, Sarzana, Castelnuovo Magra, Ortonovo, Lerici –:
   se il Governo non abbia verificato ogni possibilità alternativa al fine di scongiurare un altrimenti inevitabile impatto sulla sicurezza dei cittadini di Sarzana e del territorio circostante soprattutto considerando che la tutela della sicurezza dei cittadini è obiettivo prioritario e non negoziabile. (4-04369)

  Risposta. — L'Arma dei carabinieri, nell'ambito del processo di razionalizzazione e di ottimizzazione del dispositivo territoriale, valuta periodicamente la distribuzione dei propri presidi, privilegiando le aree maggiormente interessate da problematiche di sicurezza con una loro mirata ricollocazione, in piena sintonia con le altre Forze di polizia.
  In tale ottica, il gruppo di lavoro costituito presso il dipartimento di pubblica sicurezza ha ipotizzato il trasferimento della compagnia Carabinieri di Sarzana al comune di Levanto – attualmente sede di comando Stazione – e la riarticolazione del dispositivo provinciale di La Spezia.
  Tali provvedimenti, attualmente al vaglio dei comandi dell'arma territorialmente competenti, sono stati oggetto di una approfondita analisi che tiene conto di parametri riferiti alla popolazione, alla delittuosità, agli aspetti di carattere infrastrutturale e logistico e alla mobilità, senza pregiudicare l'efficienza della componente territoriale delle Forze di polizia, né la sicurezza dei cittadini che, nel caso specifico, continuerebbe a essere garantita dal nuovo assetto territoriale.
  Si rappresenta che, come comunicato dal comando generale dell'Arma dei carabinieri, prima di prendere una decisione definitiva verranno esplorate soluzioni alternative che consentano comunque di conseguire l'obiettivo di contenimento della spesa.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   LAVAGNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende il gruppo Alitalia ha annunciato che, dal 1° ottobre 2014, nell'ambito di un'ampia riorganizzazione conseguente all'accordo con la società Etihad, cancellerà, per quanto riguarda lo scalo di Torino-Caselle, tutti i collegamenti operanti ad eccezione di quelli su Roma e Tirana;
   l'aeroporto «Sandro Pertini» non sarà più collegato con i seguenti scali nazionali: Alghero, Bari, Catania, Lamezia, Napoli, Palermo e Reggio Calabria;
   la decisione di Alitalia rischia di frenare un trend positivo per l'aeroporto che, a luglio 2014, ha fatto registrare un incremento del 16,5 per cento del traffico passeggeri contro una media nazionale del 4,2 per cento. Nel mese di agosto l'incremento è stato del 12,7 per cento;
   nei primi otto mesi dell'anno 2014 c’è stato un progresso del 9,1 per cento anche grazie alla performance dei voli internazionali;
   il traffico complessivamente generato dalle tratte cancellate da Alitalia supera, su base annua, il mezzo milione di passeggeri;
   Sagat, la società gestrice dello scalo piemontese, informa in una nota indirizzata alla Regione, che le rotte da Torino verso il Sud Italia registrano costantemente altissimi coefficienti di riempimento dei voli e rappresentano una potenzialità per altri vettori;
   il depotenziamento dello scalo da parte della compagnia Alitalia risulta essere inoltre particolarmente dannoso per le attività economiche legate alle attività produttive e turistiche presenti nella Regione Piemonte –:
   se le iniziative sopra esposte fossero state annunciate in sede di acquisizione di Alitalia e se intenda acquisire elementi per assicurare il mantenimento dei collegamenti dall'aeroporto di Torino verso le destinazioni nazionali sopracitate.
(4-05935)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, circa i collegamenti aerei nello scalo di Torino Caselle, occorre premettere che il mercato del trasporto aereo trova a livello comunitario la propria disciplina nel Regolamento n. 1008/2008 del 24 settembre 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante norme comuni per le prestazioni di servizi aerei nella comunità.
  In base a tale regolamento, che si pone come finalità quella di governare in modo uniforme il graduale e progressivo processo di liberalizzazione del trasporto aereo attraverso la definizione di regole certe e comuni a tutti gli operatori del settore, i vettori titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata da uno Stato membro dell'Unione europea hanno la possibilità di scegliere le rotte sulle quali operare e di fissare le tariffe aeree per il trasporto passeggeri e merci.
  In altri termini, le compagnie aeree godono di piena autonomia nel determinare le proprie scelte concernenti tipologie, modalità e frequenze, secondo la rispettiva convenienza economica e commerciale; pertanto, non sono possibili interventi da parte dell'amministrazione tesi ad influenzare le scelte operate dalle singole imprese.
  Per quanto riguarda, invece, i collegamenti aerei operati in regime di oneri di servizio pubblico tra il capoluogo piemontese e Alghero e Reggio di Calabria, è opportuno precisare quanto segue.
  Sulla tratta Alghero-Torino Caselle e viceversa, risultano ancora imposti oneri di servizi pubblico; in particolare, il finanziamento degli oneri relativi ai collegamenti con la Sardegna è interamente a carico della regione Sardegna, in applicazione dell'articolo 1, comma 837, della legge finanziaria per l'anno 2007, e successivo protocollo di intesa del 7 settembre 2010 fra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ENAC e regione Sardegna.
  Ad oggi detto collegamento è operato dal vettore Meridiana Fly in regime onerato senza compensazione finanziaria.
  Mentre, per la rotta Reggio Calabria-Torino Caselle e viceversa, si informa che il 12 febbraio 2014, su richiesta della regione Calabria, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto a far cessare gli effetti del decreto ministeriale del 23 marzo 2011 che imponeva oneri di servizio pubblico su tale rotta, al fine di renderne libero il mercato.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   MARCOLIN e ATTAGUILE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 30 dicembre scorso, sulla statale 121 Palermo-Agrigento, si è verificato un cedimento di circa 3 metri di strada a ridosso del viadotto Scorciavacche, su un tratto di 1,3 chilometri inaugurato il 23 dicembre 2014;
   il crollo è avvenuto una settimana soltanto dopo l'inaugurazione dell'opera e ha lasciato sconcertati e preoccupati per la propria sicurezza e incolumità i cittadini che regolarmente attraversano la strada;
   in conseguenza del crollo del viadotto, che era stato ultimato con anticipo di tre mesi rispetto al cronoprogramma dei lavori, è stata ordinata la chiusura al traffico della statale 121 «Catanese», nel tratto compreso tra il chilometro 226 e il chilometro 227, nei pressi di Mezzojuso, con deviazione del traffico veicolare sulla strada provinciale 55;
   la procura di Termini Imerese ha sequestrato l'area, affidando una consulenza tecnica ai periti; la variante sulla strada statale 121, costata all'ANAS spa 13 milioni di euro, costituisce un passo importante verso la realizzazione dell'intero itinerario, che è strategico per tutta la Sicilia, perché costituisce l'unico collegamento diretto tra le province di Palermo e Agrigento;
   occorre salvaguardare l'incolumità delle migliaia di cittadini che giornalmente percorrono quella strada, già oggetto di numerosi incidenti nel corso degli anni, molti dei quali mortali;
   occorre un'apposita inchiesta da parte del Ministro interrogato, nei confronti dell'ANAS spa e della ditta costruttrice, al fine di accertare in tempi rapidi, quali siano i motivi dello sprofondamento avvenuto sul tratto stradale interessato e verificare la procedura dell'appalto, dei lavori eseguiti e dei collaudi che, evidentemente, non sono stati adeguatamente compiuti;
   secondo gli ingegneri responsabili dell'esecuzione dell'opera del consorzio Bolognetta scpa, ditta costruttrice dell'opera, il viadotto sarebbe crollato a causa di un cedimento del terreno di fondazione del corpo stradale con innesco di uno scivolamento verso valle di parte del rilevato;
   da notizie emerse in data 6 gennaio 2015 su «il Giornale» parrebbe che tra le ditte partecipanti al consorzio c’è anche chi abbia avuto già in passato controversie legali in seguito all'esecuzione di taluni lavori;
   il presidente dell'Anas, Pietro Ciucci, eseguendo una ricognizione nei luoghi interessati all'infrastruttura, ha confermato che il cedimento è stato conseguenza di un errore di progettazione o esecuzione dell'opera e ha annunciato l'avvio di un'inchiesta interna per individuare i responsabili, definendo «grave» l'accaduto e annunciando che il danno è quantificato in 200 mila euro e che la strada verrà ripristinata dalla società che ha eseguito i lavori con risorse proprie –:
   se il Ministro abbia messo in atto tutte le azioni opportune al fine di fare luce su quanto accaduto lungo la strada statale 121 «Catanese», nel tratto compreso tra il chilometro 226 e il chilometro 227, e individuare i veri responsabili;
   se sul tratto del terreno interessato dal crollo fossero state effettuate adeguate indagini geologiche e geotecniche;
   se allo stato attuale sia garantita l'incolumità delle migliaia di cittadini che giornalmente percorrono quella strada;
   se il Ministro intenda procedere in tempi celeri al ripristino della viabilità ordinaria nel tratto di strada che collega le province di Palermo e Agrigento;
   quali provvedimenti si intendano adottare per prevenire il verificarsi in futuro di simili inaccettabili situazioni che mettono a rischio la vita dei cittadini e recano sconcerto sui sistemi di approvazione e controllo della realizzazione delle opere pubbliche nel Paese. (4-07474)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In via preliminare, si evidenzia che il cedimento del rilevato stradale sulla strada statale 121 «Catanese» non attiene ad alcun cedimento strutturale del viadotto Scorciavacche 2 né deve essere posto in relazione ai problemi strutturali che hanno riguardato negli ultimi anni altri viadotti appartenenti alla rete stradale siciliana di competenza ANAS.
  Il cedimento è avvenuto su un tratto di rilevato stradale posto immediatamente a tergo della spalla del viadotto in questione, di recente costruzione da parte del contraente generale Bolognetta s.c.p.a, costituito dalle imprese CMC, Tecnis e CCC, realizzato nell'ambito dei lavori di ammodernamento del tratto Palermo-Lercara Friddi, lotto funzionale dal chilometro 14,4 al chilometro 48,0, dell'itinerario Palermo-Agrigento.
  Sebbene il tratto stradale fosse stato aperto al traffico, in via provvisoria, il giorno 23 dicembre 2014, il cedimento del rilevato è avvenuto nei primi giorni di gennaio 2015, in un momento in cui la circolazione stradale era già stata interdetta da ANAS; infatti, come la stessa società ha riferito, il 30 dicembre 2014 il proprio personale tecnico intervenuto sul posto nell'ambito delle ordinarie attività di sorveglianza e monitoraggio della rete in esercizio, accertava un avvallamento anomalo nella zona di rilevato di accesso al viadotto, lato Palermo, situato a circa 20 metri dal giunto dello stesso.
  La circolazione stradale, a valle della chiusura al traffico del tratto della strada statale 121 interessata dal cedimento, è stata comunque garantita dalla deviazione sull'adiacente strada provinciale 55-
bis.
  Pertanto, non si sono verificate situazioni di reale pericolo per gli utenti della strada ma, naturalmente, questo non esime dal rilevare l'anomalia di quanto accaduto.
  E infatti, i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno provveduto a istituire, il successivo 5 gennaio, una apposita commissione ispettiva ministeriale finalizzata alla ricostruzione dell'accaduto, alle verifica delle cause e alla individuazione delle responsabilità.
  La commissione ispettiva sta operando parallelamente alla commissione d'inchiesta nominata dall'ANAS e dal consulente tecnico d'ufficio nominato dalla procura di Termini Imerese.
  Lo scorso 12 gennaio, la commissione ministeriale ha effettuato un sopralluogo sull'area in questione, sottoposta a sequestro dal 4 gennaio, alla presenza dei Carabinieri, del personale ANAS e del contraente generale; ha quindi iniziato l'esame della documentazione consegnata da ANAS, dalla quale emerge – per ora – che le indagini geognostiche preventive sono state eseguite. Rimane ancora da accertare se tali indagini siano state svolte correttamente e se siano state sufficienti.
  Le responsabilità amministrative saranno prontamente registrate e perseguite, nella piena consapevolezza della serietà delle problematiche sollevate dall'episodio oggetto dell'interrogazione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   MARIANI, BRAGA, BORGHI, BRATTI, MORASSUT, TINO IANNUZZI, MAZZOLI, MANFREDI, DALLAI, REALACCI, NARDI, PIAZZONI, GINOBLE e COMINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane si è riacceso un dibattito molto teso sui temi inerenti al disagio abitativo ed in particolare sulla mancata proroga degli sfratti per finita locazione e per determinate categorie;
   la mancata reiterazione dell'ultima proroga degli sfratti, disposta al 31 dicembre 2014 con il decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, ha generato un ampio malcontento, portando gli assessori delle principali città e le associazioni di categoria degli inquilini a delineare un quadro molto preoccupante per i soggetti interessati dalla scelta operata dal Governo;
   a questo proposito a seguito di un appello molto forte degli assessori alle politiche abitative delle tre grandi città di Roma, Milano e Napoli, rivolto al Governo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lupi incontrando il presidente dell'Anci Fassino ha garantito attenzione massima alle tematiche e l'erogazione della seconda tranche di 100 milioni di euro del fondo affitti attraverso un decreto di riparto che tenga conto dei criteri che la Conferenza unificata dovrà definire, anche tenendo conto delle emergenze delle città direttamente interessate;
   si è anche concordata la costituzione di una sede permanente tecnica di monitoraggio, a cui far partecipare i rappresentanti di Anci, delle regioni e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla problematica più ampia del disagio abitativo al fine di verificare l'efficacia delle misure già adottate, di definire ulteriori soluzioni e di monitorare l'attuazione del complesso di misure approntate, incluse quelle sulla riqualificazione degli immobili di edilizia popolare al momento sfitti e per i quali sono stati stanziati 400 milioni di euro;
   allo stato attuale mancano ancora alcuni dei decreti attuativi previsti dalle ultime norme approvate dal Parlamento senza i quali risulta rallentata l'applicazione di provvedimenti innovativi a vantaggio della risoluzione dei problemi di emergenza abitativa;
   per la rapida attuazione delle misure previste è fondamentale il coordinamento con regioni e comuni e la corrispondente restituzione concreta dei provvedimenti nei territori –:
   quali siano gli effetti prodotti dalle misure introdotte dal 2013 ad oggi attraverso i numerosi provvedimenti attivati nel tentativo di dare una risposta alla crisi abitativa anche con il coordinamento e con le azioni di regioni, comuni ed Erp ed in particolare:
    a) in riferimento al monitoraggio delle procedure mancanti complessivamente considerate;
    b) in riferimento alle ripartizioni del fondo affitti (legge n. 431 del 1998) dopo l'importante immissione di risorse da parte dello Stato centrale, fatte dai decreti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti regione per regione;
    c) in riferimento alla ripartizione del fondo per inquilini morosi incolpevoli (decreto-legge n. 102 del 2013);
    d) sui provvedimenti esecutivi di sfratto e delle richieste di esecuzione di sfratti eseguiti per provincia;
    e) sull'efficacia della misura della cedolare secca in particolare per i contratti locazione a canone concordato;
    f) sulle procedure di alienazione degli immobili Erp;
    g) sul programma nazionale di recupero degli immobili Erp con risorse derivanti dall'alienazione di immobili.
(4-07610)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame occorre premettere che, sin dal suo insediamento, il Governo ha avvertito la necessità di attivarsi sul fronte del disagio abitativo.
  Si osserva, preliminarmente, che questa materia è da tempo delegata alla legislazione regionale e – soprattutto – all'azione che sul territorio svolgono i comuni, che sono gli unici organi in grado di fare quelle politiche sociali che richiedono una conoscenza e interventi quasi «caso per caso».
  Questo comunque non ha significato un disimpegno centrale, come spesso accaduto in passato.
  E infatti, dall'agosto 2013 ad oggi, questo ministero ha assunto una serie molto corposa di misure per dare concretezza al diritto all'abitazione, sia in proprietà che in affitto.
  Dai dati in possesso di questa amministrazione risulta che siano state reperite risorse complessive pari a 2,6 miliardi di euro da destinare al settore (1.401 milioni di euro di nuove risorse assegnate; 1.285 milioni di euro di defiscalizzazioni) nonostante la ben nota situazione della finanza pubblica: da molti anni non si registrava da parte del governo centrale uno sforzo di queste proporzioni. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in ogni caso, non ritiene questo risultato come definitivo e intende proseguire nella promozione di misure amministrative, e se necessario anche legislative, a sostegno del settore.
  Più in particolare, con riferimento alle procedure in corso, si segnala quanto segue.
  Il provvedimento di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 47 del 2014, relativo alle vendite di alloggi di Edilizia residenziale pubblica, per il quale lo scorso dicembre è stata raggiunta l'intesa in Conferenza Stato regioni, dopo un costruttivo confronto con le regioni e gli enti locali, è alla firma delle amministrazioni cointeressate (Mef e Ministero affari regionali). Detto provvedimento prevede una disciplina semplificata per le vendite di alloggi di edilizia residenziale pubblica con una duplice finalità:
   efficientamento delle gestioni, e quindi vendita preferenziale di alloggi che comportano/alti oneri di gestione e manutenzione;
   incentivo all'acquisto da parte degli assegnatari (concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti per l'acquisto da parte dei conduttori).

  Il decreto prevede, altresì, particolari misure a tutela degli assegnatari che non intendono acquistare l'alloggio offerto in vendita.
  L'articolo 4 del decreto-legge n. 47 del 2014 relativo al programma di recupero e razionalizzazione di immobili e alloggi Erp, è stato finanziato per 467,9 milioni di euro dalla legge di stabilità 2015. Il provvedimento è mirato a intervenire sugli immobili inutilizzati che necessitano di adeguamenti e di riqualificazione, anche di piccola entità, e realizzabili in breve tempo. Il relativo decreto attuativo, per il quale lo scorso dicembre è stata raggiunta l'intesa in conferenza Stato Regioni, anche in questo caso con la fattiva collaborazione delle regioni e degli enti locali, è in corso di perfezionamento per la raccolta delle firme delle varie amministrazioni centrali coinvolte.
  Per quanto riguarda, poi, il Fondo affitti (Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione articolo 11, legge n. 431 del 1998) è stato incrementato complessivamente per 200 milioni di euro:
   il primo finanziamento è di 100 milioni di euro (50+50) per gli anni 2014 e 2015 (articolo 6 del decreto-legge n. 102 del 2013);
   il fondo è stato poi ulteriormente finanziato per ulteriori 100 milioni di euro complessivi negli anni 2014 e 2015 (articolo 1 del decreto-legge n. 47 del 2014).

  In particolare, in merito alla ripartizione delle risorse per il 2015, lo scorso 22 gennaio è stata raggiunta l'intesa in sede di Conferenza unificata su una distribuzione di 100 milioni di euro. Una quota massima fino al 25 per cento di dette risorse è stata specificatamente riservata a favore dei conduttori, appartenenti a categorie sociali particolarmente deboli, che hanno goduto fino al 31 dicembre 2014 della proroga della sospensione degli sfratti.
  Quanto al Fondo di sostegno per gli inquilini morosi incolpevoli istituito, per volontà di questo Governo, con decreto-legge n. 102 del 2013, sono state previste le seguenti risorse:
   40 milioni di euro (20+20) per ciascuno degli anni 2014 e 2015 (articolo 6 del decreto-legge n. 102 del 2013);
   rifinanziamento, con un incremento complessivo di 179,82 milioni di euro per gli anni 2014-2020 (15,73 milioni 2014 – 12,73 milioni 2015 – 59,73 milioni 2016 – 36,03 milioni 2017 – 46,1 milioni 2018-2019 e 9,5 milioni 2020, articolo 1 del decreto-legge n. 47 del 2014).

  In particolare, in merito alla ripartizione delle risorse per il 2015, lo sorso 22 gennaio è stata raggiunta l'intesa in sede di Conferenza unificata.
  Circa, poi, i provvedimenti esecutivi di sfratto esistono, come è noto, due grandi categorie: morosità e finita locazione.
  Per fornire un parametro quantitativo, i provvedimenti esecutivi emessi nel 1o semestre 2014 ammontano a circa 40.000, dei quali meno di 3.000 per finita locazione.
  È dunque evidente che la sospensione disposta dal 2007 e rinnovata fino al 31 dicembre 2014 non solo non rappresenta la soluzione, ma neanche una efficace misura tampone, rispetto alle vere problematiche prodotte oggi dall'acuto disagio abitativo. Essa, al contrario, perpetuerebbe una serie di ingiustificate discriminazioni in quanto, fra l'altro, continuerebbe a tutelare gli appartenenti ad alcune categorie socialmente molto deboli ma solo se colpiti da sfratto per finita locazione, trattando invece in maniera differente gli appartenenti alle medesime categorie se colpiti da sfratto per morosità (peraltro molto più numerosi).
  Per quanto riguarda gli sfratti per morosità, che rappresentano invece una delle maggiori criticità, il decreto-legge n. 102 del 2013, istitutivo del citato fondo, ha previsto, per venire incontro alle tante famiglie che a causa della crisi economica si sono trovate nella condizione di non poter far fronte al pagamento dei canoni di locazione, la cosiddetta «morosità incolpevole» istituendo un apposito fondo che – se ben utilizzato – rappresenterà la vera misura di prevenzione del grave fenomeno degli sfratti, e che, una volta superata con successo questa iniziale fase di avvio, potrà essere opportunamente rifinanziato.
  Infatti, il decreto Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14 maggio 2014 istituisce una nuova disciplina elencando, tra l'altro, le cause che determinano la «non colpevolezza» dell'inquilino; perdita del lavoro per licenziamento; accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell'orario di lavoro; cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità reddituale; mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente; malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato o la consistente riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell'impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali. Per queste categorie particolari di conduttori si prevede che le prefetture-uffici territoriali del Governo adottino misure di graduazione programmata dell'intervento della forza pubblica nell'esecuzione dei provvedimenti di sfratto, per un coordinamento con le misure di sostegno attive.
  Per quanto concerne l'ulteriore quesito sull'efficacia della misura della cedolare secca, in particolare per i contratti di locazione a canone concordato, si segnala quanto segue.
  L'aliquota è stata ridotta dall'articolo 4 del decreto-legge n. 102 del 2013 di quattro punti percentuali, dal 19 per cento al 15 per cento, per poi essere ulteriormente ridotta dall'articolo 9 del decreto-legge n. 7 del 2014, per il quadriennio 2014-2017, di altri cinque punti percentuali, e fissata al 10 per cento.
  Tali misure hanno determinato una immediata risposta del mercato libero delle locazioni; infatti, da primi dati forniti dall'Agenzia delle entrate emergono, nel periodo 2011-2014, sia un trend positivo del numero dei contratti di locazione (+33,3 per cento) che un incremento significativo del numero dei contratti di locazione nonché del numero dei contratti con opzione cedolare secca. Inoltre, la percentuale dei contratti a canone concordato è passata dall'incidenza media del 15,4 per cento a quella del 20,2 per cento.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   MOSCATT. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 6° concorso per AUFP bandito dall'Esercito italiano ha selezionato nei settori dell'ingegneria delle telecomunicazioni, della chimica, della meccanica, dell'elettronica e dell'ingegneria civile, laureati che sono risultati in possesso delle competenze e delle attitudini per essere reclutati;
   il numero degli idonei è più ampio rispetto al numero dei vincitori, pur risultando la situazione complessiva circoscritta a piccoli numeri;
   esistono norme di legge che consentono di mantenere aperte le graduatorie a favore degli idonei –:
   se nel caso di specie il Ministero della difesa intenda adottare il criterio dell'esaurimento degli idonei attraverso il reclutamento degli stessi in tempi successivi o considerare non più utile per il futuro il requisito dell'idoneità conseguito dai partecipanti al concorso sopraindicato;
   se ritenga utile, tenendo conto della difficoltà che incontrano anche i giovani qualificati a collocarsi nel mondo di lavoro, comunicare agli interessati la decisione che intende assumere. (4-06446)

  Risposta. — L'istituto dello scorrimento delle graduatorie concorsuali, relativamente al personale militare, è previsto dal Codice dell'ordinamento militare (COM), di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  In particolare, l'articolo 643 prevede la facoltà per l'amministrazione militare, nel caso in cui taluni posti messi a concorso restino scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, di procedere ad altrettante nomine entro un anno dalla data di approvazione della graduatoria e salvo diverse disposizioni del Codice, secondo l'ordine della graduatoria stessa e fermo restando l'accertamento dell'ulteriore possesso dei requisiti previsti.
  Lo stesso articolo precisa, inoltre, che nei concorsi per la nomina a ufficiale o sottufficiale in servizio permanente, qualora risultino scoperti alcuni posti messi a concorso per rinuncia o decadenza, entro trenta giorni dalla data di inizio dei corsi, possano essere autorizzate altrettante ammissioni ai corsi stessi, secondo l'ordine della graduatoria.
  Ne consegue, pertanto, che lo scorrimento della graduatoria non costituisce la regola generale del reclutamento militare, bensì un istituto rimesso alla discrezionalità dell'amministrazione che, qualora intenda avvalersene, può farlo solo con motivata determinazione ministeriale.
  In particolari procedure concorsuali nelle quali parte determinante del punteggio finale è legato a valutazioni psico/fisiche o caratterizzate da limiti di carattere anagrafico, la facoltà discrezionale concessa all'amministrazione può manifestarsi attraverso una valutazione comparativa tesa alla scelta della soluzione migliore tra indire un nuovo concorso o avvalersi degli idonei presenti nelle graduatorie.
  In conclusione, con specifico riferimento alla procedura concorsuale richiamata dall'interrogante, si sottolinea che la stessa è risultata costo efficace e aderente agli obiettivi reclutativi della forza armata; in ragione di ciò, la stessa forza armata ha ritenuto di dover confermare la validità del principio generale della non applicabilità dell'istituto dello scorrimento delle graduatorie.
  Riguardo alla possibilità di comunicare agli interessati le eventuali decisioni dell'amministrazione, si fa presente che nelle procedure concorsuali, considerato l'alto numero dei partecipanti, la pubblicità viene assicurata attraverso la consueta pubblicazione di comunicazioni e/o bandi concorsuali in
Gazzetta Ufficiale.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   NACCARATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione nazionale ex internati (in seguito ANEI) è un ente morale dei reduci dai lager nazisti istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 403 del 12 aprile 1948, con sede centrale in Roma ed è articolata sul territorio nazionale in Federazioni provinciali e sezioni comunali;
   ha per scopo l'assistenza morale e materiale degli ex internati in Germania o altrove dopo l'8 settembre 1943 e cura la memoria dei caduti nei lager con cerimonie commemorative in tutto il territorio nazionale;
   l'associazione promuove ricerche e studi per approfondire la conoscenza dei lager, dei luoghi di lavoro, dei personaggi e della vita dei campi di concentramento e, per divulgarne l'informazione, interviene nelle scuole e nei convegni per l'illustrazione dell'internamento;
   inoltre colleziona ed espone reperti appartenuti agli ex internati nelle diverse sedi provinciali al fine di diffondere la conoscenza delle tragiche vicende che segnarono la storia della nostra Repubblica dopo l'8 settembre 1943 e cura pubblicazioni sull'internamento e la deportazione e il bollettino trimestrale «Noi dei Lager»;
   l'ANEI dagli anni ’50 cura e detiene il Museo storico dell'internamento a Padova che si trova accanto al Tempio dell'Internato Ignoto, che raccoglie una vasta serie di reperti utili a ricostruire e diffondere la storia dell'internamento, che è stato equiparato, per importanza, ai sacrari militari;
   l'associazione vive grazie al lavoro volontario dei suoi iscritti che sopperiscono con grande generosità al la sistematica riduzione dei fondi degli ultimi anni nonostante l'importante funzione culturale svolta dall'associazione;
   lo scorso 25 giugno 2014, l'ANEI è stata convocata a Roma per un incontro, tenutosi a Palazzo Salviati, insieme alle associazioni combattentistiche e d'arma alla presenza del Sottosegretario alla difesa, Domenico Rossi;
   il Sottosegretario, appresa la natura e la mole dell'attività dell'associazione si è detto interessato a conoscere meglio questa realtà e ha chiesto copia della documentazione prodotta dalla stessa;
   nel 2008, al fine di ricostruire una comune cultura della memoria sulle vicende della seconda guerra mondiale, è nata una Commissione italo-tedesca costituita da dieci storici con il compito di occuparsi del passato di guerra e in particolare del destino degli internati;
   la Commissione ha presentato un articolato rapporto sullo stato della costruzione di tale memoria esprimendo alcune raccomandazioni tra cui l'istituzione di luoghi della memoria in Germania e in Italia che ricordino il tragico destino degli internati;
   nel corso degli ultimi due anni, in previsione della commemorazione del 70° anniversario della Resistenza e della Guerra di Liberazione, l'ANEI ha fatto richiesta affinché il museo storico dell'internamento di Padova potesse divenire il luogo deputato ad assolvere il compito individuato dalla Commissione stessa;
   parallelamente l'associazione ha inoltrato domanda per l'assegnazione di fondi per organizzare le celebrazioni del detto anniversario;
   in nessuno dei due casi l'ANEI ha ottenuto risposta affermativa essendo stato individuato l'immobile sede dell'associazione Associazione nazionale reduci dalla prigionia (ANRP) sito in via Labicana a Roma, come il luogo deputato a divenire il Museo, peraltro virtuale, della memoria ed essendo stata applicata nell'assegnazione dei fondi una palese disparità –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali siano le ragioni di una simile disparità di trattamento tra le associazioni indicate;
   quali atti di competenza intenda porre in essere per correggere eventuali errori di valutazione e valorizzare a pieno lo storico museo dell'internamento di Padova e l'attiguo tempio dell'internato ignoto. (4-06055)

  Risposta. — La vicenda degli Internati militari italiani (IMI) è stata oggetto di interesse da parte dei governi di Italia e di Germania in occasione del vertice tenutosi a Trieste nel novembre 2008, quando fu istituita la Commissione richiamata dall'interrogante, composta da dieci storici italiani e tedeschi con lo scopo di «occuparsi del passato di guerra italo-tedesco e in particolare del destino degli internati italiani deportati» nei territori del Terzo Reich nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell'armistizio.
  La Commissione, nella relazione redatta a conclusione dei lavori, ha evidenziato la necessità di istituire in Germania, a Berlino presso il quartiere Niederschoneweide, un museo della memoria per gli IMI e, parallelamente, in Italia, auspicando, altresì, che «il Governo italiano crei a Roma un adeguato luogo della memoria», quale centro di studi e di scambio storico-scientifico tra i due paesi.
  La scelta di realizzare il museo a Roma esula dalle competenze del dicastero, così come l'assegnazione di fondi per progetti finalizzati alla celebrazione del 70o anniversario della Resistenza e della Guerra di liberazione.
  In particolare, l'articolo 1, comma 272 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)» ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo pari a 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, destinato a finanziare «le iniziative promosse dalla Confederazione italiana fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane».
  Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 agosto 2014, sono state definite le condizioni e le modalità per l'utilizzo di tale fondo, individuando una procedura di valutazione, di selezione e di finanziamento delle iniziative, al fine di assicurare la correttezza, l'imparzialità e la trasparenza dell'azione amministrativa.
  Le istanze ammesse saranno esaminate da una apposita commissione giudicatrice e l'erogazione del finanziamento sarà a cura della «Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale», istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Per quanto concerne, invece, la valorizzazione del «museo dell'internamento di Padova», si fa presente che la Difesa, a seguito delle esigenze rappresentate dall'Associazione Nazionale Ex Internati (ANEI) nell'istanza dello scorso 16 luglio, ha assegnato all'ente per l'anno 2014 un contributo pari a 29 mila euro, a fronte di 15.800 euro erogati nell'anno 2013. Tali fondi potranno essere utilizzati dall'ANEI anche per la manutenzione del sito museale.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   NASTRI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto sostenuto da un servizio diffuso dalla celebre trasmissione televisiva americana: «60 minuti», i cacciabombardieri F-35, prodotti dalla Lockheed Martin, azienda attiva nei settori dell'ingegneria aerospaziale e della difesa, con la partecipazione dell'italiana Alenia Aermacchi del gruppo Finmeccanica, che prevede il suo apporto nella costruzione dei velivoli attraverso cassoni alari, sono attaccabili dai pirati informatici;
   la vulnerabilità del medesimo velivolo da guerra del Pentagono, secondo quanto sostiene il racconto giornalistico, è da ricondurre, all'interno dell'elmetto dal costo di 500 mila dollari, che il pilota deve indossare e che gli consente di vedere a 360 gradi, ogni realtà oggettiva a lui intorno;
   il casco, secondo quanto risulta dal medesimo servizio della trasmissione suindicata, rappresenta la parte di un sistema computerizzato complesso denominato «Alis», il cui server di riferimento occupa una stanza grande quanto un container;
   il predetto sistema «Alis», può ad esempio costringere un F-35 a rimanere a terra, se individua un problema al cacciabombardiere stesso e l'intervento umano non è addirittura in grado di prevedere decisioni diverse da quanto stabilito dallo stesso sistema «Alis»;
   il servizio giornalistico della trasmissione: «60 minuti» prosegue affermando che l'intenzione che gli hacker possano infiltrarsi nelle reti su cui dipende «Alis» e attaccare il software che di fatto determina la missione militare in corso, risulta reale e pertanto potrebbe determinare addirittura l'abbattimento degli aerei da guerra F-35, senza nemmeno un colpo d'arma da fuoco;
   l'interrogante ritiene sconcertante la notizia in precedenza riportata, ove fossero effettivamente riscontrate le gravissime criticità derivanti dalla corretta applicazione del sistema computerizzato «Alis», in considerazione degli importanti investimenti finanziari che il nostro Paese ha sostenuto, nell'ambito del programma internazionale Joint Strike Fighter, relativo all'acquisto dei cacciabombardieri F-35;
   a giudizio dell'interrogante, necessitano pertanto una serie di chiarimenti, volti ad accertare la veridicità di quanto in precedenza sostenuto, in considerazione, oltre che per la indubbia tutela e salvaguardia dell'incolumità dei piloti militari, anche con riferimento al prestigio e al ritorno in termini economici ed occupazionali di significativo valore che il programma Joint Strike Fighter offre all'industria italiana –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa, con riferimento ai gravi pericoli ai quali i nuovi aerei militari F-35 incorrono nell'ambito della predisposizione del sistema computerizzato «Alis», strettamente connesso con l'elmetto del pilota del medesimo velivolo da combattimento ritenuto, dalla trasmissione televisiva americana: «60 minutes» così vulnerabile da determinare addirittura l'abbattimento da parte di pirati informatici;
   in caso affermativo, se si intendano confermare le rilevanti criticità derivanti dal malfunzionamento del complesso sistema «Alis» e conseguentemente quali iniziative si intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di rimediare alle difficoltà tecniche relative alla costruzione del casco e consentire il proseguimento del programma Joint Strike Fighter in considerazione che gli F35 rappresentano un'arma strategica di modernizzazione della componente aerotattica e un'esigenza obiettiva ed irrinunciabile del sistema di difesa euro-atlantica. (4-07522)

  Risposta. — L’Autonomic Logistic Information System (ALIS) è il sistema info-logistico per la gestione del supporto logistico e manutentivo del velivolo F-35.
  Il sistema si ispira ai principi dell’
Integrated Logistic Support (ILS), attualmente applicato a tutte le flotte di velivoli, civili e militari, di moderna concezione, e prevede, tra l'altro, il tracciamento di tutte le attività manutentive e la gestione dinamica dei ricambi, in modo da ridurre al minimo l'esigenza di immobilizzazione delle scorte nei depositi locali e il conseguimento di ogni possibile economia di gestione attraverso l'invio delle parti necessarie, dove servono e soprattutto solo quando sono indispensabili.
Questo tipo di gestione necessita di un complesso sistema di controllo basato su server e sull'uso diffuso di reti informatiche.
  Al pari di tutti i sistemi moderni di questo tipo, ALIS è dotato di robusti sistemi di protezione in continua evoluzione che ne consentono la protezione da un'eventuale minaccia di
hacker informatici.
  La gestione operativa e di missione del velivolo, invece, avviene mediante un sottosistema classificato di ALIS che opera in maniera isolata rispetto alla rete info-logistica manutentiva; le informazioni operative sono gestite su computer connessi fra loro solamente all'interno del gruppo di volo, attraverso reti classificate protette sia a livello fisico che informatico.
  Un eventuale attacco informatico che dovesse superare le su citate protezioni e degradare o interrompere le funzioni gestite dall'ALIS, in alcun modo potrebbe, pertanto, incidere sul sottosistema operativo ed anche le normali attività manutentive sarebbero comunque garantite con sistemi tradizionali di
back up. Tale possibilità, infatti, è già normalmente prevista nei casi in cui il velivolo atterri o effettui un rischieramento su un aeroporto dove non è presente un terminale ALIS e una connessione al server centrale.
  Il casco citato dall'interrogante, noto come
Helmet Mounted Display System (HMDS), è un complesso sistema per la presentazione delle informazioni raccolte dai sensori di bordo del velivolo, che vengono proiettate sulla visiera, per consentire al pilota di gestire i sistemi del velivolo ed il velivolo stesso senza dover distogliere lo sguardo dall'esterno, consentendogli quindi di mantenere un altissimo livello di «consapevolezza situazionale» (Situational Awareness).
  L'HMDS non ha alcuna connessione con l'ALIS, né in volo né a terra, né tantomeno è connesso in alcun modo al velivolo, per cui il paventato abbattimento in volo attraverso un attacco informatico al sistema da parte di hackers non è un evento possibile.
Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   OLIARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Cogoleto (GE) rischia di trovarsi privo della stazione dell'Arma dei carabinieri;
   la comunità di 9 mila abitanti, essendo meta di numerosi visitatori, vede raddoppiare la popolazione nel periodo estivo con le conseguenze che ciò comporta in termini di controllo del territorio e dell'ordine pubblico;
   il fatto inizia nel 2008 quando il nucleo dell'Arma di Cogoleto, non essendo stato pagato il canone di affitto della sede in via Gioiello, fu costretto a ripiegare presso la compagnia di Arenzano;
   in questi anni le unità dei carabinieri in servizio presso tale stazione sono passate da 8 a 4 con la conseguenza di aver ridotto la presenza delle forze direttamente poste alla tutela della sicurezza, pubblica e privata;
   il sindaco del comune inizialmente aveva proposto, in sede di Comitato provinciale per la sicurezza e l'ordine pubblico, una nuova sede senza però ricevere parere positivo da parte dell'Arma. Quest'ultima riteneva necessario uno spazio maggiore che i locali di villa Nasturzio, essendo anche sede della biblioteca comunale, non erano in grado di offrire;
   nel maggio 2013 il consiglio comunale ha approvato all'unanimità un ordine del giorno nel quale si è espressa la volontà delle città di Cogoleto di poter mantenere la stazione dell'Arma dei carabinieri;
   inoltre si è costituito un comitato cittadino che ha raccolto più di 2000 firme a sottoscrizione di una petizione affinché la stazione non venisse soppressa;
   l'amministrazione comunale ha anche avanzato la proposta di concedere a titolo gratuito un immobile adeguato alle esigenze dell'Arma presso l'area della ex tubi ghisa, impegnandosi a pagare le utenze per evitare che l'Arma chiuda il proprio presidio a Cogoleto;
   il giorno 28 gennaio 2014 il consiglio comunale ha approvato un altro ordine del giorno con il quale è stata ribadita l'assoluta priorità di mantenere la presenza dell'Arma per fornire l'adeguato ordine pubblico cittadino –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per verificare presso il competente comando provinciale e regionale dei carabinieri quanto esposto in premessa, garantendo conseguentemente il mantenimento della stazione dell'Arma dei carabinieri presso il comune di Cogoleto, con l'obiettivo di assicurare una prossimità territoriale efficiente ed efficace in grado di rispondere alla domanda di sicurezza dei cittadini. (4-03627)

  Risposta. — L'Arma dei carabinieri, pur in un momento storico contraddistinto da particolari difficoltà congiunturali, continua a perseguire l'obiettivo di garantire sicurezza ed efficienza con la massima economicità.
  Per il perseguimento di tale obiettivo, l'Arma sottopone a sistematici adeguamenti la distribuzione dei presidi sul territorio, attraverso un'analisi che tiene conto di parametri riferiti alla popolazione, alla delittuosità, agli aspetti di carattere infrastrutturale/logistico e alla mobilità, in piena sintonia con le altre Forze di polizia e d'intesa con gli orientamenti dei prefetti.
  In tale ottica, in data 1o febbraio 2014, è stata data attuazione formale all'accorpamento della stazione Carabinieri di Cogoleto a quella di Arenzano che ha acquisito interamente la competenza territoriale del reparto soppresso.
  Nel merito, si precisa che, a seguito della sopraggiunta esecutività di un provvedimento di sfratto dell'immobile sede della stazione dei Carabinieri di Cogoleto, questa, nell'ambito del programma di razionalizzazione dei dispositivi territoriali nella provincia di Genova, è ripiegata, già dal gennaio 2010, nella struttura della compagnia di Arenzano che dista 2 chilometri.
  Il sindaco del comune di Cogoleto ha espresso, in più occasioni, rammarico per tale decisione e ha avanzato diverse proposte per la realizzazione di una nuova sede del reparto che non hanno potuto avere esito favorevole.
  In particolare, tra le ipotesi prospettate dal sindaco di Cogoleto, quella di realizzare la nuova sede nell'area dell'ex fabbrica «Tubi Ghisa» – l'ultima in ordine di tempo – non è stata accolta, in quanto la proposta non era corredata da un progetto tecnico e dai necessari elementi di valutazione afferenti all'eventuale canone di locazione e alle spese per le utenze.
  Nel corso, quindi, della riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 16 maggio 2013, cui hanno partecipato i sindaci di Cogoleto e di Arenzano, il comandante provinciale dei Carabinieri ha espresso parere favorevole alla proposta di accorpamento della stazione di Cogoleto al presidio di Arenzano, preso atto della non praticabilità di una soluzione alternativa.
  Anche la prefettura di Genova ha ritenuto condivisibile tale ipotesi, ritenendo prevalenti, nella ponderazione dei vari profili sollevati, le esigenze di contenimento della spesa pubblica e di maggiore funzionalità ed efficienza.
  La compagnia di Arenzano è dotata, infatti, di servizi a più alto standard tecnico rispetto a quelli di cui può disporre una piccola stazione, oltre ad essere stata potenziata con unità aggiuntive di personale per ottimizzare le attività di controllo nell'intero ambito territoriale di competenza, avvalendosi di un organico idoneo a perseguire tale scopo.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da più di 15 giorni due navi della Nato stanno compiendo operazioni inspiegabili sulle coste del Sud Sardegna;
   rotte incomprensibili, aree di permanenza in mezzo al mare inspiegabili e soprattutto precedenti non chiari;
   due navi dichiarate scientifiche in disponibilità della Nato, la Alliance e la Planet, ma in realtà dei giganti del mare, con apparecchiature sofisticate e senza eguali;
   navi imponenti battenti bandiera tedesca ma con i vessilli della Nato. Da Oristano a Buggerru, da Iglesias alle coste vicine a Teulada;
   i tracciati nautici sono eloquenti di un'attiva fuori dal comune;
   per l'interrogante credere allo studio della poseidonia è difficile, non foss'altro che la poseidonia cresce e si sviluppa su fondali relativamente luminosi e bassi, mentre queste due navi avrebbero potenzialità di ispezione con dei siluri di 6.000 metri;
   la mancata pubblicità dell'operazione, la prolungata permanenza nei mari della Sardegna e i precedenti come l'incagliamento sull'isola di Pianosa e relative inchieste inducono a pensate all'utilizzo non autorizzato dei mari della Sardegna per sperimentazioni quantomeno non dichiarate;
   occorre immediata chiarezza e il Governo deve dare risposte immediate;
   è davvero strano che si usino due navi di quella potenzialità per studiare la poseidonia intorno alla Sardegna;
   la Alliance, 93 metri di lunghezza e una stazza di 3.180 tonnellate e la Planet un mostro d'acciaio di 73 metri di lunghezza e 27 di larghezza con foggia da catamarano gigante, appare difficile siano davvero giunte in Sardegna per ricerca e sperimentazione;
   considerati i precedenti a partire da quelle indagini, redatte dallo stesso istituto di ricerca, fatte a largo dell'isola Rossa per cercare esplosivi in un tratto di mare dove non si è mai sparato c’è da restare quantomeno perplessi;
   i precedenti sull'attività di quelle due navi inducono più di un approfondimento, compresi i fatti di 9 anni fa quando la Alliance si incagliò davanti all'isola di Pianosa;
   in quell'occasione fu la magistratura ad aprire un'inchiesta per cercare di capire cosa realmente succedesse a bordo di quella nave e soprattutto le ragioni di quell'incagliamento, considerati i mezzi sofisticati a bordo;
   all'interno della nave ci sono ben 500 metri cubi di stoccaggio scientifico;
   Alliance è gestita da un gestore di navi commerciali;
   quando non è impegnato nella ricerca della Nato, la nave è disponibile per il charter alle nazioni della Nato e le organizzazioni internazionali con l'adesione Nato;
   tra gli scopi di Alliance ci sono anche quelli militari, governativi e di difesa correlati all'interno dei paesi della Nato;
   in occasione dell'incagliamento di Pianosa le cronache riportano test di raffinatissimi robot naviganti e subacquei, progettati per scopi sicuramente non scientifici dall’Office of Naval Research degli Stati Uniti;
   robot portati da siluri di plastica, guidati da appositi barchini, della lunghezza di 3 metri e del peso variabile tra i 100 e i 300 chili. Dei gioiellini tecnologici capaci di immergersi a 6 mila metri di profondità ed essere controllati fino a una distanza di 500 chilometri. Sarebbero progettati per eseguire mappature dei fondali, fare rilevamenti ambientali marini ed esplorare siti archeologici subacquei. Ma potrebbero avere anche altre applicazioni;
   sono evidenti le potenzialità militari di questi robot e, dunque, i timori di militarizzazione sono quanto mai reali, visto che la Nato è riuscita a beneficiare anche di alcuni edifici sull'isolotto — denunciarono a Pianosa –:
   se non ritenga il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di fare immediatamente chiarezza anche alla luce dell'atteggiamento della Nato nei confronti della Sardegna;
   se non intenda far conoscere se e chi ha autorizzato quel tipo di esperimenti nei mari della Sardegna, e soprattutto di che esperimenti si tratti;
   se non ritenga di non dare puntuale informazione di tali esperimenti e ricondurli alle procedure autorizzative che coinvolgano la stessa regione Sardegna. (4-05263)

  Risposta. — Lo Stato maggiore della Marina ha comunicato che l'attività di cui tratta l'interrogazione in esame ha riguardato unità navali, con bandiera non italiana, che operavano a supporto di un'Agenzia NATO, il Centre for Maritime Research (CMRE).
  Collocato a La Spezia, il CMRE ha più di 50 anni di esperienza e, come indicato nel sito della NATO, è un istituto leader nel settore scientifico della acustica subacquea, della ricerca marittima e oceanica, della simulazione e della elaborazione di modelli matematici di riferimento per gli istituti idrografici della NATO. In tale ottica, il CMRE ha un accordo per lo scambio di dati anche con l'Istituto idrografico della Marina.
  Ciò stante, si precisa che per lo svolgimento di tale attività scientifica lo Stato maggiore della Marina, su delega dello Stato maggiore della difesa, esprime un parere di fattibilità esclusivamente ai fini di non interferenza con le attività militari nell'area di interesse.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 30 maggio 2005, a causa di un incidente di volo occorso nei pressi di Tallil al ritorno da Kuwait City, dove vi aveva condotto un collega colpito da un grave lutto familiare, allo scopo di permettergli di raggiungere rapidamente il nostro Paese, moriva il maggiore pilota Marco Briganti, insieme all'equipaggio dell'aeromobile dell'aviazione dell'Esercito in cui si trovava;
   al contrario di quanto accaduto in altre circostanze precedenti, la salma del maggiore pilota Marco Briganti non venne accolta all'arrivo nel nostro Paese con tutti gli oneri che dovrebbero essere tributati in tali circostanze, né venne disposta in suo favore alcuna speciale cerimonia per la celebrazione delle esequie;
   ad avviso dell'interrogante si stabilì in questo modo un precedente, in base al quale i caduti all'estero valgono di più o di meno a seconda delle circostanze in cui trovano la morte;
   il maggiore pilota Briganti era alla sua seconda missione in Iraq ed al termine della prima, svoltasi nel 2004, si era meritato un encomio solenne che lo definiva «fulgido esempio di elette virtù militari» avendo «contribuito ad aumentare il prestigio del contingente e di tutte le forze della coalizione»;
   ai familiari del maggiore pilota scomparso non è stato concesso alcun particolare riconoscimento e, in particolare, è stata negata la Croce d'Onore, in quanto deceduto per cause non direttamente collegate al combattimento o ad azioni terroristiche;
   la memoria del maggiore Briganti è invece già onorata da autorità locali, privati ed amici –:
   quali ragioni impediscano al Governo di assumere le iniziative di competenza per la concessione di un'onorificenza alla memoria del maggiore pilota Marco Briganti, facendo appello alla condotta tenuta nel corso delle sue due missioni in Iraq e tenendo conto delle particolari circostanze in cui è accaduto l'incidente di volo costatogli la vita. (4-04920)

  Risposta. — Le circostanze che hanno determinato il tragico incidente aereo, occorso in Iraq il 31 maggio 2005, in cui, a bordo di un elicottero AB 412 dell'Aviazione dell'Esercito, persero la vita il Maggiore pilota Marco Briganti (citato nell'atto di sindacato ispettivo), il Colonnello pilota Giuseppe Lima, il Maresciallo capo Massimiliano Biondini e il Maresciallo ordinario Marco Cirillo, non rientrano tra le cause di decesso previste dalle disposizioni normative per la concessione della «Croce d'Onore».
  Infatti, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 10 ottobre 2005, n. 207, cui espressamente rinvia l'articolo 1463 del decreto legislativo n. 66 del 2010, la Croce d'onore è attribuita al personale deceduto «per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di atti di terrorismo o di atti comunque ostili commessi in suo danno all'estero durante lo svolgimento di operazioni militari e civili autorizzate dal Parlamento...».
  Ad ogni buon conto, si segnala la possibilità per i familiari di richiedere la concessione, previo accertamento dei requisiti, del «distintivo d'onore per deceduti in servizio» ai sensi dell'articolo 863 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (T.U.O.M.).

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   RIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 dicembre 2014, in anticipo di tre mesi rispetto ai tempi previsti, è avvenuta l'apertura della variante «Scorciavacche 2», lungo la strada statale 121 nell'ambito dei lavori di ammodernamento dell'itinerario Palermo – Lercara Friddi;
   tale variante è costata all'Anas 13 milioni di euro;
   il 28 dicembre si è verificato «un anomalo cedimento del piano viabile in corrispondenza del rilevato retrostante della spalla del viadotto», per cui metà della carreggiata è sprofondata e la restante parte presenta una profonda spaccatura;
   in conseguenza di ciò è scattata la chiusura al traffico della statale 121 «Catanese», nel tratto compreso tra il chilometro 226 e il chilometro 227, nei pressi di Mezzojuso, con deviazione del traffico veicolare sulla strada provinciale 55;
   a seguito di quanto verificatosi, è scattata l'inchiesta della procura di Termini Imerese (Palermo) per crollo colposo sul cedimento del tratto di strada che precede il viadotto Scorciavacche sulla statale 121 Palermo-Agrigento;
   la procura di Termini Imerese ha sequestrato l'area, affidando una consulenza tecnica ai periti;
   tale variante costituisce un passo importante verso la realizzazione dell'intero itinerario, che è strategico per l'intera isola, perché costituisce l'unico collegamento diretto tra le province di Palermo e Agrigento;
   occorre salvaguardare l'incolumità delle migliaia di cittadini che giornalmente percorrono quella strada, già oggetto di numerosi incidenti nel corso degli anni, molti dei quali mortali;
   al fine di individuare i responsabili, occorre fare luce sull'appalto, sui lavori e anche sulla commissione di collaudo, al fine di evitare che fatti simili si ripetano in futuro –:
   se il Ministro abbia messo in atto tutte le azioni al fine di fare luce su quanto accaduto il 28 dicembre 2014 lungo la strada statale 121 «Catanese», nel tratto compreso tra il chilometro 226 e il chilometro 227, e individuare in maniera univoca, i responsabili;
   se allo stato attuale sia garantita e salvaguardata l'incolumità delle migliaia di cittadini che giornalmente percorrono quella strada;
   quali provvedimenti siano stati adottati o si intendano adottare, per prevenire il verificarsi in futuro dei suddetti fatti ritenuti inammissibili. (4-07448)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In via preliminare, si evidenzia che il cedimento del rilevato stradale sulla strada statale 121 «Catanese» non attiene ad alcun cedimento strutturale del viadotto Scorciavacche 2 né deve essere posto in relazione ai problemi strutturali che hanno riguardato negli ultimi anni altri viadotti appartenenti alla rete stradale siciliana di competenza ANAS.
  Il cedimento è avvenuto su un tratto di rilevato stradale posto immediatamente a tergo della spalla del viadotto in questione, di recente costruzione da parte del Contraente generale Bolognetta s.c.p.a, costituito dalle imprese CMC, Tecnis e CCC, realizzato nell'ambito dei lavori di ammodernamento del tratto Palermo-Lercara Friddi, lotto funzionale dal chilometro 14,4 al chilometro 48,0, dell'itinerario Palermo-Agrigento.
  Sebbene il tratto stradale fosse stato aperto al traffico, in via provvisoria, il giorno 23 dicembre 2014, il cedimento del rilevato è avvenuto nei primi giorni di gennaio 2015, in un momento in cui la circolazione stradale era già stata interdetta da ANAS; infatti, come la stessa società ha riferito, il 30 dicembre 2014 il proprio personale tecnico intervenuto sul posto nell'ambito delle ordinarie attività di sorveglianza e monitoraggio della rete in esercizio, accertava un avvallamento anomalo nella zona di rilevato di accesso al viadotto, lato Palermo, situato a circa 20 metri dal giunto dello stesso.
  La circolazione stradale, a valle della chiusura al traffico del tratto della SS121 interessata dal cedimento, è stata comunque garantita dalla deviazione sull'adiacente SP 55-
bis.
  Pertanto, non si sono verificate situazioni di reale pericolo per gli utenti della strada ma, naturalmente, questo non esime dal rilevare l'anomalia di quanto accaduto.
  E infatti, i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno provveduto a istituire, il successivo 5 gennaio, una apposita commissione ispettiva ministeriale finalizzata alla ricostruzione dell'accaduto, alle verifica delle cause e alla individuazione delle responsabilità.
  La commissione ispettiva sta operando parallelamente alla commissione d'inchiesta nominata dall'ANAS e dal consulente tecnico d'ufficio nominato dalla procura di Termini Imerese.
  Lo scorso 12 gennaio, la commissione ministeriale ha effettuato un sopralluogo sull'area in questione, sottoposta a sequestro dal 4 gennaio, alla presenza dei Carabinieri, del personale ANAS e del contraente generale; ha quindi iniziato l'esame della documentazione consegnata da ANAS, dalla quale emerge – per ora – che le indagini geognostiche preventive sono state eseguite. Rimane ancora da accertare se tali indagini siano state svolte correttamente e se siano state sufficienti.
  Le responsabilità amministrative saranno prontamente registrate e perseguite, nella piena consapevolezza della serietà delle problematiche sollevate dall'episodio oggetto dell'interrogazione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministero della difesa n. 306, dell'11 ottobre 2011, è stato bandito un concorso per titoli ed esami per il reclutamento di 3756 volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP 4) nell'Esercito, nella Marina militare e nell'Aeronautica militare, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1) in servizio, anche in rafferma annuale, o in congedo per fine ferma; di cui 2900 nell'esercito: 1450 nella I immissione, 1450 nella II immissione;
   al termine delle prove di selezione, e dopo la pubblicazione delle graduatorie di merito, il Ministero ha proceduto a dichiarare vincitori i soli primi 1375 candidati idonei delle graduatorie stesse, adducendo ad una generica necessità di contenimento della spesa che avrebbe motivato una riduzione dei posti messi a concorso;
   nonostante la necessità di contenimento della spesa indicata nel provvedimento di riduzione del numero di candidati vincitori, il Ministero ha bandito per l'anno immediatamente successivo, una nuova procedura concorsuale per il reclutamento di uno stesso contingente di volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP 4) nell'Esercito, nella Marina militare e nell'Aeronautica militare, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1);
   si evidenzia, a parere dell'interrogante, una contraddizione nei comportamenti del Ministero, che ha ridotto il numero di vincitori nel concorso 2012 – peraltro a graduatorie già pubblicate – ed ha successivamente bandito un nuovo concorso nell'anno 2013, senza in via preliminare far ricorso alle graduatorie già vigenti, nelle quali vi erano molti dei candidati vincitori (posizione in graduatoria dal n. 1376 al n. 2900) «tagliati» a seguito della citata riduzione dei posti a concorso;
   risulta all'interrogante che alcuni dei candidati vincitori penalizzati dal provvedimento di riduzione dei posti a concorso abbia impugnato l'atto di fronte alla magistratura amministrativa, la quale in primo grado si è pronunciata accogliendo detto ricorso, ritenendolo fondato sotto il profilo di censura del difetto di motivazione; 
   secondo il tribunale amministrativo, infatti, «...la riduzione dei posti messi a concorso è stata disposta facendo generico riferimento ad esigenze di contenimento della spesa nello stesso esercizio finanziario in cui non solo era stata autorizzata l'assunzione di un numero di militari pari ai posti messi a concorso, ma era stato addirittura disposto l'incremento di suddetti posti; nonché rispetto alla decisione, successiva, di indire nel 2013 un nuovo bando rimettendo a concorso i medesimi posti già oggetto di tagli»;
   l'assenza di una motivazione dettagliata e di un comportamento nell'anno successivo coerente con le motivazioni esposte, si rendono ancora più gravi, a parere dell'interrogante, alla luce della circostanza che il taglio è stato fatto quando ormai erano stati resi noti i nomi dei vincitori;
   si ribadisce, in questa sede, che le norme prevedono la validità delle graduatorie per un periodo di tre anni, sia per dare garanzie ai candidati che superano difficili prove selettive (ed in particolare per tutelare i candidati vincitori), sia per ragioni di economicità e di razionalità delle spese dell'amministrazione, visti i costi necessari per sostenere lo svolgimento di nuovi concorsi –:
   come, anche alla luce della condanna in primo grado, il Ministro interrogato intenda tutelare i candidati vincitori del concorso 2012 per il reclutamento di volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP 4) nell'Esercito, nella Marina militare e nell'Aeronautica militare, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1), di cui in premessa. (4-02776)

  Risposta. — L'intervento in riduzione dei posti concorsuali di cui è cenno nell'interrogazione, facoltà questa prevista dall'articolo 1, comma 11 del relativo bando, è correlato alla stringente necessità di pervenire a risparmi per effetto della cosiddetta spending review, che ha imposto a tutte le amministrazioni dello Stato di concorrere al contenimento della spesa pubblica.
  Per effetto della
spending review è stata prevista la riduzione delle dotazioni organiche del personale militare di Esercito, Marina ed Aeronautica da 190.000 a 170.000 da conseguire entro il 1o gennaio 2016.
  In ragione di ciò, si è reso necessario intervenire ridimensionando i reclutamenti dei diversi ruoli del personale, compresi i volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP4) delle tre Forze armate nell'anno 2012.
  Tale intervento in chiave riduttiva, tra l'altro, è stato mirato a salvaguardare il più possibile il personale coinvolto, immettendo in ferma quadriennale un numero di unità tali da consentire concrete possibilità di transito nei ruoli del servizio permanente.
  Per quanto concerne, invece, l'istituto dello scorrimento delle graduatorie concorsuali, relativamente al personale militare, lo stesso è previsto dal Codice dell'ordinamento militare (COM), di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  In particolare, l'articolo 643 prevede la facoltà per l'amministrazione militare, nel caso in cui taluni posti messi a concorso restino scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, di procedere ad altrettante nomine entro un anno dalla data di approvazione della graduatoria e salvo diverse disposizioni del codice, secondo l'ordine della graduatoria stessa e fermo restando l'accertamento dell'ulteriore possesso dei requisiti previsti.
  Tale prerogativa, tuttavia, non costituisce regola generale del reclutamento militare, bensì un istituto rimesso alla discrezionalità dell'amministrazione che, qualora intenda avvalersene, può farlo solo con motivata determinazione ministeriale.
  In particolari procedure concorsuali nelle quali parte determinante del punteggio finale è legato a valutazioni psico/fisiche o caratterizzate da limiti di carattere anagrafico, tale facoltà discrezionale può manifestarsi attraverso una valutazione comparativa tesa alla scelta della soluzione migliore tra indire un nuovo concorso o avvalersi degli idonei presenti nelle graduatorie.
  Tanto premesso, per affrontare nel merito la questione posta dall'interrogante, si precisa che con un eventuale scorrimento delle graduatorie riferite all'anno 2012, risulterebbe assorbita la quasi totalità dei posti a concorso previsti per l'anno 2013 (compreso il concorso VFP4 del 2013), creando una disparità di trattamento per i volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) che hanno svolto la ferma nel 2012 (circa 8.500 giovani), ai quali verrebbe negata l'opportunità di accesso ai concorsi VFP4.
  Il meccanismo di alimentazione dei ruoli del personale militare delle Forze armate, infatti, prevede che l'accesso alla ferma prefissata quadriennale sia riservato esclusivamente ai VFP1, con la necessità, quindi, di assicurare procedure concorsuali attivate con cadenza annuale, in modo da consentire uguali opportunità di carriera a questi ultimi, al termine delle rispettive ferme/rafferme.
  Per quanto attiene, infine, alle sentenze del giudice amministrativo citate nell'atto di sindacato ispettivo, si rappresenta che è stato interposto appello da parte dell'avvocatura generale dello Stato per tutelare gli interessi dell'amministrazione.
  In proposito, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha accolto l'istanza cautelare e, per l'effetto, sospeso l'esecutività della sentenza impugnata.
  Il TAR del Lazio, successivamente alla sentenza (poi sospesa dal Consiglio di Stato) con la quale ha accolto il ricorso introduttivo prodotto avverso il provvedimento di riduzione dei posti inizialmente messi a concorso, con successivo pronunciamento del 19 febbraio 2014 (atto che non risulta essere stato appellato) ha invece respinto il ricorso per motivi aggiunti presentato dagli interessati avverso il provvedimento di indizione della successiva selezione concorsuale.
  Il giudice amministrativo, rifacendosi ai principi cristallizzati nella richiamata sentenza dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha infatti affermato la correttezza dell'operato dell'amministrazione Difesa, statuendo, nel caso in specie, la legittimità della scelta di procedere a bandire un nuovo concorso anziché «scorrere» la graduatoria di quello precedente.
  È di tutta evidenza, infine, che anche in relazione agli ordini del giorno G1.100 e G1.101, accolti come raccomandazioni dal Governo nella seduta dell'8 aprile 2014, l'amministrazione non mancherà di valutare eventuali iniziative per venire incontro alle aspettative del personale volontario in parola, compatibilmente con i vincoli normativi previsti in materia per le assunzioni.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   VARGIU. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – Premesso che:
   con proprio decreto n. 211 del 19 settembre 2013, il Ministero della difesa bandiva un concorso pubblico per il 2014 per il reclutamento nell'Esercito di 7000 VFP1 (volontari a ferma prefissata per un anno), ripartiti nei seguenti quattro blocchi di incorporamento: marzo 2014, 2.100 posti; giugno 2014, 1700 posti; settembre 2014, 1700 posti; dicembre 2014, 1500 posti;
   il bando di concorso elenca i titoli di merito e assegna agli stessi il relativo punteggio ai fini della valutazione finale: brevetto di paracadutista, diploma di laurea, diploma di istruzione secondaria, patente, brevetto di equitazione, eccetera (articolo 10, comma 1);
   il bando attribuisce un particolare punteggio all'iscrizione alle Federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI, a decorrere dal compimento del 14° anno di età dei candidati, assegnando 0,5 punti per ogni anno d'iscrizione, escluso il primo, fino ad un massimo di punti 2,5 (articolo 10, comma 1, punto 10);
   il bando stabilisce inoltre che: «I titoli di merito di cui al precedente comma 1 non aventi validità illimitata», devono essere in corso di validità fino alla data di scadenza del termine per la frase «titoli non aventi validità illimitata» appare controversa e può dar luogo a difformi interpretazioni da parte dei candidati, molti dei quali possono essere indotti a dichiarare il possesso di tali titoli anche nei casi di iscrizione al CONI in periodi antecedenti la scadenza della presentazione delle domande, ritenendo che tali titoli abbiano validità illimitata;
   tali dichiarazioni dei candidati, rese in perfetta buona fede, potrebbero tuttavia essere considerate mendaci e comportare il conseguente rischio di denuncia, con pedissequa esclusione da tutti i concorsi delle forze armate;
   anche a causa della crisi economica ed occupazionale, particolarmente acuta e diffusa in alcune regioni, l'interesse per l'arruolamento nell'Esercito da parte di giovani ambosessi è comprensibilmente crescente, per cui ogni anno sono migliaia le domande di partecipazione presentate dagli aspiranti –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare, al fine di fare definitiva chiarezza sulla controversa interpretazione dell'articolo 10, comma 2, del concorso in questione e di evitare così il rischio di una possibile totale e perpetua preclusione, per migliaia di giovani ambosessi, dai concorsi nelle Forze armate, spesso unico sbocco professionale in molte realtà del nostro Paese. (4-05244)

  Risposta. — In relazione alla questione affrontata con l'interrogazione in esame, è ragionevole ritenere che, allo stato, sussistano sufficienti condizioni affinché i candidati non possano incorrere in eventuali dubbi interpretativi in merito al possesso del titolo di merito in argomento.
  Infatti, il modulo di domanda on line che gli stessi devono redigere è già precompilato nell'apposito spazio dedicato all'iscrizione a federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI, con l'indicazione del totale degli anni. Il periodo trascritto, dopo i riscontri di veridicità a cura dei competenti organi, è poi computato con le modalità indicate nel bando di concorso stesso (
ex articolo 10, comma 1, lettera b. numero 20).
  In ogni caso i candidati al concorso possono avvalersi della necessaria assistenza da parte dell'amministrazione. Infatti, come indicato nelle «Avvertenze generali del bando di concorso», è possibile acquisire qualsiasi ulteriore informazione relativa al concorso stesso consultando il portale dei concorsi
on-line del Ministero della difesa e il sito internet www.persomil.difesa.it, ovvero direttamente o telefonicamente presso la sezione relazioni con il pubblico della direzione generale per il personale militare.
  Nell'ottica di perfezionare le procedure di reclutamento del personale militare rendendole sempre più snelle, lineari e chiare, si rappresenta che è in corso la revisione interforze dei decreti ministeriali concernenti il reclutamento e la rafferma del personale militare delle Forze armate, in seguito all'entrata in vigore del decreto legislativo 8/2014, attuativo della legge n. 244 del 2012.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.