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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 febbraio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la ludopatia è la patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS);
    la ludopatia si configura come una dipendenza senza sostanza e, per questo motivo, il ludopate non può fare a meno del gioco poiché quest'ultimo è l'elemento che gli procura sollievo momentaneo dagli stati emotivi angosciosi o depressivi;
    per ludopatia, o, come definito dal manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, per gioco d'azzardo patologico (GAP), si intende l'incapacità di resistere all'impulso di giocare d'azzardo o fare scommesse, nonostante tale comportamento determini gravi conseguenze lesive della stabilità economica, lavorativa, affettiva e relazionale;
    per continuare a dedicarsi al gioco d'azzardo e alle scommesse, infatti, la persona con problemi di ludopatia trascura le attività principali della vita, quali lo studio o il lavoro, e può arrivare a commettere furti o frodi al fine di reperire del denaro;
    la ludopatia, mediante l'instabilità emotiva e comportamentale che sono al contempo causa e concausa della patologia, può determinare rovinose crisi economiche, fino a creare veri e propri tracolli finanziari, congiuntamente al deterioramento graduale dei rapporti umani più in generale, ed in particolare dei rapporti familiari e di coppia;
    come diretta conseguenza di una situazione esasperata, inoltre, la ludopatia si manifesta mediante l'inattendibilità ed il disinvestimento verso i doveri, fino a condurre la persona alla perdita del lavoro, oppure a determinare l'avvio dell'utilizzo di sostanze stupefacenti o una vera e propria cronicizzazione della dipendenza da alcol e/o droghe, fino a condurre, in casi estremi, al suicidio;
    l'aspetto ludico, caratteristico del gioco, diventa secondario rispetto al bisogno di rischiare, di riprovare, di continuare a tentare la fortuna anche a fronte di perdite clamorose o devastanti. Questo atteggiamento si configura come gambling un comportamento compulsivo, la cui dinamica può essere assimilabile, pur in assenza di uso di sostanze, ad altre forme di dipendenza patologica quali la tossicodipendenza e l'alcolismo;
    il gioco d'azzardo patologico rappresenta un importante problema di salute pubblica: la dimensione del fenomeno in Italia è difficilmente stimabile in quanto, ad oggi, non esistono studi accreditati, esaustivi e validamente rappresentativi del fenomeno;
    la popolazione italiana totale è stimata in circa sessanta milioni di persone, il 54 per cento delle quali, secondo i dati del Ministero della salute relativi all'anno 2012, sarebbero giocatori d'azzardo, mentre la stima dei giocatori d'azzardo problematici varia dall'1,3 per cento al 3,8 per cento della popolazione generale, mentre la stima dei giocatori d'azzardo patologici varia dallo 0,5 per cento al 2,2 per cento;
    secondo l'OMS oltre 1,3 milioni di italiani sono a rischio ludopatia, anche in considerazione del fatto che il gioco d'azzardo nel nostro Paese è la patologia da dipendenza a più rapida crescita tra i giovani e gli adulti;
    il panorama dei giochi, in Italia, ha subito profonde modificazioni nel corso degli ultimi anni: la nascita di giochi dal grande appeal per il pubblico, soprattutto più giovane, contribuisce all'innalzamento del rischio di patologie connesse al gioco;
    l'industria del gioco ha conquistato l'ottanta per cento della popolazione adulta italiana, e il trenta/trentacinque per cento pratica il gioco con regolarità;
    il settore dei giochi in otto anni ha registrato un incremento del giro d'affari del 500 per cento, passando da 22 miliardi di euro nel 2004 a circa 95 miliardi nel 2012, ovvero circa il 5 per cento del Prodotto interno lordo nazionale, e nonostante la crisi, il gioco legale nel 2013 ha fruttato 84,7 miliardi di euro;
    il mercato dei giochi pubblici vede come motore trainante le slot machine, grazie alle quali si realizzano il 55,6 per cento del totale degli incassi;
    al 31 dicembre 2014 risultano autorizzate 379.000 new slot e sessantamila VLT, un particolare tipo di slot machine che, a differenza delle new slot che accettano monete da un euro, si attivano anche con banconote di grosso taglio, così da consentire puntate elevate, un tempo riservate ai soli casinò;
    nel 2011 le VLT raccoglievano il 28 per cento del fatturato totale delle slot, mentre nel 2012, la loro quota, ha superato il quaranta per cento del totale; si trovano in sale dedicate, con vetri rigorosamente oscurati, e richiedono una specifica autorizzazione della polizia;
    altresì in progressivo aumento è il fenomeno dei giochi online: scommesse sportive, ippiche, poker e gratta e vinci hanno fatto registrare una crescita esponenziale, pari al 16,3 per cento;
    dal 18 luglio 2011, infatti, è possibile giocare a poker dal computer di casa, un affare da 1,5 miliardi di euro al mese, con modalità tali da non assicurare un controllo rigoroso sulla vera età dei giocatori ed è talvolta causa della migrazione di parecchi denari italiani verso altri Paesi, senza che questi possano essere intercettati dalle casse erariali;
    le altre tipologie di gioco si suddividono in lotterie (11,4 per cento), lotto (7,2 per cento); scommesse sportive (4,2 per cento), giochi numerici (2,2 per cento), bingo (2 per cento), tris (1,2 per cento);
    tale mercato, nel suo complesso, vale circa 95 miliardi di euro e nel solo 2012 è cresciuto tra il 13 per cento ed il 14 per cento rispetto al 2011;
   l'azienda gioco, anche grazie alla costante e sfaccettata pubblicità che giunge a qualunque fascia sociale ed età anagrafica della popolazione, in Italia è ai primi posti per volume d'affari;
    l'offerta del gioco si è notevolmente diversificata negli ultimi otto anni a causa del fatto che si è reso possibile giocare pressoché in ogni dove, dal supermercato al web, coinvolgendo una platea sempre più vasta anche di soggetti deboli, ed è riuscita ad estendersi nell'arco dell'intera giornata;
    nel novembre 2013 il Gruppo parlamentare Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale ha depositato una proposta di legge recante «Norme per la prevenzione e il contrasto del gioco d'azzardo patologico, nonché in materia di pubblicità del gioco d'azzardo, di tutela dei minori e di disciplina dell'apertura di sale da gioco», esaminata congiuntamente ad altre proposte con il medesimo oggetto già a partire dal successivo mese di dicembre;
    l'esame di tali proposte di legge, tuttavia, si è arenato già nello scorso mese di ottobre a causa di alcune problematiche connesse ai profili di rilievo finanziario delle stesse;
    durante l'esame in sede consultiva presso la Commissione bilancio del provvedimento, in data 18 settembre 2014, il rappresentante del Governo ha evidenziato che dalla nota della Ragioneria generale dello Stato risultava la richiesta di ulteriori approfondimenti istruttori ai dicasteri competenti, con particolare riguardo al Ministero della salute, ai fini della predisposizione della relazione tecnica;
    tali approfondimenti non sono ad oggi ancora pervenuti,

impegna il Governo:

   ad intervenire con iniziative idonee a contrastare il diffondersi della patologia di cui in premessa mediante azioni coordinate sul territorio nazionale di prevenzione, cura e reinserimento sociale delle persone con ludopatia;
   a porre in essere campagne informative ed educative sul gioco d'azzardo patologico, attraverso la creazione di un portale su internet, con particolare riguardo alla prevenzione e all'educazione dei giovani, affinché possa essere adeguatamente ridotto il rischio GAP mediante interventi finalizzati all'acquisizione di consapevolezza nella popolazione tutta;
   a fissare le linee guida per lo sviluppo degli interventi di prevenzione, cura e reinserimento delle persone affette da ludopatia;
   a fissare le linee guida per lo sviluppo di sistemi di rilevamento e monitoraggio del fenomeno, sul territorio nazionale;
   a promuovere e sviluppare interventi di prevenzione mirata nelle scuole primarie e secondarie, a valenza educativa, inerenti i rischi e le forme del gioco d'azzardo patologico;
   ad assumere iniziative per istituire un sistema individuale, come la «Tessera del Giocatore», al cui rilascio sarà subordinato l'accesso alle sale da gioco fisiche o virtuali, e che servirà a monitorare i comportamenti di gioco nel pieno rispetto della privacy;
   ad assumere iniziative per porre un limite per l'apertura di nuove sale da gioco di almeno seicento metri rispetto alle aree ritenute sensibili come scuole, ospedali, luoghi di culto o di aggregazione giovanile;
   ad assumere iniziative per prevedere per gli esercizi pubblici che mettono a disposizione della loro utenza dei computer con accesso ad internet, l'obbligo di dotarsi di appositi filtri in grado di bloccare l'accesso ai siti che offrono servizi di giochi d'azzardo e scommesse on line;
   ad assumere iniziative dirette ad istituire un marchio nazionale destinato a caratterizzare gli esercizi pubblici privi di slot machine e video lotterie, con la possibilità, per i comuni, di procedere con sgravi fiscali per gli esercizi commerciali che decidano di rimuovere le stesse;
   ad adottare le opportune iniziative regolamentari o normative atte ad impedire che nei contratti stipulati tra società concessionaria del gioco ed i singoli esercenti siano previste clausole che in alcun modo limitino il loro diritto di recesso;
   ad assumere iniziative dirette ad introdurre limitazioni sui messaggi pubblicitari concernenti il gioco d'azzardo che tengano conto delle esigenze di tutela dei minori e di rendere noti in maniera comprensibile ed esaustiva sia i pericoli della ludopatia sia le probabilità di vincita nello specifico gioco;
   a porre l'obbligo, in capo ai gestori di sale da gioco, di esporre pubblicamente materiale informativo sui rischi del gioco d'azzardo patologico, con particolare riferimento all'accesso ai percorsi di cura e riabilitazione;
   ad assumere le necessarie iniziative per la creazione di un Fondo, finanziato attraverso una percentuale sui proventi derivanti dalla tassazione sul gioco e dalle eventuali sanzioni elevate nei confronti di concessionari e gestori, attraverso il quale verranno finanziati gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione specificatamente destinati alle persone affette da gioco d'azzardo patologico;
   ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di agevolare un rapido iter delle proposte di legge di cui in premessa.
(1-00736) «Rampelli, Taglialatela, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di pressione fiscale in Italia è insostenibile per qualsiasi sistema produttivo, ed incide pesantemente sulle imprese e sulla capacità di queste di creare valore aggiunto e occupazione;
    l'incidenza della tassazione sui profitti raggiunge una percentuale di oltre il sessanta per cento, attestandosi circa venti punti percentuali ai di sopra della media europea, a detrimento sia della competitività sui mercati internazionali, sia delle capacità di effettuare investimenti innovativi ed assunzioni di personale;
    inoltre, nell'arco degli ultimi decenni si è generato un sistema tributario complicato da capire e da gestire e, pertanto, estremamente costoso per le imprese, le quali secondo le stime del dipartimento della funzione pubblica sopportano un costo per gli oneri amministrativi di circa trenta miliardi di euro l'anno, settemila euro circa ad azienda;
    con il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, sono stati introdotti in Italia gli studi di settore, uno strumento che il fisco italiano utilizza per l'accertamento induttivo degli esercenti arti e professioni e imprese, attraverso la raccolta sistematica dei dati che caratterizzano l'attività e il contesto economico in cui opera l'impresa, allo scopo di valutare la sua capacità reale di produrre reddito;
    gli studi di settore sono costruiti secondo un procedimento statistico che viene verificato e approvato, prima dell'entrata in vigore, dalla cosiddetta Commissione degli Esperti, un organismo formato da rappresentanti dell'Agenzia delle entrate e del Ministero dell'economia e delle finanze e delle organizzazioni di categoria, secondo un procedimento che si articola essenzialmente nelle fasi di raccolta di elementi quantitativi e qualitativi su una determinata attività, l'individuazione di modalità omogenee di svolgimento della stessa e la determinazione dei ricavi presunti dell'attività;
    fotografando il giro d'affari presumibile di commercianti, artigiani e professionisti gli studi di settore ne stabiliscono di fatto l'imponibile, e questo li ha resi particolarmente invisi alle categorie interessate soprattutto nella attuale congiuntura economica sfavorevole, perché non tengono conto della riduzione degli introiti, spingendo gli imprenditori a chiederne una revisione che possa conteggiare gli effetti della crisi;
    l'aspetto maggiormente criticato degli studi di settore è che obbligano chi guadagna poco a dichiarare di più, mentre consentono a chi guadagna tanto di dichiarare di meno, configurandosi, di fatto, come una sorta di condono fiscale mascherato permanente;
    il meccanismo applicato negli studi, infatti, stabilendo a priori un ricavo «congruo» per ogni tipo di attività e inducendo ogni contribuente ad adeguare le dichiarazioni dei redditi a quella cifra, pena controlli fiscali induttivi in cui l'onere della prova è rovesciato, costringono giocoforza chi ha guadagnato meno a dichiarare di più, e al tempo stesso forniscono l'assoluzione per chi, pur avendo guadagnato di più, dichiarando un reddito «congruo» alle stime dello studio di settore, si vede escludere dalle liste dei contribuenti a controllo;
    se gli studi di settore, da quando sono stati istituiti, hanno generato un aumento del gettito fiscale, questo è dovuto quindi a un sistema ferocemente regressivo, nel quale i poveri pagano più dei ricchi, secondo un meccanismo assolutamente dannoso in particolare in un periodo di crisi economica;
    in tale sistema, quindi, il contribuente onesto si trova a dover combattere contro un complicatissimo meccanismo giuridico che sì basa su presunzioni difficilmente contestabili, e tale problema è destinato a restare irrisolto finché si vorrà giustificare l'applicabilità degli studi di settore ai singoli casi concreti usando, quindi, metodi cosiddetti «standardizzati» o di «massa» per facilitare accertamenti fiscali a tavolino, evitando di svolgere idonee indagini e verifiche fiscali specifiche ed inerenti ai singoli casi;
    le imprese sottoposte agli studi di settore si trovano non infrequentemente nella paradossale situazione di dover licenziare perché in caso contrario non risulterebbero coerenti con gli studi;
    la riunione della Commissione esperti degli studi di settore, riunitasi in data 10 dicembre 2014 per approvare la revisione dei 68 studi di settore a valere con riferimento al periodo di imposta 2014, ha rilevato molteplici e specifiche criticità in merito agli stessi, e ha sollevato diversi problemi in ordine al ruolo e finalità, nonché ai meccanismi di evoluzione e/o revisione di tale strumento;
    in particolare, la riproposizione di indicatori di coerenza estremamente selettivi su tutti gli studi oggetto di revisione, sono stati ritenuti dalle associazioni delle imprese e degli ordini professionali non idonei a rappresentare le realtà situazione dei soggetti soprattutto in un contesto economico nel quale la crisi incide profondamente rendendo anti-economiche (e quindi non coerenti) le scelte aziendali finalizzate a mantenere gli investimenti in beni strumentali e il capitale umano a scapito della marginalità dell'impresa;
    nello specifico, seppur valutando positivamente la rimodulazione del vecchio indicatore di «valore aggiunto per addetto» attraverso la sua suddivisione nei due distinti indicatori «valore aggiunto per addetto» (applicabile però alle sole imprese con dipendenti) e di «margine per addetto non dipendente» (applicabile alle sole imprese senza dipendenti), sono emerse comunque criticità relative a tali indicatori, come ad esempio, per il primo, che considera tra gli addetti anche gli apprendisti la cui produttività è molto relativa e, per il secondo, che si tratta di fatto di un reddito minimo che non tiene conto del contesto economico di riferimento, dell'età dell'imprenditore, della territorialità e altri fattori;
    una ulteriore criticità segnalata per tutti gli studi di settore riguarda la riproposizione dell'indice di «copertura dei costo dei beni di terzi e degli ammortamenti» che, presumendo un unico valore di riferimento uguale per tutte le imprese a prescindere dal contesto economico, dalla crisi del settore, dal grado di rigidità strutturale, dalla territorialità in cui opera l'impresa, determina forti anomalie della coerenza, e se anche è vero che tali indicatori non incidono nella stima dei ricavi, determinano però la qualificazione dei soggetti tra quelli non coerenti, e quindi esclusi da eventuali benefici del «sistema premiale»,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative necessarie per dare immediata e compiuta risposta alle criticità esposte in premessa, attivando il confronto richiesto dalle Associazioni delle prese e dagli Ordini Professionali;
   nelle more, ad assumere iniziative per provvedere all'immediata sospensione dell'applicazione degli studi di settore per l'anno 2015.
(1-00737) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    il nostro concittadino Roberto Berardi è stato arrestato senza un mandato il 18 gennaio 2013 nella sua casa di Bata in Guinea Equatoriale dove si trovava per lavoro;
    il 26 agosto 2013, la corte provinciale di Bata lo condannava a 2 anni e 4 mesi di reclusione per appropriazione indebita;
    sulla vicenda sono già stati presentati dieci atti di sindacato ispettivo al Parlamento italiano e due al Parlamento europeo. In ognuno di questi atti il Movimento 5 Stelle, e non solo, chiedeva al Governo di intervenire affinché il nostro concittadino smettesse di essere vittima di vere e proprie torture e trattamenti inumani degradanti e affinché lo stesso potesse ottenere un'immediata scarcerazione con conseguente immediato rimpatrio;
    tutte le risposte da parte del Governo sono state secondo gli interroganti insoddisfacenti e il suo immobilismo, dovuto anche all'assenza di una rappresentanza diplomatico-consolare italiana presso la Guinea Equatoriale, si presume continuerà fino alla conclusione della pena inflitta a Roberto Berardi prevista per il 19 maggio 2015;
    va ricordato che Roberto Berardi al momento dell'arresto era socio in affari del signor Teodoro Obiang Nguema Mangue, secondo vice presidente della Guinea Equatoriale e figlio maggiore del presidente Obiang Nguema Mbasogo;
    forte è il sospetto che Roberto Berardi sia stato arrestato perché avrebbe rappresentato, e rappresenterebbe tuttora, un testimone molto dannoso in un'inchiesta avviata dal Governo degli Stati Uniti su un presunto riciclaggio di capitali illeciti che vede coinvolta proprio l'azienda di Teodoro Obiang Nguema Mangue;
    non si conosce con certezza se il signor Nguema abbia conoscenza o abbia in qualche modo partecipato attivamente al trattamento inumano del signor Berardi, tuttavia le circostanze sembrerebbero confermare una sua parziale responsabilità,

impegna il Governo:

   a fornire al signor Roberto Berardi, in previsione della data di scarcerazione indicata in premessa, direttamente o indirettamente mediante il console spagnolo presente in loco e coinvolgendo, altresì, l'attuale Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, un'assistenza sia dal punto di vista burocratico che logistico ed economico prevenendo, così, eventuali atti di persecuzione giudiziaria e soprattutto fisica – non escluso il pericolo di morte – immediatamente dopo la scarcerazione del nostro concittadino;
   a farsi carico, per quanto di competenza, di tutti i relativi oneri e delle spese di assistenza sanitaria nei confronti di Roberto Berardi.
(7-00602) «Manlio Di Stefano, Sibilia, Di Battista, Spadoni, Scagliusi, Grande, Del Grosso».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    in base alla normativa europea concernente l'etichettatura delle uova, dal 2004, è obbligatorio apporre il timbro su ogni singolo uovo in guscio con il quale vengono indicati modalità di produzione, in gabbia, a terra, all'aperto, biologiche, il paese di origine, IT per l'Italia, e persino comune e codice dello stabilimento;
    anche sulle confezioni è obbligatoria l'indicazione delle suddette modalità di allevamento;
    una trasparenza che però si ferma rispetto all'origine e alla tracciabilità delle materie prime di tutti gli altri prodotti che hanno come componente principale le uova, per i quali nessuna indicazione è obbligatoria;
    l'Italia è uno dei principali produttori di uova in Europa e la quasi totalità delle uova fresche in commercio sono di origine nazionale;
    tuttavia, secondo i dati Eurostat ogni anno in Italia vengono importati oltre 50 milioni di tonnellate di uova e ovoprodotti solo dalla Polonia, quasi 20 milioni dalla Spagna, oltre 6 milioni dall'Olanda, 5,7 milioni dalla Romania, 3,7 dalla Francia, 3,2 dalla Slovacchia;
    si tratta di cifre significative per il settore;
    con l'entrata in vigore della nuova normativa tutti i produttori di uova della Unione europea hanno dovuto abbandonare le gabbie «convenzionali» usate negli allevamenti intensivi, e procedere all'ammodernamento delle strutture;
    si è trattato di un passaggio epocale in considerazione della presa in carico del cosiddetto benessere animale e sono stati posti in essere significativi investimenti;
    nel 2012 in Italia tantissimi produttori hanno chiuso i capannoni per far spazio ai lavori di adeguamento, ed in questo periodo nel nostro Paese è aumentato l’import di uova soprattutto dai Paesi dell'est che hanno introdotto prezzi davvero concorrenziali con cui i produttori italiani hanno dovuto fare i conti proprio nel momento in cui avevano effettuato considerevoli investimenti per i propri allevamenti con una oscillazione anche di 10-15 centesimi;
    la maggiore competitività di questi Paesi è dovuta particolarmente al minore costo dei mangimi, essendo forti produttori di cereali, all'impiego dei finanziamenti comunitari, ad un minor costo della manodopera e ad un sistema di controlli meno vincolanti;
    accade che molte delle vecchie gabbie dismesse dagli allevamenti italiani siano finite proprio nell'est Europa e che ci sia una sorta di beffa oltre al danno di una concorrenza sleale;
    tutto questo si ripercuote sulla qualità dei prodotti che vengono confezionati con l'impiego di tali uova all'insaputa dei cittadini/consumatori;
    è del tutto evidente la lacuna del quadro normativo comunitario che non consente una piena tracciabilità, delle materie prime impiegate, tra cui le uova, per il confezionamento di altri prodotti:
     dopo l'etichetta d'origine obbligatoria per la carne fresca o congelata di manzo, estesa da aprile 2015 a polli, maiali, pecore e capre in base al regolamento 1069/2011, l'europarlamento ha chiesto alla Commissione europea di adottare lo stesso sistema di tracciabilità anche per la carne usata come ingrediente nei prodotti trasformati, anche a seguito dello scandalo della carne di cavallo impiegata per confezionare lasagne e che aveva visto coinvolti anche importanti marchi italiani;
     si tratta di una misura indispensabile proprio per dare certezze agli alimenti che si trovano sulle tavole italiane: di cui ovviamente andrà valutato anche l'impatto economico per le imprese per consentire la individuazione di un vero patto a difesa della qualità,

impegna il Governo

a porre in sede comunitaria la questione evidenziata in premessa, in particolare per quanto concerne i prodotti che hanno come componente principale le uova, al fine di giungere alla definizione di un nuovo sistema di tracciabilità maggiormente trasparente e vincolante che certifichi ai consumatori la provenienza e la qualità delle materie prime impiegate evitando che si venga a determinare concorrenza sleale a discapito della salute e delle imprese nazionali che ottemperano agli obblighi già previsti.
(7-00601) «Anzaldi, Oliverio».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere, premesso che:
   le vicende che circondano l'emanazione del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti, e, quindi, le disposizioni che riformano la struttura delle banche popolari, si arricchiscono, giorno dopo giorno, di ulteriori e inquietanti particolari, determinando una preoccupazione più generale per il modus operandi del Governo, in relazione soprattutto agli obiettivi che persegue attraverso l'emanazione di norme;
   in particolare, il decreto-legge in oggetto impone alle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro la trasformazione in società per azioni; una riforma strutturale adottata, quindi, attraverso lo strumento del decreto-legge in un contesto che, a parere dell'interrogante, è assolutamente privo dei requisiti di necessità ed urgenza;
   si ricorda che è di venerdì 16 gennaio alle ore 18, a chiusura dei mercati, la prima agenzia stampa che annuncia l'imminente riforma delle banche popolari, inserita nel decreto-legge già messo a punto dal Governo in materia di «Investment compact». Una riforma che, inizialmente, doveva essere prevista all'interno del disegno di legge sulla concorrenza (di prossima presentazione), ma che invece, improvvisamente, sembra particolarmente «urgente»; il 20 gennaio, il Consiglio dei ministri dà infatti il via libera al decreto, che, effettivamente, contiene la norma che impone alle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro la trasformazione in società per azioni;
   è di tutta evidenza come l'intervento di riforma approvato dal Consiglio dei ministri sia stato preceduto da una serie di attività anomale e di operazioni di compravendita di titoli azionari di numerose banche popolari, i cui movimenti fanno presumere, ad avviso dell'interpellante, un sospetto caso di insider trading;
   subito dopo il varo del decreto-legge, la borsa di Piazza Affari ha infatti iniziato a prendere posizione, immaginando possibili aggregazioni tra le banche popolari, i cui acquisti si sono concentrati sulle banche di modesta dimensione, come ad esempio il Banco Popolare, che ha registrato a fine settimana un guadagno del 21 per cento, la Banca popolare dell'Emilia, con un + 24 per cento o la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, le cui azioni sono aumentate del 62,1 per cento in quattro giorni contro un andamento del comparto bancario dell'8,68 per cento;
   un'intensa attività di compravendita di titoli di alcune banche popolari italiane quotate in borsa si è verificata, in particolare, in una delle piazze finanziarie più importanti in Europa e nel mondo: il London Stock Exchange;
   considerati gli effetti dirompenti che la notizia della riforma ha avuto sui mercati finanziari, a partire da lunedì 19 gennaio 2015, con rialzi a due cifre di tutte le banche coinvolte, la Consob ha avviato una serie di accertamenti preliminari sull'operatività dei titoli delle popolari, e sta quindi verificando se ci sia stato chi, avendo ricevuto informazioni preventive all'imminente approvazione del decreto, abbia approfittato e speculato sulla trasformazione delle banche popolari in società per azioni;
   come riferito dal Presidente Giuseppe Vegas nel corso dell'audizione svolta alla Camera l'11 febbraio 2015, la Consob ha monitorato con particolare attenzione l'andamento delle azioni delle banche popolari a partire dall'emersione dei primi rumors sulla riforma, e quindi sin dai primi giorni dell'anno, attraverso analisi e approfondimenti dell'operatività di tutti i principali intermediari in borsa e fuori mercato, inclusa l'operatività in strumenti derivati;
   l'analisi della dinamica delle quotazioni nel periodo antecedente al 16 gennaio evidenzia che i corsi delle azioni delle banche popolari hanno mostrato in media una performance negativa. Infatti, ad esclusione della Banca Popolare di Milano, che ha fatto registrare un incremento del 9,59 per cento, le azioni delle altre banche popolari hanno segnato ribassi significativi; tuttavia, come confermato all'interno del documento presentato dal presidente Vegas, le analisi effettuate hanno rilevato la presenza di alcuni intermediari con un'operatività potenzialmente anomala, in grado di generare margini di profitto, sia pur in un contesto di flessione dei corsi. Si tratta, in particolare, di soggetti che hanno effettuato acquisti prima del 16 gennaio 2015, eventualmente accompagnati da vendite nella settimana successiva. Le plusvalenze effettive potenziali di tale operatività sono stimabili in circa 10 milioni di euro;
   le indagini avviate sono volte ad appurare l'identità dei beneficiari ultimi dell'operatività con margini di profitto significativi effettuata prima del 16 gennaio. La difficoltà di tali accertamenti, come in tutte le indagini di insider trading, è costituita dal fatto che spesso l'intermediario che opera in borsa agisce per conto di propri clienti, i quali a loro volta possono essere soggetti giuridici organizzati in ramificate strutture societarie, spesso con sedi all'estero, rispetto alle quali può essere complesso risalire al controllante ultimo;
   la Consob ha inoltre analizzato le operazioni di trading dei soggetti componenti il consiglio di amministrazione delle banche popolari o di altri soggetti correlati (cosiddette operazioni di «internal dealing»); la Consob ha già proceduto ad inoltrare richieste di dati e notizie agli intermediari sia italiani sia esteri che hanno evidenziato un'operatività potenzialmente anomala. Sulla base delle analisi dei dati ricevuti si è reso necessario inviare ulteriori richieste ai soggetti indicati come clienti o committenti finali. In alcuni casi, trattandosi di soggetti esteri, è stato e sarà necessario predisporre richieste di cooperazione internazionale nei confronti di cinque autorità estere. Una volta acquisito questo set informativo (cosiddetto di «secondo livello») riguardo all'identità dei committenti finali, saranno effettuati ulteriori approfondimenti finalizzati a verificare la sussistenza dei presupposti per le eventuali contestazioni di ipotesi di abuso di informazioni privilegiate, con il relativo seguito sanzionatorio amministrativo ed eventuale denuncia penale;
   il presidente Vegas ha inoltre dichiarato che sono, inoltre, in corso di predisposizione richieste volte a ricostruire il circuito informativo dell'informazione privilegiata, ovvero l'ambito in cui la stessa è maturata, il momento a decorrere dal quale essa ha assunto i requisiti di informazione privilegiata e i soggetti coinvolti nel circuito informativo, utilizzando tutti i poteri di accertamento previsti dalla disciplina sugli abusi di mercato e procedendo ad audizioni nei confronti di alcuni soggetti rispetto ai quali sono già emersi elementi che portano a ritenere necessari indagini specifiche più approfondite;
   tutti gli accertamenti annunciati dalla Consob e le approfondite analisi tecniche effettuate saranno quindi finalizzate a dare la massima solidità alle eventuali contestazioni di illecito e alle conseguenti segnalazioni alla magistratura;
   nel frattempo l'11 febbraio 2015 il ministero dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, ha disposto il commissarimento della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, per effetto delle «gravi perdite del patrimonio» emerse agli occhi dei funzionari che da tempo stavano svolgendo accertamenti ispettivi, peraltro ancora in corso;
   inoltre, anche la procura di Roma ha aperto un'indagine sulle presunte operazioni anomale, puntando anche ai rapporti delle banche popolari con gli istituti di vigilanza;
   al di là delle plusvalenze effettive o potenziali di chi ha comprato azioni delle Banche Popolari prima del decreto per poi rivenderle a prezzi ben più alti, quel che è grave è che, a quanto risulta agli interpellanti, non si può escludere che siano stati fonti dirette del Governo ad aver comunicato in anticipo ai finanziatori le imminenti decisioni dell'Esecutivo;
   l'ulteriore stranezza riguarda il requisito dimensionale individuato, ovvero un attivo di 8 miliardi di euro è così che rientrano nelle norme il Credito Valtellinese, Popolare di Bari e Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, il cui vicepresidente è il padre del Ministro Maria Elena Boschi, anch'essa azionista della banca;
   non può inoltre lasciare indifferenti il fatto che il più attivo in questo fenomeno di spostamenti azionari è stato il fondo di Davide Serra da Londra, punto di riferimento e consigliere del Premier in materia di finanza;
   il 6 febbraio 2015, il sottosegretario all'economia e alle finanze Pier Paolo Baretta ha risposto in maniera del tutto insoddisfacente alle richieste di chiarimento avanzate dall'interpellante in un analogo atto di sindacato ispettivo –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa e, in particolare, a seguito delle dichiarazioni del presidente di Consob, che confermano la messa in atto di operazioni anomale, non ritenga che le modalità di comunicazione della riforma, anticipata il venerdì e poi attuata per decreto-legge il martedì successivo, possano essersi prestate a fenomeni di insider trading o a manovre speculative su titoli in borsa;
   se il Governo intenda  chiarire in maniera puntuale le vicende che hanno portato all'adozione delle misure che incidono sulle banche popolari, e, in particolare, fornire spiegazioni in merito alla propria posizione, e all'eventuale improprio utilizzo di informazioni privilegiate, per fare luce su una questione che, in tutta evidenza, mette in discussione la credibilità e i fini delle misure adottate;
   se, più in generale, tale riforma sia in sintonia con la legislazione europea e se essa non esponga le imprese italiane ad un rischio di peggioramento del loro accesso al credito, dato che comunque dispone l'eliminazione di un modello di banca legata alla zona di origine e agli investimenti nel medesimo territorio.
(2-00850) «Brunetta».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI e BENEDETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nel 1996, il Consiglio dell'Unione europea ha istituito un regime di aiuti a favore delle organizzazioni di produttori che destinano gli ortofrutticoli, in particolare i pomodori alla trasformazione, lo Stato membro, in base a quanto stabilito, ha il dovere di verificare la fondatezza degli aiuti concessi dagli organismi pagatori da esso riconosciuti;
   nell'ambito del regime di aiuti, la Commissione europea ha effettuato verifiche e controlli nel nostro Paese relativamente alle campagne 2005/2006, 2006/2007 e 2007/2008, nel settore dei pomodori trasformati e ha rilevato diverse irregolarità nella gestione dei finanziamenti del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (Feaog), sezione garanzia, del Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr);
   in particolare è stata comprovata l'assenza di verifica effettiva delle rese produttive dei pomodori conferiti ai trasformatori e dichiarati ai fini della concessione degli aiuti, imposta dal regolamento n. 1535/2003, recante modalità di applicazione del regolamento n. 2201/96 per il regime di aiuti nel settore dei prodotti trasformati a base di ortofrutticoli;
   nel 2012, con decisione di esecuzione 2012/336/UE, la Commissione ha quindi escluso dal finanziamento europeo alcune spese effettuate dagli organismi pagatori riconosciuti dall'Italia, per un totale di 111.543.214,56 euro (per diversi prodotti: vino, agrumi, olio d'oliva e pomodori destinati alla trasformazione). Il finanziamento per la trasformazione dei pomodori era pari a 8.746.634,09 euro;
   l'Italia ha fatto ricorso contro una tale decisione presso il tribunale dell'Unione europea chiedendone l'annullamento parziale, ma il 5 febbraio 2015 una sentenza del tribunale dell'Unione europea ha respinto tutti gli argomenti fatti valere dall'Italia (in particolare quello della non grave anomalia delle rese che ha frenato la necessità di verificare immediatamente i dati), rigettando il ricorso e condannando il nostro Paese a restituire 8,7 milioni in aiuti comunitari;
   l'Italia potrebbe ancora impugnare la decisione del tribunale, entro due mesi a decorrere dalla data della sua notifica –:
   se, alla luce di quanto, esposto in premessa, intenda impugnare la decisione del tribunale europeo circa gli aiuti comunitari per la trasformazione del pomodoro e, in ogni caso, come intenda far fronte ad una tale perdita in un settore importante nel ambito dell'agroalimentare nazionale. (5-04747)


   CORDA, FRUSONE e BASILIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 23 luglio 2013, a Milano, è stato siglato un accordo tra Cgil-Cisl-Uil, il comune di Milano ed Expo 2015 spa per favorire l'assunzione a termine di 800 lavoratori e l'utilizzo di 18.500 volontari per garantire la forza-lavoro necessaria a Expo 2015;
   nello specifico saranno 18.500 i volontari impegnati e circa 800 i lavoratori con contratti che spaziano dall'apprendistato allo stage, fino ai rapporti di lavoro a tempo determinato. A questi, si dovranno aggiungere i 325 impiegati che verranno inquadrati con un contratto di apprendistato. Gli 800 lavoratori saranno assunti con contratti in deroga rispetto alla normativa in vigore, mentre il focus del protocollo di intesa è l'individuazione di un accordo sulle forme di flessibilità destinati ai giovani. In particolare, 300 verranno assunti con contratti a tempo determinato, da pescare nelle liste di mobilità o disoccupazione; 195 saranno stagisti, retribuiti con 516 euro al mese. Infine, 18.500 giovani saranno inquadrati con contratto di volontariato, impiegati per un minimo di cinque ore durante l'arco di una giornata, per una permanenza media di due settimane;
   il volontariato è una prestazione a favore di categorie che hanno gravi necessità e bisogno di assistenza e non è il caso di Expo. L'istituto del volontariato è disciplinato dalla legge n. 266 del 1991. Essa, all'articolo 2, comma 1, fornisce una puntuale definizione di attività di volontariato: «Per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà». Inoltre, al secondo comma dell'articolo 2, la medesima legge del 1991 dispone che «L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario»;
   ai volontari si chiede di svolgere, nei fatti, un'attività lavorativa subordinata, part time e a termine, al di fuori di qualsivoglia disciplina contrattuale e legale. La selezione dei volontari è partita da alcune settimane: si cercano persone disposte a lavorare per due settimane, per cinque ore e mezzo al giorno, occupandosi di accoglienza, supporto e informazione per i visitatori;
   Expo 2015 è stato presentato come una grande opportunità occupazionale nella crisi, un volano per favorire la crescita economica e l'occupazione. Oggi vengono forniti i dati: 800 contratti precari, una goccia nel mare della disoccupazione giovanile, a costo ridotto e con deroga alla deroga della giunga precaria già esistente, a fronte di 18.500 prestazioni lavorative di fatto gratuite. Ci si trova di fronte ad una situazione paradossale, più che a un volano per l'economia e l'occupazione: da una parte il giovane, senza elevati titoli di studio, che va a fare l'apprendista con salario ridotto e basso costo per le imprese; dall'altro il precario adulto, che vive di contratti a termine. I volontari come tali riceveranno solamente dei buoni pasto quotidiani, per non smentire il significato alimentare dell'evento. Difficile che tutto ciò possa creare occupazione o essere uno slancio positivo per i lavoratori; 
   inoltre, lavorare all'EXPO non solo non paga, ma costa. Si immagini un pendolare che debba accollarsi i costi quotidiani del sistema ferroviario lombardo. O addirittura un giovane di un'altra regione che volesse fare questa esperienza a Milano. Per lavorare gratis bisogna godere di un buon reddito e non tutti ce l'hanno –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché tutti coloro che presteranno attività lavorativa per l'EXPO 2015, possano essere correttamente identificati come lavoratori, con una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del loro lavoro. (5-04753)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o settembre 2014, il quotidiano telematico Abruzzoweb ha pubblicato una dettagliata analisi di una bozza di proposta di legge avente a oggetto la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell'Aquila del 2009;
   dalle reazioni seguite a tale pubblicazione, non risulta all'interrogante che i contenuti e le volontà del Governo che da essa emergerebbero siano stati smentiti o chiariti;
   secondo l'articolo 1, comma 1, di tale bozza, sarebbe allo studio la creazione di una white list degli operatori interessati all'esecuzione degli interventi di ricostruzione, al fine di ostacolare la penetrazione mafiosa;
   secondo l'articolo 2, comma 10 della medesima bozza, l'amministratore di condominio, nei suoi compiti funzionali alla riparazione e ricostruzione degli immobili danneggiati, assumerebbe il ruolo di incaricato di pubblico servizio;
   secondo l'articolo 25, la cabina di regia per la gestione degli interventi verrebbe incardinata a Roma;
   relativamente agli interventi in anticipazione dei lavori di riparazione o ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma, l'articolo 6, comma 3, prevede che il credito maturato nei confronti dell'ente locale non può in nessun caso essere ceduto o dato in garanzia;
   l'articolo 30 modificherebbe l'articolo 3 del decreto-legge 39 del 2009 in materia di acquisto di abitazione sostitutiva;
   non viene affatto affrontato il problema di una programmazione e pianificazione territoriale riguardante l'intero territorio aquilano, con il conseguente pregiudizio per la futura economia locale e regionale;
   ugualmente, non viene affrontato il problema della pluralità di uffici speciali e della collegata assenza di coordinamento tra gli stessi, che ha generato la già conclamata e conseguente disarmonia dei cosiddetti Piani d'area o di Ricostruzione, vanificandone uno degli scopi principali e di fatto svuotandoli di contenuto;
   non viene infine affrontato il tema, pur fondamentale in un'ottica di medio e lungo periodo, della coesione sociale, che, dal 2009 ad oggi, non ha visto la predisposizione di alcun intervento;
   dalla data di pubblicazione da parte dell'organo telematico Abruzzo Web della bozza di disegno di legge sono trascorsi diversi mesi, durante i quali il Governo non risulta all'interrogante essersi espresso in modo chiaro rispetto alle proposte e agli indirizzi della stessa, né, più in generale, rispetto alla situazione dell'Abruzzo post terremoto;
   in data 4 dicembre 2014, al Sottosegretario all'economia e alle finanze Paola De Micheli è stata conferita, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, la delega per la ricostruzione dell'Aquila e dei comuni del cratere –:
   di quali notizie disponga il Governo;
   se il Governo non reputi opportuno, al fine di garantire la massima trasparenza, che la futura white list delle imprese interessate all'esecuzione degli interventi di ricostruzione venga anche resa pubblica, per espressa disposizione normativa;
   se il Governo non ritenga che, qualora e nei limiti entro i quali l'amministratore di condominio ottenga la qualifica di incaricato di pubblico servizio, con le conseguenti responsabilità civili e penali, allo stesso dovrebbero essere concessi i necessari poteri di intervento, finalizzati a superare l'eventuale inerzia o una contraria volontà dell'assemblea rispetto a decisioni che incidano sulla posizione di garanzia e sulle responsabilità di salvaguardia collegate all'incarico di amministratore;
   se il Governo non ritenga che, in applicazione del principio di sussidiarietà, ma anche per confermare prassi amministrativo-scientifiche già consolidate ed applicate coerentemente in ogni sisma precedente e successivo a quello aquilano, la cabina di regia debba essere incardinata presso la regione Abruzzo affidando al presidente della regione le necessarie responsabilità;
   se il divieto di porre in garanzia o di cedere il credito relativo a interventi in anticipazione, alla luce di una comparazione degli interessi pubblici e privati in gioco, ed alla luce del principio di libera concorrenza, risulti, giustificato o meno, prefigurando possibili interventi di anticipazione soltanto da parte di grandi imprese, esse sole in grado di farsi carico di lavori plurimilionari fino all'arrivo dei fondi pubblici;
   se assumere ora iniziative per modificare i criteri di cui all'articolo 3 del decreto-legge 39 del 2009, in materia di acquisto di abitazione sostitutiva, non determini obiettive disparità di trattamento tra gli acquirenti pre e post-riforma, con conseguente probabile aumento del relativo contenzioso amministrativo;
   se il Governo non ritenga che, anche rispetto ai livelli superiori di governance della ricostruzione, andrebbe privilegiata la condivisione di responsabilità e poteri con soggetti dotati di specifiche competenze tecniche, senza esaurire la governance stessa in un ambito strettamente politico;
   se il Governo non ritenga che i profili sopra evidenziati debbano essere affrontati in caso di un nuovo intervento normativo. (4-07982)


   GRIMOLDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Besana Brianza (MB) con prot. n. 0000913 del 13 gennaio 2015 ha pubblicato un avviso di concorso per l'assegnazione di una rivendita ordinaria di generi di monopolio da istituirsi nel comune stesso nella zona di Piazza Ferrari e Via San Lazzaro;
   secondo quanto riportato nel bando, «l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, riconosciuta l'utilità e l'opportunità nell'interesse pubblico, ha deciso l'istituzione di una nuova rivendita nel comune di Besana Brianza e all'uopo viene bandito, con il presente avviso, l'apposito concorso, per la nomina del gerente provvisorio dell'esercizio, previsto dall'articolo 21 della Legge n. 1293 del 22 dicembre 1957, dall'articolo 50 del relativo Regolamento di esecuzione approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 14 ottobre 1958 e della Legge n. 1219 del 14 ottobre 1960»;
   il concorso è riservato alle seguenti categorie di persone: a) profughi già intestatari di rivendita di generi di monopolio nel territorio di provenienza ovvero, in caso di decesso del profugo, coniuge o uno dei figli; b) invalidi di guerra, orfani di guerra e categorie equiparate per legge; c) decorati al valor militare, altri profughi, mutilati ed invalidi del lavoro con riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 40 per cento;
   tuttavia viene precisato che le persone appartenenti alla categoria a) verranno preferite a quelle appartenenti alla categoria b), entrambe preferite comunque alla categoria c);
   l'articolo 21 della legge n. 1293 del 22 dicembre 1957 (Istituzione delle rivendite ordinarie) così recita: «Le rivendite ordinarie sono istituite dove e quando l'Amministrazione lo ritenga utile ed opportuno nell'interesse del servizio. Nei Comuni con popolazione non superiore ai 30.000 abitanti le rivendite ordinarie di nuova istituzione sono assegnate in esperimento mediante concorso riservato agli invalidi di guerra, vedove di guerra e categorie equiparate per legge ed ai decorati al valor militare. Negli altri Comuni e nei capoluoghi di provincia le rivendite ordinarie sono appaltate in esperimento mediante asta pubblica rivendita è aggiudicata al concorrente che, osservati i requisiti posti nell'avviso di asta, offra il sopracanone più elevato. L'esperimento di cui ai precedenti commi dura un triennio, allo scadere del quale la rivendita, se non è stata soppressa, è classificata ai sensi dell'articolo 25 e può essere appaltata a trattativa privata o assegnata direttamente allo stesso titolare»;
   l'articolo 50 del regolamento recante «Istituzione delle rivendite ordinarie nei comuni con popolazione non superiore ai trentamila abitanti» dispone che: «Le rivendite ordinarie istituite nei Comuni con popolazione non superiore ai trentamila abitanti sono assegnate in esperimento per il periodo di in triennio mediante concorso riservato alle seguenti categorie di persone, che dispongano di locale riconosciuto idoneo a discrezionale giudizio dello Ispettorato compartimentale:
    a) invalidi di guerra, vedove di guerra e categorie equiparate per legge;
    b) decorati al valor militare;
   le persone appartenenti alla categoria a) sono preferite a quelle appartenenti alla categoria b);
   ai sensi dell'articolo 8 della legge 27 febbraio 1958, n. 173, i profughi, già intestatari di licenza di rivendita i generi di monopolio nei territori di provenienza, hanno preferenza assoluta sulle persone appartenenti alle categorie a) e b);
   fra i concorrenti appartenenti alla stessa categoria sarà preferito nell'ordine che segue:
    1) chi assomma i titoli di cui alle lettere a) e b);
    2) chi ha maggior carico di famiglia diretta;
    3) chi dispone del locale riconosciuto preferibile per il funzionamento della rivendita;
   la graduatoria dei concorrenti sarà formata dall'Ispettorato compartimentale che la notificherà a tutti i partecipanti;
   qualora il primo classificato non sia in possesso dei requisiti prescritti o comunque decada dall'assegnazione prima della immissione in servizio, la rivendita sarà assegnata in linea gradatamente successiva agli altri concorrenti;
   in caso di deserzione od infruttuosità del concorso è in facoltà dell'Ispettorato compartimentale di ripeterlo ovvero di assegnare la rivendita a trattativa privata;
   l'articolo 8 della legge 27 febbraio 1958, n. 173 dispone che: «Nei concorsi per l'istituzione di nuove rivendite ai sensi del secondo comma dell'articolo 83 del regio decreto 14 giugno 1941, n. 577, hanno titolo di preferenza assoluta i profughi i quali risultino già intestatari di licenza di rivendita di generi di monopolio nei territori di provenienza. In caso di decesso del titolare, prima del ripristino della licenza o dell'autorizzazione, il diritto passa agli eredi legittimi, limitatamente peraltro al coniuge o a uno dei figli. Analoga preferenza spetta, nei concorsi comunali, per il conferimento di rivendita di generi di monopolio di terza categoria, a sensi dell'articolo 94 del regio decreto 14 giugno 1941, n. 577. Tutti gli altri profughi sono, nei concorsi suddetti, equiparati agli ex combattenti provvisti di assegno vitalizio in seguito a ricompensa al valor militare (n. 2 dell'articolo 94 sopracitato)»;
   la legge 14 ottobre 1960, n. 1219, richiamata nel bando e recante «Proroga delle provvidenze assistenziali a favore dei profughi», ha disposto la proroga al 1963 di alcune disposizioni a favore dei profughi;
   attualmente con il termine profugo non ci si riferisce a un vero e proprio status giuridico a differenza del termine rifugiato, con cui viene spesso confuso;
   successivamente alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, è il termine rifugiato ad indicare uno status ricevuto e riconosciuto dalla legge dello stato ospitante in virtù delle convenzioni internazionali;
   il termine «profugo», sebbene oggi sia utilizzato in maniera generica, viene invece indicato dal bando quale categoria da preferire alle altre nell'assegnazione della rivendita di generi di monopolio nel comune di Besana Brianza senza però alcuna specificazione;
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato sopra, in particolare quale significato debba essere attribuito al termine «profughi» e se non sia opportuno, anche alla luce dei più recenti sviluppi in materia di legislazione sul diritto d'asilo, assumere iniziative normative per specificare tale circostanza;
   se bandi simili siano stati affissi in altri comuni italiani anche recentemente e quali siano la nazionalità e provenienza dei soggetti a cui sono state assegnate le rivendite. (4-07983)


   BRAMBILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   durante l'ondata di maltempo che ha interessato l'Italia settentrionale e in particolare la regione Emilia-Romagna nei giorni 5-7 febbraio 2015, il comune di Cesenatico è rimasto isolato, per diffusi allagamenti sulle arterie stradali;
   il giorno 7, il sindaco Roberto Buda ha riferito quanto è accaduto in città: «Si sono sommati eventi eccezionali che hanno creato danni notevoli nell'entroterra. La gente non sapeva come fare: non era mai successo che tutta la duna a protezione della città fosse stata portata via completamente. Abbiamo visto l'acqua invadere scuole, case, alberghi. L'arredo urbano è completamente distrutto. Non so se per l'estate saremmo in grado di ripristinare. Ora però bisogna pensare alle persone»;
   nel medesimo contesto il sindaco ha aggiunto: «L'urgenza degli stabilimenti balneari è ripristinare la duna, ma noi con i nostri fondi non siamo in grado di svolgere gli interventi necessari»;
   a seguito delle ricognizioni successivamente compiute il totale (provvisorio) dei danni subiti dalla città è stato quantificato, secondo la stampa locale, in circa 32 milioni di euro: 5 milioni per 100 stabilimenti balneari, 17,5 per 350 strutture produttive, 3 milioni per 600 edifici privati, 7 milioni per la parte pubblica;
   con 3.445 alberghi per oltre 110.000 camere, più di 300 mila posti letto in alloggi privati, 83 mila in campeggi e villaggi, 1600 stabilimenti balneari (dati Nomisma), l'industria turistica della riviera romagnola è la prima del Paese e una delle principali in Europa. Le sole Cervia e Cesenatico generano una spesa turistica di 750 milioni di euro l'anno. Nella stagione balneare del 2013 il comune di Cesenatico ha accolto oltre 460 mila turisti, di cui più di 82 mila stranieri. È dunque facile comprendere quali conseguenze economiche avrebbe anche solo una partenza irregolare o ritardata della stagione estiva –:
   se il Governo abbia intenzione di dichiarare Io stato d'emergenza in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche che hanno colpito il territorio della regione Emilia-Romagna nei giorni 5-7 febbraio 2015;
   se il Ministero dell'economia e delle finanze intenda assumere iniziative affinché sia disposta la sospensione del pagamento dei tributi e degli adempimenti per le persone fisiche e le imprese sul territorio di Cesenatico e degli altri comuni della provincia di Cesena colpiti;
   quali risorse il Governo ritenga di stanziare per i lavori di somma urgenza nel comune di Cesenatico, a cominciare dalla duna di protezione, e negli altri comuni colpiti, per garantire il normale svolgimento della stagione balneare;
   quali altre misure intenda adottare per sostenere gli operatori turistici gravemente danneggiati dall'ondata di maltempo. (4-07985)


   RICCARDO GALLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i recenti e tragici avvenimenti verificatisi in Libia, a causa degli attacchi da parte dei terroristi islamici dell'Isis, che hanno preso il controllo della città di Sirte, a 450 chilometri da Tripoli, coinvolgono in maniera diretta e pericolosa anche il nostro Paese ed in particolare la Sicilia, le cui distanze dal Paese africano, non sono certamente rassicuranti;
   gli inviti a lasciare in tempi rapidi il Paese libico rivolti ai nostri connazionali dall'ambasciata libica, in considerazione dell'aggravarsi della situazione venutasi a creare per l'avanzata jihadista, confermano infatti come le condizioni di sicurezza si siano complicate notevolmente e interessano inevitabilmente le coste del Mediterraneo incluse quelle siciliane;
   a tal fine l'interrogante evidenzia, come tali notizie di estrema gravità dal punto di vista della sicurezza geo-militare e civile, a cui si aggiunge il gravissimo e inarrestabile fenomeno degli sbarchi degli immigrati clandestini sulla coste siciliane e nel canale di Sicilia, provenienti proprio dalla Libia, che spesso si concludono in maniera drammatica, delineano un quadro di crisi particolarmente complesso e preoccupante che trascina in maniera inquietante il nostro Paese e soprattutto la stessa regione siciliana, per la sua naturale posizione geografica;
   a tal fine l'interrogante rileva, come sia necessario da parte del Governo accrescere i livelli di sicurezza e di monitoraggio da parte dei Ministeri interrogati, sull'evoluzione della crisi in Libia, i cui esiti imprevedibili legati ad eventuali attacchi terroristici dell'Isis che potrebbero interessare anche la nostra penisola, necessitano un piano per la sicurezza nazionale sia delle forze dell'ordine che militari, di considerevole portata –:
   quali orientamenti nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se sussistano pericoli per la sicurezza nazionale ed in particolare per la Sicilia, a seguito dei tragici avvenimenti in corso in Libia, in precedenza richiamati, il cui Paese, senza una guida di un governo democratico, è in parte conquistato dai pericolosissimi terroristi islamici dell'Isis che hanno minacciato in diverse occasioni di attaccare anche l'Italia;
   in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie intendano intraprendere per le parti di competenza propria, al fine di garantire adeguati livelli di tutela e sicurezza per il nostro Paese, ed in modo particolare per la Sicilia, direttamente interessata dai tragici avvenimenti in corso nel Paese libico, che rischia di essere coinvolta nel processo di destabilizzazione causato dai terroristi islamici jihadisti, attraverso azioni terroristiche sul territorio isolano;
   se, a tal fine, non ritengano infine opportuno, potenziare il sistema di vigilanza delle coste siciliane, attraverso il pattugliamento delle unità navali della marina militare italiana, al fine di prevenire eventuali infiltrazioni criminali, legate ad eventuali attacchi da parte dell'Isis, che potrebbero sbarcare giungere nelle coste siciliane all'interno dei barconi di immigrati clandestini. (4-07986)


   MARCON. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha utilizzato in data 30 dicembre 2014 un volo di stato Falcon 900 per recarsi con la sua famiglia a Courmayer per trascorrere un periodo di vacanza;
   in seguito alle polemiche suscitate da questa scelta, il primo ministro ha dichiarato con un tweet del 3 gennaio 2015 (ore 16,56): «Gli spostamenti aerei, dormire in caserma, avere la scorta, abitare a palazzo Chigi, non sono scelte, ma frutto di protocolli di sicurezza»;
   esattamente un anno prima – il 30 dicembre del 2013 – l'allora Presidente del Consiglio Enrico Letta, ha utilizzato un volo di linea (AZ1365) per recarsi a Trieste per trascorrere un periodo di vacanza –:
   di che natura siano i «protocolli di sicurezza» addotti dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, applicabili solamente all'attuale Presidente del Consiglio o al precedente Presidente del Consiglio;
   se tali «protocolli di sicurezza» implichino o meno in modo vincolante l'uso di voli di Stato per le alte cariche istituzionali in caso di viaggi per motivi personali o di vacanze;
   se l'uso del Falcon 900 il 30 dicembre del 2014 con destinazione Courmayer derivi da una richiesta dell'attuale Presidente del Consiglio;
   se – stante l'assenza di vincoli determinati da protocolli di sicurezza – il Presidente del Consiglio non intenda seguire per i prossimi viaggi per motivi personali la scelta fatta dal suo predecessore di utilizzare voli di linea, invece di voli di Stato. (4-08003)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   LOCATELLI, DI LELLO, CATALANO, DI GIOIA, FAVA e PASTORELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in seno alla Commissione Onu sulle deroghe la Cina ha chiesto l'inserimento della ketamina nella Tabella I della Convenzione del 1971 sulle sostanze psicotrope e che tale dibattito è stato iscritto come punto all'ordine del giorno della prossima riunione intersessionale del 23 febbraio 2015, e sicuramente alla sessione della Commissione a marzo 2015;
   la ketamina è un farmaco principalmente utilizzato come anestetico dissociativo per uso sia umano che veterinario e più recentemente a livello sperimentale contro il disturbo bipolare e l'alcolismo;
   la Convenzione del 1971 afferma che «l'uso di sostanze psicotrope per fini medici e scientifici è indispensabile e [...] la loro disponibilità per tali scopi non dovrebbe essere ingiustamente limitata»;
   l'inclusione della ketamina nella Tabella I della Convenzione ne renderebbe il possesso punibile penalmente arrecando gravi problemi di salute pubblica in gran parte del mondo — la ketamina viene infatti usata come anestetico in tutte le aree rurali dei Paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa, Asia e America Latina e sua proibizione andrebbe a compromettere la possibilità di interventi chirurgici per oltre due miliardi di persone;
   la ketamina è una medicina usata nei paesi poveri e in via di sviluppo poiché facilmente procurabile, meno costosa di altri anestetizzanti e perché richiede una minor specializzazione per poter essere somministrata essendo più sicura di altri gas anestetizzanti;
   la ketamina è inoltre il principale anestetico nella medicina veterinaria e inserirla nella Tabella I porterebbe a una crisi del settore agricolo, oltre che a quello della chirurgia globale;
   ancora di recente l'Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS, ha dichiarato che la ketamina deve essere presente in tutte le strutture dove l'anestesia è necessaria in modo tale da garantire cure sicure e sostenibili per tutti;
   l'inclusione nella Tabella I della ketamina lascerebbe quindi oltre due miliardi di persone senza alcuna alternativa forzandoli a rinunciare a interventi chirurgici fondamentali e andando così a compromettere ulteriormente la realizzazione degli Obbiettivi dello sviluppo del millennio relativi alla salute;
   inserire la ketamina in una delle tabelle della Convenzione del 1971, o in qualunque altra Tabella, sarebbe quindi un'operazione altamente rischiosa e inopportuna e porterebbe, in qualunque caso, a una riduzione se non al completo abbandono dell'uso di ketamina provocando una violazione del diritto umano alla salute;
   l'osservazione dell'uso «ricreativo» della ketamina può produrre effetti dannosi limitati e che, nel suo rapporto del 2012, dopo aver analizzato rapporti da tutto il mondo sulla ketamina, il Comitato di esperti sulle dipendenze dalle droghe dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che «l'abuso di ketamina non sembra porre un rischio per la salute pubblica su scala globale tale da motivarne la sua iscrizione in Tabella I concludendo che «la ketamina non debba esser posta sotto controllo internazionale in questo momento»;
   oltre al danno alla salute pubblica causato dall'inserimento in tabella I della ketamina, molti osservatori non-governativi, tra i quali Human rights watch e l'International consortium on drug policies e il Partito radical nonviolento transnazionale e transpartito, ritengono che le procedure seguite dalla Cina nella presentazione di questa proposta siano inadeguate in quanto gli Stati firmatari della Convenzione non hanno potere di interferire nella decisione di quali droghe vadano inserite in tabella poiché il compito spetta solamente alla Commissione Onu sulle droghe su raccomandazione dell'Organizzazione mondiale della sanità — allo stato quindi la richiesta della Cina di inserire la ketamina in Tabella I va contro le raccomandazioni dell'OMS dato che questa l'ha riesaminata nel 2006, 2012 e 2014 continuando a sconsigliarne l'inserimento in tabella –:
   quale sia la posizione del Governo relativamente alla ketamina;
   quale sia l'orientamento dell'Italia relativamente alla proposta da parte della Cina di inserire la ketamina nella Tabella I della Convenzione sugli stupefacenti del 1971;
   come intenda agire l'Italia, a partire dalla prossima sessione della Commissione Onu sulle droghe convocata a Vienna dall'8 al 17 marzo 2015, per tutelare il diritto alla salute e l'accesso alle migliori cure analgesiche in seno alle organizzazioni internazionali competenti. (4-07984)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il rischio idrogeologico è divenuto una perdurante emergenza nazionale, corroborata da dati statistici, analisi scientifiche e dal verificarsi di gravi eventi destinati a ripetersi con allarmante ricorrenza;
   è sufficiente esaminare le aree che circondano gli alvei fluviali per rendersi conto della crescente occupazione delle zone di espansione naturale dei corsi d'acqua con abitazioni, insediamenti industriali, produttivi e commerciali e attività agricole e zootecniche;
   la progressiva urbanizzazione e l'impermeabilizzazione di tutte quelle aree dove un fiume in caso di piena può espandersi liberamente hanno presentato e rappresentano una delle principali cause del dissesto idrogeologico italiano;
   purtroppo, frequentemente gli interventi di difesa idraulica continuano a seguire filosofie tanto vecchie quanto evidentemente inefficaci: in molti casi vengono realizzati argini senza un serio studio sull'impatto che possono portare a valle, vengono cementificati gli alvei e alterate le dinamiche naturali dei fiumi; soprattutto, troppo spesso le opere di messa in sicurezza si trasformano in alibi per continuare a costruire;
   in Lombardia, nella giornata del 12 novembre 2014, il fiume Seveso è nuovamente esondato creando panico tra gli abitanti delle aree attraversate dal fiume, causando danni a immobili, negozi, uffici, scantinati e trascinando le proprie acque inquinate nelle aree abitate fino ad una stazione ferroviaria; per fronteggiare tale emergenza sono stati programmati degli interventi di sicurezza idraulica che prevedono la realizzazione di grandi opere idrauliche fortemente impattanti sul territorio, quali per esempio le vasche di laminazione presso il comune di Senago o presso il parco nord Milano, anziché interventi contenuti e diffusi per la regimentazione ed il disinquinamento del fiume;
   la vasca di laminazione è un'opera idraulica volta alla realizzazione di un ampio bacino scavato in profondità per permettere il contenimento delle acque che, in caso di piena, il fiume non è in grado di contenere nel suo alveo;
   in Campania, nell'ambito degli interventi del Governo ricompresi, nel grande progetto per il completamento della riqualificazione e recupero del fiume Sarno, è stata prevista la realizzazione di vasche di laminazione, con il rischio che la miscela di acqua, detriti e sostanze inquinanti trascinata fuori dal letto del fiume venga trattenuta nelle vasche di laminazione e lasciata a ristagnare nelle vasche in prossimità di aree coltivate;
   ai considerevoli impatti ambientali di realizzazione dell'opera si sommano le elevate criticità strutturali e di gestione di tali impianti che si traducono in ulteriori esternalità negative di rilevante impatto per l'ambiente e la tutela della biodiversità e della salute dei cittadini: ulteriore consumo di suolo in zone a destinazione agricola, ristagno e accumulazione di inquinanti nella vasche di laminazione, per lo più situate a ridosso di aree coltivate, potenziale alterazione di habitat ed ecosistemi, interferenze con le acque di falda e altro;
   sotto il profilo funzionale si tratta di interventi volti ad arginare situazioni emergenziali di piena che, pur richiedendo consistenti e costosi interventi di manutenzione, sono estranei ad una prospettiva di gestione programmata e monitorata dei fenomeni alluvionali che dovrebbe, invece, essere perseguita attraverso interventi strutturali alternativi più efficaci – che riguardino il sistema fognario, la rete degli impianti di depurazione delle acque, la manutenzione ordinaria e straordinaria del reticolo idrografico esistente, la prevenzione degli scarichi musivi attraverso il capillare esercizio dei poteri di vigilanza e sanzione – tali da consentire un graduale processo di rinaturalizzazione dei torrenti, nel rispetto del principio di invarianza idraulica;
   le vasche di laminazione sono opere consistenti che richiedono elevati costi di realizzazione e di manutenzione, per appalti che diventano facile appannaggio di grandi aziende, spesso in forma di associazioni temporanee di imprese, rischiando di ledere i principi della concorrenza e della correttezza nelle procedure di affidamento dei lavori –:
   se il Governo non ritenga necessario adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, affinché nelle aree ad alto rischio di dissesto idrogeologico siano posti in essere piani di manutenzione ordinaria degli alvei fluviali, provvedendo ad una corretta applicazione del principio di invarianza idraulica nel territorio circostante e, qualora si debba optare per la residuale soluzione delle vasche di laminazione, se intenda assumere iniziative per stabilire delle linee guida con le quali, in ogni caso, prevedere:
    a) il divieto di costruzione delle vasche in terreni agricoli, aree protette e aree verdi non impermeabilizzate;
    b) la localizzazione delle opere in via prioritaria su terreni da bonificare o già impermeabilizzati;
    c) che le vasche di laminazione siano realizzate esclusivamente in collegamento con corsi fluviali che rispettano la normativa europea sulla qualità delle acque fluviali;
    d) che, a seguito di contaminazione delle falde acquifere a causa del malfunzionamento delle vasche, i costi di bonifica siano posti a carico delle aziende aggiudicatrici degli appalti;
    e) che siano stipulate dalle aziende polizze fideiussorie, per questi interventi, tali da coprire il possibile rischio ambientale derivante dal malfunzionamento delle opere stesse per almeno 15 anni.
(2-00847) «De Rosa, Micillo, Busto, Daga, Mannino, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli, Spessotto, Cozzolino, Toninelli, Dadone, Dieni, D'Ambrosio, Nuti, Ferraresi, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Colletti, Sarti, Simone Valente, Marzana, Brescia, D'Uva, Di Benedetto, Luigi Gallo, Vacca, Paolo Nicolò Romano, Cominardi, Dall'Osso, Rizzo, Tofalo».

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ, VACCA, COLLETTI, DE ROSA, DA VILLA, BRUGNEROTTO e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Medoilgas Italia, ora Rockhopper Italia ha presentato in data 9 dicembre 2009 richiesta di concessione di coltivazione idrocarburi denominata «Ombrina Mare» d30 BC MD in Abruzzo. Il progetto prevede la perforazione di 4-6 pozzi, la realizzazione di un serbatoio FPSO galleggiante per il trattamento e lo stoccaggio della produzione di olio, di una piattaforma OMB-A di produzione di gas ed olio, di una sealine per i trasferimenti tra la piattaforma OMB-A ed il serbatoio FSPO e di una sealine per il trasferimento del gas dalla piattaforma OMB-A alla piattaforma esistente Santo Stefano Mare 9;
   l'istanza è stata assoggettata a procedura di valutazione di impatto ambientale a cui ha fatto seguito, secondo l’iter procedurale di legge, la presentazione di osservazioni da parte del pubblico, i cui termini sono scaduti il 1o febbraio 2010;
   il 30 maggio 2014 è stato pubblicato sui quotidiani l'avviso di deposito da parte dalla Medoilgas dell'integrazione dello studio d'impatto ambientale, con le informazioni utili alle valutazioni necessarie per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, con termine di presentazione delle osservazioni da parte del pubblico, sul progetto ripubblicato, in data 29 luglio 2014 (http://www.va.minambiente.it);
   la Medoilgas, come le altre società petrolifere che operano nel nostro Paese, hanno la possibilità di audizioni ministeriali per proporre le loro strategie energetiche, essendo stakeolders privilegiati rispetto ad altri portatori di interessi, quali cittadini;
   la Medoilgas ha inviato «controdeduzioni» alle osservazioni presentate da enti pubblici, associazioni private con elementi aggiuntivi di informazione, depositate il 3 ottobre 2014 codice CNT_DDZ_001 e CNT_DDZ_002. I sottoscrittori delle osservazioni non hanno ricevuto nessuna comunicazione dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito a questa apertura a nuove controdeduzioni della Medoilgas (http://www.va.minambiente.it) –:
   quali siano le motivazioni per le quali la Medoilgas ha potuto inviare testi integrativi – le controdeduzioni alle osservazioni del pubblico – dopo 3 mesi (ottobre 2014) dalla scadenza dei termini previsti dalla legge; quali siano i limiti temporali, se ci sono, per presentare atti integrativi oltre la data di scadenza definita dalla legge;
   sulla base di quale normativa il Ministero abbia accolto le controdeduzioni alle osservazioni del pubblico con elementi aggiuntivi presentate dalla Medoilgas ad ottobre 2014, considerato anche che questo progetto ripubblicato a maggio 2014 è già una integrazione alla pratica depositata nel 2010;
   se si intendano dichiarare irricevibili queste controdeduzioni con elementi aggiuntivi presentate dalla Medoilgas poiché, se fosse legittima questa procedura, allora sarebbe possibile anche per il pubblico mandare ulteriori contro-osservazioni;
   quali iniziative intenda portare avanti il Ministro affinché sia stabilita una norma univoca per tutti i progetti soggetti a procedura VIA/AIA, e applicata a chiunque sia il soggetto proponente. (4-08001)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, SIMONE VALENTE, DAGA, BUSTO, TERZONI, DE ROSA e MICILLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'area del quartiere Tufello a Roma si caratterizza per l'importante densità abitativa legata alla forte espansione urbana che dagli anni ‘50 ai giorni nostri non ha conosciuto, sostanzialmente, soste edificatorie, portando ad una radicale trasformazione dell'agro romano che caratterizzava in parte quel settore di territorio;
   storicamente il territorio, già in epoca romana, presentava molti manufatti rurali che testimoniano la vasta attività silvo-pastorale a Nord della Roma antica. Negli ultimi due secoli alcuni documenti di noti studiosi e archeologi hanno più volte segnalato l'intensa presenza di alcuni manufatti deputati alle attività agricole. In particolare, l'area archeologica, riconosciuta come Villa di Faonte, compresa tra via delle Vigne Nuove e via Passo del Turchino «è caratterizzata dalla presenza di strutture pertinenti ad una villa privata che si trovava circa al sesto chilometro della via Nomentana tra questa e la via Salaria. La villa venne descritta dal Nibby nel 1849 e poi dal Tomasetti e dal Lanciani che riferirono la presenza di murature in opus reticolatum che si estendevano sulla collina per una superficie di circa 300 mq e la presenza di un criptoportico, in seguito riconosciuto essere in realtà una cisterna, addossata al lato sud della collina. La cisterna presenta una pianta quadrangolare con lati di 100 x 50 piedi 29,5 x 14 metri) divisa in due navate da un muro di spina a sei pilastri di 2,10 metri. I muri perimetrali così come quello di spina sono realizzati in opus reticolatum con cubilia in tufo giallo. I lati est, ovest e sud, non a ridosso della collina, vennero rinforzati esternamente da un muro in opus cementicium in scaglie di selce. Le pareti interne presentano ancora tratti dell'intonaco idraulico di rivestimento così come il cordolo in corrispondenza del pavimento. La copertura a volta a botte era realizzata in opera cementizia in scaglie di selce e tufo. Se si escludono esigui resti di murature a nord-ovest della cisterna completamente rimaneggiati ed obliterati da strutture medievali nulla è più visibile delle strutture descritte dal Nibby. Campagne di scavo e sondaggi sulla collina non hanno portato risultati. Negli anni sessanta del secolo scorso vennero scoperti degli ambienti sotterranei costituiti da cunicoli e da pozzi riconosciuti come un sistema di cisterne a cunicoli riferibili all'età repubblicana di una fase antecedente alla costruzione della cisterna esterna. Il Lanciani riporta la presenza presso l'attiguo casale Chiari di lastre di marmo, frammenti di colonne, paraste, epistili e di un torcular la cui presenza lascia presupporre la coesistenza di una parte rustica. Una ricognizione del Quilici ha individuato piastrelle romboidali in marmo, frammenti di sigillata e di ceramica comune di età imperiale. L'identificazione di questa villa con il suburbanum Phaontis risale già al Nibby ma mancano delle prove certe, la sua attribuzione infatti si basa esclusivamente sulla sua posizione, che Svetonio riporta nell'agro fidenate al IV miglio tra Salaria e Nomentana, e sul ritrovamento, nel 1891 in terreni in prossimità della villa, dell'epigrafe funeraria di una certa Claudia Egloge, nome della nutrice di Nerone. Tuttavia la presenza di numerose ville rustiche nella zona nonché la frequenza del nome proprio in questione non permettono un'attribuzione certa. Nerone nel giugno del 68, cercando di sfuggire agli uomini di Galba che ormai aveva ottenuto l'appoggio da parte del Senato, scappò da Roma, trovando asilo presso la villa del liberto Faonte, dove si tolse la vita per non essere catturato. Questa vicenda viene ampiamente narrata da Svetonio nella Vita di Nerone»;
   negli anni sessanta del secolo scorso vennero scoperti ambienti sotterranei costituiti da cunicoli e da pozzi che componevano un sistema di cisterne a cunicoli riferibili all'età repubblicana, in una fase antecedente alla costruzione della cisterna esterna. Ad oggi sono poche le testimonianze archeologiche che documentano tale genere di attività;
   considerata l'importanza del sito, sottoposto a vincolo archeologico, dal luglio 2010 «Roma Sotterranea», è stata incaricata dalla soprintendenza speciale ai beni archeologici di Roma, nella persona del dott. Francesco di Gennaro, di effettuare il rilievo e lo studio degli ambienti ipogei della Villa di Faonte;
   attualmente nell'area ove è presente il monumento archeologico è prevista l'apertura di un parco pubblico del quartiere Tufello. Tuttavia, tale spazio pubblico, risulta in forte stato di degrado, circondato da improvvisati elementi di chiusura, quali malmessi tavolati in legno e nastri di perimetrazione e alcune lamiere ondulate divelte che ne impediscono l'ingresso. Per tutte queste ragioni l'area è destinata al saccheggio e al furto archeologico, oltre che al degrado urbano, che stanno seriamente pregiudicando l'integrità del bene tutelato –:
   se, alla luce delle numerose criticità riportate in premessa, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, non ritenga opportuno, sentiti gli enti coinvolti, verificare l'applicazione delle misure di conservazione atte a garantire «la sicurezza e la conservazione» dei beni culturali descritti in premessa (articolo 30 comma 1 del decreto legislativo n. 42 del 2004), al fine di evitare che ne sia compromessa l'integrità, «ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro», (articolo 45 comma 1 del decreto legislativo n. 42 del 2004). (5-04751)

DIFESA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


    I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   durante la riunione dei Ministri della difesa della NATO tenutasi a Bruxelles il 5 febbraio 2015 è stato deciso, nell'ambito della crisi in corso in Ucraina, un forte rafforzamento del dispositivo militare schierato ai confini orientali dell'Alleanza;
   tale rafforzamento comprende di portare da 13.000 a ben 30.000 gli effettivi della NATO Response Force (NRF) che sarà guidata a rotazione da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna, definite «nazioni framework»;
   i dettagli tecnici per l'ampliamento della NRF saranno definiti dal Comando NATO di Bruxelles entro il prossimo mese di giugno, mentre la piena operatività della NRF rafforzata sarà raggiunta dopo il vertice NATO di Varsavia previsto per il giugno 2016;
   tra le misure di rafforzamento della NRF è stata decisa la creazione di una forza d'intervento rapido capace di essere schierata in sole 48 ore e denominata Very High Readiness joint Task Force (VJTF);
   la VJTF sarà composta da circa 5.000 militari, incentrata su una brigata composta da 5 battaglioni di manovra e sopportata da forze aeree e navali;
   in caso di crisi maggiori la VJTF potrà essere rafforzata da ulteriori due brigate con capacità di dispiegamento rapido;
   la VJTF sarà una forza multinazionale, ma il suo corpo principale sarà fornito dalla «nazione framework» che in quel momento, in base alla rotazione annuale, avrà il comando della NRF;
   durante l'anno precedente all'attivazione come VJTF, ciascuna brigata sarà impegnata nella necessaria attività addestrativa e di certificazione, pur rimanendo dispiegabile in caso di necessità; nell'anno successivo alla sua attivazione la brigata resterà in riserva per un eventuale rinforzo della brigata VJTF attiva in quel momento, pur restando impiegabile per altri scopi in caso di necessità;
   lei VJTF potrà contare su sei comandi denominati NATO Force Integration Unit (NIUF) che saranno costituiti rispettivamente in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania e destinati ad «accogliere» la VJTF in caso di attivazione e a gestirne il dispiegamento;
   come spiegato dal segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, i NIUF «assicureranno che le forze nazionali e NATO, ovunque si trovino, possano agire subito», «essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l'addestramento e le esercitazioni»;
   i NIUF saranno costituiti per metà da personale del Paese ospite e per l'altra metà da personale NATO;
   il primo Paese a guidare la VJTF sarà la Spagna nel 2016 e la prima VJTF sarà composta da una brigata spagnola rafforzata da battaglioni di altri Paesi della NATO;
   il comando della prima VJTF sarà assegnato al NATO Rapid Deployable Corps (NRDC) spagnolo di Bétera (Valencia);
   l'Italia assumerà il comando della VJTF nel 2018 e, dunque, dovrebbe impiegare il comando NARDC-IT di Solbiate Olona –:
   come si concretizzerà il contributo italiano alla NRF rinforzata;
   quali componenti delle Forze Armate saranno coinvolte nel contributo alla VJTF;
   come sarà finanziato questo nuovo sforzo militare.
(2-00846) «Artini, Pisicchio».

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Eur spa è una società detenuta al 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e al 10 per cento da Roma capitale, che persegue da statuto societario l'obiettivo della tutela e della valorizzazione del patrimonio immobiliare costituito dalle opere realizzate per l'Esposizione universale del 1942, tutelato ai sensi del codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e da un vasto patrimonio costituito da oltre 70 ettari di parchi e giardini di pregio, anch'esso sottoposto a vincolo da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nel 2010;
   Eur spa è stata chiamata a gestire l'unitarietà di un patrimonio ritenuto di notevole interesse storico, architettonico e paesaggistico e pertanto meritevole di una particolare tutela, in quanto tra i maggiori esempi di architettura razionalista e modello di pianificazione urbanistica e architettonica, per tale ragione oggetto di studi nelle più importanti università internazionali;
   la società, che ha mantenuto stabile il livello dei valori locativi, mantenendo pressoché inalterati i ricavi, ha chiuso i bilanci degli ultimi anni in utile, registrando una performance media su valori oscillanti tra 20 milioni di euro nel 2006 a 700.000 euro nel 2013;
   Eur spa è il soggetto realizzatore del Nuovo centro congressi, i cui lavori sono iniziati nel 2008, e per fare fronte con risorse proprie – fatto salvo una piccola quota di finanziamenti a valere sul fondo per Roma Capitale – alla realizzazione degli stessi, nel luglio 2010 si è trovata nella condizione di dover sottoscrivere un contratto di finanziamento con un pool di istituti di credito per un importo totale di 190 milioni di euro, dovendo prevedere garanzie ipotecarie su immobili di proprietà oltre ad ulteriori garanzie reali (cessione in garanzia di crediti presenti e futuri, pegno sui conti correnti);
   essendosi Eur spa autofinanziata attraverso la redditività delle superfici in locazione e lo sviluppo dei servizi connessi, non avrebbe – in coerenza con gli utili registrati autonomamente – potuto sostenere economicamente i costi necessari per la realizzazione dell'opera pubblica Nuovo centro congressi, se non attraverso la vendita dell'albergo annesso, non concretizzatasi a causa di mutate condizioni del mercato immobiliare, o mediante una capitalizzazione da parte dell'azionista di riferimento, il Ministero dell'economia e delle finanze, attesa e mai giunta;
   proprio le molteplici significative incertezze in merito alla continuità aziendale e, in particolare, alla continuità finanziaria della società sono unicamente da riferire alla realizzazione dell'investimento immobiliare del Nuovo centro congressi;
   Eur spa, a seguito dell'assemblea straordinaria degli azionisti convocata per il 9 dicembre 2014, in mancanza della ricapitalizzazione attesa, ha richiesto in data 12 dicembre 2014 l'ammissione allo strumento di legge di concordato preventivo in bianco, ai sensi dell'articolo 161, comma 6, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, al tribunale di Roma; a quanto si apprende da organi di stampa vi sarebbe un coinvolgimento della società di gestione del risparmio Invimit (partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze), istituita il 19 marzo del 2013 a seguito del decreto-legge n. 98 del 2011, con lo scopo valorizzare il patrimonio pubblico, anche ai fini della dismissione dello stesso, che allo stato attuale sta effettuando sopralluoghi presso immobili ascritti al patrimonio immobiliare di Eur spa;
   la cessione di una quota di beni patrimoniali della Eur spa a Invimit, se confermata, appare all'interrogante avere il solo scopo di garantire il reperimento dei fondi necessari all'ultimazione della singola opera pubblica Nuovo centro congressi, senza alcuna considerazione di ciò che comporterebbe, sia in termini di una drastica riduzione dei ricavi generati dalle locazioni, sia in relazione ai livelli occupazionali, che di necessità vedrebbero una conseguente e rilevante contrazione, mettendo a rischio l'organico attuale composto da 120 unità tra personale dipendente e dirigente;
   i ricavi sinora conseguiti hanno consentito dal 1936, anno di istituzione dell'Ente autonomo Esposizione universale di Roma, e poi dal 2000 fino ad oggi alla Eur spa di manutenere, conservare e valorizzare l'unitarietà di questo patrimonio storico-artistico e paesaggistico, un unicum di indubbio pregio, che merita di restare tale, scongiurando la frammentazione che una gestione non unitaria comporterebbe; negli ambienti immobiliari si è creata grande aspettativa su tale operazione; fatto sta che un patrimonio immobiliare monumentale che ha garantito importanti redditi per decenni potrebbe inspiegabilmente implodere a causa dell'errore strategico rappresentato dalla realizzazione del Nuovo centro congressi, deciso dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal comune di Roma, non certo dalla società; il 22 dicembre 2014 il Governo ha accolto in Assemblea un ordine del giorno al disegno di legge di stabilità per il 2015 presentato dall'interrogante che lo impegnava «ad intraprendere tutte le iniziative che si renderanno necessarie per risolvere le problematiche di Eur spa, escludendo che le attuali difficoltà economico-finanziarie possano in alcun modo ricadere sul personale dipendente e garantendo l'attuale livello occupazionale anche come garanzia di sviluppo di quella capacità produttiva messa a rischio dall'individuazione, da parte dei soci, di progetti altamente complessi e a forte rischio economico finanziario» –:
   quali siano gli intendimenti relativi alla società Eur spa, in particolare rispetto all'eventuale cessione di beni della stessa alla società Invimit, e quali elementi possa fornire in merito alla pericolosa diffusione di notizie circa l'operazione di cui in premessa. (3-01302)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SGAMBATO, BORGHI, CASELLATO, D'INCECCO, IACONO, MANFREDI, MONTRONI, MURA, PALMA, PREZIOSI, ROMANINI, RUBINATO e VALIANTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 17 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, al fine di semplificare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare processi di sviluppo sostenibile, con particolare riguardo al recupero del patrimonio edilizio esistente e alla riduzione del consumo di suolo, contiene, tra l'altro, disposizioni modificative del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (TUE), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;
   in particolare il comma 1, lettera a) n. 2) del citato articolo 17 del decreto-legge n. 133 del 2014 prevede che nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria vengano ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti aumento del carico urbanistico senza modifica di planimetria e destinazione uso;
   l'articolo 6, comma 5 del Testo unico edilizia, come da ultimo modificato dal comma 1, lettera c), n. 3), del citato articolo 17 del decreto-legge n. 133 del 2014, introduce una semplificazione che svincola il soggetto interessato dall'obbligo di provvedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale per i suddetti interventi di ristrutturazione edilizia che necessitano della comunicazione di inizio dei lavori — CIL;
   più specificamente, la nuova disposizione prevede, con riferimento a tutti gli interventi elencati dal comma 2 del medesimo articolo 6 del Testo Unico edilizia, che sia l'amministrazione comunale ad inoltrare tempestivamente la comunicazione di inizio dei lavori, qualora integrata con la comunicazione di fine dei lavori, all'Agenzia delle entrate; in caso di assenza della comunicazione di fine lavori la procedura di accatastamento resta invece a carico del proprietario dell'immobile;
   secondo il Consiglio nazionale geometri e geometri laureati — CNGeGL — non potendo più gestire direttamente la pratica di variazione catastale, i cittadini saranno costretti ad attendere, per la compravendita, per la quale la legge richiede che la planimetria in catasto sia conforme allo stato reale dell'immobile, i tempi necessari all'amministrazione comunale e all'Agenzia delle entrate per perfezionare la procedura di aggiornamento catastale –:
   come intenda assicurare, al fine di garantire tempi brevi per la compravendita immobiliare, che l'aggiornamento catastale da parte dell'Agenzia delle entrate sia perfezionato entro tempi certi e se non ritenga utile che ai contribuenti sia data comunque la possibilità di poter continuare a gestire direttamente la pratica di variazione catastale. (5-04750)


   TINO IANNUZZI e BONAVITACOLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 febbraio 2000 la società di gestione «Aeroporto di Salerno-Costa d'Amalfi spa» ha presentato istanza, ai sensi dell'articolo 7 del decreto ministeriale 521 del 1997, per conseguire l'affidamento della gestione totale ventennale dell'aeroporto Salerno-Pontecagnano;
   in data 8 Maggio 2008 il consiglio di amministrazione dell'ENAC, con deliberazione n. 27/2008, ha approvato l'affidamento in concessione della gestione totale del predetto scalo alla società «Aeroporto di Salerno – Costa d'Amalfi spa» per una durata di venti anni, sulla base del piano degli interventi presentato dalla società e comprensivo degli investimenti previsti e del piano economico finanziario;
   in data 22 febbraio 2013 ENAC ha stipulato con la società di gestione «Aeroporto di Salerno Costa – d'Amalfi spa» la convenzione per la gestione totale ventennale dell'aeroporto Salerno Pontecagnano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con nota prot. n. 8938 del 22 marzo 2013, ha trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze lo schema di decreto interministeriale di approvazione dell'affidamento ventennale della predetta concessione;
   il Ministero dell'economia e delle finanze, con nota prot. 16606 del 15 luglio 2013, ha restituito il predetto schema decreto Interministeriale, adducendo criticità sulla sostenibilità economico-finanziaria del Piano presentato, sul rischio del contenzioso in essere tra la società «Aeroporto di Salerno – Costa di Amalfi» e la società «Gesac spa», e su perplessità relative alla proiezione dei volumi futuri di traffico dello scalo salernitano;
   in data 14 novembre 2014 la società di gestione ha trasmesso ad ENAC il Programma degli Interventi, corredato dal nuovo piano economico finanziario;
   in data 9 dicembre 2014 ENAC, a seguito di tale integrazione documentale, ha trasmesso, con nota n. 129962/DG, la relazione istruttoria integrativa per l'affidamento in gestione totale ventennale dell'aeroporto di Salerno-Pontecagnano alla società «Aeroporto di Salerno-Costa d'Amalfi spa»;
   nella predetta relazione ENAC evidenzia le risultanze positive dell'istruttoria svolta e «esprime l'avviso che l'istanza presentata dalla aeroporto di Salerno — Costa d'Amalfi spa diretta alla concessione della gestione totale ventennale dell'aeroporto di Salerno — Pontecagnano per la durata di anni venti possa essere accolta»;
   in data 24 dicembre 2014 il Ministero delle infrastrutture e dei, trasporti risulta avere espresso il proprio parere favorevole in ordine alla sottoscrizione del decreto interministeriale di gestione totale ventennale;
   ciononostante il Ministero dell'economia e delle finanze a quanto consta agli interroganti a tutt'oggi non si è ancora determinato, impedendo, così, l'adozione del decreto interministeriale;
   se tale perdurante rallentamento procedurale del più volte citato decreto interministeriale, riconducibile al comportamento del Ministero dell'economia e delle finanze, rischierebbe complessivamente di generare, in via del tutto ingiustificata, un pregiudizio enorme e pesante alla società di gestione ed allo scalo salernitano;
   fra l'altro risultano adottati, nel corso dell'anno 2014, numerosi decreti interministeriali, recanti la concessione per la gestione totale di differenti scali aeroportuali, più precisamente per gli aeroporti di Albenga, Cuneo, Parma e Perugia –:
   se ed in quali tempi il Ministro dell'economia e delle finanze intenda concludere e definire, senza ulteriori ingiustificati rinvii e senza nuovi e gravi ritardi, il procedimento diretto ad autorizzare la concessione alla società «Aeroporto di Salerno – Costa di Amalfi S.p.a.» della gestione totale dell'Aeroporto di Salerno – Pontecagnano per la durata di anni venti, mediante la sottoscrizione del relativo decreto interministeriale, stante la sussistenza delle condizioni ex lege previste e, tra l'altro, attestate dai pronunciamenti resi dall'ENAC e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. (5-04759)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane spa, società a totale partecipazione di questo dicastero, ha annunciato la chiusura in Italia di 455 uffici postali così come riportato da diversi organi di stampa. In Sicilia se ne prevede la chiusura di 27, di cui due dislocati nel territorio del calatino, uno presso la frazione Granieri di Caltagirone e l'altro presso la frazione Giumarra di Castel di Iudica;
   il Ministero dello sviluppo economico ha annunciato in data 12 febbraio 2015 che nel piano di chiusura degli uffici postali saranno coinvolti regioni e comuni;
   Poste Italiane spa è affidataria del contratto di servizio universale postale per il quale è stata versata nell'anno 2012 la cifra di euro 327,3 milioni di euro. Tale servizio garantisce a tutti i cittadini la possibilità di fruire di un servizio di pubblica utilità, indipendentemente da fattori come il reddito o la collocazione geografica;
   va considerata la ruralità delle due frazioni siciliane –:
   se non si intenda rivedere il piano di chiusura dei due uffici postali;
   se, in sede di coinvolgimento della Conferenza delle regioni e dell'ANCI, si intendano audire anche comitati cittadini di tutti gli uffici postali italiani interessati dal piano di chiusura;
   se, alla luce del servizio universale postale garantito da Poste Italiane spa, non si intenda prevedere una fascia di garanzia, in qualsiasi piano di dismissione degli uffici, per le comunità con una popolazione dove la maggioranza dei residenti è oltre i 65 anni di età. (4-07992)


   LOMBARDI, BARONI, DI BATTISTA, DAGA, VIGNAROLI e RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 16 febbraio 2015 appena passato si è tenuta l'assemblea degli azionisti di Eur spa, allo scopo di individuare una soluzione per ripianare i debiti dell'ente, tra cui essenzialmente quelli generati dalla costruzione della nuvola di Fuksas;
   Eur spa è una società pubblica, controllata per il 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per il 10 per cento dal comune di Roma, con un pregiato portafoglio di opere monumentali del razionalismo italiano, dal Colosseo quadrato al Palacongressi, con oltre 70 ettari di verde;
   si tratta, però, di immobili sottoposti al vincolo architettonico, per i quali la legge vieterebbe che possano essere alienati a privati;
   è notizia di poche ore fa che l'assemblea degli azionisti ha deliberato la modifica dello statuto che permetterà di vendere beni vincolati e di particolare interesse storico ed artistico: Archivio Centrale dello Stato, il Museo Pigorini, il Museo delle Arti e Tradizioni popolari, il Museo dell'Alto Medioevo. Tra i possibili acquirenti fondi privati e pubblici come l'Invimit (società del Ministero del Tesoro, che è anche azionista), ma anche Cassa depositi e prestiti. In pratica una partita di giro: lo Stato compra gli immobili da se stesso per trovare i fondi per pagare la Nuvola. O i «soliti noti», in caso finiscano nelle mani di privati;
   Eur spa attraversa da tempo una grave situazione di difficoltà finanziaria, tanto che lo scorso dicembre il consiglio di amministrazione ha chiesto l'ammissione al concordato in bianco, prorogato fino al 24 aprile prossimo, data entro la quale i soci dovranno redigere un piano di ristrutturazione;
   il presidente di Eur spa, Borghini, ha dichiarato: «Eur spa continua a fare utili: quest'anno 8 milioni, negli scorsi tre anni ne abbiamo fatti 20. Ma se si mette sulle spalle di un soggetto che fattura 40 milioni un'infrastruttura da 400 milioni di euro, ci fanno sprofondare se non ci danno i soldi». Il riferimento è proprio alla Nuvola, investimento iniziale da 270 milioni, lievitati a 400 contando — dice Borghini — «60 milioni di iva, 30 di parcheggi, 22 di parcella del progettista». Per concluderla, servono «133 milioni di euro». Somma che doveva venire dalla vendita dell'albergo adiacente, ora messo in affitto per mancanza di acquirenti;
   tutti i costi, le assenze di previsione, gli intrecci finanziari fra pubblico e privato, fra banche e ministeri, fra enti pubblici e società per azioni gravano sulle spalle delle cittadine e ai cittadini devono essere raccontante con chiarezza;
   si fa presente che in data 2 ottobre 2013 i consiglieri capitolini del M5s hanno ufficialmente richiesto alla società Eur spa una copia, ad oggi non ancora ricevuta, dei seguenti documenti:
    contratto di interest swap sottoscritto dall'ente in data 29 luglio 2010, unitamente a tutta la relativa contabilità e versamenti effettuati;
    contratti di finanziamento sottoscritti in data 15 luglio 2010, unitamente a tutta la relativa contabilità e versamenti effettuati;
   relazione del collegio sindacale e relazione della società di revisione KPMG del 27 giugno 2013 al bilancio di esercizio 2012;
   verbale del consiglio di amministrazione del 16 luglio 2013;
   nota di Roma capitale sulla base della quale KPMG ha ritenuto il bilancio 2012 conforme –:
   quale soluzione sarà adottata per ripianare il debito della società, alternativa rispetto alla vendita di un patrimonio inalienabile in quanto vincolato;
   quali siano le ragioni della lievitazione dell'investimento effettuato per realizzare la Nuvola di Fuksas, inizialmente pari a 270 euro milioni e oggi arrivato a 400 milioni di euro e perché non siano stati svolti gli adeguati controlli al riguardo;
   quali ricadute avrà il piano di ristrutturazione della società sull'occupazione e, in particolare, se sarà garantito il posto di lavoro ai dipendenti di Eur spa;
   come sia possibile che una modifica statutaria di una società essenzialmente privata possa permettere la dismissione di patrimonio architettonico pubblico.
(4-07998)


   MARRONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   avendo avuto notizia, a seguito dell'assemblea straordinaria della società EUR spa del 24 novembre 2014, aggiornata al 2 dicembre 2014 e di nuovo rimandata al 9 dicembre 2014 e quindi dichiarata deserta non essendosi presentati gli azionisti (Ministero dell'economia e delle finanze 90 per cento, Roma Capitale 10 per cento), gli amministratori hanno chiesto al tribunale fallimentare di Roma l'ammissione al Concordato in bianco il 12 dicembre 2014;
   l'EUR spa ha chiuso gli ultimi bilanci sempre in attivo e possiede un patrimonio immobiliare di grande valore e prestigio essendo frutto della trasformazione in spa dell'ente EUR (Esposizione Universale di Roma) creato per terminare e preservare il progetto neo classicista, razionalista e futurista di un quartiere esempio della capacità urbanistica di un gruppo di Architetti di grande prestigio nazionale ed internazionale come: Pierluigi Nervi, Adalberto Libera, Marcello Piacentini, Ernesto Lapadula, Achille Ventura, e altro);
   la funzione che svolge per la gestione, manutenzione degli edifici, il decoro urbano, la gestione delle aree verdi sono a rischio, così come il mantenimento del posto di lavoro della squadra tecnica che assicura le funzioni di cui sopra e che è composta di circa 120 persone per la maggior parte tecnici qualificati;
   i tempi di intervento degli azionisti sono brevissimi e legati a quelli della procedura concordataria in corso che dovrà concludersi entro il 24, con la definizione di un piano di ristrutturazione della società concordato con gli azionisti;
   la causa delle difficoltà finanziarie della società non derivano dalla gestione ordinaria e straordinaria degli immobili dell'E42, ma dall'aver messo a carico dell'EUR spa la costruzione del Nuovo Palazzo dei Congressi, definito «La Nuvola», progettato dall'architetto Massimiliano Fuksas;
   tale opera avviata con un concorso internazionale di progettazione del 1998 di concerto con il sindaco Francesco Rutelli ed il Governo Prodi, per i costi di realizzazione non è mai stato compatibile con il solo bilancio della società EUR spa per cui sono stati sempre garantiti Fondi nazionali e comunali per la sua realizzazione;
   i costi dell'opera ed i relativi aumenti, sicuramente da verificare nel dettaglio, sono sensibilmente aumentati negli anni, sia per motivi progettuali che per l'allungamento dei tempi di costruzione, e che dovevano essere in buona parte coperti dalla vendita dell'edificio destinato ad albergo, ma a causa della crisi economica sopraggiunta tale alienazione non è ancora andata a buon fine;
   tale opera, comunque è strategica per la città di Roma, ed andrà a definire insieme al vecchio Palazzo dei Congressi di Adalberto Libera uno straordinario polo congressuale nel quartiere a vocazione direzionale della Capitale;
   la non soluzione positiva, non solo produrrebbe un grave danno per l'amministrazione dello Stato in quanto si produrrebbe una nuova «incompiuta» sprecando le risorse già investite, ma metterebbe inoltre a rischio i cantieri in essere oltre al nuovo centro congressi detto «la Nuvola» ed al completamento dell'albergo detto «La Lama», anche il nuovo parco divertimenti «Luneur», il nuovo acquario di Roma, Picar, i parcheggi previsti a piazzale Sturzo e Civiltà Romana;
   già in sede di approvazione del decreto-legge detto «Sblocca Italia», il Governo aveva evidenziato, anche attraverso un apposito emendamento, la volontà di ricapitalizzare la Società EUR spa, proprio con l'obiettivo di completare le opere del Nuovo Palazzo dei Congressi;
   tale volontà di ricapitalizzazione della Società al fine di completare tali opere è stata più volte ribadita sia con norme già approvate, da ordini del giorno ed interpellanze parlamentari;
   se ciò risultasse al vero, non sarebbe giustificato tale cambio di indirizzo in quanto ormai da oltre un anno e mezzo la società è guidata da un nuovo management che non risulta in nessun modo coinvolto in quel procedimento giudiziario, e che ha posto più volte in tutte le sedi la necessità di fare piena chiarezza sui costi di costruzione del nuovo palazzo dei congressi, ma al contempo di completare l'opera anche al fine di non avere l'ennesima incompiuta italiana;
   sarebbe ancor più grave, anche per l'Erario, dover svendere in questo momento di crisi del mercato il cospicuo patrimonio immobiliare dell'EUR spa, peraltro in gran parte vincolato dalle norme per la tutela dei beni architettonici e monumentali –:
   quali provvedimenti intenda prendere l'azionista di maggioranza per:
    a) evitare il fallimento della Società che produrrebbe un gravissimo danno per l'Erario;
    b) garantire la continuità aziendale e la tutela dei livelli occupazionali;
    c) verificare in tempi rapidi i costi e la trasparenza delle procedure;
    d) definire i tempi rapidi e certi per la necessaria ricapitalizzazione con l'obiettivo di concludere le opere in corso;
    e) definire tutte le altre misure che si intendano assumere a fronte dei fatti esposti in premessa e dare alla società, 90 per cento proprietà dello Stato e 10 per cento di Roma Capitale notizie certe anche per un'efficace redazione del piano di ristrutturazione. (4-08000)


   LOMBARDI, BARONI, DAGA, DI BATTISTA, RUOCCO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è di queste ore la notizia dell'ennesimo scandalo che travolge Roma: dopo mafia capitale, ora esplode «Affittopoli»;
   si apprende infatti da fonti giornalistiche che il Campidoglio «regalerebbe» – da decenni – immobili di pregio situati nel cuore di Roma a canoni mensili di locazione di poche decine di euro ed ora si appresterebbe a venderli a prezzi stracciati;
   i destinatari di questa munificenza da parte dell'amministrazione comunale sono soggetti non ben identificati, sulle cui amicizie o rapporti con la politica pare lecito interrogarsi viste anche le pratiche in uso di utilizzo della cosa pubblica a vantaggio di pochi ben evidenziate nell'inchiesta su Mafia Capitale, che per 20 euro al mese abitano in appartamenti da 75 metri quadri accanto alla Basilica di San Pietro, ad esempio; certamente si tratta di soggetti privi di alcun titolo che li legittimi a sfruttare situazioni di ingiusto vantaggio di questo genere;
   oltre al danno, la beffa: infatti, dato che si tratta di case comunali, il Comune non incassa nemmeno l'Imu e gli altri cittadini pagano per tutti;
   se la delibera portata oggi in consiglio comunale dall'assessore al Patrimonio Alessandra Cattoi sarà approvata, l'occupante avrà anche a possibilità di acquistare l'immobile – con diritto di opzione – a prezzi vergognosamente irrisori;
   la situazione debitoria di Roma è stata oggetto di numerosi provvedimenti di iniziativa governativa e parlamentare; nonostante i vari decreti «salva Roma» 1, 2, 3 e chi più ne ha più ne metta, le casse comunali hanno estremo bisogno di liquidità e il Campidoglio ha deciso di mettere in vendita ben 571 tra immobili residenziali e non residenziali, più altre 166 pertinenze;
   l'intenzione è quella di ricavare circa 300 milioni di euro, agevolando gli inquilini, anche quelli morosi naturalmente mai sfrattati – e che rappresentano il 90 per cento dei locatari;
   in base ai programmi dell'amministrazione, sarebbe necessario vendere tutti questi immobili entro la fine del 2015, con basi d'asta inferiori del 30 per cento rispetto ai prezzi di mercato;
   nell'ipotesi poi in cui gli inquilini non intendano procedere all'acquisto delle case, il contratto di affitto sarà rinnovato, probabilmente senza adeguarlo ai valori aggiornati delle rendite catastali;
   la situazione dei beni patrimoniali del comune è molto intricata: Roma Capitale è proprietaria di ben 59 mila immobili disseminati in tutta la provincia, ma sembra quasi impossibili sapere che vi abita in quanto è dal 2001 che non si provvede ad un censimento del patrimonio immobiliare;
   ai consiglieri che oggi reclamano dati precisi sul valore di vendita del singolo cespite e le sue modalità di determinazione, vengono forniti solo dati parziali e approssimativi;
   su sollecitazione dei consiglieri comunali M5S, solo nella serata di ieri sono pervenuti ai gruppi consiliari i valori medi rispetto ai quali si spera di vendere gli immobili: i prezzi per appartamenti che si trovano nel centro storico sono equiparabili a quelli di case della periferia romana;
   nel 2010, a seguito del decreto-legge n. 112 del 2008, istitutivo della gestione commissariale per il piano di rientro del debito pregresso di Roma capitale, lo Stato ha versato 500 milioni di euro al comune: 200 milioni in forma di anticipazioni di tesoreria e 300 milioni in immobili da dismettere e valorizzare tramite un nuovo fondo immobiliare;
   il commissario Varazzani, appena insediato nella poltrona di commissario, ottenne un versamento immediato dei 300 milioni, fermi per lungo tempo: le lungaggini del mercato immobiliare furono trasferite al bilancio dello Stato, ad opera del milleproroghe;
   il decreto-legge 18 aprile 2012, n. 61, in attuazione della delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha introdotto ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma capitale;
   in particolare a partire dal 2008, fino ad oggi, lo Stato centrale ha posto più volte al centro della propria agenda governativa la situazione di crisi finanziaria attraversata da Roma, adottando numerose misure a sostegno delle finanze della capitale;
   a seguito del decreto-legge così detto «salva Roma ter», è stato approvato un piano triennale per la riduzione del disavanzo e per il riequilibrio strutturale di bilancio del comune di Roma Capitale; la verifica sull'attuazione del piano spetta al tavolo interistituzionale di cui al decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, composto, oltre che da rappresentanti regionali e degli enti locali, anche dal Ministro competente –:
   alla luce della costante volontà dimostrata da parte del Governo centrale, in tutti i provvedimenti adottati a sostegno delle finanze di Roma, di assicurare un serio ed efficiente raccordo istituzionale tra Roma capitale e Stato centrale, se il Ministro interrogato sia oggi in grado di riferire – per il periodo che va dall'entrata in vigore del decreto «salva roma ter» fino ad oggi – come procede l'attuazione del piano triennale approvato con il decreto-legge n. 16 del 2014;
   quali immobili siano stati conferiti a Roma capitale, da parte dello Stato centrale, per il valore di 300 milioni di euro, durante la gestione commissariale di Varazzani. (4-08005)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO e TOFALO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   notizie di cronaca recente riportano un grave episodio accaduto presso l'istituto penitenziario di Montorio (VR), durante il quale sono stati rinvenuti alcuni telefoni cellulari in uso ad alcuni detenuti, originari dell'Europa dell'Est che, dopo aver scattato diverse fotografie che documentavano la permanenza in carcere e, addirittura, alcuni autoscatti, i cosiddetti «selfie», li hanno prontamente pubblicati su Youtube e sui propri profili sui social network;
   la polizia penitenziaria, resasi conto di ciò che stava accadendo, grazie ad indagini specifiche, ha effettuato alcuni controlli, rinvenendo altri quattro telefoni cellulari nelle sezioni detentive e, cosa ancora più grave, nell'arco di sei mesi ne sarebbero stati recuperati ben venti all'interno della struttura;
   il caso sopra descritto riporta all'attenzione dell'opinione pubblica le problematiche legate alla sicurezza all'interno delle strutture carcerarie: dette condotte, infatti, sono in evidente contrasto con le regole e gli usi vigenti all'interno degli istituti penitenziari, soprattutto perché favoriscono la comunicazione con l'ambiente esterno, in violazione dell'ordinamento penitenziario ex articolo 18 e dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000;
   sarebbe opportuno, per contrastare la diffusione di comportamenti gravi come quelli accaduti, giungere ad una soluzione efficace come la «schermatura» degli istituti penitenziari al fine di neutralizzare la possibilità di utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione non consentito e prevedere inoltre la possibilità di dotare tutti i reparti di polizia penitenziaria di appositi rilevatori di telefoni cellulari –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare al fine di contrastare la diffusione di tali episodi che potrebbero avere anche conseguenze più drammatiche, considerando che la possibilità di un collegamento telefonico tra un detenuto ed il mondo esterno potrebbe facilitare, ad esempio, anche un progetto di evasione;
   se non ritenga altresì necessario intervenire tempestivamente ed in maniera incisiva, prevedendo soluzioni efficaci quali la «schermatura» degli istituti penitenziari, finalizzata a neutralizzare la possibilità di utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione non consentito e di dotare tutti i reparti di polizia penitenziaria di appositi strumenti che rilevino la presenza di telefoni cellulari ed apparecchiature non consentite all'interno delle strutture detentive, al fine di garantirne l'ordine e la sicurezza. (5-04752)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Autostrada Pedemontana Lombarda è un sistema viabilistico con uno sviluppo complessivo di circa 157 chilometri, di cui 67 chilometri, di autostrada, 20 chilometri di tangenziali e 70 chilometri di viabilità locale e si sviluppa attraverso le province di Varese, Como, Monza-Brianza, Milano e Bergamo;
   si vuole porre l'attenzione agli espropri dei terreni che sono utilizzati per la costruzione del complesso autostada-tangenziale-raccordi riportando come esempio quello relativo al comune di Lozza;
   il paese si trova in provincia di Varese e conta 1238 abitanti, è uno dei territori interessati dagli espropri per la realizzazione della Pedemontana e della tangenziale di Varese, alcuni di questi sono ancora in corso, pertanto trattasi di espropri temporanei e non definitivi;
   considerata la natura provvisoria degli espropri avvenuti su diversi terreni interessati dai cantieri della Pedemontana Lombarda e dalla tangenziale di Varese, gli ex proprietari dei terreni espropriati saranno costretti a pagare l'IMU sui terreni agricoli. A questi andranno ad aggiungersi gli ex proprietari dei terreni in cui vi è stato l'esproprio definitivo, giacché non è ancora avvenuto il passaggio di proprietà;
   su varesepolis.it dell'11 febbraio 2015, anche il sindaco del comune di Lozza, Giuseppe Licata, si schiera dalla parte degli ex proprietari dei terreni agricoli: «Il Comune in questo caso si trova a essere un mero esattore da parte dello Stato: non possiamo fare niente se non segnalarlo agli enti superiori, tramite l'ANCI, che questa manovra sia miope e soprattutto non sia equa»;
   dopo la richiesta di proroghe da parte di sindaci e associazioni del settore, molti comuni hanno autonomamente deciso di sospendere il pagamento dell'imposta nell'attesa della nuova sentenza del Tar Lazio che sarà emessa il prossimo 18 febbraio 2015. Altri comuni attendono ancora comunicazioni ufficiali dei Ministeri interessati, mentre tra le associazioni di settore c’è chi consiglia di pagare e chi invece di attendere –:
   se i Ministri interrogati non intendano, per quanto di competenza assumere iniziative per esentare gli ex proprietari dei terreni espropriati in modo temporaneo o definitivo, dal pagamento dell'imposta di cui in premessa. (4-07996)


   CAPARINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel comune bresciano di Ospitaletto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e società autostrade Centro Padane, per raddoppiare la corda molle Azzano Mella-Ospitaletto, il raccordo autostradale tra l'A4, l'A21 e l'aeroporto di Montichiari (la cosiddetta Corda Molle), avevano espropriato terreni a 438 agricoltori che non hanno ancora ricevuto un euro di indennizzo;
   il congelamento dei pagamenti (e dei lavori) è infatti legato al mancato rinnovo della concessione della A21 alla società Autostrade Centro Padane. «I decreti di esproprio sono tutti scaduti a termine di legge alla fine del 2012 – ricordano gli agricoltori –. La situazione è drammatica per tutte le aziende espropriate, così come drammatico è l'aspetto della viabilità e della sicurezza (vedi tutti gli incidenti, anche mortali, accaduti in questi anni), anche in previsione dell'aumento del traffico per Expo 2015»;
   non è stato dato seguito all'ipotesi – anticipata dalla stampa – discussa al Ministero a gennaio per cui Anas – che non ha alcuna competenza sull'opera – sarebbe intervenuta come supplente della concessionaria Autostrade Centro Padane al fine di anticipare le risorse;
   nel corso degli anni sono state numerose le manifestazione di protesta degli oltre 438 «espropriati» della Corda Molle, ossia per quegli agricoltori di Torbole, Azzano e Ospitaletto nei cui terreni da sette anni sono aperti i cantieri (fermi da oltre tre anni) per la costruzione del secondo lotto dell'opera che aspettano circa 30 milioni di indennizzi su terreni per i quali continuano a pagare l'Imu. Alcuni di loro tra pochi mesi dovranno subire un altro esporio per il passaggio della TAV;
   la seconda sezione del Tar (presidente Giorgio Calderoni; giudice relatore-estensore Mara Bertagnolli) ha accolto il ricorso di quattro agricoltori di Ospitaletto, assistiti dagli avvocati Enzo Barilà di Milano e Mario Nasta di Brescia. Professionisti di misure, esperti di calcoli e avvocati definiranno a breve salvo appello al Consiglio di Stato – l'ammontare della somma complessivamente dovuta sulla base dei 14 euro annui (e frazioni di anno), fissati, con complesso conteggio ragionieristico, dal Tar, per metro quadrato della superficie occupata (4.560 metri quadrati), a partire dal 10 novembre 2012. Oltre a ciò le società dovranno anche risarcire gli agricoltori delle spese processuali (circa 3 mila euro a testa). «È con grande soddisfazione – ha dichiarato il Presidente di Coldiretti Brescia e di Coldiretti Lombardia Ettore Prandini alla sentenza del Tar – che oggi possiamo dichiarare finalmente chiusa, ma soprattutto vinta, la battaglia che da poco meno di un anno abbiamo intrapreso con Autostrade Centro Pedane e Ministero delle Infrastrutture, che sono state condannate dal TAR di Brescia il 12 marzo 2014 al risarcimento dei danni a favore della prima famiglia di imprenditori agricoli che si sono visti occupare i terreni da Autostrade Centro Padane nel 2009, senza mai ricevere il dovuto indennizzo. Ora mi auguro che a brevissimo – prosegue il Presidente Prandini – le oltre 100 famiglie di agricoltori bresciani possano ottenere lo stesso trattamento e che tutti possano aver finalmente giustizia»;
   una vicenda molto simile a quella degli espropri della strada statale 11 realizzata negli anni ’90 che non ha mai visto risarcire gli espropriati lasciando centinaia di agricoltori in tutto o in parte senza indennizzo;
   in base alla sentenza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Autostrade Centro Padane sono obbligati al risarcimento, mentre solo al Ministero spetta la eventuale acquisizione sanante prevista dal testo unico sull'espropriazione, in questo caso però pagando il 110 per cento del valore venale e il risarcimento per l'occupazione illegittima sino all'acquisizione;
   il tratto di strada provinciale compreso tra Azzano Mella (laddove si conclude il primo tratto, quello aperto, della Corda Molle) e la Giardineria presenta gravi problemi di sicurezza stradale in quanto l'intersezione tra la provinciale (molto trafficata, ancor più dopo l'apertura della Brebemi) e la strada che collega Torbole a Pontegatello è a raso deve essere attraversata dagli agricoltori che hanno terreni da una parte e dall'altra della carreggiata –:
   cosa il Ministro intenda fare per ottemperare alle disposizioni del Tar e risarcire i proprietari espropriati.
(4-07997)

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   Francesco Di Palo è un imprenditore di Altamura vittima, dal 2001 al 2003, del racket estorsivo ai danni dell'azienda di cui era titolare, la Venere srl di Matera, società che produceva vasche idromassaggi, dichiarata fallita un anno prima della sua denuncia contro gli estorsori;
   in data 30 gennaio 2015, il collaboratore di giustizia Di Palo, si è cosparso di liquido infiammabile e si è dato fuoco davanti alla Prefettura di Monza, riportando fortunatamente solo ustioni alle mani a seguito dell'intervento dei vigili del fuoco; Di Palo ha compiuto l'atto per denunciare l'abbandono di cui è stato oggetto, assieme alla sua famiglia, da parte delle istituzioni, in quanto escluso dal programma di protezione dedicato ai testimoni di giustizia e ai loro congiunti;
   non è la prima protesta che Di Palo ha portato avanti: già nel 2011 protestò perché il Viminale non copriva più le spese d'affitto in località protetta, quando era ancora all'interno del programma di protezione. Vani si sono rivelati gli appelli al Ministro dell'interno, anche quando Di Palo ha lamentato la mancata notifica degli atti giudiziari presso la località protetta ove si trovava, con i quali gli veniva notificato di presentarsi ad udienze quale testimone e a cui, inevitabilmente, non ha potuto prendere parte;
   la questione relativa ai testimoni di giustizia è gestita da un'apposita Commissione ministeriale, il servizio centrale di protezione del Ministero dell'interno (SCP). Nonostante l'aumento del carico lavorativo del SCP, le risorse continuano a diminuire, e nonostante tale servizio segua circa 6000 persone tra testimoni di giustizia e loro congiunti;
   in particolare, i tagli ammontano a circa 25 milioni di euro, come da variazione di bilancio collegata alla legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), varata dal Governo Renzi;
   tale taglio di risorse essenziali si aggiunge alla già difficile vita dei testimoni che risiedono in località protette, in quanto i documenti di copertura non hanno alcun valore legale, con una serie di conseguenze burocratiche e amministrative che aggravano il ripristino di una vita apparentemente normale per coloro che collaborano con lo Stato per combattere il crimine organizzato. Le procedure esigerebbero garanzia di riservatezza del trattamento dei dati dei testimoni di giustizia, ma la situazione vigente, denunciata da molti di loro, li espone a vendette e ritorsioni;
   una ulteriore possibilità di sostegno economico ai testimoni di giustizia sarebbe prevista dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, in base alla quale, in caso di rinuncia al mantenimento economico, questi verrebbero assunti presso la pubblica amministrazione, ma non si capisce come si possa procedere alla seppur corretta misura in presenza di tagli strutturali alle risorse di pubblica amministrazione ed enti locali, nonché del blocco dei relativi concorsi, che rendono difficile anche avere contezza del numero dei posti di lavoro disponibili. Il decreto prevede che sia il servizio centrale a sondare le pubbliche amministrazioni per censire i posti disponibili, questo andrà fatto in tutta Italia, due volte l'anno. Il servizio centrale segue oltre 6000 persone. Se non si potenzia la struttura operativa del servizio centrale di protezione, difficilmente questo potrà provvedere a quanto la legge gli impone di fare e le possibilità per i testimoni di giustizia di trovare un lavoro, diminuiranno;
   come già sottolineato dalla relazione della Commissione antimafia, il lavoro di ricognizione dei posti disponibili dovrà tenere conto delle altre categorie tutelate da analogo diritto all'assunzione nella pubblica amministrazione; se a questo si aggiungono il contenuto dell'articolo 12, di neutralità finanziaria, e i tagli strutturali alle risorse delle pubbliche amministrazioni/enti locali (insieme al blocco dei concorsi) si capisce come i posti di lavoro effettivi, saranno senza dubbio pochi;
   il viceministro Bubbico ha affermato che i tagli non impediranno l'esecuzione delle azioni volte a tutelare i testimoni di giustizia e che in caso di emergenze e necessità sono previste e consentite spese dirette;
   nella più recente relazione sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia, la stessa Commissione antimafia denuncia: «si lamenta che le abitazioni offerte, specie in occasione delle prime sistemazioni in località protetta, sono spesso degradate e prive delle elementari condizioni igieniche o che per lunghi periodi, si è collocati in strutture alberghiere fatiscenti»; «l'inadeguatezza delle misure di protezione poste in essere a tutela dei testimoni sia in località protetta che in quella di origine, spesso riconducibili alla ridotta disponibilità di mezzi e uomini, alla saltuarietà della vigilanza, alla scarsa professionalità delle forze dell'ordine, alla utilizzazione di immobili già impiegati per collaboratori di giustizia e la cui pregressa destinazione era nota»; la «mancata attuazione della norma che prevede che al testimone di giustizia vada assicurato il pregresso tenore di vita»; la «condizione di isolamento, sia in località protetta che in località di origine, e mancanza di punti di riferimento e di supporto»; l’«inadeguatezza del sistema di reinserimento socio-lavorativo, specie per imprenditori e commercianti» –:
   in riferimento a quanto illustrato in premessa, nonché alla inadeguata normativa che regola la gestione e la protezione dei testimoni di giustizia – che non solo mette in pericolo chi decide di collaborare, ma disincentiva coloro che vorrebbero farlo – se non intenda rivedere le modalità di protezione dei testimoni di giustizia in relazione all'ambiguità amministrativa a cui vengono esposti una volta in possesso di nuovi documenti che hanno alcun valore legale e se intenda fornire dettagli chiari sulla capacità della pubblica amministrazione di assumere coloro che ne faranno richiesta, anche in presenza di tagli, specificando quali sarebbero le spese dirette in caso di emergenza e necessità.
(2-00848) «Costantino, Franco Bordo, Scotto».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   nel marzo 2013  è stato indetto il concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di n. 964 allievi agenti della polizia di Stato, riservato ai sensi dell'articolo 2199, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, i quali, se in servizio, abbiano svolto alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda almeno sei mesi in tale stato o, se collocati in congedo, abbiano concluso tale ferma di un anno. Di questi:
    a) n. 804 candidati saranno nominati allievi agenti della polizia di Stato ed ammessi direttamente alla frequenza del prescritto corso di formazione, fermo restando il completamento della ferma prefissata di un anno;
    b) n. 160 candidati saranno nominati allievi agenti della polizia di Stato ed ammessi alla frequenza del prescritto corso di formazione dopo aver prestato servizio nelle Forze armate in qualità di volontari in ferma prefissata quadriennale (denominati anche, volgarmente, in «seconda aliquota»);
   il 13 dicembre 2013 è stato pubblicato un nuovo elenco, a seguito di rettifica della graduatoria finale e ampliamento, in prima aliquota, di 119 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica ed agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione titoli. Prima aliquota: dal n. 1 al n. 923;
   seconda aliquota: dal n. 924 al n. 1.083. Coloro i quali occupavano le restanti posizioni, ivi compreso l'ultimo candidato giudicato idoneo, ovvero dal n. 1084 al n. 1598 venivano considerati «idonei non vincitori» utili per un eventuale ripianamento posti (in caso di rinunce);
   entro la fine del mese di dicembre 2013 iniziava il 189o corso allievi agenti presso le scuole di formazione della polizia di Stato, reclutando i primi 923 idonei vincitori in ordine di graduatoria, della durata di 12 mesi;
   la cosiddetta «seconda aliquota» (160 unità), invece, rimaneva in attesa di, reclutamento presso le Forze armate, quindi in attesa di disposizioni da parte del Ministero della difesa;
   contemporaneamente, iniziava il malcontento del contingente degli idonei non vincitori, dal momento che, se da una parte avevano superato tutte le fasi previste dal concorso per risultare nella graduatoria finale, da un'altra invece non avevano diritto a indossare la celeberrima divisa blu e amaranto in quanto il numero di vincitori previsto dal bando si limitava fino alla posizione n. 964 (poi successivamente modificata fino alla n. 1083). Iniziava, così, una vera e propria battaglia ai fini dell'assunzione da parte dei non vincitori (672 in totale), sostenuta dagli interpellanti, cominciando, dopo qualche mese, a smuovere anche gli animi in ambito politico, sindacale, nonché mezzi di informazione attraverso giornali, televisione, radio. La proposta prevedeva il reclutamento di n. 672 unità così suddivise:
    a) n. 512 candidati nominati allievi agenti della polizia di Stato ed ammessi direttamente alla frequenza del prescritto corso di formazione, fermo restando il completamento della ferma prefissata di un anno (quindi in ordine di graduatoria, dal n. 924 al n. 1436);
    b) n. 160 candidati nominati allievi agenti della polizia di Stato ed ammessi alla frequenza del prescritto corso di formazione dopo aver prestato servizio nelle Forze armate in qualità di volontari in ferma prefissata quadriennale (denominati anche, volgarmente, in «seconda aliquota», dal n. 1437 al n. 1598 in ordine di graduatoria);
    tutto ciò pur di rispettare quelle che erano le regole del bando di concorso, altrimenti se fosse stata chiesta l'assunzione direttamente nella polizia di Stato solo e soltanto degli ultimi 512 in ordine di graduatoria sarebbero stati «saltati» coloro i quali precedevano ed erano vincitori in seconda aliquota (dal n. 924 al n. 1.083). Una disparità che nessuno mai avrebbe accettato;
   si realizzava quindi lo scorrimento della graduatoria del concorso in oggetto, quindi il reclutamento di 672 unità, con decorrenza giuridica dal 1o settembre 2014, ferma restando la seconda aliquota. I dettagli sono consultabili al link http://img.poliziadistato.it;
   il 16 settembre 2014 le scuole allievi agenti polizia di Stato di Alessandria e Brescia reclutava 512 allievi. Il contingente di 160 unità, invece, rimaneva in attesa di disposizioni in quanto, come si evince dal decreto succitato, l'elenco dei nominativi veniva trasmesso dal Ministero dell'interno al Ministero della difesa;
   l'attesa infinita dei 160 iniziava proprio quel giorno. Infatti, nonostante siano trascorsi diversi mesi, a tutt'oggi gli interessati attendono una data d'inizio per quanto riguarda il reclutamento in una forza armata –:
   quando avverrà il reclutamento;
   quali siano le misure che il Governo intende adottare affinché non venga pregiudicata l'incolumità psico-fisica, durante il periodo quale «VFP4» (volontario in ferma prefissata di 4 anni), al fine di garantire con successo il futuro reclutamento nella polizia di Stato.
(2-00849) «Fedriga, Molteni».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti di stampa la prefettura di Brescia avrebbe accolto per tre volte la richiesta da parte dell'allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del Governo Berlusconi IV, Mariastella Gelmini finita nel 2011 più volte nel mirino degli autovelox della tangenziale Sud di Brescia mentre superava abbondantemente i limiti di velocità (145 chilometri orari dove il limite era 90);
   le multe sarebbero state archiviate dalla prefettura perché la violazione sarebbe stata «commessa nell'adempimento del dovere», secondo quanto spiegato dai ricorsi inoltrati da una presunta «segreteria» del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, oltre a precisare il fatto che non sarebbe stata la parlamentare bresciana ma il signor Ugo Fornasari, l'autista e agente di pubblica sicurezza che in Lombardia le faceva da scorta, alla guida dell'auto;
   pare che la carta intestata del Ministero, su cui un'imprecisata «segreteria» del dicastero di viale Trastevere avrebbe chiesto l'annullamento delle multe della Gelmini del 16 giugno, 12 luglio e 18 luglio 2011, non sembra corrispondere ad alcuna intestazione ufficiale mai adottata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e che tali documenti, di cui ilfattoquotidiano.it è entrato in possesso, avessero diverse incongruenze come due apostrofi prima della parola «Università»; inoltre sembra che il fax non fosse stato trasmesso dal Ministero di viale Trastevere ma dalla sede della Fondazione Liberamente, serbatoio di voti e di fondi interno al Pdl (ora a Forza Italia) di stretta osservanza berlusconiana, fondato nel 2010 da Mariastella Gelmini;
   nonostante tutte queste incongruenze la prefettura di Brescia nel 2011 per tre volte ha accolto la richiesta;
   il 5 dicembre 2012, quando la Gelmini non era più Ministro, all'arrivo di un ricorso analogo, analizzato in quel caso da un altro funzionario della prefettura di Brescia, è stato invece respinto come «infondato» e «troppo generico»;
   l'autista che secondo la documentazione avrebbe spinto sull'acceleratore della Bmw della Gelmini è Ugo Fornasari, un ex-idraulico di Calcinato (Brescia) in possesso del titolo di quinta elementare, nominato il 3 aprile 2008 «agente di pubblica sicurezza»;
   l'autista di recente è finito al centro dello scandalo per i rimborsi facili della regione Lombardia: i pubblici ministeri di Milano Alfredo Robledo, Antonio D'Alessio e Paolo Filippini l'hanno sentito come persona informata sui fatti in relazione a un contratto di consulenza da 3.700 euro al mese ottenuto dalla regione da gennaio a giugno 2008, per un totale di 22 mila 200 euro, e pare che non abbia saputo chiarire con precisione l'oggetto della consulenza, che secondo la formula usata dalla regione avrebbe riguardato «l'assistenza alle attività del Gruppo relativamente a materie attinenti l'area territoriale»; secondo i pubblici ministeri milanesi quel contratto sarebbe invece «finalizzato a soddisfare scopi diversi ed estranei al contenuto dichiarato in atti» –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto esposto in premessa e se non consideri necessario chiarire la veridicità di quanto riportato dalla stampa, con riferimento alla condotta della prefettura di Brescia, perché sia fatta chiarezza su questi episodi ambigui che, coinvolgendo cariche istituzionali di rilievo, sono inaccettabili e rischiano di creare sfiducia verso la politica da parte dei cittadini;
   in quale maniera intenda attivarsi per fare sì che ci sia una maggiore attenzione e controllo in modo che tali dinamiche non si ripetano ancora. (4-07981)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   diversi quotidiani hanno ripreso l'allarme lanciato dal sindacato di polizia Consap circa il fatto che «sarebbero in scadenza i giubbotti anti proiettili in dotazione alla Polizia e non si è ancora predisposto il ricambio, causando danni impensabili, visto che d'ora in poi saremo senza protezione o usciremo con i giubbotti scaduti o in scadenza»;
   per questo motivo lo stesso sindacato afferma di aver inoltrato una diffida al prefetto per chiedere che si intervenga con urgenza per evitare che ventimila agenti debbano svolgere servizio senza gli equipaggiamenti indispensabili per la tutela della loro incolumità fisica;
   inoltre, la Consap ha reso nota la decisione del questore di Roma di chiedere la restituzione di tutti i giubbotti anti-proiettile «sotto camicia» dai reparti che li hanno in dotazione per destinarli alle scorte, costringendo, di fatto, i reparti operativi come le volanti a scendere in strada senza il dispositivo di protezione individuale, fondamentale in caso di scontro a fuoco;
   i tagli alla sicurezza colpiscono in modo illogico un comparto che, invece, dovrebbe godere della massima protezione;
   l'insufficienza di uomini, strumenti e risorse finanziarie a disposizione delle forze di polizia mette a rischio la loro incolumità e quella di tutti i cittadini, oltre a determinare gravissime ripercussioni negative sul controllo del territorio ed il contrasto della criminalità –:
   quali iniziative intenda assumere rispetto ai fatti di cui in premessa, e se non ritenga di riconsiderare i tagli alla sicurezza che stanno danneggiando gli operatori del settore e tutti i cittadini italiani. (4-07988)


   PANNARALE, FRATOIANNI, COSTANTINO, QUARANTA, DURANTI e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 febbraio 2015, presso il Centro di identificazione ed espulsione di Bari, sito viale Europa, è deceduto un cittadino egiziano di 25 anni, Reda Mohamed, ospite della struttura;
   il giovane è deceduto per arresto cardiorespiratorio irreversibile;
   i medici in servizio al CIE, incontrati dagli interroganti in visita nei giorni scorsi presso la struttura, hanno raccontato che Reda Mohamed era obeso e affetto da una grave forma di asma, problemi notevoli rispetto ai quali, tuttavia, era stata dichiarata la compatibilità con il regime detentivo. Era stato sottoposto a visita pneumologica e gli erano stati prescritti alcuni esami che, tuttavia, non sono mai stati eseguiti in quanto «i permessi di uscita dal CIE richiedono certi tempi»;
   il ragazzo era entrato nel centro in data 2 gennaio 2015, dopo esser stato per 4 anni recluso nel carcere di Biella, senza che si provvedesse alla sua identificazione;
   infatti, è assolutamente e drammaticamente frequente che, finita di scontare la pena, uomini e donne che hanno ricevuto provvedimenti di espulsione amministrativi e/o giudiziari, vengano portati nei centri per essere identificati ed espulsi, in quanto durante la detenzione non è stato, possibile procedere all'identificazione. E ciò a causa della mancata o scarsa collaborazione del consolato del Paese di provenienza dello straniero, poiché per l'identificazione ai fini dell'espulsione è necessario il riconoscimento dello straniero da parte del console e successivamente il rilascio del documento di viaggio necessario per effettuare il rimpatrio;
   tale procedura può richiedere molto tempo, nella maggior parte dei casi si tratta di alcuni mesi di trattenimento, che vanno a sommarsi a una pena detentiva già scontata, determinando conseguenze di carattere afflittivo per il trattenuto;
   tuttavia in base all'articolo 6 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, si prevede una velocizzazione delle procedure di identificazione con coordinamento fra strutture carcerarie e uffici immigrazione delle questure competenti, a parere degli interroganti, probabilmente non applicata nel caso in oggetto;
   il difensore di Reda Mohamed ha raccontato di una condotta esemplare avuta dal giovane egiziano; aveva fatto richiesta d'asilo da tempo ed era stato ascoltato dalla competente Commissione territoriale solo venerdì 6 febbraio 2015, il giorno prima della sua morte; contestualmente aveva avuto notizia della proroga di un mese della sua permanenza nel CIE;
   tale evento critico, più in generale, è l'ennesimo episodio che caratterizza la permanenza di strutture quali i Centri di identificazione ed espulsione che, come denunciano da anni associazioni di giuristi e umanitarie, versano in una situazione esplosiva; veri e propri luoghi di detenzione amministrativa – secondo gli interroganti illegittimi, quantomeno in uno Stato di diritto – dove persone soggiacciono a trattamenti inumani e degradanti –:
   quali siano le informazioni del Ministro interrogato sul grave fatto riferito in premessa e, in particolare, se nel caso specifico fosse stata attivata la procedura per l'identificazione nell'istituto di pena ove era recluso il giovane egiziano;
   quali iniziative che intenda intraprendere quanto alle eventuali relative responsabilità sulla morte di Reda Mohamed;
   anche alla luce di un ennesimo evento critico verificatosi all'interno di un Centro di identificazione ed espulsione – non il primo, né l'ultimo, purtroppo – se non ritenga indegno di uno Stato di diritto il permanere di tali strutture che – come testimoniato anche da continue visite di rappresentanti istituzionali, nonché di associazioni umanitarie e di giuristi – oltre a perpetrare di fatto un'illegittima detenzione amministrativa, sono caratterizzate da condizioni assolutamente inumane e degradanti e quali iniziative intenda assumere. (4-07990)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIGLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dai media il comune di Roma avrebbe aumentato del 300 per cento la tassa raccolta rifiuti per le scuole paritarie rispetto a quella applicata alle scuole statali;
   quella dell'amministrazione capitolina appare una scelta determinata da mere finalità di tipo economico, per non dire più banalmente di cassa, che si scaricherà sulle famiglie romane; queste, infatti, oltre a pagare come tutti le tasse per la scuola pubblica statale, vedranno aumentare in modo spropositato le rette annuali che pure pagano in aggiunta alle tasse per aver deciso, all'interno del sistema integrato della scuola pubblica, di optare per quella paritaria in nome della libertà di educazione; senza contare che questa decisione potrebbe far saltare i bilanci di molti istituti paritari e rischia di determinare un aggravamento degli oneri a carico della finanza pubblica per effetto dell'aumento del numero di alunni costretti a riversarsi nelle scuole pubbliche statali;
   le scuole paritarie del Lazio hanno già dovuto subire nel 2014 la mancata erogazione, da parte della regione, di oltre 25 milioni di euro per l'individuazione da parte della giunta regionale di altre priorità nel rispetto dei vincoli di bilancio legati al patto di stabilità;
   l'aumento della tassa per la raccolta rifiuti, applicata alle scuole paritarie, oltre a rappresentare secondo l'interrogante un'azione discriminatoria nei confronti degli istituti paritari, e quindi in violazione dell'articolo 3 della Costituzione, mina alla base la libera scelta educativa della famiglie, altro principio costituzionalmente garantito;
   si ricorda che le scuole pubbliche paritarie fanno pienamente parte di diritto e di fatto del sistema nazionale di istruzione e formazione integrati, ai sensi della legge n. 62 del 2000 –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di assumere le necessarie iniziative normative affinché tale decisione, che appare all'interrogante lesiva dei diritti di uguaglianza e della libertà di scelta educativa tutelato dagli articoli 3, 30 e 33 della Costituzione, possa essere prontamente riconsiderata.
(3-01303)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   diversi docenti che hanno superato le prove dell'ultimo concorso sulla scuola, indetto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel 2012 (decreto del direttore generale n. 82 del 2012), che in parte risultano collocati in posizione utile nelle graduatorie di merito della regione di propria appartenenza, auspicano di rientrare nel piano straordinario di immissioni in ruolo del 2015;
   essi vengono qualificati con il termine «riservisti per anno di laurea» e «riservisti sotto soglia 35», in quanto o hanno conseguito la laurea dopo il 2002 o al test preselettivo del concorso a cattedra hanno ottenuto, alle prove preselettive, una votazione tra i 30 e i 34,5 cinquantesimi. A seguito di ricorso da questi presentato, il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha consentito loro di partecipare, in via cautelare, alle restanti prove del concorso stesso, quelle utili alla formazione del punteggio finale, entrando così di diritto nella graduatoria di merito da cui attingere successivamente alle assunzioni;
   discorso analogo vale anche per i dirigenti scolastici, per cui, al fine di tutelare gli interessi pubblici cui è diretta l'attività concreta della pubblica amministrazione e alla luce del principio di buon andamento della stessa, si dovrebbero sanare le numerose situazioni inerenti il concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici bandito con decreto del direttore generale del 13 luglio 2011;
   anche qui si tratta di coloro che, a diverso titolo, hanno superato le prove scritte ed orali del concorso sopra citato, i quali sono stati ammessi con riserva non avendo superato la prova preselettiva;
   sui «riservisti» e su coloro che hanno conseguito la laurea dopo il 2002, però, pesa una riserva, date anche le varie pronunzie di diversi tribunali amministrativi regionali: tribunale amministrativo regionale di Trento, sentenza n. 336 del 2013; tribunale amministrativo regionale del Lazio, sentenze nn. 914 del 13, 124 del 2013, 1000 del 2013, 272 del 2014, 287 del 2014 e 5711 del 2014 e la sentenza del tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III bis, n. 5711 del 2014, ormai definitiva a tutti gli effetti, in base alla quale sono stati emessi i sotto seguenti decreti: decreto dell'ufficio scolastico regionale della Puglia, protocollo n. 8345 del 19 agosto 2014; decreto dell'ufficio scolastico regionale della Sicilia, protocollo n. 14560 del 21 agosto 2014; decreto dell'ufficio scolastico regionale della Sicilia protocollo n. 13484/USC del 21 luglio 2014);
   a seguito dell'espletamento del concorso sopra citato si sono venute a creare delle disparità di trattamento tra i docenti della scuola;
   l'articolo 4 del decreto-legge n. 115 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 168 del 2005 («decreto legge omnibus»), al comma 2-bis stabilisce: «conseguono a ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte e orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela»;
   il predetto decreto-legge n. 115 del 2005 sancisce che i candidati che hanno ottenuto l'iscrizione con riserva all'albo possono rivolgersi ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato per far dichiarare la cessazione della materia del contendere;
   si ricorda che la materia descritta in premessa è stata oggetto di un ordine del giorno accolto dal Governo in sede di approvazione del disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» –:
   quali iniziative urgenti il Governo, anche dando attuazione al richiamato ordine del giorno, intenda porre in essere, al fine di prevedere lo scioglimento della riserva per superare, in tempi certi, le situazioni di incertezza che molti docenti, con riferimento alla loro immissione in ruolo, e dirigenti scolastici stanno vivendo.
(3-01304)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in base alla normativa vigente sono definite «scuole paritarie» le istituzioni scolastiche non statali che, a partire dalla scuola dell'infanzia, sono coerenti con gli ordinamenti generali dell'istruzione e posseggono i requisiti fissati dalla legge 10 marzo 2000, n. 62;
   tra i requisiti necessari per ottenere il riconoscimento della parità scolastica da parte dello Stato vi sono anche:
    a) l'impiego di personale docente fornito del titolo di abilitazione;
    b) la stipula di contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore;
   la parità e riconosciuta con provvedimento adottato dal dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale competente per territorio, previo accertamento della sussistenza dei requisiti normativi vigenti, adottando motivato provvedimento entro il 30 giugno;
   secondo il decreto n. 83 del 10 ottobre 2008, il direttore dell'ufficio scolastico regionale competente per territorio riconosce o nega la parità, adottando motivato provvedimento entro il 30 giugno;
   il decreto del 29 novembre 2007, n. 267, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2008, regolamenta la disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento;
   l'articolo 3, comma 1 del decreto emanato il 29 novembre 2007, n. 267, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2008, prescrive che il gestore o il rappresentante legale della scuola paritaria, entro il 30 settembre di ogni anno scolastico, deve dichiarare al competente ufficio scolastico regionale, la permanenza del possesso dei requisiti richiesti dalle norme vigenti;
   l'articolo 3, comma 3 del decreto emanato il 29 novembre 2007, n. 267, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2008, stabilisce che in caso di mancata osservanza delle prescrizioni previste dalle norme vigenti (l'articolo 1, comma 4, della legge 10 marzo 2000, n. 62, le disposizioni del decreto del 29 novembre 2007, n. 267, le disposizioni vigenti in materia di esami di Stato) ovvero di irregolarità di funzionamento, l'ufficio scolastico invita la scuola interessata, mediante comunicazione formale, a provvedere alle dovute regolarizzazioni entro il termine perentorio di 30 giorni. Aggiunge che, scaduto il termine di 30 giorni, senza che la scuola abbia provveduto a regolarizzare quanto prescritto, l'ufficio scolastico regionale dispone gli opportuni accertamenti;
   l'articolo 3, comma 6, del decreto emanato il 29 novembre 2007, n. 267, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2008, stabilisce che l'ufficio scolastico regionale accerta comunque la permanenza dei requisiti prescritti dalle norme vigenti mediante apposite verifiche ispettive che potranno essere disposte in qualsiasi momento;
   l'articolo 3, comma 7, del decreto emanato il 29 novembre 2007, n. 267, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2008, prescrive che nel caso in cui sia accertata la sopravvenuta carenza di uno o più dei requisiti richiesti, l'ufficio scolastico regionale invita la scuola a ripristinare il requisito o i requisiti mancanti, assegnando il relativo termine, di norma non superiore a trenta giorni;
   sempre l'articolo 3, comma 7 del decreto emanato il 29 novembre 2007, n. 267, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2008, stabilisce che scaduto il termine assegnato senza che la scuola abbia provveduto a ripristinare il requisito o i requisiti prescritti, l'ufficio scolastico regionale provvede alla revoca del provvedimento con cui è stata disposta la parità;
   con il decreto n. 83 del 10 ottobre 2008, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca adotta le linee guida per l'attuazione del decreto ministeriale emanato il 29 novembre 2007, n. 267, contenente la disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento;
   il punto 5.2 del decreto n. 83 del 10 ottobre 2008 prescrive che il gestore o il rappresentante legale della scuola paritaria, entro il 30 settembre di ogni anno scolastico, deve dichiarare al competente ufficio scolastico regionale, la permanenza del possesso dei requisiti richiesti dalle norme vigenti;
   il punto 5.4 del decreto n. 83 del 10 ottobre 2008 prescrive, tra le altre cose, che in caso di irregolarità di funzionamento, cioè la violazione dell'articolo 1, comma 4, della legge 10 marzo 2000, n. 62, delle disposizioni del decreto del 29 novembre 2007, n. 267 e delle disposizioni vigenti in materia di esami di Stato, l'ufficio scolastico regionale invita la scuola interessata, mediante comunicazione formale, a provvedere alle dovute regolarizzazioni entro il termine perentorio di 30 giorni. Scaduto il predetto termine senza che la scuola abbia provveduto, l'ufficio scolastico regionale dispone gli opportuni accertamenti e adotta successivamente i provvedimenti consequenziali;
   il punto 5.8 del decreto n. 83 del 10 ottobre 2008 prescrive che nel caso in cui sia accertata la sopravvenuta carenza di uno o più dei requisiti richiesti per la parità, l'ufficio scolastico regionale invita la scuola a ripristinare il requisito o i requisiti mancanti, assegnando il relativo termine di norma non superiore a 30 giorni;
   il punto 5.8 del decreto n. 83 del 10 ottobre 2008 stabilisce che, scaduto il termine assegnato senza che la scuola abbia provveduto a ripristinare il requisito o i requisiti prescritti, l'ufficio scolastico regionale provvede alla revoca della parità;
   il punto 5.10 del decreto ministeriale n. 83 del 10 ottobre 2008 prescrive che la revoca del riconoscimento della parità scolastica ha effetto dall'inizio dell'anno scolastico successivo ed è disposta dal direttore dell'ufficio scolastico regionale competente per territorio in caso di perdita anche di uno solo dei requisiti di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62;
   l'ufficio scolastico regionale che non revoca la parità qualora si ravvisi la mancanza dei requisiti previsti dalle norme vigenti o che ne ritarda la revoca, provoca, di fatto, un danno al sistema scolastico nazionale. Da un lato, si contribuisce a prolungare la presenza di istituti scolastici non all'altezza degli standard medi nazionali, dall'altro si provoca una concorrenza scorretta nei confronti di quelle scuole paritarie che rispettano le norme. Infatti, tra i casi frequenti di violazione dei requisiti richiesti spicca la violazione dei contratti nazionali di lavoro soprattutto riguardo la mancata erogazione degli stipendi a favore dei docenti, anche nei casi in cui la scuola paritaria dimostra la regolare emissione della busta paga e i versamenti dei contributi presidenziali;
   l'ufficio scolastico regionale che ritarda la revoca della parità qualora si ravvisi la mancanza dei requisiti previsti dalle norme vigenti di fatto pregiudica qualsiasi forma di controllo sulla parità. Infatti se la scuola cede l'attività o cambia gestione, la parità permane comunque, nonostante gli illeciti;
   è evidente che esiste un vuoto normativo nel sistema, anche grazie alle lentezze degli uffici scolastici regionali, che permette alle scuole paritarie che non rispettano le regole di escogitare un sistema di passaggi di gestione che, di fatto, è teso a mantenere il requisito della parità pur non rispettando le regole;
   la mancata revoca della parità delle scuole irregolari danneggia, prima di tutto, le scuole paritarie che rispettano le norme e, naturalmente, gli studenti, in termini di formazione, frequentanti le scuole che non idonee a rilasciare i titoli di studio e ad assolvere gli obblighi scolastici;
   l'ufficio scolastico regionale dell'Abruzzo in data 23 gennaio 2014 dirama una circolare avente come oggetto il piano di vigilanza per l'accertamento del possesso dei requisiti prescritti per il mantenimento della parità scolastica presso le istituzioni scolastiche paritarie;
   nel mese di dicembre 2014, da notizie apparse sulla stampa, si apprende che la Guardia di finanza ha sequestrato i prospetti e le istanze di finanziamento delle scuole paritarie Iri School College a Chieti e a Francavilla e del Nazareno a Pescara, amministrate da Carmine de Nicola. Secondo le notizie di stampa da uno stralcio della relazione tecnica riportato nel decreto di sequestro «Negli anni dal 2009 al 2012 le società che gestivano il polo scolastico Iri School College omettevano di dichiarare ricavi attraverso la mancata fatturazione e sottofatturazione dei servizi didattici erogati almeno pari a 3 milioni e 999 mila euro. Le società che gestivano il polo scolastico Il Nazareno», si legge ancora nel decreto, «omettevano di dichiarare ricavi attraverso mancata fatturazione e sottofatturazione dei servizi didattici erogati almeno per 2 milioni e 215 mila euro. Può affermarsi che le omesse fatturazioni e sottofatturazioni venivano effettuate attraverso la manipolazione delle scritture contabili»;
   la «U.C.I.S. srl – unione cristiana istituti scolastici Il Nazareno» con sede legale a Pescara è sottoposta alla procedura di fallimento;
   l'istanza di fallimento della «U.C.I.S. srl – unione cristiana istituti scolastici Il Nazareno» è stata presentata da una docente che vantava un credito in seguito a sentenza definitiva di cause di lavoro;
   la causa di lavoro contro «U.C.I.S. srl – unione cristiana istituti scolastici Il Nazareno» è stata promossa davanti al tribunale del lavoro di L'Aquila che nel 2011 emette una sentenza di condanna n. 596 del 2011 a carico dell'UCIS – Unione Cristiana Istituti Scolastici «Il Nazareno» srl alla corresponsione delle retribuzioni non percepite;
   il docente-lavoratore che ha depositato l'istanza di fallimento vanta un credito pari a euro 45.426,70, quantificato in seguito alla sentenza di lavoro;
   là «U.C.I.S. srl – unione cristiana istituti scolastici Il Nazareno» in udienza davanti al tribunale competente non ha contestato il debito;
   la «U.C.I.S. srl – unione cristiana istituti scolastici Il Nazareno» che in un primo momento chiedeva un termine di tempo per il raggiungimento di un accordo stragiudiziale con il ricorrente rendendosi disponibile al pagamento, in realtà non è comparsa all'udienza, il che sta a dimostrare una situazione di evidente impotenza economica della società la quale neppure è in grado di far fronte a debiti non particolarmente elevati;
   da visure di atti si evince che la «U.C.I.S. srl – unione cristiana istituti scolastici Il Nazareno» non ha beni immobili intestati;
   è stata disposta l'apposizione dei sigilli su tutti i beni mobili dell'impresa;
   anche la «S. Maria Assunta S.r.l.», società che si occupa di gestione di scuole paritarie, di cui era procuratore speciale Carmine de Nicola, è sottoposta a procedura di fallimento;
   nel mese di agosto 2009 la «U.C.I.S. srl – unione cristiana istituti scolastici Il Nazareno» ha ceduto rami di azienda alla «S. Maria Assunta S.r.l.»;
   dal portale internet dell'ufficio scolastico regionale dell'Abruzzo si può verificare che Il Nazareno figura nell'elenco delle scuole paritarie della provincia di Pescara a.s. 2014-2015 –:
   se, in caso di condanna di una scuola paritaria, da parte del giudice del lavoro con sentenza definitiva, per violazione delle norme contrattuali, sia previsto l'avvio della procedura per la revoca della parità dell'istituto condannato;
   come possa una scuola paritaria che è stata condannata dal giudice del lavoro per non aver rispettato i contratti collettivi nazionali di lavoro del personale impiegato mantenere la parità;
   in caso di passaggio di gestione di una scuola paritaria che è stata condannata dal giudice del lavoro a pagare gli stipendi dei docenti non erogati regolarmente, permanga lo status di parità;
   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro per rendere efficiente, efficace e tempestivo lo strumento di verifica dei requisiti di parità delle istituzioni scolastiche private, così che possa essere revocata la parità alle scuole che non rispettano i requisiti stabiliti dalle norme, ed in particolar modo nei casi in cui sia accertata l'inadempienza degli obblighi contrattuali nei confronti dei docenti o in presenza di condanne del giudice del lavoro o in presenza di assunzione di personale sprovvisto di abilitazione nonostante la contemporanea disponibilità di docenti abilitati;
   a quante scuole paritarie sia stata revocata la parità negli ultimi 5 anni, escludendo dal conteggio le scuole che hanno rinunciato volontariamente alla parità e quelle che si sono sciolte;
   se e fino a quando una scuola paritaria sottoposta a procedura di fallimento possa mantenere la parità. (5-04748)


   PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Opera Nazionale Montessori, riconosciuta come ente morale dal regio decreto 8 agosto 1924, n. 1534, ha tra le principali finalità quella di diffondere l'applicazione del metodo, assistere le scuole che lo applicano e quella di difendere il metodo da possibili traviamenti nelle sue applicazioni;
   il testo unico in materia di istruzione – decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 – al comma 3 dell'articolo 142 riconosce, inoltre, all'Opera la finalità esclusiva di prestare «la propria assistenza tecnica alla sperimentazione dell'insegnamento con il metodo Montessori da attuare nelle sezioni di scuola materna e nelle classi elementari statali, secondo quanto previsto in apposita convenzione da stipulare tra il Ministero della pubblica istruzione e l'Opera, e in quelle gestite da enti pubblici e privati, da associazioni e da privati, secondo quanto previsto in apposite convenzioni da stipulare tra il gestore e l'Opera»;
   l'ultima convenzione, stipulata il 1o agosto 2013 fra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'Opera Montessori, rinnova la finalità dell'Opera di selezionare i docenti e curarne la formazione e di coordinare e gestire i corsi di differenziazione didattica Montessori;
   dal settore si apprende dell'intenzione di altri soggetti – la cui idoneità a gestire tali corsi di differenziazione didattica Montessori sembrerebbe non essere stata in alcun modo valutata – di essere autorizzati a gestire corsi di differenziazione didattica Montessori;
   la concessione di questa autorizzazione comporterebbe inevitabilmente una diminuzione del controllo della qualità dei corsi di differenziazione didattica Montessori, in un momento in cui in Italia e nel mondo si riconosce la modernità e il valore pedagogico della proposta della grande educatrice –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e – in tal caso – al fine di tutelare la qualità del metodo montessoriano, se non intenda definire specifiche procedure di accreditamento in base ad analisi accurate dei requisiti;
   se ritenga necessario potenziare e qualificare ulteriormente il rapporto con l'Opera nazionale Montessori, in modo da valorizzare, attraverso la collaborazione con l'ente che di legge cura la differenziazione didattica Montessori, una proposta pedagogica di cui la scuola italiana ha estremamente bisogno. (5-04754)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, FRUSONE, D'UVA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 ottobre 2012 l'università di Cassino procede al licenziamento di personale ex lettori in lingua e CEL;
   in data 11 giugno 2013 il tribunale di Cassino sezione lavoro ha dichiarato l'illegittimità di alcuni licenziamenti ed ha disposto il reintegro nel posto di lavoro con corresponsione della relativa indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione percepita, dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegra;
   dal verbale del consiglio di amministrazione dell'università di Cassino del 18 giugno 2013, punto 27 all'ordine del giorno denominato «varie, eventuali e sopraggiunte», si apprende che l'ateneo di Cassino deve sostenere una spesa pari a 281.371,01 euro, per gli effetti della sentenza citata, e tale somma trova copertura mediante variazione della somma suddetta dal fondo di riserva al capitolo di spesa «spese legali» del bilancio unico di previsione 2013, con il parere favorevole del Collegio dei revisori dei conti;
   nel rendiconto finanziario 2013 dell'università di Cassino si evince che la variazione di bilancio di importo pari a 281.371,01 euro è riportata nel capitolo «spese per la didattica». È evidente la discrasia tra il dispositivo di delibera e il dato riportato nel conto consuntivo. È altrettanto evidente che le risorse da impegnare conseguenti alla sentenza di reintegro non sono spese per la didattica;
   ad avviso dell'interrogante, in un provvedimento di variazione di bilancio al fine di ottemperare alle sentenze di lavoro in cui l'ente risulta soccombente, le spese legali e le spese imputabili direttamente all'oggetto della causa di lavoro, ovvero la corresponsione degli stipendi non erogati ai lavoratori licenziati illegittimamente, dovrebbero essere attribuite a due capitoli di spesa differenti o al limite non alle spese per la didattica;
   il consiglio di amministrazione del 18 giugno 2013 dell'università di Cassino ha, inoltre, deliberato di ricorrere in appello contro le sentenze di primo grado del giudice del lavoro in merito ad altri contenziosi di lavoro con ex lettori e CEL che riguardano il trattamento economico di questi ultimi;
   dalla lettura del verbale del consiglio di amministrazione dell'università di Cassino del 19 novembre 2013 si apprende che, in seguito alle sentenze emesse dal tribunale di Cassino, sezione lavoro, in merito ai contenziosi tra l'università di Cassino e il personale CEL e ex Lettori, all'ateneo sono stati notificati tredici atti di precetto che preannuncia l'intenzione dei ricorrenti di porre in esecuzione i pagamenti delle somme per un importo complessivo pari a 2.620.074,9 euro;
   le sentenze, citate nel capoverso precedente, hanno riconosciuto il diritto dei ricorrenti al trattamento economico del ricercatore confermato a tempo definito e per l'effetto alla condanna della resistente università di Cassino al pagamento delle relative differenze retributive, oltre alla regolarizzazione delle posizioni previdenziali;
   già dal bilancio unico di previsione 2014 l'università di Cassino può prevedere la somma di spesa conseguente ai contenziosi di lavoro in quanto già quantifica, ma dalla relazione del bilancio stesso si apprende che la soluzione adottata prevede che all'esito del giudizio di appello il consiglio di amministrazione delibererà le forme di finanziamento per adempiere a quanto previsto dalle sentenze;
   in data 18 dicembre 2014 il consiglio di amministrazione dell'università di Cassino prende atto dei provvedimenti di scioglimento di riserva del tribunale civile di Cassino, con i quali sono stati respinti i reclami proposti dai legali incaricati dall'ateneo avverso le ordinanze di assegnazione presso l'istituto cassiere terzo pignorato – per importo complessivamente pari a 1.456.287,63 euro di cui 1.422.535,15 euro assegnati ai vincitori del contenzioso, 17.652,48 per gli avvocati e 16.100,00 per le spese di lite –, e delibera di autorizzare il servizio bilancio a provvedere alla copertura degli oneri, scaturenti dall'esecuzione di provvedimenti giurisdizionali riguardanti il personale ex lettori e CEL, anche accedendo a forme di finanziamento presso l'istituto cassiere dell'ateneo;
   a giudizio degli interroganti non è affatto chiaro a quale capitolo di bilancio va imputata la somma che l'università di Cassino deve erogare ai vincitori del contenzioso;
   nel bilancio unico di previsione del 2015 si intuisce, dalla lettura della relazione allegata, che le spese legali e contenzioso sono assegnate alla voce di bilancio U.1.03; si ripete, inoltre, la volontà, già esplicitata nel documento previsionale del 2014, di rimandare, all'esito del giudizio di appello, il reperimento delle risorse con opportune forme di finanziamento per adempiere a quanto previsto dalle sentenze;
   è evidente che, nonostante l'università di Cassino sostenga da anni un cospicuo onere in termini di spese legali, nel bilancio unico di previsione non è presente nessun capitolo di spesa specifico relativo ad esse, ma solo un generico richiamo che compone la voce U.1.03;
   a giudizio dell'interrogante, alla luce dei numerosi contenziosi e delle conseguenti spese da sostenere, sarebbe opportuno esplicitare le spese legali nel bilancio di ateneo;
   la gran parte delle spese che dovrà affrontare l'ateneo di Cassino, in seguito ai contenziosi di lavoro sono oneri relativi a differenze retributive sul trattamento economico e le relative posizioni previdenziali; dalla relazione accompagnatoria del bilancio unico di previsione del 2015, come anche in quello del 2014, non si evince in alcun modo il capitolo di spesa a cui saranno attribuiti tali costi;
   una errata classificazione nel bilancio delle spese per il personale dell'ateneo comporta conseguenze importanti, anche generali, nel sistema universitario nazionale, come ad esempio nel meccanismo per l'attribuzione dei punti organico, alla luce del fatto che la spesa per il personale incide significativamente su tale parametro –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa, anche per il tramite del proprio rappresentante nell'ambito del collegio dei revisori dei conti, e quali orientamenti siano stati espressi nel medesimo collegio, con particolare riferimento ai seguenti punti:
    a) se le somme dovute ai lavoratori illegittimamente licenziati, siano da ascrivere alle spese per il personale;
    b) nel caso in cui le somme dovute ai lavoratori licenziati illegittimamente non siano da attribuire ai capitoli di spesa del personale dell'ateneo, a quale capitolo di spesa debbano essere assegnate;
    c) se le somme conseguenti ai contenziosi di lavoro riguardanti le differenze retributive sul trattamento economico e le relative posizioni previdenziali, debbano essere previste nella voce di bilancio relative alle spese per il personale;
    d) nel caso in cui le somme dovute come conseguenza ai contenziosi di lavoro riguardanti le differenze retributive sul trattamento economico e le relative posizioni previdenziali non siano da attribuire ai capitoli di spesa del personale dell'ateneo, a quale capitolo di spesa debbano essere assegnate. (4-07980)


   DI BATTISTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) è un ente di ricerca che ha raccolto l'eredità del Centro europeo dell'educazione (CEDE), istituito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419, a seguito di trasformazione avvenuta con decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258;
   l'INVALSI, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 213 del 2009, mantiene la natura giuridica e le competenze definite dal decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, dal decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazione, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176;
   in particolare l'Istituto è un ente di ricerca con personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia amministrativa, contabile, patrimoniale, regolamentare e finanziaria ed è altresì soggetto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione, università e ricerca;
   l'INVALSI ha sempre svolto le proprie funzioni istituzionali all'interno della sede di villa Falconieri, in via Borromini, n. 5, Frascati (Roma);
   si tratta di un immobile compreso nei beni demaniali indisponibili dello Stato, con vincolo artistico, storico, archeologico e paesaggistico, che è stato assegnato al Ministero della pubblica istruzione nell'ottobre del 1959, ed è stato dal 1960 al 1979 sede del C.E.E. (Centro europeo educazione), poi trasformatosi nel 1979 in CEDE (Centro europeo dell'educazione) ed oggi INVALSI;
   la sede presso villa Falconieri è stata stabilita sia con il succitato decreto del Presidente della Repubblica n. 419 del 1979 nonché con l'articolo 3 dello statuto dell'ente di ricerca di cui al decreto n. 11 del 2 settembre 2011 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dipartimento per l'istruzione, direzione generale per gli ordinamenti scolastici e l'autonomia scolastica;
   come l'interrogante ha già osservato in un precedente atto di sindacato ispettivo (interrogazione n. 4-06702) l'Istituto ha deciso di trasferire la propria sede da un immobile ad uso gratuito (villa Falconieri) in un immobile sito in via Ippolito Nievo n. 35 a Roma dove verrà corrisposto un canone di locazione;
   lo stabile sito in Frascati, difatti, è in uso al Ministero dal 1959 che lo detiene a titolo gratuito, mentre l'immobile sito in via Ippolito Nievo risulta posto in vendita dal FIP, Fondo immobili pubblici, che lo ha identificato con il seguente codice RMB142901, come si desume dalla scheda dell'immobile di cui al link (http://www.fondoimmobilipubblici.it);
   l'immobile di via Ippolito Nievo risultava già condotto in locazione dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (indicata come pubblica amministrazione utilizzatrice), ma successivamente alla vendita dell'immobile da parte del fondo vi è la certezza che l'INVALSI rischierà di dover ricontrattare le condizioni della locazione con la nuova proprietà oppure addirittura a rilasciare i locali di Via Nievo;
   con nota di cui al prot. n. 00113392 del 18 dicembre 2014, il direttore generale dell'INVALSI, Paolo Mazzoli, chiedeva alla predetta società del gruppo Generali il consenso alla realizzazione di lavori di ristrutturazione; da ciò l'interrogante ha desunto che lo stabile di via Ippolito Nievo non è più di proprietà del F.I.P., bensì della società Generali Real Estate s.p.a.;
   con avviso del 27 novembre 2014 (prot. n. 0012558 del 28 novembre 2014), l'Istituto ha indetto un avviso per l'indagine mercato «propedeutica all'espletamento della procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara ai sensi dell'articolo 57, comma 2 lettera c) del decreto legislativo n. 163 del 2006, per l'affidamento dei lavori di ristrutturazione ed adeguamento funzionale dei locali siti in Roma, via Ippolito Nievo n. 35, 6o e 7o piano, destinati alla sede dell'INVALSI»;
   da un lato non è dato sapere quale sia l'utilità di trasferire la sede in un locale dove dovrà essere corrisposto un canone di locazione con il rischio che venga rinegoziato al rialzo, né si sa da quanto tempo la Generali Real Estate s.p.a. fosse proprietaria del predetto immobile;
   dall'altro lato per quanto concerne l'affidamento dell'appalto non sono chiare le ragioni per le quali l'INVALSI abbia utilizzato, per l'individuazione dell'appaltatore, la semplice procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara;
   l'articolo 57, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006 stabilisce, infatti, che «le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara nelle ipotesi seguenti, dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o determina contrarre»;
   mentre l'articolo 57, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 163 del 2006, richiamato nell'avviso per l'indagine di mercato, prevede che «nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura è consentita... nella misura strettamente necessaria, nei casi urgenti di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara»;
   a parere dell'interrogante, sulla base delle informazioni a disposizione, gli estremi per l'applicazione del predetto articolo 57, comma 2, non ricorrono nel caso di specie;
   a ciò si aggiunga che il predetto avviso per l'effettuazione di un'indagine di mercato ha individuato un tempo per la pubblicità incredibilmente ridotto: l'avviso di indagine di mercato è stato protocollato e pubblicato il 28 novembre 2014, quando in il termine per la presentazione della domande è stato fissato per il 4 dicembre 2014 alle ore 15:00;
   un termine inferiore ai 4 giorni lavorativi per presentare la domanda, a parere dell'interrogante, è veramente troppo breve per poter realmente consentire alle imprese di partecipare;
   pertanto, oltre ai dubbi circa la necessità di trasferire la sede in un locale di proprietà di un soggetto privato, non è dato sapere per quali ragioni le spese di ristrutturazione siano a carico dell'ente conduttore, ed in forza di quali accordi con la proprietà/locatrice l'INVALSI si sia addossata gli oneri derivanti dalla predetta ristrutturazione;
   ferme restando le domande di cui alla precedente interrogazione n. 4-06702 l'interrogante intende chiedere ulteriori delucidazioni e chiarimenti al Ministro interrogato –:
   quale sia l'importo del canone di locazione dell'immobile sito in Roma via Ippolito Nievo 35 che verrà adibito a sede dell'INVALSI, a carico di chi sia il pagamento del canone e quale sia la scadenza del contratto attualmente in vigore;
   se corrisponda al vero che l'immobile di via Ippolito Nievo, n. 35, in Roma è diventato di proprietà della società Generali Real Estate s.p.a. e, in tal caso, da quanto tempo il Fondo immobili pubblici abbia alienato il predetto immobile;
   quali siano le ragioni economiche e logiche che hanno mosso l'Istituto a decidere di rilasciare un immobile detenuto a titolo gratuito in favore di un cespite che vedrà, invece, la corresponsione di un canone di locazione;
   per quali ragioni l'INVALSI abbia utilizzato, per l'affidamento dei lavori di ristrutturazione ed adeguamento funzionale dei locali siti in Roma, via Ippolito Nievo n. 35, 6o e 7o piano, la semplice procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara e quale sia la motivazione indicata nella delibera a contrarre;
   se il termine, inferiore ai 4 giorni lavorativi, stabilito nell'avviso per l'effettuazione di un'indagine di mercato, di cui al protocollo n. 0012558 del 28 novembre 2014, non sia eccessivamente ridotto e se non ritenga che ciò abbia potuto impedire a molte imprese interessate di partecipare;
   quali imprese abbiano partecipato alla predetta indagine di mercato e quale sia l'impresa alla quale sono stati affidati i lavori di ristrutturazione oggetto dell'appalto;
   per quali ragioni ed in forza di quali accordi con la proprietà/locatrice, l'INVALSI si sia addossata gli oneri derivanti dalla predetta ristrutturazione dei locali di via Ippolito Nievo, n. 35. (4-07994)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   BOSCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'approvazione definitiva del Jobs Act al Senato, il successivo passo da compiere per l'attuazione della delega legislativa sarà la presentazione dei relativi decreti legislativi. Dopo la presentazione delle prime due bozze di decreto legislativo, ne è previsto anche uno con cui si dovrebbe finalmente istituire l'Agenzia unica ispettiva, quale risultato della fusione del personale ispettivo (e non solo) di Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Inps e Inail;
   si vuole, in tal modo, costituire uno strumento strutturale, teso a rendere più efficienti i controlli sul lavoro. Vi è, tuttavia, all'interno della norma in questione (articolo 1, comma 7, lettera i), della legge delega), una clausola che potrebbe rappresentare un ostacolo per la nascita di questo nuovo soggetto o, quantomeno, per la sua buona riuscita: la necessità che questo processo avvenga senza «nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» e «con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente»;
   se tale previsione sarà interpretata in maniera meramente ragionieristica, avendo come unico riferimento il risparmio di spesa, si corre il rischio di compromettere l'efficienza della costituenda Agenzia. Può, tuttavia, affermarsi una diversa interpretazione, capace di coniugare risparmio ed efficienza. Anzitutto, si consideri che ogni volta che nasce un nuovo soggetto vi sono dei costi, così come accade anche quando si apre un'impresa. Se, peraltro, tali costi sono compensati, nel tempo, da ricavi o risparmi, si evita di creare nuove fonti di spesa pubbliche aggiuntive ed improduttive;
   nel caso della futura Agenzia, posto che le attuali direzioni territoriali del lavoro scompariranno, in parte assorbite dall'Agenzia unica ispettiva, in parte dall'Agenzia nazionale per l'occupazione, un primo risparmio di spesa può essere individuato nei minori costi per le locazioni delle sedi. Si tenga presente, a tal proposito, che mentre Inps e Inail sono generalmente proprietari degli immobili in cui si trovano i loro uffici, ciò è più raro per il Ministero;
   un'efficiente soluzione, quindi, potrebbe portare ad individuare le sedi periferiche della nuova Agenzia esclusivamente o principalmente presso strutture di proprietà. Una seconda fonte di risparmio è rappresentata dalla presenza di personale, che non rende immediatamente necessario avviare concorsi. Non sembra casuale, in tale prospettiva, che il previsto concorso per 250 ispettori del lavoro sia stato bloccato e si sia nel frattempo proceduto all'assorbimento degli idonei del concorso per ispettori Inps — a dimostrazione che le presunte differenze con gli ispettori del lavoro sono minori di quel che alcuni paventano. Per tale ragione, si potrebbe pensare di investire nella nuova Agenzia anche solo una parte dei risparmi sopra descritti, anziché «distoglierli» verso nuove destinazioni;
   la formazione del personale, invece, necessaria per garantire condotte uniformi sul territorio nonché per conoscere specifiche procedure attualmente di competenza dei singoli enti che costituiranno l'Agenzia, potrà avvenire impiegando i fondi comunitari provenienti dal Fondo sociale europeo, elaborando appositi progetti gestiti direttamente dall'Agenzia ispettiva;
   le strutture informatiche e le altre dotazioni strumentali, quali ad esempio i dispositivi di sicurezza, potranno essere acquistati attraverso altri fondi strutturali, come il PON Sicurezza. A quest'ultimo proposito, l'auspicio è che l'Agenzia possa altresì costituire uno strumento per impiegare meglio le risorse pubbliche (nazionali e comunitarie), in modo da garantire realmente miglioramenti tangibili in relazione alle decine di milioni di euro spese;
   l'unificazione delle banche dati, infine, per un'attività di vigilanza mirata e «scientifica», potrà avvenire senza costi, così come prevede da dieci anni l'inattuato articolo 10 del decreto legislativo n. 124 del 2004, mentre i software informatici in uso presso l'Inps, più efficienti degli altri, dovranno solo essere implementati, così da poter essere messi a disposizione della nuova struttura;
   in questo modo, attraverso una sapiente combinazione di fattori di provenienza diversa, residuano risorse finanziarie da poter allocare sull'assetto contrattuale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, così da colmare o ridurre fortemente il divario economico esistente all'interno del personale ispettivo coinvolto –:
   alla luce di quanto espresso in premessa, cosa il Governo intenda fare al fine di evitare di compromettere l'efficienza della costituenda Agenzia unica ispettiva, assicurando ad essa le necessarie risorse per un suo pieno funzionamento.
(3-01301)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO, ANTEZZA, CAPONE, CRIVELLARI, GRIBAUDO, IACONO, LAVAGNO, LENZI, MONGIELLO, MOSCATT, PES, PIAZZONI, PREZIOSI, PAOLO ROSSI, RUBINATO e TIDEI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il progetto denominato «Home Care Premium 2014», ha l'obiettivo di sostenere le difficoltà delle persone non autosufficienti presso il proprio ambito di vita e di relazione e fornire quindi assistenza domiciliare attraverso prestazioni e interventi economici e di servizio;
   il progetto è finanziato totalmente dal Fondo credito e attività sociali alimentato dal prelievo obbligatorio dello 0,35 per cento sulle retribuzioni del personale delle pubbliche amministrazioni in servizio;
   i destinatari del progetto sono: i dipendenti iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali o alla gestione magistrale e i pensionati utenti della gestione dipendenti pubblici, nonché, laddove i suddetti soggetti siano presenti, i loro coniugi conviventi e familiari di primo grado; i giovani minori orfani di dipendenti iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali o alla gestione magistrale e di utenti pensionati della gestione dipendenti pubblici; sono equiparati ai figli, i giovani minori regolarmente affidati e i nipoti minori con comprovata vivenza a carico del titolare del diritto. I nipoti minori sono equiparati ai figli qualora siano conviventi e a carico del titolare del diritto;
   per accedere alla descritta prestazione assistenziale, con un tetto massimo di 1200 euro stabilito sulla base del valore Isee dichiarato, occorre presentare domanda, esclusivamente in via telematica (online dal sito www.inps.it tramite Pin personale) a partire dalle ore 12.00 del 2 febbraio 2015 e fino alle ore 12.00 del 27 febbraio 2015 presentando la dichiarazione sostitutiva unica per il nuovo Isee;
   in questo momento storico del Paese il servizio socio-assistenziale risulta fondamentale per molte famiglie e soggetti potenzialmente beneficiari;
   la riforma Isee è recentissima e molti patronati, CAF, nonché soggetti convenzionati per il calcolo Isee non sono ancora nelle condizioni di calcolare questo indicatore oppure sono ancora in difficoltà a fissare appuntamenti per i cittadini con tempistiche adeguate a mettere questi ultimi nelle condizioni di rispettare i termini di consegna dei documenti richiesti;
   questa situazione può comportare per un numero elevatissimo di utenti potenziali beneficiari il rischio di trovarsi impossibilitati a presentare la domanda, per motivazioni che nulla hanno a che vedere con proprie responsabilità, ma legate alla difficile condizione causata da incertezze normative e organizzative di carattere generale;
   per quanto sia vero che l'Inps abbia previsto la possibilità per il cittadino di compilare la domanda in autonomia, è stato verificato che le modalità di compilazione sono difficilmente praticabili da tantissimi cittadini che non possiedono necessarie competenze fiscali;
   alla luce dei fatti sopraesposti si rende necessario che il Ministero o la stessa Inps predispongano un atto amministrativo che stabilisca una proroga di almeno due mesi della scadenza di presentazione delle domande per consentire così ai cittadini interessati di accedere ai contributi e alle prestazioni previste, ma soprattutto di vedersi riconosciuto un legittimo diritto ad accedere a misure finalizzate a dare risposte ai cittadini non autosufficienti ed in difficoltà;
   l'impegno di spesa per la misura è già previsto e pertanto si tratterebbe esclusivamente di un problema tecnico legato alle difficoltà sopra riportate;
   alcuni soggetti gestori socio-assistenziali hanno aderito al progetto Home care premium 2014 dell'Inps e si sono spesi per la promozione di questo progetto e sono oggi a richiedere di prorogare la scadenza della consegna della domanda, al fine di sostenere e supportare adeguatamente i soggetti in difficoltà sul proprio territorio –:
   se il Governo, anche alla luce del frangente economico attuale, non ritenga opportuno intervenire urgentemente con una propria iniziativa al fine di differire la scadenza di presentazione delle domande Home care premium 2014, almeno fino alla fine del mese di aprile 2015, nella consapevolezza che tale decisione permetterebbe a tutti i cittadini potenzialmente fruitori i beneficiare della suddetta facilitazione. (5-04756)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PISICCHIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con la comunicazione ai sindacati del 26 gennaio 2015 la Società ACG S.r.l. annuncia l'apertura di una procedura di mobilità riguardante 34 dei circa 100 dipendenti;
   la società ACG srl nasce un anno prima, in particolare il 1o gennaio 2014, a fronte di una cessione di ramo d'azienda operata da IBM in grazie del richiamato articolo 47 legge 29 dicembre 1990, n. 428, che rivela da subito alcuni elementi di illegittimità nell'applicazione della legge riguardante le operazioni di cessione di ramo d'azienda. Infatti i dipendenti non passano da IBM, trasferente, a TeamSystem, acquirente, ma rimangono in questa realtà intermedia denominata ACG Srl;
   in altri termini, una unità funzionale della IBM Italia, non autonoma nell'espletamento delle proprie attività sia finanziarie che gestionali, viene circoscritta e fatta confluire, insieme al proprio asset software denominato ACG, a inizio dicembre 2013 in una società (denominata Nuova Iniziativa Software Gestionale) di nuova e apposita creazione interamente posseduta dalla stessa IBM Italia e con a capo la dottoressa Carla Monguzzi (IBM) come direttore generale e amministratore delegato;
   tutte le quote societarie della Nuova Iniziativa Software Gestionale vengono poi cedute in data 1o gennaio 2014 alla società TeamSystem, azienda di software e servizi con sede sociale a Pesaro e operante prevalentemente nelle regioni della fascia Adriatica. Entro gennaio 2014 la Nuova Iniziativa Software Gestionale cambia ragione sociale in ACG S.r.l. con sede in Via Yury Gagarin 205 – 61122 Pesaro e con P.IVA 08419500965;
   la ACG srl, IBM aveva ceduto completamente il software gestionale denominato ACG (Applicazione contabili gestionali) con 2 versioni in manutenzione e contestualmente al software, anche l'intero reparto che si occupa del gestionale composto da 105 persone, la maggior parte laureati e con, un'età media attorno ai 50 anni;
   nella cessione non viene modificata la struttura manageriale, ACG si ritrova quindi composta da 2 linee manageriali i cui direttori vengono inseriti nel consiglio di amministrazione della ACG Srl e rappresentano rispettivamente la direzione commerciale e la direzione sviluppo. A capo della ACG Srl viene messo un giovane amministratore delegato di TeamSystem (ex McKinsay) che ne ha curato in prima persona l'acquisizione, l'ingegnere Giuseppe Busacca;
   le 105 persone componenti le ACG Srl, diventano 114 nel corso del 2014 in ragione di 9 giovani assunti a tempo determinato. I lavoratori sono collocati in diverse sedi del territorio secondo questa tabella:
    Sede Nr Persone
    Bari 43
    Roma   52 (nr. 9 lavoratori a tempo determinato)
    Milano 13
    Bologna 1
    Genova 2
    Palermo 2
    Catania 1
    TOTALE 114
   ACG Srl in questo trasferimento porta in dote tutto il canale commerciale disseminato sull'intero territorio nazionale fatto di Business Partner IBM cioè agenzie e distributori certificati IBM. Sono loro, i business partner, a vendere il gestionale ACG da oltre 25 anni, IBM non ha mai venduto in maniera diretta al cliente finale;
   ACG srl vende la licenza tramite contratti di agenzia e i partner installano e fanno servizi. Si deduce quindi che il cliente ACG abbia un rapporto fiduciario con il business partner, un legame sicuramente più importante rispetto a quello verso le stesse ACG per le quali il più delle volte si è fatto garante;
   il portafoglio clienti ACG srl, gestito come si ricordava, dai partner, ammonta a circa 4.500 clienti per un fatturato annuo di circa 24 milioni di euro frutto dei canoni ricorrenti del software e delle vendite di nuove licenze;
   lo sviluppo e la manutenzione del software gestionale ACG risulta, dunque, essere l'unica fonte di vita per la ACG Srl e per i suoi 116 dipendenti;
   appare importante sottolineare che il gruppo TeamSystem ha un suo gestionale chiamato GAMMA che si rivolge alla stessa fascia di aziende di ACG (PMI) e che da sempre è suo competitor. Da ciò sorge l'interrogativo su come sia possibile che TeamSystem sostenga due soluzioni per la stessa fascia di mercato;
   negli incontri preliminari con i dipendenti, la TeamSystem ha sempre dichiarato di ritenere le ACG legate ad un mercato di fascia alta al contrario di GAMMA, si rivolgerebbe alle piccole aziende, per cui, secondo questa impostazione, i due prodotti potrebbero coesistere;
   al di là delle dichiarazioni ufficiali risulterà subito chiaro che i due prodotti si rivolgono esattamente allo stesso target di mercato, come viene subito constatato dalle risorse umane dell'area commerciale che più volte si sono trovate in concorrenza il gestionale GAMMA nelle trattative avviate dai clienti;
   le preoccupazioni dei dipendenti vengono maggiormente alimentate dopo appena 2 mesi dall'acquisizione: attraverso di riunioni interne la dirigenza porta il personale a conoscenza di un cambio di strategia. Vengono comunicati diversi cambiamenti: la linea commerciale dovrà impegnarsi a veicolare i partner nell'acquisizione di nuovi clienti sul prodotto TeamSystem (GAMMA); contestualmente a questa decisione la dirigenza TeamSystem annuncia lo sviluppo di un tool di migrazione dal gestionale ACG a GAMMA, ma non il contrario; viene annunciato il blocco degli enhancement di prodotto, quindi non verranno più sviluppate nuove funzionalità ma verranno solo effettuate attività volte alla sua stabilizzazione (attività di manutenzione volte al soluzionamento dei defect);
   tale cambio di strategia appare come l'abbandono del prodotto fino a quel momento strategico a favore di un prodotto non sviluppato in casa. La dirigenza minimizza il cambio di strategia asserendo che comunque il revenue delle vendite anche se fatto con il gestionale GAMMA, contribuirà al fatturato di ACG srl, dando l'idea di ignorare il fatto che le ACG Srl sono all'80 per cento composte da «professional di una fabbrica che sviluppa e tiene in manutenzione software», colleghi che avrebbero visto un progressivo svuotamento delle loro attività;
   nel corso di una convention programmata a Riccione nel marzo 2014, viene dato l'annuncio del cambio strategico ai partner che provoca l'immediato blocco delle vendite del gestionale ACG. I partner sono tutti imprenditori esperti e comprendono che la TeamSystem ha in mente un cambio di strategia ben preciso. A distanza di un mese da quell'evento, parte un tour nazionale itinerante da parte della dirigenza ACG con l'obiettivo di incontrare personalmente tutti i maggiori partner, per proporre nuove e più accattivanti condizioni economiche in funzione della vendita del software GAMMA e un piano di reskilling: la stragrande maggioranza di loro firma il nuovo accordo commerciale con TeamSystem non perché convinti ma perché non vi sono alternative a tale imposizione. Tuttavia tale accordo rimane solo sulla carta in quanto tali strutture fanno notevole fatica ad adeguarvisi;
   nel frattempo il gruppo non perde tempo e porta avanti alcune azioni degne di nota: i rappresentanti della rete di vendita della casa madre TeamSystem (denominata «diretta») si recano da diversi clienti ACG all'insaputa dei partner di appartenenza. A questi clienti propongono la soluzione GAMMA come passaggio obbligatorio, adducendo come motivazione che il gestionale ACG è in fase di dismissione sulle vecchie piattaforme hardware (AS/400) della IBM, notizia non supportata da nessuna comunicazione ufficiale di IBM. In pratica la diretta TeamSystem dice ai clienti ACG che a breve si troveranno con un prodotto dismesso e con un server hardware fuori produzione e manutenzione. TeamSystem mette in campo una massiccia campagna pubblicitaria su tutta la gamma dei prodotti del gruppo e in questa ACG è assente;
   sul fronte interno vengono centralizzate alcune attività, nello specifico: gestione server, sviluppo e manutenzione tool interni e di conseguenza il personale coinvolto, la gran parte dei 116, viene insomma privato della propria attività;
   TeamSystem nel frattempo continua l'operazione di acquisizione selvaggia, concludendo anche l'acquisizione del Sole 24Ore Software, appartenente al gruppo Sole 24Ore. Anche in questo caso TeamSystem acquisisce molti milioni di fatturato (117 milioni di euro) a fronte di un software fino a ieri competitor, come nel caso ACG. L'acquisizione del Sole 24Ore Software ha interessato circa 400 lavoratori;
   la TeamSystem è controllata da un fondo inglese, l'HgCapital, attualmente in perdita, con l'obiettivo dichiarato di quotarsi in borsa. La strategia di Team System sembrerebbe da quel momento orientata ad una massiccia politica di acquisizioni di importanti competitor con l'obiettivo di entrare in piazza Affari;
   fatturati e monopolio garantirebbero all'azienda di Pesaro l'entrata in borsa dalla porta principale e di conseguenza da subito liquidità;
   ma fatturati e monopolio non bastano e così venerdì 3 ottobre 2014 per 51 lavoratori appartenenti alla neonata TSS (ex Sole24ore Software) vengono aperte le procedure di mobilità;
   non appena conclusa l'operazione di licenziamento con l'ex Sole24ore Software, dopo pochi giorni, lunedì 26 gennaio 2015 TeamSystem apre un'analoga operazione anche per 34 lavoratori ACG, ex IBM;
   in sintesi, mentre a novembre 2013 il dottor Nicola Ciniero (AD di IBM) affermava che il business di ACG è solido, a distanza di appena un anno, l'ingegner Giuseppe Busacca (AD di ACG), in sede di incontro sindacale ha affermato che, invece, il business di ACG è in calo da diversi anni e che pertanto si è ritenuto necessario procedere con i licenziamenti –:
   quali urgenti interventi i Ministri interrogati intendano assumere per impedire che l'utilizzo indiscriminato di strumenti normativi in materia di relazioni industriali (articolo 47 legge 29 dicembre 1990, n. 428 e articoli 4 e 24 legge 23 luglio 1991, n. 223) e, in particolare, delle nuove norme sulla riforma del mercato del lavoro che favoriscono una flessibilità in uscita, possano produrre la perdita di posti di lavoro, così come è avvenuto per l'IBM Italia e per la TeamSystem, trasferendo alla collettività l'onere economico e morale di 34 famiglie private del reddito vitale. (4-08004)


   DIENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in anni di crisi economica come quelli che attualmente il Paese sta vivendo, in cui la disoccupazione affligge settori sempre più vasti, della popolazione attiva, i fondi destinati alle politiche attive per l'occupazione rivestono un'importanza capitale ed il loro utilizzo per altre finalità o la loro dispersione, specie se ciò avviene per colpa o dolo di amministratori di società pubbliche, è un atto inammissibile;
   il fondo sociale europeo (Fse) è uno dei fondi strutturali dell'Unione europea, è stato creato nel 1957 sulla base dell'articolo 123 del Trattato ed è finalizzato allo sviluppo delle risorse umane e del mercato del lavoro;
   in Italia l'autorità capofila del Fse è il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che gestisce direttamente due programmi operativi nazionali (Pon) per la realizzazione di azioni di sistema ed è responsabile del coordinamento di tutti i programmi operativi regionali e nazionali finanziati dal Fse nonché degli adempimenti previsti dal quadro strategico nazionale italiano;
   risorse per Roma spa, società in house partecipata interamente da Roma Capitale, è «ente strumentale» dell'amministrazione capitolina e, secondo il sito istituzionale, l'affianca nei processi di trasformazione urbana, nella progettazione di infrastrutture, nella valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare e nelle attività tecnico-amministrative a supporto della gestione del condono edilizio;
   secondo il Codice etico dell'ente, «la natura strumentale pubblica della Società ne rende irrinunciabile l'affidabilità e la reputazione e impone a coloro che per essa e in rappresentanza di essa agiscono, di improntare l'attività interna ed esterna a principi di trasparenza, correttezza, imparzialità»;
   sulla capacità di conseguire tali obiettivi non sarebbe d'accordo, tuttavia, la ragioneria generale dello Stato;
   in una relazione di 130 pagine, infatti, sono state rilevate irregolarità emerse nel corso di una lunga verifica amministrativo-contabile;
   il documento parla di «elevati e ingiustificati livelli di affidamenti esterni», «mancata adozione di procedure di selezione pubbliche nell'assunzione di personale», «sistematica trasformazione di contratti da tempo determinato a indeterminato», «spese eccessive per consulenze e incarichi esterni»;
   secondo quanto riferito dal quotidiano La Repubblica di Roma, nell'articolo «Risorse per Roma: 300 assunzioni sospette e costi triplicati» del 6 settembre 2014 la gestione della società per azioni si caratterizzerebbe per «una collezione di regalie, appalti sospetti, assunzioni di massa e promozioni ingiustificate che Massimo Bartoli, il tecnico finora indicato dal Campidoglio per sostituire l'ad uscente, Domenico Kappler, è chiamato ad azzerare»;
   l'articolo continua mettendo in luce il fatto che «guardando nell'azienda impegnata a vendere lo sconfinato patrimonio immobiliare del comune, si scopre che sono almeno 300 le assunzioni fatte nel quinquennio alemanniano e definite dagli ispettori “sospette perché non rispondono alle norme nazionali sulla trasparenza nelle aziende pubbliche”»;
   il documento della ragioneria sarebbe in possesso dal 31 luglio 2014 del Ministro Graziano Del Rio, del sindaco Marino, e della Corte dei Conti;
   l'11 luglio 2014 veniva pubblicato sul sito di Risorse per Roma un bando per l'ammissione a un «Tirocinio Formativo Professionalizzante» retribuito della durata di sei mesi, per un massimo di 8 ore al giorno e 36 settimanali, a seguito di convenzione di affidamento con la Regione Lazio;
   va rilevato che tale tirocinio formativo risulta essere un progetto cofinanziato dall'Unione europea approvato e finanziato dalla regione Lazio direzione regionale lavoro con determinazione n. G03914 del 10 dicembre 2013 n. G02667 del 5 marzo 2014 e n. G02868 del 10 marzo 2014;
   è bene rammentare che dei 182.625 euro di finanziamento 50 per cento corrisponde alla quota dell'Unione europea, il 48,36 per cento alla quota dello Stato e l'1,64 per cento alla quota della regione;
   la prima prova per la selezione, per partecipare alla quale sono pervenute 1850 domande, si è regolarmente tenuta il 26 settembre 2014;
   a seguito delle irregolarità sopra esposte, tuttavia, in data 6 ottobre 2014 si insediava un nuovo consiglio di amministrazione della società;
   il Consiglio, a seguito dell'audizione del Direttore delle risorse umane, constatava come nella procedura di selezione non fosse stata nominata la commissione di valutazione prevista dal bando, e sospendeva quindi la procedura, informando poi la regione Lazio;
   il Consiglio di Amministrazione precedentemente in carica aveva pertanto avviato la selezione senza neppure la presenza della commissione e, da quanto emerge dall'atto, non sarebbero neppure presenti elementi atti a ritenere che la costituzione di tale organismo fosse imminente, dato che tutte le fasi della selezione erano state effettuate direttamente dal personale interno a Risorse per Roma spa;
   avendo la regione evidenziato la non congruità dei tempi prospettati dalla società per sanare i vizi riscontrati con i tempi di rendicontazione, il legale rappresentante Massimo Bartoli il 19 gennaio 2015 determinava l'annullamento della procedura di selezione in autotutela, secondo quanto previsto dalla legge n. 241 del 1990;
   ovviamente tale provvedimento non compensa le spese effettuate per l'organizzazione della prova concorsuale presso la Fiera di Roma il 26 settembre 2014 né il danno creato per la mancata assegnazione dei 50 tirocini formativi, benché la determina espliciti che, a parere del legale rappresentante «non emergono consolidate posizioni soggettive private meritevoli di particolare apprezzamento»;
   la situazione descritta non soltanto lascia trasparire pesanti interrogativi sulla condotta del vertice di Risorse per Roma spa in data precedente all'insediamento del nuovo Consiglio, ma pone anche dei dubbi relativamente alla vigilanza sulla gestione dei Fondi assegnati per le politiche attive per l'occupazione –:
   se, in qualità di autorità capofila, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative di propria competenza il Governo intenda attuare per rafforzare la vigilanza sulla gestione dei progetti afferenti al Fondo sociale europeo e per impedire che risorse pubbliche vengano disperse o utilizzate in modo improprio come nel caso sopra evidenziato;
   se Risorse per Roma abbia avuto accesso in passato ad altri finanziamenti derivanti dal Fondo sociale europeo e se risultino eventuali anomalie. (4-08007)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i recenti indicatori negativi, rilevati dalla Coldiretti e pubblicati dal quotidiano «La Stampa» il 14 febbraio, secondo i quali nel 2015, la grande distribuzione alimentare, affronterà un inaspettato problema di penuria, legato al crollo delle vendite di prodotti agroalimentari del made in Italy, confermano a giudizio dell'interrogante, come le politiche di promozione, di rilancio e di tutela della qualità dei prodotti italiani sia nel nostro Paese, che all'estero, siano inadeguate e prive di quella necessaria linfa di sostegno che le imprese del settore, invocano da danni;
   la Coldiretti evidenzia infatti, che nei supermercati italiani, nel corso del presente anno, sarà in vendita il 35 per cento in meno di olio di oliva italiano (s'intende quello di produzione nazionale, non importato), a cui si unisce il calo del 25 per cento per gli agrumi, del 15 per cento per il vino e fino al 50 per cento per il miele, mentre il raccolto di castagne è stato da minimo storico;
   gli effetti del crollo dei raccolti di prodotti made in Italy, prosegue il documento della Coldiretti, che hanno concorso a determinare un calo del Pil agricolo in termini congiunturali per il terzo trimestre consecutivo, sulla base dei dati Istat, rischiano inoltre di determinare effetti negativi sulla loro scarsa presenza sulle tavole italiane, per quei prodotti base della dieta mediterranea che sono considerati essenziali per garantire una buona salute, soprattutto per la crescita nelle giovani generazioni;
   con la caduta verticale dei raccolti nazionali, rileva la suesposta associazione agricola, aumenta inoltre, il rischio di consumo di prodotti propagandati per made in Italy, ma in realtà provenienti dall'estero, spesso di bassa qualità e pertanto occorrerà verificare con maggiore attenzione l'origine in etichetta, almeno su quei prodotti come l'olio, il miele e gli agrumi freschi dove è in vigore l'obbligo di indicare la provenienza o in alternativa informarsi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica o riscontrare sulle confezioni il caratteristico logo (Dop/Igp) a cerchi concentrici blu e gialli con la scritta (per esteso nella parte gialla) «Denominazione di Origine Protetta» o «Indicazione Geografica Protetta» (mentre nella parte blu compaiono le stelline rappresentative dell'Unione europea);
   ulteriori dati negativi che, rileva la Coldiretti, contribuiscono a peggiorare la situazione del comparto agricolo, derivano dagli effetti sfavorevoli legati al clima, la cui produzione made in Italy di miele di acacia, castagno, agrumi e millefiori risulta quasi dimezzata;
   con riferimento alla raccolta dell'uva, la vendemmia si è classificata come la più scarsa dal 1950, con una produzione di vino made in Italy attorno ai 41 milioni di ettolitri, mentre quella di olio di oliva è crollata attorno alle 300 mila tonnellate;
   il raccolto nazionale di agrumi risulta anch'esso fortemente negativo, mentre per il pomodoro da conserva per preparare polpe, passate e pelati da condimento, si registra un calo delle rese per ettaro e la produzione rimane in linea con la media stagionale degli ultimi cinque anni solo grazie a un aumento delle superficie coltivate;
   per le castagne i dati sono addirittura al minimo storico con un raccolto nazionale ben al di sotto dei 18 milioni di chili registrati lo scorso anno e pari ad appena 1/3 di quella di 10 anni fa;
   le suesposte osservazioni, a giudizio dell'interrogante, confermano un quadro estremamente negativo e preoccupante per il settore agricolo, sia sotto il profilo della scarsa incisività nell'azione del Governo e in particolare del Ministero, nel sviluppare interventi di rilancio in favore delle imprese agroalimentari italiane, che sotto l'aspetto normativo, anche in sede europea, nel rafforzare gli strumenti di tutela e salvaguardia in tema di etichettatura e rintracciabilità dei prodotti di marchio di qualità italiano;
   a tal fine, si rileva come sin dall'insediamento del Governo Renzi, le politiche di sviluppo per il settore agricolo e agroalimentare siano state ad avviso dell'interrogante nel complesso modeste e prive dei necessari sostegni normativi e finanziari finalizzati a rilanciare tale segmento economico del Paese, fondamentale in termini di composizione del prodotto interno lordo –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intenda confermare le criticità evidenziate dalla Coldiretti, con riferimento al calo della produzione determinatasi nel nostro Paese nell'ultimo anno, che riduce i consumi agroalimentari del made in Italy, sostituiti da prodotti d'importazione di qualità nettamente inferiore;
   in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di sostenere il settore agroalimentare italiano, le cui imprese già penalizzate da una pressione fiscale insostenibile, sono state ulteriormente vessate da una tassa iniqua e distorsiva quale l'IMU per i terreni agricoli. (5-04749)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la piana di Gioia del Tauro è una regione geografica ben nota agli agronomi e agli operatori del settore in quanto vocata per la coltura della produzione di arance. La crisi del comparto agricolo della Piana non è né recente né improvvisa. Essa è legata a molteplici fattori, culturali, produttivi e commerciali;
   la rete Sos Rosarno, in occasione del monito del Presidente della Coldiretti Calabria, Pietro Molinaro che ha chiesto alla azienda Coca Cola di utilizzare per l'Expo 2015 le arance di Rosarno, ha pubblicato sul proprio sito web un articolo dal titolo: «La verità sull'agricoltura nella piana» nel quale si descriveva come: «l'innalzamento della percentuale di succo dal 12 al 20 per cento non dice nulla sul prezzo della materia prima. E quindi tutti i trionfalismi legati a quel “risultato” stridono con una realtà nella quale i meccanismi di speculazione e sfruttamento restano invariati e anzi avallati dalla nuova normativa che rischia di dare fiato a una filiera perversa, oltre che moribonda;
   l'assoluta irrilevanza della posizione europea nel mercato del succo concentrato (1 per cento circa...) [...] il mercato globale è sempre più integrato e i flussi produttivi sempre più internazionalizzati, in questo quadro parlare di qualità significa parlare di competizione, quindi volersi imporre in un mercato che chiede costi sempre più bassi per un prodotto sempre più standardizzato, ancorché suddiviso in fasce di consumo. Significa in parole povere tuffarsi nell'arena dei gladiatori dove solo i più forti, che poi vuoi dire i più grandi, che possono investire sui processi, sui mezzi, sulla razionalizzazione dei costi, e possono valersi delle economie di scala, vincono... e gli altri soccombono»;
   i numeri dell'ultimo censimento dicono che in Calabria, come in Italia, diminuiscono le aziende, per la provincia di Reggio – 19 per cento aumenta la dimensione media e diminuisce la superficie agricola utilizzata; rispetto a questi dati le analisi della rete Sos Rosarno sono puntuali: «Un avvitamento nel segno della concentrazione avallato dagli aiuti disaccoppiati della PAC, che come noto premiano la superficie. Le aziende che nella distribuzione degli aiuti comunitari ricevono più, di 100.000 euro annui rappresentano appena lo 0,2 per cento del totale, ma ricevono il 15 per cento degli aiuti totali, con un aiuto medio annuo di poco meno di 200.000 euro» anche se sono dati da aggiornare sulla nuova stagione PAC 2014-2020 continua la rete Sos Rosarno «[...] Esiste dunque un'agricoltura che vince nella piana, ed è l'agricoltura dei gestori delle OP (organizzazione dei produttori), dei grossi magazzini di lavorazione, che spesso sono titolari di fondi consistenti e in ogni caso controllano il mercato, gestendo in oligopolio l'accesso ai canali della grande distribuzione organizzata». La situazione delle campagne agricole della piana di Gioia Tauro, così come in modo più diffuso in tutto il meridione evidenziano delle criticità legate al modo in cui è gestita l'economia del settore;
   altro elemento su cui l'analisi di concentra riguarda la questione della sovranità alimentare, la rete fornisce dati precisi: «Sempre secondo il censimento, nel caso degli orti familiari calabresi, si registrano variazioni negative e di entità significativa (aziende – 56 per cento e superficie investita – 50 per cento), in Italia invece la flessione è pari a – 39 per cento, per il numero di aziende, e a – 19 per cento, per la superficie;
   ancora, in Calabria l'incidenza di aziende con allevamenti è scesa nel 2010 al 7,4 per cento dal 12,5 per cento nel 2000, e ciò la identifica tra le regioni con la più bassa incidenza di aziende zootecniche. Il censimento del 2010 ha rilevato nella regione 10.189 aziende zootecniche, un dato più che dimezzato rispetto al 2000. Infine, sempre per restare sulle principali voci di spesa, passando al pane, quindi al grano con cui viene fatto, in riferimento ai seminativi il numero di aziende varia in modo analogo (Calabria – 37 per cento Italia – 35 per cento), a differenza di quanto avviene per la superficie coltivata (Calabria – 12 per cento e Italia – 4 per cento). Questo vuol dire che la regione più agricola d'Italia è sempre più lontana dal produrre quello che mangia (lo dice la stessa Coldiretti, solo il 35 per cento, con risultati ovvi di impoverimento del reddito diretto e indiretto e un'emorragia di risorse a tutto vantaggio di circuiti commerciali, più o meno grandi, alieni al territorio. Ciò è avallato dal fatto che gli esercizi commerciali al dettaglio specializzati e non specializzati nel settore alimentari e bevande sono pari a 4,8 esercizi per mille abitanti, consistenza superiore alla media italiana (3,6), e che la Calabria è, al 2011, sesta nella classifica delle regioni nel rapporto tra metratura degli esercizi della GDO e popolazione (319,6 mq/1000 ab.), con tutte le implicazioni immaginabili se si considera la diminuzione della superficie agricola totale (SAT – 16,4 per cento al 2011)» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati e quali azioni intendano intraprendere e se non reputino, anche alla luce del report fornito dalla rete Sos Rosarno, di intraprendere tutte le azioni necessarie per tutelare l'economia locale del comparto agricolo della Piana di Gioia del Tauro, soprattutto i piccoli produttori, le realtà a chilometro zero e la rete degli orti locali, che soccombono in base alle regole del mercato globalizzato;
   se non reputino, anche in vista dell'Expo 2015, di assumere iniziative per tutelare il cibo di qualità ed il biologico, spesso messo a rischio dalle regole della grande distribuzione che preferisce investire su culture intensive che rendendo i suoli meno fertili a causa della scarsa rotazione delle culture;
   se non reputino di mettere in campo campagne mediatiche di informazione e sensibilizzazioni utili ad indirizzare le abitudini di consumo verso scelte più consapevoli, ed altresì politiche incentivanti, anche attraverso finanziamenti e sgravi fiscali, in grado di premiare le piccole produzioni e tutelare al contempo i piccoli imprenditori agricoli ed i braccianti stagionali, anche in un'ottica di contrasto al triste fenomeno sia della manodopera a basso costo che del lavoro in nero;
   se non reputino necessario mettere in campo ogni iniziativa di competenza volta a ricreare le condizioni che permettano una giusta remunerazione per i piccoli produttori di agrumi. (5-04757)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   il tema della sicurezza legato all'evento nascita è uno dei punti dominanti tra gli obiettivi chiave previsti anche nell'ultimo piano sanitario nazionale;
   lascia ancora una volta sgomenti la notizia della recentissima morte della bambina nata in una clinica privata a Catania, ma bisognosa di urgente ricovero in terapia intensiva neonatale. Oltre alle cause che avevano determinato la richiesta di un letto di terapia intensiva neonatale, la mancata disponibilità ad accoglierla nei tre ospedali cittadini e il successivo trasporto a Ragusa, in ambulanza, nel cuore della notte, ne ha causato la morte prima di potere raggiungere l'ospedale, che pure si era detto disponibile al ricovero. Il fatto ha riaperto il dramma, mai completamente risolto, degli ospedali che non sono in grado di dare una risposta adeguata alle terapie intensive neonatali;
   non c’è motivo di dubitare che a Catania, dove la piccola è nata, non ci fossero realmente posti letto di rianimazione disponibili, come è apprezzabile la pronta disponibilità dell'ospedale di Ragusa. Una corsa contro il tempo che non è servita a salvarle la vita;
   vale la pena ripercorrere i fatti nella loro nuda semplicità. La bambina è venuta alla luce in una clinica privata e, dopo un parto regolare, ha accusato difficoltà respiratorie. I medici sostengono di aver cercato un reparto ospedaliero specializzato dove trasferirla. È stato chiesto allora l'intervento del 118, che ha avviato un monitoraggio nei tre ospedali catanesi dove è presente la terapia intensiva pediatrica: il Garibaldi, il Santo Bambino e il Cannizzaro. Purtroppo, in nessuno dei tre centri c'era un letto libero. L'unico ospedale della Sicilia orientale che ha risposto all'appello è stato quello di Ragusa, distante oltre cento chilometri;
   il Ministro Lorenzin ha tempestivamente deciso di avviare una inchiesta per definire al più presto le responsabilità professionali, sia quelle personali che quelle aziendali, perché oltre al rispetto per il dolore dei familiari, è doveroso fare chiarezza nelle sedi opportune, sulle cause dell'accaduto. Infatti, è più che mai urgente intervenire per affrontare anche la questione del clinical risk management nei punti nascita;
   purtroppo sulla sicurezza dei punti nascita, non sembrerebbe, a parere dell'interrogante, aver trovato alcun seguito l'accordo tra il Governo e le regioni, risalente al 16 dicembre 2010, sulle «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», in cui si contemplava l'attuazione, da parte delle singole regioni, di precisi criteri da adottare, tra cui la razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con basso numero di parti, l'individuazione dei requisiti minimi di sicurezza relativi ai diversi livelli ospedalieri di assistenza ostetrica e neonatale, e la definizione delle risorse umane necessarie sulla base dei carichi di lavoro;
   è sempre più evidente, come tragedie come quella accaduta a Catania, potrebbero verificarsi in tutte le regioni italiane, a Roma come a Milano, a causa degli equilibri precari tra Governo centrale, governi regionali e amministrazioni locali, comprese quelle delle aziende sanitarie ed ospedaliere, ulteriormente indeboliti negli ultimi anni, da riduzioni di spesa che hanno avuto la meglio sulla sicurezza;
   in occasione della giornata mondiale del neonato pretermine, il presidente della SIN Società italiana di neonatologia, Costantino Romagnoli ha evidenziato che in Italia ogni anno nascono poco più di 500 mila bambini di cui circa il 7 per cento prematuri. Un numero in aumento, nonostante il numero dei nati diminuisca, come ha recentemente dimostrato l'ISTAT. A novembre 2014, a fronte di poco più di 509 mila nati, circa 35.600 sono pretermine, e saranno circa 40 mila a dicembre. Per questi bimbi ancora oggi l'assistenza non garantisce gli stessi standard qualitativi tra regione e regione, tra Nord e Sud del Paese, tra grandi città e piccoli centri;
   in Italia le recenti rilevazioni evidenziano che esistono 550 punti nascita dislocati tra ospedali e strutture private poco o per niente collegati tra di loro. Oggi i dati epidemiologici in ambito neonatale sono delegati ad istituti come l'ISTAT o al rapporto CEDAP del Ministero della salute, costruito sul certificato di assistenza al parto, che forniscono informazioni utili, ma non sufficienti alle esigenze degli operatori che quotidianamente assistono i neonati e alla Società italiana di neonatologia, e non hanno possibilità di confrontarsi con le istituzioni su dati omogenei per sviluppare strategie e azioni finalizzate a migliorare l'assistenza;
   al fine di migliorare la qualità dell'assistenza ai neonati pretermine la SIN, Società italiana di neonatologia, ha realizzato il Neonatal Network, un database nazionale, piattaforma operativa per i centri nascita di tutta Italia, che permetterà ad ogni centro neonatologico italiano di disporre di dati, informazioni e casi clinici, nonché notizie ostetrico-perinatali, problematiche neonatali e dimissione. Il database è fondamentale per migliorare l'assistenza e consentire agli operatori sanitari di disporre di tutti i dati necessari alla cura ed eventuali terapie sui nati pretermine. Questi bambini, infatti, se non curati adeguatamente hanno maggiori possibilità di altri di sviluppare patologie;
   i dati evidenziano l'urgenza di rendere più sicuri i punti nascita, attraverso il potenziamento delle unità di terapia intensiva neonatale (TIN), al fine di migliorare significativamente l'assistenza ai neonati prematuri, attraverso screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie, per la cui terapia evidenze scientifiche efficaci;
   è ormai improcrastinabile, a parere degli interpellanti, la razionalizzazione dei punti nascita e il potenziamento del numero dei posti di terapia intensiva nelle grandi maternità –:
   se non ritenga urgente razionalizzare e potenziare il numero dei posti di terapia intensiva neonatale in tutto il Paese, incrementando con ogni misura sistemi di monitoraggio, in grado di rilevare con accuratezza e a monte, i casi di diagnosi che presentano profili di rischio alla nascita e di sopravvivenza nel periodo immediatamente successivo all'evento nascita, al fine di potersene fare carico tempestivamente nei centri di terapie intensive neonatali;
   quali siano le iniziative previste al fine di assicurare screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie e obbligatori in tutti i punti nascita.
(2-00845) «Binetti, De Girolamo».

Interrogazioni a risposta immediata:


   FEDRIGA, PRATAVIERA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è notizia riportata da Il Fatto quotidiano on line quella che secondo tre riviste internazionali l'Italia continua a comprare asbesto, nonostante ne sia stato vietato l'utilizzo con legge n. 257 del 1992, connotandosi come importatrice di ingenti quantità di amianto tra il 2011 ed il 2012;
   secondo il report sulle esportazioni di minerali estratti in India – Indian minerals yearbook 2012 (disponibile dal febbraio 2014) – l'Italia risulta essere il primo acquirente di asbesto indiano al mondo: in questi due anni ha importato 1.040 tonnellate di fibre d'amianto per un importo di circa 26 mila euro;
   sembrerebbe che l'Italia importi asbesto anche dagli Stati Uniti: secondo il «2013 minerals yearbook», pubblicato da Us geological surveys del Governo statunitense, l'Italia – insieme all'India – è l'unico importatore di fibre di amianto prodotte negli Usa per circa 16 mila dollari di export certificato;
   tali notizie traggono spunto dallo stralcio della pubblicazione indiana riportata nella lettera inviata ai membri della Commissione lavoro, previdenza sociale del Senato della Repubblica da parte dell'Osservatorio nazionale amianto, nell'ambito dell'esame dei disegni di legge in materia;
   si presume che tali importazioni illegali siano collegate al comparto edile ed alle organizzazioni criminali che si celano dietro di esso –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito alla vicenda e come intenda garantire la salute pubblica, attesa la forte nocività derivante dall'esposizione o contatto anche di pochissime fibre di amianto.
(3-01305)


   GRILLO, SILVIA GIORDANO, BARONI, DI VITA, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da La Repubblica online del 12 febbraio 2015 che una neonata è morta nell'ambulanza privata che la stava trasferendo da Catania, dove non c'era nessun posto disponibile di rianimazione pediatrica, a Ragusa. Sul caso ha avviato un'indagine la polizia di Stato di Ragusa. «La piccola era venuta alla luce la scorsa notte in una clinica privata di Catania. Dopo un parto regolare, aveva accusato difficoltà respiratorie. I medici avrebbero invano cercato un reparto ospedaliero specializzato dove trasferirla, ma nessuno ha potuto ricevere la neonata. È stato chiesto allora l'intervento del 118, che ha avviato un monitoraggio nei tre ospedali catanesi deve è presente la terapia intensiva pediatrica: il Garibaldi, il Santo Bambino e il Cannizzaro. Ma in nessuno dei tre centri era disponibile un letto. L'unico ospedale della Sicilia orientale che ha risposto all'appello è stato quello di Ragusa. Ma la piccola è morta durante il trasporto in ambulanza. (...) Secondo una prima ricostruzione, la neonata sarebbe entrata in crisi respiratoria dopo il parto, avvenuto la notte scorsa regolarmente nella casa di cura Gibiino a Catania. Nella sala erano presenti il ginecologo di fiducia della donna, un anestesista, un rianimatore e un neonatologo. I medici si sono accorti subito della gravità del quadro clinico della piccola e hanno contattato le unità di terapia intensiva neonatale (utin) di Catania per trasferire d'urgenza la piccola paziente. Ma erano tutte piene, senza disponibilità di posti. È stato così contattato il 118 che ha cercato e trovato una utin disponibile nell'ospedale Paternò-Arezzo di Ragusa. La clinica ha quindi provveduto, con un'ambulanza privata, al trasporto della neonata a Ragusa, con al seguito i medici specialisti della struttura privata. Dopo Vizzini, e in territorio della provincia di Ragusa, prima dell'alba, la piccola paziente ha avuto una violenta crisi. I medici a bordo dell'ambulanza hanno tentato di rianimarla, ma la neonata è morta. All'ambulanza sarebbero a quel punto giunte le indicazioni di portare il piccolo corpo nell'ospedale di destinazione, a Ragusa»;
   Il Corriere del Mezzogiorno del 16 febbraio 2015 riporta: «Sono nove gli indagati dalla procura di Catania nell'ambito dell'inchiesta sulla morte della piccola Nicole, deceduta su un'ambulanza verso Ragusa per mancanza di posti letto negli ospedali della città. Secondo quanto apprende l’Ansa, tra loro medici della clinica Gibiino e personale utin. Il reato ipotizzato è omicidio colposo. Destinatari dell'informazione di garanzia sono 5 medici che hanno operato tra la clinica e il trasferimento in ambulanza della piccola, 2 persone del 118 e altre 2 di altrettante unità di terapia intensiva neonatale»;
   in particolare, per quanto concerne la criticità dei protocolli di comunicazione tra clinica/118 e la gestione dei posti-letto nelle unità di terapia intensiva neonatale e in quelle sub intensiva, si evidenzia l'inosservanza dell'assessorato regionale alla salute in relazione alla non realizzazione del piano di servizio trasporto emergenza neonatale e del sistema di trasporto materno assistito, come da decreto del 2 dicembre 2011 dell'assessorato regionale pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Regione siciliana il 5 gennaio 2012;
   la grave inadempienza in materia dell'assessore regionale è testimoniata anche dalla lettera inviata nel dicembre 2013 dal presidente della Società italiana di neonatologia, dottor Vitaliti all'assessore Lucia Borsellino, il quale affermava: «la Sin (Società italiana di neonatologia) sezione Sicilia attraverso i suoi rappresentanti, presidente e consiglio direttivo, ritiene di dover rilevare con forza a codesto assessorato regionale alla salute i rischi per la donna e la salute dei neonati riguardo alla mancata attuazione della razionalizzazione della rete dei punti nascita regionali e alla mancata attivazione dei centri sten»; a questo si aggiunge anche l'esito dell'indagine conoscitiva del Senato della Repubblica «Nascere sicuri» dal quale emerge l'inadeguatezza della rete siciliana di trasporto dell'emergenza neonatale;
   lo stesso Ministero della salute, per il tramite dell'Agenas, nella valutazione dell'adempimento delle regioni rispetto all'attuazione dei livelli essenziali di assistenza, rilevava nel 2012 che le azioni poste in essere in relazione alla criticità dei punti nascita erano riduttive e poco incisive;
   ne Il Sole 24 ore del 12 febbraio 2015 si legge: «Non può e non deve più succedere» la tragedia della neonata morta in ambulanza in Sicilia per non aver trovato accoglienza in nessun ospedale. Lo ha affermato a Montecitorio il Ministro interrogato, annunciando di aver inviato gli ispettori ministeriali in Sicilia. «Quello che è accaduto – ha detto il Ministro interrogato – è al di fuori di ogni criterio e regola di funzionamento e organizzativa del servizio di assistenza. Gli ispettori dovranno verificare quali sono i livelli essenziali oggi effettivamente garantiti» –:
   se le inadempienze descritte in premessa, soprattutto in relazione ai livelli essenziali e ad altre eventualmente rilevate dagli ispettori del Ministero della salute, non siano da ritenersi sufficienti per procedere alla nomina di un commissario ad acta per la verifica di aspetti di organizzazione e di adeguatezza, al fine di garantire la sicurezza dei pazienti, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione.
(3-01306)


   BURTONE, LENZI, PICCIONE, ALBANELLA, AMODDIO, BERRETTA, CAPODICASA, CARDINALE, CAUSI, CULOTTA, FARAONE, GRECO, GULLO, IACONO, LAURICELLA, MOSCATT, PICCOLI NARDELLI, RACITI, RIBAUDO, SCHIRÒ, TARANTO, ZAPPULLA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 febbraio 2015 è deceduta una neonata che, dopo un parto regolare avvenuto in una clinica privata di Catania, avrebbe accusato disturbi respiratori;
   i medici di fronte a tale situazione hanno deciso di trasferirla in altra struttura specializzata, con rianimazione pediatrica, che però a quanto riportato dalle cronache non avevano posti;
   sarebbe stato chiesto allora l'intervento del 118, che avrebbe avviato un monitoraggio presso tre ospedali catanesi dove è presente la terapia intensiva pediatrica: il Garibaldi, il Santo Bambino e il Cannizzaro;
   in nessuno dei tre centri è risultato esservi disponibilità di posto e l'unico ospedale della Sicilia orientale con disponibilità è risultato essere quello di Ragusa, distante un'ora abbondante di viaggio;
   durante il trasporto la neonata è deceduta;
   non è, purtroppo, il primo caso in cui, in Sicilia, si è verificato un simile dramma;
   il Ministero della salute ha inviato i propri ispettori per fare luce sull'accaduto;
   più volte nell'ambito dei lavori della Commissione parlamentare sugli errori sanitari è stata sollevata dal gruppo parlamentare del Partito democratico la questione relativa al potenziamento dei reparti di rianimazione pediatrica, in particolare nelle aree metropolitane regionali a fronte di incrementi di altre specialità spesso non giustificati –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda attivare, oltre all'invio degli ispettori, in merito al gravissimo episodio riportato in premessa e se non ritenga opportuno approfondire la questione dei punti nascita e dei reparti di rianimazione pediatrica sul territorio regionale, per garantire la massima sicurezza alle partorienti e ai neonati. (3-01307)


   CATANOSO e PALESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 12 febbraio 2015 una bimba appena nata è deceduta a causa di complicazioni respiratorie nel tragitto che l'ambulanza, chiamata dalla clinica privata dov’è avvenuto il parto, ha percorso fino alla prima struttura sanitaria pubblica ed attrezzata più vicina;
   il fatto è accaduto a Catania, città le cui strutture sanitarie pubbliche avrebbero rifiutato il ricovero d'urgenza della neonata a causa della mancanza di posti letto disponibili in terapia intensiva pediatrica;
   la Regione siciliana inspiegabilmente, ancorché sollecitata per anni, non ha attivato nella provincia di Catania le procedure di sten e stam che regolamentano le procedure di trasferimento dei pazienti dalle strutture sanitarie private e pubbliche di primo livello (come nel caso specifico) a quelle di secondo livello dotate di utin;
   il 118 non ha, nel rispetto della normativa vigente, richiesto ugualmente il ricovero della piccola Nicole presso una struttura sanitaria di secondo livello, ingiungendo il ricovero immediato, nella provincia di Catania, piuttosto che dopo ore indicare il possibile ricovero a Ragusa;
   la procura della Repubblica di Catania ha aperto un'inchiesta ed ha iscritto nel registro degli indagati tutti i soggetti coinvolti a qualunque titolo nella vicenda della piccole Nicole Di Pietro;
   questa vicenda suscita sgomento ed indignazione nella cittadinanza e negli operatori della sanità siciliana, soprattutto dopo aver saputo che Gaetano Marchese, direttore della sala operativa dell'elisoccorso siciliano, colpito da aneurisma mentre era in Sardegna, ha chiamato l'elisoccorso del 118 siciliano, chiedendo di essere riportato in Sicilia, dove è stato ricoverato e curato. Un trasferimento definito di routine, una routine che non si è verificata nelle drammatiche ore in cui si è consumata la tragedia della piccola Nicole, alla quale il servizio sanitario regionale non è stato in grado di garantire la necessaria assistenza. Per lei nessun elicottero si è alzato in volo;
   non si ritiene che vi sia essere umano, che si possa definire tale, che possa avere piacere nel causare la morte, volontaria o involontaria, di un neonato, ma le responsabilità ed i ruoli di ognuno dei soggetti coinvolti quella notte devono essere chiariti al di là di ogni ragionevole dubbio o sospetto;
   tenuto conto che la sanità è di competenza regionale e che la Sicilia gode di un maggior grado di autonomia, fa specie che nell'immediatezza dell'accaduto il presidente della regione, come suo solito, abbia pensato di polemizzare e accusare altri piuttosto che farsi un esame di coscienza sui tagli, a giudizio degli interroganti irresponsabili, effettuati alla sanità pubblica regionale;
   la sanità siciliana si trova in uno stato più che «malandato» ed il governo regionale, nella persona del suo presidente, a parere degli interroganti ha dato numerose prove della sua inefficienza e della sua demagogia. La Sicilia ha bisogno, urgente, di soluzioni ai suoi numerosi ed atavici problemi;
   in data 17 febbraio, il quotidiano la Repubblica riportava le dichiarazioni degli ispettori regione-Ministero della salute (non ben intendendosi se costoro fossero funzionari ministeriali o regionali e le cui qualifiche, nel caso specifico, obbligano tutti a verificarne la competenza e la professionalità) in merito alla richiesta al 118 da parte della clinica privata di un ricovero utin per la piccola Nicole. Questi ispettori, secondo quanto riporta il quotidiano, avrebbero dichiarato che la clinica «non ha esposto la gravità del caso»;
   va osservato che la normativa per casi del genere non prescrive che la richiesta utin abbia bisogno di aggettivi ulteriori o di particolari «sceneggiate». Utin è già grave senza bisogno di ulteriori commenti –:
   quali iniziative abbia adottato il Ministro interrogato per accertare, per quanto di competenza, le responsabilità di quanto accaduto e quali siano gli esiti delle ispezioni inviate in Sicilia. (3-01308)


   DORINA BIANCHI, BOSCO, D'ALIA, PAGANO, MINARDO e MISURACA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'opinione pubblica nel fine settimana appena concluso è stata scossa dalla tragedia che si è verificata a Catania, a seguito del decesso della piccola Nicole, morta a poche ora dalla nascita, per difficoltà respiratorie a causa della mancanza di posti letto nelle unità di terapia intensiva di neonatologia di zona;
   da notizie di stampa si è appreso che il Ministro interrogato, parallelamente alle indagini avviate dalla procura della Repubblica, ha tempestivamente incaricato una task force composta da ispettori ministeriali, da rappresentanti dell'Agenas e dai nuclei antisofisticazione, che si è recata sul luogo dell'accaduto e la cui attività deve svolgersi in collaborazione con l'assessorato alla sanità della Regione siciliana, per verificare e valutare – per il territorio della Regione siciliana – in tempi brevissimi gli aspetti organizzativi riferiti alla rete dell'emergenza/urgenza con riguardo al settore della neonatologia;
   sempre con riguardo alla criticità del funzionamento del sistema di emergenza/urgenza della Regione siciliana, tanto più grave appare quanto accaduto con riferimento alla piccola Nicole, se si considera che, sempre da notizie di stampa, si è appreso che sarebbe stato effettuato nel mese di gennaio 2015 da Alghero a Palermo un trasferimento in elisoccorso, coordinato dalla Regione siciliana, a beneficio del direttore del 118 del capoluogo siciliano, per cui era stato accertato un aneurisma –:
   quali siano gli esiti dei primi accertamenti cui è pervenuta la task force incaricata dal Ministro interrogato a svolgere le verifiche. (3-01309)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:


   NICCHI e MARCON. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le nuove raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) sulla assunzione di zucchero per adulti e bambini, contenute in un documento licenziato dall'Oms ma non ancora pubblicato («Guideline: Sugars intake for Adults and Children»), prevedono la limitazione dell'assunzione di zuccheri semplici (quali quelli tipici delle merendine) al 10 per cento del fabbisogno calorico giornaliero, con l'esortazione a ridurre ulteriormente questa soglia a meno del 5 per cento;
   in un articolo de Il Manifesto del 4 febbraio 2015, a firma di Nicoletta Dentico (dell'Osservatorio Italiano sulla Salute Globale), si fa un resoconto piuttosto dettagliato dell'iniziativa diplomatica intrapresa in assoluta solitudine dall'Italia contro le nuove raccomandazioni dell'Oms;
   l'articolo ricorda come al Consiglio esecutivo dell'Oms appena concluso a Ginevra, il nostro Paese, «appellandosi alla regola sui procedimenti d'urgenza, si è lanciato nella richiesta di inserire un nuovo punto all'ordine del giorno per rivedere le modalità con cui l'Oms mette a punto le linee guida volte ad orientare le politiche sanitarie dei Governi su specifici temi». L'iniziativa solitaria dell'Italia ha colto di sorpresa gli Stati membri, nel metodo e nel merito. L'Italia non è membro dell'organo di governo dell'Oms. Il nostro Paese chiede la revisione delle procedure in materia di linee guida, ma l'interesse vero è diretto alle suddette nuove raccomandazioni relativamente all'assunzione di zucchero per adulti e bambini;
   per mesi il nostro Paese – come sottolinea l'articolo – approfittando della presidenza dell'Unione europea, ha ostinatamente opposto resistenza al discorso sulle «healthy diets», le diete salutari, nel corso del negoziato intergovernativo per la Seconda Conferenza internazionale sulla nutrizione (ICN2);
   il Ministro della salute Beatrice Lorenzin, parlando alla ICN2 a Roma il 19 novembre 2014, dichiarava in margine alle nuove raccomandazioni della OMS sullo zucchero: «No a diktat senza base scientifica. È un'aggressione alle nostre tradizioni dolciarie [...] Dobbiamo fare esattamente l'opposto, cioè proporre il modello della dieta mediterranea, educare famiglie e bambini in età scolare a mangiare bene e anche a fare una giusta attività fisica. Ma non è facendo questo tipo di divieti che noi costruiamo la cultura dell'alimentazione»;
   nel medesimo articolo, oltre ad esplicare la solidità scientifica su cui poggiano le raccomandazioni dell'Oms, si evidenzia il rischio di un'influenza delle grandi aziende alimentari nelle decisioni del nostro Paese. Recita il testo dell'articolo: «Chi sono queste aziende? La delegazione italiana accreditata all'Oms contiene qualche risposta. Delle due figure apparse per la prima volta sotto la generica denominazione di “esperti della salute del ministero Affari esteri”, Luca del Balzo risulta “senior advisor della Ferrero” in diversi link rintracciabili fino a qualche giorno fa sul web». Con questa denominazione Del Balzo ha partecipato a diversi incontri pubblici in Italia e all'estero nel corso del 2014;
   secondo il recente rapporto dell'Osservatorio del dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell'università Milano Bicocca, un bambino su 4 in Italia è sovrappeso, e uno su 10 obeso. La prevalenza di sovrappeso in età pediatrica in Italia supera la media europea, con un tasso di crescita annua dello 0,5-1 per cento, pari a quella degli Stati Uniti –:
   quali siano le motivazioni scientifiche poste alla base della contrarietà del nostro Paese alle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità sul dimezzamento dell'assunzione pro capite degli zuccheri negli alimenti, e se risponde al vero che tra la delegazione italiana accreditata all'Oms, risultasse, tra gli esperti della salute del Ministero degli affari esteri, il senior advisor della Ferrero.
(5-04760)


   LENZI, TULLO, CAROCCI, BASSO e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome fibromialgica è una patologia comune caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso e affaticamento (astenia) che colpisce approssimativamente il 2-4 per cento della popolazione con punte segnalate fino al 10 per cento;
   questa condizione clinica, cronica e invalidante, viene definita «sindrome» poiché esistono segni e sintomi clinici di interessamento di più organi/apparati. Sebbene possa rassomigliare a una patologia articolare, non si tratta di una forma di artrite e non causa deformità delle strutture articolari. Si tratta di una malattia non infiammatoria, che è classificata nelle patologie di competenza reumatologica tra i reumatismi extra-articolari;
   gli esami di laboratorio e strumentali risultano in genere normali, almeno nella forma primitiva della malattia, e la diagnosi è clinica, dipendendo principalmente dai sintomi che il paziente riferisce e dalla valutazione medica volta a ricercare specifiche aree di dolorabilità muscolare;
   negli ultimi anni, la fibromialgia è stata meglio definita e caratterizzata attraverso studi che hanno stabilito anche le linee guida per la diagnosi e la terapia. Questi studi hanno dimostrato che determinati sintomi, come il dolore muscoloscheletrico diffuso, e la presenza di specifiche aree dolorabili alla digitopressione (tender point) sono presenti nei pazienti affetti da sindrome fibromialgica e non comunemente nelle persone sane o in pazienti affetti da altre patologie reumatiche dolorose;
   la complessità dei sintomi della malattia fa sì che i pazienti affetti da fibromialgia spesso si sottopongano a numerosi esami di laboratorio o strumentali che risultano in genere nella norma. Il dolore è il sintomo predominante della fibromialgia. Generalmente, si manifesta in tutto il corpo, sebbene possa essere particolarmente evidente in alcune sedi quali il rachide cervicale, le spalle e la regione lombosacrale;
   la diagnosi di fibromialgia è basata sulla presenza di dolore diffuso in combinazione con altri sintomi caratteristici e la presenza di tender point dolorabili alla digitopressione durante l'esame clinico da parte del medico;
   non vi è alcun esame di laboratorio o radiologico che possa diagnosticare la fibromialgia e la causa di questa sindrome al momento rimane ignota;
   il parlamento europeo ha approvato nel 2008 una dichiarazione, con la quale ha invitato la Commissione europea e il Consiglio europeo a mettere a punto una strategia per la fibromialgia in modo da riconoscere la fibromialgia come una malattia e sollecitare gli Stati membri a migliorare l'accesso alla diagnosi e ai trattamenti;
   nel nostro Paese le persone affette da fibromialgia non hanno spesso un trattamento adeguato ed in particolare il non riconoscimento di questa rara malattia, impone ai cittadini colpiti di sostenere quasi totalmente la spesa dei farmaci e di non poter avere un maggiore riconoscimento in sede di determinazione di invalidità civile –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra descritta e se non ritenga opportuno intervenire con urgenza affinché la fibromialgia non solo sia riconosciuta come malattia invalidante, visto che dal 1992 l'OMS ha già provveduto a tale riconoscimento così come altri Paesi europei, ma anche inserita nei nuovi LEA.
(5-04761)


   CAPELLI e GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   risulterebbe che sul sito http://uteroinaffitto.com/servizzicosti venga pubblicizzata la possibilità di acquistare ovuli e prestazioni di utero in affitto;
   in particolare, ci sarebbe pacchetto All Inclusive per la maternità surrogata e una serie di offerte per l'ovodonazione:
    pacchetto d'ovodonazione «Ideale» 9.900 euro con passaggio al «Bimbo in Braccio» 29.900 euro;
    pacchetto d'ovodonazione «Doppio» 6.900 euro, due tentativi inclusi;
    pacchetto d'ovodonazione «Economico» 4.900 euro, un tentativo –:
   se sia a conoscenza del fatto suesposto e quali siano gli orientamenti del Ministro al riguardo, con particolare riferimento al modo in cui esse impattano con le direttive del Ministero della salute in tema di procreazione artificiale. (5-04762)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'acufene è un problema otologico che consiste in sensazioni acustiche endogene, sotto forma di fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi e altro, percepiti in una o in entrambe le orecchie. Tale disturbo può incidere sulla qualità della vita di chi ne soffre soprattutto a livello psicologico ed emotivo, arrivando, nei casi più gravi, ad ingenerare gravi stati di depressione, talvolta anche con conseguenze drammatiche, quali la morte per suicidio;
   attualmente, l'acufene non è considerato una vera e propria malattia, ma un sintomo determinato da patologie vascolari (fistole del collo, tumori carotidei, aneurismi intracranici o meningei, patologie dei grossi vasi del collo) o, più frequentemente, associato a patologie audiologiche, vestibolari, neurologiche, autoimmuni, cerebrovascolari, dismetaboliche ed ematologiche. Conseguentemente, l'acufene non è ricompreso nei LEA;
   diversi studi condotti negli ultimi due lustri in Paesi europei, quali la Germania e il Regno Unito, hanno dimostrato come, mediamente, circa il 10-20 per cento della popolazione del nostro continente abbia sofferto di acufene almeno una volta nella vita. In Italia, l'incidenza è pari a circa il 15 per cento e si stima che portatori abituali del sintomo nel nostro Paese siano oltre 5 milioni;
   la ricerca clinica ha chiaramente dimostrato come, nonostante la causa dell'acufene spesso non sia chiara, in un'alta percentuale dei casi, questo disturbo tragga beneficio da una strategia di cura integrata dall'approccio psicoterapeutico;
   nuove tecniche e metodi di ricerca, come le tecniche di «neuroimaging», che permettono di osservare l'attivazione delle aree del cervello deputate all'elaborazione dei segnali acustici, sembrano promettere importanti passi avanti per la comprensione dell'etiologia della patologia in questione;
   appare del tutto evidente la necessità di dare un impulso alla ricerca mirata alla comprensione delle basi etiologiche e fisiopatologiche dell'acufene, anche attraverso un attento studio delle conoscenze cliniche e di una revisione sistematica della letteratura disponibile e delle scoperte scientifiche più recenti;
   i pazienti affetti da acufene sono comunque indirettamente tutelati dal servizio sanitario nazionale attraverso i LEA che ricomprendono gran parte delle condizioni che lo determinano, per le quali sussiste l'esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni specialistiche;
   sarebbe comunque auspicabile che si avviassero una serie di iniziative volte a dare dignità specifica a tale disturbo, spesso gravemente invalidante, consentendo ove necessario un suo inquadramento gnosologico e una sua valutazione diagnostica e terapeutica autonoma –:
   quali iniziative intenda adottare per gestire i problemi sanitari legati all'acufene e per promuovere l'inquadramento, la ricerca e la conoscenza delle problematiche relative a tale disturbo presso istituzioni, centri di ricerca e opinione pubblica. (4-07987)


   MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, PARENTELA, L'ABBATE, BENEDETTI e GALLINELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'organizzazione mondiale della sanità (OMS, o World Health Organization, WHO), agenzia specializzata dell'ONU per la salute, è stata fondata il 22 luglio 1946 ed entrata in vigore il 7 aprile 1948 con sede a Ginevra;
   l'obiettivo dell'organizzazione mondiale della sanità così come precisato nella relativa costituzione, è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute, definita nella medesima costituzione come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia o di infermità;
   il consiglio esecutivo (Executive Board) dell'organizzazione mondiale della sanità è formato dai rappresentanti di 34 Stati membri dell'organizzazione mondiale della sanità, a carica elettiva secondo un sistema di rotazione che garantisca un'equa rappresentatività geografica, della durata di tre anni;
   l'Italia non è membro di questo organo di governo dell'organizzazione mondiale della sanità, il Consiglio esecutivo ha funzioni consultive nei confronti dell'Assemblea mondiale su specifiche materie ad esso demandate, ne attua le decisioni e le politiche, e in generale ne facilita le attività;
   nel corso della riunione principale del Consiglio esecutivo, che si tiene ogni anno a gennaio, gli Stati membri adottano risoluzioni da sottoporre all'approvazione della successiva Assemblea mondiale della Sanità e ne stabiliscono l'ordine del giorno; nel mese di maggio, subito dopo l'Assemblea mondiale, ha luogo una seconda riunione, più breve, chiamata a decidere su materie di tipo prettamente amministrativo;
   le nuove raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla assunzione di zucchero per adulti e bambini, contenute in un documento licenziato dall'Oms ma non ancora pubblicato (Guideline: Sugars intake for Adult Children), prevedono la limitazione dell'assunzione di zuccheri semplici (quali quelli tipici delle merendine) al 10 per cento del fabbisogno calorico giornaliero, con l'esortazione a ridurre ulteriormente questa soglia a meno del 5 per cento;
   l'obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale che in Italia colpisce un bambino su quattro, ed è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo causato dall'ingestione di più calorie di quante se ne consumino;
   secondo i dati dell'Istituto superiore della sanità l'Italia detiene il triste primato europeo del numero di bambini sovrappeso o obesi e che secondo il recente rapporto dell'Osservatorio del dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell'università Milano Bicocca, un bambino su 4 è sovrappeso e uno su 10 è obeso. In Italia la prevalenza di sovrappeso in età pediatrica supera di circa 3 punti percentuali la media europea, con un tasso di crescita/annua dello 0,5-1 per cento, pari a quella degli Stati Uniti;
   l'obesità infantile preoccupa in quanto i bambini obesi hanno maggiori possibilità di divenire adulti obesi e di conseguenza di avere un maggior rischio di sviluppare una serie di condizioni patologiche, quali i tumori (in particolare al seno, al corpo dell'utero e al colon-retto), diverse patologie croniche come le malattie cardiovascolari (ischemie, l'ictus), l'ipertensione arteriosa, il diabete tipo 2, problemi muscolo-scheletrici e respiratori e alcuni tipi di cancro;
   il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (WCRF) dichiari che «Limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica ed evitare il consumo di bevande zuccherate», è la prima raccomandazione alimentare a cui è giunto il comitato di esperti dopo aver esaminato tutti gli studi scientifici su dieta e cancro;
   lo zucchero è presente in molti alimenti di consumo dove normalmente il consumatore generico non penserebbe di trovarlo, ad esempio in diversi prodotti in scatola, nei sughi pronti, nella maionese, nelle fette biscottate, nel pane, nello yogurt, nei succhi di frutta, e altro e probabilmente è utilizzato come edulcorante per camuffare il gusto di alimenti di qualità scadente che altrimenti sarebbero sgradevoli;
   è acclarato che una riduzione degli zuccheri significherebbe quindi non solo migliorare la nostra salute, ma anche contribuire indirettamente ad offrire alimenti di maggior qualità, con particolare riguardo ai più giovani verso un futuro più sano quando saranno adulti e di ridurre significativamente la spesa sanitaria legata ai fenomeni dell'obesità;
   le raccomandazioni l'OMS sono state fortemente osteggiate dalle grandi corporation alimentari insinuando che fossero addotte senza prove scientifiche e che lo stesso Ministro della salute italiana, Beatrice Lorenzin, nel corso della presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea recentemente trascorsa e prima della sua partecipazione alla seconda conferenza internazionale sulla nutrizione organizzata dalla FAO, dall'OMS e con la partecipazione di 190 Paesi, dichiarava: «No a diktat senza base scientifica. È un'aggressione alle nostre tradizioni dolciarie. Poi però viene ammessa l'invasione di biscotti, barrette e cose simili con aspartame (un edulcorante artificiale ndr)»;
   si apprende dalla stampa che al Consiglio esecutivo dell'Organizzazione mondiale della sanità da poco concluso a Ginevra il nostro Paese, «appellandosi alla regola sui procedimenti d'urgenza, si è lanciato nella richiesta di inserire un nuovo punto all'ordine del giorno per rivedere le modalità con cui l'OMS mette a punto le linee guida intese ad orientare di volta in volta le politiche dei governi su specifici temi di salute pubblica»;
   il nostro Paese avrebbe richiesto la revisione delle procedure in materia di linee guida, ma l'interesse vero sembrerebbe diretto alle suddette nuove raccomandazioni relativamente all'assunzione di zucchero per adulti e bambini verso le quali i rappresentanti italiani apporrebbero una decisa avversione in difesa delle produzioni dolciarie;
   nell'articolo a firma Nicoletta Dentico dell'Osservatorio italiano sulla salute globale si avanzano seri dubbi sulla imparzialità della delegazione italiana accreditata all'OMS, in particolare per la presenza del signor Luca Del Balzo in qualità di esperto della salute del Ministero affari esteri. Il Del Balzo in realtà sarebbe apparso nel corso di diversi appuntamenti dell'anno trascorso quale «senior advisor della Ferrero» generando un'ambiguità inaccettabile tra interessi e funzioni pubbliche e private;
   qualora la notizia di cui al punto precedente fosse confermata si rischierebbe di aprire una falla pericolosa sulla quale potrebbero agire anche altri portatori di interessi privati, mettendo a rischio la credibilità stessa dell'Organizzazione –:
   quali siano le ragioni per le quali l'Italia non è tra i membri del Consiglio esecutivo dell'OMS;
   quali siano le ragioni che hanno spinto l'Italia a porsi contro le nuove raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla assunzione di zucchero per adulti e bambini, è nel rivedere le modalità con cui l'OMS mette a punto le sue linee guida;
   cosa intenda fare e cosa stia facendo l'Italia per sostenere e promuovere la «dieta mediterranea» a livello nazionale ed internazionale;
   se non si ritenga di intervenire anche a livello normativo per combattere il fenomeno crescente dell'obesità tra i giovani ragazzi italiani;
   quali iniziative intenda assumere per promuovere l'educazione alimentare a partire dalla scuola, per una scelta corretta dei cibi freschi anziché confezionati;
   se risponda al vero che tra, la delegazione italiana accreditata all'OMS, risultava, tra gli esperti della salute del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il senior advisor della Ferrero. (4-07991)


   BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo un servizio della trasmissione «Striscia la notizia», andato in onda il 22 gennaio 2015, nello stabulario dell'ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) presso il CR Casaccia di S. Maria in Galeria (Roma) sono detenuti oltre un centinaio di primati (macachi);
   all'autore del servizio la responsabile dello stabulario ha confermato la presenza degli animali ma ha riferito che nella struttura di S. Maria in Galeria «da tempo non si stanno portando avanti esperimenti sui macachi»;
   in un servizio della medesima trasmissione, andato in onda il successivo 24 gennaio 2015, sono state mostrate immagini di macachi con perni metallici impiantati nel cranio, utilizzati per esperimenti di cui, a detta di un testimone oculare, è responsabile il professor Roberto Caminiti, dell'università «La Sapienza di Roma» ed un video diffuso da «Pro-test Italia», associazione favorevole alla sperimentazione animale, per dimostrare che le scimmie sono «trattate bene» dai ricercatori. Nelle riprese, in realtà, si vedono i ricercatori nutrire due macachi incatenati, con il collo e il bacino bloccati, un braccio in contenzione e impianti metallici nel cranio;
   sempre il 22 gennaio 2015, a Modena, durante la seduta del consiglio comunale è comparso sulla terrazza del municipio uno striscione di cinque metri con la scritta «Macachi liberi». Il riferimento è alla nota vicenda dei 15 macachi detenuti nel Centro servizi stabulario interdipartimentale dell'università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (unico allevamento universitario italiano autorizzato di primati), sottoposti da anni ad esperimenti invasivi e dolorosi con l'impianto di elettrodi nel cervello, benché decine di parlamentari abbiano firmato un appello per la liberazione degli animali e 70 professionisti con competenze tecnico-scientifiche abbiano presentato un documento in cui dichiarano che gli esperimenti sui primati non sono indispensabili per gli obiettivi prefissati dai ricercatori, anzi, sarebbero facilmente sostituibili;
   dal comunicato ufficiale del Comune di Modena, in data 17 ottobre 2014, risulta che i 15 macachi discendono «da due esemplari di Macaca fascicularis ceduti dall'ENEA di Roma a scopo di ricerca –:
   quanti macachi siano detenuti nella struttura di S. Maria in Galeria;
   se corrisponda al vero che nella struttura «da tempo non si stanno portando avanti esperimenti sui macachi» e, in tal caso, per quale ragione siano detenuti nello stabulario decine di macachi;
   se la presenza degli animali nei casi descritti in premessa contravvenga al divieto di allevare primati destinati alla sperimentazione sancito dall'articolo 10 comma 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014 n. 26;
   se il medesimo quesito non si ponga anche per la colonia di macachi dell'Università di Modena e Reggio Emilia, discendenti della coppia ceduta dall'ENEA;
   se gli esperimenti condotti sotto la direzione del professor Roberto Caminiti siano regolarmente autorizzati e ancora in corso, quale ne sia lo scopo, quanti animali siano stati impiegati e quanti abbiano perso la vita durante i test o siano stati soppressi al termine delle procedure.
(4-08006)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 22 del decreto legislativo n. 33 del 2013 dispone precisi obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati, e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato;
   nello specifico il comma 1 prescrive a ciascuna amministrazione la pubblicazione e l'aggiornamento annuale di tre diversi elenchi che riguardano:
    a) gli enti pubblici, comunque denominati, istituiti, vigilati e finanziati dalla amministrazione medesima ovvero per i quali l'amministrazione abbia il potere di nomina degli amministratori dell'ente. Per tali enti vanno elencate le funzioni attribuite e le attività svolte in favore dell'amministrazione o le attività di servizio pubblico affidate;
    b) le società di cui sono detenute direttamente quote di partecipazione anche minoritaria. Per tali società sono da indicare l'entità della quota, con l'indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell'amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;
    c) gli enti di diritto privato, comunque denominati, in controllo dell'amministrazione, con l'indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell'amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;
   il comma 2 prescrive per ciascuno di tali enti, la pubblicazione dei dati relativi alla ragione sociale, alla misura dell'eventuale partecipazione dell'amministrazione, alla durata dell'impegno, all'onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione, al numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo, al trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante, ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari. Sono altresì pubblicati i dati relativi agli incarichi di amministratore dell'ente e il relativo trattamento economico complessivo;
   un'approfondita e scrupolosa ricerca condotta dal centro studi dei Riformatori Sardi sulla base di quanto pubblicato dalle amministrazioni provinciali e comunali sui loro siti ha rilevato la presenza di 29 società partecipate dalle province e 26 partecipate comunali al 100 per cento. Di queste ultime 15 si trovano nei comuni con popolazione inferiore ai 15 mila abitanti;
   i ricercatori del centro studi dei Riformatori Sardi hanno verificato la sussistenza dei requisiti previsti dal comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 33 del 2013 e dall'analisi è emerso che il 58 per cento delle partecipate provinciali e il 73 per cento delle società partecipate comunali in house non pubblica o non aggiorna i dati relativi specificatamente agli oneri erogati dalle amministrazioni alle partecipate e ai risultati di bilancio;
   la ricerca ha accertato inoltre che le amministrazioni provinciali e comunali hanno erogato complessivamente negli ultimi anni circa 60 milioni di euro (rispettivamente 32,5 milioni di euro le province e 26,8 milioni di euro i comuni per le società in house). Tale ammontare si intende come parziale e sottostimato perché limitato solo alle cifre dichiarate dalle singole amministrazioni;
   un focus specifico sugli enti controllati nei sette comuni con popolazione superiore ai 30 mila abitanti (Cagliari, Sassari, Nuoro, Quartu Sant'Elena, Oristano, Alghero, Olbia) ha rilevato la presenza, in questi comuni, di 66 enti tra enti pubblici vigilati, società partecipate a qualsiasi quota ed enti di diritto privato controllati per un totale di oneri dichiarati pari ad almeno 35,1 milioni di euro;
   tra le suddette realtà si riscontra oltre la metà di enti con requisiti di trasparenza non coincidenti con quanto stabilito dall'articolo 22 del decreto legislativo n. 33 del 2013;
   al comma 4 dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 33 del 2013 si dispone che nel caso di mancata o incompleta pubblicazione dei dati relativi agli enti sopra indicati, è vietata l'erogazione in loro favore di somme a qualsivoglia titolo da parte dell'amministrazione interessata –:
   se possano essere considera legittimi i trasferimenti alle società partecipate e agli altri enti citati dal comma 1 dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 33 del 2013 erogati dalle amministrazioni inadempienti con gli obblighi previsti dallo stesso articolo e, in caso positivo, se possano essere revocati. (4-07993)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   BOMBASSEI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il brevetto è un titolo di proprietà industriale che conferisce al suo titolare il diritto di sfruttare un'invenzione in regime di monopolio, cioè in esclusiva, sul territorio dello Stato che concede il brevetto. La durata massima di un brevetto è 20 anni dalla data di deposito della domanda;
   la tutela brevettuale in Europa è attualmente basata sul sistema delineato dalla Convenzione di Monaco del 1973 (1) (CM), Convenzione di carattere internazionale che ha istituito l'Organizzazione europea dei brevetti (Oeb), alla quale hanno aderito tutti i Paesi dell'Unione europea, nonché alcuni Paesi europei, non appartenenti all'Unione europea;
   nella fattispecie, un'invenzione può essere tutelata in Italia con un brevetto nazionale oppure con un «brevetto europeo», spesso erroneamente definito comunitario dai non addetti ai lavori. La procedura europea prevede il deposito di una domanda di brevetto in inglese o in francese o in tedesco, all'Ufficio europeo dei brevetti Epo (European patent office), che ha sede principale in Germania, a Monaco di Baviera. Attualmente con una domanda di brevetto europeo si possono designare 38 Stati, cioè gli Stati dell'Unione europea e in aggiunta Albania, Islanda, Liechtenstein, Principato di Monaco, Norvegia, Svizzera, Turchia, San Marino, Repubblica di Macedonia, Serbia. È possibile designare anche Bosnia-Erzegovina e Montenegro pagando una sovrattassa;
   dopo la relativa concessione, il brevetto europeo non è automaticamente valido nei 38 Paesi sopra menzionati; la procedura richiede, infatti, la convalida del brevetto nei Paesi di interesse tra i 38 inizialmente designati. Nella sostanza, il brevetto europeo concesso si trasforma in un fascio di brevetti nazionali, ciascuno dei quali è soggetto alla normativa e alla competenza dei tribunali della corrispondente nazione e le tasse annuali di mantenimento in vita sono dovute in ciascuna nazione nella quale il titolare ha deciso di convalidare il brevetto;
   il costo attuale dell'esistente brevetto europeo risulta molto elevato a causa delle spese per la validazione del titolo nei diversi Paesi designati, che possono raggiungere anche l'85 per cento del costo complessivo: per quanto, infatti, il costo di registrazione di un brevetto vari sensibilmente a seconda della lunghezza dello stesso e del Paese in cui si decide di procedere alla registrazione, i dati presentati dalla Commissione europea prevedono che il costo per ottenere un brevetto valido nei 28 Stati membri sia attualmente corrispondente a circa 36.000 euro (di cui 23.000 euro solo per costi di traduzione). Si tratta di una situazione economicamente insostenibile, che spesso obbliga le imprese italiane a scegliere una protezione brevettuale limitata ad un ristretto numero di Paesi;
   per superare le lacune e i costi del sistema attuale l'Unione europea ha predisposto un nuovo sistema di brevettazione unificata, articola in due pilastri complementari. Il primo consiste in un meccanismo di brevettazione unitaria fondato sui due regolamenti (UE) n. 1257/2012 e n. 1260/2012, attuativi di una cooperazione rafforzata tra 25 Stati membri dell'Unione europea (tutti tranne l'Italia e la Spagna). Il meccanismo consente la registrazione di un brevetto unico presso l'Ufficio europeo dei brevetti che beneficia di una protezione uniforme in tutta l'Unione europea; il brevetto viene rilasciato in inglese, francese o tedesco e pubblicato nella medesima lingua unitamente a una traduzione delle rivendicazioni nelle altre due lingue. Il brevetto è altresì tradotto, mediante un sistema automatico, nelle altre lingue ufficiali dell'Unione europea, che tuttavia non fanno fede;
   il secondo pilastro è costituito da un sistema giurisdizionale unitario che si basa su un accordo internazionale per l'istituzione del Tribunale unificato dei brevetti, sottoscritto il 19 febbraio 2013 da 25 Stati membri (tutti tranne Spagna e Polonia) ma ratificato sinora da cinque Stati firmatari. L'accordo entrerà in vigore una volta ratificato da almeno 13 Stati membri;
   i due regolamenti relativi al rilascio di un titolo brevettuale unico sono entrati in vigore il 30 gennaio 2013. Tuttavia, sarà possibile chiedere la registrazione di brevetti unitari soltanto quando l'accordo sul sistema giurisdizionale unitario sarà entrato in vigore;
   l'Italia non ha aderito, insieme alla Spagna, al primo pilastro del nuovo sistema di brevettazione – che è stato pertanto costituito mediante il ricorso alla cooperazione rafforzata tra gli altri 25 Stati membri dell'Unione europea – ritenendo lesiva del principio di parità linguistica l'utilizzo per la registrazione del brevetto unico europeo esclusivamente inglese, francese o tedesco;
   il 10 giugno 2011 il Governo italiano ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione europea per chiedere l'annullamento della decisione che autorizzava la cooperazione rafforzata, riprendendo in massima parte le argomentazioni formulate dalla XIV Commissione della Camera dei deputati. Analogo ricorso è stato presentato dal Regno di Spagna, che ha, con un ulteriore ricorso, impugnato i regolamenti attuativi della cooperazione rafforzata;
   con sentenza del 16 aprile 2013, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha respinto il ricorso introdotto da Spagna e Italia, nel giugno del 2011, contro la decisione di autorizzare una cooperazione rafforzata per l'adozione di regolamenti che disciplinano il brevetto unitario «EU»;
   nelle conclusioni depositate in data 18 novembre 2014 (causa C-146/13 – Regno di Spagna contro Parlamento europeo, Consiglio dell'Unione europea) l'Avvocato generale dell'Unione europea, Yves Bot, ha affermato che i ricorsi della Spagna contro i regolamenti che attuano la cooperazione rafforzata nel settore della creazione di una tutela unitaria conferita dal brevetto europeo devono essere respinti poiché «la protezione unitaria fornisce un autentico beneficio dal punto di vista dell'uniformità e dell'integrazione, mentre la scelta linguistica riduce in modo significativo i costi di traduzione e garantisce meglio il principio di certezza del diritto», ritenendo, altresì, che sia appropriato «limitare il numero di lingue del brevetto europeo a effetto unitario, poiché ciò garantisce una tutela unitaria dei brevetti sul territorio degli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata pur permettendo una riduzione notevole dei costi di traduzione»;
   come evidenziato anche nel Position paper dell'A.i.c.i.p.i. (Associazione italiana dei consulenti ed esperti in proprietà industriale di enti e imprese) pubblicato in data 11 aprile 2011, in termini di procedura di deposito, si potrebbe prevedere la soluzione linguistica denominata «English soon and always» introducendo una traduzione in lingua inglese fin dalla pubblicazione della domanda, qualora la lingua di procedura sia diversa dall'inglese. Tale traduzione sarebbe a puro scopo informativo e potrebbe essere fornita come servizio offerto dall'Unione europea a spese della stessa (e non del richiedente) con costi complessivi contenuti;
   il sistema di traduzioni sovra menzionato, oltre a soddisfare l'esigenza di informazione tempestiva al pubblico fino a quando le traduzioni automatiche non avranno ancora raggiunto il necessario livello di affidabilità, costituirebbe una base ottimale per essere adattata a servire anche da traduzione del testo del brevetto concesso al termine della procedura d'esame dai richiedenti che avranno optato per la lingua francese o tedesca durante la procedura. Garantirebbe, altresì, la disponibilità di testi in lingua inglese per tutti i brevetti unitari fin dalla loro pubblicazione, rafforzando, da un lato, il concetto di «English soon and always», dall'altro la diffusione e comprensione puntuale e tempestiva più ampia possibile dei brevetti unitari;
   secondo le intenzioni dell'Ufficio europeo dei brevetti i primi brevetti unitari potrebbero rilasciati nei primi mesi nel 2015. Come noto, il nuovo sistema di protezione andrà ad aggiungersi, come valida alternativa, a quello del brevetto europeo attualmente esistente, portando progressivamente ad una riduzione di circa il 70 per cento delle spese sostenute, con vantaggi specifici per le piccole e medie imprese e per gli enti di ricerca, allineando così i costi sostenuti dalle aziende italiane a quelli relativi al deposito del brevetto statunitense e/o giapponese;
   se il nostro Paese restasse escluso dal sistema del brevetto unitario, a subirne le conseguenze sarebbe il tessuto produttivo italiano costretto a sostenere maggiori oneri, nonché a rinunciare ad una protezione aggiuntiva, con il conseguente disincentivo anche per le imprese estere ad investire in attività produttive, commerciali e di ricerca nel territorio –:
   se non si ritenga opportuno adottare, con sollecitudine, iniziative finalizzate all'adesione del nostro Paese alla cooperazione rafforzata sul titolo brevettuale unico europeo, evitando in tal modo un'esclusione dannosa per le imprese italiane già connotate da una compagine produttiva a bassa o media internazionalizzazione e/o capacità finanziaria, e se non sia necessario avanzare, al tempo stesso, nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea, la richiesta di valutare una modifica del regolamento che disciplina il regime linguistico del brevetto unificato, in modo da introdurre la soluzione linguistica «English soon and always» espressa in premessa. (3-01310)


   FRANCO BORDO, NICCHI, PAGLIA, MELILLA, SCOTTO, ZARATTI, AIRAUDO, PLACIDO, PIRAS, FRATOIANNI, RICCIATTI, FERRARA, PELLEGRINO, ZACCAGNINI, PANNARALE, MARCON, DURANTI, GIANCARLO GIORDANO, COSTANTINO, DANIELE FARINA, KRONBICHLER, MATARRELLI, PALAZZOTTO, QUARANTA e SANNICANDRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane s.p.a. ha presentato il 16 dicembre 2014 il nuovo piano strategico 2015-2019 e nell'ambito di un suo comunicato stampa evidenzia che il piano prevede un unico gruppo integrato, focalizzato su 3 aree: logistica e servizi postali, pagamenti e transazioni, risparmio e assicurazioni, prevedendosi:
    a) un fatturato in crescita verso i 30 miliardi di euro e una profittabilità che dovrebbe tornare a crescere;
    b) investimenti in piattaforme e servizi digitali per circa 3 miliardi di euro, di cui 500 milioni per la sicurezza e la riqualificazione degli uffici postali come luogo di servizio, assistenza e consulenza ai cittadini e alle famiglie;
    c) una crescita nella logistica pacchi con obiettivo di quota di mercato superiore al 30 per cento nel segmento business to consumer;
    d) lo sviluppo della piattaforma dei pagamenti digitali, incrementando da 20 a 30 milioni di euro le carte di pagamento;
    e) l'ingresso di 8.000 nuove persone (50 per cento nuove professionalità) e la riqualificazione di 7.000 persone;
    f) la ridefinizione del servizio universale postale in quanto considerato disallineato rispetto ai reali bisogni delle famiglie e non più sostenibile dal punto di vista economico, prima della firma del nuovo contratto di programma 2015-2019 prevista per il mese di marzo 2015;
   i contenuti specifici di tale piano non sono ancora noti al Parlamento, ma, secondo quanto risulta agli interroganti – nonostante Poste italiane spa riceva significativi contributi da parte dello Stato nell'ambito della legge di stabilità per consentire agli uffici postali periferici di garantire l'erogazione dei servizi postali essenziali – detto piano dovrebbe prevedere a livello nazionale, nell'ambito dell'avviato processo di privatizzazione, la chiusura di 455 uffici postali e la riduzione degli orari di apertura in 608 uffici;
   al riguardo appare opportuno rammentare che con la delibera n. 342/14/CONS che è stata preceduta da una consultazione pubblica, sono stati modificati i criteri di distribuzione degli uffici postali fissati dall'articolo 2 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 ottobre 2008, integrandoli con specifiche previsioni a tutela degli utenti del servizio postale universale che abitano nelle zone remote del Paese. Al fine di garantire un livello di servizio adeguato in tali aree, la delibera introduce specifici divieti di chiusura di uffici postali, di cui Poste italiane spa dovrà tener conto nella redazione del piano annuale di razionalizzazione degli uffici postali. Sono state previste particolari garanzie per i comuni caratterizzati da una natura prevalentemente montana del territorio e dalla scarsa densità abitativa e per le isole minori in cui sia presente un unico presidio postale. La delibera, infine, impone a Poste italiane spa di avvisare con congruo anticipo le istituzioni locali sulle misure di razionalizzazione, al fine di avviare un confronto sull'impatto degli interventi sulla popolazione interessata e sulla possibile individuazione di soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale;
   nonostante ciò si stanno diffondendo notizie di imminenti decisioni di chiusure di sportelli e uffici in tutta Italia (dalla Toscana all'Emilia-Romagna, dalla Lombardia alla Sicilia, dalla Sardegna all'Abruzzo e in altre regioni), causando quindi notevoli difficoltà e generando una diminuzione della qualità e della fruibilità del servizio fornito alla clientela anche e soprattutto in aree svantaggiate;
   solo per fare qualche esempio, si apprende da fonti giornalistiche che la Toscana è una delle regioni più colpite dai tagli annunciati da Poste italiane spa sull'intero territorio nazionale. Il piano regionale di Poste italiane spa prevede la chiusura di 63 uffici e la riduzione di orario (settimanale o, in alcuni casi, per alcuni mesi dell'anno) di altri 37 sportelli; a Grosseto dovrebbero chiudere 10 uffici e 6 ad aperture ridotte, a Lucca rispettivamente 9 e 6, a Pisa 11 e 4, a Firenze 8 e 6; le chiusure interesseranno anche gli uffici di molti piccoli centri della Maremma dove abitano la maggior parte di anziani: Pereta, Santa Caterina, Selva, Montorgiali, Ravi nel comune di Gavorrano (in cui la percentuale degli abitanti anziani è dell'85 per cento); mentre si avrà una riduzione dell'orario a Montiano, Pontieri, Roccalbegna, Vallerona, Valpiana, Punta Ala;
   lo stesso dicasi per la Lombardia: in provincia di Pavia, da quanto riportato dalla stampa locale, si prevedono la chiusura di 3 uffici (Fossarmato, Zinasco Nuovo, Lambrinia) e la contrazione delle aperture di altri 19 uffici (Arena Po, Brallo, Alagna Lomellina, Corana, Cornale, Ferrera Erbognone, Inverno e Monteleone, Mezzana Bigli, Olevano, Ottobiano, Pometo, Rovescala, San Damiano al Colle, Silvano Pietra, Sommo, Torricella Verzate, Val di Nizza, Valle Salimbene, Zeme); in provincia di Cremona si prevede la chiusura di 3 uffici (Gallignano, Ombriano, Vicomoscano) e la contrazione delle aperture di altri 26 uffici (Acquanegra Cremonese, Bonemerse, Camisano, Capergnanica, Capralba, Casale Cremasco, Casaletto Ceredano, Casalmorano, Castelvisconti, Cicognolo, Credera Rubbiano, Cremosano, Cumignano sul Naviglio, Fiesco, Genivolta, Izano, Malagnino, Martignana di Po, Motta Baluffi, Paderno Ponchielli, Pescarolo, Pieve S. Giacomo, Ricengo, Ripalta Arpina, San Daniele Po, Stagno Lombardo); in provincia di Brescia si prevede la chiusura di 8 uffici (Botticino Mattina, Castelletto di Leno, Mazzano, Provezze di Provaglio d'Iseo, Brozzo di Marcheno, Cogno di Piancogno, Cogozzo di Villa Carcina, Magno di Gardone Valtrompia) e la contrazione delle aperture di altri 8 uffici (San Martino della Battaglia di Desenzano, San Pancrazio di Palazzolo, Incudine, Maderno di Toscolano Maderno, Ono San Pietro, Ponte Caffaro di Bagolino, Prestine, Valvestino); in provincia di Lodi si prevede, infine, la chiusura di 1 ufficio (Zorlesco) e la contrazione delle aperture di altri 9 uffici (Boffalora d'Adda, Cervignano, Crespiatica, Corte Palasio, Santo Stefano, Terranova dei Passerini e Valera Fratta, Caselle Landi, Marudo);
   l'elenco potrebbe essere lunghissimo anche per molte altre regioni d'Italia e le proteste da parte dei rappresentanti delle istituzioni regionali e locali non hanno tardato a giungere all'attenzione del Ministero dello sviluppo economico tanto da aver costituito oggetto, nei giorni scorsi, di un incontro tra l'amministratore delegato di Poste italiane spa e il Sottosegretario con delega alle comunicazioni;
   ad avviso degli interroganti la decisione di Poste italiane spa di ridurre il perimetro del servizio universale nei modi anzi descritti conferma la volontà da parte della società di perseguire la mera logica del profitto puntando su assicurazioni, carte di credito, telefonia mobile e servizi finanziari in genere, che nulla hanno a che fare con il servizio universale, a scapito delle esigenze della collettività, chiudendo uffici che ritiene «improduttivi» o «diseconomici», senza considerare che i servizi postali rappresentano un servizio fondamentale per lo svolgimento delle attività quotidiane di numerosissime imprese, famiglie e residenti anziani che si troveranno nella condizione di non poter più usufruire di prestazioni essenziali, quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione, con la conseguenza di essere costretti a fare lunghe file nei giorni di apertura, ritardare le operazioni o affrontare frequenti e difficili spostamenti nei territori più disagiati –:
   quali elementi intenda fornire al Parlamento in ordine all'incontro avvenuto nei giorni scorsi con l'amministratore delegato di Poste italiane spa sulla ridefinizione del servizio universale postale e gli effetti conseguenti per la tenuta occupazionale dei soggetti operanti presso le agenzie di recapito e quali iniziative urgenti si intendano assumere per assicurare sia il rispetto delle prescrizioni stabilite dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in ordine al divieto di chiusura degli uffici postali nelle aree svantaggiate, sia, infine, che le determinazioni assunte da Poste italiane spa in ordine alla chiusura degli uffici postali nel territorio nazionale non arrechino disservizi nei confronti degli utenti, contravvenendo a qualsiasi principio di qualità del servizio pubblico che deve essere sempre assicurato in modo efficace e continuativo. (3-01311)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è stato depositato presso la regione Toscana e il Ministero per lo sviluppo economico, per l'avvio del procedimento di verifica, il progetto denominato «Mensano» da parte della società «Magma Energy Italia srl»;
   in particolare desta preoccupazione la realizzazione presso Montecastelli Pisano di un impianto pilota per la realizzazione di una centrale geotermica;
   le nuove concessioni rischiano pertanto di compromettere il comprensorio dell'Alta Valdicecina ancora integro e di grande rilievo paesaggistico, naturalistico e storico e in cui si è sviluppata nel corso degli anni una significativa economia legata al turismo sostenibile e alle produzioni biologiche di qualità;
   la stessa Enel che opera da decenni in questo campo in Val di Cecina, non ha mai realizzato impianti in questo comprensorio;
   non si tratta, infatti, di mettere in discussione la geotermia, quale fonte energetica, anche in riferimento a quella di nuova generazione a bassa entalpia;
   la popolazione dei comuni interessati ha già espresso parere contrario all'attività di nuovi impianti geotermici –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda attivare al fine di rivedere le concessioni di cui in premessa, con l'obiettivo di salvaguardare le peculiarità dei comprensori citati e di non consentire, quindi, che si proceda alla realizzazione presso Montecastelli Pisano di un nuovo impianto pilota. (5-04755)


   DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) è un ente pubblico che opera nei settori dell'energia, dell'ambiente e delle nuove tecnologie a supporto delle politiche di competitività e di sviluppo sostenibile, controllato dal Ministero dello sviluppo economico, con 11 centri sul territorio nazionale e oltre 2600 dipendenti;
   la sua attività è incentrata sulla ricerca, l'innovazione e la prestazione di servizi avanzati alla pubblica amministrazione, alle imprese e ai cittadini;
   la legge 23 luglio 2009, n. 99, all'articolo 37, ha previsto l'istituzione dell'attuale Agenzia in sostituzione del precedente Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente;
   nelle more della ricostituzione degli organi sociali fu previsto una fase commissariale, consentendo in tal modo la nomina di un commissario e due subcommissari, con lo scopo di garantire l'ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionale fino all'avvio del funzionamento dell'Agenzia;
   la risoluzione n. 8-00027 approvata dal Parlamento impegnava il Governo ad una efficace e complessiva revisione della missione strategica dell'agenzia da attuarsi in tempi rapidi, impegno più volte riconfermato dal Governo nella risposta a diverse interrogazioni specifiche;
   nonostante ciò, dopo ben quattro anni di commissariamento, nell'agosto 2014 si è proceduto ad una ulteriore nomina commissariale, non tenendo conto che l'Agenzia, nel corso degli anni, si è andata lentamente depauperando del capitale umano non essendo stata attuata una ristrutturazione organizzativa in grado di assicurare alla nuova struttura la massima snellezza e flessibilità, il monitoraggio delle realizzazioni dei progetti, la funzionalità, l'efficienza e l'economicità della gestione e tutte quelle azioni volte a soddisfare la mission affidata dalla legge all'Agenzia;
   ad oggi, non appare ancora delineato il processo di riforma strategica dell'Agenzia e comunque non si ha riscontro parlamentare sulle linee guida di riforma, mentre le stesse fonti danno per acclarata una riorganizzazione organizzativa incomprensibile alla luce della mancanza di un progetto strategico di operatività;
   dalla legge di stabilità 2015 risulta chiaro che Enea rimarrà commissaria o anche per il 2015, con un fondo ridotto di 7,1 milioni di euro;
   i settori su cui opera Enea sono strategici per l'economia nazionale ma sembra con ogni evidenza ancora mancare una chiara e coerente definizione delle competenze e dell'impegno di questa Agenzia nel contesto nazionale e, interesse del Paese –:
   quale sia lo stato di attuazione dal parte del Ministro interrogato dell'impegno assunto in sede parlamentare per la necessaria ed inderogabile rifocalizzazione dell'Agenzia ENEA dopo un così lungo periodo di commissariamento e quali iniziative intenda intraprendere lo stesso Ministro per mantenere, rifinanziare e rilanciare l'Agenzia, superando l'attuale assetto commissariale. (5-04758)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Opto Supply Italy è una divisione del gruppo Ericsson in Italia che, a livello mondiale, detiene la responsabilità di master factory, delivery center e master repair center per i prodotti ottici del gruppo e fornisce inoltre attività di supporto ai servizi verso il cliente;
   i siti di Opto Supply sono localizzati a Genova ed a Marcianise (in provincia di Caserta);
   Ericsson Italia sta cedendo lo stabilimento di Marcianise a Jabil, costola italiana della multinazionale americana dell'elettronica professionale;
   nello stabilimento di Ericsson sito a Marcianise lavorano 560 addetti, provenienti dagli stabilimenti ex Marconi ed ex Nsn;
   Jabil è nota per aver acquisito nel 2008 lo stabilimento della Nokia Siemens a Cassina de’ Pecchi, chiudendolo poi dopo soli tre anni;
   non più tardi di due mesi fa si è rischiato che Jabil licenziasse oltre 350 dei suoi lavoratori;
   sono attualmente circa 600 i lavoratori dipendenti di Jabil nel territorio marcianisano, provenienti dagli stabilimenti ex Marconi ed ex Nokia Siemens ed oggi in cassa integrazione, specie perché anch'essi legati alle poche attività che svolgono per conto della Ericsson;
   la cessione dello stabilimento rischia di scatenare una guerra fra poveri, specie in un territorio come quello della provincia casertana, in cui la disoccupazione è a livelli da record ed in cui il processo di desertificazione industriale ha ormai raggiunto il suo apice;
   contro la cessione del ramo d'azienda ex articolo 47 i lavoratori dello stabilimento di Marcianise hanno avviato una protesta, caratterizzata da scioperi e presidi;
   il 4 febbraio essi si sono recati presso la sede romana dell'Ericsson per un presidio, nel corso di uno sciopero di 8 ore;
   l'esternalizzazione, da parte di Ericsson, di un sito di produzione opto supply proprio in Italia mentre vengono mantenuti gli altri stabilimenti in tutto il resto del mondo è una scelta incomprensibile, che rischia di essere dettata dalla volontà dell'azienda di telecomunicazioni di cessare gradualmente questo tipo di attività in Italia;
   in Jabil esistono ancora difficoltà importanti sia dal punto di vista produttivo che da quello occupazionale, tali da non dare sufficienti garanzie ai lavoratori Ericsson che diverrebbero suoi dipendenti;
   il 9 febbraio 2015 si è tenuto un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico;
   si è trattato di un incontro insufficiente a dirimere la questione (anche data la poca consistenza delle risposte offerte da Jabil ai dubbi esposti dalla rappresentanza dei lavoratori Ericsson);
   vi sarà un nuovo incontro il 24 febbraio;
   bisogna infatti considerare come a Marcianise le lavoratrice rappresentino il 30 per cento dei dipendenti dell'impianto, e con un tasso medio d'occupazione femminile che in Campania raggiunge a stento il 20 per cento perdere il lavoro per loro potrebbe rappresentare un vulnus insanabile;
   il 13 febbraio 2015 è stato un incontro tra aziende e lavoratori presso la sede di Caserta di Confindustria, ma anche in quel caso le rappresentanze dei lavoratori non hanno ritenuto sufficienti e rassicuranti le prospettive industriali accennate da Jabil –:
   se non ritengano nell'ambito dell'incontro del 24 febbraio intervenire perché si faccia chiarezza sulle strategie organizzative e di mercato che Ericsson intende adottare in Italia;
   se non ritengano urgente e doveroso agire affinché venga garantito il livello occupazionale in una zona in cui la deindustrializzazione ha già assunto i connotati del dramma. (4-07989)


   PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella notte fra il 5 e il 6 febbraio 2015 una pesante nevicata ha interessato fra le altre le zone collinari delle province di Bologna, Reggio Emilia e di Modena;
   a seguito dell'evento meteorologico e a partire dalle prime ore del 6 febbraio, nelle aree interessate si sono registrati blackout continuativi, durati anche 48 ore, senza che nelle prime 12 fosse nemmeno possibile per cittadini e istituzioni locali ricevere notizie da Enel in merito a cause del fenomeno e modalità di ripristino;
   nei giorni successivi Enel ha pubblicamente rassicurato i cittadini danneggiati da un evidente e pesante disservizio, garantendo che avrebbero ricevuto indennizzi in bolletta in compensazione del danno subito;
   pur tuttavia, dalla lettura del comunicato stampa diffuso da ENEL emerge con assoluta chiarezza che l'indennizzo automatico è dovuto per distacchi di energia inferiori alle 16 ore per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   la delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 198/11 (ARG/EL/198/11) prevede, infatti, che, in caso di interruzioni di energia elettrica di durata superiore a determinati limiti, vengano riconosciuti ai clienti del sistema elettrico, specifici indennizzi erogati automaticamente. Tali importi sono calcolati sulla base di parametri stabiliti tra cui la durata dell'interruzione, il numero di abitanti della zona interessata e la tipologia di cliente, in particolare, hanno diritto all'indennizzo i clienti di bassa tensione che subiscono un'interruzione di almeno 8 ore nei comuni con più di 50.000 abitanti, di oltre 12 ore per comuni tra i 5.000 mila e i 50.000 mila abitanti e oltre le 16 ore per i comuni più piccoli e quindi al di sotto dei 5000 abitanti;
   alla luce di quanto precede, è evidente che ad avviso dell'interrogante, ci si trovi in presenza di una previsione fortemente discriminatoria che danneggia i cittadini con indubbio vantaggio economico per le aziende erogatrici, anche considerato che proprio nella fascia collinare e montuosa si situano la maggior parte dei piccoli comuni al di sotto dei 5000 abitanti che subiscono con maggior frequenza precipitazioni nevose intense. Nel caso specifico, ENEL si trova, di fatto, libera da qualsiasi obbligo di indennizzo automatico –:
   quali immediate iniziative, anche normative, il Governo intenda adottare alla luce di quanto descritto in premessa per garantire a tutti i cittadini vittime di un pesante disservizio di godere dell'indennizzo automatico e di evitare che siano penalizzati migliaia di utenti che sono rimasti a lungo senza elettricità, riscaldamento e telefono, riportando altresì danni ingenti alle cose di loro proprietà. (4-07995)


   RUBINATO, NARDUOLO, CASELLATO, POLIDORI e MILANATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa è una società a capitale interamente pubblico che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio e che garantisce l'espletamento del servizio universale sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato, in cui la società si impegna a raggiungere determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
   Poste italiane spa riceve significativi contributi da parte dello Stato nell'ambito della legge di Stabilità per consentire agli uffici postali periferici di garantire l'erogazione dei servizi postali essenziali, tuttavia il piano di riorganizzazione previsto dall'azienda, che secondo fonti sindacali dovrebbe diventare effettivo dal 13 aprile nell'ambito dell'avviato processo di privatizzazione, prevederebbe, a livello nazionale la chiusura di 455 uffici postali e la riduzione degli orari di apertura in 608 uffici;
   in data 22 gennaio 2014 il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni rispondendo a specifica missiva del presidente dell'Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna ha ricordato che con apposita delibera l'Autorità ha «ritenuto opportuno inserire (...) specifici divieti di chiusura di quegli uffici che servono gli utenti che abitano nelle zone remote del Paese (...) ritenendo prevalente l'esigenza di garantire la fruizione del servizio nelle zone disagiate anche a fronte di volumi di traffico molto bassi e di alti costi di esercizio»;
   in tale missiva il Garante esplicita chiaramente come «i divieti di chiusura, è bene sottolinearlo, tutelano situazioni individuate in base a parametri oggettivi: la natura prevalentemente montana e la scarsità abitativa sono desunte da classificazioni ISTAT e da dati demografici»;
   la delibera AGCOM obbliga Poste italiane ad avviare con congruo anticipo con le istituzioni locali delle misure di razionalizzazione per avviare un confronto sulle possibilità di limitare i disagi per le popolazioni interessate individuando soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale;
   nonostante tale pronunciamento, si stanno diffondendo notizie di imminenti decisioni di chiusure di sportelli e uffici in tutta Italia, causando quindi notevoli difficoltà e generando una diminuzione della qualità e della fruibilità del servizio fornito alla clientela;
   con particolare riferimento al Veneto, la situazione è allarmante stando a quanto dichiarato sui media locali dal Sindacato dei lavoratori postali della Cisl, secondo cui sarebbero 50 gli uffici di cui è prevista la chiusura o la razionalizzazione con riduzione dell'orario di apertura a febbraio 2015, in aggiunta ai 50 già coinvolti a fine 2012, su poco più di 1.000 uffici in totale, con effetti pesanti che penalizzano utenti già disagiati, in quanto gli uffici interessati da chiusure e riduzione del personale riguardano frazioni di comuni rurali e montani (15 in provincia di Treviso, che è tra le province più colpite, 12 in provincia di Verona, 8 a Vicenza, 7 a Belluno e 4 a Rovigo); per altro verso è emblematico il caso dello sportello della frazione di San Pietro di Barbozza, nel comune di Valdobbiadene, che serve anche i cittadini delle frazioni di Guia e Santo Stefano, che non si comprende perché venga chiuso visto che non vi è in loco neppure uno sportello bancario nonostante la presenza di aziende operanti nel settore del prosecco;
   i disagi agli utenti sono altresì aggravati dalla costante riduzione di personale e dalla carenza di strumenti di lavoro tecnologicamente adeguati;
   questa decisione unilaterale di Poste italiane conferma l'orientamento portato avanti dalla, società negli ultimi anni, che insegue secondo gli interroganti una logica del guadagno puntando su assicurazioni, carte di credito, telefonia mobile e servizi finanziari in genere, a scapito delle esigenze della collettività, sacrificando uffici che ritiene «improduttivi» o «diseconomici», non considerando che rappresentano un punto di riferimento per i cittadini dei piccoli comuni;
   i servizi postali, in particolare per le famiglie e le imprese, sono fondamentali nello svolgimento di moltissime attività quotidiane, come il pagamento delle utenze, il ritiro del denaro contante da parte dei titolari di conto corrente postale e l'invio di comunicazioni soggette al rispetto perentorio di scadenze, soprattutto quelle di carattere legale;
   questa razionalizzazione rischia di tradursi in gravi disservizi soprattutto per i residenti anziani, che si troveranno a non poter usufruire di servizi essenziali quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione, con la conseguenza di essere costretti a fare lunghe file nei giorni di apertura, ritardare le operazioni o affrontare frequenti e difficili spostamenti, su territori particolarmente disagiati –:
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere per garantire il rispetto dei disposti stabiliti dall'Autorità garante delle comunicazioni in ordine al divieto di chiusura degli uffici postali nelle aree svantaggiate, e conseguentemente per favorire una concertazione tra la direzione di Poste italiane spa e le amministrazioni locali, al fine di scongiurare la possibile chiusura degli uffici postali nei comuni più piccoli con particolare riferimento al Veneto, nonché come si intenda intervenire per evitare che decisioni unilaterali assunte da Poste italiane spa arrechino disagi ai cittadini-utenti che non vedono garantita l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, nel rispetto dell'accordo siglato fra le Poste italiane spa e lo Stato. (4-07999)


   DE LORENZIS, DE ROSA e PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   attualmente è in fase conclusiva da parte del Ministero dello sviluppo economico l’iter procedurale inerente il TAP (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto transnazionale che giungerà sulle coste pugliesi in località S. Foca nel comune di Melendugno (Leccce), per importare in Europa idrocarburi gassosi provenienti dall'Azerbaijan;
   durante la procedura di valutazione d'impatto ambientale in ragione del contrasto tra il parere positivo n. 1596 del 29 agosto 2014, espresso sul progetto dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello negativo n. prot 21662 del 8 settembre 2014, espresso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la questione è stata rimandata per una complessiva valutazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400;
   il Consiglio dei ministri, a conclusione del proprio esame, ha deliberato l'11 settembre 2014 di far propria la posizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro i limiti e con il rispetto delle prescrizioni impartite dalla commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS espresse con nota n. 1596 del 29 agosto 2014;
   sulla base della delibera del Consiglio dei ministri dell'11 settembre 2014, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rilasciato, con decreto ministeriale n. 223 del 11 settembre 2014, la valutazione d'impatto ambientale favorevole, con la prescrizione, tra le altre, «A.13» in cui si prescrive che prima del rilascio del provvedimento finale autorizzatorio dovrà esser acquisito il «Nulla Osta di Fattibilità» (NOF) relativo al terminale di ricezione (PRT);
   nella nota, prot. n. DVA2014-0039846 del 2 dicembre 2014, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica che, a seguito di chiarimenti intervenuti con un confronto con il Ministero dell'interno e l'espressione di parere da quest'ultimo formulato sulla valutazione del progetto, la prescrizione A.13 del decreto di VIA è da ritenersi superata;
   con la deliberazione di Giunta Regionale n. 2566 del 2 dicembre 2014, la regione Puglia ha espresso il diniego dell'intesa per il rilascio dell'autorizzazione finale;
   nella riunione della conferenza di servizi presso il Ministero dello sviluppo economico, tenutasi in data 3 dicembre 2014, sono stati acquisiti i pareri e nulla osta favorevoli con prescrizioni, nonché il parere negativo della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto ai fini dell'aspetto paesaggistico, e del parere negativo del comune di Melendugno. Nella stessa conferenza, il sindaco di Melendugno avanza una richiesta verbale di sospensione dei lavori della conferenza al fine di chiarire l'applicabilità della «Legge Seveso» decreto legislativo n. 334 del 1994;
   l'articolo 4, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 334 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni «Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose» sancisce che sono esclusi dall'applicazione della «Legge Seveso» «iltrasporto di sostanze pericolose in condotta, comprese le stazioni di pompaggio, al di fuori degli stabilimenti di cui all'articolo 2, comma 1»;
   l'articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 334 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni sancisce che «il presente decreto si applica agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell'allegato I» tra le quali c’è elencato nella parte 1, colonna 1 il «Gas Naturale» che quindi è classificabile come «Sostanza Seveso»;
   il terminale di ricezione prevede in parte dei sui impianti costitutivi, la presenza della sostanza denominata «Gas Naturale». Inoltre dalla nota prot. 2845/33512 del 14 febbraio 2013 dei comando provinciale dei vigili del fuoco di Lecce risulta che il quantitativo di «Gas Naturale» presente all'interno del PRT è superiore al limite indicato nella colonna 2 parte 1 dell'Allegato I del decreto legislativo n. 334 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni, di 50 tonnellate, e quindi, di conseguenza questa caratteristica fa rientrare il PRT tra le attività a rischio di incidente rilevante di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 334 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni;
   dalla nota protocollo AOO169 del 01/2015-0000024 della regione Puglia – servizio rischio industriale con la quale è riscontrata la nota prot. n. DVA2014-0039846 del 2 dicembre 2014 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si evince che la prescrizione A.13 decreto ministeriale n. 223 dell'11 settembre 2014, può ritenersi «superata» unicamente tramite altro atto amministrativo di pari rango ovvero a seguito di valutazione del comitato tecnico regionale Puglia non sostituibile;
   visto la mancata intesa con la regione, il 26 gennaio 2015 con determina prot. n. 1503, il Ministero dello sviluppo economico ha rimesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 14-quater, comma 3, seconda parte, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni e integrazioni, il procedimento per l'autorizzazione alla costruzione ed esercizio del metanodotto d'importazione Albania-Italia «Trans Adriatic Pipeline». Nella stessa determina il Ministero dello sviluppo economico ritiene che il dubbio sull'applicabilità della legge Seveso anche ai terminali di ricezione dei metanodotti è stato chiarito dall'espressione di parere del Ministero dell'interno e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha ritenuto, proprio in base all'espressione del parere del Ministero dell'interno, superata la prescrizione A.13 del decreto VIA, laddove richiede l'acquisizione del NOF rilasciato dal comitato tecnico regionale;
   a detta dell'interrogante il terminale di ricezione rientra pienamente tra le attività a rischio di incidente rilevante di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 334 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni «Legge Seveso» e quindi ai sensi dell'articolo 2, comma 1, dell'articolo 4, comma 1, lettera d), e dell'Allegato I del decreto legislativo n. 334 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni. La mancata applicazione della legge Seveso, diretta emanazione della «Direttiva Seveso», costituirebbe oltre ad un'infrazione europea e una violazione della legge italiana, anche e soprattutto un rischio rilevante per le popolazioni –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per salvaguardare la popolazione dal rischio di incidente rilevante che potrebbe costituire il terminale di ricezione e se gli stessi non intendano riconsiderare la posizione espressa assoggettando necessariamente il terminale di ricezione alla «Legge Seveso»;
   se la prescrizione A.13 del decreto ministeriale n. 223 dell'11 settembre 2014 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, possa ritenersi «superata» unicamente tramite altro atto amministrativo di pari rango o a seguito di valutazione del Comitato tecnico regionale Puglia non sostituibile, ovvero, qualora i Ministri interrogati abbiano un diverso orientamento, se intendano precisare su quali elementi di diritto tale orientamento sia fondato. (4-08002)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Pagano e altri n. 7-00599, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mucci.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Catalano n. 4-07903, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Furnari, Labriola, Pinna, Currò, Vecchio, Pastorelli, Ribaudo.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Tofalo n. 4-02615 del 21 novembre 2013;
   interpellanza urgente Russo n. 2-00831 del 5 febbraio 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Gigli n. 5-04652 del 5 febbraio 2015;
   interrogazione a risposta scritta Rampelli n. 4-07914 dell'11 febbraio 2015.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Nesci e altri n. 5-04746 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 375 dell'11 febbraio 2015.
  Alla pagina 21444, prima colonna, alla riga quarantesima deve leggersi:
  «Nesci  5-04746  21529»
e non:
  «Nesci  5-04748 21529»,
come stampato.
  Alla pagina 21530, seconda colonna, alla riga ventunesima deve leggersi: «Calabria. (5-04746)» e non «Calabria. (5-04748)», come stampato.