Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 26 gennaio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    si osserva con preoccupazione l'aggravarsi della minaccia rappresentata dal terrorismo di matrice jihadista sul suolo europeo, palesatosi decisivamente con gli attentati del 7-8 gennaio 2015 a Parigi e con gli esiti delle indagini che hanno portato nei giorni seguenti allo smantellamento di una cellula belga del sedicente Stato islamico basata a Verviers, che si presumeva fosse pronta ad eseguire un sequestro di persona con successiva decapitazione dell'ostaggio;
    lo Stato islamico, ancorché internazionalmente non riconosciuto, è un'entità politico-militare di fatto sorta a cavallo tra Siria ed Iraq, dotata di proprie milizie armate e persino di servizi sociali e di un bilancio, che rivendica apertamente la capacità di colpire l'Europa;
    contro lo Stato islamico stanno già operando le forze militari di una coalizione multinazionale alla quale partecipano con varia intensità diversi Paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti d'America, la Francia, la Germania e l'Italia, nonché gli Stati del Consiglio di cooperazione del golfo;
    si stigmatizza l'ambiguità del comportamento osservato ad avviso dei firmatari del presente atto d'indirizzo nei confronti dello Stato islamico dalla Turchia, che non partecipa alle attività della coalizione multinazionale allestita contro l'autoproclamatosi Califfato sorto il 24 giugno 2014 tra Siria ed Iraq e non riesce ad ostacolare il flusso delle reclute e dei materiali d'armamento che attraversa il proprio territorio prima di raggiungere le aree siro-irachene controllate dallo Stato islamico;
    lo stesso premier turco, Ahmet Davutoglu, afferma che la Turchia non è semplicemente in grado di controllare la frontiera con la Siria, circostanza che dovrebbe presupporre un suo oggettivo interesse ad ottenere una efficace cooperazione alleata per pervenire alla sua impermeabilizzazione;
    vanno evidenziate le ricorrenti minacce agitate dai dirigenti del sedicente Stato islamico nei confronti dei Paesi occidentali in generale e dell'Italia in particolare;
    il nostro Paese ed altri oggetto di attacchi terroristici a matrice jihadista, perpetrati o sventati in extremis, sono parte di un'alleanza difensiva, la Nato, che all'articolo 5 del trattato stabilisce che un attacco esterno rivolto ad uno dei suoi Paesi membri è da considerare come diretto contro tutti e quindi passibile di una risposta collettiva che può contemplare anche il ricorso attivo alla forza;
    la crescita della minaccia terroristica jihadista nei confronti dei Paesi europei ed il suo legame oggettivo con l'autoproclamatosi Stato islamico si ritengono circostanze sufficienti a determinare l'attivazione dell'Alleanza atlantica oltre che una preziosa occasione per testare l'effettiva disponibilità della Turchia a combattere il sedicente califfato ed annientare la minaccia terroristica jihadista gravante sull'Europa;
    anche gli attentati dell'11 settembre 2001 vennero a suo tempo riconosciuti dal Consiglio Nord Atlantico come attacchi esterni contro un Paese alleato,

impegna il Governo

a promuovere urgentemente, nell'ambito del Consiglio Nord Atlantico, un dibattito sulla reale natura della minaccia terroristica jihadista alla sicurezza europea e dell'Italia, con l'obiettivo di accertarne l'eventuale matrice esterna, in vista di una possibile qualificazione degli attacchi terroristici perpetrati o pianificati in Europa come rientrati nella fattispecie prevista dall'articolo 5 del Trattato di Washington.
(1-00721) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini, Simonetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   durante la cerimonia dell'inaugurazione dell'anno giudiziario a Cagliari, il procuratore generale Claudio Lo Curto ha lanciato l'allarme mafia sul nuovo carcere di Uta;
   la nuova struttura, dopo l'abbandono del carcere di Buoncammino, se da una parte è destinata a risolvere i problemi di sovraffollamento, dall'altra aggrava i rischi di infiltrazione mafiosa, ponendo la Sardegna come uno dei possibili interessi da parte delle cosche e della criminalità organizzata;
   lo stesso procuratore Lo Curto ha sottolineato come sia necessario vigilare attentamente, per impedire che l'arrivo in Sardegna di numerosi boss in regime di 41-bis possa inquinare il tessuto economico e sociale della regione;
   il piano del Dap di trasferire nel carcere pericolosi criminali, dopo le parole del magistrato, suscita non poche perplessità;
   l'Associazione Libera di Don Ciotti da anni denuncia il pericolo di una presenza mafiosa nell'isola che, attraverso gli investimenti immobiliari, potrebbero ripulire il denaro sporco e insediarsi stabilmente in alcune zone della in Sardegna;
   anche la direzione distrettuale antimafia sta indagando su numerosi cantieri e imprese perché vi è il sospetto di infiltrazioni da parte delle cosche negli sistema degli appalti e delle opere pubbliche –:
   se siano a conoscenza di questa situazione;
   se non ritengano opportuna una ridefinizione del piano del Dap che prevede il trasferimento di un alto numero di boss mafiosi in regime di 41-bis nel carcere di Uta (Cagliari);
   quali misure intendano assumere per impedire che la presenza dei boss nel carcere di Uta possa, come paventato dal procuratore generale di Cagliari, agevolare le infiltrazioni mafiose nell'isola. (4-07664)


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 24 gennaio 2015 si è verificato l'ennesimo attentato a un amministratore locale della Sardegna, il sindaco del piccolo comune di Bultei, già destinatario di pesanti minacce di morte;
   la bomba, che è esplosa mentre il sindaco era nella propria casa con i familiari, fortunatamente ha provocato solo gravi danni materiali;
   l'attentato è l'ennesimo di una lunga serie e conferma la situazione gravissima in cui versa la sicurezza dei comuni sardi;
   gli attentati agli amministratori pubblici sono una piaga che colpisce la Sardegna da moltissimi anni, in particolare nelle zone interne e nelle aree svantaggiate dell'isola, dove i problemi di natura economica e sociali sono aggravati anche da una presenza dello Stato che con il trascorrere del tempo si è indebolita;
   è noto che una delle cause principali del fenomeno trovi origine nella grave situazione di disagio che stanno attraversando la Sardegna e i comuni, in particolare per la crescente disoccupazione, il taglio dei servizi essenziali (sanità, scuola, eccetera) e delle altre risorse destinate agli enti locali;
   questi fatti criminali sono una minaccia alla vita democratica e, pertanto, serve un immediato intervento del Governo e delle l'istituzioni che devono ritornare a essere, con i propri presidi e servizi, un baluardo di legalità e sicurezza per i cittadini;
   dall'ultimo rapporto sulla criminalità in Sardegna, si conferma il triste primato della regione nel numero di attentati agli amministratori, superando di gran lunga regioni dove storicamente sono presenti gravi fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso;
   sono rimasti inascoltati tutti gli appelli che in questi anni le istituzioni sarde, ai massimi livelli, hanno rivolto allo Stato;
   in questi anni lo Stato ha effettuato pesanti tagli nel settore della sicurezza, lasciando alcune territori dell'isola con presidi di polizia e carabinieri del tutto insufficienti ad arginare questo fenomeno;
   dopo l'ultimo attentato è cresciuto di nuovo il clima di tensione e di paura che regna in alcune comunità, preoccupate per l'impossibilità per le proprie amministrazioni di poter svolgere le loro funzioni in piena sicurezza;
   quanto sta accadendo non può essere sottovalutato e chi difende gli interessi delle comunità locali (in particolare delle zone interne, che vivono una situazione di profondo abbandono da parte dello Stato) non può essere lasciato solo –:
   quali misure intendano adottare per garantire la sicurezza degli amministratori pubblici in Sardegna, in particolare amministratori (sindaci e assessori) dei piccoli comuni e delle zone interne e svantaggiate vittime di gravi intimidazioni, atti di violenza e attentati di varia natura;
   quali provvedimenti vogliano assumere per debellare il fenomeno e ristabilire le condizioni di serenità e libertà necessarie a chi amministra la cosa pubblica;
   se non ritengano urgente convocare un tavolo di confronto per individuare interventi volti a scongiurare tali atti criminosi e a colpire finalmente i responsabili;
   se non ritengano opportuno predisporre un piano di intervento per la sicurezza degli amministratori locali in Sardegna, che preveda, tra le varie misure, anche interventi mirati ad alleviare il malessere sociale crescente nei piccoli comuni, nelle zone interne e in quelle in via di spopolamento, prime vittime del taglio dei servizi essenziali e delle altre risorse destinate agli enti locali. (4-07665)


   ATTAGUILE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'isola di Pantelleria è conosciuta per i fenomeni di vulcanesimo secondario;
   sembra assolutamente utile valorizzare questa risorsa naturale per il bene dell'ambiente e della comunità pantesca;
   come emerso dal «Quinto congresso mondiale sull'energia Geotermica» svoltosi a Firenze nel maggio 1995, è ormai riconosciuto scientificamente che, con il pozzo prospettico PPT1 scavato nell'isola, «Pantelleria è il luogo geotermico più interessante del Mediterraneo»;
   nel convegno CEE «Ge-Islebar» sulla geotermia, tenutosi a Pantelleria il 17 aprile 2002, è stato dimostrato che il potenziale geotermico dell'isola sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno totale energetico dell'isola, anche nei periodi di massimo afflusso turistico che vedono annualmente quadruplicarsi il numero dei residenti;
   i costi economici e ambientali dello sfruttamento dell'energia geotermica sono molto più contenuti rispetto a quelli dell'energia fotovoltaica o eolica;
   ove venisse realizzata una centrale geotermica nell'isola mediterranea, si tratterebbe della prima comunità in Europa completamente autonoma dall'insostenibile consumo di idrocarburi, facendone così un'isola «felice, pulita e ricca», e quindi un esempio pressoché unico nel contesto civile del pianeta;
   la Unione europea si è già interessata concretamente a tale tipo di ricerca, investendo notevoli risorse sino a dare credibilità a questa fonte rinnovabile ed eccezionale di energia. Si tratta del progetto comunitario «Valoren» rinnovabile in quello denominato «Ge-Islebar»;
   Pantelleria è un'isola designata dall'Unione europea sin dal 1987 per avere una centrale geotermica e lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha riservato risorse finanziarie in favore della regione siciliana affinché si intervenisse sull'isola per la realizzazione di impianti di produzione energetica, mentre la regione siciliana ha previsto nella programmazione di utilizzo dei fondi comunitari una apposita misura di intervento –:
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda approfondire le conclusioni degli studi svolti sull'isola, come citati nella premessa, e collaborare, per quanto di competenza, con la regione siciliana ai fini della realizzazione della centrale geotermica in questione, utilizzando le apposite risorse finanziarie messe a disposizione anche da parte dello stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   in ogni caso, quali iniziative il Governo intenda intraprendere per l'utilizzazione di questa importante fonte energetica che affrancherebbe l'isola di Pantelleria dall'antica piaga di indisponibilità di energia tradizionale, oltre ad avviare un processo di ricerca e di applicazione nel campo dell'energia alternativa di grande interesse scientifico ed economico.
(4-07667)


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 gennaio, il dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno ha emanato una circolare recante disposizioni «sull'esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali, mediante unioni o convenzioni, da parte dei comuni»;
   tale circolare è stata inviata ai prefetti, ai commissari di Governo delle province di Trento e Bolzano, al presidente della regione autonoma della Valle d'Aosta, al commissario dello Stato per la regione siciliana e al rappresentante del Governo per la regione Sardegna;
   si ricorda l'obbligo legislativo, al fine di assicurare il contenimento delle spese, che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti – ovvero fino a 3.000 se appartenenti a comunità montane – esercitino le funzioni fondamentali obbligatoriamente in forma associata, mediante unione o convenzione, escluse le sole funzioni di competenza statale (stato civile, anagrafe, elettorale) e ferme restando le funzioni regionali di programmazione e coordinamento nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi del successivo articolo 118 (commi 27 e 28);
   scaduto il 31 dicembre 2014, quale termine ultimo per l'esercizio associato di tutte le funzioni fondamentali, per assicurare l'osservanza degli adempimenti comunali, è previsto il potere sostitutivo del Governo, previo intervento del prefetto che, decorsi i termini, assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale devono provvedere;
   per i comuni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, prima dell'assegnazione del termine perentorio, occorre procedere a una preliminare verifica di specifiche disposizioni statutarie nella materia e del loro stato di attuazione;
   il Ministero dell'interno nella sua circolare, invita i prefetti, i rappresentanti e commissari del Governo, ove non vi abbiano già provveduto, a procedere «senza indugio ad assegnare ai comuni, con formale atto di diffida, un termine perentorio per l'adempimento»;
   tale prescrizione è inaccettabile nella forma e nella sostanza, anche perché si utilizza la figura del prefetto contro i piccoli comuni in una regione, come la Sardegna, dove i prefetti dovrebbero svolgere altre azioni e non certo quelle indicate in modo inopportuno nella circolare del Ministero dell'interno;
   si invitano i prefetti a comunicare tempestivamente al Ministero l'elenco dei «comuni destinatari delle diffide, e i termini rispettivamente assegnati, avendo cura, alla scadenza degli stessi, di comunicare gli esiti dell'attività di diffida ed in particolare i persistenti inadempimenti, corredati da adeguata, documentata illustrazione delle rispettive situazioni riscontrate»;
   l'utilizzo quasi punitivo dei prefetti stride con la difficile situazione vissuta dai piccoli comuni, in particolare quelli delle zone interne e delle aree svantaggiate, già destinatari di pesanti tagli nei trasferimenti, nei servizi essenziali e vittime di attentati da parte della criminalità;
   in Sardegna l'esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali, mediante unioni o convenzioni, da parte dei comuni, può essere effettuata solo dopo l'approvazione della legge di riforma delle autonomie locali, giacché questa è una materia sulla quale la regione ha competenza primaria;
   al di là del fatto tecnico, la circolare del Ministero è irricevibile dal punto di vista politico, perché si accanisce contro i piccoli comuni e i loro sindaci che sono l'ultimo e, a volte unico, presidio istituzionale;
   i sindaci dei piccoli comuni che secondo il disegno del Ministero dovrebbero essere diffidati, sono gli stessi che in Sardegna subiscono attentati, svolgono l'azione amministrativa mettendo a repentaglio la loro vita, senza indennità e riconoscimenti di alcun tipo, spesso sacrificando la propria professione per il bene della collettività e il benessere delle comunità;
   non si riscontra altrettanta celerità quando i sindaci dei piccoli comuni, in particolare quelli sardi, invitano il Ministero dell'interno, a seguito dei disagi presenti nei territori, a trovare formule, risorse e strumenti ai sindaci per arginare il malessere –:
   se non ritengano opportuno emanare una nuova circolare che tenga conto delle particolari condizioni in cui vivono i piccoli comuni della Sardegna che potranno adempiere all'obbligo dell'esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali, mediante unioni o convenzioni, soltanto, dopo l'approvazione della legge di riforma delle autonomie locali, giacché questa è una materia sulla quale la regione ha competenza primaria;
   se non ritengano inopportuno utilizzare la figura del prefetto secondo le modalità indicate nella suddetta circolare, soprattutto verso chi reclama dallo Stato maggiori attenzioni, strumenti e servizi in territori abbandonati e in cui i sindaci sono peraltro vittime di attentati e gravi intimidazioni che limitano fortemente il libero esercizio della loro azione amministrativa;
   quali iniziative intendano adottare per assicurare ai comuni una proroga del termine entro il quale esercitare in forma associata le funzioni fondamentali, mediante unioni o convenzioni, tenendo conto della particolare situazione di incertezza che attraversano gli enti locali;
   quali misure intenda assumere affinché le attività di adempimento dei comuni in, materia di esercizio di funzioni siano concordate, anche nella tempistica, con l'Associazione nazionale comuni d'Italia e ridefinite dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. (4-07670)


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 42 del 2009, all'articolo 22, prevede che, in sede di prima applicazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro delle riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e la coesione territoriale e gli altri Ministri competenti per materia, predispone una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche, nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali. La ricognizione è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi: a) estensione delle superfici territoriali; b) valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno; c) deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo; d) densità della popolazione e densità delle unità produttive; e) particolari requisiti delle zone di montagna; f) carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio; g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione;
   il comma 2 del citato articolo 22 prevede che gli interventi da effettuare nelle aree sottoutilizzate siano individuati nel programma da inserire nel documento di programmazione economico-finanziaria ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 1-bis, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (legge obiettivo);
   l'articolo 1 comma 1 della citata legge obiettivo, prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o le province autonome interessate predisponga un programma destinato ad essere inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata, nel documento di programmazione economico-finanziaria con indicazione dei relativi stanziamenti. Il Parlamento si pronuncia sul programma in sede di esame del documento di programmazione economica finanziaria;
   il successivo comma 1-bis, prevede che il programma contenga le seguenti indicazioni: a) elenco delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da realizzare; b) costi stimati per ciascuno degli interventi; c) risorse disponibili e relative fonti di finanziamento; d) lo stato di realizzazione degli interventi previsti nei programmi precedentemente approvati; e) il quadro delle risorse finanziarie già destinate e degli ulteriori finanziamenti necessari per il completamento degli interventi;
   il riequilibrio infrastrutturale nella regione siciliana costituisce una priorità per attenuare le persistente situazione di isolamento e perifericità in cui ad oggi si trova l'isola rispetto al resto del Paese ed in particolare la provincia di Ragusa;
   vanno, pertanto, intraprese opere destinate all'ammodernamento e al potenziamento della viabilità, agli interventi per i sistemi ferroviari e aeroportuali, elementi indispensabili affinché si possa veramente ottenere un riequilibrio territoriale tra aree forti e aree deboli del Paese;
   è, quindi, necessario un disegno strategico che porti al potenziamento di ogni tipo di infrastruttura che può in questo modo fare crescere il sistema socio-economico e produttivo della provincia di Ragusa e di tutta la Sicilia;
   in particolare, per il sistema dei trasporti, non si dimentichi che la provincia di Ragusa vista la sua posizione geografica, che allo stato attuale la penalizza, potrebbe, grazie ad una concreta politica di sviluppo, rivestire un ruolo primario tra i collegamenti con i Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo e per questo necessita di grandi interventi per la creazione e il completamento di infrastrutture al fine di assolvere a questo ruolo;
   occorre, pertanto, investire in opere pubbliche al fine di offrire alla collettività opere concretamente fruibili e perché si possa concretamente aumentare lo sviluppo economico e sociale della provincia di Ragusa e di tutta la Sicilia;
   lo sviluppo della provincia di Ragusa è legato allo sviluppo delle infrastrutture: infatti, la provincia di Ragusa abbisogna di opere pubbliche capaci di costituire un sistema logistico integrato che faccia crescere tutti settori produttivi quali l'agricoltura, l'industria, il turismo ed i servizi ad essi collegati;
   le opere che potrebbero essere inserite nell'allegato al documento di programmazione economica finanziaria riguardano in particolare, il completamento dell'aeroporto di Comiso, il porto di Pozzallo, i lotti 6-7-8 e 9 dell'autostrada Siracusa-Ragusa-Gela, l'ammodernamento della strada provinciale n. 46 da Ispica a Pozzallo ai fini del collegamento stradale tra l'autostrada ed il porto di Pozzallo, la realizzazione della variante alla statale n. 115 nel tratto compreso tra lo svincolo di Vittoria ovest e la strada provinciale 20 Comiso sud, nonché il collegamento tra la strada statale n. 115 del tratto Comiso-Vittoria e la strada statale n. 514 di Ragusa-Catania –:
   se non sia necessario inserire nell'allegato al documento di programmazione economica finanziaria le opere citate in premessa in modo da evitare uno squilibrio economico-finanziario tra le diverse regioni ed attuare, pertanto, un piano di recupero del divario infrastrutturale presente nella regione siciliana e, in particolare, nella provincia di Ragusa. (4-07673)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo di Stefania Marasco apparso sul quotidiano La Gazzetta del Sud, a pagina 33 dell'edizione vibonese del 23 gennaio 2015, si racconta del decesso a Vibo Valentia della signora Santina Cortese, di 45 anni, avvenuto l'8 gennaio 2015 dopo giorni di febbre – con prima chiamata alla guardia medica il 2 gennaio 2015 – e cure antinfluenzali solite che, stando alla ricostruzione giornalistica, non hanno sortito effetto alcuno;
   il marito della signora, è riportato nel medesimo articolo, ha sporto denuncia ai carabinieri e si è rivolto ad un legale, anche incaricando un consulente tecnico d'ufficio per risalire alle cause del decesso, che, stando alla riferita cronaca, potrebbe essere stato determinato pure da negligenza dei sanitari di volta in volta interessati;
   in particolare, nell'articolo della giornalista Marasco si legge che, per quanto rilevato dal marito della signora Cortese, «nessun tentativo è stato fatto per rianimarla», dopo l'intervento del servizio 118, al punto che – figura nell'articolo in parola – il direttore sanitario dell'Asp di Vibo Valentia, dottor Carlo Truscello, ha disposto un'inchiesta interna volta ad accertare fatti e responsabilità;
   soprattutto, ciò che rileva l'odierna interrogante, sulla scorta del resoconto giornalistico, è il comportamento del medico di famiglia, che, chiamato il 7 gennaio, non avrebbe mai visitato la signora Cortese, non avendo trovato parcheggio sotto casa;
   come già rappresentato nell'interrogazione n. 4-07613, presentata nella seduta della Camera n. 367 di mercoledì 21 gennaio 2015, innumerevoli, gravi e persistenti disservizi e inadempimenti si sono cumulati in ordine alla sanità calabrese, a motivo del fatto che il Governo centrale sostituì con evidente, colpevole ritardo il commissario deputato al piano di rientro dal debito sanitario, da quell'incarico decaduto per legge Giuseppe Scopelliti, poiché intervenuta nei suoi confronti una sentenza penale di condanna in primo grado;
   alla data odierna il Governo non ha nominato il nuovo, suddetto commissario ad acta, scaduto – con la proclamazione del governatore della Calabria, eletto il 23 novembre ultimo scorso – l'incarico in parola conferito dal Consiglio dei ministri, nel settembre 2014, al generale Luciano Pezzi;
   la riferita situazione complessiva – come peraltro già significato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-07518 – ha di fatto interrotto l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario calabrese, determinando una paralisi generale rispetto alla riorganizzazione dei servizi, con diffuse ripercussioni sulla tutela del diritto alla salute previsto all'articolo 32 della Costituzione –:
   se il Ministro della salute non ritenga di dover investire immediatamente, in relazione al caso di specie, l'Ordine dei medici di appartenenza, in relazione al fatto che, per come narrato dalla stampa, potrebbero esserci state violazioni – da parte del medico di famiglia – degli articoli 3 e 6 del Codice di deontologia medica, ma soprattutto dell'articolo 8, che impone al medico di prestare soccorso o cure d'urgenza e di tempestivamente attivarsi per assicurare assistenza;
   se non ritengano, nell'ambito delle proprie competenze, di verificare lo stato effettivo dei LEA nel territorio di Vibo Valentia, anche alla luce della mancanza del commissario per l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario della regione Calabria. (4-07674)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI, MARTI, NIZZI, CIRACÌ e RABINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   Daniele Bosio, funzionario diplomatico attualmente sospeso dal servizio, si trova ancora nelle Filippine, coinvolto in un processo per traffico e abuso di minori;
   il processo, avviato nell'aprile 2014, non ha ancora avuto nemmeno una udienza di sostanza, ma solo udienze di carattere procedurale, tutte caratterizzate dai tentativi, sempre riusciti, dell'accusa di ritardare il procedimento e quindi l'accertamento della verità;
   negli oltre sette mesi trascorsi dall'arresto di Bosio si è succeduta una lunga serie di violazioni delle procedure previste dalla stessa legge filippina. In particolare il giorno dell'arresto, Daniele Bosio è stato interrogato senza difensore e senza che venisse informato dei suoi diritti costituzionali; gli è stata fatta firmare una rinuncia ai propri diritti durante le indagini preliminari senza la presenza del proprio avvocato e senza che gli venissero spiegate le conseguenze della sottoscrizione detta rinuncia stessa; le indagini preliminari non sono state terminate entro i quindici giorni previsti dalla legge, ma dopo oltre sessanta; nella fase preliminare delle indagini, importanti documenti a discarico di Bosio (le dichiarazioni giurate dei genitori dei bambini che lo scagionavano dall'accusa gravissima di traffico) non sono stati accolti dal giudice; l'accusa e il «private prosecutor», affiliato alla ONG che ha denunciato Bosio, hanno presentato una lunga serie di richieste di cambiamento del giudice naturale assegnatogli dalla legge, tutte infondate nella forma e nel merito: una volta durante le indagini preliminari e tre volte dopo l'avvio del processo;
   a quanto consta agli interroganti due settimane fa il giudice ha infine accolto l'ennesima richiesta di ricusazione volontaria rinunciando a continuare a presiedere il processo per evitare ulteriori ingiustificati ritardi; la nuova sezione del tribunale cui è stato assegnato il prosieguo del processo è vacante ed è presieduta da un giudice supplente, titolare di un'altra sezione in una città diversa. Tale doppio incarico, che potrebbe prolungarsi per oltre un anno, secondo la prassi nel Paese, allungherà inevitabilmente a dismisura i tempi del processo, già caratterizzato da ingiustificati e indebiti ritardi;
   il «private prosecutor», affilato alla organizzazione non governativa che ha denunciato Bosio, continua a partecipare alle udienze senza alcun titolo legale, nonostante l'opposizione ripetutamente espressa dell'avvocato della difesa, influenzando pesantemente e in senso dilatorio l'atteggiamento del pubblico ministero nel processo;
   è ormai pressoché inevitabile che i tempi massimi del processo, prescritti dalle disposizioni della Corte Suprema delle Filippine in 180 giorni dalla chiamata in giudizio, saranno superati, aggiungendo un'ulteriore violazione alle procedure previste dalla legge;
   ancora non è stata stabilita, dopo la ricusazione volontaria del primo giudice assegnatario, la nuova agenda delle udienze;
   tutto questo avviene nonostante, in occasione dell'unica udienza di sostanza del processo, quella a seguito della quale è stata concessa a Daniele Bosio la libertà su cauzione, le prove a carico sono state considerate «insufficienti» dal giudice;
   sembra che vi siano stati, ritardi non comprensibili che hanno caratterizzato e stanno tuttora caratterizzando il processo, tenuto anche conto delle funzioni esercitate da Daniele Bosio al momento dell'arresto e dalla visibilità che la vicenda ha assunto per la politica locale –:
   se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda porre attenzione al caso di Daniele Bosio tenendo conto dei suoi diritti alla difesa e ad un giusto processo;
   se non intenda avviare con il Governo filippino un dialogo politico che, nel rispetto della sovranità di quel Paese amico, superi l’impasse e contribuisca a far chiarezza sulla vicenda in maniera rapida e positiva, tenendo conto che tutti gli elementi finora emersi durante il processo, oltre alla sua lunga storia personale di volontariato a favore dell'infanzia, depongono a favore dell'innocenza di Daniele Bosio;
   se non ritenga di intervenire affinché Daniele Bosio possa attendere in Italia lo sviluppo di un processo che potrebbe risultare dispendioso per la difesa, particolarmente lungo nei tempi, soprattutto considerata la delicatissima condizione di un connazionale solo e da otto mesi costretto, senza impiego né stipendio, in terra straniera. (4-07681)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riporta il quotidiano Il Corriere della sera, in un articolo pubblicato il 25 gennaio 2015, nel corso dei lavori parlamentari svolti in Commissione difesa della Camera dei deputati, la scorsa settimana è stato accertato che quasi un terzo del costo per il rinnovo della flotta della Marina militare, sarebbe servito a coprire gli interessi sui mutui per finanziare le spese per gli armamenti: 1,6 miliardi di euro sul costo complessivo di 5,4 miliardi di euro, pari al 29,7 per cento, ovvero lo 0,1 per cento del prodotto interno lordo;
   il medesimo articolo, in particolare, evidenzia che la decisione di ricorrere all'accensione del mutuo per l'acquisto di sei pattugliatori e una nave d'altura dalla Fincantieri, società azienda pubblica italiana attualmente controllata da Fintecna spa, sia avvenuta nonostante le risorse finanziarie siano nella disponibilità in quanto già iscritte a bilancio;
   le motivazioni per le quali si siano intraprese tali scelte, a giudizio dell'interrogante, non sembrano essere sufficientemente spiegate dall'articolo di stampa in precedenza richiamato, in considerazione del fatto che, al suo interno, si riportano una serie di avvenimenti e osservazioni che richiamano sia il ruolo svolto dalle società di lobby connesse alle spese militari, sia la sovrapposizione di acquisti per apparecchiature militari, sia l'organigramma del personale all'interno del Ministero interrogato, che sembrerebbe peraltro non seguire adeguati criteri di razionalizzazione –:
   se intenda chiarire quali siano i motivi per i quali sia stato deciso l'acquisto di navi da guerra con gli interessi al 30 per cento, attraverso l'accensione di un mutuo, nonostante le risorse finanziarie siano già previste nei fondi a disposizione per le spese militari;
   se intenda confermare quanto riporta l'articolo del quotidiano citato, secondo cui le spese per la difesa sono superiori di 3,2 miliardi di euro al benchmark, ovvero il punto di riferimento ideale europeo, come riportato all'interno del rapporto predisposto da commissario per la spending review Cottarelli. (4-07677)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri ha licenziato il decreto-legge n. 4 del 24 gennaio 2015;
   è stata sospesa la data di versamento dell'IMU agricola fissata al 10 febbraio 2015 in attesa degli opportuni chiarimenti;
   da una prima disamina del provvedimento emergerebbero evidenti e palesi «anomalie» e «discriminazioni» presenti nella tabella ISTAT su cui si fondano i nuovi criteri di determinazione della IMU agricola;
   nel suddetto decreto a decorrere dall'anno 2015 (ma anche per il 2014 in deroga a quanto precedentemente stabilito), l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si applicherà:
    «a) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
    b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT»;
   i proprietari dei terreni agricoli sembrerebbe, dunque, che debbano verificare quale sigla sia stata associata all'elenco dei comuni italiani predisposta dall'ISTAT: la sigla T significa totalmente montano (quindi esenzione per tutti, indipendentemente dall'altitudine); la sigla P significa parzialmente montano, quindi paga solo chi non è coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale; la sigla NM significa non montano e quindi pagano tutti;
   come denunciato in questi giorni dalla stampa specializzata «andando a spulciare l'elenco Istat dei comuni, aggiornato al 1o gennaio, non mancano le sorprese. L'elenco consegna infatti una mappa degli enti italiani che, in quanto a montanità, sembra essere piuttosto schizofrenica, con enti situati sul mare e considerati di montagna e municipi con un'altitudine al centro superiore a 600 metri e ritenuti solo parzialmente montani»;
   esistono casi esemplari e singolari come quello di Sammichele di Bari: comune con altezza a 280 metri sul livello del mare classificato dall'ISTAT con la sigla Non Montano: dall'esame della citata tabella, però, risulta che numerosi comuni pugliesi e dell'area barese, con altezze inferiori a quella di Sammichele sono stati considerati Quasi Montani e quindi beneficiano della parziale esenzione di cui al comma 1, lettera b) del citato decreto;
   sempre nel territorio barese, comuni quali Alberobello e Locorotondo con altezze rispettivamente di ben 428 e 410 metri sul livello del mare sono stati classificati Non Montani;
   sempre da questo primo esame emergerebbe che la tabella prevede, che altri comuni italiani con altezza a 280 metri sul livello del mare sono stati considerati Montani e classificati «T»: è il caso dei comuni di Cavazzo Carnico (Udine), Cerreto Castello (Biella), Cessole (Asti), Claino con Osteno (Como), Paulilatino (Oristano), Pigna (Imperia), Porto Ceresio (Varese), e ancora altro Comune con altezza a 280 metri sul livello del mare è stato considerato Parzialmente Montano e classificato «P»: è il caso del comune di Mondavio (Pesaro-Urbino) –:
   se abbia già verificato le suddette incongruenze e se non intenda, alla luce delle criticità evidenziate e facilmente rilevabili dalla tabella ISTAT, attivarsi al fine di ripristinare la precedente qualificazione dei terreni prevista dalla circolare ministeriale n. 9/1993 che prevedeva la totale esenzione dell'ICI per i terreni agricoli. (5-04583)

Interrogazione a risposta scritta:


   MISURACA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con relazione ispettiva depositata il 31 luglio 2013 presso l'Istituto di Credito Banca di Credito Cooperativo Canosa-Loconia, con sede nella città di Canosa di Puglia, la Banca d'Italia ha contestato alcune infrazioni commesse dalla stessa Banca di Credito Cooperativo Canosa-Loconia;
   la relazione ispettiva ha posto in evidenza le seguenti criticità, ovvero l'inadeguatezza degli assetti organizzativi e di controllo, la scarsa attenzione al contenimento dei costi, la carenza nell'area creditizia, il mancato raggiungimento di obiettivi anticipati nel piano di risanamento, il marcato deterioramento del portafoglio crediti con partite deteriorate pari a circa un quarto del totale impieghi ed una crescita degli incagli vertiginosa (più che raddoppiati nel biennio 2011-2012), un carente processo per la segnalazione delle operazioni sospette in materia di antiriciclaggio, anomali reintegri dei depositi vincolati costituiti a garanzia presso la Banca dal Consorzio Fidi Sud Daunia –:
   se, alla luce di quanto rappresentato in premessa, il Ministro interrogato abbia ricevuto una proposta di scioglimento degli organi della Banca, ai sensi dell'articolo 70 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993. (4-07675)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AMODDIO e SCHIRÒ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   R.F.I. (Rete ferroviaria italiana) ha pubblicato gli orari del trasporto ferroviario dal 14 dicembre 2014 al 12 dicembre 2015;
   dall'orario pubblicato risultano soppressi nel periodo estivo cinque treni a lunga percorrenza dalla Sicilia al resto d'Italia;
   di fatto la Sicilia viene eliminata dal sistema di collegamento ferroviario con il resto del Paese;
   vengono messi a rischio oltre 500 posti di lavoro;
   motivare la soppressione con la carenza di viaggiatori e di merci è ingiusto considerato che si tratta di un servizio pubblico;
   la carenza di viaggiatori e di merci non è certamente dovuta ad una carenza di viaggiatori o di necessità di trasporto delle merci, bensì ad una cronica e decennale assenza di qualsivoglia investimento per la velocizzazione ed il potenziamento del sistema ferroviario;
   è noto che il trasporto su rotaie dalla Sicilia al resto del Paese ha tempi di percorrenza lentissimi che nulla hanno a che fare con un sistema di trasporti moderno e veloce;
   anziché emarginare la Sicilia, i residenti e le imprese occorre dotare il territorio siciliano di un moderno ed efficiente sistema di mobilità e di trasporto in tutti i suoi vettori –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali azioni intenda adottare per scongiurare una decisione così improvvida ed intervenire nei confronti delle RFI. (5-04579)


   MURA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la circolare n. 15513 del 10 luglio 2014, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti impone, per autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, un nuovo obbligo di trascrizione, diretto sia alle persone giuridiche che a quelle fisiche, per chi guida un'auto altrui in modo esclusivo per periodi prolungati superiori a 30 giorni;
   tale obbligo non si applica quando l'auto è ad uso familiare, cioè quando l'auto è utilizzata da coniuge, figli, genitori, tra fratelli/sorelle facenti parte dello stesso nucleo familiare;
   l'obbligo si applica invece quando il figlio ad esempio lascia la casa familiare o costituisce un nuovo nucleo familiare;
   l'obbligo di coincidenza tra intestatario del veicolo e utilizzatore vale però per gli eredi nel caso in cui dopo la morte del proprietario vogliano continuare ad utilizzare l'auto, prima della conclusione delle pratiche per la successione;
   nel caso dei familiari questa disposizione è illogica e crea, come hanno sottolineato numerosi organi di stampa, il sospetto che la norma sia stata pensata non solo per facilitare l'identificazione dei responsabili della circolazione ma anche per fare cassa attraverso l'applicazione delle sanzioni amministrative;
   la norma è illogica perché va contro il principio della semplificazione amministrativa e lo snellimento della burocrazia, anche perché gli uffici provinciali del Ministero rischiano di essere sommersi da dichiarazioni e attestazioni che dovranno essere registrate;
   le sanzioni previste sono molto alte (da 705 a 3.526 euro);
   l'informazione agli utenti da parte delle autorità su questa nuova circolare è stata quasi del tutto inesistente e, giustamente, vi è grande allarmismo tra i cittadini-utenti –:
   se non ritenga opportuno rivedere i nuovi obblighi introdotti dalla circolare n. 15513 del 10 luglio 2014, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   quali azioni intenda adottare per fornire una giusta informazione ai cittadini e utenti allarmati da una disposizione che, in alcuni sue applicazioni, in particolare in caso di eredità e legami familiari, mostra evidenti carattere di illogicità;
   se non ritenga urgente emanare una nuova circolare per eliminare le criticità della nuova norma e impedire un aggravio di vessazioni burocratiche nei confronti dei cittadini. (5-04580)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sugli organi di informazione si legge dell'allarme sulle difficoltà relative all'immatricolazione delle auto per l'esaurimento delle scorte di targhe da apportare sui veicoli da immatricolare;
   lo stabilimento del Poligrafico di Foggia ha bloccato la produzione delle scorte di targhe, e non sono state consegnate neanche agli uffici che ne avevano già fatto richiesta come alcune città come Milano, Ascoli Piceno e Firenze;
   questa situazione sta producendo inevitabili disagi ai cittadini e sicuramente influisce negativamente sull'intero settore che sta tentando di risollevarsi dalla crisi che l'ha fortemente colpito;
   secondo quanto riportato dall'Agi, l'Unasca sottolinea che il sistema italiano di produzione e distribuzione delle targhe del nostro Paese è il più costoso nel panorama comunitario: una coppia di targhe standard per autovettura infatti, costa 40,60 euro –:
   quali siano le ragioni alla base dell'interruzione della produzione e consegna di targhe da parte del Poligrafico di Foggia e se il Ministro abbia provveduto a tutte le necessarie autorizzazioni in merito;
   come il Ministro intenda intervenire affinché questa incresciosa situazione cessi immediatamente e non gravi ulteriormente sul settore automobilistico, già gravemente colpito dalla crisi in atto. (4-07663)


   GALATI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto di Lamezia Terme «Sant'Eufemia» è il principale scalo della Calabria e uno dei primi del Mezzogiorno per traffico passeggeri, con volumi di traffico sempre crescenti e pari a n. 2.256.752 passeggeri registrati per l'anno 2014;
   l'aeroporto rappresenta uno snodo centrale per i collegamenti da e verso il territorio della Calabria e per tutto il meridione e costituisce un'infrastruttura vitale del sistema economico del Mezzogiorno, con particolare riferimento al settore turistico, che rappresenta uno dei comparti strategici di estrema rilevanza per le prospettive di sviluppo e crescita economica e sociale del territorio;
   da una nota recentemente diffusa dalla Società aeroportuale calabrese Sacal spa, ente gestore dell'aeroporto internazionale di Lamezia Terme, e riportata dai principali quotidiani locali, si apprende la notizia della previsione di una drastica riduzione delle frequenze giornaliere dei voli da Lamezia Terme per Milano Linate (che passerebbero dai tre attualmente attivi ad uno soltanto), per effetto delle modalità di ristrutturazione della nuova «Alitalia-Ethiad». La riduzione dovrebbe operare, secondo quanto comunicato, già a partire dal mese di aprile 2015. La notizia non ha mancato di suscitare stupore e preoccupazione, sia tra gli operatori di settore che tra i cittadini, passeggeri ed utenti, oltre che dai rappresentanti istituzionali, in specie in considerazione degli elevati e crescenti livelli di utenza normalmente registrati per la rotta considerata, in costante espansione negli ultimi anni anche per effetto dell'evoluzione e della crescente interrelazione tra stakeholders ed operatori economici e finanziari, nell'esercizio delle loro attività organizzate dirette alla produzione o scambio di beni o servizi espletate a livello nazionale ed internazionale, espressione della crescente complessità del sistema economico e finanziario che converge in larga misura proprio sulla città di Milano;
   una scelta che determinerebbe impatti negativi ed effetti penalizzanti non solo sul versante delle attività e relazioni economiche già avviate, e dei diritti soggettivi ed interessi legittimi degli operatori che hanno già avviato relazioni economiche o finanziarie sia di livello interregionale che nazionale ed internazionale e che richiedono per il loro espletamento una agevole possibilità di comunicazione e circolazione sul territorio (possibilità che sarebbe così drasticamente limitata), ma che andrebbe a penalizzare fortemente anche le prospettive di crescita e le opportunità di sviluppo ed attrattività, per una regione che punta proprio sul turismo quale settore strategico per il rilancio della propria economia, che già versa in condizioni di debolezza e criticità. Inoltre l'annunciato taglio andrebbe a limitare in modo determinante le opportunità connesse al grande evento Expo-Milano 2015 ed i possibili impatti positivi ed incrementi stimati per tutto il Paese, connessi all'importante flusso turistico convogliato verso l'Italia in occasione dell'Esposizione universale. Un adeguato sistema di collegamento aeroportuale da e verso Milano è la condizione essenziale e necessaria affinché la Calabria ed in generale il meridione possano beneficiare, in condizioni di parità con le aree regionali italiane, degli effetti economici positivi connessi al grande evento; una possibilità che non sarebbe garantita in caso di concretizzazione delle riduzioni alle quali si, fa riferimento –:
   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è a conoscenza del piano di riduzione delle frequenze giornaliere, al quale fanno riferimento i principali quotidiani di informazione locale, per la rotta Lamezia Terme – Milano da parte della Compagnia Aerea Italiana spa – Alitalia;
   in quale misura il Ministro intenda intervenire, coerentemente alla propria funzione di indirizzo e coordinamento dello sviluppo infrastrutturale e dei trasporti nel Paese, al fine di impedire la penalizzazione della Calabria e delle regioni meridionali nel trasporto aereo.
(4-07676)


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, MICILLO, TOFALO, FICO, LUIGI GALLO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO, COZZOLINO, NUTI e DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 21 gennaio 2015, nell'ambito dell'indagine «Croce nera», svolta dalla procura di Napoli e dalla direzione investigativa antimafia di Napoli, sono state eseguite 24 ordinanze di custodia cautelare, di cui 10 in carcere e 14 ai domiciliari per presunte gare truccate presso l'ospedale «Sant'Anna e San Sebastiano» di Caserta;
   l'azienda ospedaliera in questione è una struttura di rilievo nazionale e di alta specializzazione, dotata di 500 posti letto;
   la suddetta indagine è durata più di due anni e i reati contestati sono: associazione a delinquere di stampo mafioso ex articolo 416-bis c.p., corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio ex articolo 319, turbata libertà del procedimento ex articolo 353-bis, abuso d'ufficio ex articolo 323 c.p.;
   dall'ordinanza del gip del tribunale di Napoli, Giuliana Tagliatatela, n. 9/2015, si evincerebbe un desolante scenario in cui forze politiche, imprenditori e funzionari pubblici operavano all'unisono con appartenenti a uno dei più feroci sodalizi criminali di Caserta, il clan Casalesi, monopolizzando indebitamente le gare di appalto bandite dall'azienda ospedaliera Sant'Anna e San Sebastiano di Caserta, in assoluta violazione delle nome sulla corretta gestione delle attività amministrative, ciascuno per un proprio tornaconto personale;
   tra i destinatari della misura cautelare ai domiciliari figurano:
    l'ex direttore generale dell'azienda ospedaliera, Francesco Bottino, indagato del delitto di cui agli articoli 110, 81, 61 e 353-bis c.p., 7 della legge 203 del 1991 in quanto – scrive il gip di Napoli – in totale violazione la normativa sugli appalti, si sarebbe rifiutato di indire una gara ad evidenza pubblica, procedendo all'affidamento diretto del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici all'IVS ITALIA S.p.a., con l'aggravante di aver commesso il fatto allo scopo di favorire l'organizzazione camorristica cosiddetta dei Casalesi e, in particolare, la fazione facente capo a Zagaria Michele, operante nel territorio di Caserta e comuni limitrofi;
    Giuseppe Gasparin, sindaco di Caserta, ex dirigente dell'ufficio provveditorato dell'Asl di Caserta, indagato per corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio ai sensi dell'articolo 319 c.p.; secondo gli inquirenti, avrebbe garantito l'aggiudicazione alla società IVS ITALIA S.p.a della concessione in via esclusiva del servizio di ristoro, dei distributori da installarsi all'interno dei presidi ospedalieri, dei distretti sanitari e degli uffici dell'Asl di Caserta, presumibilmente in cambio di una somma di denaro, con l'aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. e comunque al fine di agevolare l'organizzazione camorristica cosiddetta dei Casalesi da marzo a dicembre 2012;
    il consigliere regionale Pdl Angelo Polverino, con D'Amico Remo, ritenuto preposto del gruppo Zagaria, e Smarra Francesco, quale dipendente dell'azienda ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta, indagati in quanto avrebbero avuto funzioni di intermediari nell'assegnazione della gara in favore della I.V.S. Italia s.p.a. con l'aggravate mafiosa prevista dall'articolo 416-bis c.p. e comunque al fine di favorire l'organizzazione camorristica cosiddetta dei Casalesi;
   tra i destinatari dell'ordinanza del gip del tribunale di Napoli, Giuliana Taglialatela, n. 9/2015 di custodia in carcere, figura l'ingegnere Bartolomeo Festa, direttore dell'unità operativa complessa di ingegneria dell'azienda ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta, a capo di un ufficio che i magistrati non esitano a definire «centro nevralgico dell'attività criminale»;
   l'ingegnere Festa Bartolomeo è stato assunto mediante stipula di contratto a tempo determinato ex 15-septies, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni con deliberazione n. 344 del 10 giugno 2006. Il suddetto incarico aveva durata triennale, ma, alla scadenza, in esecuzione della deliberazione n. 250 del 19 marzo 2009, il contratto medesimo sarebbe stato rinnovato, alle stesse condizioni, per altri 5 anni;
   con la delibera 146 del 6 agosto 2014, il contratto dell'ingegnere Festa è stato ulteriormente prorogato dall'attuale direttore generale dell'azienda ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta. E, nonostante il susseguirsi negli anni di differenti direttori generali in suddetto ospedale, l'incarico dell'ingegnere Festa è stato sempre rinnovato. Inoltre, da un articolo apparso il 21 gennaio 2015 sul sito web «ilfattoquotidiano.it» a firma Vincenzo Iurillo, risulta che l'ingegnere Festa sia stato assunto «su designazione» di Francesco Zagaria, cognato di Michele Zagaria;
   nella suddetta ordinanza di custodia cautelare emergerebbe che l'ingegnere Festa, abusando del proprio ufficio, abbia consentito l'affidamento diretto dei lavori in somma urgenza, sempre ai medesimi imprenditori, in totale violazione della normativa sugli appalti, nonché in contrasto con i principi di rotazione, trasparenza, pubblicità e parità di trattamento ex articolo 125 decreto legislativo n. 163 del 2006;
   il Gip ha ritenuto sussistere un grave quadro indiziario a carico degli indagati, in relazione alla turbata scelta del contraente e in riferimento ai seguenti appalti e affidamenti diretti indetti dall'azienda ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta: una gara d'appalto per la tinteggiatura e lavorazioni accessorie del valore di 450.000 euro (ditta favorita: ditta individuale Luigi Iannone), una gara d'appalto per l'affidamento delle manutenzioni degli immobili consistenti in lavori edili e lavori affini del valore di 150.000 euro (ditta favorita: Odeia Srl); una gara d'appalto per l'affidamento del servizio di gestione e manutenzione degli impianti elevatori del valore di 1.189.500 euro (ditta favorita Komè Srl); affidamenti diretti di lavori in mancanza dei necessari requisiti di legge sempre alle medesime ditte dal 2006 a oggi, per un valore totale di oltre 3.000.000 di euro (ditte favorite: ditta individuale Luigi Iannone, ditta individuale Salvatore Cioffi, Odeia Srl, Piccolo, DM Soffitti Sas); l'affidamento diretto della gestione del bar e delle macchine distributrici di bevande e alimenti, con danno erariale stimato per il consumo di forniture pubbliche e l'occupazione del suolo pubblico in oltre 50.000 euro dal 1o gennaio 2010 a oggi (ditte favorite: ditta individuale Mario Palombi e Ivs Italia SpA di Bergamo) –: 
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per modificare la legislazione in materia di affidamento diretto dei lavori pubblici e, in particolare, quanto previsto dall'articolo 125 del decreto legislativo n. 163 del 2006, posto che la legislazione attualmente in vigore sembrerebbe favorire la commissione dei delitti in questione;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per modificare la legislazione in materia di assunzioni a chiamata diretta all'interno della pubblica amministrazione, per i medesimi problemi citati nella domanda di cui sopra;
   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, al fine di impedire che la criminalità organizzata possa arrivare ad infiltrarsi in appalti e servizi pubblici. (4-07679)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATALANO, ZACCAGNINI, PASTORELLI, ARTINI, PINNA, BARBANTI, CRISTIAN IANNUZZI, BASILIO, DI LELLO, LOCATELLI e PLANGGER. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come denunciato da un articolo del 19 gennaio 2015, pubblicato su Il Mattino, i carabinieri «hanno accertato che nell'ufficio postale di Sapri la corrispondenza non solo non veniva consegnata da lungo tempo ma anche che in molti casi veniva “distrutta” per evitare il faticoso lavoro di distribuirla»;
   i reati ipotizzati dalla procura, a carico di vari dipendenti di Poste italiane spa, anche di ruolo dirigenziale, sarebbero quelli di interruzione di servizio pubblico, falsità materiale, nonché sottrazione e soppressione di corrispondenza;
   come denunciato da un articolo del 22 gennaio 2015 sul Giornale di Sicilia, che riprende denunce del sindacato SLP-CISL, gli uffici postali dell'area di Trapani sarebbero nel caos, con lunghe code agli sportelli, accumulo di corrispondenza, carenza di mezzi primari di lavoro e, conseguentemente, con un forte disagio nel personale, in procinto di dare il via a un lungo sciopero delle prestazioni straordinarie e aggiuntive in tutta la Sicilia –:
   di quali notizie disponga il Governo;
   se il Governo disponga di dati aggiornati relativi alla commissione del reato di sottrazione e soppressione di corrispondenza negli ambiti territoriali delle regioni Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Puglia, Molise, e dei medesimi dati in relazione all'intero territorio nazionale;
   se il Governo, nella sua qualità di socio unico di Poste italiane spa, non ritenga opportuno sensibilizzare il management sull'opportunità di potenziare ed efficientare le strutture ispettive interne;
   se il Governo, nella sua qualità di socio unico di Poste italiane spa, non ritenga opportuno sensibilizzare il management sull'opportunità di migliorare la gestione, e soprattutto efficientare la dotazione umana e strumentale degli uffici postali, con speciale riferimento al servizio pubblico postale;
   se il Governo, nella sua qualità di socio unico di Poste italiane spa, non ritenga opportuno verificare se l'attuale amministratore delegato della società stia eseguendo, in modo coerente agli indirizzi strategici dell'assemblea dei soci, il rinnovamento della gestione aziendale, in particolare per quanto riguarda la struttura di tutela aziendale. (4-07671)


   PRODANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   una serie di recenti comunicati stampa da parte della segreteria provinciale del Sindacato italiano lavoratori polizia (SILP) della CGIL di Trieste, ha denunciato una situazione generale molto critica per quanto concerne la carenza e l'inadeguatezza degli strumenti e delle strutture a disposizione del personale della polizia di Stato operante a Trieste;
   secondo le segnalazioni effettuate dal sindacato di polizia, il parco mezzi adibito al servizio di volante dall'ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della questura di Trieste, utilizzabili per la copertura ininterrotta dei quattro turni giornalieri di servizio, consterebbe in sole 3 unità, oltre al fatto che, per tali autovetture, non sarebbero disponibili pneumatici da neve in numero sufficiente;
   risulterebbe, sempre dalle denunce del summenzionato sindacato, la disponibilità presso il commissariato di San Sabba di soli due giubbotti anti proiettile, riservati per il personale in servizio di pattugliamento o, secondo una calendarizzazione interna, di vigilanza a siti specifici;
   un altro grave problema che incide negativamente sulle condizioni di lavoro degli agenti di polizia, sia in termini di salute che di sicurezza, è rappresentato dalle condizioni allarmanti in cui versa la struttura della questura di Trieste;
   l'11 dicembre 2014 il SILP-CGIL ha fatto pervenire al questore della provincia di Trieste – e, per conoscenza, al Ministero dell'interno – una segnalazione che denuncia l'insalubrità di diversi ambienti della struttura, interessati dalla presenza di amianto in stato di grave degrado;
   sempre da comunicazioni della segreteria provinciale SILP-CGIL, risalenti all'11 gennaio 2015, viene posta la grave situazione della vigilanza della caserma Duchessa D'Aosta – commissariato di San Sabba, dove il controllo dell'accesso e dell'intero comprensorio – pari a 27.000 metri quadri – sarebbe demandata ad un solo operatore per turno, che presta servizio all'interno di un container privo di qualsiasi misura di protezione passiva;
   la sicurezza relativa agli uffici della polizia a Trieste è stata recentemente messa sotto dura prova quando, il 13 marzo 2014, un cittadino afgano si è sparato, nei pressi della questura, con la pistola di servizio sottratta all'agente «addetto al ricevimento»;
   tali carenze incidono negativamente sulle possibilità per gli agenti della polizia di Stato di poter svolgere in modo adeguato, ed in condizioni di sicurezza, il proprio lavoro;
   la situazione desta ancora più allarme in un momento come quello attuale, in cui lo stesso Ministro dell'interno – in seguito agli attacchi terroristici in Francia – ha messo in evidenza che «il livello di allerta rimane altissimo» (come riportato dalle agenzie di stampa ANSA del 13 gennaio 2015) –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopracitati;
   come si intenda procedere per mettere la questura di Trieste in condizioni adeguate per poter garantire delle condizioni decorose e salubri al proprio personale, come previsto dalle leggi vigenti in materia di sicurezza sul lavoro;
   come si intenda intervenire per assicurare in maniera adeguata il presidio d'accesso e la vigilanza interna del complesso della caserma Duchessa d'Aosta;
   come si intenda provvedere alla carenza degli strumenti necessari alla polizia di Stato di Trieste per operare in maniera opportuna e garantire il fondamentale compito di tutela della collettività;
   se ritenga che il numero degli operatori in servizio negli uffici dipendenti della questura (commissariati compresi) sia sufficiente per svolgere adeguatamente tutte le tipologie di servizio, anche alla luce dell'accresciuto allarme per il livello di sicurezza in seguito agli attentati terroristici in Francia. (4-07672)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMODDIO e SCHIRÒ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ogni docente con contratto a tempo indeterminato, in servizio presso una scuola pubblica, è inserito in una graduatoria d'istituto, nella quale occupa una posizione determinata dall'anzianità di servizio, dai titoli posseduti, dalla situazione familiare e dalla cosiddetta «continuità didattica»;
   la cosiddetta continuità didattica consiste in un punteggio aggiuntivo assegnato per ogni anno di servizio prestato nello stesso istituto senza soluzione di continuità;
   la posizione di ogni docente nella graduatoria d'istituto si rivela di fondamentale importanza quando si verifica una contrazione di cattedre;
   infatti, gli ultimi in graduatoria sono coloro che diventano «perdenti posto», destinati a essere utilizzati nelle scuole della provincia in cui ci siano cattedre libere o a ingrossare le file del cosiddetto organico aggiuntivo;
   la continuità didattica (regolata dal CCNI 2013/14, note 5 e 5-bis della tabella valutazione titoli allegata) si interrompe quando il docente fa domanda di trasferimento presso un altro istituto o chiede di esservi assegnato in via provvisoria, quando segue il coniuge all'estero e quando si allontana perché vincitore di una borsa di studio, di un dottorato o di un assegno di ricerca;
   viceversa mantengono la continuità didattica: coloro che usufruiscono di distacchi di tipo politico o sindacale (per effetto della legge n. 300 del 1970), i docenti collocati in aspettativa per assumere servizio (anche a domanda) in associazioni professionali che abbiano nello statuto finalità didattiche o pedagogiche; i docenti che prestano servizio (anche a domanda) presso il provveditorato; i docenti che esercitano (sempre a domanda) le funzioni di dirigente scolastico presso un altro istituto;
   in tutti questi casi c’è effettiva interruzione di servizio, ma l'assunzione di questi ruoli è considerata funzionale all'interesse pubblico, motivo per il quale il punteggio della continuità viene assegnato ugualmente;
   pertanto, si verifica, ad esempio, che un docente assegnista di ricerca presso l'università – collocato in aspettativa, senza assegni presso la scuola superiore in cui insegna – quando rientrerà a scuola, non potendo usufruire dei punti relativi alla continuità didattica, vedrà peggiorata la sua posizione nella graduatoria di istituto e si troverà in coda alla suddetta graduatoria, e si vedrà superato da colleghi, che magari non avranno fatto alcun corso di aggiornamento da anni;
   va sottolineato che il docente assegnista non avrà diritto neanche ad usufruire di un punteggio aggiuntivo nella fascia relativa ai titoli, se comunque raggiunge il punteggio massimo;
   ciò significa che il docente assegnista in aspettativa subirà una penalizzazione per aver fatto un'esperienza universitaria e nonostante il contributo all'avanzamento della ricerca nell'ambito delle discipline che insegna;
   molti docenti assegnisti sono già da anni «perdenti posto», costretti a trasferirsi di scuola in scuola, senza avere la possibilità di mettere a frutto, proprio contando sulla continuità del proprio lavoro, le competenze acquisite;
   vi è una disparità di trattamento rispetto a quello che riguarda le altre categorie di distaccati, tanto più che l'attività di ricerca è sicuramente da considerare come periodo di formazione;
   è incongruente il fatto che non venga considera parimenti di interesse pubblico approfondire le proprie competenze nelle discipline che si insegnano e contribuire alla ricerca nello stesso ambito, nonostante venga sempre manifestata la necessità della «formazione permanente» per gli insegnanti –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare per porre rimedio all'ingiusta disparità di trattamento riservata nei confronti dei dottorandi/assegnisti.
(5-04581)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende anche dalla stampa, è noto il grave malcontento dei titolari di partita Iva per l'aumento delle imposte deciso dal Governo (quintuplicate per oltre mezzo milione di persone), quale risultato di una riforma, ad avviso dell'interrogante erronea, del regime «agevolato», quello «dei minimi», adottata con la recente legge di stabilità per l'anno 2015;
   addirittura, i freelance dichiarano provocatoriamente di volere aumentare per protesta i compensi che richiederanno aggiungendo una voce in fattura denominata «Aggravio imposte Renzi»;
   al riguardo, il Presidente del Consiglio ha anche riconosciuto la necessità di emanare un ulteriore provvedimento ad hoc per riparare all'ingiustizia delle nuove modifiche al regime fiscale. Allo stesso modo il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti ha dichiarato che le norme in questione vanno assolutamente riviste perché scritte «male»;
   si ricorda che, il vecchio regime «dei minimi» è riservato a chi ha meno di 35 anni e guadagna meno di 30 mila euro l'anno lordi, l'aliquota che si applica sul reddito è del 5 per cento e le spese sono singolarmente deducibili. Con il nuovo regime disposto dal Governo non ci sono limiti di tempo ed età, ma la soglia per beneficiarne è stata abbassata a 15 mila euro e l'aliquota sul reddito è del 15 per cento, pertanto è addirittura triplicata;
   l'associazione dei freelance, Acta, denuncia che il nuovo sistema si basa su redditi netti vicini alla soglia di povertà. A ciò si aggiunge l'aumento dell'aliquota per i contributi previdenziali dal 27,72 al 29,72 per cento (nel 2019 raggiungerà il 33 per cento). Tra l'altro, la misura servirà a finanziare l'Aspi, un ammortizzatore sociale di cui i lavoratori a partita Iva non potranno neanche beneficiare;
   i dati verificati dimostrano il disastroso effetto delle nuove disposizioni: sui redditi da 8 mila euro le imposte annue saliranno del 211 per cento (+1.014 euro); del 315 per cento per quelli intorno ai 15.600 (+2.844 euro); del 353 per cento per i 18.640 euro (+ 3.750 euro), e del 383 per cento per un reddito di 23.400 euro (+5.171 euro);
   ovviamente l'ingiustizia della riforma ha determinato come primo effetto la corsa dei professionisti all'apertura di partite Iva a fine 2014 per usufruire ancora del vecchio regime: a novembre, 11.917 soggetti, l'84 per cento in più rispetto al 2013;
   è a dir poco evidente la necessità di provvedere con immediati provvedimenti a rimuovere le criticità determinate dal nuovo regime fiscale per i titolari di partite Iva;
   inoltre, considerando che i lavoratori autonomi, oltre ad essere onerati da un ingiusto regime fiscale, non sono tutelati a sufficienza anche rispetto ai regimi previdenziale ed assistenziale, si ritiene necessaria una più ampia riforma per supportare tale categoria di lavoratori –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro sui fatti esposti in premessa;
   se e quali urgenti iniziative si intendano adottare per modificare il nuovo regime fiscale adottato per i titolari di partita Iva come disposto dalla legge di stabilità per l'anno 2015;
   se e quali immediate iniziative si intendano adottare per disporre una più ampia riforma a tutela e sostegno dei lavoratori autonomi, anche per riparare all'eccessiva disparità di tutele che sussiste rispetto ai lavoratori dipendenti. (5-04585)

Interrogazione a risposta scritta:


   PETRAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le emittenti radiotelevisive locali si occupano della diffusione dei contenuti visivi e sonori del territorio a cui fanno riferimento, ad esempio telegiornali con cronaca locale, eventi sportivi o religiosi di interesse locale, rubriche di analisi delle realtà economiche e culturali locali, e altro;
   in Provincia di Taranto, tra le varie situazioni di crisi occupazionale, è da evidenziare la situazione dell'emittente televisiva Blustar TV srl, emittente nata nel 1987 a Francavilla Fontana in provincia di Brindisi. Agli inizi degli anni novanta BLUSTAR TV realizza la sua sede a Taranto dotandola di strumentazione costruita da primarie aziende del settore ed utilizzando per le riprese, post-produzione e messa in onda il sistema digitale. Nel 1994 BLUSTAR TV ottiene dal Ministero delle telecomunicazioni la concessione per operare come emittente commerciale e fin da subito si è imposta nel panorama televisivo locale per la qualità della programmazione e per le professionalità giornalistiche e tecniche impiegate. La programmazione dell'emittente jonica ha sviluppato interesse e raccolto ampi consensi di pubblico per la caratterizzazione dell'informazione, dello sport e dello spettacolo;
   in data 14 gennaio 2015 l'emittente tarantina ha attivato la procedura di mobilità, per tutti i suoi dipendenti, per cessazione attività. Una situazione aggravata anche dalla presenza di pendenze da parte dell'azienda nei confronti dei lavoratori, che sono in attesa del pagamento degli stipendi, di ricevere i ratei della tredicesima non percepiti e di vedersi riconosciuti gli arretrati;
   la vicenda dell'emittente tarantina non è certamente la prima che tocca i media locali dell'arco jonico ma si aggiunge alla chiusura del quotidiano locale «Corriere del Giorno», avvenuta la scorsa primavera, e di altre piccole realtà editoriali;
   secondo quanto dichiarato dalle sigle sindacali di categoria, l'emittente tarantina sarebbe beneficiaria dei contributi statali previsti dalla legge 448 del 1998 a sostegno proprio dell'emittenza radio-televisiva che starebbero per essere erogati;
   da parte dell'azienda non c’è stata, secondo i sindacati, la volontà di aprire un confronto per trovare una soluzione alle problematiche aziendali, giustificando gli odierni licenziamenti con l'impatto negativo prodotto dal provvedimento governativo in materia di dismissione delle frequenze –:
   se l'emittente televisiva Blustar TV Srl risulti tra le beneficiarie dei contributi statali previsti dalla legge n. 448 del 23 dicembre 1998;
   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano avviare per scongiurare la perdita di posti di lavoro in un territorio con un alto tasso di disoccupazione come quello tarantino.
(4-07678)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il lancio di un tweet sul noto social network da parte di Expo 2015 ha suscitato la reazione di una parte consistente dell'opinione pubblica siciliana ed ora anche dell'ordine dei chimici;
   la questione riguarda la coerenza con la tradizione culinaria siciliana di alcune ricette;
   l'ordine dei chimici, che ha stipulato una convenzione gratuita anche con il comune di Palermo per fornire certificazioni finalizzate a richiedere all'Unione europea il riconoscimento di specialità tradizionali garantite (STG), ha già compilato quattro schede su quattro cibi della tradizione dell'isola: l’«arancina» il «pane con le panelle», lo «sfincionello» e il «pane ca’ meusa»;
   si tratta di un lavoro scientifico in cui sono state ricostruite le ricette dal punto di vista storico, degli ingredienti, fino alle modalità di preparazione e cottura;
   è evidente che il caso sollevato dal «cinguettio» sul social network, soprattutto in vista di un evento mondiale come Expo 2015, centrato sul cibo, pone un problema non secondario in merito alla tutela delle specificità e delle tradizioni;
   si tratta del vero biglietto da visita delle nostre tradizioni e di una straordinaria questione di trasparenza e sicurezza per gli stessi cittadini/consumatori;
   la mancata protezione di queste ricette comporta rischi evidenti su ciò che viene immesso sul mercato e anche pesanti ricadute negative in termini economici in considerazione del fatto che la specificità di alcune tradizioni può invece consentire il rilancio di importanti comprensori e valorizzare intere filiere agroalimentari –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare, in prossimità dell'appuntamento di Expo 2015, per tutelare alcune specifiche ricette come appunto quella della caponata e dell'arancina palermitana e se non intenda attivarsi da subito in sede comunitaria per il riconoscimento della «SGT» (Specialità tradizionale garantita) delle ricette relative appunto a: «arancina» il «pane con le panelle», lo «sfincionello» e il «pane ca’ meusa», al fine di una più attenta tutela di queste tradizioni e della loro promozione. (5-04582)


   VALLASCAS, PRODANI, TRIPIEDI, CIPRINI, COMINARDI e CHIMIENTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito degli esiti positivi del piano pluriennale di ricostituzione degli stock di tonno nell'Atlantico e nel Mediterraneo, lo scorso mese di novembre, la Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (Iccat) ha deciso di rideterminare, aumentandole, le quote di pesca del tonno consentite per l'anno 2015;
   nello specifico, il totale ammissibile di cattura (Tac) per l'Italia è stato incrementato di circa 400 tonnellate, passando dalle attuali 1.950,00 a 2.302,80 su una quota totale europea che da 7.938,65 passa a 9.302,92 tonnellate;
   l'incremento di circa 20 per cento con una previsione di un ulteriore aumento del 70 per cento nel 2017, salvo revisioni annuali del comitato scientifico Iccat, ha determinato una legittima aspettativa di crescita e redditività nel settore, in considerazione dei forti limiti e dei numerosi vincoli cui è stato sottoposto il comparto negli ultimi anni;
   sarà il Governo italiano a ripartire la nuova disponibilità di quote tra i diversi sistemi consentiti di cattura del tonno, tra circuizione (attualmente 1.451,23 tonnellate – 74,406 per cento), palangaro (265,00 – 13,587 per cento), tonnara fissa (165,00 8,460 per cento, pesca sportiva/ricreativa (40,00 – 2,051 per cento) e quota non divisa (29,19 – 1,496 per cento);
   nel corso degli anni, dall'introduzione della Tac, sono state rilevate diverse difficoltà da parte degli operatori nello svolgimento dell'attività di pesca del tonno, nonché alcune incongruenze che potrebbero essere rimosse in occasione della suddivisione del nuovo contingente;
   viene sollevata, ad esempio, la questione relativa alla quota non divisa, all'interno della quale vanno ricompresi gli esemplari pescati incidentalmente, che secondo quanto rilevato dagli operatori e dalle associazioni di categorie avrebbe determinato una situazione di disparità tra pescatori di regioni diverse;
   si rileva infatti che, una volta entrati nel Mediterraneo, i tonni seguono delle rotte definite: per quanto riguarda l'Italia, dapprima costeggiano la Sicilia e le regioni del meridione, risalgono verso la Toscana e la Liguria, successivamente ridiscendono verso sud, costeggiando la Sardegna;
   considerato che la quota indivisa è residuale rispetto all'ammontare complessivo del Totale ammissibile di cattura, appena 29,19 tonnellate, quando i banchi costeggiano la Sardegna, dopo circa due mesi di permanenza nei mari italiani, il limite determinato dalla quota indivisa è stato già raggiunto dalle altre regioni;
   questo stato di cose penalizza enormemente gli operatori toscani, liguri e sardi che subiscono un forte limite operativo nella pesca, determinato dal rigido sistema di controlli e dal regime sanzionatorio, ancorché in presenza di esemplari pescati accidentalmente;
   appare pertanto urgente modificare le modalità di attribuzione delle quote, con particolare riguardo a quelle indivise, al fine di superare i gravi inconvenienti riscontrati in questi anni dagli operatori della pesca di alcune regioni italiane;
   una soluzione alle criticità illustrate, e determinate dalla particolarità della rotta seguita dai banchi di tonno rosso nel Mediterraneo, può essere quella di attribuire le quote indivise, non su base nazionale, ma su base regionale, affinché si ristabiliscano eguali condizioni di operatività tra i pescatori delle diverse regioni –:
   quali iniziative intenda adottare per superare le disparità in cui si trovano a operare i pescatori delle diverse regioni italiane, con riferimento alle limitazioni derivanti dall'attribuzione su base nazionale della quota indivisa nell'ambito della campagna della pesca del tonno;
   se non ritenga opportuno, in occasione della definizione del contingente per la stagione 2015 della pesca del tonno rosso, attribuire la quota indivisa su base regionale. (5-04590)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   COLONNESE, SCAGLIUSI, CECCONI, DE LORENZIS, LOREFICE e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   VBAC è un acronimo inglese che sta per Vaginal Birth After Cesarean, ovvero parto vaginale dopo un cesareo;
   come si legge in American Pregnancy, il 90 per cento delle donne che hanno subito parti cesarei possono scegliere di ricorrere al VBAC. Secondo le statistiche, il 60-80 per cento (3-4 su 5) delle donne che hanno già subito un cesareo partoriscono con successo in modo naturale per la seconda gravidanza;
   qualora una donna scegliesse di ricorrere al parto vaginale dopo il cesareo può scegliere di fare il cosiddetto travaglio di prova (TOL, trial of labor), a verifica della possibilità di un parto vaginale. La scelta deve essere ponderata con il ginecologo tenendo conto la storia clinica della paziente. La complicazione più temuta consiste nella rottura dell'utero a livello della cicatrice. Il rischio esiste, ma recenti studi hanno dimostrato che la percentuale di casi di rottura di un utero operato è molto vicina a quella di un utero privo di incisioni pregresse. Anche se i casi sono comunque rari è consigliabile, in caso di ricorso al parto VBAC, di rivolgersi a strutture idonee a far fronte alle situazioni di emergenza;
   il parto naturale, quando possibile, è sempre preferibile a quello chirurgico per una serie di meccanismi fisiologici di cui beneficiano la madre e il nascituro. Nondimeno è da sottovalutare l'importanza dei benefici psicologici per la madre derivanti dalla sperimentazione del dolore e la gestione del travaglio. Per quanto riguarda il bambino, il passaggio attraverso il canale del parto migliora la funzionalità polmonare dovuta alla fuoriuscita del liquido polmonare dalla gabbia toracica. Inoltre, il travaglio mette in circolo ormoni che aiutano il piccolo ad adattarsi meglio alla vita extrauterina, fra cui le catecolamine, che condizionano positivamente il sistema cardiocircolatorio e nervoso del piccolo e inducono la sintesi di surfactante, una sostanza che consente la maturazione polmonare;
   le linee guida sul taglio cesareo dell'Istituto superiore di sanità italiano, emesse il 30 gennaio 2012, evidenziano che sottoporre la donna a ripetuti tagli cesarei aumenta la possibilità di complicazioni e mortalità materne e perinatali. Si raccomanda, inoltre, di offrire a tutte le donne che hanno già partorito mediante taglio cesareo la possibilità di travagliare e partorire per via vaginale;
   gli ospedali e ostetriche in libera professione che assistono VBAC sono dislocati su tutto il territorio nazionale, da Nord a Sud;
   da un'intervista del dottore Roberto Vigorito, ostetrico ginecologo presso l'ospedale Fatebenefratelli di Napoli, è facile dedurre quanto in modo particolare al sud Italia sia diffusa la credenza, anche in ambito medico, secondo cui una donna che mette alla luce il suo primogenito con parto cesareo, debba necessariamente ricorrere al parto chirurgico anche per il secondo figlio –:
   se, in conformità con le linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità e applicando concretamente le linee guida nazionali sul taglio cesareo, non ritenga opportuno incoraggiare il ricorso al parto vaginale dopo cesareo (VBAC), in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, partendo da un'accurata e adeguata formazione professionale del personale ospedaliero. (4-07669)


   FURNARI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal primo «Rapporto sulla valutazione del danno sanitario – stabilimento Ilva di Taranto ai sensi della LR 21/2012. Scenari emissivi pre-AIA (anno 2010) e post-AIA (anno 2016)», pubblicato nel maggio 2013, indagine condotta dai medici di ISDE Italia, società scientifica da anni impegnata nello studio dei rapporti tra ambiente e salute e nell'affermazione dell'importanza della prevenzione primaria, emerge uno scenario sempre più sconcertante;
   sulla base delle analisi epidemiologiche, delle analisi del rischio e del danno sinora condotte si può affermare, sostengono gli esperti che: «la continuità del funzionamento produttivo dell'ILVA è incompatibile con qualunque profilo di tutela dell'ambiente e della salute dei tarantini»;
   si tratta di un'ulteriore conferma rispetto alle indagini già condotte da ARPA Puglia che, con il «primo rapporto sulla valutazione del danno sanitario», ha affermato che la completa applicazione delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, quando e se raggiunta, sarà in grado di attenuare i rischi ambientali e sanitari per i tarantini ma non di renderli accettabili dal punto di vista epidemiologico ed etico;
   infatti, il documento elaborato da ARPA Puglia confronta le emissioni contestualizzate al 2010, con quelle che si avranno quando la realizzazione delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale sarà completa. Per fare alcuni esempi, la produzione di benzo(a)pirene, potente cancerogeno, si ridurrà, dopo l'applicazione dell'autorizzazione integrata ambientale, solo del 9 per cento, passando da 76 a 69Kg/anno. Mentre, rimarranno sostanzialmente invariate (con riduzioni inferiori al 6 per cento) le emissioni convogliate di metalli pesanti cancerogeni e neurotossici come cadmio e piombo. Inoltre, le emissioni di cromo esavalente e di benzene, altri noti agenti cancerogeni, dopo l'applicazione dell'autorizzazione integrata ambientale addirittura aumenteranno del 15 per cento. Infine, nel caso del benzene e dei PCB (composti simili alle diossine), dopo l'applicazione completa dell'autorizzazione integrata ambientale ci sarà, secondo ARPA, addirittura un «incremento di concentrazione al suolo»;
   in altre parole, ad autorizzazione integrata ambientale applicata, i tarantini continueranno a vivere in un'area nella quale il rischio ambientale ed epidemiologico, pur se ridotto, sarà comunque alto e inaccettabile per una popolazione reduce da decenni dai danni subiti;
   questi ed altri dati sconcertanti sono contenuti nell'audizione che il 21 gennaio 2015 gli esperti dell'Associazione medici per l'ambiente – Italia hanno reso nel corso alle Commissioni riunite 10o e 13o del Senato arrivando alla conclusione che sarebbe necessaria «un'analisi preventiva del rischio, al fine di consentire concrete, rapide e ineludibili misure di prevenzione primaria (...) In caso contrario, continuerà a tempo indeterminato la discriminazione ambientale e sanitaria dei cittadini di Taranto» –:
   se iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare in ordine alla grave emergenza sanitaria e ambientale che sembra aver raggiunto le dimensioni del vero e proprio disastro per la città di Taranto;
   se, vista la gravità dei risultati delle indagini, non ritenga necessario avviare, per quanto di competenza, una serie di iniziative, volte a valutare in modo complessivo le conseguenze sanitarie a cui è stata ed è soggetta la popolazione della zona, anche attraverso l'attivazione di adeguati, periodici e capillari controlli sanitari sulla popolazione interessata;
   se non si ritenga urgente, per le parti di competenza, avviare parimenti un serio monitoraggio ambientale delle aree interessate, per chiarire la gravità dell'inquinamento subito da questa città e le conseguenze sulla salute dei cittadini. (4-07680)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, GIANCARLO GIORDANO, SCOTTO, AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 gennaio 2015 alcuni organi di stampa (Ansa, Corriere Adriatico e Messaggero, nelle versioni online) riportano la notizia della messa in mobilità di 20 dirigenti della società Indesit Company, acquisita nel luglio 2014 dalla multinazionale americana Whirlpool;
   nonostante le numerose richieste provenienti da rappresentanti politico-istituzionali e dai lavoratori, non sono a tutt'oggi chiari il piano industriale di Whirlpool e le ricadute sui livelli occupazionali dei territori interessati a seguito dell'annunciato piano di riorganizzazione della Indesit;
   in data 31 ottobre 2014 la testata La Repubblica, in occasione dell'offerta pubblica d'acquisto su Indesit del 3 novembre 2014, riportava alcuni stralci del documento dell'offerta pubblica d'acquisto, dai quali si evinceva la volontà di Whirlpool di procedere ad «operazioni straordinarie come fusioni infragruppo e trasferimenti di cespiti o aziende o rami d'azienda, nonché alla riorganizzazione delle attività produttive e distributive e il consolidamento di alcune funzioni tra i due gruppi», nonché l'intenzione di avviare una «razionalizzazione delle funzioni amministrative e produttive tra Whirlpool e Indesit»;
   già in quella circostanza la prima firmataria del presente atto presentava una interrogazione parlamentare la n. 5-03957 del 4 novembre 2014, seduta n. 324, nella quale si chiedeva al Ministro se non ritenesse opportuno «convocare immediatamente un tavolo con la società Whirlpool, le organizzazioni sindacali e le istituzioni territoriali, interessate, al fine di evitare iniziative che possano colpire nuovamente i livelli occupazionali e gli stabilimenti produttivi della Indesit situati nelle Marche e in Campania»;
   l'organizzazione sindacale Fiom ha reso noto che il Governo si era impegnato a convocare un incontro tra Governo, nuova proprietà Indesit (Whirlpool) e organizzazioni sindacali entro il 15 dicembre 2014. Impegno ad oggi disatteso;
   a seguito di un'altra interrogazione parlamentare della prima firmataria del presente atto, in data 8 ottobre 2014 il Viceministro dello sviluppo economico De Vincenti, durante il question time in Commissione attività produttive della Camera dei deputati, riferì che la Whirlpool aveva dichiarato di dover effettuare ulteriori verifiche al suo interno all'esito delle quali ci sarebbe stata da parte del Ministero una nuova convocazione dell'impresa;
   va tenuto conto del citato documento di offerta pubblica di acquisto di Whirlpool e dell'intenzione di «razionalizzare le funzioni amministrative» di Indesit e Whirlpool; secondo le stime della Fiom le funzioni impiegatizie considerate sovrapponibili solo nello stabilimento di Fabriano interesserebbero 1.200 unità;
   altrettanto sovrapponibili per attività svolte possono essere considerati diversi stabilimenti situati in Italia, appartenenti ai due gruppi, che attualmente ricorrono ad ammortizzatori sociali –:
   se non ritenga il Ministro interrogato di dover convocare immediatamente un tavolo di confronto tra Ministero, Whirlpool e organizzazioni sindacali al fine di chiarire il piano di riorganizzazione che intende adottare la multinazionale americana a seguito dell'acquisizione di Indesit e il relativo piano industriale e quali iniziative intenda adottare, anche alla luce degli impegni assunti dalla vecchia proprietà di Indesit con gli accordi sottoscritti in data 3 dicembre 2013 presso il Ministero dello sviluppo economico, per salvaguardare i livelli occupazionali nei territori interessati dalla riorganizzazione aziendale avanzata da Whirlpool. (5-04586)


   BENAMATI, TIDEI, CANI, CARRA e BARGERO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale tedesca E.ON, specializzata nel settore dell'energia elettrica e del gas è tra i principali player del settore energetico europeo e mondiale, con una capacità produttiva complessiva pari a 68 gigaWatt e un portafoglio di generazione estremamente diversificato sia in termini geografici che di tecnologia, con impianti produttivi in Germania, Regno Unito, Svezia, Russia, Stati Uniti, Italia, Spagna, Francia e Belgio e Olanda;
   con una capacità installata di circa 6,2 gigaWatt da fonti tradizionali e da rinnovabili, e circa 860.000 clienti complessivi tra energia elettrica e gas, E.ON era, prima della fase di dismissione, uno dei principali operatori energetici in Italia nella generazione e nella vendita di energia elettrica e nella vendita di gas;
   E.ON è infatti presente in Italia dal 2000, inizialmente con la vendita di energia a grandi clienti industriali e successivamente con la distribuzione e vendita di gas, e l'estensione della vendita di energia elettrica anche ai clienti residenziali. Nel 2008 E.ON fa il suo ingresso nella generazione con l'acquisizione dell'80 per cento di Endesa Italia, diventando uno dei principali player del mercato dell'energia;
   oggi le attività di E.ON si concentrano nella produzione di energia elettrica, nella vendita e nel trading di energia elettrica e gas. E.ON è inoltre impegnata in importanti infrastrutture per l'approvvigionamento di gas naturale quali l'impianto di rigassificazione OLT Offshore LNG e il gasdotto TAP;
   da novembre 2013 è stato avviato un processo di dismissione e vendita degli asset italiani e spagnoli per fare fronte ai gravi problemi del Gruppo relativi agli esiti negativi delle iniziative di business in Russia ed in Brasile ed anche al notevole onere degli accantonamenti per lo smantellamento degli impianti nucleari conseguenti al phase-out nucleare disposto dal Governo tedesco post Fukushima;
   il processo di vendita degli impianti spagnoli si è concluso con la vendita in blocco ad un fondo di investimento;
   come riportato dalla stampa per gli impianti presenti in Italia, all'inizio si è proceduto verso l'ipotesi di una vendita in blocco di E.ON Italia a Edison, visto che per gli asset più pregiati del gruppo tedesco in Italia, l'idroelettrico di Terni e i 900 mila clienti, erano presenti sul tavolo offerte vincolanti di Erg e Nera, ipotesi che però non ha trovato finalizzazione;
   E.ON ha invece dato il via ufficiale alla vendita con il «break-up» delle attività ossia alla vendita distinta degli impianti raggruppati per tecnologia e, più in particolare:
    a) impianti di generazione gas e a ciclo combinato;
    b) impianti di generazione a carbone;
    c) impianti rinnovabili (eolico e solare);
    d) impianti idroelettrici;
    e) infrastrutture gas;
    f) pacchetto clienti;
   intorno alla metà di gennaio 2015 infatti, il gruppo tedesco ha comunicato al mercato la cessione degli asset di generazione elettrica a carbone (600 megaWatt) e a gas in Italia (6 centrali per 3,9 gigaWatt) al gruppo energetico ceco EPH;
   ad oggi, in particolare, sono stati venduti alla società EPH (si precisa che l'acquisizione si concluderà a primavera):
    a) tutti gli impianti a gas;
    b) l'impianto carbone di Fiume Santo in Sardegna costituito da due unità a carbone da 320 megaWatt ciascuna e già autorizzato per la costruzione e l'esercizio di una nuova unità a carbone da 410 megaWatt;
   sempre da notizie stampa sembra che con riferimento alle rimanenti attività di E.ON in Italia ed alla dismissione in corso:
    a) prosegua la negoziazione per la vendita del nucleo idroelettrico di E.ON in Umbria con Erg come possibile acquirente;
    b) prosegua la negoziazione per la vendita delle attività retail di E.ON (vendita energia e gas) in crisi per la notevole perdita mensile di clienti che sembrano nel mirino di Hera;
    c) non abbia trovato finora possibili acquirenti invece la quota di E.ON nel rigassificatore OLT che di recente è uscito dal mercato e rientrato nel regime regolato vista l'assenza di contratti per le forniture di LNG –:
   se quanto in premessa corrisponda al vero e quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito, in particolare in relazione alle prospettive industriali ed occupazionali, degli impianti venduti e di quelli ancora in trattativa, conseguenti alla scelta di dismissione nelle modalità esposte da E.ON, considerando eventualmente l'opportunità di istituire un tavolo interministeriale di confronto con i vertici di E.ON, le organizzazioni sindacali e gli enti locali per salvaguardare lo sviluppo e l'occupazione dei territori interessati. (5-04587)


   CRIPPA, DA VILLA, FANTINATI, DELLA VALLE, VALLASCAS, PRODANI e MUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 19 dicembre 2013, n. 153, il nostro Paese ha ratificato l'Accordo tra la Repubblica di Albania, la Repubblica greca e la Repubblica italiana sul progetto «Trans Adriatic Pipeline», fatto ad Atene il 13 febbraio 2013;
   il gasdotto in oggetto, una volta in funzione, avrà una capacità di trasporto di 10 miliardi di metri cubi di gas l'anno, eventualmente raddoppiabili e rappresenta un investimento di 40 miliardi di euro. La società Trans Adriatic Pipeline (TAP) AG, con sede in Svizzera, è responsabile per la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione del gasdotto TAP e ha tra gli azionisti la norvegese Statoil (20 per cento), l'inglese BP (20 per cento), l'azera SOCAR (20 per cento), la belga Fluxys (19 per cento), la spagnola Enagás (16 per cento), la svizzera Axpo (5 per cento);
   l'Unione europea dipende per circa il 30 per cento del suo fabbisogno di gas dalla Russia e ancora oggi la metà del gas importato arriva nei confini europei attraverso l'Ucraina e considerando le crisi ripetute tra i due Paesi, cui si somma la crisi politica in Libia ha avuto forti ripercussioni sul mercato energetico e la presenza e disponibilità di nuove infrastrutture dovrebbe migliorare la capacità di risposta del sistema energetico, migliorandone la sicurezza;
   nelle intenzioni del nostro Governo, secondo quanto riportato dal Viceministro De Vincenti in un'intervista a un periodico del settore, il nuovo quadro relativo alle infrastrutture gas, composto principalmente da rigassificatori e dal TAP, sarà completato entro il 2019 e ciò permetterà all'Italia di divenire un importante hub del gas per l'intera Europa, a prezzi competitivi con i rigassificatori e con le infrastrutture già esistenti e in linea con quanto previsto nella Strategia energetica nazionale;
   in sostanza, sembrerebbe che la necessità di costruire un'opera così importante sia legata alla possibilità di poter operare su più mercati di approvvigionamento grazie alla presenza di un elevato numero di infrastrutture in concorrenza tra loro;
   se ciò può essere vero in un mercato fortemente in espansione, con tassi di crescita della domanda interna europea, in ogni caso non affronta il vero problema del nostro Paese, rappresentato dalla forte dipendenza dal petrolio e dal gas importati e, soprattutto, si inserisce in un contesto europeo che vede la domanda di gas in calo da quattro anni;
   secondo quanto riportato nelle statistiche del consorzio Eurogas, il 2013 ha chiuso in calo rispetto al 2012 e le previsioni formulate da Snam, per il mercato italiano, non ritengono che nel 2023 si arriverà a superare nei consumi nazionali la quota di 75 miliardi di metri cubi, ben al di sotto di quanto consumato nel 2005. Tale investimento rischia quindi di non dare i ritorni economici sperati e qui il pericolo per i cittadini-consumatori che siamo qui a sottoporle;
   i cittadini, infatti, prima devono sopportare i danni derivanti dall'aver costruito un'opera di scarsa utilità e successivamente ne dovranno sopportare il costo, come già accaduto in passato per altre opere infrastrutturali formalmente attribuite a investitori privati. È il caso ad esempio del rigassificatore di Livorno, dichiarato strategico, e per il quale i consumatori dovranno pagare 83 milioni di euro solamente per il 2015 o gli interconnector privati per l'energia elettrica dall'estero, sovvenzionati in tariffa elettrica per diverse centinaia di milioni di euro;
   in tale contesto il TAP ben si inserisce in quanto già candidato a ricevere prestiti a tasso agevolato dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e da altre istituzioni-finanziarie pubbliche, finanziate dalla collettività –:
   se il Governo, in base a quanto esposto in premessa consideri l'opera ancora di carattere strategico e quali siano le iniziative che intende porre in essere per garantire la traslazione del costo dell'opera sull'utente finale. (5-04588)


   ALLASIA e CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 luglio 2014 è stata consegnata alle segreterie nazionali di CGIL e CISL e a quelle del settore elettrico l'ennesima proposta da parte di Enel distribuzione rete di riorganizzazione della direzione, la quale prevede l'accorpamento della sede di Breno con quella di Brescia;
   con lo spostamento della direzione di Enel da Breno a Brescia verrebbe a mancare il rapporto diretto tra l'ente ed il territorio, a danno dei cittadini;
   tutte le attività specialistiche verrebbero inevitabilmente spostate e sul territorio rimarrebbero soltanto le attività meramente operative, causando un declassamento a ruolo marginale del presidio della Valle Camonica, in quanto territorio montano;
   la Valle Camonica abbraccia un territorio vasto e complesso e l'operazione di accorpamento, qualora avvenisse, avrebbe delle ripercussioni assolutamente negative sulla gestione delle attività nel territorio, comportando inefficienze negli interventi relativi a manutenzioni e a riparazioni di guasti alle linee;
   con l'eliminazione della zona di Breno si andrebbe a colpire anche la realtà della squadra di Edolo; strutture, entrambe, assolutamente efficienti che hanno acquisito negli anni grande esperienza e professionalità;
   a Breno, secondo i piani prospettati da Enel, rimarrebbe solo un'attività operativa composta da circa 30 lavoratori, i quali dovrebbero soddisfare le richieste di tutta la Valle Camonica; nel territorio sono presenti oltre 110 mila utenze, poco meno di 3.000 chilometri di linee MT-BT e più di 1100 cabine di trasformazione. L'eventuale adozione di politiche di razionalizzazione delle risorse potrebbe mettere seriamente a rischio la gestione in sicurezza dei suddetti impianti;
   l'adozione di politiche di privatizzazione prima, e quelle di esasperata razionalizzazione delle risorse dopo, rischiano di estromettere la Valle Camonica dal giusto riconoscimento del proprio ruolo, con chiare ripercussioni sull'occupazione, sugli investimenti nella sicurezza degli impianti, sulla gestione del territorio e, non da ultimo, sulla qualità del servizio offerto;
   è necessario che vengano adottate tutte le misure opportune per gestire in sicurezza un complesso sistema, composto da una varietà di impianti di generazione idroelettrica, da numerose opere idrocivili e soprattutto da una rete di linee elettriche che presentano difficoltà di gestione, sia dal punto di vista tecnico sia orografico del territorio tipico delle vallate alpine;
   il sistema elettrico della Valle Camonica si ritiene fondamentale per l'assetto energetico del Paese, ed in particolare, del territorio; esso necessita quindi della presenza continua e costante di personale qualificato per garantire ai cittadini un buon presidio territoriale che ricomprenda anche la direzione di Enel distribuzione rete di Breno;
   sono imminenti le consultazioni regionali per affrontare i riflessi sul personale che, si auspica avvengano con la massima disponibilità dell'azienda all'ascolto ed al confronto e siano prioritariamente orientati alla verifica dell'organizzazione del lavoro, al monitoraggio delle competenze e delle consistenze in relazione sia alle uscite che all'implementazione della nuova struttura ed alla copertura di tutte le posizioni necessarie escludendo nuovi interim ad ogni livello;
   un tema fondamentale, utile per definire il dimensionamento del personale operativo, in una logica di mantenimento delle principali attività inerenti il ciclo produttivo aziendale, è la conservazione del patrimonio di conoscenze professionali e di esperienze acquisite in azienda dagli operatori –:
   se il Ministro intenda intervenire per quanto di competenza affinché Enel distribuzione rete riveda le proprie scelte strategiche mantenendo attivo il presidio della zona di Breno e tutte le attività ad esso connesse, compresi gli attuali livelli occupazionali, a garanzia della sicurezza del sistema elettrico di tutto il territorio della Valle Camonica e dell'offerta di un servizio qualificato ed efficiente ai cittadini. (5-04589)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   fondata nel 1853 come «Ansaldo», nel 2001 Ansaldo Caldaie è stata acquisita da Sofinter Spa, holding a capitale privato che controlla un gruppo di società operanti nel settore dell'energia e del trattamento delle acque;
   con oltre 150 anni di esperienza e oltre 1.000 unità installate nel mondo, pari a oltre 80.000 megawatt, Ansaldo Caldaie spa è una società leader nel settore della progettazione, costruzione ed installazione di caldaie di grande taglia per impianti di produzione di energia elettrica;
   negli ultimi 30 anni la società è stata il primo produttore al mondo di caldaie supercritiche a olio;
   tra i suoi valori, sul suo sito istituzionale, Ansaldo Caldaie nello svolgimento delle proprie attività, dice di rispettare l'insieme dei principi fondamentali relativi ai diritti umani, standard lavorativi, tutela dell'ambiente e lotta alla corruzione derivanti:
    dalla Dichiarazione universale dei diritti umani;
    dalla Dichiarazione ILO (International labour organization);
    dalla Dichiarazione di Rio;
    dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione;
   si apprende da comunicati delle organizzazioni sindacali la decisione di Ansaldo Caldaie, Gruppo Sofinter, di cessare l'attività produttiva del sito di Gioia del Colle con la collocazione in mobilità di tutta la forza lavoro di 197 addetti. Tale decisione sarebbe stata annunciata dall'azienda con una lettera inviata ai dipendenti. Il 10 aprile 2015 l'unità produttiva di Goia del Colle, che si occupa esclusivamente della fabbricazione di boiler, terminerà la propria attività produttiva;
   tra le motivazioni vi sarebbe la riduzione degli ordini di acquisti, una «forte contrazione dovuta alla crisi mondiale e alla competizione con aziende a livello globale che producono in Paesi “low cost”»;
   l'analisi effettuata anche con consulenti esterni avrebbe evidenziato come il costo di produzione dello stabilimento di Goia del Colle «sarebbe la causa determinante della perdita di competitività del Boiler Ansaldo» e non sarebbe stato possibile trovare soluzioni alternative alla cessazione dell'unità produttiva;
   tale circostanza viene negata dalle organizzazioni sindacali che in un loro comunicato affermano che il tutto avverrebbe «nonostante l'aggiudicazione di diverse commesse che si attendevano da tempo e che avrebbero dovuto assicurare la saturazione delle maestranze»;
   tale decisione, se confermata, intaccherebbe gravemente il tessuto produttivo pugliese e nazionale facendo venir meno una serie di impegni assunti dall'azienda negli incontri con le stesse organizzazioni sindacali;
   nell'unità produttiva di Gioia del Colle sono occupati un dirigente con funzioni di responsabile dello stabilimento, 46 impiegati e 150 operai addetti alla produzione;
   il mercato Ansaldo Caldaie è oggi quasi esclusivamente centrato su Paesi extra europei. Dal 2008 al 2013 il fatturato di Ansaldo Caldaie si è progressivamente ridotto da 250 milioni di euro a 88 milioni di euro nel 2013. Gli ordini acquisti si sono ridotti da 340 milioni di euro nel 2008 a 58 milioni di euro nel 2013 e «questa situazione ha costretto la società alla fruizione di contratti di solidarietà per la sede di Gallarate e cassa integrazione ordinaria per l'unità produttiva di Gioia del Colle»;
   di fronte a questa situazione nel 2014 la società si è vista costretta a rivedere la propria politica di offerta «che è stata allineata ai prezzi di mercato generando una conseguente drastica riduzione dei margini tale da rendere insostenibile – si sottolinea – la situazione attuale ove non si considerassero drastici interventi»;
   le organizzazioni sindacali che hanno denunciato pubblicamente tale iniziativa unilaterale datoriale hanno proclamato lo stato di agitazione e un pacchetto di 10 ore di sciopero –:
   se sia a conoscenza di tale vertenza e quali iniziative intenda assumere per salvaguardare i livelli occupazionali e per incentivare l'azienda a rivedere la propria strategia. (5-04584)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAMANI, MONTRONI, NACCARATO, PAGANI, MIOTTO, NARDUOLO, FABBRI, CASELLATO, BARUFFI, CRIVELLARI, MAESTRI, D'ARIENZO, INCERTI, RUBINATO, MORETTO e ZAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Mercatone Business, società del gruppo Mercatone con sede a Imola, in provincia di Bologna, dove sono occupati circa 240 dipendenti e conta attualmente 79 punti vendita presenti in quasi tutte le regioni italiane con 3.700 dipendenti, con una forte concentrazione in Emilia Romagna e Veneto, ha chiesto al tribunale del capoluogo dell'Emilia-Romagna il concordato preventivo in bianco;
   in Emilia sono presenti 19 punti vendita con diverse centinaia di posti di lavoro a rischio. In Veneto, sono a rischio 221 posti di lavoro, nei vari punti vendita della provincia di Padova e nello specifico di Noventa (57 dipendenti), Tribano (29), Curtarolo (43), della provincia di Treviso, a Castelfranco (41), della provincia di Rovigo (57), cui si aggiungono gli stabilimenti in provincia di Venezia, chiuso da un anno, ed il Mercatone Uno di Sacile (Pordenone) con 36 dipendenti. In tutte le realtà si tratta in gran parte di lavoratrici, occupate spesso da oltre 20 anni;
   la notizia della richiesta del concordato per la società Mercatone Uno è stata diffusa dai sindacati di categoria Fisascat-Cisl, Filcams-Cgil ed Uiltucs-Uil, sia a livello nazionale che regionale;
   le organizzazioni sindacali conoscevano la situazione di crisi in cui versa il gruppo emiliano, poiché numerosi lavoratori di alcuni punti vendita sono da tempo collocati in cassa integrazione straordinaria, oppure sono stati coinvolti in contratti di solidarietà;
   il piano industriale e gli ammortizzatori sociali non sarebbero stati sufficienti ad evitare il tracollo del gruppo che sembrerebbe aver accumulato perdite per 425 milioni di euro a fronte di un fatturato che nel 2014 è sceso a poco più di 500 milioni di euro;
   le stesse organizzazioni sindacali hanno richiesto urgentemente l'apertura di un tavolo di concertazione per definire tutti gli aspetti della complicata trattativa riguardante i lavoratori;
   la vertenza ha sollevato forte allarme in tutti i territori coinvolti per l'immediata ripercussione sulle comunità locali interessate dalla vicenda;
   gli interroganti esprimono grande preoccupazione per la sorte della società, ma soprattutto per il futuro dei 3700 addetti coinvolti –:
   se i Ministri siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano porre in essere al fine di accompagnare il gruppo attraverso un percorso di tutela dell'occupazione e di rilancio delle diverse realtà locali. (4-07666)


   PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo da anni cerca di promuovere l'uso di carte di credito e bancomat, ma ancora 87 pagamenti su 100 vengono eseguiti in modo tradizionale rispetto ad altri Paesi europei;
   l'obiettivo che si prefigge di raggiungere è quello di incentivare l'uso del denaro di «plastica», passo indispensabile per la lotta all'evasione e al sommerso che in Italia vale 275 miliardi di euro, e per la riduzione dei costi di gestione delle banconote che ammontano a circa 4 miliardi di euro l'anno per le banche e 8 miliardi per il Paese secondo Agenzia delle entrate;
   con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 24 gennaio 2014 recante «Definizioni e ambito di applicazione dei pagamenti mediante carte di debito» è stato introdotto l'obbligo per gli esercenti di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito di cui all'articolo 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 per tutti i pagamenti di importo superiore a trenta euro;
   in base al decreto ministeriale n. 51 del 2014 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 marzo 2014, le commissioni che negozianti e professionisti pagano alla società finanziaria che gestisce il circuito di pagamento sono modulate in base alla tipologia di carta (credito, debito, prepagata) e ai volumi delle transazioni;
   le commissioni contengono una clausola di revisione periodica, almeno annuale, correlata all'andamento di volumi di vendita e valore delle operazioni. I gestori dei circuiti delle carte di credito, inoltre, devono pubblicare sul sito e tenere aggiornate le informazioni sulle commissioni di interscambio;
   sono molte, pertanto, le perplessità e gli ostacoli da superare, a partire dai vari «altolà» dei commercianti, insorti dopo l'introduzione dell'obbligo ad accettare il «denaro di plastica» per importi superiori ai 30 euro;
   secondo un rapporto di Confesercenti le spese per un negozio si aggirano intorno ai 1.700 euro l'anno (tra installazione e commissioni) in caso di transazioni sui 50 mila euro;
   potrebbe, inoltre, essere approvato a breve un regolamento europeo che stabilisce i limiti massimi (lo 0,3 per cento per i pagamenti con carte di credito e lo 0,2 per cento per quelli con carte di debito), uniformando così i costi delle commissioni a livello comunitario. Secondo le associazioni dei consumatori l'approvazione del nuovo regolamento europeo potrebbe portare a un aumento dei costi delle carte a discapito dei titolari provocando l'effetto contrario a quello che si cerca di ottenere, ovvero incentivare l'uso dei pagamenti elettronici –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per stabilire degli incentivi e degli sgravi per chi utilizza il «denaro di plastica» e per quegli imprenditori che accettano questi pagamenti;
   quali azioni intenda adottare per garantire maggiore trasparenza del sistema tariffario che regola il servizio Pos;
   se sia nelle intenzioni del Ministro convocare un tavolo istituzionale sul tema dei pagamenti elettronici coinvolgendo, oltre ad esercenti, ordini professionali e banche, anche i consumatori. (4-07668)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Prodani e altri n. 1-00047, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rostellato, Currò, Barbanti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Pellegrino e altri n. 4-07473, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Matarrese.

  L'interrogazione a risposta scritta Nesci n. 4-07566, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sibilia, Spadoni, Carinelli, Di Benedetto, Vacca, Dell'Orco.

  L'interrogazione a risposta scritta Campana n. 4-07638, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Beni, Chaouki, Murer, Iori.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Crippa n. 5-04575, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Petraroli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-02100 del 10 febbraio 2014;
   interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-05713 del 29 luglio 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Benamati n. 5-04528 del 21 gennaio 2015.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Vallascas e altri n. 4-07650 del 23 gennaio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04590.