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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 23 gennaio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    nel giugno 2014 è stata annunciata la trasmissione da parte del Governo della Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, riferita all'anno 2013 (doc. LXVII, n. 2);
    tale documento è stato assegnato alle competenti Commissioni permanenti Affari Costituzionali, Affari Esteri, Difesa, Finanze e Attività produttive;
    ai sensi della legge 9 luglio 1990, n. 185, articolo 5, comma 1 è previsto «l'obbligo governativo di riferire analiticamente alle Commissioni parlamentari circa i contenuti della relazione entro 30 giorni dalla sua trasmissione» mentre, allo stato attuale, tale obbligo non è stato rispettato, atteso che sono ormai 180 i giorni di ritardo;
    nelle precedenti legislature, fino al 2012, è stato elaborato il cosiddetto «Rapporto del Presidente del Consiglio sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d'armamento», curato dall'ufficio del consigliere militare (servizio di coordinamento della produzione di materiali di Armamento);
    nella relazione viene a mancare il fondamentale rapporto tra Governo e associazioni sul controllo delle esportazioni di armamenti, senza citare il passaggio presente nei passati Rapporti, ovvero l'impegno del Governo a «continuare il dialogo con i rappresentanti delle Organizzazioni Non Governative (ONG) interessate al controllo delle esportazioni e dei trasferimenti dei materiali d'armamento con la finalità di favorire una più puntuale e trasparente informazione nei temi d'interesse»;
    l'Allegato che per diversi anni ha riportato l'elenco dei «Paesi ritenuti dall'Onu responsabili di gravi violazioni dei diritti umani o che destano preoccupazione sotto tale profilo» (Allegato C) risulta mancante da alcuni anni. Spesso è stato inserito, in sua vece, un lungo elenco di Risoluzioni ONU che però non fa capire quali siano gli effettivi «Paesi ritenuti dall'Onu (e dal Governo) responsabili di gravi violazioni dei diritti umani»;
    ai sensi dell'articolo 27, comma 4, della legge 185/1990 «la relazione al Parlamento deve contenere un capitolo sull'attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano concernente le operazioni disciplinate dalla presente legge; a tal fine il Ministero dell'economia e delle finanze trasferisce al Ministero degli affari esteri i dati derivanti dalla sua attività di raccolta delle comunicazioni di cui al comma 1»;
    nella relazione governativa non è stato più inserito dal 2008, da parte del Ministero dell'economia e finanze (Dipartimento del Tesoro) il «Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito»: questo è stato sostituito da un «Riepilogo in dettaglio suddiviso per Aziende» che non rende possibile conoscere i dettagli delle singole operazioni autorizzate agli Istituti di credito rendendo così impossibile il controllo parlamentare sulle conformità delle operazioni autorizzate dal Ministero dell'economia e finanze con il dettato legislativo;
    la suddetta sostituzione ha sottratto informazioni di primaria importanza; essa, infatti, indicava i Paesi contraenti e i valori per compensi di intermediazione bancaria per ogni singola operazione autorizzata. È rimasta quindi solo la tabella con i valori generali delle operazioni svolte dalle banche, un dato troppo generico per poter mettere in atto precise pressioni sulle banche;
    la riduzione delle informazioni presenti nella Relazione governativa sta continuando a favorire i gruppi bancari esteri che operano in Italia e soprattutto quelli che non hanno emanato direttive e non offrono alcuna rendicontazione sulle operazioni finanziarie nel settore degli armamenti e sulle esportazioni di sistemi militari;
    con la riscrittura dell'articolo 27 della legge 185 del 1990, le banche non sono più obbligate a chiedere l'autorizzazione del Ministero dell'economia e finanze (Mef) per i trasferimenti bancari collegati a operazioni in tema di armamenti: «Tutte le transazioni bancarie concernenti le operazioni disciplinate dalla presente legge devono essere semplicemente comunicate entro trenta giorni dalla loro effettuazione al Ministero dell'economia e finanze»;
    le banche estere, che non hanno alcuna autoregolamentazione in materia vengono favorite con il novellato articolo 27 della legge suddetta: Deutsche Bank, con oltre un miliardo di euro di importi segnalati, seguita da Unicredit con 508,2 milioni, e il Gruppo Bnp Paribas con 407,5 milioni. Insieme controllano il 72,5 per cento delle transazioni;
    a quanto risulta il Governo italiano non avrebbe mai reso noti nella Relazione all'Unione europea – come sarebbe invece richiesto – i dati sulle consegne («exports») di armi suddivisi nelle 22 categorie di sistemi militari rendendo così impossibile conoscere quali tipologie di armamenti siano state effettivamente esportate dal nostro Paese;
    il 1o aprile 2013 è stato approvato e sottoscritto in seno all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il trattato sul commercio internazionale delle armi (Arms Trade Treaty, A.T.T.);
    per quanto riguarda l'esportazione, l'articolo 7 dell'A.T.T. impone un onere di attenta valutazione della destinazione che le armi avranno nel Paese importatore. Il trasferimento si articola in tre livelli: a) valutazione del rischio di utilizzo improprio delle armi nel Paese di destinazione. Se l'utilizzo illecito è ben noto allo Stato esportatore allora opera il divieto di cui all'articolo 6; per tutti gli altri casi invece l'autorizzazione a esportare non è comunque libera, ma richiede un onere di indagine circa le finalità perseguite dallo Stato che intende importare le armi richieste; b) se in effetti sussiste un pericolo di utilizzo improprio delle medesime, il livello intermedio impone il dialogo. Lo Stato esportatore deve valutare la possibilità di adottare misure di confidence-building ovvero accordi internazionali di reciproco impegno in controllo e garanzia dai pericoli evidenziati; c) solo laddove i primi due livelli si siano presentati con esito negativo lo Stato esportatore può manifestare il proprio diniego al trasferimento delle armi;
    ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della citata legge 185, «l'esportazione, il transito, il trasferimento, intracomunitario e l'intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi Internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere; b) verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 11 della Costituzione; c) verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea (UE) o da parte dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE); d) verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'UE o del Consiglio d'Europa; e) verso i Paesi che ricevendo dall'Italia aiuti ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese; verso tali Paesi è sospesa la erogazione di aiuti ai sensi della stessa legge, ad eccezione degli aiuti alle popolazioni nei casi di disastri e calamità naturali;
    l'elenco dei destinatari dell’export bellico italiano comprende Paesi le cui forze di sicurezza governative, spesso impegnate in conflitti armati interni o internazionali, sono regolarmente accusate di sistematiche violazioni dei diritti umani dai principali organismi internazionali di monitoraggio;
    la «lista nera» comprende Arabia Saudita (principale acquirente di armi italiane con quasi 300 milioni di export autorizzato nel 2013), Brasile (56 milioni), Pakistan (28), Indonesia (27), Filippine (23), Egitto (17), Messico (14), Zambia (13), Mauritania (12), India (12), Iraq (12), Turchia (11), Venezuela (8), Colombia (6), Qatar (5), Azerbaigian (3), Israele (2), Sudafrica (2), Thailandia (2), Bangladesh (1), Cina (1), Nigeria (0,7), Guatemala (0,5), Niger (0,5), Senegal (0,2);
    è inesistente all'interno della Relazione governativa un Elenco dei Paesi verso i quali sono state vietate, rifiutate e sospese (anche temporaneamente) le esportazioni di armamenti perché «in conflitto»;
    tabelle nella relazione in oggetto dovrebbero avere un carattere di intelligibilità, mentre allo stato attuale contengono sigle tecniche non chiare per un'analisi parlamentare, contro ogni principio di trasparenza,

impegna il Governo:

   a rispettare i tempi previsti dalla legge per riferire analiticamente nelle rispettive Commissioni permanenti parlamentari in merito alla Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, di ogni anno;
   a rispettare il dettato della legge 185 del 1990 e il Trattato sul commercio internazionale delle armi (arms trade treaty, A.T.T.) e quindi a effettuare un'attenta valutazione della destinazione delle armi, vietando conseguentemente l'esportazione nei Paesi in conflitto, in quelli con violazioni dei diritti umani e in quelli verso cui, è stato emesso un provvedimento di embargo;
   a prevedere che nelle prossime relazioni al Parlamento siano di nuovo presenti: l'impegno del Governo a continuare il dialogo con i rappresentanti delle Organizzazioni non governative (ONG) interessate al controllo delle esportazioni e dei trasferimenti dei materiali d'armamento con la finalità di favorire una più puntuale e trasparente informazione nei temi d'interesse;
   l'elenco dei Paesi ritenuti dall'Onu responsabili di gravi violazioni dei diritti umani o che destano preoccupazione sotto tale profilo e il Riepilogo in dettaglio suddiviso per istituti di credito.
(7-00577) «Spadoni, Basilio, Manlio Di Stefano, Corda, Di Battista, Scagliusi, Sibilia, Paolo Bernini, Del Grosso, Rizzo, Grande, Tofalo, Frusone».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    i commi dal 55 e seguenti dell'articolo della legge di stabilità 2015, recanti norme in materia di regime fiscale per le partite IVA, sostituiscono da quest'anno il regime dei minimi per autonomi e mini-imprese, prevedendo un nuovo regime forfettario per le imprese e i professionisti che esercitino un'attività in forma individuale senza superare elevati livelli di ricavi o compensi annui, e innovano il precedente regime dei minimi, introdotto nel nostro ordinamento con la legge finanziaria 2008, che prevedeva la possibilità di accesso al regime agevolato ai contribuenti che avessero percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;
    il precedente regime dei minimi è stato successivamente rivisto dall'articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale ha introdotto il nuovo regime fiscale di vantaggio per i giovani imprenditori e i lavoratori in mobilità, restringendo le possibilità di accesso ed elevando contestualmente l'aliquota dell'imposta sostitutiva al 5 per cento;
    l'attuale nuovo regime ha quindi sostituito tutti i regimi agevolati prima esistenti, ossia il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (che godeva di un'aliquota al 10 per cento), il regime fiscale agevolato per l'imprenditoria giovanile e i giovani in mobilità (l'ex regime dei minimi con aliquota al 5 per cento) e il regime contabile agevolato (ovvero i precedenti «ex minimi»);
    le nuove disposizioni della stabilità 2015 prevedono la determinazione del reddito in modo forfettario mediante l'applicazione di un coefficiente di redditività all'ammontare di ricavi o compensi (considerati secondo il «principio di cassa») e l'assoggettamento ad una imposta sostitutiva IRPEF, delle relative addizionali regionali e comunali e dell'IRAP, aumentando l'aliquota di tale imposta dal 5 per cento al 15 per cento del reddito determinato in modo forfettario e applicandola su una base imponibile ridotta di un terzo nel caso di nuove attività;
    la nuova agevolazione comporta quindi la contemporanea soppressione dei regimi di favore vigenti, ferma restando la salvaguardia delle attività già intraprese a cui si applicano ancora i regimi previgenti e stabilisce un regime contributivo opzionale con la soppressione del versamento dei contributi sul minimale di reddito;
    oltre ai limiti del ricavo indicati nell'allegato alla finanziaria, dove si riportano le soglie dei ricavi e dei compensi in base ai diversi codici ATECO, oltre cui non si può accedere a tale regime agevolato, le disposizioni in oggetto, come accennato, prevedono che l'aliquota del 15 per cento venga applicata a coefficienti di redditività che variano per i diversi tipi di attività, di cui è già stata chiesta la revisione da parte dei rappresentanti di categoria, e da cui, peraltro, potranno essere sottratti soltanto i contributi previdenziali;
    coloro che aderiranno al nuovo regime forfettario, difficilmente potranno azzerare l'imponibile, anche considerando l'abbattimento di un terzo della base imponibile per i primi tre anni, mentre prima un contribuente minimo che avesse avuto molte spese, soprattutto le start up che con la nuova disciplina vengono molto svantaggiate, potevano finire a zero;
    il nuovo regime fiscale agevolato presenta dunque delle condizioni molto meno vantaggiose rispetto al precedente, che ha fatto invece fiorire molte iniziative imprenditoriali, soprattutto per i professionisti, per i quali il livello dei ricavi che consente di accedere alla tassazione agevolata si è abbassata da 30.000 a 15.000 euro;
    tale soglia, ritenuta troppo bassa anche dal sottosegretario all'economia Zanetti, secondo le sue dichiarazioni rilasciate contestualmente all'esame parlamentare della legge di stabilità 2015, sembrerebbe essere inadeguata non soltanto per gli artigiani e i commercianti, ma in generale anche per coloro i quali hanno da poco intrapreso un'attività;
    la legge di delega fiscale 11 marzo 2014, n. 23, prevede il riordino dei regimi semplificati per, i contribuenti di minori dimensioni, il coordinamento di suddetti regimi con quelli previsti dal decreto-legge n. 201 del 2011 e il relativo adeguamento di tali regimi fiscali con la disciplina dei minimi contributivi;
    in un contesto economico così difficile come quello che sta vivendo attualmente il nostro Paese, dovrebbe infatti prevedersi un accesso più esteso a tale regime forfettario, il cui ampliamento sembrerebbe opportuno non soltanto in ragione del necessario sgravio fiscale che il Governo dovrebbe porsi come obiettivo in un contesto di sostentamento delle piccole e medie imprese, e soprattutto dei lavoratori autonomi e delle mini-imprese, ma anche nel più generale contesto di lotta all'evasione fiscale, tenendo presente che una minore imposizione contributiva è da sempre il miglior strumento di contrasto a tale fenomeno,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative dirette a rivedere il nuovo regime dei minimi che, come specificato in premessa, prevede attualmente delle condizioni peggiorative per i contribuenti rispetto alla precedente disciplina:
    a) aumentando il limite dei ricavi/compensi entro il quale è possibile accedere al regime dei minimi al fine di ampliare il più possibile il numero di contribuenti in possesso dei requisiti richiesti, in particolare riportando a 30.000 euro la soglia prevista per l'accesso al regime forfettario dei professionisti, visto che quella attuale di 15.000 euro è palesemente troppo limitativa;
    b) mantenendo le condizioni agevolative per i giovani sotto i 35 anni in vigore nel precedente regime, cioè un'aliquota d'imposta forfettaria sui redditi al 5 per cento, al fine di incrementarne e sostenerne le nuove iniziative economiche ed imprenditoriali, di contribuire fattivamente alla ripresa economica del Paese e alla diminuzione del livello di disoccupazione, in particolare di quella giovanile che ha raggiunto nel nostro Paese livelli insostenibili.
(7-00579) «Busin».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    le Linee Guida per «La Buona scuola» prevedono la stabilizzazione di circa 148 mila docenti, mediante la loro immissione in ruolo, nell'intento di avviare a soluzione l'annosa situazione del precariato;
    il Governo, per rispondere ai bisogni reali delle scuole, con tale stabilizzazione, così come chiaramente affermato nel testo de «La Buona Scuola», intende anche ampliare l'offerta formativa e migliorarne la qualità, fornendo al piano di assunzioni una specifica caratterizzazione qualitativa;
    nella legge di stabilità 2015 è stato istituito un fondo per la realizzazione del piano della «Buona Scuola» con particolare riferimento non solo al piano straordinario di assunzione dei docenti ma anche alla formazione dei docenti e dirigenti scolastici;
    la distribuzione di tale personale deve essere effettuata conseguentemente in base a criteri funzionali agli obiettivi di qualità del servizio scolastico e alle necessità delle singole scuole, affinché possano raggiungere gli esiti di efficacia formativa da loro stesse individuati, ponendo particolare attenzione alle aree a rischio di disagio minorile e a forte processo migratorio;
    uno degli scopi più importanti da conseguire con il razionale impiego di tali risorse umane deve essere costituito dalla prevenzione e dal contrasto della dispersione scolastica a sostegno del successo formativo, al fine di contribuire credibilmente alla riduzione della dispersione dal 17,6 per cento attuale al 10 per cento) entro il 2020, così come richiesto nel Documento conclusivo dell'Indagine conoscitiva sulle strategie per contrastare la dispersione scolastica, approvato dalla Commissione «Cultura, Scienza e Istruzione» della Camera e tenendo conto delle indicazioni della Commissione Europea che ha posto il fenomeno della dispersione scolastica tra i cinque obiettivi della strategia Europa 2020;
    il rapporto di autovalutazione previsto dalla direttiva 8 settembre 2014, n. 11, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, dispone che le singole scuole analizzino i dati sugli alunni per quanto riguarda evasione, ripetenze, abbandoni e si rende, pertanto, necessario richiedere alle scuole di determinare gli obiettivi che intendano perseguire in questo campo;
    la continuità didattica, una delle condizioni per qualificare l'offerta formativa, da molti anni viene gravemente compromessa dalla irregolarità dello svolgimento delle lezioni nei primi mesi dell'anno scolastico a causa di assegnazioni tardive del personale; occorre quindi assicurare il diritto prioritario alla continuità didattica degli alunni senza penalizzare il regolare accesso al posto di lavoro del personale docente, normalizzando lo svolgimento dell'attività didattica fin dall'inizio delle lezioni,

impegna il Governo:

   ad utilizzare al meglio i 148 mila docenti da stabilizzare, dopo aver proceduto alla copertura dei posti vacanti e disponibili, disponendo che il nuovo organico non sia aggiuntivo bensì costituisca a tutti effetti espansione dell'organico e, per questo, sia stabile e fisso, correlato all'attuazione dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche o loro reti;
   ad operare per una complessiva revisione delle attuali classi di concorso finalizzata, in particolare, a garantire un ottimale utilizzo delle competenze professionali dell'organico superando le attuali rigidità;
   a considerare la stabilizzazione come una misura necessaria ma non sufficiente per una strategia volta a dotare le scuole di risorse professionali competenti e motivate e a potenziare gli interventi di sviluppo professionale;
   ad assicurare che prioritariamente l'organico funzionale delle scuole consenta, oltre alla piena copertura delle supplenze, l'attuazione degli obiettivi di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica e dell'integrazione, attraverso progetti stabili almeno di durata biennale;
   ad assegnare alle aree a elevata complessità, da ridefinire ciclicamente tenendo anche conto dei risultati di apprendimento quali risultano dalle prove standardizzate INVALSI, una quota parte delle complessive risorse destinate all'organico funzionale d'istituto;
   a considerare gli effettivi bisogni rappresentati dalle scuole in relazione agli obiettivi da raggiungere individuati nel piano dell'offerta formativa, prevedendo che, all'interno della provincia di riferimento, si realizzi il più possibile una corrispondenza tra le competenze professionali dei docenti e le specifiche esigenze formative delle scuole, consentendo a queste di esprimere gradimenti in ordine alle competenze stesse;
   a modificare i tempi delle procedure preparatorie dell'anno scolastico nella gestione del personale docente (mobilità, nomine in ruolo, conferimento supplenze annue/temporanee fino al termine delle attività) prevedendo come obiettivo finale di conferire prima dell'estate le supplenze annue e fino al termine delle attività, per permettere il regolare avvio dell'anno scolastico;
   a sostenere in particolare, nella distribuzione delle risorse, il segmento dell'istruzione tecnica e dell'istruzione e formazione professionale;
   a formare e qualificare i docenti assunti nelle competenze richieste dalla qualità dell'insegnamento, in particolare nella lingua straniera e nell'informatica, nonché nei compiti di prevenzione del disagio, rinnovamento delle metodologie didattiche, orientamento, sviluppo delle competenze, integrazione interculturale e interventi tempestivi per affrontare le difficoltà di apprendimento, anche attraverso l'utilizzo sistematico dei Dipartimenti e delle Facoltà universitarie;
   ad accompagnare la formazione in ingresso del personale docente immesso in ruolo con una decisa innovazione dell'anno di prova, nel corso del quale accertare il possesso delle competenze di base dei docenti assunti, rilevandone crediti e debiti formativi in base ai quali prevedere la formazione ed eventuali possibilità di rinvio o recessione del contratto; ed a rivedere altresì la composizione del Comitato di valutazione prevedendo, oltre al dirigente e ai docenti, anche figure esterne (quali docenti universitari e/o dirigenti tecnici);
   ad attivare un sistema di formazione continua in servizio degli insegnanti che coinvolga in modo strutturale scuola e università, per assicurare una cooperazione tra innovazione educativa, sperimentazione scolastica e ricerca universitaria; a perseguire, sia nella formazione iniziale, sia in quella continua, piena integrazione tra i saperi disciplinari, i metodi di insegnamento, le didattiche e le competenze pedagogiche;
   ad accertare e monitorare da parte delle scuole il raggiungimento degli obiettivi di riduzione della dispersione dichiarati nel rapporto di autovalutazione delle scuole, che dovranno compilare entro il luglio 2015, prevedendo un'apposita attenzione al miglioramento, della scuola anche in collaborazione con l'Invalsi ed, a tale scopo, a completare le anagrafi scolastiche con il concorso delle regioni, indispensabile per la prevenzione degli abbandoni e della dispersione;
   a prevedere di affrontare, nell'ambito di tale riorganizzazione dell'organico scolastico, la revisione dell'insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, al fine di valorizzare l'acquisizione delle competenze sociali e civiche anche attraverso nuove modalità di valutazione degli studenti e autovalutazione delle scuole, l'individuazione di figure di coordinamento e una revisione curricolare e del tempo-scuola coerenti con la pratica effettiva del vivere a scuola da cittadini;
   a riferire ai competenti organi parlamentari decorso un anno sullo stato e sull'esito della predetta stabilizzazione.
(7-00580) «Santerini, Rocchi».


   La X Commissione,
   premesso che:
    la legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», all'articolo 47, oltre a prevedere, al comma 1, l'adozione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, al fine di rimuovere gli ostacoli di carattere normativo e amministrativo e di promuovere lo sviluppo della concorrenza e la tutela dei consumatori, al successivo comma stabilisce che entro 60 giorni dalla data di trasmissione al Governo della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), quest'ultimo presenti alle Camere il disegno di legge annuale per la concorrenza e il mercato, anche tenendo conto delle segnalazioni eventualmente trasmesse dall'Autorità ai fini della predisposizione del suddetto disegno di legge;
   l'Autorità è tenuta, ai sensi dell'articolo 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 come modificato dalla legge n. 99 del 2009, sopra citata, a presentare al Governo la citata relazione annuale entro il 31 marzo di ogni anno;
   dal 2009 tutti i Governi che si sono succeduti non hanno provveduto a conformarsi all'adempimento legislativo, di cui alla legge n. 99 del 2009, nonostante la trasmissione da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato della relazione annuale e delle relative segnalazioni. Solo con il decreto-legge n. 1 del 2012 convertito, con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (cosiddetto decreto «Cresci Italia») il Governo ha recepito alcune delle misure indicate dall'Autorità e finalizzate a promuovere la concorrenza e a liberalizzare alcuni importanti settori dell'economia;
   l'Autorità Antitrust da tempo indica che «l'insufficiente conformazione concorrenziale di numerosi mercati di beni e servizi costituisce, non solo un “costo” per i consumatori ed imprese, ma anche una delle principali determinanti dell'arretratezza del tessuto produttivo nazionale e un ostacolo significativo alla crescita economica»;
   la Commissione europea nel suo documento SWD (2014) 413 (documento di lavoro dei servizi della Commissione, valutazione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2014 dell'Italia) oltre a rilevare l'obbligo, per legge, del Governo, finora mai rispettato, di presentare ogni anno al Parlamento un disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, tenendo conto delle misure raccomandate a tal fine dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha sottolineato come nel programma nazionale di riforma dell'Italia si prevedeva l'adozione della legge annuale entro il mese di settembre 2014, rimarcando come tale provvedimento costituirebbe un importante passo avanti, mettendo inoltre in moto un meccanismo positivo per il futuro;
   la Commissione europea nel medesimo documento ha individuato, altresì, nelle riforme strutturali, volte a ridurre i costi per le imprese e ad aprire i mercati alla concorrenza, un fattore positivo di crescita del prodotto interno lordo dello 0,3 per cento in 5 anni e dello 0,7 per cento in 10 anni;
   il Fondo monetario internazionale nella sua procedura di consultazione con le autorità italiane nell'ambito dell'articolo IV, nella dichiarazione conclusiva del 17 giugno 2014, ha stimato che le riforme volte ad aumentare la concorrenza e la produttività nei mercati di beni e servizi, specialmente riducendo il costo di fare impresa nel settore non tradeable, potrebbero aumentare di oltre il 4 per cento in termini reali il prodotto interno lordo in 5 anni e di oltre 1'8 per cento nel lungo periodo;
   la Banca mondiale, nei suo documento «Doing Business In Italy 2013: Smarter Regulations for Small and Meduim – Size Enterprises», ha rilevato che il «potenziale italiano non è tuttora pienamente espresso a causa dei bassi livelli di concorrenza, delle regolamentazioni onerose e della burocrazia superflua ed inefficiente»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare attuazione, in tempi rapidi, alla disposizione di cui alla legge n. 99 del 2009 ed a presentare al più presto, anche tenendo conto delle segnalazioni eventualmente trasmesse dall'Autorità, il relativo disegno di legge per il mercato e la concorrenza per consentire successivamente al Parlamento di avviare l'esame dello stesso.
(7-00578) «Tidei, Alberti, Donati».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 22 gennaio 2015, una violenta ondata di maltempo ha interessato il comprensorio di Catania e il suo hinterland;
   vento forte, pioggia e soprattutto grandine hanno investito il territorio della Sicilia orientale con notevoli disagi per la popolazione e le attività economiche;
   la viabilità a Catania città è stata messa dura prova dalla quantità di grandine precipitata con accumuli di decine di centimetri;
   il vento ha raggiunto persino i 130 km/h nell'area etnea e 80 chilometri a Catania e l'aeroporto di Fontanarossa è stato temporaneamente chiuso al traffico, così come quello di Comiso, con voli dirottati presso altri scali;
   particolarmente colpiti risultano essere anche i comuni di Misterbianco, Acireale, Giarre e San Gregorio, con ordinanze di scuole chiuse, e la conta dei danni è ancora in corso;
   il sindaco di Catania ha chiesto l'immediato intervento del Governo nazionale e di quello regionale, in considerazione della gravità dei fenomeni atmosferici –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare con la massima urgenza affinché venga riconosciuto per Catania e il suo hinterland lo stato di emergenza. (3-01259)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CECCONI, AGOSTINELLI, TERZONI, GALLINELLA e CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 11 novembre 2013 un ampio movimento franoso ha fatto scivolare nel letto del fiume Burano oltre metà della carreggiata della ex strada statale 452 della Contessa (SS 452), ora strada regionale 452 della Contessa (SR 452) in Umbria e strada provinciale 452 della Contessa (SP 452) nelle Marche (una strada regionale e provinciale italiana di collegamento interregionale), in prossimità della località Tranquillo, al confine tra Marche e Umbria;
   la strada della Contessa è l'unica vera arteria di collegamento tra le due regioni ed interessa il traffico proveniente da Fano, Fossombrone, Urbino, Acqualagna, Cagli e Cantiano verso l'Umbria (ma anche diretto a Roma o Firenze) e in senso inverso, il traffico turistico estivo verso il mare Adriatico, per gli agriturismi, dell'area interna umbro-marchigiana, ma anche quello giornaliero di lavoratori pendolari tra le due regioni e di trasporto del cemento proveniente da due noti cementifici situati in comune di Gubbio con rientro in sede di autotreni scarichi;
   il traffico rimasto interrotto per un lungo periodo è stato ripristinato, grazie ad alcune opere provvisorie, solo su una corsia e che a distanza di quasi 12 mesi, resta ancora regolato da un semaforo, con grave danno per la scorrevolezza del traffico;
   lo stato attuale della strada Contessa, in particolare nel tratto di cui sopra, risulta particolarmente pericoloso, tanto nei mesi invernali, per le ovvie aggressioni climatiche che interessano una strada montana e che sono foriere di creare rallentamenti nel traffico e rischi per la sicurezza stradale, quanto in quelli estivi, quando al traffico pesante si somma quello turistico rivolto al mare Adriatico;
   nel piano di interventi urgenti proposto dalla regione Umbria e approvato dal dipartimento nazionale della protezione civile è previsto questo intervento e il commissario delegato all'emergenza dell'Umbria ha stanziato una somma per la sistemazione definitiva della frana e la conseguente riapertura del traffico sull'intera sede stradale;
   lo stesso commissario ha da tempo chiesto ai competenti uffici della regione Marche di integrare lo stanziamento con una somma da destinare alle opere previste in territorio marchigiano, essendo la frana per la maggior parte in territorio umbro, ma in parte anche in quello marchigiano, configurandosi quindi come una frana a carattere interregionale;
   a tal proposito, è bene ricordare che UnionCamere, in una recente inchiesta nazionale, ha rilevato che per incuria del territorio si è perso il 16 per cento del fatturato del turismo, che oltre 5 mila imprese dell'accoglienza turistica hanno perso più del 36 per cento del proprio giro d'affari per effetto dei danni ecologici e ambientali registrati nel nostro Paese negli ultimi quattro anni e che alluvioni e frane sono la principale causa di diminuzione del business (68,5 per cento), seguiti dall'inquinamento ambientale (15,1 per cento e dai terremoti (6,5 per cento);
   il permanere di questa situazione, oltre a creare pericolo per pubblica incolumità, mette a rischio l'affluenza turistica verso il mare Adriatico e verso le aree interne dell'appennino umbro-marchigiano o comunque impedisce il ripristino della normalità del flusso stradale tra le due regioni; le previsioni meteo annunciano un inverno rigido, piovoso e nevoso più di quello del 2012, che potrebbe essere causa di un ulteriore aggravamento della già precaria situazione –:
   se il Governo sia a conoscenza dello stato di disagio e della pericolosità in cui versa la ex strada statale della Contessa in località Tranquillo, al confine tra Marche e Umbria, se e quali risposte abbia ricevuto il commissario delegato per l'emergenza in Umbria alle richieste di cui in premessa e quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare al riguardo. (5-04567)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAMPANA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il termine «cyberterrorismo» è stato coniato negli Usa a partire dagli anni ’80. Con questo termine ci si riferisce ad attacchi premeditati e con scopi politici che prendono di mira sistemi informatici di gestione dell'informazione che possano determinare conseguenze violente contro obiettivi che non siano in stato di guerra;
   il 7 gennaio 2015, in concomitanza con l'attentato alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo di Parigi, la Francia è stata vittima di un cyber attacco. Oltre 19.000 siti francesi sono stati colpiti dagli hacker pro-Isis. Il comandante delle cyber-difese francesi; il contrammiraglio Arnaud Coustilliere, che ha reso noto il dato, ha detto che si tratta di un'ondata, un vero e proprio tsunami, di attacchi «senza precedenti»;
   secondo la Cia il cyberterrorismo rappresenta la principale minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti. Così all'indomani dell'attacco alla redazione del giornale satirico «Charlie Hebdo» di Parigi, Usa e Gran Bretagna hanno annunciato esercitazioni congiunte in materia. Come riporta il sito della Bbc, la prima di queste esercitazioni riguarderà il settore finanziario e avverrà entro la fine del 2015, secondo quanto reso noto da Downing Street; il premier britannico David Cameron ha sottolineato infatti che i cyber-attacchi sono «una delle principali minacce moderne che ci troviamo ad affrontare». I bersagli della prima esercitazione saranno la Banca d'Inghilterra e Wall Street, così come un certo numero di banche commerciali: successivamente gli attacchi testeranno le difese di alcune «delle infrastrutture nazionali di importanza fondamentale»; il 14 gennaio 2015, nel corso di una conferenza stampa sono stati resi noti i dati del primo rapporto sulla sicurezza informatica della pubblica amministrazione dove si legge che il 21 per cento delle 42 amministrazioni pubbliche centrali italiane analizzate ha dichiarato di aver subito più di 10 mila cyberattack nell'ultimo anno. In questa occasione il Garante della Privacy, Antonello Soro ha commentato che spesso vittime degli attacchi sono ospedali e comuni italiani lamentando una mancanza di strategia globale per la difesa dei sistemi informatici della pubblica amministrazione;
   il rapporto auspica la piena realizzazione del piano nazionale per la sicurezza cibernetica, portando alla piena operatività i Cert (Computer Emergency Response Team) nazionali e sviluppando la rete di quelli regionali. Il rapporto dimostra, inoltre, quanto sia necessario promuovere la cultura della sicurezza all'interno delle pubbliche amministrazioni, predisponendo linee guida, standard e formazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se anche il Governo italiano abbia in programma esercitazioni simili a quelle che si svolgeranno in Usa e Gran Bretagna al fine di testare la tenuta dei sistemi informatici;
   come si intenda tutelare la rete informatica delle amministrazioni pubbliche al fine di preservare i dati sensibili in esse contenute a tutela della privacy dei cittadini italiani;
   se nei giorni successivi all'attacco alla redazione di Charlie Hebdo anche l'Italia sia stata vittima di cyber attacchi. (4-07638)


   MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 114 del 2014 prevedeva che entro il 31 dicembre 2014 il Governo, sentito il Consiglio della giustizia amministrativa, avrebbe dovuto presentare la relazione per la riorganizzazione dei tribunali amministrativi regionali –:
   quali siano le ragioni per le quali non si è ancora ottemperato a questo obbligo di legge. (4-07644)


   SCAGLIUSI, SIBILIA, SPADONI e PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da un articolo dell'Huffington post del 20 gennaio 2015, ventidue bambini, dal punto di vista burocratico già adottati da alcune famiglie italiane, sono scomparsi da un orfanotrofio di Kinshasa, in Congo. A denunciare l'episodio è il quotidiano congolese Le potentiel, secondo il quale la sera del 29 dicembre tre uomini con accento francese sono giunti all'orfanotrofio «Maison familial Ange Gabrielle» e, dopo aver assicurato di essere stati inviati dalla Commissione adozioni internazionali dell'Italia (CAI), hanno caricato i 22 bimbi in lacrime;
   su «Il Fatto quotidiano» del 20 gennaio 2015, si legge che «Secondo le testimonianze raccolte – scrive il quotidiano di Kinshasa Le potentiel, che cita come fonte un attivista dei diritti umani – ad agire sarebbero stati tre congolesi, collaboratori della fondazione Rafael (agenzia italiana)»;
   secondo un articolo online de «Il Giornale» del 20 gennaio 2015, i tre uomini si sarebbero qualificati come inviati dalla Commissione per le adozioni internazionali, presieduta da Silvia Della Monica e sotto le dipendenze della Farnesina;
   su un articolo de «Il Fatto quotidiano» del 21 gennaio 2015, si legge che «da una nota di Palazzo Chigi si apprende che i 22 bambini stanno bene e i familiari sono in contatto con la Commissione per le adozioni internazionali. Tuttavia, la vicenda dei 22 bimbi è all'attenzione della Farnesina;
   secondo il quotidiano congolese – Le Potentiel –, le motivazioni di questo gesto sono «sconosciute» e fin da ieri il caso è all'attenzione del Ministero congolese del genere, della famiglia e del bambino, che ha promesso di aprire un'inchiesta, dopo aver ricevuto la relazione inviata dai responsabili dell'orfanotrofio, spedita anche all'ambasciatore italiano a Kinshasa e alla stessa Commissione per le adozioni internazionali;
   dal canto suo la Commissione per le adozioni internazionali in un comunicato pubblicato sul suo sito istituzionale in data 20 gennaio 2015, conferma gli ottimi rapporti con le autorità del Congo nel perseguire la tutela dei diritti dei bambini e il massimo impegno e la massima fiducia nel positivo esito delle adozioni;
   secondo lo stesso quotidiano congolese di cui sopra, l'episodio è avvenuto nell'inconsapevolezza dei dirigenti dell'orfanotrofio. «Con indosso un pigiama, i bimbi avrebbero opposto resistenza ai loro accompagnatori, avrebbero lanciato urla per opporsi al trasferimento – scrive Le Potentiel citando un abitante del quartiere – e sono stati caricati su un veicolo dagli intermediari dei loro genitori adottivi»;
   l'episodio rischia di aggravare ulteriormente i rapporti tra Congo e Italia, sul versante delle adozioni internazionali. Da quando, nel 2013, il Congo ha sospeso le adozioni, circa 150 famiglie italiane che hanno adottato un bimbo congolese attendono una risposta dalla Commissione per le adozioni internazionali sullo stato delle trattative per sbloccare la situazione. E a parte il viaggio con cui il Ministro per le riforme costituzionale e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi riuscì a condurre in Italia nel maggio 2014 31 bimbi congolesi, il risultato per le famiglie italiane è il silenzio –:
   se corrisponda al vero quanto riportato dagli organi di stampa in merito all'episodio dei 22 bambini, nei modi e nei tempi descritti;
   quali siano i motivi che hanno spinto la Commissione per le adozioni internazionali a compiere un intervento notturno, a sorpresa, inviando tre emissari e caricando i 22 bambini su di un camioncino senza specificare la destinazione, nonché dove si trovino attualmente i 22 bambini portati via dall'orfanotrofio «Maison familial Ange Gabrielle»;
   se, in merito alle adozioni di minori dal Congo, ci siano novità rispetto alle situazioni ancora pendenti. (4-07656)


   NESCI e PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo di Luana Costa apparso sul quotidiano La Gazzetta del Sud a pagina 23 dell'edizione del 22 gennaio 2015, si racconta di un rinvio al 31 gennaio 2015, della scadenza dei termini di preavviso per il licenziamento del personale della Fondazione Tommaso Campanella, sita a Catanzaro;
   nello stesso servizio giornalistico si parla, poi, di una possibile mancanza di risorse per la cassa integrazione in via di attivazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il che giustificherebbe, secondo l'ipotesi formulata dall'autrice, la riferita proroga in tema di licenziamenti;
   ancora, nel citato articolo sono riportate dichiarazioni del consigliere regionale Arturo Bova, il quale, nell'esprimere ottimismo per le sorti dei lavoratori della Fondazione Tommaso Campanella, definisce «credibile il piano di rilancio del polo oncologico redatto» dal subcommissario per l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario della regione Calabria, Andrea Urbani, pure esprimendo la certezza che «una politica lungimirante potrà non soltanto scongiurare i licenziamenti, bensì ampliare l'offerta della fondazione con nuovi servizi»;
   in un articolo di Adriano Mollo, presente sul portale della testata giornalistica Il Quotidiano del Sud e datato 25 novembre 2012, figura che, in una «seduta del Tavolo Massicci è stato ribadito dai rappresentanti dei ministeri dell'Economia e della Salute che il finanziamento – da parte della regione Calabria, nda – deve «trovare capienza nel tetto complessivo per l'acquisto di prestazioni dalle strutture private accreditate e le procedure per l'attribuzione di detto budget devono essere le stesse previste per le altre strutture private accreditate»;
   nel predetto servizio, il giornalista Mollo precisò che «la Regione per il terzo trimestre 2012» aveva stanziò «4,5 milioni di euro alla Fondazione per la ricerca e la cura dei tumori per le prestazioni di ricovero e di specialistica ambulatoriale nonché del costo dei farmaci nelle more dell'attuazione della riconfigurazione della struttura, per come previsto dal decreto del presidente della giunta regionale 26/2012, ma il tavolo di verifica» espresse «parere negativo»;
   il giornalista Mollo ricordò, dunque, che «Tavolo e Comitato già nelle precedenti sedute avevano «invitato» la Regione ad «individuare una idonea soluzione» al fine di pervenire a quanto previsto dal Piano di rientro rispetto «all'individuazione di un percorso» per la «ridefinizione a regime dell'assetto giuridico della fondazione Campanella»;
   per ultimo, sempre Mollo rammentò che «con sentenza 214/12 la Corte costituzionale» dichiarò «l'illegittimità dell'intero testo delle leggi regionali 35 e 50 del 2011, che prevedevano la trasformazione in ente pubblico della Fondazione Campanella»;
   in un articolo di Pablo Petrasso, apparso nel numero 162 del settimanale Il Corriere della Calabria, si ricorda che nel 2005 «furono trasferite alcune strutture in tutto 25 – dalla «Mater Domini» alla Campanella, dalle strutture collegate all'Università «Magna Graecia» di Catanzaro al centro in cui, all'epoca, la ricerca calabrese riponeva buona parte delle sue speranze»;
   il giornalista Petrasso ricostruì il suddetto trasferimento nei termini di «un passaggio determinante dal punto di vista finanziario (e anche politico, perché mostra quanto peso abbiano sulle scelte strategiche nella sanità gli indirizzi dell'ateneo)», evidenziando come la Fondazione Campanella avesse assorbito «strutture che, almeno in apparenza», non c'entravano «nulla con la sua mission»;
   ancora, Petrasso chiarì che la Fondazione Campanella fu «costretta a sostenerne gli oneri finanziari a fronte di un bilancio che si assottiglia anno dopo anno», definendo il caso come «un esempio di scuola di come si crea un «buco»»;
   inoltre, Petrasso raccontò, riguardo alla Fondazione Campanella, che «al Tavolo Massicci i funzionari dei ministeri della sanità e dell'economia per quattro anni» misero «in fila una serie micidiale di contestazioni», e sostennero che i suoi costi non dovevano ricadere sul «Fondo sanitario regionale», peraltro già condizionato dal rientro in corso dal debito sanitario regionale;
   come già rappresentato nell'interrogazione n. 4-07613, pubblicata nel resoconto della seduta della Camera n. 367 di mercoledì 21 gennaio 2015, innumerevoli, gravi e persistenti disservizi e inadempimenti si sono cumulati in ordine alla sanità calabrese, a motivo del fatto che il Governo centrale sostituì con evidente, colpevole ritardo il commissario deputato al piano di rientro dal debito sanitario, da quell'incarico decaduto per legge Giuseppe Scopelliti, poiché intervenuta nei suoi confronti una sentenza penale di condanna in primo grado;
   alla data odierna il Governo non ha nominato il nuovo, suddetto commissario ad acta, scaduto – con la proclamazione del governatore della Calabria, eletto il 23 novembre ultimo scorso – l'incarico in parola conferito dal Consiglio dei ministri, nel settembre 2014, al generale Luciano Pezzi;
   la riferita situazione complessiva – come peraltro già significato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-07518 – ha di fatto interrotto l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario calabrese, determinando una paralisi generale rispetto alla riorganizzazione dei servizi, con diffuse ripercussioni sulla tutela del diritto alla salute previsto all'articolo 32 della Costituzione;
   un eventuale piano di rilancio del polo oncologico della Fondazione Campanella – ove confermata la notizia di cui alle dichiarazioni stampa del consigliere regionale della Calabria Arturo Bova, sopra riportate – necessiterebbe obbligatoriamente di una ridefinizione della struttura sanitaria in questione in rapporto al quadro dell'assistenza regionale, mediante apposito decreto commissariale;
   per tale ultima la ragione, non si comprenderebbe l'eventuale esistenza di un piano di rilancio del riferito polo oncologico, con la contestuale mancanza del Commissario governativo per l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario della Calabria –:
   se il Ministro della salute non ritenga urgente chiarire su quale progetto di rilancio stia lavorando il subcommissario Urbani e se il Ministro dell'economia e delle finanze non ritenga di indicare, all'occorrenza, quali debbano essere le relative risorse utilizzabili, soprattutto in ragione del fatto che i Ministeri della salute e al Ministro dell'economia puntualizzarono, al Tavolo Massicci, che per la Fondazione Campanella non poteva essere intaccato il Fondo sanitario regionale;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non ritenga indispensabile fornire pronta risposta sull'attuale disponibilità di risorse per la cassa integrazione dei lavoratori interessati;
   se il Governo non ritenga di velocizzare l'iter per la prosecuzione e ultimazione del rientro dal debito sanitario della Calabria. (4-07660)


   DI BATTISTA, SCAGLIUSI, SIBILIA, PESCO e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   intorno alle 4 di mattina del 28 dicembre 2014 sul traghetto Norman Atlantic, che stava percorrendo la tratta Patrasso-Ancona, divampa un grave incendio a seguito del quale, stando agli ultimi aggiornamenti, hanno perso la vita 11 persone;
   fermo restando che le cause dell'incendio saranno, ovviamente, oggetto dei dovuti accertamenti da parte della magistratura, l'interrogante ritiene che vi siano alcuni aspetti, relativi alle operazioni di soccorso, da sottoporre al Governo;
   secondo alcuni organi di stampa, difatti, i primi soccorsi sarebbero arrivati soltanto dopo le ore 8 e, come dichiarato dall'ammiraglio Angrisano (comandante generale delle capitanerie di porto) «Solo alle 9 di mattina del 28 l'Italia assume il coordinamento delle operazioni e in mare»;
   addirittura alcuni organi di stampa riportano che molti passeggeri del Norman Atlantic avrebbero dovuto aspettare 36 ore sul ponte più alto della nave in attesa di essere portati in salvo;
   tali ritardi a parere dell'interrogante non sono giustificabili soprattutto alla luce delle considerazioni che seguono;
   innanzitutto sembra che l'Italia, senza un'apparente logica giustificazione, abbia rifiutato l'aiuto degli altri due Paesi coinvolti nella vicenda: Grecia e Albania;
   da un lato il Governo dovrebbe chiarire le parole rilasciate dal Ministro della difesa greco, Nikos Dendias: «Avevamo mezzi e risorse disponibili, l'Italia ha accettato solo lunedì il sostegno di un altro elicottero Super Puma decollato dalla base di Corfù. Eppure quei mezzi hanno una capienza di tre volte superiore a quelli italiani, ma le autorità italiane avevano la gestione delle operazioni e solo da loro dipendeva ogni mossa... Roma avrebbe potuto gestire in modo più ampio questa operazione di salvataggio multinazionale»;
   dall'altro lato, bisogna considerare che il traghetto si trovava a poche miglia dalla costa albanese e, molto probabilmente, sarebbe stato più logico che anche l'Albania potesse intervenire nell'immediato effettuando i primi soccorsi;
   addirittura la TV albanese, Top Channel, ha riferito di riuscire a guardare il traghetto direttamente dalla costa;
   a tal riguardo, risulta, però, che anche gli aiuti albanesi siano stati rifiutati dall'Italia e siano stati comunque impediti;
   come difatti riportato dai mezzi di informazione il direttore del porto di Valona, ha affermato che «la nave la stanno rimorchiando verso le coste italiane, mentre i rimorchiatori albanesi stanno tornando nel porto di Valona» e, di conseguenza, se le navi albanesi stavano «tornando nel porto», significa che si trovavano a pochissima distanza dalla Norman e avrebbero potuto celermente ed efficacemente intervenire;
   a ciò si aggiunga che la società poi incaricata di effettuare il trasporto del traghetto oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, è l'impresa dei fratelli Barretta, azienda che alcuni organi di stampa segnalano essere molto vicina al Partito Democratico in considerazione del fatto che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi avrebbe diretta conoscenza di Rosy Barretta, definita dalla stampa locale «lady Pd» e già coordinatrice provinciale dell'Ulivo;
   senza contare, infine, che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, poche ore dopo l'incendio sul Norman Atlantic, si è recato in Albania, a Tirana, ad incontrare il suo omologo albanese Edi Rama, dove, in relazione ad un futuro ingresso dell'Albania nell'Unione europea ha rilasciato la seguente dichiarazione: «adesso bisogna correre e far si che i negoziati siano veloci. È importante che il popolo albanese sappia che l'Italia è il primo sponsor di questo progetto» –:
   se corrisponda al vero che i primi aiuti ai passeggeri della Norman Atlantic, da parte di mezzi italiani, siano avvenuti dopo le ore 8 del 28 dicembre 2014 ed a cosa sia imputabile questo ritardo di molte ore dal verificarsi dell'incendio;
   per quali ragioni l'Italia abbia assunto il coordinamento delle operazioni solo alle 9 di mattina ed a chi siano imputabili le scelte in merito alle operazioni di soccorso adottate prima;
   se si intenda confutare quanto affermato dal Ministro della difesa greco Nikos Dendias in merito alle dichiarazioni di cui alle premesse e nello specifico se corrisponda al vero che l'Italia abbia accettato solo lunedì il sostegno di un elicottero Super Puma da parte della Grecia, che avrebbe una capienza di tre volte superiore a quelli italiani;
   se corrisponda al vero che i rimorchiatori albanesi, pur partiti dal porto di Valona e dunque a poca distanza dalla Norman Atlantic, siano tornati indietro;
   quali ragioni abbiano impedito alle predette imbarcazioni albanesi di poter intervenire nell'immediato e se non si ritenga che ciò possa aver contribuito a ritardare le operazioni di soccorso;
   che ruolo abbia avuto il Governo nell'affidamento delle operazioni di traino della Norman Atlantic alla società dei fratelli Barretta a scapito dei più vicini mezzi albanesi;
   se l'incontro tra il Presidente del Consiglio Renzi con il suo omologo albanese, Edi Rama, fosse già previsto in data antecedente al verificarsi dell'incendio.
(4-07662)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la recente decisione della Banca nazionale svizzera di rimuovere il tetto minimo per il cambio fra euro e franco svizzero introdotto oltre 3 anni fa, il 6 settembre 2011, ha prodotto pesanti ripercussioni sulle retribuzioni dei dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in servizio nella Confederazione Elvetica;
   tutto il personale di ruolo e quello a contratto assunto dopo il 2003 è pagato in euro: il crollo improvviso del cambio a seguito della decisione della Banca centrale ha provocato una drastica diminuzione del potere d'acquisto che nei primi giorni aveva toccato addirittura il 30 per cento per assestarsi poi intorno al 20 per cento dopo gli ultimi «rimbalzi» della valuta italiana;
   analoghe situazioni di precarietà e insicurezza si sono venute a creare anche in altre aree geografiche, in particolare nell'area dollaro, a causa del progressivo indebolimento della nostra valuta rispetto ad altre monete «forti»;
   l'articolo 2, comma 71, della legge di stabilità 2015 stabilisce che a far data dal 1o luglio 2015 il Ministero procederà ad una revisione globale dei coefficienti di sede sulla base di rilevamenti obiettivi;
   la vigente normativa prevede anche, con decorrenza il 1o gennaio di ogni anno, la rimodulazione dei coefficienti di sede sulla base di parametri obiettivi legati soprattutto alle variazioni del costo della vita e delle condizioni di disagio e sicurezza;
   l'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, come novellato dal decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103, stabilisce che «di norma la retribuzione degli impiegati assunti localmente è fissata e corrisposta in valuta locale» a meno che non ricorrano particolari motivi;
   il decreto interministeriale n. 033/5949 del 31 dicembre 2002, in deroga a quanto stabilito in linea generale dalla norma appena richiamata, prevede che, «a decorrere dal 1o gennaio 2003, la retribuzione del personale assunto a contratto dalle Rappresentanze diplomatico-consolari e dagli Istituti italiani di cultura viene determinata e corrisposta in euro», con ciò, tra l'altro, determinando un'evidente disparità di trattamento rispetto ai loro colleghi assunti prima del 2003;
   nella Confederazione elvetica, in particolare, la retribuzione corrisposta in euro agli impiegati assunti localmente presso le rappresentanze italiane non sembra congrua ed adeguata a garantire l'assunzione degli elementi più qualificati, tanto più a seguito del suddetto crollo dei cambi –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per porre immediato rimedio alla situazione che si è venuta a creare per effetto della svalutazione dell'euro nei confronti di altre monete;
   quali siano i motivi ostativi all'applicazione della norma di cui all'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 sopra richiamata;
   se non intenda infine, a tutela di tutte le parti interessate, assumere iniziative per introdurre una norma una che preveda una rimodulazione dei coefficienti di sede ogni qual volta ci sia uno scostamento del tasso di cambio superiore ad una determinata percentuale. (3-01257)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FURNARI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le vicende inerenti allo stabilimento industriale dell'ILVA S.p.A. di Taranto sono giunte oramai ad un punto di estrema criticità sotto ogni profilo: la questione ambientale e la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini che risiedono nelle zone limitrofe dello stabilimento sono problemi annosi cui va ad aggiungersi una situazione di profonda crisi aziendale in merito alle prospettive del gruppo che, nell'ultimo periodo, ha determinato una altrettanto acuta criticità gestionale;
   nel corso di questi ultimi due anni, si sono susseguiti diversi provvedimenti che hanno interessato lo stabilimento industriale ma, tra commissariamenti, ispezioni, sequestri e monitoraggi il dato di fatto è che le prescrizioni non sono state rispettate;
   in tal senso, si ricorda che, in data 4 agosto 2011, viene rilasciata l'autorizzazione integrata ambientale alla società ILVA s.p.a. con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prot. DVA-DEC-2011-0000450 la quale prevedeva che l'azienda dovesse attuare specifiche prescrizioni;
   successivamente il 3 dicembre 2012 viene emanato il decreto-legge n. 207, convertito dalla legge n. 231 del 24 dicembre 2012, che prevede che: «...per un periodo di trentasei mesi, la società ILVA s.p.a. di Taranto è immessa nel possesso dei beni dell'impresa ed è in ogni caso autorizzata, nei limiti consentiti dal provvedimento di cui al comma 2 (autorizzazione integrata ambientale rilasciata in data 26 ottobre 2012 alla società ILVA s.p.a. con decreto del MATTM prot. n. DVA/DEC/2012/0000547), alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento e alla commercializzazione dei prodotti...»;
   così, la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti viene affidata ai titolari dell'autorizzazione integrata ambientale con obbligo di ottemperare a tutte le prescrizioni entro 36 mesi, ovvero entro il 15 ottobre 2015;
   ancora, il 4 giugno 2013 viene emanato il decreto-legge n. 61 del 4 giugno 2013, successivamente convertito dalla legge n. 89 del 3 agosto 2013, che prevede il commissariamento straordinario dello stabilimento ILVA per garantire che la prosecuzione dell'attività produttiva sia funzionale alla conservazione della continuità aziendale ed alla destinazione prioritaria delle risorse aziendali alla copertura dei costi necessari per gli interventi di risanamento ambientale individuati da un comitato di tre esperti nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la definizione del «Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria che prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'A.I.A.»;
   il 16 luglio 2014 viene emanato il decreto-legge n. 100 il quale stabilisce che, ai fini dell'osservanza del predetto piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, s'intende che, «trattandosi di un numero elevato di prescrizioni con interconnessioni critiche, entro il 31 luglio 2015 sia attuato almeno l'ottanta per cento delle prescrizioni in scadenza a quella data»;
   così, oltre a prevedere una nuova ed ulteriore protrazione dei termini temporali di attuazione degli interventi di risanamento ambientale (già posticipati a seguito dell'approvazione del piano ambientale rispetto a quelli previsti dal decreto di riesame dell'AIA), il decreto-legge n. 100 del 2014 non specifica quali interventi appartengano al 20 per cento delle prescrizioni che ILVA avrebbe potuto autonomamente decidere di prorogare sine die rispetto a tutte le prescrizioni in scadenza al 31 luglio 2015;
   ancora, l'11 agosto 2014, viene emanata una nuova legge n. 116, la quale prevede che «trattandosi di un numero elevato di prescrizioni con interconnessioni critiche, entro il 31 luglio 2015 sia attuato almeno 1'80 per cento delle prescrizioni in scadenza a quella data. (...) Rimane il termine ultimo già previsto del 4 agosto 2016 per l'attuazione di tutte le altre prescrizioni»;
   la legge consente quindi la proroga dei termini temporali del 20 per cento delle prescrizioni previste in scadenza al 31 luglio 2015 dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014 e proroga sine die i termini per alcuni interventi come quelli relativi alla copertura dei parchi minerari la cui realizzazione determinerebbe una drastica riduzione degli agenti inquinanti immessi in atmosfera;
   con riferimento a questi ultimi si riportano le parole del custode giudiziario dell'ILVA di Taranto che, il 14 gennaio 2015, nel corso di un'audizione al Senato ha avuto modo di sottolineare che: «la barriera frangivento installata nell'area parchi, non contribuisce alla riduzione delle emissioni di polveri sul rione Tamburi che dista appena 200 metri dai cumuli di minerale. Inoltre, la gestione delle acque di lavaggio e meteoriche e l'assenza di adeguata pavimentazione hanno comportato, con ogni probabilità, nel tempo, l'immissione, nei sistemi acqua-suolo, di sostanze pericolose. La pavimentazione delle aree di sedime e la realizzazione di un sistema di convogliamento e trattamento delle acque meteoriche è quanto previsto dalle norme dello Stato italiano. I sistemi per il contenimento delle emissione diffuse da polveri sottili dovute alla presenza degli stoccaggi di materie prime, costituito dalla rete di idranti e fog cannon non garantiscono un adeguato contenimento delle emissioni in relazione a condizioni meteorologiche in quanto le procedure operative che definiscono le modalità di funzionamento delle stesse non tengono conto delle specifiche condizioni di vento delle aree interessate»;
   purtroppo con le disposizioni sopra citate si continua ad eludere la necessità di certezza di tempi e modi per il risanamento dell'area di Taranto e si va inevitabilmente in una direzione contraria all'obbligo di tutela sanitaria dei residenti involontariamente esposti a tossici noti;
   l'alternativa sarebbe quella di prevedere misure di tutela ambientale e sanitaria basandosi non sulla valutazione del danno, peraltro eseguita a posteriori, ma sull'analisi epidemiologica preventiva del rischio: prevedere i danni, dunque, non contare ammalati e morti applicando misure di prevenzione primaria per evitarli –:
   quali iniziative, anche normative, urgenti i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, abbiano intenzioni di porre in essere al fine di definire misure concrete di risanamento ambientale e di tutela della salute che prevedano tempi certi di realizzazione degli interventi oramai indifferibili. (4-07654)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la situazione ambientale in cui versa sia l'area urbana del comune di Terni che diverse aree rurali è estremamente complessa, per una serie di concause legate principalmente alla pressione industriale ed agricola. In tale contesto, è auspicabile il coordinamento tra le autorità competenti del settore agricolo e del settore ambientale, al fine anche di garantire un effettivo contributo delle misure PSR 2014-2020 alla protezione delle acque dell'inquinamento;
   con le analisi svolte a seguito dell'intesa siglata in sede di Conferenza Stato-regioni del 22 novembre 2012 in merito alla proposta del Ministero della salute di deliberazione del CIPE per l'approvazione del progetto interregionale «Piano di monitoraggio per la ricerca delle diossine negli alimenti di origine animale», si è registrata nella zona di Terni una contaminazione sopra il livello di azione/allarme da diossine/PCB pari a circa il 50 per cento dei campioni di latte ovicaprino e di uova: al riguardo, conformemente alle normative europee, sono stati coercitivamente distrutti alcuni dei predetti allevamenti rurali;
   la pesante contaminazione dei suoli da metalli pesanti è dimostrata dai tassi di deposizione registrati da ARPA Umbria sin dal 2011 in numerosi quartieri cittadini, nonché dalle analisi compiute da ASL2 nel 2012 sui campioni di insalata tal quale prelevati a Prisciano, impregnati soprattutto di cromo in misura tale da aver imposto alla stessa ASL2 una comunicazione pubblica rivolta agli stessi residenti;
   il tasso di nickel nell'aria che, grazie alla possibilità di misurazione data dalla nuova centralina di Carrara registra picchi mensili pari o anche superiori al tasso di allarme di legge (20 nanogrammi per metro cubo/anno): finora la media gennaio-luglio 2014 del centro città è 25 ng/mc, fonte ARPA Umbria;
   anche per il benzo(a)pirene, secondo ARPA Umbria, la soglia di legge è stata superata negli anni 2013/2014 presso i siti di Borgo Rivo e Le Grazie;
   le acque delle falde acquifere sottostanti le discariche industriali di Pentima-Valle sono contaminate da cromo esavalente, altri metalli pesanti e azoto ammoniacale, come consta dal relativo rapporto idrogeologico ARPA Umbria del giugno 2014, nonché da osservazioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare-ISPRA, dove prosegue da anni un confronto interistituzionale al momento senza esito;
   si registrano, inoltre, anche diverse vicende giudiziarie concernenti la gestione del percolato di tali discariche, nonché a partire da inizio 2014, la vicenda delle acque «metalliche» che precipitavano dal tunnel «Tescino» (SS 675-bis), anche con relativa contaminazione di persone, come manifestato da diversi servizi apparsi su quotidiani e programmi televisivi nazionali;
   le acque potabili della zona di Borgo Rivo-Cesi, secondo il sito lacquachebevo.it, contengono da anni un tasso di nitrati pressoché pari a quello di massimo (50 mg/l), con evidenti conseguenze per lattanti, donne incinte, considerando che l'Organizzazione mondiale della sanità prevede per queste categorie un tenore ben inferiore (10 mg/l) a quello riservato alle altre categorie;
   le acque provenienti dai pozzi di Cesi sono da decenni contaminate – a monte – con tassi superiori al limite di legge per quanto riguarda il tricloroetilene, rese potabili – a valle – solo esclusivamente attraverso l'utilizzo di filtri a carbone attivo; stesso dicasi per le acque di Maratta/Polymer (qui con pozzi anche chiusi), tanto che a partire dal 2010 regione Umbria e provincia di Terni avviarono una specifica campagna di monitoraggio;
   per quanto riguarda la presenza di cromo nell'aria sebbene non sia istituito un limite di legge, il valore di riferimento riconosciuto dalla comunità scientifica per le aree urbane è di 4,70 ng/mc. Dal 2009 i monitoraggi ARPA per la matrice aria hanno riscontrato a Terni una media annuale per il cromo pari a 39 ng/mc, pari a oltre tre volte quanto registrato a Perugia e pari a oltre otto volte quanto registrato a Gubbio. Nel 2008 analoghe misurazione hanno registrato una media pari a 36,8 ng/mc, pari a quattordici volte la media perugina e a quarantotto volte la media eugubina nello stesso anno e la media mensile nello stesso anno è rimasta costantemente al di sopra del limite che distingue le aree urbane da quelle industriali raggiungendo a dicembre il picco di 87,8 ng/mc, oltre cinquantasette volte la media calcolata a Perugia nello stesso mese e centoquarantasei volte la media a Foligno;
   secondo la terza parte dello studio epidemiologico «Sentieri» dell'Istituto superiore di sanità si registra uno spaventoso eccesso della morbilità e delle ospedalizzazioni nel primo decennio del duemila. Nella fattispecie si registra un aumento impressionante rispetto alla media regionale delle ospedalizzazioni nel primo decennio del duemila. Nella fattispecie si registra un aumento impressionante rispetto alla media regionale delle ospedalizzazioni per le malattie respiratorie (+9 per cento uomini, +12 per cento donne) e le malattie respiratorie acute (+13 per cento uomini, +16 per cento donne) di cui lo studio registra un «interesse a priori» per le fonti di esposizione nel sito di interesse nazionale. Si evidenzia un eccesso rispetto alla media del tumore al polmone (+14 per cento uomini e +18 per cento donne), del tumore delle vie urinarie (+31 per cento uomini) e dei linfomi non-Hodgkin (+24 per cento). Secondo la statistica a Terni tra il 2003 e il 2010 sono morte 265 persone per cause quantomeno sospette, tra il 1996 e il 2005 si sono ammalate di tumore 199 persone, tra il 2005 e il 2010 ci sono stati 3291 ricoveri ospedalieri;
   il secondo rapporto «Sentieri» dell'Istituto superiore di sanità registra un aumento delle patologie tumorali legate all'inquinamento a Terni, in particolare con un eccesso fino al 18 per cento per le malattie respiratorie, rispetto alla media regionale;
   nella Valutazione ambientale strategica redatta dalla regione Umbria sul programma di sviluppo rurale PSR 2014-2020, emergono, a fronte degli aspetti succitati, numerose lacune riguardo alla valutazione degli effetti, in particolare non si pone attenzione all'utilizzo delle biomasse e del fabbisogno idrico, dei cicli di coltivazione, del traffico indotto e conseguenti emissioni per l'approvvigionamento del combustibile, dello smaltimento dei rifiuti, delle emissioni di inquinanti in atmosfera e delle emissioni odorigene e al tema della tutela quali-quantitativa della risorsa idrica, come evidenziato dalle stesse osservazioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 24 settembre 2014 –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative siano state assunte per colmare le lacune e far fronte alle criticità evidenziate nelle osservazioni formulate del Ministero. (4-07659)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3 della legge n. 97 del 6 agosto 2013 – nota come «legge europea 2013» – è intervenuto sulla procedura di pre-infrazione (EU Pilot 4277/12/MARK) riferita a possibili violazioni della direttiva «servizi» (2006/123/CE) in materia di libera prestazione ed esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea;
   le disposizioni previste stabiliscono la validità in Italia dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro;
   in linea generale, i cittadini dell'Unione europea che abbiano ottenuto l'abilitazione in un altro Stato membro non necessitano di autorizzazioni o abilitazioni e possono esercitare la professione su tutto il territorio nazionale – ad eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico individuati con decreto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   tale decreto avrebbe dovuto essere adottato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della suddetta legge il 4 settembre 2013;
   l'articolo 11, comma 4, del decreto-legge n. 83 del 31 maggio 2014 noto come «decreto Cultura», convertito – con modificazioni – dalla legge n. 106 del 29 luglio 2014, ha sostituito la scadenza sopracitata con il termine del 31 ottobre 2014. Scadenza – quest'ultima – entro cui sarebbero stati individuati anche i requisiti necessari ad ottenere l'abilitazione e la disciplina del procedimento di rilascio;
   il termine del 31 ottobre 2014 è stato superato senza che il summenzionato decreto attuativo sia stato adottato;
   il 18 dicembre del 2014 ha avuto luogo la seduta della Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 97 del 2013, sullo schema di decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo che individua i requisiti necessari ad ottenere l'abilitazione per lo svolgimento della professione di guida turistica e le procedure di rilascio della stessa;
   nel resoconto di tale seduta si fa riferimento a una raccomandazione di proseguire il confronto sullo schema di decreto al fine di pervenire a una regolamentazione di una figura di «guida turistica generica»;
   tale qualifica non risulta corrispondente alle disposizioni tecniche del Comitato europeo di formazione (CEN) in materia di «terminologia del turismo» (CEN EN 13809/2003), sottoscritte dall'Italia, nonché potenzialmente discordante con le stesse priorità in materia stabilite dalle modifiche al «decreto Cultura» da parte dalla legge n. 106 del 2014. Contraddice inoltre la definizione della professione adottata dalla tradizione giuridica italiana (nazionale e regionale), come stabilita dalla Federazione europea (FEG) e dalla Federazione mondiale (WFTGA) delle guide turistiche, dove si fa sempre riferimento ad un'area specifica di competenza per l'esercizio della professione –:
   cosa si intenda per «guida turistica generica» nella bozza dello schema di decreto che individua i requisiti necessari ad ottenere l'abilitazione per lo svolgimento della professione di guida turistica e le procedure di rilascio della stessa, e se tale figura sia complementare o sostitutiva a quella della guida turistica prevista dalla legge. (5-04559)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da diverse settimane tutti i lavoratori e le lavoratrici dell'appalto di pulizie e sanificazione presso i siti della Marina militare di Taranto e provincia sono in stato di agitazione;
   le motivazioni della nuova agitazione, che segue le numerose già attuate nel corso del 2014, risiedono nella ennesima riduzione del servizio, pari al 10 per cento, nei siti della città di Taranto e provincia e che comporterà una ulteriore riduzione degli orari contrattuali di tutti i lavoratori coinvolti, da aggiungersi alla decurtazione del 60 per cento disposta nel maggio scorso. Di conseguenza, questa riduzione avrà gravi ripercussioni anche sul salario percepito dai lavoratori stessi, già fortemente compromesso dai tagli che si sono attuati dal 2010 ad oggi;
   su 144 lavoratori coinvolti nell'appalto di pulizie e sanificazione quasi tutti risultano essere assunti con contratti part-time, alcuni addirittura per una sola ora e mezza giornalieri;
   drammatica è altresì la situazione dei dipendenti dell'appalto relativo alla manovalanza nei siti tarantini della Marina militare. A fronte di poco più di 40 lavoratori impiegati con contratto a chiamata, le ore lavorative mensili oscillano fra le 40 e le 70;
   a fronte di questa situazione, all'interno della legge di bilancio 2015 è stato approvato un emendamento che prevede un incremento di 500 mila euro nello stato di previsione del Ministero della difesa (programma 1.6 – pianificazione generale delle Forze armate e gli approvvigionamenti militari) da destinare agli appalti sopra menzionanti e quindi per garantire il finanziamento dei lavori esternalizzati da parte del Ministero della difesa;
   tale impegno alla destinazione dei fondi aggiuntivi a bilancio, risulta dal resoconto dei lavori della Commissione bilancio della Camera dei deputati del 13 novembre 2014, e avvalorato dallo stesso Viceministro all'economia e alle finanze Morando;
   è necessario che il Ministro della difesa e il Governo, dopo che sia stata riconosciuta la necessità di aumentare le risorse da destinare agli appalti per servizi esternalizzati sopra menzionati con l'approvazione dell'emendamento alla legge di bilancio 2015, pongano al più presto rimedio ad una situazione inaccettabile –:
   se l'incremento di 500 mila euro apportato dalla legge di bilancio 2015 allo stato di previsione del Ministero della difesa sia stato effettivamente finalizzato al finanziamento a favore dei lavori esternalizzati da parte del Ministero della difesa;
   se e come, il Ministro interrogato, intenda operare per recuperare le risorse tagliate nel corso degli anni al settore dei lavori esternalizzati e quindi per porre finire a questa vertenza, che pesa negativamente sul corretto funzionamento delle strutture del Ministero della difesa, garantendo al contempo adeguati livelli lavorativi e retributivi agli addetti. (5-04577)

Interrogazione a risposta scritta:


   PIRAS e DURANTI. — Al Ministro della difesa, Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   un servizio del giornalista Tony Capuozzo, andato in onda su Tgcom24 nel luglio 2013 mette in evidenza pesanti contraddizioni nella tesi accusatoria dei fucilieri di Marina La Torre e Girone, da quasi tre anni prigionieri delle autorità indiane per i fatti verificatisi il 15 febbraio 2012;
   il servizio incrocia le comunicazioni alla capitaneria portuale di Kerala con le dichiarazioni rilasciate alla tv indiana dal comandante-armatore del peschereccio a bordo del quale sono rimaste uccise due persone;
   alle 19,15 la Lexie – nave sulla quale sono imbarcati i due Marò in missione antipirateria – comunica alla capitaneria l'aggressione di una presunta nave pirata e riferisce di colpi d'arma da fuoco sparati in acqua come deterrente. Fatti svoltisi fra le 16 e le 16,30 ora locale;
   il peschereccio sul quale restano uccisi due pescatori comunica i fatti alla capitaneria di porto alle 21,30;
   la Enrica Lexie riceve ed esegue l'ordine di rientrare in porto alle ore 21,36, dopo che la comunicazione delle ore 19,15 è stata ignorata per oltre due ore;
   alle 22,20 la capitaneria di porto riceve – da una nave battente bandiera greca – la ulteriore segnalazione di un incidente, occorso in zona ed orario certamente più prossimi alla posizione ed ai fatti del peschereccio, con conflitto a fuoco, che – in maniera del tutto singolare – viene completamente ignorato dalle autorità portuali indiane;
   all'atto dello sbarco il comandante armatore del peschereccio – come mostra il servizio citato del giornalista Capuozzo, dichiara, per ben quattro volte davanti alle telecamere della Tv indiana, accompagnato da un poliziotto indiano, che l'incidente è avvenuto alle 21,30. Solamente più avanti tale versione verrà inspiegabilmente ritrattata;
   i fatti che coinvolgono la Enrica Lexie si svolgono in acque internazionali;
   in tre anni di detenzione non si è ancora aperto un processo nei confronti dei due fucilieri della Marina e che ancora è assente un preciso capo d'imputazione;
   i due fucilieri di Marina erano impiegati in una missione internazionale antipirateria, con precise regole d'ingaggio, denominata Ocean Shield, missione alla quale partecipa anche il nostro Paese;
   il fuciliere Massimiliano La Torre è stato colpito da ictus e temporaneamente si trova in cura in Italia;
   il servizio televisivo del giornalista Capuozzo è facilmente rinvenibile on line sul canale Youtube;
   tale servizio dimostrerebbe la estraneità dei fucilieri della Marina italiana ai fatti avvenuti a bordo del peschereccio indiano;
   nessuno fra i Governi succedutisi dal 2012 – nonostante sul caso risultino impegnati la Marina militare e servizi italiani – ad oggi appare aver mai valorizzato le informazioni rinvenute dal citato giornalista, nemmeno a seguito della trasmissione del servizio, in alcuna sede, informale o legale;
   ancora non appaiono chiare le responsabilità di coloro che abbiano dato l'assenso al rientro della Enrica Lexie nel porto di Kerala –:
   quali siano le attività in essere da parte governativa presso le autorità indiane per la liberazione dei fucilieri di Marina;
   quali siano le attività in essere presso la comunità internazionale;
   se ritengano la ricostruzione del giornalista Capuozzo utile alla risoluzione del caso e come ritengano di farne uso.
(4-07648)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati del centro studi «ImpresaLavoro» contenuti nel rapporto Doing Business 2015, nella classifica generale che misura la qualità del sistema fiscale che grava sulle imprese, l'Italia si classifica ultima a livello continentale e 141esima nel mondo, riuscendo a fare addirittura peggio dello scorso anno che la vide già posizionarsi 137esima;
   questo pessimo risultato italiano sarebbe frutto di diversi fattori: la pressione fiscale elevata, la complessità del sistema fiscale e i tempi lunghi anche per pagare quanto dovuto allo Stato;
   nell'Europa a 28 Stati la palma di miglior sistema fiscale va all'Irlanda, seguita dalla Danimarca e dal Regno Unito, mentre l'Olanda è sesta, la Germania 18esima, la Spagna 20esima e la Francia 25esima;
   in termini di total tax rate sulle imprese, l'Italia ha un prelievo complessivo del 65,4 per cento, cifra inferiore alla sola Francia (66,6 per cento) e che distanzia di molto tutti i principali partner europei visto che nessuno sconta una pressione fiscale così pesante: la Germania ha il 48,8 per cento, e fanno meglio di noi anche Grecia (49,9 per cento), Portogallo (42,4 per cento) e Spagna (58,2 per cento);
   per quanto riguarda il sistema burocratico particolarmente complicato tutto italiano, tra IRES, IRAP, tasse sugli immobili, versamenti IVA e contributi sociali, in Italia un imprenditore medio effettua in un anno 15 versamenti al fisco: 6 in più di un suo collega tedesco, 7 in più di un inglese, di uno spagnolo o di un francese e 9 in più di uno svedese;
   tutto questo comporta che per essere in regola con il fisco gli imprenditori italiani siano costretti a perdere una parte consistente del loro tempo: con 269 ore l'anno impiegate per adempimenti fiscali, l'Italia è sesta in Europa e prima tra le grandi economie, mentre un'azienda tedesca ha bisogno di 218 ore all'anno (51 in meno), la Spagna impiega 167 ore e la Francia 137 ore;
   esistono anche realtà radicalmente diverse come quella costituita dal Regno Unito dove, a un sistema fiscale già leggero in termini quantitativi si accompagna un sistema di pagamento molto semplice: gli imprenditori inglesi effettuano in un anno una media di 8 versamenti al fisco, occupando solo 110 ore del loro tempo, meno della metà di un imprenditore italiano;
   i tempi insostenibili della giustizia, le tasse troppo elevate e gli eccessi di burocrazia sarebbero alcune delle criticità presenti nel mercato italiano che causano la scarsa volontà delle imprese straniere di investire in Italia, secondo quanto dichiarato dall'Associazione delle banche estere che operano in Italia, interlocutore naturale per molti potenziali investitori stranieri;
   in 10 anni tra, il 1994 ed il 2013, l'Italia ha infatti attratto investimenti esteri diretti (finanziari e industriali), i cosiddetti Ide, per un totale di 290 miliardi di dollari, contro 1567 miliardi di dollari della Spagna e i più degli 800 in Francia e Germania;
   gli indicatori economici per il nostro Paese non evidenziano segnali di ripresa economica o addirittura evidenziano il perdurare di un regime di deflazione, mentre gli interventi normativi del Governo, effettuati negli ultimi due anni appaiono inadeguati per generare il desiderato impatto significativo in termini di promozione ed insediamenti di nuove strutture produttive sul territorio nazionale;
   Confartigianato ha di recente parlato delle norme che spesso complicano la vita dei contribuenti, spiegando che quasi due norme fiscali promulgate su tre aumentano i costi burocratici per le imprese: «Gli italiani pagano 25 miliardi di tasse in più rispetto alla media Ue, non ne possiamo più di pagare le tasse più alte d'Europa», queste le parole del presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, che durante l'assemblea annuale del 10 giugno ha detto: «Tra aprile 2008 e marzo 2014 sono state approvate 629 norme fiscali, di cui 389 hanno portato nuove incombenze e costi burocratici: il fisco si è complicato alla velocità di 1 nuova norma a settimana»;
   per la burocrazia nell'ultimo anno le piccole e medie imprese hanno speso in oneri 30,9 miliardi (2 punti di prodotto interno lordo): 7.005 euro ciascuna. In particolare l'Italia è al penultimo posto tra i 28 Paesi dell'Unione europea per quota di cittadini che interagisce via web con la pubblica amministrazione: soltanto il 21 per cento degli italiani dialoga on-line con la pubblica amministrazione rispetto alla medi europea del 41 per cento;
   secondo i dati Istat e Banca Mondiale, la fiscalità interna pesa sul totale dell’export italiano, in particolare quello artigiano, per oltre 13 miliardi sui quasi 390 ricavati dai prodotti italiani venduti nei quindici principali mercati europei e ciò comporta che le imprese che producono in Italia ed esportano oltre i confini nazionali paghino, in media, il 15,5 per cento in più di tasse rispetto alle aziende concorrenti degli altri Paesi –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della difficile situazione espressa in premessa causata dal fisco italiano che grava sulle spalle di imprenditori già in difficoltà per la crisi economica in atto, peggiorando la situazione di un tessuto produttivo che avrebbe invece bisogno di sostegno;
   quali orientamenti intendano esprimere, e quali iniziative urgenti e necessarie, nell'ambito delle proprie competenze, intendano assumere per ridisegnare in modo costruttivo tutto il sistema tributario per porre un freno ad una situazione che incide negativamente sulla competitività delle imprese italiane e interrompere così anche l'allontanamento di investitori stranieri in Italia, fattore che contribuisce ad aggravare le condizioni della crisi economica attraversata dal nostro Paese. (4-07637)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il sisma del 20 e 29 maggio 2012 ha colpito profondamente il territorio dell'Emilia-Romagna, lasciando un profondo segno nel tessuto sociale ed economico;
   l'area maggiormente interessata dai due eventi sismici è stata la porzione settentrionale della pianura padana emiliana compresa tra le province di Reggio Emilia, Modena, Ferrara e Bologna ma le scosse sono state avvertite nettamente in gran parte dell'Italia del Nord e hanno causato danni anche in Lombardia e Veneto;
   il terremoto è stato soprattutto una tragedia umana: sono morte a causa delle scosse 28 persone, cui si è aggiunto un volontario deceduto nella fase di ricostruzione, con oltre 300 feriti;
   l'area che è stata colpita è enorme e densamente popolata: 33 comuni nell'area del cratere, 59 quelli interessati complessivamente da eventi sismici, 550.000 persone direttamente coinvolte, quasi un milione nell'intera area e 270.000 addetti tra agricoltura, industria e servizi;
   la zona è ad alta industrializzazione, con un'agricoltura importante e di grande livello, un notevole tasso di occupazione, nell'area del cratere si produce circa il 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
   i maggiori danni sono stati subiti alle abitazioni e dalle attività produttive, con le conseguenze disastrose di rischio chiusura e di disoccupazione per attività già messe a dura prova dalla crisi economica;
   in risposta alla calamità derivante dall'evento sismico il Governo ha adottato dapprima il decreto-legge n. 74 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2012, che circoscriveva il suo ambito di applicazione inizialmente ai territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, per i quali era stato disposto il differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 1o giugno 2012 (articolo 1, comma 1) sino alla fine del 2012;
   in seguito, l'articolo 67-septies del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ha esteso l'applicabilità delle disposizioni al territorio dei comuni di Ferrara e Mantova, nonché, ove risultasse l'esistenza del nesso di causalità tra danni e i suindicati eventi sismici, di ulteriori comuni indicati nella normativa;
   in considerazione dell'entità dei danni subiti e al fine di favorire il processo di ricostruzione e la ripresa economica nei territori interessati lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 maggio 2013 e poi, con l'articolo 6 del decreto-legge n. 43 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 71 del 2013, fino al 31 dicembre 2014;
   i pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria sono stati sospesi in un primo momento fino al 30 settembre 2012 (decreto ministeriale 1o giugno 2012); successivamente la sospensione è stata prorogata fino al 30 novembre (articolo 8, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012 e decreto ministeriale 24 agosto 2012). Infine, il decreto-legge n. 174 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213 del 2012, ha previsto che i pagamenti suddetti fossero effettuati entro il 20 dicembre 2012, senza applicazione di sanzioni e interessi;
   in seguito, l'articolo 11, commi 7 e 7-bis del decreto-legge 174 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, e l'articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, hanno previsto l'inizio del rimborso delle rate del mutuo dal 30 giugno 2013, termine poi prorogato al 30 giugno 2015 dall'articolo 6, commi 2 e 3, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, e l'articolo 3-bis del decreto-legge n. 4 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 50 del 2014;
   dei sei miliardi di euro previsti per la ricostruzione, al 31 ottobre 2014 (ultimo dato disponibile sito della regione Emilia Romagna), sono stati erogati appena 541 milioni, il 9 per cento del totale, e stanziati 1.405 milioni, il 23,41 per cento del totale;
   appare di tutta evidenza inaccettabile pretendere il pagamento delle imposte e dei contributi, prima che gli stessi soggetti siano stati risarciti dei danni subiti –:
   se non ritengano di adottare iniziative normative che proroghino dei rimborsi dei mutui stipulati ai sensi del citato articolo 11 del decreto-legge n. 174 del 2012, sino al 31 dicembre 2018, e comunque sino ad una data successiva alla corresponsione in favore dei soggetti danneggiati dei rimborsi loro spettanti;
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla possibilità di prevedere agevolazioni fiscali quali l'istituzione di una no tax area o di zone franche urbane nelle zone colpire dal sisma, al fine di consentire alle imprese ed ai privati di tornare alla normalità. (4-07642)


   REALACCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come confermato, anche in passato, dalle dichiarazioni di un Ufficiale Giudiziario in occasione della trasmissione di RAI Tre Ballarò e altri articoli di stampa nazionale, il 16 aprile 2014 e riportate anche sul sito di Rainews i nostri animali da compagnia, ovvero cani, gatti, pesci, conigli e altri animali domestici dal punto di vista giuridico, sono considerati una «res», una cosa e dunque possono essere pignorati come si fa nei casi previsti dalla legge, ad esempio, con i divani, i televisori e le automobili;
   da un punto di vista strettamente procedurale, valido anche per l'Agenzia delle entrate e per Equitalia, infatti, le parole dell'ufficiale giudiziario risultano essere veritiere: gli animali (vivi o morti) sono considerati un «bene» e nessuna tutela in quanto esseri dotati di sentimenti è loro riconosciuta; tanto che, in caso di maltrattamento, il reato individuato dalla legge è in effetti solo quello in funzione del «sentimento per gli animali» e non «degli animali stessi»;
   il codice di procedura civile dichiara pignorabili tutte le cose del debitore, quindi i beni suscettibili di valutazione economica. Appare perciò chiaro che bisognerebbe quindi attribuire innanzitutto un valore economico agli animali (cosa fattibile per animali da stalla, come i cavalli, o da pascolo, ma assolutamente improbabile nel caso di animali da compagnia che hanno solamente un valore squisitamente affettivo;
   secondo la legge quadro 14 agosto 1991, n. 281, «Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali d'affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente»;
   la legge peraltro già esclude il pignoramento di tutti quei beni che abbiano un valore affettivo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra descritto;
   se, per quanto di competenza, non ritengano utile valutare l'opportunità di un aggiornamento della normativa civile e disporre la «non pignorabilità» degli animali d'affezione anche alla luce della novella giurisprudenziale in questi anni volta a garantire maggiore rispetto e diritti agli animali posto che il pignoramento di un animale d'affezione e il suo allontanamento costituisce infatti elemento non trascurabile e indubbio di ritorsione sull'affetto dello stesso ed anche una forma indiretta di ritorsione psicologica sul debitore. (4-07652)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORELLI, DI LELLO, LOCATELLI, CATALANO, FAVA, LABRIOLA, FURNARI, NESI, TACCONI e PINNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 gennaio 2015, è stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale n. 5 – IV serie speciali – Concorsi ed esami, ai sensi dall'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2011 e del decreto-legge n. 101 del 2013, la procedura di mobilità volontaria esterna per la copertura di n. 1031 posti a tempo pieno e indeterminato presso il Ministero della giustizia – Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi – per la copertura dei posti vacanti degli uffici giudiziari;
   all'articolo 4, punto 4, intitolato: «Presentazione delle domande – Modalità e termini» si legge testualmente, in merito ai documenti da allegare alla domanda, «Il personale appartenente ad amministrazione diversa dai ministeri dovrà allegare, altresì, una dichiarazione della propria amministrazione, con la quale la stessa si impegna a procedere al versamento delle risorse corrispondenti al 50 per cento del trattamento economico spettante al personale interessato al trasferimento, secondo le modalità che saranno stabilite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 30, comma 2.3 del decreto legislativo n. 165 del 2001, in corso di perfezionamento»;
   da quello che si legge sul bando risulta che il Ministero della giustizia abbia dimenticato gli esuberi provinciali, non tenendo in alcun conto le esortazioni che provengono dallo stesso Esecutivo a cogliere l'occasione della messa in soprannumero coatta di circa 20.000 dipendenti provinciali per la «più grande operazione di razionalizzazione della pubblica amministrazione», il bando viene configurato in modo da eludere i vincoli previsti dalla legge di stabilità 2015;
   tale provvedimento, infatti, prevede una serie di vincoli e passaggi, tali da indurre le pubbliche amministrazioni a congelare le proprie assunzioni proprio per acquisire in mobilità i dipendenti provinciali in soprannumero;
   il bando del Ministero della giustizia, invece, riserva la «chiamata» alla mobilità a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione, e in particolare a quelli dei ministeri, stabilendo, oltre tutto, che il personale appartenente ad amministrazione diversa dai ministeri dovrà allegare, altresì, la dichiarazione della propria amministrazione, di cui sopra, relativa al versamento del 50 per cento delle risorse corrispondenti;
   nel pretendere tale dichiarazione di disponibilità dell'ente di provenienza si mettono, in sostanza, fuori gioco le province, per due motivi: innanzitutto perché a causa del versamento coatto di 1,380 miliardi allo Stato, le province sono prive di risorse finanziarie; in secondo luogo, perché ai sensi dell'articolo 1, comma 425, della legge n. 190 del 2014, le mobilità dei dipendenti provinciali in soprannumero sono proprio esentate dal versamento del 50 per cento del trattamento economico, allo scopo di incentivare le mobilità dei dipendenti provinciali;
   inoltre, la previsione del bando è piuttosto strana in quanto, l'avviso, in sostanza, anticipa i contenuti del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (non di competenza dello stesso ministero) al quale è condizionato e che comunque e successivo al bando stesso come si legge testualmente all'articolo 4, punto 4) essendo: «in corso di perfezionamento» –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere, dal momento che le domande di partecipazione al bando dovranno essere presentate entro il prossimo 6 marzo 2015, al fine di rivedere la decisione adottata, per dare priorità alla mobilità dei dipendenti provinciali. (4-07649)


   NESCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato su «Il Quotidiano del Sud» del 21 gennaio 2015 in un articolo a firma Michele Albanese, la Procura di Palmi, uno dei presidi giudiziari più importanti di tutta la Calabria, rischia a breve la paralisi;
   nel summenzionato articolo, infatti, viene precisato che «fra qualche mese l'organico di magistrati potrebbe ridursi anche del 60 per cento rispetto all'attuale che è già ridotto. A fine mese è previsto il trasferimento di ben cinque pubblici ministeri e cioè Salvatore Dolce trasferito alla procura generale di Catanzaro, Luigi Iglio alla procura di Avellino, Enzo Bucarelli alla procura di Torino, Francesco Ponzetta e Gianluca Gelso alla procura di Reggio Calabria. Questi ultimi quattro hanno chiesto di posticipare il possesso nei nuovi uffici a luglio prossimo. In forza a Palmi resterebbero Domenico Cappelleri magistrato di primo incarico, Anna Pensabene giunta lo scorso anno a marzo, Rocco Cosentino e Giulia Masci che è in aspettativa»;
   come riportato sul sito del Consiglio superiore della magistratura, la procura di Palmi già ad oggi presenta un organico vacante, a cominciare dall'assenza del procuratore della Repubblica, dopo il trasferimento a Firenze di Giuseppe Creazzo;
   in pratica, scrive ancora Albanese, «fra qualche mese, in forza alla procura di Palmi che al momento è guidata dal procuratore capo facente funzioni Emanuele Crescenti, resterebbero solo tre sostituti procuratori sui dieci previsti in organico, oltre al procuratore aggiunto e al pm capo»;
   secondo quanto riportato ancora nel succitato articolo, i vuoti di organico riguarderebbero anche il personale amministrativo dato che «di recente gli uffici di procura palmese hanno visto il passaggio ad altra sede di due funzionari che si occupavano degli affari civili e delle esecuzioni penali, due settori strategici, i quali non sono stati ancora rimpiazzati e presto un altro storico funzionario andrà in pensione»;
   la situazione, a parere dell'interrogante, è dunque molto preoccupante, considerando peraltro che la procura di Palmi riveste un ruolo determinante nella lotta alla criminalità organizzata, avendo come giurisdizione la Piana di Gioia Tauro, con il suo grande e problematico porto, da sempre mirino degli interessi «ndranghetistici»;
   a titolo di esempio, si menziona l'ultima operazione — «Cirello» — portata avanti dalla procura di Palmi (nella fattispecie dai sostituti procuratori Giulia Pantano e Salvatore Dolce) che ha portato all'arresto di diciotto persone per spaccio di droga e detenzione e porto abusivo di armi, accusati di avere gestito una vasta attività di spaccio di cocaina, eroina e canapa indiana tra Rosarno, Marina di Gioiosa Jonica e Rizziconi. Alcuni fermati risultano essere contigui alle cosche di ‘ndrangheta dei Pesce di Rosarno e dei Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica;
   ancora, si può ricordare l'operazione condotta tra Roma e Palmi che ha portato all'arresto di tre affiliati al clan Bellocco, calabresi ma residenti nella capitale, ritenuti responsabili dei reati di favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena (avrebbero favorito la latitanza dei due boss Umberto e Francesco Bellocco);
   alla procura di Palmi sono in corso anche ulteriori indagini molto delicate, come quelle nate dopo le denunce dell'imprenditore Antonino De Masi a carico delle banche da cui la sua azienda è stata usurata e delle quali l'interrogante si è occupata in più atti parlamentari (n. 2-00282; n. 4-07023; n. 4-03994; n. 4-01099; n. 4-00724; n. 4-00294; n. 5-04504);
   si ricordano in questa sede i procedimenti penali ancora in corso n. 2540/08 R.G.N.R. – n. 1135/11 RGT, a carico dei direttori generali di Banca Antonveneta, ora MPS; n. 841/09 R.G.N.R. a carico dei direttori generali e funzionari di Banca Antonveneta (ora MPS) e BNL; n. 8006/12 RGNR – 2233/13 RGT, a carico dei direttori generali e funzionari di Unicredit Banca di Roma; n. 1755/13 R.G.N.R., in corso per ipotizzata violazione degli artt. 416 (associazione a delinquere), 644 e 110 c.p;
   la situazione della procura di Palmi è dunque al collasso, visto anche — come ricordato ancora da Michele Albanese su «Il Quotidiano del Sud», che la procura deve fare fronte ad esigenze dibattimentali enormi con «quattro udienze di collegio penale del tribunale e circa quattordici udienze dibattimentali del giudice monocratico, oltre alle udienze preliminari senza contare gli impegni davanti alla Corte d'assise con celebrazioni di processi non sempre di competenza della Direzione distrettuale antimafia» –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il corretto funzionamento del procura di Palmi.
(4-07661)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   numerose fonti istituzionali, politiche e di informazione rappresentano il trasporto aereo italiano come un settore in cui i licenziamenti, la mobilità, la cassa integrazione, i contratti di solidarietà, i tagli salariali, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il deterioramento delle condizioni di salute e di sicurezza in cui operano gli addetti e il dilagare della precarietà nella categoria sono il frutto di una crisi economica generale che strangola il comparto, determinando ineluttabili conseguenze sui lavoratori;
   pur tuttavia, si deve rilevare che la situazione complessiva del trasporto aereo italiano non può in alcun modo essere descritta semplicemente in questi termini, perché sotto il profilo meramente commerciale il comparto aereo-aeroportuale ed il relativo indotto sembrerebbero essere tutt'altro che in crisi;
   dal 2008 al 2013 in Italia, ovvero negli anni in cui la crisi ha attanagliato maggiormente l'industria del nostro Paese, il traffico passeggeri negli scali aeroportuali è aumentato del 10,3 per cento ed il traffico merci del 16,6 per cento;
   nonostante la lieve contrazione del traffico merci e passeggeri registrata nel 2012 sul 2011 e nel 2013 sul 2012 (complessivamente di poco meno del 3 per cento), la crescita, di fatto, è stata copiosa, anche a fronte della decrescita generalizzata del sistema industriale nostrano;
   nel 2014 sul 2013 i dati di crescita in Italia del trasporto aereo e del traffico merci sono esaltanti ad esempio e rispettivamente + 4,5 per cento e + 5,1 per cento e tutto questo certo non può dipendere unicamente neanche dallo sviluppo impetuoso del traffico aeroportuale low-cost;
   infatti, importanti e qualificati studi di settore elaborati da Assaeroporti segnalano la crescita esponenziale di passeggeri sulle tratte intercontinentali ed a lungo raggio, ovvero in un segmento di mercato ove, per il momento, la concorrenza delle compagnie low-cost è meno preponderante che sul medio-corto raggio;
   nell'ambito di tale contesto di crescita, particolarmente significativo è lo sviluppo dell'intero sistema aeroportuale romano (segnatamente gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino) per ciò che riguarda il traffico passeggeri;
   ad un'estate da dati significativi per l'aeroporto Leonardo da Vinci può risultare utile evidenziare che agli inizi del mese di ottobre 2014 ADR (Aeroporti di Roma) ha festeggiato il transito del milionesimo passeggero in più rispetto all'anno 2013 e che solo nel mese di ottobre 2014 su ottobre 2013 la crescita del traffico passeggeri nell'aeroporto di Fiumicino ha registrato un inequivocabile + 10 per cento;
   un'estate positiva per il traffico merci è pure da annoverarsi per altri numerosi aeroporti del sud e del nord dell'Italia: Napoli, Bergamo, Venezia, Firenze e altro;
   pur tuttavia, a questa inequivocabile situazione di crescita dei dati sin qui esposti fa da contraltare una situazione eccezionalmente drammatica per il lavoro e per l'intera categoria del da sempre personale operante nel comparto aereo-aeroportuale;
   circa 15.000 lavoratori del suddetto comparto, infatti, sono stati toccati a vario titolo ed «intensità» da cassa integrazione, mobilità e contratti di solidarietà;
   il che significa che il 25 per cento della forza lavoro del comparto aereo-aeroportuale è stato interessato dall'attivazione di ammortizzatori sociali e da altri strumenti di sostegno come il fondo speciale del asporto aereo istituito nel 2005;
   altrettanto pesanti sono state, inoltre, le ricadute sull'indotto del settore, peraltro sprovvisto di un adeguato censimento, in grado di rendere evidente «giustizia» alla mattanza che i lavoratori di tale ambito produttivo (pulizie, esercizi commerciali e altro) stanno subendo dal punto di vista occupazionale, dei salari, dei diritti e delle garanzie di tutela della salute, nonché di aumento della precarietà;
   a tale proposito basti ricordare che secondo stime della regione Lazio effettuate nel 2008, all'epoca della privatizzazione di Alitalia che costò il taglio di 10.000 posti di lavoro diretti, per ogni dipendente AZ licenziato si sarebbe dovuta scontare anche la perdita occupazionale sull'indotto di circa 4,5 unità: una stima successivamente corretta al ribasso per 2,1 unità in conseguenza di un singolo licenziamento in Alitalia;
   d'altra parte le cronache giornalistiche anche più recenti evidenziano situazioni in cui i licenziamenti ed i tagli del personale rappresentano il denominatore comune di tutte le ristrutturazioni effettuate nelle aziende del comparto che hanno avuto come effetto se non o addirittura scopo quello della compressione del costo del lavoro;
   l'elenco di tutte le vertenze che interessano il comparto aereo-aeroportuale sarebbe lunghissimo ed includerebbe moltissime situazioni ancora in via di definizione oppure conclusesi tragicamente per centinaia di famiglie di lavoratori;
   tra le molte si ricorda in particolare quella di ALITALIA;
   in ALITALIA, come noto, sono stati 2251 gli esuberi derivanti dal fallimento della privatizzazione del 2008 della compagnia: una gabella ingiustificabile, pagata sull'altare del passaggio di CAI dalle mani della cordata di imprenditori italiani agli arabi-anglosassoni di Etihad, senza contare l'ulteriore taglio salariale destinato ad abbattersi su chi è rimasto in servizio. Tutto ciò è inaccettabile se si considera che solo nel mese di maggio 2014, mentre Etihad entrava in Alitalia e venivano annunciati imminenti sacrifici, ivi compresi gli esuberi, in nome dell'interesse generale, in Alitalia erano presenti in servizio oltre 1600 lavoratori precari, concentrati nei settori di terra operativi (scalo, carico-scarico bagagli, rampa e altro), necessari per far fronte all'atavico sottorganico esistente nella ex-Compagnia di Bandiera italiana. Ma non solo: mentre si consegnavano le lettere di licenziamento ad oltre 1600 dipendenti, in una stanza attigua, alcuni rappresentanti della illuminata dirigenza si accingevano ad assumere 200 lavoratori a tempo determinato. Ma la desertificazione delle attività di terra della ex-Compagnia di Bandiera prosegue nei giorni successivi con le esternalizzazioni delle attività;
   l'attività informatica dell'ALITALIA viene spezzata in due grandi tronconi (attività applicative ed attività operative) pur di favorirne la dismissione. Da subito ALITALIA procede con la cessione ad IBM di circa 70 lavoratori inseriti nelle liste degli esuberi e minacciati da un licenziamento che tutti sanno che non potrà concretizzarsi senza un grave pregiudizio dell'attività dei sistemi della compagnia, ma ad avviso degli interpellanti brandito pur di evitare che cresca l'opposizione dei lavoratori a cui lo spettro della disoccupazione farà «digerire» il passaggio delle attività. L'altro grande spezzone dell'informatica ALITALIA di circa 200 dipendenti, sarà invece al momento mantenuto nella compagnia per essere poi ceduto in un secondo momento. È pesantissimo anche il disegno che incombe su quanto resta delle attività di manutenzione degli aeromobili della compagnia, al momento concentrate nella divisione tecnica di Alitalia (ormai meno di 2000 dipendenti contro gli oltre 5000 degli inizi degli anni 2000 e in AMS (Alitalia Maintenance Systems), una società partecipata AZ che si occupa della revisione dei motori, creata nel 2008 ed ormai in liquidazione. L'annuncio della reinternalizzazione delle attività di manutenzione pesante degli aeromobili, ceduta da CAI alla israeliana BEDEC, dovrebbe essere gestita da ATITECH che in parte, secondo gli annunci, utilizzerebbe parte dei 200 operai delle manutenzioni licenziati a novembre 2014;
   attualmente, tuttavia, della realizzazione del progetto ATITECH non si sa nulla. In realtà, le manutenzioni Alitalia, continuano a subire nel silenzio generale quel pesante ridimensionamento, avviato con la privatizzazione del 2009 di Alitalia, che ha prodotto di fatto lo smantellamento del polo della meccanica che, nell'ambito dell'aviazione, costituiva una delle più importanti eccellenze esistenti su Fiumicino;
   la maggior parte dei licenziamenti questa volta ha riguardato soprattutto il personale di terra, impiegati, per lo più non iscritti a organizzazioni sindacali e quindi poco rappresentati, ed operai, visto che dei 68 piloti dichiarati come esuberi, sembrerebbero tutti riassorbiti, mentre sono stati considerati in eccedenza solo 32 assistenti di volo su un bacino di 3500;
   la trattativa è stata gestita volontariamente tutelando gli interessi di singoli settori, separando volo e terra e gestendo le singole aree (ad esempio personale di volo o di terra, tecnici manutenzione, informatici) come se fossero compartimenti stagni e non parti integranti di un'unica azienda, ad avviso degli interpellanti in modo da tutelare interessi corporativi e dividere i lavoratori, rendendoli più deboli;
   gli esuberi rimasti sarebbero circa 500 unità su 2251 – al netto dei programmi di ricollocazione verso Ground, esternalizzazioni o ricollocazioni verso fornitori esterni – senza nessuna prospettiva se non gli ammortizzatori sociali a termine. Si sarebbero potute gestire poche centinaia di lavoratori con sistemi di part time, contratti di solidarietà, cassa integrazione a rotazione, pur di non espellerli definitivamente dal ciclo produttivo con la mobilità;
   ad avviso degli interpellanti non si può assolutamente affermare che un sistema si sia risanato con solo 500 risorse umane in meno su 11.036, nonché con soli 32 assistenti di volo in meno su 3500. Appare evidente che tutte queste persone dovevano solo essere gestite diversamente;
   inoltre, 713 persone sono uscite su base volontaria, dopo l'avvio della prima procedura di mobilità aperta in data 31 luglio 2014, un numero considerevole rispetto alle previsioni, con l'offerta di un incentivo di 10.000 euro lordi, cui si sono aggiunte altre persone volontarie con l'apertura della seconda procedura di mobilità in data 4 ottobre 2014 e un ulteriore incentivo di 7.500 euro, fino ad arrivare a circa 800 unità;
   l'azienda fino ad oggi non ha mai fatto chiarezza se e come tali uscite volontarie abbiano contribuito al ricalcolo e la diminuzione degli esuberi residuali. Inoltre, non sono mai stati comunicati quali siano stati i criteri di scelta delle persone da ricollocare in Ground o presso i fornitori;
   allo stato attuale i lavoratori esclusi denunciano gravi irregolarità, visto che non sono stati rispettati i criteri di scelta degli esuberi definitivi, in deroga a quanto previsto nell'accordo quadro del 12 luglio 2014 e successivi del 31 luglio, 4 ottobre e 24 ottobre 2014 tra azienda, Governo e parti sociali, senza tenere presente il concorso di criteri come l'anzianità, carichi familiari, la posizione di lavoro, le abilitazioni professionali, determinando di fatto la selezione in maniera arbitraria e l'espulsione di madri e padri di famiglie, donne e uomini monoreddito, disabili, personale con un'anzianità tra i 15 e i 25 anni per tenere personale assunto da poco con solo due o tre anni di servizio. Su tale aspetto avrebbero dovuto vigilare i sindacati, ma questo non è accaduto;
   i lavoratori licenziati denunciano altresì talune gravi opacità sulla gestione delle posizioni di lavoro designate in esubero nella prima e seconda procedura di mobilità. In particolare, in alcuni casi, a quanto consta agli interpellanti sarebbe stata addirittura cambiata loro la posizione di lavoro, il che ha rappresentato un criterio determinante per l'espulsione, provocando pesantissime discriminazioni su cui è doveroso fare chiarezza per giustizia sociale;
   appaiono rilevanti, ovviamente, le responsabilità delle istituzioni che si sono avvicendate nelle ultime legislature sia in termini generali per ciò che sta accadendo nel settore, sia in termini più specifici per ciò che, solo per fare alcuni esempi, succede per i due ambiti citati (informatica e manutenzioni): con un minimo di lungimiranza industriale le suddette incontestabili eccellenze avrebbero potuto costituire la base della costruzione di segmenti di riferimento nell'ambito della più generale industria dei trasporti, permettendo l'aggregazione di segmenti produttivi che avrebbero consentito la concentrazione e la gestione di strategiche attività, oggi frammentate in mille rivoli, con costi esorbitanti di esercizio e spesso con scadenti risultati in termini di qualità del servizio offerto;
   si segnala, inoltre, che con riferimento alla situazione di ALITALIA, più recentemente, una quarantina di operai licenziati sono stati ricollocati solo a dicembre 2014, con contratti da 25 giorni e segnatamente dal 4 al 28 dicembre 2014, per le manutenzioni dei velivoli AIR BERLIN. E ciò appare quanto mai deprecabile, se non addirittura allucinante, considerato che la precarizzazione dei licenziati rappresenta una vera e propria beffa dei diritti dei lavoratori e la chiara dimostrazione che il lavoro in Alitalia c'era;
   i lavoratori denunciano, inoltre, che sono stati sottratti loro in un colpo solo tutti i loro diritti acquisiti negli anni con un disegno di riassumerli rendendoli precari;
   moltissime altre sarebbero le vertenze da raccontare per descrivere il soffocamento occupazionale che caratterizza il comparto aereo-aeroportuale;
   tutte, infatti, evidenziano l'enorme contraddizione esistente tra lo sviluppo del mercato del trasporto aereo e le ricadute che sul piano della tutela e della protezione sociale si stanno riflettendo sul mondo del lavoro;
   è emblematico a tale proposito il comportamento di una consistente pletora di aziende del comparto aereo-aeroportuale che, nel passaggio delle attività da un'impresa all'altra nel liberalizzato mercato del settore in questione, si rifiutano di applicare la clausola sociale, ovvero l'unico istituto contrattuale di tutela occupazionale che prevede la «riprotezione» dei dipendenti e che, qualora fosse rispettata, eviterebbe l'espulsione di centinaia e centinaia di lavoratori;
   in questi ultimi giorni si è svolto a Fiumicino il primo consiglio di amministrazione della nuova Alitalia Sai operativa presieduto dall'avvocato Luca Cordero di Montezemolo e nelle stesse ore, nell'area tecnica del citato aeroporto romano, si svolgeva una manifestazione di protesta dei lavoratori Alitalia licenziati alla fine del 2014, insieme ad alcuni ex dipendenti della compagnia aderenti al sindacato Cub Trasporti ed altri lavoratori della società di Handling Groundcare e Argol –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda porre in essere per affrontare nel modo più la gravissima crisi occupazionale che sta interessando l'intero comparto aereo e aeroportuale di cui il caso Alitalia (come anche quello di Meridiana, Groundcare, Sea-handling e Argol) rappresenta senza alcun dubbio uno dei casi più rappresentativi dell'enorme contraddizione esistente con lo sviluppo del mercato del trasporto aereo italiano;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda avviare al fine di salvaguardare e rilanciare il patrimonio industriale del trasporto aereo italiano in considerazione delle grandi potenzialità e delle prospettive che l'intero settore del trasporto e del turismo offrono al nostro Paese, promuovendo con sollecitudine un piano di sviluppo nazionale per il reimpiego e la valorizzazione dei lavoratori del comparto in possesso di know how e di risorse estromesse dal ciclo produttivo sin dal 2008;
   quali iniziative si intendano assumere al fine di chiarire i tempi e le modalità attraverso le quali il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'ENAC dovranno definire i criteri di selezione del bacino costituito dal personale licenziato da cui dovranno attingere le aziende per le future assunzioni e per l'attivazione dei contratti di ricollocazione, così come definiti dalla legislazione vigente e avviati in forma sperimentale nel comparto del trasporto aereo;
   quali iniziative urgenti per quanto di competenza intenda assumere il Governo al fine di monitorare la situazione occupazionale di Alitalia Sai, con particolare riguardo alle dinamiche delle assunzioni che dovrebbero avvenire attingendo esclusivamente al bacino dei mobilitati e non a risorse esterne;
   se il Governo non concordi sulla necessità oramai non più procrastinabile di porre in essere ogni possibile iniziativa tesa alla predisposizione di un piano di riassorbimento degli esuberi, in base all'anzianità aziendale, in Alitalia Sai, alla luce dell'ingente investimento previsto da Etihad fino al 2018, o in aziende di una certa rilevanza (come ad esempio ADR) nell'ambito del trasporto aereo, trattandosi peraltro di lavoratori altamente specializzati e qualificati.
(2-00825) «Piras, Civati, Scotto, Placido, Airaudo, Zaratti, Fratoianni, Ferrara, Ricciatti».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO, DE LORENZIS e LOREFICE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto dirigenziale 4 dicembre 2013, n. 1365 «Disciplina del corso di formazione per il conseguimento delle competenze di livello direttivo per gli ufficiali di coperta e di macchina» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono stati istituiti i corsi di formazione per gli ufficiali di coperta e di macchina, destinati a prestare servizio a bordo di navi con funzioni direttive, di cui alle regole II/2 e III/2 dell'annesso alla Convenzione STCW 78/95, finalizzati all'acquisizione delle competenze riportate nelle sezioni A-II/2 e A-III/2 del codice STCW (Standard for training and certification for watchkeeping seafares);
   la frequenza dei suddetti corsi risulta propedeutica all'ammissione all'esame di primo ufficiale di coperta e di macchina, di cui agli articoli 6, 7, 14 e 15 del decreto ministeriale 30 novembre 2007 recante «Qualifiche e abilitazioni per il settore di coperta e di macchina per gli iscritti alla gente di mare», in conformità con la normativa europea di riferimento ed in linea con le disposizioni contenute nella Convenzione STCW;
   successivamente, in data 19 agosto 2014, sono state emanate dal comando generale del Corpo delle capitanerie di porto le disposizioni applicative relative ai nuovi corsi di formazione che prevedono la frequenza propedeutica di 300 ore di corsi di formazione per ufficiali di coperta e di 570 ore per ufficiali di macchina;
   a seguito di numerose segnalazioni provenienti da personale marittimo, è emerso che tali corsi propedeutici all'ammissione agli esami di abilitazione di primo ufficiale di coperta e di macchina non sarebbero stati ancora avviati in nessuno degli istituti erogatori abilitati, su tutto il territorio nazionale, nonostante il loro avvio fosse stato già previsto a partire da novembre 2014, in concomitanza con la sessione di esami invernale;
   dal momento che la frequenza dei suddetti corsi risulta propedeutica all'ammissione agli esami di primo ufficiale di coperta e di primo ufficiale di macchina, risulta evidente all'interrogante il pregiudizio arrecato al personale marittimo che intende presentare alle direzioni marittime istanza di ammissione agli esami di primo ufficiale di coperta e di macchina, in assenza della necessaria certificazione di partecipazione ai corsi formativi, dal momento che questi ultimi risultano non essere stati ancora attivati;
   le istanze di ammissione agli esami sprovviste del requisito imprescindibile della frequenza dei suddetti corsi vengono pertanto rigettate in base alle norme vigenti, con conseguente ritardo nell'immissione di neo ufficiali nel mondo del lavoro, a causa della mancata attivazione, nei tempi, dei corsi di formazione –:
   quali ulteriori informazioni il Ministro interrogato, per quanto di competenza, possa riferire in merito alla vicenda esposta in premessa e se non ritenga opportuno intervenire – con l'urgenza richiesta dal caso – per procedere con l'immediata attivazione dei corsi di formazione propedeutici all'ammissione all'esame di primo ufficiale di coperta e di macchina;
   quali soluzioni, anche transitorie, il Ministro intenda attuare al fine di evitare l'eccessivo procrastinarsi dei tempi di permanenza a terra per il personale marittimo, in attesa di essere ammesso agli esami di primo ufficiale di coperta e di macchina. (5-04569)


   COVELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società di gestione dell'aeroporto di Lamezia Terme, Sacal, ha reso noto che dal prossimo mese di aprile 2015 i voli Alitalia dallo scalo calabrese diretti a Milano Linate passeranno dagli attuali 3 ad uno solo;
   Per la società di gestione dello scalo lametino le responsabilità sono imputabili alla nuova organizzazione di Alitalia con l'ingresso in società della compagnia Ethiad e alla volontà, unilaterale, di tagliare alcune rotte, come del resto già manifestata nel caso dei collegamenti con Torino;
   l'approssimarsi di Expo 2015 e della stagione estiva fa emergere non poche preoccupazioni circa la capacità di collegamento tra la Calabria e lo scalo di Milano anche perché non si è in presenza di problemi di poca utenza, anzi i voli registrano un'alta capacità di riempimento;
   questa decisione, da parte di Alitalia, rischia, quindi, di infliggere un duro colpo anche al tessuto economico e imprenditoriale calabrese, alle sue eccellenze, alla capacità di poter sfruttare pienamente la vetrina di Expo –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per verificare se tali orientamenti, da parte di Alitalia, siano confermati e se non intenda altresì assumere ogni possibile iniziativa di competenza per assicurare che l'aeroporto di Lamezia, non venga penalizzato, nell'ambito delle rotte che mettono in collegamento il territorio calabrese con Milano, in considerazione dell'approssimarsi dell'evento di rilevanza mondiale costituito da Expo. (5-04571)


   MURA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a oltre sei anni dalla fine dei lavori, costati quasi 6 milioni di euro, la struttura del terminal per le navi da crociera realizzato sul molo Ichnusa di Cagliari non è mai stata aperta ed è di fatto abbandonata;
   la gestione del terminal è bloccata, anche, a seguito di un'inchiesta della procura di Cagliari relativamente all'aggiudicazione della gestione della stessa;
   in tal modo viene impedito a chiunque di poter utilizzare, dietro il pagamento di un corrispettivo in denaro, una struttura che può ospitare importanti eventi, anche di carattere internazionale, in grado di generare economia e di dare lustro alla città;
   il ricavato delle concessioni potrebbe essere utilizzato per assicurare una buona gestione del terminal stesso;
   tale diniego è giunto anche nei giorni scorsi per la realizzazione di un evento internazionale della camera di commercio italo-araba che prevede la partecipazione di importanti esponenti del mondo politico italiano e arabo, un evento capace di creare reddito per moltissime imprese della Sardegna –:
   se sia a conoscenza di questa situazione;
   quali siano le ragioni per cui l'autorità portuale di Cagliari non conceda la struttura, chiusa e in disuso da tempo.
(5-04576)

Interrogazione a risposta scritta:


   L'ABBATE e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa (La Gazzetta del Mezzogiorno, edizione di Bari, pagina 49 del 22 gennaio 2015) si apprende della sofferenza economico-finanziaria patita dal «Tarallificio dei Trulli» di Alberobello (Bari) a causa di mancati pagamenti da parte di «Alitalia Cai» ora «Alitalia Sai»;
   la società «Tarallificio Recchia S.r.l.», a fronte di un contratto della durata di nove mesi conclusosi il 31 dicembre 2014, riforniva i voli Alitalia nazionali, internazionali ed intercontinentali con confezioni di taralli da 25 grammi;
   Alitalia, da novembre 2014, non paga le fatture già scadute (pagamento a 60 giorni) relative al mese di settembre. Ad oggi, il tarallificio vanta un credito verso Alitalia di 116.000 euro, di cui 76.000 euro per fatture già scadute;
   come riportato dalla fonte stampa, l'azienda agroalimentare inizia un fitto scambio di e-mail con gli uffici competenti di Alitalia al fine di chiedere il pagamento delle fatture scadute;
   il 15 gennaio 2015, la società (oramai in sofferenza) chiede un anticipo sull'importo totale. Alitalia risponde proponendo uno sconto del 50 per cento. La «Tarallificio Recchia S.r.l.» reputa la richiesta inaccettabile e, come controproposta, offre uno sconto dell'8 per cento fronte del pagamento da effettuarsi tassativamente entro il 20 gennaio 2015 (portando, dunque crediti vantati da 116.000 euro a 106.000 euro). Alitalia lamenta l'irrilevanza dello sconto e propone di pagare subito i 76.000 euro relative alle fatture già scadute ed i restanti alla fine di gennaio e febbraio 2015. L'impresa, agroalimentare accetta applicando uno sconto che porta i 76.000 euro a 70.000 euro;
   il 20 gennaio 2015, la «Tarallificio Recchia S.r.l.» invia una nuova comunicazione ad Alitalia lamentando «il notevole disagio che l'azienda sta fronteggiando a causa del mancato pagamento delle fatture che ha portato la proprietà ad avere degli scoperti con i fornitori», i quali, a loro volta, chiedono all'impresa di saldare i relativi pagamenti. L'azienda sottolinea «il rischio collasso» al quale sta andando incontro ed «il blocco totale della produzione»;
   il 21 gennaio 2015, la «Tarallificio Recchia S.r.l.» chiede ad Alitalia, attraverso una ulteriore comunicazione, una «autorizzazione scritta per la cessione del credito», così da scontare presso un istituto finanziario l'80 per cento dell'importo del credito vantato. Una richiesta rimasta, sinora, senza riscontro;
   dal 1o gennaio 2015, Alitalia è stata completamente inglobata con una nuova gestione e nuovi azionisti fondata con Etihad Airways, dal nome Alitalia – Società Aerea Italiana –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se intenda adoperarsi, e con quali modalità, affinché sia evitato il prospettato rischio di blocco della produzione del «Tarallificio Recchia S.r.l.», così da evitare ripercussioni sui dipendenti ed i relativi fornitori della impresa agroalimentare, stante il perdurante stato di crisi che colpisce l'economia nazionale e quella del sud Italia in particolare. (4-07658)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VENITTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito delle ipotesi di razionalizzazione degli uffici della polizia di Stato predisposte dal Ministero dell'interno vi sarebbe, per il Molise, la previsione della soppressione del distaccamento di polizia stradale di Larino e Termoli;
   si tratterebbe di una decisione molto grave e immotivata e non per questioni di mero campanilismo;
   per quanto riguarda il distaccamento di polizia stradale di Larino, l'amministrazione comunale ha persino concesso – in comodato d'uso – i locali dell'ex casa circondariale nel cuore del centro storico, già utilizzati peraltro nel periodo del terremoto del 2002, perfettamente idonei ad ospitare il distaccamento così come certificato;
   tali tagli andrebbero a penalizzare comprensori importanti che non possono essere analizzati esclusivamente sotto il profilo numerico e statistico;
   il controllo della fascia adriatica molisana, soprattutto nel periodo estivo, non può essere affidata solo agli operatori del commissariato di Termoli che tra l'altro risulta essere sottodimensionato;
   il territorio del Molise ha fatto registrare purtroppo un aumento di reati ed è anche attenzionato dalle mire espansive della criminalità organizzata;
   istituzioni locali, associazioni di categoria, Libera, organizzazioni sindacali hanno già manifestato la propria contrarietà a tale ipotesi di riorganizzazione avanzata dal Ministero adducendo una serie di motivazioni che dovrebbero oggettivamente indurre un ripensamento –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di evitare la soppressione dei citati presidi di polizia per il Molise e nel contempo potenziare gli organici e i mezzi per un migliore e più efficiente controllo di un territorio molto complesso e articolato. (5-04565)


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con un atto di una gravità inaudita si è svolto il 22 gennaio ad Arborea un blitz delle forze dell'ordine per lo sgombero di un'azienda agricola;
   il blitz è stato messo in atto nella tarda mattinata, con un centinaio di uomini in assetto antisommossa, elicotteri, mezzi e uomini dei vigili del fuoco impegnati ad attuare lo sfratto forzato della famiglia Spanu, disposto dal tribunale, dalla casa e dall'azienda vicino alla strada consortile sulla 22 ovest di Arborea;
   lo schieramento di cento uomini delle forze dell'ordine per uno sfratto di una famiglia dalla propria azienda agricola di Arborea è un fatto di una gravità inaudita e senza precedenti;
   schierare un vero e proprio esercito per sottrarre l'azienda venduta all'asta dopo mille vicissitudini è un fatto che dimostra che lo Stato vuole usare la forza per imporre uno stato oppressivo sia sul piano fiscale che sociale;
   il Ministro dell'interno avrebbe dovuto immediatamente fermare questa vergogna, e mettere al sicuro la famiglia asserragliata dentro l'abitazione dopo essersi cosparsa di benzina;
   non si può giocare con la vita delle persone e non è accettabile l'arroganza dello Stato che ad avviso dell'interrogante sta schiacciando le famiglie e le imprese con un atto violento sul piano fiscale e non solo;
   il blitz con un centinaio di uomini in assetto antisommossa, impegnati ad attuare lo sfratto forzato della famiglia Spanu, disposto dal tribunale, dalla casa e dall'azienda vicino alla strada consortile sulla 22 ovest di Arborea è un fatto che non ha precedenti e che va condannato sotto ogni punto di vista, dalle modalità alla gestione da parte dello Stato di questa vicenda –:
   se il Governo ritenga di dover dare spiegazioni sull'utilizzo ad avviso dell'interrogante improprio e decisamente fuori luogo di tanti uomini e mezzi per eseguire uno sfratto;
   se possa indicare il Ministro dell'interno il costo dell'operazione;
   se non intenda per il futuro disporre il divieto di tali azioni che, solo per il buon senso di alcuni uomini delle stesse forze dell'ordine, non si sono trasformate in tragedia. (5-04568)

Interrogazioni a risposta scritta:


   INVERNIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come altre località della Lombardia, anche la provincia di Bergamo è interessata da un sensibile deterioramento delle condizioni di sicurezza, che sta suscitando un elevato grado di allarme sociale;
   in particolare, stando alla stampa locale, il comune di Ponteranica è stato teatro recentemente di una serie di reati odiosi contro la persona e il patrimonio;
   ladri sono ad esempio penetrati nell'abitazione di un bancario appena scomparso sotto una slavina in Austria, il signor Stefano Cornali;
   il 13 gennaio, invece, tre sconosciuti, verosimilmente immigrati nordafricani, hanno fatto irruzione in un appartamento nel quale erano presenti i proprietari, aggredendo a calci, pugni e con un bastone il più giovane, poi costretto a farsi assistere da un pronto soccorso che gli ha chiesto il pagamento di un ticket da 25 euro;
   il deterioramento delle condizioni dell'ordine pubblico a Ponteranica è altresì all'origine di una competizione tra i presidi di quartiere disposti dal sindaco e forme di autoprotezione assicurata da cittadini volontari –:
   quali misure il Governo intenda assumere per ripristinare il rispetto della legalità a Ponteranica e nella provincia bergamasca e se, in particolare, non si ritenga opportuno rafforzare i locali presidi delle forze dell'ordine. (4-07645)


   MINNUCCI, GREGORI, TIDEI, FERRO, CARELLA, ZARATTI, COSTANTINO, DURANTI, MARCON e PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'inchiesta «Mondo di mezzo», condotta dalla direzione investigativa antimafia presso la procura della Repubblica di Roma, che ha portato alla luce l'esistenza di un'organizzazione criminale dedita a numerosi traffici illeciti e che vede indagati politici, imprenditori e professionisti di Roma e provincia, i gruppi consiliari «Alternativa civica» e «Sacrofano Progetto Comune» (SPC) del comune di Sacrofano (RM), hanno presentato al prefetto della Provincia di Roma, in data 5 dicembre 2014, richiesta ufficiale di scioglimento del consiglio comunale di Sacrofano (RM) per fenomeni di tipo mafioso, ex articolo n. 143 dal decreto legislativo n. 267 del 2000, essendo risultato tra gli indagati, per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, anche il sindaco Tommaso Luzzi;
   entro i successivi 20 giorni, i medesimi gruppi hanno altresì provveduto alla richiesta di convocazione di un consiglio, comunale straordinario con all'ordine del giorno la questione delle dimissioni del sindaco Tommaso Luzzi;
   le richieste avanzate dai predetti gruppi consiliari, si sono basate sull'articolo 38 del regolamento del consiglio comunale di Sacrofano, sugli articoli 39 comma 2, e 143 del decreto legislativo, n. 267 del 2000, nonché, e soprattutto, sulla giurisprudenza amministrativa secondo cui per lo scioglimento di un consiglio comunale è sufficiente che vi siano elementi fortemente indicativi del sodalizio criminale (Tar Campania, Napoli, Sez. I, 6/02/06 n.1622), come rappresentato, nel caso di specie, nell'ordinanza di applicazione delle misure cautelare del 28 novembre 2014, emessa dal GIP del Tribunale di Roma, dottoressa Costantini;
   alla vicenda appena descritta, va aggiunta anche quella nella quale il sindaco Luzzi risulta essere imputato in altro procedimento penale (n. 1756/12 R.G. DIB) presso il tribunale penale di Tivoli, per il reato di cui all'articolo n. 319 codice penale, e relativo all'inchiesta denominata «Caronte»;
   il 22 dicembre 2014 veniva convocato il consiglio comunale straordinario, ma il clima di profonda ostilità creatosi tra maggioranza e minoranza ha impedito il raggiungimento di qualsiasi soluzione, con il risultato che ad oggi Tommaso Luzzi ricopre ancora la carica di sindaco del comune di Sacrofano –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del coinvolgimento del sindaco di Sacrofano (RM) Tommaso Luzzi nell'inchiesta giudiziaria denominata «Mondo di Mezzo» e nell'organizzazione criminale denominata «Mafia Capitale» nonché della conseguente richiesta di scioglimento del consiglio, comunale di Sacrofano avanzata al prefetto della provincia di Roma;
   se il Ministro interrogato intenda attivare le procedure previste dalla legge relative allo scioglimento del consiglio comunale per fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso, e quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di garantire il ripristino di quelle elementari regole democratiche e di legge che sarebbero state ripetutamente violate in seno al comune di Sacrofano. (4-07647)


   NACCARATO, CAMANI, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Marco Polo, s.p.a. è una società che ha sede a Roma, in via Marco Polo 31, nata dalla joint venture tra ACEA s.p.a. con sede a Roma in piazzale Ostiense 2, AMA s.p.a. con sede a Roma in via Calderon de la Barca 87 e EUR s.p.a. con sede a Roma in Largo Virgilio Testa 23;
   l'assemblea straordinaria dei soci della società del 23 aprile 2013 ha deliberato di procedere alla trasformazione della società in s.r.l. (società a responsabilità limitata) e di mettere in liquidazione la società stessa;
   nel corso della stessa assemblea i soci hanno deliberato di ridurre il capitale sociale della s.p.a. da 894.000 a 10.000 euro e di ripianare le perdite pari a 3.518.000 euro con versamenti da parte degli stessi tre soci AMA, ACEA ed EUR;
   Marco Polo ha un capitale sociale di 10.000 euro di cui AMA detiene il 34,22 per cento delle quote societarie, ACEA il 32,89 per cento ed EUR il restante 32,89 per cento;
   la società si occupa di gestione e manutenzione di impianti civili, tecnologici ed industriali, ristrutturazione e valorizzazione immobiliare, progettazione e realizzazione di apparati, reti e sistemi di supervisione, telecontrollo di reti tecnologiche ed impianti industriali, manutenzione ordinaria e straordinaria, igiene ambientale, gestione delle aree verdi, attività di pulizia, vigilanza, reception e portierato, move-in e space-management, gestione utenze e risparmio energetico;
   tra gli amministratori figura Luigi Lausi, nato a Roma il 18 maggio 1966, che risulta tra i 39 indagati (quotidiano Il Messaggero 3 dicembre 2014) nell'inchiesta della procura della Repubblica di Roma denominata Mafia capitale;
   Luigi Lausi è indagato per il reato di associazione di stampo mafioso;
   la stessa maxi inchiesta ha coinvolto altre figure di spicco delle società AMA ed EUR, che, come detto in precedenza, sono le società proprietarie e contemporaneamente clienti di Marco Polo;
   dalla pronuncia del tribunale del riesame di Roma, inoltre, emerge che il sistema di appalti gestito attraverso l'azienda municipalizzata AMA s.p.a. avrebbe prodotto «rapporti basati sulla corruzione»;
   la Marco Polo s.p.a., mediante associazione temporanea d'impresa con la Guerrato s.p.a, si è aggiudicata, a partire dal 2010, l'appalto per la «riqualificazione energetica e adeguamento normativo degli edifici comunali e impianti di illuminazione pubblica» nel comune di Montegrotto Terme, in provincia di Padova, per la durata di 20 anni;
   gli interroganti esprimono grande preoccupazione per la presenza in un servizio pubblico rilevante in un comune della provincia di Padova della Marco Polo s.p.a., società coinvolta nelle indagini della procura di Roma per associazione di stampo mafioso e altri gravi reati –:
   se Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se in che modo, per gli aspetti di competenza, il Ministro intenda attivarsi per verificare se la Marco Polo, s.p.a. sia in possesso dei requisiti previsti dalla legislazione antimafia, necessari per svolgere lavori o erogare servizi presso le amministrazioni pubbliche;
   in che modo intenda operare per prevenire e contrastare la presenza in provincia di Padova e in Veneto di società coinvolte in indagini per reati di stampo mafioso. (4-07655)


   BERRETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il prefetto di Catania, come prevede la legge, ha provveduto a nominare commissari che dovranno occuparsi della gestione della società Oikos e dunque della gestione della discarica di Tiritì, a seguito dell'inchiesta che ha coinvolto le società in questione;
   in data 1° gennaio 2015, il portale telematico di informazione «Sudpress», con un articolo a firma del dottor Pierluigi Di Rosa, ha sollevato dubbi circa l'opportunità delle nomine prefettizie;
   in particolare, al riguardo della nomina di Stefano Scammacca, nel citato articolo, si ricorda come egli sia stato interrogato nell'ambito del processo nei confronti dell'imprenditore Scuto, accusato di legami con la criminalità organizzata ed in particolare con il clan mafioso della famiglia Laudani –:
   anche alla luce della delicatezza della inchiesta relativa all'azienda Oikos e alla gestione della discarica Tiritì, quali siano stati i criteri di selezione e le modalità di scelta dei suddetti commissari, chiedendo allo scopo apposita relazione alla Prefettura di Catania. (4-07657)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLO BERNINI, BUSTO e GAGNARLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo del 24 marzo 2014, n. 26 stabilisce il divieto di allevamento di primati non-umani sul suolo italiano;
   all'interno dello stabulario primati non umani (codice istituto 117) gestito dall'Istituto di biologia cellulare e neurobiologia (IBCN) del CNR, con responsabile dottoressa Gemma Perretta, sono detenuti 120 primati al 2014;
   a quanto consta agli interroganti all'interno del medesimo stabulario, nel 2009 – ancora sotto la gestione dell'INMM – vi era segnalata la presenza di 143 primati;
   nel corso degli ultimi anni, due primati della specie «macaca fascicularis» provenienti dallo stabulario sopracitato, sono stati venduti allo stabulario di Modena –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione che fa supporre la presenza di un allevamento di primati all'interno dello stabulario primati non umani (codice istituto 117) gestito dall'Istituto di Biologia cellulare e neurobiologia (IBCN) del CNR;
   data la diminuzione del numero di primati presenti nello stabulario dal 2009 al 2011, a quali altri istituti di ricerca italiani o stranieri siano stati venduti ulteriori primati. (5-04564)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le disposizioni presenti nei decreti ministeriali n. 231 del 28 marzo 1997 e n. 39 del 30 gennaio 1998 stabiliscono che possono accedere all'insegnamento superiori (classe di concorso A019) solo coloro che hanno conseguito la laurea in scienze politiche entro l'anno accademico 2000/2001, escludendo di fatto dalla professione di insegnante tutti gli studenti che si sono laureati successivamente;
   benché nelle guide degli atenei, la laurea in scienze politiche veniva indicata come possibile sbocco per l'insegnamento, tanti studenti hanno intrapreso il corso di studi con lo scopo di accedere all'insegnamento;
   a chi ha conseguito la laurea dopo l'anno accademico 2000/2001, invece è stata preclusa ogni strada: non è stato possibile fare le SISS, il primo ciclo TFA, le supplenze e l'acquisizione dei relativi punteggi, i concorsi e il secondo ciclo TFA;
   con nota n. 9361 del 18 settembre 2014, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca comunicava che i laureati in scienze politiche V.O. post 2001, potevano accedere al tirocinio formativo attivo II ciclo, tuttavia le iscrizioni si erano chiuse il 16 giugno 2014 e le prove preselettive erano già state fatte. Peraltro la nota consente di partecipare ad un tirocinio formativo attivo che è già iniziato e fa abilitare per una classe di concorso per la quale ancora è in vigore un decreto che impedisce di insegnare;
   numerosi dottori in scienze politiche e l'Anief hanno promosso diverse iniziative tra cui istanze indirizzate al Ministro Giannini e a cui non risulta essere stata data risposta;
   sono inoltre stati avviati vari ricorsi di cui il primo già ha prodotto una sentenza di primo grado in cui il giudice del lavoro tribunale di Bolzano ha deciso di disapplicare il decreto ministeriale 39 del 1998 con la motivazione che il titolo di dottore in scienze politiche conseguito post 2001 in nulla differisce rispetto a quello conseguito entro l'anno accademico previsto dalle norme ministeriali (entro il 2001), ammettendo una ricorrente nelle graduatorie d'Istituto;
   negli ultimi mesi sono state presentate in Parlamento diverse interrogazioni sull'argomento, ma ad oggi nessuna risposta è pervenuta:
   si tratta di un'esclusione che in realtà non trova nessuna ratio normativa, didattica e logica e che pone in essere un'inspiegabile discriminazione nei confronti dei laureati in scienze politiche, calpestando il fondamentale diritto costituzionale di eguaglianza –:
   se non ritenga questa, una questione di rilevante urgenza per la categoria dei laureati in scienze politiche post 2001, ai quali da 14 anni viene negato in modo totalmente discriminatorio l'accesso all'insegnamento;
   se non ritenga opportuno che il decreto di revisione delle classi di concorso per l'insegnamento, in cui finalmente la laurea in scienze politiche è inclusa nella classe di concorso ao19, concluda velocemente il suo iter di approvazione. (4-07639)


   BRUNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale 1o aprile 2014 n. 235, il Ministero ha riaperto i termini per l'aggiornamento delle graduatorie a esaurimento del personale docente ed educativo, valevoli per il triennio scolastico 2014/15, 2015/16 e 2016/17;
   con lo stesso decreto il Ministero ha regolamentato il trasferimento dalle graduatorie provinciali di Bolzano alle graduatorie a esaurimento di altra provincia, nonché il trasferimento dalle graduatorie a esaurimento di una qualsiasi provincia alle graduatorie provinciali di Bolzano;
   l'intendenza scolastica italiana di Bolzano — con circolare della sovrintendente scolastica del 17 aprile 2014 — ha dunque riaperto le proprie graduatorie, adeguando il termine per la presentazione delle domande a quello nazionale, vale a dire il 10 maggio 2014;
   i docenti inseriti nelle graduatorie a esaurimento hanno così avuto la possibilità di trasferirsi in qualunque provincia italiana, compresa quella di Bolzano;
   spesso, in passato, il personale docente ha utilizzato tali possibilità, cambiando «temporaneamente» sede e sobbarcandosi per anni di notevoli disagi, al fine di fare esperienze lavorative, aggiornarsi e migliorare la propria posizione nelle graduatorie;
   le stesse graduatorie, infatti, costruite a carattere provinciale, venivano aggiornate mediamente ogni 3 anni;
   a pochi mesi di distanza dal decreto ministeriale citato il Governo ha annunciato, secondo quanto riportato nel portale «labuonascuola», un piano straordinario di assunzione dei docenti precari, con lo svuotamento delle graduatorie a esaurimento che a partire dal prossimo anno scolastico non esisteranno più;
   da questo piano sembrerebbero esclusi gli iscritti nelle graduatorie provinciali di Trento e Bolzano, perché si tratta di province autonome a statuto speciale nelle quali i docenti sono dipendenti provinciali e non statali;
   chi ha fatto domanda di trasferimento nelle graduatorie a esaurimento delle province di Trento e Bolzano, si troverebbe escluso dal censimento dei precari, pur avendo tutti i titoli per rientrarvi, se disposto ad essere assunto in una qualsiasi altra provincia;
   lo svuotamento delle graduatorie comporterà una cancellazione delle stesse e di fatto anche il depennamento degli aspiranti che malauguratamente, nel momento delle assunzioni, si trovano iscritti provvisoriamente in una provincia non contemplata dal piano;
   il numero di precari esclusi dal censimento è veramente esiguo (un migliaio per la provincia di Bolzano, di cui molti iscritti in più classi di concorso) rispetto al numero complessivo di assunzioni previste –:
   quali accorgimenti il Ministro interrogato intenda adottare per impedire che il personale docente che ha fatto domanda di trasferimento «temporaneo» nelle province di Bolzano e Trento sulla base del decreto ministeriale citato venga penalizzato nella fase applicativa del piano straordinario di assunzione dei docenti precari. (4-07640)


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 508 del 1999 ha riformato il settore artistico-musicale e il decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003 ha accordato alle istituzioni autonomia statutaria, regolamentare e organizzativa;
   ai sensi dell'articolo 8 CCNL 4/08/2010 «le Parti contraenti individueranno con apposita sequenza contrattuale presso l'ARAN, da avviare entro tre mesi dalla sottoscrizione del presente CCNL, le forme più appropriate per favorire l'incontro tra competenze ed aspirazioni dei singoli insegnanti e le esigenze formative che i processi innovativi fanno maturare nelle singole istituzioni...»;
   lo stesso articolo 8 è stato pensato perché la mobilità del personale fosse prevista e strutturata per agevolare il consolidamento del sistema e valorizzare le professionalità nel rispetto della programmazione dell'offerta formativa;
   in merito al decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003 non è stata fatta chiarezza giuridica in relazione all'autonomia di gestione delle singole sedi, tantomeno al mantenimento di un sistema centralizzato presso il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e per l'anno accademico in corso la mobilità è regolata ancora dai dispositivi del contratto risalente al 2002 –:
   se si intenda promuovere la scrittura di regole certe che possano garantire la valorizzazione del percorso professionale, con la previsione di procedure di mobilità orizzontale da settore a settore, con l'adozione di nuovi criteri di trasparenza e oggettività;
   se intenda altresì sollecitare l'avvio di una discussione fra Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e ARAN per rivedere il contratto che disciplina la mobilità dal 2002, in quanto non rispondente alle esigenze del personale e ai bisogni del sistema riformato. (4-07651)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, L'ABBATE, GALLINELLA, GAGNARLI, BENEDETTI, LUPO e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   attraverso le informazioni contenute nella banca dati del sistema di sorveglianza nazionale degli infortuni mortali, è stato possibile circoscrivere l'analisi sui 169 casi di ribaltamento avvenuti nel quinquennio 2008-2012;
   dall'analisi settoriale emerge che circa il 70 per cento dei ribaltamenti è avvenuto nel comparto agricolo-forestale (settore che interessa un quinto di tutti gli altri eventi mortali presenti nella banca dati del sistema di sorveglianza);
   il 62,5 per cento dei casi riguarda figure qualificate nella conduzione di mezzi e macchine di lavoro quindi agricoltori e operai agricoli, il 18,7 per cento riguarda i conduttori di mezzi e macchine, mentre il 19,8 per cento riguarda figure professionali eterogenee non abitualmente destinate alla conduzione di mezzi;
   per quanto concerne il luogo di accadimento, si conferma la prevalenza dell'ambito agricolo: il 63 per cento dei ribaltamenti è avvenuto in aree dedicate alle coltivazioni del terreno o all'arboricoltura. Si rileva, inoltre, che diversi casi mortali si sono verificati su percorsi stradali di collegamento con il luogo di lavoro;
   quasi 1 infortunato su 4 (il 24,1 per cento) è risultato essere pensionato, mentre il 21,6 per cento svolgeva lavoro autonomo;
   dall'analisi condotta emerge che su cento casi mortali, ben il 45 per cento riguarda il ribaltamento del trattore, e nel 57 per cento dei casi sono due le criticità riscontrabili: errore nella manovra e assenza di dispositivi di sicurezza;
   l'assenza di dispositivi di sicurezza deriva dal fatto che molto spesso, nonostante le disposizioni contenute nel decreto legislativo 81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni, non vengono adeguate le attrezzature a specifici requisiti di sicurezza come l'inserimento del telaio che ha lo scopo di conservare il volume di sicurezza destinato a proteggere l'operatore e una cintura di sicurezza che indipendentemente dalle condizioni operative del trattore, trattengono l'operatore evitando lo schiacciamento dovuto a ribaltamento;
   a parere degli interroganti la superficialità con cui si affronta tale argomento è dovuta sicuramente ad una scarsa informazione degli addetti al settore e non ultimo al fatto che l'opinione pubblica non risulta sensibilizzata abbastanza sui rischi di morte dovuti all'utilizzo senza protezione di tali macchinari –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato alla luce di una così grave situazione;
   se non intenda agire al più presto al fine di eseguire una campagna d'informazione e sensibilizzazione anche attraverso l'uso dei media e se non intenda al più presto mobilitarsi attraverso iniziative che impongano l'utilizzo di dispositivi di sicurezza, con particolar riguardo al settore agricolo. (5-04560)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 3 dicembre 2014, è stato sottoscritto l'accordo tra ThyssenKrupp, istituzioni e sindacato presso il Ministero dello sviluppo economico;
   nonostante l'accordo raggiunto con grandi difficoltà tra lavoratori, azienda ed istituzioni, rimangono ancora forti le preoccupazioni in merito alle ricadute sociali ed occupazionali sull'intero territorio umbro ternano derivanti dal nuovo assetto produttivo della Thyssen, ed in particolare gli effetti sulle numerosissime piccole e medie imprese che «gravitano» intorno alla Thyssen e da questa ricevono appalti e commesse;
   recentemente la Filt Cgil dell'Umbria ha denunciato la disdetta di un subappalto da parte di Ilser per il trasporto della scoria all'interno delle acciaierie: «nove persone senza lavoro e prospettive» (lo scrive il sindacato umbro dei trasporti in una nota in www.rassegna.it del 21 gennaio 2015);
   è il primo effetto della riduzione del 20 per cento del fatturato richiesta alle ditte estere da ThyssenKrupp che, dall'inizio di gennaio 2015, ha già fatto saltare alcuni pezzi del cosiddetto indotte;
   ad avviso dell'interrogante, c’è il serio e concreto rischio che molti contratti di piccole imprese ternane – fornitori della Thyssen – possano subire una disdetta per essere «ridimensionati» con prevedibili conseguenze sui livelli occupazionali delle imprese del territorio che per effetto del calo di produzione e fatturato saranno «obbligate» a «snellire» la forza lavoro in essere che non gode di particolare ammortizzatori sociali e possibili incentivi all'esodo –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti;
   se e con quali urgenti iniziative il Ministro interrogata intenda intervenire al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e la continuità dell'attività produttiva delle imprese dell'indotto ternano che dipendono dalle acciaierie ThyssenKrupp. (5-04561)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, ALBERTI, RIZZETTO, PESCO e RIZZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, è intervenuto sul sistema previdenziale italiano prolungando il periodo di attesa della pensione con conseguente forte penalizzazione dei lavoratori prossimi al raggiungimento del periodo pensionistico a loro spettante;
   in data 30 dicembre 2014, in Gazzetta Ufficiale n. 301, sulla base di calcoli forniti dall'ISTAT riguardanti l'aspettativa di vita dei lavoratori, è stato pubblicato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze recante adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento, introducendo un incremento di ulteriori quattro mesi a partire dall'1o gennaio 2016. Tale aggiunta, susseguente al precedente incremento di tre mesi introdotto con decreto del 6 dicembre 2011, penalizza altresì quei lavoratori che potevano accedere alla deroga o alla salvaguardia prevista dal comma 14, articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, creando, oltretutto, un ulteriore forte handicap per i giovani in cerca di lavoro in netto contrasto rispetto a quanto promesso dall'attuale Governo sin dal suo insediamento, come confermato dalle statistiche riguardanti il più che preoccupante livello di disoccupazione giovanile nel nostro Paese;
   le differenti aspettative di vita dei lavoratori, evidenziate in svariati studi, sono condizionate da diversi parametri tra i quali i diversi redditi e livelli di istruzione, la provenienza familiare, le abitudini e gli stili di vita, l'esposizione a fattori di rischio connessi con l'attività lavorativa svolta. Questi fattori sono facilmente riconducibili ai lavoratori del settore edile ed affini, sottoposti a continui sforzi che fanno della categoria stessa uno dei settori più usuranti dal punto di vista fisico. Tale categoria, si caratterizza per l'alto rischio infortunistico, l'elevata prevalenza di malattie occupazionali, un elevato tasso di mortalità in generale e per svariate neoplasie;
   ciò è provato da diversi studi di settore, come quello pubblicato nel 2011 dall'OSHA-UE (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro) riguardante i lavori usuranti, dove spicca il dato legato al settore edile in Europa che detiene uno dei peggiori record in materia di salute e sicurezza sul lavoro. I lavoratori edili sono maggiormente esposti a fattori di rischio biologici, chimici ed ergonomici, nonché a quelli creati da rumore e temperatura. All'interno dello studio, inoltre, circa il 45 per cento dei lavoratori edili sostiene che il lavoro incide sul loro stato di salute. Vi è un'elevata incidenza degli infortuni nel settore e particolare rilevanza va attribuita al dato della mortalità, dove 1 deceduto su 4 appartiene al settore dell'edilizia. In netto incremento le segnalazioni di malattia professionale, aumentate in tutti i settori ma più che raddoppiate nell'edilizia nell'arco di 10 anni con quasi il 17 per cento del totale nell'anno 2010;
   un altro studio di rilievo è quello svolto tra il 2003 e il 2011 dal SIMLII (Società italiana della medicina del lavoro ed igiene industriale) nell'ambito del progetto «Tutela della salute nei cantieri edili», che ha visto sottoposti a sorveglianza sanitaria un campione di 2069 lavoratori edili. Al termine dello studio, 291 sono state le malattie professionali diagnosticate (prevalenza del 14,06 per cento) in 251 lavoratori (12,13 per cento del campione). I risultati di tale studio confermano sordità e malattie muscolo scheletriche come prevalenti, seguite da dermatiti e malattie da strumenti vibranti. L'incidenza cumulata è stata superiore al 3,5 per cento contro una media nazionale dello 0,22 per cento, come riportato da fonte INAIL nell'anno 2008. I lavoratori più colpiti del settore, sono i più anziani. È infatti affetto da malattia professionale il 17 per cento dei lavoratori fra i 40 e 50 anni e il 41 per cento sopra i 50 anni. Tra le cause più frequenti dei giudizi di idoneità con limitazioni vi sono le patologie muscolo scheletriche e quelle cardiovascolari che insieme rappresentano circa i 3/4 di tutte le cause. Seguono le neuropatie, le malattie dismetaboliche e il diabete;
   un ulteriore studio di settore è quello promosso dall'ASLE (Associazione per la sicurezza dei lavoratori dell'edilizia) di Milano-Lodi-Brianza e realizzato nel 2011 dall'UOOML (unità operativa ospedaliera medicina del lavoro) di Bergamo e dall'azienda ospedaliera-Ospedali riuniti di Bergamo, dal titolo «La fatica in edilizia: valutazione del dispendio energetico in alcune attività caratteristiche del settore». Scopo della ricerca è stato quello di misurare, attraverso un'indagine sul campo e su un campione di lavoratori predefinito, il dispendio energetico che comporta lo svolgimento di alcune attività tipiche dell'edilizia che possono determinare effetti sulla salute dei lavoratori che svolgono quotidianamente mansioni particolarmente impegnative dal punto di vista del carico di lavoro. Anche in questo caso, i problemi di maggior rilievo emersi, sono state le patologie muscolo scheletriche e la sordità;
   gli studi effettuati sottolineano che il cantiere si caratterizza come un luogo di lavoro ad alto rischio per la salute e per la difficoltà a mantenere adeguati livelli di sicurezza e, per il lavoratore edile, l'esposizioni ad agenti fisici (rumore, vibrazioni, raggi solari), biologici (tetano, leptospira), chimici, polveri, fibre e malattie professionali ed infortuni. Rilevante è la movimentazione manuale dei carichi, frequenti i movimenti ripetitivi e le attività svolte in postura incongrua. Si lavora all'aperto, esposti ai raggi solari, al caldo, al freddo, sotto la pioggia, in alcuni momenti anche in condizioni estreme;
   non va trascurato il problema dell'invecchiamento della popolazione lavorativa del settore edile. Il calo del numero di addetti in edilizia negli ultimi anni ha riguardato soprattutto i giovani di età compresa tra i 15 e i 35 anni. L'invecchiamento porta con sé l'inevitabile problema della gestione di lavoratori con maggiori problemi di salute e di deficit funzionali. Il lavoro in edilizia è usurante ed elevare l'età lavorativa porta ad un conseguente aumento del rischio di infortuni. Vero è che statisticamente i lavoratori anziani hanno meno infortuni rispetto ai più giovani conseguentemente alla loro maggiore esperienza, ma hanno esiti più gravi con costi terapeutici e riabilitativi superiori;
   merita ulteriore attenzione un significativo studio dell'INSEE (Istituto nazionale di statistica ed economia francese) rivolto alle comparazioni tra lavoratori di differente provenienza sociale con analisi della longevità lavorativa, che dimostra che l'aspettativa di vita di un dirigente è di 6 anni e 6 mesi più elevata rispetto a quella di un coetaneo operaio. Sempre in tal senso, una precedente ricerca svolta in Inghilterra e Galles nel 2004, confermava l'aspettativa di vita di circa 18 anni per i professionisti di 65 anni e di circa 13 anni per gli operai non qualificati con identica età. Una delle conseguenze che si vanno ad evidenziare, è che chi ha svolto lavori meno qualificati versando contributi per 40 anni e oltre, gode di un numero minore di anni della pensione;
   a giudizio dell'interrogante, nella valutazione dell'aspettativa di vita dei lavoratori, andrebbero considerate le differenti tipologie di lavoro classificando in modo dettagliato le professioni considerate usuranti, facendo analisi più approfondite in merito a quali lavori nella realtà portino ad una vita più breve, valutando il fatto che l'applicazione delle disposizioni in materia di aspettativa di vita sta già creando evidenti situazioni gravi per i lavoratori esclusi dalle deroghe previste dal comma 14, articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei dati relativi ai lavoratori del settore edilizio riguardanti l'età media di pensionamento, l'importo medio di retribuzione percepito nel periodo di pensionamento, l'aspettativa di vita nel periodo di pensionamento e l'aspettativa di vita generale. (5-04563)


   MAESTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 4, lettera g), della legge 10 dicembre 2014, n. 183, ha previsto, tra i principi e i criteri direttivi cui il Governo è tenuto ad attenersi nell'esercizio della delega in materia di riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, la razionalizzazione e la revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, al fine di favorirne l'inclusione sociale, l'inserimento e l'integrazione nel mercato del lavoro;
   in particolare, vengono da più parti segnalate criticità connesse alla definizione della base di lavoratori su cui vengono calcolate le quote di assunzione obbligatoria delle persone con disabilità, agli ambiti territoriali entro cui scatta la sospensione di tali obblighi assunzionali a seguito dell'apertura di procedure di mobilità e al sistema sanzionatorio;
   secondo la normativa vigente, infatti, l'apertura di una procedura di mobilità in una qualsiasi delle sedi di un'azienda comporta per la stessa la sospensione dell'obbligo di assunzione previsto dalla legge n. 68 del 1999 su tutto il territorio nazionale, e di conseguenza, anche l'esclusione delle relative sanzioni pecuniarie;
   tale previsione è risultata essere particolarmente penalizzate per i lavoratori disabili che sono visti precludere l'accesso al collocamento obbligatorio in grandi aziende che, per ragioni contingenti, hanno aperto procedure di mobilità, anche limitate per numero di lavoratori coinvolti, in sedi dislocate in contesti territoriali diversi;
   nella seduta del 25 novembre 2014 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/02660 a promuovere la rivisitazione della base dei lavoratori su cui vengono calcolati le quote di assunzione obbligatoria di persone con disabilità e degli ambiti territoriali in cui scatta la sospensione di tali obblighi nel caso di apertura di procedure di mobilità, nonché a riformare il sistema sanzionatorio aggravando le ammende per quelle aziende che eludono colpevolmente l'obbligo di assumere lavoratori disabili al fine di recuperare risorse da destinare al fondo per la disabilità e ai progetti virtuosi di collocamento mirato per sostenere la nascita e la diffusione di nuovi servizi su tutto il territorio nazionale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli effetti distorsivi che la normativa vigente sta producendo sul sistema di collocamento obbligatorio dei lavoratori con disabilità e in che modo ritenga di intervenire, nell'esercizio della sopraccitata delega, per riformare il sistema di inserimento lavorativo mirato di cui alla legge n. 68 del 1999. (5-04566)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Trafomec spa, oggi con sede legale a Milano e sede operativa a Tavernelle di Panicale (Perugia) e con uno stabilimento a Fabro (Terni), è attiva nel settore dei trasformatori, reattanze e insieme magnetici per l'elettronica di potenza statica o mobile;
   essa rappresenta(va) una eccellenza per la progettazione, produzione ed assistenza nel campo dei trasformatori industriali, reattori, combinatori professionali e componenti magnetici di potenza; Trafomec rimane, insieme alla vetreria cooperativa di Piegaro nella provincia di Perugia, la maggior fonte di occupazione e di reddito dell'intero territorio; la Trafomec spa ha assunto la denominazione di Trafoitalia spa e lo stabilimento di Fabro è divenuto di proprietà della Trafomec Europe spa;
   nel giugno del 2013 la Trafomec Europe spa ha assunto la decisione di cessare l'attività esercitata presso l'unità produttiva sita in Fabro con riflessi sulla forza occupazionale comportando di fatto la risoluzione di tutti i rapporti di lavoro in essere con il personale ovvero 54 lavoratori oltre quelli già definiti in esubero strutturale e oggetto di una precedente procedura di mobilità;
   nonostante un accordo raggiunto con grandi difficoltà nella primavera del 2014 tra lavoratori, azienda ed istituzioni, il 13 gennaio 2015 i lavoratori ed ex lavoratori della Trafomec di Tavernelle hanno messo in atto uno sciopero di 8 ore per chiedere il rispetto degli impegni assunti in questa lunga e complessa vertenza. In particolare, il pagamento di quanto promesso agli ex lavoratori che hanno accettato di lasciare il lavoro e poi l'assunzione fino al numero pattuito di 120 dipendenti;
   il 21 gennaio 2015 l'assessore regionale umbro Vincenzo Riommi ha incontrato presso gli uffici della regione Umbria i responsabili dell'azienda, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed una delegazione della rappresentanza sindacale unitaria;
   come si apprende dalla stampa online (www.umbria24.it del 22 gennaio 2015) «La partita è sembrata subito abbastanza intricata. I sindacati, rispetto all'accordo di aprile, chiedono 2 cose: il pagamento degli emolumenti promessi ai 59 ex lavoratori e il rispetto del raggiungimento dei 120 dipendenti come pianta organica (ad oggi siamo poco sopra i 100). Ma del secondo punto, alla luce dei fatti, neppure si è parlato. Sul tavolo è stato subito messo quello che è il vero nodo e che riguarda i rapporti tra l'attuale azienda: Trafimec Europe e Trafo Italia (la società fallita). Rapporti complessi: Trafo Italia, ad esempio, è la proprietaria dei capannoni di Tavernelle dove opera Trafomec Europe a partire dall'accordo sancito in primavera ma operativo dal 30 giugno scorso. In quell'accordo sottoscritto con sindacati e Regione, Trafomec Europe, tra le altre cose, si «accollava» le buonuscite dei 59 ex dipendenti della Trafo (come «garante» qualora, come prevedibile, non fosse stata quella azienda a pagarle) scontando i circa 500 mila euro dai canoni di affitto. Con il recente fallimento tutto si è complicato: il giudice di Milano non autorizza Trafomec Europe a pagare perché, per legge, gli incentivi (a differenza, ad esempio, di stipendi o del tfr) non sono considerati crediti privilegiati. Quindi, siccome l'affitto dei capannoni è tra le entrate con cui devono essere pagati i creditori, in teoria, girandole agli ex dipendenti, si sottraggono ad altri creditori privilegiati. Una vicenda, quindi, tutta burocratica su cui i vertici di Trafomec Europe si sono impegnati per iscritto a cercare una via di uscita, ribadendo la disponibilità a versare quei soldi, qualora autorizzati. Ma chiedono tempo, data la delicatezza della questione di interfacciarsi con il tribunale fallimentare»;
   il sindacato della Fiom Cgil Perugia ha annunciato il proseguimento della mobilitazione con la proclamazione di un nuovo sciopero con una manifestazione davanti alla prefettura di Perugia per il 29 gennaio 2015;
   parere degli interroganti, appare drammatica la situazione che si è determinata e che ha portato al blocco dell'impegno che era stato assunto e concordato dalle parti sociali ed istituzioni: non solo ben 59 dipendenti a cui era stata promessa – con un accordo sottoscritto da tutti – la «buonuscita» si trovano nel serio e concreto pericolo di perdere quanto spetta loro di diritto, ma anche l'impegno che prevedeva il raggiungimento dei 120 dipendenti come pianta organica (ad oggi sarebbero poco più di 100) rischia di essere seriamente compromesso;
   l'interrogante già con una interrogazione a risposta scritta (n. 4/4124) del 20 marzo 2014 – rimasta priva di riscontro – aveva sollecitato un intervento del Governo che ora appare ancor più necessario al fine di garantire il rispetto degli impegni assunti e ora frustrati –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti;
   se e con quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda intervenire al fine di garantire il rispetto degli accordi assunti, i diritti dei lavoratori e la salvaguardia dei livelli occupazionali, anche favorendo la predisposizione di un serio piano industriale che dia certezze in termini di continuità dell'attività produttiva dello stabilimento di Tavernelle e di nuovi investimenti. (5-04572)


   ANZALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il professor Massimo De Felice è stato nominato nel maggio 2012, presidente dell'Inail dall'allora governo Monti su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro Tempore, Elsa Fornero;
   la nomina del professor De Felice suscitò, allora, non poche polemiche tant’è che si verificò persino la mancata espressione del parere consultivo delle commissioni parlamentari;
   nel febbraio 2014 secondo una inchiesta giornalistica di Repubblica, dal titolo «INAIL ora trema anche De Felice super consulente delle Assicurazioni», metteva in evidenza che nella visura camerale di ALEF (Advanced Laboratory Economics and Finance srl) lo stesso De Felice continuava a risultare come uno dei tre soci titolari;
   ALEF come risulta dalla stessa inchiesta eroga servizi ad importanti gruppi assicurativi come Alleanza Assicurazioni, Cisalpina Previdenza, Reale Mutua, SAI, Sara Assicurazioni, Unipol, Gruppo Fondiaria Sai, Fineco Vita, Capitalia Vita, Poste Vita, Groupama, Eurizon, Generali, Unicredit Vita, Ras Gruppo Zurigo e perfino l'Ania;
   pertanto sembra configurarsi ad avviso dell'interrogante un conflitto di interesse in piena regola, in considerazione della funzione svolta dall'INAIL;
   il professor De Felice, tra l'altro, fra i membri dell'OIV (Organismo indipendente di valutazione) dell'INAIL, nonostante il parere non favorevole della CIVIT espresso con delibera n. 51 del 2013, ha provveduto a nominare il professor Carlo Domenico Mottura membro del consiglio di amministrazione dell'ALEF;
    lo stesso professor De Felice, a seguito dello scioglimento dell'ISPESL le cui funzioni di ricerca sono state attribuite all'INAIL ai sensi della legge n. 122 del 2010 ha istituito il comitato scientifico attribuendo la presidenza a se stesso, e con potere di designazione, ha individuato uno dei sei componenti nella persona della professoressa Gabriella Salinetti, con competenze che all'interrogante sembrerebbero non rientrare nei temi concernenti salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
   altre perplessità, inoltre, hanno suscitato alcune scelte rispetto al sistema di governance dell'Istituto, come ad esempio la creazione di un ufficio audit in staff allo stesso presidente con compiti di verifica dei processi di controllo e di misurazione delle grandezze gestionali che sembrano far aumentare a dismisura i poteri del presidente stesso –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare in considerazione di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno fare chiarezza in merito alla posizione del professor De Felice quale presidente dell'INAIL per appurare eventuali conflitti di interesse e porvi conseguentemente rimedio nell'interesse dell'Istituto e della sua delicata funzione pubblica all'interno del sistema di welfare. (5-04573)


   MAESTRI e LENZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il comma 108 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), ha previsto che gli enti pubblici di previdenza e assistenza sociale adottino interventi di razionalizzazione per la riduzione delle proprie spese, in modo da conseguire, a partire dal 2013, risparmi aggiuntivi non inferiori a 300 milioni di euro annui;
   in virtù di tale norma di legge, l'INPS, a decorrere dal 2 maggio 2013, ha disposto prima la riduzione e poi la sospensione delle visite mediche di controllo domiciliare disposte d'ufficio dall'ente, lasciando operative solo quelle richieste dai datori di lavoro. Tale decisione ha comportato la sospensione dei rapporto di collaborazione di natura libero-professionale (articolo 6 del decreto 18 aprile 1996) per circa 1.400 medici assegnati alle attività di controllo d'ufficio delle assenze per malattia;
   ogni anno l'INPS spende oltre 2 miliardi di euro per l'indennità di malattia e circa 50 milioni di euro per le visite mediche di controllo d'ufficio, in gran parte recuperati attraverso le sanzioni per le assenze a visita, le riduzioni prognostiche e le irreperibilità al domicilio dichiarato;
   dal 2013 l'INPS dispone di un budget di soli 12 milioni di euro per le visite di controllo che può comportare solamente una media di 5 visite d'ufficio al mese per medico rispetto alle 21 previste in precedenza;
   i recenti fatti di cronaca hanno riportato all'attenzione pubblica la proposta, condivisa anche nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia, approvato dalla XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati, di istituire presso l'INPS un polo unico per l'effettuazione delle visite di accertamento medico legale che assommasse a se le competenze oggi ripartite tra INPS e aziende sanitarie locali, in particolare per quanto attiene le visite di controllo ai dipendenti della pubblica amministrazione;
   tale ipotesi consentirebbe un significativo risparmio di risorse per gli istituti preposti e un sicuro efficientamento dell'attività di controllo. Essa consentirebbe inoltre procedere alla riorganizzazione dell'attività di medicina fiscale, andando incontro all'esigenza di dare certezze ai suddetti rapporti di lavoro, anche per l'indubbio interesse pubblico di garantire che coloro che svolgono funzioni di controllo possano farlo senza timori –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa la costituzione di un polo unico per l'effettuazione delle visite di accertamento medico legale presso l'INPS. (5-04574)

Interrogazione a risposta scritta:


   BECHIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la maggiorazione della pensione per gli ex combattenti fu istituita nel 1985, con l'articolo 6 della legge n. 140 del 1985, in favore di persone che potessero far valere la qualifica di ex combattente e che non potessero ottenere, allo stesso titolo, dei benefici pensionistici stabiliti con la legge n. 336 del 1970 a favore degli iscritti a forme previdenziali esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria e consistenti, in sostanza, nell'impiego di un'aliquota di trasformazione base pensionabile/pensione più elevata di 7 anni rispetto a quella spettante in funzione del servizio utile;
   i criteri per l'individuazione della qualifica furono ripresi dalla legge n. 336 del 1970: si trattava di persone che, in quanto militari, avessero partecipato in modo diretto e immediato allo svolgimento di operazioni di guerra. Inoltre, alla categoria degli ex combattenti sono assimilate le categorie di partigiani, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di guerra, orfani, vedove di guerra o per causa di guerra, profughi per l'applicazione del trattato di pace;
   il beneficio pensionistico, invece di risultare dal meccanismo di calcolo, come con la legge n. 336 del 1970, fu stabilito in misura uguale per tutti: una maggiorazione di 30.000 lire mensili (15,49 euro). Inizialmente, il diritto alla maggiorazione fu esteso anche a coloro che erano già in pensione alla data di entrata in vigore della legge, il 1o gennaio 1985, purché con decorrenza non anteriore alla data in cui il disegno di legge, poi divenuto legge n. 336 del 1970, era stato presentato in Parlamento, l'8 marzo 1968;
   per i primi due anni l'importo fu corrisposto per la metà, e in misura intera dal 1o gennaio 1987;
   dal 1o gennaio 1989, infine, con l'articolo 6 della legge n. 544 del 1988, ottennero la maggiorazione anche i titolari di pensione con decorrenza precedente l'8 marzo 1968, che iniziarono a percepire la maggiorazione nell'importo di 30.000 lire quando i loro commilitoni che avevano ottenuto la maggiorazione dal 1o gennaio 1985, in quanto pensionati con decorrenza successiva alla loro, stavano già percependo la maggiorazione nell'importo di 36.688 lire al mese, (euro 18,95) per effetto della perequazione automatica;
   l'I.N.P.S sostiene che tale beneficio, originariamente di lire 30.000, debba essere riconosciuto, a domanda, solo a far data dalla effettiva concessione. Con la conseguenza, che la maggiorazione di lire 30.000, introdotta con legge del 1985, dovrebbe essere riconosciuta e liquidata, nello stesso iniziale importo, dall'anno in cui ne venga effettuata richiesta, oppure anche in epoca successiva;
   il tribunale di Pistoia, sezione lavoro, con la sentenza 15 maggio 2001, ha respinto la succitata tesi dell'ente, sulla base anche di una sentenza della Corte Costituzionale (Corte cost. n. 288/94), affermando il principio che: «qualsiasi prestazione previdenziale deve mantenere nel tempo la sua originaria adeguatezza, ai sensi dell'articolo 38, II comma, Cost.» e che quindi la «perequazione automatica, infatti e in definitiva, sta a indicare che quel valore di lire 30.000 fissato nel 1985, evidentemente in collegamento con il valore dei trattamenti pensionistici dell'epoca e quindi sulla base della “adeguatezza economica” di essi al momento della concreta indicazione del legislatore, va in linea generale e astratta ritenuto indicizzabile anno per anno e quindi anche in sede di prima erogazione successiva al 1985 tale raggiunto valore indicizzato (cioè perequato all'aumento del costo della vita), forma il nuovo contenuto economico dello specifico beneficio che va ad aggiungersi al “normale” trattamento pensionistico»;
   risultano svariati i casi di controversia, tra cittadini e l'INPS, dovuti all'attuale interpretazione data dall'ente all'applicazione della disciplina della perequazione automatica;
   l'interrogante ritiene questa scarsa chiarezza del diritto essere tra le cause del senso di distacco e sfiducia del popolo nei confronti delle istituzioni –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative abbia intenzione di porre in essere al fine di chiarire l'interpretazione data dall'INPS all'applicazione della disciplina della perequazione automatica, alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale e del tribunale di Pistoia citate in premessa. (4-07643)

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POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   VALLASCAS, PRODANI, TRIPIEDI, CIPRINI, COMINARDI e CHIMIENTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito degli esiti positivi del piano pluriennale di ricostituzione degli stock di tonno nell'Atlantico e nel Mediterraneo, lo scorso mese di novembre, la Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (Iccat) ha deciso di rideterminare, aumentandole, le quote di pesca del tonno consentite per l'anno 2015;
   nello specifico, il totale ammissibile di cattura (Tac) per l'Italia è stato incrementato di circa 400 tonnellate, passando dalle attuali 1.950,00 a 2.302,80 su una quota totale europea che da 7.938,65 passa a 9.302,92 tonnellate;
   l'incremento di circa 20 per cento con una previsione di un ulteriore aumento del 70 per cento nel 2017, salvo revisioni annuali del comitato scientifico Iccat, ha determinato una legittima aspettativa di crescita e redditività nel settore, in considerazione dei forti limiti e dei numerosi vincoli cui è stato sottoposto il comparto negli ultimi anni;
   sarà il Governo italiano a ripartire la nuova disponibilità di quote tra i diversi sistemi consentiti di cattura del tonno, tra circuizione (attualmente 1.451,23 tonnellate – 74,406 per cento), palangaro (265,00 – 13,587 per cento), tonnara fissa (165,00 8,460 per cento, pesca sportiva/ricreativa (40,00 – 2,051 per cento) e quota non divisa (29,19 – 1,496 per cento);
   nel corso degli anni, dall'introduzione della Tac, sono state rilevate diverse difficoltà da parte degli operatori nello svolgimento dell'attività di pesca del tonno, nonché alcune incongruenze che potrebbero essere rimosse in occasione della suddivisione del nuovo contingente;
   viene sollevata, ad esempio, la questione relativa alla quota non divisa, all'interno della quale vanno ricompresi gli esemplari pescati incidentalmente, che secondo quanto rilevato dagli operatori e dalle associazioni di categorie avrebbe determinato una situazione di disparità tra pescatori di regioni diverse;
   si rileva infatti che, una volta entrati nel Mediterraneo, i tonni seguono delle rotte definite: per quanto riguarda l'Italia, dapprima costeggiano la Sicilia e le regioni del meridione, risalgono verso la Toscana e la Liguria, successivamente ridiscendono verso sud, costeggiando la Sardegna;
   considerato che la quota indivisa è residuale rispetto all'ammontare complessivo del Totale ammissibile di cattura, appena 29,19 tonnellate, quando i banchi costeggiano la Sardegna, dopo circa due mesi di permanenza nei mari italiani, il limite determinato dalla quota indivisa è stato già raggiunto dalle altre regioni;
   questo stato di cose penalizza enormemente gli operatori toscani, liguri e sardi che subiscono un forte limite operativo nella pesca, determinato dal rigido sistema di controlli e dal regime sanzionatorio, ancorché in presenza di esemplari pescati accidentalmente;
   appare pertanto urgente modificare le modalità di attribuzione delle quote, con particolare riguardo a quelle indivise, al fine di superare i gravi inconvenienti riscontrati in questi anni dagli operatori della pesca di alcune regioni italiane;
   una soluzione alle criticità illustrate, e determinate dalla particolarità della rotta seguita dai banchi di tonno rosso nel Mediterraneo, può essere quella di attribuire le quote indivise, non su base nazionale, ma su base regionale, affinché si ristabiliscano eguali condizioni di operatività tra i pescatori delle diverse regioni –:
   quali iniziative intenda adottare per superare le disparità in cui si trovano a operare i pescatori delle diverse regioni italiane, con riferimento alle limitazioni derivanti dall'attribuzione su base nazionale della quota indivisa nell'ambito della campagna della pesca del tonno;
   se non ritenga opportuno, in occasione della definizione del contingente per la stagione 2015 della pesca del tonno rosso, attribuire la quota indivisa su base regionale. (4-07650)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso luglio il Ministero della salute ha finanziato la sperimentazione in vivo della cura dell'infarto mediante impianto di cellule staminali differenziate elettromagneticamente; tale ricerca segue il successo ottenuto da ricercatori italiani dell'ISPESL, del CNR e della Sapienza che per la prima volta al mondo sono arrivati a differenziare cellule staminali cardiache, prelevate in biopsia dal ventricolo sinistro del cuore di pazienti adulti consenzienti, mediante un differenziatore cellulare elettromagnetico inventato dagli stessi ricercatori dell'ISPESL e del CNR e brevettato congiuntamente dai due istituti;
   i risultati preliminari erano stati pubblicati nel 2008 dalla rivista scientifica americana Electrom. Biol. Med., e quelli definitivi dalla rivista inglese, Cardiovascular Research, organo della società Europea di Cardiologia nel 2009;
   il brevetto è stato concesso in favore dei due enti pubblici l'11 settembre 2014 ed è stato premiato nella Start Cup 2010, promossa dal quotidiano il Sole24Ore con il CNR a Genova il 4 novembre 2010;
   i ricercatori italiani, cui presto si è associato il Premio Nobel francese per la medicina, Luc Montagnier, lo stesso anno hanno concorso al piano ricerche finalizzate 2009 del Ministero della Salute, coordinati dal professore Livio Giuliani dell'ISPESL e dalla dottoressa Antonella Lisi del CNR, proponendo una applicazione della biotecnologia messa a punto e nel frattempo arricchita con la microgravità, qualificandosi per il finanziamento congiunto del Ministero della Salute e dell'ISPESL per 950.000 euro, disposto il 9 giugno 2011;
   il progetto prevede il differenziamento in cardiomiociti di cellule umane autologhe, prelevate da adulti infartuati nonché la loro coltura e proliferazione, la maturazione e il differenziamento con esposizione al campo elettromagnetico nel differenziatore cellulare magnetico, di invenzione italiana, in condizioni di microgravità e il loro successivo reimpianto nel paziente, al fine di rigenerare il tessuto del miocardio, necrotizzato dall'infarto, con le nuove cellule miocardiche reimpiantate;
   la prima fase, preclinica, del progetto, quella oggetto del finanziamento del Ministero della salute e dell'ISPESL nel Piano 2009, prevede la sperimentazione su topi nudi, topi cioè con sistema immunitario soppresso, per consentire lo xenotrapianto delle cellule umane;
   progetto analogo nel frattempo ha avuto successo negli Stati Uniti, all'Università di Washington, nell'aprile 2014, e all'università di Pittsburg in agosto, proprio per la specifica modalità di differenziamento mediante campi elettromagnetici, che consente la maturazione di cellule adulte autologhe, con il superamento perciò della barriera del rigetto e di quella etica che riguarda invece le cellule embrionali;
   il tribunale della Salute di Ancona ha osservato che il danno apportato al Servizio sanitario nazionale e al Paese, dal ritardo ormai quadriennale dovuto a inadempienze di INAIL ha posto la ricerca italiana in netto ritardo rispetto ai competitor esteri;
   gli infartuati solo in Italia sono 81.000 l'anno (2009) e il 60 per cento di loro incorre nella recidiva, la quale si conclude quasi sempre con la morte;
   quasi 50.000 morti l'anno potrebbero essere salvati dalla medicina rigenerativa che la ricerca di Giuliani, Lisi e Montagnier vuole sviluppare;
   l'incorporazione dell'ISPESL nell'INAIL disposta con decreto legge a maggio del 2011 ha impedito fin qui la realizzazione della ricerca;
   dopo l'incorporazione l'INAIL ha preteso di comandare anche sulla ricerca scientifica precedentemente di competenza del direttivo dell'ISPESL, nonostante la legge stabilisca esplicitamente che «la competenza della dirigenza amministrativa non si estende alla ricerca»;
   i dirigenti generali dell'INAIL, hanno ritenuto di non consentire che la sperimentazione avesse luogo nonostante autorizzazione e relativo finanziamento del Ministero della salute come previsto da Bando ufficiale;
   i ricercatori, incluso il Premio Nobel Luc Montagnier, hanno dovuto ricorrere al TAR perché gli enti competenti compreso il Ministero della Salute, non sono intervenuti attivamente sulla questione;
   il Ministero della salute aveva risposto nel dicembre 2012, alla istanza dei ricercatori di erogare i fondi assegnati, dichiarando la propria impotenza davanti all'opposizione del direttore generale dell'INAIL che ha rifiutato di sottoscrivere la convenzione preliminare alla erogazione dei fondi come invece previsto da Bando;
   il conseguente ricorso contro il silenzio-rifiuto dell'INAIL si è arenato nonostante l'ordinanza del 4 luglio 2014 del TAR Lazio – Sez. III ter dichiari che i ricercatori hanno un diritto «soggettivo» alla erogazione del finanziamento proclamato con la graduatoria del 2011 e che non sussiste dopo quella data potere discrezionale dell'amministrazione INAIL, dichiarando conseguentemente la competenza del giudice civile;
   a febbraio 2011, il Gip della procura di Roma, dottor Flavia Costantini, su istanza del pubblico ministero Maria Cordova che indagava per abuso d'ufficio, ha dichiarato che la materia era di competenza del TAR e lo stesso ha sostenuto il pubblico ministero Leopoldo De Gregorio di Firenze nel dicembre scorso nella istanza di archiviazione del fascicolo da lui aperto per abuso d'ufficio continuato a carico del presidente dell'INAIL Massimo De Felice, del direttore generale Giuseppe Lucibello e altri funzionari dell'INAIL e del Ministero della salute;
   entrambi i pubblici ministeri hanno sostenuto che non si è raggiunta la prova – invero a fronte di indagini limitate assai scarne – di una condotta intenzionale da parte di vertici dell'INAIL;
   i vertici INAIL hanno abbandonato, senza informarne gli inventori, il brevetto del differenziatore cellulare elettromagnetico, facendolo scadere, con ipotetico danno erariale oltreché soggettivo;
   tale brevetto non poteva essere infatti rinnovato da altri soggetti all'infuori di INAIL;
   il team di ricerca sta valutando l'ipotesi di adire la Corte dei conti per danno soggettivo ed erariale contro INAIL responsabile di aver fatto scadere il brevetto del «differenziatore cellulare» già citato –:
   quali siano le motivazioni che hanno determinato il blocco dei fondi regolarmente erogati all'INAIL dal Ministero, attivandosi per una risoluzione immediata del problema che sta rappresentando un danno non solo per i titolari dell'invenzione ma anche per tutto il sistema Paese e della sua immagine. (3-01258)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   recentemente al 56o congresso della società americana di ematologia (ASH) svoltosi a San Francisco, sono stati presentati i dati dello studio di fase II Blast, sull'utilizzo del Blimatumomab contro la leucemia linfoblastica acuta a cellule B;
   nello studio condotto su 116 pazienti adulti l'utilizzo del Blimatumomab si è dimostrato in grado di azzerare le tracce molecolari della leucemia nel 78 per cento dei malati. Nel 98 per cento dei casi la risposta completa è stata ottenuta dopo un solo ciclo di trattamento per infusione continua;
   il Blimatumomab è un anticorpo monoclonale di tipo murino appartenente a una nuova classe di anticorpi bispecifici chiamati BiTE (bi-specific T-cell engagers), che esercita un'azione selettiva, dirige e supporta il sistema immunitario umano solo contro le cellule tumorali e agisce su due fronti: da un lato, cattura le cellule malate del sangue e dall'altro scatena il sistema immunitario contro le cellule tumorali;
   gli anticorpi BiTE sono stati sviluppati, tra l'altro, con la finalità di aiutare i linfociti T, globuli bianchi con un ruolo centrale nel sistema immunitario, ad attivarsi per distruggere le cellule tumorali;
   il Blimatumomab è stato sviluppato dalla società biotech tedesca Micromet, successivamente acquistata nel 2012 dal gruppo statunitense Augen, la più grande società indipendente di biotecnologia;
   la FDA (Food and Drug Administration), l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha già approvato l'utilizzo del Blimatumomab per il trattamento di pazienti affetti da leucemie linfoblastica acuta;
   il dossier per ottenere l'approvazione è stato sottoposto anche all’European Medicines Agency (EMA);
   in Italia, questa malattia colpisce ogni anno circa 800 persone (dati AIRC) ed è il tumore più frequente tra i bambini. Questo farmaco, nelle forme recidivate-refrattarie, potrebbe far da «ponte» verso il trapianto di midollo, unica speranza di guarigione definitiva;
   un altro dei grandi vantaggi di questo farmaco sembra essere quello di avere una tossicità molto limitata rispetto alla tradizionale chemioterapia e quindi di poter essere utilizzato su tutti i pazienti: dagli adulti ai bambini ma anche agli anziani;
   proprio su un sottogruppo di pazienti anziani i centri italiani sperimentatori di Blimatumomab progettano di avviare uno studio ad hoc, il tutto naturalmente sotto lo stretto controllo del Gimema (Gruppo italiano di malattie ematologiche nell'adulto) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;
   quali iniziative, di propria competenza, intenda adottare al fine autorizzare la sperimentazione, anche in Italia, di questo nuovo farmaco. (4-07641)


   LOREFICE, NESCI, GRILLO, BARONI, SILVIA GIORDANO, MANTERO, DI VITA e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il comma 186 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n.190, prevede l'attribuzione alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di un contributo per il rimborso degli oneri finanziari derivati dalla corresponsione degli indennizzi in favore dei danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, da trasfusioni e somministrazione di emoderivati ex legge 25 febbraio 1992, n. 210, e degli oneri derivanti dal pagamento degli arretrati della rivalutazione dell'indennità integrativa speciale di cui al citato indennizzo;
   la somma stanziata di 735 milioni di euro, da destinare al finanziamento delle somme anticipate dalle regioni e agli arretrati della rivalutazione, non è sufficiente e necessiterebbe di un incremento di almeno 225 milioni di euro;
   la norma così come formulata sembra destinare tali finanziamenti esclusivamente alle regioni che hanno anticipato le somme per conto dello Stato, non tenendo conto invece di quelle che non hanno mai erogato l'indennizzo ex legge 210 del 1992 –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano il saldo di tutti i finanziamenti già anticipati, ma anche l'invio continuativo delle somme relative agli indennizzi previsti dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, onde evitare medesime situazioni future;
   se non ritenga opportuno valutare la possibilità con apposite iniziative di aumentare lo stanziamento per gli indennizzi degli emotrasfusi relativamente al triennio 2015-2017 al fine di garantire alle regioni e le province autonome la copertura effettiva di tutte le somme necessarie per il pagamento degli indennizzi agli emotrasfusi in relazione al fabbisogno derivante dal numero degli indennizzi censiti dai rispettivi soggetti interessati all'erogazione e in relazione alla previsione di stima dei nuovi percettori;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire la corresponsione di tali somme anche a quelle regioni che finora non sono state in grado di garantire l'anticipo del pagamento degli indennizzi con inevitabili ripercussioni sui percettori dell'indennizzo. (4-07646)


   GAGNARLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 201 del 2010, l'Italia ha ratificato l'articolo 10 della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia che stabilisce il divieto, tra gli altri, del taglio delle orecchie e della coda a meno di gravi patologie o traumi;
   a tale ratifica si aggiunge all'ordinanza ministeriale del 2009 con la quale si precisa, che sia il proprietario del cane, sia il veterinario che ha proceduto al taglio delle orecchie o della coda del cane, sia l'allevatore, sono punibili con la reclusione da 3 a 18 mesi ed una multa da un minimo di 5.000 a 30.000 euro;
   nonostante quanto su esposto in Italia si assiste sempre più spesso a segnalazioni da parte di medici, guardie zoofile o comuni cittadini che denunciano l'esistenza di cani, in particolare delle razze dogo argentino, cane corso, american staffordshire terrier con code e orecchie mozzate;
   una delle ultime segnalazioni arriva dall'ordine dei medici veterinari di Milano che l'11 gennaio 2015 ha denunciato la presenza durante l'Esposizione internazionale canina di Novegro di numerosi cani che avevano subito l'amputazione del padiglione auricolare, sottolineando, tra l'altro che è alquanto improbabile che solo all'interno di alcune razze si sia potuto vedere nei ring un'alta percentuale di soggetti che hanno subito l'amputazione del padiglione auricolare in seguito a gravi traumatismi o gravi patologie che abbiano interessato, guarda caso, entrambe le orecchie;
   questi esemplari vengono spesso menomati, infatti, per ragioni «funzionali» come nella caccia, dove ad esempio la coda viene considerata «pericolosa», mentre si effettuano battute nei boschi, o negli allevamenti e per i cani da guardia, dove le orecchie pendenti vengono considerate un ostacolo per la visibilità, ma sempre più spesso le ragioni si nascondono in un presunto ideale estetico finalizzato alle esposizioni di cani o di miglioramento della razza;
   spesso code e orecchie mozzate sono le caratteristiche principali dei cani utilizzati nei combattimenti illegali o tenuti in condizioni precarie dai padroni;
   qualsiasi ragione appare però futile per i medici veterinari che spiegano che per i cani coda e orecchie sono come per gli esseri umani le parole e i gesti. Le orecchie dritte indicano uno stato di allerta e quindi una posizione di difesa o di attacco. È come se a un uomo tagliassero le mani. L'animale con le orecchie mozzate sarà sempre in difficoltà con i propri simili e non verrà mai accettato tranquillamente: i suoi simili ne avranno sempre paura;
   è evidente che, anche a fronte della normativa in vigore, gli episodi di menomazione dei cani persistono nel nostro Paese ed è, quindi, necessario potenziare le attività di controllo sia nel mondo della cinofilia italiana, sia tra i medici veterinari che, praticando gli interventi di amputazione senza una reale necessità medica, favoriscono gli allevatori e i giudici interessati a standard estetici antiquati e indifferenti al benessere degli animali –:
   se, in base a quanto esposto in premessa, non intenda assumere iniziative per rendere più stringente la normativa in vigore in materia di tutela degli animali da compagnia, specie per ciò che attiene ai controlli e anche con la collaborazione dei medici stessi e se, al fine di sensibilizzare maggiormente la popolazione italiana, non intenda promuovere iniziative volte a diffondere una corretta informazione sui danni che gli animali subiscono a seguito della mutilazione di coda e orecchie, al fine di tutelarne realmente il benessere. (4-07653)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RUBINATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012 stabilisce le nuove modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, diverse da quella solare fotovoltaica, con potenza non inferiore a 1 kw;
   il citato decreto ha la finalità di sostenere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili attraverso la definizione di incentivi e modalità di accesso semplici e stabili, che promuovano l'efficacia, l'efficienza e la sostenibilità degli oneri di incentivazione;
   l'incentivazione allo sviluppo delle energie rinnovabili è un obiettivo prioritario e strategico più volte ribadito dal legislatore, pertanto il mancato accesso agli incentivi o un eventuale ritardo nell'erogazione degli stessi rischia di compromettere l'efficacia dette politiche industriali ed energetiche;
   a titolo di esempio, la ditta «Molino Bertolo Antonio di Bertolo Virginio» di Pederobba (Treviso) è titolare di un mulino che è in attività dalla prima metà del 1700;
   fin da allora il mulino era azionato dalla forza motrice di una derivazione d'acqua dal canale consortile Brentella denominata «Roggia Uliana» gestito dal Consorzio Piave;
   la suddetta derivazione è espressamente citata per la produzione di forza motrice tra gli «usi attualmente esercitati con le acque derivate dal Piave in virtù del riconoscimento degli antichi titoli»;
   attualmente, per ovvie ragioni, l'azionamento del mulino avviene mediante alimentazione elettrica dalla rete pubblica e comporta un costo di circa 15.000 euro mensili;
   in virtù della normativa regionale che prevede la possibilità ai titolari di derivazioni d'acqua esistenti di utilizzarle anche per la produzione idroelettrica, la ditta Bertolo ha iniziato il 26 ottobre del 2007 le pratiche per la realizzazione di una centralina allo scopo di compensare almeno parzialmente i notevoli costi della bolletta elettrica, mediante l'accesso agli incentivi previsti prima dal decreto ministeriale 10 dicembre 2008 e poi dal citato decreto ministeriale 6 luglio 2012;
   ottenuta l'autorizzazione idraulica dal consorzio Piave il 9 novembre 2011, il permesso a costruire dal comune di Pederobba il 13 febbraio 2012 e la concessione allo sfruttamento del salto d'acqua il 25 luglio 2013 dal medesimo consorzio, la realizzazione della centralina si è conclusa con l'entrata in servizio il 16 settembre 2013 e da allora viene immessa in rete tutta l'energia prodotta pari a circa 15.000 kWh al mese;
   la complessità della procedura ha determinato l'esborso di alcune decine di migliaia di euro per oneri burocratici per le valutazioni ed autorizzazioni su un investimento complessivo di circa 200.000 euro, che ha comportato l'accensione di un finanziamento bancario che sta pesando gravemente sulla gestione dell'attività del mulino;
   in data 14 ottobre 2013 è stata fatta richiesta al GSE di accesso agli incentivi previsti dal decreto ministeriale 6 luglio 2012 che ad oggi tuttavia non sono stati ancora concessi a causa, si asserisce, di dubbi sulla titolarità della concessione in capo a Bertolo, più precisamente sull'identità tra il titolare della concessione ed il soggetto richiedente l'incentivo;
   detti dubbi non dovrebbero sussistere considerato che: per la derivazione in questione la ditta Bertolo ha ininterrottamente versato e continua a versare regolarmente i canoni demaniali;
   l'esercizio dell'attività del mulino fin dalla prima metà del 700 non può non presupporre il titolo sulla derivazione ad uso forza motrice; il riconoscimento di tali antichi titoli risulta confermato da quanto contenuto nel decreto di concessione Ministeriale n. 2416 del 28 novembre 1983 che cita anche altri provvedimenti antecedenti; per la modifica ad uso idroelettrico sono state seguite le procedure indicate dalla Regione Veneto, la quale con atto in data 9 luglio 2014 ha riconosciuto la regolarità delle stesse e – ciò che più conta – attestato che la modifica ad uso idroelettrico risulta ora regolata dalla concessione datata 25 luglio 2013 protocollo n. 11939 sottoscritta tra Consorzio Piave e Molino Bertolo;
   il mancato accesso agli incentivi rischia di compromettere l'attività della ditta Bertolo a causa degli oneri finanziari conseguenti ad un investimento che era stato pensato per ridurre i costi aziendali utilizzando legittimamente l'incentivazione allo sviluppo delle energie rinnovabili –:
   quali azioni urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato per garantire l'erogazione degli incentivi previsti dal decreto ministeriale 6 luglio 2012 agli aventi diritto e, tra questi, alla ditta «Molino Bertolo Antonio di Bertolo Virginio». (5-04562)


   CANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a causa della crisi economica e finanziaria, gli investimenti nell'Unione europea hanno registrato un calo pari al 15 per cento circa rispetto al picco del 2007: la liquidità finanziaria è disponibile, ma gli investimenti sono frenati dall'incertezza delle prospettive economiche e dall'entità del debito pubblico e privato in alcune parti dell'Unione europea;
   la Commissione europea ha adottato il 13 gennaio 2015, la proposta legislativa sul Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), che sarà istituito in stretto partenariato con la Banca europea per gli investimenti (BEI);
   il FEIS costituisce il principale veicolo di mobilitazione di almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi nell'economia reale nei prossimi tre anni e finanzierà progetti dal profilo di rischio più elevato, in modo da massimizzare l'impatto della spesa pubblica e da sbloccare gli investimenti privati;
   i settori di intervento che avranno una considerazione prioritaria perché ritenuti strategici sono quelli relativi a banda larga, reti energetiche e imprese di dimensioni più piccole che contano un massimo di 3.000 dipendenti;
   la proposta istituisce inoltre un polo europeo di consulenza sugli investimenti per contribuire all'individuazione, la preparazione e lo sviluppo di progetti in tutta l'Unione;
   gli Stati membri possono partecipare al FEIS e, col consenso dei contributori esistenti, la partecipazione è aperta anche a terzi, quali banche di promozione nazionali o enti pubblici di proprietà degli Stati membri o da essi controllati, soggetti del settore privato e soggetti extraunionali;
   ai fini del patto di stabilità e crescita la Commissione ha indicato che avrebbe riservato un trattamento favorevole ai contributi versati al FEIS dagli Stati membri e che i contributi nazionali versati al FEIS non saranno pertanto computati nella valutazione dell'aggiustamento di bilancio, e questo per tutti gli Stati membri, siano essi nel braccio preventivo o in quello correttivo del patto;
   nel corso della sua audizione alle Commissioni riunite bilancio, attività produttive, lavoro e politiche dell'Unione europea di Camera e Senato, il vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen ha manifestato la volontà di far partire la procedura progetti e il nuovo Fondo entro giugno 2015 per iniziare a offrire delle possibilità di accesso al credito per le piccole e medie imprese e per il rilancio dei progetti infrastrutturali;
   la ricerca di progetti validi a livello europeo cui il Fondo potrebbe attingere è stata svolta da un'apposita task force, composta da rappresentanti degli Stati membri, della Commissione e della BEI e istituita a seguito dalla riunione informale dell'ECOFIN nel mese di settembre 2014;
   sulla base del rapporto finale della task force, trasmesso l'8 dicembre 2014, i progetti che rispondono ai criteri generali individuati dal piano Juncker sono circa 2000, con un potenziale di investimento pari a 1300 miliardi di euro, di cui 500 impegnabili nel periodo 2015-2017;
   secondo notizie di stampa, su circa mille progetti che l'Italia ha preso in considerazione e che principalmente riguardano opere pubbliche, reti energetiche e telematiche, non ce n’è nessuno che riguardi la Sardegna –:
   se corrisponda al vero che nessun progetto tra quelli presentati dall'Italia investa il territorio della Sardegna e, in tal caso, quali siano le ragioni di tale esclusione. (5-04570)


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza n. 725/13 del 18 luglio 2013, depositata in data 22 luglio 2013, la sezione II civile del tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza della «Gallazzi spa», società con due stabilimenti in Lombardia (Tradate e a Gallarate), produttrice di imballaggio primario per il settore farmaceutico e per il nastro adesivo;
   al momento si contano circa 210 lavoratori dipendenti della Gallazzi (150 a Tradate, 60 a Gallarate);
   con successivo decreto n. 2/2013 emanato in data 26 settembre 2013 il tribunale di Milano ha dichiarato l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria;
   con decreto del 24 ottobre 2013 del Ministero dello sviluppo economico è stato nominato commissario straordinario il dottore Aldo Mainini;
   in data 2 dicembre 2013 è stato redatto e presentato il «Programma di cessione di complessi aziendali con prosecuzione dell'esercizio dell'impresa»;
   l'esecuzione del sopracitato programma è stata autorizzata con decreto del Ministero dello sviluppo economico in data 10 marzo 2014;
   in data 4 aprile 2014 il Ministero dello sviluppo economico ha approvato il disciplinare di gara in cui è stabilita la procedura di apertura delle buste con le offerte vincolanti ricevute per l'acquisto della Gallazzi spa;
   in data 18 giugno 2014 si è proceduto, presso l'ufficio notarile del dottore Oreste Cirillo, alla verbalizzazione dell'apertura delle buste depositate, delle quali sono state ritenute ammissibili le offerte vincolanti ricevute dalle società «Klockner Pentaplast GmbH», «Vibac spa», «Tekni-Plex Europe N.V.», «Monta Klebebandwerk GmbH» e «Fibaume srl»;
   in data 19 giugno 2014 le offerte sono state poste all'attenzione del comitato di sorveglianza e in data 20 giugno si è tenuta una riunione tra il commissario straordinario, il comitato di sorveglianza e i funzionari del Ministero dello sviluppo economico per una prima analisi delle offerte ricevute;
   con comunicazione inoltrata in data 6 ottobre 2014 alle società offerenti, il commissario straordinario ha invitato le sopracitate società offerenti a presentare delle nuove offerte migliorative e vincolanti d'acquisto entro il giorno 20 ottobre 2014;
   il giorno 20 ottobre 2014 (termine ultimo per la presentazione delle Offerte) risultavano essere pervenute presso lo studio notarile già citatole sole offerte migliorative di «Tekni-Plex – Europe N.V.» e di «Klockner Pentaplast GmbH»;
   il giorno 2 dicembre, il commissario straordinario ha aggiudicato l'azienda con parere positivo del comitato di sorveglianza;
   non si conoscono ancora interamente i termini dei due piani industriali proposti dalle società offerenti;
   in un articolo pubblicato in data 9 gennaio 2015 sulla testata online «Varese News», si da spazio e voce ai sindaci di Tradate e Gallarate e in particolare ad una lettera da essi inviata al Ministero dello sviluppo economico;
   in particolare, nell'articolo sopracitato si fa presente che «Nella lettera si fa anche riferimento a due diversi compratori interessati: si tratta di un'azienda non concorrente, che secondo i sindaci è interessata a inserirsi in un settore in sviluppo, mentre l'altra offerta viene da un concorrente che – è il dubbio di lavoratori e amministratori – potrebbe acquisire la Gallazzi per ragioni di monopolio. Sottointeso: in questo secondo caso ci sarebbe un rischio per il futuro dell'azienda, nelle due sedi in provincia»;
   con «azienda non concorrente», si fa riferimento alla «Tekni-Plex – Europe N.V.», mentre per quanto riguarda l'azienda concorrente si parla invece della «Klockner Pentaplast GmbH»;
   con comunicato del Ministero dello sviluppo economico pubblicato sul n. 11 della Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2015, emerge che, «Nella procedura di amministrazione straordinaria della società Gallazzi spa in liquidazione, l'organo commissariale di cui al decreto in data 24 ottobre 2013 è integrato con la nomina di due altri componenti individuati nelle persone dei signori prof. avv. Alberto Stagno D'Alcontres e prof. Cesare San Mauro»;
   con il subentro dei due nuovi commissari si sarebbe assistito ad un inspiegabile e imprevisto rallentamento per quanto riguarda la scelta del compratore –:
   quale dei piani industriali proposti dalle due società offerenti («Tekni-Plex – Europe N.V.» e «Klockner Pentaplast GmbH») potrebbe garantire con maggiore concretezza l'occupazione presso gli stabilimenti di Tradate e Gallarate;
   quali prospettive di sviluppo prevedano i due piani industriali sopracitati per i prossimi anni;
   entro quale data sia prevista la scelta effettiva del compratore, considerando che tale situazione di incertezza potrebbe potenzialmente sfavorire l'approntamento di commesse e quindi cagionare danni ad un'azienda già commissariata che potrebbe però essere ancora altamente competitiva sul mercato;
   se fra i criteri di valutazione del dicastero presieduto dal Ministro interrogato per quanto riguarda la scelta dell'acquirente siano prese in considerazione come priorità la tutela dei lavoratori, dei loro diritti e dei crediti di questi ultimi nei confronti dell'azienda (TFR, etc), la continuità produttiva con piani di investimento chiari e che possano garantire ulteriore collocamento di risorse nel corso degli anni successivi. (5-04575)


   LOSACCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in questi mesi tra gli snack offerti ai passeggeri sui voli Alitalia nazionali, internazionali e intercontinentali vi sono stati i pacchetti di tarallini da 25 grammi del «Tarallificio dei Trulli» azienda della famiglia Recchia di Alberobello;
   il contratto che legava l'azienda pugliese ad Alitalia è scaduto il 31 dicembre 2014, ma già dal mese di novembre la compagnia aerea era in ritardo nel pagamento delle fatture;
   oggi l'azienda alimentare vanta un credito nei confronti di Alitalia di 116 mila euro di cui 76 mila euro con fatture scadute;
   il 15 gennaio 2015, a parte dell'azienda parte la richiesta nei confronti di Alitalia di poter ricevere almeno un anticipo sull'importo totale, a tale richiesta Alitalia risponde avanzando una controproposta concernente uno sconto del 50 per cento che il tarallificio dovrebbe applicare alla compagnia aerea;
   da Alberobello, respingono la proposta e a loro volta avanzano una controproposta per applicare uno sconto dell'8 per cento in caso di pagamento entro il 20 gennaio facendo scendere di 10 mila euro il credito vantato verso Alitalia;
   pertanto il credito vantato passerebbe da 116 mila euro a 106 mila, ma solo se pagato entro il 20 gennaio;
   Alitalia lamenta l'irrilevanza dello sconto e propone di pagare subito i 76 mila euro e i restanti alla fine di gennaio e di febbraio con il tarallificio che accetta, con un ulteriore sconto di 6 mila euro, anche in considerazione delle difficoltà a cui sta andando incontro un'azienda di qualità a conduzione familiare con dipendenti monoreddito;
   da ultimo il tarallificio ha inviato ad Alitalia la richiesta con cui si chiedeva una autorizzazione per la cessione del credito al fine di riuscire ad avere dalle banche l'80 per cento dell'importo anche per pagare i fornitori, ma da Alitalia non è giunta alcuna risposta accentuando ulteriormente le difficoltà del tarallificio;
   a questo bisogna aggiungere anche il cambio societario che dal primo gennaio 2015 ha interessato Alitalia con l'ingresso di Ethiad che rischia di complicare ulteriormente le cose –:
   quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di assicurare che l'attività produttiva del Tarallificio dei Trulli di Alberobello possa proseguire in nome della qualità del made in Italy anche in presenza del nuovo assetto societario di Alitalia e che non vi siano contraccolpi sul piano occupazionale. (5-04578)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Locatelli e altri n. 1-00627, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carnevali, Carella.

  La mozione Garavini e altri n. 1-00710, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Lorefice e altri n. 4-06559, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Villecco Calipari.

  L'interrogazione a risposta scritta Burtone n. 3-01143, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Albanella.

  L'interrogazione a risposta scritta Mariani e altri n. 4-07610, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ginoble.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti n. 5-04453 del 14 gennaio 2015.