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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 12 gennaio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni III e XII,
   premesso che:
    l'epidemia di Ebola rappresenta una «emergenza di salute pubblica di livello internazionale», come ha stabilito il comitato di emergenza istituito dall'Oms, ed è «la peggiore che si sia avuta in almeno 40 anni e serve uno sforzo coordinato a livello internazionale per fermare la diffusione del virus»;
    il 18 settembre 2014, il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha riconosciuto la crescente diffusione dell'Ebola come «una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale» e ha adottato all'unanimità la risoluzione 2177/2014, per la creazione di un'iniziativa a livello ONU per coordinare le attività di tutte le agenzie delle Nazioni Unite per affrontare la crisi;
    il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha stanziato circa 1,5 milioni di euro per contrastare l'epidemia di Ebola che sta colpendo alcuni Paesi dell'Africa Occidentale;
    la cooperazione italiana ha stanziato, un contributo di 240.000 euro per l'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) per l'invio di medici, la fornitura di medicine e di attrezzature, il rafforzamento dei sistemi di sorveglianza epidemiologica e il coordinamento e supporto logistico delle attività di risposta all'emergenza;
    sul Corriere della Sera del 21 dicembre 2014, con riferimento alle difficoltà di personale in cui versa il centro di trattamento per l'infezione da virus Ebola, aperto da Emergency nei pressi di Freetown (Sierra Leone), epicentro dell'infezione, Gino Strada ha lamentato che «Da più di due mesi in Italia si sentono politici che promettono aspettative per ragioni umanitarie, provvedimenti ad hoc.», mentre invece «La verità è che fino a ora quasi tutti coloro che hanno chiesto il permesso di partire se lo sono visto rifiutare». Il fondatore dell'organizzazione umanitaria invocava indicazioni precise alla regioni e alle ASL, non suggerimenti, per concedere le necessarie aspettative, così come avviene in altri paesi perché «l'Italia deve fare la sua parte, e in fretta. I pazienti non aspettano e ogni giorno qualcuno muore perché mancano i medici che l'avrebbero potuto curare»;
    l'accorato appello di Emergency ripropone, con l'urgenza dettata dall'epidemia di Ebola, l'annoso e più generale problema della possibilità per il personale sanitario di poter effettivamente fruire del diritto all'espatrio temporaneo per ragioni di cooperazione sanitaria internazionale;
    l'istituto del collocamento in aspettativa appare di fondamentale importanza per consentire l'espatrio dei dipendenti della pubblica amministrazione che intendono partecipare a progetti di collaborazione internazionale;
    tale istituto, previsto pure nella precedente normativa, è stato di recente riaffermato dal comma 3 dell'articolo 28 della nuova legge sulla disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo, approvata definitivamente dalla Camera il 17 luglio 2014;
    per quanto riconosciuto dalla legge, il diritto all'aspettativa per l'espatrio ai fini di cooperazione internazionale appare nella realtà molto difficilmente esercitabile. L'effettivo godimento di tale diritto rischia, tuttavia, di cozzare contro il diniego del nulla-osta dell'amministrazione di provenienza, motivato dal fatto che, in mancanza di effettiva temporanea sostituzione del dipendente, si sarebbe messa a rischio l'efficienza di servizi quasi sempre essenziali;
    tale rischio si realizza per il fatto che, benché l'aspettativa venga concessa al dipendente senza assegni, tuttavia l'amministrazione di provenienza deve continuare a corrispondere al dipendente i contributi previdenziali per tutto il periodo dell'espatrio, rendendo impossibile la sua sostituzione senza che si determini sull'amministrazione stessa un aggravio di spesa;
    tale difficoltà rischia di penalizzare soprattutto la cooperazione sanitaria internazionale, stante la cronica carenza di organico medico e infermieristico di molti servizi, presente soprattutto per quegli uffici ed attività come quelle delle professioni sanitarie – per i quali è anche in vigore il blocco del turn over;
    per evitare tali evenienze, che minano alle basi l'efficacia di questa legge nella sua quotidiana applicazione, appare fondamentale che il personale che chiede il collocamento in aspettativa per partecipare a progetti di cooperazione internazionale, possa essere sostituito con contratti a tempo determinato garantendo, in pari tempo, alla amministrazione di provenienza la copertura di tutti gli oneri legati alla sua sostituzione, ivi compresi quelli previdenziali;
    nel corso dell'esame della nuova disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo, la questione è stata dibattuta e si è giunti all'accoglimento di ordine del giorno da parte del Governo con il quale si prevedeva la convocazione di un tavolo tecnico per individuare le modalità con cui assicurare la possibilità per le amministrazioni di provenienza, anche in deroga ai vincoli che regolano il turn over e a invarianza di spesa, di prevedere, per comprovate esigenze, l'immissione in servizio di figure professionali di pari livello, con contratto a tempo determinato, fino alla durata del periodo di aspettativa richiesto dal titolare, mantenendo a carico del progetto di cooperazione i contributi previdenziali per il personale espatriato;
    il comma 599 dell'articolo 2 della legge di stabilità 2015, autorizza, anche in deroga alle norme vigenti, le richieste di aspettativa, nel limite di 6 mesi, da parte di personale medico o paramedico che intenda prestare la propria opera nei Paesi del continente africano attualmente interessati dal fenomeno del virus Ebola;
    tale disposizione, per quanto importante, appare temporalmente circoscritta e limitata al solo focolaio infettivo del virus Ebola;
    essa inoltre non risolve il problema economico delle ASL per gli oneri previdenziali in caso di sostituzione temporanea del personale sanitario espatriato;
    appare indifferibile una risoluzione definitiva della difficoltà all'espatrio del personale sanitario che mina l'efficacia stessa della cooperazione sanitaria italiana,

impegnano il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere il trasferimento delle spese sostenute per il pagamento dei contributi previdenziali del personale sanitario impegnato in progetti di cooperazione internazionale a carico del finanziamento dei progetti medesimi, lasciando in tal modo a totale disposizione delle aziende sanitarie i mancati costi per il personale collocato in aspettativa senza assegni;
   a considerare la possibilità di assumere iniziative per rendere obbligatoria la concessione dell'aspettativa al personale sanitario che la richiede per partecipare a progetti di cooperazione internazionale, in considerazione della possibilità che si determinerebbe per le aziende sanitarie di poterlo temporaneamente sostituire senza alcun onere aggiuntivo.
(7-00562) «Marazziti, Capelli, Gigli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   allo scopo di fornire al lavoratore uno strumento per poter consumare il pasto fuori casa nei casi in cui non è previsto un servizio di mensa all'interno dell'azienda/ente, in alternativa all'indennità sostituiva di mensa, viene erogato un «ticket restaurant» di importo prestabilito, cosiddetto «buono pasto»;
   nel nostro Paese, oltre il 40 per cento di coloro che pranzano fuori casa per motivi di lavoro in luoghi diversi dalla mensa aziendale utilizzano come mezzo di pagamento il buono pasto fornito dal datore di lavoro;
   il buono pasto viene utilizzato normalmente (in modalità cartaceo o elettronica), da oltre 2,5 milioni di utenti, di cui 1,6 milioni occupati nel privato e 900.000 nel settore pubblico (Stato, enti locali, Asl, università, e altro);
   il mercato dei buoni pasto in Italia ha un valore aggregato di circa 2,8 miliardi di euro;
   il settore dei buoni pasto prevede un ruolo centrale delle società emettitrici che vendono i buoni pasto ai datori di lavoro, i quali a loro volta li somministrano ai dipendenti;
   attualmente le quote di mercato più rilevanti sono distribuite tra quattro società emettitrici, facenti capo a grandi gruppi industriali italo/francesi;
   le 4 società detengono più dell'85 per cento di quota di mercato nel cartaceo ed oltre il 9 per cento del mercato elettronico;
   il primo gruppo Edenred, gruppo quotato a Parigi, con una quotazione di mercato pari 1,2 miliardi di euro, controlla circa il 44 per cento del mercato;
   ai sensi della normativa vigente, contenuta nell'articolo 285 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, i buoni pasto non sono né cumulabili, né convertibili in danaro, né cedibili e commerciabili;
   l'attuale disciplina in materia di tassazione dei buoni pasto, non prevede oneri fiscali o previdenziali a carico del datore di lavoro né del lavoratore, fino a un valore di 5,29 euro per singolo buono;
   attualmente il costo del servizio è deducibile e l'IVA è detraibile integralmente;
   per gli importi superiori, la somma eccedente i 5,29 euro concorre a formare il reddito da lavoro e quindi è sottoposta a tassazione;
   l'importo del buono pasto non soggetto a tassazione è rimasto fermo a 17 anni fa e, attualmente, 5,29 euro non sono sufficienti per coprire interamente il pagamento di un pasto fuori casa;
   il valore medio del buono pasto erogato delle aziende tende ad avvicinarsi sempre alla soglia defiscalizzata;
   un innalzamento del livello al di sotto del quale il buono pasto non è tassabile, potrebbe comportare un incremento del valore dei ticket che vengono dati ai lavoratori, avvicinandolo maggiormente al valore di mercato di un pasto;
   l'aumento di 1,71 euro al giorno equivale a circa 400 euro all'anno in più di reddito netto disponibile per la spesa alimentare di ogni lavoratore (2,3 milioni i beneficiari);
   secondo le stime condotte dal centro studi OpenEconomics, ogni euro aggiuntivo di deducibilità fiscale del buono pasto genererebbe un aumento dello 0,1 per cento di Pil, un incremento del valore aggiunto fino a 1,35 miliardi di euro e un gettito aggiuntivo netto di entrate fiscali fino a 330 milioni di euro;
   il settore dei buoni pasto elettronici rappresenta solo l'11 per cento del mercato totale;
   la legge di stabilità (articolo 1, comma 16), nel modificare l'articolo 51, comma 2, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ha previsto la defiscalizzazione fino a 7 euro per i soli buoni pasto elettronici;
   la predetta disposizione fissa come termine per l'entrata in vigore il 1o luglio 2015 (articolo 1, comma 17, legge di stabilità 2015);
   il settore è ancora fortemente incentrato sul cartaceo e le imprese di minori dimensioni rischiano di non avere un congruo lasso di tempo per adeguarsi alla nuova disciplina, il termine del 1o luglio 2015, infatti, appare troppo ravvicinato per consentire alle società emettitrici di passare all'elettronico;
   il rapporto tra l'impresa e la società di emissione dei ticket è regolato da un accordo con una certa durata e il lavoratore non può scegliere la società emettitrice in base alla natura del buono pasto: elettronico o cartaceo;
   la normativa in materia di acquisizione di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni prevede per gli enti locali l'obbligo di avvalersi di convenzioni CONSIP ovvero di utilizzarne i parametri qualità prezzo, come limiti massimi per le acquisizioni in autonomia;
   la tassazione da applicare al buono pasto del lavoratore dipenderà, a parità di valore (fino a euro 7), dalla modalità con la quale la società emettitrice fornisce il ticket: tassazione nel caso di buono pasto cartaceo, defiscalizzazione per e-ticket;
   la defiscalizzazione per i soli ticket elettronici potrebbe comportare un pregiudizio nei confronti di quei lavoratori cui viene riconosciuto un ticket di importo pari a euro 7 in formato cartaceo, rispetto a un lavoratore che, potendo contare su un e-ticket non è tenuto a pagare le tasse, indipendentemente dalla loro volontà;
   l'utilizzo del buono elettronico, se effettuato in conformità alla risoluzione n. 63/e del 2005 dell'Agenzia delle entrate, ovvero assoggettato a regole e non ad accumulo o a ricarica, potrebbe avere l'effetto desiderato di riduzione dell'elusione ed evasione;
   nel 90 per cento dei casi, però, l'uso della card, così come avviene nel caso del buono pasto cartaceo, non è sottoposto a regole e si consente la spendibilità indiscriminata e cumulata presso i supermercati e l'acquisto di prodotti con un regime di IVA agevolato;
   la modalità elettronica può, nel lungo periodo, consentire una gestione più trasparente e tracciabile;
   per il sistema degli e-ticket, gli esercenti si dovrebbero dotare degli hardware necessari che ne consentano l'accettazione (POS, linea internet, campo GPRS);
   gli esercenti, se non dotati di linea internet o ubicati in zone con campo gprs, dovranno provvedere in un tempo non sufficientemente adeguato (1o luglio 2015) a realizzare investimenti infrastrutturali alla ricettività dei vari POS degli emettitori, se non vogliono essere totalmente esclusi dal mercato dell'elettronico;
   attualmente, è necessario un apposito POS per ciascuna società emettitrice e, soprattutto gli esercenti di più piccole dimensioni, non sono al momento dotati dei requisiti minimi e degli spazi sufficienti ad avere i diversi POS delle varie società emettitrici nei propri punti vendita;
   gli esercenti si troverebbero nella situazione di non poter accettare i ticket elettronici, con conseguente perdita di clientela e, conseguentemente, di fatturato a vantaggio delle strutture di più grandi dimensioni che, non dovendo far fronte alle predette difficoltà logistiche e infrastrutturali delle strutture più piccole, riceveranno un vantaggio indiretto dal passaggio all'elettronico;
   ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettere e) e f), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (attuale ANAC), segnala al Governo e al Parlamento, con apposita comunicazione, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui contratti pubblici e formula al Governo proposte in ordine alle modifiche occorrenti in relazione alla legislazione che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;
   l'ANAC nella segnalazione a Parlamento e Governo, rilasciata ai sensi della su richiamata normativa, nella segnalazione del 10 novembre 2011 sulla normativa che regola l'affidamento del servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto, ha individuato, quale condizione preventiva per l'introduzione a regime del sistema elettronico, la definizione di un quadro regolamentare ad hoc;
   così come suggerito anche dall'ANAC, sarebbe opportuno regolamentare l'utilizzo del buono pasto elettronico, prima dell'introduzione di una norma che ne incentivi l'utilizzo;
   il passaggio al sistema elettronico deve essere opportunamente gestito per evitare, da un lato il proliferare di fenomeni elusivi, dall'altro l'ulteriore concentrazione del mercato;
   la previsione della legge di stabilità non sembra rispondere al predetto obiettivo e, anzi, potrebbe avere l'effetto di una norma dei cui effetti possono beneficiare solo alcuni soggetti, già particolarmente forti nel mercato;
   almeno in sede di prima applicazione, sarebbe stato più opportuno innalzare il limite della defiscalizzazione a 7 euro, indistintamente per tutti i buoni pasto e, fissare un congruo lasso di tempo, non certamente 7 mesi, per consentire a tutte le società, anche quelle di più piccole dimensioni, di attrezzarsi per il passaggio all'elettronico –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno attualizzare il valore del buono pasto al valore di mercato e riconoscere ai lavoratori, attraverso l'innalzamento del valore del buono pasto, in un momento di crisi quale quello attuale, una quota annuale pari a circa 400 euro in più di reddito netto disponibile;
   quali siano le ragioni che hanno comportato, anche in sede di prima applicazione, l'esclusione dei buoni pasto cartacei;
   sulla base di quali stime, analisi, dati sia stato calcolato il termine per l'entrata in vigore della nuova disciplina, al fine di evitare pregiudizi per gli operatori del mercato, compresi gli esercenti che dovranno dotarsi di POS, e per i lavoratori;
   quali iniziative intendano intraprendere per assicurare il rispetto della parità di trattamento alle imprese e ai lavoratori;
   quali misure prevedano di adottare per evitare di agevolare le imprese emettitrici di più grandi dimensioni che già hanno provveduto al passaggio alla modalità elettronica, introducendo distorsioni nel mercato, già fortemente concentrato;
   quali iniziative intendano adottare per evitare che una entrata in vigore della previsione tanto ravvicinata nel tempo possa arrecare un pregiudizio per le imprese che non sono ancora passate alla modalità elettronica, e che non riuscirebbero a farlo entro il termine previsto del 1o luglio 2015, favorendo, nel frattempo, le imprese più grandi che sono già attrezzate per l’e-ticket e che già gestiscono la quota maggioritaria del mercato;
   secondo quali modalità verranno evitate possibili distorsioni del mercato che potrebbero prefigurare un abuso di posizione dominante da parte delle imprese che già sono attrezzate per il ticket elettronico;
   quali azioni intendano porre in essere per monitorare accordi di rete che escludano società di piccola e media dimensione, aumentando ulteriormente le barriere all'ingresso del mercato che, allo stato attuale, è a tal punto concentrato da configurare, di fatto, un oligopolio;
   quali misure intendano adottare per conformarsi alla segnalazione dell'ANAC, con particolare riferimento alla parte in cui riteneva auspicabile «un processo di riforma complessiva della regolamentazione in tema di servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto, che tenga in particolare conto le possibilità di ottimizzazione del servizio legate alla diffusione di soluzioni innovative da disciplinare nel quadro normativo di riferimento»;
   quali iniziative intendano intraprendere per regolarizzare, in maniera sistematica, il settore dei ticket sostitutivi del servizio di mensa, e per assicurare il rispetto della normativa.
(2-00804) «Gelmini».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, DAGA, RIZZO, MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, BASILIO, LOMBARDI e CIPRINI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel febbraio 2013 l'Unione europea, gli Stati Uniti ed altri 21 Paesi appartenenti al WTO che insieme rappresentano il 70 per cento del commercio mondiale di servizi, hanno ufficialmente avviato i negoziati per la conclusione del «Trade in Service Agreement – TISA» ovvero l'accordo commerciale sugli scambi di servizi;
   come per gli altri negoziati commerciali quali il partenariato transatlantico su commercio e investimenti – TTIP, i colloqui relativi al TISA si svolgono in stretta segretezza ed i documenti, riservati e custoditi secondo speciali procedure, non sono accessibili se non ai negoziatori;
   questo accordo, di cui pochi parlano e pochissimi sanno, è destinato ad incidere sulla vita di miliardi di persone posto che esso è negoziato dagli stessi Paesi che hanno favorito, in ambito WTO, il modello finanziario di «deregulation» noto come uno dei fattori che alimentano la crisi economica mondiale;
   il TISA mira ad ampliare i livelli di deregolamentazione delle liberalizzazioni e della finanza, con particolare riferimento all'obbligo da parte dei Paesi aderenti di trasferimento, per ragioni di business, delle informazioni sui dati finanziari dei loro territori;
   secondo alcuni studi l'accordo in parola riguarderebbe il 68 per cento dei servizi, alcuni dei quali essenziali come l'assistenza sanitaria, l'acqua, l'energia e l'istruzione e la preoccupazione che esso sia uno strumento delle potenti lobby economiche e finanziarie per svendere gli interessi pubblici sottraendoli alle scelte politiche degli Stati è sempre più forte;
   gli accordi internazionali conclusi dall'Unione europea, negoziati in segretezza e senza alcuna partecipazione né legittimazione democratica da parte dei cittadini ai quali quegli stessi accordi si rivolgono, a giudizio degli interroganti di fatto ridimensionano il ruolo della politica e della legge su temi fondamentali quali la giustizia sociale e l'uguaglianza per affidare a società private motivate unicamente dal profitto la gestione dei servizi pubblici –:
   come il Governo intenda intervenire presso le competenti sedi comunitarie affinché i termini dell'accordo siano diffusi quanto più possibile e se non ritenga urgente intraprendere qualsiasi iniziativa volta a promuovere un ampio dibattito tra tutti i settori della società civile sulle conseguenze e gli effetti del TISA al fine di escludere qualsiasi possibilità che con esso il settore dei servizi venga deregolamentato a favore dei profitti delle lobby e delle società private. (5-04415)


   PALESE. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel corso del 2011 è stata avviata, d'intesa con la Commissione europea, l'azione per accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 (lettera del Presidente del Consiglio al Presidente della Commissione europea e al Presidente del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, tradottasi poi nelle conclusioni del vertice dei Paesi euro);
   è stato così predisposto il piano di azione per la coesione, inviato il 15 novembre 2011 al Commissario europeo per la politica regionale. Il piano di azione per la coesione si attua attraverso una revisione delle scelte di investimento già compiute con lo scopo di mettere in salvaguardia interventi/risorse i cui tempi di attuazione non risultano coerenti con i tempi della rendicontazione sui programmi comunitari (e di conseguenza avere più tempo a disposizione per realizzarli), e di avviare nuove azioni/progetti, alcune delle quali di natura prototipale che, in base agli esiti, potranno essere riprese nella programmazione 2014-2020;
   l'operazione prevedeva lo spostamento di una parte del cofinanziamento nazionale fuori dai programmi comunitari, in modo da poter attuare i progetti senza più le scadenze temporali della programmazione comunitaria. Questa operazione prevede il vincolo della destinazione territoriale delle risorse, vale a dire il divieto di usare queste risorse in territori diversi da quelli che le hanno generate;
   il piano di azione coesione è stato definito e attuato attraverso fasi successive di riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 dei programmi operativi delle regioni meridionali e di quelli nazionali (che utilizzano risorse delle 4 regioni meridionali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). In parte estremamente residuale sono presenti piccole risorse di alcune regioni del Centro-nord (le risorse provengono dalle risorse del cofinanziamento nazionale prima presenti nei programmi comunitari che vengono successivamente trasferite al di fuori dei programmi e gestite con regole nazionali);
   sin dall'inizio non sono stati fissati termini per l'utilizzo delle risorse, tantomeno in termini di impegni, visto che si trattava di risorse che rientrano nella totale disponibilità dello Stato italiano e delle regioni (non più soggette ai vincoli dei fondi comunitari);
   complessivamente, a febbraio 2014, il piano di azione coesione ha raggiunto un valore pari a 13,5 miliardi di euro a cui concorrono risorse nazionali derivanti dalla riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi operativi (11,5 miliardi di euro) e risorse riprogrammate attraverso rimodulazione interna ai medesimi programmi (2,0 miliardi di euro);
   le prime due fasi (dicembre 2011 e poi maggio 2012) hanno riallocato un totale di risorse pari a 6,4 miliardi di euro e hanno riguardato in misura prevalente (4,9 miliardi) le regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e in misura più contenuta (0,5 miliardi) le altre regioni del Sud e alcune del Centro-nord. La prima fase (PAC I) ha concentrato le risorse verso quattro priorità di intervento – istruzione, agenda digitale, occupazione e ferrovie – mentre la seconda fase (PAC II) è stata orientata in modo più deciso verso obiettivi di crescita e inclusione sociale, con particolare attenzione a misure dirette al contrasto della grave situazione della disoccupazione giovanile soprattutto al Sud;
   la terza riprogrammazione (dicembre 2012) consiste in una manovra di circa 5,7 miliardi di euro e riguarda, nell'area «Convergenza», i programmi operativi regionali di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e i programmi operativi nazionali «reti e mobilità» e «sicurezza per lo sviluppo» (per circa il 98 per cento). Riguarda inoltre i programmi operativi delle regioni Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Valle d'Aosta. La manovra attuata ha previsto una serie di misure con funzione anticiclica oltre al conseguimento di obiettivi di «salvaguardia» di progetti e opere pubbliche di rilievo strategico in attuazione nei programmi operativi 2007-2013 e all'avvio di «nuove azioni», anche con carattere prototipale, funzionale alla preparazione della programmazione 2014-2020;
   le «Misure straordinarie per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, e la coesione sociale» previste dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, costituiscono i contenuti della quarta fase di riprogrammazione che ha mobilitato risorse pari a circa 2,1 miliardi di euro;
   la quinta fase di riprogrammazione è stata avviata dal Consiglio dei ministri il 27 dicembre 2013. Prevede la rimodulazione di 1,8 miliardi di euro già programmati nel piano di azione coesione su azioni non avviate o comunque in ritardo di attuazione. Gli investimenti sono destinati a misure specifiche per le imprese, per l'occupazione e per lo sviluppo delle economie locali;
   il piano di azione coesione finanzia progetti che fanno riferimento a macro tipologie di azioni quali: rafforzamento della dotazione infrastrutturale e tecnologica; rafforzamento delle competenze per l'occupazione; implementazione di misure anticicliche; salvaguardia di progetti validi avviati; promozione e realizzazione di «Nuove azioni»;
   il comma 122 della legge di stabilità 2015 introduce una regola mai precedentemente definita, ovvero quella della decurtazione delle risorse del fondo di rotazione in assenza di impegni (né tantomeno di obbligazioni giuridicamente vincolanti) e la applica retroattivamente, facendo riferimento alla data del 30 settembre 2014;
   sulla base delle caratteristiche del piano di azione coesione degli interventi scelti, tale decisione comporta l'instaurazione di centinaia di contenziosi tra regioni ed amministrazioni beneficiarie esterne in gran parte pubbliche (comuni) che si vedranno annullare interventi in relazione ai quali sono stati sottoscritti convenzioni e disciplinari, sono in corso procedure di gara, sono state comunque già sostenute spese (anche in assenza di obblighi giuridicamente vincolanti già conseguiti a quella data, ovvero di gare già aggiudicate), con il rischio più che concreto di generare debiti fuori bilancio;
   tali contenziosi assumeranno ricadute drastiche per quei casi in cui l'obbligo giuridicamente vincolante non presente alla data del 30 settembre, possa essere stato conseguito nei mesi successivi (ottobre-dicembre). A ciò si aggiunge la constatazione che i dati di monitoraggio non risultano in tutte le regioni esaustivi ed aggiornati a causa dei rallentamenti con i quali i soggetti beneficiari esterni alle amministrazioni regionali alimentano i sistemi stessi, con la conseguenza che possono non risultare nei sistemi inviati a quella data progetti che invece hanno conseguito OGV;
   va ulteriormente sottolineato che il taglio delle risorse compromette gli interventi già in corso, con particolare riferimento all'esigenza di porre in salvaguardia quei progetti inizialmente previsti nei programmi comunitari che successivamente sono stati trasferiti al di fuori perché non in grado di conseguire la chiusura delle attività entro i termini della programmazione comunitaria (dicembre 2015), a causa della complessità delle procedure e dei pareri autorizzativi, con la conseguente necessità di creare criticità finanziarie per quei progetti che non potranno più avere copertura finanziaria né sui programmi comunitari, né sui programmi del piano di azione coesione;
   a tale riguardo, il documento ufficiale del MISE-DPS dell'ottobre 2013 dal titolo «piano di azione coesione monitoraggio rafforzato rapido sullo stato di avanzamento 1. Lo stato di avanzamento in generale», già sottolineava la centralità di questa questione nelle scelte sostenute per la definizione del piano di azione coesione;
   inoltre, se alcuni ritardi sono presenti nell'avanzamento dei programmi piano di azione coesione, ciò è dovuto alla insufficienza ed incertezza delle regole dettate a livello centrale, come espressamente riconosciuto dallo stesso MISE-DPS nel documento ufficiale già citato in precedenza;
   risulterebbe inoltre che sia stato letteralmente cancellato l'accordo sul piano di azione coesione, sottoscritto con le regioni –:
   come spieghi il Governo una simile decisione che di fatto cancella con un «colpo di spugna» un lavoro di ricognizione, coordinamento, collaborazione tra Stato regioni e Commissione europea portato avanti per alcuni anni (e da due Governi) e che era finalizzato alla garanzia che, pur in presenza di ritardi nella spesa delle risorse, esse non sarebbero andate perse, ma spese per la realizzazione di opere strategiche per lo sviluppo del Paese e del Mezzogiorno in particolare;
   se il Governo, prima di procedere a cancellare con un «colpo di spugna» il piano di azione coesione, abbia effettuato una ricognizione su quante risorse vengano di fatto sottratte alle regioni a valere su quell'accordo e, in caso affermativo, a quanto ammontano queste risorse, regione per regione;
   se il Governo abbia valutato il fatto che la decisione comporta per molte regioni la creazione di debiti fuori bilancio, dato che, pur in assenza di impegni giuridicamente vincolanti alla data del 30 settembre, molti progetti certamente erano già stati avviati con il conseguente esborso di denaro;
   se il Governo abbia valutato con attenzione l'entità dei contenziosi che si andranno ad instaurare tra Stato e regioni (e, a cascata, tra regioni ed altri soggetti interessati) a causa di questa decisione;
   se il Governo non ritenga fortemente penalizzante per le regioni del Sud le norme introdotte con la legge di stabilità 2015;
   se il Governo non ritenga di dover immediatamente assumere iniziative per ripristinare i termini dell'accordo sul piano di azione coesione così assicurando alle regioni del Mezzogiorno quelle risorse precedentemente garantite e destinate al loro sviluppo. (5-04418)

Interrogazione a risposta scritta:


   MARZANA, BRESCIA, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, D'UVA, VACCA e DI BENEDETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il contesto internazionale ha registrato negli ultimi decenni uno sviluppo vertiginoso di internet, facendo assumere un ruolo chiave, come volano per la crescita economica e per la coesione sociale, alla disponibilità di connessioni veloci e superveloci, alla banda larga e alla banda ultra larga;
   nell'ambito della strategia «Europa 2020» e dell'Agenda digitale, dove si riconosce un ruolo cruciale e moltiplicatore all’Information and Communication Technology (ICT) per la promozione di una crescita duratura e sostenibile nonché inclusiva per i Paesi dell'Unione europea, la Commissione europea ha fissato degli obiettivi molto ambiziosi che passano non solo attraverso lo sviluppo di infrastrutture di nuova generazione, ma anche tramite il potenziamento dei ruoli degli attori digitali;
   in questo contesto si inserisce anche la carica di Digital Champion che è nata nell'ambito dell'Unione europea nel 2012 e ad oggi conta 26 rappresentanti: la figura del Digital Champion è nominata da ciascun Stato membro e dalla Commissione europea ed ha il compito di lavorare per l'attuazione e lo sviluppo dell'Agenda digitale europea lanciata nel maggio del 2010;
   il 20 novembre 2014 si è costituita a Roma, Tempio di Adriano, con il supporto del Notariato italiano, l'Associazione Digital Champion, guidata da Riccardo Luna, promotore di numerose iniziative per lo sviluppo della società digitale e nominato a settembre 2014 consigliere del Presidente del Consiglio con la carica di Digital Champion per l'Italia;
   contestualmente sono stati nominati e presentati al pubblico i primi 100 Digital Champions italiani territoriali, selezionati direttamente da Riccardo Luna, in via del tutto discrezionale, in base alle loro esperienze in campo informatico;
   tali nomine sono state individuate dalle candidature che sono arrivate sull'apposito sito www.digitalchampions.it aperto il 27 ottobre 2014 e che ad oggi è la piattaforma di riferimento per inviare le candidature e le richieste di collaborazione come Champions Digital territoriali;
   da una semplice verifica emerge che il dominio digitalchampions.it è stato registrato dallo stesso Luna, il 15 luglio, circa 2 mesi prima del decreto di nomina a Digital Champion, come dominio «privato» di cui ne assume la piena responsabilità civile e penale, e quindi a giudizio degli interroganti in chiara contraddizione, poiché svolge fini ed obiettivi di pubblica amministrazione;
   i Digital Champions sono attivi per l'alfabetizzazione digitale e lavorano con i cittadini, le comunità, il mondo accademico, le imprese e tutti gli amministratori pubblici; svolgono un ruolo di stimolo del Governo e di raccordo in sede europea; promuovono le competenze digitali in materia di istruzione; incoraggiano l’e-govemement e lo sviluppo delle reti wifi in ambito territoriale; sostengono le aziende nell'abbracciare le nuove tecnologie per essere più competitive; contribuiscono a creare innovazione e stimolare la ricerca; segnalano le buone pratiche e i problemi da risolvere;
   come in Europa, anche in Italia il Digital Champion non è retribuito, non ha staff, né tantomeno budget, attualmente è solo un ambasciatore dell'innovazione;
   in Italia, prima di Riccardo Luna, in due anni, altri 3 nomi hanno ricoperto la carica di Digital Champions: Roberto Sambuco, Agostino Rosa e Francesco Caio; a differenza di questi predecessori e in linea con le raccomandazioni comunitarie, per dare impulso ed efficacia al processo di alfabetizzazione digitale in Italia, si è deciso di declinare la carica sul territorio e nominare entro gennaio 2015 poco più di 8000 Digital Champions locali, uno in ogni comune, che faccia rete in modo da operare con maggiore forza;
   la nomina, così come quella dei primi 100 digital presentati nel mese di novembre 2014, a semplicemente valore fiduciario e si basa nel rapporto fra il Digital Champion e il nuovo candidato a voler ricoprire tale ruolo per il relativo comune;
   gli obiettivi che dovranno perseguire i Digital Champions italiani sono essenzialmente tre: il primo è quello di costituire una sorta di help desk per gli amministratori pubblici sui temi del digitale; come seconda cosa dovranno difendere il cittadino in caso di assenza di banda larga, wifi e altri diritti negati; da ultimo, dovranno promuovere, anche con il ricorso al crowdfunding, progetti di alfabetizzazione digitale che riguardino tutte le fasce di età;
   la distribuzione sul territorio italiano di questo primo network di digital champions risulta ancora disomogenea, a macchia di leopardo, poiché il volontariato non basta per sostenere una organizzazione tanto complessa e ambiziosa –:
   se il Governo non intenda assumere urgenti iniziative dirette ad operare la selezione e la nomina per il ruolo dei Digital Champion territoriali mediante lo strumento del bando pubblico nel rispetto dei principi di trasparenza ed imparzialità, superando il carattere prettamente fiduciario di tale scelta;
   se il Governo intenda considerare la funzione di Digital Champion come un incarico lavorativo e quindi retribuito in base ad obiettivi raggiunti e con una diretta dipendenza dagli uffici istituzionali in modo da sgomberare la contraddizione ad oggi esistente tra una carica così importante per il futuro digitale del nostro Paese, che nella pratica risulta fondata solo sulla buona volontà;
   quali iniziative il Governo intenda attivare al fine di assegnare al dominio digitalchampions.it il carattere «pubblico istituzionale» che gli compete trattandosi, per gli aspetti che è chiamato a sviluppare, di una piattaforma della pubblica amministrazione. (4-07477)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   VENITTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 gennaio 2015 è stato rinvenuto fortuitamente da un passante sulla spiaggia del lungomare nord di Termoli un fusto contenente solvente per asfaltene;
   secondo quanto riportato da notizie di stampa dopo i sopralluoghi, l'operazione di rimozione del fusto si è svolta con il coordinamento della capitaneria che su delega della procura ha avviato le indagini investigative, del comune di Termoli, della polizia municipale, dei vigili del fuoco e degli esperti dell'Arpa, il contenitore è stato trasportato nel deposito della Teramo Ambiente dove rimane in custodia, sigillato, in attesa dello smaltimento da parte della ditta proprietaria;
   tale sostanza, come indicato sull'etichetta, è un componente molecolare del petrolio greggio, prodotto dalla Baker Hughes, multinazionale con sede di stoccaggio a Cepagatti (Pescara) che si occupa di prospezioni geologiche e di servizi per le aziende produttrici di acquedotti e gasdotti, era stato acquistato dalla società Adriatica idrocarburi spa ed impiegato per lavori di manutenzione e pulizia dei tubi degli impianti petroliferi offshore al largo delle acque dell'Adriatico centrale;
   il solvente risulta essere pericoloso per l'ambiente marino e la presenza del bidone sull'arenile ha suscitato forti polemiche da parte di ambientalisti e cittadini contrari alle trivellazioni, in quanto la ditta che produce il solvente è specializzata nella produzione di sostanze che vengono utilizzate per le trivellazioni in mare di conseguenza è plausibile che il contenitore possa essere caduto accidentalmente durante le operazioni di carico su piattaforme in mare o a causa del forte vento degli ultimi giorni;
   sono in corso indagini avviate dall'autorità giudiziaria sulle cause che hanno determinato l'incidente e sull'accertamento delle eventuali responsabilità per la carenza di adeguate misure di controllo e vigilanza nelle operazioni di carico, scarico e stoccaggio di materiali necessari alle lavorazioni degli impianti offshore e per gli eventuali danni procurati all'ecosistema marino –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno approfondire le indagini sugli impatti ambientali eventualmente provocati dal rilascio di sostanze tossiche nell'ecosistema marino e sui potenziali danni arrecati all'habitat marino e alla fauna ittica, facendo predisporre dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale un accurato piano di analisi e un successivo monitoraggio ambientale per verificare se l'evento incidentale determinato dall'uso antropico e dalla presenza delle piattaforme offshore possano eventualmente aver compromesso l'habitat del fondo marino e la biodiversità dell'ecosistema costiero. (4-07479)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   FAENZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riporta il quotidiano: «Il Sole 24 ore», in un articolo pubblicato lo scorso 10 gennaio, il Governo dopo la sospensiva concessa attraverso il decreto-legge, dello scorso 28 novembre 2014, che reca disposizioni per l'esenzione dall'IMU, prevista per i terreni agricoli, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, il cui pagamento è stato successivamente rinviato al prossimo 26 gennaio, sarebbe intenzionato ad introdurre un ulteriore provvedimento d'urgenza, per evitare una quasi certa bocciatura da parte del Tar Lazio, che ha definito «irragionevoli», i criteri utilizzati per il pagamento dell'imposta sui terreni agricoli ex montani;
   il suesposto articolo, rileva infatti che il Ministero dell'economia e delle finanze al fine di conseguire le necessarie risorse finanziarie derivanti dal pagamento del tributo, indispensabili ai fini della tenuta del bilancio pubblico, in quanto lo scorso anno ha già utilizzato il gettito non incassato per finanziarie una parte del cosiddetto bonus degli 80 euro, sarebbe intenzionato a predisporre un altro decreto-legge da approvare nel prossimo Consiglio dei ministri, che pur confermando l'obbligo del pagamento dell'IMU agricola e la medesima data (come detto 26 gennaio), tuttavia cambierebbe ancora una volta i criteri di distinzione dei terreni paganti, da quelli che continueranno ad essere esenti;
   il nuovo decreto-legge, prosegue il quotidiano economico, si renderebbe inevitabile, in considerazione dei rilievi particolarmente negativi e critici da parte della magistratura amministrativa, sulle regole utilizzate per il pagamento del tributo nei riguardi degli imprenditori agricoli e che il prossimo 21 gennaio, data in cui è prevista l'udienza di merito, con ogni probabilità dovrebbe, come suesposto, bocciare il rinvio fissato dal Governo per la scadenza del 26 gennaio, determinando un buco nei conti pubblici;
   i nuovi parametri che il ministero interrogato, sarebbe intenzionato ad introdurre pertanto, stando a quanto rileva il «Sole 24 Ore», dovrebbero far riferimento ancora una volta a criteri disposti dall'ISTAT, ma questa volta con una classificazione diversa che divide i comuni «montani», «parzialmente montani» e «non montani», riavvicinandosi al sistema della precedente disciplina nella quale la tripartizione era contenuta in una circolare ministeriale (la n. 9 del 14 giugno 1993) ispirata ai medesimi parametri dell'ISTAT;
   la differenza più importante tuttavia, riguarda i 522 comuni «parzialmente montani», in quanto in questo caso l'esenzione non dipenderà dalla condizione del terreno, ma da quella del proprietario: i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, non saranno soggetti al pagamento dell'imposta, a differenza degli altri soggetti agricoli, i quali con il super moltiplicatore 135 da applicare alla rendita, saranno direttamente interessati dal pagamento delle risorse aggiuntive;
   l'introduzione di tali nuovi criteri, continua il quotidiano, tuttavia non riuscirà ad accumulare i 350 milioni di euro stimati in base al criterio «altimetrico» e già utilizzati nel 2014, anche se non incassati per finanziare la quota parte degli 80 euro del cosiddetto bonus IRPEF;
   in base alle stime del Ministero dell'economia e delle finanze, riporta il richiamato articolo, il gettito aggiuntivo non dovrebbe infatti raggiungere oltre i 260-270 milioni, per cui il decreto che il Governo sarebbe intenzionato ad introdurre prossimamente, dovrà necessariamente reperire ulteriori risorse aggiuntive;
   quanto descritto a giudizio dell'interrogante, ove fosse confermato, ribadisce l'assoluta superficialità e confusione, con la quale sia i Ministri interrogati, ma anche l'intero Governo, hanno gestito la vicenda connessa al pagamento dell'IMU agricola, i cui ultimi propositi, costituiscono un nuovo capitolo di una saga caotica, che attesta sempre secondo l'interrogante la scarsa volontà di semplificare il rapporto tra cittadino-contribuente e l'amministrazione dello Stato;
   il nuovo provvedimento rischia infatti, a parere dell'interrogante, di accentuare ulteriormente, la già più che evidente disorganizzazione a cui si assiste ormai da oltre due mesi, e lo sconcerto delle imprese agricole, gli enti locali coinvolti ed i centri di assistenza fiscale, i quali nel disorientamento più completo a pochi giorni dalla scadenza inizialmente prevista al 16 dicembre 2014, del pagamento dell'IMU agricola, non erano a conoscenza dei parametri e delle aliquote previste per determinare il calcolo necessario per la corresponsione del tributo;
   i criteri seguiti dall'ISTAT per questa nuova classificazione dovrebbero essere diversi dall'altitudine, al centro, per cui (anche se appare illogico, fra i comuni «non montani»), ci saranno comuni con altitudine al centro, superiore ai 600 metri e pertanto esenti secondo il parametro altimetrico contestato dal TAR, soggetti al pagamento in base ai criteri di prossima eventuale introduzione, così come fra i comuni «totalmente montani» saranno ricompresi anche tanti altri centri di mare, penalizzati in precedenza ed esentati secondo i nuovi criteri;
   i contribuenti in pochi giorni, pertanto saranno costretti ad informarsi ancora una volta, sull'ennesima metamorfosi normativa, per capire se l'ulteriore e nuova impostazione dei criteri previsti ha reso il loro terreno imponibile o esente;
   analoghe difficoltà coinvolgeranno anche le amministrazioni locali, che assisteranno al cambiamento ex post, delle stime di maggior gettito e i conseguenti tagli ai fondi e che attraverso l'ANCI hanno già chiesto al Governo di soprassedere affinché si possa ritornare al precedente regime previsto nel 1993;
   a giudizio dell'interrogante, la vicenda connessa al pagamento dell'IMU agricola, analizzata nel suo complesso, denota una manifesta mancanza di riguardo da parte del Governo Renzi nei confronti dei contribuenti ed in particolare quelli che operano nel settore agricolo, il cui comparto ha contribuito nei sette anni di crisi economica in corso tutt'altro che superata, a fronteggiare gli effetti depressivi in maniera rilevante;
   quanto riportato dall'articolo del quotidiano: «Il Sole 24 Ore», in precedenza richiamato, relativamente ad un ulteriore decreto-legge che il Governo si appresterebbe ad introdurre al fine di prevedere nuovi criteri di valutazione per il calcolo dell'IMU agricola, ove confermato, rischia infatti di determinare ulteriori conseguenze gravi e penalizzanti per le imprese agricole, le amministrazioni locali ed altri soggetti coinvolti da tale vicenda, i quali evidentemente non sarebbero in grado in un lasso di tempo così ristretto a ridosso della scadenza prevista il prossimo 26 gennaio, di prevedere con esattezza gli importi dovuti per il pagamento di tale ennesimo tributo;
   le forti critiche mediatiche sollevate lo scorso dicembre, che hanno indotto il Governo a rinviare i termini per il pagamento dell'IMU agricola, ammettendo gli errori compiuti nell'emanazione del decreto interministeriale che prevedeva i criteri di calcolo, pochissimi giorni prima del termine previsto per il 16 dicembre, (non consentendo pertanto adeguati tempi necessari per i soggetti coinvolti), a giudizio dell'interrogante, non sembrano pertanto aver sortito alcun effetto positivo, se, come riporta il quotidiano economico, lo stesso Esecutivo si appresterebbe ad introdurre ulteriori nuovi criteri di calcolo in prossimità della scadenza del 26 gennaio prossimo, ripetendo nuovamente un gravissimo errore procedurale;
   l'interrogante in definitiva, evidenzia come a tal fine, siano necessari in tempi rapidi, chiarimenti e delucidazioni per conoscere quali siano le effettive intenzioni sia di metodo che normative, che il Governo intenda intraprendere, affinché le imprese agricole possano ricevere adeguate e precise informazioni sulle modalità di pagamento dell'IMU sui terreni ex montani, a differenza dell'approssimazione e dei continui cambiamenti dimostrati dall'Esecutivo, che denotano ad avviso dell'interrogante l'inadeguatezza nel gestire la complessa macchina amministrativa –:
   quali orientamenti intendano esprimere, per le parti di propria competenza, nell'ambito delle considerazioni esposte in premessa;
   se intendano confermare, il contenuto di quanto riportato dall'articolo pubblicato dal quotidiano: «Il Sole 24 Ore» riportato altresì in premessa, secondo il quale il Governo è intenzionato nel prossimo Consiglio dei ministri, ad approvare un decreto-legge che conferma l'obbligatorietà del pagamento dell'IMU agricola e la data fissata al 26 gennaio prossimo, rivedendo tuttavia i parametri di riferimento utilizzati e predisposti dall'ISTAT, secondo le modalità in precedenza richiamate;
   in caso affermativo, se non ritengano, in considerazione dei rilievi esposti in premessa, che evidenziano molteplici complessità ed effetti negativi connessi agli ulteriori nuovi parametri, che il suesposto quotidiano delinea in maniera estremamente critica, che si debba rivedere l'impostazione di tale decisione, al fine di sospendere i termini previsti per il pagamento del tributo a fine mese e convocare un tavolo negoziale con le associazioni agricole di categoria più rappresentative per addivenire ad una soluzione permanente che sospenda in via definitiva il pagamento di una tassa, che rischia di aggravare la già difficile situazione economica delle imprese agricole;
   se la decisione di coinvolgere il comparto agricolo per finanziare una parte del bonus degli 80 euro, previsto dall'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, posto che aggrava ulteriormente il carico fiscale su una categoria già colpita da un eccessiva pressione tributaria e contributiva, per elargire risorse nei confronti di un'altra categoria debole ma senza determinare effetti positivi per la ripresa della domanda interna debba essere riconsiderata.
(4-07483)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 e la legge 26 luglio 1975, n. 354, disciplinano lo svolgimento dei colloqui e delle telefonate previsti per i detenuti;
   attualmente la disciplina prevede per ogni detenuto la possibilità di effettuare una telefonata a settimana ai familiari della durata massima di 10 minuti. Per i soggetti condannati per uno dei reati compresi nell'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario (esempio: associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e altro) le telefonate a disposizione sono invece due al mese;
   in merito ai colloqui la disciplina prevede che ogni detenuto ha diritto, alla stregua di quanto previsto dall'articolo 18 dell'ordinamento penitenziario e dall'articolo 37 del regolamento di esecuzione, a ricevere visite dei propri familiari. Ciascun colloquio ha durata di un'ora ed è possibile svolgere fino ad un massimo di 6 colloqui al mese. Per detenuti condannati per i reati previsti dall'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario tale possibilità è ridotta ad un numero massimo di 4 colloqui al mese;
   al di là del regolamento però ogni carcere può, a discrezione del direttore, concedere dei trattamenti di maggior favore;
   ad esempio, nella casa circondariale di Padova, ad ogni detenuto è data la possibilità di effettuare, oltre alla telefonata settimanale, due telefonate libere al mese;
   è prevista, inoltre, la possibilità di effettuare il colloquio telefonico in qualunque momento della giornata in quanto ogni detenuto è in possesso di un PIN ed è prevista la possibilità di utilizzare anche Skype;
   per quanto riguarda invece i colloqui visivi, sempre nella stessa struttura, al detenuto è data la possibilità di aumentare il limite di durata previsto per legge, facendone richiesta; è possibile il colloquio anche con amici e conoscenti (attualmente non previsto dal regolamento); nella giornata della domenica sono previsti colloqui «lunghi» della durata di quattro/cinque ore e viene organizzata un'apposita giornata familiare, in coincidenza con la festa del papà;
   nella struttura oltretutto, è predisposta una ludoteca gestita dal telefono azzurro che intrattiene i bambini durante il colloquio se i genitori lo desiderano;
   l'interrogante, ritiene che una gestione più attenta alla cura dell'affettività in carcere possa, in qualche modo, restituire alla società persone migliori, e nel contempo possa determinare una rieducazione del detenuto –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro, sui fatti in questione;
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per riformare la disciplina al fine di ridurre le restrizioni imposte dal regolamento penitenziario per telefonate e colloqui visivi e se non valuti positivamente l'importanza del contatto affettivo dei detenuti con i propri affetti. (5-04414)


   ROSTELLATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Parlamento ha approvato la legge 21 aprile 2011, n. 62, con la quale ha inteso valorizzare il rapporto tra detenute madri e figli minori. Nel corso dell'esame parlamentare del provvedimento il dibattito si è concentrato sulla acclarata necessità di conciliare, da un lato, l'esigenza, di limitare la presenza nelle carceri di bambini in tenera età, dall'altro, di garantire la sicurezza dei cittadini anche nei confronti delle madri di figli minori, le quali abbiano commesso delitti;
   secondo i dati statistici pubblicati dal Ministero della giustizia sul proprio sito internet (serie storica semestrale degli anni 1993-2012), erano 57 le detenute madri nelle carceri italiane al 30 giugno 2012 (ultimo dato disponibile) e 60 i bambini di età inferiore a tre anni presenti negli istituti. Alla stessa data risultavano funzionanti 16 asili nido;
   il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha affrontato il problema dei bambini in carcere avviando a Milano la sperimentazione di un tipo di istituto a custodia attenuata per madri (I.C.A.M). Tale modello è stato realizzato in una sede esterna agli istituti penitenziari, dotata di sistemi di sicurezza non riconoscibili dai bambini;
   l'operatività a regime di tale modello è presa in considerazione dalla legge n. 62 del 2011, che interviene sia in materia di custodia cautelare delle detenute madri sia di espiazione della pena detentiva da parte delle medesime;
   con riferimento all'applicazione della misura della custodia cautelare, l'articolo 1 della legge 62 del 2011, attraverso una modifica all'articolo 275 del codice di procedura penale prevede l'aumento da tre a sei anni dell'età del bambino al di sotto della quale non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare della madre in carcere (ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza;
   in presenza di tali esigenze la legge, aggiungendo l'articolo 285-bis al codice di procedura penale, prevede la possibilità di disporre la custodia cautelare della donna incinta e della madre di prole di età non superiore ai sei anni in un I.C.A.M. Una integrazione all'articolo 284 del codice di procedura penale permette, invece che l'esecuzione degli arresti domiciliari degli stessi soggetti avvenga, ove istituita, in una casa famiglia protetta; le indicate disposizioni in materia cautelare si applicano, tuttavia, a far data dalla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, e comunque a decorrere dal 1o gennaio 2014, fatta salva la possibilità di utilizzare i posti già disponibili a legislazione vigente presso gli istituti a custodia attenuata;
   con riferimento all'espiazione della pena detentiva, l'articolo 3 della legge 62 interviene sull'ordinamento penitenziario novellando la disciplina sulla detenzione domiciliare e sulla detenzione domiciliare speciale prevista dall'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975);
   con una prima modifica dell'articolo 47-ter (detenzione domiciliare) si permette a donna incinta o madre di prole di età inferiore ad 10 anni con lei convivente di scontare la reclusione non superiore a 4 anni (anche se costituente parte residua di maggior pena) anche in case famiglia protette;
   l'articolo 4 della legge n. 62 ha affidato ad un decreto del Ministro della giustizia, da adottare, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, la determinazione delle caratteristiche tipologiche delle case famiglia protette previste dall'articolo 284 del codice di procedura penale e dagli articoli 47-ter e 47-quinquies della legge 354 del 1975. L'articolo 4 prevedeva che il Ministro della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, potesse stipulare con gli enti locali convenzioni volte ad individuare le strutture idonee ad essere utilizzate come case famiglia protette;
   dopo che le caratteristiche delle case famiglia protette erano state individuate con decreto del Ministro della giustizia del 26 luglio 2012 un successivo provvedimento, il decreto ministeriale 11 gennaio 2013 ha annullato il primo decreto in quanto adottato in carenza dell'intesa con la Conferenza stato-città e autonomie locali prevista dall'articolo 4 della legge n. 62 del 2011;
   è stato successivamente adottato un decreto ministeriale 8 marzo 2013, con il quale sono state nuovamente fissate le caratteristiche tipologiche delle case famiglie protette in data 5 febbraio 2014 è stato approvato l'ordine del giorno n. 01921-AR/037 presentato dall'interrogante con il quale si impegna il Governo ad eliminare tutti gli ostacoli che ancora non permettono alle madri e ai loro piccoli, quelli di età compresa tra zero a sei anni, di scontare la pena detentiva in un luogo diverso dal carcere nonché ad istituire le case famiglia protette, al di fuori delle strutture penitenziarie, da considerarsi una forma detentiva privilegiata quando sia indirettamente coinvolto un bambino –:
   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in proposito;
   a che punto sia la situazione e se si sono individuate strutture da adibire a case famiglia protette, alla luce anche dell'accoglimento dell'ordine del giorno in premessa. (5-04417)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l’«Aeroporto delle Marche» di Falconara Marittima è stato inserito dall'Enav (Ente nazionale assistenza al volo) nel gruppo di quelli a basso traffico (insieme a Perugia, Grottaglie, Lampedusa, Brescia e altri) e, su tale premessa, è stato avviato un programma di ristrutturazione interna con riduzioni di costi, di apparati tecnologici e di personale;
   il ridimensionamento, oltre a deprimere fortemente le speranze di sviluppo del territorio, minare il nuovo piano industriale della società di gestione Aerdorica e il progetto della regione Marche, intenzionata ad investire circa 20 milioni di euro con l'obiettivo di raddoppiare in cinque anni volumi di passeggeri e merci, finirebbe anche per inibire le aspettative di sviluppo legate al progetto della Macroregione Adriatico-Ionica e le sinergie di collegamenti e scambi culturali e commerciali per le quali sia enti pubblici sia le imprese si stanno tanto impegnando;
   il declassamento sta creando legittime preoccupazioni fra gli imprenditori come rappresentato, anche pubblicamente, dal Presidente di Confindustria Ancona, in quanto vanificherebbe gli sforzi che le aziende stanno facendo per rilanciare l'economia marchigiana dato che subirebbero ricadute negative sia le imprese che vedono nell'estero una risposta efficace per combattere la crisi sia quelle legate alla maggiore fruibilità della grande risorsa turistica che ha la regione Marche;
   l'Enav ha già avviato un programma di dismissione di importanti ausili tecnologici per la fornitura dei servizi alla navigazione aerea nell'Aeroporto delle Marche che prevede, nello specifico, che vengano dismessi: l'Atis, il servizio automatico di trasmissione delle informazioni utili al pilota per acquisire in modo aggiornato e continuativo i dati meteorologici per l'atterraggio e decollo, fondamentale in caso di condizioni meteo marginali; l'apparato di emergenza delle frequenze di comunicazione; il sistema meteo di riserva che gestisce l'acquisizione e distribuzione di dati temperatura, umidità dell'aria, pressione, vento. La dismissione di questi apparati non comporta peraltro risparmi economici evidenti, in quanto tali apparati necessitano di una manutenzione trimestrale o semestrale, svolta da personale tecnico già presente in loco e tra l'altro già ridimensionato;
   la regione Marche, insieme a Aerdorica, è da tempo sensibilizzata sul problema sollevato in particolare da Fit Cisl per le evidenti ricadute occupazionali e sta monitorando costantemente e da diverso tempo la situazione attraverso frequenti contatti con l'Enav per conservare la dotazione delle attrezzature della torre di controllo dell'Aeroporto delle Marche;
   già lo scorso anno la regione, sulla scorta di dati certificati e validati da Enac (Ente nazionale aviazione civile) che con 12.000 movimenti all'anno collocano quello delle Marche tra i primi dieci aeroporti italiani per traffico di aviazione generale aveva scongiurato una riduzione dell'orario di operatività della torre di controllo da parte di Enav che basa invece la sua gestione di contenimento delle spese calcolando solo il movimento di traffico passeggeri delle varie compagnie aeree;
   l'aeroporto rappresenta per tutte le Marche la principale infrastruttura che garantisce i collegamenti verso importanti hub aeroportuali europei e rientra in un più ampio sistema infrastrutturale (porto-aeroporto-interporto) che sarebbe fortemente penalizzato dal declassamento –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se e come intenda intervenire presso l'ENAV per evitare il declassamento di un'infrastruttura fondamentale come è l’«Aeroporto delle Marche» e scongiurare le negative conseguenze che avrebbe per tutto il sistema logistico locale e per l'economia regionale. (5-04419)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIULIANI e MINNUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nelle giornate del 30 dicembre 2014 e del 31 dicembre 2014, nonostante le tante rassicurazioni ricevute negli scorsi mesi, 450 lavoratori della Groundcare – principale società di handling aeroportuale di Fiumicino e Ciampino – sono stati licenziati senza alcun preavviso;
   nelle stesse giornate, oltre alla firma della comunicazione della risoluzione del rapporto di lavoro, è stata richiesta ai lavoratori anche la sottoscrizione di una liberatoria, al fine di rinunciare sia al pagamento del mancato preavviso, sia a qualsiasi azione legale rispetto alla mancata applicazione dei criteri di selezione del personale da licenziare;
   sembra inoltre accertato che la firma di tale liberatoria sia stata sollecitata dall'azienda con l'esplicita intimidazione di non inserire i non firmatari nel bacino di ricollocazione e di recapitare il licenziamento successivamente al 1o gennaio 2015, in modo da penalizzare il lavoratore nell'accesso alla mobilità;
   a partire dalla suddetta data infatti, sono entrate in vigore le modifiche agli ammortizzatori sociali varate dalla riforma Fornero. Modifiche che avrebbero pesantemente penalizzato i lavoratori non firmatari;
   tale intimidazione è cessata solo in seguito all'intervento della polizia, chiamata da alcuni delegati della Cub Trasporti e alcuni lavoratori lo stesso 31 dicembre 2014;
   solo da quel momento e dopo un colloquio a porte chiuse tra dirigenti aziendali e sindacali con le forze dell'ordine, la liberatoria è diventata, come doveva essere dall'inizio, «facoltativa» e la consegna delle lettere di licenziamento è ripresa regolarmente;
   nonostante questo, è proseguito il rifiuto da parte dell'azienda di consegnare, ai dipendenti che ne facevano richiesta, il testo degli accordi sindacali citati nella stessa comunicazione di soluzione del rapporto di lavoro –:
   se sia a conoscenza dei fatti avvenuti tra il 30 e 31 dicembre, descritti in premessa e se intenda intervenire il Governo in merito al comportamento dell'azienda Groundcare. (4-07482)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALBERTI, PESCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta agli interroganti:
    la gravissima crisi economica in atto con la conseguente restrizione dei prestiti bancari (credit crunch), ha prodotto un nuovo fenomeno consistente nella proliferazione di nuove società che promettono di risolvere i problemi con le banche ed il fisco;
    crescono, così, società di consulenza che promettono e spesso garantiscono di risolvere i problemi dei debitori. Una di queste è «Agenzia debiti» che a seguito di ripetute denunce penali dell'Adusbef (Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari) e dei cittadini ingannati, è stata indagata dalla procura di Milano, che successivamente ha proceduto con arresti per i reati di bancarotta fraudolenta ed associazione a delinquere sulle attività delittuose di soggetti che promettevano di tagliare del 70 per cento i debiti contratti con banche, finanziarie e fisco, chiedendo un versamento iniziale di 390 euro e la firma di cambiali per migliaia di euro;
    è in aumento l'operato di soggetti spregiudicati che si arricchiscono traendo vantaggi economici speculando sul bisogno con pubblicità allettanti, a danno della pubblica fede e dei debitori, già indeboliti sotto il profilo psicologico dalla situazione in cui versano;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato scrive nel procedimento PB/783 del 9 luglio 2014 aperto (a seguito di una denuncia presentata da Adusbef ad alcune Procure ed alla stessa Agcm), contro SDL Centrostudi SpA (fondata dall'avvocato bresciano Serafino di Loreto) che in qualità di professionista, svolgendo attività di consulenza finanziaria, legale e di debt agency, con riferimento particolare alla predisposizione di mezzi e servizi per conto terzi, analisi e consulenze contabili, bancarie, finanziarie, legali, assicurativi e servizi integrati alle imprese, avrebbe diffuso affermazioni pubblicitarie idonee a indurre in errore i destinatari, sotto diversi aspetti, quali, la qualifica del professionista che si presenta come una «ONLUS», le caratteristiche del servizio proposto come «check-up gratuito», la natura e l'onerosità delle «perizie certificate», in realtà fornite sotto forma di «parere pro veritate», nonché le caratteristiche e le condizioni di fruizione del reclamizzato servizio di consulenza legale «Avvocato in tasca» che si configura come un abbonamento annuale per una prestazione professionale di consulenza legale, senza la possibilità di essere rappresentato in giudizio, il cui costo iniziale è di 500 euro;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato quindi, ha deliberato di irrogare a SDL Centro Studi, una sanzione amministrativa pecuniaria di 100.000 euro, per una pubblicità ingannevole/comparativa illecita che pubblicizzava la soluzione dei problemi per i correntisti che hanno rapporti con le banche;
   a quanto risulta agli interroganti:
    il 1o luglio 2014 sarebbe stata emessa sentenza di soccombenza dal giudice Antonella Cozzi, con motivazioni che implicano una totale responsabilità del lavoro peritale di SDL Centrostudi spa: «l'atto di citazione riporta contestazioni generiche e si incentra sulla contestazione dell'usurarietà del tasso di interesse applicato dalla banca accertato mediante una perizia di parte, nella quale è precisato che non sono state considerate le condizioni economiche pattuite tra le parti ma unicamente gli estratti di conto corrente dal II trimestre 2006 al III trimestre 2012» e «La lacunosità della documentazione considerata dal perito di parte nell'elaborazione dei conteggi, inficia l'attendibilità della consulenza, che ricostruisce lo svolgimento del rapporto di conto corrente, sulla base di documentazione parziale, ignorando completamente il contratto e le relative pattuizioni e giungendo a risultati che, in presenza del contratto scritto, devono considerarsi arbitrari». Alla sentenza sono allegati altri 2 documenti di periti che relazionano sull'operato di SDL Centrostudi spa e dei suoi consulenti esterni;
    SDL contattava migliaia di imprese, molte delle quali hanno gravissimi problemi con le banche, facendo ritenere che la maggior parte dei conti correnti (ben il 90 per cento) sarebbe afflitto da problemi di usura ed anatocismo, promettendo tramite perizie di parte la restituzione del maltolto, con conseguenti citazioni giudiziarie e perizie certificate prive di alcun valore probatorio, come risulta dalla VI Sezione Civile del tribunale di Milano del 1o luglio 2014, che ha condannato l'impresa –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente delle vicende esposte in premessa;
   quale sia la vera incidenza del fenomeno di usura in Italia, suddividendo i casi in base alle figure colpevoli di usura bancaria ed anatocismo;
   se ritenga necessario intervenire con ulteriori iniziative normative al fine di rendere più agevole, funzionale e scevro da arbitrarietà, il riconoscimento, nei singoli casi, di condotte riconducibili all'usura bancaria, mantenendo nel contempo il criterio di calcolo del tasso di usura già previsto della normativa vigente;
   se non ritengano necessario avviare una campagna informativa rivolta al consumatore-utente sulla reale portata del fenomeno dell'usura bancaria e dell'anatocismo, al fine di mettere al corrente i cittadini sui possibili rischi che possono verificarsi nel rapporto con le banche e sulle truffe da parte di società che garantiscono recupero crediti come nei casi in premessa;
   se, nei limiti delle proprie attribuzioni, non ritengano necessario intervenire anche con iniziative normative e quali iniziative intendano assumere, al fine di mettere in atto le doverose attività di prevenzione e limitare la diffusione di pratiche scorrette da parte di società di consulenza che speculano sulle debolezze con pubblicità ingannevoli;
   se non occorra richiamare ad una maggiore cautela anche gli ordini professionali ed altri soggetti economici che accreditano tali soggetti, in modo da stroncare fenomeni che possono configurare attività delittuose a danno della pubblica fede e dei debitori. (4-07475)


   CAMPANA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende, negli ultimi mesi si sarebbe allargato il fenomeno delle truffe telefoniche. «Ping calls» e «Wangiri» sarebbero quelle più diffuse e sulle quali le associazioni dei consumatori hanno già lanciato allarmi;
   nel caso di «ping calls» gli utenti trovano sul proprio dispositivo una chiamata senza risposta, proveniente da numeri non registrati e con prefissi spesso appartenenti ai Paesi dell'Est europeo. La vittima che richiama sente rispondere un nastro, spesso con l'audio di un film pomo. Il telefonino nel frattempo si è «agganciato» a una tariffa ad alto costo: 1.50 euro ogni 10 secondi;
   un meccanismo simile è utilizzato anche da «Wangiri» in cui un computer contatta simultaneamente una grande quantità di numeri telefonici in modo casuale. I cellulari di coloro che ricevono questa telefonata, visualizzano sul display una «chiamata persa». La truffa scatta quando l'utente, in buona fede, ricontatta il numero, che normalmente viene tariffato come numero premium o contiene delle pubblicità;
   secondo i dati diffusi sul sito tellows.it sono Roma e Milano le città dalle quali provengono il maggior numero di truffe telefoniche. Segue Torino e poi Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Campania, Sicilia, Puglia e Trentino –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se i Ministri, per quanto di competenza, abbiano avviato le opportune verifiche per arginare questo tipo di truffe che colpiscono una fascia ampia della popolazione;
   se, di concerto con gli operatori telefonici, si stiano studiando delle strategie di contrasto a questo tipo di truffe oltre che una forma di ristoro del traffico telefonico per le vittime del raggiro telefonico. (4-07476)


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 gennaio 2015, la redazione della rivista satirica francese Charlie Hebdo a Parigi, è stata oggetto di un barbaro attentato che ha provocato la morte di dodici persone: 8 giornalisti, una persona in visita, un addetto alla manutenzione del palazzo e due agenti di polizia;
   l'attentato ha colpito un simbolo delle democrazie europee quale è quello della libertà di stampa, sollevando preoccupazioni diffuse nell'opinione pubblica circa la possibilità del ripetersi di simili attentati di matrice islamica;
   il 9 gennaio 2015 alla Camera dei deputati, durante l'informativa urgente del Governo, sui possibili rischi in Italia connessi al terrorismo internazionale in relazione ai tragici fatti di Parigi, il Ministro dell'Interno Angelino Alfano ha dichiarato che «l'attenzione è posta non solo a siti istituzionali e luoghi culto, ma anche sedi di giornali e tv e personalità pubbliche che, in ragione della loro attività politica, potrebbero essere oggetto di attenzioni terroristiche», da tale elenco risultano esclusi di fatto i siti ad altissimo rischio come le centrali nucleari dismesse e i siti di stoccaggio di scorie presenti in Italia;
   per quanto è dato constatare non risulta che i siti nucleari italiani abbiano subìto un sensibile e visibile aumento dei dispositivi di vigilanza –:
   quali azioni intenda intraprendere al fine di verificare e aumentare i dispositivi di vigilanza per proteggere i siti ad altissimo rischio come le centrali nucleari dismesse e i siti di stoccaggio di scorie presenti in Italia da eventuali atti terroristici. (4-07481)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:
   il 14 ottobre 2014 il Consiglio regionale del Veneto ha approvato, con 31 voti a favore e 21 contrari, la mozione n. 270, sull'istituzione di una discriminatoria «festa della Famiglia naturale», impegnandosi, tra le altre cose, a chiedere al Governo la non applicazione in Italia del documento standard per l'educazione sessuale in Europa, redatto dall'ufficio europeo dell'OMS;
   la mozione è indirizzata a celebrare «la festa della famiglia, fondata sull'unione tra uomo e donna e a promuoverne sia direttamente che indirettamente (...) la valorizzazione dei principi culturali, educativi e sociali», anche attraverso la previsione di interventi e iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado;
   nel testo del documento, si leggono chiari richiami al concetto di famiglia naturale fondata sulla procreazione come «unico adeguato ambito sociale in cui possono essere accolti i minori in difficoltà», nonché attacchi all'UNAR (Ufficio nazionale e antidiscriminazioni razziali) per la messa in pratica della strategia nazionale LGBT; in particolare, citando testualmente: «in tutto il Paese, con il pretesto di combattere “inutili” stereotipi, si stanno moltiplicando i casi di aperta propaganda contro la famiglia naturale, soprattutto nel mondo scolastico, con proiezione di film e sitcom gay, diffusione di fiabe rivedute e corrette in chiave omosessuale consegnate ai bimbi della scuola dell'infanzia e pubblicate dall'UNAR, ufficio che dipende dal Dipartimento Pari Opportunità che a sua volta fa capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali»;
   la deliberazione di giunta regionale n. 2268 del 27 novembre 2014 «Istituzione della Festa della Famiglia Naturale», che recepisce la mozione approvata in consiglio regionale, secondo dichiarazioni pubbliche dell'assessore regionale veneto Donazzan, sarebbe stata trasmessa a tutti i presidi e anche agli enti locali del Veneto. «Naturalmente – ha specificato Donazzan – non imponiamo niente a nessuno, ma ci auguriamo che ogni Preside, nella sua totale autonomia, voglia accogliere l'invito e gestire la giornata nella maniera più opportuna, coinvolgendo ragazzi e genitori»;
   la festa della famiglia è stata fissata dalla giunta regionale del Veneto per il 23 dicembre 2014 –:
   se si sia a conoscenza delle iniziative adottate negli istituti scolastici in Veneto per la festa regionale della famiglia naturale, prevista il 23 dicembre 2014, in linea con la mozione n. 270 e la conseguente deliberazione di giunta regionale n. 2268/2014;
   quali iniziative il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda attuare per assicurare il prosieguo della strategia nazionale LGBT nelle scuole di ogni ordine e grado, così da tutelare gli alunni da bullismo, omofobia e transfobia e assicurare un'adeguata formazione del corpo docente contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere.
(2-00803) «Zan, Lacquaniti, Lavagno, Piazzoni, Braga, Di Salvo, Nardi, Rotta, Sbrollini, Moretto, Paola Bragantini, Capua, Narduolo, Pinna».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARZANA, BRESCIA, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, D'UVA, VACCA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   GARR-X Progress è un progetto gestito dal Consortium GARR (Gruppo per l'armonizzazione delle reti della ricerca), partito nel luglio del 2013, finanziato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'ambito del piano di azione e coesione (PAC) che utilizza i fondi strutturali europei stanziati per il periodo 2007-2013, pari a 76,5 milioni di euro, con l'obiettivo di realizzare un'infrastruttura digitale integrata sul territorio delle quattro regioni della convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia);
   l'infrastruttura comprenderà una rete di nuova generazione completamente in fibra ottica che permetterà non solo di offrire un'elevata qualità del collegamento, ma anche una serie di servizi aggiuntivi sempre più importanti per realizzare gli obiettivi dell'Agenda digitale per l'istruzione, avvicinando le scuole, soprattutto gli istituti superiori, al mondo dell'università e della ricerca, stimolando lo scambio tra queste realtà e favorendo l'orientamento universitario e lavorativo;
   il progetto di infrastrutturazione GARR-X Progress sulle quali si è concentrata l'azione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rientra nella prima delle tre linee di intervento (A – interventi coordinati di adeguamento e rafforzamento strutturale di reti telematiche e infrastrutture digitali ICT), stabilita con decreto direttoriale 274 del 15 febbraio 2013;
   in ordine alla prima linea d'intervento succitata, si è proceduto a sovvenzionare il progetto «GARR-X Progress — Infrastruttura Digitale per promuovere Ricerca, Istruzione e Competitività nel Sud» per un importo complessivo di euro 46.500.000,00, di cui, l'80 per cento è stato erogato già al soggetto attuatore, Consortium GARR;
   il progetto ha inteso estendere l'attuale rete in fibra ottica GARR-X sommando agli esistenti 1.500 chilometri di dorsale geografica, ulteriori 2.500 chilometri di fibra, per un totale di circa 3.900 chilometri di portare da 300 a circa 2.500 chilometri i collegamenti di accesso utente, inclusi quelli delle scuole, nonché di estendere a 24 i punti di presenza (PoP) distribuiti nelle quattro regioni convergenza;
   nello specifico, uno degli obbiettivi del progetto intende interconnettere i plessi scolastici, attraverso un modello innovativo di aggregazione basata sulla dark fiber che permetterà di portare banda ultralarga bidirezionale (almeno 100 Mbps) ai singoli istituti;
   le scuole, grazie all'azione specifica ed innovativa di questo progetto, relativamente all'offerta di connettività e servizi ICT (Information and Communication Technology), potranno ottenere importanti margini di risparmio (dematerializzazione dei processi amministrativi, minori costi di gestione e manutenzione informatica) e benefici per la didattica con le piattaforme di e-Learning e i servizi Cloud;
   difatti le scuole, in modo particolare quelle superiori, se messe nelle condizioni di utilizzare servizi ICT, potranno integrarsi nella comunità dell'università, della ricerca e della cultura, cercando collaborazioni e avvalendosi di servizi e contenuti tali da arricchire l'esperienza formativa. Ciò è già in atto in molti Paesi europei, dove le reti nazionali della ricerca e dell'istruzione collegano le scuole alle loro dorsali e spesso offrono loro, oltre alla connettività, anche servizi quali videoconferenza, e-learning, e-collaboration, accesso a biblioteche digitali e contenuti online;
   è da menzionare che il progetto di infrastrutturazione presentato da GARR chiede, a fronte di un collegamento gratuito degli istituti alla rete, un canone di gestione annuo a carico degli istituti pari a 3.000;
   tuttavia, soprattutto per le scuole primarie e secondarie di primo grado, la quota di manutenzione annua è risultata uno dei maggiori deterrenti rispetto all'adesione al progetto a causa delle sempre più esigue risorse pubbliche destinate agli istituti per il loro funzionamento;
   il progetto ha coinvolto 269 scuole di alcuni capoluoghi di provincia delle 4 regioni del sud, ma solo circa 40 istituti hanno aderito al bando entro i termini stabiliti: segno che qualcosa non ha funzionato;
   il termine ultimo per la spesa dei fondi destinati è fissato al 31 marzo 2015 –:
   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intenda mettere in campo per evitare il rischio di mancato utilizzo dei fondi sopracitati e per supportare le scuole che intendono connettersi ad internet ad alta velocità;
   quali siano le iniziative utili che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intende avviare, anche di sensibilizzazione, affinché si faccia più consapevole nelle scuole la coscienza dell'importanza di opportunità come quelle descritte in premessa, ciò al fine di incrementare l'adesione di quante più istituzioni scolastiche possibili e affinché si impieghino tutte le risorse messe a disposizione nei termini preventivati;
   come intende sollecitare il consorzio GARR per realizzare i punti di presenza (POP-Point Of Presence) anche in quei capoluoghi di provincia non ancora raggiunti dalla infrastruttura digitale come Caltanissetta, Enna, Vibo Valentia, Salerno, Avellino, in modo da permettere un modello di aggregazione capace di collegare un maggior numero di siti scolastici rispetto alle attuali 269 scuole raggiunte nelle principali città delle quattro regioni convergenza;
   se, in considerazione del termine ultimo per la spesa dei fondi fissato al 31 marzo 2015, non sia opportuno procedere alla concessione di una ulteriore proroga che, unita ad una più efficace pubblicità del progetto, possa consentire una maggiore adesione da parte degli istituti scolastici. (5-04413)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI, TERROSI, INCERTI, CARRA, FIANO, CINZIA MARIA FONTANA, FOSSATI, CAMPANA, CENNI, SBROLLINI, BERRETTA, BRAGA, ROMANINI, MORETTO, COVA, ALBANELLA, PIAZZONI, MARIANI, LOCATELLI e GIUSEPPE GUERINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la regione Lombardia ha organizzato presso la propria sede istituzionale di Milano per il 17 gennaio il convegno «Difendere la Famiglia per Difendere la Comunità»;
   il convegno è stato pubblicizzato oltre che con il logo di regione Lombardia, anche con il marchio e il patrocinio di EXPO 2015;
   il convegno è stato organizzato con la collaborazione di alcune associazioni, le cui argomentazioni sono note per una impostazione culturale sul ruolo, sui principi e sui valori dell'istituzione familiare altamente discriminante nei confronti di alcune persone per il loro orientamento sessuale;
   l'associazione Obbiettivo Chaire, per esempio, sul suo sito sostiene che l'omosessualità sia una malattia da curare e propugna presso le famiglie, genitori ed insegnanti le discutibili teorie Riparative dell'Omosessualità;
   da decenni il mondo scientifico sostiene che l'omosessualità non è una malattia su base organica, né tantomeno un disturbo della personalità ma una variante del comportamento sessuale umano e che già dal 1973, con la terza edizione internazionale del DSM, non rientra più tra i disturbi della sfera psichica;
   l'Organizzazione mondiale della sanità nel 1990 ha definitivamente cancellato l'omosessualità dalla lista delle malattie e dei disturbi mentali e nessuna terapia è stata scientificamente validata come terapia finalizzata a cambiare un orientamento sessuale;
   l'Ordine nazionale degli psicologi reputa che è un'informazione scientificamente priva di fondamento e foriera di un pericoloso sostegno al pregiudizio sociale quella di sostenere che l'omosessualità è una malattia, nonché la stessa teoria riparatrice;
   l'Ordine degli psicologi della Lombardia ha assunto nel 2010 una deliberazione che condanna «qualunque corrente psicoterapeutica mirata a condizionare i propri clienti verso l'eterosessualità o verso l'omosessualità è contraria alla deontologia professionale ed al rispetto dei diritti dei propri pazienti»;
   il programma e la tipologia dei relatori del convegno «Difendere la Famiglia per Difendere la Comunità» sono espressione secondo gli interroganti di una cultura palesemente discriminante in quanto la stessa limita i diritti civili e sociali delle persone omosessuali, sostenendo con discutibili teorie mediche non suffragate dalla comunità scientifica internazionale che la difesa dell'istituzione familiare si attua attraverso la cura e la riabilitazione delle persone con diverso orientamento sessuale;
   la Società Expo 2015 spa, di cui il Governo Italiano detiene il 40 per cento delle quote, è una Società costituita appositamente per organizzare e gestire l'Esposizione Universale di Milano 2015 intitolata «Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita»;
   il presidente della commissione consiliare Expo del Comune di Milano, Ruggero Gabbai e lo stesso sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, hanno espresso contrarietà nei confronti delle tesi espresse dal convegno e dall'utilizzo improprio del logo di Expo 2015;
   il commissario unico Giuseppe Sala ha dichiarato di non aver mai concesso l'autorizzazione a mettere il marchio Expo sulla locandina del convegno e di aver chiesto di toglierlo;
   il consigliere del Presidente del Consiglio dei ministri per le pari opportunità, on. Giovanna Martelli, ha dichiarato che l'uso del logo per il convegno «Difendere la Famiglia per Difendere la Comunità» non solo è puramente strumentale, ma inficia anche la finalità principale dell'Expo;
   il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con delega ad Expo ha dichiarato che Expo 2015 va tutelato da polemiche e strumentalizzazioni che esulano dai suoi contenuti;
   sono già state programmate per il giorno 17 gennaio diverse manifestazioni da parte di associazioni e di cittadini che intendono contrastare le tesi omofobiche di un convegno che, di fatto, non ha all'interno del programma alcun contraddittorio né culturale né scientifico –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in campo al fine di evitare — anche per il futuro — l'utilizzo improprio e strumentale del marchio e del patrocini di EXPO 2015 dopo aver preso atto di una iniziativa i cui contenuti e le cui finalità sono secondo gli interroganti palesemente discriminatorie ed antitetiche rispetto anche alla differente vocazione umanitaria e al tema dell'evento mondiale dell'Esposizione universale. (5-04420)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, nel mese di dicembre 2014, è finalmente entrato nel prontuario farmaceutico, 11 mesi dopo l'approvazione europea, il sofosbuvir, nome commerciale Sovaldi, prodotto dalla Gilead Sciences;
   il farmaco in questione è in grado di sconfiggere l'epatite C ed è un medicinale costosissimo e rivoluzionario proprio perché in grado di far guarire da una patologia assai diffusa;
   l'Aifa sostiene, dopo aver condotto una lunga ed estenuante trattativa con l'azienda produttrice, di avere strappato un prezzo favorevole e il contratto prevede l'acquisto di ben 50 mila dosi in due anni;
   va detto che il farmaco costerebbe al singolo cittadino che volesse acquistarlo di tasca propria ben 70 mila euro;
   la legge di stabilità per l'anno 2015 ha stanziato, per il prossimo biennio, un miliardo di euro proprio per la cura dell'epatite C attraverso questo importante farmaco;
   il sistema concordato per il pagamento sarebbe questo: la casa farmaceutica metterà a disposizione ogni trattamento da 12 settimane per 50 mila euro e poi, via via che aumenterà il numero di dosi acquistate dalle regioni, restituirà una parte sempre più consistente del denaro. Sono previste tre o quattro, fasce di sconto, l'ultima permetterà di pagare il Sovaldi poche migliaia di euro;
   quando saranno state acquistate tutte le 50 mila dosi, la media del costo per un paziente si aggirerà tra i 20 e i 30 mila euro;
   per la somministrazione del farmaco l'Aifa ha individuato la priorità di sei categorie di pazienti gravi anche se di fatto è scattata la corsa al farmaco e già si parla di togliere le limitazioni di accesso nel momento in cui, tra alcuni mesi arriveranno sul mercato, nuovi farmaci simili al Sovaldi, con la stessa efficacia;
   esiste inoltre un serio ostacolo da affrontare ed è quello del ritardo in cui si trovano alcune realtà regionali che devono ancora individuare i centri epatologici che seguiranno i pazienti;
   al momento sono partite con la somministrazione solo il Lazio e la Lombardia e questo rischia di generare tensione tra i pazienti;
   si stima che in Italia siano circa 70-80 mila i pazienti più gravi a fronte di una patologia diagnosticata a 400-500 mila casi e con una stima complessiva, comprensiva anche di quelli non diagnosticati di un milione di casi di epatite C –:
   in considerazione di quanto espresso in premessa e alla luce dalla importantissima opportunità per i pazienti più gravi legata alla somministrazione del farmaco in questione, se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, con la massima urgenza, per consentire l'avvio della somministrazione in tutte le regioni superando i ritardi fin qui registrate assicurando così la possibilità di cura.
(5-04412)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARFAGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   com’è noto, la regione Campania ha ottenuto un progressivo rientro dal deficit sanitario, azzerato totalmente nel 2013, grazie ad un'attenta gestione della spesa anche negli altri settori, pressoché dimezzata, e ha mantenuto ferma la sola aliquota Irpef dello 0,50 per cento, senza avvalersi della possibilità di incrementarla per compensare i tagli dei trasferimenti statali. Invero, l'oculata gestione delle spese regionali avrebbe permesso di eliminare, nonostante i consistenti tagli dei trasferimenti statali, anche tale addizionale se il suo gettito non fosse necessario al bilancio regionale per il pagamento delle rate della cartolarizzazione e del prestito ministeriale per i debiti sanitari cumulatisi fino al 2007 e per il pagamento dei debiti anteriori al 2010 nel settore dei trasporti, dalla precedente gestione della giunta «Bassolino»;
   con il decreto del Commissario ad acta n. 49 del 27 settembre 2010, pubblicato sul Burc n. 65 del 28 settembre 2010, in esecuzione di quanto stabilito dal punto c) della delibera del Consiglio dei Ministri del 24 aprile 2010, si è provveduto alla riorganizzazione della rete ospedaliera e territoriale. In particolare con tale atto di programmazione regionale è stata disposta la riconversione del presidio ospedaliero di Agropoli in struttura territoriale polifunzionale;
   con successivo decreto commissariale n. 73 del 24 ottobre 2011 nell'approvare la pianificazione attuativa dell'ASL di Salerno, la regione Campania ha modificato la programmazione di cui al citato decreto commissariale 49/2010 di riorganizzazione della rete ospedaliera Campana, limitatamente alla destinazione del presidio ospedaliero di Agropoli. Infatti, con il predetto decreto n. 73/2011 si stabili che l'ospedale di Agropoli avrebbe dovuto confluire, al pari dei presidi di Oliveto Citra, Roccadaspide, Eboli e Battipaglia, nell'ospedale unico della Valle del Sele modificando, in tal modo, la precedente destinazione della struttura sanitaria di Agropoli;
   invero, l'ospedale civile di Agropoli ha iniziato la propria attività nell'anno 2004. È, pertanto, una struttura ospedaliera di nuova realizzazione in possesso dei requisiti minimi generali e specifici per l'esercizio delle attività sanitarie e ha rappresentato, per l'ambito territoriale di competenza, un riferimento assistenziale per una popolazione complessiva di circa 80 mila abitanti distribuiti su un bacino territoriale comprendente 19 comuni. In tale ambito ha rappresentato l'unico presidio ospedaliero in grado di garantire prestazioni in emergenza-urgenza lungo una fascia costiera di circa 150 chilometri;
   in tale ambito territoriale rientrano l'area archeologica di Paestum e numerosi alberghi e strutture ricettive, pertanto, nel periodo estivo la popolazione di riferimento, incrementa notevolmente sino a registrare punte di 250.000 residenti;
   con la disattivazione del presidio ospedaliero di Agropoli deputato al trattamento, per il tramite del pronto soccorso, delle situazioni cliniche in emergenza-urgenza, si sono dilatati i tempi di percorrenza intercorrenti dai comuni ricompresi nel citato ambito territoriale di riferimento agli altri ospedali dotati di pronto soccorso. Tali tempi, che caratterizzano il cosiddetto disagio territoriale, mettono fortemente a rischio la sopravvivenza in casi di gravi ed importanti patologie acute (infarto, ictus cerebrali, incidenti), in cui vi è necessità, sempre per il tramite di attività erogate presso un pronto soccorso ospedaliero, di mettere in sicurezza e stabilizzare il paziente prima del trasferimento in centro Hub di riferimento. Ad oggi il presidio ospedaliero è stato trasformato in PSAUT, ossia «Presidio sanitario assistenza e urgenza territoriale». Si tratta di una struttura che può curare solo patologie non gravi e dunque assolutamente insufficiente per le esigenze del territorio;
   attualmente si rileva da un canto che non vi è alcun documento programmatico regionale relativo alla realizzazione nuovo ospedale del Sele, dall'altro si evidenzia che il nuovo regolamento recante la «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera», approvato in data 5 agosto 2014 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stabilisce che la funzione di pronto soccorso è prevista per un bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti; inoltre esso prevede la possibilità di mantenere in attività ospedali di piccoli dimensioni, con la funzione di pronto soccorso, in zone disagiate;
   da recenti notizie di stampa, ed in particolare da un articolo de Il Mattino del 3 gennaio 2015 pare inoltre che anche il presidio ospedaliero della Costa d'Amalfi sia a rischio chiusura. A tal proposito, è stata diramata una nota dai sindaci della Costa di Amalfi, che a seguire si riporta per stralci: «non è dato sapere su quali basi o circostanze essa venga formulata la notizia di stampa. Allo stato, l'Atto Aziendale della AOU Ruggi D'Aragona è sottoposto alla valutazione dell'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari presieduta dal dottor Zuccatelli, al termine di una complessa istruttoria che ha visto impegnati il presidente Caldoro, i sub commissari per la sanità, l'Arsan capeggiata da Angelo Montemarano e il dottor Ferdinando Romano al vertice del Dipartimento Regionale per la Sanità. La Costiera Amalfitana è un attrattore d'eccellenza per tutta la Regione Campania ed un volano per l'economia di tutto il sud Italia: sminuirne le potenzialità è un attacco al lavoro, al reddito, alla vita delle persone che ci abitano. Qui è in ballo non soltanto il diritto costituzionale alla tutela della salute, ma anche quella risorsa economica legata al turismo che potrebbe essere di gran lunga la nostra principale ricchezza. Privare questo territorio di un efficiente presidio ospedaliero equivale a spogliare i cittadini della loro sicurezza e contemporaneamente tagliare le gambe all'economia: le amministrazioni locali, la cittadinanza, le organizzazioni produttive e sindacali, il mondo della cultura e dell'impegno sociale si opporranno con ogni mezzo ad un attacco che nessun calcolo ragionieristico può giustificare, e contro il quale la Conferenza dei Sindaci è pronta ad iniziative anche eclatanti» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione espressa in premessa;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in atto per favorire il mantenimento dei presidi ospedalieri in aree logisticamente strategiche per la popolazione, come quelle di cui in premessa, salvaguardando così non solo i livelli essenziali di assistenza ma anche località economicamente strategiche per il sud Italia, sia dal punto di vista culturale che turistico. (4-07478)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOSACCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da parte delle organizzazioni sindacali di rappresentanza dei lavoratori dello stabilimento Alenia-Aermacchi di Grottaglie, in provincia di Taranto, come riportato dagli organi di stampa, che l'azienda avrebbe deciso di non confermare i contratti a termine, scaduti il 31 dicembre 2014, a circa 40 dipendenti italiani;
   va specificata la nazionalità perché sempre in relazione a quanto affermato dalle organizzazioni sindacali l'azienda avrebbe invece reintegrato tutti i lavoratori interinali stranieri;
   in considerazione della particolare criticità occupazionale in cui versa il comprensorio territoriale nel quale opera l'importantissima realtà industriale di Alenia appare, quella aziendale, una scelta molto opinabile e comunque necessaria di un'adeguata spiegazione;
   non si tratta di una contestazione motivata da sentimenti di intolleranza o di antistorico campanilismo in epoca di globalizzazione, soprattutto per una società dalle dimensioni di Alenia ma di richiamare, ciascuno per le proprie responsabilità, ad un supplemento di valutazione con le organizzazioni sindacali per garantire una opportunità di lavoro a chi già prestava la propria opera, da due anni, all'interno dello stabilimento pugliese –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per verificare quanto affermato dalle organizzazioni sindacali e valutare conseguentemente l'opportunità di chiedere le dovute spiegazioni ad Alenia al fine di consentire la possibilità di vedere rispettato un principio di pari opportunità soprattutto alla luce della pesante situazione occupazionale del comprensorio in questione. (5-04411)


   GALLINELLA, L'ABBATE, GAGNARLI, PARENTELA e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   al fine di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori l'Unione europea ha adottato il regolamento (UE) 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori la cui applicazione è divenuta obbligatoria a decorrere dal 14 dicembre 2014;
   il regolamento dispone, in materia di requisiti generali di etichettatura, requisiti integrati da una serie di norme applicabili a tutti gli alimenti in particolari circostanze o solo a talune categorie di alimenti; esso contiene inoltre diverse prescrizioni applicabili a specifici alimenti;
   ancorché insufficienti al fine di assicurare la più ampia tutela dei prodotti dalla contraffazione e dalla imitazione illegale, particolarmente importanti sono le norme relative all'indicazione del Paese d'origine o al luogo di provenienza di un alimento, indicazioni che devono essere fornite in modo tale da non trarre in inganno il consumatore e sulla base di criteri atti a garantire condizioni eque di concorrenza per tutti gli operatori;
   la normativa comunitaria, oltre a prevedere specifiche norme in materia di indicazioni di valori nutrizionali, estende inoltre ai servizi di somministrazione alla collettività, come ristoranti, bar, mense, catering e alla vendita on-line, l'obbligo di evidenziare in maniera esplicita al consumatore gli allergeni contenuti nei piatti e nelle bevande preparate, adempimenti che, in mancanza di specifiche disposizioni di applicazione lasciano gli operatori nell'incertezza e nella impossibilità di dar seguito alle prescrizioni stabilite;
   ad oggi non risultano ancora emanate le norme applicative nazionali indispensabili a specificare dove e come vanno indicate le informazioni obbligatorie da parte degli operatori né quelle relative alle eventuali sanzioni per chi non ottempera ai numerosi obblighi previsti –:
   se non ritenga urgente assumere iniziative per la definizione, dopo oltre due anni dall'approvazione del regolamento (UE) 1169/2011, delle norme nazionali necessarie a consentirne la effettiva applicazione e di quelle relative alle sanzioni applicabili agli operatori che non ottemperino agli obblighi previsti dal regolamento.
(5-04416)

Interrogazione a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Società Infocontact Srl, operante sul mercato italiano dal 2005 nel settore dell'erogazione di servizi di contact center, customer care e telleselling con un'importante presenza in Calabria, in particolare nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza con ben 18 centri periferici ed oltre 1.800 collaboratori in organico, si trova già dal 2013 a fronteggiare forti e crescenti difficoltà nella prosecuzione delle proprie attività ed erogazione delle prestazioni, e dunque del mantenimento dei livelli occupazionali;
   le vicende della Società, per la loro complessità oltre che per la rilevanza dimensionale del bacino occupazionale interessato e coinvolto, nonché del rischio di riversamento sulla già delicata e critica situazione economica della regione nella quale la stessa società opera, sono state oggetto di monitoraggio ed attenzione sin dalle prime importanti criticità manifestatesi, e sono state più volte sottoposte dall'interrogante all'attenzione del Ministero competente, attraverso il ricorso alle apposite procedure di controllo parlamentare attivate in più occasioni nel corso della corrente legislatura al fine di avere riscontri sugli sviluppi e sull'evoluzione della vicenda per una celere soluzione;
   nel mese di luglio del 2014 il tribunale di Lamezia Terme dichiara lo stato di insolvenza della società Infocontact Srl e procede a nomina del commissario giudiziale; il quale, in data 23 settembre 2014 deposita presso la cancelleria del tribunale di Lamezia Terme la relazione comprensiva di valutazione motivata sull'esistenza delle prospettive di recupero dell'equilibrio e delle attività imprenditoriali, ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo dell'8 luglio 1999, n. 270; in data 21 ottobre il tribunale di Lamezia Terme dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria;
   in particolare, l'interrogante, con interrogazione presentata in data 10 dicembre 2014 al Ministro dello sviluppo economico, aveva già segnalato l'esistenza di elementi discordanti nell'ambito degli atti adottati dal commissario giudiziale e quelli adottati da collegio commissariale successivamente insediatosi, suscettibili di determinare effetti pregiudizievoli per la situazione reddituale dei lavoratori interessati dalla vicenda, contrariamente alla ratio stessa dell'istituto dell'amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza, che dovrebbe essere diretto alla finalità esclusiva del recupero dell'equilibrio dell'attività imprenditoriale ed alla conservazione del patrimonio produttivo tramite la prosecuzione, riattivazione o riconversione dell'attività imprenditoriale;
   da recenti notizie riportate a mezzo stampa, emergono nuove e forti preoccupazioni in ordine alla imminente scadenza dei contratti di alcune importanti commesse operanti su Infocontact Srl, con particolare riferimento alla commessa «Wind 155 Fisso-ADSL», in scadenza il 31 gennaio 2015; sempre secondo le medesime fonti, Wind avrebbe rimesso a bando le proprie attività in tutta Italia, invitando diverse aziende outsourcer a partecipare, mentre non sarebbe stato formalizzato l'invito alla società Infocontact Srl. Dunque la prosecuzione delle attività economiche collegate a questa importante commessa, dirette allo scambio di servizi ricondotte alla gestione di Infocontact, non sarebbe confermata, con grave rischio per la prosecuzione delle attività della società;
   già lo scorso anno, in particolare in data 23 dicembre 2013, Wind aveva manifestato l'intenzione di non confermare la commessa relativa al reparto «155 mobile», in scadenza al 31 gennaio 2014, circostanza che avrebbe determinato la necessità di dichiarare n. 272 esuberi sul sito produttivo di Lamezia, mentre rimaneva garantita la commessa sulla gestione delle operazioni commerciali relative alla rete fissa, garantendo quantomeno la «tenuta economica» dell'impresa senza determinare la riduzione dei livelli occupazionali, ma rendendo necessaria l'attivazione di un piano di salvaguardia per i lavoratori attraverso contratti di solidarietà. Anche questa circostanza era stata a suo tempo sottoposta dall'interrogante all'attenzione del Ministero, mediante interrogazione a risposta scritta n. 4-03086 presentata in data 8 gennaio 2014;
   a distanza di un anno e, con ogni probabilità, in ragione dell'oggettivo peggioramento del quadro generale di gestione della società, per la quale è stata avviata la procedura di amministrazione straordinaria, Wind starebbe dunque procedendo ad ulteriore contrazione del volume delle attività di scambio di servizi commissionate alla società Infocontact Srl, optando per altre aziende outsourcer;
   insorgono dunque nuovi e significativi dubbi (ulteriori rispetto a quelli già avanzati nella interrogazione n. 4-07219 del 10 dicembre 2014) in ordine alle modalità di gestione della procedura di amministrazione straordinaria e, in particolare, sulle previsioni sostanziali ed economiche/finanziarie del complesso aziendale e sui criteri di redazione del piano economico e finanziario, presentato dai commissari straordinari secondo l'indirizzo di cui all'articolo 27, comma 2, lettera a) del richiamato decreto legislativo n. 270 del 1999 (Programma di cessione dei complessi aziendali);
   come si legge testualmente nella medesima relazione redatta dai commissari straordinari ed adottata in data 18 dicembre 2014, nella predisposizione del piano economico e finanziario del complesso aziendale è incorporata l'ipotesi della prosecuzione della commessa «Wind 155 Fisso-ADSL», circostanza che non si sarebbe poi venuta a concretizzare;
   il piano economico, in particolare, sarebbe basato proprio su un'ipotesi di proroga della commessa «Wind 155 Fisso-ADSL» per almeno ulteriori 3/6 mesi. Appare utile all'interrogante riportare quanto si legge nella citata relazione: «È presumibile ipotizzare che (...) Wind potrebbe richiedere alla Società di prorogare il servizio per almeno ulteriori 3/6 mesi. Inoltre, i Commissari hanno avviato i dovuti contatti con Wind allo scopo di prorogare ulteriormente la commessa. In aggiunta, il direttore commerciale e di produzione ha avuto di recente interlocuzioni con il management di Wind che ha confermato di non aver ancora avviato alcun processo di nuova gara, e che in ogni caso non dovrebbe partire prima della seconda metà di gennaio. Pertanto, sulla base della prassi di settore, è configurabile una necessaria proroga, anche se al momento non è stimabile (...)»;
   si aggiunge che la relazione contiene altresì un riferimento allo scenario che verrebbe a determinarsi nel caso in cui la commessa non sia né rinnovata né prorogata: «Ovviamente tale scenario comporterebbe la messa in mobilità del personale allocato su tale commessa (circa 300 persone)»;
   il collegio commissariale dunque pur avendo coscienza del rischio concreto che la commessa Wind in scadenza al 31 gennaio 2015 non fosse rinnovata né prorogata, avrebbe basato il piano economico e finanziario del complesso aziendale su elementi meramente ipotetici e senza avere alcun riscontro documentale in ordine ad una concreta possibilità di rinnovo o proroga di tale essenziale commessa, limitandosi alla previsione di un'ipotesi di scenario, peraltro altamente penalizzante per i lavoratori interessati e per il bacino occupazionale, nel caso in cui tale commessa non sarebbe stata prorogata né rinnovata. L'interrogante rileva sul punto forti anomalie nella gestione commissariale, in specie nella misura in cui si consideri che, a norma di legge, il requisito delle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali è la condizione imprescindibile per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza. Al contrario, nel caso di specie il piano economico e finanziario del complesso aziendale è a giudizio dell'interrogante, basato esclusivamente su argomentazioni di natura ipotetica, in assenza di qualsiasi riscontro concreto. La questione appare maggiormente rilevante se si considera che la redazione del programma è sottoposta alla vigilanza del Ministro interrogato, che dunque partecipa alla procedura, ai sensi dell'articolo 55 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, proprio al fine di salvaguardare l'unità operativa dei complessi;
   gli ultimi sviluppi della questione hanno suscitato grande preoccupazione tra i lavoratori coinvolti e le parti sociali interessate, che richiedono la costituzione di un tavolo nazionale di crisi al fine di identificare soluzioni ed orientamenti perseguibili per la stabilizzazione della vicenda. Una richiesta pienamente condivisa e sostenuta dall'interrogante, che in ragione della complessità della questione, ritiene fondamentale un intervento del Governo sia per la tutela delle famiglie interessate, che per gli impatti destabilizzanti che la vicenda potrebbe riversare sull'economia regionale calabrese e sulla già critica situazione occupazionale;
   occorre approfondire tali vicende e le sopravvenute problematiche, relative alla mancata proroga/rinnovamento della commessa Wind che era ipotizzata nel programma di amministrazione straordinaria del piano economico e finanziario e sulla quale lo stesso programma è fondato –:
   se, ed in quale misura, il Ministro interrogato ritenga che la relazione adottata dal collegio commissariale ai sensi dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 270 del 1999 e sottoposta alla vigilanza del Ministro medesimo, sia rispondente all'essenziale requisito della concretezza delle prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali richiesti dalla legge;
   quali iniziative urgenti il Ministro ritenga di poter adottare, al fine di scongiurare il rischio di collocazione in mobilità di circa 300 collaboratori coinvolti nella vicenda;
   quali iniziative il Ministro ritenga di poter adottare, nei limiti dei propri poteri di vigilanza ed in conformità con i propri indirizzi di politica economica, al fine di promuovere una gestione commissariale orientata all'effettivo riequilibrio delle attività economiche e di scongiurare il rischio di una sua conversione in procedura fallimentare;
   entro quali termini il Ministro ritenga di poter avviare un tavolo nazionale di crisi, al fine di acquisire con urgenza ed in modo immediato tutte le informazioni e gli elementi utili e necessari ad una soluzione efficace della complessa vicenda, salvaguardando la stabilità economica e le prospettive occupazionali delle parti sociali interessate. (4-07480)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Terrosi ed altri n. 5-04410, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Romanini, Oliverio, Venittelli, Cova, Taricco, Antezza, Mongiello, Luciano Agostini.

Apposizione di firme ad una interrogazione a risposta scritta ed indicazione dell'ordine dei firmatari.

  L'interrogazione a risposta scritta Pellegrino ed altri n. 4-07473, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 gennaio 2015, è stata sottoscritta anche dai deputati: Oliverio, Fitzgerald Nissoli, Bergonzi, Magorno, Distaso, Borghi, Carrescia, Martelli, Albini, Amoddio, Marazziti, Ciracì, Sberna, Narduolo, La Marca e Gandolfi. Conseguentemente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine dei firmatari si intende così modificato: Pellegrino, Palazzotto, Kronbichler, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Airaudo, Albini, Amoddio, Anzaldi, Bergonzi, Franco Bordo, Borghi, Carrescia, Ciracì, Costantino, Distaso, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fitzgerald Nissoli, Gandolfi, Giuseppe Guerini, La Marca, Laforgia, Magorno, Marazziti, Marcon, Martelli, Matarrelli, Melilla, Narduolo, Nicchi, Oliverio, Paglia, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ribaudo, Ricciatti, Sannicandro, Sberna, Schirò, Scotto, Zaccagnini, Zaratti.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Locatelli n. 1-00627, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 311 del 16 ottobre 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    il conflitto tra israeliani e palestinesi, che dura oramai da quasi settant'anni, ha avuto origine dalla suddivisione del mandato britannico sulla Palestina e dalla mancata attuazione delle decisioni e risoluzioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, tra le quali, ma non solo, la risoluzione n. 181 dell'Assemblea generale del 1947, la risoluzione n. 242 del Consiglio di sicurezza del 1967, la risoluzione n. 338 del Consiglio di Sicurezza del 1973, e che le summenzionate decisioni e risoluzioni hanno sempre indicato la finalità di un'equa ripartizione territoriale dei territori contesi e della costituzione di uno Stato arabo indipendente a fianco di quello israeliano;
    in diversi atti, dal 1974 in poi, si è assistito al progressivo riconoscimento del popolo palestinese e del suo rappresentante: l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, quale soggetto avente titolo a partecipare al quadro definito dalle summenzionate risoluzioni;
    con la dichiarazione di indipendenza del 1988 e altri atti, tra cui il ritiro israeliano da Gaza e quello giordano dalla Cisgiordania, si è definita gradualmente una sovranità palestinese su parte dei territori descritti nelle risoluzioni dell'Onu, mentre un'altra significativa porzione rimane sotto occupazione israeliana, contrariamente ai deliberati della stessa Onu e al diritto internazionale;
    con gli accordi di Oslo nel 1993, sottoscritti dal Primo ministro israeliano Rabin e dal Presidente palestinese Arafat, si sono poste le condizioni di principio per un reciproco riconoscimento tra lo Stato di Israele e uno Stato palestinese;
    dal 2012, con la risoluzione dell'Assemblea generale dell'Onu n. 67/19, approvata anche con il voto favorevole dall'Italia, il riconoscimento storico dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), quale rappresentante del popolo palestinese, è evoluto nello status di «Stato osservatore non-membro» con la definizione di «Palestina» e che l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha successivamente riconosciuto il nome di «Stato di Palestina» per l'entità palestinese nel quadro della normale attività, superando il precedente nome di Autorità nazionale palestinese, ormai in disuso;
    risultano essere 134 i Paesi che, in epoche diverse, hanno riconosciuto la Palestina come Stato sovrano;
    la Svezia ha riconosciuto recentemente la Palestina in quanto Stato con una decisione che è oggi già operativa, andando ad aggiungersi a Repubblica Ceca, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Malta, Polonia e Romania nel quadro dell'Unione europea;
    una recente mozione parlamentare nel Regno Unito va nella stessa direzione;
    la recente crisi di Gaza ha portato alla morte di circa 73 israeliani e circa 2200 palestinesi, in gran parte civili, con enormi distruzioni delle infrastrutture civili, provocando una crisi umanitaria, tanto che oggi diversi Governi, tra cui quello italiano, sono impegnati a raccogliere cospicui fondi per sostenere la ricostruzione, allo scopo di normalizzare per quanto possibile la situazione e contenere future escalation del conflitto;
    le recenti vicende hanno dimostrato, ad avviso di molti autorevoli analisti, la necessità di rafforzare la leadership legittima del Presidente palestinese Abbas e delle istituzioni palestinesi con capitale Ramallah, scongiurando il rischio di un rafforzamento di altre entità politiche che pretendano di rappresentare i palestinesi;
    la richiesta palestinese di un riconoscimento statuale non appare compromettere in alcun modo i legittimi interessi israeliani, mentre una sua dilazione si configura come un mancato riconoscimento di una legittima aspirazione;
    il dialogo israelo-palestinese deve certo trovare una sua dimensione bilaterale e questa dimensione bilaterale non potrebbe che avere un impulso positivo dal porre entrambi gli interlocutori su un piano di parità formale;
    costituisce massimo interesse nazionale una soluzione pacifica del conflitto in Medio Oriente e, quindi, l'Italia può e deve assumere una sua posizione costruttiva che ne tuteli gli interessi e i valori;
    i rapporti di amicizia e collaborazione tra l'Italia, lo Stato di Israele e lo Stato di Palestina così come sopra definito sono di amicizia e collaborazione, nel quadro dello storico impegno italiano al progresso della pace nel Mediterraneo;
    la pace deve basarsi sulla legalità internazionale e in primo luogo sulle risoluzioni dell'Onu;
    già oggi la Palestina ha in Roma una rappresentanza diplomatica riconosciuta, così come l'Italia un Consolato per la Palestina a Gerusalemme (est),

impegna il Governo:

   a riconoscere in maniera completa e definitiva lo Stato di Palestina;
   a compiere tutti i passi necessari affinché la questione venga posta all'ordine del giorno in tutti i Paesi membri dell'Unione europea;
   a farsi maggiormente parte attiva nel sostenere il processo di pace tra Israele e Palestina, sulla base delle risoluzioni Onu e dell'esperienza consolidata nel corso del lungo e travagliato processo di pace.
(1-00627)
(Nuova formulazione) «Locatelli, Di Lello, Di Salvo, Migliore, Capelli, Catalano, Di Gioia, Fava, Furnari, Labriola, Lacquaniti, Lo Monte, Nardi, Ottobre, Pastorelli, Piazzoni, Pilozzi, Plangger, Zan, Lavagno».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Scotto n. 1-00694, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 359 del 9 gennaio 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    numerose fonti istituzionali, politiche e di informazione rappresentano il trasporto aereo italiano come un settore in cui i licenziamenti, la mobilità, la cassa integrazione, i contratti di solidarietà, i tagli salariali, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il deterioramento delle condizioni di salute e di sicurezza in cui operano gli addetti e il dilagare della precarietà nella categoria sono il frutto di una crisi economica generale che strangola il comparto, determinando ineluttabili conseguenze sui lavoratori;
    purtuttavia si deve rilevare che la situazione complessiva del trasporto aereo italiano non può in alcun modo essere descritta semplicemente in questi termini, perché sotto il profilo meramente commerciale il comparto aereo-aeroportuale ed il relativo indotto sembrerebbero essere tutt'altro che in crisi;
    dal 2008 al 2013 in Italia, ovvero negli anni in cui la crisi ha attanagliato maggiormente l'industria del nostro Paese, il traffico passeggeri negli scali aeroportuali è aumentato del 10,3 per cento ed il traffico merci del 16,6 per cento;
    nonostante la lieve contrazione del traffico merci e passeggeri registrata nel 2012 sul 2011 e nel 2013 sul 2012 (complessivamente di poco meno del 3 per cento), la crescita, di fatto, è stata copiosa, anche a fronte della decrescita generalizzata del sistema industriale nostrano;
    nel 2014 sul 2013 i dati di crescita in Italia del trasporto aereo e del traffico merci sono esaltanti ad esempio e rispettivamente +4,5 per cento e +5,1 per cento e tutto questo certo non può dipendere unicamente neanche dallo sviluppo impetuoso del traffico aeroportuale low-cost;
    infatti, importanti e qualificati studi di settore elaborati da Assoaeroporti segnalano la crescita esponenziale di passeggeri sulle tratte intercontinentali ed a lungo raggio, ovvero in un segmento di mercato ove, per il momento, la concorrenza delle compagnie low-cost è meno preponderante che sul medio-corto raggio;
    nell'ambito di tale contesto di crescita, particolarmente significativo è lo sviluppo dell'intero sistema aeroportuale romano (segnatamente gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino) per ciò che riguarda il traffico passeggeri;
    ad un'estate da dati significativi per l'Aeroporto Leonardo da Vinci può risultare utile evidenziare che agli inizi del mese di ottobre 2014 ADR (Aeroporti di Roma) ha festeggiato il transito dell'un milionesimo passeggero in più rispetto all'anno 2013, e che solo nel mese di ottobre 2014 su ottobre 2013 la crescita del traffico passeggeri nell'aeroporto di Fiumicino ha registrato un inequivocabile +10 per cento;
    a un'estate positiva per il traffico merci è pure da annoverarsi per altri numerosi aeroporti del sud e del nord dell'Italia: Napoli, Bergamo, Venezia, Firenze, e altro;
    purtuttavia, a questa inequivocabile situazione di crescita dei dati sin qui esposti fa da contraltare una situazione eccezionalmente drammatica per il lavoro e per l'intera categoria del da sempre personale operante nel comparto aereo-aeroportuale;
    circa 15.000 lavoratori del suddetto comparto, infatti, sono stati toccati a vario titolo ed «intensità» da cassa integrazione, mobilità e contratti di solidarietà;
    il che significa che il 25 per cento della forza lavoro del comparto aereo-aeroportuale è stato interessato dall'attivazione di ammortizzatori sociali e da altri strumenti di sostegno come il Fondo speciale del trasporto aereo istituito nel 2005;
    altrettanto pesanti sono state, inoltre, le ricadute sull'indotto del settore, peraltro sprovvisto di un adeguato censimento, in grado di rendere evidente «giustizia» alla «mattanza» che i lavoratori di tale ambito produttivo (pulizie, esercizi commerciali e altro) stanno subendo dal punto di vista occupazionale, dei salari, dei diritti e delle garanzie di tutela della salute, nonché di aumento della precarietà;
    a tale proposito basti ricordare che secondo stime della regione Lazio effettuate nel 2008, all'epoca della privatizzazione di Alitalia che costò il taglio di 10.000 posti di lavoro diretti, per ogni dipendente AZ licenziato si sarebbe dovuta scontare anche la perdita occupazionale sull'indotto di circa 4,5 unità: una stima successivamente corretta al ribasso per 2,1 unità in conseguenza di un singolo licenziamento in Alitalia;
    d'altra parte le cronache giornalistiche anche più recenti evidenziano situazioni in cui i licenziamenti ed i tagli del personale rappresentano il denominatore comune di tutte le ristrutturazioni effettuate nelle aziende del comparto che hanno avuto come effetto se non addirittura scopo quello della compressione del costo del lavoro;
    l'elenco di tutte le vertenze che interessano il comparto aereo-aeroportuale sarebbe lunghissimo ed includerebbe moltissime situazioni ancora in via di definizione oppure conclusesi tragicamente per centinaia di famiglie di lavoratori;
    tra le molte ci si limita a ricordare, senza voler sottovalutare la miriade di ulteriori micro-vertenze, quanto accaduto alla ARGOL che ha licenziato 76 lavoratori dopo 20 anni di attività di contratti di appalto della compagnia Alitalia: contratti che la compagnia aeroportuale ha deciso non di rinnovare, con tutti gli effetti che si possono immaginare per i lavoratori addetti alla movimentazione del materiale aeronautico negli hangar di Fiumicino che nel 2012 furono sostituiti con personale più precario e più basso costo;
    altrettante sono le vertenze ancora in essere, molte delle quali insistono sugli aeroporti romani (in totale 41.000 dipendenti) e su quelli milanesi che, rispettivamente, rappresentano i principali poli dell'industria aeroportuale dell'Italia centro- meridionale e quello dell'Italia settentrionale;
    ma veniamo ai casi più eclatanti come quello della compagnia Meridiana dove su 1634 lavoratori minacciati fino a pochi giorni fa da un licenziamento di massa, non si è ancora trovata alcuna soluzione soddisfacente, visto che dal 1o gennaio il vettore in questione si ritroverà con un organico sensibilmente ridotto visto che 275 persone hanno scelto o si sono viste comunque costrette a licenziarsi volontariamente. Una situazione in cui non c’è nulla di cui esultare, visto che già a partire da gennaio 2015 si pone il problema di affrontare altri esuberi che corrispondono a circa 1200 posti di lavoro. Eppure, solo dall'inizio della legislatura in corso, l'intero arco parlamentare è intervenuto sulla drammatica vicenda di Meridiana con ben 27 atti di indirizzo e di controllo – di cui numerosissimi peraltro presentati dal gruppo parlamentare Sinistra Ecologia e Libertà – rispetto ai quali il Governo si è impegnato ripetutamente ad intervenire con ogni iniziativa per fronteggiare la situazione garantendo la continuità territoriale ai collegamenti da e per la Sardegna ed il rilancio della compagnia aerea Meridiana attraverso l'impiego, la tutela occupazionale e la protezione sociale dei suoi lavoratori;
    e ancora il caso di Groundcare. Come riportato dalla stampa nazionale e locale, poco prima della notte di Capodanno 2015 Groundcare, la principale società di handling aeroportuale di Fiumicino ha avviato le procedure di licenziamento per ben 450 persone, inclusi circa un centinaio di dipendenti della Groundcare Milano, già fallita ad agosto 2013, ed in «affitto» alla stessa Groundcare. Quest'ultima vicenda da sola meriterebbe un approfondimento, anche a fronte della diffida effettuata dal curatore fallimentare della Groundcare Milano nei confronti del curatore fallimentare della Groundcare in merito alla gestione dei lavoratori e dei beni in affitto. Peraltro, nonostante le rassicurazioni profuse solo lo scorso 10 dicembre dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in occasione dello svolgimento della interrogazione a risposta immediata presentata dai Deputati SEL (Sinistra Ecologia Libertà) n. 3-01214 sulla vertenza Groundcare sull'obiettivo di favorirne la tutela occupazionale, l'evoluzione della situazione per i suoi lavoratori in questione ha avuto, purtroppo, un epilogo agghiacciante. Nelle giornate tra il 30 e il 31 dicembre 2014, infatti, sono stati chiamati in massa a firmare la propria lettera di licenziamento circa 450 lavoratori su poco più di 850 complessivi in forza presso la società. Questi lavoratori si sono recati in una sala della Palazzina Epua di Fiumicino per ritirare la lettera di licenziamento, ma oltre alla firma di quella lettera è stata pure richiesta, per quanto ci risulta, anche la sottoscrizione di una liberatoria al fine di rinunciare sia al pagamento del mancato preavviso, sia all'esperimento di qualsiasi azione legale rispetto alla mancata selezione del personale da espellere. Inoltre, la firma sulla liberatoria sembrerebbe stata sollecitata con l'esplicito riferimento in forza del quale, in caso di rifiuto della sottoscrizione, oltre al mancato inserimento nel bacino di ricollocazione, il licenziamento sarebbe stato recapitato successivamente al 1o gennaio 2015, in modo da penalizzare il lavoratore nell'accesso alla mobilità che, come noto, dal 1o gennaio 2015 ha subito una drastica riduzione per effetto dell'entrata in vigore della cosiddetta «Legge Fornero». Per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, fortunatamente, qualcuno ha anche chiamato la Polizia e la liberatoria a quel punto è diventata facoltativa mentre prima veniva associata, di fatto, al rilascio della lettera di licenziamento;
    in data 8 gennaio 2015 sono oltre 200 i lavoratori della Groundcare che dalla mattina protestano all'aeroporto di Fiumicino per colpa dei licenziamenti loro notificati. La manifestazione organizzata dal Cub Trasporti è iniziata alle ore 10.00 con un presidio davanti all'ingresso del Terminal 3 partenze. I lavoratori Groundcare, Alitalia e Argol dietro agli striscioni si sono mossi muovendo lungo il perimetro dello scalo e sono arrivati al terminal T1 e sul posto si trovavano Polizia e Carabinieri. Le parole del Consigliere comunale Erica Antonelli, membro della commissione Lavoro del Comune di Fiumicino in merito al licenziamento dei lavoratori GroundCare sono state le seguenti: «In un aeroporto internazionale come quello di Fiumicino non è il lavoro ad essere carente ma piuttosto la gestione dello stesso, incapace di fornire adeguati servizi ai passeggeri e mantenere un livello occupazione nei vari segmenti capaci di rappresentare al meglio la principale porta d'ingresso in Italia. Come già richiesto dal Sindaco Montino serve un tavolo interistituzionale sul lavoro aeroportuale, ma non solo visto anche il recente fallimento della Romana recapiti. Chiederò al Presidente della Commissione Attività Produttive e Lavoro del Comune di Fiumicino una audizione, anche con le parti sociali, per approfondire quanto appena accaduto in aeroporto»;
    in Alitalia, come noto sono stati 2251 gli esuberi derivanti dal fallimento della privatizzazione del 2008 della compagnia: una gabella ingiustificabile, pagata sull'altare del passaggio di CAI dalle mani della cordata di «prenditori» italiani agli arabi-anglosassoni di Etihad, senza contare l'ulteriore taglio salariale destinato ad abbattersi su chi è rimasto in servizio tutto ciò è inaccettabile se si considera che solo nel mese di maggio 2014, mentre Etihad entrava in Alitalia e venivano annunciati imminenti sacrifici, ivi compresi gli esuberi, in nome dell'interesse generale, in Alitalia erano presenti in servizio oltre 1600 lavoratori precari, concentrati nei settori di terra operativi (scalo, carico-scarico bagagli, rampa, e altro), necessari per far fronte all'atavico sottorganico esistente nella ex-Compagnia di Bandiera italiana. Ma non solo: mentre si consegnavano le lettere di licenziamento ad oltre 1600 dipendenti, in una stanza attigua, alcuni rappresentanti della dirigenza si accingevano ad assumere 200 lavoratori a tempo determinato. Ma la desertificazione delle attività di terra della ex-compagnia di bandiera prosegue nei giorni successivi con le esternalizzazioni delle attività;
    l'attività informatica dell'Alitalia viene spezzata in due grandi tronconi (attività applicative ed attività operative) pur di favorirne la dismissione. Da subito Alitalia procede con la cessione ad IBM di circa 70 lavoratori inseriti nelle liste degli esuberi e minacciati da un licenziamento che tutti sanno che non potrà concretizzarsi senza un grave pregiudizio dell'attività dei sistemi della compagnia ma brandito pur di evitare che cresca l'opposizione dei lavoratori a cui lo spettro della disoccupazione farà «digerire» il passaggio delle attività. L'altro grande spezzone dell'informatica Alitalia di circa 200 dipendenti, sarà invece al momento mantenuto nella compagnia per essere poi ceduto in un secondo momento. Pesantissimo anche il disegno che incombe su quanto resta delle attività di manutenzione degli aeromobili della compagnia, al momento concentrate nella divisione tecnica di Alitalia (ormai meno di 2000 dipendenti contro gli oltre 5000 degli inizi degli anni 2000) e in AMS (Alitalia Maintenance Systems), una società partecipata AZ che si occupa della revisione dei motori, creata nel 2008 ed ormai in liquidazione. L'annuncio della reinternalizzazione delle attività di manutenzione pesante degli aeromobili, ceduta dai patrioti di CAI alla israeliana BEDEC, dovrebbe essere gestita da Atitech che in parte, secondo gli annunci, utilizzerebbe parte dei 200 operai delle manutenzioni licenziati a novembre 2014;
    attualmente, tuttavia, della realizzazione del progetto Atitech non si sa nulla. In realtà le manutenzioni Alitalia continuano a subire nel silenzio generale quel pesante ridimensionamento, avviato con la privatizzazione del 2009 di Alitalia, che ha prodotto di fatto lo smantellamento del polo della meccanica che nell'ambito dell'aviazione costituiva una delle più importanti eccellenze esistenti su Fiumicino;
    sono rilevanti, ovviamente, le responsabilità delle istituzioni che si sono avvicendate nelle ultime legislature sia in termini generali per ciò che sta accadendo nel settore, sia in termini più specifici per ciò che, solo per fare alcuni esempi, succede per i due ambiti citati (informatica e manutenzioni): con un minimo di lungimiranza industriale le suddette incontestabili eccellenze avrebbero potuto costituire la base della costruzione di segmenti di riferimento nell'ambito della più generale industria dei trasporti, consentendo l'aggregazione di segmenti produttivi che avrebbero consentito la concentrazione e la gestione di strategiche attività, oggi frammentate in mille rivoli, con costi esorbitanti di esercizio e spesso con scadenti risultati in termini di qualità del servizio offerto;
    si segnala, inoltre, che con riferimento alla situazione di Alitalia, più recentemente, una quarantina di operai licenziati sono stati ricollocati solo a dicembre 2014, con contratti da 25 giorni e segnatamente dal 4 al 28 dicembre 2014, per le manutenzioni dei velivoli Air Berlin. E ciò appare quanto mai deprecabile, se non addirittura allucinante, considerato che la precarizzazione dei licenziati rappresenta una vera e propria beffa dei diritti dei lavoratori e la chiara dimostrazione che il lavoro in Alitalia c'era;
    infine, si segnala come 500 lavoratori di Sea Handling siano stati agevolati all'uscita dalla società di gestione degli aeroporti milanesi (Linate e Malpensa) e, di fatto, sostituiti da lavoratori interinali e precari, nel passaggio delle attività dalla citata azienda ad Airport Handling, la neonata impresa, sorta a fronte del fallimento pilotato della prima in seguito alle sanzioni dell'Unione europea, inflitte per il presunto passaggio di denaro dalla Sea alla stessa Sea Handling;
    moltissime altre sarebbero le vertenze da raccontare per descrivere il soffocamento occupazionale che caratterizza il comparto aereo-aeroportuale;
    tutte, però, evidenziano l'enorme contraddizione esistente tra lo sviluppo del mercato del trasporto aereo e le ricadute che sul piano della tutela e della protezione sociale si stanno riflettendo sul mondo del lavoro;
    emblematico a tale proposito il comportamento di una consistente pletora di aziende del comparto aereo-aeroportuale che, nel passaggio delle attività da un'impresa all'altra nel liberalizzato mercato del settore in questione, si rifiutano di applicare la clausola sociale, ovvero l'unico istituto contrattuale di tutela occupazionale che prevede la «riprotezione» dei dipendenti e che, qualora fosse rispettata, eviterebbe l'espulsione di centinaia e centinaia di lavoratori; nella vertenza Groundcare, ad esempio, come anche è stato evidenziato dallo stesso curatore fallimentare, se fosse stata applicata la clausola sociale, decine e decine di lavoratori non sarebbero stati inclusi nei 450 licenziamenti effettuati recentemente, in quanto sarebbero restati in servizio, alle dipendenze delle società che hanno rilevato, anche negli ultimi tempi, le attività dalla stessa Groundcare, peraltro contribuendo ad affossarla e ad accelerare il definitivo fallimento;
    paradossale appare pure che in tale contesto la spesa pubblica sia concentrata al solo fine di assicurare un sistema di ammortizzatori sociali al personale espulso dalla produzione: un investimento pubblico a perdere, sperperato anche per finanziare la ristrutturazione delle imprese del comparto che espellono forza lavoro precedentemente più garantita al fine di sostituirla con personale precario e a basso costo, quasi a voler investire denaro pubblico per evitare l'esplosione di un dissenso sociale la cui deflagrazione, senza, i dovuti interventi, potrà essere solo rinviata;
    si evidenzia, infine, come più volte siano stati invocati dagli stessi addetti operanti presso il comparto aereo-aeroportuale interventi della magistratura e degli organismi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché delle strutture sanitarie atte a rilevare le condizioni di igiene e sicurezza dei lavoratori. Alcuni lavoratori hanno segnalato altresì l'opportunità che venga aperta al più presto una inchiesta da parte della Commissione antimafia sulla assegnazione degli appalti nel settore e negli aeroporti italiani, perché le irregolarità, se non addirittura le infiltrazioni della malavita organizzata sembrerebbero essere piuttosto evidenti sia negli aeroporti romani sia in quelli milanesi, come in altri aeroporti italiani. A Fiumicino, ormai, l'evidenza è stata per altro messa in luce anche certificata dalla cronaca giudiziaria, con gli arresti di responsabili della Meridional, azienda che ha gestito fino all'anno scorso un appalto delle pulizie all'aeroporto di Fiumicino. Ma è evidente che questa potrebbe rappresentare solo la punta di un iceberg enorme che dovrebbe essere preso in esame dalle autorità competenti,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, tesa ad affrontare in modo efficace la gravissima crisi occupazionale che sta interessando l'intero comparto aereo e aeroportuale di cui i casi Alitalia, Meridiana, Groundcare, Sea-handling e Argol rappresentano solo alcuni di quelli più eclatanti, anche considerata l'enorme contraddizione esistente con lo sviluppo del mercato del trasporto aereo italiano;
   a porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a consentire una moratoria dell'esercizio provvisorio e della licenza di Groundcare in attesa della definizione del sistema aeroportuale romano;
   ad adoperarsi affinché la vertenza Meridiana si risolva con la possibile garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali ad oggi esistenti, al fine di impedire che si disperdano forze lavoro qualificate come quelle operanti nella suddetta compagnia nel quadro della necessità di avviare urgentemente un tavolo di confronto con il Governo sulla questione sarda basilare per la messa in campo di un necessario e quanto mai urgente piano per la rinascita economica e sociale della Sardegna che, secondo gli ultimi dati diffusi dall'Inps, conta circa 350.000 persone al di sotto della soglia di povertà relativa e 138.588 pensionati in situazione di povertà assoluta, considerato pure che, secondo i dati ISTAT in Sardegna ci sono 119.000 disoccupati e 130.000 sfiduciati e ammonterebbe a circa 16.000 il numero dei lavoratori in mobilità;
   ad avviare un'indagine conoscitiva sulla situazione produttiva e occupazionale del comparto aeroportuale italiano, con specifico riferimento ai temi dell'emergenza e della condizione di precarietà che caratterizza il personale operante in tale settore, al fine di approfondire, in particolare, i fattori che incidono sulla capacità del sistema aeroportuale di garantire e incentivare il lavoro, valorizzando altresì l'occupazione delle giovani generazioni;
   a farsi promotore di ogni iniziativa di competenza tesa all'accertamento della presenza di eventuali irregolarità sotto il profilo della sicurezza e della tutela igienico-sanitaria dei lavoratori operanti nel comparto aero-aeroportuale, nonché a svolgere le verifiche di competenza sugli appalti con specifico riguardo a quanto esposto in premessa;
   a salvaguardare e rilanciare il patrimonio industriale del trasporto aereo italiano in considerazione delle grandi potenzialità e delle prospettive che l'intero settore del trasporto e del turismo offrono al nostro Paese, promuovendo con sollecitudine un piano di sviluppo nazionale per il reimpiego e la valorizzazione dei lavoratori del comparto in possesso di know how e di risorse estromesse dal ciclo produttivo sin dal 2008;
   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a chiarire i tempi e le modalità attraverso le quali il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'ENAC intendano definire i criteri di selezione del bacino costituito dal personale licenziato da cui dovranno attingere le aziende per le future assunzioni e per l'attivazione dei contratti di ricollocazione, così come definiti dalla legislazione vigente e avviati in forma sperimentale nel comparto del trasporto aereo.
(1-00694)
(Nuova formulazione) «Scotto, Airaudo, Placido, Zaratti, Piras, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaccagnini».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Librandi n. 5-03597 del 19 settembre 2014;
   interpellanza urgente Scuvera n. 2-00740 del 4 novembre 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Palese n. 4-07445 dell'8 gennaio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04418.

ERRATA CORRIGE.

  Risoluzione in Commissione Roccella e Calabrò n. 7-00561 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 359 del 9 gennaio 2015. Alla pagina 20267, seconda colonna, dalla riga diciasettesima alla riga diciottesima deve leggersi: «dei quesiti al test nazionale che saranno somministrati alla fine del primo semestre» e non «dei quesiti al test nazionale che sarà somministrato alla fine del primo semestre», come stampato.