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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 10 dicembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VI e XIII,
   premesso che:
    la decisione del Governo di rinviare il pagamento dell'imposta municipale unica – IMU, sui terreni agricoli ex montani, a seguito della rivolta corale delle associazioni agricole e degli operatori del settore, rileva nel complesso, l'acuirsi di uno stato confusionale particolarmente evidente da parte del Governo Renzi, nell'ambito delle politiche fiscali per gli locali, che conferma anche le contraddizioni riferite all'orientamento di semplificare l'ordinamento tributario e l'accorpamento del numero complessivo delle imposte che gravano sui contribuenti;
    l'annuncio interlocutorio del sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze onorevole Baretta, reso noto la scorsa settimana, relativo alle intenzioni di sospendere il pagamento previsto il prossimo 16 dicembre dal decreto interministeriale del 28 novembre 2014, (come stabilito dalle disposizioni di cui all'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, che individua i comuni nei confronti dei quali, si applica il regime di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli), denota infatti il disordine con il quale l'Esecutivo in carica, disciplina le misure di carattere fiscale, alimentando la distanza di collaborazione tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente;
    se il rinvio del pagamento indicato dal Governo, inizialmente previsto la prossima settimana, dettato dall'esigenza di modificare il suindicato decreto-legge n. 6 del 2014, sembrava essere differito al giugno del 2015, come riportato dal Sole 24 Ore, (il 4 dicembre 2014), con un articolo pubblicato il 5 dicembre, (sebbene si conferma il rinvio del pagamento dell'IMU sui terreni ex montani), il medesimo quotidiano evidenzia tuttavia, che il differimento non potrà protrarsi fino al prossimo giugno, a causa delle regole di contabilità europea, che non permettono di accertare nell'anno in corso, un'entrata destinata a diventare effettiva così tardi, ipotizzando pertanto il differimento del termine al prossimo 26 gennaio 2015;
    tale scadenza ravvicinata, evidenziata anche dalla ragioneria dello Stato, stabilita per rivedere l'intera disciplina fiscale e dividere con criteri più razionali, i terreni agricoli paganti da quelli esenti, (il cui riordino previsto potrebbe essere retroattivo) prevede che i pagamenti di gennaio potrebbero tuttavia essere considerati «provvisori» o successivamente si potrebbe procedere con i rimborsi (o conguagli) una volta decisi i criteri definitivi;
    la richiamata decisione di rinvio, intrapresa per evitare una serie di evidenti difficoltà che si sarebbero manifestate per una vasta platea di soggetti contribuenti agricoli proprietari terrieri, non sembra tuttavia essere soddisfacente né risolutiva se, come sostiene il Sole 24 Ore, è stato sufficiente poco tempo, per comprendere come il differimento dei termini, non possa ritenersi ancora determinante ai fini di definire l'annosa questione, ancor più a seguito delle intenzioni iniziali del Governo di una proroga a giugno, che si sono scontrate con le regole contabili;
    la riscrittura dei parametri, che causerebbe la perdita dell'esenzione totale in oltre 2 mila comuni, cambiando le regole in altrettanti, risulta infatti, necessaria per recuperare la cifra pari a 350 milioni di euro, che lo Stato ha già utilizzato nelle coperture del cosiddetto «bonus-IRPEF»;
    il nuovo obbligo di pagamento, pertanto, si trasformerebbe in un una riduzione del trasferimento del medesimo importo per gli stessi enti locali, impegnati a recuperare le risorse dai nuovi soggetti agricoli contribuenti ai fini IMU;
    a tal fine, la proroga potrebbe rinviare il pagamento ma non il taglio operato sui comuni, che altrimenti determinerebbe uno squilibrio nei conti pubblici; conseguentemente,  le  amministrazioni comunali dovrebbero poter iscrivere nel bilancio in modo «convenzionale» un'entrata che si manifesterebbe solo successivamente;
    il suesposto meccanismo contabile, prevede la trasformazione in un incasso entro il prossimo mese di gennaio, per consentire che il gettito derivante dall'entrata fiscale, sia considerato nel bilancio consolidato pubblico, che l'Italia presenterà in sede europea, (come riporta, il citato articolo di stampa);
    tale procedura risulta peraltro confermata da un precedente avvenuto di recente, riconducibile alla cosiddetta «mini-IMU» e alla maggiorazione TARES, i cui pagamenti furono richiesti ai contribuenti nel gennaio del 2014, in quanto la relativa entrata era stata contabilizzata nell'anno precedente;
    le conseguenze di tale vicenda, che confermano anche in questa occasione relativa al pagamento dell'IMU per i terreni agricoli, un labirinto di procedure e di contraddizioni nell'operatività del sistema tributario e dei conseguenti adempimenti fiscali, indubbiamente schizofrenico, evidenziano pertanto, un impianto normativo così complesso e ambiguo, nel processo decisorio del Governo, riconducibile sia all'introduzione di ulteriori nuove imposte, che soprattutto nelle comunicazioni relative alle istruzioni del pagamento per i contribuenti soggetti all'IMU agricola, talmente ravvicinate alla scadenza, da disorientare in modo inequivocabile e irrispettoso gli stessi soggetti su cui grava l'imposta;
    la scadenza dei termini di pagamento per i nuovi contribuenti che, come rilevato in precedenza dal Sole 24 Ore, dovrebbe essere fissata al prossimo 26 gennaio (come in precedenza indicato, senza spostare tuttavia, quella del saldo IMU sui terreni agricoli che già pagavano con le regole precedenti) pone inoltre il problema dell'aliquota nei tanti comuni che non l'hanno mai stabilita in precedenza, in quanto i terreni agricoli rientranti nel perimetro geografico di loro pertinenza erano esenti che in questi casi dovrebbe essere quello standard, pari al 7,6 per mille;
    il quadro d'incertezza complessivamente esposto, rileva pertanto l'esigenza d'attivazione in tempi rapidi e certi, di una complessiva rivisitazione della normativa fiscale sui terreni agricoli attualmente esentati dall'IMU, in considerazione che tale decisione appare più una pretesa fiscale dettata dall'esigenza di «fare cassa», che colpisce un settore quale l'agricoltura, particolarmente rilevante per la crescita del prodotto interno lordo;
    l'urgenza di correzioni normative e di interventi precisi e più espliciti, appaiono a tal fine, quanto mai urgenti e necessari, sia nei riguardi di una numerosa platea di proprietari terrieri direttamente interessati dal pagamento dell'IMU (i quali dopo circa un ventennio di esenzione da imposte patrimoniale dovranno versare l'imposta alle amministrazioni locali coinvolte), che nei confronti dei 3.524 comuni, fino ad oggi considerati «montani» dall'ISTAT, i cui terreni agricoli sono esenti dall'IMU, (nonché nei riguardi di alcune aree dei 652 comuni ritenuti invece, «parzialmente montani»);
    nell'attuale congiuntura negativa, caratterizzata dalla persistente crisi economica e finanziaria nel Paese, dalla crescita irrilevante, dalla domanda interna estremamente debole, l'introduzione di un ulteriore imposta nei confronti del settore agricolo, già interessato negativamente da decisioni normative penalizzanti introdotte nel presente anno, risulta pertanto iniqua oltre che irragionevole, considerato che violerebbe ancora una volta il principio stabilito dallo «Statuto del contribuente» in relazione al quale le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti, la cui scadenza sia fissata prima del sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse previsti;
    a tal fine, occorre rivedere l'intero impianto normativo riferito a quanto disposto dall'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, che individua i comuni nei confronti dei quali, si applica il regime di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli, affinché si possano prevedere misure compensative in favore dei comuni, sopprimendo al contempo in via definitiva il medesimo tributo nei confronti di aree agricole, la cui introduzione determinerebbe riflessi economici e produttivi altamente dannosi,

impegnano il Governo:

   a prevedere in tempi rapidi iniziative dirette alla sospensione, del versamento dell'imposta municipale propria per l'anno 2014, prevista per il 16 dicembre 2014, per i soggetti individuati sulla base delle disposizioni previste dal decreto interministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro dell'interno, del 28 novembre 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre 2014;
   ad assumere iniziative per abrogare l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, introducendo di conseguenza misure di compensazione volte ad attribuire il minor gettito complessivo derivante dall'entrata tributaria pari a 350 milioni di euro, in favore dei 3.524 enti locali (considerati montani) i cui terreni a destinazione agro-silvo-pastorale rientrano nell'elenco predisposto dall'ISTAT, e sono attualmente esentati dal pagamento dell'IMU, nonché per i 652 comuni valutati invece «parzialmente montani»;
   ad assumere iniziative per prevedere, in caso contrario, una revisione dei criteri di calcolo di esenzione per le aree agricole interessate, rendendoli più equi ed equilibrati, attraverso l'eliminazione della scelta dell'altimetria dal centro abitato quale unico criterio di distinzione, che penalizza gravemente i terreni, ed in particolare quelli collinari e montani, caratterizzati da rilevanti dislivelli;
   a prevedere specifici interventi finalizzati a sostenere il comparto agricolo e agroalimentare e a promuoverne la competitività, anche avendo riguardo a misure per finanziare la ricerca e l'innovazione in agricoltura;
   ad assumere le iniziative di competenza dirette a favorire la produzione agricola e agroalimentare di qualità, che vive una gravissima crisi economica e occupazionale.
(7-00543) «Sandra Savino, Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo, Alberto Giorgetti, Laffranco, Francesco Saverio Romano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   il 20 febbraio 2014 la Commissione europea ha comunicato all'Italia l'apertura della procedura di infrazione relativa al caso EU-Pilot 1611/10/ENVI avviata per la violazione degli articoli 7 e 9 della direttiva n. 79/409/CEE, cosiddetta direttiva uccelli, e in particolare per il permanere, nel nostro Paese, della possibilità di concedere il prelievo in deroga, ormai palesemente illegittimo (la cattura degli uccelli avviene tra l'altro, con le reti, mezzo già vietato dalla suddetta direttiva), degli uccelli da utilizzare come richiami vivi, una pratica anacronistica e crudele che lede ogni diritto degli animali e del loro benessere;
   nella lettera del febbraio  2014, la Commissione europea ha anche ribadito l'esistenza di valide alternative all'uso degli uccelli migratori come richiami vivi, quali ad esempio i richiami a bocca alternative che le regioni italiane «in deroga» non hanno mai dimostrato di aver sperimentato;
   a seguito dell'apertura di tale procedura, che potrebbe costare al nostro Paese decine di milioni di euro (la sanzione minima per l'Italia è stata determinata in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 11.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell'infrazione) durante la discussione sulla legge europea-bis il Governo ha tentato di risolvere l'emergenza scaturita dalla lettera della Commissione europea apportando alcune modifiche all'articolo 4 alla legge 157 del 1992;
   tali modifiche, poi riprese dal decreto-legge del 24 giugno 2014, n. 91, convertito, dalla legge n. 116 dell'11 agosto 2014, ad avviso degli interpellanti, non sarebbero state sufficienti a risolvere il caso anche se il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Sandro Gozi ha dichiarato che: «questa posizione del Governo chiude la procedura di infrazione»;
   la Commissione europea ha poi, di fatto, smentito le parole del Sottosegretario attraverso una comunicazione del 28 luglio 2014 nella quale si legge che «tale modifica normativa non sia sufficiente a porre fine alla violazione degli articoli 8 e 9 della Direttiva Uccelli» e anche che le autorizzazioni in deroga all'articolo 9 sarebbero «illegittime in quanto violerebbero gli articoli 8 e 9 della direttiva uccelli (...) in primis per la mancanza di dimostrazione dell'esistenza di valide alternative»;
   il 26 novembre 2014 l'Europa ha inviato all'Italia il parere motivato sull'apertura della procedura di infrazione, anticamera del deferimento alla Corte di giustizia e ultimo passo prima della definitiva condanna a pagare che sarà avviata dopo due mesi da questa notifica;
   il Ministro per gli affari regionali su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a seguito di tale notifica ha immediatamente trasmesso ai presidenti delle regioni Lombardia ed Emilia Romagna una diffida in cui si chiede di annullare, entro 15 giorni, le delibere delle due regioni che, rispettivamente nel giugno e nel luglio 2014, hanno autorizzato l'attivazione di impianti di cattura di uccelli selvatici da utilizzare poi come richiami vivi, ma non si tratta ancora di misure sufficienti a risolvere definitivamente la procedura, poiché manca il tassello finale da parte del Governo di vietare definitivamente, e senza possibilità di deroga, questa pratica in tutto il Paese –:
   come il Governo intenda risolvere, in maniera definitiva, l'incompatibilità del diritto italiano con quello comunitario in materia di richiami vivi nell'attività venatoria al fine di chiudere la procedura di infrazione e scongiurare così il pagamento, per il nostro Paese, di un'elevata sanzione pecuniaria.
(2-00779) «Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Lupo, Parentela, Alberti, Barbanti, Nicola Bianchi, Brugnerotto, Busto, Cancelleri, Cariello, Caso, Castelli, Colonnese, Crippa, Currò, Da Villa, Daga, De Lorenzis, De Rosa, Della Valle, Dell'Orco, D'Incà, Fantinati, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Mannino, Micillo, Mucci».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   tra le misure annunciate dal Ministro della difesa Roberta Pinotti, il 16 ottobre 2014, rientra l'invio in Iraq di un contingente di militari italiani la cui consistenza, a oggi, risulta prevista in circa 280 soldati. Di questi, circa 200 dovrebbero svolgere il compito di addestratori a favore delle milizie della Regione autonoma del Kurdistan Iracheno (i cosiddetti «Peshmerga»), mentre un'ottantina ricoprirebbero il ruolo di consiglieri militari, presumibilmente con compiti di consulenza alle forze irachene e intelligence;
   il capo di Stato Maggiore della difesa Luigi Binelli Mantelli ha dichiarato, il 18 ottobre 2014, che l'attivazione di una base addestrativa italiana in Iraq, dove opereranno i circa 200 addestratori, dovrebbe avvenire entro la fine del mese di dicembre;
   la nuova base italiana verrà quasi sicuramente posizionata a Erbil (la capitale della Regione autonoma del Kurdistan iracheno), ma sarebbe ancora da definire il luogo esatto dove stabilirla;
   lo Status Of Forces Agreement (SOFA) è un tipo di intesa che garantisce l'immunità delle truppe straniere dalla giurisdizione locale a fronte di una serie di garanzie offerte allo stato ospite (tra cui le modalità di indennizzo a seguito di eventuali danni arrecati dalle truppe);
   dopo la scadenza del SOFA relativo alla missione Iraqi Freedom non è mai stato firmato un nuovo SOFA per le truppe straniere in Iraq;
   la contrattazione condotta dagli Stati Uniti nel 2011 per un nuovo accordo BSA (Bilateral Security Agreement), dal quale avrebbe potuto derivare un nuovo SOFA per le forze della coalizione, fallì, contribuendo alla decisione del Governo statunitense di procedere col ritiro totale delle truppe;
   il Governo statunitense ha ottenuto nel giugno 2014 un accordo bilaterale nella forma di scambio di note diplomatiche che ricalcherebbe sostanzialmente quello proposto dal Governo Al Maliki nel 2011, il quale fu respinto dagli Stati Uniti che lo consideravano inaccettabile perché non offriva sufficienti garanzie per le truppe;
   la validità del sopracitato accordo è dubbia perché, in base alla Costituzione irachena, avrebbe dovuto essere ratificato con un voto del parlamento iracheno, mentre ha solo la forma di uno scambio di note diplomatiche;
   anche se ne fosse confermata la validità, il sopracitato accordo tra Iraq e Stati Uniti non sembra poter essere esteso alle truppe degli altri paesi della Coalizione anti-ISIS poiché non c’è una missione formalmente gestita da un ente comune come, ad esempio, l'ISAF in Afghanistan;
   in questo contesto, l'Australia ha optato per fornire i propri militari dispiegati in Iraq di passaporto diplomatico, soluzione adottata dopo aver ottenuto il consenso del Governo iracheno in seguito a un lungo periodo di negoziazione;
   nessuna informazione è stata fornita dal Governo italiano riguardo a come si intenda ottenere la garanzia dell'immunità per i militari italiani impegnati in Iraq;
   il solo scambio di note diplomatiche tra l'Italia e l'Iraq non offrirebbe ai militari italiani in missione in Iraq sufficienti garanzie di immunità dalla giurisdizione locale, soprattutto considerando che la maggior parte di essi sarà dispiegata nella Regione autonoma del Kurdistan Iracheno, le cui istituzioni potrebbero non considerare vincolante una semplice nota diplomatica emessa da Baghdad;
   da fonti di stampa (http://www.ilgiornale.it) si apprende che il 26 novembre 2014 sono giunti a Erbil sette militari italiani con il compito di preparare il terreno (scegliere le infrastrutture, prendere contatti con i locali e altro) per l'arrivo del resto del contingente italiano che dovrebbe iniziare ad affluire in Iraq entro la fine dell'anno in corso;
   il Sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi, ha dichiarato il 22 ottobre (http://messaggeroveneto.gelocal.it) che gli addestratori italiani inviati in Iraq «avranno capacità addestrative in zona di contatto», lasciando intendere che saranno esposti a un livello di rischio molto elevato –:
   quali ragioni abbiano spinto l'Italia a iniziare il dispiegamento di personale militare in Iraq prima che sia stato stipulato con le autorità di quello Stato un accordo di tipo SOFA;
   se non intenda il Governo fornire dettagli di questa missione e, in particolare, indicare i modi in cui prevede di garantire l'immunità dalla giurisdizione locale delle truppe italiane in missione nel territorio iracheno.
(2-00781) «Artini, Pisicchio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DA VILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   SoSE – soluzioni per il sistema economico spa è una società costituita dal Ministero dell'economia e delle finanze, per l'88 per cento del capitale, e da Banca d'Italia, per la restante quota, ai sensi dell'articolo 10, comma 12, legge 8 maggio 1998, n. 146. Essa è attiva nella realizzazione degli studi di settore e nella determinazione dei fabbisogni standard in attuazione del federalismo fiscale;
   il Ministero dell'economia e delle finanze rientra a pieno nell'elencazione di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, presupposto per l'applicazione della normativa sulla «trasparenza» di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190, e di cui al recente decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33; l'articolo 11, comma 2, di quest'ultimo decreto estende poi, pur parzialmente, il perimetro di applicazione delle regole sulla trasparenza «alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1...»;
   nel sito istituzionale di SoSE è presente la sezione «amministrazione trasparente» che, tuttavia, risulta ad avviso dell'interrogante carente di numerose informazioni prescritte dalle disposizioni del ricordato decreto legislativo n. 33 del 2013. In particolare si evidenzia che:
    a) nella sotto-sezione «La Governance» compaiono soltanto i cinque nominativi del consiglio di amministrazione ed i tre del collegio sindacale, ma non è possibile riscontrare tutti i dati richiesti dall'articolo 14 del citato decreto (atto di nomina e durata del mandato, curriculum, compenso, spese per viaggi e missioni di servizio);
    b) non risulta pubblicato il «Programma triennale per la trasparenza e l'integrità ed il relativo stato di attuazione» come previsto dall'articolo 10, comma 8, del decreto e come chiarito dalla circolare del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 1/2014;
    c) non è possibile rilevare tout court la sotto-sezione «organizzazione», di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 33 del 2013 (e come chiarito nella circolare di cui sopra), ovvero i dati concernenti «l'articolazione degli uffici, le competenze e le risorse a disposizione di ciascun ufficio, anche di livello dirigenziale non generale, i nomi dei dirigenti responsabili dei singoli uffici»;
    d) risulta completamente mancante la sotto-sezione «consulenti e collaboratori» di cui all'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo n. 33 del 2013. Tale deficit dovrebbe comportare peraltro l'inefficacia degli atti di conferimento degli incarichi già affidati (comma 2), l'applicazione di una sanzione pari al corrispettivo pagato, in relazione agli incarichi attribuiti, nei confronti del dirigente che ha disposto il loro pagamento (comma 4) ed infine l'avvio del procedimento sanzionatorio di cui all'articolo 46;
    e) non si riesce a rintracciare la sotto-sezione dedicata agli eventuali «enti controllati», ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 33 del 2013, nonché le eventuali somme erogate a loro favore da parte della controllante posto il divieto esistente in tal senso a causa della mancata o incompleta pubblicazione dei dati;
    f) non risulta pubblicata la sotto-sezione «Sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici» prevista dall'articolo 26 del decreto legislativo n. 33 del 2013 e spiegata esaustivamente nella delibera CIVIT n. 59 del 2013 del 15 luglio 2013 dell'Autorità nazionale anticorruzione. È auspicabile che non vi siano state elargizioni di questo tipo, perché la sanzione sarebbe l'inefficacia degli eventuali atti effettuati nel corso del 2013. Alla mancata pubblicazione dovrebbe risollevarsi inoltre la «responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l'indebita concessione o attribuzione del beneficio economico» a carico del responsabile per la trasparenza;
    g) non risulta l'attestazione fatta dall'OIV, o altra struttura interna a ciò dedicata, circa l'assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all'integrità, ai sensi dell'articolo 14, comma 4, lettera g), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e come chiarito dalla delibera CIVIT n. 71/2013 del 1o agosto 2013 dell'Autorità nazionale anticorruzione;
    h) la sotto-sezione dedicata agli «Affidamenti di lavori, forniture e servizi» è presente ma i dati riportati nei link presenti per le annualità 2012 e 2013 ad avviso dell'interrogante non sono affatto chiari e dunque non sono facilmente accessibili e utilizzabili. E ciò secondo l'interrogante in palese violazione degli articoli 1, 3 e 6 del decreto legislativo n. 33 del 2013. Inoltre, il formato scelto, l’xml, non rientra tra i formati «open» previsti dal CNIPA, ai sensi dell'articolo 7 dello stesso decreto e dell'ivi richiamato articolo 68, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell'amministrazione digitale);
    i) non è presente una sotto-sezione dedicata ai bandi di concorso, come previsto dall'articolo 19 del decreto n. 33 del 2013 e ribadito dalla sopracitata circolare. Solo alcune sparute informazioni sono riportate nella sezione web «Lavora con noi»;
    j) è assente qualsiasi riferimento al responsabile per la trasparenza, che coincide di regola col responsabile per la prevenzione della corruzione e che va indicato obbligatoriamente, ai sensi dell'articolo 43 dei decreto e della ricordata circolare ministeriale;
   la pubblicazione di informazioni e dati, come quelli sopra elencati, deve essere «tempestiva», come recita l'articolo 8 del decreto. Ebbene, la decorrenza di tale obbligo è riconducibile, almeno, al giorno 20 aprile 2013, seppure per molti dati in realtà tale obbligo è ampiamente precedente, in quanto ricollegabile all'entrata in vigore della legge 6 novembre 2012, n. 190; sarebbe inaccettabile che una società strumentale del Ministero, che si occupa peraltro di studi di settore e quindi di determinare una imposizione fiscale nei confronti dei contribuenti, non avesse rispettato in modo così ampio una normativa nazionale importante per la ricostruzione del rapporto fiduciario tra Stato e cittadini-contribuenti, come quella sulla «trasparenza» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali misure intenda attuare, e in che tempi, per far rispettare pienamente la normativa sulla «trasparenza» da parte di SoSE spa;
   se, considerata la apparente grave e diffusa condotta in contrasto con la legge, non si ritenga opportuno valutare se sussistano i presupposti per rimuovere l'intero consiglio di amministrazione della società al fine di dare un giusto segnale di attenzione al rispetto degli obblighi sulla «trasparenza» da parte delle pubbliche amministrazioni, che contribuiscono anche a limitare le occasioni di far commettere reati contro la stessa pubblica amministrazione, quali corruzione e concussione;
   come si intenda affrontare, in particolare, la questione dei numerosi affidamenti di consulenze e collaborazioni che, a causa della mancata pubblicazione, sarebbero ex lege inefficaci ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013;
   se il Governo intenda segnalare all'ANAC le inadempienze evidenziate in premessa per l'avvio degli opportuni procedimenti sanzionatori, di cui agli articoli 46-47 del decreto legislativo n. 33 del 2013, nei confronti del management, della dirigenza di SoSE e del responsabile per la trasparenza. (5-04259)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Il 14 novembre 2014 la task force nazionale per gli investimenti, coordinata dal Ministero dell'economia e delle finanze con l'indirizzo della Presidenza del Consiglio, ha presentato alla task force europea (Commissione, Bei, Stati membri) una selezione di progetti per una richiesta di finanziamento alla Bei pari a oltre 40 miliardi di euro;
   l'obiettivo del cosiddetto piano Juncker, sotto cui rientrano i finanziamenti, è di rilanciare la crescita economica dell'Unione europea attraverso progetti d'investimento, attivabili nel triennio 2015-2017, in cinque aree identificate a livello europeo: innovazione, energia, trasporti, infrastrutture sociali e tutela delle risorse naturali;
   il relativo comunicato stampa del Ministro dell'economia e delle finanze, sempre del 14 novembre, informa che nella selezione dei progetti da parte del Governo, si è tenuto conto delle priorità nazionali;
   tra i progetti inclusi nella richiesta del Governo figura, secondo fonti di stampa, il porto offshore di Venezia, pari a un costo di 948 milioni di euro;
   forti riserve sussistono sull'idoneità del progetto, sia sotto il punto di vista di priorità nazionale in una prospettiva geopolitica, sia sotto quello della sua sostenibilità finanziaria;
   i fondi destinati al progetto veneziano avrebbero potuto essere utilizzati, in un'ottica più lungimirante, a beneficio di progetti coinvolgenti i porti italiani dell'intera area dell'alto adriatico dove Koper/Capodistria in Slovenia – come pubblicato nell'edizione online del Piccolo del 2 dicembre 2014 – è emerso quale scalo in maggior crescita, con un incremento – da gennaio a settembre 2014 – pari al 15 per cento in merito al traffico contenitori;
   a quest'ultimo riguardo non risulta l'inclusione nei progetti strategici, da parte del Governo, del porto franco di Trieste, nonostante il suo peso strategico fosse stato ribadito dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi in un intervento il 29 settembre 2014;
   lo status giuridico peculiare del porto franco di Trieste, derivante dall'Allegato VIII del Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze alleate, firmato nel 1947, lo rende particolarmente idoneo all'inserimento in progetti strategici aventi per oggetto il rilancio della crescita economica europea -:
   se si intenda modificare l'orientamento a beneficio del solo porto di Venezia, espresso dalla task force nazionale per gli investimenti, coinvolgendo nei progetti d'investimento anche il porto franco di Trieste. (4-07195)


   TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   nel settore turistico balneare sono impegnate oltre 30.000 piccole e medie imprese che costituiscono un asse portante dell'apparato produttivo italiano e un settore strategico per il turismo;
   dal 2008, la Commissione europea ha avviato una procedura d'infrazione, la procedura n. 2008/4908 – per il mancato rispetto della direttiva Bolkestein, direttiva 2006/123/CE – nei confronti dell'Italia, a causa delle criticità sollevate in relazione al meccanismo del rinnovo automatico delle stesse concessioni e alla preferenza accordata al concessionario uscente;
   la direttiva «Bolkestein» prevede la messa in asta delle concessioni balneari già gestite e avviate dalle piccole e medie imprese le quali non potrebbero reggere offerte dalle multinazionali operanti nel settore finanziario;
   ad oggi, con il recepimento di tale direttiva, l'attuale stato dei fatti non riesce da un lato a risolvere e tutelare la situazione di chi ha già investito nel settore turistico balneare, e dall'altro evitare altre sanzioni per la mancata effettiva attuazione della direttiva «2006/123/CE» –:
   se il Governo non intenda assumere improcrastinabilmente iniziative per il riordino del settore, coordinato e realizzato con tavoli di lavoro insieme a tutti gli interessati;
   se e come il Governo intenda tutelare gli interessi delle piccole e medie imprese almeno per l'aspetto riguardante il rientro dei costi;
   se il Governo intenda assumere iniziative normative affinché per la ristrutturazione delle strutture siano adottati criteri di autosufficienza energetica ed eco-compatibilità;
   se il Governo intenda assumere iniziative normative perché siano date in concessione delle aree marittime degradate tipo ex discariche, insediamenti militari, ex aree ferroviarie, da bonificare, e simili, per il recupero con risanamento e riconversione. (4-07200)


   CARFAGNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo recenti notizie di stampa il dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio non ha rinnovato il finanziamento biennale all'Istituto di neuropsichiatria Infantile dell'Università La Sapienza di Roma, sito in via dei Sabelli, per un ammontare di circa 45 mila euro all'anno. Il finanziamento, dell'ammontare complessivo di circa cento mila euro, non viene erogato da giugno scorso e da allora i medici e gli infermieri starebbero lavorando gratis pur di non interrompere le terapie a favore dei minori abusati non abbienti. Ma a fine anno, in assenza di rifinanziamento pubblico il servizio dovrà chiudere i battenti e lasciare liberi i locali dell'Università;
   l'ateneo romano avrebbe concesso questa proroga a titolo gratuito al personale, al fine di proseguire nel servizio ma fino al 31 dicembre 2014, cioè quando scadrà anche la copertura sanitaria, senza la quale non si può erogare alcun servizio. Terapie a rischio per almeno venti minori abusati o autori di abusi a Roma, a cui vanno aggiunti altri minori, vittime di abusi sessuali e maltrattamenti che, statistiche di questi due anni alla mano, non potranno più usufruire del servizio di assistenza cura e ricerca sull'abuso all'Infanzia del progetto «SACRAI» che opera dal novembre 2012 presso il dipartimento di neuropsichiatria infantile e che nei suoi 18 mesi di attività ha ricevuto richieste di assistenza a minori di gran lunga superiori a quanto previsto: circa 51 segnalazioni pervenute contro le 30 prospettate;
   sono stati svolti 46 incontri di consulenza agli operatori dei servizi territoriali sui casi di sospetto abuso sessuale e maltrattamento, 25 supervisioni ai servizi sanitari ed ai municipi mediante incontri sul singolo caso, 40 valutazioni psicodiagnostiche, 20 prese in carico psicoterapeutiche di minori (vittime e autori), valutazioni/monitoraggi per conto del tribunale minorile e ordinario, consulenze legali e incontri con la magistratura (ordinaria e minorile), due convegni di rilevanza nazionale sui temi degli abusi e del trauma, attività di ricerca sui minori autori di reati sessuali –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda avviare per non permettere che l'istituto di neuropsichiatria infantile dell'università La Sapienza di Roma venga definitivamente chiuso. (4-07202)


   BOCCADUTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi i media hanno diffuso la notizia di numerose comunicazioni, avvisi e diffide che ispettori, mandatari ed agenzie delle SIAE — Società italiana autori ed editori — starebbero consegnando e inviando ai gestori di centinaia di esercizi commerciali di tutta Italia, rappresentando il rischio di incorrere in sanzioni di carattere anche penale, qualora non paghino non meglio precisati compensi alla SIAE e a prescindere dalla circostanza che diffondano al pubblico musica appartenente al repertorio da quest'ultima amministrato o meno;
   una delle comunicazioni in questione, ad esempio, recita: «Si comunica che la legge 633/41 articolo 171 prevede la denuncia penale alle autorità di Polizia Giudiziaria in caso di mancata richiesta di autorizzazione alla Siae e dei relativi pagamenti in caso di diffusione o esecuzione musicale in qualsiasi forma. Si invita pertanto a regolarizzare la posizione nei tempi indicati onde evitare seguiti penalmente rilevanti». Tale comunicazione è diffusa in ciclostile tra decine di esercizi commerciali in diverse regioni italiane, a firma dei rappresentanti sul territorio della SIAE e all'indirizzo di onesti commercianti che, magari, utilizzano musica di pubblico dominio o musica estranea al repertorio amministrato dalla SIAE e regolarmente loro licenziata da società diverse di gestione dei diritti;
   contrariamente a quanto riferito dalla SIAE nelle citate comunicazioni, la legge sul diritto d'autore si limita a prevedere sanzioni — anche di carattere penale — per le sole ipotesi in cui si diffondano al pubblico opere musicali coperte da diritto d'autore senza l'autorizzazione del relativo titolare, ove necessaria e che tale autorizzazione, naturalmente, può essere data da soggetti diversi rispetto alla SIAE o non essere affatto necessaria;
   pertanto, la pratica commerciale della SIAE — ente pubblico economico a base associativa sottoposto alla vigilanza delle Autorità destinatarie della presente interrogazione — risulta secondo l'interrogante aggressiva ed idonea a rappresentare ai commercianti come reale e attuale una minaccia di sanzioni penali in realtà inesistenti allo scopo evidente di indurre questi ultimi al versamento alla SIAE delle somme da quest'ultima richiesta;
   appare grave e preoccupante che un ente pubblico economico cui lo Stato attribuisce rilevanti funzioni di carattere pubblicistico a tutela del diritto d'autore ricorra a strumenti e dinamiche quali quelle di cui si è detto per lo svolgimento della propria attività, ledendo gravemente la libertà di impresa di commercianti e gestori di bar, ristoranti e hotel;
   la condotta posta in essere dalla SIAE evidenzia secondo l'interrogante gravi profili di possibile rilevanza sotto il profilo della disciplina della concorrenza e in generale della liceità della medesima –:
   se e quali iniziative le Autorità vigilanti intendano intraprendere in relazione a quanto descritto in premessa;
   se non ritengano opportuno comunicare alla direzione generale della società la necessità di porre immediatamente fine alla pratica commerciale di cui alle premesse;
   se ritengano quanto precede compatibile con l'esercizio da parte della SIAE di rilevanti attività anche in relazione al servizio di riscossione di imposte e tributi da parte dell'agenzia delle entrate.
(4-07213)


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Sardegna è l'unica regione della Repubblica non servita dalla rete nazionale di distribuzione del gas metano;
   l'assenza del metano, con il conseguente approvvigionamento di energia proveniente da fonti alternative, è una delle cause principali del ritardo nello sviluppo della Sardegna rispetto alla media nazionale ed europea;
   la mancata metanizzazione incide negativamente sia sui costi delle attività d'impresa e industriali isolane, che sulla spesa delle singole famiglie;
   il metano si caratterizza per una sensibile riduzione delle emissioni di anidride carbonica, proponendosi come fonte primaria per il conseguimento degli obiettivi preposti dalle direttive comunitarie per la riduzione di emissioni entro il 2020;
   l'unica possibilità allo stato attuale per creare, in tempi ragionevoli, una rete di distribuzione del metano in Sardegna è rappresentata dall'installazione di impianti per la rigassificazione da collegare in rete attraverso l'utilizzo delle infrastrutture già esistenti e coincidenti con le aree industriali di Macchiareddu-Sarroch e Porto Torres;
   le utenze potenziali nell'area vasta di Cagliari costituiscono circa il 50 per cento del fabbisogno regionale (industriale e civile), rappresentate dall'area metropolitana (450.000-500.000 abitanti), mentre le utenze potenziali nell'area di Porto Torres-Sassari-Alghero costituiscono circa il 30 per cento del fabbisogno regionale (industriale e civile), rappresentate dall'area metropolitana (circa 200.000 abitanti) e dall'area industriale di Porto Torres –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere per consentire alla Sardegna di potersi approvvigionare, al pari di tutte le altre regioni d'Italia e d'Europa, del metano quale fonte energetica indispensabile a supporto dello sviluppo socio economico dell'isola;
   se non ritengano opportuno attivarsi per dotare l'isola dei terminali di rigassificazione, nelle aree industriali riportate in premessa, dove, oltre ai servizi e alle infrastrutture fondamentali, esistono già le competenze e le professionalità in grado di assicurare la funzionalità degli impianti;
   se non ritengano opportuno inserire l'isola nel documento delle strategie energetiche nazionali (SEN) e negoziare con la Regione autonoma della Sardegna l'adozione di procedure straordinarie, tese a colmare il gap energetico della regione con il resto del territorio dello Stato. (4-07216)


   MURA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   nonostante il comune di Escalaplano, in Sardegna, sia transitato dall'ambito provinciale di Nuoro a quello di Cagliari, come sancito dalla legge regionale 2 gennaio 1997 e successive modificazioni, a tutt'oggi si trova in una situazione di totale confusione burocratica e amministrativa a causa del mancato trasferimento delle competenze degli uffici statali dalla provincia di Nuoro a quella di Cagliari;
   mentre le competenze amministrative regionali e provinciali sono passate dagli uffici della provincia di Nuoro a quella di Cagliari, per quelle statali nulla è cambiato, con la conseguenza che gli abitanti di Escalaplano e le imprese locali si trovano, di fatto, a doversi rapportare con due ambiti provinciali diversi;
   la regione autonoma della Sardegna ha trasferito, per detto comune, la competenza dei propri uffici territoriali da Nuoro a Cagliari e, pertanto, il comune di Escalaplano appartiene alla circoscrizione provinciale di Cagliari, fa parte dell'Unione dei comuni del Gerrei (provincia di Cagliari) ed è compreso nel distretto sanitario di Isili dell'Azienda Sanitaria U.S.L. n. 8 di Cagliari;
   per contro, su Escalaplano, continuano ad esercitare la propria competenza le seguenti autorità e uffici statali della provincia di Nuoro: prefettura (escluso il servizio elettorale), questura, commissariato di polizia, comando provinciale dell'Arma dei carabinieri, Inail, Agenzia delle entrate, Agenzia del territorio, camera di commercio, Soprintendenza B.A.P.S.A.E., ufficio scolastico provinciale e vigili del fuoco;
   la questione delle competenze riguarda tutti i comuni sardi transitati dalla provincia di Nuoro a quella di Cagliari e, più in generale, da una provincia storica all'altra –:
   se non ritengano urgente definire il passaggio di competenze di tutti gli uffici statali sul territorio di Escalaplano – e dei comuni che si trovano nelle medesime condizioni – dall'ambito provinciale di Nuoro a quello di Cagliari;
   quali iniziative intendano assumere affinché le autorità, gli enti e le istituzioni sopra citate, ciascuno per le rispettive competenze, svolgano un'azione sinergica al fine di assicurare questo passaggio di competenze dall'ambito provinciale di Nuoro a quello di Cagliari. (4-07218)


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, DI VITA, D'UVA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO e VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 28 marzo 2014 la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera C(2014)1851 di costituzione in mora, ex articolo 258 TFUE, con la quale ha aperto la procedura di infrazione 2014–2059 riguardante l'attuazione in Italia della direttiva 1991/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane (ex Pilot 1976/2011/ENVI);
   la direttiva 91/271/CEE ha per obiettivo quello di assicurare che le acque reflue urbane siano raccolte e sottoposte a trattamento appropriato, in base ai criteri precisati nella direttiva, al fine di assicurare un elevato livello di protezione dell'ambiente e, di conseguenza, della salute dei cittadini dell'Unione europea;
   in base all'articolo 3 della medesima direttiva «(1) Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane, entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15.000 e entro il 31 dicembre 2005 per quelli con numero di a.e. compreso tra 2.000 e 15.000. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate “aree sensibili” ai sensi della definizione di cui all'articolo 5, gli Stati membri garantiscono che gli agglomerati con oltre 10.000 a.e. siano provvisti di reti fognarie al più tardi entro il 31 dicembre 1998. Laddove la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi, occorrerà avvalersi di sistemi individuali o di altri sistemi adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale. (2) Le reti fognarie di cui al paragrafo 1 devono rispondere ai requisiti dell'allegato I A. Tali requisiti possono essere modificati secondo la procedura prevista all'articolo 18»;
   in base all'articolo 4 «(1) Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, secondo le seguenti modalità: al più tardi entro il 31 dicembre 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000 a.e.; entro il 31 dicembre 2005 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10.000 e 15.000; entro il 31 dicembre 2 005 per gli scarichi in acque dolci ed estuari provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 2.000 e 10.000. (2) Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in regioni d'alta montagna (al di sopra dei 1.500 metri sul livello del mare), dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al paragrafo 1, purché studi dettagliati comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente. (3) Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti ai paragrafi i e 2 devono soddisfare ai requisiti previsti all'allegato I B. Tali requisiti possono essere modificati conformemente alla procedura prevista all'articolo 18. (4) Il carico espresso in a.e. va calcolato sulla base del carico medio settimanale massimo in ingresso all'impianto di trattamento nel corso dell'anno escludendo situazioni inconsuete, quali quelle dovute a piogge abbondanti»;
   secondo l'articolo 5, «(1) Per conseguire gli scopi di cui al paragrafo 2, gli Stati membri individuano, entro il 31 dicembre 1993, le aree sensibili secondo i criteri stabiliti nell'allegato II. (2) Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello descritto all'articolo 4 al più tardi entro il 31 dicembre 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10.000 a.e. (3) Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti al paragrafo 2 devono soddisfare ai pertinenti requisiti previsti dall'allegato I B. Tali requisiti possono essere modificati secondo la procedura prevista all'articolo 18. (4) In alternativa, i requisiti stabiliti ai paragrafi 2 e 3 per i singoli impianti non necessitano di applicazione nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in quella determinata area è pari almeno al 75 per cento per il fosforo totale e almeno al 75 per cento per l'azoto totale. (5) Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti in aree sensibili e che contribuiscono all'inquinamento di tali aree, sono soggetti ai paragrafi 2, 3 e 4. Qualora i suddetti bacini drenanti siano situati, totalmente o parzialmente, in un altro Stato membro si applica l'articolo 9. (6) Gli Stati membri provvedono affinché si proceda alla reidentificazione delle aree sensibili ad intervalli non superiori ai quattro anni. (7) Gli Stati membri provvedono affinché le aree individuate come sensibili in seguito alla reidentificazione di cui al paragrafo 6 soddisfino, entro sette anni, ai requisiti di cui sopra. (8) Uno Stato membri non è tenuto ad individuare aree sensibili ai sensi della presente direttiva qualora applichi il trattamento prescritto dai paragrafi 2, 3 e 4 in tutto il suo territorio»;
   l'articolo 10 della medesima direttiva stabilisce che: «Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. La progettazione degli impianti deve tener conto delle variazioni stagionali di carico»;
   in una lettera del 4 aprile 2011, i servizi della Commissione, direzione generale dell'ambiente, hanno chiesto alle autorità italiane (rif. EU-Pilot 1976/11/ENVI) di fornire informazioni sull'attuazione della direttiva in Italia, in particolare per quanto riguarda 1.007 agglomerati: a) 11 agglomerati che sono risultati non conformi all'articolo 3 della direttiva; b) 583 agglomerati che sono risultati non conformi agli articoli 3 e 4 della direttiva; c) 383 agglomerati che sono risultati non conformi all'articolo 4 della direttiva; d) 6 agglomerati che sono risultati non conformi agli articoli 4 e 5 della direttiva; e) 24 agglomerati che sono risultati non conformi all'articolo 5 della direttiva;
   le autorità italiane hanno risposto alle richieste di cui sopra, con lettere, rispettivamente del 16 settembre 2011, 23 gennaio 2012, 29 maggio 2012 e 11 luglio 2013. La lettera di costituzione di messa in mora inviata dalla Commissione europea all'Italia, in data 28 marzo 2014, si basa sull'analisi fornita proprio dalle autorità italiane relativamente agli agglomerati interessati da tutte le richieste EU-Pilot di cui sopra;
   la Commissione ritiene che l'Italia sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 3, 4, 5(2), 5(3), e 10 della direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, in un numero consistente di agglomerati – alcuni dei quali molto grandi (Roma, Firenze, Napoli, Bari, Pisa) – e alcuni dei quali scaricano in aree sensibili. Inoltre l'Italia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, della direttiva in cinquantacinque aree sensibili. Ciò costituisce una violazione sistematica della direttiva,
   l'Allegato I alla lettera di costituzione in mora riporta gli agglomerati non conformi agli articoli 3 e/o 4 e/o 5 della direttiva, che sono localizzati in tutte le regioni italiane – ad eccezione del Molise – 27 in Abruzzo, 41 in Basilicata, 2 nella provincia di Bolzano, 130 in Calabria, 115 in Campania, 10 in Emilia Romagna, 8 in Friuli Venezia Giulia, 6 nel Lazio, 9 in Liguria, 115 in Lombardia, 46 nelle Marche, 3 in Piemonte, 37 in Puglia, 64 in Sardegna, 175 in Sicilia, 42 in Toscana, 2 nella provincia di Trento, 9 in Umbria, 2 in Valle d'Aosta e 37 in Veneto;
   la Commissione sottolinea che la situazione descritta nella lettera di costituzione in mora rappresenta una situazione estremamente preoccupante di non conformità generalizzata e persistente con la direttiva 91/271/CEE di molti agglomerati italiani. Infatti, per un numero considerevole di agglomerati italiani, la Corte di giustizia europea ha già accertato la violazione del articoli 3, 4, 5 e 10 della direttiva nelle sentenze relative ai casi di infrazione 2004/2034 e 2009/2034;
   per fronteggiare i problemi alla base delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea richiamate e della procedura di infrazione 2014–2059, il decreto legge n. 133 del 2014, all'articolo 7 comma 6, prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un apposito Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche, da finanziare con la revoca delle risorse della delibera CIPE 30 aprile 2012, n. 60 per le quali – alla data del 30 settembre 2014 – non risultino essere stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti e per i quali, a seguito di specifiche verifiche tecniche effettuate dall'ISPRA, risultino accertati obiettivi impedimenti di carattere tecnico-progettuale o urbanistico, ovvero situazioni di inerzia del soggetto attuatore;
   a questo scopo, i Presidenti delle regioni o i commissari straordinari avrebbero dovuto comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'elenco degli interventi, che si ritrovano nella situazione descritta sopra, entro il 31 ottobre 2014, ed entro i successivi 60 giorni, ISPRA deve effettuare le verifiche tecniche di competenza e riferirne gli esiti al Ministero;
   l'accesso al fondo istituito all'articolo 7 comma 6, è subordinato all'affidamento al gestore unico del servizio idrico integrato nell'Ambito territoriale ottimale, ed è comunque richiesta una quota di partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato commisurata all'entità degli investimenti da finanziare;
   il successivo comma 7 dello stesso articolo 7 prevede, anche, che per accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea, entro il 31 dicembre 2014, può essere attivata la procedura di esercizio del potere sostitutivo, da parte del Governo, anche con la nomina di appositi commissari straordinari;
   con riferimento all'attuazione degli accordi di programma quadro sottoscritti per l'attuazione degli interventi nel settore del trattamento delle acque, di cui alla citata delibera CIPE 60/2012, il Sottosegretario Gabriele Toccafondi – rispondendo all'interpellanza n. 2-00452 a prima firma del deputato Federica Daga – ha riferito che prima dell'avvio delle procedure di aggiudicazione, per una verifica dell'efficienza e dell'efficacia del progetto stesso rispetto al conseguimento dell'obiettivo, ossia al superamento del contenzioso, le regioni presentino al Ministero dell'ambiente i progetti a base e che nel corso l'Unità di verifica tecnica, appositamente costituita ha analizzato un totale di 87 progetti inviati dalle regioni Puglia (20), Sardegna (15), e Sicilia (52) e che nessun progetto è stato inviato dalle regioni Basilicata, Calabria e Campania;
   rispondendo alla stessa interpellanza, il sottosegretario Toccafondi ha altresì evidenziato che «le difficoltà nel superare il contenzioso risiede soprattutto nella mancanza di finanziamento delle opere infrastrutturali» e che a seguito di una ricognizione, riferita alle sole regioni del centro-nord, degli interventi e relativi fabbisogni nel settore fognario-depurativo sono stati individuati 896 interventi, parte dei quali risolutivi del contenzioso in argomento, per un fabbisogno pari a circa un miliardo e ottocento milioni di euro;
   le citate disposizioni contenute nel decreto legge n. 133 del 2014 non affrontano il problema della mancanza di finanziamento delle opere infrastrutturali, dal momento che dispongono l'istituzione di un fondo con le somme già stanziate, e non ancora impegnate, e prevedono come condizione di accesso al medesimo fondo – a ulteriore danno dei cittadini privi di un servizio di trattamento delle acque a norma – una quota di partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato –:
   quale sia il numero dei progetti previsti negli accordi di programma quadro che le regioni hanno provveduto a trasmettere all'unità di verifica tecnica istituita presso il Ministero, nel corso del 2014, e il numero dei progetti che la stessa unita di verifica ha giudicato idonei nonché quelli non idonei a rendere i sistemi di trattamento delle acque conformi alla direttiva 91/271/CEE;
   se intenda fornire l'elenco degli interventi finanziati a valere sui fondi assegnati con la delibera CIPE 60/2012, rispetto ai quali – in forza delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 133 del 2014 – i presidenti delle regioni o i commissari hanno comunicato la mancata assunzione di impegni giuridicamente vincolanti alla data del 30 settembre 2014;
   se, quando e con quali tempistica modalità ed istruzioni, sia stato affidato all'ISPRA il compito di effettuate le verifiche tecniche in ordine agli ostacoli alla base della mancata assunzione degli impegni giuridicamente vincolanti;
   se, ai fini della revoca delle risorse di cui alla delibera CIPE 60/2012 e della successiva riassegnazione di quest'ultime al fondo istituito di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 133 del 2014, intenda adottare criteri, al fine di distinguere le situazioni nelle quali sono presenti obiettivi impedimenti di carattere tecnico da quelle contraddistinte dall'inerzia del soggetto attuatore;
   se non ritenga che l'eventuale partecipazione al finanziamento degli interventi a valere sulla tariffa del servizio idrico integrato previsto dal citato articolo 7 comma 6 – laddove riguardi situazioni oggetto di contenzioso tra la Repubblica italiana e la Commissione europea per inadempimento della direttiva 91/271/CEE, determinatesi per l'inerzia dei soggetti attuatori e per il mancato utilizzo di risorse pubbliche precedentemente assegnate – debba essere preceduta e/o accompagnata dalla segnalazione ai competenti organi per l'accertamento di eventuali responsabilità, anche erariali, dei soggetti inadempienti, dal momento che costituisce una beffa nei confronti dei cittadini;
   se, con quali modalità e rispetto a quali situazioni, intenda proporre al Consiglio dei ministri l'esercizio dei poteri sostitutivi previsti dall'articolo 7, comma 7 del decreto-legge 133 del 2014 per accelerare la realizzazione degli interventi necessari ad assicurare il rispetto degli obblighi dettati direttiva 91/271/CEE negli agglomerati oggetto di procedura di infrazione o già di una prima condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea;
   se ritenga che la stima, pari a circa un miliardo e ottocento milioni di euro, delle somme da reperire per garantire il pieno rispetto delle disposizioni della direttiva 91/271/CEE nel nostro paese – formulata dal Sottosegretario Toccafondi rispondendo alla citata interpellanza n. 2-00452 – sia ancora corretta, ovvero se, e con quale ordine di grandezza, vada aggiornata alla luce della procedura di infrazione n. 2014–2059 che contesta violazioni generalizzate della stessa direttiva in circa 900 agglomerati localizzati in quasi tutte le regioni italiane. (4-07231)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PLANGGER. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia ha concluso vari accordi bilaterali sulla promozione e protezione degli investimenti;
   per valutare correttamente la politica estera italiana in materia di promozione e protezione degli investimenti esteri è necessario sapere quali Trattati bilaterali sono stati firmati, quanti siano attualmente in vigore e quanti siano invece stati terminati e per quale motivo;
   il motore di ricerca del sito web «ATRIO – Archivio dei Trattati internazionali online» della Farnesina, cercando gli accordi sulla promozione e protezione degli investimenti, dà all'incirca 50 Trattati internazionali in vigore, mentre il motore di ricerca del sito web «investmentpolicyhub.unctad.org» della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo UNCTAD, dà, invece 106 Accordi bilaterali d'investimento, di cui 19 risultano firmati e non in vigore e 11 risultano terminati;
   il sito del Ministero non sembra, pertanto, riprodurre gli stessi risultati, con la stessa chiave di ricerca, come il motore di ricerca dell'UNCTAD –:
   quale sia il motivo della discrepanza nella ricerca sul motore di ricerca del sito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale rispetto al sito dell'UNCTAD e se intenda rimediare alla differenza di informazioni tra i due siti ufficiali, al fine di permettere ai cittadini italiani di conoscere con certezza e in modo semplice e chiaro gli Accordi sulla promozione e protezione degli investimenti firmati, quelli in vigore e quelli terminati. (5-04239)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, GRANDE, SCAGLIUSI, SPADONI, DI BATTISTA e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   su ilfattoquotidiano.it del primo dicembre 2014 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Farnesina, immobili all'estero affittati a basso costo e senza gara» riguardante quegli immobili del patrimonio del Ministro interrogato concessi in fitto «senza gara a canoni irrisori, a volte a vantaggio di inquilini originali»; secondo quanto riportato nell'articolo citato, l'incasso di 61 canoni di concessione a favore della nostra diplomazia italiana all'estero ammonta soltanto a 1,2 milioni di euro annui, metà dei quali proveniente da un unico contratto stipulato con un ospedale di Istanbul ristrutturato con soldi dello Stato italiano. Gli altri 60 canoni sono molto bassi, se non irrisori; a Washington, la Italian Food & Beverage Inc. spa ha ottenuto in concessione 170 metri quadrati nel cuore del quartiere diplomatico per soli 300 euro mensili;
   a Tirana l'ambasciata ha concesso, senza alcuna gara pubblica, alla Ciano Trading di Livorno la costruzione di un prefabbricato di 115 metri quadrati all'intero del compound diplomatico, riscuotendo in cambio 150 euro al mese;
   ad Alessandria d'Egitto l'Istituto di credito Intesa San Paolo, proprietario della mediorientale Bank of Alexandria, nel luglio 2014 ha avuto in fitto in piazza Saad Zaghloul il Palazzo del Bulacco, di ben 1.300 metri quadrati, alla cifra di 3.800 euro al mese;
   a Teheran l'immobile in Avenue France di proprietà dell'ambasciata italiana, di 1.685 metri quadrati, è stato concesso ai frati cappuccini dell'arcidiocesi di Isfahan per 20 euro l'anno;
   a Casablanca la sede del Circolo degli Italiani è diventata un ristorante senza gara e a trattativa privata sulla base di una concessione di 1.800 euro per 330 metri quadrati;
   a Praga l'appartamento accanto all'Istituto di cultura, di 183 metri quadrati, nel quartiere Malà Strana, uno dei più ricercati della città boema, è stato dato in fitto per 1.000 euro lordi all’Alchymist Group, una società che gestisce 4 tra alberghi superlusso e spa nella capitale ceca –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire un equo rapporto tra canone di locazione e valore degli immobili di proprietà del Ministero in modo da assicurare il giusto introito nelle casse statali.
(4-07224)


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, GRANDE, SCAGLIUSI, SPADONI, DI BATTISTA e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   su ilfattoquotidiano.it del 28 novembre 2014 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Console fascio-rock, reintegro da 130 mila euro. Vattani è coordinatore tra Ue e Asia» che racconta il reintegro di Mario Vattani, dopo la sospensione comminata nel 2012, mentre era console a Osaka, per la sua esibizione con un gruppo rock neofascista durante una rassegna di Casa Pound del 2011;
   a seguito di quell'episodio l'allora Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi, richiamò a Roma e sospese per quattro mesi il citato Vattani che, tuttavia, tornò quasi subito a svolgere la sua funzione in Giappone, avendo vinto il ricorso al Tar;
   successivamente, una sentenza del Consiglio di Stato accolse il contro-ricorso del Ministero degli affari esteri e Vattani cessò dal suo incarico;
   con un ordine di servizio datato 26 novembre 2014, il direttore generale per le risorse del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Elisabetta Belloni, ha assegnato Vattani al settore «Mondializzazione e questioni globali» con l'incarico di coordinatore per i rapporti tra l'Unione europea e i Paesi dell'Asia Pacifico;
   Vattani, per questo incarico, percepirà la cifra di 130 mila euro l'anno lordi –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga che sussistano a carico di Mario Vattani cause di incompatibilità tra la rappresentanza dell'Italia e la sua adesione a una politica di estrema destra o, quanto meno, motivi di inopportunità nell'assegnazione del nuovo incarico e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per risolvere il caso. (4-07233)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la legge quadro sull'inquinamento acustico 26 ottobre 1995, n. 447, prevede, all'articolo 3, comma 1, lettera m), che con decreto del Ministro dell'ambiente, e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione (ora delle infrastrutture e dei trasporti) siano stabiliti i criteri di misurazione del rumore emesso dagli aeromobili, nonché la relativa disciplina per il contenimento dell'inquinamento acustico;
   in applicazione di tale disciplina, è stato emanato il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 31 ottobre 1997, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, che, tra l'altro, assegna ad ENAC il potere di istituire per ogni scalo aereo una Commissione aeroportuale con il compito di definire le procedure antirumore e di individuare le zone di rispetto dell'intorno aeroportuale; detta commissione, composta dai rappresentanti della regione, dei comuni e delle province interessati, nonché da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'Agenzia regionale per la protezione ambiente, della società di gestione, dell'ENAV e dalle imprese operanti nell'aeroporto, tenuto conto del piano regolatore aeroportuale, degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica vigenti e delle procedure antirumore adottate, definisce, nell'intorno aeroportuale, i confini delle cosiddette aree di rispetto (zona A, B e C) all'interno delle quali valgono i limiti per la rumorosità prodotta dalle attività aeroportuali come definite dalla legge quadro sull'inquinamento acustico n. 447 del 1995;
   la definizione della zonizzazione è il presupposto indispensabile per consentire l'adozione delle procedure antirumore previste dal suddetto decreto ministeriale e per consentire alla società di gestione aeroportuale di predisporre i piani di risanamento previsti dalla vigente normativa e per evitare ulteriori costruzioni edilizie intorno all'aeroporto;
   in data 20 dicembre 2000 (in attuazione della legge quadro sopraindicata) è stata istituita la Commissione aeroportuale dell'aeroporto di Ciampino, con i seguenti compiti:
    a) definizioni delle procedure antirumore;
    b) caratterizzazione acustica dell'intorno aeroportuale;
    c) definizione degli indici di classificazione dell'aeroporto in relazione al livello di inquinamento acustico; in ordine al punto a), la commissione ha proceduto ad indicare le procedure antirumore da seguire che sono state adottate dalla direzione dell'aeroporto con ordinanza n. 5 del 2001 mentre riguardo al punto b), è necessario ribadire che la caratterizzazione acustica dell'intorno aeroportuale, consistente nell'individuazione da parte della commissione delle zone di rispetto, è necessaria per la applicazione degli indici di valutazione del rumore, indicati dall'articolo 6 del decreto ministeriale 31 ottobre 1997; nel caso dell'aeroporto di Ciampino, non essendo stata raggiunta l'unanimità in ordine alla individuazione delle zone, la commissione, nell'ultima riunione tenutasi in data 10 aprile 2008, ha dato atto dell'impossibilità di procedere alla caratterizzazione acustica, conformemente a quanto previsto dall'articolo 6, comma 5, del decreto ministeriale 31 ottobre 1997;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell'articolo 6 del decreto ministeriale del 31 ottobre 1997, preso atto della mancata unanimità in seno alla Commissione aeroportuale nell'approvazione dell'impronta acustica dello scalo di Ciampino, con nota protocollo 0028447 del 10 luglio 2009 ha delegato il presidente della regione Lazio a convocare e presiedere un'apposita conferenza di servizi funzionale all'approvazione della zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale, necessaria per avviare e realizzare un concreto risanamento acustico della zona;
   il giorno 1° luglio 2010, presso l'assessorato alle politiche della mobilità e del trasporto pubblico locale della regione Lazio, si sono conclusi i lavori della conferenza di servizi che ha approvato l'impronta acustica dell'aeroporto di Ciampino e l'ipotesi di zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale G.B. Pastine, così come rappresentata nella planimetria denominata «Proposta 2» allegata alla delibera, escludendo dalla fascia B della zonizzazione tutte le abitazioni e le aree urbane del comune di Ciampino;
   gli atti della conferenza di servizi e i relativi allegati sono stati recepiti nella delibera della giunta regionale del Lazio pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 37 del 7 ottobre 2010, supplemento n. 172 e trasmessi al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito della delega conferita al presidente della regione Lazio, anche per i successivi adempimenti stabiliti dalla legge n. 447 del 1995 e dal decreto ministeriale 31 ottobre 1997 (per l'adozione delle opere necessarie di risanamento da parte degli enti competenti, quali ad esempio il piano di risanamento acustico ad opera dell'ADR);
   con l'approvazione della zonizzazione aeroportuale (approvata in data 1° luglio 2010 e pubblicata sul BUR Lazio n. 37 — S.O. n. 172 del 7 ottobre 2010), nell'intorno aeroportuale sono vigenti i limiti di rumorosità espressi in LVA, che sono: zona A (verde) «65 dB(A), zona B (gialla) «75 dba, zona C (rossa)» 75 dB(A), mentre al di fuori delle zone A, B e C, l'indice LVA non può superare il valore di 60 dB(A). All'esterno dell'intorno aeroportuale individuato dalla zonizzazione acustica, l'aeroporto, oltre a garantire il rispetto del limite LVA «60 dB(A), deve concorrere, insieme alle altre sorgenti acustiche, al rispetto dei limiti della classificazione acustica comunale dei comuni contermini;
   il monitoraggio acustico effettuato dall'ARPA Lazio nel 2012 ha consentito di riscontrare superamenti dei limiti acustici aeroportuali (individuati per le zone A, B e C ed espressi in LVA) ed anche significativi superamenti dei limiti individuati dalle classificazione acustica comunali ed in particolare:
    a) nella postazione di rilevamento CIA01 è stato calcolato un valore di LVA pari a 67,4 dB(A), che supera di 2,4 dB il limite di 65 dB(A), con livelli significativi, rispetto ai valori di riferimento dell'OMS, del parametro LAeq24h e Lnight (LAeq notturno);
    b) nella postazione di rilevamento CIA02, posizionata al di fuori della zonizzazione acustica aeroportuale e localizzata in un edificio scolastico, si riscontrano costanti superamenti del limite diurno relativo alla Classe I, anche superiori a 10 dB;
    c) nella postazione di rilevamento MAR01, edificio scolastico posizionato all'interno della zonizzazione acustica aeroportuale, la cui destinazione d'uso rende tale postazione meritevole di valutazioni rispetto al limite diurno associato a un edificio sensibile (Classe I), sono stati registrati superamenti di circa 10 dB;
    d) nella postazione di rilevamento MAR06 sono stati registrati costanti superamenti dei limiti della classe III, superiori a 4 dB(A) nel periodo diurno e superiori a 7-8 dB nel periodo notturno. In termini di LVA, è stato riscontrato un valore pari a 62,1 dB(A), che supera di circa 2 dB il limite di 60 dB(A). Nel periodo notturno si rilevano anche livelli di rumorosità che eccedono il valore di riferimento individuato dall'OMS;
    e) nelle postazioni ROM02, CIA03 e MAR05, nel periodo notturno, si rilevano livelli di rumorosità che eccedono il valore di riferimento individuato dall'OMS;
   i comuni di Ciampino e Marino hanno chiesto più volte al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ad Enac l'adozione di provvedimenti volti a limitare i voli di linea da parte dell'Ente nazionale per l'aviazione civile ovvero ad adottare altri interventi strumentali al fine di ottenere la cosiddetta ottimizzazione dell'impatto acustico dell'aeroporto;
   Aeroporti di Roma, quale gestore dello scalo aereo G.B. Pastine di Ciampino, in data 3 dicembre 2013 ha presentato ai comuni di Ciampino, Marino e Roma capitale il Piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore derivante dal traffico di origine aeronautica ai sensi del decreto ministeriale 29 novembre 2000, attuativo della legge quadro sull'inquinamento acustico n. 447 del 1995; con propri atti di consiglio comunale deliberati entro 90 giorni dalla ricezione dello strumento, detto Piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore presentato dalla Società aeroporti di Roma è stato giudicato non accoglibile dai comuni di Ciampino, Marino e Roma Capitale tenendo conto soprattutto della valutazione di ARPA Lazio;
   nel territorio, ad elevata antropizzazione, circostante l'aeroporto «G.B. Pastine» di Roma-Ciampino è in atto ormai dal 2001, una grave crisi ambientale e sanitaria ampiamente conosciuta e documentata nello Studio CRISTAL prodotto da ARPA Lazio e dalle successive rilevazioni ambientali condotte nel tempo dalla stessa Agenzia, nonché dagli studi epidemiologici SERA e SAMBA, condotti dai competenti istituti regionali e dai comuni coinvolti, correlata all'aumento indiscriminato del traffico aereo, cresciuto oltre ogni limite di compatibilità ambientale, in palese violazioni delle norme nazionali e comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale strategica;
   il Consiglio dei ministri ha adottato lo scorso 30 settembre 2014, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, il Piano nazionale degli aeroporti che classifica l'aeroporto G.B. Pastine di Ciampino scalo d'interesse nazionale per il bacino Centro Italia, insieme agli scali di Perugia e Pescara;
   se le rilevanti criticità ambientali presenti nell'area aeroportuale, rilevate dal monitoraggio condotto dall'Arpa Lazio con il quale sono stati registrati ripetuti superamenti dei limiti acustici aeroportuali, siano state adeguatamente valutate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nell'identificazione del ruolo da assegnare a Ciampino nel contesto del piano nazionale trasporti e sei in presenza di gravi problemi di carattere ambientale e sanitario, non si ritenga opportuno intervenire per promuovere immediati provvedimenti di riduzione dei voli in transito all'aeroporto G.B. Pastine, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) N. 1008/2008 recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità, almeno sino a quando non sarà predisposto da parte di Aeroporti di Roma un nuovo piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore in grado di garantire l'ottimizzazione dell'impatto acustico dell'aeroporto e le condizioni della salute degli abitanti residenti intorno al sedime aeroportuale.
(2-00780) «Zaratti, Scotto».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Ravenna, presso la pineta della frazione di Classe, sono stati individuati oltre 200 daini, una popolazione considerata dall'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in soprannumero e per gestire la quale la provincia ravennate ha deciso di procedere all'abbattimento di 67 capi e alla conseguente svendita degli animali ai cacciatori;
   il daino, in quanto esemplare di fauna selvatica, è considerato bene indisponibile dello Stato e per questo la sua esistenza sul nostro territorio è regolamentata dalla legge n. 157 del 1992;
   la legge n. 157 del 1992, alla quale gli organi competenti si sono appellati per giustificare la scelta dell'abbattimento, pone in essere, in maniera assolutamente prioritaria rispetto a metodologie cruente, l'applicazione dei metodi ecologici. Tali strumenti, anche particolarmente moderni come la sterilizzazione, oltre che quelli più tradizionali come le reti e i dossi utili per limitare l'alta velocità degli autoveicoli nelle zone dove i limiti imposti non sono assolutamente sufficienti, devono essere applicati caso per caso, valutati ogni volta e solo se non vi è altra possibilità, si possono coinvolgere alcune figure per gli abbattimenti;
   la stessa legge vieta la detenzione privata della fauna selvatica, che quindi non può possederla, ma allo stesso tempo non limita la possibilità che, anche al fine di tutelare gli animali, essi possano essere dati in affidamento a strutture che rispondano a particolari requisiti, e che abbiano tutte le autorizzazioni in regola per poter eventualmente ospitare questi animali che resterebbero comunque patrimonio dello Stato;
   giova ricordare come nel caso del soccorso fauna, molte associazioni e volontari si prendano cura della fauna selvatica poiché risultano essere molto carenti le strutture; la fauna spesso viene affidata dalle stesse forze dell'ordine e lo stesso dicasi per animali considerati irrecuperabili alla vita selvatica;
   è senza dubbio vero che il daino, essendo considerato un animale potenzialmente pericoloso è regolamentato anche dalla legge n. 150 del 1992, che ne stabilisce i metodi di detenzione presso centri specializzati e in grado di gestirne l'esistenza tutelandone il benessere;
   il diritto alla vita degli animali, sia secondo al normativa italiana che in base ai dettami comunitari, dovrebbe essere la priorità di uno Stato civile, e a dimostrazione di questo principio sono eloquenti le molte voci che in questi giorni si sono levate a difesa dei 67 daini; dalle associazioni animaliste e ambientaliste, fino ai comuni cittadini, con centinaia di email inviate, forti proteste, raccolte firme: tra tutte la bambina della frazione di Classe che, grazie al suo amore per gli animali e ai suo coraggio, è riuscita a lanciare una petizione popolare;
   la «svendita» di tale bene ai cacciatori – i quali potranno uccidere i daini e ricomprare per uso personale la carcassa – rappresenta una sorta di privilegio mentre la maggioranza dei cittadini italiani che hanno richiesto un fermo almeno per valutare tutte le possibili soluzioni che possano salvare la vita ai daini e al contempo risolvere il presunto problema dei danni, non sia neanche ascoltata –:
   se, nell'ambito delle proprie prerogative e al fine di garantire la tutela degli animali selvatici, quali beni indisponibili dello Stato, intenda valutare, in collaborazione con gli organi competenti quali provincia, prefettura e Corpo forestale dello Stato, la possibilità di prevedere tutte le soluzioni, alternative all'uccisione, per la gestione dei daini in sovrannumero presenti nella provincia di Ravenna, anche promuovendo soluzioni quali la cattura temporanea con sterilizzazione o il loro affidamento a oasi faunistiche o in generale altre proposte che rispondano a requisiti ben precisi;
   se non richieda opportuno, vista la situazione «emergenziale» relativamente ai presunti danni causati da animali selvatici e da ungulati, vietare con apposite iniziative normative tutti gli allevamenti e i ripopolamenti di questi animali. (5-04253)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo pubblicato lo scorso 21 novembre sul www.grandangoloagrigento.it si apprende che a Licata, in provincia di Agrigento, su un'area compresa tra la sponda destra della foce del fiume Salso e il porto turistico di Licata, da svariati anni sarebbero stati depositati e abbandonati in modo incontrollato ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e nocivi per la salute e l'ambiente;
   l'area sarebbe da diversi anni senza recinzione, senza cancello e lasciata aperta a chiunque volesse entrarvi per sversare, in pieno centro abitato, rifiuti nocivi per la salute pubblica, lasciandoli a diretto contatto con il terreno, esposti agli agenti atmosferici, con conseguente inquinamento del suolo e delle falde acquifere sottostanti;
   la foce del fiume Salso sarebbe quindi piena di cumuli di rifiuti di ogni genere e, in particolare, oli esausti, vernici, montagne di piastrelle rotte, una quantità enorme di amianto in frantumi, sfaldato e polverizzato, vi sarebbero carcasse di cani in putrefazione, sacchi neri stracolmi di materiale scuro, guaine di cavi elettrici sparse dappertutto, pneumatici fuori uso, siringhe intrise di sangue e tantissime boccette vuote di metadone gettate all'interno di un fabbricato che ospita un impianto di sollevamento fognario comunale;
   tale discarica a cielo aperto confinerebbe non solo con il porto turistico ma anche con un edificio scolastico, il comando di polizia municipale e le caserme dei vigili del fuoco, dei carabinieri e della Guardia di finanza;
   in quello stesso luogo, tra il 1997 e il 2002 sorgeva l'Osservatorio Avifaunistico, dove si trovava il «sentiero natura», lungo il quale i bambini delle elementari potevano osservare le essenze floristiche tipiche degli ambienti fluviali e una serie di cartelli didattici, fino a giungere al «capanno di osservazione»;
   in quel luogo, oggi inquinato e contaminato da chi ripetutamente vi ha riversato rifiuti nocivi, si svolgeva una vera e propria attività scientifica, volta allo studio naturalistico dell’habitat fociale mediante il censimento avifaunistico, lo studio dei flussi migratori, il monitoraggio delle acque, lo studio della fauna e della flora costiera, ma anche attività didattica, attraverso visite guidate da parte di scolaresche di ogni ordine e grado, a completamento degli incontri effettuati in aula;
   con quel progetto veniva di fatto intrapreso, dall'architetto licatese Franco Galia e dai ragazzi del WWF di Licata, un processo di bonifica e riconversione della zona fociale e, al contempo, si avviava un nuovo modo di intendere lo sviluppo urbanistico di Licata. L'idea era quella di trasformare la foce in una vera e propria oasi naturalistica, un parco urbano-fluviale con percorsi pedonali e ciclabili lungo le sponde e attrezzature di svago a servizio della città;
   purtroppo ancora oggi quell'area viene costantemente inquinata, anche dagli sversamenti di reflui non depurati provenienti dal depuratore comunale gestito dalla Girgenti Acque, come documentato e denunciato dall'associazione «A testa alta» lo scorso 6 aprile, 1o e 18 maggio 2014 –:
   se e quali iniziative siano state messe in opera o si intenda assumere per verificare l'eventuale inquinamento del suolo alla foce del fiume Salso e delle falde acquifere del fiume stesso anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. (4-07211)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 667, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) prevede l'emanazione di un decreto che stabilisca criteri per la misurazione dei rifiuti conferiti al servizio pubblico di raccolta e smaltimento;
   il pagamento della Tari deve coprire per intero i costi d'investimento e di esercizio del servizio (articolo 1, comma 654, della precitata legge);
   l'individuazione di tali costi è materia di estrema delicatezza, per le conseguenze che essa determina sui contribuenti;
   si prospettano casi d'individuazione del duplice ruolo di controllore e controllato nel medesimo soggetto pubblico, come per l'agenzia regionale dell'Emilia-Romagna Atersir, nella quale sindaci propongono piani finanziari per i comuni da loro amministrati e se li approvano quali consiglieri d'ambito dell'Atersir;
   se non ritenga opportuno inserire nel citato decreto indicazioni perché i comuni prevedano la partecipazione effettiva di rappresentanze dei contribuenti (proprietari e inquilini di unità immobiliari) in commissioni che possano verificare gli effettivi costi del servizio rifiuti. (4-07217)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la città di Solofra dal 7 gennaio 2014 è alle prese con una grave emergenza idrica e sanitaria a causa dell'inquinamento della falda acquifera per effetto dell'aumento, oltre i limiti indicati dal decreto legislativo n. 152 del 2006, come riscontrato dalle indagini effettuate e come indicato nella «Nota preliminare sulle condizioni di inquinamento da tetracloroetilene riscontrate nell'area solofrana» redatta, su incarico del comune di Solofra, dal professor ingegnere Vincenzo Belgiorno, ordinario di ingegneria sanitaria ambientale presso l'università degli studi di Salerno;
   a seguito del riscontro della contaminazione della falda fu disposta la chiusura di alcuni pozzi tra i comuni di Solofra e Montoro utilizzati per alimentare l'acquedotto comunale e che per lo stesso motivo sono stati chiusi circa 40 pozzi utilizzati dalle aziende conciarie per l'approvvigionamento idrico necessario ad alimentare il ciclo produttivo;
   conseguentemente le aziende sono state autorizzate ad allacciarsi alla rete idrica comunale o a rifornirsi dall'esterno per mezzo di autobotti;
   la chiusura dei suindicati pozzi per uso civile e l'aumento degli attingimenti per uso industriale ha determinato gravi difficoltà nella erogazione idrica alle civili abitazioni, in special modo nelle parti alte della città, a causa della mancanza di acqua potabile per alcune ore durante la giornata;
   l'utilizzo della rete idrica sia a fini civili che ad usi industriali ha fatto sì che le esigenze di approvvigionamento idrico delle aziende risultassero prevalenti rispetto alle necessità dei cittadini configurando così una chiara situazione di violazione di quanto previsto nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   allo stato l'emergenza idrica continua perché non si sono ancora pienamente concretizzate le misure per porre fine all'uso promiscuo della rete idrica e soprattutto perché non hanno avuto effetti le misure previste per accrescere la portata dell'acquedotto comunale;
   l'emergenza idrica si accompagna ad un grave rischio sanitario perché la falda è contaminata e permane il rischio di un allargamento dell'area interessata fino a coinvolgere i territori più a valle ed il bacino del Sarno;
   sull'intera vicenda si è manifestata l'attenzione della procura della Repubblica di Avellino che sta svolgendo indagini ed ha assunto provvedimenti di sequestro dei pozzi;
   la summenzionata nota del professor Vincenzo Belgiorno indica la necessità di procedere ad ulteriori indagini per individuare le sorgenti inquinanti e le linee della possibile ulteriore propagazione della contaminazione con l'obiettivo di evitare di far allargare l'area territoriale e la popolazione coinvolte;
   che a fronte della grave emergenza idrico/sanitaria/ambientale è necessario, in conformità della normativa vigente, svolgere una caratterizzazione ambientale del sito contaminato, contenere e/o ridurre l'inquinamento della falda, predisporre un piano operativo di bonifica;
   che su iniziativa del comune di Solofra per far fronte a queste necessità è stato istituito un tavolo tecnico/istituzionale cui partecipano il comune di Solofra, la regione Campania, la provincia di Avellino, l'ARPAC, l'AATO Calore irpino, la COGEI srl (società che gestisce il depuratore industriale di proprietà della regione), il CODISO spa (società che gestisce la rete fognaria civile e industriale), l'IRNO SERVICE spa (società che gestisce il servizio idrico), l'autorità di Bacino, l'ASL medicina del lavoro;
   questo tavolo, però, finora è stato più virtuale che operativo. A quanto consta all'interrogante non è stato in grado di svolgere un effettivo coordinamento delle svariate competenze attribuite ai tanti soggetti coinvolti in modo da assicurare una gestione efficace dell'emergenza in atto e tanto meno è riuscito a concordare e predisporre un piano operativo di interventi. Solo nei giorni scorsi l'ATO Calore irpino ha inviato alla regione il piano di caratterizzazione per la falda profonda dell'area Montorese-Solofrana;
   non vi è ancora seguito a quanto definito nel corso della conferenza di servizi del 31 luglio 2014 e cioè alla predisposizione del Piano di messa in sicurezza di emergenza che avrebbe dovuto comprendere, assieme al piano di caratterizzazione, la realizzazione della barriera idraulica per evitare l'estensione della contaminazione e dell'acquedotto di surrogazione per alimentare le comunità di Solofra e Montoro anche perché la regione Campania non ha concesso le necessarie autorizzazioni;
   c’è il concreto rischio che l'emergenza non trovi risposte immediate ed operative e che essa si avviti in un conflitto di competenze tra i diversi enti coinvolti attraverso un reciproco scarico di responsabilità;
   è a rischio la salute di migliaia di cittadini residenti nell'area di Solofra, Montoro e nei comuni a valle lungo il bacino del Sarno, e che è a rischio la prospettiva di un comparto produttivo, quello del distretto conciario, che nonostante la crisi produce economia, esportazione ed occupazione;
   l'area solofrana è stata compresa nell'elenco dei siti inquinati da bonificare, in precedenza come sito di interesse nazionale (SIN) e successivamente è stata classificata come sito di interesse regionale (SIR);
   la regione Campania non ha mai predisposto, nonostante il perdurare di una grave emergenza ambientale, un piano di intervento per il risanamento e la bonifica dell'area;
   oltre al tetracloroetilene, dalle più recenti analisi effettuate dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPAC) le acque della Solofrana-Sarno risultano inquinate dalla presenza di sostanze altamente nocive quali arsenico, zinco, cadmio, nichel, triclorometano e triclorobenzene;
   entro il 31 dicembre 2015 la normativa europea impone il raggiungimento dello stato «buono» per tutte le acque (direttiva 2000/60/CE) –:
   se i Ministri siano a conoscenza della grave situazione di emergenza idrico/sanitaria che interessa il territorio di Solofra e i comuni a valle a partire da Montoro;
   quali provvedimenti abbiano assunto i Ministri per garantire il rispetto delle norme ambientali e la tutela della salute dei cittadini e quali provvedimenti intendano d'ora in avanti assumere per evitare che il mancato rispetto dei termini entro i quali deve essere raggiunto lo stato «buono» per le acque possa causare una procedura di infrazione in sede comunitaria;
   quali iniziativa intenda assumere il Governo per garantire la tenuta dei livelli produttivi ed occupazionali ed il futuro del distretto conciario. (4-07234)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   non bastavano i veleni, gli affari tra casalesi e il clan Mallardo a complicare le vicende inerenti la discarica «Resit» di Giugliano in Campania, adesso si abbatte anche l'inchiesta «Mafia Capitale», quella che ha coinvolto il comune di Roma e portato in carcere grossi esponenti del crimine organizzato, della politica e del mondo imprenditoriale;
   la discarica di Giuliano, già di proprietà dell'avvocato Chianese, attualmente indagato per estorsione aggravata dal vincolo camorristico, salito agli onori della cronaca per essere diventato il simbolo stesso del disastro ambientale provocato dal traffico di rifiuti e dagli intrecci tra politica, camorra e massoneria è, relativamente agli interventi di risanamento ambientale, nuovamente sotto la lente di ingrandimento della magistratura romana;
   si tratta della discarica più pericolosa della Campania che, per molti anni, è stata utilizzata come sito di smaltimento di veleni di ogni tipo, in maniera anche illegale;
   l'appalto relativo ai predetti lavori è stato affidato alla Sogesid, società in house del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'associazione temporanea d'imprese tra la romana «Tre Erre» e la napoletana Italrecuperi;
   il consiglio d'amministrazione della società affidataria dell'appalto per la bonifica dell'invaso è stato però anch'esso investito da questa grossa inchiesta antimafia;
   tra i membri del consiglio di amministrazione sembra essere coinvolto Luigi Lausi oltre a Riccardo Mancini che, in diversi periodi, è stato sia consigliere di amministrazione che presidente della società. Sta di fatto che l'attuale presidente, Enrico Testa, e tutto il consiglio di amministrazione, seppur la società non sia coinvolta direttamente nell'inchiesta si sono, nei giorni scorsi, dimessi;
   è vero però che il protocollo di legalità firmato dalla stessa società, come ha sottolineato nei giorni scorsi, nell'incontro tenutosi in regione il commissario per le bonifiche Mario De Biase, prevede la rescissione immediata del contratto nel caso in cui fossero rinvenute infiltrazioni mafiose o presunte tali –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di verificare la permanenza dei requisiti previsti dalla normativa in capo alla società «Tre Erre» per svolgere un appalto così delicato magari anche avvalendosi del supporto dell’Authority Anti-corruzione al cui vertice si trova il dottor Raffaele Cantone vista la conoscenza del territorio e la lunga esperienza nella lotta alle mafie. (4-07235)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata:


  COSCIA, PICCOLI NARDELLI, CAUSI, RAMPI, ASCANI, BLAZINA, BOSSA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, D'OTTAVIO, MALISANI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, GHIZZONI, PES, ROCCHI, ANDREA ROMANO, PAOLO ROSSI, SGAMBATO, VENTRICELLI, BINI e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in occasione del recente Consiglio formale dei Ministri della cultura – svoltosi il 25 novembre 2014 a Bruxelles – organizzato nel contesto del semestre italiano di presidenza dell'Unione europea e presieduto dal Ministro interrogato, è stato affrontato il tema del diverso regime fiscale applicato agli ebook e ai libri a stampa e dell'importanza di promuovere la lettura come strumento per diffondere il sapere, incoraggiare la creatività, sostenere l'accesso alla cultura e la diversità culturale e sviluppare la consapevolezza dell'identità europea;
   recenti dati di settore riportano, grazie al digitale, una crescita nel 2014 del 5 per cento del fatturato, con una stima di ulteriore crescita, anche per gli anni successivi, nel caso in cui il nostro Paese riuscisse ad equiparare e, quindi, ridurre il regime fiscale per i formati digitali;
   negli ultimi mesi il Parlamento – a sostegno della linea in più occasioni definita dal Governo – ha convenuto sull'importanza di sostenere il digitale anche manifestando l'intenzione di ridurre sensibilmente l'iva sugli ebook;
   il libro è tale indipendentemente dal suo formato e le ragioni per le quali i libri in formato elettronico dovrebbero essere assoggettati alla medesima aliquota iva dei libri di carta sono le stesse: il valore culturale e le esternalità positive che il consumo di libri ha sullo sviluppo economico in una società della conoscenza –:
   quali siano state le conclusioni del Consiglio formale dei Ministri della cultura tenutosi a Bruxelles, con particolare riguardo al tema del regime fiscale da applicare agli ebook. (3-01217)
(Presentata il 9 dicembre 2014)


   PALESE e PETRENGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la recente legge 29 luglio 2014, n. 106, riguardante la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, si propone un'accelerazione del grande progetto Pompei, ricco di 105 milioni di euro, in gran parte di provenienza dall'Unione europea, da spendere entro la fine del 2015, pena la perdita dei fondi, che costituisce un rischio reale, visti i considerevoli ritardi nelle gare e nell'apertura dei cantieri;
   ad oggi, infatti, sono stati spesi solo 1,5 milioni di euro e circa 25 sono stati impegnati, per cui bisogna, dunque, fare in fretta e bene, considerando che si lavora in una zona ad alto inquinamento malavitoso;
   per soddisfare l'esigenza di rendere quanto più possibile gli appalti impermeabili a tangenti e criminalità è stata introdotta una serie di vincoli alle gare di Pompei, mal contemperando, però, la giusta trasparenza con la necessità di far presto;
   a frenare sarà sicuramente la nuova modalità della procedura negoziata, alla quale ora si può ricorrere per le gare fino a 1,5 milioni di euro, ma bisogna considerare che il vero problema non sta nella soglia, quanto nel fatto che tale tipo di gara è stata, di fatto, ingessata perché d'ora in poi, nella procedura negoziata per l'affidamento dei contratti relativi a lavori, servizi e forniture, si dovrà pubblicare un avviso di pre-informazione e, dopo trenta giorni, comunicare l'elenco delle imprese interessate, a cui inviare l'invito a proporre un'offerta e sulla base di quest'ultima effettuare la selezione;
   l'allungamento dei tempi ad almeno due mesi per risolvere la gara ad inviti non aiuta ad un'accelerazione della realizzazione del progetto Pompei, senza considerare che si allunga da 10 a 25 giorni il periodo di tempo entro il quale le prime due imprese classificate devono provare di avere i requisiti richiesti;
   non è certo un'accelerazione aver affidato al direttore del progetto Pompei il compito di attestare la rispondenza degli elaborati progettuali a quanto chiesto dal codice degli appalti, tra cui la qualità dell'opera e la conformità alle norme urbanistiche e ambientali, senza considerare che l'ufficio da lui diretto non ha, però, le competenze tecniche per farlo;
   a tutto questo si aggiunge che lo staff del progetto Pompei è a ranghi ridotti, dal momento che, delle 25 persone previste, ne sono state reclutate 10, nonostante l'attenzione su Pompei sia stata riaccesa dal grande progetto europeo, dando risalto alle numerose iniziative in corso in Italia e all'estero;
   il progetto di una rigenerazione dell'area extra moenia, promosso dall'Unione industriali di Napoli, dimostra una forte attenzione alla rinascita dell'area culturale campana, attenzione che si è concretizzata nell'incontro promosso ultimamente anche con la collaborazione della soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici: «I giacimenti culturali: il nostro passato è il nostro futuro»;
   notevole evidenza è stata posta anche all'estero, sia dal British museum di Londra, che ha esaltato l'esperienza della mostra dedicata ai tesori di Pompei che ha totalizzato un record di presenze, sia dall'Università del Texas, che si accinge ad allestire una mostra che si terrà dal 2016 al 2018 sulle due ville di Oplonti (terzo sito Unesco dell'area), nella speranza, come ha annunciato John Clarke, direttore dell’Oplontis project del Texas, di portare molti turisti in Italia;
   è proprio questa la contraddizione: i tesori vesuviani soffrono del paradosso di attirare oltre tre milioni di visitatori l'anno che non si fermano, però, sul posto più di qualche ora, tendenza che andrebbe invertita e che rappresenta l'obiettivo fissato già nel grande progetto (che ha superato i livelli di attuazione fissati per fine anno, come fa osservare il soprintendente Massimo Osanna e certifica il Sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni) nella parte che guarda all’extra moenia;
   il comitato di gestione, che dovrà approvare il piano di riqualificazione, si dovrebbe riunire a metà dicembre 2014 per studiare interventi da realizzare in partenariato pubblico-privato, ma non è ancora chiaro con quale metodologia agire;
   l'Unione industriali studia da tempo una proposta diretta ad evitare che si proceda a pioggia, mentre sarebbe più utile un unico concept in cui si inseriscano i singoli interventi, prevedendo housing sociale, alberghi e forse anche strutture a servizio dell'area archeologica, creando una sorta di primo hub che si estenda da Castellammare di Stabia a Torre Annunziata senza confini ben definiti, ma che congiunga Pompei al mare (recuperando anche linee di trasporto via terra e via mare), con spazi verdi, cercando di cancellare i danni lasciati da industrializzazioni fallimentari e abusivismo;
   tale distretto turistico vesuviano integrato aggiungerebbe alle potenzialità naturali, artistiche e archeologiche una buona offerta ricettiva e di intrattenimento e potrebbe, inoltre, dare lavoro a circa cinquemila persone, in un'area oggi con forte tasso di disoccupazione e presenza della malavita;
   è fondamentale, come il Ministro interrogato ha ribadito in più occasioni, investire su cultura, talenti, conservazione del patrimonio e anche sul futuro quale condizione per rendere l'Italia vincente nella competizione globale –:
   come e in che tempi il Governo intenda attivarsi per portare a conclusione la realizzazione del progetto Pompei per consentire la rinascita dell'area culturale campana. (3-01218)
(Presentata il 9 dicembre 2014)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 2004, con la legge del 30 marzo, n. 92, è stato istituito il Giorno del Ricordo, con il preciso fine di «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, nonché dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra», e per recuperare alla memoria collettiva della nostra Nazione un fatto storico di profonda importanza che ha causato migliaia di vittime e l'esodo di centinaia di migliaia di italiani, che sono dovuti scappare lasciando e perdendo tutto ciò che possedevano;
   la legge 92 del 2004, disponeva, inoltre, la concessione a domanda ai superstiti delle vittime delle foibe di un'insegna metallica, con relativo diploma, fissando un termine decennale per la presentazione delle relative richieste, che ad oggi sta per scadere;
   inoltre, la stessa legge, al fine di consentire la diffusione della conoscenza degli eventi verificatisi, segnatamente entro le cornici accademiche e attraverso il coinvolgimento di enti ed istituzioni chiamati a favorire il confronto ed il dibattito finalizzato ad una crescente sensibilizzazione sul tema, ha previsto un finanziamento annuale in favore dell'archivio museo storico di Fiume, di proprietà della società di studi fiumani di Roma;
   tale finanziamento, tuttavia, ha subito diversi tagli, sino a passare dai centomila euro annui inizialmente previsti ad appena 37.080 euro per l'anno 2014 e a 36.552 per l'anno 2015, con ovvie quanto deleterie conseguenze sulla funzionalità e sulle potenzialità dell'Archivio museo, i cui progetti e la cui attività divulgativa hanno ottenuto plauso ed apprezzamento dal mondo istituzionale ed accademico;
   è notizia degli scorsi giorni che la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, attraverso la legge finanziaria regionale per l'anno 2015 stia per concedere un finanziamento di ventimila euro in favore della casa editrice «Kappa Vu sas», che ha pubblicato diversi libri e libelli che contestano la veridicità del dramma delle foibe;
   il dramma delle foibe e delle sue centinaia di vittime ha costituito per decenni una pagina non scritta della nostra storia ed è assolutamente indispensabile proseguire sulla via della ricerca e della divulgazione della verità storica su questi fatti che devono formare parte di una memoria condivisa nel nostro Paese –:
   quali iniziative intenda assumere per garantire la prosecuzione di tutte le attività volte ad accertare la verità storica sul dramma delle foibe, a tal fine adeguatamente sostenendo, anche economicamente, gli istituti culturali e i centri di studio che a questo si dedicano;
   se non intenda assumere iniziative normative per prorogare il termine di cui in premessa per la concessione del riconoscimento ai superstiti delle vittime degli eccidi, e contestualmente al fine di estendere la possibilità di farne richiesta anche ad enti pubblici e privati, quali amministrazioni pubbliche, enti locali, associazioni culturali, centri di ricerca o università. (4-07203)


   TOFALO e DE LORENZIS. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 9 della Costituzione italiana pone tra i principi fondamentali lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica e la tutela e la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e ambientale;
   il patrimonio artistico italiano è in larga parte presso i privati e non adeguatamente tutelato;
   ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 42 del 2004, oltre ai proprietari, l'obbligo di eseguire le opere necessarie alla conservazione del bene sottoposto a tutela, incombe anche sull'Ente territoriale ove lo stesso è ubicato, che però sino ad oggi ha avuto difficoltà ad adottare provvedimenti per salvaguardare il valore storico-artistico dei nostri patrimoni incurati;
   si precisa nell'articolo 32, del decreto legge n. 42 del 2004 che qualora l'Ente territoriale o proprietari non ottemperano alla diffida per la esecuzione delle opere necessarie alla conservazione del bene, tali opere devono essere eseguite dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo –:
   se si vogliano assumere iniziative normative per regolamentare meglio la compravendita dei patrimoni artistico culturali in modo che sia obbligatoriamente prevista in primis la cura del bene e poi la cessione dello stesso;
   quali azioni il Ministro intenda porre in essere in merito a questo problema. (4-07206)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


  PASTORELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   come è noto, durante il regime fascista venne costruito sulle rive del Lago di Vico un impianto per la sperimentazione e produzione di armi chimiche e ordigni speciali, il quale occupava un'area di oltre 20 ettari;
   con la fine del conflitto detto impianto venne riconvertito per la produzione di candele nebbiogene e fumogeni, protraendosi tale attività fino agli anni ’70;
   solo a metà degli anni ’90, ebbero luogo le prime operazioni di bonifica, le quali si conclusero nel 2000 con l'annuncio da parte delle competenti autorità militari che non esistevano ulteriori rischi di contaminazione per le popolazioni limitrofe;
   a quanto consta all'interrogante, nel novembre del 2009, nell'ambito di attività di monitoraggio sullo stato ambientale del lago, l'Arpa Lazio eseguiva alcune analisi su un campione di sedimento prelevato ad una profondità di circa 40 metri, le quali evidenziavano valori molto superiori alla soglia di contaminazione per diversi metalli pesanti (cadmio, nichel, arsenico, piombo);
   nel 2010 il centro tecnico logistico interforze, in qualità di gestore dell'area militare, confermava la presenza nel terreno di numerose «masse metalliche interrate», nonché di valori di arsenico superiori alla soglia di contaminazione;
   tali analisi evidenziavano, dunque, la necessità di rimuovere gli ordigni inesplosi e altri residuati bellici pericolosi ancora presenti nell'impianto, per poi procedere ad una bonifica, la seconda in meno di 10 anni, dell'area;
   ad oggi, non risulta che tali nuove operazioni di bonifica abbiano avuto effettivo inizio, mentre l'intero sito, al contrario, giace abbandonato e pericolosamente incustodito, con tutto ciò che ne consegue per la sicurezza della cittadinanza –:
   di quali informazioni chiare ed esaustive disponga circa la quantità di ordigni bellici o sostanze pericolose ancora presenti nel suddetto impianto, nonché circa la reale entità del pericolo per le popolazioni che vivono in quelle zone. (3-01213)
(Presentata il 9 dicembre 2014)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TRIPIEDI, CIPRINI, COMINARDI, CHIMIENTI, PAOLO BERNINI, BALDASSARRE e ALBERTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 ottobre 2014, veniva pubblicata sul quotidiano on line grnet.it, la notizia riguardante la spedizione di quattro militari della compagnia SOC (Servizio Onori Capitale) facenti capo alla Brigata di Marina San Marco, alla «USMC Silent Drill School» di Washington D.C., allo scopo di perfezionare il loro modo di marciare. L'iniziativa, voluta dallo Stato Maggiore della Marina, comporta la frequenza del corso di addestramento della durata di sette settimane, presumibilmente da dicembre 2014 a gennaio 2015, riservato a militari rispondenti ad idonee caratteristiche marziali, altamente motivati ed in possesso dei requisiti linguistici previsti;
   all'interno dello stesso articolo vi è un video che riporta il tipo di abilità che andrebbero ad acquisire i militari inviati, che consisterebbe anche nel maneggiare le armi a puro scopo di esibizione;
   a giudizio degli interroganti, appare poco utile tale forma di addestramento al solo scopo esibizionistico, soprattutto in considerazione del fatto che sia stato imposto un periodo di spending review al Paese, compreso il comparto difesa –:
   nello specifico, in cosa consisterebbe e cosa prevedrebbe il corso di perfezionamento sopracitato e quale sia la necessità di favorire tale formazione;
   quale sia l'ammontare complessivo del costo del corso di formazione e da che capitoli di bilancio verranno prelevati i fondi necessari;
   se sia intenzione del Ministro interrogato, per quanto nelle sue possibilità, impedire l'iniziativa sopracitata riguardante l'invio di militari presso la suddetta «USMC Silent Drill School» di Washington, in considerazione del periodo di spending review, che non esclude il compatto difesa, imposto al Paese. (4-07196)


   FEDRIGA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la caserma La Marmora di Tarvisio è rimasta operativa in capo all'8o reggimento Alpini fino al 1996, data a partire dalla quale l'infrastruttura è stata utilizzata come mero distaccamento dello stesso reparto fino a fine marzo 2014;
   da quando la La Marmora è stata adibita a sede di distaccamento, ha registrato il passaggio di moltissime persone civili ed in armi;
   è stata ad esempio impiegata per offrire ospitalità ai volontari coinvolti nelle universiadi del 2003 di Tarvisio;
   il «core business» dell'infrastruttura, tuttavia, fino al marzo 2014 è stato l'addestramento delle truppe;
   diversi corpi militari italiani ed esteri – come l'Accademia Ufficiali di Modena, l'accademia sottufficiali di Viterbo, la brigata Folgore ed i Royal Marines Olandesi – si sono infatti serviti della caserma La Marmora di Tarvisio come base d'appoggio per molteplici attività legate alla professione, dall'addestramento sciistico all'arrampicata, fino alle pattuglie in ambiente montano in vista della partecipazione delle varie unità alle missioni di peacekeeping in atto all'estero;
   la caserma La Marmora è stata però indirizzata verso la chiusura in ragione dell'esigenza di realizzare economie sul versante della spesa pubblica, malgrado la brigata alpina Julia continuasse a ritenerla un'infrastruttura strategica;
   in seguito alla chiusura della La Marmora, il comando della brigata alpina Julia è stato costretto a trasferirsi al Tonale, spostandovi uomini e mezzi, con considerevole spreco di risorse e perdita sul territorio di Tarvisio delle economie generate sia dalla presenza del reparto che dall'esistenza di accordi tra la Brigata Julia e Promotour per l'agevolazione dello sfruttamento delle infrastrutture turistiche locali;
   resta tuttavia viva l'idea di mantenere alla La Marmora una presenza militare, trasformando almeno parte dell'infrastruttura in un centro addestrativo per le forze armate, lasciando alle amministrazioni regionale e locale il compito di valorizzarne la parte residua –:
   se sia realistico immaginare ancora per la caserma La Marmora un futuro come infrastruttura almeno parzialmente utilizzata dalle forze armate ed a che punto si trovino i lavori per ristrutturarla. (4-07198)


   FORMISANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel blog www.girolamofoti.it, il giorno 27 novembre 2014, è apparso un comunicato scritto dai delegati COCER dell'Esercito, Pietro Ricci, Girolamo Foti, Marco Votano, nel quale avrebbero segnalato una scissione all'interno del COCER ESERCITO XIo MANDATO, lamentando una certa leggerezza nell'affrontare i problemi del personale: «Oggi si è consumato l'ennesimo strappo, probabilmente irreparabile, fra i delegati del COCER ESERCITO. Si è assistito all'ennesima e disinvolta leggerezza nei confronti dei piccoli e grandi problemi con cui il personale militare ogni giorno fa i conti. Ogni giorno che passa cresce il malessere fra il personale, e l'attuale strumento della Rappresentanza ci appare inadeguato ed obsoleto. Al riguardo sentiamo il dovere di rendervi partecipi su tutto quello che accade all'interno del palazzo e di questo Consiglio, in quanto, non solo lo strumento attuale appare limitativo nelle sue funzioni, ma ci si confronta con colleghi dalle posizioni per noi incomprensibili, tanto da farci chiedere ma chi o cosa stanno rappresentando??? Di seguito, ed in sintesi, solo alcuni esempi di ciò che è accaduto nell'ultimo periodo, al solo scopo di dare modo a chi legge queste nostre personali riflessioni, di valutare, ogni ed uno per sé, l'operato di chi è o dovrebbe rappresentare le problematiche avanzate dalla base. Spesso siamo stati etichettati come Delegati in cerca di visibilità, ma se fare il proprio dovere ed assumere posizioni anche scomode, accogliendo le richieste della base si chiama visibilità, a questo punto chiediamo agli illuminati cosa significa rappresentare il personale. Evidentemente, per qualcuno significa limitarsi a pubblicare news delle agenzie giornalistiche, oppure qualche delibera COCER nel proprio profilo Facebook, per noi questo si chiama bluff altro che tutela del personale. Affermare di lavorare «in silenzio» per la nostra categoria a nostro avviso è una mera scusa, di fatto, proprio chi teorizza siffatto comportamento all'interno del COCER, non ha mai portato una sola problematica di categoria in Consiglio dall'inizio di questo mandato, e non solo, non ha mai assunto chiare posizioni in difesa dei diritti della Categoria ma di converso ha contrastato in tutti i modi anche le più elementari problematiche che portiamo in Consiglio. Ecco dunque che per noi, meglio rischiare di essere etichettati dai mal pensanti quali protagonisti, piuttosto che essere comparse silenziose e compiacenti. Ovviamente siamo pronti a qualsiasi confronto pubblico con quei Delegati che si sentissero lesi da queste dichiarazioni, e che non si nascondessero (si spera ma non si crede), dietro l'anonimato di fantasiosi nick name. Chi ci conosce e segue i nostri profili sui social conosce la verità, e con quale impegno si è cercato di rappresentare problematiche segnalate da voi stessi colleghi in materia di riordino delle carriere, blocco stipendi ed assegni funzione, svecchiamento, 104, allattamento, 42 bis, vittime del dovere, i vaccini, ricongiungimento familiare, la questione dei sacchetti viveri, lo svecchiamento, il demansionamento, la limitazione della libertà di circolazione «per consegna di rigore», la libertà all'Associazionismo sindacale e tanta altra roba. In vero, abbiamo cercato, con ogni mezzo, di fare il possibile per il personale, e spesso, davanti all'immobilismo del COCER ESERCITO e del COCER INTERFORZE ci siamo visti costretti a portare le nostre istanze a titolo personale dinnanzi alla politica, alle Commissioni Difesa e puntualmente ai Ministri della Difesa che si sono susseguiti, ed è grazie a questo che abbiamo raggiunto alcuni risultati. Ma oggi abbiamo toccato un punto di non ritorno, quando la palude rischia di inghiottirci l'unica salvezza è la rottura. E rottura sia. Mai si è potuto constatare una sordità di questo tipo, se da un lato ci ritroviamo una rappresentanza come abbiamo già riportato in questo documento, limitativa, si aggiungono, adesso, le «incomprensibili» posizioni dell'intera Categoria dei Marescialli e della maggior parte dei Graduati (ad eccezione dei firmatari di questa comunicazione, e del Sergente Maggiore Bilello), che continuano costantemente a votare contro, astenersi o uscire dall'aula prima delle votazioni, causando scandalose bocciature su delibere che non dovrebbero nemmeno essere oggetto di contendere! Siffatte posizioni, ai nostri occhi incomprensibili, sono state perpetrate sistematicamente nel tempo. Se ad astenersi è la categoria degli Ufficiali, la cosa non scandalizza più di tanto, ma non comprendiamo le posizioni, per carità legittime in democrazia, degli altri delegati. Giusto per dare la misura degli argomenti, vi rappresentiamo solo le ultime bocciature a delibere da noi presentate: Astensione di qualche mese, su istanza di parte, dalle prove di efficienza fisica senza conseguenze per le colleghe che allattano; Tutela del posto di lavoro per coloro che subiscono la circolare sull'indice di massa corporea, prediligendo l'aspetto umano ed il supporto anziché isolarli ponendoli in convalescenza e dunque a nostro avviso discriminandoli; La somministrazione del sacchetto viveri, diventato ormai in tanti Reparti la regola anche in caso di servizio isolato. Ci risulta impossibile credere che nei Reparti di appartenenza dei nostri colleghi delegati COCER dei Graduati, non vi siano richieste di intervento in tal senso, e allora perché??? Sempre la scorsa settimana siamo stati protagonisti di un'avvilente e surreale presa di posizione dei rappresentanti della Categoria dei Marescialli durata quasi 4 ore, al fine di convocare un collega vittima del dovere e ammalato di cancro, quasi ci sentivamo in un tribunale dell'AIA, poco ci mancava che fosse il collega ammalato a doversi scusare per aver disturbato la quiete della Rappresentanza Militare. Dopo aver palesato con fermezza che non avremmo fatto un passo indietro su questi temi, alla fine è stata approvata la delibera. Fa specie che proprio i più anziani e molto prossimi alla pensione (3 dei 4 Rappresentanti dei Marescialli del COCER), non colgano l'esigenza di un sussulto, specie in un periodo così buio per le nostre genti. Come non comprendiamo parimente la posizione della collega Maresciallo, che fra l'altro, in quanto giovane donna, credevamo avesse potuto condividere la delibera sull'eventuale disagio in presenza di intensa attività fisica che le mamme in divisa che allattano i propri piccoli potrebbero vivere. Seppur avviliti da queste discussioni, ci sembra opportuno ribadire che ci sentiamo orfani del COCER INTERFORZE, «praticamente presente esclusivamente alle grandi occasioni e per le foto di gruppo», peraltro non ci dimentichiamo la mancata approvazione della nostra delibera che verteva ufficialmente a chiedere l'estensione dei diritti sindacali ed associativi al personale militare, in quell'occasione abbiamo assistito al fuggi fuggi generale di chi a parole e con scritti supporta la tesi del sindacato ma che poi nei fatti abbandona l'aula allo scopo di far cadere il numero legale e precludere ogni possibilità di confronto. Oppure quando abbiamo sollevato la problematica dell'invecchiamento del personale dei Graduati! Secondo le grandi menti «anziane» dei colleghi Graduati COCER, dovevamo sottacere il problema!! Come se il non parlarne avesse sortito un effetto ringiovanente su quel 75 per cento di personale Graduato che nel 2024 avrà un'età media fra i 42 e i 52 anni, con buona pace di uno strumento giovane e proiettabile all'estero!! Che futuro viene previsto in Forza Armata per questi colleghi? Faranno la paventata fine dei Marescialli in esubero? Chi ha detto una parola su questi ultimi? E sui servizi a 50 anni? Dove sono i colleghi Delegati che dovrebbero rappresentare anche i cinquantenni??? Bò! Non pervenuti. A questo punto siamo noi a chiedere un aiuto a tutti voi, e a coloro che condividono un certo modo di intendere la rappresentanza, in quanto siamo certi che anche se minoranza al COCER, siamo maggioranza fra voi colleghi, vi esortiamo a diffondere con tutti i mezzi utili a disposizione, questo scritto, il quale rappresenta solamente il primo atto di una lunga serie di resoconti che chiameremo IL COCER DELLE MERAVIGLIE. È nostra intenzione pubblicare costantemente tutte le posizioni assunte nei riguardi delle problematiche discusse, sia le nostre che quelle di tutti gli altri delegati. Sarete voi a valutare l'operato di chi avete votato. Nessuno di voi si dovrà sentire escluso da ciò, poiché tutto nasce dalla fiducia che noi diamo quando votiamo i COBAR, che votano i COIR che votano i COCER, ed è a tutti voi che i Delegati DEVONO dare conto e ragione del loro operato. Diffondete se lo ritenete utile, questo scritto ed i successivi articoli del COCER DELLE MERAVIGLIE, e vediamo cosa succede. Vi anticipiamo già, che al COCER INTERFORZE della prossima convocazione si parlerà di effetti della limitazione della libertà personale nell'inflizione della consegna di rigore, e di adeguate protezioni individuali per i colleghi che potrebbero venire a contatto con l'Ebola Virus. Come va a finire ve lo raccontiamo con il prossimo articolo» –:
   se il Ministro non ritenga opportuno chiarire quali siano effettivamente gli orientamenti del Governo in materia di estensione dei diritti sindacali ed associativi per i militari e tutela per i delegati e quali siano effettivamente gli orientamenti del Ministro interrogato in ordine al funzionamento attuale della rappresentanza militare che risulta essere divisa nel suo interno. (4-07225)


   GRIMOLDI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di giugno 2014 è stato nominato il consiglio d'amministrazione della società Difesa Servizi;
   lo statuto della società (articolo 15 e articolo 16) prevede che gli Amministratori nominati possiedano precisi requisiti;
   tra i nominati risulta anche, in qualità di amministratore delegato, l'onorevole Fausto Recchia, già deputato al Parlamento per il Partito Democratico nella legislatura XVI;
   l'ex deputato Recchia ricopre anche l'incarico di capo segreteria del Ministro della Difesa –:
   se l'ex deputato Recchia possieda effettivamente tutti i requisiti di cui agli articoli 15 e 16 dello statuto di Difesa Servizi;
   quali siano le competenze e le esperienze manageriali dell'ex deputato Recchia che ne abbiano giustificato la nomina come amministratore delegato di Difesa Servizi;
   come possa l'ex deputato Recchia svolgere simultaneamente entrambe le gravose funzioni (amministratore delegato di Difesa Servizi e capo segreteria del Ministro della difesa);
   quale sia la retribuzione complessiva derivante allo stesso dai suddetti incarichi;
   quali iniziative abbia posto in essere l'ex deputato Recchia per il rilancio di Difesa Servizi nel periodo intercorso dalla sua nomina alla data odierna;
   quali siano le nuove attività che l'ex deputato Recchia intende avviare per la crescita e lo sviluppo di Difesa Servizi;
   quali siano i piani industriali e la sostenibilità economica delle suddette attività. (4-07228)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   FRAGOMELI e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la fusione tra due enti non societari è disposta allo scopo di integrare le rispettive attività di solidarietà sociale (ad esempio beneficenza ed assistenza sociale e socio-sanitaria) mediante incorporazione dell'ente morale nella ONLUS e di disporre quindi per il futuro – in previsione di eventuali riduzioni degli importi dei contributi attualmente erogati – dei mezzi necessari per garantire la continuazione delle proprie attività;
   l'Agenzia delle entrate, con risoluzione del 15 aprile 2008, n. 152, ha escluso, in sede di registrazione dell'atto di fusione, l'applicabilità dell'imposta fissa ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b), della tariffa, parte prima (legata al Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (TUR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, richiedendo invece che l'imposta di registro sia applicata ed assolta nella misura proporzionale del 3 per cento, come previsto dalla norma residuale di cui all'articolo 9 della tariffa allegata al TUR predetto;
   tale interpretazione, definita pressoché unanimemente dagli operatori del settore (notai e commercialisti) «apodittica» – anche alla luce della natura giuridica della fusione – è assolutamente iniqua con riferimento alle operazioni coinvolgenti ONLUS, che molto spesso sostituiscono lo Stato in attività che lo stesso dovrebbe garantire ai cittadini;
   l'applicazione dell'imposta di registro con l'aliquota del 3 per cento, nel caso concreto, priva la ONLUS, incorporante di risorse irrinunciabili per lo svolgimento delle proprie attività vanificando di fatto le ragioni per cui l'operazione di fusione è concepita, impedendo, peraltro, alla  ONLUS stessa di garantire per il futuro i servizi abitualmente prestati al territorio;
   l'articolo 9 della tariffa, parte prima, allegata al TUR, ritenuta norma con funzione residuale, prevede l'applicazione dell'aliquota del 3 per cento agli «Atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale»;
   la riforma del diritto societario ha definitivamente confermato la non riconducibilità ai negozi traslativi delle operazioni di fusione, risolvendosi le stesse in vicende meramente evolutive e modificative dei soggetti che vi partecipano, che conservano la loro identità, pur in un nuovo assetto organizzativo (si veda la pronuncia della Corte di Cassazione, Sezioni unite, 8 febbraio 2006, n. 2637);
   nelle operazioni di fusione non è pertanto ravvisabile e non può essere ravvisata alcuna «prestazione a contenuto patrimoniale», non essendo possibile individuare un soggetto acquirente e un soggetto alienante, tanto che negli atti notarili di fusione non è dovuta alcuna garanzia per evizione, non sono esercitabili prelazioni di alcun tipo, non vi sono obblighi di trascrizione nei registri immobiliari, non trovano applicazione le norme urbanistiche circa la commerciabilità degli immobili;
   mancando il presupposto delle «prestazioni a contenuto patrimoniale», la norma da applicare dovrebbe essere invece l'articolo 11 della tariffa, parte prima, allegata al TUR, che prevede l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa per «Gli atti pubblici e scritture private (...) non aventi oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale»;
   l'Agenzia delle entrate non tiene inoltre conto di altre previsioni normative che potrebbero essere applicate al caso concreto, ovverosia:
    l'articolo 11-bis della tariffa, parte prima, allegata al TUR, che prevede l'applicazione dell'imposta fissa di registro agli atti costitutivi ed alle modifiche statutarie concernenti le ONLUS nel cui alveo potrebbero rientrare le operazioni di fusione alla luce della natura giuridica sopra specificata (vicende meramente evolutive e modificative dei soggetti che vi partecipano, che conservano la loro identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, con l'integrazione reciproca, complementare e simultanea dei preesistenti contratti sociali – mera modifica degli atti costitutivi);
    l'articolo 1, comma 737, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, legge di stabilità 2014) che prevede l'applicazione delle imposte di registro, trascrizione e catasto in misura fissa agli atti aventi ad oggetto trasferimenti gratuiti di beni di qualsiasi natura effettuati nell'ambito di riorganizzazioni tra enti appartenenti per legge, regolamento o statuto alla medesima struttura organizzativa, politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale;
    sarebbe opportuno chiarire che il citato comma 737 si applica anche alla fusione degli enti non societari, in tal modo ricomprendendo gli atti di fusione nel novero degli atti di riorganizzazione –:
   quali iniziative intenda assumere allo scopo di eliminare ogni dubbio interpretativo in merito al pagamento della tassa di registro, al fine di evitare costi aggiuntivi e di agevolare dal punto di vista fiscale le ONLUS anche e soprattutto in considerazione del ruolo effettivamente svolto dal terzo settore ed in rapporto alla situazione economica del Paese e dei soggetti interessati. (5-04255)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 23 del 2014, la cosiddetta delega fiscale, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, ha approvato in via definitiva il decreto legislativo in materia di tassazione dei tabacchi lavorati e dei loro succedanei nonché di fiammiferi;
   il Consiglio dei ministri del 10 novembre 2014, esaminando il provvedimento e recependo tutte le condizioni ed osservazioni contenute nei pareri parlamentari, ha inserito anche alcuni punti innovativi: il testo reca infatti una più dettagliata indicazione dei prodotti assimilabili ai tabacchi da inalazione senza combustione;
   per questo motivo si è ritenuto opportuno sottoporre nuovamente lo schema di decreto legislativo al parere delle Commissioni parlamentari e a tal proposito la Commissione Finanze e tesoro del Senato e la Commissione Finanze della Camera hanno espresso pareri favorevoli, in quanto le richieste espresse nei precedenti pareri sono state accolte dal Governo;
   in particolare è stato accettato un ulteriore sconto sui prodotti di ultima generazione, tabacchi da inalazione e liquidi da inalazione;
   oltre a questo, Governo e Commissioni si sono adoperate affinché le norme contenute nel decreto legislativo non pregiudichino le prospettive di esistenza e sviluppo dell'emergente mercato delle sigarette elettroniche, accogliendo i suggerimenti provenienti da più parti;
   ad oggi, l’iter in materia non è concluso, in quanto la determinazione dell'imposta e stata delegata all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, che, attraverso particolari procedure, dovrà misurare l'equivalenza tra le sigarette tradizionali e questi nuovi prodotti, ma nel decreto legislativo vengono indicati soltanto gli strumenti e non le procedure;
   a brevissimo l'amministrazione dei monopoli di Stato provvederà quindi a dar corso a queste misurazioni e a determinare l'imposta in assenza di una procedura certa, è possibile che queste misurazioni vanifichino il lavoro delle Commissioni in merito alle citate prospettive di sviluppo ed esistenza del settore;
   una misurazione vessatoria porterebbe il settore delle sigarette elettroniche a dar corso all'ennesimo contenzioso legale, con conseguenze facilmente immaginabili, ma anche ad aggravare ancora di più le difficoltà di un settore già provato da una consistente diminuzione dei consumi;
   a tal proposito, si rende necessario ricordare come il contenimento del prezzo di tali prodotti sia necessario ed imprescindibile, al fine di evitare che il consumatore nazionale possa rivolgersi al mercato estero, oggi facilmente accessibile e senza evidenti rischi, pagando il prodotto senza imposta, generando così un evidente danno ai produttori italiani –:
   se non intenda, per quanto di competenza, prevedere che nel procedimento che sarà dedicato alla misurazione dell'equivalenza partecipi un rappresentante del Governo e che vengano accolti i contenuti del parere espresso dalle Commissioni parlamentari ed i suggerimenti degli operatori del settore, in quanto conoscitori delle pratiche d'uso dei dispositivi elettronici che, come è noto, sono diverse dal normale tipo di sigaretta. (5-04256)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   fino ad oggi erano esclusi dal pagamento tutti i terreni ricadenti nelle zone montane, compreso Castelleone di Suasa, elencati nell'allegato A della circolare n. 9/1993;
   con la nuova norma introdotta dal decreto-legge n. 66 del 2014 resteranno completamente esenti solo i proprietari dei terreni ubicati in comuni con oltre 600 metri di altitudine mentre beneficeranno di una esenzione parziale i terreni ubicati in comuni con altitudine compresa tra i 281 ed i 600 metri;
   Castelleone di Suasa rientra dunque tra i comuni non esentati e quindi tutti i proprietari di terreni dovranno adempiere a tale obbligo;
   alla luce della nuova norma, il comune di Castelleone di Suasa subirà una riduzione dei trasferimenti di circa 47.000 euro che dovranno essere prelevati chiaramente dai cittadini proprietari di terreni;
   a meno di quindici giorni dalla scadenza vi è molta confusione in merito, in quanto non si ha certezza sulle modalità per la determinazione della base imponibile e sulle aliquote da applicare –:
   se non ritenga di intervenire per assumere un'iniziativa diretta alla sospensione dei pagamenti IMU sui suddetti terreni agricoli, in attesa di chiarimenti e eventuali modifiche da apportare alla norma, onde evitare un'ulteriore penalizzazione per l'agricoltura già fortemente colpita dai cambiamenti climatici e degli eventi calamitosi ed anche perché sono aree che necessiterebbero invece di forti investimenti. (4-07204)


   GIORGIA MELONI e RAMPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 prevede che con «decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, e dell'interno, sono individuati i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta 2014, si applica l'esenzione di cui alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sulla basi dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica»;
   nel caso di specie si tratta della norma in base alla quale sinora nei comuni montani i terreni agricoli sono rimasti esenti dal pagamento prima dell'ICI e poi dell'imposta municipale propria;
   dalla revisione, in base allo stesso articolo 22, dovrebbe derivare «un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal medesimo anno 2014», cui corrisponderà un taglio di pari importo sui trasferimenti ai comuni interessati, posto che la norma prevede che il «recupero del maggior gettito, come risultante per ciascun comune a seguito dell'adozione del decreto di cui al periodo precedente, è operato, per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni siciliana e Sardegna, con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228»;
   in attuazione della citata norma è stato approvato il decreto ministeriale 28 novembre 2014, che ridetermina l'esenzione dall'IMU per i terreni agricoli secondo il criterio dell'altitudine del comune di appartenenza, innalzando lo stesso da 280 a 600 metri;
   con queste nuove disposizioni, l'impatto della revisione sarà molto profondo, visto che andrà a colpire ben oltre la metà dei comuni che sin qui erano considerati integralmente montani, riducendo il numero dei comuni che attualmente vedono esentati i loro terreni agricoli da 3.524 a soli 1.578, con un maggior gettito addirittura superiore rispetto a quello previsto dall'articolo 22, che si attesterebbe su 378.281.650,83 milioni di euro;
   i comuni più colpiti e penalizzati sono quelli minori che in gran parte si trovano in zone montane o collinari, e che già subiscono diverse penalizzazioni in termini finanziari;
   inoltre, la stima del maggior gettito riportata appare ispirata a eccessivo ottimismo, posto che specie nelle zone montane la proprietà contadina è molto parcellizzata delle rendite comprensibilmente basse, molti contribuenti non raggiungeranno la soglia di rilevanza fiscale, oltre al fatto che gli stessi dati catastali spesso non sono aggiornati;
   l'emanazione del decreto ministeriale a pochi giorni dalla scadenza del pagamento della rata finale dell'IMU ed alla vigilia dell'assestamento di bilancio, inoltre, determina non pochi problemi sia per i contribuenti che si trovano a dover versare improvvisamente l'intera imposta, sia per le stesse amministrazioni comunali, costrette ad intervenire in tutta fretta sulle proprie previsioni di bilancio –:
   quali misure intenda disporre in favore dei comuni di cui in premessa al fine di mitigare gli effetti finanziari derivanti dall'applicazione della citata normativa. (4-07205)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il quadro emergente dall'aggiornamento congiunturale sullo stato dell'economia siciliana della Banca d'Italia, pubblicato lo scorso mese di novembre, conferma una situazione di estrema gravità nella regione isolana, sia nell'ambito del sistema imprenditoriale, che evidenzia una sfiducia negli investimenti e nel calo della domanda, che con riferimento al mercato del lavoro, il cui numero degli occupati nel primo semestre del 2014, è diminuito del 2,8 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;
   l'incremento del tasso di disoccupazione, pari a circa 37 mila unità è risultato superiore a quello registrato sia nel Mezzogiorno sia a livello nazionale, alimentando di conseguenza il proseguimento del deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro regionale;
   la fase ciclica negativa per la regione siciliana, proseguita nella prima parte del presente anno, prosegue il rapporto, è determinata anche a causa della riduzione del credito bancario nei confronti dell'economia regionale, che ha continuato il suo trend negativo, il cui calo ha riguardato in misura maggiore le imprese, con la domanda di finanziamenti per investimenti rimasta debole; anche i prestiti alle famiglie siciliane sono diminuiti, a seguito della rischiosità rimasta su livelli storicamente elevati;
   il documento della Banca d'Italia rileva inoltre, che nei primi nove mesi del 2014 l'attività industriale si è mantenuta su livelli contenuti, aggiungendo inoltre, che secondo l'indagine sulla fiducia delle imprese manifatturiere, i segnali di miglioramento della domanda e della produzione emersi nella seconda metà del 2013, a partire dai mesi estivi dell'anno in corso, hanno registrato un nuovo peggioramento;
   segnali di flessione si registrano in particolare nell'attività produttiva per l'edilizia, mentre il fatturato nei servizi privati non finanziari è diminuito per circa la metà del campione;
   il medesimo rapporto rileva, inoltre, che l'unico settore produttivo ad essere in controtendenza rispetto agli altri, risulta essere quello turistico, in considerazione che nei primi sei mesi del 2014 i flussi turistici verso l'Isola sono aumentati, in particolare riferito al turismo internazionale;
   il quadro in precedenza esposto, a giudizio dell'interrogante, descrive una situazione socio-economica di estrema gravità nei riguardi della regione Sicilia, i cui fattori strutturali di debolezza si sono particolarmente accresciuti, anche e soprattutto dall'evidente assenza di politiche economiche e del lavoro da parte del Governo nei riguardi del Mezzogiorno e soprattutto in favore della Sicilia;
   la mancanza di significativi interventi in favore delle aree sottoutilizzate ed in particolare nei confronti di territori isolani ad alta tensione sociale ed economica, alimentano infatti il divario di crescita e di sviluppo con le altre aree del Paese ed in parte dell'Europa;
   la cosiddetta «questione meridionale», a parere dell'interrogante, risulta pertanto evidentemente un aspetto marginale dell'azione del Governo, stante la carenza d'interventi che non considera adeguatamente i livelli di difficoltà e di estrema criticità che interessano il Mezzogiorno e la Sicilia, nei cui territori è in corso da anni un gravissimo processo di desertificazione industriale e umana, che rischia dei determinare pericolose tensioni sociali;
   a giudizio dell'interrogante in definitiva, occorrono misure in netta controtendenza rispetto a quelle sin qui introdotte, in grado di determinare l'avvio di un processo virtuoso e innestare pertanto interventi più efficaci per rilanciare l'auspicata ripresa dei consumi interni e dei livelli produttivi e occupazionali –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e conseguentemente quali iniziative urgenti e necessarie intenda intraprendere, nell'ambito delle competenze proprie, anche attraverso l'introduzione di strumenti di agevolazione fiscale, quali le zone franche urbane, al fine di sostenere l'economia siciliana, che secondo il rapporto della Banca d'Italia, è interessata da una crisi economica e finanziaria che può essere definita probabilmente la più difficile a partire dal dopoguerra. (4-07209)


   FEDI, GIANNI FARINA, GARAVINI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la Camera dei Deputati ha definitamente approvato la legge europea 2013 bis – legge 30 ottobre 2014, n. 161, «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea», entrata in vigore il 25 novembre 2014;
   l'articolo 7 della legge europea 2013 bis ha introdotto il comma 3-bis nell'articolo 24 del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi) e ha esteso le agevolazioni fiscali previste per i soggetti residenti in Italia — in termini di deduzioni e detrazioni — ai contribuenti residenti fiscalmente in un altro Stato membro o in un Paese dello spazio economico europeo, a condizione che producano almeno il 75 per cento del proprio reddito complessivo in Italia e non godano di analoghe agevolazioni fiscali localmente;
   il Ministero dell'economia e delle finanze adotterà un proprio decreto con le disposizioni attuative della norma;
   la definitiva approvazione della legge europea 2013 ha consentito di raggiungere un importante obiettivo, perseguito per anni, che garantisce la parità di trattamento, e ha evitato la possibilità di una procedura di infrazione ai danni dell'Italia, affermando contemporaneamente un elementare principio di giustizia e di parità tra i lavoratori e superando odiose e intollerabili forme di discriminazione;
   molti di questi lavoratori prestano servizio presso le strutture decentrate dello Stato all'estero; è stata eliminata anche la discutibile immagine di un'amministrazione che tiene alcuni suoi dipendenti in condizioni di disparità;
   la disparità permane per i lavoratori che, producendo un reddito soggetto a tassazione in Italia non godendo localmente di analoghe agevolazioni fiscali e producendo il 75 per cento del reddito complessivo in Italia, non possono godere delle agevolazioni fiscali poiché residenti in Paesi extra-UE o fuori dalla spazio economico europeo –:
   se non si ritenga necessario assumere iniziative per introdurre una norma che equipari tutti i lavoratori che producono un reddito soggetto a tassazione in Italia, e non godono di simili detrazioni fiscali nei Paesi in cui operano, anche oltre i confini dell'Unione europea o dello spazio economico europeo. (4-07215)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi del comma 3, dell'articolo 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, i contribuenti dovrebbero, tra l'altro, poter soddisfare alle obbligazioni tributarie con il minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e più agevoli;
   nel corso degli ultimi anni la tassazione sugli immobili, oltre ad essere divenuta eccessiva ed intollerabile, ha subito notevoli modificazioni e complicazioni: l'originaria imposta comunale sugli immobili, la cosiddetta ICI, è stata infatti dapprima sostituita dall'Imposta municipale propria (IMU), introdotta dall'articolo 8 del decreto legislativo del 14 marzo 2011, n. 23, per poi essere di nuovo sostituita dalla IUC, l'Imposta unica comunale, introdotta dalla legge di stabilità 2014 e composta da più parti: l'imposta IMU sul possesso di immobili, esclusa per le prime abitazioni, la tariffa TARI sulla produzione di rifiuti e quella TASI, che copre i servizi comunali indivisibili con una quota anche a carico dei locatari;
   la IUC è dunque, ancora una volta, una Service Tax composita, che si paga sia rispetto al possesso di un immobile sia alla sua locazione, applicabile tanto ai proprietari quanto agli inquilini;
   le difficoltà riscontrate dai contribuenti sono state evidenziate anche dal Presidente del Consiglio dei ministri che, in una dichiarazione pubblica, ha affermato di non aver ben compreso il meccanismo della TASI, aggiungendo, inoltre, che in Italia sembra un vezzo rendere complicato pagare tributi e che il Governo avrebbe presto intrapreso iniziative per attuare una vera ed efficace semplificazione;
   ancor più recentemente il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato che dal 2015 ci sarà un'unica tassa comunale per case, strade, asili, giardini e servizi –:
   quali iniziative normative il Ministro interrogato intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di prevedere l'integrale deduzione delle spese sostenute dai contribuenti, nel 2014, a titolo di onorari o quote associative per consultare professionisti, esperti, associazioni di categoria e altro, per ottenere l'indicazione dell'importo delle imposte da versare in relazione al possesso di immobili e se il Ministro interrogato non intenda promuovere iniziative normative volte a rendere realmente unica la tassa sui servizi indivisibili che grava sugli immobili. (4-07236)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   ZARATTI, SCOTTO, AIRAUDO, PLACIDO e PIRAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nonostante numerose fonti istituzionali, politiche e di informazione rappresentino il trasporto aereo italiano come un settore in crisi in cui le numerose vertenze del comparto costituiscono, di fatto, la mera conseguenza di una recessione più generale, dati forniti da importanti e qualificati studi di settore, come Assoaeroporti, dimostrano che le cose non stanno esattamente in questi termini, perché il comparto aereo-aeroportuale ed il suo indotto sembrerebbero essere sotto altri profili tutt'altro che in crisi;
   si segnala al riguardo una crescita esponenziale dei passeggeri sulle tratte intercontinentali ed a lungo raggio e, in tale contesto, particolarmente significativo è lo sviluppo dell'intero sistema aeroportuale romano (aeroporti di Fiumicino e di Ciampino) per ciò che riguarda il traffico passeggeri. Agli inizi del mese di ottobre 2014, ad esempio, Aeroporti di Roma (Adr) ha festeggiato il transito del duemilionesimo passeggero in più rispetto all'anno 2013 e sempre nel mese di ottobre 2014 su ottobre 2013 la crescita del traffico passeggeri, solo all'aeroporto di Fiumicino, ha segnato un + 10 per cento;
   pur tuttavia, a questa inequivocabile situazione di crescita del comparto fa, purtroppo, da contraltare una situazione drammatica per il lavoro e per l'intera categoria degli addetti operanti nel comparto aereo-aeroportuale, considerato che moltissimi fra questi (circa 15.000) risultano attualmente interessati a vario titolo ed «intensità» da procedure di cassa integrazione, mobilità e contratti di solidarietà e molte delle vertenze attualmente in essere insistono direttamente sugli aeroporti romani;
   il gruppo parlamentare Sinistra Ecologia Libertà, per il tramite dell'onorevole Michele Piras, ha già evidenziato durante l'audizione del Ministro interrogato presso la Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni (IX) della Camera dei deputati svoltasi la scorsa settimana, come siano ben 1.634 i lavoratori della compagnia aerea Meridiana minacciati da un licenziamento di massa; 500 lavoratori di Sea handling sono stati agevolati all'uscita dalla società di gestione degli aeroporti milanesi (Linate e Malpensa) e sostituiti da lavoratori interinali e precari che chissà sino a quando potranno continuare a lavorare; e, infine, anche con riferimento alle situazioni di Alitalia e di Groundcare la questione relativa agli esuberi appare tutt'altro che chiusa;
   con riferimento alla situazione di Alitalia, si evidenzia come una quarantina di operai licenziati solo a ottobre 2014 sono stati ricollocati, ma con contratti da soli 25 giorni, dal 4 al 28 dicembre 2014, per le manutenzioni dei velivoli Air Berlin e ciò appare quanto mai deprecabile, se non addirittura allucinante, considerato che la precarizzazione dei licenziati rappresenta una beffa dei diritti dei lavoratori e la chiara dimostrazione che il lavoro in Alitalia c'era;
   particolarmente grave e preoccupante appare la situazione degli 871 lavoratori della Groundcare di Fiumicino e Ciampino che stanno rischiando il loro posto di lavoro;
   con riferimento alla situazione di Groundcare, in particolare, per quanto risulta agli interroganti, in data 5 dicembre 2014 il curatore fallimentare di Groundcare ha inviato una lettera in cui si rappresenta la volontà dello stesso di procedere alla liquidazione o alla vendita a pezzi senza che vi sia stato alcun accordo sindacale. Le trattative per l'acquisto della fallita Groundcare da parte della Gh sembrerebbero ad oggi sospese e le organizzazioni sindacali non hanno, finora, trovato le condizioni per firmare unitariamente un accordo che, con tutta evidenza, reca contenuti inaccettabili ed apre drammatiche prospettive per i lavoratori. Sembrerebbero 350 gli esuberi che rischiano la mobilità senza l'integrazione del fondo speciale del trasporto aereo; c’è poca chiarezza sul destino dei lavoratori ex Globeground e nessuna certezza sulla ricollocazione degli esuberi; si paventa la prospettata riduzione del salario fino al 20 per cento per i lavoratori riassorbiti; sembrerebbe, addirittura, possa verificarsi la trasformazione coatta dei contratti full time in contratti part-time;
   per quanto risulta agli interroganti, il curatore fallimentare di Groundcare considera la proposta di acquisto di Gh «la più conveniente», prospettando in caso di mancato accordo la svendita a pezzi dell'azienda e prospettando ancora più pesanti ripercussioni sull'integrità dell'azienda e sui livelli occupazionali;
   una proposta di soluzione alla suddetta critica situazione potrebbe essere quella della proroga dell'esercizio provvisorio e della licenza di Groundcare fino alla scadenza della cassa integrazione guadagni straordinaria per maggio 2015 e la soluzione della vertenza nell'ambito del riordino dell'intero sistema aeroportuale romano previsto a partire da gennaio 2015 con revisione degli handler e delle società aeroportuali operanti negli scali romani e contestuale definizione di regole contrattuali, retributive, normative e di livelli di servizio e sicurezza uguali per tutti a tutela dei lavoratori e dei passeggeri –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, alla luce di quanto descritto in premessa, considerata l'enorme contraddizione tra lo sviluppo del mercato del trasporto aereo italiano e la gravissima situazione occupazionale che sta interessando l'intero comparto aereo-aeroportuale, di cui i casi Alitalia, Meridiana, Sea-handling e Groundcare rappresentano fulgidi esempi, e quali iniziative di competenza intenda adottare per consentire una moratoria dell'esercizio provvisorio e della licenza di Groundcare in attesa della definizione del sistema aeroportuale romano. (3-01214)
(Presentata il 9 dicembre 2014)


   LIBRANDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 201, «Notificazione delle violazioni» del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dispone, al comma 1, che le violazioni del codice devono essere immediatamente contestate al trasgressore, ovvero, a fronte dell'impossibilità dell'immediatezza della contestazione, che la pubblica amministrazione ha novanta giorni di tempo per notificare il verbale al trasgressore;
   il suddetto termine di novanta giorni è frutto della modifica introdotta dal legislatore al codice della strada con l'articolo 36 della legge 29 luglio 2010, n. 120, che, in ossequio ai principi di efficienza e speditezza dell'azione amministrativa, ha ridotto il precedente termine di centocinquanta giorni;
   il comma 1-bis dell'articolo 201 del codice della strada elenca le ipotesi in cui l'immediatezza della contestazione non è necessaria, includendo tra queste i casi di accertamento della violazione per mezzo di apparecchi elettronici di rilevamento che consentono la determinazione dell'illecito in tempo successivo, essendo il veicolo oggetto del rilievo a distanza dal posto di accertamento e comunque nell'impossibilità di essere fermato in tempo utile;
   il comma 1-ter del medesimo articolo precisa che, nell'ipotesi in cui la contestazione non avviene immediatamente, la pubblica amministrazione è tenuta a precisare, nel verbale di notifica inviato al trasgressore, i motivi per cui non è stato possibile procedere con la contestazione immediata;
   in alcune fattispecie di trasgressione – in particolare nell'ipotesi di violazione dei limiti di velocità – le moderne apparecchiature elettroniche in dotazione delle pubbliche amministrazioni consentono l'accertamento immediato da parte degli operatori di polizia locale, dal momento che l'invio dei fotogrammi digitali alla centrale operativa avviene in tempo reale;
   alcune amministrazioni territoriali (tra queste il comune di Milano), per evitare che la decorrenza del termine di notifica previsto dal legislatore nazionale annulli la validità della sanzione, interpretano estensivamente il termine iniziale (dies a quo) per la notificazione del verbale di accertamento. L'interpretazione estensiva considera dies a quo non il momento in cui l'infrazione è accertata dal dispositivo elettronico, bensì quello in cui l'operatore di polizia locale visiona il fotogramma concernente l'infrazione;
   il numero crescente di apparecchiature di rilevamento a disposizione delle amministrazioni locali collocate nell'intero perimetro urbano produce un aumento esponenziale degli accertamenti e, di conseguenza, un potenziale aumento dei carichi di lavoro per le amministrazioni territoriali;
   l'interpretazione estensiva del termine indicato dall'articolo 201 del codice della strada è lesivo del diritto alla difesa dei cittadini, dal momento che costoro, a distanza di tempo dall'infrazione, hanno maggiori difficoltà a ricordare dettagli utili per valutare l'opportunità di presentare ricorso in opposizione al verbale di accertamento;
   tale interpretazione è, inoltre, in palese violazione del principio fissato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 198 del 1996 in materia di notifica. Secondo l'interpretazione della Corte costituzionale il dies a quo della notifica è da considerarsi quello in cui l'amministrazione è posta nelle condizioni di agire e non quello in cui, assecondando la distribuzione dei carichi di lavoro interni, l'amministrazione valuta discrezionalmente la possibilità di agire;
   l'interpretazione estensiva è, altresì, lesiva dello spirito della norma dettata dall'articolo 201 del codice della strada, poiché viola i principi di certezza del diritto, di buona amministrazione e di speditezza dell'azione amministrativa –:
   se il Ministro interrogato, a fronte delle ricadute negative per i cittadini prodotte dall'interpretazione estensiva dell'articolo 201 del codice della strada da parte delle amministrazioni locali, non ritenga opportuna l'adozione di una circolare esplicativa in merito alla decorrenza dei termini o l'assunzione di iniziative per una modifica all'articolo 201, comma 1, del codice della strada con la precisazione del dies a quo del termine di 90 giorni concessi all'amministrazione per notificare il verbale di accertamento. (3-01215)
(Presentata il 9 dicembre 2014)


   PIEPOLI, BUTTIGLIONE, SBERNA, CERA, GIGLI, BINETTI, SANTERINI e FAUTTILLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dalla stampa, sarebbe stato consegnato dal Governo alla task-force di Bruxelles, incaricata di raccogliere le opere di tutti i Paesi dell'Unione europea che si candidano ai finanziamenti del «piano Juncker», l'elenco delle proposte italiane;
   non si conoscono i criteri che saranno adottati dall'Unione europea per assegnare i fondi per la realizzazione delle infrastrutture, tuttavia rispetto al rapporto iniziale che raccoglieva circa 2.000 progetti per un valore di 1.300 miliardi di euro, oggi risulterebbe che i progetti illustrativi, ritenuti più seri dai proponenti, siano scesi ad una quarantina che potrebbero, dunque, più facilmente sopravvivere alla selezione;
   il gap infrastrutturale del nostro Paese è evidente e mancare la possibilità di attingere alle risorse del «piano Juncker» sarebbe imperdonabile;
   sarebbe, pertanto, opportuno concentrare le risorse per finanziare progetti ritenuti fondamentali per la ripresa del nostro Paese –:
   quali siano le proposte italiane presentate e se non ritenga che il «piano Junker» rappresenti un'occasione unica per realizzare le infrastrutture necessarie alle ripresa economica del Paese.
(3-01216)
(Presentata il 9 dicembre 2014)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   GRIMOLDI e BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con precedente interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-01205 il Ministro ribadiva la volontà di giungere nei più brevi tempi tecnicamente occorrenti alla realizzazione dell'autostrada della Valle Trompia, a beneficio dei territori che la stessa andrà a servire;
   ANAS spa ha reso noto di aver ottenuto, da parte dei proprietari di aree necessarie alla realizzazione del raccordo autostradale tra la A4 e la Valle Trompia, l'accordo per l'acquisizione delle relative aree;
   ad oggi questa opera risulta essere prioritaria in quanto tutto il territorio della valle Trompia sopporta danni gravissimi, ambientali, sociali ed economici, a causa della congestione del traffico sull'unica strada che attraversa la valle;
   la necessità di adeguare le infrastrutture della valle è una primaria esigenza sia per i cittadini sia per le imprese che, con fatica, cercano di affrontare al meglio le sfide economiche attuali e future;
   si tratta di una valle operosa dal punto di vista produttivo che già rischia di soccombere a causa della grave crisi economica e che viene maggiormente penalizzata per la mancanza di collegamenti alternativi che consentano una mobilità adeguata alle quotidiane esigenze;
   i cittadini aspettano da anni la realizzazione del tratto autostradale della valle Trompia, progetto quest'ultimo già previsto, approvato e finanziato da tempo, che, tuttavia, non riesce a partire per motivi indipendenti dal territorio;
   i ritardi registrati per la realizzazione della nuova infrastruttura mettono in grave crisi anche le amministrazioni locali per la persistenza dei vincoli urbanistici presenti sul territorio –:
   se il Ministro intenda confermare l'importanza prioritaria della, realizzazione di questa infrastruttura fondamentale per uno dei territori più produttivi del Paese, chiarendo quale sia ad oggi lo stato di avanzamento del complesso iter procedurale al fine di dare al territorio interessato prospettive certe nei modi e nei tempi di esecuzione. (5-04250)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, SEGONI, TERZONI, VIGNAROLI, ZOLEZZI e D'INCÀ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Val d'Astico, una delle più belle e verdi vallate vicentine, rischia di essere deturpata dalla realizzazione del tratto autostradale A31 Valdastico Nord, opera caratterizzata da un elevato costo di realizzazione, stimato in oltre due miliardi di euro (49 milioni di euro al chilometro) con previsione di flussi di traffico modesti e danni ambientali gravissimi e difficili da contenere;
   il tratto autostradale «Valdastico» sarebbe, infatti, solo una costosissima scorciatoia (2/3 del tracciato sarebbero in galleria) fra Vicenza e Trento del percorso autostradale già esistente via Verona ed avrebbe, inoltre, l'effetto di vanificare gli investimenti già fatti attorno a Verona per convogliare in ferrovia anziché in autostrada parte del traffico pesante che vuole attraversare le Alpi lungo la valle dell'Adige;
   l'opera è finanziariamente insostenibile, destinata a non pagarsi mai anche secondo il piano finanziario della società proponente, che prevede dal 2022 (apertura) al 2046 incassi su quel tratto per 638.286.862,00 milioni di euro, nemmeno 1/3 dei costi di costruzione previsti (bollettino «Informiamoci» n. 8 del Comitato vicentino contro la Valdastico);
   i costi di costruzione e poi di gestione della Valdastico verrebbero, pertanto, caricati stabilmente, tramite aumento dei pedaggi, sul traffico che passa a sud, lungo il tragitto Brescia-Padova, su cui passa praticamente tutta l'economia del Nord-est, di cui verrebbero aggravati dunque i costi;
   la realizzazione di un'autostrada inutile sarebbe un investimento in perdita, invece che un moltiplicatore economico. Realizzare investimenti dello stesso importo per esempio nella messa in sicurezza del territorio avrebbe gli stessi effetti benefici sul prodotto interno lordo, distribuirebbe risorse ai lavoratori e preverrebbe i disastri economici, sociali ed ambientali dovuti a dissesto idrogeologico, evitando di tartassare ancor di più i costi di trasporto delle imprese del Nord-est, quindi la loro competitività;
   in merito alla concessione autostradale in carico alla società A4 Holding, l'Autorità di regolazione per i trasporti, secondo quanto riportato dall'articolo «Il Governo commissaria la Valdastico Nord», apparso il 13 novembre 2014 sul sito di Altreconomia, ha spiegato che «per evitare che la concessione scadesse al 30 giugno 2013, il ministero delle Infrastrutture e trasporti ha chiesto alla Commissione una proroga “tecnica” di due anni fino al 2015, finalizzata all'approvazione del progetto definitivo della Valdastico Nord e la Commissione UE ha espresso parere favorevole». La proroga è in scadenza il prossimo 30 giugno, e allora spiega la stessa Autorità ad Altreconomia «la convenzione dovrebbe ritenersi scaduta»;
   il CIPE, il 10 novembre 2014, è intervenuto a modificare l’iter autorizzativo del progetto della Valdastico Nord al fine di «proseguire nello svolgimento della apposita procedura prevista dall'articolo 165, comma 6, lettera a) del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici)» (come si legge in uno stesso comunicato del CIPE);
   alle riunioni del CIPE, compresa quella del 10 novembre 2014, che ha di fatto «commissariato l'iter della Valdastico Nord», come osserva l'articolo di Altreconomia, partecipa, in quanto membro di diritto del Comitato, anche il presidente della conferenza delle regioni, Sergio Chiamparino, presidente della regione Piemonte;
   Chiamparino, come si legge su altreconomia.it: «prima di candidarsi nella primavera del 2014 a guidare il Piemonte è stato, dal 2012, presidente della Compagnia di San Paolo, che è, a sua volta, il primo azionista di Intesa Sanpaolo, di cui controlla il 9.888 delle azioni (Consob, 13 novembre 2014)»;
   intesa Sanpaolo controlla, attraverso Re Consult Infrastrutture ed Equiter, il 35,35 per cento di A4 Holding, la società concessionaria dell'A31. Quella che vuole realizzare a tutti i costi l'A31 Nord, perché non perda così il diritto a gestire anche la trafficatissima A4, nella tratta tra Brescia e Padova —:
   se il Governo non ritenga, alla luce di quanto sopra esposto, di assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare per il futuro situazioni come quella descritta che appaiono gravemente inopportune e pregiudizievoli per gli interessi economici e sociali del territorio, posto che ad avviso degli interroganti si profila un gravissimo conflitto di interessi e se non ritenga doveroso rendere pubblica la documentazione relativa a questa richiesta di proroga, spiegando le ragioni della stessa e se sia stata fatta nell'interesse del Paese, considerando che l'autostrada Valdastico Lord non rientra tra i corridoi strategici della Rete TEN-T o in quello del gestore autostradale. (5-04251)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano nazionale degli aeroporti prevede dei requisiti per l'individuazione degli aeroporti di interesse nazionale strategico. «Unica eccezione alla regola di un solo aeroporto strategico per ciascun bacino – si legge – è quella relativa al bacino del Centro-Nord, per il quale gli aeroporti strategici individuati sono due – Bologna e Pisa/Firenze – in considerazione delle caratteristiche morfologiche del territorio e della dimensione degli scali e a condizione, relativamente ai soli scali di Pisa e Firenze, che tra gli stessi si realizzi la piena integrazione societaria e industriale»;
   il piano nazionale aeroporti prevede un criterio di valutazione per tutti gli aeroporti in base ai quali Pisa risulta essere già individuato come aeroporto strategico prima ancora di Bologna;
   il regolamento UE 139/2014, al comma 6, demanda alle Agenzie Nazionali, le norme comuni per la valutazione della conformità ai presenti requisiti che non possono quindi essere aggirati con «artifici finanziari» perché la valutazione deve essere certificata sull'infrastruttura tecnica e non su quella finanziaria come previsto peraltro dall'articolo 698 del Codice della navigazione e dall'integrazione prevista nei progetti europei TEN;
   il piano risulta essere lacunoso nella parte relativa alle merci in quanto non tiene conto della situazione generale del settore cargo. In particolare, oltre l'80 per cento di materiale prodotto ed esportato via aerea dal comprensorio toscano è diretto nel nord Europa, con vettori stranieri;
   se risulta vera la collocazione di City Airport per classificazione aeromobili 3C, la disponibilità della stiva rimarrà esigua: il traffico cargo sarà relativo solo a merci urgenti, mentre quelle di normale produzione verranno spedite via camion a causa dello squilibrio dei costi fra la parte terrestre e quella aerea;
   tale valutazione è assente nel piano ed il fattore cargo non viene minimamente considerato;
   per tale motivo e per la conformazione del territorio l'unico sbocco dove i grossi aerei passeggeri e/o cargo potrebbero tranquillamente atterrare sarebbe Pisa, ed è lì che dovrebbero essere eventualmente indirizzati gli investimenti privati aeroporto a Firenze;
   l'ingegner Naldi in audizione presso la VI e VII Commissione della regione Toscana, confermava che gli aeroporti di Pisa e Firenze dovevano beneficiare di non meglio precisati «finanziamenti» europei dei quali non si conoscono attualmente i criteri di assegnazione;
   la regione Toscana nell'approvazione della variante PIT ha inserito quali opere di mitigazione sulle emissioni in atmosfera, la riduzione della velocità di percorrenza sul tratto A/1 (Calenzano/Bagno a Ripoli)-A/11 tratto finale Firenze a 100 km/h con la necessità di interloquire con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed Autostrade SpA quale concessionario –:
   se non reputi opportuno ampliare il piano nazionale aeroporti con una valutazione approfondita del settore cargo;
   quale sia il motivo per il quale il Piano nazionale aeroporti non indichi un hub toscano per le merci, creando i presupposti di concorrenza anche per le merci e quindi per lo sviluppo di tutta l'aerea Toscana;
   se non reputi opportuno favorire l'apertura di collegamenti diretti con Pisa, affinché le merci vengano veicolate dallo stesso comprensorio, sia con vettori nazionali che esteri e attraverso la combinazione passeggeri/cargo, creando così i presupposti di concorrenza anche per le merci e quindi per lo sviluppo di tutta l'area Toscana;
   se esistano i presupposti normativi per l'ottenimento di tali fondi europei a favore degli aeroporti visto che gli orientamenti dell'Unione europea sugli aiuti di Stato agli aeroporti ed alle compagnie aeree, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, del 4 aprile 2014 – C 99/3 (p. 12 e 86) oltre a definire le caratteristiche di bacino di utenza sembrano invece essere contrari a tale possibilità;
   se non reputi opportuno che tali fondi siano indirizzati verso una struttura più performante e non verso un aeroporto che a prescindere dai problemi ambientali e rischio volo richiamati in precedenti interrogazioni, per conformazione orografica del sedime aeroportuale non può avere un ulteriore sviluppo ed, in ogni caso, se non intenda rivedere i criteri di investimento finora adottati;
   se quanto attestato dalla regione Toscana nell'allegato 7 variante PIT, p. 2 e 35 circa la diminuzione di velocità sul tratto indicato e quindi in contestuale rallentamento del traffico sia tecnicamente fattibile e se la regione abbia mai formulato tale richieste al Ministero e se possa chiarire i contenuti di quanto comunicato dalla regione così come dalla risposta con i relativi pareri tecnici espressi dal Ministero, anche fornendo la necessaria documentazione. (5-04247)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   alle 13:58 di lunedì 8 dicembre 2014 il sistema di radar dell'Ente nazionale di assistenza al volo (ENAV) dell'aeroporto di Milano Linate, che monitora il traffico aereo di tutto il nord ovest del Paese, è andato in avaria causando l'assenza della segnalazione radar necessaria agli aerei nelle delicati fasi di atterraggio e di decollo. Questo ha comportato l'attivazione di misure di emergenza in tutti gli scali aeroportuali della Lombardia, del Piemonte e della Liguria che ha imposto un rallentamento del servizio di assistenza al volo con notevoli disagi alle compagnie aeree e ai loro passeggeri. A fine giornata si sono registrati oltre 300 ritardi e quasi 40 cancellazioni dei voli;
   l'Enav, pur scusandosi, ha minimizzato la portata di questo grave inconveniente tecnico attribuendolo ad un mancato aggiornamento «informatico» del sistema di gestione del traffico aereo in avvicinamento, necessario a guidare i piloti durante la fase di accostamento agli aeroporti. Quanto accaduto, viceversa, non può essere assolutamente minimizzato, poiché ne va della credibilità dell'intero settore del trasporto aereo del nostro Paese. Innanzitutto il black out al sistema operativo dell'8 dicembre 2014 si è protratto per oltre 6 ore (dalle ore 11:40 alle ore 17:30) e non per una sola ora, come riportato dal comunicato stampa dell'Enav. Inoltre, secondo quanto appreso dall'interrogante, non è la prima volta che si verificano black out del genere. Nell'ultimo trimestre e nel solo aeroporto di Milano Linate, pur con modalità e tempistiche differenti, si sono già verificati analoghi incidenti tecnici di blocco della segnalazione radar e precisamente il 15 ottobre 2014, il 24 ottobre 2014 e il 21 novembre 2014. Se fossero confermate queste voci ci troveremmo di fronte ad una preoccupante inadeguatezza dell'attuale sistema operativo di gestione del traffico aereo alla base della sicurezza dei nostri voli;
   a detta dell'interrogante, questi «errori tecnici» sono dovuti sicuramente a difetti strutturali da prevenire ma anche al vuoto organizzativo e manageriale in cui da mesi versa l'Enav, dove è tuttora in corso il travagliato rinnovo dei suoi vertici (consiglio di amministrazione e amministratore delegato), che a cascata sta avendo ripercussioni sulla stessa catena di comando e di controllo dell'ente –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno:
    a) verificare, per quanto di competenza, le gravi omissioni ed i mancati controlli nonché la mancata individuazione di difetti strutturali alla base del black out dell'8 dicembre 2014 e di quelli che li hanno preceduti;
    b) attivare l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) e l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) affinché svolgano, in virtù delle rispettive competenze, le opportune indagini sull'inconveniente occorso identificando le cause degli eventi e gli eventuali responsabili al fine di evitarne il ripetersi;
    c) predisporre tutte le misure necessarie ad assicurare la corretta gestione del traffico aereo in partenza ed in sorvolo sul territorio nazionale garantendo la massima sicurezza dei voli;
    d) assicurare in tempi brevissimi una guida operativa ad Enav spa che è il provider nazionale a cui viene delegata la gestione e la sicurezza del traffico aereo nazionale. (5-04258)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 17 maggio 1985, n. 210, all'articolo 1 istituisce l'ente Ferrovie dello Stato che «succede in tutti i rapporti attivi e passivi ... già di pertinenza dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato»;
   all'articolo 3 della stessa legge sono definiti i poteri del Ministro, tra i quali quello di «vigilare che la gestione si svolga nel rispetto degli indirizzi generali indicati»;
   l'Associazione nazionale mutilati invalidi e famiglie dei caduti delle Ferrovie dello Stato riconosciuta come onlus con decreto ministeriale n. 14232 del 17 agosto 1967 ha chiesto ad Rete ferroviaria italiana di poter utilizzare in comodato d'uso gratuito (o in affitto simbolico) i locali di proprietà dell'ente ferrovie dello Stato a fini associativi;
   tale operazione è stata efficacemente conclusa presso l'edificio B del complesso di Stazione di Roma Termini nel 2009, dove per un accordo intercorso fra Grandi Stazioni e Rete ferroviaria italiana furono effettuati, a spese di Grandi Stazioni, lavori per consentire all'Associazione suddetta di esercitare le sue attività istituzionali «ritenute da sempre rilevanti per il gruppo Ferrovie dello Stato»;
   il suddetto accordo produceva un verbale di consegna fra Grandi Stazioni spa, Associazione nazionale mutilati ed invalidi famiglie dei caduti, Ferrovie dello Stato e Rete ferroviaria italiana spa, nel quale in premessa era esplicitamente detto che «G.S. sulla base della side letter del 29 marzo 2001 ha previsto tra l'altro la liberazione del citato edificio M e la riallocazione di tutte le Associazioni o altri enti ferroviari in locali non sfruttati commercialmente da Grandi Stazioni»;
   tale modulo di accordo è stato sostanzialmente riprodotto in numerose città d'Italia;
   oggi invece in alcune città (per esempio: Firenze, Torino, Bari, Pisa, Pescara) Rete ferroviaria italiana pretende di porre condizioni differenti, ponendo a carico dell'Associazione già citata le spese di manutenzione straordinarie e le pratiche per l'agibilità dei locali;
   evidentemente l'Associazione non è in grado di sopportare tali oneri ed è evidente la disparità di trattamento che Rete ferroviaria italiana porrebbe in essere, contra legem, nei riguardi di altre sedi dell'Associazione rispetto a quanto correttamente è stato fatto per la Stazione Termini ed altre situazioni analoghe –:
   se nell'ambito dei poteri conferitigli dalla legge 210 del 1985, ed in particolare dall'articolo 3, non ritenga di dover intervenire immediatamente presso Rete ferroviaria italiana per ripristinare una situazione, di equità di trattamento e di correttezza nei riguardi di una associazione che è stata sempre ritenuta «rilevante per il gruppo FFSS». (4-07199)


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società taiwanese Evergreen, uno dei più importanti gruppi armatoriali mondiali, nel cui impero navale opera la compagnia Italia Marittima (ex Lloyd Triestino), sembra stia valutando l'opportunità di lasciare l'Italia per spostare la propria sede legale e le sue attività in un altro Paese comunitario;
   di tale intenzione l'azienda ha informato da un paio di settimane le rappresentanze sindacali, che, a loro volta, hanno allertato i loro esponenti regionali;
   l'intenzione di abbandonare l'Italia trarrebbe origine da una sanzione di sessanta milioni di euro comminata alla società Italia Marittima dalla Guardia di finanza, in seguito a un accertamento eseguito presso il suo quartier generale triestino in Passeggio Sant'Andrea;
   lo scorso 16 gennaio, infatti, la Guardia di finanza ha avviato una serie di controlli che hanno avuto termine nello scorso mese di ottobre, e che sono stati seguiti dalla contestazione dell'errata applicazione della cosiddetta tonnage tax, il regime fiscale forfettario, basato sulla stazza e a prescindere dal trasportato, applicabile a navi che esercitino traffici internazionali;
   in seguito a tale contestazione la società Italia Marittima si è rivolta alla sua associazione di categoria e al competente Ministero al fine di ottenere un chiarimento sulle modalità applicative della norma, ma senza esito;
   nel frattempo sembra che tre unità inizialmente destinate alla flotta di Italia Marittima andranno, invece, a rafforzare la controllata britannica Evergreen UK, probabile candidata ad accogliere la flotta battente bandiera tricolore se le cose dovessero precipitare;
   la tonnage tax è stata introdotta circa dieci anni fa proprio al fine di consentire alla marineria italiana di non subire un'indebita concorrenza da parte del naviglio di altri stati comunitari e la sanzione nei confronti della società taiwanese, se fosse confermato che dipende da una questione di interpretazione della norma, potrebbe rappresentare un precedente pericoloso per altre compagnie che operano in regime di tonnage tax;
   dal 1998 – ovvero da quando il Lloyd Triestino venne privatizzato e ceduto a Evergreen l'armatore di Taiwan ha investito sull'acquisto italiano l'equivalente di 900 milioni di euro;
   Italia Marittima fatturerà nel 2014 circa un miliardo e 500 milioni di euro, secondo le stime dell'azienda circa il 6,50 per cento del prodotto interno lordo della regione Friuli Venezia Giulia, ed occupa quasi quattrocento persone, metà delle quali sono triestine –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e come intendano intervenire al fine di tutelare i lavoratori coinvolti dall'eventuale trasferimento dell'azienda citata;
   se non ritenga di adottare un'iniziativa normativa di carattere esplicativo per quanto concerne i criteri per l'applicazione della tonnage tax. (4-07201)


   PETRAROLI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Meridiana è una Compagnia aerea italiana a capitale privato con sede a Olbia (OT). La Compagnia fu fondata con il nome di Alisarda il 29 marzo del 1963 dal principe Aga Khan, con l'intento di promuovere il turismo in Sardegna;
   nel dicembre del 2006 Meridiana rilevò la quota di controllo della compagnia aerea Eurofly, dando avvio ad un percorso di integrazione terminato il 28 febbraio 2010 con la nascita di Meridiana fly spa, e Meridiana Maintenance spa le due società che inglobano i rami d'azienda rispettivamente di volo e tecnico di Meridiana e di Eurofly;
   in seguito a tale integrazione la società Meridiana spa è diventata una holding che controlla la compagnia aerea, la società di manutenzione e la società di gestione dell'Aeroporto di Olbia, Geasar spa;
   nell'ottobre 2011 Meridiana Fly ha acquistato totalmente la proprietà di Air Italy, vettore italiano a vocazione charter con sede presso l'aeroporto di Malpensa, fondata dal comandante Giuseppe Gentile, i cui dipendenti hanno una età anagrafica inferiori rispetto a quelli della Meridiana Fly, quindi con «peso economico» inferiore;
   a seguito di un'operazione di rebranding, avvenuta a marzo 2013, la compagnia ha eliminato il marchio commerciale Air Italy ed il suffisso Fly di Meridiana sostituendolo con «Meridiana»;
   gli aeroporti di Olbia-Costa Smeralda, Cagliari, Napoli e Verona con Milano e Roma sono gli scali di riferimento sul territorio nazionale;
   a settembre 2014 i CDA di Meridiana Fly e Meridiana Maintenance decidono di avviare un piano di ristrutturazione annunciando le procedure di messa in mobilità di oltre 1600 dipendenti in esubero strutturale per i quali si è concluso il periodo di 4 anni di cassa integrazione guadagni straordinaria, concordato in sede ministeriale nel febbraio 2011 tra la compagnia e le organizzazioni sindacali. La mobilità in questione coinvolge 1478 dipendenti di Meridiana Fly (262 piloti, 896 assistenti di volo e 320 personale di terra) e 156 di Meridiana Maintenance. L'azienda ha proposto ad un numero non definito di piloti e assistenti di essere assorbiti dalla controllata Air Italy con una riduzione di stipendio pari al 38 per cento per i piloti e del 10 per cento per gli assistenti. I 1634 dipendenti, dei quali 561 impiegati a Malpensa, non demordono e chiedono un piano per il rilancio di Meridiana;
   dal quotidiano La Prealpina del 28 novembre 2014 si apprende che il GICO (Gruppo investigativo criminalità organizzata) della Guardia di finanza ha perquisito le sedi della compagnia ad Olbia e Somma Lombardo, sequestrando documenti e computer, su disposizione della Procura di Tempio Pausania che indaga sui rapporti tra Meridiana e Air Italy e sulla situazione di crisi della compagnia aerea –:
   quali azioni i Ministri interrogati intendono avviare, per quanto di competenza, per rilanciare la Compagnia Meridiana garantendo i livelli occupazionali in essere, dato che trattasi di profili di eccellenza nel settore dei trasporti aeroportuali;
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per garantire un sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti nella procedura di mobilità. (4-07227)


   PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la linea ferroviaria Arcisate-Stabio non ha pace e non si intravede il suo completamento. Il progetto prevede lo sviluppo di circa 8,4 chilometri di cui circa 4,5 chilometri di raddoppio in sede del tratto di linea esistente da Induno Olona al bivio di Porto Ceresio e circa 3,9 chilometri di nuova linea a doppio binario fino al confine di Stato;
   nei comuni di Induno Olona e Arcisate il tracciato, secondo il progetto, si sviluppa in trincea profonda risolvendo in questo modo tutte le interferenze alla viabilità dovute ai vari passaggi a livello presenti;
   da quanto si è appreso dalla risposta del Sottosegretario di Stato alle infrastrutture e ai trasporti Umberto del Basso de Caro all'interrogazione n. 5-03907, avvenuta in data 30 ottobre 2014, la realizzazione del nuovo collegamento Arcisate-Stabio è stata affidata all'ATI Salini-Carena nel 2010 con appalto integrato il cui costo dell'intero progetto è di 261 milioni di euro;
   stante la presenza di arsenico naturale nei terreni, non accertata in sede preliminare all'inizio dei lavori, l'Appaltatore ha di conseguenza modificato il PGTR (piano di gestione terre e rocce da scavo) che prevedeva il conferimento delle terre in esubero contaminate presso l’ex cava Rainer, attraverso modellazione morfologica. La nuova versione del PGTR è stata approvata con prescrizioni dalla regione Lombardia nel maggio 2012;
   ad aprile 2013 sono state rinvenute, nel sito dell’ex cava Rainer, tracce di idrocarburi che hanno spinto la provincia di Varese a dichiarare il sito «potenzialmente inquinato»;
   nel mese di giugno 2013 la regione Lombardia chiedeva di procedere con le lavorazioni che non interessassero gli scavi e potessero consentire il prosieguo dei lavori per tre mesi;
   l'italferr Spa, soggetto tecnico di RFI spa, ha provveduto a stilare il progetto esecutivo di sistemazione ambientale relativo a due siti per la messa a dimora definitivo delle terre e rocce da scavo, che saranno allocate in parte presso l'Area CSFBO2 (ex proprietà Rainer) ed in parte presso la Cava Femar, nel Comune di Viggiù (Varese);
   in data 5 giugno 2014 si è aperta la conferenza di servizi volta ad ottenere i pareri degli enti coinvolti; il 6 ottobre 2014 il progetto esecutivo è stato inoltrato al CIPE per l'approvazione;
   successivamente all'avvenuta approvazione del progetto esecutivo da parte del CIPE in data 10 novembre 2014 che ha sbloccato i lavori, un'altra piaga si è abbattuta sulla Arcisate-Stabio, infatti dal quotidiano La Prealpina si apprende che la RFI s.p.a. committente dell'opera, ha deciso di rescindere il contratto con l'impresa appaltatrice, l'ICS, che potrebbe portare alla chiusura del cantiere ed ai licenziamenti di 35 lavoratori;
   la questione occupazionale è ben più ampia di quanto si possa immaginare poiché la chiusura del cantiere interesserebbe non solo la ICS ma anche le circa duecento aziende che allo stesso cantiere vi lavorano;
   i disagi, che i cittadini saranno costretti a subire a causa di questi ulteriori ritardi nel completamento dell'opera, hanno spinto le amministrazioni Comunali di Induno Olona, Arcisate e Cantello insieme con la comunità montana del Piambello, a rivolgersi all'autorità giudiziaria –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per la risoluzione della vertenza in atto tra RFI s.p.a. ed ICS e come intendano operare affinché vengano ultimati i lavori nei tempi previsti. (4-07232)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHAOUKI, AMODDIO, ALBINI, ARLOTTI, ASCANI, BARGERO, BENI, BERRETTA, MARIASTELLA BIANCHI, BINETTI, BONACCORSI, BONOMO, BORGHI, BRAGA, BRUNO BOSSIO, CANI, CAPONE, CARNEVALI, CARLONI, CARRA, CASTRICONE, CENNI, CIMBRO, COCCIA, COVA, MARCO DI MAIO, FOSSATI, GARAVINI, GASPARINI, GRIBAUDO, GIUSEPPE GUERINI, IACONO, LA MARCA, LOCATELLI, LODOLINI, MALPEZZI, MARIANI, MARIANO, MASSA, MATTIELLO, MICCOLI, MIGLIORE, MURA, NICOLETTI, PASTORELLI, PATRIARCA, PIAZZONI, PICCIONE, GIUDITTA PINI, PINNA, PRINA, ROMANINI, ROSSOMANDO, ROTTA, GIOVANNA SANNA, SCHIRÒ, SCUVERA, SGAMBATO, ZAMPA, TERROSI, TIDEI, VENITTELLI, D'OTTAVIO, GNECCHI, AMATO, ALBANELLA, CAMPANA, D'INCECCO, FONTANELLI, IORI, MARCHI, NICCHI, RACITI, RUBINATO, SBROLLINI e TARICCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   tutti gli organi di stampa in questi giorni hanno ampiamente dato resoconto sull'inquietante quadro indiziario che ha coinvolto un numero rilevante di noti dirigenti e responsabili di incarichi istituzionali nell'amministrazione comunale, portando all'arresto di 37 persone e all'avvio di un'articolata indagine della magistratura a 360 gradi sul complesso intreccio affaristico-criminale che avrebbe investito la gestione della cosa pubblica nella città di Roma;
   tuttavia, in attesa che con il proseguimento delle indagini, che si auspica il più rapido ed efficace possibile, si chiariscano fino in fondo le responsabilità individuali di chi ha avuto parte in una gestione affaristico-criminale, recando un incalcolabile danno all'intera collettività, alcuni dettagli emersi dagli organi di stampa già pongono interrogativi inquietanti sui rapporti privilegiati e sulle relazioni che taluni dei personaggi arrestati avrebbero avuto con organi o uffici del Ministero dell'interno;
   uno dei filoni principali dell'indagine ha infatti riguardato le attività criminali connesse alla gestione dei centri di accoglienza per i richiedenti asilo, e più in generale alle attività connesse alla gestione dei flussi migratori, che come è noto negli ultimi anni hanno assunto, anche a causa della crisi politico istituzionale che ha caratterizzato molti paesi del Nord Africa, proporzioni decisamente rilevanti;
   in particolare da notizie a mezzo stampa si sarebbe appreso che uno degli arrestati era contestualmente membro del tavolo di coordinamento nazionale sull'immigrazione presso il Ministero dell'interno, ed «esperto del presidente del centro di accoglienza per il Consorzio ”Calatino Terra d'Accoglienza”», ente che soprintende alla gestione del CARA di Mineo;
   proprio in virtù di questo duplice ruolo, il soggetto intercettato avrebbe ammesso di «essere stato in grado di orientare il flusso degli appalti nel sistema dell'emergenza immigrati» e avrebbe altresì dichiarato in un'intercettazione «gli immigrati... da giù... perché spesso passano per Mineo... e poi... vengono smistati in giro per l'Italia... se loro c'hanno strutture che possono essere adibite a centri per l'accoglienza da attivare subito in emergenza... senza gara... (inc.) le strutture disponibili vengono occupate... e io insomma gli faccio avere parecchio lavoro...»;
   in attesa dunque che venga fatta chiarezza nei dettagli sul complesso quadro indiziario fin qui emerso, destano preoccupazione alcune rilevanti dichiarazioni riportate dagli organi di stampa che sembrano coinvolgere direttamente persone interne al Ministero dell'interno –:
   quali siano i criteri di assegnazione degli appalti riguardanti la gestione dei Centri di identificazione ed espulsione, dei Centro di accoglienza per i richiedenti asilo e dei Centri di accoglienza e se e quali verifiche amministrative vengano compiute sui soggetti vincitori degli appalti e sull'utilizzo dei fondi, una volta assegnati, nonché quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di sua competenza, al fine di garantire la massima pubblicità e trasparenza dell'azione amministrativa e dell'operato delle stazioni appaltanti. (5-04248)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMBARDI e D'UVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la possibilità per un cittadino italiano di ottenere il cambio di cognome è stata esemplificata negli ultimi anni laddove fino circa a 15 anni fa era vigente una procedura assai complicata;
   in ogni caso la richiesta di cambio del cognome doveva e deve esser rispondente a motivazioni inerenti il carattere vergognoso o discriminatorio per l'origine o ridicolo ovvero motivi assai rilevanti di interesse pubblico;
   nelle procedure per le variazioni di cognome erano e sono coinvolti l'ufficiale dello stato civile presso i comuni e il prefetto in considerazione delle delicatezza giuridica della questione che è propria degli ufficiali di Governo;
   in questi giorni la dda di Roma ha portato avanti l'indagine «Mondo di mezzo» che ha portato alla luce una vastissima rete criminale romana; tra gli arrestati figura Luca Odevaine;
   Alberto Statera su La Repubblica del 4 dicembre 2013 scrive: «Strepitosa, nella sua funesta perversione, è la storia di Luca Odevaine, detto lo “Sceriffo”, raccontata nei dettagli da Claudio Gatti sul Sole 24 Ore. In realtà, questo si chiamava Odevaine, ma si è cambiato il nome con una “e” probabilmente per nascondere i suoi precedenti da avanzo di galera. Iscritto da giovane alla sezione del Pci di Ponte Milvio, la stessa dei Berlinguer, nel 1989 viene arrestato per stupefacenti e condannato a due anni e nove mesi. Passa poco e viene di nuovo condannato per emissione di assegni a vuoto. Fa il vice nel gabinetto del sindaco Walter Veltroni e poi con Nicola Zingaretti diventa capo della Protezione civile e della polizia provinciale, da cui il nomignolo di “Sceriffo” per confondere ulteriormente i mondi contigui delle guardie e dei ladri nel Mondo di mezzo»;
   nel dicembre 2007 si riscontra un atto ufficiale del comune di Roma, http://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/06_gettoni_commissione_vigilanza.pdf, caratterizzato dal cognome Odevaine;
   anche un articolo del Corriere della Sera del 29 agosto 2009 riporta la dizione Odevaine;
   dal 2001 al 2008 è stato vice capo gabinetto del sindaco Veltroni e secondo il quotidiano Romatoday del 2 dicembre «Ha curato inoltre per il Gabinetto del Sindaco i rapporti con le Forze dell'Ordine, la Polizia Municipale e rappresentato il Sindaco nel Comitato provinciale per l'Ordine e la Sicurezza»;
   in tutti gli anni del mandato con Veltroni e per i successivi incarichi il signor Odevaine era invece noto universalmente come Odevaine –:
   se il signor Odevaine, arrestato per il caso «Mondo di mezzo» abbia ottenuto o meno il cambio di cognome in maniera ufficiale e da procedura, cosa che desta molti dubbi visti i criteri stringenti previsti dalla normativa;
   se il signor Odevaine non abbia mai ottenuto il cambio di cognome, a che titolo facesse uso di un cognome non veritiero, utilizzato eventualmente non solo in pubblico o in atti ufficiali;
   qualora il signor Odevaine non abbia mai ottenuto il cambio di cognome ovvero questo sia stato ottenuto in maniera surrettizia se non sia il caso di inviare gli ispettori ministeriali per comprendere quanto avvenuto per la vicenda nei registri anagrafici e di stato civile a Roma.
(4-07207)


   COSTANTINO e PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 28 novembre 500 militanti di Blocco Studentesco e alcuni studenti delle scuole superiori Tacito e Domizia Lucilla hanno fatto un sit in davanti al campo nomadi di via Cesare Lombroso a Roma, impedendo agli abitanti del campo di uscire ed entrare dal suddetto;
   presso questo campo nomadi vivono più di 200 persone, con le quali la cooperativa Eureka ha avviato negli ultimi anni numerosi progetti di cittadinanza, inclusione e scolarizzazione dei minori;
   il responsabile nazionale di Blocco Studentesco, Fabio Di Marino riferisce che «la manifestazione – spiega Di Martino – si è svolta davanti agli istituti, non davanti al campo rom che sfortunatamente, per miope scelta non nostra né degli studenti, dista qualche centinaio di metri. Non abbiamo bloccato l'uscita del campo né tanto meno messo a repentaglio la sicurezza di chicchessia»;
   gli operatori della cooperativa Eureka riferiscono che, bloccando accesso e uscita agli abitanti del campo i manifestanti hanno così impedito a 90 bambini di recarsi presso le scuole di appartenenza e seguire regolarmente le lezioni;
   se Blocco Studentesco ha bloccato l'accesso alle scuole, piuttosto che l'uscita dei bambini del campo, il fatto risulta ancora più grave, perché si è violato un diritto costituzionale –:
   come intendano i Ministri interrogati far luce su quanto è accaduto e per quanto di competenza quali iniziative intendano mettere in campo perché siano sanzionati atti che gli interroganti giudicano intimidatori e violenti e che violano e minano le basi dell'integrazione e dell'inclusione sociale. (4-07212)


   MURA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'anno 2013, lo scalo aereo di Cagliari ha fatto registrate un traffico passeggeri di 3.577.560 persone (dati ENAC), collocandosi al 13° posto nell'elenco dà maggiori aeroporti italiani e con diversi collegamenti extra-Schengen (Russia, Regno Unito, e altro) soprattutto durante il periodo estivo;
   le forze di polizia frontaliera presso l'aeroporto di Cagliari, come evidenzia uno studio del sindacato Sap, sono in numero inferiore rispetto agli altri aeroporti italiani;
   la polizia frontaliera ha inoltre il compito gravoso del controllo dell'area portuale e del traffico marittimo, commerciale e portuale con sole 6 unità più un ispettore coordinatore;
   il traffico marittimo, sia esso commerciale che portuale, è in costante aumento in seguito all'incremento degli arrivi delle navi da crociera, della nuova politica delle compagnie di navigazione e delle compagnie private nell'attività dei container e trasporti merci;
   la polizia di frontiera deve far fronte alle seguenti emergenze: trasferimento e arrivo di richiedenti asilo, arrivo di migranti, traffico degli stupefacenti e di merce contraffatta e, in ultimo, anche la positiva presenza nel porto di Cagliari del cantiere dell'imbarcazione Luna Rossa, che comunque richiede un'ulteriore attività di controllo;
   un ulteriore compito della polizia di frontiera è quello di controllo del traffico delle navi petroliere che transitano nell'aerea di Sarroch con apposito ufficio distaccato;
   negli ultimi 6 anni l'organico della polizia di frontiera di Cagliari ha conosciuto una riduzione del 25 per cento passando da 78 a 55 operatori, nonostante la considerevole dilatazione del lavoro determinata dall'accrescersi dei compiti istituzionali e del traffico commerciale e non –:
   quali provvedimenti intenda adottare per aumentare il personale operativo della Polizia di Stato presso l'Ufficio di Polizia di frontiera di Cagliari che necessita di un maggior numero di operatori al fine di poter far adeguatamente fronte agli innumerevoli servizi di polizia che è chiamato a svolgere. (4-07214)


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riferirlo dagli organi di stampa, in particolar modo da Il Garantista del 29 novembre 2014, sarebbe avvenuto un decesso per meningite, presso il CARA di Isola Capo Rizzuto (KR);
   tale evento, se le anticipazioni giornalistiche risultassero vere, rischierebbe di provocare una psicosi difficilmente controllabile;
   a parere dell'interrogante è necessario che il Governo, attraverso i Ministri competenti, intervenga per chiarire con estrema determinazione quanto accaduto e per verificare se sono state adottate tutte le procedure di profilassi previste nei confronti dei minori e delle donne in gravidanza presenti nel centro di Isola Capo Rizzuto e se l'Azienda sanitaria competente abbia preventivamente provveduto a vaccinare gli ospiti del CARA, in particolar modo i soggetti più a rischio come i minori e le donne in gravidanza, anche a tutela della salute pubblica –:
   se il Ministro interrogato, nei limiti delle sue competenze, intenda attivare tutti gli strumenti indispensabili a far luce sull'accaduto e a garantire la tutela della salute delle persone esposte e della popolazione interessata e una scrupolosa operazione di prevenzione, eventualmente da estendere a tutti i centri per immigrati della Calabria. (4-07220)


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come reso noto dai media locali nel Comune di Strongoli, in provincia di Crotone, lo scorso 2 dicembre, il consigliere comunale Francesco Benincasa è stato preso a bastonate mentre era all'interno della propria auto;
   si è trattato di una violenta aggressione, di un vero e proprio avvertimento contro un consigliere comunale, di 30 anni, iscritto al Partito democratico, che si trovava all'interno della sua automobile, intento ad effettuare una telefonata. Contro di lui si è avventato un uomo, con il volto coperto e armato di un bastone, colpendolo violentemente al capo, per poi colpire più volte la stessa automobile;
   subito dopo, l'aggressore è scappato via, facendo perdere le tracce in una zona di campagna, insieme a lui è stato notato un complice che fungeva da palo. Tutto lascia pensare ad un vero e proprio agguato premeditato e organizzato con cura e attenzione;
   le forze dell'ordine e la magistratura sapranno fare piena luce al fine di scoprire il movente e gli esecutori di un'azione malavitosa che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più gravi;
   l'attività politica del giovane consigliere comunale Francesco Benincasa è sempre stata improntata ad uno spirito di collaborazione con il sindaco e la Giunta, al fine di portare sviluppo e crescita civile e democratica nella cittadina di Strongoli. Il tutto nella massima trasparenza e sempre nel rispetto della legalità;
   come purtroppo spesso accade a chi si prodiga per la crescita democratica e per il rafforzamento della cultura della legalità, della coesione e della giustizia in Calabria, ancora una volta si è costretti a registrare l'ennesimo gravissimo avvertimento intimidatorio contro chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica;
   di fronte a un fatto criminoso come quello di cui è stata vittima il consigliere comunale Benincasa, tutte le istituzioni e segnatamente il Governo, devono reagire con la massima determinazione per stroncare sul nascere la spirale della violenza e dell'intimidazione con cui le forze criminali puntano a condizionare la vita pubblica calabrese;
   ad avviso dell'interrogante, accadimenti talmente gravi come quello occorso al consigliere comunale di Strongoli Benincasa non possono e non devono essere sottovalutati –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se e quali misure, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare a salvaguardia del buon vivere della comunità strongolese, già esposta negli anni precedenti a particolari atteggiamenti intimidatori, e a tutela dell'incolumità del consigliere comunale di Strongoli, Francesco Benincasa. (4-07221)


   MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il dottor Gianfranco Bettin, già assessore del Comune di Venezia, nel corso del 2014 è stato oggetto di diverse intimidazioni e minacce a causa delle sue dichiarazioni, ma soprattutto della concreta azione amministrativa, fatti che sono stati peraltro puntualmente segnalati al Ministro dell'interno;
   il 28 novembre 2014 nuove minacce sono state dirette al professor Bettin, questa volta, per giunta, esplicative delle ragioni che le avevano scatenate. Disegni di bare e vari altri riferimenti alla morte, infatti, erano stati disegnati su alcune pagine di due quotidiani locali in corrispondenza di articoli riguardanti lo stesso Gianfranco Bettin e le sue dichiarazioni in merito al «racket» del Tronchetto, per poi essere depositate nella cassetta postale della sua abitazione;
   in questa circostanza, le minacce sono state espresse con specifico riferimento alla vicenda del Tronchetto, porta della città e snodo strategico di affari plurimilionari non sempre puliti, nelle cui attività si ipotizza l'infiltrazione di numerosi gruppi criminali;
   quanto premesso avviene poco dopo l'inquietante episodio dell'arresto del boss di Cosa Nostra, Vito Galatolo (autoaccusatosi dell'organizzazione, che sarebbe in corso, di un attentato al pubblici ministero di Palermo Nino Di Matteo) avvenuto a Mestre, dove egli si era stabilito dopo essere stato assunto proprio da una società che opera al Tronchetto. Posizione, questa, che gli avrebbe permesso di occuparsi da vicino di svariate attività molto redditizie, cose che potrebbe rendere ragionevole supporre un interesse dell'organizzazione criminale di riferimento di Galatolo, cioè Cosa Nostra –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e dell'inquietante contesto all'interno del quale essi si sono svolti;
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere nonché quali siano le direttive date e seguite concretamente dalle autorità locali di pubblica sicurezza in merito a questo grave episodio;
   se si intenda indagare il rischio, che questi fatti mostrano concreto, di infiltrazione mafiosa nell'ambito delle attività precedentemente citate. (4-07223)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito dell'operazione antimafia che ha portato a circa 37 arresti nell'ambito dell'inchiesta mafia capitale si è scoperto un intreccio politico – affaristico – mafioso che estende i propri tentacoli sino alla Sicilia coinvolgendo anche il consorzio Caltino Terra d'Accoglienza, l'ente attuatore del CARA di Mineo, cioè il più grande centro d'Europa per richiedenti asilo, in provincia di Catania;
   al centro della vicenda sembra esservi Luca Odevaine «esperto conoscitore delle problematiche legate all'immigrazione» – così viene definito – il quale viene nominato consulente del consorzio Calatino;
   lo stesso, che in passato ha avuto una serie di incarichi di prestigio nelle amministrazioni della Capitale, faceva parte della commissione che ha deciso l'ultima gara di appalto per la gestione dei servizi del CARA vinta, lo scorso luglio, dagli stessi gestori negli ultimi tre anni;
   l'appalto, per un importo di circa 97 milioni di euro, vede arrivare una sola offerta «valida» – così si riporta sui quotidiani – con un ribasso di appena l'uno per cento;
   comunque, il ruolo centrale del signor Odevaine è quello di sedere al tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell'interno dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione che gestisce le politiche di accoglienza predisposte dal nostro Paese;
   a tal proposito si ricorda che il sistema di accoglienza è alquanto articolato per cui accanto ai centri di accoglienza ordinaria e quelli di accoglienza straordinaria vi sono altri centri, ordinari, per quanti chiedono asilo: i cosiddetti CARA cioè centri di protezione per richiedenti asilo e rifugiati;
   si tratta di un servizio articolato che, almeno in teoria, dovrebbe accompagnare il migrante in un percorso di inclusione nella società, di apprendimento della lingua e di formazione professionale. Nei CARA i migranti dovrebbero stare sino a 35 giorni in attesa che la loro pratica sia esaminata dalla commissione territoriale competente invece rimangono in media tra i 9 e i 12 mesi, con rilevanti costi per l'amministrazione;
   infatti, attualmente per ogni richiedente asilo lo Stato versa in media 35 euro al giorno agli enti gestori dei centri con cui questi assicurano vitto, alloggio, vestiti, qualche corso e una somma di 2,5 euro al giorno agli ospiti per piccole spese. Per una struttura di grande capienza come il CARA di Mineo si tratta di un business non indifferente: con una capienza sino a 4.000 persone porta a chi lo gestisce tra i 70.000 e i 140.000 euro al giorno;
   in realtà risulta all'interrogante, a seguito della visita fatta al CARA di Mineo il 21 novembre scorso alla guida di una delegazione del Migration Committee dell'Internazionale Socialista, che il costo della gestione per il contribuente ammonta a circa euro 200 per ospite;
   a tal proposito, con riferimento al giro di affari che gravita intorno a questi centri, si legge in una intercettazione telefonica del Sig. Odevaine che sembra essere la stessa «relazione continua con il Ministero» a favorire la distorsione del denaro in quanto afferma: «sono in grado un po’ di orientare i flussi che arrivano da giù, anche perché spesso passano per il Ministero e poi vengono smistati in giro per l'Italia : se loro hanno strutture che possano essere adibiti a centri per l'accoglienza da attivare subito in emergenza senza gara....» –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di verificare la regolarità delle gare di appalto sopra citate visto il coinvolgimento di persone ai vertici della commissione nell'ambito dell'inchiesta Mafia Capitale, anche al fine di valutare l'opportunità di procedere ad un annullamento delle stesse;
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere al fine di superare quello che il capo dipartimento libertà civili ed immigrazione del Ministro dell'interno ha definito come «logistica puramente emergenziale» in merito sia al sistema di accoglienza con riferimento alla molteplicità di centri sia con riferimento al sistema di distribuzione dei fondi agli enti gestori affinché non si senta più dire, come riportato in alcune intercettazioni, che: «si fanno più soldi con gli immigrati che con il traffico di droga». (4-07226)


   MURA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ad Escalaplano (Cagliari), fino a luglio 2013, il Ministero dell'interno ha utilizzato, gratuitamente, lo stabile di proprietà comunale adibendolo a caserma dei carabinieri;
   lo stabile è stato costruito dal comune di Escalaplano accendendo un mutuo, con una rata di 15.000 euro l'anno;
   si tratta di un mutuo particolarmente gravoso, che inficia la possibilità di ricorrere all'indebitamento dell'ente, magari per investimenti di tipo produttivo;
   a questa somma vanno aggiunte le manutenzioni ordinarie straordinarie dello stabile, per un costo totale stimato di circa 5.000 euro l'anno;
   l'amministrazione stipulò all'epoca un contratto di comodato d'uso al margine del quale era stato previsto che il Ministero, dal mese di luglio del 2013, avrebbe corrisposto un canone di locazione già concordato;
   il canone di affitto non è mai stato pagato;
   malgrado le sollecitazioni del comune di Escalaplano, il Ministero non ha fornito alcuna risposta circa il canone di locazione da pagare per l'affitto dello stabile in cui trova la Caserma dei carabinieri;
   il sindaco di Escalaplano, per le vie brevi, avrebbe appreso dal capitano dei carabinieri di Jerzu che il Ministero non intende stipulare il contratto di locazione ma proseguire con il comodato d'uso gratuito in quanto non si dispone delle risorse necessarie;
   una nota della prefettura di Nuoro del 31 gennaio 2014, a quanto consta all'interrogante, informa che il comando provinciale dei carabinieri di Nuoro, interpellato in merito al permanere del fabbisogno abitativo, ha fatto conoscere che non sono state reperite soluzioni alloggiative alternative;
   le risorse vanno reperite e le funzioni statali non possono pesare sul bilancio del comune di Escalaplano che ha manifestato comunque la volontà di non rinunciare al presidio dell'Arma dei carabinieri;
   appare all'interrogante grave che l'amministrazione dello Stato utilizzi un bene del comune di Escalaplano senza corrispondere al medesimo una quota a titolo di rimborso delle spese sostenute (mutuo e manutenzione);
   l'interrogante ritiene incoerente pagare regolarmente l'affitto ai privati proprietari di molte caserme dei carabinieri in tutta Italia e, al contempo, rifiutarsi di corrispondere quanto dovuto a un piccolo comune –:
   se non ritenga opportuno mantenere gli impegni presi in passato e sottoscrivere un contratto di locazione, per l'uso dello stabile del comune da parte dell'Arma dei carabinieri di Escalaplano, con un canone annuo non inferiore alle spese sostenute per la manutenzione e alla rata del mutuo, ovvero circa 20.000 euro l'anno;
   quali iniziative intenda assumere per reperire le risorse necessarie a pagare il canone di affitto al comune di Escalaplano per l'utilizzo dell'edificio, di sua proprietà, adibito a caserma dei carabinieri;
   quali iniziative intenda intraprendere per garantire che le funzioni statali, soprattutto in un territorio come la Sardegna, non siano esercitate gravando sui bilanci dei comuni e, dunque, sull'economia delle comunità locali. (4-07229)


   LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 2005 il comune di Nettuno è stato sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata;
   nel territorio continuano ad operare comunque soggetti collegati a organizzazioni criminali e l'amministrazione comunale tiene condotte che paiono all'interrogante non perseguire l'interesse pubblico; quanto alla prima affermazione, in data 18 settembre 2014, durante un'audizione svoltasi presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle intimidazioni agli amministratori locali, il sindaco di Nettuno ha riferito dell'azione portata avanti da tale Fernando Mancini, indicato come «collegato» al clan ‘ndranghetista Gallace-Novella, a danno dell'amministrazione;
   peraltro, proprio lo scorso 21 novembre, Mancini, a conferma dei mezzi violenti con cui agisce, è stato protagonista di un fatto di cronaca riportato dalle testate locali, secondo cui, insieme al consigliere comunale Ernesto Flaminio, si sarebbe introdotto in una scuola, aggredendo la dirigente, finita in ospedale con sette giorni di prognosi;
   si osserva che Gianluca Faraone, già direttore generale del comune, è tra i soggetti «preposti al coordinamento e controllo» della società in house «POSEIDON», indagata dalla Guardia di finanza, nell'operazione «araba fenice» per investimenti sospetti e assunzioni clientelari;
   nell'ambito dell'inchiesta denominata «Resa dei conti», relativa al bilancio comunale del 2009, con l'accusa di falso, pende davanti al giudice per l'udienza preliminare di Velletri la richiesta di rinvio a giudizio per il primo cittadino di Nettuno, proprio per Faraone e per i revisori;
   in data 14 novembre 2013, la Corte dei Conti ha condannato, in primo grado, il sindaco di Nettuno, Alessio Chiavetta e l'ex direttore generale Gianluca Faraone al risarcimento per danno erariale. Secondo i giudici contabili, i due dovranno versare oltre 47 mila euro a testa. Lunghe e dettagliate le motivazioni che hanno portato alla sentenza, tra queste scrive la corte: «L'inquadramento della vicenda, nel solco prospettico delineato dal Procuratore, evidenzia un deplorevole comportamento di entrambi, essendo incontrovertibile che, pur considerando gli atti di nomina quale espressione del potere di organizzazione dell'Ente, la loro condotta appare illegittima in applicazione dei principi che governano l'azione amministrativa, che è attività non libera ma vincolata nel fine. Infatti, le finalità dell'agire amministrativo sono riconducibili ai concetti di buon andamento e di imparzialità...»;
   in data 15 novembre 2014 è apparso un articolo sul quotidiano online «inliberauscita», nel quale si legge che ci sarebbe anche il comune di Nettuno tra i destinatari dei «verbali di constatazione» che la Guardia di finanza di Latina sta notificando in questi giorni ai Comuni dell'Ato4, l'ambito territoriale ottimale per il servizio idrico integrato, per non avere versato l'Iva sul rimborso ottenuto da Acqualatina, società che gestisce il servizio, per il pagamento dei mutui; lo stesso discorso varrebbe per il pagamento dei canoni dell'Ato 4; la contestazione sarebbe di circa 600.000 euro; l'accertamento si basa sulla risoluzione del Ministero delle finanze n. 104 dell'11 ottobre 2010, relativa alla «Concessione d'uso gratuito delle infrastrutture idriche. Rimborso delle passività pregresse da parte del gestore. Trattamento ai fini Iva» –:
   quali iniziative i Ministri interrogati ritengano opportuno prendere con riferimenti all'operato del sindaco di Nettuno e della giunta, in particolare se, alla luce di quanto descritto in premessa, non ritengano di valutare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento del comune ai sensi dell'articolo 141 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali;
   se non ritengano necessaria un'ispezione per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica, per verificare gli attuali equilibri finanziari del comune alla luce di quanto indicato in premessa. (4-07237)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il rettore dell'università dell'Aquila, con decreto n. 1044 del 2009, ha reso noto che relativamente ai corsi di laurea in odontoiatria per l'anno accademico 2009/2010, 42 posti per gli anni di corso successivi al primo si erano resi disponibili;
   l'articolo 1 del decreto n. 1044 del 2009 recita testualmente: «sono accolte le domande di proseguimento degli studi degli studenti provenienti da università di Paesi comunitari e pervenuti alla data del 9 settembre 2009»;
   anche agli studenti iscritti presso le università di Paesi comunitari veniva, quindi, estesa, da parte dell'università dell'Aquila, la possibilità di trasferirsi presso la propria facoltà di medicina e chirurgia;
   anche molti studenti, all'epoca dei fatti iscritti alla facoltà di medicina (corso di odontoiatria) presso l'università, di Arad in Romania, decisero di cogliere l'opportunità che veniva offerta loro dal decreto n. 1044 del 2009, scegliendo di trasferirsi presso l'università dell'Aquila ed immatricolarsi con la possibilità, quindi, di poter iniziare a frequentare i corsi;
   con nota n. 26431 del 27 ottobre 2009, il Ministero del istruzione, dell'università e della ricerca ha chiesto espressamente al rettore dell'università dell'Aquila di ritirare quanto disposto dal decreto n. 1044 del 2009, laddove esso permetteva agli studenti universitari di Paesi comunitari di continuare con i propri studi in Italia senza aver prima superato il test d'ingresso nazionale, come stabilito dalla legge n. 264 del 1999;
   l'università dell'Aquila, con decreto del rettore n. 1052, ha accolto la richiesta del Ministero del istruzione, dell'università e della ricerca, annullando di conseguenza l'iscrizione riguardante tutti gli studenti provenienti da atenei di Paesi comunitari, precedentemente ammessi;
   gli effetti del decreto del rettore dell'università dell'Aquila hanno inevitabilmente danneggiato gli studenti in questione, dal momento che si sono visti improvvisamente estromessi dall'ateneo del capoluogo abruzzese. Al fine di poter tornare a frequentare i corsi dai quali erano stati esclusi, sono stati presentati ricorsi avverso il decreto del rettore, presso il TAR del Lazio, il TAR dell'Abruzzo ed addirittura presso il Capo dello Stato (ricorsi accolti sia dal TAR dell'Abruzzo che dal Capo dello Stato);
   in molti casi i tribunali amministrativi hanno accolto i ricorsi degli studenti, permettendo loro di proseguire i loro studi presso l'università dell'Aquila e convalidando i loro esami sostenuti, ma vi sono state circostanze in cui il Consiglio di Stato ha accolto i ricorsi presentati dal Ministero del istruzione, dell'università e della ricerca e dall'università dell'Aquila, impedendo di conseguenza agli studenti interessati di continuare con i loro studi e, cosa ancora più grave, annullando gli esami da loro sostenuti, come stabilito dalla sentenza del primo ottobre 2014;
   allo stato attuale, vi sono studenti ai quali viene impedito di proseguire il proprio corso di studi presso  l'università dell'Aquila, mentre ad altri è stato permesso di continuare i propri studi, in attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato sui ricorsi presentati dal Ministero del istruzione, dell'università e della ricerca e dall'università dell'Aquila;
   inoltre, l'attuale nuovo rettore dell'università dell'Aquila, Paola Inverardi, a quanto consta all'interrogante, non ha ancora dato seguito alla già citata sentenza del Consiglio di Stato, lasciando così in una sorta di limbo gli studenti interessati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto espresso in premessa;
   cosa il Ministro intenda fare al fine di chiarire, per quanto di competenza, una situazione che impedisce agli studenti interessati di proseguire serenamente i loro studi presso l'università dell'Aquila e di vedersi riconosciuti gli esami sostenuti, così assicurando una omogeneità di trattamento ed una certezza nelle procedure da seguire. (3-01219)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'UVA e VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, si dispone che anche per l'anno accademico 2014-2015, l'ammissione dei candidati ai corsi di laurea di cui all'articolo 1, comma 1, lettera, a), della legge 2 agosto 1999, n.264, previo accreditamento dei corsi stessi ai sensi del decreto ministeriale n. 47 del 2013, avviene a seguito di superamento di apposita prova, secondo le modalità stabilite dallo stesso decreto;
   secondo quanto previsto dall'articolo 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, la prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia «è unica per entrambi i corsi ed è di contenuto identico sul territorio nazionale», assegnando 10.551 posti totali;
   nell'ambito dei posti disponibili per le immatricolazioni, sono ammessi ai corsi di laurea e di laurea magistrale i candidati secondo l'ordine decrescente del punteggio conseguito in sede di prova di ammissione;
   all'articolo 10, comma 1, del citato decreto ministeriale, si prevede che per i corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, il Cineca, sulla base del punteggio, calcolato, ai sensi del comma 3, redige una graduatoria unica nazionale per i candidati comunitari e stranieri residenti in Italia, di cui all'articolo 26 della legge n. 189 del 2002, secondo le procedure di cui all'allegato 2 dello stesso decreto;
   al comma 6 dello stesso articolo, in particolare, si dispone che «fatto salvo quanto previsto dall'allegato 2, la graduatoria dei corsi di cui agli articoli 2, 4, 5 e 6 si chiude alla data del 1o ottobre 2014», introducendo il termine ultimo entro il quale redigere la graduatoria nazionale finale dei candidati ammessi all'immatricolazione ai relativi corsi;
   l'allegato n. 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, disciplina le direttive e le procedure di riferimento per la redazione della graduatoria nazionale, nonché le modalità di scorrimento della stessa;
   a norma di quanto previsto dal punto 9, lettera a), dell'allegato n. 2, il candidato che ad ogni scorrimento di graduatoria rientri nei posti disponibili relativi alla prima preferenza utile, risulta «assegnato» ed è tenuto ad immatricolarsi presso la sede e il corso entro i termini stabiliti al punto 1 e, in caso di mancato rispetto dei termini, il candidato decade dal diritto all'immatricolazione e non assume rilevanza alcuna la motivazione giustificativa del ritardo;
   la successiva lettera b) dispone, invece, che «il candidato che ad ogni scorrimento di graduatoria non rientri nei posti disponibili relativi alla prima preferenza utile, risulta »prenotato« su una scelta successiva»;
   in tal caso il candidato può comunque immatricolarsi nella sede e nel corso nei termini stabiliti al punto 1, ovvero attendere che, a conclusione delle immatricolazioni di coloro che lo precedono in graduatoria, si rendano eventualmente disponibili dei posti relativi alle preferenze migliori indicate;
   l'allegato n. 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, prevede, inoltre, che dopo la pubblicazione degli elenchi dei candidati alle sedi da questi indicate, i candidati «assegnati» devono obbligatoriamente provvedere all'immatricolazione presso gli atenei, mentre i candidati «prenotati» hanno facoltà di non ottemperare immediatamente all'immatricolazione;
   il punto 16 dell'allegato, infine, in accordo con quanto stabilito dall'articolo 10, comma 6, del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, stabilisce che «alla data del 1o ottobre 2014 tutti i candidati in posizione utile in graduatoria con lo status di assegnato o prenotato e non ancora immatricolati all'esito delle procedure previste dai punti 11 e 13, sono tenuti ad immatricolarsi entro il termine del 6 ottobre 2014. In caso di mancato rispetto dei termini, i candidati decadono dal diritto all'immatricolazione e non assume rilevanza alcuna la motivazione giustificata del ritardo»;
   in un articolo pubblicato in data 5 luglio 2014 dal quotidiano consultabile online IlFattoQuotidiano, lo scorrimento delle graduatorie, così come disciplinato dalle disposizioni richiamate, risultava essere lento e non efficiente;
   secondo quanto riportato dall'articolo, infatti, risultavano essere numerosi gli studenti che, decidendo di non immatricolarsi, esercitavano la facoltà di restare in attesa di un posto libero in un ateneo di maggior gradimento, sperando nella rinuncia di altri studenti già assegnati ovvero prenotati presso la sede preferita;
   tale distorsione, forse non adeguatamente prevista dal decreto ministeriale, essendo questa «legittimata» dalle procedure sin qui esposte e aggravata dall'eccessivo numero di preferenze esprimibili da ogni candidato, hanno comportato un pericoloso rallentamento del sistema di assegnazione dei posti ai candidati idonei, con percentuali di soggetti assegnati assolutamente sproporzionate al numero di quelli ancora prenotati;
   a peggiorare l'attuale situazione vi sono state la cosiddette «doppie immatricolazioni», determinate dalla compresenza sia nelle graduatorie ministeriali sia in quelle di altre università private di numerosi studenti, i quali, non essendo tenuti ad alcuna scelta immediata, né a esprimere alcuna rinuncia espressa, hanno bloccato il regolare scorrimento della graduatoria nazionale;
   riconosciute tali inefficienze il Ministero, attraverso il decreto ministeriale 30 settembre 2014, n. 757, ha disposto, all'articolo 1, comma 1, che il termine di chiusura del 1o ottobre 2014 delle graduatorie relative ai corsi di laurea di cui ai decreti ministeriali n. 85 del 2014 e n. 140 del 2014 è prorogato fino ad esaurimento dei posti i disponibili;
   al comma 2 dello stesso articolo si prevede che lo scorrimento delle graduatorie di cui al comma precedente sarà regolato dalle procedure ordinarie indicate nei decreti ministeriali n. 85 del 2014 e n. 140 del 2014;
   tuttavia, nonostante i citati interventi ministeriali, lo scorrimento della graduatoria unica nazionale risulta essere, a oggi, pressoché nullo, causando gravissimi disagi agli studenti che, risultati idonei, restano in attesa di una celere assegnazione –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire e assicurare il regolare scorrimento della graduatoria nazionale fino ad esaurimento dei posti disponibili, così come disposto dal decreto ministeriale 30 settembre 2014, n. 757;
   se intenda intervenire urgentemente attraverso l'introduzione di una nuova conferma di interesse per tutti i soggetti presenti in graduatoria, garantendo il completo scorrimento della graduatoria nazionale per l'ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia. (5-04242)


   D'UVA. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – presso che:
   il CINECA è un consorzio interuniversitario senza scopo di lucro operante sotto il diretto controllo del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricetta, il quale ha il compito di fornire sistemi gestionali per le amministrazioni universitarie e il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca;
   in data 13 novembre 2014, Il fatto Quotidiano pubblicava un articolo riguardante il Consorzio CINECA, denunciandone inefficienze societarie e operative;
   da quanto si apprende, il Cineca nasce nel 1977, «per fornire a cinque università elaboratori e sistemi informatici. Nel tempo si fa largo, aderiscono 80 università e l'attività si estende a settori d'intervento diversi e su tutto il territorio nazionale»;
   nel 2008, così come riportato dal quotidiano, «assume la definizione di persona giuridica privata sottoposta alla disciplina tributaria degli enti commerciali, mentre nel luglio 2013, su impulso del Miur, si perfeziona un'operazione di fusione per incorporazione dei consorzi Cilea e Caspur, con l'ingresso di nuovi soggetti privati tra i quali Bocconi, Cattolica e Iulm»;
   il Consorzio CINECA, si rileva, «con 700 dipendenti sparsi tra Bologna, Milano e Roma diventa così il più importante centro di super-calcolo in Italia. Una posizione dominante che l'Antitrust ha messo nel mirino fin dal 2010»;
   il Consorzio CINECA si è recentemente reso responsabile della grave vicenda che ha interessato l'irregolare svolgimento delle prove per l'accesso alle scuole di specializzazione tenutesi tra il 28 e il 31 ottobre 2014;
   con il decreto ministeriale 8 agosto 2014 n. 612, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2014, n. 67, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emanava il bando per l'ammissione alle scuole di specializzazione di medicina anno accademico 2013/2014;
   il successivo articolo 7 stabiliva che «la prova di ammissione alle Scuole di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014 dovrà essere svolta telematicamente, identica a livello nazionale con riferimento a ciascuna Scuola, e da sostenersi tra il 28 e 31 ottobre 2014», e, al comma successivo, «che software necessario all'espletamento della prova verrà fornito dal CINECA»;
   in data 1o novembre 2014, i principali quotidiani nazionali riportavano notizia circa gravissime irregolarità nel corso dei test di accesso alle scuole di specializzazione, i quali accusavano il CINECA di aver confuso le prove da fornire ai candidati dell'area medica e area dei servizi clinici, invertendo le domande da inviare ai responsabili d'aula nelle varie sedi d'esame;
   sempre in data 1o novembre 2014, il Ministero, con propria nota, interveniva in merito al rilevato errore del CINECA, confermando l'avvenuta inversione delle prove concorsuali del 29 e 31 ottobre, affermando come «a seguito dei controlli di ricognizione finali sullo svolgimento dei test, il Miur ha rilevato una grave anomalia nella somministrazione delle prove scritte del 29 e 31 ottobre, e riguardanti le scuole dell'Area Medica e quelle dell'Area dei Servizi Clinici»;
   al termine del citato documento, il Ministero, ammettendo pubblicamente l'irregolarità, disponeva l'annullamento e conseguente ripetizione delle prove oggetto dell'errore determinato dal CINECA;
   in un articolo pubblicato dal quotidiano il Corriere della Sera, in data 2 novembre 2014, si apprendeva della volontà del presidente del CINECA,  dottor Emilio Ferrari, di rimessione del proprio mandato nelle mani degli organi del Consorzio;
   in data 5 novembre 2014, in sede di interrogazioni a risposta immediata (question time), il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, replicava all'interrogazione n. 3-00118 a prima firma D'Uva, circa le gravi irregolarità causate dal CINECA che il Ministero si è avvalso di soggetti di comprovata competenza in materia;
   «il CINECA», rispondeva il Ministro, «che ha assunto immediatamente la responsabilità materiale, diretta ed esclusiva di questa gestione, non è un organismo che appartiene al Ministero, un organismo interno, con ciò si evidenziava l'assenza di responsabilità da parte dello stesso Ministero;
   la scelta ricaduta sul Consorzio CINECA, avvenuta tra tutti i soggetti di comprovata competenza in materia, e riportata in sede di question time dal Ministro, ad avviso degli interroganti, tuttavia, risulta essere di certa responsabilità del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   nel citato articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano, in data 13 novembre 2014, si riporta che il Consorzio CINECA si era reso già protagonista di alcune vicende che hanno sollevato dubbi sulle sue performance e, di conseguenza, sulla scelta ministeriale;
   così come riporta il quotidiano consultabile online, infatti, «si scopre che la vulnerabilità dei servizi erogati dal consorzio non è un fatto episodico, ad esempio, nella relazione degli ispettori della Ragioneria Generale dello Stato che ha inchiodato la gestione della direzione ricerca del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
   «in questo caso», riporta l'articolo, «si tratta del potenziamento dell'infrastruttura informatica utilizzata per la gestione dei fondi comunitari per la ricerca, costata quattro milioni di euro, ma il sistema non permetteva neppure di rilevare le duplicazioni dei richiedenti e dei progetti a valere su diverse linee di finanziamento, tanto che per evitare doppioni si è tornati a incrociare manualmente i dati su classici fogli di Excel»;
   «gli ispettori del Mef in una relazione dello scorso aprile, analizzando il contratto tra CINECA e la direzione per la ricerca, responsabile della gestione dei fondi comunitari, evidenziavano la presenza 3,8 milioni di euro destinati al “potenziamento” dell'infrastruttura», riportando come il tutto avvenisse «senza alcuna gara pubblica perché i consorzi universitari quali il CINECA, vengono fatti passare come aziende completamente pubbliche»;
   si apprende, infine, che, secondo gli ispettori, tale operazione «alla luce della documentazione analizzata, non ha reso un servizio soddisfacente in termini di performance», così come riportano a pagina 32 del loro rapporto finale;
   alla luce di quanto sin qui riportato, è inevitabile sostenere che, ad avviso degli interroganti, il Consorzio CINECA non rappresenta, a oggi, un affidabile soggetto per la fornitura e la gestione dei sistemi per le amministrazioni universitarie e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   se intenda intervenire in relazione ai rapporti attualmente in essere tra il CINECA e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, recedendo da questi ove possibile;
   se intenda, in futuro, escludere il consorzio CINECA dai soggetti «di comprovata competenza in materia» erogatori di  forniture di sistemi gestionali e informatici per le amministrazioni universitarie, nonché per lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sul quale, in caso contrario, ricadrebbero inevitabilmente le responsabilità di nuove inefficienze. (5-04244)


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la facoltà di medicina dell'università degli studi Salerno – il cui complesso e lungo percorso formativo si è definitivamente consolidato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 1o febbraio 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 6 marzo 2013), recante la costituzione dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio Ruggi e D'Aragona, scuola medica salernitana con sede a Salerno – si è già affermata nel panorama universitario nazionale come una realtà di qualità e di pregio, con laureati e studenti di riconosciuto valore;
   la crescita ulteriore del polo universitario di medicina di Salerno, tuttavia, deve essere sostenuta con il riconoscimento di un numero adeguato di scuole e di borse di specializzazione, passaggio assolutamente fondamentale ed insurrogabile per ogni facoltà di medicina;
   infatti, nell'anno accademico 2012-2103, sono state assegnate (decreto ministeriale 24 aprile 2013, n. 333) all'ateneo salernitano solamente due borse di specializzazione, in aggregazione con l'università Federico Il di Napoli, delle quali una in medicina interna ed una in chirurgia generale;
   si tratta di un provvedimento del tutto insufficiente e penalizzante per la facoltà di medicina di Salerno, alla quale, invece – proprio per il livello, gli standard e la qualità della sua offerta formativa e delle sue strutture complessive, per il numero di docenti e le relative attività scientifiche e di ricerca – l'osservatorio nazionale sulle specializzazioni ed il Consiglio universitario nazionale (CUN), nel mese di aprile 2013, avevano giustamente valutato e riconosciuto la piena idoneità per altre quattro scuole di specializzazione (accanto a chirurgia generale e medicina interna), precisamente per: malattie dell'apparato cardio-vascolare; ortopedia; psichiatria; radio-diagnostica;
   ancor di più il medesimo osservatorio, per l'anno accademico 2013-2014, nella seduta del 3 dicembre 2013, ha giudicato fondata la motivata richiesta dell'università di Salerno, relativa al riconoscimento di un congruo numero di scuole di specializzazione, in aggiunta alle sei già assegnate lo scorso anno;
   infatti nel 2014 sono state accreditate con decreto interministeriale, dopo la positiva decisione dell'Osservatorio, ulteriori diciotto scuole di specializzazione per la facoltà di medicina di Salerno; tali ulteriori scuole, che vanno ad unirsi alle sei già accreditate nello scorso anno accademico, sono precisamente: audiologia e foniatria, biochimica clinica, patologia clinica, farmacologia medica, scienza dell'alimentazione, igiene e medicina preventiva, medicina legale, chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, neurochirurgia, urologia, oftalmologia, ematologia, gastroenterologia, nefrologia, neurologia, neuropsichiatria infantile, oncologia medica, pediatria;
   successivamente con decreto ministeriale dell'agosto 2014, alla università salernitana sono state attribuite per l'anno accademico 2013-2014 6 borse di specializzazione, finalmente in regime di piena autonomia: due in medicina interna; due in chirurgia generale; due in malattie dell'Apparato cardio-vascolare. A tali sei borse sono state, inoltre, aggiunte due borse in igiene e medicina preventiva, in regime di aggregazione con la SUN - Seconda università di Napoli e con l'università del Molise. La Regione Campania, poi, nell'ambito dei fondi da essa stanziati, ha assegnato solamente altre quattro borse alla facoltà di Salerno, in aggregazione con la SUN: una per medicina interna; una per chirurgia generale; una in malattie dell'Apparato cardio-vascolare; una in medicina ed igiene preventiva;
   le otto borse, accordate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno accademico 2013-2014, rappresentano un importante e meritato risultato per l'università di Salerno, un passo in avanti significativo e strategico, in un percorso graduale di riconoscimento di scuole e di borse di specializzazione, che di anno in anno, tuttavia, deve essere incrementato e rafforzato in quell'ateneo;
   di conseguenza, in vista del riparto interministeriale su base nazionale delle scuole e delle borse di specializzazione per l'anno accademico 2014-2015, la posizione e le richieste della facoltà di medicina di Salerno – già accreditata, come detto, per ben 24 scuole di specializzazione – devono essere adeguatamente considerate e valutate con il riconoscimento di un congruo e ben più elevato numero di scuole e di borse, rispetto a quelle gia accordate nell'agosto 2014 –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze istituzionali, affinché alla facoltà di medicina dell'università degli studi di Salerno sia doverosamente assegnato un numero ben più elevato e adeguato di scuole e di borse di specializzazione per l'anno accademico 2014-2015, tenendo conto delle positive ed importanti decisioni – che indicano un significativo e vincolante orientamento degli organismi tecnici competenti – già assunte per l'ateneo salernitano dall'Osservatorio nazionale sulle specializzazioni e dal Consiglio universitario nazionale nel corso degli anni accademici 2012-2013 ed ancor di più in quello 2013-2014, con il conseguente ed importante riconoscimento della idoneità della facoltà di Salerno – proprio, in considerazione del livello e degli standard elevati e di eccellenza del personale docente, delle strutture di questa facoltà – complessivamente per ben ventiquattro scuole di specializzazione, delle quali diciotto nell'anno accademico 2013-2014 accanto ed in aggiunta alle sei «generaliste» già attribuite nell'anno accademico 2012-2013. (5-04249)


   LUIGI GALLO, MARZANA, SIMONE VALENTE, BATTELLI, DALL'OSSO, GRILLO, LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, VACCA, SIBILIA e DI BENEDETTO. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in base agli articoli 3 e 34 della Costituzione, a tutti sono garantiti il diritto alla salute e quello all'istruzione, intesi come un unico diritto alla tutela della persona. Misure come la docenza di sostegno, la scuola in ospedale e l'istruzione domiciliare per gli studenti degli istituti scolastici di ogni ordine e grado (che, negli ultimi due casi, si vedono inoltre impossibilitati alla frequenza scolastica) costituiscono la risposta della società alle esigenze di crescita e di benessere;
   la legge n. 104 del 1992, che riconosce e tutela, per i disabili, la partecipazione alla vita sociale specie in luoghi quali la scuola, all'articolo 12, individua la diagnosi funzionale (DF), il profilo dinamico nazionale (PDF) e il piano educativo individualizzato (PEI) come strumenti necessari all'effettiva integrazione degli alunni con disabilità. Come precisato nel decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994, tali documenti, redatti in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale, hanno lo scopo di riscontrare le potenzialità funzionali dell'alunno con disabilità e sulla base di queste costruire adeguati percorsi di autonomia, di socializzazione e di apprendimento;
   l'articolo 40 della legge n. 449 del 1997 prevedeva l'attivazione di un posto in organico per il sostegno ogni 138 alunni frequentanti le scuole pubbliche della provincia. La legge n. 296 del 200,6 e la legge n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008) hanno abrogato tale criterio per la formazione dell'organico di diritto dei posti di sostegno, individuando un nuovo parametro che, a livello nazionale, non può superare il rapporto medio di un insegnante ogni due alunni con disabilità obbligando così al mancato del rispetto del principio fondamentale (con finalità di integrazione e inclusione) per cui non debba esserci più di un alunno disabile per classe;
   nell'anno scolastico 2013/2014 gli alunni con disabilità erano 209.814. Per l'anno scolastico appena iniziato il numero salirà a 210.909. A fronte di questo incremento, il contingente finale è comunque previsto in non più di 110 mila professori e maestri (con una probabile riduzione rispetto ai 110.216 dell'anno scorso). In Italia il rapporto medio di docenti/alunni continua ad essere quello di 1:2, con alcune punte di 1:3 alle scuole superiori di secondo grado di alcune regioni. In Campania, per 21.305 alunni con disabilità, l'organico di insegnanti di sostegno si attesta a 10.596, lasciando «scoperta» più della metà degli alunni aventi diritto. Nel nostro Paese, infatti, uno studente con disabilità è costretto a partecipare, in media, a sole 14 ore di didattica a scuola, a fronte delle 30 complessive;
   per quanto concerne i nuovi posti in organico di diritto ai sensi del decreto-legge n. 104 del 2013, con le note protocollo nn. 7955 e 7957 del 7 agosto 2014, analizzando i dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca delle immissioni in ruolo 2014/2015 per il personale docente (compreso quello di sostegno) e ATA, si è assistito ad un notevole disquilibrio geografico nella ripartizione del contingente. Il nord si aggiudica il 45,59 per cento del totale, a dispetto del centro, del sud e delle isole, rispettivamente al 27,26 per cento, 17,65 per cento e 9,49 per cento. Le regioni più penalizzate sono la Campania, la Calabria, la Sicilia, la Puglia e la Basilicata;
   per quanto concerne gli interventi formativi a domicilio per gli alunni colpiti da gravi patologie o impediti a frequentare la scuola per un periodo di almeno trenta giorni, il cui riferimento imprescindibile è il Vademecum per l'istruzione domiciliare del 2003, vi sono specifici finanziamenti ministeriali, da definire per ciascun anno scolastico (legge n. 440 del 1997). Il Vademecum del 2003 sottolinea gli aspetti essenziali ed oggettivi che concedono la possibilità di erogare il servizio di istruzione domiciliare senza che vi possa essere reticenza alcuna da parte dell'istituzione scolastica. In primo luogo perché esplicita quali siano le patologie effettive di fronte alle quali il servizio diventa una necessità tangibile per l'alunno e non sia possibile in alcun modo recedere, ignorando del tutto l'evento gravoso della malattia o della terapia invalidante che, seppur temporanea, impedisce la fruizione del diritto all'educazione e all'istruzione; in secondo luogo perché il documento richiamato precisa quali debbano essere gli atti formali da adempiere per la gestione del servizio. La circolare ministeriale n. 60 del 16 luglio 2012, nota prot. n. 4439, a proposito di istruzione domiciliare, sottolinea che «in casi di necessità e per periodi temporanei, al fine di evitare che prolungate assenze per malattie possano pregiudicare l'esito finale dell'anno scolastico, e considerato, altresì, il positivo impatto psicologico che la scuola ha sul percorso terapeutico del minore malato, è consentito il ricorso all'istruzione domiciliare, secondo i criteri e le indicazioni riportati nel «Vademecum per l'istruzione domiciliare», che continua ad essere il riferimento per la procedura da attivare». La questione resta sempre disciplinata da detto Vademecum che diventa strumento orientativo delle scuole, anche se, oltre all'indicazione delle patologie che permettono di leggere chiaramente in quali condizioni il servizio di istruzione domiciliare diventi un diritto, nel documento viene altresì specificato che «il servizio di istruzione domiciliare può essere erogato nei confronti di alunni, iscritti a scuole di ogni ordine e grado, i quali, già ospedalizzati a causa di gravi patologie, siano sottoposti a terapie domiciliari che impediscono la frequenza della scuola per un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni. Il servizio in questione può essere erogato anche nel caso in cui il periodo temporale, comunque non inferiore a 30 giorni, non sia continuativo, qualora siano previsti cicli di cura ospedaliera alternati a cicli di cura domiciliare oppure siano previsti ed autorizzati dalla struttura sanitaria eventuali rientri a scuola durante i periodi di cura domiciliare» e che gli organi competenti alla gestione del servizio sono gli uffici scolastici regionali ai quali le scuole possono rivolgersi per ottenere le risorse necessarie. «La scuola interessata dovrà elaborare un progetto di offerta formativa nei confronti dell'alunno impedito alla frequenza scolastica, con l'indicazione del numero dei docenti coinvolti e delle ore di lezione previste. Il progetto dovrà essere approvato dal collegio dei docenti e dal consiglio d'Istituto, in apposite sedute d'urgenza previste dal dirigente scolastico, ed inserito nel POF. La richiesta, con allegata certificazione sanitaria, e il progetto elaborato verranno presentati al competente ufficio scolastico regionale che procederà alla valutazione della documentazione presentata, ai fini dell'approvazione e della successiva assegnazione delle risorse. Poiché potrebbero essere più d'una le richieste avanzate e non tutte presentate all'inizio dell'anno scolastico, le direzioni generali regionali procederanno, eventualmente attraverso un'apposita commissione di valutazione, ad elaborare un elenco di priorità degli interventi, anche in considerazione delle risorse finanziarie disponibili»;
   la direttiva del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 27 dicembre 2012 «Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica» e la relativa C.M. del 6 marzo 2013 n. 8, che ne stabilisce le indicazioni operative, hanno delineato le strategie inclusive della scuola italiana per gli alunni e gli studenti in situazione di difficoltà con l'espresso intento di completare il tradizionale approccio all'integrazione scolastica, basato sulla certificazione della disabilità, estendendo il campo di intervento e di responsabilità della comunità educante all'intera area dei Bisogni Educativi Speciali (BES), comprendente: «svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse». Appare evidente, però, che gli alunni in difficoltà che ricadono nelle succitate categorie non avranno diritto né al sostegno specializzato né ad un PEI (Piano educativo individualizzato), bensì solamente un PDP (piano didattico personalizzato, in estensione a quanto previsto dalla legge 8 ottobre 2010 n. 170) che sarà attuato dagli stessi insegnanti in classe. Se la normativa da un lato ha il merito di porre l'accento su tali bisogni (DSA, ADHD, Funzionamento intellettivo limite o FIL, ecc.), dall'altra esclude de facto tali allievi, che rappresentano una fetta significativa della popolazione studentesca totale, dall'opportunità di usufruire di un sostegno specializzato, che viene preservato solo per le disabilità gravi. A tal proposito, si fa presente che, al fine di vedersi riconosciuti i benefici di cui alla legge n. 104 del 1992, le famiglie degli allievi sono obbligate ad un complesso e oneroso, oltre che faticoso, iter burocratico;
   come diffuso da numerose testate giornalistiche in data 9 ottobre 2014, Angela Marra, mamma della piccola Karol (di 6 anni e che dovrebbe frequentare la seconda elementare dell'istituto Ferdinando Russo di Pianura, Napoli) che, ammalatasi per la seconda volta di leucemia e attualmente alle prese con terapie chemioterapiche, si è vista negare la possibilità di usufruire dell'insegnamento domiciliare e quindi, del diritto allo studio previsto dalla Costituzione. Angela Marra ha dunque scritto una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, spiegando che l'istituzione scolastica e il provveditorato, ad oggi, sostengono che non vi siano fondi sufficienti per un insegnante domiciliare per la propria figlia, malgrado possieda i requisiti di cui sopra in base alla legge n. 104 del 1992 e alla normativa, vigente in materia di istruzione domiciliare;
   malgrado quanto stabilito dalla normativa finora citata, con particolare riferimento alla Risoluzione approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato della Repubblica in data 31 luglio 2014 – Doc. XXIV n. 32 –, che, ponendo l'accento sul ruolo cruciale della continuità didattica ed educativa al fine di garantire e tutelare l'effettivo godimento del diritto all'istruzione per tutti i cittadini, con particolare attenzione, a quanti hanno oggettive, difficoltà, impegna il Governo ad un maggiore tempestività nell'assegnazione delle risorse professionali di supporto agli alunni con disabilità e che tenga conto del fabbisogno di organico e delle effettive esigenze di ciascuno, si verificano tuttora casi inaccettabili come quello del Liceo Artistico Statale «SS. Apostoli» di Napoli ove il Dirigente Scolastico ha inviato, con prot. n. 836/B8 del 17 febbraio 2014, i genitori degli alunni con disabilità ad occuparsi essi stessi dei bisogni materiali dei propri figli a scuola e/o ad autotassarsi al fine di individuare un assistente materiale privato manifestando successivamente, con prot. n. 4475 del 2 ottobre 2014 (comunicazione al Presidente del Consiglio di Istituto), di non ritenere la continuità didattica condizione fondamentale per l'attribuzione classi; la tutela del diritto ad un'istruzione continuativa è stata manifestata anche dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (sezione ottava) che, con ordinanza n. 857/14, ha accolto l'istanza cautelare dei genitori di un alunno con disabilità grave malgrado il carattere d'urgenza del ricorso, depositato in data 21 novembre 2013 (numero di registro generale 5934/13), tale ordinanza di assegnazione delle ore di sostegno è stata pronunciata solo alla fine dell'anno scolastico, anche a causa del ritardo dell'istituto scolastico nel depositare il P.E.I. dando esecuzione alle ordinanze istruttorie del tribunale (n. 1149/2014 e 2155/2014); tale istituto scolastico, per l'elaborazione dei piani educativi individualizzati non ha coinvolto, come previsto dall'articolo 12 della legge n. 104 del 1992 e dal conseguente atto di indirizzo emanato con decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994, articolo 5 comma 2 («Il P.E.I. è redatto, ai sensi del comma 5 del predetto articolo 12, congiuntamente dagli operatori sanitari individuati dalla USL e/o USSL e dal personale insegnante curriculare e di sostegno della scuola e, ove presente, con la partecipazione dell'insegnante operatore psicopedagogico, in collaborazione con i genitori o gli esercenti la potestà parentale dell'alunno»), né i genitori degli alunni né esperti esterni al fine di dare vita ad un vero dialogo utile all'individuazione del progetto educativo/didattico migliore per il minore con disabilità, come evidenziato dall'invito all'incontro dei GLH inoltrato dal dirigente scolastico con prot. n. 4463/B8 del 2 ottobre 2014;
   tra le attività previste dal Centro nazionale per le ricerche, nell'anno 2014, è presente il progetto TRIS (Tecnologie di Rete e Inclusione Scolastica) che sperimenterà, su base nazionale, modelli per l'inclusione scolastica di studenti con difficoltà alla normale frequenza a causa di specifiche patologie invalidanti, permanenti o temporanee. La sperimentazione riguarderà 5 casi rappresentativi scelti dal MIUR. Come è possibile consultare al sito del CNR, le attività previste dal programma sono: – progettazione e conduzione delle attività sperimentali, indicando per ciascuno approccio didattico-metodologico e conseguente set tecnologico da utilizzare; - coordinamento e supporto agli insegnanti in loco o a distanza; – stesura dei protocolli sperimentali per il monitoraggio della sperimentazione; - sviluppo dell'ambiente online di supporto alla comunicazione didattico-organizzativa fra i soggetti coinvolti; - monitoraggio delle sperimentazioni e analisi dei dati; formazione on-the-job dei docenti coinvolti; – inserimento di nuovi casi sperimentali oltre i 5 iniziali. Secondo le previsioni del CNR, TRIS produrrà risultati su due piani, quello dello studente e quello delle reti sociali. «Sul piano dello studente si avranno risultati in termini di accoglienza e inserimento degli studenti coinvolti nella sperimentazione nella vita sociale della classe; la rimozione dei pregiudizi di tipo culturale o legati alla diversità dovuta alla disabilità o allo stato di salute; l'apprendimento da parte di tutti i soggetti coinvolti di modalità di apprendimento collaborativo attraverso cui favorire il coinvolgimento dello studente nelle attività, della classe quando il disagio impedisce la regolare frequenza. Sul piano delle reti sociali, i risultati riguardano l'interazione fra i docenti del consiglio di classe finalizzata a una programmazione didattica che tenga conto di particolari situazioni; le dinamiche di self-help fra tutti coloro che sono coinvolti, direttamente o indirettamente, nei processi di inclusione educativa (genitori, amici, volontari); il collegamento con le risorse educative extra-scolastiche offerte sul territorio; i processi di apprendimento mutuato/informale all'interno di comunità online (formatori, ricercatori, sociologi, operatori socio-culturali)» –:
   se si ritenga urgente assumere un'iniziativa normativa al fine di risolvere i nodi tuttora irrisolti relativi alla gestione e al potenziamento delle iniziative concernenti gli insegnamenti di sostegno e domiciliari, nonché le politiche sociali rivolte ai disabili, al fine di garantire una scuola della qualità e dell'inclusione;
   se si ritenga di dover impegnare un fondo di finanziamento apposito per la formazione dei docenti di sostegno nonché dei dirigenti scolastici e dei docenti curriculari;
   per quali ragioni la distribuzione delle assunzioni del personale di sostegno per l'anno scolastico 2014/15 non abbia preso in considerazione le esigenze specifiche degli istituti scolastici a livello regionale e sia stato fortemente penalizzante per le scuole del sud;
   se si ritenga redigere un solido programma di intervento a favore delle politiche sociali finalizzato all'effettivo affiancamento degli enti locali e territoriali nell'erogazione dei servizi fondamentali per gli studenti disabili e se non sia opportuno, per disabilità gravi, introdurre interventi normativi tali da garantire un insegnante di sostegno per l'intero orario curriculare;
   se, con riferimento a quanto stabilito nel direttiva del 27 dicembre 2012 «Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica» (e relativa C.M. del 6 marzo 2013 n. 8), il Ministero per l'istruzione, l'università e la ricerca intenda prevedere misure di intervento specializzate e individualizzate finalizzate alla copertura dell'intero monte ore d'insegnamento settimanale anche per casi di difficoltà che non rientrano nella legge n. 104 del 1992 (quali ad esempio DSA, ADHD, FIL e svantaggiati) con finanziamenti all'uopo dedicati;
   se ritenga sia dato giusto peso alle valutazioni sulle reali esigenze didattiche evidenziate dai gruppi di lavoro per l'inclusione che elaborano ogni anno il PAI, il quale viene discusso e deliberato dal collegio dei docenti e inviato agli uffici scolastici regionali che assegnano ai singoli istituti scolastici le risorse di sostegno secondo quanto stabilito all'articolo 19, comma 11 della legge n. 111 del 2011;
   se ritenga opportuno, come stabilito dalla legge n. 104 del 1992 (per cui il diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap) e dal comma 2 dell'articolo 34 della Costituzione (secondo il quale l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita), che l'acquisizione della documentazione necessaria a garanzia del diritto all'educazione e all'istruzione avvenga senza alcun onere a carico delle famiglie con figli con disabilità gravi;
   se si sia a conoscenza del caso di Karol sopra citato e quali siano le iniziative che si intendono attuare al fine di restituire alla stessa il diritto allo studio sancito dalla Costituzione e quali siano le motivazioni che portano al verificarsi di questa come altre situazioni analoghe;
   quali siano, in riferimento alla risoluzione approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato della Repubblica in data 31 luglio 2014 Doc. XXIV n. 32, le iniziative del Governo, per quanto possibile dettagliando le tempistiche relative, atte ad assicurare la continuità didattica ed educativa per gli alunni con oggettive difficoltà, ivi compresi lo stato di sviluppo del software che dovrebbe rilevare le esigenze degli alunni con disabilità e disturbi specifici dell'apprendimento nel territorio nazionale con lo scopo di rendere il servizio più efficiente, e quali segnali intenda dare agli istituti ed uffici scolastici che non si mostrino ricettivi rispetto a quanto stabilito dalla normativa vigente;
   se la responsabilità delle situazioni sopra descritte sia da attribuire alle singole istituzioni/uffici scolastici locali oppure se conseguenza della scarsità di fondi e se il Governo ritenga urgente intervenire al fine di una immediata risoluzione e con quali modalità;
   se, infine, per i casi singoli nonché nelle regioni in cui le difficoltà finora descritte, tra cui quella di Karol, si verificano con maggiore frequenza, possa rivelarsi risolutiva rendere sistema tutte le esperienze innovative come quelle del succitato TRIS del CNR mediante finanziamenti all'uopo riservati. (5-04252)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, GRILLO, BARONI, MANTERO, DI VITA, DALL'OSSO, CECCONI, DI BENEDETTO, D'UVA e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dalla pagina Facebook ufficiale di un circolo PD di Ispica, piccola città in provincia di Ragusa, si evincerebbe che le primarie del partito per la scelta del candidato a sindaco si svolgeranno il 21 dicembre 2014, all'interno del plesso di piazza Unità d'Italia dell'istituto Padre Pio da Pietralcina (ex Luigi Einaudi);
   le primarie sono ben altra cosa rispetto alle elezioni amministrative o politiche, che riguardano tutti i cittadini;
   la scelta di fare votare iscritti e simpatizzanti del PD in una sede di istituzione scolastica appare non solo inopportuna e secondo gli interroganti inaccettabile, ma viola le stesse disposizioni di legge, a partire dall'articolo 96, comma 4, del testo unico in materia di istruzione, che recita quanto segue: «Gli edifici e le attrezzature scolastiche possono essere utilizzati fuori dell'orario del servizio scolastico per attività che realizzino la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile; il comune o la provincia hanno la facoltà di disporne la temporanea concessione, previo assenso dei consigli di circolo o di istituto, nel rispetto dei criteri stabiliti dal consiglio scolastico provinciale». Pertanto, dal suddetto comma si evince chiaramente che una scuola non può ospitare manifestazioni politiche, ma solo eventi a carattere culturale, sociale, educativo e civile;
   la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 12623 del 9 ottobre 2007 «Sedi delle istituzioni scolastiche. Loro utilizzo a fini non rientranti nella funzione educativa», chiarisce che non si possono svolgere elezioni di partito in una sede scolastica e nello specifico recita che la scuola ha un ruolo «esclusivamente» educativo e culturale e dovrebbe star lontana dalla politica;
   il PD di Ispica ha a disposizione ben due sedi a pochi metri di distanza dall'istituto scolastico nel quale dovrebbero tenersi le prossime primarie e che di queste potrebbe tranquillamente usufruire, senza creare, peraltro, disagi agli studenti;
   l'interrogante ha avuto già modo di segnalare i fatti tramite telefonata presso la prefettura di Ragusa in data 29 novembre 2014, tramite email in data 2 dicembre 2014 al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca professoressa Stefania Giannini, ai sottosegretari onorevole Davide Faraone, onorevole Gabriele Toccafondi, e onorevole Angela D'Onghia, e al prefetto di Ragusa Annunziato Vardè, e tramite email in data 3 dicembre 2014 al signor sindaco di Ispica, Piero Rustico;
   sembra, d'altra parte, che il Pd di Ispica abbia fatto, nelle ultime ore, un passo indietro in merito scegliendo una sede diversa dall'istituto scolastico citato in premessa per lo svolgimento delle primarie –:
   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, chiarire inequivocabilmente se iniziative politiche simili siano compatibili con il doveroso carattere di neutralità ideologica che deve caratterizzare la scuola pubblica al fine di scongiurare il verificarsi di futuri casi analoghi in qualunque parte del Paese. (4-07208)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente della Repubblica del 21 febbraio 2014, registrato alla Corte dei conti il 25 febbraio 2014, il Presidente della Repubblica ha nominato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti;
   nel 2010 Giuliano Poletti era stato invitato, in un noto ristorante romano, ad una cena di ringraziamento organizzata dal pregiudicato Salvatore Buzzi. Si fa presente come evidenziato dai media che accanto a quel tavolo si trovava anche il pregiudicato Luciano Casamonica. Il rapporto che legherebbe il sig. Giuliano Poletti a Salvatore Buzzi, presidente di un grande consorzio di cooperative legate a Legacoop e braccio destro del boss Massimo Carminati, pone gravi ombre sul passato dell'attuale Ministro del lavoro e delle politiche sociali. A parere degli interpellanti tali frequentazioni suscitano gravi e preoccupanti interrogativi, anche perché ad oggi il sig. Giuliano Poletti non è stato in grado di fornire convincenti argomentazioni e giustificazioni in proposito;
   Salvatore Buzzi ha ucciso ed è stato condannato a 24 anni per omicidio. Ex impiegato di banca vicino all'estrema sinistra, è diventato uno degli uomini maggiormente impegnati nel terzo settore nell'area romana. Massimo Carminati, altra figura coinvolta nell'attuale inchiesta della procura di Roma, proviene invece dalle formazioni di estrema destra. Il più fidato socio e collaboratore di Massimo Carminati è proprio Salvatore Buzzi che si professa di estrema sinistra. Tuttavia, il rapporto tra questi due soggetti trascende gli aspetti ideologici e riguarda fondamentalmente un unico obiettivo ossia il profitto, da raggiungere, da quanto emerge dalle indagini condotte dagli inquirenti della procura di Roma, con ogni mezzo e strumento fosse a loro disposizione, tra cui la mediazione costante con figure di rilievo politico sia a livello locale che nazionale;
   Giuliano Paletti, all'epoca presidente nazionale di Legacoop, a giudizio degli interpellanti ha offerto indubbiamente legittimazione politica e sociale a questi due soggetti, tant’è che il 29 maggio 2014, a distanza di quattro anni da quella cena, il sig. Salvatore Buzzi ha affermato: «[...] concludo, infine, con un augurio di buon lavoro: al ministro Giuliano Poletti, nostro ex Presidente nazionale che più volte ha partecipato alle nostre assemblee; al Governo Renzi affinché possa realizzare tutte le riforme che si è posto come obiettivo, l'unico modo per salvare il nostro Paese dalla stagnazione e dall'antipolitica; in particolar modo a tutti voi soci che con il vostro lavoro quotidiano avete contribuito a raggiungere questo risultato così soddisfacente (cfr. Relazione finale della Coop. «29 Giugno», Assemblea di bilancio di Gruppo riunitasi a Roma il 29 maggio 2014);
   si dà inoltre il caso che la cooperativa sociale «29 giugno» che si occupa di manutenzione aree verdi, gestione rifiuti, gestione centri di accoglienza, e servizi di pulizia, sia associata nientemeno che al Cns. Quest'ultimo è il Consorzio nazionale servizi, sede a Bologna, uno dei pilastri della Legacoop presieduta fino a non molto tempo fa dall'attuale ministro del lavoro, Giuliano Poletti. Ebbene, la «29 giugno» compare tutt'ora nella lista degli aderenti al Cns. Sebbene nel Consorzio trovino spazio tante cooperative, il rilievo assegnato a Buzzi è dimostrato anche dal fatto che egli occupa un posto nel consiglio di sorveglianza dello stesso Cns;
   il Consorzio, negli ultimi anni, ha portato a casa vari appalti nazionali assegnati dalla Consip, la società del Ministero dell'economia e delle finanze che si occupa di approvvigionamento di beni e servizi per la pubblica amministrazione. E le cifre che «ballano» sono enormi, da far impallidire le commesse di ambiente romano;
   insomma, il Cns di Legacoop muove cifre impressionanti. E la «29 giugno» di Buzzi è molto ben inserita in questo contesto. Sebbene gli appalti vengano divisi tra i vari aderenti al Consorzio la Coop di Buzzi fa grande affidamento sulle commesse affidate al Cns e ciò è confermato dal bilancio 2013 del gruppo;
   del resto lo stesso bilancio dice che per il gruppo di Buzzi il 2013 è stato un anno d'oro, con un fatturato di 60 milioni di euro e un patrimonio che ha raggiunto i 16,4 milioni. Ieri il Cns ha fatto sapere di voler espellere Buzzi dal Consiglio di sorveglianza;
   si ricorda inoltre che erano già emersi dubbi sull'indipendenza e l'assenza di conflitti di interesse di Giuliano Poletti, tant’è che in un precedente atto di indirizzo al Senato, il n. 1-00220, era emerso che il sig. Giuliano Poletti dopo una lunga carriera politica (nel Partito comunista italiano e nel Partito dei democratici di sinistra), è diventato nel 2002 presidente della Legacoop nazionale e, dal 2013, presidente dell'Alleanza delle cooperative Italiane;
   Legacoop e Alleanza delle cooperative rappresentano aziende attive in tutti i settori e in tutte le regioni italiane. Emergono, tra le altre, il colosso delle polizze assicurative leader nel ramo danni in Italia Unipol-Sai, la cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna che si occupa della realizzazione del tunnel Tav Torino-Lione, la Nova coop e la Coop Adriatica;
   Legacoop, inoltre, detiene interamente il pacchetto azionario di Coopfond, società che gestisce il fondo mutualistico per la promozione cooperativa alimentato dal 3 per cento dagli utili annuali di tutte le cooperative aderenti a Legacoop e dai patrimoni residui di quelle poste in liquidazione»;
   spicca, inoltre, un saldo rapporto con il gruppo «Obiettivo Lavoro», società cooperativa operante nell'ambito del lavoro interinale, nato, come evidenziato sul sito internet, «dall'incontro dei mondi e delle iniziative di Legacoop e Compagnia delle Opere (Comunione e Liberazione)»;
   ai sensi del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, il Ministero dello sviluppo economico, e dunque, in senso lato, il potere esecutivo a cui appartiene anche il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, esercita la vigilanza di tutte le forme di società cooperative e dei loro consorzi, mediante revisioni cooperative ed ispezioni straordinarie;
   in particolare, il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, disciplina organicamente il potere di vigilanza e di controllo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulle agenzie per il lavoro, anche attraverso la verifica del corretto andamento dell'attività svolta cui è subordinato il rilascio dell'autorizzazione, nonché i criteri e le modalità di revoca dell'autorizzazione medesima, nonché ogni altro profilo relativo all'organizzazione e alle modalità di funzionamento dell'albo delle agenzie per il lavoro;
   emergerebbe, dunque, ad avviso degli interpellanti un conflitto di interessi in capo al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, derivante dalla sua provenienza professionale ed i compiti di vigilanza e di controllo assegnati dalla legislazione vigente all'Esecutivo e, in particolare, al suo dicastero;
   il profilo soggettivo del Ministro Poletti sembrerebbe agli interpellanti incompatibile con l'incarico affidatogli, stante un personale intreccio politico ed imprenditoriale non solo in ambiti attigui a quelli della pubblica amministrazione, ma con riferimento ai poteri di vigilanza e di controllo del Ministero da lui attualmente guidato su enti da lui precedentemente amministrati –:
   se il Ministro interpellato non ritenga comunque opportuno offrire una approfondita disamina degli eventi citati in premessa per le parti che lo hanno riguardato, ed eventualmente assumersi ogni responsabilità anche valutando l'opportunità di permanere nell'incarico, nelle more della raccolta di ogni elemento utile finalizzato a fugare ogni dubbio, anche di carattere etico e di responsabilità politica, in capo al medesimo Ministro;
   se al Ministro risulti che la cooperativa «29 giugno» intrattenga al momento rapporti con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, in caso positivo, quali siano e attraverso quali procedure sia stata selezionata.
(2-00782) «Cominardi, Cecconi, Dadone, Lombardi, Tripiedi, Ciprini, Chimienti, Di Battista, Ferraresi, Daga, Rizzetto».

Interrogazioni a risposta immediata:


   CORDA, CANCELLERI, PESCO, VILLAROSA, ALBERTI, RUOCCO, BARBANTI e PISANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, la cartella di pagamento può essere notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge;
   tra gli altri soggetti abilitati per legge, rientrano i messi notificatori di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, che prevede, infatti, che il concessionario possa nominare uno o più messi notificatori;
   quanto al rapporto che lega la figura del messo notificatore al concessionario non v’è alcuna norma che lo qualifica: come detto, l'articolo 26 individua i soggetti che possono essere preposti all'attività di notifica delle cartelle e degli avvisi di intimazione, mentre l'articolo 45 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, dispone che tale «abilitazione» avvenga tramite una nomina espressa da parte del concessionario a svolgere tali funzioni. Il legislatore, dunque, pare abbia voluto limitarsi a concedere ai concessionari la possibilità di nominare soggetti esterni ai quali affidare le attività di notificazione, senza disciplinare in alcun modo la tipologia di rapporto;
   tale aspetto assume, tuttavia, particolare rilievo, soprattutto a seguito degli scandali che hanno interessato diverse società del gruppo Equitalia. Ci si riferisce, in particolare, a quanto accaduto per la società Equitalia Sardegna spa. In tale regione, infatti, Equitalia avrebbe affidato in subappalto il servizio di notifica a due società private (la società Tnt postnotifiche srl e la società Recapitalia srl), le quali avrebbero a loro volta affidato le attività di notifica a personale assunto con contratti di lavoro a progetto;
   alcuni contribuenti sardi hanno esercitato il loro diritto di accesso agli atti, ai sensi della legge n. 241 del 1990, con il quale hanno chiesto alla società Equitalia sia la tipologia del contratto di lavoro nel quale è inquadrato il messo, sia il relativo atto di nomina. Nonostante le difficoltà ad accedere a codesta documentazione e con l'ausilio di visure camerali, è emerso che ad oggi risultano assunti dalla società Tnt postnotifiche srl 55 lavoratori con regolare contratto (22 nella visura del 2008) per lo svolgimento dell'attività di messi notificatori sulla base dell'appalto nr. 3 aggiudicato il 29 ottobre 2009, coprendo i territori di: Frosinone, L'Aquila, Roma, Grossetto, Latina, Livorno, Siena, Perugia, Macerata, Pesaro, Urbino, Ancona, Ascoli Piceno, Terni, Pistoia, Pisa, Arezzo, Prato, Firenze, Massa Carrara e tutta la Sardegna. Appena 55 lavoratori per un territorio così ampio. Nella realtà le cose sono ben diverse poiché hanno operato per la suddetta società più di 2.000 messi, assunti con contratto di lavoro a progetto per l'esecuzione delle notifiche da parte di una società che ha come oggetto sociale la notifica di cartelle esattoriali;
   poiché vi è una perfetta coincidenza tra il progetto che ogni singolo messo è tenuto a realizzare e l'oggetto sociale del committente, dovrebbe trovare applicazione l'articolo del decreto legislativo n. 276 del 2003, che trasforma il rapporto di lavoro in lavoro subordinato. In merito esistono diverse pronunce giurisprudenziali, ma soprattutto la circolare Inps che testualmente recita: «Data la finalità antielusiva della disciplina, un progetto può riguardare anche l'attività principale dell'azienda ma non può mai esaurirsi totalmente nell'oggetto sociale: non può, cioè, coincidere totalmente con l'attività principale o accessorio dell'azienda. Per quanto osservato il singolo messo svolge il servizio con vincoli di orari e modalità operative riconducibili al lavoro subordinato»;
   la Tnt postnotifiche srl che ha eseguito le notifiche per conto dell'agente della riscossione in Sardegna per anni (la prima convenzione risale al 2004) avrebbe sfruttato il lavoro dei messi notificatori, lucrando di fatto a danno delle casse dell'Inps e dell'erario, ai quali non verrebbero versati contributi e ritenute fiscali in modo corretto, né regolare;
   quanto emerso relativamente ad Equitalia Sardegna ha interessato anche altre società del gruppo operative in altre regioni italiane. È il caso della regione Lazio. Dalla stampa locale, infatti, si apprende di una denuncia nei confronti del gruppo Equitalia proposta dai Comitati riuniti agricoli e dal movimento civico «Dignità sociale» di Latina (si veda http://www.buonenotizie.it), a proposito del cosiddetto caso Latina: «Tecnicamente, la società di riscossione dei tributi affida l'attività di notifica in appalto alla Tnt, che – nel Lazio – la subappalta alla Crc, con dipendenti assunti con contratti a progetto e pagati, per ogni notifica, da 30 centesimi a 1 euro». «Basta una visura alla camera di commercio» ha detto Saieva. «La prima società conta 55 dipendenti, la seconda 88. Troppo pochi per coprire un territorio vasto come il Lazio. Il resto è costituito da lavoratori a progetto. E il progetto, in questo caso, coincide con la ragione sociale. Ne consegue che i messi notificatori inviati da Equitalia per portare, casa per casa, le cartelle esattoriali ai contribuenti non sono abilitati. E il modus operandi è lo stesso in tutta Italia». «Le procedure di Equitalia», ha proseguito l'avvocato, «non rispettano il diritto comunitario. Sono infatti impugnabili, poiché nulle, le cartelle notificate dai messi non abilitati»;
   inoltre, è stato già manifestato al Ministro interrogato, a titolo informativo, che numerose posizioni dirigenziali, quasi 800 su 1.200 circa, siano attualmente ricoperte indebitamente da personale non avente la relativa qualifica dirigenziale, essendo stati promossi sul campo e senza un regolare concorso, attraverso l'uso indebito dell'istituto della reggenza. Per tale motivo, tutte le cartelle tributarie firmate negli ultimi dieci anni possono essere dichiarate nulle perché prive del potere di firma del presunto dirigente: anche questo conferma l'illegittimità della situazione creatasi in seno all'amministrazione finanziaria anche a monte della riscossione;
   in proposito, pare necessario, per comprendere la situazione d'illegittimità lamentata, rifarsi alla sentenza n. 06884/2011 reg.prov.coll. del tribunale amministrativo regionale del Lazio, secondo la quale «configurandosi il conferimento di un incarico dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente alla stregua dell'assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, il relativo atto di conferimento deve considerarsi radicalmente nullo ai sensi dell'articolo 52, comma 5, del decreto legislativo n. 165 del 2001»;
   il Governo Monti, ha cercato di porre rimedio a questo grosso problema; così la l'articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, ha convalidato gli incarichi affidati senza concorso e, in attesa di espletare le nuove procedure concorsuali, ha autorizzato anche l'attribuzione di ulteriori incarichi dirigenziali a funzionari delle stesse agenzie;
   una sentenza del Consiglio di Stato (n. 5451/2013 del 18 novembre 2013) ha rimesso la questione di legittimità costituzionale della sanatoria alla Corte costituzionale, che dovrà pronunciarsi su tale situazione;
   da quanto si apprende, dunque, al gruppo Equitalia e alle società appaltanti del servizio di notificazione sarebbero imputabili anomalie sia nella conduzione del rapporto lavorativo con i dipendenti (omesso versamento dei contributi previdenziali e delle ritenute fiscali), sia relativamente alla stessa gestione del servizio di notificazione, attraverso l'affidamento dell'attività di notifica a personale non qualificato né abilitato ai sensi di legge –:
   se sia a conoscenza delle descritte condotte, ad avviso degli interroganti, di dubbia regolarità commesse dal gruppo Equitalia e dalle società appaltanti del servizio di notificazione e, in particolar modo, dei contratti di lavoro a progetto utilizzati per lo svolgimento di attività di notificazione, dell'omesso versamento di contributi previdenziali e delle ritenute fiscali a favore dei lavoratori, nonché del ricorso a messi notificatori privi della qualifica richiesta dalla legge e del rischio di grave contenzioso dei contribuenti contro lo Stato italiano, e quali iniziative intenda eventualmente assumere per porvi rimedio. (3-01210)
(Presentata il 9 dicembre 2014)


   BUSIN, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito delle innovazioni in materia di part-time nel pubblico impiego, introdotte con l'articolo 73 del decreto-legge n. 112 del 2008 e con l'articolo 16 della legge n. 183 del 2010, è stata modificata la posizione del dipendente richiedente rispetto all'amministrazione datore di lavoro, prevedendo – entro un determinato termine oramai decorso – una sorta di potere di revisione unilaterale del rapporto da parte delle amministrazioni;
   l'applicazione di tale norma ha creato non poco contenzioso, creando, di fatto, un pregiudizio nei confronti delle lavoratrici donne, spesso impegnate nella cura dei figli e dei familiari bisognosi di assistenza;
   ancor più grave, tuttavia, è verificare che l'applicazione del part-time, a seconda che sia a carattere orizzontale ovvero verticale, ha creato – e tuttora crea – una discriminazione tra le stesse lavoratrici;
   l'Inps, infatti, opera un distinguo tra le varie tipologie di part-time, evidenziando che nel part-time di tipo orizzontale il dipendente – sia pure in modo parziale – presta attività lavorativa tutti i giorni, mentre nel part-time verticale l'assenza dal servizio investe l'intera giornata lavorativa;
   per l'istituto, pertanto, i periodi di part-time orizzontale costituiscono «prestazione effettiva di lavoro»; viceversa i periodi di part-time verticale, poiché danno luogo ad assenze che investono l'intera giornata, si configurano come «mancata prestazione effettiva di lavoro» e quindi soggetti a decurtazione percentuale ex articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011;
   tale interpretazione dell'ente previdenziale finisce con il penalizzare una tipologia di part-time rispetto ad un'altra, la cui scelta spesso dipende non già da esigenze del lavoratore, bensì dalla necessità di flessibilità e turni aziendali avvertita dal datore di lavoro, creando, altresì, una forte iniquità in termini di trattamento pensionistico tra i soggetti utilizzati nell'una o nell'altra tipologia di part-time a parità oraria di prestazione d'opera settimanale e versamenti contributivi da parte dell'azienda;
   sulla questione del part-time verticale, peraltro, si è espressa la Corte di giustizia europea nella sentenza del 21 gennaio 2010 alle cause riunite C395/08 e C396/08, ritenendo il criterio di determinazione dell'anzianità contributiva nel part-time verticale adottato dall'Inps fonte di discriminazione ed in contrasto con la clausola 4 della direttiva dell'Unione europea n. 97/81 (accordo quadro sul lavoro a tempo parziale);
   in particolare, la sentenza riguardava due ricorsi di due dipendenti Alitalia impiegati part-time con la formula «tempo parziale verticale ciclico» prevista dal contratto collettivo nazionale, in base alla quale lavoravano solamente per alcune settimane o mesi dell'anno, con orario pieno o ridotto; i rilievi della Corte di giustizia europea sono stati che non è fondata la tesi dell'Inps in base alla quale il contratto a tempo parziale verticale venga considerato come sospeso durante i periodi non lavorati, giacché secondo la direttiva europea i periodi non lavorati discendono dalla normale esecuzione del contratto di lavoro a part-time e non dalla sua sospensione –:
   se il Governo non ritenga doveroso emanare con urgenza ogni iniziativa di competenza tesa a superare l'interpretazione discriminatoria di cui in premessa, dando così attuazione anche alla sentenza della Corte europea che – di fatto – non ha condiviso la posizione dell'Inps e del Governo italiano, e se sia in grado di fornire una stima dei soggetti lavoratori – dipendenti pubblici e privati – in part-time verticale colpiti dall'interpretazione Inps.
(3-01211)
(Presentata il 9 dicembre 2014)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante «Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese», sono state modificate alcune disposizioni in materia di contratto a tempo determinato di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, di attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'Unice, dal Ceep e dal Ces;
   l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2014 prevede che «il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1o gennaio dell'anno di assunzione»;
   la citata disposizione fa salva, tuttavia, la norma contenuta nel decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che prevede che l'individuazione di limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati e che sono comunque esclusi da detti limiti i contratti a tempo determinato conclusi nella fase di avvio di nuove attività, per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi, e con lavoratori di età superiore a 55 anni;
   nonostante il mantenimento di questi limiti, il nuovo parametro del 20 per cento sul personale impiegato sta creando seri disagi a numerose aziende, sia perché per alcune tipologie di esse impedisce la flessibilità in entrata, sia perché, sul versante opposto, rischia di obbligare alcune imprese a licenziare i lavoratori assunti a tempo determinato eccedenti il predetto limite in base alla previgente normativa;
   inoltre, l'individuazione del parametro di riferimento ai contratti a tempo indeterminato in essere al 1o gennaio dell'anno in corso e non al personale effettivamente assunto in azienda al momento dell'eventuale assunzione a tempo determinato rischia di penalizzare le aziende in fase di espansione o di elevata crescita produttiva;
   successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge, in diversi settori lavorativi i sindacati, le parti sociali ed i datori di lavoro hanno siglato i rinnovi dei contratti collettivi di lavoro prevedendo un aumento del contingente di lavoratori a tempo determinato che possono essere impiegati presso le aziende del settore;
   specificatamente il contratto collettivo nazionale di lavoro per il commercio ha innalzato detto limite al 28 per cento, il contratto collettivo nazionale di lavoro di edilartigianato ed edilindustria al 25 per cento, quello per le case di cura private al 30 per cento e il contratto collettivo nazionale di lavoro per i lavoratori del settore del trasporto al 35 per cento;
   con riferimento allo specifico caso dei lavoratori dell'edilizia, invece, nell'ambito della recente rinegoziazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, la deroga incrementa in determinati casi la soglia percentuale di contratti a termine per le aziende del settore addirittura al 40 per cento, rendendola, tuttavia, applicabile solo al personale iscritto alle liste di «borsa lavoro», che tuttavia non sono ancora operative in molte province d'Italia;
   la necessità di autoregolamentazione da parte dei diversi comparti di lavoro, che ha portato all'inserimento nei contratti collettivi nazionali di lavoro delle citate deroghe, dimostra la difficile sostenibilità da parte delle aziende dei contingenti previsti dal citato decreto-legge –:
   se non ritenga di intervenire nel senso di prevedere una più esaustiva disciplina dei casi di esclusione dal limite di cui in premessa, se del caso ideando, per le aziende ammesse al regime derogatorio, meccanismi di incentivazione, basati sul modello di sgravi contributivi, per l'assunzione di lavoratori con contratti a tempo determinato di lunga durata. (3-01212)
(Presentata il 9 dicembre 2014)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 21 ottobre 2014 l'Autorità portuale di Trieste (APT) ha deciso di dare seguito alla intenzione – già comunicata in occasione di una riunione sindacale il 16 luglio 2014 – di dare avvio ai recuperi dei maggiori importi erogati a titolo di aumento stipendiale ai propri dipendenti dal gennaio 2011 ad ottobre 2012, a partire dalla mensilità del mese di novembre 2014;
   tale decisione viene giustificata da parte dell'APT con riferimento al decreto-legge n. 78 del 2010, che all'articolo 9 stabilisce il blocco degli aumenti contrattuali per i dipendenti pubblici;
   non risulta palese l'applicabilità di suddetta norma nei riguardi del personale delle autorità portuali, in quanto non è stato stabilito se la natura del loro rapporto di lavoro sia da considerare equiparato al pubblico impiego oppure soggetto al diritto privato;
   altre autorità portuali – tra cui quella di Civitavecchia guidata dal presidente di Assoporto, Pasqualino Monti – non hanno ritenuto di doversi adeguare all'interpretazione della norma data dall'Autorità portuale triestina;
   il prefetto di ’Trieste, Francesca Adelaide Garufi – secondo quanto riportato da Il Piccolo il 4 dicembre 2014 – si sarebbe impegnata a portare la richiesta di delucidazioni circa l'inquadramento dei dipendenti dell'APT all'attenzione delle amministrazioni centrali;
   non è accettabile che persistano delle incertezze giuridiche sulla natura dell'inquadramento del personale delle autorità portuali, né che le autorità portuali procedano in ordine sparso nel regolare la suddetta questione –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti summenzionati;
   se non si ritenga opportuno assumere un'urgente iniziativa per fare chiarezza sull'inquadramento giuridico dei dipendenti delle autorità portuali anziché lasciare la decisione alla discrezione di queste ultime. (5-04240)


   LAURICELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la «Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità», ratificata dall'Italia con la legge del 3 marzo 2009, n. 18, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità», prevede azioni per il «riconoscimento, la tutela, promozione e diffusione delle lingue dei segni degli Stati»;
   è del tutto evidente che il riconoscimento della lingua italiana dei segni e della LIS tattile è uno strumento importante e molto atteso per rimuoverete barriere comunicative e consentire alle persone condizionate da tale disabilità di avere le imprescindibili condizioni di accesso ad informazioni e servizi;
   non può, peraltro, non essere rilevato che, tra i Paesi europei, soltanto l'Italia, il Lussemburgo e Malta non hanno proceduto al riconoscimento della lingua dei segni –:
   in considerazione degli elementi riportati in premessa, se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere dal punto di vista normativo, nonché per quanto riguarda le risorse, al fine di consentire il riconoscimento della lingua italiana dei segni (LIS) e LIS tattile. (5-04243)


   RIZZETTO. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che Ideal Standard, l'azienda di ceramica sanitaria che dava lavoro a 400 persone attualmente in mobilità, come l'interrogante ha già denunciato con precedenti atti di sindacato ispettivo, da mesi è prossima alla chiusura soprattutto a causa di una mala gestione dei vertici, di cui addirittura non è chiara l'identità. A quanto è dato sapere, la proprietà dovrebbe essere in condominio tra un fondo americano, il Bain Capital e uno australiano l'Anchorage;
   in Friuli, in rappresentanza degli effettivi vertici decisionali, si espongono solo due manager italiani, Domenico Antetomaso e Benedetto Gelsomino, che guidano l'azienda da circa 5 anni e sono considerati responsabili degli errori di conduzione, proprio perché non hanno mostrato alcuna autonomia nell'adozione delle decisioni inerenti alla gestione aziendale;
   i manager stanno impedendo che dalla crisi aziendale se ne esca con un worker buy out. A riguardo, infatti, a rilevare l'azienda e ad accollarsi tutti i rischi sarebbero i lavoratori devolvendo la loro buonuscita e usufruendo dell'aiuto finanziario combinato della Coopfond e del fondo rotativo del Ministero dello sviluppo economico. La cooperativa ha intenzione di darsi un business plan più moderno, una distribuzione del prodotti più oculata e una strategia di marketing sensata, non senza sacrifici;
   secondo il piano di reindustrializzazione i lavoratori sarebbero riassunti, con una decurtazione delle paghe. Inizialmente, dovrebbe trattarsi solo di 50 dipendenti che poi diventerebbero 150 nel giro di due anni. Il tentativo degli operai Ideai Scala – il nome della nuova società – è sostenuto dalla regione Friuli Venezia Giulia e dalla unione industriali di Pordenone;
   tuttavia, nonostante siano stati sottoscritti una moltitudine di accordi e aver ottenuto fino a pochi mesi fa l'uso di ammortizzatori sociali, i due manager stanno facendo ostruzionismo all'evolversi della predetta operazione di rilevamento;
   sul punto, gli accordi stabiliti prevedevano che la proprietà concedesse il rilevamento rinunciando agli impianti, agli stampi e al capannone, necessari per la ripartenza. Di contro, i due manager stanno attualmente ostacolando l'operazione e di tale cambiamento di posizione non si conoscono le reali motivazioni;
   i due manager, Antetomaso e Gelsomino, hanno anche chiesto maggiori informazioni sul business plan della cooperativa fino a pretendere di averne una copia, da trasmettere evidentemente agli effettivi vertici decisionali. Per di più, con un ulteriore cambio di rotta rispetto agli accordi presi, hanno avanzato la richiesta che la cooperativa paghi il macchinario per un importo di 13 milioni di euro, somma ritenuta irragionevole;
   è chiaro che l'ostruzionismo rispetto all'operazione di rilevamento ha contrariato le autorità locali e i sindacati che stanno presidiando lo stabilimento della Ideal Standard, per evitare che vengano portati via dei macchinari o ulteriori beni dell'azienda;
   ad ogni modo, i responsabili della cooperativa hanno deciso di consegnare il business plan ai due manager, richiedendo la sottoscrizione di un protocollo di confidenzialità e riservatezza;
   a quanto sembra, dunque, i manager italiani si prefiggono l'obiettivo di impedire il rilevamento dell'azienda da parte degli ex dipendenti, e pertanto cercano di guadagnare tempo senza alcuna considerazione delle autorità locali e dei sindacati Cgil-Cisl-Uil;
   ebbene, innanzitutto, in tale crisi aziendale emerge l'assenza di provvedimenti efficaci, per giungere ad una risoluzione, da parte delle istituzioni a livello nazionale. In secondo luogo, è di tutta evidenza la noncuranza della proprietà aziendale della situazione in cui versano i lavoratori. Difatti, i vertici, dopo una mala gestione che ha comportato la crisi aziendale, attualmente, in modo poco trasparente e non corretto vengono meno agli accordi presi rispetto all'operazione di worker buy out, lasciando i lavoratori ancora in una situazione di dura e grave incertezza –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato rispetto ai fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative intenda adottare il ministro affinché la crisi aziendale in questione sia risolta, adottando le più adeguate iniziative a tutela dei lavoratori e contrastando quella che l'interrogante giudica l'irragionevole condotta di manager che, in modo del tutto evidente, stanno ostacolando la risoluzione della vertenza in questione in danno ai lavoratori, i quali pur di recuperare il loro impiego – con grave sacrificio – sono disposti a rilevare l'azienda accollandosi tutti i rischi e devolvendo la loro buonuscita. (5-04254)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TERROSI, OLIVERIO, CENNI, LUCIANO AGOSTINI, PALMA e PRINA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia detiene una quota pari al 20 per cento della produzione di olio dell'Unione europea ed è al secondo posto nella classifica mondiale dei produttori di olio. L'olivicoltura italiana vale 2 miliardi di euro, si estende su una superficie di 1.123.330 ettari e conta un numero di aziende agricole che sfiora le 900.000 unità, che sviluppano circa 50 milioni di giornate di lavoro di assunzione di manodopera agricola all'anno. In Italia operano, secondo i dati Agea, circa 3.760 frantoi;
   i consumi a livello mondiale mostrano stabilità (circa 3 milioni di tonnellate l'anno), le aree di consumo più importanti sono l'Europa con il 57 per cento e gli Stati Uniti D'America con il 10 per cento del totale. I principali mercati di sbocco sono rappresentati da Usa, Germania e Giappone;
   per le Dop, l'Italia con 43 denominazioni (42 Dop e 1 Igp), detiene il 38 per cento delle designazioni di origine dei marchi europei. Segue la Grecia con 29 e la Spagna con 27. Per le produzioni bio, il 14 per cento delle superfici bio, pari a 164.488 ettari, sono appannaggio dell'olivicoltura;
   gli oli italiani, oltre a un prezzo più alto, che attesta il riconoscimento di una migliore qualità da parte dei mercati internazionali, stanno beneficiando di una forte spinta dell'export. Tra gennaio e luglio di quest'anno le vendite all'estero, grazie ai progressi in Nord America, Giappone e Unione europea, sono aumentate in volume del 13 per cento rispetto ai primi sette mesi del 2013. Ancora più sostenuta la dinamica degli oli extravergini, il prodotto di maggior pregio, con l'export cresciuto del 18 per cento su base annua. Da evidenziare che la bilancia commerciale del settore, nonostante il forte aumento delle importazioni soprattutto dalla Spagna, ha chiuso i primi sette mesi del 2014 con un saldo attivo di quasi 16 milioni di euro;
   l'Italia sta però arretrando pericolosamente nel settore dell'olivicoltura moderna, si sta rinunciando alla sperimentazione e alla ricerca che ci avevano reso celebri nel mondo. L'assenza di una politica nazionale di rilancio del settore sta determinando un costante decremento della produzione ed evidenziando sempre più, anno dopo anno, le carenze organizzative e gestionali del comparto;
   le aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni e non aggregate in associazioni o organizzazioni in grado di sostenere e ottimizzare i propri itinerari tecnici (dalla potatura ai monitoraggi per il controllo di fitofagi e fitosanitariagenti di malattia agli interventi fitosanitari) per cui la qualità e la salute degli oliveti sta peggiorando. Molti sono abbandonati o beneficiano di interventi sporadici, a scapito dello stato complessivo e, in seconda battuta, della qualità del prodotto realizzato;
   e ancora, nel triennio 1995-1998 la Spagna ha piantato 45 milioni di ulivi, la Grecia 18 milioni, l'Italia soltanto 1 milione e 430 mila alberi. C’è una fetta sempre più ampia di oliveti in cui non si concimano bene i terreni, dove le piante non vengono potate con regolarità, come pure non vengono meccanizzate le operazioni di potatura e raccolta, pratiche invece decisive per abbreviare i tempi e per abbassare i costi di produzione, senza che venga meno la qualità;
   a questi problemi strutturali si è aggiunto il fatto che, nel corso del 2014, le anomalie del clima primaverile, quasi mai in linea con le attese, e un'estate troppo piovosa – oltre a causare problemi al naturale percorso vegetativo – hanno favorito la diffusione del principale fitofago dell'olivo, la mosca dell'olivo (Bactrocera oleae Gmel), al di là degli areali e delle altimetrie ove normalmente risultava dannoso, causando gravi perdite per cascola precoce delle olive attaccate. I danni creati dalla mosca dell'olivo si sono riflettuti in prima battuta sulla quantità, ma poi hanno intaccato anche la qualità del prodotto (in relazione soprattutto ai parametri di acidità);
   in particolare, nel Lazio la stagione può definirsi pessima per la coltura dell'olivo su tutto il territorio regionale in maniera quasi uniforme, con un calo della produzione del 37 per cento. L'andamento della fioritura è stato influenzato negativamente da diversi fattori: persistenza delle precipitazioni piovose, andamento stagionale anomalo per quanto concerne le temperature sia durante il periodo invernale che primaverile/estivo, vento eccessivo, sviluppo di patologie, in particolare l'occhio di pavone che ha indebolito la pianta oltre ai numerosi attacchi della mosca olearia. Anche il livello di fruttificazione è stato assolutamente insufficiente in tutte le province ed in particolare in quelle di Frosinone e Rieti, dove in alcuni comuni la produzione risulta quasi annullata. Situazione leggermente migliore per le province di Roma e Viterbo;
   annata da dimenticare sotto il profilo quantitativo anche in Umbria, con un calo della produzione del 45 per cento. Le eccessive piogge ed il poco sole nei momenti decisivi hanno impedito che la fioritura si svolgesse in condizioni ottimali. Le piogge estive, ripetute e intense, hanno da un lato favorito un buono sviluppo delle drupe ma dall'altro hanno creato terreno fertile per gli attacchi di mosca già sul finire del mese di luglio. A questa generazione anticipata del parassita ne sono seguite altre, rendendo quest'annata una delle peggiori degli ultimi decenni sotto il profilo fitosanitario;
   quest'anno, più di ogni altro, la differenza nelle quantità prodotte e nella qualità del prodotto finale, è da ricercare nel tipo di conduzione degli oliveti e nella tempestività con cui si è intervenuti per il contrasto alla insorgenza di fitopatie, nonché dall'impiego di presidi fitosanitari a basso impatto e rispettando i tempi di carenza;
   tanto più, infatti, gli oliveti sono stati condotti in modo professionale, con un attento e costante monitoraggio della situazione che ha permesso di intervenire con appositi trattamenti, tanto più si è riusciti a salvare quantità e qualità. Di contro, per molti oliveti, meno curati o condotti in modo più «amatoriale», la quota di olive portate fino alla raccolta è stata bassa e molte volte di qualità scadente;
   il tema degli interventi va valutato anche in termini di costi. In molti casi, infatti, visto che già dalle prime battute era evidente una produzione non soddisfacente, si è preferito non trattare gli olivi proprio perché il maggior costo per queste operazioni non sarebbe stato sufficientemente remunerato dalle quantità ottenibili, e nella fase finale si è fatto più evidente il fenomeno della non raccolta;
   negli anni scorsi il servizio fitosanitario nazionale, nelle sue articolazioni regionali, metteva in atto piani di campionamento con l'emanazione di bollettini settimanali e l'individuazione dei presidi fitosanitari da utilizzare per i trattamenti;
   attualmente tali compiti sono in capo ai consorzi dop o igp o alle cooperative di produttori, quindi laddove c’è una organizzazione e una strutturazione della filiera si verifica un controllo efficace mentre laddove si pratica una olivicoltura marginale l'agricoltore è lasciato a se stesso e non sempre ha la capacità di mettere in atto metodologie di lotta che si ispirino ai criteri definiti anche dal decreto legislativo n. 150 del 2012, di recepimento della direttiva 2009/128/CE, e che siano realmente efficaci nel contenimento del fitofago;
   Ismea, in collaborazione con le associazioni dei produttori (Aifo, Cno, Unaprol e Unasco) ha elaborato delle previsioni di produzione che attesterebbero la produzione 2014 al 35 per cento in meno rispetto allo scorso anno. In volume assoluto si avrebbero 302 mila tonnellate contro le 461 mila del 2013: il dato stimato per il 2014 è di fatto una sintesi tra un'ipotesi minima che porterebbe la produzione a 286 mila tonnellate (-38 per cento) ed una massima che potrebbe invece portare i volumi verso le 310 mila tonnellate (-33 per cento);
   i responsi che arrivano dai frantoi indicano rese inferiori rispetto a quelle dello scorso anno e questo potrebbe portare la produzione di olio anche a livelli più bassi rispetto a quanto previsto. Inoltre, va considerato che in aree di scarsissima produzione molti frantoi hanno deciso di non aprire i battenti;
   intanto il mercato sta rispondendo con prezzi in aumento soprattutto nell'extravergine. C’è infatti una domanda già molto dinamica su questo prodotto e soprattutto sulle partite di qualità migliore e si profila un rischio molto alto legato alla contraffazione agroalimentare. A causa di una richiesta del mercato interno e internazionale superiore alla produzione il fenomeno della falsificazione sta già assumendo dimensioni preoccupanti. Secondo le associazioni di categoria, negli ultimi cinque anni si sono infatti moltiplicate le frodi nel settore degli oli, con un incremento del 300 per cento;
   secondo la Coldiretti il mercato rischierebbe l'invasione delle produzioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza garantiti in Europa;
   con l'attuazione della PAC l'Italia ha deciso di adottare misure accoppiate per l'olivicoltura, restringendo tali misure alle regioni Puglia, Calabria e Liguria ed escludendo le altre in cui si pratica olivicoltura anche di qualità. In particolare sia il Lazio sia l'Umbria sono escluse dalle suddette misure nonostante nelle due regioni siano presenti complessivamente 5 oli dop;
   il Regolamento delegato (UE) 611/2014 della Commissione dell'11 marzo 2014 che integra il Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio definisce, tra l'altro, le oltre 20 misure ammissibili in cui sono declinati i programmi di sostegno al settore dell'olio d'oliva e delle olive da tavola, istituiti ai sensi dell'articolo 29 del già citato Regolamento (UE) n. 1308/2013;
   tali misure riguardano l'intera filiera produttiva dell'olio e delle olive da tavola e precisamente sono riferite a sei ambiti relativi al monitoraggio e gestione del mercato, alla incidenza ambientale dell'olivicoltura, al miglioramento della competitività, al miglioramento della qualità, alla tracciabilità, certificazione e tutela della qualità organolettica, alla diffusione delle informazioni sulle iniziative delle organizzazioni beneficiarie dei programmi sulla qualità;
   l'Italia dispone di una dotazione finanziaria annuale di circa 50 milioni di euro, tra finanziamento europeo e cofinanziamento nazionale, che verranno gestiti da organizzazioni di produttori, dalle loro associazioni e dagli organismi interprofessionali.  L'articolo 7 del Regolamento n. 611 del 2014 stabilisce che il «primo periodo triennale di programmi di attività di cui all'articolo 20; paragrafo 1 del Regolamento (UE) n. 1308/2013, inizia il 1o aprile 2015» –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per sostenere in questo anno di particolare difficoltà l'intero comparto olivicolo italiano e in particolare gli olivicoltori delle regioni che, come le due sopra citate, non hanno beneficiato di aiuti accoppiati e fino alla attuazione dei programmi previsti dal Regolamento (UE) 1308/2014 nonché per tutelare i consumatori dalla commercializzazione di prodotti di scarsa qualità che potrebbero invadere il mercato italiano;
   se il Governo non ritenga di intervenire con urgenza per aggiornare e adattare alle problematiche descritte in premessa il piano di settore olivicolo-oleario del 2010, attraverso il finanziamento di un programma pluriennale di interventi che preveda azioni relativamente a tutta la filiera, a sostegno degli olivicoltori, delle loro associazioni e dei trasformatori. (5-04241)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RONDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legionellosi è un'infezione causata dal batterio Legionella pneumophila, che origina una forma di polmonite nota come morbo del legionario e colpisce soprattutto gli anziani, i fumatori e i pazienti con patologie polmonari pregresse. I sintomi iniziano a una settimana dal contagio e includono cefalee, dolori muscolari e addominali, diarrea e tosse secca. Nel giro di alcuni giorni si sviluppa la polmonite e, se non viene curata, la malattia può portare a gravi disturbi respiratori e potenzialmente alla morte per lesioni polmonari irreversibili. Il batterio può essere identificato a partire da un campione di catarro, e la cura richiede antibiotici specifici;
   il batterio ama gli ambienti umidi e caldi (tra 32 e 45 gradi Celsius) e si riproduce velocemente soprattutto nelle condutture idriche e nei condizionatori. La prevenzione consiste principalmente nella manutenzione di impianti idrici per l'acqua calda e dei climatizzatori;
   la legionella non può essere trasmessa da uomo a uomo, ma il contagio avviene respirando le goccioline di acqua fortemente contaminata dal batterio;
   nei paesi limitrofi alla città di Bresso, in provincia di Milano, sei persone ultra 70enni sono state contagiate in pochi giorni dal batterio della legionella: una di loro è già deceduta, mentre altre quattro sono state dimesse e il sesto paziente sta migliorando. Un settimo caso di contagio è stato registrato a Cinisello Balsamo, a poca distanza;
   anche se in Italia si registrano ogni anno oltre un migliaio di casi di legionellosi, il numero di contagi a Bresso sembra non essere solo una coincidenza;
   le nostre autorità sanitarie mostrano secondo l'interrogante una evidente inerzia ad adottare i più recenti metodi di bonifica e profilassi. Risalgono al 2000 le linee guida per la prevenzione e controllo della Legionellosi;
   questo strumento legislativo ha disciplinato la bonifica delle reti idriche contaminate dal batterio, ma con sistemi ormai datati come lo shock termico e soprattutto la iperclorazione. In particolare, nel 2000 erano ancora in fase di avvio, e pertanto esclusi dalle linee guida, i prodotti più avanzati, che utilizzano il biossido di cloro, il perossido di idrogeno e argento e così via;
   le principali problematiche dei metodi previsti sono risultate:
    a) l'inefficacia (l'infezione si manifesta in impianti già sottoposti a trattamento);
    b) la scarsa applicabilità pratica (non sempre gli impianti consentono i sistemi di shock termico);
    c) in impianti obsoleti, la corrosione del sistema idrico con conseguenti danni alla struttura stessa;
    d) alterazione della qualità dell'acqua destinata al consumo umano;
   è totalmente assente inoltre la prevenzione nei mezzi di trasporto (treni, aerei, navi e navi da crociera), oggetto di diverse indagini da parte delle procure tra cui quella di Torino –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda provvedere a convocare un tavolo con gli enti interessati e le associazioni di categoria al fine di adeguare la normativa alle nuove esigenze di salute della popolazione. (5-04245)


   PELUFFO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   presso gli studi professionali odontoiatrici è presente personale ausiliario assistente che svolge attività sia di carattere amministrativo sia di natura parasanitaria, normalmente identificato come «assistente di studio odontoiatrico» (ASO);
   le mansioni di natura amministrativa svolte dall'ASO sono riconducibili ad attività, svolte anche mediante l'utilizzo di tecnologie informative, di ricezione, accoglienza e dimissione dei pazienti, gestione degli appuntamenti, controllo e aggiornamento degli schedari dei pazienti, rapporti con i fornitori e collaboratori esterni. Le mansioni dell'ambito parasanitario sono riconducibili alla preparazione dell'area degli interventi clinici, all'assistenza dell'operatore durante l'esecuzione delle prestazioni, preparazione, manutenzione e conservazione dei materiali dentali, riordino, disinfezione e sterilizzazione della strumentazione e degli ambienti di lavoro;
   per lo svolgimento delle attività sopra menzionate è necessario acquisire, mediante percorsi formativi ed esperienza, una professionalità e competenza in grado di garantire uno standard qualitativo elevato nell'assistenza del paziente odontoiatrico e nel favorire il suo benessere psichico;
   tale figura, dal profilo, dalle mansioni e dalle competenze individuate ormai con precisione, pur essendo riconosciuta di fatto, tra le altre cose, nell'ambito di accordi contrattuali nazionali (CCNL sottoscritto in data 22 aprile 2009 tra CONFIMEA e FISMIC, ISA e SIASO), è ancora priva di un profilo professionale che sia riconosciuto a livello nazionale all'interno del comparto del personale parasanitario;
   non esistendo ancora un quadro normativo unitario che definisca un percorso formativo certificato per gli assistenti di studio odontoiatrico, si lascia spazio, soprattutto nel settore privato, a titoli o a competenze non certificati e improvvisati caratterizzati da percorsi formativi estremamente eterogenei o non sufficienti a fornire adeguate garanzie a tutela sia dell'operatore, sia del cittadino-utente;
   la conferenza Stato-regioni nel mese di aprile 2014 ha approvato e sottoposto all'esame del Ministero una bozza di accordo per che individua i criteri per definire un percorso di formazione regionale che preveda almeno 700 ore, di cui 300 di tirocinio, adeguato alla corretta posizione professionale a tutela di odontoiatri e cittadini-utenti –:
   quale sia la tempistica prevista dal Ministro interrogato affinché l'analisi della proposta emersa dalla conferenza Stato-regioni venga completata;
   se il Ministro interrogato non ritenga pertanto opportuno, in conseguenza di tali premesse, promuovere l'attivazione di un percorso normativo atto a definire le competenze di questa figura professionale, prevedendo un percorso di formazione specifico finalizzato all'acquisizione dell'attestato professionale per i soggetti che attualmente svolgono di fatto le attività riconducibili al profilo di ASO. (5-04246)


   MAGORNO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda sanitaria provinciale di Cosenza, in data 20 novembre 2014, quando mancavano pochi giorni, sia dalla revoca del direttore generale sia dal voto per le regionali in Calabria, ha emanato ben 14 delibere;
   sempre nell'imminenza delle elezioni regionali sono state inviate lettere di assunzione per circa 200 precari, presso l'azienda sanitaria provinciale di Cosenza;
   a parere dell'interrogante, l'operato dell'azienda sanitaria provinciale di Cosenza risulterebbe alquanto anomalo e discutibile, considerato che tali iniziative deliberative siano avvenute in piena campagna elettorale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se nell'ambito delle proprie competenze, anche in considerazione del commissariamento della sanità regionale, intendano acquisire ogni utile elemento ed eventualmente intervenire, al fine di garantire massima efficienza e trasparenza nella gestione della sanità calabrese. (5-04257)

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, o ADHD, è un disturbo evolutivo dell'autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi problemi derivano sostanzialmente dall'incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell'ambiente;
   l'ADHD è un vero problema, per l'individuo stesso, per la famiglia e per la scuola, e spesso rappresenta un ostacolo nel conseguimento degli obiettivi personali. È un problema che genera sconforto e stress nei genitori e negli insegnanti i quali si trovano impreparati nella gestione del comportamento del bambino e da studi risulta che ne sia affetto il 4 per cento della popolazione italiana;
   sebbene il problema sia stato ormai ben identificato e delineato nella letteratura internazionale e, quindi, diagnosticato e trattato da molti pediatri e neuropsichiatri, nel nostro Paese esso è stato finora trattato in modo non sufficientemente demarcato dalla cosiddetta «Sindrome da iperattività», termine generico che si riferisce ad una costellazione sintomatologica etio-patogeneticamente disomogenea, che contiene una serie svariata di disturbi organici o funzionali dei meccanismi di controllo dell'attività, alla cui base, spesso, esistono deviazioni dei meccanismi psico-emotivi, sconfinanti in veri e propri disturbi di personalità;
   in molti, infatti, dalle associazioni familiari, agli istituti scientifici e di cura denunciano il ritardo dell'Italia; le scarse prese in carico del servizio sanitario nazionale e della scuola, forse a causa della mancata informazione o preparazione, non fanno che aumentare il disagio dei soggetti affetti;
   ciò non solo diminuisce la capacità nazionale di divenire un punto di riferimento nel trattamento di questa particolare patologia ma lede anche il diritto di questi cittadini ad usufruire di un'adeguata assistenza socio-sanitaria;
   difatti l'ADHD è una disturbo che comporta, per adulti e bambini che ne sono affetti, notevoli problematiche sia di apprendimento sia di gestione della propria vita sociale;
   ne consegue un'incapacità o grave difficoltà di acquisire e mantenere un comportamento adattato nell'ambiente familiare ed extradomestico e sviluppare un normale rendimento scolastico;
   frequenti effetti secondari dell'ADHD sono isolamento emotivo, insuccesso sociale e scolastico, gravi rischi di disturbi emotivi in senso depressivo, sviluppo reattivo di comportamenti aggressivi ad anti-sociali;
   è scientificamente attestato da lavori e pubblicazioni in campo internazionale e riconosciuto dal Ministero della salute che i citati casi, trattati con il farmaco metilfenidato (Ritalin), registrano in alcuni casi una totale regressione ovvero un significativo e determinante miglioramento della sintomatologia, incidendo sull'equilibrio sul metabolismo dei neurotrasmettitori simpatici;
   sebbene il lodevole lavoro effettuato negli ultimi anni da associazioni di familiari attive sull'ADHD come AIFA Onlus e ANGSA Onlus e da istituzioni scientifiche autorevoli nelle figure del Centro per lo studio delle terapie farmacologiche in neuropsichiatria del infanzia dell'università di studi di Cagliari e nell'IRCCS FONDAZIONE STELLA MARIS, sede del centro di riferimento regione Toscana per le terapie farmacologiche del disturbo da deficit di attenzione ed iperattività, abbiano posto le basi per sviluppare le esigenze assistenziali adeguate, ciò non è ancora abbastanza –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di intraprendere al fine di approvare le linee guida ADHD in età evolutiva ed adulta sia per quanto riguarda le indicazioni terapeutiche sia per predisporre un'adeguata campagna di informazione e formazione che sostenga le famiglie in un percorso così difficile. (4-07197)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   TAGLIALATELA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la società Mostra d'Oltremare, nata con lo scopo di gestire e valorizzare il patrimonio già dell'Ente autonomo Mostra d'Oltremare, appartiene a comune di Napoli per il 66,9 per cento, della regione Campania, della provincia Napoli e della camera di commercio di Napoli;
   nel consiglio di amministrazione appena costituitosi è stata eletta presidente la signora Donatella Chiodo, che è attualmente anche revisore dei conti della società «Azienda servizi igiene ambientale Napoli spa» (ASIA) di proprietà del comune di Napoli al 100 per cento, costituita nel 1999 per la gestione unitaria del servizio pubblico di igiene urbana;
   presso la medesima società ASIA è attivo anche il padre della signora Chiodo, attuale presidente del collegio sindacale –:
   se non ritenga di assumere un'iniziativa normativa diretta ad introdurre una disciplina di incompatibilità all'interno delle società comunali, al fine di evitare la duplicazione degli incarichi presso le stesse. (4-07210)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo il Corruption Perception Index 2014, curato da Transparency International, che riporta le valutazioni degli osservatori internazionali sul livello di corruzione di 175 Paesi del mondo, l'Italia è prima per corruzione tra i Paesi dell'Unione europea. L'indice 2014 colloca il nostro Paese al 69esimo posto della classifica generale, come nel 2013, ultimo fra i Paesi del G7 e ultimo tra i membri dell'Unione europea. Rispetto al passato, l'Italia è stabile (i valori sono uguali al 2011 e 2013), ma resta ultima fra gli Stati occidentali;
   nel panorama globale, in una scala da zero (gravemente corrotto) a 100 (assolutamente pulito), il nostro Paese con i suoi 43 punti si colloca tra le nazioni al mondo che non raggiungono neppure la sufficienza in trasparenza. Nel CPI 2014 l'Italia è sorpassata dalle migliori performance di Sud Africa e Kuwait (in 67esima posizione) e seguita da Montenegro e dall'isola africana di Sao Tomé (in 76esima posizione). Nel G20 si colloca in una posizione inferiore a tutte le nazioni europee, sorpassata come è prevedibile da Usa e Canada, ma anche da Arabia Saudita e Turchia;
   la media delle 175 nazioni comunque continua a non raggiungere la sufficienza, dimostrando che la corruzione continua ad essere un problema capillarmente diffuso nel mondo: il 69 per cento dei 175 Paesi ha punteggi inferiori a 50. Hanno performance mediamente migliori i Paesi del G20, trainati in su nella classifica da quelli del G7. L'Italia continua, però, ad abbassare la media;
   fra i Paesi dell'Unione europea, è buona la situazione complessiva, con il punteggio medio fermo a 64/100, anche grazie a nazioni come la Danimarca, la Finlandia e la Svezia che da sempre hanno i migliori posti in classifica (rispettivamente con 92, 89 e 87 punti). Solo il 18 per cento delle nazioni europee non raggiunge la sufficienza e tra queste l'Italia;
   il CPI 2014 è calcolato utilizzando 12 differenti fonti di dati da ben 11 diverse istituzioni internazionali che registrano la percezione della corruzione nel settore pubblico negli ultimi due anni;
   la percezione della corruzione può essere un utile indicatore non scientifico per orientare gli investimenti del nostro Paese –:
   se sia in programma da parte dei Ministri interrogati l'adozione di strumenti digitali e/o iniziative normative puntuali per combattere il fenomeno della corruzione, soprattutto nella pubblica amministrazione, ed incoraggiare l'adozione di una normativa precisa che regolamenti i casi di whistleblowing. (4-07230)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Infocontact srl è la società operativa dal 2005 sul mercato italiano nel settore dell'erogazione di servizi di contact center, customer care e teleselling, per le più importanti aziende di telecomunicazione, energia e gas, con una mission aziendale che si caratterizza per una progettazione rivolta, al contempo, alla competitività sul mercato di riferimento, da un lato, ed allo sviluppo e supporto agli orientamenti stabiliti dalle linee guida del Governo nazionale e regionale in tema di infrastrutturazione telematica del Mezzogiorno, dall'altro;
   la società ha avviato negli ultimi anni in Calabria ed in particolare nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza, ben diciotto centri periferici (oltre alle sedi centrali operanti nelle città di Lamezia Terme e Rende), operanti in regime di telelavoro, determinando la configurazione di una importante offerta occupazionale per circa 1.800 lavoratori residenti nelle zone interne più disagiate piuttosto che nelle aree territoriali di riferimento, supportando materialmente i processi di realizzazione di infrastrutture di rete e di implementazione dei servizi telematici di pubblica utilità, sviluppando altresì progetti innovativi nel settore delle telecomunicazioni, nel campo del voice recognition e dei servizi di e-learning, e-energy saving, sicurezza urbana e territoriale;
   a partire dal mese di dicembre 2013 cominciano ad emergere numerosi profili di criticità per il mantenimento dei livelli occupazionali, a causa della mancata conferma da parte della committente Wind della commessa relativa al reparto «155 mobile», con conseguente profilazione del rischio di n. 272 esuberi sul sito produttivo di Lamezia Terme; da questo momento in poi sono emerse sempre maggiori criticità inerenti soprattutto la stabilità finanziaria della società, circostanza che si riversa in ultima istanza sulle condizioni reddituali dei lavoratori, a seguito dei primi ritardi e frazionamenti nei pagamenti;
   il 25 luglio 2014 la sezione fallimentare e delle esecuzioni immobiliari e mobiliari del tribunale di Lamezia Terme ha dichiarato lo stato di insolvenza della società Infocontact srl e nominato il commissario giudiziale, identificato nella persona del professor Francesco Perrini, assegnandovi la gestione dell'impresa ai sensi dal decreto legislativo dell'8 luglio 1999, n. 270;
   a pochi giorni dall'insediamento del commissario giudiziale, come peraltro è possibile evincere da dichiarazioni riportate a mezzo stampa, emergerebbero garanzie per i lavoratori interessati dalla vicenda sul pagamento pieno degli stipendi relativi alle arretrate mensilità;
   successivamente, il commissario giudiziale, anziché procedere alla erogazione delle spettanze, come dichiarato, dispone soltanto un anticipo di retribuzione di 10 giorni, erogato sul prospetto paga di luglio 2014, con la finalità di attenuare i disagi economici dei lavoratori;
   in data 23 settembre 2014, il commissario giudiziale deposita, presso la cancelleria del tribunale di Lamezia Terme, la relazione resa ai sensi dell'articolo 28 del citato decreto legislativo dell'8 luglio 1999, n. 270, comprensiva di valutazione motivata sull'esistenza delle prospettive di recupero dell'equilibrio delle attività imprenditoriali;
   il 21 ottobre 2014 il tribunale di Lamezia Terme emana il decreto di apertura della procedura di amministrazione straordinaria;
   in data 20 novembre 2014 (con un ritardo significativo rispetto al termine di 5 giorni, decorrente dalla comunicazione del decreto che dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria, indicato dall'articolo 38 del decreto legislativo dell'8 luglio 1999, n. 270) il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto ad emanare il decreto di nomina del collegio commissariale (composto da tre persone tra cui lo stesso professor Francesco Perrini, già commissario giudiziale per la medesima procedura) e del comitato di sorveglianza della procedura di amministrazione straordinaria Infocontact srl; un ritardo che, data l'estensione del bacino di lavoratori e famiglie coinvolte in questa vicenda, richiede, a parere dell'interrogante, una dovuta giustificazione;
   in data 28 novembre 2014, il collegio commissariale della procedura di amministrazione straordinaria Infocontact srl comunica che a decorrere dalla mensilità corrente (al momento della comunicazione) avrebbe proceduto al graduale recupero dell'anticipo della mensilità corrisposta ai lavoratori nel mese di luglio, in quattro rate mensili; tale recupero opera nella modalità di detrazione dalla busta paga per le quattro mensilità successive;
   ne deriva una situazione di forte disagio per i lavoratori interessati da tali vicende, nella misura in cui appare necessario considerare come l'addebito della quota necessaria per il recupero vada ad aggiungersi alla detrazione del contributo di solidarietà precedentemente introdotto, che già incide in misura significativa sulla situazione reddituale dei lavoratori interessati dalla vicenda, mentre la finalità dichiarata per la misura di anticipazione della mensilità del mese di luglio, disposta dal commissario giudiziale era proprio quella opposta, di voler attenuare i disagi economici dei lavoratori;
   la situazione materiale che si è venuta a determinare in conseguenza a tali atti amministrativi appare all'interrogante in netto contrasto rispetto alle finalità dell'attivazione di una procedura di amministrazione straordinaria, che dovrebbe essere rivolta, nei limiti delle possibilità, al recupero dell'equilibrio dell'attività imprenditoriale; nel caso di specie, invece, gli atti disposti nell'ambito delle due fasi del procedimento (gestione del commissario giudiziale e gestione del collegio commissariale straordinario), ed in particolare l'anticipo di retribuzione, erogato sul prospetto paga del mese di luglio, e le successive operazioni di recupero di tale anticipo mediante detrazione dalle buste paga erogate a decorrere dal mese di novembre per le successive quattro mensilità, appaiono non solo in contrasto tra loro, rispetto alla finalità dichiarata di voler attenuare i disagi economici dei lavoratori, ma risultano persino peggiorativi rispetto alle già critiche condizioni nelle quali riversavano i lavoratori coinvolti, ancor prima dell'apertura della procedura e della fase precedente di accertamento della sussistenza dei presupposti necessari per l'avvio dell'amministrazione straordinaria –:
   quali siano le ragioni che hanno determinato il ritardo nella nomina del collegio commissariale da parte del Ministero dello sviluppo economico;
   in quale misura il Ministero dello sviluppo economico ritenga di poter intervenire, nei limiti delle proprie competenze, al fine di promuovere un effettivo e sostanziale coordinamento interprocedimentale, tra gli atti disposti dal commissario giudiziale e dal collegio commissariale, che appaiono discordanti rispetto alle finalità della procedura di amministrazione straordinaria;
   quali atti il Ministro dello sviluppo economico ritenga di poter adottare, al fine di supportare e promuovere una adeguata tutela delle diverse esigenze dei lavoratori interessati dalla vicenda nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria attualmente in atto per la società Infocontact srl. (4-07219)


   VARGIU. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Il 10 aprile 2013, il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, emanava il decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 luglio 2013, n. 161 in materia di «Condizioni, limiti, modalità e termini di decorrenza delle agevolazioni fiscali e contributive in favore di micro e piccole imprese localizzate nelle ZFU-zone franche urbane delle regioni dell'obiettivo “Convergenza”», di cui all'articolo 37 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n. 221;
   il provvedimento interveniva in favore delle piccole e micro imprese localizzate nella ZFU dei 23 comuni della provincia di Carbonia-Iglesias attraverso la concessione di agevolazioni, sotto forma di esenzioni fiscali e contributive;
   le agevolazioni previste dal provvedimento consistono, in particolare, nell'esenzione dalle imposte sui redditi; dall'imposta regionale sulle attività produttive; dall'imposta municipale propria per i soli immobili siti nella ZFU posseduti e utilizzati per l'esercizio dell'attività economica e nell'esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente;
   secondo Unioncamere, la provincia di Carbonia-Iglesias è dal 2009 la più povera d'Italia: su un'totale di 128 mila residenti, un terzo sono infatti disoccupati o posti in cassa integrazione guadagni e mobilità, e un altro terzo sono pensionati;
   il Report ISTAT (2013) sulla povertà in Italia e l'Indice di deprivazione multipla 2013 dell'assessorato della programmazione economica della regione autonoma della Sardegna, indicano che l'incidenza di famiglie residenti nel Sulcis Iglesiente al di sotto della soglia di povertà assoluta è pari al 12,80 per cento (di poco inferiore alla media regionale del 13,20 per cento) e che i redditi medi familiari sono tra i più bassi dell'intera Sardegna (23.410 euro contro i 25.307 regionali);
   la drammaticità dell'asfittica economia del territorio andatasi via via aggravando tanto in termini di precarietà lavorativa quanto di livelli di povertà assoluta, impedisce qualsiasi segnale di «risveglio» per il fragilissimo tessuto imprenditoriale sulcitano, perlopiù costituito da artigiani, commercianti e piccoli imprenditori;
   la pressione fiscale locale è divenuta insostenibile e sempre meno commisurata alla redditività — che, al contrario, negli ultimi anni si è andata perdendo — delle micro e piccole imprese che non riescono più a far fronte né ai costi di esercizio e né al versamento dei contributi previdenziali IVS – Invalidità, vecchiaia e superstiti della gestione Inps artigiani e commercianti;
   un eventuale esonero dal versamento di tali contributi previdenziali costituirebbe, senza apportare nuovi oneri a carico dello Stato, un sostegno significativo per le imprese della provincia ed eviterebbe agli imprenditori di contrarre ulteriori debiti nei confronti dell'Inps –:
   se e quali iniziative straordinarie e di carattere normativo intendano adottare tempestivamente a favore degli imprenditori già beneficiari degli aiuti ZFU de minimis, esonerandoli anche dal versamento dei contributi invalidità vecchiaia superstiti della gestione Inps artigiani commercianti. (4-07222)


   DAGA, TERZONI, SEGONI, ZOLEZZI, MICILLO, MANNINO, BUSTO, DE ROSA e VIGNAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'accesso agli atti effettuato dagli interroganti nello scorso ottobre presso il GSE risulta non chiarita l'effettiva avvenuta richiesta da parte di ACEA verso il GSE dei certificati verdi prodotti dall'impianto di incenerimento di Terni facente capo alla controllata ARIA srl, né la relativa erogazione di incentivi da certificati verdi dal GSE verso questa, nonostante un investimento di circa 25 milioni di euro realizzato da ACEA per il revamping dell'impianto in questione e avendone comunicato ARIA srl l'entrata in esercizio nel dicembre 2012;
   eppure tali certificati, a quanto risulta dal bilancio consolidato semestrale abbreviato 2014 (parte seconda note Illustrative e Integrative pag. 110) http://www.acea.it/GetMedia.aspx ?lang=it&id=49 984cd63eaa4317870039051bb244798&s=0, sarebbero già stati messi a bilancio;
   ACEA è una spa a maggioranza pubblica con il 51 per cento del totale azionario in capo al comune di Roma, e dispone quindi anche di soldi dei contribuenti;
   andrebbe verificata l'efficacia delle previsioni del business plan collegato a tale impianto ternano, anche alla luce delle recenti richieste di modifica di combustibile verso rifiuti urbani di vario tipo, pur non avendo né il piano d'ambito dell'ATI4 Terni-Orvieto né il piano regionale di gestione dei rifiuti dell'Umbria, disposto previsione d'incenerimento dei rifiuti;
   esistono numerose criticità, comunicate dall'impresa, relativamente alla caratterizzazione della parte biodegradabile del rifiuto utilizzato come combustibile, cioè quindi la porzione del rifiuto considerata fonte rinnovabile, e quindi di conseguenza incentivata;
   relativamente all'attuale inchiesta giudiziaria Mafia Capitale che sta coinvolgendo i vertici politici romani e non solo si riscontra che tra gli interessi economici e gli appalti al centro dell'inchiesta e su cui ci sono numerosi lati oscuri da verificare risulta esserci anche l'impianto di incenerimento di Terni con un ruolo determinante da parte della SO.GE.R1 srl di Riccardo Mancini, numero due di Massimo Carminati, secondo quanto emergeva già nel 2013 da un dossier presentato in conferenza stampa dal Comitato No Inceneritore di Terni ora citato negli atti dell'inchiesta –:
   se i Ministri intendano verificare e rendere noto sulla base di quale richiesta di Acea spa il GSE abbia proceduto all'erogazione di certificati verdi, quale sia il relativo ammontare a partire dall'entrata in esercizio nel dicembre 2012 ad oggi e a cosa concretamente si riferiscono gli incentivi inseriti nel bilancio semestrale 2014. (4-07238)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Fragomeli e altri n. 7-00542, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 dicembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Terrosi.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mariani e altri n. 5-04233, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 dicembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Benamati.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Artini n. 5-01675 del 6 dicembre 2013;
   interrogazione a risposta scritta Giorgia Meloni n. 4-05452 del 9 luglio 2014;
   interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-05798 del 6 agosto 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Busin n. 5-03531 dell'11 settembre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Duranti n. 5-01110 del 2 ottobre 2013;
   interpellanza Zaratti n. 2-00716 del 16 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Librandi n. 5-03805 del 16 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione De Rosa n. 5-04195 del 2 dicembre 2014;
   interpellanza Gagnarli n. 2-00775 del 4 dicembre 2014;
   interrogazione a risposta scritta Altieri n. 4-07191 del 5 dicembre 2014;

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Tripiedi e altri n. 5-04070 del 19 novembre 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07196;
   interrogazione a risposta scritta Luigi Gallo e altri n. 4-07139 del 3 dicembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04252.