Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 17 novembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):


   La Camera,
   premesso che:
    un Ministro, figura chiave della compagine governativa ed elemento fondamentale nella società, nell'economia del Paese e nei rapporti politici con tutte le forze parlamentari, è chiamato ad essere e ad apparire trasparente rispetto ai propri atti, coerente ai propri impegni ed ai propri comportamenti;
    il Ministro dello sviluppo economico assume un ruolo chiave in tutte le vertenze che riguardano crisi industriali e ha il compito fondamentale di governo dello sviluppo e delle strategie di sviluppo economico del nostro Paese soprattutto in fasi delicate quali quelle odierne e di dare risposte concrete ai problemi del lavoro e all'impresa;
    lunedì 10 novembre 2014 in occasione dell'incontro presso il Ministero dello sviluppo economico per la ormai nota vertenza dell'AST, alla presenza del Ministro Guidi, in assenza di una nuova ed effettiva proposta, ben presto l'incontro degenera in un botta e risposta tra l'amministratore delegato Lucia Morselli e i rappresentanti dei sindacati. L'amministratore delegato ha mostrato una serie di slide che – seppur rappresentando una realtà leggermente diversa da quella evidenziata nelle occasioni precedenti – non conterrebbero elementi di novità e, soprattutto, di chiarezza sufficienti a determinare un giudizio diverso rispetto a quello già dato;
    il Ministro Guidi, visto il perdurare della situazione di stallo rimanda tutti a casa: se ne riparlerà martedì 18 novembre 2014; dunque nessuno spiraglio di apertura da parte dell'amministratore delegato Morselli al reale sblocco delle trattative. Le posizioni dell'azienda e del sindacato restano infinitamente distanti;
    il 12 novembre 2014, secondo gli organi di informazione (giornale dell'Umbria), alcune centinaia di lavoratori e operai dell'Ast si sono diretti a Orte bloccando l'autostrada per inscenare l'ennesima protesta contro la lunghissima vertenza che li vede impegnati nel braccio di ferro con l'azienda ThyssenKrupp. La decisione è maturata al termine dell'assemblea dei lavoratori che si è tenuta nella mattinata del 12 novembre in viale Brin, assemblea convocata alla luce dell'ennesimo rinvio del vertice tra azienda e Governo avvenuto il giorno prima. L'incontro è stato aggiornato a martedì 18 novembre, sempre al Ministero dello sviluppo economico;
    il senso dell'ennesima protesta l'ha spiegato il segretario nazionale della Uilm Mario Ghini: «Da parte dei lavoratori è stata unanime la decisione di tenere una nuova manifestazione di protesta ad Orte». Secondo Ghini, intanto, l'amministratore delegato di Ast Lucia Morselli non è riuscita a dare in sede di Ministero dello sviluppo economico, le garanzie e le novità che il sindacato tanto attendeva. Una delegazione sindacale dei metalmeccanici sarà a Monaco il giorno prima per una riunione con il board della Thyssenkrupp;
    alle 10 di mattina del 12 novembre 2014, già erano presenti un migliaio di persone per l'assemblea che si sarebbe tenuta da lì a una mezz'ora circa. I rappresentanti sindacali hanno esposto quello che Governo e azienda hanno messo sul tavolo. Il Governo ha proposto all'AST di partecipare, con un minimo investimento di 30 milioni di euro al progetto interconnector che permetterebbe all'azienda di acquistare energia elettrica dall'estero a costi vantaggiosi;
    dal canto suo l'azienda ha fatto sapere che il risparmio sulla manodopera passerà dai 12 milioni di euro iniziali ai 14 milioni preventivati e che per il 2016 il fuso sarà di soli 1 milione di tonnellate, per poi verificare. Gli esuberi, per l'azienda, restano 290 anche se 140 sono già usciti in mobilità volontaria. Risultano confermati gli incentivi all'uscita di 80mila e 50mila euro e 140 milioni di investimento comprensivi di trasferimento della linea 5 di Torino;
    l'AST fa anche sapere che il contratto integrativo, già scaduto nel 2008, non esiste né esisterà più;
    secondo fonti di stampa (www.umbria24 e Corriere dell'Umbria), il 12 novembre 2014 i lavoratori dell'Ast di Terni, infuriati per l'esito dell'incontro di martedì a Roma, al Ministero dello sviuluppo economico, tra Governo, azienda e sindacati, hanno bloccato le strade vicine allo stabilimento. Sul posto sono intervenuti carabinieri, polizia e vigili urbani per cercare di far tornare la situazione alla normalità;
    gli operai dopo aver atteso i sindacati presenti al Ministero per avere maggiori dettagli sull'incontro hanno sfogato la loro rabbia anche contro i rappresentanti dei lavoratori. Grandissima è stata rabbia delle persone, sfociata nell'incendio di un manichino e di un ufficio;
    è toccato così ai vigili del fuoco intervenire per spegnere le fiamme. La tensione è ormai alle stelle, l'ennesimo nulla di fatto al Ministero dello sviluppo economico ha alimentato ulteriormente la rabbia degli operai. Da parte sua l'azienda ha fatto saldare il cancello di entrata allo stabilimento, fatto preso come una vera e propria provocazione dagli scioperanti;
    questa è la cronologia dei fatti:
     ore 23,30: L'azienda avrebbe dato ordine ad una ditta (forse esterna) di saldare delle piastre per bloccare il cancello della portineria principale, per impedirne l'accesso. A scoprirlo sono stati proprio i lavoratori presenti in viale Brin che, alla vista delle fiamme della saldatrice, sono corsi a vedere cosa stesse succedendo. Questo gesto è stato interpretato dai lavoratori come l'ennesima provocazione da parte dell'azienda che li ha portati a distruggere un paio di telecamere di sorveglianza;
    ore 22,30. Davanti alle portinerie di viale Brin si sono radunate circa 500 persone, creando blocchi stradali spontanei. La disperazione e la frustrazione si è fatta sempre più chiara nei volti degli operai;
    ore 22,15. A fronte del piano industriale presentato, le organizzazioni sindacali valutano con un parere «complessivamente negativo, con elementi di novità ritenuti insufficienti per esprimere giudizi diversi rispetto a quanto sostenuto fino ad oggi. A questo va aggiunto un atteggiamento del Governo non coerente rispetto alle dichiarazioni sostenute nei giorni scorsi». Le organizzazioni sindacali indicono per mercoledì 12 novembre 2014 alle 10,30, in viale Brin, le assemblee dei lavoratori;
    ore 20,32 appare imbarazzante la nota del Ministero dello sviluppo economico, secondo la quale «il nuovo piano industriale è stato presentato dall'amministratore delegato di Ast Lucia Morselli relativo all'impianto di Terni e il tavolo tra Governo, azienda e sindacati è stato aggiornato al 18 novembre prossimo. Nel corso della riunione, l'amministratore delegato Ast, Lucia Morselli ha illustrato le nuove linee guida del piano industriale relativo all'impianto di Terni. Il tavolo si è chiuso per proseguire il confronto in occasione della nuova riunione fissata per martedì prossimo, 18 novembre, alle ore 10»;
    ore 20,00 La prima reazione dei lavoratori, in attesa di notizie ai presidi, è di rabbia quasi si volesse prendere gli stessi per disperazione e rassegnazione. Non sfugge a nessuno, infatti che un'altra settimana di sciopero, per loro, rappresenterebbe un'autentica mazzata;
    solo nel tardo pomeriggio i lavoratori dell'AST liberano l'autostrada del sole appena appresa la notizia che l'indomani sarà anticipata la riunione al Ministero dello sviluppo economico con l'azienda, il Governo e le parti sindacali per discutere il piano industriale del azienda. Il blocco dell'autostrada è andato avanti per oltre tre ore in maniera pacifica, ma gli operai di Terni non erano intenzionati ad andarsene prima di aver ricevuto notizie favorevoli;
    il segretario Fiom Rosario Rappa ha fatto sapere che lo sblocco del casello di Orte e stato deciso dopo che i delegati sindacali hanno ricevuto la telefonata del Ministro Federica Guidi che ha riferito di aver organizzato un tavolo d'urgenza per l'indomani al Ministero dello sviluppo economico;
    arrivano le rassicurazioni da Federoacciai, tramite il presidente Antonio Gozzi che, dopo aver sentito telefonicamente l'amministratore delegato Lucia Morselli afferma: «Mi ha trasmesso una convinzione che non avevo e che considero un fatto nuovo e positivo. Ho la convinzione che tutto quello che si pensava fino a ieri, che i tedeschi di ThyssenKrupp avessero l'intenzione di abbandonare l'inossidabile, in una partita europea che tende a riaprirsi è una scelta in corso di revisione;
    solo allora i lavoratori decidono di togliere il blocco della circolazione, pertanto il traffico riprende lentamente il suo corso;
    Il sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova, a margine dei lavori del Governo sul «Job Act» è tornata sull'incontro al Ministero dello sviluppo economico: «Dopo l'incontro di ieri, bisogna continuare nel confronto; non è con prove muscolari che si risolverà la situazione. Faccio appello a tutti ha aggiunto il sottosegretario – anche alle forze dell'ordine, perché mantengano i nervi saldi. Ci vuole uno sforzo da parte di tutti per fare in modo che una vicenda sindacale non si trasformi in una questione di ordine pubblico». Il sottosegretario Bellanova ha poi invitato gli operai «a rimuovere il blocco totale del lavoro e delle merci e continuare la discussione di merito» e l'azienda «a rendere più chiaro il progetto industriale»;
    la manifestazione era stata inscenata per protestare dagli operai snervati da lunghe trattative senza alcun approdo concreto e contro la nota decisione della ThyssenKrupp di licenziare 537 dipendenti dell'acciaieria;
    la delicatezza che ha assunto la vicenda, sia per la sua strategicità produttiva che per l'impatto occupazionale, ma anche per le vicende di ordine pubblico e di ricaduta sociale che si stanno realizzando, richiede che si realizzi un'azione più incisiva e complessiva del Governo tesa a rimuovere le posizioni oltranziste messe in campo dall'azienda e a operare ogni sforzo per scongiurare i licenziamenti;
    non può passare inosservato il «braccio di ferro» operato dall'azienda che fino a poco tempo aveva anche sospeso il pagamento dello stipendio spettante ai dipendenti così portando all'esasperazione in particolar modo gli operai;
    la situazione richiede sensibilità istituzionale nonché un intervento deciso del Governo verso la proprietà dell'Ast, sensibilità apparsa del tutto assente da parte del Ministro dello sviluppo economico che fino ad ora non è stato in grado di mettere in campo una proposta coerente con l'impegno e l'affermazione della «strategicità» dell'AST;
    la gravità di questi accadimenti è esaltata dal fatto che essi risultano quali ultimi episodi, in ordine di tempo, di una serie che ha messo in luce l'inadeguatezza dell'autorità politica di vertice del Ministero dello sviluppo economico, che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo abdica alle sue funzioni;
    appare evidente l'inerzia del Governo che a fronte delle mere dichiarazioni per una vicenda che ormai si trascina da luglio 2014 non riesce a mettere in campo una strategia vera e ad affrontare la vertenza;
    il Ministro ha il compito di operare un intervento deciso, e non può permettere che tutta la vertenza stia sulle spalle dei dipendenti che stanno pagando con alti sacrifici la difesa di un sito industriale strategico e del lavoro;
    i fatti indicati, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, minano ulteriormente la credibilità del Ministero dello sviluppo economico e pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere le funzioni a cui è chiamato, nonché sull'opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica di primo piano e di piena rappresentanza politica, in particolare in un ruolo così rilevante e delicato;
    per tali motivi:
    visto l'articolo 94 della Costituzione;
    visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
    esprime la sfiducia al Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, e lo impegna a rassegnare immediatamente le dimissioni.
(1-00670) «Ciprini, Gallinella, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni si è manifestato un atteggiamento ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo spesso eccessivamente aggressivo e vessatorio della Rai nella gestione e nella riscossione del canone Rai, riconducibile anche alle difficoltà economiche in cui versa la società;
    l'obbligo di pagamento del canone Rai discende da un vecchissimo decreto regio del 1938, una norma anacronistica che purtroppo ha resistito a qualsiasi attività di semplificazione e di rivisitazione dei tributi in senso liberale e che impone il pagamento dell'imposta a «chiunque detenga uno o più apparecchi o altri dispositivi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni radiofoniche e televisive»;
    come accertato dalla Corte costituzionale, il canone di abbonamento, «benché all'origine apparisse configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti del servizio riservato allo Stato ed esercitato in regime di concessione, ha da tempo assunto, nella legislazione, natura di prestazione tributaria», un'imposta misurata «non più in relazione alla possibilità effettiva per il singolo utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo, al cui finanziamento il canone è destinato» (sentenza n. 284 del 2002), ma che colpisce tutti i cittadini indistintamente dal proprio reddito;
    il decreto regio prevede comunque che l'abbonato possa disdire il canone tv a condizione che dismetta gli apparecchi televisivi in suo possesso e ne richieda il suggellamento o ne denunci la cessione a terzi e la legge (comma 132 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, come modificato dal decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazione, dalla legge n. 31 del 2008) dal 2008 esenta dal pagamento, esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza, i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a 516,46 euro per tredici mensilità, senza conviventi;
    molti abbonati che hanno proceduto alla richiesta di disdetta o di esenzione segnalano procedure vessatorie da parte della Rai che talora sembra rispondere con diffide e ingiunzioni di pagamento;
    nel mese di giugno 2014, in diverse parti d'Italia, milioni di titolari di partite iva, attività commerciali, studi professionali e vari tipi di impresa, hanno ricevuto un bollettino Rai con la richiesta del pagamento del cosiddetto «canone speciale», nonostante tale canone speciale sia dovuto esclusivamente dalle attività professionali che consentono l'utilizzo di apparecchiature televisive ai clienti all'interno dei propri locali, come alberghi e ristoranti;
    le situazioni sopra descritte sono, come detto, in gran parte dovute alla gravissima crisi di inefficienza del sistema radiotelevisivo pubblico;
    tale situazione è legata in senso più generale alla situazione del sistema radiotelevisivo italiano, caratterizzato da un bassissimo sviluppo della concorrenza e del mercato, dovuto all'esistenza di un sostanziale duopolio pubblico e privato, costituito, da una parte, dalla società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico, la Rai, che vede come azionista di maggioranza lo Stato e, dall'altra, dal gruppo Mediaset;
    una reale apertura del mercato alla concorrenza non appare possibile, fino a che le scelte politiche e di settore saranno condizionate dalla presenza di un soggetto pubblico delle dimensioni della Rai attuale;
    già nel febbraio 2012 l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha chiesto di ridurre la presenza dello Stato «specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell'energia e dei servizi locali», mentre circa 14 milioni di italiani hanno detto sì alla privatizzazione della Rai con un referendum abrogativo nel giugno 1995, rimasto poi nei fatti disatteso;
    la Rai, con la sua dimensione e struttura organizzativa e gestionale, non ha dimostrato in questi anni di saper assicurare, in qualità di principale attore nel servizio pubblico, il principio del pluralismo, portando in molti casi a pratiche degenerative di lottizzazione partitica;
    tale gestione politica e partitica ha inciso pesantemente sull'equilibrio dell'informazione e sull'efficienza economica dell'ente, come dimostrano i dati dell'andamento gestionale del gruppo Rai nel primo semestre del 2014 che indicano una perdita complessiva consolidata di 77,9 milioni di euro e una posizione finanziaria netta del gruppo al 30 giugno 2014 negativa per 170 milioni di euro;
    nel febbraio 2014, la Corte dei conti ha affermato nella sua relazione sugli esercizi 2011-2012 che la Rai «non ha ancora perfezionato un rigoroso piano di razionalizzazione e contenimento dei costi», sottolineando e ribadendo «la decisiva necessità che l'azienda attivi comunque ogni misura organizzativa, di processo e gestionale, idonea ad eliminare inefficienze e sprechi, proseguendo, laddove possibile e conveniente, nel percorso di internalizzazione delle attività e concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche, con decisioni di spesa che siano, singolarmente e nel loro complesso, strettamente coerenti con il quadro di riferimento»;
    in assenza di un programma di riforma del sistema radiotelevisivo, i problemi relativi alla gestione economica della Rai, inclusi quelli relativi al canone sopra descritti, non potranno essere risolti;
    è pertanto auspicabile che si pervenga nel tempo all'abolizione definitiva del canone Rai, promuovendo, al contempo, un programma di privatizzazione della società Rai-Radiotelevisione italiana spa, che concentri l'attività della società sullo svolgimento del servizio pubblico,

impegna il Governo

a procedere in un tempo ragionevole al riequilibrio del rapporto tra Stato e contribuente con ogni atto amministrativo ritenuto idoneo, garantendo il diritto all'esenzione dal pagamento del canone ai soggetti individuati dal comma 132 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), assicurando la piena disdetta del canone a quanti ne abbiano fatto regolare richiesta.
(1-00668) «Vargiu, Bombassei, Causin, D'Agostino, Dambruoso, Galgano, Librandi, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Molea, Quintarelli, Rabino, Tinagli, Vecchio, Vitelli».


   La Camera,
   premesso che:
    da mesi sono in corso i negoziati tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America, finalizzati alla creazione di un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP;
    il 9 ottobre 2014, il Consiglio dell'Unione europea ha proceduto alla declassificazione delle «Direttive di negoziato sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America», cioè del mandato sulla cui base lo stesso Consiglio aveva autorizzato la Commissione europea, il 14 giugno 2013, ad avviare e sviluppare il negoziato bilaterale con gli Stati Uniti d'America;
    tale mandato, al di là di una coerenza formale con i principi dell'Unione europea, conferma la assoluta incertezza del quadro negoziale e il rischio concreto che questo accordo possa rivelarsi, anziché una fonte di crescita e sviluppo reciproci, una minaccia per interi comparti produttivi italiani ed europei;
    tale mandato non scioglie positivamente i nodi collegati agli effetti del partenariato transatlantico rispetto al sistema delle piccole e medie imprese, agli standard europei di salute e sicurezza della filiera agroalimentare e di tutela ambientale, al riconoscimento delle indicazioni d'origine ed al contrasto della contraffazione, alla risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ai diritti del lavoro, alla liberalizzazione dei servizi e degli appalti pubblici;
    le rassicurazioni a più riprese espresse dalle istituzioni europee circa il contenuto dell'accordo contrastano con le più recenti esperienze in ambito di commercio internazionale, laddove l'Unione europea ha costantemente scelto di sposare le posizioni dei Paesi dell'Europa centrale e settentrionale, con grave danno per le economie dei Paesi mediterranei;
    in particolare, destano preoccupazione:
     a) le conseguenze sul nostro comparto agricolo, che si vedrebbe sottoposto a fortissima pressione dovuta alla già impari competizione con i grandi farmers statunitensi e alla inevitabile invasione dei mercati europei da parte di mais e soia geneticamente modificati provenienti dagli Usa;
     b) la possibilità che i mercati dell'Unione europea siano invasi da prodotti farmaceutici o di altra natura non garantiti secondo gli standard imposti dalla disciplina comunitaria;
     c) il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati tramite arbitrato internazionale, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), che consentirà agli investitori di citare in giudizio presso le corti arbitrali internazionali i Governi dai quali si ritenessero danneggiate, minando un principio elementare di sovranità delle autorità nazionali, regionali e locali;
     d) la possibilità che dalla creazione della partnership transatlantica derivi, altresì, una notevole compressione dell'autonomia politica dell'Unione europea, che potrebbe trovarsi a dover dare automatica attuazione alle scelte degli Stati Uniti in materia di concessione o revoca della clausola della nazione più favorita, rendendo automatica l'adesione dell'Unione europea alle strategie sanzionatorie deliberate dall'Amministrazione statunitense;
     e) la liberalizzazione degli appalti pubblici a livello locale, anche in settori strategici, in conseguenza della quale le amministrazioni locali rischiano di non poter far valere i criteri sociali e ambientali ritenuti opportuni nell'impiego di denaro pubblico a sostegno dello sviluppo economico locale;
    salvaguardare, tutelare e rafforzare il made in Italy deve continuare a costituire la priorità per l'Esecutivo italiano nell'ambito dei diversi capitoli del negoziato;
    negli ultimi diciotto mesi i Governi della Repubblica hanno sistematicamente espresso l'appoggio pressoché incondizionato del nostro Paese al successo dei negoziati per il TTIP senza aver sottoposto la questione al preventivo vaglio del Parlamento;
    si registra la perdurante assenza di un vero dibattito nel Parlamento e nel Paese sull'argomento, imputabile in larga misura alla mancanza di informazioni affidabili;
    è ormai indifferibile l'apertura di un confronto serio sulle questioni oggetto del partenariato transatlantico in via di negoziazione, alla luce della rilevanza e potenziale irreversibilità dei suoi effetti,

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza che il loro contenuto potrebbe avere sul diritto e sul futuro socio-economico degli Stati membri dell'Unione europea, anche in ambiti non strettamente commerciali;
   ad informare tempestivamente il Parlamento e l'opinione pubblica nazionale circa l'andamento ed i contenuti del negoziato finalizzato alla creazione del Partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, finora svoltosi in un clima di ingiustificata segretezza, nonché in merito alle posizioni che il Governo italiano si è impegnato a sostenere;
   ad adoperarsi in tutte le sedi competenti affinché nel negoziato con gli Stati Uniti trovino adeguata tutela gli interessi dell'Italia, scongiurando qualsiasi ipotesi di intesa transatlantica volta ad ampliare i vantaggi competitivi di cui le imprese nordamericane godono nei confronti di quelle europee in numerosi comparti, dall'agricoltura all'aerospazio;
   a condizionare il proprio parere favorevole al TTIP alla piena tutela dell'agricoltura italiana, prevedendo il pieno riconoscimento, da parte degli Usa, delle tutele garantite ai prodotti alimentari tipici italiani tramite le indicazioni geografiche (IIGG), la piena tutela dei livelli qualitativi del made in Italy agroalimentare, il contrasto alle forme di Italian sounding e il mantenimento della maggiore tutela dei consumatori garantita dalle normative comunitarie;
   ad adoperarsi affinché i negoziatori della Commissione europea difendano la specificità socio-economica ed identitaria del modello europeo rispetto a qualsiasi disposizione dell'accordo che possa minacciarla e tutelino l'Unione europea dal rischio di perdere la propria autonomia politica in materia di commercio estero e di eventuali regimi sanzionatori;
   con riguardo ai meccanismi arbitrali per la definizione dei contenziosi (Investor State dispute settlement), a non sottoscrivere qualsiasi intesa che di fatto limiti la sovranità nazionale attraverso modifiche alle normative nazionali, regionali o locali, escludendo la previsione di un organismo terzo rispetto ai tribunali tradizionali e a richiedere, a norma dell'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea una volta concluso l'accordo, il parere della Corte di giustizia dell'Unione europea circa la compatibilità delle disposizioni in esso contenute con quanto disposto dai Trattati;
   a porre in essere tutte le azioni utili per la tutela e promozione della diversità culturale e la conseguente esclusione dei prodotti e servizi culturali e audiovisivi dal negoziato con gli Usa.
(1-00669) «Rampelli, Giorgia Meloni».

Risoluzioni in Commissione:


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    la «Ferriera» nasce a San Giovanni Valdarno nel 1872 con la costruzione dello stabilimento vicino alla stazione locale per facilitare il trasporto della lignite – proveniente dalla vicina Castelnuovo dei Sabbioni – necessaria all'alimentazione dei forni dell'industria siderurgica;
    nel 2003 l'azienda viene acquisita dalla famiglia Beltrame continuando nella sua produzione in qualità di acciaieria ed entrando a far parte delle Acciaierie AFV Beltrame, mentre il laminatoio passa alla Duferdofin-Nucor Srl;
    nel 2011, anno seguente la morte di Giancarlo Beltrame, viene decisa la chiusura dell'azienda stessa con l'idea di portare la produzione su Vicenza e Torino e viene predisposta la conseguente cassa integrazione per i suoi 79 dipendenti;
    ad aprile 2014 presso il Ministero dello sviluppo economico è stata prorogata per un ulteriore anno la cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione complessa;
    la profonda crisi che sta attraversando il nostro Paese sta colpendo, apparentemente, anche il gruppo Beltrame, mettendo in pericolo il suddetto stabilimento e provocando la possibile perdita dei relativi posti di lavoro per circa 80 unità;
    occorre elaborare, urgentemente, un piano che consenta la salvaguardia dei livelli occupazionali con particolare attenzione alle Acciaierie AFV Beltrame di San Giovanni Valdarno;
    si deve intervenire per il superamento della crisi che sta colpendo la società Beltrame – con particolare attenzione allo stabilimento di San Giovanni Valdarno – con conseguente perdita di un patrimonio di competenze e professionalità acquisite negli anni nel campo siderurgico;
    si evidenzia altresì, che l'adozione di iniziative per fronteggiare la crisi della suddetta società sono indispensabili anche a salvaguardia delle molteplici realtà aziendali che collaborano con la stessa,

impegna il Governo:

   a promuovere iniziative, per quanto di competenza, finalizzate ad una corretta gestione delle relazioni industriali e sindacali, per elaborare un piano di intervento che preveda la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali e i redditi dei lavoratori;
   ad adottare idonei iniziative affinché vi sia un tavolo di confronto a livello governativo con le parti sociali, che consenta di individuare le specifiche problematiche che hanno determinato la crisi delle Acciaierie AFV Beltrame con particolare attenzione alla «Ferriera» di San Giovanni Valdarno.
(7-00528) «Baldassarre, Artini, Bonafede, Gagnarli, Segoni, Donati».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nel corso degli ultimi quarant'anni le politiche agricole in Italia e in Europa si sono distinte per essere state eccessivamente intensive sul piano della coltivazione e della gestione delle terre, oltre ad essere state «stimolanti» per l'uso eccessivo di fertilizzanti chimici e, a non prevedere per tempo modelli di zootecnia sostenibile che tenessero in debito conto delle esternalità negative (concentrazione intensiva di bestiame su distese di ridotta entità, inquinamento idrico risultante dallo spandimento e dallo scarico di deiezioni del bestiame, ecc.), ponendo in essere gli opportuni accorgimenti di contrasto e mitigazione. Questa situazione ha favorito e contribuito all'inquinamento da nitrati delle acque sotterranee e superficiali;
    il legislatore europeo si è dotato di una normativa di settore con cui proteggere la qualità delle acque in Europa e, nel 1991 ha emanato la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, conosciuta come «Direttiva Nitrati»;
    la «direttiva nitrati» venne emanata anche perché il contenuto di nitrati nell'acqua era in aumento esponenziale ed era già elevato rispetto alle norme fissate nella Direttiva 75/440/CEE del Consiglio, concernente la qualità delle acque superficiali destinate al consumo umano;
    la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, recepita dal decreto legislativo n. 152 del 2006 a cui è seguito il decreto ministeriale del 7 aprile 2006 che fissa i criteri e le norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, obbliga gli Stati membri a individuare le cosiddette «zone vulnerabili da nitrati», ZVN, di origine agricola, le quali zone sono caratterizzate da acque già inquinate o che potrebbero diventare tali in assenza di interventi adeguati. In queste zone le misure devono garantire che, per ciascuna azienda agro-zootecnica, il quantitativo di effluente zootecnico distribuito sul terreno all'anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro. Il limite per le zone non vulnerabili è di 340 kg di azoto per ettaro. Inoltre, gli Stati devono definire e applicare nelle zone vulnerabili appositi «Programmi d'Azione» che regolamentino l'utilizzazione agronomica degli effluenti d'allevamento e l'impiego dei fertilizzanti minerali e organici contenenti azoto;
    dal 2005 le misure previste dalla «direttiva nitrati» costituiscono parte integrante di uno dei criteri di gestione obbligatori, CGO, della «condizionalità», principio secondo il quale le aziende agricole possono beneficiare degli aiuti comunitari derivanti dalla politica agricola comune, PAC, a condizione appunto che rispettino una serie di impegni come: la corretta gestione agronomica dei terreni, la salvaguardia dell'ambiente, la sanità pubblica, la salute degli animali e delle piante e il benessere degli animali;
    gli impegni da osservare si suddividono in:
   a) criteri di gestione obbligatori, indicati come «Atti» (sono disposizioni che derivano dall'applicazione di direttive o regolamenti comunitari);
   b) buone condizioni agronomiche e ambientali, BCAA, indicate come «Norme» (sono regole stabilite a livello nazionale per garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Unione Europea in materia di mantenimento della sostanza organica del suolo, di difesa dall'erosione e il mantenimento degli ecosistemi);
    la legislazione nazionale con il decreto ministeriale del 19 aprile 1999 (codice di buona pratica agricola – CBPA), il decreto legislativo 152 del 2006 e il decreto ministeriale 7 aprile 2006 ha dettato regole comuni alle regioni per il recepimento della «Direttiva nitrati». In base alla normativa nazionale, alle regioni è demandato il compito di designare le «zone vulnerabili da nitrati» e redigere i relativi «programmi d'azione»;
    con la riforma della politica agricola comune il rispetto delle norme obbligatorie derivanti dall'applicazione della «direttiva nitrati», rientrando nel quadro delle misure della «condizionalità», è un importante strumento a disposizione delle regioni per sostenere gli agricoltori, nel rispetto dei nuovi obblighi derivanti dall'applicazione della «direttiva nitrati», e, con i programmi di sviluppo rurale, si definiscono le linee operative di intervento che le regioni intendono attuare sul proprio territorio a sostegno di un sistema agricolo sostenibile, competitivo e multifunzionale;
    gli Stati Membri possono sottoporre alla Commissione europea una richiesta di deroga, previo parere del «Comitato Nitrati», al limite massimo di 170 chilogrammi per ettari/anno di azoto da effluenti zootecnici nelle ZVN;
    tale richiesta deve essere supportata da circostanziate informazioni agro-zootecniche e ambientali derivanti dai dati di monitoraggio pregressi e attuali, che dimostrino come l'elevazione dei quantitativi di azoto (in genere fino a 250 chilogrammi per ettari/anno) non compromettano lo stato qualitativo delle acque sotterranee e superficiali;
    la concessione della deroga consente alle aziende agricole che vi accedono di distribuire quantitativi maggiori di 170 chilogrammi per ettari/anno di azoto da effluenti sulla totalità o parte dei propri terreni. Per poter avvalersi della deroga, ciascuna azienda deve dimostrare di attuare i riparti colturali, le pratiche agronomiche e le prescrizioni strutturali richieste e garantire, di concerto con la Regione, un adeguato piano di monitoraggio dei quantitativi di azoto nei suoli aziendali soggetti a deroga;
    all'Italia è stata concessa la deroga fino al 31 dicembre 2015 per le regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto (decisione di esecuzione della Commissione 2011/721/UE del 3 novembre 2011). Tale deroga ha innalzato la soglia al limite di 250 chilogrammi d'azoto per ettaro l'anno nelle aree vulnerabili delle predette regioni, imponendo criteri molto rigidi attinenti all'assorbimento dei nitrati da parte dei terreni, nonché l'adozione di macchinari appropriati al fine di separare il materiale solido da quello liquido, la messa a coltura di varietà a lungo ciclo vegetativo e la realizzazione di doppi raccolti;
    il comma 7-ter, dell'articolo 36 del decreto-legge n. 179 del 2012 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese) dispone che: «... entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in conformità all'Accordo concernente l'applicazione della Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee n. 91/676/CEE del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, procedono all'aggiornamento delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, anche sulla base dei criteri contenuti nel medesimo Accordo. Qualora le regioni e le province autonome, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non abbiano provveduto ai sensi del precedente periodo, il Governo esercita il potere sostitutivo secondo quanto previsto dall'articolo 8 della legge del 5 giugno 2003, n. 131...»;
    le regioni e le province autonome a tutt'oggi, non hanno proceduto all'aggiornamento delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola;
    all'Istituto superiore per la protezione ambientale, ISPRA è stato assegnato il monitoraggio completo del territorio nazionale al fine di accertare le fonti di inquinamento da nitrati;
    da un recente rapporto illustrato ai Ministri dell'agricoltura e dell'ambiente, nonché alle regioni del nord Italia, relativamente alle responsabilità che ha l'agricoltura di inquinare le falde acquifere con i nitrati di origine zootecnica, vi è da parte dell'ente la constatazione che «...l'impatto interessa non più del 10 per cento delle superfici, tranne in Piemonte dove il tasso sale al 19 per cento...». Secondo l'ISPRA, dunque, «... non può essere attribuita prevalentemente al settore zootecnico la responsabilità del processo di contaminazione da nitrati alle sorgenti...». Lo studio rimette in discussione il limite dei 170 chili di azoto per ettaro che si possono ogni anno distribuire nelle zone vulnerabili. Le mappe attuali delle zone a rischio ambientale risalgono al 2006 mentre fino al prossimo anno gli allevamenti, che ne faranno richiesta potranno usufruire della deroga;
    occorre una interpretazione aggiornata dell'applicazione della deroga al limite di 170 chili di azoto per ettaro all'anno, che consideri l'evoluzione intervenuta nei sistemi di gestione e trattamenti dell'effluente di allevamento nel corso del quasi quarto di secolo che ormai contraddistingue la vita della direttiva stessa;
    sarebbe opportuno prendere atto che sono oggi disponibili processi di trattamento dell'effluente di allevamento (esempio digestione anaerobica più separazione spinta) che lo rendono nella pratica agronomica equiparabile ai fertilizzanti di sintesi. Serve, in particolare, considerare che le tecniche di gestione che vengono messe in atto per rendere possibile la sostituzione del concime chimico con l'effluente trattato, risultano anche ampiamente migliorative del complessivo impatto ambientale sia per quanto riguarda le acque, ma soprattutto per quanto riguarda le emissioni in atmosfera;
    andrebbe in particolare recepito il fatto che le minori perdite riguardino l'ambiente nel suo complesso, quindi anche l'aria, non ricompresa nelle dirette previsioni della direttiva (che si preoccupa solo della qualità delle acque) quindi, va superata l'impostazione monotematica della direttiva, con una interpretazione che inquadri il tema dei «nitrati» nella complessiva gestione dell'azoto anche nei confronti delle emissioni in atmosfera (ammoniaca);
    il processo di trattamento tramite digestione anaerobica, ad esempio, abbinato a una gestione conservativa ed efficiente del prodotto che ne deriva (c.d. digestato) rende possibile nel suo complesso una gestione sensibilmente meno impattante rispetto ad una applicazione secondo i dettami classici della direttiva (distribuzione di minore quantità di azoto ma in maniera che ne consente una più efficiente utilizzazione da parte delle colture);
    occorre prendere atto della sempre maggiore diffusione di nuove tecnologie, come il trattamento degli effluenti di allevamento, che mettono a disposizione nuovi strumenti per ridurre l'inquinamento e consentono di derogare al limite di 170 kg di azoto per ettaro all'anno, applicando contemporaneamente criteri gestionali (stoccaggio e distribuzione) più efficienti rispetto a quelli oggi consentiti e ammessi dalla stessa direttiva;
    sarebbe auspicabile l'introduzione di una caratterizzazione degli effluenti trattati che, in presenza di efficienze gestionali elevate (>80 per cento e di percentuali di azoto ammoniacale rilevanti (es. >70 per cento), di fatto equiparabili per gli effetti all'uso di concime minerale, consenta di non limitare l'impiego di effluente entro il limite di 170 chilogrammi di azoto per ettaro all'anno, introducendo la previsione del rispetto del bilancio dell'azoto in relazione all'asportazione delle colture. La caratterizzazione va accompagnata da comportamenti virtuosi nella gestione dell'effluente trattato (superiori agli attuali standard imposti dalla direttiva) che garantiscono minori perdite nelle acque (sotterranee e superficiali), diminuiscono le probabilità di eutrofizzazione e, soprattutto, tengono contemporaneamente in considerazione anche la prevenzione degli impatti sulle emissioni in atmosfera (ammoniaca e gas climalteranti);
    la proposta di una più moderna e attuale interpretazione della deroga, consentirebbe di porre rimedio a una situazione oggettivamente penalizzante proprio per coloro i quali volessero introdurre una maggiore efficienza nella gestione;
    anche sotto il profilo della discriminazione della concorrenza, appare configurarsi una possibile disparità di trattamento nell'ammissione del fertilizzante chimico rispetto a un diversa più penalizzante considerazione dell'effluente trattato che abbia caratteristiche equiparabili (esempio contenuto di azoto nella stessa forma minerale);
    il 5 agosto il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, unitamente col Ministro dell'Ambiente, i rappresentati delle regioni e delle organizzazioni di categoria, hanno partecipato al tavolo tecnico in merito all'attuazione della «direttiva nitrati». Nell'incontro è stata esaminata l'ultima versione del decreto interministeriale, «Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato». Il decreto si sofferma su alcuni punti di rilevante importanza quali: la suddivisione del digestato in agro-zootecnico e agroindustriale; le condizioni per la sua assimilazione ai fertilizzanti di origine chimica; l'uso delle produzioni agricole dedicate da immettere negli impianti di digestione anaerobica; la possibilità di utilizzare metodi alternativi al limite di spandimento di 340 kg per ettaro di azoto nelle zone vulnerabili;
    il decreto interministeriale è stato trasmesso alla Conferenza Stato-regioni per l'espressione dell'intesa che dovrebbe esserci nella seduta del 27 novembre 2014,

impegna il Governo:

   nel semestre di presidenza italiana dell'Unione europea a promuovere l'apertura di un tavolo con la Commissione europea al fine di ridiscutere l'impianto della «direttiva nitrati», n. 91/676/CEE, la quale necessita di una ridefinizione attualizzata della questione, alla luce dell'evoluzione del contesto temporale e tecnologico;
   ad esercitare il potere sostitutivo, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, al fine di aggiornare il quadro complessivo delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.
(7-00527) «Franco Bordo, Zaccagnini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 novembre 2014 è stato pubblicato sul sito del quotidiano «Il Fatto Quotidiano» un articolo a firma Paolo Fior, secondo il quale presso la Consob sarebbero stati stabilizzati, a tempo indeterminato, n. 43 lavoratori precari, tra cui alcuni dei principali collaboratori del presidente Giuseppe Vegas, senza che sia stato bandito un regolare concorso pubblico aperto a tutti i cittadini in possesso dei requisiti stabiliti dalle legge e dai regolamenti;
   l'inquadramento in ruolo, a tempo indeterminato, di tale personale sarebbe avvenuto in palese violazione dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013 che stabilisce che «per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è subordinata alla verifica:
    a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate;
    b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza»;
   l'applicabilità di tale disposizione di legge in merito allo scorrimento delle graduatorie anche alla disciplina delle Autorità indipendenti è stata confermata più recentemente dalla Corte costituzionale con sentenza n. 7 del 2014, la quale ha riconosciuto che l'indipendenza delle autorità di regolazione non implica che esse siano dotate di un'assoluta autonomia patrimoniale e finanziaria e di una totale autarchia nel governo del personale. Viceversa, esse costituiscono parte della pubblica amministrazione e sono soggette al principio di legalità stabilito dall'articolo n. 97 della Costituzione, con la conseguenza che giustamente il trattamento economico e retributivo del proprio personale viene regolato per legge, così come avviene per tutte le altre categorie del pubblico impiego, e non è invece riservato agli autonomi poteri delle singole autorità;
   come evidenziato sul sito della stessa Consob essa può assumere personale a contratto (regolato dalla «normativa generale dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato» approvata con delibera n. 11412 del 23 ottobre 1998) della durata massima di cinque anni, eventualmente rinnovabili una sola volta;
   per l'assunzione in ruolo di tale personale la Consob avrebbe effettuato una sorta di concorso interno, con delibera del Presidente il quale ha altresì nominato personalmente le commissioni esaminatrici in data 9 giugno 2014. Entrambi gli atti non sarebbero stati emanati in violazione dello stesso regolamento interno della Consob (delibere n. 13859 del 4 dicembre 2002 e reso esecutivo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 30 dicembre 2002), il quale dispone che tali atti sono adottati collegialmente dalla Commissione stessa;
   quanto descritto nelle premesse appare all'interrogante sintomatico di quanto l'autonomia organizzativa delle autorità possa portare a conseguenze non desiderabili e in apparente contrasto con quanto previsto dall'articolo 97 della Costituzione –:
   se i Ministri competenti siano a conoscenza del fatto;
   quali opportune iniziative, se del caso normative, il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di ristabilire il principio della libera e aperta possibilità di accesso ai ruoli della pubblica amministrazione secondo l'articolo n. 97 della Costituzione, con particolare riferimento alla disciplina delle assunzioni presso le autorità indipendenti. (4-06904)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCOTTO e PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 1 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 30 del 2010, autorizzava il Ministero degli affari esteri a bandire concorsi per un massimo di 35 unità lavorative annue nell'arco di tempo 2010-2014;
   il Ministero degli affari esteri ha bandito, il 4 aprile 2014, con decreto ministeriale un nuovo concorso per 35 posti di segretario di legazione;
   l'articolo 4, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, stabilisce che per le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali è subordinata alla verifica dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti ed approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza;
   all'osservanza di tale regola il dipartimento della funzione pubblica ha richiamato con circolare n. 5 del 21 novembre 2013, vistata dalla Corte dei conti, tutte le Amministrazioni pubbliche;
   in questa circolare sono indicate anche le risorse finanziarie destinate all'attuazione di tale meccanismo e si precisa che sullo scorrimento delle graduatorie degli idonei, vigenti e approvate dal 1o gennaio 2007, c’è un vincolo, previsto dal legislatore, allo scorrimento delle stesse rispetto all'avvio di nuove procedure concorsuali;
   pertanto, in forza di tale sopravvenuta normativa, l'Amministrazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nel bandire il nuovo concorso, non può sottrarsi all'obbligo del preliminare scorrimento delle graduatorie vigenti;
   tale obbligo, come stabilito dalla seconda sezione del TAR Lazio con la sentenza n. 10375 del 3 dicembre 2013, è di applicazione, quanto ad ambito oggettivo, indistintamente a tutte le Amministrazioni, senza limitazioni di carattere soggettivo ed oggettivo;
   il diritto allo scorrimento presuppone unicamente la presenza di una graduatoria valida ed efficace, e sorge non appena l'Amministrazione decida di procedere al concorso, essendo ormai la Pubblica Amministrazione privata, in base alla nuova disciplina, di ogni discrezionalità e vincolata a tale procedimento (con la sola alternativa della non indizione di un nuovo concorso);
   ciò è affermato dalla sentenza della quinta sezione del Consiglio di Stato n. 6209 del 23 dicembre 2013;
   la norma con cui il Ministero degli affari esteri era stato autorizzato a bandire annualmente, dal 2010 al 2014, concorsi di accesso alla carriera diplomatica per un contingente annuo non superiore a 35 posti va integrata con la nuova disposizione di cui al menzionato articolo 4, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 101 del 2013;
   dunque l'emanazione del bando del 2014 non può che conseguire da una nuova autorizzazione, da rilasciare previo accertamento dell'avvenuto scorrimento delle graduatorie vigenti;
   nessuna norma di legge autorizza il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a sottrarsi a tale obbligo, che comporta la copertura dei posti con l'utilizzazione delle graduatorie degli idonei vigenti e approvate dal 2007;
   il bando di concorso, come quelli precedenti, era stato autorizzato per la copertura di 35 posti vacanti, sicché gli idonei, in numero ben inferiore a quello dei posti disponibili, ben possono essere nominati, rimanendo altri posti da coprire con la prova concorsuale: infatti il citato articolo 4 è norma meramente autorizzatoria e non fissa un limite minimo di posti da coprire, ma solo massimo;
   va inoltre considerato che lo scorrimento delle graduatorie non pregiudica né la cadenza periodica annuale del concorso, che ben può essere indetto con tale frequenza temporale, né l'esigenza di garantire il massimo e più aggiornato livello di preparazione, elemento anch'esso richiamato dal bando del 2014 come da quelli precedenti, poiché una tale esigenza non risulta incompatibile con lo scorrimento della graduatoria alla luce della valutazione di idoneità riportata all'esito di una precedente procedura concorsuale;
   nel penultimo paragrafo delle premesse del bando in questione sono citati con le sole date la sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 2011, che ha sancito il principio dell'obbligatorietà del previo scorrimento della graduatoria in caso di indizione del concorso, un parere consultivo del Consiglio di Stato dell'8 gennaio 2014, di cui si ignora quale rilevanza possa avere assunto nell'adozione del bando, e la sentenza del TAR del Lazio n. 03558/2014, peraltro neppure passata in giudicato;
   detti pronunciamenti non fanno né possono fare in alcun modo testo poiché non menzionano né tengono conto delle sopravvenute rigorose nuove norme che hanno novellato la materia sullo scorrimento delle graduatorie imposte dal decreto-legge n. 101 del 2013, le quali non danno adito ad alcuna incertezza applicativa né ad interpretazioni restrittive quali quelle finora avanzate dal Ministero per giustificare la mancata assunzione degli idonei;
   la pubblicazione del bando, disattendendo l'obbligo ed il vincolo normativo allo scorrimento delle graduatorie degli idonei, è avvenuta in palese violazione di una legge dello Stato;
   va scongiurato il gravissimo e irreparabile danno che agli idonei delle graduatorie vigenti ed approvate dal 2007 deriverebbe dalla eventuale mancata applicazione, da parte del Ministero degli affari esteri, delle disposizioni sullo scorrimento delle graduatorie, da ultimo rese vincolanti dal citato decreto, n. 101 del 2013, senza alcuna possibilità di deroghe o eccezioni;
   dovendo l'attività della Pubblica Amministrazione svolgersi nei limiti imposti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, l'eventuale comportamento doloso o colposo da parte della stessa Pubblica Amministrazione in violazione del suddetto diritto soggettivo, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione, farebbe scaturire le conseguenze stabilite dall'articolo 2043 del codice civile, con conseguente risarcimento del danno a favore dei soggetti lesi;
   i Ministeri devono rigorosamente rispettare il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità ed amministrativa e ora definitivamente sancito dal citato articolo 4, comma 3, lettera b), secondo cui la regola dello scorrimento delle graduatorie da luogo ad un diritto soggettivo, in favore degli idonei;
   il MAECI ha già affermato di ritenere il decreto-legge n. 1 del 2010 lex specialis, e che quindi non si debba applicare alla situazione in esame il decreto-legge n. 101 del 2013, né nella parte in cui si dice che l'autorizzazione vada chiesta alla funzione pubblica, né nella parte in cui si dice che adesso l'autorizzazione avvenga previo scorrimento delle graduatorie;
   in data 8 ottobre 2014 il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ha risposto in aula all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole D'Alia, affermando che il Ministero degli esteri non ha ritenuto di procedere a scorrimento in virtù della disciplina speciale contenuta nell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 1 del 2010, il quale lo autorizzava a bandire un concorso per segretario di legazione per il quinquennio 2010-2014;
   il citato decreto-legge ha novellato tutta la materia dei bandi e dei concorsi ed è successivo al decreto-legge n. 1 del 2010;
   dunque per il principio di gerarchia delle fonti dovrebbe essere questa più recente normativa a legiferare sul bando in esame;
   inoltre la scelta del Ministero degli affari esteri sembra in contrasto con la ratio dell'intervento del legislatore, finalizzato palesemente a far scorrere le graduatorie;
   lo scorrimento non inficia l'autorizzazione a bandire: infatti lo stesso Ministero ha in passato bandito previo scorrimento e la quota di 35 unità prevista dal decreto-legge n. 1 del 2010 rappresenta solo il numero massimo, e non minimo;
   le sentenze del TAR e del Consiglio di Stato sull'argomento sono state superate dalla novella legislativa;
   anche qualora fosse possibile dubitare del problema autorizzatorio, è impossibile dubitare dello scorrimento –:
   se non si ritenga possibile leggere le due norme sopra citate in modo combinato, con autorizzazione già data e scorrimento obbligatorio, e, in particolare, quindi, se non ritenga il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di dover procedere allo scorrimento delle graduatorie degli idonei, di cui al decreto-legge n. 101 del 2013, ed alla loro nomina a segretario di legazione. (5-04051)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il quartiere Vallerano è interessato da un forte impatto ambientale dovuto al processo di trasformazione urbana che sta interessando l'assetto del territorio circostante, con notevoli ricadute sul piano ambientale, della mobilità e dei pesi insediativi, che avranno effetti sulla funzionalità e sulla qualità della vita dei cittadini di Valleranno;
   nell'ambito di tali misure di trasformazione urbana è previsto l'interramento dell'elettrodotto aereo «Magliana Sud» della società Terna, proveniente dalla Magliana e che attraversa i quartieri Torrino Nord e Vallerano si trovano infatti abitazioni private e addirittura una scuola media, la «Paola Sarro», il cui bacino di utenza comprende, oltre a Vallerano, altri quartieri del Municipio XII, quali Trigoria, Fonte Laurentina e Casal Fattoria;
   già nel 2007, infatti, dopo una prima richiesta di dismissione dell'elettrodotto che non ha trovato accoglimento, i cittadini del quartiere, determinati a difendere il diritto alla salute propria e dei loro figli, hanno chiesto l'interramento dell'elettrodotto, e nel corso di una seduta del consiglio municipale è stato votato e approvato all'unanimità un documento di impegno «ad attivarsi nei confronti dei competenti assessori comunali affinché si realizzi l'opera di interramento dell'elettrodotto, con la collaborazione delle aziende di energia elettrica»;
   in base al successivo accordo tra il comune di Roma e la società Terna spa i lavori per l'interramento dell'elettrodotto avrebbero dovuto avere inizio entro l'anno 2012;
   tuttavia, allo stato, il progetto d'interramento risulta ancora in attesa, dopo oltre un anno, di ricevere il necessario nulla osta da parte della commissione per la valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, posto che è stato inserito nel più ampio progetto di «Riassetto della rete elettrica AT/AAT nell'area metropolitana di Roma – Quadrante Sud-Ovest» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere affinché si possa giungere quanto prima alla realizzazione dell'opera di cui in premessa, anche al fine di tutelare la salute dei residenti della zona. (4-06900)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MALISANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 10 novembre, nel comune di Palmanova si è verificato un cedimento nel tetto di Porta Udine, un manufatto dei primi anni del Seicento;
   Porta Aquileia, un altro manufatto seicentesco, ha anch'esso urgenza di un intervento per la sua messa in sicurezza;
   il crollo avvenuto – per fortuna senza conseguenze – ha riportato alla ribalta il permanente e vecchio problema della tutela della cinta bastionata della «Città Stellata» e del patrimonio culturale rappresentato da una città candidata al riconoscimento dell'Unesco;
   le risorse necessarie per un intervento strutturale sono consistenti e riguardano non solo le porte d'ingresso, ma anche la messa in sicurezza dei paramenti murari e dei terrapieni, anch'essi soggetti a cedimenti nello scorso febbraio;
   per la tutela di Palmanova è necessario un piano strategico, che parta dagli interventi urgenti per frenare i fenomeni di degrado più gravi, e a lungo termine per il restauro del sistema fortezza;
   la fortezza costituisce un patrimonio nazionale ed europeo;
   la Presidente della Regione ha dichiarato che intende «ragionare anche col Governo per vedere se ci sono spazi e modalità per salvaguardare una realtà come questa» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere la città di Palmanova, per la sua rilevanza artistico-culturale e urbanistica, quale bene da salvaguardare e, altresì, se non ritenga urgente individuare le risorse necessarie a realizzare i primi interventi di restauro anche prevedendo, nell'ambito delle proprie competenze – sentita la regione Friuli Venezia Giulia, la soprintendenza e il comune – un programma a medio e a lungo termine atto a risolvere definitivamente i problemi da tempo aperti. (5-04047)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANNINO e DI BENEDETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dal sito del sindaco di Roma (http://www.ignaziomarino.it/the-hidden-treasure-of-rome) si apprende dell'esistenza del progetto denominato The hidden treasure of Rome; progetto avviato lo scorso anno e finalizzato alla valorizzazione, all'estero, del patrimonio artistico e culturale dei Musei Capitolini;
   secondo la descrizione, un numero consistente di reperti archeologici inediti saranno trasferiti all'estero dove saranno sottoposti ad un accurato programma di ricerca ed analisi, per poi essere restituiti alla città, classificati e catalogati. Si apprende inoltre che l'operazione è già in corso, infatti all'università del Missouri è già stato affidato un lotto di 249 reperti a garanzia dei quali vengono evidenziati «gli strumenti tecnologici all'avanguardia utilizzati in questi atenei grazie ai quali si realizzerà un repository – una banca dati punto di riferimento unico per gli studiosi»;
   nel medesimo sito internet si accenna si accenna al fatto che tali reperti verranno restituiti con un «valore culturale» del quale non è chiara la consistenza;
   l'articolo 9 della Costituzione assegna alla Repubblica la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione;
   nel nostro Paese la ricerca antichistica rappresenta una delle punte più avanzate dell'intero sistema e nella stessa città di Roma insistono laboratori dedicati all'indagine archeometrica di eccellente qualità i cui risultati vengono accuratamente «processati» dal SITAR (sistema informativo territoriale archeologico) –:
   se questo spostamento di reperti archeologici, che deve essere presentato all'ufficio di esportazione, sia stato concordato o meno con la competente sopraintendenza archeologica di Roma e se tale trasferimento all'estero, sia pure a carattere temporaneo, sia il frutto di un accordo con il Ministro interrogato ovvero il prodotto di una iniziativa del sindaco pro-tempore della Capitale. (4-06896)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   recentemente è apparso sul sito ufficiale della Banca di credito cooperativo Tuscolo un comunicato ai soci, finalizzato a chiarire le motivazioni che hanno portato all'autoscioglimento anticipato del consiglio di amministrazione della stessa banca e, quindi alla convocazione dell'assemblea per il rinnovo degli organi sociali da tenersi il 29 e 30 novembre 2014;
   nel comunicato si fa esplicito riferimento ad una ispezione della Banca d'Italia svoltasi dal 10 marzo 2014 al 30 maggio 2014 e conclusasi con verbale datato 7 agosto 2014;
   si apprende inoltre che, in aggiunta all'autoscioglimento del Consiglio di amministrazione è stato rimosso il direttore generale in carica e sostituito con un dirigente indicato dalla federazione delle BCC Lazio – Umbria – Sardegna;
   le motivazioni addotte quali presupposto di tali gravissime e radicali decisioni appaiono all'interrogante lacunose, generiche, incoerenti (si fa riferimento unicamente alla situazione economica generale del Paese e non si entra nel merito della gestione) e, dunque, hanno determinato uno stato di estrema preoccupazione nei soci, chiamati, in sostanza, al rinnovo degli organi sociali senza conoscere le reali cause che hanno condotto allo sconvolgimento degli assetti precedenti;
   i contenuti effettivi del citato verbale del 7 agosto 2014, infatti, non sono stati resi noti ai soci cosa che a parere dell'interrogante potrebbe comprendere una violazione dei principi di correttezza e trasparenza nella gestione societaria;
   ne consegue che è anche difficoltoso effettuare una corretta valutazione dell'operato degli organi uscenti, valutazione che dovrebbe essere alla base del rinnovo delle cariche, posto che sembrerebbe che molti dei precedenti amministratori faranno parte di una lista di candidati per il rinnovo degli organi sociali;
   lo stesso candidato presidente sarebbe un membro del collegio dei revisori, che avrebbe dovuto per primo svolgere un'azione di controllo e denuncia delle anomalie, forse poi riscontrate dalla Banca d'Italia;
   a ciò si aggiunga la evidente perversione del sistema elettorale adottato, basato sulla estensione automatica del voto conferito al candidato presidente indistintamente a tutti i candidati consiglieri della lista e sul meccanismo, ad avviso dell'interrogante altrettanto opaco, del sistema del voto per delega, che impedisce di fatto un reale rinnovo democratico degli organi sociali –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze per introdurre nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni e integrazioni ulteriori norme a tutela dei soci e dei piccoli risparmiatori degli istituti di credito cooperativo. (4-06898)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 giugno 2013 l'avvocato Emanuele Sergo, del foro di Trieste, riceveva dal signor Luca Rossi, nato e residente a Udine, formale procura speciale a difenderlo dai reati a lui contestati: reato continuato di violazione dell'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza a seguito di sinistro stradale, nel procedimento penale R.G.N.R. n. 4648/2013 radicato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Udine;
   il corpo polizia locale del comune di Udine in esecuzione di un ordine della procura della Repubblica di Udine, in data 25 luglio 2013, sottoponeva a sequestro penale l'autovettura del signor Rossi, il quale veniva nominato custode;
   ben 8 mesi dopo dall'intervenuto sequestro, in data 13 marzo 2014, veniva dato incarico ad un ingegnere di effettuare una consulenza tecnica ex articolo 360 del codice di procedura penale sul veicolo sottoposto a sequestro del signor Rossi;
   l'ingegnere incaricato dell'accertamento tecnico, in data 16 aprile 2014, comunicava al pubblico ministero procedente, dottoressa Annunziata Puglia, che il mezzo sottoposto in sequestro giudiziale sembrava aver subìto un'alterazione integratasi con l'asportazione dei profili cromati del paraurti anteriore; conseguentemente qualche giorno dopo, il 24 aprile 2014 il pubblico ministero delegava le conseguenti indagini alla sezione di polizia giudiziaria aliquota polizia locale;
   in data 2 maggio 2014 il maresciallo capo Elvio Fain, l'agente scelto Daniele Pecile (appartenenti alla sezione di polizia giudiziaria, polizia locale presso la procura della Repubblica di Udine), il maresciallo capo Massimo Nardin e l'agente Nicola De Grassi (appartenenti al comando polizia locale di Udine) si recavano presso l'abitazione del signor Rossi Luca al fine di svolgere gli accertamenti richiesti dal pubblico ministero;
   in quell'occasione, e bene notare, che il signor Rossi Luca risultava essere:
    a) indagato nel procedimento n. 4648/2013 RGNR (procura di Udine) per i fatti di cui sopra;
    b) custode dell'autovettura sottoposta a sequestro che risultava presentare asserite alterazioni secondo la comunicazione del consulente nominato dalla Procura della Repubblica;
   il signor Luca Rossi veniva invitato a rendere sommarie informazioni alla polizia giudiziaria, per fatti asseritamente accaduti e costituenti reato nell'ambito dello stesso procedimento penale nel quale era indagato senza che gli venisse offerta la possibilità di rispondere con l'assistenza del proprio legale di fiducia, quindi, in spregio alle norme vigenti a tutela del diritto di difesa ex articolo 24 della Costituzione;
   a seguito delle dichiarazioni rese dal signor Luca Rossi, dichiarazioni acquisite nella forma delle sommarie informazioni, senza l'assistenza del difensore, anziché nelle forme dell'interrogatorio, da svolgersi necessariamente alla presenza del difensore, il maresciallo capo Elvio Fain e l'agente scelto Daniele Pecile invitavano a rendere sommarie informazioni, sui fatti inerenti sempre il medesimo procedimento n. 4648/2013, anche l'avvocato Emanuele Sergo, difensore di fiducia del signor Rossi;
   l'avvocato Emanuele Sergo, in data 8 maggio 2014, si presentava presso gli uffici della polizia giudiziaria e si avvaleva, come ed in ossequio di legge, della norma di cui all'articolo 200 codice di procedura penale (segreto professionale);
   la mattina seguente, ossia venerdì 9 maggio 2014, veniva, altresì, contattato a mezzo telefono ed invitato a rendere delle sommarie informazioni sui medesimi fatti ad oggetto del procedimento contro il signor Luca Rossi, anche il ragioniere dipendente e collaboratore di studio dell'avvocato Emanuele Sergo;
   a tal punto, il ragioniere, dipendente dell'avvocato Sergo, sebbene avesse potuto esimersi dal rispondere, per non incorrere (così gli era stato indicato dal maresciallo capo Elvio Fain e così vi era scritto nel verbale di sommarie informazioni) nelle conseguenze di cui all'articolo 372 codice penale (reato di falsa testimonianza, che punisce anche la testimonianza reticente), rispondeva alle domande che gli venivano poste e che avevano ad oggetto esclusivamente fatti che lo stesso aveva modo di conoscere, solo ed esclusivamente, per il fatto di essere un lavoratore dipendente collaboratore di studio dell'avvocato Sergo, difensore di fiducia del signor Rossi Luca, indagato nel procedimento penale indicato, e nell'alveo del quale venivano assunte le informazioni;
   l'obbligo a deporre così come è stato posto nei confronti del collaboratore dipendente del difensore di fiducia dell'indagato, costituisce, di per se stesso, un abuso e ciò lo si evince chiaramente dall'articolo 6 della legge n. 247 del 31 dicembre 2012 – «Nuova Disciplina dell'Ordinamento della Professione Forense» – che disciplinando il segreto professionale estende lo stesso anche ai collaboratori, ancorché solo occasionali, degli avvocati;
   tale norma rende a chiare lettere operante il segreto professionale nei confronti di tutti i collaboratori dell'avvocato, quindi giustamente e a buon diritto anche il ragioniere collaboratore dell'avvocato, avrebbe potuto non rispondere alle domande riferentesi ad un fascicolo che trattava quale difensore di fiducia proprio il suo datore di lavoro avvocato Emanuele Sergo;
   in altre parole il ragioniere dipendente dell'avvocato, nel momento in cui comunicava agli operanti di polizia giudiziaria – locale, di Udine, il suo diritto al silenzio, non poteva essere, come invece lo è stato, obbligato a rispondere, sotto pressione di vedersi perseguire per il reato di falsa testimonianza;
   sintetizzando, nella vicenda de quo un cittadino sottoposto a procedimento penale, il signor Luca Rossi:
    si è visto interrogare, senza le garanzie di legge, sostanzialmente nelle forme dell'interrogatorio ma senza la presenza del suo difensore costituito, nelle forme dell'assunzione di sommarie informazioni;
    ha visto il proprio avvocato Emanuele Sergo chiamato a rendere dichiarazioni su circostanze oggetto della difesa tecnica assunta nel procedimento penale, di fatto potenzialmente contro di lui;
    ha visto deporre il collaboratore dipendente del proprio avvocato, cosa ancor più grave, a rendere delle dichiarazioni su fatti di cui, lo stesso, era a conoscenza solo ed esclusivamente perché, per l'appunto, collaboratore del proprio legale –:
   se ritenga opportuno valutare la sussistenza dei presupposti per inviare gli ispettori ministeriali alla procura della Repubblica presso il tribunale di Udine ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza.
(5-04048)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   una sentenza del Consiglio di Stato, emessa in seguito al ricorso di una delle imprese escluse dalla relativa gara, ha dichiarato l'illegittimità della procedura seguita nell'aggiudicazione dei lavori per l'ampliamento della strada statale 275, che nel Salento collega Maglie a Santa Maria di Leuca;
   la statale 275 è un'infrastruttura strategica di particolare rilevanza, e il suo ampliamento e parziale rifacimento per la messa in sicurezza oltre a costituire un indubbio volano per l'economia della zona garantiscono la sicurezza e la vita di migliaia di automobilisti;
   l'opera è progettata da oltre venti anni e l'annullamento della gara rischia di determinare non solo il pagamento dei danni da parte dell'Anas sia all'azienda ricorrente, sia a quella aggiudicataria del progetto, ma anche la perdita dei finanziamenti già stanziati per la realizzazione dell'opera, pari a circa 290 milioni di euro;
   il decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», infatti, prevede la possibilità di revocare i fondi destinati ad opere non compiute, destinandoli ad altre priorità;
   gli interventi sulla statale 275 sono di fondamentale importanza sia ai fini dell'apertura di un ciclo economico utile a favorire il rilancio delle imprese e dell'occupazione, sia per il massiccio afflusso turistico che interessa la zona –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di scongiurare la perdita dei fondi e garantire, al contrario, la rapida realizzazione dell'opera. (4-06895)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a meno di 10 giorni dal voto la prefettura di Rimini, contrariamente a tutte le altre, non ha ancora pubblicato sul proprio sito il fac-simile di scheda. Da verifiche fatte dagli uffici dell'interrogante, ancora questa mattina alle ore 12 circa la responsabile dell'ufficio elettorale della prefettura, dopo diversi giorni di irreperibilità telefonica, si è rifiutata di rilasciare tali fac-simile allo staff di un candidato alle elezioni regionali del 23 novembre prossimo –:
   quali iniziative e quali provvedimenti intenda adottare con urgenza il Ministro per garantire che le operazioni pre-elettorali si svolgano «senza intralci e ritardi». (4-06893)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTANTINO, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO e SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   le organizzazioni sindacali della scuola della provincia di Reggio Calabria – Flc Cgil, Cisl, Uil, Snals, e Gilda – hanno più volte rappresentato e contestato, anche per mezzo di ricorsi scritti, gli errori dell'amministrazione dell'ambito territoriale reggino in merito all'applicazione delle norme contrattuali sulla mobilità dei docenti che chiedono trasferimento provinciale, all'interno quindi della stessa provincia, e per le utilizzazioni e assegnazioni provvisorie in ingresso da altre province non ricevendo alcuna risposta ai reclami. Neppure i singoli docenti che hanno presentato reclami hanno mai ricevuto alcun riscontro;
   l'ufficio citato ha, inoltre, interrotto per oltre un mese le relazioni sindacali e quelle con il pubblico, non consentendo il ricevimento durante il periodo della mobilità;
   l'ufficio, finite tutte le operazioni di mobilità, quando i ricorsi d'urgenza al giudice del lavoro si contavano già numerosi, ha concesso finalmente la possibilità ai sindacati di esprimere i propri punti di vista. In quell'occasione la Flc Cgil ha fatto mettere a verbale le proprie lamentele, condivise a quanto consta agli interroganti da tutti gli altri sindacati Cisl, Uil, Snals, e Gilda;
   testualmente, da verbale: la Flc «... in merito all'atteggiamento tenuto dall'ufficio scolastico provinciale, durante la fase delle pubblicazioni delle graduatorie provvisorie e definitive delle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, stigmatizza tale comportamento definendolo come inopportuno, illegittimo e in alcuni casi anche antisindacale. Nello specifico riteniamo inopportuno il non avere voluto ascoltare i consigli tecnici su diversi punti contrattuali, dati dalla Flc Cgil nella seduta d'informativa sugli organici di fatto per l'anno scolastico 2014-2015. Infatti rileviamo che codesto ufficio interpreta i contratti sulla mobilità in modo arbitrario, restrittivo per quanto si riferisce ai diritti dei lavoratori e penalizzante per il buon esito delle istanze di mobilità. Illegittimo perché applica tali norme contrattuali difformemente da tutto il resto degli uffici scolastici d'Italia, perché esclude dalle graduatorie delle assegnazioni provvisorie e delle utilizzazioni insegnanti che hanno tutti i requisiti per parteciparvi, solo per il fatto di riscontrare banali imperfezioni formali, che potrebbero essere facilmente rettificate confrontandosi con le parti sindacali o con i diretti interessati, cosa che fanno, nella logica della tutela dei lavoratori e del servizio al cittadino, in tutti gli uffici scolastici della nostra Nazione. Antisindacale perché codesto ufficio non risponde a precise ed esplicite richieste scritte dei sindacati, che sono, è sempre bene ricordarlo, organizzazioni che hanno l'obbligo “costituzionale” di tutelare i diritti dei lavoratori, a cui l'Amministrazione non può e non deve negare il confronto e tanto meno una risposta. Inoltre ci sembra illegittima la chiusura del ricevimento al pubblico e ai sindacati per il periodo coincidente con tutte le operazioni della mobilità annuale, cosa che un'Amministrazione pubblica al servizio del cittadino deve sempre garantire. Un'altra stranezza che è saltata all'occhio alla Flc Cgil di Reggio Calabria è l'avere richiesto esplicitamente, da parte dell'ATP di Reggio Calabria, a tutti gli insegnanti aspiranti alle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie per l'anno scolastico 2014-2015 di inviare i reclami avversi alle suddette graduatorie in una casella di posta elettronica non certificata, evitando espressamente l'utilizzo della PEC e della PEO e/o della presentazione a mano. Come mai l'ATP di Reggio Calabria non applica per ricevere documentazione dei reclami avversi alle graduatorie provvisorie di utilizzazione e assegnazione provvisoria l'articolo 48 del decreto legislativo n. 82/2005? La Flc Cgil avrebbe voluto una risposta anche su questo, oltre quelle risposte che ha richiesto a questa Amministrazione con comunicazione scritta in posta certificata»;
   ai sensi dell'articolo 8, comma 1, punto IV lettera g) del CCNI sulla mobilità del 26 marzo 2014, il personale docente destinatario dell'articolo 33, commi 5 e 7 della citata legge n. 104 del 1992 che sia solo figlio/a individuato come referente unico che presta assistenza al genitore; tale condizione di referente unico, deriva dalla circostanza – documentata con autodichiarazione – che il coniuge o eventuali altri figli non sono in grado di effettuare l'assistenza al genitore con disabilità in situazione di gravità, per ragioni esclusivamente oggettive. La suddetta autodichiarazione di esclusività non è necessaria laddove il richiedente la precedenza sia il coniuge o il genitore ovvero l'unico parente o affine e che convive con il soggetto con disabilità;
   nel caso dei docenti in organico di sostegno (DOS) che chiedono utilizzazione per la conferma o nuova assegnazione di cattedra, l'Atp assegna il punteggio del ricongiungimento nel comune di residenza del congiunto. Le organizzazioni sindacali hanno fatto notare che questo punteggio di ricongiungimento non va in alcun modo valutato. Infatti, dalla lettura dell'articolo 30, comma 5, e poi dell'articolo 23, comma 15, del CCNI 26 febbraio 2014 si evince che per i trasferimenti e passaggi di ruolo i docenti in organico di sostegno sono considerati alla stregua dei DOP (articolo 30, comma 5: Per i trasferimenti e/o passaggi sui posti del contingente provinciale di sostegno sia nell'ambito provinciale che interprovinciale si prendono in considerazione tutti i titoli valutabili ai fini del trasferimento e/o passaggio sui posti di dotazione organica provinciale); leggendo poi l'articolo 23, comma 15, si evince che per i DOP ma, quindi, anche per i docenti in organico di sostegno l'ufficio territorialmente competente graduerà i docenti predetti in base al punteggio loro attribuito dal dirigente scolastico dell'istituto in cui prestano servizio. Il dirigente scolastico attribuirà il punteggio in base alla tabella A) di valutazione dei titoli per i trasferimenti tenendo conto esclusivamente delle lettere A), B), A1), B2) del titolo I, delle lettere B), C) del titolo II e del titolo III dell'allegato D. A parità di punteggio prevale la maggiore età anagrafica. Come si può evincere in modo chiaro ed evidente nel titolo II (esigenze di famiglia) manca la lettera A) che si riferisce appunto al ricongiungimento al coniuge. Poiché i due contratti sulla mobilità del 26 febbraio e del 26 marzo 2014 non sono disgiunti, errore in cui evidentemente è incappato l'Ufficio scolastico reggino, si dovrebbe concludere che il punteggio di ricongiungimento al coniuge per le utilizzazioni di DOP e DOS non deve essere calcolato;
   L'Atp di Reggio Calabria ha, inoltre, penalizzato il personale in soprannumero non applicando correttamente la nota 5 bis del citato CCNI del 26 febbraio 2014. Quindi, oltre il disagio del perdere il posto, un docente deve subire anche la punizione di vedersi cancellata la continuità didattica inferiore ai tre anni continuativi. Nella mobilità d'ufficio, invece, per chi perde posto e si muove a domanda condizionata, la continuità del servizio deve essere calcolata per ogni anno di servizio e non a partire da dopo un triennio così come avviene per le domande di mobilità volontaria –:
   se il Governo sia al corrente della situazione e se intenda assumere iniziative per fornire chiarimenti o una interpretazione autentica del CCNI sulla mobilità per i punti sollevati nella presente interrogazione al fine di dare certezza per una giusta e uniforme applicazione su tutto il territorio nazionale delle norme contrattuali sulla mobilità. (4-06903)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRATAVIERA e FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo di stampa a firma di Gian Antonio Stella pubblicato su Il Corriere della Sera lo scorso 11 novembre, dal titolo «Un comma sparito sulle pensioni cancella il tetto a quelle più ricche» lancia l'allarme sul rischio default dell'Inps;
   la questione riguarda la previsione a decorrere dal 1o gennaio 2012, contenuta nella cosiddetta riforma Fornero delle pensioni (decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, in legge 214 del 2011) del calcolo di tutte le pensioni con il sistema contributivo, anche di quelli che – secondo lo spartiacque determinato dalla riforma Dini (legge n. 335 del 1995) – al 1o gennaio 2016 vantavano già un'anzianità contributiva maggiore di 18 anni;
   secondo la ricostruzione del giornalista, nel testo originario suggerito dall'Inps, erano previste «quattro righe» di salvaguardia che dovevano mantenere l'argine dell'80 per cento della media delle ultime buste paga, per evitare – come invece accade ora – che coloro che al 31 dicembre 2015 avevano più di 18 anni ed hanno optato per la permanenza in servizio possano andarsene in pensione con addirittura il 115 per cento dell'ultimo stipendio;
   l'articolo riporta anche in virgolettato la dicitura della salvaguardia «In ogni caso per i soggetti di cui al presente comma, il complessivo importo della pensione alla liquidazione non può risultare comunque superiore a quello derivante dall'applicazione delle regole di calcolo vigenti prima dell'entrata in vigore del presente comma»;
   a seguito di una verifica sulla Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre 2011 n. 284 e di una ricerca sulla De Agostini-Leggi d'Italia-Archivio storico, le predette «quattro righe» richiamate dal giornalista nell'articolo di stampa non risultano mai parte integrante del testo del decreto-legge n. 201 del 2011, né in quello presentato in Parlamento e prima della sua conversione in legge, né in quelli come modificati successivamente, il che lascia presumere che trattasi di un suggerimento fornito dall'istituto previdenziale in fase di stesura da parte del Governo Monti dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
   sempre secondo l'articolo di stampa, in mancanza di tale clausola, l'Inps corre il rischio di un buco di 2 milioni nell'anno in corso, di 11 milioni nel 2015, di 44 milioni nel 2016, di 93 milioni nel 2017, di 162 milioni nel 2018, e così via per arrivare a 493 milioni nel 2014;
   in merito alla necessità di porre un tetto alle pensioni ed ai vitalizi calcolati esclusivamente col sistema retributivo, si ricorda che la Lega Nord era tra i presentatori di una proposta di legge oggetto di esame da parte della Commissione lavoro della Camera dei deputati per ben 5 mesi in abbinamento ad altre, poi bocciata dalla maggioranza parlamentare e governativa in maniera alquanto paradossale: la stessa maggioranza che ha scelto quale testo base il provvedimento da portare in aula ha poi proposto la reiezione del progetto di legge, ora re-inviato all'esame della Commissione –:
   se trovi conferma quanto pubblicato nell'articolo citato in premessa in merito alla stima di quanto costerà negli anni all'Inps – e quindi alle casse statali – la mancata previsione di una soglia al complessivo importo dei trattamenti pensionistici di coloro che al 31 dicembre 2015 vantavano un'anzianità contributiva superiore a 18 anni ed hanno optato per la permanenza in servizio oltre il raggiungimento dei 40 anni contributivi;
   se corrisponda al vero quanto supposto dagli interroganti circa la «cancellazione delle quattro righe» come richiamato nell'articolo di stampa, ovvero che in realtà la previsione di un comma che arginasse l'ammontare delle pensioni calcolate col sistema retributivo sia stata semplicemente oggetto di informale scambio di opinioni tra Governo ed Inps in fase di stesura dell'articolato, ovvero, di contro, in quale parte del testo era prevista e da quale successiva norma sia stata abrogata;
   se, alla luce dei rischi finanziari cui l'Inps ed il bilancio dello Stato vanno incontro in mancanza di interventi correttivi, il Governo non ritenga opportuno favorire, per quanto di competenza un rapido iter delle proposte di legge richiamate in premessa. (5-04049)


   VALERIA VALENTE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL) è l'ente morale, con personalità giuridica di diritto privato, cui è affidata la tutela e la rappresentanza delle vittime degli infortuni sul lavoro (ex decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979);
   l'ANMIL è, altresì, componente del Consiglio di indirizzo e vigilanza (CIV) dell'INAIL, quale rappresentante degli invalidi del lavoro;
   alle funzioni di tutela e rappresentanza delle vittime degli infortuni sul lavoro, l'ANMIL associa l'offerta gratuita di una serie di servizi ulteriori, in favore dei medesimi soggetti (che assumono la qualità di soci dell'ente e ad esso corrispondono una quota annuale associativa) quali consulenze medico-legali sui postumi dell'infortunio, patrocinio per il collocamento al lavoro, pratiche in materia infortunistica, previdenziale e assistenziale, rapporti con gli enti locali per l'erogazione di prestazioni legate all'invalidità, convenzioni con aziende per l'acquisto di beni e servizi a prezzi agevolati;
   rientra tra gli scopi istituzionali dell'ANMIL anche la promozione di iniziative finalizzate alla divulgazione della cultura della sicurezza e della prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, sostenendo e ampliando il sistema di tutele previsto per le vittime del lavoro, spesso realizzate con finanziamenti erogati da enti pubblici, dall'INAIL in particolare;
   tutte le attività anzidette sono condotte sia a livello centrale, sia dalle diverse sedi ANMIL presenti su tutto il territorio nazionale;
   nel mese di marzo 2014 risultano essere state formalmente segnalate alla procura della Repubblica di Napoli, al garante per la protezione dei dati personali, alla procura della Corte dei Conti, ai Ministri della semplificazione e della pubblica amministrazione e del lavoro e ad altri soggetti istituzionali sia lo scorretto utilizzo di importi erogati dall'INAIL Campania all'ANMIL sede di Napoli per il finanziamento del «Progetto Idea» (avente ad oggetto il reinserimento lavorativo di lavoratori invalidi), sia la illegittima messa a disposizione, sempre da parte dell'INAIL Campania e in favore dell'ANMIL sede di Napoli, di dati personali sensibili riguardanti lo stato di salute degli iscritti all'INAIL Campania, in spregio alle disposizioni in materia di tenuta e trattamento dei dati sensibili (della divulgazione dei dati sensibili in questione l'Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali ha già richiesto chiarimenti sia all'INAIL Direzione Regionale Campania, sia all'ANMIL Sezione di Napoli con nota prot. U.0007933 del 14 marzo 2014) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, con specifico riferimento:
    a) alla denunciata distrazione, da parte della sede ANMIL di Napoli, di somme erogate dall'INAIL Campana per la realizzazione di progetti di reinserimento di lavoratori invalidi;
    b) alla contestata diffusione, da parte dell'INAIL Campania in favore dell'ANMIL sede di Napoli, di dati sensibili riguardanti i soci ANMIL;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce di quanto esposto, avviare una indagine conoscitiva sull'uso delle risorse pubbliche con cui l'INAIL finanzia le attività dell'ANMIL sia nelle sedi periferiche, sia a livello centrale.
(5-04050)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di alcuni articoli di stampa e a causa di alcune interrogazioni presentate nella scorsa legislatura il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a disposto un'ispezione straordinaria per verificare il corretto utilizzo del contributo Statale concesso all'Ente Nazionale Sordi;
   a seguito dalle ispezioni è emerso un corretto utilizzo delle somme concesse a titolo di contributo statale;
   a seguito della relazione della Corte dei conti per gli anni 2006-2010, con la quale invitava l'ENS ad adottare bilanci conformi a quelli previsti dalla legge, su iniziativa della nuova dirigenza dell'ENS, insediatasi nel luglio del 2011, l'ente ha adottato la forma di bilancio prevista dalla normativa in vigore;
   l'ENS è l'associazione dei sordi maggiormente rappresentativa e l'Ente nazionale sordi è il soggetto che in Italia, in base alla legge 21 agosto 1950, n. 698 seguita dal decreto del Presidente della Repubblica del 31 marzo 1979, rappresenta e tutela i sordi;
   a seguito dell'ispezione predisposta dal ministero su richiamata, avviata nel novembre del 2012 conclusasi il 22 luglio 2014, sull'impiego del contributo statale per le annualità degli anni 2008, 2009, 2010 e 2011, dalle quali è emerso l'impiego conforme a quello previsti dalla legge, il Ministero ha sospeso l'erogazione del contributo stesso per le annualità 2012 e 2013;
   la mancata erogazione del contributo riduce ai minimi termini l'effettiva possibilità di tutela della categoria così come prevista dalla legge –:
   in quali tempi verranno erogate le somme del contributo a suo tempo sospese;
   se ritenga opportuno, al fine di rafforzare la tutela dei sordi che la legge ha affidato all'Ente nazionale sordi, prevedere anche l'erogazione di un contributo straordinario. (4-06892)


   CATANOSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto denuncia in un comunicato la Federazione nazionale pensionati dell'Ugl, come se non bastassero le quotidiane difficoltà di milioni di pensionati che non riescono ad arrivare a fine mese, è in arrivo un'altra «catastrofe» capace di mettere in ginocchio i «pensionati del futuro» fra mancata rivalutazione del montante versato, incremento della tassazione sulla previdenza complementare e trattamento di fine rapporto direttamente in busta paga;
   l'introduzione del sistema contributivo con la legge n. 335 del 1995 ha posto un problema di come rivalutare annualmente quanto accumulato dal lavoratore. La questione, allora, fu risolta agganciando la rivalutazione alla media della variazione del prodotto interno lordo italiano nel quinquennio precedente;
   la ridotta crescita nei primi anni successivi al 1995 e, soprattutto, la mancata crisi che si sta trascinando, salvo qualche interruzione, dal 2008 ad oggi aprono ora scenari completamente diversi;
   se fino al dicembre 2012, la media quinquennale è stata ancora positiva, per la prima volta si è registrato un tasso di rivalutazione negativo (-0,1927 per cento) destinato a trovare applicazione su tutto il montante maturato entro il 31 dicembre 2013. Le prospettive appaiono altrettanto negative anche per quello che attiene all'anno in corso;
   da quanto risulta all'interrogante e alla Federazione nazionale pensionati dell'Ugl, il Governo nella sua collegialità non sembra intenzionato a prendere provvedimenti, nonostante si rischi di incidere pesantemente sul futuro previdenziale di milioni di lavoratori;
   a giudizio dell'interrogante e della Federazione nazionale pensionati Ugl, la questione potrebbe superarsi prevedendo un più ampio margine di anni nel calcolo della media oppure attraverso l'agganciamento della rivalutazione al prodotto interno lordo europeo e non nazionale, sull'esempio di quanto già accade con i contratti collettivi nazionali di lavoro che si rinnovano non sulla base dell'inflazione nazionale ma sull'indice armonizzato europeo;
   si prospetta un inasprimento della tassazione sui fondi di previdenza complementare;
   la conseguenza immediata è che i rendimenti netti sono destinati a diminuire sensibilmente con tutto quello che ne consegue in termini di reddito futuro;
   altra conseguenza, questa indiretta, è che l'aumento della tassazione funziona da forte deterrente per i nuovi e potenziali iscritti riducendo in tal modo le nuove entrate con tutto quello che ne consegue in termini di sostenibilità del sistema;
   analogamente, si parla di inasprire la tassazione per i circa 1,5 milioni di aderenti alle casse previdenziali private;
   infine altra tegola sulla testa dei futuri pensionati, a dispetto di quello che si vorrebbe far credere ai lavoratori italiani, potrebbe essere l'inserimento del trattamento di fine rapporto «maturando» direttamente in busta paga;
   le conseguenze dirette di questa decisione, a giudizio dell'interrogante e dei pensionati Ugl, sul reddito presente e futuro e sulla propensione ad iscriversi alla previdenza complementare, senza peraltro contribuire al rilancio dei consumi e del prodotto interno lordo, sarebbero catastrofiche;
   per rilanciare i consumi interni basterebbe, nell'immediato, rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro per tutte quelle categorie per cui risultano scaduti da anni ed innalzare la quota di esenzione fiscale dei buoni pasto, mentre per far riprendere il prodotto interno lordo serve una strategia più complessa che punti sugli investimenti produttivi –:
   quali iniziative, di natura normativa e regolamentare, intendono adottare i Ministri interrogati per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-06902)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   BOSCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il negoziato per il partenariato transatlantico per commercio e investimenti, meglio noto con l'acronimo TTIP, è oggetto di attenzione della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo;
   la Commissione, infatti, ha presentato i risultati di un report sull'analisi dei suoi potenziali effetti sul mercato dei prodotti agricoli europei. Gli Stati Uniti, sebbene partner importante per l'Unione europea, non rappresentano una quota elevata dell’import/export di prodotti agricoli dell'Unione;
   per tutti gli anni ’90 l'Unione europea aveva una bilancia commerciale in deficit, ma, in particolare a partire dal 2012, la tendenza si è invertita. Nel 2012 gli Stati Uniti rappresentavano la destinazione del 5 per cento delle esportazioni dell'Unione europea di prodotti agricoli lordi, l'Unione europea l'8 per cento di quelle americane;
   da un'analisi interna dell'Unione europea, si nota uno scenario molto variegato. Tra gli Stati membri, Francia, Paesi Bassi, Germania, Italia e Spagna sono i principali esportatori. In termini percentuali invece, la Croazia, la Lettonia e la Lituania vedono una grande parte dei loro prodotti agricoli andare oltremare (attorno al 20 per cento). Il principale importatore in termini di valore delle importazioni è invece la Germania (circa 20 miliardi di euro) seguita da Paesi Bassi e Regno Unito. In termini di fetta di mercato, invece, Danimarca, Portogallo, Croazia e Spagna vedono le percentuali più elevate;
   le differenze tra Stati membri non si fermano qui: diverso peso hanno le importazioni e le esportazioni di prodotti lavorati e non, e diversa è la bilancia commerciale. Il TTIP riguarderà quindi in maniera differente i diversi Stati membri, situazione che ovviamente complica ulteriormente i già controversi negoziati;
    le differenze sono poi sensibili anche da prodotto a prodotto. L'esportazione di prodotti agricoli rappresenta, nel totale dell’export verso gli USA, circa il 6,6 per cento. Di questa quota, l'1,4 per cento sono prodotti non lavorati, il 5,4 per cento prodotti lavorati. Il valore totale è pari a 111 miliardi di euro. Tra le due sponde dell'Atlantico le tariffe doganali per i prodotti agricoli sono ancora elevate, se comparate ad altri settori industriali, sebbene abbiano subito riduzioni nel corso del tempo. Le tariffe doganali più significative imposte dagli Stati Uniti sono quelle sul tabacco, sui prodotti lattiero caseari e sullo zucchero. Le tariffe dell'Unione europea, invece, sono più alte per la carne e per prodotti lattiero caseari;
   oltre alle tariffe doganali, il commercio tra USA e Unione europea è condizionato dalla presenza di misure non tariffarie (MNT), ambigue e politicamente sensibili. Tra le misure non tariffarie, due tipi in particolare condizionano il commercio transatlantico: misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) ed ostacoli tecnici al commercio (OTC). Ad oggi, praticamente tutti i prodotti sono affetti da almeno una misura non tariffaria, andando ad incidere tanto sulla commercializzazione di un prodotto, quanto sul volume commercializzato;
   il rapporto della Commissione evidenzia che, per quanto riguarda il settore agricolo, saranno in particolare gli USA a vedere un aumento delle loro importazioni dall'Unione europea. Per l'Unione europea ci si potrà aspettare un aumento delle esportazioni nel settore dei prodotti lattiero caseari, del vino e degli alcolici, dello zucchero e del biodiesel. Scenari nefasti invece sono previsti per il settore delle vacche da latte. Conseguenze negative, sebbene di entità minori, sono ravvisabili per etanolo, pollame e alcuni cereali;
   in particolare, sottolinea la relazione, le conseguenze negative si avranno qualora l'accordo non venisse accompagnato da una convergenza regolamentare su numerose questioni, tra cui OGM, utilizzo di ormoni e ractopamina per accelerare la crescita di bovini, trattamenti per debellare agenti patogeni nella carne, pesticidi e additivi alimentari. Alla base di queste divergenze vi sono due differenti approcci: l'Unione europea usa il principio di precauzione, mentre gli Stati Uniti si affidano alle prove scientifiche per adottare restrizioni al commercio. L'Unione europea lascia l'onere della prova alle aziende, mentre gli USA alle agenzie nazionali. Le questioni ancora aperte sono perciò ancora tante. Alcuni passi in avanti sono già stati fatti, ad esempio l'accordo sul mutuo riconoscimento dei prodotti biologici a partire dal giugno 2012. La partita però resta ancora aperta, ed i gruppi di interesse da una e dall'altra parte dell'oceano svolgono e vogliono svolgere un ruolo chiave –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se sia possibile avere delle rassicurazioni sul fatto che l'adozione dell'accordo TTIP tra Stati Uniti d'America ed Unione europea non comporti degli svantaggi per i prodotti agroalimentari italiani ed europei e che quindi si garantisca una tutela dei livelli qualitativi del made in Italy agroalimentare ed il mantenimento della maggiore protezione dei consumatori, così come stabilito dalle normative comunitarie. (3-01164)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il ritrovamento in Salento del patogeno da quarantena Xylella fastidiosa su piante di olivo e altre specie coltivate, ornamentali e spontanee sta determinando notevoli criticità per la gestione di questa emergenza fitosanitaria, unica per la sua specificità;
   la specie vegetale più importante coinvolta è l'olivo, interessato oltre che dal batterio anche da altri agenti parassitari che hanno ulteriormente aggravato il quadro fitosanitario;
   sino al ritrovamento di Xylella fastidiosa nel Salento, la diffusione del batterio era confinata principalmente nel continente americano (Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Brasile, Venezuela, Argentina e Perù), con più rare e delimitate segnalazioni in Asia (Taiwan);
   la distribuzione di Xylella fastidiosa sembra essere legata anche a vincoli climatici, che interessano essenzialmente i suoi vettori;
   in Puglia la presenza della Xylella fastidiosa allo stato attuale è confinata nella sola provincia di Lecce, ma quanto si sta verificando, alla luce delle diagnosi formulate da numerosi tecnici e ricercatori e delle analisi effettuate dai laboratori abilitati, ha messo in evidenza una situazione fitosanitaria piuttosto complessa per i differenti fattori coinvolti;
   una maggiore importanza è stata comunque attribuita al quadro fitopatologico per le infezioni della Xylella fastidiosa, per l'elevata dannosità che può determinare e per l'obbligo di adottare le misure da quarantena imposte dalle norme nazionali, europee e internazionali;
   i criteri generali stabiliti per la gestione dei parassiti da quarantena, infatti, impongono l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie in grado di contribuire ad eradicare ed evitare la diffusione del batterio;
   la complessità della situazione che si sta verificando nella provincia di Lecce impone di focalizzare l'attenzione sull'attuazione di misure da porre in essere e di tutti i possibili interventi fitosanitari diretti, compresa l'attuazione di pratiche agronomiche, da intensificare rispetto alla normale conduzione di buone pratiche agricole, previste nella condizionalità –:
   se sia informato dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere in merito. (4-06899)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Lazio rientra tra le regioni in piano di rientro, e nell'ambito delle misure di razionalizzazione nel 2008 era stata decisa la chiusura di tre ospedali, il San Giacomo, il Nuovo Regina Margherita, e l'ospedale Forlanini;
   per quest'ultimo la data di chiusura è stata fissata al prossimo mese di dicembre;
   il Forlanini è uno storico ospedale romano, che rappresenta un'eccellenza mondiale nel campo della pneumologia e della chirurgia toracica, e che costituisce un punto di riferimento per tutto il Centro e il Sud Italia, oltre ad essere un bene architettonico e monumentale che proprio a dicembre di quest'anno compirà ottanta anni;
   la chiusura del Forlanini priverà, quindi, il territorio di un'importante struttura sanitaria, senza che sia mai stato effettuato un vero studio per valutare delle ipotesi alternative alla chiusura, che avverrebbe per la supposta insostenibilità dei costi, rappresentati dal personale, dai macchinari e dai consumi, oltre al fatto che alcune parti della struttura attualmente sono vuote;
   va rilevato, tuttavia, che il personale e i macchinari saranno trasferiti al San Camillo, mentre per quanto riguarda i costi di gestione con riferimento ai consumi non si è mai pensato al rinnovi degli impianti e a dotare la struttura di nuove tecnologie in grado sia di produrre risparmio nonché ricchezza (pannelli fotovoltaici, fonti di energia rinnovabili, utilizzo di materiali biodegradabili per i pasti, efficientamento della rete idrica per ridurre gli sprechi);
   anche per quanto riguarda le strutture vuote esistono delle valide soluzioni alternative, posto che si potrebbe, ad esempio, trasferire al loro interno alcuni ambulatori della ASL RM D, in modo da eliminare le spese per l'affitto, peraltro pagate a privati, oppure si potrebbe realizzare una residenza sanitaria assistenziale, oppure aprire un'indagine di mercato per valutare la possibilità di affittarle a un campus universitario;
   invece non si è tentato di esperire alcuna soluzione alternativa ed è stata decisa la chiusura tout court;
   la struttura è nata come polo sanitario e la sua destinazione è questa, quindi non si comprende quale sarà il suo futuro una volta chiuso, e si corre il rischio che essa finirà oggetto di degrado, abbandono, incuria o forse di qualche occupazione –:

   se ritenga di promuovere le iniziative opportune per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del deficit sanitario al fine di riconsiderare la chiusura della struttura ospedaliera di cui in premessa. (4-06894)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che Enel Green Power, società leader in Italia nel settore delle rinnovabili, si unirà al consistente gruppo di aziende che farà ricorso al Tar contro il cosiddetto decreto «spalma-incentivi» – il decreto-legge n. 91 del 24 giugno 2014 – e di conseguenza contro il Governo;
   al riguardo, si evidenzia che già l'interrogante con precedente atto di indirizzo, ha eccepito l'illegittimità del decreto in questione in quanto lesivo di diritti acquisiti, costringendo i proprietari degli impianti fotovoltaici ad una rimodulazione degli incentivi incassati per l'energia prodotta, che vengono «spalmati» da 20 a 25. Tale manovra determina, dunque, una riduzione della remunerazione del capitale investito, con conseguente revisione dei piani finanziari;
   il ricorso al Tar di Enel Green Power contro il decreto in questione era prevedibile considerando che si tratta di una società quotata in borsa, che deve tutelare gli interessi di tutti i suoi azionisti. Ciò che è paradossale è che, di fatto, la società incardina un giudizio contro il suo controllore di ultima istanza, visto che il gruppo Enel ha come azionista di maggioranza il Ministero dell'economia e delle finanze con il 31,24 per cento delle quote;
   è inammissibile la politica che sta portando avanti l'esecutivo nel settore delle rinnovabili, che non solo non è adeguatamente sostenuta ed incentivata come prevede la normativa in materia, in considerazione della virtuosità dello stesso, ma addirittura viene danneggiato da provvedimenti retroattivi;
   l'emanazione del decreto «spalma incentivi» è la conferma del perpetrarsi di tale politica irragionevole, considerando che si è in presenza di un provvedimento, di natura retroattiva che va a modificare le condizioni iniziali previste all'epoca in cui le imprese interessate hanno deciso di investire nel settore del fotovoltaico. Pertanto, l'effetto retroattivo di questo provvedimento, ossia la rimodulazione della tariffa, incide in modo ingiustamente peggiorativo, sui piani economici finanziari delle imprese investitrici;
   il fatto che Enel Green Power proponga azione legale contro il Governo, pur avendo il gruppo Enel come azionista di maggioranza il Ministero dell'economia e delle finanze – lascia ben intendere quanto sia irragionevole il provvedimento incriminato; quindi si ritiene necessaria l'adozione di provvedimenti volti a rimuovere gli effetti previsti dall'articolo 26 del decreto legge n. 91, del 24 giugno 2014 –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati sui fatti esposti in premessa;
   se i Ministri, per quanto di competenza, intendano adottare iniziative volte a rimuovere la rimodulazione, così come prevista dal decreto-legge n. 91 del 24 giugno 2014, delle tariffe incentivanti di produzione di energia elettrica da parte di impianti fotovoltaici, che con i suoi effetti retroattivi e peggiorativi, infligge a giudizio dell'interrogante un illegittimo danno alle imprese che hanno investito nel settore. (4-06897)


   MANZI, LUCIANO AGOSTINI, CARRESCIA, LODOLINI, MARCHETTI e PETRINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, meglio noto come «Destinazione Italia», all'articolo 6, comma 8, ha stabilito infatti che: «... l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni avvia le procedure per escludere dalla pianificazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre le frequenze riconosciute a livello internazionale e utilizzate dai Paesi confinanti, pianificate e assegnate ad operatori di rete televisivi in Italia e oggetto di accertate situazioni interferenziali alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché le frequenze oggetto di EU Pilot esistenti alla medesima data. La liberazione delle frequenze di cui al primo periodo deve avere luogo non oltre il 31 dicembre 2014»;
   entro il 31 dicembre 2014 circa 76 imprese televisive italiane dovranno spegnere le proprie frequenze, a cause delle accertate interferenze con la rete di comunicazione di Stati esteri, vale a dire con quei soggetti, la cui lesione dei diritti è alla base dell'intervento di pianificazione delle frequenze da porre in essere;
   Francia, Slovenia, Croazia e Malta hanno segnalato questo problema di sovrapposizione al nostro Paese e per porvi rimedio è stata previsto dal Ministero dello sviluppo economico la liberazione di queste frequenze;
   l'Amministrazione croata, in particolare, ha inviato alle autorità italiane una nota con la quale propone l'estensione delle aree di esclusione che la riguardano, richiesta che, secondo quanto contenuto nella delibera Agcom 480/14/Cons, anche le analisi tecniche effettuate portano a ritenere in buona parte giustificata e quindi, per quella parte, accoglibile;
   particolarmente penalizzate risultano le regioni adriatiche, tra cui le Marche, per la quale è stata accertata l'interferenza delle frequenze con quelle della Croazia;
   caso emblematico quello della Tv CentroMarche, che secondo la nuova graduatoria preparata dal Ministero dello sviluppo economico, nonostante sia la prima emittente privata regionale, dovrà liberare la sua isofrequenza nelle province di Macerata, Fermo ed Ascoli Piceno, con pesanti ripercussioni anche in termini occupazionali;
   rispondendo in Aula all'interrogazione n. 3-01151, il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ha comunicato che: «... dal 6 novembre, sul sito del Ministero dello sviluppo economico, è aperta una consultazione pubblica per individuare in modo concorde anche le modalità per liberare volontariamente queste frequenze, a fronte di un indennizzo economico, una compensazione economica per gli operatori. È già stato predisposto un fondo dal Ministero dello sviluppo economico ed è previsto un ulteriore intervento normativo, proprio per aumentare il fondo a disposizione per la compensazione di questi operatori, che dovranno liberare le frequenze e, quindi, evitare i rischi di infrazione al livello europeo»;
   secondo quanto riferito da alcune emittenti coinvolte la riassegnazione delle frequenze rimaste a disposizione dovrebbe poi avvenire, tenendo conto di una graduatoria che risale al 2011, pertanto chi è collocato oltre un certo posto, in virtù delle frequenze escluse, non si vedrà riassegnata alcuna frequenza, con la conseguenza di vedersi preclusa ogni possibilità diretta di poter trasmettere contenuti e programmi su un proprio mux;
   nel caso specifico delle Marche, la graduatoria del 2011 appare del tutto inadeguata poiché non tiene conto di alcuni sostanziali e determinanti cambiamenti sopravvenuti;
   ad aggravare questa situazione di incertezza si aggiunge il fatto che dal 1o gennaio 2015 il contributo annuale per l'utilizzo delle frequenze dovrebbe aumentare considerevolmente, tanto da renderlo sostanzialmente irraggiungibile per le imprese televisive locali;
   nel corso degli anni, sulla base delle assegnazioni di frequenze, operata dal Ministero dello sviluppo economico, le emittenti private hanno sostenuto investimenti notevoli ed in favore delle stesse sono stati erogati contributi pubblici altrettanto rilevanti, che hanno generato occupazione ed hanno garantito la pluralità dell'informazione e la promozione dei territori;
   pur aumentando il fondo a disposizione per la compensazione degli operatori coinvolti, come nelle intenzioni del Governo, la nuova ripartizione delle frequenze rischia di compromettere irreparabilmente la pluralità dell'informazione e la possibilità di dare voce alle realtà locali che non possono trovare spazio nei canali e negli spazi informativi dei network nazionali –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (4-06901)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Cimbro e altri n. 4-06821, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Tullo, Franco Bordo, Moretto, Fabbri.

  L'interrogazione a risposta scritta Segoni e altri n. 4-06844, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Gagnarli.

  L'interrogazione a risposta scritta De Lorenzis e altri n. 4-06845, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Silvia Giordano, Baroni, Dall'Osso, Di Vita, Grillo, Lorefice, Mantero, D'Ambrosio, L'Abbate.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta D'Incà n. 4-06780, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 326 del 6 novembre 2014.

   D'INCÀ, ROSTELLATO, BUSINAROLO, SPESSOTTO, COZZOLINO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 12 e 13 giugno 2011 con l'approvazione, a larga maggioranza, dei referendum per l'acqua bene comune le italiane e gli italiani hanno espresso chiaramente, con il proprio voto, la volontà di sottrarre la gestione dell'acqua e tutti i servizi pubblici a logiche di mercato e di profitto e di mantenerla sotto il controllo pubblico;
   l'indirizzo del Governo però, sottolineato di recente ed in diverse occasioni, esprime la necessità di mettere in campo realtà di valore nazionale nel settore delle aziende multiutilities e delle società partecipate;
   tale processo potrebbe subire una netta accelerazione a causa delle intenzioni del Governo, volte a facilitare le aggregazioni delle ex municipalizzate attraverso incentivi per quegli enti che dismettono quote, consentendo l'utilizzo dei proventi delle vendite delle partecipazioni al di fuori del patto di stabilità. Ciò indurrebbe gli enti locali a vendere, o svendere, le proprie azioni consegnando, o regalando, quote anche di maggioranza ai privati in cambio della possibilità di spendere per il comune il ricavato;
   l'indirizzo annunciato dal Governo è condiviso da alcuni sindaci di importanti capoluoghi di regione del nord tra cui Fassino e Pisapia, che stante le dichiarazioni su vari organi di stampa, prefigurano la nascita della cosiddetta «multiutility del nord» fusione tra A2A, la società dei servizi che opera in Lombardia detenuta a maggioranza dai comuni di Milano e Brescia, e Iren, definendola un «obiettivo strategico» per far crescere e sviluppare delle forme di cooperazione e di alleanza. Tale progetto contribuirebbe a rafforzare ancora di più grandi società come A2A e Iren che dovranno avere sempre di più avere la forza e la capacità di una presenza sul mercato nazionale e internazionale, prefigurandone inoltre la necessità della quotazione in borsa;
   infatti Piero Fassino attuale sindaco di Torino e anche presidente dell'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni italiani, quando parla di società partecipate dagli enti locali dice – in un'intervista al quotidiano La Stampa, di fine agosto – che per lui la strada è quella della Borsa, perché «solo così le si costringerà a razionalizzarsi e a ristrutturarsi per presentarsi con i conti in ordine e, una volta quotate, attingere dal mercato quei capitali che servono loro per la propria attività»;
   l'innesco di un tale processo, mediante l'apertura al mercato dei capitali, porterebbe ad una finanziarizzazione sempre più spinta della società che gestiscono servizi pubblici locali, che sarebbero esposte ai rischi e alle regole del mercato e all'ingresso dei privati nella gestione delle stesse, contravvenendo così all'esito della consultazione referendaria del 2011;
   per contro anche i risultati della gestione di alcune società partecipate totalmente dagli enti territoriali presentano della criticità importanti, così come riportato dall'indagine sui risultati della gestione delle società partecipate dagli enti territoriali svolto dalla Corte dei conti, a livello centrale e territoriale, per la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio degli enti proprietari. L'indagine svolta dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti ha esaminato gli organismi censiti nella banca dati SIQUEL della Corte dei conti nei loro dati di bilancio, che sono posti in relazione con i flussi finanziari erogati dai soggetti pubblici partecipanti e/o controllanti. La gestione finanziaria dimostra una netta prevalenza dei debiti sui crediti, in tutti gli organismi oggetto della indagine;
   a titolo di esempio, la regione Veneto ha dato attuazione alla normativa nazionale sul servizio idrico integrato individuando otto ambiti territoriali ottimali ed un nono ambito, l'ATO Lemene, di carattere interregionale (legge regionale 27 marzo 1998, n. 5 sostituita dalla legge regionale 27 aprile 2012, n. 17);
   la gestione diretta del servizio idrico integrato, nei comuni che compongono l'ATO Alto Veneto nella provincia di Belluno, è affidato dal 1o gennaio 2004 alla società BIM GSP di Belluno. Partecipano al capitale sociale, in quote paritetiche, i 67 comuni della provincia di Belluno appartenenti al Bacino imbrifero montano del Piave. Il capitale sociale è interamente composto da n. 4.020 azioni ordinarie, del valore nominale unitario di euro 500;
   dall'ultimo bilancio societario depositato, l'ente BIM GSP di Belluno risulta avere al 31 dicembre 2012 un debito di circa 89 milioni di euro nei confronti di banche e fornitori, dovuto ad errate valutazioni sui quantitativi di acqua consumata che hanno portato alla redazione di piani industriali sbagliati;
   tale situazione emerge pubblicamente nel 2011, quando BIM GSP rinvia l'approvazione del bilancio poiché «ha un'esposizione di 50 milioni di euro dei quali pressoché nessun amministratore locale era a conoscenza»;
   con l'approvazione da parte di AEEG (delibera n. 506/2013/R/idr del 07/11/2013) del Piano Tariffario 2012-2013 e relativo Piano Economico Finanziario, BIM GSP ha incrementato del 29,4 per cento gli importi unitari del piano tariffario 2013, richiedendo retroattivamente in bolletta il conguaglio 2013, oltre ad applicare l'anticipo sui consumi futuri, a partire dal 1o gennaio 2014. Questo per «coprire integralmente i costi di gestione e recuperare i costi sostenuti dal gestore per investimenti e servizi già effettuati in assenza di adeguata tariffa (da comunicazione di BIM GSP in bolletta);
   moltissime utenze, soprattutto attività alberghiere, si sono viste recapitare bollette con importi anche doppi rispetto gli anni precedenti –:
   se e come intendano orientare le scelte di politica economica generale, nell'ambito dei settori delicati della gestione dei servizi pubblici locali;
   se non ritengano opportuno valutare con attenzione le criticità emerse rispetto alla creazione di grandi società partecipate operanti nel settore delle public utilities in considerazione del sempre più diffuso aumento delle tariffe. (4-06780)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Commissione Palazzotto n. 5-03794 del 14 ottobre 2014.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Mura n. 4-06840 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 330 del 12 novembre 2014.
  Alla pagina 18643, seconda colonna, alla riga sedicesima deve leggersi: «popolo armeno e la responsabilità, certificata» e non «popolo turco e la responsabilità, certificata», come stampato.