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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 13 novembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    si stanno susseguendo in alcune aree del Paese una serie di tragici eventi alluvionali che a più riprese hanno colpito alcune zone, provocando vittime, devastazione, disperazione, fermo e danni alle attività produttive e agli strumenti di produzione, per superare i quali al momento non è possibile nemmeno prevedere un orizzonte temporale;
   dall'inizio di ottobre 2014 le regioni Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Friuli Venezia Giulia sono state colpite da eccezionali precipitazioni atmosferiche che stanno proseguendo anche in questi stessi giorni, con alcune vittime, piogge insistenti e torrenziali, allagamenti, fiumi straripati e laghi esondati, frane, fango, scuole chiuse, e l'intervento di centinaia di volontari in tutti i territori colpiti;
   il Governo ha adottato solo i provvedimenti minimi per venire incontro alla drammatica situazione degli operatori che hanno perso tutto e non sono in grado al momento di ricominciare, sospendendo solo i versamenti tributari, solo fino al 20 dicembre 2014, solo limitatamente ad una lista di comuni;
   è notizia di questi giorni che Equitalia stia recapitando cartelle esattoriali per migliaia di euro a cittadini ed imprese dei territori colpiti da calamità naturali; si tratta di importi insostenibili proprio perché afferenti ai periodi immediatamente precedenti gli eventi avversi e che senza una piena ripresa dell'attività economica, non possono essere sostenuti; tra le richieste più alte, ci sono quelle provenienti dall'INPS per versamenti contributivi,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per prevedere, per le persone fisiche e giuridiche aventi residenza nei territori delle regioni citate in premessa, che abbiano subìto danni a seguito degli eccezionali eventi atmosferici verificatisi nel corso dell'anno 2014, tali da determinare un serio impedimento allo svolgimento della attività economica, una esenzione triennale dai versamenti fiscali e contributivi e la cancellazione di tutte le cartelle di pagamento emesse da agenti della riscossione, prevedendo altresì la creazione di un corrispondente fondo statale atto a compensare i mancati versamenti contributivi di cui sopra;
   ad assumere iniziative per prevedere, per le attività economiche aventi residenza nei territori citati in premessa, l'esenzione triennale dalla presentazione del documento unico di regolarità contributiva per tutte le finalità per i quali tale documento è richiesto;
   a stanziare, in aggiunta alle disponibilità delle singole regioni, i fondi necessari ad aiutare concretamente la bonifica dei territori colpiti, la riparazione dei danni e la ripresa delle attività economiche.
(1-00665) «Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Marguerettaz, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    la lotta all'evasione fiscale è uno degli impegni fondamentali nei quali è fortemente concentrata l'Italia al fine di perequare il sistema fiscale e tributario rispetto a cittadini, famiglie e imprese;
    le istituzioni europee hanno in varie circostanze richiamato il nostro Paese ad impegnarsi maggiormente nel contrasto all'evasione fiscale, indicando l'Italia come «maglia nera» dell'economia sommersa, che si attesterebbe su un valore complessivo di 180 miliardi di euro;
    nell'eurozona l'evasione fiscale costituisce uno dei principali problemi in quanto coinvolge numerosi Stati fondatori dell'Unione europea, quali la Germania (con 159 miliardi), la Francia (con 121 miliardi di euro), la Gian Bretagna con (75 miliardi di euro) e la Spagna con (73 miliardi);
    il fiscal compact che l'Italia, insieme agli altri Paesi dell'Unione europea, è tenuta a rispettare, ha un peso estremamente rilevante sui conti dello Stato italiano e delle famiglie;
    il fatto che il Governo non sia in grado di incassare le risorse fiscali e tributarie derivanti da attività illecite impedisce l'alleggerimento della pressione fiscale;
    Jean Claude Juncker, eletto presidente della Commissione europea il 1o novembre 2014, è stato Primo Ministro del Lussemburgo per diciotto anni, dal 1995 al 2013;
    secondo un'inchiesta giornalistica realizzata dall’International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ) e pubblicata in questi, giorni, il Governo del Lussemburgo avrebbe promosso accordi con trecento aziende in tutto il mondo, trentuno delle quali in Italia, per spostare flussi finanziari enormi pagando tasse minime;
    oltre a multinazionali quali Amazon, Ikea, Deutsche Bank, Procter&Gamble, Pepsi, Gazprom, sembrerebbero essere coinvolti anche Finmeccanica e alcuni istituti di credito italiani, quali Unicredit, Intesa San Paolo, Banca Marche e Banca Sella;
    i cronisti dell’International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ) hanno scoperto un quadro inquietante dei rapporti tra enormi multinazionali e le autorità del Granducato;
    secondo quanto riporta L'Espresso, che ha avuto l'esclusiva per l'Italia, si tratta di «un'emorragia di fondi, perfettamente legale, che sottrae risorse dall'economia del resto dell'Ue»;
    secondo l'Espresso dalle multinazionali alle banche, dalle imprese famigliari ai grandi marchi della moda, migliaia di società hanno trovato rifugio all'ombra del «fisco leggero» del Granducato, in un sistema cresciuto anche grazie al lungo Governo di Jean-Claude Juncker;
    per anni il Lussemburgo è stato fra i Paesi (ultimamente in tandem solo con l'Austria) che hanno rallentato e perfino «preso in ostaggio» la gran parte degli altri Stati membri sulla controversa tassazione delle rendite da risparmio dei cittadini non residenti, in stretta alleanza con i cinque Paesi terzi (Svizzera, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Andorra) e ha rallentato la marcia verso lo scambio automatico delle informazioni fiscali tra amministrazioni, rimanendo aggrappato alla difesa sempre più indifendibile di parti sostanziali del segreto bancario;
    la prossima settimana in Australia si ritrovano i Capi di Stato e di Governo del G20 per certificare al massimo livello politico le proposte Ocse contro quella che con un eufemismo viene chiamata «ottimizzazione fiscale» per intraprendere procedure di trasparenza;
    l'Esecutivo europeo è per definizione il «guardiano» della regole e la fiducia nei suoi confronti deve essere totale, ed è a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo inaccettabile che sia presieduto da un personaggio coinvolto in fatti come quelli di cui in premessa,

impegna il Governo

ad attivarsi in sede europea per chiedere le immediate dimissioni del presidente della Commissione europea in quanto non compatibile, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, con il ruolo di garante ed esecutore delle politiche di rigore fiscale e di lotta all'evasione ed elusione.
(1-00666) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    il controllo della spesa pubblica, attraverso le procedure di «revisione della spesa pubblica», cosiddetta spending review, ha una incidenza fondamentale sul percorso di risanamento dei conti pubblici, che deve essere realizzato contestualmente ed in parallelo ad un processo di sostegno alla crescita dell'economia del Paese, senza la quale non è possibile conseguire l'abbattimento del cospicuo debito pubblico accumulato negli anni;
    la revisione della spesa pubblica è entrata nel dibattito politico nel 2006 e 2007, poi rimossa e avviata dal Governo con l'incarico al professor Piero Giarda, che ha presieduto dal 1986 al 1995 la commissione tecnica per la spesa pubblica presso il Ministero del tesoro;
    un primo importante contributo in materia di revisione di spesa pubblica risale al rapporto preliminare del settembre 2011, redatto dal professore Piero Giarda, in seguito all'incarico attribuitogli dall'allora Ministro Giulio Tremonti del Governo Berlusconi;
    il rapporto contiene una descrizione della spesa pubblica e di come si è evoluta in 60 anni con un'interessante classificazione di «sprechi» e «inefficienze»;
    come noto, nell'autunno del medesimo anno, in seguito alle dimissioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si insediò il Governo tecnico Monti, che affidò ad Enrico Bondi la commissione per la spending review;
    Bondi non diede seguito al rapporto Giarda, ma, a fronte di compenso lordo di 150.000 euro annui, produsse un lavoro di analisi della spesa per amministrazione in base alla quantità di risorse impiegate rispetto alla media standard indicata dall'ISTAT, a prescindere dalla quantità dei servizi e delle attività delle medesime amministrazioni, quindi un lavoro a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo difficilmente utilizzabile per una scelta virtuosa di riduzione della spesa, e, dopo aver lasciato innumerevoli tabelle, lasciò l'incarico nel gennaio 2013;
    il Governo Monti non attuò nessun taglio finalizzato ad un processo organico di razionalizzazione e lotta agli sprechi, anzi si è limitato a far quadrare i conti pubblici, attuando i soliti invisi tagli lineari e aumentando le entrate mediante l'inasprimento della pressione fiscale;
    in seguito la Commissione fu affidata per pochi mesi al ragioniere Mario Canzio, che fu poi sostituito;
    nel mese di ottobre 2013, in virtù dell'articolo 49-bis inserito nel testo del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 9, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, il Governo Letta ha inteso adottare misure per il rafforzamento della spending review e ha nominato Carlo Cottarelli, «con il compito di formulare indirizzi e proposte, anche di carattere normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al comma 1», ossia il Comitato interministeriale nominato al fine di coordinare l'azione di Governo e le politiche volte all'analisi e al riordino della spesa pubblica e migliorare la qualità dei servizi pubblici offerti;
    il commissario Cottarelli, che ai sensi della legge citata «opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione» ha prodotto un progetto di tagli alla spesa pubblica, mai reso ufficiale nella sua integrità, diretto alla razionalizzazione e semplificazione dell'apparato burocratico, finalizzato al risparmio di risorse ottenuto anche mediante la soppressione della duplicazione di funzioni e, soprattutto, lo smaltimento della «giungla delle partecipate pubbliche»;
    gli obiettivi di riduzione della spesa pubblica del piano Cottarelli costituivano la base per le previsioni di spesa per il triennio 2014-2016 della legge di stabilità 2014 e lo strumento per reperire le risorse utili per realizzare gli interventi del programma nazionale di riforma, contenuti nel DEF 2014;
    da informazioni trapelate sulle analisi della spesa, svolte dal team del commissario Cottarelli, il progetto-base prevedeva risparmi di spesa per circa 7 miliardi di euro nel 2014, 18 miliardi di euro nel 2015 e 33,9 miliardi di euro nel 2016;
    nel settembre 2014, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, l'ex Ministro Piero Giarda ha osservato, rispetto alla volontà del Premier Renzi di tagliare del 3 per cento le spese di ogni ministero, che: «questa non è spending review ma un semplice taglio di spesa, simile a quelli spesso visti in passato. Naturalmente di tratta di una scelta legittima e forse anche ineludibile se si vuole fare spazio ad altre politiche, come la riduzione del deficit o delle casse»;
    come è noto, in seguito all'insediamento del Governo Renzi, e successivamente all'adozione del decreto-legge 66 del 2014, il commissario Cottarelli ha lasciato ufficialmente la commissione a meno di un anno dalla sua nomina;
    gli incarichi suesposti per la revisione della spesa pubblica non sono stati svolti «a costo zero» per la finanza pubblica e, con riferimento all'ultimo incarico al commissario Cottarelli, la norma è stata approvata dal Parlamento, che, quindi, «ha ratificato» una scelta da cui si attendevano risultati;
    le professionalità impiegate e gli studi e analisi prodotte potrebbero rappresentare una base di partenza per decisioni politiche in merito al controllo ed alla gestione della spesa pubblica;
    la discrezionalità con cui i Governi succedutisi rinunciano all'utilizzo delle analisi correlate alla revisione della spesa pubblica denota una tendenza a rinviare un percorso organico di risanamento delle finanze pubbliche con effetti a medio e lungo termine, non più procrastinabile a causa delle scarse risorse ridottesi per la flessione grave del prodotto interno lordo italiano, che compromette la possibilità di rilanciare gli investimenti;
    la revisione della spesa è fondamentale per intervenire sulla strumentazione della programmazione ex-ante, dunque, la valutazione del Parlamento, in sede di sessione di bilancio, dei documenti finanziari potrebbe essere rafforzata se supportata da una conoscenza specifica sulle varie possibilità di impiego alternative delle risorse pubbliche;
    peraltro le decisioni di spending review hanno un impatto importante sull'assetto delle istituzioni e della pubblica amministrazione, sia centrale che territoriale, per cui è auspicabile coinvolgere tutte le forze politiche in campo per un'ampia condivisione;
    già il rapporto Giarda nel 2011 aveva evidenziato la possibilità di un'aggressione della spesa pubblica superiore a 200 miliardi di euro;
    sarebbe opportuno che le Commissioni parlamentari di merito possano acquisire l'ultimo lavoro di analisi prodotto dal commissario Cottarelli, al fine di valutare gli esiti di un incarico, che è gravato sul bilancio dello Stato per circa 300.000 euro annui;
    le analisi, ivi contenute, aggiornate in base ai tagli effettuati nel periodo 2011- 2013 sono basate su dati forniti dalle amministrazioni coinvolte, quindi rappresentano elementi di valutazione e di informazione da mettere a disposizione dei parlamentari per una maggiore conoscenza delle dinamiche di spesa per il funzionamento della pubblica amministrazione;
    è evidente la difficoltà degli esecutivi di intervenire sulla spesa pubblica, per la impopolarità di scelte e tagli invisi, per cui è auspicabile che il progetto di spending review non sia più sottoposto alla discrezionalità dell'Esecutivo, ma sia affidato alle Commissioni di merito del Parlamento, a cui affidare l'eredità del lavoro svolto fino ad oggi, affinché non resti inutilizzato, ma proseguito ed approfondito,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, anche normative, per investire il Parlamento dell'elaborazione dei progetti e delle decisioni in materia di revisione della spesa pubblica, affinché si possa giungere al pieno coinvolgimento di tutte le forze politiche ivi rappresentate, allo scopo di pervenire a soluzioni ampiamente condivise in ordine ad un progetto di riorganizzazione delle funzioni pubbliche, che consenta cospicui risparmi di risorse a medio e a lungo termine da destinare allo sviluppo economico del Paese e alla riduzione del prelievo fiscale;
   a trasmettere a tal fine al Parlamento ogni utile informazione, compreso il cosiddetto «progetto Cottarelli».
(1-00667) «Cariello, Currò, Caso, D'Incà, Sorial, Castelli, Brugnerotto, Pisano, Barbanti, Pesco, Alberti, Ruocco, Villarosa».

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    negli ultimi anni nel capoluogo della provincia autonoma di Trento si è assistito, a un allarmante incremento della microcriminalità soprattutto nell'area specifica dei reati di spaccio di stupefacenti e contro il patrimonio che ha determinato un crescente livello di insicurezza presso la cittadinanza. Nonostante il fatto sia incontestabile, nonché rimarcato da numerosi articoli di stampa e riconosciuto dalle istituzioni locali, manca una seria rilevazione dei fattori esogeni che ne causano l'incremento e, conseguentemente, un'adeguata conoscenza del fenomeno e una consona azione di contrasto. A tal fine, è necessario delineare un quadro informativo capillare sul disordine urbano e sociale che sia davvero in grado di indicare le modalità di riduzione dell'insicurezza con adeguati interventi integrati nel territorio;
    l'azzeramento delle assegnazioni di agenti di polizia destinate alla città di Trento negli anni 2012 e 2013 e il contemporaneo e sostanziale taglio del personale ha segnato un netto aumento dell'età media, limitando quindi l'efficacia del servizio di ordine pubblico sul territorio;
    vi è uno sbilanciamento della distribuzione delle competenze, che assegna molti agenti agli uffici a danno dei servizi esterni;
    manca un sistema organico di raccolta segnalazioni della cittadinanza: esse infatti vengono raccolte in maniera disorganica (c’è chi segnala all'assessore all'urbanistica, chi al sindaco o ad altri) rendendo più difficoltoso lo sviluppo di strategie avanzate di sicurezza e prevenzione basate sui tre criteri di efficienza, efficacia, economicità;
    la pianta organica degli agenti di polizia prevista per la provincia autonoma di Bolzano è tuttora commisurata alle condizioni sociali e politiche degli anni Cinquanta e Sessanta, periodo caratterizzato dall'azione dei movimenti terroristici per l'autodeterminazione del Südtirol;
    il commissario del Governo di Trento nell'incontro avuto in data 8 luglio 2014 con l'assessore alla coesione territoriale, urbanistica, enti locali ed edilizia abitativa della provincia autonoma di Trento, ha riconosciuto che esiste una differenza, in negativo, nel numero di agenti di polizia di Stato presenti a Trento rispetto alla città di Bolzano e che è in atto, da parte del Ministero dell'interno, una riorganizzazione generale delle strutture della polizia di Stato presenti sul territorio. Inoltre, dalla nota illustrativa dell'incontro non sono emerse indicazioni riguardo al numero di carabinieri dislocati nelle due realtà autonome,

impegna il Governo:

   a produrre e divulgare dati aggiornati riguardo alla presenza e alle modalità di impiego di agenti di polizia dello Stato e di militari dell'Arma dei carabinieri nelle province autonome di Trento e di Bolzano;
   a rivedere, nell'ambito della riorganizzazione generale delle strutture presenti sul territorio regionale, la pianta organica degli agenti di pubblica sicurezza adeguandola alle esigenze contemporanee e al mutato contesto storico riguardante la sicurezza nelle città di Trento e Bolzano;
   ad adottare iniziative urgenti volte a prevedere un regolare e costante monitoraggio dei fenomeni microcriminali locali finalizzato a delineare un quadro informativo capillare sul disordine urbano e sociale, a rilevare anche le informazioni sui reati subiti e non denunciati — il cosiddetto numero oscuro –, sul senso di sicurezza e sulla percezione del disordine dei cittadini e a indicare le modalità di riduzione dell'insicurezza con adeguati interventi integrati nel territorio;
   a promuovere lo sviluppo di competenze e di una capacità di governance per il coordinamento delle azioni di prevenzione della microcriminalità e per il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e dei poteri locali nella definizione delle politiche locali in materia di ordine pubblico.
(7-00523) «Fraccaro, Cozzolino, Lombardi, Toninelli, Dadone, Nuti, Dieni».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    la professione dell'odontotecnico è, allo stato, regolata dal regio decreto 31 maggio 1928, n. 1334 sulla disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie;
    il settore della fabbricazione dei dispositivi odontoiatrici ha un significativo impatto in termini di produzione di ricchezza nazionale laddove si consideri che esso annovera in Italia circa 13.000 imprese, in larghissima parte artigiane, ed impiega oltre 23.000 lavoratori;
    la assoluta peculiarità del settore risiede nella specificità delle produzioni realizzate le quali, essendo destinate ad un uso medico in campo odontoiatrico, richiedono cautele specifiche alla luce della doverosa tutela della sicurezza e della salute dei destinatari degli impianti;
    la risalente normativa del settore necessita di una riconsiderazione alla luce della considerevole evoluzione tecnica del comparto e nei materiali utilizzati, nonché della imprescindibile esigenza di tutelare le professionalità tecnico-artigiane interessate che, in mancanza di apposita disciplina e di autonomo riconoscimento, rischiano l'estinzione;
    il riconoscimento della figura tecnico-professionale dell'odontotecnico nell'alveo delle professioni sanitarie trova un riferimento nell'articolo 1 della legge 26 febbraio 1999, n. 42 laddove si prevede che la denominazione «professione sanitaria ausiliaria» contenuta in ogni provvedimento di legge sia sostituita dalla denominazione «professione sanitaria»;
    nel 2001 il Ministero della sanità predisponeva uno schema di decreto avente ad oggetto l'individuazione della figura professionale e del profilo dell'odontotecnico rispetto al quale il Consiglio superiore di sanità (parere nella seduta del 30 ottobre-14 novembre 2001 – Sez. II) ha ritenuto opportuno «che la figura dell'Odontotecnico sia inserita nella Classe delle lauree in professioni sanitarie tecniche – area tecnico assistenziale – (classe 3), di cui al decreto del MURST del 2 aprile 2001»;
    il Consiglio di Stato, chiamato a rendere il parere sul citato schema di decreto, evidenziava, sotto il profilo istituzionale, la necessità di trattare il tema del riconoscimento della professione di odontotecnico alla luce del nuovo riparto legislativo concorrente sancito dal Titolo V della Costituzione in materia di «professioni» e «salute» (parere Adunanza Generale dell'11 aprile 2002). In detto parere il Supremo Consesso dava, peraltro, atto che «Il Ministero ha riconosciuto tuttavia, che anche l'attività di odontotecnico – pur se qualificata “arte sanitaria ausiliaria” e non “professione sanitaria ausiliaria” – potesse essere ricondotta tra le professioni sanitarie [...]»;
    l'articolo 5, comma 2, della legge 1o febbraio 2006, n. 43 sanciva che l'individuazione di una nuova professione sanitaria fosse effettuata mediante accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, recepito con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;
    in tale direzione nel 2007 veniva predisposto da parte della Direzione Generale delle professioni sanitarie del Ministero della salute uno schema di Accordo avente ad oggetto l'individuazione della professione sanitaria di odontotecnico;
    l'Accordo regolava il profilo professionale dell'odontotecnico ed il relativo ambito di attività, il contesto operativo e di responsabilità della professione nonché il titolo di abilitazione per il suo esercizio;
    lo schema di Accordo, a seguito del parere favorevole di un'apposita Commissione costituita presso il Consiglio superiore di sanità, veniva trasmesso alla Conferenza Stato-regioni per il seguito di competenza;
    il processo di approvazione dell'Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni non giungeva a conclusione a causa della fine anticipata della XV Legislatura che non ne consentiva gli approfondimenti opportuni;
    nella seguente XVI Legislatura, trasmesso lo schema di Accordo alla Conferenza Stato-regioni da parte del Ministro della salute, Renato Balduzzi, il procedimento di riconoscimento degli odontotecnici si interrompeva per la fine della legislatura medesima;
    il percorso delineato negli atti sopra menzionati delinea con sufficiente chiarezza il quadro dei profili istituzionali e dei principi di merito da portare a compimento nella direzione giungere al riconoscimento della professione sanitaria dell'odontotecnico e della peculiare autonomia del settore produttivo di riferimento;
    lo scorso 13 marzo Confartigianato Odontotecnici, insieme alle altre associazioni di categoria, ha sollecitato la necessità di definire, in considerazione della
qualificazione e degli aggiornamenti conseguiti dalla categoria, l'avviato percorso di riconoscimento della professione sanitaria di odontotecnico, inviando una nota congiunta ai presidenti delle giunte regionali ed ai relativi assessori alla sanità ed alle attività produttive;
    il tema della professione odontotecnica è stato oggetto di ampie discussioni in seno a diversi Consigli regionali che hanno adottato formali atti di impegno nella direzione di sollecitare Governo, Parlamento e Conferenza Stato-regioni a farsi carico del riconoscimento del profilo professionale. In particolare da evidenziare sono le azioni della regione Lazio, (mozione n. 113 del 17 dicembre 2013), della regione Liguria (ordine del giorno del 25 marzo 2014), della regione Marche (mozione del 17 giugno 2014) e della regione Piemonte (mozione n. 18 del 30 settembre 2014 e ordine del giorno n. 5 del 30 settembre 2014);
    in detti atti le regioni hanno rilevato come la peculiarità del settore, l'importanza della qualità delle lavorazioni eseguite e la tutela dei cittadini-pazienti siano elementi che impongono il riconoscimento della professione sanitaria odontotecnica. Negli atti di impegno le regioni hanno evidenziato, altresì, come il riconoscimento costituisca il presupposto per l'ulteriore percorso di crescita professionale della categoria e del settore produttivo;
    ai fini del riconoscimento professionale giovano la significativa maturazione professionale e l'aggiornamento tecnologico già conseguiti della categoria, la quale contribuisce, per la propria parte di competenza, al benessere ed alla salute dei pazienti;
    il riconoscimento dell'autonomia e della specificità del comparto è necessario per consentire la partecipazione, in pari dignità, degli odontotecnici italiani alle esperienze di scambio con i colleghi europei – con evidenti ricadute positive in termini di crescita e di aggiornamento del settore delle produzioni in campo odontoiatrico – secondo gli auspici di libera circolazione delle professionalità promossi dalla Fédération Européenne et Internationale des Patrons Prothésistes Dentaires (FEPPD);
    il riconoscimento nazionale della peculiarità del settore giova ancor più sul versante europeo laddove gli odontotecnici italiani sono chiamati, in forza del piano di azione per il biennio 2014-2016 della FEPPD, a dare il loro contributo in vista dell'adozione della Carta professionale europea da parte della Commissione europea e sul confronto tra i diversi regimi fiscali applicabili, in termini di imposta sul valore aggiunto, al fine di creare, a livello europeo, una maggiore conoscenza delle differenze esistenti e delle loro conseguenze;
    il riconoscimento dell'autonomia professionale dell'odontotecnico e della conseguente specificità del settore di appartenenza, da conseguirsi attraverso la disciplina dei profili abilitativi, formativi, operativi e di responsabilità, offre un quadro di riferimento utile a qualificare il comparto ed a sostenerne la crescita, dal punto di vista tecnico-professionale ma anche numerico, con evidenti ricadute positive in termini di produzione di ricchezza e di incremento occupazionale,

impegna il Governo:

   a riprendere il tema del riconoscimento della professione odontotecnica, trasmettendo alla Conferenza Stato-regioni lo schema di Accordo del 2007;
   a farsi carico delle problematiche del settore delle produzioni dei dispositivi odontotecnici e, per l'effetto, riconoscere la professione sanitaria dell'odontotecnico e la peculiarità del comparto di riferimento;
   a riconoscere l'autonomia e la specificità della professione odontotecnica, nonché l'importanza che le produzioni odontotecniche spiegano nel campo delle cure dell'apparato dentale;
   a definire il contesto operativo per l'esercizio dell'attività odontotecnica, in particolare disciplinando i requisiti e le autorizzazioni per l'esercizio, il regime autonomo o di dipendenza dell'attività, lo spessore delle responsabilità, se del caso anche mediante la previsione dell'adozione di strumenti deontologici di autoregolamentazione, come delineati nello schema di Accordo del 2007;
   ad adottare ogni iniziativa utile a creare sinergie e scambio dei saperi e delle conoscenze, in ambito europeo ed internazionale nel settore accademico e delle ricerca, a beneficio della formazione continua, dell'aggiornamento professionale e della crescita complessiva del settore;
   a sollecitare le azioni di competenza presso gli organismi deputati, a partire dalla Conferenza Stato-Regioni, nella direzione di dare autonomo riconoscimento professionale sanitario agli operatori odontotecnici, con il conseguente rilievo della specificità del settore produttivo.
(7-00524) «Calabrò, Vignali, Donati».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo schema di contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI — Radiotelevisione italiana spa, per il triennio 2013-2015 (non ancora approvato), all'articolo 2 lettera a) stabilisce che la RAI si obbliga a garantire la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio assicurando, in particolare, una rete anche ad articolazione regionale con copertura non inferiore a quella precedentemente consentita dagli impianti eserciti per la rete analogica di maggior copertura;
   il medesimo schema di contratto di servizio obbliga la RAI a effettuare servizi per le minoranze culturali e linguistiche; ad assicurare una programmazione rispettosa dei diritti delle minoranze culturali e linguistiche nelle zone di appartenenza; a valorizzare e promuovere nell'ambito delle proprie trasmissioni le culture regionali e locali in stretta collaborazione con le regioni, il Co.Re.Com, le province, i comuni, le Università e gli enti culturali (lettera m);
   la RAI si obbliga a garantire la valorizzazione dei centri di produzione decentrati, assicurando il pieno utilizzo della loro capacità produttiva (lettera p);
   la RAI si impegna a favorire un processo complessivo di qualificazione della propria articolazione regionale, verificando le effettive opportunità di sviluppo di un'offerta ideata e prodotta dalle varie sedi regionali;
   l'offerta televisiva del servizio pubblico prevede, tra le altre, trasmissioni che consentano adeguati spazi ai gruppi etno-culturali e linguistici in Italia;
   lo schema di contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI — Radiotelevisione italiana spa, per il triennio 2013-2015, benché contenga importanti norme risulta carente rispetto all'articolazione del servizio pubblico su scala regionale e che pertanto si pone la necessità, di esaltare e rafforzare, nello stesso, il principio della territorialità, non solo della produzione ma anche delle risorse umane, come elemento essenziale per produrre informazione di qualità capace di esaltare le peculiarità presenti nelle singole regioni;
   la Sardegna, per quanto riguarda l'informazione, vive una delle fasi più delicate della sua storia autonomistica, con un panorama editoriale che negli ultimi anni ha visto chiudere numerose testate giornalistiche, provocando pesanti conseguenze dal punto di vista dell'occupazione;
   l'esigenza di superare la crisi economica e occupazionale in Sardegna, attraverso un'offerta pluralistica dell'informazione, si realizza anche attraverso l'impiego di giornalisti in grado di assicurare il principio della territorialità dell'informazione come elemento essenziale del servizio pubblico radiotelevisivo;
   la legge n. 482 del 1999 intitolata «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche », individua la lingua sarda, fra le minoranze linguistiche storiche; quella sarda è la più grande minoranza linguistica italiana, composta da oltre milione e mezzo di persone, come riconosciuto dalle legge 482 del 1999, adottata in applicazione dell'articolo 6 della Costituzione;
   con ordine del giorno 9/02433/023 presentato nella seduta n. 247 del 17 giugno 2014, il Governo si è impegnato a valutare la possibilità di estendere alla Sardegna il medesimo trattamento normativo relativo ai trasferimenti statali, previsto per la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia –:
   con quali tempi si intenda approvare lo schema di contratto di servizio 2013-2015 considerato che, attualmente, i rapporti tra la Rai e il Governo, sono ancora regolati dal contratto di servizio per il triennio 2010-2012;
   come intenda rafforzare, in ambito allo schema di contratto di servizio 2013-2015 in fase di approvazione, il principio della territorialità, non solo della produzione ma anche delle risorse umane, come elemento essenziale per produrre informazione di qualità capace di esaltare le peculiarità presenti nelle singole regioni;
   se intenda dare seguito all'impegno assunto con l'ordine del giorno 9/02433/023 presentato nella seduta n. 247 del 17 giugno 2014;
   se non ritenga opportuno integrare lo schema di contratto di servizio 2013-2015, in fase di definizione, con le proposte emendative approvate dalla Commissione di vigilanza RAI (in sede di espressione del parere rispetto al medesimo schema di contratto) all'articolo 2 dello stesso, lettere m) e p) al fine di effettuare, sulla base di apposita convenzione, trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua friulana per la regione autonoma Friuli-Venezia-Giulia e in lingua sarda per la regione autonoma Sardegna e, relativamente alle sedi regionali e centri di produzione locali, a garantire la valorizzazione dei centri di produzione decentrati, assicurando il pieno utilizzo della loro capacità produttiva, in particolare per la realizzazione e la diffusione dei programmi dei generi predeterminati di servizio pubblico a carattere regionale, come definiti al Capo 11 e nell'allegato 2, attuando politiche di gestione dirette alla specializzazione per aree tematiche dei diversi centri, consentendone il pieno coinvolgimento nella promozione dell'Expo Milano 2015 e per tutta la durata dell'evento, nonché funzionali alle effettive necessità di organico di ogni singola regione. (5-04027)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARENTELA, FERRARESI, GAGNARLI, L'ABBATE, SPADONI e DELL'ORCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   sono passati quasi due anni e mezzo dal terremoto in Emilia che nel 2012 ha causato la morte di 27 persone ed il ferimento di altre centinaia. La prima scossa di terremoto di magnitudo 5.9 alle 4.04 del 20 maggio 2012 era stata avvertita in gran parte del nord Italia e localizzata tra le province di Ferrara, Modena, Mantova e Bologna mentre Il 29 maggio alle 9 si era verificato un nuovo evento sismico in provincia di Modena di magnitudo 5.8. Diverse repliche avevano anche interessato le province di Reggio Emilia e Mantova, tra cui una scossa di magnitudo 5.3 alle 12.55;
   i danni del sisma sono stati stimati (relazione inviata alla Commissione europea) in 13 miliardi e 273 milioni di euro. In Emilia-Romagna la stima è di 12 miliardi e 202 milioni di euro: 676 milioni per i provvedimenti di emergenza; 3 miliardi e 285 milioni di danni all'edilizia residenziale; 5 miliardi e 237 milioni di danni alle attività produttive; 2 miliardi e 75 milioni di danni ai beni storico-culturali e agli edifici religiosi; la quota restante è suddivisa fra edifici e servizi pubblici e infrastrutture;
   il commissario delegato al sisma, Alfredo Bertelli, con ordinanza n. 71 del 17 ottobre 2014 recante modifiche alle ordinanze commissariali nn. 29, 51, 57 e 86 del 2012, n. 131 del 2013 e nn. 9 e 39 del 2014 ha prorogato i termini di presentazione delle domande di contributo per la ricostruzione privata di cui alle sopracitate ordinanze commissariali;
   l'ordinanza n. 71 del 17 ottobre 2014, all'articolo 5 comma I dispone che «il termine del 31 Dicembre 2014 indicato all'articolo 3 comma 1, all'articolo 5 comma 1, all'articolo 6 comma 1 ed all'articolo 7, comma 1 dell'Ordinanza n. 131/2013 è prorogato al 31 dicembre 2015 con esclusione per le domande delle imprese agricole attive nei settori della produzione primaria, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti di cui all'Allegato I del TFUE, per le quali il termine resta definito al 31 dicembre 2014 qualora non venga riconosciuta la proroga dei termini di concessione e pagamento richiamati al punto (4) “Durata della Decisione di esecuzione della Commissione C(2012) 9471” del 19/12/2012. Dell'eventuale avvenuto riconoscimento verrà data comunicazione sui siti della Regione Emilia-Romagna e dei Comuni colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012. Il termine di esecuzione dei lavori per le imprese agricole come precedentemente definite, resta fissato al 31 dicembre 2015 qualora non venga riconosciuta la sopracitata proroga da parte della Commissione UE»;
   il sopra citato articolo di proroga dei termini specifica l'esclusione delle imprese agricole dal regime di proroga, facendo esplicito riferimento al considerando 4 della decisione n. 9471 del 2012 della Commissione europea che dispone che «Gli aiuti saranno concessi successivamente alla data della decisione della Commissione europea e comunque non oltre i 3 anni dalle date del 20 e del 29 maggio 2012, in cui gli eventi si sono verificati. Gli aiuti saranno erogati entro 4 anni dal verificarsi degli eventi sismici. Non si autorizzeranno proposte di aiuti presentate più di tre anni dopo il verificarsi dell'evento, né proposte di aiuti il cui saldo possa essere versato oltre quattro anni dalla data dell'evento»;
   a pochi mesi dalla scadenza del termine prevista per il prossimo 31 dicembre, molte imprese agricole non hanno potuto ancora fare la domanda per la concessione dei contributi stanziati per la ricostruzione;
   in una lettera inviata alla Presidenza del Consiglio, ai parlamentari modenesi, all'assessore regionale all'agricoltura Tiberio Rabboni, al commissario delegato al sisma Alfredo Bertelli, cooperative e associazioni esprimono «la forte preoccupazione di tutto il mondo agricolo per l'assenza di un'adeguata proroga dei termini per la presentazione delle domande “conclusione lavori” per la ricostruzione e la riparazione dei danni provocati dal sisma del 2012»;
   Cia, Confagricoltura, Coldiretti, Copagri, Legacoop e Confcooperative di Modena chiedono inoltre un intervento incisivo verso la Commissione europea affinché conceda in tempi rapidi la proroga, «peraltro ben motivata anche a seguito degli eventi calamitosi succedutisi nello stesso territorio»;
   altri settori produttivi e civili hanno già ottenuto analoghe posticipazioni della scadenza con evidenti disparità di trattamento nei confronti del comparto agricolo –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di porre rimedio alla suesposta, ingiustificata disparità di trattamento subita dal comparto agricolo nella proroga dei termini di presentazione delle domande di contributo per la ricostruzione privata disposta dal commissario delegato per il sisma dell'Emilia del 2012 con ordinanza n. 71 del 17 ottobre 2014. (4-06851)


   CAROCCI, PASTORINO, BASSO e TULLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la notte del 10 novembre scorso il Tigullio, e in particolare Chiavari e il suo entroterra, è stato colpito da una violenta perturbazione, che ha causato ingentissimi danni;
   su Chiavari sono caduti più di 200 millimetri di pioggia in tre ore: sono esondati il fiume Entella ed il torrente Rupinaro, invadendo il centro cittadino, allagando negozi, box e abitazioni;
   tale episodio ha causato un durissimo colpo all'economia di Chiavari che fa del commercio la sua attività principale;
   inoltre, notevoli sono stati i danni lungo tutto il corso del fiume Entella, che è esondato in più punti. Dal lato di Chiavari, ha ceduto l'argine in prossimità delle caserme interforze di telecomunicazioni di Caperana, che sono state invase dalle acque, assieme a tutto il quartiere. Dal lato opposto, ingentissimi sono i danni nel comune di Cogorno, in particolare a San Salvatore, dove l'acqua ha raggiunto il metro d'altezza e dove box, negozi, abitazioni e altre attività sono state colpite da fiumi di acqua e fango. A Lavagna è esondato anche il Torrente Rezza;
   l'alluvione ha colpito anche l'entroterra: la situazione più grave è quella di Leivi, dove ad oggi, risultano ancora disperse due persone, la cui abitazione è stata sommersa da una frana;
   nella sera del 10 novembre 2014 sono state tratte in salvo altre 4 persone, nel comune di Carasco, sempre a causa di frane che insistevano sulle abitazioni. Gravi danni e alcune frane si sono registrati nei comuni di San Colombano, Mezzanego e Borzonasca, già colpiti da numerosi eventi alluvionali negli scorsi anni;
   si contano più di 100 sfollati. Ad oggi, nelle zone più colpite, manca l'acqua potabile, l'energia elettrica e sono difficili i collegamenti;
   la protezione civile si è prontamente attivata e ha coordinato gli, interventi sul territorio;
   è intervenuto l'Esercito con la presenza di 40 uomini del 1o reggimento artiglieria terrestre di Fossano. Sono a disposizione i mezzi del 32o reggimento guastatori alpini di Torino, gli stessi che sono già intervenuti a Genova –:
   quale sia la stima dei danni; quali stanziamenti si intendano attivare per le opere di somma urgenza e per il sostegno alle famiglie e alle attività colpite dall'alluvione; quali interventi di competenza si intendano realizzare, nel lungo periodo, per la messa in sicurezza del territorio. (4-06852)


   MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 90 del 2014 nel testo modificato dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114, prevede che entro il 31 dicembre 2014 il Governo potrà presentare alle Camere una relazione sull'assetto organizzativo dei TAR che comprenda una analisi dei fabbisogni, dei costi delle sedi e del personale, dei carichi di lavoro dei tribunali amministrativi e di ciascuna sezione nonché del grado di informatizzazione; a questa relazione andrà allegato un piano di riorganizzazione che preveda misure di ammodernamento e razionalizzazione della spesa con la eventuale indicazione delle sezioni da sopprimere, tenendo conto della collocazione geografica, del carico di lavoro e dell'organizzazione degli uffici giudiziari;
   nel caso le suddette relazione e piano di riorganizzazione non dovessero essere presentati entro il 31 dicembre, a decorrere dal 1o luglio 2015 sarebbero soppresse le sezioni staccate dei TAR che non hanno sede in comuni non aventi una sede di corte d'appello, e quindi la sezione staccata del TAR di Pescara sarebbe soppressa;
   tale sciagurata evenienza non ha ad avviso dell'interrogante alcun contenuto razionale, sia dai punto di vista dei costi della sede e del personale che dei fabbisogni e dei carichi di lavoro come motivato sul piano scientifico da 2 studi dell'università degli studi «Gabriele D'Annunzio » di Chieti-Pescara;
   in questi studi vengono evidenziati a favore della conferma della sezione staccata del TAR di Pescara:
    a) il notevole carico di lavoro e l'efficienza riconosciuta dagli operatori di giustizia, dalle istituzioni abruzzesi e dai cittadini;
    b) la economicità di fruizione di un servizio di notevole rilevanza, che vede una accessibilità «facile e sostenibile » per la sua felice collocazione geografica e per i suoi collegamenti viari, ferroviari, autostradali;
    c) il costo della sede è risolto con la ubicazione del TAR nel moderno e capiente palazzo di giustizia di Pescara dotato di ampi locali, parcheggi e facilmente raggiungibile da ogni parte dell'Abruzzo, mentre la sede del TAR dell'Aquila è ospitata in locali che divide con altri uffici e commissioni, che sono cresciuti di numero dopo il terremoto del 2009 per la difficoltà di reperire altri locali; nel caso di un accorpamento con la sezione staccata del TAR di Pescara i locali attuali sarebbero del tutto insufficienti;
   un accorpamento a L'Aquila determinerebbe un caos organizzativo e un aggravio dei costi con un grave danno al 60 per cento della popolazione abruzzese e agli operatori del settore che per accedere a L'Aquila avrebbero notevoli disagi –:
   a che punto sia la predisposizione della relazione e del piano di riorganizzazione dei TAR e quali iniziative intendano svolgere per garantire che essi siano presentati entro il 31 dicembre 2014 e che non prevedano la soppressione della sezione staccata del TAR di Pescara.
(4-06856)


   MURER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (in Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 191 del 16 agosto 2013), convertito con modificazioni dalla legge con n. 119 del 15 ottobre 2013 recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province» fissa all'articolo 3 le «misure di prevenzione per condotte di violenza domestica»;
   tra queste, al comma 3, si prevede che: «Il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, anche attraverso i dati contenuti nel Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1o aprile 1981, n. 121, elabora annualmente un'analisi criminologica della violenza di genere che costituisce un'autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento di cui all'articolo 113 della predetta legge n. 121 del 1981»;
   l'ultima relazione sull'attività delle Forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata è stata presentata al Parlamento nel gennaio del 2014 con l'elaborazione dei dati dell'anno 2012;
   ad oggi, nessun dato ufficiale sulla violenza di genere in Italia è stato elaborato da organismi istituzionali né sui crimini commessi nel 2013 né, tantomeno, su quelli commessi nel 2014;
   ad una precisa richiesta della sottoscritta, il Ministero dell'interno – direzione centrale polizia criminale — servizio analisi criminale ha fornito dati numerici sugli omicidi volontari commessi in Italia fino all'agosto del 2014, con la sola indicazione di quelli con vittime di sesso femminile e maturati in ambito familiare;
   i dati sono semplicemente elencati senza alcun tipo di analisi criminologica né di approfondimento su provenienze geografiche, status, e ulteriori informazioni di dettaglio;
   dati più elaborati, ma comunque fermi al 2013, sono forniti sistematicamente, e con grande professionalità, dalla Casa delle donne di Bologna, che analizza nel dettaglio le notizie della stampa, le aggrega fornendo un quadro statistico e di analisi approfondita che viene condotta, però, in chiave esclusivamente volontaristica e con risorse proprie;
   un lavoro analogo di elaborazione, sui dati della Casa delle donne, viene fatto da una giovane graphic designer genovese, Sara Porco, che ha creato il sito «Stop al Femminicidio» e l'applicazione «La mappa dei Femminicidi», dove elabora e rende accessibili i dati a partire dal 2005;
   manca del tutto ad oggi, in sede istituzionale, quell'analisi criminologica della violenza di genere che viene considerata unanimemente indispensabile per lo studio del fenomeno e per l'elaborazione di quella strategia complessa e integrata per prevenire e combattere la violenza sulle donne –:
   se non si consideri grave il vuoto conoscitivo di dati ufficiali e di analisi in relazione al fenomeno della violenza di genere, se non ritenga necessaria la conoscenza dei fatti sociali per poterli prevenire e combattere; se non valuti grave che debba essere la società civile a supplire a questa assenza di analisi delle istituzioni e quali iniziative intenda assumere per sopperire a questa grave carenza. (4-06866)


   PARENTELA e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Anas spa ha inserito nell'elenco delle grandi opere la realizzazione in nuova sede della strada statale 182 «trasversale delle serre»;
   l'infrastruttura, lunga 56 chilometri, rivestirebbe un importante ruolo strategico per la viabilità della regione Calabria e collegherebbe trasversalmente la regione allacciando la strada statale 106 jonica all'autostrada A3 attraversando l'altopiano delle Serre;
   la nuova strada statale 182 sostituirà il vecchio tracciato che, con caratteristiche costruttive tipiche della viabilità montana, caratterizzata da accentuata tortuosità, pendenze considerevoli e da una piattaforma di ampiezza limitata, non è in grado di sopportare la maggiore domanda di trasporto;
   la strada statale 182 renderebbe più semplice lo spostamento di cittadini e merci ricadenti nell'area montana oggetto dell'intervento, collegando territori oggi quasi completamente isolati;
   la nuova strada statale 182 (trasversale delle Serre), ricadente interamente nei territori provinciali di Vibo Valentia e Catanzaro, è suddivisa in cinque tronchi principali che, procedendo dalla costa tirrenica verso la costa jonica, sono così definiti:
    a) tronco 1o: dall'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria uscita Serre a Vazzano;
    b) tronco 2o: da Vazzano a Vallelonga;
    c) tronco 3o: da Vallelonga al bivio per Monte Cucco;
    d) tronco 4o: dal bivio di Monte Cucco a Chiaravalle Centrale;
    e) tronco 4o-bis: dal bivio di Monte Cucco a Serra San Bruno;
    f) tronco 5o: da Chiaravalle Centrale a Soverato;
   da quanto comunica Anas spa sul suo sito internet, sono stati già realizzati ed aperti al transito i seguenti lotti per complessivi 23,1 chilometri:
    A) tronco n. 1 «A3-Vazzano»;
    lotto n. 1 «S.P. Fondo Valle Mesima-Vazzano» 1o stralcio «Viadotto Scornari-Vazzano» per 2,1 chilometri;
    B) tronco n. 3 «Vallelonga-Bivio Montecucco»:
    lotto n. 1 «Vallelonga-Cimbello» per 2 chilometri;
    C) tronco n. 4 «Montecucco-Chiaravalle»;
    lotto n. 1 «Montecucco-Simbario»:
    lotto n. 2 «Simbario-Torre di Ruggiero» per 9 chilometri;
    D) tronco n. 4-bis «Asta per Serra S. Bruno» per 7 chilometri;
    E) tronco n. 5 «Chiaravalle-Soverato»;
    lotto n. 1 «Chiaravalle-Argusto» per 1,8 chilometri;
    F) tronco n. 5 «Chiaravalle-Soverato»;
    lotto n. 2 «Argusto SP per Argusto» per 1,2 chilometri;
   sempre dal sito di Anas spa si apprende che allo stato attuale sono in corso di esecuzione i seguenti lotti:
    A) tronco n. 1 - lotto n. 2 da A3 svincolo Serre a S.P. fondovalle del Mesima;
    tronco n. 1 - lotto n. 1 stralcio 2o da S.P. fondovalle del Mesima a Viadotto Scornari;
    tronco n. 3 - lotto n. 2 da località Cimbello a bivio Montecucco;
    B) tronco n. 4 da Bivio Montecucco a Bivio Chiaravalle e Tronco n. 4-bis: Asta per Serra San Bruno;
    C) tronco n. 5 - lotto n. 3 «Argusto-Campo Gagliato»;
   secondo quanto si apprende dal sito di Anas spa sono ancora in corso di progettazione:
    tronco 1o - lotto 1o stralcio 2o completamento «Superamento del Colle dello Scomari»;
    tronco Io lotto 1o stralcio 1o completamento «Superamento del cimitero di Vazzano»;
    tronco IIo lotto unico «Vazzano-Vallelonga»;
    tronco V - lotto 3-bis «Bretella di Petrizzi»;
    tronco V lotto 4 «Gagliato-Satriano, compresa la bretella per Satriano»;
    tronco V lotto 5 «Satriano-Soverato»;
   nella delibera Cipe 3 agosto 2011, n. 62, relativa all'approvazione del piano per il Sud, così come è stato confermato con la delibera Cipe del 21 dicembre 2012, sono stati finanziati con un importo di 221 milioni di euro i tronchi mancanti (tronco 2o da Vazzano-Valelonga e il lotto 4 del tronco 5o) per il completamento dell'intera arteria;
   nell'allegato 10 alla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2012 approvato dal Parlamento sono stati riconfermati i finanziamenti di 221 milioni di euro per il completamento dell'opera;
   sull'annosa questione della «trasversale delle terre», in data 19 luglio 2013, il sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti pro tempore Girlanda, rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 2-00138, riconosceva l'importanza strategica della strada, informava circa lo stato dei lavori ed in merito alle criticità affermava:
    a) «sono tuttora in corso, invece, i lavori di completamento della costruzione del lotto 3 del tronco 5 della Trasversale delle Serre dalla strada provinciale per Argusto allo svincolo di Gagliato del tronco 5 Chiaravalle-Soverato. In particolare, l'opera prevede essenzialmente il completamento del lotto 3, nell'ambito del tronco 5, già appaltato ad altra impresa e successivamente rescisso a causa di reiterate inadempienze contrattuali. Il tracciato si sviluppa per una lunghezza complessiva di 2,8 km. L'apertura, inizialmente prevista per il 31 luglio prossimo, non potrà essere confermata a causa delle difficoltà economiche che hanno investito l'impresa esecutrice dei lavori. Il riavvio delle lavorazioni e la conseguente data di ultimazione delle stesse potranno essere determinate a breve non appena i rappresentanti dell'impresa riusciranno a risolvere le suddette criticità»;
    b) «sono in corso i lavori dallo svincolo di Torre di Ruggiero allo svincolo di Chiaravalle. La mancata apertura dei restanti 6 km del tronco 4, inclusi lo svincolo di Chiaravalle e quello di Torre di Ruggiero, è legata anch'essa a difficoltà economiche dell'appaltatore, Impresa Spa, che dal mese di aprile scorso ha abbandonato i cantieri. Al fine di individuare soluzioni idonee per il completamento di tali lavori, l'ANAS ha fatto presente di aver incontrato numerose volte i rappresentanti della società Impresa, attualmente in amministrazione straordinaria»;
   risulta agli interroganti che poco o niente sia sto fatto per eliminare le sopra citate criticità se si considera che, ad oggi, sul sito di Anas spa vengono riportate tra le opere in esecuzione le stesse di un anno fa mentre nessuna opera che era in corso di progettazione è passata alla fase esecutiva;
   a parere degli interroganti, il completamento dell'infrastruttura comporterebbe per le zone interessate occasione di rilancio sia economico che sociale –:
   se il Governo non ritenga opportuno intervenire affinché venga garantita una celere conclusione dell'opera che dopo trent'anni continua ad essere quel cantiere aperto che ha costretto i cittadini delle zone interessate a vivere per troppi anni in condizioni di disagio sociale ed economico. (4-06869)


   PESCO, CASO, DE ROSA, TRIPIEDI, MANLIO DI STEFANO e CARINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 12 novembre 2014 il fiume Seveso è nuovamente esondato arrecando panico tra la cittadinanza milanese e danni a immobili, negozi, uffici, scantinati, portando le proprie acque inquinate addirittura fino alla stazione della metropolitana di Garibaldi FS attraverso la nuova linea metropolitana lilla che paradossalmente ha funzionato come canale scolmatore;
   a Milano, la sola esondazione del 2010 del fiume Seveso, con l'allagamento delle stazioni della metropolitana, ha causato danni per 70 milioni di euro; l'esondazione del 7/8 luglio 2014 ha colpito il territorio di 23 comuni diversi, causando danni per 48 milioni di euro; ogni esondazione del Seveso provoca, enormi danni e costi per ripristini e ripulitura delle aree allagate (fonte http://italiasicura.governo.it);
   la mancata mitigazione del rischio idrogeologico e la pessima qualità delle acque del Seveso vedono la Lombardia in infrazione europea con 74 milioni di euro di «multe» stimate in arrivo ogni anno dal 2016 per la sola mancata depurazione (fonte Ministero);
   il 20 ottobre 2014 Erasmo D'Angelis, capo della task force di «Italia Sicura» (www.ItaliaSicura.Governo.it) organizzata dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha presentato a Milano, presso l'aula udienze della Corte dei conti, gli interventi contenuti nel «Progetto Seveso per acque pulite e sicure» che intende attuare per la messa in sicurezza del Seveso dal punto di vista idraulico e ambientale. Lo stesso D'Angelis in merito al progetto ha dichiarato «messo a punto tra Milano e Roma dalla Struttura di missione di Palazzo Chigi #italiasicura con l'Assessore al Territorio, Urbanistica e Difesa del suolo della regione Lombardia, Viviana Beccalossi, il Vicesindaco Ada Lucia De Cesaris e l'assessore alla Mobilità e all'Ambiente del comune di Milano Pierfrancesco Maran, il Sindaco di Senago, Lucio Fois, l'Autorità del fiume Po e anche con confronto con il comitato dei cittadini di Senago contro le vasche» (fonte www.ItaliaSicura.Governo.it);
   il sito del Governo riporta nella medesima pagina, sempre per voce di D'Angelis «Sulle opere... ci sarà spazio alla partecipazione dei cittadini: verranno fornite informazioni puntuali sui progetti, sui tempi di realizzazione delle opere, sull'impatto che avranno sul territorio, su quali benefici apporteranno e quali manutenzioni saranno garantite»; nella stessa dichiarazione D'Angelis dichiarava: «nonostante striscioni “No alle vasche” appesi a Senago e ricorsi, noi apriamo la stagione dei cantieri», concludendo poi sempre lo stesso D'Angelis «la decisione di iniziare i lavori, con la garanzia di un doppio intervento parallelo, è ormai presa»;
   in merito ai costi delle opere sul sito del Governo viene riportato che per il progetto sono pronti 110 milioni di euro. 10 milioni dalla regione Lombardia, 20 dal comune di Milano, i rimanenti 80 da Palazzo Chigi (per voce dell'assessore regionale Beccalossi). Totale 110 milioni di euro, a cui si aggiungono i 9,5 milioni per «l'assorbimento del depuratore di Varedo a quello di Pero» (tra l'altro opera che sul sito è dichiarata «completata nel settembre 2015»). La scheda tecnica della presentazione «cronoprogramma degli interventi di sicurezza idraulica programmati» mostra però un totale di spesa pari a 140 milioni di euro, esclusi i 9,5 per il depuratore;
   le informazioni sopra citate da D'Angelis non risultano agli interroganti essere state condivise in via anticipata con i cittadini dei comuni interessati, che in ogni caso avrebbero potuto definirsi meramente come «informati dei fatti», di certo non coinvolti in alcuna «partecipazione» essendo di fatto il progetto approvato e in fase di attuazione;
   l'assorbimento del citato depuratore di Varedo porterà, a detta del Ministero, a una diminuzione degli scarichi nel Seveso del 20 per cento ma sicuramente aumenteranno di egual misura i riversamenti altrove tramite il depuratore di Rho, che grava sul reticolo idrico milanese con eventuali ripercussioni sulla stessa città anche alla luce delle contestazioni intorno al progetto vie d'acqua di Expo;
   al sopra citato incontro, hanno partecipato i portavoce in regione e in Parlamento del MoVimento 5 stelle che in seguito hanno dichiarato: «Come al solito si dà priorità alle grandi opere, alle vasche di laminazione, senza pensare di risolvere il problema a monte e cioè nei comuni che attualmente sversano nel Seveso senza ritegno e senza controllo le acque meteoriche e quelle di uso civile e industriale, che si sommano agli scarichi abusivi, il tutto senza alcun rispetto del principio dell'invarianza idraulica. Le singole amministrazioni locali vanno responsabilizzate e punite nei casi di reticenza. Le direttive europee prevedono che chi inquina deve pagare e sul fiume Seveso in particolare grava la procedura d'infrazione 2009/2034 che viene utilizzata dal Governo per finanziare le grandi opere del movimento terra, con alto rischio di infiltrazioni criminali come nel caso di Expo. Abbiamo presentato le proposte, avallate da professori universitari, alternative alla costruzione delle vasche a Senago. Se venisse data una risposta immediata, come più volte promesso e mai attuato, all'esigenza di depurazione delle acque del Seveso, l'onda di piena che recentemente ha più volte invaso Milano, potrebbe essere ridotta con piccole opere capillari e diffuse e portata in ultima istanza una volta depurate, al Ticino adeguando una piccola parte del canale scolmatore di nord ovest. Non abbiamo nessuna garanzia che la depurazione venga attuata, temiamo per la falda acquifera di Senago che rischia di entrare in contatto con le acque inquinate delle nuove vasche. Il Contratto di Fiume siglato da anni viene ricordato solo a parole. Opere contenute e diffuse, disinquinamento e invarianza idraulica sono i principi sui quali non ammettiamo deroghe»;
   non viene data alcuna priorità alla prevenzione di atti illeciti volti allo scarico abusivo di agenti inquinanti nei corsi d'acqua o ai controlli sugli scarichi esistenti, con inasprimento delle sanzioni penali e amministrative per chi inquina;
   le informazioni riferite all'incontro, e mostrate ai partecipanti, non trovano raccordo nemmeno tra loro;
   i vantaggi derivanti da tali interventi sono ben lungi da garantire la sicurezza per i cittadini di fronte a infiltrazioni falde acquifere, esondazioni, inquinamento dei terreni;
   nessuna parola è stata spesa in prevenzione di infiltrazioni della criminalità organizzata in queste opere;
   il giorno 14 ottobre 2014 l'Aipo ha assegnato la progettazione per il secondo lotto dell'opera delle vasche di Senago all'Atp (http://www.agenziapo.it) –:
   se le opere elencate da D'Angelis siano ritenute risolutive del problema inquinamento del fiume Seveso o quanto meno utili per superare in modo completo ed efficiente la procedura d'infrazione 2009/2034 aperta dall'Unione europea a causa dell'inquinamento del fiume Seveso;
   se vi sia certezza che verrà avviata una campagna di ricerca e blocco degli scarichi abusivi che altrimenti se non attuata renderebbe vana ogni altra opera, e quali strumenti e strutture verranno interessate per lo svolgimento di questi incarichi e se si intenda appurare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità per quanto non attuato in passato;
   se esista e possa essere reso disponibile ai cittadini un unico elenco chiaro degli interventi previsti con una chiara ed esplicita indicazione del costo di ogni singola opera con relativa copertura finanziaria, per una seria analisi;
   se non si ritenga opportuno agire nelle sedi competenti al fine di far rispettare sull'asse del fiume Seveso il basilare principio dell'invarianza idraulica in modo da risolvere a monte il problema degli scarichi eccessivi nel fiume stesso;
   se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché la localizzazione delle vasche di laminazione presso il comune di Senago non sia troppo svantaggiosa per lo stesso comune, che tra l'altro non scarica i propri reflui nel fiume Seveso, non ha responsabilità edilizie circa l'eccessiva cementificazione praticata dai comuni che si affacciano e scaricano nel fiume stesso e vedrebbe sovraccaricata dal punto di vista ambientale una sua area attualmente destinata a parco;
   di quali elementi disponga la task force di «Italia Sicura» circa lo svolgimento della procedura di esproprio dell'area interessata dai lavori, i relativi costi di esproprio e la loro incidenza sui costi complessivi dell'opera anche in base alle diverse ipotesi indicate nella relazione etatec-aipo redatta nel mese di maggio 2011. (4-06871)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   PELLEGRINO e ZARATTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a 125 chilometri dal confine italo-sloveno, nella direzione da cui il vento dominante in zona (Bora) soffia sul Friuli-Venezia Giulia, è attiva dal 1982 la centrale nucleare di Krško, la cui attività è stata recentemente estesa al 2043;
   da alcuni anni, l'ente elettrico/energetico sloveno (GEN) ha inoltre allo studio la costruzione nella medesima località di una nuova centrale, di potenza tripla dell'attuale;
   il 31 marzo 2013 il quotidiano Il Piccolo di Trieste pubblicava uno scoop del giornalista Mauro Manzin, che dava notizia di un clamoroso rapporto dell'Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare, IRSN (coinvolto nella progettazione di Krško-2). Vi si leggeva che l'istituzione pubblica francese IRSN aveva giudicato il sito di Krško inadatto alla costruzione del nuovo impianto a causa del rischio sismico. La notizia è clamorosa perché, ovviamente, getta un'ombra preoccupante anche sulla sicurezza della centrale in funzione;
   come risulta ufficialmente, l'Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare aveva addirittura scritto ufficialmente all'ente elettrico/energetico sloveno in questi termini: «questa nuova e grave scoperta [di una faglia attiva vicina all'impianto; ndr] non permette di concludere in modo favorevole sull'adeguatezza dei due siti per la costruzione di una nuova centrale nucleare»; «andrebbe ricordato che la valutazione dei fenomeni di spostamento permanente del terreno di fondazione è un tema altamente impegnativo, data l'insufficiente esperienza internazionale attualmente disponibile nonché la mancanza di metodi e strumenti consolidati [di analisi]». «Questo Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare considera che è di estrema [utmost] importanza che le possibili implicazioni di questa capacità di faglia [rottura della faglia Libna] sulla sicurezza dell'impianto esistente, così come la sua potenziale relazione strutturale con altre faglie vicine, sia affrontata senza ritardo. Io [scrive il direttore francese Repussard] ho capito che GEN si è sentita preoccupata su questo argomento ed era sicuramente intenzionata ad informare su questa scoperta l'esercente dell'impianto Krško-1 (Nuklearna Elektrarna Krško - NEK) così come l'Agenzia slovena per la sicurezza nucleare (NSA). Io sarei molto grato se voi poteste confermare che ciò è stato effettivamente fatto, dal momento che io ravviso importante richiamare l'attenzione della NSA su questo argomento, in considerazione delle potenziali implicazioni di sicurezza che esso può avere a livello nazionale ed internazionale»;
   come si vede, una lettera molto forte, che pare voler superare reticenze slovene, ventilando problemi di sicurezza per lo meno anche italiani;
   si noti che gli insanabili dissidi tecnici sulla valutazione del rischio sismico/di Krško tra l'ente elettrico/energetico sloveno (GEN) e l'Agenzia, slovena per la sicurezza nucleare (NSA), da una parte, e l'IRSN pubblico francese – dall'altra – portavano i francesi ad abbandonare il consorzio tecnico scientifica franco-slovena per lo studio di Krško-2 e inducevano il Governo sloveno a scioglierla;
   al 33o Congresso europeo di sismologia, a Mosca (General Assembly of the European Seismological Commission ESC 2012, 19-24 agosto 2012, simposio NIS-3, p. 350) era stato per altro già presentato uno studio italiano in cui si calcolava per la zona di Krško un terremoto massimo di magnitudo Richter M=7,2 (oltre 30 volte più forte del terremoto dell'Emilia del 2012). Autori di questo rapporto erano due ricercatori dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, OGS, e due docenti dell'università di Trieste; fra i quali lo stesso coordinatore della sessione del congresso dedicata alla valutazione delle faglie capaci di produrre i massimi terremoti da considerare nella progettazione dei grandi impianti ed il segretario dell'Associazione internazionale di sismologia e di fisica dell'interno della terra (che riunisce i massimi esperti mondiali);
   recentemente, gli stessi autori hanno pubblicato su una rivista scientifica con verifica internazionale («peer review») un articolo sulla pericolosità sismica dell'area della centrale in questione (vedi: Sirovich L., Suhadolc P., Costa G. and F. Pettenati 2013. A review of the seismotectonics and some considerations on the seismic hazard of the Krško NPP area; SE Slovenia. Boll. Geof. Teor. e Appl., 55, 1, 175-195, DOI 10.4430/bgta0103.). In esso viene spiegato il calcolo della magnitudo di 7,2 e vengono proposte valutazioni sulla pericolosità delle faglie nel sottosuolo della zona, la cui presenza – si badi bene – era ignota ai progettisti dell'impianto alla fine degli anni settanta del Novecento;
   lo stesso articolo si sofferma anche sui risultati dei cosiddetti «Stress Tests» della centrale (calcoli di verifica dei margini di sicurezza) distribuiti dal Ministero per l'ambiente della Repubblica di Slovenia. In particolare, i quattro studiosi italiani scrivono: a) che l'unico parametro adottato per le verifiche (scuotimento massimo del suolo espresso come accelerazione con una certa probabilità di occorrenza) è insufficiente per consentire, anche a un'equipe di esperti, di trarre conclusioni attendibili; b) gli stessi (così criticabili) stress test ammettono tuttavia che la centrale potrebbe subire incidenti e danni assai rilevanti per scuotimenti del terreno compatibili con la situazione sismologica della zona (ad esempio, danni ai sistemi di raffreddamento e perfino al nocciolo);
   i quattro esperti citati ricordano, fra l'altro che, in poco più di un secolo, la regione di Krško è stata sede di un terremoto nel 1880 (magnitudo Richter circa 6,3; 60 chilometri a est di Krško) e di un altro nel 1917 (magnitudo Richter 5,7-6,2 nelle immediate vicinanze dell'impianto);
   in un articolo divulgativo, apparso sulla rivista mensile Konrad (http://www.konradnews.org/centrale-nucleare-krsko-rischio-sismico-troppo-alto/), gli stessi quattro esperti scrivono di avere sentito la necessità di presentare la situazione alla presidente del Friuli-Venezia Giulia, Serracchiani, trasmettendole anche un appunto con bibliografia ed illustrazioni. In esso, i quattro esperti in questione scrivevano che «in un momento non prevedibile, la centrale potrebbe venire colpita da un terremoto in grado forse di causare gravi conseguenze [...] secondo questi Stress test, danni gravi – comprese lesioni alla piscina delle barre e blocco dei sistemi di raffreddamento –, potrebbero venire causati da un terremoto di magnitudo M compatibile con la situazione sismologica della zona, oggi nota, se l'evento si verificasse vicino all'impianto, com’è purtroppo possibile». «A nostro avviso,» – era la conclusione – «sarebbe auspicabile una sensibilizzazione del Governo italiano sull'argomento da parte del Presidente, affinché si giunga ad una verifica della situazione, anche con la partecipazione di esperti italiani»;
   l'attuale centrale Krško-1 (e, tanto più, un secondo impianto più potente), presente a ridosso del territorio nazionale, costituisce oggettivamente un pericolo per l'Italia, della cui entità il nostro Paese deve essere consapevole. La situazione sismica della regione di Krško – un'area sismica riconosciuta senza possibilità di dubbio – sembra rendere indispensabile un serio approfondimento di studio, anche in coordinamento per lo meno con il Governo sloveno e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA) di Vienna –:
   se, e come, il Governo si voglia attivare per rendere l'Italia consapevole della pericolosità sismica dell'area in questione e dei livelli di rischio connessi, verificando che tali livelli rispettino i limiti imposti dalle più avanzate normative internazionali;
   se non si intenda – anche l'ausilio di esperti di fiducia – interpellare il Servizio geologico francese (BRGM) e l'Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare (IRSN), facenti parte – fino al suo scioglimento – della Commissione tecnico scientifica franco-slovena per lo studio di Krško-2, per conoscere le valutazioni tecniche di rischio elaborate dalle due istituzioni francesi, anche al fine di verificare se i livelli di pericolosità sismica dell'area in questione rispettino i limiti imposti dalle più avanzate normative internazionali, e se non si intenda attivarsi per l'istituzione di una sede di coordinamento tecnico permanente almeno fra i due Governi e la IAEA, al fine di prevedere l'inserimento di esperti italiani nelle commissioni di studio coinvolte nelle valutazioni su Krško-1 e su Krško-2.
(4-06863)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TENTORI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le piogge incessanti degli ultimi giorni, abbattutesi sul territorio della regione Lombardia hanno causato una nuova frana sul versante montuoso adiacente la strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga, principale arteria stradale di collegamento con i comuni del litorale lacustre e con l'intera provincia di Sondrio;
   lo smottamento è avvenuto all'altezza del chilometro 65.200 in territorio del comune di Lierna, dunque alcuni chilometri oltre la galleria di Luzzeno e il successivo tunnel di Somana, situati entrambi in comune di Mandello, dove in un primo tempo era stato segnalato l'evento franoso;
   è di almeno 100 metri cubi, stando alle prime valutazioni del geologo e dei tecnici del compartimento viabilità Lombardia dell'Anas, la quantità di materiale staccatasi dalla parete sovrastante la strada statale 36 e la colata detritica formata da materiale inerte ha coinvolto alcune piante ed è stata in buona parte frenata dalla barriera paramassi, mentre alcuni alberi sono rimasti pericolanti sopra la carreggiata compromettendo la sicurezza del passaggio dei veicoli;
   in accordo con il personale dell'ANAS e della polizia stradale di Bellano presenti in posto, si è provveduto alla chiusura totale della carreggiata in direzione nord con uscita obbligatoria allo svincolo di Abbadia Lariana e dunque i veicoli sono stati costretti a percorrere la provinciale 72 e tornare a immettersi sulla statale a Bellano, con inevitabili ripercussioni sul traffico che, ancora una volta, hanno causato lunghe code e disagi nei territori interessati;
   nonostante gli interventi di Anas e vigili del fuoco per liberare la strada dai detriti caduti, rimane il problema della messa in sicurezza della parete di montagna da cui si è staccata la frana infatti, anche dopo la riapertura della strada statale avvenuta dopo numerose ore, resta comunque attiva una riduzione di carreggiata al chilometro 65,250, in corrispondenza del punto interessato dall'evento franoso, con transito nella sola corsia di sorpasso;
   l'interrogante con gli atti di sindacato ispettivo n. 5-00619 e n. 5-00137 aveva già posto all'attenzione del Governo le ripetute chiusure della strada statale 36 per problemi strutturali legati al dissesto del versante montuoso ed è noto da tempo il problema legato al rischio idrogeologico del versante montuoso adiacente la strada statale 36 e del Monte San Martino;
   nella mattinata di mercoledì 23 aprile 2014 infatti la statale era stata chiusa in entrambe le direzioni di marcia nel tratto tra Lecco e Abbadia Lariana in seguito ad una frana che si è staccata dal Monte San Martino mentre nel mese di maggio 2013 era stata chiusa conseguentemente al blocco della galleria Monte Piazzo per problemi strutturali legati al dissesto del versante montuoso –:
   se sia a conoscenza di quanto accaduto e se non ritenga prioritario intervenire, anche supportando e coordinandosi con gli enti locali coinvolti, per affrontare in maniera definitiva la messa in sicurezza del territorio nel tratto di interesse della strada statale 36, per garantire la viabilità ed evitare situazioni emergenziali che si ripetono da anni in maniera ciclica, considerato il «Piano nazionale 2015-2020 per la prevenzione strutturale contro il dissesto idrogeologico e per la manutenzione ordinaria del territorio» presentato nella giornata dell'11 novembre 2014 dal Governo in occasione degli Stati generali contro il dissesto idrogeologico organizzati dalla struttura di missione #italiasicura.
(5-04031)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LACQUANITI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo avrebbe dato il via libera ai lavori, con il decreto di compatibilità ambientale, del potenziamento della linea a mare del sistema di trasporto del gas naturale «Sealine Messina-Palmi» nello stretto di Messina;
   fonte giornalistica conferma che dovrebbe sorgere una nuova linea (la sesta) del gasdotto che collega le sponde dello Stretto da Messina, da Mortelle a Palmi, e che l'opera sarebbe già inserita nel più grande sistema infrastrutturale del trasporto di gas che dall'Algeria e dalla Tunisia arriva fino al nostro Paese;
   l'opera, per quanto risulta all'interrogante, prevede la posa di una condotta sottomarina (sesta linea) della lunghezza di circa 30 chilometri. La condotta sarà posata sul fondale ad eccezione di un tratto di 370 metri in corrispondenza dell'approdo di Mortella che sarà posato ad una profondità di 45 metri;
   a distanza di quattro anni dall'istanza presentata dalla società «Snam Rete Gas», a quanto si legge nel decreto interministeriale del 24 ottobre 2014, l'opera consentirebbe quindi di incrementare l'affidabilità del sistema di trasporto del gas immesso nei punti di entrata in Sicilia, che corrisponde al 40 per cento del gas complessivamente importato per coprire il fabbisogno italiano;
   in base ai rilievi dei tecnici sarebbero state riscontrare interferenze minime e comunque superabili, grazie alle molteplici prescrizioni poste a carico della società che dovrà costruire l'opera. Nel decreto, infatti, si legge che tutti i lavori dovranno essere comunicati agli uffici dei Ministeri, prima che inizino, e seguire precisi iter che rispettino il paesaggio, i fondali, le caratteristiche dei territori, la qualità del mare. Sia a Palmi che in Sicilia, dovranno essere realizzate opere a supporto per il verde e dovranno essere utilizzati prodotti non inquinanti o comunque a basso impatto ambientale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa, quali misure intenda mettere in atto per preservare il territorio da eventuali danni irreparabili e se siano state previste iniziative volte ad evitare eventuali infiltrazioni della criminalità nelle attività a latere dell'opera, in considerazione della presenza conclamata e storica delle organizzazioni di stampo mafioso nel territorio. (4-06868)


   SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, DAGA, BUSTO, MANNINO, NUTI, DIENI, D'AMBROSIO, DALL'OSSO, DI VITA, LOMBARDI, FRACCARO e COZZOLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione guardie ambientali d'Italia è un ente di volontariato riconosciuta come «Associazione protezione ambientale» ai sensi e per gli effetti dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349, ed opera sul territorio nazionale dal 2004 con riconoscimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto n. 075/09, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;
   il comune di Roccapiemonte (Salerno) con delibera n. 119 del 12 settembre 2014 protocollo n. 13986 ha affidato alla G.A.DIT. (ente di volontariato riconosciuta come Associazione di protezione ambientale) il servizio di trasporto scolastico per la sorveglianza e l'accompagnamento degli alunni durante il percorso sugli scuolabus dal punto di prelievo al plesso scolastico frequentato, per la salita e discesa dagli stessi mezzi, oltre che per infondere maggior senso di sicurezza e presenza istituzionale con attività di vigilanza davanti agli istituti di istruzione nei plessi di: Santa Maria delle Grazie, Casali e Via Pigno –:
   se il Ministro interrogato intenda verificare se l'Associazione guardie ambientali d'Italia sia ancora in possesso dei requisiti per essere individuata come associazione di protezione ambientale, posto che la principale se non esclusiva attività di tale tipologia di associazioni dovrebbe essere, ad avviso degli interroganti, quella di tutela dell'ambiente. (4-06875)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con decreto dirigenziale n. 255 del 7 giugno 2013, pubblicato sul BURC n. 39 del 22 luglio 2013 la regione Campania ha autorizzato «la società ALISEA s.r.l. Uni-personale con sede in Roma alla Via del Corso n. 75/10 – CAP 00186, C.F. e P.IVA 01588460996, fatti salvi i diritti di terzi, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387/2003 (Gazzetta Ufficiale 31 gennaio 2004, n. 25. S.O.):
    1. alla costruzione e all'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica mediante tecnologia eolica da realizzarsi nel comune di Lacedonia, in località Macchialupo, di potenza complessiva massima fino a 47,5 Mw per un numero di 19 aerogeneratori;
    2. all'allacciamento alla rete di distribuzione tramite collegamento in antenna a 150 kV su una nuova stazione elettrica di smistamento a 150 kV in doppia sbarra da inserire in doppia antenna a 150 kV sulla sezione a 150 kV della stazione a 380 kV di Bisaccia, come da allegato tecnico che costituisce parte integrante e sostanziale del presente;
    4. di disporre l'opposizione del vincolo preordinato all'esproprio del diritto di proprietà e degli altri diritti reali necessari alla costruzione dell'impianto ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 10 co. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 327/01 sui terreni riportati al Catasto come di seguito esplicitato ...»;
   i cittadini dei comuni di Bisaccia (Avellino) e Lacedonia (Avellino), costituiti in comitati «Nessuno tocchi Piani San Pietro» e «No Alta tensione» a difesa dei territori, dell'ambiente e della salute dei cittadini si oppongono alla realizzazione dell'elettrodotto, hanno chiesto che lo stesso fosse interrato al fine di arrecare minor danno all'ambiente e alla salute dei cittadini, ma la società oppone l'impossibilità ad interrare l'opera perché i costi sarebbero eccessivi;
   stante l'indisponibilità dalla società ALISEA srl unipersonale ad accogliere le richieste dei comitati in riunioni svoltesi presso le sedi comunali e a Roma presso il Ministero i comitati «Nessuno Tocchi Piani San Pietro» di Bisaccia (Avellino), «No alta tensione» di Lacedonia (Avellino) e «V.O.R.I.A.» di Vallata (Avellino) visto il mancato accoglimento della richiesta di interrare l'opera hanno denunciato alla regione Campania, ai comuni di Bisaccia e Lacedonia, al commissariato agli usi civici della Campania e del Molise, la circostanza che l'elettrodotto da 150 kV, come risulta dallo stesso piano particellare grafico descrittivo di esproprio allegato al progetto, interessa le particelle 7 e 19 del foglio 53 e la particella 510 del foglio 48 in agro del comune di Lacedonia (Avellino) particelle che appartengono al demanio civico categoria A;
   la complessa materia degli usi civici trova la sua completa disciplina nella legge n. 1766 del 16 giugno 1927 (che ha convertito in legge il regio decreto 22 maggio 1924 n. 751) e nel successivo regolamento di esecuzione approvato con il regio decreto n. 332 del 26 febbraio 1928. Gli usi civici, nella definizione normativa, sono quindi i diritti d'uso che spettano a coloro che compongono una determinata collettività e tale uso si manifesta in attività relative al godimento di un determinato bene quale: godere del pascolo, fare legna o usare dei prodotti del bosco, seminare terreni, e altro;
   il legislatore (articolo 11) ha distinto, per ciò che concerne i terreni facenti parte dei demani pubblici, tra terreni utilizzabili come bosco o pascolo (categoria A) e terreni utilizzabili per la coltura agraria. (categoria B). Detta distinzione, lungi dall'essere meramente descrittiva, è alla base di un differente regime di circolazione dei terreni suddetti in quanto, mentre per quelli utilizzabili come bosco o pascolo non è prevista alcuna alienazione o cambio di destinazione senza preventiva autorizzazione ministeriale (ora regionale), viceversa i terreni utilizzabili per la coltura sono destinati ad essere ripartiti mediante assegnazione (cosiddetta quotizzazione dei terreni demaniali);
   l'articolo 12, comma 2, legge 1766 del 1927 stabilisce che le terre collettive continuano ad essere soggette ad un regime d'indisponibilità e di destinazione vincolata alle primarie esigenze della comunità, salvo casi particolari e specifici. Pertanto, i terreni su cui insistono usi civici sono sottoposti a vincolo di indisponibilità, di inalienabilità e di destinazione (cfr. ex multisCass. Civ.,sez III, 3.2.2004, n. 1940; sez. V, n. 11993 dell'8 agosto 2003);
   alla luce delle disposizioni normative e dell'orientamento giurisprudenziale costante si può pertanto affermare che fino a quando non avvenga l'assegnazione a categoria il bene è assolutamente incommerciabile. A seguito della suddetta assegnazione, invece, qualora l'immobile rientri nella categoria A (boschi e pascoli), esso sarà destinato per sempre a restare di proprietà pubblica; l'unica ipotesi di commerciabilità pertanto sarà circoscritta al caso di compravendita per esigenze di pubblico interesse, opportunamente adottata dal comune ed approvata dalla regione. Viceversa l'assegnazione del terreno a categoria B (coltura agraria) comporterà il diritto di enfiteusi a favore del singolo il che comporta che potranno essere compiuti atti unilaterali di disposizione della proprietà, siano essi di natura privatistica che di natura espropriativa, soltanto dopo l'affrancazione del canone enfiteutico;
   dall'analisi della certificazione storico catastale inerente le particelle 7 e 19 del foglio 53 e la particella 510 del foglio 48 emerge che le stesse sono appartenenti al demanio civico categoria A;
   l'articolo 1 della legge n. 431 del 1985 (legge Galasso), sottopone a vincolo paesistico tutti i terreni di uso civico vincolo ribadito dal decreto legislativo 490 del 1999 e, successivamente, dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (codice dell'ambiente), modificato con i decreti legge 24 maggio 2006 n. 156 e 157, il quale ultimo, all'articolo 142 lettera h) indica «di interesse paesaggistico» e come tali sottoposti alla disciplina del vincolo «le aree assegnate alle Università Agrarie e le zone gravate da usi civici»;
   la pratica, largamente diffusa in regione Campania, di autorizzare la realizzazione di opere su demanio civico a portato alla presentazione in regione Campania di una proposta di legge «Regime urbanistico dei terreni di Uso Civico» (Reg. Genn. 513 – ad iniziativa dei Consiglieri Consoli, Cobellis, Iacolare, e Mocerino depositata in data 24 marzo 2014) che potrebbe divenire l'ennesima «sanatoria» agli scempi ambientali e dei conseguenti «disastri» su cui tardivamente recriminare nella vana ricerca di individuarne i responsabili;
   da ultimo la regione Campania, incalzata dai Comitati, è stata «costretta» con nota prot. 2014.0731325 del 3 novembre 2014 a firma del dirigente dell'UOD Foreste, a riconoscere che i terreni in agro di Lacedonia «Foglio 53, particelle 7 e 19, tuttora sono gravate dal vincolo di Uso civico» –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e cosa intenda fare per tutelare le aree gravate da usi civici che risultano sottoposti a vincolo paesaggistico ex lege.
(4-06850)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 ottobre 2013, con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-02235 indirizzata al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia, il deputato interrogante segnalava, tra l'altro, il pericolo di una colossale e anacronistica opera di sventramento nel centro storico di Prata Principato Ultra (Avellino) con la demolizione integrale di numerosi palazzetti e immobili storici di proprietà pubblica posti lungo il lato destro di via Roma (SP 113), sul crinale della collina che affaccia sulla valle del fiume Sabato, in un contesto paesaggistico di notevole suggestione e interesse;
   il grande isolato storico, che si sviluppa a valle nella cosiddetta zona «Ripa» racchiusa tra il IV vicolo a destra e l'innesto con via Severino Grillo, include numerosi edifici e caseggiati risalenti al XVIII-XIX secolo acquisiti al patrimonio immobiliare pubblico ai sensi della legge n. 219 del 1981 ma mai recuperati o restaurati, sebbene gli stessi fossero destinatari per il passato di corposi finanziamenti statali relativi alla ricostruzione post-sisma del 1980;
   le preoccupazioni espresse erano più che fondate: nelle scorse settimane, infatti, grazie a un prestito della Cassa depositi e prestiti di 48.111,85 euro, il Comune di Prata Principato Ultra (Avellino) avrebbe, a quanto risulta all'interrogante, provveduto a demolire i palazzetti Consolazio e D'Onofrio risalenti – come risulta dalle fonti archivistiche e dalla documentazione in possesso degli eredi dei cespiti – addirittura al XVII e XVIII secolo su preesistenti strutture medievali, senza alcun riguardo per le tipologie architettoniche, la disposizione urbana, la maglia viaria, il contesto ambientale e paesaggistico;
   altri immobili pubblici di interesse culturale ma anche di notevole valore economico si apprestano a essere rasi al suolo, senza alcuna forma di pianificazione, senza un chiaro progetto di riqualificazione, senza una verifica degli obiettivi e dei vantaggi reali per la collettività, senza un riscontro dell'impatto ambientale e idrogeologico degli interventi realizzati o da realizzare, senza un piano dei finanziamenti pubblici richiesti e già utilizzati –:
   se sia stata espletata la verifica dell'interesse culturale di tutti i beni immobili di proprietà del comune di Prata Principato Ultra (Avellino) ubicati nel centro storico e in particolare di quelli prospettanti su via Roma (SP 113) tra il IV vicolo a destra e l'innesto con via Severino Grillo, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
   se il Comune di Prata Principato Ultra (Avellino) abbia inviato al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo i dati identificativi e descrittivi di tutti i beni immobili di sua pertinenza ai fini della valutazione di merito da parte dei competenti uffici territoriali;
   se la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Avellino e Salerno, diretta dall'ingegner Gennaro Miccio, di fronte alle segnalazioni ricevute e alle reiterate inadempienze dell'ente locale, obbligato a presentare l'elenco descrittivo dei beni immobili e mobili di sua appartenenza aventi presumibile interesse culturale, abbia esercitato i poteri sostitutivi così come previsto dal Codice BB. CC.;
   se la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Avellino e Salerno, in via cautelare, abbia sottoposto il patrimonio pubblico nel centro storico di Prata Principato Ultra (Avellino) alle disposizioni di tutela e se abbia richiesto di valutare il discutibile progetto di ristrutturazione urbanistica e paesaggistica con la demolizione dei fabbricati storici di via Roma;
   se a seguito delle recenti demolizioni dei Palazzi Consolazio e D'Onofrio nel centro storico di Prata Principato Ultra (Avellino), il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo non intenda adottare urgenti provvedimenti per salvaguardare gli altri immobili di pertinenza pubblica, aventi un indiscutibile interesse ambientale e culturale, preservando il delicato contesto storico, urbanistico, architettonico e paesaggistico di via Roma a Prata Principato Ultra (Avellino) da nuove e brutali ferite che rischiano di compromettere per sempre la fisionomia dei luoghi, l'integrità, la conservazione, la fruizione di un patrimonio storico architettonico di elevato valore identitario. (4-06877)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORMISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 25 marzo 2013 (atto n. 4-00086) ed in data 4 dicembre 2013 (atto n. 4-02797) il sottoscritto ha presentato interrogazioni al Ministro dell'economica e delle finanze pro tempore e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore per conoscere quali iniziative intendessero promuovere per una verifica della situazione relativa alle assunzioni di Enav e per accertare i termini delle autorizzazioni disposte nei confronti di Enav, soprattutto alla luce delle problematiche relative agli appalti dell'Enav stesso e di Finmeccanica;
   a tutt'oggi nessuna risposta è arrivata all'interrogante, nonostante un sollecito effettuato il 31 luglio 2014;
   nelle more la vicenda Enav si è ulteriormente sviluppata con quelli che all'interrogante appaiono strani comportamenti;
   sembrerebbe, in particolare, che l'ex amministratore unico dell'Enav, dottor Garbini, sia passato dall'Enav alla società IDS (Ingegneria dei sistemi) diventandone rappresentante in relazione alla presenza nel CANSO Transforming Global ATM Performance ed, in più, diventando dirigente di IDS (vicepresidente) fino a qualche giorno fa;
   per quanto risulta all'interrogante, tale società, IDS, a lungo sembrerebbe aver intrattenuto ed intrattenere rapporti imprenditoriali con Enav;
   il direttore generale di Enav, nominato dal precedente amministratore unico, è tuttora in carica con competenze generali poiché titolare di rilevanti deleghe, mentre mancano ancora alcune nomine statali per completare il nuovo assetto societario; lo stesso direttore generale risulta menzionato nelle citate interrogazioni relativamente, anche, all'assunzione di figli –: 
   quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati per completare le nomine statali;
   cosa intendano fare i Ministri interrogati, vista la particolare situazione descritta, in base alla quale sembrerebbe che il «management» del dottor Garbini sia tuttora operativo in ambito ENAV;
   quante e quali commesse, ed attraverso quali modalità, siano state affidate alla società IDS. (4-06858)


   SALVATORE PICCOLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Isveimer (Istituto per lo sviluppo economico dell'Italia meridionale), ente di diritto pubblico, trasformato in società per azioni nel 1993, è stato posto in liquidazione nel 1996; la società, agli inizi del 1999, ha liquidato il Fondo di previdenza per il personale e, in qualità di sostituto di imposta, ha versato all'erario, per conto di ogni ex pensionato, l'imposta relativa a ciascuna quota di spettanza;
   successivamente al versamento, l'Isveimer, nella liquidazione delle imposte, ha constatato di aver erroneamente omesso di detrarre dall'imponibile complessivo gli interessi per lire 29.485.269.557 su titoli già assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo d'imposta e, pertanto, non più tassabili in sede di loro ripartizione agli aventi diritto;
   in aggiunta, la stessa Isveimer ha riconosciuto di aver erroneamente omesso di detrarre dall'imponibile complessivo i contributi versati dai lavoratori al Fondo pensioni nei limiti del 4 per cento della retribuzione imponibile annua (al netto dei contributi obbligatori per legge) percepita in dipendenza del rapporto di lavoro, per un importo complessivo di lire 13.358.954.615;
   al fine di ottenere il rimborso, da parte dell'Agenzia delle entrate, delle quote di imposta non dovute ed erroneamente versate, l'Isveimer ha adito le vie legali sostenendo con successo i tre gradi di giudizio e ottenendo, con la sentenza n. 2741 del 5 febbraio 2009 della Corte di cassazione, l'accoglimento dell'istanza da essa proposta;
   l'Agenzia delle entrate, a tre anni dalla citata sentenza, ha provveduto a rimborsare all'Isveimer solo una parte dell'imposta non dovuta, che la società a sua volta avrebbe dovuto retrocedere ai singoli ex pensionati ai quali era stata ingiustamente accollata all'atto della liquidazione del Fondo di previdenza;
   l'Isveimer ha potuto, perciò, corrispondere l'importo delle imposte non dovute solo ad una parte degli ex pensionati sulla base di un elenco trasmesso dall'Agenzia delle entrate; una procedura che ha negato il rimborso ad una parte consistente degli ex pensionati;
   in data 18 dicembre 2012, nel corso della XVI legislatura, l'interrogato ha presentato un atto di sindacato ispettivo (n. 5-08691) sui temi sopraesposti al Ministro dell'economia e delle finanze, chiedendo quali fossero stati i criteri adottati dall'Agenzia delle entrate nella redazione del citato elenco degli aventi diritto al rimborso erariale per le ritenute operate indebitamente a carico dei soggetti iscritti, anche al fine di provvedere all'immediato pagamento delle somme a loro dovute;
   alla suddetta interrogazione, in data 19 dicembre 2012, l'allora sottosegretario Vieri Ceriani ha risposto che: «l'Agenzia delle entrate e del territorio rappresenta che al fine di evitare duplicazioni di rimborsi e scongiurare il pagamento di somme in favore di soggetti non aventi diritto, a tutela dell'Erario, ha adottato i seguenti criteri per individuare gli ex dipendenti per i quali il rimborso non poteva essere erogato: a) soggetti che, a qualunque titolo, avevano già ottenuto il rimborso; b) soggetti che, in esito ad un giudizio instaurato autonomamente, non avevano ottenuto il riconoscimento del diritto al rimborso; c) soggetti con un giudizio ancora pendente o interessato da sentenza non ancora definitiva che potevano invocare l'applicazione del giudicato favorevole alla società ai sensi dell'articolo 1306 del codice civile, secondo cui i coobbligati solidali possono avvalersi del giudicato formatosi a favore di un altro coobbligato; d) soggetti che avevano ottenuto il riconoscimento del diritto al rimborso in esito ad un giudizio instaurato autonomamente»;
   a tal proposito, risulta incomprensibile l'esclusione dagli elenchi degli aventi diritto dei «soggetti che, in esito ad un giudizio instaurato autonomamente, non hanno ottenuto il riconoscimento del diritto al rimborso», tale esclusione appare illogica considerato che il mancato riconoscimento di un motivo (causa petendi) di diritto al rimborso di un'imposta, non esclude l'esistenza e, quindi, il riconoscimento di un qualsiasi altro motivo di diritto al rimborso, ancorché parziale, della stessa imposta;
   si evidenzia, al riguardo, che tanto il petitum quanto la causa petendi dei giudizi instaurati autonomamente dagli ex pensionati dell'Isveimer non hanno nulla a vedere con il petitum e la causa petendi del giudizio de quo instaurato dall'Isveimer e conclusosi con la sentenza n. 2741/09 della Corte di cassazione, di cui gli ex pensionati dell'Isveimer da oltre 5 anni stanno sollecitando l'applicazione;
   è verificabile per tabulas che i giudizi instaurati dagli ex pensionati non avevano per oggetto la correzione della base imponibile (vale a dire la detrazione dalla stessa di somme che il sostituto di imposta aveva erroneamente in essa inserito), ma riguardavano solo ed esclusivamente la revisione del criterio di tassazione e, più precisamente, la modifica dell'aliquota di tassazione: si chiedeva che le quote di spettanza, connesse alla liquidazione del Fondo, fossero riconosciute esenti (aliquota dello 0 per cento) da imposizione fiscale (in applicazione del principio che – trattandosi di liquidazione forzata di un Fondo, imposta dall'articolo 4 della legge n. 588 del 1996, e non di una liquidazione volontaria – non esistesse una norma impositiva riguardante la fattispecie delle somme erogate da Isveimer) oppure, in subordine, assoggettate all'aliquota, meno gravosa, del 12,50 per cento (in applicazione del criterio dell'assimilazione delle somme erogate a redditi da capitale);
   va ribadito anche che gli ex pensionati dell'Isveimer non hanno mai impugnato la determinazione della base imponibile, considerato che l'Isveimer si era guardata bene dall'informarli di aver sbagliato a computarla per negligenza;
   è utile sottolineare, inoltre, che per i contenziosi autonomamente attivati dagli ex pensionati, le commissioni tributarie provinciali hanno riconosciuto che le quote erogate non fossero assoggettabili ad imposizione fiscale alcuna, accettando il criterio proposto che – trattandosi di liquidazione forzata di un Fondo, imposta dall'articolo 4 della legge n. 588 del 1996, e non di una liquidazione volontaria – non esistesse una norma impositiva riguardante la fattispecie delle somme erogate da Isveimer; l'Agenzia delle entrate per una cinquantina di ricorrenti rinunciò anche ad impugnare tali sentenze, lasciando che si formasse il giudicato agli stessi favorevole;
   l'attuale distinzione – tra soggetti che, in esito ad un giudizio instaurato autonomamente, non avevano ottenuto il riconoscimento del diritto al rimborso (perché l'Agenzia delle entrate impugnò la sentenza della Commissione tributaria provinciale) e i soggetti che avevano ottenuto tale riconoscimento (solo perché rinunciò ad impugnare la sentenza della Commissione tributaria provinciale) è, perciò, il risultato di un censurabile comportamento dell'Agenzia dell'entrate non improntato ai doverosi principi di uniformità e di imparzialità, cui deve attenersi la pubblica amministrazione –:
   quali siano i motivi per cui l'Agenzia delle entrate continua a negare, nonostante le evidenze sopra esposte, il rimborso dovuto per effetto della sentenza n. 2741/09 del 5 febbraio 2009 della Corte di cassazione, a molti ex pensionati del F.I.P. ISVEIMER;
   se, conseguentemente, non ritenga di intervenire con urgenza, nell'ambito delle sue competenze, per rimediare a tale iniquità. (4-06860)


   BARGERO, FIORIO, BOCCUZZI e GRIBAUDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le disastrose alluvioni che nei giorni scorsi hanno colpito nuovamente la città di Genova e i territori del basso Piemonte, in particolare la provincia di Alessandria riportano di terribile attualità il problema ambientale in particolare nel dissesto idrogeologico e nella necessità di proseguire con maggiore forza l'opera di messa in sicurezza dei nostri territori;
   le risorse necessarie sebbene mai sufficienti sono state nell'arco degli anni e delle precedenti legislazioni accuratamente previste e poi man mano disattese destinando le medesime ad altre problematiche di volta in volta ritenute più prioritarie magari solo per ragioni elettorali e di emozione del momento;
   in particolare dopo i catastrofici eventi alluvionali che nel novembre 1994 misero in ginocchio una parte importante d'Italia (con particolare riferimento al Piemonte ma non dimenticando Valle d'Aosta, Liguria, Toscana ed Emilia Romagna) venne avviata per la prima volta una seria politica di intervento e prevenzione;
   in quella occasione il Governo reagì con prontezza. Vennero subito emanati: per l'emergenza, il decreto-legge n. 646 del 24 novembre 1994, convertito nella legge n. 22 del 21 gennaio 1995 ove venivano stanziati 3.820 miliardi delle vecchie lire; per la ricostruzione, il decreto-legge n. 691 del 19 dicembre 1994, convertito nella legge 35 del 16 febbraio 1995 ove venivano stanziati 11.000 miliardi delle vecchie lire;
   per far fronte alla necessità di un così alto fabbisogno finanziario – ben 14.820 miliardi delle vecchie lire – venne previsto all'articolo 11 comma 5 della succitata legge n. 35 del 1995 una addizionale del 50 per cento della tariffa dell'imposta di bollo applicata dalle banche in accordo al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 26 ottobre 1972;
   la succitata addizionale del 50 per cento venne applicata dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 646 del 24 novembre 1994 e che nell'arco di circa 16 anni il Ministero dell'economia e delle finanze ha introitato nelle casse dello Stato parecchi miliardi di euro e che solo una minima parte di essi siano stati destinati allo «Scopo al quale la tassa era destinata»;
   tale «tassa di scopo», pur venendo impropriamente soppressa alla fine dell'anno 2011 a seguito dell'approvazione del decreto-legge 6 dicembre 2011 (il cosiddetto «Salva Italia»), ha continuato a ingenerare risorse per circa 1 miliardo di euro (di cui euro 76.480.495,00 ancora per il prossimo anno) e che le stesse non sono mai state destinate agli scopi previsti;
   da tempo quindi miliardi di euro generati da questa accisa, imposta per la ricostruzione del Piemonte e delle altre regioni colpite, non vengono più beneficiati dal Piemonte stesso e questo nonostante l'espressa volontà della Presidenza del Consiglio dei ministri che con gli atti n. 149 del 28 luglio 2000 e n. 31 del 7 febbraio 2001 riconfermò anche a distanza di 7 anni dall'evento calamitoso originario l'assegnazione al Piemonte dell'80 per cento delle risorse al fine di proseguire l'opera di messa in sicurezza delle imprese site in aree a rischio di esondazione avviata anni prima con la legge n. 228 del 1997 per la rilocalizzazione delle imprese;
   il Fondo citato non risulta pertanto utilizzato per scopi non previsti dalla legge di origine, e ha contribuito ad interrompere opere e interventi che a distanza di anni causano le tragedie alle quali anche di recente si è assistito;
   con il Fondo in questione è stata in particolare in Piemonte avviata negli anni a seguire una importante opera che ha visto mettere in sicurezza, grazie alla legge n. 228 del 1997 che prevedeva la rilocalizzazione delle imprese site in aree a rischio di esondazione, oltre un migliaio di imprese;
   la crisi in atto, la deindustrializzazione che da anni colpisce il Piemonte, che si mostra una delle regioni d'Italia che più soffrono di questa situazione di recesso con un aumento preoccupante dei disoccupati e della povertà della classe media –:
   quali siano le ragioni della mancata destinazione dei fondi annualmente generati dall'imposta di bollo citata sia nelle annualità precedenti la sua soppressione sia in particolare negli anni successivi (2012, 2013 e 2014) considerando che si è generato poco meno di 1 miliardo di euro e ancora per il prossimo anno 2015 ne sono previsti 76,5 milioni circa;
   se, a fronte di questa drammatica realtà, non sia corretto che l'accisa recuperata dalla suddetta addizionale del 50 per cento sui bolli delle banche, venga – come previsto dalla legge originale di attuazione – ridestinata al Piemonte e alle altre regioni colpite, per essere utilizzata con le finalità di ristoro dei danni subiti dai soggetti alluvionati, per proseguire l'opera di prevenzione dal rischio di eventi calamitosi mediante la rilocalizzazione delle imprese al di fuori delle aree a rischio, nonché al fine di evitare eventi futuri mediante la messa in sicurezza dei territori, che consentirebbe un risanamento ambientale strutturale che utile al contempo al rilancio dell'economia e a un forte incremento occupazionale. (4-06867)


   BALDASSARRE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Massimo Garbini ha rivestito l'incarico di amministratore unico in ENAV dal 22 novembre 2011 al 26 settembre 2014 – come si evince da visura effettuata attraverso servizio Cerved;
   lo stesso, il 17 giugno 2011 è stato nominato presidente dell’European CEO Commitee (EC3) di CANSO, l'organizzazione mondiale dei service provider che forniscono servizi di gestione e controllo del traffico aereo;
   sul sito ufficiale di CANSO https://www.canso.org alla sezione «CANSO members» possiamo trovare la società «IDS – Ingegneria dei sistemi Spa», società operante sia nel settore della difesa che in quello civile e altresì specializzata in consulenza per progetti di alta tecnologia ingegneristica e nella realizzazione di soluzioni software integrate e di sistemi hardware;
   nelle scorse settimane, Massimo Garbini – ex amministratore unico di ENAV – è stato assunto dalla società IDS – Ingegneria dei sistemi Spa con la qualifica di «Senior Vice President of IDS corporation» come si può facilmente vedere, alla data del 28 ottobre 2014, dal sito ufficiale di CANSO all'indirizzo web;
   stranamente, a tutt'oggi sul sito di CANSO, alla pagina suddetta, è stato tolta la dicitura «Senior Vice President of IDS Corporation» ma l'interrogante può facilmente dichiarare quanto sopra avendo una scansione salvata della pagina con tale dicitura;
   il 19 settembre 2014 il Ministero dell'economia e delle finanze ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione dell'ENAV per il triennio 2014/2016, riservandosi però di ampliarlo fino al massimo numero di consiglieri e di nominare contestualmente l'amministratore delegato;
   il neo Consiglio di amministrazione dell'ENAV, nel primo consiglio di amministrazione tenutosi il 29 novembre 2014 ha confermato ed anzi ampliato le deleghe dell'attuale direttore generale Massimo Bellizzi, nominato a suo tempo da Garbini e suo storico fidato collaboratore;
   l'articolo 21 del decreto legislativo n. 39 del 2013, «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50 della legge 6 novembre 2012, n. 190», dispone il divieto, per i soggetti che abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali nelle società ed enti partecipati dallo Stato, di svolgere, per i successivi tre anni dalla cessazione del rapporto, attività lavorativa o professionale presso soggetti privati destinatari dell'attività della società, svolta attraverso i medesimi poteri, pena la nullità dei contratti ed incarichi conferiti in violazione di quanto sopra detto –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti;
   se e quando i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano provvedere alla nomina dell'amministratore delegato di ENAV, in modo da poter dare alla società nazionale di assistenza di volo, che svolge un compito delicatissimo legato alla sicurezza dei nostri cieli, un nuovo vertice aziendale che sia di provata competenza in questo delicato settore e di assoluta discontinuità con le passate gestioni;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano, ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2013 sopra citato, valutare di richiedere la nullità dei contratti e degli atti in essere tra ENAV ed IDS, stipulati in possibile contrasto con le norme di legge;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, possano effettuare verifiche sulla nomina a «Senior Vice President of IDS Corporation» dell'ex amministratore unico di ENAV Massimo Garbini e se non ritengano altresì che ci sia una possibile violazione delle norme di legge in materia di «inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso enti privati in controllo pubblico a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190» e del collegato decreto legislativo n. 165 del 2001.
(4-06874)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 117 ha introdotto misure relative alla situazione carceraria. In particolare, sono stati previsti rimedi di tipo risarcitorio in favore di detenuti e internati che siano stati sottoposti a condizioni di detenzione inumani o degradanti, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU);
   con la sentenza-pilota Torreggiani del gennaio 2013, la CEDU ha accertato, nei casi esaminati, la violazione dell'articolo 3 della Convenzione a causa della cronica situazione di sovraffollamento delle carceri, in cui i ricorrenti si sono trovati. La Corte ha quindi ordinato alle autorità italiane di predisporre, nel termine di un anno, le misure preventive e compensative necessarie e quelle in grado di garantire una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia;
   in particolare, l'articolo 1 del decreto-legge inserisce nell'ordinamento penitenziario l'articolo 35-ter attraverso il quale si attivano a favore di detenuti rimedi risarcitori per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione EDU. Alle competenze del magistrato di sorveglianza si aggiunge la possibilità di adottare provvedimenti di natura risarcitoria e si stabilisce che – quando l'attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti del detenuto consista in condizioni di detenzione inumane e degradanti – il magistrato di sorveglianza, su istanza del detenuto (o del difensore munito di procura speciale), deve «compensare» il detenuto con l'abbuono di un giorno di pena residua per ogni 10 giorni durante i quali vi è stata la violazione;
   il magistrato di sorveglianza liquida il richiedente con una somma di 8 euro per ogni giorno trascorso in carcere in «condizioni inumane e degradanti» quando il residuo di pena da espiare non permette l'attuazione integrale della citata detrazione percentuale o qualora il periodo detentivo trascorso in violazione dell'articolo 3 CEDU sia stato inferiore a 15 giorni. Analogo risarcimento è previsto in favore di chi abbia subito detto pregiudizio in regime di custodia cautelare non computabile nella determinazione della pena ovvero abbia ormai espiato la pena della detenzione;
   l'azione relativa va proposta entro 6 mesi dalla cessazione della custodia o della detenzione, davanti al tribunale del distretto di residenza, che decide in composizione monocratica in camera di consiglio con decreto non reclamabile;
   il provvedimento detta delle disposizioni transitorie riguardanti coloro che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano già espiato la pena detentiva o che non si trovino più in custodia cautelare in carcere. In tali casi, entro sei mesi da tale data, va proposta l'azione per il risarcimento davanti al tribunale del distretto di residenza. I detenuti che abbiano già avanzato ricorso alla Corte europea per violazione dell'articolo 3 CEDU, entro sei mesi a far data dal 28 giugno 2014, se non è intervenuta decisione sulla ricevibilità del ricorso, possono fare domanda di risarcimento ai sensi del nuovo articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario;
   con tale provvedimento il Governo italiano ha ottenuto dal Consiglio dei ministri europeo un rinvio di una sentenza definitiva, anche se, visti i deludenti risultati di questi primi mesi di applicazione della norma, una condanna – con annesse salatissime multe – pare solamente ritardata;
   la scelta compiuta dal Governo di stabilire la somma risarcitoria in 8 euro per giorno, oltre ad apparire più volta a non gravare eccessivamente sulle finanze dello Stato, è apparsa fin da subito assai discutibile, in quanto non viene prevista alcuna possibilità di graduare il risarcimento in ragione della gravità del pregiudizio eventualmente accertato. Ciò potrebbe esporre la norma stessa a problemi sia di compatibilità costituzionale, sia di rispetto dei vincoli comunitari sotto il profilo dell'effettività della tutela;
   occorre evidenziare come oggi la Magistratura di sorveglianza risulti inadeguata persino a rispondere alle istanze di ordinaria amministrazione avanzate dalla popolazione detenuta e che questo provvedimento, seppur mosso da buone intenzioni, rischia di paralizzarne definitivamente l'attività. I tempi delle decisioni si preannunciano pertanto lunghissimi, ben lontani dall'esigenza di provvedere con immediatezza a risolvere una situazione di imminente problematicità;
   secondo quanto a conoscenza dell'interrogante si evidenzia una difformità nell'applicazione della nuova normativa da parte della magistratura di sorveglianza. In particolare, vengono segnalati molteplici casi di rigetto delle istanze, per una ritenuta inammissibilità, sia con riferimento a detenzioni pregresse, sia a quelle che si protraggono in diversi istituti, motivate da un'interpretazione della norma che, di fatto, limiterebbe la competenza del magistrato di sorveglianza nell'applicazione del rimedio risarcitorio voluto dal legislatore, «in quanto la lesione accertata, per fondare una pronuncia di addebito a carico dell'amministrazione penitenziaria suscettibile di risarcimento, deve consistere in un pregiudizio «attuale e grave» della posizione soggettiva del soggetto detenuto o internato»;
   tale interpretazione rischia di inficiare l'intera ratio della norma lasciando il detenuto privo di qualsiasi tutela effettiva e, contestualmente, non consentirebbe di ottemperare a quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo;
   parallelamente, la magistratura di sorveglianza lamenta la complessità dell'istruttoria per ogni singolo caso: dalla raccolta dei dati relativi alla metratura della cella per ogni periodo di detenzione, al numero effettivo dei detenuti presenti nella cella stessa, dalle condizioni igieniche alle attività di lavoro svolte. Tali difficoltà risultano ancora maggiori nei casi in cui sia necessario ricostruire le condizioni di precedenti carcerazioni –:
   quali iniziative di carattere normativo intenda intraprendere il Governo al fine di chiarire in modo univoco le competenze della magistratura di sorveglianza in merito all'applicazione del nuovo articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario sia per la detenzione in essere al momento della presentazione dell'istanza, sia per i periodi di detenzione pregressi;
   quali iniziative il Ministero intenda adottare, in stretta coordinazione con il, dipartimento amministrazione penitenziaria, al fine di dare la massima informazione sulle nuove possibilità offerte dalla nuova normativa fra la popolazione detenuta al fine di facilitare la presentazione delle domande;
   quali iniziative si intendano mettere in essere, per quanto di competenza, per potenziare gli uffici della magistratura di sorveglianza onde evitarne la definitiva paralisi dell'attività. (5-04036)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ha comunicato alla prefettura di Cagliari, al dipartimento per le libertà civili e immigrazione del Ministero dell'interno, al dipartimento giustizia minorile del Ministero della giustizia e all'Agenzia del demanio di Cagliari che l'istituto penitenziario per minori di Quartucciu (Cagliari) e gli uffici del provveditorato regionale dell'ufficio esecuzione penale esterna saranno trasferiti nel penitenziario di Buoncammino non appena la struttura detentiva sarà trasferita nel carcere situato nel comune di Uta;
   contestualmente, il centro di prima accoglienza per immigrati e migranti di Elmas sarà trasferito nei locali che attualmente ospitano la scuola di polizia di Monastir (Cagliari);
   la notizia, resa nota dal sindacato di polizia penitenziaria Ugl Sardegna, assesta due colpi durissimi alla Sardegna: a) chiude la scuola di polizia di Monastir; b) lo Stato mantiene il carcere di Buoncammino per fare uffici e trasferire il carcere minorile di Quartucciu;
   all'interno della struttura della scuola di polizia penitenziaria è presente l'unico poligono di tiro chiuso di tutta la Sardegna, perfettamente funzionante e operativo della regione, che permette il regolare addestramento di tutti i poliziotti penitenziari della Sardegna;
   decisione è conseguenza del fatto che, entro il 2015, la zona militare dell'aeroporto di Elmas, dove è in funzione il centro di accoglienza per immigrati, passerà sotto il controllo della Sogaer (attraverso l'Enac) e con il trasferimento dell'Aeronautica alla base militare di Decimo anche il centro per immigrati dovrà trovare una nuova sistemazione;
   la decisione, oltre che violare una serie di norme, è antieconomica, perché incrementerà costi e oneri gestionali;
   le procedure per la dismissione sono particolarmente complicate. Ci sono da mettere d'accordo tre ministeri: giustizia, interno economia e finanze;
   l'8 ottobre 2014 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha consegnato il nuovo istituto di pena di Uta (ad esclusione dell'area dei 41 bis) al direttore del carcere cagliaritano. Resta da organizzare solo il trasferimento dei detenuti. Nel giro di pochi mesi, il vecchio istituto di Buoncammino, o almeno una sua parte, potrebbe essere messa a disposizione della città;
   è auspicabile che la struttura di Buoncammino, una volta che i detenuti saranno trasferiti nel nuovo carcere di Uta, passi al Demanio per poi essere ceduta, come prevede lo statuto autonomo della Sardegna, adottato con legge costituzionale, alla regione e, successivamente, al comune di Cagliari;
   la decisione dello Stato di «riprendersi» Buoncammino è un grave da o per Cagliari, perché toglie alla città uno degli edifici più ricchi di potenzialità di generare economia e occupazione;
   nell'isola e nel suo capoluogo sono presenti moltissimi immobili che possono essere utilizzati come CPA/CARA (centro di soccorso e prima accoglienza e centro soccorso richiedenti asilo) e, conseguentemente, le opzioni indicate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia sono ad avviso dell'interrogante del tutto irragionevoli e pregiudizievoli per gli interessi della regione Sardegna e del comune di Cagliari;
   la struttura di Buoncammino ha una funzione baricentrica rispetto a molte sedi dell'ateneo di Cagliari e, in questo senso, potrebbe svolgere una funzione importante anche per l'università;
   come hanno ricordato il sindaco di Cagliari e il consiglio comunale attraverso due ordini del giorno approvati all'unanimità, la struttura di Buoncammino, in accordo tra regione, comune e università, potrebbe ospitare un albergo, spazi per gli studenti e spazi di aggregazione, attività commerciali e tanto altro ancora, con investimenti per diversi milioni di euro –:
   quali iniziative si intendano assumere affinché la struttura dell'istituto di Buoncammino, a Cagliari, una volta che i detenuti saranno definitivamente trasferiti nel nuovo carcere di Uta, passi al Demanio per poi essere ceduta, come prevede lo statuto autonomo della Sardegna, adottato con legge costituzionale, alla regione;
   quali provvedimenti intenda assumere per evitare la chiusura della scuola di polizia di Monastir che ha il compito di preparare coloro che intendono diventare agenti, sottufficiali o ufficiali di polizia penitenziaria, ma anche il personale civile effettivo dell'amministrazione;
   se non si ritenga opportuno trasferire il centro di soccorso e prima accoglienza e centro soccorso richiedenti asilo, ora localizzati nella zona militare dell'aeroporto di Elmas, in locali diversi rispetto a quelli che attualmente ospitano la scuola di polizia di Monastir (Cagliari), così come comunicato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. (4-06847)


   LATRONICO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la chiusura della corte d'appello di Potenza, con l'accorpamento ad un tribunale fuori regione, comporterebbe in Basilicata lo smembramento di altri uffici giudiziari come procura generale, tribunale di sorveglianza, tribunale e procura per i minorenni, procura distrettuale antimafia, tribunale del riesame, con gravi ricadute sul piano della legalità e sui costi economici a danno dei cittadini e degli operatori della giustizia regionale;
   la riduzione dell'efficienza del sistema giudiziario nel distretto di Potenza comporterebbe la riduzione delle forze dell'ordine e una minore difesa del territorio e pericolose ingerenze della criminalità presente nei territori circostanti;
   la Basilicata per ragioni orografiche di distribuzione della popolazione sul territorio, di carenze infrastrutturali e precarietà delle medesime, non può permettersi di perdere un indispensabile presidio di legalità qual è quello della corte di appello;
   la prevista soppressione della corte di appello, non comporterebbe alcun risparmio di spesa, atteso che il personale rimarrebbe in servizio presso la sede di futura destinazione e che, non potrebbero comunque dismettersi i locali attualmente destinati a sede della corte, nell'ambito del palazzo di giustizia;
   la soppressione della corte di appello comporterebbe un indubbio notevole aggravio di spesa a carico dei cittadini lucani per l'accesso alla tutela giurisdizionale, con pesanti ricadute sul tessuto economico e sociale di tutta la regione;
   un intervento sulla geografia giudiziaria di questa portata non può prescindere da un'attenta e ponderata valutazione di diversi indicatori, da effettuarsi con il coinvolgimento delle componenti professionali, istituzionali, politiche e sindacali del territorio interessato –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non reputi che ci siano i presupposti per ritenere fondate tali preoccupazioni sulla chiusura distretto giudiziario lucano. (4-06855)


   PRATAVIERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dal 13 settembre 2014 per effetto della riforma della geografia giudiziaria di cui al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, e al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, è stata disposta la definitiva chiusura di centinaia e centinaia di uffici giudiziari, tra cui quello della sede del tribunale nonché del giudice di pace di Dolo, in provincia di Venezia;
   l'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 156 del 2012 prevedeva la possibilità per gli enti locali interessati, anche consorziati, di richiedere il mantenimento degli uffici del giudice di pace con competenza sui rispettivi territori, a condizione che gli stessi si facessero integralmente carico degli oneri e delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo;
   gli enti locali interessati, in particolare il comune di Dolo, aveva presentato istanza al Ministero della giustizia ed infatti nell'Allegato 1 del successivo decreto ministeriale del 7 marzo 2014 «Individuazione delle sedi degli uffici del giudice di pace ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156», risultava, tra gli uffici che venivano mantenuti, anche quello del giudice di pace di Dolo;
   il 10 novembre 2014 il Ministro della giustizia ha firmato il decreto «Uffici del giudice di pace mantenuti ex articolo 3 decreto legislativo n. 156 del 2012», con cui è stata disposta la soppressione dell'ufficio del giudice di pace di Dolo e l'accorpamento dello stesso a Venezia a decorrere dal 25 novembre 2014;
   immediatamente dopo la pubblicazione del decreto, il sindaco di Dolo, Mariamaddalena Gottardo, ha così commentato a riguardo sul sito del comune: «Con profondo rammarico prendo atto della soppressione dell'Ufficio del giudice di pace di Dolo, nonostante la Conferenza dei Sindaci abbia tentato di preservarlo. Il comune di Dolo, in particolare, aveva offerto all'Amministrazione della giustizia di farsi integralmente carico delle spese di funzionamento dell'Ufficio, con esclusione di quelle legate al personale, spese che per precisa disposizione di legge — gli enti aderenti alla Conferenza dei Sindaci non avrebbero potuto sostenere. Purtroppo la proposta non ha avuto riscontro positivo e, dunque, siamo costretti a subire questa ennesima perdita per il territorio»;
   l'articolo 5 del decreto del 7 marzo 2014 così precisava: «Gli enti locali che hanno richiesto il mantenimento degli uffici indicati nell'allegato 1, possono procedere, entro il termine perentorio di 15 giorni dalla entrata in vigore del presente provvedimento e con le medesime modalità previste per la presentazione, alla revoca dell'istanza formulata ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2012 n. 156»;
   il successivo articolo 6, sempre del medesimo decreto, al comma 2, disponeva che la mancata e comunicazione da parte dei comuni, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla entrata in vigore del decreto, dei locali destinati ad ospitare l'ufficio nonché del personale dei propri ruoli destinato a svolgere mansioni di supporto all'attività giurisdizionale da avviare alla fase formativa, determinava la decadenza dell'istanza di mantenimento presentata ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156;
   il decreto ministeriale del 10 novembre, proprio a seguito dell'esercizio della facoltà di cui all'articolo 5 del decreto ministeriale 7 marzo 2014 nonché per effetto della mancata ottemperanza, nei termini perentori prescritti, degli adempimenti di cui all'articolo 6, ha rideterminato l'elenco degli uffici del giudice di pace mantenuti con esclusione di quello di Dolo;
   il 10 novembre 2014, ossia lo stesso giorno in cui è stato emesso il decreto ministeriale di cui sopra, da notizie apparse sui quotidiani locali, si apprende che una quarantina circa di processi penali, pendenti e iscritti a ruolo innanzi al giudice di pace di Dolo, non si sono potuti celebrare nel giorno dell'udienza fissata a causa della mancanza dei fascicoli delle cause, già inviati alle sede centrale del giudice di pace di Venezia dal primo di novembre, ed altresì per la mancanza del cancelliere e del pubblico ministero;
   se l'impressione è che non siano state adottate le misure necessarie per evitare tale situazione caotica, nel frattempo, sono i cittadini e le imprese della zona di competenza del presidio giurisdizionale dolese che hanno subito i disagi e le conseguenze, anche in termini economici, di tale paradossale situazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione creatasi presso gli uffici del giudice di pace di Dolo, di cui sopra e riportata anche dai quotidiani locali, in particolare quali siano i motivi per cui non si sono potuti regolarmente celebrare i processi con udienza fissata per il 10 novembre 2014 e se fosse possibile evitare tale situazione; quali iniziative di competenza intenda adottare a fronte dei disagi lamentati dagli operatori del settore e dai cittadini per assicurare la celebrazione in tempi ragionevoli delle cause in corso incardinate nella sede dolese e risarcire i cittadini e le imprese dei danni conseguenti alla situazione sopra evidenziata. (4-06862)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 60 della legge n. 120 del 2010 prevede che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, siano definite le caratteristiche per l'omologazione e per l'installazione di dispositivi finalizzati a visualizzare il tempo residuo di accensione delle luci dei nuovi impianti semaforici, di impianti impiegati per regolare la velocità e di impianti attivati dal rilevamento della velocità dei veicoli in arrivo (cosiddette «luci semaforiche intelligenti»);
   il termine per l'adozione del decreto è spirato il 12 ottobre 2010;
   la questione è stata posta all'attenzione del Governo con interrogazione n. 5-01353, cui il Governo ha risposto in data 12 dicembre 2013 esplicitando le ragioni del ritardo nell'emanazione del decreto;
   il Governo ha illustrato, in particolare, che «i competenti uffici del MIT sono in attesa della conclusione delle diverse sperimentazioni avviate con prototipi dei dispositivi previsti dal citato articolo 60», aventi lo scopo di analizzare «i comportamenti degli utenti in relazione alle nuove modalità di esercizio degli impianti semaforici» anche «al fine della preventiva individuazione, con il suddetto provvedimento ministeriale, dei requisiti per l'approvazione dei dispositivi di cui sopra ai sensi dell'articolo 45 del nuovo Codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992), dell'articolo 192 del connesso regolamento di esecuzione ed attuazione decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992) nonché della verifica di compatibilità con la norma europea armonizzata EN 12368, in relazione all'obbligo di marcatura CE per i semafori» –:
   a quale punto siano le sperimentazioni di cui in premessa, e presso quali strutture;
   in caso di conclusione delle stesse, quale sia il loro esito;
   se il Governo sia ora in grado di prevedere una tempistica per l'esecuzione del citato articolo 60 della legge n. 120 del 2010. (5-04035)


   DE LORENZIS, TOFALO e PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-01147 presentata venerdì 4 ottobre 2013, nella seduta n. 91, sulla regolarità dell'affidamento senza gara e in subappalto dell'incarico di progettazione preliminare e definitiva dell'opera strategica di interesse nazionale denominata «Ammodernamento della S.S. 275», non ha ancora ricevuto alcuna risposta;
   lungo il tracciato progettuale sopracitato sono state ritrovate alcune discariche abusive pericolose denunciate da cittadini del Capo di Leuca con un esposto alla procura della Repubblica;
   l'interrogazione a risposta in commissione n. 4-04990 presentata venerdì 30 maggio 2014, nella seduta n. 237, sul ritrovamento di tali discariche di sostanze pericolose, nocive e tossiche e le conseguenti indagini della Guardia di finanza lungo il tracciato della medesima opera di «Ammodernamento S.S. 275», non ha ancora ricevuto alcuna risposta;
   l'ingegner Angelo Sticchi Damiani, titolare all'azienda Pro.Sal. srl, ha curato la progettazione del raddoppio della strada statale 275 Maglie-Leuca sopra menzionata, ricevendo un compenso di svariati milioni di euro in assenza di una gara di evidenza pubblica e senza realizzare le dovute analisi idro-geografiche;
   la ditta CCC (Consorzio cooperative costruzioni) risulta vincitrice dell'appalto di realizzazione dell'opera affidato in modo illegittimo come sentenziato dal Consiglio di Stato;
   da fonti stampa de «Il fatto quotidiano» si apprende che il fratello dell'ingegner Angelo Sticchi Damiani, Ernesto, è legale della ditta CCC;
   da tempo si discute di modifiche normative volte a dare rigorose soluzioni alla questione dei conflitti di interesse;
   gli stretti legami familiari poc'anzi menzionati tra il progettista, il legale della ditta CCC e il commissario anticorruzione, possono costituire un elemento che genera a parere degli interroganti un sostanziale conflitto di interessi –:
   se non si intendano adottare iniziative normative volte ad assicurare che anche in situazioni quali quelle segnalate in premessa non si configurino sostanziali conflitti di interesse, anche in considerazione del delicatissimo ruolo che sono chiamate a svolgere l'Autorità nazionale anticorruzione, e comunque gli organismi specificatamente connotati da requisiti di terzietà ed indipendenza. (5-04038)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANNINO, MARZANA, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, all'articolo 17, sono state introdotte modifiche puntuali al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001);
   alle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 contenute nel decreto adottato dal Governo sono state aggiunte ulteriori modifiche allo stesso testo unico sull'edilizia approvate durante l'esame del provvedimento nella competente Commissione parlamentare;
   in seguito, all'approvazione di una proposta emendativa al decreto-legge, l'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 prevede, al comma 4, lettera d-ter), che le regioni definiscano le tabelle parametriche per il calcolo della quota del contributo di costruzione dovuto sulla base dell'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, anche in relazione «alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso»;
   per effetto delle modifiche apportate all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 dal decreto-legge n. 133 del 2014 viene altresì stabilito che «il maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, viene suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed erogato da quest'ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche»;
   con riferimento alla modifica richiamata nei punti precedenti, e in particolare a quanto previsto dal secondo periodo della lettera d-ter) del comma 4 — e dunque al versamento, da parte degli operatori privati, di un contributo straordinario di importo non inferiore alla metà del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso — la stessa disposizione prevede che vengano fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali;
   la modifica all'articolo 16 descritta sopra – pur essendo introdotta all'interno di un decreto-legge che, di norma, dovrebbe contenere disposizioni necessarie urgenti e di immediata applicazione – necessita, per trovare piena applicazione, di provvedimenti regionali che aggiornino la normativa con le tabelle parametriche per il calcolo dei cosiddetti oneri, e delle successive deliberazioni delle amministrazioni comunali che, in base a dette tabelle, approvino l'aggiornamento dei parametri per il calcolo del contributo per il permesso di costruire, relativamente agli oneri di urbanizzazione di cui all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
   l'operazione di aggiornamento delle tabelle parametriche per il calcolo del contributo di costruzione, sulla base della nuova lettera d-ter) del comma 4 dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come la definizione, da parte dei comuni, della metodologia per il calcolo del maggior valore immobiliare degli interventi edilizi presuppongono, dunque, lo svolgimento di una complessa e delicata attività amministrativa;
   ciò potrebbe allungare i tempi necessari per giungere alla piena e sistematica applicazione di una norma che dovrebbe consentire alle amministrazioni comunali di recuperare – per finalità pubbliche – una quota parte delle valorizzazioni indotte dalla realizzazione di interventi in variante e/o in deroga agli strumenti urbanistici ovvero di cambi di destinazione d'uso degli immobili;
   il nuovo articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 laddove fa salve le disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali, non chiarisce se continuino a trovare applicazione tutte quelle normative che prevedono la corresponsione di un contributo straordinario – indipendentemente da quali siano il campo di applicazione, gli interventi per i quali è dovuto e l'entità dello stesso contributo – oppure solo quelle che dispongono esattamente la corresponsione di un contributo non inferiore al 50 per cento in caso di interventi in varianti e/o in deroga e di cambi di destinazione d'uso;
   l'inserimento nell'articolo 16, comma 4, della citata lettera d-ter) — disponendo che nella definizione dei parametri di calcolo del contributo di costruzione venga considerato il «maggior valore» dell'investimento immobiliare, e che le amministrazioni comunali calcolino detto «maggior valore» al fine di prelevarne una somma non inferiore al 50 per cento – fa sì che dalla nuova modalità di calcolo del contributo di costruzione dovuto possano derivare effetti molto diversificati rispetto al trattamento del diritto di proprietà che, come è noto, rientra nell'ambito di materie, come l'ordinamento civile, di esclusiva competenza statale;
   in sede di conversione in legge del decreto 12 settembre 2014, n. 133, il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 154 della deputata Maria Marzana, con il quale la Camera ha impegnato lo stesso Governo a valutare l'opportunità di fornire alle regioni linee guida per procedere all'aggiornamento del calcolo del contributo di costruzione alla luce delle nuove disposizioni richiamate in precedenza –:
   se non ritenga necessario che la complessa attività amministrativa, affidata alle regioni e ai comuni in base al riformulato articolo 16, comma 4, lettera d-ter), venga accompagnata e guidata ovvero preceduta da atti e provvedimenti, di competenza statale, in grado di assicurare un'applicazione della stessa norma, tempestiva e il più possibile omogenea su tutto il territorio nazionale;
   se – attraverso iniziative e provvedimenti appositi — intenda fornire alle regioni e alle amministrazioni comunali le istruzioni necessarie per procedere all'aggiornamento delle tabelle parametriche da adottare per il calcolo della quota del contributo di costruzione commisurata all'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria;
   se – attraverso iniziative e provvedimenti appositi — intenda fornire alle amministrazioni comunali le necessarie linee guida per la definizione del metodo di calcolo da adottare per determinare il «maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso» del quale l'operatore privato sarà obbligato a versare una quota non inferiore al 50 per cento a titolo di contributo straordinario, prevedendo, anche, la possibilità che detto contributo venga modulato in funzione dello stato dei luoghi interessati dalla trasformazione urbanistico-edilizia e dunque che sia dovuto nella misura massima, laddove l'intervento interessi aree agricole, libere e non urbanizzate nello stato di fatto, a prescindere dalla loro destinazione urbanistica;
   se – attraverso iniziative e provvedimenti appositi — intenda dare istruzioni alle amministrazioni comunali in merito all'applicazione della norma, nelle more dell'aggiornamento delle tabelle parametriche per calcolo del contributo di costruzione da parte delle regioni, con particolare riferimento all'immediata e piena efficacia della parte della disposizione che assoggetta gli operatori privati che realizzano interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso, all'obbligo di versare il contributo straordinario introdotto dal decreto-legge n. 133 del 2014.
(4-06861)


   SARTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 maggio 2014, Enac pubblicava il «Bando di affidamento per la gestione totale dell'aeroporto di Rimini» con scadenza per la consegna delle offerte il 14 luglio 2014;
   in data 18 luglio 2014 Enac procedeva all'apertura delle buste e il 29 settembre ad aggiudicare la gestione del Fellini in via provvisoria alla cordata Air Riminum; della composizione, solo pochi giorni fa la stampa ha reso noti alcuni nomi dei soci, non si conoscono ancora tutti; si conferma Laura Fincato come futuro presidente che però attualmente ricopre il ruolo di consigliere esperto di Umberto Del Basso De Caro presso il Ministero dei delle infrastrutture e dei trasporti e l'amministratore è il commercialista romano Leonardo Corbucci. La cordata Air Riminum otteneva il massimo del punteggio, 85 punti su 85, senza il bonus dei 15 punti assegnato alla busta C con riferimento all'offerta per i beni lasciati da Aeradria. Seguivano Aviacom, la cordata di Halcombe con 50,51 punti, il Consorzio Rimini-San Marino con 46,48 e Novaport Italia con 34,27 punti a cui si aggiungevano i 15 della busta C. Le cordate Novaport spa e Consorzio Abn richiedevano l'accesso agli atti di gara;
   a seguito degli incontri, tra il prefetto Palomba, l'amministratore di Air Riminum Corbucci, la dirigente Enac Lacriola e il curatore Santini veniva discussa, il giorno 16 ottobre e poi confermata, in seguito all'incontro della mattina seguente, la soluzione per evitare la chiusura dell'aeroporto attraverso la nomina di un commissario ad acta da parte dell'Enac. Dunque l'aeroporto Fellini, dopo il 31 ottobre, termine della gestione provvisoria, non avrebbe chiuso grazie al commissario nominato dall'Enac che avrebbe gestito il tutto per almeno due mesi, o meglio, per il tempo necessario ad effettuare gli ordinari controlli sulla cordata vincitrice per il rilascio delle certificazioni necessarie all'inizio della nuova gestione da parte di Air Riminum. L'interrogante ritiene opportuno specificare, come ribadito da Enac, che, lo svolgimento dei controlli nei confronti della società vincitrice, al fine del rilascio delle suddette certificazioni, è un'operazione ordinaria che deve sempre essere svolta, dunque con modalità e tempistiche note e conseguentemente prevedibili;
   in data 22 ottobre 2014 veniva emesso decreto di aggiudicazione definitiva da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti confermando società vincitrice Air Riminum spa. Il tribunale di Rimini accordava l'accesso agli atti alle due cordate Novaport Italia e Consorzio Abn che immediatamente dichiaravano l'intenzione di voler procedere con i ricorsi nei confronti di Enac;
   in data 23 ottobre il tribunale di Rimini confermava lo scadere della gestione provvisoria per il 31 ottobre; lo stesso giorno, in seguito a una riunione del consiglio di amministrazione, Enac deliberava (comunicato Enac n. 114/2014) che, in seguito alla decisione del tribunale di non consentire un'ulteriore proroga della gestione provvisoria, non avrebbe nominato un commissario ad acta. Nel medesimo comunicato (n. 114/2014), Enac annunciava la chiusura ufficiale dell'aeroporto Fellini a partire dal 1o novembre 2014 –:
   se il Ministro non ritenga di dover verificare i motivi per cui Enac, a conoscenza del termine fissato della gestione provvisoria, prorogata fino al 31 ottobre 2014, nonché dei tempi necessari, minimo due mesi, allo svolgimento degli ordinari controlli e all'ottenimento delle ultime certificazioni, compiuti prima dell'inizio di qualunque nuova gestione, non abbia reso noto da subito che dal 31 ottobre al minimo due mesi successivi Air Riminum non avrebbe potuto gestire l'aeroporto, sollevando dunque il problema in un tempo utile a trovare una soluzione che evitasse la chiusura;
   se il Ministro non ritenga di dover verificare le responsabilità di Enac per aver prima deliberato, in data 17 ottobre 2014, che avrebbe impedito la chiusura del Fellini, nominando un proprio commissario ad acta, per poi venir meno al proprio impegno il 23 ottobre 2014, dichiarando di non poterlo fare adducendo motivazioni di cui era a conoscenza da sempre, ossia la necessità, per poter esercitare l'attività di gestione, di un soggetto con personalità giuridica e il dettato di direttive comunitarie secondo cui non è possibile la gestione diretta da parte di Enac di uno scalo aeroportuale, tutti ostacoli normativi che Enac secondo l'interrogante avrebbe dovuto conoscere e di cui avrebbe dovuto dare notizia tempestiva affinché, in mancanza di un commissario ad acta, si potessero trovare altre soluzioni per evitare la chiusura dell'aeroporto visti gli ingenti danni che essa sta producendo;
   se il Ministro visto che la chiusura dell'aeroporto ha già provocato e continuerà a causare danni e perdite ingenti per Rimini, non ritenga che sussistano le condizioni per l'applicazione dell'articolo 13 del decreto n. 521 del 12 novembre 1997, che prevede la facoltà in capo ad esso di nominare un commissario per la gestione dell'aeroporto;
   se il Ministro possa chiarire se la presentazione dei ricorsi da parte delle cordate perdenti, comporterà o meno una sospensione della gestione da parte di Air Riminum spa con una conseguente proroga dei tempi di chiusura dell'aeroporto Fellini e dunque un aggravio dei danni. (4-06872)


   SARTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 novembre 2013 il tribunale di Rimini emetteva sentenza di fallimento della società Aeradria s.p.a., gestore dell'aeroporto Federico Fellini. Sono in corso le indagini per verificare le responsabilità da parte dei soci pubblici (provincia, comune e Camera di commercio). Nella medesima sentenza, il tribunale di Rimini affidava l'esercizio provvisorio dell'aeroporto al curatore fallimentare Renato Santini;
   in data 7 maggio 2014, ENAC pubblicava il «Bando di affidamento per la gestione totale dell'aeroporto di Rimini» con i seguenti requisiti ed elementi di valutazione: massimo 30 punti per il progetto della struttura organizzativa (di cui 15 per il progetto di dotazione organica e 15 per quello di dotazione strumentale); massimo 20 punti per le strategie societarie finalizzate allo sviluppo dell'attività aeroportuale e previsioni di traffico per il periodo concessorio; massimo 20 punti per il piano investimenti e massimo 15 punti per il piano economico-finanziario;
   a parere dell'interrogante, sono presenti una serie di imprecisioni nel «disciplinare di gara»: 1) per quanto riguarda il termine fissato per la consegna delle offerte, il «bando di gara settori speciali» pubblicato il 7 maggio 2014 prevedeva la data del 14 luglio 2014 per la consegna delle offerte, mentre il «Disciplinare di gara» del 19 maggio 2014 anticipava la data al 14 giugno 2014 (pagina 6 del disciplinare); 2) tra i requisiti per l'ammissione alla procedura non veniva richiesta alcuna esperienza aeroportuale. Il presidente dell'ENAC dichiarava alla stampa che la volontà di non inserire il requisito era dovuta al fatto che, in Italia, le società del settore sono poche. In realtà il bando pubblicato era valido per l'Unione europea ed inoltre consentiva che «Alla procedura di gara possono partecipare anche imprese straniere non comunitarie, a condizione che istituiscano in Italia una sede legale, anche secondaria, presso lo scalo aeroportuale oggetto di affidamento e lo Stato in cui esse hanno la sede principale ammetta imprese italiane a condizione di reciprocità» (punto 3 del disciplinare); 3) il capitale sociale minimo richiesto è di soli 120.000 euro; la cauzione provvisoria di soli 10.000 euro;
   il disciplinare (punto 9, pagina 14) prevedeva l'obbligo per ciascun concorrente, di effettuare un sopralluogo delle aree e della infrastruttura aeroportuale oggetto dell'affidamento «almeno 15 giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte al punto 7 del presente Disciplinare di gara e, quindi, non oltre il 29 giugno 2014 ore 13:00»; la visita della società poi aggiudicataria della gara, Air Riminum, veniva svolta 14 luglio 2014, non rispettando i termini previsti dal disciplinare e oltretutto, veniva effettuata da Riccardo Fabbri, capo della segreteria e consigliere politico di Stefano Vitali, presidente della provincia di Rimini, quest'ultima socio pubblico maggioritario (33,92 per cento) della fallita Aeradria spa;
   il 30 settembre ENAC annunciava che la cordata vincitrice del bando era Air Riminum s.p.a. con 85 punti su 85. Ancora oggi, non è stato reso noto il piano industriale che la nuova società metterà in atto e nemmeno tutti i nomi dei soci, a parte quello del presidente che sarà Laura Fincato, la quale, però, ricopre il ruolo di consigliere esperto del sottosegretario Umberto Del Basso De Caro all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, lo stesso Ministero che ha firmato il decreto di aggiudicazione definitiva della gara;
   in data 30 ottobre 2014 Air Riminum s.p.a. versava, tramite fideiussione, soltanto il 25 per cento dell'aumento di capitale (pari a 750.000 euro) anziché quanto richiesto dal disciplinare, ossia una somma pari a 3,1 milioni di euro che la società aggiudicatrice ha soltanto sottoscritto e non incrementato (punto 4 del disciplinare: «In caso di concorrente singolo che, al momento dell'offerta, sia in possesso di un capitale sociale non inferiore a euro 120.000,00, l'aggiudicazione definitiva della concessione sarà disposta con provvedimento del Direttore Generale a condizione che: nel termine di 30 giorni dalla richiesta da parte dell'Ente, il Concorrente singolo aggiudicatario provvisorio, abbia incrementato il capitale sociale sino a euro 3.098.741,00 ed abbia una sede legale, anche secondaria, presso lo scalo aeroportuale oggetto della concessione.») –:
   se il Ministro ritenga di dover verificare la validità del bando e del disciplinare di gara, in ragione delle imprecisioni sopra illustrate che, a parere dell'interrogante, non sono trascurabili ai fini della validità della gara e di una nuova gestione corretta ed altresì, sempre con riferimento a tali documenti, se il Ministro non ritenga che la mancata richiesta di esperienza aeroportuale abbia contribuito alla svalutazione dello scalo di Rimini dato che se non in Italia, sicuramente all'estero, si sarebbero trovate imprese con l'esperienza dovuta;
   se il Ministro ritenga che Air Riminum potesse essere ammessa alla gara seppur in mancanza di uno dei documenti necessari per la validità dell'offerta, ossia il verbale di sopralluogo obbligatorio; se il Ministro ritenga opportuno che la visita sia stata svolta, scaduto il termine previsto dal regolamento (effettuata il 14 luglio 2014, la scadenza era il 29 giugno 2014) ed inoltre da parte dell'ex capo del gabinetto di Stefano Vitali, Riccardo Fabbri, quando è stato più volte sottolineata l'importanza che non vi fosse alcun collegamento con la gestione precedente;
   se il Ministro ritenga opportuno che Enac non richiedesse che venissero resi noti i soci investitori in ragione dell'importanza di una nuova gestione «pulita» e nemmeno il contenuto del «piano industriale», elemento di primaria importanza per poter valutare la migliore offerta; inoltre, se ritenga appropriata la previsione di un massimo di 15 punti per il «piano economico-finanziario», elemento di valutazione, a opinione dell'interrogante, fondamentale per dare garanzie, vista la vicenda che ha coinvolto l'ex società gestrice Aeradria s.p.a. e conseguentemente l'intero Aeroporto Fellini;
   se il Ministro reputi adeguato che, nel bando per la gestione di un aeroporto, venga richiesto un capitale sociale minimo di 120.000 euro con una fideiussione di 10.000 euro; con riferimento poi, all'aumento di capitale richiesto «entro 30 giorni dalla richiesta da parte dell'Ente», se il Ministro ritenga corretto e adeguato che Air Riminum abbia versato, tramite fideiussione, soltanto il 25 per cento (pari a 750.000 euro) del capitale, contrariamente a quanto previsto dal «disciplinare di gara» che parla di «obbligo di incrementare» a 3,1 milioni di euro;
   se il Ministro ritenga che la signora Laura Fincato, consulente esperta presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possa ricoprire il ruolo di presidente nella società Air Riminum s.p.a. a cui il Ministero ha, tramite decreto, aggiudicato definitivamente la vincita della gara, senza che possa ravvisarsi l'ipotesi di conflitto di interessi. (4-06876)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   secondo quanto segnalato da fonti sindacali, il 6 novembre 2014 si è tenuto presso il dipartimento della pubblica sicurezza l'incontro per la chiusura preannunciata la scorsa primavera di circa 267 uffici di polizia;
   nelle intenzioni del dipartimento, infatti, le chiusure dovranno avvenire entro i primi mesi del prossimo anno;
   secondo la segnalazione, per quanto riguarda le specialità della polizia di Stato e le unità speciali, le novità annunciate in quella sede sono assolutamente negative: infatti, il tentativo di far passare la manovra per un progetto di rimodulazione finalizzato al miglioramento dei servizi non trova alcun riscontro oggettivo se non quello di segno opposto che palesa una chiara, evidente e netta sforbiciata nello sterile spirito della spending review;
   creare squadre di personale esterno alla specialità, significherà creare una nuova eventuale struttura esterna a quella preposta, ma da essa non coordinata ed indipendente, con duplicazione di competenza per materia: significa pertanto spendere di più e non essere efficienti;
   non essendo possibile aumentare ulteriormente la pressione fiscale, si è scelto di tagliare in un servizio essenziale quale quello della sicurezza, ossia una delle esigenze primarie di una comunità; va segnalata la chiusura di ben 67 uffici della polizia ferroviaria (Polfer) trasformati in «punto appoggio», cioè in uffici senza organico, ai quali il personale di scorta potrà appoggiarsi durante la permanenza in stazione in attesa di riprendere il treno per la nuova scorta;
   per il resto del tempo saranno uffici completamente chiusi, dove resterà solo l'insegna polizia e la possibilità di suonare ad un citofono al quale risponderà un operatore della centrale operativa a decine chilometri di distanza;
   oltre a smantellare la polizia di Stato, la scure del Governo si abbatterà anche su carabinieri e guardia di finanza, con tagli alla logistica e al personale;
   nelle segnalazione sindacali ricevute dagli interpellanti viene fatto qualche esempio circa alcune assurdità del progetto;
   in riferimento alla polizia di frontiera, balza agli occhi la soppressione dell'ufficio di Gioia Tauro (Reggio Calabria) in uno dei porti commerciali più importanti del Mediterraneo ai fini criminali;
   sempre in Calabria, a Villa San Giovanni (Reggio Calabria), la sezione della polizia ferroviaria è stata declassata a semplice posto Polfer, senza considerare che si tratta di una cittadina in cui passano tutti i treni da e per la Sicilia, i quali vengono imbarcati sulle navi traghetto, che tutte le tifoserie passano da quel centro e che tutte le manifestazioni sociali vengono organizzate strategicamente per bloccare gli spostamenti sullo stretto; ciò, secondo quanto sostenuto dalla segnalazione ricevuta dagli interroganti, sarebbe testimoniato da tutti i telex predisposti in quelle occasioni e le relative statistiche predisposte periodicamente per le innumerevoli riunioni del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica costituiscono una prova incontrovertibile;
   la polizia di Stato, come tutti i settori della pubblica amministrazione, patisce una carenza di organico di circa 18.000 unità e un riordino del settore si rende sempre più necessario;
   nonostante la consapevolezza degli sprechi perpetrati in ordine alle strutture a disposizione delle forze dell'ordine, si ritiene che il disegno del Governo non vada assolutamente nella direzione giusta, poiché la sicurezza non è un costo, ma dovrebbe essere un investimento –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire quali siano i dettagli della riforma che intende attuare in materia di pubblica sicurezza;
   se il Ministro interrogato non reputi urgente adottare tutte le misure necessarie per rivedere un progetto tanto pericoloso da rischiare di minare definitivamente la sicurezza sociale nel nostro Paese.
(2-00747) «Lombardi, Luigi Di Maio, Nesci, Cozzolino, Dadone, Nuti, Fraccaro, Toninelli, Dieni, D'Ambrosio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   quotidianamente, tramite i media, si leggono notizie che riguardano eventi malavitosi a scapito di bar e pubblici esercizi;
   ultimamente anche cittadine che da sempre godono di una certa tranquillità si stanno rivelando non sicure a causa di eventi che appaiono non legati tra loro ma che comunque preoccupano la cittadinanza;
   ultimo episodio è il caso di Conselve, in provincia di Padova, dove sono stati sparati tre colpi di pistola contro le vetrine del bar le Colonne, in via Palù;
   si apprende dalla stampa locale (il Mattino di Padova) che mentre il titolare del bar ultimava le pulizie dell'esercizio, uno scooter di grossa cilindrata si è avvicinato al locale ed ha sparato tre volte: un proiettile ha perforato la vetrina ed è passato a circa un metro di distanza dal titolare mentre gli altri due sono finiti contro il muro e contro la grata;
   tale caso non risulta purtroppo essere isolato, difatti poco tempo prima anche un altro bar a Conselve è stato oggetto di un episodio malavitoso: il titolare del bar Bollicine si è trovato l'entrata del locale danneggiate dalle fiamme; i Vigili del fuoco e i carabinieri della compagnia di Abano Terme confermano che si è trattato di un incendio doloso. Qualcuno ha cosparso di benzina uno pneumatico, e poi lo ha abbandonato davanti all'ingresso del bar;
   questi sono solo due esempi di quello che sta accadendo in cittadine che, mai come in questo periodo, stanno registrando una serie di eventi mai visti prima;
   ci si chiede con preoccupazione se tale susseguirsi di eventi sia dovuto a mera casualità o se si è in presenza di reali atti intimidatori –:
   se il Ministro interrogato sia informato della situazione esposta in premessa e se non intenda assumere al più presto le iniziative di competenza, al fine di evitare situazioni come queste, e ancor più grave, forme di malavita «novizia» che si stanno registrando anche laddove non vi erano, se non per casi isolati, facendo luce sulla natura di tali eventi. (5-04030)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   hacker autodefinitisi come appartenenti ad «Anonymous» hanno recentemente violato l'archivio del sito internet del Sindacato autonomo di polizia, Sap, oggetto di una violenta campagna diffamatoria in seguito agli sviluppi relativi ai casi Cucchi ed Aldovrandi;
   gli hacker, dopo aver violato il sito internet del Sap, hanno provveduto a diffondere alcuni file contenenti numeri di telefono, mailing list e contenuti del forum interno, comprensivi dei messaggi scambiati tra gli appartenenti al Sindacato;
   gli hacker responsabili dell'effrazione del sito del Sap hanno tra l'altro affermato essere loro intento quello di condannare dei «carnefici di Stato»;
   in questo modo, gli hacker, hanno esposto gli appartenenti al Sap a gravissimi rischi, replicando un triste schema degli «anni di piombo», in particolare quello degli eventi che sfociarono nell'assassinio del commissario Luigi Calabresi, ucciso il 17 maggio 1972 dopo esser stato accusato da Lotta Continua della morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli –:
   se il Governo intenda ancora persistere nell'orientamento di sottrarre capacità e risorse alla polizia postale, cui spetta istituzionalmente il compito di prevenire e contrastare i reati di natura informatica;
   quali misure il Governo intenda adottare per tutelare l'incolumità degli appartenenti al Sap di cui siano diventate note le opinioni, l'identità ed i recapiti.
(4-06857)


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende, il sindaco del comune di Cossato, in provincia di Biella, ha firmato un'ordinanza cosiddetta «anti ebola» che prevede il divieto di dimora, anche occasionale, per le persone prive di regolare documento d'identità e di certificato medico rilasciato dalla competente unità locale socio-sanitaria con tanto di obbligo a sottoporsi entro tre giorni a visite mediche, soprattutto in relazione all'eventuale presenza di malattie infettive, quali ad esempio la tbc, l'ebola, la scabbia o l'epatite. Se la persona non sosterà i test medici verrà ritenuta irregolare sul territorio italiano e quindi soggetta a foglio di via;
   la strumentalità politica di tale ordinanza è resa evidente dalle dichiarazioni dall'ex presidente della regione Piemonte Roberto Cota: «presenteremo mozioni per impegnare i sindaci ad adottare l'ordinanza. Li invitiamo, se davvero hanno a cuore la salute dei loro concittadini, a seguire il nostro esempio. Questa sarebbe materia di competenza dello Stato o della regione, ma visto che né l'uno né l'altra se ne occupano, ci pensiamo noi a impegnarci in un'iniziativa contro i problemi creati dall'immigrazione irregolare e incontrollata»;
   secondo il Ministero della salute, in Italia sono state attivate tutte le possibili misure di preparazione e risposta a livello nazionale, regionale e locale, nell'evenienza che si debba gestire un sospetto caso di EVD, e anche nel caso di particolari minacce per la salute, il sistema di sanità pubblica è in grado di rispondere, in base alle indicazioni centrali, al loro contenimento, essendo presenti, sul territorio, due strutture dotate di laboratori di massima sicurezza e di stanze ad alto isolamento, nonché il protocollo per il trasporto in alto biocontenimento di pazienti affetti da febbri emorragiche virali;
   riguardo alla correlazione tra migranti in fuga e rischio di propagazione del virus ebola nel nostro Paese, quanto dichiarato da uno dei massimi esperti nel nostro Paese, il dottor Giuliano Rizzardini dell'ospedale Sacco di Milano a la Repubblica il 26 ottobre 2014 rispetto ai probabili ricoveri di migranti affetti dal virus, dichiara che: «Se intendete i migranti che arrivano dai barconi, sicuramente mai. Troppo lungo il viaggio per raggiungere le nostre coste, troppo breve il tempo di incubazione, da due a venti giorni. Per il resto non abbiamo scali diretti con le zone calde del virus, cioè la striscia di occidente africano dalla Guinea alla Liberia e gli aeroporti direttamente interessati come Parigi o Bruxelles sono ben presidiati. Molto improbabile, dunque, che un malato conclamato raggiunga l'Italia. Al massimo potrà capitare un volontario che lavora nelle zone a rischio, come i due medici appena rientrati dalla Sierra Leone e attualmente in quarantena precauzionale. Ma io scommetterei, con la prudenza dell'esperienza, che non succederà» –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche sopraesposte e se intenda procedere, in tempi rapidi, a una campagna capillare e chiara di poche e semplici informazioni sul virus, sulle modalità di contagio e sulle precauzioni igieniche, adottando misure idonee al fine di evitare allarmismi inutili e una corsa ai controlli e per non provocare disinformazione e quelle che all'interrogante appaiono forme di razzismo. (4-06859)


   FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Tar del Lazio sezione seconda bis con ordinanza n. 2480 del 2014 nomina il commissario ad acta nella persona del prefetto di Roma, con facoltà di subdelega, ad ottemperare a quanto disposto dalle ordinanze n. 3093 del 2012 e 1456 del 2013 invece e per conto del comune di Tivoli nella camera di consiglio del 19 dicembre 2013;
   trattasi del permesso a costruire richiesto dalla società Terme Acque Albule spa per la realizzazione di un edificio residenziale costituito da tre piani fuori terra per complessivi metri cubi 4045,16, un piano interrato e un piano sottotetto, in località Tivoli Terme, sottozona C2-3 lotto B;
   la società Terme Acque Albule è una società per azioni a capitale misto la cui maggioranza delle quote, il 60 per cento, sono detenute dal comune di Tivoli;
   lo statuto della società non ha in oggetto attività edilizia e di costruzione;
   l'area in questione ricade nella sottozona C2-3 lotto B (semintensiva) del piano regolatorio generale vigente con indice di fabbricazione territoriale mc/mq 1,56 e indice fondiario mc/mq 2,40;
   l'area, con D.C.C. del comune di Tivoli n. 124 del 31 marzo 1983, veniva individuata come piazza Catullo e classificata come strada comunale, ai sensi dell'articolo 7 legge regionale n. 72 del 1980;
   l'area con D.C.C. del 22 novembre 2006 viene conferita dal comune alla società Acque Albule;
   la giunta comunale con delibera n. 101 del 31 maggio 2010 conferma la demanialità di piazza Catullo in quanto essa veniva inserita nell'elenco dei beni immobili di demanio pubblico;
   il dirigente del comune di Tivoli, settore VI-Urbanistica, l'11 maggio 2012 con prot. 25389 esprime parere negativo al rilascio della concessione edilizia in quanto piazza Catullo è ascrivibile al demanio dell'ente pubblico;
   con decreto prot. 0130283 del 6 giugno 2014, il prefetto di Roma nomina commissario ad acta per l'esecuzione dell'ordinanza n. 2480 del 2014 l'architetto Orazio Campo, nato a Roma il 22 ottobre 1959;
   il giorno 6 ottobre 2014 l'architetto Campo rilascia il permesso a costruire la lottizzazione, nonostante nel corpo dell'atto sia affermato: «... la maggior parte dell'area ha generato una superficie denominata Piazza Catullo, iscritta nell'elenco delle strade cittadine, che con D.C.C. n. 124 del 31 marzo 1983 è stata inserita nelle strade comunali, interna al centro abitato di Tivoli Terme, destinata all'uso pubblico già utilizzata in passato a mercato e parcheggio, inserita nella toponomastica e ravvisando quindi che l'ente pubblico è titolare del diritto reale di transito e che l'area è ascrivibile al demanio dell'ente pubblico»;
   l'architetto Campo è stato assessore all'urbanistica del comune di Latina fino a febbraio 2014, in quota al Partito del sindaco Di Giorgi, Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale;
   l'architetto Campo risulterebbe, secondo numerose e autorevoli testate giornalistiche nazionali e locali della provincia di Latina, indagato insieme al sindaco e a tutta la giunta comunale di Latina e ai tecnici dell'ufficio urbanistica per abuso d'ufficio, falso in atto pubblico e lottizzazione abusiva da gennaio 2013;
   in sostanza la procura contesterebbe l'approvazione di una variante illegittima al piano regolatorio regionale che avrebbe premiato con un'ingente cubatura un'area di proprietà del consigliere comunale di Latina Vincenzo Malvaso di Forza Italia, imprenditore e presidente della commissione consiliare urbanistica, indagato anch'esso per gli stessi reati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   quali siano le ragioni per cui il prefetto di Roma abbia nominato commissario ad acta, per un permesso a costruire di una lottizzazione edilizia, un tecnico indagato per abuso d'ufficio, falso in atto pubblico e lottizzazione abusiva. (4-06865)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   così come denunciato all'interrogante dal sindacato CONSAP, sembrerebbe che il dipartimento della pubblica sicurezza abbia speso oltre 2 milioni di euro per riqualificare, mettere a norma e sistemare le cucine del circolo ufficiali della polizia di Stato, ubicato a Roma in lungotevere Flaminio;
   sempre secondo la medesima segnalazione, sarebbero stati spesi 1.800.000 euro per la sola riqualificazione e messa a norma del Circolo, cui si devono aggiungere altri 240.000 euro circa, per la fornitura e installazione della attrezzature per la cucina del circolo stesso;
   occorre, peraltro, segnalare che tale struttura è fruibile da una minima parte dei poliziotti italiani, sebbene entrambi i finanziamenti rientrino sotto la voce fondo assistenza della polizia di Stato;
   infatti, com’è noto, al circolo è consentita ai soli funzionari della polizia di Stato e dell'amministrazione civile ed ai loro familiari. I funzionari della polizia di Stato sono circa il 4 per cento del totale dei poliziotti, ovvero circa 4.000 unità, il 25 per cento circa dei quali opera a Roma e dintorni;
   leggendo il capitolato speciale di appalto e la riqualificazione si apprende che era necessario ristrutturare la piscina per i bambini, la sala per giocare a carte, la sala biliardo, spostare la cucina e la sala da pranzo, creare una reception, un chiosco bar, risistemare le cucine e ripavimentare il tutto in marmo bianco di Carrara;
   peraltro, nonostante la cospicua somma impegnata, non tutta la palazzina è stata ristrutturata dato che dall'appalto è escluso il secondo piano in quanto riservato ad eventi del Ministero dell'interno, e la sua risistemazione sarebbe già stata affidata con altro appalto;
   si tratta indubbiamente di decisioni che non rafforzano l'immagine dell'istituzione polizia: né nei confronti dei poliziotti, né nei riguardi dell'opinione pubblica;
   tale situazione non parrebbe all'interrogante nemmeno coerente con l'esigenza di sobrietà e serietà di comportamenti che il momento storico-politico in cui il Paese si trova, fermamente richiede;
   tutto ciò avviene peraltro in una fase storica nella quale dal 2010 vi è un blocco delle retribuzioni di tutto il pubblico impiego e appare veramente intollerabile che simili cifre siano state spese per la ristrutturazione di un circolo ricreativo di cui può beneficiare circa l'un per cento dei poliziotti  –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa, quale sia il suo orientamento in merito e se non ritenga di dover intervenire con una verifica interna per capire chi abbia assunto la decisione di destinare, in un simile momento di congiuntura economica, una simile cifra per una destinazione a giudizio dell'interrogante tanto futile. (4-06870)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAROCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   negli scorsi anni scolastici, ed in particolare in quest'ultimo, avverse condizioni meteorologiche o altre calamità naturali hanno causato la chiusura reiterata delle scuole. A Genova, ad esempio, a solo due mesi dall'inizio, si sono già persi 6 giorni di lezione;
   il possibile replicarsi nella stagione invernale di tali eventualità, unito alla chiusura degli edifici scolastici sedi di seggio durante le elezioni, potrebbe rendere insufficienti anche gli adattamenti del calendario scolastico nella disponibilità delle scuole al fine del raggiungimento dei 200 giorni richiesti dalla norma, anche perché la data finale dell'anno scolastico non può di solito essere rinviata a causa dell'incombenza delle operazioni di scrutini ed esami;
   l'eventuale recupero delle lezioni perse, quando possibile, pone comunque questioni non facilmente superabili in relazione al contratto di lavoro degli insegnanti, che non prevede la loro presenza durante la sospensione delle attività didattiche, né il recupero delle lezioni perse –:
   se e come il Governo intenda intervenire o per rendere valido l'anno scolastico anche con un minor numero di giorni di lezione, se questo è dovuto a cause di forza maggiore quali quelle sopra esposte, o per superare le condizioni ostative e assicurare l'effettivo svolgimento dei 200 giorni di lezione. (5-04028)


   TARICCO, CENNI, OLIVERIO, BERRETTA, SENALDI, BOSSA, ROMANINI, PRINA, GINOBLE, MINNUCCI, MANFREDI, GANDOLFI, PAOLA BRAGANTINI, CENSORE, VENITTELLI, ZANIN, ZAPPULLA e VENTRICELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale n. 192 del 2012 sono stati attivati 1128 posti per l'ammissione al percorso di formazione di 3 anni dei docenti per la classe A077 (strumento musicale). L'attribuzione dei posti, ripartiti sugli anni accademici 2012/13 e 2013/14, sono stati effettuati attraverso esami di ammissione e parte degli aspiranti docenti con l'anno accademico entrante inizieranno il terzo e ultimo anno del percorso mentre altri il secondo;
   in questa situazione risulterebbero, però, esserci due problemi: in primo luogo il percorso di formazione previsto per gli aspiranti docenti delle scuole secondarie di I e II grado dura un anno, mentre per gli aspiranti docenti delle materie «artistiche, musicali e coreutiche», sempre della scuola secondaria di I e II grado, il percorso di formazione è lungo 3 anni e, nonostante la diversa durata del ciclo di studi, entrambi i percorsi portano allo stesso risultato finale: l'abilitazione all'insegnamento e la possibilità di inserirsi nella II fascia delle graduatorie d'istituto, senza alcun tipo di riconoscimento per un percorso molto più lungo;
   in secondo luogo il decreto ministeriale n. 249 del 2010, che ha previsto i nuovi percorsi di formazione, in attuazione dell'articolo 2, comma 416 della legge finanziaria del 24 dicembre 2007, n. 244, prevede che in sede di ammissione al percorso di formazione dei docenti per la classe di concorso A077, i candidati debbano essere sottoposti ad una procedura concorsuale pubblica per titoli e per esami; gli aspiranti docenti di strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado non hanno potuto partecipare al recente concorso a posti e cattedre, per titoli ed esami, finalizzati al reclutamento del personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, indetto con Decreto del direttore generale per il personale scolastico n. 82 del 24 settembre 2012, a causa dell'esclusione della classe di concorso A077 – strumento musicale;
   ne deriverebbe quindi che i percorsi formativi preordinati all'insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado (all'articolo 3, comma 3 del decreto n. 249 del 2010) sono le uniche procedure concorsuali esistenti per il reclutamento del personale docente abilitato di strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado;
   nello specifico in riferimento alla 1a questione:
    il decreto ministeriale n. 249 del 2010 (Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) modificato dal Decreto del MIUR del 25 marzo 2013, n. 81, all'articolo 15, comma 27-bis, recita: «I titoli di abilitazione conseguiti al termine dei percorsi di cui al presente decreto [...] danno diritto esclusivamente all'iscrizione alla II fascia delle graduatorie di istituto di cui all'articolo 5 del decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 giugno 2007, n. 131, per la specifica classe di concorso, o ambito disciplinare, e costituiscono requisito di ammissione alle procedure concorsuali per titoli ed esami»;
    l'articolo 3, comma 2, definisce i percorsi formativi per l'insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado. «I percorsi formativi sono così articolati: [...] b) per l'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado, un corso di laurea magistrale biennale ed un successivo anno di tirocinio formativo attivo». Il comma 3 dell'articolo 3 precisa che «I percorsi formativi preordinati all'insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado e di secondo grado sono attivati dalle università e dagli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, nell'ambito dei quali si articolano nel corso di diploma accademico di II livello e nel successivo anno di tirocinio formativo attivo secondo quanto prescritto dal presente decreto»;
    dall'articolo 3 risulterebbe che il percorso di formazione previsto per l'insegnamento delle discipline «artistiche, musicali e coreutiche» sia analogo a quello previsto per le altre classi di concorso, ma i successivi articoli (7, 8, 9) introducono una diversa disciplina:
    l'articolo 7 «Formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo grado», prevede che «I percorsi formativi di cui all'articolo 3, comma 2, lettera b), per l'insegnamento nella scuola secondaria di primo grado, comprendono: a) il conseguimento della laurea magistrale a numero programmato con prova di accesso al relativo corso; b) lo svolgimento del tirocinio formativo attivo comprensivo dell'esame con valore abilitante, disciplinati dall'articolo 10»;
    l'articolo 8, «Formazione degli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado», precisa che «I percorsi formativi di cui all'articolo 3, comma 2, lettera b), per l'insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado, comprendono: a) il conseguimento della laurea magistrale a numero programmato con prova di accesso al relativo corso; b) lo svolgimento del tirocinio formativo attivo comprensivo dell'esame con valore abilitante disciplinati dall'articolo 10»;
    infine l'articolo 9 prevede che «I percorsi formativi per l'insegnamento di materie artistiche, musicali e coreutiche nella scuola secondaria di primo e di secondo grado comprendono: a) il conseguimento del diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico a numero programmato e con prova di accesso al relativo corso; b) lo svolgimento del tirocinio formativo attivo comprensivo dell'esame con valore abilitante, disciplinati dall'articolo 10»;
   pertanto i percorsi formativi per l'insegnamento di tutte le materie ad eccezione di quelle artistiche, musicali e coreutiche prevedono un corso di laurea magistrale più un anno di tirocinio formativo attivo (TFA);
   i percorsi formativi per l'insegnamento di materie artistiche, musicali e coreutiche, invece, prevedono il conseguimento del diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico: non un corso generico di II livello (eventualmente con un numero minimo di CFA da conseguire in determinati ambiti disciplinari, in modo analogo alle altre classi di concorso), ma un corso ben preciso associato univocamente ad una specifica classe di concorso;
   possono accedere al TFA della classe di concorso A077 (insegnamento di strumento musicale, per le sezioni ad indirizzo musicale delle scuole secondarie di I grado) unicamente i candidati in possesso del «Diploma accademico di secondo livello per la formazione dei docenti della scuola secondaria di I grado nella classe di concorso di strumento (A077)» (tabella 9, allegata al decreto ministeriale n. 249 del 2010);
   ad esempio, un candidato già in possesso di un «Diploma accademico di II livello» (normalmente nei conservatori è attivato il corso ad indirizzo concertistico o interpretativo) se volesse accedere al TFA dovrebbe frequentare un secondo corso di laurea;
   dal riassunto sovraesposto risulterebbe quindi come nel panorama nazionale siano previsti due percorsi di formazione ben diversi:
    a) in un caso, la laurea magistrale è un requisito di accesso generico e il percorso di abilitazione per una specifica classe di concorso inizia con il TFA. Il numero di posti disponibili per quella classe di concorso è utilizzato per definire quanti posti attivare per il relativo TFA;
    b) nell'altro caso, il corso di diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico è già parte integrante di un percorso mirato ad una specifica classe di abilitazione: per ottenere l'abilitazione nella classe di concorso A077 serve infatti un ciclo di studi di 3 anni;
   al momento, quindi, sia il percorso che dura 3 anni, sia quello che dura 1 anno, portano all'inserimento nella stessa fascia;
   nello specifico in riferimento alla 2a questione, la normativa regolante i percorsi ordinari per il conseguimento dell'abilitazione nella classe di concorso A077-strumento musicale, istituiti dai Conservatori di musica e comprensivi del corso biennale di secondo livello e dello svolgimento del relativo tirocinio formativo attivo ordinario (475 ore), contenuta nel decreto ministeriale n. 249 del 2010, all'articolo 1, dispone che l'accesso ai nuovi percorsi formativi ordinari per gli aspiranti docenti della scuola secondaria di primo grado avvenga tramite delle procedure concorsuali a cadenza biennale;
   all'articolo 3, comma 3, del succitato decreto ministeriale si legge testualmente che «I percorsi formativi preordinati all'insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado (...) sono attivati dalle università e dagli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, nell'ambito dei quali si articolano nel corso di diploma accademico di II livello e nel successivo anno di tirocinio formativo attivo»;
   la suddetta normativa inerente alla modalità di accesso a tali corsi è stata puntualmente applicata dai Conservatori di musica, i quali hanno indetto una vera e propria procedura concorsuale per esami e titoli, così come previsto dagli articoli 1, commi 3 e 9 del decreto MIUR 11 novembre 2011, n. 194;
   gli aspiranti docenti di strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado non hanno potuto partecipare al recente concorso a posti e cattedre, per titoli ed esami, finalizzati al reclutamento del personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, indetto con Decreto del direttore generale per il personale scolastico n. 82 del 24 settembre 2012, a causa dell'esclusione della classe di concorso A077-strumento musicale;
   ne deriverebbe quindi che i percorsi formativi preordinati all'insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado citati dall'articolo 3, comma 3 del decreto n. 249 del 2010 sono le uniche procedure concorsuali esistenti per il reclutamento del personale docente abilitato di strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado;
   il decreto ministeriale 8 novembre 2011, all'articolo 2, comma 4, stabilisce che «L'effettiva attivazione (dei corsi) resta subordinata all'autorizzazione con specifico decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, finalizzata al rispetto della programmazione in ambito regionale del fabbisogno di personale docente delle istituzioni scolastiche e dei contingenti stabiliti per ciascuna classe di abilitazione (...)»;
   tale decreto autorizzativo è il decreto n. 192 del 29 novembre 2012, il quale ha fissato in 1.128 il numero di posti disponibili per le immatricolazioni al corso di diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico-A077 (strumento musicale) per gli anni accademici 2012/2013-2013/2014, richiamandosi espressamente alla previsione del fabbisogno nazionale, fissata in 1.164 posti per il triennio 2012-2015;
   la coerenza del suesposto disegno normativo sembrerebbe essere stata infranta dal decreto ministeriale 25 marzo 2013, n. 81 (articolo 15, comma 27-bis), il quale ha imposto ai vincitori del concorso per l'ammissione ai corsi accademici di secondo livello-classe A077 per l'a.a 2012-2013 un'ulteriore procedura concorsuale per titoli ed esami preordinata al reclutamento sui posti vacanti;
   tale decreto ministeriale, apparirebbe porsi in contrasto con quanto previsto nell'articolo 2, comma 416 della legge finanziaria statale n. 244 del 2007 che, come già ricordato, disciplina il «reclutamento del personale docente attraverso concorsi ordinari»;
   secondo i princìpi e le norme dell'ordinamento giuridico dello Stato, una legge statale può essere modificata solo ed esclusivamente mediante una norma di pari rango o ad essa sovraordinata; ne consegue, pertanto, che la legge finanziaria n. 244 del 2007 non può essere modificata da una norma contenuta in una fonte subordinata alla legge, quale è il decreto n. 81 del 2013;
   inoltre, poiché la determinazione del numero dei posti vacanti è avvenuta, ai sensi dell'articolo 2, comma 416 della legge n. 244 del 2007, «nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica», la successiva variazione di tale numero, ad iniziativa delle pubbliche istituzioni per mezzo di una fonte subordinata alla legge statale, potrebbe generare un consistente danno all'erario dello Stato, passibile di ricorso alla Corte dei conti;
   pertanto, apparirebbe incongruente l'applicazione del citato articolo 15, comma 27-bis, anche ai possessori del titolo di abilitazione nella classe di concorso A077-strumento musicale, conseguito all'esito dei percorsi abilitanti ordinari di cui all'articolo 3, comma 3, e dell'articolo 9 del decreto n. 249 del 2010;
   infatti i possessori del titolo di abilitazione nella classe A077, conseguito presso i conservatori di musica all'esito dei percorsi abilitanti ordinari, hanno già vinto una procedura concorsuale per esami e titoli al momento dell'ammissione ai corsi e godono quindi del diritto di accedere a una graduatoria istituita appositamente per possessori del titolo abilitante ordinario per la classe A077 e preordinata all'immissione in ruolo sui posti vacanti, secondo quanto, previsto dall'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 –:
   se il Ministro interrogato, in riferimento alla prima problematica esposta in premessa, accertata la succitata situazione, non ritenga di dover adottare ogni iniziativa utile, per sanare la disparità derivante dal fatto che un ciclo di studi della durata di 3 anni venga valutato (ai fini dell'inserimento lavorativo nel sistema scolastico nazionale) allo stesso modo di un ciclo di studi della durata di 1 anno;
   se il Ministro interrogato, in riferimento alla seconda problematica descritta in premessa, accertata la succitata situazione, non ritenga di dover intervenire anche prevedendo il riconoscimento ai docenti abilitati per la classe di concorso A077, che hanno sostenuto il ciclo di studi di 3 anni, di entrare di ruolo senza un ulteriore concorso, o nel caso in cui questo non fosse possibile, un'altra forma di compensazione che riconosca il maggior impegno degli aspiranti docenti che stanno completando e concludendo il ciclo di studi attualmente previsto per la classe di concorso A077. (5-04032)


  LATTUCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le Conferenze nazionali dei presidenti e dei direttori dei conservatori di musica, riunitesi a Roma il 14 ottobre 2014, hanno avuto cura di segnalare in una lettera dettagliata, le disfunzioni ancora non sanate e preoccupanti del settore dell'alta formazione artistica musicale e coreutica del nostro Paese;
   in modo particolareggiato vengono evidenziati quattro ambiti tuttora problematici che riguardano:
    a) la mancanza di comunicazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e delle ricerca;
    b) la mancanza di risorse per investimenti in edilizia e per il rinnovo della strumentazione didattica;
    c) una chiara ripartizione delle competenze, in particolare nel rapporto fra Ministero e alta formazione artistica musicale coreutica;
    d) le lacune ancora presenti in relazione all'attuazione della legge di riforma n. 508 del 1999. L'esigenza di dare piena e completa attuazione alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, di riforma delle accademie e dei conservatori, è divenuta ormai improcrastinabile. Numerosi sono infatti i problemi rilevati sul piano applicativo considerata la mancanza dei fondamentali regolamenti previsti dall'articolo 2, comma 7 (dalla lettera a) alla i)). Si impone un intervento a livello legislativo che regoli una volta per tutte la materia, assicurando certezza e dignità al comparto in primo luogo equiparando i diritti e gli interessi degli studenti italiani a quelli dei loro colleghi europei e procedendo al riconoscimento dei titoli di studio rilasciati dalle accademie e dai conservatori italiani –:
   secondo quali criteri sia stato ripartito il fondo di funzionamento nell'anno accademico in corso;
   a quanto ammonti il contributo ricevuto da ciascuno dei cinquantadue istituti statali, venti istituti parificati e quattro istituti privati accreditati nell'anno accademico in corso;
   come si ritenga di procedere per il prossimo anno accademico, a fronte della riduzione del fondo nazionale complessivo, alla ripartizione dello stesso fondo in modo da garantire i principi di trasparenza e di parità di trattamento dei diversi istituti;
   quali altre iniziative normative si intendano adottare per garantire la prosecuzione dell'attività ordinaria di queste autorevoli istituzioni di alta formazione. (5-04034)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Aviation Services (società a carattere nazionale di assistenza a terra per compagnie aeree) ha usufruito di un primo provvedimento di cassa integrazione straordinaria (Cigs) dal marzo 2011 marzo 2013; sembra che la richiesta provasse fondamento nella riduzione dei voli operati su Catania da parte della compagnia aerea Meridiana, che, in quel momento, rappresentava circa l'80 per cento dei voli gestiti su Catania;
   l'operativo dei voli Meridiana è passato da 10/11 voli al giorno a circa 4/5; tale riduzione si evidenziò a ottobre 2011, ma Aviation Services avviò la cassa integrazione straordinaria già a marzo dello stesso anno; inoltre, ad agosto 2012, a causa della cessazione delle attività da parte della compagnia aerea Wind Jet, risulta alle interroganti che Meridiana avrebbe ripristinato interamente l'intero piano operativo voli precedente, anzi, aumentandolo fino a 15/16 voli al giorno;
   allo stesso tempo Aviation Services appariva utilizzare i finanziamenti cassa integrazione straordinaria pur avendo avuto un incremento dei voli da gestire fino alla scadenza del primo accordo ministeriale del marzo 2013;
   nel corso del 2013 Meridiana decideva di cambiare società di handling, assistenza a terra, e firmava un contratto sull'intero territorio nazionale col gruppo GH, che a Catania opera tramite la controllata Katane Handling e a partire da luglio 2013 iniziò a gestire i voli Meridiana;
   a causa della perdita del contratto con Meridiana, Aviation Services avviò la procedura per licenziamenti collettivi che ha avuto termine con l'accordo in sede ministeriale (come da verbale di accordo del 28 ottobre 2013 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali tra i rappresentanti dell'AVIATION SERVICE SPA e i rappresentanti sindacali) che concedeva la cassa integrazione straordinaria nel periodo novembre 2013-ottobre 2014 per 119 unita lavorative – presso le sedi di Napoli Capodichino, 56 lavoratori e di Catania Fontanarossa 63 lavoratori); nel frattempo, in applicazione della clausola sociale di salvaguardia dell'occupazione prevista dal CCNL, in data 3 agosto 2013 venti lavoratori passavano da Aviation Services a Katane Handling;
   il 18 dicembre 2013 Ryanair, gestita come handling da Aviation Services, decideva di aprire una base a Catania con 10/11 voli al giorno e a maggio 2014 anche la compagnia aerea Vueling, anch'essa gestita da Aviation Services, decideva di aprire una base a Catania operando circa 7/8 voli al giorno; nonostante il grande incremento di ore lavorate ancora oggi Aviation Services usufruisce dei fondi pubblici della cassa integrazione straordinaria –:
   se intenda assumere iniziative per scongiurare i licenziamenti dei 119 lavoratori della Aviation Services, 56 presso Napoli e 63 presso Catania Fontanarossa;
   se ravveda elementi tali da poter avviare gli ispettori del lavoro e gli ispettori ministeriali per appurare se vi sia stato il pieno rispetto delle normative vigenti da parte dell'Aviation Services.
(5-04026)


   CIPRINI, GALLINELLA, TRIPIEDI e COMINARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Grifo Latte appartenente al gruppo Grifo Agroalimentare con sede in Ponte San Giovanni (PG) produce e commercializza prodotti lattieri caseari ed occupa circa 150 dipendenti con numerosi stabilimenti nel territorio umbro;
   l'azienda recentemente ha comunicato la decisione di «esternalizzare» la gestione del magazzino di Perugia (che occupa 18 lavoratori) aprendo la procedura di mobilità per i dipendenti e proponendo la loro assunzione in capo alla Cooperativa servizi associati di Perugia alla quale verrebbe esternalizzato il servizio di gestione del magazzino;
   nonostante l'apertura di un tavolo istituzionale alla regione e la proposta formulata dalle organizzazioni sindacali al presidente della Grifo Latte Carlo Catanossi di ricorrere ai contratti di solidarietà e di discutere anche sulla flessibilità organizzativa a partire dagli orari di lavori, il Presidente dell'azienda è rimasto fermo sulle sue posizioni dimostrando la indisponibilità al confronto e tra pochi giorni partiranno le comunicazioni di messa in mobilità dei dipendenti;
   dal 10 novembre 2014 i lavoratori della Grifo Latte coinvolti dalla pretesa esternalizzazione sono entrati in agitazione aprendo l'ennesimo «focolaio» di protesta nella regione dell'Umbria;
   i lavoratori hanno fatto appello anche alla regione evidenziando che Grifo Latte è destinataria di contributi economici provenienti dal piano di sviluppo rurale e che la stessa regione Umbria possiede una quota societaria importante in Grifo Latte;
   la decisione assunta dal presidente Catanossi appare agli interroganti discutibile poiché per effetto della esternalizzazione i dipendenti si troverebbero a svolgere le medesime mansioni ma a condizioni contrattuali e di lavoro peggiori ed inoltre, a parere degli interroganti, l'affidamento del servizio alla Cooperativa servizi associati risponderebbe ad una logica di «coopizzazione» delle aziende –:
   se il Ministro intenda intervenire e ri-attivare urgentemente un tavolo di confronto – coinvolgendo anche le istituzioni locali e regionali – al fine di individuare la soluzione più adeguata che porti ad un ripensamento delle scelte aziendali anche verificando se vi siano i presupposti per il ricorso ai contratti di solidarietà;
   quali iniziative, anche di tipo normativo, intenda intraprendere a tutela dei dipendenti e delle corrette relazioni sindacali per sanzionare l'uso improprio di esternalizzazioni. (5-04033)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con una nota del 22 ottobre 2014 la direzione generale degli ammortizzatori sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha espresso parere negativo in merito all'erogazione dei trattamenti di cassa integrazione guadagni e mobilità in deroga in favore di migliaia di lavoratrici e lavoratori della Campania;
   in tal modo si produrranno inevitabilmente gravi ripercussioni per moltissime famiglie che già vivono situazioni di grave disagio economico;
   il decreto interministeriale n. 83473 del 1o agosto 2014, nel fissare nuovi criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga, aveva praticamente già di fatto escluso ex abrupto ben 870 lavoratori dal trattamento di mobilità in deroga a far data dal 1o settembre 2014;
   inoltre molti dei lavoratori oggi in cassa integrazione guadagni in deroga, secondo i nuovi parametri, perderanno tale beneficio se non saranno riassunti entro il 1o dicembre 2014, ipotesi che risulta alquanto inverosimile dato il perdurare della grave crisi in cui versa il settore produttivo campano;
   per far fronte a tale situazione, la regione Campania e le parti sociali avevano sottoscritto il 1o ottobre 2014 un accordo quadro che, sulla scorta delle previsioni dell'articolo 6, comma 2 e 3, del summenzionato decreto, autorizzava la proroga dei trattamenti fino al 31 dicembre 2014 per quasi 30 mila lavoratori;
   l'obiettivo era quello di consentire a migliaia di lavoratori ed alle loro famiglie di ricevere il necessario sostegno al reddito quanto meno per l'anno in corso, così da scongiurare almeno temporaneamente le inevitabili tensioni sociali che si sarebbero generate in caso contrario;
   tale accordo è stato contestato dal Ministero per ragioni puramente tecniche;
   la condizione in cui versa la Campania è estremamente delicata, e purtroppo si aggraverà ulteriormente a partire dal lo gennaio 2015, quando l'applicazione del decreto interesserà tutta la platea dei beneficiari di misure di sostegno al reddito;
   per questi motivi le organizzazioni sindacali hanno già sollecitato la regione Campania e le rispettive Confederazioni affinché avviassero un'interlocuzione con il Governo nazionale, al fine di individuare possibili soluzioni alla situazione su esposta;
   CGIL Campania, CISL Campania, UIL Campania ed UGL Campania hanno scritto al prefetto di Napoli chiedendogli di farsi portavoce delle istanze di migliaia di famiglie per le quali queste misure di sostegno rappresentano spesso l'unica fonte di reddito, assicurando quanto meno condizioni di vita al di sopra della povertà assoluta;
   in assenza di risposte certe e celeri da parte del Governo vi sarebbe un ulteriore aumento delle già fin troppo forti tensioni sociali presenti sul territorio;
   l'11 novembre 2014 si è tenuto un presidio unitario dei sindacati a cui hanno partecipato migliaia di lavoratori e lavoratrici, percettori di ammortizzatori in deroghe e titolari dei decreti bloccati dalla direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   una delegazione, costituita dai segretari regionali e di Napoli delle Confederazioni, è stata ricevuta dal prefetto;
   il prefetto ha preso l'impegno di farsi interprete delle preoccupazioni espresse verso il Governo e di calendarizzare, in tempi brevissimi, una convocazione per un tavolo nazionale che affronti la delicata vertenza –:
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di risolvere in tempi strettissimi questa situazione, che mette drammaticamente a repentaglio la posizione di migliaia di famiglie. (4-06854)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante è stato segnalato il caso della ricerca finalizzata alla cura dell'infarto mediante cellule staminali che ha vinto il concorso per il finanziamento del Ministero della salute con pubblicazione della graduatoria in data 9 giugno 2011 e che, secondo le denunce, sarebbe ostacolata dal direttore generale dell'INAIL;
   il progetto di ricerca è basato sul successo del differenziatore magnetico di cellule staminali, brevettato da CNR e ISPESL con breve o concesso nel settembre 2009 e inopinatamente abbandonato dall'INAIL il 26 aprile 2012, ad avviso dell'interrogante senza trasparenza e senza informazione agli inventori;
   tale invenzione, finalista alla start cup organizzata dal Sole 24 Ore e dal CNR, con premiazione a Genova il 4 novembre 2010, cime riportato dal Sole 24 Ore, ha permesso il differenziamento di cellule staminali cardiache umane autologhe in cardiomiociti, come attestato dalla pubblicazione sulla rivista di cardiologia di Oxford Cardiovascular Research vol. 82 n. 3, 2009;
   al progetto, coordinato dal dottor Livio Giuliani, partecipano il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, i professori ordinari di medicina nucleare e di cardiologia dell'Università di Firenze, primari del Careggi, dottori Pupi e Antoniucci, il direttore dell'Istituto di ricerca sul cancro Ramazzini di Bologna, dottor Soffritti, ricercatori dell'ENEA, del CNR e dell'università di Viterbo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto denunciato in premessa e se non ritengano, vista l'importanza sanitaria del progetto, l'autorevolezza dei partecipanti e il ritardo più che triennale nella erogazione dei fondi, di attivarsi per quanto di competenza affinché il progetto di ricerca possa essere adeguatamente e prontamente sviluppato e siano accertate eventuali responsabilità della direzione generale dell'INAIL nominando una commissione ministeriale d'inchiesta anche in vista, del rinnovo previsto a inizio del nuovo anno. (4-06873)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   l'analisi di un campione di acqua per consumo umano, operata dal laboratorio della base di Decimomannu (Cagliari) su richiesta delle maestranze civili e militari del Poligono di Capo Frasca (VS) e comunicata all'ispettorato logistico dell'aeronautica militare nel 1994 (Prot. N. 1911/LTC/5) dal capo laboratorio tenente colonnello Pitturru, mostra inequivocabilmente la presenza di agenti inquinanti nell'acqua usualmente utilizzata nel servizio mensa unico (civili-militari) e per il consumo umano;
   storicamente l'approvvigionamento idrico del servizio mensa nel poligono avveniva tramite una serie di pozzi artesiani presenti nell'area della sezione;
   in particolare in tale analisi si rilevavano fuori norma: a) il residuo fisso (2366 mg/lt versus un limite massimo di norma di 1500 mg/lt); b) la durezza totale (101 vs 15-50); c) i cloruri (739 vs 200); d) il magnesio (127 vs 50); e) streptococchi (700 vs 0); f) computo colonie su Agar a 36 gradi (450 vs 0);
   secondo quanto risulta agli interroganti soltanto il 28 settembre 2006 il capo sezione del Poligono Maggiore Francesco M. Cabras comunica, al Comando della 123ma squadriglia, al capo condominio pal. 37 ed ai condomini del medesimo, che – su segnalazione della infermeria di Corpo di Decimomannu – l'acqua della rete idrica del sedime di Capo Frasca è da considerarsi «non idonea» per consumi umani;
   con l'ordine di servizio N. 177 del 26 giugno 2007, sottoscritto dal Maggiore Francesco M. Cabras, a riguardo dell'utilizzo dell'acqua nella rete idrica del sedime di Capo Frasca, si comunica che – in seguito all'ordinanza N.22/20.06.07 del sindaco di Arbus inerente l'inizio dei lavori di collegamento del serbatoio idropotabile di Sant'Antonio di Santadi all'acquedotto costiero in partenza dal nuovo impianto di potabilizzazione della stessa località, considerato che non si ritiene garantita la rispondenza alle prescrizioni di cui al decreto legislativo n. 31 del 2001 è vietato l'utilizzo dell'acqua distribuita nella mensa unica per usi umani e incorporazione negli alimenti sino a nuova comunicazione;
   l'utilizzo dell'acqua dei pozzi artesiani presenti nel plesso di Capo Frasca viene sospeso e sostituito dall'utilizzo di un serbatoio di dubbia qualità riempito da una ditta esterna;
   il 16 dicembre 2009 (Prot. N.TAT – 11/4283/S.02.09) il capo infermeria di corpo tenente colonnello Giovanni Biondi comunica al comandante del RSSTA di Decimomannu che l'acqua prelevata dal punto di utilizzo della mensa unica di Capo Frasca è risultata inquinata da batteri, che il tipo di contaminazione deriva da inquinamento antropico oltre che ipoteticamente dall'attività di riempimento del serbatoio operato da una ditta esterna, che una prima analisi seguita ai primi provvedimenti intrapresi per salvaguardare l'igiene delle lavorazioni della mensa ha confermato la presenza di inquinamento;
   il 7 ottobre 2010 (Prot. TAT - 41/4407/D2) il comandante del gruppo S.L.O servizio impianti del RSSTA di Decimomannu comunica al servizio sanitario e p.c. alla sezione poligono di Capo Frasca l'avvenuto allaccio alla rete esterna gestita dall'ente Abbanoa (per quanto concerne l'approvvigionamento idrico della Sezione medesima) nonché l'avvenuto completamento delle opere inerenti l'impianto di sollevamento dell'acqua ai serbatoi piezometrici esistenti, dai quali poi l'acqua – previa ulteriore disinfezione a mezzo di impianto di clorazione – viene immessa nell'acquedotto interno alla Sezione e ai fabbricati;
   nella medesima comunicazione (punto 1) si chiarisce che quanto sopra esposto «avviene in parte con tubazioni in ferro parzialmente ossidate che rilasciano particelle di ossido, facendo decadere le caratteristiche di potabilità assoluta» dell'acqua, perciò (punto 2) si ritiene «che l'acqua così distribuita sia idonea al consumo umano per quanto riguarda l'utilizzo nelle cucine e nei servizi igienici, mentre se ne sconsiglia l'uso come acqua da bere»;
   nonostante siano state molteplici nel corso degli anni le segnalazioni – da parte delle maestranze impiegate nel Poligono – circa l'inquinamento dell'acqua nel Poligono di Capo Frasca, circa lo stato della condotta idrica e del serbatoio e considerato che – come sopra riportato – solamente nel mese di giugno del 2007, su iniziativa del sindaco di Arbus e nonostante la segnalazione del Servizio infermeria della base circa l'idoneità dell'acqua del poligono di Frasca sia stata comunicata nel settembre 2006, si è finalmente stabilita la non potabilità dell'acqua nella Sezione;
   a decorrere dalla citata analisi N.799 PROT. 1911/LTC/5 del campione di acqua per consumo umano dal 1994 al 2007 sono passati ben 13 anni prima che fossero assunte le necessarie determinazioni da parte dei responsabili del R.S.S.T.A. e che si è dovuto attendere l'anno 2010 per il completamento di opere strutturali che, comunque, non garantiscono la «potabilità assoluta» dell'acqua;
   nel corso degli anni successivi al 2010 – a conferma dello stato dell'arte – sono stati molteplici i provvedimenti di chiusura del servizio mensa di Capo Frasca;
   a quanto consta agli interpellanti nel lasso di tempo che abbraccia un ventennio tra gli anni ’90 e il 2010, su un totale di circa 70 persone, 23 lavoratori – civili e militari che hanno prestato servizio nel Poligono di Capo Frasca – hanno contratto forme gravi di tumore, in 6 casi del sistema emolinfatico, in altri a carico di diversi organi, oltre che diverse patologie del sistema immunitario;
   di questi consta che 12 sono deceduti, 7 sono invalidi permanenti, 1 risulta tuttora in terapia per linfoma, uno solo risulta essere guarito dalla leucemia;
   la maggior parte di essi ha riscontrato la patologia in permanenza di servizio e inoltrato regolare richiesta al Previmil per l'indennizzo della speciale elargizione (vittime poligoni);
   a nessuno di essi il Previmil ha riconosciuto l'indennizzo –:
   se Ministri interpellati siano informati di quanto accaduto nel poligono di Capo Frasca negli scorsi decenni;
   come e se ritengano intervenire per assicurare nel poligono di Capo Frasca il massimo rispetto delle norme esistenti in materia di igiene pubblica e per garantire certezze e rispetto del diritto alla salute ai lavoratori ivi impiegati;
   come se ritengano intervenire per riconoscere ai lavoratori del Poligono che abbiano contratto gravi forme tumorali ed alle famiglie delle vittime un equo ristoro per le sofferenze patite a causa del servizio prestato allo Stato;
   e se non ritengano necessario avviare una indagine che accerti le eventuali responsabilità ed omissioni.
(2-00748) «Piras, Duranti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRUSONE, BASILIO, CORDA, ARTINI, DALL'OSSO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, VIGNAROLI, PINNA, SCAGLIUSI, DAGA, BUSTO, ZOLEZZI, DE ROSA e TERZONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il comprensorio della Valle del Sacco si trova nel Lazio fra le province di Roma e di Frosinone. Nell'ultimo ventennio la Valle del Sacco è stata oggetto di una gravissima situazione di inquinamento ambientale, conclamata formalmente dalla dichiarazione dello stato di emergenza ambientale e sanitaria di cui all'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri (O.P.C.M.) del 19 maggio 2005, stato di emergenza tutt'ora in essere per effetto di successivi provvedimenti di proroga della citata Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri;
   i disastrosi effetti sullo stato di salute della popolazione residente nella Valle del Sacco, sono stati ampiamente documentati e certificati dal rapporto SENTIERI reso nel 2011 e noto all'OMS (Organizzazione Mondiale per la Salute), e le cui conclusioni non lasciano adito a dubbi di sorta: nella Valle del Sacco si registra un aumento di mortalità per tutte le cause e patologie;
   il rapporto ERAS, reso dal dipartimento epidemiologico della regione Lazio, dedicato alla valutazione epidemiologica dello stato di salute della popolazione esposta a processi di raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti urbani nella regione Lazio, ha evidenziato gravi criticità per le ricadute e gli effetti degli impianti di trattamento dei RSU sulla salute dei cittadini;
   la stessa ASL di Frosinone, nella nota integrativa al bilancio 2013, assume che le spese sanitarie sono aumentate in conseguenza di: aumento dei pazienti trattati in malattie infettive di circa il 20 per cento; raddoppio dei pazienti oncologici; aumento dei pazienti per carcinoma alla mammella del 30 per cento aumento esponenziale dei trattamenti chemioterapici;
   le maggiori cause di inquinamento ambientale nel territorio sono tre, e possono essere sinteticamente descritte come segue: a) inquinamento causato dagli impianti e produzioni industriali, nella sola provincia di Frosinone sono presenti ben 21 impianti industriali ad alto rischio di incidente rilevante (rapporto ISPRA 2013, pag. 19 e 39). La prima conseguenza è stata un diffuso, intenso e persistente stato di inquinamento ambientale, sfociato nel già citato stato di emergenza dichiarato nel 2005, nelle due aree classificate come SIN (Siti di interesse nazionale per la bonifica) ovvero «provincia di Frosinone» e «Bacino del Fiume Sacco». In suddette aree sono presenti complessivamente circa 200 siti inquinati da bonificare ricadenti sull'intero territorio della provincia di Frosinone, e l'estensione delle sole aree di competenza dell'ufficio commissariale per l'emergenza ambientale dichiarata nel 2005 ed oggetto di interventi di bonifica – come perimetrate nel decreto ministeriale 31 gennaio 2008 – ricade su oltre 40 comuni, appartenenti sia alla provincia di Frosinone che a quella di Roma. Per quanto riguarda l'area denominata «Provincia di Frosinone» dei 121 siti contaminati ne sono stati bonificati solamente n. 6, come risulta dal piano regionale di bonifica; b) mancata depurazione delle acque del fiume Sacco. Lo stato di qualità delle acque del bacino idrografico del fiume Sacco è stato certificato dal relativo piano di gestione approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2013, come «pessimo» ovvero il grado più basso della scala di cui alla direttiva Unione europea 2000/60. Vale sottolineare che siffatta situazione ha già provocato l'inadempimento della direttiva Unione europea suddetta, che prevedeva il raggiungimento dello stato di qualità «sufficiente» almeno entro la fine dell'anno 2008; inoltre lo stato di qualità «buono» che deve essere conseguito per tutti i bacini idrografici entro il 31 dicembre 2015, è obiettivo irraggiungibile per quanto riguarda il fiume Sacco perdurando il mancato funzionamento dei sistemi di depurazione dei reflui; c) ciclo ed impianti di trattamento dei rifiuti solidi urbani. La Corte di giustizia europea con la sentenza del 26 aprile 2007 nella causa C-135/2005, resa a seguito della procedura d'infrazione avviata nel 2003, n. 2077, aveva condannato lo Stato italiano e la regione Lazio per il territorio di sua competenza, in relazione alla non corretta gestione dei rifiuti per l'elevato numero di discariche abusive (o non autorizzate) o non ripristinate. Inoltre, con ulteriore recente sentenza della Corte di giustizia Unione europea n. C-323/13 del 15 ottobre 2014, lo Stato italiano è stato condannato per l'inadempimento e la violazione delle Direttive europee 1999/31/CE e 2008/98/CE per l'omesso trattamento dei rifiuti che assicuri la tutela della salute umana e la protezione dell'ambiente;
   nel quadro innanzi delineato di grave situazione di inquinamento ambientale e di certificati e pesanti impatti e ricadute sulla salute della popolazione della Valle del Sacco, tali da aver determinato la dichiarazione di stato di emergenza ambientale e sanitaria su una vastissima area (oltre 40 comuni), la regione Lazio anziché potenziare le strutture, i servizi e la rete dell'assistenza sanitaria, attuare il monitoraggio costante della salute dei cittadini, definire strategie di intervento tali da creare comunità resilienti e risolvere la detta emergenza, ha operato ed opera una serie di interventi tesi a ridurre drasticamente gli investimenti sul settore sanitario;
   infatti, in contrasto con quanto previsto nello stesso Piano Sanitario regionale del 2012, che aveva espressamente dichiarato come prioritari ed indifferibili gli interventi sanitari sulla Valle del Sacco quale comprensorio interessato dal grave stato ambientale e dall'elevatissimo rischio sanitario per la popolazione ivi residente, l'amministrazione regionale con una serie di provvedimenti resi dal fin 2010 (DCA 80/2010 e DCA 113/2010), e da ultimo con/il programma operativo triennale sanitario 2013-2015 (DCA 247/2014) ha disposto la chiusura di diversi ospedali nei comuni della Valle del Sacco, operato drastici tagli al numero dei posti letto, soppresso e/o ridotto i servizi sanitari e l'assistenza alla popolazione;
   inoltre, il piano strategico aziendale predisposto dalla ASL di Frosinone per il triennio 2014-2016, omette ogni intervento in ambito sanitario circa le criticità derivanti dall'emergenza ambientale e sanitaria, ignorando finanche i gravissimi dati epidemiologici inseriti nel bilancio 2013 dello stesso ente; 
   il complesso degli interventi dell'amministrazione della regione Lazio, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero della salute, e dello Stato italiano reso sulla Valle del Sacco sia in materia di salvaguardia ambientale e dall'inquinamento che in merito alla gestione sanitaria, si pone in apparente contrasto con il programma ed accordo Health 2020 adottato dai 53 Stati membri del Comitato Regionale dell'OMS per l'Europa nel settembre 2012, la dichiarazione di Parma (impegno ad agire su ambiente e salute del 10-12 marzo 2010), le linee ed indirizzi dell'OMS sulla bonifica dei siti inquinati, considerate una priorità per l'OMS nel settore ambientale e della salute;
   a fronte di tale drammatica situazione, i cittadini uniti in associazioni, hanno sottoscritto un esposto Comitato regionale Europa dell'OMS, chiedendo di intervenire presso la regione Lazio, i Ministeri della salute e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e presso gli altri organi ed amministrazioni dello Stato, italiano, affinché siano richiamati all'attuazione degli accordi, delle indicazioni e delle dichiarazioni di cui al punto n. 4 suddetto, nonché d'intervenire presso i medesimi affinché siano posti in essere ed attuati i provvedimenti necessari alla tutela dell'ambiente ed alla salvaguardia della salute della popolazione della Valle del Sacco –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della sottoscrizione di tale esposto e quali iniziative intenda assumere a fronte di una tale gravità dei fatti esposti;
   se, nel rispetto delle competenze regionali e nell'ambito della predisposizione del piano della rete ospedaliera, il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, non intenda considerare la possibilità di assumere iniziative in modo che le strutture di riferimento possano essere potenziate e non decurtate o addirittura chiuse e se non si ritenga necessario ed urgente istituire un tavolo tra Ministero, regione Lazio ed enti locali al fine di rivedere i programmi per le strutture della ASL di Frosinone, con lo scopo di ridurre drasticamente i terribili dati epidemiologici riportati nel bilancio 2013 dello stesso ente. (5-04037)

* * * 

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, MANTERO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, CECCONI e DALL'OSSO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese è primo nella classifica mondiale delle auto «statali» con oltre 600 mila vetture, un numero che non si rileva in nessun altro Stato al mondo;
   primato che l'Italia ha anche in numero di automobili di servizio in dotazione alle aziende sanitarie locali (ASL), alle aziende sanitarie ospedaliere (ASO) e agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS);
   studi e analisi del Formez indicano che il parco auto di servizio a disposizione delle aziende sanitarie locali e delle aziende sanitarie ospedaliere non diminuisce, nonostante i tagli e le strette più volte annunciati;
   le automobili gestite dal servizio sanitario nazionale dai dati rilevati sarebbero pari a: 2.073 automobili «blu» auto di «servizio», cioè auto con autista in uso esclusivo e non esclusivo all'alta dirigenza, e altre 16.505 «grigie», auto utilizzate dalle amministrazioni per lo svolgimento del lavoro d'ufficio e l'erogazione dei servizi;
   sulla base di alcuni dati ottenuti dalle aziende sanitarie locali e aziende sanitarie ospedaliere che hanno risposto al censimento del Formez, solo 149 su 245, il maggior numero di autovetture si concentra nelle aziende sanitarie che presentano anche, correntemente, la maggiore concentrazione di auto grigie utilizzate per lo svolgimento dei diversi servizi (trasporto anziani e disabili, trasporto sangue, visite mediche, controlli sanitari, e altro);
   le asl hanno in dote 1.739 auto «blu» e 15.357 «grigie», 950 vetture a disposizione delle aziende sanitarie ospedaliere, 8.694 a disposizione delle aziende sanitarie locali e 58 in uso agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico; ed ancora nello specifico vi sono in media circa 100 automobili «blu» per presidenti, dirigenti e altri, ed automobili «grigie» per gli uffici, i policlinici universitari 14 e 19;
   di tutto il «parco macchine» sanitario sono di proprietà di asl e ospedali 12.192 vetture, mentre 6.048 sono a noleggio, 350 in leasing e 77 in comodato;
   le automobili del servizio sanitario nazionale rappresentano una quota pari a un terzo dell'intero parco di automobili dei servizi pubblici gestiti dalla pubblica amministrazione;
   oltre 9.700 sono le automobili utilizzate dai dirigenti e dal personale delle aziende sanitarie locali e delle aziende sanitarie ospedaliere che continuano a riempire i garage;
   si tratta di dati probabilmente sottostimati perché ad avviso degli interroganti non vi è l'assoluta certezza della veridicità delle risposte fornite dalle amministrazioni (si rileva che i dirigenti non adempienti non sono perseguibili in caso di risposte incomplete o infedeli) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei dati in premessa, e, se non ritenga opportuno assumere iniziative per addivenire alla pubblicazione dei dati effettivi di tutte le automobili adibite al servizio sanitario nazionale, comprendendo tutte quelle gestite dalle aziende sanitarie locali (ASL), dalle aziende sanitarie ospedaliere (ASO) e dagli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS);
   se non sia opportuno predisporre una relazione per fare chiarezza sulla reale spesa annuale sostenuta dalle amministrazioni pubbliche in ambito sanitario per il mantenimento delle auto di servizio, così da valutare nel merito un intervento per la riduzione delle risorse finanziarie destinate al servizio sanitario nazionale, anche alla luce del taglio di fondi alla sanità prevedendo invece maggiori contributi e agevolazioni ai cittadini. (5-04029)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ad un mese dall'alluvione che ha colpito duramente la Liguria e in particolare la città di Genova emergono numerosi problemi che affliggono tanti lavoratori e le loro attività;
   le procedure per accedere ai finanziamenti regionali, sulla carta molto semplici, si trasformano in un complicatissimo viaggio nella burocrazia;
   per il risarcimento chi è stato colpito dall'alluvione deve essere in regola con il pagamento dei tributi, altrimenti rischia di non poter ricevere contributi;
   tuttavia ci sono atti che in tempo di crisi non tutti hanno compiuto nei tempi prescritti dalla legge e così una delle trappole che rischia di vanificare le speranze di chi desidera ricominciare sperando nei finanziamenti regionali viene dal Durc, ossia dal certificato unico che attesta la regolarità contributiva di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché tutti gli obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di Inps, Inail e casse edili –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione che si è venuta a creare nei confronti di queste persone e quali iniziative intendano intraprendere al fine di aiutare una popolazione che è già stata messa a dura prova. (4-06848)


   META, BRANDOLIN, COPPOLA, CULOTTA, MAURI, MOGNATO, PAGANI e TULLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con delibera 480/14/CONS del 23 settembre 2014 pubblicata in data 10 ottobre 2014, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha modificato il piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva in tecnica digitale DVB-T, escludendo dal piano stesso le frequenze ritenute interferenti con stazioni degli Stati esteri confinanti. La sopracitata delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 480/14/CONS esclude dalla pianificazione, in 12 regioni, complessivamente 76 frequenze. Le 12 regioni interessate dalla problematica sono: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Sicilia;
   la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di cui sopra è stata emanata in attuazione dell'articolo 6 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, che prevedeva altresì un «decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze» in cui definire «i criteri e le modalità per l'attribuzione, entro il 31 dicembre 2014, in favore degli operatori abilitati alla diffusione di servizi di media audiovisivi, di misure economiche di natura compensativa»;
   le emittenti che dovranno disattivare le frequenze saranno quelle che riterranno di dismettere volontariamente le stesse accedendo alla misure economiche di misura compensativa previste dalla citata norma, ovvero, in mancanza di dimissioni volontarie, saranno quelle posizionate negli ultimi posti delle graduatorie redatte negli anni 2011-2012 per l'assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva digitale terrestre nelle suddette regioni;
   i termini fissati dal decreto-legge n. 145 del 2013 sono scaduti senza che il Ministro dello sviluppo economico emanasse il decreto attuativo previsto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e la scadenza del 31 dicembre 2014 — fissata come termine anche per la liberazione delle frequenze — è ormai imminente;
   il Ministero ha avviato in data 6 novembre una procedura di consultazione pubblica sui criteri e le modalità per l'attribuzione di tali misure economiche di natura compensativa, con l'obiettivo di acquisire gli orientamenti, le osservazioni e i commenti dei soggetti interessati, che dovranno farli pervenire entro il 10 dicembre 2014, all'indirizzo comunicazioni.consultazione@mise.gov.it;
   tra l'ultimo giorno utile per inviare le consultazioni e la scadenza del 31 dicembre ci sono appena tre settimane, che rischiano di essere insufficienti per trovare soluzioni adeguate a un problema così complesso –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per prorogare la scadenza del 31 dicembre 2014 per la liberazione delle frequenze e la dismissione degli impianti di altri sei mesi, portandola al 30 giugno 2015, per poter individuare la soluzione migliore a una questione che riguarda il futuro di diverse imprese del settore, molte delle quali hanno realizzato negli ultimi anni importanti investimenti per acquistare e installare gli impianti per le trasmissioni televisive digitali terrestri. (4-06849)


   LAVAGNO, MORETTO e LACQUANITI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel maggio 2014, presso il Ministero dello sviluppo economico, è stato siglato l'accordo tra l'azienda e i sindacati sulla vertenza Electrolux. Il documento, che riguarda tutte le fabbriche e le produzioni italiane di elettrodomestici della multinazionale svedese, prevede una riduzione del costo del lavoro e del prodotto e azioni di efficienza produttiva nelle fabbriche italiane;
   l'accordo prevede la decontribuzione dei contratti di solidarietà, la riduzione delle pause (dopo la trattativa si è arrivati alla decisione di ridurre solo quella aggiuntiva di Porcia da 10 a 5 minuti) e dei permessi sindacali (tagliati del 60 per cento dal 2015), l'aumento della produzione e la mobilità incentivata per 300 lavoratori. Il risultato sarà l'abbattimento di quasi 3 euro l'ora del costo degli impianti, in modo da renderli competitivi con quelli polacchi, come richiesto dall'azienda per non delocalizzare;
   il 9 settembre 2014, presso il Ministero dello sviluppo economico, si è tenuto un incontro riguardante la situazione della società Drahtzug Stein divisione Omim/ divisione Come s.r.l.;
   la società ha due sedi produttive, una a Conzano (Alessandria) con 172 dipendenti e una a San Donà di Piave (Venezia) con 184 dipendenti, che usufruiscono dal 2010 del contratto di solidarietà e tale misura terminerà a fine novembre 2014;
   l'azienda ha chiesto chiarimenti in merito alla possibilità di poter usufruire di una riduzione dei contributi per i contratti di solidarietà alla luce del fatto che Drahtzug Stein è legata all'indotto dell'elettrodomestico, in particolare Electrolux, chiedendo inoltre la possibilità di accedere a incentivi per intraprendere nuovi investimenti in ricerca e sviluppo;
   grazie agli ammortizzatori sociali e all'investimento da parte del gruppo Drahtzug Stein di circa 3 milioni di euro, la situazione dello stabilimento di San Donà di Piave sembra essere ristabilita tramite una nuova commessa recentemente acquisita che prevede la fornitura in esclusiva mondiale da parte di Drahtzug Stein Italia di prodotti di arredo bagno;
   nello stabilimento di Conzano, che produce cestelli per lavastoviglie tra Piemonte e Veneto, la situazione è invece più critica per la perdita delle commesse nel mercato dell'elettrodomestico, in particolare con il cliente Electrolux;
   da quanto si apprende, i lavoratori dell'azienda in questione, ipotizzano di agganciare la loro trattativa a quella dell'Electrolux –:
   se il Governo sia informato delle problematiche sopra esposte e quali iniziative, anche alla luce dell'accordo Electrolux, intenda porre in essere per garantire continuità produttiva e occupazionale di entrambi gli stabilimenti.
(4-06853)


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha emanato la delibera n. 480/14/CONS del 23 settembre 2014, pubblicata in data 10 ottobre 2014, con la quale ha modificato il piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva in tecnica digitale DVB-T, escludendo dal piano stesso le frequenze ritenute interferenti con stazioni degli Stati esteri confinanti;
   tale delibera è stata adottata in attuazione dei commi 8, 9 e 10 dell'articolo 6 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014 n. 9;
   la sopracitata delibera Agcom n. 480/14/CONS esclude dalla pianificazione, in dodici regioni, complessivamente n. 76 frequenze. Le dodici regioni interessate dalla problematica sono: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Sicilia;
   le emittenti che dovranno disattivare le frequenze saranno quelle che riterranno di dismettere volontariamente le stesse accedendo alla misure economiche di misura compensativa previste dalla citata norma, ovvero in mancanza di dimissioni volontarie, saranno quelle posizionate negli ultimi posti delle graduatorie redatte negli anni 2011-2012 per l'assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva digitale terrestre nelle suddette regioni;
   le esclusioni dalla pianificazione prevista dall'Agcom sono tali che in alcune regioni (Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia), come riconosciuto dalla stessa Agcom nel proprio provvedimento, non viene più rispettata la riserva di almeno 1/3 delle frequenze, prevista dalla disciplina normativa in materia, a favore dell'emittenza locale;
   le frequenze che dovrebbero essere revocate (sulla base della esclusione dal Piano prevista dalla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) sono state assegnate (alle emittenti che le eserciscono) per venti anni a seguito di gare svoltesi ai sensi del decreto-legge n. 34 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 75 del 2011;
   il Vice Ministro allo sviluppo economico con delega alle comunicazioni, onorevole Paolo Romani, in carica nel 2010, con nota inoltrata all'epoca ad Aeranti-Corallo ha affermato che «per quanto di competenza del Ministero, si farà in modo che le assegnazioni dei canali alle tv locali possano realizzarsi, anche nelle zone di confine, senza restrizioni e/o limitazioni rispetto alle caratteristiche tecniche degli impianti attualmente eserciti;
   le imprese che hanno ottenuto le assegnazioni frequenziali che oggi si vorrebbero revocare hanno realizzato importanti investimenti per acquistare e installare gli impianti per le trasmissioni televisive digitali terrestri;
   qualora le assegnazioni frequenziali dovessero essere effettivamente revocate, dette imprese non potranno più svolgere l'attività di operatore di rete e avranno 4 grandi difficoltà per diffondere i propri programmi (dovendo raggiungere un accordo per il trasporto di tali programmi da parte di un operatore di rete terzo che, svolgendo la propria attività nella stessa area geografica, potrebbe essere un concorrente diretto);
   tutto ciò avrà inevitabili conseguenze sulla continuità aziendale delle emittenti interessate e sul relativo quadro occupazionale;
   le asserite interferenze non sono mai state accertate in contraddittorio con le emittenti interessate;
   i tecnici di molte emittenti ritengono che sia possibile compatibilizzare le trasmissioni in questione con quelle delle stazioni degli Stati esteri confinanti, senza dover disattivare gli impianti ritenuti interferenti (sarebbero sufficienti alcune modifiche alle condizioni tecniche operative degli impianti come la modifica del sistema di antenna ovvero l'abbassamento in quota del punto di emissione);
   a meno di 60 giorni dalla data del 31 dicembre 2014 prevista per la dismissione delle frequenze in questione, il Ministero dello sviluppo economico non ha ancora emanato il decreto previsto dal sopracitato articolo 6, comma 9 del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 9 del 2014 (con il quale devono essere previsti i criteri e le modalità per l'attribuzione entro il 31 dicembre 2014 delle misure economiche di natura compensativa per le eventuali dimissioni volontarie delle frequenze). Tale decreto avrebbe dovuto essere emanato entro il 22 gennaio 2014. Occorre, peraltro, rilevare che la citata norma prevede, per tali misure, uno stanziamento irrisorio di 20 milioni di euro (per riconoscere, invece, importi simili a quelli stanziati per la dismissione dei canali 61-69 Uhf, avvenuta nel 2012, sarebbero probabilmente necessari almeno 60-70 milioni di euro. Sarebbe, comunque, necessario disporre di un calcolo esatto da parte del Ministero sulla base della popolazione servita da ogni impianto che dovrà essere dismesso);
   il Sottosegretario di Stato con delega alle comunicazioni, onorevole Antonello Giacomelli, ha più volte affermato l'intendimento di proporre un incremento del suddetto stanziamento di euro 20 milioni, ma, ad oggi, tale incremento non è stato previsto;
   occorre, peraltro, considerare che gli importi che verranno corrisposti per le citate misure economiche di natura compensativa rientrano nei ricavi dell'impresa e come tali sono soggetti a imposizione fiscale;
   Aeranti-Corallo, l'associazione di categoria delle imprese radiotelevisive locali, ha più volte chiesto all'attuale Sottosegretario allo sviluppo economico con delega alle comunicazioni i seguenti interventi: l'avvio di tavoli tecnici, con il coinvolgimento anche delle Amministrazioni estere, per esaminare le problematiche interferenziali lamentate e individuare le soluzioni di compatibilizzazione; la pianificazione per le emittenti locali dei canali liberi tra quelli esclusi dall'ex beauty contest e tra quelli non assegnati in sede di beauty contest. Tali canali potrebbero essere assegnati in sostituzione di eventuali canali da dismettere; l'aumento dello stanziamento per le misure compensative destinate alla dismissione volontaria dei canali interferenti e l'esclusione di tali misure dalle entrate soggette ad imposizione fiscale; il differimento di almeno sei mesi della data del 31 dicembre 2014 prevista per le dismissioni degli impianti;
   ad oggi, tuttavia, nessuna iniziativa è stata presa, al di là di generiche affermazioni di voler procedere a una riforma complessiva del settore, di cui non si conoscono i contenuti e che, comunque, non può certamente essere definita, approvata e attuata nei 55 giorni che intercorrono con la scadenza del 31 dicembre 2014 –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per salvaguardare i profili occupazionali e produttivi del settore televisivo locale. (4-06864)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Dorina Bianchi e altri n. 1-00635, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bernardo.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Della Valle e altri n. 7-00281, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bonomo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Impegno n. 4-04987, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 30 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carloni.

  L'interrogazione a risposta scritta Cancelleri n. 4-06833, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mannino.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Grillo e Ciprini n. 4-06376 del 13 ottobre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04026.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Catalano n. 4-06812 dell'11 novembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04035;
   interrogazione a risposta scritta Francesco Saverio Romano n. 4-06830 del 12 novembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04036.