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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 4 novembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il sisma che ha colpito il 20 e 29 maggio 2012 l'Emilia ha colpito profondamente il territorio interessato, lasciando un profondo segno nel tessuto sociale ed economico;
    l'area maggiormente colpita complessivamente dai due eventi sismici è stata la porzione settentrionale della pianura padana emiliana compresa tra le province di Reggio Emilia, Modena, Ferrara e Bologna, ma le scosse sono state avvertite nettamente in gran parte dell'Italia del nord e hanno causato danni anche in Lombardia e Veneto;
    il terremoto è stato soprattutto una tragedia umana: sono morte a causa delle scosse 28 persone, cui si è aggiunto un volontario deceduto nella fase di ricostruzione, con oltre 300 feriti;
   l'area colpita è enorme e densamente popolata: 33 comuni nell'area del cratere, 59 quelli interessati complessivamente da eventi sismici, 550 mila persone direttamente coinvolte, quasi un milione nell'intera area e 270 mila addetti tra agricoltura, industria e servizi. La zona colpita è ad alta industrializzazione, con un'agricoltura importante e di altissimo livello, un altissimo tasso di occupazione; nell'area del cratere si produce circa il 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
    i maggiori danni sono stati subiti dalle abitazioni e dalle attività produttive, con conseguenze disastrose per il rischio di chiusura e di disoccupazione per attività già messe a dura prova dalla crisi economica;
   in risposta alla calamità derivante dall'evento sismico il Governo pro tempore adottato il decreto-legge n. 74 del 2012 che circoscriveva il suo ambito di applicazione inizialmente ai territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpiti dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, per i quali era stato disposto il differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari con il decreto ministeriale economia e delle finanze del 1o giugno 2012 (articolo 1, comma 1). Tutte le misure valevano fino alla fine del 2012;
    in seguito, l'articolo 67-septies del decreto-legge n. 83 del 2012, ha esteso l'applicabilità delle disposizioni al territorio dei comuni di Ferrara e Mantova, nonché – ove risulti l'esistenza del nesso di causalità tra danni e i suindicati eventi sismici – di ulteriori comuni indicati nella norma;
    in considerazione dell'entità dei danni subiti e al fine di favorire il processo di ricostruzione e la ripresa economica nei territori interessati lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 maggio 2013 e poi, con il decreto-legge n. 43 del 2013, fino al 31 dicembre 2014;
    i pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria sono stati sospesi in un primo momento fino al 30 settembre 2012 (decreto ministeriale 1o giugno 2012); successivamente la sospensione è stata prorogata fino al 30 novembre (articolo 8, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012 e decreto ministeriale 24 agosto 2012). Il decreto-legge n. 174 del 2012, infine, ha previsto che i pagamenti suddetti fossero effettuati entro il 20 dicembre 2012, senza applicazione di sanzioni e interessi;
    in seguito, con il decreto-legge n. 4 del 2014, limitatamente ai territori che hanno subito l'evento alluvionale del 17-19 gennaio 2014 nei medesimi territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (e dagli eventi atmosferici avvenuti dal 30 gennaio al 18 febbraio 2014 nei territori della regione Veneto), sono stati ulteriormente sospesi i termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, compresi quelli contributivi, e quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, scadenti nel periodo compreso tra il 17 gennaio 2014 ed il 31 ottobre 2014;
    da ultimo, l'Emilia-Romagna è stata ulteriormente martoriata dalle eccezionali precipitazioni atmosferiche del 13 e 14 ottobre e dallo sciame sismico registrato il 16-17 ottobre 2014;
    28 ottobre 2014, il direttore dell'Agenzia delle entrate ha immediatamente provveduto a firmare un provvedimento volto a prevedere le modalità di ripresa immediata di versamenti e adempimenti per tutti i territori beneficiati dalla sospensione;
   il Presidente del Consiglio, in una conferenza stampa del 15 ottobre 2014, ha assunto l'impegno poi riportato nel comunicato del Consiglio dei ministri, di questo tenore: «In seguito alle calamità alluvionali che hanno colpito molte zone del Paese, e tutt'ora in corso, il Consiglio dei ministri ha chiesto al Ministro dell'Economia e delle Finanze Pietro Carlo Padoan di disporre il differimento dei termini del versamento dei tributi statali nelle zone interessate nelle regioni Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Friuli Venezia Giulia. Il decreto individua i comuni nei quali, da domani 16 ottobre, i cittadini e le imprese potranno rinviare i pagamenti di imposte e tributi statali (Iva e altro), da effettuare entro la fine dell'anno»;
   è notizia di questi giorni che Equitalia stia recapitando cartelle esattoriali per migliaia di euro a cittadini ed imprese dei territori colpiti dal sisma e/o dalle successive calamità naturali; si tratta di importi insostenibili proprio perché afferenti ai periodi immediatamente precedenti al sisma e che, senza una piena ripresa dell'attività economica, non possono essere sostenuti; tra le richieste più alte, ci sono quelle provenienti dall'INPS, che esige contributi non pagati a partire dal 2013, quindi in piena ricostruzione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative urgenti per una proroga, con efficacia immediata, delle misure di sospensione di tutti i versamenti e gli adempimenti tributari, compresi quelli contributivi, per i territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 e dai successivi eventi calamitosi ed alluvionali nel territorio della regione Emilia Romagna;
   a prevedere, nell'ambito di tali iniziative la cancellazione con decorrenza immediata di tutte le cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione nel corso del 2014 nei confronti dei soggetti (persone fisiche o giuridiche) aventi la loro residenza nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 e dai successivi eventi calamitosi ed alluvionali nel territorio della regione Emilia Romagna.
(1-00656) «Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti».

Risoluzione in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è senza dubbio alcuno un'organizzazione capillare con i suoi 377 distaccamenti permanenti e le sue 219 sedi di distaccamenti gestiti dal personale volontario;
    ad oggi il contingente permanente consta di oltre 31.600 unità, e i vigili del fuoco volontari attivi sono circa 20.000, su una base di 100.000 iscritti nelle liste, mentre sono 65.000 i richiami di 20 giorni che vengono programmati ogni anno con il loro contributo, garantendo così la funzionalità del Corpo nell'intero territorio nazionale e la funzionalità dei comandi provinciali;
    il Corpo secondo le stime che il Ministro dell'interno pro tempore aveva reso in audizione alla I Commissione affari istituzionali della Camera dei deputati il 14 aprile 2011, soffre di una sottodotazione che allora era stata quantificata in 3.000 unità;
    ad oggi, le carenze sono di maggiore entità a seguito del blocco del turn over che si è protratto negli anni 2011 e 2012 e che solo in parte è stato sbloccato per l'anno 2013. Alle 3.000 unità indicate dal Ministro;
    andrebbero aggiunte le 10.000 unità stabilite nel programma ministeriale «Soccorso Italia in 20 minuti» che prevede l'apertura nel territorio nazionale di nuovi distaccamenti volontari, proprio per garantire un soccorso più immediato e capillare;
    il vigile del fuoco discontinuo svolge un'attività retribuita, rappresentando un'eccezione all'impianto normativo italiano sul volontariato: infatti il vigile del fuoco volontario percepisce un corrispettivo in denaro per l'attività prestata con modalità simili e di entità pari a una retribuzione;
    nonostante questo, il richiamo in servizio del personale volontario – e soprattutto discontinuo – dei vigili del fuoco non costituisce rapporto di lavoro a tempo determinato, secondo quanto stabilito dal comma 12 dell'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 183, che ha introdotto la lettera c-bis) tra le esclusioni nel campo di applicazione della normativa sui contratti a tempo determinato del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante «Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES»;
    si tratta di una norma altamente lesiva dei diritti dei volontari dei vigili del fuoco e che tende a eludere, per via normativa, la corretta applicazione non solo del diritto del lavoro, ma anche dei più elementari diritti di non discriminazione e di pari trattamento tra lavoratori sanciti dal diritto europeo e costituzionale;
    alcuni tribunali, infatti, stanno riconoscendo giudizialmente ai vigili del fuoco discontinui il diritto a ottenere il riconoscimento per intero di tutte le voci di indennità previste dal contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) del comparto dei vigili del fuoco, nonché il trattamento di fine rapporto (TFR);
    oltre che un danno erariale per lo Stato, che è condannato a risarcire le vittime della discriminazione nonché a pagare le spese del giudizio, è anche un danno di immagine per il Ministero dell'interno, che deve soccombere in giudizio in una causa che riguarda la tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, obiettivo che dovrebbe essere una priorità per le istituzioni;
    il quadro normativo complessivo, inoltre, risulta essere contraddittorio a dimostrazione che non regge la tesi sostenuta dalla citata lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 368 del 2001;
    si prevede, nel suddetto quadro normativo, per il vigile del fuoco discontinuo il passaggio dallo stato (eventualmente presente) di disoccupato a quello di occupato negli elenchi dell'ufficio del collocamento pubblico, per il periodo del richiamo in servizio;
    è proprio sulla base dei giorni di contribuzione quali vigili del fuoco discontinui, che si accede alla liquidazione della disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti;
    occorre chiudere definitivamente con una positiva soluzione il deprimente problema del precariato nei vigili del fuoco,

impegna il Governo:

   a porre in essere un'apposita iniziativa normativa con la quale venga riconosciuto lo status di precari della pubblica amministrazione;
   a predisporre un'unica graduatoria DISCONTINUI-VOLONTARI aggiornata;
   ad attivare una procedura di stabilizzazione, con prove ginniche e visite mediche, alle quali potranno partecipare tutti coloro che al 31 dicembre 2014 non abbiano superato il 45° anno di età + 2 (come da decreto presidenziale) e abbiano effettuato non meno di 120 giorni di servizio negli ultimi 5 anni;
   a tutelare tutti quei volontari che per vari motivi (età-prove ginniche) o che non riusciranno a diventare idonei come permanenti, con altre mansioni all'interno del quadro di attività legate all'attività del corpo.
(7-00511) «Plangger, Pili».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da l'Espresso, Giandomenico Maltauro, finito agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione e turbativa d'asta nell'ambito dell'inchiesta sull'Expo 2015, in un verbale del mese di maggio 2014 avrebbe dichiarato che l'ex funzionario Pci Greganti e l'ex parlamentare Dc Frigerio avevano «riferimenti politici»;
   precisamente Maltauro avrebbe spiegato: «Intendo essere più preciso su questi riferimenti politici e al riguardo specifico che Greganti nelle occasioni in cui ho avuto modo di discutere direttamente con lui, e comunque per quello che sul punto mi hanno anche riferito gli altri indagati come Frigerio e Sergio Cattozzo, manteneva ancora un'assidua frequentazione politica con personaggi appartenenti alla vecchia guardia del Partito Democratico, con i quali sapevo che manteneva rapporti anche nell'attualità. Tra questi, egli (Greganti) mi ha fatto i nomi di Bersani, Fassino, Burlando e Sposetti». Inoltre, sempre stando al verbale di Maltauro, «Frigerio mi diceva innanzitutto che il suo punto di riferimento politico era Silvio Berlusconi, con il quale aveva una certa frequentazione; tuttavia egli mi fece parola anche di altri personaggi di quell'area politica, tra cui Gianni Letta, il ministro Lupi, Maroni, Fitto, il presidente della provincia di Milano Podestà e l'assessore alla sanità della Regione Lombardia Mantovani»;
   in un altro verbale, datato 23 luglio l'ex direttore generale di Ilspa, Antonio Rognoni, tra gli imputati nell'inchiesta sulla presunta «cupola degli appalti», ha raccontato ai pubblici ministeri di Milano di una presunta frequentazione tra Giuseppe Sala e l'ex senatore Grillo;
   nessuno dei politici nominati dall'imprenditore Maltauro o dall'ex direttore generale Rognoni risulterebbe indagato;
   dalle prime ricostruzioni degli inquirenti l'attribuzione dei lavori all'impresa Maltauro per la realizzazione delle strutture di servizio per l'Expo risulterebbe che sia stata pilotata in favore del gruppo «direttamente collegato all'opera e all'intervento di “faccendieri” presso gli enti pubblici» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e non ritenga necessario intervenire, per quanto di competenza, promuovendo iniziative normative volte a rendere più stringente il controllo contro eventuali commistioni tra politica e criminalità soprattutto quando ci sono in gioco appalti per eventi di rilievo nazionale, attorno ai quali gravitano ingenti risorse economiche, anche in considerazione del pericoloso clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni che tali situazioni possono instillare nei cittadini.
(2-00737) «Sorial, Castelli, Caso, Brugnerotto, Cariello, Colonnese, Currò, D'Incà, Ferraresi, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Colletti, Sarti, Turco, Da Villa, Crippa, Prodani, Della Valle, Fantinati, Mucci, Vallascas, Vignaroli, Carinelli, Pinna, Fico, Nesci, Petraroli, Battelli, Luigi Di Maio».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   secondo i dati denunciati dall'associazione «Ai. Bi. Amici dei Bambini» le proiezioni del primo semestre 2014 riportano il record negativo di 930-950 minori autorizzati all'ingresso in Italia, con un crollo rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente che sfiora il 30 per cento; emerge dunque che dal 2010, quando fu raggiunto il picco massimo di 4130 minori autorizzati a entrare in Italia, al primo semestre del 2014, il numero di bambini stranieri adottati in Italia ha subito un vero e proprio crollo;
   negli ultimi anni sono intervenute alcune criticità, a partire da varie problematiche nel rapporto con i Paesi d'origine dei minori; in alcuni di questi Stati lo sviluppo socio-economico ha contribuito a rendere residuale l'adozione internazionale rispetto alle possibilità offerte all'interno del Paese, attraverso sia adozioni interne sia soluzioni di affido che, comunque, mantengono l'identità e il radicamento del bambino nel proprio Paese; in altri Paesi talvolta si assiste ad improvvise chiusure o limitazioni nelle procedure di adozione in corso, anche a causa delle incerte condizioni sociali e politiche;
   in questa casistica rientra la decisione da parte della direzione nazionale delle migrazioni della Repubblica del Congo di sospendere per 12 mesi, a partire dal 25 settembre 2013, le operazioni per il rilascio dei permessi di uscita per i bambini adottati dalle famiglie straniere;
   nel mese di maggio 2014, il lavoro messo in atto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha determinato l'esito positivo della vicenda che vedeva 24 famiglie inizialmente bloccate a Kinshasa, poiché i permessi di uscita per i minori venivano loro negati, e successivamente separate dai bambini, ciò malgrado l'iter di adozione fosse stato regolarmente completato in Italia e in Congo;
   allo scadere dei 12 mesi di sospensione annunciati, tuttavia, il 26 settembre del 2014 il Ministero dell'interno e della sicurezza della Repubblica democratica del Congo ha dichiarato che «la misura di sospensione dei visti d'uscita dei minori congolesi adottati da genitori stranieri è estesa fino a nuovo ordine»;
   il presidente Kabila e il Governo congolese hanno affermato che il motivo della sospensione risiede nell'esigenza di operare una revisione delle procedure di adozione, al fine di aumentare il livello di tutela e di salvaguardia dei bambini congolesi destinati all'adozione; i tempi necessari per tale intervento restano incerti;
   tale decisione incide gravemente sulla vita delle circa 130 coppie che hanno regolarmente avviato, e in alcuni casi addirittura completato l'iter di adozione, ma che sono soggette al blocco dei permessi d'uscita dei minori da parte delle autorità congolesi;
   avere un figlio adottivo è aprire nella propria famiglia uno spazio non solo fisico, ma soprattutto mentale e di cuore per consentire ad alcuni bambini la possibilità di un futuro migliore; il protrarsi del blocco dei permessi d'uscita da parte delle autorità congolesi determina dunque per decine di famiglie un'insostenibile situazione di incertezza che si rivela progressivamente sempre più insopportabile per la vita privata e familiare degli interessati;
   in tale contesto di profonda difficoltà, le famiglie coinvolte lamentano il mancato sostegno da parte della Commissione adozioni internazionali, la quale avrebbe mancato di fornire loro ogni forma di comunicazione circa gli eventuali sviluppi della situazione e avrebbe anche omesso di offrire le necessarie informazioni e le opportune rassicurazioni circa la salute dei bambini già abbinati alle famiglie, ma ancora bloccati in un Paese che conosce ripetuti stati di emergenza, tra cui recentemente anche quello legato alla diffusione del virus Ebola;
   la mozione Quartapelle Procopio ed altri, n. 1-00326, approvata all'unanimità il 15 luglio 2014, ha impegnato il Governo a dare rinnovata, palese e concreta attenzione alle politiche in materia di adozioni internazionali, alla CAI, agli enti e alle famiglie adottive, e «a sostenere con convinzione ogni iniziativa volta a sbloccare le pratiche adottive di famiglie italiane in quei Paesi nei quali per ragioni sociali e politiche queste hanno subito un rallentamento» –:
   come intenda operare il Governo per assicurare il sollecito congiungimento dei bambini congolesi con le famiglie adottive e se, considerato il perdurante e insostenibile quadro di incertezza che colpisce le famiglie coinvolte, non sia possibile consentire loro di reindirizzare la procedura di adozione internazionale verso altri Paesi che offrono un quadro giuridico e istituzionale più sicuro, eventualmente avvalendosi dei decreti di idoneità ad esse già rilasciati dal tribunale per i minorenni.
(2-00740) «Scuvera, Quartapelle Procopio, Rampi, Sereni, Piccione, Manzi, Malpezzi, Palmieri, Sbrollini, Pes, Mariani, Rossomando, Amendola, Leva, Pelillo, Petitti, Lodolini, Richetti, De Menech, Zampa, Preziosi, Raciti, Piccoli Nardelli, Misiani, Casati, Cova, Cassano, Miotto, Mariastella Bianchi, Galperti, Sanga, Parrini, Palma, Gitti, Iori, Zanin, Mattiello, Bonomo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie generale anno 153o, n. 260, in data 30 ottobre 2012 è stata pubblicata la comunicazione relativa all’«Avviso pubblico per la presentazione di progetti per la promozione ed il sostegno di interventi tesi alla valorizzazione di beni demaniali ovvero patrimoniali» — «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici»;
   l'avviso in questione rientra nella programmazione «Giovani del no profit per lo sviluppo del Mezzogiorno» (piano di azione e coesione — pac), volta a promuovere e sostenere i progetti del privato sociale per il rafforzamento della coesione socio-economica del Sud, mediante la creazione di reti in grado di leggere i bisogni emergenti traducendoli in proposte progettuali concrete, sostenibili ed efficaci;
   in data 3 marzo 2014 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie generale n. 51, l'approvazione della graduatoria riguardante l'avviso «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici» comprensiva di due tabelle, la «Tabella A, relativa alla graduatoria progetti», la «Tabella B relativa ai progetti non ammissibili»;
   in data 21 marzo 2014 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie generale n. 67, la comunicazione relativa alla pubblicazione del decreto n. 7 del 7 marzo 2014, relativo alla sostituzione della tabella A «Graduatoria progetti» riguardante l'avviso «Giovani per il sociale»; nei decreti di approvazione della graduatoria risulta previsto che, relativamente ai progetti risultati idonei ma non finanziati in virtù dell'articolo 1, comma 219, della legge di stabilità 2014, si sarebbe proceduto, con successivi e separati decreti, allo scorrimento della graduatoria, all'esito dell'accreditamento delle risorse finanziarie aggiuntive di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
   ai fini della riassegnazione prevista dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 568 del 1988, il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie ha disposto il versamento dell'importo di euro 52.000.000,00 ai capitoli del Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per le finalità previste, per gli anni 2013 e 2014, dal decreto-legge n. 76 del 2013, articolo 3, lettera b), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, e modificato dall'articolo 1, comma 219, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), per l'azione del piano di azione coesione rivolta alla promozione e realizzazione di progetti promossi da giovani, assicurando prioritariamente il finanziamento delle istanze positivamente istruite nell'ambito delle procedure indette dagli avvisi pubblici «Giovani per il sociale» e «Giovani per la valorizzazione di beni pubblici»;
   con successive FAQ pubblicate sul sito del dipartimento della gioventù della Presidenza del Consiglio, datate 23 aprile 2014 e 22 maggio 2014, rubricate «FAQ di attuazione degli avvisi pubblici Giovani per il sociale e Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici», il dipartimento della gioventù ha ribadito essere stato previsto uno stanziamento aggiuntivo di risorse finanziarie per la realizzazione dei progetti ammessi, chiarendo che, una volta incassate le risorse in questione, si sarebbe proceduto a successivi e separati decreti con le indicazioni relative allo scorrimento delle graduatorie esistenti –:
   quale sia lo stato del procedimento di accreditamento delle risorse aggiuntive per gli avvisi pubblici sopra indicati;
   quali siano i tempi e le modalità previste per la stipula delle convenzioni per la realizzazione dei progetti ammessi. (5-03936)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sono trascorse più di due settimane dall'ultima alluvione che ha colpito duramente la città di Genova e i suoi abitanti, ma è ancora emergenza;
   il Rio Pontetto, il corso d'acqua che sfocia nel golfo Paradiso è una fogna cielo aperto, nonostante le ripetute segnalazioni dei residenti che si trovano a convivere in condizioni igieniche precarie;
   a Serra Riccò, nella frazione di Valleregia dall'alluvione del 10 ottobre 2014 decine di famiglie sono rimaste isolate, con la strada principale percorribile solo attraverso una piccola passerella costruita tramite assi di legno e quindi molto precaria, il ponte che collega le varie frazioni al centro di Serra Riccò è franato e per un gruppo di case incastonate fra le montagne vi è un'unica possibilità per riuscire a trovare una strada asfaltata in buone condizioni;
   con la strada principale non ancora percorribile dalle macchine le difficoltà per gli abitanti si moltiplicano, soprattutto per gli anziani e i bambini;
   queste zone sono tra le più colpite dall'alluvione con un ammontare dei danni di circa 700 mila euro –:
   quali iniziative di competenza il Governo ritenga opportuno assumere affinché possano essere iniziati il prima possibile i lavori di ricostruzione di queste zone così duramente colpite dagli eventi atmosferici di qualche giorno fa. (4-06723)


   CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 novembre 2013, durante l'audizione presso la Commissione attività produttive della Camera dei deputati sulla risoluzione n. 7-00023 del deputato Benamati sui rifiuti radioattivi, gli esponenti di Nucleco S.p.A., società del gruppo Sogin S.p.A. (interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze), hanno affermato che la stessa azienda è al momento impegnata nello smantellamento di alcuni sommergibili nucleari russi a spese italiane;
   il progetto summenzionato si inserisce nell'ambito dell'accordo di cooperazione internazionale del 2003 stipulato fra il Governo russo e quello italiano per lo smantellamento di sommergibili nucleari, la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato, definito nel quadro del progetto Global Partnership avviato in occasione della riunione del G8 nel 2002 a Kananaskis (Canada). L'accordo prevederebbe un impegno economico dell'Italia di 360 milioni di euro;
   secondo un'inchiesta de L'Espresso del 6 maggio 2010 a firma di Stefania Maurizi l'impegno economico internazionale, tra cui quello italiano, fu giustificato durante la firma degli accordi del 2003 in quanto «[...] la Russia di Eltsin era ancora in piena crisi economica [...]»;
   l'agenzia di stampa russa Ria Novosti del 1o gennaio 2011 titolata «Russian ship builder, Defence Ministry agree nuclear sub prices» riporta che «Nel 2010, la Russia ha lanciato un ambizioso programma di modernizzazione militare, investendo 20.000 miliardi di rubli (circa 730 miliardi di dollari) per i prossimi 10 anni»;
   l'agenzia Adnkronos del 28 luglio 2008 riportava la firma da parte di Fincantieri, controllata da Fintecna, finanziaria del Ministero dell'economia e delle finanze, di «un contratto per la costruzione negli stabilimenti liguri del gruppo di una nave destinata al trasporto di combustibile irraggiato e rifiuti radioattivi derivanti dallo smantellamento di sommergibili nucleari russi»;
   secondo un comunicato stampa congiunto di Fincantieri spa e Sogin spa datato 16 dicembre 2010 si apprende che: «È stata varata [...] “Rossita”, la nave per il trasporto di materiali radioattivi derivanti dallo smantellamento dei sommergibili nucleari russi [...] del valore di circa 70 milioni di euro [...]». Quest'ultima cifra rientrerebbe nell'impegno di spesa di 360 milioni di euro assunto dal Governo italiano;
   secondo l'articolo de L'Espresso sopracitato «Il contratto [per la costruzione della “Rossita”] è stato assegnato senza gara, con una dichiarazione di congruità del prezzo sottoscritta dalla Marina militare, principale cliente della stessa Fincantieri»;
   sempre dall'inchiesta giornalistica emerge che «L'Italia ha deciso di creare un comitato per sorvegliare l'operazione [lo smantellamento dei sommergibili russi]: una struttura che ha costi faraonici, poco meno di 3 milioni l'anno. Solo con gli stanziamenti per il suo mantenimento si sarebbero potuti togliere di mezzo altri tre vascelli nucleari»;
   sarebbe quantomeno inopportuno se i fondi necessari allo svolgimento delle operazioni di smantellamento provenissero dalle componenti A2 (copertura costi di smantellamento centrali nucleari e riprocessamento ciclo del combustibile nucleare) e MCT (Misure di Compensazione Territoriale) presenti sulle bollette energetiche;
   la componente MCT trova origine nella legge n. 868 del 2003 e fu istituita come misura compensativa per i territori che avrebbero dovuto ospitare centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile (articolo 4). Questa componente è stata introdotta nel sistema tariffario dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) con delibera n. 231 del 2004 attraverso il comma 298 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2005 (legge 311 del 2004), in cui il Governo, stabilisce che una parte del gettito di questa componente (70 per cento) entri nel bilancio dello Stato e solo il 30 per cento destinato a Sogin spa per lo svolgimento delle funzioni proprie –:
   se non sia il caso di rivalutare l'impegno dell'Italia in operazioni di questo tipo in Russia in quanto oggi appare chiaro che la crisi, che non poteva permettere investimenti alla stessa Russia fino a pochi anni fa, non risulterebbe essere ora così acuta considerando l'enorme cifra che sarebbe stata stanziata nel 2010 per il progetto di ammodernamento del proprio arsenale militare;
   da dove provengano i fondi stanziati per sovvenzionare le operazioni di smantellamento dei sommergibili nucleari russi e si possa escludere l'impiego delle componenti energetiche A2 e MCT;
   nel caso sia previsto tale impiego, se non si ritenga che si tratti di un utilizzo improprio dei fondi delle componenti A2 e MCT e, nel caso ciò si sia già verificato, se non si intenda trarne le dovute conseguenze quali la revoca degli incarichi di direzione;
   in caso negativo, se il Governo intenda chiarire da dove provengano le somme stanziate nell'ambito dell'accordo di cooperazione internazionale sottoscritto da Italia e Russia nel 2003;
   in base a quali criteri la costruzione della nave «Rossita» sarebbe stata affidata in via diretta a Fincantieri spa senza ricorrere a un regolare bando di gara.
(4-06727)


   TOFALO, SIBILIA, SILVIA GIORDANO e COLONNESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i carabinieri del ROS, in data 12 giugno 2012, dall'indagine «due torri» hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Salerno, su richiesta della procura distrettuale antimafia, nei confronti di 15 indagati per associazione per delinquere, finalizzata alla corruzione, falso in atto pubblico ed altri delitti;
   gli anni di riferimento dell'inchiesta sono quelli che vanno dal 2002 al 2008 in cui a dirigere l'amministrazione provinciale vi era la giunta capeggiata da Angelo Villani, con assessore ai lavori pubblici l'attuale sindaco di Agropoli, Franco Alfieri;
   dalle notizie riportate a mezzo stampa si viene a conoscenza che gli «affari del cartello», comprendevano lavori esecutivi: dalla costruzione del liceo scientifico di Agropoli, passando per la strada Aversana fino ad Agropoli, fino ai lavori di accesso al porto di Agropoli;
   la particolare situazione si evidenzia quando, nel marzo 2011, la denuncia di un avvocato della vicina Torchiara (Salerno), nella quale si descrive i problemi del progetto di un mega-parcheggio sotto l'antica chiesa del paese, ebbe a quanto risulta agli interroganti come risposta una lettera «raccomandata» contenente un proiettile;
   l'assessore Alfieri fu destinatario di numerose lettere scritte dal compianto sindaco di Pollica, Angelo Vassallo – ucciso nel 2010 con 9 colpi di pistola – il quale denunciava come la provincia di Salerno stesse pagando alcune imprese per opere «fantasma», mai state realizzate;
   il 31 luglio 2012 i finanzieri dello SCICO di Roma coordinano un'operazione (denominata «Clean Coast») nei territori di Agropoli, Torchiara e Castellabate ed effettua sequestri per più di 40 milioni di euro tra cui la succitata Turris Clara immobiliare;
   in tutto questo, i sopracitati, utilizzano gli strumenti europei per finanziare eventi attraverso il budget per lo sviluppo delle aree rurali i cosiddetti PSR «Piani di Sviluppo Rurale». Ad esempio, l'organizzazione di una recente iniziativa di promozione gastronomica «Il Bianco del Cilento» sarebbe stata assegnata ad un'azienda che, a quanto risulta agli interroganti non avrebbe la certificazione DOP per tale prodotto –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se non ritenga che il quadro delineato sia tale da far temere una preoccupante infiltrazione della camorra nella vita sociale, economica e politica del Cilento;
   se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, disporre l'accesso agli atti presso il comune di Agropoli al fine di tale verifica. (4-06740)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 29 ottobre 2014 la procura di Roma ha inviato 26 avvisi di garanzia nell'ambito dell'inchiesta relativa alla presunta truffa ai danni dello Stato legata all'inesistente emergenza ambientale nella laguna di Grado (Gorizia) e Marano (Udine) utilizzata come motivazione per ottenere finanziamenti pubblici per bonifiche fantasma, perpetratasi dal 2002 al 2012;
   tra le persone indagate spiccano i nomi dei tre ex commissari delegati Paolo Ciani, Gianfranco Moretton e Gianni Menchini, già indagati nella precedente indagine svolta dalla Procura di Udine, e Gianfranco Mascazzini, per anni direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   le indagini hanno avuto inizio due anni fa, a seguito dello scandalo delle bonifiche «fantasma» e lo smantellamento della struttura commissariale della laguna stabilito dall'allora Presidente del Consiglio Monti proprio in base alle indagini svolte dalla magistratura udinese;
   l'ipotesi di reato contestata agli ex commissari, a Mascazzini e a numerosi imprenditori è quella dell'associazione a delinquere, finalizzata al falso e alla truffa ai danni dello Stato. L'ammontare della truffa, contestata in concorso a tutti nei periodi di rispettiva competenza, è stato calcolato in circa cento milioni di euro;
   inoltre, a Mascazzini e altri indagati — due ricercatrici dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricercaambientale) e tre manager di Sogesid (società di supporto tecnico in house del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) – è contestato anche il reato di abuso d'ufficio, in relazione agli interventi di messa in sicurezza dell'impianto chimico Caffaro di Torviscosa (Udine) e al distaccamento presso il Ministero di personale Sogesid;
   la magistratura ha ricostruito con dovizia di particolari – grazie a intercettazioni e testimonianze – un sistema di finte rappresentazioni ambientali, di appalti milionari per lavori di carotaggio, analisi e bonifiche mai realizzati o semplicemente non necessari e di tangenti camuffate da transazioni ambientali;
   è inaccettabile che per dieci anni si sia sostenuta l'esistenza dell'inquinamento da metilmercurio, neurotossico di origine industriale, per tutta la laguna sottoposta a commissariamento;
   come confermato dal progetto europeo Shape (Shaping an Holistic Approach to Protect the Adriatic Environment between coast and sea), presentato il 6 marzo 2014 a Lignano Sabbiadoro (Udine), e sostenuto dalla procura di Udine, in laguna ci sarebbe una contaminazione naturale da mercurio cinnabro, mentre tracce di metilmercurio sarebbero presenti in piccolissima parte nel canale Banduzzi dove vi sarebbero stati in passato degli sversamenti di Caffaro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti summenzionati;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere e perfezionare le procedure amministrative in materia di bonifica per eliminare qualsiasi «zona grigia» in modo da ridurre ulteriormente la possibilità che possano essere commessi atti illeciti e truffe ai danni dello Stato come quelli ipotizzati dalle procure di Roma e Udine, riportati in premessa. (4-06730)


   SEGONI, DAGA, TERZONI, MICILLO, MANNINO, BUSTO, DE ROSA e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, stabilisce che le regioni nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181 e 182 ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dallo stesso articolo 199, predispongono piani regionali di gestione dei rifiuti assicurando adeguata pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;
   tali piani regionali prevedono misure tese alla riduzione delle quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti, e nello specifico contengono fra l'altro l'articolo 199, comma 3, lettere f) e h): le prescrizioni contro l'inquinamento del suolo ed il versamento nel terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali che comunque possano incidere sulla qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nel rispetto delle prescrizioni dettate dal piano di bacino distrettuale ai sensi dell'articolo 65, comma 3, lettera f), e i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);
   il piano regionale dei rifiuti toscano in via di approvazione prescrive nei criteri di localizzazione per le discariche che esse non siano realizzate in aree carsiche comprensive di grotte e doline, nonché in aree a pericolosità idraulica elevata e molto elevata (pagina 9 allegato di piano IV del PRB). In conseguenza a ciò il piano interprovinciale per i rifiuti (PIR) di Firenze, Prato e Pistoia riconosce espressamente (vol. 1, pag. 149) che le «aree carsiche» sono «non idonee» alla localizzazione di discariche di qualsiasi genere;
   nella ex cava di Paterno (Vaglia), confinante con un'area di pregio ambientale, ovvero il sito d'interesse comunitario SIC Monte Morello, è stata realizzata una discarica abusiva di terre e residui di lavorazioni industriali, contenente sostanze inquinanti per l'ambiente e pericolose per la salute umana, per la quale sono in corso indagini presso la procura della Repubblica di Firenze ed indagini epidemiologiche dell'Asl;
   la roccia su cui è stata abusivamente realizzata la discarica, che si trova in prossimità della frazione di Paterno e dei torrenti Carzola e Cerretana, è di natura calcarea, caratterizzata da profonda fratturazione e da fenomeni carsici, altamente permeabile, collegata alla falda idrica sotterranea da inghiottitoi quali doline, in zona sismica di categoria 2, la più alta della Toscana, in presenza di faglie attive insistenti proprio sul fronte di cava;
   le polveri contenute nella discarica si diffondono nell'ambiente e nell'aria; in caso di piogge s'infiltrano nel sottosuolo nella galleria dell'alta velocità e si riversano nel torrente Carzola, afferente nella Carza e affluente di destra della Sieve, inquinando le fonti sotterranee di approvvigionamento dell'acqua potabile dei comuni di Sesto, del Mugello a valle del comune di Vaglia e di Firenze, nonché le acque superficiali;
   il piano interprovinciale per i rifiuti di Firenze, Prato e Pistoia, recependo la disponibilità espressa dall'ex sindaco di Vaglia Fabio Pieri con nota dell'11 ottobre 2010, prot. n. 11239, ha deliberato che «È prevista la realizzazione nel comune di Vaglia, loc. ex cava Calce Paterno, di una discarica destinata a rifiuti contenenti amianto» (vol. 1, pag. 165);
   il consiglio comunale di Vaglia, all'unanimità, nella seduta del 26 febbraio 2014, ha revocato la disponibilità manifesta dall'ex sindaco Pieri, non essendone mai stato informato, e nella seduta del 29 settembre 2014, ha approvato una mozione con cui ha chiesto alla regione Toscana la «cancellazione di qualsiasi riferimento al sito ex cava di Paterno dal Piano Interprovinciale dei rifiuti e suoi allegati –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative volte a promuovere una verifica del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente in ordine allo stato dei luoghi e al livello d'inquinamento dell'area in cui sorge la discarica. (4-06735)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GEBHARD. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi da 344 a 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 – legge finanziaria 2007 – ha introdotto nel nostro ordinamento tributario la detrazione per gli interventi di risparmio energetico che, originariamente limitata al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007, consente di portare in detrazione il 55 per cento delle spese sostenute;
   con vari interventi successivi, il legislatore ha disposto dapprima la sola proroga delle detrazione del 55 per cento portandola al 30 giugno 2013 ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 e, successivamente, ha unito alla proroga un aumento della percentuale detraibile, pari al 65 per cento fino al 31 dicembre 2014, ai sensi dell'articolo 1, comma 139, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 – legge di stabilità 2014;
   in particolare, il comma 347 dell'articolo 1 sopra richiamato, in combinato disposto con le modifiche intervenute in seguito, prevede che, per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2014, per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento (ora 65 per cento) degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali (inizialmente erano tre e poi cinque) di pari importo;
   possono beneficiare di questa detrazione anche le caldaie a biomassa, purché siano rispettati i requisiti previsti dall'articolo 1, comma 2, del decreto-ministeriale 11 marzo 2008, così come modificato dal decreto-ministeriale 26 gennaio 2010, che prevede l'applicazione del comma 344 qualora l'intervento realizzato includa la sostituzione di impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili (quindi anche pellet), purché i generatori di calore alimentati a biomasse rispettino contestualmente ulteriori condizioni indicate all'interno del decreto;
   in caso di ristrutturazione senza demolizione, se essa presenta ampliamenti, non è consentito tuttavia far riferimento al comma 344, ma ai singoli commi 345, 346 e 347, solo per la parte non ampliata –:
   se, nell'ambito di una ristrutturazione con ampliamenti, non essendo applicabile il comma 344 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, i soggetti che intendano avvalersi delle detrazioni fiscali relative alle spese sostenute per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili possano essere comunque ammessi alla detrazione del 65 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente ai sensi del comma 347 del medesimo articolo 1 per la parte di edificio preesistente, ovvero debbano rinunciarvi, rientrando nell'ipotesi più generale di ristrutturazione edilizia, per cui è ammissibile una detrazione pari al 50 per cento degli importi. (5-03940)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 29 luglio 2014 la Commissione Finanze ha approvato la risoluzione n. 8-00070 con la quale l'interrogante, nell'affrontare i problemi relativi alla copertura degli oneri addossati agli esercenti per l'installazione dei POS, impegnava il Governo ad assicurare un abbattimento dei costi fissi del terminale, eventualmente anche mediante forme di defiscalizzazione che contemplino il riconoscimento di un credito d'imposta ed, in attesa della completa abrogazione della commissione applicata, ad assumere iniziative per prevedere la completa gratuità, per ulteriori 12 mesi, delle transazioni effettuate presso impianti di distribuzione di carburante e presso le rivendite di tabacchi per servizi prestati dalle stesse, per conto dello Stato, all'utenza;
   nello specifico la risoluzione, in modo non casuale, si focalizzava su due specifici settori, quello degli impianti di distribuzione di carburanti e delle rivendite dei generi di monopolio, nei quali i ricarichi sui beni venduti risultano molto limitati e sostanzialmente fissi, impedendo agli operatori di recuperare i costi aggiuntivi derivanti dall'obbligo di dotarsi del POS;
   l'approvazione del suddetto atto di indirizzo rappresenta il primo segnale di sensibilità del Parlamento verso la gestione dell'impatto economico dei sistemi di pagamento elettronico sugli esercenti: infatti, la risoluzione pur riconoscendo i benefici che potrebbero derivare da un ricorso più diffuso alla moneta elettronica, sottende che l'accollo dei costi relativi dovrebbe ricadere sullo Stato e sul sistema bancario, primi beneficiari del cosiddetto e-payment;
   il Governo, in virtù dell'impegno assunto dalla risoluzione è pertanto chiamato ad abbattere i costi fissi del terminale POS, anche mediante forme di defiscalizzazione che contemplino il riconoscimento di un credito d'imposta, e ad assicurare per altri 12 mesi la completa gratuità delle transazioni effettuate presso distributori e tabacchi per servizi prestati dalle stesse per conto dello Stato, in attesa della completa abrogazione della commissione applicata –:
   come e in che tempi ritenga di ottemperare agli impegni assunti in Parlamento con la suddetta risoluzione al fine di dare una risposta tempestiva e definitiva alle attese degli operatori interessati. (5-03941)


   PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 530, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), ha prorogato i termini per la presentazione, da parte degli agenti della riscossione, della comunicazione di discarico per inesigibilità dei ruoli;
   detta norma, in particolare, ha prorogato dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014 i termini entro i quali gli agenti della riscossione devono presentare la comunicazione di inesigibilità dei ruoli consegnati fino al 31 dicembre 2011 (in luogo del 31 dicembre 2010);
   sono stati conseguentemente rimodulati anche i termini per il controllo delle comunicazioni di inesigibilità da parte degli uffici competenti;
   tali adempimenti sono strettamente correlati e serventi anche alla direttiva 2011/85/UE, che — facente parte del pacchetto dei provvedimenti legislativi noti come «Six Pack» volti all'introduzione di meccanismi rafforzati di controllo e di sorveglianza sugli squilibri macroeconomici e finanziari degli Stati membri – ha specificamente fissato regole minime comuni per i quadri di bilancio nazionali finalizzate a renderli più trasparenti, confrontabili e il più possibile completi e veritieri, nonché ad allinearli su un medesimo orizzonte temporale di programmazione;
   il legislatore nazionale ha dato attuazione alla direttiva comunitaria, cercando peraltro di sopperire ad una serie di criticità già rilevate nel complesso ed eterogeneo ordinamento contabile nazionale, con il decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91 e il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, emanati ai sensi dell'articolo 2 della legge di contabilità pubblica (legge n. 196 del 2009) e dell'articolo 2 della legge sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009) introducendo nuove norme volte all'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio, rispettivamente;
   ai fini di una corretta entrata a regime della nuova disciplina sull'armonizzazione contabile e dunque ai fini dell'individuazione di eventuali criticità della stessa e dell'adozione delle conseguenti modifiche, entrambi i decreti legislativi prevedono una fase di sperimentazione decorsa la quale i nuovi principi contabili e gli schemi di bilancio armonizzati (eventualmente corretti in itinere in virtù degli esiti della sperimentazione) troveranno applicazione;
   il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per le regioni, gli enti locali e i loro enti e organismi strumentali, ha fatto decorrere la fase sperimentale dall'anno 2012, prevedendone una durata biennale (anni 2012 e 2013);
   con l'articolo 9 del decreto-legge 31 agosto 2013, la durata della sperimentazione per gli enti territoriali suddetti è stata prolungata fino all'anno 2014: conseguentemente, la nuova disciplina di armonizzazione come rivista e corretta sulla base degli esiti della sperimentazione, dovrà decorrere dal 1o gennaio dell'anno 2015;
   un'eventuale, ennesima proroga dei termini per la presentazione, da parte degli agenti della riscossione, della comunicazione di discarico per inesigibilità dei ruoli impedirebbe la messa a regime delle nuove norme sull'armonizzazione contabile e, di conseguenza, comporterebbe, ad avviso dell'interrogante, la violazione della direttiva comunitaria superiormente citata –:
   se intenda assumere iniziative per prorogare nuovamente il termine del 31 dicembre 2014 da ultimo fissato per la comunicazione di discarico per inesigibilità dei ruoli pervenuti a tutto il 31 dicembre 2011 agli agenti della riscossione e quale sia lo stato di attuazione della procedura da parte degli agenti della riscossione. (5-03942)


   CAUSI e PETRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 9, comma 2 del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, ha incrementato, con immediata operatività dall'inizio del 2014, senza necessità di provvedimenti attuativi, il limite (plafond) di cui all'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, relativo ai crediti fiscali e contributivi che possono essere utilizzati in compensazione nel modello F24, da 516.456,90 euro a 700.000 euro con riferimento ad ogni singolo anno di imposta;
   già in passato l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 452/E del 27/11/2008, in linea con quanto stabilito dalla circolare n. 48/E del i giugno 2002, ha assunto una posizione restrittiva in materia, equiparando lo sconfinamento oltre la soglia prevista dalla norma a un omesso versamento;
   l'utilizzo in compensazione di un credito esistente in misura superiore al limite di euro 700.000 può essere regolarizzato con il versamento di una somma pari all'eccedenza utilizzata, maggiorata degli interessi e delle sanzioni in misura ridotta: il credito così ripristinato può essere utilizzato in future compensazioni, nei limiti previsti, con eventuali debiti tributari e contributivi;
   la Corte di Cassazione, con la sentenza 22833, depositata 1'8 ottobre 2013 ha stabilito che è sanzionabile la compensazione per importi superiori al limite stabilito, pur se nel contempo, il predetto limite sia stato elevato e pertanto, in base alla nuova norma, la precedente violazione non sarebbe più censurabile; pertanto, chi commette la violazione deve riversare la stessa tipologia di credito e per lo stesso ammontare, maggiorato dagli interessi, indebitamente utilizzato in misura eccedente per ripristinare, a posteriori, la capienza iniziale del credito, che quindi potrà poi essere utilizzato nel modello F24 degli anni-successivi, nel rispetto del limite periodico stabilito;
   il cosiddetto «splafonamento» rappresenta una richiesta anticipata della compensazione sostanzialmente legittima dall'esistenza del credito;
   l'operazione di riversamento del credito maggiorato degli interessi comporta un notevole dispendio di risorse finanziarie per le imprese già affette da una crisi di liquidità e da restrizioni creditizie; a giudizio degli interroganti, il recupero del credito dovrebbe essere limitato ai soli casi in cui il credito sia effettivamente inesistente;
   in passato, l'Agenzia delle entrate, con la comunicazione n. 8 del 30 gennaio 2002, in relazione al caso di un credito IVA esistente e indebitamente rimborsato in difetto dei presupposti di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quindi non per motivi di insussistenza del credito stesso, ha indicato l'inopportunità del recupero d'imposta indebitamente rimborsata, perché, nel caso di compensazione, oltre il limite di legge non occorreva procedere al recupero dell'imposta sugli importi in eccedenza, per evitare che le somme recuperate dall'erario fossero successivamente riconosciute in favore del contribuente trattandosi di credito oggettivamente esistente –:
   se non ritenga opportuno permettere l'utilizzazione del credito vantato dalle imprese per compensare le imposte da pagare entro l'anno, eliminando dunque gli attuali limiti, e se tale interpretazione possa avvenire senza un provvedimento normativo sulla base di un intervento direttoriale da parte dell'Agenzia delle entrate volto a confermare quanto previsto nella comunicazione di servizio n. 8 del 30 gennaio 2002. (5-03943)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   «Horizon 2020» è il nuovo programma del sistema di finanziamento integrato della Commissione europea, attivo dal 1o gennaio 2014 fino al 31 dicembre 2020, volto a supportare l'Unione europea nelle sfide dell'economia globale fornendo a imprese, ricercatori e innovatori gli strumenti necessari alla realizzazione dei propri progetti e delle proprie idee;
   il budget stanziato per il programma Horizon 2020, nell'arco temporale dal 2014 al 2020, è di 78,6 miliardi di euro a prezzi correnti;
   l'utilizzo efficace ed efficiente dei fondi europei costituisce un punto qualificante dell'indirizzo politico del programma del Governo, quale fattore propulsivo per favorire il finanziamento dell'innovazione tecnologica, la modernizzazione e la crescita economica del Paese;
   per l'attivazione dei finanziamenti, la struttura dei bandi europei del programma Horizon 2020 prevede il necessario ruolo attivo delle imprese sia in qualità di coordinatore dei progetti per cui si richiede il contributo a fondo perduto, sia in qualità di partner dei progetti;
   i bandi di finanziamento già pubblicati riguardano settori economici e temi innovativi di interesse (smart, green and integrated transport; ICT; access to risk finance; research infrastructures, including e-infrastructures; secure societies; secure, clean and efficient energy; climate action, resource efficiency and raw materials; food security, sustainable agriculture, marine and maritime research, and the bio-economy; future and emerging technologies; health, demografic change and wellbeing; innovation in SMEs; nanotechnologies materials, biotechnologies, manufacturing) nei quali operano e possono operare le società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze (Finmeccanica, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato, Enel, Eni e altro), in quanto tali società costituiscono secondo la normativa europea soggetto eligible fino al 100 per cento di contributo a fondo perduto;
   il contributo a fondo perduto previsto dal programma Horizon 2020, a gestione diretta, rappresenta, in sostanza, un'opportunità unica e imperdibile di finanziare in modo semplice a costo zero l'innovazione tecnologica dei prodotti e dei processi delle imprese, favorendo così la crescita di tutto il sistema Italia;
   è auspicabile che le società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, considerato il loro ruolo di naturale catalizzatore dell'innovazione nei mercati di riferimento, anche mediante l'aggregazione delle altre imprese del settore, partecipino attivamente all'utilizzo efficace ed efficiente dei fondi europei previsti dal programma europeo Horizon 2020;
   proprio le società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze dovrebbero dare, per prime, il «buon esempio» al sistema imprenditoriale nell'utilizzo di tali fondi per finanziare l'innovazione tecnologica nell'attività di impresa –:
   quali iniziative il Ministro abbia intrapreso in tal senso e quali appositi assetti organizzativi siano stati configurati nelle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze per assicurare un'attiva partecipazione al programma europeo Horizon 2020, al fine di consentire l'utilizzo efficace ed efficiente dei fondi europei in questione. (5-03939)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 3 novembre 2014 sul quotidiano il Piccolo di Trieste è stato pubblicato l'articolo intitolato «Il caro-tasse mette a rischio la produzione della grappa» che riporta l'allarme lanciato dalla Confederazione italiana della piccola e media industria privata (Confapi) del Friuli Venezia Giulia;
   secondo l'associazione di categoria, i continui aumenti dell'imposta di fabbricazione degli spiriti – gli ultimi disposti dai decreti legge n. 91 del 2013 (cultura e turismo) e n. 104 del 2013 (in materia di istruzione) — stanno mettendo in grave difficoltà i distillatori locali e potrebbero addirittura mettere a rischio la produzione di questa bevanda alcolica tradizionale;
   il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane del 23 dicembre 2013 ha disposto aumenti a decorrere dal 1o marzo 2014 – tra i quali spiccano 80,71 euro per ettolitro dei prodotti alcolici intermedi e 942,49 euro per ettolitro anidro dell'alcole etilico – e a decorrere dal 1o gennaio 2015 (in particolare 88,67 euro per ettolitro dei prodotti alcolici intermedi e 1035,52 euro per ettolitro anidro dell'alcole etilico);
   dal 1o gennaio 2015, quindi, scatterà il quarto rincaro in quasi un anno dell'aliquota delle accise sulle bevande alcoliche, facendola aumentare dai circa 800 euro a oltre 900 euro per ettanidro (+16,9 per cento) a fronte di un calo stimato dei consumi del 13 per cento;
   questa spirale paradossale che vede l'aumento dell'accisa e la diminuzione dei consumi, sostiene Confapi del Friuli Venezia-Giulia, non solo danneggia le imprese ma anche lo Stato per il minor gettito erariale: secondo i dati in possesso dell'associazione, le entrate si ridurranno dai 511 milioni di euro del 2013 a circa 500 milioni a consuntivo nel 2014;
   è inaccettabile la compromissione di uno dei settori agroalimentari italiani tra i più antichi e caratterizzanti per il quale il Governo italiano si sta adoperando in sede comunitaria in modo da ottenere il riconoscimento della indicazione geografica (Ig);
   sarebbe paradossale ottenere la tutela comunitaria per la grappa e le circa quaranta bevande spiritose tipiche, quando, secondo l'allarme lanciato da Confapi, le imprese non saranno più in grado di produrre questi distillati –:
   quali misure urgenti s'intendano adottare per evitare che il previsto rincaro delle accise possa costituire un pericolo per il regolare svolgimento della produzione dei distillati tradizionali del Friuli Venezia Giulia, ampiamente radicato sul territorio, che costituisce un indiscusso vanto nazionale e internazionale.
(4-06722)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un recente rapporto della Guardia della finanza e della Corte dei conti – stilato in base a controlli svolti dal 1o gennaio 2013 al 30 settembre 2014 – è emerso che sono oltre tredicimila i funzionari pubblici colpevoli di reati e di illeciti amministrativi che hanno causato danni all'erario, dello Stato, per un importo di cinque miliardi e settecento milioni di euro;
   obiettivo dell'accertamento affidato alla Guardia di finanza a tutela della spesa pubblica è stato, per l'appunto, quello di verificare l'impiego e l'utilizzo delle risorse pubbliche a seguito delle quali possono configurarsi ipotesi di responsabilità amministrativa per danno erariale. A riguardo, possono essere chiamati a rispondere di tale particolare forma di responsabilità gli amministratori e i dipendenti pubblici che, nell'esercizio delle proprie funzioni, hanno determinato lo sperpero o la cattiva gestione della «cosa pubblica» attraverso comportamenti dolosi o determinati da colpa grave;
   nel rapporto, dunque, vi è l'elenco dei dipendenti pubblici — tra i quali vi sono medici e gli operatori sanitari, i funzionari ministeriali e i lavoratori di primo livello, e anche i manager e gli impiegati — che, tra sprechi, truffe e corruzione, hanno provocato un grave ammanco nelle casse dello Stato, in meno di due anni;
   il rapporto ha evidenziato come la maggiore sofferenza riguardi la spesa sanitaria, con 1.176 dipendenti segnalati e un danno pari a un miliardo e 200 milioni di euro;
   ebbene, tali dati testimoniano come nella gestione delle risorse pubbliche vi siano gravi fenomeni di violazioni di legge e corruzione, tra l'altro, a tutti i livelli, dal semplice impiegato al manager;
   sicché, si ritiene necessario ed urgente predispone idonee azioni, innanzitutto, per il recupero totale del «maltolto» e la prevenzione di simili condotte dolose e colpose nell'utilizzo delle risorse della collettività, che recano danni all'erario dello Stato;
   inoltre, vista l'estensione degli illeciti in questione nell'ambito dell'amministrazione, è necessario valutare l'adozione di ulteriori interventi normativi, in particolare, sanzionatori, nei confronti di chi commette tali illeciti –:
   se e quali iniziative siano state adottate per il recupero dell'importo di cinque miliardi e settecento milioni di euro, ossia l'entità del danno provocato alle casse dello Stato dagli illeciti accertati dal rapporto in questione ed in quali tempi si prevede il recupero di tali risorse economiche;
   se e quali azioni intenda adottare il Ministro interrogato per prevenire i reati che concernono l'utilizzo delle risorse della collettività e che generano gravi danni all'erario dello Stato;
   se e quali iniziative normative, soprattutto, in termini sanzionatori, intenda adottare il Ministro interrogato, in particolare, per quanto riguarda il settore sanitario, considerando che il rapporto ha messo in luce che la maggiore sofferenza riguarda la spesa sanitaria. (4-06724)


   CAPOZZOLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, in relazione al black-out del 28 settembre 2003, sono state presentate contro Enel Distribuzione spa, numerose richieste stragiudiziali e giudiziali di indennizzi automatici e di risarcimento di danni da parte di consumatori finali;
   tali richieste hanno dato luogo a un significativo contenzioso dinanzi ai Giudici di Pace, concentrato essenzialmente nelle regioni Campania, Calabria e Basilicata, per una cifra totale di circa 250.000 giudizi;
   in primo grado tali giudizi si sono conclusi per circa due terzi con sentenze a favore dei ricorrenti (con condanna di Enel al pagamento di indennizzo e spese legali) mentre i giudici di tribunale che si sono pronunciati in sede di appello hanno quasi tutti deciso a favore di Enel Distribuzione, motivando sia in relazione alla carenza di prova dei danni denunciati, sia riconoscendo l'estraneità della società all'evento;
   le sentenze sfavorevoli a Enel Distribuzione sono state tutte impugnate davanti alla Corte di cassazione, che si è pronunciata a favore di Enel, confermando il primo orientamento, già emesso con le ordinanze (numeri 17282, 17283 e 17284) del 23 luglio 2009, che, accogliendo i ricorsi e rigettando le domande dei clienti, ha escluso tassativamente la responsabilità di Enel Distribuzione: la Suprema Corte di Cassazione, inoltre, ribaltando un precedente orientamento giurisprudenziale, ha negato la sussistenza del danno esistenziale per le cause di modesto importo economico, quali quelle promosse contro l'Enel, Telecom, limitandone l'esistenza solo ai diritti costituzionalmente garantiti;
   dal mese di maggio 2008, Enel, attraverso le proprie Compagnie assicuratrici, ha intrapreso una serie di azioni finalizzate all'ottenimento del rimborso di quanto già pagato in esecuzione delle sentenze sfavorevoli;
   a detta delle associazioni di tutela dei consumatori che si stanno occupando della vicenda, Enel Distribuzione, per raggiungere tale scopo, ha affidato ad una società di riscossione, il compito di recuperare le somme richieste;
   il recupero di queste somme si sta effettuando con l'invio di migliaia di lettere con richiesta rimborso indennizzo e spese legali;
   si sta generando un vero e proprio allarme sociale nella comunità del Cilento e dell'intera provincia di Salerno, già debilitate da un grave quadro di congiuntura economica, provocato dall'arrivo di migliaia di raccomandate attraverso le quali sono state richieste le somme precedentemente citate –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti presentati in premessa e quale sia il loro orientamento e se intendano promuovere le azioni necessarie per favorire un confronto tra le parti che arrivi ad una possibile conciliazione.
(4-06729)


   SILVIA GIORDANO e FICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 luglio 2008 sul Bollettino Ufficiale della regione Campania – n. 27 è stato indetto regolare concorso in esecuzione della deliberazione n. 348 del 23 giugno 2008 del direttore generale dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania (ARPAC) dal titolo «Bando di selezione pubblica, per titoli ed esami, per l'assunzione a tempo determinato di anni 3, di 140 unità di personale laureato con il profilo di collaboratore tecnico professionale – categoria D, fascia retributiva, iniziale – con riserva, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 3, comma 94, lettera b), della legge n. 244 del 2007 e dell'articolo unico, comma 560, della legge n. 296 del 2006, del 75 per cento al personale utilizzato in ARPAC con contratti di co.co.co. – Codice T.D. D.02»;
   in data 24 novembre 2008 la prova scritta si è svolta regolarmente;
   il 9 gennaio 2009 il direttore generale dell'ARPAC con la delibera n. 3 nomina la commissione esaminatrice del concorso;
   il 19 marzo 2009 la suddetta commissione esaminatrice viene sostituita da una nuova commissione esaminatrice del concorso;
   il 23 settembre 2009 il concorso si conclude con la pubblicazione della graduatoria generale di merito sul sito dell'ARPAC;
   il 20 ottobre 2009 la Guardia di finanza sequestra un file nella segreteria dell'ex direttore generale dell'ARPAC, Luciano Capobianco, contenente un elenco 655 nominativi, la maggior parte di essi accompagnati dalla segnalazione di un esponente politico che li avrebbe raccomandati;
   il 25 giugno 2014 il commissario dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania emana 218 delibere, ciascuna di esse avente ad oggetto l'assunzione di un dipendente. In relazione alle suddette 218 delibere si registra il fatto che, al momento della presentazione del presente atto di sindacato ispettivo, non sarebbero integralmente visionabili sulla pagina web dell'ARPAC;
   il commissario dell'ARPAC richiama l'articolo 1, comma 529, della legge n. 147 del 2013 per motivare la presunta assunzione a tempo indeterminato di 218 persone, che erano già dipendenti dell'ARPAC, ma con contratto a tempo determinato presumibilmente in scadenza;
   tra i 218 dipendenti assunti il 25 giugno 2014, 145 erano presenti nell'elenco sequestrato dalla Guardia di finanza nel 2009 presso la segreteria dell'ARPAC 108 di essi sono stati stabilizzati;
   il 26 agosto 2014 il commissario straordinario per la revisione delle spesa Carlo Cottarelli, come riportato dalle agenzie di stampa, inserisce l'ARPAC nella categoria degli enti inattivi –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa e se, anche alla luce di quanto emerso circa le citate procedure di assunzione, non ritenga di assumere iniziative volte a dare corso, al più presto, ai propositi di spending review manifestati dal commissario Cottarelli, che ha inserito l'ARPAC nella categoria degli enti inattivi. (4-06739)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:


   SOTTANELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2477 del codice civile stabilisce, al comma 1, così come modificato dal comma 2 dell'articolo 35 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, che l'atto costitutivo delle società a responsabilità limitata può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l'organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo;
   la nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria, secondo le modifiche introdotte da ultimo dall'articolo 20, comma 8, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, nei seguenti tre casi: a) se la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) se la società controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) se la società per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis, concernenti il totale dell'attivo dello stato patrimoniale, i ricavi delle vendite e delle prestazioni, i dipendenti occupati in media durante l'esercizio. L'obbligo di nomina cessa se per due esercizi consecutivi non sono superati tali limiti;
   l'articolo 2477 del codice civile, secondo le modifiche apportate dal citato comma 2 dell'articolo 35 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, dispone, inoltre, che nel caso di nomina di un organo di controllo, anche se monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni;
   il medesimo articolo stabilisce, altresì, che se l'assemblea della società a responsabilità limitata che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti previsti non provvede, entro trenta giorni, alla nomina dell'organo di controllo o del revisore, vi provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato;
   nel caso di obbligo di nomina dell'organo di controllo (che può essere collegiale o monocratico) o del revisore (che può essere una persona fisica o una società di revisione) non risulta chiaro se la scelta tra le due ipotesi alternative comporti anche due diverse tipologie di controllo;
   un primo orientamento (Consiglio notarile di Milano, Comitato Triveneto dei consigli notarili) sostiene l'equivalenza del sindaco unico o collegio sindacale e del revisore, attribuendo agli stessi equivalenti funzioni, cioè sia il controllo di gestione ex articolo 2403 e successivi del codice civile, sia la revisione legale dei conti;
   secondo altro orientamento, che risulta prevalente (Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e Consiglio nazionale del notariato), la situazione sarebbe invece la seguente: a) nell'ipotesi di nomina dell'organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico) a questo spetta il controllo di gestione ex articolo 2403 e successivi del codice civile e, normalmente, salvo che lo statuto non disponga diversamente, anche la revisione legale dei conti; b) nell'ipotesi di nomina del revisore a questo spetta solo la revisione legale dei conti;
   pertanto, se così fosse, l'assemblea dei soci delle società a responsabilità limitata, al verificarsi dei casi previsti dal terzo comma dell'articolo 2477 del codice civile, potrebbe decidere di optare per un sistema di controllo non solo soggettivamente diverso ma anche qualitativamente diverso, considerato che il revisore non può svolgere il controllo sulla gestione;
   quindi, nell'ipotesi di nomina del revisore, essendo lo stesso un organo di controllo esterno alla società, oltre a non esercitare il controllo sulla gestione, non sarà nemmeno tenuto a partecipare alle assemblee ed ai consigli di amministrazione –:
   se, alla luce di tali orientamenti difformi, non ritenga opportuno fare chiarezza, anche attraverso iniziative esplicative di natura normativa, in merito alle diverse tipologie di controllo nelle società a responsabilità limitata a seconda della nomina del collegio sindacale o del sindaco oppure del revisore. (3-01131)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BATTAGLIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 89 del 2001, meglio nota come «legge Pinto» ha stabilito il diritto di ottenere un rimborso per danni sia morali che patrimoniali al cittadino che abbia una causa pendente da diversi anni;
   tale previsione nasce in qualità di ricorso straordinario in appello qualora un procedimento giudiziario ecceda i termini di durata processuale ragionevole, così come stabilita dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU);
   l'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione identifica per ogni persona il diritto a che la propria causa venga disposta e valutata entro un lasso temporale equilibrato, quale componente del diritto ad un equo processo;
   se la liquidazione non avviene entro sei mesi scatta il danno da ritardo commisurato agli interessi moratori dovuti dal Ministero per il ritardo nel pagamento. Questo il dictum del Tar Lazio, sentenziato nella pronuncia 24 ottobre 2012, n. 8746;
   il Tar, nel motivare l'accoglimento del ricorso, ha argomentato che la cosiddetta «legge Pinto» ha dato esecuzione, nel nostro ordinamento, alle pronunce della CEDU in tema di termine di conclusione del processo e di misure riparatorie per l'ipotesi di ritardo irragionevole. La CEDU ha, in particolare, elaborato talune linee interpretative per l'ipotesi in cui le autorità restino inerti a seguito dell'emissione dei provvedimenti che liquidano l'indennizzo. La medesima CEDU ha poi sentenziato che tra il momento ove il provvedimento del giudice diviene esecutivo e quello del pagamento, possa intercorrere un arco temporale di «tolleranza», equitativamente commisurato in sei mesi. Ha inoltre escluso che la mancanza di risorse finanziarie possa giustificare il mancato adempimento dell'obbligazione debitoria riconosciuta in sede giurisdizionale;
   tuttavia dopo 13 anni anche la «legge Pinto» evidenzia una serie di limiti in considerazione dei ritardi accumulati in merito alla liquidazione dei risarcimenti; ad oggi risultano essere in pagamento risarcimenti del 2009 e questo riguarda soprattutto i casi in cui la controparte risulti essere proprio lo Stato;
   per ottenere il pagamento dovuto, infatti, non si può agire forzatamente contro lo Stato, in quanto i beni di sua appartenenza sono impignorabili;
   questo comporta gravi conseguenze per i cittadini che per anni attendono la liquidazione di sentenze passate in giudicato con esposizioni debitorie gravi –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per velocizzare il risarcimento previsto dalla «legge Pinto», recuperando i ritardi fin qui accumulati, e per superare una delle principali criticità che condizionano il sistema giudiziario italiano. (5-03935)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'accordo di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e regione Marche per l'attuazione del «programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile» prot. 8088 del 28 giugno 2013, all'articolo 5 — modalità di trasferimento delle risorse statali – è stabilito che le risorse statali in conto capitale debbano essere trasferite alla regione Marche per il tramite della tesoreria provinciale dello Stato, in diverse tranche di cui quella finale (in cui sono state accorpate due tranche da 30 per cento per un totale del 60 per cento dell'importo prefissato) «entro 30 giorni dalla data di comunicazione da parte del Responsabile provinciale (nel caso di specie «regionale») dell'attuazione dell'accordo di programma dell'avvenuto avanzamento del programma (ovvero lavori eseguiti) per importo pari al 70 per cento del finanziamento complessivo Stato/Regione»;
   l'accordo è stato approvato con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, protocollo 009762 del 31 luglio 2013;
   il Ministero ha erogato nei primi mesi dell'anno la prima tranche corrispondente al 40 per cento del totale del finanziamento;
   attualmente, a distanza di mesi e mesi dall'ultimazione lavori si è ancora in attesa che venga erogato alla regione Marche il residuo 60 per cento;
   la regione Marche in data 28 maggio ha infatti comunicato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il superamento del 90 per cento dei lavori il che, a norma del soprarichiamato articolo 5 dell'accordo di programma regione/Ministero, ha creato la condizione per l'erogazione del totale del finanziamento nel tempo di 30 giorni;
   le risorse richieste dalla regione Marche risultano iscritte sul conto residui del capitolo 7438, pagina 2, dello stato di previsione del ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   la relativa richiesta di integrazione di cassa per utilizzare le somme di cui trattasi predisposta dalla competente direzione generale per la condizione abitativa, è ferma dal 19 giugno presso il dipartimento per le infrastrutture ed i sistemi informativi e statistici, per gli adempimenti di natura contabile che precedono la sottoscrizione del provvedimento finale;
   vi sono 18 famiglie che, avendo i requisiti di reddito ed avendo aderito all'avviso del comune di Monte Roberto, sono in attesa del perfezionamento delle procedure per poter entrare negli appartamenti già pronti;
   inoltre, è inutile dirlo, vi sono le gravi ripercussioni finanziarie per la ditta costruttrice determinata dall'ingiustificato ritardo nel trasferimento del contributo da pale dello Stato con evidenti e negativi effetti occupazionali –:
   se il Ministro interrogato intenda adoperarsi perché questa situazione ingiustificata ed ingiustificabile sia prontamente rimossa ed entro quando, di conseguenza, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti provvederà a trasferire quanto da mesi e mesi dovuto alla regione Marche. (5-03934)


   FONTANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di amministrazione di Enac ha approvato il masterplan dell'aeroporto di Firenze e ha definito già nel mese di settembre 2014 un orientamento in merito alla nuova pista esprimendo un indirizzo in favore della lunghezza di 2.400 metri, diversamente da quanto previsto dal piano di indirizzo territoriale approvato dal consiglio regionale della Toscana che prevede una pista di 2.000 metri;
   tale scelta è stata motivata dall'attuale presidente di Enac Vito Riggio sulla base di ragioni dettate in primo luogo dal problema della sicurezza delle operazioni di volo, oltre che dalle problematiche ambientali e di tutela della salute, che compete innanzitutto a Enac;
   sulla base di questa stessa motivazione il presidente dell'Enac ha evidenziato in questi giorni l'incompatibilità tra il piano di sviluppo dell'aeroporto, con la nuova pista di 2.400 metri, e la previsione di costruire il nuovo stadio della Fiorentina nell'area Mercafir, che si trova nelle zone di tutela (A, B e C) codificate dal regolamento per la costruzione degli aeroporti. Così come sono, nelle stesse zone, altre aeree interessate da ipotesi edificatorie;
   i citati vincoli di Enac finalizzati alla sicurezza, che producono incompatibilità urbanistica, valgono anche soprattutto per insediamenti ad elevato affollamento, come centri commerciali, congressuali, sportivi, scolastici, ospedalieri, militari, e altri;
   tali vincoli, insieme alla valutazione del masterplan presentato dall'Adf, società di gestione dell'aeroporto, comportano l'elaborazione da parte del comune di Firenze di un piano di rischio per la salvaguardia dei terzi sorvolati;
   tale esigenza non è stata finora adeguatamente considerata, dato che è emersa in modo sorprendente la contraddizione su una previsione come quella dello stadio di cui si è discusso in più sedi e pubblicamente;
   fino dai primi mesi del 2014 (a febbraio) il generale Luciano Battisti, esperto di prevenzione e investigazione in tema di incidenti aerei e, in quanto tale, consulente per la regione Toscana negli anni 2011/2012 in relazione agli aeroporti della Toscana, ha inviato al presidente della regione e al presidente di Enac, e in seguito (a giugno) al sindaco di Firenze, lettere con cui richiamava il problema della sicurezza del volo, proprio in ordine al progetto della nuova pista e alla sottovalutazione dei rischi e dei fattori di incompatibilità;
   il testo e il contenuto di tali lettere è stato reso pubblico dallo stesso generale Battisti, nel quale si enunciano puntualmente una serie di interrogativi circa il tema della «concentrazione del rischio» in ordine al problema «dell'impatto possibile con volatili» in una zona umida popolata di avifauna, «dell'eccessiva vicinanza» con l'autostrada e il casello autostradale, «degli argini sopraelevati del Fosso Reale che possono incidere sulla gravità di un eventuale incidente», «dell'assenza di una pista di rullaggio». E che pone inoltre il dubbio sulla totale ed esclusiva utilizzazione della pista in senso monodirezionale, di per sé limitante della operatività dello scalo, anche se suscettibile di una certa flessibilità, ma che in caso di atterraggi di necessità per pista 30 gli aerei si troverebbero a sorvolare la Scuola marescialli dei carabinieri a circa 55/60 metri dal piano terra e non dal tetto. Scuola comunque situata in zona di tutela B, cioè di dubbia compatibilità con le norme di sicurezza;
   alle domande e le considerazioni fatte dal generale Battisti non sono state date risposte convincenti, mentre proprio per ragioni di sensibilità sul tema della sicurezza e di chiarezza sulle responsabilità, attuali e future, è opportuno rispondere in modo dettagliato ed esauriente –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e delle sollecitazioni ripetutamente sollevate dal generale Battisti tese ad approfondire le questioni della sicurezza e se, vista la problematicità posta dalla lunghezza della nuova pista di 2.400 metri, non sia il caso di riflettere ulteriormente su questa opera e, comunque, di assumere la previsione stabilita dal piano di indirizzo territoriale della regione per una pista di 2.000 metri come soluzione definitiva. (5-03958)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la sede della scuola dell'infanzia e primaria Randaccio in piazza De Cristoforis quartiere Casalbertone di Roma da diverse settimane, in questo avvio di anno scolastico è stata presa di mira dai ladri;
   già nel corso dello scorso anno scolastico erano stati registrati diversi furti di derrate alimentari destinate alla mensa degli alunni dell'asilo e delle elementari;
   si è assistito in meno di due mesi dalla apertura dell'anno scolastico ad una recrudescenza del fenomeno che desta non poche preoccupazioni ed anche un sincero sconcerto, considerato che l'oggetto delle incursioni, sono sempre le derrate alimentari;
   il ripetersi sistematico di questi furti sorprende per la facilità con cui avvengono e soprattutto per le mancate risposte in termini di sicurezza;
   poiché sono in corso lavori di manutenzione e messa in sicurezza dell'edificio scolastico, sarebbe opportuna l'installazione di sistemi di sicurezza, anche con circuiti di videosorveglianza, magari direttamente collegati alla vicina stazione dell'Arma dei carabinieri –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tale situazione e se non intendano intervenire al fine di porre fine a questo sistematico verificarsi di furti presso la scuola Randaccio di Casalbertone creando condizioni di maggiore sicurezza per bambini, alunni e operatori scolastici. (5-03938)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 25 maggio 2014 si sono tenute le elezioni amministrative del comune di Curti (Caserta) che hanno visto contrapposte le liste «Curti Positiva», amministrazione uscente, e «Legalità e Trasparenza»;
   all'esito della consultazione è risultata vincitrice la lista «Curti Positiva» per un solo voto di vantaggio rispetto alla lista Legalità e Trasparenza, vale a dire 2.251 voti contro 2.250;
   già nella serata del 25 maggio 2014 gli animi erano più che accesi al di fuori dei seggi elettorali, tanto che si è reso necessario l'intervento di una pattuglia di carabinieri e di una pattuglia della polizia di Stato per stemperare i toni dello scontro avvenuto tra i sostenitori delle opposte fazioni;
   il giorno successivo la tensione tra i due gruppi è sfociata in una vera e propria bagarre all'atto dello spoglio delle schede elettorali relative alle consultazioni comunali;
   sei delle sette sezioni costituenti il seggio elettorale hanno terminato le operazioni di scrutinio intorno alle ore 17.50, mentre, per motivi ignoti, nella sezione 5 tali operazioni sono protratte, con la conseguenza che l'attenzione degli elettori si è canalizzata su tale sezione, perché dall'esito dello scrutinio di tale sezione sarebbe dipeso l'esito dell'intera consultazione amministrativa;
   dall'affissione dei risultati riportai nelle altre sei sezioni già scrutinate risultava in vantaggio la lista «Legalità e Trasparenza per Antonio Raiano Sindaco» con uno scarto di 81 voti sull'altra liste, a conferma il trend di tutto lo spoglio;
   dopo ore concitate, con il coinvolgimento della prefettura di Caserta e dei carabinieri, lo spoglio è stato dichiarato concluso con la proclamazione a sindaco di Curti del dottor Michele Di Rauso per un solo voto di scarto sull'altro candidato, Antonio Raiano, il quale ha disconosciuto il risultato elettorale e ha presentato un ricorso al TAR della Campania, la cui discussione è fissata per il prossimo 20 novembre 2014;
   i motivi di tale ricorso sono da un lato l'erronea attribuzione di voti delle schede elettorali scrutinate, e, dall'altro, alcuni vizi di legittimità riscontrati nell'ambito delle operazioni di voto, tra i quali l'ammissione al voto di persona interdetta con sentenza definitiva per conclamato deficit cognitivo-mentale, e una discordanza nel numero dei votanti presso la sezione in oggetto;
   vale la pena segnalare, infatti, che la presidente della sezione n. 5 alla chiusura del seggio, ore 23,00 di domenica 24 maggio 2014, inviava la prescritta comunicazione all'ufficio elettorale del comune di Curti indicando che il numero di votanti sia per le elezioni europee che per quelle comunali nel proprio seggio era di 607, salvo, poi, il giorno successivo, in occasione dello spoglio delle schede relative alle elezioni comunali, verbalizzare che il numero di votanti fosse di 608;
   tale elemento assume una valenza davvero significativa se tiene conto del fatto che le elezioni comunali sono state decise proprio da un solo voto di differenza;
   il rappresentante della lista «Trasparenza e Legalità» ha presentato un esposto ai Carabinieri della stazione di San Prisco in cui ha denunciato ingiurie e minacce da parte di tutto il seggio elettorale allorquando tentò, invano, di far mettere a verbale tutte le irregolarità prodotte nella sezione n. 5 –:
   se il Ministro intenda acquisire notizie presso la prefettura circa le problematiche che hanno determinato la situazione di tensione nel comune di Curti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere affinché sia sempre garantito il sereno svolgimento delle competizioni elettorali. (4-06726)


   PELLEGRINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da mesi le iniziative della prefettura di Gorizia relativamente alla gestione del flusso di migranti nel territorio provinciale appaiono all'interrogante insufficienti rispetto le problematiche da affrontare, prive di coordinamento e di adeguate prospettive per uscire da modalità organizzative che rimangono sempre al livello dell'emergenza;
   per mesi centinaia di profughi hanno vissuto accampati sulle rive dell'Isonzo, senza che questa condizione fosse affrontata e gestita utilizzando gli strumenti normativi e le competenze specifiche della prefettura in materia di immigrazione e ordine pubblico;
   il flusso di richiedenti asilo, causa la crisi umanitaria di diverse aree interessate a situazioni di guerra, non è destinato nell'immediato a diminuire;
   a ciò si aggiunge il fatto che nell'immediato non vengono attivate nuove commissioni territoriali, già previste per legge, in grado di dirottare, in maniera significativa, gli arrivi e le richieste di asilo in altri ambiti territoriali;
   un difficile percorso di sensibilizzazione e mediazione è stato avviato a livello locale su iniziativa della provincia di Gorizia, che ha anche attuato, di concerto con la regione Friuli Venezia Giulia e la protezione civile, una iniziativa destinata temporaneamente a far fronte all'emergenza umanitaria di persone costrette a vivere nella boscaglia lungo l'Isonzo;
   secondo l'interrogante risulta invece carente, se non mancante, il ruolo della prefettura di Gorizia, il soggetto istituzionale a cui è richiesto di subentrare nella gestione della situazione un livello tecnicamente diverso da quello umanitario ed emergenziale;
   ad oggi, Gorizia, sede di commissione territoriale, oltre alle strutture gestite in convenzione dalla Caritas diocesana, è intervenuta solamente aprendo le porte di un capannone industriale ad una cinquantina di richiedenti asilo, divenuti in breve oltre un centinaio, alla data di oggi quasi 140. A tal proposito si sottolinea che a quanto consta all'interrogante il meccanismo di registrazione dei profughi nell'ufficio immigrazione della questura di Gorizia è tale per cui prefettura viene al corrente di quante effettivamente siano le persone giunte a Gorizia soltanto alcuni giorni dopo l'effettiva denuncia di ingresso;
   detto capannone, per circa una settimana, sarebbe stato dotato di un unico servizio igienico, e tuttora sarebbe privo di qualsiasi controllo sanitario e non avrebbe, a quanto consta all'interrogante, alcuna forma di organizzazione e di collegamento stabile con gli uffici della Prefettura;
   circa 70 persone ospitate in detto capannone hanno assicurata il vitto attraverso una convenzione, gli altri non hanno alcun supporto né la possibilità di cuocere da sé i propri pasti;
   recentemente la Prefettura ha dichiarato alla stampa che 50 richiedenti asilo, registrati negli uffici di polizia, risultavano scomparsi sul territorio;
   a rendere la situazione ancora più difficile vanno riportate una serie di sconcertanti affermazioni che il prefetto di Gorizia ha dichiarato alla stampa locale che hanno creato scompiglio, malumore e ostilità nella pubblica opinione e che sono state variamente interpretate e utilizzate da esponenti politici locali;
   secondo la Prefettura di Gorizia «Questi non sono profughi, sono semplicemente furbi. E la commissione territoriale per richiedenti protezione internazionale dovrebbe capire una volta per tutte il gioco che stanno facendo. Eviterebbe anche di far spendere un sacco di soldi allo Stato» (Quotidiano Il Piccolo 31 ottobre). «Sono dotati di carte di credito che la maggior parte della gente si sogna, si spostano in aereo, atterrano a Venezia e poi vengono a Gorizia a mettersi in fila per il rilascio dell'asilo politico», Ancora: «La commissione sta facendo il loro gioco con procedure e accertamenti lenti e inconcludenti. Intanto è la Prefettura a dover sobbarcarsi l'onere della gestione dell'emergenza». «Non hanno diritto ad essere identificati né come profughi né come rifugiati». «Bisogna organizzare con urgenza almeno un coordinamento regionale sulla situazione di Gorizia, ma penso che la situazione migliore sia un intervento diretto del Governo di Roma. Mi rendo conto che le mie dichiarazioni potranno sembrare oltremodo forti, ma credetemi che siamo vicini al punto di non ritorno»;
   la prefettura di Gorizia, invece di attenersi a suoi compiti, esprime giudizi di valore relativi ai diritti dei richiedenti asilo e all'operato della commissione territoriale, che non competono al suo ruolo istituzionale; giudizi e opinioni del tutto inopportuni che istigano alla tensione sociale e significativi della personale convinzione del massimo rappresentante del Governo in provincia di Gorizia;
   le dichiarazioni del prefetto, nei fatti, rischiano di fomentare e esasperare la tensione sociale che si sta manifestando attorno alla difficilissima situazione in provincia di Gorizia, e non agevolare un pacata e costruttivo dialogo tra i soggetti istituzionali, le organizzazioni non governative e il volontariato coinvolti nella gestione dell'accoglienza e disponibili a supportarla, ponendosi peraltro in contrasto con le iniziative della prefettura stessa relativamente alla realizzazione di forme di accoglienza diffusa sul territorio (tra l'altro definite pubblicamente dal prefetto quali opportunità economiche per chi offra beni e servizi per l'accoglienza), inibendole a priori –:
   se non ritenga necessario e urgente che, nella situazione data, una prefettura come quella di Gorizia richieda un diverso approccio e organizzazione, un'assunzione di responsabilità verso gli interlocutori pubblici del territorio e verso la popolazione residente, insieme ad una gestione della comunicazione esterna di tutt'altro tenore e coerenza. (4-06732)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa apparse recentemente su diversi quotidiani locali, si apprende che un algerino di 38 anni è stato arrestato, condannato e finalmente recluso presso il carcere di Busto Arsizio, dopo una lunga serie di furti e atti di vandalismo ai danni di numerose automobili posteggiate in alcune vie di Saronno;
   in particolare, pare che il 28 ottobre 2014 l'algerino sia stato condannato dal tribunale di Busto Arstizio alla pena di due anni e sei mesi di reclusione e una multa di 500 euro, e che allo stesso sia stata negata sia la detenzione domiciliare che la libertà vigilata;
   precedentemente, ossia il 15 ottobre 2014, lo stesso algerino, arrestato in flagranza di reato per atti vandalici e furti ai danni di diverse autovetture, era già stato condannato dal tribunale ad un anno e quattro mesi, ma tuttavia era stato immediatamente rilasciato per la contestuale sospensione della pena;
   pertanto, tornato a Saronno, l'algerino aveva ripreso subito con i furti, finché qualche notte dopo, è stato nuovamente arrestato dai carabinieri, per aver sempre danneggiato e derubato altre sette auto;
   nonostante l'algerino condannato, pare, sia clandestino e dello stesso non si conosca neanche l'effettivo e reale nominativo, risultava libero di poter circolare nelle vie di Saronno a delinquere, anziché essere in apposito centro di identificazione ed espulsione o già rimpatriato;
   l'algerino clandestino è stato arrestato per ben due volte prima di ricevere la giusta pena detentiva e nel frattempo lo stesso ha dunque potuto continuare indisturbato a delinquere –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, i Ministri intendano adottare, ognuno secondo le proprie competenze, al fine di impedire che possano accadere fatti similari a quello indicato in premessa in cui, benché fosse preventivabile la reiterazione del delitto, l'algerino clandestino è stato scarcerato il giorno del processo per direttissima e già la sera stessa ha reiterato i propri atti criminali;
   quali iniziative di competenza intendano adottare affinché l'algerino clandestino di cui in premessa sia immediatamente rimpatriato, onde scontare la pena detentiva nel Paese di origine, e se risulti per quale motivo lo stesso non sia stato già precedentemente rimpatriato. (4-06736)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 30 settembre 2014 la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato un bando del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, concernente l'indizione di un concorso fra artisti per l'ideazione e la realizzazione di un'opera d'arte da destinare alla nuova sede del comando provinciale dei vigili del fuoco di Piacenza;
   l'opera d'arte consisterà in un bassorilievo raffigurante il vigile del fuoco nell'espletamento della propria attività istituzionale, da ubicare su una parete dell'atrio interno al piano terra della locale caserma dei vigili del fuoco;
   l'importo del compenso spettante a chi si aggiudicherà il concorso è di euro 111.087,350;
   a fronte di questa sconcertante iniziativa, esponenti locali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e sindacalisti hanno fatto notare come il distaccamento piacentino del soccorso tecnico urgente sia privo di risorse finanziarie, non possa procedere agli interventi di manutenzione richiesti dal parco mezzi e materiali e sia costretto ad operare con autoveicoli per i quali non è possibile comprare neanche il gasolio che sarebbe necessario a muoverli –:
   quali ragioni abbiano indotto il Governo ad investire risorse economiche preziose e scarse a favore dei vigili del fuoco, destinandole tuttavia all'acquisizione di un'opera d'arte a giudizio dell'interrogante di scarsa utilità invece che a finalità più concrete, in un momento in cui le ristrettezze economiche impediscono di effettuare la manutenzione ordinaria sui mezzi e persino di acquisire la nafta necessaria al loro funzionamento. (4-06738)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   quest'anno, per la prima volta, per l'assegnazione dei contratti di formazione delle scuole di specializzazione in medicina e chirurgia, è stata adottata la formula del concorso nazionale che ha coinvolto 12.168 candidati sottoposti ai quiz tra mercoledì 29 e venerdì 31 ottobre. Tuttavia per 11.242 di loro è emerso un problema grave. Sono state invertite le prove del 29 ottobre con quelle del 31 ottobre per quanto riguarda le aree medica e dei servizi clinici. Ogni prova, come previsto, comprendeva 30 domande ciascuna. I candidati che hanno affrontato tutte le 60 domande sono 8.319, cui si aggiungono i 2.125 che hanno sostenuto soltanto le prove dell'area medica e i 798 dei servizi clinici;
   il Cineca, il consorzio universitario che si occupa dei test, ha spiegato al Ministero che c’è stato «un errore nella fase di codifica delle domande durante la fase di importazione». Il Cineca si è assunto «la piena responsabilità per l'errore commesso» e ha garantito che «si farà carico di spese e eventuali danni procurati agli studenti per il rifacimento della prova», porgendo «le più profonde scuse per l'accaduto ai candidati, alle loro famiglie, al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e al Governo»;
   il Ministro aveva immediatamente predisposto che il 7 novembre venissero ripetuti i test e inviato le comunicazioni agli interessati tramite il sito riservato a loro e il portale www.universitaly.it. Secondo il Ministro «la scia emotiva di questa vicenda non deve mettere in discussione la formula del concorso nazionale, poiché la decisione presa in tal senso è il risultato di una valutazione negativa precedenti prove locali, spesso oggetto di falle ancor più gravi, legate a mancanza di trasparenza»;
   nella serata del 3 novembre il ministro Giannini ha riunito la Commissione nazionale incaricata questa estate di validare le domande del quiz, che ha «vagliato i quesiti proposti ai candidati per l'Area Medica (29 ottobre) e quella dei Servizi Clinici (31 ottobre) stabilendo che, sia per l'una che per l'altra Area, 28 domande su 30 sono comunque valide ai fini della selezione. Secondo una nota del Ministero «a seguito di un confronto avuto con l'Avvocatura dello Stato e del verbale della Commissione si è deciso di procedere, dunque, con il ricalcolo del punteggio dei candidati neutralizzando le due domande per Area che sono state considerate non pertinenti dal gruppo di esperti». «Questa soluzione – secondo il Ministro – è il frutto di un approfondimento che ho richiesto da sabato convocando la Commissione nazionale e interpellando l'Avvocatura dello Stato per tutelare gli sforzi personali e anche economici dei candidati e delle loro famiglie a seguito del grave errore materiale commesso dal Cineca»;
   il Ministero ha avuto a disposizione diversi mesi per allestire questo primo concorso nazionale e, in numerose occasioni, è stato richiamato alla necessità di prestare la massima attenzione agli aspetti organizzativi, sia dal Parlamento sia dalle associazioni di categoria. L'esperienza maturata anche in occasione dei test di accesso alla facoltà di medicina con i numerosi riscorsi successivi al TAR, che hanno profondamente alterato tutte le graduatorie previste dal concorso stesso, avrebbe dovuto creare uno stato di allarme a 360 gradi per garantire la buona riuscita delle attuali prove di selezione, mentre invece si è diffuso un ulteriore malessere e si sono create altre perplessità nei confronti dell'operato del Ministero;
   la gestione della comunicazione sull'errore commesso dal CINECA, accompagnata dall'informazione fin troppo tempestiva sul piano mediatico, dell'impegno preso dal Ministro a intervenire con la ripetizione della prova, ha creato un doppio sconcerto nei partecipanti, paradossalmente preoccupati prima dalla prova sbagliata e poi dalla necessità di ripeterle a distanza di pochi giorni. Nessuno in questo frangente li aveva informati della valutazione che contemporaneamente il Ministero stava facendo con supporto dell'Avvocatura dello Stato, e che è sfociata nella non necessità di ripetere la prova, suscitando nuove e diverse reazioni davanti ad un rischio schivato, ma per alcuni davanti ad una opportunità mancata. A questo punto non è affatto da escludere il ricorso al TAR da parte di alcuni dei concorrenti esclusi, coloro che alla fine non potranno avere l'auspicato contratto di formazione per la scuola di specializzazione –:
   se non ritenga di fornire i necessari chiarimenti e i suoi orientamenti in merito all'accaduto che doveva e poteva essere facilmente evitato o per lo meno gestito più opportunamente anche sul piano comunicativo e quali misure intenda adottare per consentire in futuro una selezione dei candidati che risponda a caratteri di competenza specifica, di rigore e di trasparenza.
(2-00738) «Binetti, Dellai».

Interrogazioni a risposta immediata:


   CENTEMERO e PALESE. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le prove scritte del primo concorso nazionale per l'ingresso alle scuole di specializzazione in medicina si sono svolte dal 28 al 31 ottobre 2014. Alla selezione si sono iscritti 12.168 candidati distribuiti in 117 sedi e 442 aule messe a disposizione dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   qualche giorno dopo la prova scritta, si è appresa la notizia dell'annullamento dei quiz di specializzazione in medicina a causa dell'inversione dei quesiti svolti il 29 ottobre 2014 con quelli del 31 ottobre 2014 e della necessità che 8.319 specializzandi dovessero ripetere le prove scritte il 7 novembre 2014 in un'unica giornata e nelle sedi già utilizzate il 29 e 31 ottobre 2014;
   il Ministro interrogato ha individuato il responsabile dell'accaduto in Cineca, il Consorzio interuniversitario incaricato di somministrare i test, consorzio però nel cui consiglio di amministrazione siede il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e che aveva già sbagliato in modo clamoroso in altre occasioni recenti. Basti ricordare la sospensiva del tribunale amministrativo regionale tra luglio e settembre 2014 per l'ammissione di 5.000 studenti a medicina dopo le irregolarità nei test d'ingresso dell'8 aprile 2014 e prima ancora le irregolarità denunciate nel concorso per magistrati, l'inchiesta avviata dal Ministro Lorenzin dopo il concorso per medici generali, le proteste degli insegnanti per le domande errate inserite dal Cineca nei test di agosto 2014 per l'accesso ai corsi per i tirocini formativi attivi di abilitazione;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha responsabilità di controllo rispetto all'operato del Cineca;
   dopo qualche ora dalla notizia dell'annullamento dei test, è invece arrivato l'annullamento dell'annullamento, sempre da parte del Ministro interrogato, che invece dichiarava di aver trovato la soluzione: la commissione nazionale incaricata nell'estate 2014 di validare le domande del quiz, dopo un vaglio dei quesiti proposti ai candidati per l'area medica (29 ottobre 2014) e quella dei servizi clinici (31 ottobre 2014), stabiliva che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 potevano comunque essere considerate valide ai fini della selezione e, quindi, si è deciso di ricalcolare il punteggio neutralizzando di fatto due domande per area, il che potrebbe favorire, tra l'altro, chi aveva risposto erroneamente alle domande e penalizzerà chi, invece, aveva risposto correttamente, con conseguente apertura di contenziosi –:
   quali siano i criteri individuati per risolvere le problematiche connesse all'annullamento delle prove scritte, indicando con trasparenza quali quesiti delle diverse aree siano stati dichiarati compatibili ricalcolando in modo altrettanto trasparente il punteggio di un test invalidato per negligenza ed imperizia, nonché per mancanza dei dovuti controlli da parte del Ministero, rendendo disponibile ai candidati il proprio punteggio prima e dopo la «neutralizzazione», in modo da avere la possibilità di effettuare le verifiche del caso, e rendendo noti non solo i punteggi totali, ma anche i punteggi «scorporati» per singola prova, aggiunti ad eventuali punti addizionali legati al curriculum. (3-01136)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dovuto annullare le prove per il primo concorso nazionale per l'ingresso alle scuole di specializzazione in medicina, a causa di una «grave anomalia» verificatasi nelle prove scritte del 29 e 31 ottobre 2014 dell'area medica e dell'area dei servizi clinici;
   le modalità di accesso alle scuole di specializzazione in medicina sono appena state riformate in ottemperanza alla nuova norma che ha istituito il concorso unico nazionale e questa sessione di prove è la prima svolta in base alle disposizioni dei nuovi decreti ministeriali;
   la previsione che il test nazionale si svolgesse attraverso una serie di quiz contrasta con l'idea stessa di merito e di trasparenza che si intende riconoscere alle prove d'ingresso alle scuole di specializzazione, posto che affidare il destino di uno specializzando solo a delle crocette, prescindendo da un intero corso di studi svolto dal candidato, nel corso del quale egli può aver approfondito alcune tematiche o aver scritto delle tesi e pubblicato dei lavori e frequentato dei reparti ospedalieri, appare quantomeno riduttivo ed era già stata al centro di molte polemiche;
   le prove dovranno essere ripetute il 7 novembre 2014, a danno dei concorrenti che dovranno sottoporsi nuovamente a tale estenuante procedura e che in gran parte si troveranno a dover affrontare un ennesimo spostamento per partecipare alle prove, e darà certamente luogo ad una serie consistente di ricorsi da parte di chi sarà impossibilitato a ripetere i quiz nella nuova data;
   il ricorso alla giustizia amministrativa rischia di mettere ulteriormente in crisi la delicata programmazione della formazione medica, già messa a dura prova dal fatto che, a causa delle irregolarità nei test svolti nel 2013, è stato necessario posticipare il fisiologico calendario di lezione per la mancanza di aule, che hanno dovuto sopportare cinquemila studenti in più rispetto ai diecimila vincitori regolari di concorso in seguito alle riammissioni deliberate dagli organi di giustizia amministrativa –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di ripristinare ogni tutela e ogni garanzia nei confronti dei giovani che concorrono per l'ammissione alle scuole di specializzazione medica, nel rispetto del diritto allo studio come costituzionalmente previsto, se del caso anche rivedendo le modalità dei concorsi, eliminando i quiz e garantendo il rispetto del merito. (3-01137)


   D'UVA, LUIGI GALLO, BRESCIA, MARZANA, DI BENEDETTO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 8 agosto 2014, n. 612, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 29 agosto 2014, n. 67, il Ministro interrogato emanava il bando per l'ammissione alle scuole di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014;
   l'articolo 7 stabilisce che la prova di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014 dovrà essere svolta telematicamente, identica a livello nazionale con riferimento a ciascuna scuola, e da sostenersi tra il 28 e il 31 ottobre 2014, e, al comma 3, che il software necessario all'espletamento della prova verrà fornito dal Cineca;
   il Cineca, al quale è affidata la diretta organizzazione della prova, è un consorzio interuniversitario senza scopo di lucro operante sotto il diretto controllo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il quale ha il compito di fornire sistemi gestionali per le amministrazioni universitarie e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 1o novembre 2014, i principali quotidiani nazionali riportavano notizia circa gravissime irregolarità nel corso dei test di accesso alle scuole di specializzazione e accusavano il Cineca di aver confuso le prove da fornire ai candidati di area medica e area dei servizi clinici, invertendo le domande da inviare ai responsabili d'aula nelle varie sedi d'esame;
   «la svista», conclude l'articolo, «rappresenta un'enorme figuraccia per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e lede la credibilità del Cineca. E avrà anche una ricaduta economica, se è vero che per assicurare la trasparenza delle procedure di concorso, il Ministero aveva impiegato circa 1.800 persone nel servizio di vigilanza», dimostrando come il gravissimo errore abbia irrimediabilmente compromesso la considerazione del consorzio Cineca controllato dal Ministero;
   in data 1o novembre 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con propria nota, interveniva in merito al rilevato errore del Cineca, confermando l'avvenuta inversione delle prove concorsuali del 29 e 31 ottobre 2014, affermando come «a seguito dei controlli di ricognizione finali sullo svolgimento dei test, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha rilevato una grave anomalia nella somministrazione delle prove scritte del 29 e 31 ottobre 2014 e riguardanti le scuole dell'area medica e quelle dell'area dei servizi clinici»;
   al termine del documento il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ammettendo pubblicamente l'irregolarità, dispone la previsione di annullamento e conseguente ripetizione delle prove oggetto dell'errore determinato dal Cineca;
   in un articolo pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera, in data 2 novembre 2014, si è appreso della volontà del presidente del Cineca, dottor Emilio Ferrari, di rimessione del proprio mandato nelle mani degli organi del consorzio, dimettendosi così dalla carica attualmente ricoperta;
   è bene ricordare che l'errore di inversione delle prove risulta essere solamente l'ultimo di una serie di irregolarità avvenute nel corso della settimana antecedente le prove d'esame, quali ritardi nell'attribuzione delle sedi ai candidati, nonché della relativa suddivisione per nome e numero degli stessi nelle sedi delle prove concorsuali;
   nei giorni antecedenti le prove concorsuali sono pervenute al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca alcune richieste circa una maggiore attenzione a garanzia del regolare svolgimento delle prove d'esame, scongiurando così l'ipotesi di nuove irregolarità cui avrebbero fatto seguito ricorsi ai tribunali amministrativi regionali, con costi certamente gravosi in termini economici, e, soprattutto, a tutela del buon nome del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 4 novembre 2014 un nuovo comunicato del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riporta come «la Commissione ha vagliato i quesiti proposti ai candidati per l'area medica (29 ottobre 2014) e per quella dei servizi clinici (31 ottobre 2014), stabilendo che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 sono comunque valide ai fini della selezione» e, allo stesso tempo, si riporta che, a seguito di un confronto avuto con l'Avvocatura dello Stato e del verbale della commissione, si è deciso di procedere, dunque, con il ricalcolo del punteggio dei candidati neutralizzando le due domande per area che sono state considerate non pertinenti dal gruppo di esperti;
   l'attuale situazione, certamente delicata, anche in considerazione dei numerosi ricorsi amministravi avverso le irregolarità sin qui esposte, dovrebbe condurre, piuttosto che alla sanatoria sulla mera regolarità del test, ad assicurare a tutti i medici partecipanti al concorso la possibilità di accesso alle scuole di specializzazione, a garanzia del diritto di ogni cittadino di accedere ai gradi più alti degli studi, nonché al mondo del lavoro –:
   se intenda intervenire urgentemente, al fine di convalidare il concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione per l'anno accademico 2013/2014, garantendo che a tutti i partecipanti al concorso venga assegnata la relativa borsa di studio e l'ammissione ai corsi di specializzazione, anche in considerazione dell'ennesimo ricorso collettivo avverso le irregolarità esposte. (3-01138)


   DI SALVO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la formazione di un medico specialista dura oggi non meno di dieci anni, in alcuni casi addirittura dodici, come accade con alcune scuole di specializzazione particolarmente lunghe, come sono molte di quelle dell'area chirurgica;
   il problema principale è quello dei giovani laureati che non hanno accesso né alle scuole di specializzazione, né alle scuole di medicina generale per mancata disponibilità di borse di studio, per cui cresce l'elenco di «medici generici» che non diventeranno mai medici di famiglia o specialisti per carenza di posti nelle rispettive scuole. Quest'anno le borse di studio disponibili per gli specializzandi sono 5.000, frutto di estenuanti trattative con il Governo, ma insufficienti a coprire le domande, che sono attestate nell'ordine di 10.000;
   il 29 e il 31 ottobre 2014 si sono svolte le prove per i test di accesso alle scuole di specializzazione medica (per l'area medica il 29 ottobre 2014 e per l'area servizi clinici il 31 ottobre 2014). Alla fine dello svolgimento delle prove si è verificata una clamorosa svista in relazione all'ordine dei quesiti somministrati per le due aree citate. Le 30 domande comuni all'area medica e servizi clinici sono state invertite, facendo sì che i quesiti delle prove del 29 ottobre 2014 finissero in quelle del 31 ottobre 2014 e viceversa;
   l'errore nella somministrazione dei quesiti è ascrivibile al consorzio universitari Cineca, responsabile della preparazione dei test d'ingresso, che anche in altre occasioni ha causato disagi per gli studenti;
   nella giornata di lunedì 3 novembre 2014 il Ministro interrogato annunciava l'annullamento dei due quiz con contestuale ripetizione delle prove per la giornata del 7 novembre 2014;
   il giorno successivo, tuttavia, lo stesso Ministro interrogato comunicava che sarebbero stati fatti salvi i risultati delle prove eseguite. La commissione nazionale incaricata di validare le domande dei test avrebbe infatti vagliato i quesiti proposti ai candidati per l'area medica e per l'area servizi clinici, stabilendo che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 si dovessero ritenere comunque valide ai fini della selezione in quanto corrispondenti a settori scientifico-disciplinari comuni. Si è, quindi, effettuato il ricalcolo del punteggio dei candidati neutralizzando le due domande per area considerate non pertinenti dalla commissione;
   la soluzione individuata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rischia di pregiudicare gravemente il percorso di studi di migliaia di studenti che vedono nell'accesso alle scuole di specializzazione l'unica possibilità per completare il proprio percorso formativo –:
   se non ritenga opportuno risolvere tale situazione, ascrivibile ad un errore imputabile al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, aumentando il numero delle borse di studio per l'accesso alle scuole di specializzazione e dando la possibilità a tutti i richiedenti di usufruirne, ovviando così all'errore citato.
(3-01139)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ad oggi, Garanzia Giovani, ossia il piano europeo per combattere la disoccupazione nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni, promosso in Italia nel 2013 dal governo Letta, si è rivelato un fallimento;
   il piano è partito ufficialmente quattro mesi fa. A riguardo, l'ultimo report di Adapt, l'associazione fondata da Marco Biagi che elabora studi sul lavoro, ha evidenziato che lo stesso presenta una moltitudine di criticità; 
   l'ultimo comunicato stampa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, pubblicato giovedì 4 settembre 2014 sul sito garanziagiovani.gov.it, parla di 179.439 giovani registrati a fronte di appena 15.165 posti disponibili, contro un bacino potenziale di beneficiari (individuati nel piano nazionale di attuazione) di 2 milioni e 300 mila inattivi;
   dal predetto report si evince l'andamento decrescente delle iscrizioni al programma dovuto anche al fatto che la maggior parte dei ragazzi e degli imprenditori non conosce Garanzia Giovani. Difatti, anche un'indagine condotta a luglio dall'istituto Giuseppe Toniolo ha rivelato che su un campione di 1.727 ragazzi solo il 5 per cento di loro conosce il piano mentre per il 54 per cento la Garanzia cambierà poco o nulla le aspettative di occupabilità;
   uno dei problemi principali del piano, è legato ai ritardi accumulati dalle regioni nello svolgimento dei loro compiti. Quelle che hanno approvato e pubblicato i bandi per l'attuazione del programma restano una minoranza con la conseguenza che in esse i servizi che i ragazzi destinatari del progetto avrebbero diritto di ricevere non sono operativi. Nello specifico in Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna mancano i bandi di attuazione. Nei primi due casi, ai quali si uniscono quelli di Liguria, Molise e Sicilia, non è stato predisposto neanche un sito internet dedicato;
   altra criticità è che spesso le offerte di lavoro pubblicate si riferiscono a posizioni che richiedono dai cinque ai dieci anni di esperienza. Ciò è assurdo considerando che il piano è rivolto ai giovani al primo approccio con il mondo del lavoro. Tra l'altro, la maggior parte delle opportunità lavorative prevedono la somministrazione di un contratto a tempo determinato, mentre la logica europea punta sull'apprendistato come formula tipo;
   inoltre, è stata lamentata l'eccessiva burocratizzazione delle procedure previste per effettuare i colloqui dei ragazzi iscritti;
   in definitiva, dall'inizio dell'attuazione del piano non vi sono stati risultati, anzi la situazione lavorativa dei giovani è peggiorata. In base alla raccomandazione europea, a quattro mesi dalla promozione del programma, gli iscritti avrebbero dovuto ricevere una possibilità lavorativa, ma ciò non si è verificato, ad eccezione di alcuni casi sporadici;
   si mette in evidenza che la Garanzia Giovani non è circoscritta solo al nostro Paese. Per questo piano anti-disoccupazione giovanile Bruxelles ha stanziato ben 6 miliardi di euro, di cui 1 miliardo e mezzo solo per l'Italia. Sul punto, mentre nel nostro Paese il progetto sta fallendo, nel resto d'Europa – eccezion fatta per la Spagna, a causa di un piano di attuazione troppo complesso – si stanno ottenendo concreti risultati attraverso strategie più incisive –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa;
   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro affinché vengano promosse delle misure correttive al piano che consentano allo stesso di essere efficace;
   in generale, se e quali iniziative intenda promuovere per contrastare l'alto tasso di disoccupazione giovanile attraverso concreti provvedimenti che coinvolgano tutti gli attori del mercato del lavoro.
(5-03944)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa, in particolare da un articolo del Fatto Quotidiano del 3 luglio 2014, intitolato «Taranto, gli schiavi dei call center: “350 euro ogni 31 giorni effettivi di lavoro”», della grave condizione dei lavoratori di molti call center che operano a Taranto, come denunciato dalla Cgil;
   al riguardo, sono state individuate delle realtà presso le quali i dipendenti percepiscono regolare stipendio, ma dopo l'accredito sono costretti a restituire all'azienda oltre metà del compenso per mantenere il posto di lavoro. Si tratta, dunque, di una vera e propria tangente;
   dalle verifiche effettuate di frequente in tale settore di riscontrano violazioni dei diritti dei lavoratori sia per le condizioni di lavoro in cui si trovano, considerando che in molte aziende sono costretti a lavorare in luoghi malsani come scantinati, sia per le condizioni economiche previste dal contratto. Addirittura, in molti casi non esiste la copia dell'accordo contrattuale;
   sono tante le denunce in cui si parla di dipendenti schiavizzati costretti a lavorare per 2 euro all'ora con pause ridotte, ricatti e violenze morali;
   tra i tanti casi, si racconta di un call center che opera per una nota compagnia nazionale di telefonia mobile, dove la paga è di 300 euro lordi al mese, quindi, in violazione dell'accordo nazionale del 1° agosto 2013, che stabilisce l'equiparazione con il costo del lavoro previsto dal contratto nazionale. Ed ancora, vi è l'esempio di un'azienda a cui è stato assegnato il sovvenzionamento pubblico, che ha contattato dei disoccupati promettendo assunzione a tempo indeterminato ma senza ricevere la prestazione lavorativa, dunque garantendo il pagamento dei contributi, ma nulla in busta paga;
   le gravi condizioni descritte dei lavoratori di call center sono state denunciate nella provincia di Taranto, ma tale problematica è riscontrata a livello nazionale, tanto da rendere questo settore ormai caratterizzato dalla presenza di lavoratori, esasperati dalle condizioni di lavoro alienanti e dai continui soprusi cui sono sottoposti poiché operano in una situazione di estrema ricattabilità –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare delle specifiche iniziative, anche normative, per garantire maggiori tutele ai lavoratori di call center, considerando le peculiarità del settore che oggettivamente determinano una posizione di particolare vulnerabilità dei diritti che di fatto vengono frequentemente violati dai datori di lavoro. (5-03945)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Ericsson Telecomunicazioni spa impiega 140 lavoratori, di cui molti ingegneri e tecnici di alto profilo, nella divisione ricerca e sviluppo, a Vimodrone in provincia di Milano;
   recentemente, come si è appreso dalla stampa, la società ha comunicato che intende trasferire con effetto dal 1o agosto 2014 un ramo d'azienda denominato «Design Organization Microwave and Mobile Backhaul Italy» – che coinvolge i predetti lavoratori – alla filiale italiana della società indiana Hcl Italy srl, con sede legale a Milano;
   tale comunicazione ha determinato scioperi e manifestazioni di protesta dei dipendenti, poiché Ericsson e la società indiana, che dovrebbe acquisire il ramo, non hanno presentato un piano aziendale attraverso il quale possano essere individuate le attività che dovranno svolgere i dipendenti ceduti, nonché disposizioni a salvaguardia degli attuali livelli occupazionali;
   inoltre, si mette in evidenza che la società acquirente Hcl Italy ha un modesto capitale sociale di diecimila euro ed è una società a responsabilità limitata inquadrata nel settore del commercio. Pertanto, i dipendenti non si sentono garantiti economicamente nella nuova realtà aziendale;
   al riguardo, infatti, i sindacati hanno chiesto di procedere ad un aumento di capitale e successiva trasformazione in società per azioni, nonché inquadramento nel settore dell'industria. In tal modo, i lavoratori potrebbero usufruire degli ammortizzatori sociali in caso di stato di crisi aziendale;
   si ritiene necessario adottare provvedimenti per tutelare i lavoratori in questione, affinché possano avere delle certezze sulle mansioni che andranno a svolgere e rispetto alla stabilità dei propri posti di lavoro, in conseguenza della cessione del ramo di azienda –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro, affinché vi sia una corretta gestione delle relazioni industriali e sindacali, al fine di individuare un piano che consenta di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali dei lavoratori ceduti e che garantisca agli stessi di essere inquadrati in posizioni lavorative consone ai profili professionali acquisiti. (5-03946)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che il 14 giugno 2014 si è svolto un incontro in regione, a Udine, tra i sindacati di Fim-Cisl, Fiom-Cgil e rappresentanze sindacali unitarie con i tecnici regionali delle attività produttive per la Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio, per comprendere quale sarà il destino della società considerando che la cassa integrazione dei lavoratori è quasi giunta al termine;
   in tale occasione, i sindacati, mentre i lavoratori tenevano un presidio fuori dal palazzo della regione, hanno chiesto ai tecnici regionali l'impegno affinché si tenga un incontro con la proprietà o l'amministratore delegato, per capire se è intenzione dei vertici chiudere o riaprire l'azienda. È infatti necessario avere notizia del destino della Evraz Palini e Bertoli, per individuare a quali ammortizzatori sociali ricorrere in attesa di una futura ripresa o di una ipotetica chiusura;
   sulla vertenza è intervenuto il vicepresidente del consiglio regionale, Paride Cargnelutti che ha dichiarato: «Sono passati ormai troppi mesi dalle rassicurazioni sul futuro del laminatoio Palini e Bertoli da parte della proprietà, cui però non è conseguito sino ad oggi nessun fatto concreto e rilevante. L'assessore regionale all'industria, Bolzonello, già lo scorso settembre assicurava, dopo aver sentito e incontrato la proprietà, che la situazione di crisi dello stabilimento era sotto controllo e che c'erano in vista incoraggianti sviluppi. Da allora non sono conseguiti atti concreti da parte della proprietà. Sono al fianco dei lavoratori per rimarcare attenzione su questa situazione di crisi da parte del consiglio regionale» –:
   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per favorire una corretta gestione delle relazioni industriali e sindacali, al fine di individuare un piano che consenta alla Palini e Bertoli di tutelare i lavoratori e salvaguardare gli attuali livelli occupazionali. (5-03947)


  RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dall'annuncio dell'apertura della procedura di investigazione sulle fabbriche italiane della società Electrolux, al fine di valutare i parametri legati alla produttività e alla competitività degli stabilimenti, sono trascorsi sei mesi, costati ai lavoratori 220 ore di sciopero e circa 1.200-1.500 euro di stipendio;
   durante il predetto periodo non è stata formulata alcuna proposta formale per la salvaguardia dei livelli occupazionali, con specifiche richieste ad Electrolux, né dal sindacato né dalle regioni, in primis il Friuli Venezia Giulia;
   gli impiegati della sede Electrolux di Porcia il 7 marzo 2014 hanno consegnato alla presidente della regione del Friuli, Debora Serracchiani, un documento nel quale si chiedeva alla stessa di intervenire in tempi brevi per bloccare le operazioni di smantellamento delle attività dei servizi e, quindi, per salvaguardare l'occupazione dei lavoratori. A tale richiesta, a giudizio degli interroganti non ha fatto seguito nessun atto concreto da parte della presidente, se non quello di far pervenire la lettera in questione al Ministero dello sviluppo economico, e senza dare nessun riscontro agli impiegati o proporre una qualche iniziativa concreta;
   a quanto è dato sapere, la presidente ha continuato a non trasmettere alcuna risposta alle istanze degli impiegati, anche dopo una conferenza stampa sulla questione, del 29 marzo 2014, tenutasi a Pordenone e l'invio di una petizione da parte degli stessi impiegati, in data 3 aprile 2014, anche al vicepresidente della regione, Sergio Bolzonello, affinché la situazione degli uffici fosse oggetto di discussione al Ministero dello sviluppo economico durante l'incontro plenario del 7 aprile 2014;
   l'unico evidente obiettivo perseguito in questi sei mesi dalla presidente Serracchiani, sembra sia stato quello di consentire ad Electrolux di ridurre, ove lo ritenesse opportuno, l'orario di lavoro a 30 ore settimanali e di mettere a carico della tassazione generale le restanti 10 ore, per un valore annuo di 40 milioni di euro e di 120 milioni nell'arco di tre anni;
   in base alle dichiarazioni della stessa presidente, la regione è orientata ad intervenire con ulteriori finanziamenti allo scopo di indurre Electrolux a non chiudere a breve lo stabilimento di Porcia e, allo stesso tempo, di evitare lo scontro tra sindacato e vertici della società, ovvero affinché Electrolux accetti di sottoscrivere un accordo che preveda per l'anno 2017 la riduzione dei volumi, 450 esuberi e il trasferimento o la chiusura delle attività degli uffici;
   allo stato dei fatti, appare agli interroganti che la presidente Serracchiani non abbia adottato, ad oggi, alcuna iniziativa concreta sebbene, in occasione del tavolo plenario del 7 aprile 2014, abbia dichiarato l'appoggio a tutte le forze lavoro, incluso quindi il settore impiegatizio, a prescindere dalle qualifiche professionali;
   stante l'esistenza di un tavolo di confronto sulle sorti delle sedi italiane di Electrolux, tra le parti interessate per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, si ritiene necessario acquisire informazioni e chiarimenti in merito all'evoluzione ed ai tempi per pervenire ad un eventuale accordo, anche a fronte della constata inattività delle autorità a livello regionale;
   inoltre, si fa presente che nel primo trimestre 2014, la multinazionale svedese ha chiuso i primi tre mesi del 2014 con ricavi per 2,8 miliardi e utili per circa 48 milioni di euro con un aumento del 19 per cento pari a circa 65,5 milioni di dollari, molto al di sopra delle attese degli analisti e che le stime parlano di una crescita 2014 nell'Unione europea intorno al 3 per cento;
   i predetti risultati hanno portato nell'ultimo mese ad un incremento del titolo in borsa del 24 per cento;
   pertanto, alla luce dei predetti dati, si conferma la solidità della multinazionale svedese. Va da sé, dunque, la doverosa adozione di azioni e provvedimenti a salvaguardia degli attuali livelli occupazionali –:
   se e quale sia il contenuto di un'eventuale proposta formale del Ministro interrogato circa la politica industriale ed occupazionale per lo stabilimento Electrolux di Porcia;
   se e quali garanzie si intendano ottenere dalla società Electrolux sugli eventuali interventi aggiuntivi di sostegno, in materia di costo del lavoro ed investimenti;
   quali siano i tempi previsti per addivenire ad un eventuale accordo rispetto alla salvaguardia dei livelli occupazionali della sede Electrolux di Porcia. (5-03948)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con interrogazioni a risposta scritta ed in commissione, rispettivamente del 7 novembre 2013 (4-02444) e del 16 gennaio 2014 (5-01901), ancora senza risposta, l'interrogante ha denunciato il gravissimo danno procurato all'erario dello Stato dalla legge 11 giugno 1974, n. 252, meglio conosciuta come «legge Mosca» sulla Regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione;
   è noto che detto provvedimento ha concesso il riconoscimento di un regime contributivo agevolato a persone che hanno, presuntivamente, prestato attività lavorativa alle dipendenze di partiti politici, sindacati, istituti di patronato e associazioni del movimento cooperativo;
   difatti, la «legge Mosca», a causa degli inadeguati criteri ivi previsti per l'attribuzione del contributo previdenziale, si è rivelata deleteria poiché predisposta secondo l'interrogante in modo da consentire il riconoscimento di anni di «falsa» attività lavorativa a molti di coloro che vi hanno beneficiato. Sono circa 40.000 le persone alle quali sono state attribuite pensioni agevolate nonché il riscatto a basso costo degli anni trascorsi nel partito politico o nel sindacato, anche qualora non sia stata prestata alcuna attività lavorativa;
   ed invero, sono stati incardinati molteplici procedimenti giudiziari che hanno coinvolto un centinaio di procure della Repubblica, molti dei quali si sono conclusi con la condanna per truffa e falso ideologico di soggetti che hanno avuto accesso al trattamento pensionistico;
   si ritiene necessario essere a conoscenza di chi ha percepito e percepisce tali pensioni, anche per individuare i provvedimenti da adottare per il recupero delle relative risorse economiche sottratte in danno all'Inps, facendo salvi gli eventuali diritti legittimamente acquisiti;
   come risulta da numerose fonti di stampa, riscontrabili anche attraverso internet, tra i beneficiari della «legge Mosca» vi sarebbe l'attuale Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano a cui sembra sia stata attribuita una pensione alla luce del beneficio previdenziale in questione;
   in data 16 aprile 2014, è stato pubblicato dal quotidiano La Repubblica un articolo sugli «introiti» del Presidente Napolitano. A riguardo, si apprende che attraverso una nota dell'ufficio stampa del Quirinale è stato dichiarato che il Presidente Giorgio Napolitano percepisce una indennità di 239.181 euro all'anno, «lordi e non netti, e che non percepisce alcun vitalizio o trattamento pensionistico da tempo maturato per le attività di deputato in dieci legislature»;
   orbene, trattandosi del Capo dello Stato, garante della Costituzione, ovvie ragioni di trasparenza richiedono la necessità di sapere se sia vero che al Presidente Giorgio Napolitano sia stato riconosciuto il beneficio previdenziale previsto dalla «legge Mosca» e quanto sia l'ammontare dello stesso –:
   se sia vero che al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sia stato riconosciuto il benefico previdenziale previsto dalla legge 11 giugno 1974, n. 252 ed, in tal caso, quale sia l'importo della pensione a lui riconosciuta. (5-03949)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'introduzione dalla trasmissione da parte dell'Inps della certificazione unica dei redditi (Cud) esclusivamente per via telematica, sta recando seri disagi ai cittadini pensionati, posto che la maggior parte non è in grado di utilizzare strumenti informatici;
   già dal 2013 è stato, infatti, disposto in base alla spending review della legge di stabilità che i cittadini non riceveranno più al proprio domicilio il Cud e il prospetto riepilogativo della pensione annuale: tali documenti potranno essere trasmessi ottime dal sito dell'Inps e tramite apposito codice personalizzato necessario per potersi registrare al portale web;
   tuttavia, la procedura, invece di essere snellita, ha determinato un ingolfamento agli sportelli dell'Inps di pensionati che, non riuscendo ad accedere al sistema telematico, sono costretti a recarsi presso l'ente per ottenerli;
   tra i tanti articoli di stampa su tale questione, si legge quello pubblicato dal Messaggero Veneto, del 16 aprile 2014, intitolato «Pensionati in fila all'Inps ma il Cud è soltanto online», dal quale si apprende che ad Udine quotidianamente almeno un centinaio di persone, per lo più anziane, si mette in fila per chiedere informazioni o la stampa dei moduli;
   il sindacalista Enrico Barberi, incaricato della gestione dei Cud per il sindacato pensionati (Spi) della Cgil di Udine, dichiara, per l'appunto, che l'Inps colpisce la fascia di popolazione statisticamente meno informatizzata, difatti, centinaia sono le chiamate che ricevono i sindacati e lo stesso ente previdenziale, per le difficoltà che hanno le persone anziane ad accedere al sistema telematico. Molti sono stati costretti a chiedere il sostegno di patronati, Caf e sindacati;
   sono state rilevate una serie di ulteriori criticità, come ad esempio il codice personalizzato che scade dopo tre mesi, l'obbligo di conservare tutte le copie degli allegati: i Caf devono fare fotocopia di tutti gli oneri che i dichiaranti portano in deduzione. Soltanto la Cgil in provincia di Udine compila 25 mila 730 fra attivi e pensionati, se ognuno ha mediamente sette fotocopie da allegare, le spese e la burocrazia aumentano in contrasto con i più basilari principi di semplificazione –:

se il Ministro interrogato intenda adottare gli opportuni provvedimenti per porre fine ai disagi descritti in premessa, elaborando degli interventi che pur nell'ottica di un contenimento della spesa pubblica consentano agli utenti di ricevere un adeguato servizio. (5-03950)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 1o aprile 2014, si apprende da un articolo del Messaggero Veneto, intitolato «Palini e Bertoli, sindacati e lavoratori: futuro incerto», che i lavoratori della Evraz Palini e Bertoli spa e i sindacati hanno seri timori sulle prospettive della sede di San Giorgio di Nogaro (Udine), nonostante i vertici della società abbiano dichiarato che non verrà chiuso tale sito;
   Francesco Barbaro della Fim e Maurizio Balzarini della Fiom hanno affermato che richiederanno un incontro all'assessore regionale Bolzonello per avere più garanzie e chiarezza sui programmi futuri dell'azienda poiché, ad oggi, quanto riferito dall'amministratore delegato, Dmitriy Scuka, non dà concrete garanzie sul futuro della sede di San Giorgio;
   al riguardo, infatti, l'amministratore delegato si è limitato a riferire che è prevista una ripresa aziendale con l'avvio della produzione in conto terzi alla quale sono interessate imprese straniere. Tuttavia, non si è a conoscenza dei dati, tempi, e metodi del progetto di ripresa;
   intanto, vi è grande preoccupazione per i 140 lavoratori della sede di San Giorgio, che attualmente sono in cassa integrazione ad 800 euro al mese –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   se e quali urgenti iniziative intenda adottare per tutelare i lavoratori dello stabilimento di San Giorgio di Nogaro della Evraz Palini e Bertoli spa, anche attraverso l'individuazione di un piano industriale in accordo con i vertici della società e le parti sociali. (5-03951)


   RIZZETTO, PRODANI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Piaggio & C. è una storica società motociclistica fondata nel 1884, facente parte del gruppo Piaggio, attualmente controllata dall’holding industriale IMMSI s.p.a. e quotata in Borsa italiana;
   negli anni ottanta la Piaggio contava circa 12.000 operai, oltre i 30.000 dell'indotto, tuttavia, nel tempo, vi è stata una drastica diminuzione dei posti di lavoro;
   a parere dell'interrogante, a causa di alcuni accordi sindacali avallati dai Governi che si sono succeduti, nell'ambito del gruppo vi è stato uno svilimento dei diritti dei lavoratori attraverso licenziamenti, il ricorso alla cassa integrazione – avvenuto in modo non opportuno – nonché una progressiva delocalizzazione degli impianti di produzione all'estero;
   la Piaggio ha dichiarato nel 2013 una diminuzione dei volumi di vendite – nel settore scooter, moto e ciclomotori – di poco superiore al 20 per cento rispetto al 2010 e tale fatto, a quanto è dato sapere, ha determinato il ricorso ai contratti di solidarietà dei tremila dipendenti della sede di Pontedera. Tuttavia, risulta che l'assenza nell'anno 2013 di lavoratori stagionali e l'uscita di trecento operai con il ricorso alla mobilità nell'anno 2011, avrebbe già coperto una riduzione della produzione del 20 per cento, perciò sembra che la riduzione delle ore di lavoro, per gli attuali occupati, non dipenda dalla diminuzione delle vendite così come risulta dal contratto di solidarietà;
   al riguardo,  gli annunciati 1.200 esuberi della sede di Pontedera, a fronte dei quali si è fatto ricorso ai contratti di solidarietà, appaiono all'interrogante non corrispondenti alla realtà, posto che, nell'anno 2013, è stato richiesto il primo contratto di solidarietà con un bilancio chiuso in attivo di 42 milioni di euro ed un dividendo riconosciuto agli azionisti di 33 milioni di euro, senza neanche procedere a corrispondere il dovuto premio di produzione ai dipendenti;
   inoltre, si è appreso che, contemporaneamente all'applicazione del contratto di solidarietà, l'impresa ricorre all'appalto di lavori all'esterno – ad esempio, per collaudare alcuni modelli di scooter e moto – ed importa veicoli e motori dal sud est asiatico per immetterli nel mercato italiano e europeo. Quindi, di fatto, il ricorso agli ammortizzatori sociali nella sede di Pontedera consente all'azienda di usufruire degli sgravi contributivi, pur avvalendosi di lavorazioni che vengono importate invece di essere eseguite dalle maestranze interne allo stabilimento;
   ebbene, il ricorso ai contratti di solidarietà dovrebbe avvenire per tutelare i lavoratori dipendenti a fronte di una crisi tale da compromettere il livello occupazionale di un'azienda; si ritiene, invece, che, di frequente, lo stesso avvenga in presenza della mera richiesta dell'impresa al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con l'avallo dei sindacati maggiormente rappresentativi sul territorio nazionale;
   nel caso dei lavoratori Piaggio di Pontedera, appare che non vi sia stata una concreta analisi delle cause del presunto calo produttivo e la valutazione della possibilità di applicare soluzioni alternative, per evitare il ricorso agli ammortizzatori sociali;
   in generale, dunque, si ritiene che l'applicazione degli ammortizzatori sociali – che comporta un oneroso contributo pubblico attraverso uno sgravio contributivo che va dal 25 al 35 per cento – debba essere preceduta da un'opportuna verifica del possesso dei requisiti richiesti dalla normativa in materia per evitare che venga riconosciuta, indistintamente, ad imprese realmente in crisi e ad altre che, invece, producono utili e dividendi per i propri azionisti –:
   se e quali azioni siano state messe in atto da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa in materia, al fine di autorizzare l'applicazione dei contratti di solidarietà alla Piaggio nella sede di Pontedera;
   se il Ministro interrogato non ritenga che, non sussistendo una crisi aziendale del gruppo Piaggio, gli sgravi contributivi previsti dall'applicazione dei contratti di solidarietà si configurino, di fatto, in una forma di finanziamento all'impresa, ossia un aiuto di Stato;
   se e quali azioni intenda adottare per la tutela degli attuali livelli occupazionali dei lavoratori Piaggio della sede di Pontedera;
   considerando che, di frequente, l'applicazione dei contratti di solidarietà è stata concessa ad imprese che, successivamente, hanno comunque proceduto al licenziamento dei lavoratori, se e quali azioni intenda adottare il Ministro affinché, in futuro, gli sgravi contributivi collegati agli ammortizzatori sociali, siano effettivamente destinati al fine di scongiurare il licenziamento dei lavoratori.
(5-03952)


   RIZZETTO, ROSTELLATO, TRIPIEDI, BECHIS, COMINARDI, CIPRINI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'inefficienza dei centri per l'impiego in Italia è divenuta fatto notorio e, nell'attuale periodo di grave crisi occupazionale, tale questione costituisce argomento all'ordine del giorno come si apprende, tra l'altro, alla pagina web www.ilfattoquotidiano.it da un articolo, del 21 dicembre 2013, di Thomas Mackinson, Lucio Musolino e Vincenzo Iurillo;
   i centri per l'impiego sono uffici della pubblica amministrazione istituiti per gestire il mercato del lavoro promuovendo, altresì, politiche attive per collocare i lavoratori ed effettuare preselezioni al fine dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro, di contro, sono di fatto enti che producono ingenti costi ed alimentano la burocrazia;
   sono 556 i centri per l'impiego presenti in Italia presso i quali lavorano 10.000 dipendenti pubblici, tuttavia, solo il 2-3 per cento delle assunzioni sono determinate dall'intervento di tali uffici, a fronte di un costo pubblico concessivo che sembra si aggiri attorno i 500 milioni di euro all'anno;
   a quanto risulta, ormai, milioni di italiani si rivolgono a detti enti solo per ottenere la cosiddetta «dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro», ai fini del sussidio per la disoccupazione;
   è emerso che gli stessi dipendenti dei centri per l'impiego sono spesso stati costretti a lavorare con contratti illegali e sottopagati e che, nell'ambito della gestione di tali uffici pubblici, in alcuni casi, sono state avviate indagini per truffa e mala gestione certificata dai revisori contabili;
   emerge, dunque, la necessità di un'immediata ed urgente riforma dei centri per l'impiego che ne consenta la razionalizzazione, attraverso un riordino complessivo delle strutture esistenti valorizzando e ampliando la centralità delle strutture pubbliche a partire dal ruolo Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed evitando duplicazioni e sovrapposizioni di mansioni attraverso un riparto delle funzioni tra strutture centrali e periferiche –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito a quanto segnalato;
   se e quali urgenti ed immediate iniziative, per quanto di competenza, intenda promuovere per addivenire a una riforma del settore che consenta una migliore gestione del mercato del lavoro e, di conseguenza permetta di collocare i lavoratori agevolando l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro. (5-03953)


   RIZZETTO, ROSTELLATO, TRIPIEDI, COMINARDI, BECHIS, CHIMIENTI, BALDASSARRE e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Corte dei conti ha emesso la determinazione n. 101/2013, depositata in data 27 novembre 2013, con la quale riferisce l'esito del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Inps relativamente all'esercizio dell'anno 2012;
   dal report della Corte dei conti si apprendono le gravi criticità che coinvolgono l'Istituto, a riguardo, nello specifico, è stato espresso un giudizio negativo rispetto all'adeguatezza delle pensioni che si riferiscono al metodo contributivo, che comporta l'esigenza di un costante monitoraggio degli effetti delle riforme del lavoro e della previdenza obbligatoria sulla spesa pensionistica;
   sono stati registrati eccessivi divari nei trattamenti connessi a quello retributivo, unitamente all'urgenza di rilanciare la previdenza complementare;
   si rappresenta la necessità di un intervento, al fine di attuare un nuovo assetto dell'intero ordinamento, riequilibrando la governance dell'Istituto, in particolare, rispetto ai profili della rappresentanza legale, di indirizzo politico amministrativo e di gestione, inoltre, devono essere ridisciplinate le attribuzioni dell'organo di controllo interno e della vigilanza ministeriale;
   la necessità di una riforma dell'Istituto consegue, altresì, dall'incorporazione di Inpdap e Enpals che, soprattutto, ha accentuato l'esigenza di una revisione delle articolazioni della direzione generale e delle funzioni dirigenziali;
   i giudici contabili della Corte mettono in rilievo l'urgente esigenza di riformare le modalità di riconoscimento dell'invalidità civile, poiché le procedure attuali, che si basano soprattutto sul ricorso a medici esterni convenzionati, non garantiscono all'Inps la capacità di governo di tale settore, quindi, sarebbe necessario un intervento legislativo volto a completare il trasferimento delle competenze dell'intero procedimento in capo all'istituto;
   ed ancora, si apprende dalla relazione, che sussiste una dilatazione dei saldi negativi e dell'indebitamento, aggravati dal fondo di nuova acquisizione dei dipendenti pubblici, in progressivo e crescente dissesto;
   i conti generali, pertanto, registrano il primo disavanzo finanziario e l'accentuazione del deficit economico quale conseguenza, tra l'altro, del ciclo recessivo nonché dell'incorporazione della gestione pubblica;
   è dunque evidente, da quanto emerge dalla relazione della Corte dei conti sulla gestione dell'Inps, che è necessaria un'improrogabile riforma che comporti l'adozione di misure per ridisciplinare l'assetto e le procedure dell'Istituto, al fine di far fronte al crescente deficit finanziario –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito a quanto segnalato;
   se e quali urgenti iniziative intenda adottare in considerazione delle gravi e molteplici criticità relative alla gestione finanziaria dell'Inps, segnalate dalla Corte dei conti;
   in particolare, se e quali iniziative intenda adottare per quanto concerne la rilevata inadeguatezza delle pensioni rispetto al metodo contributivo e per riformare le modalità di riconoscimento dell'invalidità civile. (5-03954)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro (Udine), che opera nel settore siderurgico, è chiusa dal mese di agosto 2013. Dopo i primi tre mesi di cassa ordinaria a ore zero – motivata da condizioni di mercato non favorevoli – si sta avvicinando il suo termine di scadenza, previsto per il 25 novembre 2014;
   questo periodo di chiusura dell'azienda è stato caratterizzato da quella che all'interrogante appare una latitanza dei vertici della società, nonché dalla assenza delle istituzioni italiane in questa vicenda. Difatti, non vi è stato alcun intervento dell'Esecutivo per sollecitare un confronto con la proprietà della società, nonostante la grave situazione dei lavoratori della Evraz sia stata esposta dall'interrogante con precedenti atti di sindacato ispettivo;
   in occasione dell'ultimo incontro tra i dipendenti e la direzione, è stato riferito che l'azienda non intende chiudere, ma non sussistono ancora i presupposti economici per riavviare la produzione;
   nel frattempo, la società ha cambiato amministratore delegato e si è trasformata da società per azioni in società a responsabilità limitata, sebbene non vi sia stata una variazione di capitale;
   dunque, ad oggi, non vi è certezza sul futuro dell'azienda e quindi sul destino dei suoi lavoratori;
   ebbene, la cassa integrazione sta per scadere e i termini legali per mettere i lavoratori in mobilità sono già scaduti. Intanto, le uniche dichiarazioni dei vertici dell'Evraz sono state rilasciate attraverso l'ambasciatore italiano a Mosca, ove ha sede il gruppo Evraz. Al riguardo, si dichiara che l'Evraz intende attuare una ristrutturazione degli impianti ed avviare la produzione nel 2015. Di conseguenza, si propone di avanzare una nuova richiesta di cassa integrazione per ristrutturazione;
   tali dichiarazioni, tuttavia, non sono accompagnate da nessun piano industriale che possa garantire la solidità delle intenzioni dei vertici societari;
   si ritiene, pertanto, necessaria la costituzione di un tavolo di concertazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, affinché venga fatta chiarezza sul destino e le prospettive dell'Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro, al fine di individuare le azioni più idonee a tutela dei lavoratori, che ad oggi, vivono in uno stato di totale incertezza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali siano i propri orientamenti;
   se e quali iniziative intenda adottare al fine di promuovere un tavolo di concertazione tra le parti interessate, per favorire una corretta gestione delle relazioni industriali e sindacali ed individuare un piano industriale che consenta alla Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro di salvaguardare i lavoratori.
(5-03955)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che i lavoratori dell'Ideal Standard dello stabilimento di Orcenico hanno ricevuto delle lettere di licenziamento con data antecedente all'incontro ministeriale tenutosi di recente, in occasione del quale l'Esecutivo ha confermato che la cassa integrazione in deroga avrà la copertura finanziaria fino alla fine del 2014;
   il sindacato ha annunciato che le lettere in questione saranno contestate in quanto i tempi della mobilità potrebbero essere rivisti proprio in funzione dell'allungamento della cassa integrazione in deroga fino al mese di dicembre. Al riguardo, l'azienda deve comunque inoltrare la richiesta della cassa, come ha invitato a fare il Ministero;
   le lettere di licenziamento sembra siano arrivate a tutti quei lavoratori, circa trecento, che hanno fatto richiesta della mobilità volontaria incentivata. Dunque, l'azienda in base a tali richieste ha ritenuto di fare partire la mobilità. Tale decisione è, tuttavia, maturata in periodo antecedente all'ultimo incontro presso il Ministero, a cui erano presenti le parti interessate;
   si ritiene necessario verificare i fatti predetti affinché venga garantita la tutela dei lavoratori contro eventuali azioni illegittime –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti in questione e quali siano i suoi orientamenti;
   se e quali iniziative intenda intraprendere considerato che l'Ideal Standard ha trasmesso lettere di licenziamento quando ancora non è dato sapere se la cassa integrazione verrà ulteriormente prolungata rispetto al periodo già stabilito;
   se e quali provvedimenti intenda adottare per garantire la tutela e gli interessi dei lavoratori;
   se e quali provvedimenti intenda promuovere affinché la cassa integrazione sia riconosciuta quale strumento di aiuto ad imprese che in prospettiva hanno le condizioni per una concreta ripresa, escludendo che tale istituto divenga, come di frequente accade, l'anticamera del licenziamento, posto che ad avviso dell'interrogante anche nel caso in questione è assurdo che di fronte ad un prolungamento della copertura finanziaria per la cassa integrazione, siano state trasmesse in contemporanea delle lettere di licenziamento. (5-03956)


   COMINARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni si sono verificati un numero elevato di suicidi o tentati suicidi di lavoratori;
   nello specifico assume rilievo la vicenda dei lavoratori della Fiat, risalente al 2008, quando venne annunciata la realizzazione di un polo logistico di eccellenza a Nola, dove furono trasferiti 316 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano;
   a giudizio degli interroganti tale piano appare fallito, con i 316 lavoratori oramai «delocalizzati» a Nola ed in cassa integrazione da sei anni;
   come riportato dal quotidiano Il Manifesto – il Manifesto.info – articolo del 5 febbraio 2014, Giuseppe De Crescenzo, attivista sindacale, confinato a Nola, si impiccava nella sua casa di Afragola all'età di 43 anni, nel febbraio 2014;
   come riportato dagli articoli del 26 maggio 2014 della RepubblicaRepubblica.it – e del Corriere del mezzogiorno.it, in data 24 maggio 2014 veniva ritrovato il corpo di una donna appartenente e al Comitato mogli operai di Pomigliano, operaia del reparto logistico di Nola che si suicidava all'età di 47 anni, da anni in cassa integrazione e che aveva più volte denunciato le condizioni di vita degli operai della Fiat;
   secondo quanto riportato da un articolo del 27 ottobre 2014, dell’Internazionale.it i 316 lavoratori, in cassa integrazione da sei anni, sono stati trasferiti al reparto confino di Nola perché lavoratori «militanti sindacali» o con «ridotte capacità lavorative»;
   inoltre, come riportato dal quotidiano il Manifesto.info – articolo del 4 luglio 2014 – è stata prorogata per un altro anno la cassa integrazione degli operai di Nola, con una selezione di 60 operai impegnati in corsi di formazione finalizzati allo svolgimento dell'attività di manutenzione di contenitori di metallo. Tra l'altro, per questo reparto, si ricorre alla cassa integrazione dall'anno 2008 (la cassa integrazione straordinaria scaduta nel luglio 2014 è stata prorogata fino a luglio 2015);
   a questo punto, a giudizio degli interroganti, al fine di tutelare i diritti e la dignità dei lavoratori, visto il mancato avviamento dell'originario progetto della realizzazione di un polo logistico di eccellenza a Nola, che aveva visto il trasferimento di questi 316 operai, e dopo sei anni di cassa integrazione, non si comprende per quale ragione non vi sia stata una immediata reintegrazione degli stessi lavoratori nello stabilimento di Pomigliano –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quale sia il suo orientamento con particolare riferimento ai suicidi dei lavoratori del polo logistico di Nola ed alla natura del trasferimento dei 316 operai, e quali soluzioni intenda proporre, per quanto di competenza, al fine di impedire forme di discriminazione dei diritti e della dignità dei lavoratori. (5-03959)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Astir spa, già Recam spa, è un'azienda costituita nel 2003, che ha come socio unico la regione Campania ed opera nel settore ambientale esclusivamente in favore dell'ente pubblico di appartenenza;
   inizialmente l'azienda, per il conseguimento dello scopo sociale ed a seguito di una procedura con evidenza pubblica, si dotò di un organico di 338 dipendenti selezionati tra i lavoratori socialmente utili;
   nel 2010 la regione Campania decise di sospendere le commesse già affidate alla Astir spa determinandone, inevitabilmente, il progressivo indebitamento, particolarmente nei confronti dei dipendenti e dell'erario;
   a seguito della grave situazione debitoria nel 2011 la Astir spa venne posta in liquidazione;
   nel 2013, a seguito dei mancati pagamenti degli stipendi e per l'assenza di nuove commesse, l'azienda collocò tutti i dipendenti in cassa integrazione in deroga a zero ore;
   successivamente il tribunale di Napoli dichiarò il fallimento della società;
   dopo ulteriori ricorsi alla cassa integrazione in deroga e l'avvio di numerose procedure di licenziamento collettivo, nel 2014 il giudice delegato, ai sensi dell'articolo 72 della legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942 e successive modifiche e integrazioni), sospese i lavoratori dai contratti in essere senza ulteriore ricorso alla cassa integrazione, fissando come termine ultimo per i licenziamenti il 31 dicembre 2014;
   la regione Campania, con legge regionale n. 1 del 27 gennaio 2012 costituì una nuova società per l'ambiente denominata Campania Ambiente e Servizi, prevedendo l'assorbimento dei lavoratori provenienti da altre società partecipate precedentemente poste in liquidazione;
   sempre nel 2012 venne sottoscritto un accordo di programma quadro con il successivo finanziamento, alla regione Campania, di 42 milioni di euro provenienti dal fondo di sviluppo e coesione 2007-2013;
   per l'esecuzione di quanto previsto dall'accordo di programma la regione Campania identificò la società Campania Ambiente e Servizi;
   ulteriori 18 milioni di euro furono affidati alla società Campania Ambiente e Servizi per un progetto di bonifica dei regi lagni borbonici;
   ad oggi Campania Ambiente e Servizi ha assorbito solo 12 dipendenti provenienti dalla ex Astir spa;
   i restanti lavoratori (oltre 400) da più di 6 mesi non percepiscono lo stipendio e, nonostante le continue assicurazioni della regione, l'avvio delle attività di Campania ambiente e servizi non è ancora iniziato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative, nei limiti delle proprie competenze intenda adottare affinché si possa pervenire ad una soluzione della vicenda che garantisca i livelli occupazionali. (4-06731)


   LODOLINI e GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il triste fenomeno del caporalato è presente in tutte le regioni italiane. Certamente i dati raccolti dai diversi istituti descrivono che il lavoro nero e sommerso è più presente nelle regioni del Mezzogiorno ma quelle del Centro e del Nord non sono certo esenti. Del resto, non bisogna dimenticare come il fenomeno del caporalato non riguardi solo il Sud e i lavoratori immigrati, bensì tutto il Paese (essendo diffuso in molte imprese e cantieri, soprattutto, in quelli che si occupano della realizzazione di grandi opere, presenti in tutto il territorio nazionale, compreso il Nord) e gli stessi lavoratori italiani;
   secondo quanto si apprende dalla stampa locale marchigiana la Fiom Ancona avrebbe presentato un esposto alla procure della Repubblica di Ancona affinché verifichi l'ipotesi relativa ad un possibile sfruttamento della manodopera portuale;
   secondo quanto sospettato dal sindacato di lavoratori, ormai da diverso tempo, davanti i cancelli di Fincantieri, all'interno del Porto di Ancona, si assisterebbe a forme di caporalato. Quasi ogni mattina, secondo quanto denunciato, si presenterebbero in zona una ventina di persone in cerca di un'occupazione, soprattutto immigrati, in attesa di qualcuno delle ditte appaltatrici o subappaltatrici, incaricate di lavori di vario genere all'interno dei grandi cantieri navali. Sarebbero questi dipendenti che, in cambio di una paga prefissata, assolderebbero operai disposti a tutto pur di lavorare qualche giorno, settimana o un mese. Alla fine, sempre secondo quanto ricostruito dai sindacati, il lavoro nero verrebbe ricompensato forme di paga globale, cioè con un pagamento unico che, formalmente conterrebbe ogni garanzia (malattia, ferie, Tfr, previdenza), ma in realtà non avrebbe nulla di tutto ciò;
   il personale delle ditte interessate uscirebbe sul piazzale per selezionare da due a cinque «fortunati», a fronte di quindici o venti aspiranti. In alcuni casi, sempre secondo il sindacato, i candidati sarebbero costretti a pagare una somma imprecisata per assicurarsi l'impiego a discapito di altri –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra evidenziati;
   come intenda intervenire il Governo per combattere la piaga del caporalato, a tutela della sicurezza degli operai e per il contrasto all'irregolarità nei cantieri;
   se il Governo non ritenga opportuno intraprendere tutte le iniziative possibili a livello locale e nazionale, per contrastare i fenomeni di sfruttamento della manodopera, del caporalato e dello schiavismo, coinvolgendo in forma attiva, le forze di polizia, gli enti locali, le organizzazioni professionali, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni della società civile. (4-06733)


   TOFALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di ottobre del 2010 è stato ceduto il ramo d'azienda riguardante lo stabilimento Alcatel-Lucent spa ubicato in Battipaglia (SA), alla società BTP TECNO avente sede in Battipaglia (SA);
   il gruppo imprenditoriale facente capo a BTP TECNO risultava in una situazione di difficoltà economico-finanziaria, come si evince dagli articoli di stampa ed è riscontrabile dal registro imprese;
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha mediato per la cessione di tale attività ed ha svolto una funzione di garanzia terminata con l'attività di sottoscrizione dell'accordo presso il Ministero dello sviluppo economico in data 17 giugno 2010. Si aggiunga che l'operazione societaria era basata su un impegno a trasferire consistenti carichi di commesse;
   si può leggere dall'articolo di «La Città» «La causa dell'improvviso tracollo sarebbe da ricercare nel mancato rispetto, da parte dell'Alcatel, degli accordi presi nel 2010, all'atto del passaggio aziendale. Nel corso dei primi cinque anni – dunque fino al 2015 – la multinazionale francese avrebbe dovuto garantire alla Btp Tecno, che intanto avrebbe diversificato ed implementato altre produzioni, commesse per 300 milioni di euro»;
   recenti sviluppi hanno visto l'affacciarsi come nuovo acquirente del gruppo QSE. A quanto consta all'interrogante, con circolare interna n. 20 del 2014 in accordo con la BTP tecno, i probabili neo-acquirenti hanno manifestato l'intenzione di incontrare direttamente i lavoratori di fatto scavalcando la rappresentanza sindacale e il Ministero dello sviluppo economico; nelle ultime ore grazie alla denuncia mediatica dei lavoratori pare sia saltato quello che all'interrogante appare un atto di forza –:
   se il Ministro intenda svolgere anche un controllo di merito per riscontrare l'affidabilità del soggetto acquirente;
   se intenda assumere iniziative affinché l'ingresso del neo-acquirente non pregiudichi un futuro programmatico concreto, vista la situazione di assoluta difficoltà dell'azienda e affinché questo passaggio di consegne non comporti l'ennesimo saccheggio del know-how locale;
   in quale maniera il Ministero dello sviluppo economico intenda tutelare le aspettative e gli affidamenti dei lavoratori, già tradite dalla fallimentare trattativa con la BTP Tecno. (4-06737)

RIFORME COSTITUZIONALI E RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


  GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   i residenti del quartiere San Siro di Milano da mesi vivono una situazione tragica; gli inquilini degli stabili popolari Aler sono arrivati al punto di non potersi allontanare da casa e rinunciare alle ferie per paura delle occupazioni selvagge dei loro appartamenti;
   dalle circostanze agghiaccianti raccontate dagli inquilini che per mesi cercano invano di impedire le occupazioni abusive negli alloggi sfitti dei propri palazzi, si apprende che, addirittura, a chi protesta arrivano spesso insulti e minacce, anche con pistole e coltelli, da chi organizza le occupazioni;
   mentre le occupazioni continuano, le case sono sempre meno per gli aventi diritto; nonostante il tanto pubblicizzato «piano casa» del Governo e i 1.480 alloggi che dovrebbero essere disponibili entro il 2015 per Milano, di cui circa 600 ristrutturati dal piano casa e circa 700 promessi da Aler, il numero degli appartamenti è molto insufficiente per il bisogno a cui deve rispondere;
   eppure i soldi si spendono per gli sgomberi; sgomberare un alloggio sembra che può arrivare a costare anche 10 mila euro: ci vogliono l'assistente sociale se in presenza di donne e bambini, l'ispettorato Aler, la polizia, il veterinario se ci sono animali domestici, l'ambulanza per eventuale soccorso medico e poi fabbri e tecnici per aggiustare gli infissi e le serrature;
   la Aler cerca di fare il possibile: secondo i mezzi stampa, dal 30 giugno al 30 settembre 2014 sono stati recuperati centoundici alloggi con il solo intervento della task force dell'Aler; task force che è dovuta intervenire per ben 943 volte e gli alloggi sono stati recuperati in 516 occasioni. Per contro, ben 197 volte le occupazioni sono andate a buon fine per il mancato intervento delle forze dell'ordine e 148 volte per assenza di assistenti sociali;
   tuttavia, tali iniziative non bastano per garantire le case a chi legittimamente ne ha diritto; oltre ad interventi strutturali e regolamentari urgenti che dovranno assumere le autorità locali per cambiare i requisiti per le assegnazioni, come, ad esempio, aumentare gli anni di residenza minima, oggi fissati in 5 anni, occorrono interventi straordinari da parte del Governo che non può lasciare in una simile emergenza la città;
   occorre organizzare nell'immediato un piano di censimento porta a porta per controllare le occupazioni legittime e illegittime degli appartamenti e garantire la sicurezza alla popolazione e il ritorno alle normali condizioni di vita per i residenti, operazione questa che solo con l'utilizzo delle forze armate potrebbe riuscire, come avvenuto in altre situazioni di emergenza del Paese, come, ad esempio, nell'operazione «strade sicure», che consente l'utilizzo del personale delle Forze armate nel contrasto alla criminalità e include il pattugliamento di strade, presidi o obiettivi sensibili –:
   quali interventi urgenti il Governo intenda assumere per porre fine alla situazione di emergenza che vive Milano e, in particolare, il quartiere San Siro a causa delle occupazioni abusive degli alloggi Aler e se il Governo non ritenga indispensabile, vista la situazione drammatica che vive tale quartiere, utilizzare le Forze armate per un immediato censimento delle occupazioni legittime e illegittime degli appartamenti e garantire la sicurezza alla popolazione e il ritorno alle normali condizioni di vita per i residenti. (3-01140)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   RICCIATTI, MELILLA e NICCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto del 26 febbraio 2003, ha perimetrato il sito di interesse nazionale (sin) di Falconara Marittima nel quale la raffineria di petrolio occupa una parte rilevante;
   l'impianto di raffineria di Falconara Marittima è entrato in attività nel 1950, si sviluppa su una superficie di 700.000 metri quadri di superficie ed è incastonata nel lato nord del centro abitato del comune di Falconara Marittima in provincia di Ancona;
   tale impianto ha sempre destato preoccupazione circa le sue emissioni nocive e i relativi effetti per la salute della popolazione residente;
   a partire dagli anni ’70 sono state svolte indagini sanitarie che hanno interessato i lavoratori e i cittadini falconaresi, tra le quali si citano quelle più rilevanti:
    a) lo studio sugli addetti all'impianto petrolchimico a cura dell'Istituto d'igiene dell'Università degli studi di Ancona in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità – avviato nel 1991 e aggiornato nel 1996 – deve essere tuttora concluso e ha interessato 659 (650 uomini e 9 donne) lavoratori della raffineria in servizio fra il 1974 ed il 1989 con un follow-up aggiornato al 1996. Sono state indagate 33 gruppi e cause di morte. Lo studio occupazionale ha rilevato eccessi di mortalità tumorale complessiva e di tumori cerebrali in particolare, dato questo in linea con le risultanze di studi simili condotti in altri Paesi e pubblicati sulla letteratura internazionale;
    b) l'analisi commissionata dalla procura della Repubblica di Ancona (per motivi a tutt'oggi non noti ai cittadini), analisi epidemiologica geografica di mortalità e ricovero ospedaliero per causa (Centroide di Falconara Marittima e comuni entro 30 chilometri) nel settembre del 2002, secondo cui: «I tumori del sistema emolinfopoietico (leucemie, linfomi, mielomi) presentano nel loro complesso la maggiore problematica del comune di Falconara. Nel corso degli anni sono stati segnalati ripetuti eccessi in questa categoria diagnostica, ora in un sesso, ora nell'altro a seconda dei sottogruppi considerati, con distribuzione però differente per tipologia e periodo: negli anni 1981-94 ad una mancanza di rischio complessivo di leucemie tra gli uomini fa da contrasto un rischio aumentato di linfomi non Hodgkin negli uomini, mentre nelle donne si è registrato un rischio non significativo statisticamente, ma con un eccesso di mielomi multipli. Nel periodo più recente l'eccesso per linfomi non Hodgkin si sposta nel sesso femminile, mentre negli uomini è inferiore all'atteso. I tumori emolinfopoietici nel loro complesso sono ora in eccesso nel sesso femminile mentre sono diminuiti negli uomini. Le leucemie nel periodo più recente sono in eccesso nelle donne, mentre negli uomini non sono rilevabili eccessi come nel periodo precedente. (...) Le leucemie sono, invece, state correlate con numerosi fattori di rischio, soprattutto con il benzene e altri derivati simili dell'industria petrolifera. In merito alla correlazione tra patologie del sistema emolinfopoietico ed esposizioni professionali tra gli addetti ad impianti petrolchimici esiste un corpus di letteratura molto corposo, perdurante dai primi studi eseguiti, spesso con evidenze anche tra la popolazione residente nei pressi degli impianti stessi. Nella monografia Iarc (International agency for research on cancer) più volte citata, la documentazione più rilevante riguarda per l'appunto tale associazione. Va rimarcato che successivamente al 1989, anno di pubblicazione della monografia Iarc sulla pericolosità degli impianti di raffinazione del petrolio, sono stati numerosissimi gli studi pubblicati sull'argomento della maggiore incidenza di tumori emolinfopoietici in lavoratori addetti a industrie petrolchimiche o residenti nelle vicinanze». E ancora nelle conclusioni svolte per la procura: «sono stati rilevati, a Falconara, alcuni eccessi, alcuni significativi, in vari periodi e in entrambi i sessi, pur con differenze nelle singole tipologie, che meritano la massima considerazione e richiederebbero la ricostruzione dell'esposizione dei vari soggetti, tramite intervista ai familiari dei deceduti, con uno studio analitico del tipo caso-controllo per verificare le ipotesi eziologiche più preoccupanti»;
   il 29 settembre 2011 l'Istituto nazionale tumori di Milano ha consegnato alla regione Marche, alla provincia di Ancona e ai comuni di Falconara Marittima, Chiaravalle e Montemarciano i risultati finali dell'indagine epidemiologica presso la popolazione residente a Falconara Marittima e comuni limitrofi riguardante il periodo dal 1994 al 2003. L'indagine, con uno studio analitico del tipo caso-controllo, è la prima e unica indagine che ha ricostruito l'esposizione dei vari soggetti tramite l'intervista ai familiari dei deceduti;
   il 29 marzo 2012, su invito e organizzazione delle associazioni dei cittadini falconaresi, i risultati finali dell'indagine venivano divulgati dall'Istituto nazionale tumori di Milano in un'assemblea pubblica;
   i risultati dell'indagine sono il frutto:
    a) di una convenzione, stipulata a luglio 2003, tra l'Istituto nazionale dei tumori di Milano e l'Agenzia regionale sanitaria della regione Marche, per l'elaborazione di uno «studio di fattibilità relativo all'indagine epidemiologica» presso la raffineria Api di Falconara;
    b) della deliberazione n. 679 del 15 giugno 2004 della giunta regionale delle Marche che approvò lo studio di fattibilità, il programma operativo e la stima dei costi necessari;
    c) della deliberazione integrativa n. 977 dell'11 settembre 2006 della giunta regionale delle Marche che definì il contributo complessivo regionale destinato al completo svolgimento dell'indagine, approvò il protocollo operativo di dettaglio e istituì il tavolo tecnico costituito dai rappresentanti dei servizi regionali ambiente e difesa suolo e salute, dei comuni interessati e della provincia di Ancona con il compito di valutazione e verifica delle attività inerenti l'indagine in termini di contenuti, di congruità dei costi e dei risultati attesi;
   secondo i dati raccolti dall'indagine, si evidenzia che «nell'area è esistito un problema di esposizione alla raffineria associato ad eccesso di rischio di morte per leucemia e linfoma non Hodgkin (e forse anche di mieloma, stando agli esiti della linea B), patologie relativamente rare»;
   dalla relazione finale dell'indagine si rileva che «il rischio sia stato particolarmente evidente per i soggetti che avevano domiciliato per più tempo entro i 4 chilometri dalla sorgente inquinante». Si specifica che gli eventi «sono occorsi in un non elevato numero di persone di età avanzata che hanno vissuto per oltre 10 anni in prossimità della raffineria»; ma «tali eventi possono essere anche interpretati come il segno di fatti sanitari importanti che hanno interessato fasce ben più ampie di popolazione». Quindi, si sottolinea la necessità di «rafforzare gli interventi di sanità pubblica per controllare gli effetti ed eliminare i rischi»;
   nell'aprile 2014 le associazioni dei cittadini hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Ancona, consegnando i risultati dell'indagine epidemiologica sopra citata, chiedendo la riapertura dell'indagine avviata nel 2001 dalla stessa procura per accertare eventuali responsabilità penali di fronte alle esposizioni nocive, alle quali la popolazione è stata esposta nel corso degli anni;
   la regione Marche ha formalizzato uno studio, con decreto del dirigente della posizione funzionale (PF) sanità pubblica n. 2/SAP-04 dell'8 febbraio 2006, di mortalità sulla corte degli occupati nella raffineria Api, che fa parte di un progetto nazionale del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della salute affidato all'Istituto superiore di sanità;
   quello studio risulta attualmente bloccato per l'indisponibilità da parte di Api di fornire anche solo l'elenco dei propri dipendenti ed ex dipendenti, adducendo insuperabili problematiche legate alla privacy;
   il 10 aprile 2012 il consiglio regionale delle Marche approvava la legge n. 6, che prevedeva l'istituzione del «registro regionale delle cause di morte e di registri di patologia», il quale non è potuto diventare esecutivo, poiché in attesa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto regolamentarli come previsto dall'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, ai commi 10 e 11 –:
   se la regione Marche, la provincia di Ancona o gli altri comuni oggetto della ricerca abbiano consegnato l'indagine epidemiologica al Ministero della salute o all'Istituto superiore di sanità o se li abbiano informati in altro modo delle conclusioni emerse dall'indagine medesima e, in caso negativo, se il Ministro interrogato abbia intenzione di acquisire tale indagine direttamente dall'Istituto nazionale dei tumori di Milano, promuovendo di conseguenza una relazione di aggiornamento da parte dell'Istituto superiore di sanità sullo studio di mortalità sulla corte degli occupati nella raffineria Api di cui in premessa, facendo contestualmente conoscere quali siano i tempi di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 per dare attuazione ai registri di mortalità, tumore e altre patologie. (3-01132)


   MIOTTO, LENZI, ALBINI, AMATO, ARGENTIN, BECATTINI, BENI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARIANO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la distribuzione di un farmaco nei Paesi dell'Unione europea viene autorizzata dall’Ema (European medicine agency). Allo scopo, il produttore deve presentare un dossier con tutti gli studi necessari (sperimentazioni di fase I, II e III, quelle su un largo numero di pazienti);
   in base a questi dati, l’Ema valuta sicurezza, efficacia e qualità della molecola. E in questa fase, come premesso, non vengono richiesti studi «di superiorità» rispetto ad altri principi attivi in commercio per la stessa indicazione: basta che «non siano inferiori»;
   se approvato, il farmaco può essere prescritto e acquistato nell'Unione europea al prezzo deciso dall'azienda, ma non viene ancora rimborsato da servizi sanitari nazionali o assicurazioni. Per questo è necessaria una trattativa a livello nazionale con le agenzie regolatorie dei singoli Paesi, per l'Italia tale agenzia è l'Aifa;
   l'azienda, in genere, indica alle proprie filiali nazionali un prezzo-obiettivo per ogni Paese, che può variare da caso a caso, perché tiene conto di molte variabili, come potenziale numero di pazienti, capacità di spesa e tipo di rimborso dei singoli Paesi (a carico dello Stato, assicurativo o misto);
   una volta avviata la trattativa, l'ente regolatorio, di solito, procede in due modi: se ritiene che il nuovo farmaco non dia benefici aggiuntivi rispetto ad altri già in commercio proporrà all'azienda il prezzo più basso fra quelli della stessa classe; se, invece, giudica che il farmaco porti benefici aggiuntivi tende a prendere come riferimento il prezzo più basso già ottenuto dall'azienda in altri Paesi europei. Per questo le case farmaceutiche di solito (non sempre) negoziano prima il rimborso in Paesi in cui c’è maggiore probabilità che il farmaco «spunti» un prezzo alto (per esempio, la Germania);
   in questa trattativa, come precisato dal direttore dell'Aifa, Luca Pani, «giocano un ruolo molto importante i diversi modelli di rimborso (...) nonché la diversa compartecipazione dei sistemi privati e assicurativi»;
   il recente caso del farmaco Sofosbuvir per l'epatite C dell'americana Gilead mette bene in evidenza tale situazione perché il farmaco viene ceduto a prezzi diversi nei vari Paesi europei, comunque elevatissimi, tali da mettere in discussione la tenuta del sistema sanitario nazionale; infatti, immediatamente dovrebbe essere assicurato il trattamento ai 15/20.000 pazienti a rischio vita, ma si dovrebbe prevedere l'estensione della cura ai 3/400.000 cittadini mono e coinfetti da epatite C e la corrispondente spesa appare insostenibile se non è accompagnata da finanziamenti aggiuntivi al fondo sanitario nazionale;
   il 30 settembre 2014 l'Aifa ha reso noto l'intervenuto accordo con Gilead per la rimborsabilitá del farmaco Sovaldi (sofosbuvir) per il trattamento dei pazienti affetti da epatite cronica C;
   sono trascorsi anni di attesa per l'ingresso in Europa del nuovo farmaco, nonché quasi dieci mesi dall'approvazione dell’Ema e nonostante le numerose sollecitazioni giunte al Governo dal Parlamento, seguite da ripetuti annunci sulla disponibilità del farmaco che andasse oltre il programma per l'uso compassionevole dello stesso, nessuna decisione in ordine all'inserimento del farmaco nel prontuario è finora intervenuta;
   in questi giorni destano preoccupazioni gli annunci di Aifa che rinvia ad un provvedimento da pubblicare in Gazzetta ufficiale «probabilmente entro il mese prossimo» concernente i criteri per la somministrazione del farmaco, che si annuncia saranno «progressivi»;
   inoltre, il Ministro interrogato, nonostante precedenti affermazioni sul rifiuto di criteri selettivi per l'accesso alla cura, dichiara invece che occorre un percorso decennale per eradicare la malattia mediante un fondo ad hoc decennale per garantire l'accesso ai farmaci, preceduto da un censimento dei malati e nel contempo rivela che non c’è alcuna copertura finanziaria nonostante da mesi fosse nota l'esigenza di affrontare convenientemente il problema. Peraltro, il più volte annunciato piano nazionale sulle epatiti virali non viene formalmente approvato, con il rischio di esporre il sistema sanitario alla pressione di migliaia di pazienti che vedono negata la concreta possibilità di guarigione da patologie gravissime che spesso portano alla morte;
   in realtà, però, già da anni il prezzo dei farmaci è salito moltissimo: diverse recenti molecole contro i tumori costano anche più ma hanno destato meno attenzione perché il loro «bacino d'utenza» è inferiore, segnalazioni però di difficoltà di accesso alle cure sono pervenute;
   alla mancanza del farmaco in sede locale si accompagna il fenomeno dei farmaci acquistati nel nostro Paese ma poi rivenduti all'estero;
   almeno per l'Europa sarebbe meglio avere un prezzo unico del farmaco –:
   alla luce dei fatti sopra esposti, se non ritenga opportuno, nel rispetto delle proprie competenze, predisporre iniziative urgenti volte a far sì che si possa arrivare in ambito europeo ad una determinazione unica del prezzo effettivo dei farmaci valevole in tutti i Paesi dell'Unione europea, nonché, nel caso specifico, quali iniziative urgenti intenda assumere non solo per garantire l'accesso al farmaco Sovaldi a carico del sistema sanitario nazionale a più pazienti possibile, ma anche i tempi di pubblicazione del piano nazionale delle epatiti virali. (3-01133)


   DORINA BIANCHI, CALABRÒ e ROCCELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 2 febbraio 2006, n. 31, recante «Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto», in particolare l'articolo 1, comma 1, stabilisce, tra l'altro, che i lattanti deceduti improvvisamente entro un anno di vita senza causa apparente e i feti deceduti, anch'essi senza causa apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione, devono essere prontamente sottoposti con il consenso di entrambi i genitori a riscontro diagnostico da effettuarsi in centri autorizzati; al comma 2 è previsto che il riscontro diagnostico di cui al comma 1 è effettuato secondo il protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell'Istituto di anatomia patologica dell'Università di Milano. Il suddetto protocollo, per essere applicabile, deve essere approvato dal Ministero della salute;
   è di tutta evidenza che la tematica in esame è di estrema rilevanza, visto che la morte improvvisa del lattante colpisce un lattante ogni 700/1000 nati e si pone come la più frequente causa di decesso nel primo anno di vita e che la morte inaspettata del feto, dopo la 25o settimana di gestazione, ha un'incidenza cinque/sei volte superiore a quella di decesso nel primo anno di vita; i dati citati dimostrano quanto sia urgente e attesa l'adozione dei suddetti protocolli;
   da recenti notizie di stampa si è appreso che è stato finalmente siglato dal Ministro interrogato il decreto che approva il protocollo di indagine e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile, al fine di garantire il riscontro diagnostico sui lattanti deceduti entro un anno di vita senza causa apparente; con lo stesso decreto sembra sia stato approvato anche il protocollo diagnostico per i feti deceduti, senza causa apparente, dopo la 25o settimana di gestazione –:
   se corrisponda al vero la predetta notizia di stampa, secondo cui sarebbe stato emanato il decreto che approva i protocolli diagnostici di cui in premessa, precisando, in tal caso, i motivi per i quali non ne è stata ancora data adeguata informazione, anche mediante pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, nonché tramite apposite campagne informative, considerata l'enorme rilevanza dello stesso e la grande attesa che i cittadini hanno riposto nella sua emanazione. (3-01134)


   GIGLI e DE MITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dispone che: «a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti»;
   per quel che riguarda i medici, in particolare, il decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 132, rinvia al 13 agosto 2013 il termine per l'obbligo di copertura assicurativa degli esercenti professioni sanitarie;
   l'obbligo per i professionisti di stipulare un'assicurazione professionale è stato prorogato di un anno con un emendamento al «decreto del fare» (decreto-legge n. 69 del 2013). Dal 14 agosto 2014, quindi, è entrato in vigore l'obbligo per i medici che lavorano nella sanità privata e per quelli di famiglia di avere un'assicurazione responsabilità civile professionale per il moltiplicarsi, negli ultimi anni, dei contenziosi di risarcimento, obbligo che non vale per i medici del servizio sanitario nazionale;
   risulta un'evidente discriminazione tra medici dipendenti di strutture sanitarie pubbliche, che potranno contare su una differente e maggiore tutela assicurativa, rispetto a quelli non dipendenti, oppure operanti nelle strutture sanitarie private o accreditate, non coperti da garanzia cosiddetta di «primo rischio», bensì solo di «secondo rischio»;
   le compagnie di assicurazioni spesso si rifiutano di contrarre polizze con professionisti medici a rischio e, in ogni caso, propongono polizze con premi elevatissimi, in quanto non hanno alcuna convenienza ad assicurare i medici italiani e stanno uscendo dal mercato;
   la soluzione dei risarcimenti per gli errori medici deve trovare una soluzione sopportabile dal sistema assicurativo, ma il rifiuto da parte delle compagnie a stipulare polizze rappresenta una sostanziale violazione del diritto al libero esercizio dell'attività professionale previsto dalla normativa europea e nazionale;
   l'articolo 32 della Costituzione tutela la salute come «diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività» –:
   quali urgenti iniziative condivise ed efficaci intenda pone in essere al fine di eliminare tale discriminazione e consentire ai medici di stipulare polizze accessibili. (3-01135)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con la decisione dei vertici della multinazionale TRW, annunciata il 16 ottobre 2014, di chiudere lo stabilimento di Livorno, si allunga il drammatico elenco delle situazioni di crisi del settore automotive che ha duramente colpito l'area industriale livornese; la situazione si aggrava con la possibile perdita di occupazione per circa 500 persone occupate direttamente e nell'indotto TRW. L'azienda annuncia di voler chiudere lo stabilimento già il prossimo 31 dicembre, quando scadranno i contratti di solidarietà ancora in corso;
   nonostante la crisi del settore che, dal 2008, ha perso circa 1000 posti di lavoro (un quarto degli occupati nel settore) e che ha visto un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, nessuno, tra i dipendenti TWR, immaginava una decisione tanto drastica dei vertici aziendali, tanto più per lo stabilimento livornese che, a detta degli stessi dirigenti, rappresenta un modello in termini di produttività, efficienza e competitività;
   le lavoratrici e i lavoratori della TRW e tutte le istituzioni non possono accettare che alla vigilia di una cessione aziendale alla multinazionale tedesca ZF che determinerà nuovi assetti societari e, a distanza di pochi mesi da incontri in Confindustria con i vertici aziendali durante i quali si rassicuravano le organizzazioni sindacali circa il ruolo strategico dello stabilimento di Livorno, si determini un repentino e categorico annuncio di cessazione di attività. Gli argomenti addotti dai vertici e ascoltati in questi giorni non sembra impediscano che l'attività dello stabilimento possa protrarsi per almeno un anno, anno utile alla ricerca di intese e nuove possibilità;
   quella della TRW non è solo l'apertura di una nuova crisi industriale che può riguardare più stabilimenti italiani, è un dramma per circa 500 famiglie che vivono in un tessuto economico e sociale già duramente colpito e che non potrà sopportare alcun ulteriore impoverimento produttivo ed occupazionale. Con un tasso medio di disoccupazione nettamente superiore alla media regionale, la città rischia di perdere la propria vocazione industriale e la possibilità di recuperare produttività di sistema e quindi di privarsi di concrete possibilità di rilancio produttivo;
   il segno della gravità della situazione è rappresentato dal fatto che la vertenza TRW non è che l'ultimo anello di altre e complesse vertenze come quelle ENI, LUCCHINI, TOSCANA IMPIANTI, COOPLAT, EX DELPHI;
   ai lavoratori della TWR e delle altre aziende in crisi occorre dare risposte prima di tutto impedendo ridimensionamenti o cessazioni di attività, perché ipotesi occupazionali alternative non esistono, perché la situazione attuale, se non governata in un'ottica di nuova strategia produttiva del territorio alimentata da risorse adeguate e da un ampio coinvolgimento di tutte le istituzioni, rischia di condurre alla perdita di altre imprese e di ogni attrattività per nuovi investimenti;
   l'area livornese, ricca di professionalità, potenzialmente adatta ad essere uno snodo logistico di primaria importanza, oltre che idonea ad implementare produzioni tecnologicamente avanzate, non può permettere che si disperda un potenziale produttivo enorme. Non lo meritano le tanti lavoratrici e i tanti lavoratori livornesi, non lo merita la Toscana né l'intero Paese;
   la regione Toscana, pienamente consapevole della grave situazione dell'area livornese, dichiara di avere richiesto al Governo il provvedimento straordinario che riconosce Livorno come area di crisi complessa, come già avvenuto per Piombino. Si riconosce dunque l'importanza di uno strumento che consenta di attivare risorse ed interventi nazionali utili ad implementare un piano di rilancio economico, alla cui elaborazione si impegnano le istituzioni territoriali;
   il consiglio comunale di Livorno ha approvato unanimemente il 26 ottobre 2014 un atto d'indirizzo che, oltre a ribadire il pieno sostegno alla battaglia dei lavoratori della TRW e delle organizzazioni sindacali per scongiurarne la chiusura dello stabilimento di Livorno, impegna l'amministrazione a richiedere al Ministero dello sviluppo economico di accelerare il percorso di riconoscimento dello stato di crisi industriale complessa dell'area di Livorno, e ad istituire un tavolo permanente per l'emergenza occupazionale di questo territorio e per giungere al più presto ad un accordo di programma;
   in data 20 ottobre 2014, alla presenza del viceministro dello sviluppo economico Claudio De Vincenti, dell'assessore regionale alle attività produttive della regione Toscana Gianfranco Simoncini e del sindaco di Livorno Filippo Nogarin, si è svolto un incontro con i vertici della multinazionale TRW al termine del quale, il Governo, la regione ed il comune hanno chiesto a TRW la disponibilità a mantenere ancora attivo lo stabilimento per tutto il 2015 allo scopo di consentire la ricerca di soluzioni alternative;
   il 29 ottobre 2014, si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico un nuovo incontro tra il viceministro dello sviluppo economico, l'assessore regionale alle attività produttive, il sindaco di Livorno, le organizzazioni sindacali e i vertici di TRW –:
   alla luce delle relazioni intercorse tra il Ministero dello sviluppo economico, vertici aziendali, parti sociali ed enti territoriali, quali siano le azioni che il Ministro interpellato intenda sostenere al fine di scongiurare la cessazione delle attività TRW e quali interventi intenda avviare o favorire al fine di avviare un percorso di rilancio economico produttivo dell'area livornese.
(2-00739) «Rocchi, Civati, Pastorino, Tullo, Mariani, Ghizzoni, Bossa, Bonaccorsi, Carocci, Fanucci, D'Ottavio, Rostan, Verini, Sani, Donati, Dallai, Braga, Ermini, Cenni, Albini, Nardi, Orfini, Giuditta Pini, Paris, Gribaudo, Rampi, Gelli, Rotta, Gnecchi, Giacobbe, Fossati, Nicchi, Airaudo, Andrea Romano».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito delle energie rinnovabili, l'energia idroelettrica è privilegiata da sempre, in quanto caratterizzata da: una buona continuità di produzione, un'elevata efficienza, bassi costi ed un'elevata producibilità per unità di potenza installata. Ad oggi però, in Italia, nuovi grandi impianti idroelettrici risultano difficilmente realizzabili sia per l'esaurimento dei siti adatti allo sfruttamento e sia per il grande impatto ambientale che deriva dalla realizzazione degli stessi;
   diversamente è per i piccoli impianti che sfruttano salti d'acqua modesti e per lo più esistenti, in corsi d'acqua delle più svariate portate e tipologie: fiumi, canali navigabili e canali di irrigazione. Si tratta dei cosiddetti «mini-idroelettrici», impianti per i quali esistono ancora ampie possibilità di sviluppo, con potenze che vanno da qualche decina a qualche centinaio di kW. Tali impianti si caratterizzano per un impatto ambientale molto basso, in particolare per quanto riguarda quelli in «derivazione puntuale», ossia con rilascio dell'acqua immediatamente a valle del punto di prelievo;
   la normativa vigente riconosce, giustamente, la valenza di suddetti impianti e ne incentiva la realizzazione mediante il riconoscimento di una tariffa di ritiro dell'energia adeguata rispetto ai costi medi sostenuti dall'investitore. Tuttavia, esistono profonde difformità di approccio da regione a regione nel rilascio delle concessioni per l'utilizzo della risorsa idrica a tali fini e sull'interpretazione della norma che ne regola le assegnazioni, il regio decreto n. 1775 del 1933. Tale decreto, risalente a più di 80 anni fa, pur contenendo linee di principio più che condivisibili relativamente ai criteri di assegnazione delle concessioni a derivare dai corsi d'acqua superficiali, è stato emanato quando non era ancora contemplato l'utilizzo degli impianti «mini-idroelettrici», determinando, ad oggi, interpretazioni non uniformi che creano confusione nella materia e lasciano spazio anche a strumentalizzazioni discutibili, in particolare per quanto riguarda i criteri che regolano la concorrenza per la concessione del sito;
   detta problematica risulta, inoltre, accentuata dalla forte decentralizzazione delle competenze in materia di rilascio della concessione (regione, provincia, genio civile, servizio tecnico di bacino, e altri) che, unita alla specificità della preparazione richiesta per una corretta valutazione dei Progetti relativi ai suddetti impianti, determinano talvolta la produzione di valutazioni di bassa qualità tecnica, talvolta l'adozione di procedimenti profondamente difformi o distorti rispetto alle linee guida nazionali;
   la concessione dei siti, per lo sfruttamento idroelettrico o mini-idroelettrico, richiede l'adozione di criteri uniformi ed inderogabili per la valutazione dei progetti di assegnazione a salvaguardia della sicurezza idraulica. Le recenti inondazioni per rottura degli argini del fiume Secchia e gli accadimenti di Genova sono una testimonianza della fragilità del sistema arginale del Paese;
   l'Agenzia interregionale per il fiume Po — AIPo –, in quanto ente preposto alla gestione del reticolo idrografico del maggiore bacino idrografico italiano, alla problematica della sicurezza idraulica relativa agli impianti idroelettrici e mini-idroelettrici ha dato riscontro emanando considerazioni di carattere generale, espresse nel documento «Criteri integrativi per la valutazione della compatibilità di opere trasversali e degli impianti per l'uso della risorsa idrica» che, con deliberazione del comitato istituzionale dell'autorità di bacino del fiume Po n.8 21 dicembre 2010, hanno integrato la direttiva contenente i «Criteri per la valutazione della compatibilità idraulica delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico all'interno delle fasce fluviali» inserita nelle norme attuative del PSFF (Piano di Stralcio delle Fasce Fluviali) ed estesa al PAI (Piano stralcio per l'assetto idrogeologico);
   in particolare, tra i criteri suddetti si evidenzia la necessità di individuare soluzioni progettuali che garantiscano l'assenza di effetti negativi indotti sulle modalità di deflusso delle portate di piena, anche in caso di scenari di parzializzazione della sezione di deflusso per mancato funzionamento delle strutture mobili a progetto e/o per effetto di ostruzione a causa di materiale flottante. A tal fine l'autorità del Po non giudica ammissibili impianti realizzati in corpo traversa con canale di scarico in centro alveo;
   si evidenzia altresì che su alcuni bacini fluviali appena limitrofi al bacino del Po, quali l'idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco, la regione Veneto, in controtendenza rispetto ai suddetti criteri, sia in termini di concorrenza per il rilascio della concessione, sia di salvaguardia idraulica, sta privilegiando impianti mobili inseriti all'interno delle luci di efflusso in traverse di sostegno idraulico, quindi esattamente interferenti secondo la definizione di AIPo;
   questo esempio, di cui l'interrogante è venuto a diretta conoscenza, è sintomatico della necessità di definire regole comuni tra le varie regioni ed enti di controllo idraulico, al fine di garantire il meritevole e sicuro sviluppo dell'idroelettrico e del mini idroelettrico –:
   se non ritenga quanto mai opportuno e urgente assumere iniziative per aggiornare la normativa esposta in premessa, al fine di dare effettivo ma corretto impulso a questa importante forma di energia rinnovabile;
   quali misure intenda assumere nell'ambito delle rispettive competenze, per l'indicazione dei criteri, uniformi ed inderogabili, da adottare per la valutazione dei progetti di assegnazione a salvaguardia della sicurezza idraulica, garantendo così equità e correttezza per iniziative di produzione di energia pulita nel pubblico interesse, indifferibili ed urgenti. (5-03937)


   RICCIATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Indesit Company è un'azienda multinazionale leader nel settore degli elettrodomestici; in data 11 luglio 2014 la stampa ha reso noto che la società americana Whirlpool ha acquisito il pacchetto di maggioranza delle azioni della Indesit Company;
   sin da subito lavoratori, organizzazioni sindacali e cittadini, hanno espresso preoccupazioni circa possibili ripercussioni negative sui livelli occupazionali, considerato che Whirlpool produce prodotti della stessa tipologia merceologica della Indesit e possiede già diversi stabilimenti in Italia;
   sino ad oggi, ad ogni richiesta di chiarimento sulle intenzioni di riorganizzazione industriale di Indesit, Whirlpool, come ha riferito il Viceministro, allo sviluppo economico De Vincenti in data 8 ottobre 2014 in occasione del question time in Commissione attività produttive alla Camera dei deputati, ha espresso la necessità di effettuare ulteriori verifiche al suo interno prima di esprimersi sul piano di riassetto;
   in data 31 ottobre 2014, la testata La Repubblica, in occasione dell'offerta pubblica d'acquisto su Indesit con inizio previsto al 3 novembre 2014, ha riportato alcuni stralci del documento sull'offerta pubblica di acquisto (Opa), sottolineando come Whirlpool «sta valutando varie opzioni al fine di integrare le attività e le società del gruppo. Tali opzioni sono finalizzate a permettere al gruppo integrato di beneficiare di una struttura societaria ed economica più efficiente e potrebbero includere operazioni straordinarie come fusioni infragruppo e trasferimenti di cespiti o aziende o rami d'azienda, nonché la riorganizzazione delle attività produttive e distributive e il consolidamento di alcune funzioni tra i due gruppi»;
   dal documento si evince, quindi, come potrebbero esserci accorpamenti o chiusure di stabilimenti del gruppo;
   nel documento citato si legge, inoltre che: «le suddette fusioni infragruppo potrebbero o includere anche una fusione per incorporazione» – di Indesit – «in un'altra società del gruppo Whirlpool ulteriore rispetto alla fusione»;
   oltre ciò si apprende anche che il gruppo americano sta «considerando la razionalizzazione delle funzioni amministrative e produttive tra Whirlpool e Indesit. Il gruppo integrato potrà unire le rispettive migliori esperienze e incrementare la capacità di utilizzazione degli impianti produttivi, generando significative efficienze da cui trarranno beneficio i clienti e i consumatori di tutta Europa»;
   alla luce di tale documento appaiono più che fondate le preoccupazioni dei lavoratori e delle comunità ove hanno attualmente sede gli stabilimenti Indesit, ed allo stesso modo appaiono ingiustificati i rimandi che la società americana ha opposto in ordine alle richieste di chiarimenti – anche da parte del Governo –, posto che le intenzioni di riorganizzazione dei vari poli produttivi non si definisce nell'arco di due settimane;
   in data 3 dicembre 2013 Indesit sottoscriveva con le organizzazioni sindacali e il Ministero dello sviluppo economico un accordo volto a salvaguardare livelli occupazionali e impianti produttivi nelle Marche e in Campania;
   l'accordo prevedeva, come contropartita all'impegno di Indesit di non delocalizzare le produzioni l'impegno da parte di diverse istituzioni statali e regionali a sostenere la riorganizzazione con lo strumento degli ammortizzatori sociali e con investimenti per la realizzazione di in un centro di ricerca sul settore degli elettrodomestici, situato presso lo stabilimento Indesit di Melano –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di convocare immediatamente un tavolo con la società Whirlpool, le organizzazioni sindacali e le istituzioni territoriali interessate, al fine di evitare iniziative che possano colpire nuovamente i livelli occupazionali e gli stabilimenti produttivi della Indesit situati nelle Marche e in Campania;
   se non ritenga, nel rispetto degli accordi sottoscritti il 3 dicembre 2013 presso il Ministero dello sviluppo economico di richiamare la vecchia proprietà Indesit ad una assunzione di responsabilità in merito alle proprie azioni. (5-03957)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le agenzie di recapito private risalgono ai primi del ’900, esse svolgevano la propria attività di impresa nelle principali città italiane, operando in regime di concessione dell'allora Ministero delle poste a fronte del versamento del 30 per cento del corrispettivo del servizio ed erano autorizzate al recapito di tutti i prodotti postali;
   l'articolo 40 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha delegato il Governo ad adottare un apposito regolamento di modifica del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973, volto ad assicurare la prestazione di un servizio postale universale con prezzi accessibili a tutti gli utenti, la determinazione dei servizi oggetto di riserva e la revoca delle concessioni di servizi postali previste dall'articolo 29 del citato testo unico, nonché a prevedere l'introduzione degli istituti dell'autorizzazione generale e della licenza individuale per l'espletamento dei servizi non riservati;
   con il decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, di recepimento della direttiva 97/67/CE, sono state pertanto revocate tali concessioni; prevedendo l'introduzione degli istituti della licenza individuale e dell'autorizzazione generale per lo svolgimento dei servizi postali non riservati;
   l'articolo 23 del citato decreto legislativo, prima della modifica apportata con decreto legislativo n. 58 del 2011, stabiliva che, in relazione a quanto disposto dal decreto del Ministro delle comunicazioni del 5 agosto 1997, le concessioni di cui all'articolo 29, numero 1, del testo unico fossero valide sino al 31 dicembre 2000. Al comma 5 del medesimo articolo 23, veniva altresì previsto che Poste italiane potessero realizzare accordi con gli operatori privati, anche dopo la scadenza delle concessioni, al fine di ottimizzare i servizi, favorendo il miglioramento della qualità dei servizi stessi anche attraverso l'utilizzazione delle professionalità già esistenti;
   con «Memorandum» sottoscritto l'11 dicembre 2007 presso il Ministero delle comunicazioni, tra il Ministro competente, le agenzie di recapito e Poste italiane, sono state delineate le fasi essenziali del processo di liberalizzazione del settore;
   nell'anno 2008 fu istituito da Poste italiane apposito albo fornitori ed i servizi postali furono affidati con appositi bandi di gara, determinando una prima notevole contrazione del fatturato che dai circa 70 milioni del 2000, fu ridotto progressivamente a circa 58 milioni nel 2008, a 40 milioni nel 2011 ed infine a 28 milioni nell'ultimo bando del 2012;
   numerosi ex concessionari sono stati esclusi da tali gare a vantaggio di nuovi soggetti: nel complesso, si è ridotto sensibilmente il numero degli operatori partner di Poste italiane così come, anche a seguito di internalizzazioni del servizio, conseguenti a situazioni di vario genere (è il caso di alcuni grandi capoluoghi), si è ridotto il novero delle città in cui essi operano;
   in circa 10 anni il valore degli appalti affidati da Poste italiane, in controtendenza con l'auspicato processo di liberalizzazione del servizio, si è segnatamente ristretto, tanto che le gare bandite di recente da Poste italiane prevedono l'affidamento di servizi per un valore non superiore a 28 milioni di euro, con ricadute significative sulle imprese, anche in termini di occupazione;
   l'ultimo bando di gara del 2012 ha generato una crisi occupazionale per circa 600 addetti, con la Campania ai primi posti con circa 400 lavoratori. In questo clima di disperazione, in data 31 luglio 2013 viene proposta una soluzione temporanea che viene bocciata dai lavoratori e da alcune sigle sindacali, in altre parole detti lavoratori da mesi senza salario, avrebbero dovuto sottoscrivere una conciliazione e avrebbero dovuto accettare una proposta di lavoro per 12/16 mesi nelle regioni della Lombardia, Veneto e Piemonte;
   in questa fase si è riusciti ad interessare il Ministero dello sviluppo economico, con un tavolo di concertazione che potesse valutare complessivamente la vicenda specie in tema di riorganizzazione del settore postale;
   il 25 ottobre 2013 si è tenuto un incontro presso il ministero dello sviluppo economico, tra le organizzazioni sindacali ed i rappresentanti delle aziende di appalti postali (CNA e FISE). In questo incontro i partecipanti hanno espresso le loro perplessità ed il Ministero dello sviluppo economico ha confermato la propria disponibilità a favorire una ripresa del confronto con poste, riprendendo le tematiche affrontate il 31 luglio 2013 con una posizione unitaria da parte delle organizzazioni sindacali, per la definizione di un accordo nell'interesse dei lavoratori;
   il tavolo di concertazione, che doveva restare aperto, si è così trasferito con la collaborazione delle organizzazioni sindacali presso la sede di Poste italiane in Roma, che aveva nel frattempo garantito al Ministero la sussistenza di condizioni che consentissero una proficua conclusione del confronto;
   improvvisamente, la proposta di luglio, è stata ripresa e firmata unitariamente, in data 10 dicembre 2013, da tutte le organizzazioni sindacali. Essa prevede: oltre alle tre precedenti regioni già individuate anche la disponibilità occupazionale in Emilia Romagna, l'azzeramento delle professionalità esistenti, la proposta per tutti i lavoratori di un contratto di portalettere junior, con obbligo di superamento prova motomezzo, infine nessuna tutela per i lavoratori portatori di handicap, assunti dalle agenzie in ottemperanza alle vigenti norme in materia;
   nel frattempo poste continua ad avvalersi in tutte le regioni, inclusa la Campania, in maniera continuativa e massiccia di lavoratori a tempo determinato per le esigenze di consegna e di lavorazione corrispondenza;
   nel corso di quest'anno sono terminati altri appalti, anche in Campania, producendo nuovi ed ulteriori disagi occupazionali tra i lavoratori delle ex-agenzie di recapito. Sulla scia dello scorso anno, è stato siglato in data 15 ottobre 2014 un verbale che ripropone la stessa offerta-tipo del precedente, riducendo però le regioni disponibili al Piemonte e Lombardia –:
   se non ritenga doveroso riattivare il tavolo di concertazione tra tutti i soggetti cointeressati, allo scopo di concordare e di avviare nell'immediato un piano per la tutela di tutti i lavoratori operanti nel settore;
   quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di verificare la coerenza delle strategie e delle scelte organizzative adottate negli ultimi tempi dalla società Poste italiane con gli indirizzi e con le finalità del servizio pubblico universale, con particolare riguardo alla gestione dei rapporti con gli operatori privati, al fine di garantire elevati e omogenei standard qualitativi su tutto il territorio nazionale, procedure di selezione degli affidatari dei servizi che non penalizzino le piccole imprese e che prevedano l'applicazione e il rispetto del contratto nazionale di lavoro di settore. (4-06725)


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162 recante «norme per l'attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, oltre alla relativa licenza di esercizio» ha previsto che la manutenzione degli ascensori, dei montacarichi e degli apparecchi di sollevamento sia affidata a persone munite di certificato di abilitazione o a ditta specializzata ovvero ad un operatore comunitario dotato di specializzazione equivalente;
   ai sensi del già citato articolo 15, il certificato di abilitazione è rilasciato dal prefetto in seguito all'esito favorevole di una prova teorico-pratica, da sostenersi dinanzi ad apposita commissione esaminatrice ai sensi degli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767;
   in applicazione dell'articolo 12, comma 20, del decreto-legge del 6 luglio 2012, n. 95 relativamente agli organismi del Ministero dell'interno, durante l'adunanza della commissione speciale del 16 ottobre 2014, il Consiglio di Stato ha espresso un giudizio sfavorevole al mantenimento della Commissione per l'abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi, che ha il compito di effettuare le attività connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali per il conseguimento del certificato di abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi in servizio privato, rilasciato dal prefetto;
   il Consiglio di Stato riterrebbe quindi che la Commissione abbia un costo di funzionamento non esiguo e apparrebbe priva di carattere di infungibilità;
   a seguito di tale parere la Commissione per l'abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi della provincia di Roma ha cessato la propria attività dal 31 dicembre 2013, pertanto non è possibile inoltrare istanze per sostenere l'esame di abilitazione;
   al caso della prefettura di Roma hanno fatto seguito anche quelle di Milano, Brescia, Varese, Novara, Perugia e Firenze, le quali hanno dichiarato l'inoperatività delle proprie commissioni per l'abilitazione, determinando di conseguenza il blocco degli esami di abilitazione;
   la medesima misura non sarebbe stata fatta propria da altre prefetture;
   parrebbe quindi vigere al momento un regime diverso in ciascuna prefettura d'Italia, a seconda dell'adeguamento o meno al parere del Consiglio di Stato;
   quanti hanno concluso l’iter necessario presso le prefetture sopracitate per poter accedere al concorso per l'abilitazione alla manutenzione ordinaria di ascensori e montacarichi si troverebbero quindi nell'impossibilità di ottenere il certificato di abilitazione per intraprendere la professione;
   inoltre, coloro i quali hanno concluso un periodo di 5 anni di apprendistato presso le ditte di ascensori e che hanno frequentato il corso di preparazione all'esame per l'abilitazione alla manutenzione ordinaria di ascensori e montacarichi non potrebbero essere assunti a tempo indeterminato, come previsto dal Contratto collettivo nazionale del lavoro, non potendo essere inquadrati nella qualifica acquisita per la mancanza del certificato di abilitazione;
   dal 1951 in Italia la manutenzione di tutto il sistema degli ascensori, dei montacarichi e degli apparecchi di sollevamento è obbligatoria e deve essere eseguita da persona munita di certificato di abilitazione operante o da ditte specializzate, ovvero da operatori comunitari dotati di specializzazione equivalente, che dovrebbero provvedere tramite personale abilitato al fine di garantire la sicurezza degli utenti;
   in Italia vi sarebbero attualmente circa 870.000 impianti in servizio per un totale di circa 100 milioni di corse al giorno;
   nonostante la crisi dell'edilizia abbia fatto registrare un calo delle nuove installazioni, nel settore ascensoristico il livello occupazionale risulterebbe essere in lieve crescita e la continua necessità di ricambio generazionale contribuirebbe quindi alla creazione di nuovi posti di lavoro per i giovani;
   su iniziativa di Confartigianato Ascensoristi, tramite un avviso comune datato 15 luglio 2014 e firmato da Confartigianato Ascensoristi, Casartigiani (Confederazione autonoma sindacati artigiani), FIOM-CGIL, FEM-CISL, UILM-UIL e CNA Installazione impianti, i sottoscrittori hanno denunciato la sopracitata impossibilità di ottenere il certificato di abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi in servizio privato –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione;
   se non ritengano, alla luce delle considerazioni svolte in premessa, che all'interruzione delle attività delle Commissione per l'abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi presso le prefetture debba fare immediatamente seguito l'indicazione di un altro organo o istituzione con medesime competenze e poteri per garantire il normale svolgimento del concorso di abilitazione;
   se non ritengano opportuno, in momento storico in cui la disoccupazione giovanile è ai massimi storici, garantire l'accesso al mercato del lavoro a quanti si sono impegnati a svolgere 5 anni di apprendistato e hanno frequentato corsi per la preparazione all'esame per l'abilitazione;
   se non ritengano che un simile vuoto e la soppressione della Commissione per l'abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi possa indurre a pensare che il certificato di abilitazione non sia più necessario allo svolgimento della professione;
   se non ritengano di assumere iniziative per sanare questo vuoto e evitare che l'attuazione del decreto-legge 6 luglio 2012 – «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» – comporti invece un decurtamento dei diritti e delle opportunità di occupazione dei giovani aspiranti ascensoristi. (4-06728)


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Indesit è un pezzo di storia importante del made in Italy, un simbolo del nostro boom economico italiano: nasce a Torino nel 1953, finisce ai Merloni, a Fabriano, nel 1985. La Indesit company dei Merloni diventa un colosso da 16 mila dipendenti, con 14 stabilimenti, un gruppo che sbaraglia la concorrenza in Italia e punta a competere in Europa e nel mondo con Bosch, Electrolux, Lg, Philips. Negli anni Novanta diventa il numero due in Europa. Nel 2009 la crisi impatta duramente l'azienda, che perde il 17 per cento dei ricavi. Nel 2012 utili e ricavi tengono ma solo grazie al mercato russo e a quello britannico, inoltre senza l'effetto dell'euro forte il bilancio sarebbe in rosso;
   nel mese di luglio 2014 il gruppo americano Whirlpool ha rilevato il 66,8 per cento delle azioni con diritto di voto, corrispondenti al 60,4 per cento del capitale con un investimento di 758 milioni di euro e un premio del 5 per cento sui valori di borsa degli ultimi sei mesi;
   Whirlpool si appresta a lanciare un'offerta pubblica di acquisto sulle rimanenti azioni Indesit. L'offerta partirà il 3 novembre per concludersi il 21 dello stesso mese (salvo proroghe), e ha per oggetto 34.244.635 azioni, pari al 29,99 per cento del capitale della società degli elettrodomestici. Whirlpool stanzia 11 euro per ogni titolo Indesit, con pagamento fissato per il 28 novembre;
   a quanto si apprende dal quotidiano La Repubblica, in un articolo del 31 ottobre 2014, il gruppo Whirlpool una volta salito al 100 per cento di Indesit, condurrebbe la storica società con base a Fabriano fuori dalla borsa (delisting). Alcuni osservatori temono che, portando la società fuori dal cono di luce di piazza Affari, il gruppo statunitense potrebbe avere le mani più libere per avviare eventuali operazioni per così dire poco gradite ai lavoratori;
   in data 13 ottobre 2014 la Commissione europea ha dato il via libera all'operazione condotta da Whirlpool. Il via libera della Commissione europea è arrivato dopo il via libera dato dalle varie autorità antitrust;
   «mentre si apprestano a salire al controllo totale della storica società di elettrodomestici – si legge sul quotidiano La Repubblica – gli americani di Whirlpool svelano, almeno in parte, i piani futuri sulla Indesit, parlando di un generale processo di “riorganizzazione” che in questa fase non sembra escludere categoricamente la chiusura di qualche stabilimento». Una possibilità, quest'ultima, che è alla base delle preoccupazioni dei sindacati, che proprio per questo motivo nei giorni scorsi avevano chiesto la convocazione di un tavolo sulla questione da parte del Governo;
   Whirlpool corporation, si legge nel documento sull'offerta pubblica di acquisto (Opa), secondo anticipazioni stampa, «sta valutando varie opzioni al fine di integrare le attività e le società del gruppo. Tali opzioni sono finalizzate a permettere al gruppo integrato di beneficiare di una struttura societaria ed economica più efficiente e potrebbero includere operazioni straordinarie come fusioni infragruppo e trasferimenti di cespiti o aziende o rami d'azienda, nonché la riorganizzazione delle attività produttive e distributive e il consolidamento di alcune funzioni tra i due gruppi»;
   e ancora, aggiunge il gruppo statunitense degli elettrodomestici nel documento: «Le suddette fusioni infragruppo potrebbero includere anche una fusione per incorporazione» di Indesit «in un'altra società del gruppo Whirlpool ulteriore rispetto alla fusione». Il gruppo americano, inoltre, sta considerando la razionalizzazione delle funzioni amministrative e produttive tra Whirlpool e Indesit. Il gruppo integrato potrà unire le rispettive migliori esperienze e incrementare la capacità di utilizzazione degli impianti produttivi, generando significative efficienze da cui trarranno beneficio i clienti e i consumatori di tutta Europa;
   vanno richiamati l'accordo sindacale del mese di dicembre 2013 con Indesit e gli 83 milioni di euro di investimenti negli impianti italiani di Indesit e una serie di ammortizzatori sociali –:
   se il Governo sia a conoscenza delle intenzioni della acquirente Whirlpool, con particolare riferimento a quanto sopra descritto e al piano industriale;
   se non ritenga di doversi attivare per la convocazione di un tavolo che coinvolga tutti i soggetti interessati, ivi compresi gli enti locali nel cui territorio hanno sede i vari stabilimenti;
   quale sia il destino degli stabilimenti, alcuni dei quali, da quel che si evince, potrebbero essere accorpati e forse, nella peggiore delle ipotesi anche chiusi con evidenti negative ripercussioni sui livelli occupazionali e sugli investimenti previsti. (4-06734)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Cenni e altri n. 7-00508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dallai.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Sottanelli n. 5-03718 del 7 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta scritta Gigli n. 4-06403 del 15 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Nicchi n. 5-03800 del 15 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta scritta Sorial n. 4-06629 del 28 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Gigli n. 5-03890 del 29 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Miotto n. 5-03920 del 30 ottobre 2014;

Ritiro di firme da una risoluzione.

  Risoluzione in Commissione Realacci e altri n. 7-00503, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2014: sono state ritirate le firme dei deputati: Zolezzi, Daga, Terzoni, Micillo, Busto, Mannino, Segoni, De Rosa.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto e altri n. 4-03001 del 19 dicembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03954;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto e altri n. 4-03059 del 27 dicembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03953;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto e altri n. 4-04287 del 2 aprile 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03952;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-04367 del 4 aprile 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03951;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-04552 del 17 aprile 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03950;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-04663 del 28 aprile 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03949;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto e Prodani n. 4-04682 del 30 aprile 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03948;
   interrogazione a risposta in Commissione Crippa n. 5-02753 dell'8 maggio 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06727;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-05162 del 17 giugno 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03947;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-05364 del 3 luglio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03946;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-05413 del 7 luglio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03945;
   interrogazione a risposta in Commissione Capozzolo n. 5-03443 del 6 agosto 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06729;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-05982 dell'11 settembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03944;
   interrogazione a risposta in Commissione Crippa n. 5-03596 del 19 settembre 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06728;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-06091 del 22 settembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03956;
   interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-06206 del 1o ottobre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03955.