Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 22 ottobre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il quadro politico-economico attuale ci presenta una crisi che, per la sua fisionomia e il tempo di durata, si presenta, chiaramente, come una crisi strutturale e non contingente, crisi che arriva a mettere in discussione il paradigma economico-produttivo occidentale, fondato su un modello cosiddetto di stampo fordista e sulla crescita dell'incidenza della finanza sull'economia reale;
    da più parti di segnala come, nell'ambito di questa epocale crisi dell'economia reale italiana, sia particolarmente negativa l'evoluzione della situazione economica e occupazionale del sud del nostro Paese;
    tale evoluzione ha radici profonde, in quanto, già a partire dall'anno 2000, si è fermata quella spinta volta a ridurre il divario tra Nord e Sud, che è invece costantemente in aumento, soprattutto negli ultimi anni;
    da uno studio dell'Università di Reggio Calabria si evince che nel periodo 2000-2010 il Centro-Nord presenta un prodotto interno pro capite quasi doppio rispetto al Mezzogiorno (in particolare, i valori del 2011 presentano per il Centro-Nord 27.490 euro contro 15.717 euro per il Mezzogiorno, che risulta avere, quindi, un prodotto interno pro capite pari al 57 per cento di quello del Centro-Nord);
    come evidenzia il rapporto della Banca d'Italia, la congiuntura è particolarmente negativa per la regione Campania, territorio nel quale si osserva un aggravarsi incessante delle condizioni economiche e, in particolare, di quelle occupazionali;
    nella relazione Istat relativa al primo trimestre del 2014 si rileva un tasso di disoccupazione altissimo, maggiore di più di dieci punti percentuali rispetto al tasso nazionale ed in costante crescita: dal 22,2 per cento del 2013 si è passati al 23,5 per cento del 2014;
    nel 2013 la Banca d'Italia, nel già citato rapporto congiunturale sulla Campania 2013, aveva prospettato «nuove opere previste dal Piano di azione per la coesione e un più rapido avanzamento nell'utilizzo dei fondi dell'Unione europea, concentrati in misura significativa nella realizzazione di grandi progetti infrastrutturali»;
    il Sottosegretario di Stato, Graziano Delrio, in audizione presso la commissione Politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati ha affermato che ci sono ancora 15 miliardi di euro da spendere nelle regioni del Sud entro i prossimi 15 mesi, pena la loro perdita;
    tali risorse potrebbero sommarsi a quelle stanziate con il nuovo accordo di partenariato 2014-2020, che dovrebbe portare circa 40 miliardi di euro per nuovi investimenti nel nostro Paese, con particolare riguardo alle regioni meno sviluppate e che, quindi, hanno subito tutta la drammaticità di questa epocale crisi economica;
    stando ai dati Svimez, infatti, il combinato dei fondi europei di cui alla programmazione 2007-2013 e la dotazione finanziaria dei nuovi dovrebbero portare un volume complessivo teorico di circa 30 miliardi di euro di investimenti nei prossimi due anni;
    se ben utilizzati, controllando la dispersione delle risorse e monitorando lo sviluppo dei progetti approvati, si potrebbe addivenire ad un sensibile incremento del prodotto interno lordo, con consequenziale inversione di tendenza della congiuntura economica oggi così sfavorevole;
    in particolare, si potrebbe ottenere un incremento occupazionale notevole, stimato intorno alle 30.000 unità nel 2014;
    le difficoltà incontrate dalle regioni del sud Italia nell'utilizzare i fondi europei possono essere riconducibili a carenze amministrative nella gestione e nel controllo dei fondi;
    un'altra criticità in merito al deficit di efficienza della spesa dei fondi potrebbe essere riscontrata nella rigidità del patto di stabilità: le regioni, in particolare quelle del Sud, hanno difficoltà nel mettere a bilancio risorse di cofinanziamento, in quanto possono così trovarsi al di fuori del patto di stabilità;
    alcune regioni italiane hanno difatti subito le infauste conseguenze dello sforamento del patto di stabilità, rimanendo pertanto impossibilitate ad utilizzare propriamente i fondi per l'investimento strutturale;
    sarebbe pertanto auspicabile una minore rigidità in tal senso, quantomeno in relazione alla possibilità di scomputare la quota di cofinanziamento dei fondi dalle somme sottoposte al patto di stabilità;
    in una logica di rilancio dell'economia campana andrebbe rivisto l'impiego dei fondi strutturali europei, non soltanto dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo, si sottolinea come si siano evidenziati ritardi ed inefficienze nella spesa dei fondi – in particolare nella regione Campania – proprio a partire dalla mancata attuazione dell'Agenda 2000, peraltro messa già sotto osservazione dalla Commissione europea che ha potuto, a suo tempo, rilevare ufficialmente, in risposta all'interrogazione P-0065/09, come «La Regione Campania ha accumulato in passato considerevoli ritardi nell'attivazione della spesa di Agenda 2000»;
    anche nell'ultima programmazione relativa al periodo 2007-2013 si sono evidenziate simili criticità relative alla spesa dei fondi strutturali, come peraltro ha evidenziato lo stesso Sottosegretario di Stato Delrio in audizione presso la Camera dei deputati;
    la Commissione europea, inoltre, ha pubblicamente considerato essenziale che l'Agenzia per la coesione territoriale sia pienamente operativa fin dall'inizio della nuova programmazione al fine di monitorare l'utilizzo dei fondi, individuare tempestivamente eventuali problemi e intervenire per assistere le amministrazioni in difficoltà;
    la crescita del meridione d'Italia potrebbe rappresentare un volano di sviluppo per tutta l'economia del Paese, visto e considerato che il prodotto interno lordo meridionale – a seguito della drammatica riduzione del 20 per cento nell'ultimo quinquennio – è oggi riscontrabile al 56 per cento del prodotto interno lordo italiano: un innalzamento sensibile di tale dato – a fronte di una popolazione complessiva di circa 20 milioni di persone – potrebbe generare un significativo aumento del prodotto interno lordo complessivo;
    al fine di superare definitivamente questa crisi economica strutturale, però, andrebbero messe in atto misure di politica economica calate profondamente nel contesto di questo mutamento basale della stessa economia: va, infatti, colto il cambio di paradigma, che si fonda ormai su fattori produttivi che sono stati sottovalutati nel corso del Novecento;
    misure di crescita che, infatti, per essere davvero efficaci nel medio e lungo periodo, devono aver conto del fatto che si è ormai dimostrata la fallibilità del principio della crescita infinita: bisognerebbe quindi valutare seriamente un impegno di governance economica multilivello volto a ridisegnare un'economia basata sui concetti cardine della crescita sostenibile, dello sviluppo delle energie alternative, della ricerca scientifico-tecnologica collegata al territorio, dell'agricoltura a filiera corta basata su aziende di piccole e medie dimensioni, del turismo enogastronomico strettamente connesso all'innovazione dell'offerta artistica e culturale locale ed altro;
    le aree interne, di cui peraltro alla legge di stabilità 2014, rappresentano una parte ampia del Paese assai diversificata, distante da grandi centri abitati, dense di problemi e criticità in merito al deficit strutturale e infrastrutturale, dotate tuttavia di risorse che mancano alle aree centrali e con forte potenziale di attrazione;
    tali aree interne sono molto presenti nel sud Italia e potrebbero certamente fungere da ulteriore volano di sviluppo per il nostro Paese: come difatti un corpo non può vivere senza la struttura ossea che lo sostiene, è impossibile pensare ad uno sviluppo armonico del nostro Paese se non immagina una strategia di sviluppo dello scheletro della nostra penisola;
    infine, come sosteneva Guido Dorso, insigne storico e politico meridionalista di chiara matrice liberal-democratica, «il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà. Se il mezzogiorno non distruggerà le cause della sua inferiorità da se stesso, con la sua libera iniziativa e seguendo l'esempio dei suoi figli migliori, tutto sarà inutile»; è, quindi, necessario che le opportunità di sviluppo rese al Meridione attraverso le risorse stanziate vengano effettivamente utilizzate e che, pertanto, il Governo si adoperi a monitorare l'effettivo ragionevole utilizzo, spronando e sostenendo le amministrazioni regionali e locali in tal senso,

impegna il Governo:

   ad adottare misure per la crescita economica che tengano conto del cambio di paradigma esposto in premessa;
   ad incentivare quindi una governance economica multilivello volta a disegnare un nuovo sistema economico basato sui concetti cardine della crescita sostenibile, dello sviluppo delle energie alternative, della ricerca scientifico-tecnologica collegata al territorio, dell'agricoltura a filiera corta basata su aziende di piccole e medie dimensioni, del turismo enogastronomico strettamente connesso all'innovazione dell'offerta artistica e culturale locale, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
   a rafforzare, pertanto, la strategia nazionale per le aree interne, che punta chiaramente a invertire il paradigma produttivo, demografico ed economico attuale e che assume, nel Meridione, un'importanza particolare;
   a sollecitare e monitorare l'utilizzo effettivo dei fondi europei di cui al presente atto di indirizzo, anche al fine di attuare pienamente questa strategia complessiva, nonché per rafforzare le capacità amministrative degli enti locali meridionali;
   ad indirizzare le politiche pubbliche di bilancio per le spese d'investimento per il Sud;
   a favorire un'interpretazione della contabilità pubblica più coerente con lo spirito dei trattati europei e dell’acquis communautaire, volta a salvaguardare ed agevolare l'investimento strutturale e l'utilizzo dei fondi;
   ad attivarsi affinché l'Agenzia per la coesione territoriale sia pienamente operativa e che operi come strumento di raccordo per la strategia complessiva di rilancio dell'economia.
(1-00642) «De Mita, Dellai, Cera, Piepoli, Caruso».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e XIII,
   premesso che:
    dopo l'alluvione che nel mese di settembre 2014 ha colpito la Puglia e il Gargano, dal 10 ottobre, ancora una volta, eventi meteorici di eccezionale portata hanno messo in ginocchio una larga fascia del Paese provocando ingenti danni alle persone, a beni pubblici e privati ed in particolare alle produzioni agricole e zootecniche. Si sono registrate situazioni molto critiche con esondazioni di torrenti e corsi d'acqua, smottamenti e frane in parti del Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio. Particolarmente critici sono i fatti accaduti a Genova, Manciano (Gr), Muggia (Ts) con vittime, e a Parma per gli ingenti danni alla città e alle produzioni agricole;
   quanto accaduto conferma ancora una volta la fragilità del territorio nazionale dal punto di vista del dissesto idrogeologico e l'assoluta necessità di realizzare le opere indispensabili alla messa in sicurezza delle zone colpite dall'alluvione. Ciò conferma altresì l'urgenza di procedere sulla via della prevenzione. Dal 1950 ad oggi si sono spesi più di 200 miliardi di euro per riparare i danni, provocati da disastri naturali, mentre non sono riparabili le perdite umane;
   una componente non secondaria nell'avanzamento delle situazioni di dissesto diffuso nel nostro Paese è la progressiva cancellazione di porzioni di suolo agricolo. Dati recenti evidenziano che in poco meno di dieci anni si è persa una superficie di terra coltivabile di oltre 19 mila chilometri quadrati, un territorio pari a quanto l'intero Veneto; gli effetti di questo processo sono misurabili anche in termini di perdita di paesaggio, tradizioni e qualità del cibo, oltre che di zone in particolare montane che, soggette a spopolamento e incuria, sono a grave rischio in presenza di una emergenza naturale;
   in attesa di una analitica ricostruzione dell'ammontare dei danni che verrà effettuata da parte delle regioni che hanno chiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri la dichiarazione dello stato di emergenza, occorre rilevare che tali calamità hanno coinvolto in larga misura il settore agricolo e agroindustriale. Nelle zone montane come in quelle collinari e di pianura le organizzazioni agricole e di categoria denunciano campi allagati con colture distrutte e le semine autunnali a rischio, serre, stalle e stabilimenti inagibili, aziende agricole isolate con strade poderali franate, produzioni locali e tipiche di pregio, dop e igp, distrutte dalle acque;
   si sta configurando per il settore agricolo e dell'agroindustria, già in crisi per la difficile congiuntura economica e che di recente ha dovuto subire gli effetti dell'embargo dichiarato dalla Russia, una vera e propria situazione di emergenza;
   già dai primi monitoraggi si rilevano danni per milioni di euro per far fronte ai quali le istituzioni preposte stanno verificando se esistano le condizioni per lo stato di calamità;
   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha avviato una prima azione di sostegno alle aziende importante soprattutto per chi è stato colpito da fenomeni meteorologici avversi anticipando 1,4 miliardi di euro di pagamenti relativi alla politica agricola comune della domanda unica 2014 destinati a 1.035.695 imprese agricole ed entro il mese di novembre saranno inoltre pagati i restanti beneficiari facenti capo al solo organismo pagatore Agea, altri 70.000 soggetti che riceveranno 100 milioni di euro di aiuti;
   l'agricoltura costituisce un presidio per una equilibrata gestione del territorio e svolge una funzione strategica per la salvaguardia e la custodia del suolo. In particolare, la funzione dell'agricoltore è di presidio e la sua attività è fondamentale per mantenere la vitalità delle zone rurali marginali come quelle montane e collinari oggi interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico sempre più esteso e per la produzione di derrate alimentari, oltre che per la tutela di «beni comuni», come paesaggio, tutela ambientate, biodiversità,

impegnano il Governo:

   a mettere in campo azioni mirate urgenti e tempestive a sostegno dell'agricoltura e delle aziende agricole colpite dall'alluvione;
   ad accogliere e dare seguito, nei tempi più rapidi possibili, alla richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza;
   assegnare con urgenza alla difesa del suolo delle aree citate quota a parte delle risorse del fondo per le politiche di coesione per interventi di messa in sicurezza del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico (articolo 1, comma 7, della legge n. 147 del 2013);
   ad agevolare, per quanto di competenza, l’iter d'esame del disegno di legge di «contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato».
(7-00498) «Romanini, Mariani, Oliverio, Cova, Carra, Terrosi, Prina, Zanin, Taricco».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura – Agea – istituita con decreto legislativo n. 165 del 1999 svolge funzioni indispensabili di organismo pagatore e di coordinamento, così come previsto dalla normativa comunitaria in materia di politica agricola comune;
    l'Agea è incaricata, tra l'altro, della vigilanza e del coordinamento degli organismi pagatori riconosciuti di cui al regolamento (UE) n. 1306/2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune, promuove l'applicazione armonizzata della normativa comunitaria e delle relative procedure di autorizzazione, erogazione e contabilizzazione degli aiuti comunitari ed è altresì competente per la gestione degli ammassi pubblici, dei programmi di miglioramento della qualità dei prodotti agricoli per gli aiuti alimentari e per la cooperazione economica con altri Paesi;
    è largamente condivisa la necessità di procedere, anche alla luce della generale revisione della spesa pubblica che è in atto ormai da tempo, ad un riordino complessivo della struttura dell'Agenzia attraverso una riorganizzazione degli assetti e delle funzioni, al fine di migliorarne l'efficienza e la trasparenza, oltre che conseguire una significativa riduzione dei costi;
    come noto, per tutte le funzioni non attribuite agli organismi regionali, operano, unitamente ad Agea, l'Ente nazionale risi, che tuttavia, in un'ottica di riordino e di recupero di efficienza, dovrebbe limitarsi a svolgere attività di ricerca e di assistenza tecnica e non anche quella di organismo pagatore e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli – servizio autonomo interventi settore agricolo SAISA – organismo pagatore dell'Unione europea per le restituzioni all'esportazione di prodotti agroalimentari;
    relativamente alle funzioni svolte da SAISA, le complesse procedure di gestione delle restituzioni, attivate nell'ambito di una procedura di sicurezza destinata a garantire che ad esse si ricorra solo quando vi siano forti elementi turbativi di mercato, richiedono che le stesse siano liquidate dall'autorità doganale che presiede al controllo, accertamento e verifica della circolazione delle merci e della fiscalità interna connessa agli scambi internazionali;
    ciò che emerge come aspetto caratterizzante l'organizzazione di Agea è l'accentuata esternalizzazione dei suoi compiti istituzionali che coinvolge società private direttamente o indirettamente controllate dall'Agenzia e organismi indipendenti pubblici e privati;
    come evidenziato dalla relazione della Corte dei conti per gli esercizi dal 2009 al 2011, tra la gestione del sistema informativo (SIAN e SIGG) e le convenzioni stipulate con i Centri di assistenza agricola CAA, in particolare per quanto concerne la ricezione delle domande di pagamento avanzate dagli agricoltori, nonché la formazione e gestione del fascicolo aziendale, oltre il 76 per cento della spesa corrente, percentuale peraltro superiore al finanziamento statale per il coordinamento, ha remunerato prestazioni istituzionali affidate all'esterno;
    è pertanto opportuno che si proceda a rivedere l'insieme delle attività e dei servizi delegati, posto che tale esternalizzazione ha in sostanza ristretto, nell'ambito delle competenze non delegabili, le attività in concreto svolte da Agea organismo pagatore;
    i Centri di assistenza agricola svolgono importanti servizi a supporto degli agricoltori quali in particolare gli adempimenti amministrativi e la compilazione del fascicolo aziendale e sarebbe auspicabile migliorare il processo di raccolta delle informazioni e la loro trasmissione all'organismo di coordinamento,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per un riordino generale delle funzioni e dell'organizzazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in base alle seguenti linee guida:
    a) al fine di evitare sovrapposizioni di competenze, duplicazioni ed inefficienze, trasferire in capo ad Agea le funzioni di organismo pagatore svolte dall'Ente nazionale risi che, mantenendo gli attuali livelli occupazionali, potrebbe incentivare ulteriormente le attività di studio, ricerca ed assistenza tecnica;
    b) rivedere l'insieme delle prestazioni istituzionali esternalizzate da Agea ed evitare per il futuro che l'Agenzia possa promuovere o costituire consorzi e società;
    c) riportare in capo ad Agea il coordinamento tecnico delle attività svolte da SIN spa attualmente di competenza dell'area coordinamento, e procedere anche in considerazione della risoluzione del contratto prevista per il 2016, affinché a tale area si affianchi una unità tecnica della stessa Agenzia, o di altro soggetto pubblico, incaricata di predispone i codici di programma necessari a gestire in automatismo le domande di pagamento e riservare ad un soggetto esterno, anche pubblico, esclusivamente la gestione del servizio relativo alla parte informatica, consentendo quindi all'Agenzia di mantenere la titolarità delle proprie funzionalità e competenze tecniche;
    d) far si che i Centri di assistenza agricola e gli organismi pagatori, in quanto terminali operativi del sistema informativo gestito da Agea, ottimizzino il processo di raccolta delle informazioni e di monitoraggio in modo da assicurare in tempo reale la trasmissione dei dati all'organismo di coordinamento e, allo stesso tempo, garantire loro, nel rispetto delle rispettive competenze, l'accesso al database di Agea evitando un possibile disallineamento delle informazioni anche in funzione delle nuove procedure per il controllo dei requisiti relativi all'agricoltore attivo, al greening e alle procedure di gestione del rischio.
(7-00497) «Gallinella, L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Lupo, Parentela».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   NARDUOLO, CAMANI, MIOTTO e NACCARATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il maltempo che si è abbattuto sul basso Veneto ed, in particolare, nella zona della bassa padovana e dell'alto Polesine il 13 ottobre 2014, ha provocato gravissimi danni alle strade, alle infrastrutture elettriche, alle abitazioni private, alle attività commerciali e produttive e agli edifici pubblici;
   ad una prima sommaria ricognizione, l'ammontare dei danni corrisponderebbe già ad alcuni milioni di euro, considerando che diversi comuni sono già stati interessati dagli eventi alluvionali degli scorsi mesi di febbraio e aprile;
   i comuni colpiti in provincia di Padova sono: Abano Terme, Albignasego, Arquà Petrarca, Baone, Battaglia Terme, Carceri, Cartura, Casale di Scodosia, Casalserugo, Castelbaldo, Cinto Euganeo, Due Carrare, Este, Galzignano Terme, Lozzo Atestino, Maserà di Padova, Megliadino San Fidenzio, Megliadino San Vitale, Merlara, Monselice, Montagnana, Montegrotto Terme, Ospedaletto Euganeo, Padova, Pernumia, Piacenza d'Adige, Ponso, Saletto, Santa Margherita d'Adige, Torreglia, Urbana; in provincia di Rovigo: Bergantino, Fiesso Umbertiano, Melara, Occhiobello, Stienta, Taglio di Po;
   tali comuni sono stati inseriti nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che esclude le aree colpite dagli eventi meteorologici dal pagamento degli adempimenti fiscali in scadenza tra il 10 ottobre e il 20 dicembre 2014;
   in data 21 ottobre 2014, con decreto del Presidente della regione Veneto, è stato dichiarato lo stato di crisi, provvedimento necessario ad una successiva eventuale dichiarazione di stato di emergenza da parte del Governo –:
   se il Governo non ritenga opportuno attivarsi per prevedere ogni possibile misura a sostegno degli enti locali e dei privati delle province di Padova e Rovigo come ristoro dei danni subiti a causa del maltempo, e se intenda procedere tempestivamente alla dichiarazione di stato di emergenza per questi territori. (4-06531)


   CIRACÌ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'emanazione del decreto-legge n. 104 del 12 settembre 2013, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, l'Istituto nazionale geofisica e vulcanologia (di seguito INGV) è stato autorizzato ad assumere, nel quinquennio 2014-2018, complessive 200 unità di personale ricercatore, tecnologo e di supporto alla ricerca, in scaglioni annuali di 40 unità di personale, nel limite di una maggiore spesa di personale pari a 2 milioni di euro nell'anno 2014, 4 milioni nell'anno 2015, 6 milioni nell'anno 2016, 8 milioni nell'anno 2017 e 10 milioni a partire dell'anno 2018;
   a tal proposito, il predetto decreto, all'articolo 24, comma 2, nel riportare quanto statuito dall'articolo 5, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 2009 n. 213, ha chiarito come l'approvazione del fabbisogno del personale, la consistenza e le variazioni dell'organico avrebbero dovuto essere disposte con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), previo parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze nonché del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del suddetto decreto-legge;
   i predetti pareri sono stati acquisiti dai dicasteri competenti, per ultimo quello trasmesso dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 5 maggio 2014 – prot. n. 300, i quali hanno definitivamente autorizzato l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ad assumere personale di cui al sopracitato decreto-legge n. 104 del 2013;
   a seguito della pubblicazione della legge 128 del 2013 e dell'approvazione della pianta organica, assumeva rilievo la circolare emanata dal Ministero della funzione pubblica, n. 5 del 2013, la quale indicava, dettagliatamente, mediante quadri sinottici, le modalità più idonee per espletare le procedure di reclutamento del personale;
   nello specifico, le varie soluzioni suggerite in primo luogo dalla legge e, in secondo luogo, dalla predetta circolare della funzione pubblica garantivano sia i dipendenti che avevano maturato almeno tre anni di anzianità di servizio alle dipendenze dell'Amministrazione che avrebbe emanato il bando, sia il personale in possesso dei requisiti della stabilizzazione;
   il consiglio di amministrazione, in base alle norme sopra richiamate e previo confronto, quindi, con le organizzazioni sindacali, maggiormente rappresentative, stabiliva di coprire il 50 per cento dei 200 posti mediante reclutamento ordinario (quadro sinottico B1 della Circolare DFP) e il rimanente 50 per cento tramite reclutamento speciale transitorio (quadro sinottico B3 della circolare DFP);
   nonostante i mesi passati dall'emanazione del decreto a firma del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 5 maggio 2014 protocollo n. 300 con il quale si autorizzava, come detto ad assumere il personale, il consiglio di amministrazione, emanava solamente la delibera n. 147 del 5 agosto 2014 con la quale disponeva il parziale scorrimento delle prime 40 posizioni da attingersi dalle graduatorie disponibili, senza dare un quadro complessivo ed organico relativo alle 200 posizioni previste dalla legge;
   occorre rilevare come tale determinazione risulti insufficientemente motivata, in particolare rispetto allo scorrimento parziale di alcune graduatorie. Inoltre, a differenza di quanto emerso dalla richiamata delibera, non è stato richiesto né, tantomeno, acquisito il parere del direttore generale, e del collegio dei revisori. Tutto questo, espone l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ad un contenzioso elevato con un alto rischio di soccombenza;
   a questo va aggiunto, che in applicazione al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi, 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nella qualità di organo vigilante, ha richiesto ripetutamente l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia al rispetto di tale normativa, in particolare con nota del 27 febbraio 2014 protocollo MIUR 4590, chiedendone i relativi riscontri. Successivamente, considerata l'inerzia dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia stesso, il collegio dei revisori dei conti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha sollecitato il responsabile della prevenzione della corruzione dell'ente (dottor Tullio Pepe), chiedendo una relazione dettagliata, al fine di conoscere gli eventuali profili di incompatibilità che interessavano gli organi di vertice, in particolare il presidente e tre dei componenti del consiglio d'amministrazione;
   la suddetta relazione è stata prodotta in data 24 giugno 2014, a cui ne è seguita una ulteriore in data 18 luglio 2014. Dall'analisi effettuata dal collegio dei revisori emergevano chiaramente profili di incompatibilità diffusa, pertanto il predetto organo inoltrava tutta la documentazione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca essendone custode come detto, della vigilanza sull'Ente;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data, 25 settembre 2014, inviava una nota all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia in cui chiedeva la rimozione delle limitazioni e dell'esercizio delle funzioni del presidente e del consiglio d'amministrazione, rimanendo in attesa di chiarimenti da parte dell'istituto. Tali chiarimenti sono stati sollecitati in data 10 ottobre 2014, in quanto quelli già prodotti dall'Istituto non potevano essere accolti;
   tutto questo, ha evidenziato le laceranti divisioni tra i componenti del consiglio di amministrazione medesimo, all'interno del quale, tra i cinque componenti siedono due dipendenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che non riuscendo a garantire la assolta obiettività nelle decisioni, condizionano le determinazioni del presidente. Eloquente, a tal proposito, la presa di posizione degli altri due componenti di nomina ministeriale, che nello specifico hanno inviato in data 8 ottobre 2014 una nota di dissenso al presidente, al consiglio d'amministrazione, al collegio dei revisori ed al direttore generale –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto rappresentato in merito alla legittimità dell'operato dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia vista la perdurante incompatibilità del presidente nonché degli altri tre membri del consiglio d'amministrazione allo svolgimento dell'incarico, così come scritto nella lettera inviata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 10 ottobre nella quale si scrive: «... a tutt'oggi non risultano ancora pervenuti a questo Ministero i chiarimenti richiesti con la predetta nota del 25 settembre 2014, si ritiene di non poter accogliere quanto significato nella vostra del 1o ottobre 2014 prot. N. 16857»;
   se intenda procedere con urgenza alla nomina di un commissario ad hoc, che sostituisca l'attuale presidente e il relativo consiglio d'amministrazione, persistendo a tutt'oggi anche in capo ad una parte di esso l'incompatibilità a gestire una fase così particolare are per l'ente, apparendo all'interrogante necessario nominare una figura «super partes» capace di garantire l'ordinaria attività, nonché di governare il processo di assunzione che risulta essere alquanto delicato, considerato l'elevato numero di precari corrispondente a circa 400 unità di personale attualmente presente nell'Istituto. (4-06539)


   SANGA, CARNEVALI, MISIANI e GIUSEPPE GUERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il cementificio di Tavernola Bergamasca (BG) ha rinnovato la richiesta di co-incenerimento di Cdr e pneumatici triturati quali combustibili alternativi da utilizzare in parziale sostituzione di petcoke nel locale impianto tavernolese;
   il cementificio ha convissuto con il territorio rappresentando negli anni una presenza sempre più pesante e difficile, scontrandosi inevitabilmente con le esigenze della cittadinanza e quelle della valorizzazione delle bellezze naturali di un luogo unico nel suo genere, sulla riva di uno dei laghi prealpini più belli davanti a Monteisola, l'isola lacustre più grande d'Europa;
   quasi un secolo di escavazione nella collegata miniera Ognoli, all'interno della quale insiste il cementificio, ha deturpato anche visivamente l'ambiente naturale. Nel 1988 venne redatto un programma di recupero ambientale della miniera grazie ai vincoli della legge «Galasso» che ha introdotto fasce di rispetto delle rive dei laghi, programma che non ha avuto gli esiti attesi. Dopo una promessa iniziale di realizzazione in loco di campi da tennis, serre e spazi verdi, la miniera è rimasta quasi immodificata, nella stessa è stata realizzata una strada pubblica che per i tavernolesi è oggi ulteriore motivo di grave disagio e delusione. La «bretella» di collegamento tra il paese e questa nuova strada, infatti, utile per decongestionare il traffico sull'unico asse viario Tavernola-Vigolo, è chiusa ormai da quasi quattro anni a causa di una frana avvenuta nel territorio della vecchia escavazione;
   la vicinanza delle case della frazione di Cambianica ai camini del cementifico è motivo di grave preoccupazione per l'amministrazione comunale e per la cittadinanza tutta di fronte all'attività cementiera ad elevato impatto ambientale alla quale si va ad aggiungere l'attuale richiesta di co-incenerimento di cdr e pneumatici triturati, attualmente al vaglio degli enti per l'eventuale autorizzazione;
   la presenza di un impianto cementiero che potrebbe co-incenerire rifiuti, inoltre, soffoca lo sviluppo turistico del luogo e incide negativamente anche su quello dell'intero bacino lacustre;
   la rappresentanza sindacale dei lavoratori della fabbrica RSU ha esplicitato, negli ultimi anni, tre documenti riguardanti «carenze di manutenzione preventiva», «impianti mal funzionanti», «mancanza di fiducia tecnico-organizzativa», il più recente dei quali pubblicato in data 25 settembre 2014;
   la quantità di Cdr e pneumatici richiesta è di 96 t/g prossima dunque alla soglia delle 100 t/g per la quale l'impianto sarebbe assoggettato a VIA (valutazione di impatto ambientale);
   la pratica riguardante l'attività di impiego di Cdr e pneumatici triturati nel locale cementificio si inserisce in un contesto giuridico controverso: il cementificio risulta non abbia mai utilizzato Cdr e pneumatici come combustibili alternativi nella sua vita produttiva, i soli combustibili alternativi precedentemente utilizzati sono stati esclusivamente farine e grassi animali, il cui avvio è stato determinato dall'emergenza «Mucca pazza» ma il cui utilizzo è stato successivamente abbandonato;
   il comune di Tavernola, diversamente dal Ministero dell'ambiente (nota del 2 marzo 2012) e dagli altri enti che intervengono nel procedimento autorizzativo aperto, sostiene che l'utilizzo di Cdr e pneumatici triturati comporti la procedura di Via in quanto ci si troverebbe di fronte a un nuovo impianto/modifica sostanziale di impianto esistente. Il Cdr e i pneumatici richiesti, infatti, sono di natura completamente diversa dalle precedenti farine e grassi animali, con caratteristiche tecniche e trattamento diversi da quelli menzionati al punto precedente, e pertanto non può essere definito «rinnovo tal quale di autorizzazioni ad impianti esistenti», tanto più che la valutazione di impatto ambientale non venne avviata neppure per questi primi combustibili alternativi a causa dell'emergenza «Mucca Pazza» in atto a quel tempo;
   la regione Lombardia, nella definizione dei criteri localizzativi per gli impianti di smaltimento rifiuti, esclude la possibilità di impianti di incenerimento e co-incenerimento sulle rive dei laghi. Anche questa condivisibile limitazione viene aggirata dal considerare, impropriamente, l'impianto di co-incenerimento come «esistente» nonostante l'evidenza che, alla scadenza della AIA previgente, il cementificio non aveva iniziato l'attività di combustione di rifiuti;
   la Presidenza del Consiglio espressasi in modo positivo esclusivamente sulla sperimentazione con delibera n. 19 del 16 marzo 2012 ha recepito i pareri dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero della salute. In particolare il Ministero della salute (comunicazione 2 marzo 2012) interpellato sulla questione, così come citato nella relazione della Presidenza del Consiglio dei ministri (allegata alla nota Prot. n. 5024 del 6 marzo 2012) ha riscontrato «una possibile criticità a carico dell'altezza dei camini e dell'orografia dell'area» e richiede «una verifica dell'efficienza della dispersione dei contaminanti aerei nelle condizioni meteo e orografiche della specifica area». Due studi sono stati prodotti uno da parte del comune di Tavernola Bergamasca e uno da parte dell'azienda Sacci richiedente l'autorizzazione al co-incenerimento e sono sostanzialmente coincidenti. L'azienda Sacci per ridurre le ricadute delle emissioni propone una riduzione all'origine degli inquinanti immessi in atmosfera, in alternativa all'innalzamento del camino principale. Quest'ultima opzione non ridurrebbe di per sé l'impatto ambientale del cementificio ma ne diluirebbe esclusivamente gli effetti allargando lo spazio di ricaduta degli inquinanti stessi. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare invece, (comunicazione del 2 marzo 2012) ha espresso di valutare l'opportunità di avviare una appropriata procedura di valutazione di impatto ambientale prima dell'utilizzo «a regime» del combustibile alternativo anche in sola co-combustione a quello attualmente in uso;
   contestualmente, il comune di Tavernola ha segnalato alle autorità competenti, durante il periodo estivo 2014, diversi eventi di emissioni polverose anomale in atmosfera nonché la concentrazione di NOx, persistentemente più elevati rispetto al resto della provincia, in base ai dati rilevati dalla centralina fissa ARPA presente sul territorio comunale. L'importante contributo emissivo del cementificio è stato confermato anche da recenti misurazioni con una postazione mobile;
   la popolazione di Tavernola Bergamasca, dopo numerose assemblee e occasioni di dibattito locali, ha espresso la propria netta contrarietà alla sperimentazione all'uso di Cdr e pneumatici nel locale cementificio, attraverso la consultazione popolare del 24 giugno 2007, con la quale i tavernolesi hanno dichiarato il proprio no ai rifiuti con il seguente risultato: n. 933 voti contrari alla sperimentazione dei rifiuti come combustibili nel cementificio (oltre l'81 per cento) e n. 211 voti favorevoli;
   la stessa posizione è poi stata ribadita, il 18 febbraio 2010, anche dal consiglio comunale di Tavernola mediante specifica delibera, posizione confermata anche dall'attuale amministrazione comunale in carica che ha posto chiaramente la contrarietà alla sperimentazione su Cdr e pneumatici nel suo programma elettorale;
   il consiglio della provincia di Bergamo, all'unanimità, in data 20 dicembre 2010 ha dato indicazione circa il pieno rispetto del parere espresso dal comune di Tavernola;
   la contrarietà netta all'utilizzo dei rifiuti nel locale cementificio tavernolese è stata politicamente recepita anche, all'unanimità, dal consiglio regionale della Lombardia con deliberazione n. ix/0327 del 21 dicembre 2011 – atto n. 6277 nel quale, chiede che vengano tenute in considerazione le decisioni della giunta regionale, richiamate dalla deliberazione 28 luglio 2011, n. 2072 che considerano prioritario il ricorso alla minor produzione di rifiuti e quindi negare all'impianto di Tavernola Bergamasca l'utilizzo del Cdr;
   anche il consiglio provinciale di Brescia, approvava nel luglio 2012 una mozione unitaria per chiedere al Governo di interpretare le necessità della popolazione e delle amministrazioni del Lago d'Iseo sulla problematica dell'utilizzo di Cdr e pneumatici nel cementificio di Tavernola Bergamasca;
   il consiglio comunale di Pisogne (BS), altro paese sito sulle rive del Lago d'Iseo ha deliberato pochi giorni fa il proprio sostegno al Comune di Tavernola nella posizione espressa sul co-incenerimento dei rifiuti nel cementificio tavernolese;
   altri comuni si esprimeranno a sostegno di Tavernola Bergamasca a breve attraverso i propri consigli comunali –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto sopra rappresentato e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini di fronte ad attività di incenerimento dei rifiuti ad opera di cementifici, come specificatamente nel caso di cui in premessa, anche promuovendo un piano di monitoraggio degli effetti conseguenti a tali attività;
   se si intenda promuovere un'iniziativa, da parte del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di verificare lo stato dei luoghi e il livello di inquinamento dell'area in cui sorge il cementificio di Taversona Bergamasca. (4-06542)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SCAGLIUSI, L'ABBATE, TOFALO, SIBILIA, SPADONI e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 401 del 1990 regola l'attività degli istituti italiani di, cultura e il servizio in Italia e all'estero del personale di ruolo dell'area della promozione culturale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   il principio della rotazione del personale di ruolo tra le sedi all'estero e la sede centrale è regolato dall'articolo 13 della legge n. 401 del 1990: il cui comma 4 recita: «Dopo ogni periodo di servizio all'estero, il servizio in Italia non può avere durata inferiore a due anni e superiore a quattro anni. Tale servizio può essere svolto anche in posizione di comando presso università, istituzioni culturali pubbliche, enti di ricerca e altre Amministrazioni dello Stato che svolgono attività connesse con le finalità della presente legge»;
   a giudizio degli interroganti in aperto contrasto con la legge succitata nelle circolari ministeriali regolanti gli atti amministrativi di assegnazione del personale di ruolo dell'area della promozione culturali nelle sedi estere a tale limite di due anni di servizio in Italia è stato derogato più volte nel corso del 2013 e 2014, da ultimo nella lista straordinaria 2014 per il personale APC (diramata con messaggio ministeriale n. 0217069 del giorno 06/10/2014) così come rettificata con messaggio Ministeriale 0224023 del 13 ottobre 2014, oltre che nella lista straordinaria III 2013 per il personale APC, messaggio ministeriale n. 0268561 del 27 novembre 2013; nella lista straordinaria 2013 per il personale APC, messaggio ministeriale n.0132284 dell'11 giugno 2013; nella lista straordinaria 2013 per il personale APC, messaggio ministeriale n. 0058289 del 12 marzo 2013;
   la ratio della citata norma risiede, oltre che nel principio generale di rotazione che regola l'organizzazione degli uffici pubblici, nella necessità tipica del personale con compiti di promozione culturale, di aggiornarsi circa la realtà culturale italiana contemporanea dopo un periodo di permanenza all'estero di nove anni, e di riprendere contatto con le istituzioni culturali e con i loro dirigenti, con i quali il personale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione interazionale è chiamato a collaborare nella sua azione di promozione della lingua e della cultura italiana e dei servizi culturali italiani all'estero;
   l'insistita iterazione di una deroga in materia di personale, destinata ad avvantaggiare solo chi si trova in condizioni di beneficiarne, nella fattispecie soltanto una parte del personale in questione, dà luogo a fenomeni di distorsione organizzativa, secondo gli interroganti chiaro indicatore di cattiva gestione dell'attività amministrativa e fonte di disparità di trattamento nel caso di gestione del personale –:
   quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per regolare la rotazione del personale dell'area della promozione culturale secondo i principi di buona gestione degli uffici, nonché se il Ministro abbia intenzione di far rispettare il limite minimo di due anni previsto dalla normativa succitata. (4-06525)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZARATTI e COSTANTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni la società A2A, proprietaria del nucleo idroelettrico della Calabria, avrebbe eseguito l'attività di svuotamento del lago Ampollino (capacità di invaso di 64.485.000 mc e una produzione di 165,780 GWh), bacino idroelettrico compreso nel perimetro del parco nazionale della Sila;
   le attività di svuotamento del bacino lacuale, giustificate da A2A come opere di manutenzione ordinaria, sarebbero avvenute senza che la società acquisisse le dovute autorizzazioni preventive del parco, come prevede l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica del 14 ottobre 2002 istitutivo dell'Ente parco nazionale della Sila;
   l'intervento risulterebbe quindi in contrasto con la legge nazionale quadro sulle aree naturali protette legge n. 394 del 1991 e del decreto legislativo n. 42 del 2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio), in quanto sarebbe stato manomesso paesaggio e alterato lo stato dei luoghi all'interno di un contesto paesaggistico di elevato valore;
   gli interventi sarebbero stati effettuati in un ambito naturalistico facente parte della rete «Natura 2000» (Sic e Zps), che impone la tutela dell’habitat naturale e delle specie faunistiche presenti nel bacino, come la lontra ed altre specie faunistiche la cui conservazione risulta strettamente legata al regime idraulico del lago;
   per gli effetti che potrebbero gravare sull'ecosistema, tutti gli interventi che comportano la fluttuazione del livello del lago devono essere preventivamente sottoposti a valutazione di incidenza ambientale;
   l'intervento messo in atto da A2A avrebbe ridotto di oltre 16 metri il livello dell'acqua trasformando gran parte del lago in una palude, con gravi conseguenze dell'intero ecosistema lacustre e conseguente minaccia per la fauna stanziale, oltre che per all'avifauna migratoria –:
   se risultino note al Ministro le modalità con le quali la società A2A, proprietaria del nucleo idroelettrico della Calabria, avrebbe condotto l'attività di svuotamento del lago Ampollino;
   se siano stati preventivamente richiesti ed acquisiti tutti i nulla osta e i pareri di competenza degli enti e delle amministrazioni titolari delle funzioni di vigilanza e tutela delle aree naturali protette, della biodiversità, del paesaggio e della rete «Natura 2000», secondo quanto stabilito dalle norme nazionali e comunitarie in materia;
   come si intenda intervenire per far sì che la società A2A proceda all'immediato ripristino dello stato dei luoghi e alla riconfigurazione dell'intero ecosistema lacustre fondamentale per la tutela e la conservazione dalla biodiversità di quel sito, facente parte del parco nazionale della Sila. (5-03840)


   DE LORENZIS, L'ABBATE, CARIELLO, PARENTELA, SCAGLIUSI e TOFALO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale del 4 dicembre 1991 del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, ha istituito la riserva naturale marina dominata «Torre Guaceto»;
   il Ministero dell'ambiente, con decreto ministeriale del 4 febbraio 2000 ha istituito la riserva naturale dello Stato di Torre Guaceto nella quale sfocia il «Canale Reale»;
   l'atto dirigenziale del servizio risorse idriche della regione Puglia n. 136 del 2 settembre 2014 ha rilasciato all'Acquedotto Pugliese spa l'autorizzazione all'esercizio dello scarico provvisorio nel «Canale Reale» delle acque reflue depurate effluenti dal nuovo impianto consortile di trattamento a servizio dell'agglomerato di Carovigno;
   con nota del 19 settembre 2014 prot. n. 89903 l'Acquedotto di Puglia spa ha comunicato che a decorrere dal 22 settembre 2014 avranno inizio le operazioni di avvio all'esercizio dei collettori fognari quindi del successivo scarico;
   il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche» pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 248 del 23 ottobre 1997 – suppl. ordinario n. 219, disciplina le procedure per l'adozione delle misure previste dalla direttiva 92/43/CEE «Habitat» relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, ai fini della salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali elencati nell'allegato A e delle specie della flora e della fauna indicate agli allegati B, D ed E;
   il comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 sancisce che: «Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all'allegato G.»;
   il comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 sancisce che: «La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è effettuata sentito l'ente di gestione dell'area stessa»;
   da fonti stampa si apprende la denuncia di Legambiente Puglia che afferma che non è stata mai attuata la valutazione di incidenza ambientale per lo scarico temporaneo nel Canale Reale;
   sempre da fonti stampa si apprende che da diverse settimane il depuratore continua a scaricare nel Canale Reale liquami e schiuma rappresentando un rischio per gli habitat protetti dalle normative e dalle direttive visto che anche i prelievi dell'Arpa eseguiti alla foce del Canale Reale ed effettuati dopo l'entrata in funzione del depuratore, segnalano valori sulla presenza di batteri coliformi fecali e azoto superiori ai parametri stabiliti per legge;
   la nota prot. 19203 del 27 marzo 2014 del commissario straordinario della provincia di Brindisi inerente l'impianto di affinamento del depuratore di Mesagne, un altro depuratore che attualmente scarica nel Canale Reale e che secondo l'esito della procedura di valutazione d'impatto ambientale competente la provincia di Brindisi «Valutazione d'Impatto Ambientale – AQP – Progetto definitivo per la rifunzionalizzazione ed il prolungamento della condotta sottomarina esistente in zona Apani (BR) – Recapito finale dell'effluente dell'impianto di depurazione consortile di Carovigno», avrà in futuro i propri reflui depurati, convogliati nella condotta sottomarina che interesserà anche il depuratore consortile di Carovigno, vi è scritto nella nota del commissario che: «è altresì da rilevare che l'attivazione dell'impianto di affinamento» – di Mesagne – «torna di imminente attualità, in relazione alla richiesta avanzata da AQP spa per l'attivazione dello scarico all'interno del Canale Reale delle acque reflue che saranno prodotte dall'impianto consortile di trattamento delle acque urbane ubicato in territorio di Carovigno, a servizio anche degli agglomerati di San Michele, San Vito dei N. e delle marine» e aggiunge che «la situazione che verrà a determinarsi a seguito dell'attivazione sia dell'impianto depurativo sia della condotta sottomarina, impongono necessariamente, una valutazione complessiva di tutti gli impatti sul bacino imbrifero confluente nel canale reale; questo canale, infatti, nasce nel territorio di Villa Castelli e raggiunge l'oasi naturale protetta di interesse nazionale di Torre Guaceto, dopo aver attraversato, per oltre 45 chilometri, gran parte del territorio provinciale ricevendo gli scarichi dei depuratori di Ceglie M., Francavilla F. e Latiano»;
   dall'estratto del provvedimento dirigenziale di autorizzazione della provincia di Brindisi n. 106 del 19 settembre 2014 avente ad oggetto: «Valutazione d'Impatto Ambientale – AQP – Progetto Definitivo per la rifunzionalizzazione ed il prolungamento della condotta sottomarina esistente in zona Apani (BR) – Recapito finale dell'effluente dell'impianto di depurazione consortile di Carovigno» si evince l’iter di approvazione del provvedimento, che in futuro convoglierà i reflui del depuratore consortile di Carovigno che attualmente scarica, in modalità temporanea, nel Canale Reale. Tuttavia nel provvedimento in oggetto non si menzionano gli impatti ambientali della soluzione temporanea dello scarico nel Canale Reale, rimandando ad altro atto di altra amministrazione (atto dirigenziale del servizio risorse idriche della regione Puglia n. 136 del 2 settembre 2014), l'autorizzazione dello scarico nel Canale Reale, per cui manca una valutazione complessiva degli impatti ambientali, comprendente tutte le valutazioni di incidenza ambientali nella fase temporanea e finale dell'unico progetto imprenditoriale che riguarda quindi i depuratori e gli scarichi temporanei – nel Canale Reale – e finali degli stessi;
   inoltre nella valutazione d'impatto ambientale sopra menzionata, risultano assenti i contributi e le valutazioni dell'ASL – regolarmente invitata a partecipare all’iter amministrativo – sia nel corso delle Conferenze dei Servizi, sia nella valutazione del provvedimento finale;
   infine, se pur con parere favorevole, l'ARPA ha segnalato le criticità legate allo scavo della trincea per l'interramento della condotta sottomarina tra le batimetriche –10 m e –16 m, oltremodo invasiva e distruttiva per l'habitat marino coinvolto che in questo caso riguarda anche le praterie di «Posidonia Oceanica» protetta dalla convenzione di Barcellona e dalla direttiva Habitat, recepita quest'ultima, nell'ordinamento italiano dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali iniziative intendano assumere per fermare gli scarichi nel Canale Reale, a cominciare da quello del depuratore consortile di Carovigno, che stanno inquinando l'Area Marina Protetta;
   se l'autorizzazione ad Acquedotto Pugliese spa di scarico temporaneo nel Canale Reale, effettuata tramite atto dirigenziale del servizio risorse idriche della regione Puglia n. 136 del 2 settembre 2014 abbia rispettato il comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 che sancisce il necessario parere – non vincolante – dell'ente gestore del Parco per il rilascio della Valutazione di incidenza;
   se alla luce dei rilievi del commissario straordinario della provincia e di quanto descritto in premessa possa esservi il rischio di un'infrazione alla normativa europea a causa della mancanza di una valutazione di impatto ambientale sul complesso di interventi che coinvolgono il Canale Reale. (5-03851)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 14 ottobre 2014 delle intense precipitazioni piovose hanno interessato il territorio a confine tra il sud del grossetano e il nord del viterbese; a seguito dell'alluvione provocata dalle abbondanti piogge, si sono verificati ingenti danni in tutta la maremma laziale e toscana oltre a due decessi nel comune di Manciano, confinante con i comuni laziali di Ischia di Castro e Canino;
   anche il territorio del comune di Montalto di Castro, confinante con i comuni di cui sopra ha subito, nel corso degli ultimi anni, un serie di alluvioni che hanno causato ingenti danni e disagio ai cittadini del territorio;
   gli allagamenti sono stati generati dall'esondazione del fiume Fiora che attraversa l'estremità meridionale della Toscana interessando, oltre al comune di Santa Fiora, i territori di Sorano, di Manciano, di Pitigliano, e nel Lazio, quelli di Ischia di Castro, di Canino e di Montalto di Castro;
   nel territorio di quest'ultimo comune è situata la centrale idroelettrica di Vulci che, oltre a produrre energia, gestisce le piene del fiume Fiora attraverso un sistema di paratie;
   la «relazione tecnico-illustrativa» del progetto «Rinnovamento delle caratteristiche funzionali e prestazionali dello sbarramento di Vulci sul fiume Fiora» redatta nel marzo 2013 a cura di «Enel, ingegneria civile e idraulica, sicurezze dighe e opere idrauliche Sud – Sede di Roma» evidenzia come una problematica esistente sia quella dell'interramento del serbatoio di Vulci, dove è ubicata la stessa centrale idroelettrica, a causa dei sedimenti trasportati dalle acque nel corso dei decenni;
   nella «relazione tecnico-illustrativa» del progetto «Rinnovamento delle caratteristiche funzionali e prestazionali dello sbarramento di Vulci sul fiume Fiora» è possibile leggere che l'interramento «allo stato attuale ricopre interamente la zona d'invaso a monte della diga, all'incirca sino alla quota del ciglio di sfioro» e che «la diga è priva di un sistema di drenaggio e la zona al piede della diga è, ormai da diversi anni, sommersa permanentemente, essendo presente, poche decine di metri a valle, una soglia costituitasi spontaneamente con depositi alluvionali ricoperti di vegetazione»;
   il punto 1.4 della «relazione tecnico-illustrativa» del progetto «Rinnovamento delle caratteristiche funzionali e prestazionali dello sbarramento di Vulci sul fiume Fiora» intitolato «Proposta e obiettivi dell'intervento» evidenzia come l'intero progetto miri al «miglioramento della diga, sia sotto l'aspetto funzionale, sia sotto l'aspetto dimensionale, anche in vista di un possibile recupero di una parte consistente dell'invaso originario»;
   in alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa sia da parte del sindaco di Montalto che di consiglieri dello stesso comune, si fa cenno ad un piano di attività di messa in sicurezza del corso e della foce del fiume Fiora che risulterebbe bloccato –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, nei limiti delle proprie competenze, quali misure intenda adottare per il completamento dei lavori inerenti al progetto denominato «Rinnovamento delle caratteristiche funzionali e prestazionali dello sbarramento di Vulci sul fiume Fiora» e la ripresa delle attività di messa in sicurezza del corso e della foce del fiume Flora. (4-06522)


   ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il fenomeno crescente e quanto mai preoccupante dell'interruzione del servizio pubblico dell'acqua nelle nostre città e comunità ai danni delle famiglie e delle fasce sociali più deboli che risultano morose, oltre a rappresentare una grave violazione del diritto umanitario, costituisce non solo una semplice privazione di un bene essenziale, ma anche una vera e propria umiliazione;
   l'interruzione della fornitura di acqua potabile, così come anche dichiarato dall'Istituto superiore di sanità, mette a repentaglio la salute individuale e collettiva, colpendo in particolare nuclei familiari senza reddito, lavoratori in mobilità, malati, bambini, anziani soli, emarginati;
   le sospensioni del flusso idrico agli utenti morosi, senza un pronunciamento da parte della competente autorità giudiziaria appare di dubbia legittimità, stante il pronunciamento da parte del tribunale di Latina, I Sez. Civ. in ordine a fattispecie analoghe, sentenza del 31 ottobre 2006, che stabilisce come la clausola che prevede in favore del gestore del SII la possibilità di sospendere la fornitura, quando non siano pagate le fatture, considerata peraltro l'essenzialità del bene oggetto del contratto, appare vessatoria anche in considerazione di bisogni primari che la somministrazione è destinata a soddisfare;
   l'interruzione dell'erogazione del servizio idrico è pratica ormai diffusa anche nei comuni ricadenti negli ambiti territoriali ottimali della regione Lazio colpiti dal cosiddetto «problema arsenico»;
   con l'entrata in vigore del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, che recepisce la direttiva 98/83/CE del Consiglio del 3 novembre 1998 sulla potabilità delle acque, dal primo gennaio 2013 ottantasei comuni della regione Lazio, in particolare cinquantaquattro della provincia di Viterbo, ventitré della provincia di Roma e nove della provincia di Latina, sono precipitati nell'emergenza idrica, determinata dalla presenza nelle acque destinate al consumo umano di concentrazioni di arsenico e fluoruri superiori ai parametri fissati dalla legge;
   il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, all'articolo 10 stabilisce che nel caso in cui le acque destinate al consumo umano non corrispondano ai valori di parametro, l'azienda sanitaria locale interessata comunica al gestore del servizio idrico l'avvenuto superamento, proponendo al sindaco, effettuate le valutazioni del caso, l'adozione di eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica, tenuto conto dell'entità del superamento dei parametri e dei potenziali rischi per la salute umana, soprattutto di quelli che potrebbero derivare da una interruzione dell'approvvigionamento o da una limitazione di uso delle acque erogate;
   l'Istituto superiore di sanità ha diffuso un'informativa sui provvedimenti di limitazioni dell'uso di acque destinate al consumo umano con contenuti di arsenico e fluoro non conformi ai requisiti del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, nei territori interessati da deroghe successive alla scadenza dei provvedimenti di deroga (31 dicembre 2012) [nota elaborata sulla base del documento del Ministero della salute DGPRE 0027954-P-20/12/2012, che recepisce il parere del Consiglio superiore di sanità, emesso nella seduta del 19 dicembre 2012, dove viene condiviso con alcune modifiche e integrazioni il parere dell'Istituto superiore di sanità del 18 dicembre 2012 in risposta al quesito posto dalla Regione Lazio – Direzione regionale ambiente con note prot. 496461 del 15 novembre 2012 e prot. 538341 del 10 dicembre 2012];
   i sindaci dei comuni della regione Lazio interessati dall'emergenza idrica sono stati peraltro oggetto di verbali di accertamento emessi dallo stesso ente regionale che li condannano ad una sanzione amministrativa per violazione dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, che recita: «Chiunque fornisce acqua destinata al consumo umano, in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire venti milioni a lire centoventi milioni», quando l'Istituto superiore di sanità, fornendo indicazioni e raccomandazioni stringenti in merito alle limitazioni d'uso, non fa riferimento alcuno alla chiusura degli acquedotti, in quanto una interruzione del servizio idrico causerebbe maggiori danni, come, ad esempio, la diffusione di epidemie;
   a fronte dell'erogazione di acqua non potabile per la presenza di arsenico e fluoruri, i gestori pretendono il pagamento di un disservizio e, nei casi di morosità, procedono con il distacco dell'utenza spesso senza un pronunciamento da parte della competente autorità giudiziaria –:
   nel pieno rispetto degli articoli 2 e 32 della Costituzione e alla luce delle problematiche sopra esposte di carattere sanitario, ambientale e sociale, quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati nell'ambito delle proprie competenze, per garantire ai cittadini la fornitura del flusso minimo vitale garantito su base universale, per la fruizione di un servizio giudicato essenziale per la sussistenza come quello idrico e quali iniziative, se del caso normative, vogliano adottare per evitare l'interruzione della erogazione dell'acqua potabile nei casi di morosità, perlopiù incolpevole, dovuta alla grave crisi economica e, di conseguenza, alla riduzione del reddito o alla mancanza di lavoro, condizione, quest'ultima, che nel nostro Paese stanno vivendo numerosi cittadini e nuclei familiari. (4-06526)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'area industriale di Taranto è occupata da due grandi attività, il siderurgico Ilva e la raffineria Eni, entrambe incidono sul territorio con svariate quantità di inquinanti che le stesse aziende devono periodicamente dichiarare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sul Registro europeo emissioni e trasferimenti di sostanze inquinanti siglato E-PRPT;
   la raffineria, situata a Taranto dal 1967, gestita dalla Shell dal 1975 e in seguito passata sotto il controllo del gruppo Eni nel 2002, è caratterizzata da un ciclo produttivo che permette il trattamento del greggio separandolo in diverse frazioni: gas, gpl, naphta, kerosene, gasoli e residui. Lo stoccaggio dei prodotti finiti avviene in 133 serbatoi con una capacità complessiva di circa 3 milioni di metri cubi. Nello stesso perimetro aziendale opera una centrale termoelettrica di proprietà del gruppo Enipower, che fornisce energia agli impianti della raffineria;
   negli ultimi tempi si discute molto di un altro progetto che potrebbe interessare la raffineria di Taranto. Questo progetto denominato «Tempa Rossa» prevede il trasporto del petrolio dalla Basilicata alla raffineria tarantina. Nel giacimento petrolifero situato nella Valle del Sauro ci sono i pozzi per l'estrazione, il petrolio estratto raggiungerà la struttura della Val D'Agri per poi arrivare tramite l'oleodotto «Viggiano-Taranto» all'Eni di Taranto;
   invariate dovrebbero essere le quantità del petrolio raffinato nello stabilimento Eni di Taranto, di conseguenza invariate potrebbero anche essere le emissioni che la raffineria immette nell'aria e nelle acque;
   si ricorda che la raffineria Eni di Taranto è autorizzata a produrre, tra greggi e semilavorati, 6,5 milioni di tonnellate all'anno (autorizzazione regione Puglia 2004). Nel 2013 si apprende dal sito web Eni sono state lavorate 2,87 milioni di tonnellate e la maggior parte di questo greggio è stato trasportato dall'oleodotto Monte Alpi che collega Viggiano a Taranto con una condotta lunga 137 chilometri. Vi è il dubbio che la nuova condotta, prevista per il progetto Tempa Rossa, porterà il greggio a Taranto solo per stivarlo sulle navi che a loro volta lo porterà o in altre raffinerie. In virtù di questi numeri qualcosa non torna anche se nel documento d'istruttoria VIA-AIA del giugno 2011 riferito a Tempa Rossa si dichiara che: «il progetto incrementerà la capacità di movimentazione greggio via mare, non variando la capacità di lavorazione, ma permettendo l'export del greggio Tempa Rossa per una portata pari a circa 2,7 milioni di tonnellate annue»;
   in conclusione, secondo quanto dichiarato dall'azienda nella documentazione del progetto Tempa Rossa: «non ci saranno variazioni delle emissioni convogliate di macroinquinanti»;
   a questo riguardo cioè con riferimento alle emissioni, per quanto concerne i dati che Eni comunica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che vengono poi pubblicati sul proprio sito web, ed anche i dati presenti sul registro europeo E-PRPT. Si deve purtroppo registrare che quelli al momento disponibili sono attribuiti alle attività del 2012;
   è particolarmente difficile reperire la documentazione dell'ENI relativa alla quantità di inquinanti immessi nell'aria e nell'acqua. I report più recenti, che avrebbero dovuto, essere trasmessi secondo le scadenze dettate dall'autorizzazione integrata ambientale), sono, infatti, irreperibili;
   consultando l'area preposta sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il documento più recente è la «Trasmissione rapporto annuale 2014», relativo all'esercizio del 2013 degli impianti. Tuttavia, la documentazione allegata, fondamentale perché gli allegati contengono i report, è mancante. Il capitolo 8 dell'AIA Eni, sul «Reporting», cita: «Entro il 30 aprile di ogni anno, il gestore è tenuto alla trasmissione, all'Autorità competente (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), all'Ente di controllo (ISPRA), alla regione, alla provincia, al comune interessato e all'Arpa territorialmente competente, un rapporto annuale che descrive l'esercizio dell'impianto dell'anno precedente. Tutti i rapporti dovranno essere trasmessi su supporto informatico. Il formato dei rapporti deve essere compatibile con lo standardOpen Office Word Processor” per le parti testo e Open Office – fogli di calcolo per i fogli di calcolo e diagrammi riassuntivi. Eventuali dati e documenti in solo formato cartaceo dovranno essere acquisiti su supporto informatico per la loro archiviazione» –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di rendere noti i report mancanti relativi all'esercizio 2013 e quali iniziative abbia intenzione di intraprendere per quanto di competenza al fine di verificare la fondatezza delle dichiarazioni dell'Eni in merito al fatto che non vi saranno maggiori emissioni di sostanze macroinquinanti.
(4-06527)


   PRATAVIERA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le recenti disastrose alluvioni che hanno colpito la Liguria e altre zone del territorio nazionale hanno portato alla ribalta sui mass media il tema della pericolosità idraulica del fiume Tagliamento;
   il sindaco del comune di San Michele accusa sui giornali la regione Friuli Venezia Giulia di tenere bloccati finanziamenti per 41 milioni di euro che sarebbero dovuti servire per la realizzazione delle casse di espansione poste nel medio-alto corso del fiume, tra le province di Udine e Pordenone, dirette a trattene, le portate di massima ondata di piena e assicurare il transito in sicurezza del fiume all'altezza dei ponti ferroviario e stradale;
   il piano del fiume Tagliamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 agosto 2000 prevede due interventi che, nell'intenzione del legislatore, avrebbero dovuto essere realizzati in parallelo, ovvero la costruzione delle casse di espansione a monte e la ricalibratura dello scolmatore Cavrato all'altezza di Cesarolo, con il contestuale rinforzo dei corpi arginali a valle; tutti gli studi effettuati concludono sulla necessità di laminare la piena a monte e rinforzare gli argini a valle;
   il sindaco di San Michele rileva che tali interventi non sono stati realizzati, tranne che per alcuni lavori sui corpi arginali, insufficienti a contenere le fondate di piena se queste si manifestassero con caratteristiche analoghe a quelle del 1965 e 1966;
   da quanto si apprende ancora dai mass media, l'assessore regionale all'ambiente della regione Friuli Venezia Giulia giudica superato il progetto delle cosiddette casse di espansione, cui erano vincolati i 41 milioni di euro, e fa riferimento a quanto emerso ad un incontro presso la struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, svolto il 24 settembre 2014, e ad un Accordo di programma tra le due regioni che prevede che il Friuli Venezia Giulia utilizzi appunto le risorse finanziarie in comune con il Veneto per la redazione di un progetto unico di rilevanza strategica per gli interventi di messa in sicurezza idraulica del basso corso del fiume Tagliamento, da sottoporre alle procedure di valutazione dell'impatto ambientale prima del passaggio alla fase esecutiva dei lavori; inoltre, la regione Friuli Venezia Giulia rileva l'istituzione del laboratorio Tagliamento per individuare gli interventi prioritari e inderogabili di messa in sicurezza idraulica del fiume Tagliamento, comprese le opere di rinforzo dell'ultimo tratto del fiume stesso per renderlo idoneo al transito delle portate in condizioni di sicurezza;
   le divergenze tra gli amministratori mettono in apprensione gli abitanti dei territori a valle; infatti, in caso di rottura degli argini del fiume i cittadini di San Michele e Latisana corrono un grave pericolo per la propria incolumità fisica, in quanto il Tagliamento attraversa tali territori a quote altimetriche corrispondenti all'altezza dei tetti delle case –:
   se il Ministro nell'ambito delle proprie competenze in materia di difesa del suolo, confermate anche dall'articolo 7, comma 2 del decreto-legge 133 del 2014, sia informato sulla situazione di pericolo esondazione del fiume Tagliamento;
   quali siano stati gli ultimi accordi presi tra Governo e regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto per gli interventi di messa in sicurezza idraulica del fiume Tagliamento;
   se il Ministro non ritenga doveroso informare gli abitanti dei comuni di San Michele e Latisana su eventuali pericoli per la propria incolumità fisica in caso di rottura degli argini del fiume Tagliamento. (4-06534)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da diverse fonti giornalistiche si apprende che, potrebbe essere posticipato, a data da destinarsi, il pronunciamento della «cabina di regia» per l'attuazione del «Protocollo di Intesa per interventi urgenti di bonifica ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto», firmato a Roma il 26 luglio 2012, in merito allo studio realizzato da ARPA Puglia, in collaborazione con CNR, Politecnico di Bari e Conisma, sullo stato reale in cui versa il bacino del I seno del Mar Piccolo;
   durante la riunione tenutasi ai primi di ottobre, il commissario Vera Corbelli ha infatti dichiarato che in merito allo studio di ARPA e CNR e ai lavori della cabina di regia su questo specifico intervento, ci sono diversi aspetti che andranno approfonditi. A quanto pare, il commissario Corbelli, che a differenza del suo predecessore Alfio Pini ha sin da subito avuto un approccio molto tecnico ai lavori della cabina, avrebbe contestato il fatto che le attività siano state concepite in maniera troppo settoriale, e che lo studio elaborato da ARPA e CNR presenti delle lacune e non sia del tutto esaustivo;
   sembra anche che il commissario Corbelli abbia manifestato l'intenzione di chiedere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di rivedere le attività previste dal protocollo d'intesa sottoscritto nel 2012. Il che avrebbe alquanto disorientato gli enti che fanno parte della cabina di regia, che si ricorda essere composta dai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e della coesione territoriale, oltre che dalla regione Puglia, dalla provincia di Taranto, dai comuni di Taranto e Statte, dall'autorità portuale di Taranto e dall'ARPA Puglia. Il commissario Corbelli pare infatti non essere stato troppo esaustivo nelle sue dichiarazioni, tanto da indurre a pensare che il tutto possa prevedere due strade possibili al momento percorribili: da un lato, eventualità sicuramente positiva, la possibilità di richiedere un aumento dei fondi stanziati per l'intervento di bonifica del Mar Piccolo (per il quale l'accordo del 2012 ha previsto una spesa totale 21.000.000 di euro tramite la delibera CIPE del 3 agosto 2012 n. 87);
   dall'altro però, in molti hanno il timore che il commissario abbia in realtà intenzione di chiedere ulteriori studi ed approfondimenti, il che potrebbe appunto voler significare un posticipare nel tempo l'intervento di bonifica, con il concreto rischio di far arenare il tutto (come già avvenuto nel lontano 2006);
   con riferimento allo studio effettuato da ARPA e Cnr, i cui risultati sono stati presentati lo scorso aprile alla «cabina di regia», non se ne conosce il contenuto. Si sa solo che si è trattato di un lavoro estremamente complesso, diviso in due parti: la prima riguarda la «Predisposizione del modello di circolazione e risospensione dei sedimenti», mentre la seconda riguarda «l'individuazione delle fonti ancora attive e le dimensioni del loro inquinamento»;
   lo studio ha fornito un modello concettuale sito-specifico del sito e una stima del «rischio» ambientale associato alle varie opzioni di intervento ed indica le superfici del Mar Piccolo (in ettari) oggetto del/degli interventi di bonifica e/o Mise (messa in sicurezza d'emergenza);
   da sempre, sono tre le ipotesi di intervento esaminate per il recupero del primo seno del Mar Piccolo: il dragaggio, il capping o diversi biorimedi;
   inoltre si ricorda che secondo il cronoprogramma delle attività previsto dalla cabina di regia, nel mese di luglio sarebbe dovuta avvenire l'approvazione del progetto. Tra agosto e novembre invece, era stata indicata la pubblicazione del bando dell'appalto integrato e l'affidamento dei lavori alla ditta vincitrice (per l'intero 2014 era stato previsto un contributo finanziario pari a 540.000 euro). Poi, dal dicembre di quest'anno al dicembre del 2015, era stato previsto il periodo della progettazione e dell'esecuzione dei lavori d'intervento (con uno stanziamento finanziario pari a 19.209.000 milioni di euro). Infine, gennaio-marzo 2016 era stato indicato come periodo per il collaudo e la funzionalità degli interventi apportati (con uno stanziamento finanziario pari a 1.011.000 euro) –:
   quali informazioni il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, abbia intenzione di assumere al fine di dare certezze ai cittadini di Taranto in merito alla bonifica di questo sito così altamente contaminato che sta compromettendo soprattutto, in modo irreversibile, le aziende locali dedite all'allevamento e alla raccolta di mitili e tutto l'indotto. (4-06537)


   PARENTELA e NESCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 14 novembre 1998 il comune di Corigliano (Cosenza) rilascia un certificato di collaudo per uso discarica relativo a 4,1 ettari di terreno sito in C.da Cotrica. Con tale documento si certificava «l'avvenuta esecuzione dei lavori di adeguamento di discarica realizzati a regola d'arte»;
   con ordinanza del Commissario all'emergenza ambientale n. 327 del 25 novembre 1998 veniva autorizzata la messa in esercizio della discarica in Cotrica;
   in contrada Cotrica è presente una zona agricola soggetta in passato ad uso discarica rifiuti solidi urbani. Tre, difatti, risultano i siti impegnati come discariche, attivate in periodi storici differenti, per circa otto ettari di terreno dove sono state sversate centinaia di migliaia di mc di rifiuti, classificabili quali rifiuti solidi urbani (RSU), abbancati certamente nell'arco di oltre un quarto di secolo;
   prima del 1998 vi erano, di fatti, altre 2 discariche che insistevano in sito, così identificate: 1. discarica dichiarata bonificata, superficie areale di 2.3 ettari e massa di rifiuti solidi urbani stoccata, pari a circa 90.000-120.000 mc; 2. discarica più antica, superficie areale di 2.0 ha e massa di rifiuti solidi urbani stoccata pari a circa 20.000-30.000 mc. La discarica di cui al punto 1, (dichiarata bonificata) si trova a diretto contatto con la discarica autorizzata nel 1998, con la differenza che quest'ultima oggi è dotata di un telo impermeabilizzante in HDPE, mentre la discarica di cui al punto 1 è ricoperta di un manto terroso del tutto permeabile;
   con ordinanza commissariale n. 1618 del 9 novembre 2001 veniva altresì autorizzato il confinamento della frazione secca e dei sovvalli provenienti dall'impianto di trattamento RSU, sito in località Bucita, presso la discarica di Corigliano;
   nell'estate del 2003 la discarica non è più idonea ad abbancare altro rifiuto;
   in data 11 novembre 2003, dopo sopralluoghi effettuati in data 7 novembre 2003 e 10 novembre 2003 dai funzionari dell'ufficio del commissario delegato, viene accertato lo stato disastroso del sito di Cotrica. Il commissario delegato all'emergenza ambientale, ritenuto che siano venute meno le condizioni igienico-sanitarie, dispone la chiusura della discarica e la sua messa in sicurezza;
   il 5 dicembre 2003 il dirigente del settore tecnico manutentivo del comune di Corigliano, con prot. n. 40189 comunicava al sindaco, all'assessore all'ambiente, al segretario generale e all'assessore alle finanze la necessità di avviare il procedimento come da protocollo di legge (D.lgs n. 36/2003) che prevedeva la stesura di tre piani finalizzati alla messa in sicurezza del sito;
   il 27 gennaio 2004, con delibera di giunta municipale n. 34, veniva assegnato alla Marcopolo enviromental group l'incarico per la realizzazione di una serie di operazioni «al fine di ottenere strumenti e conoscenze per poter mettere il Comune nella possibilità di intervenire nella messa in sicurezza»;
   il 17 febbraio 2004, con protocollo n. 5924, la Marcopolo enviromental group redige una «Relazione sull'individuazione degli interventi inderogabili e immediati da adottare», nella quale individua dei possibili elementi di criticità nella gestione post mortem della discarica, tra i quali l'importante produzione di percolato;
   in data 1o luglio 2004 con determina n. 366 la Marcopolo si aggiudica definitivamente la gara d'appalto e il 15 febbraio 2005 firma il contratto d'appalto con il comune di Corigliano. La Marcopolo s'impegna a gestire, trattare e controllare oltre che a bonificare il sito in questione, compreso lo smaltimento del percolato;
   il 3 agosto del 2007 nella tenuta Conferenza dei servizi, che vede presenti il Commissario delegato per l'emergenza ambientale della regione Calabria; la regione Calabria; la provincia di Cosenza; il comune di Corigliano Calabro, il dipartimento provinciale di Cosenza dell'ARPACAL si ravvisano gravi elementi di urgenza e di pericolo per la salute pubblica, tali da rendere necessaria l'emanazione dell'ordinanza contingibile ed urgente n. 258, del 24 agosto 2007 in cui s'intimavano la non coltivazione e la non irrigazione dei terreni limitrofi;
   nella conferenza dei servizi si rileva che a seguito di rilievi e prove fatte in sito, viene accertata la presenza di circa 10 metri lineari di profondità di spazzatura, sotto una copertura di circa 2 metri di terriccio;
   nella già citata conferenza dei servizi del 3 agosto 2007 si constata che il percolato era prodotto da irrigazioni di colture e da acque meteoriche che si infiltravano nei terreni adiacenti provenienti dall'area cosiddetta bonificata;
   il 13 giugno 2008 il commissario del comune di Corigliano sottoscrive un accordo integrativo relativo al contratto del 15 febbraio 2005 già stipulato con la Marcopolo. Con l'accordo suddetto il comune, preso atto «dell'anomala produzione di percolato che determinava una più ridotta produzione di energia elettrica», riconosceva alla Marcopolo «la somma di euro 379.303,00 per le spese sopportate per l'allontanamento del percolato prodotto dalla discarica di Cotrica fino al 31 marzo 2008», impegnandosi altresì «a corrispondere a piè di lista tutte le spese ulteriori che dovranno sostenersi per il prelievo del percolato fino al termine del contratto sottoscritto in data 15 febbraio 2005»;
   in data 30 agosto 2008 la Marcopolo emette fattura n. 631 che il comune non salderà giustificando tale inadempienza con motivazioni di ordine finanziario;
   il 6 ottobre 2008 la Marcopolo, con prot. n. 39291, minaccia la risoluzione del contratto come previsto dall'accordo integrativo in caso di mancato pagamento;
   il 24 aprile 2010 la Marcopolo comunica l'apertura di una procedura di arbitrato al fine di vedere riconosciuti i propri diritti del lavoro fin lì svolto ed un risarcimento dei danni arrecati dall'amministrazione comunale di Corigliano, oltre le spese sostenute;
   in data 26 aprile 2012 il collegio arbitrale pone a carico del comune di Corigliano il pagamento delle seguenti somme: euro 379.303,00 per lo smaltimento del percolato in eccesso fino al 13 marzo 2008; euro 502.429,08 per lo smaltimento del liquame fino al dicembre 2011; euro 163.973,26 per i canoni, come da contratto, spettanti fino al dicembre 2011;
   a parere degli interroganti, lo stato dei luoghi rivela una mancata attenzione e l'assenza degli strumenti e delle precauzioni essenziali che la legge intima quali necessari onde evitare un disastro ambientale. Come se tutto ciò non bastasse, tutte le operazioni realizzate dopo l'interdizione definitiva data dal commissario all'emergenza ambientale, non hanno prodotto nulla di risolutivo per la messa in sicurezza del sito dove attualmente il percolato sgorga a cielo aperto infiltrandosi nelle falde acquifere, nel torrente Boglianareto e di conseguenza in mare –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se non intenda chiedere un accertamento da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente sullo stato dei luoghi. (4-06543)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, SEGONI, MICILLO e DAGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Curtatone (MN), in località Buscoldo, lungo la Strada Sacca, è in esercizio un impianto a biogas per la produzione di energia elettrica essente di proprietà della ditta – società agricola Curtatone Biogas S.S.;
   l'impianto, alle porte di Buscoldo, si insedia su un terrazzo fluviale del paleo alveo del Mincio, definito di alta sensibilità paesaggistica ed ecologica nel PGT di Curtatone, tanto da proporlo come parco locale di interesse sovracomunale;
   tale impianto ha presentato notevoli criticità nel corso del suo funzionamento e sono numerose le segnalazioni di disturbi odorigeni da parte dei cittadini della frazione all'autorità preposta (ARPA); risulta addirittura la richiesta di modifica della matrice dell'impianto, passando dal mais misto a letame a un misto di mais, letame e reflui di concia delle pelli e di macellazione, dato oggetto dell'interrogazione Zolezzi n. 5-02653, è dato oggetto di ricorso al TAR da parte dei cittadini della frazione, insieme all'autorizzazione iniziale dell'impianto stesso;
   il luogo dell'intervento interessato dalla cantierizzazione per la realizzazione dell'impianto è noto per la rilevanza archeologica compiutamente documentabile dai molti affioramenti laterizi risalenti ad epoca romana e omogeneamente distribuiti su tutta l'area e dalla presenza del toponimo «Sacca Romana» che si trova nella parte sud dell'antica Centuriazione, di cui ancor oggi è possibile trovare traccia, evidenziata dalle ricerche di Elena Mutti Ghisi nella cartografia meglio conosciuta come foglio «Castellucchio». Già nel 1874-76 il professor Enrico Paglia descrive, per alcuni quotidiani locali, il ritrovamento di un sepolcro romano nelle valli di Buscoldo;
   la rilevanza archeologica del sito è confermata dal repertorio dei siti archeologici dove è tratto il lavoro svolto nel 1990 dal settore Pianificazione e assetto del territorio della provincia e dal Nucleo operativo della soprintendenza archeologica di Mantova;
   nelle prime fasi di scavo e cantierizzazione dell'impianto, che risulta avvenuta in presenza di referenti della soprintendenza quali archeologi incaricati, sono state rinvenute mura di fondazione e tombe di età romana. Purtroppo, non sono ancora pervenuti da parte della sovrintendenza di Mantova documenti di analisi e/o relazioni tecniche riguardanti i manufatti archeologici presenti nell'area;
   nonostante che vi siano stati alcuni rilevanti ritrovamenti archeologici, le opere di cantierizzazione per la realizzazione dell'impianto sono proseguite, mettendo seriamente a rischio la testimonianza storica dell'importante patrimonio monumentale facente parte dell'identità territoriale di Buscoldo;
   la Sentenza del Cons. Stato, Sez. VI, 1o marzo 2005, n. 805, stabilisce che «l'effettiva esistenza delle cose da tutelare può essere dimostrata anche per presunzione e che è ininfluente che i materiali oggetto di tutela siano stati portati alla luce o siano ancora interrati, essendo sufficiente che il complesso risulti adeguatamente definito e che il vincolo archeologico appaia adeguato alla finalità di pubblico interesse al quale è preordinato». La stessa giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. VI, 25 settembre 2005, n. 5069) ha specificato che «l'amministrazione dei beni culturali ed ambientali può estendere il vincolo ad intere aree in cui siano disseminati ruderi archeologici particolarmente importanti: è necessario, però, in tal caso, che i ruderi stessi costituiscano un complesso unitario ed inscindibile, tale da rendere indispensabile il sacrificio totale degli interessi dei proprietari e senza possibilità di adottare soluzioni meno radicali, evitandosi, in ogni caso, che l'imposizione della limitazione sia sproporzionata rispetto alla finalità di pubblico interesse cui è preordinata»;
   per le ragioni esposte, il sito in questione, in virtù dei beni archeologici diffusi rinvenuti e considerata l'importanza e la singolarità del territorio di Buscoldo per le sue valenze monumentali e paesaggistiche, si presenta idoneo ad essere oggetto di verifica di interesse culturale, ai sensi degli articoli 10, 12 e 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 –:
   se, alla luce delle numerose criticità riportate in premessa, il Ministro interrogato, per le proprie competenze, non ritenga opportuno, sentiti gli enti coinvolti, avviare il procedimento per la dichiarazione dell'importante interesse culturale del sito, attraverso l'apposizione del vincolo diretto, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2004, e prescrizioni di tutela indiretta al fine di evitare che sia compromessa l'integrità del bene e «ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro» (articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004);
   se il Ministro interrogato, non ritenga opportuno avviare il procedimento per l'integrazione del bene archeologico nel sito tutelato paesaggisticamente con il conseguente ripristino dei luoghi (articolo 160 del decreto legislativo n. 42 del 2004) al fine di attenuare la gravità del danno e ricondurre l'assetto dell'area alla situazione originaria, compatibile con la tutela e la valorizzazione del paesaggio di Buscoldo;
   se il Ministro interrogato, ai sensi del decreto del Ministro dell'interno del 28 aprile 2006, alla luce del rischio di un potenziale danno al patrimonio archeologico presente nell'area di localizzazione dell'impianto, non ritenga opportuno disporre verifiche e controlli da parte del personale appartenente al Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale. (5-03844)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'atteggiamento del Ministero dei beni culturali, con reiterate dichiarazioni del sottosegretario Barracciu, ha secondo l'interrogante mortificato e umiliato il lavoro degli archeologi delle università di Cagliari e Sassari invitando di fatto gli stessi a lasciare gli scavi dei Giganti di Mont ‘e Prama per lasciare lo spazio a società esterne incaricate dalle soprintendenza;
   il sito di Mont ‘e Prama risulta totalmente abbandonato, privo di qualsiasi seria azione di protezione;
   la gestione da parte dello Stato è caratterizzata da superficialità e supponenza, oltre che dalla mancanza assoluta di stanziamenti necessaria proteggere l'area;
   nessun piano di acquisizione dell'area degli scavi è stato predisposto mettendo a rischio l'unitarietà e il prosieguo degli stessi scavi considerato che secondo i ricercatori e archeologi dell'università di Cagliari e Sassari l'intera area riserva straordinarie potenzialità archeologiche;
   tale atteggiamento, oltre che lesivo della professionalità e competenza degli archeologi sardi tende a sminuire la rilevante scoperta che riscrive di fatto la storia delle civiltà nel Mediterraneo, costituisce una violazione della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico La Valletta, 16 gennaio 1992 ratificata il 22 ottobre 2014 dalla Camera dei deputati;
   la convenzione prevede che gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati, parti contraenti della Convenzione culturale europea, firmatari della Convenzione di salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi che sono loro patrimonio comune;
   il patrimonio archeologico è un elemento essenziale per la conoscenza del passato delle civiltà;
   la responsabilità della protezione del patrimonio archeologico incombe non solo allo Stato direttamente interessato, ma anche all'insieme dei Paesi europei, al fine di ridurre i rischi di degrado e promuovere la conservazione, favorendo gli scambi di esperti e d'esperienze;
   l'obiettivo della Convenzione è di proteggere il patrimonio archeologico in quanto fonte della memoria collettiva europea e strumento di studio storico e scientifico;
   a tale scopo sono considerati come costituenti il patrimonio archeologico tutti i reperti, beni e altre tracce dell'esistenza dell'uomo nel passato:
    a) la cui salvaguardia e studio permettono di descrivere l'evoluzione della storia dell'uomo e del suo rapporto con la natura;
    b) i cui principali mezzi di informazione sono costituiti da scavi e scoperte, nonché da altri mezzi di ricerca concernenti l'uomo e l'ambiente che lo circonda;
    c) che si trovano su territori soggetti alla giurisdizione delle Parti contraenti;
   il patrimonio archeologico comprende le strutture, costruzioni, complessi architettonici, siti esplorati, beni mobili, monumenti di altro tipo e il loro contesto, che si trovino nel suolo o sott'acqua;
   la convenzione prevede l'identificazione del patrimonio e misure di protezione;
   è prevista nella convenzione la costituzione di riserve archeologiche, anche dove non vi siano evidenti reperti in superficie o sott'acqua, per conservare le testimonianze materiali, affinché le generazioni future possano studiarle;
   prevede la convenzione che gli elementi del patrimonio archeologico non vengano portati alla luce né lasciati esposti durante o dopo gli scavi senza che siano state adottate delle disposizioni per la loro preservazione, conservazione e gestione;
   la convenzione prevede che gli scavi e le altre tecniche potenzialmente distruttive vengano praticate esclusivamente da persone qualificate e munite di un'autorizzazione speciale;
   è previsto che l'acquisto o la protezione mediante altri mezzi appropriati, da parte dell'autorità pubblica, dei terreni destinati a diventare zone di riserva archeologica;
   è prevista la conservazione e la manutenzione del patrimonio archeologico, preferibilmente sul luogo d'origine;
   la concessione di tempo e mezzi sufficienti per effettuare uno studio scientifico adeguato del sito e per la pubblicazione dei risultati;
   è previsto, quando ciò sia possibile, la conservazione in situ degli elementi del patrimonio archeologico trovati in occasione di lavori di sistemazione del territorio;
   è prevista l'apertura al pubblico dei siti archeologici, in particolare le strutture necessarie ad accogliere un gran numero di visitatori, non incida sul carattere archeologico e scientifico di tali siti e dell'ambiente circostante;
   è previsto il finanziamento della ricerca e della conservazione archeologica;
   si deve prevedere un sostegno finanziario alla ricerca archeologica da parte delle autorità pubbliche nazionali, regionali e locali, in funzione delle rispettive competenze;
   la convenzione prevede un'azione educativa volta a risvegliare e a sviluppare presso l'opinione pubblica la coscienza del valore del patrimonio archeologico per la conoscenza del passato, e dei pericoli a cui tale patrimonio è esposto;
   il caso denunciato reiteratamente dal sottoscritto interrogante relativamente alla totale assenza di risorse finanziarie e tutela del sito di Mont ‘e Prama appare la più evidente violazione della convenzione della quale è stata appena autorizzata la ratifica dalla Camera dei deputati;
   il divieto di accesso e quello di fare fotografie e riprese nelle stesse aree archeologiche contrasta totalmente con le indicazioni e le prescrizioni della convenzione internazionale;
   la sovraordinata convenzione internazionale costituisce elemento imprescindibile per adottare atti formali e sostanziali per la tutela dell'area con il pieno riconoscimento di ruolo di protagonisti per gli archeologi che hanno riavviato con successo gli scavi –:
   se non ritenga improrogabile una puntuale e concreta azione di tutela del patrimonio archeologico della civiltà nuragica nell'area di Mont ‘e Prama affidando la direzione degli stessi alle due università sarde;
   se non ritenga di dover mettere in atto tutte le azioni necessarie per proteggere e valorizzare quel patrimonio in situ gestendo la campagna di scavi come evento mondiale dell'archeologia, proprio per i risvolti storico archeologici degli stessi. (4-06530)


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico La Valletta, 16 gennaio 1992 è stata ratificata il 22 ottobre 2014 dalla Camera dei deputati;
   la Convenzione prevede che gli Stati membri del Consiglio d'Europa degli altri Stati, parti contraenti della Convenzione culturale europea, firmatari della Convenzione di salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi che sono loro patrimonio comune;
   il patrimonio archeologico è un elemento essenziale per la conoscenza del passato delle civiltà;
   la responsabilità della protezione del patrimonio archeologico incombe non solo allo Stato direttamente interessato, ma anche all'insieme dei Paesi europei, al fine di ridurre i rischi di degrado e promuovere la conservazione, favorendo gli scambi di esperti e d'esperienze;
   l'obiettivo della Convenzione è di proteggere il patrimonio archeologico in quanto fonte della memoria collettiva europea e strumento di studio storico e scientifico;
   a tale scopo sono considerati come costituenti il patrimonio archeologico tutti i reperti, beni e altre tracce dell'esistenza dell'uomo nel passato:
    1. la cui salvaguardia e studio permettono di descrivere l'evoluzione della storia dell'uomo e del suo rapporto con la natura;
    2. i cui principali mezzi di informazione sono costituiti da scavi e scoperte, nonché da altri mezzi di ricerca concernenti l'uomo e l'ambiente che lo circonda;
    3. che si trovano su territori soggetti alla giurisdizione delle Parti contraenti;
   il patrimonio archeologico comprende le strutture, costruzioni, complessi architettonici, siti esplorati, beni mobili, monumenti di altro tipo e il loro contesto, che si trovino nel suolo o sott'acqua;
   la convenzione prevede l'identificazione del patrimonio e misure di protezione;
   è prevista nella convenzione la costituzione di riserve archeologiche, anche dove non vi siano evidenti reperti in superficie o sott'acqua, per conservare le testimonianze materiali, affinché le generazioni future possano studiarle;
   prevede la convenzione che gli elementi del patrimonio archeologico non vengano portati alla luce né lasciati esposti durante o dopo gli scavi senza che siano state adottate delle disposizioni per la loro preservazione, conservazione e gestione;
   la convenzione prevede che gli scavi e le altre tecniche potenzialmente distruttive vengano praticate esclusivamente da persone qualificate e munite di un'autorizzazione speciale;
   è previsto che l'acquisto o la protezione mediante altri mezzi appropriati, da parte dell'autorità pubblica, dei terreni destinati a diventare zone di riserva archeologica;
   è prevista la conservazione e la manutenzione del patrimonio archeologico, preferibilmente sul luogo d'origine;
   la concessione di tempo e mezzi sufficienti per effettuare uno studio scientifico adeguato del sito e per la pubblicazione dei risultati;
   è previsto, quando ciò sia possibile, la conservazione in situ degli elementi del patrimonio archeologico trovati in occasione di lavori di sistemazione del territorio;
   è prevista l'apertura al pubblico dei siti archeologici, in particolare le strutture necessarie ad accogliere un gran numero di visitatori, non incida sul carattere archeologico e scientifico di tali siti e dell'ambiente circostante;
   è previsto il finanziamento della ricerca e della conservazione archeologica;
   si deve prevedere un sostegno finanziario alla ricerca archeologica da parte delle autorità pubbliche nazionali, regionali e locali, in funzione delle rispettive competenze;
   la convenzione prevede un'azione educativa volta a risvegliare e a sviluppare presso l'opinione pubblica la coscienza del valore del patrimonio archeologico per la conoscenza del passato, e dei pericoli a cui tale patrimonio è esposto;
   il caso denunciato reiteratamente dal sottoscritto interrogante relativamente alla devastazione del patrimonio archeologico all'interno delle basi militari della Sardegna appare la più evidente violazione della convenzione della quale la Camera dei deputati ha appena autorizzato la ratifica;
   la decapitazione di numerosi nuraghi nell'area dell'area militare di capo Teulada e lo spianamento delle aree sedime degli stessi è un fatto di una gravità inaudita in totale violazione della stessa convenzione internazionale;
   il divieto di accesso nelle stesse aree archeologiche contrasta totalmente con le indicazioni e le prescrizioni della convenzione internazionale;
   l'assenza di studi e analisi in conseguenza di tali divieti rende a rischio la conservazione archeologica e scientifica del patrimonio situato all'interno della base di Teulada e non solo;
   la sovraordinata convenzione internazionale costituisce elemento imprescindibile per adottare atti formali e sostanziali per sottrarre tali aree ad un utilizzo difforme da quanto prevede la stessa convenzione –:
   se non ritenga improrogabile una puntuale e concreta azione di tutela del patrimonio archeologico della civiltà nuragica all'interno delle basi militari della Sardegna con particolare riferimento alla base di Teulada;
   se non ritenga di dover mettere in atto tutte le azioni necessarie per proteggere e valorizzare quel patrimonio interno e vietato nell'area militare di Teulada;
   se non ritenga di dover segnalare alle autorità competenti anche in via giudiziaria la violazione della stessa convenzione. (4-06533)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:


   MARCOLIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Governo sostiene da mesi che qualsiasi decisione finale sull'acquisizione dei maggiori sistemi d'arma dev'essere fatta alla luce delle esigenze e del quadro dei vincoli accertato in sede di redazione del libro bianco;
   malgrado ciò, il 2 ottobre 2014 il Ministro della difesa ha comunicato al Senato della Repubblica l'intenzione del Governo di procedere comunque all'acquisto di altri due F-35, motivando la decisione con l'esigenza di assicurare la stabilità del programma nel tempo;
   sono giunti più recentemente, in occasione del varo del sommergibile Pietro Venuti, ulteriori annunci del Governo sulla necessità di mantenere la consistenza della flotta, sempre al di fuori dei percorsi di sviluppo delineati dal libro bianco in via di redazione, formalmente ancora ignoti, almeno alle Camere;
   il libro bianco dovrebbe essere presentato al Parlamento entro la fine dell'anno e discusso successivamente –:
   se il Governo abbia deciso di ignorare quanto gli estensori del libro bianco faranno sapere nel breve volgere di mesi o se i rappresentanti del Governo si stiano già esprimendo apertamente su alcuni sistemi d'arma, perché l'esito della riflessione condensata nel futuro volume è in realtà predeterminato dall'inizio, cosa che toglierebbe al testo in elaborazione gran parte del suo valore. (5-03853)


   PIRAS e DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, entrato in vigore il 9 ottobre 2010, agli articoli 325 (Indennizzo per le limitazioni) e 332 (Limitazioni per il tempo necessario allo svolgimento di esercitazioni militari) prevede un indennizzo in favore delle attività che vedono limitarsi il loro diritto di impresa;
   il poligono di tiro di Capo Frasca è il terzo d'Europa per estensione territoriale, sorto nella metà degli anni ’50, si estende su di un'area di 3400 ettari circa nel territorio del comune di Arbus (VS);
   la segnalata presenza di ordigni inesplosi a terra e soprattutto in mare, nonché le esercitazioni militari del suddetto poligono, fanno ricadere su ampia parte dello specchio di mare circostante il divieto di esercitare la pesca. Nello specifico sono interessate e penalizzate in maniera diretta le popolazioni, i pescatori, le cooperative e le marinerie di «Arbus», «Terralba», «Arborea», «Marrubiu», «Santa Giusta», «San Vero Milis», «Cabras», «Riola Sardo», «Oristano», con il coinvolgimento di circa 700 lavoratori che, ad oggi, non hanno ricevuto alcun indennizzo nonostante quanto previsto dalla normativa vigente;  
   il «Protocollo di intesa» del 1999, tra il Ministero della difesa e la regione autonoma della Sardegna, recante disposizioni in merito all'articolo 15 della legge n. 898 del 1976 (abrogata dal decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010) stabiliva l'erogazione degli indennizzi alle marinerie di «Sant'Antioco Calasetta», «Sant'Anna Arresi», «Teulada», «Porto Scuso», «Domusdemaria», «Buggerru», «Carloforte» (iscritte al compartimento marittimo di Sant'Antioco ed adiacenti alle aree interdette del poligono di Capo Teulada), e di «Tortolì», «Villaputzu», «Tertenia», «Lotzorai», «Siniscola», «Orosei», «Posada», «Dorgali» (iscritte all'ufficio circondariale marittimo di Arbatax e agli uffici locali di Cala Gonone e Siniscola, adiacenti al poligono interforze del Salto di Quirra). Risultavano quindi escluse quelle di «Arbus», «Terralba», «Arborea», «Marrubiu», «Santa Giusta», «San Vero Milis», «Cabras», «Riola Sardo», «Oristano»;
   nell'aprile del 2013 il Ministero della difesa e la regione Sardegna hanno assicurato alle cooperative di pescatori delle zone interessate dalla mancata erogazione degli indennizzi previsti per legge, l'immediata e positiva risoluzione del problema. A queste dichiarazioni non sono susseguiti atti concreti –:
   se il Ministro interrogato non intenda provvedere con urgenza a garantire il giusto riconoscimento economico alle cooperative di pescatori coinvolte, ponendo fine ad una disparità di trattamento in essere da troppi anni ed in netto contrasto con quanto previsto dalla normativa vigente in materia. (5-03854)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCAGLIUSI, L'ABBATE, TOFALO e SIBILIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo del 5 settembre 2014 sul quotidiano on-line di Fasano, Osservatoriooggi.it, si è appreso che il Capo di Stato Maggiore della Difesa, senza riferirne la motivazione, avrebbe negato al consiglio centrale di rappresentanza (Co.Ce.R.) interforze di riunirsi dopo una richiesta di convocazione del presidente dello stesso organo, presso la delegazione di spiaggia di Savelletri Fasano (Brindisi), sede della guardia costiera, allo scopo di discutere di iniziative di solidarietà ed eventuali soluzioni atte a voler riportare in Italia, in via definitiva, i due Marò, Salvatore Latorre e Massimiliano Girone;
   nella stessa data e nella stessa località si è celebrato il matrimonio di Ritika Agarwal, figlia di uno dei più importanti magnati indiani, Pramod Agarwal;
   a giudizio del Co.Ce.R. Interforze, la negazione dello svolgimento della riunione ha rappresentato un'espressione di mancata democraticità all'interno del mondo militare, oltre che una pericolosa limitazione del mandato –:
   se il Ministro interrogato non ritenga che con l'annullamento della riunione sopra citata si siano sovvertite le norme dei regolamenti vigenti e se non intenda intraprendere iniziative atte ad evitare in futuro ulteriori simili episodi di limitazioni del mandato;
   quali siano in dettaglio le ragioni della decisione di annullamento della riunione sopra citata. (4-06540)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, SCAGLIUSI, LUIGI DI MAIO, DE LORENZIS, COLONNESE, SPESSOTTO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   per la realizzazione dello stabilimento Iveco di Valle Ufita sono stati concessi finanziamenti pubblici con un contributo in conto capitale complessivo di lire 14.912.513.000 erogato in base alla legge n. 183 del 1976 in tre tranche dal 1981 al 1986;
   a questo si è aggiunto, in base alla stessa legge n. 183 del 1976, un contributo in conto interessi di lire 1.277.530.000 per un finanziamento agevolato di lire 4.800.000.000;
   a seguito dei danni provocati dal sisma del 1980, l'Iveco ha ottenuto, in base alla legge n. 219 del 1981, la somma di lire 9.834.500.000 in quattro tranche dal 1983 al 1991;
   lo stabilimento collocato in Valle Ufita utilizzò le infrastrutture generali messe a disposizione dal consorzio ASI già beneficiario in precedenza di finanziamenti pubblici relativi alle opere realizzate per l'attrezzamento dell'area di sviluppo industriale;
   il gruppo Iveco acquisì la proprietà dei terreni dove fu insediato lo stabilimento per complessive lire 1.173.000.000, valore commerciale dell'epoca;
   nonostante l'impegno costante sul fronte degli incentivi economici da parte dello Stato italiano lo stabilimento realizzato in Valle Ufita è stato oggetto di un progressivo smantellamento conclusosi con la delocalizzazione delle attività produttive nello stabilimento francese di Annonay;
   in seguito agli incontri organizzati al Ministero dello sviluppo economico allo scopo di trovare una soluzione per lo stabilimento di Valle Ufita e per i 298 lavoratori, nei giorni scorsi è stata annunciata la nascita dell'Industria Italiana Autobus che sarà partecipata all'80 per cento dalla King Long Italia, costola tricolore della multinazionale cinese dell'industria del trasporto su gomma, e al 20 per cento da Finmeccanica che dovrebbe restare nel pacchetto azionario per i primi tre anni;
   il gruppo Fiat Iveco ad avviso degli interroganti ha tratto uno smisurato vantaggio economico spostando la produzione in Francia e divenendo proprietario dello stabilimento di Valle Ufita realizzato interamente con fondi pubblici che tra l'altro si appresta a vendere senza macchinari;
   va tenuto conto della nuova norma contenuta nella legge di stabilità 2014 (comma 60, articolo unico, legge n. 147 del 2013) che stabilisce la decadenza dei contributi pubblici in conto capitale a partire dal 1o gennaio 2014 nel caso di delocalizzazione dell'impresa in uno Stato extra Unione europea –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere nei confronti del gruppo Fiat in ragione delle ingentirisorse pubbliche destinate alla realizzazione e alle attività produttive in Valle Ufita. (4-06535)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 4 febbraio 2014 il Ministero dell'economia e delle finanze, dipartimento della ragioneria generale dello Stato, ha avviato una verifica amministrativo-contabile al comune di Villa Literno, avente ad oggetto, in particolare, le spese di personale, l'analisi di bilancio e i rapporti finanziari con i soggetti partecipati;
   sugli esiti della verifica, proseguita per ben tre mesi, è stata predisposta una dettagliata relazione, che, in più parti, fa emergere gravi irregolarità e un atteggiamento di scarsa collaborazione dell'ente in fase di verifica tale da non consentire un giudizio analitico;
   in primis, l'esame dei documenti di bilancio ha evidenziato come «i dati contabili rilevabili dall'ultimo consuntivo approvato, riferito all'anno 2012, non rappresentino in modo fedele la reale situazione finanziaria dell'Ente»;
   in particolare, la documentazione contabile del comune ispezionato apparirebbe inattendibile nel suo complesso, «essendo stata rilevata la frequente contabilizzazione di entrate prive di titolo giuridico, effettuata direttamente dal servizio finanziario in assenza di qualsivoglia comunicazione da parte degli uffici competenti»;
   nel primo capitolo della relazione, relativo al «risultato di amministrazione», il dirigente dei servizi ispettivi conclude che «il Comune di Villa Literno potrebbe presentare un disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2012 anche superiore ai 10 milioni di euro. Per la puntuale quantificazione dello stesso è indispensabile effettuare un analitico riaccertamento dei residui attivi e passivi ed una ricognizione dei debiti fuori bilancio, operazione non effettuabile in questa sede»;
   la visita ispettiva al comune di Villa Literno ha poi interessato il patto di stabilità che, in base ai dati rilevati dal rendiconto, per l'annualità 2012, sarebbe stato rispettato, nonostante le suddette irregolarità contabili, a parere del dirigente del Ministero, abbiano inciso anche sui saldi ai fini del patto di stabilità;
   la corretta contabilizzazione delle varie poste esaminate, infatti, avrebbe comportato un peggioramento dei saldi rilevanti ai fini del patto di stabilità, determinando il superamento dei limiti per l'anno 2012;
   l'ultimo capitolo della relazione analizza, poi, i risultati della verifica sul rispetto delle disposizioni per il contenimento delle spese di personale che, anche in questo caso, hanno registrato una scarsa collaborazione dell'ente e la mancata trasmissione di tutta la documentazione richiesta;
   in particolare, l'impossibilità di effettuare integralmente i controlli ha comportato la mancata effettuazione di ulteriori approfondimenti di dettaglio, che si sarebbero resi necessari, a parere del tecnico ministeriale, al fine di porre in essere una capillare attività di verifica;
   nonostante ciò, l'esame eseguito ha evidenziato una lunga serie di problematiche: dalla mancata costituzione del fondo per il trattamento accessorio del personale, che non ha consentito di verificare se le risorse destinate al suddetto trattamento siano conformi al dettato dei contratti collettivi, all'indebito finanziamento delle progressioni orizzontali con risorse di bilancio, determinando così ingenti maggiori oneri rispetto a quelli previsti;
   relativamente all'utilizzo delle risorse del fondo, poi, le somme corrisposte a titolo di produttività sarebbero state erogate sulla base di parametri non individuabili, senza tener conto dell'effettivo raggiungimento di obiettivi predefiniti, così come le progressioni economiche orizzontali, che sarebbero state attribuite in maniera generalizzata in favore della totalità dei dipendenti, senza perseguire effettive finalità premiali;
   come si legge nel documento finale, «L'esame ha consentito anche di rilevare la scorretta erogazione di compensi a carattere indennitario, in particolare in favore del responsabile del settore personale, senza che sia stato fornito alcun atto amministrativo che prevedesse una simile erogazione. È stato anche rilevato il pagamento di somme in violazione del principio di onnicomprensività della retribuzione»;
   anche il trattamento accessorio del personale titolare di posizione organizzativa non è risultato in linea con le previsioni contrattuali, essendo state fissate retribuzioni posizione indipendentemente dalla complessità delle varie strutture e criticità, definite «molto significative», sono state rilevate nelle progressioni verticali, realizzate senza rispettare il principio di adeguato accesso dall'esterno e, in alcuni casi, senza che venisse effettuata alcuna procedura selettiva;
   il ricorso al personale a tempo determinato, inoltre, non sarebbe in linea con il quadro normativo, essendo stato reclutato personale di staff per ricoprire posti vacanti in dotazione organica, in violazione delle disposizioni normative;
   lo scorso 15 ottobre 2014 il consiglio comunale di Villa Literno ha approvato il bilancio di previsione 2014 con parere non favorevole del revisore dei conti per il richiamo a debiti fuori bilancio;
   la scarsa collaborazione dell'ente in fase di verifica non ha consentito un giudizio più analitico al dirigente del servizio ispettivo incaricato;
   a parere dell'interrogante, l'assoluta trasparenza e il rispetto delle regole da parte delle amministrazioni comunali devono essere garantiti nel primario interesse dei cittadini;
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti ritenga opportuno adottare per disporre una nuova ispezione per la verifica delle irregolarità evidenziate; nonché per accertare eventuali responsabilità nel comportamento ostativo tenuto dal comune di Villa Literno in fase di verifica e più volte evidenziato dal dirigente del servizio ispettivo nella relazione finale.
(4-06538)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, BUSINAROLO, BECHIS, COMINARDI, TRIPIEDI, RIZZETTO, CURRÒ e BARBANTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il tema dei tribunali italiani e della loro cronica carenza di unità di personale è un argomento complesso, che rappresenta una delle cause di farraginosità del sistema giudiziario italiano, e che troppo spesso si conquista le prime pagine dei giornali a seguito di episodi che non dovrebbero accadere ma che divengono sintomatici di una realtà difficile;
   è cronaca recentissima che presso la procura della Repubblica del tribunale di Verona oltre seimila pagine di documenti, contenuti in una ventina di faldoni adagiati su di un carrellino, di quelli usati in tribunale per trasportare i fascicoli da una stanza o da un piano all'altro, sono ricomparsi, la settimana scorsa, dopo essere stati «dimenticati» per 5 mesi;
   tale cospicua mole di documenti e di atti relativi all'indagine per corruzione costata l'arresto all'ex vice-sindaco, avvocato Vito Giacino e alla moglie avvocato Alessandra Lodi, e che vede indagato, anch'egli per corruzione, l'imprenditore Alessandro Leardini, principale accusatore, sarebbero dovuti entrare nella disponibilità delle parti, delle difese in primis e delle parti civili, nel momento in cui la procura notifica agli indagati l'avviso della chiusura delle indagini preliminari ex articolo 15-bis codice di procedura penale;
   il 10 ottobre 2014, in mattinata, presso la procura di Verona, il pubblico ministero, dottoressa Maria Beatrice Zanotti, ha annunciato, in apertura di udienza preliminare, davanti al giudice Giuliana Franciosi, che da qualche giorno erano stati individuati quei documenti mancanti, provocando un moto d'incredulità nelle ignare parti processuali;
   al di là dell'esito che avranno le richieste e le opposizioni delle parti del processo, volte all'acquisizione o meno, nel fascicolo del procedimento, dei faldoni che sono stati dapprima dimenticati e successivamente ritrovati, preme evidenziare che fatti simili dovrebbero essere solo astrattamente possibili, garantendo, al contrario, che tutti gli atti e documenti processuali e d'indagine, di ogni procedimento, siano custoditi dalle cancellerie dei tribunali con metodologie rispettose della normativa in materia di privacy e del segreto istruttorio, e che ne garantiscano la piena disponibilità solo a determinati soggetti, solo in concomitanza delle scansioni temporali del procedimento previste dal codice di procedura penale –:
   se sia al corrente delle circostanze testé descritte;
   se e quali elementi abbia attualmente a disposizione per poter quantificare e fornire dati aggiornati sul numero di casi simili, avvenuti nei tribunali ordinari italiani relativamente allo smarrimento di fascicoli ovvero di atti e documenti, inerenti a procedimenti penali, denunciati negli ultimi 5 anni;
   se ed in quale misura ritenga che fatti di questo tipo possano essere, anche solo parzialmente, ascritti alla carenza di personale di cancelleria operante nei tribunali ordinari italiani;
   se e in quali modi intenda intervenire al fine di evitare il ripetersi d'episodi simili;
   se ritenga opportuno inviare gli ispettori ministeriali presso il tribunale di Verona ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza. (5-03852)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il Lido, situato tra la laguna di Venezia e il mare Adriatico, è un'isola lunga dodici chilometri che va dall'estremità di San Nicolò (nord) e Alberoni (sud). Esso comprende anche Malamocco, antico borgo romano (Metamauco);
   il Lido è la più grande e popolata isola della laguna di Venezia, famosa a livello internazionale per essere sede della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, che si tiene ogni anno nella prima decade di settembre;
   l'amministrazione comunale di Venezia, alla fine del 2013, ha ceduto per circa 50 milioni di euro alla Cassa depositi e prestiti l'area dell'ex ospedale al mare. L'operazione era finalizzata al rilancio economico dell'isola;
   quest'area non solo non è stata interessata da progetti di riqualificazione, pur già approvati, ma attualmente versa in uno stato di totale abbandono e degrado;
   nelle vicinanze è situato il distretto sanitario (cosiddetto monoblocco) dove i cittadini, principalmente anziani, giornalmente si recano per le cure sanitarie; in questo periodo nell'area territoriale citata, stando alle numerose denunce, si registra una crescita esponenziale di fenomeni di microcriminalità. Il verificarsi di episodi di violenza verso le persone e l'aumento di furti nelle abitazioni ed esercizi commerciali si possono ragionevolmente ricondurre alla presenza di delinquenti e sbandati che all'interno dell'ex nosocomio hanno trovato rifugio;
   è necessario evidenziare che all'interno dell'area dell'ex ospedale sono sorte anche valide iniziative spontanee con l'obiettivo di riqualificare la struttura e destinare l'utilizzo per attività culturali. Sorge, infatti all'interno della struttura il teatro Marinoni, dove si svolgono attività culturali e ricreative che coinvolgono la comunità ma operanti in uno stato di abusivismo e pericolo per l'incolumità delle persone;
   con una mozione approvata all'unanimità dal consiglio di municipalità di Lido e Pellestrina del comune di Venezia è stato formulato un impegno per chiedere al prefetto di attivarsi in tempi rapidi;
   si ricorda che il 25 di giugno 2014 è stato nominato il prefetto Vittorio Zappalorto commissario prefettizio per la provvisoria amministrazione del comune di Venezia, con i poteri del sindaco, della giunta e del consiglio comunale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali provvedimenti intenda adottare per far sì che i progetti già approvati di riqualificazione del territorio siano finalmente attivati soprattutto al fine di garantire la sicurezza dei cittadini;
   se a seguito dell'impegno formale ufficializzato con l'approvazione della mozione da parte del consiglio di municipalità il Ministro dell'interno sia stato messo a conoscenza della situazione descritta in premessa dal commissario prefettizio.
(2-00727) «Prataviera, Fedriga».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 6 novembre 2009 è stato pubblicato il bando per l'ammissione al quinto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione, ai fini dell'iscrizione di 200 segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo dei segretari comunali e provinciali;
   dopo un articolato ed impegnativo percorso, costituito da una prova preselettiva, da tre prove scritte (tenutesi in data 22, 23 e 24 marzo 2011), da una prova orale, svoltasi nel periodo ottobre-dicembre 2013 ed avente ad oggetto ben 17 discipline nel campo giuridico economico e manageriale, la graduatoria finale dei vincitori è stata pubblicata solamente il 10 gennaio 2014;
   ad oggi, benché siano già decorsi di cinque anni dalla pubblicazione del bando di concorso, l’iter concorsuale non è ancora concluso e da ben 7 mesi si attende l'avvio del corso di formazione finale di cui, tuttavia, non si vede l'inizio, né è ancora pervenuta alcuna comunicazione ufficiale ai vincitori, in grave e palese contrasto con l'obbligo di conclusione delle procedure concorsuali di cui alla legge n. 125 del 2013;
   i 260 candidati ammessi al corso, selezionati su oltre 18.000 partecipanti, vantano sicuramente una posizione giuridica, degna di satisfattiva tutela, che certamente non può essere disattesa dall'ipotesi di riforma della pubblica amministrazione; infatti tale progetto di riforma rischia di essere fonte di elementi ulteriori di incertezza circa il futuro professionale dell'intera categoria dei segretari comunali –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere con ogni urgenza, affinché venga finalmente definito l’iter concorsuale (COA5) di cui in premessa e sia pubblicato con massima sollecitudine il calendario del corso di formazione finale, scongiurando così eventuali, ulteriori ed ingiustificati slittamenti e rinvii;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per garantire una rapida iscrizione degli ammessi al predetto quinto corso-concorso all'Albo dei segretari comunali e provinciali entro il 2015, e, comunque prima dell'entrata in vigore della riforma della pubblica amministrazione, che potrebbe comportare una modifica in peius della disciplina attinente al ruolo di segretario e costituire una autentica ed irreparabile lesione della sfera giuridica e della posizione professionale per i vincitori dell'indicato concorso.
(5-03843)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 ottobre 2014 la CISL-SPL di Catania ha diramato un comunicato denunciante che «la recrudescenza degli atti criminosi nei confronti degli Uffici Postali da tempo ha raggiunto livelli inquietanti e gli assalti da parte di soggetti malavitosi ai danni dei dipendenti, sono ormai all'ordine del giorno ed assumono contorni sempre più cruenti e di estrema pericolosità»;
   si denuncia altresì, un'asserita «inerzia aziendale rispetto al crescente fenomeno»; il sindacato ha evidenziato che «per gli UP che fanno capo alla Filiale di Catania 1 risulta discontinua la vigilanza armata presso: Catania Succ.2, Catania Succ.22, Catania Succ.27, Catania Succ.14, Catania Succ.16, Gravina Succ.2, Lineri, SPAV di Tremestieri Etneo» e che si tratterebbe «di obiettivi particolarmente presi di mira dalla criminalità e dove l'azienda, secondo logiche evidentemente riconducibili al risparmio di spesa, obbliga il personale a convivere con il pericolo incombente» è stata annunciata la formale apertura di un conflitto del lavoro, costituendo il comunicato attivazione delle procedure di raffreddamento e conciliazione di cui alla legge n. 83 del 2000 –:
   di quali informazioni disponga il Governo;
   in particolare, se il Ministro disponga di dati relativi agli atti criminosi, con particolare attenzione alle rapine, commessi o tentati nei confronti degli uffici postali della Sicilia, per l'anno in corso e per i precedenti, al fine di rilevare l'evoluzione del relativo trend;
   se il Ministro disponga dei medesimi dati relativamente al territorio delle altre regioni, così da poter valutare il fenomeno anche su base comparativa;
   qualora i dati rivelassero un aumento del fenomeno criminoso nell'ambito territoriale considerato, o comunque una più marcata intensità rispetto a quello di altri territori, quali iniziative ritenga il Ministro di porre in essere per un rafforzamento dei presidi di vigilanza armata, al fine di mitigare il relativo rischio criminale.
(4-06529)


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno ha predisposto un piano di chiusura e soppressione di numerosi presidi di sicurezza in Sardegna;
   una delle realtà che verrebbero maggiormente colpite è la provincia di Nuoro;
   in tal senso è giunta al sottoscritto interrogante la segnalazione del segretario generale della Uil della Provincia di Nuoro Giovanni Cabras sulla gravissima situazione nella provincia di Nuoro;
   tale grave rischio riguarderebbe in primo luogo il distaccamento di polizia stradale di Siniscola, comune che ospitava anche il commissariato di PS, che dal marzo scorso è stato spostato nel borgo di Posada (comune limitrofo a circa 9 chilometri) in un vecchio stabile scolastico, offerto dalla locale giunta comunale, in attesa della nuova struttura demaniale sita in Siniscola, in fase di ultimazione, struttura che ospiterà anche il distaccamento predetto;
   l'ultimazione del nuovo edificio, consentirà di avere operativi sul comune di Siniscola, a costo zero, sia personale del commissariato che della polizia stradale, considerando che questa sede non è nemmeno annoverata tra quelle disagiate;
   per quanto riguarda invece gli altri due distaccamenti presenti nell'elenco delle possibili chiusure, sono entrambi riconosciuti disagiati e siti uno nel comune di Ottana, l'altro in quello di Fonni;
   il paese di Ottana si trova al centro della Sardegna, poco distante da Nuoro, dal punto di vista viario è ben collegata in quanto attraversato dalla DCN 131 che, all'altezza di Abbasanta, si collega alla statale 131, uno degli snodi più importanti dell'intera isola;
   nel comune è presente anche il, commissariato che, come il distaccamento, occupa uno stabile di proprietà del demanio, pertanto l'unica spesa è costituita dalla corresponsione agli operanti del vitto gratuito;
   tutti i dati statistici sono eloquenti della piena operatività dell'ufficio;
   il paese di Fonni è sito a circa mille metri di altitudine, anch'esso poco distante da Nuoro, ma per la sua posizione, soprattutto nei mesi più freddi, è fondamentale per garantire la viabilità nei tratti di strada interessati dalle frequenti nevicate invernali, l'unica nota negativa e che lo stesso conta poco personale, oggi solamente 6 operatori e lo stabile è di proprietà privata;
   per quanto riguarda la sezione di, polizia postale non si comprendono le intenzioni del dipartimento, tenuto conto che la chiusura riguarderà tutte le sezioni e che gli uffici di detta specialità saranno esclusivamente operativi nelle città sedi di corte d'appello;
   analoga situazione per quanto riguarda il posto di polizia ferroviaria di Macomer;
   questi due uffici sono stati lasciati senza personale per poterne giustificare l'inutilità, o meglio, l'inoperosità e pertanto giustificarne la chiusura;
   appare grave e inaccettabile un piano di dismissione dei presidi delle forze dell'ordine dove è indispensabile garantire la sicurezza delle comunità locali –:
   se non ritenga di dover immediatamente revocare qualsiasi piano di dismissione e attivare un confronto con le autorità locali per valutare l'importanza di questi presidi di sicurezza;
   se non ritenga di dover coinvolgere le organizzazioni sindacali per valutare le possibili ottimizzazioni funzionali dei presidi al fine di garantire efficienza e sicurezza;
   se non ritenga di dover tener conto delle condizioni insulari della Sardegna e le particolari condizioni delle zone interne della Sardegna. (4-06532)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VACCA, D'UVA, TOFALO e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997, regolamenta la disciplina in materia di tasse di iscrizione all'università a carico degli studenti;
   tale regolamento prevede che ogni università abbia piena autonomia nella determinazione dell'entità e delle regole della tassazione studentesca rispettando criteri di equità, solidarietà e progressività, tenendo in considerazione la condizione economica dello studente;
   come contrappeso all'autonomia delle università, per evitare che queste possano stabilire importi contributivi troppo alti, il decreto del Presidente della Repubblica 306 del 1997, stabilisce che la somma delle contribuzioni versate da ogni singolo studente ogni anno alla propria università non possa eccedere il 20 per cento del finanziamento ordinario che lo Stato eroga all'ateneo;
   la disciplina in materia di contributi universitari è rimasta inalterata fino alle modifiche apportate dalla normativa sulla spending review del Governo Monti; le novità introdotte da tali modifiche comportano, a partire dal 2013, un aumento del limite massimo di contribuzione sia per gli studenti in corso che per quelli fuori corso scaricando sull'utenza studentesca i tagli apportati il finanziamento delle università nel corso degli ultimi anni dai vari Governi succedutesi alla guida del Paese;
   tale norma ha messo in difficoltà numerose famiglie che, in un periodo di crisi così intenso come l'attuale, non riescono a sostenere le spese di iscrizione all'università;
   è da sottolineare, inoltre, che la tassa d'iscrizione all'università italiana è tra le più alte d'Europa, tant’è che in diversi stati dell'Unione europea l'iscrizione è gratuita;
   le motivazioni esposte hanno indotto a presentare, già a luglio del 2013, una proposta di legge a prima firma Vacca sulla tassazione di iscrizione all'università con l'intento di introdurre un limite massimo dell'ammontare della contribuzione studentesca e di esonerare gli studenti con redditi bassi;
   da allora l’iter di tale proposta è ancora in corso e il Governo, con riferimento agli oneri finanziari, ha dato parere contrario alla medesima in quanto comporterebbe effetti negativi sui saldi di finanza pubblica come conseguenza del mancato introito dovuto all'esonero dal pagamento delle tasse degli studenti con redditi bassi;
   a tal proposito, si precisa che il Governo in seguito a una specifica richiesta, formulata in sede di esame della citata proposta di legge, circa le informazioni relative alle condizioni reddituali dei singoli studenti, ha risposto che tali dati non sono disponibili, in quanto non è ancora operativa la banca dati prevista dal decreto legislativo n. 68 del 2012 –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere in ordine alla modifica della disciplina sulla contribuzione studentesca alle università statali e se intenda stabilire un'area di reddito entro cui lo studente, non inattivo nel percorso universitario, sia esente dal pagamento della contribuzione, contenendo il gettito totale a carico degli studenti e garantendo gradualità e progressività nella contribuzione almeno per gli studenti appartenenti a famiglie situate nella fascia reddituale media;
   quali siano i tempi per rendere operativa la banca dati prevista dall'articolo 20 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68. (5-03855)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane decine di studenti dell'istituto alberghiero «Raffaele Viviani» di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, sono stati invitati a lasciare la scuola dopo appena una settimana dall'inizio delle lezioni;
   la ragione dell'allontanamento sarebbe da ricercare nel mancato versamento da parte delle famiglie degli studenti esclusi dalle lezioni di un contributo assicurativo e di laboratorio di 150 euro;
   la normativa vigente in materia scolastica, tuttavia, nel pieno rispetto dei principi di obbligatorietà e gratuità dell'istruzione inferiore, limita tassativamente i contributi che possono essere chiesti dagli istituti scolastici alle famiglie, prevedendo che la corresponsione di contributi di natura diversa possa essere chiesta su base esclusivamente volontaria;
   nel caso di specie si tratterebbe in realtà proprio di un contributo volontario, e su questa base richiesto che dalle altre scuole della zona, reso, di fatto, obbligatorio, senza che a giudizio dell'interrogante ne ricorrano i presupposti normativi, per volontà della dirigente scolastica;
   quanto sin qui riportato costituisce ad avviso dell'interrogante una evidente e gravissima lesione del diritto allo studio, tutelato dalla Costituzione, imponendo una discriminazione a danno di quelle famiglie che non hanno i mezzi economici sufficienti per far fronte alla richiesta dell'istituto, e contravvenendo ai principi cardine del sistema dell'istruzione nel nostro ordinamento;
   oltretutto questo accade in una delle regioni d'Italia più colpite dal triste fenomeno degli abbandoni scolastici e in cui maggiormente occorre, invece, puntare sull'istruzione per permettere ai giovani di avere un futuro –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere con riferimento ai fatti di cui in premessa, al fine di garantire a tutti gli alunni il diritto allo studio. (4-06536)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   sull'Accademia nazionale di danza, una realtà di per sé piccola, sia in termini dimensionali che economici, sono stati presentati oltre 30 atti di sindacato ispettivo, da parte di tutte le forze parlamentari;
   l'avvio della stagione del commissariamento nel novembre 2013, salutata con favore da tutti, a cominciare dagli studenti che nel dicembre 2012 avevano avviato una stagione di lotta per l'evidente degrado strutturale, funzionale, amministrativo ed economico della prestigiosa istituzione e che la ex direttrice Parrilla, insediata dal 1996, aveva fatto oggetto, quale unica risposta, di una richiesta di risarcimento di 500.000 euro per diffamazione ai suoi danni, non appare aver risolto la generale conflittualità all'interno dell'istituzione e tra questa e la Fondazione accademia di danza, che ha finito con lo sfrattare, nello scorso settembre, l'Accademia da una parte degli, storici edifici, donati negli anni trenta dallo Stato italiano alla celebre danzatrice Jia Ruskaja, per mancato pagamento dei canoni di locazione;
   al contrario, il commissario Carioti, già direttore di conservatorio di musica, dopo la sollecitazione del Ministro ad avviare il procedimento elettorale per il ritorno alla normalità ha, invece, provveduto a promuovere la predisposizione di un regolamento elettorale che di fatto gli ha consentito di candidarsi al ruolo di direttore dell'accademia pur in assenza, a quanto consta all'interrogante, di qualificazione come compositore di danza;
   il direttore ha difeso la sua scelta sostenendo che ciò gli era consentito dal regolamento n. 132 del 2003, applicativo della legge n. 508 del 1999, di riforma delle istituzioni artistiche di grado universitario, tra le quali si annovera l'Accademia;
   in realtà, il suddetto regolamento è a giudizio dell'interrogante è molto discutibile e non dovrebbe essere applicato in quanto:
    deve essere approvato dal Ministro competente, dal Consiglio dei ministri ed essere firmato dal Capo dello Stato;
    travalica e distorce il disposto l'articolo 6 dello Statuto dell'accademia nel quale si prevede che «il direttore deve essere «possesso di particolari requisiti di comprovata professionalità», evidentemente in ambito coreutico;
    contravviene alla gerarchia delle fonti in quanto si pretende che con un regolamento, sia superata le legge di riforma dell'Accademia e cioè il decreto legislativo n. 1236 del 1948, successivamente ratificato dal Parlamento con legge del 1951, la cui vigenza è stata espressamente confermata dal decreto legislativo n. 179 del 2009 (il «taglialeggi» del Ministro Calderoli), legge nella quale espressamente si stabilisce (articolo 6, comma 2) che la «direttrice deve essere compositrice di danza di riconosciuto valore»;
    da tempo la situazione dell'Accademia è sotto l'occhio dello Stato russo, in quanto il legato testamentario della Ruskaja prevede il ritorno dell'intera struttura alla Russia qualora non fossero state rispettate tutte le sue volontà, e le criticità sorte in merito a ciò nel corso della precedente gestione dell'Accademia non appaiono affatto in via di risoluzione con la gestione commissariale –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per chiarire l'incandidabilità al ruolo di direttore dell'Accademia nazionale di danza, di tutti i soggetti che non siano «compositori di danza di riconosciuto valore», in ossequio al dettato normativo vigente;
   quali ulteriori iniziative intenda adottare per riportare la serenità nell'istituzione. (4-06541)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:


   POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 settembre 2014, dopo un confronto durato oltre quattordici ore, presso il Ministero dello sviluppo economico, la proprietà delle Acciaierie Speciali Terni ha sottoscritto una intesa con le organizzazioni sindacali in base alla quale la Thyssen Krupp ha ritirato la procedura di mobilità per circa 550 lavoratori dipendenti nonché la disdetta del contratto collettivo integrativo;
   a seguito dell'intesa del 4 settembre 2014, l'azienda e le organizzazioni sindacali hanno avviato un serrato confronto con l'obiettivo di raggiungere entro la data del 4 ottobre 2014 un accordo complessivo a tutela dei livelli occupazionali e della capacità produttiva del sito umbro;
   nonostante le aperture delle organizzazioni sindacali, il 10 ottobre 2014 l'azienda ha riattivato la procedura di mobilità per 537 lavoratori dipendenti;
   il 17 ottobre 2014, una manifestazione unitaria delle federazioni di categoria di CGIL, CISL, UIL e UGL ha visto la partecipazione compatta dei lavoratori e della popolazione locale;
   occorre tenere conto della strategicità del settore acciaio per il sistema Paese, della centralità dell'AST per l'economia umbra e nazionale e del patrimonio professionale e di brevetti maturato negli anni –:
   quali iniziative intenda mettere in campo il Governo per assicurare la tutela dei livelli occupazionali, compreso l'indotto, ed il patrimonio di conoscenze acquisite. (5-03846)


   BARUFFI, GNECCHI, INCERTI, MAESTRI, BOCCUZZI, GIACOBBE, CASELLATO, DELL'ARINGA, ALBANELLA, ZAPPULLA, GIORGIO PICCOLO, GRIBAUDO, GREGORI e ROTTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, prevede che, al fine di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misure di cui alla medesima legge e di valutarne gli effetti sull'efficienza del mercato del lavoro, sull'occupabilità dei cittadini, sulle modalità di entrata e di uscita nell'impiego, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con le altre istituzioni competenti, un sistema permanente di monitoraggio e valutazione basato su dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e da altri soggetti del Sistema statistico nazionale (Sistan);
   il comma 3 del medesimo articolo 1 della legge n. 92 del 2012 stabilisce che dagli esiti del monitoraggio sono desunti elementi per l'implementazione ovvero per eventuali correzioni delle misure e degli interventi introdotti dalla medesima legge, anche alla luce dell'evoluzione del quadro macroeconomico, degli andamenti produttivi, delle dinamiche del mercato del lavoro e, più in generale, di quelle sociali;
   i commi da 37 a 43 del medesimo articolo 1 della legge n. 92 del 2012 hanno apportato significative modifiche alla disciplina legislativa dei licenziamenti individuali, intervenendo in particolare sulle tutele assicurate ai lavoratori in caso di licenziamenti illegittimi;
   al fine di sviluppare una discussione seria ed approfondita su possibili ulteriori interventi di riforma della disciplina dei licenziamenti individuali e sulla tutela dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo risulta essenziale acquisire dati aggiornati e completi in ordine all'andamento dei licenziamenti individuali successivamente all'entrata in vigore della «riforma Fornero» e alle relative procedure di conciliazione o di contenzioso –:
   quali siano i dati relativi all'andamento dei licenziamenti individuali rispettivamente prima e dopo l'entrata in vigore della «riforma Fornero», alle procedure di contenzioso, nonché alle procedure di conciliazione introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, con particolare riferimento ai dati concernenti i licenziamenti individuali verificatisi annualmente, opportunamente disaggregati tra le diverse fattispecie previste dalla normativa vigente all'epoca del licenziamento, il numero delle procedure di conciliazione, introdotte dalla legge n. 92 del 2012, e il loro esito, nonché il numero dei ricorsi in sede giurisdizionale per licenziamenti illegittimi presentati annualmente prima e dopo l'entrata in vigore della legge 28 giugno 2012, n. 92, la loro suddivisione tra le diverse tipologie di licenziamento, la loro durata e i loro esiti. (5-03847)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI, RIZZETTO, CIPRINI, VILLAROSA, BALDASSARRE, DI BATTISTA, DE ROSA, VACCA, CECCONI, BECHIS, BRESCIA, SIBILIA, CRISTIAN IANNUZZI, DAGA e CASTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nella puntata del 21 settembre 2013 della trasmissione «Presa Diretta» di Rai 3, veniva trattato il tema del trasporto pubblico comparando il sistema di alcune tra le città francesi più virtuose a quello di alcune tra le città italiane con palesi e profondi disservizi, tra cui la città di Roma;
   in uno dei servizi trasmessi all'interno della stessa puntata, hanno espresso il loro parere anche gli autisti d'autobus Ilario Ilari e Valentino Tomasone, entrambi sindacalisti USB e dipendenti della Trotta Bus Service, società facente parte del Consorzio Roma Tpl Scarl, secondo gestore del trasporto pubblico locale che opera principalmente per l'esercizio delle linee periferiche e gestore del 20 per cento circa del servizio di trasporto su bus del territorio romano;
   secondo quanto dichiarato dagli stessi due autisti romani, da 990 giorni il Consorzio Roma Tpl Scarl avrebbe dovuto rigenerare l'intero parco macchine ma ad oggi non ha ancora provveduto a compiere tale adempimento, essendo peraltro diverse vetture funzionanti dall'anno 2000. I due hanno inoltre evidenziato che quotidianamente si verificano guasti ai mezzi e che, nonostante le segnalazioni fatte, le vetture non vengono riparate perché non sono disponibili i pezzi di ricambio. Le loro dichiarazioni sono state supportate dalle numerose immagini trasmesse e dai commenti tutti negativamente critici di colleghi e addetti ai lavori e dei passeggeri che usufruiscono del servizio di trasporto pubblico;
   l'azienda interessata, la Trotta Bus Service, dopo la trasmissione in oggetto, ha sospeso in via cautelativa i due lavoratori dal servizio, perpetrando palesemente un abuso nei confronti dei due lavoratori in violazione dei principi sanciti, in particolare, dagli articoli 3 e 21 della Costituzione che da un lato impongono il divieto di qualsiasi forma di discriminazione e dall'altro tutelano la piena libertà di manifestazione del pensiero, nonché della legislazione vigente che disciplina i rapporti di lavoro e più nello specifico le sanzioni addebitabili a carico dei lavoratori dipendenti. Nelle lettere inviate ai lavoratori si contesta la loro presenza in trasmissione senza alcuna autorizzazione da parte aziendale e l'aver rilasciato al giornalista inviato «dichiarazioni inerenti il parco automezzi aziendale circolante e la relativa manutenzione delle vetture altamente lesive dell'immagine dell'azienda»;
   in data 25 settembre 2014, il Consorzio Roma Tpl ha proseguito, in sua difesa, con una lettera inviata all'attenzione del dottor Riccardo Iacona, conduttore della trasmissione Presa Diretta, poi pubblicata nel social network Facebook e reperibile all’hastag «#iostoconilarioevalentino». Nella lettera si afferma, tra le altre cose, che «a fronte di 440 mezzi previsti dal contratto col Comune ne sono stati rinnovati 380» e che «è falso il dato riportato sull'età media del parco circolante (14 anni)» perché l'età media delle vetture in servizio «è di 25 mesi. Un record per l'Italia.»;
   sempre in data 25 settembre 2014, anche il conduttore della trasmissione di Rai3, Riccardo Iacona, ha commentato l'accaduto tramite il profilo di Presa Diretta sul social network «Facebook», facendo notare che «non spetta ai giornalisti di Presa Diretta entrare nel merito del contenzioso aperto da TPL nei confronti di Ilario Ilari e Valentino Tomasone» ma che è giusto ricordare che «Valentino Tomasone ha semplicemente detto la verità sul mezzo che ha descritto e che anche Ilario Ilari non ha detto il falso quando ha ricordato che i mezzi andavano integralmente sostituiti nei tempi stabiliti nel contratto con il comune» e che lo stesso Iacona, riferendosi al momento in cui è stato girato il servizio, «di questi autobus nuovi ne ha visti pochi quella mattina alla stazione di Laurentina» e che invece «ne ha visti tanti vecchi e malridotti.»;
   successivamente alla sospensione dei due lavoratori, in segno di protesta e solidarietà, diversi lavoratori del settore del trasporto pubblico di Roma hanno occupato la sede dell'assessorato alla mobilità del comune di Roma –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative di carattere normativo per prevenire e contrastare qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori, così come sancito dall'articolo 3 della Costituzione, per tutelare il diritto di opinione anche sul posto di lavoro, così come sancito dall'articolo 21 della Costituzione che riconosce, tutela e garantisce la piena e incomprimibile libertà di espressione e manifestazione del pensiero e il diritto all'informazione di tutti i cittadini, senza dover per questo rischiare la sospensione o il licenziamento, nonché per rafforzare la tutela dei lavoratori a fronte della minaccia di ritorsioni nei loro confronti con specifico riferimento al licenziamento disciplinare. (5-03848)


   DI SALVO, SCHULLIAN, ALFREIDER, GEBHARD, PLANGGER e OTTOBRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro è stato istituito dall'articolo 1, comma 1187, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) al fine di assicurare un adeguato sostegno ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro, anche per i casi in cui le vittime risultino prive di copertura assicurativa obbligatoria;
   si tratta di una tantum destinata ai superstiti di chi muore per un incidente sul lavoro, indipendentemente se questo fosse assicurato o meno. Nella cerchia dei familiari rientra il coniuge, i figli minorenni e i figli maggiorenni che vivevano a carico del defunto (scolari, studenti, diversamente abili);
   la norma istitutiva ha previsto uno stanziamento pari a 2,5 milioni di euro per l'esercizio finanziario 2007, e, per effetto dell'articolo 2, comma 534, della legge 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), di 5 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, e pari a 10 milioni a decorrere dall'anno 2010;
   con successivi provvedimenti la dotazione del Fondo è stata ridotta, nel corso degli anni, fino ad un importo pari ad euro 3.193.868,00 attualmente disponibile ai predetti fini sul capitolo di bilancio a ciò destinato;
   i dati che seguono indicano negli anni le cifre che sono state assegnate ai superstiti. Per un solo superstite l'importo nel 2010 ammontava a 5.000 euro, nel 2011 a 6.500 euro, nel 2012 a 9000 euro per arrivare nel 2013 alla ridotta cifra di 4.550 euro. Per due superstiti l'importo nel 2010 ammontava a 7.500 euro, nel 2011 a 10.500 euro, nel 2012 13.500 euro, per arrivare nel 2013 alla cifra di 7.350 euro, la cifra per tre superstiti nel 2010 ammontava a 10.000 euro, nel 2011 a 14.500 euro, nel 2012 a 18.500 euro per arrivare nel 2013 alla cifra di 10.150 euro. La cifra invece destinata alle richieste che hanno più di tre superstiti nel 2010 ammontava a 10.000 euro, nel 2011 a 14.500 euro, nel 2012 a 18.500 euro per arrivare nel 2013 alla cifra di 10.150 euro;
   si fa presente che i commi 4, lettera d) e 7, lettera e) dell'articolo 9 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, prevedono, in relazione alla gestione del Fondo di cui alla normativa sopracitata, che: «... le somme eventualmente riversate all'entrata del bilancio dello Stato a seguito di economie di gestione realizzatesi nell'esercizio finanziario sono riassegnate al pertinente capitolo dello Stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali»;
   sulla base di tale norma, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali — a decorrere dall'esercizio finanziario 2012 — ha provveduto ad utilizzare le eccedenze di gestione realizzatesi negli esercizi finanziari precedenti riuscendo a limitare gli effetti delle successive riduzioni degli stanziamenti a tal fine assegnati dalla legge di bilancio;
   pertanto gli importi definitivi del Fondo per ciascuna annualità risultano essere i seguenti: nel 2007 furono stanziati 2.500.000 di euro nel 2008 e nel 2009 5.000.000 di euro. Nel 2010 e nel 2011 la legge di bilancio determinò la cifra destinata al Fondo con un aumentato dello stanziamento fino alla cifra di 10.000.000 di euro. Nel 2012 il Fondo ammontava a 9.761.998 di euro, che crebbe fino alla cifra di 12.761.998 di euro grazie a 3.000.000 di euro di rassegnazioni. Nel 2013 e nel 2014 lo stesso sistema di rassegnazioni delle eccedenze ha permesso in parte di compensare le perdite dovute ai grossi tagli effettuati in bilancio, che vedevano solo 4.486.509 di euro assegnati per il 2013 e 3.193.868 di euro per il 2014. In questi anni è stato possibile raggiungere una dotazione pari alle seguenti quote: 6.986.509 per il 2013 e 5.540.364 per il 2014;
   in relazione al numero dei soggetti beneficiari per ciascun esercizio finanziario, si fa presente che l'INAIL ha comunicato che: «... dalle analisi statistiche effettuate sulle serie storiche INAIL emerge che il consolidamento della collettività dei decessi necessita di un arco temporale di almeno 6 anni per gli eventi mortali occorsi ai soggetti tutelati dall'INAIL. Tale periodo, peraltro, risulta ancora più lungo se si considerano gli eventi occorsi ai soggetti non tutelati dall'INAIL che non sono noti all'Istituto nell'immediatezza e per i quali i familiari possono presentare istanza di beneficio anche dopo diversi anni dal decesso, una volta venuti a conoscenza di tale diritto, entro il termine decennale di prescrizione»;
   l'ammontare del beneficio destinato ai singoli nuclei familiari viene determinato annualmente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base dello stanziamento di bilancio disponibile e delle previsioni degli eventi stimati su base statistica, dalla consulenza statistico attuariale dell'Inail, in misura crescente in ragione della numerosità del nucleo familiare superstite;
   in relazione alla platea dei beneficiari delle prestazioni del Fondo, si fa presente che la stessa è stata individuata – con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 19 novembre 2008 – con riferimento ai superstiti indicati dall'articolo 85 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965. Con l'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 131, della legge n. 147 del 2013 (legge e di stabilità 2014) sono stati determinati, in via normativa, i soggetti beneficiari;
   vista l'imprevedibilità della numerosità del fenomeno e della connessa composizione del nucleo familiare di ciascuna vittima, risulta non possibile avere una previsione sulle effettive necessità di copertura del fondo. Nonostante ciò, sulla base delle previsioni effettuate per l'anno 2014 dalla «Consulenza statistico-attuariale» dell'INAIL, e sulla base della serie storica degli eventi e della numerosità del nucleo familiare dei superstiti nonché sulla base del valore medio degli importi previsti, per ciascuna tipologia di nucleo, erogati negli anni 2010/2011 e considerando anche il trend decrescente del numero degli eventi osservato negli ultimi anni, si ritiene che lo stanziamento di bilancio da destinare alle finalità in parola sia da individuare nella misura di circa 10.000.000,00 –:
   se non ritenga il Ministro di doversi attivare con urgenza per far in modo che a decorrere dall'anno 2015 sia destinato un congruo stanziamento al fondo per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, in maniera da garantire almeno il ripristino delle somme che furono stanziate negli anni 2010 e 2011. (5-03849)


   PRATAVIERA e MOLTENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società MAGLIERIE MANUFAT di Inverigo (CO), operante nel settore della maglierie e specificatamente nella produzione di biancheria intima ed abbigliamento intimo, è stata dichiarata fallita con sentenza n. 130 del 2013 del tribunale di Como, depositata il 4 novembre 2013, ed in data 31 dicembre 2013 il Giudice Delegato ha autorizzato il Curatore Fallimentare ad attivare la procedura per la presentazione della domanda di CIGS;
   in data 16 gennaio 2014 è stato sottoscritto un accordo sindacale con le quali le parti, per attenuare le conseguenze sul piano sociale della procedura concorsuale, hanno concordato sul ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione totale dell'attività in regime di procedura concorsuale per fallimento ex articolo 3, comma 1, della legge n. 223 del 1991, per l'unità operativa di Inverigo (CO), per 12 mesi a decorrere dal 4 novembre 2013, per tutto il personale in forza pari ad un numero di 60 dipendenti (56 operai e 4 impiegati) su un organico aziendale di 60 unità;
   il predetto accordo prevedeva l'esclusione della rotazione del personale ed il pagamento diretto da parte dell'INPS del trattamento di integrazione salariale ai lavoratori sospesi in cassa integrazione guadagni straordinaria;
   in data 17 marzo 2014 la rappresentante della regione Lombardia, alla luce della documentazione agli atti e del predetto accordo sindacale, dichiarava esperito e concluso l'esame congiunto di cui all'articolo 5 della legge n. 164 del 1975 ed all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2000, n. 218, relativo alla richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria per procedura concorsuale per fallimento;
   in data 21 marzo 2014, la curatela avviava la procedura di mobilità ex articoli 3, 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 ed una settimana dopo, il 28 marzo scorso, presso la sede dell'Unindustria di Como, si sono incontrate le parti per esperire la procedura prevista dalla citata legge 223 del 1991 per la messa in mobilità, convenendo sul licenziamento del personale volontario fino al termine della cassa integrazione guadagni straordinaria e solo al termine di quest'ultima 3/1172014/ il licenziamento del personale restante;
   da metà luglio scorso c’è stato uno scambio di richieste di documentazione tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed il curatore ed il 2 ottobre 2014 si è tenuto presso lo stesso Ministero un incontro con le organizzazioni sindacali, la curatela e Confindustria, dal quale sembra sia emersa una posizione di indeterminatezza del Ministero circa l'approvazione della cassa integrazione guadagni straordinaria perché ritiene la documentazione insufficiente;
   la tensione tra i lavoratori è alle stelle: son quasi trascorsi i 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria senza che gli stessi abbiano percepito alcuna corresponsione di salario; molti di loro, peraltro, in attesa del decreto di approvazione della cassa integrazione guadagni straordinaria hanno richiesto anticipi agli istituti di credito che a breve dovranno restituire –:
   quali siano le perplessità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che impediscono dopo 11 mesi il provvedimento di approvazione della cassa integrazione guadagni straordinaria di cui in premessa e se e quali provvedimenti di propria competenza il Governo intenda adottare con urgenza per ovviare alle tempistiche di erogazione dei trattamenti di sostegno al reddito da parte dell'Inps, posto che la mancanza di un sostegno al reddito per molti mesi crea forti disagi al limite della tollerabilità ai lavoratori ed alle rispettive famiglie. (5-03850)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal mese di settembre 2014 decine di facchini stranieri, spalleggiati dai centri sociali, stanno paralizzando con picchetti l'attività della Mirror Levigature, azienda che opera nel settore della lavorazione di piastrelle ceramiche, con sede a Sant'Agostino, per la quale lavorano 21 persone, 5 soci ed altri lavoratori legati all'indotto aziendale;
   la cooperativa per cui lavorano i facchini magrebini in picchetto davanti ai cancelli, la LK con sede a Trebbo di Reno in provincia di Bologna, aveva un appalto per lavori di facchinaggio con la Mirror dall'inizio del 2013, ma il 4 settembre 2014 ha ricevuto la disdetta per gravi inadempienze contrattuali;
   stante quanto dichiarato a mezzo stampa dallo stesso amministratore della cooperativa, Marco Bertozzi, la colpa per la perdita dell'appalto è tutta dei 14 soci lavoratori magrebini che «hanno fatto di tutto per farsi cacciare (...)»; «essi avevano firmato un regolamento interno al quale non si sono attenuti in alcuna maniera; si denuncia altresì di aver ricevuto «in questi ultimi mesi sei lettere di contestazione da parte della direzione della Mirror per danni materiali causati all'azienda da queste persone» (la Nuova Ferrara del 9 settembre 2014);
   nonostante il fornitore di servizi di facchinaggio sia oggi cambiato, con regolare stipula di contratto d'appalto con altra società, i 14 magrebini continuano a protestare pretendendo l'assunzione a tempo indeterminato;
   è inimmaginabile, a parere dell'interrogante che un'azienda ed i suoi lavoratori debbano essere ostaggio di 14 stranieri che appaiono inadeguati al lavoro da svolgere l'8 settembre 2014 avevano attuato un picchetto che mise a rischio la partecipazione della Mirror al Cersaie, la fiera internazionale di settore, a Bologna, ed ora, nel tentativo di strappare la stipula di 14 contratti a tempo indeterminato, minacciano di bloccare l'azienda;
   l'amministratore delegato della Mirror, Stefano Guidi, ha lanciato un grido di allarme «stiamo perdendo metà delle commesse e, di questo passo, i nostri dipendenti rischiano la cassa integrazione» (DIRE del 21 ottobre 2014) –:
   se ritengano che sussistano i presupposti per un intervento volto a evitare che possano esserci altri danni produttivi alla Mirror e quali iniziative intendano assumere per garantire, al contempo, la salvaguardia occupazionale dei lavoratori di quell'azienda. (5-03845)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BECATTINI, CENNI e ALBINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'annata olivicola 2014-2015 risulta essere la peggiore da molti decenni ad oggi;
   l'origine di tale disastro è da associare all'andamento climatico instabile, con temperature primaverili persistenti, la troppa pioggia caduta e la presenza di mosche in tutte le regioni del Paese;
   la produzione di olive di qualità e le rese stanno subendo cali disastrosi, mettendo in grande difficoltà le imprese di produzione e trasformazione operanti nel settore;
   pertanto, potrebbero intensificarsi le frodi, con la messa in commercio di prodotti contenenti miscele di diversa origine, la cui identificazione spesso non appare così ben visibile sui prodotti in vendita –:
   se, a fronte di uno scenario così preoccupante, intenda assumere iniziative per prevedere misure di sostegno straordinarie per l'annata olivicola 2014-2105 a favore delle imprese operanti nel settore;
   se intenda rafforzare le misure di prevenzione, repressione e contrasto alle frodi che, per i motivi evidenziati, potrebbero intensificarsi nel comparto olivicolo in questo momento. (5-03838)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il settore della produzione di salumi e carne di maiale in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi di euro; secondo un'analisi, eseguita da Coldiretti su dati Istat, le famiglie italiane spendono all'anno circa 280 euro per l'acquisto di salumi;
   su La Repubblica del 19 ottobre 2014 è stata pubblicata una notizia riguardante uno degli alimenti che rappresenta con efficacia il made in Italy, il prosciutto, che a quanto riporta l'articolo del giornale, si vorrebbe fare senza maiale;
   dopo la cioccolata senza cacao e il vino senza uva, gli italiani rischiano di trovare nei loro piatti il prosciutto cotto senza coscia di maiale; questo sarebbe previsto da una bozza di decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per regolare la produzione e la vendita di alcuni salumi, non modificando le procedure standard utilizzate per questa eccellenza del made in Italy;
   il provvedimento prende spunto dai cambiamenti avvenuti negli ultimi dieci anni nel mercato e nella normativa europea e modifica un decreto del 2005, quello che ammetteva di utilizzare per la produzione di prosciutto cotto, le cosce di suino congelate;
   il prosciutto che arriverà sulle tavole degli italiani sarà un prosciutto senza carne di maiale, ma che può contenere più acqua e additivi chimici sinora vietati;
   a lanciare questo allarme è stato il presidente della Coldiretti nazionale Roberto Moncalvo, che definisce la questione come «allucinanti novità, un autogol che snatura il pregio dei prodotti italiani» conosciuti in tutto il mondo;
   Moncalvo sostiene che la bozza del decreto prevede che il prosciutto cotto potrà essere fatto anche utilizzando carne di altre specie animali, creando così confusione nei consumatori sul reale contenuto del prodotto che acquisteranno. Non si può chiamare prosciutto cotto un cosciotto di tacchino o di cavallo. Una recente inchiesta sulla carne di cavallo spacciata come manzo nei sughi e nelle polpette già confezionati incrementa il rischio di frodi alimentari;
   in questi prosciutti, inoltre, aumenterà il contenuto di acqua consentito, che sarà pagato dagli acquirenti come se fosse carne;
   l'incremento del tasso di umidità per le tre categorie (prosciutto cotto, prosciutto cotto scelto e prosciutto cotto di alta qualità) mina la qualità del prodotto stesso a discapito delle carni del maiale italiano, che hanno delle caratteristiche organolettiche e qualitative superiori rispetto a quelle dei maiali importati dai Paesi del Nord che penalizzano gli allevatori italiani;
   in Italia nel 2013 sono stati allevati meno di 8,7 milioni di maiali (erano 9,3 nel 2012) destinati per il 70 per cento alla produzione delle 36 varietà di salumi che hanno ottenuto dall'Unione europea il riconoscimento di denominazione di origine DOP e IGP –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda promuovere, anche in occasione dell'elaborazione del «decreto salumi», per tutelare il made in Italy e per non danneggiare la credibilità delle produzioni italiane agroalimentari conquistata con anni di impegno e di ottimo lavoro. (4-06521)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i disservizi dell'Asp di Catanzaro a cui i cittadini devono sottostare sono sempre più evidenti, come si evince da un articolo pubblicato dalla Gazzetta del Sud del 20 ottobre 2014;
   la situazione sanitaria in cui versa l'Asp di Catanzaro è ridotta ai minimi termini. Da più di un mese sono state inoltrate le richieste al servizio tutela anziani dell'Asp per visite a domicilio, ma queste giacciono nei cassetti degli uffici preposti;
   si parla di tagli alla spesa sanitaria, si ridimensiona il personale sanitario con l'effetto di creare più disagi ai bisognosi di cure, allungando i tempi delle dovute prestazioni sanitarie;
   nei locali dell'Asp di Catanzaro si effettuano i prelievi del sangue; in passato i prelievi si analizzavano a pochi passi dalla stessa struttura, adesso bisogna percorrere 70 chilometri e trasportare le provette al nosocomio di Soverato;
   se la condizione degli ambulatori è drammatica, la situazione degli uffici amministrativi è ancora peggio;
   per pagare il ticket è necessario utilizzare una carta di credito, perché altrimenti bisognerebbe andare a fare la fila agli uffici postali. Una volta su due il cittadino, dopo aver pagato il ticket, deve rifare la fila per ottenere la ricevuta cartacea, in quanto spesso manca il materiale utile per la stampa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa, se le citate criticità dipendano dalle esigenze di razionalizzazione della spesa imposte dal piano di rientro dai disavanzi e quali iniziative, anche per il tramite del commissario ad acta, possano essere assunte per risolvere questi disservizi che i cittadini riscontrano tutte le volte che si recano nell'ospedale di Catanzaro.
(5-03839)


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, GRILLO, DI VITA, MANTERO e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le vaccinazioni sono sempre state considerate uno strumento di fondamentale importanza per il contenimento di alcune gravi malattie infettive. Secondo alcuni studi è proprio grazie alla vaccinazione obbligatoria che si è riusciti a rimanere indenni da diverse epidemie geograficamente vicine all'Italia;
   tuttavia negli ultimi anni sono state numerose le sentenze che hanno avuto ad oggetto i danni derivanti da vaccinazioni pediatriche;
   in Italia, secondo il «nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva» introdotto dal decreto ministeriale 7 aprile 1999, le vaccinazioni obbligatorie sono quattro e riguardano l'antidifterite, l'antitetanica, l'antipoliomielite e l'antiepatite virale B;
   in commercio non è possibile reperire i vaccini in formulazione singola. L'unica tipologia di vaccinazione reperibile è infatti il vaccino esavalente che, oltre a contenere i quattro vaccini obbligatori, contiene anche quelli contro la pertosse e le infezioni da haemophilus influenzale di tipo B, due vaccini considerati «raccomandati» e che quindi non costituiscono trattamenti sanitari imposti dalla legge, ma semplicemente promossi dalla pubblica autorità in vista di un programma di diffusione degli stessi nella società;
   spetta al soggetto che esercita la potestà sul minore il diritto di decidere sull'opportunità o meno di far sottoporre il minore alla somministrazione di vaccini non appartenenti alla categoria delle vaccinazioni obbligatorie, secondo il diritto di autodeterminazione nelle decisioni terapeutiche sancito dagli articoli 2 e 32 della Costituzione;
   con interrogazione n. 1804 del deputato regionale Cancelleri presentata al presidente della regione Sicilia e all'assessore regionale della salute è stato sollevato il problema della esclusiva reperibilità presso i presidi ospedalieri palermitani e siciliani di fiale di esavalente;
   il dirigente del servizio, rispondendo all'interrogazione, innanzitutto esordisce sull'importanza dei vaccini al fine della riduzione ed eliminazione delle malattie infettive. La centralità della risposta verte sulla impossibilità di somministrare, su espressa richiesta dei genitori, ai bambini il vaccino tetravalente (difterite, tetano, polio e d epatite B) in quanto non disponibile in Italia. In questi ultimi casi si rinvia la vaccinazione e viene avanzata formale richiesta al Ministero della salute per ottenere l'importazione dall'estero del vaccino;
   la situazione che si delinea alla luce della risposta dell'assessorato della salute della regione siciliana è alquanto paradossale perché non permette di fatto ad un genitore di discutere con il proprio pediatra un piano vaccinale il più possibile rispondente alle esigenze del bambino –:
   perché sia stata prevista una procedura così complessa e doppiamente dispendiosa per lo Stato che, da un lato, prevede la possibilità di importazione dall'estero del vaccino tetravalente e, dall'altro, prevede l'acquisto da parte del servizio sanitario nazionale di due vaccini in più rispetto a quelli obbligatori per legge, inseriti nell'unica forma di vaccino reperibile in Italia, l'esavalente;
   quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per ovviare a tale situazione imbarazzante venutasi a creare, anche nei confronti dell'Europa in cui molti Paesi non prevedono neppure l'obbligatorietà dei vaccini, garantendo il pieno diritto dei genitori ad una scelta libera e consapevole dei vaccini da far somministrare ai propri figli, e riducendo al contempo i costi sostenuti dal servizio sanitario nazionale.
(5-03841)


   GARAVINI, LENZI, FEDI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono costanti e consistenti i rientri di lavoratori italiani che dopo la conclusione del loro ciclo di lavoro in Svizzera fanno ritorno da pensionati nel nostro Paese per reinsediarsi definitivamente nei luoghi di origine e ricongiungersi con i propri familiari;
   una delle esigenze primarie che essi devono soddisfare è quella relativa alle prestazioni sanitarie, un'esigenza ancor più stringente per l'età degli interessati e per avere trascorso all'estero un'usurante vita di lavoro;
   in base ai regolamenti CE n. 833/2004 e n. 987/2009, applicabili per convenzione anche ai Paesi EFTA, tra i quali la Svizzera, gli oneri per prestazioni sanitarie fornite a lavoratori e pensionati in un diverso Stato sono a carico del Paese di affiliazione, in questo caso la Svizzera, che è chiamato a rimborsare il Paese erogatore dei costi sostenuti per le prestazioni;
   nel quadro dei rapporti di sicurezza sociale tra Italia e Svizzera, i lavoratori di diritto svizzero o pensionati di istituzioni previdenziali elvetiche, indipendentemente dalla loro cittadinanza, in forza dell'accordo sulla libera circolazione del 13 novembre 2000 (ratificato con legge n. 364 del 2000) possono venire a risiedere nel nostro Paese ed esercitare il cosiddetto «diritto di opzione», previsto dall'allegato II, parte 3, lettera a) e b), con la conseguenza di essere esentati dall'assicurazione obbligatoria con il sistema svizzero e di essere inquadrati nel servizio sanitario nazionale italiano;
   in sede di predisposizione dell'accordo Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in data 20 dicembre 2012 («Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera», Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 32 del 7 febbraio 2013 – Supplemento Ordinario n. 9) è stato ritenuto esercitabile il citato diritto d'opzione, da parte sia dei lavoratori occupati in Svizzera chi dei titolari di pensione svizzera, con possibilità per gli stessi d'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale, mediante la corresponsione alla ASL di residenza di un contributo annuo fissato dal decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro del tesoro dell'8 ottobre 1986 e successive modificazioni ed integrazioni;
   la suindicata possibilità dell'iscrizione volontaria è stata ritenuta applicabile anche alle persone che, indipendentemente dalla loro cittadinanza, esercitino il cosiddetto «diritto d'opzione», ma a condizione che paghino le imposte nel Paese in cui detti redditi sono prodotti, mentre qualora le paghino in Italia (dove vengono a risiedere) hanno, come tutti gli altri cittadini, diritto all'iscrizione «obbligatoria», senza pertanto dover versare alcun contributo all'ASL;
   i pensionati che rientrano dalla Svizzera e esercitano l'opzione per il servizio sanitario nazionale italiano, una volta che risiedano in Italia, partecipano con il pagamento delle imposte al finanziamento del servizio sanitario nazionale al pari degli altri contribuenti residenti in Italia, tenuto conto dell'accordo italo-svizzero «per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia d'imposte sul reddito e sul patrimonio» del 9 marzo 1976 (ratificato con legge n. 943 del 1978), in particolare con riferimento al combinato disposto degli articoli 18 e 19;
   nonostante l'evidenza della normativa in merito e il fatto che i pensionati rientrati siano assoggettati al pagamento dell'IRPEF sulla pensione percepita dalle assicurazioni svizzere e di tutte le addizionali richieste ai contribuenti italiani, un numero crescente di ASL escludono tali soggetti dall’«assicurazione obbligatoria» al servizio sanitario e richiedono loro il versamento volontario per potere usufruire delle prestazioni –:
   se non ritenga necessario ed urgente assumere ogni iniziativa di competenza affinché si adotti un trattamento uniforme nei riguardi dei pensionati rientrati dalla Svizzera, nel senso di garantirne l'iscrizione obbligatoria al sistema sanitario nazionale. (5-03842)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sulla Gazzetta del Sud del 20 ottobre 2014, viene riportata la notizia del sequestro di un allevamento bovino in località Curto di Sant'Onofrio, in provincia di Vibo Valentia, a seguito del rinvenimento di capi di bestiame affetti da «Bluetongue» (lingua blu);
   la Bluetongue è una malattia infettiva, contagiosa, dei ruminanti, conosciuta anche con il nome di «febbre catarrale» dei piccoli ruminanti. Il virus si trasmette esclusivamente attraverso le punture dei moscerini ematofagi del genere «Culicoides»;
   le elevate temperature serali e le forti precipitazioni atmosferiche di fine estate hanno favorito l'aumento dell'attività dei vettori, e quindi la trasmissione della malattia;
   è stata l'unità operativa dell'asp di Vibo Valentia a ottenere il sequestro sanitario e l'emissione da parte del comune di Sant'Onofrio di un'ordinanza con cui viene stabilita una zona di protezione dell'allevamento lunga quattro chilometri;
   le prove di positività di alcuni bovini alla lingua blu, sono state effettuate dall'Istituto zooprofilattico di Teramo che ha emesso l'ordinanza di sequestro, isolamento e macellazione dei capi di bestiame infettati;
   con quello di Sant'Onofrio salgono a 13 gli allevamenti sequestrati nel Vibonese negli ultimi tre mesi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e se ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per una specifica e più intensa attività di controllo anche su tutte le operazioni di macellazione, anche per evitare ulteriori contagi tra bovini. (4-06520)


   ROMANINI e MAESTRI. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   dal 1986 opera a Parma l'Associazione Amici della Sierra Leone ONLUS, a cui aderiscono 1.200 volontari impegnati in attività di raccolta fondi per aiutare il futuro del Paese africano. Insieme a tanti benefattori che hanno offerto la loro preziosa solidarietà, negli anni è stato possibile realizzare nelle zone di Makeni, capitale del Nord e Lunsar, iniziative e progetti finalizzati in particolare a favorire l'istruzione e salvaguardare la salute e un pasto a scuola. Fra le varie attività promosse si segnala la costruzione di ponti, scuole, pozzi e di un centro sociale. Il lavoro dell'Associazione è stato inoltre determinate per la creazione dell'università UNIMAK di Makeni. Oltre a ciò, il lavoro umanitario svolto ha anche permesso la ricostruzione di strutture devastate o distrutte dalla lunga guerra civile fra cui l'ospedale di Lunsar;
   in questi ultimi mesi la diffusione dell'epidemia di ebola sta causando in Africa migliaia di vittime. Nella riunione del 12 ottobre 2014, a Washington, alla presenza dei presidenti dei tre paesi focolaio del virus – Sierra Leone Guinea e Liberia — e al presidente Onu Ban Ki-Moon, il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim ha informato sui dati: 8 mila persone infettate, 3.800 decedute. Le popolazioni sono affamate, almeno 8 milioni di bambini non possono andare a scuola per rischio di contagio e migliaia sono rimasti orfani. Chiuse le miniere e nei campi non è possibile effettuare i raccolti. L'economia è in ginocchia le perdite stimate da qui alla fine del 2015 sono di circa 32,6 miliardi di dollari;
   in Sierra Leone i casi di contagio aumentano di giorno in giorno. Le notizie che arrivano all'Associazione dalla capitale e dai villaggi, dove operano da oltre sessant'anni i missionari saveriani ed i padri Giuseppini del Murialdo, rispecchiano la tragedia che si sta consumando: ridotti quasi a zero i contatti aerei con il resto del mondo. Ci sono interi villaggi in quarantena in attesa della morte. Il sistema sanitario è al collasso, manca personale sanitario specializzato, medicinali e disinfettanti, cibo, stivali, guanti e tute di protezione. L'economia sta andando a picco trascinando con sé i semi di speranza cresciuti in questi anni grazie alla solidarietà e alla cooperazione internazionale;
   a Lunsar, dove i volontari parmensi sono stati per diversi anni, l'ospedale, finanziato anche con le risorse raccolte nel territorio, è chiuso e il medico, Padre Manuel Garcia Viejo, è deceduto qualche settimana fa a Madrid a causa del contagio del virus. Non arrivano aiuti e i soli a restare a fianco di una popolazione stremata e decimata sono i volontari della cooperazione internazionale e i religiosi in missione;
   le richieste che arrivano all'Associazione Amici della Sierra Leone riguardano, in particolare nella zona di Makeni, la necessità di persone specializzate in malattie infettive che aiutino il personale locale a gestire sia i casi sospetti che quelli confermati positivi. I centri di isolamento aperti infatti vengono descritti più come luoghi di parcheggio, mentre i tre centri di cura sono a minimo 200 chilometri di distanza e spesso non c’è autoambulanza o posti liberi e quindi gli ammalati devono restare nel centro di isolamento senza cure; a ciò si aggiunge il crescente dramma dei bambini orfani, i cui genitori sono morti a causa di ebola, risultati negativi ma in quarantena. Il loro futuro, come denunciato in alcune testimonianze arrivate a Parma, è molto incerto perché non si sa se una volta finito il periodo di osservazione, i parenti li riaccetteranno nella sua esaustiva relazione alla Camera, il 19 ottobre 2014, la Ministra della salute Lorenzin ha informato i deputati sulle misure di prevenzione del virus Ebola e il viceministro degli affari esteri Pistelli ha completato il quadro con le iniziative promosse a livello comunitario di sostegno ai paesi interessati che coinvolgono gli Stati membri e le strutture delle Commissioni, in primis le direzioni generali ECHO (cooperazione umanitaria) e DEVCO (cooperazione e sviluppo) al lavoro per coordinare gli interventi in loco;
   entrambi gli esponenti del Governo hanno posto l'accento sul fatto che l'impegno italiano e gli interventi promossi nei Paesi colpiti da questa drammatica esperienza, siano «la principale via da percorrere per sostenere i Paesi colpiti dal contrasto all'epidemia e nello sforzo di costruire i sistemi sanitari collassati da quest'emergenza» e sul fatto che «più noi facciamo e più noi spendiamo adesso e con capacità mirata, minore sarà il potenziale impatto successivo. (...) Più facciamo adesso, meno faremo dopo»;
   nella riunione del 20 ottobre 2014 i Ministri degli esteri dell'Unione europea hanno valutato la continua crescita dell'epidemia in Liberia, Sierra Leone e Guinea con morti nei tre Paesi dell'Africa occidentale che «hanno superato i 4.500». Per questo l'Unione europea conferma la sua «profonda preoccupazione» e ha deciso di intensificare i suoi sforzi finanziari, che andranno a incrementare il mezzo miliardo di euro già stanziato, di prevenzione e umanitari per contenere la diffusione del virus compresa la decisione di istituire un coordinatore unico per far fronte alla crisi sanitaria africana e impedirne la diffusione;
   in recenti dichiarazioni ai media il Ministro della salute ha spiegato che nella legge di stabilità 2015 ci saranno 50 milioni di euro per l'emergenza Ebola, destinati a rafforzare i controlli in porti e aeroporti e per le dotazioni dell'Istituto Spallanzani di Roma –:
   se non ritengano, nell'ambito del piano generale degli interventi promossi dall'Italia, mettere in campo una ulteriore azione a supporto degli operatori e missionari italiani in Sierra Leone;
   se non si ritenga necessario promuovere interventi in loco con ospedali militari e strutture d'igiene pubblica sopperendo alla mancanza di personale sanitario specializzato già insufficiente o deceduto a causa del contagio;
   se non ritengano necessario utilizzare gli ospedali italiani specializzati in malattie tropicali strutturati per trattare questa pandemia. (4-06523)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 ottobre 2014 l'Associazione italiana medici per l'ambiente — Isde (International Society of Doctors for the Environment) di Viterbo ha inviato alla regione Lazio e per opportuna conoscenza alla direzione regionale dell'I.N.P.S., ai direttori generali delle Asl del Lazio e ai presidenti delle commissioni invalidità della regione Lazio, una lettera relativa alla richiesta di azioni e provvedimenti urgenti in favore di soggetti esentati per reddito e richiedenti l'accertamento della condizione di invalidità civile;
   la lettera evidenzia come «i soggetti titolari di esenzione per reddito riconosciuti dalla Regione Lazio debbono comunque pagare per intero visite ed accertamenti diagnostici richiesti dalle Commissioni invalidità al fine di accertare in questi stessi soggetti i requisiti sanitari in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità»;
   riguardo ai soggetti interessati da esenzione per reddito, sul sito della regione Lazio è possibile consultare come siano classificati, a seconda delle caratteristiche, nelle categorie E01, E02, E03 ed E04;
   secondo l'Isde di Viterbo e gli stessi interroganti, appare un controsenso far pagare per intero visite ed accertamenti atte ad accertare l'idoneità dei soggetti richiedenti l'esenzione per reddito;
   la richiesta dell'Isde di Viterbo è finalizzata a ottenere «azioni e provvedimenti urgenti perché i soggetti titolari di esenzione per reddito E01, E02, E03 e E04 non debbano più sostenere il pagamento di accertamenti e visite necessari al riconoscimento della condizione certificazione di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, ponendo così termine ad una palese quanto ostativa difficoltà nella piena attuazione dell'Articolo 32 della Costituzione italiana» –:
   se siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   se vi siano situazioni analoghe in altre regioni d'Italia;
   se si intendano avviare, per quanto di competenza, iniziative urgenti per l'intero territorio nazionale, affinché i soggetti titolari di esenzione per reddito E01, E02, E03 e E04 non debbano più sostenere il pagamento di accertamenti e visite necessari al riconoscimento della condizione di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. (4-06524)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   GREGORI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Pomezia (Roma) ha una quota pari al 98 per cento del Consorzio per l'università di Pomezia società consortile a responsabilità limitata;
   il consorzio per l'Università di Pomezia, fin dal 2004, ha svolto attività di supporto e sostegno agli studenti che frequentavano i corsi universitari prima con l'università degli studi «La Sapienza» di Roma e poi con l'università L.U.M., attraverso la messa a disposizione delle strutture ubicate nel complesso immobiliare denominato «Selva dei Pini», nel comune di Pomezia;
   lo scioglimento della convenzione con l'università degli studi di Roma «La Sapienza» a causa di un contenzioso sorto con il polo universitario e la successiva stipula di una nuova convenzione con l'università L.U.M. ha causato il sorgere di una situazione debitoria del consorzio per università di Pomezia verso L.U.M. pari a circa 800 mila euro;
   tale esposizione debitoria, non sostenibile dal Consorzio, ha reso necessaria l'apertura di una procedura di concordato preventivo e successivamente, nel settembre 2013, di messa in liquidazione dell'intero complesso e il 30 giugno 2014 il licenziamento dei lavoratori a tempo indeterminato, nonostante l'amministrazione universitaria continui ad accettare nuovi iscritti della facoltà di Scienze infermieristiche dell'università La Sapienza, per il prossimo triennio presso il Consorzio;
   la procedura di liquidazione si dimostrerà particolarmente onerosa per le casse dell'ente locale e non è escluso che presenti profili di irregolarità di interesse per la Corte dei conti;
   tale ultima decisione, deliberata dal consiglio comunale della città, sembra all'interrogante illogica e lesiva degli interessi dei creditori e dei lavoratori assunti a tempo indeterminato dal consorzio;
   come ribadito da numerose sentenze in ambito amministrativo, sussiste l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di stabilizzare e tutelare i posti di lavoro delle società miste a partecipazione pubblica –:
   se s'intenda valutare la possibilità di convocare un tavolo di confronto con le autorità regionali e le autorità comunali coinvolte, al fine di elaborare soluzione condivise e congiunte a tutela dei lavoratori in questione e se s'intendano mettere in campo tutte le iniziative necessarie volte a garantire ai lavoratori assunti a tempo indeterminato e ora licenziati un reimpiego presso la pubblica amministrazione.
   (4-06528)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Cenni e altri n. 7-00487, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Civati.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Bini n. 5-03552, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta del 16 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ribaudo e altri n. 5-03705, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta del 2 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tentori.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Sorial e altri n. 3-01105, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta del 21 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarti.

  L'interrogazione a risposta scritta Barbanti e altri n. 4-06514, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta del 21 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rizzetto, Pinna.

  L'interrogazione a risposta scritta Agostinelli e Businarolo n. 4-06519, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta del 21 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ferraresi.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Gallinella n. 1-00490, già pubblicato nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 241 del 9 giugno 2014:

   La Camera,
   premesso che:
    il 14 giugno 2013 il Consiglio europeo ha accordato alla Commissione europea il mandato per negoziare, a nome dell'Unione europea, l'accordo di partenariato economico-finanziario noto come Transatlantic trade and investment Partnership (TTIP) considerato «il più importante accordo di libero scambio del mondo e della storia» che, ad opinione di molti, viene considerato una «Nato economica», per enfatizzare il ruolo egemone degli Stati Uniti nell'organizzazione del Patto atlantico;
    le condizioni per la creazione di una zona di libero scambio vennero poste già nel 2007 con l'istituzione di un Consiglio economico transatlantico, un anno prima dello scoppio della bolla speculativa che ha aperto la strada alla crisi finanziaria e all'attuale depressione economica; ciò, considerato alla luce delle recenti indiscrezioni che vedrebbero la Federal Reserve intenzionata ad avviare una stretta monetaria – i cui effetti provocherebbero un rialzo dei tassi di interesse statunitensi generando un consistente afflusso di dollari dal resto del mondo agli Usa – renderebbe verosimile la possibilità dell'adozione del dollaro come moneta unica europea quale provvidenziale soluzione all'ormai irreversibile crisi dell'euro;
    già da tempo gli Stati Uniti si sono impegnati a migliorare gli accessi per incentivare gli scambi con l'Unione europea che offre un mercato di oltre 500 milioni di persone, con particolare riguardo ai comparti manifatturiero, dell'agricoltura e dei servizi a conferma delle tesi che ritengono il TTIP un accordo disegnato a misura degli interessi dell'economia americana;
    si legge nell’executive order n. 13534 del marzo 2010, firmato dal Presidente americano Barack Obama, che gli Stati Uniti si sono impegnati a migliorare gli accessi per gli scambi oltreoceano relativi alla propria manifattura, agricoltura e servizi ed è pertanto plausibile sostenere che il TTIP sia disegnato a misura degli statunitensi, dove l'Unione europea è puramente subordinata alle loro scelte;
    le trattative per la conclusione del TTIP si svolgono nel più assoluto segreto; anche i documenti elaborati nei vari incontri che si sono susseguiti sono e saranno secretati; infatti, nessuna bozza o schema è uscito dalle trattative sul TTIP tra Stati e multinazionali, mentre le popolazioni e le organizzazioni sociali vengono tenute rigorosamente all'oscuro e fuori da ogni processo decisionale e nel silenzio complice dei grandi media;
    il 4oround del negoziato Ue-Usa si è svolto il 26 marzo 2014, mentre quello successivo è previsto a Washington prima dell'estate. Sul sito dell'Unione europea si legge che lo scopo dell'accordo è quello di «aumentare lo scambio delle merci, eliminando dazi e barriere commerciali», una deregulation insomma, tramite tre obiettivi: accesso ai mercati, allineamento delle regole e norme in materia di commercio per la globalizzazione;
    il Ministero Usa del commercio con l'estero ha proseguito i nuovi negoziati del TTIP ad Arlington, nello Stato della Virginia, nei giorni dal 19 al 23 maggio 2014; nella settimana precedente alle elezioni europee, nell'intento di aumentare il consenso alle trattative a partire da Francia e Germania, all'idea della necessità di ulteriori liberalizzazioni, il Commissario europeo al commercio De Gucht ha aperto per tre settimane una consultazione online sul sito della Commissione europea per acquietare quella parte dell'opinione pubblica che lo accusa di scarsa trasparenza nel negoziato e ha iniziato una marcia forzata di incontri con imprese e istituzioni competenti;
    il timore per il nostro Paese è più che lecito, poiché basta chiedere ai piccoli imprenditori e agricoltori, che sono la maggior parte in Italia, se l'attuale globalizzazione li ha favoriti; infatti, saranno coinvolti i prodotti agroalimentari e industriali, il mercato dei servizi come il trasporto e la liberalizzazione degli investimenti privati, che coinvolgeranno anche gli appalti pubblici, sicurezza ambientale e alimentare, dei farmaci, dei diritti di proprietà intellettuale;
    il Ministero dello sviluppo economico ha commissionato nel 2013 a Prometeia spa una prima valutazione d'impatto per l'Italia, da cui si evince che i primi benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero nell'arco di tre anni dall'entrata in vigore dell'accordo, immaginando il 2018 quale data più vicina, con un aumento del prodotto interno lordo dello 0,5 per cento nel migliore dei casi; secondo l'Ice solo le prime 10 imprese italiane, su 210 mila, monopolizzano oltre il 70 per cento dell’export italiano, quindi alle piccole imprese, se non già inserite nelle filiere globali, il trattato non risulta dare vantaggi, piuttosto potrebbero non sopravvivere allo shock, mentre le grandi imprese, che già sono ben inserite nel mercato globale, esportando grazie molto spesso alle esternalizzazioni di parti dell'impresa fuori dal territorio italiano, non risultano necessitare del trattato;
    erroneamente si ritiene che per l'Italia l'interesse strategico assoluto sia la riduzione massima delle barriere commerciali, quali i dazi, al fine di avere più aperture di mercato possibili, come se l'apertura dei mercati fosse la panacea per risolvere una situazione di crisi creata dallo stesso sistema economico neoliberista, che promuove, ad esempio, la gestione privatistica di beni e servizi essenziali i cui risultati fallimentari sono ben visibili, essendo l'interesse privatistico unicamente il raggiungimento dell'utile a fine anno e non la fornitura del bene o servizio a fini sociali; l'aumento del prodotto interno lordo può tradursi, a questo punto, nella distruzione di interi settori produttivi italiani, quali la manifattura e la piccola e media trasformazione, i presidi dop e igp;
    sulla natura di tale accordo viene affermato, tra l'altro, che potrebbe far aumentare l'economia europea di 120 miliardi di euro, considerazione frutto di studio che è stato commissionato da un ente, il Center for economic policy research (Cepr) di Londra che, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, non sembra risultare del tutto indipendente;
    sul sito dell’Economic and social research Council, si legge che il Center for economic policy research è finanziato dalla Banca d'Inghilterra, dalla Fondazione Rockfeller, dalla Banca del Canada e di Israele, dalla Banca centrale europea, dall’Alpha Bank, dalla Barclais, dal Citigroup, dal Crédit Suisse, dall’Intesa San Paolo, dal gruppo Santander, da JP Morgan e altre banche e con i fondi del MES. Il Center for economic policy research è presieduto da Guillermo De La Dehesa, membro del «gruppo dei trenta» del comitato esecutivo del Banco Santander e consulente internazionale di Goldman Sachs. Alcuni ricercatori del Center for economic policy research risulta che lavorino per la Rockfeller foundation e la Banca mondiale. Il capo progetti del dossier del TTIP elaborato dal Center for economic policy research è Jospeh François economista di Linz (Austria) con cittadinanza statunitense e ha lavorato per l’International trade commission degli Stati Uniti, occupandosi degli accordi Nafta, Gatt E Wto;
    è logico considerare che il TTIP sia lontano dall'essere un progetto neutrale, la zona euro-americana di libero scambio legherebbe in maniera definitiva le sorti dell'Europa e dell'euro a quelle degli Stati Uniti e del dollaro, limitando la residua autonomia di un'Unione europea sempre meno integrata al suo interno e rischia di sfociare in un'annessione totale dell'Europa ai dettami finanziari e commerciali di Washington;
    il paventato rialzo dei tassi di interesse americani non sarebbe senza implicazioni per la politica monetaria nell'eurozona e imporrebbe alla Banca centrale europea di scegliere se svalutare l'euro o elevare il saggio di sconto, spingendo verso la bancarotta alcuni degli Stati periferici come l'Italia;
    sul piano strettamente economico giova rilevare che mentre il mercato unico, quantomeno nelle intenzioni, ha l'obiettivo di creare un'omogeneità di regolamentazione senza precedenti, volta ad assicurare ai cittadini europei uguali condizioni di partenza per l'esercizio dell'attività imprenditoriale, quello statunitense è frutto di anni di deregulation e i nostri operatori economici si troveranno a competere con concorrenti americani in un quadro caratterizzato dalla compresenza di assetti legislativi differenti, poiché difficilmente i negoziatori europei riusciranno a persuadere i colleghi d'oltreoceano sulla bontà delle pesanti normative in vigore nell'Unione europea. Inoltre, le regole e gli standard europei in termini di tutela della salute e delle condizioni di lavoro, come è noto più restrittivi in Europa rispetto agli Stati Uniti, riescono a tenere lontani dai nostri mercati alcuni prodotti non sicuri o tossici (cibi geneticamente modificati e trattati con nanoparticelle di vetro per aumentarne la croccantezza, residui di pesticidi nel cibo, ftalati nei giocattoli, carne agli ormoni, solo per fare qualche esempio), ma la preoccupazione di una concessione alle multinazionali di porsi al di sopra dei bisogni delle persone e di sfruttare in maniera incontrollata risorse naturali fondamentali come l'acqua, il suolo, i minerali rimane forte;
    l'Unione europea, attraverso il TTIP, potrebbe imporre con maggiore facilità le politiche di austerità e di smantellamento delle politiche sociali, inizialmente introdotte in modo forzoso a causa della crisi del debito pubblico, fino alla completa privatizzazione anche dei servizi essenziali alla persona;
    in particolare, relativamente al comparto agricolo, per il quale i fautori dell'accordo vantano benefici a doppio senso, in considerazione delle enormi barriere tariffarie esistenti, le preoccupazioni maggiori riguardano le importazioni di organismi geneticamente modificati, posto che gli Usa cercano sbocchi per grano e soia, e, in assenza di opportune salvaguardie, il rischio di chiusura di molte piccole aziende, in quanto la frammentazione della proprietà agraria che caratterizza il continente europeo comporta un'impari competizione con i grandi farmer statunitensi;
    si rileva l'esautorazione dei tribunali nazionali in caso di dispute legali, in quanto l'accordo prevede, infatti, l'inclusione dell’Investor State dispute settlement (ISDS), uno strumento che consentirebbe a un soggetto privato di denunciare un Governo per i mancati profitti derivanti da politiche sociali; per fare un esempio, accordi simili hanno fatto sì che la Philip Morris stia chiedendo il risarcimento ai Governi uruguaiano e australiano per le politiche di restrizione del fumo a tutela della salute; ciò, unitamente all'esautorazione dei tribunali nazionali nella risoluzione di dispute legali che verranno risolte da un organismo terzo, come già avviene con i panel dell'Organizzazione mondiale del commercio, metterebbe a rischio la tutela ambientale e sociale garantita dalla legislazione europea, di gran lunga più garantista per i cittadini di quanto non lo sia quella statunitense;
    è assolutamente necessario, dunque, sviluppare la dovuta informazione sul significato di tale tipo di scenario per la società, l'ambiente e la democrazia; a questo proposito, infatti, va evidenziato che sul sito della Commissione europea è disponibile il questionario per la consultazione informale sul TTIP, ma nessuna campagna informativa è stata promossa dai Ministeri competenti per i cittadini e le associazioni interessate; tutto questo mentre la legge n. 234 del 2012, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa delle politiche dell'Unione europea», prevede che il Governo debba obbligatoriamente rendere conto di tutte le riunioni e delle iniziative che avvengono nell'ambito dell'istituzione dell'Unione europea, compresi i negoziati per i trattati,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente al Parlamento in merito agli sviluppi delle trattative e, nell'ottica di una più ampia partecipazione democratica, a valutare l'opportunità di indire un referendum di indirizzo;
   ad intervenire presso le competenti sedi comunitarie affinché:
    a) si rivedano i termini dell'accordo al fine di escludere qualsiasi intesa che di fatto limiti la portata delle leggi della Repubblica italiana e, in particolare, si riconsideri il meccanismo di composizione delle controversie tra investitori e Stati, escludendo la previsione di un organismo terzo rispetto ai tribunali tradizionali;
    b) il partenariato si articoli su assetti legislativi quanto più omogenei e preveda forti tutele per l'agricoltura comunitaria;
    c) siano esclusi dall'ambito dell'accordo i beni fondamentali, quali la gestione del servizio idrico integrato e i servizi pubblici locali, le materie di carattere sanitario, fitosanitario e di conservazione ambientale, al fine di mantenere l'attuale sistema di tutela dei diritti sociali e del lavoro, nonché la preservazione dei beni comuni, quali acqua e terra/cibo, e le garanzie di accesso ai servizi essenziali;
    d) si svolgano adeguate consultazioni pubbliche attraverso l'attivazione di tavoli di lavoro partecipati volti a informare e coinvolgere i cittadini, le associazioni e la società civile in merito alle ragioni e agli effetti di un tale accordo e alle conseguenze che esso avrebbe sui rapporti politici e diplomatici con gli altri partner commerciali, quali i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica);
    e) si introducano adeguati meccanismi di salvaguardia degli interessi produttivi degli Stati membri, in particolare di quelli dell'area mediterranea, qualora la Banca centrale europea decidesse di innalzare i tassi di interesse dell'eurozona, posto che il mantenimento di un obiettivo di cambio con il dollaro in rivalutazione genererebbe insormontabili difficoltà per le finanze pubbliche nazionali;
   a richiedere, a norma dell'articolo 218 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una volta concluso l'accordo, il parere della Corte di giustizia dell'Unione europea circa la compatibilità delle disposizioni in esso contenute con quanto disposto dai Trattati, con particolare riferimento al meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato.
(1-00490)
(Nuova formulazione) «Gallinella, Daga, Sibilia, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Parentela n. 7-00488, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta n. 307 del 10 ottobre 2014.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il 22 dicembre scorso, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2014 Anno Internazionale dell'Agricoltura Familiare (IYFF). Per la prima volta nella storia, un anno internazionale è stato promosso dalla Società Civile; la campagna in favore dell'IYFF ha avuto inizio nel 2008 e ha potuto contare, da sempre, sull'appoggio di oltre 350 organizzazioni provenienti da oltre 60 Paesi;
    la diversità di agroecosistemi e condizioni socio-economiche tipiche delle aree rurali, che nel tempo hanno favorito la creazione di una pluralità di sistemi agricoli e modelli produttivi, evidenziano l'esigenza di favorire lo sviluppo di una agricoltura di territorio, o prossimità, multifunzionale contadina;
    il panorama dei soggetti e delle pratiche che ruotano intorno al mondo agricolo è estremamente vario e ricomprende imprese totalmente inserite nel mercato agroindustriale, aziende di ridotta dimensione economica e fisica che producono con alta intensità di lavoro e bassa capitalizzazione e piccole aziende con limitata vendita diretta che operano prevalentemente nei territori di appartenenza;
    alle suddette realtà vanno poi aggiunte le auto-produzioni derivanti delle innumerevoli pratiche di agricoltura informale che forniscono prodotti per l'autoconsumo e lo scambio non monetario il cui valore è a tutt'oggi non stimato e che tuttavia rappresentano strutture economiche preziose per l'agricoltura e gli ambiti rurali in quanto praticano diversificazione culturale, tecniche agronomiche conservative e di basso o nessun impatto ambientale come la permacultura, la riproduzione e la conservazione delle sementi e delle razze autoctone, il controllo dei saperi e delle tradizioni e il radicamento locale e organizzano mercati di prossimità di dimensioni limitate e in contesti familiari o di comunità;
    questa pluralità di realtà agricole familiari, locali e contadine, in un contesto economico che privilegia il modello unico della impresa agricola di mercato a carattere industriale, rischia di scomparire se non se ne riconosce, anche a livello normativo, la peculiarità dei suoi caratteri e le sue radici storiche anche in considerazione del rispetto del diritto, universalmente riconosciuto, alla sovranità alimentare di ogni popolo attraverso la gestione autonoma delle risorse del suo territorio;
    al fine di promuovere ed incentivare il ricambio generazionale delle agricolture familiari contadine sarebbe inoltre opportuno prevedere adeguate agevolazioni fiscali e semplificazioni burocratiche,

impegna il Governo:

   a valorizzare e a tutelare le agricolture contadine, al fine di promuovere e sostenere modelli socio economici basati su strutture prevalentemente familiari e pratiche agronomiche conservative e a basso, o assente, impatto ambientale. In particolare, a:
    riconoscere come agricoltori contadini quei soggetti che conducono direttamente, anche in forma associata, i fondi, di loro proprietà o presi in locazione, che praticano modelli agro economici conservativi e sostenibili volti alla tutela della biodiversità animale e vegetale, e producono prevalentemente beni destinati all'autoconsumo, ovvero rivolti alla vendita diretta presso le strutture e le abitazioni private e in mercati locali;
    consentire agli agricoltori contadini la trasformazione delle materie prime di esclusiva produzione propria presso le strutture e le abitazioni private previo rilascio dell'autorizzazione sanitaria ai sensi della normativa vigente;
    valutare la possibilità di accordare agli agricoltori contadini ogni ulteriore agevolazione fiscale, oltre il regime speciale di cui all'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in considerazione della preziosa attività di tutela e valorizzazione dei territori rurali che essi svolgono, nonché del contributo apportato alla conservazione delle sementi e delle razze autoctone, al controllo dei saperi e delle tradizioni e al radicamento delle comunità rurali locali.
(7-00488)
«Parentela, Massimiliano Bernini, Benedetti, Gallinella, Lupo, L'Abbate, Gagnarli».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione risposta in Commissione Piras n. 5-02608 del 10 aprile 2014;
   interpellanza Prataviera n. 2-00718 del 17 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Schullian n. 5-03818 del 17 ottobre 2014.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

  Interrogazione a risposta scritta Attaguile e Fedriga n. 4-06143, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta del 25 settembre 2014: è stata ritirata la firma del deputato Fedriga.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ATTAGUILE e FEDRIGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   negli anni 2000 il ponte sullo Stretto di Messina è stato compreso nel programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui all'articolo 1, della legge n. 443 del 2001 quale parte del corridoio paneuropeo n. 5 Helsinki-La Valletta;
   il corridoio paneuropeo n. 5 Helsinki-La Valletta è l'asse nord sud fondamentale per la comunicazione delle aree periferiche del mare Mediterraneo con il Nord Europa che fa parte della rete transeuropea dei trasporti TEN.T e il cui sviluppo è stato recentemente riconfermato con regolamento della Commissione trasporti del Parlamento europeo ampliando il percorso del corridoio paneuropeo n. 1 Berlino-Palermo a meridione e includendo anche collegamenti come le autostrade del mare tra la Sicilia e Malta;
   il ponte sullo Stretto realizzerebbe il collegamento stabile con la Sicilia – la più grande e popolosa isola del Mediterraneo;
   le ricadute socio-economiche della realizzazione del ponte sarebbero immense e assolutamente necessarie non solo per il Meridione ma per il Paese tutto che sarebbe direttamente ed indirettamente coinvolto nell'operazione (basti pensare alle acciaierie del Nord);
   l'infrastruttura, già dalla fase di costruzione, darebbe grande impulso all'occupazione stimata intorno alle 40 mila unità, alle attività economiche, agli scambi commerciali, all'integrazione oltre che al potenziamento della rete infrastrutturale esistente;
   l'avvio concreto del progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina risale agli anni 2002-2003;
   il soggetto concessionario è la società Stretto di Messina, che è una società a totale capitale pubblico i cui azionisti sono per la massima parte (oltre l'80 per cento) l'ANAS, La Rete ferroviaria italiana SpA (RFI) e le regioni Sicilia e Calabria;
   a partire dall'aprile 2004 sono state espletate quattro gare internazionali a cui hanno partecipato oltre sessanta aziende e il contraente generale che si è aggiudicato l'appalto è stato Eurolink, un'associazione temporanea di imprese (ATI), formata dalla capogruppo mandataria Impregilo spa e da una serie di imprese italiane ed estere che hanno firmato il contratto nel marzo 2006;
   il Governo Monti, nel 2012, ha previsto la stipula di un apposito atto aggiuntivo al contratto vigente tra la società Stretto di Messina spa e il contraente generale, la cui mancanza entro il termine stabilito del 1° marzo 2013, ha sancito la decadenza di tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonché delle convenzioni e di ogni altro rapporto contrattuale in essere;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il 15 aprile 2013, Stretto di Messina spa viene posta in liquidazione con la nomina di un commissario liquidatore;
   fino ad oggi sono stati già spesi per la realizzazione del ponte e il mantenimento della società Stretto di Messina spa circa 383 milioni di euro su un costo totale dell'opera stimato intorno ai 6,5 miliardi di euro di cui solo 1,5 miliardi di euro verrebbero dal contributo pubblico e i restanti 5 miliardi da investimenti privati;
   la mancata realizzazione del ponte porterebbe al pagamento di penali stimate fino a 700 milioni di euro e la somma totale delle risorse spese e della penale supererebbe il miliardo di euro;
   la mancata realizzazione del ponte sullo Stretto come stabilito dall'articolo 34-decies del decreto-legge n. 179 del 2012, comporterebbe quindi una perdita per lo Stato del valore economico pari a quello dell'infrastruttura realizzata se si considera il costo del contenzioso amministrativo che si è instaurato con il commissario liquidatore della società Stretto di Messina spa che si prolungherà nel tempo a discapito delle casse dello Stato e a tutto vantaggio economico del commissario liquidatore;
   la rinuncia alla realizzazione del progetto favorisce la società Impregilo SpA e le imprese dell'ATI che si è aggiudicata la gara d'appalto, poiché guadagnano senza dover realizzare l'opera grazie al versamento delle penali;
   a questo computo va aggiunto l'enorme danno economico che la mancata realizzazione dell'opera comporterebbe per l'Italia e in particolare per il meridione e la ricaduta negativa sulle casse dello Stato poiché l'opera realizzata costerebbe quanto la non realizzazione dell'infrastruttura con l'inaccettabile perdita di una formidabile opportunità di sviluppo per il meridione d'Italia;
   nel corso dell'approvazione dell'ultima legge di stabilità il Governo ha accolto un ordine del giorno a firma del primo firmatario della presente interpellanza in cui si è impegnato ad introdurre le modifiche normative per realizzare la continuità territoriale prevista dal Corridoio 5, Helsinki-La Valletta della rete transeuropea dei trasporti;
   il primo firmatario della presente interpellanza ha presentato una proposta per la costituzione di una Commissione di inchiesta che indaghi a fondo le ragioni per cui il Governo Monti ha inteso sospendere i contratti in essere per la realizzazione dell'infrastruttura ponendo in liquidazione la Società Stretto di Messina spa;
   come il primo firmatario della presente interpellanza ha rilevato nel corso dell'intervento sulla fiducia all'attuale Governo, manca tra le sue priorità un'azione decisa per il rilancio dell'economia nelle aree sottoutilizzate del nostro Paese per le quali la costruzione del Ponte rappresenterebbe un enorme impulso –:
   quali siano le reali intenzioni del Governo rispetto alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
   quali siano le determinazioni dell'attuale Governo al fine di garantire la continuità territoriale della Sicilia con il continente, continuità territoriale intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti e che si inserisca nel quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea;
   quali siano le ragioni individuate dall'attuale Governo per rinunciare ad un'opera che si presenta come strategica – in ottica nazionale ed europea – dal punto di vista infrastrutturale e come un'eccezionale opportunità di crescita economica e occupazionale con uno spreco di risorse statali pari a quelle che sarebbe necessario investire per la sua realizzazione.
(4-06143)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La realizzazione del ponte sullo stretto di Messina ha da sempre rappresentato per il nostro Paese una sfida di innovazione ingegneristica e, al tempo stesso, di coesione economica e territoriale. Ridurlo ad un problema di mancato pagamento degli oneri derivanti da un contenzioso non è degno di un Paese come l'Italia.
  In primo luogo le motivazioni di questa opera risalgono alla scelta operata a suo tempo e ancora oggi attuale di connettere due aree metropolitane del Mezzogiorno, di risanare l'assetto urbanistico della città di Messina e del litorale reggino, di razionalizzare l'offerta di servizi metropolitani ferroviari del vasto hinterland di Messina e di quello di Reggio Calabria nonché l'intera offerta ferroviaria sui due versanti.
  Si ricorda che – per quanto riguarda il versante siciliano – anche recentissimamente il decreto-legge «Sblocca Italia» riconferma una scelta di forte impegno del Governo: quest'opera godrà, infatti, delle attività di un commissario delegato con poteri speciali per la sua realizzazione.
  Si ricorda, inoltre, che – benché il ponte sullo stretto di Messina si collochi lungo la direttrice tirrenica nord sud che da sempre rappresenta la massima densità della popolazione italiana residente – la realizzazione di quest'opera avrebbe l'effetto di aumentare la coesione economica, di rendere stabile l'accessibilità interna dei territori del Mezzogiorno, di dare piena attuazione ad altri investimenti di direzione ovest est, a partire dalla Napoli-Bari fino alla realizzazione della strada statale Jonica e del suo innesto con la nuova Salerno Reggio Calabria sul versante calabrese (tutte opere strategiche in corso di realizzazione).
  Quando si parla di coesione sociale occorre considerare a fondo tutte le implicazioni di tale espressione: la spinta che la realizzazione del ponte sullo stretto può contribuire – anche in termini di inclusione sociale – a creare quell'anello mancante della percorribilità ad alta velocità e frequenza dei collegamenti interni ai territori della Sicilia e della Calabria che dovrebbe rappresentare la vera motivazione a riflettere sugli scenari futuri del Paese senza l'assillo dei vincoli finanziari ma con obiettivi finalmente economici.
  Quale Paese vogliamo da qui ai prossimi venti anni ? A questa domanda la realizzazione del ponte sullo stretto offre una risposta perché si identifica, senza troppe ideologie, come una invariante infrastrutturale per lo sviluppo duraturo del Mezzogiorno, un'occasione unica per l'emersione dal sottosviluppo urbano del sud.
  Ma oggi non si può riparlare del Ponte senza valutare attentamente la dimensione transnazionale di quest'opera e il suo ruolo nella prospettiva dei grandi corridoi europei e, soprattutto, il suo valore strategico nella proiezione del continente europeo – e dell'Italia – verso l'intero bacino Mediterraneo e la sponda nord del continente africano: aree geografiche che saranno protagoniste del futuro.
  Nell'area del Mediterraneo sono in campo ipotesi molto ambiziose (come il progetto Ferrmed che mira a convogliare il grande traffico merci verso la Spagna attraverso un apposito corridoio ferroviario a 4 binari) che minacciano di marginalizzare completamente non solo il Mezzogiorno, ma l'Italia intera.
  Sono questi i motivi per i quali l'idea del ponte sullo stretto di Messina non può, su un piano strategico e trasportistico, ritenersi archiviata. Il progetto tecnico, invece, potrebbe essere rivisitato per superare quel deficit di sostenibilità finanziaria che ha contribuito a rafforzare le posizioni ideologicamente contrarie.
  Ovviamente ci sono le leggi, approvate dal Parlamento e ricordate dall'interrogante, nonché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'aprile 2013 che ha posto in liquidazione la società stretto di Messina. A queste leggi dobbiamo tutti attenerci.
  Per innovare sotto questo aspetto manca – ancora – una componente essenziale affinché un'opera come questa possa entrare a pieno titolo nell'agenda di Governo: una condivisione, convinta e diffusa, a tutti i livelli istituzionali. Questa componente appare tanto più necessaria in una fase così delicata della vita del Paese e così condizionata dalle emergenze della finanza pubblica.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, il Vicepresidente del Consiglio dei ministri Angelino Alfano ha dichiarato che, per far fronte alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica in vista di Expo 2015, il blocco del turn over nella polizia di Stato avrebbe subito una deroga del 55 per cento;
   è opportuno far presente che, per le esigenze citate dal Ministro, le unità da assumere dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre aprile 2014;
   ciò significa che non sussistono i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale (che terminerebbe a fine 2014 e renderebbe operativi i nuovi agenti verso il mese di dicembre 2015);
   a giudizio dell'interrogante, pertanto, bisognerebbe effettuare una rettifica della graduatoria finale ed ampliamento, in prima aliquota, di 674 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica ed agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione titoli del concorso per 964 allievi agenti della polizia di Stato;
   l'ampliamento andrebbe così predisposto: prima aliquota dal n. 1 al n. 1437, seconda aliquota dal n. 1438 al n. 1597. Questa soluzione garantirebbe la copertura della quota di vincitori in seconda aliquota (incorporazione prevista per giugno 2014);
   è di pochi giorni fa la notizia che l'Arma dei carabinieri, mediante decreto dirigenziale ha avviato una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1886 allievi carabinieri. Nella fattispecie, non solo sono stati assunti i vincitori, ma anche 48 idonei non vincitori, ovvero tutti i restanti idonei presenti in graduatoria e pertanto la stessa è stata esaurita. La quota dei vincitori in seconda aliquota (VFP4 interforze) per questo concorso è stata eliminata a dimostrazione che la presenza delle due aliquote nelle graduatorie è un problema superabile;
   il decreto dirigenziale dell'Arma riporta: «Ravvisata l'esigenza di disporre, con immediatezza, di XXX Allievi Carabinieri, senza dover attendere i tempi tecnici richiesti per portare a termine una nuova procedura di reclutamento mediante il bando di un concorso pubblico. Tenuto conto dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa e della necessità di contenere i costi gravanti sull'amministrazione per la gestione delle procedure di reclutamento»;
   in conclusione, affinché si possano ridurre i costi gravanti sull'amministrazione (Ministero dell'interno) ed allo stesso tempo garantire le esigenze di quest'ultima, l'operazione più logica, a giudizio dell'interrogante, rimane quella suggerita ovvero di assumere immediatamente le restanti 674 unità (160 vincitori in seconda aliquota più 512 idonei non vincitori) dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso di allievi agenti della polizia di Stato, ricordando per l'ennesima volta che, la recentissima idoneità conseguita, permetterebbe l'immediata assunzione degli interessati evitando la necessità di effettuare anche le visite mediche di controllo per il mantenimento dell'idoneità psico-fisica, come invece è stato fatto per il concorso dell'Arma dei carabinieri sopra citato;
   in subordine, occorre rinnovare la validità della graduatoria per almeno i prossimi tre anni e provvedere allo scorrimento della stessa a copertura dei fabbisogni di personale –:
   quali provvedimenti intenda adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-03379)

  Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in esame si chiede al Governo di procedere all'assunzione degli idonei dell'ultimo concorso per 964 allievi agenti della polizia di stato, al fine di consentire l'impiego di nuove forze dell'ordine in occasione dell'Expo 2015 di Milano, che richiederà un forte impegno da parte delle forze di polizia.
  Il tema evidenziato è da tempo all'attenzione dell'amministrazione dell'interno, a cui sono ben note le aspirazioni degli idonei.
  Prima del recentissimo intervento del Parlamento, non è stato possibile venire incontro alle aspettative degli interessati, per i limiti posti dal codice dell'ordinamento militare. In base a tali disposizioni, infatti, i posti da mettere a concorso per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di polizia sono determinati attraverso un meccanismo assunzionale del tutto peculiare, modellato sulle specifiche esigenze della difesa e correlato alla necessità di garantire, con cadenza periodica predeterminata, un sufficiente numero di volontari.
  Tra le altre criticità vi era quella di salvaguardare i diritti dei vincitori appartenenti alla cosiddetta seconda aliquota e in ferma quadriennale, per i quali sussisteva l'obiettivo pericolo di uno scavalcamento da parte degli idonei, con elevati rischi di contenzioso.
  È stato anche rilevato come l'assunzione degli idonei dei concorsi già espletati avrebbe comportato l'incorporamento di personale con una maggiore anzianità anagrafica, con ulteriori ripercussioni negative sul problema dell'innalzamento dell'età media del personale delle forze di polizia.
  In presenza di tali vincoli il Parlamento, in sede di recentissima conversione del decreto-legge n. 90, ha risolto il problema realizzando un equilibrato bilanciamento dei vari interessi in gioco.
  Intanto perché l'autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie in favore degli idonei, ivi contenuta, riguarda i soli concorsi di accesso alle forze di polizia indetti nel 2013 e, quindi, per quanto concerne la polizia di Stato, esclusivamente il concorso a 964 posti, con un impatto contenuto sul sistema di reclutamento.
  Inoltre, il ricorso allo scorrimento trova la sua motivazione nelle maggiori esigenze connesse alla sicurezza di Expo 2015, rendendo evidente il suo carattere di misura del tutto straordinaria.
  In attuazione del predetto decreto-legge tutti i 502 idonei del concorso a 964 posti sono stati già dichiarati vincitori con decreto del capo della polizia del 25 agosto 2014 e sono stati convocati per la frequenza del relativo corso di formazione, che è iniziato il 16 settembre 2014, presso le scuole allievi agenti di Alessandria e Brescia. Ai 502 allievi se ne aggiungeranno altri 6, provenienti da altri concorsi, per effetto di pronunce cautelari e definitive.
  Nei prossimi mesi, inoltre, sarà inviato alla ferma quadriennale nelle forze armate, come previsto dalla normativa vigente, il contingente di 160 unità, cioè le cosiddette seconde aliquote del predetto corso.
  Peraltro, la polizia di Stato immetterà a breve ulteriori 407 unità provenienti dalla seconda aliquota di vincitori del concorso bandito nel 2008, che si andranno ad aggiungere alle 923 unità che stanno completando il corso di formazione collegato al concorso del 2013.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   poco più di un mese fa il Ministro dell'interno, onorevole Angelino Alfano, intervenendo durante la cerimonia per la firma del protocollo «Milano Expo 2015 – Mafia free», annunciava di aver ottenuto un segnale importante sulle nuove assunzioni delle forze dell'ordine in vista dell'Esposizione Universale, con una deroga sul turnover del 55 per cento;
   in particolare, il Ministro si impegnava pubblicamente a potenziare per il 2015 la presenza delle forze dell'ordine con uno stanziamento di 88 milioni, poiché, a suo dire, «la prevenzione e il contrasto sono un binomio vincente»;
   l'Expo 2015 avrebbe potuto rappresentare una importante occasione per i tanti giovani che desiderano servire il nostro Paese, nulla ostando alla creazione dei presupposti procedurali e amministrativi per assumere i 512 idonei non vincitori e i vincitori di concorso pubblico appartenenti alle seconde aliquote, ancora in attesa di essere arruolati;
   con atto di sindacato ispettivo n. 5-02315 lo scrivente interrogava, pertanto, il Ministro per conoscere se lo stesso intendeva dare seguito alle dichiarazioni pubbliche, procedendo allo scorrimento delle graduatorie in essere in occasione della fiera universale Expo 2015;
   il 13 marzo, però, il sottosegretario Bocci, intervenendo in I Commissione affari costituzionali quale delegato a rispondere, in contrasto con quanto dichiarato solo pochi mesi prima dal capo del suo dicastero, sosteneva che i 927 allievi agenti dell'ultimo concorso del 2013 e i circa 160 appartenenti alla cosiddetta «seconda aliquota» non possono essere inquadrati nella polizia di Stato prima del previsto, «per non creare uno scompenso nell'apparato della difesa e per impedire effetti iniqui nei confronti dei vincitori della seconda aliquota dei precedenti concorsi, già in servizio nelle Forze armate per la ferma quadriennale»;
   in particolare, proseguiva Bocci, «per quel che concerne gli idonei non vincitori fuori graduatoria, non trova possibilità d'applicazione l'istituto dello scorrimento, seppur previsto da norme generali, per le 512 unità risultanti dall'ultimo concorso, perché con la loro immissione immediata nei ruoli della Polizia di Stato essi scavalcherebbero i volontari in ferma prefissata quadriennale»;
   le affermazioni del sottosegretario Bocci non corrispondono secondo l'interrogante alla realtà posto che i citati 927 allievi agenti e i circa 160 appartenenti alla cosiddetta «seconda aliquota» sono, in realtà, dei civili, non avendo ancora firmato alcuna presa in carico e, pertanto, infondati risultano i timori avanzati dal Governo di generare effetti iniqui nei confronti dei vincitori dei concorsi precedenti;
   quanto ai 512 idonei non vincitori, poi, la proposta avanzata nell'atto di sindacato ispettivo non era quella di assumere tutti, ma semplicemente di assumere le 160 unità in seconda aliquota a partire dalla posizione 512 alla 672 e di far passare in prima aliquota i 160 vincitori in seconda aliquota, unitamente alla restante parte di 352 idonei non vincitori;
   dal punto di vista procedurale occorrerebbe, mediante decreto, effettuare una rettifica della graduatoria finale e un ampliamento, in prima aliquota, di 672 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica e agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale;
   questa soluzione garantirebbe così la copertura della quota di vincitori in seconda aliquota, così come previsto dall'articolo 2199 del decreto legislativo n. 66 del 2010 e successive modificazioni;
   contrariamente a quanto sostenuto dal Sottosegretario, non si realizzerebbe nessuno scavalcamento e nemmeno un vero e proprio scorrimento, ma un ampliamento dei posti messi a concorso e una ripartizione delle due aliquote in condizione di totale rispetto delle norme giuridiche;
   la stessa Arma dei Carabinieri, mediante decreto dirigenziale, ha bandito quest'anno una nuova procedura di arruolamento per 1886 Allievi Carabinieri mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012, procedendo così non solo all'assunzione dei giovani vincitori, vittime delle manovre di «spending review», ma anche dei 48 idonei non vincitori e di tutti i restanti idonei presenti in graduatoria, fino ad esaurimento della stessa;
   la quota dei vincitori in seconda aliquota per questo concorso, inoltre, è stata eliminata, a dimostrazione che le due aliquote nelle graduatorie sono un problema superabile e che il divieto di scorrimento non può trovare giustificazione nel rispetto dell'articolo 2199 del decreto legislativo n. 66 del 2010;
   dal punto di vista giuridico, infine, eventuali terzi interessati (ad esempio, precedenti idonei non vincitori o VFP4 interforze in servizio) non potrebbero ricorrere ai tribunali amministrativi in quanto, come detto, non verrebbe violato il citato articolo 2199;
   in merito all'interpretazione e all'ambito di applicabilità del principio di scorrimento delle graduatorie, il sottosegretario Bocci ha poi citato la sentenza n. 14 del 20 luglio 2011 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, secondo cui la regola generale dello scorrimento «non è comunque assoluta e incondizionata», essendo individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento mediante concorsi «risulta pienamente giustificabile», come nel caso, appunto, «in cui speciali disposizioni legislative impongono una precisa cadenza periodica del concorso collegata anche a peculiari meccanismi di progressione nelle carriere, tipiche di determinati settori del personale pubblico», quale è appunto da considerare l'ordinamento speciale della Polizia di Stato;
   pur condividendo nel merito la pronuncia dei giudici del Consiglio di Stato, rimane interessante conoscere le motivazioni che giustificano l'indizione di un nuovo concorso, come quello appena bandito per 650 allievi agenti della polizia di Stato, anziché procedere allo scorrimento delle precedenti graduatorie o all'ampliamento dell'ultima graduatoria;
   nonostante speciali disposizioni legislative impongano concorsi a cadenza annuale, dal 2004 ad oggi i concorsi banditi sono stati soltanto 5, quindi la metà di quelli previsti per legge;
   sempre per legge, inoltre, dovrebbero essere previste le doppie aliquote, mentre così non è stato nel testo dell'ultimo bando, secondo cui tutti i vincitori saranno assunti direttamente dalla polizia di Stato;
   a ciò si aggiungano le considerazioni in merito alle peculiari circostanze che si sono venute a creare negli ultimi 2 anni, come l'imminenza della fiera Expo, la grave emergenza Terra dei Fuochi o l'approvazione della legge n. 125 del 2013 che ha previsto il blocco dei concorsi fino ad esaurimento delle graduatorie vigenti dal 2008 ad oggi;
   risulta evidente, pertanto, come per l'emergenza Terra dei Fuochi, così come per l'Expo 2015, si sia reso necessario un incremento delle Forze dell'ordine sui territori interessati senza pregiudicare il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese;
   inoltre, le unità da assumere, per essere effettivamente disponibili entro la data d'inizio dell'Expo 2015, dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre il mese di aprile e ciò significa che non sussistono i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale di reclutamento;
   affinché si possano ridurre i costi gravanti sull'amministrazione e allo stesso tempo garantire le esigenze di quest'ultima, l'operazione più logica da effettuarsi resta quella, rimarcata in diverse occasioni, di assumere immediatamente le restanti 672 unità dichiarate idonee all'ultimo concorso per allievi agenti della polizia di Stato, sposando in pieno i princìpi di economicità ed efficienza dell'azione amministrativa;
   una seconda ipotesi potrebbe essere quella di destinare 512 delle 650 unità previste dal nuovo bando di concorso per allievi agenti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 14 marzo 2014, ai citati idonei: se c’è la copertura finanziaria per effettuare una nuova procedura concorsuale da 650 unità, a maggior ragione ci sono i soldi per assumere direttamente 512 unità, con un sicuro risparmio di tempo e denaro;
   si è persa l'ennesima occasione per dare una risposta seria e concreta ai tanti giovani precari delle Forze dell'ordine, illusi dalle dichiarazioni pubbliche rese solo qualche mese fa dal Ministro dell'interno;
   l'Expo 2015 avrebbe potuto rappresentare un'opportunità importante per tanti ragazzi e un segnale di forte presenza dello Stato, senza la necessità di ulteriori costose procedure, con un risparmio di diversi milioni di euro e, invece, siamo di fronte all'ennesima mortificazione nei confronti di tutti coloro che desiderano servire l'Italia e continuano, ormai da troppo tempo, a vivere in una condizione di profonda incertezza –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda, mediante decreto, dare seguito alle dichiarazioni pubbliche rese procedendo allo scorrimento delle graduatorie in essere in occasione della fiera universale Expo 2015, garantendo così un risparmio per le risorse pubbliche e una maggior efficienza dei servizi delle forze dell'ordine e di pubblica sicurezza. (4-04351)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede al Governo di procedere all'assunzione degli idonei dell'ultimo concorso per 964 allievi agenti della polizia di stato, al fine di consentire l'impiego di nuove forze dell'ordine in occasione dell'Expo 2015 di Milano e per fronteggiare l'emergenza nella cosiddetta terra dei fuochi.
  Il tema evidenziato è da tempo all'attenzione dell'amministrazione dell'interno, a cui sono ben note le aspirazioni degli idonei.
  Prima del recentissimo intervento del Parlamento, non è stato possibile venire incontro alle aspettative degli interessati, per i limiti posti dal codice dell'ordinamento militare. In base a tali disposizioni, infatti, i posti da mettere a concorso per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle forze di polizia sono determinati attraverso un meccanismo assunzionale del tutto peculiare, modellato sulle specifiche esigenze della difesa e correlato alla necessità di garantire, con cadenza periodica predeterminata, un sufficiente numero di volontari.
  Tra le altre criticità vi era quella di salvaguardare i diritti dei vincitori appartenenti alla cosiddetta seconda aliquota e in ferma quadriennale, per i quali sussisteva l'obiettivo pericolo di uno scavalcamento da parte degli idonei, con elevati rischi di contenzioso.
  È stato anche rilevato come l'assunzione degli idonei dei concorsi già espletati avrebbe comportato l'incorporamento di personale con una maggiore anzianità anagrafica, con ulteriori ripercussioni negative sul problema dell'innalzamento dell'età media del personale delle forze di polizia.
  In presenza di tali vincoli il Parlamento, in sede di recentissima conversione del decreto-legge n. 90, ha risolto il problema realizzando un equilibrato bilanciamento dei vari interessi in gioco.
  Intanto perché l'autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie in favore degli idonei, ivi contenuta, riguarda i soli concorsi di accesso alle forze di polizia indetti nel 2013 e, quindi, per quanto concerne la polizia di Stato, esclusivamente il concorso a 964 posti, con un impatto contenuto sul sistema di reclutamento.
  Inoltre, il ricorso allo scorrimento trova la sua motivazione nelle maggiori esigenze connesse alla sicurezza di Expo 2015, rendendo evidente il suo carattere di misura del tutto straordinaria.
  In attuazione del predetto decreto-legge tutti i 502 idonei del concorso a 964 posti sono stati già dichiarati vincitori con decreto del capo della polizia del 25 agosto 2014 e sono stati convocati per la frequenza del relativo corso di formazione, che è iniziato il 16 settembre 2014, presso le scuole allievi agenti di Alessandria e Brescia. Ai 502 allievi se ne aggiungeranno altri 6, provenienti da altri concorsi, per effetto di pronunce cautelari e definitive.
  Nei prossimi mesi, inoltre, sarà inviato alla ferma quadriennale nelle forze armate, come previsto dalla normativa vigente, il contingente di 160 unità, cioè le cosiddette seconde aliquote del predetto corso.
  Peraltro, la polizia di Stato immetterà a breve ulteriori 407 unità provenienti dalla seconda aliquota di vincitori del concorso bandito nel 2008, che si andranno ad aggiungere alle 923 unità che stanno completando il corso di formazione collegato al concorso del 2013.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   FAVA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la procura della Repubblica di Reggio Calabria ha iscritto nel registro degli indagati, con l'accusa di favoreggiamento aggravato, l'ambasciatore italiano negli Emirati Arabi Uniti Giorgio Starace;
   l'accusa sarebbe relativa alla latitanza dell'ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato in via definitiva a scontare tre anni di reclusione per concorso in associazione mafiosa per i suoi rapporti con la `ndrangheta;
   si apprende dalla stampa che i magistrati avrebbero formulato l'accusa dopo aver interrogato, il 6 giugno 2014, il colonnello della Guardia di finanza Paolo Costantini, fino al marzo scorso in servizio presso l'Aise per conto del quale ha diretto il centro operativo di Dubai;
   il colonnello Costantini avrebbe accusato l'ambasciatore Starace di aver fatto pressioni nei confronti delle autorità di Abu Dhabi e, nello stesso tempo, di aver aiutato Matacena non comunicando a Roma alcune informazioni utili all'autorità giudiziaria italiana per istruire la richiesta di estradizione, ciò determinando di fatto il respingimento della richiesta;
   secondo la procura di Reggio Calabria, riferisce sempre la stampa, «l'ambasciatore Starace ha esercitato pressioni insistenti per i modi e per i tempi che servivano a garantire a Matacena le migliori condizioni possibili di permanenza nel Paese»;
   il nome dell'ambasciatore compare anche in altre inchieste in Liguria sui rapporti della `ndrangheta con il sistema bancario ligure. In quelle indagini vengono, fra l'altro, segnalati i rapporti tra lo stesso Starace con il faccendiere Andrea Nucera, coinvolto nelle inchieste genovesi –:
   se il Ministro sia al corrente di queste indagini;
   se il Ministro non ritenga urgente assumere iniziative per sospendere in via cautelativa l'ambasciatore Starace richiamandolo immediatamente a Roma. (4-06408)

  Risposta. — Circa le notizie apparse sulla stampa e citate dall'interrogante, relative ad un presunto coinvolgimento dell'ambasciatore d'Italia ad Abu Dhabi, Giorgio Starace, nell'indagine penale legata al tentativo di favoreggiamento della latitanza di Amedeo Matacena, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha immediatamente effettuato le dovute verifiche dalle quali è emersa la piena correttezza dell'operato dell'ambasciatore. Ne è conferma il fatto che la competente procura della Repubblica, sentita al riguardo, ha comunicato al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che nulla risulta a suo carico.
  A partire da quando il cittadino italiano Amedeo Matacena è stato fermato all'aeroporto di Dubai il 28 agosto 2013, a seguito di un mandato di cattura Interpol emesso su richiesta della procura generale presso la Corte d'appello di Reggio Calabria per una condanna a 5 anni di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, l'ambasciata d'Italia ad Abu Dhabi si è attivata come previsto dalla legge, rispettando con tempestività tutte le procedure seguite in questi casi.
  L'ambasciatore Starace ha ripetutamente sollecitato a tutti i livelli l'estradizione del connazionale e comunicato puntualmente ogni aggiornamento alle autorità italiane. Interventi di sensibilizzazione sono stati svolti sui competenti direttori generali del Ministero degli esteri degli Emirati Arabi Uniti e direttamente con il Ministro della giustizia emiratino, Sultan Bin Saeed Al Badi.
  L'ambasciatore Starace, su indicazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha inoltre finalizzato i negoziati per la firma di un accordo di estradizione tra Italia ed Emirati Arabi Uniti, che il Governo auspica di sottoscrivere al più presto.
  Alla luce di quanto sopra esposto e delle attente verifiche effettuate, si desidera pertanto rassicurare l'interrogante sulla piena correttezza della condotta dell'ambasciatore e dell'azione diplomatica in questo episodio.
Il Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionaleLapo Pistelli.


   GRIMOLDI e INVERNIZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le località di Badia Prataglia, Moggiona (comune di Poppi), Serravalle (comune di Bibbiena), Val della Meta (comune di Chiusi della Verna) e le piccolissime frazioni all'interno dei comuni di Pratovecchio e Stia, tutte situate nella zona montana del Casentino, in provincia di Arezzo, fanno parte del parco delle foreste Casentinesi;
   i cittadini di uno stesso comune sono soggetti a realtà ed obblighi diversi a seconda che risiedano o meno nelle località situate nel parco;
   infatti, qualora i cittadini di un comune risiedano in tali località sono soggetti a costi maggiori per pratiche relative ad esempio all'edilizia;
   tutti i vincoli imposti dal parco non hanno determinato un incremento di posti di lavoro, anzi hanno determinato la situazione opposta: nel caso di Badia Prataglia, che comprende l'80 per cento circa degli abitanti del parco, il numero di persone impegnate in attività boschive è passato da circa 500 a circa 10;
   sempre a Badia Prataglia il numero di abitanti si è ridotto da 2.000 a circa 700, di cui il 70 per cento ultracinquantenne, proprio a causa dei forti vincoli del parco –:
   se il Ministro ritenga opportuno valutare la possibilità di promuovere una concertazione di azioni tra i paesi montani all'interno del parco al fine di avere una rappresentanza importante dei cittadini del parco e valutare altresì la possibilità di assumere iniziative per istituire una consulta in tutti i parchi nazionali, espressione diretta degli abitanti residenti all'interno dei confini del parco. (4-01853)

  Risposta. — Il parco nazionale delle foreste casentinesi, monte Falterone e Campigna copre un'area di circa 36 mila ettari, equamente divisa fra l'Emilia Romagna e la Toscana, la cui superficie è per lo più ricoperta da boschi e con molti corsi d'acqua che lo attraversano. Nel versante romagnolo sono compresi territori dei comuni di Bagno di Romagna, Santa Sofia, Premilcuore, Portico-San Benedetto e Tredozio; nel versante toscano dei comuni casentinesi di Poppi, Bibbiena, Chiusi della Verna, Pratovecchio e Stia nonché di quelli mugellani di San Godenzo e Londa.
  Nell'interrogazione si ipotizza che la presenza del parco sia responsabile dei maggiori costi delle pratiche edilizie, della diminuzione della popolazione residente e del calo dei posti di lavoro. Acquisiti gli elementi informativi dai comuni dell'area, è emerso che dagli anni ’80 ad oggi si è effettivamente registrata una flessione dei residenti in alcune frazioni ricadenti nel perimetro del parco, come ha confermato il comune di Poppi, ma il fenomeno non appare legato alla sua istituzione. In particolare, è stato e evidenziato che il numero dei residenti «originari» nella frazione di Badia Prataglia indicato nella interrogazione (2.000) non corrisponde al vero. Più esattamente, dai dati risultanti dal censimento del 1981, gli abitanti della frazione erano 1.124; dieci anni più tardi, nel 1991, i residenti erano scesi a 951; nel successivo 2011 erano divenuti 846.
  Mettendo a confronto, quindi, tali dati con quelli molto più allarmanti delle altre frazioni di montagna dell'appennino toscano (ma anche con quelli in generale riferibili alle zone montane del nord Italia), appare corretto parlare di una sostanziale tenuta della presenza della popolazione su quel determinato territorio. Frutto – viene sottolineato dal comune di Poppi – del lavoro e delle azioni concrete poste in essere dalle varie amministrazioni locali che si sono succedute nel tempo.
  In merito alla situazione dei dipendenti nel settore forestale, è stato precisato che la rilevante flessione di cui si è riferito nel corpo della interrogazione è stata causata dai tagli al personale e alla diminuzione dei trasferimenti nel settore pubblico, processo iniziato già prima della istituzione del parco.
  Per quanto attiene ai maggiori costi delle «pratiche edilizie» all'interno dell'area protetta, e in via generale all'assoggettamento dei cittadini di uno stesso comune a obblighi diversi in base al luogo di residenza, quanto affermato dagli interroganti corrisponde al vero. Ma si tratta, com’è comprensibile, dell'effetto della inderogabile applicazione delle norme poste a tutela del territorio protetto, al quale sono assoggettati tutti i cittadini residenti nei territori ricadenti nel perimetro dei parchi nazionali.
  In merito – in ultimo – a quanto nello specifico richiesto di conoscere dagli interroganti riguardo l'opportunità di assicurare una «rappresentanza importante» dei cittadini in seno al parco, anche attraverso la istituzione di una apposita «consulta», non può non rilevarsi che fondamentale organo consultivo e propositivo degli enti parco è la comunità del parco, previsto dall'articolo 10 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 «Legge quadro sulle aree protette», in cui sono rappresentati tutti gli enti territoriali interessati, cioè regioni, province, comuni e comunità montane. Ad esso sono, infatti, assegnate funzioni importanti quali l'espressione di pareri obbligatori sul regolamento e sul piano del parco, nonché sul bilancio e sul conto consuntivo degli enti parco e sulle altre questioni richieste dal consiglio direttivo, oltre ad essere competente alla predisposizione del piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.
  Con tale rilevante organo risulta dunque assicurata per le comunità locali la più ampia partecipazione, e con un ruolo determinante, alla gestione del parco e al raggiungimento delle sue finalità istituzionali, nonché viene garantito ai cittadini di essere adeguatamente rappresentati per veicolare le proprie osservazioni e far valere i propri interessi.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, «Regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'Interno», all'articolo 2 prevede che il Ministero dell'interno sia articolato, a livello centrale, in dipartimenti tra cui il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile;
   l'articolo 6, comma 3, di tale decreto del Presidente della Repubblica ha stabilito che il dipartimento vigili del fuoco sia diretto da un capo dipartimento, al quale viene assegnato un vice capo dipartimento, dirigente generale proveniente dai ruoli tecnici (ingegnere) dei vigili del fuoco, che espleta le funzioni vicarie. Tale vice si identifica nella figura del capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   l'articolo 6, comma 3, ha altresì previsto la nomina di un altro vice capo dipartimento cui è affidata la responsabilità della direzione centrale per la difesa civile e le politiche di protezione civile;
   la riforma posta in essere con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, ha determinato una moltiplicazione delle figure di vertice dipartimentale, con 5 figure di prefetto e una cinquantina tra vice-prefetto e vice-prefetto aggiunto, che appesantiscono la gestione e l'organizzazione del dipartimento dei vigili del fuoco, culminando con la creazione di una dicotomia nella responsabilità di Governo del dipartimento (capo dipartimento e capo del Corpo);
   la Commissione I della Camera nel corso della seduta del 16 febbraio 2012 chiamata ad esprimere il parere sullo «Schema di decreto del Presidente della Repubblica... concernente l'individuazione degli uffici dirigenziali periferici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco» Atto n. 435 ha espresso l'auspicio che «il Governo adotti quanto prima iniziative legislative intese a risolvere il problema del “doppio vertice” del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, attribuendo piena autonomia al Corpo stesso»;
   il Governo pro tempore sede di conversione del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 ha accolto l'ordine del giorno n. 3396/45/5 del 30 luglio 2012 che lo impegna a:
    «ad adottare in tempi brevi e non oltre il 31 dicembre 2012, iniziative legislative intese a risolvere il problema del doppio vertice del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, attribuendo piena autonomia al corpo stesso, nel senso di seguito indicato:
    al vertice del Corpo nazionale è posto un dirigente generale del Corpo nazionale che assume la qualifica di dirigente generale – Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è preposto a Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile e svolge le seguenti funzioni, di cui risponde direttamente al Ministro:
     a) coordina le direzioni centrali, ivi compresa quella delle risorse umane, secondo quanto indicato nel decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, con le strutture periferiche del Corpo nazionale ed è responsabile dei risultati raggiunti in attuazione degli indirizzi dati dal Ministro dell'interno;
     b) presiede il Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi;
     c) è componente di diritto della Commissione consultiva centrale controllo armi;
     d) è Presidente del consiglio di amministrazione dell'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale, nonché componente di diritto del consiglio di amministrazione del Ministero dell'interno per la trattazione degli affari concernenti il personale del Corpo nazionale;
     e) esprime parere sulle modalità di svolgimento dei servizi ispettivi sull'attività tecnica»;
   tutte le forze di polizia (capitanerie di porto, forestale, carabinieri, guardia di finanza, e altri) ad esclusione del solo Corpo nazionale dei vigili del fuoco, vedono nel vertice istituzionale un soggetto proveniente dalla carriera del Corpo stesso, a garanzia della conoscenza dell'organizzazione, a difesa della sua stessa autonomia e a vantaggio della celerità della risposta decisionale, collegata alle delicate funzioni svolte;
   in un momento delicato per il sistema Paese, un segno evidente di riorganizzazione e di snellimento, di recupero dell'efficienza e della dinamicità, garantito dall'accorpamento funzionale delle competenze, consentirebbe anche il recupero di importanti risorse economiche –:
   quali iniziative, anche di natura normativa, il Ministro cui competono le responsabilità politiche relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, abbia intenzione di assumere al fine di dare attuazione a quanto espresso in premessa al fine anche di migliorare efficienza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco generando nel contempo un importante risparmio di risorse economiche per la finanza pubblica. (4-06133)

  Risposta. — L'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative, anche di natura legislativa, il Ministro dell'interno intenda assumere al fine di superare l'attuale dicotomia nella responsabilità di governo dei vigili del fuoco, caratterizzata dalla presenza del capo del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile e del capo del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Occorre innanzitutto premettere che il dirigente generale – capo del corpo è l'organo di vertice del corpo nazionale dei vigili del fuoco, incardinato nel dipartimento dei vigili del fuoco, in coerenza con l'intera struttura organizzativa del ministero dell'interno, basata sul modello dipartimentale.
  Come ricordato nell'interrogazione, per quanto riguarda le figure apicali di tale dipartimento, sono previsti, oltre al capo del medesimo, due vice capi, ad uno dei quali, il capo del corpo, è affidata anche la funzione di vicario.
  In particolare il capo dipartimento coordina, dirige e controlla gli uffici di livello dirigenziale generale, al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell'amministrazione ed è responsabile dei risultati complessivamente raggiunti, in attuazione degli indirizzi dettati dal Ministro, mentre al capo del corpo spetta il coordinamento delle direzioni centrali «tecniche», nonché le funzioni già attribuite, nel pregresso ordinamento del corpo, all'ispettore generale capo del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Il sistema di governo sopra delineato è stato definito in relazione alle peculiarità di un'articolata organizzazione, a cui fanno capo non solo le competenze proprie del corpo nazionale dei vigili del fuoco, ma anche quelle relative alla difesa civile e alle politiche di protezione civile, che a livello periferico sono attribuite ai Prefetti.
  In tale sistema, si rende necessario un doppio livello di coordinamento attribuito, per gli aspetti legati alla formulazione degli indirizzi strategici, al capo dipartimento e, per gli aspetti tecnico-operativi, al capo del corpo.
  Tale dicotomia risponde, pertanto, all'esigenza di tener conto della varietà dei compiti attribuiti al dipartimento e trova il suo punto di forza e di equilibrio nell'apporto sinergico delle diverse professionalità preordinato al raggiungimento di un comune obiettivo: garantire l'ottimale funzionamento di una macchina complessa quale quella del soccorso pubblico, della prevenzione incendi e della difesa civile, avente un ruolo fondamentale anche in tema di protezione civile.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in vista dell'Esposizione universale Expo 2015, come anche dichiarato alla stampa dal Ministro interrogato, è stato sbloccato il turnover delle forze dell'ordine, che subirà una deroga del 55 per cento, e sarà necessario procedere a nuove assunzioni al fine incrementarne il numero nella città protagonista della manifestazione, Milano, senza che questa concentrazione pregiudichi il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese;
   le unità da assumere, per essere effettivamente disponibili entro la data d'inizio dell'EXPO 2015, dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre aprile 2014 e pare che non sussistano i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale, che terminerebbe a fine 2014 e renderebbe operativi i nuovi agenti solo a dicembre 2015;
   una soluzione potrebbe essere quella di assumere immediatamente le 672 unità (160 vincitori in seconda aliquota + 512 idonei non vincitori) dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso per 964 allievi agenti della polizia di Stato;
   è di pochi giorni fa la notizia che l'Arma dei carabinieri, mediante decreto dirigenziale, ha avviato una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1886 allievi carabinieri, e in tal modo sono stati assunti non solo i vincitori, ma anche 48 idonei non vincitori, ovvero tutti i restanti idonei presenti in graduatoria e pertanto la stessa è stata esaurita;
   tale decreto cita testualmente: «RAVVISATA l'esigenza di disporre, con immediatezza, di XXX Allievi Carabinieri, senza dover attendere i tempi tecnici richiesti per portare a termine una nuova procedura di reclutamento mediante il bando di un concorso pubblico. TENUTO CONTO dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa e della necessità di contenere i costi gravanti sull'amministrazione per la gestione delle procedure di reclutamento»;
   la proposta sopra evidenziata permetterebbe l'immediata assunzione degli interessati evitando, per la recentissima idoneità conseguita, la necessità di effettuare anche le visite mediche di controllo per il mantenimento dell'idoneità psico-fisica e pertanto sposando in pieno quanto previsto dal principio di economicità ed efficienza dell'azione amministrativa, sancito anche dalla Costituzione della Repubblica italiana –:
   quali siano le intenzioni del Ministro adito in merito alla necessità di assumere nuovi agenti di polizia in vista della manifestazione di Expo 2015, se non ritenga opportuno, anche per ridurre i costi gravanti sull'amministrazione e consentire una celere disponibilità delle necessarie forze dell'ordine in tempo per l'evento sopra richiamato, procedere all'assunzione immediata delle 672 unità dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso per 964 allievi agenti della polizia di Stato, e, in caso contrario, quale procedura alternativa intenda adottare e per quali motivi. (4-03765)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede al Governo di procedere all'assunzione degli idonei dell'ultimo concorso per 964 allievi agenti della polizia di stato, al fine di consentire l'impiego di nuove forze dell'ordine in occasione dell'Expo 2015 di Milano, che richiederà un forte impegno da parte delle forze di polizia.
  Il tema evidenziato è da tempo all'attenzione dell'amministrazione dell'interno, a cui sono ben note le aspirazioni degli idonei.
  Prima del recentissimo intervento del Parlamento, non è stato possibile venire incontro alle aspettative degli interessati, per i limiti posti dal codice dell'ordinamento militare. In base a tali disposizioni, infatti, i posti da mettere a concorso per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle forze di polizia sono determinati attraverso un meccanismo assunzionale del tutto peculiare, modellato sulle specifiche esigenze della difesa e correlato alla necessità di garantire, con cadenza periodica predeterminata, un sufficiente numero di volontari.
  Tra le altre criticità vi era quella di salvaguardare i diritti dei vincitori appartenenti alla cosiddetta seconda aliquota e in ferma quadriennale, per i quali sussisteva l'obiettivo pericolo di uno scavalcamento da parte degli idonei, con elevati rischi di contenzioso.
  È stato anche rilevato come l'assunzione degli idonei dei concorsi già espletati avrebbe comportato l'incorporamento di personale con una maggiore anzianità anagrafica, con ulteriori ripercussioni negative sul problema dell'innalzamento dell'età media del personale delle forze di polizia.
  In presenza di tali vincoli il Parlamento, in sede di recentissima conversione del decreto-legge n. 90, ha risolto il problema realizzando un equilibrato bilanciamento dei vari interessi in gioco.
  Intanto perché l'autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie in favore degli idonei, ivi contenuta, riguarda i soli concorsi di accesso alle forze di polizia indetti nel 2013 e, quindi, per quanto concerne la polizia di Stato, esclusivamente il concorso a 964 posti, con un impatto contenuto sul sistema di reclutamento.
  Inoltre, il ricorso allo scorrimento trova la sua motivazione nelle maggiori esigenze connesse alla sicurezza di Expo 2015, rendendo evidente il suo carattere di misura del tutto straordinaria.
  In attuazione del predetto decreto-legge tutti i 502 idonei del concorso a 964 posti sono stati già dichiarati vincitori con decreto del capo della polizia il 25 agosto 2014 e sono stati convocati per la frequenza del relativo corso di formazione, che è iniziato il 16 settembre 2014, presso le scuole allievi agenti di Alessandria e Brescia. Ai 502 allievi se ne aggiungeranno altri 6, provenienti da altri concorsi, per effetto di pronunce cautelari e definitive.
  Nei prossimi mesi, inoltre, sarà inviato alla ferma quadriennale nelle forze armate, come previsto dalla normativa vigente, il contingente di 160 unità, cioè le cosiddette seconde aliquote del predetto corso.
  Peraltro, la polizia di Stato immetterà a breve ulteriori 407 unità provenienti dalla seconda aliquota di vincitori del concorso bandito nel 2008, che si andranno ad aggiungere alle 923 unità che stanno completando il corso di formazione collegato al concorso del 2013.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 marzo 2014, si è appreso da un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, intitolato «Abruzzo, “strage” silenziosa di orsi e lupi marsicani. Ma la politica sta a guardare», che nella regione Abruzzo hanno perso la vita decine di esemplari di orsi, lupi e rarissimi rapaci;
   in base ai dati di Legambiente, in 36 mesi, in particolare, sono deceduti un notevole numero di esemplari di lupo appenninico e di orso bruno marsicano;
   le cause di questa strage sono riconducibili all'azione dell'uomo: animali moribondi con evidenti segni di avvelenamento, crivellati dalle pallottole, strangolati in trappole, investiti da automobili in corsa o divelti da pale eoliche;
   secondo un altro studio, su una popolazione di 1.500 lupi, 44 sono stati brutalmente uccisi;
   è del 17 marzo 2014, dunque recentissimo, l'ultimo ritrovamento di una femmina di lupo appenninico di circa quattro anni, incinta, crivellata dai colpi di carabina tra i monti di Pizzoferrato;
   è, invece, del 15 marzo 2014 il rinvenimento di un'orsa, gravemente malata, deceduta nel centro di sorveglianza del parco nazionale d'Abruzzo a Pescasseroli, una perdita che ha arrecato un danno notevole alle speranze di sopravvivenza della specie, che è ridotta ad una popolazione stimata tra 37/61 esemplari, di cui meno della metà sono femmine;
   tali decessi sono causati da atti criminali, sinistri stradali che avvengono sull'autostrada dei Parchi – anche a causa dell'approvazione di progetti urbanistici che hanno un forte impatto sull’habitat animale – nonché da gravi patologie a causa della mancata attuazione di interventi di profilassi per impedire la diffusione di malattie letali;
   il direttore del parco nazionale d'Abruzzo, Dario Febbo, dichiara che gli interventi di propria competenza sono stati posti in essere per la tutela degli animali presenti nel parco, ma afferma sia necessario un concreto intervento delle istituzioni, a livello nazionale, poiché bisogna individuare ulteriori azioni per contrastare gli eventi che possono compromettere la sopravvivenza delle specie;
   in una regione come l'Abruzzo, nota per i parchi e dove quasi il 36 per cento del territorio è sottoposto a rigorose norme di tutela ambientale, è inaccettabile che si siano verificati i numerosi decessi descritti a causa di atti criminali e della mancata adozione di adeguati interventi a tutela della salute degli ammali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   se e quali urgenti interventi intenda adottare, affinché sia disposto un efficace contrasto agli eventi che potrebbero compromettere la sopravvivenza delle specie animali presenti nei parchi, come descritti in premessa;
   se e quali provvedimenti di competenza intenda adottare, in particolare, per evitare il verificarsi di ulteriori stragi di animali riconducibili all'azione criminale dell'uomo. (4-04151)

  Risposta. — Come ha evidenziato l'interrogante nell'interrogazione in esame, è vero che nel corso degli ultimi anni si è registrato un preoccupante aumento degli episodi di abbattimento illegale e/o accidentale di orsi e lupi in Italia centrale.
  La situazione appare particolarmente preoccupante per l'orso bruno marsicano, a causa del precario stato di conservazione che caratterizza questa entità faunistica. Come anche evidenziato dal 3o rapporto direttiva
Habitat che l'Italia ha inviato alla commissione europea nel dicembre 2013 (http://www.sinanet.isprambiente.it/Reporting_Dir_Habitat/download-dati/) la sua Consistenza è inferiore ai 50 individui; la popolazione è minacciata da diversi fattori, tra i quali particolare importanza rivestono, oltre ai rischi sanitari, il bracconaggio e gli effetti demografici dovuti alle piccole dimensioni del nucleo. Tutte circostanze che fanno ritenere la situazione complessiva critica e i rischi di estinzione concreti.
  Nella stessa area del centro-appenninico nel corso del 2013 si è verificata una grave epidemia di cimurro che ha portato al decesso di un numero imprecisato di cani nonché di un consistente numero di lupi.
  Una porzione statisticamente rilevante degli episodi di mortalità, nelle sue diverse configurazioni, è comunque causata dai conflitti tra queste specie e le attività dell'uomo. Si pensi, ad esempio, ai casi di investimento da parte di automobili.
  Per questi motivi, già da tempo sono stati approntati diversi strumenti di supporto per la prevenzione e la mitigazione dei rischi.
  Il primo di essi che si ritiene di richiamare all'attenzione, risalente al 2002, è il piano d'azione nazionale per la conservazione del lupo
(http://isprambiente.gov.it/pubblicazione/quaderni/conservazione-della-natura/piano-dazione-nazionale-per-la-conservazione-del-lupo) che comprendeva una serie di azioni mirate a mitigare i conflitti tra questo predatore e le attività dell'uomo, in particolare in termini di prevenzione e compensazione dei danni agli allevamenti.
  Per quanto riguarda l'orso bruno marsicano, nel 2011 è stato predisposto il Piano d'azione per la tutela dell'orso bruno marsicano (PATOM)
(http://isprambiente. gov.it/pubblicazione/quaderni/conservazione-della-natura/piano-dazione-nazionale-per-la-tutela-dellorso-bruno-marsicano).
  Tra il 2010 e il 2014 è stato, inoltre, realizzato un progetto Life (LIFE09 NAT/IT/000160 AECTOS – Brown Bear Conservation: coordinated actions for the Alpine and the Apennins range) durante il quale sono state realizzate alcune azioni prioritarie per la conservazione della specie (chiusura dell'accesso veicolare di diversi tratti di strade montane, miglioramento della disponibilità alimentare attraverso la gestione dei ranmeti, riduzione dei conflitti con le attività antropiche attraverso la realizzazione di sistemi di prevenzione eccetera).
  Premesso quanto sopra, e per quanto attiene più specificamente a quanto chiesto di conoscere dall'interrogante, valga riferire che questo dicastero, per tramite della competente direzione generale per la protezione della natura e del mare e con il supporto tecnico-scientifico dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) – il quale, com’è noto, ha «incorporato» il soppresso istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs) – segue costantemente la problematica che qui interessa in raccordo con gli enti territorialmente competenti, tutti insieme impegnati nella attuazione di specifici piani di azione per la conservazione delle specie di fauna selvatica.
  In relazione, ad esempio, alla situazione critica in cui versa l'orso bruno marsicano, si segnala la recente sottoscrizione di un protocollo di intera, nell'ambito del già citato piano d'azione per la tutela dell'orso bruno marsicano (Patom), firmato il 27 marzo 2014 da questo ministero con le regioni Abruzzo, Lazio e Molise e con il competente ente parco per l'attuazione di una serie articolata di azioni, tra quelle contemplate nel piano d'azione di riferimento, che risultano di assoluta rilevanza per la conservazione della popolazione di orso bruno marsicano e per le quali si è ritenuto prioritaria un'attuazione urgente
(http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/biodiversità/protocollo_intesa_tutela_orso_bruno_marsicano). Più nello Specifico, le azioni in esso descritte, finalizzate a rendere più mirato ed efficace l'impegno per la conservazione di questa specie, consistono nell'assunzione di impegni precisi e puntuali volti a:
   individuare e regolare le aree contigue del parco nazionale;
   accelerare i procedimenti regionali di adozione del piano del parco;
   promuovere misure per ridurre la mortalità della fauna causata da incidenti stradali;
   incentivare le azioni di monitoraggio sanitario e di prevenzione per contrastare i problemi sanitari;
   limitare gli impatti della caccia e, in particolare, regolamentare l'attività venatoria al cinghiale.
  Con particolare riferimento al tema del monitoraggio sanitario e della prevenzione delle malattie – con riferimento sia alla fauna selvatica che alle specie domestiche, con queste ultime intendendosi: bovini, ovicaprini, suini domestici, cani da lavoro eccetera – nonché sulla gestione delle attività zootecniche e dei pascoli, è attivo un tavolo di lavoro con il ministero della salute. Esso si è riunito, in particolare, il 22 maggio 2014 per dare risposte concrete al caso dell'orsa morta di tubercolosi sui pascoli di Gioia dei Marsi il mese di marzo 2014.
  In tale occasione, peraltro, la direzione per le politiche della sanità della regione Lazio ha riferito che i controlli sanitari sul bestiame domestico vengono svolti con regolarità. Nel 2013 nella
ex Asl di Avezzano-Sulmona, nel cui territorio di competenza insiste la porzione abruzzese del parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise – che qui maggiormente interessa – sono stati operati controlli su 641 aziende relativi alle profilassi di stato e non è stata riscontrata nessuna positività per la tubercolosi. Per la brucellosi bovina sono state controllate tutte le 458 aziende aderenti al programma anche in questo caso senza riscontrare alcuna positività. Per la brucellosi ovi-caprina a seguito dei controlli che hanno interessato 758 aziende, è stata riscontrata una sola positività presso una struttura di allevamento.
  Per quel che riguarda i controlli sanitari sulla fauna selvatica, questi vengono svolti secondo l'assetto normativo (come, ad esempio, per la
trichinella nei cinghiali) mentre per la restante fauna gli esemplari rinvenuti morti vengono conferiti al competente istituto zooprofilattico sperimentale che provvede all'espletamento delle necroscopie e di tutti gli accertamenti diagnostici utili a individuare cause di morte di natura infettiva, anche al fine di adottare e/o consentire l'adozione di tutti i conseguenti provvedimenti previsti dai relativi protocolli.
  Si segnala, in ultimo, che l'attività di sorveglianza
in situ per contrastare atti di caccia illegale e altre forme di disturbo o uccisione di fauna selvatica negli ambiti protetti e non – e comunque riconducibili all'azione criminale dell'uomo – viene garantita dal corpo forestale dello Stato, dagli agenti di vigilanza dei parchi, dalla polizia provinciale e da altre figure eventualmente preposte per tali attività dalla normativa vigente.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   SCOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il raddoppio ferroviario della tratta Napoli-Bari e la trasformazione della stessa in una linea ad alta capacità è un'opera strategica per l'Italia ed è una grande opportunità di sviluppo per il Sud del Paese;
   nell'ambito del procedimento avviato per la costruzione di questa importante infrastruttura, in data 12 agosto 2009, con nota prot. n. 14059, la ITALFER SpA, in qualità di soggetto tecnico incaricato da Rete Ferroviaria Italiana SpA (RFI SpA) trasmise copia del progetto preliminare dell'intervento per il «Raddoppio tratta Cancello-Benevento – 1° Lotto Funzionale Cancello Frasso Telesino e variante alla linea storica Roma-Napoli via Cassino nel Comune di Maddaloni» al comune di Sant'Agata de’ Goti, nella provincia di Benevento, per la tratta di competenza;
   la suddetta opera, redatta in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 156 del decreto legislativo n. 163 del 2006, rientra tra quelle comprese nell'elenco di cui all'allegato infrastrutture al Documento di programmazione economica - finanziaria (DPEF) per gli anni 2010-2013, approvato dal CIPE con delibera 15 luglio 2009, che integra l'elenco degli interventi strategici di cui alla Delibera CIPE 21 dicembre 2001 n. 121;
   in data 8 ottobre 2009, con nota prot. n. 16758, il comune di Sant'Agata de’ Goti, ai sensi dell'articolo 170 comma 2 del decreto legislativo n. 163 del 2006, rappresentò alla società ITALFER SpA che l'intervento proposto ricadeva in zona «E8» (zona omogenea agricola semplice) del vigente piano regolatore generale, approvato con D.P.A.P. n. 13339 del 25 maggio 1994, in zona P.A.F. (zona di protezione del paesaggio agricolo di fondovalle), in zona R.U.A (zona di restauro paesistico ambientale e di recupero urbanistico edilizio) ed in zona C.A.F. (zona di conservazione del paesaggio agricolo di declivio e fondovalle) del vigente Piano paesistico territoriale approvato con decreto ministeriale del 30 giugno 1996;
   il comune ravvisò inoltre che lo stesso intervento, per alcuni tratti, non risultava rispondente al tracciato di previsione del vigente piano regolatore generale e che i vincoli preordinati all'esproprio erano, da tempo, decaduti;
   in data 2 marzo 2012 la regione Campania, con propria nota prot. n. 165506 pervenuta a mezzo fax ed acquisita al prot. n. 4436 il 5 marzo 2012, invitava il comune di Sant'Agata de’ Goti ad esprimersi sul progetto in epigrafe entro il termine dell'8 marzo 2012, precisando, al contempo, che si sarebbe pronunciata positivamente sulla localizzazione dell'intervento;
   con delibera di giunta comunale n. 54 del 7 marzo 2012 l'amministrazione comunale di Sant'Agata de’ Goti esprimeva parare negativo sull'attuale localizzazione del tracciato di cui al progetto preliminare ad oggetto: «Raddoppio tratta Cancello- Benevento – 1° Lotto Funzionale Cancello Frasso Telesino e variante alla linea storica Roma-Napoli via Cassino nel Comune di Maddaloni» rilevando che il localizzando tracciato, così come progettato, poiché sviluppato in gran parte su viadotti, penalizza e danneggia ulteriormente una zona già fortemente interessata da infrastrutture di trasporto, quali ad esempio l'attuale linea ferroviaria, la strada provinciale 265 e la strada a scorrimento veloce Fondo Valle Isclero, con pregiudizio significativo ai danni della comunità e delle condizioni di vivibilità della zona;
   nella stessa occasione si rilevava, inoltre, come l'opera interessi una zona di alto valore paesaggistico su cui determinerebbe un grave impatto territoriale;
   l'amministrazione chiedeva dunque alla giunta regionale della Campania di valutare l'opportunità di spostare il raddoppio ferroviario lungo il tracciato della linea esistente;
   nell'incontro istituzionale con i comuni interessati per il rilascio dei pareri sul progetto preliminare relativi al raddoppio ferroviario Napoli-Bari tenutosi il 17 gennaio 2013 a Roma presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare presso la V sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, la delegazione del comune di Sant'Agata de’ Goti composta dal sindaco Valentino e dall'assessore Montella esprimeva parere negativo al progetto preliminare per le motivazioni di cui sopra e chiedeva ad R.F.I. di aprire un tavolo programmatico con l'ente;
   con delibera n. 35 dell'8 febbraio 2013 la giunta regionale della Campania, a modifica della delibera 103 del 2012 del 13 marzo 2012, esprimeva il proprio consenso al progetto preliminare per il raddoppio ferroviario della Napoli-Bari così come presentato da R.F.I. dando atto, in delibera, del parere negativo espresso dal comune di S. Agata de’ Goti «non essendo stato mai reso disponibile lo studio comparativo tra il tracciato della linea storica ed il progetto preliminare del 2009»;
   il progetto in oggetto, nel territorio comunale di Sant'Agata de’ Goti (Benevento), riporta un tracciato tutto nuovo rispetto a quello esistente e in servizio;
   nessuna motivazione e analisi comparativa è stata fatta a supporto della scelta operata, mentre vi sono ottimi e irrinunciabili motivi per esprimere, dal punto di vista del Governo del territorio, un parere altamente negativo poiché il nuovo tracciato si accumula, come barriera territoriale, ad altre già presenti in loco e costituite dai confini del territorio di ben quattro comuni, dalla Ferrovia in servizio, dalla strada provinciale (ex strada statale) 265 e dalla superstrada di livello regionale fondo Valle Isclero;
   inoltre la posizione prefigurata dal progetto, a ridosso delle frazioni Cantinelle e Saiano del comune di Sant'Agata de’ Goti, sterilizzerebbe tale parte di territorio, che, per sopravvivere, ha necessità dello spazio esistente tra la strada provinciale 265 e la superstrada Fondo Valle Isclero;
   la necessità dello spazio vitale è dettata dalle attività esistenti in loco, come quelle legate alla coltivazione di un prodotto tipico di grandissima qualità quale la mela annurca;
   anche dal punto di vista urbanistico-territoriale vi sono notevoli debolezze e fragilità dovute alla particolarità del tessuto urbanistico e dell'insediamento umano delle zone interessate;
   il territorio delle frazioni Cantinelle e Saiano del comune di Sant'Agata de’ Goti si è formato, nella sua componente insediativa, proprio a ridosso delle vie di comunicazione che sono d'accesso alla valle Telesina, ed ha trovato un suo equilibrio dopo la costruzione della prima Ferrovia, avvenuta 150 anni addietro, motivo per cui non può essere desertificato per disattenzione di chi ha l'attribuzione di curarlo, tutelarlo e svilupparlo;
   far diventare le comunità di Cantinelle e Saiano un «ramo secco» del territorio comunale avrebbe bisogno di fortissime motivazioni e comunque di altrettanti fortissimi contrappesi di interventi, sia per ciò che riguarda la bonifica del tracciato esistente che accorgimenti del nuovo tracciato;
   il comune, per attribuzioni di leggi nazionali e regionali in materia di governo del territorio e urbanistica, ha la necessità ed il dovere di essere coinvolto in modo costruttivo al procedimento di formazione di questa nuova opera per gli aspetti economici e sociali rilevanti che essa comporta –:
   per quale motivo il comune di Sant'Agata de’ Goti non sia stato mai coinvolto in modo diretto da RFI al procedimento di formazione dell'opera di raddoppio della ferrovia Napoli-Bari relativamente alla tratta Cancello-Frasso Telesino ricadente sul proprio territorio;
   se sia possibile evitare la realizzazione di un nuovo viadotto da costruirsi nel già esiguo spazio esistente tra il tracciato della vecchia rete ferroviaria, la SP 265 e la strada a scorrimento veloce regionale Fondo Valle Isclero, come da progetto preliminare;
   se sia realizzabile l'ipotesi di costruire il viadotto per il raddoppio della linea ferroviaria Napoli – Bari in aderenza o in stretta prossimità a quello, già esistente, della strada a scorrimento veloce Fondo Valle Isclero;
   se il Ministro interrogato possa garantire che la bonifica del vecchio tracciato ferroviario, una volta dismesso, sia posta totalmente a carico del soggetto attuatore del progetto di raddoppio ferroviario della tratta Napoli-Bari, al fine di poter restituire alla popolazione residente, senza oneri per il comune, spazi per lo sviluppo delle attività agricole e/o per opere legate alla socialità. (4-02279)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il progetto preliminare del raddoppio della tratta Cancello-Frasso Telesino è stato pubblicato in data 11 agosto 2009 per l'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale e di localizzazione urbanistica dell'opera, con la contestuale trasmissione dello stesso e dello studio impatto ambientale a questo dicastero e agli altri ministeri competenti (Ministeri dell'ambiente e per i beni e le attività culturali) e alla regione Campania per l'avvio dell’
iter autorizzativo di legge obiettivo.
  Tra luglio 2010 e novembre 2011 sono pervenuti presso gli uffici competenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i pareri di competenza dei Ministero dell'ambiente e del Ministero per i beni e le attività culturali, mentre a gennaio del 2013 è stato emesso il parere sul progetto da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
  Nel corso dell’
iter approvativo del progetto, il comune di Sant'Agata de’ Goti, a più riprese, ha evidenziato di non condividere il tracciato ferroviario che attraversa il proprio territorio, ritenendolo penalizzante soprattutto per le frazioni di Cantinelle e Saiano.
  La regione Campania, chiamata ad esprimersi sulla localizzazione urbanistica dell'intervento, sentiti i comuni attraversati, con la deliberazione n. 35 dell'8 febbraio 2013 ha espresso il proprio consenso sul progetto senza alcuna variazione al tracciato, dando comunque atto in delibera del parere negativo espresso dal comune di Sant'Agata de’ Goti.
  Successivamente, il comune ha continuate a manifestare la propria contrarietà al tracciato di progetto, così come approvato dalla regione Campania, riservandosi di porre in essere ulteriori azioni di opposizione nel prosieguo del procedimento amministrativo, non ritenendo ai propri fini utili, per le implicazioni sul suo territorio, le argomentazioni e le motivazioni che hanno determinato la scelta progettuale di sviluppare detto tracciato nel tratto interessante il comune di Sant'Agata de’ Goti.
  Al riguardo, rete ferroviaria italiana ha assicurato di aver operato nel rispetto della vigente normativa che prevede il coinvolgimento dei comuni da parte della regione, illustrando alla stessa regione tutte le motivazioni a base della scelta progettuale operata.
  In particolare, la scelta progettuale del tracciato è stata effettuata in variante rispetto alla linea esistente in considerazione della necessità di garantire le caratteristiche prestazionali (pendenze, raggi di curvatura, velocità) richieste dalla nuova linea ad alta capacità, considerata l'inadeguatezza e l'incompatibilità dell'andamento piano altimetrico della linea esistente.
  Diversamente, il dislivello altimetrico tra la linea esistente e quella di progetto avrebbe comportato la realizzazione di opere di sostegno della nuova infrastruttura ferroviaria nel tratto ponte Biferchia-Cantinelle, tali da creare un vero e proprio sbarramento di notevole altezza, con le conseguenti ripercussioni per le condizioni di vivibilità negli edifici attigui.
  Il progetto, regolarmente approvato da tutte le preposte autorità, recepisce puntualmente tatto le prescrizioni del ministero dell'ambiente e nello specifico della commissione speciale Via anche in relazione al viadotto San Michele, citato dall'interrogante, nell'ottica di un miglior inserimento paesaggistico dell'opera.
  infine, in relazione alle aree ferroviarie dell'esistente tracciato che saranno dismesse al termine dei lavori, per le quali è prevista la rimozione della sovrastruttura ferroviaria, rete ferroviaria italiana ha comunicato che esse potranno essere messe a disposizione del comune e/o di altri enti interessati con la stipula di specifiche convenzioni con la società sistemi urbani del gruppo Ferrovie dello Stato italiane; ciò, senza dubbio, costituirà una opportunità per lo sviluppo e la riqualificazione ambientale e urbanistica del territorio.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   VARGIU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in vista dell'Esposizione universale che si terrà a Milano dal 1° maggio al 31 ottobre 2015 e della conseguente necessità di incrementare la presenza delle forze dell'ordine nella città, senza pregiudicare il livello di sicurezza nel resto del Paese, il Governo ha previsto una deroga del 55 per cento al blocco del turnover delle forze dell'ordine;
   non sussistono i sufficienti tempi tecnici per portare a termine una nuova procedura concorsuale finalizzata al reclutamento di diverse centinaia di allievi agenti di pubblica sicurezza, in quanto i medesimi debbono prima essere avviati a corsi di addestramento e non sarebbero di fatto operativi prima del dicembre 2015;
   una soluzione alternativa e rappresentata da una rettifica della graduatoria finale; ed ampliamento, in prima aliquota, di 672 posti dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica e agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione dei titoli del concorso per 964 allievi agenti della polizia di Stato;
   l'ampliamento e lo scorrimento delle graduatorie vigenti garantirebbe la copertura delle unità necessarie di agenti di pubblica sicurezza per il prossimo giugno 2014, quindi in tempo utile per l'Esposizione universale di Milano;
   tale soluzione è stata, peraltro, adottata mediante decreto dirigenziale dall'Arma dei carabinieri, la quale ha avviato una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1886 allievi carabinieri. Nella fattispecie, non solo sono stati assunti i vincitori, ma anche 48 idonei non vincitori, ovvero tutti i restanti idonei presenti in graduatoria, che è stata così esaurita;
   va tenuto conto dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa e della necessità di contenere i costi gravanti sull'amministrazione pubblica per la gestione delle procedure di reclutamento e addestramento di nuovi agenti di pubblica sicurezza –:
   se non ritenga opportuno assumere immediatamente le restanti 672 unità (160 vincitori in seconda aliquota nonché 512 idonei non vincitori) dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso di allievi agenti della polizia di Stato. (4-05863)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede al Governo di procedere all'assunzione degli idonei dell'ultimo concorso per 964 allievi agenti della polizia di stato, al fine di consentire l'impiego di nuove forze dell'ordine in occasione dell'Expo 2015 di Milano, che richiederà un forte impegno da parte delle forze di polizia.
  Il tema evidenziato è da tempo all'attenzione dell'amministrazione dell'interno, a cui sono ben note le aspirazioni degli idonei.
  Prima del recentissimo intervento del Parlamento, non è stato possibile venire incontro alle aspettative degli interessati, per i limiti posti dal codice dell'ordinamento militare. In base a tali disposizioni, infatti, i posti da mettere a concorso per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle forze di polizia sono determinati attraverso un meccanismo assunzionale del tutto peculiare, modellato sulle specifiche esigenze della difesa e correlato alla necessità di garantire, con cadenza periodica predeterminata, un sufficiente numero di volontari.
  Tra le altre criticità vi era quella di salvaguardare i diritti dei vincitori appartenenti alla cosiddetta seconda aliquota e in ferma quadriennale, per i quali sussisteva l'obiettivo pericolo di uno scavalcamento da parte degli idonei, con elevati rischi di contenzioso.
  È stato anche rilevato come l'assunzione degli idonei dei concorsi già espletati avrebbe comportato l'incorporamento di personale con una maggiore anzianità anagrafica, con ulteriori ripercussioni negative sul problema dell'innalzamento dell'età media del personale delle forze di polizia.
  In presenza di tali vincoli il Parlamento, in sede di recentissima conversione del decreto-legge n. 90, ha risolto il problema realizzando un equilibrato bilanciamento dei vari interessi in gioco.
  Intanto perché l'autorizzazione allo scorrimento delle graduatorie in favore degli idonei, ivi contenuta, riguarda i soli concorsi di accesso alle forze di polizia indetti nel 2013 e, quindi, per quanto concerne la polizia di Stato, esclusivamente il concorso a 964 posti, con un impatto contenuto sul sistema di reclutamento.
  Inoltre, il ricorso allo scorrimento trova la sua motivazione nelle maggiori esigenze connesse alla sicurezza di Expo 2015, rendendo evidente il suo carattere di misura del tutto straordinaria.
  In attuazione del predetto decreto-legge tutti i 502 idonei del concorso a 964 posti sono stati già dichiarati vincitori con decreto del capo della polizia del 25 agosto 2014 e sono stati convocati per la frequenza del relativo corso di formazione, che è iniziato il 16 settembre 2014, presso le scuole allievi agenti di Alessandria e Brescia. Ai 502 allievi se ne aggiungeranno altri 6, provenienti da altri concorsi, per effetto di pronunce cautelari e definitive.
  Nei prossimi mesi, inoltre, sarà inviato alla ferma quadriennale nelle forze armate, come previsto dalla normativa vigente, il contingente di 160 unità, cioè le cosiddette seconde aliquote del predetto corso.
  Peraltro, la polizia di Stato immetterà a breve ulteriori 407 unità provenienti dalla seconda aliquota di vincitori del concorso bandito nel 2008, che si andranno ad aggiungere alle 923 unità che stanno completando il corso di formazione collegato al concorso del 2013.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.