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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 20 ottobre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


  La Camera,
   premesso che:
    il 9 ottobre 2014, il Consiglio dell'Unione europea ha proceduto alla declassificazione delle «Direttive di negoziato sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America», cioè del mandato sulla cui base lo stesso Consiglio aveva autorizzato la Commissione europea, il 14 giugno 2013, ad avviare e sviluppare il negoziato bilaterale con gli Stati Uniti d'America;
    l'analisi delle sopradette «Direttive» conferma, anzitutto, che l'obiettivo dello sviluppo del partenariato transatlantico sugli scambi e sugli investimenti – ovvero di una reciproca liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, attraverso un accordo concernente accesso al mercato, ostacoli non tariffari e questioni normative, che si traduca in «un risultato equilibrato tra la soppressione dei dazi, l'eliminazione di inutili ostacoli normativi agli scambi e il miglioramento normativo» – assume a suo fondamento «principi e valori comuni coerenti con i principi e gli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione»;
    al riguardo, le «Direttive» prevedono che il preambolo dell'accordo «dovrà contenere, tra l'altro, i seguenti richiami: i valori condivisi in aree come i diritti umani, le libertà fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto; l'impegno delle Parti a favore dello sviluppo sostenibile e il contributo del commercio internazionale allo sviluppo sostenibile per quanto riguarda i suoi aspetti economici, sociali e ambientali, inclusi lo sviluppo economico, l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti, nonché la tutela e la conservazione dell'ambiente e delle risorse naturali; l'impegno delle Parti per la conclusione di un accordo pienamente coerente con i loro diritti e obblighi derivanti dall'OMC e favorevole al sistema di scambi multilaterali; il diritto delle Parti di prendere le misure necessarie per realizzare obiettivi legittimi di politica pubblica in base al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei lavoratori, dei consumatori, dell'ambiente e della promozione della diversità culturale sancita dalla convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, che esse ritengono appropriato; l'obiettivo, che le Parti condividono, di tenere conto dei problemi specifici che le piccole e medie imprese devono affrontare quando partecipano allo sviluppo degli scambi commerciali e degli investimenti; l'impegno delle Parti di comunicare con tutte le altre parti interessate, compresi il settore privato e le organizzazioni della società civile»;
    conseguentemente, le «Direttive» indicano, in sede di «obiettivi», che «l'accordo deve riconoscere che lo sviluppo sostenibile costituisce un obiettivo essenziale delle Parti, le quali intendono anche garantire e facilitare il rispetto degli accordi e delle norme internazionali in materia ambientale e del lavoro promuovendo, nel contempo, elevati livelli di tutela dell'ambiente, del lavoro e dei consumatori, coerenti con l’acquis dell'Unione europea e la legislazione degli Stati membri. L'accordo deve riconoscere che le Parti non promuoveranno gli scambi o gli investimenti diretti esteri rendendo meno severe la legislazione e le norme nazionali in materia di ambiente, lavoro, salute e sicurezza sul lavoro o meno rigide le politiche e le norme fondamentali del lavoro o le disposizioni legislative finalizzate alla tutela e alla promozione della diversità culturale»;
    pertanto, per quel che riguarda gli scambi di merci, le «Direttive» segnalano che «l'obiettivo è sopprimere tutti i dazi sugli scambi bilaterali, con lo scopo comune di raggiungere una sostanziale eliminazione delle tariffe al momento dell'entrata in vigore dell'accordo e una graduale abolizione di tutte le tariffe, salvo quelle più sensibili, in un breve arco di tempo» e, quanto alle norme di origine, che «i negoziati mireranno a conciliare l'approccio dell'UE e degli Stati Uniti in materia di norme di origine in modo da facilitare il commercio tra le Parti e tenere conto delle norme di origine dell'UE e degli interessi dei produttori dell'Unione», prevedendo comunque «una clausola sulle misure antidumping e compensative, la quale riconosca che una qualsiasi delle Parti può prendere le misure appropriate contro il dumping e/o sovvenzioni compensative (...)», nonché «una clausola di salvaguardia bilaterale che consenta ad una qualsiasi delle parti di rimuovere, in parte o integralmente, le preferenze se l'aumento delle importazioni di un prodotto proveniente dall'altra Parte arreca o minaccia di arrecare un grave pregiudizio alla sua industria nazionale»;
    quanto agli scambi di servizi, le «Direttive» annotano che «i negoziati sugli scambi devono tendere a vincolare l'esistente livello autonomo di liberalizzazione di entrambe le Parti al livello di liberalizzazione più elevato raggiunto dagli attuali accordi di libero scambio (...)», fermo restando che la Commissione europea «deve inoltre provvedere affinché nessuna disposizione dell'accordo vieti alle Parti di applicare le loro disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni concernenti l'ingresso e il soggiorno purché queste ultime non annullino o compromettano i vantaggi derivanti dall'accordo»;
    restano, inoltre, «applicabili le disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni dell'UE e degli Stati membri in materia di lavoro» e «l'elevata qualità dei servizi pubblici dell'UE deve essere preservata conformemente al TFUE e, in particolare, al protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale e tenendo conto dell'impegno dell'UE in tale settore, compreso il GATS»;
    sul versante della tutela degli investimenti, ancora, le «Direttive» assumono, quale obiettivo dei negoziati, «disposizioni sulla liberalizzazione e sulla tutela degli investimenti, inclusi i settori di competenza mista quali gli investimenti di portafoglio e gli aspetti della proprietà e dell'esproprio, in base ai livelli più elevati di liberalizzazione e agli standard di tutela più alti che entrambe le Parti abbiano negoziato finora», precisando, altresì, che «previa consultazione con gli Stati membri e conformemente ai trattati UE, l'inclusione della tutela degli investimenti e della risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS) dipenderà dall'eventuale raggiungimento di una soluzione soddisfacente rispondente agli interessi dell'UE (...)», anche in riferimento al non pregiudizio del diritto dell'Ue e degli Stati membri «di adottare e applicare, conformemente alle loro rispettive competenze, le misure necessarie al perseguimento non discriminatorio di legittimi interessi di politica pubblica negli ambiti sociale, ambientale, della sicurezza nazionale, della stabilità del sistema finanziario, della salute pubblica e della sicurezza»;
    in materia, poi, di appalti pubblici «l'accordo deve essere volto a rafforzare l'accesso reciproco ai mercati degli appalti pubblici a ogni livello amministrativo (nazionale, regionale e locale) e a quello dei servizi pubblici, in modo da applicarsi alle attività pertinenti delle imprese operanti in tale campo e garantire un trattamento non meno favorevole di quello riconosciuto ai fornitori stabili in loco», perseguendo una «compatibilità normativa», che tuttavia «non deve pregiudicare il diritto di legiferare conformemente al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei consumatori, del lavoro, dell'ambiente e della diversità culturale che ogni Parte ritiene appropriato o di realizzare in altro modo obiettivi normativi legittimi»;
    i negoziati, in particolare, «mireranno a prevedere una protezione rafforzata e il riconoscimento mediante l'accordo delle indicazioni geografiche dell'UE, basandosi sui TRIPS e integrandoli, affrontando inoltre il rapporto con la loro precedente utilizzazione sul mercato statunitense al fine di risolvere in modo soddisfacente i conflitti esistenti» e «prenderanno in considerazione misure per facilitare e promuovere lo scambio di merci rispettose dell'ambiente e a basse emissioni di carbonio, beni, servizi e tecnologie caratterizzati da un uso efficiente dell'energia e delle risorse, anche tramite appalti pubblici verdi e un sostegno alle scelte di acquisto informate da parte dei consumatori»;
    l'accordo deve, altresì, «contemplare disposizioni a sostegno delle norme riconosciute a livello internazionale in materia di responsabilità sociale delle imprese, nonché di conservazione, gestione sostenibile e promozione del commercio di risorse naturali sostenibili (...)», mirando «a garantire un contesto imprenditoriale aperto, trasparente e prevedibile in campo energetico e ad assicurare un accesso illimitato e sostenibile alle materie prime» ed includendo «aspetti connessi al commercio che interessano le piccole e medie imprese»;
    la scelta di procedere alla declassificazione delle «Direttive» – fin qui rapidamente sintetizzate ed originariamente assunte come documento riservato ai fini dell'efficacia della strategia negoziale – può, dunque, certamente contribuire a chiarire interrogativi, dubbi e preoccupazioni da più parti avanzati circa l'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo – con particolare riferimento agli effetti del partenariato transatlantico rispetto al sistema delle piccole e medie imprese, agli standard europei di salute e sicurezza della filiera agroalimentare e di tutela ambientale, al riconoscimento delle indicazioni d'origine ed al contrasto della contraffazione, alla risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ai diritti del lavoro, alla liberalizzazione dei servizi e degli appalti pubblici – poiché ne emerge un mandato negoziale di fondo per cui il perseguimento del maggiore coordinamento normativo e regolamentare transatlantico – ai fini della riduzione di barriere, duplicazioni e costi superflui – non implica riduzione della qualità della regolazione posta a tutela dell'ambiente, della salute e della sicurezza, così come, su altro ed essenziale versante, la tutela degli investimenti dalla discriminazione, dall'espropriazione e dal trattamento ingiusto ed iniquo, può anche chiamare in causa meccanismi di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (Isds – Investor State dispute settlement), ma senza che ciò mini la possibilità della salvaguardia di legittimi interessi di politica pubblica;
    del resto, il capo negoziatore dell'Unione europea, Ignacio Garcia Bercero, facendo il punto, il 3 ottobre 2041, sull'andamento del negoziato a conclusione del settimo round, ha sottolineato la chiarezza e la fermezza del mandato ricevuto circa il punto che «non sarà fatto nulla che possa indebolire o danneggiare la protezione dell'ambiente, della salute, della sicurezza, dei consumatori o qualsiasi altro obiettivo delle politiche pubbliche perseguito dai regolatori dell'Ue o degli USA» e che, quanto ai servizi, «i Governi restano liberi di decidere in qualsiasi momento che certi servizi siano forniti dal settore pubblico», mentre il Commissario europeo designato, Cecilia Malmström, ha riaffermato, nella sua audizione al Parlamento europeo, che i processi decisionali sulle nuove regolazioni rimarranno soggetti agli esistenti controlli democratici;
    pur essendo fin d'ora chiaro il potenziale del processo di compiuta liberalizzazione di un'area il cui interscambio di beni e servizi vale, già oggi, circa due miliardi di euro al giorno, meritano, comunque, attenta verifica le principali stime fin qui effettuate in ordine all'impatto economico dell'accordo cifrato, in uno scenario di piena attuazione, in 120 miliardi di euro l'anno aggiuntivi a beneficio dell'economia europea, in 90 miliardi di uro a beneficio dell'economia statunitense e in 100 miliardi di euro a beneficio delle altre aree economiche mondiali;
    è, peraltro, evidente il più ampio significato geopolitico del TTIP, poiché – rappresentando le parti interessate circa la metà della produzione mondiale – l'accordo potrebbe assumere il rilievo di uno «standard globale» e concorrere al rafforzamento di modelli di governo democratico della globalizzazione oggi più che mai necessari;
    per quel che specificamente riguarda l'Italia, la «Stima degli impatti sull'economia italiana derivanti dall'accordo di libero scambio USA-UE» – effettuata, a giugno del 2013, da Prometeia – evidenzia che: «Un'estensione ampia dell'accordo di liberalizzazione potrebbe incidere in misura apprezzabile sulla crescita italiana e degli altri paesi coinvolti, arrivando a sfiorare il mezzo punto percentuale per la nostra economia. In questo caso, a tre anni dall'applicazione dell'accordo il Pil aumenterebbe, al netto dell'inflazione, di 5,6 miliardi di euro e l'occupazione totale di circa 30 mila unità»;
    l'ICE – osservando che «i benefici dell'accordo per le imprese europee discenderebbero da una barriera protezionistica “differenziale”, data dalla preferenza per i prodotti europei negli Stati Uniti e americani nell'Unione europea in seguito all'eliminazione dei dazi e degli altri ostacoli al commercio», che «equivarrebbe ad un dazio (o misura di effetto equivalente) “differenziale” sulle merci degli esportatori dei paesi esclusi dall'accordo» – ha sottolineato che in ragione del considerevole «peso relativo sull'export verso gli USA di meccanica, moda, alimentari e bevande, con produzioni sensibili al prezzo ed esposte alla concorrenza asiatica, il “dazio differenziale” aiuterebbe la produzione italiana più di quanto favorirebbe quella di un paese con produzione più differenziata o a maggiore valore aggiunto o che esporta beni a domanda più rigida»;
    al riguardo – come osservato da Confindustria – sarebbe comunque utile «adottare una prospettiva diversa e più ampia nel calcolare le ricadute di questo accordo e degli altri a venire (...). L'analisi d'impatto che la Commissione prevede di condurre a negoziati avviati, anziché limitarsi agli effetti sui flussi commerciali, potrebbe utilmente approfondire le implicazioni dell'accordo sui due sistemi produttivi e trarne al più presto le necessarie conseguenze in termini di politiche industriali e di rafforzamento del proprio settore manifatturiero»;
    peraltro, la portata potenziale dell'accordo e la sua effettiva traduzione in occasione di costruzione di occupazione e crescita aggiuntive chiamano certamente in causa la capacità di coordinamento delle politiche economiche nell'area transatlantica, nonché, in particolare, il coordinamento, pur nella consapevolezza della loro diversità di missione, delle scelte di politica monetaria operate dalla Banca centrale europea e dalla Federal Reserve allo scopo di contrastare sfasature negli interventi e rischi di «conflitti valutari»,

impegna il Governo:

   ad agire, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, affinché siano concretamente valorizzate le previsioni delle «Direttive di negoziato sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America» circa l'impegno della Commissione europea a sviluppare, nel corso della trattativa, «un dialogo regolare con tutte le pertinenti parti interessate della società civile» e ciò, in particolare, in occasione dei diversi round del negoziato, allo scopo di consentire di valutarne l'avanzamento rispetto all'impostazione del mandato originario;
   ad agire ancora, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, affinché siano concretamente valorizzate le previsioni delle sopradette «Direttive» circa l'esame dell'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo «mediante una valutazione d'impatto per la sostenibilità (SIA) indipendente, cui partecipi la società civile, che sarà condotta in parallelo ai negoziati e che sarà conclusa prima della sigla dell'accordo», integrando altresì le stime sugli effetti economici dell'accordo fin qui effettuate con un approfondimento delle sue refluenze sulla struttura dei sistemi produttivi coinvolti nel partenariato, sui loro divari di competitività e sulle conseguenti necessità d'intervento, considerato che il Consiglio dell'Unione europea potrebbe indicare come procedere in tal senso, sia ai fini dell'individuazione delle risorse disponibili per effettuare tale valutazione che per la scelta del soggetto che la condurrà;
   a vigilare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, su un approccio equilibrato ai meccanismi arbitrali Investor State dispute settlement (Isds), che tenga presente le ragioni della tutela della qualità dei servizi pubblici essenziali, dei diritti sociali e del lavoro e delle norme ambientali;
   a riaffermare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea e in sede di confronto con il Consiglio e con la Commissione europea, la necessità per il settore alimentare – ai fini dell'avanzamento del negoziato Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) – del riconoscimento delle indicazioni geografiche (IIGG) e del contrasto dell’«italian sounding» e, più in generale, la rilevanza delle barriere non tariffarie, di natura tecnico-regolamentare, quale ostacolo all'accesso al mercato statunitense da parte delle imprese europee;
   a sottolineare, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, l'importanza di un approccio al negoziato Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) particolarmente attento alla valorizzazione delle sue opportunità per le piccole e medie imprese e, dunque, alla messa in opera di ogni utile strumento di supporto all'accrescimento della partecipazione di dette imprese all'interscambio commerciale dell'area transatlantica, a partire dagli appositi help-desk già discussi in sede di trattativa;
   a sospingere dunque – in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea e con l'adeguato coinvolgimento del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, cui regolarmente riferire circa stato e sviluppi delle trattative – il tempestivo avanzamento del negoziato, affinché, proprio prendendo le mosse dalla scelta di de-secretazione del mandato negoziale, si proceda alla definizione degli obiettivi effettivamente raggiungibili e della conseguente tabella di marcia, cercando di cogliere – come è anche emerso nel corso dell'appuntamento di Roma sul Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) del 14 ottobre 2014, evento promosso dalla Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea – la finestra di opportunità per la conclusione di un accordo, finestra che si protrarrà fino ai primi mesi del 2016, a ridosso delle primarie americane.
(1-00630) «Taranto, Benamati, Amendola, Berlinghieri, Gentiloni Silveri, Martella, Quartapelle Procopio, Tidei, Ginefra, Senaldi, Bargero, Scuvera, Albini, Iacono, Bonomo, Montroni, Petitti, Schirò, Camani, Giulietti».


  La Camera,
   premesso che:
    si rileva la straordinaria importanza dei negoziati in corso tra la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti, finalizzati alla creazione di un Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Transatlantic trade and investment partnership, TTIP;
    si sottolinea, da un lato, come dal raggiungimento di un accordo tra la Commissione europea ed il Governo degli Stati Uniti possa sorgere il più grande e ricco mercato del mondo, con potenziali effetti positivi per le imprese di entrambi i contraenti e come, dall'altro, sussistano tuttavia anche importanti elementi d'incertezza sulla natura del partenariato che si sta negoziando;
    in particolare, l'Unione Europea è un'area economica ad alto tasso di regolamentazione, mentre gli Stati Uniti hanno sperimentato nel corso degli ultimi decenni un'intensa deregulation; si delinea così l'adesione delle due parti negozianti a modelli sociali profondamente differenti;
    sotto il profilo dei contenuti, esistono orientamenti radicalmente differenti negli Stati Uniti e nell'Unione Europea in alcune materie sensibili, come la commerciabilità dei prodotti agricoli geneticamente modificati;
    indiscrezioni sull'andamento dei negoziati euro-americani stanno lasciando intendere che potrebbero essere eliminate anche le barriere non tariffarie che proteggono alcune caratteristiche socio-economiche e culturali dei Paesi membri dell'Unione europea, al punto che si dubita persino della sostenibilità a lungo termine del modello della cosiddetta «economia sociale di mercato»;
    è conseguentemente della massima importanza conoscere, comprendere e discutere l'assetto normativo che assumerà l'area transatlantica in via di realizzazione, anche per potervi incidere in modo funzionale agli interessi del nostro Paese ed alle legittime aspettative della sua opinione pubblica;
    destano preoccupazione:
     a) le sorti di interi comparti produttivi europei, come l'agroalimentare ed i settori a più alta intensità di tecnologia, che rischiano di essere esposti alla concorrenza delle imprese d'oltreoceano, in grado di sfruttare vantaggi competitivi semplicemente incolmabili per le aziende europee, si pensi, ad esempio, alla grande differenza dimensionale che esiste, per ragioni storiche e culturali non trascurabili, tra le farm americane e le imprese agricole europee;
     b) la possibilità che i mercati dell'Unione europea siano invasi da prodotti agroalimentari o farmaceutici non garantiti secondo gli standard imposti dalla disciplina comunitaria;
     c) quanto filtra a proposito del diritto che le imprese nordamericane si vedrebbero riconoscere a citare in giudizio gli Stati europei dai quali si ritenessero danneggiate, ad esempio in materia di appalti, causa tra l'altro di una crescente opposizione della Germania all'avanzata delle trattative;
     d) la possibilità che dalla creazione della partnership transatlantica derivi, altresì, una notevole compressione dell'autonomia politica dell'Unione europea, che potrebbe trovarsi a dover dare automatica attuazione alle scelte degli Stati Uniti in materia di concessione o revoca della clausola della nazione più favorita, rendendo automatica l'adesione dell'Unione europea alle strategie sanzionatorie deliberate dall'amministrazione e dal Congresso statunitensi;
    negli ultimi 18 mesi i Governi della Repubblica hanno sistematicamente espresso l'appoggio pressoché incondizionato del nostro Paese al successo dei negoziati per il TTIP senza aver sottoposto la questione al preventivo vaglio del Parlamento, come se si trattasse di un accordo tecnico di secondaria importanza;
    si registra la perdurante assenza di un vero dibattito nel Parlamento e nel Paese sull'argomento, imputabile in larga misura alla mancanza di informazioni affidabili;
    è ormai indifferibile l'apertura di un confronto serio sulle questioni oggetto del partenariato transatlantico in via di negoziazione, alla luce della rilevanza e potenziale irreversibilità dei suoi effetti,

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza che il loro contenuto potrebbe avere sul diritto e sul futuro socio-economico degli Stati membri dell'Unione europea, anche in ambiti non strettamente commerciali;
   ad informare tempestivamente il Parlamento ed il Paese circa l'andamento ed i contenuti del negoziato finalizzato alla creazione del Partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, finora svoltosi in un clima di ingiustificata segretezza, nonché in merito alle posizioni che hanno, nei confronti del Transatlantic trade and investment partnership (TTIP), i principali Stati membri dell'Unione europea;
   ad adoperarsi in tutte le sedi competenti affinché nel negoziato con gli Stati Uniti trovino adeguata tutela gli interessi dei Paesi europei e dell'Italia in particolare, scongiurando in primo luogo il rischio che la realizzazione del Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) possa implicare il completo smantellamento della Politica agricola comune e del sistema regolatorio creato a tutela del consumatore europeo, a partire dalle norme che limitano la vendita nell'Unione europea dei prodotti geneticamente modificati;
   a respingere qualsiasi ipotesi di intesa transatlantica suscettibile di cristallizzare ed amplificare i vantaggi competitivi di cui le imprese nordamericane godono nei confronti di quelle europee in numerosi comparti, dall'agricoltura all'aerospazio;
   ad adoperarsi affinché i negoziatori della Commissione europea difendano la specificità socio-economica ed identitaria del modello europeo rispetto a qualsiasi disposizione dell'accordo che possa minacciarla e tutelino l'Unione europea dal rischio di perdere la propria autonomia politica in materia di commercio estero e di eventuali regimi sanzionatori.
(1-00631) «Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini, Simonetti».


  La Camera,
   premesso che:
    l'8 luglio 2013 si è svolta a Washington la prima sessione negoziale, finalizzata alla conclusione di un importante accordo di libero scambio economico Usa-Unione europea: l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (Transatlantic trade and investment partnership – TTIP);
    il trattato, che si presenta come un accordo di ampia portata volto ad includere la riduzione delle barriere normative non tariffarie al commercio di beni e servizi, l'accesso alle commesse pubbliche, la definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e gli investimenti, è stato ritenuto dai Presidenti Barroso, Van Rompuy e Obama, come uno degli strumenti di maggiore rilevanza, attraverso il quale il TTIP potrà sostenere sia l'economia europea, che quella americana;
    la conclusione positiva del TTIP, in base ad alcune stime, determinerebbe, a tal fine, una serie di ricadute estremamente positive sull'occupazione e la crescita per entrambe le sponde dell'Atlantico, i cui vantaggi prodotti da un futuro accordo deriverebbero, per una quota compresa fra i due terzi e i quattro quinti, dal taglio della burocrazia e da un più intenso coordinamento fra le autorità di regolamentazione;
    la Commissione europea, a tal fine, ha stimato che dal presente anno 2014 fino al 2027 il prodotto interno lordo dell'Unione europea, in caso di una definizione favorevole dell'accordo, beneficerebbe un aumento annuo medio dello 0,4 per cento, mentre quello americano dello 0,5 per cento, a differenza di altre stime che evidenziano invece elevati aumenti del prodotto interno lordo pro capite (quasi il 5 per cento in più per l'Italia);
    gli effetti vantaggiosi determinati dall'eventuale conclusione di un propizio accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America potrebbero, inoltre, recuperare l'iniziativa sul piano della definizione degli standard e delle regole del commercio internazionale;
    l'accordo, tuttavia, potrebbe essere largamente ridimensionato nel corso del negoziato a causa di una molteplicità di difficoltà connesse, dalla difficile armonizzazione degli standard tecnici e degli approcci alla regolamentazione in settori industriali strategici, dalla regolamentazione dei mercati finanziari, dalla protezione dei dati personali e della proprietà intellettuale alle commesse pubbliche e ai sussidi alle imprese locali;
    una vasta parte dell'opinione pubblica si interroga, a tal fine, sull'effettivo significato del valore del TTIP, il cui rapporto nella regolamentazione si propone di individuare metodi razionali per rendere maggiormente compatibili tra loro la regolamentazione dell'Unione europea con quella degli Stati Uniti, garantendo, al contempo, un'adeguata tutela dei cittadini;
    a tal fine risulta importante rilevare che i contenuti dell'accordo di libero scambio sono stati ufficialmente resi noti dall'Unione europea soltanto di recente, attraverso un documento predisposto dal Consiglio dell'Unione europea e composto da 18 pagine, datato 9 ottobre 2014, all'interno del quale tra i 46 obiettivi indicati dall'intesa è inclusa l'apertura del mercato statunitense degli appalti pubblici, nonché l'introduzione dell'arbitrato internazionale Stato-imprese, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), il cui meccanismo consentirà agli investitori di citare in giudizio i Governi presso le corti arbitrali internazionali;
    la decisione di declassificare le direttive negoziali, se, da un lato, costituisce un indubitabile aspetto condivisibile, in particolare se rapportato alla possibile incidenza che il nostro Paese potrà determinare nel corso del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, conferma tuttavia il permanere di una complessiva mancanza di trasparenza e di scarse informazioni rivolte, ad esempio, agli standard su lavoro, ambiente, legislazione sanitaria, prezzi dei farmaci, libero utilizzo di internet, privacy dei consumatori, energia, brevetti e materia di copyright e albi professionali;
    una riduzione di regole e normative, come sostengono fra l'altro alcune numerose organizzazioni non governative, se per alcuni aspetti può liberare le economie di entrambi i continenti, rilanciando la crescita e migliorando i livelli di competitività, dall'altro, se non adeguatamente monitorata, può determinare ripercussioni gravissime, innanzitutto su un comparto strategico dell'economia italiana quale quello agro-alimentare che, in questa trattativa, gli Usa considerano strategico;
    il Presidente del Consiglio dei Ministri la scorsa settimana, esprimendo il suo parere nell'ambito del TTIP, ha rilevato che il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea deve rappresentare l'occasione per un salto di qualità e uno scatto in avanti per la definizione dell'accordo di libero scambio Unione europea-Usa, aggiungendo inoltre che esso rappresenta una fondamentale scelta strategica;
    le difficoltà connesse alla tempistica per la conclusione dei negoziati, che si auspicava nel corso del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, sono imputabili ad una serie di rallentamenti dovuti all'insediamento della nuova Commissione europea e del nuovo Consiglio e degli impegni degli Stati Uniti nelle trattative per il partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America, che rendono improbabile ogni decisione finale, nonostante la crisi in Ucraina e le decisioni sanzionatorie nei riguardi della Federazione russa avessero paradossalmente determinato un imprevisto salto di qualità nell'intesa e solidarietà tra Europa e Usa, rafforzando il rapporto transatlantico in tutte le sue dimensioni: da quella della sicurezza a quella della cooperazione economica e commerciale, fino alla cooperazione nel campo dell'energia;
    una valutazione complessiva sulla regolamentazione che il TTIP intende compiere in maniera risolutiva per i prossimi anni, risulta pertanto prematura, anche in considerazione delle articolate osservazioni in precedenza richiamate, per consentire una previsione ottimistica delle prospettive di ciò che, tuttavia, rimane il più ambizioso progetto transatlantico di cooperazione;
    le rispettive offerte nell'ambito del partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), che può rappresentare uno strumento utile di stimolo alla crescita per l'Unione europea, assumono per l'Italia un valore strategico e fondamentale sia economico che d'immagine, in considerazione della centralità che il sistema Paese riveste a livello planetario con il made in Italy, le cui caratteristiche uniche ed inimitabili riassumono valori distintivi riconosciuti, non soltanto in Europa e negli Stati Uniti, ma a livello pressoché globale;
    la necessità di vigilare, con particolare attenzione, attraverso un impulso politico rigoroso e incisivo, sul proseguimento dei negoziati al fine di valutare quali scelte decisionali sono state assunte all'interno del futuro accordo per la creazione di un'area transatlantica di libero scambio, riveste pertanto un'importanza determinante per l'Italia, proprio in considerazione del prestigio che il made in Italy riveste a livello nazionale e mondiale;
    rafforzare la leadership italiana e tutti gli attori della filiera coinvolti nella realizzazione delle eccellenze del made in Italy, autentico baluardo dei valori nazionali, nell'ambito dei processi decisionali, del TTIP nei riguardi della vasta gamma dei prodotti offerti sui mercati internazionali, costituisce, a tal fine, una priorità per l'Esecutivo italiano da salvaguardare e tutelare nei diversi capitoli del negoziato, in un'ottica di mutuo vantaggio,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente nelle sedi istituzionali competenti circa l'evoluzione del processo negoziale riferito al partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), che si presenta come un accordo di portata molto ampia, come richiesto dalle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio per gli accordi preferenziali di commercio internazionale, coinvolgendo con maggiore partecipazione anche il Parlamento nei «pacchetti legislativi» che s'intendono proporre;
   a monitorare lo svolgimento delle trattative, con particolare attenzione, affinché ogni decisione intrapresa nell'ambito dei negoziati Unione europea-Usa non produca effetti negativi e penalizzanti per il sistema del made in Italy, il cui giro d'affari, pari a 62 miliardi di euro per il 2014 e 47 miliardi di euro per l’export, implica l'esigenza di innalzare i livelli di tutela e di salvaguardia dei prodotti italiani, in particolare quelli dell'agroalimentare, all'interno dei processi decisionali che s'intendono prevedere nel Transatlantic trade and investment partnership (TTIP);
   ad intervenire in sede europea – in attesa di ulteriori elementi informativi, oltre al documento declassificato da parte del Consiglio dell'Unione europea, datato 9 ottobre 2014, che non risulta essere esaustivo, considerando la vastità delle materie interessate – al fine di chiarire che i negoziati sul Transatlantic trade and investment partnership (TTIP) non determineranno un abbassamento degli standard in materia di sicurezza, ambiente, agroalimentare italiano e tutela dei consumatori finali, e negli altri settori in precedenza riportati;
   a prevedere meccanismi di tutela e salvaguardia per il sistema delle piccole e medie imprese, che rappresentano il tessuto connettivo dell'economia europea, arrivando a rappresentare il 99,8 per cento del totale delle imprese europee, al fine di evitare che il quadro regolatorio definito dalle scelte conclusive dell'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America possa essere sbilanciato a vantaggio delle imprese di grande dimensione;
   a perseguire ogni utile iniziativa in sede comunitaria, affinché il partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP) possa ridurre in maniera significativa gli oneri burocratici, considerando che le conseguenze favorevoli di ciò inciderebbero positivamente sui costi delle attività economiche transatlantiche, facilitando per le imprese il compito di rispettare contemporaneamente la legislazione europea e quella americana, la cui semplificazione potrebbe garantire per le rispettive economie una nuova crescita per alcuni miliardi di euro.
(1-00632) «Palese».


  La Camera,
   premesso che:
    diventa sempre più diffuso tra i cittadini l'allarme relativo a rischi sanitari collegati al fenomeno migratorio, vista la presenza di emergenze epidemiologiche in zone da cui si spostano quotidianamente persone che decidono di migrare in Europa;
    è, ora più che mai, evidente il bisogno di un cambio di strategia nel rispondere ai fenomeni in atto, caratterizzati da afflussi contingenti di profughi di intensità straordinaria, provenienti da situazioni di guerra o violenza generalizzata, in aree in cui spesso si associano condizioni sanitarie ad alto rischio, che necessariamente chiamano in causa la capacità di intervento e di mobilitare risorse da parte di tutta l'Unione europea;
    su tutti, l'allarme ebola; al riguardo, di recente, il presidente della Commissione dell'Unione europea, José Manuel Barroso, ha avuto modo di dichiarare: «L'Ebola può diventare una catastrofe umanitaria di grandissime dimensioni: non è solo un problema dei paesi africani che stanno soffrendo molto per il virus», l'epidemia è una «responsabilità di tutta la comunità internazionale», e ha aggiunto: «Insieme agli Usa ed ai partner internazionali va rafforzato il lavoro. L'ebola è una della priorità principali dell'agenda Ue e nel consiglio Ue sarà deciso qualcosa a riguardo»;
    l'epidemia ha preso avvio nella forest region della Guinea, ai confini con la Sierra Leone e la Liberia, e ha coinvolto successivamente la capitale Conakry. Il primo caso in Liberia è stato notificato il 30 marzo 2014 e in Sierra Leone il 25 maggio 2014; dal dicembre del 2013, ossia da quando l'epidemia avrebbe avuto effettivamente inizio, al 3 ottobre 2014 sono stati riportati dall'Organizzazione mondiale della sanità 7.470 casi probabili, confermati e sospetti, inclusi 3.431 decessi, con un tasso di letalità del 46 per cento in Guinea, Liberia e Sierra Leone;
    in Nigeria, dove il virus ebola è stato introdotto nel mese di luglio 2014 dalla Liberia, sono stati registrati 20 casi e 8 decessi. Oltre al caso indice, si sono verificati casi secondari e terziari e, dopo il focolaio iniziale di Lagos, un cluster di casi è stato registrato a Port Harcourt, nello Stato di Rivers, con tre casi confermati. In Senegal è stato registrato un solo caso di importazione dalla Guinea senza ulteriori casi secondari. Sia in Nigeria che in Senegal è stato completato il periodo di sorveglianza sanitaria di 21 giorni senza evidenza di nuovi casi di malattia;
    il focolaio attualmente in corso nella Repubblica democratica del Congo, con 70 casi, di cui l'ultimo isolato il 25 settembre 2014 e 43 decessi, è del tutto indipendente da quelli dei Paesi dell'Africa occidentale. Anche in Congo vengono messe in atto misure di sorveglianza nei confronti dei soggetti venuti in contatto con casi di malattia, che in gran parte hanno già superato il periodo di osservazione di 21 giorni senza sviluppare sintomi sospetti;
    la situazione è estremamente grave, motivo per il quale è necessario un intervento coordinato e anche estremamente rapido nei Paesi interessati per impedire che l'epidemia possa viaggiare;
    sia le Nazioni Unite sia l'Organizzazione mondiale della sanità hanno previsto che l'epidemia arriverà a un picco di 20.000 casi entro la fine del 2014, perché, ovviamente, si trasmette in modo esponenziale;
    si è passati dai pochi casi nel marzo 2014 ai dati odierni perché, come emerso nell'incontro di Washington sulla sicurezza sanitaria globale, si è di fronte ad un problema di infrastrutturazione dei sistemi sanitari nei Paesi del West Africa. Anche l'azione dell'Organizzazione mondiale della sanità, che è un'azione epidemiologica, non è riuscita a frenare il diffondersi dell'epidemia per motivi strutturali, in particolare per la mancanza di medici;
    si è in presenza di Paesi in cui c’è un medico ogni 100.000 persone, e con la popolazione sparsa in villaggi è evidente il rischio del diffondersi a macchia di leopardo dell'epidemia. Pertanto, ci sono stati anche casi di linciaggi di operatori sanitari che andavano, per esempio, a spruzzare disinfettanti. Questo è uno dei motivi per cui, per esempio, l'azione europea, in particolare quella italiana, è estremamente importante, attraverso l'opera di ong che si trovano nei territori da venti o trent'anni e sono estremamente accettate dalla popolazione;
    il livello dell'emergenza in Africa pone un tema sulla sicurezza dell'area globale e, in particolare, sulla sicurezza dei Paesi europei;
    il coordinamento delle misure sanitarie a livello europeo è sotto l'egida del Health Security Committee dell'Unione europea, che, oltre ad avvalersi della consulenza tecnica del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), si basa anche sulle raccomandazioni fornite dall'Organizzazione mondiale della sanità, la quale, al momento, non raccomanda restrizioni di viaggi o controlli all'ingresso;
    per quanto riguarda, in particolare, l'operazione Mare nostrum, di cui il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha annunciato l'imminente chiusura (da ultimo, nel corso dell'informativa urgente tenutasi alla Camera dei deputati il 16 ottobre 2014), la partecipazione del Ministero della salute con propri medici alle attività della Marina militare è volta a consentire, quando ancora i migranti sono a bordo e prima dello sbarco sul territorio italiano, i controlli sanitari per accertare la presenza e i sintomi sospetti di malattie infettive ai sensi del regolamento sanitario internazionale dell'Organizzazione mondiale della sanità;
    in caso di mancanza del medico del Ministero della salute a bordo, i controlli vengono effettuati a terra, prima dello smistamento dei migranti verso i vari centri di accoglienza;
    nonostante l'azione di prevenzione messa in campo, si sono comunque verificati casi che hanno destato l'allarme generale, in particolare per gli operatori e le forze dell'ordine quotidianamente coinvolti nelle operazioni di soccorso e di assistenza ai migranti; quest'estate, la stampa ha diffuso la notizia del caso di meningite accertato in un clandestino maliano sbarcato a Porto Empedocle ed ospite del centro d'accoglienza Villa Sikania di Siculiana, cui sono seguiti altri casi sospetti; sono stati riscontrati, hanno inoltre riassunto i media, 44 casi di scabbia, 4 di tubercolosi e, appunto, un caso di meningite;
    il pericolo di un'emergenza sanitaria non può essere sottovalutato in alcun modo, né può essere minimizzato il rischio a cui sono sottoposte in particolare le forze dell'ordine, svolgendo i servizi legati all'arrivo dei migranti: trascurare tutto questo e non portare avanti opportune iniziative di sicurezza, prevenzione e controllo è un atteggiamento che non garantisce a pieno il diritto alla tutela della salute sancito dalla Costituzione, nonché è segno di grave mancanza di rispetto e di considerazione verso gli operatori coinvolti e verso tutti i cittadini;
    il 1o novembre 2014 partirà Triton, l'operazione messa in campo da Frontex nelle acque del Mediterraneo, con un budget mensile di 2,9 milioni di euro (ovvero meno di un terzo di quanto Mare Nostrum costa all'Italia); quanto all'operatività, il mandato di Triton sembra essere il solo controllo dei confini e non il salvataggio in mare. Le navi e gli aerei impiegati potranno spingersi solo trenta miglia oltre le coste italiane e non fin davanti alle coste libiche, dove sarebbe necessario perché teatro della maggior parte dei naufragi. Non potranno, quindi, essere garantite operazioni di prevenzione come finora sono state fatte su Mare Nostrum. Il personale impiegato non potrà, infatti, come fa la Marina militare italiana, operare screening sanitari a bordo;
    è di tutta evidenza che, vista l'emergenza sanitaria, che non riguarda solo l'ebola, urge la necessità, a partire dall'operazione Triton, di un coinvolgimento e di un rafforzamento dei sistemi di controllo, sia con un'incentivazione delle procedure di sicurezza, sia con azioni di informazione più dettagliata nei confronti dei cittadini;
    è importante avviare un sistema di sorveglianza epidemiologica coordinata a livello globale, a partire dal livello europeo; è una questione di rilievo, soprattutto per l'area mediterranea, tutelare la sicurezza e la salute di quest'area geografica che ha delle esigenze particolari legate al continuo flusso di migranti provenienti da Paesi già colpiti da epidemie e ad alto rischio di contagio;
    la terrificante epidemia di ebola in almeno tre paesi dell'Africa occidentale (Nuova Guinea, Liberia e Sierra Leone) impone non soltanto di dare una risposta immediata per fermarne la diffusione, ma anche di ripensare le politiche legate alla sanità pubblica globale;
    la riunione svoltasi a Bruxelles il 16 ottobre 2014 dei Ministri della salute dell'Unione europea ha posto in evidenza l'incompletezza delle politiche sanitarie e la necessità di un maggior coordinamento tra gli Stati membri,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative volte a:
    a) provvedere all'interruzione dell'operazione Mare Nostrum, come già dichiarato dal Ministro dell'interno, Angelino Alfano, che ha annunciato, nel corso della recente informativa alla Camera dei deputati, la convocazione di un prossimo Consiglio dei Ministri nel corso del quale sarà stabilita e deliberata la conclusione dell'operazione;
    b) garantire, nell'ambito dell'operazione Triton, adeguati controlli sanitari direttamente a bordo delle navi;
    c) garantire massima tutela, in particolare per gli operatori sanitari e le forze dell'ordine quotidianamente coinvolti nelle operazioni di soccorso e accoglienza dei migranti, attraverso il rafforzamento delle procedure di sicurezza e dei sistemi di prevenzione e controllo del rischio sanitario, relazionando al Parlamento circa le attività portate avanti in merito;
    d) prevedere, in relazione al rischio sanitario, azioni di informazione più dettagliata nei confronti degli operatori coinvolti nelle operazioni di soccorso e accoglienza dei migranti e di tutti i cittadini;
    e) implementare il coordinamento dell'attività dei singoli Ministeri della salute dei Paesi europei, che coinvolga i Ministeri degli esteri, della cooperazione e dello sviluppo e i sistemi di difesa nazionale, per attività di prevenzione e controllo del rischio sanitario;
    f) prevedere, al fine di garantire il diritto costituzionale alla salute dei cittadini, che non può essere certamente considerato inferiore al diritto di libertà di circolazione dei migranti, misure di controllo sanitario più stringenti nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo provenienti dai Paesi attualmente focolaio del virus ebola, quali Liberia, Sierra Leone e Nuova Guinea;
    g) potenziare, in accordo con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, la rete dei campi di accoglienza esistenti nei Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo, rafforzando in particolare le procedure interne delle operazioni di sicurezza e controllo per la prevenzione del rischio sanitario;
    h) prevedere l'utilizzo di monitor e strumentazione adeguata negli aeroporti, al fine di attuare operazioni di prevenzione e controllo sanitario dei passeggeri.
(1-00633) «Brunetta, Ravetto, Bergamini, Centemero, Palese».


  La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno migratorio ha assunto, ormai, dimensioni epocali; è in costante crescita ed è soggetto a continue mutazioni sia per quanto riguarda i motivi che lo generano sia per le modalità nelle quali si manifesta. Gli Stati europei, e più di tutti il nostro Paese, si trovano ad affrontare, dunque, un problema estremamente complesso, che assume sempre più carattere strutturale, che richiede risposte la cui enorme difficoltà non sfugge a nessuno;
    in Italia il peso assoluto e relativo degli stranieri sulla popolazione residente è aumentato notevolmente nel tempo e si prevede che tale trend proseguirà nei prossimi anni. Le implicazioni sociali e sanitarie sono considerevoli. I flussi migratori interessano, infatti, una moltitudine di popolazioni e di categorie di persone che, alle più comuni problematiche di carattere sociale, sollecitano risposte sul piano di quelle che attengono al tema della salute, dei bisogni, dei suoi rischi e dei vari livelli di vulnerabilità;
    la salute dei migranti e le tematiche di salute associate alle migrazioni sono dunque, al momento, questioni cruciali per l'agenda internazionale dei Governi e della società civile;
    lo stato di salute dei migranti, determinato in larga parte dalle condizioni sociali ed igienico-sanitarie del Paese di provenienza, può risentire anche delle precarie condizioni di vita e di lavoro e del difficile accesso ai servizi sanitari del Paese ospite. I timori legati alla condizione di irregolarità e la scarsa conoscenza del diritto di accesso ai servizi sanitari, delle modalità di fruizione degli stessi e della lingua locale sono, infatti, alcuni tra i principali fattori che impediscono ai migranti di accedere a percorsi di prevenzione, di diagnosi precoce e di terapia ambulatoriale in Italia e li spingono piuttosto a rivolgersi al Servizio sanitario nazionale in condizioni di urgenza (presso il pronto soccorso);
    una situazione che può favorire l'insorgenza e lo sviluppo di patologie di diversa complessità e gravità: questo aspetto è particolarmente rilevante per le malattie infettive, patologie che si diffondono più facilmente in condizioni di scarsa igiene e di sovraffollamento;
    si sa bene che la prevenzione gioca un ruolo fondamentale nell'evitare l'insorgenza e la diffusione di malattie infettive nella popolazione e che, per molte di queste patologie, sono disponibili terapie mirate risolutive: è evidente, pertanto, che combattere le problematiche relative all'accesso ai servizi sanitari ed intervenire sugli aspetti fondamentali della salute è particolarmente rilevante dal punto di vista della sanità pubblica;
    gli interventi di salute pubblica per ridurre il rischio di patologie infettive devono avere, dunque, sia una prospettiva di breve periodo (occupandosi dei migranti appena giunti in Italia e ospitati nei centri di accoglienza) sia una a lungo termine (rivolgendosi alle persone che si sono stabilite e cominciano a integrarsi nel nostro Paese). Tra le prime misure rientrano: un sistema di sorveglianza e di allerta precoce che preveda una valutazione dello stato di salute dei migranti all'ingresso e un suo monitoraggio nei centri di immigrazione; procedure che favoriscano l'accesso ai servizi sanitari per le popolazioni migranti che consentano la diagnosi precoce di eventuali patologie e una continuità di cura e strategie vaccinali in grado di proteggere bambini ed adulti, nonché assicurare una continuità con la loro pregressa storia vaccinale;
    tra le strategie a lungo periodo diventa fondamentale favorire l'accesso alle vaccinazioni previste nel calendario vaccinale e per categorie professionali, per riuscire a raggiungere obiettivi di sanità pubblica e permettere una maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro;
    la tutela della salute in Italia è sancita dall'articolo 32 della Costituzione che, identificando la salute come « fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» non la vincola alla cittadinanza italiana o allo status (regolare o irregolare) di residenza. Da questo principio deriva la legislazione attualmente in vigore che sancisce il diritto di qualunque cittadino straniero in Italia di usufruire dei servizi sanitari pubblici a prescindere dalla sua situazione;
    per quanto riguarda le misure di prevenzione, il Ministero della salute e lo Stato maggiore della Marina militare hanno concluso un accordo con il quale si prevede che dal 21 giugno 2014 il personale sanitario del Ministero della salute, con specifica formazione per la gestione delle problematiche quarantenarie, che competono direttamente allo Stato, sarà stabilmente a bordo delle unità navali che partecipano all'operazione Mare Nostrum al fine di effettuare le operazioni di controllo sanitario già prima che i migranti arrivino nei porti italiani, utilizzando il lasso di tempo che intercorre tra il recupero e l'arrivo in porto. Il Ministero della salute prosegue, pertanto, nell'opera di rafforzamento del dispositivo di sorveglianza sanitaria nei confronti di potenziali rischi infettivi connessi ai flussi migratori ed ha avviato tale iniziativa volta a rispondere in maniera efficace all'incremento numerico delle persone da controllare: si opera così per la prima volta una proiezione in mare degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero della salute. Medici ed altro personale sanitario della Marina militare imbarcato sulle stesse unità continuano ad effettuare gli interventi sanitari curativi che si rendono necessari. L'operazione, pertanto, contribuisce ad elevare il livello di tutela dei cittadini residenti nel nostro Paese e quella dei migranti stessi;
    grazie all'operazione scrupolosa di applicazione delle norme di prevenzione sanitaria e dei dispositivi individuali di protezione, l'operazione Mare Nostrum (interpretata e sostenuta con encomiabili perizie e spirito umanitario dalle forze dell'ordine, ed affiancata dalla Croce Rossa e da organizzazioni non governative che operano a bordo delle navi italiane), si è in grado di stabilire in anticipo l'identità di chi entra in Italia e soprattutto le sue condizioni di salute;
    il nostro Paese ha un sistema sanitario universalistico: cura tutti indistintamente senza eccezioni; il Governo sta mettendo in campo un programma straordinario di assistenza ai minori che arrivano sul territorio italiano. Questi impegni sono sostenuti dall'Italia con le sue risorse: ma, rispetto all'evidenza di un fenomeno che coinvolge un intero continente, risulta opportuno, giusto e indispensabile che l'Europa intera sostenga tale sforzo. Sarebbe, infatti, opportuno realizzare una task force a livello europeo proprio per affrontare il tema della salute dei migranti (includendo anche il tema dei rapporti bilaterali con i Paesi da cui provengono i flussi migratori) in un momento in cui il «fenomeno ebola» sta creando un giustificato allarme nel continente e nel mondo intero;
    il rischio di importazioni di malattie da virus ebola, per l'Italia come per gli altri Paesi europei, appare, al momento, sotto controllo. Infatti, il Ministero della salute ha posto in essere ogni necessaria iniziativa volta a potenziare la vigilanza sanitaria sia sul territorio nazionale che nei punti di ingresso transfrontalieri marittimi ed aerei. A tal fine, sono state emanate specifiche circolari e raccomandazioni alle regioni e alle province autonome, agli uffici di sanità marittima, alle aree di frontiera, alle amministrazioni interessate ed al Ministero della difesa;
    l'istituzione delle misure di sorveglianza presso porti, aeroporti e punti d'ingresso internazionali del nostro Paese, continuerà, pertanto, fino alla dichiarazione di cessazione dell'epidemia. Si ribadisce, ancora una volta, che le caratteristiche del Sistema sanitario nazionale e l'efficienza dei sistemi di sorveglianza a livello locale, regionale e nazionale sono in grado di evitare la presenza di fenomeni epidemici;
    è stata, tra l'altro, costituita una task force interministeriale (Ministeri della salute, della difesa, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno) per far fronte ad eventuali rischi legati all'epidemia da virus ebola. L'obiettivo è di un rafforzamento dei controlli in porti ed aeroporti, ma anche dell'avvio di una campagna di informazione tra i viaggiatori;
    in relazione all'esperienza della gestione sul territorio nazionale dei casi sospetti di malattia da virus ebola, il Ministero della salute ha stabilito un protocollo centrale proprio in merito ai casi sospetti, probabili e confermati, nonché ai contatti cui fare riferimento nell'organizzazione della preparazione e della risposta al verificarsi degli stessi. In particolare, il protocollo prevede la gestione dei casi di virus ebola indicati a livello centrale, con il coinvolgimento delle regioni e, ove necessario, delle altre amministrazioni dello Stato ed enti privati e l'eventuale trasferimento in modalità protetta presso uno dei centri nazionali di riferimento per la gestione clinica del paziente;
    in Italia, le segnalazioni dei casi sospetti che si sono intensificate nei mesi di luglio ed agosto del 2014, determinate anche da un sistema di allerta attivato nel Paese, e pervenute sino ad oggi al Ministero della salute, sono state oggetto di apposite indagini epidemiologiche e di approfondimento diagnostico, come previsto dalle circolari emanate, riportando un esito negativo. Il Ministero della salute ha fornito, con successive circolari, disposizioni per il rafforzamento delle misure di sorveglianza nei punti di ingresso internazionale (porti ed aeroporti). Da ultimo, con la circolare del 1o ottobre 2014 ed aggiornata il 6 ottobre successivo, sono state fornite indicazioni, non solo sui centri di riferimento nazionali e sui centri clinici a livello di regioni e province autonome, in cui possono essere gestiti casi sospetti e confermati di infezioni da virus ebola. Si è fatto riferimento anche alle modalità di stratificazione del criterio epidemiologico in base al rischio di esposizione, alla valutazione iniziale ed alla gestione di casi sospetti o confermati da virus ebola, alle modalità per il trasporto, alle precauzioni da adottare per la protezione degli operatori sanitari e alle misure nei confronti di coloro che vengono a contatto con tale malattia,

impegna il Governo:

   a proseguire nell'opera di monitoraggio, con particolare riguardo al controllo anche nelle sedi aeroportuali con specifico riferimento agli scali di Milano Malpensa e di Roma Fiumicino, al fine di scongiurare che l'Italia, per la sua peculiare collocazione geografica e per il suo ruolo nell'ambito del Mediterraneo, possa trovarsi in una situazione di maggiore difficoltà rispetto ad un fenomeno tanto grave e complesso;
   a rafforzare e potenziare le procedure per l'individuazione dei soggetti che potrebbero essersi infettati già nei Paesi africani colpiti dall'epidemia da virus ebola prima del loro imbarco sugli aeromobili, con destinazione in uno degli aeroporti europei;
   a promuovere l'attivazione di una campagna informativa in modo omogeneo in tutta l'Unione europea, al fine di garantire la più corretta e totale informazione ai cittadini circa i comportamenti da tenere nell'ipotesi in cui inizino a manifestarsi i sintomi di una possibile infezione;
   ad adottare attività di sostegno ai Paesi interessati che coinvolgano gli Stati membri e le strutture della Commissione europea, in modo da supportare gli stessi Paesi nelle iniziative di ricostruzione dei sistemi sanitari duramente colpiti da questa emergenza.
(1-00634) «Dorina Bianchi, Calabrò, Roccella».


  La Camera,
   premesso che:
    nel luglio 2013 si è svolta a Washington la prima sessione negoziale per la conclusione di un grande accordo di libero scambio economico USA-UE: il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic trade and investment partnership, TTIP). Il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti è un accordo commerciale che è attualmente in corso di negoziato tra l'Unione europea e gli Stati Uniti con l'obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti;
    il TTIP si presenta come un accordo di ampia portata che riguarda la questione delle barriere non tariffarie al commercio di beni e servizi, l'accesso alle commesse pubbliche, la definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e gli investimenti. Oltre a ridurre le tariffe in tutti i settori, l'Unione europea e gli Stati Uniti vogliono affrontare il problema delle barriere doganali, come le differenze nei regolamenti tecnici, le norme e procedure di omologazione: spesso, infatti, questi rappresentano un aggravio inutile in termini di tempo e denaro per le società che vogliono vendere i loro prodotti su entrambi i mercati;
    l'accordo porterebbe a ricadute estremamente positive su occupazione e crescita per i Paesi interessati. La Commissione europea ritiene che, da oggi al 2017, il prodotto interno lordo dell'Unione europea beneficerebbe di un aumento annuo medio dello 0,4 per cento e quello americano dello 0,5 per cento. L'Unione europea ha, inoltre, effettuato una valutazione d'impatto dei potenziali effetti dell'accordo. Tale valutazione non si è limitata ad esaminare l'impatto economico, ma anche le potenziali ripercussioni sociali ed ambientali. Sono, quindi, state prese in considerazione le possibili situazioni risultanti da diversi gradi di liberalizzazione tra Unione europea e Usa. In tutti i casi l'effetto complessivo per l'Unione europea si è rilevato positivo, ma è emerso in maniera chiara che esso sarebbe tanto più positivo quanto più elevato sarà il grado di liberalizzazione;
    uno degli studi su cui si è basata la valutazione d'impatto della Commissione europea è una relazione indipendente commissionata dall'Unione europea al Centro di ricerca per la politica economica di Londra. Lo studio suggerisce che il beneficio per l’ economia dell'Unione europea potrebbe ammontare a 119 miliardi di euro l'anno. Sempre secondo lo studio l'economia statunitense potrebbe ricavarne un utile supplementare di 95 miliardi di euro l'anno. Questi benefici avrebbero un costo esiguo perché deriverebbero dall'eliminazione delle tariffe doganali e dalla soppressione delle norme inutili e delle lungaggini amministrative che rendono difficile acquistare e vendere oltreoceano. La crescita economica supplementare, quindi, che dovrebbe derivare dal TTIP sarà vantaggiosa per tutti. Rilanciare il commercio è un buon modo di dare impulso alle nostre economie, creando una maggiore domanda ed offerta senza dover aumentare la spesa e l'indebitamento pubblici;
    benché le tariffe tra Unione europea e Stati Uniti siano già basse, le dimensioni sia delle economie dell'Unione europea e degli Usa che dei loro scambi commerciali indicano che uno smantellamento tariffario sarebbe vantaggioso sul piano della crescita e dell'occupazione. L'area in cui tali negoziati potrebbero realizzare un notevole risparmio per le imprese, creare occupazione e garantire maggiori vantaggi per i consumatori è quella relativa all'eliminazione di norme e disposizioni inutili: i cosiddetti ostacoli non tariffari. Il taglio alla burocrazia, pertanto, ridurrebbe i costi delle attività economiche transatlantiche, facilitando alle imprese il compito di rispettare contemporaneamente le leggi europee e quelle americane;
    le imprese, i lavoratori ed i cittadini europei trarrebbero un enorme vantaggio da una maggiore apertura del mercato statunitense. Infatti, l'Unione europea dispone di molte imprese altamente competitive che producono prodotti e offrono servizi di qualità eccellente. Pertanto, l'eliminazione delle tariffe e di altri ostacoli al commercio consentirà ai produttori europei di incrementare le vendite verso gli Usa, fattore positivo sia per le imprese che per l'occupazione. Rimuovere gli ostacoli ai prodotti e agli investimenti originari degli Stati Uniti d'America e dell'Unione europea si traduce in una più ampia scelta e prezzi inferiori per la popolazione europea;
    nonostante USA e Unione europea siano, tra di loro, i principali partner commerciali, nonché i primi fornitori esteri di servizi e i maggiori investitori nei rispettivi mercati, il vasto complesso dell'economia transatlantica non riposa su alcun trattato che ne regoli il funzionamento interno in maniera sistematica;
    il TTIP si presenta come un accordo di portata molto ampia. Il negoziato relativo all'accordo si concentrerà, in particolare, sulla questione delle barriere non tariffarie al commercio di beni e servizi, ma anche sull'accesso alle commesse pubbliche in molti settori, sulla definizione di nuovi e più ambiziosi standard in alcuni settori industriali e sugli investimenti;
    per quanto riguarda le barriere tariffarie tra Usa ed Unione europea, come già detto, si può riferire che tra i due blocchi queste si attestano al 4/5 per cento in media per beni e servizi, anche se vi sono settori nei quali il livello tariffario appare abbastanza elevato (ad esempio, il settore delle infrastrutture, in particolare delle ferrovie, il tessile, l'abbigliamento);
    ben più significative sono le barriere di tipo non tariffario dovute a divergenze regolamentari in molti settori, tra cui quello automobilistico, quello chimico e quello farmaceutico. Basti pensare che nel settore dei prodotti chimici i dazi doganali imposti dagli Stati Uniti ai prodotti europei sono circa dell'1,2 per cento, mentre le barriere non tariffarie comportano un peso addizionale di circa il 19,1 per cento e che nel settore automobilistico le barriere tariffarie applicate dall'Europa nei confronti dei prodotti Usa sono di circa il 10 per cento, ma quelle non tariffarie arrivano al 25,5 per cento;
    nel quadro degli scambi commerciali tra Unione europea ed Usa spicca il settore delle commesse pubbliche soggetto ad un accordo plurilaterale noto come Government procurement agreement (Gpa). Si tratta di un settore in costante espansione. Nell'ambito del Government procurement agreement la differenza tra Unione europea ed Usa è evidente: l'Unione europea ha aperto alla concorrenza circa l'85 per cento dei propri mercati. Negli Stati Uniti, al contrario, le liberalizzazioni sono avvenute in modo parziale. Inoltre, le probabilità di concessioni reciproche da parte di Usa ed Unione europea in settori chiave, come quelli della difesa, dell'aeronautica e delle infrastrutture sono assai modeste;
    i negoziati per il TTIP comprendono anche l'agricoltura. L'apertura dei mercati agricoli comporterà vantaggi reciproci per l'Unione europea e gli USA. Gli Stati Uniti sono interessati a vendere una quota maggiore dei loro prodotti agricoli di base, quali il granoturco e la soia. Le esportazioni dell'Unione europea verso gli Usa interessano in genere prodotti alimentari di maggiore valore, come alcolici, vino, birra e alimenti trasformati (ad esempio formaggi e prosciutto). L'Unione europea ha un chiaro interesse a potenziare le vendite negli Stati Uniti dei prodotti alimentari di alta qualità che produce, senza inutili ostacoli tariffari o non tariffari. Alcuni prodotti alimentari europei, tra cui i prodotti lattiero-caseari, ma anche le mele e le pere, incontrano notevoli ostacoli non tariffari che ne limitano l'accesso al mercato statunitense. L'eliminazione di questi e di altri ostacoli contribuirebbe a rafforzare le esportazioni dell'Unione europea verso gli Stati Uniti;
    i detrattori dell'accordo sostengono che l'azzeramento delle barriere non tariffarie comporterebbe l'ingresso di prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati o prodotti che non ottemperano gli standard di sicurezza europei in materia di uso di sostanze chimiche tossiche, leggi sanitarie, prezzi dei farmaci, libertà di internet e privacy dei consumatori, energia, brevetti e copyright e gli albi professionali; gli Usa considerano strategico l'accordo per la parte agroalimentare, ma non sono chiari gli effetti che questo potrebbe avere sul made in Italy agroalimentare e sulla lotta all’Italian sounding;
    un ulteriore aspetto problematico consiste nell'introduzione dell'arbitrato internazionale Stato-imprese, il cosiddetto Investor State dispute settlement (Isds), il cui meccanismo consentirà agli investitori di citare in giudizio i Governi presso le corti arbitrali internazionali con riflessi problematici sull'applicazione delle norme di maggior tutela dei consumatori di cui dispone l'Unione europea;
    perché i negoziati commerciali funzionino e abbiano esito positivo, è necessario un certo grado di riservatezza, ma nel corso dei negoziati occorre, tuttavia, che la Commissione europea continui ad intrattenere contatti con l'industria, le associazioni di categoria, le organizzazioni dei consumatori e altre rappresentanti della società civile;
    la Commissione europea, pertanto, dovrà comunicare agli Stati membri, in sede di Consiglio e di Parlamento europeo, gli sviluppi dei negoziati,

impegna il Governo:

   a riferire periodicamente al Parlamento, in occasione dei diversi round del negoziato, sugli sviluppi dei negoziati sull'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America (TTIP), allo scopo di consentire di valutarne l'avanzamento rispetto all'impostazione del mandato originario;
   riguardo ai meccanismi arbitrali per la definizione dei contenziosi (Investor State dispute settlement), a vigilare in sede di definizione delle regole, affinché non possano essere utilizzati in danno delle maggiori tutele che l'Unione europea prevede per i propri cittadini;
   a prevedere l'adozione, da parte dell'Italia, di una posizione di principio nella quale si preveda il pieno riconoscimento, da parte degli Usa, delle tutele garantite ai prodotti alimentari tipici italiani (e, di conseguenza, di ciascun Paese componente) dalle normative dell'Unione europea, nonché la piena tutela dei livelli qualitativi del made in Italy agroalimentare e il mantenimento della maggiore tutela dei consumatori garantita dalle normative comunitarie.
(1-00635) «Dorina Bianchi, Alli, Tancredi».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica che affligge il nostro Paese ha aumentato notevolmente le disuguaglianze con gravi ripercussioni sul piano della coesione sociale. Molti sono ancora i privilegi presenti nell'ordinamento giuridico italiano, che di fatto aumentano indiscriminatamente le disuguaglianze sociali, ed il più emblematico fra tutti è quello delle cosiddette «pensioni d'oro». Nonostante le numerose iniziative legislative per porvi rimedio, il risultato non è stato affatto soddisfacente;
    la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le soluzioni normative adottate dai Governi delle precedenti legislature. Nel 2012 con sentenza n. 223 la Corte ha sancito l'illegittimità costituzionale del «prelievo sugli stipendi pubblici elevati» e successivamente, nel 2013, con sentenza n. 116 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del «contributo di perequazione» pari al 5 per cento per la quota di reddito eccedente i 90 mila euro, al 10 per cento per la quota di reddito eccedente i 150 mila euro, ed al 15 per cento per la quota di reddito eccedente i 200 mila euro;
    è doveroso segnalare che, nella maggioranza dei casi, l'eccessivo valore delle cosiddette «pensioni d'oro» dipende da varie forme di privilegi oggigiorno non più esistenti. Quindi, le nuove generazioni non solo non vanteranno più di un trattamento previdenziale sostanzialmente uguale a quello beneficiato dalle precedenti generazioni, ma, altresì, dovranno farsi carico anche dei relativi costi in quanto, nella maggioranza dei casi, le «pensioni d'oro» non sono coperte da un'adeguata e ragionevole contribuzione. Quanto asserito rappresenta una violazione dei valori fondamentali della Costituzione, ed in particolar modo del principio dell'eguaglianza sostanziale dei cittadini;
    al fine di rimediare agli errori dei precedenti Governi e di evitare di addebitare i costi degli stessi alle future generazioni, già di per sé afflitte dalla crisi e dalla spietata concorrenza del mercato globale, sarebbe idoneo predispone misure fiscali che consentano una maggiore e più equa distribuzione del reddito, anche al fine di soddisfare le sempre maggiori esigenze delle classi sociali meno abbienti e prive di quei privilegi di cui hanno beneficiato i loro stessi concittadini senza alcun reale e motivato fondamento costituzionale e non che giustifichi il diverso trattamento giuridico ed economico;
    l'articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), individua sei specifiche categorie di redditi: «a) redditi fondiari, b) redditi di capitale, c) redditi di lavoro dipendente, d) redditi di lavoro autonomo, e) redditi di impresa, f) redditi diversi»;
    l'articolo 11 del TUIR, prevede cinque scaglioni di reddito ai quali corrispondono cinque diverse aliquote: «a) fino a 15.000 euro, 23 per cento; b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento; c) oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento; d) oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento; e) oltre 75.000 euro, 43 per cento»;
    le categorie di redditi individuate dal suddetto articolo 6 sono sostanzialmente diverse fra loro, non solo sul piano giuridico, ma, nonostante ciò, sono assoggettate alle medesime aliquote fiscali. Infatti, il TUIR prevede una disciplina tributaria specifica per ognuna delle sei categorie di reddito ma, ai fini dell'applicazione dell'imposta sui redditi, individua cinque scaglioni e cinque corrispondenti aliquote, uguali per tutte le diverse categorie di redditi;
    i redditi di lavoro dipendente potrebbero essere qualificati simili ai redditi di pensione, ma sono giuridicamente e sostanzialmente diversi dai redditi di impresa o dai redditi di capitale, ed altresì i redditi fondiari sono giuridicamente e sostanzialmente diversi dai redditi di lavoro dipendente o di lavoro autonomo;
    l'articolo 49 del TUIR qualifica come redditi di lavoro dipendente anche i redditi di pensione. La disposizione ha effetti sia sul piano giuridico che fiscale. Tale previsione lascia intendere che l'equiparazione dei redditi di pensione e dei redditi di lavoro dipendente non è affatto scontata e necessita, per tal motivo, di una specifica previsione normativa. Conseguentemente, una nuova disposizione normativa potrebbe prevedere l'estinzione della suddetta equiparazione ed altresì introdurre una nuova disciplina normativa con specifiche disposizioni, sia sul piano giuridico che fiscale, per i redditi di lavoro e per i redditi di pensione;
    da quanto descritto si evince a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo l'assenza di vincoli normativi ostativi ad una separazione giuridica e fiscale delle suddette categorie di reddito. Tanto è vero che sono state numerose le iniziative in materia fiscale che hanno predisposto «imposte sostitutive» rispetto alla previgente imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). Si possono citare:
     a) l'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, così come modificato dal decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha introdotto un regime facoltativo, per la tassazione dei redditi dei fabbricati annoverati tra i redditi fondiari, che si sostanzia nel pagamento di un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali per i redditi dei fabbricati;
     b) l'articolo 27 del decreto legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha riformato il regime dei minimi dei redditi di lavoro autonomo disciplinato dall'articolo 1, commi da 96 a 119, della legge n. 244 del 2007, introducendo un'imposta sostitutiva sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento;
     c) l'articolo 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, introduce numerose modifiche in tema di tassazione delle attività finanziarie. La nuova disciplina prevede che, a partire dal 1° gennaio 2012, venga istituita un'aliquota unica intermedia del 20 per cento con la quale tassare i redditi da capitale e i redditi diversi, in luogo delle precedenti fissate al 12,50 per cento e al 27 per cento. Con l'articolo 3 del decreto legge n. 66 del 2014 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, la precedente aliquota unica pari al 20 per cento è stata sostituita da un'aliquota pari al 26 per cento. In questo caso specifico l'aliquota riguarderà tutte le fattispecie di reddito di capitale relative a interessi e proventi assimilati, fatte salve alcune eccezioni, tra cui, in particolar modo, i titoli pubblici italiani ed equiparati ed i titoli pubblici di Stati dell'Unione europea o See white list, tassati al 12,50 per cento;
    in particolar modo, è doveroso rilevare che proprio per i redditi da capitale in Italia si è assistito a decenni di imposizione sostitutiva con basse aliquote fiscali (pari al 12,5 per cento). In tal caso, non si riscontrano dichiarazioni di illegittimità costituzionale da parte della Consulta per violazione del principio di eguaglianza per il fatto che il trattamento fiscale attenga ad una sola categoria di reddito e di contribuenti, così come è stato più volte dichiarato per i precedenti interventi legislativi in materia di «pensioni d'oro». Nei principali Paesi europei come Francia, Regno unito e Spagna, per i redditi da capitale, si riscontrano aliquote progressive che sfiorano anche il 45 per cento con addizionali pari al 3 e 4 per cento, portando così la tassazione effettiva — come nel caso della Francia — fino al 49 per cento;
    in considerazione delle suddette ragioni sociali, economiche e giuridiche, si potrebbe introdurre un'imposta sostitutiva per i redditi di pensione, con un maggior numero di aliquote progressive, in modo tale da tassare maggiormente i redditi eccedenti i 90 mila euro e detassare i redditi di pensione più bassi. Questa soluzione normativa è fondata sulla stessa ratio giuridica delle richiamate imposte sostitutive in materia di redditi fondiari, di lavoro autonomo e di capitale, ma altresì troverebbe ulteriore giustificazione nei valori fondamentali della Costituzione. In primis è doveroso asserire che i primi dodici articoli della Costituzione rappresentano i principi fondamentali della Repubblica e non possono essere oggetto di modifica, neanche attraverso il procedimento di revisione costituzionale di cui agli articoli 138 e 139 della medesima Costituzione. Il principio di universalità dell'imposizione, invece, è sancito dall'articolo 53 della Costituzione, quindi non solo potrebbe essere oggetto di revisione costituzionale, ma, altresì, non può essere in contrasto con i principi fondamentali della Repubblica dei primi dodici articoli della Costituzione. Da quanto asserito si può desumere che l'introduzione di un'imposta sostitutiva in materia di redditi di pensione al fine di porre rimedio agli illegittimi ed irragionevoli privilegi di cui hanno beneficiato solo una parte dei cittadini ed al fine di migliorare le condizioni sociali ed economiche dei ceti meno abbienti, benché in teoria possa e violare l'articolo 53 della Costituzione — anche se si ribadisce che non si comprende il motivo per il quale non siano state dichiarate illegittime anche le altre tipologie di imposte sostitutive — di fatto trova giustificazione nel principio dell'eguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione (in base al quale «è compito della Repubblica (..) rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese) e nei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale di cui all'articolo 2 della medesima,

impegna il Governo

a valutare se sussistono i presupposti per assumere iniziative volte a introdurre un'imposta sostitutiva per i redditi da pensione caratterizzata da un maggior numero di aliquote fiscali che consentano una più incisiva progressività, in modo tale da tassare maggiormente i redditi di pensione superiori ai 90 mila euro e destinare il maggior gettito alla riduzione del carico fiscale dei redditi di pensione meno elevati ed all'aumento delle «pensioni minime».
(1-00636) «Rizzetto, Barbanti, Currò, Prodani, Rostellato, Cariello, Mucci, Turco, Chimienti, Bechis, Ciprini, Baldassarre».


   La Camera,
   premesso che:
    il nubifragio che a partire dal 9 ottobre 2014, ha colpito Genova e la provincia, ripropone ancora una volta il tema, non più rinviabile, dell'estrema fragilità del territorio nazionale. Un territorio che, ogni qualvolta è sottoposto a piogge intense e insistenti, si trova a dover fare i conti con frane, argini che non riescono più a trattenere l'impatto con le acque, allagamenti, cedimenti di infrastrutture, e altro;
    l'alluvione che ha colpito l'entroterra e la città di Genova in particolare, ha provocato la morte di un pensionato, l'esondazione di diversi torrenti, e la conseguente chiusura di strade e l'isolamento di intere frazioni;
    ancora una volta si è riproposto per la provincia e la città di Genova, quanto già successo tre anni fa con l'alluvione del 4 novembre 2011, in cui persero la vita 6 persone a seguito dell'esondazione del rio Fereggiano;
    sotto tale profilo si ritiene indispensabile far fronte all'emergenza nei territori colpiti dall'alluvione stanziando adeguate risorse per avviare finalmente un piano di contrasto al dissesto idrogeologico di Genova, dell'intera regione Liguria e di tutto il territorio nazionale, ma anche attraverso la volontà di astenersi dalla realizzazione di talune grandi opere inutili potenzialmente gravose sotto il profilo economico nei confronti dei cittadini quali, ad esempio, la cosiddetta «Gronda di Genova»;
    la storia del cosiddetto nodo stradale e autostradale genovese risale a più di trenta anni fa;
    il primo progetto esecutivo di potenziamento dei collegamenti est-ovest è degli inizi degli anni ’80 e riguarda la bretella Voltri-Rivarolo, fra le autostrade A26 e A7, ma l'intervento, pur trovandosi in fase realizzativa (apertura dei cantieri), veniva bloccato a causa dell'opposizione di alcuni enti locali;
    nel 1997 Autostrade per l'Italia redigeva uno studio intitolato «Ipotesi di ridistribuzione dei traffici autostradali gravitanti sul nodo di Genova», basato su di un modello matematico dei flussi del solo traffico autostradale rilevati nel 1995;
    venivano così valutate diverse ipotesi progettuali nell'ottica di migliorare i livelli di servizio della mobilità autostradale, senza considerare le variazioni a livello della viabilità ordinaria;
    tale studio giungeva alla conclusione che gli interventi più efficaci per decongestionare il nodo autostradale di Genova consistevano nel raddoppio delle autostrade in esercizio, seguendo tracciati prossimi agli attuali assi autostradali, compatibilmente con i vincoli ambientali ed insediativi;
    nell'ottobre del 2000 veniva adottato il piano territoriale di coordinamento provinciale, che individuava diverse ipotesi per la riorganizzazione delle infrastrutture autostradali nell'area genovese e presentava una serie di alternative per una gronda autostradale con la funzione di superare Genova, passando a nord della città attraverso dei tratti in galleria e connettendo Valle Scrivia con Valle Fontanabuona;
    il 12 marzo 2001 veniva sottoscritto – da regione Liguria, provincia e comune di Genova e provveditorato regionale alle opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – uno schema funzionale concernente la riorganizzazione dell'intero nodo stradale e autostradale di Genova;
    l'intervento sul nodo di Genova veniva così incluso nel programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001, la cosiddetta legge obiettivo), approvato con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 121 del 21 dicembre 2001, nonché successivamente inserito nel IV atto aggiuntivo alla convenzione Anas/Autostrade per l'Italia;
    in data 6 marzo 2002, venne sottoscritta, fra il Governo e la regione, l'intesa istituzionale quadro per la realizzazione delle grandi infrastrutture, in cui sono stati previsti interventi atti a decongestionare il trasporto dell'area metropolitana di Genova;
    facendo riferimento allo schema funzionale approvato nel 2001, da febbraio a settembre 2002 venne approntato da Autostrade per l'Italia uno studio sul nodo di Genova, chiamato «studio di prefattibilità», che comprendeva le seguenti opere: il raddoppio dell'autostrada A10, tratto Genova Voltri-Genova ovest, tramite la costruzione di una nuova autostrada parallela all'esistente con uscita per Genova aeroporto e con l'attraversamento del torrente Polcevera, con un nuovo viadotto in affrancamento al ponte Morandi esistente: la cosiddetta gronda di Ponente; il potenziamento della A7 tramite la costruzione della nuova carreggiata nord nel tratto Genova ovest-Genova Bolzaneto: la cosiddetta nuova carreggiata nord A7; il nodo di San Benigno; il tunnel di Rapallo;
    nel 2003 veniva elaborato da Autostrade per l'Italia uno studio di area vasta e successivamente uno studio di fattibilità presentato da Autostrade per l'Italia all'Anas nel settembre del 2003. In questo studio, effettuato sulla base delle risultanze dello studio di area vasta, venivano confrontate una serie di alternative progettuali che si aggiungono a quella già valutata nel 2002 ed inserita nel IV atto aggiuntivo alla convenzione tra Anas e Autostrade per l'Italia;
    il 10 dicembre 2003 il tavolo congiunto attivato dall'Anas, con regione, provincia, comune e Autostrade per l'Italia, approvava l'itinerario caratterizzato dall'attraversamento della Val Polcevera tramite un tunnel passante al di sotto del letto del fiume immediatamente a sud di Bolzaneto;
    sulla base dell'itinerario approvato, e a valle della registrazione (maggio 2004) del citato IV atto aggiuntivo da parte della Corte dei conti, nel giugno 2004 si iniziava il progetto preliminare avanzato e lo studio di impatto ambientale. Il lavoro si sviluppa attraverso un tavolo tecnico congiunto Anas-Autostrade per l'Italia-regione-provincia-comune, coordinato dalla regione, che ha il compito di analizzare la soluzione nei suoi dettagli, individuando e risolvendo le criticità;
    ai primi di ottobre del 2004 si arrivava alla definizione di un tracciato condiviso;
    il progetto preliminare, concluso a marzo 2005, pur fattibile tecnicamente, suscitava, tuttavia, notevoli perplessità sui possibili rischi di inquinamento delle falde acquifere in fase di costruzione del tunnel al di sotto del letto del fiume. Si tornava, dunque, ad ipotizzare l'attraversamento del Polcevera tramite viadotto, riconsiderando l'itinerario che prevedeva la realizzazione di un nuovo ponte sul torrente Polcevera immediatamente a nord (a circa 150 metri di distanza) dell'esistente viadotto Morandi;
    il 26 febbraio 2006 gli enti locali sottoscrivevano con Anas un protocollo di intesa in cui di fatto venne «disegnato» il tracciato della gronda di Ponente auspicato dagli enti, che comprendeva il nuovo viadotto sul Polcevera, e nel marzo 2006, dopo una fase interlocutoria di confronto con gli organi tecnici del comune di Genova, venivano riavviati i lavori del tavolo tecnico, sempre coordinato dalla regione;
    il 23 giugno 2006 il tavolo tecnico concludeva i suoi lavori con la scelta della nuova configurazione della gronda di Ponente, che recepiva interamente i dettami precisati dal protocollo del 26 febbraio 2006 e l'individuazione dei possibili schemi funzionali per la A7 nord/sud;
    il 3 agosto 2006, alla presenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, si procedeva alla sottoscrizione di un nuovo protocollo di intesa, che individuava, all'interno del pacchetto di iniziative che costituivano il nodo di Genova, nella gronda di Ponente e nel nodo di San Benigno i due interventi prioritari;
    il 19 ottobre 2006, nel corso di una riunione tenutasi presso gli uffici della regione Liguria in Roma, i rappresentanti degli enti territoriali evidenziavano la necessità di ridefinire l'insieme delle iniziative infrastrutturali imprescindibili per il territorio genovese e, in questo quadro, arrivare alla scelta del sito in cui poter smaltire il materiale di risulta (smarino) proveniente dallo scavo delle gallerie, che dalle indagini eseguite risultava caratterizzato dalla significativa presenza di minerali con presenza di amianto;
    il 5 febbraio 2007 veniva sottoscritto un ulteriore protocollo di intesa che, tra le altre cose, impegnava Autostrade per l'Italia alla rapida redazione di uno studio di fattibilità tecnica in merito alla possibilità di recapitare, oltre la diga foranea di Sampierdarena – opera di sbarramento prospiciente il porto che assolve principalmente la funzione di proteggere la costa smorzando l'intensità del moto ondoso – il materiale proveniente dallo scavo delle gallerie (coerentemente con il disegno della nuova zona costiera genovese);
    il 5 aprile e il 24 maggio 2007 Autostrade per l'Italia illustrava agli enti territoriali i contenuti di tale studio di fattibilità – poi formalmente inoltrato l'11 giugno 2007. Nello studio, accogliendo una specifica richiesta del presidente della regione Liguria, veniva esaminata anche la possibilità di poter conferire il materiale di risulta nel canale di calma prospiciente l'aeroporto di Genova, un canale realizzato per consentire il transito dei mezzi di emergenza e per proteggere le strutture dell'aeroporto smorzando l'intensità del moto ondoso. Il canale avrebbe continuato a svolgere le proprie funzioni anche dopo il deposito dei materiali di scavo;
    data la delicatezza del tema, gli enti locali, tuttavia, non ritennero di operare una scelta definitiva in tal senso;
    nel febbraio 2008 veniva presentato all'Anas il progetto preliminare avanzato del progetto, nella configurazione concordata a novembre 2006 ulteriormente affinata;
    nell'aprile 2008 iniziava ad operare il gruppo tecnico di lavoro, istituito presso il Ministero delle infrastrutture, al cui interno operano anche autorevoli funzionari del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: al suddetto gruppo di lavoro veniva affidato il compito di individuare il sito ottimale in cui poter conferire il materiale – caratterizzato dalla presenza significativa di minerali amiantiferi – proveniente dallo scavo delle gallerie;
    il 22 agosto 2008 regione, provincia e comune scrivevano al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ad Anas e ad Autostrade per l'Italia una lettera in cui, confermando il canale di calma come riferimento base per la risoluzione del problema del materiale di risulta, indicavano in un nuovo tracciato, proposto dal comune, la migliore soluzione in termini di costi/benefici. Tale soluzione sposta l'attraversamento della Val Polcevera a Bolzaneto, evitando l'abbattimento del Morandi e aprendo una prospettiva di collegamento con la programmata gronda di Levante. Gli enti individuavano anche un percorso di partecipazione dei territori interessati che coinvolgesse, fra l'altro, i municipi;
    il 10 settembre 2008 il Gruppo tecnico di lavoro, istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, concludeva i suoi lavori individuando nel canale di calma il recapito finale del materiale di risulta;
    il 24 ottobre 2008 il comune di Genova apriva ufficialmente l'avvio del dibattito pubblico, atto a coinvolgere direttamente i cittadini nel processo decisionale per la scelta definitiva del tracciato, e l'11 dicembre 2008, in un incontro propedeutico, il progetto del febbraio 2008 veniva confrontato con altre tre alternative;
    nel dettaglio le quattro soluzioni esaminate erano le seguenti:
     a) soluzione 1, anche detta «alta», chiesta ufficialmente dagli enti locali il 22 agosto 2008: prevedeva l'attraversamento della Val Polcevera a nord dell'attuale svincolo autostradale di Bolzaneto dell'A7, con il mantenimento dell'attuale viadotto Morandi sull'A10; la soluzione era corredata dalla previsione di realizzare una bretella di collegamento del tracciato di gronda con lo svincolo aeroportuale sull'A10, elemento che la differenzia da tutte le altre soluzioni;
     b) soluzione 3, anche detta «intermedia»: prevedeva l'attraversamento della Val Polcevera in prosecuzione alla giacitura dell'A12 all'altezza del suo innesto sull'A7 (zona di Rivarolo-Begato) e, come nel caso della soluzione 1, il mantenimento dell'attuale viadotto Morandi sull'A10;
     c) soluzione 4 (progetto del febbraio 2008): prevedeva l'attraversamento della Val Polcevera subito a nord dell'attuale viadotto Morandi sull'A10, di cui se ne prevede la successiva demolizione;
     d) soluzione 5, anche detta «bassa»: prevedeva l'attraversamento della Val Polcevera subito a sud dell'attuale viadotto Morandi, previsto, come per la soluzione 4, in successiva demolizione;
    le categorie attraverso cui veniva effettuato il confronto erano: i miglioramenti che ciascuna soluzione avrebbe potuto apportare al traffico nel 2025, l'impatto socio-economico di ciascuna alternativa, i problemi relativi alla gestione dei cantieri. Lo studio offre un primo commento dei risultati, lasciando al dibattito il compito della conclusioni;
    nel gennaio 2009 veniva elaborata una quinta soluzione, proposta dal comune di Genova, a partire dalla soluzione 1 (alta): soluzione 2: il collegamento della gronda con l'A7 da realizzare in corrispondenza dell'attraversamento della Val Polcevera a sud del casello di Bolzaneto, mediante svincolo completo di raccordo per tutte le manovre, cioè tra Milano e Ventimiglia e tra Milano e la direttrice A12. Il collegamento della gronda con l'A7 per i veicoli provenienti e diretti a sud (Genova) da realizzare in corrispondenza dell'attuale interconnessione A7/A12, riutilizzando in parte l'attuale tratto autostradale;
    come già esplicitato nelle premesse di cui sopra, il 26 febbraio 2006 gli enti locali sottoscrivevano con Anas un protocollo di intesa per la realizzazione dell'intero nodo di Genova, tra cui la gronda di Ponente;
    i promotori dell'opera, come noto, avevano previsto un aumento del traffico tale da rendere necessario il raddoppio dell'A10 a ponente, il progetto ha preso corpo e il dibattito si è concentrato prevalentemente sull'impatto ambientale dell'opera;
    grazie ad un articolo de il Secolo XIX apparso il 14 giugno 2013 è tornato di attualità il tema del rapporto costi benefici dell'opera e della sua utilità. In tale articolo – dal titolo «La crisi sta gelando le aspettative, aumentano i timori di realizzare una “autostrada nel deserto”. Il traffico cala non è più vantaggiosa» – si riportano indiscrezioni secondo le quali Autostrade per l'Italia sarebbe in possesso di uno studio aggiornato sull'evolversi del traffico del nodo genovese, che evidenzierebbero come nei prossimi anni il «maxi intervento non sarebbe più così vantaggioso», visto l'attuale calo di transiti. Nello stesso articolo si fa riferimento ad un altro studio realizzato da Prometeia nel 2007, dal quale risulterebbe evidente come, rispetto alle previsioni sull'aumento del traffico ipotizzate allora, oggi siamo sotto del 25 per cento. I due studi «stanno facendo riflettere gli addetti ai lavori» si legge nell'articolo, perché si paleserebbe come concreto il rischio di realizzare «un'autostrada deserta». A conferma di quanto detto, anche nell'ultimo anno si è registrato un calo di traffico autostradale pari al 7-8 per cento;
    ad oggi, tuttavia, non risultano pubblici, nonostante le sollecitazioni espresse in tal senso dal Gruppo Parlamentare Sinistra Ecologia e Libertà, i risultati del richiamato studio aggiornato di Autostrade per l'Italia al fine di conoscerne i risultati sotto il profilo dei flussi di traffico previsti, nonché acquisire un aggiornamento circa i costi dell'opera per valutarla puntualmente in termini di opportunità economica per quanto attiene al rapporto costi/benefici della stessa;
    secondo quanto riportato dall'Ottavo Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici in collaborazione con l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, alla data del 31 ottobre del 2013, il nodo stradale e autostradale di Genova reca un costo complessivo pari a 4 miliardi e 837 milioni euro, con una disponibilità di 3 miliardi e 772 milioni di euro e un fabbisogno di 1 miliardo e 65 milioni di euro (Fonte Elaborazione Cresme Europa Servizi su dati CIPE, MIT, ANAS Spa, RFI Spa, DPS e altri soggetti attuatori);
    il programma delle infrastrutture strategiche del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti allegato al Documento di economia e finanza 2014 (aprile 2014) reca per la Gronda autostradale di Genova un importo per la realizzazione dell'opera pari a 3 miliardi e 600 milioni di euro e contestuali risorse mancanti per il completamento pari a 1 miliardo e 600 milioni di euro;
    il programma delle infrastrutture strategiche del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti allegato alla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza recentemente trasmessa al Parlamento (ottobre 2014) reca per il nodo stradale e autostradale di Genova un costo pari a 1 miliardo e 171,13 milioni di euro, Con una disponibilità pari a 346,28 milioni di euro ed un fabbisogno di 824,85 milioni euro;
    tali risorse, che sono con tutta evidenza particolarmente rilevanti e rispetto alle quali il Governo stesso ha assunto una precisa responsabilità politica e pubblica nell'ambito della propria programmazione infrastrutturale, pur essendo finanziate, per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, con capitale privato, prevedono in ogni caso una forte componente pubblica derivante dall'esazione dell'aggiornamento tariffario del pedaggio che graverà inevitabilmente nei confronti dei cittadini genovesi e non solo già provati dai gravissimi costi derivanti dalla ricostruzione della loro città e dalla messa insicurezza del territorio;
    fortissime preoccupazioni sono state evidenziate già prima ma anche in questi ultimi giorni sono state manifestate da numerose associazioni e cittadini contrari alla realizzazione della Gronda di Genova, perché, come si è detto, è ritenuta un'opera inutile da un punto di vista strategico, particolarmente onerosa, oltre che pericolosissima per la presenza di rocce amiantifere;
    la stima attualmente disponibile fornita dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle risorse necessarie per contrastare il dissesto idrogeologico su tutto il territorio nazionale ammonta a circa 40 miliardi di euro,

impegna il Governo:

   in questo particolare periodo di crisi economica e dramma sociale che attanaglia il nostro Paese, ad astenersi dalla realizzazione di qualsiasi opera infrastrutturale che comporti un aumento tariffario derivante dall'esazione del pedaggio tale da ripercuotersi in un eccessivo aggravio di costi nei confronti dei cittadini;
   a destinare immediatamente adeguate risorse per avviare un piano di contrasto al dissesto idrogeologico di Genova e dell'intera regione Liguria considerata la fragilità del territorio e le conseguenze pregiudizievoli che la realizzazione di talune opere infrastrutturali potrebbe determinare dal punto di vista dell'impatto ambientale;
   ad avviare sin da subito ogni iniziativa volta ad assicurare la priorità degli investimenti e degli interventi tesi alla riduzione del rischio idrogeologico di tutto il territorio nazionale nell'ambito di un quadro organico di interventi che garantiscano innanzitutto la possibilità del sistema della protezione civile di operare in modo tempestivo ed efficace nel campo del contrasto ai danni provocati dal dissesto idrogeologico stesso.
(1-00637) «Quaranta, Pellegrino, Zaratti, Scotto, Airaudo, Placido, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Sannicandro».

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Bassano Romano della provincia di Viterbo, insiste in un'area di grande rilevanza ambientale e storica data la presenza di boschi di querce e castagni, e da monumenti, vestigia delle epoche passate;
   il suo comprensorio è attraversato da fossi e torrenti che confluiscono nel fiume Mignone, importante sia dal punto di vista naturalistico e per questo proposto come SIC (Sito di Interesse Comunitario, IT6030001), che per quello idrico, approvvigionando di acqua potabile il rivierasco comune di Civitavecchia (Roma);
   il 29 giugno del 2009, il comando stazione di Oriolo Romano del Corpo forestale dello Stato, con nota acquisita al protocollo n. 47880, comunicava alla provincia di Viterbo, l'affioramento di rifiuti di varia natura su una superficie di 7.000 metri quadrati, in località Prato Cecco (Foglio n. 10, particella n. 141) nel comune di Bassano Romano;
   in data 14 dicembre 2012, la giunta regionale del Lazio ha deliberato (deliberazione n. 591) il documento denominato «Adeguamento del Piano Regionale delle bonifiche dei siti contaminati del Lazio di cui alla D.C.R. 10 luglio 2002, n. 112 (Piano di Gestione dei Rifiuti del Lazio ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della legge regionale 9 luglio 1998, n. 27, e successive integrazioni)», che individua nella regione 283 siti inquinati (aumentati a 520 a seguito di un ulteriore censimento che ha tenuto conto del «Rapporto sullo stato dell'Ambiente del Lazio nel 2004» e l'insieme delle comunicazioni pervenute alle diverse sezioni provinciali di ARPA Lazio), così classificati: n. 122 siti contaminati, n. 90 siti con necessità di ripristino ambientale e n. 71 siti con necessità di approfondimenti;
   nella tabella 35 del suddetto documento, che riporta l'elenco siti ad alta priorità e lo stato di avanzamento dell’iter procedurale, l'area oggetto del presente atto è così identificata: Cod Prov.: VT085, Den. sito discarica: Loc. Prato Cecco – Bassano Romano, comune: Bassano Romano (Viterbo), P10: 4,53, Stato avanzamento iter: S.S., dove S.S. significa «Sito Segnalato», che nella tabella 34 «Stato di attivazione iter procedurale — siti ad alta priorità di intervento» rappresenta il livello più alto;
   la presenza di un'alta priorità ambientale (Paragrafo II.5.5.1.2 dell'adeguamento del piano regionale delle bonifiche) indica che nel sito sono presenti stati di contaminazione in atto rischiosi per l'ambiente e per le comunità limitrofe o siti per i quali, sebbene non verificato analiticamente, si sospetti — in relazione, ad esempio, alla natura o alle modalità di stoccaggio dei rifiuti presenti nel sito o alla tipologia di attività industriale svolta — la presenza di un potenziale stato di contaminazione e di un danno ambientale in atto. Per tali siti è necessario avviare o, se avviate, concludere le procedure tecnico amministrative di bonifica del sito anche al fine di confermare la presenza di uno stato di contaminazione in atto;
   nell'elenco dei siti regionali sottoposti a procedura di bonifica in corso, nella tabella relativa alla provincia di Viterbo, la tipologia di attività corrispondente al Cod. Prov. VT085 di Bassano Romano, Loc. Prato Cecco, è la discarica;
   la discarica in questione è quella comunale oramai esaurita ed utilizzata con molta probabilità anche come sito per lo smaltimento dei rifiuti di una fabbrica di pantaloni, ubicata nel comprensorio comunale e ormai dismessa;
   nella tabella 45 dell'adeguamento del piano regionale delle bonifiche dei siti contaminati del Lazio, riportante gli oneri economici per esecuzione attività di caratterizzazione ambientale — Aree industriali, l'area in oggetto risulta insistere su una superficie di 7.000 metri quadri con un costo per la bonifica ammontabile a 54.000,00 euro;
   la presenza di un potenziale stato di contaminazione rende necessario il confinamento dell'area e per questo, l'assessorato all'ambiente-energia della la provincia di Viterbo, con ordinanza n. 44 del 9 dicembre 2013, diffidava il sindaco protempore del comune di Bassano Romano, ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006 «norme in materia ambientale», di provvedere «ad adottare i necessari interventi di messa in sicurezza, di bonifica e ripristino ambientale della ex discarica comunale» ed il sindaco del comune di Bassano Romano, con l'ordinanza n. 4 del 15 gennaio 2014, ordinava all'università agraria di Bassano Romano: «di mantenere integra la recinzione esistente, di porre dell'apposita segnaletica con cartelli e quant'altro si renda utile per segnalare l'area e impedire l'accesso a persone nonché di sorvegliare affinché quanto posto sopra rimanga integro»;
   un recente articolo pubblicato sul quotidiano online «TusciaTimes.eu» basato su alcune testimonianze di abitanti del luogo, rivela come l'intera area sia cosparsa di rifiuti tra i quali anche additivi ed altri componenti chimici appartenenti all'ex fabbrica di pantaloni e che, sempre nello stesso articolo, si viene a conoscenza del fatto che tali rifiuti sono perlopiù ricoperti da un leggero strato di terra;
   l'area in cui insiste l'ex discarica è prettamente agricola con colture in atto destinate all'alimentazione umana e lo dimostra la determinazione n. C2617 del 22 ottobre 2007 del direttore del dipartimento economico ed occupazionale del Lazio che svincolava la somma di «euro 59.225,00 da destinare all'impianto di un oliveto moderno in loc. Prato Cecco»;
   da analisi effettuate dalla guardia di finanza e dell'ARPA Viterbo, è emerso che i parametri di «escherichia coli» presenti nelle acque del fiume Mignone, sono risultati 45.000 u.f.c./100 ml, contro il limite massimo previsto di 5.000 u.f.c./100 ml;
   la Soprintendenza per i beni archeologici per l'Etruria meridionale il 18 aprile 2011 ha rilevato che l'area risulta prossima ai resti di un sepolcreto di epoca romana ed è interessata in superficie da frammenti fittili archeologici, come si è riscontrato nel corso dei sopralluoghi preliminari –:
   di quali elementi il Governo disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno promuovere verifiche, da parte del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, in ordine allo stato dei luoghi e del livello di inquinamento;
   quali iniziative si intendano assumere a tutela dei resti archeologici riscontrati in prossimità dell'area. (4-06487)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che in vista della manovra economica per il 2015 è stata proposta l'istituzione di una licenza di pesca in mare, con annessi costi e sanzioni;
   se si introducesse una licenza del genere, quindi, chiunque pratichi la pesca amatoriale rischierebbe un'onerosa multa se sprovvisto di licenza;
   inoltre, è paradossale apprendere che le risorse economiche tratte dalla licenza in questione dovrebbero essere destinate al finanziamento della pesca professionale;
   al riguardo, si ritiene assurdo che coloro che praticano la pesca sportivo-ricreativa debbano finanziare le azioni di sviluppo della concorrenza e della competitività delle cooperative e imprese di pesca nazionali e, più in generale, il comparto della pesca professionale;
   al di là della contrarietà all'istituzione della licenza in questione, ciò che non si ritiene congruo è, dunque, volere destinare le risorse economiche ricavate da tale manovra, al finanziamento della pesca professionale. Sarebbe più corretto riservare tali risorse a scopi collegati alla pesca sportiva, qualora venga oneratadella nuova tassa, come lo sviluppo sostenibile della stessa e del turismo ricreativo collegato –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro in merito ai fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative intenda adottare affinché non sia istituita una nuova licenza per chi pratica la pesca sportivo-ricreativa;
   se e quali iniziative intenda promuovere affinché, nella denegata ipotesi che venga istituita la licenza in questione, le risorse economiche percepite attraverso i costi e le sanzioni collegati alla stessa, vengano utilizzate per lo sviluppo sostenibile della pesca sportivo-ricreativa e del turismo ricreativo ad essa collegato.
(4-06485)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'entrata in vigore del decreto ministeriale 16 settembre 2014 recante «Determinazione delle modalità di versamento dei contributi per la partecipazione ai concorsi indetti dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 1, commi da 600 a 603, della legge 27 dicembre 2013, n. 147», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 24 settembre 2014, n. 222, ed entrato in vigore il giorno successivo, intervenuto successivamente alla emanazione del bando di esame d'avvocato — sessione 2014 (decreto ministeriale 11 settembre 2014), ma di immediata applicazione in forza del comma 604 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, i candidati sono tenuti al pagamento dell'ulteriore somma di euro 50,00 a titolo di contributo forfettario alle spese di esame (comma 600 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013);
   il pagamento di detto importo, aggiuntivo rispetto alla tassa di euro 12,91, è condizione di ammissione all'esame;
   tale ulteriore balzello, anche secondo quanto segnalato dall'Unione dei giovani penalisti e dall'Unione dei giovani civilisti di Napoli, appare completamente ingiustificato, iniquo ed inaccettabile;
   peraltro, occorre rilevare che il decreto in questione non solo è entrato in vigore successivamente all'emanazione del bando di esame di avvocato per la sessione del 2014, ma aggrava ulteriormente ed irragionevolmente, a titolo di spese forfettarie ad avviso dell'interrogante ingiustificate, i versamenti a carico dei praticanti avvocati per l'accesso all'esame scritto di abilitazione forense;
   inoltre, si tratta di un esame che non può di certo essere annoverato quale «concorso», in quanto non abilita all'accesso ai ruoli della pubblica amministrazione, bensì all'esercizio della libera professione forense, e che coinvolge, solo presso la corte di appello di Napoli, ben oltre 6.000 candidati;
   si segnala, altresì, un'errata applicazione del comma 604 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a norma del quale «il contributo introdotto a norma dei commi 600 e 601 è dovuto per le sessioni d'esame tenute successivamente all'entrata in vigore del decreto che ne determina le modalità di versamento» –:
   per quale ragione il Ministro interrogato abbia deciso di emanare il decreto ministeriale in questione e se non ritenga di dover rivedere quella che all'interrogante appare una discutibile decisione, almeno in vista delle sessioni d'esame del 2015. (4-06489)


   SCAGLIUSI, SIBILIA, TOFALO e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   appare agli interroganti doveroso sottoporre all'attenzione del Governo una vicenda che coinvolge un imprenditore di Reggio Emilia e la sua famiglia, in quanto appare particolarmente emblematica di quanto ritardi, silenzi, inefficienze o errori di autorità e strutture pubbliche, protratte nel tempo, possano danneggiare la vita di cittadini già pesantemente colpiti nella loro esistenza;
   il signor Giuseppe Bertorelli, un imprenditore nel ramo della produzione di panetteria artigianale, compagno della signora Yutish Nataliya (cittadina Ucraina) dalla quale ha avuto due bambine, nel 1993 ha acquistato un panificio nella provincia di Reggio Emilia a Campegine;
   il locatore avrebbe iniziato a disturbare lui, i suoi dipendenti ed i suoi clienti. Le azioni di disturbo sarebbero risultate, a detta del signor Bertorelli, vere e proprie estorsioni volte ad indurlo ad assumere amici dello stesso locatore;
   si scopre che l'immobile dei locali affittati, nonostante fosse stato indicato dai funzionari del comune, era abusivo e secondo la legge doveva essere abbattuto. Inoltre, l'avvocato G.G. si è presentato al signor Bertorelli asserendo che l'immobile locato fosse suo e non del sig. R., chiedendo nuovamente i canoni d'affitto che il signor Bertorelli avrebbe già pagato al sig. R.;
   nel 2001 il signor Bertorelli ha sporto denuncia ma il dottor B., cui il procedimento era stato affidato dal procuratore P., chiese l'archiviazione asserendo che il signor Bertorelli non aveva subito danni. In seguito il giudice delle indagini preliminari ha archiviato il caso. Nel frattempo i fatti estorsivi sono continuati e il signor Bertorelli ha sporto una nuova denuncia per estorsione e minacce: nuove indagini del Dr. B e nuova archiviazione;
   il signor Bertorelli non avrebbe potuto accedere al Fondo di solidarietà per le vittime del racket dal momento che il procuratore P. non avrebbe appoggiato la sua richiesta (come previsto dalla legge) affermando che non era stata presentata alcuna denuncia. Tuttavia, le denunce presentate sarebbero ben quattro;
   alla scadenza del contratto di locazione del negozio di Campegine, i proprietari, da quanto dichiarato dal signor Bertorelli, avrebbero imposto l'acquisto dell'intero immobile al signor Bertorelli ma, da quanto scritto nella missiva di cui sopra, l'atto di vendita non veniva effettuato nonostante i proprietari avessero già incassato 150.000.000 di lire. Nel frattempo i proprietari, dopo aver preso caparra e acconti, avevano già agito in giudizio chiedendo lo sfratto per fine locazione senza che vi fosse un contratto di locazione per l'abitazione;
   il giorno 10 febbraio 2004 il giudice di Parma ha convalidato e reso esecutiva la richiesta di sfratto e il giorno 6 ottobre 2004 l'ufficiale giudiziario, senza aver dato precedente avviso e soprattutto senza aver chiesto l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, avrebbe eseguito lo sfratto con l'ausilio della forza pubblica buttando fuori di casa la signora Yutish che era in avanzato stato di gravidanza senza permettere al signor Bertorelli di recuperare la sua attrezzatura;
   a seguito di tutto questo, il signor Bertorelli negli si è rivolto al tribunale di Reggio Emilia, al Garante per l'infanzia dell'Emilia Romagna, al comune di Rapallo, al comune di Parma al presidente della regione Emilia Romagna e ai servizi sociali, nonché al difensore civico della Liguria ma senza ricevere mai risposte ne tantomeno il minimo sostengo sia economico sia legale che sociale per tutelare la sua famiglia;
   nel settembre 2004 il signor Bertorelli ha deciso di adire il Consiglio superiore della magistratura (CSM), chiedendo che quest'ultimo aprisse un'inchiesta. Il Consiglio superiore della magistratura non avrebbe fatto nulla ma, in data 28 settembre 2004, il procuratore della Repubblica di Parma, lo stesso delle archiviazioni e del ricorso al C.S.M., avrebbe proposto istanza ai sensi dell'articolo 417 del codice civile iscritta nel registro delle interdizioni col n. 8/04 al fine di dichiarare l'interdizione giudiziale nei confronti del suddetto Giuseppe Bertorelli che, dopo aver resistito in giudizio eccependo, oltre alla nullità formale del decreto del Presidente del tribunale, la mancanza dei requisiti di cui all'articolo 414 del codice civile era stato ritenuto non interdicibile dal tribunale di Parma;
   successivamente, il signor Bertorelli si è rivolto al consigliere di parità e, con la signora Yutish, ha inviato anche una richiesta di intervento al SOLVIT Italia, che stando alle direttive europee avrebbe il compito di attivarsi per fare da ponte tra gli Stati membri e la Commissione oltre ad avere l'obbligo di dare una risposta entro sette giorni, ma ad oggi nessuna risposta è pervenuta;
   in data 11 aprile 2013 lo studio legale Pepi a nome degli avvocati Giangualberto e Jacopo Pepi e per conto del loro assistito Giuseppe Bertorelli hanno inviato una lettera al Ministero della giustizia e alla direzione generale del contenzioso e dei diritti umani presso la Direzione Generale della Giustizia senza ricevere, ad oggi, alcuna risposta;
   in data 19 febbraio 2014 infine la signora Nataliya Yutish ha denunciato lo Stato italiano per violazione degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 8, 13, 14 della Convenzione europea e relative direttive, articolo 1, protocollo 12 della Convenzione europea e relative direttive, articolo 1, Protocollo 1, della Convenzione Europea e relative direttive, e varie direttive europee tra cui la 2004/80CE e la 2000/43/CE, la Decisione Quadro 2001/220/GAI e la Direttiva 2012/29/UE;
   ad avviso degli interroganti la Repubblica Italiana, oltre ad aver valicato ampiamente i limiti del «termine ragionevole» considerando che i fatti sono risalenti ormai al 1996 e si sono protratti fino ad oggi quantomeno nelle conseguenze dannose, avrebbe soprattutto privato la signora Yutish e le figlie della stessa nonché il signor Giuseppe Bertorelli dei propri diritti di cui alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo, come il diritto alla Vita, diritto alla Salute, diritto alla Sicurezza, diritto alla libertà diritto al rispetto della vita familiare nonché il diritto a che le cause fossero valutate da un Tribunale –:
   quale risposta sia stata data all'appello indirizzato al Ministro della giustizia e quali eventuali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere affinché situazioni come quella descritta in premessa non abbiano a ripetersi. (4-06492)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   le Bocche di Bonifacio e lo Stretto di Bonifacio sono state dichiarate area marina protetta speciale per biodiversità (2001), santuario internazionale dei cetacei (2002), patrimonio mondiale Unesco (2006) e l'IMO (Organizzazione marittima internazionale) ha definito la navigazione in questo stretto particolarmente pericolosa;
   la risoluzione dell'IMO A766 del 1993 ha richiesto alle navi, che trasportano sostanze pericolose di evitare questa rotta. Nello stesso anno (1993) le autorità marittime francesi ed italiane hanno stabilito, con due decreti, il divieto di transito nelle Bocche, in caso di trasporto di merci inquinanti o comunque pericolose, applicabile, però, esclusivamente alle proprie navi. Navi battenti bandiere di altri Stati possono, pertanto, transitare con qualsiasi merce;
   nel 1998 una circolare dell'IMO indica, rotte raccomandate e sistema di segnalazione delle navi in transito e nel 1999 viene stipulato un accordo italo-francese sulle procedure operative per il sistema di segnalazione nelle Bocche di Bonifacio. Nasce «Bonifacio Traffic»;
   nel 2011 Italia e Francia sottopongono alla 62a assemblea del Comitato di protezione dell'ambiente marino (MEPC) la proposta di istituire le Bocche di Bonifacio e le zone adiacenti come PSSA (zona di mare particolarmente sensibile). Il Comitato ha accolto la richiesta, con la risoluzione MEPC.204 (62) il 15 luglio 2011. Tale risoluzione stabilisce di implementare nelle Bocche di Bonifacio un efficace sistema di «pilotaggio raccomandato», attivabile su richiesta dei comandanti delle navi che transitano in questo tratto di mare ed, in particolar modo, di quelli che trasportano merci pericolose;
   il Comitato di sicurezza marittima (MSC) ha preso in considerazione questa misura nel corso della sua 90a sessione il 31 maggio 2012, attraverso la risoluzione MSC 90/28, disponendo che doveva diventare effettiva dal 1o luglio 2014;
   le stazioni dei piloti di Olbia e Porto Torres sono ora autorizzate a pilotare nello, stretto in virtù del decreto n. 12/2014 del 1o luglio 2014, emesso dalla direzione marittima italiana di Olbia e dall'ordinanza n. 73/2014 del 30 giugno 2014 rilasciata dalla capitaneria di porto di La Maddalena;
   al momento, sono stati conseguiti importanti risultati sul piano del sistema di «pilotaggio raccomandato», ma non si possono obbligare le navi ad avvalersene. A tale proposito, si specifica che il pilota marittimo sale a bordo della nave in navigazione quale fiduciario dello Stato, che non rileva il comandante della nave, ma lo affianca nella navigazione, suggerisce la rotta da seguire, informa dei regolamenti in vigore, mantiene i contatti con la guardia costiera ed è il diretto referente in caso di necessità per le autorità di terra, essendo un perfetto conoscitore della zona;
   deve essere istituito un servizio di pilotaggio da mettere a disposizione delle navi in transito;
   i piloti delle stazioni di pilotaggio di Olbia e di Porto Torres si sono messi a disposizione, gratuitamente e con la rinuncia dei periodi di riposo dal servizio regolare svolto nelle rispettive sedi di appartenenza, per effettuare eventuali servizi;
   l'attuale servizio di pilotaggio richiederebbe risorse, mezzi e tecnologie, attualmente indisponibili;
   l'unica analisi disponibile del traffico navale in questo tratto di mare, relativa al periodo 2000-2009, ha registrato il transito di 35.188 navi (media di 3500/anno), di cui il 10 per cento francesi, il 26 per cento italiane ed il 64 per cento degli altri stati, il 63 per cento delle quali considerate ad alto rischio;
   nel 2013 delle oltre 3500 navi in transito, 57 hanno violato la risoluzione dell'IMO, ed il traffico delle merci pericolose è aumentato del 28 per cento rispetto al 2012; nel corso degli ultimi, 40 anni si sono verificati, nello stretto, numerosi incidenti, alcuni dei quali al limite di causa d'inquinamento –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare:
    a) per istituire il primo, gruppo internazionale di piloti di alto mare del Mediterraneo (Deep Sea Pilots) al servizio della regione autonoma della Sardegna;
    b) per impegnare risorse destinate all'impiego di nuovi piloti e di personale addetto alle pilotine, all'acquisto di mezzi adatti ad affrontare quell'impervio tratto di mare e di apparecchiature tecnologicamente avanzate e alla manutenzione delle barche in uso.
(2-00720) «Fauttilli, Dellai».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il trasporto aereo costituisce un elemento significativo per il sistema economico nazionale con un impatto diretto sull'economia, tale da renderlo determinante per lo sviluppo ed il rilancio del Paese;
   il traffico aereo internazionale, nonostante la congiuntura economica globale, già nel 2011, è tornato a crescere del 6,5 per cento (circa 150 milioni di passeggeri) e secondo le previsioni della IATA (fine 2012) negli anni a venire si dovrebbe avere un incremento annuo del 5,3 per cento;
   l'Italia, con circa 800 mila passeggeri settimanali, si pone come uno dei più grandi mercati all'interno dell'Unione europea; tuttavia, nel 2012 ha subito una decrescita del 4,7 per cento di passeggeri;
   i passeggeri movimentati nel 2012 dal traffico aereo negli aeroporti romani è pari a 36 milioni per Fiumicino e di 5 milioni per Ciampino. Roma da sola movimenta circa il 30 per cento del traffico nazionale;
   nel nostro Paese la crisi economica ed industriale ha determinato un aggravio della già incerta situazione del trasporto aereo nazionale a causa della carenza di specifiche ed efficienti politiche industriali e gli attuali investimenti strutturali appaiono frammentari e non all'interno di un organico ed efficace sistema coordinato da una cabina di regia dalla quale avere una visione complessiva;
   per quanto concerne la società Alitalia-CAI, l'intesa con Poste italiane ed Etihad, che apre uno scenario nuovo e di sviluppo per tutto il sistema aeroportuale italiano, non ha però avuto l'epilogo sperato sulla gestione degli esuberi. L'accordo separato del 13 luglio 2014 tra Alitalia-CAI e le organizzazioni sindacali pone infatti in mobilità circa 2000 unità; di queste circa 681 verranno ricollocate con «possibili» processi di esternalizzazione, altre 616 con ricollocazione interne alla nuova Alitalia per circa 900 unità è stata prevista la sola mobilità con la sperimentazione dei «contratti di ricollocazione» di cui manca tutta la parte attuativa e organizzativa;
   la vertenza Groundcare che vede il fallimento della società di handler e che coinvolge 850 lavoratori, è un ulteriore segnale delle possibili conseguenze di un'implosione del sistema di trasporto aereo italiano –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di:
    a) continuare il confronto sul trasporto aereo riattivando, al più presto, il tavolo nazionale presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per affrontare le principali questioni riguardanti il settore, ossia regole, authority, politiche industriali, indirizzi di sistema, investimenti infrastrutturali e, in particolare, insieme alla regione Lazio, per aprire un particolare confronto sul sistema aeroportuale romano;
    b) esplicitare le esternalizzazioni annunciate dall'accordo ministeriale tra Alitalia – CAI e organizzazioni sindacali del 13 luglio 2014 in tutte le loro parti all'interno di una logica industriale, dando finalmente delle certezze ai tanti lavoratori coinvolti su tempi, azienda di trasferimento e condizioni contrattuali;
    c) definire il ruolo di Poste Italiane nell'acquisizione di servizi e infrastrutture ICT di Alitalia e nel relativo e auspicato passaggio di personale – 77 unità – da Alitalia a Poste, come indicato dall'accordo del 13 luglio 2014 e come si evince da dichiarazioni dello stesso Ministro interpellato;
    d) chiarire, in particolare, il ruolo di Atitech nell'acquisizione di attività di manutenzione a medio e lungo raggio di Alitalia nel relativo e auspicato passaggio di personale, 200 unità, in Atitech, come indicato dall'accordo del 13 luglio 2014 e dallo stesso Ministro interpellato con dichiarazioni alla stampa;
    e) dare delucidazioni e rassicurazioni sul futuro del polo manutentivo dell'aeroporto di Fiumicino;
    f) definire i tempi della concretizzazione dei contratti di ricollocazione,chiarendo il ruolo dell'ENAC e della regione Lazio.
(2-00721) «Minnucci, Giuliani, Boccadutri, Miccoli, Venittelli, Melilli, Taricco, Prina, Paolo Rossi, Benamati, Chaouki, Petitti, D'Ottavio, Mazzoli, Causi, Tidei, Marroni, Gregori, Plangger, Catalano, Marco Di Stefano, Coscia, Simoni, Argentin, Cassano, Cardinale, Zoggia, Bonaccorsi, Taranto, Massa, Grassi, Fassina, Boccuzzi».

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, VACCA, SIMONE VALENTE, MARZANA, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, D'UVA e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i percorsi di abilitazione all'insegnamento svoltisi dall'anno accademico 1999-2000 all'anno accademico 2008-2009 con le Scuole di specializzazione all'insegnamento secondario, le cosiddette SSISS, prevedevano per gli abilitati, al termine di un percorso formativo di due anni accademici con annesso un tirocinio didattico educativo di complessive 300 ore da svolgersi nelle istituzioni scolastiche convenzionate affiancati da un insegnante/tutor e da un insegnante supervisore, un esame di Stato conclusivo che attribuiva in caso di superamento l'abilitazione nella corrispondente classe di concorso e l'accesso alle graduatorie permanenti;
   a decorrere dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) le graduatorie permanenti sono state trasformate in graduatorie ad esaurimento. Ne è conseguito che, solo fino al biennio 2007/2008 – 2008/2009 (IX ciclo SSISS), sono stati consentiti nuovi inserimenti di personale abilitato nelle nuove graduatorie ad esaurimento;
   nel frattempo, nel 2010 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sospendeva il X ciclo SSISS;
   nel 2012, a seguito dell'emanazione del decreto ministeriale n. 249 del 2010 concernente la «definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244» sono state attivate le nuove procedure per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento;
   gli abilitati a seguito del superamento del suddetto tirocinio formativo attivo hanno avuto diritto all'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, difformemente da quanto previsto per gli abilitati mediante il percorso analogo delle scuole di specializzazione all'insegnamento secondarie, per i quali era previsto l'accesso alle graduatorie permanenti e, successivamente, alle graduatorie ad esaurimento;
   nel documento «La buona scuola», presentato il 3 settembre 2014 dal Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, viene previsto un piano di assunzioni straordinarie per circa 148.100 docenti, in sostanza tutti gli attuali iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento, da realizzarsi entro settembre del 2015;
   dal medesimo documento risulta che per i circa 166.400 docenti abilitati tramite tirocinio formativo attivo ordinario e percorsi abilitanti speciali, per i diplomati magistrali e i laureati in scienze della formazione primaria dopo il 2010-2011, l'unica via prospettata per conseguire l'immissione in ruolo e la stabilizzazione sia quella della partecipazione ad un nuovo concorso, che verrà bandito nel 2015;
   sussiste dunque, a fronte di due percorsi abilitanti analoghi, una evidente disparità di trattamento tra cittadini abilitatisi entro il 2008-2009 con le SSISS e i cittadini abilitatisi con tirocinio formativo attivo o percorsi abilitanti speciali a partire dal 2012, o che abbiano visto riconosciuto il valore abilitante del proprio titolo solo molti anni dopo averlo conseguito, come i diplomati magistrali: per i primi è prevista la stabilizzazione entro il settembre 2015, per i secondi il mero accesso a un nuovo concorso –:
   in che modo intenda sanare questa disparità di trattamento, valorizzando la professionalità di docenti già formati e già abilitati dallo Stato, che hanno dunque compiuto un percorso altamente qualificato e con costi onerosi in tutte le regioni d'Italia;
   se non ritenga opportuno procedere ad immettere in ruolo tramite scorrimento delle graduatorie, in subordine all'assunzione dei docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, anche i docenti abilitati attualmente inseriti nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, garantendo loro un doppio canale per l'accesso al ruolo e la certezza di essere assunti e non disperdendo le grandi competenze acquisite e già testate tramite i suddetti percorsi abilitanti. (5-03819)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, ASCANI, MALPEZZI, MANFREDI e MANZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dei decreti ministeriali n. 39 del 1998 e n. 22 del 2005 i laureati in scienze politiche o scienze della amministrazione, ordinamento quadriennale previgente, hanno accesso alla classe 19/A – discipline giuridiche ed economiche, purché abbiano conseguito la laurea entro l'anno accademico 2000-2001;
   questo limite temporale rappresenta una disparità di trattamento non giustificata da significative modificazioni intercorse negli ordinamenti didattici delle suddette: lauree dopo il 2001, in seguito all'introduzione del nuovo ordinamento previsto ex decreto n. 509 del 1999;
   ai sensi dei decreti ministeriali n. 39 del 1998 e n. 22 del 2005, i laureati in scienze politiche e in relazioni internazionali dell'ordinamento ex decreto n. 509 del 1999 (70/S e 60/S) ed ex decreto n. 270/2004 (LM 62 E LM 52) non hanno accesso alla classe 19/A – discipline giuridiche ed economiche;
   l'articolo 168 del testo unico 1592/33 sancisce l'equipollenza tra la laurea in scienze politiche e quella in giurisprudenza per l'ammissione a tutti i concorsi per le amministrazioni governative, salvo che per la carriera giudiziaria;
   il decreto interministeriale 9 luglio 2009, equiparazioni tra diplomi di lauree di vecchio ordinamento, lauree specialistiche (LS) ex decreto n. 509 del 1999 e lauree magistrali (LM) ex decreto n. 270 del 2004 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, sancisce l'equiparazione del diploma di laurea in scienze politiche (vecchio ordinamento), tra le altre, alle lauree specialistiche 60/S – relazioni internazionali e 70/S – scienze della politica, 71/S – scienze per la cooperazione allo sviluppo 88/S, scienze delle pubbliche amministrazioni e alle lauree magistrali LM 52 – relazioni internazionali e LM 62 – scienze della politica – LM 81 economia dello sviluppo;
   la conferenza di scienze politiche, che riunisce i direttori di dipartimento, presidi di facoltà e presidenti di scuole dell'area delle scienze politiche di tutta Italia, nella mozione approvata il 7 luglio 2014 ha espresso il proprio stupore e la propria preoccupazione per il fatto che i laureati specialistici e magistrali dell'area delle scienze politiche non siano stati ammessi ai tirocini formativi attivi (TFA), di recente avviati, nonostante le ripetute assicurazioni giunte in più riprese dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul fatto che sarebbe stato emanato un decreto di revisione delle classi di concorso, attraverso cui sarebbe stato risolto l'annoso problema dell'esclusione delle lauree in scienze politiche dall'accesso all'insegnamento;
   il consiglio nazionale degli studenti universitari, nell'adunanza n. 7 del 26 giugno 2014, ha approvato all'unanimità la mozione sulla richiesta di accesso all'insegnamento per i laureati in scienze politiche;
   dal 2009 ad oggi tale disparità è stata più volta segnalata anche da interrogazioni parlamentari, ricevendo ogni volta rassicurazioni circa l'inserimento, fra le lauree che consentono l'ammissione all'insegnamento nella classe 19/A, delle lauree specialistiche e magistrali afferenti a scienze politiche;
   è già stato predisposto da mesi dagli uffici competenti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il decreto di revisione delle classi di concorso in cui tale richieste vengono finalmente accolte, ma che, a quanto consta agli interroganti, sarebbe fermo al Gabinetto del Ministro;
   tale decreto, tra l'altro, è molto atteso in quanto risolve molte disparità e costituisce una notevole semplificazione e un adeguamento delle classi di concorso agli attuali percorsi universitari, con notevoli vantaggi per tutti gli aspiranti all'insegnamento;
   l'esclusione descritta appare agli interroganti assolutamente arbitraria, in quanto gli insegnamenti relativi alla classe di concorso 19/A sono perfettamente compatibili e coerenti con l'ordinamento didattico della laurea in «scienze della politica» e delle lauree specialistiche ad essa afferenti ed esistono lauree che consentono l'accesso a questa classe di concorso, come quella in giurisprudenza ad esempio, che sono equipollenti per legge a quella in scienze politiche per quanto concerne l'accesso ai concorsi pubblici;
   questa esclusione totale dalle possibilità di accesso all'insegnamento è secondo gli interroganti discriminatoria, vista la coerenza tra gli ordinamenti delle classi di laurea in questione e le conoscenze richieste ai fini dell'insegnamento nella classe di concorso in questione;
   il ritardo nel sanare questa ingiustificata disparità continua a penalizzare, molti giovani ingiustamente esclusi dai concorsi per l'insegnamento e dai tirocini formativi attivi –:
   quali iniziative intenda intraprendere per accelerare l’iter e favorire la rapida approvazione del suddetto decreto di revisione delle classi di concorso, in modo da sanare tale disparità discriminatoria più volte segnalata ed evitare ulteriori ritardi e rinvii, anche in vista della annunciata riforma del reclutamento.
(5-03821)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRESCIA e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 98 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011 «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» all'articolo 19, comma 11, stabilisce come dotazione previsionale complessiva quella di «un docente ogni due alunni disabili»;
   la legge 244 del 2007, articolo 413, indica come «rapporto medio nazionale» da non superare quello di una cattedra ogni due alunni disabili;
   le manovre finanziarie del 2010 (decreto legge 78 del 2010 convertito dalla legge 122 del 2010, articolo 9, come 15 e articolo 10, comma 2) e del 2011 (decreto-legge 98 del 2011, articolo 19 comma 11) riportano la dicitura: «fermo restando che è possibile istituire posti in deroga, allorché si renda necessario per assicurare la piena tutela dell'integrazione scolastica», da cui si evince che le deroghe riguardano ulteriori ore resesi necessarie, al di là dell'organico di diritto e di fatto, per i casi più gravi opportunamente documentati;
   l'ufficio scolastico provinciale di Bari convocava il giorno 9 settembre 2014 i docenti delle aree AD02 e AD03 e pubblicava in data 10 settembre 2014 le disponibilità;
   dalle disponibilità si evinceva che, nonostante nella provincia di Bari le iscrizioni degli alunni con disabilità siano passate da 1838 (A.S. 2013/14) a 1952 (A.S.2014/15) (circa 100 alunni in più) le cattedre sono state ridotte da 983 a 818, quasi 170 in meno;
   di fronte alla richiesta di chiarimenti da parte dei docenti precari, a quanto consta all'interrogante l'ufficio scolastico provinciale avrebbe addotto svariate giustificazioni quali: le scuole non hanno fatto domanda nei tempi previsti (29 luglio), la PEC del provveditorato era intasata, i documenti sono stati inviati dalle scuole in formato word e non pdf come richiesto, oppure sono stati inviati incompleti, i posti sono stati dati tutti ai ruoli (cosa a giudizio dell'interrogante impossibile perché i ruoli non sono stati 170 e adesso le scuole non dovrebbero avere cattedre vacanti);
   le scuole hanno dichiarato in modo informale (consultate dagli stessi docenti) che hanno inviato tutti i documenti e nei tempi corretti;
   alla metà di ottobre 2014 la situazione nelle scuole secondarie di II grado della provincia di Bari si presenta in questo modo:
    a) studenti diversamente abili senza docenti di sostegno;
    b) famiglie di studenti diversamente abili gravemente danneggiate da questo inizio di anno scolastico;
    c) scuole in difficoltà per la gestione degli alunni in assenza di docenti;
    d) docenti (di ruolo e non) che tamponano come possono la situazione;
    e) docenti precari che sono stati costretti a scegliere sedi disagiate pur sicuri della presenza di fatto di sedi più agevoli;
    f) docenti precari ancora senza incarico;
    g) l'ufficio scolastico provinciale di Bari rinvia per ben due volte la pubblicazione del calendario della seconda convocazione per il sostegno;
    h) in data 16 ottobre vengono pubblicate le convocazioni ma ancora non si conoscono le disponibilità;
   allo stato attuale, quindi, secondo l'interrogante sono stati calpestati i diritti di precari, disabili, famiglie, scuole, in quanto fino alla prossima convocazione il rapporto richiesto dalla legge di 1 a 2 è abbondantemente disatteso; gli alunni disabili non avranno più l'insegnante che li aveva precedentemente seguiti, le famiglie saranno costrette molto probabilmente a non mandare a scuola i propri figli per l'assenza del docente di sostegno, le scuole si troveranno sotto organico e in una situazione di emergenza; i precari, i cui diritti sono stati ad avviso dell'interrogante vergognosamente calpestati sono costretti a subire ancora una volta le conseguenze di un sistema che non riesce a dare spiegazioni esaustive e verificabili –:
   se intenda fornire chiarimenti documentati, riguardo all'accaduto, sulla base delle documentazioni concernenti le mancate o incomplete domande delle scuole, e un esatta descrizione del mal funzionamento della PEC dell'ufficio scolastico provinciale, tutto questo per scongiurare l'ipotesi di tagli all'organico di diritto o all'organico di fatto, errori dei funzionari o altre eventuali gravi mancanze di responsabilità dell'ufficio scolastico provinciale che, ad avviso dell'interrogante, avrebbe comunque potuto, in caso di problemi tecnici, contattare le scuole per avvertirle di problemi di varia natura nella ricezione dei documenti. (4-06486)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   al fine di avvicinare le giovani generazioni alle istituzioni, l'interrogante da alcuni mesi ha intrapreso il progetto «La Camera dei Deputati a Scuola» in occasione del quale illustra agli studenti delle scuole medie superiori il funzionamento della Camera dei deputati;
   in occasione di una recente visita all'istituto di istruzione superiore statale «Enrico Fermi» di Montesarchio in provincia di Benevento, è stata prospettata all'interrogante la grave situazione delle finanze dell'istituto stesso;
   secondo quanto rappresento dai vertici amministrativi dell'istituto scolastico «nell'anno 2009 non veniva erogata la somma di 180.661,80 euro di spettanza alle LSU, a seguito di un errore burocratico intervenuto tra l'ufficio scolastico regionale della Campania e le autorità competenti, pertanto, tale importo veniva riportato tra i residui attivi del bilancio annuale»;
   in seguito a tale mancata erogazione, l'Istituto non era in grado di evadere le fatture della ditta CICLAT per il servizio LSU;
   l'istituto scolastico negli anni avrebbe inoltrato ripetuti solleciti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, senza però riuscire ad ottenere l'invio della somma;
   infine, il 18 luglio 2014, è intervenuto il decreto ingiuntivo n. 4684/2014 del tribunale di Napoli, che mette a serio rischio la situazione finanziaria dell'Istituto medesimo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda segnalata in premessa e se non ritenga di doversi attivare al fine di risolvere una questione che rischia di compromettere seriamente le attività dell'istituto di istruzione superiore statale «Enrico Fermi». (4-06488)


   SCOTTO, FRATOIANNI e PANNARALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   al comma 2 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 12 settembre 2013, convertito dalla legge n. 128 dell'8 novembre 2013, si pone quale obiettivo quello di assicurare continuità al sostegno degli alunni con disabilità attraverso l'incremento dell'organico di diritto fino alla concorrenza del 90 per cento dell'organico di fatto nel 2014-2015 e del 100 per cento nel 2015-2016, determinato in base ai posti complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006/2007 e cioè 90.032 su base nazionale;
   l'organico di fatto attribuito alla provincia di Bari nell'ultimo triennio è stato pari a 2.949, come si evince dalle note dell'ufficio scolastico regionale n. 4853 dell'11 luglio 2013 e n. 7899 del 23 luglio 2014. Tale organico di fatto era costituito da 2387 cattedre in organico di diritto e da 562 cattedre aggiuntive, come risulta dal citato decreto dell'ufficio scolastico regionale Puglia n. 7899 del 23 luglio 2014;
   dei 562 posti aggiuntivi, 542 erano in capo alla scuola secondaria di secondo grado, numero che si ottiene sottraendo dal numero dell'organico di fatto, 983, come da nota 19 luglio 2013 dell'ufficio scolastico provinciale di Bari, il numero delle cattedre in organico di diritto, ovvero 441, come da decreto dell'ufficio scolastico regionale dell'11 aprile 2014 PROT. n. AOODRPU. 4089;
   nell'anno scolastico 2013/2014, alla scuola secondaria di secondo grado della provincia di Bari venivano assegnate 983 cattedre consolidate, di cui 441 di diritto e 542 aggiuntive, mentre agli altri ordini di scuola venivano complessivamente assegnate 1966 cattedre, di cui 1946 in organico di diritto e 20 aggiuntive, con un evidente squilibrio nel riparto nei vari ordini dell'organico di diritto. Di fatto, mentre per la scuola superiore il rapporto di 441 posti di diritto su 983 posti complessivi dell'organico di fatto, porta al 45 per cento circa di copertura, negli altri ordini si è già raggiunto quasi il 100 per cento, considerando complessivamente il rapporto di 1946 posti di diritto su 1966 di organico di fatto;
   in data 11 aprile 2014 l'ufficio scolastico regionale della Puglia con proprio decreto n. 4089 ripartiva in questo modo l'incremento dell'organico di diritto attribuito alla provincia di Bari per complessivi 355 posti: 36 alla scuola dell'infanzia, 89 alla primaria, 53 alla secondaria di primo grado ed, infine, 177 alla scuola secondaria di secondo grado, portando i nuovi organici di diritto a: 293 cattedre all'infanzia, che con 510 alunni ha un rapporto di un docente per 1,74 alunni (al di sopra della media voluta dalla norma); 1030 cattedre alla primaria per 1785 alunni con un rapporto di un docente per 1,74 alunni; 801 alla secondaria di primo grado per 1404 alunni con un rapporto di un docente per 1,75 alunni; a 618 le cattedre per la secondaria superiore per complessivi 1858 alunni con un rapporto di un docente per 3 alunni;
   il provveditore agli studi di Bari con propria nota del 25 luglio 2014, sulla base del citato decreto 7899 dell'ufficio scolastico regionale Puglia, comunicava che le cattedre in organico di fatto delle scuole secondarie superiore non erano più 983, come il precedente anno scolastico, ma 818, tagliando circa 160 cattedre. Una decisione poco comprensibile se si considera che nella provincia di Bari le iscrizioni degli alunni con disabilità alle scuole secondarie superiori sono aumentate di circa 100 unità, da 1838 (A.S. 2013/14) a 1952 (A.S. 2014/15);
   inoltre, il rapporto fra organico di diritto e organico di fatto, pur con la diminuzione di quest'ultimo, non rispetta ad avviso degli interroganti i parametri imposti dal decreto n. 104 del 2013, visto che si raggiunge la copertura del 75 per cento circa, invece del 90 per cento per l'anno 2014-2015;
   l'ufficio scolastico provinciale di Bari ha convocato il giorno 11, 12 e 15 settembre 2014 i docenti delle aree AD01, AD02, AD03 e AD04 e ha pubblicato in data 10 settembre le disponibilità delle cattedre per queste aree; da tali disponibilità si evince che le cattedre in prima convocazione risultano essere 223 + 90 spezzoni orari circa, a fronte di numeri ben diversi per l'anno scolastico 2013/14, ovvero 553 +81 spezzoni circa in prima convocazione;
   appare chiaro come sarà necessario assegnare ulteriori cattedre per rispettare i rapporti docente/alunni, secondo le normative vigenti, e che queste saranno assegnate con il meccanismo della deroga, creando disagi e ingiustizie, non solo per gli alunni diversamente abili e le loro famiglie, costretti molte volte anche a restare a casa per qualche settimana, ma anche per i docenti precari che dovranno attendere le deroghe per vedere riconosciuto quello che è in realtà un posto consolidato –:
   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   se non ritenga che si sia verificata una condizione contraria a quanto stabilito dal decreto n. 104 del 2013;
   se non ritenga che questa situazione richieda un intervento immediato per garantire la continuità didattica per gli alunni diversamente abili delle scuole secondarie di secondo grado;
   se non ritenga doveroso intervenire per approfondire la situazione e fare luce sulle cause che hanno portato al taglio dell'organico di fatto per le scuole superiori di secondo grado della provincia di Bari, a fronte di un aumento della popolazione studentesca. (4-06491)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DAMIANO, DELL'ARINGA, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROTTA, SIMONI e ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (decreto-legge Salva-Italia), convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto nuovi requisiti per l'accesso alla pensione anticipata, prevedendo, tra l'altro, l'introduzione di un sistema di penalizzazioni che si attiva qualora gli aventi diritto – gli uomini con un'anzianità contributiva di almeno 42 anni e 1 mese e le donne di almeno 41 anni e 1 mese – anticipino l'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni, pari a una riduzione di 1 punto percentuale del trattamento pensionistico per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto alla predetta soglia anagrafica e di 2 punti per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni;
   l'articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha successivamente stabilito la non applicabilità delle predette penalizzazioni ai soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora questa derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, prevedendo solo alcune deroghe quali quelle per i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria;
   tale quadro normativo finisce per determinare la paradossale conseguenza di penalizzare diverse categorie di soggetti che maggiormente rischiano di subire gli effetti più pesanti di tale meccanismo di decurtazione dell'assegno pensionistico, quali i cosiddetti «precoci» o alcune categorie di lavoratori che in virtù delle particolari condizioni di esecuzione della loro attività lavorativa sono stati riconosciuti meritevoli di apposite disposizioni di tutela, quali i lavoratori che svolgono lavori usuranti o i lavoratori che sono stati esposti per periodi prolungati all'amianto;
   sembrerebbe paradossale che proprio i lavoratori che si trovano a vivere condizioni di maggior fatica e pericolo per la loro salute debbano essere maggiormente penalizzati economicamente per l'effetto dell'applicazione di divergenti disposizioni di legge, ovvero quelle che da una parte prevedono delle specifiche anticipazioni dei requisiti anagrafici e dall'altra quelle dell'articolo 24, comma 10, del richiamato decreto 201, che prevedono una decurtazione dell'assegno pensionistico qualora si vada in pensione prima del compimento dei 62 anni;
   anche per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego si stanno creando difficoltà perché mentre nelle posizioni contributive Inps sono indicate tutte le contribuzioni figurative, non esiste pari informatizzazione e precisione nelle posizioni dei pubblici dipendenti e gli uffici del personale si trovano costretti a ricostruire tutto il percorso lavorativo del singolo impiegato per 42 o 43 anni, archivi cartacei non più disponibili, cercare giornate di sciopero, congedo matrimoniale o altre assenze crea un'enorme perdita di tempo e favorisce la conflittualità tra colleghi per l'incomprensibile eccesso di indagine lungo un percorso lavorativo decennale;
   sulle assenze per donazioni di sangue in senato, e per i congedi parentali di maternità e di paternità alla Camera, sono stati approvati specifici emendamenti in sede di conversione del decreto-legge n. 101 del 2013 prevedendo le seguenti coperture: donazione sangue 0,2 milioni di euro per l'anno 2013, di 2 milioni di euro per l'anno 2014, di 3 milioni di euro per l'anno 2015, di 4 milioni di euro per l'anno 2016 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017; congedi parentali di maternità e di paternità, è autorizzata la spesa di 0,6 milioni di euro per l'anno 2013, 3 milioni di euro per l'anno 2014, 5 milioni di euro per l'anno 2015, 8,7 milioni di euro per l'anno 2016 e 11,4 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017 e successivamente è stata sanata anche l'assenza per assistenza familiari disabili;
   vale la pena di ricordare l'assurdità di tale norma, la penalizzazione è una percentuale per la distanza anagrafica ai 62 anni non sulla durata o la diversa tipologia di contribuzione figurativa, per esempio, se una persona ha utilizzato congedi di vario tipo, per funerale di congiunto o congedo matrimoniale, ha riscattato il periodo di laurea, ha effettuato giornate di sciopero, ma ha 62 anni non subisce penalizzazione, se avesse usato anche solo una settimana di disoccupazione nell'arco di tutta la vita lavorativa, ma fosse andata in pensione a 61 anni ha la penalizzazione;
   per porre rimedio a tale evidente incongruenza delle richiamate disposizioni, in occasione dell'esame del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, si era provveduto a riformulare il disposto del citato articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, escludendo, in via generale e senza illogiche distinzioni, l'applicazione delle penali a tutti i soggetti che avrebbero maturato il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017;
   tale intervento correttivo è stato ipotizzato, tenendo conto dei calcoli elaborati dall'INPS relativi ai potenziali beneficiari e ai relativi oneri finanziari. Tuttavia, su tali dati si è registrata una diversa valutazione da parte della ragioneria generale dello Stato che ha determinato il Governo a espungere tale disposizione, insieme ad altre, nel corso dell'esame da parte dell'altro ramo del Parlamento;
   l'INPS ha quantificato in 153 milioni, fino al 2025, gli oneri necessari per abrogare il concetto di prestazione effettiva di lavoro per non subire penalizzazioni, 1 milione di euro per l'anno 2014, 3 milioni di euro per l'anno 2015, 7 milioni di euro per l'anno 2016, 14 milioni di euro per l'anno 2017 e 16 milioni di euro a decorrere dal 2018, la ragioneria di Stato ha ritenuto sottostimata tale quantificazione e ritiene che gli oneri effettivi debbano essere valutati in 5 milioni di euro per l'anno 2014, 15 milioni di euro per l'anno 2015, 35 milioni di euro per l'anno 2016 (moltiplica 5 volte la valutazione INPS per ogni anno), 50 milioni di euro per l'anno 2017 e 60 milioni di euro a decorrere dal 2018;
   si era pensato al decreto sulla pubblica amministrazione proprio pensando agli uffici personale degli enti pubblici e delle amministrazioni statali, per evitare di dover controllare le assenze dei dipendenti in 41, 42, 43 anni di lavoro, per rispondere alla richiesta dei lavoratori di recuperare i periodi non considerati, inoltre va considerato il lavoro enorme per l'INPS di verifica prima di procedere con la liquidazione della pensione, inoltre si attiveranno comunque contenziosi rispetto alle penalizzazioni;
   a prescindere dal ripetersi di situazioni in cui si sono registrate diverse valutazioni tra i diversi enti e organi dello Stato circa gli effetti delle misure in materia previdenziale, che si dovrebbero comunque verificare, si deve rimarcare la mancata soluzione di un problema che, pur essendo stato segnalato sin dalle prime fasi di esame del decreto-legge «Salva-Italia», determina una palese ingiustizia a fronte di risparmi piuttosto esigui e aleatori, soprattutto se valutati alla luce della portata finanziaria che quella manovra ha operato sul sistema previdenziale del nostro Paese;
   il Ministro Poletti il 17 settembre 2014 ha dichiarato in aula alla Camera in risposta alla interrogazione a risposta immediata che è intenzione del Governo, nel contesto della legge di stabilità, fare un esame di tutte le specifiche situazioni meritevoli di tutela previdenziale e pensionistica via via emerse nel corso del tempo e verificare se e come sia possibile pervenire ad una loro soluzione organica, nel quadro delle scelte che dovranno essere compiute nella sede della stessa legge di stabilità;
   si precisa inoltre che le prime donne che hanno subito tali penalizzazioni possono essere andate in pensione solo dal luglio del 2013, perché dovevano poter avere 41 anni e 5 mesi, e i primi uomini possono essere andati in pensione dall'agosto 2014 con 42 anni e 5 mesi, dal gennaio 2012, data di entrata in vigore dei nuovi requisiti stabiliti dalla cosiddetta legge Fornero, perché tale norma non è applicata alle persone che abbiano maturato 40 anni di contributi entro il 31 dicembre 2011, come prevedeva la norma, articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, anche se andate in pensione successivamente e comunque dopo la finestra mobile (legge n. 122 del 2010) di 12 mesi per i lavoratori e lavoratrici dipendenti e 18 mesi per gli autonomi;
   si ritiene quindi che qualora le penalizzazioni vengano cancellate si preveda la possibilità di riliquidazione della pensione a coloro che ne stanno già godendo –:
   se non ritenga opportuno il Ministro, nel quadro di un intervento più organico che ponga rimedio ai problemi più evidenti scaturiti a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, già in occasione della prossima legge di stabilità, trovare una specifica soluzione al tema delle penalizzazioni previste dal comma 10, dell'articolo 24 del medesimo decreto-legge;
   quante siano le pensioni anticipate liquidate con le penalizzazioni di cui sopra, a donne e uomini, che non abbiano compiuto, quindi, all'atto della liquidazione i 62 anni di età;
   quale sia l'importo delle pensioni, l'importo di riduzione, la decorrenza e l'età suddiviso per uomini e donne delle pensioni liquidate con penalizzazioni.
(5-03822)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GELLI, BONACCORSI, ANZALDI e BOCCUZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dei giorni 14 e 15 ottobre 2014 la provincia di Grosseto è stata flagellata da una eccezionale ondata di maltempo;
   sono particolarmente colpiti il bacino dell'Albenga e il comprensorio tra Manciano e Marsiliana dove purtroppo si sono avute due vittime proprio a causa delle avverse condizioni atmosferiche;
   ingenti danni si registrano alle infrastrutture e al patrimonio edilizio pubblico e privato, e per quanto riguarda il settore agricolo cui il territorio è vocato;
   si tratta di un'area già segnata dall'alluvione del 2012;
   interi vigneti sono scomparsi così come sommerse dell'acqua risultano altre pregiatissime colture;
   la stessa viabilità risulta fortemente compromessa;
   le istituzioni locali stanno effettuando in queste ore la conta dei danni e alcune come ad esempio il Comune di Orbetello, hanno già deciso di sospendere il pagamento delle imposte locali a imprese e persone colpite dal nubifragio –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare in tempi rapidi per il riconoscimento dello stato di calamità nei confronti del comprensorio in questione e per l'attribuzione di risorse straordinarie così come per altre realtà purtroppo tristemente segnate da fenomeni alluvionali in questo inizio di autunno, al fine di porre in sicurezza il territorio. (5-03820)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la consegna della posta è un servizio essenziale nella vita di relazione dei cittadini, con effetti di non poco conto nei rapporti giuridici con terzi;
   il ritardo o la mancata consegna della corrispondenza cagionano una pluralità di danni patrimoniali e non patrimoniali sia per il mittente che per il destinatario;
   a titolo esemplificativo, è sufficiente pensare alle conseguenze del ritardo o del mancato recapito di atti giudiziari, bollette delle utenze (luce, acqua e gas), tagliandi assicurativi e fatture, che vanno dagli interessi di mora e sanzioni al fermo amministrativo, al pignoramento, all'interruzione della somministrazione ovvero ai mancati vantaggi derivanti da un tempestivo recapito della corrispondenza;
   la Corte di Cassazione penale, con sentenza 20 giugno 2012, n. 24582 ha stabilito che l'agente postale addetto al recapito che omette di consegnare ai destinatari la corrispondenza commette il reato di cui all'articolo 616 del codice penale (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza). In particolare, il fatto che la corrispondenza non sia stata distrutta e sia successivamente ritrovata non è rilevante, perché la condotta incriminata rientra comunque nell'ipotesi di distrazione di corrispondenza, sanzionata dal citato articolo 616, comma primo, parte terza del codice penale;
   inoltre, anche la fattispecie di soppressione sanzionata dall'articolo 616 del codice penale ricorre ogni volta che il destinatario è privato per un tempo apprezzabile della corrispondenza indirizzatagli, considerato che, in ragione di detta interruzione temporale, essa è privata della sua funzione e, quindi, del suo valore;
   all'interrogante giungono reiterate segnalazioni di ritardi e disfunzioni nella consegna della posta in ampie zone del territorio nazionale, non solo con riferimento a piccoli centri, ma addirittura a capoluoghi di regione;
   per esempio, secondo alcune segnalazioni giunte all'interrogante, nel centro di smistamento della posta di Fiumicino (Roma) – che si occupa della posta da smistare nella Capitale – si troverebbero 5 tonnellate di posta non consegnata;
   ciò assume dei connotati di particolare gravità con riferimento alla posta cosiddetta «prioritaria», non essendo più apposto il timbro della data di consegna della corrispondenza (diversamente da quanto accadeva in passato). Pertanto, ciò rende molto difficoltoso, se non impossibile, controllare il rispetto degli obiettivi di qualità nella consegna della posta prioritaria;
   sempre secondo tali segnalazioni, ciò sarebbe da imputarsi ad una responsabilità di Poste Italiane che avrebbe deciso di ridimensionare notevolmente il servizio di distribuzione territoriale della posta;
   si tratta con tutta evidenza di una situazione intollerabile, anche alla luce del fatto che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha autorizzato un considerevole piano di aumento delle tariffe postali che verrà attuato entro il 2016 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto segnalato in premessa;
   se il Ministro interrogato non ritenga, per quanto di competenza, di intervenire presso Poste Italiane affinché venga al più presto ripristinata una situazione di legalità e sia finalmente fornito alla cittadinanza italiana il servizio, fondamentale di corrispondenza della Posta nei modi e nei tempi previsti;
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative per far si che Poste Italiane spa apponga un timbro-data alle corrispondenze in ricezione (in particolare, alla posta prioritaria, vista la tariffa), nonché il timbro-data dell'ufficio locale quando affida la corrispondenza al postino per la consegna;
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative affinché Poste Italiane spa metta in rete i documenti inerenti alle corrispondenze che ogni giorno sono destinate al macero perché non consegnate;
   se il Ministro non ritenga opportuno adoperarsi affinché Poste Italiane spa metta in internet le corrispondenze in giacenza per ciascun centro di smistamento e ufficio postale. (4-06490)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Speranza e altri n. 1-00615, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Pinna n. 4-02445, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 113 del 7 novembre 2013.

   PINNA, ARTINI e GALLINELLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   fino al 2001 nella regione Sardegna l'apertura di filiali e succursali di agenzie di viaggio era disciplinata dalla legge regionale n. 13 del 1988. Tale normativa prevedeva che l'apertura delle filiali e delle succursali di agenzie di viaggio fosse subordinata al medesimo procedimento di autorizzazione previsto per l'apertura e l'esercizio delle agenzie di viaggio. Conseguentemente ogni filiale o succursale doveva essere dotata di un direttore tecnico proprio, dunque distinto rispetto a quello dell'agenzia principale, e doveva prestare all'ente che rilasciava l'autorizzazione apposita garanzia finanziaria (deposito cauzionale o fidejussione);
   la materia era regolata in maniera analoga nelle altre regioni d'Italia;
   la situazione è mutata con le sentenze della Corte costituzionale n. 362 del 1998, con cui si è dichiarata l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della regione Lombardia del 16 settembre 1996, n. 27 (Disciplina dell'attività e dei servizi concernenti viaggi e soggiorni. Ordinamento amministrativo delle agenzie di viaggio e turismo e delega alle Province contro la regione Lombardia), e n. 54 del 2001, con cui si dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Sardegna 13 luglio 1988, n. 13 (Disciplina in Sardegna delle agenzie di viaggio e turismo), nella parte in cui subordina l'apertura di succursali e filiali delle agenzie di viaggio e turismo al conseguimento di autorizzazione dell'assessore regionale del turismo, con le modalità e condizioni stabilite per l'apertura delle agenzie;
   infatti, la Consulta ha stabilito che le agenzie di viaggio sono configurate dalla legge secondo la nozione di impresa desumibile dagli articoli 2082 e 2555 del codice civile. Pertanto, le filiali, le sedi secondarie o le altre articolazioni territoriali dell'attività produttiva non costituiscono per l'ordinamento giuridico italiano entità distinte dall'azienda, né centro autonomo di imputazione di interessi economici differenti rispetto a quelli che fanno capo all'imprenditore;
   ne consegue che l'ambito territoriale di operatività delle agenzie di viaggio dipende dalle capacità imprenditoriali delle stesse. La libera apertura di filiali delle agenzie autorizzate deriva direttamente dal principio di libertà dell'iniziativa economica previsto all'articolo 41 della Costituzione. Inoltre, sulla base dell'articolo 120 della Carta costituzionale le regioni non possono porre ostacoli allo svolgimento delle attività professionali; da ciò, secondo la Corte costituzionale, deriva che non può essere imposta un'autorizzazione per ogni articolazione territoriale dell'agenzia di viaggi e tantomeno può essere negata l'efficacia ultraregionale dell'autorizzazione;
   a seguito della suddetta sentenza, n. 54 del 2001, la Giunta regionale sarda è intervenuta con la delibera n. 28/28 del 16 giugno 2004 con cui si stabilisce che, essendo l'agenzia di viaggio un'impresa da considerarsi nella sua unitarietà, l'apertura di filiali e succursali non necessita di apposita autorizzazione né di distinto direttore tecnico. Diversamente, nel caso in cui si tratti di sedi secondarie a gestione autonoma o facenti capo ad un'impresa distinta rispetto a quella del titolare dell'autorizzazione si dovrà seguire la procedura di rilascio dell'autorizzazione, compresa la nomina del direttore tecnico. Un analogo adeguamento della normativa è stato attuato nelle altre regioni;
   tuttavia, se da un lato l'intervento della Corte e i successivi adeguamenti delle normative regionali hanno attuato il principio della libertà d'iniziativa economica e del libero svolgimento delle attività professionali, dall'altro lato le dichiarazioni della Consulta, unitamente alla riforma del Titolo V della Costituzione (e nello specifico al passaggio della materia del turismo dalle competenze concorrenti alla competenza regionale esclusiva, articolo 117 Cost.) hanno contribuito a creare un vuoto normativo;
   tale situazione di incertezza non è stata risolta con l'emanazione della Riforma della legislazione nazionale del turismo (successivamente abrogata dal decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79). La suddetta legge del 29 marzo 2001, n. 135, stabiliva l'abrogazione della precedente legge quadro sul turismo (17 maggio 1983, n. 217, Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica), a decorrere dall'entrata in vigore del decreto di cui disponeva all'articolo 2. Tale decreto avrebbe dovuto stabilire i principi e gli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico italiano. Tuttavia, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto essere emanato entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge n. 135 del 2001, e invece ha visto la luce solo il 13 settembre 2002, in tal modo si è creato un vuoto normativo e una disomogeneità di regolamentazione tra regioni, che in virtù della riforma dell'articolo 117 della Costituzione rivendicano la potestà esclusiva sulla materia;
   a tal riguardo si segnala come il vuoto normativo determinatosi è suscettibile di dare luogo a situazioni di abuso. In molti casi, infatti, sotto le mentite spoglie di una filiale o succursale si cela una vera e propria agenzia autonoma affrancata che tuttavia usufruisce dei vantaggi delle agenzie a gestione diretta;
   sono molte le «finte» succursali o filiali che presentano caratteri ibridi avendo specificità proprie delle agenzie a gestione diretta e peculiarità delle agenzie a gestione indiretta o delle agenzie in franchising: l'agenzia principale apre delle filiali (unità locali) dandone comunicazione agli enti competenti (regione o provincia). La filiale è gestita in alcuni network da società terze. Tali società sono titolari del contratto di locazione della sede in cui svolgono l'attività di agenzia di viaggi e sono intestatarie delle utenze; per la vendita e l'acquisto dei servizi turistici utilizzano invece la partita IVA dell'agenzia principale, salvo poi emettere a quest'ultima fattura di gestione in modo da caricare sulla propria contabilità i guadagni ottenuti. L'agenzia principale ricava dalla società terza introiti tipici del rapporto di affiliazione commerciale (franchising): fee d'ingresso e canone periodico fisso o commisurato ai ricavi;
   il sistema descritto consente ad alcuni network di aprire agenzie di viaggi, che dovrebbero essere gestite da soci o dipendenti e avere intestati i contratti di locazione e le utenze, eludendo la normativa e con costi inferiori rispetto sia alle filiali a gestione indiretta sia alle agenzie in franchising, su cui gravano i costi per il direttore tecnico e, in alcune regioni o province, anche per le garanzie finanziarie. D'altro canto però l'agenzia terza, oltre a essere investita totalmente del rischio d'impresa, non ha gli strumenti per monitorare la gestione patrimoniale e finanziaria dell'agenzia principale, ciò significa che in caso di chiusura o di fallimento dell'agenzia principale la filiale ne seguirebbe le sorti senza potersi opporre –:
   se, al fine di colmare il vuoto legislativo determinatosi e di tutelare i consumatori e il valore della libera concorrenza, ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa volta a riformare la disciplina contrattuale del codice civile al fine di evitare il verificarsi di fenomeni quale quello descritto in premessa.
(4-02445)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta orale Pagano n. 3-01102, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 312 del 17 ottobre 2014.

   PAGANO, LAURICELLA, MINARDO, BOSCO e GAROFALO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 settembre 2014 si è liberamente riunito un nutrito gruppo spontaneo di allevatori di bestiame delle province di Palermo, Caltanissetta ed Enna;
   scopo di detto incontro è il contrasto ai numerosi furti organizzati di bestiame che da un paio di anni si verificano in Sicilia con sconcertante cadenza;
   le indagini delle Forze dell'ordine, sebbene condotte con serietà, non hanno sortito alcun effetto in quanto prive degli strumenti necessari alla lotta ad associazioni a delinquere, forse anche di stampo mafioso, alle quali potrebbe essere ricondotta questa tipologia di reato, stante la complessa organizzazione della filiera criminale, così come si avrà modo di descrivere di seguito;
   infatti, ad avviso degli interroganti, non si è mai tenuto nella adeguata considerazione il fatto che le attuali organizzazioni criminali non operano più soltanto con le modalità tipiche del pizzo e delle estorsioni, viste le reazioni delle popolazioni locali, bensì anche attraverso furti organizzati ai danni di allevamenti in zone periferiche della Sicilia che non possono godere del controllo capillare delle forze dell'ordine;
   inoltre, tali tipologie di reati non hanno goduto dell'attenzione mediatica, in quanto in apparenza caratterizzate da bassi profili economici; pertanto, le vittime non hanno avuto risalto nei mass-media; ciò ha depresso ancor di più le vittime, mentre nel contempo ha generato un'idea di impunità tra i malviventi, ma anche tra le vittime;
   questa tesi, secondo la quale non ci si trova dinanzi a dei semplici furti di pochi capi di bestiame in zone sperdute della Sicilia, bensì ad operazioni criminali articolate, probabilmente condotte a livello interregionale e contraddistinte dalla presenza di mandanti, esecutori, basisti, trasportatori, macellatori, sono nelle convinzioni di tutte le vittime;
   gli allevatori, a seguito dei ripetuti episodi di furto, versano in una condizione di forte preoccupazione, dal momento che tali condotte criminali sono causa di ingenti perdite, non solo in termini economici, ma anche in termini di rischio psico-fisico essendo gli stessi costretti a vigilare 24 ore al giorno per 365 giorni l'anno i loro capi;
   alla luce di questo quadro è impensabile che singole stazioni dei Carabinieri, pur serie e professionali, possano far fronte ad indagini complesse condotte nei confronti di organizzazioni agguerrite ed attrezzate;
   gli allevatori sono conseguentemente convinti che solo attraverso azioni ben strutturate a livello interprovinciale si possa sortire dei risultati positivi. Infatti, sulla base della loro esperienza e di quanto dagli stessi rappresentato all'interrogante:
    a) l'organizzazione criminale si avvarrebbe di camion-motrici che, si presume, non passano inosservati in zone caratterizzate dalla bassissima densità abitativa;
    b) risulta impossibile, senza una opportuna autorizzazione del magistrato, poter intercettare le telefonate di determinate zone territoriali se non attraverso il controllo delle cosiddette «celle radio»; gli autori dei furti infatti verosimilmente si scambiano telefonate alla scopo di coordinare le loro attività criminali;
    c) è impensabile che la macellazione possa avvenire se non in macelli abusivi ben organizzati;
    d) trattasi di personale criminale molto esperto, atteso che la organizzazione e la gestione di tali attività criminali non possono riguardare lavori per persone «fuori mestiere», ma esperti del mestiere. Per 20/25 capi i ladri infatti devono essere almeno in sette, capaci di attraversare territori a bassissima densità abitativa, di notte e per parecchi chilometri a piedi fino al camion;
    e) il camion per il trasporto si presume che possa essere scortato da almeno due auto, per controllare se esistono posti di blocco di forze dell'ordine lungo il tragitto. Tutta questa filiera delinquenziale potrebbe essere composta da almeno 15/20 persone, per arrivare nella sua articolazione più complessa anche a 40/50 persone;
    f) la destinazione finale del furto si presume possa essere la Calabria, stante le caratteristiche morfologiche di quel territorio;
    g) anche le comunità territoriali e i sindaci cominciano ad interrogarsi sulle soluzioni da adottare visto che tali reati stanno inevitabilmente creando cali occupazionali e cali di prodotto interno lordo –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa, quali circostanze e situazioni subite e denunciate dagli allevatori;
   come si intenda gestire quella che può tranquillamente essere considerata una emergenza interregionale, con pericolosi riflessi sulla tenuta sociale, sia in termini economici che di ordine pubblico;
   se non ritenga urgente e necessario fornire alle forze dell'ordine i mezzi adeguati alla lotta delle vere e proprie associazioni a delinquere, non si sa se anche di stampo mafioso, presenti sul territorio siciliano e calabrese, riconsiderando i furti di bestiame come atti propri di una criminalità organizzata anziché come sporadici ed isolati furti di bestiame;
   se ritenga urgente che le competenti autorità prefettizie convochino appositi comitati di sicurezza con lo specifico ordine del giorno riguardante le materie di cui alla presente interrogazione;
   se il Governo non ritenga opportuno inoltrare le segnalazioni di cui alla presente interrogazione a tutte le strutture istituzionalmente competenti, attivando ogni strumento utile al contrasto di tali fattispecie delittuose, eventualmente valutando la sussistenza dei presupposti per un coinvolgimento della direzione investigativa antimafia, alla luce delle probabili connessioni con il crimine organizzato e dalla pervasività del fenomeno, che sembra destinato ad estendersi ed aggravarsi. (3-01102)

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Migliore n. 1-00413 del 28 marzo 2014.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Molteni n. 5-03750 dell'8 ottobre 2014.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Migliore e altri n. 1-00413, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 marzo 2014: è stata ritirata la firma del deputato Boccadutri.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interpellanza urgente Scotto e altri n. 2-00699 del 1o ottobre 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06941;
   interrogazione a risposta scritta Quartapelle Procopio e altri n. 4-06439 del 16 ottobre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03821.