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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 17 ottobre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    lebbra, tubercolosi, poliomielite, scabbia e addirittura ebola. Cresce l'allarme nel nostro Paese per i casi di malattie che sembravano ormai scomparse e che ora rischiano di diventare delle epidemie, che travalicano le zone di origine e potrebbero essere trasmesse dalle persone che si spostano da aree colpite verso l'Europa;
    disposizioni governative e delle autorità sanitarie internazionali rilanciano l'allarme sulla ricomparsa anche sul territorio nazionale di malattie considerate debellate da tempo;
    accanto alla preoccupazione per il contagio che possa arrivare da fuori dai confini nazionali esistono timori relativi agli stranieri che vivono già in Italia, in situazioni alloggiative non sane e in condizioni igieniche precarie. Sono già avvenuti episodi nei quali stranieri sono arrivati al pronto soccorso affetti da tubercolosi, ma all'inizio dell'agosto 2014 all'ospedale trevisano Ca’ Foncello è stato scoperto addirittura un caso di lebbra;
    occorre ricordare come negli ultimi anni la diffusione della tubercolosi è aumentata di quasi il 50 per cento: da 4 a oltre 6 mila casi all'anno soprattutto nelle grandi città, con il 25 per cento dei casi tra Roma e Milano e la Lombardia tra le regioni più colpite. La malattia era stata praticamente debellata negli anni Ottanta, per poi tornare a crescere soprattutto a causa degli arrivi di extracomunitari da Paesi ad alta endemia;
    tra immigrati e ritorno della malattia esisterebbe una connessione. La nuova tubercolosi appartiene, peraltro, a un ceppo altamente resistente ai farmaci. Una ragione in più per vigilare. «Per chi arriva da Paesi con malattie diverse dalle nostre, è necessario fare i controlli sanitari prima dell'inserimento in comunità. Non è un atteggiamento discriminatorio, ma una pratica importante in termini di salute pubblica» secondo quanto dichiarato da Susanna Esposito, presidente della Società italiana di infettivologia pediatrica e direttore dell'unità di pediatria del Policlinico di Milano;
    la regione europea è stata dichiarata dall'Organizzazione mondiale della sanità «libera da polio» nel 2002, anche grazie alla diffusione del vaccino intervenuta subito dopo le grandi epidemie della metà del Novecento;
    il poliovirus è responsabile della terribile poliomielite, una malattia che coinvolge l'apparato neurologico dell'individuo distruggendone i tessuti nervosi e conducendo, nei casi più gravi, alla paralisi;
    nei documenti ufficiali il Ministero della salute precisa che «la recente riemergenza della polio in alcuni paesi è legata a diversi fattori, quali i conflitti bellici in corso, la debolezza dei sistemi sociali e sanitari, incapaci di garantire il raggiungimento di adeguate coperture vaccinali (come in Siria, dove si è assistito al crollo delle coperture passate dal 91 al 68 per cento) o interventi mirati in caso di reintroduzione di poliovirus selvaggi»;
    all'interno degli stessi documenti viene specificato che: «Alla fine del 2013 il 60 per cento dei casi di polio era dovuto alla diffusione internazionale del virus selvaggio, con evidenza di correlazione con viaggiatori adulti sani che avrebbero contribuito alla disseminazione del virus»;
    i Paesi maggiormente «sospettati» di essere portatori del virus sono Siria, Etiopia, Somalia. Camerun, Nigeria. Iraq, Guinea, Pakistan, Afghanistan ed Israele;
    il comitato dell'Organizzazione mondiale della sanità, riunitosi d'urgenza il 28 e 29 aprile 2014, ha emanato le «raccomandazioni internazionali» ai Paesi membri per contrastare la diffusione del virus;
    oltre ai rischi di contagio attraverso malattie «storiche», il mondo sta combattendo il virus dell'ebola che, secondo la definizione del numero uno dell'Organizzazione mondiale della sanità, Margaret Chan, «è una minaccia globale»; ad oggi, va precisato, inoltre, che, sui 8914 casi segnalati, 4447 sono state le vittime e il tasso di mortalità del 70 per cento; le previsioni dell'Organizzazione mondiale della sanità sono che l'epidemia peggiorerà prima di migliorare e richiede un aumento della risposta globale, i cui dati raccontano della più complessa epidemia di ebola nella storia del virus, «una situazione senza precedenti»;
    la presidente di Medici senza frontiere, Joanne Liu, ha tracciato un quadro fosco parlando sempre nella sede Onu: «Il mondo sta perdendo la battaglia contro l'epidemia. In Africa occidentale, i casi e le morti continuano ad aumentare. Ci sono continue rivolte, i centri di isolamento sono sopraffatti. Gli operatori sanitari che combattono in prima linea si stanno infettando e stanno morendo in numeri scioccanti. In Sierra Leone, corpi infetti marciscono nelle strade. Piuttosto che costruire nuovi centri di cura dell'ebola in Liberia, siamo costretti a costruire forni crematori. Per arginare l'epidemia, è imperativo che gli Stati implementino attività civili e militari con esperienza nel contenimento del rischio biologico»;
    l'ebola non si diffonde via aria o con contatti casuali, come sedersi vicino a una persona sull'autobus. Il modo più comune con cui si contrae il virus è toccare il sudore, la saliva o il sangue di una persona infettata o morta a causa della malattia. Anche toccare un oggetto contaminato può essere causa di infezione; l'infezione ha un esordio improvviso e un decorso acuto e non è descritto lo stato di portatore;
    l'incubazione può andare dai 2 ai 21 giorni (in media una settimana), a cui fanno seguito manifestazioni cliniche; la diagnosi clinica è difficile nei primissimi giorni, a causa dell'aspecificità dei sintomi iniziali. Può essere facilitata dal contesto in cui si verifica il caso (area geografica di insorgenza o di contagio) e dal carattere epidemico della malattia. Anche in caso di semplice sospetto, è opportuno l'isolamento del paziente e la notifica alle autorità sanitarie;
    i dati parlano di 8914 casi accertati e 4447 decessi, tra i quali, sino alla metà di settembre 2014, 1089 in Liberia, 800 in Guinea e 623 in Sierra Leone. In Nigeria, che non figura ancora nelle statistiche dell'Organizzazione mondiale della sanità, i morti sono invece 8 e 22 i casi conclamati secondo l'ultimo bilancio dell'Organizzazione mondiale della sanità del 5 settembre 2014. Un primo caso è stato, inoltre, confermato in Senegal la scorsa settimana. Al ritmo attuale di contagio, saranno necessari da 6 a 9 mesi ed almeno 490 milioni di dollari (373 milioni di euro) per riuscire a contenere l'epidemia, che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità rischia di colpire 20.000 persone;
    in Italia, dopo Bologna, Varese, Gallarate, anche il Veneto registra i primi casi sospetti di ebola. Il settore igiene pubblica e prevenzione del Veneto ha fatto appena in tempo ad inviare a tutte le aziende sanitarie il protocollo contenente le prime indicazioni operative di risposta regionale per la prevenzione;
    pur avendo predisposto cordoni di sicurezza intorno agli Stati che sono oggetto dell'epidemia, gli esperti, però, ammoniscono che le terapie servono a poco, mentre le armi più efficaci rimangono prevenzione, contenimento dei casi, sorveglianza dei potenziali malati e comunicazione efficace dei rischi;
    il virus ebola è una grande preoccupazione. L'Organizzazione mondiale della sanità nelle nuove direttive riferisce che l'incubazione va dai due ai ventuno giorni. Di ebola si può anche guarire e nel momento in cui uno guarisce, per altri 28 giorni, mantiene il virus nel suo corpo e lo può espellere con i liquidi biologici. Questo significa che esiste un arco temporale di 50-60 giorni nel quale comunque questo virus può essere veicolato dall'uomo che lo ospita;
    come sollevato dal governatore Maroni, in Lombardia l'unico aeroporto attrezzato con un filtro sanitario adeguato ai parametri di legge è lo scalo di Malpensa, dove il servizio è strutturato in modo esemplare, ma bisogna pensare anche a Linate, Orio al Serio e Montichiari, in modo da essere pronti non solo per l'emergenza di ebola ma anche per Expo 2015, che è in arrivo l'anno prossimo e richiamerà a Milano almeno 20 milioni di passeggeri da tutti i Paesi;
    per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo poiché geograficamente protesa verso il mare e, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo poiché, trovandosi al centro del Mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa, ma anche dal più lontano Medio Oriente. Al di là delle sterili cifre, il fenomeno migratorio è progressivamente divenuto più drammatico. L'immigrazione negli ultimi anni ha fatto registrare un aumento esponenziale anche a seguito della cosiddetta «primavera araba», ma soprattutto a causa della rivoluzione economico-sociale che ha sconvolto il mondo negli ultimi venti anni;
    il progetto «mondiali sta» di rivoluzione economica, politica e sociale che ha conformato il pensiero culturale alle logiche liberiste del mercato, ha scardinato l'identità e le economie di sussistenza (autoproduzione e autoconsumo) su cui le popolazioni del sud del Mondo avevano vissuto, e a volte prosperato, per secoli e millenni, privandoli di quel tessuto di solidarietà familiare e comunitaria. In breve, il potere delle risorse prevale sul potere dell'uomo;
    basti pensare che ai primi del Novecento l'Africa era alimentariamente autosufficiente. Lo era ancora, in buona sostanza (al 98 per cento), nel 1961. Ma da quando ha cominciato ad essere aggredita dall'integrazione economica le cose sono precipitate. L'autosufficienza è scesa all'89 per cento nel 1971, al 78 per cento nel 1978;
    tutti gli «aiuti» non solo non sono riusciti a tamponare il fenomeno della fame, in Africa e altrove, ma lo hanno aggravato. Perché gli «aiuti» alle popolazioni del Terzo Mondo tendono ad integrarle maggiormente nel mercato economico mondiale. Ed è proprio questa integrazione, come dimostra la storia dell'ultimo mezzo secolo, che le fa ammalare ed esplodere;
    prima, quindi, di affrontare i problemi connessi all'emergenza sbarchi nel nostro Paese con il solito approccio buonista, si dovrebbe essere capaci di assumersi le proprie responsabilità storiche ma soprattutto si dovrebbe essere in grado di capire che è necessario un intervento in controtendenza fondato, da un lato, su un'azione forte di contrasto all'immigrazione di massa e, dall'altro lato, finalizzato a sviluppare interventi mirati di aiuto sul posto per le popolazioni sofferenti;
    il dramma dell'immigrazione e dei suoi risvolti sociali sta toccando picchi emergenziali. I poteri dello Stato si trovano spesso senza mezzi tecnici, economici e giuridici per fronteggiarne le derive più estreme, complice la legislazione schizofrenica nazionale ed europea. Come è avvenuto in passato in altre situazioni emergenziali (ad esempio, nei fenomeni di contrasto al terrorismo negli anni di piombo, di contrasto alla mafia, di contrasto al terrorismo islamico), soltanto una legislazione speciale, accompagnata da deroghe ai trattati internazionali finalizzate alla sicurezza interna (ad esempio, come avvenne durante il G8 Italia per quanto riguarda il Trattato di Schengen) e accompagnata da una politica di accordi stabili bilaterali di rimpatrio (politica già intrapresa, ad esempio, con Serbia ed Albania), può consentire la reale tutela dell'interesse dei cittadini e degli stranieri regolarmente presenti nonché diminuire realmente la pressione migratoria e, quindi, le tragedie umanitarie «degli sbarchi»;
    nel rispetto del principio costituzionale di cui all'articolo 52 della Costituzione: «la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino», in osservanza dei principi di cui agli articoli 1, 2, 3, 10 e 32 della Costituzione, è necessario che il Governo preveda interventi straordinari per garantire la sicurezza dei cittadini e la salvaguardia e la tutela del territorio nazionale minacciato da un eccezionale afflusso migratorio, motivato da particolari condizioni di instabilità politica negli Stati confinanti e nei Paesi del Nord Africa di sponda mediterranea,

impegna il Governo:

   a sospendere immediatamente l'operazione «Mare nostrum» al fine di scongiurare ogni rischio di contagio e diffusione dalle sopra indicate malattie tra la popolazione, con particolare riguardo agli agenti delle forze dell'ordine e agli operatori impegnati nell'operazione;
   a predisporre filtri sanitari adeguati ai protocolli internazionali presso tutti gli scali aeroportuali e portuali, oltre che presso le stazioni ferroviarie che hanno collegamenti con treni internazionali;
   ad adottare, nelle more di un intervento strutturale e strategico, coordinato dall'Onu, misure urgenti per predisporre la creazione di campi di accoglienza da collocare negli Stati africani che si affacciano sul Mediterraneo, al fine di soccorrere i migranti che arrivano dall'intero continente per cercare di arrivare in Europa sulle nuove tratte degli schiavi, di verificare i reali presupposti per la concessione di status di rifugiato, di verificare eventuali contagi del virus ebola, posto che, se una persona sospettata di essersi contagiata arriva dall'Africa senza alcun sintomo, questa persona non è contagiosa ma dovrà attendere ventuno giorni per l'eventuale comparsa dei sintomi, ed è solo alla comparsa dei sintomi che diventerà infettiva per le altre persone.
(1-00629) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Simonetti».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    il polo siderurgico di Terni rappresenta il più grande sito industriale dell'Italia centrale. Vi sono impiegati circa 2.800 addetti e altrettanti costituiscono l'indotto di riferimento. Dai comuni indicatori statistici si calcola che circa 20.000 persone ne beneficiano in termini di reddito;
    in questo contesto, AST – Acciai Speciali Temi è tra i primi produttori mondiali di laminati piani inossidabili, costituendo da sola una quota sul mercato italiano superiore al 40 per cento;
    dunque il polo siderurgico ternano – come affermato anche Ministro dello sviluppo economico – ricopre un ruolo strategico nel panorama nazionale ed europeo nella produzione di acciai speciali e AST produce il 15 per cento del prodotto interno lordo umbro, occupando fra manodopera e indotto circa 5 mila lavoratori, e costituisce un imprescindibile pilastro economico per l'intera regione e per il centro Italia;
    è nota la vicenda della riacquisizione di AST da parte di Thyssen Krupp: quest'ultima, nel novembre 2013, ha riacquisto, tra le altre, l'Acciaieria Speciale Terni;
    l'operazione si è perfezionata con l'approvazione dell'Unione europea intervenuta in data 13 gennaio 2014;
    successivamente, Thyssen ha annunciato lo sviluppo e la presentazione di un nuovo piano industriale al fine di rendere profittevole il sito di Terni, risanando i conti degli ultimi esercizi;
    l'azienda il 17 luglio 2014 ha presentato a Palazzo Chigi il nuovo piano industriale che ha confermato le preoccupazioni relative ad un ridimensionamento del sito umbro con la chiusura di uno degli attuali 2 forni elettrici al fine di incrementare la capacità produttiva del rimanente, anche attraverso un investimento sul trasformatore;
    il piano prevede anche una riduzione del personale di circa 550 unità. Sono previsti interventi sui costi in tutte le aree, per un risparmio stimato di 100 milioni di euro in 5 anni (39 milioni nei primi 2 anni più altri 61 da «spalmare» nel quinquennio);
   a questi licenziamenti si devono aggiungere altri 400 dipendenti delle ditte esterne e dell'indotto che potrebbe coinvolgere fino a circa 900-950 dipendenti dell'intero sito ternano;
    per il viceministro allo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, il piano presentato «non va bene, e non è chiaro sulle prospettive». Le istituzioni locali lo giudicano «irricevibile» e per i sindacati è semplicemente «inaccettabile» all'incontro del 25 luglio 2014 presso la Camera del Lavoro di Terni — a cui era presente anche la prima firmataria del presente atto – gli stessi hanno definito il piano industriale della Thyssen come un piano finanziario che punta al ridimensionamento e che sancisce la de-industrializzazione di Terni e dell'Umbria;
    il 5 settembre 2014 il Governo, a seguito dell'apertura di un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico con l'impresa e le organizzazioni sindacali, ha chiesto ed ottenuto la sospensione dell'annunciata apertura della procedura di mobilità stabilendo un «fitto calendario di incontri» con le parti sociali e il termine del 5 ottobre 2014 entro il quale trovare una soluzione condivisa;
    purtroppo, il 9 ottobre 2014 il tavolo di incontro presso il Ministero dello sviluppo economico per discutere il piano industriale di Thyssen Krupp, è sfociato in un nulla di fatto e la direzione di Thyssen Krupp ha riavviato la procedura di mobilità per il licenziamento di 537 lavoratori, una volta trascorsi i 75 giorni dall'avvio della procedura secondo la normativa vigente, e sono stati già cancellati tutti gli accordi aziendali di secondo livello sul salario integrativo siglati negli ultimi anni;
    inoltre, l'azienda Thyssen ha già «proposto» un taglio del 20 per cento dei contratti stipulati con le ditte esterne (che fanno parte del cosiddetto «indotto») dalla manutenzione ai trasporti passando per la vigilanza, la pulizia e l'edilizia industriale con prevedibili effetti sull'intero tessuto economico e sociale del ternano: «Una scelta distruttiva che metterà in ginocchio molte imprese e di conseguenza numerose famiglie» ha dichiarato il presidente di Confartigianato Giuseppe Flamini «Così decine e decine di piccole imprese rischiano di chiudere, la desertificazione economica sarà generale» ha detto il presidente della Cna Giuseppe Bellavigna (Il Giornale dell'Umbria del 11 ottobre 2014);
    sarebbero circa un migliaio, secondo i calcoli della Cgil, i lavoratori che operano nelle suddette ditte interessate alla problematica; le associazioni di categoria hanno lamentato anche ritardi nei pagamenti delle prestazioni già concesse all'acciaieria, con conseguente difficoltà nel pagamento degli stipendi (Il Sole24Ore del 11 ottobre 2014);
    le organizzazioni sindacali hanno già preannunciato uno sciopero e forte è la preoccupazione per le prospettive occupazionali, poiché il piano presentato da ThyssenKrupp per AST, implicherebbe costi sociali ed industriali elevatissimi, in termini di impatto sia sull'occupazione diretta delle imprese del gruppo sia sulle attività e sulle imprese dell'indotto;
    lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi parlando ai sindacati a Palazzo Chigi aveva dichiarato che «È urgente salvare gli stabilimenti di Termini, Taranto e Terni. Sono le tre T di cui bisogna subito occuparsi insieme» (www.agi.it del 7 ottobre 2014);
    suscita preoccupazione anche quanto riportato dalla stampa locale (Il Giornale dell'Umbria del 10 ottobre 2014) secondo la quale «L'agenzia Bloomberg fa sapere che la Tk smantellerà completamente il suo residuo apparato produttivo dell'acciaio (Vdm, Ast e fonderla brasiliana) entro il 2020. L'ennesima variante sulle sorti tedesche di viale Brin nel tempo», a cui ha fatto da controaltare una nota della azienda che riaffermava l'obiettivo dell'azienda di rafforzare la posizione dell'azienda quale player di riferimento sul mercato europeo dell'inox;
    effettivamente il piano industriale Thyssen, nel suo insieme, non pare prospettare alcuna strategia di sviluppo industriale coerente con il ruolo riconosciuto anche dalla Commissione europea ad AST e presenta criticità anche sotto il profilo ambientale; l'associazione Italia Nostra – per bocca del presidente Andrea Liberati – ha stigmatizzato la richiesta della Ast di ampliare lo smaltimento delle scorie alla ex discarica comunale di Pentima «non ancora cristallizzata e a rischio di possibili esplosioni di metano qualora vi fosse un collasso strutturale determinato dal peso dei rifiuti siderurgici» (Il Giornale dell'Umbria del 13 ottobre 2014);
    si corre il serio rischio di indebolire il sistema produttivo e il potenziale di sviluppo del settore dell'acciaio in un Paese chiave nell'Unione europea in un'area come quella del Mediterraneo alle prese con gravissimi problemi economici;
    eppure il trend mondiale degli Stati occidentali più attenti ai cambiamenti è quello del rilancio del manifatturiero: settore cresciuto ad un tasso molto più elevato rispetto agli altri settori dell'economia globale tanto che si parla di «re-shoring» che significa riportare in patria le produzioni e che ha visto per protagoniste le politiche industriali del presidente americano Barack Obama;
    l'eventuale perdita del polo siderurgico rappresenterebbe un vulnus per l'occupazione e per la politica industriale del Paese in un settore in cui l'Italia è sempre stata leader e competitiva;
    con il decreto legge n. 34 del 31 marzo 2011, convertito dalla legge n. 75 del 26 maggio 2011, è stata prevista la costituzione del Fondo strategico italiano il cui azionista di controllo è Cassa depositi e prestiti: il fondo ha l'obiettivo di investire nel sistema economico nazionale, caratterizzato — rispetto a quello di altri grandi Paesi europei da un minor numero d'imprese di grandi dimensioni ed opera quindi per favorire la crescita, il miglioramento dell'efficienza e l'aumento della competitività internazionale delle aziende di «rilevante interesse nazionale»;
    il Fondo strategico italiano s.p.a. («FSI» o la «Società») è una holding di partecipazioni che si propone di investire in imprese al fine della creazione di valore per i suoi azionisti mediante la crescita dimensionale, il miglioramento dell'efficienza operativa, l'aggregazione e l'accrescimento della competitività, anche a livello internazionale, delle imprese oggetto di investimento;
    FSI è un operatore istituzionale che acquisisce partecipazioni – generalmente di minoranza – di imprese di «rilevante interesse nazionale», che si trovino in una stabile situazione di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale e abbiano adeguate prospettive di redditività e significative prospettive di sviluppo, idonee a generare valore per gli investitori;
    sono considerate di rilevante interesse nazionale (così come previsto nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 3 maggio 2011 e dallo Statuto), le imprese che operano nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi;
    al di fuori di tali settori, sono possibili target di FSI le imprese che cumulativamente presentino un fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e un numero medio di dipendenti non inferiore a 250 unità. La dimensione può essere ridotta fino a 240 milioni di euro di fatturato e 200 dipendenti nel caso di società le cui attività siano rilevanti in termini di indotto e producano benefici per il sistema economico-produttivo nazionale, anche in termini di presenza sul territorio di stabilimenti produttivi;
    FSI è soggetta alla direzione e coordinamento da parte della Cassa depositi e prestiti, al fine di coordinare gli atti e le attività poste in essere dalla Società e della Cassa depositi e prestiti stessa, in un'ottica di gruppo, salvaguardando, comunque, l'autonomia gestionale e la capacità di FSI di agire nel rispetto dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale;
    il modello di business di FSI, delineato nel piano industriale della società approvato a novembre 2011, prevede le seguenti tipologie di possibile investimento, di seguito esposte:
   a) consolidamento nazionale: creazione di aziende dimensionalmente importanti che possano essere competitive in modo sostenibile a livello globale e traggano beneficio da sinergie significative da utilizzare anche come volano per investimenti in ricerca e sviluppo;
   b) partership con aziende leader italiane nell'investimento in reti di distribuzione diretta: l'accesso diretto ai clienti ed ai mercati (domestico ed estero) si è dimostrato lo strumento più efficace per affermare il proprio marchio, valorizzarlo nel lungo termine e costruire vantaggi competitivi sostenibili, che si riflettono a loro volta in un circolo virtuoso di maggiore redditività e crescita;
   c) partnership per acquisire concorrenti: la crescita per vie esterne, se fatta in modo mirato ed accompagnata da processi di integrazione focalizzati e metodici, è una via efficace di accelerazione del processo di incremento dimensionale;
   d) investimento nel capo filiera: esistono settori dove la capacità di competere dell'azienda di riferimento determina le sorti di un intero comparto, con una significativa ricaduta sull'indotto;
   e) investimento in aziende di infrastrutture e creazione di poli dei servizi locali: investire in aziende di riferimento nel panorama di sviluppo e modernizzazione di importanti infrastrutture e creare aggregazioni che consentano di ottenere economie di scala e di scopo, consolidando realtà aziendali altrimenti frammentate;
   f) riorganizzazione della struttura azionaria: l'ampio tessuto di aziende familiari si trova spesso a dover gestire complesse tematiche di successione o esigenze di riorganizzazione della compagine azionaria, per poter meglio perseguire progetti di sviluppo ed evitare situazioni di stallo, che ne possano minare la competitività nel lungo termine. In questi casi, FSI si propone come partner di quegli imprenditori che siano votati a continuare ad investire nella crescita della propria azienda. Tali tematiche si possono presentare sia in aziende con capitale privato, sia in aziende quotate ma con una struttura azionaria vulnerabile;
    analizzando il perimetro di riferimento di FSI su scala europea, si osserva come il valore delle operazioni registrate fino a settembre 2012 risulti in calo rispetto al 2011 e si attesti a circa un quarto del picco del biennio 2006/2007; le transazioni, hanno riguardato prevalentemente il settore industriale (27 per cento) e farmaceutico (18 per cento). Con riguardo alla suddivisione geografica, si osserva che le stesse operazioni sono state perfezionate in maggior misura nel Regno Unito (39 per cento), Germania (28 per cento) e Francia (10 per cento), mentre le operazioni perfezionate in Italia risultano pari solo il 3 per cento del totale complessivo (livello percentuale ai minimi storici);
   tuttavia, l'Italia primeggia per quanto riguarda le esportazioni mondiali nei settori dell'arredamento, moda e lusso, meccanica, metallurgica e industria dell'acciaio; inoltre, il nostro Paese si distingue per la capacità di creare prodotti leader in specifiche nicchie di mercato;
    notevoli sono anche i finanziamenti e gli strumenti di incentivazione provenienti dal programma quadro europeo per la ricerca e l'innovazione (2014-2020) cosiddetto «Horizon 2020» diretto a sostenere la realizzazione di progetti di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale anche negli ambiti tecnologici così come individuati dal programma stesso;
    infine, il decreto legge 4 giugno 2013, convertito della legge n. 89 del 2013, recante «Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale», prevede la nomina di commissari straordinari al fine di assicurare la continuità produttiva ed occupazionale;
    si rende necessario un intervento deciso del Governo – tramite gli strumenti previsti dalla normativa vigente – ad ogni livello volto – anche nell'ambito della presidenza del semestre europeo – a scongiurare i prospettati licenziamenti, un intervento che dia garanzie ai dipendenti circa il loro futuro occupazionale e che possa ridare lancio alla crescita e sostegno agli investimenti produttivi del Paese, anche nella prospettiva di un più elevato livello di compatibilità ambientale,

impegnano il Governo:

   a ri-attivare tempestivamente ed urgentemente, per la valutazione delle questioni esposte e per una loro rapida soluzione, un nuovo tavolo istituzionale tra Governo, regioni e di tutti i soggetti interessati al fine di risolvere quanto prima una vicenda le cui ripercussioni di carattere economico, sociale ed occupazionale rischiano di provocare un forte impatto depressivo per la regione Umbria e l'intera industria siderurgica italiana;
   a farsi promotore in maniera decisa presso l'Unione europea di ogni utile iniziativa al fine di tutelare in maniera effettiva il valore di asset strategico nazionale che AST ricopre per l'economia italiana, sollecitando un impegno a valutare positivamente l'integrità del polo siderurgico ternano;
   ad adottare ed attivare ogni utile iniziativa finalizzata a promuovere la redazione di un nuovo piano industriale che preveda: a) come obiettivo primario, il mantenimento dei livelli occupazionali e di sicurezza dei lavoratori, sia nelle imprese del perimetro del polo siderurgico che in quelle dell'indotto; b) l'adozione di tutti gli strumenti previsti al fine di valorizzare il patrimonio di competenze produttive proprie dell'area ternana e di sviluppo dei fattori di integrazione del sito AST e dunque evitare lo smantellamento di un sito industriale strategico quale quello ternano; c) la predisposizione e l'individuazione di investimenti idonei a preservare i livelli tecnologici degli impianti e delle produzioni del sito, considerata anche la sua peculiarità data dalla concomitante presenza del polo siderurgico e di quello chimico e meccanico;
   a prevedere, anche con il coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali, l'utilizzo delle risorse e degli strumenti previsti dal Fondo strategico italiano ovvero degli strumenti e delle risorse previsti dal programma europeo «Horizon 2020», per favorire il rilancio e lo sviluppo del sito temano e dunque il mantenimento dei livelli occupazionali;
   a valutare, in ultima analisi, l'opportunità di un commissariamento dell'azienda AST Thyssen Krupp ai sensi del decreto legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'impresa, al fine precipuo di assicurare il rilancio, la continuità produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali.
(7-00492) «Ciprini, Prodani, Gallinella, Luigi Di Maio, Baldassarre, Bechis, Chimienti, Cominardi, Rizzetto, Rostellato, Tripiedi, Mucci».


   La III Commissione,
   premesso che:
    a seguito della ratifica della Convenzione dell'Aja del 1993 per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per le adozioni internazionali (CAI), Autorità centrale del nostro Paese per coordinare tutti gli interventi in materia di adozione internazionale;
    le adozioni internazionali si svolgono sotto il coordinamento e il controllo della Commissione in conformità dei principi della convenzione AJA, nel superiore interesse dei minori, di cui sia stato accertato lo stato di adottabilità e nel rispetto del principio di sussidiarietà, onde assicurare che gli stessi possano avere un futuro innanzitutto nel paese di origine;
    le adozioni internazionali in Bielorussia, malgrado i protocolli di collaborazione esistenti fin dal 2002, tra cui, come ultimo, il protocollo integrativo firmato a Minsk il 22 marzo 2007 dalla Presidente della Commissione per le adozioni internazionali, pro tempore, dottoressa Roberta Capponi, e il Ministro dell'istruzione della Bielorussia, sono state sospese nel 2008 e soltanto la successiva approvazione di un elenco di minori in stato di adottabilità da parte delle autorità della Bielorussia ha consentito di riprendere proficui rapporti in materia di adozione nel superiore interesse dei minori;
    a seguito dell'impegno del Governo italiano e della CAI (da ultimo, nel 2012, del Ministro pro tempore per l'integrazione, in qualità di Presidente della Commissione per le adozioni internazionali) e dell'intervento determinante del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, nel marzo del 2014 la Repubblica della Bielorussia ha comunicato alla Repubblica italiana l'elenco dei minori adottabili da famiglie italiane;
    gli accordi raggiunti con la Bielorussia hanno reso possibile riprendere, dopo quattro anni e concludere procedure adottive afferenti ai minori indicati nel citato elenco, nel rispetto del quale, la Commissione per le adozioni internazionali sta rilasciando le autorizzazioni all'ingresso e al soggiorno permanente e le autorizzazioni al proseguimento delle procedure;
    tale attività è tuttora in corso in stretto raccordo tra la CAI e le autorità della Bielorussia;
    è competenza della Commissione adozione internazionali concludere accordi bilaterali semplificati e definire modalità operative in materia di adozioni internazionali in base alla Convenzione AJA, alla legge sulle adozioni e al decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007 sopra richiamati;
    i rapporti con la Bielorussia sono delicati e complessi, tenuto conto che si sono verificate criticità che hanno già bloccato le procedure di adozione internazionale, in quanto i fatti accaduti sono stati considerati ingerenze non gradite da parte delle autorità competenti della Bielorussia;
    è assolutamente necessario, pertanto, che l'attività di collaborazione tra l'Italia e la Bielorussia in materia di adozioni internazionali avvenga con un incisivo e ineludibile coordinamento degli interventi da parte della competente Commissione per le adozioni internazionali, che siede presso la Presidenza del Consiglio ed è per legge presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di mantenere i rapporti che sono stati ristabiliti su un terreno di correttezza delle relazioni ed evitare che iniziative inopportune possano mettere a rischio le procedure adottive in corso e più in generale la tutela dei diritti dei minori;
    è altresì indispensabile che la Commissione, in tale ottica, coordini e controlli attentamente anche l'attività degli enti autorizzati ad operare in Bielorussia e accreditati da tale Paese, secondo quanto dispone la convenzione AJA, la legge sulle adozioni e il decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007, per evitare che, per iniziative imprudenti possano essere compromesse le relazioni tra l'Italia e la Bielorussia per il mancato rispetto degli accordi raggiunti;
    la Commissione per le adozioni internazionali ha in corso contatti istituzionali con le autorità della Bielorussia con lo scopo di svolgere anche un'apposita missione in tale Paese per concordare le modalità con cui le autorità bielorusse possano prestare una nuova disponibilità a esaminare, ai sensi della normativa nazionale e dei Protocolli bilaterali sottoscritti con l'Italia, nuove domande di adozione di minori bielorussi, di cui sia accertato lo stato di adottabilità, da parte di famiglie italiane nel superiore interesse dei minori;
    si richiama la mozione approvata unitariamente dalla Camera dei deputati il 14 luglio 2014 in materia di adozioni internazionali,

impegna il Governo:

   a sostenere l'azione della Commissione per le adozioni internazionali, adottando ogni iniziativa utile volta a reperire le risorse necessarie ad una più efficace attività della stessa;
   a consentire alla Commissione di compiere tutte le attività che la stessa deve svolgere per rafforzare le relazioni bilaterali e gli accordi negoziali in materia di adozioni internazionali tra l'Italia e la Bielorussia, al fine, di proseguire nella strada della ripresa collaborazione e consentire, secondo modalità concordate con le autorità Bielorusse – e quindi anche attraverso nuovi accordi o protocolli e l'approvazione di un nuovo elenco di minori adottabili da parte delle autorità Bielorusse – la positiva ed importante prosecuzione dei rapporti tra i rispettivi Paesi in materia di adozioni internazionali secondo i principi fondamentali della convenzione AJA e, in particolare, nel superiore interesse dei minori;
   a permettere alla Commissione di investire risorse in progetti di cooperazione internazionale a favore dei diritti dei minori, atti a realizzare il principio di sussidiarietà nella Bielorussia e favorire i rapporti tra l'Italia e la Bielorussia per la tutela dei diritti fondamentali dei minori.
(7-00495) «Zampa, Amendola, Quartapelle Procopio, Garavini».


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    il contratto collettivo nazionale dei docenti (CCNL) è bloccato dal 2007 per la parte giuridica e dal 2009 per la parte economica;
    la proposta del Governo illustrata nel dossier «La Buona Scuola», presentato lo scorso 3 settembre dal Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, prevede un ulteriore blocco del contratto per il 2015 e la cancellazione delle progressioni di carriera fino al 2019 per tutti i docenti, in vista di un nuovo meccanismo di progressioni di carriera, secondo cui a poter progredire sarà solo il 66 per cento del corpo docenti nazionale, sulla base di un non ben precisato concetto di merito;
    secondo quanto previsto dall'articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, «Si dà luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013 e 2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica»;
    il contratto collettivo risulta essere l'unico vero strumento di tutela dei diritti dei lavoratori statali, a fronte di un progressivo impoverimento delle loro retribuzioni e della costante perdita del potere d'acquisto dei loro salari;
    a inizio carriera la retribuzione lorda di un insegnante della scuola secondaria di primo grado in Italia è di 24.141 euro (circa 1.300 euro nette al mese). La media europea è di 26.852. Il divario cresce a fine carriera: 45.280 euro nella media dell'Unione europea contro 36.157 in Italia, il 25 per cento in meno che arriva al 30 per cento nella secondaria di secondo grado;
    secondo uno studio condotto dalla FLC-CGIL, a causa del mancato rinnovo del contratto collettivo, i docenti italiani hanno perso dal 2010 al 2014 una media di 8.817 euro a testa in potere d'acquisto;
    un nuovo contratto collettivo nazionale risulta quanto mai necessario alla luce delle continue discriminazioni tra docenti di ruolo e docenti precari, al fine di equiparare, anche sul piano retributivo due figure che svolgono a tutti gli effetti le stesse mansioni;
    il rinnovo del contratto collettivo nazionale risulta ancor più urgente se si considera la perdita salariale degli ultimi anni: una serie di analisi effettuate sul lungo periodo (2007-2012), dimostrerebbero che, pur risultando incrementata la media stipendiale del personale scolastico dell'11,4 per cento, questa rimane pur sempre inferiore al tasso d'inflazione, che nello stesso periodo è cresciuto dell'11,9 per cento. Considerando che il tasso di inflazione medio annuo per il 2012 è stato pari al 3,0 per cento (dati Istat) e che nello stesso periodo in termini di potere d'acquisto la caduta è stata di ben 4,9 punti, il picco più alto dall'inizio delle crisi, non è un'esagerazione dire che gli stipendi dei nostri insegnanti e del personale non docente sono invece destinati ad avvicinarsi sempre più alla soglia di povertà,

impegna il Governo

ad attivare entro il 31 dicembre 2015 una specifica sessione negoziale, ai sensi dell'articolo 8, comma 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, finalizzata al rinnovo del contratto collettivo nazionale del personale del comparto scuola per il triennio 2015-2018, con riferimento alla parte economica ed alla parte giuridica.
(7-00494) «Chimienti, Tripiedi, Rostellato, Rizzetto, Bechis, Baldassarre, Cominardi, Ciprini, Brescia, Marzana, Vacca, Simone Valente, Di Benedetto, Luigi Gallo, D'Uva».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    nel corso della Conferenza su sistemi sanitari e crisi economica, che si è svolta il 17 e 18 aprile 2013 ad Oslo, l'Organizzazione mondiale della sanità, data la situazione congiunturale e i dati relativi al carico di spesa sanitaria dei Paesi europei, ha individuato nella prevenzione e nel trattamento precoce una via efficace per il mantenimento della sostenibilità economica dei sistemi sanitari nei Paesi ad alto reddito;
    l'Unione europea ha avviato il terzo programma in materia di salute per il periodo 2014-2020, health for growth, che ha tra i suoi obiettivi la promozione della salute dei cittadini e la prevenzione delle malattie;
    il Ministero della salute afferma che in Italia la spesa destinata al primo livello di assistenza, che comprende, tra le altre, le attività di prevenzione rivolte alla persona, quali vaccinazioni e screening, si attesta al 4,2 per cento della spesa sanitaria, contro il livello fissato nel patto per la salute 2010-2012 del 5 per cento. Il dato risulta differente nelle rilevazioni OCSE, che posizionano il nostro Paese all'ultimo posto in Europa per la spesa destinata alla prevenzione, con appena lo 0,5 per cento;
    il piano nazionale di prevenzione vaccinale 2012-2014 riconosce come priorità di sanità pubblica la riduzione o l'eliminazione del carico delle malattie infettive prevenibili da vaccino e prevede di diffondere la cultura della prevenzione come scelta consapevole e responsabile dei cittadini e di realizzare azioni per potenziare l'informazione e la comunicazione al fine di promuovere l'aggiornamento dei professionisti sanitari;
    il Sottosegretario De Filippo, intervenendo in XII Commissione, ha affermato che è di primaria importanza raggiungere e mantenere elevate coperture vaccinali: la presenza di un'offerta capillare e gratuita, garantita dall'obbligo, è stata negli anni passati un potente fattore di lotta alle disuguaglianze, offrendo gli stessi diritti alla prevenzione ai bambini nati in ogni parte del nostro Paese;
    lo european centre for disease prevention and control ha certificato che l'Italia, così come altri Paesi europei, ha ridotto, dal 2009 al 2012, la copertura vaccinale contro l'influenza stagionale negli over 65, nonostante la prevenzione sia uno dei focus della strategia europea da qui al 2020 e nonostante uno studio europeo abbia dimostrato che il raggiungimento di un tasso di copertura del 75 per cento potrebbe salvare 35.000 vite umane ed evitare costi indiretti per 112 milioni di euro;
    il programma europeo Health for Growth ha tra i suoi obiettivi quello di «combattere le crescenti minacce sanitarie derivanti dagli spostamenti delle popolazioni a livello globale», contribuendo, tra l'altro, a introdurre «una copertura vaccinica ottimale per lottare efficacemente contro la ricomparsa di malattie infettive»;
    nel momento attuale in cui vi è una crescente presenza di migranti provenienti da Paesi ad alta incidenza di patologie infettive, è alto il rischio di ricomparsa di malattie comunemente considerate debellate, come dimostrano i recenti fatti di cronaca che hanno visto un presunto contagio di tubercolosi tra i militari impegnati nell'operazione Mare Nostrum e così come sta avvenendo con l'epidemia di Ebola, che da Guinea, Sierra Leone e Liberia rischia di diffondersi nel resto del mondo;
    l'Italia ha recentemente ricevuto un importante riconoscimento internazionale nel settore della vaccinazione: nell'ambito del summit di Washington sulla «Global Health Security Agenda». Il 26 settembre scorso, è stata formalizzata la leadership del nostro Paese nella predisposizione di piani strategici di implementazione, comunicazione e monitoraggio sulle vaccinazioni. Tra i compiti assegnati al Governo italiano rilevanti quelli nel campo educativo e della comunicazione sulla vaccinazione;
    la necessità di una comunicazione efficace nei confronti delle famiglie sulla prevenzione vaccinale è emersa anche dai dati del Rapporto del Censis «La Cultura della vaccinazione in Italia: un'indagine sui genitori». A titolo di esempio, meno del 6 per cento del campione intervistato è risultato essere a conoscenza di quali siano le vaccinazioni obbligatorie. Altro aspetto, rilevante affrontato dal Rapporto è la scelta dei canali di accesso alle informazioni scelti dai genitori: il 42,8 per cento del campione ha cercato informazioni su internet al momento di decidere se vaccinare o meno i propri figli e, sulla base di quanto reperito in rete, il 7,8 per cento ha deciso di non procedere alla profilassi;
    i vaccini sono inoltre oggetto di contestazione da parte di chi obietta che la profilassi abbia conseguenze negative sulla salute di bambini e adulti. In particolare, notizie di stampa e pronunce giurisdizionali stanno amplificando la considerazione che un loro impiego scorretto può causare danni gravissimi. A titolo esemplificativo, due recenti sentenze (2014) del Tar del Friuli Venezia Giulia e della corte d'appello di Lecce si sono pronunciate sulla somministrazione di vaccini in modo ravvicinato e massiccio nei confronti di due militari, deceduti rispettivamente nel 2002 e nel 2008: nel primo caso il tribunale ha invitato il Ministero della difesa a riesaminare la richiesta della famiglia di considerare il proprio figlio «vittima del dovere», mentre nel secondo caso è stato condannato il Ministero della salute a risarcire la famiglia del militare deceduto,

impegna il Governo:

   ad aggiornare il calendario vaccinale con l'inserimento dei nuovi vaccini disponibili e di comprovata efficacia e l'ampliamento delle popolazioni che possono usufruire della gratuità assicurando, ad esempio, l'abbassamento dell'età per la vaccinazione antinfluenzale a 60 anni, l'estensione della vaccinazione anti HPV ai maschi, la vaccinazione anti varicella, la vaccinazione anti Herpes Zoster nella popolazione anziana, la vaccinazione contro il meningo B, la vaccinazione antirotavirus;
   a potenziare, in attuazione del piano nazionale di prevenzione vaccinale 2012-2014 e sulla scorta del ruolo che l'Italia ha ricevuto nella Global Health Security Agenda, la formazione e l'informazione sull'importanza delle vaccinazioni nei confronti di genitori, bambini e operatori sanitari diffondendo, al contempo, informazioni complete sulle possibili conseguenze derivanti da una scorretta somministrazione delle stesse;
   ad affrontare il tema dell'importanza delle vaccinazioni nell'agenda per il semestre europeo, anche alla luce del sempre più consistente fenomeno della migrazione.
(7-00493) «D'Incecco, Albini, Amato, Paola Bragantini, Capone, Carnevali, Casati, Miotto, Lenzi, Piccione, Sbrollini, Murer, Grassi».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la politica comune della pesca (PCP) ha come obiettivo principale quello di far sì che la pesca e l'acquacoltura siano sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale ed assicurare al contempo che il prodotto ottenuto da queste attività rappresenti una fonte alimentare sicura per i cittadini dell'Unione europea;
    la politica comune della pesca, PCP, avviata negli anni ’70, è stata recentemente riformata dal regolamento (UE) 1380/2013, e prevede misure per garantire che le attività di pesca e di acquacoltura contribuiscano alla sostenibilità a lungo termine sotto il profilo ambientale, economico e sociale; per assicurare la tracciabilità, la sicurezza e la qualità dei prodotti commercializzati nell'Unione; per garantire un equo tenore di vita agli operatori del settore, anche della piccola pesca; per il raggiungimento di una certa stabilità dei mercati, al fine della disponibilità di risorse alimentari ai consumatori a prezzi ragionevoli;
    da un punto di vista tecnico, nell'ambito dell'impegno dell'Unione europea ad intervenire contro il costante declino di numerosi stock ittici, il regolamento (UE) n. 1380/13, stabilisce che lo sfruttamento delle risorse biologiche marine debba avvenire in modo tale che dal 2015 le popolazioni degli stock non vengano sfruttate al di sopra dei livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile (MSY); tuttavia, qualora l'adempimento di tale obbligo compromettesse gravemente la sostenibilità sociale ed economica delle flotte da pesca interessate, viene consentito il raggiungimento dell'obiettivo al più tardi al 2020;
    l'altra significativa novità della PCP è l'introduzione di misure volte a ridurre i livelli (attualmente elevati soprattutto nei mari del nord Europa) di catture accidentali e ad eliminare gradualmente i rigetti in mare, che sono ritenuti uno spreco considerevole e che incidono negativamente sullo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine e sugli ecosistemi marini;
    per ridurre i rigetti viene introdotto, con una calendarizzazione ben definita, un «obbligo di sbarco» per tutte le catture di specie soggette a limiti di cattura e, nel Mediterraneo, anche per le catture soggette a taglie minime effettuate nell'ambito di attività di pesca, con divieto di commercializzazione ad uso umano diretto per le catture sotto la taglia minima regolamentare;
    dal 1o gennaio 2015 l’«obbligo di sbarco» si applica alle catture di acciuga, sardina, sgombri e sugarello effettuate con le reti volanti o con le reti a circuizione a chiusura meccanica con attrazione luminosa (lampare), sia in taglia commerciale che sotto la taglia minima prevista dall'allegato III del regolamento (CE) n. 1967/06 (cosiddetto regolamento Mediterraneo);
    il nuovo obbligo di sbarco comporta un cambiamento netto nei comportamenti e nella mentalità dei pescatori che, per talune specie e progressivamente, devono passare dall'obbligo di rigetto al divieto di rigetto, con rischi di pesanti sanzioni che, oltre all'aspetto pecuniario, impattano anche sulla licenza di pesca per via del sistema della licenza a punti introdotto dal regolamento (CE) n. 1224/2009 (cosiddetto regolamento controllo);
    è molto probabile che sia in ambito comunitario che in quello nazionale non si riesca a coordinare in tempo la normativa vigente con quella che entra in vigore il 1o gennaio 2015 in tema di «obbligo di sbarco» e, per questo, è necessario impartire direttive chiare agli organi di controllo, in modo tale da evitare inutili e controproducenti contenziosi per via di norme in contrapposizione tra loro;
    per il raggiungimento degli obiettivi di base della PCP è necessaria una registrazione accurata delle informazioni sulle caratteristiche e sulle attività dei pescherecci dell'Unione, ed è inoltre importante raccogliere dati biologici sulle catture, inclusi i rigetti, e informazioni provenienti da indagini sugli stock ittici e sull'impatto ambientale potenziale delle attività di pesca sull'ecosistema marino;
    i risultati degli studi e della ricerca scientifica sono sempre più importanti per una gestione della pesca efficiente ed efficace, le cui ricadute sul settore però possono essere spesso traumatiche per gli operatori e per le imprese;
    la stessa PCP richiede, per tale ragioni, una migliore cooperazione tra il mondo scientifico ed il settore; e ciò è tanto più vero per la piccola pesca artigianale, assolutamente maggioritaria nel nostro Paese, la quale, oltre ad essere esercitata in modo sostenibile, ha importanti ricadute positive sull'occupazione e sulle economie della fascia costiera nazionale;
    l'applicazione della politica comune della pesca è supportata finanziariamente dal fondo europeo degli affari marittimi e della pesca, FEAMP, per il quale occorre però assicurare il partenariato che, a tutt'oggi, non risulta essersi avviato con tute le componenti descritte dalla normativa di base che disciplina il funzionamento della politica strutturale europea;
    è necessario, altresì, uno sforzo ulteriore attraverso lo stanziamento di ulteriori fondi nazionali per poter ottemperare al meglio ai nuovi adempimenti e rispondere positivamente alle sfide lanciate dalla politica della pesca riformata;
    a seguito dell'adozione del piano pluriennale di ricostituzione dello stock di tonno rosso nel 2006 ad opera dell'ICCAT, international commission for the conservation of atlantic tunas, gli indici di abbondanza mostrano quest'anno per la prima volta segnali incoraggianti di ripresa che sono stati peraltro confermati dalla recente riunione dell'SCRS, standing committee on research and statistics, dell'ICCAT e, fatte salve le attuali ripartizioni delle quote di cattura tra i diversi sistemi di pesca, è necessario fare il possibile in ambito internazionale per garantire una fissazione del nuovo livello totale delle catture ammissibili, TAC, in linea con gli indirizzi di gestione suggeriti dallo stesso SCRS, a beneficio della quota europea e, di conseguenza, della quota nazionale;
    la gestione del tonno rosso, basata su contingenti di cattura e limitazioni tecniche sugli attrezzi e l'attività di pesca, ha permesso di conseguire obbiettivi di protezione dello stock, ma, al contempo, ha generato pesanti ricadute in termini sociali ed economici soprattutto nel settore della piccola pesca artigianale e nelle aree meridionali del nostro Paese, nel quale tale segmento di pesca è largamente presente, più che in ogni altro Paese del Mediterraneo;
    occorre evitare che, nell'implementazione delle regole ICCAT per la gestione dello sforzo di pesca sulla risorsa pesce spada, si riproducano le stesse conseguenze negative sulla pesca artigianale i cui sbarchi di prodotto pongono l'Italia al primo posto dei Paesi produttori nel Mediterraneo, interessando migliaia di imbarcazioni e di lavoratori;
    è opportuno quindi, che nella gestione del pesce spada, al fine di ottemperare a quanto previsto dalla raccomandazione ICCAT 11/03, si individuino criteri oggettivamente rispondenti alla realtà delle imbarcazioni dedite alla pesca del pesce spada, in modo che si possa tutelare chi effettivamente opera questo tipo di pesca senza creare ulteriore disoccupazione oltreché la pesca illegale;
    a tale riguardo, il decreto del 3 ottobre 2014 del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, recante attuazione di alcune misure del piano d'azione, adottato con decisione della Commissione europea n. C(2013) 8635 del 6 dicembre 2013, contiene misure che non sembrano essere aderenti a quanto previsto dalla raccomandazione ICCAT 11/03 sulle misure per il pesce spada (ad esempio nella parte in cui si introduce un limite alle catture accessorie superiori al 5 per cento), con possibili evidenti ricadute negative sul ceto peschereccio;
    la commissione generale per la pesca nel Mediterraneo, CGPM, è un organizzazione della pesca in ambito FAO, che ha come obiettivi principali la promozione dello sviluppo, della conservazione e della corretta gestione delle risorse biologiche marine nel Mediterraneo, ed annovera tra le parti contraenti sia l'Unione europea che i singoli Stati membri dell'Unione europea. In via di principio l'Unione europea ha diritto ad un numero di voti pari al numero degli Stati che la compongono e che sono parte della CGPM, ma può esercitare il suo diritto di voto soltanto in via alternativa agli stessi e nelle materie di sua competenza esclusiva in virtù del Trattato di funzionamento dell'Unione europea (articolo 3);
    la CGPM, così come anche la stessa ICCAT, adotta raccomandazioni vincolanti per le parti contraenti, raccomandazioni che dovranno essere poi implementate nell'ordinamento interno per avere efficacia sui diretti interessati, ad esempio sui pescatori;
    l'obbligo di recepimento nel diritto comunitario, tuttavia, riduce il ruolo del Parlamento europeo e dello stesso Consiglio, nonché la portata di quanto previsto dal Trattato di Lisbona in materia di procedure legislative dell'Unione europea, in quanto le raccomandazioni delle organizzazioni regionali della pesca quali la CGPM o l'ICCAT, proprio per essere «vincolanti» per le parti contraenti, non possono subire modifiche nel processo legislativo ordinario di codecisione tra Consiglio e Parlamento europeo);
    in taluni casi addirittura sembra che la stessa Commissione europea preferisca passare attraverso la via della CGPM, in quanto più rapida e meno insidiosa per l'approvazione di alcune misure;
    una tale situazione si è recentemente verificata in merito all'adozione da parte della CGPM della raccomandazione 37/2013/1 che ha istituito un piano di gestione per i piccoli pelagici in Adriatico: in tal caso sia il Parlamento europeo e che il Consiglio non sono potuti intervenire nel dibattito e nelle fasi precedenti l'adozione;
    vi è il fondato timore che analogo percorso, che può mortificare il ruolo delle istituzioni e del confronto con la categoria, possa essere intrapreso per altre aree del Mediterraneo, Canale di Sicilia in primis,

impegna il Governo:

   ad attivarsi nelle sedi opportune affinché venga raggiunta la sostenibilità ambientale, economica e sociale, evitando che con il fine del raggiungimento del rendimento massimo sostenibile, MSY, al 2020 vengano sacrificati gli obiettivi di tutela dei posti di lavoro e della vitalità economica delle imprese di pesca;
   ad assumere iniziative per coordinare la normativa nazionale con quanto previsto dall'articolo 15 del regolamento n. 1380/13 in materia di obbligo di sbarco delle catture indesiderate, in particolare eliminando le disposizioni di legge in contrasto con quanto previsto dalla regolamentazione comunitaria al fine di evitare inutili e controproducenti contenziosi tra il Ministero e il ceto peschereccio;
   ad assicurare il massimo sostegno finanziario possibile, anche attraverso corsi di formazione ad hoc per i rilevatori, alla raccolta dei dati prevista dal regolamento (CE) n. 199/2008 al fine di avere risultati di qualità, aggiornati e coerenti per una gestione delle risorse della pesca realmente legata alla realtà del Mediterraneo nell'ottica della citata sostenibilità ambientale, economica e sociale;
   ad adottare ogni iniziativa possibile per bilanciare gli obbiettivi di tutela biologica con quelli altrettanto importanti di difesa della piccola pesca artigianale avviando nelle sedi opportune comunitarie la discussione sull'importanza della small-scale fishery;
   ad assumere le iniziative di competenza per dotare il settore della pesca degli strumenti finanziari e delle risorse umane necessarie a raccogliere la sfida del nuovo corso della Politica comune della pesca, come da ultimo riformata con il regolamento 1380/13;
   ad attivarsi con maggiore determinazione in ambito comunitario, affinché nel corso delle riunioni annuali dell'ICCAT, l'Unione europea riesca ad ottenere un totale delle catture ammissibili, TAC, maggiormente legato allo stato reale della risorsa, con aumenti dei quantitativi catturabili in periodi di abbondanza di risorsa e, viceversa, nel rispetto del principio di stabilità relativa e secondo le attuali chiavi di ripartizione fra Parti contraenti e Stati membri;
   a ripartire, anno per anno, tra i vari sistemi di pesca la quota di cattura di tonno rosso assegnata annualmente all'Italia, nel rispetto del principio comunitario della stabilità relativa, tenendo conto delle indicazioni in materia di sostenibilità economica, sociale ed ambientale alla base delle medesime raccomandazioni dell'ICCAT;
   ad individuare criteri oggettivi per limitare l'autorizzazione di pesca al pesce spada solo a coloro che storicamente hanno esercitato tale attività;
   a rivedere il decreto del 3 ottobre 2014 sul pesce spada, in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, perché a parere degli interroganti persegue obbiettivi non in linea con la Raccomandazione ICCAT 11/03;
   ad attivarsi in ambito comunitario per sanare il «vulnus» che si crea nella procedura legislativa ordinaria dell'Unione europea in tutti i casi di implementazione nell'ordinamento di raccomandazioni vincolanti della CGPM o dell'ICCAT e ad evitare che il percorso seguito per l'adozione della raccomandazione 37/2013/1 venga ripetuto per altre aree del Mediterraneo.
(7-00491) «Franco Bordo, Zaccagnini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMODDIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 27 ottobre 2011, il commissario delegato ex O.P.C.M, dell'11 ottobre 2010 ha indetto una procedura di gara aperta per l'affidamento dell'appalto integrato avente ad oggetto il secondo stralcio del secondo lotto delle opere necessarie per il recupero funzionale della copertura del tratto terminale del torrente Bisagno esondato il 9 ottobre 2014;
   all'esito delle operazioni di gara, l'appalto era provvisoriamente aggiudicato al raggruppamento capeggiato da C.S.I. – Consorzio stabile per le infrastrutture;
   con provvedimento del 30 marzo 2012, la stazione appaltante ha disposto l'aggiudicazione definitiva dell'appalto;
   la stazione appaltante ha disposto, con atto del 19 luglio 2012, l'avvio della procedura per la stipulazione del contratto con il raggruppamento aggiudicatario;
   sino alla data odierna non risulta che sia stato sottoscritto il contratto, né che siano stati consegnati i lavori;
   se è vero, che l'articolo 11, comma 10-ter del decreto legislativo n. 163 del 2006 impone all'amministrazione aggiudicataria di soprassedere alla stipulazione del contratto quando sono proposti ricorsi al T.A.R. avverso l'aggiudicazione definitiva, dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva, è altrettanto vero, che lo sviluppo dei giudizi innanzi ai T.A.R proposti dai non aggiudicatari ad avviso dell'interrogante non giustifica in alcun modo la mancata stipulazione del contratto e la consegna dei lavori;
   infatti, in tutti i giudizi proposti innanzi al T.A.R. Liguria ed al T.A.R. Lazio (due dinanzi al TAR Lazio – n.r. 2885/2012 e n.r. 2886/2012 – e due davanti al TAR Liguria – n.r. 321/2012 e n.r. 424/2012), tutte le domande cautelari sono state rigettate (ordinanza n. 1815 per il ricorso n.r. 2885/2012 – ordinanza n. 1814 per il ricorso n.r. 2886/2012 – ordinanza n. 302 del 24 agosto 2012 per il ricorso n.r. 321/2012 ordinanza n. 175 del 24 maggio 2012 per il ricorso n.r. 424/2012 – ordinanza n. 302 del 24 agosto 2012);
   anche a seguito della sentenza del 21 febbraio 2013 n. 351 del T.A.R. Liguria che accoglieva uno solo dei ricorsi proposti dinanzi al Tar Liguria (n. 321 del 2012) successivamente riformata dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV n. 252 del 20 gennaio 2014 che ha dichiarato l'incompetenza del suddetto T.A.R. in favore della competenza funzionale inderogabile del Tar Lazio, quanto meno dal 21 gennaio 2014 in poi, non si comprende perché non sia stato stipulato il contratto e non siano stati consegnati i lavori; infine, i quattro ricorsi sono stati decisi con sentenza della prima Sezione del Tar Lazio n. 10187/2014 del 3 ottobre 2014, il cui dispositivo è stato depositato il 17 luglio 2014 e comunque non si è proceduto alla stipula del contratto ed alla consegna dei lavori dal 17 luglio 2014 al 14 ottobre 2014;
   risulta dagli organi di stampa che la ditta aggiudicataria ha diffidato l'amministrazione aggiudicatrice a stipulare il contratto ed a consegnare i lavori;
   in conclusione, la stipulazione del contratto e la consegna dei lavori era un atto dovuto;
   negli organi di stampa del 14 ottobre 2014 è riportato che il commissario per i lavori di messa in sicurezza del torrente Bisagno, la cui esondazione ha provocato la gran parte dei danni della recente e drammatica alluvione di Genova, il 15 ottobre, firmava il decreto per incaricare regione e comune a stipulare il contratto per i lavori di rifacimento della copertura del canale; sempre il medesimo commissario ha dichiarato che «l'avvocatura ha scritto che non ci sono ragioni ostative per fare il contratto con la ditta che ha vinto la gara anche in considerazione della ben nota situazione di emergenza di Genova; la ditta avrà massimo cento giorni per fare il progetto esecutivo anche se ci auguriamo serva meno tempo. Poi potremo consegnare i lavori tra gennaio e marzo. Il cantiere dovrà chiudere in due anni e mezzo» –:
   se il Governo non ritenga di dover fornire dettagliati elementi in ordine ai motivi per i quali il commissario delegato non abbia stipulato il contratto e non abbia consegnato i lavori dopo il rigetto delle domande cautelari dei ricorsi sopra richiamati in premessa, dopo il 20 gennaio 2014 e successivamente al 17 luglio 2014. (4-06467)


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   come ormai succede da anni, in questi giorni Genova è stata nuovamente teatro di una grave alluvione che ha bloccato la città e purtroppo anche causato la morte di un uomo: le violente precipitazioni e la mancanza di una seria gestione e pianificazione del territorio, hanno portato all'esondazione dei corsi d'acqua Bisagno, Sturla, Fereggiano e Scrivia, con danni finora contabilizzati per almeno 300 milioni di euro;
   come riportato dal Tg La7 e dal Fatto Quotidiano, il 5 agosto 2014, le aziende che dovevano occuparsi della messa in sicurezza del Bisagno avevano scritto al premier Matteo Renzi una lettera accorata per chiedere di sbloccare i lavori perché «Tutti i ricorsi sono stati respinti. Nulla osta ad un avvio effettivo dell'incarico. Gli ultimi eventi alluvionali hanno evidenziato le criticità idrogeologiche del territorio di Genova e della Regione e – con l'avvicinarsi della stagione autunnale – rimandare e temporeggiare ancora espone la collettività al concreto rischio di riaccendere la tragedia del novembre 2011»;
   purtroppo pare che tale lettera, che si riferiva al rischio di ritrovarsi ancora in una situazione analoga a quella della tragica alluvione del 2011 nella quale persero la vita sei persone, non abbia ricevuto nessuna risposta da Palazzo Chigi;
   intervenendo sui fatti di Genova, il premier Renzi non ha fatto alcun riferimento alla questione della lettera e ha attribuito la responsabilità del disastro alla burocrazia dicendo che avrebbe spazzato via «il fango della mala burocrazia, dei ritardi, dei cavilli»;
   il fondo nazionale per l'emergenza è attualmente di circa settanta milioni di euro, nonostante secondo il prefetto Franco Gabrielli della protezione civile ne servirebbero circa un miliardo e trecento milioni di euro, ma una serie di provvedimenti normativi del 2011 hanno di fatto diminuito le risorse disponibili;
   sembra che manchi completamente sia un piano di gestione dell'emergenza, sia una corretta pianificazione, gestione manutenzione del territorio, anche in una regione come la Liguria, con un elevatissima fragilità idrogeologica, e le responsabilità maggiori sono evidentemente attribuibili a scelte politiche sbagliate portate avanti da decenni o del tutto assenti –:
   se il Presidente del Consiglio non intenda spiegare i motivi della mancata risposta alla lettera delle ditte di cui in premessa, così come le ragioni della mancata attuazione da parte del Governo di provvedimenti e decisioni politiche relative al problema delle alluvioni a Genova, a quanto pare necessari e con carattere d'urgenza, considerato che quello accaduto in questi giorni in Liguria era un disastro annunciato.
(4-06469)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-05185, presentata dal deputato Paolo Parentela nella seduta della Camera n. 248 del 28 giugno 2014, si dava conto della recente modificazione del sistema elettorale della regione Calabria conseguente alla sentenza n. 35 del 2014 della Corte costituzionale sulla riduzione del numero dei consiglieri dell'assemblea legislativa in loco;
   nel medesimo atto di sindacato ispettivo parlamentare, firmato anche dalla sottoscritta insieme alla deputata Federica Dieni, si rilevavano alcuni profili d'incostituzionalità nell'impianto della riferita modificazione operata dal Consiglio regionale della Calabria, che, deliberata l'impugnativa del Governo prevista nel titolo V della Costituzione, ritornava – tardivamente, a parere dell'interrogante – a legiferare nello scorso settembre, adeguandosi agli specifici rilievi articolati dal Ministero per gli affari regionali;
   sul finire dello scorso giugno, in seguito all'avvio delle procedure con atto della presidente facente funzioni della regione Calabria, incalzava la discussione politica sulle primarie istituzionalizzate con legge regionale e da svolgere a spese dei contribuenti;
   nessuno presentava candidati alle suddette primarie, per le quali una parte dei parlamentari eletti in Calabria del Movimento Cinque Stelle richiedeva l'intervento del governo, alla luce dei costi previsti, di circa due milioni di euro, e delle notizie sulla mancanza di copertura finanziaria riportate dai giornali calabresi;
   dall'inizio del settembre scorso, si susseguivano notizie sulla data delle elezioni regionali, in un clima di grande confusione determinato dalla ricordata vicenda delle primarie ex lege, dalla necessità di evitare l'incombente giudizio di legittimità costituzionale per la citata impugnativa del governo e dall'urgenza di rinnovare al più presto gli organi elettivi della regione Calabria per impedire la paralisi dell'attività amministrativa e l'insorgenza di conflitti e contrasti, pure avvenuti in materia di sanità, con la nomina di commissari delle aziende sanitarie da parte della giunta regionale in regime di prorogatio;
   a quanto sopra va aggiunta la richiesta pubblica della Chiesa, riportata diffusamente dalla stampa locale, di spostare la data delle elezioni, una volta fissata al 23 novembre 2014, per la concomitante canonizzazione del Beato Nicola Saggio da Longobardi (Cosenza), seguita dalla proposta di istituire un apposito seggio per i fedeli intenzionati ad assistere alla cerimonia in Vaticano;
   da ultimo, tutti i giornali calabresi hanno riportato la notizia della mancanza di fondi per le spese relative alle elezioni regionali;
   nello stesso periodo, la stampa calabrese ha informato di problemi per i pagamenti dei lavoratori precari regione, su cui interrogante ha presentato esposti e un'interrogazione parlamentare;
   la stampa calabrese ha anche pubblicato articoli sul default di enti regionali come la Fondazione Terina, per cui pende un'altra interrogazione parlamentare della sottoscritta, e sulla grave situazione finanziaria della regione Calabria, su cui la sottoscritta è intervenuta con esposti e un'interrogazione in ordine a emolumenti per centinaia di migliaia di euro corrisposti a dirigenti regionali, con procedure illegittime secondo una recente relazione del dirigente dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato, dottor Gaetano Mosella, frutto della visita ispettiva dell'11 settembre 2013, in attuazione dell'articolo 60, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell'articolo 14, comma 1, lettera d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
   ancora, nell'ultima seduta del consiglio regionale della Calabria, risalente al 7 ottobre 2011, sono state approvate norme per l'accreditamento delle strutture sanitarie private, di cui l'interrogante ha investito la procura della Repubblica di Reggio Calabria e la Corte dei conti, trattandosi di materia di stretta competenza del commissario per il piano di rientro dal debito sanitario, nominato dal Governo nella persona del generale della Guardia di finanza Luciano Pezzi;
   nella predetta seduta del consiglio regionale non è stata però approvata definitivamente una variazione di bilancio che avrebbe permesso la copertura dei costi delle prossime elezioni regionali in Calabria;
   sul blog dei giornalisti di L'Ora della Calabria si legge, a tale ultimo riguardo, che «in un crescendo di superficialità e di ignoranza di norme e tempi, la Giunta Stasi ha chiesto al presidente Franco Talarico di convocare un consiglio regionale straordinario per approvare definitivamente la variazione di bilancio che stanzia i fondi per le operazioni elettorali»;
   la stessa fonte giornalistica riporta la risposta del presidente del consiglio regionale della Calabria, che ha precisato di non avere «il potere per convocare un altro consiglio regionale», poiché nei 45 giorni prima delle elezioni l'assemblea legislativa non può più riunirsi;
   l'autore del citato articolo ha ipotizzato che «la Giunta comunque troverà i soldi necessari per le spese delle regionali e che il debito sarà sanato con la prossima legislatura, che dunque inizierà con un bel debito fuori bilancio»;
   per il nuovo articolo 97 della Costituzione, «le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico»;
   nel luglio 2014, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria ha parificato, «nelle sue componenti del conto del bilancio e del conto del patrimonio, il rendiconto generale della Regione Calabria per l'esercizio 2013 di cui alla deliberazione delle giunta regionale n. 163 del 29 aprile 2014, ad eccezione, della situazione finanziaria»;
   contestualmente, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria ha ordinato «che i conti, muniti del visto della Corte, siano restituiti al Presidente della Regione per la successiva presentazione al Consiglio regionale»;
   in un recente articolo di Sergio Rizzo, apparso sul Corriere della Sera, vi è un'elencazione delle spese della regione Calabria per il mantenimento delle sue partecipate;
   Rizzo ha scritto che costa 150 euro all'anno per ogni cittadino calabrese, «ha calcolato la Corte dei Conti, retribuire i dipendenti delle società partecipate e dei vari enti pubblici e "di diritto privato" della Regione Calabria: un esercito», aggiungendo che di questi dipendenti «ne sono stati censiti 9.201 (...), più del triplo del personale regionale»;
   nella disamina del giornalista figura che «le sole società partecipate, in numero di 22, hanno 1.805 dipendenti, al netto di quelle che non hanno neppure comunicato i dati alla magistratura contabile»;
   Rizzo ha specificato che «il personale dei 16 enti pubblici grava ogni anno sulle finanze regionali per qualcosa come 228 milioni», e che «nel 2013 le società partecipate hanno distribuito 157 incarichi, con una spesa di poco inferiore ai 3 milioni, di cui 835 mila euro per consulenze pure»;
   ancora, secondo Rizzo, per consulenze la sola Fincalabra – sulla cui gestione l'interrogante ha presentato nei mesi scorsi atto di sindacato ispettivo parlamentare – la finanziaria regionale che dovrebbe sostenere lo sviluppo imprenditoriale, ha sborsato quasi 2 milioni;
   lo stesso giornalista ha riportato, in merito a spese di enti controllati dalla regione Calabria che vengono classificati «di diritto privato», che «il totale ha raggiunto nel 2013 ben 11,1 milioni di euro per 575 incarichi di collaborazione e una sessantina di consulenze»;
   nello specifico, a tale ultimo proposito, Rizzo ha chiarito che la «Fondazione dei calabresi nel mondo ha impegnato ben 1,6 milioni, mentre la sola Fondazione Field – per la cui gestione vi è un processo a carico dell'ex presidente Domenico Barile, nominato dalla maggioranza politica dell'ex governatore Giuseppe Scopelliti e che, qui ricorda l'interrogante, è accusato d'aver sottratto indebitamente alle casse dell'ente circa mezzo milione di euro – ha speso quasi 6 milioni, dei quali 835 mila euro di consulenze»;
   il 2 marzo 2012 a Bruxelles fu redatto il cosiddetto «fiscal compact», il patto di bilancio europeo;
   con l'approvazione del relativo trattato in Italia, avvenuta nell'estate del 2012, il riferito dispositivo è entrato nella Costituzione italiana;
   il derivante «pareggio di bilancio» è ormai un obbligo;
   il 9 maggio 2010 fu costituito il Fondo europeo di stabilità finanziaria, poi sostituito dal Meccanismo europeo di stabilità (Mes), detto anche Fondo salva-Stati, finalizzato alla stabilità finanziaria della zona euro e istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona (articolo 136);
   le suddette modifiche furono approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles, il 25 marzo 2011;
   è recente, poi, la proposta di europeizzazione delle quote eccedenti il 60 per cento del rapporto fra debito del singolo Stato membro e Pil, da raggiungere entro 20 anni secondo le previsioni del «Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria» –:
   se siano a conoscenza dei fatti suesposti in ordine alla regione Calabria;
   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano assumere a garanzia del regolare svolgimento delle elezioni regionali in Calabria il 23 novembre;
   quali iniziative, per le rispettive competenze, intendano adottare per evitare che nella regione Calabria, stante la grave situazione finanziaria riassunta in premessa e i conseguenti problemi anche in materia di obblighi comunitari sulla spesa pubblica, possano scoppiare disordini e tensioni sociali come riflesso di eventuali tagli di risorse a enti partecipati. (4-06471)


   FRACCARO e DAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   un'elevata esposizione attraverso la dieta e l'aria all'arsenico può causare tumori alla pelle, ai polmoni, al fegato e ad altri organi interni, iperpigmentazione, disturbi circolatori e altre gravi malattie;
   con la decisione della Commissione europea C(2010)7605 del 28 ottobre 2010 si individuano 10 comuni della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol nei quali si rileva una concentrazione di arsenico nell'acqua oltre i limiti previsti dalla norma. Per la provincia autonoma di Trento si individuano i comuni di Trento – Laste/Cantanghel (26500 abitanti), Canal San Bovo (120), Fierrozzo (441), Frassilongo (357) mentre per la Provincia Autonoma di Bolzano si individuano i comuni di Laion – Mullerhof (18), Lana – Foiana (700), Luson (358), Stelvio – Solda di Fuori (25), Vadena – Monte (74), Valle di Casies – S. Martino in Casies e Durna in Selve (628);
   con la sentenza n. 664/2012, il TAR del Lazio conferma le preoccupazioni che riguardano la salute per quanto concerne la presenza di arsenico nell'acqua potabile sanzionando il Ministero della salute ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per ritardata ed incompleta informazione del rischio sanitario dell'area territoriale caratterizzata da contaminazione nell'acqua erogata in percentuali superiori a 20 mg/l;
   con decreto ministeriale n. 358 del 13 dicembre 2013, si istituisce una task force per individuare le strategie e le priorità politiche al fine di valutare, tra l'altro, le migliori pratiche in materia di sostenibilità nell'uso delle risorse idriche;
   l'Italia dimostra la sua incapacità di garantire che l'acqua destinata al consumo umano sia conforme alla direttiva europea 98/83/CE, la quale, attuata con decreto legislativo n. 31 del 2001, prevede l'obbligo da parte degli Stati membri di controllare e testare l'acqua destinata al consumo umano in base a 48 parametri microbiologici, chimici e indicatori e di trovare soluzioni qualora si riscontrino livelli elevati di inquinanti. Dopo la scadenza dell'ennesima deroga, direzione generale ambiente della Commissione europea attiva la procedura di infrazione 2014–2125 in materia di salute, per Violazione del diritto dell'Unione ed avente per oggetto la «Cattiva applicazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità dell'acqua destinata al consumo umano. Valori di arsenico»;
   nel documento «Nuovi limiti di ammissibilità – metalli nell'acqua potabile: la situazione in Alto Adige», pubblicato il 22 marzo 2012 dall'Ufficio 29.5 – Laboratorio analisi acqua della Ripartizione 29 – Agenzia provinciale per l'ambiente, si dimostra come, a partire dal 2003, la provincia autonoma di Bolzano abbia provveduto al graduale e definitivo adeguamento, ottenuto nel 2011, degli acquedotti pubblici che presentavano concentrazioni di arsenico superiori a 10 mg/l attraverso l'installazione di impianti di trattamento a base di idrossidi di ferro o di impianti complessi a due stadi (ossidazione – filtrazione) per la rimozione dell'inquinante;
   il 23 aprile 2013 in risposta all'interrogazione n. 5549 del Consiglio provinciale di Trento, l'assessore alla salute della provincia autonoma di Trento informa che per i comuni di Trento (acquedotto Laste/Cantanghel), Canal San Bovo (acquedotto loc. Gobbera), Fierozzo e Frassilongo l'acqua erogata viene trattata con gli impianti di dearsenificazione e i controlli in regime di autocontrollo e di vigilanza confermano l'efficacia del trattamento e mantenimento della concentrazione di arsenico inferiore al limite (10 mg/L) previsto dal decreto legislativo 31 del febbraio 2001 –:
   se il Governo abbia predisposto delle attività di monitoraggio e controllo per quanto di competenza, per assicurare il rispetto delle norme comunitarie e il superamento della situazione di pericolo individuata dalla Commissione europea con decisione C(2010)7605 del 28 ottobre 2010;
   se il Governo svolga attività di monitoraggio sulla task force istituita con decreto ministeriale n. 358 del 13 dicembre 2013 e, in tal caso, se l'attività da questa svolta abbia consentito di individuare le migliori pratiche in materia di sostenibilità nell'uso delle risorse idriche, con particolare riferimento agli standard e ai principi di precauzione stabiliti dalle norme comunitarie. (4-06481)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMODDIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da mesi, quotidianamente i cittadini dei comuni di Augusta, Melilli, Priolo e Siracusa sono sottoposti ai miasmi provenienti dalla zona industriale che determinano immissioni olfattive intollerabili;
   nell'ottobre del 2013 centinaia di cittadini siracusani hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Siracusa per ottenere chiarezza sul fenomeno dei cattivi odori e sull'attendibilità dei controlli;
   i dati forniti da Arpa Sicilia sede di Siracusa evidenziano degli sforamenti dei valori di alcune sostanze come l'anidride solforosa, l'idrogeno solforato ed alcuni idrocarburi non metanici;
   gli sforamenti purtroppo superano anche di quattro volte il limite imposto dalla legge; il 13 e 14 ottobre 2014 numerose telefonate sono arrivate alla sede dell'Arpa e del comando di polizia municipale del comune di Siracusa perché l'aria a Siracusa era irrespirabile;
   nelle prime ore del mattino del 14 ottobre 2014 le centraline di monitoraggio allocate nella città di Siracusa, hanno registrato valori impietosi: un incremento spropositato di idrocarburi non metanici; NMHC superiori di quasi quattro volte ai limiti di legge ed infatti il valore ha raggiunto infatti oltre 800 microgrammi per metro cubo sui 200 tollerati;
   le concentrazioni di H2S (idrogeno solforato) riscontrate nella centralina di S. Cusumano (ubicata ad Augusta vicino la Esso) in una media di un'ora hanno toccato i 60 microgrammi;
   la soglia dell'idrogeno solforato secondo l'allegato alla parte quinta pagina 265 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per gli impianti Claus ovvero gli impianti di desulfurizzazione delle raffinerie è di 30 microgrammi;
   è in corso il riesame dell'AIA degli esercizi degli stabilimenti industriali presenti nei citati territori;
   il riesame dell'AIA è stato richiesto dal comune di Melilli CON delibera del Consiglio comunale di Melilli, risalente a luglio 2013, inserendo 5 proposte propedeutiche ad un maggior controllo sull'ambiente; le cinque proposte che il comune di Melilli ha sottoposto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota di protocollo DVA-2013-0021493, consistono in: 1) per tutte le torce presenti: a) installazione di sistema di videosorveglianza con possibilità di registrazione delle immagini e archiviazione delle stesse, per periodi non inferiori a 3 mesi, al fine di verificare la combustione dei gas di torcia; b) installazione di sistemi termografici per il rilevamento del corretto funzionamento della fiamma pilota e dove non presenti, di sensori con attivazione di allarme acustico in sala di controllo in caso di spegnimento della stessa; 2) dotare di idonee coperture le vasche degli impianti di trattamento degli effluenti liquidi, installare contestualmente sistemi di captazione e successivo convogliamento ad impianto di abbattimento dei vapori liberati; 3) dotare di analizzatore in continuo per H2S le condotte dei fumi in uscita dagli impianti di recupero zolfo; 4) archiviare i dati meteo climatici delle stazioni presenti all'interno stabilimenti; 5) trasmettere in tempo reale ad ARPA Sicilia i dati rilevati dai sistemi di monitoraggio in continuo (SME);
   il comune di Siracusa ha chiesto di partecipare al procedimento di riesame dell'AIA;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha negato la partecipazione diretta del comune di Siracusa adducendo motivazioni formali, senza tenere conto di alcuni dati oggettivi, ovvero che il territorio del comune di Siracusa è limitrofo agli esercizi industriali e che alcuni impianti ricadono nel territorio del comune di Siracusa;
   la tutela dei beni ambiente e salute è costituzionalmente garantita e compete allo Stato esercitare ogni attività amministrativa e di controllo, perché il diritto ad un ambiente salubre sia effettivamente garantito;
   sul piano normativo ed amministrativo il contrasto all'inquinamento atmosferico avviene attraverso il controllo delle fonti inquinanti e fissazione di standard di emissione – decreto legislativo n. 152 del 2006 – ed il controllo sulla qualità dell'aria e fissazione di standard sulla qualità dell'aria – decreto legislativo n. 155 del 2010 –;
   i valori limite d'emissione del decreto legislativo n. 152 del 2006 indicano per ogni sostanza inquinante la massima quantità che può essere immessa nell'atmosfera da parte di un singolo impianto e sono stabiliti per il territorio nazionale dagli allegati al decreto legislativo n. 152 del 2006 e le imprese hanno l'obbligo di rilevare (periodicamente o in continuo) le emissioni dei loro impianti e di comunicare i risultati delle misure all'amministrazione;
   il controllo sulle singole fonti d'inquinamento non è però sufficiente, se in un'area, come nel caso del territorio indicato, esistono numerose attività industriali;
   il decreto legislativo n. 155 del 2010 individua i livelli di qualità dell'aria, definiti su scala nazionale in base alla concentrazione di inquinanti in atmosfera, classificati in base al confronto con i valori limite ed i valori guida;
   i valori fissati dal decreto legislativo n. 155 del 2010 sono di carattere nazionale e le regioni possono fissare valori più severi;
   nel settembre del 2013 l'Organizzazione mondiale della sanità rilevava l'inverosimiglianza e l'attendibilità dei monitoraggi effettuati sul territorio della provincia di Siracusa;
   è oramai improcrastinabile la realizzazione del sistema di monitoraggio SIMAGE (sistema integrato di monitoraggio ambientale e gestione delle emergenze), simile a quello presente nell'area industriale di Porto Marghera. SIMAGE che prevede la creazione di una sala operativa funzionante 24 ore su 24, gestita da opportuno personale tecnico, che – tramite una rete di monitoraggio composta da strumentazioni (analizzatori gascromatografici, sistemi spettroscopici, sensori fotoelettrici) e da «panel di valutatori», cioè gruppi di persone addestrate al riconoscimento degli odori – rilevi tempestivamente la presenza di eventuali sostanze tossiche e odorigene emesse in atmosfera, con un segnale di allarme, per gestire immediatamente l'evento e comunicare in tempo reale i dati alle autorità atte a garantire la salvaguardia della popolazione in termini di sicurezza e di salute;
   la regione siciliana è in atto sostanzialmente priva del piano di risanamento della qualità dell'aria, atteso che quello vigente è del 2007;
   la regione siciliana non ha attivato il piano di monitoraggio regionale;
   l'assenza di una pianificazione regionale e di una rete di monitoraggio adeguata a quanto previsto nel decreto legislativo n. 155 del 2010 ha impedito la creazione di un inventario delle sostanze inquinanti ed insalubri presenti nell'aria;
   la prefettura di Siracusa unitamente ai rappresentanti dei comuni di Augusta, Priolo, Melilli e Siracusa ha avviato dei tavoli tecnici diretti ad individuare gli strumenti regolamentari e tecnici per eliminare le immissioni riscontrate nell'aria negli ultimi 4 anni e che costantemente risultano allarmanti per la salute dei residenti;
   l'articolo 22 del decreto legislativo n. 155 del 2010 prevede che i provvedimenti di zonizzazione e di classificazione, la rete di misura, i piani e le misure di qualità dell'aria esistenti ai sensi della normativa previgente dovevano essere adeguati alle disposizioni del decreto nel rispetto delle procedure e di termini oramai ampiamente decorsi, e che in caso di mancato adeguamento si applicano i poteri sostitutivi previsti all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131;
   il polo petrolchimico porta con sé una serie di problematiche ambientali e sanitarie evidenti;
   il SIN di Priolo, Augusta e Melilli, nonostante i 106 milioni di euro assegnati nell'ultimo accordo di programma del 2008 è ancora in attesa degli interventi di bonifica delle aree a terra ed a mare pubbliche;
   l'interrogante ha già presentato diverse interrogazioni aventi ad oggetto altri casi di immissioni nocive senza che allo stato vi sia stato un riscontro concreto da parte del Ministero –:
   se il Ministro sia conoscenza di quanto sopra esposto;
   se il Ministro intenda invitare l'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania ad esercitare le facoltà ed i diritti connessi alla persona offesa nel procedimento penale eventualmente avviato dalla procura della Repubblica di Siracusa a seguito dell'esposto presentato di cittadini di Siracusa;
   se in sede di riesame dell'AIA il Ministero attraverso i suoi organi istruttori abbia preso in esame tutti gli eventi segnalati dalle amministrazioni comunali e dai cittadini;
   se il Ministro non intenda riesaminare il provvedimento di rigetto della richiesta di partecipazione del comune di Siracusa al procedimento di riesame dell'AIA;
   se il Ministro non ritenga oramai improcrastinabile la realizzazione del sistema di monitoraggio SIMAGE (Sistema integrato di monitoraggio ambientale e gestione delle emergenze), simile a quello presente nell'area industriale di Porto Marghera;
   se il Ministro non ritenga che sussistano i presupposti per applicare i poteri sostitutivi previsti all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per adottare il piano di risanamento della qualità dell'aria, il piano di monitoraggio regionale e un inventario delle sostanze inquinanti ed insalubri presenti nell'aria.
(4-06472)


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel sito di Saluggia, in provincia di Vercelli, sono ospitati oltre i quattro quinti di tutte le scorie nucleari ad elevata radioattività presenti in Italia, e nella popolazione cresce l'allarme per la mancanza di informazioni tempestive, affidabili, verificabili sui rischi connessi alla gestione del sito;
   l'impianto eurex, acronimo di Enriched Uranium Extraction, è un impianto nucleare italiano, situato nel Centro di ricerca Enea-Saluggia, nell'omonima località, e utilizzato in passato per la sperimentazione, del riprocessamento del combustibile nucleare secondo il metodo purex;
   il metodo pure è un processo tecnologico di recupero di uranio e plutonio dal combustibile nucleare esaurito basato sull'estrazione liquido-liquido. L'acronimo sta per l'espressione inglese plutonium and uranium recovery by extraction, ovvero «recupero di uranio e plutonio per estrazione»;
   dall'inizio del 2013, sono in corso, presso l'impianto nucleare eurex, attività di caratterizzazione radiologica e cernita di rifiuti radioattivi stoccati in 14 container proveniente dallo smantellamento dell'impianto di fabbricazione elementi di combustibile (Ifec) di Saluggia;
   ai primi di ottobre 2014, durante la movimentazione di uno dei container, all'interno della zona asfaltata, è avvenuto un evento anomalo di sversamento, pari a qualche decina di litri di liquido contenuti nei container;
   Sogin avrebbe fatto sapere che le analisi radiometriche di laboratorio effettuate sui campioni di asfalto, prelevati in corrispondenza dei punti interessati dallo sversamento, mostrano tracce di limitata contaminazione residua di solo uranio –:
   se il Governo intenda intraprendere verifiche sulla sicurezza, per l'ambiente e per i lavoratori, delle intense attività in corso nel sito EUREX/SOGIN di Saluggia.
   (4-06478)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SGAMBATO, VALIANTE, CARLONI, ROSTAN, FAMIGLIETTI, MANFREDI e PALMA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 3 luglio 2014 si è aperta la raccolta di gioco per l'estrazione del primo concorso del gioco denominato Vinci per la Vita – Win for Life VinciCasa, avvenuta lo scorso 9 luglio 2014, ai sensi del regolamento AAMS di cui alla determinazione direttoriale prot. 2014/54830/Giochi/Ena, emanato lo scorso 27 giugno 2014;
   il citato concorso del gioco prevede un'estrazione settimanale e la formula «Vinci per la Vita – Win for Life VinciCasa» consiste nel pronosticare per ciascun concorso 5 numeri su 40. Il costo unitario al pubblico della singola combinazione di gioco è di 5,00 euro;
   la quota del premio della categoria più alta è costituita da una somma di denaro corrispondente a 500 mila euro il cui utilizzo è destinato all'acquisto da parte del vincitore, di uno o più beni immobili scelti dal vincitore medesimo esclusivamente entro i confini dello Stato italiano. Tale acquisto dovrà perfezionarsi entro 2 anni dal giorno successivo alla pubblicazione del Bollettino Ufficiale dell'esito del concorso di riferimento. Il 20 per cento dell'importo vinto verrà corrisposto in denaro al vincitore, la parte restante invece sarà destinata all'acquisto degli immobili scelti liberamente dal vincitore stesso. L'importo delle vincite del gioco relativo a tutti i punteggi segue le regole del totalizzatore, ed è quindi collegato all'ammontare della raccolta e al numero dei vincitori per ciascuna delle predette categorie di premi;
   in Italia l'acquisto dell'immobile è da sempre l'obiettivo prioritario di vita che in media assorbe gran parte delle risorse economiche di una famiglia; gli immobili in Italia sono considerati una garanzia per il futuro e sono una discriminante tra una vita più o meno agiata; non a caso negli ultimi anni molti interventi legislativi sono stati rivolti al tema dell'acquisto della prima casa e al finanziamento del Fondo di garanzia prima casa;
   l'introduzione di una lotteria che induce i concorrenti a risolvere l'obiettivo prioritario della propria vita, ovvero l'acquisto dell'immobile di residenza potrebbe creare false aspettative per molti partecipanti al gioco che si trovano in una contingente situazione di difficoltà economica e sarebbe pertanto utile migliorare la comunicazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli esplicitare in maniera più chiara le probabilità di vincita di tale concorso –:
   se non ritenga utile modificare il regolamento del concorso del gioco denominato Vinci per la Vita – Win for Life VinciCasa al fine di non incentivare comportamenti di gioco, che potrebbero degenerare nella ludopatia, indotti dalla remota aspettativa di raggiungere il soddisfacimento di un bisogno primario quale è l'acquisto della casa e quale sia stata la raccolta derivante dai concorsi finora indetti nonché, le stime della raccolta annuale derivante da tale gioco. (5-03814)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCO DI STEFANO e CAUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, disciplina l'attribuzione a titolo non oneroso a comuni, province, città metropolitane e regioni di beni statali individuati, nel rispetto della Costituzione, con le disposizioni del decreto stesso e con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei ministri;
   secondo l'articolo 3, comma 4, in vigore dal 26 giugno 2010, sulla base dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri contenenti l'elenco dei beni, le regioni e gli enti locali che intendono acquisire i beni medesimi, presentano, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei citati decreti, un'apposita domanda di attribuzione all'Agenzia del demanio contenente le specifiche finalità e modalità di utilizzazione del bene, la relativa tempistica ed economicità nonché la destinazione del bene;
   dai dati pubblicati dell'agenzia del demanio risulta che, al 26 settembre 2014, delle 9367 richieste effettuate su tutto il territorio nazionale, solo 5497 hanno ottenuto parere positivo al trasferimento;
   nella regione Lazio sono stati richiesti dagli enti ricadenti nel territorio 933 beni di cui 330 trasferiti con parere positivo, 581 hanno avuto un parere negativo e 22 sono in fase di definizione;
   tra i beni sui cui si è registrato un parere negativo vi sono alcune caserme ricadenti nel territorio di Roma capitale, per le quali il Ministero della difesa avrebbe confermato la permanenza delle proprie esigenze istituzionali;
   il predetto decreto legislativo prevede, tra l'altro, che si possono escludere dal trasferimento solo gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali dalle amministrazioni dello Stato;
   in una visita in forma ufficiale di una delegazione di parlamentari presso alcuni immobili oggetto di parere contrario da parte del Ministero della difesa, nello specifico, in forma esemplificativa e non esaustiva, con riferimento al sopralluogo presso la struttura militare di Forte Boccea, in cui sono intervenuti anche responsabili degli uffici del comune di Roma, dell'Agenzia del demanio, del Ministero della difesa, si è potuto constatare lo stato di completo abbandono dell'intero complesso; in quella occasione il rappresentante del Ministero della difesa e dell'Agenzia del demanio si sarebbero dimostrati favorevoli alla richiesta avanzata dal comune di Roma capitale –:
   quali siano le motivazioni di diniego addotte nel caso della richiesta di attribuzione della struttura militare di Forte Boccea;
   se tali motivazioni siano state oggetto di adeguate verifiche ed approfondimenti e se si ritenga che tali motivazioni sussistano ancora, a fronte di una nuova istanza.
(4-06461)


   D'ARIENZO, ROTTA, ZARDINI e DAL MORO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Onlus Cestim di Verona è nota negli ambienti che si occupano dello svantaggio sociale degli immigrati per la sua ininterrotta azione a loro favore fin dalla fondazione nel 1990. Risulta iscritta all'anagrafe unica delle onlus dal 2001 al 15 gennaio 2013, quando dall'Agenzia delle entrate – direzione regionale del Veneto ne viene cancellata l'iscrizione, con il parere favorevole del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, preposto all'attività di vigilanza e indirizzo in materia;
   la ragione del provvedimento di cancellazione risiedeva, a parere dell'Agenzia nella motivazione che le onlus del settore possono essere tali soltanto in riferimento agli «stranieri» in quanto «rifugiati» o «immigrati indigenti» (da provare singolarmente, e di volta in volta, come tali). In tal caso sarebbe ravvisabile l’«utilità sociale» dell'associazione. Occupandosi il Cestim in molti ambiti – e soprattutto nella scuola – degli stranieri immigrati e dei loro figli a prescindere dall'indigenza, non è riconoscibile altro svantaggio sociale degli stessi in grado di giustificare all'associazione l'attribuzione di «utilità sociale»;
   il Cestim ha fatto ricorso avverso il provvedimento e l'ha vinto presso la Commissione tributaria provinciale di Venezia, competente per il suo esame, riuscendo a dimostrare come gli immigrati siano una categoria particolarmente vulnerabile e in svantaggio sociale per tanti aspetti a prescindere dall'indigenza;
   l'Agenzia delle entrate ha presentato ricorso, in data 24 aprile 2014 alla Commissione tributaria regionale del Veneto avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Venezia;
   il Cestim viene «certificato» come onlus da un'ispezione della competente Agenzia delle entrate il 2 luglio 2003. Nel verbale dell'ispezione il Cestim risulta infatti rispondere ai requisiti di legge sia per statuto che per tipologia di azioni messe effettivamente in atto a favore degli immigrati, dando per scontato che questi, come categoria, siano da considerare per tanti aspetti socialmente svantaggiati. Statuto e tipologia delle azioni del Cestim rimangono tali nel corso degli anni. Cambia solo la quantità delle azioni stesse, soprattutto in riferimento agli interventi per il superamento dello svantaggio linguistico che penalizza i loro figli, alunni di madrelingua non italiana, nella scuola. Grazie alla promozione e organizzazione di un volontariato a prestazione gratuita composto da più di duecento persone (tra ex insegnanti, pensionati e studenti delle superiori) e grazie anche al fundraising (presso Fondazioni benefiche, Fondazioni bancarie e altri donatori privati) con cui si rende possibile la collaborazione remunerata di un centinaio di giovani laureati, formati specificamente all'insegnamento dell'italiano L2, si realizzano laboratori di lingua, corsi estivi e doposcuola invernali per oltre 30.000 ore di didattica all'anno, di cui fruiscono dentro le scuole, con un contributo economico inferiore al 10 per cento dei costi, 600-700 ragazzi ogni estate e più di 400 durante l'anno scolastico. Interventi questi che diventano presto buona prassi e modello per le politiche dell'integrazione scolastica anche a livello nazionale. Ma l'aumento quantitativo delle attività in campo scolastico (e delle erogazioni benefiche al Cestim necessarie alla loro implementazione), a distanza di dieci anni dal 2003, e cioè a fine 2012, viene visto dall'Agenzia delle entrate – direzione regionale del Veneto – semplicemente osservando i dati aggiornati di bilancio – come perdita della natura di onlus da parte del Cestim o addirittura indicatore di una illegittima natura di onlus fin dall'inizio dell'attività nel 2003 –:
   quali siano, a conoscenza del Ministro interrogato, le motivazioni che spingono l'Agenzia delle entrate – direzione regionale del Veneto a continuare l'azione contro il Cestim per contestare la qualifica di onlus, contraddicendo il parere stesso della propria ispettrice del 2003 e contro la sentenza di prima istanza a favore del Cestim espressa dalla Commissione tributaria il 27 settembre 2013 e se il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per quanto di competenza, sia informato del nuovo ricorso dell'Agenzia delle entrate e abbia espresso un proprio parere.
(4-06470)


   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   all'Ecofin di Milano il Governatore di Bankitalia Visco si è dichiarato molto preoccupato perché «la diseguaglianza è cresciuta a livelli senza precedenti», non solo a livello globale, ma anche nel nostro Paese, dove la forbice tra chi ha molto e chi nulla si sta allargando sempre di più;
   il «numero uno» di Palazzo Koch ha esortato a combattere la diseguaglianza che si può trasformare in una forza «distruttrice», tale da «ridurre gli investimenti, diminuire gli incentivi e generare instabilità economica e sociale, così da comprimere infine anche la crescita economica»;
   una recente inchiesta di Repubblica ha mostrato che, nonostante la crisi, il numero degli italiani ricchi continua a crescere: nel 2013 sarebbero cresciuti di 28 mila unità rispetto all'anno precedente, arrivando a 203 mila persone con un patrimonio superiore al milione di euro, un «Olimpo dorato» al cui apice ci sono tremila individui – il doppio rispetto alla media europea – «seduti» su tesoretti personali superiori ai 22 milioni di euro;
   la globalizzazione e i progressi tecnologici, ha spiegato Visco, «hanno sostenuto la crescita negli ultimi decenni», aiutando «milioni di persone a uscire dalla povertà e riducendo le disparità tra Paesi». Allo stesso tempo, però, «la diseguaglianza di reddito all'interno dei Paesi è aumentata. Nel breve termine, inoltre, in alcune economie avanzate i cambiamenti nel commercio e tecnologici possono aver espulso più lavoratori di quanti il mercato ne abbia saputi assorbire». Per questo, «le politiche del lavoro e le istituzioni devono porsi l'obiettivo di contenere questi costi di aggiustamento e facilitare la riallocazione settoriale e professionale»;
   sembrerebbe che la crisi abbia fortemente inciso sul grado di disuguaglianza dei Paesi maggiormente sviluppati, facendolo arrivare a livelli non più tollerabili;
   secondo l'Oxfam le élite economiche mondiali agiscono sulle classi dirigenti politiche per «truccare» le regole del gioco economico, erodendo il funzionamento delle istituzioni democratiche e generando un mondo in cui 85 super ricchi possiedono l'equivalente di quanto detenuto da metà della popolazione mondiale;
   secondo lo studio appena pubblicato dalla Banca d'Italia, «Inequality and trust: new evidence from panel data», la disuguaglianza sociale ed economica fa aumentare la sfiducia tra le persone: come spiegano i due autori Guglielmo Barone e Sauro Mocetti esiste una correlazione precisa tra le due variabili: un aumento di un punto percentuale dell'indice di Gini (che misura la diseguaglianza di una distribuzione ed è spesso usato come indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza), si riflette in una diminuzione di due punti percentuali della quota di persone che dichiara di avere fiducia negli altri;
   sembra, infatti, che la disuguaglianza aumenta la distanza tra classi sociali, e dunque la differenza; inoltre, l'aumento della disuguaglianza fa crescere il senso d'ingiustizia, e quindi riduce il grado di adesione al contratto sociale, e visto che ricchi e poveri hanno interessi diversi anche sulla gestione della cosa pubblica, l'aumento della disuguaglianza influisce negativamente anche sul grado di coesione sociale –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente di quanto esposto in premessa e in che modo intendano intervenire per raccogliere l'allarme lanciato dal governatore Visco e da organizzazioni come l'Oxfam e contrastare il fenomeno della disuguaglianza sociale prima che la distanza tra ricchi e poveri porti a lacerazioni troppo profonde e pericolose per la pace sociale. (4-06476)


   BALDASSARRE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Banca del Mezzogiorno, creata con la legge 23 dicembre 2009, n.191, è una realtà bancaria controllata totalmente da Poste italiane spa nata con la seguente missione: i) aumentare la capacità di offerta del sistema bancario e finanziario del Mezzogiorno; ii) sostenere le iniziative imprenditoriali maggiormente meritevoli di credito, incidendo sui costi di approvvigionamento delle risorse finanziarie necessarie agli investimenti; iii) canalizzare il risparmio verso iniziative economiche che creano occupazione nel Mezzogiorno;
   leggendo le cifre, pubblicate dal supplemento economico del Corriere della Sera, si evince che: «dei 750 milioni di finanziamenti messi a budget (...) per quest'anno solo 100-150 milioni sono destinati alle piccole e medie imprese (...); 400 milioni (53 per cento) sono rivolti a circa 400 grandi imprese; e i restanti 200 milioni (il 27 per cento) sono per erogare mutui e prestiti con cessione del quinto dello stipendio ai dipendenti delle Poste», alle piccole e medie imprese del meridione sono rimasti soltanto gli spiccioli: il 20 per cento del budget disponibile;
   dall'articolo suddetto si evince altresì che la Banca del Mezzogiorno: «si è allontanata dal progetto iniziale di sostegno alle Pmi finanziando imprese come Fiat di Pomigliano o l'Acquedotto pugliese»;
   dalla relazione della Corte dei conti si scopre che nel corso del 2012, l'87 per cento delle richieste di finanziamento da parte delle imprese del Sud alla Banca del Mezzogiorno sono state rifiutate;
   la Corte dei conti rileva altre criticità quali: la giustificazione del management della Banca alle suddette negazioni sarebbe da rilevare nel fatto che nel Mezzogiorno un'azienda su tre risulta in perdita e quelle in attivo hanno spesso crediti verso la pubblica amministrazione; e ancora: il numero dei dipendenti della Banca del Mezzogiorno – 223 persone – farebbe nascere dubbi sul rapporto tra l'organico della Banca stessa e la sua attività istituzionale;
   nel 2013 la Banca del Mezzogiorno ha allargato la sua attività concedendo prestiti ai dipendenti delle Poste sul quinto del loro stipendio, comprovando ancora una volta l'estraneità di tale attività rispetto alla mission dell'istituto stesso e alla ratio per la quale la Banca d'Italia ha dato il via libera all'operatività della Banca;
   a parere dell'interrogante appare evidente che le operazioni della Banca del Mezzogiorno dovrebbero essere finalizzate a perseguire esclusivamente gli obiettivi fissati dal legislatore a servizio dell'economia del Mezzogiorno;
   il 29 aprile 2014 è scaduto il consiglio di amministrazione della Banca del Mezzogiorno; le assemblee convocate per il rinnovo si sono susseguite di mese in mese senza giungere ad una definizione del nuovo assetto della Banca;
   sarebbe interessante capire come verrà affrontata la spiegazione al mercato della presenza nel gruppo di Poste di una banca che per statuto potrebbe far credito prevalentemente alle imprese del Sud e da tale analisi cercare di far luce sulle voci che vedono il possibile passaggio di controllo della banca del Mezzogiorno a Invitalia – come riportato dal Messaggero –:
   nella mozione 1-00621 presentata in data 13 ottobre 2014 si chiede al Governo un impegno volto «a favorire lo sviluppo nelle regioni meridionali di un sistema creditizio e finanziario che sia in grado di accompagnare e promuovere la crescita dimensionale delle imprese, l'innovazione e l'internazionalizzazione delle imprese anche con particolare riferimento alle iniziative in essere, quali quelle della Banca del Mezzogiorno, attraverso un chiaro utilizzo delle risorse, espressamente diretto al soccorso delle PMI meridionali.» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti;
   se e quali azioni, il Ministro interrogato, intenda porre in essere al fine di perseguire esclusivamente gli obiettivi fissati dal legislatore a servizio dell'economia del Mezzogiorno e altresì restituire la mission originaria alla Banca del Mezzogiorno;
   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato in merito al «destino» della Banca del Mezzogiorno e se possa smentire o meno le dichiarazioni del Messaggero dalle quali si evincerebbe di un possibile passaggio di controllo della banca del Mezzogiorno a Invitalia;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno approfondire, verificare e altresì intervenire in merito alle criticità espresse in premessa anche alla luce della relazione della Corte dei conti e delle dichiarazioni pubblicate sul Corriere della Sera con particolare riguardo ai finanziamenti erogati a imprese come Fiat. (4-06477)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia Spa, è stata istituita come Ente di diritto pubblico nel 1957 con l'obiettivo di favorire lo sviluppo dell'economia nel territorio del Friuli Venezia Giulia, attraverso l'assistenza finanziaria e creditizia alle piccole e medie imprese e la raccolta del risparmio a medio e lungo termine. Nel 1993 l'ente si è trasformato in società per azioni ed è partecipata indirettamente con quota di maggioranza dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia attraverso la Finanziaria MC spa;
   l'attività a medio termine a supporto degli investimenti nei comparti economici rimane il principale ambito operativo, tuttavia, negli anni la Banca ha ampliato la propria attività al credito fondiario, a quello a breve termine e nel comparto del leasing finanziario, per operazioni a favore di imprese e gruppi di imprese extra Friuli Venezia Giulia;
   i bilanci della Banca hanno registrato una chiusura gravemente negativa nell'anno 2013 che ha fatto seguito a quella, anch'essa negativa per 7,2 milioni, dell'anno 2012;
   le perdite registrate alla chiusura del bilancio 2013 sono state pari a 62,5 milioni di euro, al netto delle imposte. Considerando che il capitale sociale della banca è pari a 86 milioni di euro, la chiusura negativa avrebbe gravemente minacciato la solidità finanziaria dell'ente bancario oltre a non rispettare i vincoli posti da Basilea 3;
   nella semestrale 2014 risultano perdite per 11,1 milioni di euro e nel piano industriale 2014-2016 approvato dal consiglio di amministrazione del Mediocredito Friuli V.G. spa e sottoposto alla amministrazione regionale si prevedono perdite per ciascuno dei tre anni 2014-2016;
   non è dato sapere quali siano state le cause del tracollo e quindi sicché, si ritiene necessario fare chiarezza sulle cause che hanno determinato la perdita del biennio 2012-2013 che sfiora i 70 milioni di euro;
   già nel biennio 2010-2011 ispezioni della Banca d'Italia e della guardia di finanza avrebbero rilevato forti aumenti delle sofferenze con partite negative per decine di milioni di euro con conseguenze pesantissime sugli equilibri finanziari e sui risultati di bilancio di Mediocredito del Friuli Venezia Giulia;
   il Mediocredito del Friuli Venezia Giulia Spa è stato oggetto di un'ispezione della guardia di finanza nel 2011 che aveva rilevato irregolarità di carattere «formale e fiscale»;
   in questo quadro si è appreso che si è conclusa il 30 settembre 2014, una prima operazione di aumento di capitale sociale di Banca Mediocredito deliberata dall'assemblea straordinaria, dello scorso 21 agosto 2014, e rientrante nell'ambito di un piano di rafforzamento patrimoniale in corso. Il bilancio della società ha chiuso per due anni consecutivi con notevoli passivi di bilancio ed il piano industriale «di rilancio» prevede altre tre annualità di perdite facendo rientrare la società tra quelle in cui, secondo la normativa Tremonti del 2010, si dovrebbe procedere alla dismissione;
   la seconda operazione di aumento del capitale sociale sarà sottoposta all'Assemblea straordinaria entro la fine del mese di ottobre 2014 mentre il termine per il perfezionamento è per il 30 novembre successivo;
   ad oggi, si sta provvedendo ad una ricapitalizzazione pari a 100 milioni che segue quella conclusa da poco più di un anno per altri 50 milioni quasi completamente versati dalla regione Autonoma Friuli Venezia Giulia –:
   se alla luce degli accertamenti svolti nel 2011 dalla Guardia di finanza, che avevano già rilevato irregolarità di carattere «formale e fiscale», e alla luce del perpetuarsi di una situazione di crisi se non sia opportuna una nuova ispezione della Guardia di finanza, anche al fine di salvaguardare i soggetti che intrattengono rapporti con l'Istituto e gli stessi azionisti. (4-06480)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GADDA, SENALDI, ROSSI, MARANTELLI, MAURI e GUERRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il collegamento ferroviario tra Arcisate e Stabio consiste nella realizzazione di un nuovo raccordo a due binari che permetterà di connettere l'esistente linea Varese-Porto Ceresio all'altezza di Arcisate, con tronco ferroviario Stabio-Mendrisio in territorio elvetico; prevede inoltre il raddoppio e la riqualificazione della tratta ferroviaria esistente Arcisate-Induno Olona (4,8 chilometri), la realizzazione di una nuova fermata al confine di Stato (località Gaggiolo nel comune di Cantello) e il ripristino del ramo Porto Ceresio-Arcisate con la realizzazione di una nuova fermata in comune di Besano;
   il progetto di tale collegamento ferroviario è stato adottato in recepimento dell'accordo italo-svizzero per la realizzazione del nuovo collegamento ferroviario Mendrisio-Varese attuativo della convenzione bilaterale firmata a Basilea il 2 novembre 1999 ed inserito nell'APO Malpensa. La realizzazione del raccordo ferroviario renderà attivabili collegamenti transfrontalieri di tipo locale tra Varese e Lugano, tra Varese e Como, così come tragitti a lunga percorrenza tra il Canton Ticino e l'aeroporto di Malpensa. Un progetto di grande rilievo nazionale così come internazionale, visto che la nuova linea passeggeri servirà un territorio dove vivono circa 600 mila persone, con continui spostamenti tra la frontiera italiana e quella svizzera. La linea Arcisate-Stabio fa parte del rafforzamento dei collegamenti tra Italia e Svizzera inserito all'interno delle reti Ten-T, in particolare del corridoio Genova-Rotterdam. Si tratta di un collegamento con direttrici di traffico a valenza internazionale (Gottardo e Sempione) e quindi opportunità di collegamento tra le città della Svizzera occidentale (Losanna, Ginevra e Berna) ed orientale (Lugano) con interscambio nella stazione di Gallarate; permette l'istituzione di relazioni viaggiatori dirette tra l'aeroporto di Malpensa e le città della Svizzera meridionale e centrale, attraverso le linee Gallarate-Milano e Milano-Saronno-Malpensa della società FNM, come evidenziato nel documento di seguito indicato, pubblicato sul sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sugli interventi di Rete ferroviaria italiana per i collegamenti tra Italia e Svizzera;
   i lavori, commissionati dal gruppo Rete ferroviaria italiana alla ditta esecutrice ICS Salini, sono iniziati nel 2010. Nel corso degli anni il cantiere ha purtroppo subito numerosi fermi, causando incertezza ai lavoratori coinvolti così come gravi disagi alla popolazione e ai comuni della Valceresio interessati dall'opera. La presenza di materiale inquinante nelle terre, come ad esempio l'arsenico, ha reso impossibile il conferimento delle terre e rocce da scavo nel sito inizialmente previsto dalla ditta esecutrice, ICS Salini, che in data 30 aprile 2013 ha presentato di fronte al tribunale di Roma richiesta di rescissione del contratto ad Rete ferroviaria italiana. Le indagini condotte nell'estate 2013 da regione Lombardia ed ARPA, con il supporto di Rete ferroviaria italiana, hanno consentito l'individuazione di due nuovi siti di stoccaggio delle terre di risulta nelle località di Arcisate e Viggiù. La struttura tecnica di missione (STM) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha successivamente indicato l’iter da seguire per riavviare l'opera, consistente nella predisposizione da parte del soggetto aggiudicatore di un progetto esecutivo di variante ai sensi dell'articolo 169 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni, dall'espressione della valutazione di impatto ambientale da parte della regione Lombardia, dalla convocazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della conferenza dei servizi, dallo svolgimento e chiusura della conferenza dei servizi e dall'istruttoria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il CIPE. In data 22 ottobre 2013 è stato sottoscritto tra regione Lombardia, ICS e RFI un «protocollo di intenti» al fine di risolvere la perdurante situazione di stallo e sanare i numerosi disagi causati ai territori interessati; a tale protocollo è seguito l'accordo siglato tra RFI/Appaltatore e regione Lombardia in data 19 febbraio 2014 utile a chiudere il contenzioso avanzato dall'impresa e procedere con le lavorazioni ed il ripristino delle viabilità interrotte;
   in data 12 settembre 2014 regione Lombardia ha approvato il progetto di individuazione dei nuovi siti di stoccaggio delle terre di risulta. La conseguente delibera del CIPE circa il provvedimento relativo ai siti di stoccaggio definitivi è fondamentale per la ripresa a pieno regime delle attività di scavo, la prosecuzione dei lavori e l'attivazione della linea, attualmente prevista per giugno 2016. Ulteriori rinvii comporterebbero un immediato riflesso sulle attività di scavo non riavviate integralmente dalla società appaltatrice, causando un aggravio dei disagi sofferti dalla popolazione nei comuni interessati dall'opera. Tale situazione di indeterminatezza ha portato ripetutamente le amministrazioni locali a segnalare alle diverse autorità coinvolte l'esasperazione della popolazione nei confronti di un'opera ampiamente riconosciuta come utile, e per la quale è richiesta una rapida risoluzione –:
   quali siano i motivi che hanno ad oggi impedito la deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica, prevista inizialmente nel mese di settembre;
   come intenda operare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per dare attuazione al progetto di individuazione dei siti di conferimento delle terre e rocce da scavo approvato da regione Lombardia in data 12 settembre 2014, al fine di dare immediata risposta alle richieste delle amministrazioni locali, così da evitare un ulteriore slittamento della conclusione dei lavori e favorire la relativa messa in esercizio del tratto italiano della linea Arcisate-Stabio. (5-03816)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il Lido, situato tra la laguna di Venezia e il mare Adriatico, è un'isola lunga dodici chilometri che va dall'estremità di San Nicolò (nord) e Alberoni (sud). Esso comprende anche Malamocco, antico borgo romano (Metamauco);
   il Lido è la più grande e popolata isola della laguna di Venezia, famosa a livello internazionale per essere sede della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, che si tiene ogni anno nella prima decade di settembre;
   l'amministrazione comunale di Venezia, alla fine del 2013, ha ceduto per circa 50 milioni di euro alla Cassa depositi e prestiti l'area dell'ex ospedale al mare. L'operazione era finalizzata al rilancio economico dell'isola;
   quest'area non solo non è stata interessata da progetti di riqualificazione, pur già approvati, ma attualmente versa in uno stato di totale abbandono e degrado;
   nelle vicinanze è situato il distretto sanitario (cosiddetto monoblocco) dove i cittadini, principalmente anziani, giornalmente si recano per le cure sanitarie; in questo periodo nell'area territoriale citata, stando alle numerose denunce, si registra una crescita esponenziale di fenomeni di microcriminalità. Il verificarsi di episodi di violenza verso le persone e l'aumento di furti nelle abitazioni ed esercizi commerciali si possono ragionevolmente ricondurre alla presenza di delinquenti e sbandati che all'interno dell'ex nosocomio hanno trovato rifugio;
   è necessario evidenziare che all'interno dell'area dell'ex ospedale sono sorte anche valide iniziative spontanee con l'obiettivo di riqualificare la struttura e destinare l'utilizzo per attività culturali. Sorge, infatti all'interno della struttura il teatro Marinoni, dove si svolgono attività culturali e ricreative che coinvolgono la comunità ma operanti in uno stato di abusivismo e pericolo per l'incolumità delle persone;
   con una mozione approvata all'unanimità dal consiglio di municipalità di Lido e Pellestrina del comune di Venezia è stato formulato un impegno per chiedere al prefetto di attivarsi in tempi rapidi;
   si ricorda che il 25 di giugno 2014 è stato nominato il prefetto Vittorio Zappalorto commissario prefettizio per la provvisoria amministrazione del comune di Venezia, con i poteri del sindaco, della giunta e del consiglio comunale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali provvedimenti intenda adottare per far sì che i progetti già approvati di riqualificazione del territorio siano finalmente attivati soprattutto al fine di garantire la sicurezza dei cittadini;
   se a seguito dell'impegno formale ufficializzato con l'approvazione della mozione da parte del consiglio di municipalità il Ministro dell'interno sia stato messo a conoscenza della situazione descritta in premessa dal commissario prefettizio.
(2-00718) «Prataviera, Fedriga».

Interrogazione a risposta orale:


   PAGANO, LAURICELLA, MINARDO, BOSCO e GAROFALO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 settembre 2014 si è liberamente riunito un nutrito gruppo spontaneo di allevatori di bestiame delle province di Palermo, Caltanissetta ed Enna;
   scopo di detto incontro è il contrasto ai numerosi furti organizzati di bestiame che da un paio di anni si verificano in Sicilia con sconcertante cadenza;
   le indagini delle Forze dell'ordine, sebbene condotte con serietà, non hanno sortito alcun effetto in quanto prive degli strumenti necessari alla lotta ad associazioni a delinquere, forse anche di stampo mafioso, alle quali potrebbe essere ricondotta questa tipologia di reato, stante la complessa organizzazione della filiera criminale, così come si avrà modo di descrivere di seguito;
   infatti, ad avviso degli interroganti, non si è mai tenuto nella adeguata considerazione il fatto che le attuali organizzazioni criminali non operano più soltanto con le modalità tipiche del pizzo e delle estorsioni, viste le reazioni delle popolazioni locali, bensì anche attraverso furti organizzati ai danni di allevamenti in zone periferiche della Sicilia che non possono godere del controllo capillare delle forze dell'ordine;
   inoltre, tali tipologie di reati non hanno goduto dell'attenzione mediatica, in quanto in apparenza caratterizzate da bassi profili economici; pertanto, le vittime non hanno avuto risalto nei mass-media; ciò ha depresso ancor di più le vittime, mentre nel contempo ha generato un'idea di impunità tra i malviventi, ma anche tra le vittime;
   questa tesi, secondo la quale non ci si trova dinanzi a dei semplici furti di pochi capi di bestiame in zone sperdute della Sicilia, bensì ad operazioni criminali articolate, probabilmente condotte a livello interregionale e contraddistinte dalla presenza di mandanti, esecutori, basisti, trasportatori, macellatori, sono nelle convinzioni di tutte le vittime;
   gli allevatori, a seguito dei ripetuti episodi di furto, versano in una condizione di forte preoccupazione, dal momento che tali condotte criminali sono causa di ingenti perdite, non solo in termini economici, ma anche in termini di rischio psico-fisico essendo gli stessi costretti a vigilare 24 ore al giorno per 365 giorni l'anno i loro capi;
   alla luce di questo quadro è impensabile che singole stazioni dei Carabinieri, pur serie e professionali, possano far fronte ad indagini complesse condotte nei confronti di organizzazioni agguerrite ed attrezzate;
   gli allevatori sono conseguentemente convinti che solo attraverso azioni ben strutturate a livello interprovinciale si possa sortire dei risultati positivi. Infatti, sulla base della loro esperienza e di quanto dagli stessi rappresentato all'interrogante:
    a) l'organizzazione criminale si avvarrebbe di camion-motrici che – si presume — non passano inosservati in zone caratterizzate dalla bassissima densità abitativa;
    b) risulta impossibile, senza una opportuna autorizzazione del magistrato, poter intercettare le telefonate, che gli autori dei furti verosimilmente si scambiano, allo scopo di coordinare le loro attività criminali;
    c) è impensabile che la macellazione possa avvenire se non in macelli abusivi ben organizzati;
    d) trattasi di personale criminale molto esperto, atteso che la organizzazione e la gestione di tali attività criminali non possono riguardare lavori per persone «fuori mestiere», ma esperti del mestiere. Per 20/25 capi i ladri infatti devono essere almeno in sette, capaci di attraversare territori a bassissima densità abitativa, di notte e per parecchi chilometri a piedi fino al camion;
    e) il camion per il trasporto si presume che possa essere scortato da almeno due auto, per controllare se esistono posti di blocco di forze dell'ordine lungo il tragitto. Tutta questa filiera delinquenziale potrebbe essere composta da almeno 15/20 persone, per arrivare nella sua articolazione più complessa anche a 40/50 persone;
    f) la destinazione finale del furto si presume possa essere la Calabria, stante le caratteristiche morfologiche di quel territorio;
    g) anche le comunità territoriali e i sindaci cominciano ad interrogarsi sulle soluzioni da adottare visto che tali reati stanno inevitabilmente creando cali occupazionali e cali di prodotto interno lordo –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa, quali circostanze e situazioni subìte e denunciate dagli allevatori;
   come si intenda gestire quella che può tranquillamente essere considerata una emergenza interregionale, con pericolosi riflessi sulla tenuta sociale, sia in termini economici che di ordine pubblico;
   se non ritenga urgente e necessario fornire alle forze dell'ordine i mezzi adeguati alla lotta delle vere e proprie associazioni a delinquere, non si sa se anche di stampo mafioso, presenti sul territorio siciliano e calabrese, riconsiderando i furti di bestiame come atti propri di una criminalità organizzata anziché come sporadici ed isolati furti di bestiame;
   se ritenga urgente che le competenti autorità prefettizie convochino appositi comitati di sicurezza con lo specifico ordine del giorno riguardante le materie di cui alla presente interrogazione;
   se il Governo non ritenga opportuno inoltrare le segnalazioni di cui alla presente interrogazione a tutte le strutture istituzionalmente competenti, attivando ogni strumento utile al contrasto di tali fattispecie delittuose, eventualmente valutando la sussistenza dei presupposti per un coinvolgimento della direzione investigativa antimafia, alla luce delle probabili connessioni con il crimine organizzato e dalla pervasività del fenomeno, che sembra destinato ad estendersi ed aggravarsi. (3-01102)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI, LA MARCA, PORTA, FITZGERALD NISSOLI e TACCONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ha stipulato una convenzione con Poste italiane che prevede il superamento del tradizionale sistema del ritiro del passaporto presso gli uffici della Polizia di Stato, sostituito dal recapito diretto presso la propria abitazione o ufficio;
   il servizio di consegna domiciliare del passaporto, dopo la positiva sperimentazione nelle questure di Roma, di Bari e di Verona, sarà attivato dal 27 ottobre 2014 in tutto il territorio nazionale, nell'ottica di rendere un servizio ai cittadini e di semplificare il loro rapporto con la pubblica amministrazione;
   il passaporto è spedito al titolare tramite posta assicurata e l'onere della spedizione può essere pagato alla consegna; allo stesso tempo, l'interessato ha la possibilità di monitorare il percorso del suo documento nel sito di Poste italiane attraverso un codice identificativo rilasciato dalla questura;
   il servizio attivato, tra l'altro, può essere percepito dai cittadini anche come un corrispettivo per la maggiorazione delle spese amministrative richieste per la concessione del passaporto, che dal 2014 sono diventate di 116 euro, anche se per consistenti fasce di utenti sono compensate dall'abolizione della tassa annuale di rinnovo;
   la convenzione con Poste italiane riguarda i soli cittadini che risiedono nei confini nazionali, che sono anche i confini operativi dell'azienda, mentre da essa sono esclusi i 4.482.185 cittadini residenti all'estero, iscritti all'AIRE al 1o gennaio 2014;
   i dati dell'iscrizione all'AIRE manifestano un andamento crescente, come dimostra il fatto che nel 2014, rispetto all'anno precedente, le iscrizioni sono cresciute di 141.000 unità in cifre assolute e del 3,1 per cento in termini percentuali;
   in molti consolati e presso il Ministero dell'interno giacciono diverse centinaia di migliaia di pratiche di richiesta di cittadinanza che, soprattutto in America meridionale, attendono da anni il loro esito amministrativo, il che configura una prospettiva di ulteriore aumento delle operazioni di richiesta e di ritiro del passaporto;
   la maggioranza dei circa 4,5 milioni di cittadini ufficialmente residenti all'estero, vale a dire 2.379.277, sono iscritti all'AIRE per espatrio e sono dunque nella necessità di servirsi con assiduità del passaporto, senza tacere che analoghe esigenze manifestano le altre categorie di iscritti che comunque conservano rapporti attivi con l'Italia;
   la chiusura nel giro di alcuni anni di oltre quaranta sedi consolari e l'accorpamento di consistenti comunità ha determinato un allungamento dei tempi amministrativi inerenti anche alle pratiche di passaporto e un maggiore disagio nelle visite personali ai consolati; la rarefazione, inoltre, del personale in servizio presso le strutture decentrate del Maeci ha creato ulteriori difficoltà e lentezze;
   i disagi connessi alle difficoltà di fissazione degli appuntamenti con i consolati, di presenza diretta negli uffici circoscrizionali e di ritiro del passaporto incominciano ad indurre diversi connazionali dotati di doppia cittadinanza, che in genere sono quelli più integrati nelle società locali, a tralasciare quella italiana e ad optare per quella straniera, con la conseguenza di una perdita di possibilità relazionali con l'Italia;
   in diverse realtà estere nelle quali sono presenti nostre importanti comunità sono state avviate, sembra con promettenti risultati, sperimentazioni di acquisizione decentrata sul territorio di domande e di dati biometrici relativi ai passaporti, con un'evidente semplificazione di procedure e risparmio di tempo e di oneri a carico degli interessati –:
   se non si ritenga di predisporre al più presto, d'intesa tra il Ministero dell'interno e il Maeci, un piano di semplificazione e di accelerazione delle procedure di richiesta e consegna dei passaporti agli italiani all'estero iscritti all'AIRE, basato sulla rilevazione decentrata dei dati biometrici e la consegna domiciliare dei passaporti, tenendo conto delle peculiarità dei servizi postali nei Paesi di maggiore presenza dei nostri concittadini e prevedendo soluzioni adeguate alle specifiche realtà ambientali.
(4-06463)


   LODOLINI, FIANO e CHAOUKI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la formazione politica di estrema destra «Forza Nuova» ha promosso per sabato 18 ottobre 2014 una manifestazione ad Ancona;
   appare evidente agli interroganti la strumentalizzazione dei temi del lavoro e dell'occupazione per l'istigazione di stampo razzista contro gli immigrati come traspare dallo stesso slogan prescelto «chiediamo lavoro ci danno immigrazione»;
   sono concreti i rischi di una degenerazione di tale manifestazione;
   in base alla cosiddetta legge Mancino è vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni, mentre coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni –:
   se vi siano i presupposti di tutela dell'ordine pubblico;
   se e quali iniziative intenda adottare al fine di monitorare un movimento come Forza Nuova che, ad avviso degli interroganti, appare connotato da tratti ideologici discriminatori e razzisti. (4-06466)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal mese di luglio ad oggi, sono transitati sul territorio comunale di Prelà, in provincia di Imperia, numerosi cittadini extracomunitari provenienti da diversi stati africani e asiatici, tra cui Siria, Nigeria, Ghana, Eritrea, Gambia, Sudan, Somalia, ospitati nella locale casa famiglia gestita dalla cooperativa La Goccia in convenzione con la prefettura;
   in detti paesi, sia di origine sia di transito, in assenza di adeguate misure di profilassi sono ancora presenti numerose malattie contagiose ed infettive, quali ad esempio TBC, scabbia, HIV, ed è attual
   negli uffici comunali di Prelà non sono mai pervenuti documenti sanitari atti a certificare la totale assenza di patologie infettive e contagiose da parte degli ospiti della locale casa famiglia e il sindaco, ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, (TUEL) ha emesso specifica ordinanza al fine di tutelare la salute pubblica dei propri cittadini;
   a causa delle continue fughe da tale centro di accoglienza, gli esami sanitari, atti a escludere la presenza delle malattie di cui sopra, non vengono completati e ciò comporta una situazione di grave rischio per la popolazione locale;
   la situazione del comune di Prelà non è dissimile a quella che stanno vivendo tantissimi altri comuni per effetto dei diversi centri di accoglienza in convenzione con le prefetture e delle baraccopoli che stanno sorgendo un po’ ovunque;
   la gravissima epidemia di Ebola è arrivata in questi giorni anche in Europa e tra i diversi ceppi virali, quello attuale è lo «Zaire ebolavirus» (ZEBOV) che ha il tasso di mortalità più alto tra le diverse varianti del virus –:
   quali esami vengano effettuati a chi viene condotto sulle nostre coste dalle navi della Marina militare nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum in tutte le fasi, dal primo soccorso al trasferimento nei centri di accoglienza, se vengano redatti dei certificati medici attestanti la negatività da malattie infettive e trasmissibili e a quali autorità vengono consegnati tali certificati prima dell'ammissione nelle strutture di accoglienza, quali iniziative intendano assumere al fine di garantire l'effettiva permanenza nei centri ed evitare qualsiasi fuga dai centri di accoglienza prima che siano stati effettuati tutti gli accertamenti sull'identità e lo stato di salute sulle persone ivi ospitate. (4-06479)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sindacato autonomo di polizia CONSAP ha segnalato all'interrogante un fatto piuttosto preoccupante;
   secondo ambienti vicini all'ufficio sanitario provinciale della questura di Palermo, l'attuale dirigente di detto ufficio avrebbe recentemente richiesto alla direzione centrale della sanità del dipartimento della pubblica sicurezza la fornitura di 1.000 mascherine con filtro, necessarie per evitare contagi di malattie trasmissibili per via aerea in occasione dell'accoglienza migranti;
   si tratta di un numero che, alla luce della mole di attività svolta dalla polizia di Stato, sembra essere congruo per garantire a tutti gli operatori la giusta sicurezza;
   tali mascherine sono previste come dispositivo di protezione individuale (DPI) dai protocolli del Ministero della difesa e dalla stessa direzione centrale della sanità;
   tuttavia, sempre secondo le medesime fonti, sembra che le mascherine effettivamente inviate nel capoluogo siciliano siano state appena 200 circa a causa della mancanza di disponibilità del Ministero;
   sempre tramite il sindacato CONSAP, giungono da tutto il territorio nazionale segnalazioni sulla base delle quali anche i poliziotti impegnati in attività di scorta dei migranti non siano quasi mai dotati della tuta protettiva prevista dal dispositivo di protezione individuale e dai protocolli del Ministero della difesa –:
   quali siano le informazioni in possesso del Ministro interrogato in merito ai fatti enunciati in premessa;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire affinché siano rispettati i protocolli a difesa della salute dei poliziotti, fornendo la strumentazione idonea, a tutela dell'incolumità non solo delle forze di polizia, ma anche della cittadinanza tutta stante il rischio concreto del diffondersi di epidemie. (4-06483)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il sindacato di polizia CONSAP ha segnalato all'interrogante che a Catania in data 13 ottobre 2014 sarebbe arrivata una nave mercantile, poi collocata alla fonda a circa un chilometro dal pontile di Porto Empedocle;
   grazie alla spola svolta dalla Guardia costiera tra pontile e imbarcazione, dal natante sarebbero scesi circa 150 migranti (somali, nigeriani, eritrei, sudanesi e namibiani), tra i quali vi erano circa 15 bambini e 40 donne;
   sempre secondo la medesima segnalazione, pare che non vi sia stato alcun controllo sanitario a bordo della nave e che il primo controllo sia avvenuto a terra, contrariamente a quanto invece prevede il protocollo del Ministero della salute (vedasi in merito la risposta del Ministro Lorenzin del 2 luglio 2014 all'interrogazione a risposta immediata n. 3-00913);
   risulta inoltre che i poliziotti che hanno scortato i 3 pullman contenenti i 150 migranti diretti all'aeroporto di Catania erano appena 12 (10 del reparto mobile di Catania e 2 della questura di Agrigento), quindi un numero assolutamente insufficiente ed erano privi delle tute previste dalle disposizioni del Ministero della salute come dispositivi di protezione individuale;
   risulta infine che l'aereo che ha trasportato i migranti a Verona sia stato scortato da appena 14 poliziotti, un numero insufficiente per garantire la sicurezza degli operatori e del volo stesso –:
   quali siano le informazioni dei Ministri interrogati in merito alle vicende illustrate in premessa;
   quali azioni intendano intraprendere i Ministri interrogati al fine di contenere al massimo il rischio che si diffondano tra le file dei poliziotti e successivamente dell'intera popolazione malattie ormai scomparse dal quadro epidemiologico italiano. (4-06484)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'Europa, per il riconoscimento del titolo, richiede che i laureati in medicina abbiano un alto livello di preparazione ed in base a queste esigenze ogni Stato europeo, sulla base del proprio sistema universitario e sociale, ha dato risposta sia migliorando le modalità di insegnamento che stabilendo il numero massimo di posti disponibili per garantire la necessaria preparazione individuando le modalità di selezione dei giovani interessati a tale tipo di studi;
   l'Italia presenta, rispetto agli altri Paesi europei, un numero elevatissimo di studenti che vogliono accedere agli studi universitari di medicina e intraprendere la professione medica, ma ha una università che può garantire l'alta formazione professionale medica a poche decine di migliaia di studenti, numero peraltro proporzionato a quello degli altri Stati europei. La selezione avviene attraverso un concorso «test» annuale sempre oggetto di critiche e di ricorsi. Proprio per questi motivi è stata modificata la legislazione 5 volte negli ultimi anni;
   dopo l'ultimo concorso «test» per l'accesso a medicina, molti provvedimenti dei Tribunali amministrativi regionali, emessi in via cautelativa e non definitiva, sollevando dubbi sull'assenza di garanzia dell'anonimato, hanno dato la possibilità a migliaia di studenti esclusi dal test di iscriversi con riserva alle facoltà di medicina;
   tale situazione avrà gravi ripercussioni nella formazione dei futuri medici e nella programmazione sanitaria;
   l'immatricolazione con riserva decretata dai tribunali amministrativi presso le università di medicina, non rappresenta un obbligo da eseguire «tout court», in quanto se vi è l'impossibilità fisica e didattica di accogliere migliaia di nuovi studenti di medicina e di garantire loro un alto livello di preparazione, il Ministero e l'università ben si possono opporre per evitare gravi inadempienze;
   i concorrenti non vincitori che non hanno fatto ricorso vengono di fatto «scavalcati» dai ricorsisti;
   nessuna tutela è stata data per garantire che prima dell'iscrizione con riserva, e fino al raggiungimento dei posti disponibili a livello nazionale, si proceda a consentire l'iscrizione di coloro che nel test hanno avuto un punteggio superiore a quello dei ricorrenti;
   il Ministro può impugnare tutti i provvedimenti dei tribunali amministrativi ricorrendo al Consiglio di Stato ma al momento nulla è stato fatto;
   a quanto risulta agli interpellanti nessun provvedimento è stato preso contro il personale che ha consentito il non corretto espletamento del test –:
   se intenda procedere secondo le considerazioni svolte e, in particolare, se intenda far ricorso al Consiglio di Stato contro le decisioni dei TAR.
(2-00719) «Lenzi, Crimì, Albini, Amato, Ascani, Bazoli, Mariastella Bianchi, Bonomo, Camani, Carnevali, Casellato, Chaouki, Coppola, Cova, Dallai, De Menech, Marco Di Maio, Donati, Fregolent, Galperti, Gandolfi, Gelli, Ginato, Giorgis, Impegno, Maestri, Malpezzi, Manzi, Martelli, Moretto, Naccarato, Pastorino, Quartapelle Procopio, Richetti, Rotta, Rubinato, Sbrollini, Scuvera, Senaldi, Zardini».

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale n. 235 del 1o aprile 2014 le graduatorie per docenti scolastici sono state aggiornate dal 14 aprile al 10 maggio 2014 con validità 2014/15, 2015/16 e 2016/17 prevedendo anche la possibilità di trasferimento tra province diverse;
   l'esodo in massa verso le province settentrionali ha causato l'estromissione dei docenti precari che da anni lavorano in quelle province, impedendo loro la possibilità di rientrare fra i docenti assunti in ruolo e, nella stragrande maggioranza dei casi, anche la mancata convocazione per il conferimento di incarico;
   la mancanza di regolamentazione specifica in questa situazione particolare non offre alcuna garanzia per i lavoratori già presenti sul territorio;
   molti siti specializzati hanno, scorrettamente, invitato migliaia di docenti a trasferirsi verso le poche province che disponevano di posti da assegnare;
   il pesante disagio che il trasferimento in massa ha provocato ai docenti precari storici di moltissime province italiane, a prescindere che esse fossero settentrionali o meridionali, e la accertata evenienza che vedrà numerosissimi docenti che fino a ieri sarebbero stati sicuramente immessi in ruolo e che oggi, oltre a perdere questa opportunità, non saranno neanche convocati per un incarico e rimarranno letteralmente disoccupati desta grande preoccupazione;
   appare pertanto opportuno che sia previsto un blocco dei concorsi fino alla stabilizzazione di tutti i precari, e che sia modificata la percentuale di ripartizione dei posti tra vincitori di concorso e graduatorie ed esaurimento al fine di assorbire progressivamente il grosso divario numerico tra le due graduatorie;
   l'imminenza della pronuncia della Corte di giustizia europea in merito alla stabilizzazione dei precari illegittimamente assunti a settembre e licenziati a giugno, rende necessario anche operare una riflessione sulla eliminazione della differenziazione tra organico di fatto e organico di diritto;
   inoltre, appare opportuno elaborare un sistema di regolamentazione dei trasferimenti tra province, considerando l'introduzione di meccanismi che premino la permanenza nelle province, sulla falsariga di quelli già applicati al personale di ruolo;
   infine, è necessario impedire la modifica dei criteri di assunzione rispetto a concorsi già banditi con precise regole, come sta succedendo per il concorso del 2012, rispetto al quale, con la successiva previsione dello scorrimento delle graduatorie in favore degli idonei si sta chiaramente danneggiando sia i vincitori che si sono trasferiti sia i precari che attendono la stabilizzazione –:
   quali iniziative intenda assumere con riferimento alle problematiche esposte in premessa, anche al fine di introdurre un sistema di controlli più rigorosi sulle riserve. (4-06460)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCHULLIAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro è stato istituito dall'articolo 1, comma 1187, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) al fine di assicurare un adeguato sostegno ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro, anche per i casi in cui le vittime risultino prive di copertura assicurativa obbligatoria;
   si tratta di una tantum destinata ai superstiti di chi muore per un incidente sul lavoro, indipendentemente se questo fosse assicurato o meno. Nella cerchia dei familiari rientra il coniuge, i figli minorenni e i figli maggiorenni che vivevano a carico del defunto (scolari, studenti, diversamente abili);
   la norma istitutiva ha previsto uno stanziamento pari a 2,5 milioni di euro per l'esercizio finanziario 2007, e, per effetto dell'articolo 2, comma 534, della legge 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), di 5 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, e pari a 10 milioni a decorrere dall'anno 2010;
   con successivi provvedimenti la dotazione del Fondo è stata ridotta, nel corso degli anni, fino ad un importo pari ad euro 3.193.868,00 attualmente disponibile ai predetti fini sul capitolo di bilancio a ciò destinato;
   i dati che seguono indicano negli anni le cifre che sono state assegnate ai superstiti. Per un solo superstite l'importo nel 2010 ammontava a 5.000 euro, nel 2011 a 6.500 euro, nel 2012 a 9000 euro per arrivare nel 2013 alla ridotta cifra di 4.550 euro. Per due superstiti l'importo nel 2010 ammontava a 7.500 euro, nel 2011 a 10.500 euro, nel 2012 13.500 euro, per arrivare nel 2013 alla cifra di 7.350 euro. La cifra per tre superstiti nel 2010 ammontava a 10.000 euro, nel 2011 a 14.500 euro, nel 2012 a 18.500 euro per arrivare nel 2013 alla cifra di 10.150 euro. La cifra invece destinata alle richieste che hanno più di tre superstiti nel 2010 ammontava a 10.000 euro, nel 2011 a 14.500 euro, nel 2012 a 18.500 euro per arrivare nel 2013 alla cifra di 10.150 euro;
   si fa presente che i commi 4, lettera d) e 7, lettera e) dell'articolo 9 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, prevedono, in relazione alla gestione del Fondo di cui alla normativa sopracitata, che: «... le somme eventualmente riversate all'entrata del bilancio dello Stato a seguito di economie di gestione realizzatesi nell'esercizio finanziario sono riassegnate al pertinente capitolo dello Stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali»;
   sulla base di tale norma, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – a decorrere dall'esercizio finanziario 2012 – ha provveduto ad utilizzare le eccedenze di gestione realizzatesi negli esercizi finanziari precedenti riuscendo a limitare gli effetti delle successive riduzioni degli stanziamenti a tal fine assegnati dalla legge di bilancio;
   pertanto gli importi definitivi del Fondo per ciascuna annualità risultano essere i seguenti: nel 2007 furono stanziati 2.500.000 di euro nel 2008 e nel 2009 5.000.000 di euro. Nel 2010 e nel 2011 la legge di bilancio determinò la cifra destinata al Fondo con un aumentato dello stanziamento fino alla cifra di 10.000.000 di euro. Nel 2012 il Fondo ammontava a 9.761.998 di euro, che crebbe fino alla cifra di 12.761.998 di euro grazie a 3.000.000 di euro di rassegnazioni. Nel 2013 e nel 2014 lo stesso sistema di rassegnazioni delle eccedenze ha permesso in parte di compensare le perdite dovute ai grossi tagli effettuati in bilancio, che vedevano solo 4.486.509 di euro assegnati per il 2013 e 3.193.868 di euro per il 2014. In questi anni è stato possibile raggiungere una dotazione pari alle seguenti quote: 6.986.509 per il 2013 e 5.540.364 per il 2014;
   in relazione al numero dei soggetti beneficiari per ciascun esercizio finanziario, si fa presente che l'INAIL ha comunicato che: «... dalle analisi statistiche effettuate sulle serie storiche INAIL emerge che il consolidamento della collettività dei decessi necessita di un arco temporale di almeno 6 anni per gli eventi mortali occorsi ai soggetti tutelati dall'INAIL. Tale periodo, peraltro, risulta ancora più lungo se si considerano gli eventi occorsi ai soggetti non tutelati dall'INAIL che non sono noti all'Istituto nell'immediatezza e per i quali i familiari possono presentare istanza di beneficio anche dopo diversi anni dal decesso, una volta venuti a conoscenza di tale diritto, entro il termine decennale di prescrizione»;
   l'ammontare del beneficio destinato ai singoli nuclei familiari viene determinato annualmente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base dello stanziamento di bilancio disponibile e delle previsioni degli eventi stimati su base statistica, dalla consulenza statistico attuariale dell'Inail, in misura crescente in ragione della numerosità del nucleo familiare superstite;
   in relazione alla platea dei beneficiari delle prestazioni del Fondo, si fa presente che la stessa è stata individuata – con decreto del Ministro del lavoro 19 novembre 2008 – con riferimento ai superstiti indicati dall'articolo 85 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965. Con l'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 131, della legge n. 147 del 2013 (legge e di stabilità 2014) sono stati determinati, in via normativa, i soggetti beneficiari;
   vista l'imprevedibilità della numerosità del fenomeno e della connessa composizione del nucleo familiare di ciascuna vittima, risulta non possibile avere una previsione sulle effettive necessità di copertura del fondo. Nonostante ciò, sulla base delle previsioni effettuate per l'anno 2014 dalla «Consulenza statistico-attuariale» dell'INAIL, e sulla base della serie storica degli eventi e della numerosità del nucleo familiare dei superstiti nonché sulla base del valore medio degli importi previsti, per ciascuna tipologia di nucleo, erogati negli anni 2010/2011 e considerando anche il trend decrescente del numero degli eventi osservato negli ultimi anni, si ritiene che lo stanziamento di bilancio da destinare alle finalità in parola sia da individuare nella misura di circa 10.000.000,00 –:
   se non ritengano i Ministri di doversi attivare con urgenza per far in modo che la prossima legge di stabilità possa destinare un congruo stanziamento al fondo per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, in maniera da garantire almeno il ripristino delle somme che furono stanziate negli anni 2010 e 2011. (5-03818)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Sapa, è leader mondiale nella produzione di estrusi in alluminio con sede a Fossanova (Latina) ed è un'impresa controllata fino al 2007 dalla multinazionale norvegese Orkla e l'americana Alcoa. Successivamente, è passata sotto il controllo congiunto di Orkla e Norsk Hydro (quest'ultimo gruppo norvegese, colosso mondiale nell'estrazione della bauxite, dalla quale si ricava l'alluminio);
   l'operazione ha coinvolto in Italia, oltre allo stabilimento di Fossanova, i tre siti produttivi in Veneto, Lombardia e Abruzzo e, fino allo scorso mese, quello di Bolzano, stabilimento venduto ad una società di investimenti del Gruppo Almax Invest; siti nei quali sono impiegati oltre 600 dipendenti;
   a seguito degli accordi tra Alcoa e Orkla la sede di Sapa è stata trasferita dalla Svezia ad Oslo (Norvegia), nazione non facente parte dell'Unione Europea. Il trasferimento mirava a superare i dazi doganali europei imposti sul metallo lavorato all'interno dell'Unione europea;
   Alcoa ha acquistato recentemente il controllo della Elkem Aluminium, altro produttore norvegese: in tal modo Alcoa è tornata ad essere il maggior produttore mondiale di alluminio con 4,7 milioni di tonnellate prodotte l'anno;
   Sapa ha annunciato l'intenzione di voler chiudere lo stabilimento del Lazio con l'obiettivo di raddoppiare la capacità produttiva di un suo impianto in Vietnam. In realtà, si costituirà un nuovo impianto che seguirà la stessa identica linea produttiva di Fossanova;
   a parere dell'interrogante esiste, di fatto, una manovra industriale di «cartello» che si configura come la creazione di un regime monopolistico a livello internazionale, sottraendo, altresì ai dipendenti della Sapa di Fossanova il diritto al lavoro e al proprio futuro;
   i dati relativi alla provincia di Latina mostrano una situazione occupazionale difficile con il 14 per cento di disoccupazione di cui il 40 per cento e rappresentato da quella giovanile –:
   se i Ministri interrogati non intendano attivarsi con urgenza al fine di sostenere l'attuale tavolo di trattativa con le organizzazioni sindacali e gli operai, affinché si salvaguardi il posto di lavoro nonché la produzione industriale;
   se non ritengano opportuno approntare un processo di reindustrializzazione e/o riconversione del sito di Fossanova;
   quali misure ed entro quali tempi intendano adottare per risollevare il destino dei 136 dipendenti dello stabilimento di Fossanova che rischiano di essere licenziati;
   se corrisponda al vero che la Holding non abbia presentato un piano di riorganizzazione e/o di ristrutturazione;
   se i Ministri interrogati, secondo le rispettive competenze, abbiano valutato positivamente le proposte della Fiom di Latina le quali riguardano l'immediato inizio della cassa integrazione di 12 mesi per motivi di crisi aziendale, perfettamente risolvibili, e non per cessazione dell'attività, in quanto l'anno di cassa integrazione rappresenterebbe un tempo utile al fine di predisporre un piano strategico e funzionale della riconversione aziendale e della formazione professionale degli operai ai fini di una nuova ricollocazione lavorativa all'interno della medesima azienda. (4-06464)


   RUOCCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la raccomandazione del 22 aprile 2013 del Consiglio dell'Unione europea che ha istituito il sistema «Garanzia giovani» invitava tutti gli Stati membri a garantire ai giovani con meno di 25 anni un'offerta «qualitativamente valida» di lavoro, una proposta di proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio o altri percorsi di formazione professionale entro quattro mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema di istruzione formale;
   la raccomandazione indicava, inoltre, l'introduzione di un ampio ventaglio di iniziative a favore dei giovani sostenute sia dal finanziamento previsto dal progetto europeo Youth Employment Initiative sia dal fondo sociale europeo (Fse 2014-2020). Sul sito del Governo si legge che i destinatari dell'iniziativa sono i giovani tra i 15 e i 29 anni su tutto il territorio nazionale, ad eccezione della provincia di Bolzano, l'unica in Italia ad avere un tasso di disoccupazione giovanile inferiore al 25 per cento;
   con i dati sulla disoccupazione giovanile in crescita il programma «Garanzia giovani» avrebbe dovuto rappresentare una grande scommessa per l'Italia, chiamata a mettere in campo, in ogni area del Paese, servizi di informazione e orientamento per aiutare i giovani ad individuare e ad accedere ad una opportunità di lavoro, di tirocinio o di formazione, per favorire un futuro inserimento stabile nel mondo del lavoro attraverso un coordinamento a livello nazionale, ma gestito operativamente da ogni regione in collaborazione con i centri per l'impiego e altri enti pubblici e privati accreditati;
   secondo il quotidiano Il Corriere della Sera del 14 ottobre 2014 «La Garanzia giovani stenta a decollare. A distanza di 5 mesi dall'attivazione del piano diversi osservatori iniziano a notare e denunciare le criticità che emergono dai monitoraggi settimanali diffusi dal Ministero del lavoro»;
   il portale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sul report pubblicato e aggiornato al 9 ottobre 2014 riporta che i giovani registrati erano circa 237 mila di cui però solo 53.800 sono stati presi in carico e «profilati». Il Governo aveva previsto l'assunzione di 100mila giovani, ma a distanza di un anno le occasioni di lavoro pubblicate online dall'inizio di attivazione del progetto sono poco più di 17 mila;
   secondo il settimanale Panorama del 14 settembre 2014 «la Ue, quando ha lanciato l'idea della Garanzia Giovani a livello continentale, ha anche suggerito che il tempo massimo che deve intercorrere tra l'iscrizione a un portale e l'offerta di lavoro non sia superiore ai 4 mesi. L'Italia ha recepito tale indicazione in modo molto originale: per noi i 4 mesi iniziano dal momento in cui le agenzie pubbliche per l'impiego chiamano il disoccupato per il colloquio, non da quando si è iscritto. Per questo non si può sapere a quante delle 29 mila 936 persone che risultavano iscritte a maggio è stata offerta un'occupazione. Non si può sapere, cioè, se il sistema “gira”, se i centri pubblici lavorano a regime e se i tempi vengono rispettati. Quello che si sa è solo che finora i colloqui sono stati 23mila 469 mentre 13mila 169 sono i posti disponibili in tutt'Italia»;
   l'attuazione italiana di «Garanzia giovani» si è realizzata al momento solo in superficie, attraverso spot promozionali, lanci mediatici che non hanno nessun fondamento nel sistema delle politiche attive italiane;
   tra le difficoltà secondo il centro studi Adapt ci sono quelle relative alle figure ricercate che riguardano tendenzialmente profili medio-bassi. Analizzando il database, infatti, si scopre che nelle prime dieci posizioni più richieste appaiono profili professionali legati al mondo industriale e manifatturiero. Tale richiesta si pone in contraddizione con i pilastri della «Garanzia Giovani», che invece vuole intercettare chi ha appena terminato un percorso di studio oppure è in una situazione di mancanza di formazione e lavoro;
   secondo il Governo il piano nazionale «Garanzia giovani», articolato sul biennio 2014-2015, «ha una dotazione finanziaria complessiva di 1.513 milioni di euro, dei quali 567 dalla Youth Employment Initiative, 567 dal Fondo Sociale Europeo e 379 di cofinanziamento nazionale» –:
   quali iniziative urgenti si intendano adottare al fine di realizzare misure di sostegno adeguate a superare la forte disoccupazione che da anni ha investito i Paesi europei attraverso il giusto utilizzo del piano «Garanzia giovani» e il giusto utilizzo dei fondi europei. (4-06475)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI, L'ABBATE, PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI e GALLINELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la stagione 2014-2015 della caccia è stata avviata in Italia il 1o settembre 2014, grazie alla proposta di preapertura avallata da numerose regioni e province italiane;
   ogni anno il nostro Paese è colpito da numerosi incidenti che avvengono durante le battute di caccia e che, sempre più spesso, oltre ai cacciatori stessi, coinvolgono anche persone comuni e bambini, intenti nelle loro normali attività quotidiane;
   nella sola stagione 2013-2014, con 46 giorni effettivi di caccia, sono state colpite, secondo i dati elaborati dalla Associazione vittime della caccia, 113 persone, di cui 25 morti (5 dei quali minorenni) e 88 feriti;
   quest'anno, in poco più di un mese gli incidenti avvenuti durante le battute di caccia sono più di 20 e tra questi si contano già tre morti avvenuti in soli 10 giorni: il 2 ottobre 2014 a Livorno un uomo di 73 anni colpisce per sbaglio il proprio compagno di caccia mentre mirava ad una ghiandaia; l'8 ottobre 2014, ad Alessandria, durante una battuta di caccia al cinghiale viene ucciso un uomo da un compagno di caccia; il 12 ottobre 2014 a Canneto Pavese, sempre durante una battuta al cinghiale, un uomo di 56 anni viene ucciso da un suo giovane compagno di caccia su una strada in prossimità del centro abitato;
   proprio quest'ultimo episodio, insieme a quelli avvenuti in prossimità di piste ciclabili, percorsi pedonali o giardini privati, riapre la riflessione sulle distanze dettate dalla legge (articolo 21, comma 1, lettera e), della legge n. 157 del 1992) per l'esercizio dell'attività venatoria, distanze e accorgimenti obbligatori che non sembrano essere rispettati;
   i piani faunistico venatori previsti dalla legge n. 157 del 1992, strumenti obbligatori e imprescindibili per lo svolgimento dell'attività venatoria in sicurezza e per l'obiettivo primario del rispetto della biodiversità, dovrebbero essere rinnovati ogni 5 anni dalle regioni, ma allo stato attuale risultano risalire alla fine degli anni ’90, non rispecchiando quindi l'attuale situazione di un territorio profondamente cambiato e con una maggiore antropizzazione con un evidente maggior rischio di esposizione ad incidenti di caccia da parte di cittadini e turisti;
   chi esercita oggi in Italia l'attività venatoria nella maggior parte dei casi ha un'età compresa tra i 65 e i 75 anni, ma la normativa attuale non prevede alcun obbligo di accertamenti per l'idoneità psicofisica all'utilizzo delle armi che sarebbe invece necessario almeno dopo aver oltrepassato una determinata soglia di età –:
   se, alla luce dei gravi incidenti che ogni anno colpiscono il nostro Paese durante la stagione venatoria, il Governo non ritenga opportuno adottare tutte le iniziative volte a prevenire i rischi connessi all'uso di armi da caccia, al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini, con particolare riguardo a ciò che attiene il rispetto della normativa in vigore;
   ad assumere iniziative per prevedere l'introduzione di accertamenti di idoneità psicofisica, con cadenza annuale, all'utilizzo delle armi nel caso in cui si sia oltrepassata una determinata soglia di età;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative volte a limitare, ove possibile la preapertura della caccia nelle regioni italiane, prive di piano faunistico venatorio aggiornato, a fronte anche dei numerosi incidenti che ogni anno avvengono e che pongono un reale e gravissimo problema di pubblica sicurezza e di tutela della proprietà privata, nonché un danno al turismo naturalistico;
   se esista un database, un dossier o un archivio depositato ufficialmente presso il Ministero dell'interno relativamente al numero delle vittime degli incidenti di caccia – decessi o ferimenti. (4-06465)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, BARONI, DI VITA, GRILLO, CECCONI e DI BATTISTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Fampridina SR, compressa che contiene una formula a lento rilascio di 4-aminopiridina, blocca i canali del potassio sulla superficie delle fibre nervose riducendo la dispersione della corrente ionica attraverso questi canali e prolunga in tal modo il fenomeno della ripolarizzazione e facendo aumentare così la formazione di potenziale d'azione negli assoni demielinizzati e le funzioni neurologiche;
   l'efficacia della fampridina è stata valutata nella funzione della deambulazione tramite somministrazione di due test: Timed 25 Foot Walk Test e 12-item Multiple Sclerosis Walking Scale;
   l'indicazione è approvata per il miglioramento della deambulazione nelle persone adulte con sclerosi multipla e disabilità nella deambulazione con EDSS 4-7;
   ancora non è stato fornito il numero esatto dei pazienti affetti da sclerosi multipla nonostante sia stato espressamente richiesto dal primo firmatario del presente atto al Ministro interrogato;
   il trattamento con Fampyra deve essere effettuato esclusivamente dietro prescrizione e supervisione di medici esperti nella gestione della sclerosi multipla (neurologo) e la dose raccomandata è di una compressa da 10 milligrammi due volte al giorno;
   la prescrizione iniziale deve essere limitata a 2 settimane di terapia, perché in genere i benefici clinici dovrebbero essere identificati entro 2 settimane dall'inizio del trattamento con Fampyra;
   il medicinale in questione ha un costo medio di circa 550,00 euro a confezione;
   lo stesso medicinale non è rimborsabile da parte del SSN ed aveva un costo precedente di circa 841,50 euro;
   la confezione di Fampyra è composta da 56 compresse ovvero per la durata terapica di solo 4 settimane, il che comporta una spesa di 550,00 euro al mese che per una famiglia media comporta la rinuncia a circa la meta dello stipendio;
   una famiglia che ha tra gli stessi componenti un malato di sclerosi multipla non può contare sul contributo lavorativo dello stesso a pieno regime a causa della patologia stessa che comporta, tra gli altri effetti, un aumento esponenziale della stanchezza nonché una maggiore sofferenza durante i mesi caldi;
   il medicinale galenico composto da 4-aminopiridina, preparato ad personam, è gratuito ovvero ha decisamente un costo inferiore stabilito dal farmacista, al contrario di quanto avviene per la Fampyra dove interviene la negoziazione tra l'AIFA e l'azienda farmaceutica titolare del medicinale –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione;
   se il Ministro sappia quanti siano ad oggi i malati di sclerosi multipla sul territorio e quanti siano coloro che adoperano il medicinale suddetto Fampyra;
   se il Ministro sia a conoscenza della discrepanza di costo e se e come intenda intervenire, anche alla luce delle difficoltà economiche della maggioranza di cittadini;
   per quale ragione il farmaco Fampyra non sia rimborsabile;
   se si possa ipotizzare il rimborso dello stesso e la deducibilità dalla dichiarazione dei redditi;
   se si possa ipotizzare e rendere effettiva la promozione da parte del Governo, con apposita pubblicità istituzionale, dell'acquisto del farmaco unico e non di quello industriale, favorendo così il risparmio dei cittadini ed il rapporto ad personam;
   se vi siano delle statistiche aggiornate circa le prescrizioni del medicinale per aree geografiche e per strutture sanitarie;
(3-01103)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Gazzetta del Sud del 14 ottobre 2014 riporta la difficile situazione che sta vivendo l'ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro, a causa della mala gestione delle emergenze sanitarie;
   la sanità ospedaliera del territorio di Catanzaro e nello specifico del suo ospedale, privandosi di questi servizi essenziali, diventa particolarmente precaria e inefficace, con gravissime ripercussioni sulla salute della popolazione;
   la situazione in cui versa il sistema assistenziale dell'ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro è visibile a tutti soprattutto agli utenti. Il nosocomio catanzarese non solo ha carenza di posti letto per le emergenze, ma vive anche il disagio legato alla mancanza di personale;
   il reparto di medicina d'urgenza è in evidenza sotto organico e quotidianamente costretto a vivere diverse situazioni di estrema gravità; solo la grande professionalità e generosità del personale (medici, infermieri ed operatori socio-sanitari), impediscono rischi ai pazienti che si rivolgono al reparto;
   un organico così ridotto di medici e infermieri, costretti a fare delle turnazioni frequenti e con una eccessiva mole di lavoro, non riesce ad assicurare una ordinaria vita lavorativa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione in cui versa l'Asp di Catanzaro, se tali criticità dipendano da esigenze di razionalizzazione della spesa connesse al piano di rientro dai disavanzi sanitari e se ritenga di assumere iniziative al riguardo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del citato piano di rientro, posto che appaiono a rischio la salute pubblica di tutti i cittadini del territorio catanzarese e i livelli essenziali di assistenza. (4-06473)


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la brucellosi è una malattia infettiva provocata dai batteri del genere Brucella. La brucellosi ha molti sinonimi, derivati dalle regioni geografiche in cui la malattia è più diffusa febbre maltese, febbre mediterranea, febbre di Cipro, febbre di Gibilterra o dal carattere discontinuo della febbre, febbre ondulante, tifo intermittente;
   colpisce principalmente gli animali, causando mastite bovina e aborto, sempre nei bovini. Può colpire accidentalmente l'uomo, causando una forma morbosa che può assumere caratteristiche cliniche variabili, simulando il quadro di molte altre malattie febbrili;
   da recenti notizie apparse sulla Gazzetta del Sud del 15 ottobre 2014 si apprende che nel comune di Briatico in provincia di Vibo Valentia è stato sequestrato un intero allevamento composto da 311 capi di ovini e caprini, in quanto il locale servizio veterinario dell'Asp ha accertato 15 casi di brucellosi;
   il sequestro contempla l'isolamento degli animali infetti e sospetti e la macellazione degli stessi sotto stretto vincolo sanitario e su autorizzazione del servizio veterinario dell'Asp di Vibo Valentia;
   i cittadini del comune di Briatico sono in allarme in quanto la brucellosi ovi-caprina, malattia infettiva e contagiosa, è trasmissibile anche all'uomo per via sia diretta che indiretta tramite consumo di prodotti di origine animale contaminati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per controllare che tutte le procedure per debellare questa epidemia siano svolte correttamente.
(4-06474)


   SILVIA GIORDANO, LOREFICE, DI VITA, MANTERO, DALL'OSSO, GRILLO, MASSIMILIANO BERNINI e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Actos è un farmaco antidiabetico il cui principio attivo è il pioglitazone, utilizzato nel trattamento del diabete mellito di tipo II; il farmaco agisce aumentando la sensibilità dei tessuti all'azione dell'insulina;
   l'Actos è prodotto dalle case farmaceutiche Takeda Pharmaceutical Co. e dalla Eli Lilly & Co;
   il 17 ottobre del 2000 è stata rilasciata l'autorizzazione alla commercializzazione dell'Actos, dall'Agenzia europea del farmaco (EMA – European Medicines Agency) recepita dall'AIFA (Agenzia italiana del farmaco);
   l'Agenzia italiana del farmaco, nel bollettino informativo numero 16/2007, ha reso noto che «negli anni successivi alla commercializzazione Pioglitazone, sono state segnalate nuove reazioni avverse associate all'assunzione di questo farmaco, quali edema maculare con diminuzione della vista, fratture distali, e cancro alla vescica. Il profilo rischio-beneficio e la valutazione dell'efficacia e della sicurezza di questi farmaci sono sottoposti (...) ad un'attenta rivalutazione da parte delle agenzie regolatore dell'EMEA e del FDA»;
   tra il 2006 e il 2009 in Francia è stato condotto uno studio su 155.535 pazienti trattati con pioglitazone ed è stato evidenziato un aumento del rischio di cancro della vescica associato all'uso del farmaco;
   a seguito di tale studio l'Agenzia francese della sicurezza sanitaria e dei prodotti sanitari, AFSSAPS, e l'istituto federale tedesco per i farmaci, BfArM, hanno deciso nel 2011 di sospendere l'uso del pioglitazone;
   nel luglio 2011 il Comitato per i medicinali per uso umano dell'Agenzia europea dei medicinali (CHMP) ha rivisto il parere sui medicinali antidiabetici contenenti pioglitazone rilevando un aumento del rischio di cancro alla vescica;
   all'inizio del 2013 International Agency for Research on Cancer (IARC), che è un organismo dell'Organizzazione mondiale della sanità delle Nazione Unite, ha classificato il pioglitazone tra le sostanze probabilmente cancerogene per l'uomo (il gruppo 2A);
   il 17 marzo 2014 la Corte federale della Lousiana, presieduta dal giudice Rebecca Doherty, ha inflitto una multa 9 miliardi di dollari alla Takeda Pharmaceutical Co. e alla Eli Lilly & Co. per aver tenuto consapevolmente nascosto l'effetto cancerogeno del loro farmaco; infatti, dai verbali del processo risulta che «durante il suo tempo a Takeda, al dott. Ge veniva continuamente chiesto di falsificare o modificare le sue conclusioni mediche su eventi avversi di pioglitazone». Oltre a questa sentenza le due aziende farmaceutiche hanno subito altre 10 sentenze sfavorevoli negli Stati Uniti, in quanto ritenute colpevoli di «aver coscientemente esposto i loro clienti al rischio di contrarre tumori, nascondendo il pericolo sia ad autorità che a medici»;
   il 22 gennaio 2008 sono stati stanziati dall'AIFA 2,4 milioni di euro a favore della società italiana di diabetologia per uno studio sperimentale dal nome Tosca. Come riportato dal sito della società italiana di diabetologia l'obiettivo dello studio era di «valutare se in pazienti con diabete mellito tipo 2 non adeguatamente compensati con metformina, l'aggiunta di pioglitazone rispetto all'aggiunta di una sulfonilurea riducesse l'incidenza di eventi cardiovascolari. I due trattamenti saranno anche confrontati in termini di efficacia sul compenso glicemico, sui maggiori fattori di rischio cardiovascolare, sicurezza, tollerabilità e costi»;
   a metà luglio 2008 era partita la fase pilota dello studio nei centri di Napoli e Palermo e la fase di follow-up era prevista per 5 anni;
   sul sito della società italiana di diabete, ad oggi, a quanto consta agli interroganti, risultano disponibili informazioni solo in merito al protocollo del trial clinico;
   tra i medici che partecipano al trial clinico e che hanno collaborato alla realizzazione delle relative pubblicazioni, ci sono due medici che sembrerebbero in conflitto d'interesse. Enzo Bonara che pare sia membro della Tekada Advisory board italiano e che avrebbe ricevuto un assegno di ricerca dalla Tekada Pharmaceuticals ed Antonio Nicolucci che avrebbe ricevuto un assegno di ricerca dalla Eli Lilly and Co. –:
   se, data la comprovata pericolosità cancerogena del pioglitazone, si intenda prevedere il ritiro dal commercio del farmaco Actos;
   se il trial clinico Tosca sia concluso e come siano stati impiegati i 2,4 milioni di euro stanziati dall'Aifa per lo studio;
   nel caso in cui il progetto Tosca fosse ancora in atto, alla luce della pericolosità del pioglitazone, se non sia necessario terminare il trial clinico. (4-06482)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 26, comma 3, lettera b) del decreto-legge del 24 giugno 2014 n. 91, convertito dalla legge dell'11 agosto 2014 n. 116 (cosiddetto «spalma incentivi»), impone al Ministero dello sviluppo economico di definire con decreto, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, entro il 1o ottobre 2014, le percentuali di rimodulazione relative all'opzione contenuta nella medesima lettera b);
   a sua volta, l’«opzione b)» prevede che, fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa fotovoltaica venga rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all'attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura;
   la fissazione del termine del 1o ottobre per l'adozione del ricordato decreto è finalizzata a consentire al produttore di disporre di un lasso di tempo per valutare quale delle opzioni previste dalla misura «spalma incentivi» sia la più idonea o, la meno pregiudizievole, per ciascun impianto;
   tale lasso di tempo è stato fissato in 2 mesi, poiché la scelta tra le opzioni deve essere improrogabilmente effettuata entro il 30 novembre 2014;
   tutto ciò premesso, è evidente che il termine del 1° ottobre non può che essere considerato perentorio;
   ad oggi, tuttavia, tale decreto non risulta essere stato adottato –:
   quando il Ministero intenda adottare tale decreto;
   se sia intenzione del Ministro interrogato assumere iniziative per posporre il termine del 30 novembre di almeno tanti giorni quanti saranno quelli del ritardo accumulato, a partire dal 1o ottobre 2014, nell'adozione del provvedimento. (5-03815)


   BRATTI e MARIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la norma «spalma incentivi» di cui al decreto-legge del 24 giugno 2014, n. 9, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientate l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea – cosiddetta «competitività» – rimodula, da gennaio 2015, i bonus di cui stanno beneficiando gli investitori che hanno installato impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 kW;
    la stessa norma prevede che i proprietari degli impianti possano scegliere la modalità di rimodulazione tra tre alternative:
    a) erogazione per 24 anni della tariffa, ricalcolata secondo percentuali di riduzione indicate nell'allegato 2 al «decreto competitività»;
    b) incentivo erogato in 20 anni e rimodulato secondo modalità da individuare entro il 1° ottobre 2014 con decreto del Ministro dello sviluppo economico;
    c) tariffa erogata in 20 anni e ridotta, per il periodo residuo di incentivazione, di una percentuale proporzionale alla potenza dell'impianto;
    l'articolo 26, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 9 del 2014 stabilisce che, per quanto riguarda una delle tre alternative, con apposito decreto il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, entro il 1o ottobre 2014 sarebbero state disciplinate le percentuali di rimodulazione dell'incentivo;
   ad oggi il Ministero dello sviluppo economico non ha ancora emanato il decreto che avrebbe dovuto disciplinare le percentuali di rimodulazione dell'incentivo;
   i proprietari degli impianti devono comunicare la propria scelta al Gestore dei servizi energetici entro il 30 novembre 2014, altrimenti verrà applicata automaticamente la terza opzione;
   mancano meno di 50 giorni dal termine del 30 novembre 2014, l'operatore si trova di fatto, vincolato alla scadenza ma nell'impossibilità di effettuare una scelta consapevole, fintanto che il Ministero non adotterà il decreto –:
   per quali ragioni non sia ancora stato emanato il decreto nonostante il termine fissato dal decreto-legge sia scaduto da più di 15 giorni;
   se il Ministro interrogato sia in grado di indicare la data precisa in cui verrà adottato lo stesso;
   se non ritenga opportuno, date le circostanze, assumere iniziative per prorogare il termine del 30 novembre di almeno tanti giorni quanti saranno quelli di ritardo accumulati dalla mancata adozione del provvedimento, così da tutelare i produttori, garantendogli un tempo sufficiente per valutare quale opzione sia la più idonea, o meglio la meno pregiudizievole per ciascun impianto. (5-03817)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) è un ente pubblico che opera nei settori dell'energia, dell'ambiente e delle nuove tecnologie a supporto delle politiche di competitività e di sviluppo sostenibile, controllato dal Ministero dello sviluppo economico;
   la legge 99 del 2004 all'articolo 37 ha previsto l'istituzione dell'attuale Agenzia in sostituzione del precedente ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, consentendo in tal modo di procedere alla nomina di un commissario e due subcommissari con lo scopo di garantire l'ordinaria amministrazione e garantire lo svolgimento delle attività istituzionale fino all'avvio del funzionamento dell'Agenzia;
   l'Agenzia nel corso degli anni si è andata lentamente depauperando del capitale umano e non è stata attuata una ristrutturazione organizzativa in grado di assicurare snellezza e flessibilità, il monitoraggio delle realizzazioni dei progetti, la funzionalità, l'efficienza e l'economicità della gestione e tutte quelle azioni volte a soddisfare la «mission» affidata dalla legge all'Agenzia;
   in questi giorni si sono susseguiti incontri tra i sindacati e il commissario in tutto il territorio nazionale per definire gli assetti interni tra i quali il Centro Enea Trisaia di Rotondella;
   in relazione al lavoro flessibile ed allo scorrimento delle graduatorie il commissario ha affermato che fino alla fine dell'anno in corso non ci sono spazi per nuovi contratti a termine ed ha sollecitato il Dipartimento della funzione pubblica per poter procedere subito all'assunzione a tempo indeterminato dei 17 ricercatori e tecnologi per i quali c’è capienza in pianta organica mentre ha «congelato» l'assunzione del personale amministrativo in attesa di valutare gli effetti della riorganizzazione che coinvolgerà centinaia di unità con ruolo amministrativo che dovranno essere ricollocati in maniera opportuna;
   alla luce di quanto sopra descritto e degli indirizzi contenuti nella risoluzione n. 8-00027 del 28 novembre 2013, appare evidente per l'interrogante che il protrarsi del commissariamento dell'ENEA comporti la perdita di un significativo ruolo nell'ambito degli enti pubblici di ricerca non ne valorizzi il ruolo tecnico-scientifico essenziale per il futuro del Paese –:
   quali iniziative intenda porre in essere per:
    a) la definitiva uscita dell'ENEA dalla condizione di commissariamento ormai ultradecennale;
    b) intraprendere nuove assunzioni attraverso lo scorrimento delle graduatorie. (4-06462)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del passaggio dal sistema analogico al sistema del digitale terrestre, nel comune Minervino Murge (BT) sono segnalati problemi in merito alla ricezione dei canali televisivi, con particolare riferimento alle reti Rai;
   l'amministrazione comunale ha ricevuto diverse segnalazioni dai cittadini, inviate anche su suggerimento del Corecom tramite una specifica modulistica, sulla qualità della ricezione del digitale terrestre;
   a quanto consta all'interrogante alcune forze politiche e comitati del territorio avrebbero presentato una denuncia alla Rai presso la procura della Repubblica di Trani e conclusa, pare, con l'ordinanza di archiviazione del procedimento penale in questione;
   lascia decisamente perplessi la circostanza per cui la Rai Radiotelevisione italiana spa con nota (Protocollo RAI Spa – direzione affari legali e societari, ALS / CONT / 0021844, datata Roma 7 dicembre 2012), pervenuta al sindaco di Minervino M. il 17 dicembre 2012, Prot. 13481. Nota raccomandata indirizzata a «...Cittadini di Minervino Murge, presso Palazzo Municipale del Comune di Minervino Murge (BT) – P.zza Aldo Moro 6 – Racc. A/R....», nell'ammettere, seppure implicitamente, che nel territorio di che trattasi si sono verificati seri problemi di ricezione dei canali televisivi, scarica la responsabilità della risoluzione del problema sull'amministrazione comunale. Infatti, nella predetta nota, la RAI afferma, letteralmente, che «il caso in esame rientra nella competenza dell'amministrazione comunale suddetta, che dispone dei poteri, e dei mezzi, atti alla soluzione della problematica inerente la ricezione del segnale, attraverso la realizzazione di un ripetitore locale, previa individuazione di un sito idoneo, mediante lo stanziamento di risorse finanziarie adeguate...»;
   all'avviso dell'interrogante vi sarebbero i presupposti affinché venga sospeso il pagamento del «canone RAI» per i cittadini di Minervino Murge (BT), che allo stato non stanno usufruendo di tale servizio pubblico –:
   quali iniziative di competenza concrete si intendono rapidamente porre in essere per rimediare alla problematica riportata. (4-06468)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione De Girolamo e altri n. 1-00624, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pizzolante.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Duranti n. 4-06443, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 311 del 16 ottobre 2014.

   DURANTI, SCOTTO, MELILLA, RICCIATTI, PANNARALE e PIRAS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   progetto denominato «Tempa Rossa» riguarda un giacimento petrolifero, gestito dalla Total E&P, situato nell'alta valle del Sauro (Basilicata). A regime l'impianto avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo. Il progetto di sviluppo riguarda: la messa in produzione di 8 pozzi, di cui 6 già perforati e altri 2 da perforare; la costruzione di un centro di trattamento oli dove gli idrocarburi estratti, convogliati tramite una rete di condotte interrate (pipeline), verranno trattati e separati nei diversi sottoprodotti (petrolio greggio, gas combustibile, zolfo e GPL) e, successivamente, immessi tramite canalizzazioni interrate; la costruzione di un centro di stoccaggio GPL (2 serbatoi interrati della capacità totale di 3.000 metri cubi) dotato di 4 punti di carico stradale, nonché la costruzione o la modifica di infrastrutture di servizio (adeguamento di strade comunali, realizzazione dei sistemi per l'alimentazione di acqua ed elettricità per il centro di trattamento, connessione alle reti esistenti per il trasporto e la distribuzione degli idrocarburi);
   il greggio avrà quale terminale per lo stoccaggio e la movimentazione, proveniente dal giacimento «Tempa Rossa», l'impianto di raffinazione ENI di Taranto. Queste operazioni comporterebbero l'emissione di composti organici volatili fra cui anche gli idrocarburi policiclici aromatici, cosiddetti IPA, in una città come Taranto che subisce un'incidenza delle patologie tumorali allarmante;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in data 27 ottobre 2011, ha decretato la compatibilità ambientale e rilasciato «l'autorizzazione all'esercizio», VIA-AIA, per il progetto denominato «Tempa Rossa» proposto dalla Società Eni spa;
   tale autorizzazione è stata rilasciata senza attendere il parere endoprocedimentale della regione Puglia (DGR n. 2515 del 22 novembre 2011), il quale, oltre a contenere i pareri di comune e provincia di Taranto, ha stabilito di prescrivere a carico dell'ENI la presentazione all'ARPA e all'Asl territorialmente competente della Valutazione di incidenza sanitaria (VIS) per monitorare l'andamento sanitario connesso con l'attività di stabilimento al fine di tutelare la salute pubblica. Tale documento non è, a tutt'oggi, mai stato presentato o predisposto da parte di ENI;
   in seguito, la regione Puglia con la legge n. 21 del 24 luglio 2012, recante «Norme a tutela della salute, dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale» ha introdotto la procedura della valutazione del danno sanitario (VDS), uno strumento innovativo che deve diventare parte integrante dell'AIA, per garantire una migliore tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini e che deve essere osservata anche se successiva alla procedura di VIA per le aree a rischio industriale;
   nell'ottobre 2012 il comune di Taranto ha approvato un ordine del giorno in cui si deliberava l'orientamento contrario alla realizzazione da parte dell'ENI SpA del nuovo impianto di stoccaggio e movimentazione del greggio denominato «Tempa Rossa», al fine di evitare un ulteriore rischio di inquinamento in un'area già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale e socio-sanitario ordine del giorno nel quale si chiedeva, inoltre, la riapertura immediata della procedura di autorizzazione integrata ambientale rilasciata all'ENI spa per il progetto, con l'inserimento della valutazione del danno sanitario e della procedura relativa al rischio di incidenti rilevanti in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali e, quindi, di assoggettamento alla direttiva «Seveso» (direttiva 82/501/CEE) rispetto all'autorizzazione di esercizio;
   in data 25 settembre 2014 l'ARPA Puglia ha provveduto ad inviare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un proprio rapporto in cui si evidenzia l'incremento di emissioni IPA nella misura del 14 per cento;
   l'assessorato regionale per l'ambiente, in data 30 settembre 2014, ha comunicato che è stata disposta la costituzione di una cabina di regia ARPA-ARES-ASL per la redazione della valutazione del danno sanitario;
   l'esito della valutazione, ad opera della cabina di regia, sarebbe in grado di fornire un dato ulteriore ed essenziale per l'autorizzazione VIA-AIA da parte dei Ministero;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga necessario fermare l’iter di autorizzazione VIA-AIA in attesa di conoscere gli esiti della valutazione del danno sanitario, dal momento che, qualora l'esito della stessa risultasse essere negativo ci troveremmo di fronte a un impianto in fase di costruzione (o addirittura già in esercizio) ma al di fuori del rispetto di quel «principio di precauzione» così come definito dalla normativa europea;
   quali interventi i Ministri della salute e dell'interno intendano adottare in via precauzionale, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di avere un quadro socio-giuridico e amministrativo che tenga in debito conto delle ricadute delle esternalità negative che il processo di stoccaggio, e successiva raffinazione, produrrebbero sul territorio tarantino già fortemente segnato dal punto di vista sanitario, occupazionale, ambientale e paesaggistico.
(4-06443)