Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 16 ottobre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il conflitto tra israeliani e palestinesi, che dura oramai da quasi settant'anni, ha avuto origine dalla suddivisione del mandato britannico sulla Palestina e dalla mancata attuazione delle decisioni e risoluzioni dell'Organizzazione delle Nazioni, tra le quali, ma non solo, la risoluzione 181 dell'Assemblea del 1947, la risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza del 1967, la risoluzione 338 del Consiglio di Sicurezza del 1973, e che le summenzionate decisioni e risoluzioni hanno sempre indicato la finalità di un'equa ripartizione territoriale dei territori contesi e della costituzione di uno Stato arabo indipendente a fianco di quello israeliano;
    in diversi atti, dal 1974 in poi, si è assistito al progressivo riconoscimento del popolo palestinese e del suo rappresentante; l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, quale soggetto avente titolo a partecipare al quadro definito dalle summenzionate risoluzioni;
    con la dichiarazione di indipendenza del 1988 e altri atti, tra cui il ritiro israeliano da Gaza e quello giordano dalla Cisgiordania, si è definita gradualmente una sovranità palestinese su parte dei territori descritti nelle risoluzioni dell'ONU, mentre un'altra significativa porzione rimane sotto occupazione israeliana, contrariamente ai deliberati della stessa ONU e al diritto internazionale;
    con gli accordi di Oslo nel 1993, sottoscritti dal Primo Ministro israeliano Rabin e dal presidente palestinese Arafat, si sono poste le condizioni di principio per un reciproco riconoscimento tra lo stato di Israele e uno stato palestinese;
    dal 2012 con la risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU 67/19, approvata anche con il voto favorevole dall'Italia, il riconoscimento storico dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), quale rappresentante del popolo palestinese, è evoluto nello status di «Stato osservatore non-membro» con la definizione di «Palestina» e che l'Organizzazione delle Nazioni Unite hanno successivamente riconosciuto il nome di «Stato di Palestina» per l'entità palestinese nel quadro della normale attività, superando il precedente nome di Autorità nazionale palestinese, ormai in disuso;
    risultano essere 134 i Paesi che, in epoche diverse, hanno riconosciuto la Palestina come Stato sovrano;
    la Svezia ha riconosciuto nei giorni scorsi la Palestina in quanto Stato con una decisione che è oggi già operativa, andando ad aggiungersi a Repubblica Ceca, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Malta, Polonia, Romania nel quadro dell'Unione europea;
    una recente risoluzione parlamentare nel Regno Unito va nella stessa direzione;
    la recente crisi di Gaza ha portato alla morte di circa 73 israeliani e circa 2200 palestinesi, in gran parte civili, con enormi distruzioni alle infrastrutture civili, provocando una crisi umanitaria, tanto che oggi diversi governi, tra cui quello italiano, sono impegnati a raccogliere cospicui fondi per sostenere la ricostruzione, allo scopo di normalizzare per quanto possibile la situazione e contenere future escalation del conflitto;
    le recenti vicende hanno dimostrato, ad avviso di molti autorevoli analisti, la necessità di rafforzare la leadership legittima del presidente palestinese Abbas e delle istituzioni palestinesi con capitale Ramallah, scongiurando il rischio di un rafforzamento di altre entità politiche che pretendano di rappresentare i palestinesi;
    la richiesta palestinese di un riconoscimento statuale non appare compromettere in alcun modo i legittimi interessi israeliani, mentre una sua dilazione si configura come un mancato riconoscimento di una legittima aspirazione;
    il dialogo israelo-palestinese deve certo trovare una sua dimensione bilaterale e questa dimensione bilaterale non potrebbe che avere un impulso positivo dal porre entrambi gli interlocutori su un piano di parità formale;
    costituisce massimo interesse nazionale una soluzione pacifica del conflitto in Medio Oriente e, quindi, l'Italia può e deve assumere una sua posizione costruttiva che ne tuteli gli interessi e i valori;
    i rapporti di amicizia e collaborazione tra l'Italia, lo Stato di Israele e lo Stato di Palestina così come sopra definito sono di amicizia e collaborazione, nel quadro dello storico impegno italiano al progresso della pace nel Mediterraneo;
    la pace deve basarsi sulla legalità internazionale e in primo luogo sulle risoluzioni dell'ONU;
    già oggi la Palestina ha in Roma una rappresentanza diplomatica riconosciuta, così come l'Italia un Consolato per la Palestina a Gerusalemme (est),

impegna il Governo:

   a riconoscere in maniera completa e definitiva lo Stato di Palestina;
   a compiere tutti i passi necessari, anche in considerazione del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, affinché la questione venga posta all'ordine del giorno in tutti i Paesi membri dell'Unione europea;
   a farsi maggiormente parte attiva nel sostenere il processo di pace tra Israele e Palestina, sulla base delle risoluzioni ONU e dell'esperienza consolidata nel corso del lungo e travagliato processo di pace.
(1-00627) «Locatelli, Di Lello, Di Salvo, Migliore, Capelli, Catalano, Di Gioia, Fava, Furnari, Labriola, Lacquaniti, Lo Monte, Nardi, Ottobre, Pastorelli, Piazzoni, Pilozzi, Plangger, Zan».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Onorevole Teresa Bellanova attualmente ricopre la carica di Sottosegretario al Lavoro del Governo Renzi;
    già il 4 settembre 2014, si è appreso dalla stampa che la stessa è coinvolta in un contenzioso di lavoro dinanzi al tribunale, poiché citata in giudizio dal suo ex addetto stampa, Maurizio Pascali;
    Maurizio Pascali afferma che da marzo 2010 a giugno 2013, ha lavorato per l'Onorevole Bellanova in mancanza di un formale contratto che regolasse il rapporto lavorativo in conformità alla normativa in materia e ha svolto le sue prestazioni nella qualità di lavoratore autonomo, con partita iva, emettendo al Sottosegretario le fatture per la propria attività di addetto stampa. Tuttavia, di fatto, sembra che il lavoro prestato da Maurizio Pascali abbia avuto tutte le caratteristiche per essere inquadrato in lavoro subordinato e, quindi, sotto la direzione e alle dipendenze del Sottosegretario;
    a quanto è dato sapere, dunque, l'Onorevole Bellanova ha intrattenuto per tre anni un rapporto di lavoro non regolare con il proprio collaboratore, altresì, lo ha sottopagato corrispondendogli mensilmente poco più di trecento euro lordi;
    si mette in evidenza che nel 2012 con la legge Fornero – di cui l'Onorevole Bellanova è stata relatrice in Aula – è stato stabilito che le partite Iva, con monocommittenza, sono di fatto fittizie. Sicché, è evidente che la stessa avrebbe dovuto provvedere, prontamente, a regolarizzare il rapporto di lavoro con il proprio collaboratore in base alla normativa che si riferisce al lavoro subordinato, visto che di fatto era tale. Di contro, a quanto è dato sapere, fino al 2013 il Sottosegretario ha continuato a servirsi del lavoro di Maurizio Pascali retribuendolo nella qualità di lavoratore autonomo, a fronte di emissione di fattura, ma richiedendo un'attività a tutti gli effetti da lavoratore dipendente;
    pertanto, a giugno 2013, si apprende che Maurizio Pascali ha interrotto il rapporto lavorativo con l'Onorevole Bellanova per rivendicare i propri diritti e, poiché il tentativo di conciliazione non è andato a buon fine, ha citato il Sottosegretario in giudizio, per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, con contratto nazionale di categoria e con annessa differenza economica non corrisposta fino all'interruzione del rapporto di lavoro;
    sebbene la veridicità dei fatti predetti debba essere accertata dal tribunale, è d'obbligo evidenziare che il 12 ottobre 2014 sono state apprese delle ulteriori informazioni durante la trasmissione televisiva «La Gabbia» che aggravano la posizione del Sottosegretario Bellanova determinando ad avviso dei firmatari del presente atto la necessità che la stessa si dimetta dal proprio incarico;
    il Sottosegretario Bellanova, durante la trasmissione televisiva citata, ha reso delle dichiarazioni riguardanti il contenzioso con l'ex collaboratore Maurizio Pascali, che sono risultate poi false in quanto smentite dall'esibizione di documenti;
    a riguardo, infatti, il Sottosegretario ha affermato di non avere intrattenuto alcun rapporto di lavoro con Maurizio Pascali, in quanto in realtà la collaborazione lavorativa è intercorsa con la Federazione del Partito Democratico di Lecce. Tale affermazione è stata smentita, durante la trasmissione, dall'esibizione di fatture rilasciate dall'ex collaboratore al Sottosegretario e da documenti in cui Maurizio Pascali figurava formalmente come suo addetto stampa;
    inoltre, si è appreso che l'Onorevole Bellanova, al tempo della chiusura del rapporto di lavoro, ha fornito all'ex collaboratore una dichiarazione scritta e firmata, su carta intestata della Camera dei deputati, in cui ha confermato il lavoro svolto nel triennio da Maurizio Pascali, ritenendo la collaborazione «proficua» perché fondata sulla «serietà, puntualità e professionalità con cui ha sempre svolto la sua attività». Rispetto a tale dichiarazione, che ha confermato ulteriormente l'esistenza del rapporto di lavoro, si aggiunge che il Sottosegretario ha pubblicamente disconosciuto – durante la trasmissione predetta – la firma apposta. Tuttavia, tale dichiarazione di disconoscimento è risultata falsa, poiché è stato verificato che nei propri scritti difensivi depositati in tribunale in occasione del contenzioso, il Sottosegretario ha affermato l'autenticità della sottoscrizione;
    si ritiene che i fatti predetti rendano oggettivamente incompatibile la prosecuzione dell'incarico di Sottosegretario al lavoro dell'Onorevole Bellanova;
    è inammissibile, a giudizio dei firmatari del presente atto, che il Sottosegretario al lavoro – che dovrebbe coadiuvare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali per garantire una politica del lavoro finalizzata allo sviluppo dell'occupazione, e alla tutela del lavoro – sia coinvolta nella vicenda in questione rispetto alla quale appare che l'Onorevole Bellanova abbia violato la normativa in materia nell'intrattenere il rapporto lavorativo con il proprio collaboratore, violando i suoi diritti di lavoratore;
    benché vi sia un contenzioso che deve accertare la vicenda, si ritiene che ciò che ha reso grave la posizione del Sottosegretario sono le dichiarazioni rese pubblicamente sui fatti a lei attribuiti, risultate palesemente false, poiché smentite con l'esibizione di documenti;
    pertanto, oggettive ed evidenti ragioni di opportunità e precauzione dovrebbero indurre il Governo ad escludere che l'Onorevole Teresa Bellanova continui a svolgere l'incarico di Sottosegretario al lavoro;
    è chiaro che il rapporto fiduciario tra Camere e Governo non può non riflettersi anche sul rapporto con i Sottosegretari di Stato, in considerazione del loro ruolo di indirizzo, di supporto e di supplenza dell'attività di governo nelle sedi parlamentari,

impegna il Governo

ad invitare il Sottosegretario Teresa Bellanova a rassegnare le dimissioni da Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali.
(1-00628) «Rizzetto, Baldassarre, Ciprini, Cominardi, Tripiedi, Chimienti, Bechis, Prodani, Currò, Turco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   nei primi giorni di settembre 2014 una gravissima alluvione ha colpito il Gargano interessando i territori di 14 comuni e, in modo particolarmente grave, i comuni di Peschici, Rodi e San Menaio;
   il triste bilancio è stato di due morti, migliaia di cittadini e turisti sfollati, campeggi, hotel, lidi, case e campagne distrutti, strade interrotte per frane per giorni e giorni;
   il 7 settembre, al termine dei primi sopralluoghi effettuati sul posto, il capo della protezione civile Franco Gabrielli, nel corso di un vertice in prefettura a Foggia con il presidente della regione ed i 14 sindaci interessati, ha dichiarato che certamente c'erano gli estremi per la dichiarazione di stato di emergenza da parte del Governo;
   in quella stessa occasione il presidente Vendola aggiunse che la regione aveva già autorizzato i comuni a procedere con i primi indispensabili interventi di urgenza/emergenza e che non appena fossero stati quantificati i danni, avrebbe richiesto al Governo il riconoscimento dello stato di emergenza complessivo per il Gargano e dello stato di calamità naturale per i danni all'agricoltura;
   il 13 settembre successivo, il Presidente del Consiglio interpellato si è recato di persona sui luoghi dell'alluvione effettuando sopralluoghi e garantendo ai cittadini «non vi lascerò soli»;
   risulta che la regione Puglia abbia proceduto per tempo con tutti gli adempimenti necessari avanzando al Governo le richieste di stato di emergenza e calamità naturale, ma che ad oggi il Consiglio dei ministri non ha proceduto né alla dichiarazione di stato di emergenza né allo stanziamento di appositi fondi –:
   quali siano le ragioni per cui ad oggi, ad oltre 40 giorni dall'alluvione, e nonostante le richieste della regione ed il parere positivo dello stesso capo della protezione civile nazionale, Gabrielli, il Consiglio dei ministri non abbia ancora proceduto alla dichiarazione di stato di emergenza per il Gargano;
   come si giustifichi il fatto che ad oggi il Governo non abbia stanziato alcuna risorsa per quell'emergenza che ha messo in ginocchio tutto il territorio;
   se il Presidente del Consiglio non ritenga di dover procedere quanto prima alla dichiarazione di stato di emergenza così come richiesto dalla regione Puglia.
(2-00715) «Palese, Distaso, Marti, Elvira Savino, Altieri, Ciracì, Fucci, Chiarelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TULLO, BASSO, CAROCCI, GIACOBBE, PASTORINO e VAZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Secolo XIX è lo storico quotidiano genovese fondato nel 1886. Ha una diffusione nazionale. Cinque redazioni in Liguria (Genova, Levante, Savona, La Spezia, Imperia) lo rendono il giornale più diffuso in regione;
   la proprietà de Il Secolo XIX fino ad alcuni mesi fa era interamente riconducibile al gruppo Perrone, attraverso la Società edizioni e pubblicazioni (SEP), fino a quando veniva annunciata un'operazione editoriale e finanziaria che porterà alla nascita di una nuova società editrice la Editrice Italiana, in cui confluirebbero il Secolo XIX e la Stampa di Torino, con un ipotizzato 77 per cento di azioni alla società torinese e il restante 23 per cento al gruppo Perrone;
   in data 14 ottobre 2014 la proprietà del Secolo XIX ha comunicato alle organizzazioni sindacali di categoria il mancato rinnovo del contratto di stampa tra la SEP e la San Biagio Stampa, che comporterà la messa in discussione dei 50 posti di lavoro, mortificando anche il sacrifico di questi lavoratori che per quasi tre anni hanno lavorato in contratto di solidarietà, consapevoli delle difficoltà che attraversa l'editoria in questa fase storica ed economica. Contratti solidarietà che sono attivi anche per il 20 per cento dei giornalisti del Secolo XIX;
   la chiusura del centro stampa del Secolo XIX, oltre a determinare una ricaduta immediata per i lavoratori coinvolti, mette in luce il forte rischio in futuro della messa in discussione o comunque di un ridimensionamento delle redazioni del Secolo XIX, con ricadute anche sulla qualità del giornale così fortemente radicato sul territorio e sull'autonomia della testata;
   l'operazione della Nuova Editrice italiana potrà inoltre avere conseguenze anche sul Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del lunedì, altre testate storiche che rischiano di essere messe in discussione visto che oggi sono in edicola con accordo commerciale con la Stampa di Torino –:
   se sia a conoscenza della nascita della nuova Editrice italiana;
   nei limiti del proprio campo di azione, quale interlocuzione potrà essere attivata al fine di tutelare i posti di lavoro dei poligrafici immediatamente messi in discussione con la chiusura del centro stampa di Genova San Biagio, e in futuro sulle redazioni locali de il Secolo XIX;
   quali conseguenze potrà avere questa operazione finanziaria editoriale rispetto alle testate giornalistiche genovesi Il Corriere Mercantile, La Gazzetta del Lunedì. (5-03812)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA, COZZOLINO, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la pubblica amministrazione deve rispondere alla collettività in termini di buon andamento ed imparzialità, come recita la Costituzione e come le leggi ordinarie sul funzionamento degli uffici hanno costantemente affermato;
   le norme contenute nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le successive, specifiche, disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, hanno fornito precise indicazioni sulla obbligatorietà della misurazione della qualità delle prestazioni collettive e individuali in seno alle amministrazioni pubbliche e sulle modalità generali di attuazione della norma in questione;
   il comma 21 dell'articolo 57 del decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235, ha previsto che «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i limiti e le modalità di applicazione delle disposizioni dei titoli II e III del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, al personale del Ministero dell'economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali»; tale decreto di cui al punto precedente non è mai stato emanato;
   il successivo decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (cosiddetta spending review) come convertito con legge 7 agosto 2012, n. 135, ha precisato (articolo 11 e successivi) che le pubbliche amministrazioni sono comunque obbligate ad erogare le retribuzioni accessorie sulla base degli esiti della valutazione del personale;
   la recente normativa in materia di anticorruzione e trasparenza (legge n. 190 del 2012 e decreto legislativo n. 33 del 2013), fornendo precise disposizioni su organizzazione degli uffici, comportamento del personale e, quindi, qualità delle prestazioni collettive e individuali, sembrerebbe far venir meno l'esigenza di regolare con uno specifico decreto del Presidente del Consiglio dei ministri procedure e limiti del decreto n. 150 del 2009;
   la stessa Agenzia delle dogane, anch'essa destinataria della disposizione del decreto legislativo n. 235 del 2010, ha recentemente realizzato ed applicato una propria specifica procedura di valutazione del personale (delibera 31253 del 20 dicembre 2013 e direttiva interna dell'8 gennaio 2014) ritenendo superato il vincolo della emanazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e, viceversa, necessario adempiere alle disposizioni di legge al fine di corrispondere emolumenti accessori basati sulla qualità della prestazione resa dai singoli dipendenti;
   il Ministero dell'economia e delle finanze, al contrario, ha confermato il su intendimento di attendere sine die l'emanazione di questo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tanto è vero che, con la circolare n. 80145 del 3 luglio 2013 inerente gli obblighi di pubblicazione dettati dal decreto legislativo n. 33 del 2013, il dipartimento dell'amministrazione generale del personale e dei servizi ha precisato – al punto 5 della lettera b, – che non debbano pubblicarsi dati specifici relativi alla distribuzione dei premi di produttività tra le fasce economiche del personale in attesa dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal decreto legislativo n. 235 del 2010;
   di conseguenza, presso il Ministero dell'economia e delle finanze non è attuata alcuna procedura di valutazione del personale ed i premi di produttività sono corrisposti nella medesima misura per tutto il personale con una lievissima differenza tra le posizioni di II e di III area funzionale –:
   se ritenga di dover procedere alla emanazione del decreto previsto dal comma 21 dell'articolo 57 del decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235 ovvero se, in caso contrario, non ritenga necessario fornire specifiche indicazioni, eventualmente anche tramite il dipartimento della funzione pubblica, affinché il Ministero dell'economia e delle finanze e le agenzie fiscali possano assolvere agli obblighi previsti da diverse normative specifiche in tema di valutazione del personale e di erogazione di retribuzioni accessorie conseguenti a tale valutazione. (4-06442)


   SPADONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Governo, anche sulla scorta della spending review, ha in diverse occasioni manifestato la propria posizione sul tema del ruolo e delle prospettive del settore delle multiutility;
   recentemente anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha sottolineato la volontà di «mettere in campo realtà di valore nazionale nel settore delle multiutility»;
   ciò va secondo l'interrogante contro la volontà popolare espressa dai referendum nel 2011, con i quali la maggioranza della popolazione italiana ha sancito, col proprio voto, che l'acqua e tutti i servizi pubblici non debbano essere sottoposti alle leggi del mercato che generano profitti e che, quindi, la loro gestione debba essere totalmente in mani pubbliche;
   le società con sede in paradisi fiscali potrebbero ricevere dividendi dalle società partecipate, dividendi che sono generati grazie alla gestione di beni comuni e grazie alle tariffe pagate dagli utenti dei servizi, cioè dagli stessi cittadini;
   tale scelta e tale indirizzo politico appaiono all'interrogante non condivisibili: sarebbe infatti preferibile riconoscere un maggiore ruolo agli enti locali piuttosto che favorire l'aggregazione delle società erogatrici di servizi pubblici essenziali che potrebbe cagionare un indebolimento del ruolo pubblico in settori strategici per i cittadini;
   a titolo di esempio può essere citato il caso del comune di Reggio Emilia che detiene nella società Iren spa una partecipazione azionaria dell'8,39 per cento considerando le sole azioni ordinarie;
   in data 29 agosto 2014 è stata presentata la semestrale del gruppo IREN, che secondo i consiglieri comunali M5S di Reggio Emilia mostra alcuni dati di bilancio che dovrebbero iniziare a destare notevole preoccupazione negli azionisti quanto a indebitamento, oneri finanziari, andamento dei ricavi, valutazione degli asset iscritti a bilancio;
   negli ultimi anni IREN ha effettuato alcuni investimenti i cui risultati potrebbero compromettere ulteriormente il già precario equilibrio di bilancio;
   il comune di Reggio Emilia aveva iscritto a bilancio 2012 partecipazione in IREN per più di 111,5 milioni di euro, con una svalutazione rispetto al 2011 di 6,5 milioni di euro;
   negli ultimi tempi si sono susseguiti comunicati stampa e dichiarazioni da parte dei sindaci di Torino, Genova, Milano, Reggio Emilia e Brescia, in merito alla possibilità, che potrebbe anche venire incentivata in linea con gli intendimenti del Governo sopra manifestati, di creare una grande multiutility del nord attraverso la fusione tra IREN e A2A;
   sembra che tale ipotesi trovi consenso a Torino, Genova e Milano;
   il Presidente di A2A, Giovanni Valotti, ha dichiarato che la fusione con IREN non è all'ordine del giorno e che però «è difficile stare fermi in questo momento storico» per cui entro fine anno verrà messo a punto un progetto di aggregazione che verrà presentato entro fine febbraio 2015;
   appare evidente che la costituzione di una grande multiutility del Nord sia un progetto attuale e concreto;
   le decisioni riguardo all'evoluzione del settore delle multiutility coinvolgono gli interessi di tutti i cittadini, dal momento che si tratta di società che gestiscono beni comuni nei settori dell'energia, dei servizi idrici integrati, ambientali e in generale al servizio delle pubbliche amministrazioni –:
   se non intendano orientare le scelte di politica generale sulla materia nel senso di puntare tutte le energie e le risorse economiche sugli enti locali evitando di assumere iniziative che finiscono invece per favorire il crearsi di grandi società partecipate;
   se abbiano valutato le numerose criticità delle maxi fusioni: perdita di controllo da parte dei territori, investimenti a svantaggio dei cittadini; maggiori difficoltà ad ottenere trasparenza; facilità a far perdere le tracce delle conseguenze e dei responsabili di tutte le scelte gestionali e strategiche messe in atto negli ultimi anni e, non ultimo, la non diminuzione delle tariffe. (4-06449)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   la notte del 30 settembre 2014, mentre si trovava nei locali dell'aeroporto messicano di Cancún, è deceduto il signor Salvatore Diaferio, 68 anni, cittadino romano originario di Margherita di Savoia;
   egli era da qualche tempo un personaggio fisso in questo aeroporto dove chiedeva l'elemosina ai turisti in partenza e cercava di sopravvivere come poteva. L'uomo, come riporta l'articolo di Thomas Mackinson sul Fatto Quotidiano, viveva a Roma e di professione faceva il gelataio ma con ogni probabilità aveva deciso di migliorare la propria condizione trasferendosi appunto in Messico, ove invece si è poi ritrovato ad affrontare miseria e difficoltà che lo porteranno fino alla morte;
   quello che lascia perplessi, a dir poco, è che il signor Diaferio si è rivolto all'ambasciata italiana per denunciare la propria precaria e difficile situazione e per chiedere, quindi, aiuto. La richiesta era semplice, poter cioè avere la possibilità di utilizzare un volo di Stato che potesse riportarlo a Roma, anticipando i costi del biglietto aereo da restituire una volta giunto in Italia;
   proprio su questo accade l'incredibile, come si apprende sempre dal citato articolo: l'aereo di Stato non si può muovere perché senza benzina e l'ambasciata non ha il denaro per rimettere il carburante;
   il signor Daverio si ritrova, dunque, di nuovo a cercare di raccogliere un po’ di denaro per tornare a Roma, continuando, nel frattempo, a chiedere all'ambasciata di anticipare quei 350 euro necessari per il biglietto di ritorno, ma mentre succede tutto questo, giunge la morte improvvisa davanti al consolato di Playa del Carmen; tra l'altro, pare che il console onorario fosse disposto ad anticiparli ma in attesa della autorizzazione dell'ambasciata;
   il caso è arrivato alla procura di Roma dove si indagano i dettagli della vicenda, con l'ipotesi di omissione di soccorso. A quanto pare l'ambasciata aveva scritto alla questura di Roma per sollecitare i parenti del gelataio romano a inviare il denaro per farlo partire;
   è doveroso stigmatizzare il fatto che tutt'altra storia accade quando, però, in difficoltà vi si ritrova un Ministro della Repubblica in trasferta; quattro anni prima, infatti, è toccato all'ex Ministro Prestigiacomo incorrere nello stesso tipo di difficoltà: il volo di Stato attrezzato per riportarla a Roma aveva, infatti, il serbatoio mezzo vuoto e non veniva autorizzato al decollo. La macchina diplomatica dei soccorsi si era mossa per tempo e autorizzato il console a pagare di tasca propria non 350 euro, ma 4 mila dollari –:
   quali informazioni intenda fornire per chiarire la dinamica di questo inaccettabile e tragico epilogo di una vicenda che poteva e doveva avere una conclusione ben diversa;
   come sia stato possibile che la nostra diplomazia non sia riuscita in due mesi a organizzare il rimpatrio di un cittadino italiano in evidenti difficoltà, anticipando il denaro necessario per il biglietto aereo per Roma;
   quali iniziative intenda adottare per verificare di chi siano le responsabilità di quella che si può ritenere quantomeno un'omissione di attenzione e valutazione di una situazione di oggettiva difficoltà, oltre che certamente una mancanza di buon senso.
(2-00717) «Di Battista, Manlio Di Stefano, Sibilia, Spadoni, Del Grosso, Scagliusi, Grande».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la legge quadro sull'inquinamento acustico 26 ottobre 1995, n. 447, prevede, all'articolo 3, comma 1, lettera m), che con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione (ora delle infrastrutture e dei trasporti) siano stabiliti i criteri di misurazione del rumore emesso dagli aeromobili, nonché la relativa disciplina per il contenimento dell'inquinamento acustico;
   in applicazione di tale disciplina, è stato emanato il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 31 ottobre 1997, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, che, tra l'altro, assegna ad ENAC il potere di istituire per ogni scalo aereo una Commissione aeroportuale con il compito di definire le procedure antirumore e di individuare le zone di rispetto dell'intorno aeroportuale; detta commissione, composta dai rappresentanti della regione, dei comuni e delle province interessati, nonché da rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'Agenzia regionale per la protezione ambiente, della società di gestione, dell'ENAV e dalle imprese operanti nell'aeroporto, tenuto conto del piano regolatore aeroportuale, degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica vigenti e delle procedure antirumore adottate, definisce, nell'intorno aeroportuale, i confini delle cosiddette aree di rispetto (zona A, B e C) all'interno delle quali valgono i limiti per la rumorosità prodotta dalle attività aeroportuali come definite dalla legge quadro sull'inquinamento acustico n. 447 del 1995;
   la definizione della zonizzazione è il presupposto indispensabile per consentire l'adozione delle procedure antirumore previste dal suddetto decreto ministeriale e per consentire alla società di gestione aeroportuale di predisporre i piani di risanamento previsti dalla vigente normativa e per evitare ulteriori costruzioni edilizie intorno all'aeroporto;
   in data 20 dicembre 2000 (in attuazione della legge quadro sopraindicata) è stata istituita la Commissione aeroportuale dell'aeroporto di Ciampino, con i seguenti compiti:
    a) definizioni delle procedure antirumore;
    b) caratterizzazione acustica dell'intorno aeroportuale;
    c) definizione degli indici di classificazione dell'aeroporto in relazione al livello di inquinamento acustico; in ordine al punto a), la commissione ha proceduto ad indicare le procedure antirumore da seguire che sono state adottate dalla direzione dell'aeroporto con ordinanza n. 5 del 2001 mentre riguardo al punto b), è necessario ribadire che la caratterizzazione acustica dell'intorno aeroportuale, consistente nell'individuazione da parte della commissione delle zone di rispetto, è necessaria per la applicazione degli indici di valutazione del rumore, indicati dall'articolo 6 del decreto ministeriale 31 ottobre 1997; nel caso dell'aeroporto di Ciampino, non essendo stata raggiunta l'unanimità in ordine alla individuazione delle zone, la commissione, nell'ultima riunione tenutasi in data 10 aprile 2008, ha dato atto dell'impossibilità di procedere alla caratterizzazione acustica, conformemente a quanto previsto dall'articolo 6, comma 5, del decreto ministeriale 31 ottobre 1997;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell'articolo 6 del decreto ministeriale del 31 ottobre 1997, preso atto della mancata unanimità in seno alla Commissione aeroportuale nell'approvazione dell'impronta acustica dello scalo di Ciampino, con nota prot. 0028447 del 10 luglio 2009 ha delegato il presidente della regione Lazio a convocare e presiedere un'apposita conferenza di servizi funzionale all'approvazione della zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale, necessaria per avviare e realizzare un concreto risanamento acustico della zona;
   il giorno 1o luglio 2010, presso l'assessorato alle politiche della mobilità e del trasporto pubblico locale della regione Lazio, si sono conclusi i lavori della conferenza di servizi che ha approvato l'impronta acustica dell'aeroporto di Ciampino e l'ipotesi di zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale G.B. Pastine, così come rappresentata nella planimetria denominata «Proposta 2» allegata alla delibera, escludendo dalla fascia B della zonizzazione tutte le abitazioni e le aree urbane del comune di Ciampino;
   gli atti della conferenza di servizi e i relativi allegati sono stati recepiti nella delibera della giunta regionale del Lazio pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 37 del 7 ottobre 2010, supplemento n. 172 e trasmessi al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito della delega conferita al presidente della regione Lazio, anche per i successivi adempimenti stabiliti dalla legge n. 447 del 1995 e dal decreto ministeriale 31 ottobre 1997 (per l'adozione delle opere necessarie di risanamento da parte degli enti competenti, quali ad esempio il piano di risanamento acustico ad opera dell'ADR);
   con l'approvazione della zonizzazione aeroportuale (approvata in data 1o luglio 2010 e pubblicata sul BUR Lazio n. 37 – S.O. n. 172 del 7 ottobre 2010), nell'intorno aeroportuale sono vigenti i limiti di rumorosità espressi in LVA, che sono: zona A (verde) «65 dB(A), zona B (gialla) «75 dba, zona C (rossa)» 75 dB(A), mentre al di fuori delle zone A, B e C, l'indice LVA non può superare il valore di 60 dB(A). All'esterno dell'intorno aeroportuale individuato dalla zonizzazione acustica, l'aeroporto, oltre a garantire il rispetto del limite LVA «60 dB(A), deve concorrere, insieme alle altre sorgenti acustiche, al rispetto dei limiti della classificazione acustica comunale dei comuni contermini;
   il monitoraggio acustico effettuato dall'ARPA Lazio nel 2012 ha consentito di riscontrare superamenti dei limiti acustici aeroportuali (individuati per le zone A, B e C ed espressi in LVA) ed anche significativi superamenti dei limiti individuati dalle classificazione acustica comunali ed in particolare:
    a) nella postazione di rilevamento CIA01 è stato calcolato un valore di LVA pari a 67,4 dB(A), che supera di 2,4 dB il limite di 65 dB(A), con livelli significativi, rispetto ai valori di riferimento dell'OMS, del parametro LAeq24h e Lnight (LAeq notturno);
    b) nella postazione di rilevamento CIA02, posizionata al di fuori della zonizzazione acustica aeroportuale e localizzata in un edificio scolastico, si riscontrano costanti superamenti del limite diurno relativo alla Classe I, anche superiori a 10 dB;
    c) nella postazione di rilevamento MAR01, edificio scolastico posizionato all'interno della zonizzazione acustica aeroportuale, la cui destinazione d'uso rende tale postazione meritevole di valutazioni rispetto al limite diurno associato a un edificio sensibile (Classe I), sono stati registrati superamenti di circa 10 dB;
    d) nella postazione di rilevamento MAR06 sono stati registrati costanti superamenti dei limiti della classe III, superiori a 4 dB(A) nel periodo diurno e superiori a 7-8 dB nel periodo notturno. In termini di LVA, è stato riscontrato un valore pari a 62,1 dB(A), che supera di circa 2 dB il limite di 60 dB(A). Nel periodo notturno si rilevano anche livelli di rumorosità che eccedono il valore di riferimento individuato dall'OMS;
    e) nelle postazioni ROM02, CIA03 e MAR05, nel periodo notturno, si rilevano livelli di rumorosità che eccedono il valore di riferimento individuato dall'OMS;
   i comuni di Ciampino e Marino hanno chiesto più volte al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ad Enac l'adozione di provvedimenti volti a limitare i voli di linea da parte dell'Ente nazionale per l'aviazione civile ovvero ad adottare altri interventi strumentali al fine di ottenere la cosiddetta ottimizzazione dell'impatto acustico dell'aeroporto;
   Aeroporti di Roma, quale gestore dello scalo aereo G.B. Pastine di Ciampino, in data 3 dicembre 2013 ha presentato ai comuni di Ciampino, Marino e Roma capitale il Piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore derivante dal traffico di origine aeronautica ai sensi del decreto ministeriale 29 novembre 2000, attuativo della legge quadro sull'inquinamento acustico n. 447 del 1995; con propri atti di consiglio comunale deliberati entro 90 giorni dalla ricezione dello strumento, detto Piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore presentato dalla Società aeroporti di Roma è stato giudicato non accoglibile dai comuni di Ciampino, Marino e Roma Capitale tenendo conto soprattutto della valutazione di ARPA Lazio;
   nel territorio, ad elevata antropizzazione, circostante l'aeroporto «G.B. Pastine» di Roma-Ciampino è in atto ormai dal 2001, una grave crisi ambientale e sanitaria ampiamente conosciuta e documentata nello Studio CRISTAL prodotto da ARPA Lazio e dalle successive rilevazioni ambientali condotte nel tempo dalla stessa Agenzia, nonché dagli studi epidemiologici SERA e SAMBA, condotti dai competenti istituti regionali e dai comuni coinvolti, correlata all'aumento indiscriminato del traffico aereo, cresciuto oltre ogni limite di compatibilità ambientale, in palese violazioni delle norme nazionali e comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale strategica;
   il Consiglio dei ministri ha adottato lo scorso 30 settembre 2014, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, il Piano nazionale degli aeroporti che classifica l'aeroporto G.B. Pastine di Ciampino scalo d'interesse nazionale per il bacino Centro Italia, insieme agli scali di Perugia e Pescara;
   se le rilevanti criticità ambientali presenti nei territori dell'intorno aeroportuale, rilevate dal monitoraggio condotto dall'Arpa Lazio con il quale sono stati registrati ripetuti superamenti dei limiti acustici aeroportuali, sono state adeguatamente valutate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nell'identificazione del ruolo da assegnare a Ciampino nel contesto del Piano Nazionale trasporti e se in presenza di gravi problemi di carattere ambientale e sanitario, non si ritenga opportuno intervenire per promuovere immediati provvedimenti di riduzione dei voli in transito all'Aeroporto G.B. Pastine, secondo quanto previsto dal Regolamento (CE) N. 1008/2008 «Recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità», almeno sino a quando non sarà predisposto da parte di Aeroporti di Roma un nuovo Piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore in grado di garantire l'ottimizzazione dell'impatto acustico dell'aeroporto e le condizioni della salute degli abitanti residenti intorno al sedime aeroportuale.
(2-00716) «Zaratti».

Interrogazione a risposta orale:


   VENITTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Molise ha autorizzato la realizzazione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da biomassa – pollina – del tipo ibrido, a ciclo combinato, in assetto cogenerativo, della potenza di 11,60 MWE e termica introdotta di 33 MW e relative opere connesse, da ubicare in agro del comune di San Polo Matese, contrada Cantoni – zona industriale di Campochiaro / San Polo Matese e la realizzazione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica da biomasse vegetali della potenza di 0,999 MWE in zona consortile del comune di Campochiaro;
   i comuni di Campochiaro e San Polo Matese si trovano nel Massiccio del Matese: area individuata come prioritaria per la conservazione della biodiversità dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel piano nazionale per la biodiversità, essendo una delle principali aree naturalistiche e un corridoio ecologico di fondamentale importanza per la conservazione di specie prioritarie presenti sulla dorsale appenninica (dall'orso, al lupo fino al camoscio appenninico);
   nel 1997 è stata istituita l'Oasi WWF Guardiaregia-Campochiaro, successivamente nel 2010 istituita come riserva naturale regionale. L'oasi si trova all'interno di un sito d'importanza comunitaria (SIC IT222287), oltre ad essere una zona di protezione speciale (ZPS IT222296). Il paesaggio dell'area SIC è notevolmente eterogeneo, la sua diversificazione ambientale si riflette in una notevole biodiversità, tra le più alte presenti in Molise, testimoniata dalla presenza di 15 habitat di interesse comunitario;
   nel 2003, inoltre, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Corrado Clini diffidava la regione Molise per l'inadempimento dedito di effettuare la zonizzazione del territorio e di classificare le zone stesse in funzione del livello di inquinamento riscontrati, in grave violazione della norma comunitaria. A tutt'oggi la zonizzazione non è stata effettuata. Una simile omissione non consente di rilasciare pareri, valutazioni, autorizzazioni e quant'altro comporta il via libera ad emissioni in atmosfera che, per loro natura, possono influire sullo stato di qualità dell'aria e dell'ambiente, e quindi, sulla salute pubblica;
   impianti di produzione energetica di questo tipo potrebbero avere un impatto molto negativo sul territorio nel quale andranno ad operare, quello del parco del Matese; i comitati ambientalisti hanno sollevato una serie di criticità a favore della difesa dell'ambiente, del turismo, del territorio e delle sue risorse agroalimentari;
   al progetto si oppongono, con grande forza e determinazione, l'intera popolazione dell'area pedemontana del Matese, nonché le amministrazioni delle comunità più a rischio, attraverso rappresentanti politici e amministratori di ogni appartenenza, associazioni e comitati locali;
   tale opposizione è motivata dai rischi per la salute e per l'ambiente, connessi al funzionamento delle centrali, che oltretutto potrebbero danneggiare le attività economiche locali –:
   di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare, anche alla luce della necessità di non contravvenire a obblighi risultanti dall'adesione all'ordinamento dell'Unione europea, per tutelare l'area pedemontana del Matese e proteggere il prezioso e delicatissimo ambiente dell'area stessa da un'iniziativa che arrecherebbe, direttamente e indirettamente, un danno gravissimo ed irreversibile, pregiudicando aspetti naturalistici di grandissimo pregio;
   se sia noto quali esiti abbia avuto la richiesta del Ministro pro tempore Clini che diffidava la regione Molise in relazione all'inadempimento del compito di effettuare la zonizzazione del territorio e la classificazione delle zone stesse, in funzione del livello di inquinanti riscontrati. (3-01101)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DURANTI, SCOTTO, MELILLA, RICCIATTI, PANNARALE e PIRAS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il progetto denominato «Tempa Rossa» riguarda un giacimento petrolifero, gestito dalla Total E&P, situato nell'alta valle del Sauro (Basilicata). A regime l'impianto avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo. Il progetto di sviluppo riguarda: la messa in produzione di 8 pozzi, di cui 6 già perforati e altri 2 da perforare; la costruzione di un centro di trattamento oli dove gli idrocarburi estratti, convogliati tramite una rete di condotte interrate (pipeline), verranno trattati e separati nei diversi sottoprodotti (petrolio greggio, gas combustibile, zolfo e GPL) e, successivamente, immessi tramite canalizzazioni interrate; la costruzione di un centro di stoccaggio GPL (2 serbatoi interrati della capacità totale di 3.000 metri cubi) dotato di 4 punti di carico stradale, nonché la costruzione o la modifica di infrastrutture di servizio (adeguamento di strade comunali, realizzazione dei sistemi per l'alimentazione di acqua ed elettricità per il centro di trattamento, connessione alle reti esistenti per il trasporto e la distribuzione degli idrocarburi);
   il greggio avrà quale terminale per lo stoccaggio e la movimentazione, proveniente dal giacimento «Tempa Rossa», l'impianto di raffinazione ENI di Taranto. Queste operazioni comporterebbero l'emissione di composti organici volatili fra cui anche gli idrocarburi policiclici aromatici, cosiddetti IPA, in una città come Taranto che subisce un'incidenza delle patologie tumorali allarmante;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in data 27 ottobre 2011, ha decretato la compatibilità ambientale e rilasciato «l'autorizzazione all'esercizio», VIA-AIA, per il progetto denominato «Tempa Rossa» proposto dalla Società Eni spa;
   tale autorizzazione è stata rilasciata senza attendere il parere endoprocedimentale della regione Puglia (DGR n. 2515 del 22 novembre 2011), il quale, oltre a contenere i pareri di comune e provincia di Taranto, ha stabilito di prescrivere a carico dell'ENI la presentazione all'ARPA e all'Asl territorialmente competente della Valutazione di incidenza sanitaria (VIS) per monitorare l'andamento sanitario connesso con l'attività di stabilimento al fine di tutelare la salute pubblica. Tale documento non è, a tutt'oggi, mai stato presentato o predisposto da parte di ENI;
   in seguito, la regione Puglia con la legge n. 21 del 24 luglio 2012, recante «Norme a tutela della salute, dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale» ha introdotto la procedura della valutazione del danno sanitario (VDS), uno strumento innovativo che deve diventare parte integrante dell'AIA, per garantire una migliore tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini e che deve essere osservata anche se successiva alla procedura di VIA per le aree a rischio industriale;
   nell'ottobre 2012 il comune di Taranto ha approvato un ordine del giorno in cui si deliberava l'orientamento contrario alla realizzazione da parte dell'ENI SpA del nuovo impianto di stoccaggio e movimentazione del greggio denominato «Tempa Rossa», al fine di evitare un ulteriore rischio di inquinamento in un'area già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale e socio-sanitario ordine del giorno nel quale si chiedeva, inoltre, la riapertura immediata della procedura di autorizzazione integrata ambientale rilasciata all'ENI spa per il progetto, con l'inserimento della valutazione del danno sanitario e della procedura relativa al rischio di incidenti rilevanti in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali e, quindi, di assoggettamento alla direttiva «Seveso» (direttiva 82/501/CEE) rispetto all'autorizzazione di esercizio;
   in data 25 settembre 2014 l'ARPA Puglia ha provveduto ad inviare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un proprio rapporto in cui si evidenzia l'incremento di emissioni IPA nella misura del 14 per cento;
   l'assessorato regionale per l'ambiente, in data 30 settembre 2014, ha comunicato che è stata disposta la costituzione di una cabina di regia ARPA-ARES-ASL per la redazione della valutazione del danno sanitario;
   l'esito della valutazione, ad opera della cabina di regia, sarebbe in grado di fornire un dato ulteriore ed essenziale per l'autorizzazione VIA-AIA da parte dei Ministero –:
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga necessario fermare l’iter di autorizzazione VIA-AIA in attesa di conoscere gli esiti della valutazione del danno sanitario, dal momento che, qualora l'esito della stessa risultasse essere negativo ci troveremmo di fronte a un impianto in fase di costruzione (o addirittura già in esercizio) ma al di fuori del rispetto di quel «principio di precauzione» così come definito dalla normativa europea. (4-06443)


   DADONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la Stura di Demonte, comunemente detto Sturo, è un fiume del Piemonte che nasce dall'area italo-francese della Maddalena e si sviluppa interamente nella provincia di Cuneo, rappresentando con gli oltre cento chilometri di lunghezza il più importante affluente, assieme al Bormida, del più imponente fiume Tanaro;
   secondo quanto riportato da alcune redazioni locali, agli inizi di ottobre di quest'anno alcuni eletti del territorio piemontese e in particolare della provincia di Cuneo, avrebbero consegnato al presidente della regione Piemonte, Sergio Chiamparino, all'assessore regionale all'ambiente, Alberto Valmaggi a, nonché al sindaco di Cuneo, Federico Borgna, e al presidente dell'azienda Cuneese dell'Acqua, Cristina Ricchiardi, delle bottiglie di acqua raccolta inquinata dal fiume Stura;
   secondo quanto denunciato dai rappresentanti del Movimento 5 Stelle presso le istituzioni locali e regionali, a seguito della decisione assunta dal consiglio comunale di Cuneo, dal mese di ottobre 2014 nel fiume Stura si starebbero sversando i liquami fognari di oltre centocinquantamila cittadini. Tale scelta sarebbe stata presa al fine di adeguare l'impianto di depurazione di Cuneo;
   nello stesso periodo, vari esponenti di associazioni e organizzazioni per la tutela e la salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio della provincia di Cuneo, hanno scritto agli amministratori locali dei comuni interessati nonché agli stessi amministratori regionali e alla direzione dell'Azienda regionale protezione ambiente, al fine di sottolineare i rischi e il disagio causati dalla scelta del comune di Cuneo;
   è noto che proprio in materia di depurazione delle acque è aperta nei confronti dell'Italia una procedure di infrazione a livello europeo –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato e quindi dell'inquinamento del fiume Stura;
   se il Governo non intenda assumere idonee iniziative di competenza per garantire quanto meno tempestivi e esaurienti aggiornamenti e informazioni sull'avanzamento dei lavori e sui rischi ambientali nei confronti dell'opinione pubblica considerate le procedure di inflazione in essere nei confronti dell'Italia. (4-06454)


   NESCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-05663, presentata il 24 luglio nella seduta della Camera n. 271 e ad oggi in attesa di risposta, l'interrogante illustrava la drammatica situazione della depurazione delle acque in Calabria, con particolare riferimento al derivante, grave inquinamento delle coste vibonesi e alla necessità di conoscere la destinazione di 717 milioni di euro di fondi pubblici – tra fondi CIPE, POR, fondi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e altri fondi strutturali –, dei quali 42 circa per la provincia di Vibo Valentia, stanziati per le necessità di specie;
   nella recente relazione di Legambiente citata nel suddetto atto di sindacato ispettivo, in merito alle condizioni nella provincia vibonese si legge, ad esempio, che «nel fiume Mesima confluiscono gli scarichi di 21 comuni [...] Dieci di questi comuni non risultano in possesso di impianti di depurazione, cinque comuni hanno impianti sottodimensionati o obsoleti. In alcuni dei restanti comuni, che risultano formalmente dotati di sistemi di depurazione, si registrano interi quartieri o frazioni privi di sistemi di collettamento»;
   la riferita relazione riporta, come già precisato nella summenzionata interrogazione, che i depuratori di Briatico, Parghelia, Pizzo, Ricadi e Tropea risultano privi di autorizzazione allo scarico e altri sono ancora sottoposti a sequestro giudiziario;
   secondo quanto riportato a pagina 29 dell'edizione vibonese de Il Quotidiano del Sud del 9 ottobre 2014, è stata depositata al comune di Tropea (Vibo Valentia) una petizione popolare, con ben 400 sottoscrittori, riguardante lo stato d'abbandono dell'impianto consortile di depurazione denominato «Argani» che, oltre a coprire parte della città vibonese, serve anche Santa Domenica di Ricadi e Ciaramiti, nella stessa provincia;
   per quanto riportato dal quotidiano, nella petizione, indirizzata al sindaco Giuseppe Rodolico, all'assessore all'ambiente Domenico Tropeano, al presidente del consiglio Sandro D'Agostino, all'assessore al Turismo Antonio Bretti e al responsabile dell'ufficio tecnico Francesco Grande, si denunciano l’«odore nauseante» e il «suono molto fastidioso» proveniente dal depuratore, nonostante si legge nella lettera – «le vostre (del comune, nda) documentazioni attestano che il depuratore di località Argani risulta regolarmente a norma»;
   nella missiva i 400 cittadini firmatari invitano gli amministratori a passare «a vedere i nostri figli che vomitano», per causa dell'odore emanato dal depuratore in questione;
   al centro delle critiche da parte dei cittadini anche i costi esorbitanti dell'impianto;
   a fronte del vicino depuratore «La grazia di Parghelia» che ha un'utenza di oltre 35 mila abitanti, quello di Argani «costa al comune di Tropea 200 mila euro l'anno per servire circa 500 persone»;
   non è la prima volta, peraltro, che il depuratore Argani finisce sotto accusa, essendo state presentate a riguardo altre petizioni, come riportato nel citato articolo;
   in un articolo della testata online «Tropeaedintorni.it» del 16 novembre 2013, è scritto che graverebbero sullo stato del depuratore responsabilità e ritardi amministrativi, dato che «l'impianto ultimato 7 anni fa non è a norma» e, già allora, servivano ben 70 mila euro per la revisione e per l'acquisto di macchine in sostituzione di quelle usurate;
   nel medesimo articolo, a firma Concetta Schiariti, si legge, ancora, che «mentre l'impianto era fermo, sono state approvate norme sull'impiantistica a cui, ovviamente, non può corrispondere una struttura costruita 7 anni fa. Si scopre, così, che il quadro elettrico, installato nel 2000, non è a norma, dato che l'attuale legge comunitaria in materia è vigente dal 2006. Quindi, bisogna comprare una nuova cabina elettrica del valore di 25 mila euro. E i soldi per l'acquisto, ovviamente, non ci sono. Ma le spese necessarie non finiscono qui. Finalmente ci si è accorti ché, dopo sette anni di fermo, probabilmente l'intera struttura è in tilt. Per la sua messa in funzione è fondamentale un controllo elettromeccanico per una spesa di oltre 25mila euro. Altri soldi, quindi, che, insieme ai primi, non ci sono»;
   a parere dell'interrogante sarebbe stato opportuno tenere conto di tali problematiche nel bando della regione Calabria (i cui termini sono scaduti l'8 ottobre 2014) riguardante Adeguamento degli impianti di depurazione, delle stazioni di sollevamento e delle condotte fognarie con risorse maggiormente pubbliche, pari ad euro 10.500.000,00 a carico della delibera CIPE n. 60/2012, giusta convenzione rep. n. 3 del 7 gennaio 2013, ricevuta con nota regionale prot. 210126 del 24 giugno 2013, acquisita al prot. generale n. 10594 del 1o luglio 2013 ed in parte a carico di capitali privati per euro 4.500.000,00;
   Tropea è comune famoso nel mondo per le sue bellezze naturalistiche e paesaggistiche;
   l'economia di Tropea è legata alla sua vocazione turistica, la quale deriva anzitutto dalla natura e dalle bellezze del territorio, che con l'abitato costituiscono un insieme;
   a pagina 24 del Quotidiano del Sud del 10 ottobre 2014, edizione vibonese, si fa riferimento all'inquinamento da cattiva depurazione in località Mandricelle (Vibo Valentia), rilevato dalle commissioni straordinarie di Joppolo e Ricadi e formalmente rappresentato in un documento inviato al prefetto di Vibo Valentia Giovanni Bruno, nel quale – secondo l'articolo menzionato – si riporta anche il risultato di un sopralluogo attestante un profondo squarcio a una condotta sottomarina;
   tale ultima circostanza appare estremamente grave e si inserisce in un quadro di malfunzionamento generale degli impianti di depurazione nella provincia di Vibo Valentia, per la cui risoluzione, ad avviso dell'interrogante, non è sufficiente l'azione dei municipi, che pure hanno responsabilità di legge, ma occorre anzitutto conoscere con precisione dove e come intervenire a tutela dell'ambiente;
   nella costa vibonese, peraltro, si trova il parco marino regionale «Fondali di Capocozzo-S. Irene-Vibo Marina-Pizzo-Capo Vaticano-Tropea» (istituito con legge regionale della Calabria n. 13 del 2008);
   l'immenso valore naturalistico della suddetta area marina è riconosciuto dalla stessa Unione europea, che l'ha inserita nell'elenco dei siti d'interesse comunitario, sottoposti alla tutela della direttiva 43/92/CEE «Habitat-Rete Natura 2000» –:
   se siano a conoscenza dei fatti suesposti;
   quali iniziative immediate di competenza ritenga il Governo necessarie e improrogabili per la tutela dei siti protetti e di interesse comunitario sottoposti al rischio dell'inquinamento eventualmente prodotto dai singoli depuratori nella provincia di Vibo Valentia;
   se si intenda promuovere, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, un'indagine epidemiologica nell'area di cui in premessa. (4-06457)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 1999 in località Pontrelli, agro di Altamura (Bari), fu scoperta una grande area contenente orme di dinosauri risalenti al Cretacico superiore che per numero, appartenenza a varie specie di dinosauri – di cui alcuni mai fino ad allora classificati – e stato di conservazione, rappresenta un sito paleontologico di eccezionale rilevanza scientifica;
   con decreto del 24 novembre 2000, il direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali riconosceva gli «immobili contenenti le impronte dei dinosauri ... di interesse particolarmente rilevante ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490» e li sottoponeva «a tutte le disposizioni di tutela contenute nel richiamato decreto legislativo n. 490 del 1999»;
   tale sito insiste su una vecchia cava dismessa tuttora di proprietà privata;
   ad oggi mancano interventi di messa in sicurezza, di valorizzazione e di fruizione del sito paleontologico;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la regione Puglia hanno da sempre evidenziato che l'acquisizione al patrimonio pubblico della predetta area è condizione preliminare e necessaria affinché si possano impegnare risorse economiche pubbliche per interventi finalizzati allo studio, alla conservazione, alla valorizzazione e fruizione del sito;
   con deliberazione n. 18 del 14 marzo 2014, la giunta comunale del comune di Altamura (Bari) ha dato atto della disponibilità nel bilancio di previsione dell'anno 2013 della somma di 535.000,00 euro stimata sufficiente per l'acquisizione al patrimonio dell'ente comunale del sito paleontologico denominato «cava dei dinosauri» sito in Cava Pontrelli, disponibilità confermata dalla manifestazione di interesse all'acquisizione al patrimonio pubblico comunale e dalla autorizzazione all'utilizzo della somma necessaria alla procedura, rimandando il provvedimento di esproprio alla competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo titolare del procedimento, precisando che sarebbe stata cura del Ministero provvedere all'accesso al sito mediante pubblica via e che le eventuali spese eccedenti sarebbero state a carico del Ministero stesso –:
   come si stia procedendo circa l'esproprio dell'area denominata «Cava Pontrelli» ubicata nel  comune di Altamura (Bari) e quali azioni siano state intraprese per la definitiva acquisizione pubblica e successiva tutela e fruizione del sito paleontologico «cava dei dinosauri». (4-06452)


   CIRIELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la realizzazione del Fondovalle del Calore Salernitano, opera viaria strategica di collegamento tra le aree interne del Cilento e della Valle del Sele, è un'annosa questione, che si trascina da oltre dieci anni, tra pareri favorevoli, sospensioni dei lavori in corso e vertenze con la Soprintendenza;
   il finanziamento del progetto iniziale dell'opera risale, infatti, al lontano 1986, ma, per una serie di assurdi e strumentali intoppi burocratici, la realizzazione dell'asse stradale non è stata ancora ultimata;
   la sospensione cautelare dei lavori relativi al 1o lotto funzionale, disposto dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Salerno e Avellino, sembrava essere stata fortunatamente scongiurata quando il 25 giugno 2013 il TAR ha confermato la regolarità dell'azione tecnico-amministrativa messa in campo dalla provincia di Salerno;
   in particolare, il Tar, esprimeva cinque concetti molto chiari: 1) l'opera è munita ab origine del parere; 2) i lavori sono stati eseguiti in costanza di validità dell'autorizzazione paesaggistica; 3) i lavori sono conformi al tracciato; 4) i lavori non conformi per i materiali utilizzati per i ponti sono sanabili; 5) il diniego di sanatoria contrasta con la disponibilità manifestata dalla Soprintendenza in sede di accordo preliminare;
   nonostante si auspicasse una proficua collaborazione da parte della Soprintendenza per l'adozione degli atti finalizzati all'immediata riapertura dei cantieri e nonostante i numerosi tentativi fatti dall'amministrazione provinciale per evitare anni di ricorsi, è intervenuto un ennesimo stop ai lavori;
   in particolare, la Soprintendenza, insistendo in un atteggiamento che all'interrogante appare ostruzionistico e contrario al principio di leale collaborazione che dovrebbe connotare l'operato delle pubbliche amministrazioni, ricorreva in appello al Consiglio di Stato, opponendosi alla sentenza del Tar, che in primo grado aveva accolto le richieste della provincia;
   anche questa occasione il giudice, con sentenza del 4 settembre 2014, ha definitivamente accertato la regolarità della procedura della provincia e condannato i Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle politiche agricole alimentari e forestali, che dovranno altresì risarcire gli enti denunciati per le spese sostenute;
   rimane però il grave danno per la provincia di Salerno causato dai ricorsi temerari intentati dalla Soprintendenza, il cui ristoro non è certo se spetterà ai Ministeri condannati o se l'Ente sarà costretto ad adire la Corte dei Conti;
   sulla scorta della sentenza del Consiglio di Stato la Soprintendenza dovrebbe limitarsi a recepire le indicazioni espresse e dare rapido corso ai lavori, ma il timore che continui a sottrarsi al dialogo con le istituzioni e ad accanirsi in questa dannosa battaglia che, oltre a bloccare la realizzazione di una strategica infrastruttura per il territorio, ha anche determinato la crisi economica per aziende e lavoratori impegnati nel completamento dell'opera;
   sulla questione sono già stati presentati gli atti di sindacato ispettivo n. 4-02229 e n. 4-03093 al fine di interrogare il Governo sull'opportunità di verificare l'esistenza di eventuali responsabilità nell'inerzia della Soprintendenza, ma ad oggi il Ministro interrogato non si è ancora pronunciato;
   la fondovalle del Calore salernitano rappresenta un'opera infrastrutturale di fondamentale importanza per lo sviluppo del territorio a sud della provincia di Salerno, anche sul piano economico e turistico, in quanto collega aree interne del Cilento e del Vallo della Lucania con gli agglomerati industriali della Valle del Sele;
   tale paradossale e assurda vicenda conferma l'urgente necessità di intervenire con una riforma strutturale nel complicato mondo delle norme che disciplinano le opere pubbliche e gli strumenti giudiziari che ne possono bloccare il completamento;
   l'intrigato corpo normativo sta sempre più rappresentando un ostacolo alla crescita economica, al miglioramento delle condizioni di vita di tanti cittadini salernitani e al «sistema Salerno» che rischia di non sviluppare appieno le sue grandi potenzialità;
   sono numerose, infatti, le opere bloccate dalla burocrazia nel Salernitano, dal Crescent alla cittadella giudiziaria al trincerone ferroviario a Cava de’ Tirreni;
   soprattutto in questo momento di forte crisi socio-economica e occupazionale non ci si può permettere il lusso di lungaggini burocratiche che paralizzano ulteriormente lo sviluppo del territorio salernitano –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare per accertare eventuali responsabilità nell'inerzia della Soprintendenza, che ha portato, a giudizio dell'interrogante, a un sicuro danno per la provincia di Salerno. (4-06453)


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con un appalto spregiudicato che, ad avviso dell'interrogante è stato assegnato con modalità spregiudicate, come denunciato dieci giorni fa, a cui sono stati invitati solo pochi prescelti, con una procedura al limite, gli scavi nella collina dei Giganti di Mont'e Prama sono stati aggiudicati ad una società marchiata Lega Coop;
   si tratta di una società qualificata da ITALFERR Spa e dalla SAIPEM Spa;
   una società che fa parte integrante del sistema della LEGACOOP di Reggio Emilia;
   il cuore dell'operazione si svolge nella regione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini;
   in tutta l'operazione emerge un filo rosso ad avviso dell'interrogante davvero inquietante che, se confermato, darebbe davvero un quadro ancora più devastante dell'operazione di Stato sui Giganti di Mont'e Prama;
   a presiedere la Archeosistemi, società cooperativa, vincitrice dell'appalto è la tale Lorenza Bronzoni, di Montecchio Emilia;
   un filo rosso che ha, però, una prima rilevante certezza: la società a cui è stato aggiudicato il lavoro è direttamente legata alla Lega Coop, ovvero il sistema delle coop rosse;
   su questo sta emergendo un quadro davvero grave per le modalità con le quali il Ministero ha portato avanti questo scellerato progetto apparentemente volto a far fuori gli archeologi sardi per far entrare quelli della società delle coop rosse di Reggio Emilia;
   su questo ennesimo misfatto di stato contro la Sardegna sarà promossa una durissima mobilitazione per scongiurare questo «scippo»;
   un'operazione che lascia davvero sconcertati per le modalità con le quali si sta portando avanti;
   il sito del Ministero non da conto delle procedure e ad oggi non è fatto cenno alle modalità di selezione e quelle successive di aggiudicazione;
   in tal senso si segnala che dopo che per 4 giorni il movimento identitario Unidos ha illuminato a giorno il sito di Mont'e Prama per garantire l'estrazione del Gigante ritrovato nei giorni scorsi;
   l'intera area è senza alcuna protezione e durante la notte è totalmente al buio;
   è ora di dare luce ai Giganti di Mont'e Prama e dire basta con il buio di Stato sulla storia millenaria della Sardegna;
   l'atteggiamento ad avviso dell'interrogante vergognoso dello Stato e della stessa regione sulla più affascinante e straordinaria scoperta archeologica nel Mediterraneo non è più tollerabile;
   il lavoro straordinario ed encomiabile degli archeologi delle università di Sassari e Cagliari non può essere svilito senza mostrare un minimo rispetto per quelle scoperte che stanno cambiando i connotati della storia della Sardegna;
   l'abbandono totale a cui è costretto il sito degli scavi e le azioni reiterate del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per estromettere gli archeologi sardi e sostituirli con le soprintendenze di Stato sono elementi sufficienti per una reazione dura e senza mezzi termini;
   l'azione del movimento Unidosina ha un valore simbolico ma anche un'azione concreta per sopperire alle inefficienze di Stato è di regione che non sono stati in grado di allertare protezione civile e strutture simili in grado di garantire la massima sicurezza e protezione al sito;
   per la guardie giurate i professori delle università si sono dovuti autotassare per pagare un servizio minimo di guardiania, mentre per l'illuminazione e le protezioni dell'area niente è stato fatto a conferma del sostanziale dispregio delle istituzioni;
   questi ritrovamenti che stanno segnando gli scavi nel Sinis cambiano non solo il passato ma anche il futuro della Sardegna;
   si tratta di un complesso statuario unico nel Mediterraneo che in qualsiasi altra parte del mondo sarebbe stato valorizzato, anche negli scavi, millimetro dopo millimetro;
   qui, invece, si è costretti ad azioni eclatanti per far rispettare quello che ovunque sarebbe stato un diritto scontato;
   a Mont'e Prama si scava nella storia più antica del mondo e quel sito viene trattato secondo l'interrogante come un parcheggio di periferia;
   esponenti del governo regionale e nazionale in realtà non hanno fatto e non fanno niente per mettere in sicurezza il sito e per garantire l'immediata valorizzazione del grande lavoro che gli archeologi sardi stanno mettendo in campo;
   servono interventi urgenti e non propaganda spicciola;
   le istituzioni nazionali e regionali devono stanziare soldi veri e non fare promesse;
   deve essere chiesto l'ausilio della Brigata Sassari, della Forestale e della protezione civile;
   quel sito deve essere illuminato permanentemente a giorno e presidiato non da un'occasionale guardia giurata;
   va respinto il gravissimo tentativo del Ministero di tagliare fuori gli archeologi delle università di Sassari e Cagliari protagonisti di questa campagna di scavi;
   la comunicazione di ieri della Soprintendenza fatta ai due atenei è foriera di un tentativo dello Stato di «mettere le mani» sui Giganti di Mont'e Prama;
   tutto questo deve essere impedito;
   gli archeologi che stanno riportando alla luce quello che si configura come il più grande sistema unitario statuario delle grandi civiltà del Mediterraneo devono essere protagonisti dell'intera campagna di scavi –:
   se non ritenga di dover affidare i fondi per gli scavi alle università di Cagliari e Sassari per il prosieguo della campagna di scavi di Mont'e Prama;
   se non ritenga di dover rispettare il ruolo delle università sarde garantendo la loro direzione lavori e l'attività di scavo nel sito;
   se non ritenga di dover stanziare risorse utili a mettere in sicurezza l'intero sito, compresa l'illuminazione immediata del sito;
   se non ritenga di dover provvedere all'acquisto delle aree oggetto di campagna di scavi. (4-06458)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   MOSCATT. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 6o concorso per AUFP bandito dall'Esercito italiano ha selezionato nei settori dell'ingegneria delle telecomunicazioni, della chimica, della meccanica, dell'elettronica e dell'ingegneria civile, laureati che sono risultati in possesso delle competenze e delle attitudini per essere reclutati;
   il numero degli idonei è più ampio rispetto al numero dei vincitori, pur risultando la situazione complessiva circoscritta a piccoli numeri;
   esistono norme di legge che consentono di mantenere aperte le graduatorie a favore degli idonei –:
   se nel caso di specie il Ministero della difesa intenda adottare il criterio dell'esaurimento degli idonei attraverso il reclutamento degli stessi in tempi successivi o considerare non più utile per il futuro il requisito dell'idoneità conseguito dai partecipanti al concorso sopraindicato;
   se ritenga utile, tenendo conto della difficoltà che incontrano anche i giovani qualificati a collocarsi nel mondo di lavoro, comunicare agli interessati la decisione che intende assumere. (4-06446)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MANZI e BOSSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli istituti pubblici di educazione femminile, finalizzati ad assicurare alle allieve, l'educazione, lo sviluppo fisico-intellettuale e l'istruzione, trovano la loro disciplina nel regio decreto 23 dicembre 1929, n. 2392 e nel regio decreto 1o ottobre 1931, n. 1312, entrambi poi abrogati e di fatto confluiti nell'articolo 204 del decreto legislativo 297 del 1994, il cosiddetto testo unico della scuola;
   a tali istituti l'articolo 204 del decreto legislativo 297 del 1994 attribuisce personalità giuridica pubblica e pertanto, anche se operano in ambito locale, dipendono dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sono sottoposti alla tutela degli uffici scolastici regionali, cui sono inviati, per l'approvazione, gli atti e le deliberazioni dei consigli di amministrazione;
   nel tempo e dato l'esaurirsi della funzione svolta, alcuni di questi istituti si sono estinti o hanno assunto altra natura giuridica ed il loro patrimonio è stato trasferito ad altri enti, ma rientrando essi nell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, si è dovuto intervenire con leggi ad hoc, come nel caso dell'estinzione del conservatorio delle Montalve alla Quiete di Firenze e trasferimento del relativo patrimonio all'università degli studi di Firenze, avvenuti con la legge 176 del 1992;
   ad oggi altri istituti pubblici di educazione femminile vivono situazioni di gravi difficoltà ed abbandono, a causa del venir meno della domanda e quindi della funzione educativa svolta, ma di fatti mancano atti ad hoc che ne autorizzino la liquidazione;
   in generale, invece, tali casi potrebbero avere una definitiva soluzione con l'attuazione dell'articolo 2, comma 642, della legge finanziaria per il 2008 (legge 244 del 2007), che ha affidato ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'individuazione e la messa in liquidazione dei convitti nazionali e degli istituti pubblici di educazione femminile, di cui al regio decreto 2392 del 1929 e alle tabelle annesse al regio decreto 1312 del 1931, che abbiano esaurito il proprio scopo o fine statutario o che non risultino più idonei ad assolvere la funzione educativa e culturale cui sono destinati;
   ad oggi tuttavia tale decreto ministeriale non risulta essere stato ancora adottato –:
   se i Ministri interrogati possano dare riscontro in ordine a quanto sopra descritto ed, in particolare fornire informazioni utili in merito all'emanazione del decreto di cui all'articolo 2, comma 642, della legge finanziaria per il 2008 (legge 1244 del 2007). (5-03803)


   CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è il Paese europeo a più alta densità di veicoli motorizzati a due ruote circolanti sulle strade;
   secondo i dati forniti dall'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori — Confindustria ANCMA — sulle strade italiane circolano, infatti, 8,5 milioni di veicoli a due ruote, di cui 2 milioni ciclomotori e 6,5 milioni motocicli; la presenza di così tanti veicoli si traduce, inevitabilmente, in un maggior coinvolgimento degli stessi in incidenti stradali;
   il numero degli incidenti, delle vittime e dei feriti riferiti ai ciclomotori e ai motocicli è progressivamente diminuito nel corso degli ultimi anni; dal 2007 il trend delle vittime è in calo; negli ultimi 5 anni i morti e i feriti si sono ridotti del 42 per cento, ciononostante, esistono ancora significativi margini di miglioramento in tema di sicurezza stradale;
   la diffusione di capi di abbigliamento tecnico per i conducenti di ciclomotori e motocicli, idonei a ridurre le conseguenze dell'incidentalità, è, oggi, piuttosto marginale, sia per una certa resistenza culturale, sia per il costo di tali protezioni;
   l'industria nazionale dell'abbigliamento protettivo rappresenta una delle più importanti produzioni manifatturiere in Europa e nel mondo, sia in termini quantitativi, sia, soprattutto, per la qualità dei prodotti e dei processi produttivi, anche grazie ad importanti investimenti nell'innovazione tecnologica, che costituiscono il vero valore aggiunto della produzione nostrana;
   le aziende italiane di abbigliamento protettivo generano un fatturato di circa 300 milioni di euro, corrispondente a circa il 10 per cento del giro d'affari complessivo dell'industria motociclistica e il settore impiega circa 1.400 occupati;
   opportune politiche di incentivazione all'utilizzo di tali dispositivi di protezione individuale porterebbe evidenti effetti positivi in termini di riduzione della fatalità e della mitigazione delle lesioni;
   l'introduzione di sgravi fiscali per l'acquisto di tali dispositivi di protezione individuale potrebbe essere un valido incentivo al miglioramento della sicurezza stradale e alla tutela dell'incolumità dei conducenti e dei passeggeri di ciclomotori e motocicli;
   il minore gettito conseguente all'introduzione di tali agevolazioni fiscali per incentivare l'impiego di abbigliamento protettivo sarebbe in parte compensato sia dai maggiori introiti IVA derivanti dall'incremento delle vendite, sia dalla significativa diminuzione dei costi sociali e sanitari –:
   quale sia l'onere per il bilancio dello Stato derivante dall'introduzione di un'agevolazione corrispondente alla detrazione fiscale, ai sensi dell'articolo 15, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, di un importo corrispondente al 50 per cento delle spese sostenute per l'acquisto delle dotazioni di protezione per uso motociclistico.
(5-03804)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PIRAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la grave crisi del comparto industriale sardo ha creato, in questi ultimi anni, un pesantissimo danno all'economia dell'isola;
   l'Eni, Ente nazionale idrocarburi, sta attuando in Italia e in particolare in Sardegna una politica reiterata di dismissioni e disimpegno dal settore della chimica;
   la Versalis spa è una società chimica del gruppo Eni che a Sarroch (Cagliari) impiega 400 lavoratori tra diretti e indotto;
   è del giugno 2014 la notizia, diffusa dai sindacati, che Eni intendeva disimpegnarsi per quanto riguardante gli impianti di Versalis (ex Polimeri Europa) di Sarroch;
   la Saras il 30 settembre 2014 attraverso un suo comunicato ha diffuso la notizia che Sarlux, controllata del gruppo Saras, ha raggiunto un accordo preliminare con Versalis per l'acquisizione di un ramo di azienda composto da alcuni impianti e del relativo personale dello stabilimento di Sarroch;
   l'accordo preliminare per l'acquisizione da parte della Sarlux non è accompagnato, allo stato attuale delle cose, da alcun piano industriale né dà alcuna rassicurazione riguardo al futuro dei lavoratori;
   il Ministero dell'economia e delle finanze ha il controllo di fatto in Eni spa in forza della partecipazione detenuta sia direttamente sia indirettamente tramite Cassa depositi e prestiti spa;
   la cessione dello stabilimento di Sarroch, insieme all'annullamento della riapertura dell'impianto di cracking di Porto Marghera (Venezia) che avrà ripercussioni anche su Mantova, Ferrara e Ravenna, sembra essere strettamente connessa al piano di investimenti di 50 miliardi in 6 anni di Eni in Mozambico annunciato a luglio 2014 dal Governo italiano e dai vertici dell'azienda;
   appare evidente, anche nel caso in cui vada in porto l'accordo per la cessione degli impianti alla Saras, che è altamente probabile che solo una parte dell'impianto venga ceduto e che ciò avrebbe ricadute pesantissime sull'occupazione;
   il giorno 9 ottobre 2014, presso la sede di Confindustria di Cagliari, si sono incontrate la Versalis Spa e le segreterie territoriali FILCTEM CGIL, FEMCA CISL, UILTEC UIL, l'azienda ha comunicato le aree dello stabilimento non coinvolte dalla cessione che saranno sottoposte a bonifica e messa in sicurezza e in cui lavoreranno gli operai in esubero dal progetto Sarlux;
   le parti hanno condiviso la necessità di attivare specifici tavoli riguardo all'individuazione della popolazione che, maturando nei prossimi anni i requisiti pensionistici, potrà accedere al programma di mobilità, secondo le regole previste dall'accordo sindacale vigente; alla definizione del modello organizzativo e dei profili professionali funzionali alla gestione transitoria e finale delle attività di pertinenza Versalis; all'individuazione delle opportunità di riallocazione delle risorse presso altre realtà Versalis ed eventualmente di gruppo –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere per promuovere urgentemente la costituzione di un tavolo con i vertici di Eni in merito alla vertenza Versalis, per vigilare sulle intenzioni future di Eni, degli altri investitori pubblici, e in maniera diversa su quelle di Saras e delle sue partecipate, per salvaguardare la totalità dei posti di lavoro occupati nel settore attivare attività di scouting e per esercitare un ruolo attivo nella ricerca di partner e investitori.
(4-06433)


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è stato firmato dall'amministratore delegato di Equitalia, Benedetto Mineo, e dal presidente nazionale di Adiconsum, Pietro Giordano, il protocollo d'intesa a carattere nazionale che pone le basi per una capillare cooperazione sul territorio, finalizzato a rendere più agevole e rapido il rapporto con i contribuenti;
   con la successiva sottoscrizione delle convenzioni a livello territoriale, è prevista l'attivazione di sportelli telematici a cui gli associati potranno rivolgersi per ottenere una consulenza dedicata e fissare un appuntamento presso le sedi locali per risolvere le situazioni più complesse e delicate;
   diverse associazioni a tutela dei cittadini sono state «tagliate fuori» come, ad esempio, «CODICI» Centro per i diritti del cittadino, la quale è un'associazione di cittadini impegnata ad affermare, promuovere e tutelare i diritti dei cittadini, con particolare riferimento alle persone più indifese ed emarginate, che si è occupata negli anni anche di Equitalia –:
   cosa intenda fare il Governo per far sì che tutte le associazioni che aiutano i cittadini abbiano la possibilità di procedere all'attivazione di uno sportello telematico dedicato ad Equitalia. (4-06456)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCHIRÒ, MARTELLA, ZOGGIA, MURER e MOGNATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da molti anni il comune di Venezia eroga delle borse-lavoro in favore dei detenuti e delle detenute indigenti, ristretti negli istituti penali della città;
   i sostegni al reddito vengono impiegati per i detenuti/e in fase di dimissione, per consentire loro di uscire avendo accantonato un minimo reddito con cui fronteggiare le prime necessità;
   a fronte del riconoscimento di tali contributi, viene richiesto ai detenuti/e di impegnarsi in una qualche attività che ne promuova il percorso di recupero o che consenta il loro avviamento ad attività lavorative gestite dalle cooperative sociali «Rio Terà dei Pensieri» ed «Il Cerchio», che producono beni e servizi di qualità, resi alla città, ai cittadini ed ai visitatori di Venezia ed apprezzati per il valore intrinseco oltre che per quello sociale, tanto che, i prodotti ed i punti vendita, vengono segnalati in numerose guide turistiche e siti su Venezia;
   le borse lavoro rappresentano non solo l'inizio di un percorso riabilitativo e l'avvio di un percorso lavorativo all'interno del carcere per persone che vivevano di espedienti e senza regole, ma, soprattutto, un volano per raggiungere un vero contratto di lavoro all'interno degli istituti di pena ed anche all'esterno;
   ad oggi, sono circa 60 persone in pene alternative e 30 gli ex-detenuti che lavorano con la Cooperativa «Il Cerchio» con contratti a tempo determinato e con professionalità ormai acquisite –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare ogni iniziativa di competenza al fine di sostenere l'erogazione delle succitate borse-lavoro e lo sviluppo delle attività così faticosamente avviate che innescano processi virtuosi e di economia.
(4-06448)


   PRATAVIERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la sera del 22 gennaio 1991 un uomo entrò nella pasticceria gestita da Sandra Casagrande, una vedova di 44 anni, sotto i portici di via Roma a Roncade, in provincia di Treviso, e la uccise brutalmente con 22 pugnalate;
   l'indagine, nei confronti di «ignoti», viene archiviata quasi subito, il 17 luglio dello stesso anno, neanche sei mesi dopo il brutale omicidio, e nel contempo vennero bruciati anche gli abiti della vittima;
   per l'efferatezza del delitto, del caso si sono occupate anche diverse televisioni sia all'epoca che anche più recentemente nelle trasmissioni Rai «Detto Tra Noi» e «Chi l'ha visto ?» dove la telefonata in diretta sul caso era stata acquisita anche dalla procura come elemento di prova;
   nel 2009 il caso venne riaperto dall'allora procuratore Antonio Fojadelli perché pare ci fosse un nuovo indizio, relativo al ritrovamento su una tenda della pasticceria di alcune macchie di sangue non appartenenti alla vittima, Sandra, ma forse all'assassino e all'individuazione del profilo genetico dell'assassino sulle banconote sporche di sangue usate a un distributore Agip di Biancade la notte del delitto;
   dal 2009 ad oggi la famiglia di Sandra Casagrande, in particolare la sorella Bianca ormai alla soglia dei 90 anni, sta ancora aspettando che sia fatta giustizia e di conoscere chi sia il colpevole del brutale omicidio;
   la sorella Bianca ha già scritto a diverse autorità, compresi i precedenti Ministri della giustizia, ma a tutt'oggi non si conosce quali siano gli esiti delle nuove indagini e chi abbia ucciso la giovane commerciante trevigiana dopo oltre vent'anni dall'omicidio;
   la certezza del reato, la certezza del processo e la certezza della pena sono i pilastri su cui deve necessariamente poggiare un sistema che voglia garantire una giustizia reale;
   il diniego di giustizia e l'impunità a chi ha compito un reato rappresenta un atto di resa da parte dello Stato alla criminalità, un attentato alla Giustizia e un ulteriore atto di ingiustizia nei confronti delle vittime e dei loro familiari –:
   se il Ministro sia a conoscenza del caso citato in premessa e se, alla luce di quanto esposto, reputi necessario inviare un'ispezione ministeriale presso la procura di Vicenza ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza. (4-06459)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LIBRANDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 201 «Notificazione delle violazioni» del codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, dispone al comma 1 che le violazioni del codice devono essere immediatamente contestate al trasgressore, ovvero, a fronte della impossibilità della immediatezza della contestazione, che la pubblica amministrazione ha novanta giorni di tempo per notificare il verbale al trasgressore;
   il suddetto termine di novanta giorni è frutto della modifica introdotta dal legislatore al codice della strada con l'articolo 36 della legge 29 luglio 2010, n. 120, che, in ossequio ai principi di efficienza e speditezza dell'azione amministrativa, ha ridotto il precedente termine di centocinquanta giorni;
   il comma 1-bis dell'articolo 201 del Codice della strada elenca le ipotesi in cui l'immediatezza della contestazione non è necessaria, includendo tra queste i casi di accertamento della violazione per mezzo di apparecchi elettronici di rilevamento che consentono la determinazione dell'illecito in tempo successivo, essendo il veicolo oggetto del rilievo a distanza dal posto di accertamento e comunque nell'impossibilità di essere fermato in tempo utile;
   il comma 1-ter del medesimo articolo precisa che, nell'ipotesi in cui la contestazione non avviene immediatamente, la pubblica amministrazione è tenuta a precisare, nel verbale di notifica inviato al trasgressore, i motivi per cui non è stato possibile procedere con la contestazione immediata;
   in alcune fattispecie di trasgressione — in particolare nell'ipotesi di violazione dei limiti di velocità — le moderne apparecchiature elettroniche in dotazione delle pubbliche amministrazioni consentono l'accertamento immediato da parte degli operatori di polizia locale, dal momento che l'invio dei fotogrammi digitali alla centrale operativa avviene in tempo reale;
   alcune amministrazioni territoriali (tra queste il comune di Milano), per evitare che la decorrenza del termine di notifica previsto dal legislatore nazionale annulli la validità della sanzione, interpretano estensivamente il termine iniziale (dies a quo) per la notificazione del verbale di accertamento. L'interpretazione estensiva considera dies a quo non il momento in cui l'infrazione è accertata dal dispositivo elettronico, bensì quello in cui l'operatore di polizia locale visiona il fotogramma concernente l'infrazione;
   il numero crescente di apparecchiature di rilevamento a disposizione delle amministrazioni locali collocate nell'intero perimetro urbano produce un aumento esponenziale degli accertamenti e, di conseguenza, un potenziale aumento dei carichi di lavoro per le amministrazioni territoriali;
   l'interpretazione estensiva del termine indicato dall'articolo 201 del Codice della strada è lesivo del diritto alla difesa dei cittadini, dal momento che costoro, a distanza di tempo dall'infrazione, hanno maggiori difficoltà a ricordare dettagli utili per valutare l'opportunità di presentare ricorso in opposizione al verbale di accertamento;
   tale interpretazione è inoltre in palese violazione del principio fissato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 198 del 1996 in materia di notifica. Secondo l'interpretazione della Corte costituzionale il dies a quo della notifica è da considerarsi quello in cui l'amministrazione è posta nelle condizioni di agire e non quello in cui, assecondando la distribuzione dei carichi di lavoro interni, l'amministrazione valuta discrezionalmente la possibilità di agire;
   l'interpretazione estensiva è altresì lesiva dello spirito della norma dettata dall'articolo 201 del Codice della strada, poiché viola i principi di certezza del diritto, di buona amministrazione e di speditezza dell'azione amministrativa –:
   se il Ministro, a fronte delle ricadute negative per i cittadini prodotte dall'interpretazione estensiva dell'articolo 201 del Codice della strada da parte delle amministrazioni locali, non ritenga opportuno l'adozione di una circolare esplicativa in merito alla decorrenza dei termini o una modifica all'articolo 201, comma 1, del Codice della strada con la precisazione del dies a quo del termine di 90 giorni concessi all'amministrazione per notificare il verbale di accertamento. (5-03805)


   GAROFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 6 ottobre 2014, su un quotidiano online di Messina e provincia, è stato riportato integralmente il racconto di un viaggiatore e del suo «viaggio della speranza» per raggiungere, dalla Sicilia, il «Continente»;
   il racconto, che fa eco a centinaia di sfoghi dello stesso tenore pubblicati sui social in queste settimane, mette in evidenza e sintetizza tutte le difficoltà che affrontano i viaggiatori siciliani che, arrivati alla stazione di Messina a bordo di un treno, devono raggiungere Villa San Giovanni o altre destinazioni fuori dalla Sicilia;
   in particolare il racconto denuncia come, lungi dal semplificare la già complicatissima vita dei passeggeri meridionali, FS ignori le più elementari norme di un trasporto pubblico che funzioni tanto che chi, come la protagonista della vicenda riportata, con un treno regionale arriva alla stazione centrale di Messina non può salire a bordo della nave RFI per attraversare lo Stretto, se non in possesso di un biglietto FS nazionale, e si trova costretto dalla stazione centrale a recarsi all'imbarco privato se vuole raggiungere la Calabria;
   anche chi è in possesso di un biglietto FS per destinazioni nazionali, una volta raggiunta la stazione centrale è costretto, spesso, ad una lunga attesa prima che arrivi la nave RFI che effettua il traghettamento, in contrasto con il principio di efficienza del trasporto pubblico e di economia in termini di tempo e con il rischio di perdere la coincidenza con il treno in partenza da Villa San Giovani per altre destinazioni nazionali;
   in passato, per evitare estenuanti tempi di attesa in stazione, i passeggeri scendevano dal treno e attraversavano lo Stretto a bordo della nave passeggeri Bluferries;
   la possibilità di effettuare questo «trasbordo» non è più consentita da quando Bluferries ha deciso di non offrire più il collegamento per i passeggeri tra la stazione di Messina e quella di Villa San Giovanni con la conseguenza che, attualmente, la continuità territoriale tra le due sponde è garantita ai passeggeri solo dal servizio di collegamento rapido Metromare e dall'operatore privato che diventa l'unico ad assicurarlo quando, nel week end, Metromare si ferma;
   l'operatore privato attracca a un chilometro circa dalla stazione di Villa San Giovanni e non esistono servizi che colleghino i passeggeri con la stazione centrale, con la conseguenza che gli stessi – di qualunque età, in qualunque condizione fisica compresi anziani, invalidi, donne incinte, famiglie con bambini e con bagagli al seguito – sono costretti a percorrere a piedi la strada che dall'approdo porta alla stazione;
   a peggiorare ulteriormente la situazione, già paradossale nel 2014 per un Paese come l'Italia, si aggiunge che i privati non sono tenuti a coordinare le proprie corse all'orario dei treni con la conseguenza che, spesso, i passeggeri sono costretti a partire con larghissimo anticipo o a fare corse al cardiopalma per non perdere il treno;
   la situazione di progressivo peggioramento del trasporto pubblico in generale, da e per la Sicilia, è tale da ingenerare negli utenti siciliani, in particolare nei più giovani, un senso di generale sfiducia in qualsivoglia cambiamento migliorativo e di rassegnazione all'idea di abbandonare l'isola, a sua volta abbandonata dallo Stato;
   questa politica di disattenzione nei confronti del sistema di trasporto siciliano – che si traduce in ritardi, mancanza di pulizia, utilizzo di vetture vetuste, servizi ai passeggeri nulli, inadeguati servizi di collegamento marittimi e ferroviari, infrastrutture fatiscenti all'interno degli scali sia marittimi che ferroviari – oltre a produrre un'insoddisfazione complessiva nei confronti del servizio pubblico di trasporto in Sicilia, preclude qualsiasi prospettiva di crescita e di sviluppo economico dell'isola, sempre più difficile da raggiungere;
   lo scorso primo ottobre è stato siglato un accordo di programma con il quale lo Stato trasferisce alla Regione le funzioni e le competenze dei rapporti con le ferrovie –:
   quali valutazioni intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non ritenga opportuno intervenire con FS affinché riduca i tempi di attesa per l'imbarco dei treni e consenta, altresì, l'imbarco sulla nave destinata ai treni, anche ai passeggeri che sono in possesso di un biglietto regionale FS, facilitando, almeno per loro, l'attraversamento dello Stretto;
   se sia a conoscenza della situazione di estremo degrado e inefficienza in cui si trovano i servizi di collegamento ferroviari e marittimi tra Messina e Villa San Giovanni;
   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza propria, in sede di prossima stesura del contratto di servizio per il trasporto ferroviario intervenire presso Trenitalia affinché sia garantita maggiore efficienza negli standard qualitativi offerti, a viaggiatori e pendolari siciliani, in considerazione dei disagi e delle inefficienze che persistono nell'ambito dei servizi di collegamento nell'area dello Stretto;
   se le evidenti condizioni di precarietà dei servizi di collegamento e di transito per un fondamentale incrocio della viabilità quale quello tra Villa San Giovanni e Messina, costituiscano una violazione del principio di continuità territoriale, che oltre ad essere costituzionalmente garantito, rappresenta uno dei presupposti da rispettare, nell'ambito della concessione del servizio di trasporto ferroviario e marittimo. (5-03806)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALPERTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2013 sono stati definiti «criteri e modalità con cui ripartire il Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario»;
   tale decreto introduce in via graduale un criterio di efficientamento nella ripartizione alle regioni del fondo nazionale, da suddividersi in un (iniziale) 90 per cento basato sulla spesa storica e in un 10 per cento (incrementabile di due punti percentuali ogni biennio), basato sul rispetto da parte di ciascuna regione dei criteri dettati dall'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (e successive modificazioni e integrazioni), quali:
    a) un'offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico;
    b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;
    c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata;
    d) la definizione di livelli occupazionali appropriati;
    e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica;
   l'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dispone, a partire dal 2014, che le regioni, entro il 15 giugno di ciascun anno, trasmettono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed all'Osservatorio i risultati della attività di riprogrammazione dei servizi effettuata nell'anno precedente sull'intero comparto del trasporto pubblico locale e del servizio ferroviario regionale al fine del raggiungimento dei succitati obiettivi di efficientamento e l'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede che la ripartizione delle risorse del fondo nazionale trasporti sia definita entro il 30 giugno di ogni anno mediante decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata;
   ad oggi non risulta essere stata ancora definita la ripartizione delle risorse degli anni 2013 e 2014 a favore delle regioni per quanto attiene la quota del 10 per cento legata ai criteri di efficientamento e che in tal modo le regioni che presentano un servizio d trasporto pubblico locale virtuoso non possono beneficiare di importanti risorse;
   la mancata attuazione del decreto del Presidente Consiglio dei ministri del 2013 contrasta con i ricorrenti richiami alla necessità di operare una seria politica di spending review e di progressivo abbandono del criterio della spesa storica a favore dei costi standard –:
   quali siano le ragioni del ritardo nell'emanazione dei decreti di assegnazione del 10 per cento del fondo nazionale trasporti per gli anni 2013 e 2014;
   entro quale termine si presuma sarà posto rimedio a tale ritardo. (4-06429)


   COMINELLI e GALPERTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per realizzare la massicciata dei binari della linea dell'alta velocità ferroviaria nella provincia di Brescia, il Consorzio Cepav 2 (Consorzio Eni per l'alta velocità) responsabile della tratta Milano-Verona ha chiesto di aprire sei nuove cave di prestito per un totale di 11 milioni di metri cubi di ghiaia e sabbia;
   l'autorizzazione per la realizzazione delle cave di prestito arriva direttamente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e non sono in alcun modo sottoposte ai vincoli autorizzativi degli enti locali. L'obiettivo di tale procedura è quello di mettere i costruttori di opere di pubblica utilità nelle condizioni di avere materiale inerte vicino ai cantieri, per limitare gli extra costi dovuti al trasporto;
   le nuove sei cave andrebbero a ricadere nei territori dei comuni di Castenedolo, Calcinato, Castelnuovo, Lograto, Montichiari dove sono già presenti bacini estrattivi inseriti nel piano cave che attualmente, complice la tragica crisi del settore, sono di molto sotto utilizzati – ad oggi si è estratto meno della metà dei 68 milioni di metri cubi estraibili – e che invece potrebbero rappresentare una risorsa immediatamente utilizzabile;
   la notizia, come evidenziato in due articoli sul Corriere della Sera (del 30 settembre e del 9 ottobre 2014) a firma Pietro Gorlani, è stata commentata negativamente anche dell'Associazione industriale bresciana, per voce di Daniela Grandi, presidente del settore industrie estrattive di Aib, che nelle dichiarazioni al quotidiano afferma «Siamo favorevoli alla realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche, e certamente anche della Tav ma queste grandi opere devono generare indotto, diretto ed indiretto, per i territori su cui insistono. È perciò quantomeno sconcertante che la CEPAV 2 programmi l'apertura di sei nuove cave, usufruendo del salvacondotto ministeriale, senza tenere in minimo conto le risorse già presenti nel territorio». L'Aib avanza inoltre le sue proposte: «Due sono gli aspetti che il Ministro Lupi dovrebbe prendere in considerazione: le cave di prestito previste dalla Cepav non solo creeranno un ulteriore pesante danno ambientale, ma sono anche assurde sotto il punto di vista economico, in quanto contigue a cave già attive e momentaneamente sottoutilizzate a causa delle crisi edilizia. Secondo punto: l'industria della nostra provincia ha a disposizione un'ingente quantità di inerti certificati, derivanti da scorie di fusione, a bassissimo costo, perfettamente idonei allo scopo, che potrebbero fornire in larga misura le quantità di materiale necessario per la realizzazione dei lavori TAV, qualora la disponibilità dei materiali, prelevabili dalle cave già attive, non fosse sufficiente, con il corollario positivo della eliminazione di tali materiali dai piazzali delle aziende e di creazione di valore senza consumo di territorio e di sottosuolo»;
   analoghe perplessità sono state avanzate in più occasioni dai sindaci dei territori della provincia bresciana coinvolti che auspicano una soluzione di buonsenso che tenga conto, prima di aprire altri crateri sul territorio della possibilità di utilizzare le volumetrie residue del piano cave in vigore;
   va inoltre fatto notare che la normativa ambientale disincentiva la realizzazione di crateri in falda, proprio per tutelarla da inquinanti atmosferici e non solo, mentre in questo caso alcune di queste cave andrebbero realizzate in aree dove la falda acquifera viaggia in superficie –:
   se non intenda rivedere le autorizzazioni concesse nell'ottica di valutare l'effettiva necessità dell'apertura di nuove cave in un territorio già fortemente segnato dalla presenza di cave, molte delle quali trasformate in discariche, vista la possibilità di accedere a soluzioni più vantaggiose dal punto di vista delle opportunità economiche, delle positive ricadute occupazionali sul territorio e della tutela ambientale. (4-06435)


   QUARANTA, SCOTTO, ZARATTI e PELLEGRINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   giovedì 9 ottobre sulla città di Genova si è abbattuto un fortissimo temporale che ha causato l'esondazione di vari torrenti;
   durante la notte è stato recuperato il corpo di una persona in via Canevari, deceduta in seguito all'allagamento di un sottopasso;
   i danni complessivi non sono ancora stimabili, non essendo cessata l'emergenza, ma si parla di centinaia di milioni di euro;
   ad aggravare la situazione, la mancata allerta da parte degli enti preposti e le errate previsioni di Arpal che ritenevano la situazione fosse in miglioramento;
   alcuni importati interventi strutturali programmati dal comune, quali il canale scolmatore del Ferregiano e la copertura del tratto terminale del Bisagno, sono bloccati da varie vicissitudini burocratiche amministrative, nonostante sia parere condiviso che la loro realizzazione sia essenziale per la sicurezza idrogeologica di quella parte di città;
   l'allerta meteo 2 è stata proclamata solo nella tarda mattinata di venerdì, quando i danni più ingenti erano già stati causati, e si sta prolungando nei corso di queste ore interessando quasi tutta la Liguria –:
   quali iniziative per quanto di competenza, intendano assumere per affrontare la situazione di grave emergenza che si è creata e quali per evitare che tali eventi si ripetano;
   se non ritengano di assumere iniziative per destinare risorse straordinarie per un piano di interventi contro il dissesto idrogeologico;
   se non ritengano opportuno, per opere pubbliche da cui dipende la sicurezza dei cittadini, assumere iniziative per prevedere procedure più semplici e rapide per favorire la loro realizzazione;
   se ritengano adeguati gli strumenti per poter avere previsioni efficaci e se ritengano necessario dotare di altre tecnologie, anche di derivazione militare, i soggetti amministrativi competenti per avere dati più precisi e puntuali per riuscire a dare l'allerta in tempo utile;
   se non ritengano di assumere iniziative normative per annullare il pagamento di imposte statali per coloro che sono stati colpiti e hanno avuto danni. (4-06440)


   CARLONI, AMENDOLA, BOSSA, CAPOZZOLO, CHAOUKI, COCCIA, FAMIGLIETTI, SALVATORE PICCOLO, SGAMBATO e VALERIA VALENTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2012 – che reca disposizioni urgenti per la continuità dei servizi di trasporto – con i commi da 5 a 10 interviene in materia di trasporto ferroviario regionale campano, delineando una procedura di accertamento dei disavanzi e una conseguente procedura di definizione del piano di rientro, da realizzarsi nel termine di 5 anni, necessarie a riorganizzare e riqualificare il sistema di mobilità regionale su ferro della regione Campania;
   per l'attuazione delle misure relative alla razionalizzazione e al riordino delle società partecipate regionali, recate dal piano di stabilizzazione finanziaria della regione Campania, al fine di consentire l'efficace realizzazione del processo di separazione tra l'esercizio del trasporto ferroviario regionale e la proprietà, gestione e manutenzione della rete, salvaguardando i livelli essenziali delle prestazioni e la tutela dell'occupazione, nel citato articolo 16 comma 5 si dispone che il Commissario ad acta nominato ai sensi dell'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010 per il riordino delle società partecipate della regione Campania, provveda alle necessarie azioni di riorganizzazione, riqualificazione o potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro;
   il comma 6, per garantire la continuità dell'erogazione dei servizi di trasporto pubblico regionale, consente al commissario, nelle more dei tre mesi previsti per la predisposizione del piano di rientro, di adottare ogni atto necessario ad assicurare lo svolgimento della gestione del servizio da parte di un unico gestore a livello di ambito o bacino territoriale ottimale, coincidente con il territorio della regione, con il vincolo di garantire comunque il principio di separazione tra la gestione del servizio e la gestione e manutenzione delle infrastrutture;
   il comma 9 del medesimo articolo 16 ha previsto, per il finanziamento del piano di rientro, l'incremento automatico dell'addizionale regionale IRPEF e dell'IRAP, incremento fino ad allora previsto, ai sensi, da ultimo, del decreto-legge n. 78 del 2010, per il finanziamento del rientro dal disavanzo sanitario; per il finanziamento del piano di rientro, è stato previsto altresì l'utilizzo, nel limite di 200 milioni di euro per gli anni 2012 e 2013, delle risorse del fondo di sviluppo e coesione, assegnate alla regione Campania; per la medesima finalità, altre risorse sono state disposte dall'articolo 1, comma 9-bis del decreto-legge n. 174 del 2012, che ha istituito un fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni alle regioni in situazione di squilibrio finanziario destinato, oltre che alle regioni in situazioni di deficit sanitario, anche al finanziamento del piano di rientro della regione Campania nel settore del trasporto regionale ferroviario nonché dall'articolo 11, comma 13, del decreto-legge n. 76 del 2013 che ha autorizzato l'utilizzo, per l'attuazione del piano di rientro dai debiti del settore del trasporto ferroviario regionale campanti, anche delle somme anticipate alla regione Campania ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2010 (cosiddetto «debiti PA») per il pagamento dei debiti della pubbliche amministrazioni; l'articolo 13, comma 9-bis del decreto-legge n. 145 del 2013 (cosiddetto «destinazione Italia») ha destinato risorse, nel limite di 5 milioni di euro, per l'acquisto di materiale rotabile al fine di garantire la funzionalità del contratto di servizio ferroviario regionale nella regione Campania, per il biennio 2014-2015;
   nel contempo, per assicurare lo svolgimento delle attività di cui al citato comma 5 e l'efficienza e continuità del servizio di trasporto, il comma 7 ha disposto il blocco delle azioni esecutive e dei pignoramenti nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale fino al 27 giugno 2013, termine successivamente prorogato dalla legge di stabilità a tutto il 2013; l'articolo 17, comma 5, del decreto-legge n. 16 del 2014 (cosiddetto «Salva Roma 3») ha prorogato fino al 30 giugno 2014 il blocco delle azioni esecutive, anche in considerazione della situazione del trasporto ferroviario regionale campano, nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale, sulle somme anticipate alla regione Campania per il pagamento dei debiti dell'amministrazione regionale e destinate anche al piano di rientro nel settore del trasporto ferroviario regionale campano, sulle risorse derivanti dall'incremento dell'addizionale regionale IRPEF e IRAP che, a decorrere dal 2013, sono incrementate per finanziare il medesimo piano di rientro; sulle somme del fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni alle regioni in situazione di squilibrio finanziario, espressamente destinato anche al finanziamento del piano di rientro della regione Campania nel settore del trasporto regionale ferroviario;
   tali disposizioni sono state adottate per garantire il fondamentale diritto degli utenti alla mobilità e la continuità dei servizi ferroviari nella, regione Campania;
   nel quadro della riorganizzazione del servizio, l'ente autonomo Volturno (EAV), con atto di fusione del 27 dicembre 2012, ha incorporato le 3 società esercenti il trasporto ferroviario – società Circumvesuviana, Metro Campania Nord-Est e Sepsa – partecipate dalla regione Campania – costituendo la società EAV Srl, esercente il trasporto ferroviario e su gomma nella regione Campania; la medesima società provvede alla realizzazione delle opere di manutenzione, ammodernamento e potenziamento della rete ferroviaria regionale e alla gestione del patrimonio infrastrutturale; l'EAV offre inoltre supporto alla regione nelle attività di pianificazione, progettazione, programmazione degli investimenti regionali nel campo della mobilità e del trasporto;
   il tavolo tecnico istituito presso il Ministero delle infrastrutture e i trasporti ai sensi dell'articolo 16, comma 8, del citato decreto-legge n. 83 del 2012, il 24 dicembre 2013 ha raggiunto l'accordo sul piano di rientro dal disavanzo e sul piano dei pagamenti, successivamente adottati dalla regione Campania con delibera di giunta n. 130 del 2 maggio 2014;
   il blocco delle procedure esecutive è un provvedimento anche a tutela dei creditori dell'Ente autonomo Volturno (EAV) che con atto di fusione del 27 dicembre 2012, ha incorporato le 3 società esercenti il trasporto ferroviario – società Circumvesuviana, Metro Campania Nord Est e Sepsa – partecipate dalla Regione Campania – costituendo la società EAV Srl, esercente il trasporto ferroviario e su gomma nella regione Campania; non potendo infatti quest'ultima garantire il pagamento di tutti i debiti scaduti, le azioni esecutive avrebbero – come conseguenza – il pignoramento delle somme necessarie all'attuazione del piano di rientro per un ammontare complessivamente superiore alle disponibilità, con il conseguente, inevitabile blocco del medesimo piano: un pregiudizio degli interessi dei creditori ben più grave – i crediti sarebbero, di fatto, inesigibili – della mera dilazione temporale derivante dal blocco delle procedure esecutive funzionale alla continuità del servizio e della gestione in vista del possibile obiettivo del riequilibrio finanziario;
   il tribunale di Napoli ha sentenziato la non assoggettabilità a fallimento dell'ente autonomo volturno, in quanto società in house della regione Campania assimilabile a un ente pubblico;
   anche nel caso in cui la sezione fallimentare cambi orientamento accogliendo un eventuale ricorso per il fallimento dell'ente, i creditori ne ricaverebbero un danno evidente, atteso che le procedure fallimentari consentono il ristoro dei creditori solo dopo molti anni e in percentuali minime rispetto ai crediti vantati;
   la Corte Costituzionale, con sentenza 186/13, si è pronunciata su una fattispecie analoga, valutando con favore la predisposizione di meccanismi diretti proprio all'effettiva soddisfazione dei crediti scaturenti da titoli esecutivi; parimenti, l'approvazione del piano dei pagamenti e il suo effettivo avvio, nelle ultime settimane, fa ritenere che non venga violato nemmeno l'articolo 6 par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, stipulata a Roma il 4 novembre 1950, che garantisce il giusto processo anche nella fase di attuazione concreta dei diritti, attesa la garanzia, con il piano di rientro, del soddisfacimento del diritto dei creditori a ottenere quanto di loro spettanza entro termini sicuramente ragionevoli e per intero, a differenza di quanto avverrebbe in caso di fallimento o con altra procedura concorsuale –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere nell'interesse pubblico, degli utenti del servizio di trasporto della regione Campania e degli stessi creditori dell'EAV, per accordare, anche mediante opportune iniziative legislative, una proroga del termine del 30 giugno 2014 di blocco delle azioni esecutive nei confronti di Ente autonomo volturno Srl almeno fino al 31 marzo 2015, allo scopo di conseguire l'obiettivo di garantire l'attuazione del piano di rientro elaborato dal Commissario ad acta e approvato dagli organi competenti. (4-06455)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRUNO BOSSIO e CHAOUKI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da segnalazioni giunte dalle organizzazioni Praesidium (Save The Children e UNHCR), si è appreso del recente sbarco, il 10 ottobre 2014, nel territorio di Crotone, di 124 migranti siriani, fra cui 32 donne e 21 minori accompagnati, di seguito trasferiti al CARA Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto per le procedure d'identificazione e fotosegnalamento;
   tale procedura, unitamente alle foto e a una breve intervista, viene svolta ai fini dell'identificazione del migrante il quale, in ottemperanza al Regolamento cosiddetto «Dublino III», potrà chiedere asilo nel Paese europeo di primo approdo, ovvero in Italia, senza possibilità di avanzare tale richiesta in Stati diversi. Per tale ragione i migranti siriani rifiutavano di farsi identificare;
   dalle segnalazioni dell'onorevole Marilina Intrieri, Garante per l'infanzia e l'adolescenza della Calabria, risultano esserci testimonianze riguardanti l'uso coattivo della forza nell'espletamento delle procedure di foto segnalamento presso la questura di Crotone, conseguenti al rifiuto dei migranti di sottoporsi a tale procedura;
   si è altresì appreso di un volantino, distribuito ai migranti giunti al CARA, tradotto in più lingue, in cui si fa esplicito riferimento al ricorso a metodi coercitivi qualora ci si sottragga all'identificazione: «I migranti che fanno ingresso illegale nel territorio dello Stato italiano, anche se soccorsi in mare, devono essere identificati mediante l'acquisizione delle generalità e il fotosegnalamento. Le generalità – nome, cognome, giorno mese ed anno di nascita – saranno acquisite nel corso di una breve intervista che sarà effettuata con l'assistenza di un mediatore linguistico-culturale. Il fotosegnalamento sarà effettuato dalla polizia e consiste nell'acquisizione delle fotografie del volto e delle impronte digitali delle dita delle mani. Il rifiuto di fornire le proprie generalità e di farsi fotosegnalare costituisce reato e determina la denunzia all'autorità giudiziaria. In ogni caso la polizia procederà all'acquisizione delle foto e delle impronte digitali anche con l'uso della forza se necessario»;
   il fotosegnalamento è previsto dal Regolamento cosiddetto «Eurodac» (CE N. 2725/2000) che ne stabilisce l'obbligatorietà e ne descrive i passaggi. All'articolo 8, comma 1, viene precisato che «ciascuno Stato membro procede tempestivamente, in conformità delle salvaguardie previste dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della Convenzione delle nazioni unite dei diritti del fanciullo, al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di stranieri di età non inferiore a 14 anni, che siano fermati dalle competenti autorità di controllo in relazione all'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della propria frontiera in provenienza da un paese terzo e che non siano stati respinti»;
   si è avuta notizia dello sciopero della fame cui hanno dato inizio i migranti, già provati dal digiuno durante la traversata, in opposizione alla rilevazione coatta delle impronte digitali e note le condizioni di vita in cui versano gli ospiti del CARA Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto, la cui gestione è stata già oggetto di controversie e perplessità sollevate dalla sottoscritta dopo una visita al centro conseguente alle documentata inchiesta giornalistica curata da Raffaella Cosentino e Alessandro Mezzaroma ed apparsa su «Repubblica.it» il 6 maggio 2014, con il titolo «Milioni sulla pelle dei rifugiati»;
   il 13 ottobre, il Gruppo PD, ha presentato della mozione cosiddetto Nicoletti (Atto Camera Mozione 1/00603), la quale impegna il Governo a proporre nelle competenti sedi europee la revisione del regolamento cosiddetto «Dublino III», in special modo nella parte attinente un maggior rispetto dei diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo e alla creazione di un omogeneo sistema europeo che regoli secondo standard comuni l'accoglienza ed il diritto dei richiedenti di muoversi verso lo Stato nel quale avrebbero presentato richiesta se fosse stato loro possibile –:
   se i fatti riportati corrispondano al vero;
   se nei confronti dei profughi siriani sbarcati a Crotone il 10 ottobre 2014, si sia agito nel pieno rispetto di quanto previsto dal regolamento «Eurodac», specificatamente laddove si richiama la tutela dei diritti fondamentali delle persone;
   quali disposizioni contenga la circolare inviata nel mese di settembre scorso a prefetti e questori in merito alle procedure di fotosegnalamento;
   quali azioni interventi urgenti e contenitivi il Ministro intenda intraprendere affinché l'applicazione della normativa di fotosegnalamento obbligatorio non metta a rischio l'incolumità dei profughi sbarcati sulle nostre coste. (5-03810)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in zona Tor Sapienza a Roma sembra imminente l'apertura di un nuovo centro di accoglienza per immigrati, per il quale sarebbe già stata rilasciata la necessaria autorizzazione da parte del comune di Roma Capitale;
   l'apertura di un nuovo centro di accoglienza porterebbe il numero di tali strutture nella stessa zona a tre, alle quali vanno aggiunti due campi nomadi che pure insistono sul medesimo territorio;
   a ridosso dei campi nomadi in questione vengono quotidianamente accesi fuochi con rifiuti di ogni genere creando nubi tossiche e maleodoranti;
   nella zona già si registra un aumento di fenomeni di delinquenza e furti negli appartamenti, e che nel mese di gennaio 2014 si sono altresì verificate diverse occupazioni abusive di edifici di proprietà sia pubblica che privata;
   questa situazione denota la difficoltà per le amministrazioni competenti di controllare il territorio e di contrastare la criminalità e le occupazioni abusive, nonché di adottare le iniziative, necessarie a contrastare il degrado del territorio, e pertanto, aprire un nuovo centro di accoglienza in una zona già in difficoltà non appare assolutamente opportuno;
   al contrario, è assolutamente indispensabile che sia non solo tutelato il decoro urbano di tutta la zona, ma, soprattutto, che siano salvaguardate l'incolumità, la salute e la sicurezza dei cittadini;
   i cittadini residenti nella zona di Tor Sapienza hanno il diritto che sia loro restituita la sicurezza urbana così come definita dal decreto del Ministero dell'interno del 5 agosto 2008, ovvero il rispetto delle norme che regolano la vita civile, al fine di migliorare le condizioni di vivibilità e sostenere la convivenza civile nell'area, già afflitta da quanto sopra esposto –:
   di quali informazioni sia in possesso in relazione all'apertura del centro di accoglienza di cui in premessa, e quali iniziative intenda assumere, negli ambiti di propria competenza, al fine di contrastare la criminalità, il degrado e l'incuria nel quartiere di Tor Sapienza e nelle aree limitrofe. (4-06432)


   PIAZZONI, CHAOUKI, DI SALVO, MATTIELLO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   una recente inchiesta giornalistica pubblicata dal settimanale L'Espresso ha portato all'attenzione dell'opinione pubblica una gravissima e inquietante situazione di violenza e sfruttamento sulle donne straniere, per la maggior parte di nazionalità rumena, che da anni si protrae nelle campagne del ragusano;
   le campagne iblee rappresentano un distretto ortofrutticolo tra i più importanti d'Italia, dove le coltivazioni intensive si sostengono grazie al lavoro quotidiano di una manodopera principalmente di composizione straniera;
   su circa 3000 aziende agricole di piccola e media dimensione, nel 2011 risultavano regola ente registrati 11.845 migranti, ma una stima reale parrebbe oscillare tra le 15 mila e le 20 mila persone straniere impiegate nel lavoro dei campi e nelle serre;
   sono migliaia dunque le donne straniere, con netta prevalenza di donne provenienti dall'est Europa, che lavorano nelle campagne del ragusano, vivendo segregate in casali isolati, spesso con minori a carico;
   quello che emerge dall'inchiesta giornalistica è un quadro raccapricciante di abusi, violenze ed omertà. In un contesto di quasi totale isolamento infatti, queste donne si trovano costrette a subire ogni genere di violenza sessuale, una realtà fatta di segregazione, sfruttamento, aborti e veri e propri «festini» forzati nei casali sperduti della campagna, nell'omertà e nell'acquiescenza di tutti;
   questa vicenda tratteggia un quadro desolante delle campagne e del mondo rurale del nostro Paese. Condizioni di sfruttamento lavorativo che a volte rasentano vere e proprie nuove forme di «schiavismo» sono state più volte denunciate dalle organizzazioni sindacali e da associazioni e Organizzazioni non governative che si occupano della tutela dei diritti umani;
   sulla questione specifica occorre inoltre ricordare come da tempo la Flai-CGIL, ma anche Emergency e Medici Senza Frontiere siano impegnate a difesa della dignità e dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici nella campagne di Vittoria e del ragusano. È stato attivato da poco il progetto «Solidal Transfert», promosso da CGIL e Medici Senza Frontiere, un pulmino che permette ai braccianti di spostarsi senza dipendere dai datori di lavoro, proprio per evitare che la situazione di isolamento in cui questi ultimi e le loro famiglie vivono continui a sfociare in sfruttamento lavorativo e ricatti sessuali nei confronti delle donne, anche in cambio di beni di prima necessità;
   Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti: spesso le donne straniere che abortiscono sono giovanissime e arrivano in ambulatorio accompagnate dai proprietari delle serre in cui lavorano;
   nelle campagne isolate della provincia ragusana sembra essere tutto lecito, come testimoniato da molte delle vittime: ad approfittare di loro pare siano un po’ tutti, senza distinzione, dai capi ai loro familiari fino ad arrivare ad amici e conoscenti, nella più totale omertà, anche della comunità d'origine: i mariti delle vittime, quando ci sono, spesso risultano acquiescenti alla situazione, per paura o per necessità;
   una ricerca condotta dall’«Associazione per i diritti umani» di Vittoria rivela che le abitazioni in cui vivono i lavoratori stranieri sono molte volte piccole, senza infissi, con letti che altro non sono che cartoni, buchi nel soffitto che fanno passare l'acqua piovana, mura erose dall'umidità in cui proliferano i miceti, che causano patologie come l'asma, soprattutto in soggetti di tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse dei locatari, che invece, in molti casi, chiedono cifre d'affitto fino a 300 euro;
   anche la Chiesa si è mossa fin dal principio per denunciare e contrastare questo vergognoso fenomeno. Don Beniamino Sacco, della parrocchia di Santo Spirito, da anni si batte denunciando come il fenomeno non sia isolato e, grazie al suo operato, a Vittoria anni fa è stato incarcerato uno degli sfruttatori. Lo stesso religioso in un successivo articolo pubblicato sempre da L'Espresso, confessa: «Qualcuno mi accusa di aver rovinato il paese per aver difeso gli immigrati. Sono orgoglioso di essere stato dalla loro parte. Non potevo tacere»;
   in questo secondo articolo emergono inoltre dettagli ulteriori sulla vicenda, che ribadiscono come lo sfruttamento lavorativo e le violenze sessuali ai danni delle donne straniere nelle campagne del ragusano siano noti da anni. Risalirebbe a ben 4 anni fa la prima denuncia al commissariato di Vittoria per un ricatto operato da un datore di lavoro che chiedeva prestazioni sessuali, in cambio del posto di lavoro e del pagamento degli arretrati, a una coppia di lavoratori rumeni. La testimonianza si trova anche nel video «Solidal», prodotto dalla Cgil, reperibile in rete. Nonostante ciò la denuncia cade nel vuoto, tant’è che la coppia perde il lavoro;
   secondo quanto raccolto da testimonianze di operatori della cooperativa Proxima, attiva nel contrasto della tratta e nella difesa dei diritti fondamentali, le violenze sessuali sarebbero solo la punta dell’iceberg. Troppi sarebbero i lavoratori non contrattualizzati, che per mesi ricevono solo acconti di salario e con ingenti crediti da riscuotere, mai evasi dai datori di lavoro. Carenti sarebbero inoltre le ispezioni per la sicurezza sui luoghi di lavoro;
   la terribile realtà scoperchiata dall'inchiesta giornalistica più volte citata necessita di un intervento rapido e deciso da parte delle istituzioni. Non appare infatti tollerabile che in alcune zone del Paese possano verificarsi lesioni della dignità umana e dei diritti fondamentali così numerose e di così grave portata –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano adottare al fine di fare luce definitivamente su tale inquietante situazione e quali misure, immediate e di lungo periodo, ritengano di dover predisporre al fine di proteggere queste donne e i loro figli da tali indicibili violenze e dallo sfruttamento nonché al fine di ripristinare la legalità sui luoghi di lavoro descritti in premessa; (4-06437)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli scorsi anni la cava Cesque, insistente sul territorio del Comune di Falciano del Massico, in provincia di Caserta, è stata protagonista di alcune tristi vicende;
   in particolare, nel giugno del 2009 il titolare della suddetta cava, Alfonso Letizia, era stato messo agli arresti domiciliari per aver sversato lì rifiuti pericolosi, tra cui amianto misto a cemento;
   l'accusa era di sversamento illecito e miscelazione di rifiuti, estrazione illecita nella cava e violazione dei sigilli dell'autorità giudiziaria;
   la cava, infatti, era già stata precedentemente sequestrata, ma il titolare aveva ripreso le attività dicendo che voleva provvedere al ripristino del fronte (arrivato ad oltre cento metri di altezza) rovinato della cava con i precedenti abusi;
   i lavori di estrazione erano diventati pericolosi per la vicinanza alla galleria della ferrovia Napoli-Roma e creavano disagi alla popolazione per le polveri sollevate;
   nel luglio di quest'anno lo stesso Alfonso Letizia è rimasto coinvolto in un'operazione della direzione investigativa antimafia di Napoli sul clan dei Casalesi, e le aziende a lui riconducibili sono state sequestrate;
   secondo gli investigatori l'imprenditore è da ritenersi un vero e proprio affiliato del clan, vicino alla fazione Bidognetti-Iovine, ed in cambio di una posizione dominante sul mercato aveva messo a disposizione del clan le sue aziende e strutture;
   secondo le indagini degli investigatori della direzione investigativa antimafia l'imprenditore colpito oggi dal provvedimento di sequestro «era il punto di riferimento del clan dei Casalesi, famiglia Schiavone, in quanto metteva stabilmente a disposizione della famiglia i propri impianti di produzione del calcestruzzo e le proprie strutture societarie, ottenendo, di contro, dall'organizzazione mafiosa, l'ingresso nel novero delle aziende oligopoliste presenti sul mercato casertano»;
   da quanto emerso risulta che «l'organizzazione mafiosa, avvalendosi della capacità di assoggettamento e intimidazione derivante dal vincolo associativo, imponeva sui cantieri controllati le forniture di calcestruzzo provenienti dalle loro aziende» in provincia di Caserta a partire dal 2000;
   ciò deve anche portare ad una rivalutazione di quanto accaduto nel 2009 presso la cava di Cesque, perché emerge con chiarezza il probabile ruolo della criminalità organizzata;
   la cava è stata oggetto di sequestro fino al dicembre del 2013;
   in occasione del dissequestro, comunicato dal GIP di Napoli il 20 dicembre 2013, i soci sono stati riammessi nel possesso dei beni, e l'amministratore giudiziario nominato aveva il compito di seguire la vicenda;
   nel luglio 2014 è seguito un ulteriore sequestro;
   il 30 ottobre 2013, quasi due mesi prima della comunicazione del dissequestro, era stata presentata al SUAP del comune di Falciano del Massico un'istanza, da parte dell'amministratore giudiziario, di rilascio di un'autorizzazione unica ambientale per impianto di frantumazione, vagliatura e trasporto di inerti con lavorazione di circa 1800 mc/giorno di materiale grezzo già precedentemente estratto e depositato nel sito indicato e da lavorare direttamente sotto il fronte della cava;
   il 26 novembre 2013 l'autorizzazione unica ambientale della provincia di Caserta riceveva la documentazione e dopo un esame della pratica ha comunicato alla SUAP del comune di Falciano la procedibilità dell'istanza, richiedendo integrazioni documentali in modo particolare attestazione pagamenti oneri alla regione Campania ed al comune, autocertificazione antimafia ed i titoli abilitativi ovvero la valutazione impatto acustico e la classificazione dell'attività come «industria insalubre»;
   concluso il giro formale dell'acquisizione di documenti, la SUAP del comune di Falciano del Massico ha convocato le conferenze di servizi;
   tale operazione è stata portata avanti a giudizio degli interroganti con incredibile rapidità, concludendosi con una serie di pareri positivi in soli, cinque mesi;
   la concessione AUA è stata rilasciata il 7 agosto 2014 dai responsabili U.T.C. e F.F.;
   a giudizio dell'interrogante, dai verbali delle conferenze di servizi sembrerebbe emergere una situazione di dubbio rispetto di norme basilari che reggono la convivenza delle persone;
   vi è un altro dato inspiegabile: è stato approvato lo scolo delle acque reflue in un canale a cielo aperto, ma dai verbali risulterebbe che tali acque saranno depurate nell'impianto della «Beton Ducale s.r.l.», sempre di proprietà di Alfonso Letizia;
   l'autorizzazione delle emissioni in atmosfera delle polveri prodotte dalla frantumazione degli inerti di silice, inoltre, è giustificata dal fatto che si tratta di lavorazione, e non di escavazione, ma le polveri sottili non paiono conseguenza diretta delle operazioni di lavorazione;
   altro aspetto particolarmente grave è il fatto che la richiesta di comunicazione antimafia sarebbe stata inoltrata il 22 agosto 2014, ma l'autorizzazione unica ambientale sarebbe stata data il 7 agosto dalla SUAP del comune di Falciano del Massico;
   alcuni consiglieri comunali del comune di Falciano del Massico hanno chiesto spiegazioni sulla vicenda all'amministrazione con interrogazione scritta in data 25 agosto 2014 protocollo 4414, a cui il sindaco ha risposto in data 22 settembre 2014 che la competenza è dei responsabili di area, in quanto la questione esula dalle competenze del sindaco;
   i fatti sono riportati, tra l'altro, nell'articolo dal titolo «Falciano, sversava nella cava amianto e cemento: arrestato dalla Finanza», pubblicato dall'edizione online del quotidiano Corriere del Mezzogiorno il 5 giugno 2009, nell'articolo dal titolo «Dia, colpito clan Casalesi – Sequestrati 100 milioni di beni», pubblicato dall'edizione online del quotidiano L'Unità il 10 luglio 2014 e nell'articolo dal titolo «FALCIANO DEL MASSICO. Prata e Freddino contro l'apertura della cava per la salute dei cittadini e la tutela dell'ambiente e dell'economia», pubblicato dal quotidiano online CasertaCE il 24 settembre 2014 –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano assumere, per verificare la regolarità procedurale del rilascio della certificazione antimafia. (4-06441)


   GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva comunitaria 2002/22/CE del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), dispone che gli Stati membri adottino il « 112» (112 NUE) per tutte le chiamate di emergenza effettuate sul proprio territorio, al fine di garantire un servizio di emergenza e sicurezza più efficace e capillare su tutto il territorio comunitario;
   la maggioranza dei Paesi dell'Unione europea ha adottato il 112 come unico numero di risposta alle emergenze, e anche se permangono, in alcuni Stati, altri numeri di emergenza, è comunque la centrale del 112 a smistare e indirizzare gli interventi;
   il Numero Unico di Emergenza europeo 112 deve dare garanzia all'utenza di un unico numero di chiamata per una risposta coordinata e integrata tra le varie forze sul campo per il soccorso richiesto da ogni cittadino, anche straniero; della funzionalità di localizzazione ed identificazione delle chiamate da rete fissa e mobile, di risposta alla chiamata in diverse lingue e di accesso ai diversamente abili;
   l'Italia è in gravissimo ritardo rispetto all'attuazione di questa direttiva. Al fine di regolamentare la materia, sono stati emanati il decreto ministeriale 22 gennaio 2008 dell'allora Ministro delle comunicazioni, che ha inizialmente previsto i requisiti di accesso al servizio 112 Numero Unico di Emergenza europeo per i numeri 112 e 113 ed il decreto ministeriale 12 novembre 2009 del Ministero dello sviluppo economico, che li ha estesi anche alle numerazioni 115 e 118, equiparando di fatto tutte le numerazioni di emergenza nei riguardi del servizio 112 Numero Unico di Emergenza europeo;
   in base a tali decreti ministeriali è stato elaborato il progetto denominato «NUE 2009 Integrato» con l'obiettivo di costituire una infrastruttura applicativa e telematica per consentire la condivisione delle informazioni relative alla localizzazione e dell'identificativo del chiamante e gli standard per il loro interscambio fra le amministrazioni incaricate di gestire i numeri di emergenza;
   tale progetto è stato avviato come soluzione «tampone» a fronte delle procedure di infrazione aperte dall'Europa per il mancato adempimento della direttiva 2002/22/CE. Tali procedure sono state archiviate nel 2011;
   ad oggi, secondo quanto riportato da diverse fonti stampa, nonché dal sito web ufficiale dell’European emergency number association (EENA), gli unici, in Italia, a rispondere al numero 112 e quindi a farsi carico del successivo smistamento delle chiamate sono i carabinieri, ed è quindi evidente che le misure messe in atto dall'Italia appaiono insufficienti a raggiungere lo scopo e le garanzie previste dalla direttiva;
   in Italia soltanto in alcune province, tra le quali Varese, il servizio 112 Numero Unico di Emergenza europeo è stato sperimentato, ma di fatto la copertura sul tutto il territorio nazionale è tutt'altro che vicina –:
   quale sia ad oggi, la situazione dell'attuazione del 112 Numero Unico di Emergenza europeo nel nostro Paese, anche a livello della sperimentazione avviata e quali iniziative, dopo il «NUE 2009 Integrato» siano in lavorazione o implementazione per la completa armonizzazione del nostro sistema di comunicazioni d'emergenza/soccorso al servizio 112 Numero Unico di Emergenza europeo;
   quanto, finora, sia costata all'Italia la mancata applicazione della direttiva e se non ritenga possibile, considerato lo stato attuale, una riapertura delle procedura d'infrazione archiviata nel 2011 alla luce degli obiettivi fissati dalla direttiva 2002/22/CE. (4-06445)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'alluvione che ha colpito il centro di Genova, ed in particolari i quartieri di Borgo Incrociati, Marassi, Brignole e della Foce, già pesantemente segnati dall'ultimo tragico evento di tre anni fa. Ancora una volta, è stata l'esondazione del Bisagno, il torrente che attraversa la città (il cui alveo è scoperto sino a Brigonole) e, a seguire, quella del Fereggiano (un rivo che scorre vicino allo stadio Ferraris), che ha (ri)causato disastri di notevole entità;
   il comune di Genova, invece, scosso dalla «sorpresa» dell'alluvione, tanto meno la protezione civile, diretta (ad interim) da una dirigente che ai cronisti indignati ha spiegato che lei non era pagata per fermare l'acqua con le mani. E costei è ancora al proprio posto;
   come è emerso dalle notizie diffuse dalla stampa, a fianco dei genovesi sono «scesi» gli «angeli del fango», che non hanno atteso un minuto e sono «sciamati» nelle strade trasformate in torrenti melmosi fin dall'alba di venerdì. Armati di pale (quando sono riusciti a procurarsele, nessuna autorità ha provveduto a distribuirle subito), spazzoloni, gambali e tanta buona volontà. Sono scesi negli scantinati, nei negozi allagati, nei magazzini devastati dall'acqua e senza chiedere nulla a nessuno, animati dall'impalpabile vento della solidarietà che si alza – specie tra i giovani – di fronte alle sventure collettive, hanno lavorato da mattina a sera;
   purtroppo accanto a queste oneste e altruiste persone che diffondono e praticano il concetto di solidarietà, vi sono anche dei «sciacalli», che, già nelle prime ore successive del disastro, avevano iniziato la loro vergognosa operazione di «pulizia» dei negozi del centro cittadino;
   vi sono stati degli arresti parte delle forze di polizia, e precisamente come riporta una agenzia, una decina tra rumeni e albanesi arrestati in flagranza di reato; ora sono tutti di nuovo in stato di libertà;
   in tale contesto è evidente che casi vergognosi di furti a danno dei commercianti ormai allo stremo, è anche a causa sia delle recenti norme che hanno limitato notevolmente la custodia cautelare in carcere, che della quasi totale assenza di organizzazione nella gestione dei soccorsi alle imprese e dei tanti volontari in strada. Non vorremmo che per l'incapacità di qualcuno e la malafede di altri, si generasse in città anche un clima di diffidenza diffusa che in queste drammatiche giornate rubasse il posto alla solidarietà e alla generosità dimostrata da centinaia di genovesi onesti che si sono rimboccati le maniche in un'opera di mutuo soccorso collettivo –:
   se i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza del problema evidenziato e quali iniziative, anche con iniziative normative di natura emergenziale, intendano porre al fine di evitare ulteriori episodi di furti e assicurare i colpevoli alla giustizia in tempi rapidi e non consentendo, in alcun modo, alle medesime persone di rimanere in stato di libertà anche al fine di evitare che gli stessi soggetti reiterino reati della stessa indole, nonché se intenda predisporre tutte le iniziative, utili e necessarie, al fine di evitare in ogni modo il ripetersi di catastrofi simili. (4-06450)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANCARLO GIORDANO e SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'accesso a determinati corsi di laurea è, nel nostro Paese, limitato ad un predeterminato numero di studenti per ogni anno;
   per accedere a tali corsi di laurea, di cui il più noto e con il più alto numero di chieste è sicuramente il corso di laurea in medicina, è necessario superare un test d'ingresso a risposte multiple;
   al termine del test vengono corretti i diversi elaborati, e si stila una graduatoria dei punteggi per stabilire quali candidati sono ammessi all'immatricolazione al corso di laurea;
   questo sistema, detto del «numero programmato» è da sempre oggetto di critiche in quanto limitante l'accesso al pieno diritto allo studio di migliaia di giovani ragazzi e ragazze ogni anno, costretti a rinunciare a proseguire la loro formazione oppure a rimodularla abbandonando le loro principali aspirazioni;
   inoltre, tale sistema è sempre stato foriero di irregolarità e vere e proprie illegalità, giacché alimenta la tendenza a ricercare raccomandazioni e modalità per superare il test anche illegittimamente;
   sono stati drammaticamente numerosi gli scandali che negli scorsi anni hanno accompagnato i vari test, ed altrettanto numerose sono state le richieste di condanne ad essi legate;
   l'ultimo esempio è quello relativo alle 65 condanne chieste dal pm di Bari Ettore Cardinali nel processo sui presunti test d'ingresso truccati nel 2007 alle facoltà a numero chiuso di Medicina ed odontoiatria delle università di Bari e Ancona;
   l'Unione degli universitari, confederazione di associazioni studentesche presenti nei più importanti atenei italiani, negli anni ha portato avanti un importante battaglia politica per chiedere l'abolizione totale e definitiva del sistema delle immatricolazioni a numero programmato;
   negli ultimi anni, proprio l'UdU ha deciso di sostenere quegli studenti che, esclusi a seguito dei test d'ingresso, avessero voluto fare ricorso amministrativo per segnalare le ormai consuete irregolarità verificatesi durante la prova;
   da alcuni anni, anche a seguito dei numerosi ricorsi, la graduatoria di alcuni di questi corsi di laurea, tra cui i già citati corsi di laurea di medicina ed odontoiatria, è diventata da stilare su base nazionale e non più su base locale;
   solo negli ultimi due anni sono stati oltre ottomila i ricorsi promossi dall'UdU ed accolti dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio;
   solitamente, in caso di accoglimento dei ricorsi, viene garantita agli studenti coinvolti la possibilità di immatricolarsi in sovrannumero;
   la richiesta, da parte dei ricorrenti, di potersi immatricolare in sovrannumero e non, invece, di richiedere l'annullamento dell'intero test, è motivata dalla volontà di far valere il diritto allo studio di tutti e di tutte;
   l'ultimo accoglimento risale al 9 ottobre 2014, e riguarda oltre 2500 studenti distribuiti su tutto il territorio nazionale;
   in Campania, quest'anno, sono stati circa 700 gli studenti che, tramite ricorsi collettivi, hanno ottenuto l'immatricolazione in sovrannumero;
   di questi, circa 200 ricorrenti avevano fatto richiesta alla seconda università di Napoli, università statale istituita nel 1990 e seconda, per numero di iscritti, di tutta la Campania;
   in merito alla loro posizione, la terza sezione bis del tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha emesso il 10 settembre 2014 un'ordinanza, protocollata con n. 04307/2014 sul ricorso numero di registro generale 9663 del 2014, con cui ha accolto l'istanza cautelare dei ricorrenti disponendone l'immatricolazione con riserva e in sovrannumero e la tempestiva frequenza delle lezioni al corso di laurea in medicina e in odontoiatria, fissando poi a fine ottobre del 2015 la trattazione di merito del ricorso in udienza pubblica;
   il 23 settembre 2014 gli uffici amministrativi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha diffuso una nota a tutti gli atenei italiani con cui diceva che, laddove nelle ordinanze del Tar con cui venivano ammessi i ricorsi non fosse stato indicato esplicitamente l'ateneo in cui i ricorrenti avevano diritto ad immatricolarsi, essi andavano distribuiti senza possibilità di scelta in quegli atenei in cui il loro punteggio aveva la minor differenza possibile rispetto al punteggio del primo immatricolato;
   un sistema del genere, oltre ad essere incredibilmente ed inutilmente cervellotico, di fatto limitava profondamente il diritto allo studio dei ricorrenti, in quanto essi venivano costretti, molto spesso, a scegliere tra lo spostarsi anche di svariate centinaia di chilometri dalla loro residenza, con tutte le spese che ciò avrebbe comportato, e la rinuncia all'esercizio di un loro diritto;
   su queste basi, la seconda università di Napoli aveva inizialmente rifiutato di immatricolare gli studenti che avevano vinto il ricorso, per ottemperare alla nota ministeriale;
   l'ordinanza del Tar del Lazio, tuttavia, specificava esplicitamente quali fossero gli atenei obbligati a concedere l'immatricolazione, e, fatto valere questo aspetto dai ricorrenti, la seconda università di Napoli dal 3 ottobre 2014 ha ufficialmente iniziato ad immatricolare chi si trovava in questa particolare condizione;
   la seconda università di Napoli ha due diversi corsi di laurea in medicina, di cui uno presso le sedi di Napoli ed un secondo presso le sedi di Caserta;
   quando uno studente si iscrive al test d'ammissione, non ha facoltà di scegliere tra le due diverse opzioni interne alla SUN;
   tale scelta avviene solo ed esclusivamente nella fase di immatricolazione all'ateneo, ed in base ai punteggi dei test ed alle preferenze espresse, viene stilata una seconda graduatoria attraverso la quale avviene la ripartizione tra le due diverse ipotesi;
   nel caso degli studenti ammessi all'immatricolazione con riserva a seguito dei ricorsi, la seconda università di Napoli non ha provveduto ancora a tale ripartizione;
   in tutto ciò la seconda università di Napoli ha, per ora, pubblicato ufficialmente date ed orari dei corsi per il primo anno, pubblicandole sul sito per quanto riguarda sia la sede napoletana che l'opzione casertana;
   in merito a quest'ultima, sul sito è specificato che i corsi iniziati sono riservati esclusivamente ai soli studenti immatricolati vincitori di concorso;
   ad oggi non sono ancora state date comunicazioni ufficiali in merito alla ripartizione tra sede napoletana e sede casertana degli immatricolati con riserva, e di conseguenza non è ancora chiara data di inizio dei corsi e la loro sede per questi 200 studenti;
   sul sito «Circolodegliuniversitari.com», patrocinato dalla facoltà di medicina e chirurgia (sede di Caserta) della seconda università di Napoli, come attestato dalla lettera dell'allora preside di facoltà professore Delrio il 20 febbraio 2008 con numero di protocollo 248P/08, il webmaster ed amministratore del sito Pierluigi Mosca ha riportato un presunto estratto dal consiglio di corso di laurea del 13 ottobre 2014;
   è da ricordare che i verbali dei consigli di corso di laurea non vengono pubblicati ufficialmente dagli organismi dell'ateneo;
   nell'estratto riportato dal webmaster del sito patrocinato dal corso di laurea si afferma che il consiglio di corso di laurea avrebbe deliberato che per quanto riguarda gli studenti immatricolati in sovrannumero con riserva si provvederà all'allestimento rispettivamente di corsi di recupero pomeridiani e corsi compattati a partire da gennaio, e che ulteriori comunicazioni verranno date in seguito;
   ciò, come è evidente, impedirà di fatto agli studenti immatricolati con riserva di utilizzare, come da loro diritto, la sessione invernale di esami, trovandosi quindi pesantemente svantaggiati rispetto agli altri studenti;
   essere costretti a non dare gli esami per tempo mette questi studenti a maggior rischio di terminare in ritardo il proprio corso di studi, con un'evidente aggravio economico, specialmente in termini di ulteriori tasse universitarie da pagare;
   l'ordinanza del Tar, peraltro, affermava che agli studenti ricorrenti l'ateneo avrebbe dovuto garantire «la tempestiva frequenza delle lezioni», e quindi le scelte della seconda università di Napoli sono in evidente contrasto con quanto disposto dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio;
   la raccolta dei soli immatricolati con riserva in corsi a parte e dalla fantasiosa conformazione (è ad esempio del tutto oscuro cosa si intenda con «corsi compattati») rischia di tradursi in una profonda ed intollerabile discriminazione ai loro danni, e li espone a possibili pressioni che non potrebbero in alcun modo essere considerate accettabili;
   i fatti narrati sono riportati anche nell'articolo dal titolo «Seconda Università, corsi “sdoppiati” alla facoltà di Medicina», pubblicato dall'edizione locale del quotidiano «Repubblica» il 16 ottobre 2014 –:
   se il Ministro non ritenga opportuno, urgente e doveroso, per quanto di competenza, intervenire al fine di ripristinare il diritto allo studio degli studenti immatricolati con riserva in sovrannumero per quanto riguarda la situazione narrata, anche per evitare eventuali risarcimenti da versare nei loro confronti laddove decidessero di agire per via giudiziaria in modo da far rivalere i loro ineccepibili diritti;
   se non ritenga necessario avviare un'opera di monitoraggio per verificare che vicende simili non stiano avvenendo anche in altri atenei italiani;
   se non ritenga che, considerato come ormai i test d'ammissione ai corsi di laurea a numero programmato siano sistematicamente superati anno dopo anno da un sempre crescente numero di ricorsi amministrativi sistematicamente vinti dagli studenti, e considerate le tante, troppe anomalie che i test comportano ogni anno e che l'applicazione delle ordinanze del Tar del Lazio possono causare, non sia giunto il momento di intervenire normativamente per sancire una volta per tutte l'abolizione del sistema del numero programmato per i corsi di laurea degli atenei italiani. (5-03811)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, ASCANI e MALPEZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dei decreti ministeriali n. 39 del 1998 e n. 22 del 2005 i laureati in scienze politiche o scienze della amministrazione, ordinamento quadriennale previgente, hanno accesso alla classe 19/A – discipline giuridiche ed economiche, purché abbiano conseguito la laurea entro l'anno accademico 2000-2001;
   questo limite temporale rappresenta una disparità di trattamento non giustificata da significative modificazioni intercorse negli ordinamenti didattici delle suddette: lauree dopo il 2001, in seguito all'introduzione del nuovo ordinamento previsto ex decreto n. 509 del 1999;
   ai sensi dei decreti ministeriali n. 39 del 1998 e n. 22 del 2005, i laureati in scienze politiche e in relazioni internazionali dell'ordinamento ex decreto n. 509 del 1999 (70/S e 60/S) ed ex decreto n. 270/2004 (LM 62 E LM 52) non hanno accesso alla classe 19/A – discipline giuridiche ed economiche;
   l'articolo 168 del testo unico 1592/33 sancisce l'equipollenza tra la laurea in scienze politiche e quella in giurisprudenza per l'ammissione a tutti i concorsi per le amministrazioni governative, salvo che per la carriera giudiziaria;
   il decreto interministeriale 9 luglio 2009, equiparazioni tra diplomi di lauree di vecchio ordinamento, lauree specialistiche (LS) ex decreto n. 509 del 1999 e lauree magistrali (LM) ex decreto n. 270 del 2004 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, sancisce l'equiparazione del diploma di laurea in scienze politiche (vecchio ordinamento), tra le altre, alle lauree specialistiche 60/S – relazioni internazionali e 70/S – scienze della politica, 71/S – scienze per la cooperazione allo sviluppo 88/S, scienze delle pubbliche amministrazioni e alle lauree magistrali LM 52 – relazioni internazionali e LM 62 – scienze della politica – LM 81 economia dello sviluppo;
   la conferenza di scienze politiche, che riunisce i direttori di dipartimento, presidi di facoltà e presidenti di scuole dell'area delle scienze politiche di tutta Italia, nella mozione approvata il 7 luglio 2014 ha espresso il proprio stupore e la propria preoccupazione per il fatto che i laureati specialistici e magistrali dell'area delle scienze politiche non siano stati ammessi ai tirocini formativi attivi (TFA), di recente avviati, nonostante le ripetute assicurazioni giunte in più riprese dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul fatto che sarebbe stato emanato un decreto di revisione delle classi di concorso, attraverso cui sarebbe stato risolto l'annoso problema dell'esclusione delle lauree in scienze politiche dall'accesso all'insegnamento;
   il consiglio nazionale degli studenti universitari, nell'adunanza n. 7 del 26 giugno 2014, ha approvato all'unanimità la mozione sulla richiesta di accesso all'insegnamento per i laureati in scienze politiche;
   dal 2009 ad oggi tale disparità è stata più volta segnalata anche da interrogazioni parlamentari, ricevendo ogni volta rassicurazioni circa l'inserimento, fra le lauree che consentono l'ammissione all'insegnamento nella classe 19/A, delle lauree specialistiche e magistrali afferenti a scienze politiche;
   è già stato predisposto da mesi dagli uffici competenti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il decreto di revisione delle classi di concorso in cui tale richieste vengono finalmente accolte, ma che, a quanto consta agli interroganti, sarebbe fermo al Gabinetto del Ministro;
   tale decreto, tra l'altro, è molto atteso in quanto risolve molte disparità e costituisce una notevole semplificazione e un adeguamento delle classi di concorso agli attuali percorsi universitari, con notevoli vantaggi per tutti gli aspiranti all'insegnamento;
   l'esclusione descritta appare agli interroganti assolutamente arbitraria, in quanto gli insegnamenti relativi alla classe di concorso 19/A sono perfettamente compatibili e coerenti con l'ordinamento didattico della laurea in «scienze della politica» e delle lauree specialistiche ad essa afferenti ed esistono lauree che consentono l'accesso a questa classe di concorso, come quella in giurisprudenza ad esempio, che sono equipollenti per legge a quella in scienze politiche per quanto concerne l'accesso ai concorsi pubblici;
   questa esclusione totale dalle possibilità di accesso all'insegnamento è secondo gli interroganti discriminatoria, vista la coerenza tra gli ordinamenti delle classi di laurea in questione e le conoscenze richieste ai fini dell'insegnamento nella classe di concorso in questione;
   il ritardo nel sanare questa ingiustificata disparità continua a penalizzare, molti giovani ingiustamente esclusi dai concorsi per l'insegnamento e dai tirocini formativi attivi –:
   quali iniziative intenda intraprendere per accelerare l’iter e favorire la rapida approvazione del suddetto decreto di revisione delle classi di concorso, in modo da sanare tale disparità discriminatoria più volte segnalata ed evitare ulteriori ritardi e rinvii, anche in vista della annunciata riforma del reclutamento.
(4-06439)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, BECHIS, CHIMIENTI, COMINARDI, CRISTIAN IANNUZZI, DELL'ORCO, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, SPESSOTTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   al termine della trattativa tra Alitalia e Etihad, le due compagnie hanno trovato un accordo per l'ingresso degli arabi con il 49 per cento dell'Alitalia;
   nell'agosto del 2014 Alitalia ha firmato il contratto che ha consegnato a Etihad il 49 per cento di una nuova Alitalia, senza debiti e senza i contenziosi accumulati in 5 anni;
   gli esuberi annunciati per effetto dell'accordo sarebbero 2.251 (poi divenuti 2.171);
   tra il personale di volo ci sarebbero circa 500 esuberi su 5560 dipendenti: 149 i piloti in esubero su 1650, di cui 50 pensionabili e 28 già auto-espulsi (inclusi quelli di Airone, 400 erano già in mobilità). Sul totale degli oltre 3.560 assistenti di volo, 420 sarebbero nella lista esuberi. Tra il personale di terra, sarebbero 1.590 su 8.450 lavoratori (che includono anche settori impiegati);
   come si apprende da www.ilfattoquotidiano.it del 7 ottobre 2014 che ha riportato una denuncia del sindacato Usb, Etihad, che ha acquisito il 49 per cento della compagnia aerea di bandiera, sta procedendo a nuove assunzioni di personale senza una verifica della possibilità di assorbimento del personale considerato in esubero: «Mentre Alitalia gestisce l'uscita di migliaia di esuberi, la sua promessa sposa, Etihad, seleziona nuovo personale per la futura compagnia. La denuncia arriva dal sindacato Usb, che ha commentato le selezioni avviate dal gruppo degli Emirati arabi in diverse città italiane. In seguito all'acquisizione e dopo agli accordi del 12 luglio 2014, la compagnia emiratina aveva chiesto ad Alitalia un dimensionamento degli organici. Usb ha diffuso un comunicato in cui critica l'atteggiamento della compagnia di bandiera che metterà in mobilità centinaia di dipendenti. Il 3 ottobre, infatti, Alitalia ha inviato alle organizzazioni sindacali le procedure relative ai licenziamenti. L'Usb ha precisato anche: «Ancora una volta si spalanca il baratro della disoccupazione per tanti lavoratori, mentre nulla si è fatto sul tema del ricollocamento del personale che non avrà il contratto nella nuova compagnia aerea acquistata da Etihad. Un paradosso, visto che nel giro di qualche mese arriveranno nuovi aeromobili» (www.ilfattoquotidiano.it del 7 ottobre 2014);
   eppure il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, in risposta ad una interrogazione in Assemblea del 2 luglio 2014 (n. 3-00918) aveva affermato che «L'obiettivo che il Governo ha è un obiettivo molto chiaro e condiviso: rilanciare la compagnia di bandiera (l'occupazione si crea solo se finalmente c’è sviluppo e sviluppo industriale), entrare nel merito degli esuberi e dare il minore impatto sociale che questi esuberi possono avere, ovviamente attraverso la verifica di un'eventuale ricollocazione degli esuberi riguardo ad esternalizzazioni o a rinnovo di attività che possono tornare in Italia e poi ovviamente mettendo a disposizione, come è giusto che sia, gli ammortizzatori sociali e gli strumenti preposti, perché — e ho concluso — con attenzione venga data risoluzione anche a questo problema»;
   Alitalia e il sistema del trasporto aereo italiano rappresentano uno degli asset strategici di un Paese come l'Italia che innanzitutto vuole essere un grande Paese industriale, oltre che un grande Paese turistico;
   a tutt'oggi tuttavia, nonostante le rassicurazioni rimane forte l'incertezza sulle garanzie e modalità di una ricollocazione degli esuberi della compagnia di bandiera italiana sul territorio –:
   quanti siano i dipendenti di Alitalia dichiarati in esubero e che risultino avviati ai progetti di ricollocamento;
   per quale motivo per il personale considerato «in esubero» di Alitalia non stata prevista la verifica di un percorso di ricollocamento e/o assorbimento – in caso di nuove assunzioni – all'interno della nuova Alitalia di cui Etihad ha acquisito il 49 per cento. (5-03808)


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da articolo di stampa a firma Sergio Patti, dal titolo «L'ombra di Mastrapasqua sulla Cassa degli psicologi», si evince che ci sarebbero delle criticità nella nuova nomina del direttore generale della Cassa di previdenza degli psicologi, Enpap;
   dall'articolo suddetto si evince che «L'Enpap nomina un nuovo direttore generale e valuta un fedelissimo dell'ex presidente Inps», Antonio Mastrapasqua;
   da precedenti notizie di stampa si evince che la cassa degli psicologi, Enpap, era stata nelle settimane scorse nell'occhio del ciclone per la storia del famoso palazzo di via della Stamperia che vede inoltre indagato tra gli altri l'ex coordinatore di Forza Italia, Denis Verdini;
   a seguito della suddetta vicenda, i nuovi amministratori dell'Enpap con in testa il presidente della Cassa, Damiano Torricelli, avevano dichiarato «basta con certi metodi e mai più senza trasparenza» e per garantire il nuovo corso l'ente, fra pochi giorni, assumerà un nuovo direttore generale; secondo l'articolo suddetto «Una scelta che a sentire i rumors che circolano nella capitale sarebbe però già ricaduta su Stefano Cruciani, guarda caso ex componente della segreteria di presidenza di Mastrapasqua all'Inps»;
   verificando il curriculum vitae di Stefano Cruciani – reperibile sul sito ufficiale di Inps – si può facilmente verificare che attualmente ricopre l'incarico di dirigente-ufficio di segreteria della presidenza dell'istituto (Inps) e tra le esperienze professionali ci sarebbero: responsabile del controllo di gestione, direttore pianificazione e controllo, direttore attività internazionali, presso le Cementerie Aldo Barbetti Spa di Gubbio (Perugia);
   nell'interrogazione a risposta in commissione, n. 5-03135, presentata in data 2 luglio 2014 dallo stesso interrogante – interrogazione ancora priva di risposta – si evincevano delle criticità rilevate dalla Corte dei conti in merito alle inusuali forme di provvista del personale, indicando in tre soggetti i punti di maggiore criticità;
   dalla relazione suddetta, la Corte dei conti, rilevava elementi di criticità sulla figura di un soggetto «(..) esperto di controllo di gestione e pianificazione strategica presso un cementificio eugubino»;
   come si può, agevolmente intuire, a parere dell'interrogante, le criticità espresse nella relazione della Corte dei conti in merito alle nomine dei tre soggetti – di cui uno sarebbe uno stato un esperto di controllo di gestione e pianificazione strategica presso un cementificio eugubino – incarichi attribuiti – come segnalato a pagina 62 della suddetta relazione della Corte dei Conti – dall'allora presidente Inps Antonio Mastrapasqua, dimessosi dall'incarico nei primi mesi del 2014 a seguito di alcune inchieste a suo carico, si riferiscono alla stesso soggetto che potrebbe essere nominato a breve direttore generale della Cassa di previdenza degli psicologi, l'Enpap, Stefano Cruciani;
   Stefano Cruciani sarebbe un fedelissimo dell'ex presidente di Inps – come riportato dall'articolo suddetto – e sarebbe stato dirigente-ufficio di segreteria della presidenza dell'istituto nel periodo in cui l'Inps e il suo presidente Mastrapasqua sarebbero stati coinvolti nelle famosi indagini sui crediti dell'Ospedale Israelitico, come riportato dal suo stesso curriculum vitae;
   a parere dell'interrogante emergono ulteriori criticità in merito all'opportunità di nominare tale soggetto in qualità di direttore generale di Enpap alla luce degli eventi che hanno visto coinvolto l'ex presidente di Inps nel medesimo periodo in cui Stefano Cruciani svolgeva tali importanti incarichi all'interno dell'Istituto e avrebbe dovuto vigilare sull'operato all'interno dello stesso –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti;
   se il Ministro interrogato, qualora siano fondate le dichiarazioni dell'articolo in premessa, non ritenga opportuno intervenire per una più trasparente possibile nomina del nuovo direttore generale della cassa di previdenza degli psicologi, Enpap;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno approfondire, verificare e altresì intervenire in merito alle criticità espresse in premessa anche alla luce della segnalazione della Corte dei conti stessa;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno che tali delicati incarichi siano assegnati a soggetti di comprovata esperienza e trasparenza, su cui non emerga alcun dubbio sull'operato recente. (5-03813)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in merito all'utilizzo dei fondi per gli ammortizzatori sociali in deroga, il giorno 18 marzo 2014, la regione Puglia rappresentata dall'assessore al lavoro e le associazioni sindacali e datoriale hanno preso atto dell'autorizzazione da parte del Governo all'utilizzo della prima tranche di risorse assegnate per il 2014, per il pagamento delle autorizzazioni relative al 2013;
   è ormai di tutta evidenza l'assoluta insufficienza delle risorse destinate agli ammortizzatori in deroga regionali, che risultano totalmente inadeguate a coprire le richieste pervenute in relazione all'annualità 2012-2013;
   come espressamente previsto dall'accordo Governo/regione Puglia, la presentazione delle istanze di mobilità in deroga relativa all'anno 2014 risulta ad oggi ancora sospesa, per cui i cittadini interessati sono ancora in attesa di conoscere la data di inizio di presentazione delle istanze;
   come riportato dagli organi di informazione, secondo le stime dell'assessore regionale al lavoro la regione Puglia necessita di 297 milioni di euro per coprire le domande di mobilità in deroga –:
   se siano in atto iniziative per consentire l'avvio alle domande di accesso alla mobilità in deroga per l'anno 2014 nella regione Puglia. (4-06431)


   GREGORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legge n. 78 del 2010 – con scelta politica discutibile del ministro pro tempore Tremonti – l'ISPESL e le relative funzioni sono state attribuite all'INAIL;
   si tratta di funzioni delicatissime, con diretta afferenza all'articolo 41 della Costituzione, che stabilisce – sì – la libertà dell'iniziativa economica privata ma nel rispetto assoluto della sicurezza, della libertà e della dignità della persona;
   l'ISPESL infatti svolgeva ricerche e monitoraggi di prevenzione a tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini residenti nelle aree di più alta incidenza industriale;
   in particolare, negli ultimi anni, l'ISPESL si era distinta per essersi opposta a proposte imprenditoriali di alleggerimento dei controlli sugli stabilimenti industriali, di attenuazione delle misure di prevenzione degli infortuni, specie nel campo dell'inquinamento elettromagnetico e quant'altro;
   l'8 novembre 2011, venne a mancare il presidente dell'INAIL Marco Fabio Sartori, sostituito il 10 novembre 2011 dal commissario straordinario avvocato Gian Paolo Sassi, con scadenza 31 marzo 2012;
   il Governo successivamente nominò un nuovo commissario straordinario nella persona del professor Massimo De Felice, docente di matematica finanziaria, che attualmente è presidente;
   la nomina del nuovo commissario straordinario (oggi presidente) dell'INAIL è stata disposta, a quanto consta all'interrogante, senza il concorso o l'intesa del Ministero della salute, terzo Ministero vigilante dell'INAIL, introdotto nell'ordinamento, dall'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2011: la conseguente carenza istruttoria è probabilmente alla base della mancata individuazione al vertice dell'INAIL di una personalità tecnico-scientifica, come prevista per la presidenza dell'ISPESL dall'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 2002, n. 303;
   a seguito della soppressione dell'ISPESL e dell'attribuzione delle sue funzioni all'INAIL, questo deve provvedere a tutti gli incombenti tecnico-scientifici già in carico all'ISPESL, compresi i delicati compiti in materia di protezione dei lavoratori e della popolazione dagli inquinati chimici e fisici nonché dai rischi tecnologici e tecnici ai sensi del combinato disposto degli articoli 6 e 23 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 dell'articolo 2 e 3 del decreto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 597 del 1982, nonché dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1989, n. 619, avente forza di legge, dell'articolo 1 del decreto legislativo 31 luglio 1993, n. 268 e dell'articolo 71 del decreto legislativo 8 aprile 2008, n. 81;
   il direttore generale dottor Giuseppe Lucibello, in data 4 giugno 2014 ha emanato un «determina» con la quale a quanto consta all'interrogante – di fatto – ha soppresso le funzioni dell'ex ISPESL all'interno dell'INAIL;
   la determina del 4 giugno 2014, infatti, prevede un accorpamento di strutture, tale per cui quelle che avevano assunto le funzioni della ricerca e della prevenzione delle malattie professionali e dei rischi per la collettività sono a ogni effetto pratico mortificate nella loro specialità; e la loro articolazione territoriale – la più preziosa per lo svolgimento delle funzioni a contatto con le problematiche dei luoghi di lavoro – viene privata di autonomia di ricerca, con l'effetto di esautorarla;
   la determina del 4 giugno inoltre rischia di far perdere all'ente cospicui fondi per ricerche di prevenzione delle malattie, specie nel settore elettromagnetico, già approvate;
   contro questo provvedimento – secondo l'interrogante illegittimo da tutti i punti di vista – e di grave danno per la collettività, sarebbe stato proposto ricorso giurisdizionale amministrativo;
   sulla vicenda è intervenuta anche l'interrogazione n. 4 – 2223 del senatore Casson, il quale ha giustamente osservato, a proposito del nuovo regolamento di organizzazione adottato con la determina che «questo stravolgimento sembra [...] rientrare in un quadro più generale di [...] smantellamento della funzione di tutela della salute pubblica dai campi elettromagnetici, dato che già il “decreto crescita” di Monti (decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, all'articolo 14) aveva di fatto svuotato di significato il limite di legge dei 6 V/m, stabilendo che le misurazioni andavano calcolate sulla media di rilevamento sulle 24 ore, invece che su 6 minuti. Questo significa consentire dei picchi elevati anche di 10 o 20 V/m per diverse ore, che poi sono compensati nel calcolo della media dei limiti sicuramente più bassi che si calcolano nelle ore notturne, quando gli utenti delle telecomunicazioni sono nettamente inferiori e quindi le antenne emettono pochissimo»;
   tutto ciò – come non bastasse – porta allo svilimento di eminenti professionalità scientifiche entro l'INAIL, sottomettendo la ricerca e l'innovazione alla burocrazia amministrativa, in chiaro contrasto con l'ispirazione generale del governo Renzi –:
   quali provvedimenti intenda assumere a proposito delle vicenda descritta in premessa;
   come si intendano salvaguardare le delicatissime funzioni esercitate dall'ex ISPESL ora assegnate al nuovo INAIL e se non si ritenga opportuno assumere iniziative per modificare, nel rispetto delle dovute procedure, la determina del direttore generale dell'INAIL, anche in via di autotutela. (4-06444)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea ha approvato il 15 ottobre 2014 una lettera rettificativa al progetto di bilancio 2015 nella quale chiede al Consiglio e al Parlamento europeo di stralciare fondi per quasi mezzo miliardo di euro dal bilancio agricolo per la gestione della PAC 2015 al fine di sopperire alla mancanza di liquidità necessaria per sostenere altre politiche europee quali il programma energetico europeo, il programma Horizon 2020 e interventi di cooperazione con Paesi terzi in materia di gestione dei flussi migratori;
   a seguito di tale decisione le misure d'urgenza a favore degli agricoltori unionali derivanti dall'embargo imposto dalla Federazione russa, stimate in circa 340 milioni di euro, devono essere finanziate attraverso il ricorso alla riserva di crisi di cui al Regolamento 1306/2013 costituita mediante l'applicazione di una riduzione dei pagamenti diretti con il meccanismo della disciplina finanziaria che tuttavia riguarda non tutti gli Stati membri ma solo alcuni;
   è evidente che una tale scelta, sebbene imposta dalla disciplina di bilancio, penalizza enormemente il comparto primario il quale risulta doppiamente colpito dagli effetti di una crisi che non ha in alcun modo contribuito a creare considerato che parte delle risorse «spostate» dal bilancio agricolo a favore di altre politiche vanno anche a potenziare il sostegno al programma di stabilizzazione e di pacificazione dell'Ucraina;
   sebbene tutte le politiche unionali siano egualmente importanti e necessarie, tanto più quelle rivolte a creare condizioni stabili nei Paesi limitrofi nel loro interesse e in quello degli Stati membri, la sottrazione di risorse alle imprese agricole già in forte difficoltà appare una scelta priva di qualsiasi logica e contraria agli interessi di molti Stati membri in primis dell'Italia –:
   se non ritenga di dover esprimere la totale contrarietà dell'Italia alla rettifica al bilancio 2015 e di intraprendere ogni iniziativa, anche in qualità di Presidente del Consiglio dei ministri dell'agricoltura dell'Unione europea, affinché il Consiglio non accolga la proposta dell'Esecutivo comunitario. (5-03809)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o gennaio 2002, in attuazione del decreto ministeriale n. 349 del 15 luglio 2001, nel servizio sanitario nazionale è stata disposta l'introduzione del CEDAP — certificato d'assistenza al parto, da compilarsi in tutte le strutture sanitarie presso le quali si espleta l'attività di assistenza alle gestanti;
   il CEDAP viene redatto a cura dei responsabili dell'unità operativa che ha assistito il parto entro il decimo giorno dall'evento nascita e viene poi indirizzato alla regione che trasmette semestralmente i dati al Ministero della salute — direzione generale del SIRT informativo — ufficio di direzione statistica;
   il Ministero della salute, a sua volta, trasmette i dati anonimi all'ISTAT per le rilevazioni epidemiologiche di pubblica utilità;
   negli anni, i modelli di compilazione dei CEDAP nelle diverse regioni italiane si sono progressivamente diversificati tra loro, rendendo assai difficile la raccolta di dati omogenei, utilizzabili per il miglioramento della qualità dell'assistenza;
   per contrastare tale prevedibile «deriva» della modulistica, era stata inizialmente prevista l'attività di un gruppo di monitoraggio tra Ministero, regioni e ISTAT che però risulterebbe essersi riunito soltanto una volta, nell'ottobre 2003;
   la disomogeneità dei sistemi di raccolta dati e di compilazione dei CEDAP nelle varie regioni italiane crea oggettive difficoltà nel confronto dei dati raccolti che impediscono l'utilizzo delle informazioni ai fini del miglioramento delle specifiche attività sanitarie e di una corretta valutazione dei rischi connessi, ciò anche in relazione ai riflessi positivi che questo avrebbe sulle stime del fair price sia in regime di autoassicurazione che di assicurazione esterna. Infatti, proprio in relazione al parto, si registrano i casi più clamorosi di quella medicina difensiva «disinformativa» che, alterando ovvero omettendo le informazioni riportate nella documentazione medica, nasconde il ricorso a procedure sconsigliate (se non addirittura proibite) che potrebbero costituire elementi negativi in un'eventuale giudizio di responsabilità civile o penale;
   nel caso in cui non fossero messe in atto tutte le procedure di validazione e di verifica di qualità dei dati statistico-sanitari, ne risulterebbe potenzialmente compromessa una corretta valutazione del rischio clinico –:
   se non reputi indispensabile ricostituire e convocare immediatamente il tavolo tra il Ministero, le regioni e l'ISTAT per il monitoraggio delle rilevazioni dei CEDAP;
   quali iniziative intenda porre in essere per garantire l'omogeneizzazione delle attività di rilevazione, compilazione e trasmissione dei dati CEDAP, la cui elaborazione coerente può consentire importanti e qualificanti attività di miglioramento delle prestazioni sanitarie di assistenza al parto in tutto il territorio nazionale. (4-06434)


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da alcune settimane, numerosi pazienti affetti da tumore della vescica in corso di terapia con BCG – farmaco oncologico del tipo ONCOTICE lamentano l'esaurimento delle scorte del medicinale in alcune aziende ospedaliere del territorio nazionale;
   lo stock out è particolarmente gravoso nelle aziende ospedaliere della capitale (azienda ospedaliera San Filippo Neri, azienda ospedaliera Sand'Andrea, C.T.O. Andrea Alesini) che ne hanno sospeso la somministrazione, con possibili, drammatiche conseguenze per i pazienti sotto trattamento;
   il medicinale ONCOTICE è attualmente prodotto solo dall'azienda farmaceutica MSD Merk Sharp & Dohme che, pur avendo incrementato del cento per cento l'offerta produttiva, non riesce a soddisfare la richiesta domestica. La carenza sul mercato italiano del farmaco è infatti determinata da svariati fattori, tra i quali l'irreperibilità del principio attivo e le sfavorevoli condizioni di mercato della produzione del medicinale;
   sembra che, entro la prima metà di ottobre 2014, dovrebbe essere immessa sul mercato una nuova fornitura del medicinale, ma che si tratterebbe di una partita di soli 2.600 flaconi di ONCOTICE, insufficiente a coprire l'intera domanda domestica;
   la produzione del farmaco è stata peraltro appena riavviata, per cui è forte il rischio di un nuovo intervallo di carenza assoluta del prodotto sul mercato italiano;
   l'AIFA ha predisposto una procedura di monitoraggio delle carenze del farmaco con lo scopo di ridurne al minimo i tempi tecnici, di assicurarne la reperibilità e di ripristinarne il regolare approvvigionamento. A tal fine, l'11 settembre 2014, ha autorizzato la casa farmaceutica produttrice sopra menzionata ad importare il medicinale ONCOTICE in confezionamento inglese;
   per ovviare alla difficoltà del ritardo nella distribuzione del farmaco oncologico, l'ufficio qualità dei prodotti AIFA ha inoltre deciso tempestivamente di rilasciare alle singole strutture sanitarie richiedenti il nulla osta all'importazione del medicinale dall'estero, secondo le modalità previste dal decreto del Ministero della salute 11 maggio 2001;
   pur apprezzando l'efficace lavoro svolto sinora dall'AIFA relativamente al farmaco ONCOTICE, si rileva come analoghe situazioni tenderebbero a presentarsi anche per altri farmaci di importante rilievo terapeutico che, per alterne situazioni di mercato, rischiano di non essere disponibili per le esigenze consolidate del consumo italiano;
   nel caso di ONCOTICE sembrerebbe inoltre che nei magazzini farmaceutici di diversi ospedali italiani siano stoccate provviste di tale farmaco che, pur non essendo immediatamente necessarie per le attività di istituto dei presidi ospedalieri che li detengono per assenza del network di condivisione delle informazioni, non possono essere indirizzate altrove per coprire la domanda;
   l'attivazione di un sistema di messa in rete delle informazioni sulle scorte dei magazzini farmaceutici delle strutture pubbliche italiane potrebbe contribuire proprio a consentire la pronta disponibilità dei farmaci in situazione di eccezionale carenza di disponibilità;
   l'interruzione delle cure specifiche, in pazienti con importanti patologie neoplastiche, rischia comunque di avere conseguenze molto gravi sul decorso della malattia –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di propria competenza e attraverso l'AIFA, al fine di rendere immediatamente e costantemente disponibile il medicinale denominato BCG, terapia oncologica del tipo ONCOTICE, per tutte le aziende ospedaliere del territorio nazionale;
   se non ritenga opportuno ed urgente istituire un magazzino nazionale virtuale del farmaco che possa monitorare costantemente le scorte di medicinali «salva-vita» nelle aziende ospedaliere, impedendo che si ripetano in futuro difficoltà simili a quelle nell'approvvigionamento del medicinale BCG. (4-06436)


   VARGIU e CAPUA. — Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   come da intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l'8 settembre 2014 il Ministero della salute ha adottato la proposta di Programma nazionale della ricerca sanitaria (PNRS) 2014-2016, di cui all'articolo 12-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, successive modificazioni e integrazioni;
   parte integrante della proposta di PNRS è costituita dal bando ricerca finalizzata (RF), con il quale il Ministero della salute invita tutti gli operatori del SSN alla presentazione di progetti di ricerca clinico assistenziale e biomedica, prevalentemente traslazionale, di durata triennale relativamente alle nuove strategie diagnostiche, terapeutiche e clinico assistenziali;
   il bando presenta alcuni punti critici, che andrebbero immediatamente affrontati per ottimizzare il sistema, aumentarne la credibilità in ambito nazionale ed internazionale, oltre che rispondere alle aspettative di trasparenza, fra questi;
   si afferma al paragrafo 3 «Procedura di valutazione – Aspetti generali», che «I progetti (...) saranno inviati direttamente a revisori internazionali (NIH-Center for Scientific Review, etc.)» a quanto consta agli interroganti il Ministero della salute, nell'agosto 2008, stipulò con l'allora direttore italiano del Center for Scientific Review – CSR, dottor Antonio Scarpa, un accordo di natura esclusivamente consultiva sui criteri di valutazione delle proposte. Questo accordo, tuttavia risulta essere terminato con le dimissioni del dottor Scarpa nell'agosto 2011 e il CSR non è mai più stato coinvolto nei bandi successivi;
   a questo proposito, sempre al paragrafo 3 degli Aspetti generali delle procedure di valutazione, appare che l'utilizzo del termine «eccetera» nel modo sopra riportato, rappresenti un elemento di inaccettabile genericità che, nell'ambito di un bando di concorso pubblico, potrebbe prestarsi ad interpretazioni difformi e a potenziali contenziosi, dal momento che i proponenti ignorerebbero l'organismo che gestisce di fatto la revisione delle loro proposte. Quindi ad oggi non è noto chi siano i revisori dei progetti, né quali siano i criteri di selezione degli stessi. Altresì, non è noto quanto i revisori vengano pagati per ogni progetto, come d'altronde il numero di progetti che ciascun revisore può esaminare;
   sempre per ciò che attiene alla «Procedura di valutazione» dei progetti ordinari, emergono numerosi conflitti di interesse e procedure molto complicate, con possibile sovrapposizione delle attività delle commissioni e dei singoli commissari, che si controllano in sequenza, di fatto modificando o interferendo con il giudizio originale dei due referenti nella revisione. In realtà, sarebbe assolutamente preferibile che le «Procedure di valutazione» avessero singole figure professionali di riferimento, per ciascun specifico settore, invece delle costose commissioni attualmente previste, che rendono dispersiva e spersonalizzata la giustificazione delle scelte, in un meccanismo di scatole cinesi che deresponsabilizza il decisore;
   sul modello dei National Institutes of Health (NIH) della gestione dei fondi e della peerreview, sarebbe auspicabile abolire varie commissioni, gruppi e comitati di valutazione ed introdurre due nuove figure professionali, l'amministratore di programmi (AP) e l'amministratore delle revisioni (AR), a vantaggio della trasparenza del processo e della responsabilizzazione individuale. Con questi due ruoli si separerebbero inoltre le attività dei tutor dei proponenti (AP) dalle funzioni di chi organizza le sedute di revisione (AR), evitando così un chiaro conflitto di interesse e contaminazione delle procedure;
   la «Tutela brevettuale» dei progetti di ricerca finalizzata enunciata nel paragrafo 2.2. del bando si rivela del tutto insufficiente e molto distante dai termini di tutela riconosciuta a livello internazionale. Il bando RF non contempla, tra l'altro, alcuna policy volta a garantire il know-how che si sviluppa durante lo svolgimento della ricerca, e quindi prima del brevetto;
   l'assoluta mancanza di linee guida che garantiscano un corretto scambio delle informazioni e del trasferimento tecnologico (know-how and technology transfer) è ancor più evidente quando si pensa che il bando RF propone collaborazioni con istituti (esteri o italiani) e con singoli ricercatori all'estero. Un chiaro esempio è rappresentato dalle collaborazioni all'estero che non svolgono direttamente attività di ricerca, e per le quali risulterebbe difficile definire il contributo intellettuale senza l'attività sperimentale. Inoltre, se la collaborazione all'estero viene utilizzata per l'uso di reagenti, sarebbe opportuno introdurre nel bando della RF l'uso di MTA (Material Transfer Agreement) tra l'Istituto di appartenenza del ricercatore all'estero e quello in cui la RF viene svolta. Ciò garantirebbe trasparenza delle risorse e delle tecnologie acquisite e del contributo scientifico offerto dall'unità afferente all'estero;
   il bando RF è privo di una clausola di confidenzialità e di esclusiva partecipazione al progetto (non-disclosure agreement) tra le parti coinvolte nei progetti. Questo elemento è necessario nel caso dei progetti di rete (PR), dei progetti estero (PE) e dei progetti cofinanziati (PC), in quanto permette di monitorare le unità afferenti, quali Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico (IRCCS), Istituti zooprofilattici sperimentali (IIZZSS), Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, università straniere o aziende e garantisce l'unicità della ricerca proposta, stando duplicazioni di progetti;
   la clausola di non-disclosure agreement è necessaria a generare la policy della proprietà intellettuale, suggeriamo che sia applicata a tutte le parti coinvolte nel progetto, inclusi studenti di dottorato di ricerca e personale a contratto. Ciò avrebbe due benefici: la tracciabilità della ricerca e degli operatori coinvolti e la costruzione di una forma mentis per i giovani in formazione su come usare e proteggere i dati scientifici e l'unicità del rapporto contrattuale;
   l'età anagrafica rappresenta un parametro arbitrario, che non riflette il grado d'indipendenza del giovane ricercatore, sarebbe opportuno l'inserimento di una tempistica legata al curriculum invece che all'età (nel bando RF attuale, il limite per il GR è «inferiore ai 40 anni»), definendo ad esempio il GR come un ricercatore che abbia conseguito il proprio titolo di dottorato da non più di sette anni. Inoltre, per mantenere un equilibrio di genere, sarebbe opportuno estendere il limite di età a non più di dieci anni dal titolo di dottorato per i ricercatori di sesso femminile che abbiano avuto almeno una gravidanza –:
   quali iniziative intenda adottare per modificare il bando ricerca finalizzata (RF), al fine di raccogliere le segnalazioni e le indicazioni sopra esposte volte a:
    a) sviluppare, nell'ambito del «Processo di valutazione», un sistema in grado di essere facilmente seguito pubblicamente dall'utente-proponente e chiarire esattamente, anche tramite un link sul bando, da quali figure professionali tale processo viene gestito in sede ministeriale (indicando email e numero di telefono da contattare), in quale modo e da chi sono scelti ire revisori, l'elenco dei revisori corredato da curriculum accessibile, nonché i criteri di valutazione con punteggio (può essere utile anche un grafico con i passaggi del processo);
    b) introdurre la figura dell'amministratore di programmi (AP) e l'amministratore delle revisioni (AR);
    c) nell'ambito della tutela brevettuale, estendere i criteri di proprietà intellettuale nei progetti di RF, tra cui (i) la clausola di non-disclosure agreement tra le parti coinvolte nei progetto, inclusi ricercatori esteri, studenti di dottorato e personale a contratto, (ii) i criteri che definiscono il know-how e il technology transfer che i DIT ed i PIT devono rispettare nell'ambito di tutti i progetti afferenti al bando RF;
    d) nell'ambito della identificazione dei giovani ricercatori, rivedere il limite dei 40 anni e tenere conto della compensazione di genere per ricercatrici madri.
(4-06451)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SENALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è in corso di definizione in sede europea una nuova bozza di proposta relativa alla Fuel Quality Directive (FQD), la direttiva europea finalizzata alla conseguire una riduzione del 6 per cento delle emissioni dei carburanti per trasporti entro il 2020 anche attraverso il blocco dell'impiego dei carburanti derivati da «petrolio sporco», ovvero da fonti non convenzionali, il cui processo estrattivo è altamente impattante in termini di emissioni di gas climalteranti;
   il 23 febbraio 2012 il Comitato tecnico del Consiglio dei Ministri dell'ambiente, si è espresso sulla proposta della Commissione europea di mettere al bando il petrolio estratto dalle sabbie bituminose in base alla direttiva sulla qualità dei carburanti (2009/30/CE) che vuole l'immissione sul mercato europeo soltanto di carburanti fossili che prevedono l'opportunità di generare meno emissioni di carbonio (carbon intensive);
   il carburante derivato dalle sabbie bituminose (tar sand), secondo le tabelle contenute nella direttiva, redatte sulla base di studi scientifici, in special modo su quello dell’International Food policy research institute, sarebbe del 22 per cento più inquinante di altri combustibili, avendo un'intensità di carbonio pari a 107 gr megajoule di carburante, contro gli 87,5 gr dei tradizionali (secondo la società di consulenza IHS Cambridge Energy research associates sarebbe invece del 10-20 per cento) ed è caratterizzato da una peggior qualità e potere calorifico;
   numerosi organi di stampa, sia italiani che stranieri, riportano notizie circa l'arrivo di un primo, carico di petrolio da sabbie bituminose in Europa e precisamente in Sardegna –:
   se il Ministero dello sviluppo economico sia a conoscenza dell'arrivo presso la raffineria di Sarroch in Sardegna di un carico di petrolio derivante da sabbie bituminose attraverso la petroliera Minerva Gloria, primo carico di petrolio da sabbie bituminose in Europa;
   se l'utilizzo di un combustibile così diverso e di bassa qualità possa peggiorare le prestazioni di efficienza dei presidi di abbattimento delle sostanze inquinanti della raffineria di Sarroch inficiandone il rendimento e quindi causando un incremento delle emissioni in atmosfera ed un incremento dei residui di produzione.
(5-03807)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALPERTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, contenente «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ha previsto all'articolo 24 l'istituzione di un credito di imposta per nuove assunzioni a tempo indeterminato, operate da imprese private a favore di personale con profili altamente qualificati, così individuati: a) nel possesso di dottorato di ricerca universitario; b) nel possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico, purché il relativo personale sia impiegato in particolari attività di sperimentazione e di ricerca;
   il diritto a detto credito di imposta (pari al 35 per cento del costo aziendale sostenuto per le assunzioni a tempo indeterminato e con un plafond massimo per azienda di 200.000 euro annui) è sorto con l'entrata in vigore del decreto-legge in questione (26 giugno 2012), ma le modalità di presentazione dell'istanza per la fruizione del contributo da parte delle imprese sono demandate a un decreto ministeriale (del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze);
   lo stesso articolo 24, comma 11, del citato decreto-legge n. 83 del 2012, stabilisce che il decreto ministeriale è «da emanarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore» del decreto-legge;
   sono decorsi i 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge ed anche i 60 giorni dalla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione (legge 7 agosto 2012, n. 134), senza che sia stato emanato il prescritto decreto attuativo –:
   se il Governo intenda spiegare le ragioni di tale ritardo nell'applicazione di una importante disposizione di sviluppo e di valorizzazione del merito;
   quale ritengano possa essere la data di presumibile emanazione del decreto attuativo. (4-06430)


   ROSTELLATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da uno studio condotto dalla Fondazione Nord-Est è emerso un dato preoccupante: nonostante l'ampia diffusione in Italia delle reti a banda larga standard, le connessioni a internet risultano ancora scarsamente utilizzate tra gli utenti italiani, soprattutto se si fa un confronto con gli altri paesi dell'Unione europea;
   l'Italia, infatti, si colloca agli ultimi posti tra i membri dell'Unione europea;
   passando alle connessioni super veloci, che consentono una velocità di download fino a 100Mbit/s, l'Italia si trova in una posizione ancora più deficitaria. Insieme alla Greci e a Cipro, nel 2013 il nostro Paese risultava, infatti, l'unico in cui la banda ultra larga era a diffusione zero;
   i ritardi tecnologici e a livello di dotazioni infrastrutturali spiegano solo in parte il divario che separa l'Italia in materia digitale dagli altri Paesi europei. Vi sono infatti anche elementi culturali, che comportano una scarsa propensione alla digitalizzazione da parte degli utenti;
   questi dati trovano efficace riscontro esaminando le quote di chi non ha mai effettuato un accesso a internet nella propria vita. Si tratta di più di un italiano su tre, dimensione ben superiore alla media dell'Unione europea, che invece si ferma a un individuo su cinque;
   tale ritardo tecnologico ha effetti pessimi anche sul versante commerciale: infatti, è proprio grazie al nuovo ruolo assunto dal commercio elettronico che il settore del commercio al dettaglio negli Stati Uniti vive un'evoluzione di proporzioni considerevoli tale da far comprendere che questa pratica in Italia acquisisce la fisionomia di una grande opportunità ancora mancata, sia dal lato delle imprese, che da quello dei consumatori;
   si tratta di una situazione che in Italia si dimostra tanto più grave alla luce della dinamica piatta dei consumi oramai consolidatasi e ancor più rispetto alle prospettive che questi strumenti possono offrire alle imprese, anche di piccola e media dimensione, in termini di vendita sui mercati esteri;
   in tale quadro non possono che giocare un ruolo chiave la formazione e la diffusione delle competenze informatiche, soprattutto tra le generazioni estranee all’«alfabetizzazione digitale», e parallelamente le imprese devono essere supportate e accompagnate con specifiche iniziative formative, di confronto con le tecnologie e le strategie dei grandi player internazionali del commercio elettronico e di sviluppo delle competenze interne per accedere a questi canali, al fine di consentire loro di accedere a nuove opportunità di sviluppo dell'internazionalizzazione e di intercettare un trend di sviluppo del commercio che appare particolarmente interessante per i prodotti del made in Italy –:
   se il Governo sia a conoscenza del «ritardo tecnologico» presente in Italia e quali iniziative si siano assunte al fine di migliorare l’«alfabetizzazione digitale»;
   quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di riallinearsi almeno alla media europea;
   come il Governo intenda agire al fine di diffondere le competenze informatiche, soprattutto tra le generazioni estranee all’«alfabetizzazione digitale», e quali mezzi intenda utilizzare al fine di supportare le imprese per consentire loro di accedere a nuove opportunità di sviluppo, con particolare riguardo al commercio dei prodotti made in Italy. (4-06438)


   CIRIELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a Pignataro Maggiore, comune in provincia di Caserta, insiste una delle più importanti aree di sviluppo industriale della Campania oggetto, negli ultimi anni, di ingenti e importanti finanziamenti pubblici tesi alla sua infrastrutturazione e ammodernamento;
   a causa della già nota e grave crisi economica che attanaglia il territorio nazionale in particolare il Sud, si è dovuto assistere, nell'ultimo decennio, alla chiusura di alcuni importanti stabilimenti dell'area in questione come quelli dell'Arte Seta Alois srl, Chimica Fiore srl, Silia spa, Tinto Sud srl e Plastamp srl, gettando nella disperazione economica e sociale migliaia di operai e di famiglie;
   nelle ultime settimane, altre due importanti realtà industriali di Pignataro Maggiore, la Nuroll spa e la Prysmian spa, hanno annunciato la necessità di provvedere alla riduzione del personale per poter far fronte alla crisi economica del momento;
   in particolare, la Nuroll avrebbe già attivato le procedure per il licenziamento di 25 operai, mentre la Prysmian ha annunciato che a gennaio 2015, a conclusione del contratto di solidarietà, procederà al licenziamento di 48 addetti alla produzione e di 3 impiegati;
   i sindacati provinciali e la rappresentanza sindacale unitaria hanno, però, pubblicamente denunciato che le decisioni delle proprietà di ridurre il numero del personale non rispondono alla necessità di far fronte alla crisi della domanda e della produzione in genere, ma sarebbero dettate da errate strategie aziendali che vorrebbero implementare stabilimenti presenti in territorio ultra nazionale ed europeo, laddove il costo della manodopera è inferiore a quello italiano;
   le citate aziende hanno ricevuto nel tempo finanziamenti pubblici per l'ammodernamento dell'impiantistica e degli stabilimenti;
   gli operai delle citate aziende, unitamente a quelli dell'azienda Jabil di Marcianise, dove addirittura oltre 250 maestranze rischiano di perdere il posto di lavoro, come già denunciato dall'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-03628, da giorni sono in stato di agitazione avendo bloccato finanche la stazione ferroviaria di Caserta e continuando in scioperi e manifestazioni di piazze –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità e l'urgenza degli stessi, quali iniziative ritengano opportuno adottare per assicurare l'apertura di un tavolo istituzionale presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di affrontare concretamente, unitamente ai rappresentanti dei lavoratori e alle aziende, i nodi denunciati dai sindacati e per evitare che migliaia di famiglie perdano il posto di lavoro.
(4-06447)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Kronbichler e altri n. 1-00558, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zaccagnini.

  La mozione Nicoletti e altri n. 1-00603, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mattiello.

  La mozione Speranza e altri n. 1-00615, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Moretto, Venittelli.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Franco Bordo e altri n. 7-00421, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zaccagnini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Frusone e altri n. 5-01898, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paolo Bernini.

  L'interrogazione a risposta scritta Scotto e altri n. 4-06393, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pastorino.

  L'interrogazione a risposta scritta Colonnese e altri n. 4-06425, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fico.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Commissione Causi n. 5-03788 del 14 ottobre 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Carloni e altri n. 5-03328 del 24 luglio 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06455.