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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 6 ottobre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, considerato che l'Unione europea è soggetta a pressioni migratorie strutturali, conseguenti a cambiamenti sociali e politici negli Stati limitrofi, è tenuta ad assolvere entro il 31 dicembre 2014 il rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali, attraverso una efficace promozione della migrazione, individuando strumenti operativi;
    secondo i dati dello European asylum support Office (Ufficio europeo di sostegno all'asilo – EASO) diffusi nei giorni scorsi, si è registrato nei primi otto mesi un aumento del 28 per cento delle domande di asilo presentate nell'Unione europea, rispetto allo stesso periodo nel 2013. Uno su cinque dei richiedenti asilo è siriano, infatti la Siria è tra i primi tre Paesi di origine dei richiedenti in diciannove Stati dell'Unione europea;
    secondo i dati del Ministero dell'interno, nei mesi gennaio-settembre 2014 il numero dei richiedenti asilo si attestava a circa 44.000, con un aumento del 153 per cento a fronte dei dati del 2013 negli stessi mesi, pari a circa 17.387;
    in seguito al tragico naufragio di oltre trecento migranti dello scorso 3 ottobre 2013, l'operazione militare ed umanitaria italiana Mare Nostrum, iniziata il successivo 18 ottobre 2013, ha costituito un esempio efficace per affrontare e gestire in modo consapevole lo stato di emergenza umanitaria nello stretto di Sicilia, dovuto dall'afflusso eccezionale di migranti. L'operazione Mare Nostrum, operando congiuntamente ed in sinergia con le attività previste dall'europea Frontex, ha contribuito fattivamente a salvare vite umane in pericolo in mare nonché a contrastare il traffico illegale di migranti. Secondo dati UNHCR, le navi di Mare Nostrum hanno salvato circa il 70 per cento dei migranti e richiedenti protezione internazionale sbarcati da gennaio ad oggi in Italia;
    a partire dal prossimo mese di novembre avrà inizio la futura operazione Frontex Plus con obiettivi diversi, legati ad una maggiore vigilanza della frontiera meridionale dell'Unione. Frontex Plus sarà operativa solo nell'area marittima rientrante nella giurisdizione italiana, senza realizzare interventi di salvataggio in acque internazionali o nelle acque di altri Paesi che non riescono a gestire la propria zona di ricerca e salvataggio;
    «il successo di Frontex Plus dipende dalla partecipazione dei singoli Paesi», secondo quanto affermato dal Commissario europeo per gli Affari interni Cecilia Malmström è necessario l'apporto dei singoli Governi per farsi carico di una gestione europea del fenomeno migratorio. Premesso ciò, le due operazioni dovrebbero essere complementari, convergendo nella promozione dell'integrazione europea delle politiche migratorie;
    negli ultimi anni si sono accentuate le differenze sostanziali tra i sistemi di protezione dei diversi Paesi, sia per quando riguarda le misure di accoglienza, sia relativamente alle percentuali di riconoscimento e alle procedure di esame della domanda;
    con il Regolamento Dublino III si è voluto realizzare un sistema di asilo europeo basato su criteri omogenei di riconoscimento del diritto d'asilo dei richiedenti, per evitare disparità nel trattamento delle persone e nell'esame delle loro domande;
    tuttavia l'applicazione del Regolamento ha evidenziato alcune criticità, segnalate soprattutto da operatori del settore, relativamente alle procedure di ge- stione in generale e per la presa in carico dei minori non accompagnati, che necessitano di essere corrette,

impegna il Governo:

   a garantire una forma di protezione temporanea a richiedenti provenienti dalla Siria, Iraq ed Eritrea, attraverso la concessione di un permesso per motivi umanitari, in applicazione della direttiva 2011/55/CE, recepita dall'Italia con il decreto legislativo 7 aprile 2003 n. 85, relativa alla «concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati» e alla «promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi»;
   al fine di gestire il fenomeno dei flussi migratori misti, a promuovere la creazione di un centro di accoglienza gestito in collaborazione con altri Paesi europei in Sicilia, che in modo sperimentale, esamini le domande di protezione internazionale;
   a promuovere, in sede europea ed in collaborazione con l'UNHCR, la creazione di centri di accoglienza nei Paesi di transito, quali Tunisia, Egitto, Marocco, Etiopia, Giordania, dove presentare domanda di protezione internazionale;
   ad adottare tutte le misure opportune per potenziare il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati;
   a sostenere presso le competenti sedi europee la necessità di una revisione del regolamento «Dublino III» al fine di eliminare le criticità sollevate in più sedi da personalità e istituzioni operanti nel settore al fine di consentire ai richiedenti asilo di poter ottenere una protezione vera nei Paesi in cui hanno legami familiari o culturali e concrete prospettive di inserimento sociale e lavorativo.
(1-00604) «Santerini, Marazziti, Dellai».

Risoluzione in Commissione:


   La X Commissione,
   premesso che:
    conoscere la sede dello stabilimento di produzione o confezionamento di un prodotto alimentare consente alle autorità di controllo di attivare facilmente le azioni correttive utili a mitigare il rischio per la salute pubblica;
    l'indicazione della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento, oltre ad avere una funzione importante per la sanità pubblica, è una informazione essenziale per i consumatori i quali sempre più spesso scelgono i prodotti da acquistare non soltanto valutando ragioni economiche ma anche in base a legittime motivazioni «etiche», laddove, in nome del valore del lavoro, si preferisca un dato prodotto, piuttosto che un altro, per sostenere l'occupazione locale o favorire la crescita di un dato territorio;
    la direttiva 2000/13/CE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, non prescrive l'indicazione obbligatoria in etichetta della sede dello stabilimento;
    è pertanto facoltà degli Stati membri aggiungere eventuali altre prescrizioni nazionali, da applicarsi sui prodotti commercializzati sui loro territori. A tal fine, i Governi dei Paesi aderenti sono tenuti a notificare le norme nazionali alla Commissione europea la quale, a sua volta, verifica la loro compatibilità con l’«acquis communautaire»;
    il Governo italiano, dopo avere ottenuto il nulla osta dalla Commissione europea in quanto giustificato dall'esigenza di garantire l'efficace gestione delle crisi, ha reso obbligatoria l'indicazione in etichetta della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento;
    il regolamento (UE) n.  1169/2011, nel ridefinire le regole comuni in tema d'informazione al consumatore per i prodotti alimentari, ha confermato la possibilità per gli Stati membri di aggiungere prescrizioni nazionali ulteriori, da applicarsi sui prodotti commercializzati sui loro territori (capitolo 6);
    allo stato attuale il decreto legislativo n. 109 del 1992 è ancora applicabile, in Italia, fino a sua formale abrogazione e dunque, in linea teorica, l'indicazione della sede dello stabilimento rimane obbligatoria per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia;
    a decorrere dal 14 dicembre 2014 – data di formale applicazione di gran parte del regolamento (UE) n. 1169/11 – tuttavia, la prescrizione italiana della sede dello stabilimento potrà essere mantenuta solo a condizione che il Governo italiano provveda alla notifica di tale norma all'Esecutivo comunitario, ai sensi del regolamento predetto;
    ad oggi non risulta che il Ministero dello sviluppo economico abbia inoltrato ai competenti servizi della Commissione europea la notifica in parola,

impegna il Governo

a procedere con urgenza, e comunque entro il 14 dicembre 2014, a notificare alla Commissione europea la volontà di mantenere alcune informazioni supplementari, in particolare l'obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione o confezionamento per i prodotti alimentari realizzati e commercializzati in Italia.
(7-00484) «Da Villa, Parentela, L'Abbate, Lupo, Benedetti, Gallinella, Gagnarli, Massimiliano Bernini».

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   RACITI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con Po Fers Sicilia 2007/2013 – attuazione delle linee di intervento 2.3.1.1. e 2.3.1.2 – sono stati finanziati per la somma di 1.679.871,71 euro «Progetti integrati finalizzati alla rimozione delle cause del degrado ed erosione dei tratti di costa in corrispondenza delle frazioni di S. Caterina, S. M. La Scala e Pozzillo» ricadenti nel comune di Acireale (Catania) all'interno della riserva naturale orientata «La Timpa» – sito di interesse comunitario ITA 070004 – «La Timpa di Acireale»;
   un primo stralcio dei lavori riguardanti l'apposizione di reti metalliche in corrispondenza dei costoni di S. Caterina e S. Maria la Scala è stato completato il 30 giugno 2009. Sin dalla sua approvazione nel 2007, il progetto è stato sottoposto a diverse critiche da parte di Legambiente che ha inoltre presentato vari esposti corredati da autorevoli pareri e pubblicazioni scientifiche denunciando l'impatto negativo degli interventi previsti sulla fauna, la flora e l'ambiente marino della riserva naturale «La Timpa»;
   ciononostante, con delibera di giunta municipale del comune di Acireale n. 93 dell'8 settembre 2014 è stato approvato il completamento del progetto con la realizzazione di una barriera soffolta in corrispondenza dei caratteristici basalti colonnari siti nella frazione di S. Maria La Scala, in località Grotta delle Colombe, per un importo complessivo di 318.009,66 euro;
   tali lavori, secondo il parere di Legambiente e di ricercatori afferenti al dipartimento di botanica dell'università degli studi di Catania, provocherebbero un radicale mutamento dell'ambiente marino con il definitivo sconvolgimento dell'assetto naturale dei fondali, la cui bellezza è impreziosita anche da basalti colonnari sommersi e, inoltre, causerebbero un'alterazione della circolazione delle correnti marine (influenzata su tali fondali dalla presenza di sorgenti di acque dolci), che potrebbe compromettere in modo irreversibile qualunque possibilità di ripresa della vegetazione marina, quanto meno nelle stesse condizioni attuali;
   inoltre da un primo esame degli atti inerenti al procedimento relativo all'appalto sembrerebbero emergere anomalie in ordine alla conduzione dell’iter dei lavori che meriterebbero un attento approfondimento –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo alla congruenza degli interventi realizzati e da realizzare rispetto agli obiettivi di tutela e salvaguardia ambientale della riserva naturale «La Timpa», sito di interesse comunitario, anche in considerazione dei pareri fortemente critici avanzati da Legambiente e da diverse autorità accademiche a quanto consta all'interrogante mai considerati nel corso del procedimento. (3-01068)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENEDETTI e GAGNARLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   all'ordinanza emessa dal sindaco di Verona Flavio Tosi, che consente l'abbattimento dei lupi per 90 giorni a partire dal 25 settembre 2014, è seguita la denuncia del Corpo forestale dello Stato per avere autorizzato l'abbattimento di specie protetta;
   a mezzo stampa il sindaco difende il proprio operato, motivato dalla volontà di dare maggiori garanzie di sicurezza, riconoscendo al cittadino la libertà di difendersi in caso di attacchi o di situazioni di pericolo;
   con protocollo 0019543/PNM del 29 settembre 2014 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare inviava una lettera alla regione Veneto, alla provincia di Verona, al Corpo forestale dello Stato e per conoscenza all'Ispra, chiedendo di «fornire ogni utile elemento informativo, anche in merito alle eventuali iniziative adottate sulla questione dalle Amministrazioni in indirizzo alla luce dei compiti e responsabilità attribuiti dalla normativa vigente»;
   è parere degli interroganti che, nonostante gli avvenimenti siano di competenza regionale e provinciale, in tali gravi casi di emanazione di provvedimenti contrari a qualsiasi normativa vigente, l'autorità ministeriale possa e debba intervenire con risolutezza, anche al fine di evitare epiloghi tragici come la recente uccisione dell'orsa Daniza in Trentino –:
   se siano stati forniti gli elementi richiesti dal Ministro e se non ritenga di dover intervenire, nei limiti di competenza, in modo più incisivo nei confronti della delibera emanata dal primo cittadino di Verona, che appare agli interroganti contraria a qualsiasi normativa vigente per la tutela delle specie protette, al fine di scongiurare la sua attuazione. (5-03716)


   DE LORENZIS, SCAGLIUSI, L'ABBATE e PETRAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale del 18 maggio 1981, n. 141, con il quale il Ministro dell'agricoltura e delle foreste ha dichiarato l'area di «Torre Guaceto» zona umida di importanza internazionale in esecuzione della convenzione di Ramsar;
   il decreto ministeriale del 4 dicembre 1991 con il quale il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, ha istituito la riserva naturale marina denominata «Torre Guaceto», interessante la parte a mare prospiciente la zona umida individuata con il citato decreto ministeriale n. 141 del 18 maggio 1981;
   nell'ambito del programma comunitario «Natura 2000» e del relativo progetto italiano «Bioitaly» la regione Puglia, ai sensi della direttiva «Habitat» 92/43/CEE, ha proposto, tra gli altri, quali siti di importanza comunitaria (SIC) le aree di Torre Guaceto e di Macchia di S. Giovanni (sigla 1T9140005) ed inoltre la regione Puglia individua la zona umida di Torre Guaceto come Zona di Protezione Speciale (ZPS) (sigla IT9140008) ai sensi della Dir. 79/409 CEE «Uccelli» e quindi il Ministero dell'ambiente con decreto ministeriale del 4 febbraio 2000 istituisce la Riserva naturale dello Stato di Torre Guaceto. Il decreto istitutivo individua all'articolo 4 l'organismo di gestione in un consorzio misto fra l'amministrazione comunale di Brindisi, l'amministrazione comunale di Carovigno e l'associazione protezionistica senza fini di lucro World Wildlife Italia-W.W.F.Italia;
   il decreto ministeriale n. 141 del 18 maggio 1981 all'articolo 3 stabilisce che nell'ambito delle finalità la riserva naturale marina di «Torre Guaceto» in particolare persegue, tra l'altro, «la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale marino e costiero presente nell'area, con particolare riferimento alla qualità delle acque, alle caratteristiche geomorfologiche alla flora ed alla fauna e segnatamente, alla avifauna acquatica in relazione alla designazione di parte dell'area quale zona umida di importanza internazionale in base a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1976» e anche «lo studio e la pianificazione di una razionale gestione delle risorse alieutiche nelle zone a secondo le modalità consentite per quanto previsto dal presente decreto, ai fini del raggiungimento della compatibilità delle attività di pesca con la primaria esigenza della conservazione della natura, prevedendo, quindi, in tale quadro di conoscenze sistematiche, anche interventi finalizzati al ripopolamento ittico della zona e delle zone limitrofe» ed inoltre «la promozione di uno sviluppo socio-economico compatibile con la rilevanza naturalistico-paesaggistica dell'area, anche privilegiando attività tradizionali locali già presenti»;
   il decreto ministeriale n. 141 del 18 maggio 1981 all'articolo 4 stabilisce che all'interno dell'area della riserva naturale marina «Torre Guaceto» sono vietate le attività che recano «l'alterazione, con qualsiasi mezzo, diretta o indiretta, dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e biologiche delle acque, nonché la discarica di rifiuti solidi o liquidi e in genere l'immissione di qualsiasi sostanza che possa modificare, anche transitoriamente, le caratteristiche dell'ambiente marino, nonché la escavazione e la raccolta di materiali inerti»;
   nella Riserva naturale statale di Torre Guaceto sfocia il «Canale Reale», uno dei rari corsi d'acqua presenti tra il Salento e la bassa Murgia;
   il 19 settembre 2014 con atto dirigenziale del servizio risorse idriche della regione Puglia n. 136 del 2 settembre 2014 è stata rilasciata all'Acquedotto di Puglia SpA l'autorizzazione all'esercizio dello scarico provvisorio nel «Canale Reale» delle acque reflue depurate effluenti dal nuovo impianto consortile di trattamento a servizio dell'agglomerato di Carovigno e con nota del 19 settembre 2014 prot. n. 89903 l'Acquedotto di Puglia SpA ha comunicato che a decorrere dal 22 settembre 2014 avranno inizio le operazioni di avvio all'esercizio dei collettori fognari quindi del successivo scarico;
   dal sito internet ufficiale del consorzio di gestione di Torre Guaceto si apprende in merito ai due provvedimenti sopracitati della regione Puglia e di Acquedotto di Puglia SpA che «tali due provvedimenti sono in netto contrasto con quanto la regione Puglia e l'Acquedotto di Puglia avevano formalmente dichiarato nel verbale di udienza presso il Tribunale delle Acque Pubbliche, in seguito al ricorso presentato dal consorzio di gestione di Torre Guaceto ad un primo provvedimento analogo; di fronte al tribunale, infatti, entrambe si erano impegnate ad astenersi dal dare esecuzione al provvedimento impugnato. Per tale motivo, di fronte a questo impegno, il giudizio del tribunale era stato sospeso. La decisione di non dare corso al provvedimento da parte della regione era un sostanziale accoglimento delle contestazioni presentate dal consorzio di gestione in merito»;
   sempre dal sito internet ufficiale del consorzio di gestione di Torre Guaceto si apprende che «in seguito all'adozione del nuovo provvedimento del Servizio Risorse Idriche della regione Puglia il consorzio di gestione in esecuzione della decisione da parte del consiglio di amministrazione dell'Ente, ha presentato nella giornata del 19 settembre 2014 impugnativa presso il tribunale amministrativo regionale del provvedimento, per richiederne la sospensione dell'efficacia» e continua con «tale azione, però, risulta essere superata dalla comunicazione da parte dell'AQP di avvio esercizio; per tale motivo le possibilità di azione amministrativa a tutela della biodiversità dell'Area Marina Protetta di Torre Guaceto da parte del Soggetto Gestore si sono notevolmente assottigliate»;
   successivamente il Noe dei carabinieri e il Corpo forestale dello Stato, hanno effettuato controlli nel sito del depuratore e denunciato Acquedotto di Puglia per la mancanza dell'autorizzazione per le emissioni in atmosfera;
   da fonti stampa del «Fatto Quotidiano» del 27 settembre 2014 dal titolo «Puglia, la fogna scarica direttamente dentro la riserva naturale di Torre Guaceto» si apprende che attualmente fuoriescono liquami e schiuma degli impianti fognari sopracitati che scaricano nel Canale Reale e che giungono quindi in mare nell'area marina protetta zona A, la maggiormente tutelata;
   secondo l'interrogante, per quanto detto in premessa, Acquedotto di Puglia SpA e la regione Puglia hanno violato quanto stabilito dal decreto ministeriale del 4 dicembre 1991 e quanto stabilito dalle norme europee e nazionali in merito di tutela ambientale mettendo a rischio l’habitat naturale protetto e la qualità delle acque e di conseguenza un possibile danno per l'attività della pesca e del turismo in quanto l'evento non rende una pubblicità favorevole alla località ed inoltre hanno reso d'innanzi al Magistrato delle Acque dichiarazioni chiaramente in contraddizione con le condotte successivamente seguite –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto espresso in premessa e cosa intendano fare per tutelare l'area marina protetta in oggetto;
   se la regione Puglia e Acquedotto di Puglia SpA siano passibili di qualche provvedimento amministrativo, per quanto dichiarato d'innanzi al magistrato delle acque, poi evidentemente non mantenuto, tenuto conto che il procedimento al tribunale delle acque si è concluso con la formale dichiarazione che i due enti regionali avrebbero desistito dal procedere con gli scarichi. (5-03717)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CRIPPA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 settembre 2013 sono partiti i lavori sulla strada statale 33 per il prolungamento dell'imbocco sud della galleria di «Paglino» al chilometro 142+800;
   come infatti si può leggere dal comunicato di ANAS spa pubblicato sul quotidiano Il Corriere della Sera in data 13 giugno 2013, i lavori sopracitati sono stati affidati tramite gara d'appalto all'impresa GFA srl con sede in Battipaglia (SA);
   tale impresa risulterebbe avere vinto la gara sopracitata con un'offerta al ribasso del 24,531 per cento;
   i lavori in oggetto sarebbero dovuti terminare entro il mese di novembre 2014;
   su richiesta di GFA srl pervenuta ad ANAS spa in data 30 settembre 2013, il termine dei lavori risulta essere stato prorogato all'11 febbraio 2015;
   ad oggi, come si può leggere nella sezione dell'opera presente sul sito di ANAS spa, i lavori risultano essere fermi al 16,66 per cento della loro totalità;
   secondo l'articolo pubblicato in data 1o ottobre 2014 sulla testata giornalistica ECOrisveglio: «I lavori sulla statale 33 del Sempione, a pochi chilometri dal confine con la Svizzera, sono fermi dal 5 luglio quando i responsabili della ditta GFA srl di Battipaglia hanno comunicato per iscritto all'Anas che la «galleria paramassi così come prevista dal progetto non si può realizzare e che necessita di una variante urgente»;
   nello stesso articolo, GFA srl dichiara alla testata che «Se ci sarà un inverno come quello dello scorso anno con un metro e mezzo di neve (...) difficilmente potremo finire per quella data (11 febbraio 2015)»;
   l'importo totale stanziato per l'opera risulta ammontare a 1.414.185,75 euro;
   da visura camerale (fonte CERVED) si può notare come GFA srl risulti, al 31 dicembre 2013 avere un capitale sociale di soli 20.000 euro, un patrimonio netto di 69.000 euro e 4 addetti totali;
   secondo l'articolo 89, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per idoneità tecnico-professionale si intende «possesso di capacità organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in riferimento ai lavori da realizzare»;
   all'interno dell'Allegato XVII al decreto legislativo n. 81 del 2008 è specificato come le imprese vincitrici di gare d'appalto, al fine di poter verificare la loro idoneità tecnico-professionale, debbano trasmettere i nominativi dei soggetti della propria impresa, con le specifiche mansioni;
   suscita quantomeno perplessità la scelta di affidare i lavori di prolungamento e adeguamento di un'importate asse viario di raccordo tra Italia e Svizzera quale quello in oggetto, oltre alla concessione dell'idoneità tecnico-professionale, ad una società con capitale sociale e organico così esigui –:
   se Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione;
   quali siano stati i criteri seguiti da ANAS spa secondo cui GFA srl sarebbe risultata idonea dal punto di vista tecnico-professionale, viste le esigue risorse dichiarate dalla stessa impresa;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della variante al progetto citata da GFA srl nell'articolo giornalistico in premessa;
   se possano comunicare il cronoprogramma dell'opera in oggetto, anche fornendo la relativa documentazione;
   se tale cronoprogramnna, con scadenza in data 11 febbraio 2015, sarà rispettato e, in caso di risposta negativa, a quando sarà prorogata tale scadenza.
(4-06283)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARTINI, SEGONI e BALDASSARRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano nazionale degli aeroporti prevede dei requisiti per l'individuazione degli aeroporti di interesse nazionale strategico. «Unica eccezione alla regola di un solo aeroporto strategico per ciascun bacino — si legge – è quella relativa al bacino del Centro-Nord, per il quale gli aeroporti strategici individuati sono due – Bologna e Pisa/Firenze – in considerazione delle caratteristiche morfologiche del territorio e della dimensione degli scali e a condizione, relativamente ai soli scali di Pisa e Firenze, che tra gli stessi si realizzi la piena integrazione societaria e industriale»;
   la Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, del 4 aprile 2014 – C 99/3 (p. 12 e 86) definisce le caratteristiche di bacino di utenza in 100 chilometri la distanza minima fra aeroporti. La stessa direttiva fa espresso divieto di aiuti di Stato per gli aeroporti e le compagnie aeree;
   Firenze dista in linea d'aria 70 chilometri da Pisa e 85 chilometri da Bologna;
   le istituzioni regionali hanno dato il via libera nei mesi scorsi all'integrazione dei due aeroporti con la vendita di quote pubbliche delle società AdF spa e Sat spa, passate sotto il controllo di Corporacion America che, come concessionaria di terminal aeroportuali e di carico, è presente in cinquantatré aeroporti in Sudamerica ed Europa;
   come riportato nel comunicato del 14 marzo 2014, in occasione dell'incontro tra il viceministro Nencini e il presidente di Adf, Marco Carrai: «il Vice Ministro ha ribadito la volontà del Governo di intervenire in favore del potenziamento dell'aeroporto di Firenze, affinché il Capoluogo toscano possa vantare un aeroporto all'altezza della propria notorietà internazionale e delle esigenze del proprio territorio. Il Vice ministro ha affermato come questa rappresenti un'infrastruttura fondamentale non soltanto per la città di Firenze ma, in sinergia con il Galilei di Pisa, per il sistema aeroportuale toscano e per l'intero Paese, così come prevede lo stesso Piano Nazionale degli Aeroporti presentato dal Ministro Lupi. Il Vice Ministro, infine, ha ribadito l'impegno e la massima attenzione da parte del Governo, in continuità con quanto già avviato dal precedente Governo, per il finanziamento delle opere propedeutiche, interferenti, di accessibilità e collaterali alla realizzazione della nuova pista di volo, sottolineando la strategicità nazionale di quest'opera infrastrutturale»;
   nei mesi precedenti, con l'aeroporto di Firenze ancora a maggioranza pubblica, il presidente di ADF Marco Carrai ha chiesto pubblicamente al Governo un finanziamento di 120 milioni di euro a fronte di 245 milioni previsti per il completamento delle opere, da realizzare in vista del futuro G8 del 2017 previsto a Firenze;
   il 16 luglio 2014 il consiglio regionale della Toscana ha approvato il piano di indirizzo territoriale che prevede una nuova pista per l'aeroporto di Firenze, mentre, come riportato dalle agenzie di stampa, il Governo ha stanziato 50 milioni di euro con il decreto «Sblocca Italia» come cofinanziamento per la nuova pista di Peretola, a tutto vantaggio della holding argentina che controlla lo scalo;
   la nuova pista è tra le opere finanziate «con condizione che siano cantierabili entro il 31 agosto 2015» e con procedure semplificate –:
   con quali modalità il Governo intenda dichiarare Firenze aeroporto strategico e se questo non sia in palese contrasto con le direttive europee;
   con quali modalità il Governo intenda rispettare le direttive europee, in materia di aiuti di Stato;
   se nella difficile congiuntura economica che colpisce il Paese, reputi davvero opportuno destinare 50 milioni di euro ad uno scalo, quello di Firenze, controllato da una holding argentina che a giudizio degli interroganti sicuramente non necessita di sovvenzioni pubbliche;
   come intenda garantire la strategicità dell'aeroporto di Pisa, alla luce del potenziamento di Firenze Peretola, specificando l’iter della procedura semplificata per l'aeroporto fiorentino. (5-03714)


   ARTINI, SEGONI e BALDASSARRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 16 luglio 2014 la regione Toscana, con l'approvazione del piano di indirizzo territoriale per il parco agricolo della Piana fiorentina, che contiene al suo interno anche il potenziamento dell'aeroporto di Peretola, ha previsto la pianificazione di una nuova pista di 2000 metri RWY12/30, categoria 3C, definita come monodirezionale e senza bretella di rullaggio, con atterraggio/decollo da Prato, escludendo quindi il sorvolo della città di Firenze;
   in base ai regolamenti per la costruzione di nuovi «aerodrome», di cui al regolamento ENAC derivante dall'Annex 14 dell'ICAO, risulterebbe che gli stessi devono avere una percentuale performante del 95 per cento come coefficiente di utilizzo; questo farebbe desumere la bidirezionalità della pista;
   in data 9 luglio 2014 era stata fissata un'audizione congiunta dalla VI e VII commissione regionale proprio per chiarire queste ambiguità sollevate anche dalla popolazione locale, sia per il sorvolo della città, sia pure per quanto pubblicamente asserito da ENAC circa la volontà di accordare una pista di 2400 metri categoria 4D non prevista nella variante al piano di indirizzo territoriale. L'incontro è stato cancellato dalla regione affermando che il sorvolo di Firenze non avviene «fatte salve le situazioni di emergenza», confermando quindi la monodirezionalità;
   la stessa regione e gli enti locali hanno più volte ribadito l'importanza della monodirezionalità come condizione necessaria per la realizzazione della nuova infrastruttura, evitando così il sorvolo della città di Firenze;
   nelle valutazioni dell'Enac delle «due ipotesi con orientamento 09/27 e 12/30» (tavola 14/15 e pagina 25), così come nelle valutazioni ENAV (pagina 23 della nota tecnica), si prevede la discesa da Firenze verso Prato, con sorvolo di Firenze in fase di avvicinamento;
   ad oggi non è stato comunicato in modo trasparente quale sarà l'infrastruttura che gli enti preposti intendono realizzare, e non sono state specificate le caratteristiche tecniche –:
   se verrà evitato con assoluta certezza il sorvolo di Firenze escludendo le condizioni di emergenza, palesemente riferibili a problemi tecnici dell'aeromobile;
   con quali modalità ed in quali condizioni possa essere effettivamente garantita la monodirezionalità della nuova pista dell'aeroporto di Firenze anche alla luce delle disposizioni contenute nel piano di costruzione degli aeroporti, del coefficiente di utilizzo prescritto e delle previsioni urbanistiche dell'area. (5-03715)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 maggio 2009 è stato approvato dall'ANAS il progetto denominato «S.S. n. 51 di “Alemagna” Variante di Vittorio Veneto (Tangenziale EST) – Collegamento La Sega-Ospedale – 1o stralcio “La Sega-Rindola”», meglio noto alla cittadinanza con il nome di «Traforo di Santa Augusta». Il tracciato dell'opera prevede 3 rotatorie di circa 45 metri di diametro, una galleria di 1.500 metri, un sottopasso di 100 metri, 2 ponti sul principale fiume che attraversa la città di Vittorio Veneto (fiume Meschio), più un tratto di altri 1.000 metri di lunghezza;
   il progetto consiste nella costruzione di una «falsa» tangenziale che riverserebbe un consistente volume di traffico direttamente all'interno della città di Vittorio Veneto, la quale non dispone nel proprio centro storico di arterie stradali idonee a sostenerlo. Ragion per cui la funzionalità dell'opera risulta pressoché inesistente, soprattutto alla luce del costo non esiguo ed in costante aumento: 49 milioni di euro nella previsione iniziale, ormai già divenuti 64;
   un comitato di cittadini si è attivato per contrastare l'opera a favore di soluzioni alternative di minor impatto ambientale, costi maggiormente contenuti, nonché maggiore funzionalità. Comitato che in data 6 giugno 2013 ha visto accogliere parzialmente un ricorso presentato al Consiglio di Stato sulla base del fatto che il progetto definitivo dell'opera risultava mancante di VINCA (valutazione di incidenza ambientale) nonché di relazione sismica, entrambi documenti imprescindibili per l'ammissibilità dello stesso;
   a fronte della sentenza del Consiglio di Stato, l'amministrazione comunale di Vittorio Veneto e la società ANAS furono costrette a ripresentare il progetto, cosicché in data 5 luglio 2013 il comune pubblicò l'avviso di avvio del procedimento di adozione della variante urbanistica n. 55 del 2013 finalizzata alla reiterazione del vincolo preordinato all'esproprio per la realizzazione dell'opera pubblica denominata «S.S. 51 di Alemagna – Lavori di costruzione della variante di Vittorio Veneto, collegamento La Sega-Ospedale. (1o stralcio La Sega-Rindola)». Procedura accanto alla quale l'ANAS aveva parallelamente avviato trattative private con alcuni dei proprietari dei terreni interessati, incorrendo dunque in una violazione della legge regionale in materia di espropri. Violazione accertata e riconosciuta dalla sentenza del TAR del Veneto con sentenza n. 00920/2014 REG.PROV.COLL. n. 01608/2013 REG.RIC. del 24 giugno 2014;
   l'ANAS depositò il progetto esecutivo dell'opera il 24 agosto 2013, il quale sarebbe stato a disposizione dei cittadini per la presentazione di osservazioni, come da normativa vigente, per 30 giorni a decorrere da tale data. L'approvazione tuttavia è datata 12 settembre 2013, dunque ben prima della scadenza dei suddetti 30 giorni, per giunta prevedendo un aumento di spesa di ben 15 milioni di euro rispetto al progetto definitivo;
   nonostante in data 16 gennaio 2014 il TAR abbia emesso un'ordinanza sospensiva di tutta la procedura, rimandando all'udienza che si sarebbe svolta il 7 maggio 2014, dalla fine del novembre 2013 ad oggi, ANAS ha iniziato e proseguito i lavori sui terreni ottenuti tramite accordo bonario con 2 i proprietari, ignorando di fatto la prescrizione del TAR;
   in svariate zone sono stati effettuati lavori di cantierizzazione non previsti dal progetto originario (specialmente nella zona nord) e si sono verificati sversamenti di acque contaminate da idrocarburi ed altre ignote sostanze inquinanti nel fiume Meschio, il quale ha subìto da allora periodico intorbidimento nonché una sensibile diminuzione della presenza di fauna;
   esistono numerosi progetti alternativi altrettanto funzionali benché di minor impatto ambientale, maggiormente economici e di ben più rapida realizzazione. Progetti dei quali peraltro il TAR, nella sua sentenza, caldeggia la valutazione –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuna, per quanto di competenza, una verifica della persistenza delle condizioni necessarie alla prosecuzione del progetto, specialmente in riferimento alle problematiche di acquisizione dei terreni, di impatto ambientale e di effettiva funzionalità dell'opera;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuna la valutazione dei progetti alternativi all'opera, i quali darebbero luogo a un risparmio dal punto di vista economico nonché a una notevole abbreviazione dei tempi di realizzazione. (4-06279)


   FAENZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comma 6 dell'articolo 12 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, recante «Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea», stabilisce con un successivo decreto l'obbligo di adottare un colore uniforme per tutte le autovetture adibite al servizio di taxi immatricolate, a partire dal 1o gennaio successivo alla data di pubblicazione del decreto medesimo;
   l'articolo 1 del predetto decreto ministeriale del 19 novembre 1992, prevede infatti che la colorazione esterna delle autovetture da adibire a servizio taxi, immatricolate per la prima volta, deve essere bianca, con fattore di luminanza minimo 0,34 e coordinate tricromatiche comprese all'interno del quadrilatero definito da una indicata tabella mediante l'indicazione delle coordinate dei vertici;
   numerose associazioni di categoria segnalano che le suesposte disposizioni, che obbligano la colorazione bianca delle autovetture adibite al servizio di taxi, determinano una serie di problematiche di natura anche economica, nonché ostacoli all'esercizio dell'attività, rappresentati in particolare dalle difficoltà nel reperimento di autovetture in caso di acquisto di usato;
   ulteriori profili di criticità, che, a giudizio dell'interrogante, crescono ulteriormente se si valuta l'attuale periodo di crisi economica, si manifestano più specificatamente, secondo quanto sostengono le suesposte associazioni, per i comuni al di sotto dei 100 mila abitanti, a causa delle complessità di trovare autovetture della suesposta colorazione, proprio in considerazione della dimensione delle città in cui operano –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non ritenga opportuno rivedere il decreto ministeriale esposto in premessa, al fine di modificare l'articolo 1 del medesimo provvedimento e consentire, almeno per i comuni al di sotto dei 100 mila abitanti, la possibilità di scegliere liberamente il colore delle autovetture adibite al servizio di taxi da parte dell'ente locale. (4-06281)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con il regolamento interministeriale «Per il trasporto d'urgenza di ammalati e traumatizzati gravi» del 1976 inizia ad essere organizzato in Italia il servizio di elisoccorso; il regolamento suddetto è lo strumento normativo attraverso il quale tutti gli aeromobili di Stato delle Forze armate e Corpi dello Stato possono essere impiegati per missioni di salvaguardia della vita umana. L'avvento delle convenzioni regionali, in particolare dopo la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, ha reso difficile l'applicazione di questa norma e, in qualche modo, inefficace il servizio di soccorso offerto dagli aeromobili dello Stato;
   negli anni novanta è nato in Italia l'elisoccorso convenzionato con le ditte private, diffuso soprattutto nel nord Italia. L'ente aeronautico italiano, ovvero l'ENAC, recependo la normativa internazionale delle organizzazioni ICAO, JAA ed EASA, ha provveduto a disciplinare la materia con apposite circolari, anche tendo conto delle enorme sviluppo che successivamente ha avuto il mercato elicotteristico;
   il primo esperimento di servizio di elisoccorso è stato realizzato alla fine degli anni novanta tra il CNVVF (nucleo elicotteri dei vigili del fuoco di Ciampino) e la regione Lazio e si è concluso nel 2000. Successivamente l'esperienza si è consolidata con il nucleo elicotteri di Genova (convenzione Liguria) ed il nucleo elicotteri di Sassari (convenzione Sardegna) ambedue recentemente riconfermate;
   dopo la riforma del titolo V le regioni, a cui è demandata la competenza e la gestione del servizio sanitario, hanno avviato gare d'appalto per l'affidamento del servizio di elisoccorso;
   gli aeromobili dei vigili del fuoco sono aeromobili di Stato (AIP Italia) e dal 2012, con decreto ministeriale 10 dicembre 2012 Aggiornamento normativo della componente aerea del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 dicembre 2012, n. 297 il Corpo nazionale di vigili del fuoco è stato definito come «Autorità aeronautica». Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco inoltre ha stipulato una convenzione con l'ente aeronautico l'ENAC per sottoporre comunque gli aeromobili e la struttura tecnica a controlli;
   la legge 27 dicembre 1941, n. 1570, attribuisce al Corpo nazionale dei vigili del fuoco la competenza per ciò che attiene il soccorso tecnico urgente, il quale è organizzato con una struttura piramidale tecnico operativa che dal Ministero dell'interno si distribuisce sul territorio nazionale attraverso le direzioni regionali, i comandi provinciali e i distaccamenti periferici;
   prendendo come riferimento la regione Lazio, il costo dell'affidamento del servizio di elisoccorso in seguito ad una gara di appalto con un soggetto privato viene deliberato con circa 10.000.000 euro l'anno, con supplementi connessi ad eventuali spese accessorie (ad esempio il superamento dell'attività di volo annuale stabilità);
   in Liguria, dove invece il servizio di elisoccorso è affidato ai vigili del fuoco il costo è di 2.200.000 euro l'anno, con massimo un supplemento di 200.000 euro nel caso in cui vengano superate le 450 missioni di soccorso;
   la componente aerea dei vigili del fuoco è addestrata e dotata per svolgere missioni in tutti gli scenari incidentali (mare, montagna, incidenti stradali, calamità e altro) e se dotata di un sanitario sarebbe in grado di svolgere, utilizzando i propri mezzi, il servizio di elisoccorso in maniera più che efficiente;
   spesso a causa della sottile linea che separa le competenze del soccorso tecnico urgente da quello sanitario in una stessa situazione d'emergenza si trovano a operare più elicotteri (un elicottero dei vigili del fuoco per il soccorso tecnico urgente e uno per il soccorso sanitario) con il risultato di un dispendio di risorse, sia umane che economiche, sproporzionato rispetto all'obiettivo da raggiungere –:
   se, in base a quanto esposto in premessa e relativamente agli aspetti di propria competenza, non ritenga importante valutare la possibilità di ottimizzare le risorse del Corpo dei vigili del fuoco mettendole a disposizione del servizio sanitario nazionale per l'attività di elisoccorso, ricavandone oltre ad un evidente risparmio economico, anche una maggiore efficienza e tempestività nelle operazioni di soccorso, specie quelle di particolare difficoltà. (4-06280)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 30 settembre, nel corso di una trasmissione radiofonica il sindaco di Roma Ignazio Marino ha affermato che «Il Governo italiano, attraverso il Ministero dell'interno, ha già in atto un progetto in nove città, tra cui Milano e Genova. Qui, con il contributo delle locali diocesi e della Caritas, si danno 30 euro al giorno a chi ospita immigrati. (...) Perché non lo si può fare anche a Roma ? Si tratta solo di estendere alla nostra città un'iniziativa intelligente già in essere»;
   secondo Marino, quindi, il progetto di dare trenta euro al giorno alle famiglie italiane che si offrono di ospitare i rifugiati che arrivano nelle nostre città sarebbe già operativo in ben nove città;
   nonostante gli affannosi tentativi di difesa del Ministro dell'interno messe in atto dal suo partito appare, peraltro, chiarissimo che laddove questa iniziativa si stia davvero realizzando, essa non potrebbe essere gestita «in autonomia dai centri Caritas» a causa della indubbia rilevanza finanziaria della stessa;
   pochi giorni prima delle affermazioni rese dal sindaco di Roma, il Ministro dell'interno aveva già escluso, con una nota ufficiale, l'esistenza di una qualsiasi iniziativa che destini soldi alle famiglie che si facciano carica dell'assistenza ai rifugiati, dichiarando che «la decisione di corrispondere trenta euro alle famiglie che si renderebbero disponibili ad accogliere in casa immigrati adulti o minori figli di immigrati, non corrisponde, nel modo più assoluto, a una decisione assunta dal Ministero dell'interno né tantomeno a una iniziativa in via di attuazione. (...) Ogni ipotesi di lavoro che mi dovesse essere presentata in questo senso, da chiunque provenga, sarà da me certamente bocciata»;
   lo sforzo economico sopportato dall'Italia per l'accoglienza agli immigrati è enorme, e nell'ultimo anno è aumentato in maniera esponenziale a causa dei costi connessi all'operazione «Mare nostrum» per il pattugliamento delle coste, mentre dovrebbe, invece, essere suddiviso tra tutti gli Stati dell'Unione europea –:
   se sia in atto, o allo studio, un progetto di accoglienza come quello descritto in premessa e, se del caso, a quanto ammontino i relativi costi. (4-06282)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 2 luglio 2014, la società Palma srl di Catania ha comunicato, ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 91, la procedura di licenziamento collettivo per la cessazione dell'attività aziendale e conseguente risoluzione del rapporto di lavoro con tutti i 42 lavoratori occupati con contratto a tempo indeterminato;
   dal 2000, l'Agenzia di recapito Palma srl ha svolto per conto delle Poste Italiane spa il servizio di distribuzione di invii raccomandati e corrispondenza ordinaria, distribuendo mediamente circa 6.000 invii raccomandati al giorno. Il contratto con Poste Italiane ha finora rappresentato la quota ampiamente prevalente delle commesse di lavoro (pari a circa il 96 per cento dell'attività complessiva); tuttavia, tale contratto di affidamento è scaduto il 30 settembre 2014;
   si tratta di una crisi che non coinvolge solo l'azienda catanese, ma che coinvolge molte agenzie su tutto il territorio nazionale, e che si abbatte in un momento così delicato per l'occupazione nel nostro Paese, e soprattutto per la Sicilia, conseguenza di una strategia adottata dalla più grande azienda italiana per numero di addetti, interamente di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze;
   da un'impresa pubblica ci si attenderebbe l'assunzione della piena responsabilità, anche sociale, nella gestione di certe strategie aziendali, soprattutto in considerazione dichiarata volontà di procedere all'assunzione di 67 nuovi portalettere in Sicilia, molti dei quali proprio a Catania –:
   quali iniziative intendano assumere al fine di scongiurare che si determini un ulteriore aggravamento della crisi occupazionale nella città di Catania, a seguito delle disdetta del servizio di recapiti da parte di Poste spa nei confronti della società Palma srl, allo scopo eventualmente convocando le parti interessate, nel quadro di una trattativa più generale per il settore, anche nell'interesse del mantenimento degli standard qualitativi del servizio recapiti per i cittadini-utenti. (5-03713)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BONAFEDE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito di un servizio giornalistico andato in onda nella puntata del 17 settembre 2014 della trasmissione televisiva «le Iene», sono state esplicate, attraverso il racconto di singoli casi emblematici, quali siano le modalità di implementazione dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 564 del 1996;
   la suddetta norma prevede, in sostanza, la facoltà, per alcuni dirigenti sindacali, a fronte di versamenti di un solo anno di stipendio, di ricevere, con costi a carico dell'INPS, una pensione integrativa agganciata all'importo dell'ultimo stipendio. Stipendi conseguiti sovente — come osservato nei casi oggetto del servizio televisivo –, sulla base di un distacco presso lo stesso sindacato, facendo così riferire tale pensione integrativa alla sola attività sindacale;
   in base alla medesima normativa risulta possibile – come avvenuto nel caso del Segretario generale del sindacato della scuola (SNALS) –, versando per soli otto mesi i contributi su di uno stipendio corrisposto dal sindacato di circa 8.000 euro, ottenere un assegno integrativo di circa 5000 euro, pari a 60.000 euro annui, in aggiunta alla pensione di vecchiaia;
   la detta normativa si pone oggettivamente in antitesi col recentemente mutato orientamento del quadro previdenziale secondo cui il metodo prevalente debba essere quello contributivo in luogo di quello retributivo, dando luogo a vere e proprie «pensioni gonfiate» con gestioni finanziarie senza copertura patrimoniale gravanti sugli enti previdenziali pubblici, cagionando debiti previdenziali latenti, posti a carico dello Stato italiano sotto forma di debito pubblico;
   le pensioni integrative sono determinate ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 564 del 1996 e attribuite con un metodo di calcolo slegato dai contributi obbligatori versati, bensì riferito ai soli stipendi, laddove l'aumento elevato di questi per poche mensilità consente di aumentare la riserva matematica corrispondente alla pensione concessa in maniera ben superiore al montante contributivo individuale corrispondente al medesimo lavoratore;
    intervistato sul punto, il segretario generale della UIL ha dichiarato che casi come quello citato in premessa rappresentano un privilegio «assolutamente da eliminare», mentre il segretario generale della CGIL ha ipotizzato che qualora esistesse «un istituto della donazione delle pensioni» questo potrebbe essere eventualmente utilizzato dall'interessato per restituire una quota dell'ammontare degli assegni integrativi percepiti;
   in data 8 gennaio 2014, il precedente Governo – pur esprimendosi negativamente su mozioni di contenuto ultimativo in merito al contenimento delle cosiddette «pensioni d'oro», come ad esempio la mozione n. 1-00094 a prima firma Sorial – espresse comunque parere favorevole sulla mozione 1-00258, poi approvata dalla Camera dei deputati, che impegnava l'esecutivo a adottare interventi normativi «tesi a realizzare una maggiore equità per ciò che concerne le cosiddette «pensioni d'oro» e che correggano per queste ultime eventuali distorsioni e privilegi derivanti dall'applicazione dei sistemi di computo retributivo e contributivo nella determinazione del trattamento pensionistico»;
   la nomina a presidente dell'INPS, il 2 ottobre 2014, dell'allora Ministro del lavoro e delle politiche sociali estensore del suddetto decreto legislativo, da parte dell'attuale Ministro del lavoro e delle politiche sociali, può ad avviso dell'interrogante, evidentemente costituire un'utile base per addivenire ad una fattiva riflessione sulle iniziative del passato e sulle effettive conseguenze delle stesse a quasi venti anni di distanza dalla loro applicazione –:
   a quanto ammonti l'onere complessivo annuo a carico dell'INPS derivante dall'applicazione dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 564 del 1996 ed in che proporzione questo sia bilanciato dai contributi effettivamente versati dai beneficiari di tale pensione integrativa, e quale sia il numero di questi ultimi;
   quali iniziative normative intendano intraprendere eventualmente in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità, volte a sanare le evidenti distorsioni del principio di equità del sistema pensionistico pubblico incidenti altresì sulla sostenibilità finanziaria generale e derivanti dall'applicazione della suddetta norma. (4-06284)


   AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Alstom vanta solide radici nella storia industriale italiana a partire dalla Fiat ferroviaria poi ceduta ai francesi: circa 16 anni fa, il gruppo ha infatti riunito numerose società molto rappresentative nei settori dell'ingegneria e dell'elettromeccanica offrendo un contributo significativo al trasporto ferroviario, alla produzione di energia e ai sistemi di trasmissione di energia elettrica del nostro Paese;
   la multinazionale francese Alstom, con stabilimenti distribuiti in tutta Europa, ha nella città del pendolino uno dei complessi di eccellenza per quel che concerne la realizzazione di treni e infrastrutture ferroviarie ed è forte il rischio che queste competenze si concentrino ora, nella crisi in Francia;
   a partire dal 2011 la sede saviglianese ha rappresentato un caso di anomalia in positivo, in un periodo di piena crisi economica. L'azienda si è trovata in quegli anni congestionata in un carico di lavoro notevole superiore agli incarichi, il quale ha permesso di vincere numerose commesse per il biennio 2012/2013;
   sulle scrivanie dei dirigenti Alstom, raccontano fonti delle rappresentanze sindacali unitarie aziendali, arrivarono più di 4000 curriculum, con la successiva assunzione a tempo determinato di 360 dipendenti oltre ai 1250 già occupati nello stabilimento;
   la sede saviglianese ha approfittato di questa breve «golden age» per innovare lo stabilimento con uno sguardo al futuro, costruendo nuovi capannoni e rinnovando quelli esistenti, rendendolo in pochi anni uno degli stabilimenti Alstom migliori;
   da qualche tempo a questa parte, però, le commesse stanno andando a completamento e questa decrescita è stata dettata da gare importanti non vinte, ma soprattutto dal fatto che i dipendenti assunti nel 2012 hanno garantito la fine della gran mole di lavoro in 2 anni, anziché in 4;
   nonostante il periodo d'oro sembri essere finito, per alcuni dei 360 dipendenti rimasti potrebbe esserci qualche speranza, nonostante il momento di crisi globale. Si parla infatti di una decina di assunti tra i 360 del 2012, che si andranno ad aggiungere ai 1250 già occupati, ma per il momento non c’è ancora nulla di certo, e se le cose rimarranno così, senza nuove commesse, tutto approderà in nuovi licenziamenti;
   la direzione dell'Alstom Ferroviaria di Savigliano ha fatto recentemente ricorso alla cassa integrazione ordinaria per un centinaio di impiegati, in particolare addetti alla progettazione, con una prima tranche da ottobre a dicembre e possibili proroghe, mettendo così una forte ipoteca sulla possibilità di partecipare alle gare per nuove commesse;
   è la prima volta che vengono attivati ammortizzatori sociali per gli impiegati. La «cassa» potrà essere in parte attutita dalle ore accantonate in seguito all'accordo sulla flessibilità dell'aprile 2014. A ciò si aggiunge il fatto che lo scarico di lavoro derivante dall'assenza di nuove commesse certe determinerà il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato: erano 340 i lavoratori a inizio estate, scesi a 200 al 1o settembre 2014 –:
   se non ritenga di assumere iniziative per collegare il patrimonio pubblico rappresentato dalla Breda, che opera sempre nel settore ferroviario, e per la quale si ipotizza una cessione alla Alstom perché il nostro Paese non perda queste tecnologie e competenze sulla produzione e manutenzione del trasporto ferroviario e per garantire un futuro produttivo e occupazionale a entrambe queste importanti realtà;
   quali iniziative urgenti intenda assumere per salvaguardare i posti di lavoro a rischio anche convocando un tavolo presso il Ministero con le parti sociali prima che la mancanza di commesse «strangoli» i conti dell'azienda e ne determini il trasferimento in altro Paese. (4-06285)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il «Piano d'azione per migliorare l'accesso delle piccole e medie imprese ai finanziamenti» adottato dalla Commissione europea nel dicembre 2011, ha sancito l'equivalenza, come motore economico, delle piccole e medie imprese e delle libere professioni, riconoscendo a queste ultime pari dignità nel partecipare ai bandi di finanziamento europei;
   in realtà, questa novità è assoluta per l'Italia, ma non per l'Europa: infatti, i liberi professionisti potevano già partecipare ai bandi COSME (riservati alle piccole e medie imprese), in quanto la definizione europea di impresa li includeva tra le microimprese: «Si considera impresa qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, indipendentemente dalla forma giuridica» (definizione ripresa nell'ultima versione, all'articolo 1 dell'allegato 1 al Regolamento dell'UE n. 651/2014);
   addirittura, nella relazione sulla definizione si specifica esplicitamente che questa definizione comprende anche il lavoro autonomo;
   ciononostante, nei suoi recenti bandi il Ministero dello sviluppo economico ha ritenuto di escludere i liberi professionisti, asserendo che gli stessi sarebbero riservati alle sole imprese, pur citando tra i considerata del bando proprio la succitata definizione europea di «impresa»;
   l'Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV), che è una delle casse aderenti all'Associazione degli enti previdenziali privati, si è da subito messa in contatto con il Ministero, sottolineando l'opportunità di inserire i liberi professionisti tra i possibili beneficiari, ma l'opposizione ministeriale in tal senso è rimasta netta;
   a nulla è valso richiamare l'attenzione sul citato piano d'azione e sullo Small Business Act, né trasmettere al Ministero la lettera del presidente Tajani al Ministro Delrio sulla questione e i bandi emessi dalle regioni, i quali, citando la medesima definizione di piccole e medie imprese, includono anche i liberi professionisti;
   se la questione era relativamente di scarsa importanza sul bando «R&S», la situazione cambia in previsione dell'emanazione del prossimo bando, che dovrebbe includere forme di credito agevolate per le piccole e medie imprese a maggioranza giovanile e femminile;
   inoltre, il Ministero ha escluso i professionisti anche dalla cosiddetta «Nuova Sabatini», il Bando «Beni Strumentali» che sostiene le imprese per investimenti in beni strumentali compresi software, hardware, tecnologie e servizi ICT, e che quindi sarebbe di grande importanza per i professionisti;
   non sembra esaustiva nemmeno l'argomentazione sostenuta dal Ministero di occuparsi esclusivamente di «impresa» e non di «professioni», visto che lo stesso sta sviluppando un bando per prevedere credito bancario agevolato anche alle libere professioniste;
   al contrario è invece assolutamente di rilievo il fatto che i professionisti risultano inclusi nel «Fondo centrale di garanzia del MISE», che funziona con le medesime modalità del Fondo confidi;
   infatti, tra le «istruzioni operative» presenti sul sito del Ministero si trovano le seguenti definizioni: «aaa) “Soggetti beneficiari finali”: le PMI, i Consorzi e i Professionisti, ubicati sui territorio italiano e operanti nei settori economici ammissibili alla garanzia del Fondo di cui al paragrafo B.1. della Parte II e della Parte III»;
   inoltre, criteri di valutazione delle piccole e medie imprese per l'ammissione alla garanzia del Fondo sono stati modificati con il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 dicembre 2013, attuativo del decreto-legge 21 giugno 2013, n.  69, cosiddetto «Decreto del Fare», che prevede: «Nell'ambito delle risorse del Fondo di cui al comma 1 e previa adozione di un apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, gli interventi ivi previsti sono estesi ai professionisti iscritti agli ordini professionali e a quelli aderenti alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4, e in possesso dell'attestazione rilasciata ai sensi della medesima legge n. 4 del 2013. Con il decreto di cui al primo periodo sono determinate le modalità di attuazione del presente comma, prevedendo in particolare un limite massimo di assorbimento delle risorse del Fondo non superiore al 5 per cento delle risorse stesse» –:
   se non ritenga di assumere iniziative per includere i liberi professionisti tra i beneficiari dei bandi e delle misure emanate dal Ministero, compresa l'importante «Nuova Sabatini», in osservanza della normativa europea in materia che li equipara a tutti gli effetti alle piccole e medie imprese. (4-06286)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Della Valle e altri n. 7-00482, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Vita.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferraresi e altri n. 4-06125, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cancelleri.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Riccardo Gallo n. 4-06275 del 3 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta scritta Riccardo Gallo n. 4-06276 del 3 ottobre 2014.