Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 24 settembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    con un emendamento approvato al disegno di legge di stabilità 2014 è stato inserito all'articolo 1 il comma 206 che, modificando l'articolo 48, primo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, aggiunge una nuova finalità a cui destinare la quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, ossia «ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica»;
    per l'introduzione del suddetto intervento nella categoria degli interventi ammessi, si è proceduto alla modifica dell'articolato del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, e successive modifiche, mediante l'adozione di uno schema di decreto del Presidente della Repubblica, sul quale le Commissioni parlamentari competenti hanno recentemente espresso il parere;
    come ben noto, negli ultimi anni, i Governi succedutisi hanno spesso attinto alle risorse destinate alla gestione statale dell'8 per mille per finanziare provvedimenti estranei agli interventi previsti dalla normativa citata;
    gli impegni assunti a carico delle risorse riservate alla quota di pertinenza statale dell'8 per mille sono rilevanti e spesso con effetti finanziari pluriennali ed hanno causato una costante riduzione della quota destinata ad interventi statali, violando la manifestata volontà dei contribuenti;
    in proposito, si ricorda che, negli anni 2011 e 2012, non si è proceduto ad alcuna ripartizione, in quanto tutte le risorse per il 2011 sono state impegnate al fine di risanare i conti di finanza pubblica e nel 2012 sono state utilizzate le medesime risorse per finalità di protezione civile;
    per l'anno 2013 sono state oggetto di ripartizione risorse per la modesta cifra di 404.771 euro, nonostante le scelte dei contribuenti ammontassero a 169.899.025 euro, somma decurtata da una serie di provvedimenti di riduzione;
    anche nella relazione illustrativa dello schema di riparto per l'anno 2013 in esame, si evidenzia la criticità della progressiva riduzione delle risorse dell'otto per mille a gestione statale e si sottolinea la necessità di intervenire al fine di reintegrare le risorse medesime;
    la recente inclusione fra gli interventi previsti di quelli correlati alla messa in sicurezza e ristrutturazione degli edifici scolastici pubblici è di grande interesse per i cittadini, che reclamano scuole sicure per i propri figli;
    garantire la sicurezza degli edifici scolastici è un dovere per lo Stato, nonché un obbligo etico e morale;
    il ripristino delle risorse effettivamente destinate dai contribuenti per 1'8 per mille a gestione statale consentirebbe di realizzare la messa in sicurezza delle scuole a regime ogni anno, attivando la facoltà degli enti locali interessati a partecipare alle graduatorie per l'assegnazione delle risorse;
    i suddetti interventi si aggiungerebbero ai progetti di ristrutturazione di edifici scolastici, per i quali sono state stanziate dal Governo Letta risorse, come previsto dalle disposizioni contenute nell'articolo 18 del decreto-legge 69 del 2013 e da successivi provvedimenti;
    le ristrutturazioni attivate con l'utilizzo della quota dell'8 per mille avrebbero la caratteristica positiva di stimolare l'iniziativa delle amministrazioni coinvolte, con diretta percezione da parte dei cittadini che il proprio contributo all'8 per mille abbia una ricaduta positiva nei rispettivi territori di appartenenza;
    peraltro, i suddetti interventi localizzati sono idonei a contribuire al sostegno delle economie e alla creazione i posti di lavoro nei territori interessati dalle assegnazioni di risorse,

impegna il Governo:

   in occasione della prossima sessione di bilancio per l'esame della legge di stabilità 2015, a reperire risorse finanziarie destinate al ripristino integrale delle somme dell'8 per mille a gestione statale già per l'anno 2014 e per i successivi, mediante la creazione di un fondo apposito, a cui attingere per compensare le riduzioni delle suddette risorse, disposte nei provvedimenti di riduzione con effetti pluriennali, già adottati;

   a non utilizzare in futuro le suddette risorse per esigenze di coperture finanziarie, al fine di consentire un processo continuo, strutturale e a lungo termine di stanziamento di fondi per tutte le finalità previste dalla normativa e secondo i criteri di riparto indicati nell'apposito: decreto del Presidente della Repubblica.
(1-00599) «Cariello, Pisano, Castelli, Brugnerotto, D'Incà, Luigi Gallo, Di Benedetto, Brescia, Battelli, Marzana, Currò, L'Abbate, Bechis, Baldassarre, Rostellato, Vallascas, Dell'Orco, Benedetti, Parentela, Micillo, De Lorenzis, Sibilia, Vacca, Rizzetto, Petraroli, Turco, Agostinelli, Frusone, Dall'Osso, Lorefice, Nicola Bianchi, Paolo Nicolò Romano, Rizzo, Caso, Sorial, Liuzzi, Gallinella».

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    attualmente il voto elettorale a livello nazionale si svolge con schede cartacee e tale modalità di voto è soggetta a facili brogli elettorali;
    il voto elettronico offline (cosiddetto eVoting) permette, invece, di diminuire fortemente la possibilità di brogli elettorali grazie ad un doppio controllo: telematico e cartaceo. Attraverso tale modalità di voto vengono installati dentro ciascun seggio elettorale uno o più totem elettronici con un monitor touch screen dove l'elettore – dopo essere stato identificato dagli scrutatori con la procedura abituale – può indicare la propria intenzione di voto in maniera del tutto anonima;
    al termine dell'indicazione di voto sul monitor appare un riepilogo delle scelte effettuate e la macchina stampa una prova cartacea che l'elettore controlla prima di confermare definitivamente il proprio voto e inserire la ricevuta cartacea nella classica urna elettorale. La validità del voto rimane quindi legata anzitutto alla prova cartacea;
    il voto è anonimo perché la macchina non ha alcuna informazione riguardo l'elettore. Il voto è segreto ed inalterabile grazie all'applicazione di funzioni di cifratura nella conservazione del voto nella memoria della macchina (disco rigido) e di funzioni di firma digitale per il trasferimento dei dati di spoglio verso il sistema centrale di calcolo e di pubblicazione dei risultati;
    attraverso l’eVoting: i dati di ogni seggio ed il risultato finale della votazione sono disponibili immediatamente, attraverso il collegamento diretto con il database del Viminale; i costi vengono ridotti dato che sono necessari meno scrutatori e per minor tempo, riducendo ampiamente il lavoro necessario per adibire il seggio il giorno prima delle elezioni; vi sono maggiori garanzie sulla trasparenza delle operazioni elettorali e sul loro controllo, con un monitoraggio continuo durante tutto il periodo di voto; si velocizzano le fasi di computo dei voti; si annullano i margini di interpretazione delle schede, dovuti ad esempio alla difficoltà di decifrare alcune calligrafie; non vi sono più errori di trascrizione nei registri, né problemi di duplicazione di schede elettorali o di perdita delle stesse; si impediscono alcuni specifici errori nella compilazione delle schede da parte degli elettori, quali il voto disgiunto o il voto per più liste; possono votare anche gli elettori ciechi mettendo, ad esempio, insieme al touch screen, un riconoscimento vocale e delle cuffie;
    in Italia i primi e più rilevanti tentativi di utilizzare il voto elettronico sono stati fatti dalla provincia autonoma di Trento attraverso il progetto ProVotE, in attuazione dell'articolo 84 della legge n. 2 del 2003 della provincia autonoma di Trento che ha disposto l'automatizzazione delle procedure connesse con le elezioni ed i referendum disciplinati dalla legge provinciale, in particolare per quanto riguarda i sistemi di votazione e scrutinio. Le sperimentazioni, senza valore legale, si sono svolte in occasione delle elezioni comunali a maggio e novembre 2005 e a maggio 2006 ed hanno coinvolto 8 comuni, 20 seggi elettorali e circa 13.500 elettori trentini che hanno provato il sistema di voto elettronico ProVotE. I risultati emersi dalle sperimentazioni hanno dimostrato che: già allora larga parte della popolazione trentina possedeva competenze tecniche sufficienti per utilizzare il voto elettronico, vi è stata corrispondenza tra gli esiti del voto elettronico e quelli del voto cartaceo e vi è stata una notevole riduzione dei tempi relativi alla fase dello scrutinio e del computo dei voti, nonché l'assenza di voti contestati e quindi di possibili divergenti interpretazioni dei voti espressi. La piattaforma è stata anche utilizzata – stavolta con valore legale – nel 2006 da un liceo scientifico cittadino per le elezioni studentesche e nel 2007 dai comuni di Campolongo al Torre e Tapogliano del Friuli Venezia Giulia in contesti referendari;
    il 9 novembre 2008 – sempre all'interno del progetto ProVotE – in occasioni delle elezioni provinciali della provincia autonoma di Trento, è stata nuovamente messa a disposizione degli elettori di 55 sezioni elettorali un'urna elettronica per effettuare il voto, senza attribuirgli valore legale, ma con l'obiettivo di completare e consolidare l'automazione della procedura di votazione e scrutinio. Anche questa seconda sperimentazione, a cui hanno partecipato 9.000 elettori, ha confermato i risultati della prima: una buona accettazione dello strumento, riduzione degli errori e coerenza nell'espressione del voto fra cartaceo e digitale. Si è così concluso il progetto sperimentale teso a valutare l'impatto del nuovo strumento per esprimere il voto;
    in un'indagine telefonica condotta dai responsabili del progetto ProVotE – una settimana dopo la sperimentazione del 9 novembre 2008 – su 866 sperimentatori: il 62,8 per cento lo ha descritto come «molto facile», il 30,6 per cento come «abbastanza facile», il 5,9 per cento come «abbastanza difficoltoso» e lo 0,3 per cento come «molto difficoltoso». Alla domanda: «Se dal 2009 si votasse solo con il modo elettronico Lei sarebbe... ?» prima della sperimentazione il 56,7 per cento degli sperimentatori era favorevole, dopo la sperimentazione ben il 75,9 per cento era favorevole;
    come emerge dalla ricerca del progetto ProVotE, a giocare un ruolo determinante nel voto elettronico è il modo in cui i cittadini si pongono attraverso un atteggiamento di fiducia o, al contrario, di diffidenza. In particolare, chi si sente rassicurato dall'affidabilità del voto elettronico e ne vede i benefici soprattutto nella fase dello scrutinio – che viene notevolmente agevolato e reso meno sensibile agli errori umani – è di conseguenza anche più disponibile ad utilizzarlo per esprimere la propria scelta elettorale. Quanti invece temono che non vi siano sufficienti garanzie ma, al contrario, aumentino le possibilità di brogli, guardano con molto sospetto all'introduzione di questo strumento. È dunque necessaria un'adeguata campagna di informazione sulla sicurezza e sui vantaggi pratici dell’eVoting per consentire ai cittadini di accettare il voto elettronico come mezzo per esprimere le proprie preferenze politiche;
    a valle di una collaborazione congiunta tra la provincia autonoma di Trento e il Ministero federale dell'interno del Belgio avviata nel 2008, la Commissione europea sul voto elettronico ha giudicato il Sistema ProVotE come valido sistema applicabile nel rispetto della sicurezza e della validità probatoria, principalmente grazie alla produzione della prova cartacea del voto espresso dall'elettore;
    il 5 maggio 2013 i comuni di Martignano e Melpignano (provincia di Lecce), all'interno del progetto Salento eVoting, per un referendum consultivo hanno utilizzato l'urna elettronica sviluppata presso lo Stato di Jalisco (Messico) – già testata nel Paese centro-americano alle elezioni di luglio 2012 – con specifico nulla osta da parte del Ministero dell'interno (dipartimento affari interni e territoriali, direzione centrale dei servizi elettorali) con nota n. prot. 4829 del 29 novembre 2012. Tale referendum consultivo nei due comuni ha coinvolto complessivamente 542 elettori e si è svolto senza alcuna problematica di gestione delle attività nei seggi e di scrutinio, in totale assenza di schede elettorali cartacee. I dati elettorali finali sono stati comunicati ai cittadini tramite una piattaforma dedicata online, consultabile anche tramite dispositivi mobili, pochi istanti dopo la chiusura dei seggi (circa un minuto dopo). Per garantire la sicurezza dell'operazione, gli organizzatori di Salento eVoting si sono rivolti alla Clio spa, società concessionaria del sistema pubblico di connettività. Dal 2005 a oggi la rete non è mai stata hackerata ed è utilizzata da tutti i Ministeri, compreso quello dell'interno, per gestire i dati,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per introdurre una compiuta legislazione in tema di voto elettronico in ossequio ai principi di buon andamento della pubblica amministrazione ex articolo 97 della Costituzione e di quelli di efficacia, efficienza ed economicità amministrativa di cui alla legge n. 241 del 1990;
   ad informare l'opinione pubblica e quindi gli elettori – la cui fiducia nel sistema elettronico risulta imprescindibile – sui benefici e la sicurezza dell’eVoting;
   ad assumere iniziative volte a favorire la sperimentazione del voto elettronico, così come previsto in premessa, in una delle prossime elezioni comunali o provinciali, al fine di introdurre in maniera progressiva il voto elettronico così come specificato nelle premesse, con pieno valore legale anche per le elezioni regionali, politiche ed europee.
(7-00468) «Cozzolino, Colletti».


    La XI Commissione,
   premesso che:
    il protocollo su previdenza, lavoro e competitività, per l'equità e la crescita sostenibili del 23 luglio 2007, il cosiddetto protocollo sul welfare, ha previsto la destinazione a benefici pensionistici per i lavoratori addetti a attività usuranti di un ammontare di risorse pari mediamente a 252 milioni di euro su base annua, con interventi riguardanti circa 5.000 lavoratori all'anno per una cifra complessiva nel decennio 2008-2017 di 2,52 miliardi di euro;
    l'articolo 1, comma 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, recante norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale, ha conferito al Governo una delega per l'adozione di uno o più decreti legislativi finalizzati a concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in lavori o attività usuranti la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, costituendo un apposito Fondo con una dotazione finanziaria di 83 milioni di euro per il 2009, 200 milioni di euro per il 2010, 312 milioni di euro per il 2011, 350 milioni di euro per il 2012 e 383 milioni di euro a decorrere dal 2013;
    a seguito della scadenza dei termini per l'esercizio di tale delega, l'articolo 1 della legge 4 novembre 2010, n. 183, conferì al Governo una nuova delega sulla base dei medesimi principi e criteri direttivi, successivamente attuata dal decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, che reca disposizioni volte a prevedere requisiti per l'accesso al pensionamento inferiori a quelli stabiliti in via generale per i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti nonché per gli addetti ad altre lavorazioni particolarmente faticose e pesanti;
    l'articolo 7 del richiamato decreto legislativo n. 67 del 2011 stabilisce che agli oneri derivanti dall'attuazione del provvedimento, valutati in 312 milioni di euro per l'anno 2011, in 350 milioni di euro per l'anno 2012 e in 383 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013 si provveda a valere sulle risorse dell'apposito Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera f), della legge 24 dicembre 2007, n. 247;
    l'articolo 3 del medesimo decreto legislativo n. 67 del 2011 prevede, altresì, una specifica clausola di salvaguardia, secondo la quale, qualora nell'ambito della funzione di accertamento del diritto emerga, dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte, il verificarsi di scostamenti del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie di cui all'articolo 7, la decorrenza dei trattamenti è differita, con criteri di priorità in ragione della maturazione dei requisiti agevolati e, a parità degli stessi, in ragione della data di presentazione della domanda, al fine di garantire un numero di accessi al pensionamento, sulla base dei predetti requisiti agevolati, non superiore al numero di pensionamenti programmato in relazione alle predette risorse finanziarie;
    l'articolo 24, commi 17 e 17-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2011, n. 214, nell'ambito di una complessiva revisione della normativa previdenziale, ha novellato le disposizioni del citato decreto legislativo n. 67 del 2011, attenuando la portata dei benefici previdenziali previsti in quella sede per i lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, precisando che ai medesimi lavoratori continuano ad applicarsi le disposizioni di legge che prevedevano il regime dell'accesso al pensionamento secondo il sistema delle «finestre»;
    la relazione tecnica riferita all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, nell'evidenziare che la valutazione degli effetti delle diverse disposizioni di cui ai commi da 1 a 20 del medesimo articolo è stata effettuata in modo complessivo attesa la interazione tra i diversi istituti afferenti ai requisiti di accesso e al sistema di calcolo, ha precisato che in tale valutazione si è tenuto conto, tra l'altro, «dell'applicazione della nuova disciplina in materia di addetti ai c.d. lavori usuranti (decreto legislativo n. 67 del 2011) la cui rivisitazione ha consentito di mantenere dimensionato il relativo fondo per il finanziamento dei benefici spettanti ai livelli previsti a legislazione vigente (tale fondo è stato infatti originariamente dimensionato per un beneficio massimo di anticipo di 3 anni rispetto alla generalità dei lavoratori»;
    l'esame delle tabelle relative allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato evidenzia la presenza di un significativo ammontare di somme non pagate, negli anni 2011, 2012 e 2013, nell'ambito del piano di gestione n. 2 – Pensionamenti anticipati attività usuranti, del capitolo 4354, relativo agli oneri derivanti da pensionamenti anticipati, e del capitolo 4377, relativo al protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l'equità e la crescita sostenibili;
    in particolare, dall'interrogazione delle risultanze contabili presenti nel sistema informativo del Ministero dell'economia e delle finanze – dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, risulta che non sono stati effettuati pagamenti negli anni 2011, 2012 e 2013 riferiti alle risorse stanziate per i medesimi anni nei predetti capitoli;
    con riferimento all'esercizio finanziario 2014, in ragione della confluenza delle risorse destinate alle medesime finalità, in precedenza iscritte nel capitolo 4377, le somme stanziate in conto competenza nell'ambito del medesimo piano di gestione ammontano a 512.114.225 euro e, alla data del 9 settembre 2014, non risulta assunto alcun impegno con riferimento a tali risorse;
    nell'ambito del richiamato piano di gestione allo stato risultano, pertanto, iscritti oltre 1,4 miliardi di euro, dei quali oltre 512 milioni riferibili a stanziamenti in conto competenza e oltre 961 milioni di euro ascrivibili a residui propri relativi a somme impegnate, ma non pagate, relative agli stanziamenti effettuati negli esercizi precedenti;
    nella XVI legislatura, il rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in risposta all'interrogazione Damiano 5-07112, riguardante il pensionamento dei lavoratori impegnati nello svolgimento di attività lavorative particolarmente faticose e pesanti, rappresentò che nell'anno 2011 risultavano presentate 11.124 domande di pensionamento, di cui solo 3.089 accolte e 8.035 respinte per carenza dei requisiti di legge;
    è opportuno acquisire dati aggiornati sull'accesso al pensionamento dei lavoratori addetti ad attività particolarmente faticose e pesanti, anche alla luce delle modifiche normative introdotte dal decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nonché sui relativi oneri, anche al fine di valutare la congruità degli stanziamenti previsti a legislazione vigente;
    nella propria relazione, approvata il 24 luglio 2014, sul disegno di legge n. 2541, recante il rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2013, la XI Commissione segnalava l'opportunità di approfondire le ragioni alla base di mancati pagamenti anche nell'ambito di capitoli di spesa riferiti ad interventi in materia previdenziale, come quelli attinenti al pensionamento dei lavoratori impiegati in attività usuranti, anche al fine di verificare se sia possibile individuare una migliore allocazione delle relative risorse, eventualmente attraverso una loro diversa destinazione nell'ambito del medesimo comparto;
    in quella sede, si era evidenziato che tali approfondimenti avrebbero potuto essere oggetto di specifiche procedure informative e di controllo da svolgere nell'ambito dei lavori della Commissione,

impegna il Governo:

   a effettuare una ricognizione del numero dei lavoratori che in ciascun anno hanno avuto accesso al pensionamento sulla base dei requisiti previsti dal decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, e successive modificazioni, verificando la spesa sostenuta annualmente per tali pensionamenti;
   a verificare, anche alla luce di tale ricognizione, la congruità dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 67 del 2011, fornendo altresì indicazioni circa il possibile andamento della spesa per l'attuazione del medesimo provvedimento nei prossimi anni;
   ad adottare ogni utile iniziativa di carattere amministrativo o normativo per assicurare l'effettiva destinazione alle finalità di cui al decreto legislativo n. 67 del 2011 delle somme stanziate e non ancora impiegate, nonché a valutare ogni opportuna iniziativa di modifica alla normativa vigente per garantire l'integrale utilizzo delle somme dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7 del medesimo decreto legislativo;
(7-00469) «Damiano, Boccuzzi, Albanella, Baruffi, Casellato, Dell'Aringa, Faraone, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gnecchi, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rotta, Simoni, Zappulla».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la presidenza italiana dell'Unione europea rappresenta una grande opportunità per affrontare da una posizione di leadership in Europa alcuni dossier fondamentali per l'agricoltura italiana incidendo inoltre su alcune riflessioni strategiche inerenti alla evoluzione dell'agricoltura europea da qui ai prossimi anni;
    per quel che riguarda lo sviluppo di una visione strategica si evidenzia che l'agricoltura e l'agroalimentare si attestano settori trainanti delle politiche di sviluppo e i dati macroeconomici del primo trimestre 2014 lo confermano; infatti, in tale periodo di riferimento, il prodotto interno lordo (Pil) aumenta solo in agricoltura per un valore aggiunto del 2,2 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,2 per cento nel confronto con lo stesso periodo dell'anno precedente. La suddetta analisi elaborata sulla base dei dati Istat, evidenzia che il valore aggiunto dell'agricoltura continua a salire nel 2014 dopo l'aumento dello 0,3 per cento registrato nel 2013, in controtendenza alla crisi; tuttavia, il valore rimane molto basso sia per effetto degli andamenti climatici avversi sia per la riduzione dei consumi interni alimentari che nel primo bimestre dell'anno in corso, registrano un calo di oltre il 2 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno;
    il semestre europeo a guida italiana offre quindi la concreta possibilità di discutere del carattere strategico del comparto agricolo e agroalimentare all'interno dei più ampi processi economici della green economy, della blue economy, del rilancio dell'occupazione, soprattutto quella giovanile e dei meccanismi di innovazione, in una visione unitaria e di rafforzamento della crescita dell'Europa; in tale prospettiva il nostro Paese deve sviluppare una riflessione sulla creazione di un modello di consumo e produzione sostenibile teso alla protezione e alla conservazione delle risorse del pianeta, ad un uso efficiente delle risorse, alla lotta contro la fame e ad affermare il diritto alla sicurezza alimentare per tutti gli abitanti del pianeta; per tali motivi l'Italia ha dedicato Expo, Nutrire il Pianeta. Energia per la vita – al tema della sicurezza alimentare;
    tra i dossier legislativi «ordinari» che hanno concrete possibilità di approvazione nell'ambito del semestre europeo riveste una grande importanza per il settore agricolo nazionale la proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio del 24 marzo 2014 COM(2014)180 relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici, su cui il Parlamento europeo dopo il primo scambio di opinioni sta per avviare la prima lettura; su tale regolamento ci sono alcune questioni da risolvere sul testo della Commissione se si vuole arrivare alla fine del 2014 con una posizione comune nel Consiglio; in particolare si tratta di chiarire aspetti relativi alle regole per la produzione biologica, alla questione delle deroghe ed ai sistemi di controllo;
    rientrano nell'ambito dei dossier legislativi da seguire anche tutti i regolamenti non ancora avviati per quanto riguarda la fase di implementazione nazionale delle regole di riforma della politica agricola comune. In particolare, per il nostro Paese è strategico il progetto di atto delegato relativo alle autorizzazioni per gli impianti viticoli in relazione alla possibilità di trasferire i diritti d'impianto ancora validi al 2015 fino al 2020 così come stabilito dal regolamento di base (Ocm unica) all'interno della Pac2020;
    un ulteriore capitolo che l'Italia potrebbe risolvere nell'ambito del semestre europeo è quello relativo alla proposta di regolamento sul finanziamento del regime di aiuti per la distribuzione di ortofrutticoli, banane e latte negli istituti scolastici (programma frutta e latte nelle scuole). La proposta, secondo la logica del percorso avviato con la riforma della politica agricola comune mira ad uniformare i due programmi (frutta e latte nelle scuole) negli obiettivi e, al tempo stesso, il nuovo regolamento vuole rafforzare l'efficacia delle misure;
    una specifica attenzione dovrà essere dedicata al settore lattiero-caseario. Nei mesi scorsi è stata presentata la relazione della commissione europea sull'evoluzione del settore lattiero-caseario e sull'applicazione negli Stati membri del «pacchetto latte» e anche tenendo conto dei contenuti della citata Relazione dell'UE, sarebbe auspicabile introdurre nuove misure per rendere meno pesante il passaggio dal sistema delle quote produttive in scadenza nel marzo 2015 al nuovo sistema;
    la Commissione, nel mese di marzo 2014 ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio la relazione sull'applicazione delle disposizioni relative alle organizzazioni di produttori, ai fondi di esercizio e ai programmi operativi nel settore ortofrutticolo successivamente alla riforma del 2007;
    un tema che va portato a conclusione, a livello europeo, è, sicuramente, quello degli organismi geneticamente modificati. Si rende necessario sostenere, quindi, in sede comunitaria il principio della sovranità alimentare e della libertà dei singoli Stati membri di scegliere la propria strategia agro-alimentare potendo prevedere l'esclusione dell'utilizzo degli OGM. D'altra parte, desta alcune perplessità la posizione comune del Consiglio, emersa nell'ambito dei lavori di modifica della direttiva 2001/18/CE di prevedere due fasi (opt-out), ai fini della limitazione della coltivazione di OGM sul proprio territorio. In merito, tale procedura assegna un ruolo troppo rilevante all'impresa biotech nella prima fase e impone, in maniera anomala, che lo Stato negozi con l'impresa stessa la portata del divieto, non consentendo, di fatto – in caso di opposizione del notificante – una completa libertà dello Stato di vietare la coltivazione degli OGM sul proprio territorio. La necessaria indicazione di specifiche motivazioni a sostegno del divieto, costituisce, infatti, già ora, uno degli aspetti più limitanti e controversi per gli Stati nel contraddittorio con la Commissione europea;
    altro tema importante su cui intervenire è rappresentato dal controllo delle specie nocive e dello scambio di materiale vegetale, assegnando priorità all'approvazione del regolamento relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, attualmente in fase di proposta;
    in merito alla produzione e messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale, è necessario approvare il relativo regolamento, definendo, in particolare, la disciplina sulle specie da conservazione, già oggetto di contenzioso con l'Italia;
    le sementi sono il primo anello della catena alimentare, la cui varietà e diversità rappresenta un fattore fondamentale per la tutela della biodiversità agricola e della qualità della produzione di alimenti e mangimi. Al riguardo, l'Unione europea è impegnata a definire una nuova legislazione con l'obiettivo di uniformarla, semplificarla e renderla maggiormente omogenea negli Stati membri. Tuttavia, il testo unico sul materiale riproduttivo vegetale COM(2013)262 presentato il 6 maggio 2013 dalla Commissione è stato rigettato l'11 marzo 2014 dalla commissione agricoltura del Parlamento europeo per il profondo disaccordo sul testo ritenuto non adeguato. Anche la Commissione agricoltura della Camera con la risoluzione conclusiva n. 8/00036 aveva espresso la sua contrarietà alla proposta di regolamento in commento impegnando il Governo ad adottare in sede europea tutte le iniziative necessarie affinché venisse ritirata;
    l'Italia nel semestre avrà anche l'opportunità di gestire alcune emergenze e «dossier straordinari», in primo luogo il divieto di importazioni della Russia (Russian import ban) per l'importanza strategica per l’export agro alimentare nazionale; dal mese di marzo 2014, dopo l'annessione alla Russia della Crimea, si sono susseguite diverse mosse e contromosse politico-commerciali culminate il 6 agosto con il blocco da parte della Russia delle importazioni di carne, pesce, frutta, verdura e latticini da Stati Uniti, Unione europea, Canada, Australia e Norvegia. Una sanzione particolarmente, penalizzante per il «vecchio continente» le cui esportazioni agro alimentari verso la Federazione russa hanno sfiorato, nell'ultimo anno, la cifra di 12 miliardi di euro. Alla luce di tale situazione, la Commissione europea con il regolamento (UE) n. 932/2014 ha adottato misure eccezionali e urgenti per il settore ortofrutticolo (tra l'altro sospese) e il settore lattiero-caseario. Nel primo caso si tratta di aiuti concessi per operazioni di ritiri dal mercato, di raccolta prima della maturazione e di mancata raccolta effettuate nel periodo dal 18 agosto al 30 novembre 2014. La spesa totale sostenuta dall'Unione per le misure in questione ammonta a 125 milioni. Per sostenere il lattiero-caseario, invece, la Commissione ha presentato due regolamenti di esecuzione per l'apertura dell'ammasso privato per il burro e il latte in polvere, e due regolamenti delegati; il primo per l'apertura dell'ammasso privato per i formaggi e il secondo per l'estensione del periodo d'intervento pubblico (dal 30/09/2014 al 31/12/2014) per il burro e latte in polvere; la nuova bozza di regolamento relativa agli aiuti della Unione europea per il settore ortofrutticolo predispone un piano di aiuti più equilibrato con contributi per Stato membro e per gruppi di prodotti in base ai dati 2013 dell’export verso la Russia;
    tutte le misure eccezionali approvate dalla Commissione saranno oggetto di discussione con le altre istituzioni comunitarie nel mese di settembre (in particolare i regolamenti delegati così come stabilito dal Trattato di Lisbona);
    nel semestre di presidenza italiana proseguiranno i negoziati tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America per la definizione del Transatlantic trade and investiment partnership che detterà le regole dell'accordo commerciale internazionale tra i due Paesi. Tale accorcio riveste una importanza strategica per il settore agroalimentare in considerazione del suo intervento sulla rimozione delle barriere non tariffarie, la tutela dei diritti di proprietà dei marchi DOP, Igp e altre tematiche di prioritario interesse per il comparto agricolo. La strategia negoziale risulta essere quindi decisiva per garantire, in un'ottica di mutuo vantaggio, che non si verifichino squilibri di mercato e che non sia messo in pregiudizio il sistema nazionale di tutela del made in Italy agroalimentare),

impegna il Governo:

   ad attivarsi in sede di Consiglio dei ministri dell'Unione europea coordinandosi con il Parlamento europeo e la Commissione, affinché si definisca entro la fine del semestre europeo una posizione comune che, rispetto alla proposta di regolamento relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici:
    a) non rinunci al perseguimento di alcuni obiettivi generali (già caratterizzanti l'attuale quadro normativo) tra cui l'ottenimento di prodotti di alta qualità e la produzione di alimenti e prodotti agricoli rispondenti alla crescita di domanda verso cibi ottenuti con procedimenti rispettosi della salute umana, dell'ambiente e del benessere degli animali;
    b) riduca l'eccessivo ricorso all'esercizio della delega e dell'implementazione (atti delegati e di esecuzione) che, di fatto, rischia di svuotare di contenuti e certezze il nuovo quadro normativo demandando all'esecutivo dell'Unione europea il potere decisionale su una materia complessa e articolata all'interno del quadro europeo;
    c) introduca il necessario livello di semplificazione al fine di rendere meno rigida tecnicamente la proposta legislativa e scongiurare possibili fenomeni di abbandono del metodo produttivo biologico con ricadute negative in termini socio-economici soprattutto in alcune aree del Paese a forte vocazione produttiva;
    d) contribuisca al rafforzamento del quadro dei controlli sia interno all'Unione sia in ambito di commercio estero relativamente alle importazioni provenienti dai Paesi terzi secondo una logica ispirata dal rispetto del principio della reciprocità delle regole commerciali;
   ad assumere iniziative per ultimare la fase d'implementazione della politica agricola comune riformata nel 2013 e, in tale ambito, a prestare particolare attenzione all'attuazione del nuovo sistema di autorizzazioni del settore vitivinicolo salvaguardando, così come stabilito nel regolamento di base recante la nuova organizzazione comune dei mercati, la possibilità di trasferire i diritti d'impianto ancora validi al 2015 fino al 2020;
   traendo spunto dall'ultima relazione della Commissione europea, ad avviare concretamente in sede di Consiglio una strategia programmatica per il settore lattiero-caseario che da un lato possa traghettare il settore nei prossimi mesi dopo la cessazione del regime delle quote produttive, dall'altro definire misure non più rinviabili necessarie a gestire la volatilità del mercato e i rischi ad essa connessi;
   ad avviare concretamente in sede di Consiglio una fase di riflessione sulla riforma del settore ortofrutticolo europeo che, partendo dalle positive esperienze del modello attuale e dal rapporto della Commissione del mese di marzo, sappia cogliere tutte le opportunità mancate durante la recente riforma della politica agricola comune tra cui: il miglioramento degli strumenti di prevenzione e gestione delle crisi e il rafforzamento degli strumenti che hanno un impatto incisivo in termini di competitività e stabilità del reddito;
   ad assumere iniziative per portare a conclusione la questione degli organismi geneticamente modificati, sostenendo, in sede comunitaria, il principio della sovranità alimentare e della libertà dei singoli Stati membri di scegliere la propria strategia agro-alimentare potendo prevedere l'esclusione dell'utilizzo degli OGM;
   ad assumere iniziative per assegnare priorità all'approvazione del regolamento relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, attualmente in fase di proposta;
   a mettere in atto tutte le iniziative utili al fine di tutelare il libero scambio delle sementi tra gli agricoltori e la loro non brevettabilità a tutela della biodiversità e a farsi promotore, in ambito europeo, di una normativa sementiera che rivolga una particolare attenzione alle sementi tradizionali, consentendone lo scambio tra gli agricoltori, individui le opportune azioni di sostegno per gli agricoltori custodi, anche in considerazione del ruolo da essi svolto nella conservazione e produzione di biodiversità agricola, e promuova le varietà da conservazione, fatta salva l'esigenza di assicurare i necessari controlli a garanzia degli utilizzatori;
   ad assumere iniziative volte alla approvazione del relativo regolamento, definendo, in particolare, la disciplina sulle specie da conservazione, già oggetto di contenzioso con l'Italia;
   ad essere protagonista durante il semestre dell'Unione europea nell'ambito delle attività negoziali del Transatlantic trade and investiment partnership tra USA e Unione europea, posto che in tale ambito, al fine di coglierne le opportunità e valorizzare le distintività del sistema agroalimentare nazionale, è opportuno un impegno per la definizione di un accordo finale che soddisfi gli standard agricoli e alimentari europei, protegga i consumatori e garantisca parità di condizioni per gli agricoltori, eliminando al tempo stesso molte delle barriere esistenti per offrire nuove opportunità ai produttori per l'esportazione dei loro prodotti e garantendo gli elevati standard comunitari che gli agricoltori rispettano e dei quali i consumatori godono, a partire dalla tutela del sistema delle denominazioni di origine e indicazioni geografiche protette;
   gestire con protagonismo europeo e a monitorare nei prossimi mesi gli sviluppi della fase di crisi derivante dal blocco delle importazioni agroalimentari introdotto dalla Federazione russa, assicurando un impegno per garantire un funzionamento efficace delle misure proposte sia per l'ortofrutta sia per il lattiero-caseario, favorendo l'adesione del sistema produttivo agli incentivi, scongiurando la nascita di fenomeni di distorsione della concorrenza; sullo stesso fronte ad attivarsi urgentemente per una valutazione di impatto chi consideri tutte le produzioni del sistema agro alimentare nazionale penalizzate dall'embargo russo valutando, in tal senso, la possibilità di reperire in sede europea risorse finanziarie che vadano oltre la rubrica agricola del bilancio dell'Unione europea;
   ad utilizzare il ruolo di leadership internazionale durante il semestre europeo per individuare le linee strategiche che saranno approfondite in occasione di Expo 2015 e che dovranno diventare l'ossatura di un protocollo internazionale di intesa sull'agricoltura per i prossimi anni che da un lato possa proporre idee e contenuti all'Expo e dall'altro possa avviare un percorso di ricerca e sviluppo che vada oltre l'Expo definendo soluzioni di lungo periodo sui temi del cibo e della food security;
   a fornire ogni utile elemento nei prossimi mesi circa il lavoro svolto e i risultati conseguiti dalla presidenza italiana sui punti sopra citati.
(7-00467) «Oliverio, Sani, Cova, Venittelli, Antezza, Cenni, Anzaldi, Terrosi, Luciano Agostini, Carra, Covello, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Zanin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   secondo il dossier di «Save the Children» sulla tratta di esseri umani nel mondo vi sono 30 milioni di persone ridotte alla schiavitù lavorativa o sessuale;
   di essi milioni e mezzo sono minori;
   in Italia su 340 mila bambini e ragazzi tra i 7 e i 15 anni che lavorano, ben 28 mila sono a rischio di sfruttamento, sono i piccoli schiavi invisibili, i volti della tratta e dello sfruttamento;
   per lo sfruttamento a fini sessuali in Italia sono stati accertati nell'ultimo anno 2.400 casi con 88 minori coinvolti;
   le cifre aumentano in relazione all'ingresso di immigrati clandestini;
   a luglio 2014 erano segnalati in Italia 10.736 minori stranieri non accompagnati e senza famiglia e 2.148 sono scappati dai centri di accoglienza e sono così esposti a possibili manovre criminali per il loro sfruttamento soprattutto nell'accattonaggio, nei furti e a fini sessuali;
   adolescenti provenienti soprattutto dall'Eritrea, dall'Egitto, dalla Somalia, dalla Siria, dalla Nigeria, dalla Romania sono preda della criminalità per traffici illeciti (furti, prostituzione, matrimoni precoci, e altro) –:
   se non intenda rafforzare l'impegno dello Stato contro il fenomeno particolarmente odioso dello sfruttamento dei minori nel nostro Paese.
(2-00690) «Melilla, Ricciatti».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   è universalmente riconosciuto che la violenza non si combatte solo in modo repressivo, la violenza contro le donne è un fenomeno culturale che riguarda la società intera;
   il contrasto alla violenza maschile contro le donne deve essere una priorità per il nostro Paese che va affrontata partendo dalle radici su cui si fonda la violenza stessa e cioè l'incapacità a riconoscere ed accettare la libertà delle donne. È necessario dunque partire dalla scuola e dall'educazione, dalla destrutturazione degli stereotipi, dal rafforzamento dell'autonomia e della libertà delle donne e dal sostegno ai centri anti-violenza;
   la convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, precisa, all'articolo 3, che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed una forma di discriminazione contro le donne in occasione della conferenza internazionale del 19 settembre 2014 «al sicuro dalla paura, al sicuro dalla violenza», è stato sottolineato, ai più alti livelli istituzionali, come la Convenzione di Istanbul sia un passaggio storico, eccezionale, che bisogna valorizzare utilizzando tutti i mezzi a disposizione per mettere fine a questo fenomeno, agendo in maniera strategica, coordinata e sinergica, come indicato proprio dalla convenzione;
   il Governo italiano, in data 14 agosto 2013, ha emanato il decreto-legge n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province»;
   l'articolo 5 del citato decreto prevede l'adozione, da parte del Ministro delegato alle pari opportunità, previa intesa in sede di Conferenza unificata, di un piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, che deve essere elaborato con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, in sinergia con la nuova programmazione dell'Unione europea per il periodo 2014-2020. Con il provvedimento, il Ministro dell'interno Angelino Alfano, commentò: «le vittime di violenze non sono più sole». Tre gli obiettivi centrati: «Prevenire i reati, punire i colpevoli, proteggere le vittime»;
   il suddetto decreto-legge ha stanziato un incremento del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità dedicato ad azioni per i centri antiviolenza e alle case-rifugio: in particolare, 10 milioni di euro per l'anno 2013, 7 milioni di euro per l'anno 2014 e 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015 (articolo 5-bis);
   lo stesso ministro, nel corso di una conferenza stampa indetta il 7 agosto 2014, ha ricordato di aver promosso due provvedimenti per il contrasto alla violenza di genere, il primo quando era Ministro della giustizia e il secondo da Ministro dell'interno e che il tema della violenza di genere è stato messo come priorità nel semestre europeo;
   ad oggi non vi è alcuna certezza sulla predisposizione e l'avvio del piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e non sussiste alcuna relazione al Parlamento, volta a chiarire i criteri di ripartizione delle risorse stanziate per la prevenzione del fenomeno, per il sostegno e per l'accoglienza delle vittime –:
   a che punto sia allo stato attuale l'elaborazione del piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere e se non si ritenga necessario intervenire per monitorare i lavori e rendere più celere la presentazione del medesimo piano prima dello scadere del semestre europeo.
(2-00693) «Di Salvo, Labriola, Nardi, Piazzoni, Migliore, Fava, Lacquaniti, Lavagno, Pilozzi, Zan».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROMANINI e MAESTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella provincia di Parma il dissesto in Appennino con frane e smottamenti rappresenta ormai una emergenza. Questo territorio è la seconda provincia italiana per numero di frane che puntualmente si acutizzano col maltempo. Solo nel 2013, nel comune di Tizzano Val Parma (Capriglio) e nel comune di Corniglio (Sauna), si sono registrate due frane attive considerate fra le più grandi d'Europa. Oltre a ciò questo territorio presenta una ulteriore problematica relativa la messa in sicurezza idraulica nella zona della collina e in pianura dove a causa del maltempo e di nubifragi si sono verificati allagamenti (vedi nel 2011 a Sala Baganza con un morto e nel giugno 2010 a Fontanellato con rischio di evacuazione dell'ospedale «Cardinal Ferrari»);
   l'amministrazione provinciale di Parma nel 2010 ha realizzato, sulla base di tutte le segnalazioni dei comuni e degli enti di riferimento, una mappa puntuale in cui sono state censite un migliaio di criticità a partire dalla quale è stato predisposto e presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli organi competenti un programma di interventi di difesa del suolo, condiviso con tutti i soggetti e enti territoriali coinvolti, per un ammontare di oltre 300 milioni di euro, di cui 60 milioni necessari per eseguire i sei interventi prioritari urgenti;
   negli ultimi quattro anni la situazione è ulteriormente peggiorata: eventi meteorologici rilevanti e continui hanno pesantemente colpito il territorio provinciale. Solo nel periodo dicembre 2013-marzo 2014 le persistenti piogge hanno provocato danni per complessivi circa 100 milioni di euro (come riportato in una lettera dell'amministrazione provinciale prot. 55488 e inviata ai Ministeri delle infrastrutture, riforme costituzionali, e ambiente) e nell'Appennino Parmense esistono ancora nuclei familiari senza casa;
   i territori del parmense interessati dalle situazioni sopradescritte sono stati oggetto di dichiarazione di stato di emergenza per gli eventi verificatesi nei periodi marzo-aprile-maggio 2013 e ultima decade dicembre 2013-marzo 2014, per cui sono state emanate le ordinanze di protezione civile n. 83/2013 e n. 174/2014 in base alle quali si è fatto fronte parzialmente agli interventi di prima urgenza. La regione Emilia Romagna, in attuazione dell'ordinanza del Capo dipartimento di protezione civile, ha disposto una analitica ricognizione dei danni per gli eventi del periodo marzo-maggio 2013, evidenziando un danno complessivo alle infrastrutture pubbliche, al patrimonio privato e alle attività produttive nei territori della regione interessati di circa 800 milioni di euro;
   in questo quadro di grave dissesto risulta fortemente danneggiata la viabilità della provincia di Parma. Come comunicato dallo stesso ente in una conferenza stampa ad oggi sono 6 le strade di competenza provinciale chiuse al traffico, 35 le strade con tratti con senso unico alternato o restringimento di carreggiata. 131 gli interventi urgenti necessari per un ammontare di 18.595.700;
   il presidente della provincia di Parma ha denunciato sulla stampa il fatto che l'ente, che ha sempre avuto bilanci in equilibrio e rispettato puntualmente il patto di stabilità, non è più in condizione di provvedere a tali interventi: in 4 anni lo Stato ha ridotto le risorse a disposizione dell'ente per oltre 18 milioni di euro e nel 2015 ci sarà un ulteriore taglio di 1 milione di euro. A questo si aggiunge che la provincia di Parma deve ancora riscuotere crediti dallo Stato per 12 milioni di euro, per i quali ha citato in giudizio il Ministero dell'interno;
   il peso del patto di stabilità è cresciuto e rispettarne i limiti significa per la provincia di Parma l'impossibilità di contrarre nuovi mutui, l'impossibilità di destinare l'avanzo di amministrazione agli investimenti, l'impossibilità di attivare nuovi investimenti, se non quelli finanziati completamente da terzi;
   il settore messo a rischio da questa condizione è in particolare la viabilità, funzione confermata alle province dalle legge n. 56 del 2014 Delrio;
   la gravità della situazione viene ulteriormente segnalata in una lettera ai sindaci in cui l'assessore alla viabilità della provincia di Parma dichiara l'impossibilità di attivare, il servizio di sgombero neve e spargimento sali disgelanti. Scrive: «La drammatica carenza di risorse finanziare della provincia, che si è vista sottrarre fondi e finanziamenti già erogati (legge n. 89 del 2014 e decreto legislativo n. 66 del 2014), comporta inevitabilmente la necessità di sospendere i contratti in essere con le ditte che effettuano il servizio per conto della stessa provincia, in quanto, come previsto dal capitolato d'oneri, sussiste un costo fisso per la disponibilità dei mezzi e delle attrezzature nel periodo invernale, dal mese di novembre al mese di aprile dell'anno successivo, che costituisce un costo fisso indipendente dall'uscita su strada dei mezzi medesimi»;
   la situazione della provincia di Parma non è affatto isolata ma, stante i ripetuti appelli delle istituzioni, singole o delle loro associazioni, è la maggioranza delle province che versa in difficili condizioni economiche in una fase resa ancor più problematica dalla trasformazione in enti di secondo grado, fase non del tutto definita dai decreti attuativi –:
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire che la provincia di Parma sia posta nelle condizioni di poter svolgere gli obblighi istituzionali e le funzioni demandate;
   se non si ritenga opportuno destinare con urgenza alla difesa del suolo delle aree citate quota a parte delle risorse del Fondo per le politiche di coesione per interventi di messa in sicurezza del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico (articolo 1, comma 7, legge n. 147 del 2013);
   se inoltre non si ritenga necessario assumere iniziative per escludere dal patto di stabilità interno relativo agli anni 2014 e 2015 le risorse provenienti dallo Stato e dalla regione e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dai comuni e dalla provincia di Parma per far fronte alle conseguenti opere di ripristino, prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico;
   se sulla base della analitica ricognizione dei danni presentata dalla regione Emilia Romagna il Governo non ritenga opportuno emanare specifiche direttive, in applicazione dell'articolo 5 della legge n. 215 del 1992, e successiva legge n. 119 del 2013, in cui si prevede che il Governo, a seguito di ricognizione analitica dei danni, emani specifiche direttive per attuare le prime misure per la ricostruzione. (5-03634)


   LUIGI GALLO, SIBILIA, LUIGI DI MAIO, MICILLO, TOFALO, DAGA, DE ROSA e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma, 186-bis, della legge 23 dicembre 2009 n. 191 (introdotto dall'articolo 1, comma, 1-quinquies della legge 26 marzo del 2010 n. 42) ha soppresso le Autorità d'ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 152/2006 con decorrenza dal 31 marzo 2011 (termine poi prorogato fino al 31 dicembre 2012 con decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito dalla legge n. 24 febbraio 2012, n. 14), demandando alle regioni la ridefinizione delle attribuzioni in materia (articolo 1, comma, 1-quinques, legge n. 42 del 2010: «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza»);
   allo spirare del termine previsto dalla normativa nazionale per la soppressione delle autorità d'ambito (31 dicembre 2012), la regione Campania non si era ancora dotata della disciplina legislativa in materia di servizi idrici e che tale vuoto legislativo incredibilmente permane a distanza di 21 mesi;
   nelle more dell'approvazione della nuova disciplina regionale, la giunta regionale della Campania ha, emanato la delibera n. 813 del 2012, con cui è stato disposto il commissariamento per 6 mesi delle autorità d'ambito esistenti;
   a tale delibera hanno fatto seguito i decreti presidenziali di nomina dei commissari straordinari liquidatori, nelle persone dei presidenti uscenti delle autorità d'ambito emanati il 21 gennaio 2013;
   la DGR n. 813 del 27 dicembre 2012 ha previsto che:
    «1. nelle more dell'emanazione di apposita normativa regionale, per ciascuna autorità di ambito le funzioni sono affidate a commissari straordinari incaricati di avviare le procedure di liquidazione e assicurare lo svolgimento delle attività necessarie a garantire l'ordinaria amministrazione;
    2. Di demandare al Presidente della Giunta Regionale la nomina dei Commissari Straordinari da individuarsi negli attuali Presidenti delle autorità d'ambito;
    3. Di stabilire che gli incarichi di Commissario regionale decorrono dal 1o gennaio 2013 e terminano all'atto di insediamento degli organi dei nuovi soggetti istituzionali individuati dalla legge regionale di riordino dei rispettivi settori, in corso di definizione, e comunque, entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui al punto 2»;
   negli stessi decreti di nomina dei commissari (n. 12/2013, 13/2013, 14/2013, 15/2013), emanati il 21 gennaio 2013 dal presidente della giunta regionale, è espressamente chiarito che «la durata dell'incarico di cui al punto 1, decorre dal 1o gennaio 2013, fino all'effettiva operatività dei nuovi soggetti istituzionali individuati dalle leggi regionali di riordino dei rispettivi settori, in corso di definizione e, comunque, non oltre sei mesi dalla adozione del presente decreto»;
   in seguito, la regione Campania con il comma 137 dell'articolo 1 della legge regionale della Campania n. 5/2013 (finanziaria regionale) ha confermato quanto disposto con le delibere ed i decreti prevedendo che «I commissari nominati per la liquidazione delle autorità di ambito, soppresse ai sensi dell'articolo 2, comma 186-bis, della legge 191/2009, esercitano sino al definitivo conferimento disposto dalla normativa regionale, per un periodo non superiore a sei mesi, le funzioni di cui all'articolo 148 del decreto legislativo 152 del 2006»;
   riguardo tale normativa che commissariava provvisoriamente le autorità d'ambito è stata presentata un'interrogazione parlamentare con cui il deputato Luigi Gallo ed altri chiedevano al Ministero dell'ambiente – tra l'altro – le motivazioni della mancata impugnazione (in via diretta) alla Corte Costituzionale del su riportato comma 137 della, legge finanziaria regionale campana per violazione delle «funzioni fondamentali dei comuni» previste dall'articolo 117, lettera p) della Costituzione, tra le quali rientra anche quella relativa al servizio idrico integrato;
   il Ministero dell'ambiente ha risposto affermando che «per quanto riguarda la mancata impugnativa dell'articolo 1, comma 137 della legge regionale che dispone i commissari nominati per la liquidazione delle autorità di ambito, soppresse ai sensi dell'articolo 2, comma 186-bis, della legge 191 del 2009, esercitano sino al definitivo conferimento disposto dalla normativa regionale, per un periodo non superiore a sei mesi, le funzioni di cui all'articolo 148 del decreto legislativo 152 del 2006», si fa presente che, per quanto attiene al profili ambientale, non si è ritenuto di sollevare la censura per illegittimità costituzionale in coerenza con quanto deciso per norme analoghe di altre regioni, considerata la transitorietà della disposizione (la sottolineatura fa parte della risposta del ministero, interrogazione n. 5-00595 dell'onorevole Luigi Gallo ed altri – servizio idrico integrato – legge regione Campania n. 5/2013);
   alla scadenza dei 6 mesi previsti dalla normativa regionale su richiamata (ossia il 21 luglio 2013), il consiglio regionale della Campania non aveva (come ancora non ha) provveduto ad approvare la legge di riordino del servizio idrico integrato;
   incredibilmente il commissariamento delle autorità d'ambito è stato prorogato sine die in virtù di una semplice nota (n. 483990 del 4 luglio 2013) inviata ai commissari straordinari dal dirigente dell'Ufficio Acquedotto regionale. Michele Palmieri nella quale si afferma del tutto arbitrariamente che «in riferimento alla legge regionale n. 5 del 6 maggio 2013, si rappresenta che, nelle more dell'approvazione della normativa regionale di riordino del servizio idrico integrato, l'articolo 1, comma 137, stabilisce che «i commissari nominati per la liquidazione delle autorità di ambito, soppresse ai sensi dell'articolo 2, comma 186-bis, della legge 191 del 2009, esercitano sino al definitivo conferimento disposto dalla normativa regionale, per un periodo non superiore a sei mesi, le funzioni di cui all'articolo 148 del decreto legislativo 152 del 2006». Codesti commissari, pertanto, vorranno continuare ad espletare le funzioni ed i compiti assegnati dalla suddetta legge regionale, per un periodo non superiore a sei mesi dall'approvazione della normativa regionale di riassetto del SII»;
   inoltre, la legge regionale n. 16 pubblicata sul BURC il 7 agosto 2014 prevede che «nelle more dell'approvazione della legge per il riordino del Servizio Idrico Integrato al fine di agevolare l'attuazione degli atti di pianificazione ed i relativi procedimenti amministrativi riguardanti il ciclo integrato delle acque è costituita, presso la Giunta regionale, una struttura di missione con il compito istituzionale di coordinamento dei piani strategici regionali finalizzati all'utilizzazione dei fondi regionali, nazionali ed europei, orientando gli investimenti ad una efficace ed efficiente gestione della risorsa idrica regionale, nonché assicurando il migliore raccordo con le autorità di bacino» (articolo 1, comma 92);
   la stessa normativa, al comma 93, prevede che a tale struttura di missione siano attribuiti centrali funzioni amministrative quali:
    a) la pianificazione dei lavori e la realizzazione delle opere infrastrutturali per l'adeguamento e/o il rifacimento delle reti e degli impianti, comprese le attività di manutenzione, con priorità per quelle destinate ad aumentare gli standard di sicurezza la tutela della salute pubblica, la sostenibilità ambientale e l'uso efficiente delle risorse;
    b) allo svolgimento delle attività di competenza della regione finalizzate alla determinazione delle tariffe;
    c) alla revisione delle concessioni in corso all'entrata in vigore della presente legge, al fine di perseguire meccanismi di riequilibrio economico e salvaguardia dell'interesse pubblico;
    d) alla vigilanza sulla gestione delle reti e degli impianti nonché al coordinamento ed al controllo tecnico-contabile dell'esecuzione dei contratti, anche attraverso il ricorso a idonee forme di garanzia a carico dei concessionari;
    e) al monitoraggio sullo stato di attuazione degli accordi con gli enti pubblici e i soggetti coinvolti nella gestione del ciclo integrato delle acque, anche ai fini dell'eventuale rivisitazione dei rapporti negoziali;
    i) alla ricognizione ed eliminazione dei contenziosi in essere, anche mediante il ricorso a tecniche di risoluzione alternativa delle dispute;
    g) all'accelerazione delle attività e delle procedure finalizzate alla riscossione dei canoni di spettanza della regione connessi alla gestione della risorsa idrica e del ciclo integrato delle acque;
   in particolare, la lettera a del comma 93 della legge regionale della Campania 16 del 2014 citata, trasferisce alla struttura di missione incardinata presso la giunta della regione Campania le funzioni di «pianificazione dei lavori e la realizzazione delle opere infrastrutturali per l'adeguamento e/o il rifacimento delle reti e degli impianti, comprese le attività di manutenzione», funzioni chiaramente riservate agli enti locali in virtù del combinato disposto degli articoli 147 (come modificato dal decreto sblocca Italia, n. 133 del 2014) e 149 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che stabiliscono che:
    «Gli enti locali partecipano obbligatoriamente all'ente d'ambito individuato, per ciascun ambito territoriale ottimale, dalla competente regione. All'ente è trasferito l'esercizio delle competenze spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa, la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1 articolo 147);
   fa sorgere molte perplessità anche la lettera c), del comma 93 prevede la possibilità per tale struttura di missione di provvedere alla «revisione delle concessioni in corso all'entrata in vigore della presente legge, al fine di perseguire meccanismi di riequilibrio economico e salvaguardia dell'interesse pubblico» in quanto non specifica di quali concessioni si dovrebbe trattare e lasciando lo spazio giuridico per procedere alla revisione delle concessioni stipulate dagli enti d'ambito con i gestori concessionari del SII rispetto alle quali la regione non dovrebbe poter intervenite se non nella misura di individuare linee guida e convenzioni — tipo per disciplinare le convenzioni con i concessionari;
   anche le altre attribuzioni:
    determinazioni tariffarie (lettera b);
    controllo tecnico contabile sull'esecuzione dei contratti (lettera d);
    monitoraggio sullo stato di attuazione degli accordi tra enti pubblici e soggetti coinvolti nella gestione del ciclo integrato delle acque, anche ai fini della rivisitazione dei rapporti negoziali (lettera e);
   fanno sorgere più di un dubbio sulla volontà di sconfinamento della regione e della struttura di missione dalla stessa istituita in competenze che sono ad esclusivo appannaggio degli enti locali;
   pertanto, le attribuzioni affidate alla struttura di missione appaiono estese ad aspetti che nulla hanno a che fare con i compiti di legislazione concorrente e programmazione istituzionalmente attribuiti alle regioni dall'ordinamento;
   la regione Campania, a distanza di 1 anno e 9 mesi dalla abolizione delle autorità d'ambito (articolo 148 del decreto legislativo 152 del 2006) non ha ancora provveduto a riattribuire agli enti locali (comuni, province e città metropolitana) le funzioni relative al servizio idrico integrato secondo quanto disposto dall'articolo 1, comma 1-quinques, legge 42 del 2010 («le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza»);
   la legislazione statale in merito al Servizio idrico integrato è chiara nel delineare le sfere di competenza degli enti coinvolti stabilendo che «nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali e fatte salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (oggi trasferite all'AEEG), il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione.
   2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competente costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.
   3. Gli enti locali, attraverso l'Autorità d'ambito di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto» (articolo 142 del decreto legislativo 152/2006); 
   è evidente che la mancata legiferazione in merito al SII in Campania sia finalizzata a costituire una formula di gestione amministrativa accentrata e verticistica in contrasto con il dettato costituzionale e legislativo che riserva ai comuni le competenze amministrative in materia di Servizio idrico integrato;
   detto stravolgimento nella gestione del settore sta trovando attuazione in una radicale opera di ristrutturazione della gestione del Servizio idrico integrato in ATO 3 Campania laddove, a fronte di una situazione che dovrebbe essere di «congelamento» e di dismissione della predetta autorità, negli ultimi mesi si sono susseguiti una serie di deliberazioni emanate dal Commissario straordinario dell'ATO 3 Campania che, ha provveduto sin'anche all'approvazione di un nuovo piano tariffario, conclusisi e proceduto alla ridefinizione della tariffa del SII con aumento del 13,4 per cento rispetto all'articolazione tariffaria precedente e per la determinazione della quale il Commissario stesso ha demandato all'ANEA l'incarico di «Validazione dati AEEG calcolo della tariffa in applicazione del Metodo Tariffario Provvisorio e aggiornamento del Piano Tariffario»;
   detto spropositato aumento tariffario si basa su un piano d'ambito che nel 2009 era stato bocciato dall'assemblea dei sindaci proprio perché troppo gravoso per gli utenti e troppo favorevole per il gestore GORI s.p.a., e da allora non era mai stato più preso in considerazione, tanto che tutta la procedura appare agli interroganti un vero e proprio «colpo di mano» del commissario liquidatore;
   il predetto Piano d'Ambito di cui alla delibera di C.di A. dell'ente d'ambito n. 6/2007, ritenuto ingiustamente vigente nella suddetta delibera commissariale n. 17/2009, è stato posto nel nulla dall'assemblea dei sindaci con delibera n. 9 del 10 luglio 2009 e da quella data non è stata mai più posta in discussione la sua inapplicabilità e inefficacia;
   perplessità in ordine alla legittimità delle predette determinazione dell'ATO 3 Campania sono state espresse dall'AEEG che, con propria nota del 9 agosto 2013, ha espressamente richiesto all'ente d'ambito chiarimenti enti in ordine alle modalità «con le quali si è inteso garantire l'equilibrio economico finanziario e il rispetto degli obiettivi fissati nella programmazione di Ambito e se siano stati effettivamente indicati puntualmente di quali costi individuati abbiano trovato copertura tariffa»;
   infine, va rilevato che con la deliberazione del 31 luglio 2014 n. 380/2014/S/IDR l'autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, anche a seguito di verifiche ispettive effettuate dalla guardia di finanza avvenute nello scorso mese di aprile, ha avviato un procedimento nei confronti di GORI s.p.a. per accertare la violazione delle disposizioni in materia di servizio idrico integrato per l'adozione di provvedimenti sanzionatori e prescrittivi ai sensi dell'articolo 2, comma 20, lettere c) e d) legge 481 del 1995 in quanto dall'analisi della documentazione acquisita è emerso che Gori potrebbe aver commesso alcune violazioni, consistenti nel difetto di veridicità dei dati e di raccordo tra i valori desumibili dalla documentazione contabile e i valori riportati nella modulistica trasmessa;
   le condotte relative alle contestazioni citate rivelerebbero una generalizzata negligenza nella compilazione dei dati richiesti ed una loro incongruenza con i libri contabili dall'analisi della documentazione acquisita è emerso che Gori, in violazione dell'articolo 9, comma 1, della deliberazione 585/2012/R/idr potrebbe aver applicato parte dei corrispettivi inerenti al servizio di depurazione ad utenti non asserviti al relativo impianto applicando a tutti gli utenti, compresi i soggetti non serviti da impianti di depurazione attivi, l'intero ammontare della voce «quota fissa» comprensiva pertanto, oltre che della componente relativa al servizio acquedotto e fognatura, anche della componente di costo, non variabile con il consumo, del servizio di depurazione e con riferimento alla «quota variabile», parte delle aliquote riconducibili al servizio di depurazione –:
   quando, vista l'inottemperanza della regione Campania riguardo l'approvazione della legislazione di sua competenza, provvederà ad attivare la procedura ed esercitare i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 8 della legge 131 del 2003, così come indicato anche dall'articolo 3-bis del decreto legge 138/2011;
   se il Governo non ritenga che, in relazione alle previsioni del collegato alla finanziaria della regione Campania (legge regionale Campania 16 del 2014) illustrate in premessa, ricorrano i presupposti per promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
(5-03641)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRARESI, TRIPIEDI, CIPRINI e COMINARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 17 settembre 2014, con lettera di Assolombarda, la società Fratelli Averna spa, con sede legale a Caltanissetta, via Xiboli, 345, comunica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alle organizzazioni sindacali ed agli enti regionali competenti di Emilia Romagna e Sicilia, la necessità di riduzione del proprio personale di 52 lavoratori, di cui 7 con qualifica di dirigente, prevalentemente impiegato nel settore commerciale ed amministrativo;
   Fratelli Averna spa è leader nel mercato spirit in Italia, è proprietaria di Averna, il secondo amaro più venduto in Italia e uno dei liquori italiani più conosciuti e apprezzati nel mondo;
   il 3 giugno 2014, a seguito del signing del 15 aprile 2014, il gruppo Campari ha perfezionato l'acquisizione del 100 per cento di Fratelli Averna spa, il controvalore totale dell'operazione è stato pari a euro 103,7 milioni di euro;
   Davide Campari-Milano spa, con le sue controllate («gruppo Campari»), è uno dei maggiori player a livello globale nel settore del beverage; è presente in oltre 190 Paesi del mondo con posizioni di primo piano sia in Europa che nelle Americhe;
   con sede principale in Italia, a Sesto San Giovanni, Campari conta 16 impianti produttivi e 3 aziende vinicole in tutto il mondo e una rete distributiva propria in 19 paesi; il gruppo impiega oltre 4000 persone; le azioni della capogruppo Davide Campari-Milano s.p.a. sono quotate al mercato telematico di borsa italiana dal 2001;
   il bilancio 2013 del gruppo Campari ha registrato un valore delle vendite pari a euro 1.524,1 milioni (+13,7 per cento; variazione organica +1,7 per cento) con un utile netto di euro 149,8 milioni; l'utile netto del gruppo del primo semestre 2014 è stato di euro 57,3 milioni di euro;
   nella relazione intermedia sulla gestione, al 30 giugno 2014, del gruppo, in merito all'acquisizione di Averna, si legge: «il gruppo Averna è proprietario di un portafoglio di prodotti caratterizzati da posizionamento premium, elevata marginalità e leadership nelle categorie di riferimento... L'acquisizione di gruppo Averna rappresenta un'opportunità per fare leva sulla struttura distributiva diretta nei mercati chiave dei brand acquisiti al fine di accelerarne la crescita in modo profittevole e in linea con la strategia di crescita per acquisizioni»;
   la missiva Assolombarda che comunica la messa in mobilità dei lavoratori del gruppo Averna, è la scelta fatta dalla dirigenza del gruppo Campari che, pur continuando ad avere bilanci estremamente positivi, sia in termini di vendite che di margini operativi, decide di licenziare i dipendenti dei gruppi che acquisisce;
   ciò viene fatto negando contestualmente l'opportunità del riassorbimento dei 52 dipendenti all'interno di un gruppo che ne conta 4.000, ed escludendo l'ipotesi di cassa integrazione guadagni sia ordinaria che straordinaria, rendendosi esclusivamente disponibile eventualmente a valutare trattamenti economici di cosiddetta buona uscita;
   si è con tutta evidenza, di fronte ad un esempio di impresa italiana, la Campari, che ha scelto di crescere a scapito dell'occupazione: «... un'opportunità per fare leva sulla struttura distributiva diretta nei mercati chiave dei brand acquisiti al fine di accelerarne la crescita in modo profittevole e in linea con la strategia di crescita per acquisizioni»;
   indifferente nei confronti dei propri lavoratori, nonostante il codice etico e i buoni principi enunciati nell'adesione alla cosiddetta responsabilità sociale di impresa in cui è possibile leggere: «anche durante il 2013, sono state adottate azioni per valorizzare le risorse che lavorano nell'azienda (i «Camparisti»). Queste ultime costituiscono infatti gli ambasciatori più autentici del gruppo Campari nel mondo»;
   la drammatica situazione occupazionale del Paese non è solo numeri: il tasso di disoccupazione in Italia, dal 2007 al 2013, è praticamente raddoppiato passando dal 6,09 per cento al 12,19 per cento; in Sicilia, sede del gruppo Averna, ha raggiunto il 21,03 per cento, è nel dramma di migliaia di famiglie che stanno perdendo, insieme al reddito, la propria personale dignità di cittadini;
   a Finale Emilia, dove è previsto il licenziamento di 13 dipendenti, si ricorda che si è ancora in piena emergenza terremoto, a seguito dei sismi del maggio 2012;
   secondo la Cisl, dai primi mesi del 2013, i disoccupati della Bassa modenese sono aumentati del 17,5 per cento, contro una percentuale provinciale ferma al 3,9 per cento; ancora più grigio il quadro dipinto dalla Cgil: «I fenomeni sismici hanno inciso in maniera devastante in un territorio già fortemente colpito dalla crisi economica»; secondo Tania Scacchetti, segretario della Cgil di Modena: «se si è riuscito a evitare che molte aziende delocalizzassero, è anche vero che tanti hanno chiuso, riversando in un mercato già saturo migliaia di disoccupati che ora è quasi impossibile ricollocare» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se il Governo non ritenga di doversi adoperare per quanto di competenza, per:
    a)  evitare la procedura di mobilità promosso dalla società Fratelli Averna spa;
    b)  favorire un piano industriale in cui risulti possibile il riassorbimento del personale considerato in esubero all'interno del gruppo e/o contestualmente una prospettiva di riorganizzazione aziendale del gruppo Averna. (4-06125)


   PAGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano online «La nuova bussola quotidiana» del 22 settembre 2014, in un articolo a firma Valentina Colombo, dal titolo «Così la Sicilia sta diventando un emirato», al quale necessariamente si rimanda stante la ricchezza di citazione delle fonti, è data notizia di inquietanti quanto ingenti operazioni economico-finanziarie realizzate dal Quatar, attraverso anche «associazioni caritative» quale la Quatar Charity Foundation, al fine di finanziare la rete del Movimento dei Fratelli Musulmani;
   l'articolo, pur nei limiti del taglio giornalistico, offre dettagli e riferimenti precisi sulle operazioni in questione che riguardano in modo particolare la Sicilia e fa riferimento anche ad una richiesta del novembre 2013 del Presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta –:
   se non sia necessario fare chiarezza sull'intera vicenda a partire dalla verifica, da parte di chi ne ha la competenza, circa il rapporto Quatar – «centri culturali islamici» – «libertà religiosa» – «movimento dei Fratelli musulmani»;
   se non sia opportuno verificare la correttezza e la congruità di tali operazioni e di tali rapporti nell'ambito dell'attuale drammatico contesto geo-politico, con i rischi di terrorismo più volte denunciati dal Ministro dell'interno;
   se non sia necessario adottare misure adeguate e risolutive sull'intera questione. (4-06138)


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 2 settembre 2014, Livio Sirovich e Franco Pettenati, membri dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, insieme al professor Peter Suhadolc e al ricercatore Giovanni Costa dell'università di Trieste (dipartimento di scienze della terra), hanno pubblicato sul sito informativo Konrad l'articolo «Centrale nucleare di Krško, rischio sismico troppo alto?»;
   gli esperti hanno esposto le numerose criticità relative alla centrale nucleare Krško – di cui la Repubblica di Slovenia e la Repubblica di Croazia sono comproprietarie –, struttura che dista solo 125 chilometri da Trieste e della quale l'interrogante si è più volte interessato con numerosi atti di sindacato ispettivo (4-04652, 4/02329, 4/01177, 4/00417) che non hanno ancora ricevuto risposta;
   la centrale Krško-1, si legge nell'articolo, sarebbe esposta a gravi rischi sismici per la presenza accertata di alcune faglie in grado di generare terremoti di grande intensità, mentre gli attuali «stress test» sismici si basano sul solo parametro di accelerazione massima orizzontale del suolo (PGA), in questo caso pari a 0,3g, tre decimi dell'accelerazione di gravità;
   l'impianto costruito alla fine degli anni ’70 avrebbe quindi adottato une PGA troppo bassa, a detta degli esperti, essendo più appropriato un valore di 0,6g;
   secondo i tecnici sloveni incaricati della verifica dell'impianto, il valore di PGA raggiungerebbe 0,6g grazie a una serie di accorgimenti, alcuni dei quali non sarebbero verificabili;
   la Repubblica di Slovenia intende, come previsto dal piano energetico dei 2011, costruire nella stessa zona una nuova centrale da 1.600 megawatt (Krško-2);
   la società Gen Energija, incaricata dei lavori e della gestione dei nuovo impianto, ha commissionato uno studio all'istituto francese sulla sicurezza nucleare (IRSN) sul rischio sismico e sull'eventuale fattibilità dell'impianto;
   IRSN era entrato a far parte di un consorzio composto dal servizio geologico francese, dal servizio sloveno e da una società privata slovena;
   le conclusioni dell'IRSN, che aveva giudicato il sito di Krško inadatto alla costruzione di una nuova centrale a causa dei movimenti tellurici prodotti da faglie, sono state in un primo momento secretate;
   il 22 maggio 2013 il Ministero sloveno delle infrastrutture, dopo numerose sollecitazioni delle associazioni ambientaliste WWF e Legambiente, oltre alla pressione internazionale determinata dalla presentazione alla Camera dell'interrogazione n. 4-00417 dell'interrogante, ha pubblicato online i risultati dello studio;
   a seguito delle gravi divergenze di opinione, le autorità slovene hanno chiuso il Consorzio, sostituendolo con il famoso consulente americano Rizzo Associates Inc.;
   i contrasti con i francesi avrebbero riguardato l'attività pregressa della cosiddetta faglia di Libna che avrebbe interessato il terreno e poche centinaia di metri dal sito di Krško-2. Sembrerebbe, inoltre, che il problema della eventuale presenza di faglie più lontane, ma capaci di provocare forti terremoti, non sia stato approfondito;
   secondo quanto riportato nell'articolo, il direttore dell'IRSN avrebbe scritto a GEN: «questa nuova e grave scoperta [di una faglia attiva vicina all'Impianto; ndr] non permette di concludere in modo favorevole sull'adeguatezza dei due siti per la costruzione di una nuova centrale nucleare»; «andrebbe ricordato che la valutazione dei fenomeni di spostamento permanente dei terreno di fondazione è un tema altamente impegnativo, dato l'insufficiente esperienza internazionale attualmente disponibile nonché la mancanza di metodi e strumenti consolidati [di analisi]» «Questo Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare considera che è di estrema [utmost] importanza che le possibili implicazioni di questa capacità di faglia [rotture della faglia Libna] sulla sicurezza dell'impianto esistente, così come la suo potenziale relazione strutturale con altre faglie vicine, sia affrontata senza ritardo. Io [scrive il direttore francese Repussard] ho capito che GEN si è sentita preoccupata su questo argomento ed era sicuramente intenzionata ad informare su questa scoperta l'esercente dell'impianto Krško-1 (Nuklearna Elektrarna Krško – NEK) così come l'Agenzia Slovena per la Sicurezza Nucleare (NSA). Io sarei molto grato se voi poteste confermare che ciò è stato effettivamente fatto, dal momento che io ravviso importante richiamare l'attenzione della NSA su questo argomento, in considerazione delle potenziali implicazioni di sicurezza che esso può avere a livello nazionale ed internazionale»;
   la pericolosità sismica della zona in cui insiste la centrale di Krško è evidenziata anche da alcune pubblicazioni a titolo personale degli autori dell'articolo, come la  relazione su Krško del Politecnico di Milano (2012) e il Volume 55, n. 1, marzo 2014 del Bollettino di geofisica teorica e applicata dell'istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste;
   a riprova delle criticità summenzionate si ricorda che il 22 aprile 2014 alle ore 10:58 a Trieste è stata avvertita una forte scossa di terremoto (magnitudo 4,6 Richter) il cui epicentro è stato localizzato in Slovenia, nell'area del Monte Nevoso a tre chilometri a Nord di Knezak a una profondità di circa 16 chilometri, a una distanza di 150 chilometri dalla centrale nucleare di Krško. Le autorità slovene non hanno reso disponibili informazioni sugli eventuali danni che l'impianto avrebbe potuto subire a seguito dei sisma;
   lo stato dell'impianto desta preoccupazione anche per l'incidente riportato il 25 ottobre 2013 da un articolo del quotidiano Il Piccolo di Trieste intitolato «Barra nucleare trovata spezzata a Krško», che ha rilevato come, durante gli ordinari lavori di manutenzione nella centrale, siano stati rilevati danni di natura meccanica alla struttura;
   in particolare, alcune barre di carburante nucleare contenute nei tre elementi di combustibile del reattore si sarebbero incrinate e addirittura spezzate;
   l'Italia con due referendum abrogativi, svolti nel 1987 e nel 2011, ha deciso di non costruire reattori nucleari sul proprio territorio;
   le centrali di altri Paesi presenti a ridosso o lungo il territorio di confine possono costituire un serio pericolo per la cittadinanza, soprattutto come nel caso della centrale di Krško, costruita in un'area sismica riconosciuta –:
   se il Governo intenda adoperarsi per ottenere risposte certe ed immediate da parte dei Governi sloveno e croato in merito allo status della centrale esistente ed allo stato dell'opera di eventuali progettualità;
   se  il Governo intenda promuovere una fattiva collaborazione con i Governi interessati – ricorrendo al necessario coinvolgimento degli enti locali, di esperti e delle istituzioni scientifiche presenti sul territorio triestino – per le opportune verifiche del caso. (4-06140)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA e RICCIATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a Sulmona la SNAM prevede la costruzione di una centrale di compressione e spinta su una superficie di circa 12 ettari, con 3 turbo compressori alimentati a gas di 11 megawatt termici, un camino alto 14 metri e tre caldaie con camini alti 6,5 metri;
   il metanodotto e la centrale si collocano in un'area ad alto rischio sismico nei pressi della faglia attiva del Monte Morrone, il sito è incompatibile con il piano regolatore generale di Sulmona che prevede una zona a verde agricolo escludendo ogni impianto industriale;
   inoltre, la centrale sarebbe in un contesto ambientale di grande pregio naturalistico, praticamente la porta d'accesso al parco nazionale della Majella-Morrone, su cui poggiano tanti progetti di sviluppo turistico in una zona tra le più depresse dal punto di vista occupazionale d'Abruzzo;
   proprio in questi giorni in una grande assemblea pubblica a Sulmona, gli enti locali e la regione Abruzzo hanno manifestato netta contrarietà a questo progetto, in piena sintonia con un grande movimento sociale e dei cittadini, chiedendo il rinvio della conferenza dei servizi convocata dal Ministero dello sviluppo economico per il 30 settembre 2014;
   per questo sarebbe necessario;
    a) revocare i decreti ministeriali relativi al metanodotto rete adriatica e alla costruzione della centrale di compressione e spinta della Snam a Sulmona stante ad avviso dell'interrogante il palese contrasto con le disposizioni comunitarie e nazionali che impongono la valutazione complessiva degli interventi proposti;
    b) rinunciare all'impugnativa della legge della regione Abruzzo n. 14 del 7 giugno 2013 per l'assoluta irragionevolezza di questa scelta avendo la regione Abruzzo recepito una prescrizione della commissione nazionale VIA in merito alla necessità di studi sismici di dettaglio, in una zona ad alto rischio sismico come è Sulmona nel quadro della catena montuosa degli Appennini Abruzzesi –:
   se non ritengano necessario e doveroso fermare ogni procedura autorizzativa in atto e disporre, come peraltro indicato dalla Commissione ambiente della Camera dei deputati con una risoluzione approvata nel 2011, la modifica del tracciato escludendo la dorsale appenninica, sconvocando la riunione del 30 settembre 2014, stante la richiesta in questo senso della regione Abruzzo. (4-06122)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Oasi urbana WWF «LA BULA», sito nel comune di Asti in località la Boana, compresa tra la riva destra del fiume Tanaro, il corso Savona e la ferrovia Asti -Castagnole Lanze, è una ex cava recuperata grazie ad un innovativo progetto di ingegneria naturalistica che ha trasformato l'intera area, un tempo in stato di totale degrado, in un paradiso per gli uccelli acquatici. Oggi l'area che consta di circa 20 ettari di territorio, caratterizzato da stagni, laghetti, isolotti, lanche e canneti, è culla di biodiversità per la nidificazione di uccelli migratori e stanziali;
   la Bula fa parte del sito di importanza comunitaria (SIC) «Stagni di Belangero» il quale, a sua volta, estendendosi per 591 ettari lungo la valle del Tanaro, rappresenta una preziosa stazione di sosta e svernamento per le specie migratrici. In loco sono state censite 128 specie di uccelli di cui 23 inserite nell'allegato I della direttiva 79/409 «Uccelli»;
   il grande successo naturalistico di Bula è oggetto di studi naturalistici, tesi di laurea e progetti finalizzati al miglioramento ambientale di siti compromessi dall'invasiva attività dell'uomo. Inoltre, data la vicinanza con il centro abitato di Asti, l'Oasi è diventata punto di riferimento del territorio astigiano per le attività didattiche, i «laboratori» di educazione ambientale e le visite naturalistiche, richiamando, per le numerose specie di uccelli presenti, molti appassionati di birdwatching e fotografi;
   purtroppo, come è anche emerso da articoli di stampa, l'Oasi è quotidianamente minacciata da attività illecite quali bracconaggio, pesca di frodo e sversamento illegale di rifiuti, anche tossico-nocivi come l'ondulina in fibra di amianto. I volontari e i simpatizzanti dell'associazione ambientalista WWF, che in convenzione con l'Ente Parchi Astigiani gestisce l'Oasi, trascorrono più tempo nella rimozione dei rifiuti, nell'installazione di barriere e nel controllare bracconieri e pescatori di frodo che per le loro attività istituzionali quali il censimento degli uccelli, il monitoraggio della flora e della fauna, la documentazione fotografica dell’habitat, la manutenzione dei camminamenti e dei percorsi, le visite guidate di gruppi e scuole e i laboratori educativi;
   i numerosi esposti, denunce e segnalazioni, presentate dai gestori del sito alle autorità competenti, per richiedere un loro intervento per tentare di arginare questi fenomeni illeciti, non hanno conseguito grandi risultati –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per garantire la sicurezza dell'Oasi la Bula, patrimonio naturalistico non solo del territorio astigiano ma dell'intero Paese. (4-06131)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge del 6 agosto 2008, n. 133, si istituisce l'istituto per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
   l'ISPRA è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro si avvale dell'istituto nell'esercizio delle proprie attribuzioni, impartendo le direttive generali per il perseguimento dei compiti istituzionali;
   il decreto ministeriale 123 del 21 maggio 2010 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare reca norme concernenti la fusione dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), dell'istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) e dell'istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) nell'ISPRA;
   la direttiva n. 2008/56/CE recepita dallo Stato italiano con il decreto legislativo n. 190 del 2010 è stata emanata sulla base dell'affermazione: «L'ambiente marino costituisce un patrimonio prezioso che deve essere protetto, salvaguardato e, ove possibile, ripristinato al fine ultimo di mantenere la biodiversità e preservare la diversità e la vitalità di mari ed oceani che siano puliti, sani e produttivi»;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 1o dicembre 2011 ha stipulato con l'ISPRA una convenzione in base alla quale l'istituto al 31 dicembre 2014 svolgerà tutte le attività necessarie della prima «fase di preparazione» prevista dal decreto legislativo n. 190 del 2010 relativamente all'attuazione della direttiva n. 2008/56/CE all'interno dell'ordinamento italiano;
   la Commissione europea, nell'ambito della direttiva 2008/56/CE, per la seconda fase di «programma di misure» mette a disposizione oltre 16 milioni di euro;
   la Commissione europea ha approvato, sia pur con osservazioni, i «traguardi ambientali» e gli «indicatori» individuati dall'ISPRA, con la collaborazione della comunità scientifica nazionale, per raggiungere entro il 2020 il buono stato ambientale (GES, «Good Environmental Status») per le acque marine europee;
   da fonti sindacali, si apprende ancora che molti ricercatori tecnologi avrebbero espresso perplessità sulle nuove formulazioni di buono stato ambientale e dei traguardi ambientali predisposti dalla direzione generale per la protezione della natura e del mare del Ministero;
   da articoli di settore, si legge che sarebbe intenzione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non rinnovare la convenzione all'ISPRA per la seconda fase della direttiva, denominata «programma di misure» –:
   se corrisponda al vero che il Ministero non intenderebbe affidare all'ISPRA il coordinamento e la realizzazione del «programma di misure» previste dalla direttiva 2008/56/CE recepita in Italia con il decreto legislativo n. 190 del 13 ottobre 2010;
   quali siano le valutazioni espresse dall'ISPRA sulle nuove formulazioni di buono stato ambientale e dei traguardi ambientali predisposti dallo stesso Ministero;
   quale sia il ruolo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intende dare ad ISPRA atteso che l'istituto ha fin qui svolto con successo il ruolo affidatogli dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di primus inter pares tra le istituzioni scientifiche nazionali, successo decretato dalla stessa Unione europea a valle della valutazione delle documentazioni inviate a Bruxelles relativamente alla conclusione della prima fase;
   quali siano le azioni poste in essere dal Ministro al fine di evitare che i prodotti elaborati dalla direzione generale per la protezione della natura e del mare possano esporre l'Italia al rischio di procedura di infrazione da parte dell'Unione europea. (4-06136)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nella notte fra il 21 e il 22 settembre 2014, il sito archeologico di Mont'e Prama, a Cabras, situato nella Sardegna centro-occidentale, luogo nel quale sono stati rinvenuti nel 1974 i famosi «Giganti», sarebbe stato oggetto di violazione da parte di ignoti. In particolare, oggetto dell'attenzione dei vandali sarebbe stata una tomba risalente all'ottavo secolo a.C.;
   il sito archeologico di Mont'e Prama rappresenta una testimonianza statuaria nuragica importantissima che non può essere lasciata incustodita;
   nell'area è tuttora in corso un'importantissima campagna di scavi, coordinata dall'università di Sassari, che ha riportato alla luce reperti archeologici di straordinario valore, destinati ad accrescere in modo significativo il patrimonio culturale sardo e italiano;
   nelle scorse settimane alcuni turisti hanno superato indisturbati le modeste recinzioni, approfittando anche del mancato presidio di addetti alla vigilanza;
   la Soprintendenza per i beni archeologici ha fatto sapere che non è in grado di sostenere la spesa per la vigilanza nel sito di Mont'e Prama;
   l'università di Sassari avrebbe fornito la propria disponibilità a farsi carico delle spese di sorveglianza del sito archeologico;
   anche altri importanti siti archeologici risultano nelle stesse preoccupanti condizioni di sicurezza mettendo in pericolo il patrimonio storico-artistico italiano;
   nel codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo n. 42 del 2004, l'articolo 3 stabilisce «la tutela consiste nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione»; il codice richiama non solo in modo specifico le norme di salvaguardia, ma anche quelle di garanzia della fruizione del patrimonio artistico, affinché esso possa essere a disposizione non solo di tutti oggi, ma anche domani per le generazioni future;
   un posto di primaria importanza nel patrimonio storico-artistico hanno le aree archeologiche caratterizzate, però, da un'intrinseca fragilità, trovandosi in territori vasti e aperti, esposti sia agli agenti atmosferici e sia all'opera distruttrice dell'uomo –:
   quali misure intenda adottare per evitare che simili episodi si ripetano mettendo a serio rischio la conservazione e la tutela dei siti archeologici in questione e in generale di tutti i siti archeologici della Sardegna;
   se possano essere assunte iniziative normative di inasprimento delle sanzioni per coloro che distruggono ciò che testimonia l'identità italiana. (5-03635)


   GHIZZONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 26-ter, del decreto-legge 95 del 2012 (legge 135 del 2012) aveva stabilito la sospensione dei contributi statali per interventi conservativi volontari sui beni culturali (di cui agli articoli 35 e 37 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) dalla data dell'entrata in vigore della legge di conversione e fino al 31 dicembre 2015;
   l'articolo 1, comma 77, della legge 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), novellando la disposizione sopra citata, ha poi previsto che la stessa sospensione è disposta fino «al pagamento dei contributi già concessi alla medesima data e non ancora erogati ai beneficiari»;
   il 28 novembre 2013 il Governo, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-01587, ha fatto presente che, con riferimento a lavori collaudati fino al 31 dicembre 2011, il debito del Ministero nei confronti dei proprietari, possessori o detentori del bene culturale, ammontava ad euro 97.263.468,66. Ha anche fatto presente che tale importo era soggetto a notevole incremento, tenuto conto di tutti i lavori collaudati dopo il 31 dicembre 2011, compresi quelli autorizzati fino alla data del 14 agosto 2012 (ultimo giorno utile per la concessione del contributo in parola prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 95 del 2012) ed ancora non collaudati;
   il 14 giugno 2014 il Governo, rispondendo all’ interrogazione in Commissione n. 5-02084, ha fatto presente che, negli anni 2012 e 2013 «sono state approvate, con il decreto ministeriale del 25 gennaio 2012, programmazioni degli interventi finanziari a favore dei proprietari, possessori o detentori di beni culturali, per un importo pari ad euro 50.663.485,00, e con il decreto ministeriale 22 marzo 2013 per un importo pari ad euro 15.047.923,00. Con le risorse di quest'anno, con il decreto ministeriale del 9 maggio scorso, per la programmazione degli interventi finanziari del Ministero a favore dei proprietari, possessori o detentori di beni culturali, è stato disposto un intervento finanziario per un importo complessivo pari ad euro 17.830.222,00» –:
   a quanto ammontino i contributi già concessi alla data del 14 agosto 2012, che ancora non sono stati erogati ai beneficiari;
   a quali capitoli dello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si sia finora attinto per l'erogazione dei contributi;
   quando si ritenga che possa giungere a termine l'erogazione dei contributi già concessi alla data del 14 agosto 2012.
(5-03643)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la Israeli Air Force, l'aviazione della aeronautica militare dello Stato di Israele, secondo la programmazione delle esercitazioni a fuoco per il secondo semestre 2014, sarà presente, nell'area appartenente al poligono di Capo Frasca in Sardegna, con diversi esemplari di cacciabombardieri F-15 e F-16;
   gli aerei in questione saranno gli stessi impiegati nei bombardamenti sulla Striscia di Gaza che hanno fatto oltre 2.000 morti e almeno 10 mila feriti, moltissimi tra i civili, non risparmiando neanche le scuole e i rifugi sotto il controllo dell'Onu;
   appare del tutto inopportuno e in contrasto con le missioni di pace mantenere un'esercitazione con le forze armate israeliane fino a quando perdurerà l'assedio militare ai territori palestinesi e l'espansione delle colonie israeliane sui territori;
   il 4 settembre 2014 l'area che ospita il poligono militare è stata scenario di un incendio provocato dalle esercitazioni militari dei Tornado dell'aviazione tedesca;
   in conseguenza di tale episodio l'aeronautica militare, su indicazione del dicastero di appartenenza, ha annunciato la sospensione delle esercitazioni fino all'attivazione di un presidio anti-incendio idoneo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della sospensione della esercitazione dell’Israeli Air Force prevista a Capo Frasca nel prossimo autunno, per mancanza di fondi. (5-03639)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   si apprende che, da due articoli pubblicati sul quotidiano Il Secolo XIX in data 19 giugno 2014 e in data 20 giugno 2014, cinque militari della Marina di stanza a Verignano presso il raggruppamento subacquei e incursori «Teseo Tesei» si sarebbero macchiati di atteggiamenti goliardici dopo aver effettuato le prove della parata nazionale che ogni anno si tiene a Roma in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno 2014;
   nello specifico si fa riferimento a giochi d'acqua con secchi tra commilitoni, atteggiamento a quanto pare tollerato tra gli stessi in questa occasione, ma che sia finito in maniera inattesa quando a farne le spese è stato il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Ammiraglio Giuseppe De Giorgi;
   sempre dagli stessi articoli giornalistici si apprende che l'ammiraglio De Giorgi abbia immediatamente chiesto i responsabili di questo gesto e l'apertura di un procedimento disciplinare nei confronti degli autori di questa bravata;
   pur interpretando il ruolo del massimo esponente militare in seno alla Marina, a garanzia della disciplina, dell'onore e del buon decoro dei Comsubin, l'interrogante ritiene, senza entrare nel merito delle decisioni, che la pena vada commisurata alla gravità oggettiva dei fatti e non alla soggettività dell'incidente che ha coinvolto l'alto ufficiale;
   sembra, infatti che, un ordine di trasferimento dei cinque incursori sia da lì a poco giunto prevedendo l'assegnazione presso la sede della Marina militare di Brindisi, con incarico compatibile alla loro professionalità ma ad oltre 1.000 chilometri di distanza da Verignano;
   è dato conoscere all'interrogante che la programmazione di trasferimento del personale militare avvenga seguendo una cadenza annuale e per una percentuale che coinvolge circa il 10 per cento del personale di ogni distaccamento, rilevando in questo caso una decisione che potrebbe soverchiare una consuetudine ben conosciuta nell'ambiente della Marina militare;
   l'interrogante vuole altresì evidenziare l'alto livello professionale conseguito presso il comando subacquei ed incursori, unico reparto della Marina facente parte delle forze speciali Italiane e non ultimo il fatto che tali qualifiche siano permesse da investimenti economici effettuati a carico dei contribuenti italiani;
   la decisione sembrerebbe all'interrogante configurarsi tra quelle di tipo «punitivo» escluse dalle regole militari –:
   se sia stata verificata la regolarità della procedura utilizzata dagli uffici di MARIUGP competenti per il trasferimento dei cinque marinai;
   se la pianificazione dei trasferimenti del raggruppamento subacquei e incursori di Verignano sia stata modificata successivamente all'evento accaduto in occasione della festa della Repubblica a Roma;
   se non si ritenga di dover rivedere il provvedimento disciplinare comminato ai 5 militari. (4-06137)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nell'anno 2012 è stato indetto il bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di 750 allievi finanzieri della Guardia di finanza riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno (cosiddetto VFP1) o quadriennale (cosiddetto VFP4) ovvero in rafferma annuale (cosiddetto VFP1T), in servizio o in congedo (Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 28 del 10-4-2012);
   le graduatorie finali di merito sono state pubblicate in data 21 febbraio 2013. I vincitori sono 750 mentre gli idonei in soprannumero sono 789;
   il 21 ottobre 2013 è stata avviata al corso di formazione per allievi finanzieri una prima aliquota di 327 vincitori per l'arruolamento diretto del concorso, definita in maniera proporzionale tra i contingenti e le specializzazioni a concorso nell'ordine delle graduatorie finali di merito così composta: a) per il contingente ordinario, da 282 candidati; b) per il contingente ordinario, specializzazione «tecnico di soccorso alpino (S.A.G.F.)», da 15 candidati; c) per il contingente mare, specializzazione «nocchiere», da 18 candidati; d) specializzazione «operatore di sistema», da 12 candidati;
   restano ancora da avviare al corso di formazione la restante parte di 310 allievi vincitori, la seconda aliquota di 113 unità da rendere disponibili per la ferma quadriennale nelle forze armate ed eventualmente, in base alle necessità, il totale degli idonei ovvero 769 unità la cui graduatoria è stata prorogata da successivi provvedimenti governativi;
   il comma 4 dell'articolo 4 del testo del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, (in Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 204 del 31 agosto 2013), coordinato con la legge di conversione 30 ottobre 2013, n. 125, (in questa stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 1), recante: «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.». (13A08778) (GU Serie generale n. 255 del 30 ottobre 2013), infatti, ha disposto la proroga delle graduatorie dei concorsi pubblici, e quindi anche del predetto concorso per la guardia di finanza, così come segue: «4. L'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di “entrata in vigore” del presente decreto, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata fino al “31 dicembre 2016”;
   tenuto conto del rilevante numero di idonei al concorso oggetto del presente atto, l'indizione di un ulteriore concorso per il reclutamento di nuovi allievi finanzieri rischierebbe di aggravare di ulteriori costi le casse dello Stato;
   il comma 3 dell'articolo 4 del decreto – legge 31 agosto 2013, n. 101, dispone, infatti, quanto segue: «3. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è subordinata alla verifica:
    a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa, amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate;
    b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza;
   a conferma di quanto citato nel precedente punto di premessa, l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 28 luglio 2011 n° 14, ai sensi dell'articolo 99, comma 5, del codice del processo amministrativo, disponeva quanto segue: «In presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, l'amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l'indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti». In questo modo, i giudici sono intervenuti sulla vexata quaestio concernente la necessità o meno di motivare la scelta di indire un nuovo concorso piuttosto che utilizzare una graduatoria ancora valida ed efficace;
   le disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2014, n. 90, coordinato con le modifiche della legge 11 agosto 2014, n. 11, hanno già consentito l'immissione in ruolo di idonei appartenenti al Corpo di polizia tramite lo scorrimento delle relative graduatorie di concorso evitando, in questo modo, l'indizione di un nuovo bando con conseguenti spese per lo Stato –:
   se rientri nelle linee politiche del Governo la volontà di autorizzare le assunzioni di personale della Guardia di finanza attingendo alla graduatoria dei vincitori e degli idonei relative al concorso citato in premessa ed in particolare immettendo in ruolo le aliquote composte rispettivamente da 310 e 113 unità e prevedendo la graduale immissione in ruolo dei restanti 789 idonei.
(2-00691) «Matarrese».

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA e RICCIATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'ultima cassa di risparmio «autonoma» del sistema bancario abruzzese, la CARICHIETI, è stata recentemente commissariata per «gravi irregolarità amministrative» come disposto dall'articolo 70 del testo unico bancario;
   i sindacati di categoria hanno denunciato una gestione singolare del personale della Carichieti di Chieti, in di «avanzamenti di carriera, politiche retributive, concessione di benefit, trasferimenti impropri, che non sembrano appartenere a logiche imprenditoriali»;
   le ispezioni della Banca d'Italia nel 2014 hanno avuto come esito il commissariamento della Carichieti –:
   fermo restando l'autonomia della Banca d'Italia nella attività istituzionale di vigilanza, in considerazione della situazione altrettanto grave che contraddistingue la vita di TERCAS di Teramo e di CARIPE di Pescara e dei riflessi sulle attività economiche locali e sul risparmio delle famiglie abruzzesi se non ritenga necessario chiarire la situazione del sistema bancario abruzzese al fine di fornire elementi alle imprese e alle famiglie abruzzesi, e ai dipendenti delle banche interessate. (4-06123)


   CAPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Cassa di risparmio di Ferrara spa fondata nel 1838, punto di riferimento per tanti risparmiatori del Nord – Est, è stata posta in regime di amministrazione straordinaria con un decreto del Ministero delle finanze n. 151 del 27 maggio 2013 nel quale si legge testualmente: «... ha disposto su proposta di Banca d'Italia lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo della Cassa e la conseguente sottoposizione di Carife all'amministrazione straordinaria»;
   Carife nulla dice in merito a quali siano stati i motivi che hanno portato Bankitalia e Ministero a prendere tale decisione, ma nella stessa nota diramata si limita a spiegare che la «proposta (di commissariamento, ndr) è stata formulata a seguito delle sfavorevoli risultanze degli accertamenti ispettivi di vigilanza;
   sempre nella stessa nota l'istituto al fine di tutelare i risparmiatori sottolinea che: «La banca prosegue regolarmente la propria attività e pertanto la clientela può continuare a rivolgersi agli sportelli con la consueta fiducia;
   tale regime è stato di recente confermato dal Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto del 26 maggio 2014, su proposta della Banca d'Italia, che ha disposto la proroga della procedura di amministrazione straordinaria della Cassa di Risparmio di Ferrara spa, Capogruppo dell'omonimo gruppo bancario, ai sensi dell'articolo 98, comma 3, del decreto legislativo 385 del 1993 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), per un periodo non superiore a un anno;
   avverso il decreto di commissariamento, l'associazione Liberi azionisti ha proposto ricorso al Tar, per un errore tecnico da parte dell'organo di vigilanza, con l'obiettivo – nel caso il Tar dovesse accogliere le sue istanze – ai riportare con effetto immediato l'istituto di credito ferrarese alla gestione ordinaria il commissariamento di Carife, secondo l'associazione, non era un provvedimento necessario in quanto si basa su «un grosso errore metodologico rispetto agli effetti fiscali dovuto alla svalutazione dei crediti». E quindi anche dalla conseguente proroga del commissariamento ufficializzata a fine maggio, «altrettanto contestabile»;
   a seguito del commissariamento diverse vicende hanno coinvolto i dipendenti tra esuberi, giornate di solidarietà e condanne. Infatti i commissari sono stati condannati dal giudice del lavoro di Ferrara, in primo grado, per condotta antisindacale (articolo 28 legge 300 del 1970) nei confronti del Sindacato nazionale DirCredito, in palese violazione del codice deontologico di Banca d'Italia da essi sottoscritto. La vicenda è relativa alla mancata pubblicazione da parte della banca di una informativa sindacale di DirCredito, con conseguente apertura di un contenzioso legale d'urgenza che ha portato alla condanna della banca; il 27 maggio 2014, al di là delle vicende giudiziarie i sindacati Carife (dircredito, fabi, fiba/cisl, fisac/cgil, ugl/credito) hanno reso noto l'accordo raggiunto per la cessione da parte di Carife a Banca popolare di Vicenza di 16 filiali tra Roma, Forlì e Cesena. L'accordo entrato in vigore 1o giugno 2014 prevede il passaggio di tutte le 68 persone coinvolte nell'operazione al contratto collettivo aziendale di Banca popolare di Vicenza, con il mantenimento degli attuali livelli retributivi e previdenziali. A questi dipendenti saranno sospese le giornate di solidarietà che erano il frutto dell'accordo del novembre 2013 che venne raggiunto per la gestione degli esuberi in Carife. «Ricordiamo che tale accordo – spiegano i sindacati – prevede per ciascun dipendente Carife, un importante numero annuo di giornate non retribuite, fino al 2018. La loro sospensione, valevole fino ad ottobre 2014, servirà per valutare le problematiche di fruizione nella nuova banca»;
   «L'equilibrio dell'accordo appena concluso – chiudono i sindacati – , in cui vengono mantenuti gli attuali livelli retributivi e previdenziali a fronte delle giornate di solidarietà, è coerente con la linea strategica definita dai sindacati Carife proprio nell'ambito dell'accordo sugli esuberi, ove si è difeso l'istituto complessivo del contratto integrativo aziendale attraverso la sospensione dell'attività lavorativa, e che è stato approvato all'unanimità dall'assemblea dei lavoratori»;
   infine è notizia di qualche giorno fa, precisamente il 19 settembre 2014 che il contratto integrativo di Carife non sarà prorogato oltre la scadenza naturale del 31 dicembre. È questo l'effetto della lettera formale inviata dai commissari ai sindacati, dopo l'incontro sulla questione degli inquadramenti. Si legge nella nota che i commissari ritengono imminente il passaggio di proprietà della banca, probabilmente entro l'anno o non tanto oltre, e che quindi saranno i nuovi proprietari ad affrontare la trattativa sul rinnovo dell'integrativo –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito alla gestione commissariale della Cassa di risparmi di Ferrara, che vanta una storia di ben 176 anni e che svolge un ruolo fondamentale per l'economia del territorio e in particolare quali siano le risultanze della medesima. (4-06135)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il trasporto aereo, per merci e persone, ha assunto da tempo in Italia una rilevanza assoluta nell'ambito dell'intero sistema dei trasporti interni e di collegamento internazionale; rilevanza destinata a crescere ulteriormente in relazione alle rotte e al numero dei vettori impiegati, soprattutto con riferimento a regioni insulari come la Sardegna;
   la Sardegna vive ormai da tempo una iniqua condizione aggravata dall'isolamento, dovuta alla sostanziale inadeguatezza del sistema di collegamento da e per l'isola, con il rischio di veder ulteriormente compromessa la propria situazione economica e sociale con conseguenze particolarmente negative anche sui diritti alla continuità territoriale per cittadini e imprese sarde;
   è stato chiesto più volte al Ministro interrogato di promuovere un incontro con le rappresentanze parlamentari e istituzionali regionali e locali più direttamente interessate all'argomento;
   la richiesta è motivata dall'evoluzione, per certi versi preoccupanti, delle crisi aziendali di Alitalia-CAI e Meridiana, attualmente oggetto di procedure di riorganizzazione e ristrutturazione, che per Alitalia in particolare comportano anche un mutamento dell'assetto societario e che potrebbero determinare incertezza su puntualità, qualità e numero dei collegamenti aerei;
   preoccupano inoltre le conseguenze occupazionali negative sugli organici di entrambe le compagnie aeree:
    in particolare per Meridiana oltre 1.600 dipendenti in esubero strutturale sono stati messi in mobilità dopo il periodo di 4 anni di cassa integrazione guadagni straordinaria in sede ministeriale nel febbraio 2011 tra la compagnia dell'Aga Khan;
    e per Alitalia la valutazione sull'entità degli esuberi e la messa in cassa integrazione di circa 2000 unità, come da accordo stipulato con le organizzazioni sindacali di categoria;
   le organizzazioni sindacali nazionali e regionali sarde, confederali e autonome, lamentano la crescente difficoltà nelle trattative per l'individuazione dei percorsi di soluzione delle crisi gestionali ed occupazionali delle compagnie aeree nazionali o che operano prevalentemente nel territorio italiano, in grado di assicurare alti livelli di sicurezza, e ridurre al minimo gli effetti negativi dei processi di ristrutturazione;
   gli stessi sindacati insistono sull'assenza nel trasporto aereo di regole certe, e per la Sardegna sulla difficile condizione del sistema aeroportuale regionale e di continuità territoriale purtroppo ancora inadeguato alle esigenze dell'isola;
   permane un quadro di agevolazioni finanziarie e di attribuzione di diverse rotte in regime quasi monopolistico che comunque non è riuscito a dare vere garanzie sul servizio di collegamento aereo che, per la condizione insulare della Sardegna, deve considerarsi essenziale –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, anche in accordo con la giunta regionale Sarda, in materia di collegamenti da e per la Sardegna;
   se non intenda promuovere la definizione di protocolli di priorità per i collegamenti con l'isola, atti ad assicurare un idoneo sistema di trasporto aereo che eviti i numerosi ritardi e la improvvisa soppressione di voli;
   se non intenda assumere iniziative normative perché l'assenza di collegamento per responsabilità funzionali ed organizzative delle compagnie sia sanzionata come «interruzione di pubblico servizio».
(2-00692) «Piras, Capelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Tirrenia ha proposto al Governo e alla regione Sardegna la modifica della convenzione regolatrice del servizio di continuità territoriale da e per la Sardegna;
   da notizia di stampa il Governo e la regione Sardegna con grave irresponsabilità e ad avviso dell'interrogante in sostanziale accordo con la stessa società di navigazione avrebbero accolto le modifiche alla convenzione proposte dalla Tirrenia;
   il contenuto e le modalità di modifica della convinzione costituiscono, secondo l'interrogante, un comportamento assai pregiudiziale ai danni dello Stato e della regione Sardegna che si somma ad una convenzione originaria e vigente già di per sè con gravi profili di illegittimità;
   è auspicabile che il provvedimento venga preventivamente sottoposto alla Commissione europea perché venga bloccata prima della sua adozione bloccandola senza indugi per la ragione stessa che si tratta di un danno gravissimo ai danni della Sardegna e dei sardi;
   è auspicabile che la Corte dei conti sia preventivamente investita del provvedimento per bloccare questo continuo dilapidare di risorse pubbliche;
   dai documenti in mano emerge con chiarezza che non ci sarà nessun vantaggio per la Sardegna ma solo ed esclusivamente un guadagno per la Tirrenia a fronte di una cancellazione netta di servizi ai danni della regione per un valore di 13 milioni e 546 mila euro;
   a questo si aggiunge che i bilanci della Tirrenia devono essere sottoposti ad attento esame visto che lo squilibrio economico dichiarato coincide proprio con uno dei parametri della cosiddetta clausola di salvaguardia;
   la stessa convenzione prevede, infatti, che se viene dichiarato un costo superiore dei servizi del 3 per cento rispetto a quelli previsti dalla convenzione si devono ripristinare le condizioni di equilibrio;
   è fin troppo scontato che la Tirrenia non ha perso un giorno per dichiarare questo squilibrio;
   risulta agli atti che i Ministeri hanno esaminato tale proposta di «riequilibrio» senza avere elementi fondamentali a disposizione e soprattutto con largo anticipo rispetto ai tempi previsti;
   tutto questo si configura secondo l'interrogante come una vera e propria regalia a favore della Tirrenia in difformità dalle norme previste;
   quel che è più grave e che i Ministeri dell'economia fanno una concessione così rilevante dichiarando di non avere i documenti ma solo per una anomalia nei conti della Tirrenia;
   quel che è più grave è che con questo meccanismo perverso la Tirrenia ha tutto l'interesse a far risultare la propria società in debito perenne per continuare a tagliare servizi e guadagnare sempre lo stesso stanziamento di quasi 73 milioni di euro;
   tutto questo senza alcun tipo di controllo reale sui bilanci, considerato che questa operazione si svolge senza che sia stato nemmeno comunicato il bilancio 2013;
   questa proposta di modifica avanzata da Tirrenia è stata accolta dalla Regione in cambio di niente se è vero, come è vero, che nel documento ufficiale presentato alla Camera dei deputati non esiste nessuna compensazione per i tagli proposti;
   in alcun passaggio delle comunicazioni del Governo si evince che ci possano essere dei vantaggi a favore della Sardegna;
   in ogni passaggio della modifica della convenzione si evince che il danno per la Sardegna sarà concreto in termini di cancellazione di servizi;
   Tirrenia continuerà ad incassare i 73 milioni di euro annui ma ridurrà i servizi per la Sardegna di almeno 14 milioni di euro;
   tutto questo al buio, considerato che la convenzione è caratterizzata da zone grigie tipiche d'altri tempi che rendono quel finanziamento milionario una vera e propria regalia di Stato senza controllo;
   è di una gravità inaudita che, contravvenendo a tutte le disposizioni, il Governo accolga le richieste di Tirrenia nonostante la stessa non abbia prodotto i bilanci del 2013, non avendolo ancora approvato nel momento della richiesta;
   i benefici per Tirrenia non si fermano qui;
   l'aggiornamento ordinario era previsto per il 2015;
   il Governo, se ritiene che la regione intervenga, accetta di modificare tale convenzione a totale vantaggio della Tirrenia cancellando servizi che nemmeno un anno prima erano stati ritenuti essenziali;
   risultano davvero vergognose le decisioni assunte per quanto riguarda il sud Sardegna, con oltre il 50 per cento dei tagli che riguardano Cagliari;
   la tratta Cagliari Civitavecchia passa da quotidiana a trisettimanale, da 7 frequenze a 3. Sulla solo rotta cagliaritana la Tirrenia taglia servizi per 7 milioni di euro;
   un milione e 700 mila euro di tagli sulle rotte con la Sicilia;
   la vendita della nave di riserva, l'Aurelia per un guadagno per Tirrenia di quasi 2 milioni di euro –:
   se non ritenga indispensabile bloccare qualsiasi modifica della convenzione tesa a favorire il mero interesse della Tirrenia a scapito della Sardegna;
   se non ritenga di dover verificare i costi reali del servizio di continuità territoriale sia in termini parametrici che di qualità di servizio;
   se non ritenga di dover incrementare i servizi di continuità territoriale prevedendo un costo di trasporto unitario e tariffa unica residenti e non residenti, applicando la tariffa minima per le varie categorie di passeggeri;
   se non ritenga di dover intervenire in modo netto sulla rideterminazione dei costi di trasporto merci, proibitivi per i trasportatori;
   se non ritenga di dover revocare la convenzione stessa e ipotizzare nuove soluzioni addivenendo ad accordi con altri soggetti, a partire da autostrade e Anas.
(5-03638)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARDINALE e CULOTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in Sicilia, la più grande isola del Mediterraneo, la tipologia di trasporto ferrato o su gomma risulta strutturalmente inadeguato e lento e, quindi, il trasporto aereo è di fatto l'unico mezzo per un agevole collegamento con le principali destinazioni nazionali e internazionali;
   la compagnia aerea Etihad ha annunciato la sospensione di diversi collegamenti diretti nazionali e internazionali (per Monaco, Mosca, Berlino, Amsterdam, Parigi, San Pietroburgo, Dusseldorf, Praga, Bologna, Torino, Venezia, Verona);
   la riduzione delle tratte aeree può determinare effetti negativi per la Sicilia, di carattere economico, soprattutto nel settore turistico con conseguenze sociali, per l'ulteriore perdita di posti di lavoro;
   la decisione di Alitalia appare agli interroganti illogica in quanto non ha tenuto conto degli ottimi risultati aziendali raggiunti dagli scali di Catania, Palermo e Trapani –:
   quali iniziative intenda adottare, in sinergia con il Governo della regione siciliana, affinché Alitalia riveda il piano industriale; se la scelta di sopprimere importanti tratte nazionali e internazionali che collegano la Sicilia con centri del settentrione e dell'Europa sia emersa nell'ambito della trattativa con Etihad e quali soluzioni siano state prospettate in quella sede per evitare la penalizzazione di cittadini e aziende. (4-06127)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti di stampa che sarebbe in arrivo nel comune di Tarvisio, in provincia di Udine, un numero imprecisato di immigrati che potrebbero essere anche diverse centinaia, destinati ad essere ospitati nella ex caserma ormai chiusa;
   anche se fossero resi noti i Paesi di origine di questi immigrati, occorre ricordare ancora una volta che essi, giunti in Italia nel quadro dell'operazione Mare Nostrum, non sono rifugiati secondo la classificazione europea ed internazionale del termine, motivo per cui, tra l'altro, vengono respinti indietro alla frontiera dell'Austria, della Svizzera o della Francia, che stanno pensando di richiudere le frontiere Schenghen;
   si tratta invece di gruppi numerosi di stranieri dei quali non viene accertato l'effettivo status di profugo, cioè di persona che fugge da paesi a rischio, ma ai quali viene data una frettolosa e generica «protezione umanitaria», uno status non verificabile e perciò non riconosciuto al di fuori dell'Italia: status destinato a non essere più superato, che impedisce il rimpatrio e crea una situazione di emergenza permanente;
   se sarà confermato l'arrivo di così tanti stranieri, tra i quali potrebbero esserci malati di tubercolosi come già successo altrove, da alloggiarsi in condizioni precarie, senza garanzie igienico sanitarie, in un Paese di appena 4.500 abitanti, che vive prettamente di un'economia basata su un turismo di alta qualità, un'economia già messa a dura prova dalle condizioni climatiche e dalla crisi economica, ciò potrebbe comportare danni ingenti in termini di immagine della località montana, luogo di riposo, di paesaggi curati e mantenuti con meticoloso lavoro, con conseguenze di mancate prenotazioni e perdite per l'economia locale;
   la montagna friulana combatte già da molto tempo con crisi industriali, perdite di posti di lavoro, spopolamento, mancanza di infrastrutture e rischio ambientale e geologico, e necessita di interventi di protezione e di sostegno, non certo di essere trattata dal Governo centrale e dalle prefetture come rifugio di migranti attirati da politiche inaccettabili del Governo e destinati ad essere mantenuti a tempo indeterminato;
   non risulta all'interrogante che la popolazione locale sia stata informata degli arrivi né che siano state prese altre precauzioni per evitare tensioni con la medesima popolazione a seguito di comportamenti non rispettosi da parte degli immigrati, come già successo in altre località del Paese –:
   se corrisponda al vero la notizia dell'arrivo di immigrati e in quale numero nella ex caserma di Tarvisio, e se tra essi vi siano malati infettivi;
   se le persone in arrivo siano state tutte identificate e tra loro non vi siano soggetti pericolosi o con precedenti penali;
   se le istituzioni locali e la cittadinanza siano state consultate per decidere la destinazione e debitamente informate dell'arrivo;
   se la struttura che li ospiterà garantisca condizioni igienico sanitarie e la possibilità di evitare eventuali fughe;
   se le spese del mantenimento dei migranti saranno garantite anticipatamente dallo Stato o ricadranno sul bilancio del comune e di conseguenza sulla comunità locale;
   se il Governo intenda mettere a disposizione immediatamente compensazioni economiche a favore del bacino turistico del tarvisiano se dovessero verificarsi danni all'economia turistica locale anche a seguito dell'arrivo degli immigrati. (4-06117)


   VACCA, VIGNAROLI e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 17 settembre 2014, nello stadio Olimpico di Roma, si è giocata la partita di calcio Roma-Cska Mosca di Champions League;
   come ampiamente riportato dai mezzi di informazione, si sono verificati incidenti prima e durante la sfida tra Roma e Cska;
   in particolare, fuori dallo Stadio Olimpico prima dell'inizio della partita di Champions ci sono registrati i primi incidenti in quanto le fazioni delle due tifoserie sono venute a contatto;
   secondo le cronache riportate dai mezzi di informazione, la tensione è salita intorno alle 20, quando le due tifoserie sono venute a contatto nella zona dell'obelisco, luogo frequentato dal tifo organizzato della Curva Sud romanista. Un nutrito gruppo di russi (100 o addirittura 200, riportano le cronache) sarebbe riuscito a raggiungere piazza Duca d'Aosta dove ha incrociato gli ultras giallorossi che stavano recandosi allo stadio;
   negli scontri due tifosi del Cska di Mosca sono rimasti feriti, uno di loro è stato colpito all'addome e a un braccio da alcune coltellate. È stato, successivamente, trasportato dal 118 in codice rosso al policlinico Gemelli;
   sul luogo degli scontri i danni per le autovetture parcheggiate sono stati ingenti, con moltissimi vetri infranti e ammaccature alle carrozzerie delle autovetture parcheggiate;
   per garantire l'ordine pubblico le tifoserie avversarie non dovrebbero mai entrare in contatto tra di loro, tant’è che, solitamente, tifosi della squadra ospite vengono scortati dalla polizia fino all'ingresso dello stadio, nei distinti nord, dalla parte opposta al luogo dove si sono verificati gli scontri, proprio con l'obiettivo di evitare qualsiasi tipo di contatto tra gruppi di tifosi opposti;
   è evidente che qualcosa nella gestione dell'ordine pubblico del pre-partita non abbia funzionato;
   non è accettabile che continuino a verificarsi episodi di violenza e di scontri tra le tifoserie, nonostante i gravissimi incidenti che tutti conoscono, e che i responsabili dell'ordine pubblico non riescano nemmeno a garantire che le tifoserie avversarie non entrino in contatto fra loro;
   sugli stessi incidenti avvenuti il 17 settembre 2014 ha già rilasciato alcune dichiarazioni il segretario generale dell'Uefa Gianni Infantino affermando che la Uefa non può tollerare le scene viste in occasione della gara fra la Roma ed il Cska Mosca sottolineando l'intenzione di aprire una procedura disciplinare sugli incidenti verificatisi in occasione dell'incontro; ha dichiarato inoltre che l'Uefa non accetta mai questi episodi concludendo che dall'inchiesta si dovrà capire di chi sono le principali responsabilità di quelle scene intollerabili;
   mentre la Uefa, per voce del proprio segretario generale, afferma l'intenzione di aprire una inchiesta sugli scontri sopra descritti, si assiste al silenzio assordante del Ministro interrogato e dei responsabili dell'ordine pubblico della città di Roma –:
   come sia possibile che le tifoserie del CSKA di Mosca e della Roma siano entrate in contatto fuori dallo stadio, nella zona più calda del tifo organizzato romanista, durante il pre-partita, mettendo a repentaglio l'ordine pubblico e la stessa sicurezza dei tifosi che si recavano ad assistere alla partita. (4-06118)


   MOSCATT, ALBANELLA, PORTA, CHAOUKI, PARIS, D'ARIENZO, MINNUCCI, GIUDITTA PINI, CULOTTA, D'OTTAVIO, COMINELLI, BOCCUZZI, NACCARATO, FIORIO, GRIBAUDO, MASSA, BERRETTA, RACITI, MISIANI, ROSSOMANDO, MARCHI, GIULIETTI, GIULIANI, VENTRICELLI, CAPODICASA, SCHIRÒ e IACONO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, da sempre è stato caratterizzato dalla presenza di fenomeni mafiosi e della criminalità organizzata che hanno finito per aggravare anche la condizione politico ed amministrativa;
   il sindaco Pasquale Amato cogliendo lo spirito e la volontà di quella parte sana della città sta mettendo in essere iniziative concrete di crescita con percorsi virtuosi volti alla cultura e all'esempio della legalità;
   già mesi addietro il primo cittadino con una lettera aperta si è rivolto all'intero parlamento ed alle istituzioni per chiedere aiuto e più presenza dello Stato nel suo territorio;
   tale azione sta ottenendo i risultati sperati con il risveglio della comunità e la consapevolezza delle giovani generazioni che mafia e malaffare sono da condannare apertamente;
   tale azione potrebbe ripristinare in tempi brevi la normalità in città, ridando lustro alla comunità palmese;
   negli ultimi mesi il primo cittadino è stato raggiunto da ben quattro lettere minatorie rivolte a lui ed alla sua famiglia;
   tali minacce sono state rivolte anche al comandante della locale stazione dei carabinieri Luigi Marletta –:
   quali iniziative di competenza intenda attivare immediatamente il Ministro interrogato per proteggere il sindaco Amato e assicurare il sereno prosieguo dell'attività amministrativa;
   quali iniziative intenda attivare per aumentare i controlli del territorio e la sicurezza dei cittadini di Palma di Montechiaro. (4-06120)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 marzo 2014 la direzione centrale degli affari generali della polizia di Stato del dipartimento della pubblica sicurezza trasmetteva ai questori la nota n. 599/A/1/131.4.1/2701, avente ad oggetto il progetto di «razionalizzazione delle risorse e dei presidi della Polizia di Stato sul territorio»;
   in tale nota veniva evidenziata l'esigenza di una condivisa razionalizzazione della dislocazione dei presidi di polizia sul territorio, che tenga in debito conto la conclamata carenza di organico in cui versano le forze dell'ordine e l'attuale congiuntura economica;
   nell'ambito di questo quadro di revisione della spesa, diversi sono gli elementi di preoccupazione e perplessità che emergono, con particolare riferimento a quegli ambiti maggiormente vulnerabili alle infiltrazioni della criminalità, anche organizzata e alla microcriminalità;
   in tali territori, infatti, si segnala la grave carenza di organico in cui versano alcuni presidi di polizia, come la preoccupante situazione che sta vivendo il commissariato di pubblica Sicurezza di Cava de’ Tirreni;
   è quanto emerge dalla denuncia avanzata dal segretario provinciale del Silp-Cgil (Sindacato italiano lavoratori della polizia), che accusa le autorità interessate di aver concentrato «il grosso dei poliziotti nel capoluogo, mostrando disinteresse per il resto della provincia»;
   il commissariato cavese di Polizia versa in condizioni di gravissima carenza di organico e sempre più spesso non riesce a garantire neanche il servizio di volante, per cui un territorio vastissimo resta completamente sguarnito dei servizi di ordine e sicurezza pubblica;
   soltanto nel 2011 il commissariato poteva mettere in campo una volante h24, una volantina mattina e pomeriggio, il poliziotto di quartiere e una pattuglia in abito civile, mentre oggi si registra un'ingiustificata e drammatica carenza di personale, che comporta addirittura l'annullamento continuo della sola volante rimasta;
   il commissariato metelliano, infatti, sconterebbe una carenza di organico che supera il 30 per cento, senza considerare l'incremento del 15 per cento che doveva essere garantito in virtù della convenzione tra comune e Ministero dell'interno per l'assegnazione in comodato gratuito della nuova sede;
   non solo non è stato rispettato quel patto che prevedeva il rafforzamento della polizia ma, attualmente, il commissariato ha un organico ridotto;
   tali sconcertanti decisioni toccano la vita di numerosi cittadini specie in un momento in cui, proprio nel salernitano, si assiste a un aumento dei furti nelle abitazioni e di rapine e, pertanto, più forte appare la necessità di un capillare controllo del territorio;
   solo il 10 settembre 2014 veniva convocato in prefettura il vertice sulla sicurezza, alla luce dell’escalation di furti, scippi e truffe ad anziani, avvenuti, nell'ultimo mese e mezzo;
   in particolare, nelle ore notturne il controllo del territorio è diventato praticamente inesistente ed è proprio in questa fascia oraria che si sarebbe registrato un incremento di furti: solo presso questo ufficio di polizia nell'ultimo quadrimestre (maggio-agosto) vi sarebbero state 4 rapine, 12 furti in appartamento, 53 furti in genere (auto, borseggi ecc.) e 16 truffe;
   l'aumento maggiore della microcriminalità si è registrato nel mese di settembre dove le denunce di furto in abitazione sono già salite a 15;
   da sempre il commissariato di polizia di Cava de’ Tirreni è un punto di riferimento per i cittadini, presidio che quotidianamente garantisce sicurezza, tutela e presenza in un territorio che interessa un bacino di notevoli dimensioni;
   tali drastiche misure stanno sguarnendo i territori di presidi importanti dello Stato e potrebbero portare a conseguenze devastanti, soprattutto in un periodo di crisi economica e sociale quale quella attuale che aumenta il tasso di criminalità aggiungendo il motivo della disperazione;
   il personale interessato dagli scellerati provvedimenti adottati dai Governi succedutisi negli ultimi anni, dal blocco del turn over al blocco degli scatti stipendiali, solo per citarne alcuni, sono ormai fortemente demotivati dall'attuale gestione del comparto per le continue scelte che mortificano la loro professionalità e dignità –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda rivedere suddetto progetto di drastica riduzione degli organici sia dei ruoli operativi che tecnici delle forze dell'ordine, che va nella direzione opposta a quella di garantire la sicurezza dei cittadini, nonché quali provvedimenti ritenga opportuno adottare per garantire la massima efficienza del commissariato di Cava de’ Tirreni, mantenendo fede quantomeno agli impegni assunti con il comune e che prevedevano un rafforzamento dell'organico. (4-06121)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, «Regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'Interno», all'articolo 2 prevede che il Ministero dell'interno sia articolato, a livello centrale, in dipartimenti tra cui il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile;
   l'articolo 6, comma 3, di tale decreto del Presidente della Repubblica ha stabilito che il dipartimento vigili del fuoco sia diretto da un capo dipartimento, al quale viene assegnato un vice capo dipartimento, dirigente generale proveniente dai ruoli tecnici (ingegnere) dei vigili del fuoco, che espleta le funzioni vicarie. Tale vice si identifica nella figura del capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   l'articolo 6, comma 3, ha altresì previsto la nomina di un altro vice capo dipartimento cui è affidata la responsabilità della direzione centrale per la difesa civile e le politiche di protezione civile;
   la riforma posta in essere con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, ha determinato una moltiplicazione delle figure di vertice dipartimentale, con 5 figure di prefetto e una cinquantina tra vice-prefetto e vice-prefetto aggiunto, che appesantiscono la gestione e l'organizzazione del dipartimento dei vigili del fuoco, culminando con la creazione di una dicotomia nella responsabilità di Governo del dipartimento (capo dipartimento e capo del Corpo);
   la Commissione I della Camera nel corso della seduta del 16 febbraio 2012 chiamata ad esprimere il parere sullo «Schema di decreto del Presidente della Repubblica... concernente l'individuazione degli uffici dirigenziali periferici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco» Atto n. 435 ha espresso l'auspicio che «il Governo adotti quanto prima iniziative legislative intese a risolvere il problema del “doppio vertice” del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, attribuendo piena autonomia al Corpo stesso»;
   il Governo pro tempore sede di conversione del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 ha accolto l'ordine del giorno n. 3396/45/5 del 30 luglio 2012 che lo impegna a:
    «ad adottare in tempi brevi e non oltre il 31 dicembre 2012, iniziative legislative intese a risolvere il problema del doppio vertice del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, attribuendo piena autonomia al corpo stesso, nel senso di seguito indicato:
    al vertice del Corpo nazionale è posto un dirigente generale del Corpo nazionale che assume la qualifica di dirigente generale – Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è preposto a Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile e svolge le seguenti funzioni, di cui risponde direttamente al Ministro:
     a) coordina le direzioni centrali, ivi compresa quella delle risorse umane, secondo quanto indicato nel decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, con le strutture periferiche del Corpo nazionale ed è responsabile dei risultati raggiunti in attuazione degli indirizzi dati dal Ministro dell'interno;
     b) presiede il Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi;
     c) è componente di diritto della Commissione consultiva centrale controllo armi;
     d) è Presidente del consiglio di amministrazione dell'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale, nonché componente di diritto del consiglio di amministrazione del Ministero dell'interno per la trattazione degli affari concernenti il personale del Corpo nazionale;
     e) esprime parere sulle modalità di svolgimento dei servizi ispettivi sull'attività tecnica»;
   tutte le forze di polizia (capitanerie di porto, forestale, carabinieri, guardia di finanza, e altri) ad esclusione del solo Corpo nazionale dei vigili del fuoco, vedono nel vertice istituzionale un soggetto proveniente dalla carriera del Corpo stesso, a garanzia della conoscenza dell'organizzazione, a difesa della sua stessa autonomia e a vantaggio della celerità della risposta decisionale, collegata alle delicate funzioni svolte;
   in un momento delicato per il sistema Paese, un segno evidente di riorganizzazione e di snellimento, di recupero dell'efficienza e della dinamicità, garantito dall'accorpamento funzionale delle competenze, consentirebbe anche il recupero di importanti risorse economiche –:
   quali iniziative, anche di natura normativa, il Ministro cui competono le responsabilità politiche relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, abbia intenzione di assumere al fine di dare attuazione a quanto espresso in premessa al fine anche di migliorare efficienza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco generando nel contempo un importante risparmio di risorse economiche per la finanza pubblica. (4-06133)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENI, RAMPI e ROCCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale n. 717 del 5 settembre 2014 è stato pubblicato il bando per il reclutamento del personale amministrativo tecnico e ausiliario (ATA), relativamente al triennio 2014-2017;
   nei requisiti generali di ammissione, previsti dall'articolo 3 del predetto decreto, viene esplicitamente richiesta la «cittadinanza italiana (...), ovvero cittadinanza di uno degli Stati membri dell'Unione Europea», escludendo di fatto tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese;
   tale requisito risulta essere in contrasto con quanto previsto dall'articolo 7 della legge n. 97 del 6 agosto 2013 (legge europea) concernente «modifiche alla disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni», laddove le disposizioni vengono esplicitamente applicate anche «ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria», nonché ai familiari di cittadini europei non aventi la cittadinanza di uno Stato membro purché titolari del diritto di soggiorno o di soggiorno permanente;
   l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (ASGI) ha già inviato una lettera al Ministero per avere dei chiarimenti in merito e per evidenziare che, se tale disposizione non coincidesse semplicemente con un mero errore materiale si configurerebbe come un requisito restrittivo contra legem e quindi un grave atto discriminatorio;
   data l'imminente scadenza delle domande di inserimento, prevista per l'8 ottobre 2014, risulta indispensabile far luce sulla vicenda quanto prima –:
   se non intenda modificare i requisiti richiesti ai fini dell'ammissione alle graduatorie conformemente a quanto stabilito dall'articolo 38 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dalla legge n. 97 del 2013 richiamata in premessa, nonché posticipare la data ultima di presentazione delle domande per garantire ai cittadini stranieri la possibilità di partecipazione a parità di trattamento con i cittadini italiani e comunitari. (5-03636)


   PISO e PICCONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Accademia nazionale di danza (AND) è stata commissariata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel novembre 2013, a causa della grave situazione economica, finanziaria e gestionale dell'istituzione, onde consentire il ritorno al «regolare svolgimento dell'attività didattica ed al rinnovo degli organi dirigenti secondo le regole previste per legge»; il commissariamento scade il 31 ottobre 2014;
   in data 25 giugno 2014, nel rispondere alla Camera all'interrogazione 3-00904 sulla complessiva situazione dell'Accademia, il Ministro dell'istruzione ha assicurato che «le procedure elettorali» per la ricostituzione del sistema di governo dell'Accademia sarebbero state «svolte in tempo utile, nel rispetto dello Statuto dell'Accademia»;
   per «tempo utile» deve intendersi: prima dell'avvio, il 3 novembre, dell'anno accademico 2014/2015; di conseguenza le procedure elettorali dovrebbero avviarsi già in questi giorni, ben prima della scadenza del commissario;
   risulta agli interroganti che il commissario Carioti, le cui competenze sono comprovate e specifiche nel settore musicale, essendo stato per 15 anni (fino a ottobre 2013) direttore del conservatorio dell'Aquila, non solo non intende avviare le procedure elettorali, ma avrebbe inviato una lettera al Ministero, chiedendo la proroga del proprio mandato;
   la decisione sarebbe motivata anche dal fatto che nel decreto di nomina del commissario, non vi sarebbe l'espressa previsione di ricostituire gli organi di governo dell'accademia, obbligo che in realtà è implicito, dovendo il commissario svolgere le funzioni del presidente, del direttore e del consiglio accademico –:
   se non ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative di competenza volte a consentire l'immediato avvio del procedimento elettorale per la ricostituzione, a termini di Statuto, degli organi dirigenziali dell'Accademia nazionale di danza.
(5-03640)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIMONE VALENTE, VACCA, CASTELLI, LUIGI GALLO, MARZANA, BATTELLI, DADONE e CRIPPA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 135 del 2012, ha previsto gli accorpamenti di diversi uffici ministeriali centrali e periferici. L'articolo 2 comma 10-ter, dello stesso decreto, sanciva l’iter procedurale per provvedere alle riorganizzazioni;
   il decreto-legge 101 del 2013 ha previsto ulteriori riduzioni e accorpamenti nella pubblica amministrazione, prorogando i termini del già citato articolo 2, comma 10-ter del decreto-legge 95 del 2012, successivamente prorogati ancora con la legge 228 del 2012 prima e con il decreto-legge 150 del 2013 poi, prevedendo comunque come termine ultimo il 28 febbraio 2014;
   in data 11 febbraio 2014 è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 98, recante il regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il decreto è stato registrato dalla Corte dei conti in data 16 giugno 2014 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 luglio 2014, per poi entrare in vigore il 29 dello stesso mese;
   per dare attuazione al riordino, ma soprattutto per ottenere risparmi di spesa, il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale del Piemonte ha deciso, con proprio decreto (nota prot. 5146/U), in data 30 giugno 2014, di sopprimere dal 31 agosto 2014 il servizio di educazione fisica e sportiva presso l'ufficio scolastico provinciale del VCO (Verbano Cusio Ossola);
   tale decisione ha suscitato indignazione e scalpore tra i docenti di educazione fisica di tutta la provincia, espressi con lettera indirizzata agli interroganti e a diversi altri riferimenti politici sul territorio;
   la soppressione di tale ufficio è unica sul territorio piemontese –:
   se il Ministro sia a conoscenza della soppressione del servizio di educazione fisica e sportiva presso l'ufficio scolastico provinciale del Verbano Cusio Ossola e quali iniziative intenda e possa porre in essere per salvaguardare la realtà del Verbano Cusio Ossola ed eventualmente procedere ad una riorganizzazione degli uffici più funzionale al territorio, al fine di garantire ai docenti adeguata formazione e servizi volti a generare benefiche iniziative a favori degli alunni;
   con quali criteri si sia decisa la soppressione di un ufficio tanto importante per migliaia di studenti che negli ultimi anni si sono distinti per gli ottimi risultati sportivi, a livello regionale e nazionale. (4-06119)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i docenti d'istituto di II fascia hanno conseguito il titolo abilitante attraverso un percorso speciale (PAS) selettivo «in itinere», ottenuto attraverso il superamento di esami scritti e orali attinenti alla classe d'insegnamento e alle materie pedagogiche, superando infine l'esame di Stato;
   i docenti, riconosciuti dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in quanto tali, ancor prima di conseguire il titolo abilitante, hanno ricoperto incarichi di insegnamento per diversi anni (in media 10 anni) garantendo la continuità didattica ed educativa scolastica, svolgendo le stesse mansioni dei colleghi di ruolo, con le stesse responsabilità giuridiche e hanno prestato servizio con contratti prorogabili fino al 30 giugno, al 31 agosto o fino al termine delle attività didattiche;
   il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dispone, per il reclutamento dei docenti, di un sistema che si basa sulla costituzione di una pluralità di graduatorie, a loro volta suddivise internamente in più fasce. Per l'immissione in ruolo, ovvero, per la stipula di contratto a tempo indeterminato, i docenti vengono attinti dalle graduatorie di merito (per il 50 per cento) e dalle graduatorie a scorrimento (per il restante 50 per cento). La scelta è operata ogni anno in base ai posti che si rendono disponibili sulle cattedre delle scuole statali;
   il reclutamento dei docenti avviene tramite l'utilizzo di tre diversi tipi di graduatoria:
    a) graduatorie ad esaurimento (GAE) – vi sono inseriti i docenti provvisti di abilitazione all'insegnamento. Dal 2006 non è più possibile iscriversi in queste graduatorie, perché chiuse a seguito dell'emanazione della legge 27 dicembre 2006 n. 296, comma 605;
    b) graduatorie di merito – vi sono inseriti i docenti vincitori di concorso pubblico a cattedre;
    c) graduatorie di istituto a loro volta articolate in 3 fasce:
     I fascia comprende i docenti iscritti a pieno titolo o con riserva nella graduatorie ad esaurimento;
     II fascia comprende i docenti abilitati, ma non inseriti nelle graduatorie ad esaurimento;
     III fascia comprende i docenti non abilitati, in possesso del titolo di studio valido per l'accesso all'insegnamento;
   il dirigente scolastico attinge alle graduatorie di istituto per:
    a) supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche, per posti d'insegnamento vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, non coperte dall'ufficio scolastico territoriale a causa dell'esaurimento della corrispondente graduatoria;
    b) supplenze temporanee (che possono trasformarsi in annuali);
    c) supplenze per la copertura di posti divenuti disponibili dopo il 31 dicembre;
   è in atto una grave discriminazione dei docenti abilitati PAS, rispetto a quelli inseriti nella graduatoria ad esaurimento e rispetto al piano di assunzioni straordinarie previsto dal Governo:
    1) a parità di titoli, la legge 27 dicembre 2006, n. 296, comma 605, ha decretato la chiusura delle graduatorie ad esaurimento e sancito ad avviso dell'interrogante una disparità di trattamento lavorativo, garantendo agli abilitati ante 2006 (con eccezione dei ricorsisti) l'immissione in ruolo attraverso lo scorrimento delle stesse; oggi il Governo impone ad alcune categorie di abilitati che hanno conseguito il titolo abilitante dopo il 2006 il superamento di un concorso obbligatorio;
    2) chi è nelle graduatorie ad esaurimento ha la possibilità di essere nominato in tutta la provincia e su posto vacante fino al 30 giugno o 31 agosto, ed ha la possibilità, inoltre, di essere nominato anche dalla prima fascia delle graduatorie d'istituto. Al contrario, i docenti di seconda fascia (abilitati) hanno la possibilità di essere nominati solo su 20 scuole ed esclusivamente dal dirigente scolastico;
    3) altro aspetto non meno rilevante riguarda quei docenti che sono stati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, privi di servizio pregresso e cioè di alcuna esperienza lavorativa nella scuola, a dispetto di quelli inseriti in seconda fascia che vantano anni di servizio;
    4) il Governo intende integrare nel piano di assunzioni straordinarie anche i laureati in scienze della formazione primaria (vecchio ordinamento) e i cosiddetti «congelati SISS» che non sono stati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento; quindi il Governo intende mettere in atto, a graduatorie ad esaurimento chiuse, una corsia preferenziale per determinate categorie, lasciando «fuori» altre categorie che possiedono gli stessi requisiti dei «fortunati» che entreranno nel piano di assunzione;
   esistono precedenti che hanno permesso l'inclusione nelle graduatorie ad esaurimento nonostante la decretata chiusura:
    a) ricorso al T.A.R. degli abilitati SISS dopo il 2006 (T.A.R. Lazio, Sez. III bis, ord. 4 ottobre 2013, n. 3862);
    b) IV fascia aggiuntiva alle graduatorie ad esaurimento (istituita con decreto ministeriale n. 53 del 2012) alla quale hanno avuto accesso i precari che negli anni 2008/09, 2009/10 e 2010/11; essi hanno conseguito l'abilitazione dopo aver frequentato corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID);
    c) il secondo e il terzo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale delle classi di concorso 3 I/A e 32/A e di strumento musicale nella scuola media della classe di concorso 77/A;
    d) i corsi di laurea in scienze della formazione primaria;
   il Governo ha proposto di risolvere il problema del precariato, prospettando per le graduatorie di istituto una riforma di reclutamento attraverso il canale concorsuale –:
   perché il Governo intenda bandire un nuovo concorso quando è già esistente un bacino di docenti formato e abilitato e con esperienza sul campo a cui attingere;
   perché intenda sostenere un concorso quando lo Stato italiano ha considerato inizialmente idonei all'esercizio della professione (reiterata per anni) persone con il solo titolo di laurea e in seguito ha permesso loro di conseguire il titolo abilitante con selezione in itinere ed esame di Stato finale;
   perché il metodo (che vanta numerosi precedenti) dell'immissione in ruolo di alcune categorie di docenti senza l'obbligo di alcun concorso, non sia valido per i docenti di II fascia d'istituto, posto che avrebbe dovuto essere tenuto in debito conto il fatto che bandire un concorso al quale, come giustamente la legge prevede, possono partecipare tutti, implica il rischio di immettere nella scuola chi non ha nessun anno di servizio e nessuna esperienza, e che si darebbe luogo a una ulteriore discriminazione per gli abilitati di seconda fascia con esperienza pregressa, che si troverebbero scavalcati in una professione ormai consolidata da anni con l'avallo dello Stato;
   se non si intenda considerare la possibilità, al pari dei colleghi inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, di utilizzare la seconda fascia d'istituto a scorrimento, come bacino ulteriore per l'immissione in ruolo dei docenti ivi presenti, considerando il criterio dei 36 mesi di servizio come da normativa europea o l'anzianità di servizio maggiore ai 36 mesi, con la possibilità di un assorbimento diluito nell'arco di tempo di 3 anni per legittimare le aspettative degli stessi. (4-06124)


   SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, VACCA, D'UVA, LUIGI GALLO, BRESCIA, MARZANA e BATTELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'alfabetizzazione motoria, progetto indirizzato ad alunni e docenti della scuola primaria, è stata ideata al fine di sostenere e diffondere il valore dello sport nella società, garantendo il benessere individuale e stili di vita attivi;
   il piano consiste essenzialmente nell'affiancare un esperto laureato in scienze motorie o diplomato isef all'insegnante della scuola primaria per due ore a settimana con lo scopo di far acquisire ai bambini capacità, abilità, competenze motorie sin dalla tenera età attuando e portando a regime un corretto ed uniforme programma di educazione motoria;
   le attività sono finalizzate all'acquisizione delle competenze motorie e prevedono uno spiccato coinvolgimento degli alunni con disabilità;
   l'alfabetizzazione motoria fu avviata per la prima volta in via sperimentale su un campione ristretto nel 2010 sulla base di un protocollo d'intesa siglato tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la Presidenza del Consiglio dei ministri — struttura di missione per lo sport e il Coni, con la partecipazione del Comitato italiano paralimpico (CIP);
   il coordinamento del programma fu affidato già agli albori al comitato direttivo nazionale (composto dai rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Coni e del Cip) che garantisce l'uniformità delle linee programmatiche e dei correlati adempimenti attuativi;
   una volta ottenuti i primi soddisfacenti risultati, il programma fu via via esteso a tutte le province italiane determinando il progressivo coinvolgimento delle scuole primarie nell'ottica di una stabile messa a regime;
   i dati, infatti, si rivelarono così allettanti che anche nel 2011 il Coni confermò l'impegno a proseguire per un periodo di sperimentazione triennale sempre affiancato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dalle istituzioni locali. Tanto è vero che in quell'anno si registrò una forte impennata del progetto che passò da una provincia per regione a tutte le province italiane;
   in data 8 maggio 2012 è stato sottoscritto il nuovo accordo di programma Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-dipartimento affari regionali grazie anche al reperimento di risorse economiche a livello territoriale sulla base di partnership e di collaborazioni con enti locali a supporto del progetto;
   in data 4 dicembre 2013 è stato sottoscritto il nuovo protocollo d'intesa tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Coni per l'avvio di una nuova fase di realizzazione di iniziative per la promozione dell'attività motoria e sportiva a scuola sulla base di quanto realizzato negli anni precedenti;
   in data 17 gennaio 2014 è stata emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la circolare protocollo n. 304 con le indicazioni operative relative alle modalità di adesione al progetto nazionale per l'educazione fisica nella scuola primaria per l'anno scolastico 2013-2014 con il coinvolgimento di 3.061 plessi scolastici;
   in data 6 maggio 2014 il Ministro interrogato ha formalizzato la copertura finanziaria del Governo a sostegno dei progetti del Coni legati alla pratica sportiva nella scuola, siglando apposita convenzione;
   il progetto di «alfabetizzazione motoria» è stato confermato anche per l'anno scolastico appena iniziato ed è stato ridenominato «Sport di classe», rinsaldando l'impegno congiunto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Coni e della Presidenza del Consiglio dei ministri. Da quanto si apprende dalle agenzie di stampa le linee portanti del progetto prevedono una nuova governance dell'educazione fisica e sportiva, tutor da affiancare ai docenti della primaria, selezionati con criteri pensati insieme al Coni ed infine una revisione dei giochi sportivi che approdano alla primaria;
   un'iniziativa che rientra nei dodici punti del programma «La buona scuola» presentato dal Governo all'inizio del mese di settembre. Come l'alfabetizzazione motoria anche «Sport di classe» si rivolge alle scuole primarie, le cui classi terza, quarta e quinta da novembre potranno svolgere due ore di educazione fisica a settimana. Dal 2015 l'offerta sarà ulteriormente arricchita con la possibilità di estensione alle classi prima e seconda anche con l'utilizzo di fondi europei;
   tuttavia, da questo trend in crescita si registra una preoccupante anomalia: molti esperti impegnati nei progetti lamentano la mancata corresponsione di una parte dell'importo dovuto per il servizio prestato; sono, infatti, pervenute numerose segnalazioni da parte del Coni a livello regionale che denunciano i mancati pagamenti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il quale deve ancora metà delle risorse stanziate per i progetti di alfabetizzazione relativi agli anni scolastici 2012-2013 e 2013-2014;
   relativamente alle modalità nonché all'organizzazione del progetto di alfabetizzazione motoria, il primo firmatario del presente atto ha già presentato precedenti atti di sindacato ispettivo, tra cui l'interpellanza n. 2-00338 del 12 dicembre 2013, finalizzata ad avere notizie concernenti le sorti future del progetto, cui non è stata data risposta, pur decorsi inutilmente i termini previsti dal regolamento della Camera dei deputati, e l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03648 presentata in data 19 febbraio 2014 con la quale si domandava, tra le altre cose, quanti fondi fossero stati stanziati complessivamente per il progetto, chiedendo un dettaglio dell'importo da corrispondersi da parte delle singole istituzioni (CONI-Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-Presidenza del Consiglio dei ministri), anche questa rimasta inevasa –:
   quali siano le ragioni che hanno dato vita ai ritardi nei pagamenti per i progetti di alfabetizzazione relativi ai due anni scolastici precedenti a quello appena iniziato;
   in che modo e con quali garanzie si intenda avviare l'ennesimo progetto (che non possiede una visione a lungo termine di educazione motoria nella scuola primaria), se non si è ancora provveduto ai pagamenti relativi alla precedente programmazione;
   se il Ministro si stia attivando per elaborare una riforma più organica e a lungo termine che conduca all'inserimento graduale del docente di educazione fisica così da allinearsi agli altri Paesi europei e ad ovviare a questa autentica lacuna.
(4-06129)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è notizia pubblicata sul quotidiano La Provincia del 22 settembre scorso quella dell'incredibile storia di un malato di Parkinson cui è stato revocato l'assegno di invalidità;
   la vicenda riguarda il signor Fabrizio Lambrughi, quarantenne, da cinque anni malato di Parkinson e da tre percettore della pensione integrativa di invalidità a causa della malattia per un importo pari a 500 euro;
   lo scorso agosto l'interessato si è sottoposto alla visita di controllo presso la sede Inps di Como effettuata – ed è questo il paradosso – dallo stesso medico che tre anni prima gli aveva riconosciuto il 67 per cento di invalidità;
   secondo lo sfogo riportato sull'articolo di stampa, il medico sembrerebbe aver fatto notare al signor Lambrughi che rispetto a tre anni prima non aveva più le convulsioni, senza tener conto delle pastiglie e dei medicinali che ogni tre ore prende per contenere i sintomi della malattia e che la mano, se pur tremante, non era comunque amputata;
   è sorprendente ad avviso dell'interrogante una revisione al ribasso di tale invalidità, dato che il Parkinson è una malattia degenerativa i cui sintomi sono destinati a peggiorare col tempo ed infatti il signor Lambrughi tre anni orsono poteva scrivere mentre oggi non è più in grado –:
   se e quali provvedimenti di propria competenza i Ministri interrogati intendano urgentemente adottare affinché l'ente previdenziale vigilato riveda e corregga un palese errore. (4-06130)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Canelli, in provincia di Asti, è considerato una delle capitali del vino mondiale. Famosa in tutto il mondo per lo spumante e il moscato e per le celebri cantine sotterranee, veri e propri capolavori d'ingegneria e di architettura enologica dove milioni di bottiglie sono lasciate fermentare, Canelli è la terra di storiche aziende vinicole come il Gancia, Bosca, TostiGiovanni Bosca, Bocchino, Contratto, Coppo e di molte altre ancora. In virtù di queste sue eccellenze è stata proclamata, il 22 giugno 2014, patrimonio mondiale dell'umanità UNESCO, parte integrante del territorio del Paesaggio vitivinicolo del Piemonte di LangheRoero e Monferrato;
   questo primato rischia però di essere offuscato dal duplice fenomeno del caporalato e dei campi della vergogna, veri e propri luoghi della disperazione, dove braccianti impiegati nella raccolta dell'uva, prevalentemente provenienti dai Balcani e dall'est Europa, vivono in condizioni inumane in tendopoli improvvisate. Fenomeno che sta assumendo proporzioni preoccupanti tali da destare l'attenzione dei media nazionali. Si citano in proposito l'inchiesta «La vendemmia della vergogna» del settimanale l'Espresso (dicembre 2013) e l'articolo de il Fatto Quotidiano online del 16 settembre 2014;
   dalle denunce di alcune associazioni di volontariato locali è emerso un quadro desolante di sfruttamento di questi lavoratori, non dissimile a quanto già accaduto in altre località del Paese come Rosarno e le campagne della provincia di Foggia, Caserta e Latina. La cosa più grave, in questo specifico contesto, è l'esistenza di una sorta di «caporalato legalizzato» dove l'impiego di manodopera da parte delle aziende vinicole avviene sotto forma di pseudo cooperative che si occupano di gestire contratti, orari e paghe dei braccianti per conto dei proprietari terrieri. Nell'indifferenza generale e nella totale assenza delle istituzioni locali questi lavoratori sono facili prede di un sistema di sfruttamento che li costringe ad accettare salari bassissimi e orari di lavoro massacranti;
   quanto segnalato si ripresenta ciclicamente ad ogni avvio della stagione della raccolta delle uve, della durata all'incirca di un mese, poiché, essendo alta la domanda di manodopera a basso costo da parte delle aziende vinicole, migliaia di lavoratori stranieri arrivano nel territorio canellese per mettere a disposizione le loro abilità, ormai indispensabili per l'eccellenza e la competitività del nostro vino. Pur essendo note le problematiche di questa migrazione stagionale di massa l'unica risposta che l'amministrazione comunale di Canelli è riuscita a dare, in questi anni, è stata una doccia e due wc chimici;
   l'articolo 12 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 ha introdotto nel codice penale italiano il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro;
   l'assenza di politiche di accoglienza per gestire l'arrivo e l'assunzione dei braccianti stranieri e di contrasto e repressione di qualsiasi forma di caporalato da parte delle autorità preposte, hanno permesso che si generasse ed espandesse a Canelli un fenomeno che rischia, se non si adottano immediate misure, non solo di aggravarsi con gli anni, ma anche di danneggiare l'immagine di una città votata a diventare un polo internazionale del turismo enogastronomico, sfruttando anche l'onda dello straordinario riconoscimento Unesco. Danno di immagine che ricadrebbe anche sulle nostre aziende vinicole invidiate in tutto il mondo per la qualità dei loro prodotti;
   il problema di Canelli, a detta dell'interrogante, sarebbe facilmente risolvibile coinvolgendo le aziende vinicole nell'allestimento di strutture provvisorie in grado di rendere più dignitosa la permanenza degli stagionali nelle 3/4 settimane in cui sono impegnati nella, raccolta delle uve. Per tale ragione occorre uno sforzo istituzionale concertato tra Ministeri competenti, prefettura, amministrazione comunale, forze dell'ordine, aziende vitivinicole e società civile –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto in premessa e quali iniziative intendano promuovere, anche congiuntamente, per migliorare le politiche di accoglimento dei lavoratori stagionali di Canelli e per contrastare e reprimere forme più o meno subdole di caporalato ormai ampiamente accertate.
(4-06132)


   NESCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge regionale della Calabria n. 24 del 2013 prevede all'articolo 2 il riordino della Fondazione Mediterranea Terina, ente istituito dalla regione Calabria, che ne è proprietaria, ai sensi della legge del 2007;
   l'articolo 13 della legge n. 24 del 2013 stabilisce i contorni del riferito riordino, per cui la citata Fondazione «dovrà perseguire unicamente compiti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, trasferimento tecnologico e divulgazione scientifica nel settore della qualità agroalimentare, della sicurezza alimentare e della salute, nonché compiti di certificazione delle produzioni tipiche e di qualità, da sviluppare coerentemente con la vigente normativa in materia»;
   il comma secondo dell'articolo 13 della succitata legge regionale del 2013 dispone che «dopo le modifiche statutarie, per garantire il corretto funzionamento della Fondazione, nonché i livelli occupazionali esistenti, l'organo preposto provvederà alla ripartizione del personale che dovrà garantire le attività di cui al comma 1 e di quello necessario che si occuperà della gestione del patrimonio da trasferire in altri enti, aziende e società regionali»;
   la medesima legge assegna al presidente della giunta regionale il potere di nominare un «commissario con poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria per ciascun ente conseguente agli accorpamenti»;
   la stessa legge affida poi alla giunta regionale l'attuazione del previsto riordino degli «enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità»;
   l'articolo 13 della legge in parola non ha finora trovato attuazione, così come la norma di cui all'articolo 11 sul trasferimento alla società Fincalabra spa dei dipendenti della società regionale «Calabria impresa e territori srl», vicenda per cui l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-04964, nella seduta n. 235 del 28 maggio 2014;
   nel tempo si è prodotta, in conseguenza del mancato, prescritto riordino, una situazione finanziaria dalla Fondazione Mediterranea Terina per cui i suoi 41 lavoratori non ricevono da mesi lo stipendio; in un recente incontro con il presidente del consiglio regionale della Calabria, Francesco Talarico, il presidente Scaramuzzino, secondo notizie di stampa, avrebbe garantito la pronta corresponsione di due mensilità;
   il 23 novembre 2014 si terranno in Calabria le elezioni per il rinnovo degli organi elettivi regionali, in un clima caratterizzato da problemi di bilancio della regione già rilevati dalla ragioneria dello Stato, mancati pagamenti mensili ai dipendenti di aziende ed enti della regione, inadempienze dell'esecutivo regionale rispetto alla legge regionale n. 24 del 2013 e – stando a un recente parere dell'Avvocatura dello Stato in tema di nomine dirigenziali nella sanità – anche adozione, da parte del medesimo esecutivo, di atti illegittimi per i quali l'interrogante ha presentato esposti alla procura di competenza e alla Corte dei conti;
   nell'agosto 2014 la regione Calabria, anziché aggredire la situazione della Fondazione Mediterranea Terina attuando la summenzionata legge n. 24 del 2013, si è premurata solo di nominarne il vertice, a parere dell'interrogante in modo illegittimo, perché la giunta regionale è in regime di prorogatio;
   la Fondazione Mediterranea Terina è in pesante crisi finanziaria, come si apprende dalla stampa;
   la Fondazione Mediterranea Terina gestisce con fondi Pon – per un importo complessivo di 13.321.704,00 euro – un progetto di alta formazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca denominato Food@Life;
   ciononostante, non può utilizzare la predetta somma per pagare i propri dipendenti, a motivo del vincolo di destinazione della medesima;
   nel mese di luglio 2014, su sollecitazione dei lavoratori e delle forze sindacali, il consiglio regionale, nell'ambito dell'ultima manovra di bilancio approvò uno stanziamento di oltre 400 mila euro e fu assicurato che la somma sarebbe servita a pagare le mensilità arretrate dei lavoratori della Fondazione Mediterranea Terina –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti;
   quali iniziative anche urgenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano assumere per garantire i diritti dei 41 lavoratori interessati. (4-06139)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCUVERA e FERRARI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione Maugeri, Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), è un istituto di diritto privato riconosciuto come eccellenza ed equiparato ai policlinici universitari e alle aziende ospedaliere che consta di 21 istituti distribuiti sul territorio nazionale, di cui la maggior parte in Lombardia;
   la suddetta Fondazione, che eroga attività assistenziale e fa ricerca scientifica, anche grazie ai finanziamenti delle regioni e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, occupa più di 3.500 dipendenti, oltre ad avvalersi di ditte esterne, con il conseguente indotto in termini occupazionali;
   i bilanci della Fondazione Maugeri mostrano da qualche anno forti criticità, nei mesi scorsi il Consiglio d'amministrazione ha annunciato che le azioni per riportare il conto economico in equilibrio non prevedono esuberi, ma, fra le altre misure, la disdetta a partire dal 1o ottobre 2014 del contratto di lavoro pubblico attualmente in vigore, per sostituirlo con quello privato (Aiop), con conseguenti questioni aperte per il personale;
   l'istituto ha un ruolo importante non solo nella ospedalità lombarda, ma anche nella ricerca nazionale, trattandosi di un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda assumere per non pregiudicare il lavoro di ricerca dell'IRCSS, Fondazione Maugeri, e se, in particolare, intenda aprire un confronto con la regione Lombardia. (5-03642)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge quadro nazionale n. 40 del 2004 doveva riordinare e favorire l'accesso per le coppie infertili alle metodiche di procreazione medicalmente assistita (PMA);
   dopo dieci anni l'unica certezza è che le prestazioni di procreazione medicalmente assistita non sono inserite nei livelli essenziali di assistenza (LEA) nazionali e non essendo garantite dallo Stato, ciascuna regione si regola indipendentemente dalle altre creando forti divari sul territorio nazionale con la conseguenza che una famiglia su quattro, se ha problemi di sterilità, emigra (soprattutto dal sud verso il nord della penisola) per effettuare la fecondazione assistita in una regione diversa da quella di appartenenza;
   secondo il registro nazionale della procreazione medicalmente assistita, 11.642 pazienti nel 2011 si sono rivolti a strutture sanitarie al di fuori della regione di appartenenza per effettuare la fecondazione in vitro: circa 2500 verso la Toscana dove le famiglie spendono 500 euro, quasi altrettanti in Lombardia, dove la fecondazione è gratuita. Intanto in Molise non ci sono centri che praticano la PMA, nel Lazio non c’è una tariffa unica per il pubblico, in Puglia la tariffa è a carico delle coppie, fatto salvo un contributo di 1000 euro solo per quei nuclei familiari con reddito ISEE sotto i 15 mila euro e i centri pubblici sono solo due;
   se in Sicilia nelle strutture sanitarie pubbliche si effettuano solo 300 cicli di fecondazione in vitro, in Lombardia se ne fanno circa 12 mila, in Toscana più di 6 mila;
   questa situazione di disparità tra le regioni Italiane, oltre ad essere un disagio per il cittadino, rappresenta una spesa onerosa a carico del contribuente in quanto le regioni di appartenenza devono coprire le spese sanitarie di un servizio offerto in loco ma usufruito fuori regione con ulteriore sovraccarico dovuto alla mobilità sanitaria: è il federalismo che si traduce in esodo sanitario e così solo la Sicilia spende per le sue 2 mila famiglie in transito intorno agli 8 milioni di euro l'anno –:
   se non sia opportuno rendere più trasparente il sistema della procreazione medicalmente assistita adottando tariffe uniche nazionali per le tecniche di I, Il e III livello, che siano da riferimento per i rimborsi tra le regioni e se si intenda creare le condizioni per l'inserimento della procreazione medicalmente assistita nei livelli essenziali di assistenza garantiti dal Sistema sanitario nazionale. (4-06128)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LAURICELLA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del processo di contenimento della spesa pubblica, relativamente al trattamento economico dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, il comma 458, dell'articolo 1, della legge n. 147 del 27 dicembre 2013, prevede l'abrogazione delle norme riguardanti il cosiddetto divieto di «reformatio in peius»;
   il citato comma della legge di stabilità 2014 abroga l'articolo 202 (Assegno personale nei passaggi di carriera) del testo unico delle disposizioni concernenti gli impiegati civili dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957, ed i commi 57 e 58 dell'articolo 3 della legge n. 537 del 1993 (Interventi correttivi di finanza pubblica), concernenti il trattamento economico in caso di passaggio di carriera;
   lo stesso comma stabilisce, inoltre, che: «Ai pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi, dopo che siano cessati dal ruolo o dall'incarico, è sempre corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità»;
   in attuazione di quanto previsto dal comma 458 e dall'articolo 8, comma 5, della legge n. 370 del 1999 (Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica), che detta disposizioni circa il trattamento economico di professori o ricercatori rientrati nei ruoli, il successivo comma 459, stabilisce che le amministrazioni interessate devono adeguare i suddetti trattamenti giuridici ed economici a partire dalla prima mensilità successiva alla data di entrata in vigore della presente legge;
   con i commi 458 e 459 della legge n. 147 del 2013 si pongono, quindi, in capo alle amministrazioni pubbliche una serie di questioni relativamente alla applicazione delle suddette norme;
   una questione riguarda la precisa indicazione delle fattispecie a cui si applicano le citate disposizioni, in considerazione, ad esempio, dell'ordinamento speciale dei professori universitari, personale in regime di diritto pubblico e delle specifiche disposizioni del vigente CCNL del comparto università, nonché per il personale «contrattualizzato», evidenziando anche la riserva di regolamentazione collettiva, in materia di trattamento dei pubblici dipendenti, prevista dall'articolo 45 comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   in particolare il comma 459, dell'articolo 1, della legge n. 147 del 2013, sembrerebbe imporre un adeguamento dei trattamenti economici e giuridici già in godimento attribuiti a personale rientrato o assunto nei ruoli precedentemente all'entrata in vigore delle modifiche legislative;
   questo determinerebbe il recupero delle somme corrisposte quale titolo di assegno ad personam ai sensi delle norme abrogate e del comma 5 dell'articolo 8 della legge n. 370 del 1999;
   si evidenzia, quindi, la necessità di addivenire in tempi rapidi ad un chiarimento in merito alla interpretazione e conseguente applicazione delle norme citate;
   le amministrazioni devono, infatti, procedere all'eventuale adeguamento dei trattamenti giuridici ed economici che ha rilevanza anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa derivante dall'attribuzione di assegni ad personam in eventuale violazione delle suddette disposizioni di legge –:
   in considerazione di quanto riportato in premessa, se e quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza per chiarire definitivamente l'ambito di applicazione dei citati commi 458 e 459 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 al fine di evitare l'attribuzione, da parte di amministrazioni pubbliche, di trattamenti giuridici ed economici in violazione delle disposizioni di legge. (5-03637)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAMANI, MIOTTO, NACCARATO e NARDUOLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Luvata s.r.l. che ha sede a Torreglia in provincia di Padova è specializzata nella produzione di tubi di qualità in alluminio;
   l'azienda è parte dell'omonimo colosso internazionale, con sede centrale a Soderkoping, in Svezia e filiali in tutto il mondo, tra cui in Cina, Brasile, Messico, Malesia, Austria-Carinzia e siti italiani a Pocenia, Amaro e San Vito al Tagliamento;
   la sede di Torreglia risponde ad una precisa nicchia di mercato, ha un importante portafoglio clienti costituito da industrie che utilizzano i prodotti fabbricati su misura, ha un alto livello di professionalità e di tecnologia e, nonostante le difficoltà economiche dovute alla crisi di questi anni, è riuscita a produrre utili e a rimanere sul mercato proprio per questa caratteristica di rispondere alla domanda di soggetti interessati a prodotti di precisione;
   durante l'estate la sede ha ricevuto la visita dell'amministratore delegato del gruppo che ha parlato ai lavoratori dell'andamento dell'azienda e ha specificato che la produzione di Torreglia rappresenta una delle eccellenze del gruppo;
   questa settimana la proprietà ha comunicato la volontà di chiudere lo stabilimento in provincia di Padova e di trasferire la produzione nella sede di Pocenia in Friuli Venezia Giulia, dove sono occupati ottocento dipendenti;
   contestualmente la direzione ha manifestato la disponibilità a trasferire i cinquanta lavoratori di Torreglia in quest'ultimo stabilimento che, tuttavia, si trova a 150 chilometri dall'attuale sede padovana;
   queste notizie hanno gettato allarme tra le rappresentanze sindacali e i lavoratori che hanno convocato lo stato di agitazione e hanno incontrato il sindaco del comune di Torreglia per chiedere un tavolo di concertazione con il gruppo nel tentativo di bloccare questo tentativo di delocalizzazione;
   il progetto sembrerebbe incomprensibile dati i valori di mercato dell'azienda, il portafoglio ordini e gli utili prodotti in questi anni;
   lo spostamento a Pocenia dei lavoratori è stato giudicato incompatibile con il mantenimento dei livelli occupazionali poiché troppo gravoso per la maggioranza dei lavoratori;
   il territorio del comune di Torreglia e il tessuto produttivo della zona collinare è già stato colpito in modo significativo, negli scorsi anni, dalla chiusura di grosse sedi industriali e rischia di subire un ulteriore impoverimento;
   anche per queste ragioni le istituzioni locali hanno chiesto alla provincia di Padova di convocare un tavolo di concertazione per comprendere i termini della decisione e per favorire soluzioni alternative –:
   se i Ministri siano al corrente dei fatti esposti;
   quali misure concrete intendano adottare per favorire una tempestiva risoluzione della vicenda che riguarda lo stabilimento di Torreglia, mediante l'attivazione degli strumenti e dei percorsi istituzionali previsti in simili casi utili a salvaguardare il tessuto produttivo e i livelli occupazionali della zona. (4-06126)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   già con atto di sindacato ispettivo n. 4-04038 del 14 marzo 2014 e tuttora privo di risposta, l'interrogante poneva l'attenzione del Governo sull'impatto negativo sui livelli occupazionali in Italia a seguito della delocalizzazione dei call center fuori dal territorio nazionale;
   in particolare, si evidenziava che l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture, in riferimento ad un ricorso sulla gara di appalto indetta da Acea spa nel giugno 2013 per l'affidamento dei servizi di call center e back office «da aggiudicarsi al prezzo più basso», aveva ritenuto possibile — e quindi legittimo — il caso «che un'impresa concorrente o aggiudicataria decida di stabilire in altro Paese dell'Unione europea la sede operativa del servizio allo scopo di ridurre i costi per la retribuzione del personale», sottolineando come tali dichiarazioni mettessero a rischio la possibilità di creare nuova occupazione nel nostro Paese con il pericolo di inficiare la qualità del servizio pubblico offerto ai contribuenti;
   il 30 settembre 2014 scadono i termini per partecipare ad un nuovo bando pubblico indetto da Acea per l'affidamento dei servizi di call center e back office e si profila l'incubo di rimanere senza lavoro per 400 persone dipendenti dell'azienda eCare, fino ad oggi titolata alla gestione dei servizi;
   secondo i dipendenti di eCare, infatti, il bando indetto dalla municipalizzata non prevede alcuna clausola sociale di tutela per i 420 dipendenti dell'azienda, né alcuna clausola territoriale, per cui il servizio potrebbe essere delocalizzato; il solo criterio preso in considerazione dal bando è appunto quello del prezzo più basso;
   è evidente quanto già denunciato nel precedente atto di sindacato ispettivo, e cioè che la delocalizzazione comporterebbe un peggioramento della qualità del servizio, senza contare le ricadute sociali che ciò avrebbe sulle famiglie dei dipendenti a rischio della perdita del posto di lavoro, dal momento che senza la commessa Acea l'azienda eCare potrebbe non riuscire più a coprire i costi fissi e, quindi, potrebbe chiudere i battenti –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare per scongiurare che il fenomeno della delocalizzazione dei call center, per quanto ragionevole se dettato da esigenze di risparmio, possa accrescere la disoccupazione nel nostro Paese, che già registra livelli record per gli effetti della crisi economica che oramai da tempo colpisce pesantemente il tessuto socio-economico e produttivo italiano. (4-06134)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Vezzali e altri n. 1-00571, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 agosto 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Galgano.

  La mozione Cova e altri n. 1-00581, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Amoddio, Malisani.

  La mozione Berlinghieri e altri n. 1-00587, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Amoddio.

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Scanu ed altri n. 1-00586, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Causin, Scuvera e Beni e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Scanu, Marazziti, Causin, Aiello, Bolognesi, D'Arienzo, Ferro, Fioroni, Fontanelli, Carlo Galli, Garofani, Gregori, Marantelli, Massa, Moscatt, Salvatore Piccolo, Giuditta Pini, Stumpo, Valeria Valente, Villecco Calipari, Zanin, Carra, Iacono, Amoddio, Scuvera, Beni».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Martella n. 5-03604, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Narduolo.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Dorina Bianchi e altri n. 3-01047, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Saltamartini.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Benedetti n. 7-00454, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 281 del 7 agosto 2014.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    in base all'articolo 2 del regolamento dell'Unione europea n. 1380/2013, viene posto come obiettivo cardine della politica comune della pesca per il periodo 2014-2020 il rispetto del tasso di rendimento massimo sostenibile (MSY), obiettivo che deve essere ottenuto entro il 2015 ove possibile, e progressivamente al più tardi entro il 2020 per tutti gli stock ittici;
    a norma dell'articolo 15 del regolamento dell'Unione europea n. 1380/2013 vige l'obbligo di sbarco per «tutte le catture di specie soggette a limiti di cattura e, nel Mediterraneo, anche le catture di specie soggette a taglie minime quali definite nell'allegato III del Regolamento UE 1967/2006, effettuate nel corso di attività di pesca nelle acque unionali, o da pescherecci unionali al di fuori delle acque unionali in acque non soggette alla sovranità o alla giurisdizione di Paesi terzi, nei luoghi di pesca e nelle zone geografiche elencati di seguito sono portate e mantenute a bordo dei pescherecci, registrate, sbarcate e imputate ai contingenti, se del caso». Per rendere possibile l'obbligo di sbarco a partire dal 1o gennaio 2015 è necessario che gli Stati membri, anche sulla base di un approccio decisionale maggiormente regionalizzato, cooperino e ne elaborino le effettive misure di attuazione;
    per quanto riguarda la pesca al tonno rosso, vige un totale ammissibile di cattura (TAC) stabilito annualmente dall'ICCAT. Gli Stati membri dell'Unione europea coinvolti attivamente nella pesca di questa risorsa sono: Spagna, Francia, Italia, Grecia, Portogallo, Cipro, Malta e Croazia. Gli 8 Paesi condividono il contingente dell'Unione europea, di cui Spagna e Francia detengono le quote maggiori. Nel 2014 il contingente dell'Unione europea è stato aumentato del 5 per cento, pari a 7.939 tonnellate, ed è probabile un aumento di quote anche per il 2015. La Spagna ha già chiesto formalmente l'aumento delle quote di tonno rosso a partire dalla prossima campagna di pesca, dopo che negli ultimi anni il comparto ha fatto sacrifici importanti per consentire al tonno rosso di recuperare gli stock. L'Unione europea presenterà la sua proposta in merito alle quote pesca del tonno rosso dopo il Consiglio dei ministri europei della pesca di ottobre, che si terrà sotto la presidenza italiana dell'Ue,

impegna al Governo:

   ad attivare urgentemente le iniziative volte alla definizione del rendimento massimo sostenibile entro i termini stabiliti, posto che il mare Mediterraneo è il bacino che presenta il 91 per cento degli stock ittici sovra sfruttati;
   a promuovere immediatamente in sede di Consiglio dell'Unione europea la conclusione degli accordi di cooperazione tra Stati membri in modo da raggiungere l'implementazione dei piani gestione degli sbarchi nelle aree di pesca condivise entro il termine stabilito del 1o gennaio 2015;
   a intervenire nelle opportune sedi comunitarie affinché, qualora l'ICCAT, la cui prossima riunione è in calendario per il mese di novembre 2014, stabilisca un aumento delle quote di cattura del tonno rosso per la campagna 2015, si privilegi la redistribuzione a favore dei sistemi di pesca più sostenibili, in particolare quelli inclusi nella piccola e media pesca.
(7-00454)
«Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Parentela, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cozzolino, Da Villa, D'Incà, Fantinati, Grillo, Rizzetto, Rostellato, Spessotto, Turco».