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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 22 settembre 2014

ATTI DI CONTROLLO

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, BECHIS, CURRÒ, ROSTELLATO, PRODANI e CARIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   risulta agl'interroganti che alcuni militari statunitensi in servizio nelle caserme Ederle e Del Din, più conosciuta col nome di Dal Molin, in territorio di Vicenza, accusati di aver commesso reati comuni sul suolo italiano preferiscano farsi giudicare negli Stati Uniti;
   le cronache locali riportano spesso notizie relative a stupri ed aggressioni che sarebbero state commesse da militari statunitensi;
   Jerelle Lamarcus Gray, 22 anni, militare statunitense alloggiato alla caserma Del Din, è stato accusato di aver violentato una diciassettenne vicentina, la notte del 9 novembre 2013, nelle immediate vicinanze del Disco Club Cà di Dennis, in provincia di Vicenza, dopo aver spinto la ragazza in un angolo buio, e averle tappato la bocca per impedirle di urlare;
   più recentemente, la notte tra il 14 ed il 15 luglio 2014, lo stesso militare con un altro commilitone, Edil McCough, 21 anni, sono stati accusati di aver sequestrato, picchiato e violentato, nonché rapinato, una prostituta rumena di 24 anni, incinta di sei mesi. I due soldati avrebbero concordato una prestazione sessuale con la donna, ma giunti in un luogo appartato, avrebbero deciso di non pagarla, costringendola a subire violenza sessuale, dopo averla picchiata selvaggiamente. Prima di fuggire avrebbero anche rubato il denaro dalla borsetta della vittima; risulterebbe che sia stata avanzata da parte dell'ufficio legale dell'Usaraf – la divisione dell'esercito statunitense a Vicenza – una richiesta al Ministero della giustizia per sollecitare «la rinuncia al diritto di priorità alla giurisdizione penale»;
   in forza dell'articolo 7 della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951 (Statuto delle truppe della NATO), infatti, i militari appartenenti alle truppe dei Paesi NATO possono essere giudicati nel Paese d'appartenenza anziché in quello dove commettono il reato;
   alcune fonti di stampa rilevano che dal 2013, in 113 casi, il Ministero della giustizia è stato sollecitato a rinunciare alla giurisdizione penale italiana e ben 91 volte è stato concesso ai militari USA di non essere processati in Italia;
   i casi di rinunce alla giurisdizione penale italiana trovano poco risalto sulla stampa nazionale, ma sicuramente costituiscono un grave ed irreparabile detrimento dei diritti delle vittime che, tendenzialmente, non potranno nemmeno assistere al processo dal quale dovrebbero ottenere giustizia, stante il costo esorbitante da sostenere per trasferte e difesa tecnica processuale in USA;
   esempio di risonanza è costituito dal caso della strage del monte Cermis, quando un aereo militare USA tranciò una funivia causando la caduta nel vuoto della cabina e la morte di venti persone, i responsabili vennero processati negli Usa e furono tutti assolti –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta;
   se e quali iniziative intenda attuare per scongiurare l'ipotesi che i gravissimi delitti descritti, già radicati nel tribunale vicentino, siano devoluti alla cognizione del giudice statunitense;
   se sia a conoscenza del numero totale dei procedimenti penali instaurati in Italia nei confronti di militari NATO negli anni 2013 e 2014, per quanti dei quali sia stata richiesta la rinuncia al diritto di priorità alla giurisdizione penale italiana e per quanti sia stata concessa la rinuncia alla giurisdizione, e fra questi quanti procedimenti, svoltisi all'estero, abbiano portato alla condanna dei responsabili e quale specie di pene siano state irrogate ed in quale misura. (5-03605)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   DELL'ORCO, SPESSOTTO, CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 142 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice della strada), interviene in materia di limiti di velocità;
   in particolare, il comma 12-ter, stabilisce che l'ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l'accertamento, o gli enti che esercitano le relative funzioni ai sensi dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, e l'ente da cui dipende l'organo accertatore, «destinano le somme derivanti dall'attribuzione delle quote dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale, nel rispetto della normativa vigente relativa al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e al patto di stabilità interno»;
   la legge 29 luglio 2010, n. 120, ha stabilito, all'articolo 25, comma 2, che le modalità di versamento sarebbero state definite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   ad oggi, il decreto non risulta essere stato emanato;
   l'articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 5 giugno 2003 attribuisce alle regioni e, per il tramite del consiglio delle autonomie ove istituito, ai comuni, alle province e alle città metropolitane la facoltà di richiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti;
   il sindaco del comune di Ferentillo, quindi, tramite il consiglio delle autonomie locali dell'Umbria, ha richiesto, quindi, alla Corte, «se sia possibile, in base alle vigenti normative, calcolare i proventi delle sanzioni derivanti dall'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità di cui all'articolo 142, comma 12-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in base ai relativi introiti incassati ed al netto delle spese di accertamento e riscossione»;
   la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l'Umbria, con deliberazione 8 agosto 2014 n. 66/PAR/2014 ha stabilito che, anche in assenza del decreto attuativo, le amministrazioni sono comunque tenute all'applicazione delle disposizioni contemplate dai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142 del codice della strada;
   l'assenza di un decreto attuativo ha causato numerosi dubbi interpretativi, al punto da sollecitare l'emanazione di un parere da parte della Corte dei Conti –:
   se non intenda assumere le iniziative necessarie ai fini dell'emanazione del suddetto decreto. (4-06089)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, MELILLA, FRANCO BORDO, KRONBICHLER, DURANTI, COSTANTINO e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 maggio 2014 a Fano (PU), Fausto Schermi e Elwin Van Dijik consegnavano al sindaco del comune di Fano (PU), Stefano Aguzzi, la richiesta di trascrizione delle proprie nozze contratte in Olanda nel 2008;
   in quella circostanza il sindaco, secondo quanto riportano le fonti di stampa, affermava che «l'atto di matrimonio può essere trascritto nei registri dello Stato civile non essendo ravvisabile alcun impedimento»;
   i dipendenti del comune, preposti allo stato civile, non ritenendo legittima la trascrizione delle nozze di persone dello stesso sesso, rifiutavano di trascriverla;
   in data 30 maggio 2014 l'allora sindaco della città Aguzzi, presso la Sala della Concordia – riservata tradizionalmente ai matrimoni civili – procedeva alla trascrizione del matrimonio sottoscrivendo personalmente l'atto, ai sensi dell'articolo 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000;
   il caso riportato è il primo in cui un sindaco ha ordinato motu proprio la trascrizione in Italia di un matrimonio contratto all'estero tra persone dello stesso sesso;
   in precedenza viene annoverato il caso del tribunale di Grosseto al quale si era rivolta una coppia omosessuale che aveva contratto matrimonio a New York e che si era vista rifiutare la trascrizione dall'ufficiale dello stato civile;
   il tribunale di Grosseto autorizzava la trascrizione sulla scorta della sentenza della S.C. n. 4184 del 2012 che, ad avviso del tribunale, contiene, anche se non esplicitamente, un giudizio sulla non contrarietà all'ordine pubblico del matrimonio omosessuale. La Cassazione ha, infatti, richiamato in quella pronuncia il principio espresso nella sentenza del 24 giugno 2010 della Corte europea dei diritti dell'uomo con la quale è stato stabilito che il diritto al matrimonio, di cui all'articolo 12 della Convenzione, non deve essere limitato ai casi di matrimonio tra persone di sesso opposto, ma deve avere un nuovo e più ampio contenuto, che include il matrimonio contratto tra due persone dello stesso sesso. La disposizione deve essere letta in correlazione anche con l'articolo 14 che vieta ogni discriminazione nell'attribuzione e nel godimento dei diritti dell'uomo individuati nella Convenzione;
   anche la Corte Costituzionale, come è noto, con la sentenza 15 aprile 2010, n. 138, si era espressa sulla questione di legittimità costituzionale delle norme poste a fondamento del rifiuto dell'ufficiale di Stato civile di procedere alle pubblicazioni del matrimonio di due persone dello stesso sesso, nella parte in cui non consentono a persone di orientamento omosessuale di contrarre matrimonio;
   pur negando l'esistenza di una norma costituzionale che riconosca il diritto al matrimonio di persone dello stesso sesso, la sentenza della Consulta ha affermato che nel concetto di «formazioni sociali» di cui all'articolo 2 della Costituzione è inclusa l'unione omosessuale, ma il riconoscimento e la garanzia di tale diritto, è da ricondurre ad un'esclusiva scelta del Parlamento;
   negli ultimi mesi diversi altri sindaci hanno deciso di trascrivere matrimoni contratti all'estero da persone dello stesso sesso, come il sindaco De Magistris a Napoli, il sindaco Marino a Roma e il sindaco Merola a Bologna;
   nel caso della trascrizione di Fano e per quella di Bologna, i prefetti competenti hanno richiesto l'annullamento dell'atto di trascrizione voluto dai sindaci, adducendo la circostanza che la trascrizione di un matrimonio tra persone dello stesso sesso non è prevista dal nostro ordinamento; in realtà la questione è tutt'altro che pacifica anche alla luce delle norme vigenti e di alcuni recenti orientamenti giurisprudenziali;
   si pensi alla recentissima sentenza della Corte costituzionale n. 170 del 2014, la quale intervenendo in sede di giudizio incidentale sollevato dalla Corte di cassazione, si è pronunciata sul caso di una coppia eterosessuale regolarmente sposata, dove il marito, avendo deciso di cambiare sesso, si vedeva applicato dall'ufficiale dello stato civile, il cosiddetto «divorzio automatico»;
   anche in quel caso era stata la prefettura a dare indicazioni sull'annullamento ex officio del vincolo matrimoniale, nonostante il parere contrario della coppia;
   i coniugi presentavano ricorso al tribunale di Modena che lo accoglieva, mentre la corte d'appello di Bologna accoglieva il reclamo del Ministero dell'interno. Approdata in Cassazione la vicenda, su ricorso dei coniugi, la S.C con ordinanza n. 14329 del 2013 rimetteva gli atti alla Consulta sollevando dubbi di legittimità costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge n. 164 del 1982;

la Corte Costituzionale con sentenza manipolativa additiva riconosceva che «la sentenza di rettificazione dell'attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore»;
   l'interpretazione della normativa vigente in chiave restrittiva rispetto alla trascrizione del matrimonio omosessuale contratto all'estero, operata da parte della giurisprudenza e delle prefetture, comporta un rilevante vulnus normativo, giacché chi ha contratto valido matrimonio all'estero, non riconosciuto in Italia, potrebbe anche risposarsi nel nostro Paese, risultando bigamo nel Paese ove ha contratto il primo matrimonio;
   il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, come riporta il quotidiano L'Unità del 16 giugno 2014, ha riconosciuto che «alle unioni civili tra persone dello stesso sesso si applicano tutte le disposizioni previste per il matrimonio...», annunciando l'impegno del suo Governo per agevolare una regolamentazione della vicenda in chiave di una equiparazione sostanziale tra matrimonio e unioni omosessuali;
   tuttavia, nelle more dell'attività del legislatore, sussiste il conflitto tra ufficiali del governo, i prefetti e i sindaci nella loro veste di ufficiali dello Stato civile –:
   quale sia l'indirizzo del Governo in ordine alle iniziative assunte dai prefetti di Pesaro e di Bologna; nelle more dell'intervento del legislatore, quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, intendano adottare o promuovere i Ministri interrogati, al fine di armonizzare la disciplina della trascrizione dei matrimoni contratti all'estero con quella comunitaria;
   quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, intendano adottare i Ministri in indirizzo per colmare il vulnus normativo illustrato nelle premesse. (4-06092)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da articoli di stampa locale che nel mese di luglio scorso la giunta comunale di Siena avrebbe apportato delle modifiche alla regolamentazione degli accessi alla ZTL, introducendo l'obbligo al pagamento del cosiddetto «bollino» anche per alcune categorie fino ad allora escluse, tra cui gli agenti di polizia e il personale amministrativo impiegato presso la questura e la caserma cittadina;
   tale decisione ha provocato una dura protesta da parte del personale militare e civile della polizia di Stato considerato che la questura si trova in via del Castoro dove sia gli impiegati che gli agenti di polizia devono recarsi al lavoro quotidianamente e con turni di servizio sia di giorno che di notte;
   precedentemente gli stessi erano esentati dal pagamento degli accessi, in virtù delle ragioni di servizio che giustificavano gli ingressi nella ZTL;
   tali proteste appaiono legittime e ragionevoli mentre non sono state chiarite le motivazioni per cui il comune di Siena ha deciso di estendere alle persone che prestano servizio presso la questura e la relativa caserma il pagamento del bollino per gli accessi alla ZTL;
   i tagli economici che hanno subito le forze dell'ordine ultimamente e i conseguenti disagi nell'esercizio del loro lavoro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra e se corrisponda al vero ciò che è riportato in premessa, quali iniziative intenda assumere al fine di consentire al personale in servizio presso la questura e la relativa caserma a Siena di poter svolgere il proprio lavoro senza per questo dover anche pagare per recarsi in ufficio o in servizio. (4-06094)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di un violento nubifragio verificatosi nel corso della notte tra il 9 e il 10 settembre 2014 si è allagata la biblioteca dell'Accademia delle belle arti di Venezia;
   l'acqua ha interessato circa 250 metri lineari di libri che vanno dal 1850 agli anni 2000;
   dopo un calcolo molto accurato il presidente dell'Accademia delle belle arti ha reso noto che ben cinquemila volumi tra cataloghi, monografie e riviste di arte e architettura sono state danneggiate in maniera irreversibile con un danno economico che si aggirerebbe sui 50 mila euro;
   la Soprintendenza ai beni librari del Veneto con l'ausilio della cooperativa che si occupa dei servizi e della gestione della biblioteca e con il supporto di studenti volontari sta provvedendo a salvare quanto più è possibile di questo patrimonio e a tutt'oggi centinaia di volumi sono ancora posti ad asciugare nel chiostro e nella sala lettura dell'Accademia;
   prossimi giorni verrà pubblicato un elenco delle pubblicazioni irreversibilmente danneggiate –:
   se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere affinché in tempi rapidi sia consentito all'Accademia delle belle arti di Venezia di ricostituire il patrimonio culturale irrimediabilmente compromesso a seguito dell'allagamento. (5-03604)

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il diritto allo studio è un principio garantito costituzionalmente. L'articolo 34 della Costituzione, infatti, prevede che la scuola sia aperta a tutti. In tale senso i padri costituenti hanno voluto coniugare il diritto allo studio con il principio di eguaglianza di cui all'articolo 3, primo e secondo comma. Soprattutto il secondo comma stabilisce che la Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana affinché tutti cittadini siano posti sullo stesso piano, abbiano le stesse opportunità e possano godere, tutti alla pari, dei medesimi diritti loro formalmente riconosciuti dalla Costituzione. L'articolo 38 della Costituzione poi specifica che gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale;
   con la legge n. 104 del 1992, si amplia, per il nostro Paese, il principio dell'integrazione sociale e scolastica come momento fondamentale per la tutela della dignità umana della persona diversamente abile impegnando lo Stato a rimuovere le condizioni invalidanti che ne impediscono lo sviluppo. Questo principio si applica anche all'integrazione scolastica. Con la legge n. 18 del 3 marzo 2009, il nostro Paese ha ratificato la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità. Tale ratifica vincola l'Italia, qualora l'ordinamento interno avesse livelli di tutela dei diritti delle persone con disabilità inferiori a quelli della Convenzione medesima, ad approvare norme ispirate ai principi ivi espressi;
   nonostante, quindi, il nostro Paese abbia fatto grandi progressi da un punto di vista normativo per garantire l'inclusione scolastica ai ragazzi diversamente abili resta ancora da fare molto sotto questo profilo: quindi gli alunni con disabilità e le loro famiglie non debbono essere lasciati soli. Occorre, pertanto, intervenire con un cambiamento, anche culturale, per favorire una piena inclusione degli alunni diversamente abili che porti a vedere questi ultimi per ciò che essi sono effettivamente: non un ostacolo, ma persone con gli stessi diritti degli altri. L'Italia, come abbiamo detto, è stato tra i primi Paesi ad avviare ed attuare l'integrazione degli alunni con disabilità, dando vita ad un vero e proprio modello riconosciuto ed apprezzato da tutti: la scuola italiana, fortemente inclusiva, ha saputo promuovere principi, orientamenti e pratiche pedagogiche progressivamente affermatasi anche in altri sistemi scolastici. Tuttavia l'analisi delle realtà scolastiche rivela, purtroppo, grandi difficoltà, inefficienze e meccanismi troppo burocratici. Pertanto, sono necessarie soluzioni efficaci ed efficienti con un adeguamento della normativa vigente al fine di riorganizzare il sostegno didattico agli alunni con disabilità;
   l'integrazione degli alunni diversamente abili deve costituire un punto di forza della scuola italiana, che deve essere una comunità accogliente nella quale tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, possano realizzare esperienze di crescita individuale e sociale: la scuola, infatti, è una comunità educante che deve accogliere tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, nello sforzo quotidiano di costruire relazioni e situazioni pedagogiche tali da consentire il massimo sviluppo di tutti;
   per quanto riguarda l'esame di Stato per i ragazzi diversamente abili la normativa vigente prevede che l'esame conclusivo del secondo ciclo di istruzione sia effettuato sulla base di una valutazione del Piano educativo individualizzato. Se quest'ultimo è curriculare o su obiettivi minimi, il superamento dell'esame comporta il rilascio di un regolare diploma (con nessuna menzione del sostegno ricevuto), se il PEI è differenziato viene comunque attribuito un punteggio in centesimi, ma viene rilasciato un attestato delle competenze;
   molti ragazzi che si preparano alla maturità con la formula differenziata a causa dei problemi legati alla loro adolescenza, attestati dalla ASL nella categoria del «deficit cognitivo», non potranno conseguire un diploma di Stato, ma gli verrà rilasciato solo un semplice attestato di frequenza dopo aver studiato per cinque anni perché la normativa italiana non prevede l'ipotesi del regolare rilascio di un diploma. Tale situazione comporta, a parere dell'interrogante, una disparità di trattamento che viola i principi costituzionali (articolo 3 Costituzione e articolo 38 Costituzione) e che impedisce al ragazzo diversamente abile di avere un futuro lavorativo. Sarebbe, pertanto, auspicabile una modifica della normativa vigente consentendo a questi ragazzi di sostenere l'esame di maturità, con il rilascio del diploma, con all'interno della commissione giudicatrice anche un insegnante di sostegno o uno o più rappresentanti dei docenti interni che hanno seguito il ragazzo durante il ciclo scolastico –:
   se non sia necessario valutare la possibilità di adottare iniziative normative che consentano ai ragazzi diversamente abili di sostenere un regolare esame di maturità che garantisca agli stessi il rilascio di un diploma che possa assicurare loro le stesse opportunità degli altri alunni per l'entrata nel mondo del lavoro. (4-06095)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che i lavoratori dell'Ideal Standard dello stabilimento di Orcenico hanno ricevuto delle lettere di licenziamento con data antecedente all'incontro ministeriale tenutosi di recente, in occasione del quale l'Esecutivo ha confermato che la cassa integrazione in deroga avrà la copertura finanziaria fino alla fine del 2014;
   il sindacato ha annunciato che le lettere in questione saranno contestate in quanto i tempi della mobilità potrebbero essere rivisti proprio in funzione dell'allungamento della cassa integrazione in deroga fino al mese di dicembre. Al riguardo, l'azienda deve comunque inoltrare la richiesta della cassa, come ha invitato a fare il Ministero;
   le lettere di licenziamento sembra siano arrivate a tutti quei lavoratori, circa trecento, che hanno fatto richiesta della mobilità volontaria incentivata. Dunque, l'azienda in base a tali richieste ha ritenuto di fare partire la mobilità. Tale decisione è, tuttavia, maturata in periodo antecedente all'ultimo incontro presso il Ministero, a cui erano presenti le parti interessate;
   si ritiene necessario verificare i fatti predetti affinché venga garantita la tutela dei lavoratori contro eventuali azioni illegittime –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti in questione e quali siano i suoi orientamenti;
   se e quali iniziative intenda intraprendere considerato che l'Ideal Standard ha trasmesso lettere di licenziamento quando ancora non è dato sapere se la cassa integrazione verrà ulteriormente prolungata rispetto al periodo già stabilito;
   se e quali provvedimenti intenda adottare per garantire la tutela e gli interessi dei lavoratori;
   se e quali provvedimenti intenda promuovere affinché la cassa integrazione sia riconosciuta quale strumento di aiuto ad imprese che in prospettiva hanno le condizioni per una concreta ripresa, escludendo che tale istituto divenga, come di frequente accade, l'anticamera del licenziamento, posto che ad avviso dell'interrogante anche nel caso in questione è assurdo che di fronte ad un prolungamento della copertura finanziaria per la cassa integrazione, siano state trasmesse in contemporanea delle lettere di licenziamento. (4-06091)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 19 settembre 2014, il quotidiano economico Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo, che evidenzia come la regione siciliana, sia intenzionata a non proseguire i contratti di riappalto dei servizi di pulizia e quelli integrati nei riguardi delle imprese del settore, preferendo l'affidamento dei servizi preposti ad una delle partecipate regionali, nonostante la Corte dei conti avesse documentato che il servizio affidato alle partecipate, (che sottraggono già ai privati un mercato che vale almeno 430 milioni in tutti i settori), costa più del doppio rispetto a quelli svolti dal settore privato;
   il suindicato articolo riporta ancora che tali decisioni sono state adottate da alcuni dirigenti dell'amministrazione regionale siciliana, i quali hanno agito apparentemente in completa autonomia in considerazione del fatto che la norma che prevedeva la riduzione degli appalti ai privati era stata successivamente soppressa e che, inoltre, al momento non risultano agli atti direttive da parte del Governo;
   il processo di internazionalizzazione di lavori fin qui affidati all'esterno che l'Anip, l'Associazione nazionale del settore aderente a Confindustria, ha già denunciato da tempo l'intento di internalizzare i servizi di facility in favore delle aziende partecipate dalla regione siciliana sebbene non avesse trovato compimento, sembrerebbe tuttavia essere ricomparso, come peraltro in precedenza esposto, mettendo nuovamente a rischio l'intero comparto;
   l'interrogante a tale fine evidenzia come il dettato normativo emerso a gennaio scorso con la cassazione degli articoli di legge che sancivano le internalizzazioni, in linea con il chiaro orientamento politico del Governo nazionale, ove fosse confermato quanto suesposto, venga pertanto aggirato da parte di diverse amministrazioni regionali che stanno procedendo comunque ad affidare a soggetti precari i servizi di pulizia e quelli integrati;
   l'articolo del richiamato quotidiano economico, evidenzia inoltre come il suindicato caso siciliano, rappresenti solo un aspetto della complessa problematica che investe il settore, essendo il più temuto perché la Sicilia rischia di diventare un modello anche per altre parti del Paese;
   la riforma organica del settore riassunta nella proposta di legge (AC 2475) presentata alla Camera dei deputati che ha tra i primi firmatari Dario Ginefra e Ignazio Abrignani, appare a parere dell'interrogante, essere fra l'altro in controtendenza con le decisioni adottate dalla regione siciliana (per quanto goda di autonomia legislativa), in quanto gli obiettivi del progetto normativo possono essere riuniti in quattro punti: delineare per la prima volta il perimetro complessivo delle attività ricomprese nel concetto industriale di facility management; favorire l'esternalizzazione dei servizi di gestione degli immobili, razionalizzando le procedure di evidenza pubblica, semplificando le pratiche amministrative con un obiettivo di efficientamento della stessa spesa pubblica; promuovere lo sviluppo di occupazione regolare, contrastando il lavoro nero; tutelare le imprese in caso di ritardato pagamento dei corrispettivi, garantendo un più agevole accesso al credito bancario;
   l'interrogante evidenzia come in caso fossero rese operative le decisioni da parte della regione siciliana, di appaltare i servizi di pulizia e quelli integrati alle società partecipate regionali, un importante segmento dell'economia locale, rappresentato dalle imprese del settore sarebbe estromesso dal mercato, con gravissime ripercussioni sul piano occupazionale, i cui effetti negativi e penalizzanti si estenderebbero in maniera preponderante a livello nazionale;
   il rischio della perdita del posto di lavoro per oltre 50 mila lavoratori, come riporta il quotidiano Il Sole 24 Ore, e per un intero indotto, coinvolgerebbe infatti a parere dell'interrogante, sia il Ministero interrogato, che in maniera più ampia l'intero Governo nazionale, con inevitabili conseguenze sulla tenuta sociale del Mezzogiorno;
   a giudizio dell'interrogante, occorrono a tal fine iniziative da parte del Ministero interrogato, volte a chiarire se siano reali le intenzioni della regione siciliana in precedenza indicate per comprendere se esistano degli interventi di tutela e salvaguardia per i lavoratori interessati da eventuali licenziamenti –:
   se sia a conoscenza delle intenzioni della regione siciliana in precedenza esposte e, in caso affermativo, per quanto di propria competenza, se non intenda prevedere misure, anche d'emergenza, per tutelare i livelli occupazionali di oltre 50 mila addetti siciliani, interessati nel settore delle pulizie e dei servizi integrati;
   se non ritenga infine opportuno valutare la necessità a livello normativo di un coordinamento della legislazione nazionale in materia degli appalti con quella delle regioni, con specifico riferimento alla salvaguardia dei livelli occupazionali, che come in precedenza richiamato, appare in netta controtendenza. (4-06096)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICCHI e SCOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la giunta regionale calabrese ha proceduto con le nomine dei commissari delle aziende sanitarie calabresi. Dopo una riunione fiume nella quale non sono mancati i momenti di tensione, l'esecutivo guidato da Antonella Stasi ridisegna a tarda notte il management di aziende sanitarie provinciali e aziende ospedalieri, nominando uomini e donne vicini ai vari schieramenti politici che attualmente governano (in prorogatio) la regione;
   il governo regionale, non ha recepito gli stop arrivati dal Ministero e dall'Avvocatura dello Stato, che avevano categoricamente escluso la possibilità che una giunta di fatto non legittimata (in seguito alle dimissioni di Scopelliti, che il consiglio regionale ha formalizzato il 3 giugno) potesse nominare i nuovi direttori generali o, in alternativa, i commissari straordinari. Provvedimenti – come ha sottolineato l'Avvocato distrettuale – connotati da una forte valenza «politica». Un aspetto ancor più rilevante se si pensa che la Calabria andrà al voto tra due mesi;
   il veto del Ministero ha una ragione fondamentale: «La giunta in prorogatio – chiarisce la nota diffusa dal ministero – non ha il potere di compiere atti di straordinaria amministrazione», anche in considerazione del fatto che «non è in discussione l'ordinato andamento della gestione presso le aziende sanitarie». La via indicata dal Ministero è quella della «reggenza», «riconoscibile in capo ai direttori amministrativi e sanitari» come prevede il decreto legislativo n. 502 del 1992;
   il Ministero avverte e paventa possibili azioni penali contro un Esecutivo riottoso: «Qualsiasi eventuale iniziativa della giunta regionale in prorogatio in questa materia che determinasse nuovi oneri amministrativi ed economici per la sanità calabrese, e conseguentemente per la finanza pubblica, sarebbe necessariamente e tempestivamente censurata dai predetti ministeri vigilanti nonché dall'organo commissariale per l'attuazione del Piano di rientro, cui è stato già dato mandato di assumere ogni idonea iniziativa per garantire la corretta attuazione del piano e la salvaguardia dei livelli sostenibili della spesa sanitaria regionale, ivi compreso il coinvolgimento degli organi giurisdizionali competenti»;
   il Governo nazionale ancora a distanza di mesi dalla condanna e dalle dimissioni di Scopelliti non ha ancora nominato il nuovo commissario straordinario per la sanità in Calabria che con grande ritardo si è visto costretto ad annullare numerosi atti a firma di Scopelliti adottati anche dopo le sue dimissioni –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano intraprendere per garantire il rispetto del giudizio espresso dall'Avvocatura dello Stato condiviso dal Ministero della salute e dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   se non si ritenga indispensabile ultimare l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario della regione Calabria seguendo le indicazioni espresse dal Ministero della salute;
   se non si ritenga di nominare immediatamente il commissario per il rientro del debito sanitario ed evitare così ulteriori effetti pregiudizievoli per l'erario.
(4-06090)


   CRIMÌ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 17 settembre 2014 si sono svolte in tutta Italia le prove di selezione per l'accesso ai corsi regionali di formazione specifica di medicina generale;
   a queste prove hanno partecipato migliaia di giovani medici;
   sono numerose le segnalazioni circostanziate e firmate di anomalie e disservizi nello svolgimento delle prove;
   sembrerebbe che in numerose sedi non sia stato possibile garantire le condizioni ambientali e gli standard minimi per il regolare svolgimento di un pubblico concorso. Nello specifico viene denunciato che gli spazi utilizzati per la somministrazione delle prove non erano adeguati ad ospitare l'ingente afflusso di candidati, così come il numero dei membri delle commissioni era insufficiente a far rispettare il timing relativo alle procedure concorsuali ed a garantire un'adeguata sorveglianza dentro le aule;
   le segnalazioni riportano di numerosi candidati che per lo svolgimento delle prove avrebbero fatto uso di smartphone o di altri dispositivi connessi ad internet –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare, anche in sede di conferenza Stato-regioni, affinché nelle prove non si verifichi quanto accaduto, garantendo a tutti gli esaminandi la sicurezza che l'unico strumento in loro dotazione sia la propria capacità individuale;
   se non si ritenga di promuovere un sistema di selezione a graduatoria nazionale, così come già avviene per le scuole di specialità universitarie, anche per l'accesso ai corsi regionali di formazione specifica in medicina generale, garantendo così trasparenza, oggettività e meritocrazia. (4-06093)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   all'interpellante è stato segnalato il deposito di una denuncia al procuratore Generale presso la Corte dei conti e alla procura della Repubblica con riferimento alla nomina di Alessandra Poggiani a direttore generale dell'Agenzia per l'Italia Digitale avvenuta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2014;
   secondo quanto segnalato dal denunciante, che ha eseguito accesso agli atti, il Ministro interpellato avrebbe eseguito la procedura di selezione senza il rispetto dei principi dell'evidenza pubblica, così come richiesto dall'articolo 21, comma 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, non garantendo, pertanto, il buon andamento e l'imparzialità della amministrazione sancito dall'articolo 97 della Costituzione della Repubblica italiana;
   peraltro, sempre secondo quanto segnalato, l'avviso pubblico, pubblicato il 6 giugno 2014 sul sito web istituzionale del Ministero, sarebbe viziato anche dalla mancanza dei criteri oggettivi di valutazione e ammissibilità dei candidati. Inoltre, il Ministro avrebbe nominato direttore generale dell'Agenzia per l'Italia Digitale, in assenza di una graduatoria formale, un candidato privo dei requisiti di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non essendo presente nel fascicolo di selezione alcun provvedimento che certifichi l'equipollenza del titolo di studio ottenuto all'estero dal candidato, e con documentazione presentata non conforme al disposto dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
   inoltre, sebbene in assenza di criteri oggettivi predefiniti, il Ministro pur avendo redatto una tabella con le proprie valutazioni ha nominato un soggetto che non risulta eccellente quanto altri candidati presenti nella stessa tabella –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della denuncia segnalata all'interpellante;
   se il Ministro non ritenga di dover fornire le informazioni necessarie a chiarire la regolarità della procedura ad evidenza pubblica di nomina del direttore generale dell'Agenzia digitale, nonché se risulti l'effettivo possesso dei requisiti di legge da parte della nominata;
   qualora ciò corrisponda al vero, quali siano i motivi che hanno portato ad omettere l'informazione sulla natura di evidenza pubblica della selezione nel decreto di nomina;
   se sia stata verificata la veridicità delle dichiarazioni fornite dalla nominata nell'istanza di partecipazione alla selezione e nel curriculum vitae e, pertanto, se la nominata sia in «possesso di requisiti, attitudini e capacità professionali che la rendono la più idonea a ricoprire l'incarico di Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale come precisato nel decreto di nomina;
   se il Ministro abbia richiesto un parere al Consiglio universitario nazionale, direzione generale per l'università in merito all'equipollenza del titolo di studio della nominata.
(2-00685) «Luigi Di Maio».

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Tinagli ed altri n. 1-00272, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Saltamartini e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Amendola, Bergamini, Biffoni, Calabria, Capua, Centemero, Antimo Cesaro, Cimmino, D'Agostino, D'Alessandro, De Maria, Faenzi, Ferranti, Gasparini, Gelmini, Giammanco, Giulietti, Gribaudo, Laffranco, Locatelli, Martelli, Mattiello, Marzano, Milanato, Moretti, Nesi, Oliaro, Paris, Piccoli Nardelli, Polverini, Prestigiacomo, Andrea Romano, Rossomando, Rotta, Sandra Savino, Tartaglione, Vargiu, Vecchio, Venittelli, Verini, Vezzali, Iori, Raciti, Cominelli, De Micheli, La Marca, Gregori, Marchetti, Malpezzi, Lodolini, Tidei, Sbrollini, Scuvera, Carlo Galli, Giampaolo Galli, Chaouki, Saltamartini».

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Giancarlo Giordano n. 3-01037, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Scotto, Franco Bordo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Benedetti n. 7-00454, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 281 del 7 agosto 2014.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la Commissione europea ha chiesto formalmente all'Italia di conformarsi alle norme comunitarie in materia di pesca nel Mediterraneo; a norma del regolamento (UE) 1967/2006, gli Stati membri devono infatti adottare piani nazionali di gestione per le attività di pesca condotte con reti da traino, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia, reti da circuizione e draghe all'interno delle rispettive acque territoriali. I piani di gestione italiani dovevano essere adottati entro il 31 dicembre 2007, tuttavia il nostro Paese, come altri Stati Membri, non dispone ancora di validi piani di gestione per le attività di pesca condotte con i vari sistemi di pesca;
    i piani nazionali sono strumenti importantissimi per uno sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche nel Mediterraneo, mare in cui, tradizionalmente, non si applica la gestione della pesca basata sui contingenti. In mancanza di una risposta soddisfacente entro due mesi, la Commissione potrà pertanto deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
    in base all'articolo 2 del regolamento (UE) 1380/2013, viene posto come obiettivo cardine della politica comune della pesca per il periodo 2014-2020 il rispetto del tasso di rendimento massimo sostenibile (MSY), obiettivo che deve essere ottenuto entro il 2015 ove possibile, e progressivamente al più tardi entro il 2020 per tutti gli stock ittici;
    a norma dell'articolo 15 del regolamento (UE) 1380/2013 vige l'obbligo di sbarco per «tutte le catture di specie soggette a limiti di cattura e, nel Mediterraneo, anche le catture di specie soggette a taglie minime quali definite nell'allegato III del Regolamento UE 1967/2006, effettuate nel corso di attività di pesca nelle acque unionali, o da pescherecci unionali al di fuori delle acque unionali in acque non soggette alla sovranità o alla giurisdizione di Paesi terzi, nei luoghi di pesca e nelle zone geografiche elencati di seguito sono portate e mantenute a bordo dei pescherecci, registrate, sbarca e imputate ai contingenti, se del caso». Per rendere possibile l'obbligo di sbarco a partire dal 1o gennaio 2015 è necessario che gli Stati membri, anche sulla base di un approccio decisionale maggiormente regionalizzato, cooperino e ne elaborino le effettive misure di attuazione;
    sempre a norma del succitato regolamento, la Commissione e gli Stati membri provvedono affinché il sostegno dei fondi strutturali e di investimento europei sia coerente con le pertinenti politiche, con i principi orizzontali e con le priorità dell'Unione europea. Ad aprile 2014, a seguito della trasmissione dell'accordo di partenariato da parte del Governo italiano, i competenti servizi della Commissione europea formulavano delle osservazioni in merito, rilevando dei vulnus nella strategia di utilizzo determinata per i Fondi SIE. In particolare, in relazione alla programma FEAMP la Commissione europea evidenziava alcune criticità relative al meccanismo di attuazione, posto che molte funzioni sono delegate al livello regionale, sebbene incluse nel PON, alla strategia di sviluppo delle imprese dell'acquacoltura; alle strategie di sviluppo tra attività economiche marittime ed ambiente marino; all'analisi sulla biodiversità marina, le zone marine protette e la qualità delle acque marine,

impegna il Governo:

   ad adottare urgentemente il piano nazionale di gestione per le attività della pesca per cui non sia stato ancora adottato (es. draghe);
   ad assumere iniziative per attivare urgentemente le misure volte alla definizione del rendimento massimo sostenibile entro i termini stabiliti, posto che il mare Mediterraneo è il bacino che presenta il 91 per cento degli stock ittici sovra sfruttati;
   a promuovere immediatamente in sede di Consiglio dell'Unione europea la conclusione degli accordi di cooperazione tra Stati membri in modo da raggiungere l'implementazione dei piani gestione degli sbarchi nelle aree di pesca condivise entro il termine stabilito del 1o gennaio 2015;
   a predisporre il programma operativo nazionale del FEAMP in modo da superare le criticità evidenziate nell'accordo di partenariato da parte della Commissione europea.
(7-00454)
«Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Parentela, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cozzolino, Da Villa, D'Incà, Fantinati, Grillo, Rizzetto, Rostellato, Spessotto, Turco».