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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 19 settembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2013 il Turismo internazionale ha proseguito la sua crescita sia in termini di arrivi sia in quelli di introiti, lasciandosi definitivamente alle spalle la flessione del 2009. Questo dato conferma la forza di un comparto che può essere una fondamentale leva di sviluppo per il nostro Paese;
    secondo i dati diffusi dall'Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO Barometer, June 2014) nel 2013 si è registrato un ulteriore rafforzamento dei turisti internazionali che hanno toccato quota 1,087 miliardi, con un incremento pari al 5 per cento rispetto all'anno precedente;
    l'Europa si conferma come l'area che ha attratto il maggior numero di turisti (563,8 milioni), seguita da Asia (248,7 milioni), Americhe (168,2 milioni), Africa (55,9 milioni) e Medio Oriente (50,8 milioni);
    purtroppo l'Italia non è riuscita a capitalizzare appieno questa tendenza. Nella graduatoria 2013 delle destinazioni turistiche mondiali più frequentate, essa occupa la quinta posizione nel Mondo nella classifica degli arrivi internazionali dopo Francia, Stati Uniti, Cina e Spagna; la sesta posizione per introiti da turismo internazionale dopo Stati Uniti, Spagna, Francia, Cina, Macao;
    per intercettare la crescita che si registra in questo settore è necessario dotare il nostro Paese di una strategia adeguata, capace di interpretare i grandi cambiamenti che hanno radicalmente modificato il mercato turistico a livello internazionale. Non basta più fare affidamento soltanto sulle straordinarie risorse del «Bel Paese». Alla luce della crescente competizione internazionale, con l'affacciarsi di nuove destinazioni straniere che, a partire dal Mediterraneo, hanno saputo creare prodotti turistici innovativi a prezzi accessibili, diventa decisivo per l'Italia un progetto capace di valorizzare il nostro patrimonio per consolidare i mercati tradizionali ed agganciare quelli emergenti;
    secondo la Banca d'Italia che ha analizzato il settore nel lungo periodo, tra il 1997 e il 2012, il turismo non ha contribuito come avrebbe potuto alla crescita del PIL. In particolare, nel periodo di riferimento, si è dimezzato il surplus estero del turismo, sceso dall'1,1 per cento allo 0,6 per cento del Pil;
    le condizioni del turismo italiano sono evidentemente peggiorate nel corso dell'estate scorsa. La crisi economica e le cattive condizioni meteorologiche hanno influenzato negativamente la stagione turistica 2014 soprattutto con riferimento al turismo interno. Ai problemi cronici del settore si è sommata una stagione estiva caratterizzata da cancellazioni dei viaggi e partenze anticipate, in particolare nelle località turistiche balneari e montane;
    secondo Confturismo-Confcommercio le cattive condizioni meteorologiche hanno portato il 15 per cento degli italiani a modificare i proprio piani delle vacanze. La Federalberghi, ha evidenziato l'impatto negativo dell'estate 2014 sui fatturati delle strutture ricettive (-5 per cento) sull'occupazione nel settore turistico (-1,3 per cento);
    dai dati del Sib-Confcommercio, Sindacato italiano balneari risulta che le presenze in spiaggia siano aumentate solo in Sicilia (+10 per cento), Sardegna (+5 per cento) e Puglia (+8 per cento), mentre nelle restanti regioni d'Italia sono calate tra il -5 per cento e il -40 per cento (Abruzzo -15 per cento, Basilicata -5 per cento, Calabria -5 per cento, Campania -10 per cento, Emilia-Romagna -10 per cento, Friuli Venezia Giulia -40 per cento, Lazio -5 per cento, Liguria -20 per cento, Marche -5 per cento, Molise -5 per cento, Toscana -10 per cento, Veneto -20 per cento),

impegna il Governo:

   a dare urgentemente attuazione alle disposizioni contenute nel decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 in particolare rispetto:
    a) agli incentivi per le ristrutturazioni edilizie degli alberghi e per l'innovazione tecnologica;
    b) all'istituzione del gruppo di lavoro in materia di tax free shopping;
    c) alla nuova classificazione alberghiera;
    d) all'approvazione del nuovo statuto dell'Enit, per rendere immediatamente operativo il nuovo ente pubblico economico, anche in vista dell'Expo 2015 di Milano;

   ad approvare velocemente il nuovo piano nazionale dei trasporti per il turismo anche alla luce degli sviluppi dell'accordo Alitalia-Etihad;

   a procedere al riordino del quadro normativo in materia di concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo che dovrà essere presentato entro il 15 ottobre 2014 promuovendo in sede europea tutti gli approfondimenti necessari ad affrontare e risolvere le problematiche della durata e del rinnovo delle concessioni demaniali marittime nonché della loro eventuale definizione per assicurare la coerenza della disciplina europea del turismo balneare con le specificità nazionali e la salvaguardia dell'interesse pubblico generale garantito dai servizi di salvamento in mare, tutela delle coste, primo soccorso e organizzazione dell'arenile;

   a valutare se esistano i presupposti per l'applicazione dell'articolo 03, comma 1, lettera c), n. 1) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 che prevede la riduzione dei canoni nella misura del 50 per cento in presenza di eventi dannosi di eccezionale gravità che comportino una minore utilizzazione dei beni oggetto della concessione, previo accertamento da parte delle competenti autorità marittime di zona e per la revisione degli studi di settore riguardanti le imprese balneari (modello WG60U) con l'inserimento di un parametro climatico (periodo di effettivo lavoro) da applicare anche alla determinazione della TARI;

   a riattivare i «buoni vacanze» rivolti ai lavoratori e pensionati meno abbienti, da utilizzare nei periodi di bassa stagione immaginando una possibile defiscalizzazione sul modello dei Chèque-Vacances francesi;

   a rafforzare economicamente il progetto delle «reti di impresa» nel turismo, uno strumento importantissimo per sostenere i processi di innovazione, in particolare tenendo conto della «rivoluzione» in atto nel settore del turismo con l'avvento delle web-technologies;

   ad accelerare le procedure per il rilascio dei visti turistici;

   ad assumere iniziative per correlare in maniera più stringente l'imposta di soggiorno dei comuni con i loro investimenti nel settore del turismo, comprendendo nei criteri di «premialità» non solo le attività prettamente turistico-culturali (progettazione, eventi, promozione, orari di apertura dei musei, «gratuità», e altro), ma anche fattori – come prevede l'analisi del WT02011 – quali la pulizia delle strade, la manutenzione del verde pubblico, la qualità dell'arredo urbano, la copertura Wi-Fi e la qualità del trasporto pubblico.
(1-00595) «Basso, De Micheli, Benamati, Arlotti, Giacobbe, Tullo, Ascani, Bargero, Baruffi, Carocci, Verini, Borghi, Taranto, Petitti, Narduolo, Carrescia, Rampi, Blazina, Taricco, Ghizzoni, Romanini, Dell'Aringa, Sgambato, Capone, Fragomeli, Camani, Amato, Maestri, Lodolini, Tidei, Gnecchi, Pastorino, Cimbro, Cominelli, Luciano Agostini, Sanga, Mognato, Marchetti, Rigoni, Carrozza, Peluffo, Amoddio, Scuvera, Brandolin, Rubinato, Censore».


   La Camera,
   premesso che:
    in data 6 febbraio 2014, il Senato della Repubblica ha approvato sostanzialmente all'unanimità, con il parere favorevole del Governo, un ordine del giorno su una mozione unitaria sul passaggio delle «grandi navi» da crociera a Venezia, in cui impegnava in sintesi il Governo: «1) ad assicurare che tutte le soluzioni presentate dai vari soggetti, pubblici e privati, siano preliminarmente e contemporaneamente comparate e considerate in sede di valutazione ambientale, a prescindere dallo stato di avanzamento progettuale, con le normali modalità di cui alla normativa VIA e VAS, opportunamente potenziata, attraverso un processo trasparente e partecipato e sentita la Commissione per la salvaguardia di Venezia; 2) a porre al centro della valutazione comparativa la rispondenza degli scenari prospettati alle condizioni progettuali: 1) compatibilità ed impatto ambientale; 2) rapidità di esecuzione; 3) gradualità e reversibilità; 4) impatto sull'economia di settore nella fase transitoria e continuità dell'offerta crocieristica; 5) entità delle risorse da impiegare; 6) sostenibilità economica e ambientale di lungo periodo; 7) rispetto delle normative vigenti»;
    in data 8 agosto 2014 si è tenuto a Roma il «Comitatone», che in tema di grandi navi a Venezia, per quanto si legge nel comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri, non dà risposte definitive, esprimendosi ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo in maniera non chiara in particolare sulla VIA (valutazione di impatto ambientale) cui assoggettare tutti i progetti scenari di soluzione del problema;
    il decreto n. 1697 del 12 agosto 2014 dell'autorità portuale di Venezia, al fine di approvare ed attivare la procedura di valutazione di impatto ambientale del progetto di «Adeguamento via acquea di accesso alla stazione Marittima di Venezia e riqualificazione delle aree limitrofe al canale Contorta-S.Angelo-rev. Luglio 2014», contiene alcune forzature interpretative e divergenze alquanto significative rispetto agli indirizzi che l'ordine del giorno del Senato del 6 febbraio 2014 ha voluto formulare, quasi facendo intendere che la recente riunione del «Comitatone» dell'8 agosto abbia scelto di far avanzare, proponendolo di fatto come un progetto di Stato, solo lo scavo di un nuovo canale dentro la laguna (il canale Contorta-S. Angelo appunto) e solo spostando le navi dal bacino di S. Marco alla laguna centrale, peraltro già notoriamente devastata dallo scavo del canale dei Petroli, di cui il nuovo canale è la continuazione e tutto ciò senza considerare quelle altre soluzioni che non comporterebbero la devastazione ulteriore della laguna di Venezia, oltre che contare di meno e richiedere tempi minori di realizzazione;
    lo scostamento dal provvedimento del Senato ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo può essere constatato anche in ordine all'andamento dei vari incontri ministeriali ed interministeriali tenutisi nel frattempo, dove la mancanza di partecipazione e trasparenza provoca momenti di sconcerto ed episodi di legittime manifestazioni di protesta nell'intera cittadinanza;
    tali equivoci sorgono anche dal ruolo e dalla competenza impropri che la capitaneria di porto di Venezia ha ritenuto di assumere nell'istruttoria tecnica di esame e selezione in relazione alle varie proposte progettuali depositate presso di essa entro il 18 marzo 2014, nonché dall'evidente conflitto di interessi in capo all'Autorità portuale di Venezia, che si presenta come «progettatore», «istruttore» e «decisore in parte qua»;
   tale contesto di scarsa chiarezza, fa temere che si innestino procedure contorte e ai limiti della liceità, anche penale, sulla scia di quanto già successo per le vicende criminali del Mose e del consorzio Venezia nuova,

impegna il Governo:

   ad attivarsi affinché tutti i provvedimenti che riguardano il transito delle grandi navi crociera a Venezia, i cui contenuti possano comportare complicazioni o travisamenti procedurali o peggio violazioni di disposizioni legislative vigenti, vadano opportunamente corretti e resi coerenti con il succitato ordine del giorno del Senato del 6 febbraio 2014;
   ad attivarsi affinché tutti gli accadimenti amministrativi prossimi sull'argomento vengano garantiti dal confronto pubblico, con la trasparenza dovuta, e dalla rendicontazione di tutti gli atti istruttori.
(1-00596) «Bray, Orfini, Bonomo, Bossa, Marzano, Amendola, Scuvera, Fontanelli, Cassano, Carrozza, Campana, Colaninno, Capone, Capodicasa, Carlo Galli, Carnevali, Casellato, Villecco Calipari, Roberta Agostini, Fregolent, Manciulli, Mariano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   TANCREDI e BERLINGHIERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 sono assegnati all'Italia circa 43,8 miliardi di euro a titolo di fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea, di cui 32,2 miliardi dei fondi strutturali (Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR e Fondo sociale europeo – FSE, 10,4 miliardi di euro del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), 670,6 milioni di euro a titolo di Fondo europeo per l'aiuto agli indigenti, e 567,5 milioni di euro dell'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (YEI);
   in base al Regolamento (UE) n. 1303/2013, recante la disciplina generale applicabile ai fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea, ciascuno Stato membro è tenuto a contribuire con una quota nazionale di cofinanziamento agli interventi sostenuti dai medesimi fondi, secondo i livelli stabiliti da ciascun programma operativo in conformità alle regole specifiche di ciascun fondo per le categorie di regioni interessate;
   il progetto di accordo di partenariato relativo alla programmazione dei fondi strutturali e di investimento destinati all'Italia nel periodo 2014-2020, trasmesso dal Governo alla Commissione europea lo scorso 22 aprile, contempla un cofinanziamento nazionale di 42,4 miliardi di cofinanziamento, di ammontare sostanzialmente pari alle risorse stanziate dal bilancio europeo sopra richiamate. In particolare, a titolo di cofinanziamento statale, 24,5 miliardi di euro per gli interventi sostenuti dai fondi strutturali e 7,7 miliardi in relazione al FEASR; a titolo di cofinanziamento di fonte regionale si prevedono 7,5 miliardi da destinare ai Programmi operativi regionali (POR) dei fondi strutturali e 2,7 miliardi per il FEASR;
   secondo notizie di stampa il Governo starebbe valutando una consistente riduzione delle risorse destinate al cofinanziamento degli interventi di cui all'Accordo di partenariato;
   tale riduzione di cui non sono precisate l'entità e la modalità, comporterebbe l'aumento, in termini percentuali, del contributo a carico dei fondi strutturali dell'Ue per taluni progetti con corrispondente riduzione della quota nazionale;
   non appare tuttavia chiaro se la riduzione della percentuale delle risorse statali riguarderebbe soltanto alcune delle prime annualità della programmazione 2014-2020, nel qual caso l'ammontare del cofinanziamento nazionale e quindi di quello europeo rimarrebbe inalterato complessivamente per il periodo di riferimento, ovvero se si intenda decurtare l'importo indicato nell'accordo di partenariato;
   in questo secondo caso, pur producendo effetti positivi in termini di saldi di finanza pubblica, la riduzione delle risorse complessive destinate al cofinanziamento potrebbe tradursi di fatto nella rinuncia per l'Italia ad avvalersi di una quota consistente delle risorse ad esse assegnate nell'ambito della programmazione 2014-2020;
   ne conseguirebbe, per un verso, un peggioramento del saldo netto negativo nei rapporti finanziari tra Italia e Unione europea, in quanto il contributo del Paese al bilancio europeo rimarrebbe inalterato a fronte di minori trasferimenti dai fondi strutturali ad interventi sul territorio nazionale. Per altro verso, la rinuncia ad utilizzare parte dei fondi europei già destinati all'Italia si tradurrebbe in un grave pregiudizio alla reputazione del nostro Paese, che riconoscerebbe l'incapacità sul piano finanziario e amministrativo ad avvalersi di uno strumento fondamentale della politica di coesione europea;
   la riduzione delle risorse europee e nazionali destinate alla politica di coesione comporterebbe inoltre un gravissimo pregiudizio all'effettivo perseguimento di politiche di sviluppo soprattutto nelle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), cui sono destinati circa 22 dei 32 miliardi di stanziamenti dei fondi strutturali –:
   se il Governo intenda ridurre e in quale misura, rispetto alle cifre indicate nel progetto di accordo di partenariato relativo alla programmazione dei fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea destinati all'Italia nel periodo 2014-2020, le risorse nazionali da destinare al cofinanziamento degli stanziamenti dei medesimi fondi;
   se il Governo abbia quantificato gli effetti che una riduzione del cofinanziamento nazionale produrrebbe sull'effettivo utilizzo da parte dell'Italia degli stanziamenti dei fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea sul contributo netto dell'Italia al bilancio dell'Unione europea. (3-01035)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la giunta regionale della Calabria, in prorogatio a seguito della decadenza e delle dimissioni del Governatore regionale Giuseppe Scopelliti, condannato in primo grado e interdetto perpetuamente dai pubblici uffici, nell'imminenza delle elezioni per il rinnovo degli organi di governo, che si svolgeranno il 23 novembre 2014, ha ugualmente proceduto nei giorni scorsi alla nomina di direttori generali o di commissari straordinari delle aziende sanitarie e ospedaliere;
   la regione Calabria, com’è noto, ha siglato in data 17 dicembre 2009 il piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria, attualmente in corso, che prevede una serie di interventi finalizzati a ristabilire l'equilibrio economico-finanziario della regione;
   nonostante la grave situazione in cui versa, la sanità calabrese, caratterizzata da gravi ritardi nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, la giunta presieduta dalla facente funzioni Antonella Stasi ha proceduto alle predette nomine stravolgendo tutte le regole e ignorando i pareri contrari dell'Avvocatura dello Stato e del Ministero della salute;
   secondo il parere dell'Avvocatura generale dello Stato, infatti, nell'attuale regime di prorogatio della giunta e del consiglio regionale della Calabria, è illegittimo procedere alla nomina di dirigenti di livello apicale nella sanità e in ogni altro settore di competenza della giunta e del consiglio regionale;
   ciò vale, tanto più, per una regione impegnata in un piano di rientro e sottoposta per tale ragione alla vigilanza dei Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, competenti ad esercitare le funzioni in materia sanitaria e di equilibrio di bilancio, tramite l'attuale sub-commissario;
   appare pertanto all'interrogante assolutamente inaccettabile e censurabile l'atteggiamento della facente funzioni Antonella Stasi, che ha definito la nomina dei commissari «una scelta obbligata»;
   la giunta calabrese, delegittimata e in scadenza, caratterizzata proprio nella sanità da posizioni di conflitto d'interessi, ha portato a termine ciò che appare all'interrogante un tentativo di «blindare» le varie strutture sanitarie utilizzando tali postazioni a scopi elettorali –:
   quali iniziative urgenti di competenza intendano assumere in relazione alle predette nomine, per garantire un trasparente svolgimento delle imminenti elezioni regionali;
   se intendano provvedere all'attesa nomina del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario della regione Calabria. (5-03599)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, CECCONI, ZOLEZZI, MICILLO, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, DAGA e SEGONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella regione Marche è iniziata da alcune settimane l'attività di monitoraggio delle emissioni in atmosfera di alcune centrali biogas da parte dell'ARPAM;
   in diverse centrali sottoposte a questo tipo di analisi sono stati registrati dei valori che superano quelli di soglia previsti per legge;
   si tratta in particolare dei valori relativi alla concentrazione di COT (carbonio organico totale) e di NOx (ossidi di azoto) che compongono la parte fine ed ultrafine delle polveri emesse dai cicli di combustione;
   proprio per le loro caratteristiche granulometriche rappresentano la componente più dannosa per la salute. Una delle principali espressioni di tossicità conseguente all'esposizione ripetuta per via inalatoria a polveri ultrafini è riferita al tratto respiratorio;
   gli effetti sull'apparato respiratorio dipendono, oltre alla composizione chimica delle polveri, dai tempi di esposizione. Esposizione a breve termine provocano disturbi e infiammazioni all'apparato respiratorio (bronchiti, mal di gola, asma), infiammazioni alle mucose (allergie, congiuntiviti), disturbi al sistema vascolare, mentre esposizione a lungo termine possono portare a malattie polmonari ostruttive croniche, riduzione della funzione polmonare, manifestazioni cancerose (tumore al polmone);
   l'agenzia internazionale per la ricerca sul Cancro (IARC) ha riclassificato alcune sostanze della lista di cancerogeni noti e fra queste ha ufficializzato l'entrata delle polveri sottili (PM) e in generale dell'inquinamento atmosferico inserendoli nella categoria 1, e quindi certamente cancerogeni;
   un caso eclatante di quello che sta avvenendo nella regione Marche è rappresentato dalla centrale biogas sita in località Pezze del comune di Matetica, un comune inserito in fascia «A» ossia un comune dove la soglia massima di concentrazione delle polveri sottili in atmosfera è superata per più di 30 giorni l'anno;
   l'ARPAM, su richiesta della provincia di Macerata il 5 agosto 2014 ha effettuato un sopralluogo nell'impianto ed ha anche prelevato i necessari campioni dei fumi allo scarico del combustore;
   il 13 agosto l'ARPAM ha comunicato i seguenti risultati analitici all'Amministrazione comunale di Matelica, agli uffici regionali e provinciali competenti, all'ASUR ed alla autorità giudiziaria:
    COT (carbonio organico totale): 2359,6 mg/Nm3 (valore massimo consentito 150 mg/Nm3);
    NOx (ossidi di azoto): 561,3 mg/ Nm3 (valore massimo consentito 500 mg/Nm3);
   l'ARPAM con lo stesso documento di comunicazione dei dati sopra citati, ha rilevato che l'impianto, in deroga ai requisiti progettuali ed autorizzativi, non risultava dotato del previsto post combustore. Pur trascurando il problema del noto mancato rispetto della procedura VIA (oggetto di una indagine giudiziaria), riferendosi soltanto alla marcia dell'impianto si può affermare che:
    a) gli effluenti inquinanti in fase gassosa dell'impianto non stanno rispettando i limiti di legge;
    b) l'impianto evidenzia la mancanza di una apparecchiatura (il post combustore) di notevole importanza prevista in fase di progetto autorizzato.
   Questi sono i fatti che non lasciano spazio ad interpretazioni. È un caso tipico nell'ambito della tecnica degli impianti; trattasi di due violazioni di legge importanti ed entrambi di notevole impatto sulla salute;
   è del 17 settembre la notizia secondo la quale il procuratore capo Giovanni Giorgio avrebbe inviato una diffida all'Arpam per sapere se gli impianti a biogas sono realmente un pericolo per l'ambiente –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto;
   se e come il Ministro dello sviluppo economico intenda assumere iniziative per quanto di sua competenza per sospendere il versamento dei contributi relativi alla produzione di energia elettrica da parte del GSE a quelle centrali in cui sono stati rilevati valori di emissioni di sostanze inquinanti fuori norma evidentemente non dichiarate in fase di autorizzazione all'inizio attività e in particolare alla centrale situata nel comune di Matelica nella quale è stata rilevata l'assenza del post combustore che rappresentava elemento utile per l'ottenimento dell'autorizzazione stessa;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga opportuno intervenire per quanto di sua competenza anche mediante iniziative di carattere normativo che prevedano effettivamente l'applicazione del principio di precauzione come previsto dalle normative europee e nazionali per evitare che possa essere autorizzata l'attività di centrali per la produzione di energia elettrica alimentate da biogas e biomasse che non rispettano i limiti di legge relativi alle emissioni in atmosfera;
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di individuare parametri di riferimento idonei a rendere più chiara la responsabilità nei casi di grave inquinamento dell'aria, in modo da assicurare la piena applicazione del principio «chi inquina paga». (3-01038)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del Governo Monti, Corrado Clini, nel mese di aprile 2013 ha firmato il decreto che sospende per sei mesi l'efficacia della valutazione di impatto ambientale (VIA, rilasciata il 17 luglio 2009) sul progetto presentato dalla Gas Natural per un impianto di rigassificazione del metano liquido (GNL) a Zaule, nel porto di Trieste;
   il provvedimento ha accolto il parere contrario della Commissione Via del dicastero che ha recepito i pareri negativi del comitato portuale di Trieste e dalla regione Friuli-Venezia Giulia, prendendo atto delle mutate situazioni del traffico marittimo triestino e delle prospettive di potenziamento previste dal piano regolatore portuale. Il rigassificatore, se realizzato con le modalità progettate dalla Gas Natural, non sarebbe compatibile con il traffico portuale attuale e con gli sviluppi futuri;
   dal 15 ottobre 2013 il rigassificatore di Zaule non figura più nella lista dei potenziali progetti di interesse comunitario nell'ambito della proposta di regolamento sugli orientamenti per le reti transeuropee di infrastrutture energetiche, essendo presente solo il riferimento a una infrastruttura non meglio localizzata nell'Alto Adriatico;
   questa circostanza è confermata dalla consultazione del sito della GIE (Gas Infrastructure Europe), dove risulta che rimpianto progettato dalla società Gas Natural per la località Zaule (TS), viene ora indicato da realizzare genericamente nel Nord Adriatico, con inizio della produzione previsto nel 2019. Nel frattempo il 23 luglio 2014 è stata presentata una istanza di valutazione di impatto ambientale per un nuovo progetto relativo a un terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del GNL nel golfo di Trieste, a Monfalcone;
   il 18 ottobre 2013 è scaduta la sospensione di sei mesi della valutazione di impianto ambientale per Zaule, senza che si sia verificata nessuna delle due condizioni indicate dal decreto per un esito positivo della valutazione: la multinazionale spagnola Gas Natural non ha presentato proposte di localizzazioni alternative e l'Autorità portuale di Trieste non ha rivisto al ribasso le stime di traffico marittimo che, già a fine 2012, hanno portato a sostenere l'incompatibilità dell'infrastruttura con le prospettive di sviluppo dello scalo;
   lo stesso giorno, come riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Piccolo di Trieste e intitolato «Rigassificatore, il Ministero revoca il permesso ambientale per Zaule»; si riferisce che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe inviato una missiva alla società Gas Natural concedendo 10 giorni di tempo per presentare le proprie osservazioni al fine di evitare la revoca delle valutazioni di impatto ambientale;
   è passato quasi un anno dalla missiva summenzionata ma ad oggi il Ministero competente, a quanto consta all'interrogante, non ha ancora emanato il decreto di revoca della valutazione di impatto ambientale, confermando un silenzio assordate sul destino di questa infrastruttura la cui realizzazione ufficialmente non è stata ancora cancellata;
   l'interrogante aveva ricevuto rassicurazioni da rappresentanti del Governo in risposta ad alcune interrogazioni presentate in materia, come nel caso della n. 4-00914 a cui ha replicato in forma scritta il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico Claudio De Vincenti;
   secondo la risposta pubblicata martedì 3 giugno 2014 nell'allegato B della seduta n. 238 dell'Assemblea della Camera: «Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di sua competenza, ha precisato che lo schema di decreto di revoca in questione, già firmato dal Ministro pro tempore, Andrea Orlando, era stato inoltrato per la firma del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, in data 13 febbraio 2014, ma, essendo nel frattempo mutata la compagine governativa, lo stesso decreto è stato restituito dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai fini dell'acquisizione della firma dei Ministri ora in carica. Lo schema di decreto è attualmente al vaglio del nuovo Gabinetto, in quanto il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare appena insediato sta procedendo ai controlli e agli approfondimenti procedurali e amministrativi di rito sulla questione prima della firma –:
   se non si ritenga opportuno emanare immediatamente il decreto di revoca della valutazione di impatto ambientale relativa al progetto summenzionato, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti;
   se s'intenda chiarire quale località del Nord Adriatico, così come riportata nei documenti comunitari, sarà interessata dal progetto di realizzazione di un rigassificatore. (5-03600)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, TOFALO, VACCA, ROSTELLATO, SPESSOTTO, DA VILLA, L'ABBATE, GAGNARLI, D'AMBROSIO, COLLETTI, MUCCI, FERRARESI, SARTI, TURCO, D'INCÀ, SORIAL, PISANO, VILLAROSA, BARBANTI, ALBERTI, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 12 settembre a Vasto (Chieti) si sono spiaggiati 7 capodogli, di cui 3 morti e 4 salvati grazie ai cittadini e alla marineria vastese; la presenza di gas nel sangue dei mammiferi fa supporre che la causa siano le ricerche di idrocarburi nell'Adriatico, la cui tecnica di ispezione air-gun provoca esplosioni che danneggiano i mammiferi;
   con atto n. 4-03492 dell'11 febbraio 2014 si interrogavano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e degli affari esteri relativamente alle scansioni avviate dal Governo croato in Adriatico, elencando gli studi che dimostrano come le tecniche di prospezione danneggino gli «abitanti del mare» e chiedendo garanzie a difesa del patrimonio marino;
   si prevede che, per valorizzare i non trascurabili giacimenti di idrocarburi presenti sul territorio nazionale, vengano sbloccati investimenti, ipotizzabili in 15 miliardi di euro, vengano semplificate le procedure di rilascio dei titoli minerari, e tolto agli enti locali il potere di veto sulle trivellazioni;
   si tratta di un giro di affari che attirerà gli interessi economici di un considerevole numero di imprese già operanti e di tutte quelle nuove compagnie che faranno presto a essere qualificate come «petrolifere»;
   le nuove procedure di semplificazione che si prospettano potrebbero comportare il diffondersi rapidamente di trivelle in mare che dall'Alto Adriatico (dove ne sono già previste 19) proseguirebbero lungo tutta la dorsale, fino alla Sicilia. In tutto potrebbero essere sbloccate 44 istanze per permesso di ricerca e 9 istanze di coltivazione depositate dalle compagnie, che si andrebbero ad aggiungere alle 105 piattaforme e ai 366 pozzi attivi oggi nell’offshore italiano. Solo nell'Adriatico centro meridionale sono oltre 12.290 i chilometri quadrati interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio che si aggiungono alle 8 piattaforme già attive e da cui nel 2013 sono state estratte 422.758 tonnellate di greggio;
   il rischio per il nostro Paese è il moltiplicarsi incontrollato di nuove piattaforme e nuovi giacimenti, che preoccupa esperti e associazioni ambientaliste. Gli operatori economici, dai proprietari di alberghi ai viticoltori, sono inoltre preoccupati dell'impatto economico negativo su produzioni di qualità e turismo che garantiscono il sostentamento per centinaia di migliaia di lavoratori;
   negli ultimi due anni sono scesi in piazza diocesi, enti locali, regioni, associazioni di categoria dei commercianti ed esercenti, per difendere settori economici che saranno gravemente impattati con conseguenti perdite di posti di lavoro, sacrificati sull'economia del passato che, peraltro, è a bassissima intensità di lavoro;
   è dimostrato infatti che le trivellazioni, per ogni milione di euro investito, portano 0,5-0,8 posti di lavoro, mentre l'agricoltura, il commercio e il turismo hanno moltiplicatori economici 10 volte maggiori; a dimostrazione di ciò si porta l'esempio della Basilicata che dal 1998 è stata trasformata in un distretto petrolifero e a 16 anni da questa scelta gli indicatori economici sono tra i peggiori d'Italia, con un'emigrazione costante di migliaia di persone che evidentemente non traggono beneficio dai pozzi di petrolio e dalle centrali di raffinazione che invece scoraggiano la nascita del turismo e danneggiano le produzioni agricole di qualità;
   il recente rapporto annuale della World Meteorological Organization indica che il 2013 è stato l'anno più inquinato degli ultimi trent'anni facendo registrare un nuovo record nella presenza di anidride carbonica e altri gas effetto serra nell'atmosfera terrestre; si starebbe inoltre verificando un'acidificazione senza precedenti degli oceani e quindi della loro capacità di assorbire la stessa CO2;
   il volume di anidride carbonica, il principale gas a effetto serra emesso dalle attività umane, presente nell'atmosfera terrestre, nel 2013 è stato pari a 396 parti per milione (Ppm), 2,9 Ppm in più rispetto al 2012. Si tratta del più grande aumento dal 1984, ovvero da quando la situazione mondiale è monitorata in maniera affidabile. Il secondo gas serra più importante, il metano (meno diffuso, ma molto più potente) ha continuato a crescere ad un ritmo simile a quello degli ultimi cinque anni, raggiungendo una media mondiale di 1.824 parti per miliardo (Ppb). L'altro principale gas dannoso, il protossido di azoto, ha raggiunto 325,9 Ppb, ma la sua crescita è rimasta stabile e nella media negli ultimi dieci anni;
   il segretario generale del WMO, Michel Jarraud, a proposito del rapporto annuale Greenhouse Gas, ha dichiarato che «senza alcun dubbio il nostro clima sta cambiando, sta diventando sempre più estremo e la causa sono le attività umane, come la combustione di carbone fossile. Le emissioni di CO2 del passato, quelle di oggi e del futuro si accumuleranno e avranno un impatto globale sia sul surriscaldamento che sull'acidificazione degli oceani. Le leggi della fisica non sono negoziabili, sta scadendo il tempo –:
   se alla luce degli studi scientifici, degli obiettivi del «Piano 20-20-20» approvato nel marzo 2007 dai Governi europei e della recente denuncia del WMO, non ritengano in totale controtendenza, anacronistica e antieconomica la direzione intrapresa dal Governo verso lo sfruttamento delle energie fossili, e quali misure intendano adottare a difesa dell'intero ecosistema marino. (4-06086)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIBRANDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   tra il 2010 e il 2011 il Governo italiano ha varato attraverso tre decreti-legge, poi convertiti dal Parlamento, contenenti misure di limitazione dell'uso del contante nelle transazioni finanziarie, portando il tetto ai pagamenti cash da 12.500 a 5.000 a luglio 2010, poi a 2.500 nel settembre 2011 e infine a 1.000 euro nel dicembre 2011, sanzionando ogni infrazione con il pagamento di una somma che va dall'1 al 40 per cento dell'importo trasferito (a partire da un minimo di 3.000 euro);
   il regime di restrizioni all'uso del contante vigente in Italia non trova equivalenti tra i principali paesi dell'Unione europea: la Germania, prima economia europea, non impone limiti nell'uso del contante, nonostante l'economia sommersa incida in Germania del 10 per cento) sul Pil; anche nei Paesi Bassi non è previsto nessun vincolo, mentre altrove vigono limiti all'uso del contante meno restrittivi rispetto all'Italia, come i 2.500 euro in Spagna, i 3.000 euro in Francia, l'equivalente di 13.400 euro in Danimarca e i 15.000 euro in Slovenia;
   una delle maggiori conseguenze negative della limitazione riguarda i consumi dei turisti stranieri in Italia, molti dei quali abituati per costume ad un utilizzo significativo del contante, soprattutto in settori molto caratteristici del Made in Italy;
   la previsione di una deroga al tetto per l'uso del contante da parte dei cittadini residenti in Paesi non membri della Unione europea e dello Spazio economico europeo è infatti inibita dalle severe regole burocratiche a cui è condizionata, in particolare la rinuncia da parte dell'acquirente del suo diritto alla riservatezza;
   anche per i cittadini italiani e comunitari, sottoposti senza deroghe al tetto dei 1.000 euro, cioè ad un livello di spesa che molto spesso riguarda acquisti della quotidianità, la disciplina del limite all'uso del contante rappresenta una forte compressione della propria sfera di privacy, perché l'obbligo di utilizzo di strumenti alternativi di pagamento per transazioni superiori ai 1.000 euro comporta il tracciamento dei dati personali rispetto alle scelte e ai gusti personali, alle condizioni di salute, alla natura e alla ragione dei pagamenti effettuati, ai luoghi visitati;
   per i cittadini meno avvezzi all'utilizzo di strumenti elettronici di pagamento — in particolare, i più anziani — le limitazioni rappresentano un disagio operativo non sempre e non da tutti risolvibile con l'aiuto di familiari e amici;
   se la riduzione della soglia sull'uso del contante puntava a fare emergere gli illeciti di evasione fiscale, non sembra che siano stati considerati alcuni aspetti: innanzitutto, che il fenomeno evasivo oggigiorno non è mai isolato, ma al contrario viene effettuato su filiere molto lunghe che iniziano e si concludono «senza fattura», trovando comunque in qualche modo come «ovviare» ai limiti imposti; in secondo luogo, per i grandi fenomeni di riciclaggio di denaro, gli strumenti elettronici e la sofisticazione informatica sono spesso fattori facilitanti e non inibenti il crimine;
   l'esistenza dei limiti all'uso del contante comporta un sussidio forzoso degli esercenti commerciali e dei consumatori a vantaggio degli istituti finanziari, a cui è stata di fatto ceduta una fetta importante della gestione di una delle funzioni pubbliche primarie, quale la moneta;
   gli ultimi dati sui consumi diffusi dall'Istat registrano un calo generalizzato: dal 2007 a oggi la contrazione del potere di acquisto degli italiani ha causato un danno annuo stimato da Confcommercio in 80 miliardi di euro; la contrazione dei consumi ha penalizzato la tanto attesa ripresa dell'economia, facendo dell'Italia l'unica tra le grandi economie italiane a non aver ripreso a crescere: le stime diffuse dall'OCSE a metà settembre dichiarano l'Italia in recessione anche per il 2014, con un tasso di crescita del PIL stimato al – 0,4 per cento (dopo il –1,8 per cento del 2013); secondo l'OCSE e le principali agenzia di analisi internazionali, nel 2015 assisteremo a una flebile ripresa di circa lo 0,1 per cento –:
   se siano stati valutati gli effetti sui consumi italiani e stranieri nel nostro Paese provocati dalle norme che limitano l'uso del contante e se si intenda, anche attraverso interventi di natura normativa, modificare la disciplina italiana, nella direzione di una maggiore sintonia con quelli vigente negli altri Paesi dell'Unione europea. (5-03597)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il centro di addestramento e specializzazione di Orvieto (CAS) rappresenta la struttura centrale nazionale del Corpo per l'alta formazione specialistica della Guardia di finanza nei settori difesa e sicurezza e costituisce un polo d'eccellenza per la formazione, l'addestramento, la sperimentazione al tiro, lo studio di nuove tecniche di tiro e di difesa da parte dei militari della Guardia di finanza;
   risulta agli interroganti che, presso il suddetto centro di addestramento, alcune strutture, acquistate per centinaia di migliaia di euro dalla pubblica amministrazione, verserebbero attualmente in uno stato di semi-abbandono nonostante gli ingenti costi richiesti per la loro acquisizione o ammodernamento;
   in particolare si troverebbero in una condizione di totale disuso:
    a) una torre di ardimento, costata all'incirca 300 mila euro cui vanno aggiunti i costi relativi all'acquisto dei necessari materiali per il suo corretto funzionamento e la formazione del personale addetto; tale struttura verserebbe dal 2011 in uno stato di abbandono;
    b) il bar del centro di addestramento, i cui lavori di ammodernamento sono costati, solo un anno fa oltre 20 mila euro, e che oggi risulta essere chiuso per decisione del Capo della caserma del centro di specializzazione, con notevoli disagi arrecati agli oltre 200 allievi presenti in sede;
    c) la piscina coperta, di cui non sono noti agli interroganti i costi ma che risulta a tutt'oggi inutilizzata;
    d) il percorso di guerra, di cui non sono noti agli interroganti i costi ma che risulta a tutt'oggi parimenti inutilizzato;
    e) la pista di atletica, di cui gli interroganti non sono al corrente dei costi di costruzione ma che risulta ferma dal 2012, per non meglio precisati motivi di sicurezza;
    f) il campo da calcio, costruito sul tetto dell'autorimessa interna al centro di addestramento e mai messo in funzione;
    g) le foresterie che in passato ospitavano militari e i loro famigliari in visita al centro addestramento e che solo di recente, dopo essere rimaste chiuse, per quanto di conoscenza, stanno riaprendo;
   inoltre, risulta agli interroganti che le docenze,  svolte dal personale istruttore in forza al Centro addestramento, abbiano un costo orario considerevole mentre in passato avevano costo zero per la pubblica amministrazione;
   per quanto è a conoscenza degli interroganti, risulta infine che molti istruttori, formati in passato per l'insegnamento presso il Centro addestramento, sarebbero stati rimossi dall'incarico e che, per sopperire alle suddette assenze, vengano chiamati al Centro istruttori dai reparti esterni, con un ulteriore aggravio dei costi per la pubblica amministrazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Ministro intenda intervenire, per quanto di competenza, anche ricorrendo a procedimenti ispettivi, riguardo alle strutture m disuso presenti nel sito del centro di addestramento di Orvieto, di cui in premessa, al fine dell'accertamento delle relative responsabilità nel mancato utilizzo delle strutture;
   se e quali incarichi di docenza esterna siano stati assegnati negli ultimi 10 anni da parte del Centro di addestramento e specializzazione di Orvieto e quali siano i costi complessivi della suddetta operazione di esternalizzazione delle docenze denunciata in premessa;
   qualora siano stati affidati incarichi di docenza esterna, per quali ragioni non sia stato preferito l'utilizzo del personale specializzato interno della guardia di finanza del Centro di addestramento per le docenze, con notevole risparmio in termini di costi per la pubblica amministrazione relativamente alla somministrazione dei corsi;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda adottare per investire della questione la Corte dei conti in relazione ai fatti suesposti per la valutazione di competenza. (4-06079)


   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo un rapporto della fondazione tedesca Bertelsmann il regime dell’austerity voluto dall'Unione europea avrebbe fatto affondare in l'Italia le politiche di inclusione sociale, tanto che da questo punto di vista, il nostro Paese sarebbe al ventiquattresimo posto sui ventotto Paesi dell'Unione;
   dopo l'Italia ci sarebbero solo l'Ungheria, la Romania, la Bulgaria (cioè il più povero dei Paesi dell'Unione europea) e la Grecia stremata dall'iperindebitamento e dalle misure di rigore imposte dall'Unione;
   il rapporto della fondazione Bertelsmann, che è stato compilato tenendo in considerazione diversi parametri, tra cui i metodi e le politiche di prevenzione della povertà, l'inclusione nel mercato dei lavoro, l'equo accesso all'istruzione e la giustizia nel rapporto tra le generazioni, afferma che in particolare, «le rigide politiche di austerità portate avanti durante la crisi, e le riforme strutturali miranti alla stabilizzazione economica e dei conti pubblici, hanno avuto nella maggior parte dei casi, nei paesi in cui sono state varate, effetti negativi sulla giustizia sociale»;
   in Italia, da quando è iniziata la crisi economica, è raddoppiato il numero dei poveri, passando dal 6,8 per cento della popolazione nel 2007, al 12,4 nel 2013, una percentuale allarmante e anomala per un Paese industriale; si tratterebbe di cittadini costretti a pesanti privazioni materiali, scrive il rapporto;
   è raddoppiata anche la povertà minorile e le diseguaglianze sono aumentate rapidamente in Italia: in due anni, su circa 10 milioni di minori quelli in stato di indigenza sono passati da 723 mila a 1 milione e 434 mila. Molti altri vivono in una zona grigia e sono ad alto rischio. «Una situazione che colpisce fasce di età sempre più basse e che interessa anche vaste aree del Nord», osservano gli esperti. Gli effetti si spingono oltre le privazioni materiali, diventano deficit sociale con migliaia di ragazzi esclusi dallo sport, dalla cultura, dalla possibilità di invitare un amico a casa, ma i finanziamenti per combattere l'impoverimento sono stati dimezzati;
   quest'anno l'UNICEF Innocenti Report Card si occuperà degli effetti della recessione sulla vita dei minorenni nei Paesi dell'Unione europea e OCSE: a causa della crisi, una generazione di bambini e giovani nell'Unione europea e nei Paesi OCSE sta crescendo in condizioni di deprivazione che i loro genitori e nonni non hanno vissuto, intesa come la mancanza di accesso ad alcuni beni ritenuti «normali» nelle società economicamente avanzate: almeno un pasto al giorno contenente carne o pesce, libri e giochi adatti all'età del bambino, un posto tranquillo con spazio e luce a sufficienza per fare i compiti;
   le risposte dei Governi alla crisi sono state fortemente disomogenee. La maggior parte dei Governi esaminati in questo Report Card, tra cui l'Italia, sono passati dal 2010 da politiche di investimento a politiche di austerità con effetti devastanti sui bambini e sulle famiglie nell'Unione europea e nei Paesi OCSE, e gli effetti si vedono, anche se la gravità della situazione, soprattutto rispetto alla povertà infantile, si paleserà in tutta la sua severità soprattutto in futuro;
   dal 2008 i fondi nazionali per il contrasto della povertà sono passati da 2 miliardi e mezzo di euro, ai 964 milioni del Governo Letta; le risorse a favore di famiglie con bambini e minori nel 2010 rappresentavano il 4,6 per cento della spesa complessiva di protezione sociale in Italia, contro l'8 per cento della media europea, secondo le cifre fornite da Eurostat –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione esposta in premessa e se non intendano intervenire per invertire la rotta per assicurare politiche sociali incisive e la lotta alla povertà soprattutto infantile, e fare in modo che la recessione non venga pagata dai più deboli, e il futuro del nostro Paese non sia già ipotecato per colpa di politiche miopi e inconsistenti. (4-06081)


   DE LORENZIS, LIUZZI, CRISTIAN IANNUZZI, SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI e DELL'ORCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 24 febbraio 2000, «Conferimento alla CONSIP Spa dell'incarico di stipulare convenzioni e contratti per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato», è stato introdotto il sistema degli acquisti in convenzione per la pubblica amministrazione;
   attualmente, tali convenzioni assumono la forma di contratti quadro stipulati da Consip, per conto del Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 26 della legge n. 448 del 1999, nell'ambito dei quali i fornitori aggiudicatari di gare, esperite in modalità tradizionale o smaterializzata a seguito della pubblicazione di bandi, si impegnano ad accettare ordinativi di fornitura emessi dalle singole amministrazioni che hanno effettuato l'abilitazione al sistema Acquisti in rete;
   secondo l'ultima rilevazione condotta dall'Istat per conto del Ministero dell'economia e delle finanze, gli acquisti in convenzione da parte della pubblica amministrazione hanno effetti positivi sul bilancio dello Stato in quanto consentono di conseguire risparmi significativi;
   ciò nonostante, ad oggi attualmente, si registrano ingenti spese per appalti effettuate al di fuori del sistema di acquisto centralizzato della Consip;
   la rilevazione MEF ISTAT 2013 ha esaminato un «paniere» tipico di beni e servizi acquistati dalla pubblica amministrazione;
   lo studio, condotto su un campione di 1.196 amministrazioni, ha interessato ventuno merceologie, selezionate secondo criteri di rilevanza in termini di spesa e diffusione presso le amministrazioni;
   nella relazione, sono riportate le stime dei livelli dei prezzi medi pagati nel 2012, «in convenzione Consip» e «fuori convenzione Consip», per l'acquisto di un insieme di beni e servizi, con riferimento sia alla popolazione rappresentata dal complesso delle amministrazioni che alle sottopopolazioni rappresentate dalle sole amministrazioni centrali e dalle sole amministrazioni locali;
   tra le categorie per le quali il risparmio Consip stimato è maggiore vi sono la telefonia fissa e la telefonia mobile;
   i livelli di prezzo osservati, in e fuori convenzione Consip, per tipologia istituzionale, anno 2012 (euro al minuto, al lordo del canone, IVA esclusa) ammontano, rispettivamente:
     per la telefonia fissa:
      per le amministrazioni centrali, a 0,1670 e 0,0377, con una differenza percentuale del 77,43, e per le amministrazioni locali, a 0,1357 e 0,0455, con una differenza percentuale del 66,47;
     per la telefonia mobile (traffico voce) a:
      per le amministrazioni centrali 0,038 e 0,023, con una differenza percentuale del 39,47, e per le amministrazioni locali 0,039 e 0,025, con una differenza percentuale del 35,90;
     per la telefonia mobile (SMS) a:
      per le amministrazioni centrali a 0,070 e 0,019, con una differenza percentuale di 72,86, e per le amministrazioni locali a 0,043 e 0,021, con una differenza percentuale del 51,16;
   il sistema degli acquisti succitato è stabilito per legge;
   ad oltre dieci anni dall’’introduzione del sistema, non è ancora garantita la totale copertura degli acquisti;
   l'utilizzo costante degli acquisti in convenzione comporta numerosi vantaggi tra cui: semplificazione del processo di acquisto, riduzione di costi unitari e tempi di approvvigionamento, aumento della trasparenza e della concorrenza, abbattimento dei costi legati alla gestione dei contenziosi;
   gli acquisti effettuati attraverso le convenzioni Consip consentono alle amministrazioni un risparmio medio di circa il 22 per cento rispetto ai prezzi fuori convenzione;
   non è accettabile che, in un contesto di spending review come quello attuale, il contenimento dei costi non sia esercitato in primo luogo dalla pubblica amministrazione –:
   come intenda intervenire, per quanto di competenza, in relazione a quanto rappresentato in premessa;
   se non si intenda intervenire ai fini di una copertura totale della fornitura di beni e servizi alla pubblica amministrazione tramite il sistema Consip;
   se non si intenda realizzare un censimento delle amministrazioni che non rispettano la legge succitata;
   quali iniziative, anche normative, intendano assumere per stabilire un meccanismo sanzionatorio per le amministrazioni che non rispettano tali normative, posto che agiscono palesemente contro un obbligo di legge. (4-06087)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO, COZZOLINO, BENEDETTI, DA VILLA, D'INCÀ, BUSINAROLO, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI e TOFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio Venezia nuova (Cvn), concessionario unico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la progettazione e realizzazione del sistema Mose, in attuazione della legge 29 novembre 1984, n. 798 recante «Nuovi interventi per la salvaguardia di Venezia», è stato recentemente coinvolto in una clamorosa inchiesta giudiziaria, condotta dalla procura della Repubblica di Venezia e dalla Guardia di Finanza, indagine da cui sarebbe emersa anche la forte carenza del sistema di vigilanza e controllo esercitato dal Magistrato delle Acque (Mav) sull'operato dello stesso Consorzio;
   tra i compiti del Magistrato alle acque, organismo soppresso con il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114) dopo gli scandali legati al Mose, vi era proprio quello di vigilare, per conto dello Stato, sui lavori di salvaguardia di Venezia ed in particolare sul concessionario unico delle opere, il Consorzio Venezia Nuova;
   per quanto di conoscenza, il magistrato alle acque avrebbe affidato negli ultimi 25 anni al Consorzio, attraverso la distribuzione di cariche ad alti funzionari dello Stato o ad appartenenti di società statali, numerosi incarichi, sulla base di lauti compensi calcolati percentualmente sull'importo delle opere sottoposte a collaudo, per effettuare analisi su singoli pezzi appartenenti al sistema di dighe mobili, pur non esistendo, ad oggi, alcun elenco complessivo degli incarichi affidati nel tempo da parte del magistrato;
   in particolare, come si apprende anche dalla lettura dell'articolo di stampa apparso sul Quotidiano Italia Oggi in data 12 settembre 2014 e intitolato «Affossato lo scandalo del Mose», sarebbero emersi gravi profili di illegittimità nelle procedure seguite per l'affidamento di incarichi di collaudo del sistema Mose, collaudi ripartiti tra innumerevoli commissioni, che si ruotavano nell'effettuare la revisione delle attività realizzate dal consorzio;
   questo sistema ribattezzato dalla stampa «collaudo dei collaudi» prevedeva l'affidamento a consulenti e collaudatori, quasi sempre gli stessi soggetti a rotazione, di incarichi decisi dal presidente del magistrato alle acque e pagati direttamente dal Consorzio Venezia Nuova, ovvero da parte di coloro che realizzavano le opere da sottoporre a controllo di incarichi;
   come emerso dalle recenti indagini, Patrizio Cuccioletta e Giovanna Piva, ai vertici della struttura del Magistrato dal 2000 al 2011 ed oggi in carcere, distribuivano gli incarichi di collaudo tra ingegneri dei lavori pubblici, funzionari della regione, delle province, dei comuni ma soprattutto del Magistrato alle acque e del Ministero, con una condizione di evidente conflitto d'interesse tra i collaudatori componenti le commissioni preposte e lo stesso concessionario unico;
   già nel 2009 la Corte dei conti aveva redatto una relazione, firmata dal magistrato Antonio Mezzera, chiedendo spiegazioni al Magistrato alle acque, responsabile della nomina dei collaudatori, dei 24 milioni di euro spesi negli anni per i collaudi e della presenza tra i collaudatori di dirigenti dell'Anas e di alti funzionari del ministero dei lavori pubblici, oltre alla designazione «per una pluralità di collaudi, di un soggetto non laureato, tanto più per opere così significative e complesse»;
   i giudici contabili denunciavano inoltre come l'attribuzione di remunerativi incarichi di verifica non apparisse neppure utile dal punto di vista dell'efficacia dei controlli e che la decisione del Magistrato alle acque di affidare i collaudi a dipendenti pubblici, fosse in contrasto con la legge sui lavori pubblici, aggiungendo che «contro i principi di trasparenza l'affidamento degli incarichi è avvenuto intuitu personae, senza alcuna forma di selezione e pubblicità»;
   lo scandalo legato agli affidamenti dei collaudi per il Mose è emerso anche dalle recenti dichiarazioni dei magistrati che affermano: «era il Cvn che predisponeva gli atti decisori che lo riguardavano di competenza del Magistrato alle acque, che poi recepiva quanto deciso dal Cvn attraverso i Presidenti del Mav che addirittura neutralizzavano eventuali dissidenti, velocizzavano tutte le pratiche e controllavano i collaudi nominando personale anche non tecnicamente idoneo;
   tra gli ultimi incarichi affidati dall'ex Presidente del Magistrato alle acque Ciriaco D'Alessio, per un compenso, a carico del Consorzio Venezia Nuova di 400 mila euro a testa, vi sono quelli assegnati alla commissione composta da Pietro Ciucci, presidente dell'Anas e già componente di commissioni che hanno eseguito collaudi per il Mose, e Vincenzo Fortunato, già a capo di gabinetto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, rispettivamente laureati in economia e giurisprudenza ed entrambi rimossi dal proprio incarico, verosimilmente a causa della mancata qualifica della loro commissione a svolgere un incarico tecnico di collaudo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei gravissimi fatti esposti in premessa e se possano illustrare i motivi per cui, a fronte delle denunce esposte della Corte dei conti, già a partire dall'anno 2009, relativamente al sistema non trasparente dei collaudi a carico del Consorzio Venezia Nuova, non sia stato dato seguito immediato alle segnalazioni dei giudici contabili, attraverso tutte le necessarie iniziative ministeriali atte a verificare il corretto affidamento, tra le commissioni incaricate, dei collaudi tecnici per il Mose, al fine di prevenire e contrastare episodi di irregolare affidamento di lavori pubblici;
   se, a fronte dei fatti sopra esposti, i Ministri interrogati non ritengano di acquisire ogni elemento in relazione ai pagamenti effettuati dal Magistrato delle acque a favore del Consorzio Venezia Nuova e delle commissioni incaricate dei collaudi dei lavori per il Mose in tutti questi anni, anche al fine di poterne interessare, ove del caso, le competenti magistrature penale e contabile. (5-03601)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI VITA, CECCONI, BARONI, LOREFICE, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, MANTERO, DAGA, DE ROSA, TERZONI, ALBERTI, MANLIO DI STEFANO, SORIAL, BASILIO, CARINELLI, LIUZZI, CASO, DE LORENZIS, DELLA VALLE e MUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 3 marzo 2009, n. 18 il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale, sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007;
   nei suoi principi ispiratori la Convenzione non riconosce «nuovi» diritti alle persone con disabilità, intendendo piuttosto assicurare che queste ultime possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, degli stessi diritti riconosciuti agli altri consociati, in applicazione dei principi generali di pari opportunità per tutti;
   scopo della Convenzione è quello di promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità. A tal fine, la condizione di disabilità viene ricondotta all'esistenza di barriere di varia natura che possono essere di ostacolo a quanti, portatori di minorazioni fisiche, mentali o sensoriali a lungo termine, hanno il diritto di partecipare in modo pieno ed effettivo alla società;
   tra i principi generali della Convenzione, delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con la legge n. 18 del 2000, v’è anche l'accessibilità;
   la Convenzione fa riferimento all’universal design (in Italia «Progettazione universale») come strumento per raggiungere i propri obiettivi. La «progettazione universale» è definita all'articolo 2 della Convenzione, come «la progettazione (e realizzazione) di prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate»;
   allo scopo di garantire uniformità normativa e per proporre soluzioni di riordino della materia, con l'articolo 12 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, era stata istituita una commissione permanente di studio al fine di coordinare e aggiornare le prescrizioni tecniche per gli edifici pubblici e privati e per gli spazi e i servizi pubblici o aperti al pubblico o di pubblica utilità;
   al termine dei lavori della citata commissione, durati per ben 17 anni, il 9 novembre 2006, è stato predisposto uno schema di regolamento per l'eliminazione delle barriere architettoniche, potenzialmente idoneo a garantire l'esigenza di uniformità e di coerenza della disciplina, con la definizione di una normativa unitaria in materia di abbattimento delle barriere architettoniche;
   la commissione di studio, tuttavia, risulta non aver raggiunto il proprio scopo, dato che lo schema licenziato dalla stessa, allora trasmesso al Ministro competente, non è mai stato trasformato in regolamento vigente, lasciando purtroppo inalterato il quadro normativo di riferimento;
   a tal proposito, da ultimo, occorre ricordare che, proprio allo scopo di fornire un ulteriore stimolo all'approvazione di detto regolamento in tempi brevi, nonché procedere contestualmente all'istituzione di una nuova commissione permanente di studio, sono state presentate recentemente due proposte di legge finalizzate, in ultima analisi, a dare agli utenti e agli operatori certezze in materia il cui esame è ancora in corso;
   in ossequio alla Convenzione, i principi di accessibilità e mobilità sono confluiti nel capitolo 6, linea di intervento 4 «Promozione e attuazione dei principi di accessibilità e mobilità», del «programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità», elaborato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e pubblicato in Gazzetta ufficiale a fine 2013;
   la linea di intervento, sinteticamente, stabilisce che, nell'attesa di un organico aggiornamento della normativa riguardante l'accessibilità e l'abbattimento delle barriere architettoniche ai principi della introdotti dalla Convenzione, occorre aggiornare i regolamenti esistenti sulla base di quanto elaborato dalla commissione di studio permanente. Per quanto riguarda i contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche, parallelamente al rilancio degli strumenti di pianificazione per l'adeguamento e all'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici e spazi pubblici (piano per l'eliminazione delle barriere architettoniche – P.E.B.A. – e piani integrati spazi urbani – P.I.S.U. – previsti dall'articolo 32 della legge n. 41 del 1986 e dall'articolo 24, comma 9, della legge n. 104 del 1992) occorre inserire come elemento prioritario il tema dell'accessibilità nel quadro più generale del rinnovamento/restauro del patrimonio edilizio del paese (ad esempio il piano casa); per quanto concerne la formazione, è previsto di inserire nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado a indirizzo tecnico insegnamenti riguardanti gli aspetti funzionali, edilizi e urbanistici relativi all’universal design e al superamento delle barriere architettoniche nonché lo studio della domotica in rapporto alla disabilità e realizzare programmi formativi/informativi rivolti a chi gestisce servizi, edifici e spazi pubblici per la gestione dell'accoglienza alle persone con disabilità;
   la Convenzione dispone che ogni Stato presenti un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi e sui progressi conseguiti al riguardo. La medesima legge istituisce l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità che ha, tra gli altri, il compito di promuovere l'attuazione della Convenzione ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui all'articolo 35 della stessa Convenzione, in raccordo con il Comitato interministeriale dei diritti umani (CIDU);
   a tal proposito è opportuno rilevare che, in seguito all'approvazione del testo da parte dell'Osservatorio, l'Italia ha provveduto a trasmettere a fine novembre 2012 il primo rapporto alle Nazioni Unite per il tramite del CIDU del Ministero degli affari esteri in cui, sinteticamente, viene elencato tutto ciò che lo Stato italiano avrebbe fatto per ottemperare alle prescrizioni della convenzione ONU;
   il rapporto è senz'altro di grande interesse, poiché rappresenta una sintesi di tutto «l'operato legislativo» italiano sul fronte della disabilità. Ciononostante, secondo le segnalazioni ricevute dalla interrogante da parte di alcune persone con disabilità, il testo del rapporto includerebbe però anche alcuni riferimenti discutibili a norme che, sebbene emanate dallo Stato in ossequio ai principi della Convenzione, rispondono solo in parte alle prescrizioni contenute in quest'ultima e che, oltretutto, restano sovente disattese;
   Milano è la città in cui si svolgerà Expo 2015, l'evento di massa che tra meno di un anno dovrebbe richiamare nel capoluogo lombardo un flusso stimato di circa duecentomila persone portatrici di disabilità motorie e sensoriali;
   a fronte di tale dato si apprende però da un articolo online pubblicato il 29 luglio 2014 delle notevoli difficoltà, e delle conseguenti relative frustrazioni, patite dalle persone con disabilità in carrozzina a causa delle numerose barriere architettoniche incontrate nel corso degli spostamenti attraverso alcuni dei percorsi obbligati della metropolitana milanese che conducono a Rho-Pero, l'area del sito espositivo Expo 2015; (http://tv.ilfattoquotidiano.it);
   l'inchiesta giornalistica succitata, è consistita nello specifico in un vero e proprio esperimento, documentato con ripresa audiovisiva, di «quotidiana mobilità urbana» delle persone con disabilità in carrozzina attraverso la metropolitana di Milano, in particolare la metropolitana linea 2 (verde), condotto dal signor C.C., blogger e associato Enil Italia (European Network on Independent Living – Rete europea per la vita indipendente), in seguito al quale è emerso un quadro davvero sconfortante: prigionieri in un terminal sotterraneo che non ha uscite e costringe chi lo affronta a girare per ore intorno alla meta tra ascensori rotti, servoscale difettosi, uscite bloccate; tratti di metropolitana di pochi chilometri che un utente normodotato compirebbe in 10 minuti senza dover cambiare linea, per le persone in carrozzina possono richiedere anche due ore a causa dei disservizi che si incontrano alle fermate. Con la beffa di dover ripassare dalle stesse stazioni per tornare in superficie;
   a meno di un anno dall'inaugurazione di Expo 2015, dunque, tra i ritardi dell'organizzazione dell'evento, oltre alle opere infrastrutturali finite nel mirino delle inchieste, si registra mestamente anche quello relativo all'appropriato adeguamento delle misure per assicurare alle persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, l'accesso all'ambiente fisico, ai trasporti;
   per rimediare, seppur con grave ritardo, il comune di Milano ha istituito un tavolo ad hoc con le associazioni che si è insediato soltanto il 31 marzo 2014, cinque anni dopo l'aggiudicazione dell'evento da parte del capoluogo lombardo (http://www.comune.milano.it);
   un'ulteriore criticità segnalata riguarda la procedura d'acquisto dei biglietti di ingresso ad Expo 2015 per le persone con disabilità e i relativi accompagnatori; se infatti, da un lato, risulta esser stata opportunamente prevista la vendita di biglietti per costoro ad un prezzo ridotto, dall'altro deve rilevarsi la mancata possibilità per i medesimi di accesso alla procedura d'acquisto online. Perché le persone con disabilità possano acquistare il biglietto, infatti – si legge alla pagina del sito ufficiale dell'evento http://www.expo2015.org – «è necessario fornire un documento che attesti la disabilità»;
   alle persone con disabilità, dunque, ovvero coloro i quali, per ovvie ragioni, avrebbero più bisogno di beneficiare di tale servizio di vendita online, è invece ingiustificatamente preclusa tale modalità di acquisto, dovuta alla colpevole mancata previsione da parte dell'organizzazione dell'evento della possibilità di invio telematico della documentazione che accerti lo stato di invalidità; una procedura questa, si ritiene, che se fosse stata individuata e programmata a tempo debito non avrebbe senz'altro comportato una complessa ed eccessivamente onerosa realizzazione;
   quello di Milano, sebbene emblematico, non rappresenta certamente un caso isolato nel territorio nazionale. La presenza di barriere architettoniche costituisce un problema di tipo sociale che interessa tutti, in maniera diretta o indiretta, poiché impedisce a molti il pieno e libero utilizzo di servizi e spazi della città, mettendo a rischio il principio del pieno godimento dei propri diritti. Molte città e i loro amministratori lo hanno compreso e hanno avviato strategie e progetti per avere una città più accessibile per tutti, in sinergia con le persone con disabilità e con i progettisti;
   uno spazio o un servizio accessibili, così come richiede la Convenzione ONU, sono utilizzabili da parte di tutti, persone disabili e non disabili, garantendo nel contempo la massima sicurezza e le pari opportunità. Non garantire la piena accessibilità a tutte le persone con disabilità costituisce una grave forma di discriminazione nei confronti di queste;
   nel momento in cui uno Stato ratifica la Convenzione, i suoi contenuti diventano un impegno di quello Stato –:
   se sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;
   se intenda illustrare le ragioni per cui, nella progettazione di una opera di tale rilevanza strategica, sia in termini infrastrutturali che di crescita economica e conseguente risalto mediatico, non abbia provveduto per tempo al controllo del rispetto dei principi dell’universal design per le nuove infrastrutture e alle dovute misure volte all'eliminazione di dette barriere architettoniche per le strutture già esistenti, inadempienza che appare agli interroganti gravemente censurabile;
   se sia in grado di fornire un quadro chiaro delle responsabilità per i disservizi resi non solo ai cittadini lombardi ma anche ai futuri visitatori stranieri disabili che sperimenteranno sulla propria pelle, loro malgrado, gli stessi disagi che i cittadini italiani vivono quotidianamente e quali siano le ragioni che abbiano portato a tali disservizi, posto che tale incresciosa circostanza appare lesiva dell'immagine che il nostro Paese darà al mondo, già pesantemente compromessa dai casi di corruzione, emersi a diversi livelli e in diversi ambiti, che hanno interessato l'Expo, mettendo a rischio la stessa riuscita dell'opera;
   se possa confermare sin d'ora che nella prossima relazione sull'applicazione della convenzione ONU che l'Italia dovrà presentare nel 2015, fornirà debite spiegazioni sulle circostanze negative in premessa illustrate relativamente all'evento Expo 2015 e, più generalmente, sullo stato di accessibilità in cui versano le opere pubbliche costruite in seguito alla ratifica della Convenzione ONU;
   se nel caso specifico, anche in ragione dell'importanza e del risalto mediatico dell'evento in questione, non intenda porre in essere urgentemente opportune iniziative di competenza per colmare tale grave ritardo nell'eliminazione di dette barriere architettoniche, nonché nell'estensione alle persone con disabilità della possibilità di accedere alla procedura d'acquisto telematico dei biglietti di Expo 2015, secondo i dettami della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, e rimediare così al grave disagio che tali circostanze continuano a determinare quotidianamente in tutte le persone con disabilità, in particolare in quelle non deambulanti costrette all'uso della carrozzina;
   se il Ministro interrogato non ritenga altresì opportuno:
    a) fornire un quadro dettagliato delle attività, anche di carattere normativo, poste in essere dalla ratifica della Convenzione ONU ad oggi, al fine di garantire in Italia l'attuazione dei suddetti principi della progettazione universale e dell'accessibilità;
    b) fornire elementi sulle difficoltà che oggi vanificherebbero la concretizzazione dei suddetti principi nella realtà;
    c) illustrare i motivi per cui il Governo non ha ancora portato a termine il procedimento di rivisitazione complessiva del quadro normativo in materia, così come stabilito dalla convenzione ONU e dalla linea di intervento 4 del programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, pervenendo all'emanazione di un testo unico e chiaro in materia di abbattimento delle cosiddette barriere architettoniche, altresì indicando quali somme intenda precisamente stanziare per porvi urgente rimedio dando inizio ai lavori necessari per la realizzazione degli impegni presi;
    d) assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché d'ora in poi nella realizzazione di qualsiasi opera infrastrutturale pubblica venga rispettata l'applicazione obbligatoria dei principi dell’universal design, così come sancito dalla convenzione ONU. (4-06082)


   SARTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Aeradria spa, partecipata al 17,73 per cento dal comune tramite la Rimini Holding spa, per decenni, sino al 26 novembre 2013 è stata l'ente gestore dell’«Aeroporto Federico Fellini» di Rimini-San Marino. Nella data su citata veniva depositata la sentenza di fallimento della società di gestione. La stampa riporta come, già prima della sentenza, il procuratore capo di Rimini chiedeva il fallimento di Aeradria poiché, ogni volta che un soggetto terzo, verificava i dati a sostegno del concordato di continuità, si rivelavano sempre falsi;
   i primi, nonché gli unici, a denunciare in tempo utile la situazione in cui versava la società gestore, e conseguentemente l'aeroporto, sono stati i tre consiglieri comunali del M5S sin da un consiglio comunale del 2011, durante il quale si sarebbe deciso se ricapitalizzare o meno la società. I consiglieri comunali del M5S di Rimini, davanti ai bilanci di Aeradria spa, evidenziando le criticità e i rischi che un aumento di capitale avrebbe causato, chiedevano l'intervento immediato del sindaco, affinché venisse disposta la revoca degli amministratori dall'incarico;
   sia il collegio sindacale della società, organo deputato alla vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto, sia la società di revisione Deloitte&Touche spa, esprimevano parere negativo all'aumento di capitale: il bilancio di esercizio chiuso alla fine del 2010, infatti, esponeva una perdita di esercizio di 7.641.793 euro. Ciò nonostante, gli amministratori della società decidevano di aumentare il capitale dichiarando che tale azione era volta a sostenere il «Piano investimenti» quando in realtà veniva utilizzata per riequilibrare la perdita;
   con la sentenza del 26 novembre 2013 veniva nominato il curatore fallimentare responsabile della gestione provvisoria prevista fino al 31 ottobre 2014; veniva inoltre avviata una procedura di concordato preventivo con i 51 creditori affinché ricevessero solo una parte dei pagamenti. La situazione si aggravava: i creditori si opponevano invano e la corte d'appello di Bologna respingeva i ricorsi da questi presentati. Nella motivazione della sentenza i giudici dichiaravano che il dissesto economico-finanziario di Aeradria veniva «sottostimato» e che, grazie alle relazioni redatte dal curatore fallimentare, emergeva un quadro ben più grave, tanto da configurare una vera e propria frode. La corte d'appello continuava poi, affermando che era inspiegabile che gli amministratori non avessero intrapreso, come previsto per legge, le dovute azioni risarcitorie verso i vecchi gestori;
   è grazie all'intervento della procura inquirente che veniva resa nota la ragione dell'inerzia degli amministratori e dei soci pubblici: Aeradria spa versava in una situazione di debito fallimentare pari a 56 milioni di euro dovuto da anni di gestione illegale del denaro pubblico. Infatti, tra i reati ipotizzati dal procuratore Gualdi, a capo dell'indagine, figuravano: bancarotta fraudolenta, ricorso abusivo al credito, abuso d'ufficio e falso in bilancio. Gli indagati erano i membri del consiglio d'amministrazione, il presidente Massimo Masini, i vicepresidenti Massimo Vannucci e Mario Formica, il sindaco Pd di Rimini Andrea Gnassi, l'ex sindaco Alberto Ravaioli, il presidente della provincia Stefano Vitali e l'ex presidente Nando Fabbri. Indagati anche un vicepresidente della Banca Malatestiana e un funzionario della Cassa di Risparmio di Rimini. Nell'indagine figurava anche un finanziamento da 1 milione 200 mila euro concesso dalla Cassa di Risparmio, sulla base di lettere di patronage firmate dal sindaco e il presidente della provincia di Rimini. Le garanzie date però, non avevano alcun tipo di supporto concreto, in quanto alla base non vi erano stanziamenti pubblici. In questo modo, spiegano gli inquirenti, si sarebbe solo cercato di dissimulare l'insolvenza in cui era finita Aeradria;
   la questione non ha coinvolto solo i vertici riminesi ma anche la direzione dell'ENAC (Ente nazionale aviazione civile). Il 14 aprile 2014, infatti, la Guardia di finanza perquisiva abitazioni e uffici del presidente ENAC Riggio e dei tre membri del consiglio di amministrazione, Roberto Sorrentino, Andrea Corte e Lucio D'Alessandro, notificando loro un avviso di garanzia per bancarotta fraudolenta in concorso. Sorrentino, faceva parte sia del collegio sindacale di Aeradria che di Enac. Aeradria gli aveva richiesto una relazione per ottenere la certificazione del marchio promozionale «Rimini-go», portale di prenotazione dei voli. Secondo il pubblico ministero la relazione rappresentava la contropartita per concedere una consulenza da settantamila euro;
   il 16 aprile 2014. ENAC pubblicava un bando di gara a evidenza pubblica per l'affidamento della gestione dell'aeroporto di Rimini ad un nuovo ente. La durata prevista per la concessione è di 30 anni; il 14 luglio sono scaduti i termini di presentazione delle offerte per l'assegnazione e l'individuazione del nuovo gestore ma non sono pervenute offerte relative al compendio aziendale. ENAC ha invece ricevuto quattro offerte per la concessione della pista dell'aeroporto di Rimini e, dalle notizie di stampa, la favorita sembra Novaport Italia collegata alla nota Novaport russa, per la cui vittoria si è stranamente espressa favorevolmente l'associazione sindacale Uil;
   alla luce dell'importanza economica rivestita dall’«Aeroporto Federico Fellini» e della gravità dei fatti fin'ora accaduti e sopra descritti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza, anche per il tramite della Camera di commercio, delle ragioni per le quali non si sia ritenuto di promuovere un'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, anche in considerazione del danno sino ad oggi maturato e di quello che ne conseguirà se l'aeroporto di interesse nazionale di Rimini verrà chiuso e che, secondo l'interrogante, sulla base delle evidenze contabili del 2010, non può che dipendere dagli amministratori. (4-06088)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a Bologna, in via Bovi Campeggi ed in via della Bova vi sono due caserme, realizzate negli ultimi due anni tramite opere di ristrutturazione di edifici di proprietà demaniale e destinate ad accogliere gli uffici della polizia;
   delle due caserme di cui sopra, una risulta completamente funzionale, essendo dotata anche già addirittura di un'antenna televisiva, mentre quella sita in via della Bova è quasi ultimata;
   pare che il demanio abbia recentemente disposto il blocco dei lavori per la caserma di via della Bova per mancanza di fondi e abbia ordinato di togliere i ponteggi, nonostante la ditta costruttrice si fosse offerta di lasciarli montati gratuitamente, per non far subire un costo ulteriore di smontatura e rimontatura in caso di una eventuale ripresa dei lavori;
   la Polizia stradale attualmente è dislocata in via Muratori 1 a Bologna e a Casalecchio di Reno in via del Lavoro 75, con contratti di affitto, pare anche onerosi;
   anche la polizia di Stato (squadra mobile) e l'ufficio della scientifica a Bologna attualmente sono collocati in edifici in affitto rispettivamente in piazza Galileo e in Borgo Santo;
   l'Agenzia del demanio è nata dalla suddivisione e dal conferimento delle funzioni del Ministero delle finanze alle quattro Agenzie fiscali (Entrate, territorio, dogane e demanio) istituite nell'ambito della nuova organizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze a seguito del decreto legislativo n. 300 del 1999;
   l'agenzia si articola in una direzione generale (con sede in Roma) e in 16 strutture territoriali (direzioni regionali), cui si aggiungono alcune sedi da queste dipendenti. Le attività dell'Agenzia sono sottoposte alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze che ne detta gli indirizzi mediante l'atto di indirizzo triennale, inviato annualmente dal Ministro;
   all'agenzia è attribuito il compito di amministrare i beni immobiliari dello Stato razionalizzandone e valorizzandone l'uso, anche attraverso la loro gestione economica e persegue il soddisfacimento dell'interesse pubblico adottando quindi criteri di economicità e di creazione di valore economico e sociale nella gestione del patrimonio immobiliare dello Stato –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa, quali siano gli importi per i contratti di locazione attualmente in corso per i locali che ospitano gli uffici della polizia stradale e di Stato a Bologna e chi siano i proprietari degli immobili locati, se non ritenga più opportuno ultimare i lavori della caserma di via della Bova e, secondo «criteri di economicità e di creazione di valore economico e sociale nella gestione del patrimonio immobiliare dello Stato», trasferire le forze di polizia sopra indicate nelle due caserme ristrutturate anziché corrispondere gli attuali canoni di locazione a terzi. (4-06077)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il prossimo 30 agosto 2014 scadrà il mandato di Paolo Jacolino, attuale provveditore agli studi di Padova;
   il ruolo di provveditore viene stabilito, dal direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale, il cui ufficio, in Veneto, è vuoto ormai da circa tre anni: a oggi, dunque, nessuno potrebbe neppure firmare l'incarico per il nuovo provveditore agli studi;
   l'ultima a occupare il ruolo di direttore generale è stata Daniela Palumbo, che da gennaio del 2011 svolge attività presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; dopo di lei, l'ufficio regionale veneto fu affidato alla reggenza di Daniela Beltrame, che dopo circa sei mesi fu promossa a direttore generale in Friuli Venezia Giulia. Così il posto è stato preso dalla vice-direttrice, Gianna Marisa Miola, approdata alla pensione dall'inizio di maggio del 2014;
   la lacuna dirigenziale coinvolge oggi non uno bensì due incarichi: il direttore e il suo vice;
   la mancanza di un direttore generale si traduce nell'impossibilità di firmare deleghe, e ciò porta inevitabilmente alla paralisi di una serie di provvedimenti, tutt'altro che secondari: dalle assunzioni ai licenziamenti, dalle visite ispettive alla contrattazione sindacale, fino alla rappresentanza in tribunale, in caso di contenziosi;
   la questione riguarda anche le diverse migliaia di docenti che, in Veneto, dovrebbero entrare in ruolo a seguito dell'ultimo concorso: circa 18.000 contratti, secondo una stima approssimativa, che, senza la firma del direttore generale, rischiano di rimanere in fase di stallo per un tempo di fatto indeterminato;
   la spending review prevedeva l'accorpamento tra Veneto e Friuli con un unico direttore generale, ma a oggi non è chiaro quale sia la linea che il Ministero intende perseguire –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di assicurare quanto prima alla regione Veneto la presenza stabile di un direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale così da impedire la paralisi dell'ufficio e di tutti gli adempimenti connessi all'esercizio delle sue funzioni, ivi compresa l'impellente necessità di nomina del nuovo provveditore agli studi di Padova. (4-06078)


   ALBANELLA e AMODDIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   al fine di consentire all'ufficio scolastico regionale per la Sicilia di rinnovare le fasi locali del corso-concorso indetto con decreto direttoriale 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004, in esecuzione delle statuizioni della giustizia amministrativa e allo scopo di garantire la continuità dell'esercizio della funzione dirigenziale, con decreto ministeriale 3 gennaio 2011, secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 202 del 3 dicembre 2010, è stata riconosciuta a determinati candidati la possibilità di rientrare di diritto nei ruoli di dirigente;
   la succitata norma non avrebbe contemplato la categoria dei 106 candidati che, pur avendo superato le prove, scritte del concorso 2004, non superarono all'epoca le prove orali;
   a suo tempo il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che inizialmente, aveva previsto di ammetterli al nuovo corso di formazione, ha subordinato l'ammissione al corso al superamento di una prova orale, non prevista dalla legge citata e quindi illegittima, come riconosciuto dal Tar Lazio;
   a seguito di questi ricorsi il TAR Lazio ha riconosciuto la fondatezza delle richieste immettendo al corso di formazione trentacinque docenti che avevano chiesto la sospensiva, e, quindi, l'immediata immissione al corso di formazione;
   a tali docenti — dopo aver regolarmente frequentato il corso di formazione con sacrifici e costi non indifferenti — è risultato precluso l'attestato finale in quanto — ad una settimana dalla fine del corso e, quindi, dei relativi esami orali — alla revisione degli scritti, che risulta essere stata fatta in momenti totalmente differenti, ben trentaquattro dei trentacinque docenti sarebbero stati bocciati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali provvedimenti intenda assumere al fine di superare tale annosa questione. (4-06080)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo i piani comunicati nel luglio 2014 dalla multinazionale americana della consulenza aziendale Accenture, è stata aperta la procedura di licenziamento collettivo per i 262 dipendenti di Palermo e che dovrebbe concretizzarsi dal prossimo novembre, a seguito della disdetta presentata dal cliente British Telecom;
   si tratta di lavoratori dal 2005 svolgono la loro attività con professionalità e dedizione, pur in un contesto aziendale che negli anni ha registrato perdite di commesse in essere, delocalizzazioni delle attività acquisite e spostamento su altre sedi del gruppo dei progetti avviati sulla sede di Palermo, così vanificando i sacrifici economici richiesti ai dipendenti e funzionali al recupero di competitività del centro a cui non è corrisposto alcun investimento finalizzato a valorizzare le competenze professionali dei dipendenti in linea con gli standard Accenture vigenti sulle altre sedi;
   la multinazionale Accenture ha bilanci in attivo e fatturato in crescita e «collabora con le organizzazioni del settore pubblico di tutte le aree di interesse per fornire soluzioni flessibili applicando le proprie capacità eccellenti alle problematiche dei clienti per aiutarli a raggiungere alte performance» e «offre un'esperienza globale nell'implementazione di portali per le agenzie delle entrate e di sistemi fiscali integrati», con oltre 293 mila professionisti in oltre 120 Paesi, così come si evince dallo stesso sito ufficiale del gruppo;
   appare incomprensibile come un gruppo di tali dimensioni sia «costretto» a ricorrere al licenziamento collettivo di 262 dipendenti, scaricando sui lavoratori e sul sistema degli ammortizzatori sociali, le conseguenze della perdita di una commessa e non possa ricollocarli all'interno della propria struttura;
   la società Accenture è global system integration partner di Expo Milano 2015;
   c’è la fondata preoccupazione che il caso del call center Accenture di Palermo possa diventare un «caso scuola» delle distorsioni del mercato del customer care in Italia che potrebbe, di fatto, colpire tutti i lavoratori delle aziende che ad oggi hanno esternalizzato –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare il licenziamento collettivo di un gruppo così consistente di lavoratori in un contesto territoriale, quale quello palermitano, già caratterizzato da preoccupanti livelli di disoccupazione e disagio sociale;
   se non ritenga necessario convocare un tavolo di confronto con l'impresa, le organizzazioni sindacali, le autorità locali nonché con i rappresentanti della società committente British Telecom, al fine di individuare le soluzioni più opportune per evitare la chiusura del centro di Palermo della società Accenture e garantire la continuità occupazionale dei lavoratori operanti in tale struttura aziendale. (5-03602)


   MANLIO DI STEFANO, COMINARDI, DEL GROSSO, DI BATTISTA, GRANDE, SCAGLIUSI, SIBILIA e SPADONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il primo agosto 2012, la società Videotime Spa del gruppo Mediaset e quindi di proprietà della famiglia Berlusconi, ha ceduto alla società D.N.G. Srl un ramo d'azienda costituito dall'organizzazione di personale, impianti, beni, attrezzature e diritti dislocato presso dieci sedi regionali site a Bologna, Genova, Torino, Bari, Ascoli, Venezia, Firenze, Napoli, Palermo e Cagliari;
   il suddetto ramo d'azienda fornisce servizi di ripresa audiovisiva, montaggio/post produzione, supporto produttivo e collegamenti ed è finalizzato alla realizzazione di produzioni televisive giornalistiche e sportive trasmesse dalle reti televisive. La suddetta cessione ha comportato il trasferimento di 72 lavoratori da Videotime Spa a D.N.G. srl;
   l'accordo quinquennale (agosto 2012/agosto 2017) tra le due aziende garantiva ai lavoratori sedi di lavoro invariate fino al 31 dicembre 2014 e condizioni invariate in riferimento ai seguenti istituti:
    parte fissa del premio di risultato;
    superminimo collettivo;
    cassa di assistenza sanitaria;
    fondo pensione complementare Mediafond;
    14o mensilità;
    polizza infortuni professionali ed extra;
    scatti di anzianità indennità operatore sede regionale;
   l'accordo prevede, tra le altre, una garanzia «fondamentale» (punto 5 del verbale di accordo firmato dalla società Videotime srl, la società D.N.G. srl e i sindacati CGIL, CISL, UIL) che così riporta testualmente:
    «garanzie. Nel caso in cui in futuro sorgessero problematiche derivanti dallo scioglimento della società cessionaria o comunque venissero attuati licenziamenti collettivi nei confronti delle persone interessate al trasferimento del ramo d'Azienda, cedente e cessionario si impegnano sin d'ora, per i prossimi (cinque) anni, ad individuare con le organizzazioni sindacali firmatarie soluzioni alla salvaguardia dell'occupazione del personale appartenente al ramo d'Azienda, non escludendo la possibilità di ricollocazione nell'ambito di Videotime e/o di altre Società controllate dall'attuale Amministratore Unico di D.N.G. srl»;
   a distanza di poco meno di due anni dal suddetto accordo si è assistito alla decisione unilaterale da parte dell'azienda, la D.N.G. srl, di: modificare gli orari di lavoro riguardanti soprattutto le trasferte (marzo 2013) portandoli di fatto da 8 ore lavorative a 10 ore lavorative giornaliere con trasferimenti coatti dei lavoratori interessati assorbimenti degli aumenti del CCNL, mancata erogazione dell’una tantum prevista dal rinnovo contrattuale, ferie forzate in regime di agitazione sindacale, fino a giungere nel mese di maggio al licenziamento collettivo di cinque lavoratori-quadri delle sedi di: Napoli, Cagliari, Bari, Ascoli, Venezia, perché a causa dell'introduzione di un software la mansione diveniva superflua;
   la nuova azienda e la Videotime (Mediaset) in deroga a tutti gli accordi sindacali e con quattro stati di agitazione (gennaio 2013, marzo 2013, maggio 2013, luglio 2014) decretati dai lavoratori, hanno puntualmente disertato gli incontri risolutivi tra le parti (luglio 2014);
   a parere degli interroganti, si è trattato insomma di un'abile mossa da parte di una delle più importanti aziende italiane, la Mediaset, mirata alla riduzione del suo personale non ricorrendo all'utilizzo di strumenti traumatici, ma, attraverso incentivazioni all'esodo, in realtà si tratta cessioni di rami d'azienda mediante accordi sindacali che hanno mostrato limiti sia dal punto di vista commerciale ed industriale che rispetto alla tenuta occupazionale;
   Mediaset ha, di fatto, incaricato un'altra azienda la DNG (gestita da ex dirigenti Mediaset controllata dalla società Lussemburghese, TEN-ELEVEN srl, e con un ulteriore accordo milionario di 43 milioni di euro in 5 anni per la fornitura dei servizi !) a procedere coi licenziamenti dei propri dipendenti, violando così le «clausole sociali» sancite nell'accordo di cessione e, soprattutto, non ricoprendo il suo ruolo di garante –:
   come intenda intervenire, per evitare che questo e analoghi fenomeni si traducano in perdita di posti di lavoro.
   (5-03603)

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 19 settembre 2013 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è svolta una riunione per l'espletamento della fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo avviata dalla Cementir Italia spa;
   la Cementir Italia impiega, attualmente su tutto il territorio nazionale 481 lavoratori suddivisi in diversi stabilimenti tra cui quello di Taranto;
   la suddetta società, già nel 2012, a causa della gravissima crisi del settore del cemento e del calcestruzzo ha avviato una procedura di riduzione del personale. Tale procedura si è conclusa con il ricorso alla Cassa integrazione guadagni per ristrutturazione aziendale per n. 80 dipendenti e alla mobilità per n. 70 dipendenti;
   a gennaio del 2013 a causa del peggioramento della situazione economica del Paese le parti hanno integrato il predetto accordo approvando un programma di ristrutturazione aziendale, relativamente al periodo 1o settembre 2012 al 31 agosto 2014 per diverse sedi tra cui Taranto;
   la situazione purtroppo è andata lentamente peggiorando tanto che la Cementir si è vista costretta ad avviare una nuova procedura di riduzione del personale evidenziando un esubero di n. 144 lavoratori che vanno ad aggiungersi ai precedenti 70;
   per quanto nello specifico riguarda la stabilimento di Taranto si sono svolti diversi incontri tra le parti ed i rappresentanti delle istituzioni locali e regionali al fine di identificare possibili diversi scenari a supporto dei predetti processi al fine di individuare misure alternative anche tenendo conto delle normative locali in materia di grandi opere e di accordi di programma;
   la cassa integrazione guadagni avviata il 23 settembre del 2013 per i 164 lavoratori, di cui 61 nella sede di Taranto, si concluderà il prossimo 23 settembre –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di scongiurare il licenziamento collettivo e l'avvio delle procedure di mobilità per i dipendenti della Cementir anche alla luce dei recenti provvedimenti adottati dall'Esecutivo per quanto concerne l'avvio l'apertura di cantieri e la ripresa delle attività produttive. (4-06076)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta orale:


   FRANCO BORDO, BOCCADUTRI, PALAZZOTTO, RICCIATTI, PAGLIA, LACQUANITI, PELLEGRINO e LAVAGNO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'articolo 26, paragrafo 2, lettera b) del regolamento (CE) 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevede che l'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza è obbligatoria per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) elencati all'allegato XI del regolamento medesimo – tra le quali sono contemplate le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate – rinviando l'applicazione della norma a successivi atti di esecuzione da adottare entro il 13 dicembre 2013 –:
   quali azioni il Ministro intenda adottare al fine di promuovere il rispetto, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carni suine. (3-01036)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'allarmismo mediatico sollevato di recente intorno all'annosa vicenda della cosiddetta terra dei fuochi, suscita, pertanto, una serie di preoccupazioni per i gravi danni d'immagine che esso provoca sul nostro ricco e pregiato made in Italy e, in particolare, su quello agroalimentare;
   la terra dei fuochi individua un'area della Campania che comprende 57 comuni (di cui 33 in provincia di Napoli e 24 in provincia di Caserta), con una popolazione residente di 2.405.754 abitanti, che rappresenta il 42 per cento dell'intera popolazione regionale, e una superficie territoriale pari a 1.071 chilometri quadrati, equivalente all'8 per cento di quella regionale (13.595 chilometri quadrati);
   in poco più di un anno, la zona è stata interessata da 6.034 roghi di rifiuti (materiali plastici, pneumatici fuori uso, scarti di lavorazione del pellame, stracci) e dall'intensificarsi di forme di inquinamento ambientale dovute all'abusivo smaltimento e all'abbandono incontrollato di rifiuti solidi urbani, di rifiuti speciali, pericolosi e non;
   lo sversamento illegale dei rifiuti da parte delle organizzazioni criminali non solo aumenta esponenzialmente il rischio di danni alla salute e alla sicurezza delle persone, ma lede in maniera ingiusta e sproporzionata anche l'immagine commerciale dell'intero settore agroalimentare regionale, ingenerando sfiducia e preoccupazioni, oltremodo amplificate sull'onda mediatica;
   l'inquinamento deve e può essere risolto con azioni di presidio e di isolamento delle terre compromesse, evitando che l'immagine negativa riservata al quadrilatero compreso tra il litorale domitio, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, possa procurare ulteriori danni economici alle imprese agricole presenti nella Regione;
   altrettanto pregiudizievoli e preoccupanti per l'immagine e la ripresa economica del nostro Paese, sono le recenti iniziative assunte da alcune imprese italiane dirette a screditare la produzione campana attraverso campagne pubblicitarie chiaramente denigratorie e svilenti ai danni di tutti quegli imprenditori agricoli che per generazioni hanno contribuito a rendere la mozzarella di bufala campana, il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino, i limoni della costiera amalfitana o i vini prodotti in diverse province e comuni campani, vere e proprie opere d'arte esportate in tutto il mondo;
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   occorre ristabilire la fiducia tra i consumatori, reprimendo quegli atteggiamenti discriminatori ed egoistici che rischiano di compromettere l'immagine di un Paese compatto e determinato a spegnere quei focolai della illegalità che contribuiscono a diffondere la criminalità organizzata, a gettare discredito sulla produzione italiana e a creare confusione e diffidenza nella collettività;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b) del regolamento (CE) 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevede che l'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza è obbligatoria, rinviando l'applicazione della norma a successivi atti di esecuzione da adottare entro il 13 dicembre 2013 –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare in sede europea al fine di promuovere il rispetto del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal Regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine;
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere per provvedere alla tutela del vero made in Italy agroalimentare, con il fine di ristabilire la fiducia dei consumatori rispetto alla qualità e alla sicurezza dei prodotti agroalimentari locali. (3-01037)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO e ANZALDI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i Pratoni del Vivaro, vallata dei Colli Albani situata all'interno del parco regionale dei Castelli Romani tra Rocca di Papa e Rocca Priora, ospitano l'omonimo Centro equestre federale, inaugurato in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960;
   i più importanti nomi dell'equitazione nazionali ed internazionali hanno gareggiato sui suoi percorsi durante i 47 anni di gare di concorso completo, disciplina olimpionica che ha contribuito a farlo diventare un centro di eccellenza nell'ambito delle attività agonistiche equestri;
   la gestione del Centro è stata affidata, a suo tempo, alla Federazione italiana sport equestri (FISE) che a luglio 2013 è stata commissariata dal Coni a causa di un deficit di bilancio di circa 7 milioni di euro, dovuto anche a 1,7 milioni relativi alla liquidazione della società che gestiva il Centro equestre federale, attualmente chiuso, anche a causa della malagestione che si è consolidata nel corso dei decenni e che ha lasciato il Centro equestre totalmente abbandonato e in balia dei vandali;
   è pertanto necessario definire un piano di valorizzazione che preveda il rilancio del Centro equestre federale attraverso l'affidamento a una gestione di livello imprenditoriale volta alla riapertura immediata della struttura «AS IS» per la preparazione atletica dei binomi, da unire a una valida scuola di equitazione in grado di istruire giovani cavalli e giovani cavalieri, inserita in un contesto di attività sportiva agonistica, rivolta principalmente al Concorso completo di equitazione per le peculiarità intrinseche di tale disciplina e del Centro equestre federale stesso;
   senza il Centro equestre federale la disciplina del concorso completo di equitazione non ha futuro in Italia, si tratta infatti di uno sport estremamente impegnativo dal punto di vista economico e del tempo, che ha il proprio baricentro prevalentemente nei Paesi dell'Europa centrale e che costringe atleti e cavalli a lunghe ed onerose trasferte per affrontare la preparazione, alle competizioni di livello internazionale;
   le opportunità per un centro di eccellenza quale il Centro equestre federale sono molteplici; oltre al rilancio su base internazionale delle gare di completo è possibile inserire all'interno del Centro equestre federale una serie di attività, come l'istituzione di centri di ricerca e formazione per gli interventi assistiti per la cura delle disabilità motorie e psichiche con il cavallo, per il personale del settore, per lo sviluppo dell'archeozoologia e, nell'ambito agro-zootecnico, per l'alimentazione e l'allevamento del cavallo e di altri animali da reddito;
   è altresì possibile costituire un centro di referenza per la riabilitazione e la fisioterapia equina a carattere privato/imprenditoriale e di recupero e ri-addestramento per cavalli a fine carriera provenienti dalle corse regolari in ippodromo, oltre ad attività di agricoltura e allevamento sociali;
   è paradossale che proprio la Capitale, sede di tutte le federazioni sportive e dei principali impianti nazionali, oltre che possibile candidata alle Olimpiadi del 2024, non riesca a mantenere in vita un centro di eccellenza di rilevanza internazionale versatile come i Pratoni del Vivaro  –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda assumere, insieme ai diversi soggetti sportivi e amministrativi interessati, per favorire l'immediata riapertura del centro equestre federale dei Pratoni del Vivaro attraverso l'individuazione di un modello gestionale nuovo, efficace ed efficiente. (5-03598)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   numerose agenzie di stampa e testate giornalistiche di informazione locale e nazionale, come ad esempio, un articolo de La Repubblica online e un pezzo pubblicato dal Corriere della Sera apparso il 18 settembre 2014 hanno riportato con grande enfasi e stupore la notizia dell'uccisione di un ennesimo bellissimo esemplare di orso bruno marsicano in una località compresa tra la riserva naturale Monte Genziana e Alto Gizio e il Parco nazionale della Majella, nel comune di Pettorano sul Gizio, in provincia de l'Aquila;
   negli ultimi mesi nelle aree tutelate della regione Abruzzo si assiste ad una vera strage di orsi;
   dopo la necroscopia veterinaria l'orso marsicano trovato morto venerdì 12 settembre a Pettorano, risulta essere stato ucciso da una fucilata – sono infatti ben cinque i pallettoni trovati dentro al corpo del plantigrado al termine delle analisi. Facendo così cadere l'ipotesi dell'avvelenamento. Dei cinque pallini da caccia uno solo avrebbe perforato l'intestino, provocando una peritonite acuta e la morte dell'animale;
   si ricorda che non più di due settimane fa un altro esemplare di plantigrado, l'orsa Daniza, è stato ucciso per errore a Pinzolo, nei pressi di Trento, dalla guardia forestale trentina: lasciando peraltro orfani due cuccioli di pochi mesi di vita;
   l'orso bruno marsicano è oggetto, del PATOM (Piano d'azione per la tutela dell'orso marsicano) che si svolge sotto l'egida e il coordinamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   negli ultimi mesi si sono dovute purtroppo ancora registrare numerose uccisioni, in particolare per avvelenamenti, di altre specie di fauna protetta: segnatamente di orso marsicano e di lupo appenninico –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del nuovo e ulteriore grave fatto criminale compiuto ai danni di un prezioso esemplare di fauna protetta, nonché del preoccupante gesto intimidatorio nei confronti della fauna selvatica protetta e a grave sussidio di estinzione;
   se non ritenga altresì opportuno, per quanto di competenza e per tramite dell'ente Parco, del CTA del Corpo forestale dello Stato e del NOE del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche al fine di istituire un coordinamento operativo, mettere in campo azioni concrete per contrastare tali fenomeni criminali a danno della fauna selvatica contribuendo ad agevolare l'individuazione dei responsabili;
   quali azioni intenda il Ministro intraprendere con l'ente parco per far sì che simili episodi, anche a danno di altre specie protette, come orso e lupo, non si verifichino in futuro;
   se non si ritenga opportuno, in sede di Conferenza Stato-regioni, individuare risorse per rifinanziare il fondo di risarcimento per i danni dovuti alla fauna selvatica, la cui penuria economia rende spesso invisa la convivenza tra specie protette e popolazioni limitrofe. (4-06083)


   QUINTARELLI. —Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 26, comma 2, lettera b) del Regolamento CE 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevede che l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza è obbligatoria per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) elencati all'allegato XI del regolamento medesimo – tra le quali sono contemplate le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate – rinviando l'applicazione della norma a successivi atti di esecuzione da adottare entro il 13 dicembre 2013 –:
   quali iniziative abbia intrapreso finalizzate a garantire il rispetto, da parte della Commissione europea, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal Regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine;
   se, nel caso di scadenza del suddetto termine senza l'adozione da parte della Commissione dei dovuti provvedimenti, non intenda provvedere comunque all'approvazione, a livello nazionale, di disposizioni di attuazione dell'obbligo imposto dal Regolamento n. 1169/2011/CE per assicurare il regolare funzionamento del mercato e contrastare il fenomeno della contraffazione. (4-06084)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, D'UVA, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO e VILLAROSA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è ben noto, sin dagli anni ‘20, che l'inalazione di polveri di amianto è gravemente nocivo per la salute e causa malattie mortali, quali il mesotelioma pleurico e l'asbestosi, e che tali malattie risultano ad oggi incurabili;
   fino al 1990 numerose navi e traghetti sono stati costruiti con un massiccio impiego di amianto e che tali ne erano totalmente coibentate, come testimoniato dai registri del RINA (Registro Italiano navale), e che tutt'oggi vi sono delle navi in servizio, sia appartenenti alla marina mercantile che a quella militare, coibentate con materiale contenente amianto (crisotilo, crocidolite, amosite) perfettamente in grado, ancora oggi, di porre in pericolo la salute dei lavoratori marittimi;
   secondo gli archivi della Associazione osservatorio nazionale amianto, il problema dell'amianto sulle vecchie navi non è limitato soltanto a quelle appartenenti alla marina militare, ma anche alle navi mercantili adibite al trasporto passeggeri e merci, come quelle della Tirrenia di Navigazione Spa, ex Compagnia marittima di Stato, privatizzata nel luglio 2012, e adesso in amministrazione straordinaria;
   nel corso degli anni, dopo l'entrata in vigore della legge del 27 marzo 1992, n. 257, almeno 9 navi della Tirrenia risultavano coibentate con amianto senza alcuna azione di bonifica intrapresa dalla ex Tirrenia, molte delle quali vendute ad acquirenti stranieri solo dopo l'anno 2000, inclusi anche i prodotti che lo contengono;
   l'Associazione osservatorio nazionale amianto segue numerosi casi di marittimi della ex Tirrenia che hanno contratto il mesotelioma pleurico e poi decedute, personale con mansioni sia di macchina che di coperta. L'ultimo decesso risulta essere avvenuto nel giugno 2013. Secondo quanto riportato nel quarto rapporto ReNAM: «l'amianto era diffusamente presente sulle navi mercantili, in particolare quelle passeggeri, a scopo di isolamento termico, insonorizzante e antincendio, anche all'interno degli alloggi del personale di bordo, con esposizione ambientale di quest'ultimo, anche oltre l'orario di lavoro, in quanto ambiente di vita dei marittimi»;
   secondo quanto riportato nell'interrogazione parlamentare a risposta scritta identificata dall'atto numero 4/04640 del 24 ottobre 1996 la società ex Tirrenia, allora Compagnia di Stato – a differenza delle Ferrovie dello Stato non provvedeva ad intraprendere azioni di bonifica e informazione del personale, mettendo così a serio rischio la salute dei lavoratori marittimi e dei passeggeri, a loro insaputa, a seguito di indebita esposizione ad amianto;
   secondo quanto riportato nell'interrogazione parlamentare a risposta scritta atto n. 4/11467 presentata al Senato del 17 maggio 1998, la Società Tirrenia Spa, utilizzava navi interamente coibentate in amianto e teneva in continua esposizione i lavoratori anche a causa della dispersione di fibre dovuta al pessimo stato di conservazione del materiale, come comprovato dai casi concreti di decessi da mesotelioma pleurico fra i marittimi della Tirrenia Spa richiamati nella stessa interrogazione;
   il tribunale Penale di Napoli ha accolto la richiesta del Pubblico Ministero e ha disposto il rinvio a giudizio dei signori Sergio Liberi e Franco Pecorini, quali ex amministratori della Tirrenia Spa, in relazione alla morte per mesotelioma di un ex dipendente, i cui familiari, assistiti dall'avvocato Ezio Bonanni, si sono costituiti parte civile chiedendo il risarcimento di tutti i danni;
   secondo la scienza medica il picco di decessi per patologie asbesto correlate sarà intorno all'anno 2020, rientrando in questo dato anche i lavoratori marittimi –:
   se siano a conoscenza del fatto che la Tirrenia Spa abbia fatto uso nella sua attività di numerose navi coibentate con materiali contenenti amianto;
   se siano al corrente che la Tirrenia Spa, abbia intrapreso azioni concrete di bonifica delle navi coibentate con materiali contenenti amianto, e con quali modalità;
   se la Tirrenia Spa, abbia mai informato il Ministero della Salute in merito all'esposizione ad asbesto dei propri lavoratori;
   se siano a conoscenza del fatto che la Tirrenia Spa, abbia assunto alle proprie dipendenze numerosi marittimi che sono deceduti e decedono ancora oggi per mesotelioma pleurico ed altre patologie asbesto correlate e del numero dei casi di mesotelioma che hanno colpito i marittimi della Tirrenia;
   se siano a conoscenza del fatto che la Tirrenia Spa, somministrasse degli eventuali specifici accertamenti sanitari ai propri lavoratori in servizio (ad esempio specifiche visite periodiche per monitorare il loro stato di salute giacché prestanti servizio in ambienti contaminati con amianto) ovvero rendesse edotti lavoratori e passeggeri in merito alla presenza di amianto a bordo, attraverso, ad esempio, dei corsi di formazione e/o dei cartelli informativi a bordo;
   se siano a conoscenza del contenuto delle direttive che Tirrenia Spa, impartiva ai marittimi in pensione al fine di monitorare il loro stato di salute in qualità di ex esposti a polveri di amianto;
   quante e quali navi della flotta di Tirrenia Spa, al momento della cessione del ramo d'azienda preposto al servizio di cabotaggio ovvero della alienazione di singole imbarcazioni della flotta, erano ancora coibentate con materiale contenente amianto;
   se la Compagnia italiana di navigazione – che ha rilevato il ramo d'azienda di Tirrenia Spa, preposto all'erogazione del servizio di collegamento in regime di convenzione con lo Stato – abbia intrapreso azioni concrete di bonifica della nave denominata «Aurelia» ovvero di altre imbarcazioni, appartenenti alla flotta della Tirrenia Spa, coibentate con materiale contenente amianto, che risultano essere ancora in servizio;
   quali azioni concrete intendano intraprendere per monitorare lo stato di salute dei marittimi esposti ed ex esposti anche al fine di una diagnosi tempestiva di una malattia asbesto correlata e per assicurare la tutela dei marittimi ancora oggi esposti ad amianto. (4-06085)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   secondo le dichiarazioni dell'amministratore delegato di Finmeccanica è stato avviato il processo di ristrutturazione del gruppo industriale leader nel settore dell'alta tecnologia e tra i primi dieci player mondiali nell'Aerospazio, difesa e sicurezza; il gruppo inoltre risulta attivo, tramite società controllate e joint venture, anche nei settori degli Elicotteri (AgustaWestland), dell'elettronica per la difesa e sicurezza (Selex ES, DRS Technologies), dell'aeronautica (Alenia Aermacchi, ATR, SuperJet International), dello spazio (Telespazio, Thales Alenia Space), dei sistemi di difesa (Oto Melara, WASS, MBDA) e dei trasporti (Ansaldo STS, AnsaldoBreda, BredaMenarinibus);
   il consiglio di amministrazione di Finmeccanica ha deciso di intraprendere un processo di ristrutturazione su base divisionale che verrà portato a termine entro il 2015 prevedendo anche il «deconsolidamento» delle attività nei trasporti nell'ottica di una valutazione dei margini di sviluppo del comparto che facciano perno sul mantenimento sul territorio nazionale di centri di eccellenza e di importanti competenze;
   i Ministri interpellati si sono dichiarati disposti a seguire con grande attenzione la conclusione da parte di Finmeccanica di un accordo di partnership con un operatore internazionale che assicuri radicamento nel territorio e valorizzazione globale delle aziende del settore trasporti garantendo la dovuta attenzione alle problematiche sociali e di localizzazione industriale;
   secondo un comunicato stampa del 9 settembre 2014 diramato dalla holding del gruppo industriale italiano al momento è in corso l'istruttoria, da parte delle funzioni aziendali preposte, finalizzata alla valutazione complessiva delle offerte, di natura non vincolante, formulate da molteplici soggetti interessati al settore trasporti ferroviari del gruppo, al fine di valutare il possibile prosieguo delle trattative sul comparto in questione riguardanti in particolare le due società del settore facenti capo a Finmeccanica: Ansaldo Sts, leader globale nel settore del segnalamento per la gestione e il controllo del traffico ferroviario e metropolitano e Ansaldo Breda, leader nel settore del materiale rotabile a livello mondiale –:
   quale sia il piano operativo del Governo per rilanciare la crescita del comparto ferroviario italiano e per renderlo più competitivo e all'avanguardia, in attuazione della risoluzione approvata dalle Commissioni congiunte IX e X il 3 giugno 2014 (8-00059 – competitività delle attività di progettazione e realizzazione del materiale rotabile e dei sistemi connessi);
   se il Ministro dell'economia e delle finanze, in qualità di azionista di riferimento di Finmeccanica, e il Ministro dello sviluppo economico, per le sue competenze in materia di politica industriale, condividano il piano strategico approvato dal consiglio di amministrazione di Finmeccanica che prevede la concentrazione del gruppo nel settore dell'aerospazio, difesa e sicurezza o non ritengano invece necessario il mantenimento di una presenza importante anche nei settori del trasporto e del segnalamento;
   quale siano le azioni che il Governo intende mettere in atto, in considerazione del piano industriale presentato da Finmeccanica, al fine di garantire che un eventuale accordo che venisse raggiunto dal consiglio di amministrazione di Finmeccanica per il «deconsolidamento» delle attività riguardanti il comparto dei trasporti assicuri comunque margini di sviluppo del comparto e mantenga sul territorio nazionale i centri di eccellenza e le competenze acquisite;
   se non ritenga comunque utile attivare strumenti di natura finanziaria quali l'intervento di Cassa depositi e prestiti, come già avvenuto in seguito all'operazione societaria su Ansaldo Energia, per garantire una presenza dello Stato nel comparto ferroviario considerato un settore strategico per lo sviluppo del Paese e dare al tempo stesso garanzie ai lavoratori impiegati negli stabilimenti di Ansaldo Breda e Ansaldo STS;
   se non ritenga utile intervenire, con lo scopo di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale – quale quello dei trasporti – utilizzando i cosiddetti «poteri speciali» di cui al decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, ossia considerando la possibilità di far valere il veto alle delibere del consiglio di amministrazione, agli atti e alle operazioni concernenti asset strategici, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, ovvero di imporre specifiche condizioni all'efficacia dell'acquisto di partecipazioni da parte di soggetti esterni all'Unione europea in società che detengono attivi «strategici».
(2-00684) «Basso, Tullo, Bini, Giacobbe, Ginefra, Arlotti, Fiorio, Beni, Carocci, Vazio, Montroni, Peluffo, Ferrari, Mariani, Casati, Capone, Becattini, Fassina, Donati, Ascani, Marco Meloni, Carnevali, Carrozza, Bossa, Castricone, Brandolin, Ventricelli, Pollastrini, Miccoli, Fanucci, Bonavitacola, Folino, Fabbri, Zardini, Amendola, Manzi, Raciti, Rampi, Pastorino, Borghi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162 recante «norme per l'attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, oltre alla relativa licenza di esercizio» ha previsto che la manutenzione degli ascensori, dei montacarichi e degli apparecchi di sollevamento sia affidata a persone munite di certificato di abilitazione o a ditta specializzata ovvero ad un operatore comunitario dotato di specializzazione equivalente;
   ai sensi del già citato articolo 15, il certificato di abilitazione è rilasciato dal prefetto in seguito all'esito favorevole di una prova teorico-pratica, da sostenersi dinanzi ad apposita commissione esaminatrice ai sensi degli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767;
   in applicazione dell'articolo 12, comma 20, del decreto-legge del 6 luglio 2012, n. 95 relativamente agli organismi del Ministero dell'interno, durante l'adunanza della commissione speciale del 16 ottobre 2014, il Consiglio di Stato ha espresso un giudizio sfavorevole al mantenimento della Commissione per l'abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi, che ha il compito di effettuare le attività connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali per il conseguimento del certificato di abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi in servizio privato, rilasciato dal prefetto;
   il Consiglio di Stato riterrebbe quindi che la Commissione abbia un costo di funzionamento non esiguo e apparrebbe priva di carattere di infungibilità;
   a seguito di tale parere la Commissione per l'abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi della provincia di Roma ha cessato la propria attività dal 31 dicembre 2013, pertanto non è possibile inoltrare istanze per sostenere l'esame di abilitazione;
   al caso della prefettura di Roma hanno fatto seguito anche quelle di Milano, Brescia, Varese, Novara, Perugia e Firenze, le quali hanno dichiarato l'inoperatività delle proprie commissioni per l'abilitazione, determinando di conseguenza il blocco degli esami di abilitazione;
   la medesima misura non sarebbe stata fatta propria da altre prefetture;
   parrebbe quindi vigere al momento un regime diverso in ciascuna prefettura d'Italia, a seconda dell'adeguamento o meno al parere del Consiglio di Stato;
   quanti hanno concluso l’iter necessario presso le prefetture sopracitate per poter accedere al concorso per l'abilitazione alla manutenzione ordinaria di ascensori e montacarichi si troverebbero quindi nell'impossibilità di ottenere il certificato di abilitazione per intraprendere la professione;
   inoltre, coloro i quali hanno concluso un periodo di 5 anni di apprendistato presso le ditte di ascensori e che hanno frequentato il corso di preparazione all'esame per l'abilitazione alla manutenzione ordinaria di ascensori e montacarichi non potrebbero essere assunti a tempo indeterminato, come previsto dal Contratto collettivo nazionale del lavoro, non potendo essere inquadrati nella qualifica acquisita per la mancanza del certificato di abilitazione;
   dal 1951 in Italia la manutenzione di tutto il sistema degli ascensori, dei montacarichi e degli apparecchi di sollevamento è obbligatoria e deve essere eseguita da persona munita di certificato di abilitazione operante o da ditte specializzate, ovvero da operatori comunitari dotati di specializzazione equivalente, che dovrebbero provvedere tramite personale abilitato al fine di garantire la sicurezza degli utenti;
   in Italia vi sarebbero attualmente circa 870.000 impianti in servizio per un totale di circa 100 milioni di corse al giorno;
   nonostante la crisi dell'edilizia abbia fatto registrare un calo delle nuove installazioni, nel settore ascensoristico il livello occupazionale risulterebbe essere in lieve crescita e la continua necessità di ricambio generazionale contribuirebbe quindi alla creazione di nuovi posti di lavoro per i giovani;
   su iniziativa di Confartigianato Ascensoristi, tramite un avviso comune datato 15 luglio 2014 e firmato da Confartigianato Ascensoristi, Casartigiani (Confederazione autonoma sindacati artigiani), FIOM-CGIL, FEM-CISL, UILM-UIL e CNA Installazione impianti, i sottoscrittori hanno denunciato la sopracitata impossibilità di ottenere il certificato di abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi in servizio privato –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione;
   se non ritengano, alla luce delle considerazioni svolte in premessa, che all'interruzione delle attività delle Commissione per l'abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi presso le prefetture debba fare immediatamente seguito l'indicazione di un altro organo o istituzione con medesime competenze e poteri per garantire il normale svolgimento del concorso di abilitazione;
   se non ritengano opportuno, in momento storico in cui la disoccupazione giovanile è ai massimi storici, garantire l'accesso al mercato del lavoro a quanti si sono impegnati a svolgere 5 anni di apprendistato e hanno frequentato corsi per la preparazione all'esame per l'abilitazione;
   se non ritengano che un simile vuoto e la soppressione della Commissione per l'abilitazione alla manutenzione di ascensori e montacarichi possa indurre a pensare che il certificato di abilitazione non sia più necessario allo svolgimento della professione;
   se non ritengano di assumere iniziative per sanare questo vuoto e evitare che l'attuazione del decreto-legge 6 luglio 2012 – «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» – comporti invece un decurtamento dei diritti e delle opportunità di occupazione dei giovani aspiranti ascensoristi. (5-03596)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Cicchitto e altri n. 1-00590, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Alli.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

  Interrogazione a risposta scritta Prodani e altri n. 4-06073, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2014: è stata ritirata la firma del deputato Businarolo.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02704 del 27 novembre 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-01036;
   interrogazione a risposta orale Quintarelli n. 3-00488 del 28 novembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06084;
   interrogazione a risposta scritta Giancarlo Giordano n. 4-02811 del 4 dicembre 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-01037;
   interrogazione a risposta orale Zan n. 3-00878 dell'11 giugno 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06078.