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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 15 settembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nel Salento, in particolare nella zona di Gallipoli, si sta propagando un preoccupante fenomeno denominato «Complesso del disseccamento rapido dell'olivo» (CDRO) una minaccia ecologica che ha recentemente suscitato grandi preoccupazioni tra gli addetti ai lavori e i semplici ammiratori di queste piante secolari;
    si tratta di una malattia che si manifesta con il disseccamento della chioma a zone, estendendosi via via a tutto l'albero e terminando con la morte della pianta;
    sull'effettività della natura e del livello di potenziale diffusione di tale malattia non si hanno ancora dati oggettivi ripetibili e scientificamente provati ma dalle prime verifiche sembra di poter presumere che si possa trattare di una piaga assai seria e insidiosa;
    in vero si riscontra che la moria degli ulivi è cominciata quasi silenziosa nel Salento leccese, nell'area intorno a Gallipoli, circa due anni fa. I primi focolai, di modesta estensione, erano stati scambiati per attacchi di una malattia localmente endemica, nota come «lebbra delle olive», causata da un fungo. Il CDRO è invece esploso improvvisamente negli ultimi mesi, interessando, al momento, un'area di circa 80 chilometri quadrati;
    ricercatori fitopatologi dell'Università e del CNR di Bari si stanno interessando delle indagini sulla causa della malattia e da quanto riportano gli articoli di informazione dedicati alla vicenda, i ricercatori in questione, in particolare il capo del laboratorio che si sta occupando della natura della malattia, avrebbero dichiarato che sembrerebbe verosimile che quanto stia accadendo possa essere il risultato dell'azione di tre diversi attori: il lepidottero Zeuzera pyrina (rodilegno giallo), le cui larve scavano delle gallerie nel tronco e nei rami dell'olivo che facilitano l'ingresso del secondo attore, un complesso di funghi microscopici del genere Phaeoacremonium. Il terzo attore è il batterio Xylella fastidiosa;
    la sintomatologia e la rapidità della diffusione della malattia avevano portato i predetti ricercatori a ritenere probabile il coinvolgimento del batterio Xylella fastidiosa e di fatto le analisi molecolari effettuate avevano confermato tale presunzione. La presenza del batterio nei tessuti fogliari degli olivi malati è stata successivamente confermata da osservazioni al microscopio elettronico che lo hanno identificato nei vasi legnosi;
    è ad ogni modo necessario effettuare ulteriori e più ampie analisi e fino ad allora potrebbe sembrare incongruo definire il fenomeno in corso, seppure grave e preoccupante, come una prossima catastrofe;
    il batterio è portato da alcuni insetti, i cicadellidi, tra cui una piccola cicala e lo diffondono a breve e medio raggio. La diffusione su lunghe distanze è da correlarsi ad attività umane come il commercio di materiale di moltiplicazione infetto. La presenza del batterio impedisce l'idratazione della pianta, provocando dapprima il disseccamento della chioma, poi l'imbrunimento del legno fino alla morte della pianta;
    il fitopatogeno è un batterio inserito nella lista comunitaria degli organismi nocivi da quarantena, mai precedentemente riscontrato in Europa. In America, areale di origine del batterio, è causa di numerose patologie a carico di molteplici colture vegetali e con conseguenze economiche rilevanti;
    il Servizio fitosanitario della regione Puglia ha avviato le necessarie indagini in collaborazione con gli esperti di patologia vegetale dell'università di Bari e dell'Istituto di virologia vegetale del Centro nazionale delle ricerche di Bari e ha coinvolto nella gestione della problematica le amministrazioni locali, interessando anche altre istituzioni scientifiche del territorio;
    si stima che circa 600 mila alberi di ulivo potrebbero dover essere sradicate e che in caso di malattia conclamata, i danni potrebbero ammontare a decine di milioni di euro; la sola buona notizia, ad ogni modo, è che non ci sarebbero conseguenze sulle olive e sull'olio d'annata perché il batterio è un patogeno del legno;
    in Puglia ci sono oltre sessanta milioni di piante di ulivo e l'intero Mezzogiorno d'Italia è l'area europea dove maggiore è la densità degli ulivi;
    riscontri dei sintomo di bruscatura delle foglie si riscontrano, a Nord della provincia di Lecce, in altre piante di ulivi di alcuni territori delle province di Bari e Foggia e, a Sud, nel litorale jonico del Nord della Calabria;
    considerata la grave minaccia per le produzioni agricole pugliesi nonché per l'intero territorio nazionale, la questione, fin dall'inizio delle sua evidenza, è stata immediatamente affrontata dal Comitato fitosanitario nazionale che il 22 ottobre 2013 aveva definito le misure fitosanitarie da adottare in via prioritaria per evitare la diffusione;
    la giunta regionale ha vietato la movimentazione a qualsiasi titolo delle piante e del materiale di propagazione sensibile al patogeno, contrastando l'estensione della malattia ad altri territori attraverso l'attività vivaistica e ha disciplinato le misure di monitoraggio e di eradicazione della batteriosi nelle aree contaminate;
    con la legge di stabilità per il 2014, legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono state stanziate specifiche risorse per fare fronte a tale emergenza. In particolare, ai sensi dell'articolo 1, comma 296 della stessa legge, è stato disposto che per il potenziamento del servizio fitosanitario nazionale, con particolare riferimento all'emergenza provocata dal batterio Xylella fastidiosa e al potenziamento dei sistemi di monitoraggio e controllo, ivi compresi i controlli sulle sementi provenienti da organismi geneticamente modificati, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2014, da ripartire con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
    la Commissione europea ha adottato, il 23 luglio 2014, la decisione di esecuzione relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione della Xylella fastidiosa;
    la decisione prevede maggiori restrizioni alle importazioni da Paesi extraeuropei in cui è nota la presenza della Xylella fastidiosa, ai quali vengono imposte le stesse prescrizioni delle aree infette della Unione europea;
    la produzione vivaistica delle piante ospiti destinate alla piantagione nelle aree demarcate (zona tampone e zona focolaio) deve, inoltre, garantire l'assenza di infezioni del batterio e di insetti vettori e deve essere svolta per l'intero ciclo in strutture a prova di insetti (serre a rete antiafidi);
    l'emergenza in atto è stata anche evidenziata dalle associazioni professionali agricole regionali allo scopo interessate ed in particolare la Coldiretti Puglia, ha fatto presente che la vasta estensione del problema, la rilevanza economica della coltura per l'intero territorio regionale e le numerose competenze che bisognerebbe coinvolgere per affrontarlo, farebbero emergere l'esigenza di nominare un Commissario ad acta dotato di competenze e poteri trasversali il quale, in collaborazione di una specifica task force, provveda ad intraprendere misure risolutive sia sul fronte della eradicazione della malattia e sia su quello degli indennizzi, per evitare che le imprese olivicole colpite siano costrette a scomparire. La stessa Coldiretti Puglia, tramite uno studio commissionato a soggetti competenti, ha calcolato e accertato in euro 125 il valore medio del danno totale per singolo albero;
    considerata la vasta estensione del problema e la rilevanza economica della coltura per l'intero territorio regionale e l'obbligatorietà che impone la normativa fitosanitaria comunitaria e nazionale in caso di ritrovamento di patogeni da quarantena, è necessario che sia predisposto un efficace programma di prevenzione, controllo ed eradicazione della malattia ed anche uno specifico piano finanziario che destini un capitolo specifico agli indennizzi per le aziende agricole colpite;
    il batterio in questione, infatti, rientra tra le fattispecie delle fitopatie o infestazioni parassitarie, causate alle produzioni vegetali da organismi nocivi per i quali non esistono efficaci metodi di lotta e per cui, in caso di sua attività, si deve ricorrere all'abbattimento ed eventuale distruzione delle piante colpite. In tali circostanze gli agricoltori devono sottostare agli obblighi di quarantena, ossia ad un isolamento forzato delle coltivazioni colpite al fine di limitare la diffusione dello stato pericoloso;
    la questione dell'epidemia di Xylella fastidiosa è stata discussa durante una riunione che si è svolta nello scorso mese di luglio nella sede del Ministero per le politiche agricole, volta ad affrontare la lotta al batterio da quarantena che sta distruggendo parte del patrimonio paesaggistico e produttivo della provincia di Lecce;
    vista la straordinarietà del fenomeno e l'emergenza che si è verificata, apparirebbe indispensabile adottare provvedimenti a carattere di urgenza per farvi fronte,

impegna il Governo:

   a prevedere un programma nazionale specifico di interventi immediati, contenente, oltre alle indicazioni relative agli atti amministrativi e sanitari da porre in atto nell'immediato, la creazione di una task force, alla quale partecipino anche il Servizio nazionale protezione civile e le autorità sanitaria locali;
   ad attivare ogni più utile ed urgente iniziativa volta a fare chiarezza sul fenomeno del disseccamento rapido e della moria degli olivi, attualmente presente nel territorio del Salento ed in altre aree olivicole pugliesi, evitando l'eradicazione totale dei singoli alberi o, peggio ancora, di intere aree olivicolo, ove a fianco di olivi in fase di essiccamento, convivono olivi sani;
   ad assumere iniziative per finanziare, in collaborazione con le regioni, segnatamente la regione Puglia e le altre regioni a vocazione olivicola, nonché con i servizi fitosanitari interessati e gli enti di ricerca competenti in materia, un piano di ricerca a vasto raggio in grado di indagare il fenomeno nella sua complessità e di offrire risposte ecologiche alla grave emergenza che ha colpito il settore olivicolo locale;
   a provvedere affinché siano urgentemente attivate e sostenute politiche di controllo ai punti di ingresso delle frontiere ed interventi di profilassi, nonché azioni di monitoraggio e di rintracciabilità volte sia ad accertare l'eventuale avvenuta introduzione dall'estero del batterio Xylella fastidiosa e sia ad impedirne, in caso di verifica positiva, il rischio di veicolazione;
   ad assumere iniziative per prevedere azioni e misure preventive e di sostegno finanziario in favore degli agricoltori e delle aziende olivicole pugliesi interessate, oltre che per fare fronte ai danni al tessuto economico regionale, anche per dare riscontri agli eventuali vincoli derivanti dalla lotta obbligatoria con relativa estirpazione e distruzione degli alberi malati.
(7-00461) «Mongiello, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Palma, Prina, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   COVELLO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 agosto 2014 presso Monasterace (RC) si è consumato l'omicidio della giovane Mary Cirillo da parte del marito Giuseppe Pilato il quale dopo sei giorni di latitanza si è costituito alle forze dell'ordine;
   la giovane donna madre di quattro figli è stata uccisa nella propria abitazione alla presenza del figlio più piccolo di 2 anni;
   i figli, che hanno rispettivamente 2, 5, 8 e 10 anni, sono stati affidati ai nonni materni e, sin dal giorno della tragedia, sono costantemente seguiti da personale qualificato;
   in favore dei bambini da parte dei legali è stato attivato un conto corrente bancario per aiutarli anche in considerazione della solidarietà e della beneficenza che è scattata a seguito della tragedia;
   il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito in legge 15 ottobre 2013, n. 119, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 15 ottobre 2013, n. 242, ha costituito un passo in avanti molto importante nel contrasto del cosiddetto femminicidio e nella tutela delle vittime;
   si registra ancora un ritardo per quanto riguarda l'assegnazione dei 17 milioni di euro previsti per il biennio 2013-2014 ai Centri antiviolenza e alle case rifugio, così come in ritardo risulta il Piano nazionale antiviolenza;
   la Calabria è tristemente segnata da episodi di violenza ai danni delle donne basti ricordare la morte della giovane, non ancora sedicenne, Fabiana Luzzi di Corigliano Calabro ed ora Mary Cirillo di Monasterace assurti alle cronache nazionali;
   è indispensabile rafforzare la rete di protezione che coinvolga anche le povere vittime superstiti come appunto i bambini della giovane madre per non lasciarli alla aleatorietà delle iniziative di beneficenza ma assicurando una certezza di diritto –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per rafforzare il quadro normativo in considerazione delle lacune sopra esposte e quali siano le risorse che intende assegnare, in particolare per la regione Calabria, al fine di costruire una rete di protezione che contrasti questi fenomeni e segni anche una svolta di natura culturale. (3-01019)

Interrogazione a risposta scritta:


   GALLINELLA, L'ABBATE, GAGNARLI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   quando per l'adozione di sanzioni da parte dell'Unione europea è richiesta un'azione dell'Unione, come nel caso del pacchetto di misure restrittive contro la Federazione russa decise a seguito della crisi russo-ucraina, il Consiglio europeo adotta una posizione comune ai sensi dell'articolo 15 del Trattato sull'Unione europea;
   il suddetto articolo prescrive che, salvo i casi in cui i Trattati dispongano diversamente, il Consiglio europeo si pronuncia per consenso;
   come noto, il metodo del consenso, sempre più utilizzato nei consessi internazionali, non prevede che si proceda ad una vera e propria votazione ed implica invece che una deliberazione sia adottata solo nel momento in cui tutti i componenti del gruppo trovano un accordo; tale procedura si differenzia pertanto da quella della maggioranza qualificata e da quella dell'unanimità in quanto configura una fattispecie particolare basata su una accurata partecipazione, negoziazione ed inclusione delle posizioni al fine, appunto, di conseguire un ampio consenso che integri le ragioni della minoranza;
   ancorché inopportuno da un punto di vista politico che uno Stato membro ponga un qualche diritto di veto, è tuttavia indispensabile che, qualora siano compromessi rilevantissimi interessi nazionali, ciascun Capo di Stato o di Governo, accordi il proprio assenso solo dopo aver ottenuto le più ampie rassicurazioni circa le garanzie da dare al proprio Paese qualora le decisioni da deliberare impattino negativamente su di esso;
   le contromisure commerciali adottate dalla Federazione russa in risposta alle sanzioni imposte dall'Unione europea stanno arrecando gravissime conseguenze al sistema produttivo italiano in particolare quello agroalimentare; risulta infatti che nel 2013 le esportazioni verso il Cremlino hanno raggiunto un valore di oltre 700 milioni di euro e che le sanzioni economiche costano al settore oltre 200 milioni di euro causando perdite molto più ingenti che in qualsiasi altro Stato membro;
   l'Esecutivo comunitario pare intenzionato a sospendere gli aiuti concessi ai produttori unionali a titolo di indennizzo per le mancate esportazioni in Russia, prospettando di fatto una situazione allarmante posto che l'entità del danno economico non è ancora precisamente quantificata e che la situazione nell'est Europa è tutt'altro che normalizzata –:
   quali garanzie siano state chieste ed ottenute dal nostro Presidente del Consiglio nella riunione straordinaria del Consiglio europeo del 6 marzo 2014 in considerazione del prevedibile danno economico che sarebbe scaturito dalle sanzioni in via di adozione e se, alla luce dei recenti orientamenti dell'Esecutivo comunitario, in particolare la sospensione degli aiuti oltre che l'adozione di ulteriori sanzioni nei confronti di Mosca, non ritengano opportuno riconsiderare le ragioni sulle quali si basa l'allineamento del nostro Paese a queste decisioni di politica estera europea al fine di tutelare il sistema produttivo italiano specialmente quello agroalimentare. (4-06026)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO e ANZALDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 10 settembre 2014 è morto un esemplare femmina di orso brano a seguito di un'operazione di cattura mediante narcosi effettuata dalla provincia di Trento a seguito di alcuni avvenimenti dello scorso agosto quando l'orsa, in presenza dei propri cuccioli, ha ferito un uomo nei boschi del Trentino;
   la provincia di Trento sembrerebbe aver agito in maniera autonoma, senza coinvolgere le altre istituzioni e soprattutto in maniera non conforme a quanto previsto dal Pacobace (Piano d'azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi centro-orientali);
   al riguardo è opportuno ricordare che la giunta della provincia autonoma di Trento con propria delibera ha approvato lo scorso luglio una modifica al citato Piano d'azione interregionale per la conservazione dell'Orso Bruno con l'individuazione della categoria «orso dannoso» per definire modalità di gestione autonome degli orsi più pericolosi; tale modifica è comunque sottoposta al parere del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per divenire operativa;
   la morte di questo esemplare di orso bruno rappresenta una grave perdita per la fauna nazionale e si aggiunge ad altri episodi negativi che, secondo notizie stampa, hanno riguardato la gestione di questa specie da parte della provincia di Trento;
   la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale dalla legge n. 157 del 1992 che stabilisce che l'orso è specie particolarmente protetta, «anche sotto il profilo sanzionatorio», e che su tutto il territorio nazionale è vietata ogni forma di cattura di mammiferi selvatici, ivi comprese le aree protette;
   ai sensi della direttiva «Habitat» 92/43/CEE, gli Stati membri che ospitano popolazioni dell'orso bruno, devono sorvegliarne lo stato di conservazione e sono tenuti a tutelarlo in quanto specie di interesse comunitario. In tale contesto l'Italia ha istituito un regime di tutela specifico che definisce l'orso quale «specie particolarmente protetta anche sotto il profilo sanzionatorio», ai sensi della citata legge n. 157 del 1992;
   a seguito della morte dell'orsa Daniza, i suoi 2 cuccioli sono rimasti abbandonati a sé stessi in un periodo in cui dipendono ancora dalle cure parentali, con grave rischio per la loro sopravvivenza. Si potrebbe quindi anche configurare l'ipotesi di reato di uccisione di animali e di maltrattamento di animali «non necessitate» ai sensi e per gli effetti degli articoli 544-bis e ter del codice penale;
   il Ministro delle politiche agricole ha dichiarato di essersi interessato da tempo al caso e di averci lavorato tramite il Corpo forestale che, da tempo, avrebbe evidenziato a tutti i soggetti coinvolti la delicatezza della situazione;
   il Corpo forestale dello Stato, infatti, ha aperto un'indagine a seguito della morte dell'orsa Daniza ipotizzando il delitto di maltrattamento e uccisione di animali e ha reso noto che già nel mese di agosto aveva evidenziato al direttore protezione natura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il presidente dell'ISPRA la necessità di un'attenta valutazione dell'operazione di cattura da effettuare soprattutto in relazione all'esistenza di due cuccioli di orso che avrebbero potuto risentire della privazione dell'assistenza della madre nella ricerca del cibo e quindi messi a rischio di sopravvivenza; per tali ragioni si chiedeva una ulteriore approfondita riflessione sulle scelte da mettere in atto –:
   se sia a conoscenza di quali siano i motivi del decesso dell'orsa Daniza e di quali siano state le condizioni di pericolosità che hanno determinato l'azione della provincia autonoma di Trento;
   di quali elementi disponga in merito all'adeguatezza delle operazioni di cattura alla luce della normativa nazionale ed internazionale di tutela della specie dell'orso bruno;
   quali siano le motivazioni che hanno indotto le istituzioni territoriali a non dare seguito alle richieste del Corpo forestale dello Stato sulla necessità di considerare la possibilità di un'ulteriore approfondita riflessione sulle scelte da mettere in campo per trovare una soluzione che tutelasse anche i cuccioli;
   quali azioni urgenti si intendano adottare per garantire la sopravvivenza dei cuccioli;
   se le modifiche introdotte dalla provincia autonoma di Trento al piano d'azione citato relative alla definizione di «orso dannoso» abbiano un fondamento giuridico nella legislazione nazionale e comunitaria e se, alla luce di quanto avvenuto, non si ritenga che aprano la strada a soluzioni affrettate, in contrasto con gli obiettivi di conservazione dell'orso bruno nel nostro Paese, considerato che il Ministero è tenuto a pronunciarsi in merito alle citate modifiche. (5-03542)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   anche a seguito di un'aggressione nei boschi del Trentino subita da un uomo il 15 agosto 2014 da parte dell'orsa Daniza, la provincia autonoma di Trento ha emesso un'ordinanza che prevedeva la sua cattura, sollevando numerose contestazioni da parte dei cittadini e delle associazioni;
   l'ordinanza non esclude l'abbattimento come ipotesi estrema qualora l'animale, durante l'operazione di cattura, dovesse provocare un imminente, grave e non altrimenti evitabile pericolo per gli operatori e per terzi;
   dopo quasi un mese di monitoraggio e ricerca sul territorio trentino l'orsa è stata individuata è si è deciso di intervenire con la telenarcosi che avrebbe consentito di addormentare l'animale;
   l'orsa Daniza, però, non è sopravvissuta alla narcosi effettuata per catturarla;
   il Corpo forestale dello Stato ha aperto un'indagine sulla morte dell'orsa Daniza, ipotizzando i reati di maltrattamento di animali e uccisione senza motivo reale dell'esemplare;
   peraltro, come riporta il Tgcom24 on line dell'11 settembre, nell'agosto scorso la Forestale aveva inviato una lettera al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al presidente della provincia di Trento esprimendo perplessità sull'iniziativa dell'ente locale di catturare e isolare in cattività in una struttura solo l'orsa, peraltro senza i propri cuccioli;
   con un comunicato dell'11 settembre l'ente nazionale protezione animali definisce la morte dell'orsa Daniza un «animalicidio», e chiede le dimissioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti. Il comunicato dell'Enpa e della Presidente Carla Rocchi prosegue: «Ciò che è accaduto all'orsa Daniza non è un incidente né un fatto casuale: è un animalicidio in pieno regola. Nei giorni e nelle settimane passate avevamo più volte chiesto di lasciare in pace l'animale, arrivando a diffidare le autorità locali. (...) Consideriamo responsabili di questa morte tutte le autorità che hanno fatto del terrorismo psicologico contro l'orso: in primis la Provincia di Trento e gli amministratori locali ed i politici locali che hanno scatenato questa guerra di religione» –:
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia avuto un qualche ruolo nelle decisioni prese dalle amministrazioni locali in merito alle attività di ricerca e di cattura dell'orsa;
   per quali motivi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non abbia ritenuto di dare seguito, per quanto di competenza, a quanto raccomandato dal Corpo forestale dello Stato nella lettera al medesimo Ministro circa la non opportunità di catturare e isolare l'orsa;
   se non si intenda acquisire certezza, per quanto di competenza, che l'intervento di narcosi che ha portato alla morte dell'orsa Daniza, sia stato posto in essere da personale medico-veterinario e se siano stati rispettati tutti i protocolli veterinari. (4-06018)


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come si evince da recenti e numerosi articoli di stampa nazionale e locale, agenzie stampa, articoli nei blog e nei più diffusi social media un bell'esemplare femmina di plantigrado, di nome Daniza e dell'età di 19 anni, non è sopravvissuta alle procedure di «narcotizzazione» da parte della Guardia forestale trentina ed autorizzate dalla Provincia autonoma di Trento, l'11 settembre 2014;
   la cattura dell'orsa fu decisa successivamente all'aggressione, a Ferragosto, di Gabriele Matuli, che ha reso necessaria l'ospedalizzazione del cercatore di funghi nei boschi di Pinzolo (TN). La maggior parte degli esperti ipotizza che Daniza abbia forse agito probabilmente per difendere i propri due cuccioli;
   il Corpo forestale dello Stato, appresa la volontà da parte della provincia autonoma di Trento di autorizzare e procedere alla cattura e captivazione dell'orsa Daniza ha prontamente sollevato a fine agosto, tramite una nota scritta indirizzata alla Direzione generale protezione natura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'ISPRA, forti preoccupazioni nel caso in cui l'orsa fosse stata catturata e posta in cattività sia per la salute del plantigrado quanto per la sopravvivenza dei cuccioli, nati nell'anno, mancando «dell'assistenza della madre nella ricerca del cibo, nella scelta dei luoghi di rifugio, negli itinerari da percorrere e nella difesa da possibili minacce e da eventuali predatori». Si evidenziava esplicitamente inoltre nella lettera la «necessità di un'attenta valutazione di come, in tali circostanze, la cattura e lo stato di cattività possano configurarsi come ipotesi di maltrattamento nei confronti dei cuccioli»;
   a quanto risulta all'interrogante tale nota è stata trasmessa tempestivamente alle competenti autorità trentina prima del tentativo di cattura e del suo tragico epilogo;
   l'orso Daniza è stata reintrodotta in Trentino dalla Slovenia anche per decisione delle stesse istituzioni trentine, aderenti, sin dal 1999, all'importante progetto comunitario «Life Ursus» con l'obiettivo del ripopolamento dei boschi con alcune specie selvatiche un tempo autoctone;
   coerentemente con i sopraddetti ammonimenti e le preoccupazioni del Corpo forestale dello Stato sul tema della captivazione dell'animale, anche l'Ente nazionale protezione animali, si legge in un articolo apparso su La Stampa il 27 agosto 2014, aggiungeva poi che: «contro gli orsi, specie particolarmente protetta anche a livello comunitario, è in atto, in Italia, una vera e propria guerra forse alimentata dall'allarmismo, dai pregiudizi. [...] In realtà sia nel caso di Daniza che in quello più recente di «M25» ciò che è stato definito come aggressione o tentativo di aggressione non è stato causato da una pericolosità intrinseca degli animali ma, ancora una volta, da comportamenti avventati ed in taluni casi addirittura negligenti posti in essere dalle persone». L'insofferenza delle comunità locali verso gli orsi ma anche verso altre specie selvatiche, spesso in pericolo di estinzione, è aggravato dal fatto che negli ultimi anni, in un periodo di scarsità di risorse finanziarie, si è assistito ad una drastica riduzione da parte delle regioni italiane degli stanziamenti per il rimborso per danni da fauna selvatica –:
   quali iniziative urgenti intenda mettere in campo, per quanto di competenza ed anche per tramite del Corpo forestale dello Stato e dell'ISPRA, il Ministro interrogato al fine di chiarire per quanto di competenza, l'operato della Guardia forestale trentina e dell'ente della provincia autonoma di Trento dalla decisione di cattura alla narcotizzazione del detto plantigrado femmina e se siano state o meno considerate le preoccupazioni del Corpo forestale dello Stato inoltrate ai reparti territoriali già a fine agosto 2014;
   quali misure si vogliano poi prendere per garantire la sopravvivenza e la maturazione dei cuccioli rimasti orfani, considerando l'imminente inizio della delicata fase di letargo degli stessi. (4-06021)


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   un orso marsicano è stato trovato morto nei pressi di Pettorano sul Gizio (AQ) nella riserva regionale Monte Genzana-Alto Gizio, ai confini con il Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise;
   muore così l'ennesimo esemplare di orso bruno marsicano: il fatto è molto grave essendo ridotta la popolazione di questi rari plantigradi a circa 60 unità ed è quindi a rischio la conservazione di questa specie;
   quest'ultimo episodio segnala una progressione preoccupante: se si divide infatti l'intervallo temporale, della statistica relativa agli orsi rinvenuti morti tra il 1971 ed il 2012, in periodi di sette anni, si nota come ai primi due cicli turbolenti della vita del parco con rispettivamente 22 e 26 decessi, ne sono seguiti altri due dei quali il primo con «soli» 12 morti ed il secondo in ripresa con 17 vittime;
   l'ultimo che si sta vivendo (2006-2014), registra una brutta accelerazione con ben 24 perdite di cui 4 nell'ultimo anno;
   le autorità del parco nazionale d'Abruzzo hanno posto all'attenzione delle istituzioni locali e nazionali il problema della conservazione dell'orso bruno marsicano come grande emergenza sottolineando che il Parco, da solo, non è in grado di gestirla;
   si rende urgente e non più rinviabile, dinanzi al ripetersi di simili incidenti, decidere in tempi brevi: a) un'azione molto più incisiva e coordinata di vigilanza e repressione del fenomeno; b) la costituzione di una banca del seme dell'orso bruno marsicano, valutando con un pool di esperti internazionali la fattibilità di un programma di conservation breeding;
   è necessaria dunque una forte mobilitazione della comunità scientifica e ambientalista per scongiurare il pericolo della scomparsa di questa straordinaria specie appenninica di orsi –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per sostenere l'azione dell'ente parco nazionale d'Abruzzo a tutela della conservazione dell'orso bruno marsicano e, in particolare, se non ritenga necessario promuovere in tempi brevi la costituzione di una banca del seme. (4-06024)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   ANZALDI e OLIVERIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nel gennaio 2009 l'immobiliarista Alison Deighton e il magnate del petrolio Jan Taylor acquistarono da un privato di Nardò, in provincia di Lecce, la proprietà di circa 30 ettari, classificati prevalentemente come zona C5;
   l'ammontare dell'investimento era pari a 5 milioni e 300 mila euro;
   l'aerea C5 davanti al mare di Sant'Isidoro di Nardò, quindi, era destinata, nell'ambito del piano regolatore, alla realizzazione di alberghi e villaggi turistici;
   fu quindi presentato il progetto «Oasi Sarparea» per un resort a cinque stelle che prevedeva tra l'altro la salvaguardia dell'uliveto secolare che sarebbe stato utilizzato per la produzione di olio di pregiatissima qualità;
   il progetto prevedeva circa 70 milioni di euro di investimenti ed è stato redatto dallo studio di architettura Gensler, uno dei più celebri per la progettazione ecocompatibile, premiato negli Stati Uniti con il «The American Architetture Award 2010», assegnato dal «The Chicago Athenaeum»;
   alcuni giorni fa, ai primi di settembre 2014, dopo circa sei anni dall'avvio del procedimento, il dottor Marcello Paglialunga, commercialista di Nardò e rappresentante dei due inglesi nell'attività di intermediazione, ha inviato ai deputati e senatori delle Commissioni agricoltura una missiva attraverso la quale ha argomentato la volontà di arrendersi da parte dei due investitori stranieri alla luce delle lunghezze burocratiche e delle incongruenze amministrative emerse nel corso della realizzazione di tale progetto;
   attualmente infatti si è ancora in attesa della sentenza del Consiglio di Stato a seguito della bocciatura del progetto da parte della regione dal punto di vista paesaggistico e conseguente ricorso al Tar con sentenza favorevole per gli investitori;
   come da richiesta della regione Puglia il progetto è stato sottoposto a valutazione ambientale strategica;
   si tratta di un progetto fortemente ispirato ai principi dell'ecocompatibilità come nelle intenzioni degli investitori che era riuscito a superare anche le resistenze di associazioni ambientaliste rappresentative come Legambiente e che prevedeva 100 posti di lavoro;
   va detto inoltre che nell'attesa di ricevere i previsti via libera burocratici, gli investitori stranieri hanno comunque messo in produzione l'uliveto fino a quel momento abbandonato, affidandolo ad una cooperativa locale che ha avviato l'imbottigliamento dell'olio extra vergine lì prodotto;
   si tratta di una vicenda emblematica che non può essere sottovalutata perché ne va dell'immagine del nostro Paese, un Paese che ha nel turismo e nella valorizzazione delle sue risorse una chiave importante per il rilancio dell'economia e dell'occupazione soprattutto al Sud;
   in definitiva, sembra di capire che 6 anni non sono stati sufficienti a far esprimere la pubblica amministrazione del nostro Paese con una voce univoca nei confronti di chi, dall'estero, intende investire una cospicua cifra nel settore del turismo e dell'agricoltura di qualità nel Meridione del nostro Paese;
   dalle fonti di stampa risulta che sul progetto si sia pronunciato negativamente anche il Ministero dei beni e delle attività culturali –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale vicenda e se non ritenga opportuno, in base alle proprie competenze in materia, attivarsi per le necessarie verifiche sullo stato del citato progetto «Oasi Sarparea» al fine di scongiurare che una opportunità di investimento possa effettivamente svanire per una serie di ritardi della pubblica amministrazione ed eventuali pastoie burocratiche. (3-01020)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei primi giorni del mese di agosto 2014, ENEL ha emesso le bollette con scadenza tra 20/25 agosto a diverse imprese della Lombardia; nel predetto mese la maggior parte delle aziende sono chiuse;
   a quanto consta all'interrogante, tra il 25 e il 30 agosto 2014 la stessa ENEL avrebbe mandato immediatamente la diffida di pagamento in media solo dopo 6/7 giorni di ritardo, con la minaccia del distacco di energia elettrica. La diffida normalmente è almeno di 20 giorni –:
   se, vista la situazione di crisi economica, sia corretto che un'azienda a partecipazione pubblica accorci, in via unilaterale, i tempi di pagamento delle bollette, mettendo così in difficoltà le imprese lombarde in un momento e in un mese in cui l'ENEL avrebbe dovuto tener conto della contingenza e quali iniziative di competenza, anche normative, si intendano assumere al riguardo. (4-06020)


   NESCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 18 febbraio 2014 il dirigente dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato, dottor Gaetano Mosella, ha stilato una relazione molto dettagliata sulle spese di personale della regione Calabria, eseguita dal 30 settembre al 20 dicembre 2013, frutto della visita ispettiva dell'11 settembre 2013, in attuazione dell'articolo 60, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell'articolo 14, comma 1, lettera d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
   dalla succitata relazione emerge un quadro desolante per la marea di dirigenti che hanno recepito emolumenti illegittimamente, contravvenendo tra le altre cose – come precisato nel capitolo 1 della relazione – all'articolo 1, comma 557, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (legge finanziaria per l'anno 2007) che «prevedeva che gli enti locali dovessero ridurre le spese di personale, garantendo il contenimento della dinamica retributiva ed occupazionale»;
   a mo’ di esempio si citano alcuni tra i casi più emblematici. Per quanto riguarda l'avvocato Paolo Filippo Arillotta, a cui è stato conferito l'incarico di direzione dell'avvocatura regionale con deliberazione n. 457 del 29 giugno 2010, si segnala «la violazione dell'articolo 19, comma 1-bis del decreto legislativo n. 165/01 in quanto manca la pubblicazione dell'avviso per il conferimento dell'incarico in esame». Allo stesso Arillotta è stato inoltre riconosciuto il trattamento economico di direttore generale, sebbene – si precisa ancora nella relazione – «l'Avvocatura Regionale non è un Dipartimento per il quale la legge regionale n. 7/96 prevede la figura di un Direttore Generale e, quindi, all'avv.to Arillotta non poteva essere riconosciuto il trattamento economico di Direttore Generale». A conti fatti, dal 2010 al 2013, gli importi indebitamente riconosciuti all'Arillotta sono pari a 563.557,80 euro;
   occorre qui precisare che lo stesso Arillotta ha espresso pareri che sono stati duramente contestati, come quello del 23 giugno 2014, in cui si affermava, contrariamente alle stesse disposizioni del Ministero della salute, la possibilità che l'ex governatore della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, potesse continuare a ricoprire la carica di commissario ad acta per il piano di rientro dato che, scriveva Arillotta, quest'ultimo incarico non è «strettamente connesso alla carica di Presidente della Regione, potendo il Consiglio dei ministri scegliere anche tra altri soggetti»;
   il caso più eloquente di importi illegittimi segnalati nella relazione è senz'altro quello dell'avvocato Francesco Zoccali, il dirigente più pagato dalla Regione. Nonostante manchi «dell'esperienza quinquennale nella qualifica dirigenziale, requisito richiesto dall'articolo 25 della legge regionale n. 7/96 per la nomina a Direttore Generale», con deliberazione della giunta regionale n. 333 del 21 aprile 2010 è stato conferito a Zoccali un primo incarico di direttore generale della giunta. Anche in merito alla procedura di conferimento di tale incarico, scrive il dottor Mosella, «emerge che la stessa è stata effettuata in violazione dell'articolo 19, comma 1-bis del decreto legislativo n. 165/01 in quanto priva di adeguata pubblicazione dell'avviso per l'incarico da conferire». A ciò si affianca, come detto, la mancanza di esperienza quinquennale dato che, da curriculum acquisito dalla ragioneria generale dello Stato, Zoccali «ha dichiarato di aver svolto, presso il Comune di Reggio Calabria, le funzioni di Direttore Generale dal maggio 2008 al maggio 2010 (quindi, due anni)»;
   si ravvisa, ancora, un'ulteriore irregolarità dato che Zoccali ha dichiarato di aver svolto anche le funzioni di capo di gabinetto e dirigente staff del sindaco del comune di Reggio Calabria dal settembre 2002 al mese di aprile 2008. E proprio quest'ultimo incarico è «incompatibile con l'esercizio della funzione dirigenziale», così come ha, recentemente, stabilito la deliberazione n. 313 del 28 agosto 2013 della Corte dei conti-sez. di controllo del Piemonte, secondo cui il suddetto incarico «non può negli effetti andare a sovrapporsi a competenze gestionali ed istituzionali dell'ente»;
   secondo quanto denunciato dalla relazione Mosella, all'illegittimità del succitato incarico conferito con la deliberazione della giunta regionale n. 333 del 21 aprile 2010, ne segue un altro conferito all'avvocato Zoccali con deliberazione della giunta regionale n. 161 del 13 maggio 2013. Ciò perché il suddetto secondo incarico «si fonda sull'errata esperienza quinquennale nella qualifica dirigenziale; requisito, quest'ultimo, primario per accedere all'incarico di Direttore Generale così come stabilisce l'articolo 25 della legge regionale n. 7/96»;
   ma vi è di più: con deliberazione della giunta regionale n. 439 del 7 giugno 2010, si è deciso «di disporre l'accorpamento del Segretariato generale della Giunta regionale al Dipartimento della Presidenza della Giunta regionale, attribuendo, per l'effetto, al dirigente generale di quest'ultimo, le funzioni di segretario della Giunta regionale e di coordinatore del comitato di direzione dei dirigenti generali dei Dipartimenti regionali». Di conseguenza, all'avvocato Zoccali è stato conferito l'incarico di segretario generale. A riguardo la legge (articolo 8 della legge regionale n. 31 del 2002, comma 2) precisa che «l'incarico di Segretario Generale è conferito dalla Giunta regionale a dirigente regionale che abbia svolto le funzioni di dirigente generale per almeno tre anni, ovvero, con contratto di diritto privato a tempo determinato a soggetto di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbia effettivamente svolto funzioni dirigenziali per almeno quindici anni in organismi, Enti o Aziende». Ebbene, si legge nella relazione che Zoccali «non è dirigente regionale che abbia svolto le funzioni di direttore generale per almeno tre anni [...], non ha effettivamente svolto funzioni dirigenziali per almeno quindici anni in organismi enti, o aziende pubbliche o private [...] e non proviene dai settori della docenza universitari con esperienza almeno quindicennale»;
   ciò che però ha destato maggiore stupore negli ispettori, ministeriali è stato il calcolo complessivo degli emolumenti che «appare piuttosto singolare», «più frutto di una prassi che di altro ma, soprattutto, è privo di qualsiasi riferimento normativo o provvedimentale»;
   al termine dell'analisi, si legge ancora nella relazione, gli imporli illegittimamente riconosciuti all'avvocato Zoccali ammontano, nel periodo preso in esame, a 735.570,81 euro;
   l'analisi condotta dal dottor Mosella non tocca solo i dirigenti nominati durante la legislatura Scopelliti, ma anche alcuni di quelli nominati nella precedente legislatura Loiero (centrosinistra). A riguardo si cita, a titolo di esempio, il caso dell'architetto Michelino Lanzo, al quale, con decreto del presidente della giunta regionale n. 109 del 13 giugno 2005, era stato assegnato l'incarico di capo di gabinetto della giunta regionale. Anche in questo caso, rileva la relazione, mancavano i requisiti necessari per assolvere tale ruolo, dato che il Lanzo non era in possesso della necessaria qualifica dirigenziale per poter essere legittimamente nominato capo di gabinetto della giunta, come precisato dai commi 4 e 5 dell'articolo 7 della legge regionale n. 7 del 1996. Per tale motivo, concludono gli ispettori, «si considerano illegittimamente corrisposti i compensi» che ammontano, dal 2005 al 2011, ad un totale di 1.136.771,36;
   i casi menzionati sono solo alcuni dei tanti che si potrebbero riportare. Basti pensare che i dirigenti a cui la relazione Mosella contesta gli emolumenti ricevuti sono 32 di nomina della giunta (17 dei quali risalenti alla giunta Loiero) e 6 di nomina del consiglio regionale (3 dei quali risalenti agli anni in cui era Presidente del Consiglio regionale Giuseppe Bova), per un totale di 9.579.288 euro di importi illegittimi (8.685.249 euro per nomine della giunta e 894.039 euro per nomine del consiglio);
   a tutto questo si sommano gli importi ritenuti illegittimi di giornalisti assunti per ufficio stampa nel periodo 2008-2012: 5.627.461 euro totali, di cui 2.216.891 per nomine della giunta e 3.410.570 per nomine del consiglio;
   si segnala, a riguardo, che sono in corso anche indagini giudiziarie, condotte dal pubblico ministero Gerardo Dominijanni il quale, partendo dalla vicenda del solo Francesco Zoccali, ha chiesto il rinvio a giudizio per abuso d'ufficio in concorso dell'ex governatore Giuseppe Scopelliti e degli assessori che, dal 2010 ad oggi, si sono alternati al suo fianco: Pino Gentile, Mimmo Tallini, Antonella Stasi, Francescantonio Stillitani, Giacomo Mancini, Piero Aiello, Antonio Stefano Caridi, Mario Caligiuri, Francesco Pugliano, Michele Trematerra e Fabrizio Capua;
   da notizie di stampa, ancora, pare che il pubblico ministero Dominijanni stia ampliando la sua indagine e stia ora acquisendo tutto il materiale raccolto dagli ispettori ministeriali;
   secondo quanto riportato dal Quotidiano del Sud dell'11 agosto 2014 in un articolo a firma Stefania Papaleo, «dopo aver iscritto nel registro degli indagati i nomi dell'ex Governatore Peppe Scopelliti e degli uomini che, dal 2010 ad oggi, si sono succeduti in giunta [...], il sostituto procuratore Gerardo Dominijanni ha deciso di affrontare uno per uno tutti gli aspetti poco chiari legati alla gestione delle casse regionali, per cui l'intera macchina amministrativa verrà scandagliata nei prossimi giorni, seguendo l'ordine della relazione»;
   per il nuovo articolo 97 della Costituzione, «le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico»;
   nel luglio 2014, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria ha parificato, «nelle sue componenti del conto del bilancio e del conto del patrimonio, il rendiconto generale della Regione Calabria per l'esercizio 2013 di cui alla deliberazione delle giunta regionale n. 163 del 29 aprile 2014, ad eccezione della situazione finanziaria»;
   contestualmente, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria ha ordinato «che i conti, muniti del visto della Corte, siano restituiti al Presidente della Regione per la successiva presentazione al Consiglio regionale» –:
   quali ulteriori iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, intendano adottare per assicurare il ripristino della regolarità nei conti pubblici e dunque nelle casse della regione Calabria anche alla luce della relazione del dottor Mosella. (4-06023)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA e MOGNATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società Trenitalia in data 23 ottobre 2013 presentò ricorso al Tribunale di Venezia finalizzato ad ottenere l'ingiunzione di pagamento, immediatamente esecutiva, in relazione a un credito di circa 22 milioni di euro per servizi resi nel quarto trimestre 2012;
   il tribunale adito ha depositato in data 6 dicembre 2013 il decreto ingiuntivo n. 3116 per il credito vantato da Trenitalia spa, riconosciuto certo, liquido ed esigibile, notificato alla regione in data 30 dicembre 2013;
   il decreto ingiuntivo notificato da Trenitalia spa in data 30 dicembre 2013 è stato, infatti, munito di formula esecutiva in data 27 maggio 2014 e notificato con modalità telematica l'il giugno 2014 (assunto a prot. PEC n. 254090 del 12 giugno 2014);
   dalla data di notifica è quindi scattato il conto alla rovescia di 120 giorni per il pagamento del credito;
   in data 7 febbraio 2014 e 15 maggio 2014 si sono svolti incontri istruttori con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze con l'obiettivo di concedere alla regione Veneto l'anticipazione del Fondo nazionale trasporti per l'anno 2014;
   con note prot. n. 103390 del 10 marzo 2014 e n. 248352 del 10 giugno 2014 è stata inviata ai Ministeri competenti tutta la documentazione amministrativo-contabile richiesta, ai fini dell'erogazione delle risorse oggetto di istanza;
   l’iter ad oggi non risulta concluso, né è pervenuta comunicazione da parte dei Ministeri circa una data certa di erogazione delle somme;
   si tratta di 22 milioni a valere sul Fondo per lo sviluppo e coesione;
   la procedura comporta oltre al coordinamento tra più strutture ministeriali, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze, e dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri per la coesione territoriale e richiede anche una apposita deliberà CIPE;
   con nota n. 265252 del 19 giugno 2014 la regione Veneto ha sollecitato l'erogazione dei fondi;
   le organizzazioni sindacali sono fortemente preoccupate sul futuro del servizio di trasporto ferroviario regionale anche in considerazione del suo progressivo ridimensionamento con conseguente disagio a discapito dei cittadini ed in particolare dell'utenza pendolare;
   appare del tutto evidente l'urgenza di garantire il pagamento dei 22 milioni di euro onde evitare che, decorso il termine di 120 giorni, i cittadini veneti si trovino a dover pagare ulteriori oneri di mora e con un servizio ulteriormente peggiorato –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare, al fine di trasferire, materialmente, prima della scadenza del termine dei 120 giorni dalla data di notifica del decreto ingiuntivo del tribunale di Venezia, le somme richieste dalla regione Veneto a valere sul Fondo per lo sviluppo e coesione, consentendo, quindi, il pagamento del credito vantato da Trenitalia senza che questi gravi su di un inevitabile ridimensionamento del servizio di trasporto già fortemente condizionato dai tagli degli ultimi anni. (5-03541)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CHAOUKI, MATTIELLO, VALERIA VALENTE e MOSCATT. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da un articolo uscito su Il Manifesto giovedì 4 settembre 2014 a firma di Marco Omizzolo e Roberto Lessio che il 15 luglio 2014 a Latina, polizia e carabinieri in tenuta antisommossa avrebbero sgomberato gli inquilini del palazzo di Via Respighi – chiamato «palazzo giallo» – con l'ausilio dei vigili del fuoco e dei tecnici dell'Enel e di Acqualatina, i quali avrebbero provveduto a staccare corrente elettrica ed acqua;
   il palazzo in questione, situato in un quartiere periferico del capoluogo pontino, ospitava 12 famiglie (sessanta persone in tutto, compresi 12 bambini e diversi anziani) che avevano occupato l'immobile costruito oltre venti anni fa e mai utilizzato: il 19 giugno 2014 era già stato programmato lo sgombero forzoso ma, poiché una donna con cinque figli a carico avrebbe minacciato il suicidio, si era deciso di sospendere l'operazione;
   le famiglie sgomberate – stando a quanto riportato nell'articolo – il 15 luglio 2014, si sarebbero poi accampate per due giorni sotto il palazzo municipale in piazza del Popolo a Latina e con tende, sedie e materassi avrebbero manifestato la loro indignazione;
   il 4 dicembre prossimo gli occupanti dovranno comparire davanti al giudice per rispondere dell'accusa di violazione della proprietà privata;
   per quanto riguarda l'immobile di cui sopra l'articolo di Omizzolo e Lessio riferisce che risulterebbe costruito dalla società Alambra Costruzioni di San Giuseppe Vesuviano (Napoli) nel 1982, poi venduto nel 1984 alla Compagnia europea di previdenza spa di Roma. Una società che risulta in liquidazione coatta da quasi 20 anni;
   risulterebbe, inoltre, che tale edificio sarebbe stato, diversi anni orsono, requisito e assegnato al Demanio perché riconducibile ad investimenti condotti da Raffaele Cutolo, fondatore e capo della Nuova camorra organizzata;
   l'allora sindaco di Latina Vincenzo Zaccheo si attivò per installarvi una caserma dei Carabinieri a servizio del quartiere, progetto che poi, però, non venne portata a termine;
   tale palazzo però non è certo l'unico stabile occupato a Latina: come lo stesso articolo sottolinea, gli aderenti all'organizzazione di estrema destra «Casapound» di Latina occuparono, a partire dal 29 dicembre 2006, un edificio di Viale 18 Dicembre in pieno centro;
   si tratta di una palazzina di 4 piani con altri locali adibiti a spazi ricreativi che a tutt'oggi risulta di proprietà dell'ENEL. Lo stabile risulta tra le circa 3 mila proprietà che l'ente ha messo in vendita lo scorso anno per recuperare liquidità (lo si può riscontrare sul sito: www.dismissioneimmobili.it);
   stando sempre a quanto riporta l'articolo, oltre ad una libreria, una biblioteca e ad una web radio, negli spazi occupati sarebbe nata anche una birreria molto frequentata soprattutto d'estate, tutte attività che per funzionare hanno bisogno di servizi indispensabili; acqua, smaltimento rifiuti e fornitura di energia elettrica;
   per questa occupazione qualche minaccia di sgombero vi è stata ma, lo sfratto è stato poi evitato grazie all'intervento dell'amministrazione comunale e della provincia: le due amministrazioni stilarono persino un protocollo d'intesa, promosso dall'allora assessore ai servizi sociali della provincia Fabio Bianchi e dall'attuale sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi –:
   se risulti se Enel spa abbia richiesto lo sgombero dell'immobile di proprietà occupato dall'organizzazione Casapound e, in tal caso, quali azioni il Ministro dell'interno intenda porre in essere per ricondurre l'immobile nella disponibilità dei legittimi proprietari, considerando l'interesse in tal senso anche dello Stato.
(4-06022)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ormai da tempo le organizzazioni sindacali della polizia di Stato, Siulp, Siap, Silp-Cgil, Ugl polizia, Coisp, Consap-Adp e Uil polizia stanno denunciando che le condizioni lavorative ed economiche dei poliziotti hanno raggiunto livelli sempre più insostenibili;
   in una recente nota le organizzazioni sindacali di cui sopra, a fronte del silenzio da parte del «Ministro e del Dipartimento di Pubblica Sicurezza», hanno stigmatizzato «come non siano mai state contemperate soluzioni migliorative delle condizioni di Poliziotti e Poliziotte ma solo soluzioni tampone ovvero temporanee» che hanno portato al «progressivo deterioramento e l'acuto disagio professionale del personale»;
   sempre nella medesima nota, viene denunciato che «negli ultimi tempi, all'elevato numero di problematiche rimaste irrisolte, si sono aggiunte e si stanno aggiungendo nuove e delicate questioni che minano e mortificano in maniera oltremodo pesante l'attività lavorativa del personale»: in particolare, il prolungamento del blocco stipendiale, che dura ormai da anni, e «la consapevolezza di lavorare in contesti operativi sempre più difficili, con mezzi obsoleti e insicuri, in strutture fatiscenti che minano persino la dignità degli operatori, con un età media sempre più elevata che mette a rischio i livelli di efficienza dei servizi di sicurezza e di mantenimento dell'ordine pubblico»;
   si registrano la «mancanza di una normale progressione di carriera attraverso i concorsi, l'allarmante assenza di strategia sulla sicurezza che prevede uno smodato ricorso a pratiche emergenziali, come la gestione dei fenomeni di immigrazione e come l'approccio all'ordine pubblico»; successivamente all'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto-legge sulla riforma della pubblica amministrazione, con il quale è stato disposto il blocco degli stipendi anche per il comparto sicurezza, le organizzazioni sindacali della polizia di Stato hanno dunque annunciato che nella provincia di Bologna, come è già in corso in altri capoluoghi, quale forma di protesta, non concederanno più, con effetto immediato, deroghe di orario relative all'ordine pubblico, i rinnovi delle deroghe agli orari non contrattualizzati e la partecipazione ai lavori delle commissioni;
   il Ministro interrogato avrebbe risposto che «Le richieste dei sindacati di polizia sono legittime, ma i toni e i modi sono eccessivi Comunque ci sono le condizioni per risolvere»;
   il lavoro degli agenti della polizia di Stato è rivolto a garantire la sicurezza ai cittadini, recentemente sempre più necessaria a fronte dell'aumento dei crimini, ed è destinato anche alla tutela delle istituzioni democratiche –:
   quali iniziative abbia adottato il Ministro interrogato a fronte delle istanze avanzate dalle organizzazioni sindacali della polizia di Stato, Siulp, Siap, Silp-Cgil, Ugl Polizia, Coisp, Consap-Adp e Uil Polizia sopra riportate;
   se non ritenga legittimo un intervento immediato non solo a tutela delle retribuzioni degli agenti di polizia ma anche per migliorare le condizioni lavorative in cui gli stessi sono oggi costretti a lavorare e che sono state puntualmente indicate nella recente nota dalle stesse organizzazioni sindacali. (4-06027)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Ente di Previdenza dei Medici e degli Odontoiatri italiani (ENPAM) ha assunto, in forza del decreto-legge n. 509 del 1994, personalità giuridica di diritto privato e trasformato in fondazione;
   per la fondazione ENPAM permane l'obbligo di assicurare il trattamento previdenziale ai propri iscritti, diritto costituzionalmente garantito;
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno il compito di vigilare sul rispetto di tale obbligo e sul buon andamento gestionale della Fondazione;
   sulla base dei dati del bilancio consuntivo 2013 emerge come l'ammontare medio delle pensioni sia, fra gli altri, rispettivamente per i:
    a) medici di base: 25.000 euro annui lordi;
    b) medici specialistici ambulatoriali: 38.000 euro annui lordi;
    c) le pensioni minime legate alla semplice iscrizione: 2.250 euro annui lordi;
   i giovani medici, ancorché disoccupati o con occupazioni precarie, sono tenuti a versare contributi previdenziali certamente onerosi a fronte della mancanza di reddito;
   sempre il bilancio consuntivo 2013, approvato nella seduta del Consiglio Nazionale di giugno 2014, fornisce elementi utili a quantificare il trattamento economico per il presidente dottor Alberto Oliveti; infatti nella nota integrativa al bilancio 2013 risulta alla voce «compensi, gettoni e indennità di missione al Presidente e ai Vice Presidenti» una somma pari a 668.254 euro, il che lascia supporre che il compenso del Presidente sia molto elevato;
   il presidente Alberto Oliveti è anche presidente EnpamRE, società a socio unico, per cui percepisce, secondo i dati di bilancio 2013 altri 88.631 euro lordi annui;
   il presidente Alberto Oliveti risulterebbe inoltre presidente di tre comitati consultivi di fondi di gestione immobiliari riferibili alla fondazione Enpam –:
   quale sia l'esatto ammontare dei compensi percepiti dal dottor Oliveti nella sua qualità di presidente dell'Enpam e, comunque, in conseguenza di incarichi di natura pubblica e quali iniziative intenda assumere il Governo per adeguare in ogni caso i suddetti compensi ai tetti che sono stati introdotti per i dirigenti della pubblica amministrazione. (5-03544)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 24-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, nel testo convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, stabilisce che le aziende dei call center con almeno venti dipendenti possano decidere di delocalizzare l'attività di call center fuori dal territorio nazionale. In tal caso, devono darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti. Inoltre, devono darne comunicazione all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengono adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del registro delle opposizioni. Analoga informativa deve essere fornita dalle aziende che già oggi operano in Paesi esteri;
   la medesima norma stabilisce, altresì, che, in attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all'occupazione nel settore dei call center, i benefici previsti dalla legge 29 dicembre 1990, n. 407, non possono essere erogati ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri;
   infine, l'articolo 24-bis, al comma 4, prevede che quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l'operatore con cui parla è fisicamente collocato e deve, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale. Analoga comunicazione circa la collocazione dell'operatore è prevista nel caso in cui sia un cittadino ad essere destinatario di una chiamata da un call center;
   il mancato rispetto delle disposizioni sopra citate comporta la sanzione amministrativa pecuniaria di 10.000 euro per ogni giornata di violazione;
   risulta all'interrogante, tuttavia, che molte aziende del settore non rispettino la normativa sopra segnalata, con grave pregiudizio per la tutela di alcuni diritti fondamentali;
   in primo luogo, infatti, vi è un grave pregiudizio per quanto riguarda la tutela del diritto alla privacy dei cittadini che entrano in contatto con i call center collocati fuori dal territorio nazionale e che non vengono avvisati del fatto che stanno parlando con un operatore non collocato sul territorio nazionale. Più volte è stata proposta l'introduzione, in fase di instradamento della chiamata al sistema automatico di risposta (IVR), di una fonìa che permettesse all'utente di scegliere con quale operatore parlare, se nazionale o straniero, a tutt'oggi senza seguito alcuno;
   inoltre, vi è un gravissimo pregiudizio per i livelli occupazionali; in questo senso, è tuttora in corso un tavolo di crisi presso il Ministero dello sviluppo economico con le parti interessate per cercare di affrontare il problema, fino ad ora con scarsi successi, nonostante si siano già svolti alcuni incontri –:
   se ai Ministri interrogati risulti che vi sia una corretta applicazione della normativa sopra citata;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover assumere iniziative, anche normative, per l'istituzione di un sistema di vigilanza e controllo sull'attuazione della normativa citata, al fine di renderne più efficace l'applicazione;
   in quale modo i Ministri intendano proseguire nella conduzione dei tavoli di crisi aperti;
   quali azioni intendano intraprendere i Ministri interrogati al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali.
(4-06019)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da tempo si continua a rinviare l'attuazione dell'Accord Phoenix tenendo in attesa i circa 200 lavoratori del polo elettronico attualmente in mobilità o in cassa integrazione;
   l'azienda intende insediarsi all'Aquila, con un sito per lo smaltimento dei rifiuti elettronici, e ricollocare almeno 120 persone nella prima fase di attività, all'interno degli spazi dell'ex Finmek;
   il progetto è stato promosso dalle istituzioni locali, ma è fermo da oltre un anno negli uffici di Invitalia, l'agenzia del Ministero dell'economia e delle finanze che deve erogare i 12 milioni di euro di contributi pubblici richiesti dalla società, a fronte di un investimento complessivo di 35 milioni;
   si deve considerare che sono in scadenza, tra settembre e aprile, gli ammortizzatori sociali che hanno accompagnato la fuoriuscita dei dipendenti della Finmek, della Fida spa e della Intercompel;
   per la maggior parte si tratta di lavoratori giovani, che non possono agganciarsi alla pensione e difficilmente potranno essere reinseriti nel circuito lavorativo;
   i sindacati lamentano forti preoccupazioni per il dilatarsi dei tempi e sperano che si possa giungere a una conclusione positiva di tutto l’iter: questo perché una volta scaduta la mobilità, spariranno anche gli sgravi fiscali destinati alle aziende che riassumono –:
   se non ritengano urgente assumere iniziative per accelerare l’iter per sbloccare l'insediamento dell'Accord Phoenix e scongiurare la scadenza dei termini di mobilità dei lavoratori e garantire un futuro occupazionale all'intera area. (4-06025)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dello svolgimento della prima summer school sul made in Italy, promossa dalla Coldiretti, in collaborazione con l'Osservatorio sulla criminalità agroalimentare, è stato ribadito come la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari italiani ammonti complessivamente a circa 60 miliardi di euro e determina la perdita di posti di lavoro per circa 300 mila occupati;
   l'incontro tenutosi in provincia di Salerno, rivolto all'indirizzo di nuovi percorsi formativi delle giovani generazioni, che scelgono gli studi agroalimentari, ambientali e turistici, ha evidenziato la necessità di interventi risolutivi in ambito mondiale, per contrastare efficacemente le contraffazioni agroalimentari del made in Italy, attraverso accordi internazionali nel quadro del WTO, per la tutela delle denominazione dei falsi;
   gli inganni globali nei riguardi dei consumatori, come ha rilevato il presidente della Coldiretti, dei prodotti agroalimentari italiani sono noti da tempo: dalla «Pomarola» del Brasile, all'olio «Pompeian» del Maryland, alla «Zottarella» venduta in Germania, ai pelati «San Marzano» prodotti e confezionati in California, fino alla scamorza «Salerno» del Canada, e il salame «Napoli» del Nordamerica;
   un elenco, quello in precedenza richiamato che, appare infinito e che determina oltre ai danni economici d'immagine noti e quantificati, anche evidenti e gravissimi problemi con riferimento alla «dieta Mediterranea», divenuta da circa quattro anni patrimonio dell'Unesco;
   lo studio della Coldiretti, ha rilevato inoltre, che nel corso del seminario, riportato anche da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore del 13 settembre 2014, ulteriori e preoccupanti interventi di falsificazione dei prodotti agroalimentari del cosiddetto made in Italy, si riscontrano quotidianamente sul commercio in rete, attraverso l'acquisto di kit inglesi per produrre la mozzarella fatta in casa, oppure altri prodotti come il vino o la pasta italiana;
   l'interrogante evidenzia, come nonostante i numerosi interventi legislativi introdotti sia nella scorsa, che nella presente legislatura, sollecitati da un numero esorbitante di atti di sindacato ispettivo, nei confronti dei Governi succeduti dal 2008 al 2014, a tutela dei prodotti agroalimentari italiani, le cui eccellenze uniche ed inimitabili per la tipicità, rappresentano un prestigio unico al mondo per il nostro Paese, il fenomeno della contraffazione agroalimentare non sembra essere adeguatamente contrastato;
   gli interventi normativi introdotti dal Governo Berlusconi nel corso della precedente legislatura, peraltro non adeguatamente sostenuti dalla Commissione europea, volti alla tracciabilità dei prodotti e all'etichettatura, se importanti e condivisibili, necessitano tuttavia di essere rafforzati con misure restrittive e punitive anche di carattere penale;
   i continui sequestri di prodotti falsificati, da parte delle autorità preposte alla vigilanza e alla soppressione del fenomeno, che determinano gravissimi danni economici alle aziende agroalimentari sane, impongono anche e soprattutto, a livello internazionale ulteriori iniziative a quelle già adottate di recente;
   a giudizio dell'interrogante, occorre a tal fine intervenire in maniera rapida sia in sede comunitaria al fine di consentire al nostro Paese, l'introduzione dei decreti attuativi in tema di etichettatura dei prodotti agroalimentari, che soprattutto in ambito mondiale, affinché siano intraprese misure rigorose a tutela dei prodotti agroalimentari italiani –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere in sede internazionale, in ordine agli interventi esposti altresì nella premessa. (4-06028)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT, MARTELLA, MURA, CAROCCI, ALBANELLA, SENALDI, MARZANO, AMODDIO, GNECCHI, MAGORNO, ANTEZZA, CARELLA, NICOLETTI, IORI, CARROZZA, MORETTO, PAOLO ROSSI, CARRESCIA, BORGHI, TERROSI, VALIANTE, ARLOTTI, ZARDINI, GADDA, GALPERTI, MANFREDI, AMATO, RUBINATO, COVA, CENSORE, PATRIARCA, FRAGOMELI, MARIANI, ROMANINI, GRASSI e GIULIETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è oggi uno dei Paesi più avanzati nella cosiddetta «transizione demografica» (il passaggio da una popolazione con alti tassi di natalità e di mortalità a una popolazione con entrambi i tassi in progressiva riduzione);
   tale fenomeno ha come principale conseguenza il progressivo invecchiamento della popolazione e se da una parte si è assistito ad un miglioramento complessivo delle attuali condizioni degli individui «anziani», dall'altra è aumentato esponenzialmente il numero di pazienti con malattie croniche o invalidanti che generalmente si manifestano in età avanzata (in particolar modo causate da patologie neurodegenerative o di demenza senile tra cui anche il morbo di Alzheimer);

in Italia sono attualmente presenti, oltre 4 milioni di persone con vari gradi di disabilità (pari al 6,7 per cento della popolazione). Oltre centocinquantamila sono in età scolare. Si tratta di numeri, anche in questo caso in crescita: il Censis ha recentemente stimato che nel 2020 i portatori di handicap arriveranno a 4,8 milioni (il 7,9 per cento della popolazione) e raggiungeranno i 6,7 milioni nel 2040 (il 10,7 per cento);
   la «transizione demografica» e l'aumento di persone disabili, con i costi diretti e indiretti che comporta, sono quindi destinate a incidere in modo significativo sui provvedimenti per il benessere sociale della nazione;
   i livelli essenziali di assistenza (Lea) sono le prestazioni e i servizi che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini malati, a totale carico del servizio sanitario nazionale o con una quota di compartecipazione ai costi da parte dell'utente. I livelli essenziali di assistenza sono stati definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, entrato in vigore il 23 febbraio 2002 e le cui norme sono esigibili in base all'articolo 54 della legge n. 289 del 2002;
   l'attuazione dei livelli essenziali di assistenza presenta nel nostro Paese notevoli criticità per quanto riguarda l'assistenza sanitaria e socio-sanitaria domiciliare, semiresidenziale e residenziale delle persone non autosufficienti (in particolar modo, gli individui anziani colpiti da patologie neurodegenerative o di demenza senile) e portatori di handicap;
   nella sentenza n. 36 del 2013 la Corte Costituzionale ha precisato che «l'attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non autosufficienti è elencata tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001». Nella stessa sentenza la Corte costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone anziane o disabili che non possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l'aiuto determinante di altri»;
   nel piano nazionale della prevenzione 2010-2012, approvato dalla Conferenza permanente Stato-regioni, è espressamente prevista la necessità di un governo clinico complessivo delle demenze che sia in grado di utilizzare nella pratica clinica le evidenze scientifiche disponibili, gli approcci multidisciplinari e interprofessionali, il coordinamento delle attività dei diversi servizi dedicati ed il forte coinvolgimento dei diversi operatori sociosanitari, dei medici di medicina generale, dei familiari e di tutti i soggetti decisori. Nel medesimo piano si evidenzia la necessità di un serio approccio ai problemi della prevenzione e della gestione delle patologie neurologiche con l'esigenza di creare sinergie tra competenze multidisciplinari che non si possono esaurire nel solo ambito sanitario;
   un finanziamento adeguato per garantire la reale e continua assistenza sanitaria e socio-sanitaria domiciliare, semiresidenziale e residenziale delle persone non autosufficienti, peraltro presente nei Lea, è stata richiesta nel corso degli anni da numerose cittadini, associazioni di malati, da onlus, da enti locali, anche attraverso petizioni popolari;
   nelle ultime legislature anche il Parlamento si è espresso in tale direzione:
    nella XVIo legislatura la Commissione XII affari sociali della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione (n. 8-00191) che impegna il Governo anche «ad assumere le iniziative necessarie per assicurare la corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e delle cure socio-sanitarie, previste dai Lea, alle persone con handicap invalidanti, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti psichiatrici, assicurando loro l'erogazione delle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, concernente i livelli essenziali di assistenza»;
    nella XVIIo legislatura l'Assemblea del Senato della Repubblica ha approvato una mozione (n. 1-00148) che impegna il Governo anche «a definire nei tempi più brevi la revisione dei Lea e a promuovere la definizione di apposite linee guida per la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento terapeutico e assistenziale dei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer, al fine di migliorare la qualità delle prestazioni e uniformarne l'efficacia e l'efficienza»;
   il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha recentemente affermato a mezzo stampa che il riordino dei costi standard previsto per i Ministeri nell'ambito della spending review non porterà riduzioni al fondo sanitario nazionale –:
   se il Governo intenda assumere iniziative urgenti per monitorare l'effettiva e puntuale erogazione dei livelli essenziali di assistenza, sul territorio nazionale, per quanto riguarda l'assistenza domiciliare, semiresidenziale e residenziale delle persone non autosufficienti (sancita dalla legge e confermata dalla Corte Costituzionale) e, qualora venissero evidenziate comprovate criticità, quali iniziative intendano promuovere per assicurare le prestazioni ai malati interessati, anche nel rispetto delle indicazioni formulate negli atti parlamentari approvati citati in premessa.
(5-03543)

Interrogazione a risposta scritta:


   LAVAGNO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il mesotelioma è una neoplasia che origina dal mesotelio, lo strato di cellule che riveste le cavità sierose del corpo. La quasi totalità dei casi attualmente rilevati del tumore si riferisce a mesotelioma pleurico, ed è correlata all'esposizione alle fibre aerodisperse dell'amianto (asbesto), con una latenza temporale particolarmente elevata che va dai 15 ai 45 anni e un decorso di 1 o 2 anni;
   una donna bresciana malata di mesotelioma pleurico, una patologia gravissima causata dall'esposizione all'amianto, a maggio si rivolge all'ospedale di Borgosesia (Vercelli), con la richiesta del medico specialista per consentire l'utilizzo del farmaco, per avere gemcitabina, farmaco il cui uso è richiesto per una patologia non compresa tra quelle per cui è registrato ma la cui efficacia è dimostrata scientificamente;
   la gemcitabina è un farmaco inserito nella legge n. 648 del 1996 tra quelli che possono essere forniti in casi particolari senza attendere l'autorizzazione della commissione farmaceutica interna dell'Asl, anche se non è tra le medicine direttamente previste per i malati di mesotelioma, ma è una «off label» efficace su questo tipo di tumore;
   l'asl vercellese avrebbe negato per mesi il farmaco alla donna, vedendosi così peggiorate le sue condizioni di salute. Il motivo sarebbe stato la mancata pronuncia della commissione farmaceutica interna;
   la donna si è quindi vista costretta a rivolgersi privatamente allo stesso primario di oncologia dell'Asl di Vercelli e, dietro pagamento, è riuscita ad ottenere immediatamente il farmaco –:
   se non ritenga che l'accaduto possa dipendere dai continui tagli ai servizi sanitari e, viste le notizie di stampa, che danno conto di possibili nuove riduzioni di risorse per la sanità, quali garanzie intenda dare il Ministro sul fatto che non saranno compromessi i diritti dei cittadini. (4-06029)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 13, comma 6, del decreto interministeriale 20 luglio 2004, decreto con cui sono stati introdotti nella normativa vigente i titoli di efficienza energetica (TEE) meglio conosciuti come certificati bianchi, alcuni soggetti operanti all'interno del mercato energetico sarebbero tenuti a ideare e divulgare campagne informative con lo scopo di mettere al corrente o aggiornare l'utenza sul tema dell'efficienza e risparmio energetico;
   è quantomeno opinabile la scelta di aver attribuito l'affidamento delle sopracitate campagne informative a soggetti distributori di energia, il cui obiettivo principale è quello di guadagnare sulla quantità di energia distribuita;
   il 10 luglio 2014 l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) pubblica la deliberazione n. 338/2014/R/EFR intitolata «Disposizione alla cassa conguaglio per il settore elettrico in materia di erogazioni di somme connesse all'attuazione del programma di campagne informative e di sensibilizzazione a supporto dell'efficienza energetica negli usi finali»;
   al suo interno, è riportato che «[...] la Direzione generale per l'energia e le risorse minerarie del Ministero delle Attività Produttive ha comunicato ai soggetti interessati la ripartizione del 50 per cento della somma di 17.014.030,73 euro destinato alla copertura dei costi del programma di campagne informative e di sensibilizzazione degli utenti finali tra i distributori di energia elettrica soggetti agli obblighi, tendendo conto della quota dell'obiettivo di risparmio energetico negli usi finali loro assegnata, con la deliberazione 213/04, per l'anno d'obbligo 2005 [...]. Con la medesima comunicazione ha altresì invitato tali distributori a esaminare la possibilità di sottoporre ai Ministeri competenti una proposta unitaria di campagne informative e di sensibilizzazione degli utenti finali, fornendo loro al contempo alcune indicazioni per la loro predisposizione; [...] sulla base delle comunicazioni di cui ai precedenti punti, le risorse complessivamente disponibili e destinate alla copertura dei costi del programma di campagne informative e di sensibilizzazione degli utenti finali tra i distributori di energia elettrica soggetti agli obblighi ammontano, per la società Enel Distribuzione S.p.a., a 6.873.500,46 euro»;
   la cifra destinata alle campagne e diretta a Enel e agli altri grossi operatori del settore arriverebbe dalle sanzioni erogate per eccessivo prelievo di energia reattiva;
   sembrerebbe essere stato erogato a favore dei soggetti distributori un contributo «a pioggia» del 30 per cento quale anticipo agli operatori soggetti di cui all'articolo 13 pur in assenza di effettivi riscontri circa la volontà o meno di realizzare campagne informative, come richiesto dalla deliberazione dell'Agenzia per l'energia elettrica e il gas 235/05;
   la delibera riporta infatti che «[...] entro 30 giorni dall'invio del documento previsto al comma 1, Cassa conguaglio per il settore elettrico effettui l'erogazione, a titolo di acconto, di una somma pari al 30 per cento del totale delle risorse complessivamente disponibili per il settore interessato [...] i distributori interessati, a termine delle campagne di informazione e sensibilizzazione, trasmettano ai Ministeri competenti, a Cassa conguaglio per il settore elettrico e all'Autorità una relazione sull'attività svolta e che tale relazione contenga almeno alcune informazioni minime, ivi specificate [...] entro 30 giorni dal ricevimento della relazione [...], Cassa conguaglio per il settore elettrico effettui una valutazione di congruità delle spese sostenute dai distributori e verifichi il rispetto di criteri dettati dai Ministeri competenti (ivi riportati), trasmettendone i risultati agli stessi Ministeri e all'Autorità [...]»;
   per quanto riguarda le azioni di verifica in capo a Cassa conguaglio per il settore elettrico (CCSE), nella delibera si specifica che «[...] in relazione al medesimo programma di campagne di informazioni e di sensibilizzazione degli utenti finali ai sensi dell'articolo 13 del decreto interministeriale 20 luglio 2004, dare disposizioni a Cassa conguaglio per il settore elettrico affinché:
    verifichi l'eventuale avvenuta erogazione dell'acconto pari al 30 per cento del totale delle risorse complessivamente disponibili per i restanti distributori di energia elettrica soggetti agli obblighi che abbiano fatto pervenire il progetto operativo di cui all'articolo 2, comma 1, della deliberazione 235/05;
    per quanto riguarda i distributori di cui sopra, verifichi che essi abbiano fatto seguire all'acconto di cui al precedente alinea l'invio della relazione sull'attività svolta e di aver effettuato, con esito positivo, la valutazione di congruità delle spese sostenute e del rispetto dei criteri dettati dai Ministeri competenti, come previsto dai commi 3 e 4 della deliberazione 235/05;
    proceda, previa informativa all'Autorità, con il recupero delle somme indebitamente percepite ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della deliberazione 235/05 nei confronti dei distributori di energia elettrica soggetti agli obblighi che abbiano eventualmente percepito l'acconto pari al 30 per cento del totale delle risorse complessivamente disponibili e che non abbiano fatto seguire la relazione sull'attività svolta o per i quali la valutazione di congruità di cui al precedente alinea non abbia avuto esito positivo [...]»;
   dal 2008, è stata istituita la componente UC7, per la promozione dell'efficienza energetica negli usi finali di energia elettrica –:
   considerando l'estrema difficoltà di reperire il materiale informativo prodotto per tali campagne, come possano essere spiegati tali costi per operazioni comunicative di fatto poco visibili all'utenza e quali siano stati gli accorgimenti posti in essere per rendere immediatamente identificabili le attività di promozione del risparmio energetico rispetto ad una semplice campagna di marketing del distributore;
   alla luce del probabile contributo «a pioggia» citato nelle premesse, quanti e quali distributori abbiano percepito acconti e quanti e quali abbiano effettivamente realizzato le campagne informative;
   secondo quali criteri la Cassa conguaglio per il settore elettrico ha attuato le valutazioni pregresse all'erogazione dei contributi di cui in premessa;
   se ad oggi tale meccanismo risulti ancora erogato con modalità «a pioggia» e, nel caso di risposta affermativa, se lo si consideri uno strumento efficace ed efficiente;
   come si spieghi che ci sono voluti 7 anni perché la Cassa conguaglio per il settore elettrico abbia avuto la valutazione di congruità preliminare per una campagna che si sarebbe dovuta svolgere nel periodo 2004/2005 e a chi siano imputabili tali ritardi;
   quali aspettative nutrano i Ministri interrogati riguardo alle risorse che la Cassa conguaglio per il settore elettrico possa riuscire a recuperare da quanto erogato «a pioggia» negli ultimi anni e mai effettivamente investito nelle campagne informative, considerando l'ipotesi che alcuni dei soggetti beneficiari non siano più operativi nel settore;
   se si intendano fornire dettagliati elementi sui programmi e sulle attività svolte, oggetto della rendicontazione progettuale della Cassa conguaglio per il settore elettrico;
   quale sia stata l'evoluzione fino ad oggi della componente UC7 e quali siano ad oggi le sue modalità di utilizzo ed assegnazione dei fondi;
   come si possano spiegare tempi estremamente dilatati e contributi «a pioggia» in un momento in cui il grave peso delle componenti tariffarie della bolletta energetica risulta essere uno degli argomenti al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica nazionale. (5-03545)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la funzione fraud management di tutela aziendale di Poste italiane ha il compito istituzionale di gestire tutte le attività conseguenti ad eventi illeciti e laddove questi possano implicare gravi ipotesi di responsabilità penali verso dipendenti nonché in casi particolari di gravità ed urgenza, il personale di fraud management può presentare denuncia alle autorità di polizia;
   se l'evento illecito riguardi specifico reato commesso nell'ambito dei servizi postali è previsto che l'operatore postale deve subito rappresentare i fatti a fraud management nonché al responsabile atta di riferimento; il personale di fraud management gestisce e coordina le azioni con la P.G. e l'A.G.;
   sono notorie le denunce sindacali in relazione alla pratica del cosiddetto «tavolo pulito»: una pratica, censurata dalla magistratura, per la quale, indipendentemente dalla gravosità del lavoro, l'agente postale veniva segnalato alle strutture preposte per eventuali provvedimenti se non recapitava l'intera corrispondenza del giorno;
   notoria la problematica che interessò la città di Napoli – di cui all'interrogazione n. 4-17605 del 15 dicembre 1999 – ove ben 370 dipendenti furono licenziati dalla società per gravi inosservanze dei doveri di ufficio, fra i quali sottrazione/abbandono e/o distruzione di corrispondenza, dopo apposite inchieste ispettive interne;
   un agente postale del CPD di Campobasso il 14 settembre 2009 veniva fermato da una pattuglia di militari della Guardia di finanza che rinveniva all'interno della sua auto un modesto quantitativo di corrispondenza e lo deferiva, a piede libero, alla procura della Repubblica per il reato di cui all'articolo 619 del codice penale;
   dagli articoli di stampa non si evince, però, se il mezzo utilizzato dal dipendente godesse di eventuale autorizzazione all'utilizzo per il recapito –:
   di quali elementi disponga il Governo con riferimento al fenomeno della mancata o tardiva consegna della corrispondenza;
   se e di quali elementi disponga in relazione al caso specifico descritto in premessa. (4-06030)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Antezza e altri n. 5-03526, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Iori.

  L'interrogazione a risposta scritta Boccadutri e Losacco n. 4-06013, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bruno Bossio, Bargero, Lacquaniti, Palazzotto, Andrea Romano, Bergamini.