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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 8 settembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la Dichiarazione universale dei diritti dell'animale, proclamata il 15 ottobre del 1978 nella sede dell'Unesco a Parigi, pur non avendo prodotto alcun risultato sul piano giuridico-legislativo, ha tuttavia rappresentato un passo importante verso il riconoscimento dei diritti degli animali che, da quel momento, vengono considerati come «soggetto»;
    l'articolo 1 della Dichiarazione citata ha sancito che «tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita ed hanno gli stessi diritti all'esistenza»: così con questo articolo, per la prima volta, sono stati riconosciuti un insieme di diritti che incidono sul comportamento umano e individuano responsabilità e doveri per l'uomo e per la società considerata nella sua dimensione istituzionale. Tale documento, dopo aver proclamato in modo sintetico una serie di diritti di tutti gli animali (quali il diritto ad un'esistenza dignitosa, a non essere sottoposti a maltrattamenti e a vivere in modo consono alle proprie abitudini) aggiunge che «ogni animale che l'uomo ha scelto per compagno ha diritto ad una durata della vita conforme alla sua naturale longevità»: un passaggio che finalmente valuta l'animale «essere senziente» (status che verrà poi sancito nel 1997 dall'Unione europea in un allegato al Trattato di Amsterdam) e che, come tale, non può più essere considerato «una cosa» ma soggetto di un rapporto affettivo con l'essere umano, tendenzialmente destinato a protrarsi per l'intera durata della vita;
    negli ultimi anni sono state approvate numerose disposizioni che confermano il diritto degli animali. In particolare, il riconoscimento degli animali quali «esseri senzienti» ovvero esseri in grado di provare piacere o dolore e, quindi, portatori di interessi: principio introdotto dal Trattato di Lisbona, in vigore dal 1o gennaio 2008 e che ha contribuito ad accelerare un'evoluzione normativa in tale direzione. Tale Trattato ha significativamente definito gli animali in termini corretti attraverso l'attribuzione a tutti gli animali, compresi quelli d'affezione, della capacità di sentire: caratteristica, quest'ultima, che li differenzia definitivamente sotto un profilo giuridico dalle cose mobili. Alla luce di ciò, dunque, anche il particolare legame tra uomo ed animale d'affezione evolve da una prospettiva tendenzialmente unilaterale ad una più complessa considerazione della relazione uomo-animale, dove il flusso di affetto e ausilio che si verifica è reciprocamente rilevante e dove entrambi i membri del rapporto, pur nella loro specificità, sono attivamente soggetti e partecipi;
    il Trattato di Lisbona, infatti, ha impegnato gli Stati membri a tenere pienamente conto di tale riconoscimento nella formulazione e nell'attuazione delle proprie politiche in materia di benessere degli animali. Questa importante conquista tuttavia non trova ancora adeguata applicazione da parte delle istituzioni dell'Unione europea: pertanto, occorre intervenire con misure adeguate in grado di approvare norme per una maggiore tutela degli animali;
    è comunque da considerare che da tempo l'Unione europea ha introdotto le tematiche concernenti il benessere degli animali sia nei fondi strutturali che nei programmi di ricerca e sotto questo profilo sono stati fatti importanti «passi in avanti» per permettere un miglioramento delle condizioni degli animali dal punto di vista sia della protezione che del benessere degli stessi (da ricordare, al proposito, il regolamento (CE) n. 1523/2007, recante il divieto di commercializzare pellicce ricavate da cani e gatti; la regolamentazione più stringente per gli allevamenti di galline ovaiole (direttiva 1999/74/CE), la normativa per la detenzione degli animali nei giardini zoologici (direttiva 1999/22/CE), le norme concernenti la conservazione degli uccelli selvatici (direttiva 2009/147/CE)). Va, inoltre, sottolineato come l'82 per cento dei cittadini europei abbia sostenuto con forza come costituisca un dovere sociale proteggere i diritti degli animali qualunque siano i costi;
    per quanto riguarda gli animali da affezione, si ricorda che nel 1991, con la legge n. 281, il nostro Paese si è dotato di una normativa in materia di animali da affezione e di prevenzione del randagismo, che ha rappresentato un importante passo in avanti per l'affermazione di un più civile rapporto tra le persone e gli animali. Si deve, comunque, ricordare che tale legge, pur essendosi rivelata valida nell’ impianto e nei principi, attualmente non risulta congrua rispetto alla sua pratica attuazione. Infatti, dopo tanti anni di esperienza applicativa, occorre riconoscere che molti degli obiettivi indicati dalla legge non sono stati conseguiti. Nel 2010 il nostro Paese ha approvato la legge 4 novembre 2010, n. 201, con la quale ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa del 1987, per la protezione degli animali da compagnia, dettando specifiche norme di adeguamento interno. Con tale normativa sono stati definiti i principi fondamentali per il benessere degli animali e per il loro mantenimento. È previsto, infatti, che nessuno potrà causare inutilmente sofferenze o angosce ad un animale da compagnia, né tanto meno dare luogo al suo abbandono. Con tale legge si è, infatti, confermata l'importanza degli animali da compagnia per il contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società. Il proprietario, o la persona che se ne occupa, sono considerati responsabili della sua salute e del suo benessere, dovendo fornire all'animale, oltre al sostentamento, anche cure e attenzione alla sua salute e al suo benessere, favorendo il suo diritto ad un'esistenza serena: si tratta di termini importanti che hanno l'effetto di rendere l'animale d'affezione un vero e proprio soggetto giuridicamente rilevante;
    è, quindi, opportuno che l'Europa sia più attiva nel dare piena applicazione al riconoscimento degli animali come «esseri senzienti», prendendo come punto di riferimento tale principio generale nella predisposizione delle norme europee;
    occorre, altresì, sottolineare l'importanza della salute animale, anche per il legame tra salute degli animali e sanità pubblica. A tal fine, occorre garantire un coordinamento tra le varie istituzioni ed i vari soggetti individuati per favorire una strategia che salvaguardi la salute degli animali ed eviti la diffusione di malattie che possono danneggiare l'uomo;
    è fondamentale, altresì, adottare azioni che permettano di assicurare soluzioni concrete, etiche e sostenibili per gli animali randagi, nonché garantire strategie di gestione della popolazione canina che prevedano misure di controllo della stessa, leggi anti-crudeltà, il sostegno alle procedure veterinarie che siano necessarie a controllare il numero dei cani indesiderati e la promozione di un comportamento responsabile da parte dei proprietari di animali da compagnia;
    risulta anche opportuno adottare soluzioni concrete, nell'ottica di garantire il benessere di cani e di gatti utilizzati per scopi commerciali, un fenomeno che si sta sempre più diffondendo e sul quale occorre vigilare;
    risulta, altresì, necessario pubblicizzare al meglio informazioni in merito alle norme dell'Unione europea in materia di benessere degli animali, in modo da rendere sempre più consapevoli i soggetti legati o interessati al mondo animale, nonché adottare politiche per risolvere i problemi relativi al trasporto degli animali,

impegna il Governo:

   a dare piena applicazione, nell'ambito del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, al riconoscimento degli animali come esseri senzienti e meritevoli di protezione;
   ad assumere iniziative per rafforzare l'ufficio veterinario della Commissione europea per assicurare un efficace controllo nell'applicazione delle normative comunitarie a tutela degli animali;
   a predisporre un intervento a livello europeo che consenta di adottare un programma diretto a prevenire il randagismo al fine di evitare l'uccisione indiscriminata degli animali randagi e garantire che gli Stati membri non alimentino commerci illegali di migliaia di cuccioli con tassi di mortalità altissimi e con elevati rischi sanitari;
   ad approfondire il problema relativo al trasporto degli animali, elemento in cui gli interessi degli operatori del settore e degli animali debbono trovare un punto di sintesi che rispetti le esigenze dei soggetti interessati;
   ad adottare misure, anche di controllo, per vietare l'importazione di animali esotici o, comunque, estranei al territorio italiano, al fine di prevenire problematiche negative rispetto alle dinamiche naturali del territorio e della sua fauna;
   a proporre in sede europea una legge quadro in materia di benessere degli animali, garantendo azioni e strategie dirette a ridurre l'utilizzo degli stessi nella ricerca;
   ad adottare misure che consentano di agevolare gli allevatori che rispettano le norme e le buone prassi per l'allevamento degli animali e investono in migliori strutture agricole;
   a valutare la necessità che i consumatori debbano essere informati sul fatto che un prodotto importato o un prodotto che contiene un prodotto importato sia ottenuto da animali custoditi nelle condizioni prescritte dalle norme europee in materia di benessere degli animali.
(1-00585) «Dorina Bianchi, Scopelliti, Saltamartini».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'ischemia che ha colpito il marò Massimiliano Latorre, il quale insieme al collega Salvatore Girone, è trattenuto in India da oltre due anni, a parere dell'interrogante, in maniera ingiusta ed indegna, costituisce un momento, che deve rappresentare, un segnale di svolta per la politica estera e l'intera azione del Governo, su una vicenda che sembra trasformarsi sempre più in una trappola che alla fine scatterà sull'Italia intesa come Stato sovrano;
   il malessere subìto dal fuciliere italiano, che rappresenta il risultato di uno stress cronico provocato dalla situazione non solo di pseudo-cattività dei due militari (obbligati a risiedere a Delhi, nell'ambasciata italiana) ma anche di quotidiana incertezza sul loro futuro, nonché dalla superficialità e l'immobilismo con cui i Governi Monti, Letta ed il presente Esecutivo hanno gestito la controversia internazionale, impone a parere dell'interrogante, un'accelerazione sia a livello politico che diplomatico, affinché sia definita in maniera risolutiva una vicenda internazionale, senza precedenti;
   gli indugi da parte del presente Governo ed i palesi rinvii che da due anni e mezzo, a parere dell'interrogante, fanno sì che la giustizia indiana non esprima un giudizio di merito sul caso, sono frutto di considerazioni prettamente politiche e non di burocratiche lentezze giudiziarie come s'intende far credere;
   l'intollerabile detenzione dei due marò italiani in India ha ormai raggiunto un livello insopportabile per il nostro Paese e soprattutto per i diretti interessati e per le loro famiglie alle quali, le numerosissime iniziative e manifestazioni e le rimostranze espresse a livello politico e della società civile, nel corso di questi anni, sembrano non essere non più sufficienti a determinare una svolta per eliminare una situazione di stallo, che non determinerà a parere dell'interrogante, alcun effetto positivo;
   risulta più che mai urgente pertanto adoperarsi in ogni sede possibile affinché i due militari possano ritornare in Italia, assicurandosi innanzitutto che il fuciliere Latorre riceva le cure resesi necessarie a seguito dell'ischemia che lo ha colpito, anche attraverso decisioni eclatanti e di livello eccezionale, anche attraverso il ritiro dei circa 8.500 militari italiani, attualmente presenti nelle operazioni internazionali di pace e di sviluppo, condotte in aree geografiche complesse e pericolose come, ad esempio, l'Afghanistan, il Libano, La Libia, il Kosovo, l'Iraq, Israele;
   la sospensione, anche temporanea della partecipazione dei militari italiani, ad interventi internazionali in operazioni di sicurezza legate al ristabilimento della pace, della sicurezza e dello sviluppo dei popoli oppressi e dell'apporto che i militari italiani forniscono nei vari teatri sconvolti da guerre e rivoluzioni, a giudizio dell'interrogante, può costituire un avvertimento a livello diplomatico internazionale, ma soprattutto politico, affinché si possano determinare quei presupposti importanti, in grado di costituire una rimozione risolutiva degli ostacoli che fino ad oggi hanno impedito il ritorno dei nostri connazionali in Italia –:
   quali orientamenti intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e se, conseguentemente, non ritenga opportuno valutare l'opportunità di intervenire in sede europea, al fine di prevedere iniziative volte al rientro in Italia, di tutti i militari italiani impegnati all'estero, attraverso interventi di sicurezza, di cooperazione e di stabilizzazione, nel caso in cui, a breve termine, non si riesca a sbloccare in via definitiva l’impasse che evidenzia una situazione tuttora complicata per il rientro dei marò italiani nel nostro Paese. (4-05927)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa si è appreso che in seguito ad annuncio pubblicato sul Corriere della sera del 3 novembre 2006, volto alla assunzione di tecnici – gestori di patrimoni immobiliari, la cui selezione era curata dalla già discussa società Praxi spa per conto della Agenzia del Demanio, una candidata trasmetteva a detta società, il proprio curriculum vitae, indicando, come d'uso, le sue esperienze lavorative. In seguito a ciò la dottoressa veniva convocata per un colloquio presso la sede centrale a Roma in via Barberini n. 38;
   la candidata di cui sopra, così come altri, vedeva respinta dall'Agenzia del Demanio la propria candidatura con nota del 24 novembre 2006. Il Demanio adduceva come motivazione della valutazione che il profilo della stessa, pur apprezzabile, per le caratteristiche professionali e personali, non era in linea con le ricerche allora in corso;
   avendo ricevuto il diniego di accesso agli atti, e avendo il demanio risposto in maniera evasiva che l'attività degli enti pubblici economici, che operano in regime di diritto privato, non soggiace al regime di cui alla legge n. 241 del 1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) la candidata proponeva ricorso al giudice amministrativo;
   come si apprende ancora da fonti di stampa, grazie all'accesso agli atti preteso, con ricorso al Tar Lazio (sez. II, camera di consiglio del 9 maggio 2007), e, poi, al Consiglio di Stato (sez. IV dell'11 dicembre 2007) da un battagliero avvocato, cui la candidata aveva dato mandato, sembrerebbe emergere una situazione sconcertante ed incresciosa sul «metodo» di selezione del personale nello Stato;
   i fatti emersi sono stati considerati dall'avvocato di parte di una gravità tale da spingerlo a presentare un esposto alla procura della Repubblica che ha, quindi, aperto una inchiesta con tanto di rinvio a giudizio del dirigente dell'area risorse umane, ora imputato del reato di cui agli articoli 81 (reato continuato) e 323 (abuso d'ufficio) del codice penale;
   detta inchiesta è ancora in corso e la prossima udienza è fissata alla data del 7 ottobre 2014 –:
   di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda e sugli eventuali ulteriori sviluppi e se non intenda verificare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive presso gli uffici coinvolti;
   se in seno all'Agenzia del demanio le procedure concorsuali adottate rispettino la normativa nazionale in materia di reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni, specie per quanto attiene ai principi di trasparenza e pubblicità;
   se, dunque, le assunzioni effettuate negli ultimi anni abbiano effettivamente riguardato candidati dotati di requisiti che portassero al soddisfacimento dell'interesse pubblico al reclutamento dei soggetti più capaci e meritevoli (per titoli ed esperienze) rispetto a quelli non ritenuti idonei. (5-03496)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CRIPPA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 marzo 2014 è stato depositato un atto di sindacato ispettivo a prima firma dell'interrogante rivolta ai Ministri interrogati in cui il sottoscritto chiedeva spiegazioni circa il mancato funzionamento dell'impianto di illuminazione installato durante i lavori di adeguamento della strada statale 32 «Ticinese» alla classe C1 (strada extraurbana secondaria con una corsia per ogni senso di marcia e banchine laterali) nel tratto compreso tra il Km 6+800, nel comune di Cameri, ed il Km 12+300, nel comune di Bellinzago Ticinese;
   a tale interrogazione è arrivata risposta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi in data 6 agosto 2014;
   in tale risposta si può leggere come, secondo il Ministero delle infrastrutture, «[...] il suddetto impianto di illuminazione risulta regolarmente funzionante [...]»;
   effettivamente prima della risposta all'interrogazione l'impianto risultava regolarmente in funzione, per poi però spegnersi definitivamente proprio pochi giorni prima della ricezione della già citata risposta;
   ad oggi quindi la rotatoria in oggetto risulta essere ancora al buio;
   nella stessa risposta, il Ministro interrogato riportava come «[...] la normativa stradale vigente non prevede l'obbligo di illuminazione, trattandosi di intersezioni a raso tra una strada di categoria C e strade secondarie [...]» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza o meno del fatto che gli impianti di illuminazione in oggetto risultino ancora spenti;
   se ci si possa aspettare nel più breve tempo possibile una riattivazione del sistema di illuminazione o perlomeno l'installazione di adeguate segnalazioni che possano avvertire gli automobilisti della presenza della rotatoria e, in caso di risposta affermativa, se i Ministri interrogati possano specificare le tempistiche di tali operazioni;
   se non siano state sostenute, durante i lavori di adeguamento, spese non necessarie al fine di installare un impianto di illuminazione che, come riportato dal Ministro interrogato, la normativa di riferimento non obbliga a installare nei tratti stradali similari a quelli in oggetto. (4-05932)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 56-bis del decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98), recante semplificazione delle procedure in materia di trasferimenti di immobili agli enti territoriali, è entrato in vigore il 21 agosto 2013 e contiene molteplici disposizioni in materia di patrimonio immobiliare pubblico;
   nella sostanza la norma riprende la procedura di devoluzione dei beni demaniali dello Stato agli enti locali e territoriali a suo tempo prevista dal decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, Gazzetta Ufficiale 11 giugno 2010, cosiddetto «federalismo demaniale», che per esplicita previsione del decreto è diventato applicabile solo laddove non incompatibile con il citato articolo 56-bis;
   il decreto legislativo sul federalismo demaniale (articolo 9, comma 5) poneva un vincolo di destinazione sulle somme rivenienti all'ente destinatario del bene dalla cessione degli immobili e delle quote del fondo immobiliare (cui il bene fosse stato trasferito). La norma prevedeva, in particolare, che gli enti destinatari dei beni acquisissero il 75 per cento delle risorse nette derivanti dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito nonché di quelle derivanti dalla eventuale cessione di quote di fondi immobiliari e che le destinassero alla riduzione del debito o, in assenza di debito o per la parte eccedente, a spese di investimento e che destinassero il residuo 25 per cento al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato;
   l'articolo 56-bis non si è limitato a ribadire l'applicabilità del vincolo di destinazione delle somme in relazione ai beni acquisiti in proprietà dagli enti derivanti dal trasferimento di beni statali, imponendo invece un nuovo vincolo di destinazione gravante sulle risorse nette derivanti dall'alienazione dell'originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali;
   la misura, adottata come contropartita di vacue e non verificabili azioni da parte dello Stato «In considerazione dell'eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di riduzione del debito pubblico, al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria e promuovere iniziative volte allo sviluppo economico e alla coesione sociale», obbliga i comuni a destinare al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato anche il 10 per cento del ricavo da vendite del patrimonio del comune, patrimonio originario e unicamente nella disponibilità del comune stesso;
   si tratta nella sostanza di un vero e proprio esproprio di risorse ai danni del comune, non giustificato da alcun beneficio per i comuni stessi, oltreché di un'operazione disincentivante verso lo stesso processo di dismissione da parte dei comuni, che nel momento in cui vendono i propri immobili realizzano di fatto una diminuzione delle proprie competenze economiche in misura pari al 10 per cento netto a favore dello Stato;
   unica eccezione all'applicabilità del vincolo di destinazione del 10 per cento delle risorse appare l'ipotesi in cui l'ente proprietario del bene venduto sia tenuto a ridurre il proprio debito ope legis –:
   a distanza di più di un anno dall'entrata in vigore del provvedimento, quali siano gli effetti registrati dal Governo derivanti dall'applicazione dell'articolo 56-bis del decreto-legge n. 69 del 2013;
   se il Governo intenda assumere iniziative per rivedere la materia citata in premessa, in particolare al fine di sopprimere il vincolo di destinazione relativo alla vendita di immobili appartenenti al patrimonio originario dell'ente. (4-05934)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   LACQUANITI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 agosto 2014 l'interrogante ha effettuato un'ispezione alla Casa circondariale di Palmi (RC);
   suddetta ispezione è stata accolta con favore dal personale operante all'interno della struttura e dallo stesso direttore;
   dal colloquio con il responsabile e dalla visita stessa, l'interrogante ha appurato che il numero di detenuti è di poco superiore alle capacità della struttura e che, al contrario, il personale di sorveglianza è largamente inferiore alle necessità in una misura pari a circa il 20 per cento;
   all'interno della casa circondariale di Palmi, sono reclusi, oltre a detenuti comuni, anche detenuti condannati o in attesa di giudizio per appartenenza a cosche, famiglie e clan mafiosi;
   di tale struttura è responsabile per quanto attiene alla salute dei detenuti l'ASL 10 di Reggio Calabria;
   all'interno della casa circondariale è attivo un ambulatorio medico ed è operante un'infermeria;
   a seguito di un guasto nel 2010 le attrezzature biomedicali e diagnostiche sono state danneggiate e finora non è stato ripristinato appieno il funzionamento: lo studio dentistico e l'ambulatorio funzionano in modo ridotto, mentre il laboratorio radiologico e quello oculistico non funzionano, obbligando, in caso di necessità, il detenuto e il personale di sorveglianza a onerosi e rischiosi trasferimenti;
   la carenza di personale di sorveglianza costringe a turni inadeguati alla sicurezza della struttura e obbliga suddetto personale ad uno sforzo di molto superiore al consentito;
   la carenza di personale di sorveglianza ha causato, nel recente passato, un'evasione; il detenuto evaso è stato poi fermato –:
   quali misure si intendano adottare per ovviare al grave stato di carenza di personale addetto alla sorveglianza dei detenuti della casa circondariale di Palmi e per ripristinare il servizio di sentinella notturno;
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per vigilare sul rispetto dei livelli essenziali di assistenza nella casa circondariale di Palmi. (4-05931)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAVAGNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende il gruppo Alitalia ha annunciato che, dal 1o ottobre 2014, nell'ambito di un'ampia riorganizzazione conseguente all'accordo con la società Ethiad, cancellerà, per quanto riguarda lo scalo di Torino-Caselle, tutti i collegamenti operanti ad eccezione di quelli su Roma e Tirana;
   l'aeroporto «Sandro Pertini» non sarà più collegato con i seguenti scali nazionali: Alghero, Bari, Catania, Lamezia, Napoli, Palermo e Reggio Calabria;
   la decisione di Alitalia rischia di frenare un trend positivo per l'aeroporto che, a luglio 2014, ha fatto registrare un incremento del 16,5 per cento del traffico passeggeri contro una media nazionale del 4,2 per cento. Nel mese di agosto l'incremento è stato del 12,7 per cento;
   nei primi otto mesi dell'anno 2014 c’è stato un progresso del 9,1 per cento anche grazie alla performance dei voli internazionali;
   il traffico complessivamente generato dalle tratte cancellate da Alitalia supera, su base annua, il mezzo milione di passeggeri;
   Sagat, la società gestrice dello scalo piemontese, informa in una nota indirizzata alla Regione, che le rotte da Torino verso il Sud Italia registrano costantemente altissimi coefficienti di riempimento dei voli e rappresentano una potenzialità per altri vettori;
   il depotenziamento dello scalo da parte della compagnia Alitalia risulta essere inoltre particolarmente dannoso per le attività economiche legate alle attività produttive e turistiche presenti nella Regione Piemonte –:
   se le iniziative sopra esposte fossero state annunciate in sede di acquisizione di Alitalia e se intenda acquisire elementi per assicurare il mantenimento dei collegamenti dall'aeroporto di Torino verso le destinazioni nazionali sopracitate.
(4-05935)


   DELL'ORCO, DE LORENZIS, LIUZZI e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 208 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, le entrate derivanti da sanzioni amministrative pecuniarie per violazione del codice stradale hanno una destinazione parzialmente vincolata; 
   la ratio di tale norma è quella non solo di destinare dei fondi a specifiche finalità inerenti soprattutto alla sicurezza stradale ma anche quella di limitare il ricorso a questo tipo di fondi, per loro natura aleatori, per coprire spese correnti. Per le stesse motivazioni anche l'articolo 142 comma 12-ter, destina completamente i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie rilevate con autovelox ad interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale affinché le sanzioni rispondano ad una logica di tutela della sicurezza stradale più che quella finanziaria;
   le disposizioni specifiche del suddetto articolo 142 del Codice della strada, riguardanti in particolare la ripartizione al 50 per cento tra ente accertatore ed ente proprietario dei proventi delle violazioni rilevate con autovelox (comma 12-bis), la destinazione di questi fondi (comma 12-ter), nonché le disposizioni in merito alla relazione (comma 12-quater) che gli enti locali dovrebbero inviare annualmente ai Ministeri sui proventi di tutte le sanzioni e sull'impiego dei fondi sono rimaste a lungo congelate a causa della legge 29 luglio 2010, n. 120, che prevede (con l'articolo 25, comma 3) che tali disposizioni si applichino a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo a quello in corso alla data dell'emanazione di un decreto attuativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali;
   sui contenuti del decreto è intervenuta la circolare del Ministero dell'interno del 24 dicembre 2012 prot. 17909 che ha specificato che dovrà contenere:
    a) modello di relazione;
    b) modalità di trasmissione in via informatica di tale modello, nonché alle modalità di versamento dei proventi di cui al comma 12-bis dello stesso articolo 142;
    c) modalità di collocazione ed uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo finalizzati al rilevamento a distanza della violazione del ripetuto articolo 142;
   il suddetto decreto non risulta ancora essere stato emanato sebbene il Governo sia già intervenuto in Commissione trasporti alla Camera il 15 ottobre 2013 in sede di risposta ad interrogazione sostenendo che lo schema di decreto fosse già stato approntato;
   il legislatore è intervenuto nuovamente sulla questione con l'articolo 4-ter del decreto legislativo n. 16 del 2012, convertito dalla legge n. 44 del 2012 che dispone che l'eventuale mancata emanazione del decreto interministeriale non preclude l'applicazione delle disposizioni. Al 31 maggio 2014 quindi tutti gli enti locali avrebbero dovuto inviare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'interno la prevista relazione per l'anno 2013;
   non risulta all'interrogante che sia stato reso noto un dato di sintesi sulle relazioni inviate dagli enti locali ed in particolare sui fondi vincolati ex lege, e quale sia la percentuale di tali fondi effettivamente investiti nelle singole finalità previste dall'articolo 208 del Codice della strada ossia nell'adeguamento, ammodernamento o manutenzione delle infrastrutture e dell'arredo stradale, nel potenziamento delle attività di controllo, nei corsi di educazione stradale, nella mobilità ciclistica, nella redazione dei piani urbani del traffico;
   anche per quanto riguarda i fondi di competenza statale, non risulta essere stata trasmessa da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministro dell'interno e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca la relazione annuale al Parlamento prevista ai sensi del comma 3-bis dell'articolo 208 del codice della strada; complessivamente dunque il livello generale di trasparenza pubblica sulla destinazione dei proventi delle multe stradali risulta alquanto basso –:
   quali siano i motivi per i quali non risulta essere stata ancora trasmessa da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministro dell'interno e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la relazione annuale al Parlamento prevista ai sensi del comma 3-bis dell'articolo 208 del codice della strada; 
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per risolvere l'asistematicità della normativa che da un lato, con l'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120, prevede un'applicazione dei commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142 del Codice della strada solo a seguito di un decreto interministeriale e dall'altra parte l'articolo 4-ter del decreto legge n. 16 del 2012 ne prevede l'applicazione automatica;
   quali siano i motivi che hanno provocato un ritardo nell'emanazione del decreto attuativo previsto dall'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120 e a che punto sia attualmente l’iter;
   quanti siano gli enti locali che alla data odierna non hanno trasmesso la prescritta relazione sui proventi delle sanzioni ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno e, considerato che l'inadempienza si rileva anche ai fini del danno erariale, quante siano le segnalazioni inviate dai suddetti Ministeri al procuratore regionale della Corte dei Conti;
   se disponga di elementi su quanti siano gli enti locali che, in sede di consuntivo, risultano aver destinato alle finalità previste dall'articolo 208 del Codice della strada una quota inferiore al 50 per cento dei proventi spettanti considerata l'influenza, seppur indiretta, che gli investimenti in manutenzione e miglioramento dell'infrastruttura stradale possono avere sulla sinistrosità stradale e di conseguenza sul risparmio di costi sociali;
   se il Governo non ritenga opportuno relazionare al Parlamento per chiarire complessivamente quale sia stata, nell'anno 2013 la destinazione delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice della strada, sia per quanto riguarda la quota vincolata spettante agli enti locali, sia per quanto riguarda la quota vincolata e non vincolata spettante allo Stato. (4-05936)


   MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, MARCOLIN e PRATAVIERA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la compagnia aerea Alitalia è in procinto di chiudere le basi di Venezia e Verona destinando il personale addetto alla navigazione dovrà fare base negli ultimi hub rimasti, Roma o Milano, nonostante i voli nazionali ed internazionali con destinazione da e per le due città venete restino sostanzialmente immutati;
   tra la fine di settembre e la prima metà di ottobre 2014 infatti, un centinaio di persone saranno quindi costrette a prendere servizio a centinaia di chilometri di distanza dalla propria abitazione e dalle proprie famiglie, con i relativi costi di trasferimento e di alloggio a carico della compagnia;
   la scelta aziendale sembra poco comprensibile non comportando risparmi di spesa ma creando innumerevoli disagi al personale navigante, una sessantina di persone per la base di Venezia e una quarantina per quella di Verona –:
   se nella fase della trattativa intercorsa per l'acquisizione di Alitalia fossero emerse intenzioni di ridimensionamento delle rotte da parte del vettore e se non ritengano opportuno in ogni caso acquisire elementi al fine di evitare che scelte unilaterali della compagnia aerea possano creare eccessivi disagi al personale navigante Alitalia, attualmente impiegato presso le basi di Venezia e Verona.
(4-05939)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI, COVELLO e OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come si evince da recenti agenzie di stampa, da numerosi comunicati di alcuni blog internet, dal sito del gruppo cooperativo «GOEL» e dalla ferma condanna del movimento per la legalità «Ammazzateci Tutti», i gestori de «A lanterna» di Monasterace (RC) sono stati vittime di un ennesimo atto criminale ed intimidatorio con il tentativo di incendio perpetrato ai loro danni, la notte del 3 settembre scorso;
   il sopraddetto tentativo incendio risulta di chiara matrice natura dolosa e intende evidentemente minare e fiaccare con i danni e la paura l'impegno e i sacrifici di coloro i quali hanno costruito, in un territorio con grandi potenzialità naturali, economiche e turistiche, ma ad altissima infiltrazione mafiosa della ’ndrangheta, come l'area Jonica nella provincia di Reggio Calabria, una struttura agroturistica biologica di altissima qualità;
   la missione del consorzio GOEL, di cui fa parte «A Lanterna», come si legge dal sito di tutti gli appartenenti al gruppo cooperativo, si prefigge peraltro il «cambiamento della Locride e della Calabria nell'affermazione piena della libertà, della democrazia, della sussidiarietà, della giustizia sociale ed economica, del rispetto dei diritti delle persone e fasce sociali più deboli e marginali, del bene comune delle comunità locali e dei territori»;
   tutte le realtà caratterizzate afferenti al gruppo cooperativo GOEL BIO, oltre ad essere state colpite da altri atti intimidatori, sono caratterizzate dalla scelta di un modello di sviluppo sostenibile, legato alla Locride e rispettoso del lavoro e della legalità, con tutti i lavoratori regolarmente assunti –:
   quali iniziative urgentissime intenda mettere in campo il Ministro dell'interno per rafforzare il controllo del territorio della Locride affinché dette intimidazioni non abbiano più a verificarsi e affinché il rilancio legale e sostenibile di quel territorio non venga minacciato dalla criminalità mafiosa. (4-05928)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   anche nel nostro Paese sta crescendo l'allarme sociale nei confronti del pericolo rappresentato dalle ideologie che si richiamano allo jihadismo;
   alla base delle legittime preoccupazioni dell'opinione pubblica, di cui dà conto anche la stampa, vi è il moltiplicarsi delle notizie secondo le quali tra i miliziani del sedicente Stato Islamico costituitosi a cavallo tra Siria ed Iraq settentrionale sarebbero numerosi gli uomini in possesso di passaporti europei, in quanto cittadini di Stati membri dell'Unione europea;
   tra loro, inoltre, non vi sarebbero soltanto immigrati provenienti da Paesi musulmani, ma anche elementi autoctoni, incluso un numero significativo di convertiti all'Islam;
   il fenomeno sembra particolarmente forte nel Regno Unito, come ha attestato anche il macabro filmato del brutale assassinio rituale del giornalista statunitense James Foley e la presenza, nei panni del giustiziere, di un cittadino britannico la cui identità è risultata essere quella di un facoltoso rapper;
   convertiti alla causa del jihadismo esistono altresì in Francia e Germania;
   recentemente, anche le autorità italiane hanno stimato in almeno qualche decina di persone il numero dei convertiti allo jihadismo originari del nostro Paese;
   nel territorio nazionale, la regione Veneto e la provincia lombarda di Varese sono già emerse in passato come altrettanti crocevia della militanza islamica per la jihad e per questo, si dice, sottoposti a particolare sorveglianza;
   non risulta, invece, essere stata adottata alcuna particolare precauzione in relazione al territorio della provincia comasca, malgrado il moltiplicarsi dei luoghi di culto e dei centri di cultura islamici che lo interessa, compreso quello che un gruppo di associazioni federate, forse affiliate ad una potente confraternita di ispirazione wahabita e deobandi come la Noor-e-Madina pachistana, sta tentando di aprire a Cantù;
   la situazione di obiettivo pericolo è confermata dalla circostanza che, alcuni anni fa, ben tre imam vennero allontanati – con provvedimento adottato dal Ministro dell'interno pro-tempore, Giuseppe Pisanu – dalla moschea di via Domenico Pino a Como, in quanto ritenuti pericolosi;
   un fattore congiunturale di ulteriore accrescimento del rischio gravante sul nostro Paese è costituito dal fatto che il Governo italiano abbia recentemente deciso di rifornire di armi i peshmerga curdi, prima linea di difesa contro le milizie dello Stato Islamico –:
   se il Governo sia o meno a conoscenza di un rischio specifico gravante sul territorio della provincia di Como, in ragione della presenza di jihadisti «della porta accanto»;
   quali misure preventive e di sorveglianza il Governo intenda assumere per assicurare che i luoghi di culto, i centri culturali e l'associazionismo islamici non divengano terreno di coltura ed incubazione di un jihadismo italiano, in generale ed in particolare nei territori della regione Veneto e delle province lombarde di Como e Varese;
   se esista un piano per la sorveglianza delle persone in possesso di passaporto italiano che si siano recate negli ultimi tre anni in Siria ed in Iraq per ragioni sconosciute. (4-05938)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, BOSSA, ROCCHI, COSTANTINO, PELLEGRINO e VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'avvio dell'anno scolastico 2014/2015 nella regione Campania, così come l'esercizio reale del diritto allo studio degli studenti, rischia di essere compromesso dalla mancanza di moltissimi dirigenti scolastici. Una situazione che costringe le scuole nell'insicurezza e nel caos, rendendo incerto il regolare avvio delle attività didattiche, senza attendibilità e certezze sugli organici di fatto e sull'assegnazione dei docenti alle classi, l'attuazione dei piani dell'offerta formativa, nonché la prosecuzione della gestione amministrativa e contabile;
   tale circostanza è particolarmente grave perché è di tutta evidenza che le istituzioni scolastiche autonome « normodimensionate» e di grande complessità necessitino della presenza a tempo pieno del dirigente scolastico sia per avviare l'ordinaria amministrazione sia per tutta la fase di gestione e progettazione didattica assolutamente indispensabile per consentire un sereno inizio dell'anno scolastico;
   una simile situazione crea un ulteriore svantaggio ai danni di una popolazione studentesca che ha i livelli più alti di disagio e di dispersione scolastica e che patisce una maggiore sottrazione di tempo scuola rispetto a regioni che meglio riescono a garantire il diritto allo studio;
   secondo notizie sindacali e di stampa soltanto a Napoli e nell’hinterland partenopeo, a Giugliano, Pozzuoli, Acerra, Bacoli, Terzigno e nei comuni di Ischia, sono più di 50 le scuole senza dirigente; queste se ne sommano altre «vacanti» nelle restanti province della Campania: tra venticinque e trenta a Salerno, tra quindici e venti a Caserta e circa quindici, in totale, in Irpinia e nel Sannio;
   per l'assunzione dei dirigenti scolastici è stato espletato il concorso bandito con DDG del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2011 per complessivi 2.386 posti di dirigente scolastico, per i diversi ordini di scuole e il numero dei posti per la regione Campania ammontava, all'epoca, a 224 unità;
   il concorso in questione, dopo una prima prova preselettiva tenutasi il 12 ottobre 2011, prevedeva lo svolgimento di due prove scritte, tenutesi il 14 e 15 dicembre 2011, mentre per la successiva fase orale non era indicata una data identica per ogni regione essendo conseguente alla correzione degli elaborati;
   nella regione Campania la procedura non si è conclusa a tre anni dall'emanazione del bando;
   le ragioni del ritardo accumulato rispetto alla maggior parte delle altre regioni sono da addebitare, ma non solo, alla serie di ricorsi amministrativi e alla conseguente sospensiva che ha bloccato la procedura, in fase di svolgimento della prova orale per sette mesi, come evidenziato dalla seguente cronologia:
    a) 14 e 15 dicembre 2011: svolgimento delle prove scritte;
    b) 30 ottobre 2012: pubblicazione elenco candidati ammessi alla prova orale;
    c) 21 dicembre 2012: pubblicazione calendario prove orali;
    d) 7 gennaio 2013: inizio prove orali (dopo 1 anno e 24 giorni dalle prove scritte);
    e) 8 febbraio 2013: sospensione prove orali a seguito dei ricorsi presentati;
    f) 3 luglio 2013: udienza TAR che rigetta i ricorsi proposti;
    g) 11 settembre 2013: l'ufficio scolastico regionale riprende la regolare procedura concorsuale e pubblica il nuovo calendario delle prove orali;
    h) 3 ottobre 2013 ripresa prove orali (dopo 3 mesi dall'udienza: 2 sedute a settimana);
    i) 18 febbraio 2014: conclusione della procedura concorsuale (orali);
   infine in data 27 agosto 2014 anche il Consiglio di Stato, con sentenza n. 04348/2014 che riunisce gli appelli nn. 9234/13, 443/14, 444/14, 445/14, 446/14, 447/14, 2323/14 ha respinto definitivamente i ricorsi presentati ritenendoli del tutto infondati;
   contestualmente, risultano anche avviate indagini presso la procura della Repubblica per ipotizzate irregolarità nella gestione del concorso del 2011 che vedrebbero coinvolti sia candidati sia membri della commissione esaminatrice;
   pur tenendo nella debita considerazione il lavoro che la magistratura sta svolgendo a garanzia della tutela della legalità per i concorrenti in questione, le eventuali responsabilità penali che si dovessero rilevare sarebbero di natura personale;
   l'ufficio scolastico regionale della Campania, dopo ben sei mesi dalla conclusione delle prove orali e nonostante due diffide, si ostina, a quanto consta agli interroganti, a non concludere le procedure amministrative per l'individuazione e la nomina dei nuovi dirigenti scolastici selezionati né ha mai ritenuto opportuno diffondere alcuna comunicazione che rendesse noto lo stato dell'arte né le intenzioni o le ragioni che non consentono la pubblicazione della graduatoria del concorso;
   le recenti dichiarazioni del nuovo direttore dell'USR della Campania, dottoressa Luisa Franzese, già responsabile dell'ex provveditorato agli studi di Napoli, che ha annunciato la pubblicazione delle graduatorie del concorso e le successive nomine dei nuovi dirigenti scolastici «in tempo utile per l'avvio delle attività didattiche», pur lasciando intravedere qualche spiraglio, non offrono ancora alcuna garanzia e sicurezza alle scuole campane e agli idonei del concorso in merito alle tempistiche di pubblicazione della graduatoria finalizzate all'ordinato avvio dell'anno scolastico e il decreto dello stesso USR (prot. n. 5921 del 28 agosto 2014), relativo all'attribuzione delle reggenze su posti vacanti 2014/2015, non reca indicazione né della durata dell'incarico da conferire, né della provvisorietà dello stesso fino a nomina degli aventi diritto;
   il Ministero dell'economia e delle finanze ha autorizzato l'assunzione di 101 dirigenti scolastici nella regione Campania per l'anno scolastico 2014/2015 che si vanno ad aggiungere agli altri 36 posti autorizzati per l'anno scolastico 2013/2014 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza piena della vicenda e come intenda intervenire in merito ai ritardi relativi alla conclusione del concorso per dirigenti scolastici, alla mancata pubblicazione della graduatoria definitiva da parte dell'ufficio scolastico regionale della Campania e alla possibilità di procedere alle nomine effettive entro l'avvio delle attività didattiche dell'anno scolastico, ovvero il 15 settembre 2014, per limitare a tempi brevissimi il disagio arrecato alle scuole dal ricorso eventuale all'istituto delle reggenze.
(4-05940)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, CINZIA MARIA FONTANA, BOCCUZZI, CASELLATO, DAMIANO, DELL'ARINGA, FARAONE, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROTTA e SIMONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   pur essendo i suoi dipendenti iscritti all'assicurazione generale obbligatoria come i lavoratori del settore privato, l'Inps come datore di lavoro è stato inserito nelle pubbliche amministrazioni per quanto riguarda la valutazione degli esuberi, quindi l'ente rientra nelle pubbliche amministrazioni, pur rimanendo i dipendenti soggetti alle regole per il pensionamento dei lavoratori del settore privato;
   le norme previste dal decreto-legge n. 95 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 sulla gestione degli esuberi nella pubblica amministrazione tengono conto del fatto che il limite di età ordinamentale in vigore nella pubblica amministrazione è 65 anni sia per gli uomini che per le donne, più la finestra mobile prevista dalla legge 122 del 2010 e l'aspettativa di vita;
   già dal luglio del 2009 si è innalzata l'età per la pensione di vecchiaia delle donne nel pubblico impiego; tale innalzamento è alla base dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito dalla legge n. 122 del 2010, che per impedire alle donne del pubblico impiego di trasferire gratuitamente i propri contributi all'Inps nell'AGO e poter andare in pensione di vecchiaia a 60 anni, ha creato tutte le ingiustizie che si devono ancora sanare;
   nel 2011 la manovra «Salva-Italia», condotta con la legge n. 214 del 2011, ha innalzato l'età per il pensionamento di vecchiaia delle donne anche nel settore privato;
   le donne hanno diritto sia nel pubblico che nel privato alla parità di diritti e doveri e non si può far valere solo contro le donne la parità di requisiti tra uomini e donne nell'età per la pensione;
   le donne in base alla legge n. 903 del 1977 hanno conquistato maggiori diritti in termini di parità ed in particolare, con l'articolo 6 del decreto-legge 791 del 1981, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982 n. 54 a tutt'oggi non abrogato hanno diritto a rimanere in servizio o al lavoro nel privato fino all'età di 65 anni, come gli uomini più finestra mobile e aspettativa di vita;
   l'articolo 6 della legge n. 54 del 1982 prevede che si esprima la volontà di rimanere al lavoro fino ai 65 anni, 6 mesi prima del compimento dei 60 anni di età, ma per uso e costume e normale consuetudine all'Inps non è mai stato fatto, tanto che le donne che pur hanno compiuto i 60 anni entro il 2011 stanno ancora lavorando e viene usata la loro età adesso per la risoluzione del rapporto di lavoro con decorrenza 1o febbraio 2015; a conferma di ciò il trattenimento in servizio lo si chiede dopo i 65 anni;
   la «manovra Fornero» – decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, con la legge n. 214 del 2011 – al comma 4 dell'articolo 24, fermi restando i requisiti minimi per l'accesso alla pensione di vecchiaia, prevede che il proseguimento dell'attività lavorativa sia incentivato, tanto da prevedere che i coefficienti di trasformazione siano calcolati fino all'età di 70 anni e ciò vale anche per i dipendenti dell'INPS, da sempre soggetti al regime AGO, per poter migliorare la prestazione pensionistica;
   sempre la «manovra Fornero» – decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, con la legge n. 214 del 2011 – all'articolo 24, comma 6, ha parificato l'età per l'accesso alla pensione di vecchiaia delle donne del settore privato, come avvenuto nel 2009 per il pubblico impiego, ma già dal 1981 era riconosciuto volontariamente questo diritto; non si possono quindi utilizzare le norme solo nella parte che va a penalizzare una lavoratrice; se si utilizza la legge n. 135 del 1992 per gli esuberi bisogna tener conto dei requisiti per la pensione previsti per i lavoratori dipendenti alle pubbliche amministrazioni interessate anche se iscritti all'AGO, altrimenti si usano due norme che sommate si dimostrano discriminatorie contro le lavoratrici;
   altri dipendenti dell'Inps che hanno maturato i requisiti ante 31 dicembre 2011 o che li maturano centro il 31 dicembre 2016 sarebbero volontariamente interessati ad andare in pensione con le regole vigenti ante legge n. 214 del 2011; quindi si ritiene che l'obiettivo di realizzare il pensionamento delle persone in esubero si possa raggiungere prioritariamente attraverso le richieste di pensionamento volontario;
   il decreto-legge n. 90 appena convertito dalla legge n. 114 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 agosto 2014 prevede la risoluzione dèi rapporto di lavoro per coloro che abbiano maturato 41 anni e 6 mesi se uomini e 42 e 6 mesi se uomini tenendo conto anche della necessità di non penalizzarli qualora abbiano meno di 62 anni e quindi di mantenerli in servizio, e stabilisce che non si possano creare discriminazioni di questo tipo tra chi risulta in esubero in base alla legge 135 del 2012 e chi vivrà la risoluzione del rapporto di lavoro in base al decreto-legge n. 90;
   durante la discussione in aula del decreto-legge n. 90 è stato approvato alla Camera l'ordine del giorno 135, in cui si citano anche esplicitamente le comunicazioni di risoluzione del rapporto di lavoro a dipendenti Inps, e che prevede l'impegno del Governo a valutare l'opportunità di adottare gli eventuali indirizzi volti ad evitare che per «staffetta generazionale» o esuberi, le pubbliche amministrazioni licenzino persone o mandino in pensionamento coatto dipendenti che sarebbero interessati a rimanere in servizio, in ragione del fatto che per i pochi anni di contributi maturati si troverebbero costretti a vivere con pensioni troppo basse –:
   se ritengano sostenibile che all'Inps sia stato chiesto di realizzare un risparmio che comporta ben 3000 esuberi rispetto agli 11000 complessivi da realizzare;
   a quante donne e quanti uomini dipendenti dell'Inps, iscritti all'ago, sia stata mandata la lettera di risoluzione del rapporto di lavoro in base ai requisiti per la pensione di vecchiaia al 31 dicembre 2011, quindi 60 anni se donne e 65 se uomini;
   se non ritengano urgente, per le motivazioni di cui sopra, il ritiro del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro e di conseguenza di pensionamento coatto emanato dall'Inps, riconoscendo il diritto, già previsto dal 1982, alle donne che hanno compiuto 60 anni entro il 31 dicembre 2011 di rimanere in servizio almeno fino ai 65 anni, più finestra mobile di cui al decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010 e aspettativa di vita, come per i colleghi uomini;
   se non ritengano di valutare l'opportunità di assumere iniziative affinché siano accolte le richieste di collocamento a riposo in deroga, rimaste insoddisfatte, anziché costringere alla pensione coloro che hanno una posizione contributiva che sarebbe opportuno potesse essere incrementata. (5-03498)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che la società NTV, che con i treni di Italo è in concorrenza con Trenitalia sull'alta velocità ferroviaria, è in grave difficoltà finanziaria. A tal riguardo, la stessa denuncia l'assenza di concrete azioni da parte del Governo per garantire la corretta applicazione delle norme sulla concorrenza e, pertanto, richiede opportune iniziative nel rispetto dell'imparzialità e del libero mercato;
   NTV ha poi evidenziato che fin da quando ha iniziato la propria attività «è cominciata una strumentale battaglia con ogni mezzo contro la concorrenza, con ostruzionismi di ogni tipo» e, sul punto, denuncia l'inerzia della politica affinché vengano rispettate le regole previste nel settore;
   la società in questione e, dunque, i treni Italo rischiano di non sopravvivere, posto che NTV registra perdite che sono arrivate a 156 milioni in due anni, con un debito complessivo a quota 781 milioni di euro e con un capitale che solo nel primo trimestre dell'anno corrente si è ridotto di un terzo;
   secondo i vertici dell'azienda, a questa crisi il colpo di grazia è stato inflitto con il decreto competitività del Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi che ha stabilito la fine del regime tariffario agevolato, introdotto nel 1963, con un incremento dei costi di 15-20 milioni l'anno a partire dal 2015. Un livello insostenibile per l'azienda che già paga 120 milioni l'anno per l'accesso alla rete;
   a causa di questa grave crisi, determinata dai debiti e dall'aumento del regime tariffario, la società potrebbe mettere in mobilità trecento, dei mille dipendenti –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, rispetto ai fatti esposti in premessa e quali azioni intendano porre in essere;
   se si intenda adottare ulteriori iniziative, anche normative, per garantire il rispetto dell'imparzialità e del libero mercato;
   se e quali provvedimenti intendano, urgentemente, adottare per salvaguardare i livelli occupazionali della società in questione e, quindi, i trecento posti di lavoro a rischio di messa in mobilità. (4-05930)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la settimana scorsa l'interrogante si è recato presso Giugliano di Napoli in visita ad Antonio Frosolone, operaio Fiat dello stabilimento di Pomigliano d'Arco, in cassa integrazione da 6 anni;
   l'operaio ha posto in essere uno sciopero della fame e della sete per giorni, pur di accendere di nuovo i riflettori sulla situazione che attraversano ormai migliaia di persone in Italia e a Pomigliano d'Arco, la città dove «cassaintegrato» è ormai diventato uno status a sé;
   la situazione è ancor più preoccupante dal momento che l'operaio Frosolone ha sospeso anche l'assunzione dei farmaci per la sua cardiopatia. Intorno ad Antonio, si sono stretti i colleghi, con un grandissimo esempio di solidarietà, dal momento che mesi fa nello stesso reparto (cosiddetto «confino di Nola») hanno perso una loro collega, suicidatasi per la disperazione;
   l'incontro è durato per diverse ore, l'operaio Frosolone ha manifestato l'intenzione di riprendere gradualmente a nutrirsi e idratarsi e l'interrogante ha espresso grande soddisfazione per questa decisione. Antonio ha spiegato che ormai si sente inutile per la società e tutto quello che vorrebbe è «tornare a sporcarsi le mani nello stabilimento». Sarebbe anche disposto, in cassa integrazione, a svolgere lavori utili per la società, come per esempio il risanamento ambientale, dal momento che vive a Giugliano, epicentro della cosiddetta «Terra dei Fuochi»;
   solo in Campania, la Fiat ha incassato miliardi di euro dallo Stato per anni e poi è «scappata» all'estero. Oggi non solo ha lasciato in difficoltà migliaia di famiglie di operai, ma un intero tessuto economico fatto di imprenditori, commercianti e liberi professionisti. La responsabilità di questa pessima situazione non è solo della Fiat, ma anche di tutta quella classe politica che negli ultimi venti anni ha sempre mostrato una disponibilità del tutto eccessiva a talune richieste imprenditoriali –:
   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati in merito alla vicenda illustrata e quali siano, per gli aspetti di loro competenza, le intenzioni del Governo a questo proposito;
   se il Governo non ritenga doveroso assumere iniziative normative urgenti affinché agli imprenditori che ricevono, a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma, sostegno pubblico e poi decidono di delocalizzare la loro attività all'estero sia applicata una sanzione pari agli aiuti di cui hanno beneficiato;
   nello specifico, quali soluzioni di politica industriale i Ministri interrogati intendano proporre, per quanto di loro competenza, al fine di giungere ad una soluzione delle gravose problematiche concernenti gli stabilimenti della FIAT collocati sul territorio nazionale, con particolare riferimento a quelli siti in Campania. (4-05937)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUSSO, FAENZI e RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 28 agosto 2014, il quotidiano «Il Mattino», ha pubblicato un articolo dal titolo «Monti: i prodotti del Sud devono essere l'anima vincente», al cui interno il presidente dell'Agenzia – Ice (l'Istituto per il commercio con l'estero), ha evidenziato la necessità d'introdurre un marchio «italian original» (provvisorio), per difendere i prodotti tipici del Belpaese, in particolare quelli agroalimentari, troppo spesso vittime della concorrenza sleale del cosiddetto italian sounding, provocata soprattutto nei mercati nordamericani;
   l'intento della creazione del marchio è stato illustrato nel corso dell'intervista dal medesimo responsabile dell'Ice, il quale ha rilevato l'esigenza di rendere riconoscibili i prodotti agroalimentari italiani, anche attraverso una campagna di comunicazione che, per essere efficace, si avvarrà dell'importante ruolo della grande distribuzione organizzata, aggiungendo inoltre, che l'istituto è in contatto con i prestigiosi retailers americani, su impulso del Ministero dello sviluppo economico e dello stesso Ministero interrogato;
   gli interroganti evidenziano, in considerazione dell'esistenza di altri marchi europei finalizzati alla tutela delle produzioni agroalimentari di qualità, quali le denominazioni di ordine protetta che si fregiano di importanti prodotti di eccellenza quali: la mozzarella di bufala campana, il parmigiano reggiano ed il prosciutto di Parma, come la decisione sostenuta dal presidente dell'Agenzia – Ice, in precedenza riportata, ove fosse confermata, rischierebbe di determinare un inutile, quanto dannosa creazione di un marchio che omologherebbe la tipicità, alla quantità;
   occorrono pertanto ulteriori elementi chiarificatori e delucidazioni, volti ad approfondire le intenzioni espresse dal suddetto responsabile dell'istituto per il commercio con l'estero, al fine di comprendere in maniera più specifica, quali siano a tal fine le intenzioni del medesimo Istituto, nonché dello stesso Ministero interrogato –:
   se intenda confermare il contenuto delle dichiarazioni del presidente dell'Agenzia – Ice, Riccardo Monti, riportate all'interno dell'intervista pubblicata dal quotidiano: «Il Mattino», ed esposte in premessa;
   se la decisione d'istituire un marchio «italian original» (provvisorio), per tutelare i prodotti tipici agroalimentari del made in Italy, possa esporre prestigiosi prodotti di eccellenza e più specificatamente quelli a marchio (dop, igp, stg, doc e docg) quali per esempio la mozzarella di bufala campana, il parmigiano reggiano ed il prosciutto di Parma, la cui qualità è universalmente riconosciuta e ammirata, al riconoscimento abbinato tra la tipicità e la genericità, con ricadute economiche negative e penalizzanti proprio per quelle filiere che tante difficoltà incontrano nei mercati stranieri a mantenere quote di mercato ed affidabilità. (4-05926)


   REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con la risposta orale all'atto Camera 3-01002 presentata dall'interrogante per la difesa del made in Italy agroalimentare, e in particolare sulla qualità e la tracciabilità nella lavorazione e trasformazione delle carni suine di provenienza estera, il viceministro Roberto Olivero ha precisato che: «La conoscenza del Paese di origine o del luogo di provenienza di un prodotto agroalimentare rappresenta un requisito imprescindibile per l'orientamento all'acquisto dei consumatori, a garanzia del diritto all'informazione e della possibilità di compiere scelte consapevoli. In aggiunta, soprattutto per il nostro Paese, si pone come fattore strategico per la tutela della nostra eccellenza produttiva, alla luce di una diffusa pratica contraffattiva e imitativa, che rappresenta un danno noto e ingente al potenziale economico, culturale e sociale del settore agroalimentare. Tenendo ben presenti tali considerazioni, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha sempre fortemente sostenuto, in sede europea, l'indicazione obbligatoria del Paese d'origine o del luogo di provenienza dei prodotti, concertando la posizione negoziale con il Dicastero della salute, al fine di difendere l'identità, la competitività della produzione italiana sui mercati internazionali ed esteri e il diritto dei consumatori alla trasparenza delle informazioni sulla tracciabilità. Infatti, anche grazie all'impegno e al sostegno del nostro Paese, il 13 dicembre 2013 è stato emanato il regolamento di esecuzione della Commissione n. 1337 del 2013 che, oltre a stabilire i criteri di etichettatura per gli operatori del settore alimentare delle carni fresche, refrigerate o congelate di suino, ovino, caprino e di volatili, destinate alla commercializzazione, introduce la prescrizione relativa all'indicazione del Paese d'origine o luogo di provenienza ove gli animali sono stati allevati e macellati. In seguito, il Parlamento europeo, con risoluzione del 6 febbraio 2014, ha invitato la Commissione a ritirare il predetto regolamento di esecuzione e a redigerne una versione riveduta che preveda l'indicazione obbligatoria, sull'etichetta, del luogo di nascita nonché dei luoghi di allevamento e di macellazione dell'animale per le carni non trasformate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili, in conformità della legislazione vigente in materia di etichettatura di origine delle carni bovine. [...] Evidenzio l'esigenza di fare distinzione tra i concetti di “provenienza” e di “origine” dei prodotti agroalimentari, nonché la necessità di garantire la trasparenza informativa in merito all'effettiva origine delle materie prime agricole prevalenti impiegate nella fabbricazione dei prodotti stessi, in linea, del resto, con quanto previsto dall'articolo 39 del Regolamento n. 1169 del 2011. La conoscenza dell'origine degli alimenti, infatti, rappresenta un fattore di cruciale importanza sia ai fini della prevenzione delle frodi sia, soprattutto, ai fini della protezione dei consumatori lato sensu, poiché il criterio attualmente adottato dal Codice doganale comunitario per la definizione di “origine” (ossia quello del Paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale) lascia, di fatto, un ampio margine di indeterminatezza e, quindi, non ci lascia tranquilli»;
   la tutela del made in Italy è argomento diffuso sia negli atti parlamentari che nell'opinione pubblica e ciò dimostra la sensibilità che esiste sulla materia tra i cittadini e nelle organizzazioni agricole, a partire dalla Coldiretti. Come si evince con chiarezza anche dall'articolata risposta del viceministro Olivero nonostante i passi avanti fatti, rimane una evidente inadeguatezza delle normative comunitarie a tutela dei prodotti trasformati a discapito della qualità e dell'informazione del consumatore. Inadeguatezza su cui è necessario attivarsi rapidamente non solo per la tutela della qualità e della salute degli acquirenti italiani ma anche per importanti ragioni economiche: l'agroalimentare nostrano nel 2013 ha aumentato l'export del 6 per cento e, in particolare, l'export del vino è aumentato del 7,7 per cento ed è aumentato nel segno della qualità con un importante giro di affari pari a 5,6 miliardi di euro, solo per la filiera vitivinicola –:
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato per colmare il deficit normativo a livello di Unione europea a tutela dei prodotti trasformati in Italia e delle produzioni agricole, ittiche ed alimentari totalmente nazionali;
   se il Ministero della politiche agricole alimentari e forestali non intenda rapidamente chiudere, e dare comunicazione dell'esito, la consultazione pubblica prevista dal decreto-legge n. 91 del 2014, recentemente convertito, sulla tutela dei prodotti agricoli e alimentari italiani al fine di attivare adeguate ed efficaci misure in difesa dell'agroalimentare «made in Italy». (4-05929)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   tutelare la salute umana è una attività complessa che dipende da tantissimi elementi che richiedono altrettante competenze e professionalità;
   basti pensare che l'incidenza dell'alimentazione sulla salute dipende da ambiente, agricoltura, zootecnia, igiene della lavorazione, della distribuzione, della commercializzazione degli alimenti e all'interno di questa, un particolare riguardo viene dedicato agli alimenti di origine animale quali latte, uova, carne, miele e derivati che a loro volta dipendono per la loro salubrità e qualità dalla salute e dal benessere degli animali allevati per produrli;
   il principio di un'unica salute (One Health) che vede collegati ambiente, animali e uomo con la compartecipazione di tutte le professionalità e conoscenze necessarie, è fatto proprio sia dall'OMS (Organismo mondiale per la salute) che dall'OIE (Organizzazione internazionale delle epizoozie), con la conseguenza che tutta la legislazione sia europea che nazionale, da più di trent'anni si muove in questa direzione;
   la tutela della sicurezza alimentare, della salute umana e del benessere animale è una questione complessa e delicata perché gli elementi di cui è necessario tenere conto sono molti e sono spesso diversi da quelli della medicina. Includono competenze che iniziano in allevamento nella gestione del ciclo della vita, nella prevenzione e diagnosi delle malattie, nella loro cura nel rispetto del benessere animale, per proseguire nel confezionamento e nella distribuzione con tutte le attenzioni e conoscenze necessarie ad affrontare tematiche di patologie legate alla microbiologia alimentare della lavorazione e conservazione degli alimenti di origine animale e alla trasmissione delle zoonosi –:
   se il Governo abbia disposto un monitoraggio sull'alimentazione degli anziani ospitati nelle RSA e se risulti che questa sia stata adeguata sotto il punto di vista proteico e sicura sotto il punto di vista della igiene alimentare, riducendo il rischio delle infezioni intestinali, causa frequente di mortalità soprattutto negli anziani più fragili, dal momento che la salvaguardia della salute non può essere perseguita solo ex post. (5-03497)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dal quotidiano «Il Sole 24 Ore», l'8 settembre 2014, l'Italia risulta essere relegata nella parte più estrema della classifica in termini di attrattività degli investimenti preceduta dalla Spagna e dall'Olanda, indicata dal rapporto «fDi Markets» (Fdi foreign direct investment) predisposto dal periodico finanziario facente parte del quotidiano inglese Financial Times;
   il suindicato articolo evidenzia come a differenza del Regno Unito, della Germania e della Francia, che rappresentano Paesi che riescono saldamente ad attirare un maggior numero di investitori esteri, il nostro Paese, nonostante costituisca la seconda potenza manifatturiera del continente, soffre di un deficit di attrattività, non reggendo il confronto con altre nazioni altrettanto provate dalla crisi economica, che tuttavia hanno avviato una serie di riforme strutturali;
   dal luglio 2009 allo stesso mese del presente anno, prosegue il rapporto pubblicato dal «Sole 24 Ore», gli investitori esteri hanno creato in Italia 583 progetti greenfield (un'attività in una nuova area di investimento riguarda diversi settori, come l'edilizia e lo sviluppo di software) portando alla realizzazione di poco più di 4.700 posti di lavoro, attraverso finanziamenti complessivi per 7 miliardi di dollari;
   numeri complessivamente insoddisfacenti, se si valuta che in 21 nazioni, come riporta l'articolo in precedenza richiamato, sono stati realizzati oltre 15 mila progetti, con circa 147 miliardi di dollari d'investimento che hanno portato alla creazione di quasi 290 mila posti di lavoro;
   i rilievi critici contenuti all'interno del rapporto di «fDi Markets» riguardano principalmente l'esasperazione di una serie di problemi economici, nonché una certa confusione nella strategia di promozione e la mancanza di coordinamento tra i diversi enti pubblici che affermano di avere un mandato per la promozione del Paese;
   oltre al deficit di attrattività, il nostro Paese risulta essere anche scarsamente competitivo, secondo quanto risulta nella speciale classifica del World economic forum (Wef) che per il secondo anno consecutivo attribuisce all'Italia il 49o posto, preceduta da Spagna, Portogallo, Repubbliche del Baltico e Malta; 
   le misure da introdurre a livello nazionale, al fine di migliorare il gap di competitività, sostiene il quotidiano economico suddetto, devono essere necessariamente rivolte ad un pacchetto di semplificazioni e agevolazioni varato a favore delle start up, in grado di dimostrare che l'Italia possa essere realmente nelle condizioni di determinare quei presupposti positivi per fare impresa e manifestare all'estero l'intenzione di sostenere veramente il sistema delle imprese;
   il quadro generale complessivamente suesposto, a parere dell'interrogante, conferma uno scenario estremamente negativo e sconfortante per la ripresa economica del Paese, se si valuta come soltanto, 583 iniziative dal 2009 al 2014 siano state avviate e siano state previste scarse risorse finanziarie per i progetti greenfield;
   risultano quanto mai urgenti e necessarie, a giudizio dell'interrogante, misure di livello eccezionale stanti le condizioni di evidente difficoltà economica, sociale e finanziaria in cui si trova l'Italia, i cui livelli di occupazione sono giunti in condizioni così emergenziali che non si verificavano dal dopoguerra, anche a causa della debolezza in cui versano l'economia reale ed il sistema industriale italiano –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti e necessarie intendano intraprendere, al fine di migliorare i livelli di attrattività e competitività per il nostro Paese, le cui condizioni, così come risulta da valutazioni internazionali, appaiono estremamente preoccupanti. (4-05933)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Cova e altri n. 1-00581, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Miotto.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Bossa e altri n. 2-00657, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 agosto 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palma.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Nicchi n. 1-00573, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 282 del 26 agosto 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    uno dei primi atti che hanno riguardato in ambito europeo la questione relativa al benessere animale può essere individuato nella direttiva (CE) n. 577 del 1974 relativa allo stordimento degli animali prima della macellazione, che il nostro Paese ha recepito con la legge n. 439 del 1978. Nel medesimo anno diverse associazioni europee ed internazionali presentano a Bruxelles ed a Parigi la Dichiarazione dei diritti degli animali. Nel 1997 il Trattato di Amsterdam nel protocollo sulla protezione e benessere degli animali fissa i principali ambiti d'azione rispetto al benessere animale e riconosce gli animali come essere senzienti, concetto ribadito nel Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1o dicembre 2009;
    l'Europa ha ormai da diversi anni riconosciuto lo stretto legame fra benessere animale, salute animale e sicurezza alimentare (libro bianco della sicurezza alimentare (2000)), garantendone un approccio integrato grazie al regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 882/2004;
    il binomio benessere animale-sanità animale è stato, quindi, riconfermato nella strategia europea per la salute animale 2007-2013;
    da tempo l'Unione europea ha cominciato a introdurre le tematiche inerenti al benessere degli animali sia negli obiettivi dei fondi strutturali, sia in quelli dei programmi di ricerca. Da questo punto di vista si ricorda la comunicazione n. 584 del 2009, in cui venivano individuate le opzioni per un'etichettatura relativa al benessere animale e l'istituzione di una rete europea di centri di riferimento per la protezione e il benessere degli stessi;
    in ambito europeo molti passi sono stati certamente compiuti. È stato previsto il divieto di impiego delle gabbie convenzionali nell'allevamento delle galline ovaiole, con il conseguente miglioramento dello stato di salute e di benessere di 360 milioni di galline. Risultati importanti si sono avuti anche nell'allevamento dei suini dove l'abolizione delle gabbie nei reparti di riproduzione ha permesso un miglioramento del benessere delle scrofe. A ciò va ricordato il divieto dell'uso della sperimentazione animale per la produzione di prodotti cosmetici. Un altro settore dove si sono ottenuti miglioramenti per il benessere degli animali è quello del trasporto;
    rimane comunque il fatto che ancora molto c’è da fare per migliorare la legislazione degli Stati membri in materia e per dotare l'Unione europea di una legislazione più efficace e soprattutto uniforme, anche al fine di poterne verificare il rispetto da parte di ciascun Paese, prevedendo, qualora necessario, l'avvio delle procedure di infrazione;
    il rispetto delle norme europee sul benessere animale è da considerarsi certamente vincolante, anche se ancora molti sono i Paesi che devono mettersi in regola e sui quali è concentrata l'attenzione delle autorità comunitarie;
    questa crescente attenzione al benessere animale, specialmente nel settore zootecnico e negli allevamenti destinati al consumo umano, è principalmente collegata a una sempre maggiore sensibilità collettiva nei confronti dei diritti degli animali e a un'emergente e crescente domanda, da parte dei consumatori, di forme di allevamento friendly e di prodotti alimentari sempre più sicuri. Conseguentemente, la questione del loro benessere, anche come parte integrante delle filiere agroalimentari, ha cominciato a entrare in tutti i documenti strategici della Commissione europea;
    uno dei punti al centro del dibattito è la necessità di migliorare in ambito europeo il benessere animale nelle metodologie e nelle pratiche inerenti alle modalità di allevamento, al trasporto, alla macellazione, attraverso l'individuazione e l'attuazione di standard oggettivi per poter garantire e dimostrare il rispetto delle norme minime, nonché la necessità di garantire i necessari controlli;
    sotto questo aspetto è, altresì, indispensabile pervenire a una normativa in materia di etichettatura obbligatoria degli alimenti più trasparente, rigorosa ed esaustiva, al fine di consentire al consumatore di poter decidere in maniera consapevole e informata circa i propri acquisti alimentari;
    con riguardo agli animali da compagnia, è sicuramente necessario giungere quanto prima a una legislazione europea omogenea, con particolare riguardo alle politiche di contrasto del fenomeno del randagismo, laddove invece in alcuni Paesi è consentito il loro abbattimento, e all'intensificazione e coordinamento nella lotta al traffico illegale dei cuccioli,

impegna il Governo:

   nell'ambito del semestre di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea:
    a) a sostenere l'istituzione di una rete di «centri di referenza sul benessere degli animali», come previsto nella proposta di legislazione sui controlli veterinari in discussione nell'ambito dell'Unione europea;
    b) a promuovere il riconoscimento dell'importanza e del rispetto del benessere animale, sia in ambito interno e internazionale che a livello di Organizzazione mondiale del commercio e di altri accordi internazionali;
    c) a promuovere un incremento dell'omogeneità nella qualità dei controlli nei diversi Stati membri, nonché a promuovere procedure univoche per i controlli dei prodotti provenienti da Stati terzi per il mercato comunitario;
    d) a incentivare il ricorso a un label specifico del benessere animale, ossia a un'etichetta nell'ambito dell'Unione europea, che identifichi quei prodotti ottenuti nel massimo rigore delle norme in materia, in grado di dare adeguate garanzie al cittadino-consumatore;
    e) ad assumere iniziative per pervenire a una normativa in materia di tracciabilità ed etichettatura obbligatoria degli alimenti, in particolare quelli animali, più trasparente, rigorosa ed esaustiva, al fine di consentire al consumatore di poter scegliere in maniera consapevole cosa acquistare;
    f) ad assumere iniziative per estendere anche agli altri animali da allevamento le norme di tutela e di standard minimi obbligatori negli allevamenti, già previste dalla normativa comunitaria per alcune specie animali;
    g) a sostenere la proposta di legislazione sulla sanità animale in discussione a Bruxelles, relativamente alla creazione del sistema europeo di anagrafi per animali da compagnia, e la qualificazione normativa dei cani randagi come animali da compagnia e non come animali selvatici;
    h) ad attivarsi al fine di introdurre una normativa comune in materia di animali da compagnia e di contrasto al fenomeno del randagismo, introducendo il divieto per tutti i Paesi membri di soppressione degli animali randagi, così come previsto nel nostro Paese;
    i) a realizzare una conferenza internazionale contro il traffico illegale dei cuccioli, data la gravità del fenomeno, che possa coinvolgere altri Paesi e l'Unione europea in programmi di repressione, prevenzione ed educazione dei cittadini;
    l) a sostenere una normativa comune tra gli Stati membri in materia di agevolazioni fiscali per le spese veterinarie sostenute per gli animali da compagnia, come peraltro già previsto dalla legislazione italiana;
    m) a promuovere in ambito comunitario una normativa volta a vietare la cattura, l'allevamento e l'utilizzo degli uccelli come richiamo vivo, prevedendo la possibilità di esercitare la caccia senza richiami, o con richiami acustici, e comunque attivandosi fin da subito al fine di consentire, nelle more dell'attuazione del divieto suddetto, il solo utilizzo di uccelli da richiamo da allevamento, senza ricorrere a catture di esemplari in natura;
    n) ad assumere iniziative per armonizzare la normativa nazionale con la direttiva 1999/22/CE relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici e, quindi, per delimitare l'applicazione della legge 18 marzo 1968, n. 337, su circhi e spettacoli viaggianti a strutture effettivamente itineranti, evitando così antinomie con il decreto legislativo n. 73 del 2005 di recepimento della medesima direttiva 1999/22/CE;
    o) a promuovere una normativa comune volta al superamento dell'utilizzo degli animali nei circhi e negli spettacoli viaggianti;
    p) ad incoraggiare la ricerca sul benessere animale e a promuovere soluzioni alternative con riferimento agli esperimenti sugli animali;
    q) ad attivarsi per l'abolizione degli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce, anche alla luce delle normative nazionali di divieto parziale o totale adottate già da diversi Paesi dell'Unione europea, come Olanda, Svezia, Gran Bretagna, Croazia, Austria, Danimarca;
    r) a sostenere i progetti comunitari Life per la tutela della fauna selvatica, rivalutando con una commissione indipendente di livello europeo la captivazione permanente degli orsi catturati negli scorsi anni in Trentino-Alto Adige, assumendo le iniziative di competenza per bloccare la cattura dell'orsa Daniza e dei suoi cuccioli, e per evitare modifiche unilaterali locali al piano d'azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi centro-orientali;
    s) ad effettuare, per quanto di competenza, un monitoraggio dei centri di recupero di animali selvatici al fine di assumere iniziative, anche normative, per promuovere e sostenere una rete di tali centri per dare piena applicazione alle direttive e ai regolamenti europei sulla protezione degli animali selvatici custoditi nei giardini zoologici, impiegati in attività circensi e utilizzati nel commercio illegale.
(1-00573) (Nuova formulazione) «Nicchi, Franco Bordo, Matarrelli, Pannarale, Kronbichler, Scotto, Costantino, Duranti, Melilla, Ricciatti, Zaratti, Pellegrino».

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini n. 4-05914 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 283 del 4 settembre 2014. Alla pagina 16127, prima colonna, alla riga quarantatreesima deve leggersi: «sindaco del comune di Viterbo, capoluogo» e non «sindaco del comune di Viterbo, capo luogo» come stampato. Alla pagina 16127, prima colonna, dalla riga quarantaseiesima dalla riga quarantottesima deve leggersi: «se sia a conoscenza della problematica circa la presenza di arsenico all'interno della rete idrica dei vari comuni» e non come stampato.