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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 5 settembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    per il periodo 2014-2020 il bilancio dell'Unione europea è finanziato secondo un sistema di risorse proprie il cui importo complessivo non può superare annualmente, in termini di pagamenti l'1,23 per cento e, in termini di impegni, l'1,29 per cento della somma dei redditi nazionali lordi (RNL) di tutti gli Stati membri;
    le risorse proprie previste per il periodo 2014-2020 sono costituite, in particolare dalle cosiddette risorse proprie tradizionali (nello specifico i dazi doganali), da una nuova risorsa basata sull'IVA e, in prospettiva, dal gettito dell'imposta sulle transazioni finanziarie nonché dai contributi versati dagli Stati membri in relazione al rispettivo reddito nazionale lordo (RNL);
    il sistema di risorse proprie 2014-2020 contempla, analogamente ai periodi precedenti, meccanismi di correzione, di diversa struttura ed entità, a favore di singoli Stati contributori netti al bilancio europeo, tra cui il Regno Unito, la Germania, i Paesi Bassi, la Svezia, la Danimarca, i Paesi Bassi la Svezia e l'Austria beneficerà di una riduzione lorda del proprio contributo RNL annuo pari a 30 milioni di euro nel 2014, a 20 milioni di euro nel 2015 e a 10 milioni di euro nel 2016;
    in base al nuovo sistema di risorse proprie l'Italia dovrebbe registrare un saldo netto passivo verso l'Unione europea di 3850 milioni di euro l'anno, pari a circa lo 0,23 per cento del reddito nazionale lordo, in sensibile miglioramento rispetto a quello relativo al periodo 2007-2013, che ammontava a 4500 milioni di euro l'anno, corrispondenti allo 0,28 per cento del reddito nazionale lordo. L'Italia dovrebbe pertanto essere il terzo minor contribuente netto, dopo Belgio e Spagna, mentre i maggiori contributori netti – in rapporto al rispettivo reddito nazionale lordo – saranno i Paesi Bassi, la Germania, la Francia, la Svezia e il Regno Unito (con saldi netti passivi pari, rispettivamente, allo 0,39 per cento allo 0,38 per cento e allo 0,33 per cento del reddito nazionale lordo);
    il sistema di risorse proprie 2014-2020 presenta, analogamente ai precedenti, elementi di forte criticità, continuando ad essere in ampia misura ad essere finanziato non da autonome e dirette fonti di entrata del bilancio dell'Unione europea, ma basandosi sulla risorsa del reddito nazionale lordo, che si risolve in trasferimenti dagli Stati membri all'Unione europea;
    tale sistema alimenta, per sua natura, la logica del «giusto ritorno», in base alla quale ciascuno Stato membro esige che le risorse da esso versate all'Unione europea siano ad esso riassegnate nell'ambito delle rubriche di spesa previste dal Quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea;
    ne consegue, per un verso, la ritrosia degli Stati membri con più elevato reddito nazionale lordo ad acconsentire ad un aumento del volume del bilancio europeo che per il periodo 2014-2020 dispone di stanziamenti non superiori a 959.988 milioni di euro in impegni, corrispondenti all'1 per cento dei reddito nazionale lordo (RNL) dell'Unione europea e a 908.400 milioni di euro in stanziamenti per pagamenti, corrispondenti allo 0,95 per cento del reddito nazionale lordo dell'Unione europea. Tale dotazione risulta, per la prima volta nella storia, inferiore a quella prevista per il precedente quadro finanziario 2007-2013;
    per l'altro verso, la logica del giusto ritorno incide profondamente sull'allocazione delle risorse dei bilancio europeo tra le varie politiche di spesa, in ragione della misura in cui esse apportano beneficio ai vari Stati membri. In particolare, ne consegue la concentrazione di gran parte del volume della spesa su politiche tradizioni quali l'agricoltura e la coesione, che nel periodo 2014-2020 assorbono oltre i due terzi della dotazione complessiva, mentre sono riservati stanziamenti ridotti alle politiche più direttamente connesse alla competitività, all'innovazione, alla ricerca nonché alle politiche nello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia;
    nella stessa logica si iscrivono i meccanismi di correzione o sconto dei contributi del Regno Unito e di altri Stati membri che appaiono in evidente contrasto con i principi di solidarietà e coesione economica e sociale dell'Unione europea e non trovano alcuna giustificazione alla luce del livello della prosperità relativa dei Paesi che ne beneficiano. Essi pertanto determinano una evidente distorsione, se non negazione, dei principi e criteri generali su cui si fonda il processo di integrazione europea. La Commissione europea aveva non a caso proposto la progressiva soppressione di ogni correzione per il periodo 2014-2020;
    in sostanza, l'attuale sistema di risorse proprie pregiudica l'allocazione della spesa europea in settori ad alto potenziale di crescita e occupazione, in contrasto con gli obiettivi della Strategia Europa 2020, e non consente all'Unione di sviluppare strumenti di intervento adeguato rispetto alle sfide globali che essa deve fronteggiare nei settori dell'immigrazione, della sicurezza energetica e dell'ammodernamento delle infrastrutture;
    tenendo conto della inadeguatezza dell'attuale sistema di risorse proprie e del quadro finanziario 2014, è stata prevista, all'atto stesso della loro adozione, una revisione da completare al più tardi entro il 2016, con l'obiettivo di dare al Parlamento europeo (rinnovato dopo le ultime elezioni europee) e alla prossima Commissione europea la possibilità di valutare l'adeguatezza dell'assetto attuale;
    in tale contesto è stata prevista una precisa tabella di marcia, il cui primo passaggio si è realizzato con l'istituzione di un gruppo di alto livello, presieduto dal senatore Mario Monti e composto da membri designati dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento europeo, con il compito di rivedere l'attuale sistema dell'Unione europea delle «risorse proprie» in modo da assicurare maggiore semplicità, trasparenza, equità e controllo democratico. Il gruppo dovrà presentare una prima relazione alla fine del 2014;
    l'esito del lavoro del gruppo di alto livello sarà valutato da una conferenza interistituzionale nel 2016 alla quale saranno invitati i Parlamenti nazionali;
    sulla base dei risultati di tale esercizio, la Commissione europea valuterà se saranno necessarie iniziative per nuove risorse proprie per il periodo di programmazione successivo al 2020;
    ferme restando le tappe del processo di revisione intermedia sopra richiamate, appare opportuno che il Governo avvii, in stretto raccordo con il Parlamento e gli altri soggetti interessati, una riflessione sulla posizione che il nostro Paese dovrà assumere in coerenza con l'interesse nazionale e con l'avanzamento del processo di integrazione europea,

impegna il Governo:

   ad avviare, in stretto raccordo con il Parlamento e gli altri soggetti interessati, una riflessione in vista della revisione intermedia, del quadro finanziario e delle risorse proprie dell'Unione europea relative al periodo 2014-2020, tenendo in considerazione, in particolare, i seguenti obiettivi:
     a) a progressiva riduzione, in vista di una completa soppressione, della risorsa reddito nazionale lordo, fondata su contributi dei singoli Stati membri al bilancio dell'Unione e sostituzione graduale con autentiche risorse proprie dell'Unione europea, anche mediante l'istituzione di imposte europee che non determinino tuttavia un appesantimento del carico fiscale sull'energia o su altri fattori della produzione essenziali per il rilancio dell'economia europea, in particolare del settore industriale e siano ispirate a criteri di semplicità chiarezza e riduzione degli adempimenti per i contribuenti;
     b) soppressione di ogni meccanismo di correzione o sconto a favore di qualsiasi Stato contributore netto;
     c) allocazione della spesa su politiche dell'Unione europea ad elevato potenziale di crescita e occupazione in particolare nei settori della ricerca, dell'innovazione, dell'occupazione giovanile, della promozione dell'imprenditorialità, dei flussi migratori, delle reti transeuropee dei trasporti e dell'energia, dell'Agenda digitale.
(1-00583) «Galgano, Mazziotti Di Celso».


   La Camera,
   premesso che:
    in data 22 gennaio 2002 veniva sottoscritto il protocollo per gli interventi di risanamento ambientale dei siti EniChem S.p.A. e Polimeri Europa Srl, sottoscritto dagli enti interessati, inerente le procedure da adottare nel rispetto del decreto legislativo n. 22 del 1997 e del decreto ministeriale n. 471 del 1999 e in conformità alla delibera di giunta regionale n. 34/22 del 10 ottobre 2001;
    nell'ambito di tali accordi e protocolli si prevedeva di risanare e tutelare l'ambiente attraverso azioni di disinquinamento, bonifica e messa in sicurezza dei siti, di riduzione delle emissioni in atmosfera e di prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, non solo con riferimento a quelli previsti dai piani di caratterizzazione ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997 di competenza delle imprese, ma anche a quelli esterni interessati da fenomeni di inquinamento specifico;
    l'articolo 14 della legge 31 luglio 2002, n. 179, concernente disposizioni in materia ambientale, su indicazione della regione Sardegna aveva precedentemente individuato il sito di interesse nazionale di «Aree industriali di Porto Torres»;
    il 7 febbraio 2003 (Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2003) è stato emanato il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con il quale è stato perimetrato il sito di interesse nazionale di «aree industriali di Porto Torres»;
    il SIN di Porto Torres è situato nel comprensorio nord-occidentale della Sardegna, si sviluppa a ridosso del golfo dell'Asinara (area protetta), a ponente della città di Porto Torres, e si estende sul territorio di Porto Torres e Sassari per una superficie complessiva di oltre 4.500 ettari;
    l'area perimetrata si estende su oltre 1.800 ettari e comprende il polo petrolchimico (stabilimenti Syndial e discariche controllate e non interne agli stabilimenti medesimi quali l'area Minciaredda, la discarica «Cava Gessi», discariche industriali ed altre aree interessate dallo smaltimento di rifiuti, stabilimenti Ineos Vinyls-ex EVC, Sasol ed altri), il Polo Elettrico (centrale E.ON.-ex Endesa e impianti Terna), le aree del Consorzio ASI di Porto Torres;
    l'area marina antistante il nucleo industriale, già definita dalla perimetrazione di cui al citato decreto ministeriale 7 febbraio 2003, comprende il porto industriale di Porto Torres e si estende tra la foce del Rio Mannu (confine orientale) e lo Stagno di Pilo (confine occidentale) per una superficie complessiva di circa 2.700 ettari;
    nell'ambito della complessa situazione ambientale dell'area di Porto Torres risultano emblematici i dati relativi all'inquinamento riscontrato nella darsena del porto industriale di Porto Torres: il rapporto predisposto dalla direzione per la tutela del territorio e dall'Ispra allegato al verbale della conferenza dei servizi rileva livelli di benzene 417 mila volte oltre i parametri consentiti dalla normativa, toluene 3300 volte, etilbenzene 226 volte, e altre decine di sostanze cancerogene — tutte riconducibili comunque alle lavorazioni dello stabilimento chimico e dell'area industriale – ben al di sopra dei limiti consentiti;
    il 22 settembre 2009 è stato stipulato a Roma l'accordo di programma tra la regione autonoma della Sardegna, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la provincia di Sassari, i comuni di Porto Torres e di Sassari per la definizione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza e bonifica nel sito di interesse nazionale di «Porto Torres»;
    il 5 settembre 2011 la provincia di Sassari attraverso un'ordinanza del settore ambiente intima alla Syndial di provvedere immediatamente alla messa in sicurezza di emergenza, alla predisposizione del piano di caratterizzazione e alle conseguenti attività di bonifica dello specchio d'acqua nella darsena servizi del porto industriale di Porto Torres;
    le indagini dell'Arpas avevano rilevato le anomalie di funzionamento del sistema di emungimento e barrieramento idraulico a causa delle quali le acque di falda contaminate, che circolano sotto l'area industriale, sono in diretta correlazione con lo stato di contaminazione dello specchio d'acqua antistante la darsena, constatando così un chiaro rapporto di causa-effetto fra lo stato di contaminazione a monte del sistema di barrieramento e quello della darsena;
    il 10 novembre 2011 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, firma il decreto che autorizza l'avvio dei lavori previsti dal progetto operativo di bonifica e trattamento delle acque di falda. L'importo dell'intervento è stimato in circa 125 milioni di euro;
    i lavori di bonifica e trattamento delle acque di falda, come previsto dal decreto, dovranno iniziare entro quattro mesi;
    il cronoprogramma delle bonifiche che Syndial dovrà effettuare nei prossimi anni prevede, ad oggi, una spesa totale di circa 530 milioni di euro;
    in data 15 novembre 2011 (cinque giorni dopo la firma del decreto del Ministro) la Syndial presenta ricorso avverso le ordinanze della provincia di Sassari relativamente alle bonifiche e all'urgente intervento di messa in sicurezza della darsena;
    da notizie di stampa apparse sul quotidiano «La Nuova Sardegna» del 29 maggio 2013, si apprende che «la procura della Repubblica di Sassari ha esercitato l'azione penale certa che il petrolchimico sia stato l'unico colpevole dell'inquinamento rilevato ormai innumerevoli volte a Porto Torres» e che «negli anni, nelle fogne dell'impianto, sono finiti reflui industriali contenenti sostanze pericolose ben oltre quanto permesso dalla legge: mercurio, cromo totale, cadmio, benzene, oli e idrocarburi, dicloroetano 1,2, sostanze che rientrano nelle classi di cancerogenicità dell'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro di Lione, agenzia dell'organizzazione mondiale della Sanità», ovvero che i pericolosi inquinanti sarebbero arrivati a mare attraverso «la mutua diluizione dei flussi immessi nella rete fognaria», che sarebbe avvenuta «collegando, in sostanza, scarichi degli impianti produttivi con quelli di raffreddamento, cioè scarichi provenienti da settori diversi», tanto da causare, a detta del pubblico ministero, «un disastro ambientale insanabile che nulla potrà mai azzerare i danni a flora e fauna del mare causati dai giganti della Chimica», detto che «le analisi sul pescato avevano svelato probabilità di cancerogenicità del 100 per cento»;
    l'inquinamento ambientale, unitamente a fattori genetici predisponenti, svolge un ruolo importante nel determinare effetti avversi sulla salute umana, sia a breve che a lungo termine, ovvero che è abbondantemente dimostrato come i diversi composti chimici, oltre che come cancerogeni, possono agire come gli interferenti endocrini in grado di modificare le caratteristiche epigenetiche di un individuo;
    nonostante le numerose ordinanze promulgate dalla provincia di Sassari e dai comuni di Sassari e Porto Torres, i decreti del ministero dell'ambiente, a distanza di quasi 12 anni ancora oggi non si hanno certezze sull'avvio definitivo del processo di bonifica nel SIN Porto Torres e dei progetti per il successivo rilancio industriale ed economico che possa garantire l'occupazione e il lavoro nel territorio,

impegna il Governo

a far sì che, visto l'ormai accertato inquinamento nel SIN Porto Torres dopo anni di conferenze servizi, decreti e ordinanze, vengano al più presto attivate le attività di bonifica delle aree maggiormente contaminate da parte dei soggetti responsabili con la costante presenza e il controllo del Governo e della regione Sardegna al fine di tutelare la popolazione dall'inquinamento ambientale.
(1-00584) «Piras, Pannarale».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nel collegato alla finanziaria della regione Campania, approvato in consiglio regionale, si modifica la legge elettorale regionale, prevedendo l'innalzamento dello sbarramento dal 5 al 10 per cento per avere diritto all'elezione di un rappresentante nel consiglio regionale, tema – come noto – di natura ordinamentale;
   peraltro tale norma è stata approvata con un maxi emendamento di 243 articoli – su cui è stata posta la fiducia – che spaziano dai fondi dell'Unione europea alla sanità, ai trasporti, ai condoni edilizi, nonché alla privatizzazione dell'acqua; riguardo tale ultimo aspetto, la regione prevede entro 30 giorni, con decreti, l'affido alle società che già operano sul territorio non solo della gestione del servizio di distribuzione, ma anche della captazione e dell'adduzione alla fonte, del collettamento e della depurazione delle acque reflue: norme in aperto contrasto con i referendum passati sul tema;
   l'inserimento di tali previsioni, oltretutto nell'ambito di una legge collegata alla legge finanziaria regionale che verte su materia del tutto diversa, appare iniziativa assolutamente inopportuna, oltre che illegittima;
   l'innalzamento dello sbarramento al 10 per cento appare – malgrado l'autonomia regionale in materia di legge elettorale regionale sancita dall'articolo 122 della Costituzione – in netto contrasto con gli articoli 3 e 49 della Costituzione che statuiscono che i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di ... opinioni politiche, ed hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (e regionale);
   tale soglia, infatti, non assicura la rappresentanza delle minoranze ed impedirebbe anche a formazioni politiche molto rappresentative di accedere al consiglio regionale, con ciò aumentando la distanza tra gli elettori e l'organo regionale e, più in generale, contribuendo ad incrementare la distanza tra i cittadini e le istituzioni;
   l'articolo 122 della Costituzione stabilisce che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali siano disciplinati con legge della regione, ma nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica;
   la disciplina statale è stata approvata con la legge 2 luglio 2004, n. 165 (articolo 4, comma 1, lettera a)), che ha imposto al legislatore regionale di individuare un sistema elettorale che in ogni caso agevoli la formazione di stabili maggioranze nel consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze;
   l'articolo 127 della Costituzione prevede che il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale –:
   se il Governo non ritenga che, in relazione alle previsioni del collegato alla finanziaria della regione Campania illustrate in premessa, ricorrano tutti i presupposti per promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
(2-00666) «Scotto, Quaranta, Costantino, Ferrara, Giancarlo Giordano».

Interrogazione a risposta scritta:


   DI BATTISTA, GALLINELLA e SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   come appreso da organi di stampa, il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi ha trascorso le vacanze estive con la famiglia in un hotel di lusso a Forte dei Marmi, il Villa Roma Imperiale;
   si tratta di un albergo il cui costo, per 5 persone, è di circa 1.500-1.600 euro a notte;
   dalla denuncia presentata da un cittadino, Alessandro Maiorano, sembra che Renzi abbia pernottato addirittura per una decina di giorni a partire dal 13 agosto 2014;
   l'Hotel Villa Roma Imperiale è una struttura appartenente alla famiglia Maestrelli, di Prato: Egiziano Maestrelli, come riportato dalla stampa, è amico da anni di Dario Nardella, attuale sindaco di Firenze, mentre la società che dal punto di vista formale gestisce l'albergo è la Pi.Da. SpA dei tre figli di Egiziano: Riccardo, Elena e Giulio;
   innanzitutto Riccardo Maestrelli risulta aver finanziato la campagna elettorale di Renzi in vista delle elezioni comunali a Firenze nel 2013;
   il nome Maestrelli è poi presente anche nelle intercettazioni disposte durante le inchieste sulla cosiddetta cricca degli appalti pubblici in una telefonata fra l'imprenditore Riccardo Fusi e Lorenzo Nencini;
   Riccardo Fusi è stato tra l'altro condannato a 2 anni di reclusione dal tribunale di Roma per aver tentato di pilotare l'appalto della caserma Marescialli di Firenze, vicenda che vede coinvolti anche Angelo Balducci (ex presidente del provveditorato ai lavori pubblici) Fabio De Santis (ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana) e Francesco De Vito Piscicelli (l'imprenditore che «rideva» in seguito al terremoto dell'Aquila);
   Fusi, nella telefonata intercettata con Nencini, afferma di aver incontrato l'attuale premier Renzi, allora sindaco del capoluogo toscano: «Sono uscito ora (...) ho fatto un incontro fino ad ora con il sindaco (...) e quindi praticamente a me ha dato tutte le linee guida (...) più ha detto... ha già dato mandato all'avvocatura del comune di procedere in questo senso... mi ha autorizzato a dire che io stasera ho incontrato lui (...) e quindi te domani mattina se tu vai lì a parlare con Marco Carrai tu gli puoi dire tranquillamente quello che ho detto io “le linee guida le ha già date il sindaco”», mentre Nencini risponde: «Sì, ma vedrai lui le saprà di già... perché come te chiami me sicuramente Renzi avrà chiamato Carrai» e Fusi: «Sì ma per non mettere in difficoltà nessuno (...) perché ognuno dei suoi parla... con te ci parla Carrai ... con il Maestrelli gli telefona quell'altro ...Nardella»;
   lo stesso Riccardo Fusi, in un'altra intercettazione, parlava anche con Denis Verdini (che secondo alcuni organi di stampa è un socio indiretto di Fusi in alcune operazioni) in questi termini: Fusi: «Io non mi preoccupo, ma bisogna parlare io e te. Capito? Ieri sera ero a Firenze mi ha invitato a cena Salvatore Ligresti (...) loro... fanno il ponte sullo Stretto, l'alta velocità, cemento... E noi?» e Verdini: «E noi... Entreremo... Entreremo... Vedrai, stai tranquillo»;
   da organi di stampa l'interrogante ha altresì appreso che lo staff di Matteo Renzi avrebbe fatto circolare una versione ufficiosa secondo la quale l'attuale Presidente del Consiglio avrebbe speso una somma inferiore ai 1.000 euro al giorno;
   ove ciò corrispondesse al vero si tradurrebbe in un consistente sconto anche di 500-600 euro al giorno rispetto al costo delle camere che è invece possibile visionare sui listini presenti sul sito internet della struttura e sugli articoli apparsi su alcuni giornali;
   come segretario del Partito Democratico, per evidenti ragioni di trasparenza nonché per rispettare le disposizioni sul finanziamento pubblico ai partiti, il Presidente del Consiglio dovrebbe pubblicamente rendere noti eventuali sconti ricevuti a maggior ragione se di importo così consistente;
   si consideri, inoltre, che per i pubblici dipendenti è in vigore un codice di comportamento, come da regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 emanato ai sensi dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
   tale regolamento governativo è stato adottato dal Consiglio dei ministri proprio al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;
   l'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 62 del 2013 – rubricato «Regali, compensi e altre utilità» – prevede espressamente il divieto per i dipendenti pubblici di chiedere sollecitare ed accettare, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore, ossia quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto;
   sebbene riferito ai soli dipendenti e dirigenti della pubblica amministrazione, il codice di comportamento deve intendersi necessariamente applicabile anche agli organi politici ed in particolare ai membri del Governo, in quanto sarebbe del tutto irrazionale, nonché privo di logica, imporre determinati obblighi unicamente ai soggetti che dipendono dall'amministrazione lasciando privi di regole i responsabili dei dicasteri;
   difatti nel rapporto di valutazione del luglio 2009 del GRECO – il Gruppo di Stati contro la Corruzione istituito nel 1999 nel quadro di un Accordo Parziale Allargato dal Consiglio d'Europa – si evidenziava come, in Italia, non esista un codice di condotta specifico per i membri del Governo e del Parlamento, il cui comportamento sarebbe sanzionabile solo sulla base della legge penale;
   il GRECO raccomandava, di conseguenza, l'istituzione di un codice di condotta specifico per i membri del Governo e del Parlamento, che sia pubblico, condiviso ed effettivamente applicabile, e che includa espressamente limiti ragionevoli alla possibilità di accettare doni;
   all'interrogante risulta che l'Italia, in risposta a questa raccomandazione, pur ammettendo di non aver emanato il suddetto codice, ha rilevato come anche i membri del governo siano soggetti al «Codice di comportamento per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni», all'epoca in vigore, il cui articolo 3 disciplinava specificamente i «regali e le altre utilità»;
   l'ex Presidente del Consiglio Letta, prima di dare le dimissioni, nel gennaio scorso annunciava: «Nel patto di governo proporrò di inserire una parte finale in cui inserire un codice di comportamento per i ministri e le forze politiche» e l'attuale Presidente Renzi in un'intervista replicava: «il codice di comportamento a qualche ministro effettivamente servirebbe: occorre più stile»;
   tra l'altro l'interrogante intende ricordare come in un caso il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Malinconico, si sia dimesso per essere andato più volte in vacanza con la moglie all'hotel Pellicano all'Argentario a spese dell'imprenditore Piscicelli, il quale è risultato coinvolto nelle inchieste sulla cricca degli appalti pubblici (e che, come ricordato in precedenza, è stato condannato dal Tribunale di Roma a 2 anni e 8 mesi, proprio insieme a Riccardo Fusi, per aver tentato di influenzare lo svolgimento di una gara d'appalto) –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri, alla luce delle considerazioni di cui in premessa, con riferimento al pernottamento presso l'hotel Villa Roma Imperiale a Forte dei Marmi, non intenda rendere noti e di pubblico dominio eventuali sconti o donazioni, anche indirette, ricevute dalla struttura alberghiera de qua e se intenda confermare, come riportato da alcuni organi di stampa, di aver speso una somma inferiore ai 1.000 euro al giorno;
   se ritengano comunque applicabile, anche ai membri del Governo, il codice di comportamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 62 del 2013, con conseguente obbligo per il Presidente del Consiglio, per i Ministri e per i Sottosegretari di rispettare le disposizioni ivi contenute, comprese quelle sulle liberalità e sulle donazioni ricevute;
   se il Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione non intenda proporre al Consiglio dei ministri l'approvazione di un regolamento con cui adottare un codice di comportamento o comunque un codice etico anche per i membri del Governo, come richiesto tra gli altri dal GRECO. (4-05922)

AFFARI ESTERI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   l'Eritrea vive in una condizione di completa chiusura nei confronti del resto del mondo dovuta dall'insediamento del dittatore Isaias Afewerki avvenuto al momento della sancita indipendenza del paese dal dominio Etiope nel 1991, provocando una stagnazione politica che non ha permesso la nascita di altri partiti politici o organizzazioni nella nazione;
   le persecuzioni del despota all'interno della nazione sono cariche di una violenza inaudita, tra le vittime è possibile trovare: appartenenti a gruppi politici oppositori, dissidenti, membri di gruppi religiosi e giornalisti;
   sono innumerevoli le testimonianze di cittadini che quotidianamente denunciano sparizioni di conoscenti o familiari, o che confessano di aver subito torture e percosse da parte delle forze di polizia;
   le carceri statali sono caratterizzate da condizioni detentive disumane, nelle quali i detenuti vengono ristretti senza lo svolgimento di un regolare processo;
   anche il sistema scolastico è completamente controllato dal regime imperante nel Paese; le università sono state teatro di violenti scontri tra studenti e forze armate che hanno portato a pesanti repressioni nei confronti degli studenti e ad arresti indiscriminati, portando finanche alla definitiva chiusura dell'Università Eritrea;
   tale regime dittatoriale disincentiva ogni tipo di libertà di pensiero non permettendo la stampa libera, controllando ogni aspetto dell'attività individuale, negando la libertà di espressione attraverso l'applicazione di dure sanzioni fisiche ed economiche, non rispettando in questo modo la Dichiarazione universale dei diritti umani;
   il regime ha operato una chiusura totale nei confronti del mondo esterno, incrementata dal disimpegno delle ONG presenti sul territorio Eritreo;
   la completa assenza dei diritti fondamentali obbliga la popolazione ad abbandonare il Paese. È stimato che circa 3000 cittadini al mese varcano i confini dello stato per dirigersi negli Stati confinanti;
   attualmente, l'Eritrea è il Paese da cui provengono il maggior numero di profughi che ogni giorno sbarcano a Lampedusa e sulle coste siciliane;
   questo esodo spesso viene arginato attraverso contromisure particolarmente dure da parte del governo e della polizia di frontiera e con rappresaglie nei confronti dei famigliari dei profughi e dei fuorusciti eritrei rimasti a casa;
   il conflitto armato tra Eritrea ed Etiopia per il possesso della zona tra i due stati (il triangolo di Badme) è ancora in corso. Ogni tentativo di tregua si è rivelato inutile e non ha mutato l'instabile relazione tra i due stati;
   lo stato di guerra aggrava ulteriormente la condizione economica dell'Eritrea che rientra tra le più povere del pianeta e ne rallenta lo sviluppo che risulta pressoché nullo e la quasi totalità delle forze produttive del paese sono costrette, oggi, alla leva militare;
   il 27 giugno scorso il Consiglio per i diritti umani dell'ONU ha deciso di insediare una Commissione d'inchiesta sulla violazione dei diritti umani in Eritrea, considerandole «ampie e sistematiche»;
   secondo il Consiglio, la nazione del Corno d'Africa viola i diritti fondamentali su più fronti, a partire dalla restrizione delle libertà fondamentali di opinione, di espressione, di aggregazione e di culto. Infatti, solo ai cristiani ortodossi, cattolici e luterani e i musulmani è concesso praticare la propria religione. La risoluzione che ha deciso ha istituito la Commissione d'inchiesta sottolinea l'ampio ricorso ad arresti arbitrari, esecuzioni extragiudiziali, rapimenti, tortura e trattamenti disumani;
   un rapporto di Amnesty International dello scorso anno evidenziava come dieci mila abitanti siano stati imprigionati per motivi politici da quando la nazione è diventata indipendente nel 1993;
   nel luglio scorso il presidente, Isaias Afewerki, è stato denunciato per crimini contro l'umanità sulla base di una legge appena entrata in vigore in Svezia. Le nuove norme permettono ai magistrati scandinavi di perseguire i responsabili di reati di questo tipo anche se commessi all'estero;
   il Viceministro agli affari esteri, Pistelli, nelle settimane scorse ha partecipato ad un incontro diplomatico con il dittatore Isaias Afewerki sottolineando il fatto che l'Italia si impegnerà per favorire il rilancio economico dell'Eritrea incentivando gli scambi commerciali tra le due nazioni;
   la regione è ricca di petrolio, secondo le ultime stime più ricca addirittura del Sudan, e attira gli interessi delle società petrolifere e in particolare dell'Eni, finora rimasta esclusa dalle concessioni per l'estrazione del greggio;
   secondo quanto riportato da fonti di stampa, tra gli scambi commerciali si adombrano anche possibili forniture di armamenti al regime da parte dell'Italia;
   tali forniture, se confermate, oltre che contrarie alla normativa italiana, europea e ai trattati internazionali in materia di commercio di armi aggraverebbero la situazione di un Paese già devastato dalla guerra;
   ad opinione degli interpellanti occorrerebbe rilanciare il dialogo con le forze democratiche del Paese, anche considerando l'indebolimento interno del Presidente Isaias Afewerki e la circostanza secondo cui le forze armate sarebbero alla sbaraglio (risale al gennaio 2013 l'ultimo tentativo di colpo di stato guidato da un colonnello dell'esercito) –:
   quale sia il contenuto e la natura degli scambi commerciali tra l'Italia e l'Eritrea discusso durante il colloquio diplomatico tra il Viceministro Pistelli e il presidente dell'Eritrea, Isaias Afewerki;
   quali siano gli intendimenti del Governo rispetto al regime di Isaias Afewerki;
   quali iniziative intenda mettere in campo il Governo, anche attraverso il convogliamento dei Partners europei, per porre fine alle continue violazioni dei diritti umani in Eritrea;
   quale approccio intenda adottare l'Italia verso la regione del Corno d'Africa e in particolare per quali fini sia stata costruita la nuova base militare italiana nella Repubblica di Gibuti;
   se le indiscrezioni, circa la vendita di armamenti all'Eritrea esposte in premessa corrispondano al vero.
(2-00665) «Palazzotto, Scotto».

Interrogazione a risposta scritta:


   GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 agosto 2014 il Governo della federazione russa ha approvato una risoluzione per implementare il Presidential Executive Order N. 560 del 6 agosto 2014 sull'adozione di speciali misure economiche per la quale viene bandita, per un anno, l'importazione di una serie di prodotti agricoli, materie prime e prodotti alimentari da quei Paesi che hanno imposto sanzioni economiche contro la popolazione e le compagnie russe a seguito della nota crisi ucraina. Tra questi compaiono, assieme a Canada, Australia, Stati Uniti d'America e Norvegia, anche i membri dell'Unione Europea, inclusa chiaramente l'Italia;
   tra le merci bandite figurano: frutta, vegetali, carni, pesce, latte ed altri prodotti caseari;
   secondo il documento «Federazione Russa, analisi delle esportazioni italiane» dell’Italian Trade Agency, pubblicato nel febbraio 2014, il settore dei beni di consumo Made in Italy, nello specifico il segmento agroalimentare e delle bevande rappresenta, da solo, il 10 per cento del nostro mercato e, in particolare, le vendite di pasta nel 2013 avrebbero visto un incremento pari al 28,8 per cento, il caffè del 21,7 per cento, latte e derivati del 45 per cento e olio d'oliva del 25,1 per cento rispetto al 2012;
   secondo una indagine pubblicata da La Stampa il giorno 8 agosto 2014, anche alcune tra le nostre aziende di eccellenza verrebbero danneggiate dalle ritorsioni commerciali russe: tra tutti, Il Consorzio del Parmigiano Reggiano vedrebbe crollare i propri introiti, stando almeno ai dati relativi alle esportazioni nel 2013, in cui si sarebbe raggiunto un fatturato pari a 5,8 milioni di euro; lo stesso dicasi per l'Associazione Industriali delle carni e dei salumi che stima, sempre secondo l'articolo sopra citato, danni fino a 55 milioni di euro;
   da una analisi di Coldiretti effettuata su dati Istat, le vendite all'estero di Pecorino e Fiore Sardo risulterebbero in aumento del 20 per cento nel primo quadrimestre del 2014, facendone i prodotti più esportati tra gli alimentari made in Italy. Secondo quanto riporta il quotidiano Unione Sarda, nel solo 2013, i quintali di formaggio inviati a Mosca sarebbero stati 1.700, per un valore di 1,5 milioni di euro. Il Pecorino Romano invece, passato dal 2011 al 2013, da 4,8 a 8,2 euro al chilogrammo superando per la prima volta la quotazione di 8 euro del Parmigiano Reggiano a 12 mesi di stagionatura (anch'esso, come noto, tra le più apprezzate eccellenze della gastronomia nostrana) potrebbe subire un calo negli acquisti futuri in Russia se, durante il periodo che interesserà il blocco, il consumo del suddetto prodotto dovesse sostituirsi, nelle abitudini locali, con altri provenienti da paesi differenti;
   secondo l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, la decisione del Governo russo potrebbe addirittura determinare un calo del 25 per cento del nostro export in Russia e, sulla base dei ricavi relativi ai dati del 2013, i settori interessati potrebbero registrare un danno di circa 100 milioni di euro;
   secondo quanto riportato da un editoriale de «Il sole 24 ore» del 31 agosto 2014 la risposta del Cremlino alle nuove sanzioni concordate dall'Unione europea, non tarderà a produrre i suoi effetti. Certo le contromisure russe non andrebbero ad assumere i connotati di sanzioni ufficiali ma potrebbero essere, almeno formalmente, semplici iniziative di carattere economico tese a colpire le partnership commerciali con la Unione europea e l'Italia risulterà, dato l'enorme bagaglio di eccellenze che fino ad oggi le ha consentito di primeggiare sul difficile e fruttuoso mercato russo, tra i paesi maggiormente danneggiati. A partire dal primo settembre, infatti, in accordo con le dichiarazioni del luglio 2014 di Medvedev, il Paese cesserà di esportare pelli per il mercato europeo con conseguenti ripercussione nell'industria conciaria italiana che si avvale di materie prime importate dall'estero;
   l'Unione europea ha varato delle contromisure – e ne sta valutando di ulteriori – atte a sostenere il mercato europeo agroalimentare e che le stesse dovrebbero contribuire ad arginare le sicure perdite, quantomeno fino al mese di ottobre 2014;
   il tema proposto dal Governo per l'EXPO 2015 riguarderà la nutrizione del pianeta, nella sottintesa volontà di contribuire a promuovere le eccellenze italiane nel mondo esaltando la qualità dei nostri prodotti alimentari;
   tra le molte eccellenze, il mercato italiano può vantare una insuperabile offerta alimentare e, tra le nostre principali attività artigiane spicca, in Europa e nel mondo, l'industria conciaria e, più in generale, il Made in Italy è simbolo di qualità ed unicità nonché di tradizione e storia e che tale marchio rappresenta e deve continuare ad imporsi come una garanzia nel mondo tanto dal punto di vista alimentare che manifatturiero  –:
   se e quali misure il Governo intenda adottare per tutelare e sostenere la nostra economia alla luce delle pesanti contromisure che il governo russo si appresta ad applicare in risposta alle sanzioni europee che, con ogni evidenza e più di ogni altro Paese dell'Unione – causa il crollo delle esportazioni – andranno a penalizzare l'Italia, colpendo gravemente settori strategici della nostra economia quali l'abbigliamento, l'artigianato di lusso e svariate produzioni alimentari, specialmente in una fase economica – quella attuale – particolarmente deflativa ed a ridosso di un evento di portata internazionale quale il sopra citato Expo 2015. (4-05918)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MIGLIORE e PIAZZONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 settembre è stato eseguito lo sgombero del Cinema America, storica sala cinematografica romana progettata negli anni cinquanta dall'architetto torinese Angelo Di Castro, versante in stato di abbandono da oltre quattordici anni ed occupata dal novembre del 2012;
   lo stabile, chiuso per moltissimi anni e lasciato in stato di degrado, rappresenta un edificio dall'indiscutibile pregio storico ed artistico, contenente preziosi mosaici degli artisti Anna Maria Cesarini Sforza e Pietro Cascella;
   gli attuali proprietari dell'immobile hanno avviato nel 2013 l’iter burocratico per ottenere il cambio di destinazione d'uso, abbattere la storica struttura e realizzare sulla stessa un'opera di edilizia residenziale;
   in merito a tale richiesta il Campidoglio, attraverso una nota rilasciata alla stampa lo scorso 29 luglio, ha precisato come quest'ultima risulti attualmente sospesa per l'accoglimento della richiesta di apposizione alla sala di vincolo storico – artistico presentata dall'assessorato alla trasformazione urbana di Roma Capitale. Lo stesso Campidoglio assicurava come, al termine dell’iter di apposizione del vincolo, il destino del Cinema America sarebbe stato oggetto di confronto tra l'amministrazione del comune di Roma e la proprietà;
   sull'indubbio valore storico – artistico della struttura si è espresso più volte il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo che, il 27 agosto 2014 a margine della Mostra del Cinema di Venezia, ha annunciato l'emanazione di una direttiva per tutelare le sale cinematografiche di interesse storico esistenti sul territorio italiano, citando come esempio proprio il caso del Cinema America. Il Ministro stesso nel mese di luglio aveva incontrato pubblicamente gli occupanti della sala cinematografica romana, confermando l'apertura di due istruttorie – una sul vincolo di destinazione d'uso ed una sulla salvaguardia dei mosaici della Cesarini Sforza e di Pietro Cascella – che di fatto avrebbero impedito la demolizione e la trasformazione della sala. Al termine dell'incontro gli occupanti del Cinema America avevano garantito al Ministro Franceschini lo scioglimento dell'occupazione all'apposizione dei vincoli suddetti;
   in questi ultimi anni il Cinema America è stato recuperato e rivitalizzato salvaguardandone la struttura, divenendo un'esperienza culturale solida e stabile attraverso la programmazione di numerosi eventi e manifestazioni;
   diversi appelli per salvare la struttura sono stati promossi negli anni da esponenti del panorama culturale italiano: dagli eredi dell'architetto Di Castro, ai grandi nomi del cinema (Verdone, Celestini, Rosi, Benni, Sorrentino);
   lo sgombero effettuato, lascia trasparire dei dubbi sulla futura destinazione e gestione del Cinema America, nonostante l'avvio dell’iter per l'apposizione di vincoli e le chiare intenzioni espresse a riguardo dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   lo sgombero del Cinema America rappresenta, secondo gli interroganti, una forzatura nella gestione dell'ordine pubblico, considerata la volontà degli occupanti di sciogliere pacificamente l'occupazione una volta apposti i vincoli sull'immobile e se lo sgombero non pregiudichi la attuale destinazione del Cinema America e la conservazione dello stato dei luoghi, tenendo in considerazione il degrado in cui lo stesso ha versato per molti anni e la volontà di demolire lo stabile più volte manifestata dalla attuale proprietà –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'avvenuto sgombero del Cinema America, e quali iniziative intenda assumere a tutela della destinazione dell'immobile nelle more del perfezionamento dell’iter per l'apposizione dei vincoli.
(4-05925)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 novembre 2013, in occasione delle Festa della Forze Armate, in numerose località italiane sono state organizzate visite guidate alle caserme cui hanno partecipato alunni delle classi elementari;
   sono state ricevute segnalazioni che in almeno un'occasione, presso la caserma De Gennaro di Forlì, ai bambini in visita sarebbe stata proposta fra le attività l'utilizzo di armi, presumibilmente giocattolo, per il tiro al bersaglio e il contatto con altri armamenti;
   tale segnalazione trova riscontro tra l'altro sul sito istituzionale dell'Esercito Italiano, dove a proposito delle celebrazioni per il 4 novembre 2013 si parla di visite presso caserme in Sardegna, nel corso delle quali «i più innovativi sistemi di simulazione sul l'impiego degli armamenti di ultima generazione sono stati messi a disposizione dei numerosi giovani che hanno potuto cimentarsi nell'addestramento dei dimonios»;
   la Costituzione italiana, a partire dall'articolo 11, disegna l'impianto di uno Stato che ripudia la guerra, ed è tale impianto che dovrebbe essere trasmesso alle giovani generazioni, soprattutto in contesti fondamentali per la loro crescita civile come la scuola –:
   se risultino i fatti succitati e se si sia a conoscenza di altri analoghi;
   se, in caso di risposta affermativa, e in che modo si ritenga di intervenire per evitare che possano ripetersi, a tutela del diritto dei minori ad una educazione che sviluppi modalità di risoluzione dei conflitti che non prevedano l'utilizzo della coercizione, come già previsto da numerosi protocolli già in uso che, per esempio, vietano nelle scuole materne l'introduzione di armi giocattolo. (4-05923)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   DI BATTISTA, GALLINELLA e SCAGLIUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo monetario internazionale (FMI) è un'istituzione finanziaria internazionale creata nel 1944 a seguito degli accordi di Bretton Woods con l'obiettivo di promuovere la cooperazione monetaria internazionale, la stabilità negli scambi e un sistema di tassi di cambio ordinato, di sostenere la crescita economica e l'occupazione e di offrire assistenza finanziaria a paesi con difficoltà di bilancia dei pagamenti;
   questi obiettivi sono perseguiti dal Fondo monetario internazionale attraverso tre strumenti: la sorveglianza sulle politiche di cambio ed economiche dei Paesi membri, l'erogazione di prestiti di breve e medio termine a paesi in difficoltà e la fornitura di servizi di assistenza tecnica ai paesi membri;
   attualmente fanno parte del Fondo monetario internazionale 185 paesi;
   la struttura di governo del Fondo monetario internazionale prevede un consiglio direttivo composto da un managing director e da alcuni vice o sostituti; a questi si aggiungono i 24 membri del consiglio di amministrazione (board of directors) che è l'organo deliberativo presieduto dal direttore generale del Fondo che, allo stato attuale, è Christine Lagarde;
   la stessa direttrice Lagarde, ha annunciato di essere indagata nell'inchiesta sull'arbitrato fra l'uomo d'affari ed ex ministro di Mitterand, Bernard Tapie, e la banca Crédit Lyonnais;
   all'epoca dei fatti Lagarde era ministra delle Finanze e Bernard Tapie sarebbe stato favorito nella vicenda Adidas – Crédit Lyonnais, ottenendo il risarcimento record di 403 milioni di euro;
   in particolare, come riportato da organi di stampa, la Lagarde, a fine 2007, avrebbe deciso di ricorrere irritualmente ad un arbitrato privato al fine di risolvere il contenzioso tra Tapie e il Crédit Lyonnais o meglio tra Tapie e il «Consortium de réalisation» (ossia la struttura pubblica incaricata di liquidare il passivo della banca nel frattempo fallita) arbitrato che si concluse con una decisione incredibile: il «Cdr», e dunque lo Stato francese, venne condannato a pagare all'uomo d'affari 285 milioni più interessi, ossia in totale 403 milioni;
   il direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale (Fondo monetario internazionale) ha dichiarato, alla France Press, di non avere intenzione di dimettersi dopo l'indagine a suo carico;
   ai sensi dell'articolo 3 della legge 132/1947 «il Ministro per le finanze e il tesoro, di concerto con il Ministro per il commercio con l'estero, è incaricato della esecuzione della presente legge e dei rapporti da mantenere con le Amministrazioni del Fondo (ndr Monetario Internazionale) ... e può delegare alla Banca d'Italia i compiti inerenti all'intervento dell'Italia nell'amministrazione dei due predetti Istituti»;
   dunque, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze, la Banca d'Italia determina le posizioni assunte dal direttore esecutivo italiano presso il consiglio di amministrazione del Fondo monetario internazionale;
   alla luce del ruolo e dei rilevanti fini perseguiti dal fondo ed in considerazione della partecipazione italiana, si ritiene che alla guida del Fondo monetario internazionale debbano trovarsi soggetti sospettati aver commesso gravi reati in danno di una nazione ed a favore di soggetti privati;
   si consideri inoltre che il Fondo monetario internazionale è stato oggetto di aspre critiche anche da parte illustri intellettuali ed economisti come Joseph Stiglitz, il quale ha accusato il Fondo di aver aggravato le difficoltà economiche anziché alleviarle e non ha protetto le economie più deboli né garantito la stabilità del sistema economico globale a discapito delle nazioni più povere;
   senza contare che lo stesso Stiglitz, ma anche moltissimi altri economisti, hanno messo nei mirino le ricette economiche della Troika – l'organismo di controllo informale formato dai rappresentanti della Commissione europea, Banca centrale europea e proprio del Fondo monetario internazionale – e del suo modus operandi;
   sostiene difatti Stiglitz che «Se i miei studenti avessero presentato analisi come quelle della Troika per i Paesi europei li avrei bocciati ...La Troika ha ripetutamente prodotto previsioni errate e piuttosto che ammetterlo e riconoscere i suoi sbagli ha sempre incolpato le sue vittime»;
   pertanto anche alla luce di queste considerazioni, e seppur il Fondo monetario internazionale ed il suo ruolo necessitino di essere rivisti dagli stati sovrani, l'incarico di direttore generale del Fondo monetario internazionale dovrebbe essere rivestito, a parere dell'interrogante, da chi non è coinvolto in inchieste di alcun tipo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   se il rappresentante dell'Italia nel board dei direttori del Fondo Monetario Internazionale intenda proporre, nei modi e nelle sedi opportune, la sostituzione del direttore generale Christine Lagarde.
(4-05920)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la diga costruita sul torrente Lordo in località Timpa di Pantaleo nel comune di Siderno (RC) è una delle molte opere pubbliche realizzate durante gli anni ’80 e ’90 nel Meridione d'Italia con ingente impiego di fondi statali, ma che, nonostante le potenzialità, non hanno visto, in seguito, un completo e reale impiego delle stesse a beneficio della cittadinanza;
   i lavori di costruzione della suddetta infrastruttura iniziarono nel 1983 e sono terminati nel 1993, mentre l'azienda esecutrice dei lavori è stata la Ferrocemento spa, di Roma;
   l'opera è stata finanziata dalla Cassa per il mezzogiorno con il progetto speciale P.S. 26/3043, ente concessionario il consorzio di bonifica di Paulonia, Reggio Calabria e il costo complessivo per la realizzazione della diga assomma a ben 50 miliardi di lire;
   il volume d'acqua invasato, di circa 9 milioni di metri cubi, consentiva agli operatori agricoli, specie d'estate, in un contesto di cronica carenza idrica, di fare ricorso a questa fondamentale riserva, evitando di attingere, per l'irrigazione, all'acqua potabile;
   la diga, tuttavia, a quanto risulta all'interrogante e da quanto emerge dalle fonti alla stessa pervenute, tra cui una lettera inviata dal comitato di cittadini «Siderno Libera» al presidente del consorzio di bonifica Alto Ionio Reggino il 9 aprile 2014 e l'articolo sul sito www.larivieraonline.com «Siderno: c'era una volta la diga sul Lordo» del 21 febbraio 2014, non sarebbe mai stata utilizzata al pieno delle sue potenzialità e risulterebbe attualmente completamente svasata;
   il problema all'origine dell'ordine di svuotamento totale giunto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbe una lesione nel pozzo delle paratoie della diga (profondo ben 86 metri), a circa 18 metri di profondità dal piano campagna;
   secondo le fonti citate, la causa più probabile di questa crepa sarebbe stata una frana, anche se non è escluso che possa essere stata provocata da successivi svuotamenti e riempimenti imposti dall'autorità competente;
   per riparare al danno e rimettere in sicurezza la struttura servirebbero lavori di palificazione e un incamiciamento interno delle pareti del pozzo il costo approssimativo sarebbe di 1 milione e mezzo di euro;
   al momento, al posto dell'invaso, resta una conca coperta di fango che riversa un rivolo torbido nel mare prospiciente;
   la situazione allo stato attuale è, in ogni caso intollerabile, data la necessità di pervenire ad un completo ripristino dell'opera che garantisca, da una parte, il suo pieno utilizzo, dall'altra il ristabilimento delle condizioni di sicurezza per i cittadini e per l'ambiente circostante –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano i tempi, i costi e le modalità preventivati per un pieno ripristino, in condizioni di sicurezza per i cittadini e per l'ambiente, della diga sul torrente Lordo nel Comune di Siderno. (4-05916)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   a seguito della riduzione dei posti di guardia negli ospedali del territorio di
Catania, che ha portato alla mancanza di presenza serale e notturna degli agenti di polizia nei presidi ospedalieri, si è registrato un aumento di episodi di violenza e aggressione nei confronti del personale di servizio (medici e infermieri) come riportato dalle cronache giornalistiche locali;
   assai spesso accade che anche i turni degli orari diurni vengano disattesi per esigenze di utilizzo da parte della locale questura degli agenti preposti;
   in data 31 luglio 2014 si è verificata, in orario diurno, una nuova aggressione presso l'azienda ospedaliera Vittorio Emanuele di Catania;
   a seguito degli avvenimenti citati è stato richiesto un incontro in prefettura da parte delle organizzazioni sindacali di categoria (personale medico e infermieristico) per l'apertura di un tavolo tecnico sul tema della sicurezza dei presidi ospedalieri;
   la mancanza di sicurezza in luoghi particolarmente sensibili come le strutture di pronto soccorso rischia di produrre una pericolosissima mancanza di serenità e lucidità nello svolgimento delle proprie mansioni da parte del personale ospedaliero –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se non ritenga necessario intervenire per individuare le opportune misure di supporto per il mantenimento degli standard di sicurezza nelle strutture ospedaliere del territorio catanese e se non ritenga di sottolineare la necessità del mantenimento dei posti di guardia nelle suddette strutture.
(2-00664) «Berretta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   risulta all'interrogante che l'ufficio di pubblica sicurezza di Luino, avente la duplice valenza di polizia di frontiera e di commissariato di pubblica sicurezza abbia un organico attestato ad almeno 69 unità;
   risulta che incombano su detto ufficio numerose incombenze, tra le quali la vigilanza di retro-valico di 12 valichi di frontiera fra Svizzera e Italia, il controllo di un territorio molto vasto, con relative azioni di pronto intervento e di soccorso pubblico, settimanali accompagnamenti di extracomunitari sia all'interno del paese che all'estero, aggregazioni presso altri uffici di polizia di frontiera, in particolare presso aeroporti dislocati in tutto il territorio nazionale, e attività di polizia amministrativa-sociale e dell'immigrazione;
   risulta, infine, all'interrogante che l'ufficio di pubblica sicurezza in questione sarà privato, in settembre, di 7 unità di personale che, aggiunti a due prossimi pensionamenti, determineranno una riduzione del personale sotto le 60 unità;
   il sindaco di Luino, con lettera del 31 luglio 2014, inviata al Ministro, all'interrogante e ad altri onorevoli colleghi e senatori, ha denunciato le possibili ricadute, in termini di pubblica sicurezza, di quanto esposto in premessa –:
   di quali informazioni sia a conoscenza il Governo;
   se quanto premesso corrisponda al vero;
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di garantire un elevato livello di pubblica sicurezza nel territorio di Luino e presso i corrispondenti valichi di frontiera;
   se il Governo abbia valutato, in particolare, la possibilità di rimpiazzare i sette operatori trasferiti attingendo ai quasi 1.400 neo-agenti che in settembre dovrebbero completare il corso di formazione. (4-05917)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dal quotidiano: Il Messaggero Veneto, lo scorso agosto, quattro uomini afghani, sono stati sottoposti al fermo da parte dei Carabinieri, con l'accusa di detenzione continuata ai fini della cessione di sostanze stupefacenti, in quanto all'interno dell'appartamento situato nel comune di Cividale del Friuli in provincia di Udine, messo a loro disposizione gratuitamente dal nostro Paese grazie allo Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), sono stati trovati 24 grammi di marijuana suddivisa in microdosi, pronte per essere vendute;
   gli extracomunitari arrestati, spacciavano la droga a ragazzi di soli 14 anni, residenti a Cividale e dintorni, ricevendoli anche sette alla volta, ogni mezz'ora, fornendo anche altri giovani in tutta la regione;
   l'articolo del suesposto quotidiano, rileva inoltre che a seguito dell'arresto, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Udine, dopo aver convalidato i provvedimenti, ha contestualmente disposto la scarcerazione senza altre prescrizioni per i quattro spacciatori: Hassan Bakhshi, 23 anni, Khan Safi Nawab, 18, Mahdi Sayed Jafari, 23, e Zahid Safi Ullah, 22, tutti domiciliati nella cittadina ducale e in possesso di regolari documenti di soggiorno in quanto richiedenti asilo politico;
   la vicenda, prosegue il medesimo l'articolo, inizia a Trieste qualche settimana precedente al mese di agosto, quando i Carabinieri del Nucleo investigativo, controllarono alcuni gruppi di ragazzi che, lungo i viali del capoluogo giuliano, erano alla ricerca di droghe leggere, ed uno di questi adolescenti, dopo essere stato arrestato, ha raccontato del cosiddetto «supermarket di Cividale», ovvero un posto conosciuto da tutti, in cui si può andare a qualsiasi ora della giornata semplicemente scrivendo un sms in inglese;
   gli stessi Carabinieri dell'antidroga, in breve tempo hanno individuato l'appartamento in questione come in precedenza riportato (anche grazie alle comunicazioni che i ragazzini si scambiano attraverso i social network e, in particolare, su Facebook), avviando l'operazione di perquisizione all'interno dello stesso immobile, nel quale hanno rinvenuto ragazzini minorenni in cerca di droga, i cui nominativi sono stati in seguito segnali alla prefettura;
   la vicenda a giudizio dell'interrogante, desta sconcerto e stupore, in considerazione del fatto che risulta perlomeno paradossale, ospitare nel nostro Paese, con oneri a carico dello Stato rifugiati afghani alloggiati all'interno di un appartamento ceduto gratuitamente, grazie ad un discutibile sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, i quali si rivelano essere individui pericolosi in quanto spacciatori di sostanze stupefacenti;
   l'interrogante evidenzia inoltre, come siano da stigmatizzare determinate decisioni adottate nei riguardi dei rifugiati extracomunitari, che presentano domanda di asilo politico nel nostro Paese, che avvengono in maniera sommaria e confusa, se, come l'episodio certamente grave in precedenza richiamato, da un lato lo Stato richiede in maniera continua ed insistente sacrifici per i nostri connazionali, mentre dall'altro viene offerto vitto e alloggio a coloro i quali, grazie all'opera investigativa dei Carabinieri, sono scoperti a spacciare droga ai nostri adolescenti;
   a giudizio dell'interrogante inoltre, ulteriori e gravissimi profili di criticità, emergono con riferimento alle decisioni adottate dal giudice delle indagini preliminari, il quale senza alcun provvedimento restrittivo ha rilasciato i quattro individui afghani, senza adottare le opportune iniziative punitive nei riguardi dei medesimi;
   l'applicazione delle disposizioni giuridiche risulta, a parere dell'interrogante, priva di ogni logicità se persiste la prosecuzione di un sistema normativo fondato sull'impunità, nei riguardi di coloro che sono ospitati all'interno del nostro Paese, per motivi politici e sociali e che nella realtà, svolgono attività illegali, senza essere soggetti a provvedimenti di restrizione;
   risulta in definitiva incomprensibile a giudizio dell'interrogante, l'attuazione di una serie di norme, anche contenute all'interno di direttive o accordi internazionali, accettate supinamente, che determinano un comportamento da respingere, per coloro che, giungono nel nostro Paese, per essere sostenuti, ma che invece si configura un pericolo per la società italiana, ed in particolare per le nostre future generazioni –:
   quali valutazioni intendano esprimere, nell'ambito delle proprie competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se in considerazione dei rilievi critici in precedenza richiamati, non ritengano opportuno, prevedere iniziative urgenti e necessarie volte a monitorare gli accordi internazionali intrapresi con i rifugiati extracomunitari che presentano domanda di asilo politico nel nostro Paese, nonché a rivedere con maggiore rigore il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), costituito dalla rete degli enti locali che, per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. (4-05919)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la presente annata meteorologica, è stata particolarmente anomala per il nostro Paese ed in particolare, nella regione Friuli Venezia Giulia, il cui territorio ad alta vocazione vitivinicola è stato caratterizzato da un elevata quantità di piogge, giornate con scarso sole e temperature nel complesso basse, e inferiori alle medie stagionali;
   le eccellenze agricole friulane e vinicole, ed in particolare le coltivazioni dei vitigni, sia bianchi che rossi, secondo quanto risulta dai riscontri pre-vendemmia, sono state infatti influenzate negativamente, da una concentrazione alcolica nettamente inferiore alla norma, la cui percentuale per i vini autoctoni e prestigiosi quali: il refosco o friulano, i cui, nel caso non dovesse raggiungere la percentuale minima di alcol prevista, non consentirebbe ad essi di fregiarsi della denominazione di origine controllata, per il 2014;
   per i produttori friulani pertanto, le conseguenze economiche derivanti dall'effetto di tale fenomeno negativo, rischiano di essere particolarmente gravi, in considerazione che dal punto di vista della disciplina che regolamenta la qualità, i vini privi di etichetta Doc, possono essere commercializzati, ma ad un prezzo inferiore;
   l'interrogante segnala che i viticoltori e la regione Friuli Venezia Giulia, lo scorso mese, avevano stabilito autonomamente, intervenendo in maniera corretta, di aumentare dell'1,5 per cento la gradazione con i concentrati di mosto;
   ciononostante lo scorso 22 agosto la direzione regionale per l'agricoltura ha inviato una lettera, attraverso il Ministero interrogato, all'Unione europea per chiedere un ulteriore innalzamento, dello 0,5 per cento, del tasso alcolometrico per le uve prodotte nella medesima regione, al fine di migliorare ulteriormente il livello qualitativo;
   l'interrogante evidenzia, a tal fine, come attualmente la risposta della Commissione europea non sia ancora pervenuta ai diretti interessati, rimarcando altresì come la stagione della vendemmia sia nel pieno della sua attività;
   l'incertezza derivante dall'attesa da parte dell'organismo comunitario, nella conferma relativa all'autorizzazione per l'innalzamento del tasso alcolometrico, le cui produzioni potenzialmente interessate ad un aumento ammontano, secondo stime regionali, a 1,2-1,4 milioni di quintali di uve, sta determinando fra gli operatori del settore vinicolo friulano, comprensibili preoccupazioni, in quanto senza il necessario permesso a livello europeo, alcune doc possono essere effettivamente a rischio di essere messe sul mercato a prezzi inferiori;
   risulta pertanto necessario, a parere dell'interrogante, intervenire in tempi rapidi, in sede comunitaria, al fine di conoscere quali siano le decisioni adottate dalla Commissione, in considerazione che le cantine sociali, i piccoli produttori vinicoli friulani, rischiano una disfatta in termini economici, con gravi ripercussioni sui livelli occupazionali delle aziende produttrici –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e se non ritenga urgente e opportuno, in considerazione del periodo di vendemmia attualmente in corso, intervenire in sede europea, al fine di sollecitare la decisione del medesimo organismo comunitario, alla richiesta di un ulteriore innalzamento, dello 0,5 per cento, del tasso alcolometrico per le uve prodotte nella medesima regione, al fine di migliorare ulteriormente il livello qualitativo ed evitare ricadute gravi sul comparto vinicolo friulano, già gravato da pesanti oneri fiscali e burocratici. (4-05915)


   FRANCO BORDO, PALAZZOTTO, PELLEGRINO, FERRARA, ZARATTI, RICCIATTI, PAGLIA e PANNARALE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare Made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell'export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il Made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che, dietro questo sistema, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del Made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà;
   all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   se intenda assumere iniziative nei confronti dei soggetti deputati al controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350 sulla tutela del Made in Italy.
(4-05921)


   CRIMÌ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'allegato XV bis del Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007 reca disposizioni circa l'arricchimento, acidificazione e disacidificazione in alcune zone viticole;
   al punto A, paragrafo 1, del suddetto allegato si riporta la possibilità per gli Stati membri, qualora le condizioni climatiche lo richiedano, di autorizzare l'aumento del titolo alcolometrico volumico naturale delle uve fresche, del mosto di uve, del mosto di uve parzialmente fermentato, del vino nuovo in fermentazione. Al paragrafo 2 del medesimo punto sono regolati i limiti del suddetto incremento in relazione alla classificazione in tre categorie delle zone viticole, riportate nell'Allegato XI ter;
   dall'Allegato XI ter del Regolamento n. 1234/2007 si evince che le regioni italiane rientrano nelle zone viticole CI, GII e CHI per le quali l'allegato XV bis dispone un aumento massimo del grado alcolometrico di 1,5 per cento vol;
   l'articolo 9 della Legge 20 febbraio 2006, n. 82, dà facoltà alle regioni e le province autonome di autorizzare annualmente, con proprio provvedimento, l'aumento del titolo alcolometrico volumico naturale dei prodotti destinati a diventare vini da tavola con o senza indicazione geografica, dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD), nonché delle partite per l'elaborazione dei vini spumanti, dei vini spumanti di qualità (VSQ) e dei vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate (VSQPRD);
   il decreto ministeriale 8 agosto 2008 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali recante disposizioni di attuazione del Regolamento europeo 479/2008 e (CE) n. 555/2008, prevede che le regioni e le province autonome autorizzino l'arricchimento dei prodotti della vendemmia previo accertamento della sussistenza delle condizioni climatiche che ne giustifichino il ricorso;
   l'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 12 febbraio 1965 vieta lo zuccheraggio dei prodotti vinicoli considerando questa pratica al pari di una sofisticazione consentendo ai produttori italiani l'utilizzo di mosti d'uva concentrati (MCR). Differentemente in altri Paesi dell'eurozona, come Germania e Francia, l'utilizzo dello zucchero per l'arricchimento del vino è una pratica consentita;
   con il documento PAC del 2000 si è assoggettato il mosto d'uva concentrato a sovvenzioni europee, aiuto mantenuto solo fino al 2012 dando così luogo a una concorrenza sleale tra i Paesi europei produttori di vino essendo il MCR molto più costoso dello zucchero;
   i mesi di luglio e agosto sono stati caratterizzati da abbondanti precipitazioni che hanno compromesso gravemente le produzioni vinicole, tali da rendere necessario un arricchimento del vino. I produttori del Nord Italia lamentano che un innalzamento del titolo alcolometrico di 1,5 per cento voi è insufficiente a produrre un vino adeguato alle richieste di mercato, ritenendo più opportuno un incremento del limite massimo al 3,0 per cento, al pari di quello previsto per la zona agricola A, in virtù del fatto che il clima eccezionale di questi mesi poco si discosta da un clima di tipo continentale tedesco;
   un'ulteriore difficoltà che incontrano i produttori sta nel reperimento del mosto d'uva concentrato, unica soluzione consentita dalla legge italiana. Ciò è causa di forti preoccupazioni in quanto l'arricchimento è un'operazione da effettuarsi nei dieci giorni dalla vendemmia, oramai prossima, durante la fermentazione –:
   quali iniziative intenda adottare nel brevissimo termine per innalzare almeno a 3,0 per cento il limite massimo d'incremento del titolo alcolometrico, fissato a 1,5 per cento vol dal Regolamento comunitario (CE) n. 1234/2007, viste le eccezionali condizioni climatiche che hanno interessato la nostra nazione;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative di competenza per derogare quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 12 febbraio 1965, consentendo l'impiego di zucchero per l'arricchimento del vino, al pari di Germania e Francia, essendo una materia prima ampiamente disponibile sul mercato e nettamente più economica al MCR.
(4-05924)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Calabria, oramai da qualche mese, si registra una recrudescenza della malattia infettiva dei ruminanti trasmessa da insetti ematofagi, del genere culicoides, nota come «lingua blu». L'agente eziologico è un virus, del quale si conoscono 24 sierotipi. Attualmente in Italia la malattia è presente con i sierotipi 1, 2, 4, 8, 9 e 16, responsabile di diverse epidemia a partire dal 2000;
   la loro patogenicità è variabile benché tutte le specie dei ruminanti siano recettive, la malattia si manifesta in forma grave negli ovini con sintomi caratterizzati da febbre, infiammazione, congestione ed edema a carico della regione orale e oculare nonché emorragie ed ulcere a carico delle mucosa. In alcuni casi la lingua edematosa e cianotica protrude dalla bocca, da qui il nome di «lingua blu» dato alla malattia. I bovini infetti, a parte casi sporadici in cui è stata osservata una modesta sintomatologia, fungono da amplificatori del virus in quanto una volta infettati rimangono portatori sani e sono in grado di trasmettere tale virus agli insetti vettori per lunghi periodi di tempo. La prevalenza della malattia è influenzata dai fattori che regolano la presenza dei vettori sul territorio e pertanto il suo andamento è strettamente stagionale;
   la blue tongue (BT) risulta compresa fra le malattie della lista A dell'OIE (World organisation for animal health) per le quali l'Unione europea aveva previsto misure di lotta assai drastiche incentrate sull’ abbattimento e sulla distruzione di tutti gli animali infetti, sospetti, il che sarebbe equivalso alla distruzione di tutti i ruminanti allevati nelle aree colpite, in particolar modo nell'Italia centro-meridionale;
   la diffusione riguarda, con intensità diversa, tutte le province della Calabria con parecchie decine di allevamenti ovi-caprini e bovini colpiti e centinaia di capi morti, abbattuti o infetti. La lista delle aziende colpite aumenta di giorno in giorno e vani risultano i tentativi di arrestare il virus della malattia messi in campo in modo sporadico. La malattia, questa volta si è presentata nella forma del sierotipo BTV1, mentre, in tutte le province calabresi considerate zone di restrizione, erano già presenti i sierotipi BTV 2-4-9-16, come registrato nell'ultimo aggiornamento del Ministero della salute dipartimento della sanità pubblica veterinaria in data 22 maggio 2014;
   questa ulteriore emergenza che colpisce gli allevatori, non può essere considerata, in alcun modo, «sotto controllo» da parte del Servizio veterinario regionale che, invece, brilla per la totale assenza, in questa fase di diffusione rapida della malattia favorita dalla stagione calda. Difatti la «task force» istituita presso il dipartimento sanitario della regione non svolge una adeguata azione di contrasto alla diffusione della malattia, tant’è che non sono state emanate ai competenti servizi territoriali veterinari delle Asp direttive specifiche per affrontare il problema, così come, la stessa task force non svolge un efficace ruolo di coordinamento per assicurare efficacia agli interventi. Vi è da rilevare che solo qualche Asp ha proceduto autonomamente al necessario monitoraggio con le relative azioni di prevenzione e contrasto;
   la recrudescenza, con la quale il virus della blue tongue si diffonde, pone degli interrogativi ai quali i servizi veterinari regionali sono chiamati a dare urgenti risposte relativamente agli strumenti si è dato seguito nella regione al «Piano nazionale di sorveglianza» predisposto dal Ministero della salute all'indomani dell'epidemia di blue tongue che ha colpito l'Italia nel 2002, alla quantità di animali sui quali sono stati effettuati i controlli sierologici e virologici e come è stata individuata la rete di animali «sentinella»;
   andrebbe altresì chiarito se sono stati avviati e rispettati i controlli sugli animali previsti a cadenza mensile e/o quindicinale nei periodi stagionalmente liberi da vettori, se sono stati individuati gli insetti vettori da tenere sotto controllo e quale sorveglianza entomologica è stata attivata nelle zone ad alto rischio e a restrizione e se è stata effettuata la sorveglianza clinica per gli allevamenti ovi-caprini con infezione in atto e sono state effettuate le visite settimanali al fine di escludere la presenza di sintomi riferibili alla blue tongue;
   la diffusione rapida della malattia per come si sta registrando in gran parte del territorio regionale è la dimostrazione della superficialità, delle inadempienze e del lassismo con cui la sanità calabrese ha inteso affrontare il problema blue tongue nella regione. Ancora una volta, questa emergenza, al pari di altre che riguardano la zootecnia calabrese, è la conseguenza di attività di prevenzione trascurate e ritenute inutili. Pertanto oggi si registrano danni enormi che, sicuramente, l'attivazione di una rete di prevenzione adeguata avrebbe consentito di limitare notevolmente. L'avvio di tale rete non sarebbe stata una impresa titanica, in una regione come la Calabria, dove lo stesso servizio veterinario regionale dispone di centinaia di medici veterinari da impegnare in servizi di routine e straordinari;
   gli allevatori attraverso la diffusione della blue tongue dovranno fare i conti con i danni economici conseguenti che, sicuramente, per molte aziende rappresenteranno il «colpo finale» alla possibilità di continuare nell'attività zootecnica, questo è un costo che gli allevatori non possono pagare, perché, non hanno alcuna responsabilità per la diffusione di un virus che è diretta conseguenza delle modificazioni ambientali e climatiche che interessano anche la Calabria;
   le misure di controllo, in ottemperanza alla legislazione vigente, prevedono restrizioni notevoli: l'area sede delle aziende riscontrate positive viene dichiarata area infetta per un raggio di 20 chilometri, all'interno della stessa è vietata la movimentazione degli animali sia in entrata che in uscita. Per un raggio di 100 chilometri, attorno alle aziende colpite si deve realizzare un'area di protezione ed una di sorveglianza di raggio 50 chilometri attorno alla zona protetta. In tali aree, il servizio sanitario è tenuto ad individuare le strutture di macellazione immediata e ad attuare un piano vaccinale per la lotta all'infezione e la sicurezza degli scambi commerciali degli animali vivi;
   le misure di salvaguardia, ad alcuni mesi dai primi casi rilevati, sono ancora in alto mare. Infatti, da parte della task force non sono stati predisposti le verifiche per, eventualmente, identificare le condizioni che consentono le deroghe alla movimentazione delle specie sensibili come, peraltro, la normativa prevede;
   il diffondersi del virus, in assenza di contrasto e senza l'adozione di un piano vaccinale controllato continua a provocare la morte di un numero altissimo di capi ovi-caprini nonché la diffusione della bleu tongue negli allevamenti di bovini. Da settimane, la diffusione della malattia indurrebbe alla adozione di contromisure che non possono essere quelle già previste dalle vecchie ordinanze con interventi su focolai sporadici. La paura che serpeggia tra gli allevatori è dovuta alla consapevolezza che in centinaia di allevamenti bisognerà procedere all'abbattimento totale dei capi con conseguenze economiche pesantissime, ciò porterà al conseguente mancato reddito e presumibilmente al completo abbandono delle attività. A fronte di tali rischi risulta di estrema gravità la totale assenza di ogni forma di coordinamento delle attività di contrasto da parte della task force regionale che ancora non è riuscita nemmeno a quantizzare il fenomeno;
   se non si avranno dati precisi in tempi brevi non si potranno quantizzare i danni che gli allevatori stanno subendo e non si potrà dare indicazioni sul fabbisogno finanziario da predisporre per i risarcimenti a sostegno delle aziende colpite sia per gli abbattimenti che per il mancato reddito oltre l'impossibilità di movimentare gli animali da commercializzare –:
   se il Ministro interrogato, in virtù del commissariamento del servizio sanitario regionale delle Calabria, abbia attivato o vigilato sulle unità di crisi per le emergenze sanitarie;
   se al Ministro interrogato risulti che siano state predisposte delle verifiche per modulare e rimodulare le aree infette e le zone di protezione e sorveglianza, allo scopo di evitare il blocco delle movimentazioni specialmente nelle aree a intensa attività e vocazione zootecnica, garantendo così la salvaguardia del patrimonio zootecnico;
   se il Governo stia predisponendo un piano d'interventi tempestivi per quantizzare i danni che gli allevatori stanno subendo. (5-03494)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i prodotti Made in Italy vengono indicati ormai da tempo come una delle risorse strategiche per rilanciare l'economia del nostro Paese;
   il nostro sistema produttivo, eccezion fatta per pochi grandi gruppi industriali, è principalmente costituito da piccole e medie imprese, soprattutto nel settore manifatturiero;
   la rilevante contrazione della domanda interna ha spinto moltissime delle nostre imprese manifatturiere – che come detto sono sovente di piccole o medie dimensioni – ad intraprendere la via dell'internazionalizzazione;
   diverse le insidie incontrate dalla nostra classe imprenditoriale nell'affacciarsi su mercati esteri: in primis l'instabilità nelle relazioni con alcuni Paesi che rappresentano mercati primari per l'esportazione, a causa delle complessità dell'attuale quadro geopolitico. In secondo luogo l'aggressiva attività di contraffazione di molti dei nostri prodotti, soprattutto in aree come il Far East;
   negli ultimi anni il Parlamento italiano ha sviluppato una intensa attività normativa in relazione alla tutela del Made in Italy, in particolare la legge n. 99 del 2009, meglio nota come «legge sviluppo» che ha introdotto importanti requisiti per la tutela della proprietà industriale e del Made in Italy, riformulando alcuni articoli del codice penale; il decreto n. 166 del 2009, che prevede l'uso della dicitura «interamente realizzato in Italia» o «100 per cento Made in Italy» solamente per quei prodotti per i quali il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano; la legge n. 55 del 2010, che ha introdotto disposizioni in materia di commercializzazione di prodotti tessili, di pelletteria e di calzature; la legge n. 8 del 2013 ha dettato le nuove regole per la definizione, la lavorazione e la commercializzazione dei prodotti di cuoio, pelle e pelliccia, e prevede che, per i prodotti ottenuti da lavorazioni in Paesi esteri che comunque utilizzano la dicitura italiana dei termini «cuoio», «pelle» e «pelliccia», l'etichetta debba indicare lo Stato di provenienza; la legge n. 4 del 2011, che individua nell'indicazione in etichetta del luogo di origine del prodotto lo strumento idoneo ad informare correttamente il consumatore;
   nonostante tale attività legislativa, permangono diverse criticità nel raccordo tra le norme di diritto interno e quelle di diritto comunitario;
   il 13 febbraio 2013 la Commissione europea ha presentato due proposte di regolamento sulla sicurezza dei prodotti. La prima proposta riguarda la sicurezza dei prodotti di consumo ottenuti, sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea, mediante un processo di fabbricazione e prevede norme volte ad assicurare la tracciabilità mediante l'obbligatorietà dell'indicazione dell'origine. La seconda proposta riguarda la sorveglianza del mercato dei prodotti e punta ad un maggiore ed efficace coordinamento tra le autorità di sorveglianza;
   il Parlamento europeo, in data 15 aprile 2014, ha approvato le norme per rendere obbligatorie le etichette «Made in» sui prodotti non alimentari venduti sul mercato comunitario;
   tuttavia, come riporta l'autorevole quotidiano economico Il Sole 24 Ore – in un articolo del 5 agosto 2014, a firma della giornalista Laura Cavestri – «alcuni Paesi tradizionalmente contrari al “Made in” (tra questi vi sono Germania, Regno Unito e un pool di Stati nordici e scandinavi) avrebbero presentato alla Commissione Ue (precisamente alla Direzione generale Industria) una richiesta di valutazione di impatto su costi e benefici che deriverebbero dall'imposizione su tutti i prodotti europei di un'etichetta che ne identifica origine e provenienza», richiesta che dovrebbe avere l'effetto di un ulteriore slittamento della direttiva, ed in ogni caso oltre il semestre di Presidenza italiano della Ue;
   il 7 luglio 2014, la Camera dei deputati ha discusso ed approvato alcune mozioni relative ad «iniziative per la tutela del Made in Italy», tra le quali la mozione Fratoianni ed altri n. 1-00525, che impegnava il Governo ad adottare con urgenza una serie di provvedimenti volti ad aumentare gli strumenti di tutela e promozione del Made in Italy –:
   quali atti di propria competenza intenda adottare il Ministro interrogato, anche presso le competenti sedi europee, per potenziare i sistemi di vigilanza e di repressione dei fenomeni di contraffazione;
   quali iniziative intende promuovere, nel contesto della Presidenza italiana dell'Unione europea, per far approvare in via definitiva le disposizioni del regolamento del «Made in» già approvate dal Parlamento europeo in data 15 aprile 2014.
(5-03495)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Franco Bordo n. 3-01001 del 7 agosto 2014.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Sereni e altri n. 1-00582 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 283 del 4 settembre 2014. Alla pagina 16114, prima colonna, dalla riga decima alla riga undicesima deve leggersi: «(1-00582) «Sereni, Speranza, Epifani, Damiano, Benamati, Gnecchi,» e non: «(1-00582) «Sereni, Speranza, Epifani, Damiano, Benamati, Nicchi,» come stampato.