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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 7 agosto 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nel mercato legale dei giochi, ed in particolar modo, con il sistema di gioco delle «videolottery» (VLT – video – lottery terminal), il legislatore e le autorità di controllo hanno l'onere di porre la massima attenzione in quanto il riciclaggio del denaro e l'evasione potrebbero essere commessi con non molte difficoltà sia da parte della grande criminalità che da persone comuni;
    con l'interrogazione a risposta immediata n. 5-02588, presentata in Commissione finanze, si è evidenziato che i sistemi di controllo, seppur efficaci, non escludono totalmente ogni possibile tentativo di riciclaggio di denaro, infatti nella medesima interrogazione si rileva che il ticket emesso nei sistemi di gioco VLT indichi esclusivamente la somma algebrica di tutti gli inserimenti di denaro e delle vincite, detratti gli importi scommessi, senza dare un'esatta conoscenza della circostanza che vi siano state o meno vincite e del relativo importo;
    la conoscenza della circostanza che, durante una «sessione di gioco», vi siano state o meno vincite e dell'importo delle medesime può essere data solo attraverso puntuali interrogazioni sul sistema di gioco, e questo non sembrerebbe escludere ogni possibile tentativo di riciclaggio di denaro;
    il sottosegretario onorevole Enrico Zanetti, in sede di risposta alla suddetta interrogazione, ha evidenziato che:
   «(...) l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha agito su vari fronti:
    1. un apposito gruppo di lavoro ha analizzato possibili miglioramenti da apportare alle attuali regole tecniche, ipotizzando anche alcuni accorgimenti da realizzare direttamente sui ticket: su tutti la possibilità di riportare sul ticket il dato cumulato dell'importo introdotto, dell'importo scommesso e dell'importo vinto, nonché la possibilità di identificare direttamente le giocate ascrivibili ad un giocatore. Come tutte le modifiche di sistemi di gioco non si può sottacere il gravoso impatto e la necessità di implementazione dei sistemi di gioco;
    2. è stata definita ed è in via di implementazione una metodologia di analisi che, sulla base delle elaborazioni delle informazioni, presenti nelle banche dati (informazioni dettagliate a livello di sistema di gioco, di singola sala e di singolo apparecchio videoterminale) ha già evidenziato, al termine di specifici accertamenti, compiuti di recente, comportamenti anomali da segnalare agli organi di polizia;
    3. sono in corso di intensificazione appositi controlli sia sulle sale sia direttamente sui sistemi di gioco presso la sede dei concessionari;
    4. l'Agenzia sta collaborando attivamente con le strutture competenti in materia (Dipartimento del tesoro, Guardia di finanza, UIF, con il supporto anche di esperti del Ministero della giustizia) al fine di fornire una analisi di rischio specifica sul fenomeno del riciclaggio in tutte le attività di gioco – secondo le direttive emanate dalla struttura comunitaria competente – GAFI – nonché per l'applicazione della emananda quarta direttiva in materia.»;
    l'articolo 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23, recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, ha già delegato il Governo al riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici. In particolare, tra i principi e criteri direttivi da seguire, la lettera ee) del detto articolo 14, prevede l'introduzione di maggiori forme di controllo, anche per via telematica, nel rispetto del diritto alla riservatezza e tenendo conto di adeguate soglie, sul rapporto tra giocate, identità del giocatore e vincite,

impegna il Governo:

   ad assumere, in linea con i principi e criteri direttivi fissati nella legge delega sopra richiamata, ogni iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di rendere obbligatoria:
    a) l'indicazione analitica sul ticket dell'importo introdotto, dell'importo scommesso e dell'importo vinto nonché dell'importo residuo restituito in caso di perdita o interruzione della fase di gioco;
    b) l'identificazione delle giocate ascrivibili ad un giocatore con l'indicazione sul ticket dei relativi dati anagrafici o del codice fiscale.
(1-00570) «Spadoni, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sibilia, Sorial, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia, nell'ambito del semestre europeo di Presidenza dell'Unione europea, ha il dovere morale di proporre impegni precisi e concreti al fine di tutelare i diritti degli animali in Europa;
    il nostro Paese deve promuovere in Europa il riconoscimento degli animali come «esseri senzienti» e meritevoli di protezione, maggiore tutela di cani e gatti, il divieto d'importazione di animali esotici, l'approvazione di una legislazione che renda l'Unione europea libera da spettacoli ludici con l'uso di animali, sostenendo la corretta applicazione della direttiva del 1999 sulla protezione degli animali;
    con l'entrata in vigore del nuovo Trattato di Lisbona alcuni importanti miglioramenti sono stati raggiunti, tuttavia restano insufficienti. Di conseguenza, è necessario incentivare a livello europeo lo sviluppo di programmi in grado di garantire la tutela e il benessere degli animali;
    il piano d'azione 2014-2020 traccia i principali elementi dell'intervento europeo in questo settore, sia all'interno dell'Unione europea, sia oltre le sue frontiere. Nell'ultimo decennio si è vista una costante crescita nei cittadini a difesa della tutela degli animali. Infatti, l'82 per cento dei cittadini europei afferma di essere d'accordo sul fatto che sia un dovere proteggere i diritti degli animali, qualunque siano i costi connessi;
    la normativa comunitaria stabilisce i requisiti minimi volti a preservare gli animali da qualsiasi sofferenza inutile durante le seguenti fasi principali: l'allevamento, il trasporto, l'abbattimento, la sperimentazione animale e il commercio di pellicce;
    il settore della ricerca deve investire sempre di più nell'utilizzo e nello sviluppo di nuovi metodi innovativi senza uso di animali, che permettono risultati rapidi e direttamente rilevanti sull'uomo;
    è fondamentale sostenere provvedimenti contro il traffico di cuccioli di cane d'importazione e i fenomeni illegali su animali da compagnia;
    l'Unione europea deve promuovere la corretta applicazione della direttiva 1999/22/CE sulla protezione degli animali negli zoo e sostenere il suo controllo, al fine di eliminare lo sfruttamento commerciale degli animali esotici in cattività e di garantire che tutti gli animali selvatici detenuti in cattività o utilizzati a fini di spettacolo siano inclusi nella legge quadro europea sul benessere animale;
    occorre valutare soluzioni alternative alla concessione della deroga in materia di caccia e, nella fattispecie, con le reti e l'utilizzo dei richiami vivi;
    è necessario considerare l'annullamento dei metodi non conformi agli accordi internazionali per le catture «senza crudeltà» siglati con Canada, Russia, Usa (Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea: legge 42 del 14 febbraio 1998; legge 219 del 7 agosto 1998), così come previsto dal regolamento (CEE) 3254/91;
    è opportuno estendere il divieto d'importazione e commercializzazione a tutte le specie animali «invasive aliene» e i metodi di contenimento, prevedendo unicamente misure incruente, rispettose della vita e della sofferenza dei soggetti interessati;
    l'Italia deve farsi parte attiva per una vera legge europea per la tutela degli animali da compagnia. Alcuni Stati membri uccidono indiscriminatamente gli animali randagi e al tempo stesso Stati membri alimentano commerci illegali di centinaia di migliaia di cuccioli con tassi di mortalità altissimi e rischi sanitari, operando veri e propri maltrattamenti;
    occorre tenere in considerazione la risoluzione del Parlamento europeo del 16 ottobre 2012 a seguito della petizione sottoscritta nel 2012 da oltre un milione di cittadini dell'Unione europea, che chiede l'introduzione di un limite massimo di 8 ore per la durata del trasporto di animali destinati al consumo alimentare, con applicazioni di misure e controlli più restrittivi al fine di tutelare il benessere degli animali utilizzati a scopi commerciali,

impegna il Governo:

   a sostenere prioritariamente, con iniziative anche di carattere normativo, l'uso di metodi validati alternativi ai metodi che utilizzano gli animali per le sperimentazioni, estendendo il divieto di test ai prodotti per la detergenza della casa, come già avviene per i test dei prodotti cosmetici in base alla normativa europea entrata in vigore l'11 marzo 2013;
   a promuovere provvedimenti seri contro il traffico illegale di cuccioli d'importazione dai Paesi dell'Est Europa, che rafforzino l'Ufficio veterinario della Commissione europea al fine di garantire un ruolo di controllo e stimolo agli Stati membri;
   ad assumere iniziative per espandere l'identificazione dei cani tramite microchip e registrazione obbligatoria negli Stati membri collegata a un sistema di tracciabilità europea per prevenire l'abbandono;
   considerata la peculiarità di «Rete Natura 2000» e preso atto dell'importanza che questa riveste nell'ottica della tutela dell'ambiente in tutta l'Unione europea, ad assumere iniziative affinché si dichiari illegittima la cattura con le reti per i richiami vivi;
   a sostenere politiche di armonizzazione del mercato interno, assumendo iniziative a livello comunitario per estendere il divieto di allevamento di animali per la principale finalità di ottenere pellicce;
   a garantire il divieto di importazione di animali esotici a fini di cattività e di detenzione ad uso personale (compagnia) per prevenire la sottrazione di questi animali alle loro comunità originali nei luoghi nativi e per dare un taglio netto alla cattività a scopo commerciale, prevenendo fenomeni di abbandono di animali esotici;
   a sostenere l'emanazione di norme che prevedano standard obbligatori minimi di benessere che si applichino alle specie oggi prive di specifiche norme di tutela come mucche, conigli, tacchini e altri;
   a promuovere l'estensione in tutta Europa del divieto d'ingozzamento di anatre e oche già vigente in Italia;
   ad assumere iniziative al fine di dar prontamente seguito alla risoluzione del Parlamento europeo del 16 ottobre 2012 in materia di trasporto di animali da macello.
(1-00571) «Vezzali, Rabino, Molea, Librandi, Matarrese, D'Agostino, La Marca, Cimbro, Rubinato, Paolo Rossi, Carlo Galli, Rampi, Albanella, Pastorino, Schirò, Carloni, Tacconi, Ciracì, Fitzgerald Nissoli, Santerini».


   La Camera,
   premesso che:
    le minacce all'uguaglianza di genere, alla parità di trattamento in campo lavorativo, alla riduzione della povertà, al raggiungimento dell'istruzione e al miglioramento della salute delle donne – in poche parole, a tutti gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio – sono estremamente serie. A seguito della crisi, la qualità della vita delle donne in Italia si sta deteriorando notevolmente, obbligandole ad una retrocessione in tutti i campi e gli ambiti sociali. Ma la difficile situazione finanziaria ed economica sia nazionale che internazionale non può essere una scusante per non applicare anche nel nostro Paese una reale parità di genere e un possibile modello di convivenza globale secondo i dettami ed i principi emersi ormai quasi vent'anni fa nel Forum e nella IV Conferenza ONU sulle donne di Pechino del 1995;
    anche gli abusi e la violenza nei confronti delle donne aumentano in tempo di crisi. Dal 1o agosto 2014, proprio durante il semestre europeo presieduto dall'Italia, entra in vigore la Convenzione del Consiglio Europeo per la prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenta domestica, meglio nota come Convenzione di Istanbul, la prima dedicata agli abusi e ai maltrattamenti domestici contro la popolazione femminile che specifica uno standard sulla prevenzione, la protezione e i servizi dedicati alle vittime. Gli stati che la ratificano, tra i quali anche il nostro Paese che ha provveduto nel giugno del 2013, sono vincolati a mettere in atto servizi e politiche volti all'eradicazione del fenomeno;
    nonostante questo, l'Italia non si è ancora dotata del fondamentale interlocutore istituzionale qual è il Ministro per le pari opportunità;
    nel 2011, sotto il Governo Monti, la delega per le pari opportunità è stata conferita fino all'aprile 2013 a Elsa Fornero, Ministro del lavoro e delle politiche sociali, manifestando una scarsa e poco approfondita conoscenza delle diverse tematiche, delicate e complesse e non solo attinenti al mondo del lavoro ma ai rapporti e alle politiche di parità;
    dal 28 aprile 2013 al 24 giugno 2013 Josefa Idem è stata Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili nel Governo Letta. Il Ministro in tal modo ricopriva più incarichi, quali sport e politiche giovanili. Con le sue dimissioni, due mesi dopo il conferimento del mandato, la guida del dipartimento per le pari opportunità è stata affidata a Maria Cecilia Guerra, già Viceministro del lavoro. Come noto, il Viceministro esercita una delega ma non partecipa al Consiglio dei Ministri: ciò è stato ancora una volta chiaro indice di un secondario interesse del Governo pro tempore sulle questioni relative alle donne, mentre veniva perpetrata la frammentazione e quindi il mancato coordinamento delle politiche di genere dando mandato ad altri ministeri di occuparsi in maniera isolata di alcuni aspetti, come accaduto per la gestione di questioni relative alle politiche per la prevenzione e il contrasto alla violenza nel caso del Ministero dell'interno per la formulazione del decreto-legge poi convertito dalla legge n. 119 del 2013 sul cosiddetto «femminicidio»;
    l'attuale Governo in carica dal 22 febbraio 2014, non ha nominato un Ministro delle pari opportunità e le deleghe sono rimaste nelle mani del Presidente del Consiglio. Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali dell'8 maggio 2014 (decreto ministeriale 11814/2014) all'articolo 1 lettera c) attribuisce al Sottosegretario di Stato onorevole Bellanova «le funzioni di indirizzo politico-amministrativo concernenti le competenze istituzionali relative alle Direzioni generali per le politiche dei servizi per il lavoro, ivi comprese le attività di promozione delle pari opportunità»: considerata la situazione più volte segnalata che riguarda la componente femminile del mercato del lavoro delle donne italiane si potrebbe anche apprezzare lo sforzo, ma risulta chiaro a tutti che le stringate deleghe attribuite coprono solo in minima parte, ed in particolare solo sul versante lavorativo e comunque non in modo esaustivo, le problematiche, le criticità ed in generale le questioni attinenti la condizione delle pari opportunità, senza dunque creare realmente un interlocutore istituzionale valido, sotto ogni sfaccettatura, ad affrontare la condizione di genere in cui versa il nostro Paese;
    non è sufficiente nominare una squadra di Governo per metà «al femminile» per risolvere le questioni di genere in Italia: l'attuale Governo non ha mai ritenuto opportuno effettuare una nuova nomina che prenda in carico un dipartimento che, non avendo alcun indirizzo politico ed istituzionale dedicato, si limita a portare avanti l'ordinaria gestione amministrativa;
    presso il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri operano infatti diversi organismi collegiali e diverse segreterie tecniche che, senza un indirizzo politico, sono in una situazione di stallo. Si ricorda ad esempio la commissione per le pari opportunità tra uomo e donna: la Commissione si è riunita per l'ultima volta il 12 luglio 2011 e non è stata mai più riconvocata. Restano senza convocazione e in alcuni casi senza nemmeno rinnovo, la Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 102; la Commissione per la prevenzione e il contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile; l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile;
    senza alcuni indirizzo politico si trova anche l'UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), nonostante l'importante funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l'effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, anche in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse discriminazioni possono avere su donne e uomini, nonché dell'esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2003;
    i lavori avviati dalla «Task Force interministeriale contro la violenza» istituita dal Governo del Premier, Enrico Letta non sono mai stati completati né mai ripresi dall'attuale Governo. Mancando l'autorità politica per convocare i gruppi di lavoro, si attende con urgenza un indirizzo sulla predisposizione del Nuovo piano nazionale antiviolenza la cui prima e ultima stesura risale al febbraio 2011. A tal fine si ricorda che, secondo i dettami dell'articolo 10 della Convenzione di Istanbul, lo Stato ratificante è tenuto a l'istituzione o almeno la designazione di uno o più organismi ufficiali responsabili del coordinamento, dell'attuazione, del monitoraggio e della valutazione delle politiche e delle misure destinate a prevenire e contrastare ogni forma di violenza oggetto della Convenzione, con il compito di coordinare la raccolta dei dati statistici disaggregati pertinenti su questioni relative a qualsiasi forma di violenza al fine di studiarne le cause profonde e gli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne, come pure l'efficacia delle misure adottate ai fini dell'applicazione della Convenzione;
    l'articolo 5 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, demanda al Ministro delegato per le pari opportunità il compito di elaborare un piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in sinergia con la nuova programmazione dell'Unione europea per il periodo 2014-2020 e prevede, inoltre, un finanziamento di 17 milioni di euro per la realizzazione di azioni a sostegno delle donne vittime di violenza. Tralasciando il dato per cui il carattere straordinario del piano non è coerente con la natura strutturale della questione delle violenze, si registra che, nell'attesa di un interlocutore istituzionale, sono numerosissimi i centri antiviolenza, specialmente di natura indipendente, che chiedono spiegazioni senza ottenere risposta in merito alle modalità, ai criteri di mappatura, alla definizione dei requisiti e standard minimi per la gestione dei centri e per la distribuzione dei fondi, nella paura che di fatto si tratti di finanziamenti «a pioggia» aperti anche a soggetti che non hanno maturato alcuna esperienza specifica sul fenomeno;
    senza un adeguato controllo politico e senza un adeguato coordinamento, si rischia non solo lo stallo sulle politiche di pari opportunità, ma si sfiora la possibilità di incorrere in pericolosi passi indietro, come recentemente accaduto nel decreto-legge n. 92 del 2014 recante «disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile» (A.C. 2496), ove solo grazie alla tempestiva attività emendativa di alcuni parlamentari si è statuito che rimangano esclusi i delitti di maltrattamenti in famiglia (572 codice penale) e di stalking (612-bis codice penale) dalla nuova normativa (articolo 275, comma 2-bis, del codice di procedura penale), la quale dispone che non si possa applicare la misura cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena o se la pena detentiva da eseguire non sia superiore a tre anni di reclusione;
    altro esempio di totale mancanza di coordinamento è stato inoltre quello, relativo alla possibilità, fornita dall'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 92 del 2012, per il triennio 2013-2015 per le madri lavoratrici di richiedere un contributo di 300 euro mensili per l'acquisto di voucher e per i servizi di babysitting e asilo nido pubblici o privati, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale. La legge istitutiva della misura aveva garantito 20 milioni di euro a copertura dell'operazione per il triennio sopra indicato che, secondo la relazione tecnica, avrebbe dovuto soddisfare per l'anno 2013 la domanda di 11.111 beneficiari. Tuttavia, all'avvio della misura il contributo ha riscosso pochissimo successo, come testimoniano le poche richieste pervenute: a fronte di potenziali 11.111 beneficiari, solo 3.762 lavoratrici, secondo dati INPS, sono state ammesse al beneficio, mentre dal punto di vista delle strutture accreditate per il servizio, meno di un terzo degli asili pubblici o privati nazionali si sono convenzionati con lo Stato. Tra le principali cause si deve sicuramente annoverare la scarsa pubblicizzazione dell'iniziativa lasciata soltanto a comunicati stampa, senza un'adeguata promozione sui luoghi di lavoro e senza coinvolgimento di sindacati e associazioni datoriali e, dunque, in definitiva, una totale assenza di politiche di coordinamento che una istituzione dedicata avrebbe garantito;
    per continuare gli esempi di totale disattenzione del Governo sulle politiche di genere, si ricorda ancora che a fine maggio 2014, il dipartimento delle pari opportunità ha invitato le associazioni delle società civile impegnate sulle «questioni di genere» a dare un loro contributo alla relazione sull'Attuazione del programma d'azione sulle donne di Pechino (Rilevazione quinquennale: 2009-2014), così come richiesto dall'ONU, e in vista della presentazione che il Governo italiano dovrà tenere sul tema a Ginevra il prossimo novembre. Si è a tal fine riunita una rete di organizzazioni per la promozione dei diritti umani, associazioni delle donne, organizzazioni non governative, coordinamenti sindacali e singole esperte di genere, per la redazione del contributo da inviare al governo. A sorpresa, però, lo scorso giugno il Governo ha inviato autonomamente un proprio rapporto senza attendere ne avvisare le associazioni che stavano lavorando al contributo, di fatto escludendo la lettura della società civile sullo stato di applicazione delle politiche di pari opportunità attuate dal nostro Paese;
    senza alcun monitoraggio a livello politico-istituzionale, si segnala inoltre che con la cosiddetta legge di stabilità 2014 i compensi a carico dello Stato per i difensori sono stati ridotti di un terzo: anche questa riduzione, passata in silenzio, avrà ripercussioni su tutte le donne vittime di violenza sessuale, maltrattamenti e stalking che hanno diritto ad accedere al gratuito patrocinio, a prescindere dal reddito, e non sono stati ancora erogati i fondi destinati alla copertura integrale dell'attività difensiva prestata;
    persiste la carenza di una formazione sistematica e specializzata in materia di violenza contro le donne degli operatori nei diversi settori: dalla magistratura alle forze dell'ordine agli operatori sanitari. In questa maniera non si favorisce un cambiamento culturale verso di stereotipi di genere e i pregiudizi che sminuiscono e giustificano le violenze e non si favorisce la diffusione di prassi a tutela delle vittime e a prevenzione della violenza;
    anche nell'ambito dell'istruzione scolastica e della formazione universitaria, persiste la carenza di una formazione sistematica e specializzata sulle questioni attinenti la parità di genere. Non si può eradicare la violenza se non si eradicano gli stereotipi di genere fin dai banchi di scuola. È necessario un atto forte d'indirizzo per promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola, un'adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo, una adeguata programmazione didattica curricolare ed extra-curricolare delle scuole di ogni ordine e grado atta a promuovere la sensibilizzazione, l'informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere: è un messaggio che non può che passare attraverso la scuola che, tra le istituzioni, è quella in cui, i giovani crescono, maturano e definiscono, attraverso il percorso educativo, il loro essere cittadini e membri della società civile;
    a tal fine, è necessario intervenire, nell'ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, per i licei e per gli istituti tecnici e professionali, con interventi che abbiano il fine preciso di educare le nuove generazioni al rispetto dell'altro, al rifiuto di ogni forma di violenza o discriminazione, al valore civico dell'inclusione sociale, ritenendo questa attività un sicuro investimento per il futuro, nel rispetto delle scelte educative delle famiglie. Così come avvenne con esperienze positive quali l'istituzione della «settimana nazionale contro le violenze nelle scuole» la cui prima edizione risale al protocollo d'intesa ministeriale siglato nel 2010, o come s'intervenne, nell'ambito delle Università, con i percorsi formativi tematici dedicati all'educazione all'affettività o alla partecipazione delle donne alla vita attiva del Paese, come avvenne con i percorsi didattici «Donne, politiche e istituzioni», per la promozione della cultura di genere e per le pari opportunità, dedicato ad una platea di giovani che avrebbero fatto tesoro, nel successivo passaggio al mondo del lavoro, dei valori culturali e sociali appresi nei percorsi universitari;
    sul versante della partecipazione femminile, l'ultimo grande passo risale alla riforma attuata nel 2003 con la modifica dell'articolo 51 della Costituzione per il riconoscimento delle pari opportunità per uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive nei pubblici uffici, passo storico con cui si è rafforzato il principio dell'uguaglianza sostanziale. Su tale scia, è avvenuta l'approvazione della legge n.120 del 2011, recante «Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati» ed il successivo regolamento;
    allo stato attuale, ci vorranno circa 30 anni per raggiungere l'obiettivo UE del 75 per cento di donne occupate, 70 anni affinché la parità retributiva diventi realtà e 20 anni per una pari rappresentanza nei parlamenti nazionali. È quanto emerge dalla Relazione annuale della Commissione europea sulle pari opportunità negli Stati membri, pubblicata ad aprile 2014;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta a promuovere e coordinare le azioni per assicurare l'attuazione delle politiche concernenti la materia dei diritti e delle pari opportunità di genere con riferimento ai temi della salute, della ricerca, della scuola e della formazione, dell'ambiente, della famiglia, del lavoro, delle cariche elettive e della rappresentanza di genere;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta, coordinata e seria azione di Governo volta a promuovere la cultura dei diritti e delle pari opportunità nel settore dell'informazione e della comunicazione, con particolare riferimento al diritto alla salute delle donne, alla prevenzione sanitaria, alla maternità ed alla procreazione assistita;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta a promuovere e coordinare i provvedimenti atti ad assicurare la piena attuazione delle politiche in materia di pari opportunità tra uomo e donna sul tema dell'imprenditoria e del lavoro, con particolare riferimento alle materie dei congedi parentali e della carriera, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta a promuovere e coordinare le azioni in tema di diritti umani delle donne e diritti delle persone, nonché volte a prevenire e rimuovere le discriminazioni per cause direttamente o indirettamente fondate, in particolare, sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta a promuovere e coordinare le politiche per la famiglia, le politiche governative per sostenere la conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta ad adottare le iniziative necessarie per la programmazione, l'indirizzo, il coordinamento ed il monitoraggio dei fondi strutturali europei in materia di pari opportunità, comprese la compartecipazione al gruppo di alto livello per il gender mainstreaming nei fondi strutturali dell'Unione europea e la partecipazione all'attività di integrazione delle pari opportunità nelle politiche comunitarie;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta a promuovere la verifica dell'impatto di genere in tutte le iniziative governative, nonché l'evidenziazione del genere nei dati di bilancio delle pubbliche amministrazioni, anche non statali, e in quelli attinenti alla ricerca e alle indagini statistiche;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta a coordinare, anche in sede internazionale, le politiche relative alla tutela dei diritti umani delle donne, con particolare riferimento agli obiettivi indicati nella piattaforma di azione adottata dalla IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, svoltasi a Pechino nel settembre del 1995, in relazione alla povertà femminile ed alla facilitazione del loro accesso ai circuiti economici-produttivi, all'istruzione, formazione e salute delle donne, alla lotta alla violenza contro le donne, anche in riferimento e in occasione di conflitti armati, all'accesso delle donne ai mezzi di informazione ed alla tutela dell'infanzia femminile in tutte le forme;
    manca un interlocutore istituzionale unico dedicato ad una concreta e seria azione di Governo volta a promuovere e coordinare le azioni in materia di sfruttamento e tratta delle persone, di violenza contro le donne, nonché di violazione dei diritti fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine, anche alla luce della ratifica e conseguente applicazione della Convenzione di Istanbul,

impegna il Governo

a sostenere e proporre nel più breve tempo possibile la nomina di un Ministro senza portafoglio cui affidare ampia delega relativa alle politiche delle pari opportunità.
(1-00572) «Centemero, Bergamini, Carfagna, Prestigiacomo, Brunetta, Calabria, Castiello, Giammanco, Petrenga, Polverini».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il trend che ogni anno porta fuori dal Paese un numero elevato di connazionali, in particolare giovani in possesso di titoli di studio elevati, ha causato nel tempo notevoli effetti negativi a livello sociale, economico, nonché sotto il profilo della competitività, della crescita e del progresso dell'Italia nel campo della ricerca: differentemente da quanto accade in altri Paesi europei, in particolare Francia, Gran Bretagna e Germania, dall'Italia fuoriescono il quadruplo di laureati, cui, purtroppo, non corrisponde un numero equivalente di rientri;
    la perdita di «capitale» umano così altamente qualificato, ricco di energie, idee ed intraprendenza assume un connotato ulteriormente negativo se si considera quanto costa al nostro Paese formare e laureare un giovane: si tratta di costi che l'OCSE stima in circa 100.000 euro per ciascun laureato, cifra record che si accompagna al dato, poc'anzi ricordato, altrettanto allarmante, relativo alla perdita per l'Italia del quadruplo di laureati rispetto agli altri partner europei;
    per contrastare il fenomeno del brain drain (noto in Italia come «fuga dei cervelli») – affrontato con successo in Paesi come Australia, Cina e India mediante speciali politiche pubbliche finalizzate ad attrarre risorse qualificate dall'estero e incentivare il rimpatrio degli emigrati nel proprio Paese di origine – è stata approvata la legge 30 dicembre 2010, n. 238, recante «Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia»;
    tale legge, la cui approvazione è avvenuta con largo consenso bipartisan, prevede la concessione di incentivi fiscali, sotto forma di minore imponibilità del reddito, in favore di quei giovani cittadini – che la suddetta normativa individua nei soggetti nati dopo il 1o gennaio 1969 in possesso di un titolo di laurea – i quali, dopo aver trascorso continuativamente un periodo di lavoro o di studio all'estero, decidano di fare rientro in Italia per essere assunti o avviare un'attività di impresa o di lavoro autonomo e trasferiscano il proprio domicilio, nonché la propria residenza, in Italia entro tre mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività;
    ai sensi della predetta legge n. 238 i redditi da lavoro dipendente, d'impresa e da lavoro autonomo percepiti dai soggetti destinatari del provvedimento concorrono alla formazione della base imponibile, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, in misura ridotta, secondo le seguenti percentuali: 20 per cento, per le lavoratrici, 30 per cento per i lavoratori; il provvedimento stabilisce inoltre che nei confronti dei soggetti in possesso dei requisiti prescritti, le regioni, nell'ambito delle loro disponibilità, possono riservare una quota degli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
    la legge, nonostante l’iter di approvazione tortuoso che l'ha contraddistinta, ha dimostrato comunque di funzionare: in base ai dati incrociati dell'Agenzia dell'Entrate e dell'Istat, infatti, solo nel 2011 ben il 12 per cento dei 31.000 cittadini complessivamente rientrati nell'anno considerato ha beneficiato della legge n. 238 del 2010 la quale, occorre ricordare, era stata approvata alla fine del 2010, mentre i decreti attuativi sono stati emanati il 7 giugno 2011;
    i benefici fiscali previsti dalla legge, spettanti dalla data di entrata in vigore della stessa, si applicheranno fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015;
    va tenuto conto delle comprovate ricadute positive per l'erario derivanti dal gettito fiscale prodotto dai redditi dei cittadini rientrati in Italia, nonché del notevole contributo in termini di know how ed esperienza che gli stessi apporteranno alle imprese, alla ricerca e, più in generale, alla ripresa economica,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per prorogare, migliorare e rendere permanenti le disposizioni della legge 30 dicembre 2010, n. 238, concernente incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia, valutando la possibilità di migliorare ulteriormente il trattamento fiscale di maggior favore previsto da tale legge anche in favore dei giovani ricercatori;
   ad assumere iniziative per rafforzare l'intensità della misura agevolativa, anche attraverso una riduzione della percentuale di imponibilità dei redditi prodotti dai soggetti fruitori della misura stessa, atteso che il rafforzamento del beneficio comporterà un vantaggio netto per l'Erario, in ragione dei maggiori redditi prodotti in Italia, che altrimenti non potrebbero essere assoggettati a tassazione nel nostro Paese;
    ad assumere iniziative per estendere l'ambito di applicazione dell'incentivo previsto dalla legge n. 238 del 2010 anche ad altre tipologie accademiche e professionali che possano fornire un apporto particolarmente qualificato per migliorare la capacità di ricerca, innovazione e sviluppo del Paese;
   ad agevolare il rientro dei ricercatori italiani e a favorire la loro mobilità tra ricerca pura e ricerca applicata, mediante l'adozione di iniziative, di natura tributaria, volte a garantire loro condizioni idonee allo sviluppo della ricerca scientifica in Italia.
(7-00452) «Pagano, Bernardo, Busin, Cancelleri, Laffranco, Maietta, Paglia, Sottanelli, Sanga, Sberna».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il quadro normativo applicabile alle concessioni demaniali marittime è caratterizzato da una forte incertezza e precarietà per gli operatori, determinata dalla successione di misure di natura transitorio e dal rinvio di un intervento di riassetto complessivo della disciplina vigente in senso conforme alla normativa europea;
    tale incertezza rischia di pregiudicare gravemente la qualità dell'offerta turistica balneare e di pregiudicare, pertanto, la competitività del turismo marittimo e costiero in Italia;
    la Commissione europea ritiene applicabile alle concessioni demaniali marittime la direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno, e ha pertanto chiesto a più riprese all'Italia di stabilire criteri e modalità per l'assegnazione delle concessioni secondo procedure di evidenza pubblica;
    nel 2009 la Commissione aveva avviato una procedura di infrazione (procedura di infrazione n. 2008/4908) contestando le norme nazionali e regionali che prevedevano preferenze in favore del concessionario uscente e il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, per le concessioni in scadenza. La procedura è stata risolta sopprimendo tali previsioni e demandando al Governo un complessivo riassetto della materia in coerenza con la normativa europea;
    il termine per il riordino complessivo della materia delle concessioni demaniali marittime è stato tuttavia più volte prorogato, da ultimo al 15 ottobre 2014 con il comma 732 dell'articolo unico della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), come modificato dall'articolo 12-bis del decreto-legge n. 66 del 2014;
    per effetto dell'articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012 e dell'articolo 1, comma 547, della legge n. 228 del 2012 è stata disposta la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;
    la Commissione non ha sinora contestato tale proroga, in attesa del riordino complesso della disciplina a livello nazionale;
    è pertanto necessario ed urgente definire entro il 15 ottobre 2014, evitando ulteriori proroghe, un nuovo quadro legislativo che, pur rispettando la direttiva servizi dell'Unione europea, riconosca le specificità delle imprese italiane e dei loro investimenti;
    a questo scopo occorre contestualmente concordare con la Commissione europea soluzioni compatibili con la direttiva 2006/1 23/CE,

impegna il Governo:

ad assumere, in vista del riordino della materia delle concessioni demaniali marittime da operare entro il 15 ottobre 2014, come previsto dall'articolo 12-bis del decreto-legge n. 66 del 2014, tutte le iniziative appropriate presso le competenti istituzioni dell'Unione europea al fine di verificare la coerenza con la direttiva 2006/123/CE di un quadro legislativo nazionale imperniato sui seguenti princìpi:
   a) introduzione di criteri certi e rigorosi per l'attribuzione delle concessioni che, pur prevedendo limiti di durata minimi e massimi, come chiesto dalla Commissione europea, valorizzino la capacità tecnica e professionalità acquisita dagli operatori del settore;
   b) esercitare una rigorosa vigilanza sui criteri di assegnazione che salvaguardino i criteri di difesa ambientale coniugata a politiche di incoraggiamento alle piccole e medie imprese;
   c) riconoscimento di un indennizzo, a carico del concessionario subentrante, in favore di quello uscente, in ragione dell'entità e dell'anzianità dell'investimento fatto.
(7-00455) «Gutgeld, Schirò, Tancredi, Gitti, Marazziti, Fauttilli».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    si intendono integralmente richiamate le interrogazioni a risposta scritta del 16 aprile 2014 (n. 4-04525, indirizzata al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) e del 7 luglio 2014 (n. 4-05402, indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) relative all'intervento ANAS SPA «SS 106 Jonica con la SS 534 (chilometri 365 +150) a Roseto Capo Spulico (chilometri 400 + 000) Megalotto 3»;
    la sconcertante vicenda della «evaporazione» delle risorse originariamente stanziate per l'infrastruttura, aveva costretto l'ANAS ad abbandonare le opere più costose (gallerie) mantenendo lo stesso tracciato ma in superficie, prefigurando un rischio alto di dissesto ambientale per l'Alto Jonio cosentino a causa del predetto intervento infrastrutturale;
    questa «evidenza contabile» è stata ammessa dalla parte pubblica (Ministero delle infrastrutture) nel corso della recente Conferenza dei servizi del 24 luglio scorso;
    nella stessa Conferenza, si è registrato un significativo passo avanti nella considerazione delle tematiche ambientali poste dai territori dei comuni maggiormente colpiti, per i quali è stato stabilito che l'infrastruttura sia realizzata integralmente mediante la tecnica delle gallerie artificiali ove, per l'innanzi, il progetto definitivo aveva disposto l'attraversamento in superficie per la maggior parte: tale risultato, è frutto di una mediazione che ha visto tutti i comuni impegnati in uno sforzo di sintesi, nel presupposto, indiscusso e indiscutibile, della importanza strategica dell'opera per il territorio;
    nel corso della Conferenza e sempre in riferimento ai territori più colpiti dall'intervento infrastrutturale, è stata prospettata la possibilità che siano reperite ulteriori risorse per la messa a punto di gallerie naturali già contemplate dall'originario progetto preliminare (ci si riferisce, in particolare, al tratto che va dal torrente Avena al torrente Straface, nel territorio di Amendolara);
    l'ulteriore acquisizione di risorse, non ingenti in rapporto al costo complessivo dell'opera e, soprattutto, in relazione al rilevante beneficio ambientale che ne deriverebbe per il territorio (si parla di 80/90 milioni di euro) sanerebbe in modo significativo il vulnus inferto al territorio per effetto del venir meno delle risorse originariamente previste nel progetto preliminare dell'opera,

impegna il Governo

a incrementare le risorse finanziarie previste per la realizzazione dell'opera infrastrutturale di cui in premessa, al fine di pervenire a modalità realizzative ottimali per la salvaguardia ambientale (gallerie naturali), conferendo operatività agli annunci di parte pubblica resi nelle sede tecniche competenti.
(7-00451) «Covello, Oliverio».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    i riferimenti normativi relativi alla disciplina della patente nautica sono contenuti: nella direttiva 94/25/CE del 16 giugno 1994, «direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri riguardanti le imbarcazioni da diporto»; nel decreto del Presidente 9 ottobre 1997, n. 431, «regolamento sulla disciplina delle patenti nautiche»; nella direttiva 2003/44/CE del 16 giugno 2003, «direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/25/CE sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri riguardanti le imbarcazioni da diporto» ed infine nel decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, «Codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE, a norma dell'articolo 6 della legge 8 luglio 2003, n. 172»;
   l'articolo 65 del codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, demanda ad un decreto ministeriale il compito di regolamentare, tra le altre cose, la disciplina relativa ai titoli abilitativi per il comando, la condotta e la direzione nautica delle unità da diporto, ivi compresa l'introduzione di nuovi criteri in materia di requisiti fisici per il conseguimento della patente nautica;
   il 22 settembre 2008 è stato pubblicato il decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146, contenente il regolamento di attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, di cui sopra;
   l'articolo 28 del regolamento di cui al decreto ministeriale in parola elenca le autorità competenti al rilascio delle diverse patenti nautiche. Nel dettaglio, l'articolo 28 riconosce alle capitanerie di porto il compito di rilasciare: le patenti nautiche che abilitano alla navigazione entro dodici miglia dalla costa; le patenti nautiche che abilitano alla navigazione senza alcun limite dalla costa e le patenti nautiche che abilitano al comando di navi da diporto. Lo stesso articolo riconosce invece agli uffici circondariali marittimi il compito di rilasciare esclusivamente le prime due tipologie di patenti, ad esclusione, quindi, della terza, ovvero di quelle che abilitano al comando di navi da diporto e agli uffici della motorizzazione civile delle direzioni generali territoriali del dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale il compito di rilasciare solamente la prima categoria, ovvero le patenti nautiche che abilitano alla navigazione entro dodici miglia dalla costa;
   l'articolo 29 del regolamento di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146, disciplina, invece, la composizione delle commissioni d'esame sancendo che: in caso di conseguimento della patente nautica che abilita alla navigazione entro dodici miglia dalla costa, suddetto esame venga conseguito dinanzi ad un esaminatore nominato dal capo del circondario marittimo; in caso di conseguimento della patente nautica che abilita alla navigazione senza alcun limite dalla costa, suddetto esame venga sostenuto dinanzi ad una commissione nominata dal capo del circondariato marittimo; infine, in caso di conseguimento di una patente valida per il comando delle navi da diporto, la commissione venga nominata dal capo del compartimento marittimo;
   le motorizzazioni, provvedendo già annualmente al rilascio di un elevato numero di patenti nautiche, risulterebbero tecnicamente pronte ad adempiere al ruolo di unico organo autorizzato a rilasciare suddette patenti;
   l'unificazione di cui sopra consentirebbe di inserire tutte le patenti nautiche nell'archivio delle patenti di guida già esistenti senza creare ulteriori banche dati che prevedrebbero costi molto significativi;
   la motorizzazione, poiché organizzata su base provinciale, è presente in maniera capillare su tutto il territorio nazionale riuscendo, dunque, a garantire un servizio uniforme e diffuso;
   modificare i criteri di composizione delle commissioni d'esame garantendo, presso la motorizzazione, la partecipazione esclusiva del capo del compartimento marittimo territorialmente competente e dunque del personale delle capitanerie, comporterebbe un aumento della trasparenza e dell'imparzialità nella finalizzazione dei procedimenti, oltre che una maggiore professionalizzazione ed elevazione degli standard qualitativi dell'esame ed un'omogeneità nelle valutazioni;
   l'obbligatorietà dell'identificativo SAR consentirebbe, al pari di quanto già avviene per i ciclomotori, di censire ed individuare natanti e relativi proprietari e permetterebbe alle capitanerie di porto, nelle delicate fasi di soccorso, di raccogliere informazioni preziose relative alla proprietà della barca,

impegna il Governo:

   a rivedere quanto contenuto nel regolamento di attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146, al fine di semplificare, accentrare, uniformare ed armonizzare le procedure di rilascio delle diverse tipologie di patenti nautiche, in particolare, attraverso:
    a) il riconoscimento in capo ai soli uffici della motorizzazione civile delle direzioni generali territoriali del dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale della potestà di rilasciare le patenti nautiche;
    b) l'armonizzazione dei criteri e delle modalità di composizione delle commissioni d'esame riconoscendo la potestà di nomina esclusivamente al capo del compartimento marittimo, la competenza al rilascio di tutte le tipologie di patenti nautiche alle commissioni nominate secondo i criteri contenuti nel comma 2 dell'articolo 29 del regolamento di cui in parola, prevedendo, quale naturale sede per lo svolgimento degli esami, gli uffici della motorizzazione civile delle direzioni generali territoriali del dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale;
    c) la modifica di quanto disposto all'articolo 49 del regolamento, rendendo obbligatoria l'assegnazione ai natanti da diporto del numero identificativo SAR.
(7-00453) «De Lorenzis, L'Abbate, Dell'Orco, Spessotto, Cristian Iannuzzi».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'inquinamento da nitrati delle acque è stato favorito anche dal ricorso a pratiche agricole intensive che si è tradotto in un maggiore utilizzo di concimi chimici e in una maggiore concentrazione di bestiame su distese di entità più ridotta;
    la direttiva nitrati n. 91/676/CEE si colloca nell'ambito di un progetto di risanamento globale dell'acqua di falda. Pertanto si pone l'obiettivo di proteggere la qualità delle acque dell'Unione europea nell'ottica del rispetto del territorio, ovvero di impedire che i nitrati di origine agricola inquinino le acque sotterranee e di superficie attraverso il ricorso alle buone pratiche;
    la direttiva dispone in capo agli Stati membri diversi obblighi: individuare le acque di superficie e sotterranee inquinate e quelle che potrebbero essere inquinate; designare come zone vulnerabili tutte le zone note del loro territorio che scaricano nelle acque di superficie e sotterranee interessate; fissare codici di buona pratica agricola, applicabili a discrezione degli agricoltori; elaborare programmi d'azione con obbligo di attuazione da parte di tutti gli agricoltori che operano nelle zone vulnerabili;
    in Italia, il recepimento della direttiva è stato attuato tramite il decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, a cui ha fatto seguito il decreto ministeriale 7 aprile 2006, recante criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento;
    il liquame e il letame nella maggioranza dei casi viene utilizzato dalle aziende quale concime. Tale materiale derivante dall'attività produttiva del mondo agricolo, quindi, presenta una natura complessa: è qualificabile sì come rifiuto, ma al contempo risulta essere un fertilizzante estremamente utile per l'agricoltura poiché contribuisce a mantenere livelli ottimali di sostanza organica del suolo e a diminuire l'utilizzo di concimi chimici;
    il decreto ministeriale 7 aprile 2006 prevede il divieto di spandimento degli effluenti zootecnici, delle acque reflue, dei concimi azotati e degli ammendamenti organici dal 1o novembre fino alla fine di febbraio;
    in particolare l'articolo 26 del suddetto decreto prevede i periodi minimi del divieto di spandimento, ovvero «a) 90 giorni per i concimi azotati e gli ammendanti organici di cui alla legge 748 del 1984, per i letami e i materiali ad essi assimilati ad eccezione delle deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65 per cento per le quali vale il periodo di divieto di 120 giorni. Per le aziende esistenti il divieto di 120 giorni si applica a decorrere dalla data di adeguamento dei contenitori di cui all'articolo 24, comma 2; b) per liquami e materiali ad essi assimilati e per le acque reflue, fatta salva la disposizione di cui al comma 5, il divieto ha la durata di: 90 giorni nei terreni con prati, cereali autunno-vernini, colture ortive, arboree con inerbimento permanente; 120 giorni nei terreni destinati ad altre colture»;
    poiché tale previsione comporta enormi difficoltà per gli imprenditori agricoli in merito allo stoccaggio di letame e liquame, va certamente valutata con favore l'opportunità di spezzare il periodo di fermo di 3-4 mesi in almeno due periodi all'anno, quando la capacità di assorbimento dell'azoto risulta ridotta se non azzerata, ovvero:
     a) in tarda estate, per la ridotta attività vegetativa in prossimità della fine del ciclo colturale;
     b) in pieno inverno, a causa delle basse temperature e quindi del rallentamento o arresto dell'attività vegetativa;
    tale prospettazione permetterebbe un'agevolazione nello stoccaggio dei liquami e conseguentemente l'armonizzazione della loro gestione con l'attività produttiva anche in presenza di prolungati periodi piovosi;
    in materia di limiti massimi di spandimento annuo di azoto di origine zootecnica, l'articolo 10 del decreto ministeriale 7 aprile 2006, in applicazione della direttiva n. 91/676/CEE, dispone che «nelle zone non vulnerabili da nitrati la quantità di azoto totale al campo apportato da effluenti di allevamento non deve superare il valore di 340 chilogrammi per ettaro e per anno, inteso come quantitativo medio aziendale». Per quanto attiene, invece, alle cosiddette zone vulnerabili (ovvero quelle aree in cui i test sull'acqua di falda riscontrano una percentuale di nitrati molto elevata), il limite medio annuo è di 170 chilogrammi;
    la direttiva «nitrati» prevede la possibilità di derogare, con decisione della Commissione, previo parere del comitato «nitrati», alla norma sull'applicazione di effluenti di allevamento contenenti un massimo di 170 chilogrammi d'azoto per ettaro all'anno, purché non sia compromesso il raggiungimento degli obiettivi della direttiva e la deroga sia giustificata da criteri obiettivi (stagioni di crescita prolungate, colture con grado elevato di assorbimento di azoto, grado elevato di precipitazioni nette o terreni ad alta capacita di denitrificazione, e altro);
    con la decisione di esecuzione della Commissione 2011/721/UE (Gazzetta ufficiale legge 287 del 4 novembre 2011), all'Italia e stata accordata la deroga per le regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, applicabile fino al 31 dicembre 2015. La concessione della deroga in questione ha alzato la soglia al limite di 250 chilogrammi d'azoto per ettaro all'anno nelle aree vulnerabili delle regioni considerate, imponendo però criteri assai rigidi finalizzati all'assorbimento dei nitrati da parte dei terreni come l'adozione di macchinari atti alla separazione del materiale solido da quello liquido, coltivazione di varietà a lungo ciclo vegetativo e la realizzazione di doppi raccolti;
    i parametri per l'accesso alla deroga sono risultati troppo rigidi e, pertanto, solo una minima percentuale di aziende agricole hanno aderito, in quanto risulta assai difficoltoso rispettare tutti i vincoli restrittivi imposti;
    sempre in tema di «zone cosiddette vulnerabili», in sede di conversione del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, all'articolo 36 è stato inserito il comma 7-ter finalizzato alla soluzione delle problematiche emerse sul territorio in materia di nitrati;
    la disposizione in questione prevede che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (18 marzo 2013), le regioni e le province autonome in conformità all'accordo Stato-regioni del 2011, dovevano procedere all'aggiornamento delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, anche sulla base dei criteri contenuti nel medesimo accordo. In caso di inerzia il Governo doveva esercitare il potere sostitutivo secondo quanto previsto dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (18 dicembre 2013). Entrambi i termini sono decorsi infruttuosamente;
    nell'accordo Stato-regioni del 2011 sopra citato, oltre a prevedere i criteri di ridefinizione delle aree cosiddette vulnerabili, è stato assegnato all'Ispra il monitoraggio completo del territorio italiano al fine di accertare le fonti di inquinamento da nitrati;
    dai risultati presentati al tavolo dei nitrati del 28 maggio 2014, è emerso che la sorgente d'inquinamento non risulta essere l'agricoltura in quanto il territorio italiano è prevalentemente soggetto alla presenza di sorgenti multiple e quindi non esclusivamente agricole. In particolare, lo studio ha dimostrato che nelle cinque regioni sotto esame (Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte e Friuli Venezia Giulia) l'impatto dei nitrati di natura zootecnica interessa non più del 10 per cento delle superfici, tranne in Piemonte dove tale tasso sale al 19 per cento;
    alla conclusione del «tavolo dei nitrati», nel comunicato stampa emesso dal Mipaaf il Ministro Martina ha dichiarato: «Condividiamo con il Ministro Galletti l'obiettivo di chiudere la partita sia sul fronte digestato che su quello effluenti entro il 30 giugno. Lavoreremo insieme, infatti, per adottare entro quella data, di intesa con la Conferenza Stato-regioni, un decreto che affronti entrambe le questioni relative al problema nitrati. Il nostro impegno è quello di aprire un tavolo anche a Bruxelles per ridiscutere l'intero impianto sulla normativa comunitaria»;
    stante la situazione sopra delineata, quindi, le aziende agricole italiane subiscono le onerose conseguenze derivanti dalle limitazioni in materia di concentrazione di nitrati che mettono in forte difficoltà la loro attività di allevamento,

impegna il Governo:

   a promuovere e sostenere, anche nel corso del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, il processo di revisione della «direttiva Nitrati» n. 91/676/CEE sulla base dei dati scientifici oggi disponibili e dei monitoraggi effettuati puntualmente negli ultimi dieci anni, distinguendo i limiti in funzione delle macro regioni agricole europee in ragione anche dei fattori climatici e favorendo lo stoccaggio in armonizzazione con la gestione dell'attività produttiva;
   ad assicurare rapidamente, tramite lo studio ISPRA, una chiara analisi delle fonti di inquinamento da nitrati, distinguendo la responsabilità del sistema agricolo rispetto a quelle dei sistemi civili ed industriali e per conseguenza a provvedere ad una revisione delle modalità di calcolo degli apporti di azoto di derivazione agricola, definendo le riduzioni percentuali da applicare in caso di accertata concorrenza di altri fattori inquinanti;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza per la tempestiva revisione dell'estensione delle aree vulnerabili basata su dati scientifici aggiornati, promuovendo una modifica normativa in modo da inserire, tra i criteri di riferimento per la perimetrazione delle zone vulnerabili, l'obbligo di valutazione, da parte delle regioni, delle concorrenti fonti di inquinamento;
   a modificare il decreto ministeriale 7 aprile 2006 nella parte in cui dispone un unico periodo per il divieto di spandimento degli effluenti zootecnici, delle acque reflue, dei concimi azotati e degli ammendamenti organici, prevedendo la possibilità di stabilire la suddivisione di tale termine in due fasi annuali;
   a sostenere una mediazione con la Commissione europea in merito alla deroga per le zone vulnerabili, affinché si permetta una soglia intermedia – tra i 170 e i 250 chilogrammi – nel caso si rispetti solo uno dei vincoli richiesti per la deroga, mantenendo il limite dei 250 chilogrammi per quelle aziende che riescono a rispettare tutti i requisiti.
(7-00450) «Zanin, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la Commissione europea ha chiesto formalmente all'Italia di conformarsi alle norme comunitarie in materia di pesca nel Mediterraneo; a norma del regolamento (UE) 1967/2006, gli Stati membri devono infatti adottare piani nazionali di gestione per le attività di pesca condotte con reti da traino, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia, reti da circuizione e draghe all'interno delle rispettive acque territoriali. I piani di gestione italiani dovevano essere adottati entro il 31 dicembre 2007, tuttavia il nostro Paese, come altri Stati Membri, non dispone ancora di validi piani di gestione per le attività di pesca condotte con i vari sistemi di pesca;
    i piani nazionali sono strumenti importantissimi per uno sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche nel Mediterraneo, mare in cui, tradizionalmente, non si applica la gestione della pesca basata sui contingenti. In mancanza di una risposta soddisfacente entro due mesi, la Commissione potrà pertanto deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
    in base all'articolo 2 del regolamento (UE) 1380/2013, viene posto come obiettivo cardine della politica comune della pesca per il periodo 2014-2020 il rispetto del tasso di rendimento massimo sostenibile (MSY), obiettivo che deve ottenuto entro il 2015 ove possibile, e progressivamente al più tardi entro il 2020 per tutti gli stock ittici;
    a norma dell'articolo 15 del regolamento (UE) 1380/2013 vige l'obbligo di sbarco per «tutte le catture di specie soggette a limiti di cattura e, nel Mediterraneo, anche le catture di specie soggette a taglie minime quali definite nell'allegato III del Regolamento UE 1967/2006, effettuate nel corso di attività di pesca nelle acque unionali, o da pescherecci unionali al di fuori delle acque unionali in acque non soggette alla sovranità o alla giurisdizione di Paesi terzi, nei luoghi di pesca e nelle zone geografiche elencati di seguito sono portate e mantenute a bordo dei pescherecci, registrate, sbarca e imputate ai contingenti, se del caso». Per rendere possibile l'obbligo di sbarco a partire dal 1o gennaio 2015 è necessario che gli Stati membri, anche sulla base di un approccio decisionale maggiormente regionalizzato, cooperino e ne elaborino le effettive misure di attuazione;
    sempre a norma del succitato regolamento, la Commissione e gli Stati membri provvedono affinché il sostegno dei fondi strutturali e di investimento europei sia coerente con le pertinenti politiche, con i principi orizzontali e con le priorità dell'Unione europea. Ad aprile 2014, a seguito della trasmissione dell'accordo di partenariato da parte del Governo italiano, i competenti servizi della Commissione europea formulavano delle osservazioni in merito, rilevando dei vulnus nella strategia di utilizzo determinata per i Fondi SIE. In particolare, in relazione alla programma FEAMP la Commissione europea evidenziava alcune criticità relative al meccanismo di attuazione, posto che molte funzioni sono delegate al livello regionale, sebbene incluse nel PON, alla strategia di sviluppo delle imprese dell'acquacoltura; alle strategie di sviluppo tra attività economiche marittime ed ambiente marino; all'analisi sulla biodiversità marina, le zone marine protette e la qualità delle acque marine,

impegna il Governo:

   ad adottare urgentemente il piano nazionale di gestione per le attività della pesca condotte con reti da traini; sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia, reti da circuizione e draghe;
   ad assumere iniziative per attivare urgentemente le misure volte alla definizione del rendimento massimo sostenibile entro i termini stabiliti, posto che il mare Mediterraneo è il bacino che presenta il 91 per cento degli stock ittici sovra sfruttati;
   a promuovere immediatamente in sede di Consiglio dell'Unione europea la conclusione degli accordi di cooperazione tra Stati membri in modo da raggiungere l'implementazione dei piani gestione degli sbarchi nelle aree di pesca condivise entro il termine stabilito del 1o gennaio 2015;
   a predisporre il programma operativo nazionale del FEAMP in modo da superare le criticità evidenziate nell'accordo di partenariato da parte della Commissione europea.
(7-00454) «Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Parentela, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cozzolino, Da Villa, D'Incà, Fantinati, Grillo, Rizzetto, Rostellato, Spessotto, Turco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la regione Marche, ed in particolare le province di Ancona, Pesaro e Fermo, è stata colpita nell'ultima decade del mese di luglio e la prima di agosto 2014 da una rilevante ondata di maltempo che ha provocato situazioni di grave criticità tra cui l'esondazione di corsi d'acqua, frane, smottamenti, danni alle infrastrutture pubbliche, alle attività produttive ed agli edifici privati;
   il 24 luglio una vera e propria bomba d'acqua, accompagnata da forte vento, ha provocato in Vallesina l'abbattimento di alberi e allagamenti; anche nei giorni successivi si sono ripetute ingenti piogge e molte sono state le chiamate ai vigili del fuoco per richieste di intervento per allagamenti, soprattutto in garage e scantinati, oppure per la rimozione di alberi e rami dalla circolazione stradale; numerosi alberi sono caduti a causa delle forti raffiche di vento, diverse le case scoperchiate e molte le auto danneggiate;
   il comune maggiormente colpito è stato quello di Jesi (Borgo Minonna) dove si sono registrati danni alle abitazioni, alle imprese e al patrimonio pubblico per oltre un milione e mezzo di euro;
   ingenti i danni si sono avuti anche a Castelplanio, Filottrano, Monsanpietro Monco dove è crollato il ponte di collegamento con Belmonte Piceno e le località di Fano, Marotta con l'esondazione del Rio Crinaccio e Mondolfo;
   purtroppo la regione Marche non è nuova ad eventi atmosferici avversi tant’è che il 30 giugno 2014 il Consiglio dei ministri ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza per il maltempo che si era abbattuto su Senigallia, Osimo ed altri comuni fra il 2 e 4 maggio 2014;
   con l'ordinanza del capo del dipartimento della protezione civile n. 179 del 10 luglio 2014, recante «Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni dal 2 al 4 maggio 2014 nel territorio della regione Marche», è stato nominato il commissario delegato per fronteggiare l'emergenza e sono stati indicati i criteri e la tempistica con cui deve essere predisposto il piano degli interventi;
   analogamente a quanto avvenuto per gli eventi di maggio è opportuno e necessario assegnare risorse straordinarie per i danni provocati dal maltempo nei mesi di luglio e agosto nei citati comuni marchigiani per fare intanto fronte agli interventi urgenti –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere anche per interventi urgenti a favore dei territori dei comuni delle Marche, in particolare quello di Jesi (Borgo Minonna), colpiti dagli eventi atmosferici nei mesi di luglio e agosto 2014 in considerazione dei pesanti danni arrecati a cittadini, imprese e al patrimonio pubblico. (5-03459)

Interrogazioni a risposta scritta:


   IACONO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie riportate dalla stampa il Governo starebbe valutando una rimodulazione della quota di cofinanziamento nazionale per gli interventi sostenuti dai fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea, rispetto a quanto indicato nell'accordo di partenariato relativo al periodo 2014-2020, trasmesso alla Commissione europea il 22 aprile 2014;
   l'accordo di partenariato prevede un cofinanziamento nazionale di 42,4 miliardi di cofinanziamento, a fronte di risorse stanziate dal bilancio europeo in favore dell'Italia pari a circa 43,8 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi dei fondi strutturali in senso stretto (Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR e Fondo sociale europeo – FSE) e 10,4 miliardi di euro del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
   in particolare, il cofinanziamento statale includerebbe 24,5 miliardi di euro per gli interventi sostenuti dai fondi strutturali e 7,7 miliardi per quelli del FEASR, mentre a titolo di cofinanziamento di fonte regionale si prevedono 7,5 miliardi da destinare ai Programmi operativi regionali (POR) dei fondi strutturali e 2,7 miliardi per il FEASR;
   la previsione di una quota nazionale di cofinanziamento e la sua quantificazione rispondono a precisi obblighi posti regolamento (UE) n. 1303/2013, recante la disciplina generale applicabile ai fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea. In particolare, secondo il regolamento ciascuno Stato membro è tenuto a contribuire agli interventi sostenuti dai fondi secondo le percentuali fissate da ciascun programma operativo in conformità alle regole specifiche di ciascun fondo per le categorie di regioni interessate;
   la rimodulazione del cofinanziamento statale, di cui non sono precisate l'entità e la modalità, sarebbe intesa, sempre secondo quanto riportato da notizie di stampa, alla riduzione in valori assoluti della quota di risorse nazionali destinata ai progetti sostenuti dai fondi strutturali con contestuale aumento, in termini percentuali, del contributo a carico del bilancio dell'Unione europea, che resterebbe immutato in valori assoluti;
   la rimodulazione sarebbe motivata dalla esigenza di ridurre migliorare i saldi di finanza pubblica, tenuto conto che gli stanziamenti destinati al cofinanziamento statale e regionale sono computati ai fini del rispetto delle soglie di indebitamento previste dal patto di stabilità e crescita;
   non appaiono tuttavia chiare le modalità e gli effetti della rimodulazione del cofinanziamento in questione. Ove esso consistesse in una riduzione delle sole risorse messe a disposizione dall'Italia nelle prime annualità della programmazione 2014-2020, con corrispondente aumento di quelle destinate agli anni seguenti, l'ammontare degli stanziamenti complessivi, europei e nazionali, rimarrebbe inalterato per il periodo in questione;
   ove invece si decurtasse l'importo complessivo del cofinanziamento indicato nell'accordo di partenariato, per effetto delle richiamate previsioni del Regolamento (UE) n. 1303/2013 l'Italia rinuncerebbe ad avvalersi di una quota consistente delle risorse ad esse assegnate nell'ambito della programmazione 2014-2020;
   la rinuncia ad utilizzare parte dei fondi europei già destinati all'Italia produrrebbe gravissimi effetti negativi a livello europeo e nazionale. Sotto il primo profilo, si registrerebbe un sensibile peggioramento del saldo netto negativo nei rapporti finanziari tra Italia e Unione europea, in quanto il contributo del Paese al bilancio europeo rimarrebbe inalterato a fronte di minori trasferimenti a titolo di fondi strutturali per interventi sul territorio nazionale. L'Italia inoltre riconoscerebbe la propria incapacità, sul piano finanziario e amministrativo ad avvalersi di uno strumento fondamentale della politica di coesione europea;
   sul piano nazionale, la riduzione delle risorse europee e nazionali destinate alla politica di coesione comporterebbe un gravissimo pregiudizio all'effettivo perseguimento di politiche di sviluppo soprattutto nelle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), cui sono destinati circa 22 dei 32 miliardi di stanziamenti dei fondi strutturali –:
   se il Governo intenda rimodulare, rispetto agli stanziamenti previsti dalla legge di stabilità per il 2014 e alle indicazioni fornite nel progetto di accordo di partenariato 2014-2020, le risorse nazionali da destinare al cofinanziamento dei fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea destinati all'Italia nel periodo in questione;
   se il Governo abbia valutato gli effetti che una riduzione del cofinanziamento nazionale produrrebbe sulla effettiva fruibilità da parte dell'Italia degli stanziamenti dei fondi strutturali e di investimento ad essa preassegnati e sul contributo netto dell'Italia al bilancio dell'Unione europea. (4-05830)


   SCOTTO, PAGLIA e FERRARA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 18 del decreto-legge n. 90 del 2014 prevede la soppressione di tutte le sezioni staccate dei tribunali amministrativi giornali;
   l'ordine degli avvocati di Piacenza, con una lettera inviata il 25 luglio 2014 ai parlamentari italiani, ha già espresso meditata contrarietà a tale scelta, ed in particolare alla soppressione della sezione staccata di Parma;
   una delle motivazioni alla base della scelta legislativa è legata al rilevante risparmio di spesa che conseguirebbe alle soppressioni previste dalla norma citata;
   tale dato non è però sempre così vero: la soppressione della sezione staccata di Parma, ad esempio, comporterebbe per il Tribunale amministrativo regionale di Bologna la necessità di reperire altri locali per accogliere organico e documentazione corrente e d'archivio provenienti dalla sezione soppressa, con inevitabile aumento dei costi permanenti;
   sarebbe molto più semplice ridurre le attuali spese della sezione staccata di Parma (già comunque ampiamente coperte dal contributo unificato) mantenendola in vita ed evitando i disservizi fisiologicamente connessi ad un trasferimento;
   la sezione staccata di Parma ha dimostrato negli anni un'apprezzabile celerità nelle decisioni, sia in sede cautelare che di merito;
   tale celerità costituisce un valore di giustizia per la collettività, ed inoltre si traduce in un beneficio economico per chi a tale Sezione si rivolge;
   la produttività della sezione staccata di Parma dovrebbe, anzi, spingere il legislatore ad allargare la competenza di tale sezione anche al circondario del tribunale di Modena, oltre alle tre province già incluse, alleggerendo così la mole di lavoro del tribunale amministrativo regionale di Bologna e creando un beneficio per l'intero sistema giudiziario amministrativo regionale;
   dopo l'abrogazione dei diversi controlli preventivi sugli atti delle pubbliche amministrazioni, i Tribunali amministrativi regionali sono rimasti uno dei pochi presidi di legalità dell'azione amministrativa a cui il cittadino può rivolgersi;
   per i cittadini della provincia di Piacenza la soppressione della sezione staccata di Parma ed il conseguente spostamento di ogni attività giudiziaria amministrativa presso il Tribunale amministrativo regionale di Bologna comporterebbe un rilevante aumento dei costi per l'accesso alla giustizia amministrativa;
   la permanenza della sezione staccata di Parma, invece, consoliderebbe nella popolazione dell'area la certezza di una tutela di prossimità facilmente accessibile;
   la logica dei tagli lineari è la meno adatta a rimediare ai gravi problemi che ai giorni nostri affliggono l'efficienza della risposta giurisdizionale;
   sarebbero invece necessarie riforme accorte e ben meditate, in grado di garantire tempi brevi e certi senza disincentivare il ricorso alla giustizia –:
   se non si ritenga opportuno rivedere la scelta effettuata con l'articolo 18 del decreto-legge n. 90 del 2014, cancellando la soppressione della sezione staccata di Parma e di tutte sezioni staccate che si trovano in situazioni analoghe ad essa. (4-05842)


   SIBILIA, DI BATTISTA, SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO, SCAGLIUSI, DELL'ORCO, COLONNESE, FICO, DADONE e LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il prossimo 28 agosto 2014 scadrà il segreto di Stato sui documenti relativi alla scomparsa dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo avvenuta il 2 settembre 1980 da Beirut in Libano, dove stavano realizzando un reportage sulla guerra civile, sulle organizzazioni palestinesi e sul traffico internazionale di armi in violazione degli embarghi sanciti dall'Onu. A distanza di 34 anni i loro corpi non sono ancora stati ritrovati;
   ad opporre il segreto di Stato al magistrato inquirente nell'ambito del relativo procedimento penale fu il colonello Stefano Giovannone, all'epoca dei fatti uomo del Sismi a Beirut;
   il suddetto segreto di Stato fu ratificato il 28 agosto 1984 dal presidente del Consiglio dei ministri, Bettino Craxi, e prorogato il 27 dicembre 2010, fino alla durata massima di trenta anni, dal presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, (relazione annuale del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, relatore on. Massimo D'Alema, approvata nella (seduta del 14 luglio 2011);
   la scomparsa dei due giornalisti fu subito collegata dai mass media italiani alla P2 e ai servizi segreti. Alcuni l'hanno messa in stretta relazione con la strage di Bologna del 2 agosto 1980 e il «lodo Moro» così definito dal Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga –:
   se ritenga di autorizzare la pubblicazione, a partire dal 1o settembre 2014, sul sito on line del Governo di tutti gli atti e documenti secretati dalle competenti autorità italiane relativi alla scomparsa dei due giornalisti e di vigilare affinché detta procedura avvenga in maniera corretta e soprattutto senza omissioni di sorta al fine di fare piena luce su un caso irrisolto da più di 30 anni. (4-05846)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo del 14 aprile 2014, apparso sulle pagine economiche del sito internet della testata Il Quotidiano della Calabria, ora Il Quotidiano del Sud, si segnala che, in ordine alla spesa dei fondi europei, la capacità di impegnare le somme resta ancora non sufficiente, al punto che nei due anni a venire, sarà necessario spendere quasi 16 miliardi e la Calabria segue la tendenza;
   nel predetto articolo, poi, si fa riferimento, riguardo al quadro prima fornito, a dichiarazioni rese all'Ansa da Shirin Wheeler, portavoce del commissario Ue pro tempore e alle Politiche regionali, Johannes Hahn;
   per quanto concerne la gestione 2007-2013, il 31 dicembre 2015 è la scadenza ultima per presentare fatture e certificazioni, ma l'Italia deve ancora assorbire il 48,1 per cento dell'allocazione totale di Fondi europei per lo sviluppo regionale (Fesr);
   i dati sino al 28 febbraio 2014, comprensivi della quota di cofinanziamento nazionale, indicano – per quanto riportato sul citato pezzo sul sito di Il Quotidiano della Calabria – che dopo sette anni dall'avvio della programmazione la media di spesa è del 51,9 per cento, per un totale di 17,314 miliardi;
   sino alla suddetta scadenza dovrà esserci perciò un'accelerazione, per assorbire oltre 16 miliardi in meno di due anni;
   uno dei problemi principali, stando alla ricostruzione del suddetto articolo giornalistico, è la «capacità di gestione e controllo dei fondi», che provoca «ritardi»;
   la Commissione, allora, ha raccomandato all'Italia di rafforzare – a tutti i livelli – i sistemi di auditing, per una migliore gestione delle risorse;
   al fine di accelerare la spesa, nel corso degli ultimi anni si è dato luogo ad una riprogrammazione applicata all'allocazione dei Programmi operativi regionali (POR) di Sicilia, Campania e Calabria;
   le tre succitate regioni sono coadiuvate da speciali task force a guida italiana (Campania e Sicilia dal 2012, mentre la Calabria dal 2013), con il compito di agevolare la spesa;
   per la Calabria, l'allocazione del POR è scesa da circa 2,9 miliardi di euro a 1,9, di cui ne sono stati assorbiti il 40,2 per cento, rimanendo 1,1 miliardi;
   con Decisione C (2012)327 del 20 gennaio 2012, la Commissione europea ha proposto la rettifica del programma per un valore del 25 per cento ha sospeso i pagamenti;
   il POR Calabria ha visto l'effettivo rimborso dall'Ue del solo 14 per cento e il flusso dei rimborsi sarà riattivato quando saranno risolti i relativi problemi;
   secondo i dati ufficiali di «OpenCoesione», le risorse totali tra fondi comunitari e nazionali 2007-2013 ammontano a 99,286 miliardi di euro;
   dei predetti fondi, per la Calabria il finanziamento è di 9,2 miliardi di euro, di cui 4,1 concretamente utilizzati, per un totale di 29.013 progetti;
   il quadro per provincia indica che, tra fondi comunitari e nazionali, a Cosenza su un totale di 2,2 miliardi sono stati utilizzati 711 milioni, a Catanzaro 731 milioni su 1,7 miliardi, a Crotone 155 su 455, a Vibo Valentia 103 su 618, a Reggio Calabria 598 milioni su 2 miliardi a disposizione;
   secondo il più aggiornato monitoraggio disponibile in rete, l'utilizzo dei fondi Fesr 2007-2013, che per la Calabria ammontano a 2,5 miliardi, è pari a 969 milioni, mentre per i fondi del Fse l'utilizzo è di 530 milioni su 715 milioni;
   con la deliberazione di giunta n. 295 del 15 luglio 2014, la regione Calabria ha approvato la strategia per l'innovazione e la proposta di POR FESR e FSE, allegandovi un proprio verbale in cui si affidano le funzioni di autorità di gestione del PO Fesr 2007/2013 alla dottoressa Paola Rizzo, dirigente responsabile dell'unità operativa autonoma «Adempimenti del ciclo di programmazione 2000/2006»;
   il dirigente generale del dipartimento regionale per il POR, richiamando il sistema complessivo dei controlli ha obiettato la correttezza procedurale del riferito affidamento, sollevando pesanti criticità anche in merito agli effetti sulla gestione del Programma e ricevendo dall'assessore al bilancio della regione Calabria intimazione ad attenersi all'indirizzo politico –:
   come, nell'ambito delle rispettive competenze, stiano controllando l'attuazione del POR Calabria in scadenza e quali criticità di gestione abbiano in proposito riscontrato;
   se, per gli impegni relativi all'assorbimento dei fondi, ritengano esservi elementi ostativi all'accelerazione di spesa richiesta dalla Commissione europea.
(4-05862)


   VILLAROSA, ALBERTI, RUOCCO, BARBANTI, CANCELLERI, PESCO, BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, RIZZETTO, ROSTELLATO, MUCCI, L'ABBATE, GAGNARLI, BENEDETTI, DAGA, BUSTO, PARENTELA, TOFALO, TERZONI, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, BRESCIA, DE LORENZIS, MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, VACCA, NESCI, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO, DIENI, DADONE, COZZOLINO, TONINELLI, LOMBARDI, D'AMBROSIO, COLLETTI, BUSINAROLO, LUIGI DI MAIO, FICO, SORIAL, D'INCÀ, CASO, MARZANA, SIMONE VALENTE, D'UVA, RIZZO e SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo del giornale «Il fatto quotidiano» del 3 agosto 2014 si apprende la notizia che circa 100 lavoratori di palazzo Chigi sarebbero «abusivi», nel senso che, una parte di loro lavorerebbe per la Presidenza del Consiglio senza aver nemmeno firmato un qualunque tipo di contratto con tutte le conseguenze che ciò ne comporta, quindi, privi di copertura assicurativa e da circa 5 mesi, si presume, privi anche di regolare stipendio;
   lo staff di palazzo Chigi sembrerebbe essere stato assunto «sulla parola», affidandosi ad una promessa di contratto del Governo Renzi, che, a quanto pare, ancora non ha firmato i decreti delle nomine degli «uffici di diretta collaborazione» rendendo «irregolari» anche i dipendenti pubblici che ivi lavorano. Ma vi è di più, sempre in base all'articolo di Tommaso Rodano, la stessa anomalia riguarderebbe anche il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio;
   a conferma di tale macroscopico difetto di legalità c’è il fatto, riportato sempre nello stesso articolo di stampa, che tali individui entrano a palazzo Chigi con un «Pass Ospiti» giornaliero, ma giunti all'interno del palazzo, non si dedicano ad una mera visita turistica ma svolgono, da cinque mesi, attività lavorativa a tutti gli effetti;
   un personaggio di spicco dello staff di Renzi come Filippo Sensi, non ha, ad oggi, regolare contratto e non si comprende con quale legittimazione possa viaggiare sui voli di Stato al fianco del Premier, allo stesso modo di altri membri del preziosissimo staff della comunicazione del Premier più «social» della storia della nostra Repubblica quale, ad esempio, il fotografo personale Tiberio Barchielli;
   altrettanto non si comprende come mai, e in quale veste giuridica, un ex appartenente alla polizia di stato (Filippo Attili) accompagni il Presidente, con funzioni di foto-cameraman, venendo distratto dai propri compiti istituzionali;
   acuta appare l'osservazione del giornalista alla fine del suo interessante articolo: «rimane poco chiaro, cosa dovrebbe mettere al riparo il Governo dalle attenzioni della Corte dei Conti, considerando la natura giuridicamente anomala di queste figure professionali, che si muovono nella pubblica amministrazione e utilizzano i suoi uffici e i suoi servizi»  –:
   se quanto riportato dal presente atto di sindacato ispettivo corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali siano le motivazioni che hanno impedito la regolarizzazione dei rapporti di lavoro con lo staff del Presidente Renzi e del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Delrio;
   posto che se tutto ciò dovesse corrispondere a verità, tale comportamento sarebbe assolutamente riprovevole ritenuto che l'attore protagonista di tale comportamento è il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana. (4-05880)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALAZZOTTO e SCOTTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   due cittadine italiane, che erano in Siria per progetti umanitari, sono irreperibili dalla notte del 31 luglio 2014;
   le due donne si trovavano ad Aleppo per seguire progetti umanitari nel settore sanitario e idrico;
   il Ministero degli affari esteri ha confermato l'irreperibilità delle due donne ed ha già annunciato che l'unità di crisi e l’intelligence italiana sono al lavoro sul caso e che sono stati attivati immediatamente tutti i canali informativi e di ricerca per i necessari accertamenti;
   ufficialmente non è stata ancora diramata l'identità delle due italiane, ma fonti del volontariato italiano in Siria segnalano che si tratterebbe di Vanessa Marzullo di Brembate (Bergamo), 21 anni, e Greta Ramelli di Besozzo (Varese), 20 anni, fondatrici del «Progetto Horryaty — iniziativa di solidarietà per la Siria»;
   il «progetto Horryaty» si pone come obiettivi l'attivazione di un corso base di primo soccorso, il rifornimento per alcune aree di kit di emergenza di primo soccorso corredati di tutto il materiale occorrente e la possibilità di garantire ai pazienti malati di patologie croniche di accedere alle giuste terapie rispettando i tempi, dosi e qualità dei farmaci;
   il tutto avviene con la collaborazione di associazioni italiane e di personale medico presente sul posto;
   le due sarebbero state rapite da uomini armati, probabilmente criminali comuni, nei dintorni di Aleppo;
   con loro sarebbe stata sequestrata una terza persona, la cui identità è attualmente sconosciuta;
   il sequestro sarebbe avvenuto nella notte tra il 31 luglio 2014 ed il primo di agosto, alle 4 del mattino, con decine di miliziani che avrebbero circondato –la casa in cui le tre persone si trovavano e le avrebbero prelevate;
   Vanessa Marzullo e Greta Ramelli erano già state in Siria nel mese di marzo 2014 per un sopralluogo, ed in quell'occasione erano sempre state accompagnate e scortate da personale locale, con un alto grado di sicurezza;
   evidentemente il grado di sicurezza garantito non era realmente alto, oppure non è stato confermato;
   anche le associazioni che collaboravano con le due italiane confermano l'irreperibilità delle ragazze in questione;
   non è questo l'unico caso di cittadini italiani rapiti in altri Paesi: attualmente oltre a loro vi sono le vicende di Marco Vallisa, tecnico italiano rapito poco più di un mese fa in Libia, Gianluca Salviato, scomparso in Cirenaica nello scorso marzo, padre Dall'Oglio, di cui si sono perse le tracce (sempre in Siria) da più di un anno, e Giovanni Lo Porto, sequestrato in Pakistan oltre due anni fa;
   la situazione in Siria è tuttora estremamente tesa e complessa, ed ogni ora che passa potrebbe essere fondamentale per il recupero delle due giovani donne;
   l'unità di crisi ha già preso contatto con le famiglie delle cittadine italiane rapite, così da tenerle costantemente informate sugli sviluppi del caso;
   i fatti narrati sono riportati, tra gli altri, anche nell'articolo intitolato «Farnesina: “Irreperibili due volontarie italiane in Siria”. Sparite da 6 giorni, si teme il sequestro», pubblicato il 6 agosto 2014 dall'edizione online del quotidiano «La Repubblica» –:
   se il Ministro sia in grado di confermare l'identità delle due italiane sequestrate;
   se corrisponda a verità il fatto che vi sia una terza persona rapita, ed in tal caso se si conosca la sua identità;
   se si conoscano le effettive attuali condizioni delle due cittadine italiane rapite;
   quali misure siano state e prese e quali azioni si intendano intraprendere per garantire una loro rapida liberazione e, più in generale, la loro sicurezza;
   se non si ritenga di dover agire per garantire con maggiore efficacia la sicurezza dei cittadini italiani presenti sul territorio siriano;
   quali siano le notizie che il Ministero ha sulle situazioni degli altri quattro cittadini italiani sequestrati all'estero negli scorsi anni e di cui non si hanno più notizie certe. (5-03468)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ, SPESSOTTO, BUSINAROLO, BRUGNEROTTO, DE LORENZIS e DA VILLA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia negli ultimi anni ha subito un grave impoverimento della propria economia con rilevanti conseguenze anche sotto il profilo dell'adeguamento infrastrutturale a standard europei e di modernizzazione;
   laddove siano sussistiti gli stanziamenti e la previsione di risorse da impiegare si è sovente assistito a episodi di corruttela che hanno profondamente minato il corretto svolgimento delle procedure di aggiudicazione dei lavori ponendo così ulteriore freno al completamento delle opere;
   tali inefficienze hanno riguardato e riguardano tutto il territorio nazionale laddove le criticità sono emerse in molteplici realtà locali;
   a titolo esemplificativo ma non certamente esaustivo, la regione Veneto ha istituito, nel Piano regionale dei trasporti del lontano 1989, il Sistema ferroviario metropolitano regionale (S.F.M.R.), approvato dal Consiglio Regionale nel Febbraio 1990, con l'obiettivo di ridisegnare la politica regionale di trasporto pubblico;
   SFMR è un sistema integrato di trasporto dove la ferrovia rappresenta l'elemento portante per soddisfare le esigenze di mobilità del Veneto, ridurre l'inquinamento ambientale, la congestione e l'incidentalità sulla rete stradale. La realizzazione di un servizio integrato di trasporto col più alto livello di complementarietà tra ferro e gomma è in grado di ridurre la congestione della strada, l'inquinamento atmosferico ed acustico, di garantire collegamenti veloci, confortevoli e sicuri tra la residenza, il luogo di lavoro, di studio, di svago e vacanza coniugando sviluppo e qualità della vita;
   ad oggi, a distanza di oltre vent'anni dalla sua istituzione, il SFMR non è ancora in funzione non essendo ancora completate le varie fasi di attuazione del sistema;
   nel Rapporto Pendolaria 2012 di Legambiente per l'ennesimo anno si è posto in evidenza che in Veneto, il progetto di creare un Sistema Ferroviario metropolitano regionale con treni ad alta frequentazione tra le città e i centri nel quadrilatero Treviso-Venezia-Padova-Castelfranco Veneto, è in rilevante ritardo. Con un peggioramento delle linee Padova-Mestre e Treviso-Venezia;
   nel sito internet dell'ex assessore regionale alla mobilità e infrastrutture Ing. Renato Chisso attualmente in carcere a Pisa in quanto coinvolto nel cosiddetto scandalo «MOSE», spicca in bella evidenza che «Per dicembre 2012 o al massimo entro i primi mesi del 2013 i treni dell'SFMR entreranno in funzione». La fase uno di realizzazione del Sistema Ferroviario di Metropolitana Regionale è finanziata e pronta al 90 per cento o lo sarà entro l'anno, eccezion fatta per la linea di collegamento con l'aeroporto Marco Polo di Tessera. Un servizio di metropolitana regionale che collegherà le stazioni delle più importanti città del Veneto: sono previsti treni ad orari fissi, verso Padova ogni 15 minuti, verso Treviso ogni 20 minuti, verso Castelfranco ogni mezz'ora»;
   sono anni che i pendolari veneti sopportano innumerevoli disagi e disservizi, studenti e lavoratori, che ormai quotidianamente negli ultimi due anni, fanno i conti un sistema ferroviario che non rispecchia gli standard qualitativi di legge e che soprattutto, con l'entrata in vigore del nuovo orario cadenzato, devono fare i conti con la soppressione di convogli, buchi nei collegamenti, pesanti ritardi con particolare riferimento alle tratte Bologna-Venezia, Trieste-Venezia;
   dalla documentazione riguardante i vari gradi di giudizio messa a disposizione dalla società NET Engineering Spa nel proprio sito internet, si evince altresì che la regione non ha provveduto con solerzia ad incassare il finanziamento statale, riconosciuto sin dal 2004, del quale risultano giacenti presso le casse dell'erario ben 180 milioni di euro, che la regione non incamera unicamente a causa della propria negligenza, basti pensare che lo stesso Ministero per le infrastrutture e i trasporti ha censurato l'inerzia regionale anche nel segnalare l'avvio dei lavori;
   in un articolo apparso sul Corriere del Veneto del 14 novembre 2009 veniva posta in evidenza la notizia che la regione Veneto, a seguito di decreto ingiuntivo, deve pagare la somma di 20 milioni di euro alla società NET Engineering spa, titolare del contratto della progettazione del summenzionato sistema metropolitano, secondo quanto disposto dal giudice civile di Venezia Paolo Corder che ha accolto la richiesta di risarcimento degli avvocati difensori della società;
   tale importo è ormai cresciuto fino quasi 30 milioni di euro;
   sempre in riferimento al SFMR, la Regione Veneto è coinvolta e deve provvedere al risarcimento anche in ulteriori 2 lodi arbitrali, questa volta intercorrenti con le imprese che hanno realizzato i lavori dei primi lotti A e B della prima fase SFMR «Astaldi S.p.A., Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani Spa e Impresa Gemmo Spa» per i quali la Regione attribuisce le cause a difetti di progettazione riconducibili alla NET Engineering Spa;
   i soggetti coinvolti nella vicenda Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale SFMR sono noti alle cronache per le seguenti vicende giudiziarie attualmente in essere:
    1. Ingegner Angelo Balducci (in qualità di Consulente/Tecnico d'Ufficio nominato nei primi due arbitrati delle Imprese Astaldi S.p.A. - Impresa Costruzioni Ing. E. Mantovani S.p.A.) che il 31 ottobre 2012 è stato condannato in primo grado dal tribunale di Roma, assieme a Fabio De Santis, per il reato di corruzione aggravata per atti contrari ai doveri oltre all'incapacità a trattare con la pubblica amministrazione per la durata della pena inflitta per i fatti relativi all'appalto per la costruzione della Scuola allievi marescialli e brigadieri carabinieri di Firenze, svolti tra il febbraio 2008 e la primavera del 2009. Sempre nel 2013 è implicato nella cosiddetta «Cricca G8» per plurimi reati e contro il patrimonio assieme all'ex capo del dipartimento della protezione civile Guido Bertolaso, al commissario straordinario per i campionati mondiali di nuoto 2009 Claudio Rinadi ed al funzionario pubblico Mauro della Giovampaola e all'ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis;
    2. Impresa di costruzioni ingegner E. Mantovani S.p.a. attualmente implicata negli scandali Expo 2015 e M.O.SE Venezia per il tramite dell'ex Presidente del consiglio di amministrazione Piergiorgio Baita (già noto alle cronache giudiziarie della prima tangentopoli) battezzato dalla stampa Mr. Project perché di fatto, la società Mantovani è presente nella maggior parte delle infrastrutture stradali venete e lombarde realizzate o in via di realizzazione con il sistema del project financing. Baita attualmente è accusato di aver organizzato una vera e propria associazione a delinquere in concerto con il direttore Amministrativo dell'Impresa Mantovani spa Nicolò Buson, con Claudia Minutillo l'ex segretaria dell'on. Giancarlo Galan, e William Colombelli amministratore della BMC Broker di S. Marino (tessera n. 5 del partito Forza Italia);
    3. Ing. Renato Chisso, braccio destro dell'ex governatore della Regione Veneto Giancarlo Galan Assessore regionale alla mobilità e trasporti attualmente agli arresti nel carcere di Pisa, coinvolto nello scandalo MOSE, è accusato di avere un interesse indiretto nelle realizzazione delle grandi infrastrutture stradali in Veneto in regime di finanza di progetto –:
    4. On. Giancarlo Galan, ex governatore della regione Veneto attualmente in carcere a Opera perché coinvolto nello scandalo MOSE ed è accusato di avere un interesse indiretto nella realizzazione delle grandi infrastrutture stradali in Veneto in regime di finanza di progetto –:
   quali iniziative, i Ministri in indirizzo, ciascuno per le parti di competenza, intendano adottare al fine di dare effettivo slancio alle infrastrutture del nostro paese, con espresso riferimento all'adozione di misure di prevenzione e controllo rispetto al corretto utilizzo dei fondi stanziati dal Governo, sottoponendo gli stanziamenti medesimi a più stringenti vincoli di utilizzo ed impiego;
   se il Governo disponga di elementi in merito al mancato utilizzo dei fondi illo tempore stanziati per i detti e oramai datati interventi infrastrutturali;
   se gli interrogati Ministri non ritengano rivedere ed aggiornare il Piano delle infrastrutture strategiche considerando il sistema ferroviario metropolitano regionale Veneto opera che possa rientrarne a pieno titolo. (4-05861)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, SEGONI, TERZONI, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a giugno 2014, Vincenzo Pozzi, commissario governativo straordinario per il progetto del Corridoio tirrenico meridionale (nonché ex presidente Anas, condannato dalla Corte dei conti per danno erariale in seguito allo scandalo consulenzopoli – meccanismo messo in piedi dalla società stradale, con cui venivano esternalizzate, senza gara d'appalto, attività «generiche e indeterminate», che si traducevano in compensi precisi e ripetuti) ha annunciato l'apertura dei cantieri dell'autostrada Roma-Latina per l'aprile 2015 e l'apertura al traffico per il marzo 2021 per un costo lordo pari a 2.728,7 milioni di euro;
   in merito al corridoio tirrenico meridionale, in data 17 marzo 2014, è stata già presentata l'interrogazione a risposta orale (n. 3-00695) presentata dalla deputata Federica Daga e firmata da tutti i membri della Commissione ambiente del M5S, che, ad oggi, non ha avuto risposta dai Ministri interrogati (pur rimanendo valide tutte le gravi criticità rilevate nella premessa della precedente interrogazione, in particolar modo il parere della Corte dei Conti – che, nell'aprile 2013, ha ricusato la delibera del CIPE n. 86 del 2012 concernente il piano economico-finanziario dell'opera, considerandola illegittima – si ribadisce ancora una volta che il progetto della bretella autostradale, oltre ad avere un gravissimo impatto ambientale incidendo su zone pluritutelate sul piano archeologico, naturalistico, fluviale, e altro crea danni insormontabili ai residenti delle aree coinvolte dall'opera);
   con la delibera del 2012, il CIPE ha approvato il progetto definitivo dell'opera riferendosi ad una valutazione di impatto ambientale risalente ad oltre nove anni prima (infatti, l'unica procedura di VIA statale che risulta aver interessato la tratta completa è quella del 2004, redatta sul progetto preliminare, mentre nel 2012 la commissione ha effettuato la VIA unicamente sulla variante in nuova sede, ovvero sul tratto del percorso tra il chilometro 0,0 e il chilometro 5,400), disinteressandosi del restante percorso e del fatto che in questi anni sia sorto un intero, nuovo e popoloso insediamento umano, il quartiere «Torrino Mezzocammino»;
   il progetto relativo alla realizzazione del tratto autostradale va ad interferire con ben tre siti tutelati dalla direttiva 92/43/CEE Habitat (si tratta, nello specifico, della ZPS o zona di protezione speciale IT 603030084, Castel Porziano – Tenuta Presidenziale, del SIC o Sito di Importanza comunitaria IT 6030053, Sughereta di Castel di Decima e del SIC IT 6030028, Castel Porziano);
   il regime del silenzio-assenso non trova applicazione in materia di tutela ambientale: a tal riguardo, durante la conferenza di servizi del 7 febbraio 2012, la riserva naturale statale del litorale romano non si è in alcun modo pronunciata in merito alla realizzabilità dell'opera in questione sul territorio della riserva medesima;
   la Soprintendenza per i beni archeologici di Roma e la direzione generale per le antichità hanno espressamente richiesto modifiche progettuali al fine di rendere compatibile con il patrimonio archeologico tutelato, ma il MIBAC, trascurando a giudizio degli interroganti le carenze istruttorie, la mancanza dei pareri positivi delle soprintendenze e la presenza di numerosissimi e importanti vincoli, ha rilasciato il parere limitandosi a dettare una serie di prescrizioni (infatti, la soprintendenza con la nota del 3 aprile 2012, riferendosi al progetto in questione, ha testualmente ribadito: «Sono investiti direttamente e indirettamente, il complesso dei boschi litorali, il reticolo idrico, le geomorfologia del territorio [...] con rottura permanente nella continuità della rete ecologica, nel complesso intreccio di presenze archeologiche e storiche»);
   il presidente dell'Ance Lazio, Stefano Petrucci, ha pubblicamente affermato di essere contrario a voler «ricorrere a una concessione all'italiana, come quella che si sta concretizzando: una soluzione che è destinata a produrre costi pubblici crescenti, tempi incerti e ben più lunghi di quelli programmati, disagi alle popolazioni locali e marginali vantaggi all'economia e all'occupazione locale» e ha invitato il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi e il presidente della regione Zingaretti a valutare la proposta, in alternativa alla concessione ai privati, di utilizzare l'attuale contributo pubblico di 468 milioni di euro per la messa in sicurezza della attuale Pontina (dai dati ACI 2012, la SR 148 nel tratto in esame Roma Tor de’ Cenci – Latina risulta la terza strada per numero di incidenti per km d'Italia e, in base ad analisi fatte dai tecnici dell'Ance, questa scelta consentirebbe in meno di tre anni, di dare una risposta concreta alle esigenze di sicurezza e di miglioramento anche in termini di efficienza e di fluidità di traffico, oltre a favorire nuova occupazione, creando importanti opportunità di lavoro a livello locale) –:
   se i Ministri interrogati, alla luce dei rilevanti fatti evidenziati in questa (e nella precedente) interrogazione, intendano intraprendere delle azioni che possano realmente garantire dei benefici alla collettività, e nello specifico, se non ritengano di gran lunga più opportuno, prioritario e inderogabile mettere in sicurezza l'attuale viabilità di collegamento tra Roma e Latina, piuttosto che continuare a finanziare faraoniche opere pubbliche con infiniti tempi di realizzazione. (3-00994)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, SPESSOTTO, SPADONI, D'INCÀ, DA VILLA e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 luglio 2014, nella zona sud di Verona, tra Borgo Roma e Ca’ di David, una colonna di fumo nero ha allertato la centrale operativa dei vigili del fuoco: quel fumo saliva dalle ex officine Biasi, dove aveva sede la Compometal, in via delle Trincee;
   ad oggi non sono ancora note le cause dell'incendio. Risulta, in ogni caso, che all'interno dell'area fossero presenti ingenti quantitativi di materiale abbandonato, in considerazione di un sito in dismissione;
   l'area in questione, che si estende per circa 600 mila metri quadrati dell'ex comparto industriale Biasi e Fondver-Compometal (fonderia), è in fase di dismissione a causa della crisi economica e necessita oggi di ingenti interventi di bonifica;
   sono, infatti, in corso da qualche anno delle trattative con IKEA, che ha presentato, insieme alla società immobiliare Arena 2010, una «Proposta di riconversione e sviluppo urbanistico» per un insediamento del colosso nordico dell'arredo low cost tra il quartiere sud di Verona (Borgo Roma) e Ca’ di David, proprio nell'area in cui si è verificato l'incendio. Il progetto prevedrebbe la riqualificazione dell'area, la bonifica e la creazione di circa duemila posti di lavoro, ma uno dei punti critici dell'operazione, non ancora risolto, riguarda proprio la bonifica dell'ex comparto industriale, contaminato da decenni di attività metallurgica –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e in particolare di quali elementi disponga circa la reale composizione della nube sprigionatasi a seguito dell'incendio presso lo stabilimento e la sua eventuale nocività per la salute delle popolazioni circostanti;
   se il Governo non intenda disporre un sopralluogo ed una verifica da parte del comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) nelle aree in questioni così come previsto dall'articolo 195, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche al fine di verificare natura e quantità dei materiali interessati dall'incendio e l'impatto della ricaduta delle polveri, nonché le cause dell'incendio;
   se, pur considerate le difficoltà di organico in cui versano le forze di sicurezza ed il Corpo dei vigili del fuoco, non si intendano assumere iniziative affinché nei siti industriali dismessi, nei quali i soggetti responsabili non abbiano effettuato gli interventi di bonifica o messa in sicurezza necessari, siano assicurate specifiche forme di sorveglianza ambientale.
(5-03470)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANIN, TERROSI, PRINA, ZAPPULLA e VENTRICELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il risparmio energetico in edilizia viene incentivato con la detrazione del 65 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici. Questo è un sistema incentivante fondamentale poiché è noto – cfr le statistiche ENEA – che l'impatto su base nazionale per la climatizzazione gli edifici residenziali pesa per circa il 25 per cento sul totale degli impieghi finali di energia (34,4 per cento usi civili x 75 per cento riscaldamento per usi civili);
   secondo i dati ENEA del dicembre 2012, circa il 31,5 per cento degli usi finali di energia viene utilizzato per i trasporti, pertanto una vera politica energetica deve prendere in seria considerazione anche i consumi per trasporto;
   l'incentivazione della riqualificazione energetica, dal canto suo, da un lato determina una favorevole e sostanziale riduzione del fabbisogno energetico degli edifici; dall'altro lato questa riduzione viene ottenuta con la movimentazione di materiali per l'edilizia, perciò se da un lato si incentiva la riduzione dei consumi per la climatizzazione, dall'altro si determina un incremento dei consumi energetici per il trasporto, per i quali si deve anche tener conto che la maggior parte dei materiali per l'edilizia sono prodotti ad una distanza notevole rispetto al loro utilizzo finale;
   la riduzione dei consumi energetici sulla base del principio dell'impronta ecologica, dovrebbe pertanto ragionevolmente prevedere un sistema premiale per le produzioni locali di materiali, tra i quali potrebbe risultare strategica ad esempio la produzione e l'impiego della canapa, prodotto interamente biocompatibile e potenzialmente a filiera corta – per la cui valorizzazione è proprio in discussione presso la Commissione agricoltura una specifica proposta di legge – così da ridurre per altro il dumping di produzioni più economiche e la chiusura degli stabilimenti in Italia (cfr la chiusura di RockWool in Sardegna) –:
   se non si ritenga utile assumere un'iniziativa normativa che imponga l'acquisto dei certificati bianchi o titoli di efficienza energetica per i produttori o rivenditori in relazione al chilometraggio necessario per il trasporto del materiale. (4-05832)


   CAON. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 205 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in tema di misure per incrementare la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, stabilisce le seguenti percentuali minime da raggiungere in ogni ambito territoriale ottimale:
    a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2006;
    b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2008;
    c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012;
   l'AC 2093, recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014), all'articolo 14, in tema di misure per incrementare la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, reca modifiche al citato articolo 205 del decreto legislativo n. 152 del 2006, prolungando i tempi degli obiettivi e proponendo le seguenti percentuali minime da raggiungere in ogni ambito territoriale ottimale o comune:
    a) almeno il trentacinque per cento entro il 31 dicembre 2004;
    b) almeno il quarantacinque per cento entro il 31 dicembre 2016;
    c) almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2020;
   indipendentemente dalle modifiche che verranno apportate alle percentuali di raccolta differenziata, rilevano a fini ambientali i metodi della raccolta e la qualità del materiale differenziato;
   esistono aziende, come quella della cooperativa sociale «Il Grillo» che ha vinto l'appalto per la raccolta differenziata della città di Padova, bandito dall'Ace-gas Aps-Gruppo Hera, con un ribasso del 27 per cento e che ora, da quanto si rileva da Il Mattino di Padova del 30 luglio 2014, cercherebbe di risparmiare sul costo generale del lavoro e sulla qualità del servizio da garantire ai cittadini;
   infatti, da quanto si legge nell'articolo di stampa, i lavoratori della cooperativa, prima e dopo il lavoro giornaliero utilizzano un cantiere spogliatoio a cielo aperto, con un solo bagno per 20 lavoratori, ove mancano le minime condizioni di igiene e di sicurezza; nei bidoni della raccolta differenziata l'umido è mischiato con il secco e con il solido urbano; tutto sarebbe testimoniato nell'esposto-denuncia inoltrato dalla Cgil alla procura della Repubblica, inviato per conoscenza anche al Noe, agli Spisal di competenza, al prefetto e al sindaco; l'interrogante è in possesso di una serie di fotografie che testimoniano la pessima qualità del servizio della raccolta differenziata;
   in tema di rifiuti l'Italia è sottoposta a una serie di procedure di infrazione comunitarie –:
   se il Ministro, oltre a promuovere il raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, intenda assumere le iniziative di competenza per monitorare, anche mediante il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, la qualità del servizio svolto sul territorio nazionale, in particolare nel caso «il Grillo» di cui alle premesse, non solo per garantire la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini ma anche per evitare la messa in mora da parte della Commissione europea. (4-05849)


   MARCOLIN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, è stata inserita una disposizione che sblocca l'entrata in vigore del regime sanzionatorio per chi mette in commercio sacchetti per la spesa monouso in plastica non biodegradabile e compostabile;
   la novella introdotta riguarda il testo dell'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, che prevede l'inizio dell'applicazione delle sanzioni, per chi mette in commercio sacchetti per la spesa monouso in plastica non biodegradabile e compostabile, dal sessantesimo giorno successivo all'emanazione dei decreti di natura non regolamentare dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico che, sentite le competenti Commissioni parlamentari e previa notifica secondo il diritto dell'Unione europea, dovrebbe individuare le eventuali ulteriori caratteristiche tecniche ai fini della loro commercializzazione, anche prevedendo forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti, nonché, in ogni caso, le modalità di informazione ai consumatori;
   il decreto-legge n. 91, nel testo coordinato con la legge di conversione, all'articolo 11, comma 2-bis, sgancia l'applicazione delle sanzioni dall'emanazione del citato decreto ministeriale e ne prevede l'immediata applicazione;
   la sanzione amministrativa pecuniaria per i trasgressori prevede il pagamento di una somma da 2.500 euro a 25.000 euro, aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi per l'asporto oppure un valore della merce superiore al 20 per cento del fatturato del trasgressore;
   con l'immediata applicazione di tali sanzioni, che mettono in crisi il settore industriale e commerciale della plastica, vengono a mancare non solo il completamento delle forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti, previsti dalla legge, ma anche le modalità di informazione ai consumatori; inoltre non hanno potuto esprimersi le competenti Commissioni parlamentari;
   l'immediata applicazione di tali sanzioni rende invendibili tutte le scorte delle imprese industriali, annulla le commesse in corso e rende inutilizzabili le scorte degli esercizi commerciali –:
   se i Ministri interrogati non intendano venire incontro ai problemi del settore della plastica creati dall'immediata applicazione del regime sanzionatorio per chi mette in commercio sacchetti per la spesa monouso in plastica non biodegradabile e compostabile, come previsto dal decreto-legge n. 91 del 2014, assumendo iniziative volte a prevedere un periodo transitorio che permetta lo smaltimento delle scorte degli impianti industriali e degli esercizi commerciali. (4-05850)


   TACCONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i cosiddetti «richiami vivi» sono uccelli che vengono catturati in maniera non selettiva in «roccoli» e «prodine» mediante reti da uccellagione a maglie molto sottili, quasi invisibili;
   tali tecniche non solo sono vietate dalla direttiva dell'Unione europea n. 2009/147/CE (cosiddetta direttiva uccelli) ma sono pratiche, ad avviso dell'interrogante, incivili, con le quali migliaia di piccoli uccelli migratori, dopo aver affrontano un lunghissimo viaggio dal Nord Europa, giunti in Italia, vengono catturati e tenuti in condizioni igieniche, etologiche e fisiologiche barbare e crudeli, sottoposti a massicce cure ormonali allo scopo di aumentare le loro capacità canore per essere utilizzati come «richiami vivi» per l'uccisione di altri animali selvatici;
   la direttiva vieta di uccidere deliberatamente alcune specie di uccelli espressamente contemplate, mentre autorizza la caccia di talune specie a condizione che i metodi di caccia utilizzati rispettino alcuni basilari principi quali il divieto di caccia durante il periodo della migrazione o della riproduzione, divieto di metodi di cattura in massa o non selettiva;
   l'articolo 9 della direttiva prevede che gli Stati membri possano derogare ai divieti a condizione che non vi siano soluzioni alternative soddisfacenti e che tali deroghe siano giustificate:
    a) nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica, nell'interesse della sicurezza aerea, per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque, per la protezione della flora e della fauna;
    b) ai fini della ricerca e dell'insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l'allevamento connesso a tali operazioni;
    c) per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità;
   ai sensi della legge nazionale n. 157 del 1992 l'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva sono esercitate, sentito l'ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dalle regioni nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 9 su richiamato, ma le deroghe che troppo facilmente sono state concesse da alcune regioni, oltre che palesemente illegittime e non conformi alla normativa, sono anche contrarie ai continui pareri negativi dell'ISPRA che, ancora il 24 maggio 2013, si era detto sfavorevole alla riapertura dei «roccoli» per la stagione 2013/2014, sottolineando invece la necessità di attuare metodi alternativi quali l'allevamento degli uccelli in cattività e rilevando la totale assenza di dati certi sul fabbisogno di richiami vivi per i cacciatori;
   la Commissione europea, con lettera del febbraio 2014, ha formalmente aperto una procedura di infrazione e ha messo in mora la Repubblica italiana (procedura n. 2014 2006) contestando il mancato rispetto degli articoli 8 e 9 della direttiva, richiamando l'esigenza di controllare l'operato delle regioni nell'applicazione delle normativa;
   le misure nel frattempo messe in atto sia in sede di approvazione della «Legge Europea» 2014 sia in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 91 del 2014 non sono sufficienti;
   se infatti l'articolo 16 del suddetto decreto-legge n. 91 del 2014, nel testo presentato dal Governo, sembrava andare nella giusta direzione con il divieto esplicito di catturare gli uccelli selvatici ai fini di richiamo pur mantenendo aperta la possibilità di derogare a tale divieto ai sensi dell'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, il testo approvato dal Senato e convertito in legge è molto meno vincolante, con il solo riferimento generico alla possibilità di deroga e il rimando a un decreto del Presidente del Consiglio, da applicarsi entro un anno, che regolerà la materia;
   il documento della Commissione europea fa innanzitutto notare che le deroghe concesse da varie regioni non sono state oggetto di un controllo costante e tempestivo dello Stato e che non è stato tenuto conto di quanto prevede la direttiva circa la valutazione, tra le altre cose, di soluzioni alternative alla concessione della deroga. La Commissione sottolinea che vi sono alternative valide ai richiami vivi, come richiami a bocca o tutt'al più richiami di allevamento, alternative ampiamente utilizzate da molte regioni italiane e da tutti gli altri Stati membri ad eccezione dell'Italia –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro per affrontare risolutamente il problema dei «richiami vivi» che sono in totale antitesi con la biologia, l'etologia, l'ecologia e la fisiologia degli uccelli, per rispondere alla procedura di messa in mora 2014 2006 della Commissione europea ed evitare le pesanti sanzioni che ne deriverebbero a carico di tutti i contribuenti e per conformare la nostra legislazione in materia al senso etico della maggior parte dei cittadini italiani e per rendere vincolante oltre che obbligatorio il parere dell'ISPRA. (4-05852)


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, CECCONI, GRILLO, BARONI, MANTERO, DALL'OSSO e DI VITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il territorio ibleo vive di turismo, commercio, agricoltura e cultura, e negli ultimi anni è teatro di una rinascita economica legata alla bellezza dei suoi tratti caratteristici e delle sue tradizioni, come testimoniato da documentari e serie televisive che stanno riscuotendo un notevole successo presso il pubblico italiano e internazionale;
   esso è tra i più dinamici in tema di turismo culturale, soprattutto naturalistico e archeologico, poiché custodisce paesaggi particolarmente suggestivi ed incontaminati, dove la tipica macchia mediterranea fa da cornice alle infinite tracce di attività ed insediamenti umani risalenti anche a 30 mila anni fa: dai dolci rilievi al mare cristallino, dalle campagne cinte dai muri a secco alle dune di sabbia finissima, passando per le nette vallate dei fiumi o dei torrenti che incidono l'altopiano calcareo;
   proprio le valli fluviali, ripide e meandriformi, chiamate localmente «cave», costituiscono dei microhabitat particolari, in cui la natura si impone vigorosa grazie alla presenza costante di acqua e al microclima che si viene a creare; qui si conservano le specie più disparate, anche rare ed endemiche, di flora e di fauna, che trovano un ambiente favorevole alla vita anche durante l'arida stagione estiva; le cave hanno fornito dimora pure all'uomo, sin dalla preistoria;
   il 21 maggio 1992 la Commissione europea ha approvato la «direttiva Habitat» con lo scopo di promuovere il mantenimento della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali nel territorio europeo; tale direttiva, recepita in Italia nel 1997 con decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, prevede che la Commissione – sulla base degli elenchi trasmessi dagli Stati membri – adotti un elenco dei siti di importanza nei quali si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari, e che, in seguito, il più rapidamente possibile ed entro un termine massimo di sei anni, lo Stato membro debba riconoscere questi siti come zone speciali di conservazione, e assoggettarle alle misure di conservazione necessarie;
   cava Randello è una piccola vallata situata nel territorio di Ragusa, solcata dal torrente Rifriscolaro e dall'Oani che sfociano nel canale di Sicilia, tra Punta Braccetto e Scoglitti; alla foce è situata una pineta gestita dall'azienda regionale demanio foreste e una piccola spiaggia con le caratteristiche dune. È stata riconosciuta come habitat da preservare, tanto che già nel 1998 è stata dichiarata sito d'importanza comunitaria (ITA080006) e inserita nel 2011 nel piano regionale di gestione dei residui dunali della Sicilia sud-orientale. Si trova accanto ad altri due siti di importanza comunitaria: la riserva naturale orientata Pino d'Aleppo (ITA080003, «Vallata del Fiume Ippari») e Punta Braccetto (ITA080004); nell'area si trovano alcune necropoli appartenenti al complesso archeologico di Kamarina;
   sul formulario Natura 2000 di «Cava Randello-Passo Marinaro» (ITA080006) è riportato «Sito di notevole interesse geobotanico con aspetti vegetazionali altrove pressocché scomparsi: aspetti di macchia con Teucrium fruticans (Cava Randello), rarissimi esempi di boschetti con Quercus calliprinos (Passo Marinaro), presenza di specie endemiche quali ad esempio Leopoldia gussonei. Il sito risulta interessante anche dal punto di vista faunistico per la presenza di numerose specie di Vertebrati, che per una ricca ed articolata fauna invertebrata che annovera specie endemiche o ad areale ristretto e specie rare e molto localizzate in Sicilia;
   nei primi anni 2000, tra la riserva naturale Pino d'Aleppo e Cava Randello, ed in parte all'interno di quest'ultima, è stato costruito un resort di lusso grazie anche a circa 18 milioni e 600 mila euro di fondi POIN: il Donnafugata Resort che occupa un'area di 280 ettari e offre 438 posti letto, un centro congressi, un maneggio e due campi da golf da 18 buche. Si tratta di una struttura ricettiva che a giudizio degli interroganti ha fatto scempio del paesaggio e sconvolto l'equilibrio idrogeologico, quindi la vita della fauna e della flora che popolano la vallata, determinando una situazione ben lontana dal turismo sostenibile verso cui si sta orientando negli ultimi anni tutto il territorio ibleo;
   nel 2013 la Commissione europea ha avviato (EU Pilot 4999/13/ENVI) un'indagine volta a verificare il rispetto da parte di tutti gli Stati membri dell'articolo 4 paragrafo 4 della direttiva habitat, cioè della designazione a zona speciale di conservazione entro 6 anni dal riconoscimento come sito di interesse comunitario;
   nei mesi scorsi la ditta Donnafugata Resort S.r.l. ha ottenuto una concessione dal Demanio marittimo e dal Demanio forestale della regione siciliana, per occupare un'area della spiaggia di Randello ai fini di piazzare un chiosco, delle sdraio ed ombrelloni fissi; ad operazioni iniziate il comune di Ragusa ha bloccato la costruzione del chiosco ed ha intimato il ripristino dello stato dei luoghi così come trovavasi antecedentemente i lavori, poiché trattavasi di nuova costruzione non autorizzata –:
   se sia a conoscenza di quanto suesposto;
   se l'autorizzazione a realizzare gli immobili destinati ad ospitare il Donnafugata Resort e la concessione per l'utilizzo delle aree demaniali richiamati in premessa siano stati rilasciati previo svolgimento della procedura di valutazione di incidenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997;
   se – ad esito delle procedure di valutazione di incidenza – l'amministrazione competente abbia escluso che l'intervento edilizio realizzato e l'utilizzazione, per fini turistico-balneari, delle aree demaniali avessero – né singolarmente né congiuntamente ad altri interventi – incidenze significative su habitat e specie protette presenti all'interno del SIC (ITA080006) «Cava Randello-Passo Marinaro»;
   se e in che modo – ove ad esito delle procedure di valutazione di incidenza l'amministrazione competente avesse formulato delle prescrizioni finalizzate ad annullare e/o a ridurre le incidenze sul SIC (ITA080006) «Cava Randello-Passo Marinaro» determinate dall'intervento e dalle attività in questione – sia stata accertata l'ottemperanza alle stesse prescrizioni, sia in corso di esecuzione degli interventi, sia nel corso della gestione delle attività;
   entro quale termine si intenda procedere alla predisposizione del primo decreto di designazione quali zone speciali di conservazione dei siti di importanza comunitaria localizzati nel territorio della regione siciliana, rispetto ai quali i termini stabiliti dalla direttiva 92/43/CEE risultano ampiamente scaduti e l'Italia è, dunque, esposta al rischio dell'apertura di una procedura d'infrazione. (4-05856)


   CRISTIAN IANNUZZI, VIGNAROLI, DAGA, MASSIMILIANO BERNINI, DI BATTISTA, FRUSONE, LOMBARDI, GRANDE, RUOCCO e BARONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 28 luglio 2014, presso l'impianto di compostaggio Kyklos di Aprilia in provincia di Latina, hanno perso la vita due operai di un'azienda di trasporti di Orvieto, ditta che avrebbe acquisito il lavoro in subappalto dalla vera azienda aggiudicataria del servizio fornito alla Kyklos. La loro presenza nell'impianto di compostaggio, quindi, era dovuta al prelievo settimanale del percolato che regolarmente veniva caricato nelle cisterne delle autobotti per essere poi smaltito;
   in precedenza, residenti nell'area circostante all'impianto già avevano messo in atto proteste a causa delle emissioni odorigene moleste che hanno altresì causato disagi, fisici alle vie respiratorie;
   in un primo momento la morte dei due addetti al carico del percolato era sembrata collegata alla cattiva applicazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, successivamente, alla luce delle testimonianze riportate dalle testate di cronaca locale, si capisce che in relazione all'incidente si stiano seguendo altri percorsi investigativi;
   infatti, martedì 29 luglio 2014, l'avvocato assunto dalla ditta a cui i due operai facevano capo dichiara al cronista di www.orvietonews.it: «Durante il trattamento è previsto solo l'uso di guanti e non di maschere o attrezzatura altamente protettiva: non trattandosi di sostanza tossica, incidenti come questo non sono previsti. A meno che non si riscontrino anomalie nel liquido [...] Gli operai avevano utilizzato gli stessi camion anche venerdì. In più, dai primi rilievi, sembrerebbe che l'incidente non sia avvenuto subito, all'apertura della cisterna, ma quando hanno iniziato a riempirla di percolato»;
   tra le notizie riportate nelle testate locali, il 31 luglio 2014 www.viterbonews24.it titola: «Livelli elevatissimi di acido solfidrico, sequestrato l'impianto delta Kyklos», articolo nel quale si scrive che «Il percolato stoccato nell'impianto della Kyklos di Aprilia, in provincia di Latina, conteneva un'elevatissima percentuale di acido solfidrico, una sostanza letale se inalata», condizione che impone al pubblico ministero l'immediato sequestro dell'azienda di compostaggio. «L'acido solfidrico a elevata concentrazione» scrivono i tecnici dell'Arpa Lazio nella loro relazione «è caratterizzato da una spiccata tossicità e, in quantità superiore alle 1000 parti per milione, provoca il collasso immediato per soffocamento anche dopo un singolo respiro [...] Il percolato prodotto dalla fermentazione dell'umido non dovrebbe rappresentare alcun pericolo, tanto che non è classificato come tossico. Giovedì 31 luglio, dalle pagine web della cronaca di Latina de Il Messaggero, viene annunciato l'esito dell'autopsia effettuata sui corpi delle vittime, confermando che «il decesso è stato praticamente istantaneo, per inalazione di sostanze tossiche»;
   a parere degli interroganti, la letale reazione chimica non è semplicemente riconducibile ad una mancata fermentazione aerobica, in quanto solfidrico è un composto che non può essere generato dalla fermentazione anaerobica dei composti organici quanto più da elementi di origine chimica, circostanza che lascerebbe pensare che derivi più che altro da una scorretta selezione della FORSU (frazione organica del rifiuto solido urbano);
   nell'articolo 195, comma 2, lettera f) del decreto legislativo n. 152 del 2006 si legge che spetta allo Stato: «la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti», ambito nel quale rientra pienamente il processo del compostaggio che, a parere degli interroganti, non può avere come unico riferimento le BAT – migliori tecnologie disponibili – di matrice comunitaria in materia di rifiuti, perché queste si limitano ad indicare le più efficienti pratiche ma non hanno alcun potere vincolante e normativo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;
   in considerazione della gravità dei fatti verificatisi ed in virtù dell'importanza del recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani, se non sia opportuno assumere iniziative per stabilire una classificazione suddivisa in più voci per quanto concerne la qualità del compost, visto che l'unica definizione «compost di qualità», come stabilita dall'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, collegata all'allegato n. 2 del decreto legislativo n. 75 del 2010 sugli standard minimi di composizione degli ammendanti, non assicura un prodotto di eccellenza ma solamente entro i limiti;
   se non si ritenga di adottare le opportune iniziative normative al fine di porre rimedio al vuoto normativo individuato in tema di compostaggio, stabilendo procedure e standard ai quali attenersi così come previsto dall'articolo 195, comma 2, lettera f), del decreto legislativo n. 152 del 2006, che affida tale adempimento alla competenza dello Stato, in tal modo consentendo controlli mirati e specifici, nonché l'irrogazione di sanzioni certe nei confronti di chiunque non rispetti gli estremi procedurali e di qualità del prodotto (che verrebbero, così, individuati per legge e non semplicemente suggeriti dalla migliore pratica tecnologica, comunque non vincolante). (4-05860)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il villino liberty denominato «Villa Paris», sito in via Nazionale, angolo via Accolle, a Roseto degli Abruzzi è parte integrante della storia della città, è un elemento storico-testimoniale dell'antica Rosburgo, che iniziò il suo sviluppo sulla costa attorno alla stazione ferroviaria con il nome Le Quote, nome che si riferiva alle 12 quote di terreno tra i fiumi Vomano e Borsacchio concesse nel 1860 dal clero della chiesa ricettizia di Montepagano;
   l'edificio è riconosciuto di valore culturale e per questo inserito all'interno delle schede de «Il patrimonio edilizio di interesse storico testimoniale, storico architettonico, storico paesistico», elaborate nel 2001 dal gruppo coordinato dal professore architetto Gianluigi Nigro per il progetto di variante generale del P.R.G.;
   il valore del complesso, costituito dal parco e dalla villa, inoltre, risulta riconosciuto anche nel PRG vigente di Roseto degli Abruzzi, che lo ha incluso nella sottozona F2 – verde privato vincolato, per la quale, oltre alla conservazione ed all'incremento dell'esistente patrimonio arboreo, le norme tecniche non prevedono la possibilità di totale demolizione degli edifici esistenti, ma solo il restauro, la ristrutturazione (secondo la definizione dell'epoca dell'approvazione del PRG) ed il parziale rifacimento;
   la soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per l'Abruzzo, architetto M. Alessandra Vittorini, ha preso posizione rispetto alle notizie di possibile abbattimento dell'immobile su sollecitazione dell'ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Teramo e dell'associazione Italia Nostra chiedendo all'Amministrazione di Roseto degli Abruzzi di verificare innanzitutto con ulteriore approfondimento istruttorio se il procedimento in oggetto riguardante il complesso immobiliare di Villa Paris, con demolizione totale dell'attuale fabbricato, sia ammissibile dal punto di vista giuridico e al fine di tutelare e conservare il patrimonio storico, architettonico e paesaggistico del territorio di Roseto degli Abruzzi di rivedere l'applicazione della legge regionale n. 49 del 2012, legge emanata ai fini della promozione della riqualificazione delle aree degradate (articolo 1 comma 1) e non, al contrario, per l'alterazione degli ambiti dotati per le loro caratteristiche fisiche e paesaggistiche già di notevole qualità;
   si legge nella nota della Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per l'Abruzzo, architetto M. Alessandra Vittorini rivolta al comune di Roseto degli Abruzzi: «come sia possibile che presso gli uffici tecnici sia oggi all'esame una richiesta di permesso di costruire che prevede l'abbattimento dell'immobile in oggetto e come codesto comune abbia ritenuto di estendere tout court, nell'atto di recepimento, la validità della legge regionale n. 49 del 2012 anche alla sottozona F2 – Verde privato vincolato, che prevede, invece, come sopra richiamato, precise indicazioni di tutela e conservazione;
   la legge regionale n. 49 del 2012, ai sensi della quale è stato richiesto dalla ditta proprietaria dell'immobile il Permesso di costruire per la realizzazione del nuovo residence in luogo della villa esistente, prevede all'articolo 2, comma 1 tra gli interventi ammissibili anche la demolizione e/o ricostruzione ma lascia ai comuni ampia facoltà di avvalersi delle norme ivi contenute o di escluderne l'applicabilità sulla base di specifiche valutazioni o ragioni di carattere urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale, nonché stabilirne limiti differenziali alle possibilità di ampliamento previste dalla presente legge, in relazione alle caratteristiche proprie delle singole zone e al loro diverso grado di saturazione edilizia e della previsione negli strumenti urbanistici dei piani attuativi;
   attualmente l'immobile e il parco circostante non risultano sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio (Parte II e III) ma rimane «l'indubbio valore storico, architettonico e paesaggistico del complesso» secondo quanto riportato dalla Soprintendenza nel suo parere «che risiede principalmente nella sua appartenenza al sistema e all'immagine urbana storica» –:
   quali azioni intenda porre in atto per tutelare un edificio di indubbio interesse storico e per evitare che siano compromesse le intenzioni di conservazione e tutela originariamente previste nel piano al fine di tutelare e conservare il patrimonio storico, architettonico e paesaggistico del territorio di Roseto degli Abruzzi.
(3-00996)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RAMPI e COMINELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in merito al rilevante tema della professione del restauro e del riconoscimento dei titoli in questo campo, desta preoccupazione la situazione degli studenti iscritti al vecchio ordinamento triennale (ora tecnico di restauro) della scuola Enaip di Botticino (BS) in Lombardia;
   al momento dell'iscrizione di questi studenti, infatti, le scuole quinquennali per restauratore non erano ancora state attivate e questi studenti non avevano dunque possibilità di scelta. Solo in seguito sono stati approvati i primi corsi;
   anche tale scuola (istituzione storica nel campo del restauro) è stata riconosciuta e le è stato permesso di far partire corsi quinquennali. Parrebbe, conseguentemente, che gli studenti iscritti al corso triennale precedentemente all'attivazione e al riconoscimento del quinquennale potessero quindi chiedere il passaggio dal corso triennale a quello quinquennale, naturalmente sostenendo i conseguenti esami integrativi, anche prevedendo alcuni mesi in cui colmare le lacune tra i due percorsi, cosa che peraltro sta avvenendo per tutte le altre accademie e università;
   a quanto risulta invece questo non sarebbe possibile per la scuola di Botticino, il che condanna questi studenti a ripartire negli studi dal primo anno, come se nei tre trascorsi non avessero acquisito alcuna competenza, e senza il riconoscimento di alcun esame o annualità, non solo ai fini dell'iscrizione presso altre istituzioni, ma persino nella stessa scuola –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, se non ritenga di dover provvedere a un riconoscimento di questa specifica situazione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda attivare per affrontare il problema e dare una risposta a questi studenti e alle loro famigli che hanno scelto di sostenere con fatica i loro studi verso quello che gli interroganti ritengono un settore strategico per il Paese. (5-03452)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GINATO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Villa Capra Barbaran Colleoni a Santa Maria di Camisano, Vicentino (VI) risale al 1672 ed è di proprietà dell'Istituto regionale Ville Venete demandato dalla regione Veneto alla cura e tutela di tale patrimonio storico del territorio;
   nel giugno 2001, la soprintendenza aveva chiesto all'amministrazione comunale di Camisano Vicentino «l'eliminazione di nuove prescrizioni edificatorie, come passaggio essenziale e necessario per consentire il restauro degli spazi aperti della campagna di stretta pertinenza della Villa, già offesi da interventi di lottizzazione nelle immediate adiacenze del Complesso Monumentale di Villa Capra». Tale disposizione ha di fatto impedito l'edificazione di un centro residenziale-commerciale nell'area di rispetto della Villa, in quell'occasione infatti il comune aveva acquisito il lotto con una permuta pubblico-privato rendendolo inedificabile mediante l'adozione di una variante al PRG che vietava un incremento di volumetria rispetto agli esistenti 2.030 metri cubi;
   nel 2009 l'amministrazione camisanese ha deciso di realizzare nell'area di rispetto della Villa un centro civico polifunzionale destinato ad associazioni locali. Il progetto, partito nel 2009 (delibera n. 11 del 2009) e approvato a varie riprese nel 2010 (progetto preliminare approvato dalla giunta comunale il 10 maggio 2010) sta proseguendo;
   il comitato difesa Villa e Paesaggio Veneto con la collaborazione della sezione medio-basso vicentino di Italia Nostra, in corrispondenza con l'inizio dei lavori e ritenendo il progetto in violazione delle disposizioni emanate nel 2001 dalla sovrintendenza, ha attivato la procura regionale della Corte dei conti per l'ipotesi di danno erariale, l'Istituto regionale per le Ville Venete proprietario di Villa Capra, l'ordine degli architetti sul rispetto delle norme deontologiche, la provincia di Vicenza sugli aspetti procedurali rispetto al Ptcp. Ha inoltre inviato nei mesi scorsi un dossier dettagliato sulla questione all'attenzione dell'allora Ministro Bray –:
   se e in che modi la soprintendenza sia intervenuta nel valutare il progetto in esame;
   per quale motivo il progetto non sia stato considerato illegittimo dalla stessa alla luce delle disposizioni già formulate nel 2001;
   se e come il Ministro intenda tutelare l'area di pertinenza della Villa anche in conformità con le norme contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 150.
(4-05834)


   CIRACÌ. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   veniva pubblicato sul BURP n. 88 del 27 giugno 2013 il bando pubblico per la presentazione di domande di aiuto nell'ambito del Programma di sviluppo rurale della regione Puglia per il periodo 2007 – 2013 e relative all'ASSE III «Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale», Misura 313 «Incentivazione di attività turistiche», AZIONE 1 – Creazione di itinerari naturalistici, enogastronomici (strade del gusto e delle tradizioni, della transumanza, di turismo equestre – ippovie, ciclo – turismo) ed AZIONE 3 – Realizzazione di sentieristica e di cartellonistica compatibile con l'ambiente naturale che permetta l'accesso alle aree naturali e alle piccole strutture ricettive;
   con Deliberazione n. 132 del 18 giugno 2013 la giunta comunale di Ceglie Messapica (BR) ha inteso partecipare al bando in oggetto con Determinazione n. 463 del 12 luglio 2013 affidava l'incarico della progettazione esecutiva e del coordinamento della sicurezza in fase di progettazione dei lavori «Itinerario turistico enogastronomico tra Foggia Vetere, Castello Ducale e Scuola Internazionale di Gastronomia (Chiostro San Domenico) di Ceglie Messapica» relativo agli interventi previsti con deliberazione G.C. n. 132 del 18 giugno 2013;
   con deliberazione di giunta regionale n. 1435 del 2 agosto 2013, pubblicata nel BURP n. 108 del 6 agosto successivo, la regione Puglia, in attuazione delle specifiche disposizioni del «Codice dei beni culturali e del paesaggio», ha adottato il Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR);
   con deliberazione n. 176 del 4 settembre 2013 la giunta comunale di Ceglie Messapica (BR) approvava il progetto esecutivo trasmesso in data 2 settembre 2013 e prendeva atto delle prescrizioni espresse dalla commissione locale per il paesaggio nella seduta del 2 settembre 2013 giusto verbale n. 2 cui ha fatto seguito la proposta di autorizzazione paesaggistica n. 14/2013 (prot. n. 22226 del 3 settembre 2013) e trasmessa in pari data alla Soprintendenza per i beni Architettonici e paesaggistici per le provincie di Lecce, Brindisi e Taranto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 146, comma 8, del decreto legislativo 42 del 2004, con nota prot. comunale n. 22228;
   con provvedimento n. 2009/13 del 05 novembre 2013 il GAL Alto Salento ha concesso al comune di Ceglie Messapica (BR) un contributo a valere sul Programma di sviluppo rurale – Puglia 2007-2013, Misura 313 «Incentivazione di attività turistiche», di cui euro 250.000,00 a valere sull'Azione 1 «Creazione di itinerari naturalistici, enogastronomici (strade del gusto e delle tradizioni, della transumanza, di turismo equestre ippovie, ciclo – turismo). CUP: J14B13000360009;
   la zona interessata dall'intervento rientra nel piano particolareggiato della zona A.5 approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 3 del 23 gennaio 1982 piani particolareggiati zone A.5 e A.6.1. – Piano approvato e mai attuato per mancato convenzionamento;
   la successiva variante al suddetto piano particolareggiato, redatto dal commissario ad acta, non è stato mai perfezionata per via dei pareri negativi espressi sia della regione che della soprintendenza vista la valenza paesaggistica dell'area interessata da decreto ministeriale 1 agosto 1985 di tutela del cosiddetto Colle di Ceglie;
   è stato reso «parere favorevole con prescrizioni alla realizzazione delle opere» da parte della Soprintendenza nell'atto protocollo 0015852 del 3 ottobre 2013 – Cl. 34.19.04/111 «Ceglie Messapica (BR) – Proposta di Autorizzazione paesaggistica n° 14/2013 – Località area pubblica Fg-50 p.lle 353-761-763-1335-1337 – Progetto di itinerario turistico enogastronomico tra Foggia Vetere al Castello Ducale – Programma di Sviluppo rurale della Regione Puglia PSL GAL Alto Salento Scarl 2007-2013 – Asse III – Azione 1 – Misura 313» il parere è stato espresso ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo n° 42 del 22 gennaio 2004 e successive modifiche ed integrazioni – decreto ministeriale 1 agosto 1985 (in allegato); tale autorizzazione presenta evidenti elementi contradditori in quanto nonostante nelle premesse siano riportate le seguenti osservazioni «... omissis ...la proposta progettuale, così come descritta, può essere accolta, perché ritenuta compatibile con i peculiari caratteri paesaggistici del sito, solo per quanto attiene alla sistemazione dei terrazzamenti che dovranno seguire per quanto possibile gli attuali margini di contenimento, limitando inoltre le aree pavimentate alle scale ed alle eventuali rampe per il superamento dei dislivelli. Le restanti superfici dovranno conservare l'assetto naturale, prevedendo la piantumazione di essenza cespugliose e di alberature tipiche dell'agro salentino, salvaguardando la vegetazione esistente ... omissis. ..» ed ancora «... omissis ...conservare il più possibile l'assetto naturalistico del sito e del lotto interessato, che costituisce elemento di mediazione fra l'insediamento urbano e l'agro circostante. Non si condivide invece l'estesa pavimentazione delle porzioni più a valle, e la realizzazione della cavea, valutando detta soluzione del tutto incongrua con la natura dei luoghi, che va invece salvaguardata nella sua caratterizzazione di terrazzamento naturale... omissis. ..» le prescrizioni al parere rilasciato sono solo in parte in linea con dette osservazioni in particolare «... omissis. .. Non sia realizzata la vasta area a valle del lotto, e la cavea, che determinerebbero grave alterazione dei peculiari caratteri paesaggistici del sito. Sia invece confermata la copertura con manto erboso, con eventuale, contenuto rimodellamento del piano. La cavea potrà essere limitata a massimo 3 gradoni con contenimento in pietra a secco e piano erboso, seguendo un andamento meno artificiale di quello proposto... omissis. ..»;
   nella parte finale del medesimo parere si richiede che: «... omissis. .. dovrà essere meglio precisata, in fase di progettazione esecutiva, la soluzione di contenimento del salto di quota in corrispondenza del confine con l'area occupata dal Palazzo Municipale, ora consistenti in un terreno in forte declivio, atteso che nella proposta progettuale esaminata sembrerebbe sostituito da un alto muro (vedi rendering) eccessivamente incombente sull'area da valorizzare... omissis. ..»  –:
   quale sia la ragione per la quale il comune di Ceglie Messapica abbia dato inizio ai lavori nell'area citata senza che la progettazione esecutiva sia stata sottoposta nuovamente al parere della competente soprintendenza anche ai fini della valutazione del contenimento del salto di quota presente in corrispondenza del confine con l'area occupata dal palazzo municipale e quale sia la ragione per la quale la citata soprintendenza sia ad oggi inerte rispetto a un suo preciso dovere. (4-05858)


   OTTOBRE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa sembra che il critico d'arte Germano Celant abbia ottenuto l'incarico per la curatela e la direzione artistica dell'area tematica «Food in Art», da realizzare nell'ambito dell'Expo di Milano 2015, senza una procedura negoziata né previa pubblicazione di un bando, sostanzialmente per chiamata diretta;
   per tale incarico Germano Celant riceverà la somma di 750.000 euro più IVA, da ritenersi assolutamente fuori da ogni ragionevole parametro, con un contratto, firmato il 7 marzo 2013, che è già stato onorato con un anticipo di ben 292.000 euro, protocollato dall'Expo;
   a riprova dell'enormità del compenso accordato al signor Celant è bene ricordare che Massimiliano Gioni ha percepito 120.000 euro per l'organizzazione della Biennale di Venezia e che la stessa cifra è stata stanziata dalla Biennale per il nuovo curatore, Okwui Enwezor, per un incarico che include tutto il lavoro che farà dal momento della nomina alla chiusura della manifestazione, sicuramente un lavoro impegnativo quanto la curatela dell'area tematica «Food in Art»;
   di tale contratto al signor Celant sembra non esserci traccia sul sito dell'Expo 2015, tanto meno delle cifre, tutto questo in un periodo di ristrettezze economiche per l'Italia in cui si chiedono continui sacrifici ai cittadini;
   la vicenda ha sollevato diverse polemiche nei mesi scorsi, anche in ambito internazionale, che si sommano a tutte le altre polemiche e scandali che sono emersi su Expo 2015, e sarebbe opportuno chiarire definitivamente i termini del contratto con Germano Celant per la curatela e la direzione artistica dell'area tematica «Food in Art» –:
   se il Governo sia a conoscenza della questione e se possa essere reso disponibile il documento originario protocollato, relativo al preventivo di spesa prodotto da Germano Celant per il contratto che prevede l'erogazione 750.000 euro per la curatela e la direzione artistica dell'area tematica «Food in Art», da realizzare nell'ambito dell'Expo 2015 di Milano. (4-05866)


   PRODANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la stagione turistica estiva in corso registra un notevole calo delle prenotazioni e delle presenze sia degli stranieri che degli italiani soprattutto nelle località marine e montane;
   in una località solitamente gettonata come Lignano Sabbiadoro, si stima che quest'anno le presenze abbiano subito un calo del 20 per cento – un vero colpo per l'economia di questa meta turistica del Friuli Venezia Giulia – mentre nella vicina Grado solo l'incremento della presenza degli stranieri (+8 per cento secondo Turismo Fvg) ha per ora salvato una stagione ampiamente sottotono. Secondo il Sindacato italiano balneari (FIB), le presenze sulle spiagge del Friuli Venezia Giulia nel mese di giugno scorso solo diminuite del 30 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013 e del 40 per cento a luglio;
   in base a una prima stima di Federalberghi, 28 milioni di italiani andranno in vacanza quest'estate – circa il 47 per cento della popolazione – preferendo però in località estere, mentre sono quasi 30 milioni coloro che rimarranno a casa principalmente per ragioni economiche;
   maltempo e nubifragi sono state le cause principali degli incassi ridotti nel mese di luglio, ancora da quantificare, ma l'instabilità meteorologica si è solo andata a sommare alla stagnazione del settore iniziata da tempo con la crisi economica;
   secondo il «Barometro del turismo – Il trimestre 2014» pubblicato il 22 luglio scorso da Federalberghi, si registra un saldo negativo di 456 imprese tra alberghi ed esercizi complementari che hanno chiuso i battenti nel periodo gennaio-giugno 2014, mentre la bilancia turistica è ancora in attivo per 929 milioni di euro – anche se in calo rispetto al 2013 (-9,7 per cento) – grazie soprattutto alle affluenze straniere;
   i dati sulla domanda per il periodo gennaio-giugno 2013/2014 hanno visto un aumento delle presenze negli alberghi per un complessivo 2 per cento, ma i lavoratori occupati nel settore sono diminuiti nello stesso periodo del 2 per cento (-3,1 per cento a tempo indeterminato e -0,8 per cento a tempo determinato);
   l'andamento del comparto turistico si conferma quindi «a corrente alternata» con il fatturato del primo trimestre 2014 in leggero aumento per i servizi (+1,1 per cento) rispetto all'anno precedente, ma il comparto ricettivo è rimasto sotto la propria media con il +0,9 per cento. Anche i ricavi medi confermano un lieve aumento, probabilmente legato anche alla diversa collocazione nel calendario della Pasqua (fine aprile 2014), controbilanciato però dalla crescita ridotta dei tassi di occupazione che portano a un fatturato complessivo stazionario;
   a seguito del perdurare delle avverse condizioni meteorologiche in quasi tutto il Paese, il 4 agosto scorso la Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) di Trieste, con una lettera alle istituzioni, ha chiesto misure concrete per il rilancio del settore turistico nel 2015 e in particolare: la sospensione per un anno delle rate inerenti debiti, prestiti e/o finanziamenti contratti con istituti bancari o con agenzie per la riscossione, la disapplicazione degli studi di settore per l'anno d'imposta in corso e il differimento dei termini di pagamento di imposte e tributi;
   il 5 agosto 2014 il quotidiano l'Avvenire ha pubblicato l'articolo «Cos’ì l'estate fredda congela il turismo» che riporta l'allarme lanciato da svariate associazioni di categoria – come Assoviaggi-Confesercenti, SIB, FIPE-Confcommercio e Federalberghi – secondo le quali a seguito di due mesi continui di maltempo sono stati persi circa 400 milioni di euro;
   il mese di agosto costituisce da sempre il periodo delle vacanze estive di maggior attrazione per il turismo interno ed internazionale nel nostro Paese, quindi una riduzione delle presenze sarebbe disastrosa per l'intero comparto;
   secondo le stime di Coldiretti, ad agosto quasi tre italiani su quattro rimarranno a casa confermando una stagione non solo deludente ma estremamente critica per tutto il comparto turistico-ricettivo –:
   quali misure urgenti s'intendano adottare per sostenere le strutture ricettive e turistiche durante la stagione estiva in corso, duramente colpite da eventi meteorologici avversi che, sommati alle criticità strutturali, stanno comportando la riduzione delle presenze e delle prenotazioni.
(4-05876)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   risulta agli interroganti che presso il tribunale militare di Verona si è verificato un grave caso di illecito trattamento dei dati personali di un dipendente civile assente per malattia, in quanto il responsabile della gestione del personale civile ha provveduto a contattare telefonicamente il medico che aveva certificato l'assenza per malattia al fine di contestare il mancato rientro in servizio del dipendente medesimo;
   a seguito di segnalazione del 28 maggio 2012 e successivo reclamo del 05 luglio 2013, il lavoratore civile si è rivolto al Garante per la protezione dei dati personali, lamentando che il responsabile della gestione del personale civile del tribunale militare di Verona, ponendosi al di fuori di ogni normativa attinente alla gestione del personale in malattia, avrebbe contattato telefonicamente il medico di base del citato dipendente, contestando il fatto che fosse stato concesso al lavoratore un ulteriore periodo di malattia;
   in forza d'istruttoria esperita dal Garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento del 10 aprile 2014, n. 187, divenuto irrevocabile in quanto non opposto entro i termini concessi, avanti al tribunale civile da parte del Ministero della difesa, il Garante stesso, «ritenuta illecita nei termini di cui in motivazione la comunicazione di dati personali riferiti al reclamante effettuata nell'ambito della comunicazione telefonica intercorsa tra la responsabile del personale del Tribunale militare e il medico che aveva redatto le certificazioni sanitarie (riferite al reclamante), ai sensi dell'articolo 143, comma 1, lettera b) e 154, comma 1, lettera c) del Codice, prescrive al Ministero della difesa — Direzione generale per il personale civile, di adottare opportune misure, idonee a conformare il trattamento dei dati personali alle disposizioni previste dal Codice, con particolare riferimento alla comunicazione di dati personali dei dipendenti» –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta;
   se e quali iniziative intenda promuovere per dare esecuzione al provvedimento del Garante dei dati personali indicato in premessa;
   se e quali iniziative di competenza, anche disciplinare, intenda assumere in ordine all'illecito trattamento di dati personali posto in essere dal responsabile della gestione del personale civile del tribunale militare di Verona. (5-03469)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCHETTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 dicembre 2013 in località Ca’ Gorgolini in appezzamento di terreno di proprietà privata, adiacente alla strada statale 73-bis di Bocca Trabaria in provincia di Pesaro e Urbino, all'altezza della progressiva chilometrica 29+462 lato sinistro, è stato rinvenuto durante le operazioni di aratura del terreno un ordigno bellico inesploso: una bomba d'aereo Mks IV GP Inglese da 500 Lbs (di cui 144 Lbs. di esplosivo ancora attivo);
   in data 7 gennaio 2014 una comunicazione del primo comando forze di difesa di Vittorio Veneto, attivato dalla prefettura di Pesaro e Urbino, ha chiesto considerata la potenziale pericolosità dell'ordigno e il luogo in cui è ubicato, l'attivazione della cosiddetta «procedura complessa» per la bonifica dell'area di ritrovamento dell'ordigno con il coordinamento delle operazioni da parte della prefettura-U.T.G.;
   a seguito del sopralluogo da parte del reggimento genio ferrovieri di Casalmaggiore (Bologna), incaricati per la bonifica di tale ordigno, è emerso, stante l'impossibilità di effettuare il brillamento nel luogo di rinvenimento, che si rende necessario provvedere al disinnesco dell'ordigno nel sito di ritrovamento e successivamente trasportarlo nel sito di brillamento già individuato distante circa 10 chilometri; necessitano una serie di interventi e azioni, i cui costi sono completamente a carico dell'amministrazione comunale di Borgo Pace in provincia di Pesaro-Urbino;
   l'ordinanza prefettizia protocollo 285000/2014/20.2/Prot. Civ. del 6 febbraio 2014, affinché si possa procedere al brillamento in sicurezza dell'ordigno, ha stabilito gli interventi e le azioni seguenti a carico dell'amministrazione comunale di Borgo Pace:
    a) realizzare, a ridosso dell'ordigno, nel luogo di ritrovamento, di un terrapieno alto almeno 4 metri a forma di ferro di cavallo a protezione, in caso di scoppio accidentale degli stabili posti nelle immediate vicinanze;
    b) far stazionare, nel luogo del ritrovamento, una macchina movimento terra con relativo operatore, per il sollevamento e carico su autocarro civile dell'ordigno disinnescato per il successivo trasporto nel luogo di brillamento;
    c) realizzare, nel sito di brillamento, di apposita buca-fornello con profondità di almeno 4 metri e con diametro di almeno 4.00 ml o delle dimensioni tali da evitare rischi di smottamento del terreno al suo interno ove collocare l'ordigno per la successiva detonazione;
    d) far stazionare, nel luogo del brillamento, una macchina movimento terra con relativo operatore, per sollevamento e scarico dell'autocarro dell'ordigno per la definitiva collocazione del fornello di brillamento;
    e) fornire almeno 40 metri cubi di sabbia di fiume per la copertura dell'ordigno nel fornello di brillamento al fine di assorbire l'effetto scheggia e sismico provocato dalla detonazione dello stesso;
    f) stipulare apposita assicurazione RCT contro eventuali danni causati dal brillamento accidentale dell'ordigno alle strutture, fabbricati, impianti, mezzi ed animali durante le operazioni di rimozione delle spolette;
    g) stipulare apposita assicurazione RCT a tutela del personale civile operante nelle fasi di approntamento e realizzazione delle opere necessarie al disinnesco e brillamento dell'ordigno;
   l'esecuzione di tali interventi e azioni a carico dell'amministrazione comunale comporteranno, da una prima stima sommaria dei costi, un onere finanziario valutabile dai 10 mila a 15 mila euro e saranno completamente a carico dell'ente;
   il comune di Borgo Pace è stato comunque costretto a richiedere un rinvio a data da destinarsi in quanto l'ente non è riuscito a stipulare nessuna polizza assicurativa poiché, dopo varie ricerche, nel mercato italiano nessuna compagnia assicurativa si è voluta assumere tale rischio;
   l'ente si è dunque rivolto al mercato inglese presso «Lloyd's» di Londra. Tale compagnia ha accettato di stipulare la polizza assumendosi solo parte dei rischi richiesti dall'ordinanza del prefetto al costo di 33.700,00 euro di premio oltre a 15.000,00 euro di franchigia per un risarcimento massimo di 1.000.000,00 di euro e 50.000,00 euro per ogni singolo risarcimento per un solo giorno di copertura, un contratto che non rispettava quanto richiesto dall'ordinanza della prefettura e che, comunque manteneva i rischi a carico dell'ente;
   l'ente non può supportare un tale esborso avendo infatti una spesa corrente annua di euro 850.000,00 (4,5 per cento solo l'assicurazione). Il comune ha dunque deciso di non assumersi il rischio di compromettere, per i risarcimenti, l'esistenza del comune medesimo –:
   cosa intenda fare il Governo per supportare il comune di Borgo Pace per affrontare tale emergenza e se intenda mettere a disposizione delle risorse finanziarie per il pagamento della polizza assicurativa;
   essendo tali operazioni necessarie per garantire l'incolumità dei cittadine e delle cittadine nonché delle cose circostanti la zona interessata, se il Governo intenda assumere iniziative per eliminare l'obbligo della stipula della polizza assicurativa.
(4-05827)


   RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso:
   la stazione elicotteri di Catania è un'unità della Marina militare, denominata Maristaeli Catania, nel quale lavorano oltre al personale militare anche personale civile;
   si apprende da articolo apparso sul sito www.agenparl.com il 5 maggio 2014 dal titolo «MARINA MILITARE CATANIA: UGL, 59 tra contabili destinati a lavare pavimenti» che è in atto una forte riduzione dei fondi destinati alla esternalizzazione dei servizi di pulizia degli ambienti destinati ad uffici sia per il personale militare che civile;
   a conferma di quanto apparso sull'articolo appena citato, l'interrogante ha avuto accesso ad un documento della STAZIONE ELICOTTERI MM CATANIA a firma del Comandante in 2a C.F. FLORENTINO, n. 112 del 29 aprile 2014, con il quale si argomentano le nuove direttive sulla tenuta del «posto di rassetto e pulizia dei locali di vita e di lavoro» a seguito della netta riduzione dei volumi di servizi di pulizia dati in outsourcing a ditte appaltatrici;
   dall'articolo si diffida la Marina militare a rivedere la comunicazione emanata dal comandante Florentino, in quanto trattasi di sfruttamento del personale, sia civile che militare, obbligati ad un doppio lavoro e per compiti non previsti dal CCNL (nel caso del personale civile). Ciò distogliendo i lavoratori dai propri compiti contrattuali;
   il mantenimento di livelli igienico/sanitari adeguati, attraverso le «pulizie» è a tutti gli effetti un impiego, retribuito e disciplinato da contratti, con mansioni e peculiarità professionali proprie, ciò può tranquillamente innescare un conflitto erariale/amministrativo, in quanto non essendo previsto dal citato CCNL e perciò non remunerato, non può essere attribuito ai dipendenti, «vendendolo» per contributo alla difficile condizione economica;
   si tratta di un contributo, che tra l'altro, introduce un altro conflitto etico/normativo, le specializzazioni, per le quali la Difesa ha investito sul personale e che stride con il mansionamento delle cosiddette «pulizie» (che si differenziano parecchio dal rassetto dei propri alloggi, compresi i locali igienici, per i quali vige un'analogia domestica e, per il quale nessun militare si è mai lamentato o disinteressato) che per quanto pariteticamente funzionale allo svolgimento dei compiti istituzionali consta di un «diverso» possesso di titoli, competenze e responsabilità, risultando pertanto demansionante –:
   a quanto ammontino le somme iscritte a bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016 predisposto da Maricommi (direzione di commissariato) al capitolo 43-41-2 relativo ai servizi di pulizia e igiene ambientale della Marina militare;
   se non ritenga che si stia calpestando la dignità lavorativa del personale di questa base per il quale lo Stato ha investito risorse dei contribuenti, provvedendo a formare persone con professionalità destinata ad altri compiti ed obbligata, invece a doversi impegnare in altre mansioni meno performanti;
   se non ritenga di ripristinare le attività di esternalizzazione dei compiti di pulizia attraverso strumenti come la «permuta» già utilizzata dalla Marina militare su altri fronti. (4-05857)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze per sapere – premesso che:
   Lottomatica Group spa, nell'ottica di sviluppare il business su scala mondiale, cambiava la sua denominazione, a partire dal giugno 2013, in GTECH spa;
   controllata direttamente dal Gruppo De Agostini spa al 53,7 per cento, GTECH spa è oggi leader mondiale, sia come operatore commerciale che come fornitore di tecnologia, nei seguenti settori: lotterie on line, istantanee e tradizionali, concorsi a pronostici, scommesse a totalizzatore e a quota fissa, gaming machine, terminali di gioco, sistemi centrali di controllo, software e servizi associati attraverso canali multigaming, giochi interattivi e servizi commerciali;
   in Italia opera sia in qualità di concessionario esclusivo — per determinati giochi come lotterie istantanee e tradizionali — sia in quanto concessionario non esclusivo per giochi come le scommesse sportive e gli apparecchi da intrattenimento, nonché nel settore dei servizi alle imprese e ai cittadini tramite la controllata Lottomatica Italia Servizi;
   inoltre, è l'operatore leader a livello mondiale nel campo dei sistemi di processing ad alta sicurezza per le Lotterie on line, con attività in circa 60 Paesi in tutto il mondo, oltre a progettare, vendere e gestire una gamma completa di terminali per punti vendita abilitati alla gestione delle lotterie e sistemi centrali, terminali e servizi;
   dopo essersi aggiudicato negli Stati Uniti, in Illinois, la gestione di una lotteria statale, nei giorni scorsi Gtech Azzardo ha effettuato la più grande acquisizione commerciale da quando è iniziata l'attuale crisi economica. Le ultime acquisizioni che si ricordano da parte di una società italiana risalgono ai tempi di Enel ed Endesa nel 2007-2009 (13,5 miliardi di dollari) e di Drs Technologies da parte di Finmeccanica nel 2008 (oltre 5 miliardi di dollari). Questa operazione supera quella appena compiuta dalla Fiat, che per 4,35 miliardi di dollari ha recentemente acquisito il 41,5 per cento di Chrysler non ancora in suo possesso;
   per 6,4 miliardi di dollari la ex Lottomatica comprerà la società di Las Vegas «International Game Technologies», diventando il primo gruppo al mondo nell'intera gamma dei giochi, aggiungendo alla leadership nel settore delle lotterie anche quella delle lotterie delle slot machine, con sede in Gran Bretagna;
   in questo modo una delle storiche famiglie industriali italiane, detentori del marchio «De Agostini», porta a compimento una scalata cominciata nel 2002 con l'acquisizione di Lottomatica e proseguita nel 2006 con l'acquisizione da 4,7 miliardi di dollari dell'americana GTech attraverso cui si compirà questa nuova acquisizione. Al termine dell'operazione, attesa entro la prima metà del 2015, il gruppo De Agostini resterà proprietario del 47 per cento della nuova compagnia, che sarà di diritto inglese e sarà quotata solo a New York;
   si tratta dell'ultima operazione compiuta dai «big» dell'azzardo; i mercati hanno reagito bene, anche perché a differenza del caso Fiat, pone molti meno problemi di personale e di stabilimenti. La nuova società abbandonerà la borsa di Milano per essere quotata a Wall Street, dove la Igt ha fatto registrare un balzo dell'8 per cento;
   l'accordo è l'ultimo di una serie nel processo di consolidamento del settore del gioco alle prese con la rapida crescita dei giochi on line;
   l'obiettivo del gruppo, che finora ha potuto fondare il suo successo sulle cospicue giocate degli italiani, sembrerebbe quello di ridurre l'esposizione al mercato italiano, considerato ormai «maturo». Un modo come un altro per dire che in Italia l'azzardo ha raggiunto un punto di espansione difficilmente superabile. Secondo gli analisti infatti, come ha recentemente ribadito uno studio del Politecnico di Milano, non ci sono molti altri margini di crescita in un settore che vede circolare più di 80 miliardi all'anno;
   questa situazione potrebbe aver spinto la Sisal a rinviare la decisione di quotarsi in Piazza Affari a causa dello scarso interesse degli investitori e forse per questo la multinazionale piemontese ha deciso di rinunciare a quotarsi in Italia;
   «l'operazione», secondo Gtech, «creerà un'azienda leader a livello mondiale nell'intera catena del valore nel settore dei giochi, con un posizionamento unico per capitalizzare le opportunità nei diversi settori del mercato globale»;
   il passaggio di Gtech negli USA potrebbe consentirgli di rifinanziare il suo indebitamento a tassi più convenienti e acquisire la leadership nel mercato dei giochi in Usa, Paese che a differenza dell'Italia ha ancora grandi potenzialità di crescita –:
   se corrisponda al vero il fatto che la nuova holding inglese avrà sedi operative a Roma, Las Vegas e Providence, ma sarà quotata solamente a Wall Street, per cui le azioni di Igt verranno ritirate dal Nyse e lo stesso accadrà per quelle di Gtech, che non scambieranno più a Piazza Affari;
   se non ritengano che questa vicenda possa determinare conseguenze sul gettito fiscale atteso dal Ministero dell'economia e delle finanze.
(2-00655) «Binetti, Dellai».

Interrogazioni a risposta orale:


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un dossier riportato in data 6 agosto 2014 dal quotidiano «La Repubblica» (a firma di Federico Fubini) sui costi di fornitura di energia elettrica nel comune di Perugia si riferisce di un presunto record negativo che spetterebbe alla città;
   non si tiene conto che la realtà è invece totalmente all'opposto e nel pieno rispetto della legge in quanto il, comune di Perugia ha comperato energia a meno dei prezzi garantiti da CONSIP. Infatti, per motivi di trasparenza va anzitutto precisato che la gara europea per l'approvvigionamento energetico espletata nel luglio 2013 prevedeva, come condizione vincolante, che i prezzi offerti fossero al di sotto delle tariffe CONSIP. Il bando europeo richiedeva anche, oltre al risparmio economico, la fornitura di energia esclusivamente proveniente da fonti rinnovabili con garanzia d'origine. Inoltre l'importo a base di gara non era riferito solo all'illuminazione pubblica come erroneamente riportato su La Repubblica – ma a tutte le utenze a carico del Comune (scuole, sedi comunali, semafori, aree verdi, impianti sportivi);
   oggi, grazie alla scelta della giunta comunale precedente e alle risultanze della gara pubblica in questione siamo semmai di fronte ad un grande risultato politico In termini ambientali e di Spending review in quanto, dal 1° novembre 2013, il patrimonio del comune di Perugia è interamente alimentato ad energia elettrica verde certificata, con un risparmio in bolletta di 250.000,00 euro all'anno (rispetto alla precedente fornitura) e, con una riduzione annua di emissioni di CO2 in atmosfera, pari a 12.600 t CO2/anno;
   è evidente che se si tiene conto di tutto ciò ci si dovrebbe chiedere da dove certa stampa assuma le informazioni che poi diffonde creando disinformazione e un gratuito quanto inutile danno di immagine politica e amministrativa alla città;
   al contrario si dovrebbe invece essere portati ad esempio come prima città capoluogo di regione, per aver intrapreso una scelta vantaggiosa per le casse comunali che fornisce al contempo una risposta innovativa utile alla salvaguardia dell'ambiente e a garantire migliori condizioni di qualità della vita –:
   quale sia la fonte degli elementi citati dal commissario Cottarelli alla base dell'articolo del quotidiano «La Repubblica» ed avendo verificato la loro attendibilità, se si ritenga opportuno attivare le necessarie rettifiche a livello di comunicazione. (3-00992)


   CARRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'introduzione dell'IMU con il decreto legge n. 201 del 2011, comunemente noto come «Salva Italia», ha comportato una serie di difficoltà per molti comuni ed in particolare per quelli più piccoli;
   tale difficoltà si è ulteriormente aggravata per quei comuni dell'Emilia Romagna e della Lombardia colpiti dal sisma del maggio 2012;
   con la nuova normativa è stato imposto ai comuni di formulare le previsioni di entrata da iscrivere a bilancio in modo convenzionale;
   ciò è stato fatto utilizzando le stime ministeriali di gettito unitamente alle revisioni di assegnazione dei trasferimenti ministeriali ai fini della redazione del bilancio di previsione;
   ogni variazione di stima dei proventi IMU ha comportato, pertanto, conseguenti variazioni di bilancio per quanto riguarda le spettanze ministeriali in relazione ai tagli previsti dall'articolo 28 del decreto-legge n. 201 del 2011;
   nel corso del 2012 il Ministro dell'economia e delle finanze ha fornito ulteriori stime che avrebbero dovuto, nelle intenzioni, assicurare una maggiore attendibilità delle previsioni rispetto alle valutazioni complessive dell'ammontare del gettito;
   con il presente atto di sindacato ispettivo intendo sollevare, ad esempio, il caso del comune di San Giovanni Del Dosso, in provincia di Mantova, che ha visto, nel periodo maggio/luglio 2012, variare il proprio gettito del 25,50 per cento con una ulteriore correzione ad ottobre 2012 quando l'oscillazione negativa rispetto al periodo precedente è stata del 41,83 per cento;
   gestire politiche di bilancio e fiscali per correggere e allineare le spettanze agli obblighi di accertamento convenzionale, come previsto per legge, ha creato non pochi problemi ad una amministrazione di un piccolo comune come appunto quello di San Giovanni Del Dosso;
   nel giugno 2013 il Ministero ha nuovamente modificato i dati quando il consuntivo era stato già approvato dal, consiglio comunale con un taglio; per quanto riguarda le spettanze ministeriali, pari a 70.861,21 euro, con una ulteriore oscillazione negativa rispetto all'ottobre del 2012 pari al 45 per cento;
   a questa riduzione di risorse il comune in questione ha dovuto farti fronte aumentando ulteriormente l'addizionale comunale Irpef;
   solamente ad ottobre 2013 il Ministero ha reso noto ai comuni le stime di gettito IMU per l'anno 2013 e le rispettive spettanze ministeriali per la stessa annualità;
   questo ha comportato per il comune di San Giovanni Del Dosso un ulteriore taglio delle spettanze ministeriali di 70.428,08 euro;
   questo significa che, nel corso del biennio 2012/2013, il comune di San Giovanni Del Dosso ha visto un taglio delle spettanze ministeriali pari ad oltre 140 mila euro;
   tale situazione è resa ancor più grave dalla mancata erogazione dei finanziamenti relativi al processo di ricostruzione post-sisma maggio 2012;
   in questo modo rischiano di essere pregiudicati i servizi essenziali per la comunità e diventa alquanto difficile procedere ad un ulteriore aumento delle tasse comunali in quanto il processo di riduzione dei trasferimenti non è affatto compensabile;
   tale situazione riguarda non solo il comune citato ma molti altri piccoli comuni colpiti dall'evento sismico del 2012;
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di porre in essere, a partire dalla legge di stabilità per il 2015, meccanismi di correzione perequativi rispetto alle previsioni di entrata iscritte a bilancio in modo convenzionale concernenti l'imposta municipale unica, garantendo, comunque, maggiori risorse alle casse dei piccoli comuni colpiti dal sisma del 2012. (3-00993)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE, AMATO e BATTAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la nota del Ministero dell'economia e delle finanze del 28 luglio 2014 riporta testualmente «Si comunica che, tenuto conto della normativa in vigore, ai fini della cessione del credito a banche e intermediari finanziari abilitati, per poter beneficiare della garanzia dello Stato, le imprese devono disporre della certificazione del credito stesso. Possono sin d'ora presentare istanza tramite il sito http://certificazionecrediti.mef.gov.it»;
   tale disposizione fa seguito agli impegni assunti nel protocollo sottoscritto il 21 luglio 2014 dal Ministro Padoan, da Cassa depositi e prestiti s.p.a e dai rappresentanti di regioni, province, comuni, imprese, ordini professionali e banche;
   per poter beneficiare della garanzia assistita dello Stato per la cessione del credito fatta ai sensi del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito dalla legge 23 giugno 2014 n. 89, bisogna certificare il credito per il tramite della citata piattaforma on line entro il 23 agosto 2014;
   molti operatori si trovano in difficoltà poiché non è stata data diffusione delle banche convenzionate e abilitate;
   si tratta di uno strumento molto importante che consentirebbe a molte cooperative di avere una boccata di ossigeno anche a fronte di impegni non ottemperati da parte delle pubbliche amministrazioni in termini di rispetto dei pagamenti;
   i soggetti interessati hanno pertanto poco tempo per potersi avvalere di questo strumento che tra l'altro cade in pieno periodo estivo e in diversi casi già vengono segnalate disfunzioni e cattivi funzionamenti della piattaforma con notevole disagio per gli operatori di società e cooperative che hanno lavoro da portare avanti;
   tali operatori si trovano pertanto stretti nella morsa di avere la necessità di liquidità e poco tempo da dedicare agli adempimenti burocratici per mancanze che non sono addebitabili a loro –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tali disagi e se non intendano altresì intervenire per facilitare il compito di questi utenti al fine di consentire il pieno e ottimale utilizzo della piattaforma del Ministero dell'economia e delle finanze e ottenere la garanzia del credito da parte dello Stato magari con un maggiore supporto informativo e un migliore funzionamento della piattaforma stessa. (5-03458)


   PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione di Piacenza e Vigevano è un ente legato alla Cassa di risparmio di Piacenza e di Vigevano ed è stata istituita nel 1991; come recita il comma 2 dell'articolo 1 dello statuto, la Fondazione è una persona giuridica privata, «senza fini di lucro», e sviluppa iniziative in ambito culturale e socio assistenziale all'interno dell'area territoriale compresa nella provincia di Piacenza ed il comune di Vigevano;
   il patrimonio netto ha subito nel corso degli anni una evidente contrazione, toccando quota 347 milioni di euro, come risulta dal bilancio di esercizio 2013;
   domenica 20 luglio e venerdì 1o agosto 2014, rispettivamente il Corriere della Sera e L'Espresso hanno dedicato ampi spazi alla preoccupante situazione in cui versa la Fondazione, sottolineandone la discutibile gestione attraverso vari esempi di maldestre operazioni finanziarie, tra le quali la presunta opera filantropica (come era stata annunciata) dei titoli finiti a Gibuti in una banca privata; i 200 milioni di euro in titoli trasferiti in Svizzera con lo scopo di ottenere una proposta di investimento; l'operazione in Banca Monte Parma, costata 50 milioni di euro in termini di svalutazione delle partecipazioni (24 nel 2011 e 28 nel 2012);
   ad esse si aggiungono altre operazioni, tra cui l'intricata questione del titolo fresh, acquisito con contratto Swap con JP Morgan su consiglio della società Prometeia, poi oggetto di una azione giudiziaria civile (secondo il Corriere della Sera del 31 gennaio 2013, dall'operazione sarebbe scaturita una minusvalenza di 10 milioni di euro);
   l'eccessiva leggerezza nell'avallare alcune operazioni finanziarie, unitamente all'instabilità dei mercati, ha determinato serie difficoltà di gestione dell'ente, come dimostrano prima le dimissioni del presidente Scaravaggi e del vicepresidente Anselmi, poi dell'intero consiglio d'amministrazione;
   quanto suesposto, a giudizio dell'interrogante, desta inevitabili preoccupazioni sia sotto il profilo dell'operatività sia sotto il profilo delle responsabilità ricadenti sui soggetti preposti alla valutazione e al controllo delle scelte di investimento –:
   se sia al corrente delle informazioni riportate in premessa, se non ritenga, nella sua qualità di soggetto vigilante sulle fondazioni bancarie, di avviare un'approfondita ispezione sulla gestione della Fondazione, tesa a verificarne il reale stato patrimoniale, ad individuare eventuali profili di illiceità nell'attività di gestione e a far emergere possibili legami di rilevante natura economico-finanziaria tra i membri del consiglio, incompatibili con le opportunità di investimento dell'ente stesso, e se non consideri opportuno promuovere l'adozione di un codice etico che vincoli i membri dei Consigli delle fondazioni alla trasparenza, anche in considerazione del fatto che le fondazioni gestiscono risorse della comunità. (5-03476)


   MUCCI, ARTINI, CORDA, PAOLO BERNINI, FRUSONE, BASILIO, TOFALO e RIZZO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 1, della legge 9 luglio 1990, n. 185 recante «Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento» stabilisce che le operazioni di importazione, esportazione e transito di materiali di armamento «vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Al comma 6, invece, la legge impone il divieto di vendere armi a Paesi in stato di conflitto armato;
   l'Italia è il maggiore esportatore dell'Unione europea di sistemi militari e di armi leggere verso Israele: si tratta di oltre 470 milioni di euro di autorizzazioni per l'esportazione di sistemi militari rilasciate nel 2012 (dati del Rapporto UE) ed oltre 21 milioni di dollari di «armi leggere» esportate nel quinquennio dal 2008 al 2012 (dati Comtrade);
   secondo i dati delle autorizzazioni per le esportazioni definitive autorizzate dal Ministero dell'economia e delle finanze in base alla legge n. 185 del 1990, UniCredit riporta nel 2012 un aumento delle autorizzazioni imputabile per euro 469,2 milioni (87 per cento) ad un'unica operazione per la fornitura di 30 velivoli da addestramento M346 e relativi sistemi, servizi e supporto tecnico da parte di Alenia Aermacchi (società di Finmeccanica) al Ministero della Difesa di Israele. L'operazione, parte dell'accordo di collaborazione tra il Governo Italiano e quello Israeliano firmato a luglio 2012, che prevede il supporto di Sace spa e Cassa depositi e prestiti spa, società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   di fatto, l'accordo per circa un miliardo di dollari relativo agli aerei addestratori M-346 per i piloti dei caccia d'attacco F-35, che Israele ha intenzione di acquisire dalla Lockheed Martin in cambio dell'acquisto da parte dell'Italia di un pacchetto da un miliardo di euro di velivoli senza pilota e altro materiale bellico, rappresenta un mutamento considerevole nella politica estera del nostro Paese: negli ultimi 20 anni le esportazioni di armi dall'Italia verso Israele infatti erano state quanto mai contenute;
   il velivolo M-346 non è solo un aereo per l'addestramento dei piloti: come spiega la brochure ufficiale di Alenia Aermacchi «dall'inizio del programma, l'M-346 è stato concepito con l'aggiunta di capacità operative, con l'obiettivo di fornire un aereo da combattimento multiruolo molto capace, particolarmente adatto per l'attacco a terra e di superficie compreso il CAS (Close Air Support), COIN (COunter INsurgency) o anti-nave, nonché le missioni di polizia aerea». L'accordo congiunto Italia-Israele, data la rilevanza finanziaria dell'operazione e le implicazioni sulla politica estera del nostro paese, ha sollevato le proteste delle associazioni varesine e nazionali che da tempo hanno promosso la mobilitazione «Nessun M-346 a Israele»;
   dalla relazione del Ministero dell'economia e delle finanze predisposta dal dipartimento del tesoro (Direzione V) manca anche quest'anno il «Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito» che è stato presente nelle Relazioni governative dai tempi dei Governi Andreotti fino all'insediamento dell'ultimo governo Berlusconi nel maggio del 2008: Come Unimondo ha prontamente documentato (ricostruendo i vari passaggi della vicenda), a partire dalla relazione inviata al Parlamento dal governo Berlusconi il 6 maggio 2008, il «Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito» è stato sostituito dal «Riepilogo in dettaglio suddiviso per Aziende» che non riporta però l'elenco delle singole operazioni autorizzate agli Istituti di credito per le esportazioni di armamenti italiani. La sostituzione, mai giustificata al Parlamento, ha sottratto informazioni di primaria importanza alla Campagna di pressione alle «banche armate»: proprio in quel periodo, infatti, la Campagna cominciava a raccogliere i frutti della propria azione di pressione sugli istituti di credito a cui aveva chiesto di regolamentare e rendere più trasparenti i finanziamenti e i servizi offerti all'industria militare e al commercio di armi;
   diversi e importanti gruppi bancari italiani hanno infatti risposto positivamente alle richieste della Campagna «banche armate» emanando direttive rigorose e restrittive in materia o sospendendo del tutto i servizi e i finanziamenti al settore dell'export di sistemi militari;
   uno stralcio del codice etico di Generali, uno dei più importanti gruppi di assicurazione nazionale, vieta operazioni in armi:
  «Sono in particolare proibiti investimenti in strumenti finanziari emessi da società che, direttamente o attraverso controllate:
   producono armi che nel loro uso normale possono violare principi umanitari fondamentali (bombe a grappolo, mine antiuomo, armi nucleari, ecc.);
   vendono armi o materiale militare a Stati compresi nella lista delle Nazioni Unite sull'embargo delle esportazioni di armi, pubblicata da Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI);
   sono coinvolte in gravi o sistematiche violazioni dei diritti umani, gravi danni ambientali, gravi episodi di corruzione o altre violazioni gravi di norme etiche fondamentali;
   come osservato, così facendo il Gruppo vuole non soltanto escludere il rischio di essere coinvolto in attività non conformi ai propri principi, ma anche influire sui comportamenti delle società emittenti»;
   la SACE SpA, acquistata da Cassa depositi e prestiti in data 9 novembre 2013 e da essa controllata al 100 per cento, offre servizi di export credit, assicurazione del credito, protezione degli investimenti all'estero, garanzie finanziarie, cauzioni, factoring e sostiene la competitività delle imprese in Italia e all'estero, operando in 189 Paesi e garantendo flussi di cassa stabili e trasformando i rischi di insolvenza delle imprese in opportunità di sviluppo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato;
   se il Governo intenda ripristinare l'uso e fornire prontamente il «Riepilogo in dettaglio suddiviso per istituti di Credito» dove siano poste in evidenza le singole operazioni autorizzate agli istituti di credito per le esportazioni di armamenti italiani per contrastare il pericolo di favorire i gruppi bancari esteri che operano in Italia e soprattutto quelli che non hanno emanato direttive e non offrono alcuna rendicontazione sulle operazioni finanziarie nel settore degli armamenti e sulle esportazioni di sistemi militari;
   quali iniziative, il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda assumere affinché la SACE e società similari non supportino operazioni in armi.
(5-03478)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   alla prima pagina del «Rapporto Giavazzi», consegnato all'allora Governo Monti, viene riportato che «seppure tagli alla spesa pubblica possano ridurre il reddito di particolari settori della società, una riduzione della spesa nel suo complesso, se destinata a diminuire la pressione fiscale, ha effetti espansivi sull'economia. Non si deve quindi cedere alla tentazione di riallocare la spesa, tagliando spese meno efficienti per finanziarne altre, apparentemente più efficienti. A parte il rischio che le riallocazioni rispondano ad interessi particolari, anziché a criteri di efficienza, è solo utilizzando una riduzione della spesa per finanziare una corrispondente diminuzione della pressione fiscale che si favorisce davvero la crescita» –:
   se si condivida tale impostazione e, in caso affermativo, secondo quali modalità la si stia attuando. (4-05859)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PARISI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la cooperativa agricola residenziale «il Forteto», operativa in provincia di Firenze dall'anno 1977, ha accolto negli anni numerosi minorenni affidatigli dal Tribunale dei minori di Firenze, ed è stata in passato e di recente, al centro delle cronache giornalistiche, per diverse vicende giudiziarie, la prima delle quali si è conclusa nell'anno 1985 con sentenze di condanna passate in giudicato a carico di due dei fondatori: Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, per «sottrazione consensuale e corruzione di minorenne»;
   a tale ordinanza, ha fatto seguito nell'anno 2000 una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato per la mancata vigilanza nelle pratiche di affidamento di minori nei riguardi della medesima azienda agricola;
   nel dicembre del 2011 a seguito di sette querele e numerose denunce venne disposta la custodia cautelare in carcere per il suindicato Fiesoli e al contempo furono avviate le indagini, che si conclusero nell'ottobre successivo e il 27 dicembre dell'anno successivo, furono emessi 23 rinvii a giudizio nei confronti dei medesimi fondatori della cooperativa agricola di altri 21 soci, con diversi capi d'imputazione fra cui maltrattamenti, abusi sessuali, commessi all'interno della medesima struttura;
   la procura di Firenze contemporaneamente, consegnò a quella di Genova, la documentazione relativa alle ipotesi di reato a carico di magistrati fiorentini, poiché durante le testimonianze sarebbe emersa una frequentazione della cooperativa, con tanto di accettazione di regalie, da parte di questi ultimi;
   il processo a carico dei suddetti imputati si avviò nel febbraio 2013 con l'udienza preliminare ed attualmente il processo risulta essere in avanzato stato dibattimentale;
   l'interrogante segnala che la corte d'appello di Firenze, il 24 luglio 2014 attraverso i magistrati Fabio Massimo Drago, Maria Cannizzaro e Silvia Martuscelli, ha accolto le istanze di ricusazione del presidente del collegio giudicante del procedimento Marco Bouchard, presentate dai legali di Fiesoli, motivate con una presunta anticipazione di giudizio manifestata nel corso delle udienze da parte di quest'ultimo;
   l'interrogante evidenzia a tal fine come il conseguente rallentamento dell’iter processuale rischia tuttavia di far cadere in prescrizione numerosi reati ascritti agli imputati;
   la relatrice della citata ordinanza della corte d'appello, Maria Cannizzaro, rileva inoltre l'interrogante, che ha ricoperto negli anni passati il ruolo di giudice e, anche se per un breve lasso di tempo, di presidente del tribunale dei minori di Firenze e ha inoltre nel corso della sua attività firmato atti che hanno avuto come esito l'affidamento di minori presso il «Forteto»;
   dalle recenti cronache giornalistiche è emerso fra l'altro che la procura di Genova avrebbe aperto un fascicolo per una valutazione dell'operato dei giudici del tribunale dei minori di Firenze in merito alle pratiche di affidamento di minori al «Forteto»;
   la suesposta vicenda, a parere dell'interrogante, impone una serie di chiarimenti anche in tempi rapidi, considerando sia il rischio che il processo possa giungere ad una prescrizione a seguito della ricusazione presentata dai legali di Fiesoli e successivamente accolta dai giudici, che ha determinato la non prosecuzione dell'esame processuale da parte del presidente del collegio Bouchard, sia i riflessi su uno dei princìpi fondamentali del diritto processuale quale l'imparzialità e la terzietà del giudice, sancito dal brocardo Nemo iudex causa propria, che sembra stante quanto in precedenza esposto non essere stato rispettato adeguatamente –:
   quante siano le istanze di ricusazione accolte dalla corte d'appello di Firenze nel corso degli ultimi dieci anni;
   se intenda valutare i presupposti per disporre accertamenti preliminari presso gli uffici giudiziari descritti in premessa.
(5-03464)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con i decreti legislativi 7 settembre 2012, nn. 155 e 156, è stata data attuazione alla delega al Governo contenuta nella legge 14 settembre 2011, n. 148, per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari;
   i due decreti disciplinano, rispettivamente, la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero e la revisione delle circoscrizioni giudiziarie - uffici dei giudici di pace;
   la stessa legge n. 148 del 2011 aveva previsto la possibilità che entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti delegati il Governo apportasse disposizioni integrative e correttive degli stessi decreti;
   in ottemperanza a tale previsione è stato adottato il decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 14, recante «Disposizioni integrative, correttive e di coordinamento delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155, e 7 settembre 2012, n. 156, tese ad assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari», ma sino al settembre 2014 sarà ancora possibile adottare ulteriori provvedimenti correttivi;
   il 13 settembre 2013 il Ministro della giustizia ha emanato un decreto per rinviare di due anni la chiusura di otto tribunali, al fine di consentire il completamento della trattazione dei procedimenti civili ordinari e delle controversie in materia di lavoro, di previdenza e assistenza obbligatoria pendenti a quella data, tra i quali figura anche quello di Rossano, in provincia di Cosenza;
   il 19 settembre 2013 è stato istituito un gruppo di lavoro con l'obiettivo di verificare la natura e i tempi degli effetti applicativi del nuovo assetto territoriale sull'operatività degli uffici giudiziari;
   i compiti del gruppo di lavoro non si esauriscono in una mera attività di monitoraggio delle problematiche applicative eventualmente sorte in sede di attuazione delle riforme, ma prevedono anche l'individuazione di soluzioni organizzative e normative per superare le eventuali criticità emerse;
   anche le situazioni specifiche dei tribunali individuati con il decreto ministeriale del 13 settembre 2013 potranno costituire oggetto di valutazione alla luce delle verifiche di funzionalità che emergeranno dall'attività del gruppo di lavoro;
   il tribunale di Rossano risponde a tutti i criteri oggettivi di salvaguardia previsti dalla legge delega, e la Commissione europea per l'efficienza della giustizia, nelle linee guida di giugno 2013, ha riconosciuto espressamente la specificità del tribunale di Rossano quale avamposto della legalità nella lotta alla criminalità, giustificandone la necessaria permanenza;
   nei giorni scorsi è circolata la notizia che il Governo avrebbe escluso la possibilità di un ulteriore decreto correttivo da adottare entro settembre, ribadendo la necessità di una nuova delega;
   con specifico riguardo al tribunale di Rossano il Ministro avrebbe tuttavia annunciato l'intenzione di disporre un supplemento ispettivo rispetto ai risultati già resi noti dalla commissione che non lasciavano grossi margini per la riapertura della sede del palazzo di giustizia», al fine di valutare se esistano «degli elementi per disporre una modifica al decreto»;
   il tribunale di Rossano copre le esigenze di un vasto e complesso comprensorio che comprende non solo l'area urbana Rossano-Corigliano ma anche i paesi montani dell'entroterra, con un bacino complessivo d'utenza pari a circa duecentomila persone, e all'interno del quale Rossano e Corigliano sono stati individuati quali territori ad alto tasso di criminalità, e la sua definitiva chiusura penalizzerebbe il territorio senza alcun beneficio di carattere economico e di efficienza ma anzi determinando un aggravio di tempi e costi a carico dello Stato e dei cittadini –:
   quali siano gli esiti del supplemento d'indagine annunciato e di cui in premessa e quali ulteriori iniziative intenda assumere per scongiurare la chiusura definitiva del tribunale di Rossano. (4-05865)


   RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 agosto 2014 il Governo ha nominato il commissario per la costituzione del Parco nazionale della costa teatina, al quale spetterà innanzitutto il compito di provvedere alla perimetrazione del Parco e poi della sua zonizzazione, individuando le diverse misure di tutela e salvaguardia da applicare;
   la tutela del tratto di costa in questione avrebbe potuto essere ugualmente ottenuta attraverso l'adozione di adeguati strumenti urbanistici, senza l'aggravio di procedure e di costi costituito dalla creazione dell'apposito Parco e della citata nomina del commissario responsabile –:
   in base a quali criteri sia stato scelto il commissario di cui in premessa e quali saranno gli emolumenti che percepirà.
(4-05874)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   in questi giorni è in corso la trattativa tra i vertici di Etihad e quelli di Alitalia per la cessione del 49 per cento delle quote della compagnia aerea italiana al vettore degli Emirati arabi uniti allo scopo di costituire un nuovo soggetto imprenditoriale nel quale confluiranno sia Alitalia che Etihad;
   mentre Etihad conferirà in moneta l'importo pari al 49 per cento delle quote del nuovo soggetto, Alitalia-Cai dovrebbe confluire con il proprio know-how e asset strategici a condizione di licenziare 2251 lavoratori tra personale di cabina, tecnico e di terra;
   secondo quanto riporta la stampa in merito agli argomenti sul tavolo della trattativa, i possibili acquirenti lamenterebbero esuberi di personale, ma, contestualmente, promettono incrementi di attività nei prossimi 2/3 anni intesa come numero di aeromobili al netto delle dismissioni di alcuni di essi con effetti moltiplicativi sull'occupazione tale da più che compensare gli esuberi richiesti come «condicio sine qua non»;
   a giudizio dell'interpellante il programma di sviluppo indicato dagli accordi per il nuovo soggetto è quanto mai vago e non ben precisato: si parla di rilancio del Cargo su Malpensa, riallocamento di aeromobili e rotte a favore delle più profittevoli, nonché potenziamento dello scalo di Fiumicino con attenzione a Linate ed al traffico interno;
   sembrerebbe si voglia fare tutto ciò che sino ad ora non si è mai fatto e condensarlo in un paio di anni;
   l'accordo per il personale in esubero appare all'interpellante un'opera di alchimia giuslavoristica i cui risultati tangibili sono le azioni legali messe già in atto da parte dei dipendenti licenziati a causa della indeterminatezza dei principi portanti il processo di passaggio dall'attuale al nuovo soggetto;
   tra gli argomenti sul tavolo della trattativa non viene mai menzionato il TFR, né si fa riferimento a come la presa di coscienza di tale risorsa possa impedire una esplosione e/o implosione del sistema dei trasporti nazionali e tutelare la parte del personale eccedente nonché favorire una partecipazione diretta dei dipendenti alla guida aziendale prendendo ad esempio realtà aziendali di livello europeo ed internazionale con esiti vincenti in termini di concorrenza e di mercato e condivisi con i lavoratori;
   non si capisce, a giudizio dell'interpellante, perché Etihad voglia garantire un'aliquota di 200 dipendenti (personale di cabina e tecnico) da riallocare presso le proprie strutture (Abu Dabi, Dubai) e non si insista a voler trattenere lo stesso personale per progetti di espansione della nuova AZ utilizzando strumenti a garanzia per l'impegno finanziario da utilizzare per garantire i lavorati con proprio rischio (TFR a garanzia) e facendo in modo di mantenere lo stesso personale qualificato e tra i migliori presenti sul mercato a disposizione dell'azienda;
   non si conoscono le garanzie che Etihad sta prestando per il suo piano di investimenti da 569 milioni di euro e, soprattutto, quale sarà il prezzo da pagare per questa partnership in termini concorrenziali nel breve e nel medio periodo dato che la ristrutturazione delle rotte prevede dei tagli sostanziali a rotte, definite in perdita. Orbene la perdita non la si vuole discutere o difendere ma ciò che rimane da valutare attentamente è l'impatto complessivo che un ridimensionamento aziendale in termini di offerta di mercato può avere sulle rotte definite più profittevoli (se si tagliano collegamenti nazionale e/o internazionali ci si chiede cosa sceglieranno quei passeggeri che utilizzavano i voli intercontinentali di AZ per raggiungere le destinazioni che saranno eliminate e con quali ricadute sulle stesse tratte ad oggi ritenute profittevoli);
   l'Italia non ha alcuna garanzia che tra 2/3 anni non si verificherà una nuova crisi aziendale, ad oggi alquanto probabile;
   i quesiti che i rappresentanti del Governo italiano e quelli sindacali dovrebbero porre al tavolo delle trattative con i rappresentanti della proprietà sono quelli riguardanti il perché vi sono questi dichiarati esuberi a fronte di una sostanziale ipotesi di sviluppo e perché si parla di esuberi e riduzioni di retribuzione per il 2014, già impugnati dai dipendenti perché ritenuti illegittime quando si propongono assunzioni presso alcune basi di Etihad a condizioni economiche non definite ma che potrebbero essere anche ben più favorevoli;
   il sistema produttivo e aziendale di Alitalia-Cai va cambiato, come vanno cambiate le relazioni industriali, ma si deve conservare e difendere un settore strategico come quello dei trasporti e non si deve mortificare la dignità dei lavoratori, ridotti a pura merce di scambio quantificabile esclusivamente per mero interesse di profitto solo dichiarato quindi prospettato e promesso ma purtroppo da troppi anni miseramente mai realizzato;
   anche Air France, British Airways e Luftanza hanno effettuato drastiche ristrutturazioni ma con la consapevolezza che il trasporto aereo è un asset strategico nazionale e che il personale dipendente deve essere sempre messo al centro delle ristrutturazioni aziendali nella consapevolezza che ne rappresenta il valore aggiunto e nel pieno rispetto dei dettami sulla concorrenza europea stabiliti dall'Unione europea;
   stante la situazione di stasi in Alitalia per ciò che riguarda i criteri di assegnazione degli esuberi (anzianità, reparto o altro) una proposta che potrebbe essere avanzata al solo fine di salvaguardare i livelli occupazionali e mantenere gli standard di efficienza del personale Alitalia potrebbe riguardare l'utilizzo, con relativa capitalizzazione, del TFR aziendale;
   il valore del TFR aziendale annuo per gli attuali 13 mila dipendenti Alitalia, supererebbe i 200 milioni di euro. Orbene il fabbisogno di risparmio per il personale dichiarato da Etihad per il 2014 è di circa 30 milioni di euro;
   Etihad, in sede di trattativa, avrebbe posto solo un problema di costi del personale e di esuberi e non anche di riduzione dell'operatività in termini assoluti (dismissione di aeromobili e di tratte);
   si potrebbe: convertire una parte del TFR dei dipendenti in prestito obbligazionario a scadenza biennale e/o quinquennale a «0» interessi o convertire una quota dello stesso TFR per l'acquisizione di una parte del capitale azionario del nuovo soggetto. Poste italiane a fronte di un investimento di circa 60 milioni di euro ha acquisito una partecipazione del 20 per cento circa. Con un apporto di 30 milioni di euro dalle quote di TFR si potrebbe acquisire una quota pari ad un 10 per cento da riscattare ad acquisizione dei livelli di sviluppo programmati e raggiunti;
   impegnare lo stesso TFR per la copertura degli emolumenti/stipendi al 50 per cento (contribuzione inclusa) ed utilizzare altre forme contributive in essere per eventuali coperture del fabbisogno reale;
   inserire gli esuberi in pianta stabile dentro il sistema Alitalia, occupabili a discrezione e/o «rolling» in relazione alle necessità operative;
   lo Stato dovrebbe intervenire per la copertura della parte contributiva su base fissa al fine di garantire la continuità di maturazione dei contributi minimi per categoria lavorativa per il periodo corrispondente alla durata del prestito obbligazionario ed, alla scadenza dello stesso e verificati gli obiettivi dell'azienda in termini di crescita ed occupazionali, il TFR destinato al prestito obbligazionario dei dipendenti riassunti in pianta stabile dovrebbe essere restituito ai dipendenti includendo e preservando eventuali scatti di anzianità;
   agli eventuali esuberi non reintegrabili della quota rimanente verrà riconosciuto il TFR residuo e garantiti 3 anni di mobilità;
   una soluzione di questa portata sarebbe irrealizzabile nel caso in cui Etihad fosse incapace di sviluppare business ossia di valutare il piano di sviluppo con specifico riferimento ai target annuali triennali e quinquennali ed in mancanza di un accordo con le parti sociali per la definizione di un piano «esuberi-rolling o analoga soluzione» che presupponga un periodo di valutazione interna dei dipendenti che prescinda necessariamente da criteri meramente oggettivi quali anzianità o altro;
   si potrebbe proporre ad Etihad di procedere, con personale proprio e/o esterno ad Alitalia/Cai, a valutare qualitativamente ed in termini di produttività ogni singolo dipendente in modo tale da premiare realmente chi merita e di fornire una possibilità a chi abbia mostrato capacità, spirito aziendale ed abnegazione, a prescindere dall'anzianità o da altri criteri «esogeni». Tutto ciò in modo chiaro e trasparente (cartelle di valutazione del personale, rapporti sugli stessi, eventuali encomi e/o provvedimenti disciplinari);
   l'interpellante oltre a cercare di favorire un processo di integrazione ed evoluzione dell'attuale situazione del trasporto aereo italiano ed in Italia, vorrebbe capire a fondo la progettualità di Etihad ed evitare che una compagnia straniera attinga il meglio della ex-compagnia di bandiera italiana (slot, traffico business, eccellenze lavorative);
   gli interpellanti valutano negativamente la recente inaugurazione del nuovo volo Etihad «Roma-Abu Dabi», volo che avrebbe potuto essere operato con aeromobile ed equipaggi di Alitalia. Si può immaginare quanti aeromobili, quanti equipaggi e quanto personale avrebbe potuto essere impiegato da Alitalia riducendo, così, la quota degli esuberi annunciati –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interpellati affinché le parti coinvolte nella trattativa in corso addivengano alle soluzioni esposte in premessa.
(2-00658) «Catanoso».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENSORE e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Joppolo è un comune situato sulla costa della provincia di Vibo Valentia, il territorio di maggiore vocazione turistica della Calabria;
   da Joppolo transitano quotidianamente circa 15 treni regionali nei giorni feriali e 11 nei giorni festivi;
   fino al 14 giugno 2014 nella locale stazione fermavano solo due treni: il R12654 e il R12669, al fine di consentire agli studenti di Joppolo di poter frequentare le scuole superiori a Tropea;
   i due regionali R12654 e R12669 rappresentano, in pratica, l'unico mezzo pubblico funzionante, anche in ragione dell'interruzione per alcuni mesi della SP23 che collega Joppolo con Tropea;
   il 16 giugno 2014 la corsa R12669 veniva cancellata e, nonostante una petizione firmata da oltre 70 cittadini ne chiedesse alla regione Calabria e a Trenitalia l'immediato ripristino, il suddetto treno dovrebbe tornare a circolare solo a partire dal 14 settembre 2014 in concomitanza con la riapertura delle scuole;
   un'altra petizione, firmata anch'essa da numerosi pendolari (tra cui numerosi studenti universitari) chiedeva alla regione Calabria ed a Trenitalia, di prevedere la fermata di altri treni regionali in aggiunta ai due R12654 e il R12669, che transitano nella stazione di Joppolo al fine di consentire i collegamenti con Rosarno e Lamezia Terme;
   in pratica, ad oggi, il comune di Joppolo non è collegato dai mezzi pubblici e per recarsi da e per Lamezia e Tropea occorre servirsi della stazione di Nicotera distante 8 chilometri da Joppolo;
   ciò crea disagi notevoli non solo ai pendolari ma anche ai turisti non automuniti che non possono raggiungere Joppolo, con grave danno per l'economia del comune;
   alle due petizioni faceva seguito il 24 luglio 2014 un comunicato diffuso sulla stampa locale nel quale Trenitalia precisava che la responsabilità della situazione venutasi a creare era da attribuirsi alla sola regione Calabria che stabilisce frequenza delle corse, fermate e caratteristiche dei treni;
   la regione Calabria, dal canto suo, ha sempre ribadito che l'organizzazione del servizio è una competenza specifica di Trenitalia e che i contratti di servizio prevedono il pieno rispetto delle esigenze di mobilità del territorio;
   appare assurdo che, proprio, nel momento in cui si apre la stagione estiva nell'area a più forte vocazione turistica dell'intera regione Calabria e tra le più importanti nell'intero Mezzogiorno, la frequenza dei collegamenti ferroviari, invece di essere aumentata, sia decurtata;
   a rendere la situazione paradossale è anche la circostanza che i treni serali diretti a Lamezia che transitano per Joppolo senza fermarsi sostano nella stazione successiva anche oltre 5 minuti, per cui è facile comprendere che un'organizzazione diversa e più rispondente alle esigenze di mobilità del territorio renderebbe il servizio più efficiente ed economicamente più vantaggioso per la stessa Trenitalia –:
   se le responsabilità del disservizio che si è venuto a verificare in quella realtà siano attribuibili a Trenitalia;
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di porre rimedio alla situazione che si è venuta a determinare. (5-03451)


   DISTASO, CASTIELLO e VELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 172 (cosiddetta «dei Trulli») è una importante via di comunicazione che unisce Taranto a Casamassima, ove si raccorda alla strada statale 100 che da Taranto conduce a Bari. Tale strada, nel suo primo tratto (Taranto-Orimini) è già stata oggetto, ormai molti anni fa, di lavori di adeguamento ed allargamento della sede e, attualmente, si presenta a quattro corsie; il restante percorso, invece, nonostante l'intenso traffico che l'attraversa, soprattutto durante i mesi estivi, è tuttora a due sole corsie ed è appunto oggetto dei lavori di allargamento e messa in sicurezza finanziati con la convenzione sopra citata, lavori attualmente in fase di avanzata progettazione;
   in data 21 novembre 2003 veniva sottoscritta fra la regione Puglia e l'ANAS una convenzione che prevedeva tra l'altro due importanti interventi sulla strada statale 172, ovvero l’«Adeguamento e ammodernamento in sede ed in variante – IV corsia Orimini superiore», dell'importo di 15.494 milioni di euro, nonché i «Lavori di costruzione della variante di Martina Franca e del tronco Casamassima-Putignano» dell'importo di 35.537 milioni di euro, entrambi con finanziamento ad intero carico dell'ANAS;
   il CIPE nella seduta del 24 marzo 2012 ha assegnato 20 milioni di euro per il finanziamento del primo stralcio funzionale dell'intervento e finalmente ora si procederà all'approvazione del progetto preliminare;
   il CIPE nella seduta del 31 maggio 2013 ha infine rimodulato un finanziamento di 10 milioni di euro, già deciso nel 2012, per specifiche opere e misure compensative dell'impatto territoriale e sociale della nuova linea ferroviaria Torino-Lione nei territori su cui insiste l'opera in questione, anticipando al 2014 l'assegnazione di 8 milioni di euro precedentemente prevista per il 2016. Tale anticipazione ha comportato il posticipo al 2016 di parte dei finanziamenti stanziati per la strada statale 172 «dei Trulli», già previsti al 2014;
   il 25 settembre 2013 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, aveva confermato lo stanziamento di 12 milioni di euro per la strada stradale pugliese 172, e l'avvio di una istruttoria congiunta con la regione Puglia per il completo finanziamento dell'opera per la successiva approvazione da parte del CIPE;
   i dati statistici elaborati dall'ACI e dall'ANAS per il periodo 2006-2010 evidenziano che sul tratto Putignano-Turi-Casamassima si rileva un tasso di incidentalità e di mortalità particolarmente elevato, peraltro in aumento nel corso degli ultimi anni;
   l'ammodernamento del tratto Casamassima-Putignano consente di migliorare le condizioni di sicurezza della circolazione e l'adeguamento degli svincoli e la regolarizzazione degli accessi ai fondi anche con l'introduzione di viabilità di servizio. Sull'infrastruttura in progetto è stimato un traffico giornaliero medio pari a circa 21.570 veicoli/giorno;
   il Ministro dello sviluppo economico durante una manifestazione elettorale a Bari l'11 gennaio 2014 annunciava l'imminente sblocco della strada statale dei trulli;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, unitamente al Ministro Lupi, nel corso della conferenza di presentazione delle linee guida del decreto «Sblocca Italia» ha chiesto ai sindaci ed agli amministratori locali di segnalare opere strategiche bloccate –:
   quali siano gli esiti dell'istruttoria congiunta Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e della regione Puglia per l'individuazione delle risorse per il completo finanziamento della strada statale 172 relativo al Tronco Casamassima-Putignano;
   se si intenda inserire nel decreto cosiddetto «Sblocca Italia» la strada statale 172 relativo al tronco Casamassima-Putignano. (5-03465)


   CRIVELLARI e CARRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva 2005/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, contenente le norme per l'introduzione e l'uso, nella comunità, di servizi di informazione fluviale (RIS) armonizzati a sostegno del trasporto per vie navigabili interne, allo scopo di accrescerne la sicurezza, la protezione, l'efficacia e la compatibilità ambientale non è ancora stata introdotta nell'ordinamento italiano;
   la legge italiana n. 16 del 2000 ha recepito l'accordo ONU-Comunità europea con la catalogazione della rete e dei porti della navigazione interna di rilevanza internazionale ed europea prevedendo l'adeguamento degli standard comunitari e mettendo in evidenza come la rete della navigazione interna sia composta anche dalla fascia costiera collegata con gli altri paesi europei adiacenti (Francia, Slovenia, Croazia, eccetera) senza dimenticare il caso dei laghi connessi con la Svizzera. Con ciò risulta evidente la connessione della rete della navigazione interna con altri porti stranieri;
   i recenti documenti di riprogrammazione delle reti transeuropee hanno riconosciuto l'importanza strategica della rete della navigazione interna del nord Italia connessa ai corridoi plurimodali oggetto dei futuri finanziamenti;
   nel medesimo ambito, vanno a comporre detto contesto normativo anche i seguenti articolati:
    a) Regolamento (CE) n. 414/2007 della Commissione del 13 marzo 2007, contenente gli orientamenti tecnici per la programmazione, l'introduzione e l'uso operativo dei servizi d'informazione fluviale (RIS);
    b) Regolamento (CE) n. 415/2007 della Commissione del 13 marzo 2007, contenente specifiche tecniche per i sistemi di localizzazione e monitoraggio dei natanti;
    c) Regolamento (CE) n. 416/2007 della Commissione del 22 marzo 2007, contenente le specifiche tecniche relative agli avvisi ai naviganti;
    d) Regolamento (UE) n. 164/2010 della Commissione 25 gennaio 2010, contenente le specifiche tecniche del sistema elettronico di segnalazione navale per la navigazione interna;
    e) Regolamento di esecuzione (UE) n. 689/2012 della Commissione del 27 luglio 2012, recante modifica del regolamento (CE) n. 415/2007, relativo alle specifiche tecniche per i sistemi di localizzazione e monitoraggio dei natanti;
   la normativa italiana risulta fortemente datata e segmentata tra diverse fonti normative e tra diversi soggetti attuatori. Di seguito si richiamano alcune principali fonti:
    codice della navigazione, ed in particolare delle parti di esso volte a disciplinare l'esercizio e la disciplina della Navigazione interna; si tratta, più in dettaglio, delle norme riferite alla navigazione interna (articoli 21-26), alle zone portuali della navigazione interna (articoli 56-61), al pilotaggio della navigazione interna (articoli 97-100), al personale della navigazione interna (articoli 128-135), all'arrivo e partenza della navi della navigazione interna (articolo 184), all'esercizio della navigazione interna (articoli 225-231) molte delle quali trasferite alla competenza regionale come da decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 (cfr. in particolare l'articolo 105);
    legge 29 novembre 1990, n. 380, recante Interventi per la realizzazione del sistema idroviario padano-veneto;
    decreto ministeriale 25 giugno 1992 n. 729(50)380, recante l'individuazione della rete costituente sistema idroviario padano-veneto e l'approvazione del relativo piano pluriennale di attuazione;
    decreto della direzione marittima Venezia n. 1 del 24 gennaio 2013 recante l'accordo tra MITT direzione marittima Venezia e Direzione Generale Territoriale del Nord Est, Regione del Veneto-Direzione Mobilità (rif: Decreto D.G. Territoriale del Nord Est D.D.N. 475/ V – Fasc.3.019 DGT Nord Est del 24/01/2013; Decreto Direzione Mobilità n. 15/62.01.02 del 24/01/2013) per la «Delimitazione delle zone di navigazione promiscua nella Regione Veneto»;
   nel Workshop tenutosi a Roma, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il giorno 19 novembre 2013, sull'argomento «Il progetto R.I.S: risultati e prospettive» sono stati presentati i primi risultati del progetto cofinanziato dalla comunità europea che ha visto la partecipazione del Ministero, delle regioni interessate (Veneto, Emilia Romagna e Lombardia), oltre la sistemi territoriali spa, AIPO agenzia interregionale per il Po, Autorità portuale Venezia e provincia di Mantova; e che durante i lavori è emersa la proposta di recepimento della direttiva in oggetto oltre alla relativa progettazione del sistema;
   il recepimento della direttiva RIS consentirà di introdurre nel nostro Paese, per la prima volta, una disciplina tecnicamente evoluta ed aggiornata dei collegamenti nave-terra e terra-nave, con specifico riguardo alla navigazione interna. Detta disciplina si avvale delle migliori tecnologie in materia di comunicazione mobile, di posizionamento/localizzazione satellitare e di rilevazioni radar. Dal momento che analoghe risorse tecnologiche sono disponibili a livello europeo, risulta necessario disciplinarne l'uso in maniera coordinata, al fine di garantire l'adozione di un sistema integrato omogeneo, funzionale a garantire lo sviluppo di un sistema transfrontaliero di trasporto per vie navigabili interne;
   i servizi RIS consentiranno di allineare il settore del trasporto idroviario agli sviluppi recenti in materia di logistica e di gestione della catena di approvvigionamento, facilitando pertanto l'integrazione delle idrovie nella del trasporto intermodale, condizione necessaria per aumentare la quota modale di questo tipo di trasporto;
   i servizi RIS consentono di sviluppare il trasporto per vie navigabili interne in maniera più trasparente, affidabile, flessibile e accessibile. Se abbinato a operazioni logistiche efficaci rispetto ai costi e rispettose dell'ambiente, lo sviluppo dei servizi RIS renderà il trasporto idroviario attraente dal punto di vista di una gestione moderna della rete di approvvigionamento;
   i servizi RIS sono importanti per l'intero settore europeo della navigazione interna, ma il rilancio del trasporto per vie navigabili mediante l'attuazione dei servizi RIS presenta un interesse particolare alla luce dell'allargamento dell'Unione europea ai Paesi dell'Europa centrale e orientale;
   la creazione di un sistema di servizi di informazione fluviale è inoltre suscettibile di garantire una migliore programmazione e una più efficiente gestione del traffico fluviale. Inoltre, determinerà effetti positivi sul piano della sicurezza e della conseguente efficienza dei trasporti, soprattutto ove riferiti a merci pericolose;
   tanto le autorità pubbliche preposte alla disciplina del traffico, quanto i comandanti delle imbarcazioni godranno infatti di un ventaglio di informazioni assai più ampio e puntuale, con conseguente possibilità, per ambedue dette categorie di soggetti, di assumere le necessarie decisioni in maniera meditata e tempestiva;
   tenuto conto che i documenti finali del R.I.S. hanno individuato la necessità di sviluppare approfondimenti per implementare la sicurezza delle merci pericolose, offrire servizio diportistico e altre evoluzioni dei servizi di sicurezza alla navigazione, i partner del progetto hanno ipotizzato la progettazione di un secondo modello progettuale denominato «R.I.S. 2» da cofinanziare attraverso i bandi europei per le reti transnazionali –:
   quale sia lo stato del procedimento di recepimento della direttiva in questione e quali eventuali problemi ostino allo stesso;
   quali iniziative intenda intraprendere ed in quali tempi al fine del recepimento della direttiva sopracitata, dato che il mancato recepimento potrebbe implicare la negazione del finanziamento al progetto menzionato «R.I.S. 2»;
   se sia di interesse del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla base delle risultanze del lavoro svolto sino ad oggi, lo sviluppo del sistema RIS come strumento infrastrutturale per le reti idroviarie e le acque promiscue;
   quali eventuali iniziative normative o decreti applicativi si rendano necessari per accompagnare adeguatamente il recepimento della direttiva con particolare riferimento alla legge n. 16 del 2000 relativa alla rete della navigazione interna, costiera e promiscua, alla luce della ridefinizione delle zone di navigazione promiscua adottata tra la direzione marittima di Venezia, direzione generale MITT Nord Est e regione Veneto in data 24 gennaio 2013.
(5-03472)


   LOSACCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi a Fasano ha preso il via una significativa protesta che ha coinvolto istituzioni locali, operatori economici, associazioni e semplici cittadini per i ritardi e il veto della Soprintendenza rispetto alla messa in sicurezza e l'ammodernamento della strada statale 172 in uno dei tratti particolarmente pericolosi;
   la vicenda che riguarda la messa in sicurezza della strada statale 172 è nota da anni e nonostante conferenze di servizi e relative modifiche di percorso per rendere i progetti più compatibili e meno impattanti con il territorio in questione ancora non riesce a vedere la fine;
   tale arteria è percorsa quotidianamente da numerosi cittadini per motivi di lavoro e nei periodi estivi da numerosissimi turisti;
   la messa in sicurezza della strada statale 172 è quindi una priorità fondamentale per la rete viaria pugliese ed in particolare del comprensorio fasanese;
   il Governo prevede nelle prossime settimane di varare un provvedimento che i media comunemente chiamano «sblocca Italia» e che dovrebbe riguardare lo sblocco di una serie di infrastrutture su tutto il territorio nazionale –:
   se il Governo non intenda inserire anche la strada statale 172 nell'elenco delle opere cantierabili nel provvedimento denominato «sblocca Italia» e porre fine ad una lunghissima vicenda, consentendo la messa in sicurezza di una arteria strategica per la Puglia. (5-03473)


   FABBRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 luglio 2014 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale da parte di ANAS spa il bando di gara «SS. n. 64 “Porrettana” – lavori di realizzazione del nodo Ferro-stradale di Casalecchio di Reno (BO). Stralcio Nord, dalla progressiva chilometrica chilometro 0+236,80 al chilometro 2+053,56» per la realizzazione dello stralcio stradale della cosiddetta «Nuova Porrettana»;
   quest'opera rappresenta un obbiettivo strategico per la mobilità dei comuni della provincia di Bologna insistenti sulla vallata del Reno;
   i  suddetti comuni attendono quest'intervento di competenza nazionale da oltre cinquant'anni;
   la realizzazione integrale dell'opera, e quindi sia dello stralcio stradale sia di quello ferroviario, produrrebbe importantissimi risultati sia alla viabilità stradale ordinaria sia al trasporto ferroviario regionale per la tratta Bologna-Pistoia, andando inoltre a ricucire una storica frattura urbanistica prodotta dall'attraversamento in superficie della ferrovia all'interno del centro abitato del comune di Casalecchio di Reno;
   purtroppo ad oggi si sono recuperate risorse economiche utili alla sola realizzazione dello stralcio stradale;
   la copertura finanziaria dell'intervento stradale previsto nel sopracitato bando di gara è posta interamente a carico di Società Autostrade per l'Italia (ASPI) spa ai sensi della convenzione unica sottoscritta con ANAS spa in data 12 ottobre 2007;
   nel bando di gara, alla Sezione VI: Altre informazioni ed in particolare al punto VI.3) informazioni complementari alla lettera h) è esplicitato che «L'aggiudicazione definitiva, subordinata altresì al concretizzarsi di tutti i presupposti, di qualsivoglia natura ivi compresi quelli connessi al totale finanziamento dell'appalto» –:
   se ad oggi si siano concretizzati tutti i presupposti necessari alla futura aggiudicazione definitiva;
   se siano già stati perfezionati tutti gli atti intercorrenti tra ANAS spa e Società Autostrade per l'Italia (ASPI) necessari al totale finanziamento dell'appalto e se le risorse individuate dalla gara d'appalto siano state messe a disposizione di ANAS spa. (5-03479)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 10 dicembre 2011 è entrato in vigore l'orario di Trenitalia che sancisce la soppressione definitiva dei convogli passeggeri a lunga percorrenza che collegano Venezia alla Sicilia, e ad altre mete importanti quali, Salerno, Lamezia Terme e Reggio Calabria;
   tale decisione, oltre a snaturare la tipologia stessa del servizio notturno, costringe la clientela a diversi cambi treno: un treno alta velocità fino a Roma e, successivamente, un treno notte da Roma verso il sud, o viceversa verso la capitale. Inoltre, se prima i tempi di percorrenza col collegamento diretto per Reggio Calabria erano di circa 12 ore, mentre per la Sicilia erano di circa 15 ore o anche 16, tenendo conto del traghettamento senza essere soggetti a cambi, ora per poter raggiungere le medesime località sono necessarie due o tre cambi treno;
   questo ha comportato, oltre all'aumento dei tempi di percorrenza, un aumento del prezzo del biglietto e un disagio dei viaggiatori stessi (soprattutto anziani) che percorrono l'Italia da Nord a Sud per visitare i famigliari o per cure mediche. Le distanze, quindi, invece di essere state accorciate sono state rese più lunghe, difficoltose e onerose;
   fin dagli anni Cinquanta, i treni notturni diretti sono stati un simbolo dell'Italia unita e della nostra storia di emigranti. Togliere questo servizio ha comportato un grave danno ai Veneti e ai Friulani e a migliaia di meridionali che vivono e lavorano nel nostro lungo e grande Paese;
   il servizio ferroviario è un servizio universale di pubblica utilità riconosciuto dallo Stato italiano per il quale vengono destinate risorse al fine di garantire uno standard minimo predefinito di qualità alla collettività, anche nel caso in cui non sia possibile l'equilibrio economico per il gestore (pubblico o privato);
   il servizio universale per i collegamenti ferroviari nazionali per passeggeri è affidato in gestione a Trenitalia S.p.A., con un Contratto di Servizio (2009-2014) stipulato con il Ministero dello sviluppo economico. Per il 2013 il valore del Contratto di Servizio è ammontato a 242,92 milioni di euro;
   a novembre 2013, dalla cittadinanza è stata lanciata una petizione online che chiedeva di dirottare una parte dei fondi del «servizio universale» per la riattivazione dei treni notte che collegano il Nord con il Sud, ritenendo tali collegamenti parte di uno standard minimo predefinito di qualità. Per il periodo estivo, il diretto Milano-Palermo è stato ripristinato mentre risulta ancora scoperta dal servizio la tratta Venezia-Palermo –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per richiedere a Trenitalia spa il ripristino del servizio notturno anche per il treno diretto Venezia-Palermo.
(4-05831)


   MARCON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   per garantire la sostenibilità ambientale, per tutelare e migliorare la qualità delle acque del lago di Garda occorre realizzare al più presto quanto previsto dal progetto preliminare per la riqualificazione del sistema di raccolta dei reflui dell'area gardesana. Progetto in realtà suddiviso in due parti sia per quanto riguarda le strutture dei nuovi collettori del lago, sia per quanto riguarda le competenze attuative: la società AGS per la parte veneta e Garda 1 per la parte lombarda;
   entrambi i progetti prevedono l'eliminazione degli impianti sub-lacuali (i quali da sempre scaricano nelle acque profonde del Lago di Garda) e la separazione delle acque bianche da quelle nere con lo scopo di tutelare l'integrità ambientale dell'ecosistema lacustre;
   il percorso dell'impianto, che in alcuni tratti veronesi è a vista e lambisce le acque del lago, deve assolutamente e prioritariamente abbandonare le sponde, la cui morfologia è stata sovente ed inopportunamente modificata anche in modo molto consistente, in funzione dell'impianto stesso;
   l'attuale impianto risulta inoltre obsoleto e non garantisce la necessaria sicurezza ambientale. Lo dimostrano le continue perdite di liquami che colpiscono tanto i settori esterni quanto quelli sub-lacuali, che rappresentano un rischio concreto per la condizione delle acque del Garda stesso, ma anche di chi lo frequenta;
   una buona conservazione dell'ecosistema gardesano, il quale garantisce una presenza turistica importantissima con ricadute socioeconomiche ed occupazionali di grandissimo rilievo, risulta fondamentale;
   mentre un impegno finanziario di 12 milioni di euro è già stato garantito per il prossimo quadriennio per realizzare nuovi impianti di raccolta e distribuzione dell'acqua nella più vasta area dei comuni gardesani del retroterra, risolvendo strutturalmente la questione degli scarichi abusivi, la realizzazione della nuova opera in questione richiederebbe una spesa di circa 220 milioni di euro. Cifra che tuttavia, ad oggi, non compare in alcun capitolo di spesa; né per la stessa è stato richiesto alcun finanziamento europeo pur essendocene la possibilità –:
   quali iniziative concrete di competenza intenda intraprendere il Governo, anche nell'ambito del CIPE, al fine di rendere possibile la realizzazione di questa nuova opera fondamentale e determinare l'entità delle risorse finanziarie da destinare alla medesima. (4-05836)


   LACQUANITI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 agosto 2014 sono iniziati i lavori programmati sulla linea ferroviaria Brescia-Verona, che si protrarranno presumibilmente sino al 28 agosto;
   la circolazione tra le stazioni ferroviarie di Brescia, Desenzano del Garda, Sirmione, Peschiera del Garda e Lonato, città e paesi di forte attrazione turistica, avviene mezzo bus;
   sono interessati all'interruzione unicamente i treni regionali e interregionali e non treni ad alta velocità che tuttavia non fanno scalo nelle stazioni sopracitate, con l'eccezione di Desenzano del Garda;
   i disagi per i pendolari sono notevoli. Chi usufruisce del servizio per recarsi al lavoro subisce notevoli ritardi;
   il comparto del turismo, già sofferente a causa del maltempo, diminuisce ulteriormente la sua capacità attrattiva, proprio in una delle zone, quella del lago di Garda, più interessate alle visite turistiche, in piena stagione estiva –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro per rendere nuovamente accessibili in via ordinaria e in tempi rapidi le località sopracitate attraverso la linea ferroviaria, affinché non siano arrecati ulteriori danni all'economia locale a forte vocazione turistica. (4-05838)


   CAON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'alta velocità/alta capacità italiana (AV/AC) è un sistema articolato ed esteso che vede la realizzazione di nuove linee ferroviarie e il potenziamento di linee esistenti lungo gli itinerari di maggior traffico, dal nord al sud del nostro Paese;
   il sistema alta velocità/alta capacità italiano costituisce un tassello fondamentale delle Transeuropean Networks-Transport (TEN-T), le reti di trasporto trans-europee definite a partire dall'inizio degli anni ’90 dalla Commissione europea, ed è fondamentale per il riequilibrio del sistema dei trasporti, oggi fortemente squilibrato a favore della strada;
   il collegamento frequente e veloce tra i grandi centri urbani, ove si concentra oltre il 6 per cento della domanda di mobilità, è fondamentale anche i fini del miglioramento del traffico regionale e metropolitano cui sarà interamente dedicata la rete convenzionale;
   la direttrice alta velocità Torino-Milano-Napoli-Salerno è completamente aperta al pubblico dal dicembre 2009 ed è in corso di progettazione e costruzione la direttrice Milano Venezia;
   ulteriori linee trasversali di integrazione delle direttrici principali sono essenziali per il collegamento dei grandi centri, specialmente al nord del Paese ove si concentra la maggior produzione industriale, anche per poter abbassare il traffico su strada e l'inquinamento da polveri sottili che affligge la pianura padana;
   infatti, per l'integrazione nella rete alta velocità/alta capacità, risulta già potenziata la tratta Verona-Bologna, mentre è parzialmente potenziata la tratta Padova-Bologna;
   la tratta Padova-Bologna è essenziale e strategica per il collegamento tra Bologna e Venezia-Udine-Trieste e merita una particolare attenzione ai fini della riorganizzazione e fluidificazione dei traffici nei piani di sviluppo dell'infrastruttura ferroviaria italiana –:
   se il Ministro intenda adottare le opportune iniziative ai fini dell'inserimento della tratta Padova-Bologna tra tratte del sistema alta velocità/alta capacità. (4-05839)


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a distanza di mesi la situazione dell'aeroporto D'Abruzzo è drammaticamente peggiorata: allo stato attuale le risorse per la normale operatività dell'aeroporto sono terminate e si teme per le prossime settimane il blocco delle attività;
   tutto questo a causa dell'impugnativa, da parte del Governo Letta, della legge che avrebbe dovuto finanziare per 5,5 milioni di euro il piano marketing 2013, e delle diverse leggi che si sono succedute senza seguito;
   i sindacati sottolineano come ci sia il rischio, dopo il caso di Airone Technic e di altre realtà, che l'intero comparto aeroportuale abruzzese entri in crisi, con effetti negativi sulla intera economia abruzzese;
   l'impatto occupazionale complessivo dello scalo aeroportuale di Pescara è di oltre 1.500 unità e la ricaduta in termini economici sul territorio è di circa 110 milioni di euro, senza contare le altre esternalità positive prodotte –:
   quali siano le effettive intenzioni del Governo rispetto allo scalo di Pescara che rischia di essere seriamente ridimensionato. (4-05845)


   MAESTRI e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 2 gennaio 1985, n. 23 concernente «Norme regolamentari in materia di varianti costruttive, di adeguamenti tecnici e di revisioni periodiche per i servizi di pubblico trasporto effettuati con impianti funicolari aerei e terrestri» fissa in modo rigido il numero di anni cui corrisponde la «vita tecnica» degli impianti funiviari in relazione alle diverse tipologie;
   il decreto legislativo 12 giugno 2003, n. 210 e il decreto legislativo 16 novembre 2012, n. 337 recependo la direttiva 2000/9/CE, ha prodotto una sostanziale evoluzione della normativa tecnica di settore in materia di impianti a fune, pur senza incidere sul concetto di «vita tecnica» degli stessi che la direttiva connette invece all'effettiva durata dell'esercizio e allo stato di usura dell'impianto senza fissare rigide scadenze per l'integrale sostituzione degli impianti;
   l'11 luglio 2013, rispondendo in forma scritta all'interrogazione 5-00427, il Ministero interrogato ha dato notizia della costituzione di un gruppo di lavoro per la predisposizione di un provvedimento che dovrà regolare l'esercizio degli impianti costruiti antecedentemente l'entrata in vigore della sopraccitata direttiva europea e che nel gruppo si era pervenuti ad una concorde valutazione circa la superabilità del concetto di vita tecnica degli impianti;
   l'articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, ha ulteriormente prorogato per un periodo non superiore a dodici mesi, previa verifica da parte degli organi di controllo della idoneità al funzionamento e della sicurezza, gli impianti attivi e inattivi da non più di sei mesi;
   tra questi figura anche la seggiovia Lagdei-Lago Santo in provincia di Parma che rischia nuovamente di essere spenta il prossimo 17 settembre benché ancora in buono stato manutentivo e perfettamente funzionante –:
   quale sia lo stato di avanzamento dell'attività istruttoria del gruppo di lavoro costituito per la predisposizione del provvedimento che dovrà regolare l'esercizio degli impianti funiviari costruiti antecedentemente l'entrata in vigore della direttiva 2000/9/CE anche al fine di superare il concetto di «vita tecnica» e quindi consentire agli impianti ancora idonei al funzionamento di rimanere in esercizio.
(4-05848)


   KRONBICHLER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dalla stampa nazionale, uno dei prossimi Consigli dei ministri dovrebbe licenziare un decreto legge, il cosiddetto Sblocca-Italia, con il quale – tra l'altro – si provvederà a sbloccare tutta una serie di grandi opere infrastrutturali già in cantiere;
   a tal proposito il quotidiano La Repubblica del 6 agosto 2014, riporta un primo dettagliato elenco delle opere che saranno confermate e finanziate prioritariamente, e altre opere pubbliche che invece probabilmente saranno momentaneamente accantonate per mancanza di risorse. Tra queste opere «rimandate» risulta inserita quella relativa al traforo del Brennero;
   il tunnel di base del Brennero (23 chilometri in territorio italiano), è un tracciato di 55 chilometri da Innsbruck a Fortezza che comporterà lo scavo di un sistema di gallerie di 220 chilometri –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare il non inserimento dei lavori per il traforo del Brennero tra le opere infrastrutturali da finanziare prioritariamente con il decreto-legge di prossima emanazione;
   se detto «accantonamento» dei lavori per il suddetto traforo sia stato deciso in accordo con i partner austriaci ed europei. (4-05855)


   DE LORENZIS e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101 «Regolamento recante criteri e modalità per l'espletamento da parte delle amministrazioni pubbliche di procedure telematiche di acquisto per l'approvvigionamento di beni e servizi», è stato istituito il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA);
   il servizio fornisce un supporto operativo alle piccole e medie per l'assolvimento degli obblighi di legge in tema di fatturazione elettronica, e si inserisce nel quadro di una più ampia azione orientata alla digitalizzazione di tutte le fasi di esecuzione degli appalti pubblici;
   a partire da febbraio 2014, il Ministero dell'economia e delle finanze ha reso disponibile il servizio di supporto alla fatturazione elettronica per le piccole e medie imprese abilitate al Mercato elettronico della pubblica amministrazione;
   il Ministero dell'economia e delle finanze ha incaricato la Consip della realizzazione del MEPA;
   si apprende dalla stampa, e dal portale acquisti in rete di Consip, che, a causa della chiusura degli uffici per la pausa estiva, le procedure di abilitazione delle imprese e le altre attività, tra cui il rinnovo delle autocertificazioni, subiranno dei rallentamenti;
   durante il periodo estivo sono comunque garantiti l'accesso e l'utilizzo del Sistema di e-procurement e dei relativi strumenti di acquisto;
   il MEPA è un progetto fondamentale ai fini dell'implementazione dell'Agenda digitale;
   i dati dell'osservatorio MEPA di Porzio & Partners rivelano che, diversamente da altre attività, le operazioni sul MEPA proseguono con costanza durante l'anno;
   risulterebbe all'interrogante che nelle prossime tre settimane, a più di 500 scadrebbe l'autocertificazione del possesso dei requisiti di partecipazione al MEPA, con conseguente temporanea inefficacia dell'abilitazione;
   risulterebbe all'interrogante che nel mese di agosto sarebbe prevista la stipula di contratto sul MEPA per almeno 70 milioni di euro;
   non è accettabile che il Ministero dell'economia e delle finanze chiuda degli uffici di un servizio pubblico obbligatorio per legge –:
   se quanto dichiarato corrisponda al vero;
   se, a fronte delle considerazioni di cui sopra, si ritenga condivisibile l'arresto delle attività di supporto legate al MEPA. (4-05872)


   KRONBICHLER e SCOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   su Il fatto quotidiano, edizione on line, del 4 agosto 2014 è comparso un articolo a firma della giornalista Ilaria Lonigro dal titolo: «“Deragliamento per scarsa manutenzione”. Ma il ministero censura la sua relazione»;
   il riferimento è a un deragliamento avvenuto il 6 giugno 2012 a Bressanone la cui responsabilità, secondo la commissione ministeriale investigativa che ha indagato sull'incidente ferroviario di Bressanone, sarebbe delle aziende che hanno controllato gli assili, indicando cause analoghe a quelle della strage di Viareggio;
   la commissione ritiene che le società incaricate hanno fatto scarsa manutenzione e ha spiegato perché quel treno merci deragliò nella stazione altoatesina, ma chi voleva leggerle sul sito del ministero dei trasporti non ha potuto perché un dirigente del ministero, cioè il direttore per le investigazioni ferroviarie del ministero dei trasporti Marco Pittaluga, ha censurato la relazione oscurando tutte le parti della relazione che non condivide;
   secondo i tecnici della commissione investigativa la prima causa dell'incidente di Bressanone è analoga della strage di Viareggio, avvenuta il 29 giugno 2009, quando morirono 32 persone e per la quale è in corso un processo dove sono imputati tutti i vertici delle Ferrovie dello Stato. Nella stazione di Bressanone a deragliare non fu un treno carico di gpl come in Versilia, ma un treno merci carico di rottami. Ma in entrambi i casi si è trattato di un deragliamento causato da un problema a un assile di uno dei vagoni. In sostanza per scarsa manutenzione. A Bressanone non morì nessuno, si fecero male senza gravi conseguenze solo i due macchinisti. Ma forse fu un caso. Era mezzogiorno: un'oretta dopo la stazione si sarebbe riempita di studenti al ritorno da scuola;
   dopo quasi due anni di indagini, a maggio di quest'anno, la commissione ministeriale investigativa ha presentato la sua relazione. Ma sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata pubblicata il 18 luglio oscurata in più parti da grosse righe nere. L'autore delle omissioni è il dirigente Pittaluga, come dichiara lui stesso nella prefazione: «Alcune parti della allegata relazione non vengono dal sottoscritto condivise – scrive – ho ritenuto di mondare la Relazione tecnica predisposta dagli investigatori incaricati, nelle parti che ho sopra descritto»;
   il direttore delle investigazioni cancella tra l'altro anche l'accusa a lui rivolta di aver ostacolato le indagini: «Non si ringrazia – avevano scritto gli autori della relazione, Focherini e Scagliarini – il direttore generale Marco Pittaluga che ha ostacolato, abusando della propria autorità, lo svolgimento delle indagini, procrastinando la consegna della relazione»;
   a risultare illeggibili parti delle accuse rivolte alle aziende addette alla manutenzione degli assili che si sono scomposti: la Öbb Ts, l'impresa austriaca responsabile della manutenzione del carro, e la Zos, l'officina slovacca che aveva in subappalto la manutenzione. Circostanze anche in questo caso sovrapponibili a quelle della strage di Viareggio. Gli assili, cioè le coppie di ruote infilate in un asse sotto ogni carro, presentavano un'eccessiva rugosità, secondo gli esperti. E questa, se da un lato provoca un «aumento del rischio nella formazione di cricche», cioè le fratture alla base dei deragliamenti, dall'altro consente di assicurarsi assili che nel tempo si consumano molto meno: un risparmio per chi deve fare la manutenzione;
   completamente oscurata sul sito del ministero è la parte in cui la Commissione investigativa prova a fare un calcolo su questo punto: «È possibile che in tutto ciò ci sia un ritorno economico e cioè quello di avere degli assili a vita “infinita”». Gli ingegneri calcolano: «Considerando che solitamente in un carro ci sono 4 assili, che il costo di un assile è nell'ordine di 1250 euro e ipotizzando un parco di carri dell'ordine di 20mila carri, il vantaggio nel non sostituire un assile nuovo su tutti i carri genera un utile U dell'ordine: U=4*1250*20000=100M euro cioè un utile dell'ordine di 100 milioni di euro»;
   illeggibili sono anche i calcoli elaborati dagli ingegneri della Commissione per definire parametri più rigidi che evitino la fuoriuscita delle ruote dagli assi. «Un fatto inaudito e gravissimo» commentano i ferrovieri di Ancora in marcia!, storica rivista delle organizzazioni sindacali di base dei macchinisti italiani, che non esitano a parlare di censura e di «un quadro inquietante sulla trasparenza delle “investigazioni” svolte dal ministero». Proprio a loro i componenti della commissione Focherini e Scagliarini hanno spedito il testo senza omissioni perché fosse diffuso e che è in possesso degli interroganti;
   sembrerebbe, però, il lavoro della commissione evidentemente è stata tenuto in considerazione dall'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria – un organo indipendente – che ha diramato una comunicazione urgente in cui ordina con effetto immediato a tutte le imprese ferroviarie italiane di non accettare le sale montate (cioè l'insieme di ruote e assili) gemelle di quelle lavorate dall'officina slovacca Zos sul treno deragliato a Bressanone. Negli ultimi due anni però quei pezzi sono circolati;
   il presidente della commissione investigativa Roberto Focherini ha scritto al ministro Maurizio Lupi: «Si ricordi che la nomina del direttore per le investigazioni è competenza del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e quindi anche la responsabilità del suo operato» –:
   se il Ministro non intenda ordinare la rimozione degli omissis dalla relazione della commissione investigativa sull'incidente di Bressanone del 2012 pubblicata sul sito del suo Ministero e, all'esito della verifica delle gravi responsabilità attribuite ai direttore generale Pittaluga, valutare i presupposti per un'azione disciplinare nei suoi confronti ai sensi del decreto legislativo n. 164 del 2001 in materia di pubblico impiego. (4-05873)


   NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS e LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 maggio 2011, a seguito di numerose segnalazioni, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha avviato, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 287 del 1990, un procedimento istruttorio nei confronti della società Moby Spa e della sua co-controllante (assieme ad L19 Spa) Onorato Partecipazioni Srl, della società Grandi Navi Veloci Spa e delle sue controllanti Marinvest Srl e Investitori Associati SGR Spa, della società SNAV Spa (controllata da Marinvest Spa), della società Forship Spa e della sua controllante Lota Maritime S.A., al fine di verificare la sussistenza di eventuali comportamenti restrittivi della concorrenza consistenti in un coordinamento finalizzato ad un aumento dei prezzi dei biglietti per i collegamenti marittimi da/per la Sardegna nella stagione estiva 2011;
   in data 28 giugno 2011, il procedimento è stato esteso soggettivamente anche nei confronti delle società L19 Spa e della sua controllante Clessidra SGR Spa;
   nel caso di specie, sono state individuate come mercati rilevanti le tratte Civitavecchia-Olbia/Golfo Aranci, Genova-Olbia, Livorno-Olbia/Golfo Aranci e Genova/Vado Ligure-Porto Torres;
   al termine dell'istruttoria, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rilevato, da parte delle imprese, comportamenti in contrasto con l'articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE);
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto che l'intesa si sia concretizzata in «comportamenti paralleli consistenti in aumenti generalizzati e significativi dei prezzi per la stagione estiva 2011, supportati da qualificati contatti tra le parti rinvenibili in occasione della procedura di privatizzazione di Tirrenia, nonché nella sottoscrizione di accordi commerciali»;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella sua adunanza dell'11 giugno 2013, ha comminato una sanzione alle società Moby, Snav, Grandi Navi Veloci e Marinvest per intesa restrittiva della concorrenza, finalizzata all'aumento dei prezzi per i servizi di trasporto passeggeri nella stagione estiva 2011 sulle rotte Civitavecchia-Olbia, Genova-Olbia e Genova-Porto Torres;
   ai sensi dell'articolo 135, comma 1, lettera b), del codice del processo amministravo (decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104), le società Grandi Navi Veloci (GNV), Moby, Marinvest e SNAV hanno presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio;
   il TAR, con sentenza depositata il 7 maggio 2014, ha accolto il ricorso, ritenendo che «non siano stati offerti elementi che confermino l'esistenza della pratica concordata»;
   le tratte in continuità territoriale rientrano nella competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le tratte non in convenzione sono regolamentate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
   l'analisi finalizzata alla rilevazione di un cartello tra imprese è complessa;
   la quota di mercato complessiva detenuta dalle parti in tutte le rotte interessate è significativa;
   i collegamenti marittimi per la Sardegna costituiscono una parte rilevante del trasporto marittimo in Italia;
   al di là della sussistenza del parallelismo di condotte succitato, l'aumento costante dei prezzi costringe i cittadini a scegliere percorsi alternativi, come la Corsica, per arrivare in Sardegna –:
   se non intenda valutare la possibilità di promuovere, per quanto di competenza, regolamentazioni che garantiscano maggiore certezza;
   come intenda intervenire, per quanto di competenza, per assicurare ai cittadini il diritto ad un trasporto a prezzi ragionevoli. (4-05877)


   LUPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 dicembre 2012, nel tratto di mare antistante capo Zafferano, nel Comune di Santa Flavia (Palermo), un traghetto della Grimaldi Lines, proveniente da Livorno e diretto a Palermo, a causa del maltempo ha sbandato su di un fianco e ha riversato in mare parte del suo carico nello specifico 12 autoarticolati;
   il carico, perso in mare, si trova ancora oggi, come confermato dalla Capitaneria di porto di Palermo, in posizione, latitudine N: 38o 08’ 839” - longitudine E: 013o 34’ 073” e ad una profondità di circa 500 metri;
   detto carico rappresenta un pericolo per l'ecosistema marino e sta mettendo in difficoltà la marineria di Porticello, frazione marinara sita nel comune di Santa Flavia (Palermo), poiché nella zona dell'incidente le motobarche della flotta peschereccia della frazione marinara svolgono gran parte della propria attività;
   in data 10 dicembre 2012 la capitaneria di porto di Palermo, ai sensi della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, e dell'articolo 304 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, diffidava il comandante della motonave euro cargo Cagliari ed il legale rappresentante della società armatrice di navigazione Atlantica spa a provvedere alle operazioni di recupero dell'intero carico disperso, entro il termine di 30 giorni per quanto riguardava i mezzi pesanti affondati e di 5 giorni per quanto riguardava i rifiuti galleggianti e/o spiaggiati, comunicando che in mancanza di intervento, l'amministrazione avrebbe adottato le conseguenti azioni con addebito delle relative spese a carico delle parti oggetto di diffida;
   di contro al provvedimento prot. n. 0074230 del 10 dicembre 2012 e al provvedimento prot. n. 0003942 del 22 gennaio 2013 entrambi emessi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – capitaneria di porto di Palermo, che intimavano alla società la rimozione o l'eventuale addebito dei costi, la società di cui in parola presentava ricorso al tribunale amministrativo regionale per la Sicilia chiedendo l'annullamento dei succitati provvedimenti e tutti gli atti ad esso connessi;
   in data 27 marzo 2013 il tribunale amministrativo regionale per la Sicilia (Sezione Prima) con sentenza n. 00740/2013 REG.PROV.COLL. N. 00490/2013 REG.RIC, ha dichiarato inammissibile il ricorso;
   ad oggi, all'interrogante, non risultano provvedimenti in essere per la rimozione dei tir dal fondale marino –:
   di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri interrogati;
   quali iniziative di competenza intendano adottare nell'ambito delle rispettive competenze, per portare a conclusione le operazioni di ritrovamento e recupero del materiale disperso in mare;
   se non ritengano di dover attivare le necessarie procedure di monitoraggio successive alle operazioni di recupero, al fine di arginare il rischio di contaminazione delle acque e degli organismi viventi acquatici. (4-05878)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con delibera n. SCCLEG/16/2014/PREV, dello scorso 17 luglio, la Corte dei conti ha negato il visto di legittimità alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) n. 73 dell'8 novembre 2013, avente ad oggetto l'approvazione del progetto preliminare del collegamento autostradale E45-E55 Orte-Mestre;
   la delibera del CIPE dispone che la copertura finanziaria dell'opera, a carico del piano economico finanziario (PEF) defiscalizzato, viene assicurata dall'apporto del capitale proprio del promotore, dal ricorso al mercato finanziario e dall'autofinanziamento generato dal progetto, nonché dalle misure agevolative previste dall'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012);
   come rilevato dalla Corte dei conti, l'opera in questione è stata dichiarata di pubblico interesse il 9 dicembre 2003 e non può pertanto usufruire delle misure in materia di defiscalizzazione, previste dalla legge n. 183 del 2011 in quanto il successivo decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ha escluso dall'ambito di applicazione di tali agevolazioni le opere dichiarate di pubblica utilità, in data antecedente il decreto stesso;
   la Corte rileva inoltre la presenza nella delibera del CIPE di un tasso di remunerazione integrato con una componente aggiuntiva, denominata «extra WACC», la quale «è applicata in maniera addizionale rispetto a quanto ottenuto con la metodologia in uso, non prevista nel quadro regolatorio vigente nel settore autostradale e, in particolare, né dalla Delibera CIPE n. 39/2007 né nelle Linee Guida per l'applicazione delle misure di compensazione fiscale previste dall'articolo 18 della legge n. 183/2011»;
   ad avviso della Corte, l'assenza di una norma ad hoc, idonea ad escludere l'opera di cui si tratta dall'ambito di applicazione dell'articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 69 del 2013, considerata «presupposto imprescindibile» ai fini della pubblicazione del bando di gara ma tuttora assente, inficia la legittimità della stessa delibera del CIPE del novembre 2013;
   la Corte sottolinea inoltre, come considerazione finale, gli effetti distorsivi che la situazione di incertezza normativa, legata alla mancata emanazione del provvedimento al momento dell'adozione dell'atto programmatorio, genera sul piano economico nelle aspettative dei mercati –:
   alle luce delle considerazioni esposte dalla Corte dei conti e riportate in premessa, se i Ministri interrogati non ritengano oltremodo opportuno rimuovere dall'elenco delle grandi opere ricomprese nella bozza del decreto cosiddetto «Sblocca Italia», la cui approvazione è prevista in una delle prossime sedute del Consiglio dei ministri, il collegamento autostradale E45-E55 Orte-Mestre, il cui bando di gara non potrà essere emanato stante la recente bocciatura del visto di legittimità, da parte della Corte, alla determina di approvazione del progetto preliminare del CIPE. (4-05881)


   PRODANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il codice della strada – decreto legislativo n. 285 del 1992 e successive modificazioni – prevede all'articolo 7 sulla regolamentazione della circolazione nei centri abitati, l'istituzione delle zone a traffico limitato (Ztl, comma 9);
   le Ztl secondo quanto disposto dal codice sono autorizzate dai comuni, con deliberazione della giunta, o in caso di urgenza da un'ordinanza del sindaco, e l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore in queste aree può essere subordinato al pagamento di una somma;
   l'istituzione di queste aree rientra nel piano urbano del traffico (PUT) – previsto dall'articolo 36 del Codice della strada – obbligatorio per i comuni con più di 30mila abitanti, con il fine di migliorare le condizioni della circolazione stradale dei pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli privati;
   tra le finalità della loro costituzione, che le vede ormai come un cardine della strategia finalizzata alla riduzione dell'inquinamento cittadino, rientrano anche l'aumento delle entrate locali legate al pagamento dei pedaggi, dei permessi e delle sanzioni comminate a coloro che violano le regole di circolazione previste;
   le zone a traffico limitato non sono una prerogativa italiana essendo state istituite in numerose città europee, come testimoniato dai dati diffusi dal portale lowemissionzones.eu e riferiti al 2013: in Germania sono 71, nei Paesi Bassi 14, 8 in Svezia, 5 in Danimarca, 3 in Inghilterra e una in Francia. È imbattuto il primato italiano di 114;
   la discrezionalità attribuita ai comuni sulla determinazione delle tariffe dei pedaggi ZTL determina un conto molto salato per alcuni richiedenti ed è davvero rilevante l'onere imposto alle imprese di trasporto, nel caso dei pullman turistici, in alcune città come Venezia. Nel capoluogo veneto per l'accesso in centro si raggiungono facilmente i 400 euro per alcune categorie di autobus, cambiando la tariffa in base alla classificazione euro del mezzo e alla stagione (alta o bassa) e i maggiori costi possono raggiungere in media 8 euro a passeggero;
   anche altre città mete turistiche – come Firenze, Pisa e Roma – propongono tariffe molto alte, costituendo una spesa rilevante per le aziende di trasporto e per persone già colpite dal caro carburante e da quello delle tariffe autostradali;
   il problema dei permessi Ztl ai bus turistici per la circolazione e la sosta nei centri urbani è una questione delicata anche perché in base all'articolo 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, l'imposta di soggiorno può sostituire, in tutto o in parte, i permessi;
   la disomogeneità della disciplina tariffaria delle ZTL, con casi limite come quello veneziano, può costituire un grave ostacolo e un freno al turismo nazionale e internazionale soprattutto se si considera che in città europee come Parigi, il ticket è inferiore ai 100 euro;
   in Europa esistono modelli alternativi come nel caso di Vienna, dove sono posti limiti alla circolazione dei bus turistici solo in occasione di particolari eventi per i quali è necessario acquistare il permesso d'ingresso –:
   quali iniziative urgenti s'intendano adottare, ricorrendo anche a modifiche normative del codice della strada nel rispetto delle autonomie locali, per garantire una disciplina omogenea e razionale delle ZTL che non ostacoli i flussi turistici nell'accesso ai centri delle città;
   se s'intenda intervenire, nella sede opportuna della Conferenza unificata, per evitare che l'imposta di soggiorno possa costituire una inaccettabile duplicazione degli oneri a carico dei turisti che utilizzano l'autobus come mezzo di trasporto.
(4-05882)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   BATTAGLIA, BURTONE e CENSORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 6 agosto la nave della guardia costiera Diciotti ha portato in salvo presso il porto di Reggio Calabria oltre 1000 migranti;
   già il 15 luglio 2014 Reggio Calabria aveva visto approdare altri 1.000 migranti e altre centinaia ne sono approdati in queste settimane;
   sono stati riscontrati alcuni casi di scabbia e altri hanno dovuto ricorrere a cure mediche per diverse patologie;
   le operazioni di accoglienza sono state coordinate dalla prefettura e hanno visto coinvolte le istituzioni, le forze dell'ordine i presidi sanitari e le associazioni di volontariato;
   la condizione rischia però di aggravarsi ove dovessero continuare gli sbarchi e vi è la necessità che il territorio non venga lasciato solo nell'affrontare una emergenza umanitaria che va ben al di là delle capacità della città di Reggio Calabria –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare con la massima urgenza per sostenere e supportare la città di Reggio Calabria nell'ambito dell'emergenza sbarchi, al fine di non creare tensioni in una città già gravata da numerosi problemi. (3-00995)


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in occasione dell'esposizione universale «Expo Milano 2015» è stata autorizzata una capacità assunzionale del 55 per cento del turnover, per il comparto sicurezza–difesa nella polizia di Stato, in virtù del fatto che un evento di tale dimensione della manifestazione necessariamente un incremento delle forze dell'ordine presenti nella città protagonista della manifestazione, senza che questa concentrazione pregiudichi il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese;
   all'interno della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013) sono state previste importanti risorse economiche anche per le dotazioni di mezzi e la logistica, e per le strutture e i servizi;
   le unità da assumere, per essere effettivamente disponibili entro la data di inizio dell'evento, dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre il mese di aprile 2014; pertanto non sussistono i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale (questa, infatti, terminerebbe a fine 2014 e renderebbe operativi i nuovi agenti nel dicembre 2015);
   a tal proposito, si ricorda che vi sono, ad oggi, diverse graduatorie di merito in corso di validità nelle quali risultano essere disponibili candidati idonei immediatamente arruolabili tra cui: 512 candidati idonei non vincitori, oltre alle seconde aliquote e VFP4 idonei dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti, bandito lo scorso marzo 2013;
   l'arruolamento di detto personale consentirebbe il rispetto dei tempi necessari all'attuazione del protocollo e garantirebbe un risparmio di spesa per l'amministrazione, rispetto ad altre e diverse soluzioni, in quanto non si renderebbero necessarie le visite mediche di controllo –:
   se il Ministro interrogato intenda procedere con le assunzioni dei candidati idonei non vincitori, delle seconde aliquote e VFP4 idonei dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti, al fine di consentire l'impiego di queste nuove forze dell'ordine in occasione dell'esposizione universale Expo Milano 2015 e quali tempi preveda per l'avvio ai corsi degli allievi. (3-00997)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 aprile 2012, intorno alle ore 11.50, il signor Cicola Ronny alla guida dell'autovettura Saab 95 Aero SW targata BT216MC percorreva la 2a corsia dell'autostrada A14 direzione Nord;
   giunto al chilometro 24+800, in territorio del comune di San Lazzaro di Savena, il parabrezza della autovettura su cui viaggiava il signor Cicola veniva colpito da un parallelepipedo metallico con dimensioni 10x6x3,5 (con materiale gommoso e colloso presente su due dei sei lati) il quale sfondandolo, colpiva al volto il ragazzo;
   l'oggetto è stato poi rinvenuto all'interno dell'abitacolo dove, dal rapporto della Polstrada, risultavano tracce ematiche su uno spigolo;
   l'autoveicolo, privo di controllo, urtava dapprima la barriera new jersey posta a margine destro della carreggiata e, successivamente, andava a fermarsi lungo la corsia d'emergenza;
   giunti i soccorsi, il signor Cicola veniva prelevato e trasportato da un'unità 118 all'Ospedale Maggiore, ma, a causa delle gravi lesioni riportate, giungeva già morto presso la struttura ospedaliera;
   Ronny Cicola aveva 31 anni, era un biologo residente a Formigosa, località del comune di Mantova, e lavorava presso l'ospedale Sant'Orsola di Bologna;
   anche in base ad alcune perizie richieste dalla famiglia e regolarmente depositate agli atti del procedimento penale (archiviato poiché «pur dovendosi concludere che l'artefatto che ha colpito la vittima proveniva da un veicolo», questo era condotto «da soggetto non identificato né identificabile») si rilevano alcune gravissime incongruenze e mancanze che non chiariscono l'origine dell'incidente che ha provocato la morte del biologo;
   invero, non troverebbe alcun fondamento tecnico l'ipotesi avanzata dalla polizia stradale intervenuta, secondo la quale l'oggetto che ha sfondato il cranio del signor Cicola, giacente sulla sede stradale, è stato proiettato dal basso verso l'alto proprio dal passaggio dell'auto del Cicola;
   secondo la perizia di parte per verificarsi tale ipotesi l'autovettura del Cicola avrebbe dovuto far registrare una velocità intorno ai 400 (quattrocento) chilometri orari mentre si aggirava sui 108 chilometri orari;
   l'incidente deve quindi, secondo la perizia fatta effettuare dai parenti della vittima, farsi risalire alla perdita di un componente di un mezzo circolante sull'apposita direzione di marcia, proprio nella fase incrociante la Saab del Cicola;
   tale ipotesi però non è stata presa in considerazione dagli accertatori, i quali hanno acquisito esclusivamente le immagini delle telecamere poste lungo la carreggiata di marcia dell'autovettura a monte e a valle della traiettoria della Saab;
   non sono state infatti acquisite le immagini dell'opposta direzione di marcia, cosa che avrebbe consentito di identificare i mezzi interessati nella fase incrociante con l'autovettura del Cicola;
   vi è inoltre, un altro elemento che andrebbe analizzato a fondo in quanto la polizia stradale nel verbale riferisce che il pezzo che ha colpito l'autovettura non presenta sigle o numeri di riferimento, e quindi non sarebbe possibile risalire alla sua origine;
   sempre in base alla perizia di parte, esaminato l'oggetto, esso risulta coperto da strati di vernice nera e quindi la matricola potrebbe anche essere presente al di sotto di tali strati;
   la sua sverniciatura potrebbe ancora permettere di far risalire all'origine del pezzo  –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per consentire di verificare quanto sostenuto nella perizia di parte con l'obiettivo di trovare la verità su questo incidente così da permettere il giusto risarcimento del danno occorso rifiutato, ad oggi, sia dall'Ente autostrade spa che dal Fondo vittime della strada. (5-03460)


   CARRA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 luglio 2014 il commissario prefettizio del comune di Viadana, con propria nota, ha segnalato alle autorità competenti «la mancanza dei requisiti richiesti per il mantenimento dell'ufficio del giudice di pace»;
   le motivazioni addotte dal commissario prefettizio sarebbero da rinvenire in ordine ai tre dipendenti che l'ex amministrazione comunale aveva distaccato presso gli uffici del giudice di pace;
   solo il 4 luglio il Ministero della giustizia aveva chiesto alla Corte d'appello di Brescia e, tramite essa, al tribunale, di convocare nel periodo compreso tra il 7 e 15 luglio 2014, il personale individuato dal comune per l'apposito tirocinio;
   si tratta di un periodo della durata di due mesi finalizzato alla formazione e affiancamento in vista del successivo distaccamento all'ufficio del giudice di pace;
   in data 7 luglio il Tribunale di Mantova ha dato seguito a tale richiesta;
   purtuttavia, in data 11 luglio, le motivazioni addotte dal commissario prefettizio sono state riprese dal presidente del tribunale il quale a sua volta, ha inviato una lettera al Ministero segnalando tutta una serie di problematiche e chiedendo, di conseguenza, di «accertare in modo definitivo la mancanza dei presupposti per il mantenimento dell'ufficio del giudice di pace e di disporne la definitiva chiusura»;
   è stata inoltrata al Ministero una formale domanda per accorpare a Viadana anche Bozzolo e Asola, il cui provvedimento risulta in attesa della firma del Ministro. Anche altre amministrazioni comunali hanno manifestato interesse a convenzionarsi con Viadana pur di mantenere l'ufficio del giudice di pace nel territorio;
   anche l'ordine degli avvocati ha preso pubblicamente posizione affinché il giudice di pace di Viadana permanga in servizio;
   risulterebbe quanto mai inopportuno che tale decisione fosse presa dal commissario prefettizio anziché attendere le nuove elezioni affinché sia la nuova amministrazione ad occuparsi della questione anche in merito al personale distaccato assicurando, comunque, nel frattempo la piena e funzionale operatività del giudice di pace –:
   se e quali iniziative per quanto di competenza il Governo intenda adottare per scongiurare la chiusura dell'ufficio del giudice di pace di Viadana, in attesa che la nuova amministrazione comunale, che uscirà dalle prossime elezioni, possa affrontare e risolvere definitivamente la problematica oggetto dell'interrogazione.
(5-03461)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TRIPIEDI, RIZZO, FRUSONE, ALBERTI, COMINARDI, RIZZETTO, CHIMIENTI, CIPRINI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la salvaguardia della vita umana in mare è, per il nostro Paese, un fatto culturale e logica conseguenza per i quasi 8.000 chilometri di coste della penisola italiana;
   la convenzione di Amburgo del 27 aprile 1979, prevede che ad ogni nazione sia affidata un'area di controllo per il soccorso in mare e che il Corpo preposto al coordinamento delle operazioni (nel nostro Paese la guardia costiera) organizzi i vari attori presenti nelle acque affidategli;
   in data 14 ottobre 2013, in una conferenza stampa tenutasi a Palazzo Chigi, è stata annunciata dal Ministro dell'interno l'inizio dell'operazione denominata «Mare Nostrum»;
   nel corso della medesima conferenza stampa, l'allora Ministro della difesa, Mario Mauro, ha annunciato che le spese per l'operazione «Mare Nostrum» sarebbero state a carico dei rispettivi bilanci ministeriali e che la stessa avrebbe rafforzato il dispositivo di sorveglianza e soccorso in mare;
   nell'operazione che vede coinvolte Guardia costiera, Guardia di finanza e marina militare, si è deciso di utilizzare anche la flotta navale da guerra; tale utilizzo è stato e si sta tutt'ora percependo, a giudizio della Guardia costiera e della Guardia di finanza, come un prevaricare della flotta navale da guerra e quindi del Corpo della marina militare rispetto agli altri Corpi in campo e non una collaborazione come doveva originariamente essere;
   le navi da guerra impiegate nell'operazione, sono dotate di sistemi d'arma sofisticatissimi ed equipaggi composti da ottimi tecnici non addestrati, però, nei combattimenti corpo a corpo;
   in uno scenario plausibile, fra le migliaia di migranti soccorsi e presenti a bordo delle navi da guerra militari, non va scartata la potenziale presenza di cellule di terroristi conoscitori dei sistemi d'arma con il rischio che questi ultimi possano utilizzarle in prossimità di porti mercantili come, ad esempio, quello di Taranto, caratterizzato da una considerevole presenza di industrie ad incidente rilevante che, se colpite, potrebbero innescare un effetto domino devastante;
   l'operazione, come più volte riportato dagli organi di informazione, si sta rilevando essere dai costi più che elevati anche a causa dell'importante dispiegamento della flotta navale e dei cosiddetti C.F.I. (compensi forfettari) del personale impiegato che, seppur singolarmente miseri e comunque non elargiti con regolarità, incidono sui costi complessivi dell'operazione;
   tra le migliaia di persone sbarcate sulle coste italiane, si sono rilevati spesso casi di migranti portatori di malattie infettive;
   in molti casi, non si è a conoscenza del dove si trovino fisicamente molti dei migranti sbarcati in questi mesi –:
   se i Ministri interrogati non ritengano, come il trattato sopra indicato stabilisce, che la competenza per il soccorso e la salvaguardia della vita umana in mare spetti in primis al Corpo della guardia costiera e che ad essa guardia di finanza, marina militare e mercantile facciano riferimento;
   se le navi da guerra della marina militare italiana siano mai entrate in acque territoriali straniere e, in caso affermativo, per quante volte e per quali motivi;
   se da ottobre 2013 ad oggi, per il Corpo della marina militare italiana coinvolta nell'operazione «Mare Nostrum», si siano svolte con regolarità le attività di esercitazione mantenendo le previsioni di spesa inalterate;
   se sia compito della marina militare dare indicazioni a tutti gli equipaggi sull'utilizzo di dispositivi di protezione individuali e quali siano le precauzioni da seguire per evitare eventuali infezioni contratte nei contatti con i migranti;
   se all'inizio dell'operazione «Mare Nostrum» il Corpo della marina militare, in riferimento all'emergenza umanitaria, fosse già stato preparato per far fronte a casi di eventuali infezioni e se si siano verificati casi di militari infetti;
   se sia possibile fare una stima attuale del danno economico esistente delle attività commerciali causato dall'occupazione delle banchine dei porti mercantili da parte dei migranti e, in conseguenza di ciò, se non si ritenga opportuno far sbarcare i migranti nei porti militari;
   se sia possibile conoscere la stima di quanti migranti siano sbarcati dalle navi militari e di quanti di questi si siano perse le tracce;
   se si intenda dare garanzie agli equipaggi del regolare ricevimento dei sopra citati compensi forfettari;
   a quanto ammonti l'eventuale stanziamento di risorse per i comuni che accolgono i migranti. (4-05828)


   BORGHESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da diversi organi di stampa si apprende che tra le caserme individuate dal Ministro interrogato come possibili nuovi luoghi di accoglienza per affrontare l'ondata di sbarchi di clandestini vi sarebbe la caserma Serini di Montichiari;
   nella caserma Serini, in base a quanto riportato dai mezzi di informazione, dovrebbero essere ospitati 600 clandestini che si andrebbero ad aggiungere alle diverse centinaia già accolte nel territorio bresciano;
   la caserma Serini appare del tutto inadeguata in quanto risulta abbandonata da diversi anni e per essere utilizzata necessita di interventi costosi di ristrutturazione;
   tale ipotesi comporterebbe un ulteriore peggioramento della situazione dell'ordine pubblico nella zona di Montichiari, in quanto l'organico delle forze dell'ordine non è numericamente adeguato per sostenere una simile emergenza, contrastare pericoli di fuga e garantire la sicurezza dei cittadini della zona –:
   se il Ministro intenda realmente utilizzare la caserma Serini di Montichiari per l'accoglienza di 600 clandestini, senza tenere nella dovuta considerazione i numerosi aspetti problematici citati in premessa ed i conseguenti effetti catastrofici che una tale decisione produrrebbe per la comunità di Montichiari. (4-05837)


   BOSSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Londra, nei centri commerciali di Knightbridge e Chelsea, si commercializza da ormai due anni un profumo al sapore dei limoni di Sicilia; la casa di produzione, Shay & Blue, ha propagandato il prodotto con questa dicitura: «The home of the Mafia produces the finest limes in the world», ovvero la «La Terra della Mafia produce i migliori limoni del mondo»;
   «Sicilian Limes» è il nome della nuova fragranza creata da «Shay & Blue»; secondo la trovata marketing della società londinese è un profumo che può «causare vendetta»;
   si tratta, come appare evidente, di pubblicità gravemente offensiva verso l'Italia e la Sicilia, con un messaggio che si muove lungo l'odiosa associazione Italia = mafia;
   un docente di storia dell'Europa presso la Royal Holloway di Londra, Andrea Mammone, calabrese, si è imbattuto in questa vergognosa pubblicità, e ha sollevato il caso aggregando intorno a sé, in una battaglia contro questa immagine distorta del nostro Paese, molti italiani all'estero;
   è partita, così, una campagna di protesta centrata, soprattutto sulla realtà di tanti che ogni giorno combattono contro le mafie e la criminalità nel nostro Paese;
   la mobilitazione ha prodotto rapidamente un intervento dell'ambasciata italiana a Londra, che ha contattato la PR Agency, autrice della campagna pubblicitaria, che a sua volta si è messa in contatto con i produttori;
   in seguito a questi interventi, la Shay & Blue si è scusata per il messaggio offensivo e irrispettoso, assicurando che il marketing message sarebbe mutato;
   in realtà, il messaggio offensivo è sparito solo da internet, mentre rimane nella cartellonistica e nei punti vendita;
   il caso londinese, di una indebita, offensiva, macabra assonanza tra l'Italia e la mafia nella promozione commerciale e pubblicitaria di prodotti che riferiscono al nostro Paese, non è l'unico; anzi, tanti episodi simili vengono segnalati da altre parti del mondo;
   appare evidente che tali operazioni determinano un danno morale e materiale enorme per l'Italia, la cui immagine viene gravemente compromessa da una sovrapposizione assolutamente arbitraria tra il Paese e alcuni fenomeni criminali;
   si rende necessaria, a parere della interrogante, una reazione forte, decisa, del nostro Paese, contro queste operazioni di comunicazione e pubblicità che danneggiano l'Italia –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative, nei limiti delle proprie competenze, il Governo intenda assumere per stigmatizzare e fermare tali campagne pubblicitarie, che determinano un danno enorme per l'immagine dell'Italia. (4-05844)


   VARGIU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in vista dell'Esposizione universale che si terrà a Milano dal 1o maggio al 31 ottobre 2015 e della conseguente necessità di incrementare la presenza delle forze dell'ordine nella città, senza pregiudicare il livello di sicurezza nel resto del Paese, il Governo ha previsto una deroga del 55 per cento al blocco del turnover delle forze dell'ordine;
   non sussistono i sufficienti tempi tecnici per portare a termine una nuova procedura concorsuale finalizzata al reclutamento di diverse centinaia di allievi agenti di pubblica sicurezza, in quanto i medesimi debbono prima essere avviati a corsi di addestramento e non sarebbero di fatto operativi prima del dicembre 2015;
   una soluzione alternativa e rappresentata da una rettifica della graduatoria finale; ed ampliamento, in prima aliquota, di 672 posti dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica e agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione dei titoli del concorso per 964 allievi agenti della polizia di Stato;
   l'ampliamento e lo scorrimento delle graduatorie vigenti garantirebbe la copertura delle unità necessarie di agenti di pubblica sicurezza per il prossimo giugno 2014, quindi in tempo utile per l'Esposizione universale di Milano;
   tale soluzione è stata, peraltro, adottata mediante decreto dirigenziale dall'Arma dei carabinieri, la quale ha avviato una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1886 allievi carabinieri. Nella fattispecie, non solo sono stati assunti i vincitori, ma anche 48 idonei non vincitori, ovvero tutti i restanti idonei presenti in graduatoria, che è stata così esaurita;
   va tenuto conto dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa e della necessità di contenere i costi gravanti sull'amministrazione pubblica per la gestione delle procedure di reclutamento e addestramento di nuovi agenti di pubblica sicurezza –:
   se non ritenga opportuno assumere immediatamente le restanti 672 unità (160 vincitori in seconda aliquota nonché 512 idonei non vincitori) dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso di allievi agenti della polizia di Stato. (4-05863)


   SPESSOTTO, COZZOLINO, BUSINAROLO, BRUGNEROTTO, D'INCÀ, DE LORENZIS, DA VILLA e BENEDETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il deputato Galan è attualmente sottoposto a misure cautelari in carcere, in quanto avvisato di garanzia per molteplici fatti di reato connessi a ipotesi di corruzione legata alla vicenda Mose;
   ne la Tribuna di Treviso del 25 luglio 2014 si legge testualmente «Mi dicono che Giancarlo Galan da almeno quindici anni non frequenti i riti della loggia. Probabilmente, anche a causa dei suoi incarichi, ha vissuto questa esperienza come distante dai propri interessi». Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, commenta così «l'entrata in sonno» della sua iscrizione alla loggia Florence Nightingale di Padova, una delle cinque «officine» massoniche della città del Santo. Una decisione forse intrapresa dall’ex governatore per anticipare una iniziativa d'ufficio che avrebbe potuto essere assunta direttamente dal Venerabile della loggia padovana, a cui qualche «fratello» si era rivolto sollecitando un provvedimento di sospensione o addirittura di espulsione dalla massoneria. «Probabilmente – ha aggiunto il capo della principale massoneria italiana – ha ritenuto di non voler mettere in imbarazzo il proprio Maestro Venerabile e gli affiliati della loggia, anticipando l'apertura di un possibile procedimento di sospensione che avrebbe potuto aprire la loggia stessa»;
   si ammette pertanto, al di là dei giri di parole, da Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, che Galan è appartenuto alla massoneria fino a pochi giorni orsono, cosa che suscita curiosità senz'altro come outing pubblico di un fratello massone su un altro fratello;
   l'inchiesta penale veneziana sul Mose sta delineando in queste settimane un quadro fosco e preoccupante di intrecci tra funzionari pubblici corrotti e concussi, politici e imprese corruttrici, uomini di assoluto rilievo dei servizi segreti e delle forze di polizia, quasi una sorta di polizia parallela, infedele che ostacolava le indagini dei pubblici ministeri veneziani;
   non si può escludere l'esistenza di una rete pervasiva e devastante operante in Veneto, e non solo lì, per la copertura e il depistaggio sulle gravi violazioni penali seriali condotte per l’affaire Mose;
   l'appartenenza del Galan alla massoneria non può non destare molta preoccupazione in relazione all'eventuale appartenenza alle logge di funzionari pubblici e in particolare appartenenti alle Forze armate, Guardia di finanza e Arma dei carabinieri, con funzioni di polizia e di polizia giudiziaria, e inoltre alla magistratura;
   in effetti l'affiliazione alla massoneria di un magistrato o di ufficiale di polizia giudiziaria preclude di per sé l'imparzialità (cfr. Cassazione, 5a sezione penale, sentenza n. 1563/98, perché – come sostenuto dal giudice Alfonso Amatucci – «essere iscritti alla massoneria significa vincolarsi al bene degli adepti, significa fare ad ogni costo un favore. E l'unico modo nel quale un magistrato può fare un favore è piegandosi ad interessi individuali nell'emettere sentenze, ordinanze, avvisi di garanzia» –:
   se non ritenga opportuno acquisire elementi presso le prefetture del Veneto per verificare, presso gli appositi elenchi, se risulti la presenza di affiliati alle logge massoniche di magistrati e appartenenti alle Forze armate con compiti di polizia;
   se, comunque non appena gli inquirenti veneziani lo renderanno eventualmente noto, non sia il caso di promuovere iniziative disciplinari urgenti, ove ne sussistano i presupposti nei confronti di magistrati e appartenenti alle Forze armate per i quali si verifichi l'eventuale sovrapposizione di appartenenza a logge massoniche e di sottoposizione ad avviso di garanzia per reati attinenti allo scandalo Mose. (4-05864)


   BERNARDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legislativo 14 marzo 2013, n. 33, prevede disposizioni concernenti la disciplina sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazione da parte delle pubbliche amministrazioni;
   il decreto-legislativo citato n. 33 del 2013, all'articolo 11, individua l'ambito soggettivo di applicazione della norma riferendosi alle pubbliche amministrazioni di cui al decreto-legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni (ovvero tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le immunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'ARAN e le Agenzie di cui al decreto-legislativo 30 luglio 1999, n. 300);
   l'articolo 14 del decreto-legislativo suddetto prevede disposizioni concernenti gli obblighi di pubblicazione riguardanti i componenti degli organi di indirizzo politico delle pubbliche amministrazioni, riferendosi, al comma 1, lettera f), alla sola tipologia di dichiarazioni da fare ed ai parenti che eventualmente acconsentano alla pubblicazione dei propri redditi;
   la segreteria del comune di Frasso Telesino ha ritenuto che si possano applicare, nel medesimo comune, solo le disposizioni relative alle lettere a), b), c), d) e e) del comma 1, del decreto-legislativo 14 marzo 2013, n. 33, (dichiarazione dei compensi ottenuti a qualsiasi titolo per l'attività politico amministrativa svolta) e non, invece, la lettera f) del medesimo comma 1, dello stesso articolo;
   la motivazione che sta alla base di tale interpretazione, che all’ interrogante appare errata, è che la norma citata (comma, 1, lettera f), articolo 14 del decreto-legislativo n. 33 del 2013) si applichi solo nei confronti dei comuni al di sopra dei 15 abitanti;
   all'interrogante non appare chiara la motivazione che sta alla base della decisione assunta dal comune di Frasso Telesino, visto che il comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legislativo n. 33 del 2013, prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare i dati di cui al comma 1 dello stesso articolo 14, riguardante i componenti degli organi di indirizzo politico di tutti i comuni a prescindere dal numero di abitanti per i tre anni successivi alla cessazione del mandato –:
   quali iniziative, anche normative, si intendano adottare al fine di fare chiarezza su quanto espresso in premessa soprattutto con riguardo al comma 1, lettera f), dell'articolo 14 del decreto-legislativo n. 33 del 2013, che secondo l'interrogante è riferita sia ai comuni al di sopra dei 15 mila abitanti che a quelli al di sotto di tale cifra. (4-05867)


   MINNUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 aprile 2014 i consiglieri di minoranza del comune di Sacrofano (RM), appartenenti ai gruppi consiliari «Alternativa Civica» e «Sacrofano Progetto Comune», Sebastiano Antonacci, Franco Felici e Gianluigi Barone, presentano alla prefettura della provincia di Roma una richiesta di adozione di diffida, ai sensi dell'articolo 39, comma 5 del decreto legislativo n. 267 del 2000, la quale a quanto consta ad oggi non ha ancora ricevuto risposta, nei confronti del presidente del consiglio comunale di Sacrofano;
   tale richiesta scaturiva dall'individuazione di alcune illegittimità riscontrate dai predetti consiglieri nell'interpretazione del T.U. degli enti locali, dello statuto comunale e del regolamento per il funzionamento del consiglio comunale da parte del presidente del consiglio comunale di Sacrofano (e del segretario comunale);
   in data 21 marzo 2014 i consiglieri di minoranza Sebastiano Antonacci, Franco Felici e Gianluigi Barone avevano infatti richiesto la convocazione di un'assemblea straordinaria avente come oggetto all'ordine del giorno le «dimissioni del Sindaco», richiesta giustificata dalla lettura degli allarmanti articoli di cronaca giudiziaria, a livello nazionale, che avrebbero non solo accomunato alcune figure politiche vicine al sindaco Tommaso Luzzi con l'indagine «Caronte», pendente presso la procura della Repubblica di Roma per i reati di associazione a delinquere e di stampo mafioso, nonché per scambio elettorale politico mafioso, ma avrebbero anche accomunato tale indagine al processo, pendente davanti al tribunale di Tivoli (Rm), nel quale lo stesso sindaco Luzzi è imputato per corruzione in relazione a fatti commessi allorché era Consigliere regionale presso la regione Lazio nonché vicepresidente della commissione sanità;
   l'assemblea straordinaria veniva convocata per il giorno 10 aprile 2014 alle ore 10:00 A.M. e l'avviso di convocazione notificato il giorno 7 aprile 2014. Prontamente, però, i consiglieri richiedenti con nota depositata in comune, eccepivano l'illegittimità di tale convocazione perché: a) non riportante la data della seconda convocazione, così come richiesto dall'articolo 16, comma 2, dello statuto comunale che recita «a tutela dei diritti delle opposizioni, l'avviso della convocazione deve contenere la data della seconda convocazione che potrà aver luogo nella stessa giornata»; b) contraria all'articolo 41, comma 2, del regolamento per il funzionamento comunale che afferma che «per le adunanze straordinarie la consegna dell'avviso deve avvenire almeno tre giorni liberi ed interi prima di quello stabilito per la riunione»; c) infine, per violazione dell'articolo 38, comma 7, decreto legislativo n. 267 del 2000 per cui «nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti le sedute del consiglio si tengono preferibilmente, in un arco temporale non coincidente con l'orario di lavoro dei partecipanti»;
   a seguito della predetta nota, il presidente del consiglio comunale di Sacrofano rinviava effettivamente l'assemblea e, con nota dell'11 aprile 2014, lo stesso convocava il consiglio per il giorno 17 aprile 2014;
   nuovamente i consiglieri di minoranza sottolineavano l'illegittimità della convocazione in quanto carente dell'indicazione della prima e seconda convocazione nel termine di venti giorni decorrenti dalla richiesta formulata il 21 marzo 2014;
   il presidente del consiglio comunale controdeduceva respingendo qualsiasi accusa di illegittimità del proprio operato, affermando che il rinvio della convocazione al 17 aprile 2014 avrebbe fatto salve le garanzie delle minoranze per la convocazione, e soprattutto che in base all'articolo 16 dello statuto comunale non vi sarebbe l'obbligo di seconda convocazione dell'assemblea, e pertanto non vi sarebbe neanche l'obbligo di indicarne la data nell'avviso di convocazione, essendo l'assenza della predetta data sintomo della volontà del Consiglio di non avvalersi appunto della seconda convocazione. Infatti secondo il Presidente il comma 1, dell'articolo 16 dello statuto recitando «... Le sedute del Consiglio Comunale possono essere di prima o seconda convocazione...», avallerebbe la sua interpretazione secondo cui le sedute sarebbero alternative, o quanto meno, sarebbe il consiglio a decidere quando e come utilizzare e convocare la seconda convocazione;
   tale interpretazione non tiene però conto minimamente del fatto che il secondo comma dello stesso articolo recita «a tutela dei diritti delle opposizioni, l'avviso della convocazione deve contenere la data della seconda convocazione che potrà aver luogo nella stessa giornata»;
   durante la seduta del 17 aprile 2014, inoltre, i consiglieri sopra detti avanzavano delle eccezioni scritte che venivano respinte dal segretario comunale in quanto «assolutamente infondate», nonostante l'articolo 2 del regolamento per il funzionamento del consiglio comunale preveda la sospensione della seduta da parte del presidente, la convocazione dei capi gruppo (presenti in aula in numero di tre) e del segretario comunale. Ma ancor più grave, giunto il momento della discussione dell'argomento posto all'ordine del giorno dall'intera minoranza, il consiglio comunale, a maggioranza, con il voto contrario dei consiglieri di minoranza sopra indicati, avrebbe approvato una mozione, su cui il segretario avrebbe dato parere di legittimità favorevole, con la quale si riteneva di non aprire minimamente la discussione in quanto non vi erano novità in merito rispetto a quanto già affrontato nel consiglio comunale del 23 gennaio 2014 «chiarimenti del Sindaco circa la propria posizione in riferimento ai contenuti dell'articolo di giornale apparso sul Messaggero Area Metropolitana in data 14 gennaio 2014»;
   i consiglieri di minoranza riscontravano, nelle azioni sopra descritte poste in atto dalla maggioranza, dal presidente del consiglio comunale e avallate dal segretario comunale (figure che si ricorda devono garantire imparzialità nello svolgimento delle loro funzioni), una vera e propria attività di ostruzionismo di dubbia legittimità volta ad impedire che l'articolo 39 del T.U., laddove sancisce e garantisce il diritto della minoranza qualificata di sottoporre al vaglio consiliare alcuni temi di sicuro interesse pubblico, possa essere assicurato nel pieno rispetto della legge e dei regolamenti comunali;
   sarebbe opportuno chiarire se la condotta serbata dalla maggioranza del consiglio comunale di Sacrofano in occasione del consiglio straordinario del 17 aprile 2014 avente all'ordine del giorno l'argomento richiesto dalla minoranza, sia o meno contraria al tenore dell'articolo 39, comma 2, del testo unico: è evidente, infatti, che se la norma esigesse soltanto la convocazione del consiglio comunale con l'ordine del giorno richiesto ma lasciasse libera la maggioranza di evitarne la discussione con l'approvazione di una mozione contraria alla sua discussione la norma sarebbe svuotata di contenuto, e con essa anche il successivo articolo 52; inoltre sarebbe utile sapere se è conforme alla legge la convocazione del consiglio comunale solo in prima convocazione senza l'indicazione della seconda convocazione o se tale condotta violi i diritti della minoranza come sanciti dall'articolo 16 dello statuto comunale e se la convocazione del consiglio comunale straordinario oltre il termine di 20 giorni imposto dal TUEL effettuata dal presidente del consiglio comunale di Sacrofano, sia rituale e quel che più conta conforme all'articolo 39 del TUEL; infine sarebbe necessario acclarare se sia legittima la convocazione del consiglio comunale straordinario effettuata dal presidente del consiglio comunale di Sacrofano con all'ordine del giorno argomenti ulteriori rispetto a quelli per i quali la convocazione stessa era stata richiesta dalla minoranza –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e quale sia l'orientamento in relazione alle istanze formulate dai consiglieri comunali di cui in premessa alla prefettura di Roma. (4-05871)


   BALDASSARRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   La Repubblica online del 6 agosto 2014 riporta un'aggressione avvenuta a Santa Severa, nel litorale tra Roma e Civitavecchia;
   La Repubblica testualmente afferma «A quanto si è appreso, il ventunenne avrebbe riferito ai militari di essere stato avvicinato da un diciottenne, “attirato” dalla sua maglietta dell'Ardita San Paolo, associazione sportiva ritenuta di area vicina ad ambienti di sinistra. Il diciottenne quindi, sempre secondo il racconto della vittima, gli avrebbe tirato contro con violenza una bottiglia, motivando il gesto con una sua asserita partecipazione al movimento Casapound. Soccorso e portato all'ospedale di Civitavecchia, il ventunenne ha riportato ferite al volto, al labbro e rottura di alcuni denti»;
   analogamente il quotidiano online Civonline di Civitavecchia lo stesso giorno così riporta «Un ragazzo di 21 anni è stato aggredito la scorsa notte a Santa Severa, sul litorale a nord di Roma. A quanto ricostruito dai carabinieri, sulla base del racconto della vittima, il ventunenne stava giocando una partita a biliardino quando è stato avvicinato da un ragazzo che gli ha spaccato una bottiglia di vetro in faccia. Alla vittima, che indossava una maglietta della squadra di calcio Ardita San Paolo, considerata vicina ad ambienti di sinistra, l'aggressore avrebbe detto prima di colpirlo: “Sei di sinistra, io di Casapound”»;
   il blog Osservatoriorepressione riporta lo stesso giorno a proposito di presunte scorribande di fanatici ultrà di estrema destra «Dopo metà luglio la muta di cani selvaggi romani si trasferisce all'Argentario, a Ponza e a Santa Severa. Nelle prime due località, tipiche di movida, la canea ringhiosa dà luogo spesso a risse nei locali e in piazza, rubricate appunto come risse, di cui non viene inopinatamente svelata la “natura” politica: si parla di Pariolini contro abitanti del luogo... A Santa Severa si predilige invece la provocazione al rosso o presunto tale. E così il 6 agosto viene aggredito un ragazzo maggiorenne, che chiameremo Dante, proditoriamente con una bottiglia di birra in faccia che gli crea lesioni da suturare con punti e una poltiglia in bocca di frammenti di denti. L'unica colpa di Dante è stata quella di indossare una maglietta della squadra di calcio romana “Ardita San Paolo”, che si richiama ai valori dello sport popolare antifascista del quartiere San Paolo»;
   il quotidiano la Nazione a proposito di una maxi rissa avvenuta all'Argentario/Porto Ercole a Pasquetta 2012 così riferiva «Non sono ancora stati dimessi dall'ospedale Misericordia i due ragazzi feriti più gravemente nella maxirissa che si è consumata fuori dalla discoteca King's di Cala Galera, alle 4.30 del giorno di Pasquetta. Il più grave, un ventenne di Porto Santo Stefano, ieri è stato trasferito nel reparto di Medicina del nosocomio lagunare. E anche ieri sono continuate le deposizioni da parte dei ragazzi che hanno assistito a quello che nel piccolo centro dell'Argentario viene considerato come un vero e proprio agguato da parte di una banda di ragazzini, anche minorenni, che avrebbero atteso fuori dal locale che uscissero coloro che erano stati presi di mira, probabilmente già dall'interno del locale. Bottiglie rotte, sassi, coltelli. Tutte le armi che sarebbero state usate prima per minacciare e poi per colpire gli avversari. O peggio ancora quelli che sono stati considerati nemici. Queste le voci che circolano insistentemente. Dalle fonti ufficiali non è cambiato nulla eccetto che sono state raccolte altre testimonianze. Tra tutte, ovviamente, quelle dei giovani feriti, che hanno ripercorso per quanto possibile quei momenti concitati. Dando indicazioni utili agli investigatori, anche sulle frasi pronunciate dagli aggressori, che ora devono chiudere il cerchio attorno a questo drammatico e per certi versi sconvolgente. Inusuale per il nostro territorio, almeno nell'efferatezza. Al momento le uniche certezze che – almeno ufficialmente – sono in mano agli investigatori sono i cinque feriti e una sommaria ricostruzione della dinamica dell'aggressione. Avvenuta fuori dal locale e da parte di un nutrito gruppo di ragazzi romani. Non ci sono denunciata, né sospettati. Una rissa, o agguato, come l'ha definito qualcuno che pretende chiarimenti al più presto. E una festa, quella tradizionale di Pasquetta al King's – cui hanno preso parte molti ragazzi della Roma-Bene, tra i quali sono stati riconosciuti il figlio del sindaco capitolino Gianni Alemanno e il nipote di Bettino Craxi – che si è concluso drammaticamente, con un ragazzo accoltellato e altri quattro feriti, con l'unica colpa, forse, di non essere romani» –:
   se sia vero che stanno avvenendo a Santa Severa, Ponza e Argentario/PortoErcole negli ultimi tre anni aggressioni e risse da parte di giovinastri di origine capitolina figli della Roma bene, a caratterizzazione teppistica e neofascista;
   se, nel caso della recente aggressione a Santa Severa, sia stato identificato l'autore della bravata e a quale formazione politica eventualmente costui appartenga;
   quali iniziative intende prendere per rendere la situazione nelle località descritte tranquille per gli abitanti e soprattutto tutelate dalle provocazioni dei teppisti e degli ultrà provenienti da Roma.
(4-05875)


   NESCI, PARENTELA, DIENI, COLONNESE, DADONE, CARINELLI, SPESSOTTO, SIBILIA, DI BATTISTA, FRUSONE, SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO, MANLIO DI STEFANO, SCAGLIUSI, DELL'ORCO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRISTIAN IANNUZZI, TOFALO, TERZONI, DAGA, GAGNARLI, L'ABBATE, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, DA VILLA, PRODANI, FANTINATI, VALLASCAS, PESCO, CIPRINI, RIZZETTO, MUCCI, D'AMBROSIO, LUIGI DI MAIO, FRACCARO, FICO, BARONI, DALL'OSSO, CECCONI, BATTELLI, D'UVA, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, GRILLO, FERRARESI, BARBANTI, ALBERTI, VILLAROSA, PISANO, CANCELLERI, BRUGNEROTTO, MARZANA, LOMBARDI, TONINELLI, COZZOLINO, CHIMIENTI, PETRAROLI e CRIPPA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 agosto 2014, intorno alle ore 12,45, proprio alla vigilia della seduta del consiglio comunale di Amantea (Cosenza), convocato in via straordinaria per venerdì 8 agosto con all'ordine del giorno le tariffe di Tasi e Tare nonché le linee programmatiche del bilancio dell'ente, il consigliere Francesca Menichino, del Movimento Cinque Stelle, si è recata negli uffici municipali per chiedere lo schema di delibera relativo ai costi dei suddetti servizi;
   lì, come da allegata esposizione dei fatti redatta e protocollata presso i carabinieri della locale stazione, il suddetto consigliere comunale ha raggiunto, accompagnata dal dottor Carlo Diana del Meet Up di Amantea, l'ufficio del responsabile del settore finanziario, dottor Giuseppe Sabatino, padre del sindaco pro tempore Monica Sabatino;
   insieme al Diana, Menichino ha chiesto copia dello schema summenzionato;
   di seguito, il Sabatino avrebbe risposto che non era in possesso del richiesto schema di delibera, poiché l'aveva in unica copia soltanto l'assessore comunale al ramo, Sergio Tempo;
   risulta agli interroganti che a richiesta di delucidazioni da parte del Diana, Sabatino avrebbe alzato il tono della voce, inspiegabilmente dirigendosi, indispettito, verso l'interlocutore, e quindi avrebbe colpito con uno schiaffo il consigliere Menichino, infine accorrendo dipendenti comunali e lo stesso sindaco;
   risulta poi che visibilmente scossa e scioccata, Menichino si sia diretta presso il pronto soccorso di zona, accompagnata dal Diana;
   con interrogazione a risposta scritta n. 4-05796, presentata nella seduta della Camera n. 280 del 6 agosto 2014, l'odierna interrogante ha chiesto al, Ministro dell'interno «se non ritenga di promuovere con urgenza l'azione ex articolo 70 del decreto legislativo n. 267 del 2000, affinché sia riconosciuta l'ineleggibilità di Monica Sabatino alla carica di sindaco di Amantea, per violazione dell'articolo 61, comma 1, n. 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Tuel)»;
   la predetta richiesta è stata formulata in considerazione del fatto che, a parere dell'interrogante, non vi è dubbio, scorrendo gli atti del comune di Amantea, che Giuseppe Sabatino, padre dell'eletto sindaco Monica Sabatino, abbia esercitato dal 1992 le funzioni di segretario generale del comune di Amantea, non da vicario ma da effettivo facente funzioni in diverse e documentate circostanze;
   per quanto testé rappresentato, a parere dell'interrogante si configura l'ipotesi di ineleggibilità del sindaco, nella fattispecie Monica Sabatino, prevista dal succitato articolo 61 del Testo unico degli enti locali;
   Menichino ha esperito azione formale, come risulta anche da notizie stampa, per il riconoscimento della riferita ineleggibilità, su cui le testate giornalistiche calabresi hanno riportato le iniziative, anche parlamentari, del Movimento Cinque Stelle;
   in più circostanze l'odierna interrogante e il consigliere Menichino hanno rilevato in pubblico – come pure risulta alle cronache della stampa calabrese – un atteggiamento non collaborante e politicamente ostile da parte del sindaco di Amantea, in relazione alla vicenda del sequestro del porto della città, per cui è pendente un'altra interrogazione parlamentare firmata anche dall'odierna interrogante e nella quale vicenda si inseriscono fatti di criminalità organizzata già rilevati dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nell'ambito dell'operazione cosiddetta Nepetia;
   come risulta alle cronache locali, lo scorso 19 luglio, in piazza del Commercio ad Amantea, la consigliera Menichino e l'interrogante hanno discusso pubblicamente del caso del porto di Amantea, in una specifica iniziativa in cui hanno anche considerato i doveri precipui dell'istituzione comune  –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti e se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, in relazione alla vicenda che ha visto coinvolta il consigliere Menichino nell'esercizio delle proprie funzioni, alla luce di quanto esposto in premessa.
(4-05879)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAROCCI e GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a settembre anche l'ultima parte della «riforma Gelmini» prevista dai regolamenti n. 87-88-89 del 15 marzo 2010, verrà attuata con l'insegnamento in lingua straniera di una materia nell'ultimo anno di scuola superiore;
   nei licei linguistici, dove si parte dalla terza, la cosiddetta «immersione» nella lingua straniera è già partita nel 2012, ma per le altre scuole la novità è prevista tra meno di sessanta giorni;
   dispone infatti la riforma: «Nel quinto anno (dei licei) è impartito l'insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica compresa nell'area delle attività obbligatorie per tutti gli studenti. Tale insegnamento è attivato in ogni caso nei limiti degli organici a legislazione vigente». Lo stesso vale per gli istituti tecnici che dovranno offrire una materia in inglese;
   a settembre, dunque, si partirà con la materia insegnata in lingua straniera – il metodo si chiama CLIL, content and language integrated learning, un sistema che dalla metà degli Anni Sessanta è stato sperimentato in Canada e poi è stato usato in altri Paesi – e alla prossima maturità le competenze acquisite potranno anche essere oggetto dell'esame. Ma non per tutti: solo nella terza prova, mai nella seconda, per quanto riguarda lo scritto e solo se il professore interno nella commissione d'esame è titolare della materia insegnata in inglese, per quanto riguarda l'orale. Per le modalità sarà il singolo istituto decidere sulla base della programmazione del consiglio di classe risultante dal documento del 15 maggio;
   anche riguardo alle ore di insegnamento della materia in inglese o lingua straniera le disposizioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca appaiono più come suggerimenti che come obblighi. Infatti, nella circolare prot. 4969 del 25 luglio 2014 recante «Avvio in ordinamento dell'insegnamento di discipline non linguistiche (DNL) in lingua straniera secondo la metodologia CLIL nel terzo, quarto, quinto anno dei Licei Linguistici e nel quinto anno dei Licei e degli Istituti tecnici – Norme transitorie a.s. 2014/15» « si suggerisce» che la materia scelta dalla scuola sia insegnata «preferibilmente» al 50 per cento in inglese;
   sembra, dunque, sia sufficiente per quest'anno che almeno una parte delle ore, anche meno della metà, si svolga non in italiano;
   inoltre, a chi non avesse in organico professori adeguati al compito di «immergere» i propri ragazzi nella nuova lingua il Ministero consiglia e consente di usare progetti, tirocinanti e consulenti esterni, avvalendosi dei fondi di istituto per aiutare l'insegnante e attuare le disposizioni imposte dalla riforma;
   attualmente manca ancora il decreto – che le norme approvate nel 2010 prevedevano – a firma del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Mistero dell'economia e delle finanze per finanziare il progetto;
   in tal senso, ad oggi sembrano sufficienti per l'avvio del prossimo anno scolastico le «norme transitorie» sopraindicate –:
   se non ritenga necessario, visti i corsi e le abilitazioni che in questi anni sono serviti a formare insegnanti proprio a questo scopo, verificare se tutte le scuole siano pronte o abbiano nel proprio organico professori adeguatamente preparati al nuovo compito, ed, in caso contrario, quali iniziative intenda intraprendere.
(5-03454)


   MANZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale 30 giugno 2014, n. 526, è stato emanato il bando per la formazione della graduatoria nazionale per l'assegnazione di incarichi a tempo determinato per il personale docente delle istituzioni statali dell'Alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM) prevista dall'articolo 19, comma 2, della legge n. 128 del 2013;
   in base all'articolo 2 del bando in questione, potevano presentare domanda coloro che alla data di scadenza del bando – 31 luglio 2014 – avevano «maturato, a decorrere dall'anno accademico 2001-2002, almeno tre anni accademici di insegnamento, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o con contratto di collaborazione, ai sensi dell'articolo 273 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ovvero con contratto di collaborazione continuata e continuativa o altra tipologia contrattuale nelle medesime istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica», considerando come anno accademico «l'aver svolto 180 giorni di servizio con incarico a tempo determinato o con contratto di collaborazione di cui all'articolo 273 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297»;
   tale bando prevedeva inoltre che ai fini dell'entrata in graduatoria venissero conteggiati soltanto gli anni di servizio e non i titoli culturali, diversamente dai bandi di istituto che al contrario prevedono la somma tra gli anni accademici e i titoli culturali, come ad esempio eventuali insegnamenti in università;
   nella formazione delle graduatorie nazionali si immettono docenti che dal 2001 ad oggi, abbiano maturato almeno tre anni di insegnamento, ma non si tiene conto della continuità didattica, per cui paradossalmente chi ha insegnato, poniamo fino al 2008 e poi è uscito dalle graduatorie, perché magari non ha pubblicato più nulla, può rientrare in posizione migliore rispetto a chi è entrato negli ultimi anni;
   l'assenza di titoli culturali tra i requisiti del bando determina un'altra assurda disparità di trattamento tra concorrenti, privilegiando chi ha magari un solo giorno di servizio in più rispetto ad un altro concorrente, ma meno pubblicazioni e quindi meno titoli;
   non conta, ai fini del punteggio in graduatoria neanche la posizione nelle diverse graduatorie di istituto, perché basta solo esserci ed infatti paradossalmente si può essere primo in tre graduatorie nazionali e secondo in un'altra, ma si avrà lo stesso punteggio di chi magari è ventesimo;
   altra anomalia è che i concorrenti non saranno giudicati da una commissione di esperti delle varie materie, che dovrebbero valutarne le capacità, ma da commissioni presiedute da direttori amministrativi delle varie accademie, che dovranno semplicemente attestare il possesso dei requisiti richiesti –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti, ritenga opportuno intervenire con iniziative normative ad hoc che, per il futuro, introducano dei correttivi nella formazione delle graduatorie nazionali per il personale docente delle istituzioni statali dell'Alta formazione artistica musicale e coreutica, introducendo criteri che tengano conto anche dei titoli in possesso dei concorrenti;
   se inoltre ritenga necessario garantire percorsi che forniscano a tale personale docente prospettive progettuali a lungo termine o di stabilizzazione. (5-03457)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANIN, ZAPPULLA e VENTRICELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento a quanto affermato nella Road-map sull'educazione artistica approvata nella Conferenza mondiale promossa dall'ONU nel 2006 a Lisbona e nell'Agenda della Conferenza di Seul del 2010;
   nell'ordine del giorno MANTURANI, MARTINI, FERRARA ELENA, approvato al Senato della Repubblica il 19 settembre 2013 n. G100 al DDL n. 1014 si affermava tra l'altro che:
    a) la musica, intesa sia come produzione sia come ascolto consapevole, costituisce assieme alle altre arti performative, un'attività didattica di portata inestimabile per una formazione globale, percettiva, emotiva, relazionale, intellettiva e psicofisica della persona;
    b) molte ricerche scientifiche attestano l'importanza di una formazione musicale fin dalla più tenera età, per lo sviluppo completo delle varie forme di intelligenza, per un'adeguata e integrale educazione alla cittadinanza, per lo sviluppo integrale della personalità;
    c) nonostante l'impegno profuso dai diversi soggetti, non si è riusciti ancora a modificare la condizione contraddittoria di una presenza irregolare e discontinua della musica nella scuola;
   nelle indicazioni nazionali per il Curricolo della Scuola dell'Infanzia e del Primo Ciclo d'istruzione 2013, si riconosce che la musica, componente fondamentale e universale dell'esperienza umana, offre uno spazio simbolico e relazionale propizio all'attivazione di processi di cooperazione e socializzazione, all'acquisizione di strumenti di conoscenza, alla valorizzazione della creatività e della partecipazione, allo sviluppo del senso di appartenenza a una comunità, nonché all'interazione fra culture diverse;
   è stato presentato da Forum Nazionale per l'Educazione Musicale al signor Ministro Maria Chiara Carrozza in data 10 ottobre 2013 un appello;
   a seguito della cosiddetta Riforma «Gelmini» del 2010, il Piano di studi delle scienze umane non prevede più l'insegnamento della musica in un ambito di discipline che dovrebbe viceversa preparare gli studenti ai successivi percorsi didattici e formativi nel campo per le professioni dell'insegnamento, delle relazioni, della psicologia e della antropologia, ove l'espressione musicale ha invece sempre più larga applicazione;
   con sentenza numero 3527/2013 (presidente Evasio Speranza, estensore Pierina Biancofiore), il Tar, sezione III-bis, ha accolto il ricorso dello SNALS-Confsal, annullando i provvedimenti che riducevano l'orario complessivo annuale delle classi seconde, terze e quarte degli istituti tecnici e professionali –:
   se, pur tenendo conto dei necessari obiettivi di controllo della spesa, il Ministro interrogato intenda promuovere iniziative di competenza sul piano economico e normativo affinché la scuola possa progredire verso un assetto organico dell'insegnamento musicale nei vari livelli di istruzione fino al completamento dell'obbligo scolastico degli studenti;
   se intenda assumere le necessarie iniziative normative al fine di reintrodurre l'insegnamento della musica almeno nel primo biennio dei licei delle scienze umane, portando il monte ore settimanale delle lezioni da 27 ore a 29 ore. (4-05833)


   LUPO, MARZANA, SIMONE VALENTE, DI VITA, DI BENEDETTO e LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 98 del 2011 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria convertito con la legge 15 luglio 2011, n. 111 all'articolo 19 comma 7 prevede che: a decorrere dall'anno scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell'anno scolastico 2011/2012 in applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, assicurando in ogni caso, in ragione di anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall'anno 2012, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9 dell'articolo 64 citato;
   in riferimento alla succitata disposizione e con circolare del 15 luglio 2014 protocollo n. 0002383 emessa dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si comunicano ai direttori generali degli uffici scolastici regionali le tabelle contenenti il «tetto» dei posti assegnati ad ogni regione comprensive delle cattedre e dei posti interi, nonché degli spezzoni rapportati a posti interi (con esclusione del sostegno);
   dalle tabelle succitate si evince che dal prossimo anno scolastico si perderanno 14 cattedre in Abruzzo, 58 in Basilicata, 183 in Calabria, 387 in Campania, 33 in Molise, 340 in Puglia, 27 in Sardegna, 504 in Sicilia;
   secondo i dati forniti da Anief il numero di alunni nell'ultimo biennio è aumentato di circa 64 mila unità, a seguito di un incremento di 30 mila iscritti in più nell'anno in corso e di 34 mila nel prossimo (25.546 unità alle superiori, 9.216 alla primaria, -785 alle medie), che corrispondono a circa 3 mila nuove classi;
   dai dati forniti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla «dispersione scolastica», si evince che le regioni più esposte al «rischio di abbandono scolastico» per studenti con età inferiore ai 16 anni , siano essi appartenenti alla scuola di primo che di secondo grado, sono: Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise e Abruzzo. Le stesse regioni interessate dal taglio del personale docente –:
   se il Ministro interrogato non intenda con urgenza intervenire nelle sedi opportune, al fine di implementare le piante organiche degli istituti scolastici garantendo un'offerta formativa adeguata, facendo così fronte all'ingente numero di nuove iscrizioni scolastiche previste.
(4-05869)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   la funzione istituzionale dell'attività di garanzia del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tendente a favorire la conoscenza delle norme di settore, al fine di facilitarne l'applicazione della normativa, viene spesso interpretata nelle provincie, diversamente, a seconda del territorio e del momento;
   l'articolo 8, del decreto legislativo n. 297 del 2002 mantiene esplicitamente in vigore l'articolo 16, della legge n. 56 del 1987, ove si configura uno speciale regime giuridico riguardo l'assunzione presso le pubbliche amministrazioni di personale da adibire a «qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità». La vigenza di tale particolare modalità di reclutamento del personale presso gli enti pubblici, accanto alle «procedure selettive», è confermata dall'articolo 35, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   per le assunzioni a tempo indeterminato, prima di ricorrere all'avviamento a selezione ai sensi dell'articolo 16, legge n. 56 del 1987, la pubblica amministrazione esperisce gli adempimenti previsti dagli articoli 34 e 34-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, verificando la presenza di eventuale personale collocato in disponibilità ai sensi dell'articolo 33 del medesimo decreto ed in possesso della stessa qualifica professionale;
   le province e le altre pubbliche amministrazioni, pertanto, si raccordano con il servizio politiche attive del lavoro delle regioni per una verifica relativa alla presenza di personale eventualmente collocato in disponibilità;
   sulla base delle informazioni assunte, le richieste di personale presso gli enti pubblici pubblicate dal centro per l'impiego di Perugia evidenziano requisiti superiori alla scuola dell'obbligo contrariamente a quanto previsto dalla normativa nazionale a cui fa riferimento l'articolo 16 della legge n. 56 del 1987;
   risulta che l'accesso agli atti, avanzato da diversi utenti al Centro per l'impiego della provincia di Perugia è stato spesso oggetto di conflitto e di tensione con gli utenti stessi –:
   quali criteri interpretativi siano stati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sull'applicazione dell'articolo 16 della legge n. 56 del 1987 e dell'articolo 8, del decreto legislativo n. 297 del 2002.
(2-00654) «Galgano, Mazziotti Di Celso».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   l'ultimo report Istat sull'offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia dice che la percentuale di comuni che offre il servizio di asilo nido, sia sotto forma di strutture che di trasferimenti alle famiglie per la fruizione di servizi privati, negli ultimi anni, è aumentata, passando dal 32,8 per cento del 2003/2004 al 50,7 per cento del 2012/2013;
   lo stesso report, però, segnala un fortissimo divario territoriale nell'offerta pubblica di asili nido da una regione all'altra: la percentuale, infatti, dei comuni che offrono tale servizio varia dal 22,5 per cento al Sud al 76,3 al Nord-est;
   più precisamente, nell'anno scolastico 2012/2013 sono 152.849 i bambini di età tra zero e due anni iscritti agli asili nido comunali; altri 45.856 usufruiscono di asili nido privati convenzionati o con contributi da parte dei comuni, per un totale di 198.705 utenti dell'offerta pubblica complessiva;
   nel 2012 la spesa impegnata per gli asili nido è stata di circa 1 miliardo e 559 milioni di euro: il 19,2 per cento di tale spesa è rappresentato dalle quote pagate dalle famiglie, che ammontano a circa 300 milioni di euro, la restante a carico dei comuni è stata di circa 1 miliardo e 259 milioni di euro. La percentuale di compartecipazione degli utenti sul totale della spesa è aumentata negli anni, passando dal 18 per cento del 2009 al 19,2 per cento del 2012 e con forti differenze regionali; fra il 2004, anno base di riferimento, e il 2012 la spesa corrente per asili nido, al netto della compartecipazione pagata dagli utenti, ha subito un incremento complessivo del 48 per cento, nello stesso periodo è aumentato del 36 per cento (oltre 52 mila unità) il numero di bambini iscritti agli asili nido comunali o sovvenzionati dai comuni;
   la percentuale di comuni che offrono il servizio di asilo nido, sia sotto forma di strutture che di trasferimenti alle famiglie per la fruizione di servizi privati, è passata dal 32,8 per cento del 2003/2004 al 50,7 per cento del 2012/2013;
   permangono, però, come detto, enormi e insopportabili differenze territoriali: i bambini che vanno in asili nido comunali o finanziati dai comuni variano dal 3,6 per cento dei residenti fra 0 e 2 anni al Sud al 17,5 per cento al Centro; la percentuale dei comuni che garantisce la presenza del servizio varia dal 22,5 per cento al Sud al 76,3 per cento al Nord-est;
   il report Istat conferma, quindi, una enorme carenza di strutture nelle regioni del Mezzogiorno senza apprezzabili segnali di cambiamento, mentre aumenta, al contrario, la distanza fra le regioni in cui il sistema di servizi per la prima infanzia è più consolidato e le regioni in cui l'offerta pubblica è tradizionalmente più carente;
   la gravissima sperequazione tra Nord e Sud non viene aiutata dalle regole del cosiddetto federalismo fiscale, in modo particolare dal criterio della spesa storica adottato per il calcolo del fabbisogno dei comuni per servizi fondamentali come, appunto, gli asili nido e le manutenzioni scolastiche;
   secondo tale criterio, le zone rimaste indietro sono condannate a restarlo sempre di più dal momento che eventuali tagli alla distribuzione delle risorse si faranno non guardando al bisogno effettivo ma alla spesa consolidata per cui laddove si è speso poco, si ritiene si abbia poco bisogno e quindi si faranno tagli maggiori, mentre, in realtà, il bisogno è esattamente contrario;
   con un puntuale lavoro di inchiesta, il quotidiano napoletano Il Mattino ha documentato, a più riprese, tale sperequazione, chiedendo – e ottenendo – pubblicamente dal Presidente del Consiglio Renzi un impegno a cambiare le regole del federalismo fiscale;
   ciò nonostante, alcuni giorni fa il Governo ha approvato in via preliminare le cosiddette note metodologiche e dei fabbisogni standard per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica, e altro; il testo ora dovrà passare alla Conferenza Stato-regioni e alle commissioni parlamentari competenti per i pareri; non risulta, però, che sia stato adottato alcun cambiamento rispetto al criterio del fabbisogno storico e della spesa consolidata, rischiando, così, di penalizzare in una fase successiva, ancora una volta, il Sud nella ripartizione dei fondi e nella distribuzione di servizi fondamentali come gli asili nido sul territorio –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se non ritenga grave la sperequazione tra Nord e Sud nella presenza di asili nido sul territorio e se non ritenga, per quanto di competenza indicando gli strumenti utili in tal senso, di dover intervenire per aumentare l'offerta di asili nido al Sud e ridurre tale divario;
   se non ritenga e se non sia intenzione del Governo di intervenire su criteri come quelli sulla spesa storica e consolidata, per cambiarli al fine di evitare che le zone del Paese svantaggiate lo siano sempre e ancora di più.
(2-00657) «Bossa, Di Lello, Sgambato, Roberta Agostini, Manfredi, Valeria Valente, Carloni, Salvatore Piccolo, Giorgio Piccolo, Tartaglione, Valiante».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GREGORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il personale della direzione territoriale del lavoro (Dtl) di Roma opera da anni in difficili condizioni a causa dei ripetuti tagli di organico e alla spesa funzionale che serve per garantire una corretta attività ispettiva nel rispetto della normativa vigente. A quanto risulta agli interroganti, gli ispettori della direzione territoriale del lavoro sono spesso costretti ad anticipare le spese di trasporti per andare nella sede da ispezionare, utilizzando i propri automezzi e i propri cellulari;
   proprio in questi giorni la dirigenza della direzione territoriale del lavoro di Roma sta procedendo ad una riorganizzazione generale delle attività di competenza e delle modalità operative legate all'attività ispettiva. Si tratta di una riorganizzazione che, a seconda degli esiti, rischia di avere determinate conseguenze per le imprese e per i lavoratori, di conseguenza essa dovrebbe avvenire rispettando criteri di efficienza, coerenza e mantenimento delle qualità ispettive degli operatori;
   ad avviso degli interroganti, al fine della riorganizzazione della direzione territoriale del lavoro di Roma, sembra opportuno procedere tramite un'opportuna valutazione dei criteri che possono giustificare una eventuale rimodulazione per aree geografiche, valutando attentamente distanze, concentrazione delle attività, tipologie di imprese presente e problematiche del territorio;
   nelle more della riorganizzazione, sembra altrettanto necessario agli interroganti fornire le più adeguate garanzie che, a fronte di ispezioni nei più disparati settori merceologici, non venga ridotta o comunque in alcun modo depressa l'attività di formazione, essenziale per la qualità dell'attività ispettiva;
   le attività ispettive in ambito di normativa del lavoro sono tanto più efficaci quanto sono in grado di bilanciare l'ambito della vigilanza medico-sanitaria con quella di natura puramente tecnica, che sono altrettanto indispensabili per prevenire gli infortuni e le morti sul lavoro, una vera e propria piaga del sistema del lavoro nel nostro Paese, come dimostrano i recenti dati Istat. Quella della vigilanza tecnica dovrebbe dunque rappresentare una priorità ai sensi della nuova organizzazione;
   altrettanto rilevante è l'aspetto della cosiddetta vigilanza «profonda» che risulta indispensabile in campi complessi e spesso per fare da supporto essenziale all'attività degli organi di magistratura e di polizia giudiziaria. Anche su questo punto appare necessario contemperare questa esigenza con quella che riguarda i cosiddetti, «accessi brevi»;
   preoccupa, a quanto risulta agli interroganti, nelle more del progetto di riordino la cancellazione della linea di vigilanza sulle ferrovie dello Stato e in generale sul sistema ferroviario territoriale. Si tratterebbe di una valutazione erronea perché non coincidente con il ruolo di assoluto rilievo nazionale che il sistema ferroviario di Roma e provincia assume –:
   se, il Ministro interrogato intenda verificare che, l'effettiva prevista riorganizzazione della direzione territoriale del lavoro di Roma, ad opera della dirigenza del suddetto organismo, sia accompagnata da un'adeguata e attenta valutazione dei seguenti punti critici:
    a) che la rimodulazione sulla base del criterio geografico non avvenga a scapito di un eccessivo carico di lavoro del personale ispettivo che già da tempo sopporta gravi disfunzioni e carenze e, in particolare, che si faccia un'esaustiva mappatura delle esigenze del tessuto territoriale e imprenditoriale;
    b) che vengano fornite adeguate garanzie di mantenimento dell'attività di formazione per il personale ispettivo;
    c) che non venga compressa la vigilanza approfondita a scapito dei cosiddetti «accessi brevi»;
    se, il Ministro interrogato, intenda fornire adeguate garanzie rispetto al mantenimento della linea di vigilanza sulle ferrovie dello Stato per la parte di competenza della direzione territoriale del lavoro di Roma;
    se, infine, il Ministro interrogato ritenga opportuno che ad occuparsi di un'opera di riorganizzazione così imponente e a carattere straordinario venga incaricata una dirigenza come quella attuale che, a quanto risulta agli stessi interroganti, è titolare di un incarico «ad interim», pregiudicando di fatto la possibilità per una nuova dirigenza a pieno titolo di impostare un'opera di riassetto sulla base di criteri differenti. (5-03455)


   TRIPIEDI, COMINARDI, ALBERTI, CIPRINI, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, CHIMIENTI, BALDASSARRE, VILLAROSA e PESCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 31 luglio 2014, è stato diffuso un documento a firma FIM-CISL di Monza Brianza Lecco, all'interno del quale venivano riportati i dati del monitoraggio relativo alle situazioni di crisi del settore metalmeccanico del territorio della provincia di Monza e Brianza, area della Lombardia nota da sempre per la sua produttività legata soprattutto al settore artigianale, riferiti al periodo gennaio – giugno 2014;
   i dati sono rilevati in difetto positivo causa mancanza di alcuni parametri di realtà che la stessa FIM-CISL al momento della redazione del documento non aveva a sua conoscenza;
   i dati hanno rilevato che in tutta la Brianza, nel primo semestre 2014 sono state 244 le aziende industriali ed artigiane coinvolte da processi di crisi e/o difficoltà contro le 229 del semestre luglio-dicembre 2013 per un totale in di 10.765 addetti occupati coinvolti contro i 9.409 del semestre precedente e 7.931 addetti coinvolti dall'utilizzo di «ammortizzatori sociali» contro i 6.617 del semestre precedente; tra queste, 100 aziende (erano 114 nel precedente semestre) hanno utilizzato la cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) coinvolgendo 2.055 addetti (erano 2.347 nel precedente semestre); 25 aziende (erano 19 nel precedente semestre) hanno utilizzato la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) coinvolgendo 2.020 addetti (erano 1.306 nel precedente semestre); 12 aziende (erano 7 nel precedente semestre) hanno utilizzato i contratti di solidarietà (CdS) coinvolgendo 2.954 addetti (erano 2.177 nel precedente semestre); 94 aziende (erano 81 nel precedente semestre) hanno utilizzato la cassa integrazione in deroga (CIG) coinvolgendo 492 addetti (erano 488 nel precedente semestre); 20 aziende (erano 12 nel precedente semestre) hanno utilizzato la procedura di mobilità (licenziamenti) coinvolgendo 410 addetti (erano 299 nel precedente semestre);
   i dati sopra esposti, evidenziano che nel primo semestre 2014 in rapporto al secondo semestre dell'anno 2013, vi è stato un aumento del numero di aziende interessate a processi di crisi e dei lavoratori complessivamente coinvolti; vi è stato un calo sia delle aziende che dei lavoratori collocati in cassa integrazione ordinaria; un aumento delle aziende che utilizzano la cassa integrazione in deroga seppur il numero dei lavoratori complessivamente coinvolti è aumentato di poco; è aumentato il numero di aziende e dei lavoratori coinvolti con il ricorso alla cassa integrazione straordinaria; è aumentato il numero di aziende e dei lavoratori coinvolti dalla mobilità e 4 di queste aziende sono fallite licenziando 217 lavoratori; le aziende coinvolte, nonostante le innumerevoli difficoltà, stanno tentando di mantenere la tenuta occupazionale all'interno delle stesse; vi è un aumento del numero di aziende coinvolte da processi di crisi (15 in più rispetto al secondo semestre 2013) e del numero degli addetti coinvolti (1.356 in più rispetto al secondo semestre 2013);
   sempre per la cassa integrazione, il 26 per cento dei lavoratori è coinvolto con l'utilizzo della Cigo, il 69 per cento dalla Cassa integrazione guadagni straordinaria, Comitati di solidarietà e Cassa integrazione guadagni in deroga e il 5 per cento dalla mobilità; il 92 per cento delle aziende interessate dall'utilizzo degli ammortizzatori sociali risulta essere al di sotto dei 100 dipendenti, sottolineando quanto sopra citato, ovvero che la dimensione media delle aziende metalmeccaniche nel territorio brianzolo sia composto da aziende artigianali; rispetto al secondo semestre 2013, si è rilevata una diminuzione del numero di aziende che utilizza o ha utilizzato la cassa integrazione ordinaria (14 in meno) e dei lavoratori coinvolti (292 in meno); un aumento della cassa integrazione straordinaria (6 aziende in più) e dei lavoratori coinvolti (714 in più); un aumento della cassa integrazione in deroga (13 aziende in più) e dei lavoratori coinvolti (4 in più);
   è aumentato l'utilizzo dei contratti di solidarietà da parte delle aziende (5 in più rispetto al secondo semestre 2013) e dei lavoratori coinvolti (777 in più rispetto al secondo semestre 2013);
   è aumentata la mobilità applicata dalle aziende (8 in più rispetto al precedente semestre) e dei lavoratori coinvolti (111 in più rispetto al precedente semestre);
   è sempre maggiore il numero di aziende non in grado di anticipare l'indennità di CIG e sempre meno le realtà in controtendenza che chiudono i bilanci in positivo e che hanno assunto nuovo personale, mentre sono in aumento il numero delle aziende che dichiarano il fallimento, testimonianza diretta e drammatica dell'evidenziarsi delle difficoltà finanziarie;
   in data 31 luglio 2014, una notizia pubblicata dall'agenzia ANSA dal titolo «Poletti, lieve ripresa sul lavoro», riportava una dichiarazione del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, dove affermava che, a livello nazionale «l'aumento di 50.000 occupati a giugno è un dato in continuità con quello di maggio, dove si era registrato un analogo incremento, e segnale di una possibile tendenza ad un consolidamento di una leggera ripresa occupazionale». Lo stesso aggiungeva che «i dati di questi ultimi due mesi [...] seguono un inizio d'anno nel quale il calo dell'occupazione si era fermato ed il numero degli occupati era rimasto pressoché stabile»;
   a parere dell'interrogante, la crisi ha prodotto non solo conseguenze di rallentamento dell'attività produttiva ma si è anche sovrapposta alla debolezza strutturale dell'apparato industriale italiano, confermando la mancanza di «un sistema Paese» in grado di dare risposte coese, comprovando l'instabilità politica dello Stato che non ha consentito, almeno sino ad oggi, di dare maggiore attenzione alle tematiche industriali e del lavoro e che ha favorito il rallentamento dei programmi di investimento causato dalle politiche restrittive di accesso al credito praticate dal sistema bancario;
   tutti i numeri drammaticamente sopra riportati, confermano che la crisi iniziata nel 2008, almeno per la zona della Brianza non sia ancora finita ma, al contrario, sia ancora fin troppo evidente –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza i dati sopra indicati;
   in base a quali dati il Ministro interrogato abbia rilasciato le dichiarazioni sopra riportate che risultano essere in netto contrasto con i dati riguardanti il settore metalmeccanico di una delle zone più produttive del nostro Paese, qual’è la Brianza, afflitta da una così profonda crisi;
   se e quali politiche il Ministro interrogato abbia previsto previsto per la ripresa del settore metalmeccanico della Brianza. (5-03456)


   MICCOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o gennaio 2012 l'Inps ha assorbito funzioni, obbligazioni, crediti e debiti, risorse patrimoniali, strumentali e umane dell'Inpdap e dell'Enpals, soppressi a seguito delle previsioni di cui all'articolo 21 del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, per razionalizzare il sistema di welfare e garantire efficienza dei servizi nel contenimento della spesa pubblica;
   si è proceduto, quindi, all'effettivo trasferimento ad INPS delle risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi, mediante decreti di natura non regolamentare (decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione del 28 marzo 2013 per ENPALS e del 5 luglio 2013 per INPDAP) emanati ben oltre il termine dei 60 giorni dall'approvazione dei bilanci di chiusura, la cui deliberazione era fissata al 31 marzo 2012, giusta prescrizione del comma 2 del citato articolo 21 (decreto-legge n. 201 del 2011);
   ciò nonostante, per assicurare la continuità delle funzioni e delle prestazioni che INPS ha assunto in seguito all'assorbimento di INPDAP ed ENPALS, INPS stesso ha proceduto alla progressiva immissione nei ruoli dell'Istituto del personale dei due enti soppressi ed alla relativa equiparazione del trattamento giuridico/economico, nei limiti della compatibilità con il principio della tutela dei diritti e della insopprimibilità degli obblighi di natura contrattuale, derivanti dai contratti integrativi ancora non perfezionati (CCIE 2011 ex INPDAP siglato in data 8 giugno 2012 e CCIE 2012 - sezione seconda siglato in data 29 maggio 2014);
   ciò ha comportato, per il personale ex INPDAP inquadrato nelle aree A, B e C (per il numero complessivo di 6528 unità, come risulta dal decreto interministeriale del 5 luglio 2013) che le prestazioni sinallagmatiche (articoli 2094 e 2099 c.c.) derivanti dalla differente contrattazione integrativa di ente, in corso di vigenza al tempo della unificazione, e da sottoporre a verifica conclusiva per il saldo del salario accessorio da corrispondere, non fossero novate né annullate anche in merito alle modalità di costituzione, per il 2012, dei Fondi separati (INPS-INPDAP- ENPALS) per la contrattazione integrativa;
   in conformità alle prescrizioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 e nel rispetto delle disposizioni di contenimento della spesa  pubblica di cui al decreto legislativo 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (articoli 4 e 9, comma 2-bis), l'INPS, come parte datoriale, ha definito, per l'anno 2012, le poste finanziarie utili per la complessiva composizione del fondo destinato alla copertura del salario accessorio di produttività da corrispondere al personale impegnato nei progetti con i criteri definiti in contrattazione;
   il contratto integrativo di ente 2012 ha trovato traduzione finanziaria nel bilancio INPS dello stesso anno, che, a sua volta, ha accolto tra le poste iniziali di esercizio tutte le attività e le passività risultanti dal bilancio di chiusura del soppresso INPDAP – rendiconto 2011 – ed anche le risultanze finanziarie ed economico/patrimoniali derivanti dalla assunzione della gestione denominata dipendenti pubblici (ex INPDAP), in conformità a quanto stabilito con (decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, in tema di contabilità degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo, n. 70, anche in ordine agli organi di controllo interni ed esterni;
   l'amministrazione datore di lavoro, in conformità all'articolo 45, commi 3, lettera c), e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che assegna la specifica competenza e responsabilità per l'attribuzione dei trattamenti accessori ai dirigenti individuati, proprio sulla base della valutazione dell'apporto partecipativo di ciascun dipendente, riferito ai criteri/obiettivi definiti dalla contrattazione collettiva, ha proceduto a corrispondere le relative quote di salario accessorio 2012 anche tenendo conto delle verifiche di natura amministrativo-contabile esercitate a seguito dell'integrazione delle funzioni contabili avvenuta nel corso dell'anno 2012 (circolare n. 3 del 13 gennaio 2012);
   con il messaggio Hermes n. 6245 del 23 luglio 2014, l'INPS ha comunicato ai lavoratori ex INPDAP che con la retribuzione del mese di luglio 2014, avrebbe proceduto unilateralmente al recupero di somme (in misura fissa e per scaglioni retributivi per un totale di circa 2,5 milioni di euro) che ritiene di aver corrisposto indebitamente, poiché erroneamente stanziati a finanziare il fondo per la contrattazione integrativa di ente per il 2012, destinata ai lavoratori del soppresso INPDAP;
   peraltro nulla è stato comunicato in ordine alle modalità di restituzione dell'IRPEF già trattenuta ai lavoratori in occasione della corresponsione dei vari acconti incentivanti per l'anno 2012 nel corso degli esercizi pregressi, lasciando intendere di procedere al recupero di un lordo sul netto –:
   quali iniziative intendano adottare affinché INPS:
    a) qualora siano accertati l'erroneo finanziamento per la stipula del contratto integrativo di ente del 2012 – gestione ex INPDAP – e la conseguente necessita di riparare al danno prodotto al bilancio e dell'Istituto, in conformità a quanto disposto dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20 (in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti), non produca – attraverso un'ingiusta penalizzazione dei lavoratori delle aree A, B e C transitati dal soppresso INPDAP che subiscono il recupero autoritativamente disposto – un non giustificato danno derivante da responsabilità contrattuale (ex articolo 1218 c.c. e ss.), sostanziato dalla riduzione del corrispettivo contrattuale spettante a fronte di prestazioni lavorative già eseguite, in conformità ai principi del comportamento secondo correttezza (articoli nn. 1175, 1337 c.c.) e buona fede (articolo 1375 c.c.);
    b) individui le giuste modalità di risarcimento a riparazione del danno prodotto ai soggetti lesi sia pubblici (amministrazione) che privati (lavoratori ex INPDAP) così da non determinare ulteriori e maggiori spese gravanti sul bilancio dell'Istituto, attivando le procedure previste dalla normativa citata (codice civile e decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e legge 14 gennaio 1994, n. 20) e nel rispetto dei principi della buona amministrazione di cui all'articolo 97 della Carta costituzionale. (5-03463)


   CANI, FRANCESCO SANNA, MARROCU, MURA, PES, GIOVANNA SANNA, SCANU e MARCO MELONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze n. 83473 del 1o agosto 2014, contiene disposizioni in materia di ammortizzatori sociali in deroga che riducono progressivamente sin dal 1o gennaio 2014, e per il successivo biennio 2015-2016 la possibilità di accedere alla cassa integrazione ed alla mobilità in deroga, sino alla completa scomparsa di tali strumenti dal 1o gennaio 2017;
   in particolare, le limitazioni introdotte dal nuovo decreto riguardano la durata dei trattamenti per entrambi gli istituti, la limitazione dei datori di lavoro che possono ricorrere alla cassa integrazione guadagni in deroga ai soli imprenditori ex articolo 2082 c.c. nonché l'introduzione di più stringenti requisiti soggettivi in capo ai lavoratori per entrambi gli istituti;
   mentre le limitazioni relative ai requisiti soggettivi delle imprese e dei lavoratori, ai sensi dell'articolo 6 del citato decreto, «si applicano agli accordi stipulati successivamente all'entrata in vigore del presente decreto», per quanto riguarda la limitazione della durata dei trattamenti, ai sensi del medesimo articolo 6, si specifica «... ferma restando l'applicazione dei limiti di durata... anche con riferimento ai trattamenti di integrazione salariale e di mobilità concessi precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto»;
   il ritardo nella ripresa economica, come da ultimo testimoniato dall'ISTAT, merita il massimo impegno per la definizione di una strategia complessiva dell'azione di Governo che, in coerenza con i primi provvedimenti adottati per il sostegno dei redditi dei lavoratori o quelli per lo smaltimento dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti del sistema imprenditoriale, metta in condizione i datori di lavoro di superare la fase recessiva, salvaguardando il sistema produttivo e occupazionale del Paese;
   in tale contesto, si segnala la peculiare situazione della regione Sardegna che registra indicatori economici di vera emergenza sociale;
   nel primo semestre 2014 risultano presentate richieste che interessano complessivamente 8.183 lavoratori, di cui 2.414 a seguito di prime istanze per l'anno 2014 e 5.769 a seguito di richieste di proroga di cassa integrazione guadagni straordinaria già iniziate negli anni precedenti. Secondo quanto disposto dal decreto, tali richieste possono essere autorizzate per un periodo massimo di 11 mesi nell'arco del 2014, e pertanto, per tutte le richieste di proroga e per le prime istanze con decorrenza 1.1.2014, rimane scoperto il mese di dicembre 2014. Restano inoltre esclusi dall'ammortizzatore i lavoratori in possesso di una anzianità lavorativa presso l'impresa inferiore agli 8 mesi alla data di inizio del periodo di intervento della cassa in deroga;
   per quanto riguarda la mobilità in deroga, nel primo semestre 2014 risultano presentate richieste che interessano complessivamente 15.240 lavoratori. Secondo quanto disposto dal decreto, tali richieste possono essere autorizzate: per un periodo massimo di 8 mesi nell'arco del 2014 per i lavoratori che abbiano già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni, anche non continuativi: per la Sardegna ciò comporterà 1.851 lavoratori che resteranno privi dell'ammortizzatore sociale dal 1o settembre 2014; per un periodo massimo di 10 mesi nell'arco del 2014 per i lavoratori che abbiano già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per meno dei tre anni: per la Sardegna ciò comporterà 13.389 lavoratori, che resteranno privi dell'ammortizzatore sociale dal 1o novembre 2014;
   attualmente, circa 487 lavoratori beneficiari di ammortizzatori in deroga (420 in mobilità e 67 in cassa integrazione in deroga), sono in utilizzo presso amministrazioni pubbliche (comuni, ASL, ONLUS), le quali beneficiano delle loro prestazioni lavorative ed effettuano una integrazione del reddito sino a complessivi 1.000 euro mensili. A seguito dei limiti sopra descritti, poiché la stragrande maggioranza dei lavoratori in mobilità ha una anzianità nell'ammortizzatore superiore ai tre anni, dal 1o settembre con il cessare dello status giuridico di beneficiario di ammortizzatore in deroga, determinerà anche l'impossibilità dell'utilizzo presso gli enti;
   come si evidenzia dai dati sommariamente sopra menzionati, c’è il consistente rischio che le nuove disposizioni determinino una grave crisi occupazionale per la Sardegna, con oltre 15.000 lavoratori che, dal prossimo 1o settembre, si troveranno senza alcuna forma di indennità di reddito e che, quasi certamente, si tradurranno in altrettanti disoccupati senza alcuna forma di sostegno del reddito, in un territorio che già registra tassi di disoccupazione allarmanti per la tenuta economica e sociale dell'isola –:
   se il Governo sia a conoscenza dei possibili effetti che si potranno produrre, in territori quali la Sardegna, a seguito dell'entrata in vigore delle nuove regole in materia di concessione di ammortizzatori sociali in deroga e se ne abbia valutato le conseguenze sul piano della tenuta economica e sociale;
   quali iniziative intenda adottare al fine di monitorare, non solo l'andamento della gestione degli ammortizzatori sociali in deroga sulla base delle nuove disposizioni, così come previsto dall'articolo 5 del citato decreto, ma anche le conseguenze occupazionali e sociali che ne potranno scaturire. (5-03475)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO e AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   TESS Costa del Vesuvio è una società nata nel 1994 per gestire il contratto d'area torrese stabiese e contrastare la crisi industriale degli anni Ottanta e Novanta;
   questa società è stata tra i primi soggetti a sviluppare, attraverso l'attivazione dello strumento della programmazione negoziata, la politica della concertazione in Campania;
   finalità di TESS Costa del Vesuvio, nel suo ruolo di agenzia locale di sviluppo, è la promozione del territorio ed il rilancio dei settori ritenuti strategici per la crescita produttiva dell'area;
   le attività principali di TESS Costa del Vesuvio sono l'assistenza e supporto alle amministrazioni locali, alla provincia, alla regione, nel campo della pianificazione strategica e in materia di politiche sociali, oltre ad analisi e studi di settore finalizzati alla «lettura» del territorio, dei vincoli e delle opportunità che esso presenta ed, infine, ad azioni di marketing territoriale più specificamente rivolte al sistema delle imprese per promuovere nuove iniziative e rafforzare quelle già esistenti e ad interventi di formazione e riqualificazione professionale;
   TESS Costa del Vesuvio è una società partecipata da regione Campania, che ne detiene la quota di maggioranza, provincia di Napoli, 16 comuni dell'area vesuviana costiera e dei Monti Lattari ed Unione degli industriali di Napoli;
   la società è in liquidazione dal 2012, ed i 28 dipendenti attualmente sotto contratto sono stati messi in cassa integrazione, in attesa di essere ricollocati in una società che si occupi di sviluppo industriale;
   la cassa integrazione è iniziata l'8 marzo 2013, e poi confermata per tutto il 2014;
   da tre mesi circa, tuttavia, la cassa integrazione non viene pagata, perché il liquidatore della TESS Costa del Vesuvio si rifiuta di mandare i tabulati all'INPS;
   ogni mese, infatti, andrebbero fatti i conteggi per mandare le carte all'istituto di previdenza, ma da tre mesi ciò non avviene a causa di un braccio di ferro in corso tra il liquidatore Giuseppe Catenacci e la presidenza della giunta regionale;
   il liquidatore non ottempera, dunque, e la regione Campania, nonostante le numerose sollecitazioni ricevute, rimanda ogni decisione a settembre;
   a quanto consta agli interroganti lo stesso capo di gabinetto del presidente della regione avrebbe, nel corso di un incontro avvenuto il 22 luglio 2014 sulla vicenda TESS Costa del Vesuvio, garantito che l'assemblea dei soci sarebbe stata risolutiva del problema, ma tale riunione di fine luglio ha solo rimandato ogni valutazione a settembre;
   ciò significa lasciare i lavoratori senza neppure quel minimo contributo di sostegno al reddito che, come ha ricordato di recente la Svimez, significa essere appena sulla soglia della povertà;
   i 28 dipendenti della TESS Costa del Vesuvio, nel disperato tentativo di vedere le proprie (più che legittime) richieste ascoltate ed accolte, hanno proclamato a partire dal 4 agosto 2014 lo sciopero della fame a oltranza, che durerà fino a quando non verrà data comunicazione dall'Inps dell'avvenuta trasmissione dei dati per il pagamento della cassa integrazione e non verranno pagati i tre mesi di cassa integrazione dovuti ai lavoratori;
   contemporaneamente, i dipendenti della TESS Costa del Vesuvio stanno dando vita ad un presidio all'esterno del palazzo della regione sito in via Santa Lucia;
   come ben si potrà immaginare, si viene a creare un evidente rischio per la salute dei lavoratori, giacché il torrido caldo tipico dell'agosto napoletano non può che avere un effetto devastante su persone debilitate dalla mancanza di un'adeguata nutrizione ed impegnate in un presidio giorno e notte;
   aspettare fino a settembre per affrontare seriamente il problema potrebbe, di fatto, rappresentare l'accettazione pilatesca e consapevole degli effetti che si ripercuoterebbero sui dipendenti della TESS Costa del Vesuvio;
   i fatti narrati sono riportati anche, tra gli altri, nell'articolo intitolato «Tess Costa del Vesuvio — lavoratori in sciopero della fame», pubblicato il 4 agosto 2014 dall'edizione online del quotidiano «La Repubblica» –:
   se non ritengano i Ministri, per quanto di competenza, di dover intervenire al fine di favorire una efficace e rapida soluzione del problema, ed aprire un tavolo di concertazione che ricomprenda tutte le parti coinvolte e che permetta sia di superare l’empasse venutosi a creare sia di garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori della TESS Costa del Vesuvio. (4-05847)


   GIUSEPPE GUERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel febbraio 2011 la società Meridiana Fly spa, esercente attività di trasporto aereo, ha avviato procedura di mobilità relativamente a 910 unità lavorative dichiarate in esubero;
   nel giugno dello stesso anno è stato sottoscritto dall'azienda e dalle organizzazioni sindacali interessate un accordo governativo per il ricorso al trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per la durata di 48 mesi a decorrere dal 27 giugno 2011, con riguardo ad un numero massimo di 845 lavoratori appartenenti alle categorie professionali del personale di terra, personale navigante tecnico e personale di cabina;
   in data 27 dicembre 2012 l'azienda e le organizzazioni sindacali hanno integrato il citato accordo, estendendo il numero dei lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria fino a 1350 unità;
   a partire dall'ottobre 2011, con l'acquisizione della società Air Italy s.p.a., Meridiana ha progressivamente avviato una dismissione della propria flotta, e ha ceduto rotte ed attività alla controllata Air Italy, che attualmente opera la totalità dei voli da Milano;
   in occasione dello sciopero proclamato dal personale Meridiana in data 20 luglio 2014, la Filt Cgil ha rilevato da parte della società comportamenti e condotte tali da indurre il sindacato a chiedere l'intervento della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
   non è chiaro se esista e quale sia il piano industriale di Meridiana –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per la salvaguardia dei livelli occupazionali nei territori coinvolti, con particolare riferimento alla situazione della base operativa di Milano;
   se intenda aprire un tavolo nazionale di confronto con lo scopo di avviare un dialogo finalizzato a tutelare la continuità lavorativa. (4-05851)


   BECHIS, COMINARDI, RIZZETTO, TRIPIEDI, CIPRINI, ROSTELLATO e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa si apprende quanto segue: Ispettori del lavoro: «Basta sopralluoghi con le auto private, troppe minacce e nessuno ci tutela»;
   continua lo stato di agitazione della categoria: «Useremo i mezzi pubblici, così i tempi si dilateranno. Protestiamo contro il disinteresse delle istituzioni per il nostro crescente stato di disagio»;
   continua lo stato di agitazione del personale ispettivo della direzione territoriale del lavoro di Torino. Una settantina di ispettori su un totale di 77, appartenenti agli uffici della vigilanza ordinaria, della vigilanza tecnica e dell'ufficio legale e contenzioso hanno deciso di revocare la disponibilità all'uso del mezzo proprio per lo svolgimento delle attività istituzionali. Tra i motivi della protesta – in corso anche in altre realtà italiane e sfociata nel maggio scorso a Torino in un presidio davanti alla sede della Prefettura, in piazza Castello – il crescente disagio degli operatori dell'Ispettorato per i gravi episodi di intolleranza e intimidazione subite durante le visite nei luoghi di lavoro e per il disinteresse generale delle istituzioni verso i problemi della categoria. «Con la scelta di fare le ispezioni utilizzando i mezzi pubblici e non la propria auto, benché autorizzati – spiega Fabrizio Salvatico, rsu Cisl Fp della Direzione territoriale del lavoro di Torino – si dilatano notevolmente i tempi di spostamento a discapito dell'attività ispettiva che ne risulta quasi dimezzata. Si tratta di una forma di protesta per richiamare l'attenzione sui problemi che ci toccano da vicino e che richiedono risposte immediate»;
   anche i DTL di Biella, Verbania, Vercelli, Asti ed Alessandria hanno aderito revocando l'uso dell'auto privata;
   gli interroganti ritengono che il personale addetto alle ispezioni sia oggettivamente in grave carenza di risorse e tutele oltre a considerare il ruolo degli organi di controllo indispensabile al fine di garantire elevati standard di sicurezza e una giusta redistribuzione del reddito;
   gli ispettori del lavoro sono figure fondamentali per evitare inutili costi sociali ed economici alla collettività –:
   se il Ministro interrogato ritenga di adottare ogni più opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di garantire le risorse e le tutele necessarie al personale addetto alle ispezioni. (4-05853)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy, che registra un fatturato nazionale superiore ai 266 miliardi di euro, rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica; l'usurpazione del Made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace; la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale — considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore — ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   la crescita costante dell’export testimonia l'indiscutibile ruolo dell'agro alimentare nazionale e del valore attribuito al marchio «Italia», con un territorio ed una produzione ammirati ed imitati nel mondo;
   nell'agricoltura italiana sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento; in Italia nel 2012 la consistenza è stata di 9,279 milioni di capi, preceduta da Germania (28,1 milioni), Spagna (25,2 milioni), Francia (13,7 milioni), Danimarca (12,4 milioni), Olanda (12,2 milioni) e Polonia (11,9 milioni di capi); i dati del censimento dell'agricoltura 2010 indicano in 26.197 il numero delle aziende suinicole in Italia (74,1 per cento rispetto al 2007), 4.900 delle quali allevano più di 50 suini;
   in Italia, nel 2012, la produzione nazionale di suini è stata stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno, le importazioni in 572.987,42 tonnellate; gli allevamenti di suini sono oltre 26.200 concentrati, prevalentemente, in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate; minori importazioni provengono dall'Olanda;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   il Codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b) del Regolamento CE 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevede che l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza è obbligatoria per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) elencati all'allegato XI del regolamento medesimo — tra le quali sono contemplate le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate — rinviando l'applicazione della norma a successivi atti di esecuzione da adottare entro il 13 dicembre 2013;
   sulla base dei dati Efsa, l'Italia risulta prima, nel mondo, in termini di sicurezza alimentare, con oltre 1 milione di controlli l'anno, il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento), con un valore inferiore di cinque volte rispetto a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte rispetto a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità);
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo ed alle Amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   quali azioni il Ministro intenda adottare al fine di promuovere il rispetto di quanto imposto dal Regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine;
   quali determinazioni intenda promulgare alle autorità di controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350 sulla tutela del made in Italy;
   se il Ministro non intenda assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013 citata, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy ed i dati dei traffici illeciti accertati. (3-00998)


   COVA, BRAGA, COMINELLI, TENTORI, MONACO, TARICCO, MONTRONI, MALPEZZI, RICHETTI, CASATI, GASPARINI, CIMBRO, MAURI, FIANO, FERRARI, PREZIOSI, RAMPI, CINZIA MARIA FONTANA, GUERRA, LORENZO GUERINI, BERLINGHIERI e CRIVELLARI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   l'usurpazione del made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il Codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali; la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una produzione italiana che non possiedono costituisce un vero e proprio danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   quali interventi intenda conferire alle Autorità di controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350 sulla tutela del made in Italy;
   quali azioni il Ministro intenda adottare al fine di assicurare il rispetto, da parte della Commissione europea, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal Regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine. (3-00999)


   MONGIELLO, PETRINI, LODOLINI, MANZI, LUCIANO AGOSTINI, MORANI, MARCHETTI, CARRESCIA, DI GIOIA, CERA, FARAONE, NACCARATO, MIOTTO, NARDUOLO, CASELLATO, RUBINATO, DE MENECH, MARCO DI MAIO, DONATI, SBROLLINI, BINI, CARRA, COLANINNO, MARTELLI, FABBRI e GRECO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, anche, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che, dietro questo sistema, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e a una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agro alimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare e uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   quali indicazioni intenda diramare alle autorità di controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49, e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy. (3-01000)


   FRANCO BORDO, BOCCADUTRI, PALAZZOTTO, RICCIATTI, PAGLIA, LACQUANITI, PELLEGRINO e LAVAGNO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare Made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell'export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il Made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che, dietro questo sistema, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del Made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà;
   all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   se intenda assumere iniziative nei confronti dei soggetti deputati al controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350 sulla tutela del Made in Italy.
(3-01001)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VENITTELLI, OLIVERIO, LUCIANO AGOSTINI, TARICCO, TERROSI, ROMANINI, COVA e MINNUCCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 17 dicembre 2012 la Commissione europea ha richiamato l'Italia sulle sue inadempienze in merito al sistema nazionale di controllo dell'attività di pesca;
   in seguito a tale richiamo, il Governo italiano ha avviato un'indagine amministrativa – con la partecipazione di funzionari della Commissione dell'Unione europea – sul proprio sistema di controllo;
   l'indagine in questione non ha permesso di eliminare le irregolarità rilevate, pertanto la Commissione dell'Unione europea ha disposto l'istituzione di un progetto di piano di azione – denominato Action Plan – concordato con le autorità italiane, per ovviare alle carenze del sistema italiano di controllo della pesca. Tale piano è stato redatto dall'Amministrazione italiana ed adottato con decisione della Commissione dell ?unione europea il 6 dicembre 2013;
   l’Action Plan – nato per colmare alcune lacune del sistema di controllo sull'attività della pesca, prevede alcune misure – la corretta marcatura e identificazione dei pescherecci e degli attrezzi da pesca, l'introduzione di ulteriori controlli per i pescherecci di LFT « di 12 metri autorizzati alla pesca del pesce spada, l'obbligo di comunicazione di inizio e fine della battuta di pesca e zona pesca, misure di gestione e misure tecniche a carico di tutti gli operatori – più restrittive di quelle comunitarie, che rischiano di ledere la concorrenzialità delle imprese italiane nei confronti delle imprese comunitarie;
   il 24 aprile 2014 le maggiori organizzazioni della pesca – Federcoopesca, Associazione Lega Pesca, Associazione generale Cooperative italiane del settore Agro Ittico Alimentare – hanno presentato ricorso di annullamento della decisione della Commissione europea del 6 dicembre 2013 che istituisce un Piano di azione per ovviare alle carenze del sistema italiano di controllo della pesca (Action plan – C(2013)8635 final);
   pur condividendo i principi della sostenibilità dell'attività di pesca e della lotta alla pesca illegale, le associazioni ricorrenti ritengono le misure contenute nel Piano eccessivamente restrittive e di difficile realizzazione, soprattutto per le piccole imprese, e temono che esse si tradurranno in ulteriori insostenibili oneri burocratici e in uno sproporzionato inasprimento delle sanzioni;
   in particolare, le associazioni contestano il fatto che la decisione dell'Unione europea non contiene alcun elemento dal quale sia possibile desumere il tipo, la natura e il contenuto delle «irregolarità riscontrate nell'applicazione di talune norme della politica comune della pesca» e che essa non si limita ad imporre allo Stato membro di cessare le irregolarità nel sistema dei controlli ma stabilisce nuovi obblighi che non trovano alcun fondamento nel Regolamento 1224, cui la decisione si richiama esplicitamente; infine, il sistema di sanzioni automatiche e irrevocabili stabilite dal piano confligge con il sistema graduato di sanzioni contenuto nel Regolamento 1224 –:
   quali siano le irregolarità riscontrate dalla Commissione europea e per quale motivo l'indagine amministrativa sul sistema nazionale di controllo dell'attività di pesca non sia stata in grado di eliminarle, determinando così l'adozione della decisione dell'Unione europea e dell’Action Plan;
   se corrisponda al vero che la decisione dell'Unione europea confligge e stabilisce nuovi obblighi rispetto al Regolamento 1224, cui essa esplicitamente si richiama, e, in caso affermativo, quali siano le motivazioni di tali difformità, che rischiano di penalizzare pesantemente le aziende italiane rispetto a quelle degli altri Paesi dell'Unione europea. (5-03466)


   L'ABBATE, DE LORENZIS, BRESCIA, D'AMBROSIO, GALLINELLA, BALDASSARRE, GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, SCAGLIUSI e CARIELLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'olivicoltura è uno dei principali strumenti di tutela e valorizzazione economica ed ambientale del Salento, nonché elemento fondamentale della bellezza paesaggistica e di attrazione turistica del territorio;
   negli ultimi anni, in provincia di Lecce, le specie vegetali presentano tuttavia danni di varia natura anche dovuti ad organismi e patologie che allarmano e richiedono ulteriori e più complessi accertamenti; in particolare la sindrome del disseccamento rapido dell'ulivo, riconducibile ad una complessa eziologia che chiama in causa anche la Xylella fastidiosa, desta particolare preoccupazione;
   nella nota informativa sul «complesso del disseccamento rapido dell'olivo», rilasciata dall'ufficio osservatorio fitosanitario della regione Puglia in data 18 ottobre 2013, vengono illustrate le possibili cause del fenomeno e vengono disposte le misure da adottare a breve termine nonché le misure preventive da adottare su piante non compromesse;
   a causa della diffusione del batterio denominato Xylella fastidiosa, disposizioni europee, nazionali e regionali hanno fissato una serie di obblighi e divieti sulla movimentazione dei prodotti delle attività vivaistiche della provincia di Lecce all'esterno del territorio provinciale, incidendo sulla redditività delle imprese del settore;
   la delibera di giunta regionale della Puglia n. 2023 del 29 ottobre 2013 ha recepito le misure del servizio fitosanitario regionale indicando, inoltre, «l'estirpazione di piante infette dove si ritiene necessario per eradicare la presenza della Xylella fastidiosa» ma, come ribadito nell'audizione in Commissione agricoltura alla Camera dei deputati, «su tale aspetto la convinzione sulla estirpazione delle piante di olivo avrà un consenso solo se il mondo scientifico nazionale anche internazionale è nelle condizioni di dimostrare che l'estirpazione di una pianta è risolutiva per il contenimento o eradicazione della Xylella fastidiosa»;
   in data 30 ottobre 2013, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali pro tempore Nunzia De Girolamo, in un comunicato, dichiara di «aver chiesto al Commissario Tonio Borg di attivare al più presto possibile il fondo di solidarietà comunitario per le emergenze fitosanitarie, affinché anche l'Unione europea si unisca agli sforzi già messi in atto a livello nazionale e regionale per eradicare la Xylella fastidiosa dagli uliveti salentini». Il Commissario europeo per la salute, Tonio Borg, ha dato la sua disponibilità ad attivare prontamente il fondo previsto dal regolamento (CE) 1040 del 2002;
   con determina del servizio fitosanitario regionale n. 521 del 20 novembre 2013 è stato disposto il blocco della movimentazione del materiale di propagazione nonché il divieto di movimentazione e commercializzazione al di fuori della provincia di Lecce per le imprese vivaistiche;
   l'articolo 1, comma 297, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014) prevede che «Per il potenziamento del servizio fitosanitario nazionale, con particolare riferimento all'emergenza provocata dal batterio Xylella fastidiosa e al potenziamento dei sistemi di monitoraggio e controllo, ivi compresi i controlli sulle sementi provenienti da organismi geneticamente modificati, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2014, da ripartire con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Al relativo onere, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1996, n. 910, che, a tal fine, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato». Il suddetto decreto non è stato ancora emanato;
   in data 7 aprile 2014, viene presentato un esposto alla procura della Repubblica di Lecce dove vengono evidenziate diverse incongruenze nell’affaire Xylella fastidiosa;
   presso l'Istituto agronomico del Mediterraneo di Bari (IAMB) si è tenuto un Workshop atto a formare tecnici sulla quarantena da Xylella fastidiosa;
   in data 22 luglio 2014, il consiglio regionale della Puglia approva l'ordine del giorno sulla «Sindrome del disseccamento rapido dell'ulivo» che dispone di «decretare il vincolo urbanistico-ambientale per le aree colpite dal disseccamento rapido degli ulivi e interessate da espianto di alberi monumentali, al fine di evitare prospettive speculative sul territorio agricolo; condizionare gli aiuti della nuova PAC per l'olivicoltura al non uso di diserbo chimico e alle adeguate pratiche colturali, a partire dalle potature; ad istituire il fondo sociale di solidarietà in favore degli agricoltori ed i vivaisti colpiti dalla sindrome di disseccamento rapido dell'ulivo riconducibile al patogeno identificabile come Xylella fastidiosa»;
   in data 23 luglio 2014, la decisione di esecuzione della Commissione europea, relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione della Xylella fastidiosa, impone l'abbattimento e la distruzione di tutte le piante infette presenti nelle zone focolaio e nelle zone tampone, citando testualmente «lo stato interessato rimuove al più presto tutte le piante contagiate dall'organismo specificato unitamente a tutte le piante che presentano sintomi tali da indicare la possibile infezione da parte di tale organismo e a tutte le piante che sono state individuate come probabilmente contagiate. Tale rimozione si effettua in modo da impedire che rimanga materiale appartenente alle piante rimosse e prendendo tutte le precauzioni necessarie per evitare la diffusione dell'organismo specificato durante e dopo la rimozione». In sostanza si tratta di un intervento di totale desertificazione di un'area che, nelle più rosee delle previsioni, copre oltre 20.000 ettari, atteso che ad oggi non un solo dato è noto e disponibile circa la delimitazione delle aree in questione. Ancora più sconcertante è il fatto che decisione della Commissione non sia basata su prove scientifiche (postulati di Koch) circa la responsabilità di Xylella, da sola o in associazione con i funghi, nel determinismo dei disseccamenti degli olivi del Salento –:
   se il Ministro possa confermare la distruzione del materiale delle prove di inoculazione dei ceppi di Xylella fastidiosa relativi al workshop dell'Istituto agronomico del Mediterraneo di Bari datato 2010;
   se il Ministro e gli enti di ricerca coinvolti siano a conoscenza di dati scientifici che, in modo incontrovertibile e nel rispetto dei postulati di Koch, dimostrino le responsabilità di Xylella, da sola o in associazione con altri patogeni e insetti, nell'eziologia dei disseccamenti dell'olivo nel Salento, e, qualora non disponibili, quale sia la causa nonché se si disponga dei dati e dei referti analitici che dimostrano, in modo incontrovertibile, l'efficacia dei metodi di diagnosi utilizzati per individuare le piante secolari da abbattere selettivamente, considerato che gli stessi ricercatori che hanno effettuato la diagnosi affermano trattarsi di un nuovo ceppo mai trovato in precedenza e che le tecniche sierologiche di diagnosi offrono appena il 60 per cento di affidabilità;
   se il Ministro intenda comunicare le motivazioni alla base della mancata emanazione del decreto nonché le modalità di investimento dei fondi stanziati con la legge di stabilità, pari a 5 milioni di euro;
   se il Ministro sia a conoscenza dell'individuazione di campi sperimentali nell'area denominata «zona infetta» e «zona tampone», in cui sono in corso ricerche sulla epidemiologia della malattia e sulla biologia dei vettori (identificazione, tempi di acquisizione, capacità di trasmissione), nonché ricerche su metodi ecocompatibili di protezione che attraverso potature adeguate ristabiliscano un equilibrio vegetativo delle piante per ostacolare l'infezione e monitorare quotidianamente l'evolversi del batterio. (5-03471)


   CENNI, ZANIN, FRANCO BORDO, PELLEGRINO, CARRA, ROMANINI, VENITTELLI e TERROSI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge numero 91 del 2014 e successive modificazioni e integrazioni «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia» norma il reato per la coltivazione sul territorio nazionale di alimenti ogm, già introdotto con il decreto interministeriale di adozione delle misure di urgenza ai sensi dell'articolo 54 del regolamento (Ce) n. 178 del 2002 del 12 luglio 2013;
   in seguito a tale norma la procura di Udine ha disposto:
    il 9 luglio 2014, con la collaborazione del Corpo forestale dello Stato, la distruzione di circa 100 metri quadrati di terreno seminato con mais transgenico, in un terreno nei pressi di Mereto di Tomba (Udine);
    il 19 luglio 2014, con la collaborazione del Corpo forestale dello Stato, il sequestro dei terreni nel comune di Colloredo di Monte Albano (Udine) dove sono state piantumate coltivazioni di mais transgenico su una superficie di 6.500 metri quadrati e la distruzione con mezzi meccanici di tutte le piante transgeniche seminate;
   il 6 agosto il proprietario dei terreni seminato con mais Ogm, Giorgio Fidenato, ha dichiarato all'agenzia di stampa Ansa che «continuerà a seminare alimenti ogm»;
   da notizie di stampa sembrerebbe essere avvenuta una semina con mais ogm illegale in un ulteriore terreno, sempre di proprietà di Giorgio Fidenato, a Fanna (Pordenone) già sottoposto a prelievi ed accertamenti del Corpo forestale dello Stato;
   il 23 luglio 2014 è stato formalizzato l'accordo politico Unione europea, raggiunto dai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il 28 giugno che dà agli stati membri la libertà di scelta sulla coltivazione o meno degli ogm sul territorio nazionale. Il Consiglio affari generali ha infatti adottato la sua posizione in prima lettura sulla proposta di direttiva sugli ogm che la Commissione Unione europea aveva presentato nel 2010 e già passata dal Parlamento europeo. Ora la tematica sarà affrontata dalla presidenza italiana di turno dell'Ue, che dovrà cominciare a inizio autunno i negoziati con il nuovo Europarlamento;
   il Parlamento italiano, attraverso mozioni specifiche, si è già espresso sulla volontà di vietare colture ogm;
   il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina ha più volte dichiarato che «il modello agricolo italiano può fare a meno della coltivazione degli ogm»;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti ha recentemente dichiarato in audizione alla commissione ambiente dell'Europarlamento: «il nostro principale auspicio è raggiungere un accordo entro fine anno con il Parlamento Ue sulla direttiva che dà agli Stati membri facoltà di scelta sulla coltivazione degli ogm. In campo ambientale, il dossier ogm rappresenta la priorità legislativa della presidenza italiana» –:
   se la notizia corrisponda al vero, se si conosca la provenienza delle sementi in oggetto che consente l'arrivo in Italia, e quali provvedimenti urgenti intendano assumere i Ministri interrogati, in relazione alle loro rispettive competenze, agli indirizzi approvati dal Parlamento ed alle nuove norme in materia, per evitare che vengano effettuate semine illegali di ogm sul territorio nazionale, anche al fine di prevenire e limitare il rischio di contaminazione delle coltivazioni tradizionali.
(5-03477)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA, L'ABBATE, GAGNARLI, DELLA VALLE, PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, DA VILLA e CRIPPA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come evidenziato dalla relazione annuale della Commissione europea sulle azioni delle dogane per il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, le autorità doganali dell'Unione europea nel corso del 2013 hanno sequestrato quasi 36 milioni di prodotti sospettati di violazione dei diritti di proprietà intellettuale, con un valore delle merci intercettate pari a oltre 760 milioni di euro;
   l'analisi delle statistiche relative al tipo, alla provenienza e alle modalità di trasporto delle merci contraffatte e sequestrate alle frontiere di ingresso nel territorio unionale, emerge che la contraffazione colpisce tutti i settori, in particolare l'abbigliamento e i farmaci con quote di prodotti falsi pari a rispettivamente il 12 per cento e il 10 per cento degli articoli sequestrati;
   le rilevazioni effettuate evidenziano inoltre che circa il 70 per cento degli interventi doganali ha riguardato i pacchi inviati per posta o per corriere, il 19 per cento dei sequestri compiuti nel commercio postale ha riguardato i medicinali e che circa il 90 per cento di tutte le merci sequestrate è stato distrutto o oggetto di un procedimento giudiziario volto ad accertare la violazione;
   con riferimento ai Paesi nei quali maggiormente si riscontrano fenomeni legati al falso, capofila è la Repubblica Popolare cinese che continua ad essere la principale fonte dei prodotti contraffatti che rappresentano una quota pari al 66 per cento di tutti i prodotti sequestrati;
   la relazione in parola evidenzia inoltre che per specifiche categorie di prodotti la principale fonte di provenienza sono altri Paesi quali la Turchia per quanto riguarda il comparto dei profumi e dei cosmetici e l'Egitto per i prodotti alimentari –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti succitati ed in particolare del grave danno che tale fenomeno comporta alle produzioni italiane soprattutto nel campo dell'agroalimentare, e se non ritengano di dover intervenire presso le competenti sedi comunitarie, anche in occasione del semestre di presidenza dell'Unione europea, affinché si adottino adeguate norme comunitarie volte a potenziare i controlli e il coordinamento delle dogane. (4-05829)


   D'INCÀ. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'anno 2014 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite come l'anno internazionale «dell'agricoltura familiare», volendo riconoscere all'agricoltura medesima, un ruolo centrale nella produzione di cibo e nella promozione di una vita maggiormente sostenibile e rispettosa della terra;
   si ritiene che buona pratica anche per evitare lo spreco alimentare, il più allarmante paradosso globale dei nostri tempi, sia il ritorno all'autoproduzione e all'auto-sostentamento anche al fine di stimolare il recupero, la coltivazione e la biodiversità tipica e locale;
   in quest'ambito si sono attivate molte comunità nel nostro Paese – tra le quali è da annoverare il gruppo Coltivare Condividendo nato in provincia di Belluno tra il 2008 e il 2009 – che hanno messo in opera una serie di attività che nel corso del tempo hanno portato – secondo quanto dichiarato dal signor T. F., uno dei membri della comunità bellunese, in una intervista rilasciata alla trasmissione televisiva Report di Rai 3 – in questi anni di attività, a recuperare un gran numero di sementi tipiche dei diversi centri, nel caso di specie della provincia di Belluno, grazie all'aiuto di piccoli produttori e di auto produttori;
   tale attività, vista la caratteristica dei semi che sono riproducibili, consente di recuperare anno dopo anno i semi caratteristici delle biodiversità e tramandarli di generazione in generazione, ciò ha portato anche a recuperare, una miriade di varietà (circa 150) tra cereali per la panificazione e semi di diverse varietà di ortaggi e legumi come i fagioli – coltivazione tipica del bellunese – che non si trovano più in commercio;
   è in discussione in Commissione europea il TTPI (Transatlantic trade and investment partnership), che è il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, una proposta di accordo di libero scambio fra Europa e Stati Uniti, attualmente oggetto di negoziati, di cui è stata divulgata una bozza nel marzo 2014 e che potrebbe essere finalizzato entro la fine del 2014. In tale ambito, crescono i timori che in nome del libero commercio si possano spalancare le porte a organismi geneticamente modificati sia nel settore agricolo che nell'allevamento, nonché di concessioni di poteri enormi alle multinazionali che spazzino via così pratiche e tutele soprattutto in ambito agricolo;
   l'orientamento prevalente in materia di coltivazioni di organismi geneticamente modificati, nel nostro Paese, vede un corposo schieramento costituito dalle maggiori organizzazioni degli agricoltori, del commercio, della moderna distribuzione, dell'artigianato, della piccola e media impresa, dei consumatori, dell'ambientalismo, delle autonomie locali e del mondo dell’ associazionismo, che hanno come fine quello di promuovere la tutela della salute e  della consapevolezza del consumatore, in Italia;
   anche la Cassazione penale è intervenuta in materia di coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM), ribadendo l'esistenza nel nostro ordinamento del principio di coesistenza tra le diverse colture (convenzionale, biologica e transgenica), che deve essere attuato senza che le stesse possano reciprocamente compromettersi, in modo da tutelare le peculiarità e le specificità produttive di ciascuna ed evitare commistioni tra sementi, senza pregiudizi per le attività agricole preesistenti, richiamando quanto già affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 116/2006). Si stabilisce, in buona sostanza, che la disciplina comunitaria – si legge nella sentenza – si occupa di tutelare l'ambiente, la vita e la salute di uomini, animali e piante, ma consente alla normativa interna la possibilità di adottare le misure più opportune per limitare gli effetti economici connessi alle potenzialità diffusive degli organismi geneticamente modificati e, quindi, non compromettendo la biodiversità dell'ambiente naturale, così da garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione nazionale –:
   se il Ministro interrogato, a salvaguardia della salute umana, ritenga opportuno intervenire, nell'ambito delle sue competenze, nella fase di trattative in corso, al fine di tutelare e seguire l'orientamento prevalente in materia sia da parte della popolazione che della giurisprudenza;
   se e quali azioni intenda adottare, mediante la concessione di benefici economici, al fine di incentivare l'agricoltura legata all'autoproduzione, caratterizzata da moltissime piccole aziende famigliari, tutelare la biodiversità degli ecosistemi locali e tutelare da brevetti o limitazioni di legge, le sementi antiche e locali. (4-05835)


   SBROLLINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il maltempo – pioggia battente e grandine – che ha duramente colpito il Vicentino nella notte tra giovedì 17 luglio 2014 e venerdì 18 luglio 2014 e il violento nubifragio della mattina di lunedì 21 luglio 2014 hanno provocato ingenti danni a diversi edifici sia pubblici che privati, alle strade e alle coltivazioni;
   alcuni comuni (Breganze, Montecchio Precalcino, Nove, Pozzoleone, Marostica e si accinge anche Schio) hanno chiesto lo stato di calamità;
   in seguito al maltempo verificatosi nella notte tra il 17 e il 18 luglio 2014, decine di aziende sono in ginocchio, centinaia di ettari di coltivazioni sono state letteralmente «spazzate via». I danni, nel complesso, si avvicinano a dieci milioni di euro. Tuttavia, il bilancio è ancora provvisorio;
   il potenziale produttivo dei viticoltori è stato largamente dimezzato da tale avversità climatica. Si stima che alcuni coltivatori abbiano perso addirittura il 100 per cento del raccolto;
   i viticoltori hanno segnalato il rischio che le conseguenze della grandinata si ripercuotano anche sulla vendemmia dell'anno prossimo a causa dei seri danni riportati dai vitigni. Per due anni si rischia non vi sia vendemmia perché sia le viti per la spremitura del prossimo settembre che quelle più giovani che sarebbero state utilizzate l'anno prossimo, sono state distrutte;
   oltre alle attività di rilievo che godono della possibilità economica per una copertura assicurativa, tra le aziende colpite, ne risultano molte di più piccole e senza assicurazione. Proprio per questo, sulla base dell'abolizione nel 2008 del fondo di solidarietà, saranno costrette a ripagarsi da sole i danni subiti. Risulta che nel Vicentino solo il 20 per cento dei coltivatori è assicurato;
   riguardo al nubifragio verificatosi nella mattina del 21 luglio 2014 che ha interessato l'area di Schio (Vi), si stima circa un milione di euro di danni. Si sono verificati allagamenti e frane e alcuni alberi sono precipitati sulle strade –:
   se i  Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra riportato;
   se non intendano assicurarsi che alla richiesta dello stato di calamità da parte di alcuni comuni del Vicentino segua un rapido indennizzo;
   se e quali iniziative intendano assumere affinché anche i piccoli coltivatori non assicurati possano ricevere una forma di sostegno per riparare ai danni subiti.
(4-05868)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PELUFFO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modifiche, autorizza l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze sanitarie assistenziali per anziani e soggetti non autosufficienti per l'importo complessivo di 24 miliardi di euro;
   il 3 marzo 1999 è stato sottoscritto tra la regione Lombardia e i Ministeri della sanità, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica l'accordo di programma quadro in materia di sanità. A tale accordo sono seguiti sei atti integrativi, sottoscritti con il Ministero della salute e con il Ministero dell'economia e delle finanze riguardanti 190 interventi di edilizia sanitaria, mirati alla riqualificazione e ammodernamento della rete ospedaliera e socio sanitaria della Lombardia, per un investimento complessivo di 2.238 milioni di euro (valore alla stipula) di cui a carico dello Stato 1.702 milioni di euro;
   con successivi atti della giunta regionale, la regione Lombardia ha deliberato il programma degli investimenti ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988 relativi al VI atto integrativo dell'accordo di programma quadro in materia di edilizia sanitaria;
   con nota prot. n. 890 dell'11 gennaio 2013 il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato alla regione Lombardia la disponibilità finanziaria complessiva per la copertura degli accordi di programma, di cui una quota parte è assegnata alla regione per il finanziamento degli interventi che sono ritenuti prioritari a valenza strategia regionale; in relazione a detta disponibilità nello stesso mese di gennaio 2013 d'intesa tra il Ministero della salute e la regione Lombardia è stato stipulato un addendum al documento di programma al fine di definire gli interventi ritenuti prioritari da finanziare con le risorse disponibili nel bilancio dello Stato, così come da D.G.R. n. IX/4739 del 23 gennaio 2013;
   il citato addendum al documento di programma tra gli altri individuava come prioritario, al titolo VI-31/17 degli allegati, l'intervento di completamento del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera del garbagnatese;
   tale intervento, che consiste nell'ammodernamento tecnologico e strutturale del polo ospedaliero di Rho, nell'implementazione della dotazione delle apparecchiature tecnologiche sanitarie del nuovo ospedale di Garbagnate Milanese e nell'adeguamento alla prevenzione incendi del polo ospedaliero di Passirana e polo ospedaliero di Bollate, e punta a rendere la rete ospedaliera di Rho-Garbagnate Milanese una delle più moderne e all'avanguardia del territorio lombardo mediante il potenziamento, l'ammodernamento e la razionalizzazione della rete ospedaliera, risulta al momento incompleto a causa della mancata erogazione dei fondi previsti dalla normativa e dagli accordi pattizi sopra menzionati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta;
   quale sia la tempistica di erogazione dei fondi previsti dalla normativa e dagli accordi citati in premessa;
   se si intenda assumere ogni iniziativa di competenza al fine di velocizzare lo sblocco di detta erogazione in ragione della necessità di completare opere strategiche, spesso già in avanzato stato di attuazione. (5-03467)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCAGLIUSI, SIBILIA, SPADONI, GRANDE, DI BATTISTA, MANTERO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, DALL'OSSO, DEL GROSSO e BARONI. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   grande allarme e preoccupazione si sta diffondendo a causa del virus Ebola e dell'epidemia che è in corso in particolare in Africa. Il virus Ebola, denominato «ceppo Zaire», ha fatto già centinaia di morti in Guinea e una decina in Liberia, con casi denunciati e sospetti in Ghana, Sierra Leone, Senegal e Mali;
   il virus Ebola che sta colpendo alcuni Paesi africani è arrivato nella capitale della Guinea Conakry (segnalati 22 casi), dove vivono 2 milioni di persone, e in altre popolose città degli altri Paesi coinvolti, questo rende difficile isolare gli infettati ma soprattutto può consentire una espansione del virus che potrebbe potenzialmente colpire milioni di persone;
   nell'aeroporto di Conakry numerosi medici dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e di Medici d'Africa sono al lavoro 24 ore 24 per «controllare» i passeggeri in uscita dal Paese ed evitare che «esportino» inconsapevolmente il virus;
   al momento non esistono, ne vaccini, ne farmaci, ne cure, le uniche possibilità di cura sono proprio l'isolamento e l'autoguarigione;
   il virus Ebola sta allarmando l'Organizzazione mondiale della sanità in quanto in questa occasione si è passati da una mortalità di sette su dieci colpiti dal virus a nove su dieci;
   secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) la malattia da virus Ebola, già nota come febbre emorragica da virus Ebola, è una malattia grave, spesso fatale, che colpisce gli uomini e i primati (scimmie, gorilla, scimpanzé);
   l'ebola è apparsa la prima volta nel 1976 in due focolai contemporanei: in un villaggio nei pressi del fiume Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, e in una zona remota del Sudan;
   la febbre emorragica che si sta diffondendo in Africa, continua a mietere vittime. È di qualche giorno fa la notizia di due cittadini americani, un medico e un'infermiera che lavoravano per una Ong in Liberia;
   secondo l'OMS il bollettino al 31 luglio conta 729 morti (57 solo negli ultimi quattro giorni, di cui quasi la metà in Liberia) e 1.323 contagi (122 negli ultimi quattro giorni);
   l'incubazione può andare da 2 a 21 giorni, e secondo l'Oms l'individuazione di focolai di persone colpite da Ebola potrebbe durare anche 4 mesi. Da qui la necessità di mantenere l'attenzione alta e mettere in atto tutte le iniziative tese alla prevenzione e al controllo;
   durante un'epidemia le persone a più alto rischio di infezione sono operatori sanitari, familiari o altre persone a stretto contatto con persone infette, persone che hanno contatto diretto con i corpi dei defunti, nelle cerimonie funebri, cacciatori nella foresta pluviale che entrano in contatto con animali trovati morti nella foresta;
   l'esposizione al virus può essere controllata attraverso l'uso di misure protettive in strutture sanitarie e ospedali, nei raduni di comunità e nelle abitazioni;
   il ministro degli esteri britannico Philip Hammond ha detto alla Bbc che il virus dell'ebola «è una minaccia per il Regno Unito», proprio in virtù di una minaccia globale che, nelle ultime ore, viene sempre più prospettata;
   la Sierra Leone, uno degli Stati più colpiti dalla terribile epidemia di Ebola, ha dichiarato l'emergenza sanitaria pubblica e metterà in quarantena gli epicentri della malattia. Una misura simile è stata presa anche dalla Liberia. E mentre il timore di una ulteriore diffusione del virus arriva in Europa e negli Usa;
   la Commissione dell'Unione europea, per rispondere alla più grande epidemia di ebola mai registrata, ieri ha annunciato di aver stanziato due milioni di euro in più che porteranno a 3,9 milioni l'aiuto totale per combattere la malattia nell'Africa occidentale. E, sebbene i rischi che arrivi in Europa siano «bassissimi», fonti fanno sapere che l'Ue è attrezzata per rispondere all'eventualità che il contagio si estenda;
   in Italia sembra che non ci siano aeroporti che hanno rotte da e per i Paesi africani nei quali sono stati riscontrati casi di epidemia del virus Ebola, ma questo non può tranquillizzare in quanto l'Italia può essere il punto di arrivo attraverso altri paesi e altri aeroporti;
   l'Italia può contare su una rete di laboratori di microbiologia dotati di strutture ad alto grado di isolamento e capacità efficaci nel diagnosticare gravi patologie come quella derivante dal virus ebola;
   in particolare sta crescendo un forte allarme a Lampedusa e in altre parti della Sicilia, così come nei centri di accoglienza, che sono approdo di numerosi sbarchi di clandestini provenienti dall'Africa, mentre si paventa che una ulteriore ondata sembra di seimila migranti possa riversarsi in Italia;
   il 4 aprile 2014, il Ministero della salute – dipartimento generale per la prevenzione – con un apposito documento, inviato all'Enac, alla Farnesina, a tutte le regioni ed alla Croce Rossa italiana, per la prima volta, dal 1970 ad oggi, aveva trasmesso la nota dell'allarme anche al Ministero della difesa, allertando la vigilanza per la profilassi per «esigenze di sanità pubblica», indicando nello Spallanzani di Roma il laboratorio di riferimento, l'unico di bio contenimento del Paese;
   oggi, in una nota, il Ministro della salute dichiara che pur in presenza di un rischio remoto di importazione dell'infezione, va ricordato che l'Italia non ha collegamenti aerei diretti con i Paesi affetti;
   nello stesso comunicato il Ministro della salute che riguardo le condizioni degli immigrati irregolari provenienti dalle coste africane via mare la durata di questi viaggi fa sì che persone che si fossero eventualmente imbarcate mentre la malattia era in incubazione manifesterebbero i sintomi durante la navigazione e sarebbero, a prescindere dalla provenienza, valutati per lo stato sanitario prima dello sbarco, come sta avvenendo attraverso l'operazione Mare Nostrum –:
   se il Governo sia al corrente di eventuali rischi per la salute di italiani e/o per il personale, militari e non, impegnati nell'operazione Mare Nostrum;
   quali misure il Governo stia adottando per evitare il rischio di contagio per gli italiani presenti sul territorio nazionale e per le figure diplomatiche presenti nei Paesi stranieri dove l'epidemia ha raggiunto un livello di allarme;
   dal momento che la minaccia del virus dell'ebola nelle ultime ore si sta allargando su scala mondiale, cosa induca il Ministro della salute a dichiarare che l'Italia non corre rischi di importazione dell'infezione non avendo collegamenti aerei diretti con i Paesi affetti:
   se l'Organizzazione mondiale della sanità o gli altri organismi internazionali abbiano riscontrato un aumento dei contagio dei focolai rispetto agli anni scorsi. (4-05840)


   MARCO DI MAIO, D'INCECCO, DONATI, GALPERTI, FANUCCI, CAPOZZOLO, MORANI, DE MENECH, RICHETTI, GADDA e DELL'ARINGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la fibromialgia è una controversa sindrome dolorosa cronica, che colpisce in prevalenza il sesso femminile e la cui eziologia è sconosciuta;
   si tratta di una patologia per cui è difficile individuarne con precisione le cause. La diagnosi è clinica si basata essenzialmente sui sintomi che il paziente riferisce al medico e su una visita reumatologica (i cui criteri diagnostici sono stati definiti nel 1990 dall’American College of Rheumatology);
   il decorso della fibromialgia è spesso imprevedibile e il dolore cronico, la disabilità e la ridotta qualità di vita possono persistere e peggiorare nel tempo, compromettendo la vita personale, lavorativa e relazionale di chi ne è affetto;
   questa malattia è spesso associata ad altre patologie invalidanti riconosciute dall'Organizzazione mondiale della sanità, come la CFS (sindrome da fatica tecnica) e la MCS (sensibilità chimica multipla) e la stessa Organizzazione mondiale della sanità il 24 gennaio 2007 ha inserito la fibromialgia nell’International Classification of Diseases (ICD-10) –:
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per riconoscere formalmente la fibromialgia o sindrome fibromialgica quale malattia progressiva e invalidante (di cui al decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329) e dunque inserirla tra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124. (4-05870)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GINEFRA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la giunta del comune di Valenzano, con delibera n. 43 del 16 maggio 2014, approvava l'atto di indirizzo in materia di affidamento del servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti urbani e assimilati, indifferenziati e differenziati;
   in tale delibera, richiamando la volontà di applicare alla lettera la legge regione Puglia n. 24 del 20 agosto 2012, la giunta stabiliva di poter affidare per via diretta il suddetto servizio a un operatore del settore, individuando per l'affidamento un periodo contrattuale di un anno a far data dal 1o giugno 2014;
   successivamente, sulla base delle indicazioni di metodo provenienti dalla predetta delibera di giunta e con determina n. 425 del 10 giugno 2014, il comune di Valenzano affidava il servizio alla Camassambiente spa, impresa già in precedenza affidataria dello stesso servizio in forza di due successivi affidamenti semestrali;
   da notizie pubblicate sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 4 agosto 2014, l'Autorità nazionale anticorruzione avrebbe contestato al comune di Valenzano la violazione delle leggi comunitarie e nazionali nell'affidamento del servizio pubblico di igiene, avvenuto senza gara;
   in particolare, a fondamento delle contestazioni mosse dall'Autorità anticorruzione, ci sarebbe la considerazione che la legge regionale n. 24 del 2012 non autorizzerebbe l'affidamento di servizi pubblici senza procedura ad evidenza pubblica;
   per l'Autorità, dunque, la prosecuzione della gestione del servizio di igiene urbana non sarebbe conforme alle norme vigenti;
   non sono chiare all'interrogante le conseguenze dell'intervento dell'autorità;
   inoltre allo stato, non è disponibile il documento con il quale sono stati espressi i citati rilievi –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative volte a meglio precisare il regime di pubblicità degli atti dell'Autorità nazionale anticorruzione e se intenda chiarire in ogni senso quali conseguenze, e quali impatti derivino dalle segnalazioni dell'autorità citata. (4-05843)


   CARRESCIA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge 7 aprile 2014 opera un profondo riordino del ruolo delle province, che vengono confermate nella natura di enti titolari di alcune specifiche funzioni fondamentali di programmazione, coordinamento e gestione di politiche e servizi di area vasta;
   allo stesso tempo, anche per agevolare l'instaurazione del collegamento funzionale con i comuni, la legge prevede intese tra le province e i comuni del territorio, per la gestione unitaria di nuove e ulteriori funzioni e servizi che oggi sono frammentati tra i due livelli di governo, ovvero impropriamente esercitati da enti o agenzie operanti in ambito infra-regionale;
   la legge pone in capo alle province la titolarità di alcune funzioni amministrative già esercitate che diventano funzioni fondamentali, e ne aggiunge di nuove rispetto alle funzioni storicamente svolte ai diversi titoli di legittimazione della «attribuzione statale» (Testo unico degli enti locali e altre leggi), «delega» (decreto del Presidente della Repubblica 616 del 1977), «attribuzione regionale», o «trasferimento» (decreto legislativo 112 del 1998);
   l'elenco delle funzioni fondamentali previsto nel comma 85 è piuttosto eterogeneo: vi rientrano sia competenze puntuali come, ad esempio, la «pianificazione territoriale provinciale di coordinamento», sia funzioni amministrative generali come, ad esempio, la «tutela e valorizzazione dell'ambiente» (comprensiva anche di funzioni di polizia), nella quale rientrano sicuramente diverse competenze oggi esercitate dalle province e definite come funzioni «proprie» di enti titolari di alcune specifiche funzioni fondamentali di programmazione, coordinamento e gestione di politiche e servizi di area vasta;
   il 5 agosto 2014 è stato approvato dalla Conferenza unificata il «Protocollo d'intenti tra Stato, regioni, comuni e province» circa l'attuazione della legge n. 56 del 2014 nel quale, tra l'altro, si conviene il seguente «impegno politico»:
    «Stato e regioni si impegnano ad avviare gli iter legislativi di rispettiva competenza, al fine di intraprendere tempestivamente il conseguente processo di riordino delle funzioni rientranti nelle materie di loro competenza, favorendo la piena applicazione dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione nell'allocazione delle funzioni, assicurando la continuità amministrativa, la semplificazione delle procedure, la razionalizzazione dei soggetti e la riduzione dei costi della pubblica amministrazione;
    Stato e regioni convengono che, per quanto riguarda il personale, sarà garantito l'esame congiunto con le organizzazioni sindacali per individuare i criteri per la mobilità, nel rispetto di quanto previsto dal protocollo d'intesa stipulato in data 19 novembre 2013 tra il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, Anci e le organizzazioni sindacali;
    Stato e regioni, sentite le organizzazioni sindacali, si impegnano a presentare alla prossima Conferenza unificata di settembre l'accordo previsto dall'articolo 1, comma 91, legge 7 aprile 2014 n. 56. Lo Stato, consultate le organizzazioni sindacali, si impegna a presentare nella medesima Conferenza il decreto del presidente del Consiglio previsto dall'articolo 1, comma 92 della medesima legge»;
   il riordino delle funzioni coinvolge anche il personale in servizio all'interno dei Corpi di polizia provinciale, ivi compreso il personale amministrativo assegnato agli stessi e il personale dei Corpi provinciali, comunque denominati, cui sono attribuite funzioni di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza;
   è indispensabile salvaguardare le professionalità esistenti, garantire la continuità operativa dei servizi di vigilanza e controllo dell'ambiente, tutelare il personale relativamente agli attuali inquadramenti, assicurare nel caso di passaggio ad altra amministrazione l'equiparazione stipendiale, giuridica, assistenziale e previdenziale dell'ente di destinazione;
   il Governo ha annunciato il riordino del sistema di gestione dei controlli ambientali e la razionalizzazione dei diversi soggetti che oggi operano in tale settore;
   le funzioni oggi esercitate dalle Province sono nel nuovo assetto, in parte riconducibili a quelle di area vasta ed in parte di rilievo più prettamente comunale –:
   nella definizione degli accordi previsti dai protocollo d'intesa dei 5 agosto 2014, se si intenda prevedere la facoltà per il personale impiegato presso i corpi o servizi di polizia provinciale, o in strutture di vigilanza ambientale con analoghi compiti e differente denominazione, di transitare a domanda nel Corpo forestale dello Stato o anche in altri servizi o corpi di polizia locale delle città metropolitane, dei comuni, unioni di comuni o altri enti locali comunque denominati, che dispongono di servizi di polizia locale, garantendo gli attuali l'equiparazione stipendiale, giuridica, assistenziale e previdenziale dell'ente di destinazione e comunque la non reformatio in pejus rispetto all'attuale situazione. (4-05854)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   Poste italiane, al momento società per azioni pubblica il cui capitale è al 100 per cento dello stato italiano, agli inizi di quest'anno ha diramato un avviso pubblico, attraverso il proprio sito web con questa notizia di «assunzione per 1070 unità (di cui 835 portalettere 235 addetti allo smistamento) per la primavera estate 2014»;
   nello stesso avviso erano state riportate le sedi di lavoro, dislocate in tutta Italia, nonché le procedure e modalità come far pervenire le candidature, prevedendo altresì che i candidati inviassero un proprio curriculum vitae, al sito web aziendale del gruppo poste nella sezione «lavora con noi»;
   da notizie apprese per via informale, risulta che Poste italiane in questi mesi ha proceduto alla stipula di contratti di somministrazione attraverso agenzie di lavoro interinale eludendo nei fatti l'avviso pubblico, lasciando nella disillusione migliaia di giovani che avevano avanzato la candidatura attraverso il portale;
   la notizia più grave che lascia, ancora una volta, più indignati è che le assunzioni ancora oggi, nell'era del cambiamento guidata dal presidente del consiglio Renzi, si fanno con vecchio metodi ad avviso degli interpellanti assai discutibile;
   andrebbe chiarito perché il Gruppo Poste Italiane ha preferito stipulare dei contratti di somministrazione a tempo determinato con agenzie interinali, così è avvenuto nell'anno 2012 e 2013 dove le assunzioni per somministrazione ammontano rispettivamente ad un totale di 157 unità per l'anno 2012, ed un totale di 182 unità per l'anno 2013 –:
   se codesto Ministero sia a conoscenza che solo per l'anno 2014, nella sola Sicilia, ne risultano una settantina, parte dei quali sono stati trasformati a tempo indeterminato;
   quale sia il numero complessivo di assunzioni fatte nel primo semestre 2014 e in quali regioni siano state effettuate le assunzioni in questione;
   quali siano le ragioni tecnico-organizzative che hanno previsto la stipula di questi contratti, e quali siano le qualifiche professionali richieste per l'attivazione di tali contratti;
   quale sia il numero di contratti trasformati a tempo indeterminato;
   quali iniziative intenda assumere per porre fine a quella che gli interpellanti ritengono una procedura che eludendo le normali selezioni concorsuali, denota una gestione della risorsa personale e delle assunzioni con metodi che mortificano le aspettative di tanti giovani preparati che non trovano lavoro.
(2-00656) «Ribaudo, Culotta, Crivellari, Ventricelli, Albanella, Romanini, Cardinale, Capodicasa, Scuvera, Pellegrino, Moscatt, D'Arienzo, Mura, Mognato, Iacono, Tino Iannuzzi, Chaouki, Lauricella, Lodolini, Vecchio, Rabino, Rampi, Porta, Giuditta Pini, Rocchi, Quartapelle Procopio, Rigoni, Verini, Coccia, Albini, Melilla, Amoddio, Schirò, Villecco Calipari, La Marca, Bonomo».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   Finmeccanica, sotto il profilo economico e occupazionale, costituisce, per il Paese, il gruppo di punta nel settore dell'alta tecnologia per l'industria meccanica e aerospaziale civile e militare;
   il gruppo versa da anni in una situazione di difficoltà determinata da una serie di fattori, che possono riassumersi nel forte indebitamento, nel generalizzato calo delle commesse militari, ma, soprattutto, in carenze gestionali e organizzative dei vertici manageriali, culminate, peraltro, finanche in inchieste giudiziarie, incapaci di assicurare il necessario rilancio industriale del gruppo;
   sino allo scorso anno è sembrato che il progetto di risanamento del gruppo si incentrasse, sostanzialmente, su un piano di dismissioni e di cessioni di interi comparti produttivi, quali Ansaldo Breda, Ansaldo STS e Ansaldo Energia, orientando gli interventi al rafforzamento del settore difesa, privilegiandolo rispetto a quello civile, senza una precisa individuazione delle azioni di rilancio del settore della meccanica spaziale per usi civili e del settore ferroviario;
   il progetto di risanamento del gruppo Finmeccanica, di indubbio rilievo su scala nazionale, ha un impatto di enorme portata per l'intero meridione e per la regione Campania in particolare, ove risultano allocati un settore aerospaziale, un settore della manutenzione aeronautica, un settore progettazione, realizzazione e manutenzione del trasporto ferroviario, un settore elettronico per la difesa;
   ciò nonostante, nelle strategie sin qui rese note dal precedente management del gruppo, non risultano, in realtà, perseguiti progetti di valorizzazione delle pur pregevoli realtà industriali esistenti in Campania, né tanto meno risulta previsto il rilancio di quelle attività che, pur in attuale crisi, potrebbero, non di meno, se correttamente riprogrammate, fattivamente concorrere al superamento della crisi dell'intero gruppo Finmeccanica;
   si è assistito, invece, alla metodica, quanto ingiustificata, sottrazione di tutte le Direzioni Centrali presenti in Campania, e più in generale al Sud, per essere assegnate ai siti allocati nel Centro-Nord, oltre che alla sostanziale delocalizzazione verso il Centro-Nord di specifiche attività e produzioni;
   non risulta né confermato, né aggiornato e implementato il percorso di risanamento/rilancio previsto per le aziende del gruppo presenti in Campania, e cioè la Selex ES, con gli stabilimenti di Giugliano e Bacoli-Fusaro, la Alenia Aermacchi con gli stabilimenti di Nola, Pomigliano e Napoli Capodichino, la Ansaldo Breda e Ansaldo STS, con lo stabilimento di Napoli;
   con riferimento alla Selex ES-Selex Electronic Systems, le attività della società hanno visto un progressiva crescita, fra il 2000 e il 2013, tanto che all'atto della fusione, nel 2013 appunto, tra le società Selex ES, Elsag e Galileo, lo stabilimento campano allocato a Giugliano contava di ben 480 unità lavorative, il settore Logistica risultava coinvolto in tutte le attività industriali di Selex-SI, con un ruolo di prime contractor con clienti istituzionali (Esercito, Aeronautica e Marina);
   lo storico impianto industriale del Fusaro (Bacoli) invece contava prima della fusione del 2013 circa 520 unità impiegate in attività che spaziavano dall'industrializzazione al collaudo di sistemi radar, di progettazione software e sistemistica per integrazione, ma il piano di riassetto ha fortemente ridimensionato l'organico, con una perdita di occupazione di oltre un quarto della forza lavoro, vicino ormai alla soglia critica per il corretto funzionamento dei processi, ridotto gli investimenti e ridimensionato il ruolo dello stabilimento nell'ambito delle attività di produzione e progettazione specializzandolo di fatto in attività di assemblaggio finale che da un punto di vista tecnologico hanno una minore importanza;
   data la funzione rilevante in termini di R&S nel settore dell’high tech e dei servizi ad alta conoscenza il contributo della Selex ES, e più in generale di tutte le aziende del gruppo Finmeccanica, all'economia territoriale assume valenza strategica quale strumento per le politiche di rilancio industriale dell'intera filiera presente nell'area. In ragione delle caratteristiche strutturali dell'economia dell'area il riassetto appare come l'avvio di un processo di dell'industrializzazione piuttosto che di razionalizzazione dell'apparato industriale;
   in entrambi i detti stabilimenti di Giugliano e Fusaro (Bacoli), inoltre, risultava presente una qualificata componente ingegneristica, impegnata, fra l'altro in attività di ricerca sulle nuove tecnologie applicate, in collaborazione con il mondo universitario, anche nel settore del controllo del traffico aereo;
   la regione Campania non ha dato seguito agli impegni assunti nelle sedi istituzionali e non risulta aver approvato il contratto di programma presentato da Selex ES, incentrato su innovazione di prodotto da utilizzare come pilota per i nuovi sistemi radar per le Marine di tutto il mondo;
   nonostante le positive prestazioni ora dette, con il Piano industriale del giugno 2013 varato a seguito della fusione, sebbene la produzione dei radar PAR sia stata trasferita al Fusaro da Nerviano (Milano) e Giugliano sia diventato Centro di eccellenza per la microelettronica, non si è dato alcun impulso a ulteriori sviluppi delle attività svolte nei siti di Giugliano e Fusaro (Bacoli), ma non è stata neppure realizzata, presso il sito di Giuliano, la prevista direzione centrale logistica;
   come dimostrano le riuscite esperienze di sinergie tra Governi e aziende di altri Paesi occidentali, l'obiettivo anzidetto rimarrebbe utopia senza un forte supporto istituzionale visto che il piano di dimensionamento degli organici previsto dal citato Piano industriale è condizionato al mantenimento e sviluppo dei Programmi in corso con il sostegno del Governo italiano; il mantenimento e/o l'ampliamento dei livelli occupazionali dei due stabilimenti campani dipendono dall'attuazione di alcuni programmi del Ministero della difesa, in particolare la legge navale (FREMM) e Forza NEC (incluso Soldato Futuro), con l'obiettivo che Selex ES diventi un importante strumento di politica industriale per l'Italia;
   con riferimento alla Alenia Aermacchi, dopo la chiusura degli stabilimenti di Casoria in Campania e della sede di Roma, è stata affidata allo stabilimento di Venezia la manutenzione del velivolo militare AWACS, mentre dal 2015, lo stesso sito veneziano si occuperà delle lavorazioni degli ATR versioni speciali, sin'ora effettuate presso il sito di Napoli-Capodichino;
   lo spostamento delle lavorazioni degli ATR speciali da Capodichino a Venezia potrebbe, in realtà, preludere alla stessa chiusura dello stabilimento Alenia Aermacchi di Napoli, dove attualmente si effettuano lavorazioni di assemblaggio di fusoliere del c27j (aereo da trasporto militare che occupa un notevole segmento del mercato mondiale dei velivoli da trasporto militare), considerato che il detto spostamento causerà, inevitabilmente, una diminuzione dell'attività a Capodichino, laddove non fosse concretizzato il progetto del nuovo velivolo turboelica che Alenia Aermacchi si proponeva di realizzare proprio in Campania, progetto del quale non è dato conoscere gli effettivi sviluppi;
   con riferimento al piano industriale 2011 e alle intenzioni manifestate successivamente dall'Alenia Aermacchi era previsto il lancio del nuovo velivolo regionale NGPT (New Generation Turbo Prop) di cui, tuttavia, non sino più avute notizie;
   non si stanno, peraltro, realizzando i previsti ampliamenti di organici di ingegneria di progettazione nello stabilimento di Pomigliano, baricentro del progetto del nuovo velivolo;
   con riferimento ad MBDA, consorzio europeo costruttore di missili e tecnologie per la Difesa, joint venture costituita da Bae systems (37,5 per cento), Airbus Group (37,5 per cento) e Finmeccanica (25 per cento) con l'intento di valorizzare i propri centri di eccellenza e tentare di gestire un processo di concentrazione industriale in ambito transazionale, è presente in Campania attraverso Finmeccanica con lo stabilimento di produzione MBDA del Fusaro (Bacoli);
   risulta preoccupante l'incertezza del Governo italiano in ordine al finanziamento di alcuni importanti programmi legati alle evoluzioni tecniche dell'Aster (BLOCK 1NT’, BLOCK 2) in ragione sia del fatto che il finanziamento di tali programmi costituirebbe un elemento strategico per assicurare la presenza industriale italiana nel settore, sia di sostegno al ruolo che questa riveste all'interno del consorzio;
   la realizzazione di tali programmi vedono lo stabilimento di Fusaro (Bacoli) rappresentare un elemento centrale e di snodo di tutte le attività di progetto e produzione con un enorme impatto sul territorio;
   MBDA, da ultimo, ha sottoscritto, con INVITALIA, un contratto di sviluppo per il potenziamento e l'ampliamento degli stabilimenti dell'area industriale napoletana, al fine di realizzare sia progetti di sviluppo industriale, sia progetti di ricerca e sviluppo sperimentale industriale, con il coinvolgimento di Atenei campani; il che implica l'impiego di risorse pubbliche, in contraddizione, perciò, con le notizie apparse sulla stampa, mai smentite ufficialmente dalla proprietà, circa la volontà di dismissione italiana della quota di partecipazione al consorzio;
   con riferimento alla Ansaldo STS, che opera nel settore «Impianti e sistemi ferroviari», sembra trovare conferma il progetto di vendita della società, nel quadro della dismissione delle produzioni del settore civile di Finmeccanica;
   in Italia gli stabilimenti della società sono allocati a Napoli, Genova, Piossasco (TO), Tito (PZ) e impiegano circa 1.500 dipendenti, 600 dei quali sono impiegati nel sito di Napoli, cui vanno sommati, per valutare il peso della detta attività in Campania, le unità di personale delle numerose aziende operanti nell'indotto, la Ansaldo STS, dunque, rappresenta una realtà industriale assolutamente centrale nel contesto campano;
   per quel che riguarda l'Ansaldo Breda, che realizza veicoli per il trasporto ferroviario leggero, pesante, metropolitano, suburbano, regionale, alta velocità, stabilimenti sono allocati a Napoli, Pistoia, Reggio Calabria, Palermo, con circa 2200 dipendenti, 850 dei quali impiegati a Napoli, cui vanno sommati, per valutare il peso della detta attività in Campania, le circa 2.000 unità di personale delle aziende operanti nell'indotto;
   la Ansaldo Breda presenta una situazione decisamente critica, sotto il profilo finanziario e industriale, in aperto contrasto con l'andamento del mercato mondiale dei veicoli ferrotranviari che risulta, al contrario, in continua espansione (si stima ammonti a circa 20 miliardi di euro), tanto da rendere assolutamente incomprensibile il progetto di progressivo disimpegno del gruppo da questo specifico mercato, in luogo di definire un adeguato piano industriale che valorizzi e rilanci la filiera nazionale del trasporto su ferro;
   gli annunciati progetti di vendita o dismissione di asset come Ansaldo Breda e Ansaldo STS si traducono, in realtà, nella dichiarata rinuncia a un patrimonio tecnologico e industriale strategico di primaria importanza per l'intero Paese, con nefaste conseguenze in termini di prospettive occupazionali per i lavoratori tutti impiegati in dette società, e con ripercussioni particolarmente gravi per le regioni meridionali, dove sarebbe messa a rischio la stessa sopravvivenza dei pochi comparti industriali tutt'ora esistenti;
   per la Campania, in particolare, la rinuncia e il mancato rilancio di aziende di sicura eccellenza, talune leader del mercato mondiale, come appunto Ansaldo Breda (unico progettista e costruttore a ciclo integrato di treni ad alta velocità, treni pendolari, tram, metropolitane leggere e pesanti), unita alla sostanziale sinecura del lavoro di produzione e ricerca della Selex ES-Selex Electronic Systems, realizzato anche in stretto rapporto con le Università campane, penalizzano irrimediabilmente territori già strutturalmente deficitari di realtà produttive diversificate e efficienti, esponendo, al tempo stesso, anche per questa via, l'intero Paese alle ingerenze della speculazione finanziaria internazionale;
   visto l'insediamento del nuovo management del gruppo, la recente adozione delle linee-guida intese, fra l'altro, al cospicuo rilancio industriale del gruppo stesso e la prevista presentazione, in autunno, del nuovo piano industriale Finmeccanica;
   considerato il ruolo centrale che il Governo ha espressamente assegnato alla soluzione degli squilibri economico-sociali tutt'ora esistenti tra il Sud e il resto del Paese, nel quadro della ripresa economica nazionale, del superamento del forte tasso di disoccupazione, della crescita delle produzioni e degli scambi nazionali e internazionali –:
   quali siano le valutazioni in merito a quanto esposto in premesse, atteso che le questioni sollevate coinvolgono importanti imprese industriali del Paese;
   se e quali azioni concrete il Governo, in qualità di azionista di riferimento di Finmeccanica, nell'ambito delle proprie competenze, intenda porre in essere affinché il piano industriale in corso di elaborazione, che il nuovo management della società ha annunciato di voler presentare nel prossimo autunno, vada nella direzione dello sviluppo e del rilancio produttivo dei settori e degli stabilimenti esistenti, costituenti risorsa strategica irrinunciabile per il Mezzogiorno e per l'intero Paese, se del caso attraverso precisi orientamenti di politica industriale e finanziaria, anche in ordine alla inopportunità di cessione degli asset civili di Finmeccanica;
   quali iniziative intenda adottare al fine di tutelare e incentivare la competitività economico-industriale delle società del gruppo allocate in Campania.
(2-00659) «Valeria Valente, Roberta Agostini, Amendola, Bonavitacola, Bossa, Carloni, Chaouki, Coccia, Di Lello, Epifani, Fassina, Famiglietti, Impegno, Tino Iannuzzi, Manfredi, Palma, Paris, Giorgio Piccolo, Salvatore Piccolo, Rostan, Sgambato, Tartaglione, Vaccaro, Valiante».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la presente interrogazione fa seguito a quella presentata in data 1o aprile 2014, ancora in attesa di risposta e riguarda la situazione della società Mythen di Ferrandina;
   l'azienda occupava circa 80 dipendenti diretti a tempo indeterminato e per una profonda crisi finanziaria ha visto il tribunale di Matera nominare un curatore fallimentare nel mese di marzo 2014;
   i lavoratori hanno visto riconosciuta la cassa integrazione guadagni straordinaria per 12 mesi;
   la questione riguarda il futuro di questo impianto e di questi lavoratori in quanto la curatela fallimentare è una procedura finalizzata a tutelare i creditori e quindi non di politica industriale;
   erano circolate diverse voci di interessamenti da parte di alcune aziende a voler rilevare l'impianto ovviamente in una condizione di certezza del diritto;
   è indispensabile individuare con la massima celerità ogni possibile percorso che possa portare alla riapertura della fabbrica;
   sarebbe opportuno capire qual è lo stato attuale del procedimento di curatela fallimentare e verificare se vi sono ancora possibili interessamenti di natura industriale;
   con il trascorrere del tempo impianti e tecnologie rischiano di deteriorarsi e di non essere più attrattive per processi di rilancio industriale;
   nella precedente interrogazione era stato segnalato che in Basilicata operano diverse multinazionali nell'attività estrattiva e la Mythen operando nel campo del biodisel poteva essere di interesse in una linea di chimica verde con i necessari investimenti in materia di salvaguardia ambientale –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda attivare per verificare l'attuale situazione della Mythen e se non intenda promuovere un incontro con regione Basilicata e organizzazioni sindacali al fine di ricercare soluzioni di natura industriale che possano dare una prospettiva ai lavoratori in vista della scadenza della cassa integrazione guadagni straordinaria ed evitare la loro collocazione in mobilità che vorrebbe dire disoccupazione, considerate le difficoltà che vive tutto il comprensorio della Valbasento. (5-03453)


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dello sviluppo economico emesso in data 30 maggio 2012 la Ghizzoni spa è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge n. 347 del 2003, convertito dalla legge n. 39 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni;
   con il sopra citato decreto, il Ministro dello sviluppo economico ha altresì nominato il dottor Daniele Pecchini commissario straordinario di Ghizzoni;
   in data 23 ottobre 2012, il commissario straordinario ha presentato al Ministero dello sviluppo economico il programma di cessione del complesso aziendale facente capo a Ghizzoni (di seguito il «programma»), nel quale ha, tra l'altro provveduto secondo quanto previsto dagli articoli 54 e seguenti del decreto legislativo n. 270 del 1999, richiamato dal decreto-legge n. 347 del 2003, a definire il perimetro del complesso aziendale destinato alla vendita e descrivere le modalità di effettuazione della procedura di vendita; con provvedimento in data 23 novembre 2012, il Ministro dello sviluppo economico ha approvato il programma presentato dal commissario straordinario;
   l'azienda con sede legale e ufficio personale in Valbasento Pisticci Scalo e sede operativa a Vidalenzo aveva ben 454 dipendenti;
   il valore e la qualità del gruppo Ghizzoni è noto in Italia e nel mondo essendo un'azienda leader nella realizzazione di pipeline;
   nell'autunno 2013 il Ministero dello sviluppo economico ha dato il via libera all'operazione di acquisizione delle attività Ghizzoni, cedute come ramo d'azienda alla new company Nuova Ghizzoni;
   la nuova società è costituita per il 90 per cento da Sicilsaldo con sede centrale a Gela e il restante 10 per cento da Sudelettra, società del settore con sede a Matera/Ferrandina;
   l'accordo prevedeva che la nuova società assumesse alle proprie dipendenze i 200 dei lavoratori della Ghizzoni: 150 unità entro 15 giorni dalla data del contratto di cessione e altre 50 entro tredici mesi;
   l'accordo inoltre prevedeva che la società acquirente potesse fare ricorso alla cassa integrazione per il consolidamento e il rilancio delle attività limitatamente ai lavoratori assunti;
   per gli addetti non richiamati dalla nuova società vi era stato invece il ricorso alla cigs;
   vanno considerati la rilevanza del know how di una delle aziende più importanti del settore e il numero di lavoratori coinvolti –:
   se i Ministri interrogati, a quasi un anno dalla creazione della nuova società, intendano verificare le prospettive di riassorbimento del personale da parte della Nuova Ghizzoni e se non si intenda comunque concedere una ulteriore proroga degli ammortizzatori sociali per i lavoratori non ancora richiamati dall'azienda, evitando che per loro si aprano le porte della disoccupazione. (5-03462)


   VALLASCAS, PRODANI, DA VILLA, MUCCI e CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 31 luglio 2014 è stato siglato l'accordo tra la Cassa depositi e prestiti (CDP) e la State Grid International Development Limited (SGID), per la cessione a quest'ultima del 35 per cento delle quote di CDP Reti, la holding che detiene il 30 per cento della Snam spa e, a breve, il 29,9 per cento di Terna spa;
   la vendita delle quote di Cassa depositi e prestiti reti, secondo quanto è stato reso pubblico, frutterà al Tesoro 2.101 milioni di euro;
   Snam e Terna sono due aziende che presidiano due settori altamente strategici per il paese, la prima nella gestione del gas e dei gasdotti, la seconda, nella gestione delle reti di trasmissione dell'energia elettrica;
   con la cessione delle quote di Cassa depositi e prestiti reti, il Governo sta pericolosamente indebolendo la presenza italiana nella gestione e nel controllo delle principali infrastrutture energetiche del Paese;
   è dal settore dell'energia, da come si affronteranno le sfide per l'innovazione, per la sostenibilità e l'abbattimento dei costi, che dipenderà la crescita economica dell'Italia, la competitività delle nostre aziende, la qualità della vita nelle città e il benessere futuro dei cittadini;
   il settore dell'energia elettrica è in continua crescita per effetto della diffusione di nuove tecnologie e di una maggiore e più articolata accessibilità a metodi e strumenti di produzione, tutti elementi che hanno ampliato il numero di soggetti interessati alla produzione, dai siti industriali e aziendali, alle unità immobiliari domestiche con impianti volti all'autoconsumo;
   questa situazione accresce enormemente le competenze, il ruolo e le responsabilità del gestore delle reti elettriche, chiamato in futuro a regolare e a decidere, in caso di surplus di produzione, quale energia convogliare nella rete, con la conseguenza di dovere fare anche delle scelte sulle fonti energetiche da privilegiare;
   vista la diversa natura e il diverso impatto ambientale di ciascuna fonte energetica, le decisioni del gestore della rete acquistano una grande rilevanza per l'ambiente e per la salute dei cittadini, pertanto non possono essere condizionate da logiche di convenienza economica o prese da organismi sensibili al mercato;
   in questo contesto, le reti di trasmissione dell'energia elettrica e i gasdotti devono essere considerati un bene primario e inalienabile e dovrebbero pertanto restare nella piena disponibilità e nel pieno controllo italiani, al fine di evitare che logiche di mercato e interessi economici possano rendere vulnerabile la gestione pubblica di settori da considerarsi a tutti gli effetti d'interesse nazionale;
   per i potenziali rischi per l'ambiente e per le persone, le attività di produzione e trasporto del gas devono essere svolte in completa sicurezza, esigenza che rafforza la necessità di salvaguardare il ruolo italiano nel controllo e nella gestione delle infrastrutture;
   la cessione di una quota delle reti, evenienza che si sarebbe dovuta scongiurare per i rischi che comporta su controllo e gestione di importanti infrastrutture strategiche, dovrebbe essere sorretta da un'attenta analisi e da una precisa strategia sugli assetti futuri del settore energetico, con il reinvestimento nel potenziamento delle reti delle risorse acquisite dalla cessione;
   se così non fosse, la cessione delle quote di Snam e Terna rischierebbe di ridursi alla stregua di una qualsiasi operazione di privatizzazione volta unicamente al reperimento immediato di risorse economiche senza una visione chiara delle conseguenze future della vendita, vendita che, senza un'attenta programmazione, potrebbe aprire unicamente la strada a una perdita progressiva del controllo di un settore strategico per il Paese –:
   quali siano le analisi, le valutazioni e le strategie complessive sottese alla cessione del 35 per cento di CDP Reti;
   quali siano i termini dell'intesa tra Cassa depositi e prestiti e State Grid in-ternational development limited, il crono programma della cessione e i doveri e gli obblighi reciproci dei sottoscrittori dell'accordo;
   se vi sia una programmazione di Cassa depositi e prestiti sull'impiego delle risorse economiche frutto della cessione del 35 per cento di CDP Reti;
   se non ritenga opportuno elaborare un programma per il reinvestimento delle risorse ottenute dalla cessione al potenziamento delle reti del gas e delle reti per la distribuzione e la trasmissione dell'energia elettrica, considerati gli sviluppi e le esigenze future del sistema energetico del nostro Paese. (5-03474)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 90 del 2014 ha garantito per legge il sistema di essenzialità delle centrali elettriche siciliane sopra i 50 mega watt;
   lo stesso decreto-legge ha anche disposto la cancellazione della macrozona Sardegna-Sicilia;
   queste due decisioni hanno causato fortissima preoccupazione in tutto il territorio sardo, che inspiegabilmente non si è visto riconoscere le stesse facilitazioni che evitano il complesso iter necessario per ottenere l'autorizzazione tecnica definitiva al sistema dell'essenzialità;
   detto sistema garantisce, infatti, per legge e a priori l'essenzialità delle centrali siciliane, mentre la stessa viene negata alla Sardegna, unica regione italiana a non aver ancora l'accesso al metano;
   il regime di essenzialità è necessario la sostenibilità del sistema energetico sardo, ed è applicato fino al 2014 a tutte le centrali sarde, da quelle Enel del Sulcis agli impianti EON di Porto Torres, da Ottana Energia alla centrale idroelettrica del Taloro;
   sono note le vicissitudini legate al costo eccessivo dell'energia in Sardegna. Basti ricordare la decisione di Alcoa di fermare lo stabilimento del Sulcis, con la conseguente messa a rischio di circa 1000 posti di lavoro;
   la citata disposizione mette in crisi tutto il sistema della produzione energetica sarda. Esemplificativa, al riguardo appare la vicenda della riconversione della Centrale di Ottana energia;
   nel gennaio del 2009, infatti, Equipolymers, gruppo Dow Chemical, annunciava la chiusura dello stabilimento Equipolymers di Ottana;
   dopo circa un anno di vertenza, con il coinvolgimento della regione Sardegna e del Ministero dello sviluppo economico, veniva identificato un partner disponibile ad acquistare gli asset di Dow Chemical, a patto che venissero presi specifici impegni per risolvere i problemi strutturali del sito di Ottana;
   nel marzo 2010 veniva siglato un patto con il territorio in cui erano definiti i reciproci impegni. Nel successivo mese di luglio Indorama, in joint venture con Ottana Energia acquistava gli impianti di Equipolymers. Purtroppo il patto con il territorio ha visto un'attuazione molto limitata, anche a causa del continuo rinvio del processo di metanizzazione dell'isola;
   in accordo con il Piano energetico regionale del 2006 era prevista la riconversione delle centrali sarde all'arrivo del nuovo gasdotto Galsi. Ciò avrebbe permesso, in particolare, la riconversione della Centrale di Ottana Energia in un moderno impianto ciclo combinato da 400 mega watt, alimentato da gas naturale. Il ritardo della realizzazione dell'infrastruttura Galsi ha messo in difficoltà Ottana, non permettendo una continuità produttiva, come, invece, previsto negli accordi con le Istituzioni, e costringendola a una soluzione ponte in attesa della metanizzazione della Sardegna;
   nel 2012 il Gestore della rete nazionale ha completato la messa in servizio del nuovo cavo di collegamento con il continente, generando una brusca discontinuità nel mercato elettrico sardo, che ha causato la messa fuori mercato della quasi totalità degli impianti presenti in Sardegna;
   proprio per porre rimedio a questa situazione i suddetti impianti sono stati chiamati all'esercizio in regime di essenzialità, al fine di mantenere stabile la rete elettrica dell'isola. Solo la centrale di Ottana, però, si è vista negata la qualifica di essenzialità, riconosciuta agli altri impianti presenti nell'isola;
   solo successivamente l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, ha concesso la qualifica, ma solo per il 2013 e con l'obbligo di convertire gli impianti entro il 2014, e tra le ipotesi di riconversione ha incontrato accoglienza favorevole quella dell'utilizzo del carbone;
   verrebbe utilizzato, infatti, un combustibile con il prezzo di unità termica decisamente più basso degli altri. Inoltre, tale soluzione consentirebbe, tra l'altro la salvaguardia del livello di forza lavoro (circa 100 unità);
   il possibile utilizzo del carbone, in attesa della metanizzazione dell'isola aveva trovato un preliminare consenso il 31 gennaio 2013 tra i soggetti interessati (regione Sardegna, provincia di Nuoro, Consorzio industriale provinciale, Confindustria, organizzazioni sindacali, e Ottana Energia);
   nella riunione del 6 settembre 2013 il Ministero dello sviluppo economico ha evidenziato alla Ottana la necessità della riconversione carbone entro il 2014, evidenziando, inoltre, che la metanizzazione della Sardegna, tramite il gasdotto Galsi, o attraverso un rigassificatore di taglia adeguata, rappresentava un obiettivo prioritario;
    il 1o ottobre successivo, però, il comune di Ottana bocciava la conversione a carbone per timore di possibili impatti ambientali negativi. Successivamente altri comuni della zona esprimevano analogo parere negativo. Questo mentre la regione Sardegna prevedeva la riconversione dello stabilimento a metano solo per il 2020;
   il 10 aprile 2014 i sindaci del territorio e la provincia di Nuoro chiedevano, tra l'altro, al presidente della regione Sardegna di poter introdurre un elemento di accelerazione sul progetto di metanizzazione della Sardegna e al Ministero dello sviluppo economico di riconsiderare le scelte fatte per la riconversione a carbone della centrale di Ottana, consentendo la continuità produttiva con il rinnovo della Essenzialità;
   il 13 maggio 2014, con delibera 17/14, la regione Sardegna stabiliva l'uscita dal consorzio Galsi, e l'individuazione di un advisor per una soluzione tecnica alternativa alla riconversione a carbone;
   nella medesima delibera 17/14, si prevedeva il mantenimento dei regimi di essenzialità energetica attualmente vigenti in Sardegna, in vista dell'adeguamento degli impianti al processo di metanizzazione previsto per la Sardegna stessa;
   il 27 maggio 2014, il consiglio regionale approvava l'ordine del giorno n. 5 nel quale si chiedeva al Governo l'attivazione delle disponibilità finanziarie occorrenti per il mantenimento dei regimi di essenzialità vigenti in Sardegna;
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per assicurare alla Sardegna lo stesso trattamento concesso alla Sicilia dal voto del Senato, appoggiato dal Governo, in modo da porre rimedio a una decisione che, come appare evidente da quanto sopra esposto, colpisce pesantemente tutto il sistema energetico sardo, impegnato in una lotta contro il tempo per la necessaria riconversione al metano, già fortemente penalizzato dagli alti costi dell'energia, e ora inspiegabilmente discriminato rispetto agli analoghi impianti siciliani. (4-05841)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Zan n. 2-00501, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lavagno.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Taricco e altri n. 5-02984, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Franco Bordo.

  L'interrogazione a risposta in commissione Colletti n. 5-03078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

  L'interrogazione a risposta in commissione Pesco e altri n. 5-03450, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bonafede, Villarosa, Tripiedi, Barbanti, Pisano, Ferraresi, Sarti, Paolo Bernini, Rizzo, Caso, Turco, Chimienti, Ciprini, Vallascas, Fantinati, Prodani, Da Villa, Gallinella, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Allasia, Zolezzi, Terzoni, Liuzzi, Dell'Orco, Paolo Nicolò Romano, Cristian Iannuzzi, Scagliusi, Manlio Di Stefano, Grande, Spadoni, Di Battista, Pinna, Spessotto, Colonnese, Colletti, Silvia Giordano, Lorefice, Grillo, Mantero, Lombardi, Toninelli, Businarolo, D'Incà, Rostellato, Cominardi, Castelli, Fraccaro, Frusone, Corda, Basilio, Busto, Sorial, Fico, Luigi Gallo, Simone Valente, D'Uva, Battelli, Cecconi, Dadone, Dieni, Agostinelli, Luigi Di Maio, Brugnerotto, D'Ambrosio, Sibilia, Brescia, Parentela, Tofalo.

  L'interrogazione a risposta scritta Nesci, n. 4-05801, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Baroni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale Galgano n. 3-00957 del 17 luglio 2014;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00959 del 18 luglio 2014.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02698 del 27 novembre 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-01001;
   interrogazione a risposta scritta Mongiello e altri n. 4-02732 del 28 novembre 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-01000;
   interrogazione a risposta scritta Cova e altri n. 4-02821 del 4 dicembre 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-00999;
   interrogazione a risposta scritta Latronico n. 4-03023 del 20 dicembre 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-00998;
   interrogazione a risposta orale Vargiu n. 3-00649 del 26 febbraio 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-05863;
   interrogazione a risposta scritta Lavagno n. 4-03796 del 4 marzo 2014 in interrogazione a risposta orale n. 3-00997;
   interrogazione a risposta scritta Peluffo n. 4-03897 del 7 marzo 2014 in interrogazione risposta in commissione n. 5-03467.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   MASSIMILIANO BERNINI, BUSTO, DAGA, BENEDETTI, GAGNARLI, TOFALO, PARENTELA, CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI e LUPO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il bacino del lago di Vico è un importante complesso naturalistico e ambientale, costituito riserva naturale parziale dal 1982 con la legge regionale n. 47 del 28 settembre 1982;
   sulle sponde del lago si trova la cosiddetta Chemical City, un magazzino di materiali difesa NBC (nucleare, batteriologico e chimico) oggetto di fuga di elementi nocivi nonché di diverse bonifiche; in passato, infatti, si sono verificati incidenti che hanno causato la dispersione di alcune delle sostanze chimiche contenute nel sito militare;
   l'esistenza della Chemical City è rimasta per decenni nascosta, mentre, di fatto si tratta di uno dei più importanti bunker risalente addirittura al periodo fascista di conservazione, caricamento e scaricamento di armi chimiche: iprite mescolata ad arsenico, fosgene;
   le acque del lago sono utilizzate dagli abitanti dei comuni limitrofi per l'uso potabile e sanitario e associazioni quali ISDE e Legambiente hanno più volte segnalato agli enti preposti lo stato di degrado in cui versa attualmente il lago;
   è evidente che tale situazione potrebbe determinare (se non ha già determinato), nel medio e lungo periodo, gravi problemi sia per la salute umana che per l'ambiente;
   diversi studi sulle acque del lago hanno dimostrato che la concentrazione di metalli pesanti e altre sostanze chimiche nelle acque e nel terreno del sito del lago di Vico è al di sopra del livello di guardia –:
   se intendano fornire l'elenco completo di tutte le bonifiche fino ad oggi effettuate nell'area dell'oasi ecologica del lago di Vico, completo dei bandi di gara laddove ce ne siano stati e dei capitoli di spesa riguardanti costi sostenuti e stanziamenti totali, le bonifiche ancora da effettuare e come si intende procedere;
   se intendano fornire l'elenco completo di tutte le sostanze chimiche presenti, non più presenti e che hanno transitato anche per un periodo limitato all'interno della così detta Chemical City e il loro grado di pericolosità per la salute umana e per l'ambiente, nonché i dati completi circa le incidenze di malattie e patologie causate dall'esposizione umana alle sostanze presenti all'interno della Chemical City, degli abitanti dei comuni limitrofi e che usufruiscono delle acque del lago di Vico per uso potabile e sanitario ed una comparazione di questi dati con l'incidenza media nazionale delle stesse malattie e patologie;
   se siano a conoscenza di episodi relativi a versamenti di una qualunque delle sostanze contenute all'interno del sito militare;
   se vi siano o vi siano stati canali di scolo che dal sito militare immettevano o immettono acque di scarico di qualunque tipo all'interno del lago e se in qualche caso fortuito queste acque siano state contaminate da una qualunque delle sostanze contenute all'interno del sito militare;
   se siano in grado di valutare il grado di incidenza che abbia avuto il ruolo del magazzino materiali difesa NBC nei valori di metalli pesanti presenti nel sito del lago di Vico e come si intenda procedere per una bonifica dell'intera area naturalistica;
   se siano in grado di valutare il rischio per la salute umana non in base alla pericolosità singola di ogni sostanza chimica dispersa nella zona, ma tenendo in considerazione più recenti studi internazionali riguardo l'effetto cocktail di sostanze chimiche che, anche se assunte singolarmente in quantità entro i limiti, risultino nocive per la salute umana a causa del suddetto effetto;
   se intendano mettere gli interroganti a conoscenza dei risultati per quel che riguarda i possibili danni alla fauna o alla flora causati dalla possibile dispersione nella zona di sostanze chimiche o radioattive e qualora suddetti studi non siano mai stati effettuati, di programmare ricerche urgenti in tal senso;
   se esistano segreti di Stato o militari riguardo le attività svolte all'interno della Chemical City ed eventualmente se intendano rimuovere quelli che riguardano possibili conflitti con l'articolo 32 della Costituzione. (4-01455)

  Risposta. — L’ex magazzino materiali per la difesa nucleare, batteriologica, chimica (Nbc) di Ronciglione è una struttura realizzata negli anni ’30 per la produzione, lo stoccaggio e il caricamento di gas fosgene e, presumibilmente, per il caricamento di ordigni bellici con iprite proveniente dagli impianti di Cesano (entrambi i citati composti chimici non contengono arsenico).
  Negli anni seguenti il 2o conflitto mondiale, il magazzino è stato utilizzato per il caricamento di artifizi nebbiogeni e ha cessato le attività alla fine degli anni ’70.
  Successivamente, negli anni 1995-1996, ha avuto inizio l'attività di bonifica dell'area interessata, condotta sia dall'allora Stabilimento militare dei materiali per la difesa Nbc – l'attuale Centro tecnico logistico interforze (Cetli) Nbc – sia da una ditta specializzata.
  Nel 2007 la struttura è stata inserita tra i beni dismissibili della difesa e, prima di procedere alla sua alienazione, è stato deciso di effettuare un rilevamento preliminare dell'area per quantificare le eventuali attività di bonifica da porre in essere.
  A tale scopo, la difesa, nel dicembre 2008, ha stipulato un contratto con la società Soing per identificare masse metalliche e non, eventualmente presenti in profondità.
  Gli esiti di tale indagine geofisica hanno evidenziato:
   la presenza di masse interrate di varia tipologia, tra cui alcune di natura ferromagnetica, riconducibili anche ad eventuali ordigni inesplosi;
   un livello appena superiore per l'arsenico dei valori di concentrazione della soglia di contaminazione (Csc) previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 in tre dei dieci campioni di terreno prelevato.

  L'amministrazione difesa ha prontamente notificato la situazione agli enti locali territorialmente competenti e ha attivato l’iter per procedere alla bonifica dell'area.
  Alla fine del 2010 è stato aggiudicato all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) del Lazio il contratto per la redazione e l'esecuzione operativa del piano di caratterizzazione (ovvero attività d'indagine utili a definire lo stato reale della contaminazione) del sito dell’
ex magazzino, per un ammontare pari a 418.720 euro.
  Il piano approntato dall'Arpa è stato approvato il 19 ottobre 2011, in sede di conferenza dei servizi, con l'intervento di rappresentanti della regione Lazio, della provincia e della prefettura di Viterbo, dei comuni di Ronciglione e di Caprarola, nonché della stessa Arpa.
  A seguire è stata esperita la gara per l'affidamento delle attività di bonifica da ordigni residuati bellici, aggiudicata alla ditta Sogelma.
  Il relativo contratto, n. 27555 del 25 novembre 2011, prevede l'esecuzione di due lotti.
  Nello specifico, dal 15 ottobre 2012 al 29 gennaio 2013 è stato eseguito il primo lotto concernente la prima fase della rimozione delle masse interrate, per un ammontare pari a 131.485,29 euro, capitolato n. 20 del 14 giugno 2011.
  Tutto il materiale rinvenuto è stato trasportato presso il Cetli Nbc per la successiva demilitarizzazione.
  Il secondo lotto, che prevede la seconda fase dell'intervento delle attività di bonifica, per un impegno di spesa pari a circa 722.000 euro, inizierà entro la fine del 2014, per terminare presumibilmente nel 2016, con capitolato n. 21 del 15 novembre 2011.
  Nell'attualità, sulla base delle indicazioni fornite dall'Arpa Lazio a seguito dei primi riscontri analitici, è stata approvata in sede di conferenza dei servizi, la rimodulazione del richiamato piano di caratterizzazione che prevederà, in particolare, la realizzazione di 85 micro-carotaggi (alla profondità massima di due metri) per la determinazione dello stato attuale di contaminazione che comunque, al momento, non richiede l'applicazione di particolari misure di protezione.
  Quanto alle «sostanze chimiche presenti, non più presenti e che hanno transitato per un periodo limitato all'interno della Chemical City», attualmente non sono presenti, all'interno dell’
ex magazzino di Ronciglione, sostanze chimiche stoccate.
  Tutti i materiali che vi erano conservati sono stati trasportati presso la sede del Cetli Nbc in Civitavecchia (materie prime impiegate nelle attività di produzione di artifizi nebbiogeni e fumogeni) e, successivamente, sono stati conferiti (o sono in attesa di conferimento) a ditte autorizzate allo smaltimento di rifiuti tossico/nocivi; quelli che non è stato possibile alienare attraverso ditte esterne sono stati demilitarizzati direttamente presso il Cetli Nbc.
  Riguardo a «episodi relativi a versamenti di una qualunque delle sostanze contenute all'interno del sito militare», un episodio di rilascio di fosgene si verificò nel corso delle attività d'inertizzazione delle bombole di fosgene rinvenute nella menzionata bonifica svolta negli anni 1995-1996.
  Non sono noti altri episodi riguardanti versamenti, anche se il rinvenimento di materiali interrati non consente di escludere tali evenienze.
  In proposito, si fa presente che, essendo ancora in fase di attuazione il Piano di caratterizzazione del sito, solo al termine di tale attività si potrà disporre di dati certi riguardanti la presenza nel suolo di sostanze chimiche riconducibili alle attività militari pregresse.
  Con riferimento alla presenza di «canali di scolo», non si è a conoscenza dell'esistenza di canali di scolo che immettevano o immettono acque di scarico all'interno del lago.
  Nel piano di caratterizzazione redatto dall'Arpa Lazio è stato riportato che, sulla base delle evidenze disponibili, nel sito non era presente una vera e propria fognatura, intesa quale insieme di canalizzazioni e opere idrauliche per la gestione delle acque (sia meteoriche che di rifiuto).
  Più precisamente, le acque meteoriche venivano allontanate per dispersione, non essendo presente alcun sistema di raccolta delle acque all'interno di una rete fognaria; non vi è traccia, inoltre, di fogne per lo scarico delle acque di rifiuto. Le acque impiegate per lo scaricamento degli ordigni al fosforo (lavorazione definita «in umido», per evitare il rischio d'incendi) venivano, invece, indirizzate in un canale che presenta una struttura a volta completamente ispezionabile, oggetto tuttora d'indagine da parte di Arpa Lazio.
  Per quanto concerne il «grado di incidenza che abbia avuto il ruolo del magazzino materiali difesa NBC nei valori dei metalli pesanti presenti nel sito del lago di Vico» dalle informazioni storiche disponibili risulta che le lavorazioni condotte all'interno del sito non prevedevano l'impiego di sostanze contenenti i metalli pesanti riscontrati nelle acque del lago.
  Si potrà disporre, al riguardo, di una dettagliata valutazione non appena completata la caratterizzazione dell'area.
  Con riferimento, poi, alla possibilità di «valutare il rischio per la salute umana», le pertinenti valutazioni potranno essere formulate unicamente al termine del processo di caratterizzazione, qualora dovesse emergere una contaminazione del suolo.
  In merito all'opportunità di rendere noti i «risultati per quel che riguarda i possibili danni alla fauna e alla flora», anche in questo caso si dovrà attendere la conclusione del processo di caratterizzazione del sito.
  Non risulta, infine, sia stato apposto alcun segreto di Stato o militare «riguardo le attività svolte all'interno della Chemical City».

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   BRUNO BOSSIO, MANCIULLI, LEVA, GIORGIO PICCOLO, CENSORE, PATRIARCA, PELILLO, STUMPO, SGAMBATO, CARLONI, MOSCATT, MURA, PASTORINO, IACONO, BOCCADUTRI, RIBAUDO, COVELLO, BORGHESE, FAMIGLIETTI, MAGORNO, LODOLINI, DALLAI, CULOTTA, MAZZOLI, CRIVELLARI, FOLINO, BATTAGLIA, BONACCORSI, CASSANO, GINEFRA, NACCARATO, TULLO, OLIVERIO e AIELLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 98 del 9 agosto 2013 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 suppl. ord. n. 63/L del 20 agosto 2013) veniva convertito il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia» nel quale era disposto il rifinanziamento del decreto legislativo n. 185 del 21 aprile 2000 «Incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144»;
   in ragione di tale norma Invitalia – Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, in data 17 dicembre 2013 provvedeva ad emanare bando per l'assegnazione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo n. 185 del 21 aprile 2000 che regola la concessione degli incentivi all'autoimprenditorialità (Titolo I) e all'autoimpiego (Titolo II), per iniziative da realizzarsi nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
   con il decreto-legge n. 145 del 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23 dicembre 2013) venivano però novellate le norme che regolano la concessione delle agevolazioni di cui al suddetto decreto legislativo n. 185 del 2000 Titolo I e, di conseguenza, i bandi emanati venivano sospesi in attesa della pubblicazione dei regolamenti attuativi;
   con la legge n. 9 del 21 febbraio 2014 «Interventi urgenti di avvio del piano Destinazione Italia» (GU Serie Generale n. 43 del 21 febbraio 2014) veniva convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 145 del 2013;
   in particolare in sede di conversione era modificato l'articolo 24, comma 1, alla lettera h), capoverso del decreto legislativo n. 185 del 2000 «la parola: “novanta” è sostituita dalla seguente: “sessanta” e che, pertanto, recita: «1. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente alle disposizioni di cui al Capo 0I del Titolo I, nonché il Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, relativamente alle disposizioni di cui al titolo II, fissano con uno o più regolamenti, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, criteri e modalità di concessione delle agevolazioni previste nel presente decreto. Per gli interventi di cui al Capo III del Titolo I, il predetto regolamento è emanato, entro i medesimi termini, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.»;
   la vigenza del decreto-legge n. 145 del 2013 già avrebbe imposto l'emanazione da parte del Ministero dello sviluppo economico entro 90 giorni dei relativi regolamenti attuativi;
   in ogni caso, considerate le modificazioni intervenute con la legge di conversione n. 9 del 2014, i tempi per l'emanazione dei suddetti decreti sono ormai scaduti lo scorso 22 aprile 2014;
   tale situazione sta creando non pochi disagi alle imprese che sin dalla prima emanazione dei bandi si erano apprestate alla presentazione di progetti –:
   quali siano i motivi per i quali la competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico non ha ancora disposto l'emanazione dei decreti contenenti i regolamenti attuativi;
   quali iniziative il Ministero dello sviluppo economico intenda assumere al fine di individuare le responsabilità di tale eccessivo ritardo sui tempi di attuazione previsti;
   quali iniziative il Ministero dello sviluppo economico ritenga di dover adottare al fine di garantire, in tempi rapidi, l'emanazione dei relativi regolamenti attuativi per poter attivare con efficacia le risorse finanziarie disponibili e consentire alle nuove imprese di poter accedere alle agevolazioni previste. (4-05568)

  Risposta. — Con il decreto-legge n. 145 del 2013, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 dicembre 2013, sono state modificate le norme che regolano la concessione delle agevolazioni di cui al decreto legislativo n. 185 del 2000, Titolo I, per l'autoimprenditorialità.
  In particolare, con il decreto-legge, sono stati profondamente novellati, com’è noto, gli articoli del Capo I relativi all'autoimprenditorialità: le norme dirette a sostenere in tutto il territorio nazionale, la creazione di micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito.
  Possono beneficiare delle agevolazioni le micro e piccole imprese in cui la compagine societaria sia composta, per oltre la metà numerica dei soci e di quote di partecipazione, da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni ovvero da donne.
  Sono concedibili mutui agevolati per gli investimenti a un tasso pari a zero e iniziative che prevedano investimenti non superiori a un milione e mezzo di euro relativi alla produzione di beni nei settori dell'industria, dell'artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli ovvero alla fornitura di servizi alle imprese.
  La norma, da quanto brevemente detto, ha previsto una completa riconfigurazione della misura agevolativa richiedendo quindi la riscrittura della disciplina secondaria. Relativamente al rifinanziamento disposto nella misura di 80 milioni per gli anni 2013-2014-2015, ad opera dell'articolo 3, lettera
a), della legge n. 99 del 2013, e per ulteriori 18 milioni di euro a valere sulle risorse comunitarie del programma operativo interregionale «Attrattori culturali», deve segnalarsi che le risorse sono state rese immediatamente disponibili tramite la misura agevolativa prevista dal Titolo II del decreto legislativo n. 185 del 2000 che oggi è operativa.
  Soltanto per il Titolo I del predetto decreto, interessato dalla recentissima riforma legislativa, non è al momento possibile presentare domande di finanziamento, in attesa dell'acquisizione del concerto da parte del Ministero dell'economia, cui è stato già inoltrato dal Ministero dello sviluppo economico.

Il Viceministro dello sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   CATALANO e PISICCHIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), istituita con il decreto legislativo n. 66 del 1999, in attuazione della direttiva 94/56/CE (oggi sostituita dal regolamento dell'Unione europea n. 996/2010), è l'autorità investigativa per la sicurezza dell'aviazione civile dello Stato italiano, vigilata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a garanzia della sua posizione di terzietà;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo rappresenta una realtà affermata nel contesto aeronautico italiano ed in quello internazionale, dove apporta – tramite i risultati della propria attività e grazie ai propri avanzati laboratori tecnologici per la lettura della cosiddette «scatole nere» – un positivo e riconosciuto contributo per migliorare i livelli di sicurezza del volo, a tutela della pubblica incolumità;
   il considerando n. 15 del regolamento (UE) n. 996/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 sulle inchieste e la prevenzione di incidenti e inconvenienti nel settore dell'aviazione civile così recita: «Le autorità investigative per la sicurezza sono al centro del processo investigativo sulla sicurezza. Il loro lavoro è d'importanza fondamentale per determinare le cause di un incidente o di un inconveniente. È pertanto essenziale che le stesse siano in grado di condurre le loro inchieste in piena indipendenza e che dispongano delle risorse finanziarie e umane necessarie per condurre inchieste efficaci ed efficienti»;
   l'articolo 4, paragrafo 6, del predetto regolamento (UE) n. 996/2010 prescrive quanto segue: «L'autorità investigativa per la sicurezza è dotata dal rispettivo Stato membro dei mezzi necessari per adempiere alle sue responsabilità in completa indipendenza e deve poter ottenere a tal fine sufficienti risorse»;
   nel proprio «Rapporto informativo sull'attività svolta e sulla sicurezza dell'aviazione civile in Italia – anno 2013», trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al Parlamento, l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo rappresenta di trovarsi in una gravissima criticità di organico, soprattutto per quanto concerne i tecnici investigatori: tale situazione, conseguenza dei numerosi interventi legislativi volti al contenimento della spesa pubblica, sta incidendo pesantemente sull'operatività dell'ente, a fronte di impegni sempre più gravosi in ambito nazionale, internazionale e dell'Unione europea;
   risulta che l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, ad oggi, sia rimasta soltanto con quattro tecnici investigatori (sui 12 previsti dalla dotazione organica), di cui uno in uscita al 31 ottobre 2014 in virtù di quanto previsto dal decreto-legge n. 90 del 2014, per cui l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo resterà soltanto con tre tecnici investigatori;
   come risulta dal citato «Rapporto informativo sull'attività svolta e sulla sicurezza dell'aviazione civile in Italia – anno 2013», nonché dalla relazione del presidente al rendiconto generale relativo all'esercizio finanziario 2013, l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha ritenuto necessario sensibilizzare l'amministrazione vigilante con una apposita nota informativa, al fine di ottenere le risorse necessarie e prevenire l'eventuale apertura da parte della Commissione europea di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per violazione dell'articolo 4, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 996/2010;
   nel corso della seduta del 12 giugno 2014, il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/02280/001, con la quale impegnava l'Esecutivo a escludere l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo dagli interventi di spending review programmati e a intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di consentire l'aumento delle unità di personale in servizio presso l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, favorendo, in via prioritaria, il completamento dell'organico dei tecnici investigatori, di assicurare l'adeguamento dei trasferimenti dello Stato per il sostenimento dei relativi costi del personale, e di rimuovere le limitazioni normative che penalizzano alcune tipologie di spesa strategiche, e in particolare quella della formazione interna del personale –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo a favore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, per evitare che un importante presidio per la sicurezza del volo veda compromessa la propria operatività, con conseguenti ricadute negative sulla prevenzione degli incidenti aerei e quindi sulla tutela della pubblica incolumità. (4-05754)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame del 31 luglio 2014 l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare in favore dell'agenzia nazionale per la sicurezza del volo per evitare che un importante presidio per la sicurezza del volo veda compromessa la propria operatività, con conseguenti ricadute negative sulla prevenzione degli incidenti aerei e quindi sulla tutela della pubblica incolumità.
  Tale interrogazione fa seguito all'ordine del giorno 9/02280/001, accolto dal Governo come raccomandazione nella seduta del 12 giugno 2014, che impegnava l'esecutivo «ad escludere l'agenzia nazionale per la sicurezza del volo dagli interventi di
spending review programmati e a intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di consentire l'aumento delle unità di personale in servizio presso l'agenzia nazionale per la sicurezza del volo, favorendo, in via prioritaria, il completamento dell'organico dei tecnici investigatori, di assicurare l'adeguamento dei trasferimenti dello Stato per il sostenimento dei relativi costi del personale, e di rimuovere le limitazioni normative che penalizzano alcune tipologie di spesa strategiche, e in particolare quella della formazione interna del personale».
  Al riguardo si rappresenta che a seguito della sollecitazione del Presidente dell'Ansv che, con nota del 10 aprile 2014, sottolineava come lo stato di precarietà in cui l'Agenzia versava oramai da tempo con riguardo, in particolare, alla disponibilità di risorse umane, rischiava di porre a rischio la continuità delle attività della medesima agenzia per la permanenza di soli 3 tecnici investigatori in organico è stato dato immediato seguito investendo il Ministero dell'economia e delle finanze.
  In particolare con nota del 5 maggio 2014 è stato richiesto al predetto Dicastero di valutare la possibilità di rimuovere gli ostacoli di natura normativa e valutare, in via principale, la possibilità di una norma di deroga al regime del
turnover, che permettesse di bandire un regolare concorso ai fini del completamento dell'organico degli investigatori o, invia subordinata, tenuto conto dei tempi e delle difficoltà connesse ad un intervento normativo, che l'agenzia potesse procedere all'attivazione del comando di sette unità di personale provenienti dall'aeronautica militare, di cui cinque da adibire propriamente allo svolgimento dell'attività investigativa, dandone copertura, almeno per l'anno in corso con l'utilizzo di parte dell'avanzo di esercizio.
  Con nota del 24 luglio 2014, il predetto Ministero dell'economia e delle finanze ha rappresentato che, nelle more di un eventuale intervento legislativo finalizzato a prevedere l'esclusione dell'agenzia dalle vigenti disposizioni sul
turn over delle assunzioni, per far fronte alla situazione emergenziale rappresentata dal presidente dell'agenzia, si ritiene possibile procedere, nell'immediato, e fino al 31 dicembre 2014, all'attivazione dell'istituto del comando di personale proveniente dall'Aeronautica militare, nei limiti della quota disponibile dell'avanzo di amministrazione accertato al 31 dicembre 2013.
  Il Governo è dunque impegnato nella ricerca di una soluzione tecnica condivisa volta ad assicurare l'operatività e l'efficienza dell'agenzia.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriGraziano Delrio.


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 22 settembre 2013, la rivista «Tempi» ha pubblicato un articolo sulla presenza di residenti italiani, cittadini e non, fra le fila della resistenza siriana al Governo di Bashar al Assad;
   questo articolo che interrogante condivide in toto descrive ed analizza la presenza di jihadisti italiani, cittadini e/o immigrati di religione islamica;
   l'articolo merita di essere riportato fedelmente nella presente interrogazione: «Quando, parecchi mesi fa, sulla stampa venne fuori la foto di Haisam Sakhanh e di Ammar Bacha, due siriani residenti da lungo tempo in provincia di Milano, in tenuta da combattimento in un'imprecisata località del loro paese d'origine, le reazioni del Coordinamento siriani liberi di Milano, di cui i due sono esponenti, furono spavalde. “Non abbiamo nulla da nascondere”, risposero dall'organizzazione. “Combattiamo per la libertà”. Un imbarazzato silenzio ha invece fatto seguito, una decina di giorni fa, alla diffusione della notizia secondo cui uno dei sette ribelli che in un filmato proposto dal sito del New York Times sparano alla schiena (coperta di lividi ed ematomi) di sette soldati nudi inginocchiati con la testa al suolo sarebbe proprio Haisam Sakhanh, ora noto col nome di battaglia di Abu Omar. Un conto è presentarsi come coraggiosi partigiani che combattono una dittatura accusata di gravi crimini, un altro violare sotto gli occhi delle telecamere le convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra. Soprattutto in un momento in cui il regime di Damasco è sotto processo a livello internazionale per l'uso, di armi chimiche, ma anche i ribelli sono nel mirino della critica per il moltiplicarsi di testimonianze relative a violazioni dei diritti umani da parte loro e al loro estremismo politico-ideologico. Inoltre Ammar Bacha, compagno d'armi e amico fraterno di Haisam Sakhanh, non è uno qualunque: notoriamente è il fidanzato di una delle figlie di Nour Dachan, presidente emerito dell'Ucoii, l'organizzazione dei musulmani italiani e residenti in Italia legata ideologicamente e organizzativamente ai Fratelli Musulmani. A tre mesi dalla notizia della morte di Ibrahim Giuliano Delnevo, il 23enne genovese divenuto estremista islamico e ucciso in Siria mentre combatteva con jihadisti ceceni, la questione dei volontari – siriani residenti in Italia e italiani convertiti all'islam – che partono dal nostro paese per dare manforte ai ribelli è ancora avvolta nel mistero. Foad Aodi, palestinese presidente della Comunità del mondo arabo in Italia, in un'intervista aveva parlato di una cinquantina di elementi, pochissimi dei quali nativi italiani. Fonti investigative lasciano trapelare l'esistenza di almeno due jihadisti italiani in azione in Siria, uno originario di Bologna e l'altro di una non specificata località della Toscana. Per mettere insieme qualche notizia e qualche nome sui ribelli siriani di provenienza italiana e sulla radicalizzazione della loro ideologia politico-religiosa è sufficiente navigare sulle pagine Facebook di Haisam detto Abu Omar (la pagina si chiama Haisam Siria) e di Amar Bacha. Il primo è ritratto con armi sempre diverse: fucili lanciagranate, kalashnikov, Fai belgi, Dragunov russi. E gli slogan che appaiono in bacheca non lasciano dubbi sull'orientamento ideologico del soggetto e dei suoi sostenitori: “La democrazia è nata in Francia, è morta in Egitto (allusione alla nascita dell'islamismo attraverso i Fratelli Musulmani, ndr) e sarà riseppellita in Siria”; “Aleppo sarà il cimitero degli alawiti, nipoti delle scimmie” (il regime di Assad è considerato alawita, e l'insulto li parifica agli ebrei, in un detto di Maometto definiti “fratelli delle scimmie”); “Il mio piede schiaccia gli alawiti – Dobbiamo bruciare gli alawiti”. Alcuni dei messaggi sono contrassegnati da due bandiere incrociate, una bianca e una nera, con la scritta “Per il califfato secondo la via di Maometto”: un simbolo usato da gruppi affiliati ad al Qaeda. Una foto mostra altri 2 siriani residenti in Italia che hanno combattuto in Siria. L'immagine ritrae, insieme ad Abu Omar e Ammar Bacha, i fratelli Manaf e Anter Chaddad. Tutti e 4 residenti a Cologno Monzese (MI) che ora rischia di apparire come la capitale dei jihadisti siriani in Italia. Che pare usino riunirsi in un bar gestito da cinesi in corso Roma»;
   a giudizio dell'interrogante un serio intervento dei nostri servizi e delle nostre forze di polizia è urgente ed indifferibile –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-01996)

  Risposta. — I fatti riferiti nell'interrogazione in esame rientrano nell'ambito delle indagini, tuttora in corso, condotte dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione nei confronti di estremisti attivi nel contesto della cosiddetta «dissidenza siriana».
  In particolare, i cittadini siriani Sakhanh Haisam, Issa Bacha Ammar e Chaddad Anter sono stati arrestati nel febbraio del 2012 a Roma in seguito a un'irruzione nella sede dell'Ambasciata siriana; nell'aprile 2012, sono poi tornati in Siria per combattere contro il regime di Assad.
  Attualmente, l'unico cittadino italiano che risulta aver preso parte ai combattimenti in Siria è Giuliano Delnevo, convertitosi all'islam con il nome di Ibrahim e rimasto ucciso nel giugno 2014 nei pressi di Aleppo, durante uno scontro con le forze lealiste.
  Per quanto concerne invece il video diffuso dal sito
on line del New York Times – precedentemente postato su un profilo facebook riconducibile a Sakhanh – la Polizia postale e delle comunicazioni ha individuato alcune formazioni che si avvalgono della rete per rivendicare attacchi terroristici o per propagandarne l'ideologia. In tale ambito, va tuttavia osservato che la visibilità degli spazi web, in taluni casi, è consentita solo a utenti opportunamente «accreditati».
  Più in generale, nel quadro delle strategie di contrasto del terrorismo islamico, si segnala il progetto «Check the web», inserito in ambito
Europol, che consente di condividere a livello internazionale una banca dati sull'integralismo islamico – con particolare riferimento all'organizzazione terroristica «Al Qaeda» – in cui vengono raccolti i risultati ottenuti dall'attività di monitoraggio della rete svolta dai diversi Paesi europei.
  Infine, in merito alla problematica evidenziata dall'interrogante, si assicura che – pur non essendo emersi finora elementi che confermino l'attuale presenza in Italia di reti strutturate attive nel reclutamento di militanti
jihadisti – la questione degli aspiranti combattenti partiti dall'Italia verso la Siria, o verso altri teatri di conflitto, è all'attenzione di questa Amministrazione e viene seguita con il massimo impegno sia dalle Forze di polizia che dalla magistratura inquirente.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 22 gennaio 2013 un incendio di origine dolosa ha completamente distrutto il centro visite dell'Oasi LIPU Castel di Guido ricadente all'interno della Riserva statale del litorale romano;
   l'origine dolosa dell'incendio è da ricondursi all'azione di denuncia fatta dalla LIPU verso il bracconaggio all'interno dell'Oasi e della riserva statale del litorale romano;
   l'Oasi LIPU di Castel di Guido ha un enorme valore naturalistico e paesaggistico stante la ricchezza in biodiversità di flora e fauna e la conservazione del tipico paesaggio della campagna romana;
   l'Oasi LIPU di Castel di Guido rappresenta un importante punto di riferimento per i cittadini di Roma e della provincia che vogliano godere delle bellezze naturali, visto i numerosissimi visitatori che frequentano l'area protetta nell'arco di tutto l'anno;
   l'Oasi LIPU di Castel di Guido rappresenta, inoltre, una formidabile opportunità per le scuole di ogni ordine e grado che intendano avvicinarsi alla natura grazie ai programmi di educazione ambientali svolti dagli operatori LIPU;
   in ragione delle meritorie attività di denuncia svolte dagli operatori e volontari LIPU, l'Oasi rappresenta un presidio di legalità per il territorio;
   sarebbe opportuno lo stanziamento di fondi straordinari per la ricostruzione immediata del centro visite distrutto dall'incendio, affinché tutte le attività di educazione, sensibilizzazione, accoglienza e tutela possano essere fin da subito riavviate in modo che il territorio e la comunità non si vedano privati, per mano criminale, di un così importante punto di riferimento –:
   se il Ministro interrogato intenda prevedere la messa a punto di un piano straordinario di vigilanza per la repressione del bracconaggio all'interno della Riserva del litorale romano. (4-03308)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'opportunità di predisporre un piano straordinario di vigilanza per la repressione del bracconaggio all'interno della riserva del litorale romano, evidenzio quanto segue.
  A seguito dell'incendio ivi verificatosi nella notte del 22 gennaio 2014, che ha completamente distrutto il centro visite dell'oasi Lipu di Castel di Guido, il Corpo forestale dello Stato (che svolge ordinariamente, per il tramite dei propri reparti centrali e territoriali, attività di vigilanza nella riserva statale del litorale romano) ha tempestivamente attivato i canali di collaborazione con la polizia provinciale di Roma, titolare delle indagini, avvalendosi anche del contributo tecnico del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  L'episodio ha distrutto, oltre ai materiali d'uso ordinario per la gestione del centro, anche documenti, lavori di ricerca, materiale fotografico ed oggetti di valore simbolico, come le tantissime opere realizzate dai ragazzi delle numerose scuole che costantemente frequentano l'oasi Lipu.
  Nel merito evidenzio che l'evento avrebbe potuto assumere connotati ben più gravi, data la consuetudine degli operatori del centro di pernottare presso la struttura durante lo svolgimento di particolari attività di ricerca.
  Le indagini congiunte sinora espletate dalle citate amministrazioni hanno condotto alla rilevazione di elementi tali da rendere necessario il proseguimento delle indagini.
  Pertanto, il lavoro sinergico esperito tra le suddette amministrazioni coinvolte, ha portato all'acquisizione di elementi importanti per il prosieguo delle indagini, garantendo l'espletamento di attività investigative congiunte, finalizzate peraltro, al contrasto del fenomeno del bracconaggio nell'area protetta.
  Infine, in ordine alla possibilità di realizzare un piano nazionale finalizzato a contrastare le condotte antigiuridiche in danno della fauna selvatica, faccio presente che il corpo forestale dello Stato, si rende disponibile nel fornire il proprio contributo nelle sedi competenti.

Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliMaurizio Martina.


   CHIARELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la città di Taranto da oltre cento anni è sede di diversi importanti insediamenti della Marina militare italiana, quali un arsenale militare, una base navale di recente realizzazione, una scuola sottufficiali, un centro addestramento, nonché sede del comando in capo del dipartimento marittimo dello Jonio e del Canale d'Otranto;
   la Marina militare, per ragioni oggi non più attuali, continua ad occupare ampie e significative aree della città, imponendo un sacrificio in termini di fruibilità del territorio alla cittadinanza, oltre che per tutte le ricadute negative dovute agli esiti delle lavorazioni realizzate;
   il territorio, come è noto per essere stato assunto alla attenzione del Governo, vive un momento di particolare crisi economica che vede attiva una serie di vertenze, dalla nota vicenda Ilva all'abbandono del territorio da parte di importanti realtà produttive come la multinazionale Vestas, il gruppo Marcegaglia, il gruppo Natuzzi, Miroglio, e tante altre realtà produttive di piccole e medie dimensioni;
   in questo quadro di grave emergenza occupazionale si inserisce un'ulteriore nuova pesantissima novità che vede la Marina militare abbandonare di fatto il territorio. Da notizie giornalistiche, infatti, si apprende del possibile esubero di ben 500 unità tra il personale civile della difesa, del declassamento del comando in capo, del trasferimento delle attività di addestramento, e, ultimo «schiaffo», il trasferimento dell'incrociatore Vittorio Veneto a Trieste;
   l'incrociatore Vittorio Veneto, di base a Taranto per oltre 40 anni, è stato oggetto nei primi anni del 2000 di proposta dell'allora amministrazione locale mirata a realizzare un museo galleggiante da mantenere a Taranto. Nel 2007 un decreto che stanziava fondi per la ricorrenza dei 150 anni della unità di Italia, prevedeva, giusto accordo Stato-regione, la realizzazione di tale progetto;
   sempre da fonti giornalistiche si apprende che la Vittorio Veneto sarebbe destinata a diventare museo ma non a Taranto bensì a Trieste;
   l'ufficio stampa locale della Marina militare ha diffuso una nota con cui ridimensiona le voci di stampa –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se ritenga necessario intervenire al fine di chiarire la fondatezza delle ipotesi giornalistiche, nonché richiedere agli organi di comando della Marina militare di riconsiderare eventuali decisioni destinate a ridimensionare drasticamente la presenza a Taranto, e, altresì, rivalutare il progetto museo Vittorio Veneto come giusto riconoscimento della centralità di Taranto nel sistema della difesa. (4-02488)

  Risposta. — La presenza della Marina militare sul territorio della provincia di Taranto non subirà alcun ridimensionamento o decentramento nel prossimo futuro, così come la storica sinergia e i rapporti con le realtà locali continueranno ad essere tenuti nella massima considerazione.
  A conferma della rilevanza che la Marina militare conferisce al territorio tarantino, si sottolinea il considerevole impegno nell'attuazione di un programma di efficientamento nei settori operativo, infrastrutturale e logistico che contempla, nella sede di Taranto, la ristrutturazione organizzativa e/o la riconfigurazione di strutture esistenti.
  Si assicura, peraltro, che non emergono, ad oggi, gli esuberi paventati dall'interrogante, quanto piuttosto carenze di personale, soprattutto per le esigenze tecniche connesse ai provvedimenti di efficientamento della componente arsenalizia.
  Con riferimento, poi, all'attività di addestramento, la formazione dei volontari in ferma prefissata rimarrà a Taranto nella scuola sottufficiali di San Vito.
  Per quel che concerne, infine, la musealizzazione dell'incrociatore Vittorio Veneto, allo stato attuale esiste soltanto una manifestazione d'intenti, avanzata dalla soprintendenza dei beni archeologici della regione Friuli Venezia Giulia, relativa ad un'eventuale musealizzazione da realizzarsi nella città di Trieste.
  Nello specifico, è stata avanzata una richiesta di autorizzazione ad avviare a bordo dell'unità un processo d'indagine per verificare le condizioni di conservazione e stabilire i costi per le operazioni di bonifica e di restauro, oltre che per il trasferimento e per l'allestimento museale nel capoluogo friulano.
  Alla lettera d'intenti ha fatto seguito un invito, da parte della Marina militare, a formalizzare il progetto generale dell'impresa museale, a comunicare i costi associati e ad assicurare la copertura finanziaria per l'intera attività; allo stesso tempo, è stata autorizzata l'indagine a bordo dell'unità, cui non è stato dato, ad oggi, alcun seguito da parte della soprintendenza.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   COPPOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   RetItalia Internazionale spa una società in house, posseduta al 100 per cento dall'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), ora «ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane», che fornisce servizi web e ICT e strumenti per lo sviluppo di business alle imprese che si avvalgono dei servizi dell'ICE, e servizi online alle regioni, agli enti locali e a organismi di diritto pubblico secondo criteri di economicità e nel rispetto delle regole del mercato;
   ICE-Agenzia è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico che — si legge dal sito web istituzionale — «ha il compito di agevolare, sviluppare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero — con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti — e opera al fine di sviluppare l'internazionalizzazione delle imprese italiane nonché la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali»;
   i vertici di ICE-Agenzia hanno manifestato la volontà di vendere e attivato le procedure per l'alienazione della società RetItalia Internazionale spa con delibera del 22 gennaio 2013, n. 36, facendo seguito all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 che prevedeva l'obbligo di procedere allo scioglimento o, in alternativa, alla privatizzazione delle società controllate dalla pubblica amministrazione direttamente o indirettamente, le quali abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi in favore della pubblica amministrazione superiore al 90 per cento dell'intero fatturato;
   i commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3-sexies ed 8 dell'articolo 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 sono stati dichiarati illegittimi dalla sentenza 16-23 luglio 2013 n. 229 della Corte costituzionale e abrogati dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, venendo così a mancare le motivazioni di vendita di RetItalia da parte di ICE-Agenzia; a partire dal maggio 2012 è stato dimezzato il contratto in essere tra ICE-Agenzia e RetItalia Internazionale spa che ha portato ad una cassa integrazione per 65 lavoratori, ora straordinaria, che va avanti da circa due anni;
   RetItalia Internazionale spa rappresenta un asset importante della pubblica amministrazione ed ha in questi anni sviluppato un know-how ed una professionalità dei lavoratori che non ci si può permettere vada disperso;
   il Governo si è assunto l'impegno di valutare l'opportunità di sospendere definitivamente la procedura di alienazione della Società RetItalia Internazionale spa con l'ordine del giorno 9/01865-A/060 presentato dall'onorevole Martina Nardi il 20 dicembre 2013;
   sono già state presentate alcune interrogazioni ai Ministri competenti in merito a questo tema dal senatore Di Biagio (4-00158, il 14 maggio 2013) e dall'onorevole Nardi (4-03387, il 30 gennaio 2014) alle quali non è pervenuta allo stato risposta –:
   quali iniziative ha intenzione di assumere il Governo per la salvaguardia delle competenze tecniche e professionali rappresentate dai lavoratori di RetItalia Internazionale spa;
   se il Governo sia intenzionato a proseguire nel percorso di alienazione della Società o se ritenga di dare una risposta concreta e definitiva ad una situazione di cassa integrazione straordinaria riguardante, da maggio 2012, una società interamente a controllo pubblico, situazione lesiva della dignità personale e professionale dei dipendenti. (4-03946)

  Risposta. — In data 20 novembre 2013, l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane ha pubblicato sulla G.U.R.I. (V serie speciale, parte 1) e sul proprio sito istituzionale il capitolato relativo alla gara per l'affidamento del contratto quinquennale di fornitura di servizi informativi a favore dell'Agenzia stessa e, b) per la contestuale alienazione della controllata RetItalia s.p.a..
  Nel corso del mese di dicembre si è venuti a conoscenza di quanto disposto mediante emendamento al provvedimento legislativo disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (poi diventato articolo 1, comma 562, della legge n. 147 del 2013 – Legge di stabilità 2014), cioè a dire il venir meno dell'obbligo di alienazione di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012.
  Con riguardo alla procedura di gara allora in svolgimento, il consiglio di amministrazione dell'ICE-Agenzia, con propria delibera del 17 dicembre 2013, stabiliva di darvi comunque corso in virtù delle seguenti considerazioni:
   1) l'esigenza dell'ICE-Agenzia di proseguire nell'azione di contenimento dei costi in ragione sia delle numerose misure attuative della cosiddetta
spending review inserite anch'esse nella legge di bilancio 2014-2016 (e, quindi, di obbligatoria applicazione già dall'attuale anno finanziario), sia in virtù delle limitate disponibilità di bilancio da dedicare alla copertura dei costi di mantenimento e funzionamento della controllata. Giova ad ogni buon fine sottolineare che nel corso del 2014 è stato incrementato di 22,5 milioni di euro lo stanziamento per l'attività promozionale dell'Agenzia e non per la copertura dei costi di funzionamento, che anzi, ai sensi degli ultimi provvedimenti di spending rewiev, dovranno essere ulteriormente ridotti;
   2) l'alienazione della società avrebbe assicurato una maggiore tutela dei lavoratori: direttamente, salvaguardandone i livelli occupazionali e le conoscenze maturate; indirettamente, garantendo maggiori opportunità di crescita per la società affidataria, che avrebbe potuto avvantaggiarsi della continuità operativa assicurata da un contratto di servizi quinquennale e conservare, al contempo, piena capacità di operare anche nel libero mercato;

  Nel ribadire tale scelta, l'ICE-Agenzia ha ritenuto opportuno segnalare al Ministero dello sviluppo economico le modalità che intendeva adottare per portare a termine l'alienazione in corso, acquisendo dal Gabinetto del Ministero l'indicazione (contenuta in una nota del 23 gennaio 2014) che non risultavano profili ostativi alla definizione della procedura, che peraltro rientrava, come noto, nei poteri autonomi dell'ICE-Agenzia.
  Circa le tutele per i lavoratori si precisa quanto segue.
  Nel corso della procedura di alienazione il Ministero dello sviluppo economico, nella sua funzione di vigilanza e controllo nei confronti dell'ICE-Agenzia, ha costantemente richiamato l'ente sulla necessità di porre la massima attenzione al livello di tutela dei livelli occupazionali e delle professionalità.
  In particolare, il vertice politico nel mese di aprile ha rivolto all'agenzia un atto d'indirizzo sulla materia e, in seguito ai puntuali aggiornamenti forniti dai vertici dell'ente, ha successivamente ribadito l'opportunità di assicurarsi in particolare del rispetto da parte dell'acquirente dei livelli occupazionali e professionali dei dipendenti.
  Gli ulteriori approfondimenti effettuati dall'ICE-Agenzia con i responsabili della società aggiudicataria, sono stati tali da comportare un dilatamento dei tempi di aggiudicazione.
  Inoltre, si specifica che nella documentazione di gara, si prevedeva l'attribuzione di 70 punti su 100 sulla base della valutazione dell'offerta tecnica, 30 su 100 in ragione dell'offerta economica.
  All'interno dell'offerta tecnica, ben 30 punti sui 70 complessivi, sono stati assegnati in base alla valutazione delle offerte sotto il profilo del loro impatto su A.1. Livelli occupazionali e sviluppo del personale
(punto 11.2 del Disciplinare di gara).
  L'aggiudicataria, nel corso della seduta pubblica, ha raggiunto una valutazione pari a «eccellente».
  A ogni buon fine si informa che a seguito dei comunicati sindacali e delle varie interrogazioni parlamentari susseguitisi negli ultimi mesi, in data 26 marzo 2014, la Gepin PA spa ha trasmesso al presidente dell'ICE-Agenzia, una nota di chiarimento in relazione alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla strutturazione complessiva del gruppo Gepin.
  In data 15 luglio 2014, in conseguenza della conclusione di tutte le verifiche previste dal codice degli appalti, è stato stipulato il contratto di cessione della società RetItalia Internazionale spa in favore della Gepin PS spa.

Il Viceministro dello sviluppo economicoCarlo Calenda.


   D'AMBROSIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   una importante novità introdotta dal decreto legislativo n. 154 del 2013, relativo alle separazioni, concerne l'ascolto del minore, che diventa obbligatorio per il giudice. Mentre in precedenza, infatti, le vecchie disposizioni lasciavano ampio margine di discrezionalità sul punto, oggi il nuovo articolo 336-bis del codice civile prevede come il minore che abbia compiuto 12 anni (ma anche di età inferiore se capace di discernimento) sia ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali debbano essere assunti provvedimenti che lo riguardano. Lo stesso tenore imperativo relativamente a tale obbligo è contenuto anche nel precedente articolo 336 codice civile;
   l'intento della disposizione è certamente quello di porre fine alla discrezionalità del giudice in una attività fondamentale del processo familiare quale è l'ascolto della parte più debole del processo, quella cioè sulla quale spesso ricadono gli effetti di decisioni prese da altri. Prima di tale normativa la discrezionalità al riguardo era moltissima, tanto da costringere la Corte di Cassazione a pronunciarsi in direzione dell'obbligatorietà dell'ascolto;
   ulteriore elemento di novità è rappresentato dalla totale riscrittura dell'articolo 317-bis del codice civile, che prevede oggi un diritto diretto dei nonni di adire il Tribunale per i minorenni in caso in cui sia agli stessi impedito di mantenere con i nipoti rapporti relazionali significativi. Anche tale novità appare rivoluzionaria se si considera che, precedentemente, l'ascendente era privo di legittimazione diretta ad agire, dovendo ritagliare il proprio diritto a frequentare i nipoti all'interno di quello paterno/materno. Da ciò derivava che qualora il genitore, per qualsivoglia motivo, non avesse più alcuna relazione con i figli, gli ascendenti del suo ramo genitoriale erano a loro volta privati di tale relazione, senza poter utilizzare nessuno strumento giuridico atto a far cessare la violazione;
   pur con alcune criticità, dunque, il decreto legislativo n. 154 del 2013 compie senz'altro importanti passi verso la tutela dei minori, rafforzandone i diritti all'interno del processo del quale non saranno più semplici spettatori ma potranno diventare, sempre di più, parti attive. Purtroppo restano numerosi i casi in cui i minori vengono utilizzati quali arma di ritorsione verso uno dei due genitori, solitamente i padri;
   esempio emblematico è quello del signor A. M., a favore del quale in data 26 giugno 2012 il tribunale per i minorenni di Roma aveva disposto, in via provvisoria ed urgente, che al minore M. C. fosse corrisposta una terapia psicologica finalizzata alla realizzazione concreta di un riavvicinamento tra padre e figlio in un contesto terapeutico adeguato; il tribunale aveva disposto, altresì, che fosse posta in essere un'adeguata valutazione dei genitori del minore; ad oggi, risulta all'interrogante che a questo provvedimento non sia mai stato dato seguito;
   come riportato dal settimanale Panorama del 19 dicembre 2012 e dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 4 settembre 2013 il padre, A. M., dal momento della separazione, ha avuto enormi difficoltà sia ad incontrare il figlio sia a poterlo sentire al telefono;
   ad oggi risultano esservi ancora molte situazioni irrisolte come quella che interessa il signor A.M. –:
   di quali elementi disponga il Governo sull'attuazione della disciplina in questione, come risultante dalle più recenti modifiche, e in particolare in ordine all'efficacia della stessa, con specifico riferimento alla salvaguardia degli interessi del minore, e quali eventuali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (4-03752)

  Risposta. — Nel rispondere all'interrogazione in esame, debbo osservare preliminarmente che il decreto legislativo n. 154 del 2013 non ha modificato la disciplina dell'affidamento, di cui alla legge n. 54 del 2006. Infatti, l'articolo 5 del decreto legislativo n. 154, nel modificare l'articolo 155 del codice civile, ha specificato che in caso di separazione si applicano riguardo ai figli le disposizioni sull'esercizio della responsabilità genitoriale.
  Tali norme prevedono ora rimedi unificati in ogni caso di dissoluzione del nucleo familiare o di crisi della coppia genitoriale. Per il resto, il decreto legislativo n. 154 non avrebbe potuto disporre alcun intervento modificativo delle norme sull'affidamento dei figli, in assenza di previsioni al riguardo nella relativa legge di delega n. 219 del 2012.
  Le sole modifiche rinvenibili – ad esempio in materia di ascolto del minore o in ordine al diritto del minore di mantenere rapporti significativi con i nonni – sono consentite dalla legge delega e, pur toccando alcuni aspetti della disciplina dell'affidamento, non ne modificano la sostanza.
  Ciò posto, l'ascolto del minore era già disposto dai tribunali per i minorenni anche prima del decreto legislativo n. 154, con conseguente valutazione delle relative risultanze. Per quanto riguarda in particolare il caso menzionato nell'interrogazione, secondo le informazioni pervenute dal Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma il minore è stato sentito due volte direttamente dal giudice, nonché dal servizio sociale, dal servizio specialistico dell'azienda sanitaria locale e dal «Centro per il bambino maltrattato e la famiglia». È stata quindi acquisita la relazione conclusiva sulla valutazione dei genitori e, dopo il parere conclusivo del Procuratore della Repubblica, il Tribunale potrà decidere sulla frequentazione tra padre e figlio. Sul punto non può non rilevarsi che, nelle procedure di affidamento dei minori, tanto l'acquisizione degli elementi che la loro valutazione richiedono necessariamente una adeguata ponderazione, in ragione della complessità degli adempimenti e della delicatezza degli interessi in gioco.
  Per quanto concerne il profilo, citato nell'interrogazione, del diritto dei nonni di avere rapporti con il nipote, il Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma ha osservato che nel caso del minore in questione i nonni non hanno presentato istanze.
  Tutto ciò premesso, circa gli strumenti di cui un genitore dispone nel caso in cui l'altro non adempia all'ordine del giudice, il nostro ordinamento prevede come reato la «mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice» (articolo 388 del codice penale). Inoltre, l'articolo 337 del codice civile attribuisce al giudice tutelare il dovere di vigilanza sull'osservanza delle condizioni che il tribunale ha stabilito per l'esercizio della responsabilità genitoriale.
  Si tratta invero di strumenti che possono avere efficacia limitata in quelle situazioni caratterizzate da marcate condotte «ostruzionistiche» di uno dei due genitori, tali da porre a repentaglio l'obiettivo di garantire l'effettivo esercizio della bi-genitorialità. Altre possibili soluzioni, pur prospettate (come il ricorso alle norme relative alla esecuzione di obblighi di fare o di consegna), appaiono non pienamente adattabili a situazioni peculiari che coinvolgono soggetti deboli e bisognosi di particolare tutela quali i minori.
  Ad ogni modo, pur non risultando, allo stato, interventi normativi di iniziativa governativa sulla questione, questo Ministero non mancherà di seguire con attenzione i disegni di legge di iniziativa parlamentare aventi ad oggetto la modifica della disciplina sull'affidamento condiviso.

Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   DAGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio di Nettuno (comune di Roma) risultano importanti presenze di consorterie criminali come testimoniato dai processi «Appia» e «Mithos» pendenti innanzi al tribunale di Velletri per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, in tale territorio infatti, secondo quanto emerso nella relazione della commissione parlamentare antimafia sulla ’ndrangheta XV legislatura, da anni opera il clan Gallace;
   nel territorio risulta attivo, altresì, il clan dei Casalesi come attestano le indagini della direzione distrettuale antimafia di Roma nonché numerose sentenze emesse dall'autorità giudiziaria a carico di Pasquale Noviello ed altri, per reati che vanno dall'associazione a delinquere di stampo camorristico al tentato omicidio;
   il 24 luglio del 2012 veniva assassinato da un commando Modestino Pellino ritenuto vicino al clan Moccia;
   nella città di Nettuno negli ultimi sei mesi sono stati commessi due gravi attentati: nell'ottobre 2012 è stato incendiato lo stabilimento balneare «Il Belvedere» gestito dalla Società Turistico Marinara e nel maggio del 2013 un'abitazione in località Santa Barbara è stata fatta oggetto del lancio di una molotov;
   nel dicembre del 2005 il consiglio comunale di Nettuno è stato sciolto per gravi condizionamenti da parte della criminalità organizzata, decisione confermata in tutti i gradi di giudizio dalla giustizia amministrativa;

   la sentenza del TAR di Roma del 7 giugno del 2006 che conferma lo scioglimento del consiglio comunale affermava tra l'altro che in relazione al settore dell'urbanistica e dell'edilizia «il controllo sul territorio per l'attività di contrasto all'abusivismo edilizio si svolge quasi esclusivamente sulla base degli esposti», evidenzia: a) che l'amministrazione aveva «rilasciato titoli concessori prevalentemente in variante al piano regolatore», apparendo la concessione «in alcuni casi [...] strumentale a favorire operazioni di lievitazione del prezzo dell'immobile o ad incrementare l'attività di società di costruzione vicine ad esponenti della criminalità organizzata locale»; b) in altri casi, che «i passaggi di proprietà dei terreni oggetto di concessioni edilizie e le conseguenti volture del titolo concessorio [apparivano] unicamente finalizzati ad evitare il decorso del termine di scadenza della concessione o ad aspettare l'approvazione delle varianti al piano regolatore generale per sanare eventuali abusi edilizi. Anche in tali casi, beneficiari delle procedure dilatorie figurano soggetti contigui ad ambienti criminali»; c) che in relazione a «titoli concessori rilasciati a seguito di lottizzazioni di aree site in diverse località del territorio comunale, [erano] presenti quali diretti intestatari, quali amministratori, rappresentanti o soci delle imprese titolari, esponenti della malavita locale, alcuni dei quali gravati da diversi precedenti e di recente indagati anche per il reato di associazione illecita per traffico di sostanze stupefacenti»;
   nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di Nettuno e del sindaco, il candidato del PdL Carlo Eufemi ha denunciato il clima «intimidatorio» creato da Fernando Mancini, imprenditore locale già coinvolto in indagini giudiziarie e nei lavori della commissione d'accesso che portò allo scioglimento del consiglio comunale di Nettuno;
   il Mancini infatti (come si evince da un video postato su You Tube) avrebbe stigmatizzato la presentazione nelle liste di Eufemi di personaggi come Claudio Dell'Uomo, Stefano Proietto, Piero Ballerini. Sembrerebbe che il Mancini (o altri) abbia realizzato tale campagna in conseguenza dell'esclusione dalle liste del PDL della sua compagna Cristina Vasconi;
   in conseguenza dei comportamento del Mancini il PdL ha organizzato una manifestazione per la legalità;
   successivamente il candidato del PdL Eufemi ha denunciato il clima torbido della campagna elettorale;
   dopo le elezioni lo stesso Eufemi ha richiamato l'attenzione del Ministro interrogato affinché ci sia un intervento a tutela del territorio dove vige un sistema di illegalità e sfrontatezza che sta condizionando i cittadini e rendendo invivibile la città –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti illustrati in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per rafforzare il contrasto alle mafie nel litorale romano;
   se intenda verificare quali eventuali iniziative abbia intrapreso il prefetto di Roma in ordine alla situazione sopra esposta. (4-01134)

  Risposta. — Il litorale romano e laziale costituisce un'area senz'altro di interesse delle organizzazioni criminali, dove da anni si sono insediati nuclei familiari, di origine soprattutto calabrese e campana, dediti ad affari illeciti, i cui ricavati vengono poi investiti in attività legali.
  Questa situazione richiede uno sforzo notevole delle Forze dell'ordine per il controllo del territorio. Sul posto, in particolare, sono operativi una tenenza dell'Arma dei Carabinieri nel comune di Ardea, una compagnia e una stazione dell'Arma dei Carabinieri ad Anzio e una stazione dell'Arma a Pomezia. A ciò vanno aggiunti il Commissariato di pubblica sicurezza di Anzio e la Compagnia della Guardia di finanza di Pomezia.
  Il dispositivo di sicurezza viene periodicamente incrementato e rimodulato in base a piani coordinati che pongono in essere attività preventive e di contrasto attraverso servizi mirati, effettuati anche con il supporto di unità specializzate della squadra mobile della questura di Roma.
  Sul piano dell'azione di contrasto, l'argine più consistente al fenomeno mafioso viene senza dubbio posto dal sequestro dei patrimoni acquisiti illegalmente. Nel 2013 sono state condotte con successo diverse indagini; tra le più rilevanti si ricorda «l'operazione Venusia», che ha portato al fermo di 10 affiliati dei
Gallace e al sequestro di beni immobili per un valore di circa 2 milioni di euro.
  L'8 luglio 2014, inoltre, il centro operativo di Roma della Direzione investigativa antimafia ha dato esecuzione ad un decreto di confisca di beni per 20 milioni di euro nei confronti di una persona legata alla
’ndrina Gallico. Tra i beni confiscati vi sono anche diciotto società e settanta rapporti bancari; holding del gruppo era una nota società con varie sedi a Roma, che aveva il compito di acquisire immobili e quote societarie.
  Un'altra operazione di polizia giudiziaria ha consentito, il 26 luglio 2014, di arrestare 51 membri di un'organizzazione criminale dedita al traffico di droga, all'usura, alla corruzione e alle infiltrazioni nel tessuto amministrativo locale; nell'occasione sono stati sequestrati immobili e attività commerciali per un valore complessivo di circa 40 milioni di euro.
  Il successivo 30 luglio 2014, la stessa Dia ha provveduto alla confisca di beni – per un valore complessivo di 30 milioni di euro – a un imprenditore di Gioia Tauro residente ad Ardea, legato alla mafia calabrese. Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria, segue il sequestro di beni già effettuato nell'estate 2011.
  Ciò premesso, occorre anche evidenziare che nel corso del 2013, rispetto all'anno precedente, la delittuosità nel comune di Nettuno ha fatto registrare una significativa diminuzione; l'attività di prevenzione svolta dalle forze dell'ordine ha infatti portato a una diminuzione generale dei delitti pari a circa il 10 per cento dei casi rispetto all'anno precedente. Contestualmente, si è avuta una diminuzione delle persone denunciate e arrestate di oltre il 15 per cento. La situazione della sicurezza nel litorale laziale rimane comunque all'attenzione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che ha più volte esaminato la problematica anche alla presenza dei rappresentanti dell'Autorità giudiziaria.
  I rappresentanti delle Forze dell'ordine, pertanto, continuano ad adottare mirati dispositivi di controllo del territorio a tutela della sicurezza dei cittadini e a difesa della legalità sul territorio.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il quarto comma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, stabilisce che i regolamenti «sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale»;
   si tratta con tutta evidenza di una procedura che inserisce alcuni elementi di controllo e garanzia con riferimento ad atti governativi che non solo rappresentano una deroga all'ordinario regime di separazione dei poteri e che nel relativo iter di approvazione non vedono la previsione di particolari forme di pubblicità;
   da alcuni anni è invalsa la deplorevole prassi di eludere tale procedura, inserendo nei testi di leggi e atti aventi forza di legge di iniziativa governativa la previsione di decreti ministeriali «non aventi natura regolamentare»;
   in tal modo, il Governo non solo evita i controlli preventivi del giudice amministrativo, nonché di quello contabile, ma addirittura elude alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di tali decreti, creando un grave vulnus alla pubblicità di norme spesso di una certa rilevanza, con tutte le conseguenze del caso;
   la scarsa chiarezza delle norme, nonché la loro disagevole conoscibilità, rappresentano un grave fardello per tutti i settori produttivi del Paese, oltre a dissuadere gli investitori stranieri –:
   se il Ministro interrogato non abbia intenzione di impegnarsi al fine di far cessare questa disdicevole prassi.
(4-04417)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, si pone all'attenzione del Governo il fatto che nei testi di legge e atti aventi forza di legge di iniziativa governativa venga a volte inserita la previsione di decreti ministeriali «non aventi natura regolamentare» e si segnala che tale prassi intenderebbe eludere la procedura prevista dall'articolo 17, comma 4, della legge n. 400 del 1988 per l'adozione dei regolamenti (parere del Consiglio di Stato, visto e registrazione della Corte dei conti, pubblicazione nella Gazzetta ufficiale).
  Al riguardo, si fa presente in via preliminare che il competente Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di questa Presidenza si impegna costantemente a contrastare tale prassi, al fine di non assegnare a fonti atipiche compiti di contenuto normativo che l'ordinamento assegna alle fonti del diritto.
  Ciò premesso, si osserva che il succitato articolo 17 della legge 400 del 1988 detta regole alle quali l'autorità emanante è obbligata ad attenersi nel procedimento di formazione dei regolamenti normativi. È inoltre da precisare che la qualificazione di un atto come normativo o non normativo, e di conseguenza l'imposizione della forma e del trattamento giuridico per esso previsto nel nostro ordinamento, va ricercata sulla base del contenuto dello stesso, facendo ricorso ai criteri sostanziali di identificazione delle fonti, definiti sia in dottrina che in giurisprudenza.
  Anche al fine di un maggior rispetto di un principio cardine dell'ordinamento, quale quello della sua conoscibilità, questa Presidenza si impegna pertanto a proseguire nelle azioni di contrasto della suindicata prassi.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriGraziano Delrio.


   GIANNI FARINA, FEDI, LA MARCA, PORTA e GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   presso la rete diplomatico-consolare italiana nel mondo, la prenotazione dell'appuntamento per il disbrigo di pratiche amministrative è una prassi consolidata. Tale procedura, da diversi anni, si può ordinariamente realizzare solo on line, salvo sporadici casi;
   per fissare un appuntamento con il consolato generale d'Italia di Londra, ad esempio, un utente deve esclusivamente procedere con la prenotazione on line;
   per poterlo fare l'utente deve seguire le indicazioni riportate sul sito del consolato generale d'Italia di Londra, che qui si trascrivono in dettaglio:
    «Per accedere al servizio la prima volta l'utente dovrà registrarsi fornendo i dati personali ed una casella di posta elettronica (quest'ultima è imprescindibile).
    Alla casella indicata l'utente riceverà una e-mail di conferma della registrazione, in modo da poter attivare la propria utenza ed accedere al sistema di prenotazione on-line (avvertenza: se la casella è del tipo gratuito – per es. Yahoo, Hotmail, Terra, Gmail, ecc. – è possibile che la e-mail di conferma pervenga dopo varie ore, oppure che venga spostata nelle cartelle “posta non desiderata” o “spam”, pertanto si consiglia di controllare queste cartelle)»; «una volta ricevute le credenziali l'utente potrà accedere al sistema mediante il suo utente/password, cliccando successivamente su “Login”, «l'utente dovrà poi selezionare “l'Ufficio di competenza»;
    «Attenzione: per prenotare l'appuntamento, cliccare sul nome dell'Ufficio prescelto e NON sulla busta bianca in corrispondenza, che consentirà unicamente di inviare una email alla Sede»; «dato che il sistema è automatico – ovvero non esiste un operatore – è necessario che l'utente gestisca direttamente il suo account personale. L'operatore consolare non può forzare il sistema. È da tenere presente che per motivi operativi e di gestione interna, la possibilità di inserimento delle richieste di appuntamento nel calendario viene mantenuta disponibile in un intervallo determinato per tipologia di servizio (da 30 giorni a 90 giorni, con estensione quotidiana di tale intervallo)»;
    «Qualora non vi siano date disponibili («verdi»), ma solo rosse o nere, ciò non significa un malfunzionamento del sistema»;
    «Il sistema “Prenota Online” sblocca alle ore 23 (ORE UK) la prima data successiva all'intervallo. Stante l'elevata richiesta, i posti disponibili possono esaurirsi in un breve intervallo di tempo a partire dalle 23. Qualora pertanto non si trovino date disponibili nel calendario, è necessario attendere il giorno successivo e riprovare»;
    «Si consiglia inoltre di ricontrollare frequentemente in caso vengano aggiunti ulteriori appuntamenti o in caso di cancellazioni di appuntamenti»;
    «NB: il buon funzionamento del sistema di appuntamenti online dipende molto sia dal corretto inserimento delle richieste da parte degli interessati, sia dal fondamentale rispetto per le esigenze di altre persone che si trovano in situazione analoga. Al fine di fornire un servizio sempre più vicino alle giuste aspettative degli utenti si pregano pertanto i connazionali di cancellare in ogni circostanza tutti gli appuntamenti considerati non più necessari»;
   tale dettagliata e precisa serie di istruzioni, incluse le ipotesi sulle colorazioni delle caselle, se da un lato lascia presumere una notevole esperienza sui problemi di gestione del sistema, dall'altro indica, ad avviso degli interroganti, una consapevolezza della incapacità del sistema di gestire sia il volume delle richieste che la loro analisi qualitativa –:
   quale immediata azione si intenda intraprendere per rafforzare il sistema degli appuntamenti online, anche con soluzioni alternative, comunque tali da soddisfare le esigenze degli utenti dei servizi consolari, particolarmente nel Regno Unito e nelle realtà territoriali dove sono presenti molti nostri connazionali, quale Bedford;
   se non s'intendano rafforzare competenze e capacità di intervento dei consoli onorari dislocati sul territorio consentendo, ad esempio, il prelievo delle minuzie ai fini del rilascio del passaporto biometrico, soluzione questa praticata da altre diplomazie, che renderebbe il sistema sicuramente più efficiente. (4-03949)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concerne il funzionamento dell'applicativo informatico «prenota on-line» di gestione degli appuntamenti per i servizi consolari.
  Nel sottolineare che il Ministero degli affari esteri, attraverso la rete diplomatico-consolare, è impegnato nella ricerca di soluzioni innovative volte a migliorare il contatto con l'utenza consolare, si fa presente che uno degli strumenti adottati da vari anni da numerosi Consolati all'estero è l'utilizzo dell'applicativo informatico «prenota on-line» per la gestione degli appuntamenti, accessibile attraverso i siti web delle rappresentanze italiane all'estero. Tale applicativo consente di disciplinare in modo più razionale le richieste dell'utenza per alcuni servizi (segnatamente passaporti, ma anche carte d'identità e legalizzazioni), evitando un afflusso indiscriminato del pubblico, che spesso si traduce in lunghe file allo sportello consolare, senza la certezza di poter ottenere il servizio richiesto.
  Il sistema è attualmente utilizzato dal 50 per cento delle sedi (115 su un totale di 212 uffici) e registra un costante significativo incremento delle prenotazioni, passate da 257.494 nel 2011 a 312.406 nel 2012 e a 358.479 nel 2013. Le prenotazioni registrate al 23 luglio 2014 per l'anno 2014 sono 264.589. È bene precisare che l'utilizzo dell'applicativo «prenota on-line» non è esclusivo, in quanto le sedi ricevono i connazionali anche senza prenotazione, nei casi di urgenza o emergenza.
  Molte sedi non hanno adottato tale sistema in quanto riescono a far fronte alla domanda con strumenti più tradizionali o lo hanno adottato solo in parte in funzione delle caratteristiche della comunità italiana residente (persone anziane o non abituate all'utilizzo di mezzi informatici).
  L'applicativo informatico «prenota on-line» è un valido strumento di ausilio ai connazionali, semplice ed intuitivo, che consente loro di programmare in anticipo (circostanza importante soprattutto per gli utenti lontani dalla sede consolare) giorno e ora di ricevimento, dando modo al tempo stesso all'ufficio di istruire la pratica verificando ad esempio, nel caso dei passaporti, la posizione anagrafica, l'assenza di motivi ostativi da parte delle questure, l'assenso dell'altro genitore in caso di esistenza di figli minori e così via. Il risultato soddisfacente per il connazionale è che tale sistema consente di ottenere il servizio a vista, nello stesso giorno fissato per l'appuntamento.
  L'utente registrato sul «prenota on-line» può visualizzare tutti i servizi attivi presso la sede, trovando ben evidenziate date e fasce orarie disponibili per l'appuntamento. Possono essere effettuate anche prenotazioni con l'assistenza di un operatore consolare collegato alla sezione di «back-end»; l'applicativo è completamente modulabile da parte di ciascuna sede, sia per quanto riguarda la definizione dei servizi prenotabili e dei relativi calendari di apertura, sia per la gestione dei contenuti informativi relativi a tali servizi.
  Ciascuna sede infatti, in completa autonomia, imposta il numero di prenotazioni giornaliere e la loro frequenza oraria sulla base della domanda potenziale (numero storico di atti emessi e andamento stagionale) e reale, commisurando ed adattando di conseguenza le risorse umane e strumentali dedicate al servizio.
  Le sedi hanno la possibilità di definire aperture di calendario ampie (fino a 2 anni) per i servizi più facilmente differibili nel tempo e aperture limitate (2/3 mesi) per i servizi non differibili. In quest'ultimo caso, soprattutto per le sedi che registrano una forte e crescente domanda rispetto all'obiettiva capacità operativa, si registra spesso una rapida saturazione delle prenotazioni, che costringe l'utente a ripetere più volte l'operazione con il «prenota on-line».
  È bene specificare che nessuno strumento informatico, anche se perfettamente funzionante, può sopperire al limite fisiologico costituito dall'eccesso della domanda rispetto alle risorse umane (numeri di sportelli) e strumentali disponibili (esempio: dotazione di macchine per la rilevazione biometrica delle impronte digitali). Questo Ministero è ben consapevole dei disagi lamentati da alcune sedi ed è attivamente impegnato nella ricerca di soluzioni – come quella positivamente sperimentata ed attuata del funzionario itinerante – che consentano di decongestionare l'ufficio nell'attività di «front office» concentrando le poche risorse disponibili in quella di «back office».
  Una delle ipotesi allo studio è anche quella di ricorrere all'ausilio, almeno nelle fasi iniziali del procedimento, della rete consolare onoraria, una volta superate le problematiche di ordine giuridico e operativo, legate anche alla tutela della riservatezza e dei dati personali dei connazionali.

  In conclusione si assicura l'interrogante sulla volontà del Ministero di individuare soluzioni praticabili atte a decongestionare alcuni uffici consolari, soluzioni che non si limitino ad un mero rafforzamento o miglioramento dell'applicativo informatico «prenota on-line». È superfluo ricordare che tali sforzi da parte dell'amministrazione vengono attuati in un contesto di risorse decrescenti nel quadro della spending review.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMario Giro.


   FAUTTILLI e DELLAI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il faro dell'isola di Ponza, sulla base dei risultati conseguiti nell'ambito della campagna 2012 «I luoghi del cuore» è stato inserito fra i diciannove beni che il FAI – Fondo Ambiente italiano – ha scelto come bene da salvaguardare e da tutelare per valore storico-culturale e paesaggistico;
   in data 30 ottobre 2013 ed in data 20 novembre 2013, a rettifica ed integrazione della prima istanza, il comune di Ponza ha inoltrato all'Agenzia del demanio, una richiesta di trasferimento a titolo non oneroso del fabbricato del faro costituito da n. 4 appartamenti (due per piano) ed altri locali compreso un giardino di circa 120 metriquadri a norma dell'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98);
   nella richiesta il comune ha indicato come finalità la seguente opzione:
    «Bene da valorizzare in ottica di mercato ai fini della messa a reddito o dell'alienazione, anche mediante il conferimento ai fondi immobiliari, nell'interesse diretto od indiretto della collettività»;
   il bene è assegnato formalmente in uso governativo al Ministero della difesa. Pertanto l'Agenzia del demanio, in data 22 novembre 2013, ha informato della richiesta il Ministero della difesa, specificatamente la direzione generale dei lavori e del demanio, chiedendo di confermare, entro il termine perentorio di trenta giorni, la necessità del bene per le funzioni di difesa e per le esigenze istituzionali;
   l'Agenzia del demanio precisava che il mancato riscontro entro il termine indicato avrebbe costituito mancato interesse al mantenimento in uso dell'immobile e, di conseguenza, presupposto per i successivi adempimenti in materia di federalismo demaniale;
   l'Agenzia del demanio chiedeva, in particolare, di specificare, nell'ipotesi in cui il bene non fosse concretamente utilizzato ma fosse comunque necessario alle esigenze governative, la tempistica entro la quale se ne prevedeva l'utilizzo e, nel caso in cui l'immobile necessitasse di interventi edilizi, la conferma della disponibilità di risorse adeguate a finanziare i lavori e la tempistica prevista per l'esecuzione degli interventi;
   alla richiesta dell'Agenzia del demanio, il Ministero della difesa ha risposto, in data 20 dicembre 2013, in maniera sintetica confermando che «i beni in parola risultano necessari per lo svolgimento di attività istituzionali dell'A.D» –:
   se non ritenga che tale decisione contrasti con quanto disposto dal decreto direttoriale n. 13/2/5/2010 dell'8 settembre 2010 che aveva individuato, al fine del trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato alcuni immobili in uso all'amministrazione della Difesa da assoggettare a procedure di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione previste dall'articolo 14-bis, comma 3 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che aveva inserito il faro tra i beni alienabili con la seguente annotazione «presenza di funzioni da riallocare» e quali iniziative intenda adottare conseguentemente. (4-05481)

  Risposta. — In merito all'inserimento, con l'annotazione «Funzioni da riallocare», del sito denominato «Faro della Guardia», ubicato nell'isola di Ponza, nell'elenco di immobili indicati nel decreto direttoriale datato 8 settembre 2010, si precisa che l'allora norma di riferimento (articolo 14-bis, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008 n. 133) stabiliva che il Ministero della difesa provvedesse, nell'ambito dei piani di razionalizzazione del proprio patrimonio infrastrutturale, ad individuare gli immobili per i quali fosse possibile avviare attività di valorizzazione, permuta e gestione.
  Successivamente, l'articolo 5, comma 4, del decreto legislativo n. 85 del 2010 (cosiddetto federalismo demaniale) ha previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dovessero essere individuati i beni immobili, in uso alla difesa, suscettibili di trasferimento agli enti locali, precisando come tra di essi non potessero essere inclusi quelli utilizzati per le funzioni di difesa e di sicurezza, ovvero destinati alle procedure di valorizzazione del patrimonio immobiliare della difesa – la cui disciplina è dettata da una serie di norme speciali, tra le quali il richiamato articolo 14-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, i cui commi 3 e 4 sono stati riassettati nell'ambito dell'articolo 307 del Codice dell'ordinamento militare.
  Ciò premesso, si precisa come il menzionato decreto direttoriale disponesse la semplice individuazione di beni suscettibili di una futura destinazione, senza comportare in modo automatico il trasferimento di tali beni al patrimonio disponibile dello Stato.
  Al riguardo, si evidenzia come, successivamente all'inserimento del cespite nel menzionato decreto direttoriale, non si siano verificate condizioni tali da favorire lo sviluppo di un percorso condiviso fra il Ministero della difesa e gli enti locali, per una valorizzazione dell'immobile attraverso il conferimento di una diversa destinazione urbanistica.
  Quindi, l'amministrazione difesa, nel confermare la permanenza delle finalità istituzionali dell'immobile in ragione della richiamata normativa di riferimento, ha già avviato un percorso per la valorizzazione dello stesso avvalendosi della difesa servizi spa, società in house, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 535 del Codice dell'ordinamento militare.
  Per tali ragioni, la difesa ha segnalato all'Agenzia del demanio l'attuale interesse da parte dell'amministrazione per l'immobile in questione.
  La Marina militare manterrà la responsabilità, la disponibilità e il controllo delle aree confinanti con la porzione d'immobile oggetto di valorizzazione e, in particolare, la torre faro e un'area per le esigenze tecnico-logistiche del servizio stesso; infatti, il Faro della guardia è tuttora operativo quale struttura del servizio dei fari e del segnalamento marittimo della Marina militare.
  In ogni caso, l'attività di gestione economica non potrà in alcun modo interferire con il funzionamento del segnalamento e delle relative apparecchiature di controllo e monitoraggio.
  In merito al quesito posto, si osserva come non vi sia incoerenza tra l'inserimento nel decreto direttoriale dell'immobile in parola e la permanenza dell'interesse istituzionale della Difesa allo stesso.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaRoberta Pinotti.


   SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, DALL'OSSO, DI VITA e CECCONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2013 la signora Carmela Rosciano, figlia di Angelo, chiedeva al Ministro della giustizia, con missiva destinata anche al Presidente della Repubblica, un intervento immediato a seguito dell'arresto del padre gravemente ammalato;
   Angelo Rosciano, infatti, è in stato di detenzione dall'aprile 2012 per ricettazione, reato per il quale è stato condannato, dopo un processo dell'incredibile durata di 15 anni;
   «Mio padre soffre di una forte forma di diabete mellito alimentare, è arteriopatico, a causa di tali patologie ha sofferto l'amputazione dell'arto inferiore sinistro, soffre di parziale cecità, rischia la perdita anche dell'arto inferiore destro la cui circolazione è ostruita in vari punti.» è quanto dichiarato, nella richiesta di clemenza, da una figlia che sta assistendo, impotente, alla morte del padre vittima della burocrazia;
   infatti, Angelo Rosciano era riuscito ad ottenere gli arresti domiciliari che gli consentivano adeguate cure ed un miglioramento delle condizioni fisiche, ma, al momento del rinnovo annuale della misura alternativa, il medico incaricato della perizia lo ha dichiarato compatibile alla detenzione nonostante abbia riconfermato le patologie relative agli innumerevoli referti medici;
   questa decisione lo ha riportato nuovamente dietro le sbarre, nella casa circondariale di Sala Consilina, dove oggi vive con altri quattro detenuti in una cella di pochi metri quadrati;
   la situazione ora è di nuovo precipitata in una gravissima criticità per la sopravvivenza dell'uomo;
   Carmela Rosciano da alcuni giorni ha iniziato anche lo sciopero della fame. Una drammatica decisione che rappresenta l'ultimo disperato tentativo in una battaglia che da tempo conduce, con la sua famiglia, per salvare il padre Angelo da un trattamento iniquo e rischioso per la sua vita;
   in Italia non esiste la pena di morte, ma a detta dell'interrogante si corre, in questo caso, il drammatico rischio che le Istituzioni si rendano complici della morte per pena –:
   quale risposta abbia dato o intenda dare, per quanto di competenza, in relazione al caso rappresentato in premessa e se non ritenga necessario e improcrastinabile intervenire in questa vicenda con estrema tempestività, per quanto di propria competenza, alla luce delle richieste della famiglia. (4-03350)

  Risposta. — Il detenuto Angelo Rosciano – per il quale viene prospettata una incompatibilità con lo stato detentivo a motivo delle gravi patologie da cui io stesso è afflitto – è stato ristretto presso il carcere Poggioreale di Napoli dopo la condanna per un reato di ricettazione.
  In seguito alla sentenza definitiva di condanna n. 6387/10 della corte di appello di Napoli del 2 novembre 2010, l'ufficio esecuzione della procura generale di Napoli ha emesso in data 6 febbraio 2014, nei confronti del Rosciano, un provvedimento di cumulo pene di anni 8, mesi 8, giorni 29 di reclusione, disponendo il differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare. Secondo quanto comunicato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il predetto risulta comunque aver lasciato l'istituto in data 1o febbraio 2014, per essere sottoposto a detenzione domiciliare.
  Per completezza informativa si segnala che durante la detenzione presso l'istituto penitenziario di Napoli Poggioreale – protrattasi dal 23 ottobre 2013 fino alla data di scarcerazione – il detenuto è stato sempre allocato al centro clinico San Paolo.
  Il Rosciano, inoltre, durante il regime detentivo ha effettuato i colloqui con i famigliari e si è recato regolarmente ai passeggi per usufruire delle ore all'aria aperta.
  Riguardo, poi, alle condizioni di salute e all'assistenza sanitaria prestata al detenuto, dalla dichiarazione del medico incaricato del centro clinico sanitario emerge che «all'ingresso in istituto il Rosciano non ha dichiarato uso di protesi dell'arto inferiore in seguito ad amputazione, riferendo di utilizzare bastoni canadesi e/o sedia a rotelle per la deambulazione. Sono stati effettuati regolarmente degli accertamenti medici specialistici. Durante tutto il periodo della detenzione ha sempre seguito dieta specifica per la patologia diabetica».
  Per quanto riguarda da ultimo le valutazioni circa le modalità e l'esito della perizia medica menzionata in interrogazione, il Ministero della salute ha comunicato di avere chiesto chiarimenti sul punto alla competente direzione generale, la quale ha comunicato di non poter «entrare nel merito delle scelte medico-legali che hanno ritenuto lo stato di salute del Signor A. R. compatibile con il regime carcerario».
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con atto di indirizzo n. 7-00929 approvato all'unanimità dalla Commissione lavoro nella seduta del 18 ottobre 2012, il Governo, rappresentato dal viceministro pro tempore Michel Martone ha espresso il seguente parere: «Il viceministro esprime un orientamento favorevole sulla nuova versione della risoluzione in discussione, manifestando soddisfazione per l'intesa raggiunta con i presentatori in ordine agli impegni governativi da assumere, in vista del superamento del problema segnalato»;
   nello specifico il Governo si era impegnato a impartire all'INPS direttive volte ad attenuare in massimo grado le conseguenze della mancata iscrizione alla gestione separata, limitando tali conseguenze (oltre all'obbligo di corrispondere i contributi non versati) alla sola misura degli interessi legali, ai sensi dell'articolo 116, comma 15, lettera a), della legge n. 388 del 2000, nonché a valutare concretamente l'opportunità di aprire – coinvolgendo anche l'INPS – un confronto con le casse di cui in premessa, al fine di individuare una possibile soluzione comune rispetto alla gestione delle forme di previdenza dei soggetti interessati;
   ad oggi purtroppo non sono intervenute le direttive da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che consentano all'INPS di riscuotere i contributi non versati senza applicazione delle sanzioni così come previsto dall'articolo 116, comma 15, lettera a), della legge n. 388 del 2000, né tantomeno l'auspicata apertura del confronto fra INPS e le casse previdenziali private citate nella risoluzione di cui sopra –:
   quando intenda il Ministro interrogato dare seguito agli impegni di cui sopra superando i problemi segnalati dalla risoluzione citata in premessa. (4-00418)

  Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce alle iniziative del Governo per dare seguito alla risoluzione (n. 8-00203) adottata dalla XI commissione della Camera dei deputati nel corso della precedente legislatura.
  A tal proposito si ricorda che il dibattito parlamentare scaturito in occasione della discussione della citata risoluzione ha riguardato il regime sanzionatorio da applicare agli accertamenti condotti dall'Inps in occasione della cosiddetta «operazione Poseidone».
  In particolare tali accertamenti hanno interessato i liberi professionisti, che, pur in presenza di cassa previdenziale obbligatoria, non hanno versato il contributo previdenziale (cosiddetto contributo soggettivo) previsto dalla cassa stessa e sono stati iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 335 del 18 agosto 1995.
  Per tali professionisti, non obbligati in virtù di specifiche norme regolamentari delle Casse previdenziali autonome di rispettiva appartenenza, alla contribuzione previdenziale autonoma con le medesime, sorge l'obbligo contributivo presso la gestione separata dell'Inps.
  Com’è noto, infatti, l'iscrizione a tale gestione separata costituisce un obbligo posto a capo soggetto che inizia l'attività professionale ai sensi dell'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995. L'articolo 6 del decreto ministeriale n. 281 del 1996, inoltre, prevede che il pagamento della contribuzione alla gestione separata è escluso solo nel caso in cui il reddito sia assoggettato ad altra contribuzione previdenziale obbligatoria.
  A tal proposito si precisa che, in ottemperanza agli impegni contenuti nella citata risoluzione, l'Inps – previo parere favorevole dei competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – ha fornito, con messaggio n. 000821 del 15 gennaio 2014, alle proprie strutture chiarimenti in ordine al regime sanzionatorio da applicare ai professionisti interessati dalla predetta «operazione Poseidone».
  L'istituto, infatti, ha riconosciuto la possibilità di applicare la riduzione delle sanzioni limitandole alla sola misura degli interessi legali, così come previsto dall'articolo 116, comma 15, lettera a), della legge n. 388 del 2000.
  Si rappresenta, infine, che l'Inps ha avviato con i rappresentanti della Cassa nazionale degli ingegneri ed architetti iniziative per definire con maggior trasparenza gli ambiti di competenza nei rispettivi enti per il pagamento della contribuzione dovuta in ottemperanza alla normativa vigente. Iniziative simili saranno gradualmente attivate anche nei confronti delle altre Casse professionali.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiMassimo Cassano.


   LABRIOLA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i volontari in ferma breve (VFB) erano delle figure di volontari reclutati per ferme di tre anni, i quali a seguito del superamento di un concorso per il quali si procedeva ad accertare la loro idoneità fisico-psico-attitudinale, espletavano un periodo di formazione;
   la figura dei volontari in ferma breve è stata, oggi, superata da quella dei volontari in ferma prefissata annuale (VFP1) o quadriennale (VFP4) ai quali sono riservati, sino al 2020, i concorsi per l'accesso alle carriere iniziali delle forze di polizia;
   tali bandi non menzionano, nemmeno incidentalmente, i volontari in ferma breve di cui alla disciplina previgente alla legge n. 226 del 2004, oppure, se lo fanno è solo per prevederne l'esplicita esclusione;
   con la sospensione della leva obbligatoria i volontari in ferma breve sono stati sostituiti dai volontari in ferma prefissata ed il reclutamento nelle carriere iniziali delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo militare della Croce rossa è stato riservato ai volontari in ferma prefissata dalla legge 23 agosto 2004, n. 226, ora confluita nel codice dell'ordinamento militare;
   con tale provvedimento non si è inteso però precludere il reclutamento nelle amministrazioni ai volontari in ferma breve, visto che successivamente è stata emanata la legge 23 dicembre 2009, n. 191, il cui articolo 2, comma 209 prescrive espressamente che le assunzioni nelle carriere iniziali dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco negli anni 2010, 2011 e 2012 devono essere destinate non soltanto ai volontari in ferma prefissata, ma anche ai volontari in ferma breve;
   l'estensione ai volontari in ferma breve della possibilità di partecipare a tali concorsi è ulteriormente confermata dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 che, pur intervenendo sulla legge n. 191 del 2009, non ha abrogato o, modificato il testo del citato articolo 2, comma 209, della stessa;
   l'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha stabilito che «l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente al 30 settembre 2003, è prorogata fino al 31 dicembre 2012»;
   il Sottosegretario di Stato alla difesa rispondendo all'interrogazione n. 5-00203 ha affermato: «le forze di polizia sono state autorizzate ad assumere, secondo le risorse disponibili, rispettivamente negli anni 2010, 2011 e 2012, personale proveniente dai volontari in ferma breve, in ferma prefissata e in rafferma delle Forze armate, in servizio o in congedo (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 settembre 2010, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 ottobre 2011 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 gennaio 2013). I VFB, inoltre, hanno anche le possibilità di partecipare ai concorsi straordinari che le Forze armate emanano per sopperire alle eventuali carenze organiche nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate (articolo 2205 del codice dell'ordinamento militare)»;
   da una verifica sui bandi di concorso svolti dal 2010 ad oggi dalle varie amministrazioni delle forze di polizia, si evince che nessuno di questi sia stato riservato anche ai volontari in ferma breve;
   a ciò si deve aggiungere il fatto che le suddette amministrazioni continuano a bandire nuovi concorsi senza far scorrere le precedenti cui si deve aggiungere la posizione di quanti sono risultati, non solo idonei, ma altresì vincitori di concorsi pubblici e ancora in attesa di essere arruolati;
   con riferimento a questi ultimi aspetti il Sottosegretario di Stato nella risposta all'interrogazione di cui sopra ha tenuto a precisare: «Con riguardo, invece, al cosiddetto “scorrimento” delle graduatorie, si fa notare che nell'ordinamento militare non è contemplata una previsione normativa in tal senso. Al riguardo, secondo la consolidata giurisprudenza l'utilizzazione della medesima graduatoria per la copertura di posti successivamente resisi disponibili ha carattere eccezionale, rispetto alla regola generale per cui i posti devono essere coperti, previo apposito concorso dai soli vincitori. La configurazione dell'obbligo di “scorrimento” o della preclusione all'indizione di un nuovo concorso, in quanto incidente sulla potestà di autodeterminazione discrezionale dell'Amministrazione non può che conseguire (nella vigenza del principio di legalità) a prescrizioni normative espresse. Inoltre, l'eventuale “scorrimento” non consentirebbe di verificare il possesso dei previsti requisiti di età, efficienza, idoneità psicofisica e attitudinale che, nel frattempo, potrebbero non essere più rispondenti, nonché precluderebbe la possibilità di accesso alle Forze armate ad altri potenziali concorrenti» –:
   se il Ministro interrogato, intenda esaminare la possibilità di soddisfare la richiesta dei cittadini che hanno prestato servizio nelle Forze armate quali volontari in ferma breve e quali iniziative di competenza, intenda assumere per porre rimedio alla problematica legata agli idonei, vincitori. (4-01140)

  Risposta. — In via preliminare, non essendo, nel frattempo, mutato sostanzialmente il quadro di situazione illustrato in sede di risposta alla citata interrogazione n. 5-00203 dell'onorevole Nastri presso la IV Commissione difesa della Camera dei deputati, non si possono che confermare coerentemente i medesimi elementi di informazione e valutazione forniti in tale circostanza.
  In primo luogo, si rammenta che i concorsi per l'accesso alle carriere iniziali della Guardia di finanza o di altre forze del comparto difesa-sicurezza, in effetti, sono riservati, secondo misure percentuali stabilite per norma, ai volontari in ferma prefissata di un anno, nell'ottica di incentivare le adesioni al reclutamento, in modo da evitare, nei primi anni di introduzione delle nuove figure dei volontari in ferma prefissata di un anno e quadriennale, rischiose carenze negli organici della truppa, dopo l'avvenuta sospensione del servizio obbligatorio di leva.
  Tuttavia, il quadro normativo che ha disciplinato la trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale, ha inteso prevedere ima serie di opportunità a beneficio dei volontari in ferma meritevoli.
  In particolare, proprio a favore dei volontari in ferma breve (Vfb), da un lato sono state introdotte riserve di posti nei concorsi relativi all'accesso nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e dall'altro la possibilità di indizione da parte delle Forze armate di concorsi straordinari per sopperire alle eventuali carenze organiche nei ruoli dei volontari in servizio permanente.
  In proposito, l'amministrazione ha compiuto un notevole sforzo per andare, per quanto possibile, incontro alle aspettative di tale categoria di personale, mediante l'indizione di diversi concorsi straordinari che hanno consentito di transitare nel servizio permanente un numero consistente di Vfb anche congedati, benché idonei non vincitori delle Forze di polizia.
  Ne è stata una riprova tangibile l'ultimo concorso straordinario bandito dall'esercito che ha fatto registrare un numero di 773 vincitori su 987 posti disponibili, senza idonei non vincitori.
  Per quanto riguarda, invece, le assunzioni nelle carriere iniziali delle Forze di polizia di cui al citato articolo 2, comma 209, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, si ribadisce che in esito ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri rispettivamente del 21 settembre 2010, del 18 ottobre 2011 e del 21 gennaio 2013, si ribadisce che esse sono state autorizzate ad assumere, secondo le risorse disponibili, rispettivamente negli anni 2010, 2011 e 2012, personale proveniente dai volontari in ferma breve, in ferma prefissata e in rafferma delle Forze armate, in servizio o in congedo.
  In proposito, per quanto riguarda i concorsi banditi dalle Forze di polizia, l'amministrazione svolge costantemente un'azione di sensibilizzazione sulla politica di reclutamento delle altre amministrazioni.
  Relativamente, invece, al cosiddetto «scorrimento» delle graduatorie, sono da rilevare le seguenti considerazioni:
   con l'intervento del decreto-legge n. 101 del 2013 (articolo 4) è venuta meno, a livello generale, la discrezionalità delle amministrazioni di scegliere se indire un nuovo concorso oppure avvalersi di vecchie graduatorie di concorsi già esperiti, dato l'obbligo imposto di avvalersi delle graduatorie già in essere; in tale contesto permangono, tuttavia, alcuni settori del pubblico impiego, in particolare nell'area del pubblico impiego non privatizzato, retti da una disciplina speciale, in ragione delle esigenze istituzionali e organizzative degli ambiti specifici che ne costituiscono l'oggetto, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza; in tali settori la discrezionalità in merito alla gestione del rapporto di lavoro permane e, anzi, acquista rilievo e trova una sua giustificazione intrinseca;
   in conseguenza, in materia di reclutamento del personale nel comparto sicurezza e difesa, ha una sua ragion d'essere la deroga alla disciplina generale di cui al suddetto articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013, avvalorata, nell'ambito che qui interessa, dall'articolo 2199 del codice dell'ordinamento militare (Com). Tale articolo, nel richiamare il «rispetto dei vincoli normativi previsti in materia di assunzioni del personale...», rinvia implicitamente alla specifica disciplina di settore, nella quale permangono le scelte discrezionali dell'amministrazione in tema di procedure di reclutamento e, dunque, la scelta se bandire i concorsi secondo la procedura descritta nel citato articolo oppure procedere allo scorrimento delle graduatorie, nei limiti consentiti dallo speciale ordinamento;
   posto che l'arruolamento è regolato dal codice dell'ordinamento militare e, in tal senso e per quanto sopra esplicato, l'orientamento della Difesa è di non ritenere applicabile alle procedure di reclutamento delle Forze armate l'istituto dello scorrimento obbligatorio delle graduatorie, disposto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013, vi è, ancora, da aggiungere il riferimento alla recentissima sentenza del Consiglio di Stato, n. 100 del 2014, che, nel riformare la sentenza del Tar Lazio n. 7482 del 2013 – di accoglimento del ricorso di 86 soggetti risultati idonei al concorso per volontari in ferma prefissata nel concorso per il reclutamento di 964 allievi agenti di polizia di Stato riservato ai volontari in ferma prefissata delle Forze armate – ha ribadito la specialità della disciplina dei concorsi di polizia la cui cadenza annuale è stabilita per legge, richiamando la sentenza dell'adunanza plenaria n. 14 del 2011, che, al punto n. 51, prevede come specifico caso di esenzione dall'obbligo dello scorrimento delle graduatorie quello di un concorso la cui cadenza temporale è prevista espressamente da una norma di legge;
   Si tratta, infatti, di selezionare personale per lo svolgimento di compiti per i quali sono stringenti determinati requisiti di età e di idoneità fisica posseduti in un momento dato e di carattere indifferibile; ciò trova conferma anche nella legge n. 388 del 2000 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)] che, all'articolo 51, comma 8, ultimo periodo, dispone che per le Forze armate la validità delle graduatorie è disciplinata dalla normativa di settore.
  Inoltre, un eventuale scorrimento delle graduatorie precluderebbe, come già illustrato dal sottosegretario nell'ambito della risposta alla richiamata interrogazione, la possibilità di accesso ad altri potenziali aspiranti.
  L'amministrazione, tuttavia, anche in relazione agli ordini del giorno G1.100 e G1.101 presentati rispettivamente dai gruppi parlamentari del Senato Lega nord e autonomie e partito democratico, che sono stati accolti come raccomandazione per il Governo nella seduta dell'8 aprile 2014, non mancherà di valutare eventuali iniziative per venire incontro alle aspettative del personale volontario in parola, pur compatibilmente con i vincoli normativi previsti per le assunzioni del personale militare.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaRoberta Pinotti.


   LAVAGNO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 19 settembre 2013 si sono uditi due fortissimi boati nel territorio di Casale Monferrato;
   secondo le testimonianze dei residenti, i boati hanno causato numerosi disagi, facendo tremare i vetri delle finestre delle abitazioni e causando una forte apprensione tra la popolazione;
   sono stati visti due caccia militari, non identificati ma ben distinti, volare a distanza molto ravvicinata l'uno dall'altro e a bassa quota, a poche centinaia di metri dai tetti del centro abitato;
   i due boati si sono sentiti nitidamente a pochi secondi uno dall'altro, tanto da far presupporre che si stessero rincorrendo tra loro –:
   se il Ministro sia informato dei fatti esposti in premessa;
   se il Ministro non abbia intenzione di disporre una verifica in merito e se nel Monferrato fossero in programma esercitazioni dell'Aeronautica che comprendevano il volo a bassa quota da parte dei caccia militari. (4-01921)

  Risposta. — L'evento richiamato dall'interrogante si è verificato nel corso di una missione addestrativa regolarmente programmata e autorizzata, di cui erano a conoscenza, ovviamente, le competenti autorità civili e militari.
  Le attività addestrative ed esercitative dei reparti sono regolate da direttive operative e di sicurezza del volo, in ottemperanza alle leggi vigenti in materia, il cui rispetto è garantito da uno scrupoloso controllo da parte degli organi preposti, al fine di salvaguardare la sicurezza del personale e della popolazione, oltre che la tutela ambientale del territorio.
  Nello specifico, la missione «Freccia 47», composta da due velivoli Tornado, lo scorso 19 settembre ha sorvolato, alle quote operative previste dalle regolamentazioni tecniche vigenti, il territorio della città di Casale Monferrato alle ore 15,00 locali circa, determinando la percezione di due «fortissimi boati».
  Tale missione prevedeva un volo di addestramento in coppia a bassa quota che costituisce, per gli equipaggi dell'Aeronautica militare, una forma di addestramento irrinunciabile; diversamente, non potrebbe essere assicurato il mantenimento dello stato di prontezza operativa richiesto.
  Tuttavia, stante l'oggettiva impossibilità ad eliminare i fastidi derivanti dal rumore dei velivoli, la Forza armata ha, da tempo, ridotto al minimo essenziale i voli a bassa quota e le rotte sono state opportunamente ridisegnate al fine di mitigare il più possibile l'impatto nei confronti della popolazione civile, fermo restando che in fase di pianificazione di ogni missione, viene posta in essere ogni opportuna azione per evitare l'insorgere di tali fenomeni acustici.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaRoberta Pinotti.


   LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con riferimento agli enti previdenziali privatizzati di cui al decreto legislativo 509 del 1994, l'interrogante ha già depositato una serie di atti di sindacato ispettivo relativi alla gestione e dismissioni dei patrimoni immobiliari delle stesse Casse, sollevando numerose perplessità circa la condotta tenuta dai componenti dei CdA degli enti e, soprattutto, dai soggetti preposti al loro controllo, tra cui il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali;
   la direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative, presso il Ministero del lavoro è attualmente affidata al dottor Edoardo Gambacciani, dal cui curriculum vitae si evince che, in passato, egli ha ricoperto numerosi incarichi, infatti è stato:
    dirigente INAIL, vice capo ufficio legislativo del Ministero del lavoro e direttore della sede compartimentale IPSEMA di Trieste;
    consulente giuridico della Commissione per le pari opportunità fra uomo e donna, ha partecipato in qualità di esperto designato dall'amministrazione di appartenenza a numerosi tavoli tecnici e progetti di ricerca in materia previdenziale e di sicurezza sociale;
    componente del comitato tripartito OIL;
    presidente del collegio sindacale dell'ENPAF;
   egli ha altresì insegnato presso la Scuola superiore della PA, l'Università «La Sapienza» e «Roma Tre» e l'Università di Teramo (dove è stato titolare di insegnamenti presso la Facoltà di Giurisprudenza dall'anno accademico 2005/06 all'anno accademico 2009/10);
   infine, egli è stato nominato consigliere dell'ENPAM dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore;
   Enasarco – la cassa previdenziale degli agenti e rappresentanti di commercio – da diversi anni si avvale della consulenza e dell'assistenza legale degli studi Origoni & partners e Proia & Partners, di cui è titolare il professor Giampiero Proia, docente di diritto del lavoro presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università Roma Tre. Già in sede di commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori, è stato chiesto al presidente della Fondazione, Brunetto Boco, di rendere noto il rapporto contrattuale che lega Enasarco a tali studi legali e soprattutto quali siano i corrispettivi versati da Enasarco in favore dei suddetti professionisti;
   nei contenziosi in corso tra Enasarco e gli inquilini degli immobili di sua proprietà – i quali lamentano che i prezzi di vendita degli appartamenti non rispettino i criteri stabiliti dalla legge – la fondazione è difesa dallo studio legale Proia&partners, con cui ha collaborato anche l'avvocato Marco Gambacciani, nato a Roma il 6 aprile 1973, il quale attualmente collabora anche con la cattedra del professor Proia;
   il dottor Edoardo Gambacciani riveste la carica di direttore generale del dipartimento per le politiche previdenziali e assicurative, organo preposto al controllo diretto sugli enti previdenziali privatizzati, tra cui Enasarco –:
   se esista un rapporto di parentela tra il dottor Edoardo Gambacciani e l'avvocato Marco Gambacciani, collaboratore con la cattedra del professor Proia;
   qualora sia assodata l'esistenza di un rapporto di parentela, sulla base di quali criteri oggettivi e soggettivi sia stato scelto il dottor Edoardo Gambacciani e se sia stato valutato il «potenziale conflitto d'interessi» tra l'avvocato Marco Gambacciani e il dottor Edoardo Gambacciani, tenuto conto del ruolo da quest'ultimo svolto presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. (4-04184)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, prendendo spunto dalle competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali inerenti all'attività vigilanza sugli enti gestori della previdenza obbligatoria privata, nonché dalla consulenza e dall'assistenza legale prestata dallo Studio legale Proia & Partners nei confronti dell'ENASARCO, si paventa un potenziale conflitto di interessi fra il direttore generale per le politiche previdenziali e assicurative, dottore Edoardo Gambacciani, e suo fratello Marco, in virtù del rapporto di collaborazione tra quest'ultimo e lo Studio legale Proia & Partners.
  Preliminarmente appare doveroso ricordare che l'attività di vigilanza sugli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale è finalizzata alle garanzie di sostenibilità di lungo periodo del sistema previdenziale a tutela dei professionisti iscritti.
  In tal senso, nel perimetro di autonomia gestionale riconosciuto agli previdenziali di diritto privato, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali svolge la funzione di controllo sulla stabilità degli equilibri finanziari, funzionale all'erogazione delle prestazioni pensionistiche, bene pubblico primario, equilibri garantiti da una gestione economica redditizia del patrimonio degli enti stessi.
  Considerate la peculiarità di ciascun sistema previdenziale, non appare coerente con il quadro normativo – né praticabile per ragioni di mera opportunità – un percorso omogeneo per tutte le gestioni che definisca rigorosi e uniformi parametri dei processi di dismissione immobiliare e delle politiche di locazione, ferme restando le direttive generalmente impartite in materia e negli anni più recenti finalizzate, oltre che al consolidamento delle gestioni per far fronte allo scopo istituzionalmente assunto di pagamento delle prestazioni, anche alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, in esito all'inserimento degli enti in parola nel novero delle amministrazioni inserite nel noto elenco ISTAT. A ciò risponde l'obbligo per le casse previdenziali di predisporre appositi piani triennali di acquisto e vendita immobiliare, illustrando le modalità di reimpiego delle somme derivanti da dette operazioni, dei quali la legislazione consente di valutare i soli effetti finanziari complessivi e gli impatti sui saldi di finanza pubblica. Al riguardo, l'attività svolta dalla direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative del Ministero si traduce nella formulazione di un parere tecnico al Ministero dell'economia e delle finanze, propedeutico all'emanazione del decreto interministeriale di approvazione dei suddetti piani.
  Inoltre, con riguardo al ricorso al mercato mobiliare, la Commissione di vigilanza dei fondi pensione (COVIP) effettua il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti previdenziali di diritto privato, analizzando le procedure e strategie intraprese e riferendo ai Ministeri vigilanti circa gli esiti delle rilevazioni. Tale attività si traduce in un ulteriore strumento di garanzia del corretto impiego delle risorse che affluiscono alle gestioni grazie ai propri assicurati, non certo con riferimento agli utili conseguiti (profilo che riguarda esclusivamente la responsabilità degli amministratori), quanto in relazione alla condotta prudenziale e trasparente adottata nelle scelte gestionali.
  È, pertanto, opportuno ricordare che l'attività di vigilanza svolta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell'economia e delle finanze, nei confronti degli enti previdenziali di diritto privato, si inserisce nell'ambito di un quadro ordinamentale che prevede la partecipazione attiva di molteplici attori istituzionali, quali la già citata COVIP, per quanto riguarda gli investimenti finanziari e la composizione del patrimonio dei medesimi enti previdenziali di diritto privato, nonché, con riferimento alle funzioni di controllo di regolarità amministrativo-contabile, i collegi sindacali, nei quali sono presenti rappresentanti dei ministeri vigilanti, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Corte dei conti.
  Con specifico riferimento al quesito posto, relativo all'incarico di livello dirigenziale generale che il dottore Edoardo Gambacciani riveste sin dal 1o ottobre 2010, si rappresenta che lo stesso è stato attribuito nel rispetto delle vigenti disposizioni che disciplinano le modalità di conferimento degli incarichi dirigenziali – tese anche a presidiare la trasparenza delle procedure e la pubblicità delle posizioni da ricoprire – e dei criteri di selezione previsti dalla legge, tenendo in considerazione la natura e le caratteristiche degli obiettivi prefissati, la complessità della struttura interessata, nonché le attitudini, le capacità professionali e le specifiche competenze possedute, come, evidentemente, dimostrate dal medesimo dirigente nello svolgimento dei precedenti incarichi ricoperti e confermate dalle positive valutazioni riportate con i diversi Ministri pro tempore dalla fine dell'anno 2010.
  Da ultimo, sembra opportuno precisare che l'avvocato Marco Gambacciani – da prima che il fratello Edoardo assumesse l'incarico di direttore generale – a seguito del superamento del concorso pubblico di ricercatore universitario di diritto del lavoro presso l'Università degli studi Roma Tre, è iscritto all'albo speciale dei ricercatori e professori universitari a tempo pieno, con sospensione dall'esercizio dell'attività libero professionale, in quanto impegnato a tempo pieno nelle attività di ricerca scientifica, di studio e di docenza. Per tali ragioni, l'avvocato Marco Gambacciani non fa parte dell'associazione professionale Studio legale Proia & Partners, che, da oltre 10 anni, presta la propria assistenza legale in favore della Fondazione ENASARCO.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiMassimo Cassano.


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, DALL'OSSO, DI VITA, CECCONI e BARONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per il territorio della provincia di Ragusa, tra i più carenti di infrastrutture viarie in tutta la Sicilia, già nel 1998 è stato elaborato un progetto per l'ampliamento del collegamento stradale tra Ragusa e Catania;
   tale opera, inserita sia nel Programma delle infrastrutture strategiche che nel documento «Infrastrutture Prioritarie» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha ricevuto un finanziamento di euro 1.268.600.000 con copertura iniziale di euro 149.200.000, di cui un terzo circa a carico dell'Anas e due terzi a carico della regione siciliana;
   sono state selezionate quali promotrici per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stradale quattro società: la Ati Silec, la Egis Projects, la Maltauro Consorzio Stabile e la Tecnis;
   il 22 gennaio 2010 il CIPE ha approvato il progetto preliminare e la proposta del promotore, per un costo complessivo di circa 815 milioni di euro, di cui circa 448 milioni a carico dei privati. Il 22 luglio ha approvato lo schema di Convenzione, con prescrizione, confermando i finanziamenti della regione e dello Stato;
   nonostante siano trascorsi otto anni dal primo stanziamento per la costruzione di quest'importante arteria extraurbana che dovrà collegare Catania e Ragusa, la Convenzione con il Concessionario non è stata ancora firmata;
   il Ministro dello sviluppo economico in più occasioni aveva annunciato la stipula per il 7 febbraio 2014;
   con decisione del 17 dicembre 2013, il CIPE ha approvato la proroga del finanziamento al 30 giugno 2014;
   è stata presentata dall'interrogante un'interrogazione a risposta in commissione n. 5-02365, che non ha ancora ricevuto risposta, con la quale sono state chieste spiegazioni ed è stata sollecitata la stipula della convenzione;
   varie sollecitazioni sono state inviate dalla scrivente al Ministro interrogato che non hanno ricevuto risposta alcuna –:
   se non intenda rendere noti, anche fornendo la relativa documentazione, il contenuto della convenzione con il concessionario per l'ampliamento del collegamento stradale tra Ragusa e Catania;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nel caso in cui non si riuscisse a stipulare entro il 30 giugno 2014 la convenzione di cui sopra, concedere un'ulteriore proroga mantenendo la finalizzazione dei finanziamenti stanziati dallo Stato e dalla regione all'ampliamento del collegamento stradale tra Ragusa e Catania. (4-05207)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, inerente l'affidamento in concessione del collegamento viario compreso tra lo svincolo della strada statale 514 «di Chiaramonte» con la strada statale 115 e lo svincolo della strada statale 194 «Ragusana» con la strada statale 114, si riporta di seguito l’iter amministrativo dello stesso.
  A seguito della pubblicazione in data 4 luglio 2007 da parte di ANAS dell'avviso per la selezione del promotore dell'intervento è stata individuata l'ATI SILEC spa – Maltauro Consorzio Stabile s.p.a. – TECNIS s.p.a. – EGIS PROJECTS S.A.
  La successiva gara per l'individuazione, mediante una prima procedura ristretta ed ima successiva procedura negoziata, del soggetto aggiudicatario per l'affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e successiva gestione del collegamento viario è stata indetta dalla medesima ANAS con bando inviato sia alla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea che alla Gazzetta della Repubblica italiana. La gara è risultata deserta e pertanto, ai sensi dell'allora vigente articolo 155, comma 2 del decreto legislativo n. 163 del 2006, la proposta del promotore è divenuta vincolante.
  Successivamente, ai sensi di quanto stabilito dal combinato disposto dell'articolo 11, comma 5, del decreto-legge n. 216 del 2011, e dell'articolo 36, comma 4, del decreto legge n. 98 del 2011, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è subentrato ad ANAS nelle funzioni di concedente per tutte le convenzioni di concessione, costruzione e gestione delle autostrade in essere alla predetta data e dette funzioni sono state contestualmente trasferite all'Ispettorato vigilanza concessioni autostradali (IVCA); al fine di dare attuazione alla suddetta disposizione normativa, con decreto ministeriale n. 341 del 1o ottobre 2012, è stata istituita, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, alla quale sono state trasferite ex lege le competenze come soggetto attuatore dell'intervento in argomento.
  Nel dicembre 2012, l'ANAS ha effettuato il formale passaggio della documentazione relativa all'intervento in questione alla predetta struttura di vigilanza, la quale ha avviato la successiva fase istruttoria per l'aggiudicazione definitiva della concessione.
  Nelle more dell'aggiudicazione, il promotore ATI Silec ha richiesto, con la sottoscrizione di apposito atto di avvalimento, la modifica della compagine dell'ATI consistente nel cambiamento della posizione della società Maltauro s.p.a., non più componente dell'ATI ma ausiliaria di Silec s.p.a. in sostituzione di Impresa s.p.a., risultante quest'ultima soggetta alla procedura di concordato preventivo ex articolo 160 della legge fallimentare.
  In merito, nel settembre 2013, la citata struttura di vigilanza ha ritenuto necessario richiedere un parere all'avvocatura generale dello Stato che si è espressa nel successivo novembre 2013 non rinvenendo nel caso di specie alcuna violazione dell'articolo 37, comma 9, del decreto legislativo n. 163 del 2006, relativo al divieto di modificazione della composizione dei raggruppamenti temporanei rispetto a quella risultante dall'impegno presentato in sede di offerta, ed asserendo pertanto che era possibile procedere all'aggiudicazione.
  La predetta struttura, in data 20 gennaio 2014, ha disposto l'aggiudicazione provvisoria a favore della citata ATI promotore e lo scorso 24 aprile, a seguito dell'esito positivo delle verifiche del possesso dei requisiti di cui agli articoli 38 e 48 del citato decreto legislativo n. 163 del 2006, l'aggiudicazione definitiva.
  Infine, si fa presente che il 28 aprile 2014 la citata struttura di vigilanza ha comunicato all'ATI l'avvenuta aggiudicazione a favore della stessa, chiedendo, ai fini della sottoscrizione della convenzione di concessione, di provvedere alla costituzione di una società di progetto, così come previsto nel bando di gara e di produrre la cauzione definitiva, ai sensi dell'articolo 113 del citato decreto legislativo n. 163 del 2006.
  Lo scorso 29 maggio l'ATI ha comunicato l'attivazione delle attività prodromiche alla firma della convenzione, in qualità di società di progetto, ed in considerazione delle tempistiche richieste per il completamento di tali attività, la possibilità di procedere alla stipula della convenzione a far data dal 27 giugno.
  Per completezza d'informazione si evidenzia che ad intervenuta efficacia della Convenzione, che dovrà essere approvata con decreto interministeriale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti-Ministero dell'economia e delle finanze, i tempi contrattuali prevedono 11 mesi per la redazione del progetto definitivo, approvazione Cipe e redazione progetto esecutivo e 42 mesi per la realizzazione dell'opera.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   LOSACCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   sabato sera 25 gennaio 2014 a Bari presso corso Cavour tre 17enni sono stati aggrediti da tre minorenni mentre stavano passeggiano per strada;
   le vittime, due ragazze e un giovane omosessuale, sono state aggredite e insultate ripetutamente il tutto nell'indifferenza dei passanti dovendo ricorrere alle cure del pronto soccorso per via degli schiaffi e dei pugni ricevuti;
   la dinamica dell'accaduto è stata raccontata da una delle vittime sul portale barinedita.it;
   colpisce molto l'indifferenza nella quale si è consumata questa aggressione, una indifferenza che non rende giustizia di una città ospitale e tollerante come Bari;
   oltre ad esprimere la massima solidarietà alle vittime, è indispensabile creare le condizioni culturali per evitare che certi episodi si possano ripetere –:
   di quali elementi disponga il Governo su quanto accaduto a Bari e se non intenda attivare di conseguenza, nell'ambito delle misure previste dalle norme antidiscriminazione, delle iniziative che coinvolgano la città di Bari per promuovere la cultura del rispetto, a partire dalle scuole. (4-03406)

  Risposta. — In riferimento all'episodio di cronaca riportato dall'interrogante nell'interrogazione in esame, ovvero la presunta aggressione subita a Bari il 25 gennaio 2014 da due ragazze e da un giovane omosessuale da parte di tre minorenni, si fa presente che il citato caso è stato inserito nel data base del Contact center dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali – Dipartimento per le pari opportunità ed è stata inviata formale richiesta all'Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori – Ministero dell'interno) per l'acquisizione di notizie in merito alla presunta aggressione e alla natura omofobica della stessa.
  Con nota del 15 maggio 2014, il citato osservatorio ha comunicato al Dipartimento per le pari opportunità che «le indagini esperite dalle Forze di Polizia, anche con l'ausilio delle immagini videoregistrate disponibili presso gli esercizi commerciali ubicati nei pressi del luogo ove si sono svolti i fatti, non hanno consentito l'individuazione dei responsabili dell'accaduto. Sull'episodio e sulle attività svolte è stata informata la Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Bari. Allo stato, gli elementi acquisiti ed i riscontri operati, non consentono di qualificare l'episodio delittuoso come evento discriminatorio di natura omofoba».
  In linea generale, per ciò che attiene la promozione della cultura del rispetto e delle differenze si evidenzia che l'Italia, tramite l'Unar - Dipartimento per le pari opportunità, ha aderito al programma per il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, promosso dal Consiglio d'Europa, in attuazione della raccomandazione adottata dal Comitato dei ministri CM/REC (2010)5.
  In questo contesto l'Italia ha adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità
pro-tempore, professoressa Elsa Fornero, del 16 aprile 2013, la «Strategia Nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013 -2015)», condivisa con le Ong di settore, le istituzioni a livello centrale, regionale e locale, le parti sociali e tutti i soggetti a vario titolo coinvolti.
  Si tratta di un piano pluriennale di azioni integrate e multidisciplinari in grado di fornire una risposta ampia, concreta e coordinata per il contrasto delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, mediante un sistema di
governance sussidiaria e integrata.
  Sulla base dell'analisi della maggiori criticità, sono stati individuati quattro ambiti strategici di intervento e i relativi obiettivi e misure specifiche da mettere in campo per promuovere la parità di trattamento delle persone Lgbt (lesbiche,
gay, bisessuali e transgender), quali: l'educazione e istruzione, il lavoro, la sicurezza e le carceri, i media e la comunicazione.
  Per quanto attiene all'asse educazione e istruzione, si segnala che il Dipartimento per le pari opportunità ha sottoscritto, in data 19 dicembre 2012, un protocollo d'intesa con il comune di Torino, in qualità di segreteria nazionale della rete Ready (Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere) a seguito del quale il Dipartimento ha sottoscritto, in data 6 giugno 2013, un accordo di collaborazione per la realizzazione di percorsi innovativi di formazione sulle tematiche della discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, destinati alle figure apicali delle amministrazioni centrali e locali nei primi tre assi della strategia: educazione e istruzione, lavoro, sicurezza e carceri.
  Tali attività sono state avviate nel mese di marzo 2014. La formazione sarà condotta seguendo due diverse fasi temporali: la prima fase riguarda il livello nazionale e sarà rivolta, in particolare, alle figure apicali delle amministrazioni centrali e delle loro articolazioni regionali; la seconda fase invece riguarderà la formazione delle figure apicali a livello regionale, provinciale e comunale.
  Per ciò che attiene, in particolare, l'ambito educazione e istruzione, la formazione ha l'obiettivo di fornire elementi di conoscenza ai partecipanti sui temi dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere e presentare strumenti concettuali e operativi per creare contesti inclusivi, con particolare riferimento ai temi del bullismo omofobico e transfobico, nonché di riflettere su esempi concreti di azioni realizzate nelle scuole per promuovere l'integrazione di studentesse e studenti lesbiche,
gay e transgender, allo scopo di offrire strumenti utili per la programmazione delle politiche educative.
  Tra le iniziative intraprese dal Dipartimento per le pari opportunità per promuovere la cultura del rispetto e della non discriminazione a partire dagli istituti scolastici, si segnala che in attuazione del protocollo d'intesa tra il Ministro con delega alle pari opportunità e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rinnovato il 30 gennaio 2013, ogni anno, nel mese di ottobre, si svolge la «Settimana nazionale contro ogni forma di violenza e discriminazione», nel corso della quale vengono promosse e sostenute attività di sensibilizzazione e formazione volte a prevenire e contrastare tutte le forme di violenza e discriminazione, favorendo la diffusione della cultura del rispetto dell'altro attraverso il coinvolgimento di studenti, genitori, docenti e dirigenti scolastici.
  Tra i compiti istituzionali della scuola vi rientra, infatti, quello di contribuire, con 1e modalità che le sono proprie, a rimuovere ogni forma di intolleranza, violenza, pregiudizio e discriminazione. La scuola dovrebbe promuovere la crescita comune dei giovani evitando divisioni, discriminazioni e pregiudizi, favorendo un insegnamento fondato sulla conoscenza dei diritti fondamentali, sull'educazione alla legalità, al rispetto e alla benevolenza come stabilito dalla Costituzione.
  Ciò nonostante, spesso la scuola si trasforma nel luogo in cui vengono posti in essere comportamenti altamente discriminatori.
  Basti pensare alla crescente diffusione degli atti di bullismo all'interno delle mura scolastiche, ovvero al sistematico esercizio di violenza perpetrato ai danni di soggetti appartenenti a quelle fasce considerate più deboli, come i disabili e gli studenti stranieri o omosessuali.
  Appare, quindi, di fondamentale importanza che dalle scuole partano iniziative e progetti tesi alla costruzione di azioni volte all'educazione al rispetto e alla valorizzazione delle differenze, siano esse di carattere etnico, fisico o sociale, che dovranno aiutare i ragazzi a comprendere i diversi modi in cui possono esplicarsi i fenomeni discriminatori affinché siano in grado di riconoscerli e percepire le differenze come un valore.
  In merito a quanto richiesto dall'interrogante circa le iniziative di contrasto alle discriminazioni che coinvolgono la città di Bari, si fa presente che nel marzo 2013, nel corso della «Settimana di azione contro il razzismo», presso il liceo classico Scacchi, si è tenuto un incontro con gli esperti e il personale dell'Unar avente ad oggetto i mutamenti che hanno interessato la società italiana e la scuola sempre più multietnica e multiculturale.
  Il 28 novembre 2013 presso l'auditorium del liceo classico G. Salvemini, nell'ambito del ciclo di seminari dal titolo «Antisemitismo oggi» promossi dall'Unar per informare e sensibilizzare le giovani generazioni sul tema delle discriminazioni etnico razziali, si è svolto un incontro cui hanno partecipato oltre 450 persone tra studenti e insegnanti.
  In particolare, nel corso di tali seminari, tenutisi anche a Palermo, Reggio Calabria e Napoli, è stato presentato il volume redatto dallo Yad Vashem nel 2005 – e tradotto dall'Unar – dal titolo
«To bear witness – Portare testimonianza», che racconta la tragedia vissuta dal popolo ebraico nel corso della seconda guerra mondiale attraverso una raccolta di fotografie e testimonianze di coloro che in prima persona furono protagonisti involontari di quel progetto finalizzato allo sterminio sistematico di undici milioni di ebrei e di diversi milioni di altri individui considerati «indesiderabili», come gli omosessuali, i disabili fisici e mentali e le popolazioni rom e sinti.
  La scelta di tenere tali incontri all'interno di alcuni istituti scolastici è stata dettata dalla volontà di diffondere – partendo proprio dai più giovani – la cultura del rispetto approfondendo le tematiche legate al fenomeno dell'antisemitismo, ancora oggi, purtroppo, molto diffuso.
  Si segnala, inoltre, il progetto «Potere alle Parole» – organizzato dall'UNAR in collaborazione con l'Associazione «Il razzismo è una brutta storia» – che ha visto coinvolti circa 40 studenti delle scuole di Bari in una serie di laboratori educativi e musicali di destrutturazione degli stereotipi e dei pregiudizi che sono alla base delle discriminazioni per origine etnica, orientamento sessuale, identità di genere, religione o convinzioni personali e disabilità.
  Si evidenzia, infine, che a partire dal 2010 l'Unar ha avviato con la regione Puglia numerose attività di collaborazione sul tema della non discriminazione.
  L'Unar e la regione Puglia hanno, infatti, sottoscritto un protocollo di intesa in data 30 luglio 2010 finalizzato alla creazione e all'implementazione di un Centro di coordinamento regionale contro le discriminazioni, con compiti di prevenzione, contrasto e monitoraggio del fenomeno.
  A tal fine, in data 11 luglio 2012 è stata stipulata una Convenzione per la costituzione dell'osservatorio regionale/centro territoriale antidiscriminazioni, le cui attività sono iniziate nell'ottobre 2013.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriGraziano Delrio.


   MATTIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che nella giornata di martedì 4 marzo 2014, Totò Riina è stato colto da malore mentre si trovava nella sua cella del carcere di Opera;
   il boss mafioso è stato portato d'urgenza in ospedale: nonostante non siano ancora certe le ragioni del malore, i medici pare abbiano escluso l’ictus o l'infarto che, in un primo momento, sembravano essere all'origine del cedimento di Riina, da ricercarsi, pare, in un'intossicazione alimentare;
   le notizie in merito all'accaduto appaiono abbastanza vaghe –:
   se il Ministro non ritenga di dover far luce e riferire con precisione in merito alle specifiche patologie che hanno indotto al ricovero esterno del boss Totò Riina, e se non ritenga opportuno appurare puntualmente, per quanto di competenza, con quali persone il Riina sia entrato in contatto per il trasporto dal carcere all'ospedale e per le successive cure presso la struttura sanitaria. (4-03861)

  Risposta. — Nel rispondere all'interrogazione, intendo premettere che ho sempre considerato l'attenzione verso la tutela della salute dei detenuti, unitariamente considerati quali uomini affidati alla cura dello Stato, a prescindere dal loro spessore criminale e dai crimini loro in concreto ascritti, una delle priorità del mio impegno come Ministro della giustizia.
  Nel caso in esame, comunico che, secondo quanto riferito dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il 4 marzo 2014 il personale di polizia penitenziaria della casa di reclusione di Milano Opera segnalava ai sanitari dell'istituto che il detenuto Salvatore Riina appariva colto da malore.
  I medici visitavano prontamente il detenuto, trovandolo dispnoico e con cute disidratata a seguito di attacchi di vomito. Venivano pertanto praticate al Riina le prime cure urgenti e i sanitari richiedevano al direttore dell'istituto penitenziario un immediato ricovero del Riina presso l'ospedale San Paolo di Milano, ricovero accordato dal direttore ai sensi dell'ottavo comma dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 (regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario).
  Il personale medico del nosocomio, dopo le visite e l'esecuzione degli accertamenti diagnostici presso il servizio di pronto soccorso, decideva di ricoverare il Riina in ospedale per ulteriori 24/48 ore al fine di sottoporlo a reidratazione e monitoraggio.
  Il Riina veniva pertanto ricoverato presso l'apposito «reparto di medicina protetta» dell'ospedale San Paolo, riservato ai detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'articolo 41-
bis, secondo comma, dell'ordinamento penitenziario.
  Il 7 marzo 2014 il Riina veniva dimesso con la diagnosi di «episodio di probabile origine virale ad andamento autolimitante» e ricondotto presso la casa di reclusione di Milano Opera. Successivamente, come è stato riportato nei giorni scorsi dagli organi di informazione, il Riina è stato trasferito, per nuova assegnazione, presso gli istituti penitenziari di Parma, dove è attualmente detenuto.
  Sempre secondo quanto riferito dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sia le traduzioni che il servizio di piantonamento in ospedale sono state espletate da un congruo numero di unità di personale di polizia penitenziaria appartenente al gruppo operativo mobile, mentre all'esterno della struttura sanitaria è stato predisposto un servizio di controllo anche con l'ausilio delle altre forze di polizia. Nell'occasione, è stato applicato un apposito protocollo di sicurezza in ragione del quale deve escludersi che il detenuto abbia avuto alcun contatto con persone diverse dal personale sanitario e penitenziario autorizzato. La direzione della casa di reclusione di Milano Opera ha assicurato che nel corso delle traduzioni e del ricovero non si è verificato alcun inconveniente. Il procuratore nazionale antimafia e le competenti procure distrettuali antimafia sono stati tempestivamente informati.
  Continuerò, in ogni caso, a seguire con la massima attenzione la detenzione del Riina anche sotto il profilo delle condizioni di salute, in attuazione dei principi di legge e nel concreto esercizio dei poteri e delle responsabilità a me affidati, quale Ministro della giustizia, nel pieno rispetto delle altrui competenze in materia sanitaria.

Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   MURA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   ci sono oltre 4 milioni di cittadini italiani residenti all'estero, ai quali si sommano i milioni di cittadini di discendenza italiana e negli ultimi anni si è affermata una nuova emigrazione, di giovani studenti, ricercatori, professionisti ed imprenditori;
   dai dati presentati nel 2012 dalla Commissione per la spending review del Ministero degli affari esteri, insediata nel 2011, emerge che il bilancio del Ministero, pari allo 0,22 per cento del bilancio statale, è decisamente più esiguo di quello dei principali Paesi europei: il costo complessivo della rete estera è pari al 44 per cento del bilancio, e la spesa per il personale all'estero raggiunge il 38,5 per cento;
   il piano presentato dal Ministero degli affari esteri sul «Riorientamento della rete consolare», prospetta un calendario di soppressioni strutturato in tre fasi (la soppressione di 7 sedi entro il 30 novembre 2013, di altre 5 sedi entro il 20 febbraio 2014 e di ulteriori due entro il 30 giugno 2014);
   oltre alle chiusure pubblicate nel calendario, è stata annunciata la soppressione di altre 23 sedi, tra le quali 3 rappresentanze diplomatiche, 11 uffici consolari, 7 sportelli consolari, 5 Istituti di cultura e 8 sezioni distaccate di Istituti di cultura;
   il piano di «Riorientamento della rete consolare», a giudizio dell'interrogante, contraddice quanto indicato dalla Commissione spending review, perseverando nella logica dei tagli lineari ai servizi, ma lasciando inalterata la composizione della spesa, in particolare quella riguardante il personale;
   a quanto consta all'interrogante, in occasione del suddetto piano, il Ministero degli affari esteri non ha chiesto nessun parere al Consiglio generale degli italiani all'estero, di fatto contravvenendo a quanto prescritto dalla legge del 6 novembre del 1989 n. 368, all'articolo 3, comma 1, lettera e) secondo il quale: «Il C.G.I.E. esprime parere obbligatorio sugli orientamenti del Governo concernenti linee di riforma dei servizi consolari, scolastici e sociali» –:
   quali siano i risparmi reali derivati dalla soppressione delle sedi consolari individuate dal Ministero;
   se non sia necessario rivedere il numero e le sedi da sopprimere, dopo aver sentito il parere del Consiglio generale degli italiani all'estero;
   quale sia il livello di assistenza assicurato ai connazionali all'estero, nei territori dove sono stati cancellati importanti presidi quali le sedi consolari. (4-03987)

  Risposta. — Come noto, la riorganizzazione della rete estera costituisce un preciso obbligo di legge nel quadro della spending review (da ultimo previsto decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 135), che coinvolge le amministrazioni pubbliche. Per il Ministero degli affari esteri, l'esercizio impone specifici obiettivi di riduzione delle strutture all'estero tra rappresentanza diplomatiche, Uffici consolari e Istituti italiani di cultura (IIC).
  In uno spirito di piena trasparenza, la Farnesina ha inteso condividere con gli attori istituzionali interessati il percorso di individuazione delle sedi da includere nel nuovo piano, coinvolgendo le competenti Commissioni parlamentari, il Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE), nonché le organizzazioni sindacali, proprio allo scopo di raccogliere punti di vista e sensibilità diverse.
  Proprio in occasione dell'assemblea generale del CGIE svoltasi alla Farnesina dal 27 al 29 novembre 2013, era stata sottoposta al Consiglio una «rosa» di possibili sedi da avviare a chiusura e si era chiesto allo stesso di voler fornire valutazioni che potessero agevolare l'Amministrazione nell'individuare quelle da inserire definitivamente nel piano. L'operato del Ministero è andato dunque al di là degli adempimenti formali strettamente connessi alle previsioni della legge n. 368 del 1989, non limitandosi a richiedere al Cgie un semplice parere, che, peraltro, si ricorda, ai sensi di legge, non è vincolante.
  L'obbligo normativo è stato considerato come un'opportunità di riallocazione delle risorse finanziarie ed umane, in costante decrescita, al fine di riorientare progressivamente la rete diplomatica, consolare e culturale (tuttora fortemente eurocentrica, in quanto concepita ben prima del cammino dell'integrazione europea) verso aree del mondo di nuova priorità strategica o più emergenti sul piano economico, nuovi poli geopolitici ove oggi si impone l'esigenza della presenza istituzionale.
  Si è scelto pertanto di chiudere alcuni uffici prevalentemente concentrati in aree ove le nostre collettività risultano maggiormente integrate, contestualmente aprendo in aree del mondo strategiche per i nostri interessi di particolare crescita economica.
  Sono state utilizzate le sinergie con il Servizio europeo per l'azione esterna (Seae) per consentire a Santo Domingo e Tegucigalpa – una volta chiuse le nostre ambasciate – l'invio di personale italiano presso le locali delegazioni, a garanzia della piena continuità del dialogo istituzionale con le autorità di governo dei due Paesi.
  Nonostante i vincoli esistenti, il Governo ha comunque voluto tenere conto di alcune istanze apportando talune modifiche alla lista delle sedi in chiusura. Per esempio gli IIC di Stoccarda e Lione, allo scopo di salvaguardare gli obiettivi di promozione della cultura italiana all'estero sono stati espunti dalla lista.
  Alla luce di quanto sopra, giova ricordare nel dettaglio che con la delibera del 4 aprile 2014 il Consiglio dei ministri ha suggellato ufficialmente il piano di riorganizzazione, di concerto con l'amministrazione finanziaria, che è dunque in via di definitivo perfezionamento e questo dicastero ha certificato le relative stime di risparmio nel quadro dell'esercizio della
spending review che sono stimati nell'insieme dei provvedimenti di riorganizzazione della rete pari a circa 11 milioni di euro.
  L'individuazione delle sedi della rete consolare è stata frutto di un processo istruttorio che ha considerato numerosi elementi, tra cui il volume dell'attività consolare, il numero dei connazionali, il livello di integrazione delle comunità nelle realtà locali, la distanza degli uffici dalle strutture che ne recepiscono le competenze, la relativa facilità nei collegamenti.
  La Farnesina si è mantenuta in linea con la necessità di un complessivo ripensamento dell'assetto dell'organizzazione consolare, cominciando proprio dall'Europa. Si vorrebbe concentrare le principali funzioni in pochi grandi Consolati
«hub» – competenti per macroaree ed in grado di sfruttare le economie di scala – affiancati da reti di strutture periferiche più leggere, con ampia utilizzazione di risorse e strutture reperibili in loco.
  Il Ministero conferma comunque – anche in linea con quanto previsto dall'ordine del giorno unitario Micheloni/Mussini/Puppato approvato lo scorso 28 maggio in Aula Senato – l'impegno a garantire adeguati servizi consolari ai connazionali all'estero, sia di nuova emigrazione attraverso lo sviluppo delle tecnologie informatiche, sia verso quella più tradizionale, per la quale si prevedono diverse forme di presenza consolare, come ad esempio gli uffici consolari onorari (è già operativo l'Ufficio onorario di Scutari in luogo del consolato chiuso nel novembre scorso, gli uffici di Amsterdam e Timisoara sono stato istituiti, mentre sono in via di definizione le procedure volte all'istituzione di altri uffici onorari in molte delle altre circoscrizioni interessate dal ridimensionamento quali Newark, Alessandria, Spalato eccetera). Nel contempo, giova sottolineare che si procede a mirati rafforzamenti degli organici delle sedi che ricevono le competenze di quelle in chiusura per consentire un'operatività efficace a fronte delle accresciute competenze.
  Infine, ampie sono le potenzialità da percorrere in ambito informatico con l'applicazione di nuovi sistemi all'attività consolare che consentirà via via agli utenti registrati di fruire a distanza di alcuni servizi.

Il Viceministro degli affari esteriLapo Pistelli.


   NARDI, DI SALVO, LACQUANITI, AIRAUDO, FERRARA, PLACIDO e MATARRELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   RetItalia internazionale è una società a partecipazione pubblica, il cui capitale è interamente posseduto dall'ex Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), attualmente Agenzia ICE (ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane);
   gli impiegati di RetItalia internazionale hanno svolto da più di trentacinque anni funzioni a supporto del ruolo istituzionale dell'ICE: analisi di fabbisogni, progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture, servizi e sistemi informativi a supporto dell'internazionalizzazione e dei processi gestionali interni all'ICE, consentendo la loro integrazione e interconnessione con sistemi esterni, fornitura di assistenza qualificata al personale dell'ICE e alle piccole e medie imprese (PMI) italiane;
   il carattere strategico delle funzioni e del coinvolgimento operativo di RetItalia nel comparto estero, sono stati ulteriormente confermati dall'assegnazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, nel giugno 2011, del progetto del portale «Made in Italy», un sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale, nell'aprile 2012, del progetto «International trade hub-Italia», un portale sponsorizzato dal «Tavolo strategico nazionale per la trade facilitation» che consente alle imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione. Tale progetto è stato oggetto di ulteriori convenzioni a dicembre 2012 e a luglio 2013;
   a seguito della soppressione dell'ICE la proprietà di RetItalia internazionale è stata trasferita alla ex-ICE/costituenda Agenzia e al Ministero dello sviluppo economico che tuttavia ha ignorato la proprietà e si è disinteressato in un anno e mezzo dell'indirizzo strategico della società;
   da maggio 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha dimezzato il contratto in essere tra l'ex ICE e RetItalia internazionale (da 6 a 3 milioni di euro) portando con sé una Cassa integrazione ordinaria estremamente penalizzante;
   a ottobre 2012, basandosi sull'articolo 4 della «Spending review» il Ministero dello sviluppo economico, ha dato indicazione di provvedere all'alienazione di RetItalia internazionale e ha posto come prerequisito una severa ristrutturazione della società, attualmente costituita da 65 lavoratori, un dirigente e un direttore generale, al fine di renderla appetibile al mercato;
   l'agenzia ICE è attiva a tutti gli effetti da gennaio 2013 e gli obiettivi ambiziosi di crescita dell’export che si pone la stessa ICE, ed esposti dal Presidente Mario Monti e Ministro Passera nel Piano promozionale 2013-2015 (16 gennaio 2013), non possono che basarsi e accompagnarsi ad uno sviluppo dell'ICT;
   al contrario, il 22 gennaio 2013 il consiglio di amministrazione dell'Agenzia ICE delibera l'alienazione di RetItalia internazionale con un contratto pari a quello decurtato a maggio 2012, evidenziando che l'opzione, di cui al comma 3 dell'articolo 4 della Spending review, «si ritiene non percorribile poiché la società RetItalia internazionale SpA risulta essere una società strumentale dell'ex Ice con il compito di gestire e manutenere il sistema informativo dell'Istituto e curare la realizzazione dei software utilizzati dallo stesso per la propria operatività», sminuendo così le attività, le funzioni e la strategia operativa di RetItalia stessa e ponendo a rischio elevatissimo i posti di lavoro degli impiegati di RetItalia internazionale;
   la Cassa integrazione straordinaria, avviata il 6 maggio 2013, è stata richiesta a zero ore per la totalità del personale, con la clausola di richiamare il personale in relazione alla necessità del momento, formula che fornisce un vantaggio al possibile acquirente;
   in data 30 aprile 2013, non si è giunti ad alcun accordo con le parti sociali, in merito all'attuazione della Cassa integrazione straordinaria, questo ha portato l'amministrazione di RetItalia internazionale a non anticipare al personale il contributo INPS relativo, con gravissime conseguenze sugli emolumenti percepiti dai lavoratori;
   a luglio 2013, a seguito di uno sciopero di tutti i lavoratori, sono stati sbloccati dei fondi dal Ministero dello sviluppo economico per i progetti «Made in Italy» e «International Trade Hub-Italia» e in generale per sviluppi ad altre piattaforme in gestione a RetItalia internazionale; ciò ha consentito l'erogazione dell'anticipo del contributo INPS e l'alleggerimento della cassa integrazione straordinaria dal 60 per cento al 20 per cento da settembre a dicembre 2013;
   a dicembre 2013 la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 562 lettera a), legge 27 dicembre 2013 n. 147) ha previsto l'abrogazione dei commi dell'articolo 4 della legge del 7 agosto 2012 n. 135, ossia l'obbligo di vendita delle società in house consentendo nel contempo la mobilità tra le società partecipate dalla pubblica amministrazione;
   l'Agenzia ICE ha continuato con la procedura di alienazione di RetItalia internazionale, avviata il 13 novembre 2013 e il termine delle offerte il 9 gennaio 2014;
   il bando di gara per la vendita di RetItalia internazionale e il contratto di servizi è in perdita, consente la sopravvivenza di meno di 30 lavoratori sui 65 totali, è a ribasso e non contiene garanzie sui livelli occupazionali, ovvero secondo gli interroganti un massacro sociale;
   ciò nonostante il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia ICE non procedono all'individuazione di soluzioni alternative previste dalla stessa legge di stabilità circa la mobilitazione nell'ambito delle società partecipate e non aumentano il valore economico del contratto nonostante l'Agenzia il 13 dicembre 2013 abbia percepito 22 milioni di euro con un provvedimento del Consiglio dei ministri;
   nel bando di gara non sono stati annoverati come asset della società i due progetti strategici sopra menzionati. Il Ministero dello sviluppo economico dopo aver finanziato i due progetti per circa 2,8 circa milioni di euro (IVA inclusa) non procede alla messa in linea dei due portali, che avrebbero portato dei ritorni economici per i lavoratori di RetItalia internazionale. A luglio vengono sponsorizzati, a gennaio vengono dismessi. Il portale ITH-Italia è nella fase finale della realizzazione, a breve sarà consegnato e probabilmente buttato via;
   intanto a febbraio 2014 la situazione della Cassa integrazione straordinaria precipiterà tornando a più di un 60 per cento delle ore non lavorate mentre i primi di maggio terminerà del tutto;
   l'Agenzia ICE non curante di quanto dichiarato dai lavoratori e dalle loro rappresentanze sindacali, indifferente a quanto legiferato in merito alle società partecipate, continua a procedere con la vendita di RetItalia internazionale;
   l'accanimento nella vendita, la compressione del mercato e il contratto di servizi in perdita che garantisce molto meno della metà dei 65 posti di lavoro, non possono che far temere che si stia delegando all'acquirente la ristrutturazione e la riorganizzazione della società, con conseguente parziale o totale dismissione delle forze lavoro attualmente occupate;
   una situazione surreale, ma un futuro nefasto, che si risolverebbe in positivo con un intervento del Ministero e dell'Agenzia ICE che potrebbero avvalersi di leggi e valori economici appena erogati per trovare soluzioni alternative solo a 65 persone;
   si segnala, inoltre, che in data 20 dicembre 2013, in occasione della discussione della legge di stabilità 2014 è stato accolto dal Governo un ordine del giorno a firma Nardi, Di Salvo e altri 9/1865-A/60 ove il Governo si impegnava a 1) valutare l'opportunità di sospendere definitivamente la procedura di alienazione in essere di cui all'articolo 4 comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012 n. 135, relativa alla società RetItalia Internazionale SpA al fine di individuare una soluzione di garanzia occupazionale verso i dipendenti; 2) oppure, in alternativa, a disporre in termini chiari e inconfutabili che nel bando di gara per la vendita di RetItalia internazionale spa l'Ice-Agenzia individui il mantenimento dei livelli occupazionali come precondizione imprescindibile; 3) ovvero ancora, a porre in esser ogni atto di competenza finalizzato all'integrazione del personale di RetItalia internazionale spa nelle strutture della pubblica amministrazione, salvaguardando in tal modo le conoscenze professionali specializzate maturate e la tenuta dei progetti avviati, nonché la continuità operativa segnatamente sul versante dell'integrazione ed interconnessione dei servizi e dei sistemi informativi con i sistemi esterni –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di dare seguito agli impegni assunti con il citato ordine del giorno 9/1865-A/60 presentato dai deputati del Gruppo SEL (Sinistra Ecologia e Libertà);
   se e quali provvedimenti urgenti si intendano adottare per procedere alla revoca del bando di gara affinché il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia ICE individuino, prima della aggiudicazione della gara, soluzioni volte alla salvaguardia dei posti di lavoro di RetItalia internazionale spa utilizzando tutti gli strumenti previsti dalla legislazione vigente;
   quali elementi il Governo intenda fornire circa summenzionati progetti strategici siano stati prima finanziati e poi, senza alcuna motivazione, bloccati.
(4-03387)

  Risposta. — In data 20 novembre l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, ha pubblicato sulla GURI 5a serie speciale parte 1a e sul proprio sito istituzionale, il capitolato di gara e il collegato contratto quinquennale di fornitura di servizi informativi all'agenzia stessa.
  Nel corso del mese di dicembre dello stesso anno si è venuti a conoscenza di quanto accolto con emendamento nella proposta di legge recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (poi diventato articolo 1, comma 562 legge n. 147 del 2013 Legge di stabilità 2014), che prevedeva l'abrogazione dell'obbligo di alienazione di cui all'articolo 4, comma 1 del decreto-legge n. 95 del 2012 convertito con modifiche dalla legge n. 135 del 2012.
  Considerata la procedura di gara in corso il consiglio di amministrazione dell'IGE/Agenzia, con delibera 143 del 17 dicembre 2013 ha stabilito di dare esecuzione alla gara suindicata alla luce delle seguenti considerazioni:
   
a) l'esigenza dell'IGE-Agenzia di proseguire nell'azione di contenimento dei costi, alla luce dei reiterati provvedimenti di spending review a decorrere già dall'attuale anno finanziario e inseriti anch'essi nella legge di bilancio 2014-2016 e degli stringenti limiti di disponibilità di bilancio da dedicare a copertura dei costi di mantenimento e funzionamento della Società controllata;
   
b) inoltre le disposizioni dell'articolo 4 del decreto-legge n. 95 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, non espressamente abrogate dal dispositivo citato e pertanto, da considerarsi a tutt'oggi in vigore per espressa decisione del legislatore, potrebbero necessariamente comportare il divieto di acquisizione di beni e servizi informatici attraverso affidamenti diretti del contratto di servizio a partire dal 1o gennaio 2014, essendo invece necessario operare solo attraverso procedure di gara:
   
c) in ogni caso l'alienazione della società assicurerebbe una maggiore tutela dei lavoratori, salvaguardandone le conoscenze maturate e i livelli occupazionali garantendo una maggiore opportunità di riqualificazione societaria, attraverso il mantenimento di un contratto quinquennale di servizi che assicura la continuità operativa della struttura dando al contempo ampia opportunità di operare anche nel libero mercato;
   
d) infine poiché la procedura di gara svolta ha rispettato le norme vigenti in materia, il proseguimento della procedura di alienazione, ormai nella sua fase finale, assicura una maggiore efficienza economico-amministrativa anche alla luce del principio di economicità e conservazione dell'azione amministrativa.

  Nel ribadire tale scelta, l'ICE-Agenzia ha ritenuto opportuno segnalare al Ministero dello sviluppo economico le modalità dell'alienazione in corso, acquisendo dal gabinetto del Ministero l'indicazione (nota del 23 gennaio 2014) che non risultavano profili ostativi alla definizione della procedura, che peraltro rientrava nei poteri autonomi dell'ICE-Agenzia.
  In particolare, il vertice politico nel mese di aprile ha rivolto all'agenzia un atto d'indirizzo sulla materia e, in seguito ai puntuali aggiornamenti forniti dall'ente, ha successivamente ribadito l'opportunità di assicurarsi in particolare del rispetto da parte dell'acquirente dei livelli occupazionali e professionali dei dipendenti.
  In risposta a tali sollecitazioni, l'ICE-Agenzia ha provveduto a una puntuale verifica degli impegni che, in fase di presentazione dell'offerta, la società aggiudicataria si è assunta.
  Inoltre, si specifica che nella documentazione di gara, si prevedeva l'attribuzione di 70 punti su 100 sulla base della valutazione dell'offerta tecnica, 30 su 100 in ragione dell'offerta economica.
  All'interno dell'offerta tecnica, ben 30 punti sui 70 complessivi, sono stati assegnati in base alla valutazione delle offerte sotto il profilo del loro impatto su A.1. Livelli occupazionali e sviluppo del personale (punto 11.2 del Disciplinare di gara). L'aggiudicataria, nel corso della seduta pubblica, ha raggiunto una valutazione pari a «eccellente».
  Attualmente, essendosi concluse le verifiche previste dal codice degli appalti, è stato stipulato in data 15 luglio 2014 la cessione della società RetItalia Internazionale spa in favore della Gepin PS spa.
  In relazione al quesito posto in merito al portale «Made in Italy» per l’
e commerce, si precisa che la validità del progetto – che si ricorda risale al 2011 – venne a suo tempo meno a seguito di una modifica di indirizzo sulla materia, anche in base a decisioni della consulta sulle piccole medie imprese istituita presso l'ICE, che valutò positivamente un progetto di Poste Italiane, privo di costi per i soggetti pubblici di riferimento e dotato di un bacino di utenza particolarmente ampio.
  Infine, per quanto riguarda il progetto della piattaforma «international Trade Hub Italia», s'informa che la stessa è stata collaudata e comprende tutti i servizi, informativi e operativo-dispositivi, messi a disposizione dagli enti della PA a oggi partecipanti al progetto (circa 130 servizi).
  La piattaforma è, inoltre, in grado di ampliare la gamma di servizi offerti, grazie alla collaborazione con altri enti pubblici e privati. In particolare, si è in attesa del necessario intervento dell'agenzia delle dogane attraverso il collegamento a funzioni del «
Single Window Doganale» in fase attuativa da parte della agenzia medesima.
Il Viceministro dello sviluppo economicoCarlo Calenda.


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni mesi le esportazioni italiane a Taiwan di olio di sansa e di oliva e di riso sono state bloccate dalle autorità taiwanesi a motivo di controverse interpretazioni sui metodi di analisi, diversi sull'isola rispetto a quelli vigenti in Italia e nell'Unione Europea;
   il volume di queste esportazioni a Taiwan era, prima del blocco, in forte crescita, così come tutto l'insieme dei nostri prodotti agroalimentari destinati a quel dinamico mercato di consumo, nell'importante contesto dell'interscambio tra i due Paesi che e di oltre 3 miliardi di euro annui;
   si tratta di problemi gravi che, nell'interesse dei nostri produttori, vanno quanto prima affrontati con le autorità taiwanesi –:
   quali iniziative siano già state intraprese per la corretta soluzione dei citati problemi che, a parere dell'interrogante, non sono fondati per la riconosciuta e certificata qualità dell'olio e del riso italiani, e per la loro perfetta conformità ai requisiti di legge;
   quando si riunirà nel corrente anno il «Foro» economico italo-taiwanese — costituito nel 2010 dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero del commercio estero di Taiwan quale sede di dialogo bilaterale sui temi economici e commerciali — al cui ordine del giorno vi dovrà essere la discussione e soluzione dell'urgente questione inerente al blocco delle importazioni a Taiwan dell'olio e del riso italiani. (4-04326)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si rappresentano, per quanto di competenza, i seguenti elementi.
  La riunione annuale del foro italo-taiwanese di cooperazione economica, a differenza degli anni passati, nel corrente anno vista la Presidenza italiana dell'Unione europea si terrà a Roma il 28 luglio 2014.
  Al quarto punto dell'ordine del giorno «issues bilaterali» è inserita la problematica olio.
  A seguito di consultazioni con gli importatori locali di riso, non risultano, invece, restrizioni particolari per l'importazione di riso dall'Italia né le importazioni sono mai state bloccate.

Il Viceministro dello sviluppo economicoCarlo Calenda.


   NUTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da organi di informazione, la regione Sicilia è al momento sprovvista di un soggetto terzo che provveda a svolgere le funzioni di assistenza tecnica per certificare l'impiego dei finanziamenti europei inquadrati all'interno del Programma operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale (POR-FESR);
   tale mansione era svolta sino a pochi mesi fa dalla multinazionale Ernst & Young, specializzata in servizi professionali di revisione contabile, quando, a causa del mancato rinnovo contrattuale voluto dal Presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta, si è deciso di delegare queste mansioni a Sviluppo Italia Sicilia, una società in-house della Regione stessa;
   tuttavia, Sviluppo Italia Sicilia, in quanto società interamente partecipata dalla regione Sicilia, non poteva assumere questo ruolo, anche per evidenti conflitti di interessi, come evidenziato dalla stessa Commissione europea;
   prima della fine di quest'anno, dovranno essere espletati alcuni necessari procedimenti burocratici di certificazione dell'utilizzo dei fondi europei, in assenza dei quali vi è il concreto rischio che diverse centinaia di milioni di euro dovranno essere restituiti all'Unione europea;
   sempre secondo quanto riportato da articoli di stampa, sarà adesso compito del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione – Dipartimento della funzione pubblica occuparsi del problema tramite la ricerca di soggetti presenti all'interno della banca dati esperti pubbliche amministrazioni;
   l'articolo 4 del regolamento sull'organizzazione e sul funzionamento della banca dati esperti pubbliche amministrazioni stabilisce che ha titolo ad iscriversi, tramite una specifica procedura di registrazione, chiunque sia in possesso di alcuni requisiti minimi, che possiamo così riassumere: parlare italiano, non avere problemi con la giustizia, essere cittadino comunitario, avere una laurea;
   i successivi articoli 5 e 6 del suddetto regolamento stabiliscono che la selezione avvenga tramite scelta discrezionale da parte delle pubbliche amministrazioni richiedenti da un elenco di nominativi risultanti dalla ricerca effettuata all'interno della banca dati esperti, coerentemente con i profili professionali richiesti;
   ad avviso dell'interrogante, la mancanza di un soggetto terzo esperto nel settore, di lunga e comprovata esperienza, sommata alla discrezionalità da parte dell'amministrazione pubblica di scegliere gli esperti che dovranno occuparsi di certificare l'utilizzo dei fondi europei, potrebbe incrementare il rischio che si verifichino fenomeni di corruzione e quindi di certificazioni false o incomplete, con il conseguente rischio che i fondi europei dovranno comunque essere restituiti –:
   se il Ministro interrogato, tenuto conto di quanto espresso in premessa, non ritenga opportuno valutare ulteriori ipotesi per garantire la certificazione dell'utilizzo dei fondi europei POR-FESR ed evitare la perdita di centinaia di milioni di euro;
   se non intenda rendere noto l'elenco degli iscritti alla Banca dati esperti con la relativa data di iscrizione, vigilando anche con estrema attenzione sulle modalità e sulle richieste di iscrizione al citato elenco anche alla luce dei fatti descritti in premessa. (4-03012)

  Risposta. — Rispondo all'interrogazione in esame, con la quale si chiedono chiarimenti in merito alla procedura adottata dalla regione Sicilia nell'affidamento di incarichi di assistenza tecnica per la certificazione del corretto impiego dei fondi europei, nell'ambito del programma operativo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FERS) 2007-2013.
  La regione Sicilia con nota del 22 ottobre 2013 ha chiesto l'estrazione dalla Banca dati esperti pubbliche amministrazioni (BDE), istituita il 21 luglio 2008 dal dipartimento della funzione pubblica, dei profili professionali di soggetti con comprovata esperienza in materia di gestione e controllo di 1 livello, da impiegare con compiti di assistenza tecnica nelle attività di certificazione del citato programma regionale. Il dipartimento, il 12 dicembre 2013, ha inviato alla regione l'elenco dei nominativi selezionati sulla base dei criteri indicati dalla regione stessa e mediante le modalità automatizzate della BDE.
  In proposito ricordo che l'utilizzo dello strumento della Banca dati per l'individuazione e successiva acquisizione di personale esterno, ai sensi all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo, n. 165 del 2001, e rimesso all'autonoma valutazione dell'amministrazione procedente; l'assistenza fornita dal dipartimento della funzione pubblica attraverso la BDE, è, infatti, di natura esclusivamente tecnica.
  In merito, poi, alle caratteristiche strutturali e alle funzioni della suddetta Banca dati, ricordo che la stessa è stata istituita «per la raccolta di profili professionali aventi specifiche competenze ed esperienze in materia di attuazione di programmi finanziati dai fondi strutturali, di politiche di che di sviluppo e coesione e di rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni, da destinare, a seguito di estrazione di curricula effettuate mediante sistemi automatizzati, ad attività (di assistenza tecnica presso le amministrazioni pubbliche che operano nell'ambito dell'Obiettivo convergenza» del Regolamento). Articolata in «Aree di competenza» e «Settori», la BDE è una banca dati «tipo aperto e tutti i soggetti interessati possono procedere, in un qualsiasi momento, all'iscrizione, cancellazione o aggiornamento dei dati in essa inseriti, collocata su apposita piattaforma informatica e accessibile
on-line nella sezione. «In primo piano» della home page del sito istituzionale del dipartimento della funzione pubblica. Attualmente essa comprende circa 8000 iscritti e la selezione degli esperti viene effettuata esclusivamente sulla base dell'elenco dei candidati validati, (articolo 3 del Regolamento).
  Lo stesso articolo 3 del Regolamento prevede che «l'iscrizione non comporta la partecipazione ad alcuna procedura concorsuale, né alla predisposizione di graduatorie pubbliche, ad attribuzione di punteggi o altre classificazioni di merito e non dà titolo, in alcun modo, a pretese o diritti ad ottenere incarichi professionali».
  Infine, il possesso dei requisiti di ammissibili e delle competenze ed esperienze professionali dichiarate è oggetto di autocertificazione, ai sensi dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e può essere sottoposto a verifica da parte delle Amministrazioni procedenti ai fini dell'affidamento dell'incarico.

Il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazioneMaria Anna Madia.


   NUTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società European Air Crane s.r.l., è una società con sede legale a Firenze, facente parte del gruppo della multinazionale americana Erickson Air-Crane lnc che ne possiede il 49 per cento assieme al certificato S-64 rilevato a suo tempo dall'azienda Sikorsky, mentre un ulteriore 49 per cento è detenuto dalla società Eliario Italia S.p.A., di proprietà della multinazionale spagnola INAER, e il restante 2 per cento appartiene alla famiglia di Gianfranco Blower, già presidente del consiglio di amministrazione e Amministratore Delegato della società;
   il gruppo Erickson Air-Crane si occupa, tra le altre cose, di produzione di elicotteri e formazione del personale pilota di tali mezzi;
   lo Stato italiano iniziò ad utilizzare elicotteri prodotti dalla Erickson Air Crane Inc. nel 1999: in particolare, la Protezione civile firmò un contratto di leasing, a seguito di trattativa privata, relativa alla fornitura di mezzi Erickson S64, inclusi la fornitura di equipaggio proprio adeguatamente formato ed una serie di servizi, quali la manutenzione, le riparazioni, il carburante, e altro;
   nel 2003, la Erickson Air-Crane siglò, a seguito di trattativa privata, con il Corpo forestale dello Stato un contratto di vendita relativo a 4 elicotteri Erickson S-64, assieme ad una serie di servizi accessori, quali manutenzione e formazione di personale appartenente allo Stato italiano per la conduzione di tali velivoli, per un valore complessivo di 95 milioni di dollari;
   il Corpo forestale dello Stato e la Protezione civile erano sprovvisti di personale adeguatamente formato per condurre tali mezzi, e, dunque, per tutta la durata dei contratti sino ad ora siglati con il gruppo Erickson Air-Crane, l'equipaggio è stato fornito direttamente dalle medesima società del gruppo;
   nell'aprile 2008, venne siglato un nuovo contratto, sempre tramite trattativa privata, tra la European Air-Crane e la Protezione civile, per la durata complessiva di 8 anni, cioè fino al 2017, assieme ad un ulteriore contratto ponte fino ad ottobre 2008, per il noleggio di 4 elicotteri Erickson S-64. Il contratto prevedeva, inoltre, la fornitura dell'equipaggio, di cui i piloti forniti dalla società Erickson Air-Crane e i copiloti dalla società European Air-Crane, per un valore complessivo di quasi 200 milioni di euro;
   tale contratto venne invalidato e sostituito da altro contratto tra gli stessi contraenti, sempre tramite trattativa privata, per un valore di quasi 67 milioni di euro per il quadriennio dal giugno 2009 al giugno 2013;
   nel marzo del 2013 il Corpo forestale dello Stato pubblicò un bando di gara per l'impiego in esercenza degli elicotteri Erickson S-64 di sua proprietà, per operazioni di protezione civile, con particolare riferimento alla lotta agli incendi boschivi, per la durata di 3 anni e mezzo ed un valore stimato di 45 milioni di euro;
   il bando era stato annunciato nel marzo dell'anno 2013 in maniera che si potesse concludere prima dell'inizio della stagione antincendio boschivo 2013;
   il 23 luglio la società European Air-Crane si aggiudicò la gara, con una offerta dal valore complessivo di circa 4 milioni di euro; tuttavia, la gara fu invalidata per eccesso di ribasso, nonostante la società aggiudicatrice fosse stata l'unica ad aver presentato una offerta;
   successivamente, nel luglio 2013, venne siglato un accordo con le società del gruppo Erickson Air-Crane Inc., sempre a seguito di trattativa privata, per l'impiego dei velivoli Erickson S-64 in possesso del Corpo forestale dello Stato, al fine di consentire l'utilizzo di tali velivoli nel corso della stagione antincendio boschivo 2013 e sino alla fine del medesimo anno;
   nel dicembre 2013 il contratto firmato nel luglio precedente giunse a naturale scadenza e le prime ripercussioni si ebbero sui dipendenti del settore amministrativo della società European Air-Crane, i quali, dopo brevi trattative sindacali, furono tutti licenziati, nonostante la società sia attualmente in una situazione economica ottima, come certificato dal sistema cerved che, attualmente, valuta in maniera positiva l'affidabilità commerciale della società e ne evidenzia il basso grado di indebitamento, la disponibilità di mezzi a breve termine, il fatturato in crescita e la redditività dell'attività svolta;
   i velivoli americani Erickson S-64 derivano da elicotteri modello Sikorsky progettati nel corso degli anni cinquanta ed impiegati durante la guerra del Vietnam, per poi essere, successivamente, acquistati dalla società Erickson Air-Crane e riprogettati per un loro impiego nel settore antincendio; questo tipo di elicotteri comporta un elevato consumo di carburante e dunque un elevato costo economico, così come molto costose risultano essere la manutenzione e la riparazione dei mezzi; inoltre, vi è il rischio che, in assenza di un loro adeguato e regolare utilizzo, questi mezzi subiscano alterazioni tali da renderli inutilizzabili;
   nonostante tra le clausole di questi contratti siglati nel corso degli anni, vi fosse l'obbligo da parte delle imprese riconducibili al gruppo Erickson Air-Crane di formare personale pilota dei velivoli Erickson S-64, ad oggi, l'amministrazione statale, in particolare il Corpo forestale dello Stato e la Protezione civile, non annovera, a quanto consta all'interrogante, tra i propri dipendenti, un numero sufficiente di personale adeguatamente formato per pilotare tali mezzi;
   nel giugno 2014 inizierà una nuova stagione antincendio boschivo e, ad avviso, dell'interrogante, risulta preoccupante l'attuale situazione di carenza di mezzi e personale necessario per fronteggiare tale emergenza, come, ad esempio, la passata stagione antincendio boschivo ha fin troppo bene dimostrato –:
   per quali motivi le società del gruppo Erickson Air-Crane non abbiamo provveduto a formare adeguatamente personale della pubblica amministrazione per la conduzione dei velivoli Erickson S-64;
   per quali ragioni il contratto siglato nel 2008 per una durata complessiva di oltre 8 anni sia stato invalidato;
   per quali motivi il bando di gara pubblicato nel marzo del 2013, e aggiudicato nel luglio dello stesso anno dalla società European Air-Crane, sia stato invalidato;
   per quali ragioni si è proceduto nel corso di tutti questi anni a firmare contratti per la gestione, la locazione e l'acquisto di velivoli Erickson S-64, tramite trattativa privata e se il Ministro non intenda verificare che tali procedure siano state effettuate conformemente a quanto disposto dalla legge in materia;
   a quanto ammonti la somma complessiva pagata dalle pubbliche amministrazioni per la gestione, la locazione e l'acquisto di velivoli Erickson S-64;
   quando la società European Air-Crane abbia richiesto l'attivazione delle procedure per accedere agli ammortizzatori sociali previsti dalla legislazione vigente, relativamente ai propri lavoratori dipendenti, in seguito licenziati. (4-03744)


   NUTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la società European Air-Crane srl è una società con sede legale a Firenze, facente parte del gruppo della multinazionale americana Erickson Air-Crane Inc che ne possiede il 49 per cento assieme al certificato S-64 rilevato a suo tempo dall'azienda Sikorsky, mentre un ulteriore 49 per cento è detenuto dalla società Eliario Italia Spa, di proprietà della multinazionale spagnola INAER, e il restante 2 per cento appartiene alla famiglia di Gianfranco Blower, già presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della società;
   il gruppo Erickson Air-Crane si occupa, tra le altre cose, di produzione di elicotteri e formazione del personale pilota di tali mezzi;
   come riportato in un precedente atto di sindacato ispettivo dall'interrogante, n. 4-03744 – lo stato italiano iniziò ad utilizzare elicotteri forniti dal gruppo Erickson Air Crane dal 1999, tramite contratti di leasing, e successivamente procedette all'acquisto, nel 2003, di 4 elicotteri Erickson S-64, assieme ad una serie di servizi accessori, per un valore di 95 milioni di dollari;
   sin da allora lo Stato italiano ha provveduto all'emissione di bandi per l'esercenza dei velivoli acquisiti, in quanto sprovveduta di un numero di piloti e tecnici sufficienti per l'esercenza in proprio;
   agli interroganti risulta che dal 1999 ad oggi, per i contratti siglati dallo Stato italiano con le società del gruppo Eirckson Air Crane, sono state spese alcune centinaia di milioni di euro;
   questi contratti comprendevano anche la formazione di piloti e tecnici dello Stato Italiano al fine di poter, in futuro, procedere all'esercenza in proprio dei velivoli precedentemente acquistati;
   tuttavia, risulta agli interroganti che solo una parte minoritaria dei piloti e dei tecnici avviati alla formazione, in Italia e all'estero, con relativo cospicuo esborso di denaro pubblico, sia oggi in possesso delle qualificazioni necessarie per utilizzare gli elicotteri S-64 e, comunque, risultano essere ad oggi in numero a malapena sufficiente per l'esercenza in proprio di un solo velivolo;
   il 6 marzo 2014 è stato pubblicato il bando di gara con procedura ristretta accelerata, con scadenza per la presentazione delle proposte fissato al 26 marzo 2014 e un prezzo base di 1,7 milioni di euro per la durata di 9 mesi, sino a dicembre 2014: tale bando prevede l'esercenza di soli due elicotteri S-64, di cui uno per la stagione antincendio e per attività di protezione civile e l'altro mantenuto come riserva del primo;
   in altre parole, stando alle informazioni in possesso degli interroganti e ai requisiti inserti nel bado di gara sopra citato, posto che questo abbia un esito positivo, vi saranno solo due elicotteri operativi per l'intera stagione antincendio, di cui uno gestito dal Corpo forestale dello Stato e uno dalla società European Air Crane;
   questo nonostante i precedenti contratti siglati con le società del gruppo Air-Crane abbiano previsto la formazione di piloti e tecnici, con elevati oneri a carico dello Stato;
   ad oggi, a fare le spese delle vicende intercorse tra la società European Air Crane e il Corpo forestale dello Stato sono stati i dipendenti della parte amministrativa della società stessa, che risultano ad oggi essere stati tutti licenziati, e i piloti e i tecnici, precedentemente avviati alla formazione e successivamente abbandonati, non consentendo a questi di conseguire o mantenere l'abilitazione necessaria, con un aggiuntivo sperpero di denaro pubblico;
   i velivoli americani Erickson S-64 derivano da elicotteri modello Sikorsky progettati nel corso degli anni cinquanta ed impiegati durante la guerra del Vietnam, per poi essere, successivamente, acquistati dalla società Erickson Air-Crane e riprogettati per un loro impiego nel settore antincendio: comportano, dunque, un elevato consumo di carburante e, conseguentemente, un elevato costo economico, così come molto costose risultano essere la manutenzione e la riparazione dei mezzi –:
   come intenda affrontare l'imminente inizio della stagione antincendio boschivo 2014;
   per quali motivi le società del gruppo Erickson Air-Crane non abbiamo provveduto a formare adeguatamente personale della pubblica amministrazione per la conduzione dei velivoli Erickson S-64;
   se non ritenga opportuno attivarsi per accertare, per le parti di propria competenza, l'elevato ammontare dei contratti siglati con le società del gruppo Erickson Air Crane;
   per quali ragioni si sia proceduto nel corso di tutti questi anni a firmare contratti per la gestione, la locazione e l'acquisto di velivoli Erickson S-64, tramite trattativa privata e se il Ministro non intenda verificare che tali procedure siano state effettuate conformemente a quanto disposto dalla legge in materia;
   a quanto ammonti la somma complessiva esatta pagata dalle pubbliche amministrazioni per la gestione, la locazione, l'acquisto di velivoli Erickson S-64 e per gli altri contratti siglati con le società del gruppo Erickson Air-Crane Inc. (4-04481)

  Risposta. — In relazione alle interrogazioni in esame, ho ritenuto opportuno trattarle congiuntamente in considerazione del medesimo argomento e significo quanto segue.
  Il Corpo forestale dello Stato nell'anno 2003 ha acquistato dalla società Erickson Air Crane Inc n. 4 elicotteri Erickson S64F ritenuti altamente efficaci per la lotta agli incendi boschivi.
  Il contratto prevedeva anche somme destinate alla formazione di piloti e specialisti per la gestione operativa e tecnica degli elicotteri, e difatti dal 2006 al 2008, il personale del Corpo forestale dello Stato ha effettuato i corsi formativi presso la sede della suddetta società. Il Corpo forestale dello Stato ha provveduto, dal 2003 al 2005, all'abilitazione di 12 piloti e 18 specialisti di elicottero ai sensi delle allora vigenti normative ENAC/EASA. Il primo dei quattro elicotteri S64F è stato consegnato a fine anno 2004 ed impiegato, quale unico elicottero operativo con piloti americani, nel mese di agosto dell'anno 2005 per la campagna AIB.
  L'elicottero Erickson S64F è un elicottero «
multi crew» e va quindi condotto da due piloti, uno dei quali comandante e l'altro copilota.
  Ciò posto, il Corpo Forestale dello Stato, dal 2006 al 2008, ha proseguito la formazione dei propri piloti allo scopo di fare ottenere la qualifica di comandante, ottenibile solo dopo aver effettuato almeno 400 ore di volo sulla macchina in qualità di copilota. Ed ancora, al fine di far acquisire una piena autonomia ai tecnici del Corpo forestale, è stata disposta anche per loro un'adeguata formazione.
  Nel predetto periodo le campagne AIB sono state quindi condotte con piloti comandanti americani e copiloti del Corpo forestale e la manutenzione è stata effettuata da tecnici del Corpo forestale dello Stato e americani.
  Tuttavia, a causa dei tagli di bilancio, il Corpo forestale dello Stato dal 2009 non dispone più delle risorse per la gestione degli elicotteri Erickson S64F, ed ha quindi provveduto a stipulare una convenzione con il dipartimento della protezione civile, affidando al citato dipartimento la gestione compieta dei quattro velivoli.
  Alla scadenza della suddetta convenzione (giugno 2013), in ottemperanza alla legge n. 100 del 2012, il predetto dipartimento ha riconsegnato gli elicotteri al Corpo forestale dello Stato, che ha quindi provveduto a richiedere al Ministero dell'economia e finanza i fondi necessari alla gestione dei suddetti mezzi.
  Però, la legge di stabilità del 2013 ha assegnato al Corpo forestale dello Stato solo parte della somma richiesta per la gestione dei quattro S64F allocando, sui pertinenti capitoli, 5 milioni di euro non sufficienti a rendere operativi tutti e quattro gli elicotteri.
  Pertanto, con tale ridotta disponibilità, il Corpo forestale dello Stato ha provveduto a bandire una gara europea per l'affidamento del servizio di esercenza di solo due elicotteri Erickson S64F, lasciando gli altri due in gestione al proprio personale.
  Per cui, la prossima campagna AIB vedrà impegnati due elicotteri Erickson S64F (uno esercìto dal Corpo forestale dello Stato ed uno dalla società EuropeanAir Crane) e due elicotteri di riserva a quelli operativi (uno esercìto dal Corpo forestale dello Stato ed uno dalla società EuropeanAir Crane).
  I contratti stipulati dal Corpo forestale dello Stato hanno importi derivanti da gare europee in linea con contratti aeronautici e per come previsto dalla normativa vigente sono soggetti al visto di controllo da parte della Corte dei conti.
  Preciso che le procedure amministrative esperite dal Corpo forestale dello Stato per l'acquisto dei quattro elicotteri Erickson S64F e per l'affidamento del relativo servizio di esercenza sono da ritenersi conformi alle normative vigenti all'epoca dell'acquisto e al codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006.
  Riguardo ai costi sostenuti dall'amministrazione per l'acquisto e la gestione degli elicotteri in esame preciso che, con il contratto stipulato il 25 luglio 2003, sono stati concordati euro 82.062.175.
  Di tale importo euro 57.062.175,00 sono stati destinati all'acquisto di 4 elicotteri S64F, mentre la restante somma è stata impiegata per il trasporto degli elicotteri dagli USA all'Italia, per l'acquisto di parti di ricambio, per l'esercizio e la gestione del triennio 2006-2008, e per la formazione di 12 piloti e di 14 specialisti.
  L'importo di euro 4.018.370,00 pattuito con il contratto dei 23 luglio 2013 è stato utilizzato per l'esercizio della campagna antincendio 2013.
  Infine, preciso che per l'anno in corso è previsto un contratto di importo pari a euro 4.000.000,00.

Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliMaurizio Martina.


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la notizia che il Comitato per l'ordine e la sicurezza della prefettura di Reggio Calabria ha ridotto drasticamente il livello di protezione da assicurare alla ex Parlamentare Maria Grazia Laganà, vedova di Francesco Fortugno, vice presidente del consiglio regionale della Calabria, assassinato a Locri, in modo vile e barbaro, il 16 ottobre 2005, in occasione delle primarie dell'Unione;
   l'esigenza di assicurare un'adeguata protezione alla vedova Fortugno era sorta già pochi mesi dopo l'omicidio del marito, omicidio ormai unanimemente conosciuto come delitto di matrice politico-mafiosa, allorquando le fu fatta pervenire una prima lettera minatoria contenente chiare ed evidenti minacce di morte;
   ma il clima di ansia e di preoccupazione attorno alla famiglia Fortugno diventò ancor più concreto ed evidente nell'ottobre del 2006, quando la malavita passò dalle parole ad atti più concreti e significativi. Successe, infatti, che una telefonata anonima informasse i Carabinieri di un messaggio depositato all'interno di una cabina telefonica, in cui si comunicava il collocamento di un ordigno in un cestino per la carta situato all'ingresso della direzione sanitaria dell'ospedale di Siderno, dove lavorava Domenico Fortugno, fratello di Francesco; pochi giorni dopo, veniva scoperto, presso l'ospedale di Locri, dove invece lavorava la vedova Fortugno, un altro ordigno, ancor più sofisticato e potente del primo, che parimenti veniva disattivato;
   le successive indagini portarono alla scoperta che a inviare il messaggio era stato un poliziotto, Francesco Chiefari, risultato tra l'altro in contatto con i servizi segreti, che fu poi condannato a 13 anni di carcere;
   il quadro di situazione che nel tempo si è delineato ha fatto trasparire, pertanto, che nel delitto Fortugno sono evidentemente implicati non soltanto elementi della malavita locale ma anche ambienti, personaggi e disegni più complessi e inquietanti;
   negli anni successivi, le minacce e le intimidazioni alla famiglia Fortugno non sono mai cessate e questo anche, e principalmente, perché la vedova ha iniziato fin da subito, dopo l'omicidio del marito, una determinata ed impegnativa attività finalizzata all'individuazione dei colpevoli e dei relativi mandanti, nonché, più in generale, alla lotta contro le organizzazioni mafiose ed il coinvolgimento nelle stesse di uomini delle istituzioni e delle organizzazioni civili;
   da poche settimane la dottoressa Maria Grazia Laganà, avendo cessato dal mandato di Parlamentare della Repubblica, è rientrata al lavoro nell'ambito dello stesso ospedale di Locri, dove era stato collocato l'ordigno;
   in un simile contesto risulta difficile trovare valide motivazioni che supportino la decisione del Comitato per l'ordine e la sicurezza di Reggio Calabria di ridurre il livello di protezione alla vedova Fortugno, da 2 a 4, al termine dei processi che hanno visto la Cassazione, da un lato, confermare l'ergastolo per l'esecutore materiale e per coloro che lo hanno supportato e aiutato, ma dall'altro, decidere di riavviare il processo di appello per il presunto mandante;
   va rimarcato, infine, che la riduzione del livello di protezione in questione è molto rilevante e soprattutto penalizzante ai fini della sicurezza in quanto si sostanzia nella cancellazione sia di entrambe le vetture blindate, sia di tre dei quattro agenti di scorta –:
   se vi siano, ed eventualmente quali siano, gli elementi di informazione, ovvero le motivazioni al momento non conosciute, ma in possesso del Comitato per l'ordine e la sicurezza, che portano a ritenere che il livello di pericolo per la ex parlamentare Maria Grazia Laganà sia diventato pressoché inesistente e quindi tale da ridurre pesantemente la sua protezione;
   se, alla luce di quanto sopra evidenziato, non sia il caso di riesaminare la questione, confermando il livello di protezione 2, oppure, nel caso di pressanti ristrettezze di risorse economiche, di personale e di mezzi, decidendo per una più limitata riduzione della sicurezza dal livello 2 al livello 3, mantenendo comunque sia l'auto blindata sia due agenti di scorta. (4-00493)

  Risposta. — In merito l'interrogazione in esame si rappresenta che le misure di protezione sono adottate a seguito di approfondite valutazioni sull'effettivo rischio personale sia in sede locale, con la proposta del prefetto sulla base delle risultanze della riunione tecnica di coordinamento delle Forze di polizia, sia in sede centrale dall'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis) per le definitive determinazioni.
  In particolare, la valutazione sull'effettivo livello di rischio è volta a verificare l'attualità o meno dell'esposizione al pericolo.
  In ogni caso, viene comunque effettuata una periodica e sistematica verifica del grado di personale esposizione al rischio, che costituisce un'ulteriore garanzia dell'effettiva necessità dei servizi di scorta.
  Peraltro, la materia è stata oggetto di alcuni correttivi, apportati dai decreti del Ministro dell'interno del 23 novembre 2011 e del 3 dicembre 2012, nella prospettiva di una razionalizzazione dell'uso delle scorte e del contenimento dei costi.
  Il caso segnalato dall'interrogante relativo alla sicurezza personale dell'ex parlamentare Maria Grazia Laganà, è seguito con attenzione dalla prefettura di Reggio Calabria in sede di coordinamento tecnico delle Forze di polizia.
  Attualmente la dottoressa Laganà è destinataria, su proposta delle prefetture di Roma e di Reggio Calabria, di un dispositivo diversamente articolato, ai sensi dell'articolo 11 del decreto ministeriale 28 maggio 2003, consistente nella misura di 3o livello «tutela su auto specializzata» nella regione Calabria che è integrata, nella sede di Reggio Calabria, da un servizio di vigilanza dinamica dedicata. Nel rimanente territorio nazionale la dottoressa Laganà fruisce della misura di 4o livello, «tutela su auto non protetta».
  Tale dispositivo è valido fino al 31 agosto 2014.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   PIAZZONI, NICCHI, AIELLO, COSTANTINO, MELILLA, PIRAS e RICCIATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il tasso di occupazione femminile in Italia, fotografato dai dati del Censis del 2012, è sensibilmente inferiore rispetto alla media europea, essendo pari al 46,7 per cento a fronte del 58,2 per cento dell'intera Unione;
   a determinare tale grave situazione di ostacolo all'ingresso e alla permanenza della popolazione femminile nel mercato del lavoro contribuisce in maniera rilevante la contrattazione atipica e l'assenza di servizi di supporto alla maternità, a seguito della quale, difficilmente è possibile per una donna tornare al precedente posto di lavoro;
   per provare ad arginare il fenomeno descritto, l'articolo 4 comma 24, lettera b) della legge n. 92 del 28 giugno 2012 (cosiddetto legge Fornero) ha previsto, in via sperimentale – per il triennio 2013-2105 –, un contributo statale alternativo al congedo parentale, per favorire al termine del periodo di congedo di maternità, il rientro al lavoro delle madri lavoratrici;
   il contributo in questione è costituito da un voucher spendibile per l'acquisto di servizi di baby-sitting, o per il pagamento dei servizi per l'infanzia pubblici o privati, di importo pari a 300 euro – secondo quanto stabilito dal Decreto del Ministro del Lavoro del 22 dicembre 2012 – per le dipendenti full time, erogabile per un periodo massimo di 6 mesi, pari a un valore complessivo di 1.800 euro per persona;
   a copertura dell'operazione, per il triennio sopra indicato, è previsto uno stanziamento annuo di 20 milioni di euro, capace di soddisfare, per l'anno 2013, una domanda di 11.111 contributi di importo pieno;
   la richiesta del contributo in questione doveva essere inoltrata in via telematica all'Inps nell'arco temporale compreso fra i giorni 2 e 11 luglio;
   in una intervista radiofonica rilasciata in data 4 luglio, il direttore centrale prestazioni a sostegno del reddito Inps, Sabatini Luca, affermava il successo della misura, essendo pervenute all'istituto oltre 3.000 richieste nei primi due giorni di apertura della procedura;
   allo scadere dei termini per la presentazione delle domande, ne venivano soddisfatte tuttavia solo 3.800 rispetto al potenziale sopra menzionato, non essendo chiaro inoltre il numero complessivo delle richieste pervenute e quante delle medesime siano state scartate per mancanza dei requisiti;
   considerando che l'attuazione della norma in questione della legge Fornero presentava già un aspetto di criticità, in quanto l'elenco degli asili pubblici e privati in cui spendere il contributo – predisposto mediante apposito bando dall'Inps – comprendeva solo 1.994 strutture sulle 8.200 tra pubbliche e private presenti in Italia;
   vanno considerati inoltre i rigidi termini e lo scarso tempo a disposizione per la presentazione delle domande, nonché la complessità delle procedure e la scarsa pubblicizzazione dell'iniziativa, essendo trascorso quasi un anno tra la sua istituzione e la predisposizione del bando, appare evidente che il mancato utilizzo di contributi a costo zero, soprattutto nell'attuale periodo di crisi economica, denoti il malfunzionamento delle procedure e delle modalità di erogazione della misura di welfare in questione –:
   quali iniziative intenda adottare per rendere efficienti le procedure e la fruibilità del contributo in esame, dati anche i finanziamenti già previsti per il 2014 e 2015 e come intenda utilizzare la quota stanziata e non spesa nell'annualità in corso. (4-01519)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si pone all'attenzione del Governo la questione concernente l'intervento introdotto, in via sperimentale, dall'articolo 4 della legge n. 92 del 2012, per consentire di beneficiare dei voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting ovvero per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati.
  Preliminarmente si rappresenta che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dopo aver valutato gli esiti del monitoraggio effettuato dall'INPS relativamente a tale intervento, ha ritenuto necessario avviare una revisione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo dei
voucher in parola.
  In particolare sono stati avviati congiuntamente all'INPS i necessari approfondimenti nella prospettiva di giungere ad una revisione del decreto ministeriale del 22 dicembre 2012 – che com’è noto disciplina in maniera dettagliata i predetti criteri – al fine si semplificare la fruizione dei benefici e, soprattutto, aumentare la platea dei beneficiari.
  Nello specifico, si sta valutando l'opportunità di aumentare l'importo del
voucher da 300 a 600 euro. Tale aumento sembra, infatti, compatibile con lo stanziamento finanziario disponibile e mira a rendere più conveniente tali voucher rispetto ai congedi parentali.
  Si rappresenta, inoltre, che, al fine di incrementare il numero delle beneficiarie, è stata avviata, un'interlocuzione con il dipartimento per la funzione pubblica allo scopo di estendere questi benefici anche alle lavoratrici del pubblico impiego. Le verifiche sin ora condotte lasciano prefigurare come realizzabile tale estensione e sono, pertanto, in fase di definizione le modalità d'attuazione di tale intervento.
  Inoltre, allo scopo di semplificare le modalità di fruizione dei benefici in parola si è ritenuto opportuno valutare la possibilità di apportare modifiche al decreto del 22 dicembre 2012 che vadano in tale direzione.
  In particolare si sta valutando la possibilità di prevedere che la domanda possa essere presentata entro il 31 dicembre di ciascun anno e non più, come previsto dal citato decreto, in un circoscritto lasso di tempo stabilito dall'INPS attraverso apposita circolare.
  Si sta valutando, inoltre, l'opportunità di erogare il beneficio in parola secondo l'ordine di presentazione della domanda e nei limiti delle disponibilità finanziaria e di abolire, pertanto, la redazione della graduatoria compilata sulla base dell'ISEE.
  L'ISEE, pertanto, cessa di essere un criterio di redazione della graduatoria e diviene, una volta individuata una soglia massima, un requisito essenziale per l'attribuzione del beneficio.
  Da ultimo, si rappresenta che si sta valutando la possibilità di avviare una capillare campagna informativa che dovrebbe condurre ad una maggiore diffusione di tali misure tra le potenziali beneficiarie. È allo studio, inoltre, la definizione di istruzioni operative più chiare e dettagliate.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiFranca Biondelli.


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i sindaci dell'Anglona e della bassa valle del Coghinas: Pietro Carbini di Santa Maria Coghinas, Stefano Ruiu di Sedini, Matteo Santoni di Castelsardo, Vittorio Ara di Viddalba e il vicesindaco di Valledoria Ettore Puttolu, hanno sottoposto all'interrogante nel corso di un incontro con i vertici dell'Arma dei carabinieri avvenuto nella compagnia dei carabinieri la totale e netta contrarietà a tale declassamento della stessa a tenenza;
   il declassamento costituirebbe una decisione grave perché metterebbe in ginocchio la tutela e la sicurezza di un'intera zona del sassarese;
   l'incontro dei sindaci del territorio con il capitano della compagnia Antonio Pinna e il tenente colonnello Antonio Fiorillo, promosso dal coordinatore del movimento Unidos dell'Anglona Giannetto Satta, è stata l'occasione per annunciare la mobilitazione del territorio e delle istituzioni;
   una chiusura-declassamento contrastata dall'intero territorio e che nessuno accetta per due motivi: il primo, non esiste nessuna ipotizzata chiusura di compagnie nel resto d'Italia e dall'altra perché da ottobre nel nuovo carcere di Sassari arriveranno i mafiosi del 41-bis e la sicurezza deve essere maggiormente tutelata e non, invece, ridimensionata proprio per scongiurare i pericoli di infiltrazioni mafiose in quest'area;
   è improponibile che tali possibili tagli siano avviati proprio dalla compagnia di Valledoria (presidio già esistente a Nulvi come tenenza, trasferito a Valledoria nel 1984 ed elevato a compagnia nel 1985) nel cui territorio, con circa 70 chilometri costieri di competenza non vi è nessun altro presidio di polizia;
   in questa vasta area non esistono né presidi di Guardia di finanza, né tantomeno di Polizia di Stato;
   i sindaci hanno chiesto di impedire questo declassamento che non comporterebbe nessun risparmio considerato che la compagnia e la tenenza continuerebbero a costare il medesimo canone annuo per la locazione dell'immobile, che, oltretutto, proprio per ospitare al meglio la compagnia, in questi giorni ha ottenuto dall'amministrazione comunale di Valledoria uno stanziamento di ben 400 mila euro;
   l'intero territorio si è dichiarato disposto a qualsiasi azione per scongiurare la chiusura della compagnia dei carabinieri di Valledoria;
   occorre valutare con attenzione le conseguenze che tale riorganizzazione avrebbe sul territorio, anche in virtù del crescente incremento di una fascia di popolazione con disagio economico sociale. Proprio per quest'ultima occorre assumere strumenti di controllo e di tutela adeguati a prevenire ogni possibile fattore di rischio;
   esiste un crescente disagio economico sociale, ormai diffuso e generalizzato, che verosimilmente ha determinato di recente un incremento dei furti e degli atti vandalici sia contro il patrimonio pubblico che privato;
   con tutta certezza il comune di Viddalba verrebbe sottoposto alla giurisdizione del presidio di Trinità d'Agultu che dipende a sua volta dalla compagnia dei carabinieri di Tempio Pausania;
   la compagnia di Valledoria fu istituita nel 1984 perché equidistante dai paesi dell'entroterra come Chiaramonti e Martis e vicino a tutte le località costiere da Punta Tramontana sino a Vignola;
   nel 1985 il comando venne elevato a compagnia, ha sette stazioni e opera come unico presidio delle forze dell'ordine in un'area geografica di 80 chilometri quadrati che include dodici comuni e 27 frazioni dislocate sul territorio –:
   se non ritenga di dover salvaguardare la compagnia di Valledoria, revocando la procedura di declassamento con particolare riferimento alle nuove intervenute condizioni relative alla destinazione nella provincia di Sassari di un numero rilevantissimo di detenuti in regime di 41-bis;
   se non ritenga di dover dare risposte immediate e compiute a sindaci dell'Anglona per garantire il mantenimento della compagnia dei carabinieri di Valledoria. (4-01944)

  Risposta. — La compagnia carabinieri di Valledoria è stata, lo scorso mese di marzo, riconfigurata in tenenza e le restanti stazioni diversamente collocate.
  L'adozione di tale provvedimento da parte dell'Arma dei carabinieri risponde all'esigenza di razionalizzazione del dispositivo territoriale dell'Arma con particolare attenzione alle strutture logistiche, amministrative e di comando, continuando comunque a:
   garantire, nel territorio di competenza, la presenza e l'operatività dell'Arma dei carabinieri con un assetto in grado di esprimere un'attività di vigilanza continuativa nell'arco delle 24 ore, accompagnata da una qualificata azione investigativa;
   assicurare un rapporto carabinieri/abitanti pari a 1/406, di gran lunga più favorevole rispetto al dato provinciale (1/501) e nazionale (1/798);
   consentire una distribuzione bilanciata e omogenea sia delle stazioni carabinieri operanti nell'area che dei rispettivi carichi operativi, tra le confinanti compagnie di Porto Torres, Sassari e Tempio Pausania;
   conferire all'intero dispositivo una ripartizione equilibrata del territorio e della popolazione residente, tenendo soprattutto conto delle condizioni dell'ordine e della sicurezza pubblica locali.

  Per il perseguimento di tale obiettivo, l'Arma:
   potenzia i reparti preposti alle investigazioni e valorizza le capacità operative dell'organizzazione territoriale, con specifico riferimento alle stazioni e alle tenenze carabinieri, che restano tra le più concrete e immediate espressioni di vicinanza ai cittadini;
   sottopone a sistematici adeguamenti la distribuzione dei presidi sul territorio, attraverso un'analisi che tiene conto di parametri riferiti alla popolazione, alla delittuosità, agli aspetti di carattere infrastrutturale/logistico e alla mobilità, in piena sintonia con le altre forze di polizia e d'intesa con gli orientamenti dei prefetti.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   PISICCHIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il territorio del Gargano, com’è noto, rappresenta un'oasi naturalistica di rara bellezza ed uno dei punti di forza di una regione, quella pugliese, che trova nel turismo una voce rilevantissima per la sua economia, felicemente in controtendenza rispetto al quadro di difficoltà in cui versa l'intero Paese;
   in particolare nell'area della Capitanata provata in modo profondo dalla crisi anche nel tradizionale comparto dell'agricoltura, il turismo insieme con l'enogastronomia, potrebbe rappresentare davvero una voce fondamentale per la prospettiva di ripresa, assecondando una vocazione del territorio forte e antica;
   fin dagli anni sessanta, infatti, il Gargano ha rappresentato con il suo mare, le sue bellezze naturali, le sue suggestioni, una meta del turismo internazionale grazie anche alla allocazione di importanti insediamenti alberghieri, e questo nonostante la difficoltà logistica derivante da collegamenti difficili e da una viabilità impervia;
   più recentemente la permanenza nella difficoltà dei collegamenti via terra, legati anche alla particolare conformazione orografica del territorio che peraltro è elemento costitutivo della sua bellezza naturalistica, insieme con lo sviluppo delle linee di collegamento via mare e via elicottero con le isole Tremiti, hanno concorso a deprimere le possibilità dell'area garganica, fino a configurarla quasi come un'appendice delle isole adriatiche dal punto di vista turistico;
   un sensibile miglioramento dell'economia legata ai flussi turistici nell'area sarebbe sicuramente promossa, come sottolineano i sindaci delle città garganiche, da un collegamento aereo che potrebbe rappresentare, soprattutto nei mesi estivi, ma anche in altre stagioni, considerati i considerevoli flussi di turismo religioso legati al culto di S. Pio, nella vicina San Giovanni Rotondo, un tonico straordinario per il territorio;
   l'indicazione dei sindaci garganici volta all'utilizzo di uno scalo già operativo, fa riferimento all'aeroporto militare di Amendola, a nord del capoluogo daino, che potrebbe rappresentare lo scalo di riferimento per tutta l'area;
   esempi di utilizzo di scali militari per scopi civili, sono diversi nella storia aeroportuale del territorio italiano: Ciampino è uno di questi, scalo oggi privilegiato da voli charter e compagnie low cost. Un altro importante esempio è rappresentato da Pisa che, peraltro, non ha perso il suo status militare privilegiato di Main Operative Base, pur facendo registrare un imponente traffico civile pari a 4 milioni di passeggeri annui –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere per consentire attraverso la disponibilità dello scalo di Amendola per uso civile, favorendo lo sviluppo turistico del territorio garganico. (4-00941)

  Risposta. — In risposta a quanto richiesto si partecipa che il Dicastero, facendosi interprete delle numerose sollecitazioni delle realtà istituzionali e sociali, ha assicurato, con particolare riferimento all'area della Capitanata, il proprio impegno per un approfondimento relativo all'ipotetico utilizzo dell'Aeroporto militare di Amendola per l'aviazione commerciale.
  Ciò nella prospettiva di offrire adeguate opportunità imprenditoriali, legate ad un possibile incremento dei flussi turistici stagionali della zona, e contribuire ad un più generale rilancio economico dell'intero territorio della provincia di Foggia e dell'area del Gargano.
  A tal fine, l'Aeronautica militare ha effettuato uno studio tecnico di fattibilità per valutare, da un punto di vista tecnico- operativo, le esigenze, limitazioni, criticità e possibilità per un impiego sperimentale dello scalo militare sede del 32o Stormo.
  Al termine del citato studio, nel confermare l'iniziativa del Ministro
pro-tempore, il Dicastero pur ribadendo la connotazione strategica del sedime, renderà eventualmente disponibili le infrastrutture militari a disposizione delle comunità interessate, affinché esse possano adoperarsi per la valorizzazione del territorio su di un piano di carattere strategico, economico, sociale, commerciale.
  In particolare l'utilizzo dello scalo militare potrà essere attuato, in via sperimentale e secondo procedure e accordi specifici tra le realtà aeronautiche civili e militari, in attesa dell'avvio del potenziamento ed adeguamento strutturale dell'aeroporto foggiano «Gino Lisa».
  In tal senso, si è disponibili ad appoggiare l'ipotesi di un tavolo di confronto sulla proposta, che veda coinvolti il Ministero delle infrastrutture e trasporti, la regione Puglia, gli aeroporti di Puglia, l'ENAC e l'ENAV.
  Spetterà quindi alla regione Puglia, insieme agli enti locali, al Governo e agli enti interessati, individuare vettori disponibili ad utilizzare sperimentalmente l'aeroporto di Amendola e testare la domanda turistica locale.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   REALACCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, nell'ambito del programma di interventi volti al restauro, alla valorizzazione e alla fruizione del complesso monumentale dell'Auditorium dell'imperatore Adriano, ha bandito sulla G.U.R.I. n. 129 del 4 novembre 2013, con scadenza 4 gennaio 2014, un concorso di idee finalizzato all'acquisizione di una proposta ideativa per la successiva progettazione definitiva ed esecutiva relativa alla «copertura dell'Auditorium dell'imperatore Adriano in piazza Madonna di Loreto», adiacente a piazza Venezia, di estensione pari a metri quadrati 790, la cui valutazione economica deve rientrare nel limite vincolante di spesa di un milione di euro;
   nel quadro degli interventi in programma per la valorizzazione dell'Auditorium di Adriano, il detto concorso si pone l'obiettivo di rendere fruibile dall'esterno il monumento attraverso coperture trasparenti, atte a proteggere le strutture antiche consentendone anche idonee condizioni microclimatiche e inserendo gli elementi di copertura nell'ambito della piazza Madonna di Loreto e del più ampio contesto di piazza Venezia;
   il predetto bando di concorso aveva come termine di presentazione degli elaborati la scadenza 4 gennaio 2014 e risulta essere molto vago sulla composizione della commissione, definendo soltanto numero e ruolo dei commissari e non chiarisce i tempi per l'aggiudicazione del vincitore;
   il 25 febbraio 2014 la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma con un mero avviso, reperibile al link http://archeoroma.beniculturali.it, ha sospeso, «nelle more dell'approfondimento e delle valutazioni in merito ad alcune questioni postesi relativamente alla composizione della Commissione di Gara» la sopraddetta procedura di gara «fino a nuova disposizione»;
   tale procedura di bando e successiva sospensione, peraltro senza indicare uno spazio temporale certo per avere notizie dello stesso, appare all'interrogante alquanto anomala. Peraltro, ad opinione dell'interrogante, anche sulla scorta di quanto proposto dal medesimo con l'A.C. 916 «Norme per la consultazione e la partecipazione in materia di localizzazione e realizzazione di opere pubbliche», non risulta possibile con un bando così descritto certificare l'insussistenza delle condizioni di incompatibilità previste dall'articolo 6, comma 1, del bando: «... non è altresì ammessa la partecipazione a: i componenti della Commissione, i loro coniugi e i loro parenti e affini fino al III grado compreso»), se non se non si conoscono i nomi dei commissari. Paradossalmente – trattandosi di concorso anonimo – potrebbe verificarsi che il progetto vincitore venga alla fine escluso perché uno dei progettisti o consulenti è, ad esempio, anche a sua insaputa, un lontano parente di un membro della commissione insediatasi successivamente alla consegna –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e quali iniziative urgenti, anche per tramite degli uffici territorialmente competenti quali la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e del Lazio, intenda mettere in campo affinché si abbia notizia del predetto bando e se non ritenga utile chiarire le ragioni e i tempi della citata sospensione affinché si proceda alla gara e simili episodi non debbano più verificarsi.
(4-04271)

  Risposta. — Come ben noto all'interrogante, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica in data 4 novembre 2013, il bando relativo al concorso di idee, in un unico grado con procedura aperta e in forma anonima, per la copertura dell'auditorium dell'imperatore Adriano in piazza Madonna di Loreto, in Roma.
  Al concorso sono stati ammessi architetti e ingegneri, anche in raggruppamenti comprendenti consulenti e specialisti.
  Il concorso di idee è finalizzato all'acquisizione di una proposta ideativa per la successiva progettazione definitiva ed esecutiva relativa alla copertura dei resti dell'auditorium, di estensione pari a 790 metri quadrati, rientrante nel limite vincolante di spesa di un milione di euro.
  È prevista l'attribuzione di un premio di 10.000 euro al progetto primo classificato nella graduatoria di merito, redatta dalla commissione giudicatrice.
  La procedura è regolamentata dalle disposizioni contenute negli articoli dal numero 99 al numero 110 del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.» (di seguito Codice), specificatamente dedicati ai concorsi di progettazione.
  In particolare, l'articolo 106 del codice stabilisce che alla commissione giudicatrice si applicano le disposizioni di cui all'articolo 84 del codice stesso, nei limiti di compatibilità.
  Per il richiamato articolo 84, e in particolare per il comma 10, la nomina dei commissari e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte.
  Il bando, pertanto, all'articolo 14, si limitava a disporre che: «al fine di individuare e selezionare le idee progettuali, è istituita apposita commissione giudicatrice composta da cinque membri di cui uno con funzioni di presidente e un membro supplente.
  I membri saranno individuati dall'Amministrazione banditrice come segue: 1 dirigente archeologo che avrà funzioni di presidente; 1 dirigente architetto; 1 funzionario/dirigente della Sovrintendenza beni culturali di Roma Capitale; 1 funzionario della Direzione Generale Antichità del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo; 1 funzionario della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio-MiBAC.
  I nominativi della Commissione saranno resi pubblici successivamente alla scadenza del termine di consegna degli elaborati ai sensi dell'articolo 84 del decreto legislativo n. 163 del 2006 ss.mm.ii. sul sito
internet della Soprintendenza Speciale per i beni archeologici di Roma».
  Successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione al concorso di idee, in fase di definizione della commissione aggiudicatrice, sono emerse perplessità in ordine alla individuazione dei componenti, in quanto la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio e la direzione generale per le antichità, interpellate per la designazione dei membri di loro competenza, hanno indicato gli stessi titolari dell'ufficio; nel contempo come dirigente architetto è stato indicato il titolare della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Ministero, competente per il comune di Roma.
  La soprintendenza banditrice ha allora ritenuto che le suddette designazioni fossero suscettibili di dar luogo a un duplice ordine di problemi, con potenziali effetti negativi sulla regolarità del successivo procedimento.
  Il primo ordine di problemi concerne l'indicazione di figure dirigenziali in luogo di funzionari.
  La seconda questione discende dalla disposizione contenuta nel comma 4 dell'articolo 84 del Codice, secondo la quale: «I commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta».
  Nel caso specifico, il titolare della direzione generale per le antichità esercita per regolamento la sorveglianza gerarchica sulla soprintendenza speciale, che è la stazione appaltante, mentre i titolari rispettivamente della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici e della direzione regionale, una volta dismesso il loro ruolo di commissari, dovranno successivamente valutare la compatibilità del progetto vincente sul piano architettonico e ambientale. Tutto ciò sembrerebbe porre tali designazioni in contrasto con la norma del Codice sopra richiamata.
  Per quanto sopra esposto, e in via preventiva, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma ha ritenuto opportuno rivolgere all'avvocatura dello Stato uno specifico quesito, relativo alla conformità delle designazioni ricevute sia rispetto alle disposizioni del bando, in quanto
lex specialis, che all'articolo 84 del codice, al fine di non incorrere in violazioni della normativa che si configurerebbero quale vizio demolitorio dell'intera procedura che è, invece, interesse di questa Amministrazione condurre e concludere con la massima celerità e regolarità possibili. Inoltre, in attesa del parere dell'avvocatura, la soprintendenza ha sospeso la procedura, con il noto avviso del 25 febbraio 2014.
  Il parere dell'avvocatura, pervenuto all'Amministrazione il 1o agosto, richiama in primo luogo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia di bandi di concorso, secondo la quale «Il bando, costituendo la
lex specialis del concorso indetto per l'accesso al pubblico impiego, deve essere interpretato in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l'operato dell'Amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità».
  Con riferimento al bando in questione, l'avvocatura osserva che appare «aderente alla previsione del bando la nomina soli funzionari e non dirigenti della Direzione Generale Antichità del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio-MiBAC, tanto più che la qualifica dirigenziale non necessariamente postula quella di funzionario.» (sottolineature e neretto nell'originale).
  Tali considerazioni – prosegue l'avvocatura – valgono «a maggior ragione ... in relazione alla circostanza che due dei nominati rivestono funzioni apicali nei relativi uffici. Detta circostanza potrebbe, infatti, ingenerare problematiche in ordine alla successiva attività amministrativa» alla luce di quanto disposto dall'articolo 84, comma 4, del decreto legislativo n. 163 del 2006 esattamente richiamato dalla soprintendenza.
  Alla luce del parere reso dall'avvocatura, e nella piena consapevolezza del disagio determinato fra i concorrenti e nell'opinione pubblica dal lungo tempo trascorso dall'avvio della procedura, questa Amministrazione procederà quindi con la massima celerità alla costituzione della commissione giudicatrice in conformità a quanto indicato nel parere stesso.

Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismoDario Franceschini.


   RIZZETTO, BALDASSARRE, CIPRINI, ROSTELLATO, BECHIS e COMINARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 23 novembre 2013 la testata giornalistica Messaggero Veneto ha pubblicato un articolo sull'indagine svolta dall'Associazione artigiani e piccole imprese Mestre Cgia dalla quale emerge la grave perdita di posti di lavoro che hanno registrato le piccole imprese del Friuli Venezia Giulia nell'ultimo decennio;
   stando ai dati resi noti dalla Cgia di Mestre, tra il 2001 e il 2011 le piccole imprese del Friuli Venezia Giulia hanno perso complessivamente 13.382 posti di lavoro, con un saldo negativo pari al –5,4 per cento, che appare in tutta la sua gravità se paragonato alla variazione percentuale nazionale (+4,3 per cento) e a quella del Triveneto (+0,6 per cento), appena in positivo, non già per le performance di Veneto (+1,1 per cento) e Trentino (+12,4 per cento), ma per effetto del risultato negativo registrato dal Friuli Venezia Giulia, all'ultimo posto tra le regioni d'Italia;
   tale dato appare ancora più allarmante considerando che nel resto d'Italia quasi tutte le regioni hanno registrato l'incremento del numero di posti di lavoro nelle piccole realtà produttive, a riguardo, il 64,3 per cento degli oltre 711.000 nuovi posti di lavoro, tra il 2001 e il 2011, sono provenienti dalle piccole imprese, che rappresentano il 99,5 per cento del totale delle aziende italiane;
   sui motivi per i quali la positiva dinamica in termini occupazionali non abbia investito il Friuli Venezia Giulia si sono espresse le associazioni di categoria, in particolare, la direttrice di Confapi afferma che la grave perdita di posti di lavoro che ha colpito il Friuli Venezia Giulia dipende dal massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali (incompatibili con nuove assunzioni), dall'intenso fenomeno della delocalizzazione e dalla cessazione di attività in settori come legno-arredo e industria delle costruzioni;
   per il presidente di Confartigianato Friuli Venezia Giulia, la gravosa perdita dell'occupazione dipende dalla sfiducia degli imprenditori che adottano manovre aziendali, che per prevenire epiloghi ancora più negativi, conducono al «sacrificio» di posti di lavoro –:
   quali azioni intendano intraprendere i Ministri al fine fronteggiare la grave crisi occupazionale che ha colpito le piccole imprese del Friuli Venezia Giulia e tutelare i posti di lavoro di una regione di confine che è svantaggiata, soprattutto, dalla delocalizzazione nei territori adiacenti;
   se i Ministri intendano promuovere iniziative economico-finanziarie ad hoc per le imprese che, come il Friuli Venezia Giulia, operano in territorio di confine, individuando un piano di rilancio volto a salvaguardare i livelli occupazionali preservando la produttività. (4-02695)

  Risposta. — In risposta a quanto sollevato nell'interrogazione in esame, si rileva, per quanto di competenza, che il Ministero dello sviluppo economico sta seguendo con attenzione la delicata situazione che il Friuli Venezia Giulia sta fronteggiando, anche tramite diversi tavoli di confronto che stanno coinvolgendo alcune aziende del territorio in questione.
  Si segnala, tuttavia, che in ragione dell'ampia portata della crisi economica, le iniziative a sostegno del rilancio economico e occupazionale non possono riguardare esclusivamente il territorio regionale. Si assicura, tuttavia, la disponibilità a collaborare con gli enti territoriali per affrontare la questione sollevata dall'onorevole interrogante e, laddove richiesto dalle parti, a convocare tavoli di confronto per specifiche problematiche, come già si sta facendo.
  Per quanto riguarda, invece, gli interventi volti a rilanciare l'intero Paese in termini di politica industriale e competitività, si segnala che risulta necessario elaborare
policy mirate, di promozione di grandi progetti di innovazione anche di dimensione europea e di stimolo attraverso la domanda pubblica innovativa. Il modello di sviluppo del sistema produttivo che si intende promuovere è fondato sulla conoscenza, ricerca, sviluppo di prodotto, processi, sistemi e servizi. Si registra però anche l'esigenza di affiancare queste politiche con politiche finalizzate a specializzare, sostenere ed amplificare gli effetti dello sviluppo industriale sul territorio per evitare forti perdite occupazionali e per poter riassorbire nel breve e medio termine le fuoriuscite di occupati a bassa e media con l'incremento di lavoratori, qualificati, impegnati in attività ad alto valore aggiunto.

  Alcune misure sono già in corso:
   nell'ultimo anno e stata finanziata la nuova «legge Sabatini», per il periodo 2014-2016) un credito agevolato destinato a tutte le piccole e medie imprese per acquisti di beni tecnologici (impianti, macchinari a vocazione produttiva, beni strumentali di impresa, investimenti per
hardware, software e tecnologie digitali);
   lo strumento del credito d'imposta per le imprese e reti d'impresa che affidano attività di ricerca e sviluppo a università, enti pubblici di ricerca o organismi di ricerca, ovvero che realizzano direttamente investimenti in ricerca e sviluppo, inserito nella legge di stabilità 2013 (commi 95-97 dell'articolo 1, legge n. 228 del 2012). Si evidenzia tuttavia che tale misura prevede l'istituzione di un fondo
ad hoc presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale spetta, ai sensi delle stesse norme, il compito di definirne la gestione e l'operatività. Il Ministero dello sviluppo economico è invece chiamato solo in fase di concerto, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze;
   a fine settembre è stato pubblicato un bando del fondo per la crescita sostenibile, finanziato con 300 milioni di euro per investimenti innovativi. Opererà sostenendo progetti di ricerca e sviluppo di piccola e media dimensione nei settori tecnologici individuati da «
Horizon 2020»;
   l'attivazione del credito d'imposta per l'assunzione di alte professionalità (previsto all'articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012) mira a favorire il rilancio della competitività. La misura intende agevolare l'occupazione stabile di personale altamente qualificato, contribuendo così all'innalzamento degli investimenti in ricerca e sviluppo e innovazione da parte del sistema produttivo. È destinato a tutte le imprese, indistintamente dalle dimensioni, per un massimo di 200.000 euro a impresa, che possono detrarre il 35 per cento dei costi sostenuti per le relative assunzioni di personale. Il decreto attuativo 23 ottobre 2013, che dispone le modalità di fruizione del credito d'imposta, è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale Repubblica italiana 21 gennaio 2014, n. 16 ed a breve sarà operativa la piattaforma informatica che consentirà di prenotare il beneficio;
   il decreto-legge destinazione Italia ha istituito un credito d'imposta incrementale (articolo 3, decreto-legge 145 del 2013). La norma prevede l'introduzione di un credito d'imposta in favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo. Il beneficio, subordinato alla preventiva approvazione della Commissione europea, spetta nel limite massimo complessivo di euro 600 milioni per il triennio 2014-2016. Le risorse finanziarie sono individuate a valere sulla proposta nazionale relativa alla programmazione 2014-2016 dei fondi strutturali comunitari. Il credito d'imposta è determinato in misura corrispondente al 50 per cento delle spese sostenute (valore minimo dell'investimento agevolabile pari a 50.000 euro) e spetta per un ammontare non superiore a 2,5 milioni annui per ciascuna impresa beneficiaria. Il beneficio spetta per le spese sostenute nel periodo compreso tra quello indicato dal decreto ministeriale di attuazione (che stabilirà la decorrenza) fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016. Le modalità operative e la decorrenza sono da definire con apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che sarà emanato a seguito dell'adozione del programma operativo nazionale di riferimento;
   la legge di stabilità 2014 prevede una dotazione finanziaria di euro 100.000.000 di euro a valere sulle disponibilità del fondo di garanzia destinata alla concessione di garanzie a copertura delle prime perdite su portafogli di un insieme di progetti, di ammontare minimo pari a euro 500.000.000, costituiti da finanziamenti concessi dalla Banca europea per gli investimenti (Bei), direttamente o attraverso banche e intermediari finanziari, per la realizzazione di grandi progetti per la ricerca e l'innovazione industriale posti in essere da imprese di qualsiasi dimensione, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, alle reti di imprese e ai raggruppamenti di imprese individuati sulla base di uno specifico accordo-quadro di collaborazione tra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca europea degli investimenti;
   in destinazione Italia, inoltre, si prevede la concessione di contributi a fondo perduto nella forma di «
voucher» fino al 60 per cento del costo del servizio. Tale contributo potrà essere speso presso soggetti erogatori di servizi qualificati e connessi ad attività di R&S, sviluppo di nuovi prodotti-processi-servizi, consulenza legale per la tutela della proprietà intellettuale, sperimentazione di nuove tecnologie, consulenza manageriale per l'innovazione strategica, organizzativa e commerciale. È previsto anche un sistema analogo per l'acquisto di servizi per l'internazionalizzazione delle imprese: «business scouting» sui mercati esteri, indagini di mercato, ricerca potenziali partner esterni, costruzione di appositi siti web per i mercati internazionali, assistenza sui mercati esteri connessa alle questioni legali, doganali e fiscali, consulenza per la partecipazione a gare, consulenza in tema di proprietà intellettuale, eventi promozionali e di comunicazione, missioni di incoming.

Azioni intraprese a livello comunitario.

  L'agenda di politica industriale interna si interseca inevitabilmente alle azioni intraprese a livello comunitario. L'esempio più lampante di tali stretti e necessari collegamenti tra il livello nazionale e quello europeo è rappresentato dalla definizione della Strategia nazionale per la ricerca e l'innovazione, precondizione per l'accesso al programma «Horizon 2020», che orienterà i fondi tematici europei per la ricerca nel prossimo settennio, dove sono disponibili, nel pilastro «Industrial Leadership», 17 miliardi di euro per progetti mirati alla applicazione della ricerca, nelle fasi di sviluppo delle tecnologie più prossime al mercato.
  Per favorire la massima partecipazione di imprese ed enti di ricerca italiani ai bandi europei e indirizzare altresì i fondi strutturali per l'innovazione allo realizzazione di specializzazioni intelligenti nei territori regionali, il Ministero dello sviluppo economico, in coordinamento con il Ministero dell'istruzione, l'università e la Ricerca, sta definendo la citata strategia nazionale per la ricerca e innovazione al fine di attivare azioni e misure in linea con i principi e gli indirizzi formulati dall'Unione europea, anche nel programma «Horizon 2020». La strategia nazionale di ricerca e innovazione intende inoltre fornire una risposta concreta alla condizionalità ex ante richiesta dalla Commissione europea ai fini dell'accesso alla prossima programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali.
  La strategia nazionale costituisce il quadro di riferimento per l'identificazione delle priorità da realizzare da parte delle amministrazioni centrali e per l'attuazione delle politiche territoriali delle regioni. L'obiettivo è evitare azioni frammentate e non coordinate, duplicazioni di attività sui singoli territori con conseguente spreco di risorse.
  Le attività di ricerca e innovazione e lo sviluppo del capitale umano, attraverso l'utilizzo e la diffusione delle tecnologie industriali d'interesse strategico nazionale (KETs), sono la precondizione e l'asse portante per la realizzazione ed il successo della strategia.
  Sulla base di queste priorità, verranno definiti interventi puntuali finalizzati allo sviluppo sostenibile, all'incremento della produttività e competitività del sistema produttivo, alla ricerca applicata e all'innovazione industriale delle imprese.
  La necessità di tale azione è emersa a valle del «patto per la crescita e l'occupazione», convenuto dai capi di Stato e di Governo al Consiglio europeo di giugno 2012, che contempla numerose misure per aiutare l'Europa a superare la crisi economica e finanziaria e dare impulso a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, efficiente sotto il profilo delle risorse e creatrice di occupazione. A un anno di distanza dalla stipula del patto per la crescita, molti Stati membri hanno richiesto che a questo sia affiancato un patto per l'industria
(industrial compact) che completi quello per il lavoro e che garantisca il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Tale patto dovrebbe essere disegnato per allineare l'industria ai cambiamenti strutturali garantendo al contempo il rafforzamento della governance europea in materia di politica industriale.
  Riguardo agli interventi di reindustrializzazione, si rammenta che in data 30 gennaio 2014 il Mise, unitamente con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e trasporti, il Ministero della coesione territoriale, il Ministero del lavoro, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste, il comune di Trieste, e l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, hanno firmato l'accordo di programma per la disciplina degli interventi per la riqualificazione delle attività industriali e portuali e del recupero ambientale nella «area di crisi industriale complessa di Trieste».
  La tesi di fondo è che solo attraverso il rafforzamento dell'industria manifatturiera si può rilanciare la crescita economica e l'occupazione in Europa. Un rafforzamento da attuare nel breve termine attraverso misure concrete e incisive finalizzate alla diversificazione dei settori produttivi, all'eliminazione di elementi di criticità che frenano la produzione, come la bolletta energetica e il differente costo del lavoro, e a favorire maggiori investimenti in ricerca e sviluppo. I Ministri UE hanno concordato sulla necessità che per restituire all'industria un ruolo di rilevanza non basta puntare sull'innalzamento dei differenziali competitivi tra le diverse economie ma è necessario disegnare nuovi modelli in cui una quota crescente di valore aggiunto è prodotta dalla ricerca e da sistemi ad essa connessi. Un
focus particolare sull'energia affinché possa diventare a sua volta driver di sviluppo e di rilancio: un'energia più competitiva e sostenibile sarà pertanto una delle questioni su cui i ministri presenti si sono impegnati maggiormente a battersi in sede europea.
  Relativamente ad alcuni specifici «tavoli di crisi», si accenna a quelli sull'Electrolux e sulla Lucchini. A proposito del primo, il 18 giugno 2014 si è tenuto un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, con la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni Friuli Venezia Giulia, Lombardia ed Emilia Romagna. In tale sede è stato esposto il piano d'investimento, così come perfezionato dopo la firma dell'accordo del 15 maggio 2014 a Palazzo Chigi.
  Nel corso dell'incontro la società ha confermato l'intenzione d'intensificare l'attività di ricerca e sviluppo nell'arco temporale 2014-2017, al fine di garantire all'azienda un rilancio competitivo; ad Electrolux, nell'ambito della normativa in vigore, potrebbe essere concesso un finanziamento agevolato pari a circa la metà dell'investimento in attività di ricerca e sviluppo, al tasso agevolato dello 0,8 per cento con rientro in otto anni.
  Al fine di adottare più consistenti misure di supporto è necessario il contributo delle regioni in cui si trovano gli stabilimenti in questione, regioni che hanno manifestato la disponibilità a contribuire in quota parte al progetto d'investimento, come previsto dal citato accordo del 15 maggio, salvo verifica dello strumento tecnico più idoneo a garantire l'adeguato intervento regionale.
  Il via libera dei Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e finanze alla decontribuzione dei contratti di solidarietà per Electrolux è un'ulteriore testimonianza dell'interesse del Governo nei confronti di un'azienda chiave del nostro tessuto produttivo, nell'ottica di sostenere in ogni modo l'economia e l'occupazione sul nostro territorio.
  In data 13 marzo 2014 tale accordo è stato sottoscritto anche dall'autorità portuale di Trieste. L'accordo ha per oggetto la definizione di una complessiva ed unitaria manovra d'intervento sull'area tramite l'attuazione di un «progetto di messa in sicurezza, riconversione e riqualificazione», articolato in due assi di intervento.
  Il primo asse affronta i problemi relativi agli interventi ambientali e infrastrutturali necessari a consentire la prosecuzione delle attività industriali nel sito, accompagnata da un'azione di riqualificazione che consentirà di offrire soluzioni alla crisi industriale emersa nell'ambito della gestione commissariale della ex Lucchini. Per questa prima fase si attiva, in particolare, lo strumento previsto dell'articolo 252-
bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, considerato che l'intera area ricade nel perimetro del sito inquinato di interesse nazionale (SIN) di Trieste. In questa fase sono previsti interventi specifici di bonifica del sito inquinato, rimozione e smaltimento dei rifiuti, messa in sicurezza operativa del suolo e realizzazione delle relative opere infrastrutturali, nonché interventi di adeguamento degli impianti siderurgici alle norme ambientali necessari per assicurarne la continuità produttiva.
  Il secondo asse riguarda un'azione di reindustrializzazione, rivitalizzazione del tessuto imprenditoriale e reimpiego delle maestranze in esubero, finalizzata all'allargamento e alla diversificazione della base produttiva, con una riconversione anche parziale dell'area affidata agli strumenti per l'intervento sulle crisi industriali complesse disponibili su base nazionale, mentre per il reimpiego dei lavoratori si ricorre a strumenti d'intervento regionali.
  In data 28 marzo 2014 è stata avviata la procedura di cessione del Complesso aziendale (Lucchini) di Trieste. I sottoscrittori dell'accordo stanno procedendo all'adozione delle misure necessarie per sciogliere ogni criticità.

Il Viceministro dello sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   RIZZO, LOREFICE, GRILLO, VILLAROSA, DE ROSA e CURRÒ. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   forte apprensione sta suscitando nella comunità di Vizzini (Catania) la decisione di sopprimere il 2° gruppo rifornimenti Area Sicilia di stanza nella cittadina siciliana. Si teme infatti la perdita di decine di posti di lavoro nel personale militare e civile e più in generale nell'indotto di una realtà economica già oggi pesantemente depressa;
   nell'aprile del 2008 il deposito è stato declassato ad articolazione esterna del deposito centrale di Orte, in ottemperanza al decreto di chiusura, prendendo il nome di 2° gruppo rifornimenti area Sicilia. La soppressione di vari reparti e la riduzione drastica del personale ha portato alla situazione odierna, nella quale si prevede la chiusura a breve e il trasferimento dei compiti al deposito di Sigonella, costruito a ridosso della strada statale Catania-Gela, a poca distanza dalla base aerea, molto più piccolo e meno capiente, posto in pianura, a fianco del fiume Gornalunga, in zona soggetta a frequenti allagamenti;
   c’è da mettere in conto i costi del trasferimento del materiale e del personale, nonché i disagi che il personale stesso dovrà affrontare per raggiungere le nuove sedi di destinazione, dopo anni di residenza in luogo;
   contro la soppressione del deposito sussidiario di Vizzini si era pronunciata nel luglio 2005 la Commissione difesa della Camera che in sede di parere sul decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 464, recante riforma strutturale delle Forze armate, si erano espresse «in modo da escludere, la soppressione del deposito sussidiario di Vizzini» –:
   se il Governo non ritenga di rivedere la decisione di chiudere il 2° gruppo rifornimenti area Sicilia di stanza a Vizzini Scalo, sia per il valore strategico che esso rappresenta nel dispositivo del sistema difensivo italiano, sia per la negativa ricaduta occupazionale che esso avrebbe in una realtà già fortemente colpita dalla crisi economica. (4-00498)

  Risposta. — La questione affrontata con l'interrogazione in esame rientra nel più ampio quadro della razionalizzazione dello strumento militare nazionale, avviata più di un decennio fa e che, recentemente, è stata ulteriormente implementata, per effetto sia della cosiddetta spending review (decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), sia dell'emanazione dei decreti legislativi n. 7 e n. 8 del 28 gennaio 2014 discendenti dalla legge 31 dicembre 2012, n. 244.
  In particolare la
spending review ha disposto una riduzione delle dotazioni organiche complessive non inferiore al 10 per cento per cui entro il 1o gennaio 2016 si dovrà conseguire la riduzione degli organici del personale militare da 190.000 a 170.000 unità e del personale civile da 30.000 a 27.800 unità.
  La successiva legge n. 244 del 2012 ha inoltre previsto un'ulteriore riduzione degli organici del personale militare da 170.000 a 150.000 unità e del personale civile da 27.800 a 20.000 unità da conseguire entro il 31 dicembre 2024, nonché una contrazione strutturale non inferiore al 30 per cento entro sei anni dalla data di entrata in vigore del relativo decreto legislativo n. 7 del 28 gennaio 2014.
  È del tutto evidente, quindi, che ad una simile revisione in chiave riduttiva degli organici delle Forze armate debba corrispondere coerentemente un armonico e adeguato ridimensionamento delle strutture, secondo i criteri individuati dalla citata normativa sulla revisione dello strumento militare.
  Va detto che, precedentemente alla legge n. 244 del 2012, l'Aeronautica militare aveva già avviato una profonda riorganizzazione strutturale, sia attraverso l'adozione dei provvedimenti di riorganizzazione/soppressione di cui al decreto legislativo n. 464 del 1997 e successive modifiche ed integrazioni (decreto legislativo n. 253 del 2005), sia tramite un'attività di razionalizzazione di specifiche aree e settori contemplata in appositi documenti di pianificazione.
  In tale quadro la Forza armata, nell'ottica di raggiungere i risultati prefissati, sta perseguendo l'obiettivo di concentrare i propri reparti operativi/enti/distaccamenti territoriali sui principali aeroporti militari, mantenendo l'obiettivo capacitivo prefissato e gli impegni assunti in ambito Unione europea e NATO.
  Nell'ambito di tale profonda revisione organizzativa, l'Aeronautica ha pertanto pianificato, tra l'altro, la razionalizzazione dei gruppi di supporto logistico.
  Tale razionalizzazione ha così coinvolto anche il 2o gruppo rifornimenti area Sicilia di Vizzini, soppresso con apposita circolare ordinativa (M-D.-ARM001.0050169) in data 25 giugno 2013.
  Le capacità operative precedentemente sostenute dal citato gruppo rifornimenti sono state ottimizzate riallocandole presso il deposito
off-base di Sigonella, coerentemente con la necessaria policy di accorpamento degli enti logistici di Forza armata.
  Allo scopo di mitigare il più possibile gli eventuali disagi conseguenti per il personale coinvolto in tale riorganizzazione, il personale militare del gruppo rifornimenti di Vizzini è stato reimpiegato tenendo in debita considerazione le preferenze espresse dagli interessati, mentre per la componente civile erano state ultimate sin dal 2007 tutte le previste fasi sindacali ai fini del relativo reimpiego.
  Peraltro, il passaggio del gruppo rifornimenti alle dipendenze del deposito centrale di Orte nell'aprile del 2008 testimonia la sensibilità dell'Aeronautica rispetto alle esigenze del personale interessato, avendo inteso sviluppare il relativo processo di «anemizzazione» in un arco temporale di ampio respiro, e non di attuazione immediata.

Il Ministro della difesaRoberta Pinotti.


   ROSATO, BLAZINA, COPPOLA e MALISANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   un bene culturale, anche qualora non abbia una quotazione economica, si può considerare tale in quanto ha una legittimazione sociale, derivante dal riconoscimento che una comunità dà all'oggetto, attribuendogli la capacità di essere veicolo documentale rilevante per la comprensione delle radici e dell'identità di un luogo;
   in questa accezione, si devono considerare patrimonio culturale gli oggetti dell'archeologia industriale del mare, ossia i resti fisici che testimoniano il lavoro marittimo e le trasformazioni subite dall'ambiente costiero, particolarmente portuale, a seguito dell'impatto dell'industria sul territorio;
   il pontone-gru galleggiante «Ursus» è uno straordinario manufatto dell'ingegneria nautico-meccanica il cui progetto originario, attribuito allo stabilimento tecnico triestino per il Ministero della marina austroungarica, risale agli inizi del 1900 e fu portato a definitivo completamento tra il 1925 e il 1931, giungendo ad essere, con la sua altezza di 75 metri e una capacità di sollevamento di 150 tonnellate, un esemplare unico nel bacino del Mediterraneo;
   l’«Ursus», che fu impiegato nella costruzione del transatlantico «Conte di Savoia» e in moltissimi porti dell'Adriatico tra gli anni ’60 e ’70, è stato operativo fino al 1994, rimanendo poi in disarmo fino al 2004 in attesa di essere demolito, allorché Fincantieri, proprietaria del pontone, lo cedette alla sezione di Trieste della guardia costiera ausiliaria, che attualmente ha in gestione la struttura;
   l'eccezionale robustezza della costruzione ha consentito all’«Ursus» di conservarsi per quasi un secolo, ma è evidente che una struttura galleggiante esposta di continuo alle intemperie sia destinata a deteriorarsi gravemente in assenza di adeguati interventi di restauro, come dimostra un recente episodio di infiltrazione d'acqua piovana dalla superficie del ponte non più a tenuta; l'ultimo intervento di rilievo risale al 1975 quando al pontone venne rifatta la parte di scafo comprendente i doppi fondi e vennero sostituiti gli originari motori con altri diesel di nuova tipologia, mentre successivamente sono stati eseguiti lavori manutentivi con risorse stanziate dalla regione Friuli Venezia Giulia;
   nel 2004 un contributo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha reso possibile lo start up del progetto Areamedinit, che, basato su uno studio fornito a Marina militare italiana, Mare Nostrum, Nautital, Assonautica, Politecnico di Milano, Guardia costiera, si proponeva di individuare, censire e catalogare il patrimonio rappresentato dall'archeologia industriale del mare;
   sono disponibili studi e documentazioni di rilievo scientifico così come progetti avanzati, realizzati col supporto della regione Friuli Venezia Giulia, della camera di commercio di Trieste, della Guardia costiera ausiliaria e dell'Assonautica, che considerano le condizioni dell’«Ursus» e le possibilità di conservazione e reimpiego in funzione turistica e culturale –:
   se i Ministri non ritengano che, soprattutto per un Paese come l'Italia, le testimonianze dell'archeologia industriale del mare rappresentino un autentico giacimento culturale da proteggere e valorizzare, non solo in quanto fortissimo elemento identitario nazionale e supporto a una riflessione sull'utilizzo consapevole della costa, ma anche come risorsa potenziale meritevole di attenzione e investimenti;
   se i Ministri intendano valutare la possibilità di un'iniziativa straordinaria volta a garantire almeno la conservazione di uno dei pochissimi esemplari di pontone-gru del primo novecento tuttora esistenti al mondo o, in subordine, possano assicurare la loro disponibilità a essere fattivamente coinvolti in iniziative promosse da enti o istituzioni locali a salvaguardia dell’«Ursus». (4-01085)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, con la quale l'interrogante chiede a questo Ministero e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se non ritengano opportuno proteggere e valorizzare le testimonianze dell'archeologia industriale e se intendano valutare un'iniziativa straordinaria per la conservazione del pontone-gru galleggiante Ursus, «uno dei pochissimi esemplari di pontone-gru del primo novecento», si comunicano le informazioni fornite dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, dipendente da questo Ministero, e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  La direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia ha comunicato che: «in data 9 febbraio 2011, con nota protocollo 890, la direzione regionale ha avviato il procedimento di dichiarazione di riconoscimento di interesse culturale
ex decreto legislativo n. 42 del 2004, relativa alla gru galleggiante denominata Pontone Galleggiante “Ursus” di proprietà della guardia costiera ausiliaria del Friuli Venezia Giulia, con sede in Trieste.
  Nella relazione storica, che costituisce parte integrante del decreto dirigenziale sopra citato, viene delineata a grandi linee l'evoluzione del porto di Trieste e vengono descritte in dettaglio le vicende storiche del pontone galleggiante, a partire dalla progettazione che risale al 1911 fino alla sua cancellazione dai ruoli nel gennaio del 1997.
  Nel 1911, l'allora “stabilimento tecnico triestino” aveva pensato alla costruzione di un pontone-gru semovente, a portale fisso, capace di sollevare fino a 350 tonnellate per un'altezza di 70 metri, che avrebbe reso il cantiere San Marco autonomo per il sollevamento dei cannoni di grosso calibro, di cui venivano dotate le navi da guerra in costruzione, delle caldaie e delle macchine che raggiungevano dimensioni sempre più elevate. Nel 1913 viene realizzata la chiglia. Il pontone, privo di macchinari e gru, viene varato il 28 gennaio 1914.
  Nel 1931 i magazzini generali, che gestivano il porto, danno l'incarico ai cantieri riuniti dell'Adriatico della progettazione per il completamento dell'Ursus. Sullo scafo viene installato un sistema di propulsione autonoma e un braccio di sollevamento a torre girevole, per una portata di 150 tonnellate. L'Ursus era operativo sia presso i cantieri di Trieste che quelli di Monfalcone.
  Nel maggio del 1945 fu sventato un maldestro tentativo di furto, da parte delle truppe jugoslave di Tito che allora occupavano Trieste. Il pontone fu bloccato da una cannoniera inglese mentre era diretto al porto di Capodistria.
  Nel periodo post bellico è stato molto importante per la ricostruzione e bonifica del porto; fu attivo nella costruzione di nuove banchine, dei bacini in muratura nei cantieri di Trieste e Monfalcone.
  Nel 1975, per l'adeguamento alle norme di sicurezza, fu sottoposto a grossi lavori, furono sostituiti i motori e rifatta parte dello scafo. Il pontone è stato impegnato fino agli anni novanta, fu messo in disarmo alla fine del 1994 e cancellato dai ruoli nel 1997. Il periodo di abbandono ha causato un degrado generale del suo aspetto e ha consentito anche il furto di parti di valore delle sue dotazioni e dell'arredo interno.
  Il pontone Ursus, in quanto importante testimonianza di archeologia industriale, elemento rilevante per la storia del porto e della città di Trieste, e rappresentante dell'operato dell'attività cantieristica italiana del Novecento, è stato dichiarato, con il decreto dirigenziale 14 luglio 2011, d'interesse culturale ai sensi dell'articolo 10, comma 1 e comma 4, lettera
i) del decreto legislativo n. 42 del 2004.
  Per la tutela del bene è stato ritenuto indispensabile che la struttura del pontone navigante e della gru, le caratteristiche architettoniche, le installazioni, le installazioni meccaniche, la strumentazione e gli impianti presenti a bordo siano mantenuti integri, funzionanti e che, più in generale, si provveda al ripristino di tutti gli elementi funzionali, ferma restando la possibilità di adibire il pontone ad usi temporanei e compatibili con l'obiettivo di fruizione e valorizzazione del bene. Inoltre è stato ritenuto indispensabile che la collocazione del pontone Ursus resti nel porto di Trieste.
  Nel 2004 la guardia costiera ausiliaria del Friuli Venezia Giulia, proprietaria del pontone, inizia a progettare il recupero dell'Ursus.
  Nel 2011 la direzione regionale, in seguito all'emanazione del decreto d'interesse, in sede di programmazione triennale dei lavori pubblici 2012/2014, ha proposto un intervento sul pontone finanziato con risorse ordinarie del Ministero per i beni e le attività culturali. Nel gennaio 2012 è stata adottata la programmazione e l'elenco annuale dei lavori, comprensiva dei lavori sul pontone Ursus per un ammontare di euro 80.000.
  A seguito dell'accreditamento a favore della direzione regionale, sul capitolo di spesa 7434/4 e.f. 2012, dell'importo messo a disposizione del Ministero per il restauro del pontone galleggiante “Ursus”, tra la guardia costiera ausiliaria del Friuli Venezia Giulia e il Responsabile del procedimento, si sono tenuti vari incontri per concertare la tipologia dell'intervento di restauro da attuare sul pontone “Ursus”, in relazione anche ad altri finanziamenti a disposizione della proprietà».
  Tuttavia, nonostante gli incontri svoltisi al fine di definire gli interventi di recupero, messa in sicurezza e restauro da effettuare, è emersa la difficoltà di individuare un obiettivo specifico per un efficace utilizzo dei fondi in questione. Pertanto, in attuazione di quanto disposto dalla circolare del segretariato generale di questo Ministero n. 17 del 9 aprile 2014, lo scorso 8 maggio, con nota protocollo 3143, l'importo di euro 80.000 è stato segnalato al segretariato generale come somma da restituire.
  La direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia è, comunque, disponibile a valutare la possibilità di ogni forma di iniziativa da parte di enti o istituzioni finanziarie finalizzata a garantire la conservazione, la valorizzazione e la pubblica fruizione del bene.
  Per quanto di sua competenza, la Direzione generale per la protezione della natura e del mare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, concordando con la valenza di iniziative volte a tutelare nonché valorizzare testimonianze dell'archeologia industriale del mare, ha informato che «nel settembre 2004 la Direzione nell'esprimere, nel complesso, un giudizio favorevole sull'obiettivo principale e, in particolare, sulla innovatività delle tecniche per la valorizzazione del progetto pilota e
start up di Areamedinit – Archeologia Industriale del mare e beni Ambientali “individuazione e recupero promozione e valorizzazione dei siti più significativi dell'Archeologia industriale del mare anche nell'ottica di un turismo ecocompatibile” – assentì un finanziamento di euro 70.000,00 a favore della società Nautital s.p.a.
  Nell'agosto 2005, tenuto conto del consenso riscontrato in occasione della presentazione e del buon esito delle iniziative intraprese nel corso del 2004 e nell'esprimere l'avviso che il progetto stesso fosse in grado di contribuire ad affermare la concezione delle aree naturali protette, quali territori di particolare pregio naturalistico di cui estendere la conoscenza, con lo sviluppo di iniziative attente a ripercorrere un patrimonio storico-culturale di inestimabile valore, venne comunicata la volontà di assentire ulteriori euro 30.000,00 sottolineando l'interesse della Direzione ai risultati relativi, in particolare al censimento e catalogazione dei siti di archeologia industriale e beni ambientali italiani».
  Il segretario generale dello stesso Ministero, informando, però, che le attuali limitate risorse finanziarie non consentono, al momento, di intraprendere iniziative conservative per la salvaguardia dell'Ursus, ha dichiarato che le richieste avanzate nell'interrogazione, «potranno, tuttavia, trovare auspicabilmente soddisfazione nell'ambito di proposte del Ministero dell'Ambiente relative ad una proposta di azione integrata» con questo scrivente Ministero, «volte a promuovere iniziative di valorizzazione in chiave ambientale di tale patrimonio archeologico industriale del mare».
  Anche da parte della regione Friuli Venezia Giulia vi è stato uno stanziamento di 150.000 mila euro per un parziale restauro, per il quale però servirebbe un importo complessivo di almeno 2 milioni di euro.
  Inoltre il consiglio comunale del comune di Trieste ancora nel 2012 ha approvato un ordine del giorno affinché il comune stesso assuma la proprietà del pontone, che la associazione guardia costiera ausiliaria è disponibile a cedere gratuitamente all'ente locale. Al momento l'ente ha avviato una istruttoria tecnica interna agli Uffici.
  Tale ultima prospettiva appare di particolare interesse, poiché l'acquisizione del pontone alla proprietà dell'Ente pubblico lo collocherebbe nello spazio di applicazione dell'articolo 1 del recentissimo decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo, il cui articolo 1, come è noto, ha introdotto rilevanti agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali in denaro per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, quale il pontone «Ursus» verrebbe a qualificarsi ove acquisito al patrimonio del comune.
  Anche in tale prospettiva, in conclusione, è intendimento di questo Ministero promuovere, attraverso le proprie strutture territoriali, un tavolo di lavoro fra le istituzioni interessate, al fine di valutare gli interventi necessari, la fattibilità e le risorse occorrenti ad assicurare la salvaguardia del pontone «Ursus».

Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismoDario Franceschini.


   RUOCCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un periodo di crisi economica tanto profonda e radicata, in cui, secondo l'Istat, le famiglie hanno cominciato a ridurre la spesa per i beni di prima necessità, compresi pane e pasta, è iniquo che lo Stato seguiti ad erogare pensioni di svariate decine di migliaia di euro al mese, specie per individui che hanno ricoperto posizioni di privilegio di nomina politica in enti pubblici o parapubblici maturando peraltro il suddetto diritto attraverso il metodo retributivo;
   nel contesto generale di impoverimento progressivo dei cittadini, dell'incremento del tasso di disoccupazione, dell'aumento dell'età pensionabile, mantenere tali sacche di privilegio, residui di un sistema che si è dimostrato non solo insostenibile, ma completamente fallimentare, rappresenta non solo un incomprensibile danno economico per lo Stato, basato su principi giuridici interpretati talvolta in modo opinabilmente restrittivo, ma anche un fattore di possibile danno sociale, superiore per certi versi allo stesso disagio economico;
   la percezione di un processo redistribuivo al contrario è un segnale devastante che contribuisce ad incoraggiare l'evasione fiscale e determina un clima di sfiducia generalizzata verso le istituzioni, con il possibile insorgere di fenomeni di protesta e rabbia per quella che da molti sono avvertite come vere e proprie ingiustizie;
   secondo l'articolo de Il Fatto Quotidiano «spending review: restano le pensioni d'oro, tagliati i buoni pasto agli statali», ripreso dal blog «I segreti della casta» sarebbero, nel 2012, 100 mila i «super-pensionati», un numero abbastanza esiguo rispetto alla totalità dei pensionati, ma che soli percepirebbero dallo Stato ben 13 miliardi di euro l'anno;
   per quantificare l'insostenibilità di tale trattamento basti pensare, che secondo i conteggi effettuati dal blog «I segreti della casta», non bastano i contributi versati da 2 milioni di lavoratori per garantite l'erogazione di tali pensioni;
   la pensione più ricca d'Italia sarebbe quella di Mauro Sentinelli, ex manager e ingegnere elettronico della Telecom che percepirebbe un assegno di 90.246 euro al mese circa 3008 euro al giorno, che si sommerebbe peraltro ai gettoni di presenza che gli spetterebbero in qualità di membro del consiglio d'amministrazione di Telecom e presidente del consiglio d'amministrazione di Enertel Servizi srl;
   tra le cosiddette pensioni d'oro non mancano di occupate un posto di rilievo quelle di cui sono beneficiari alcuni personaggi politici: tra questi il pensionato più pagato è il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi, che cumula 30 mila euro al mese di pensione da Bankitalia con 4.000 euro dell'Inps ed i 19.054 euro dell'indennità da parlamentare;
   Lamberto Dini incasserebbe invece 18 mila euro da Bankitalia, 7.000 dall'Inps e 19.054 dal Senato;
   Giuliano Amato cumulerebbe i 22.048 euro mese dall'Inpdap coi 9.363 che gli dà il Parlamento;
   al di là dei casi specifici sembra sempre più opportuno un intervento definitivo per impedire che si continuino a corrispondere cifre simili che vanno, chiaramente, al di là di qualsiasi proporzione relativamente alla corrispondenza con quanto effettivamente versato come contributi pensionistici o di qualsiasi raffronto con gli attuati livelli medi dei redditi da retribuzione e da lavoro;
   uno dei maggiori freni che i Governi precedenti hanno riscontrato negli interventi per imporre contributi di solidarietà che potessero minimamente incidere sull'entità abnorme delle pensioni più elevate corrisposte dallo Stato sono state le pronunce della Corte costituzionale;
   nell'estate del 2011, infatti, il Governo Berlusconi, introduceva il suddetto contributo con il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, rafforzato in seguito dall'articolo 24, comma 31-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, cosiddetto Salva Italia), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, emanato dal Governo Monti;
   le misure di questi provvedimenti avevano l'obiettivo fondamentale di garantire la «stabilizzazione finanziaria», di evitare cioè il rischio default;
   si tratta del prelievo operato sulle pensioni di importo superiori a 90.000 euro lordi annui. Il contributo di perequazione è stato applicato nella misura del 5 per cento sulla parte eccedente i 90.000 euro e fino a 150.000 euro, poi nella misura del 10 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro, ed infine nella misura del 15 per cento sulla parte eccedente i 200.000 euro di trattamento pensionistico lordo annuo. Si tratta di un bel prelievo, che ha agito solo sui pensionati con reddito alto dal 1° gennaio 2012 (e fino al 31 dicembre 2017);
   la Corte costituzionale tuttavia, a seguito di un ricorso derivante dalla richiesta di un magistrato presidente della Corte dei conti in quiescenza dal 21 dicembre 2007, titolare di pensione diretta di importo superiore a euro 90.000,00 annui, il quale ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto di percepire il trattamento pensionistico ordinario, privo delle decurtazioni introdotte dall'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, nonché la condanna dell'amministrazione ai conseguenti pagamenti, ha stabilito l'incostituzionalità delle misure attraverso la sentenza n. 116 del 5 giugno 2013;
   secondo la Corte infatti risulterebbe violato il principio di eguaglianza dell'articolo 53 della Costituzione in quanto imposto nei confronti dei soli pensionati, categoria «colpita in misura maggiore rispetto ai titolari di altri redditi e, più specificamente di redditi da lavoro dipendente»;
   il prelievo sotto forma di «contributo di solidarietà» infatti, come sottolinea la Corte costituzionale, avrebbe natura tributaria e quindi deve essere commisurate alla «capacità contributiva» (secondo l'articolo 53 della Costituzione) dei cittadini, che sono «eguali davanti alla legge» (articolo 3), e non si può distinguere tra tipologie di reddito per penalizzare alcuni o premiare altri;
   la sentenza porterà quindi, non solo all'interruzione del prelievo, ma anche al diritto alla sua restituzione, a partire dal 1° gennaio 2012;
   a fronte di questa sentenza, il Ministro interrogato Enrico Giovannini dichiarava, in un articolo del 30 giugno 2013 sul Corriere della Sera che «sulle pensioni d'oro non si può mettere un contributo di solidarietà perché è stato bocciato dalla Corte costituzionale ma si può bloccare l'indicizzazione (ovvero l'aggiornamento Istat)», un blocco che a seconda del livello di importo al quale si fissa «può produrre effetti non trascurabili»;
   data però la situazione di sperequazione, anche alla luce dell'ultima riforma delle pensioni, appare più equo procedere attraverso l'introduzione di nuove norme per fissare un tetto ai trattamenti pensionistici, specie se definiti secondo il metodo retributivo, che non corrisponde quindi ad una contribuzione reale;
   appare inoltre opportuno, al fine di evitare casi paradossali come quelli esposti innanzi evitare la possibilità di cumulo tra redditi da pensione e da lavoro –:
   se il Governo intenda intervenite, e in quale modo, al fine di ridefinire al ribasso i trattamenti pensionistici più elevati allo scopo di diminuire la sperequazione tra questi e il livello medio dei salari e delle pensioni conteggiate attraverso il metodo contributivo;
   se sia intenzione del Governo definire un tetto massimo per le erogazioni pensionistiche definite attraverso il metodo retributivo e prevedere il divieto di cumulo dei redditi da pensione con quelli da lavoro. (4-01677)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante porta all'attenzione il tema delle cosiddette «pensioni d'oro», ovvero quei trattamenti pensionistici il cui elevato importo, nell'attuale contesto socio- economico, appare stridente con i sacrifici imposti alla generalità dei cittadini.
  Al riguardo, il Governo ha più volte riconosciuto l'estrema rilevanza della questione, invitando, nel contempo, a tenere sul punto un atteggiamento di massima attenzione, ma anche di cautela per le molteplici implicazioni coinvolte da ogni intervento in questa delicata materia.
  Occorre, infatti, osservare che l'introduzione di misure di carattere sostanzialmente fiscale, volte in modo diretto ed immediato a ridurre l'ammontare delle pensioni in godimento, comporta sempre il rischio di incorrere in profili di incostituzionalità.
  Cautela, poi, rivelatasi fondata in quanto, come noto, la Corte costituzionale in più pronunce, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni incidenti sull'ammontare dei trattamenti pensionistici, pur se finalizzate al risanamento dei conti pubblici.
  Da ultimo, con la sentenza n. 116 del 2013, depositata il 5 giugno 2013, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità del contributo di perequazione (cosiddetto contributo di solidarietà) sulle pensioni di importo superiore a 90.000 euro, ravvisando nello stesso la natura di prelievo tributario e non di contributo in favore delle gestioni previdenziali in quanto – ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge n. 138 del 2011 – tale contributo è trattenuto dagli enti previdenziali e versato all'entrata del bilancio dello Stato.
  La sentenza, in particolare, fa riferimento al principio secondo cui va dichiarato incostituzionale il prelievo allorquando questo ha natura tributaria e si applica ad una sola categoria di cittadini (i pensionati) in modo, di fatto, discriminatorio.
  Ciò, in quanto, a parità di reddito complessivo, tale misura impone solo a questa categoria di percettori di redditi un'aliquota più alta di quella che graverebbe in via ordinaria su quel determinato livello di reddito.
  Un'ulteriore notazione riguarda il passaggio della sentenza della Corte in cui si afferma che – al posto del contributo di solidarietà – il legislatore avrebbe potuto introdurre misure di fiscalità generale che, verosimilmente, avrebbero assicurato un gettito addirittura maggiore.
  L'orientamento della Corte costituzionale è denso di implicazioni e non può pertanto in alcun modo essere sottovalutato.
  In tale prospettiva, l'introduzione del sistema di calcolo della pensione cosiddetto «contributivo» (che costituisce uno dei capisaldi della recente riforma pensionistica basata su di un principio di equità inter-generazionale), in base al quale l'ammontare della pensione è direttamente commisurato agli importi di contribuzione realmente versati, attenuerà progressivamente il fenomeno fino ad eliminarlo, rendendo così trasparente e lineare la corrispettività dei contributi versati con i trattamenti pensionistici.
  Tanto premesso, va ricordato come – nel corso degli anni – il legislatore è già più volte intervenuto su tale platea di pensioni attraverso:
   l'introduzione della cosiddetta aliquota di rendimento (ossia la percentuale di retribuzione pensionabile da considerare per ciascun anno di anzianità contributiva del lavoratore) fissata in misura diversa in relazione a fasce di retribuzione pensionabile;
   l'introduzione di uno speciale contributo di solidarietà posto a carico degli iscritti e dei pensionati dei fondi confluiti nell'assicurazione generale obbligatoria (AGO) e del Fondo volo (ai sensi del comma 21 del decreto-legge n. 201 del 2011 di riforma del sistema pensionistico);
   la previsione del blocco della perequazione automatica per le pensioni di importo superiore ad un multiplo del trattamento minimo (secondo diverse declinazioni disposte da successivi interventi normativi).

  Da ultimo, il Governo ha affrontato la questione introducendo nella legge di stabilità per l'anno 2014, (legge 27 dicembre 2013, n. 147), alcune disposizioni volte ad affrontare la questione delle cosiddette «pensioni d'oro».
  In particolare, l'articolo 1, comma 486, prevede che: «a decorrere dal 1o gennaio 2014 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie complessivamente superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS, è dovuto un contributo di solidarietà a favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento della parte eccedente il predetto importo lordo annuo fino all'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS, nonché pari al 12 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo INPS. Ai fini dell'applicazione della predetta trattenuta è preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l'anno considerato. L'INPS, sulla base dei dati che risultano dal casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, è tenuto a fornire a tutti gli enti interessati i necessari elementi per l'effettuazione della trattenuta del contributo di solidarietà, secondo modalità proporzionali ai trattamenti erogati. Le somme trattenute vengono acquisite dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, anche al fine di concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 191 del presente articolo».
  Il prelievo di solidarietà è stato, pertanto, agganciato a finalità di tipo perequativo, nell'intento di assicurare una maggiore equità all'interno del sistema previdenziale. A tal fine, i risparmi conseguenti all'applicazione del suddetto contributo a carico dei trattamenti pensionistici più elevati vengono acquisiti dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, anche allo scopo di concorrere al finanziamento degli interventi in favore dei cosiddetti salvaguardati.
  Inoltre, la legge di stabilità per il 2014 ha introdotto una forma (se pure limitata) di «tetto» ai trattamenti pensionistici. In particolare, l'articolo 1, comma 489, prevede che le pubbliche amministrazioni non possono erogare trattamenti economici ai titolari di pensioni a carico di gestioni previdenziali pubbliche che, sommati al trattamento pensionistico, superino il limite fissato dall'articolo 23-
ter, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011. Si prevede, inoltre, che nei trattamenti pensionistici sono ricompresi i vitalizi anche conseguenti a funzioni pubbliche elettive. A decorrere dal 1o maggio 2014 tale limite massimo retributivo è stato fissato in 240.000 euro annui, ai sensi del comma 1 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito con modificazioni dalle legge n. 89 del 23 giugno 2014.
  Infine, con riguardo alla rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, la medesima legge di stabilità per il 2014, all'articolo 1, comma 483, prevede, per il triennio 2014-2016, la revisione della «curva» delle indicizzazioni dei ratei pensionistici secondo modalità che comunque penalizzano gli importi di importo più elevato.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiTeresa Bellanova.


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, SCAGLIUSI, GRANDE e SIBILIA. — Al Ministro degli affari esteri, Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo la tabella n. 6 degli stati di previsione per il Ministero degli affari esteri per gli anni che vanno dal 2007 al 2013 risulta che la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs), facente capo a tale Ministero, ha ricevuto:
    per il 2007: 715.253.375 euro;
    per il 2008: 804.305.186 euro;
    per il 2009: 388.704.860 euro;
    per il 2010: 394.355.506 euro;
    per il 2011: 237.103.569 euro;
    per il 2012: 148.965.018 euro;
    per il 2013: 294.351.600 euro –:
   quale sia l'ammontare esatto delle spese che la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo abbia effettivamente sostenuto e rendicontato;
   quali siano gli importi erogati, nell'ambito delle rispettive competenze;
   se tutti i rendiconti presentati dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo abbiano superato positivamente il vaglio di controllo di regolarità amministrativa e contabile del Ministero dell'economia e delle finanze e quanti siano stati i rendiconti assoggettati annualmente al controllo della Corte dei conti.
(4-05037)

  Risposta. — In riscontro ai quesiti dell'interrogante, si forniscono innanzitutto i dati relativi alle somme impegnate ed erogate dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo negli anni dal 2007 al 2013, a fronte degli stanziamenti previsti dalla tabella 6 allegata al bilancio di previsione dello Stato:

  Anno - impegnato - erogato:
   2007; 1.227.435.343,08; 5,63; 1.219.892.06;
   2008; 683.901.406,75; 3,75; 672.171.70;
   2009; 360.702.577,82; 0,95; 414.764.34;
   2010; 376.777.002,90; 1,74; 409.831.59;
   2011; 243.924.251,96; 6,80; 328.360.45;
   2012; 190.280.430,82; 0,35; 230.956.15;
   2013; 280.009.962,69; 4,70; 245.090.28.

  I dati forniti dall'interrogante sono riferiti agli stanziamenti previsti dalla tabella 6 allegata al bilancio di previsione dello Stato mentre quelli riportati in tabella si riferiscono ai fondi effettivamente impegnati ed erogati dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, anno per anno. Lo scostamento che si riscontra è dovuto (oltre alle integrazioni di bilancio ottenute nel 2007 e quelle operate con i decreti missioni) al fatto che è possibile procedere ad impegnare fondi non solo a valere sugli stanziamenti previsti per l'esercizio finanziario di riferimento ma anche sui residui di stanziamento dell'esercizio precedente (data la «trascinabilità» dei fondi di cooperazione allo sviluppo da un esercizio finanziario al successivo). Inoltre, ad esclusione del caso dei contributi obbligatori e volontari alle organizzazioni internazionali, per i quali vi può essere impegno e contemporanea erogazione, non necessariamente impegni assunti in un dato anno prevedono la completa erogazione nello stesso esercizio finanziario. Ciò comporta che in un determinato anno si possano registrare due casi: erogazioni maggiori degli impegni assunti poiché esse sono riferite a impegni precedenti (esempio 2012); erogazioni minori poiché non effettuate nello stesso esercizio finanziario in cui sono stati assunti gli impegni (esempio 2013). La natura stessa delle attività di cooperazione, d'altronde, prevede che progetti in favore dei paesi in via di sviluppo possano avere carattere pluriennale.
  In materia di rendiconti, è importante ricordare che la normativa sui procedimenti amministrativi di rendicontazione e controllo di tali fondi ha subito, nel tempo, una significativa evoluzione. Da ultimo, essa è stata profondamente innovata con la legge n. 149 del 13 agosto 2010 (che nasce da una proposta parlamentare), la cui principale novità risiede nella definitiva introduzione, a partire dal 1o gennaio 2011, del principio di rendicontazione «per progetto». In base a tale innovazione, la resa del conto deve essere effettuata singolarmente per ogni intervento, progetto o programma di cooperazione allo sviluppo, direttamente alla sua conclusione, e non più a cadenza semestrale per capitolo di bilancio. In ragione di quanto sopra, va pertanto preliminarmente sottolineato come le rappresentanze italiane all'estero abbiano provveduto alla presentazione dei rendiconti delle spese sostenute per la realizzazione di interventi, programmi o progetti di cooperazione allo sviluppo almeno fino al 2010 compreso. A partire dal 2011, coerentemente con quanto previsto dalla nuova normativa, la rendicontazione è stata resa solamente per quei progetti effettivamente chiusi. Per quelli che si estendono su un arco temporale triennale, eventualmente prorogabile laddove ciò sia necessario per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, molte delle spese sostenute a valere su rimesse erogate a partire dal 2011 devono ancora essere rendicontate, in quanto i progetti cui si riferiscono sono ancora in corso.
  Vi sono, peraltro, anche rendiconti già trasmessi dalle sedi, relativi a programmi conclusi, che devono ora essere rielaborati ed integrati dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ai sensi della legge n. 149 del 2010 e del decreto-legge n. 71 del 2010, prima di poter essere inoltrati ai competenti organi di controllo.
  Ciò premesso, giova segnalare che per il periodo di riferimento 2007-2013, sono stati inviati all'ufficio centrale di bilancio (UCB) presso il Ministero degli affari esteri dalla direzione generale per la cooperazione n. 3414 rendiconti, di cui 3166 hanno positivamente superato il controllo, 6 sono stati restituiti non approvati in quanto necessitano di integrazione documentale (attualmente in corso) e, infine, 242, sono ancora al vaglio.

Il Viceministro degli affari esteriLapo Pistelli.


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, RIZZETTO, ROSTELLATO, BECHIS, BRUGNEROTTO, MUCCI, FANTINATI, DELLA VALLE, VALLASCAS, CRIPPA, BENEDETTI e TURCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Hydronic Lift SpA è un'azienda che produce componenti idraulici e meccanici per ascensori con uno stabilimento nel comune di Pero (Milano);
   dal sito internet della società si apprende che «oltre 200.000 ascensori in tutto il mondo installano dispositivi prodotti nello stabilimento di Pero [...] Hydronic Lift SpA negli anni si è conquistata una clientela a livello mondiale, dalla piccola impresa a tutte le multinazionali del settore, garantendo la conformità alle varie norme nazionali»;
   dopo alcuni mesi di cassa integrazione a rotazione, nella settimana di ferragosto i 30 dipendenti hanno ricevuto una lettera (datata 9 agosto 2013), con cui l'azienda li informava di aver avviato la procedura di cassa integrazione straordinaria per cessata attività. Rientrati dalle ferie, il 26 agosto 2013 i dipendenti hanno trovato lo stabilimento chiuso;
   il 30 agosto 2013, presso l'Associazione industriali di Saronno (Varese), si è svolto l'incontro tra i rappresentanti dei lavoratori, il sindacato e l'impresa, durante il quale i rappresentanti dell'azienda hanno ribadito la volontà di chiudere lo stabilimento e di licenziare 19 operai. Sottolineato che dal 27 agosto 2013, davanti all'ingresso dello stabilimento, è presente un presidio di dipendenti e organizzazioni sindacali per denunciare questo atto profondamente lesivo dei diritti e della dignità dei lavoratori. Sul cancello dello stabilimento, i dipendenti hanno secondo gli interroganti giustamente affisso un eloquente striscione con la scritta: «Vigliacchi !»;
   martedì 3 settembre 2013 è stato convocato un incontro al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in cui l'azienda sembrerebbe intenzionata a ribadire la richiesta di cassa integrazione straordinaria e la chiusura dello stabilimento di Pero, nonostante la decisa e motivata contrarietà di dipendenti e organizzazioni sindacali;
   va rilevata la particolare gravità della situazione, soprattutto per le inqualificabili modalità con cui si è proceduto alla chiusura dello stabilimento, di fronte alla quale sarebbe necessario un urgente intervento di tutte le Istituzioni, incluso il Governo, nel farsi parte attiva al fine di ripristinare la legalità –:
   in quale forma il Governo intenda affrontare tale grave situazione soprattutto in considerazione dell'incontro del 3 settembre 2013 tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e azienda in questione;
   quali azioni abbia intrapreso o abbia intenzione di intraprendere il Governo per impedire che l'azienda chiuda ingiustificatamente lo stabilimento di Pero;
   quale ruolo stia svolgendo il Governo per garantire il rispetto della legalità e quale tipo di intervento ha avviato per arrivare ad una positiva soluzione della vertenza. (4-01761)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si pone all'attenzione del Governo la situazione concernente la Hydronic Lift s.p.a..
  Sulla questione si rappresenta quanto segue.
  La Hydronic Lift, in data 9 agosto 2013, comunicava al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e alle R.S.U aziendali la necessità di dover ricorrere all'intervento della CIGS a causa della cessazione dell'attività di produzione dello stabilimento sito in Pero (Milano). Contestualmente comunicava il trasferimento della sede operativa a destinazione esclusivamente commerciale/amministrativa in Gallarate (Varese).
  I motivi della chiusura dello stabilimento di Pero sono sintetizzabili nella diminuzione del volume d'affari e nel peggioramento dei risultati operativi. In conseguenza della chiusura si richiedeva la sospensione dal lavoro per 24 mesi di tutti i 19 operai addetti allo stabilimento di Pero.
  In data 26 settembre 2013, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stato sottoscritto l'accordo di esperita procedura per l'avvio della CIGS con programma biennale. Alla stipula dell'accordo era presente anche la regione Lombardia, per assicurare la realizzabilità di una concreta azione di politiche attive del lavoro nell'ambito della normativa regionale e in attuazione delle politiche occupazionali.
  In preparazione dell'accordo del 26 settembre 2013, presso gli uffici di Saronno dell'Unione degli industriali della provincia di Varese (UNIVA), in data 24 settembre 2013, la società, la Fiom di Milano e la RSU avevano sottoscritto un accordo per la definizione di un piano di ricollocazione, di incentivazione all'esodo e di accompagnamento alla pensione variamente articolato e finalizzato a ridurre l'impatto sociale della chiusura dello stabilimento di Pero.
  L'8 gennaio 2014 l'agenzia regionale per l'istruzione, la formazione e il lavoro (ARIFL) ha convocato le parti sociali, l'azienda, i rappresentanti del comune di Pero e della provincia di Milano, per dare corso agli incontri attuativi delle intese sottoscritte con il Ministero il 26 settembre 2013. In seguito la stessa agenzia regionale ha convocato tutti i 19 dipendenti ed ha avviato presso la sede di Bollate, un'attività di formazione all’outplacement a cui partecipano 14 persone.
  In data 7 aprile 2014 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con decreto n. 80309 ha approvato il programma di CIGS, finalizzato alla cessazione dell'attività relativamente al periodo dal 2 settembre 2013 al 1o settembre 2014 per un massimo di 19 unità lavorative.
  Il piano di gestione degli esuberi prevede che, nel corso dell'intervento di CIGS per cessazione di attività, l'azienda adotti misure finalizzate ad agevolare la ricollocazione del personale eccedente attraverso mobilità e incentivi all'esodo presso aziende terze, clienti e/o fornitrici, interessate ai profili professionali dei lavoratori sospesi in CIGS.
  Dall'avvio della CIGS le parti si sono incontrate numerose volte in sede sindacale presso l'UNIVA, per valutare l'andamento del piano di gestione degli esuberi e per attuare una procedura di mobilità finalizzata a favorire la ricollocazione del personale.
  Le attività individuate dalla regione Lombardia e dalla provincia di Milano si inseriscono nel progetto regionale di utilizzo della cosiddetta «Dote unica Lavoro».
  Da parte aziendale si è provveduto a segnalare a numerose società di somministrazione del lavoro i nominativi e le caratteristiche professionali dei lavoratori in esubero, oltre a ricercare possibili opportunità di impiego nell'ambito del proprio indotto.
  Le attività poste in atto congiuntamente hanno consentito, pur in una situazione congiunturale non favorevole, di ottenere impegni occupazionali concreti per 3 persone che hanno già lasciato la società e di accompagnare alla pensione altre 2 persone. Così che al momento il numero di operai della cessata unità di Pero, per i quali non sono ancora state individuate possibili soluzioni, è sceso a 14 unità.
  Si deve inoltre segnalare che un lavoratore ha chiesto la sospensione dalla CIGS sino al 16 giugno 2014 per prestare attività lavorativa a termine presso altro datore di lavoro.
  Per quanto attiene alla situazione in cui attualmente si trova la società, dalle informazioni fornite dalla DTL Varese, risulta che nella lettera di avvio della procedura per la CIGS era stato evidenziato come il fatturato fosse sceso negli anni da quasi 10 milioni di euro nel 2008 a 6,5 milioni di euro nel 2012. Una previsione per il 2013 (30 giugno 2013) lo collocava a circa 6 milioni.
  La realtà della crisi del mercato immobiliare nel mondo porterà ad un fatturato al 30 giugno 2014 ridotto a 5,5 milioni di euro (al 30 aprile 2014 era di 4,4 milioni di euro). Il risultato effettivo dell'esercizio giugno 2013/giugno 2014 sarà negativo o vicino al pareggio per effetto dei costi imputabili all'esercizio per la gestione degli esuberi, in conseguenza degli oneri che l'azienda ha sostenuto e dovrà sostenere per l'applicazione dell'accordo sindacale del 24 settembre 2013 e per l'intero progetto di riorganizzazione. Si riscontra, invece, un miglioramento del risultato della gestione caratteristica aziendale che, in base a quanto riferito dal rappresentante aziendale, sarebbe dovuto ai progetti di riorganizzazione in atto.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiTeresa Bellanova.


   ZARATTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   risulta all'interrogante che Brian Gaetano Bottigliero è detenuto presso il carcere di Regina Coeli da più di due anni in attesa del giudizio d'appello e che lo stesso è stato condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per rissa con un ferito grave;
   nel febbraio 2013 viene diagnosticata a Bottigliero, che ha 24 anni, una «insufficienza renale cronica» dopo che aver ripetutamente denunciato dolori e malesseri, e dopo aver perso, nel corso della detenzione un quarto del suo peso;
   attualmente Bottigliero è in attesa di un trapianto di rene; nel frattempo è sottoposto a dialisi 3 volte alla settimana, mediante trasferimento in una struttura privata di cura;
   la richiesta di termine, o quantomeno di un'attenuazione delle misure cautelari a suo carico, necessaria a garantirgli le migliori condizioni di assistenza sanitaria, è stata rigettata dal magistrato competente perché sussisterebbe a suo carico un «pericolo di fuga» e «reiterazione del reato»;
   la tutela del diritto fondamentale alla migliore assistenza sanitaria dovrebbe avere un carattere preminente –:
   se queste informazioni rispondano al vero;
   se risulti se a Bottigliero siano state e siano garantite le migliori condizioni di assistenza sanitaria compatibili con lo stato di detenzione;
   se risulti al Ministro come sia stato circostanziato il «pericolo di fuga» e la «reiterazione del reato» a carico del giovane. (4-02646)

  Risposta. — Il detenuto Brian Gaetano Bottigliero – nei confronti del quale è stata prospettata una incompatibilità con il regime carcerario ed una assistenza sanitaria non idonea a motivo delle gravi patologie da cui lo stesso è afflitto – ha fatto ingresso presso la casa circondariale di Roma Regina Coeli il 2 luglio 2011.
  Con sentenza della corte di appello di Roma del 16 aprile 2014 il predetto è stato condannato alla pena di anni 13 e mesi 6 di reclusione per concorso nel delitto di tentato omicidio aggravato. Attualmente, il Bottigliero risulta avere la posizione giuridica di ricorrente, con fine pena previsto per il giorno 31 dicembre 2024.
  Secondo quanto appurato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il detenuto è stato ricoverato in data 22 aprile 2013 presso il centro diagnostico terapeutico (Cdt) della predetta casa circondariale a causa di una forma cronica di insufficienza renale, preesistente da anni ma in via di progressione, diagnosticatagli sulla scorta degli accertamenti effettuati in regime detentivo e di quelli eseguiti in precedenza e portati in visione dai famigliari.
  Le condizioni di salute del Bottigliero – così come verificato dal competente dipartimento – sono state sottoposte a continuo monitoraggio, anche in strutture del servizio sanitario nazionale della Capitale, presso le quali, durante l'anno 2013, il Bottigliero ha effettuato 104 visite ambulatoriali (anche per l'effettuazione della dialisi) e tre ricoveri. A tali dati vanno poi aggiunte le 9 visite ambulatoriali effettuate dal Bottigliero nel corso del mese di gennaio 2014, prima del suo ricovero presso il reparto detenuti dell'ospedale S. Pertini di Roma, dove è stato sottoposto a dialisi in attesa di intervento. In data 13 giugno 2014 il Bottigliero è stato dimesso dall'ospedale Pertini e fatto rientrare presso l'istituto di Roma Regina Coeli, sua sede di assegnazione.
  Alla luce della certificazione del sanitario della struttura, che attestava essere venuta meno la necessità del ricovero in Cdt, il Bottigliero è stato trasferito al nuovo complesso di Rebibbia per assicurargli la continuità assistenziale, in quanto soggetto in trattamento dialitico trisettimanale presso il vicino ospedale Sandro Pertini di Roma.
  Come evidenziato dal competente dipartimento, nei confronti del Bottigliero sono stati svolti tutti gli approfondimenti clinici atti a garantirgli le cure necessarie ed assicurare il suo inserimento nella lista di attesa per il trapianto renale. Presso il reparto di medicina protetta del Sandro Pertini, sono stati infatti effettuati gli accertamenti strumentali richiesti dal centro trapianti del Policlinico Gemelli presso cui, prima del ricovero del 24 gennaio, era stato intrapreso l’iter per l'inserimento del Bottigliero nella lista di trapianto rene.
  Dal 13 giugno alla data del 10 luglio 2014 il detenuto è stato tradotto 10 volte in ospedale, facendo rientro in istituto nella stessa giornata.
  Per quanto riguarda la compatibilità delle condizioni di salute del Bottigliero con il regime carcerario, si fa presente che tale valutazione è stata effettuata dall'autorità giudiziaria della cognizione i cui provvedimenti, se non affetti da violazione di legge o da abnormità, non sono suscettibili di sindacato amministrativo.
  Si fa presente, peraltro, che presso il tribunale di sorveglianza di Roma non è pervenuta alcuna istanza ulteriore del Bottigliero, né risulta esservi stata alcuna segnalazione riguardante eventuali carenze nell'assistenza sanitaria che gli è stata garantita intra moenia, anche attraverso il temporaneo trasferimento presso presidi sanitari esterni.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.