Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 4 agosto 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    ogni anno dal 2006 il World Economic Forum predispone il global gender gap report, che fornisce un quadro delle disuguaglianze di genere in 136 Paesi, stilando una graduatoria che fotografa lo stato delle disparità in ogni realtà nazionale;
    i criteri per la compilazione della graduatoria prendono in considerazione indici che si riferiscono a quattro ambiti: l'economia, la presenza nelle istituzioni, l'educazione, e la salute; per ogni ambito viene compilata una graduatoria; a loro volta le quattro graduatorie costituiscono la base per un quadro di sintesi che fotografa la realtà mondiale in ordine decrescente di disparità;
    il rapporto del 2013 indica che l'Italia è al 71o posto della graduatoria generale e 22o tra i Paesi membri dell'Unione europea – dopo l'Italia si collocano quasi esclusivamente Paesi di recente adesione: Slovakia, Cipro, Grecia, Repubblica Ceca, Malta e Ungheria;
    mentre la nuova composizione di Parlamento e Governo colloca l'Italia in posizione dignitosa per rappresentanza politico-istituzionale, il nostro Paese continua ad essere fanalino di coda in molti altri campi, in particolare nel mondo del lavoro e in generale dell’empowerment economico;
    significativi sono i ritardi nelle attuazioni delle politiche per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica, nonostante in questa legislatura siano state a approvate leggi come quella contro il femminicidio o quelle di ratifica della  convenzione di Istanbul;
    anche le tematiche dei diritti civili ad oggi non hanno ricevuto l'attenzione dovuta: la legge sull'omofobia è da mesi bloccata al Senato; la legge sulle unioni civili non è ancora stata calendarizzata nonostante numerose siano le proposte depositate;
    con l'eccezione dell'attuale Governo, dal 1996 gli Esecutivi hanno sempre previsto nella loro composizione o il Ministro per le pari opportunità o una figura che ne avesse le deleghe;
    le esperienze di questi ultimi mesi sembrano indicare che senza un dicastero dedicato non ci possano essere l'attenzione e l'impegno necessari a portare avanti tempestivamente efficaci politiche di genere e delle pari opportunità,

impegna il Governo:

   a proporre la nomina di un Ministro senza portafoglio cui affidare la delega in materia di pari opportunità;
   in alternativa, a individuare presso la Presidenza del Consiglio una figura cui assegnare le stesse deleghe e che abbia anche il compito di valutare prima e verificare poi l'impatto di genere di tutti i provvedimenti assunti.
(1-00569) «Locatelli, Di Lello, Pastorelli, Di Gioia, Di Salvo, Labriola, Nardi, Piazzoni, Migliore, Lacquaniti, Zan, Fava, Pilozzi, Lavagno, Nesi, Schirò, Capua, Formisano, Tacconi, Petrini, Malpezzi, Marzano, Ricciatti».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    in occasione del centenario della prima guerra mondiale, nel 2014, i Paesi allora coinvolti nelle ostilità, tra cui l'Italia, tenuto conto della valenza sovranazionale e della dimensione europea dell'evento, hanno deciso di dare avvio ad un percorso di commemorazioni che avrà inizio questa estate e terminerà nel 2018;
    per coordinare la pianificazione e l'organizzazione degli eventi connessi alla realizzazione di tale percorso di memoria comune, il 6 giugno 2013 è stato istituito, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per il centenario della prima guerra mondiale;
    successivamente con la legge 27 dicembre 2013, n. 147, meglio nota come legge di stabilità 2014, è stata autorizzata la spesa di «8 milioni di euro per il 2014 e 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, al fine di realizzare interventi urgenti per la messa in sicurezza, il restauro e il ripristino del decoro dei “Luoghi della memoria”» e di 1,5 milioni euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, per promuovere la conoscenza degli eventi dalla prima guerra mondiale e preservarne la memoria in favore delle future generazioni, attraverso la realizzazione di manifestazioni, convegni, mostre, anche con il coinvolgimento delle scuole;
    se l'obiettivo è quello di dare vita ad un percorso storico, culturale e didattico che possa portare a conoscenza, soprattutto delle nuove generazioni, avvenimenti e momenti drammaticamente significativi per la storia del nostro Paese, è auspicabile l'avvio di un programma come complessivo di iniziative che favoriscano la conoscenza e la memoria degli eventi della prima guerra mondiale;
    tra tali iniziative potrebbe annoverarsi l'allestimento diffuso, su tutto il territorio nazionale, della mostra dedicata alla prima guerra mondiale, attualmente allestita presso il complesso del Vittoriano, a cura dell'Istituto per la storia del risorgimento italiano;
    si tratta di un progetto interessante e non oneroso che, con una felice combinazione di supporti multimediali, fotografici e documentali, offre una panoramica sulle cause e le conseguenze del conflitto, affrontando molteplici tematiche: il fronte interno, la devozione popolare, i gesti di autolesionismo dei soldati, la questione femminile e proprio per la sua natura multimediale e di facile riproduzione, sarebbe interessante e utile favorire una sua ripresa nei comuni italiani, grazie al supporto dell'Istituto per la storia del risorgimento con le sue sezioni provinciali;
    gran parte dei documenti esposti come: le foto, gli articoli di giornale, i dispacci quotidiani dal fronte sono in formato digitale e sarebbe possibile autorizzare gli enti interessati alla riproduzione, così da creare una base comune per l'allestimento di una mostra dedicata al conflitto a cui potrebbero aggiungersi le foto, i documenti e i materiali presenti presso gli archivi e le biblioteche di ciascun comune, spesso oggetto di studio e digitalizzazione in questi anni;
    l'allestimento diffuso della mostra ivi descritta, come anche altri progetti relativi alla prima guerra mondiale, potrebbero vedere la partecipazione o il coinvolgimento diretto delle scuole, soprattutto secondarie, nelle fasi di elaborazione e realizzazione di progetti didattici, in modo tale da far conoscere ai giovani di oggi, non solo i fatti riportati sui libri di storia, ma le testimonianze dirette, le storie concrete, a volte tristi, ma spesso eroiche dei loro coetanei di allora, dei propri avi e i valori che ispirarono molte delle loro azioni,

impegna il Governo

a favorire la realizzazione di iniziative, anche didattiche, relative alla memoria della prima guerra mondiale tra le quali l'allestimento diffuso, su tutto il territorio nazionale, della mostra dedicata alla prima guerra mondiale, attualmente allestita presso il complesso del Vittoriano, a cura dell'Istituto per la storia del risorgimento italiano.
(7-00448) «Manzi, Ascani, Coccia, Blazina, Bossa, Carocci, Coscia, Ghizzoni, Malisani, Malpezzi, Narduolo, Piccoli Nardelli, Pes, Rampi, Rocchi, Zampa».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPEZZONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   CDP Reti, società costituita nell'ottobre 2012 e interamente posseduta da Cassa depositi e prestiti spa (CDP), il 15 ottobre 2012 ha acquisito da Eni una quota partecipativa pari al 30 per cento del capitale votante meno una azione in Snam spa («SNAM»), il gruppo italiano integrato che presidia le attività regolate del settore del gas;
   la CDP è una società per azioni partecipata per l'80,1 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, per il 18,4 per cento da diverse fondazioni bancarie ed il restante 1,5 per cento in azioni proprie;
   come evidenziato nella relazione finanziaria annuale 2013 di Cassa Depositi e prestiti, al 31 dicembre 2013 CDP Reti deteneva 1.014.491.489 azioni di SNAM (pari al 30,0258 per cento del capitale sociale votante e al 30,00000002 per cento del capitale sociale emesso di SNAM);
   la mission della società è l'assunzione in via diretta o indiretta di partecipazioni in società di capitali o enti, italiani o esteri, principalmente operanti nel campo delle infrastrutture di rete nel settore dell'energia e del gas. In particolare, la partecipazione in SNAM si concretizza nel monitoraggio dello sviluppo delle infrastrutture gestite e dell'accrescimento delle competenze nei settori del trasporto, dispacciamento, distribuzione, rigassificazione e stoccaggio di idrocarburi;
   il 30 luglio 2014 il consiglio di amministrazione di CDP ha approvato la cessione di una quota pari al 35 per cento del capitale sociale di CDP RETI, per un corrispettivo di circa 2.101 milioni di euro, a State Grid International Development Limited (SGID), società interamente controllata da State Grid Corporation of China (SGCC), portando così a compimento una trattativa che si protraeva da mesi;
   SGID è la più grande utility al mondo, un colosso da 298 miliardi di dollari di ricavi, impegnata nella costruzione e nella gestione della rete energetica cinese operante sull'88 per cento del territorio della Repubblica popolare e che costituisce lo strumento per la  realizzazione di investimenti di capitale al di fuori dei confini cinesi per conto di SGCC. SGID ha già realizzato investimenti nelle Filippine, Brasile, Australia e Hong Kong. In Europa va ricordato l'ingresso con il 25 per cento nella rete elettrica portoghese. Oltre all'Italia, i cinesi hanno mostrato interesse sulla privatizzazione della rete elettrica greca e, secondo notizie di stampa, sarebbero interessati anche agli asset rumeni di Enel;
   l'accordo si è concretizzato il 31 luglio quando l'amministratore delegato di CDP, Giovanni Gorno Tempini, e il presidente di State Grid International Development Limited (SGID), Zhu Guangchao hanno firmato a Palazzo Chigi e alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri la cessione delle quote di CDP RETI Spa a un prezzo pari a 2.101 milioni di euro che, secondo fonti governative, verrà destinato al sostegno dell'economia nazionale;
   prima del closing della cessione (previsto nei prossimi mesi, dopo le prescritte approvazioni governative e dell'antitrust), CDP conferirà a CDP RETI la propria partecipazione in TERNA Spa, l'operatore italiano leader nelle reti di trasmissione di energia elettrica, pari al 29,851 per cento del capitale sociale;
   in base all'accordo, SGID potrà nominare due amministratori su cinque del consiglio di amministrazione di CDP RETI e un membro su tre del collegio sindacale della società, disporrà del diritto di veto rispetto all'adozione di alcune particolari delibere, sia in Consiglio di amministrazione che nell'assemblea dei soci e, sulla base delle esigenze operative di CDP RETI, potrà proporre il nominativo di uno o due candidati che concorrano alla gestione operativa della società, pur rimanendo la decisione finali in capo al competente organo di CDP RETI. SGID designerà, inoltre, un amministratore nei consigli di amministrazione di SNAM e TERNA. È stato fissato un divieto reciproco di trasferimento delle partecipazioni (lock up) di due anni dal closing: al suo scadere ci sarà un diritto di prelazione dell'altro socio su un eventuale trasferimento della partecipazione;
   in connessione con l'operazione, è prevista la concessione di un finanziamento a CDP RETI, che verrà allegato all'accordo di compravendita, ed erogato al closing, per un importo pari a 1.500 milioni di euro (finanziato per il 45 per cento dell'importo complessivo da CDP e per il restante 55 per cento da un pool di banche terze) e suddiviso in un finanziamento da 1 miliardo a un anno che dovrebbe essere rimborsato attraverso un'emissione obbligazionaria e in una linea da 500 milioni a 5 anni;
   l'intera operazione si inquadra in un più ampio piano che prevede la cessione di una quota complessiva del 49 per cento a più di un investitore istituzionale, mantenendo il restante 51 per cento e il controllo della governance a CDP. L'ulteriore 14 per cento di CDP RETI verrà, infatti, dismesso nelle prossime settimane a favore di altri Investitori Istituzionali italiani, senza diritti di governance, come fondazioni bancarie, fondi pensione e casse di previdenza;
   dal punto di vista cinese, l'investimento non solo viene considerato «sicuro» ed in grado di garantire un flusso costante di cassa, ma viene inquadrato in una più ampia strategia per fare dell'Italia il proprio hub del gas nel cuore dell'Europa, un passo avanti verso l'espansione delle loro attività a livello globale;
   i cinesi, con l'ingresso in un vasto mercato fortemente de-regolamentato, si vengono, peraltro, a collocare in una posizione privilegiata per eventuali dismissioni di utility da parte di enti locali italiani alle prese con conti in forte dissesto;
   commentando l'accordo, il Ministro Pier Carlo Padoan, ha auspicato, per il processo di integrazione tra Italia e Cina «una strategia di crescita basata sull'economia reale, sugli investimenti di lungo termine, in sintonia con gli obiettivi di governo» –:
   quale riflessione abbia preceduto l'assenso da parte del Governo all'operazione in questione e se vi sia stata un'adeguata discussione non solamente su un terreno prettamente economico, ma anche su quello del posizionamento geopolitico dell'Italia, in considerazione del partner prescelto e della rilevante quota ceduta (senza menzionare la possibilità di avvalersi del diritto di prelazione trascorsi due anni dalla closing da parte del partner cinese, qualora CDP voglia o sia indotta dalle circostanze a vendere ulteriori quote) e dal punto di vista dell'interesse nazionale, anche in considerazione del fatto che l'ingresso in Cdp Reti fa seguito ad altre acquisizioni cinesi in Italia, come quote di Enel, Eni, Ansaldo Energia e che le acquisizioni cinesi in Cdp Reti segnano l'ingresso nelle reti strategiche italiane, a loro volta parte di reticolati energetici europei;
   se sia a conoscenza di quali valutazioni e considerazioni abbiano portato a non seguire la trasparente strada di una gara internazionale;
   se non sia fuorviante parlare di privatizzazione, considerando che l'acquirente è totalmente controllato da un Governo estero;
   se corrisponda al vero – come riportato su diversi organi di stampa – che soltanto i cinesi si sono offerti di rilevare le quote messe sul mercato in quanto una scatola societaria come Cdp Reti risulta meno attrattiva per fondi e investitori esteri rispetto ad aziende quotate, considerato in particolare, che i fondi infrastrutturali esteri, a cominciare dagli australiani di Ifm (Industry Funds Management), che pure inizialmente avevano mostrato interesse per il dossier, avrebbero rinunciato ad ogni possibile investimento anche a causa delle limitazioni fissate in termini di governance;
   non si ritenga che il rapporto commerciale con la Repubblica popolare cinese stia sempre più diventando eccessivamente squilibrato nei confronti di Pechino. (4-05771)


   DI BATTISTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale Presidente del Consiglio, in data 30 agosto 2013 ha denunciato per diffamazione Alessandro Maiorano, dipendente del comune di Firenze, per alcune dichiarazioni rese da quest'ultimo in merito all'utilizzo di fondi pubblici da parte dell'allora presidente della provincia Renzi ed in merito alle spese di rappresentanza dell'ente provinciale;
   sull'atto di denuncia, Renzi, ha dichiarato di essere residente in Firenze in via degli Alfani n. 8, quando però in realtà, è noto che sua moglie ed i figli non risiedono nel capoluogo toscano, bensì a Pontassieve;
   Maiorano, recatosi all'ufficio anagrafe del comune di Firenze, constata che Matteo Renzi, allora sindaco, ha abitato per 34 mesi in un attico in via degli Alfani n. 8, a due passi dal Duomo;
   in particolare Renzi ha spostato la residenza da Pontassieve (dove risiede sua moglie con i tre figli) nel capoluogo toscano all'interno del predetto appartamento, a partire dal 14 marzo 2011, fino al 23 gennaio 2014;
   come l'interrogante ha appreso da organi di stampa, l'immobile de quo veniva condotto in locazione da Marco Carrai – come da contratto di affitto pubblicato da alcuni quotidiani – il quale, per il tramite del suo avvocato, ha fatto sapere che: «quella casa non stata presa in affitto da Marco Carrai per Matteo Renzi, ma per lo stesso Marco Carrai che poi, per amicizia, ha anche ospitato lo stesso Renzi il quale vi si appoggiava per evidente praticità»;
   Marco Carrai, pertanto, ha provveduto al pagamento di un canone mensile prima di 900 e poi di 1.200 euro per l'intero periodo di residenza di Renzi all'interno dell'attico (anche se ancora non dato sapere come veniva corrisposto il canone, se in contanti o in modo tracciabile);
   la questione, a parere dell'interrogante, rilevante soprattutto in considerazione del fatto che Marco Carrai un imprenditore che ha vinto appalti con il comune di Firenze ed ha ricoperto anche incarichi di vertice in società partecipate dal comune stesso e dalla provincia di Firenze;
   innanzitutto, nell'agosto 2004 Marco Carrai, mentre è già consigliere comunale a Firenze con la Margherita, diventa capo segreteria del neo eletto presidente della provincia di Firenze, Matteo Renzi;
   successivamente, nel 2005, diventa amministratore delegato della Florence Multimedia, la società creata ad hoc da Renzi per gestire la comunicazione della provincia, sulla quale la Corte dei Conti ha aperto un'inchiesta (nella relazione del Ministero dell'economia e delle finanze si legge che questa società ha affidato servizi per milioni di euro, per importi che triplicano quelli dei «contratti di servizio base»);
   nel 2009, Carrai, entra come amministratore delegato, in Firenze parcheggi s.p.a. società partecipata dal comune di Firenze (anche se formalmente inserito nel cda dal secondo azionista della società, la banca Monte dei Paschi di Siena);
   Carrai, inoltre, socio, attraverso la holding D&C, nonché presidente della C&T Crossmedia, società che in seguito, nel 2012, si aggiudica l'appalto per la gestione delle guide su tablet per il museo di Palazzo Vecchio;
   infine, nell'aprile 2013, diventa anche presidente di AdF (Aeroporti di Firenze, la società che gestisce l'aeroporto fiorentino) ed a novembre dello stesso anno, entra nel consiglio di amministrazione di Cassa e risparmio di Firenze (una fondazione che distribuisce ogni anno 23 milioni di euro sul territorio);
   a ciò si aggiunga che la fidanzata di Marco Carrai tra i curatori della più importante mostra a Firenze nel 2014, quella su Jackson Pollock e Michelangelo in merito alla quale alcuni consiglieri comunali del capoluogo toscano, si sono chiesti come sia possibile, per una ragazza di 26 anni, appena laureata in filosofia e senza alcuna esperienza curatoriale, ricevere l'incarico di curare la principale mostra di un grande comune italiano;
   tra l'altro alcuni giornali, che si sono occupati del caso, hanno scoperto che la futura sposa di Carrai avrebbe vantato un solo titolo rispetto ai 62 di un altro candidato (si tratterebbe poi dell'unico saggio pubblicato per il catalogo della mostra di Zhang Huan, commissionato dallo stesso comune di Firenze);
   il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle ha già chiesto, in più occasioni, all'attuale Presidente del Consiglio dei ministri, di venire a riferire al Parlamento sulla vicenda, così da chiarire definitivamente e pubblicamente ogni dubbio, ma Renzi ha preferito far rilasciare una nota dal proprio ufficio stampa con cui si afferma laconicamente che: «Renzi ha usufruito, in alcune circostanze dell'ospitalità di Carrai, il cui contratto di affitto dell'appartamento è stato già reso pubblico;
   in realtà, sarebbe opportuno che l'attuale Presidente del Consiglio spiegasse – direttamente alle Camere in seduta pubblica, o anche semplicemente dando riscontro al presente atto di sindacato ispettivo – perché ha spostato la residenza ed ha abitato in un appartamento il cui affitto è stato integralmente corrisposto da un imprenditore che intrattiene rapporti con il comune di Firenze, all'epoca amministrato dallo stesso Renzi;
   si consideri, poi, che lo stesso Alessandro Maiorano ha presentato due esposti-denuncia alla procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze: il primo in data 27 gennaio 2014 ed il secondo in data 13 marzo 2014;
   come hanno riferito i giornali, in seguito a queste denunce alla procura della Repubblica di Firenze dovrebbe aver aperto un fascicolo anche se, ad oggi, senza ipotesi di reato né indagati;
   ancora non è dato sapere il numero di procedimento, né a quale pubblico ministero il fascicolo sia stato assegnato in quanto, il Maiorano, recatosi in procura a richiedere la comunicazione delle iscrizioni contenute nel registro delle notizie di reato (a norma dell'articolo 335, comma 3 c.p.p. e dell'articolo 110 disp. att. c.p.p.) ha ricevuto risposta con la seguente formula: «Non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione»;
   nel caso di specie all'interrogante non appaiono invece sussistere gli impedimenti a rispondere di cui all'articolo 335, commi 3 e 3-bis del codice di rito: da un lato non si rientra, evidentemente, nelle ipotesi di cui all'articolo 407 comma 2 lettera a) c.p.p.; dall'altro lato neppure sembrano ricorrenti casi di posizione del segreto (sia perché la notizia dell'apertura di un fascicolo già trapelata sugli organi di stampa, sia perché, in ogni caso, alla data di richiesta da parte del Maiorano era già decorso il termine non rinnovabile di tre mesi per disporre il segreto sulle iscrizioni) –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri non intenda fornire urgentemente chiarimenti circa la vicenda esposta in premessa e se al Ministro della giustizia risultino avviate indagini in merito.
(4-05776)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, SEGONI e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la raffineria IES, della società ungherese MOL, è situata nella zona industriale alla periferia della città di Mantova, occupa una superficie di 525.0000 metri quadri ed ha una capacità di lavorazione potenziale di 2.600.000 tonnellate l'anno di petrolio grezzo con ciclo produttivo orientato alla massimizzazione dei distillati intermedi, come i gasoli, e bitumi; è inserita nel polo petrolchimico di Mantova, area SIN;
   nell'ottobre 2013 la proprietà ha annunciato la riconversione del petrolchimico e da gennaio di quest'anno la raffineria IES ha iniziato il processo che prevede il progressivo fermo degli impianti (in particolare stop alla raffinazione) che la porteranno alla trasformazione in polo logistico, ossia un deposito, per far funzionare il quale saranno necessarie 88 persone per i prossimi due anni e circa 40 a regime a fronte degli allora 390 dipendenti impiegati nella lavorazione del greggio proveniente da Marghera;
   la raffineria produceva tutta la gamma dei prodotti per l'autotrazione, dalle benzine 95 e 98 RONC al gasolio auto standard ed artico fino agli agevolati per uso agricolo, e per il riscaldamento, quali il kero e il gasolio, ed è specializzata nella produzione di diversi gradi di bitume, sia per applicazioni stradali che per applicazioni industriali;
   la raffinazione è un processo che prevede da prima una semplice distillazione chiamata «topping» che separa i componenti del petrolio grezzo sfruttandone le caratteristiche chimico-fisiche, ottenendo così delle frazioni distinte dalle più leggere alle più pesanti, in ordine: GPL, Virgin-Nafta, benzina, kerosene, gasolio, olio combustibile e bitume;
   nel novembre 2010 una centralina di monitoraggio della qualità dell'aria posta nelle immediate vicinanze alla raffineria ha rilevato valori di H2S per circa due ore con un picco massimo di 6 ppm dovuti ad una consistente fuoriuscita di idrogeno solforato dalle giunzioni delle lamiere del tetto di uno dei serbatoi contenente bitume caldo, dovuto alla probabile infiltrazione di acqua, che ha generato una nube di 25mila metri cubi sulla città di Mantova. Con una multa di 345 mila euro è stato chiuso il processo penale intentato per inquinamento atmosferico da novanta cittadini mantovani;
   il 4 luglio 2014 una nube di idrogeno solforato emessa a causa di un malfunzionamento interno alla raffineria ha procurato cattivi odori, come di uova marce, dispnea e disagi vari che si sono manifestati in una vasta area e sono stati percepiti in tutta la città di Mantova. A causare il guasto alla guardia idraulica della torcia acida, secondo la relazione depositata dagli organi sanitari di controllo, sarebbero stati gli ugelli otturati dai sali di ammonio che si sono formati probabilmente durante il lungo stop alla raffinazione. In questo caso i vertici dell'azienda sono stati iscritti nel registro degli indagati per la violazione dell'articolo 674 del codice penale, cioè il getto pericoloso di cose atte ad offendere o molestare, un reato ambientale tra cui sono comprese le molestie olfattive. La fuoriuscita di idrogeno solforato è stata importante e la concentrazione rilevata era di 15/30 milligrammi per metro cubo ovvero tale da creare irritazione agli occhi, anche se lontana dalla temibile soglia dei 200 milligrammi per metro cubo capace di causare edema polmonare acuto e morte immediata dopo un solo respiro;
   l'idrogeno solforato è considerato una sostanza tossica a largo spettro poiché può danneggiare diversi sistemi del corpo umano e a seconda della sua concentrazione può provocare irritazione gravi danni alla vista, all'olfatto e alle vie respiratorie e nei casi più gravi anche la morte. Le parti interessate sono le membrane mucose, come occhi e naso, e le parti del corpo umano che richiedono maggiori quantità di ossigeno, come polmoni e cervello. Gli effetti dell'H2S sono simili a quelli del cianuro, poiché interferisce coi processi di respirazione: in presenza di forti dosi di H2S le cellule umane non ricevono ossigeno a sufficienza e muoiono;
   le esposizioni croniche anche a livelli bassi possano causare problemi neurologici, affaticamento, debolezza, perdita della memoria, mal di testa, problemi alla vista, alla circolazione, svenimenti. In molti centri dove i livelli di H2S si attestano attorno a 0,25 o 0,30 ppm il continuo odore di zolfo può causare cefalee, nausea, depressione e problemi di insonnia. Numerosi articoli presenti nella letteratura scientifica documentano l'incremento della prevalenza di tumori del colon e colite ulcerosa correlabili a tale sostanza;
   nel mese di maggio 2014 è stato pubblicato il terzo rapporto epidemiologico dell'Istituto superiore di sanità con l'ultimo aggiornamento dello studio Sentieri, acronimo che sta per studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, è stato evidenziato come nei Siti di interesse nazionale i tumori sono aumentati fino al 90 per cento in soli dieci anni (in particolare, tumori della tiroide e della pleura almeno a stare ai dati dei 18 siti in cui esiste il registro dei tumori, che pure sarebbe obbligatorio per legge). Anche i ricoveri in eccesso aumentano esponenzialmente rispetto ai precedenti riscontri: a Milazzo (+55 per cento per gli uomini e +24 per cento per le donne) e a Taranto (+45 per cento e +32 per cento), ma pure nella ricca Brescia dell'area Caffaro (+79 per cento e +71 per cento) e ai Laghi di Mantova (+84 per cento e +91 per cento), per cui si evince come la situazione ambientale mantovana sia già decisamente compromessa e vada monitorata con attenzione, prevenendo ulteriori rischi ed evitando di sottostare a «ricatti» occupazionali: il piano industriale italiano appare agli interroganti orientato allo «stop» di qualsiasi sovranità nel campo degli idrocarburi, con lo stop alla raffinazione pressoché in tutti gli stabilimenti italiani e le trivellazioni sempre più numerose in terra e in mare con l'invio dello scarso materiale recuperato all'estero –:
   se i Ministri interrogati in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, non ritengano di verificare le conseguenze di quanto successo ed eventuali danni alla salute nonché se i fatti occorsi siano ascrivibili alla tipologia del combustibile raffinato nell'impianto oppure siano stati causati da un errore umano durante la gestione del materiale, considerata anche la competenza statale in relazione agli obblighi di bonifica e messa in sicurezza di aree localizzate in siti di interesse nazionale (SIN) ex articolo 252, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   se, alla luce di quanto sopra il fermo dell'attività della raffineria possa compromettere l'avviata procedura di bonifica;
   se il Governo anche alla luce delle competenze dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ritenga sia adeguato il piano di emergenza in essere presso la raffineria IES che ricade nel campo di applicazione del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, così come modificato dal decreto legislativo n. 238 del 2005, alla luce delle mutate condizioni di operatività dello stabilimento;
   quali siano i contenuti dei piani di emergenza delle singole aziende e del piano di emergenza esterno di competenza della prefettura ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 1999. (5-03415)


   DE LORENZIS, BRESCIA, SCAGLIUSI, SPESSOTTO, L'ABBATE e LIUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Staffe, a qualche chilometro dai complessi residenziali del quartiere Paolo VI e dall'ospedale Moscati, si trova un deposito di rifiuti all'interno di un capannone denominato «Cemerad», contenente approssimativamente oltre 14.000 fusti metallici contenenti materiale radioattivo e rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, non meglio identificati, di origine ospedaliera ed industriale;
   la Cemerad iniziò la sua attività nel 1984, quando fu concessa l'apposita autorizzazione da parte del medico provinciale e il capannone oggi risulta, secondo fonti ISPRA, in «sostanziale abbandono ed esposto a ogni possibile evento»;
   dalla «Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Puglia» della «Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti» istituita con legge 6 febbraio 2009, n. 6, approvata dalla Commissione nella seduta del 20 giugno 2012, si apprende, dal paragrafo riguardante le informazioni fornite dal procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, e dal sostituto procuratore Buccoliero, che il problema dell'abbandono incontrollato dei rifiuti è connesso a quello della bonifica dei siti contaminati e che «l'esigenza delle attività di bonifica sussiste con riferimento a due siti» tra cui vi è quello dell'ex Cemerad in cui sono presenti rifiuti radioattivi, rifiuti ospedalieri e macchinari a raggi X;
   dalla «Relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia e sulle attività connesse» approvata dalla Commissione nella seduta del 18 dicembre 2012, si apprende che: «Il responsabile del deposito, Giovanni Pluchino, lo aveva realizzato su un terreno a tal fine preso in affitto da proprietari che risultano ancor oggi essere gli stessi. A seguito di vicende giudiziarie (il Pluchino sarebbe stato condannato in sede penale dal Tribunale di Taranto per aver realizzato una discarica di rifiuti pericolosi senza la prescritta autorizzazione e per aver gestito un impianto di raccolta di rifiuti radioattivi, questo autorizzato, senza tuttavia rispettare le specifiche norme di buona tecnica al fine evitare rischi di esposizione alle persone del pubblico), dall'anno 2000 il deposito è posto in custodia giudiziaria, affidata al comune di Statte. In particolare, custode risulta attualmente essere l'assessore all'ecologia della giunta comunale in carica»;
   dalla lettura della relazione sopracitata, si apprende che risale all'anno 2000 l'ultimo inventario dei rifiuti radioattivi e delle sorgenti dismesse, dal quale risultano presenti nel deposito 1.026 metri cubi di rifiuti di prima categoria, 94 metri cubi di seconda categoria e 20 metri cubi di terza, tutti in attesa, per quanto necessario, di trattamento e condizionamento;
   per quanto riguarda gli interventi a carattere ambientale delle istituzioni, si segnala che nell'ambito delle risorse assegnate alla regione Puglia, per circa 393 milioni di euro complessivi, dalla delibera CIPE n. 35/05 «Ripartizione delle risorse per interventi nelle aree sottoutilizzate – Rifinanziamento legge 208/1998 periodo 2005-2008 (legge finanziaria 2005)», per gli interventi su Cemerad, furono stanziati inizialmente 3,7 milioni di euro;
   la giunta regionale, con la delibera n. 2326 del 28 novembre 2008, ha deciso la «sostituzione dell'intervento denominato «Completamento delle attività di risanamento dell'area ex CEMERAD in agro di Statte» (cod. ACTA 02)» a causa di impegni giuridicamente vincolanti che avrebbero impedito la spesa entro il 31 dicembre 2008, in quanto, «nel corso delle attività di approvazione del progetto operativo di bonifica, sono emerse problematiche legate alla particolare natura del rifiuto, identificato come radioattivo e, pertanto, disciplinato dal decreto legislativo n. 230 del 1995»;
   inoltre, dal documento sopracitato, si apprende che il comune di Statte «sulla base di un progetto elaborato da uno studio professionale di Bari (Romanazzi-Boscia e associati Srl, contratto del 16 maggio 2011)», ha bandito nel giugno 2012 una gara (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 25 giugno 2012) con un importo a base di gara, al netto di i.v.a., di 1.088.532,23 euro, per «l'affidamento, con contratto di appalto, dei lavori di caratterizzazione chimica e fisica dei rifiuti presenti all'interno del capannone ex Cemerad» utilizzando un finanziamento complessivo di 1,5 milioni di euro della provincia di Taranto, ma il comune non ha proceduto all'aggiudicazione e della successiva stipula del contratto di appalto «per la mancanza dell'adozione formale da parte della provincia di Taranto dell'impegno relativo a una quota residua, pari a poco meno di un terzo dell'intero finanziamento di 1,5 milioni di euro»;
   così come definito dalla commissione speciale sopracitata, «la caratterizzazione è un'operazione volta a definire il contenuto effettivo di un rifiuto ed è certamente necessaria nell'ambito di un processo di bonifica e propedeutica ad altre attività, ma evidentemente da sola non serve ad attenuare in alcun modo una eventuale situazione di criticità»;
   la commissione speciale spiega che da un'analisi dei documenti del bando di gara sopracitato emanato dal comune di Statte, figura come l'appalto fosse finalizzato non alla caratterizzazione radiologica di tutti i fusti presenti nel deposito Cemerad, ma solo all'attribuzione di un codice CER a quella parte di rifiuti che possono essere considerati non più radioattivi, escludendo quindi in questa fase oggetto di appalto, sia la caratterizzazione chimico-fisica, sia l'allontanamento dei rifiuti sicuramente radioattivi e quelli privi di ogni indicazione in merito al contenuto;
    sempre in merito al bando di gara del comune di Staffe, dalla relazione della commissione speciale, si evince anche che l'attribuzione del codice CER, non era neanche per tutti i fusti contenenti materiali non radioattivi, ma sarebbe stata fatta sulla base di analisi su campioni estratti dal 10 per cento dei fusti da caratterizzare e, inoltre, la verifica dell'attendibilità della documentazione o dell'etichetta che indica come «non radioattivo» il contenuto di un fusto, sarebbe stata effettuata con misure radiometriche a campione su un fusto per ogni lotto di 200 fusti, «un campionamento sulla cui, la rappresentatività si potrebbe avanzare qualche dubbio»;
   dalla nota ISPRA trasmessa il 2 maggio 2012, come relazionato alla commissione sopra citata, al dipartimento della protezione civile, alla regione Puglia, al prefetto di Taranto e al sindaco di State, a seguito di un sopralluogo effettuato sul sito nell'aprile 2012, risulta che «sia il capannone, sia i fusti presentano segni di notevole degrado»; in sostanza l'ISPRA afferma che la situazione sarebbe tale da suggerire l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 126-bis «Interventi nelle esposizioni prolungate», del decreto legislativo n. 230 del 1995, «Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili» pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 136 del 13 giugno 1995;
   il sopracitato dispositivo legislativo sancisce che: «Nelle situazioni che comportino un'esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza radiologica oppure di una pratica non più in atto o di un'attività lavorativa, di cui al capo III-bis, che non sia più in atto, le autorità competenti per gli interventi ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 225,» – Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile – «adottano i provvedimenti opportuni, tenendo conto dei principi generali di cui all'articolo 115-bis, delle necessità e del rischio di esposizione, e, in particolare quelli concernenti:
    a) la delimitazione dell'area interessata,
    b) l'istituzione di un dispositivo di sorveglianza delle esposizioni;
    c) l'attuazione di interventi adeguati, tenuto conto delle caratteristiche reali della situazione;
    d) la regolamentazione dell'accesso ai terreni o agli edifici ubicati nell'area delimitata, o della loro utilizzazione.
  2. Per i lavoratori impegnati negli interventi relativi alle esposizioni prolungate di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui al capo VIII»;
   da un articolo del 17 febbraio 2014 su Corriere.it a firma dei giornalisti Andrea Palladino e Andrea Tornago intitolato «La minaccia radioattiva alle porte di Taranto», viene mostrato per la prima volta un video registrato all'interno del deposito, ad opera dagli investigatori del Corpo forestale nel 1995, durante una perquisizione richiesta del procuratore di Matera, Nicola Maria Pace;
   le dichiarazioni che rilasciano gli uomini del Corpo forestale dello Stato sono a detta degli interroganti, raccapriccianti, in quanto nell'intervista effettuata e contenuta nel video, Wiliam Stivali, ex ispettore del Corpo forestale di Brescia e Giuseppe Giove, comandante forestale Lombardia-E. Romagna, affermano che: «ci siamo trovati di fronte 14.000 o 18.000 fusti, gran parte dei quali contenenti materiale radioattivo, avevamo un gaiger e questo gaiger quando siamo entrati, ha cominciato a suonare», Giove aggiunge che: «la Cemerad aveva un rapporto intimo con Nucleico che era una società partecipata sia da Agip che da Enea ed ecco perché c'era questo incrocio che partiva dall'Enea di Rotondella, portava a Cemerad e portava poi a Nucleico in cui erano confluiti sostanzialmente sia Agip nucleare che Enea nazionale» e aggiunge che: «abbiamo scoperto che c'erano materiali con tempi di decadenza di addirittura 9999 anni (...) siamo rimasti molto basiti perché non ci aspettavamo uno stoccaggio di così lungo termine in un capannone di lamiera... non era neanche in calcestruzzo»;
   nello stesso articolo si apprende che: «nell'informativa preparata alla fine degli anni ’90 dal Corpo forestale dello Stato erano indicati i rapporti commerciali della Cemerad: tra le tante società c'era la Setri di Cipriano Chianese, la mente dei traffici di rifiuti dei casalesi, legato – raccontano le indagini della DDA di Napoli – all'ambiente di Licio Gelli»;
   tale situazione, a detta degli interroganti, oltre a dimostrare una totale incapacità delle amministrazioni coinvolte nel risolvere il problema, rappresenta una mala gestione nell'assegnazione di denaro pubblico del quale, comunque, rimane ignota la sua reale destinazione finale;
   la Cemerad sembra costituire un reale pericolo per la salute e per l'ambiente a causa delle possibili perdite e rilasci accidentali dai contenitori delle sostanze radioattive e rifiuti pericolosi, visto che, da un lato, è trascorso un lungo periodo dalla chiusura dell'azienda nel corso del quale nessun intervento rilevante è stato svolto, in un'area già profondamente compromessa dalle attività antropiche e, dall'altro, poiché nessuno al momento può smentire che tali rilasci siano già in corso –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per rimuovere immediatamente i fusti contenuti nel capannone Cemerad e bonificare il sito in oggetto;
   se possa garantire che non vi siano attualmente in corso, ovvero che non siano già avvenute perdite di materiale radioattivo e materiale pericoloso nell'ambiente circostante;
   quali provvedimenti siano stati già presi e quali quelli previsti per preservare la salute delle popolazioni residenti vicino il sito in questione;
   se si intenda attuare, come suggerito da ISPRA, l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 126-bis «Interventi nelle esposizioni prolungate», del decreto legislativo n. 230 del 1995;
   se sia noto quali rapporti siano stati accertati tra la Cemerad, la criminalità organizzata e la massoneria, e se risulti se questi rapporti abbiano favorito lo smaltimento illecito di materiale radioattivo ovvero pericoloso nel sito in questione;
   quali materiali siano stati trasportati in Cemerad da Nucleico e in che misura siano stati conferiti rifiuti da ENEA di Rotondella e Agip Nucleare;
   quanti fondi pubblici siano stati stanziati e realmente spesi per migliorare la situazione ambientale;
   quali siano le amministrazioni coinvolte e se si ravvedano comportamenti non conformi alla normativa vigente da parte delle pubbliche amministrazioni. (5-03417)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRARA, SCOTTO e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 giugno 2014, a seguito delle forti piogge cadute sul territorio campano, si è verificata nel comune di Tufino l'esondazione e lo straripamento delle acque dei Regi Lagni che ha provocato l'allagamento dell'abitato e dei campi circostanti, con conseguente grave disagio per la popolazione e ingenti danni ai locali a pian terreno delle abitazioni, a svariati beni e mezzi e alle colture circostanti;
   l'esondazione dei Regi Lagni circostanti il comune di Tuffino è stata causata dallo stato di cattiva manutenzione degli stessi, pieni di cumuli di rifiuti di vario genere, strati di vegetazione e vari ostacoli e dall'assenza di preventiva attività di polizia idraulica degli alvei, che non ha consentito e non consente lo scorrimento delle acque, soprattutto in caso di pioggia;
   ai sensi dell'articolo 56 del decreto legislativo n. 152 del 2006, testo unico sull'ambiente, le attività di programmazione, pianificazione e attuazione degli interventi finalizzati alla difesa, sistemazione e regolazione dei corsi d'acqua, difesa e consolidamento dei versanti, opere per la moderazione delle piene, svolgimento dei servizi di polizia idraulica, manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere, degli impianti e conservazione dei beni, da realizzarsi secondo gli standard e i criteri previamente definiti dal decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, vengono, in un primo momento, definiti dalle autorità di bacino sovra regionali competenti, poi programmati attraverso i programmi triennali di intervento disposti dalle singole regioni, per le opere ricadente sul loro territorio, nonché finanziati dallo Stato attraverso la ripartizione tra le regioni del fondo statale previsto e disciplinato dall'articolo 72 del citato testo unico;
   ai sensi dell'articolo 58 del testo unico sull'ambiente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è affidato il compito di verificare e controllare lo stato di attuazione degli interventi di difesa del suolo e dei corsi d'acqua, così previsti e finanziati, disponendosi all'articolo 61, comma 1, lettera g) l'obbligo da parte delle regioni competenti di predisporre annualmente e trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione sullo stato di attuazione del programma triennale degli interventi deliberato, nonché, all'articolo 58, comma 2 lettera b), l'obbligo da parte del Ministero di relazionare sul generale stato di attuazione dei vari programmi triennali delle opere finanziate;
   ai sensi di quanto previsto dall'articolo 69 del citato testo unico altresì i programmi triennali di intervento debbono destinare una quota non inferiore al 15 per cento degli stanziamenti agli interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni dei corsi d'acqua e delle opere idrauliche, nonché allo svolgimento del servizio di polizia idraulica, al fine di evitare e prevenire i possibili danni derivanti agli ambienti e alle abitazioni circostanti gli stessi;
   ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 14 aprile 1993 «atto di indirizzo alle Regioni per la manutenzione idraulica e forestale», gli interventi manutentori da effettuarsi sui corsi d'acqua devono prevedere la rimozione dei rifiuti solidi, il taglio delle alberature in alveo, nonché la rimozione dalle sponde e dagli alvei delle alberature che sono causa di ostacolo al regolare deflusso delle acque;
   ai sensi dell'articolo 57 del testo unico sull'ambiente il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può proporre al Presidente del Consiglio dei ministri l'adozione, in via sostitutiva e previa diffida, degli atti previsti ai sensi delle disposizioni precedenti in caso di persistente inattività dei soggetti competenti;
   ai sensi di quanto dichiarato alla stampa dai competenti organi regionali, i lavori di manutenzione ordinaria degli alvei dei Regi Lagni dell'area nolana sono stati programmati già nel 2010, con delibera della giunta regionale della Campania emanata su proposta dell'assessore regionale all'agricoltura Gianfranco Nappi, dell'assessore all'ambiente Walter Gianapini e dell'assessore ai lavori pubblici Oberdan Forlenza, che prevedeva il finanziamento programmatico di interventi di manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua afferenti al bacino dei Regi Lagni, con stanziamento, a favore dell'area nolana, di un finanziamento di 3 milioni di euro per il risanamento ed il riassetto dei canali di Boscofangone, Gaudo e Quindici, affidati, al Consorzio Generale di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno e, per alcune competenze, ai dieci comuni dell'area nolana sottoscrittori di apposito protocollo di intesa regolativo delle attività (Nota, Cimitile, Comiziano, Saviano, Casamarciano, Tufino, San Vitaliano, Somma Vesuviana e Ottaviano) prevedendo anche, tra le altre cose, l'installazione di un meccanismo di videosorveglianza dei canali per evitare il successivo scarico abusivo dei rifiuti;
   secondo il comunicato stampa della regione Campania, nel novembre 2012 è stata annunciata dall'assessore all'agricoltura Daniele Nugnes e dall'assessore ai lavori pubblici, protezione civile e difesa del suolo Edoardo Cosenza, l'apertura nuovamente di cantieri per interventi relativi alla manutenzione del reticolo idrografico dei Regi Lagni dell'area nolana, «particolarmente a rischio esondazione», iniziando in particolare dall'alveo Gaudo, affidati questa volta alla società regionale SMA Campania e meglio definiti in una variante al piano quinquennale delle attività affidate alla medesima società;
   nel marzo 2014, è stato annunciato sempre dall'assessore regionale ai lavori pubblici Edoardo Cosenza, nuovamente, lo stanziamento di 12 milioni di euro per lavori di manutenzione dei Regi Lagni dell'area nolana, affidati questa volta alla società Campania Ambiente, che sarebbero dovuti partire già a luglio 2014;
   tutte le attività sopra indicate tuttavia non risultano essere state attuate nei tempi previsti e, ancora oggi, anche relativamente a quelle recentemente deliberate, non iniziate e eseguite nei tempi indicati –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quali attività e programmi di intervento relativamente alle attività di manutenzione ordinaria degli alvei e polizia idraulica dei Regi Lagni dell'area nolana siano stati comunicati, trasmessi e finanziati negli anni 2010/2013, nonché controllati nelle forme della relazione sullo stato di attuazione degli stessi al termine di ogni anno legislativamente prevista, e se il Ministro sia a conoscenza di quali attività e programmi di intervento relativamente alle attività di manutenzione ordinaria degli alvei e polizia idraulica dei Regi Lagni dell'area nolana siano state ora previste nell'anno 2014. (4-05769)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, MARZANA, BATTELLI, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o luglio 2014 la direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale ha emanato l'avviso pubblico per proposte finalizzate alla realizzazione di eventi culturali in occasione della manifestazione «Notti al museo», indirizzato a persone giuridiche o persone fisiche, singole o associate, nei luoghi di cultura più significativi d'Italia;
   l'articolo 6, punto 1, del citato avviso dispone che il proponente il progetto culturale deve essere in possesso di adeguata polizza assicurativa di responsabilità civile per danni a persone o cose;
   l'articolo 6, punto 2, dello stesso avviso obbliga, inoltre, il proponente ad osservare tutte le norme che disciplinano la realizzazione di eventi, attività culturali, spettacoli, da svolgersi in luogo pubblico e/o aperto al pubblico. Tra tali norme è ragionevole supporre sia ricompreso il diritto d'autore che comporta, per il proponente, l'accollo delle relative spese per la SIAE;
   tali condizioni dell'avviso pubblico non risultano agli interroganti rispondenti alla ratio di promozione della creatività e della cultura, soprattutto alla luce della recente conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, che intende rilanciare e stabilire nuove risorse a favore dello sviluppo della cultura per l'appunto. Al contrario, le citate condizioni risultano lesive della dignità ed eccessivamente onerose per l'artista che è costretto a lavorare non solo gratis ma impiegando risorse proprie per la realizzazione di un evento che richiamerà presumibilmente un vasto pubblico;
   a partire dal giorno 3 luglio 2014 l'avviso pubblico, a quanto consta agli interroganti, risulta rimosso dal sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/index.html#&panel1-1);
   permane, però, pubblicata sul sito la lista dei luoghi di cultura aderenti all'iniziativa e presso i quali è possibile organizzare gli eventi culturali –:
   se con la rimozione dell'avviso pubblico dal sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, si intenda definitivamente ritirato lo stesso ovvero se si intenda riformularlo seguendo criteri di promozione della creatività e della cultura;
   se si intenda promuovere effettivamente la cultura, anche valorizzando i musei e le aree archeologiche di pregio in Italia dando, al contempo, la dovuta dignità professionale all'artista. (5-03414)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del Bellunese nell'ultimo periodo, in particolare dalla metà di giugno 2014, gli abitanti denunciano l'intensificazione di frastuono e rumori molto forti causati da jet militari che arrivano nelle Dolomiti per esercitazioni;
   le apprensioni degli abitanti della zona stanno aumentando, in quanto, recentemente essi hanno notato che, gli aerei che solitamente sorvolano la zona in questione arrivano sempre più a basa quota con manovre spesso pericolose;
   da più parti e dalle istituzioni locali sono state presentate richieste di fermare o quantomeno di ridurre tali esercitazioni, che riportano alla memoria degli abitanti del Bellunese i disastri aerei, di cui la provincia è già stata teatro, come quello del Lagazuoi nel 1987 e della Valzoldana nel 2007 o la strage del Cermis nella vicina Val di Fiemme –:
   se il Ministro sia a conoscenza del fatto suesposto;
   se e quali iniziative intenda intraprendere per verificare se nel caso in questione siano rispettate le normative vigenti in termini di spazi aerei, con la speranza che non si verifichi un nuovo incidente che concretizzi le preoccupazioni degli abitanti del Bellunese. (4-05772)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   VARGIU. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la fondazione Banco di Sardegna esercita attualmente nella regione Sardegna un ruolo strategico di primaria importanza, sia perché proprietaria del quarantanove per cento delle quote del Banco di Sardegna, sia perché detiene un patrimonio complessivo di circa novecento milioni di euro;
   in virtù della legge 30 luglio 1990, n. 218 «Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 6 agosto 1990 (cosiddetta legge delega Amato-Carli), tale patrimonio costituisce un bene originario della Fondazione entrato nella proprietà dell'intera collettività sarda come trasferimento del «capitale proprio» del Banco di Sardegna, istituto di credito di diritto pubblico;
   la fondazione, quale istituzione affidataria, è chiamata a tutelare e gestire in modo imparziale detto patrimonio nell'esclusivo interesse dei cittadini sardi, nonché in collaborazione con tutti gli attori sociali ed economici delle realtà locali, assicurando la netta separazione tra politica e finanza;
   il 4 aprile 2012 l'ACRI – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa approvava all'unanimità la «Carta delle Fondazioni» al fine di ispirare a princìpi univoci e a prassi uniformi tutte le procedure e gli atti operativi delle singole fondazioni;
   tali principi possono essere sintetizzati nei seguenti punti:
    a) i patrimoni delle fondazioni bancarie sono un bene originario delle popolazioni alle quali le fondazioni medesime fanno riferimento e, in quanto tali, sono di esclusiva proprietà della loro comunità;
    b) le fondazioni devono gestire il patrimonio nell'esclusivo interesse generale dell'intera collettività, interpretandone le esigenze e rispondendo alle istanze in maniera imparziale;
    c) in ragione di ciò, le fondazioni devono rispondere del proprio operato nei confronti delle istituzioni e degli enti espressione delle realtà locali (il consiglio regionale, i consigli provinciali, le università e le camere di commercio) i quali, nelle forme previste dagli statuti, ne eleggono gli organi di governo;
    d) le fondazioni, pur essendo soggetti di diritto privato dotati di ogni autonomia, sono obbligate a sottoporsi alle forme di vigilanza vigenti o da prevedere, per rendere conto della gestione di un patrimonio che non è proprio, ma è della collettività dei cittadini facenti parte delle comunità di riferimento;
    e) le fondazioni, quali azionisti di minoranza della banca di riferimento, pur non ingerendosi nella gestione operativa di quest'ultima, devono comunque vigilare ed esercitare i diritti propri dell'azionista, in modo tale che la conduzione avvenga nella pieno rispetto della tutela e della valorizzazione degli asset patrimoniali originari, nonché nell'esercizio della funzione di importante volano di stabilizzazione e crescita del sistema finanziario riferibile alle aree geografiche di prevalente attività;
   le fondazioni, al fine di salvaguardare la propria indipendenza, devono far sì che la partecipazione ai loro organi (d'indirizzo e di gestione) sia incompatibile con qualsiasi incarico o candidatura di tipo politico ovvero amministrativo e per questo debbono attuare opportune misure volte a determinare una chiara separazione/discontinuità temporale tra nomine all'interno dei loro organi e qualsivoglia mandato politico;
   i principi generali sopra esposti sono applicati a tutte le Fondazioni, ivi inclusa la Fondazione Banco di Sardegna;
   la predetta Fondazione è conseguentemente chiamata a rispondere del proprio operato alle istituzioni e agli attori locali (regione, enti locali, università, camere di commercio) che, stante lo statuto vigente, esprimono direttamente il comitato di indirizzo e, indirettamente, il consiglio di amministrazione;
   lo statuto della fondazione Banco di Sardegna attualmente vigente consente al comitato di indirizzo di nominare i componenti del comitato di indirizzo che gli succederà, così come i componenti del consiglio di amministrazione della Fondazione, senza tuttavia escludere esplicitamente il rischio delle auto-nomine dal comitato di indirizzo al consiglio di amministrazione;
   attualmente il comitato di indirizzo è formato da diciotto componenti: cinque selezionati direttamente dal comitato e tredici selezionati sulla base di terne fornite da consiglio regionale, consigli provinciali, università e camere di commercio;
   il meccanismo attuale delle nomine comporta dunque che la discrezionalità di scelta in capo al Comitato di indirizzo arrivi sino alla possibilità di procedere ad inaccettabili «auto-nomine» all'interno del consiglio di amministrazione, con la conseguenza che tutti i componenti della fondazione Banco di Sardegna potrebbero teoricamente avere rapporti di collegamento con un solo schieramento politico, o addirittura con un solo partito politico o comunque con un unico gruppo di riferimento, definendo un assetto di dirigenza che confliggerebbe apertamente con l'opposta esigenza istituzionale di rappresentatività della intera collettività di riferimento a cui la Fondazione dovrebbe riferirsi e rispondere;
   la regione Sardegna, d'intesa con le realtà istituzionali locali, potrebbe e dovrebbe richiedere ai vertici della Fondazione di rispondere del proprio operato, con particolare riferimento all'attività di istituto, che dovrebbe essere sempre svolta in modo imparziale e trasparente, nell'esclusivo interesse dell'intera collettività sarda;
   a sua volta, la Fondazione Banco di Sardegna, nella sua qualità di azionista di minoranza del Banco di Sardegna spa, dovrebbe vigilare affinché l'attività dell'Istituto di credito venga costantemente svolta al servizio dell'economia dell'isola;
   in tale contesto, la fondazione Banco di Sardegna mantiene invariata la propria quota di interesse nel Banco di Sardegna, nonostante la normativa vigente solleciti le fondazioni a proseguire nella liquidazione delle partecipazioni nelle banche conferitarie, diversificando progressivamente e adeguatamente le proprie attività patrimoniali;
   nell'ottobre 2013 è stato inoltre siglato un nuovo patto para-sociale con la Banca Popolare dell'Emilia Romagna – BPER in funzione del quale la fondazione Banco di Sardegna si impegna a non scendere al di sotto della quota del venti per cento della partecipazione al capitale del Banco di Sardegna. Nell'ipotesi in cui la Fondazione decidesse di vendere le azioni ordinarie eccedenti tale quota, essa si impegna a trasferirle alla BPER o, se trasferite a terzi, a garantire alla stessa BPER il diritto di prelazione dell'intero pacchetto, e qualora il potenziale acquirente fosse una banca o una società finanziaria, ad ottenere il preventivo gradimento di BPER;
   non appaiono chiari i vantaggi ed i benefici economici per la fondazione e per la collettività sarda discendenti da tale accordo che parrebbe garantire esclusivamente la BPER, a cui viene assicurato un socio di minoranza, che le riconosce un diritto di prelazione su eventuali vendite azionarie e, addirittura, le riconosce il diritto di limitare il numero dei possibili acquirenti attraverso la «clausola di gradimento»;
   tale forte perplessità è rafforzata peraltro dalla circostanza per cui, per effetto della fusione con l'ABF Leasing, di proprietà della BPER, il Banco di Sardegna ha perso la storica partecipazione alla Sardaleasing, uno dei più importanti e influenti attori finanziari sul mercato creditizio della Sardegna;
   le ragioni della fusione tra Sardaleasing e ABF Leasing parrebbero dunque tutelare soltanto gli interessi della BPER, motivata a salvaguardare una sua controllata in salute precaria, realizzando l'obiettivo del proprio piano industriale di avere un'unica «unità prodotto» per l'intero gruppo, anche al fine di migliorare le proprie performance patrimoniali;
   al fine di trasferire il controllo di Sardaleasing a BPER, senza costi reali per quest'ultima, sarebbe stata attuata una «fusione per incorporazione», prevedendo un concambio di azioni fra le due società, reso possibile dall'attribuzione ad ogni azione dell'ABF di un valore economico di 5,46 volte maggiore di quella della società incorporante (cioè la Sardaleasing). Attraverso questa operazione, di cui non si comprende l'interesse per la collettività sarda, la BPER avrebbe ottenuto il cinquantuno per cento delle azioni di Sardaleasing, cioè il suo controllo, retrocedendo il Banco di Sardegna dal 91,16 al 45,22 per cento del capitale;
   allo stato attuale, sarebbe ancora anonimo «l'advisor indipendente» che ha sorvegliato sull'intera operazione, così come sono sconosciuti i motivi per i quali la Fondazione, attraverso i suoi rappresentanti nel Consiglio di amministrazione del Banco, non abbia chiesto ed ottenuto chiarimenti sul moltiplicatore del 5,46 adottato, che sembrerebbe privilegiare l'incorporanda e penalizzare pesantemente l'incorporante;
   la Fondazione Banco di Sardegna ad avviso dell'interrogante deve essere chiamata a rispondere del proprio operato circa l'effettivo perseguimento dell'esclusivo interesse della collettività sarda –:
   se non ritenga opportuno, verificare, per quanto di propria competenza e attraverso i propri organi di vigilanza:
    a) se all'interno della Fondazione Banco di Sardegna sia stata sempre rispettata la netta separazione tra finanza e politica e la conseguente rispondenza ai princìpi etici generali che informano la mission di tutte le fondazioni;
    b) se la Fondazione Banco di Sardegna abbia messo in atto tutti gli opportuni strumenti per ottenere un profondo cambiamento delle regole di governance, nella direzione di una chiara e trasparente rappresentatività degli organi e della garanzia del necessario ricambio dei vertici;
    c) per quale motivo sia stato siglato un patto para-sociale tra Banco di Sardegna e Banca popolare dell'Emilia Romagna che sembrerebbe ad esclusivo vantaggio di quest'ultima e quali siano le ragioni che hanno indotto il Banco di Sardegna a «trasferire il controllo» della Sardaleasing alla BPER. (3-00976)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria costituisce una grande infrastruttura di assoluta valenza nazionale, essenziale e strategica non solo per il Mezzogiorno, ma per l'intero Paese;
   i lavori relativi al progetto di ammodernamento e messa in sicurezza dell'autostrada hanno raggiunto uno stadio rilevante e significativo, con circa 270 chilometri, ultimati e fruibili;
   su circa 110 chilometri, i lavori sono in corso ovvero sono stati appaltati;
   occorre accelerare i lavori in corso per addivenire rapidamente alla loro conclusione;
   sono, invece, ancora da finanziare, progettare, ovvero in via di mera progettazione 12 interventi, per circa 58 chilometri, che ricomprenderanno alcuni lotti ed alcuni nuovi svincoli autostradali, per complessivi circa 3 miliardi di euro;
   andrebbe ricompreso nelle opere da finanziare il raccordo Salerno-Avellino nel primo tratto Salerno-Fratte-Mercato San Severino, che funge da raccordo fra le autostrade A30 Caserta-Roma ed A3 Salerno-Reggio Calabria, il cui tracciato attuale è inadeguato e pericoloso per la sicurezza della circolazione e che, come tale, va potenziato con la costruzione della terza corsia e con la messa in sicurezza secondo le norme vigenti;
   occorre completare con rapidità l'intera opera, strategica per il sistema dei collegamenti e delle modalità per lo sviluppo del sistema economico e produttivo, un'opera fondamentale per l'Italia –:
   quale sia il quadro aggiornato, lotto per lotto, dei lavori lungo Autostrada A3, precisando – alla luce dell'abituale report sullo stato delle opere periodicamente curato dall'ANAS – la percentuale di esecuzione dei lavori per ciascun lotto, i termini previsti per la loro ultimazione, nonché i tempi e i provvedimenti con i quali il Governo intenda erogare i finanziamenti ancora mancanti. (4-05775)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella la notte compresa tra sabato 2 e domenica 3 agosto 2014 il centro abitato di Pisticci è stato interessato da una serie di crolli all'interno di alcuni immobili, probabilmente determinati dalla rottura di una condotta idrica sotterranea e dalle successive infiltrazioni;
   l'episodio fortunatamente non ha coinvolto persone e i danni hanno riguardato solamente immobili;
   sono state emesse ordinanze di sgombero che hanno riguardato al momento sette famiglie come riportano anche gli organi di informazione e altre ordinanze sono state emesse per una serie di immobili nella zona limitrofa;
   gli immobili coinvolti tra l'altro risultano essere a poca distanza dalla Chiesa di san Rocco struttura da due anni chiusa al culto proprio per la presenza di un fenomeno di dissesto;
   la preoccupazione è molto alta tra i cittadini e gli amministratori considerata la atavica fragilità del territorio in questione;
   considerata la delicatezza della situazione tale criticità non può essere affrontata dalla sola amministrazione comunale –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e se non intenda altresì intervenire per verificare l'accaduto e valutare la possibilità di predisporre iniziative, per quanto di competenza finalizzate alla messa in sicurezza degli immobili coinvolti a tutela della pubblica incolumità.
(5-03416)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 giugno 2014, la prefettura di Como ha pubblicato un bando di gara «procedura aperta volta alla conclusione di convenzione con enti pubblici ed altri operatori di mercato, nell'ambito del privato sociale e strutture alberghiere per assicurare i servizi di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale» già ospitati e da ospitare nel territorio della Provincia di Como, protocollato come CIG 5672261;
   il bando predetto è attualmente consultabile on line sul sito internet della prefettura di Como;
   stando al bando di gara, le strutture selezionate dovranno poter ospitare da un minimo di 5 ad un massimo di 50 immigrati;
   le circostanze sopra generalizzate sembrano preludere all'organizzazione di un afflusso consistente nella provincia di Como di migranti richiedenti asilo, del quale in prefettura deve essere noto l'ammontare previsto;
   tale ultimo dato risulta invece ignoto alle amministrazioni locali ed alla cittadinanza della provincia comasca, malgrado siano evidentemente interessate dall'afflusso dei migranti extracomunitari richiedenti asilo sul proprio territorio;
   il bando contempla esplicitamente anche il ricorso estensivo alle strutture alberghiere locali, cosa che rischia di ridurre significativamente le capacità ricettive dell'industria turistica comasca a breve, medio e lungo termine –:
   quanti migranti richiedenti asilo il Governo ritenga di dover stanziare nella provincia comasca e per quanto a lungo. (4-05768)


   PISICCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   com’è noto la legge 7 aprile 2014, n. 56, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», ha profondamente innovato l'ordinamento degli enti locali, stabilendo, tra gli altri, il principio della rappresentanza non elettiva per la città metropolitane e per le nuove province;
   la determinazione delle rappresentanze spettanti ad ogni comune nell'ambito delle province e delle città metropolitane, viene definita attraverso un meccanismo di ponderazione dettagliatamente considerato nell'allegato A della legge, tenendo conto delle fasce demografiche di appartenenza. In questo modo viene attribuito valore diseguale ad ogni consigliere comunale, che compone la platea degli elettori chiamati ad esprimere gli organi di rappresentanza, in una misura che vuole approssimarsi il più possibile ad una equa proporzione;
   tuttavia permangono elementi di disproporzionalità legati a due fattori: la larghezza delle «fasce» che include classi demografiche dai 30 ai 100.000 abitanti, generando pesi ponderati assai differenti nel caso di città con numero di abitanti molto vicino, e la diversa numerosità della platea degli elettori, legata al momento della celebrazione delle ultime elezioni comunali, a seconda se avvenuta prima o dopo la riduzione della rappresentanza operata con la legge n. 148 del 2011;
   tale circostanza ricorre in diversi importanti comuni italiani, come Mantova, Macerata, Andria, Vibo Valentia, Matera, Sassari, Bolzano ed altri ancora, andati alle urne nel marzo 2010 e dotati di rappresentanza consiliare paradossalmente superiore a comuni di eguale o superiore ampiezza demografica, ma andati al voto dopo il 2011, quando, cioè, è entrata in vigore la drastica riduzione della rappresentanza consiliare per la spending review –:
   quali urgenti iniziative il Ministro intenda assumere per rimuovere gli elementi di disproporzionalità consentiti dalle nuove norme sull'elezione indiretta dei consigli provinciali, prima che vengano avviate le previste procedure elettorali entro il mese di agosto 2014. (4-05774)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per il 2013, al comma 178 dell'articolo 1 modifica l'articolo 32 del decreto legislativo 151/2001, relativo all'istituto del congedo parentale, al fine di recepire alcuni contenuti della direttiva 2010/18/UE dell'8 marzo 2010, che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale;
   la direttiva 2010/18/UE dell'8 marzo 2010, del Consiglio, risponde alla necessità (considerando n. 4) di «migliorare ulteriormente la conciliazione di vita professionale, vita privata e vita familiare e, in particolare, la legislazione comunitaria vigente in tema di protezione della maternità e congedo parentale, nonché alla possibilità di introdurre nuove forme di congedo per ragioni familiari»;
   tra le previsioni della direttiva, che avrebbe dovuto essere recepita entro l'8 marzo 2012, vi era la possibilità della fruizione del congedo parentale su base oraria, rimandando alla contrattazione collettiva di settore il potere di stabilire le modalità di tale fruizione, criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa;
   la fruizione su base oraria avrebbe dovuto essere possibile a partire dal 1o gennaio 2013, ma ad oggi solo pochissimi CCNL ne hanno disciplinato le modalità di fruizione;
   in altri casi, invece, pur essendo già intervenuta la contrattazione mancano ancora i necessari codici che dovrebbero essere emessi a cura dell'INPS ed indicati nel decreto ministeriale –:
   quanti e quali contratti collettivi abbiano già provveduto a disciplinare la fruizione su base oraria del congedo parentale;
   quanti siano i CCNL che sono ancora in attesa dell'emissione dei codici da parte dell'INPS;
   quali iniziative intenda assumere nell'ambito delle proprie competenze per rendere effettiva la possibilità di fruizione del congedo parentale di cui in premessa, garantendo ai genitori che lavorano le tutele previste in loro favore dalle disposizioni comunitarie. (4-05773)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da recenti notizie sugli organi di stampa si apprende che «mentre addirittura si vocifera su un improbabile ritorno di British American Tobacco, a Lecce, nella ex manifattura, i 160 ex dipendenti leccesi da quasi quattro anni in quota a Iacobucci Mk sprofondano nella cassa integrazione straordinaria senza prospettive», venerdì 25 luglio scorso, infatti, presso la provincia di Lecce, la società frusinate avrebbe, ancora secondo notizie riportate dagli organi di stampa, cercato l'accordo con le organizzazioni sindacali, che però avrebbero abbandonato il tavolo. In assenza dell'accordo, Iacobucci Mk ha annunciato di voler avviare la procedura fallimentare;
   questa ulteriore situazione di irreversibile crisi aziendale si somma dunque alle precedenti situazioni fallimentari che hanno caratterizzato la vicenda delle Ex Bat leccese, con l'uscita di scena della British American Tobacco, e l'emergere sulla scena di tre società che avrebbero dovuto garantire la riconversione produttiva del sito e l'assorbimento dei circa 500 lavoratori dipendenti, con opportuni processi formativi;
   come si ricorderà, infatti, il 2 dicembre del 2010, presso il Ministero dello sviluppo economico, alla presenza del Ministero rappresentato dal dottor Giampietro Castano, British American Tobacco, Fai Cisl, Flai Cgil, Uila Uil, assistite dalle rappresentanze sindacali unitarie dello stabilimento di Lecce, di Roma, e della Field Force, siglavano un accordo secondo cui BAT Italia confermava la «necessità di procedere alla cessazione delle attività produttive di sigarette presso il sito di Lecce con migrazione di volumi produttivi verso altri siti», contestualmente manifestando la volontà «di favorire nuove iniziative imprenditoriali in loco per offrire al personale dello stabilimento di Lecce la possibilità di essere riconvocato nelle stesse che si svilupperanno nel sito o comunque nel territorio salentino»;
   alla luce di queste affermazioni, e dei piani industriali presentati in un incontro svoltosi il 12 novembre 2010, secondo quanto contenuto nel verbale di accordo presso il ministero dello sviluppo economico, le parti convennero di far cessare a far data dal 31 dicembre 2010 le attività di lavorazione del tabacco e di produzione delle sigarette presso lo Stabilimento di Lecce. Alla stessa data avrebbero avuto inizio gli ammortizzatori sociali e/o le attività di formazione destinate alla riconversione dei lavoratori e alla loro ricollocazione presso altre aziende;
   si rende opportuno richiamare quanto convenuto presso il ministero dello sviluppo economico alla luce di quanto accaduto in questi anni e puntualmente denunciato anche con precedenti interrogazioni e lettere a firma di parlamentari, assessori regionali, esponenti istituzionali, e alla luce di quanto nuovamente ribadito sulla stampa anche in questi giorni;
   «Produttrice di trolleys (carrelli) per gli aerei di linea, dopo il fallimento di Hds e Ip, Iacobucci Mk è l'ultima azienda ancora in piedi nell'ambito della riconversione ex Bat: un'operazione che, a Lecce, di un posto di lavoro, a già più di 100 operai ex Bat, ha lasciato ormai solo il ricordo. L'azienda è costretta a fare i conti con una difficile situazione economico-finanziaria. Ha chiuso il bilancio 2013 con una perdita di 5,9 milioni di euro, dopo esser stata oggetto, ad aprile scorso, dell'avvicendamento di proprietà. Iacobucci Hf spa (la casa madre) ha ceduto Iacobucci Mk (la “costola” leccese) a Filacapital (che detiene l'87,12 per cento di Ihf spa) proprio “a causa dei negativi risultati consuntivati” conseguenti “alla flessione nella vendita di trolleys, dovuta al ritardo della certificazione di quelli ‘ultraleggeri’” ma, ancor prima, “al venir meno dei contributi di riconversione industriale di cui la società — recita la relazione degli amministratori — aveva beneficiato”, ovvero dei 9,9 milioni di euro a fondo perduto ricevuti da Bat Italia»;
   si ritiene dunque necessario rammentare che, delle tre aziende coinvolte nel Piano di riconversione, nessuna ha portato a termine quanto previsto dallo stesso. Nonostante sia Iacobucci MK che Ip srl che Hds siano state agevolate nella riconversione della Ex Manifattura con contributi a fondo perduto di start up e outplacement per complessivi 14 miliardi di euro (9,9 Iacobucci, 3 Ip-Korus, e 1 Hds), concessi da British American Tobacco per il tramite di Inser Salento;
   non è stata però solo la stampa, in questa tormentata vicenda, a far emergere tutta l'ineffettualità di quanto firmato presso il ministero dello sviluppo economico e di quanto ancora precedentemente indicato in piani industriali allo stato degli atti mai attuati;
   le organizzazioni sindacali, puntualmente, hanno denunciato la paradossale situazione in cui sono venuti a trovarsi i circa 500 lavoratori impegnati nella Ex Manifattura Tabacchi-Lecce, e l'impatto economico-occupazione devastante per il territorio salentino, a seguito della decisione di delocalizzazione della Bat, pur in presenza di utili aziendali;
   situazione resa ancor più complicata anche dal risvolto penale assunto, dopo l'esposto presentato alla procura della Repubblica il 23 ottobre scorso da parte dei lavoratori ricollocati nell'azienda IP Korus (produttrice di infissi in alluminio), dove si denuncia, testualmente, da parte di 30 sui 49 lavoratori ricollocati nell'azienda di cui sopra, che «dalla chiusura dello stabilimento ad oggi, tutto ciò che è stato promesso e scritto non è mai stato messo in pratica»; e nonostante proprio l'accordo del dicembre 2010 recitasse: «Le parti convengono che il presente piano industriale (ricollocazione e attività industriali e di servizio) sarà oggetto di monitoraggio ministeriale semestrale, o comunque a richiesta di una delle parti, da parte dei firmatari del presente accordo»;
   tale situazione, come peraltro al Ministro dello sviluppo economico è noto è stata il 30 dicembre 2013, oggetto di un tavolo di confronto convocato presso l'amministrazione provinciale di Lecce dove si è condiviso l'invio di una richiesta di incontro al Ministero per l'insediamento di un tavolo dove tutte le parti potessero essere ricondotte alle loro responsabilità e soprattutto al rispetto di quanto convenuto;
   a tutt'oggi è senz'altro legittimo affermare che nulla di quanto contenuto nell'Accordo siglato presso il ministero dello sviluppo economico abbia avuto esito positivo senza che nessuno degli attori coinvolti abbia avvertito come doveroso dare conto del mancato rispetto degli accordi, ancor più doveroso in presenza di somme così consistenti ricevute ai fini della formazione e ricollocazione dei lavoratori ex Bat che, dunque, è lecito chiedersi a quale fine siano state utilizzate. Ed è senz'altro legittimo definire il comportamento della ex Bat e delle tre imprese una truffa ai danni dei lavoratori e di un territorio colpito dalla devastante crisi economica non congiunturale del manifatturiero maturo;
   ancor più grave, tale inottemperanza e mancato rispetto degli accordi, se si considera la drammatica eco che ha assunto la drammatica morte per suicidio di un lavoratore ex Bat, dipendente della Iacobucci Mk assunto dall'azienda frusinate agli inizi del 2011 poco dopo esser stato licenziato da Franci, la ditta che, per conto di British American Tobacco, fino alla fine del 2010, si occupava di servizi e logistica;
   è comprensibile, dunque, e umanamente condivisibile, la reazione unanime di sconcerto e frustrazione che si è diffusa tra i dipendenti Iacobucci ed ex Bat, che nella mattinata di mercoledì 28 luglio hanno sfilato nelle vie della città accusando di sordità e ignavia i rappresentanti istituzionali e le amministrazioni territoriali;
   soprattutto, alla luce di quanto sopra, è legittimo chiedere conto di come le società Iacobucci, Hds, Ip Korus abbiano investito le risorse a loro destinate dalla ex Bat –:
   se il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, alla luce della vicenda descritta, e per quanto di rispettiva competenza, non ritengano opportuna e necessaria la ricomposizione di un confronto con tutti i soggetti, privati e istituzionali, coinvolti nell'accordo stilato presso il Ministero dello sviluppo economico il 22 febbraio 2010, tale da verificare il rispetto degli impegni e l'attuazione di contenuto nell'accordo del 2010;
   se i Ministri non ritengano necessario comprendere in che modo siano stati realmente utilizzati gli incentivi elargiti da BAT alle imprese su citate e le risorse destinate alla formazione e alla ricollocazione dei lavoratori;
   se infine non si ritenga imprescindibile convocare la multinazionale Ex American Tobacco, società peraltro percepiente risorse pubbliche a quanto è dato sapere, perché tutti i soggetti imprenditoriali coinvolti possano dare conto dell'esito degli impegni assunti. (5-03413)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con le interrogazioni nn. 4-04077 e 4-05331, a cui non è stata ancora fornita risposta, l'interrogante ha posto all'attenzione del Governo la conduzione della struttura di tutela aziendale di Poste Italiane, affidata dall'allora amministratore delegato Massimo Sarmi a Stefano Grassi, già ufficiale della guardia di finanza;
   il nominato Stefano Grassi, come risulta dalle cronache giornalistiche, avrebbe legami con l'ex deputato Marco Milanese, tratto in arresto per presunte tangenti legati alla vicenda del MOSE e già condannato dal tribunale di Roma a otto mesi di carcere per finanziamento illecito;
   il nominato Grassi è amministratore delegato della società Poste Tutela che si occupa, per il gruppo Poste Italiane, del delicato settore degli appalti per il trasporto valori;
   risulta all'interrogante – Supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea – che, la società SICURTRANSPORT spa si sia aggiudicata appalti per il servizio di trasporto valori per decine di milioni di euro;
   risulta all'interrogante che, in merito alla citata società, si sia segnalata, nel passato, una possibile inadempienza contrattuale;
   nella società in questione riveste la carica di presidente un noto uomo politico, già sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze –:
   di quali notizie sia a conoscenza il Governo;
   se il comportamento della società Sicurtransport spa nel corso dei precedenti rapporti contrattuali giustifichi l'instaurazione di un nuovo rapporto da parte di Poste italiane;
   quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare per verificare la conduzione della detta struttura di tutela aziendale. (4-05770)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Ottobre ed altri n. 1-00291, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vito e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Ottobre, Giachetti, Vito, Leone, Kronbichler, Marcolin, Dellai, Corsaro, Pisicchio, Di Lello, Bruno, Nicoletti, Alfreider, Binetti, Capelli, Carella, Catalano, De Menech, Di Gioia, Fabrizio Di Stefano, Fauttilli, Furnari, Galgano, Riccardo Gallo, Gebhard, Ginoble, Labriola, La Marca, Lacquaniti, Latronico, Locatelli, Marguerettaz, Migliore, Paglia, Palmizio, Pastorelli, Piepoli, Plangger, Realacci, Paolo Rossi, Rostan, Giovanna Sanna, Sberna, Scanu, Schullian, Stumpo, Tabacci, Tacconi, Vargiu, Zaccagnini, Palese, Amoddio, Alli, Marazziti, Fitzgerald Nissoli».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
   interrogazione a risposta in commissione Tino Iannuzzi n. 5-02580 dell'8 aprile 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-05775.