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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 28 luglio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    oggi l'importanza della pioppicoltura va oltre la produzione di materia prima per l'industria del legno e della carta. Infatti, a livello internazionale, si riconosce sempre di più alla pioppicoltura la capacità di sviluppare significative funzioni ecologiche e ambientali nell'ambito di tre questioni: il bilancio positivo di carbonio (assorbimento di anidride carbonica); il fitorimedio o azione di filtrazione/depurazione e la tutela del paesaggio;
    la gestione forestale e la riforestazione sono due strategie ampiamente riconosciute per abbattere l'incremento di concentrazione del carbonio (C) attraverso lo stoccaggio di anidride carbonica (CO2) nella biomassa. D'altro canto la pioppicoltura si caratterizza per un bilancio più che positivo tra carbonio assorbito dalle piante e carbonio emesso nel corso degli interventi colturali di gestione dei pioppeti. Da questo punto di vista, la pioppicoltura può trovare interessanti prospettive di sviluppo legate al fatto che essa è in grado di ben adattarsi agli scenari di cambiamento climatico, con incrementi di produttività in condizioni di maggior concentrazione di CO2 nell'aria;
    alla pioppicoltura si riconosce la capacità di contrastare il degrado ambientale attraverso l'azione di filtro esercitata sulle acque e sui suoli contaminati dai più svariati agenti inquinanti. I sistemi sviluppati per tali azioni costituiscono le «tecnologie di fitorimedio» di cui fanno parte le fasce tampone per contenere l'erosione e favorire il disinquinamento dei suoli e le piantagioni di biofiltro per le dismissioni di acque reflue, urbane e zootecniche;
    gli alberi coltivati nei pioppeti sono pioppi ibridi non autoctoni, convenzionalmente riuniti sotto la denominazione di «pioppi euroamericani» o «pioppi canadesi». Da decenni sono oramai entrati a far parte del paesaggio agricolo dell'intera pianura padana e, in particolare, nelle aree golenali dei fiumi, costituendo un paesaggio agricolo-fluviale di ampie proporzioni e di innegabile impatto estetico. A questo si aggiunga il fatto che nelle aree golenali la presenza di coltivazioni a pioppo garantisce una buona permeabilità del terreno ed anche un'azione di contenimento della forza delle piene, svolgendo, quindi, azioni di protezione, di depurazione e di prevenzione del dissesto idrogeologico;
    la pioppicoltura praticata secondo metodi di coltivazione «sostenibile» non ha mai generato problematiche di impatto ambientale contribuendo, al contrario, al mantenimento della stabilità, della fertilità e della depurazione dei suoli e delle acque, di buoni livelli di biodiversità ed al conseguimento degli obiettivi sottoscritti dall'Italia con il protocollo di Kyoto (1997), il quale riconosce esplicitamente il ruolo ambientale della gestione foreste e delle coltivazioni legnose;
    in molti Paesi del mondo, compresi nelle zone temperate fresche sia a nord che a sud dell'equatore, sono oggi fortemente interessati ed impegnati a sviluppare la coltivazione del pioppo per la produzione di legname per l'industria del legno. Secondo i dati forniti dall’International popular commission, le piantagioni di pioppo nel mondo valgono oltre 7 milioni di ettari di cui solamente 2,5 milioni sono per la produzione di legno o di fibre per l'industria;
    tale coltivazione rappresenta per l'Italia la più significativa fonte interna di legname per l'industria, pur occupando una superficie minima rispetto a quella delle foreste (meno dell'1 per cento a livello nazionale), per un Paese che importa più dei tre/quarti del legno che consuma, ma che proprio nell'industria della trasformazione del legno in pannelli, mobili ed arredamenti ha uno dei suoi punti di forza nel mercato mondiale, la produzione di legno di pioppo assume, quindi, un'importanza strategica;
    il legname di pioppo è un bene industriale facente parte della categoria delle materie prime destinato a trasformazioni successive, prima di essere incorporato in un prodotto finale di utilizzazione o di consumo. La segmentazione della domanda di legname di pioppo si basa sul criterio della sua destinazione d'uso. Con tale criterio si possono distinguere i seguenti sei mercati: pasta per carta, segati per falegnameria, imballaggi di legno, pannelli di legno, pannelli strutturali di legno e mobili, sedie e accessori;
    va considerato che la filiera legno-arredamento occupa circa 400.000 dipendenti a livello nazionale, pari all'8 per cento dei dipendenti del settore manifatturiero, ed interessa 75.000 imprese, pari a circa il 15 per cento sul totale nazionale. Il sistema legno-arredamento rappresenta così il terzo settore italiano per contributo alla bilancia commerciale, con un saldo attivo di circa 6 miliardi di euro;
    la pioppicoltura italiana, come arte della coltivazione dei pioppi, ha costituito e costituisce tutt'ora una vera e propria «eccellenza» del nostro Paese, riconosciuta e imitata in quest'ultimi cinquanta anni da numerosi Paesi del mondo;
    a dispetto di questa posizione di eccellenza e del fatto che la coltivazione del pioppo rappresenti nel nostro Paese l'unica e più avanzata forma di arboricoltura da legno, che ha permesso nell'arco di cinquant'anni di stabilire legami strutturali e consolidati con il sistema industriale di trasformazione del legno, il settore sta attraversando, da almeno quindici anni, una profonda crisi testimoniata dall'elevata contrazione delle superfici coltivate, che si sono più che dimezzate. Infatti, dai circa 170.000 ettari coltivati agli inizi degli anni ‘70 , oggi le piantagioni di pioppo riguardano poco più di 50.000 ettari;
    è necessario che la politica agricola-forestale prenda atto che, per il nostro Paese, la coltivazione a ciclo breve (dieci anni) del pioppo costituisce una reale risorsa boschiva sulla quale costruire una solida base per l'approvvigionamento futuro di legname per l'industria del legno, del mobile e della carta;
    è indispensabile che la pioppicoltura sia oggetto di un piano di settore strategico di sostegno, in una prospettiva di cambiamento nell'approvvigionamento di legname per l'industria, che porti, conseguentemente e gradualmente, le superfici coltivate a pioppo ad una estensione che si attesti tra i 100.000 e i 120.000 ettari;
    emerge, pertanto, la pressante necessità di sostenere ed incentivare lo sviluppo della pioppicoltura, nell'ambito della politica di sviluppo prevista dalla nuova politica agricola comune (componente greening), al fine di rendere vantaggiosa e redditizia, oltreché competitiva, questa forma di gestione e conduzione dei terreni. Infatti, senza una politica di incentivi adeguati, i coltivatori preferiscono orientarsi verso colture annuali, anch'esse incentivate, ma con la differenza che l'investimento sarà per un solo anno con la certezza del reddito;
   la certificazione forestale è un atto volontario di ciascun produttore ma che risponde all'importante concetto di sviluppo sostenibile;
    come nel caso di altri tipi di piantagioni in altre parti del mondo, la certificazione della buona pratica pioppicola si dimostra innanzitutto uno strumento in grado di dare evidenza alla compatibilità ambientale delle pratiche colturali attuate dalle aziende. Inoltre, risulta essere anche un efficace strumento di qualificazione e di differenziazione della produzione, che può avere una valenza sul mercato, sia rispetto ai compratori che nei confronti dei concorrenti esteri fornitori di legname di pioppo;
    anche il legno, nonostante sia una materia prima rinnovabile e con problemi di smaltimento molto minori rispetto ad altri materiali, deve incorporare i concetti di qualità e di eco-compatibilità,

impegna il Governo:

   a sostenere per quanto di competenza il Protocollo d'intesa sottoscritto a Venezia il 29 gennaio 2014 dalle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia-Giulia – col fine di avviare una strategia di rilancio del pioppo in Italia – controfirmato da Coldiretti, dalla Confederazione italiana agricoltori, dalla Confagricoltura, dall'Associazione pioppicoltori italiani, dal Cra-Istituto per la pioppicoltura e da Assocarta;
   ad assumere iniziative immediate affinché si aumenti l'estensione delle aree interessate da arboricoltura da legno coltivate a pioppo, dagli attuali 50.000 ettari ad una superficie di 100.000-120.000 ettari, posto che l'incremento di tale superficie, coltivata con la pioppicoltura specializzata a turno decennale, consentirebbe alla filiera di essere autosufficiente riguardo le esigenze di materia prima al livello attuale di produttività dell'industria nazionale del legno-arredo;
   ad incentivare la coltivazione del pioppo nelle aree golenali e demaniali dello Stato, valorizzandone il contributo per la buona gestione delle aree stesse e il mantenimento della stabilità, della fertilità e della depurazione dei suoli e delle acque, nonché il deflusso regolare delle acque in caso di piena dei fiumi, indirizzando, tra l'altro, i coltivatori concessionari verso pratiche che prevedano la «certificazione forestale di sostenibilità ambientale»;
   ad assumere iniziative per prevedere che, a seguito della ceduazione dei pioppetti, al fine di produrre legno da commercializzare, venga riportato un codice o altro elemento comunicativo equipollente (ad esempio, Quick Response Code, QRC, Codice a risposta veloce), che indichi il luogo di provenienza, lavorazione e trasformazione del prodotto con la dicitura «made in Italy» e, qualora si utilizzassero pratiche virtuose come quelle per la produzione dei prodotti biologici, indicare anche questa caratteristica in etichetta: «ossia legno prodotto secondo pratiche agronomiche eco-sostenibili e utilizzando il procedimento del disciplinare tecnico per le produzioni biologiche («legno biologico»);
   ad adoperarsi, di concerto con i diversi soggetti della filiera, per un'azione di riconoscimento degli aspetti ambientali e produttivi della pioppicoltura, favorendone il rilancio mediante un adeguato sostegno economico soprattutto in occasione della definizione di coerenti misure all'interno sia del I pilastro che del II pilastro della Politica agricola comune (2014-2020);
   a prevedere con apposita iniziativa normativa, l'opportunità di riconoscere le aree coltivate a pioppeto quali «aree di interesse ecologico» (ecological focus area) e, pertanto, beneficiarie del contributo economico dei pagamenti ecologici (greening) per il riconosciuto effetto di «carbon sink» (assorbimento dell'anidride carbonica da parte delle estensioni destinate a pioppeto) e di «carbon stock» (stoccaggio di anidride carbonica nei prodotti derivati del legno di pioppo, come pannelli compensati e truciolari per mobili e imballaggi ortofrutticoli).
(7-00441) «Franco Bordo».

 * * *

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'anno 2012, il competente servizio regionale della regione Marche ha rilasciato molteplici autorizzazioni per la realizzazione e la conduzione di impianti per la produzione di energia elettrica alimentati a biogas da fermentazione anaerobica di biomasse, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003;
   tutti gli impianti citati non sono stati sottoposti nemmeno alla procedura di verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 24 della legge regionale n. 20/2011 e, successivamente, della legge regionale n. 3 del 2012 che riproponeva in maniera integrale quanto già disposto dal summenzionato articolo della citata legge regionale 20/2011;
   tali disposizioni stabilivano l'esclusione dal procedimento di VIA per gli impianti a biogas aventi una soglia dimensionale di potenza inferiore a 3 megawatt termici;
   su ricorso presentato proprio dallo stesso Consiglio dei ministri la Corte Costituzionale ha dichiarato, con sentenza n. 93 del 22 maggio 2013, la parziale incostituzionalità della legge regionale n. 3 del 2012 censurando il fatto che l'esclusione degli impianti da procedura di verifica di assoggettabilità e quindi a valutazione di impatto ambientale potesse essere determinata sulla base della mera individuazione di soglie dimensionali;
   il Tar delle Marche-Ancona ha annullato in considerazione della predetta sentenza della Corte Costituzionale e della contrarietà del quadro normativo regionale e nazionale alla normativa comunitaria diverse autorizzazioni, per i cui impianti risulterebbe essere già stata avviata la procedura di spegnimento (nello specifico: Sentenze Tar Marche: n. 559/2013 su impianto biogas di Camerata Picena; n. 65912013 su impianto a biogas di Corridonia; n. 61/2014 su impianto a biogas di Monsano; n. 64/2014 e n. 65/2014 su impianto a biogas di Potenza Picena; n. 214/2014 e n. 215/2014 su impianto a biogas di Loro Piceno; n. 707/2014 su impianto a biogas di Petriolo);
   come è noto il quadro della normativa comunitaria vigente e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea prevedono espressamente l'obbligo di effettuare la VIA «preventiva» del progetto (e non opera), ossia prima del rilascio dell'autorizzazione alla costruzione ed esercizio dell'impianto, tenendo conto della sua natura, dimensioni, ubicazione, cumulo degli impatti prodotti nell'area interessata da altri impianti ovvero progetti oggetto di procedura autorizzatoria (v. in tal senso, Corte di Giustizia sentenza 3 luglio 2008, causa C-215/06, punto 49; Corte di Giustizia sentenza 19 settembre 2000, causa C 287/98, Linster, Racc. pag. 16917, punto 52; Corte di Giustizia sentenza 23 novembre 2006, causa C 486/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I 11025, punto 36);
   anche il cosiddetto codice dell'ambiente, ossia il decreto legislativo n. 152 del 2006, indica che la finalità della valutazione di impatto ambientale è «la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività di pianificazione e programmazione», e che essa costituisce «per i progetti di opere ed interventi presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione» con la conseguenza che «i provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge» facendo pertanto espressamente divieto di avvio dei lavori in assenza dei provvedimenti di VIA – del medesimo decreto legislativo, è fatto divieto (articolo 26, comma 5);
   anche la giurisprudenza appare perentoria sulla materia: «il controllo sulle matrici ambientali e la conseguente decisione di disporre la revoca di eventuali titoli autorizzativi, in precedenza rilasciati, che non garantiscano pienamente (oppure dove sussiste il rischio concreto che esse non garantiscano più) il rispetto di taluni valori, risponde ad elementari principi di corretta, onesta ed efficiente amministrazione: princìpi cui la Pubblica Amministrazione può e deve inderogabilmente uniformarsi. In questa direzione, il ritiro di atti autorizzativi costituisce un vero e proprio dovere dell'Amministrazione che è tenuta a porre rimedio alle sfavorevoli conseguenze che, anche solo potenzialmente, possono derivare all'ambiente per effetto di un provvedimento che non ha tenuto in debita considerazione alcuni aspetti di ritenuta notevole importanza; ne deriva in queste ipotesi che non sussiste uno specifico obbligo di motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico ed alla sua comparazione coi gli interessi privati contrapposti, nonché in relazione al lasso di tempo eventualmente intercorso ed al conseguente affidamento sorto in capo a terzi (si consideri in proposito la mutevolezza delle condizioni ambientali, che possono determinare talune conseguenze negative anche ex post), atteso che l'interesse pubblico all'adozione di tali atti è in re ipsa quando ricorre una esigenza di tutela dell'ambiente, e ciò in diretta applicazione del principio di origine comunitaria di massima precauzione». (TAR Puglie, Lecce, Sez. 1-25 maggio 2011, n. 957 – Consiglio di Stato – 19 marzo 2012, n. 1541.1);
   viene altresì preclusa ogni eventuale possibilità di ricorrere ad un procedimento di VIA «postumo», ossia di procedere alla Valutazione d'Impatto Ambientale successivamente al rilascio del provvedimento di autorizzazione o approvazione di un determinato progetto, nel momento in cui, per lo stesso provvedimento, risulti la mancanza di una sua parte presupposta e fondamentale, che ne determina una illegittimità integrale e non sanabile, di cui al citato comma 1 dell'articolo 29 del decreto legislativo 04/2008, come già evidenziato recentemente dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1324 del 5 marzo 2013;
   proprio recentemente e proprio con riferimento ad una vicenda verificatasi proprio nelle Marche, il Consiglio di Stato Sezione IV, con ordinanza del 19 febbraio 2014 (79812014 REG PROV CAUT), a seguito del ricorso presentato da privati residenti della città di Osimo (AN) relativo ad un impianto a biogas autorizzato senza preventivo screening di VIA, ha ribadito che una valutazione di impatto ambientale ex post non sanerebbe affatto l'illegittimità di una autorizzazione rilasciata senza preventiva sottoposizione a tale procedura «in considerazione della nota e consolidata giurisprudenza – anche europea – che non ammette una VIA. ex post», condannando peraltro la regione Marche e la società proponente al pagamento delle spese legali in favore dei cittadini ricorrenti;
   alla luce della summenzionata normativa, comunitaria e nazionale, e della citata giurisprudenza risulta pertanto preclusa ogni eventuale possibilità di ricorrere ad un procedimento di VIA «postuma» e ciò dovrebbe essere un principio assolutamente indiscutibile nel nostro ordinamento;
   l'articolo 15, comma 4, del decreto-legge 91 del 2014 prevede che nei casi in cui debbano essere sottoposti a verifica di assoggettabilità postuma, anche a seguito di annullamento dell'autorizzazione in sede giurisdizionale, impianti già autorizzati e in esercizio per i quali tale procedura era stata a suo tempo ritenuta esclusa sulla base delle soglie individuate nell'Allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e nella legislazione regionale di attuazione, la procedura di verifica di assoggettabilità è svolta a norma dell'articolo 6, comma 7, lettera c), del predetto decreto legislativo, ferma restando la prosecuzione dell'attività fino all'adozione dell'atto definitivo da parte dell'autorità competente e, comunque non oltre il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
   tale norma permetterebbe di fatto lo svolgimento di screening e VIA (valutazione di impatto ambientale) postumi di impianti già autorizzati senza la dovuta sottoposizione preventiva a tali procedure, prevista invece dal citato quadro normativo nazionale ed europeo; la norma in questione permetterebbe inoltre, per impianti autorizzati e già in esercizio, il prosieguo dell'attività anche in caso di pronunciato annullamento della relativa autorizzazione in sede giudiziaria;
   occorre notare peraltro che gli impianti a biogas danno accesso a contributi pubblici di notevole entità erogati dal GSE – Gestore del servizio elettrico – (a titolo esemplificativo, si evidenzia come un impianto a biogas di potenza 0,999 MW possa permettere l'accesso ad un incentivo pubblico denominato «Tariffa Omnicomprensiva» fino a oltre 30 milioni di euro per un contratto quindicinale). È pacifico che la regolarità dell'accesso a tali contributi è legata all'ottenimento delle autorizzazioni (e quindi alla piena legittimità delle stesse) ed alla messa in esercizio degli impianti. Va inoltre evidenziato che, pur rimanendo attualmente gli incentivi di notevole entità, gli stessi hanno subito una significativa decurtazione a partire dal gennaio 2013;
   pertanto la possibilità di ottenere le autorizzazioni entro la data del 31 dicembre 2012 grazie ad un iter indubbiamente più rapido e meno oneroso non avendo né ottemperato agli obblighi di valutazione di incidenza (e quindi di impatto ambientale) previsti dalla direttiva comunitaria né recepito i richiami del consiglio regionale e dei comitati dei cittadini, ha comportato per le aziende proponenti, di fatto un'ulteriore maggiorazione dei contributi pubblici eventualmente percepiti con ciò penalizzando paradossalmente proprio quelle situazioni nelle quali si è provveduto a rispettare i principi fissati dalle leggi nazionali e stabiliti dall'Unione europea;
   è stata intrapresa nei confronti dello Stato italiano la procedura di infrazione 2009/2086 per non conformità alla direttiva 85/337/CEE in materia di valutazione di impatto ambientale, per le tipologie progettuali di cui all'allegato IV, già avviata nel 2003 (2003/2049) e vi è il rischio della possibile apertura di una nuova procedura con conseguente danno per lo Stato;
   alla luce delle considerazioni svolte la norma in questione oltre ad arrecare un possibile danno diretto sia ai cittadini sia agli enti pubblici che hanno già presentato dei ricorsi contro le autorizzazioni uniche degli impianti non risolve le criticità legate agli iter seguiti nella regione Marche per diversi impianti, né tantomeno quelle di altre regioni, ma, al contrario, aggraverebbe le problematiche in essere, costituendo ulteriore e peggiorativo motivo di contenzioso e scontro con gli enti locali, i cittadini ed i territori;
   in merito alle citate problematiche è stata presentata istanza, inviata con posta elettronica certificata in data 23 giugno 2014 indirizzata ai ministri, ai competenti uffici ministeriali ed alle autorità di controllo ed inoltrata anche dalla Corte dei Conti –:
   se a seguito della istanza di cui in diffida, inviata con posta elettronica certificata in data 23 giugno 2014 indirizzata ai ministri, al competenti uffici ministeriali ed alle autorità di controllo, inoltrata anche dalla Corte dei Conti ai propri competenti indirizzi di controllo legittimità in data 23 giugno 2014, sia seguito un adeguato approfondimento istruttorio e, nel dettaglio, con quali esiti;
   sulla base di quali valutazioni e approfondimenti giuridici sia stata introdotta una norma sulla VIA postuma, e se ne sia stata pienamente valutata la portata in rapporto al quadro normativo nazionale e comunitario, nonché al consolidato e prevalente orientamento giurisprudenziale, anche comunitario (come in maniera esemplificativa e per altro non esaustiva riportato);
   se siano stati attentamente valutati presupposti ed effetti dell'esercizio di impianti senza valido e vigente titolo autorizzativo e in particolare se l'ottenimento di incentivi pubblici di ingente rilevanza possa costituire, nel caso, un presumibile danno ingiusto nei confronti dell'erario pubblico. (5-03345)


   PANNARALE e MARCON. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che il Governo sia intenzionato a dimezzare la quota di cofinanziamento italiano ai fondi europei per la programmazione 2014-2020;
   questa ipotesi produrrebbe, sempre secondo le ipotesi del Governo, un «tesoretto» che potrebbe attestarsi tra i 10 e i 12 miliardi di euro;
   il Sottosegretario, Graziano Del Rio, ne ha parlato nei giorni scorsi con i Governatori delle regioni. È evidente che una parte consistente, in termini economici, di questa ipotetica operazione, graverebbe negativamente sulle risorse destinate alle regioni, in particolar modo quelle del Sud Italia;
   i fondi europei sono uno strumento indispensabile per operare e porre in essere misure volte a ridurre il gap sociale, e possono essere uno strumento anticiclico economico notevole se ben utilizzati. Per poterli attivare è necessario che siano accompagnati dal cofinanziamento nazionale in primis e poi da quello regionale;
   l'idea del Governo sembrerebbe quella di utilizzare la deroga, prevista dai regolamenti comunitari per i fondi europei, la quale consente la possibilità di portare il cofinanziamento nazionale nella misura del 50 per cento, mentre quello comunitario rimane del 100 per cento;
   vi è anche la possibilità di abbassare ulteriormente la quota nazionale dal 50 per cento al 25 per cento –:
   cosa intenda realmente fare in merito;
   a che punto siano le negoziazioni in sede comunitaria sull'accordo di Partenariato e quale sia lo stato dell'arte dei programmi Operativi nazionali e, di conseguenza, dei programmi Operativi regionali. (5-03349)

Interrogazione a risposta scritta:


   NESCI, SILVIA GIORDANO, CECCONI e COLONNESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il comma 2 dell'articolo 27 del decreto-legge 90 del 2014 è stato abrogato – il comma 3 dell'articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   nel corso di esame in Commissione il comma 2 dell'articolo 27 è stato soppresso;
   il suddetto comma prevedeva che, per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie, ogni comune acquisisse, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni), la verifica di compatibilità del progetto da parte della regione;
   in ordine a tale verifica, lo stesso comma stabiliva che fosse effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture;
   la riferita abrogazione – che nel testo del decreto-legge 90 del 2014, cosiddetto «sulla Pubblica Amministrazione», era definita nei termini della «semplificazione» nel titolo dell'articolo 27 che la disponeva – ha realizzato di fatto, sia pure temporaneamente, una liberalizzazione delle strutture sanitarie e sociosanitarie, poiché ha tolto alla regione la verifica di compatibilità del progetto, con la possibilità, per la durata del succitato decreto-legge, di aprire nuove strutture senza una valutazione regionale dello specifico fabbisogno complessivo in rapporto al territorio;
   il settore pubblico della sanità ha subito forti riduzioni di spesa già avvenute;
   per quanto ha riportato la stampa nazionale, sarebbero in chiusura decine di piccoli ospedali pubblici, in base alle previsioni del «patto per la salute» 2014-2016;
   ulteriori e gravi diminuzioni dei servizi del sistema sanitario pubblico deriveranno, a parere di chi interroga, dai futuri tagli imposti dall'aziendalizzazione della sanità come dal meccanismo primario di formazione del debito pubblico e, per ultimo, dalla rimodulazione dei servizi legata ai rientri dal debito sanitario di Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia e Sicilia;
   per l'articolo 32 della Costituzione la Repubblica ha il compito di tutelare la salute «come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
   a pagina 14 del giornale Il Quotidiano della Calabria del 9 luglio 2014, in un articolo di Giacinto Carvelli è riportata la replica dell'imprenditore Massimo Marrelli, titolare di una clinica oncologica e ortopedica con 72 posti letto di prossima apertura a Crotone, alle diverse voci – tra cui il sito della testata Il Corriere della Calabria – per cui egli avrebbe tratto vantaggio dalla richiamata abrogazione, favorita dal fatto di essere il marito di Antonella Stasi, presidente facente funzioni della regione Calabria e – si legge nell'articolo – dello stesso partito dell'attuale ministro della Salute Beatrice Lorenzin, cioè il Nuovo Centrodestra;
   a chi interroga risulta che la suddetta clinica del Marrelli non abbia ancora ricevuto l'autorizzazione di cui all'articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   la regione Calabria, soggetta a piano di rientro dal debito sanitario, si trova, per quanto concerne la concreta gestione della sanità, in una situazione molto delicata e anche bloccata, conseguente alla sospensione del governatore regionale Giuseppe Scopelliti, intervenuta per una condanna ricevuta in primo grado, con interdizione perpetua dai pubblici uffici;
   la citata sospensione ha prodotto effetti anche in ordine all'incarico di commissario governativo per il rientro, tanto che l'Avvocatura dello Stato ha dovuto richiamare la regione Calabria per una serie di atti, in materia sanitaria, firmati dallo Scopelliti in qualità di commissario straordinario, pur dopo il provvedimento sospensivo;
   allo stato attuale esiste nella regione Calabria, pertanto, una situazione di paralisi per l'amministrazione della sanità;
   sul sito internet del Corriere della Calabria e a pagina 19 sul quotidiano La Gazzetta del Sud del 25 luglio 2014 si legge che la Guardia di Finanza, su ordine della Procura di Catanzaro, ha acquisito documentazione sulla clinica del Marrelli, anche per accertare se il medesimo abbia ricevuto vantaggi dall'essere il marito della presidente facente funzioni della regione Calabria;
   la «Fondazione Tommaso Campanella» è, come risulta sul sito Internet ufficiale, un istituto scientifico privato appartenente alla regione Calabria e alla facoltà di Medicina dell'Università Magna Graecia di Catanzaro, con 80 posti letto per le principali attività mediche e chirurgiche, che vanno dalla oncologia medica alla chirurgia oncologica;
   la suddetta fondazione — per quanto giuridicamente sia un ibrido (privato-pubblico) e la sua sorte, in bilico, dipenda da trattative economiche e transazioni in corso con la regione Calabria — rimane un riferimento sul territorio per le cure oncologiche, con evidente, oggettiva posizione di conflitto della presidente facente funzioni della regione Calabria, contemporaneamente moglie dell'imprenditore Marrelli che a Crotone si accinge ad aprire una struttura privata di analoghe specificità sanitaria e possibilità di ricovero;
   sui quotidiani calabresi del 25 luglio 2014 si legge dell'avvenuto invio di lettere di licenziamento di parte del personale della «Fondazione Tommaso Campanella», apparendo così acuita la sua lunga fase di crisi, gestita sul piano istituzionale e dei poteri di governo regionale dal presidente facente funzioni della regione Calabria Antonella Stasi –:
   se siano a conoscenza dei fatti qui riportati;
   se risulti se la clinica a Crotone dell'imprenditore Marrelli abbia ricevuto l'autorizzazione sanitaria nel periodo di vigenza del comma 2 dell'articolo 27 del decreto-legge 90 del 2014; 
   quale sia il destino della predetta autorizzazione, ove rilasciata, alla luce della soppressione della disposizione ove venisse confermata in sede di conversione del decreto-legge in questione. (4-05709)

 * * *

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, AMENDOLA, LOCATELLI e MARAZZITI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la recente iniziativa Italia-Africa ha posto al centro la concreta possibilità di una reciproca collaborazione tra il nostro Paese e il continente Africano in materia politica, economica, sociale e culturale;
   sulla scia dell'esperienza pluriennale della Conferenza Italia-America Latina, anche l'iniziativa Italia-Africa si propone di rilanciare l'intervento italiano sui temi della stabilizzazione democratica, della prevenzione dei conflitti e del sostegno in ambito agricolo e ambientale;
   la riforma della cooperazione allo sviluppo – attualmente in via di definitiva approvazione in terza lettura al Senato – ridisegna e rafforza la politica internazionale dell'Italia, attribuendo agli strumenti della cooperazione internazionale l'attitudine a svolgere un ruolo qualificante e peculiare della politica estera del nostro Paese, con l'obiettivo di sradicare la povertà, tutelare i diritti umani, prevenire i conflitti e rafforzare vicendevolmente le istituzioni democratiche, specialmente con i partner africani;
   l'EXPO 2015 di Milano sarà una grande occasione per rafforzare i rapporti economici e culturali tra le imprese italiane e l'Africa, data la forte partecipazione dei Paesi africani all'evento;
   il Viceministro agli affari esteri Lapo Pistelli ha di recente svolto una missione nei Paesi del Corno d'Africa, molti dei quali sono attraversati da crisi, conflitti e nuove emigrazioni. Gibuti è un'importante zona di transito di flussi migratori di persone in fuga che, attraverso Sudan e Libia, cercano di arrivare in Italia e in Europa;
   il recente viaggio ha toccato anche la capitale dell'Eritrea – un paese che dal lontano 1997 non incontrava un esponente del Governo italiano – ed anche qui la visita acquista uno speciale rilievo, non solo per i legami storici fra il nostro Paese e quest'area del continente africano, ma anche perché è da tale zona che originano molti dei problemi di sicurezza e i crescenti flussi migratori verso il Mediterraneo, che investono l'Italia come Paese di primo approdo;
   il Corno d'Africa è una delle aree africane in cui tradizionalmente l'Italia è presente con importanti progetti di cooperazione allo sviluppo –:
   quali siano stati gli esiti della recente visita del Viceministro nel Corno d'Africa e quali ulteriori iniziative sono in programma, sia a livello bilaterale per lo sviluppo dei rapporti fra l'Italia e i Paesi del Corno d'Africa, sia a livello multilaterale per favorire il processo di stabilizzazione di tutta la regione. (5-03346)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito degli scontri che ormai da più di quindici giorni non si placano nella striscia di Gaza, Israele ha raso al suolo il centro per l'infanzia «La Terra dei Bambini» sito nel villaggio beduino di Um al Nasser, struttura finanziata dalla cooperazione italiana che ospitava un asilo con 130 bambini e un ambulatorio pediatrico, ed è stata demolita anche la nuova mensa comunitaria, inaugurata solo due mesi fa, che forniva pasti ai bambini e alle famiglie povere del villaggio, come confermato dalla Ong Vento di Terra che gestisce il progetto nella Striscia di Gaza;
   nella comunicazione della Ong si legge che «la fanteria e i blindati israeliani hanno occupato il villaggio di Um Al Nasser nella notte del 17 luglio, obbligando l'intera comunità a lasciare le case»; i civili, in prevalenza a piedi, si sarebbero diretti sotto un intenso bombardamento verso il campo profughi di Jabaliya e sono ora ospitati principalmente nelle scuole dell'UNRWA dove mancano medicinali, cibo, generi di prima necessità e acqua potabile;
   il progetto «La terra dei bambini», era stato finanziato principalmente con i fondi del Ministero degli affari esteri italiano, dell'Unione europea, e della Conferenza episcopale italiana;
   gli scontri hanno già causato la morte di oltre 600 palestinesi dei quali 121 erano bambini, secondo quanto riportato dall'Unicef, mentre i feriti sono saliti a 3.700 secondo la agenzia di stampa palestinese al-Ray sul fronte israeliano sono diventati 27 i soldati uccisi in combattimento;
   l'infanzia palestinese paga un prezzo troppo alto, che va oltre la semplice spiegazione dei «danni collaterali» e dell'eventuale utilizzo dei civili come scudi umani: da quando sono iniziate le operazioni militari di Israele un quarto delle vittime totali sono state minori;
   secondo l'Unicef sono sotto attacco anche i servizi di base per i bambini: oltre alle 80 scuole danneggiate dai bombardamenti, «le fatiscenti infrastrutture idriche e igienico-sanitarie di Gaza hanno subito danni spiega l'organizzazione in una nota –, aumentando il rischio di malattie di origine idrica. Circa la metà del pompaggio dei liquami e dei sistemi di trattamento delle acque di scarico non sono più funzionanti, e circa 900.000 persone sono senza acqua corrente»;
   Israele ha respinto la richiesta dell'inviato dell'Onu in Medio Oriente, Robert Serry, di una tregua umanitaria;
   fonti giornalistiche locali stimano che a Gaza gli sfollati siano 135 mila, 100 mila dei quali ospiti dell'Unrwa, l'ente dell'Onu per i profughi, e proprio secondo l'Onu a Gaza «non vi è letteralmente alcun posto sicuro per i civili» ha affermato a Ginevra il portavoce dell'Ufficio per gli affari umanitari (Ocha), Jens Laerke evocando una situazione «devastante»;
   Vento di Terra Ong richiede al Ministero degli affari esteri italiano e alla Unione europea, alla Conferenza episcopale italiana, principali finanziatori del progetto «La terra dei bambini», di «realizzare gli opportuni passi verso il Governo Israeliano perché renda conto di un'azione gravissima che coinvolge, oltre la comunità locale, direttamente il Ministero stesso, l'Unione europea e la Cooperazione italiana, che il progetto hanno finanziato e sostenuto in questi anni» –:
   se il Governo sia al corrente della gravissima situazione dei bambini palestinesi esposta in premessa che li vede oggetto di attacchi diretti, come la demolizione del centro «La terra dei bambini», luogo che naturalmente nulla aveva a che fare con il conflitto, e se non intenda intervenire per chiedere che Israele renda conto delle esatte motivazioni di quello che all'interrogante appare un inaccettabile e assurdo comportamento;
   se il Governo non intenda adoperarsi, altresì, affinché il danno della perdita del centro polifunzionale e della mensa di cui in premessa venga ripagato da Israele, perché le risorse fornite dal Ministero degli affari esteri impiegate per il finanziamento della struttura distrutta possano essere recuperate e riutilizzate per nuove iniziative di cooperazione internazionale da effettuarsi nella zona. (4-05701)


   FEDI, GIANNI FARINA, GARAVINI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero degli affari esteri, nel quadro dei programmi di promozione della lingua e cultura italiane nel mondo, ha inviato nell'anno scolastico 2013-14 presso università straniere 176 lettori di italiano in 71 Paesi del mondo, che rappresentano solo una parte del personale utilizzato all'estero a tale scopo;
   i lettori di italiano, per il fatto di essere tenuti a rimanere all'estero per non meno di tre anni, sono obbligati per legge ad iscriversi all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, perdendo in questo modo la copertura sanitaria in Italia;
   nella maggior parte dei casi, i lettori sono chiamati ad operare in Paesi nei quali la tutela sanitaria degli stranieri non è affatto o del tutto prevista, né esistono accordi bilaterali con l'Italia che regolino la materia in modo più estensivo;
   il caso della professoressa, lettore di italiano presso l'università di Sydney, e della figlia è quanto mai esplicativo delle difficoltà alle quali possono andare incontro i lettori e i loro familiari che all'estero svolgono un servizio pubblico per conto dello Stato italiano;
   la figlia della professoressa, affetta da malattia cronica, non può avvalersi del servizio sanitario locale perché il caso non rientra nell'accordo bilaterale in materia, valido comunque solo per sei mesi, e perché la madre ha un visto che prevede unicamente il «domicilio professionale all'estero», non la residenza, per cui risulta esclusa da tutte le forme di assistenza e tutela previste per i residenti;
   in sostanza, le persone indicate si trovano a non avere alcuna forma di tutela per non avere più la residenza in Italia, esclusa quella fiscale, senza vedersela tuttavia riconosciuta stabilmente in Australia in quanto considerate, in base alla normativa locale, solo temporaneamente domiciliate;
   nella situazione italiana, un'eccezione all'obbligo di iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero è stata compiuta per casi analoghi, relativi ai militari italiani in servizio all'estero, benché le disposizioni vigenti in materia anagrafica non annoverino tali soggetti tra quelli esclusi dall'iscrizione all'AIRE;
   in via interpretativa, si è ritenuto di estendere l'esclusione dall'obbligo di iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero per coloro che rischiavano di non risultare iscrivibili, dal punto di vista anagrafico, in alcun Paese, con la possibilità di essere inclusi in un'anagrafe italiana che certifica «la non residenza nel territorio dello Stato», non rilevante tuttavia ai fini della tutela sanitaria in Paesi come l'Australia –:
   quali misure il Ministro interrogato di concerto con gli altri Ministri interessati per materia, intenda adottare affinché coloro che prestino un servizio di interesse pubblico all'estero non perdano alcune loro fondamentali prerogative, quale il godimento dell'assistenza sanitaria, e siano tutelati nei loro fondamentali diritti.
(4-05702)


   CATALANO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apprese tramite fonti giornalistiche (Corriere della Sera del 25 luglio 2014), risulta all'interrogante che l'Ungheria si appresta a nominare Péter Szentmihályi Szabó come proprio ambasciatore in Italia;
   come denunciato da numerose associazioni ebraiche, risulta che il predetto Péter Szentmihályi Szabó si sia reso autore di esternazioni di inequivoca natura antisemita;
   in particolare, Péter Szentmihályi Szabó avrebbe pubblicato, il 14 dicembre 2000 uno scritto intitolato «Gli agenti di Satana» su Magyar Fórum, nel quale si troverebbero passaggi così traducibili: «Non lo so, non capisco perché ci odiano così tanto. Vivono qui in Ungheria, parlano e scrivono in ungherese, ma ci odiano [...] non è difficile riconoscerli perché sono vili e impertinenti allo stesso tempo. Il denaro è il loro Dio, la loro lingua madre in cui credono da tempo immemorabile. Hanno cerchi scuri sotto gli occhi, la pelle flaccida, le mani sudate, i piedi freddi e sorrisi bizzarri. Si trovano ovunque sulla terra. Sono gli agenti di Satana. Suscitano paura ma vivono fuori dalla paura. Creano scompiglio e discordia. Sono spiriti stranieri la cui missione è di distruggere le comunità locali ? Criminali internazionali che, a seguito di Marx e Lenin, hanno deciso di schiavizzare l'umanità ? Gente eternamente senzatetto condannati a essere vagabondi costanti ? Loro sono gli esattori. Quelli che per primi hanno capito che il denaro funziona senza lavoro [...] quelli che l'esercito più forte del mondo ne custodisce la sicurezza»;
   si sono verificati negli ultimi mesi numerosi incidenti antisemiti, anche di natura terroristica, sul territorio dell'Unione europea;
   il conflitto in corso nel Vicino Oriente è suscettibile di acuire, come recentemente accaduto nella Repubblica francese, le manifestazioni di intolleranza e di violenza contro cittadini di fede o cultura ebraica e contro le loro proprietà –:
   di quali notizie disponga il Governo e se i fatti di cui in premessa trovino conferma;
   quali iniziative, anche diplomatiche, il Governo intenda adottare al fine di impedire la nomina di Péter Szentmihályi Szabó ad ambasciatore d'Ungheria presso la Repubblica italiana. (4-05706)


   PAGANO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Abu Bakr al Baghdadi, autoproclamatosi califfo dello stato islamico, ha affermato di voler infibulare tutte le giovani presenti sul suolo iracheno al fine di allontanarle dalla prostituzione;
   almeno 28 bambine, nei giorni scorsi, sono già state sottoposte a questa esecrabile pratica;
   la mutilazione genitale femminile è riconosciuta a livello internazionale come una chiara violazione dei diritti umani. Si tratta, infatti, di una delle forme più crudeli di violenza nei confronti delle donne che ha gravi conseguenze fisiche e psicologiche sulle vittime, a breve e a lungo termine e che, in alcuni casi, porta persino al decesso dei soggetti sottoposti a tale pratica;
   la mutilazione genitale femminile è contraria ai principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
   ONU, OMS ed altre organizzazioni internazionali combattono, contro questa aberrante pratica, una lotta durissima, continua e costantemente rafforzata, ottenendo, peraltro, risultati positivi sul piano internazionale ed a livello di singoli Paesi;
   il fenomeno, attraverso l'espandersi dei flussi migratori, si è transnazionalizzato ed è ormai massicciamente presente, ad esempio, in Nord America ed in Europa (nel nostro continente, secondo i dati delle principali organizzazioni internazionali, vivono oltre cinquecentomila donne sottoposte a tali mutilazioni);
   il nostro Paese si è già dotato di una normativa che provvede a tutelare le donne dalla pratica della mutilazione genitale femminile;
   la prevenzione delle mutilazioni genitali femminili è un obbligo internazionale in materia di diritti umani per ogni Stato membro dell'ONU, conformemente alla raccomandazione n.14 del comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione contro le donne;
   è necessario che la Commissione europea e lo Stato italiano assumano posizione, in termini forti ed inequivocabili, nei confronti dei Paesi terzi che non condannano e non contrastano la mutilazione genitale femminile;
   le dichiarazioni di Abu Bakr, che l'interrogante giudica folli, in presenza di un'ondata migratoria senza precedenti che coinvolge in prima linea il nostro Paese, sollecita una maggiore e più attenta considerazione del fenomeno –:
   se sia a conoscenza dell'episodio descritto in premessa;
   se intenda esercitare attività di pressione sulla comunità internazionale, sull'Onu e sull'Unione europea al fine di intervenire contro lo stato islamico dell'Isis e bloccarne l'avanzata nel quadrante mediorientale;
   quali iniziative intenda adottare, anche a livello europeo, al fine di pervenire alla predisposizione di misure ed iniziative sempre più incisive per prevenire e contrastare tale gravissimo fenomeno;
   quali iniziative abbia già adottato o intenda adottare al fine di incrementare, nel nostro Paese, la vigilanza estrema su tale incivile ed aberrante pratica. (4-05707)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il compenso per la cd «copia privata», ovvero le royalties a favore di autori, artisti e produttori, sulla vendita di supporti/apparecchi vergini per la registrazione e riproduzione di opere protette dal diritto d'autore per uso personale, è stato introdotto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 93 e con gli articoli 9 e 41 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68 sono state recate modifiche alla disciplina in materia;
   due decreti del Ministro per i beni e le attività culturali, il primo nel 2009 e il secondo nel 2014 hanno determinato il valore economico dei compensi/royalties che, soggetti ad una revisione triennale, devono/dovrebbero soprattutto tenere conto della diffusione di tale fenomeno «alla luce dell'innovazione tecnologica intervenuta nel periodo»;
   in particolare l'ultimo del 20 giugno 2014 ha introdotto adeguamenti che sono apparsi iperbolici, in generale il provvedimento è stato diffusamente criticato in quanto frutto di una «periodicità» di natura remunerativa, per altri bloccata da anni, nonché disposto in una fase di declinante utilizzo di tale «abitudine», la copia privata, da parte dei privati per il diffondersi di metodi alternativi di fruizione legale dei contenuti, segnatamente lo «streaming»;
   tale provvedimento è stato giudicato, quindi, quasi come una forma di «ristoro» ingiustificato e corporativo (l'ultima della «scale mobili»), sollecitato a più riprese e a gran voce dalla SIAE, a favore dei produttori/autori, anch'essi colpiti dalla crisi economica così come tutti i cittadini e i lavoratori del nostro Paese, nonché dai più considerato come un'ulteriore «tassa», e in aumento esponenziale, definita dalla magistratura stessa come «una prestazione patrimoniale imposta» assai simile, dunque, alle «tasse» e in assenza di qualsivoglia pregiudizio per autori, artisti e produttori anche solo potenziale meritevole di essere indennizzato;
   questi sono i principali aumenti previsti dal DM del 20 giugno 2014:
    con riferimento a smartphone e tablet si prevede un compenso per categoria pari a 3 euro per una capacità fino a 8 gigabyte, di 4 euro per una capacità fino a 16 gigabyte, di 4,80 euro per una capacità fino a 32 gigabyte, di 5,20 euro per una capacità oltre 32 gigabyte;
    con riferimento a chiavette Usb/Usb stick si prevede un compenso per categoria pari a 0,00 euro fino a 256 megabyte, di 0,10 euro per una capacità fino a 1 gigabyte, di 0,10 euro per una capacità per ogni gigabyte successivo al primo;
    con riferimento a Tv con funzioni di registrazione (pvr) è previsto un compenso fisso di 4 euro;
    con riferimento ai personal computer è previsto un compenso fisso di 5,2 euro;
    con riferimento a memoria o hard disk integrato in apparecchio multimediale audio e video portatile o analoghi (esempio iPod Touch) è previsto un compenso per categoria pari a 3,22 euro per una capacità fino 1 gigabyte, di 3,86 euro per una capacità fino a 5 gigabyte, di 4,51 euro per una capacità fino a 10 gigabyte, di 5,15 euro per una capacità fino a 20 gigabyte, di 6,44 euro per una capacità fino a 40 gigabyte, di 9,66 euro per una capacità fino a 80 gigabyte, di 12,88 euro per una capacità fino a 120 gigabyte, di 16,10 euro per una capacità fino a 160 gigabyte, di 22,54 euro per una capacità fino a 250 gigabyte, di 28,98 euro per una capacità fino a meno di 400 gigabyte, di 32,20 euro per una capacità di 400 gigabyte e oltre;
    con riferimento a Lettori Mp3 è previsto un compenso per categoria pari a 4,51 euro per una capacità fino 80 gigabyte, di 6,44 euro per una capacità fino a 120 gigabyte, di 7,73 euro per una capacità fino a 160 gigabyte, di 10,42 euro per una capacità fino a meno di 400 gigabyte, di 1,81 euro per una capacità da 400 gigabyte in su;
    per hard disk con uscita audio/video è previsto un compenso per categoria pari a 0,64 euro per una capacità fino 128 megabyte, di 2,21 euro per una capacità fino a 512 megabyte, di 3,22 euro per una capacità fino a 1 gigabyte, di 5,15 euro per capacità fino a 5 gigabyte, di 6,44 euro per una capacità fino a 10 gigabyte, di 7,73 euro per una capacità fino a 15 gigabyte, di 9,66 euro per una capacità fino a meno di 20 gigabyte, di 12,88 euro per una capacità di 20 gigabyte e oltre;
    per memoria o hard disk integrato in un videoregistratore, decoder di qualsiasi tipo satellitare, terrestre o via cavo ed apparecchiature similari, apparecchio TV è previsto un compenso per categoria pari a 6,44 euro per una capacità fino 40 gigabyte, di 9,96 euro per una capacità fino a 80 gigabyte, di 12,88 euro per una capacità fino a 120 gigabyte, di 16,10 euro per una capacità fino a 160 gigabyte, di 22,54 euro per una capacità da fino a 250 gigabyte, di 28,98 euro per una capacità fino a meno di 400 gigabyte, di 32,20 euro per una capacità da 400 gigabyte;
   in precedenza il Ministro per i beni e le attività culturali, onorevole Franceschini in data 7 maggio 2014 durante l'audizione presso la VII Commissione (Cultura) sulle problematiche connesse all'equo compenso si esprimeva così: «La copia privata è una modalità di riscossione del diritto d'autore. In particolare, è un compenso costituito da una quota del prezzo di vendita degli apparecchi e dei supporti di registrazione: smartphone, tablet, stampanti, penne usb, computer. Devono pagarlo i soggetti che fabbricano o importano beni di questo tipo nel nostro Paese e, quindi, non i consumatori, ma i produttori. ...»;
   ancora il 20 giugno 2014, poco più di un mese fa, lo stesso Ministro in un tweet sosteneva che: «le nuove tabelle per il compenso sulla copia privata non avrebbero avuto alcun impatto sul costo finale dei prodotti...»;
   queste affermazioni, tuttavia, sono state immediatamente smentite in maniera pubblica dalla Apple, l'azienda di Cupertino produttrice di Mac, iPad e iPhone, che agli italiani nei propri negozi da qualche giorno al momento di pagare, fa trovare questo costo aggiuntivo. Con una mossa di «trasparenza» insomma, la Apple ricorda ai propri clienti che esiste una «tassa sul copyright» e che alla fine a pagarla sono i consumatori;
   gli aumenti dei prezzi di listini, inoltre, sono stati quasi immediati ovunque e per tutta una serie di prodotti: primi fra tutti gli hard disk: quello che mancava però era un aumento diretto e annunciato in maniera plateale per un importo esattamente uguale al costo della nuova «tassa», dove il «mercato» e un'azienda privata, la Apple che risponde ovviamente in primis ai propri azionisti, si occupano di smentire il fragile «principio» della copia privata a carico (solo) dei produttori e distributori –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per intervenire e modificare la situazione rappresentata che colpisce esclusivamente i consumatori nonché quali iniziative di natura giuridica si intendano porre in essere per modificare profondamente e/o abolire gli articoli 71-sexies, septies e octies della legge 28 aprile 1941 n. 633 ovvero procedere ad una profonda e necessaria riforma della stessa. (4-05704)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 dicembre 2013, tra il responsabile della struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, architetto Mauro Colella, e il Presidente del consiglio di amministrazione di Passante Dorico spa è stata sottoscritta una convenzione di concessione per la realizzazione del collegamento viario tra il porto di Ancona e la grande viabilità, denominata «uscita a ovest»;
   si tratta di un intervento il cui costo è stato stimato in circa 500 milioni di euro, sulla base di un progetto predisposto nel 2007 (oltre sette anni fa), per realizzare un'infrastruttura ad alto impatto ambientale localizzata proprio sull'area della grande frana di Ancona. Calamità che nel dicembre 1982 ha provocato danni ingentissimi alla popolazione e al patrimonio pubblico e privato. La convenzione, ad avviso dell'interrogante presenta non pochi elementi di criticità: l'inosservanza della delibera CIPE n. 9/2011 che stabilisce che entro trenta giorni dall'aggiudicazione definitiva della concessione dell'opera, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvederà a trasmettere al CIPE l'esito della gara e copia del piano economico finanziario aggiornato in relazione agli esiti della gara; non risulta aggiornata la previsione dei dati di traffico da e per il porto di Ancona, drasticamente ridotti dal 2007 ad oggi a causa della grave e perdurante crisi economica; è stato inserito nella convenzione un articolo 9-bis, che ad avviso dell'interrogante rappresenta una violazione palese dell'articolo 158 del codice dei contratti ed espone lo Stato a indennizzare o a risarcire il concessionario «in ogni caso di recesso e/o comunque cessazione anticipata del rapporto di convenzione pur indotto da atti e/o fatti estranei alla volontà del concedente, anche di natura straordinaria e imprevedibile»;
   la convenzione citata è stata trasmessa dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al Ministero dell'economia e delle finanze per il necessario concerto al fine di emettere il decreto interministeriale di approvazione della concessione;
   il Sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, nel rispondere all'interrogazione n. 5-01999 presentata dall'interrogante e da altri deputati, ha concluso: «Ad oggi, il testo convenzionale non è ancora efficace in quanto risulta in via di definizione il relativo decreto interministeriale di approvazione MEF-MIT –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti;
   se e quali motivi impediscano il concerto interministeriale a distanza di otto mesi dalla firma della convenzione dell'architetto Colella;
   se e quali responsabilità siano state accertate nell'istruttoria e nella firma della convenzione in presenza delle predette e altre irregolarità e quali iniziative intendano assumere, anche per impedire evidenti danni allo Stato italiano. (5-03347)


   PANNARALE e MARCON. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Governo sta studiando delle contromisure per ridurre la pressione sul deficit. Tra esse, spunta anche la gestione ed il finanziamento dei Fondi Ue, con la possibilità di ridefinire al ribasso la percentuale di partecipazione dell'Italia;
   nella legge di stabilità per il 2014 il cofinanziamento per i Fondi Unione europea pesa per 24 miliardi, da spalmare nei prossimi sette anni. A questa cifra — a cui aggiungere un contributo da parte delle Regioni — si accompagnano i circa 41 miliardi di fondi nuovi stanziati dall'Europa per il settennato 2014-2020. Il totale tra fondi provenienti dall'Unione europea e cofinanziamento italiano — statale e regionale dovrebbe aggirarsi attorno agli 80 miliardi, distribuito più o meno equamente tra quota di provenienza comunitaria e cofinanziamento italiano;
   il Governo, grazie all'azione del Sottosegretario Graziano Delrio, sta studiando delle soluzioni per alleggerire la quota italiana. Sfruttando una deroga prevista all'interno dei regolamenti Unione europea che permetterebbe la riduzione del contributo nazionale dal 50 per cento sino al 25 per cento, dimezzando quindi il cofinanziamento italiano. La soluzione potrebbe portare quindi sino ad un risparmio di 10-12 miliardi di euro, importante per alleviare la tensione sul deficit, sempre attentamente monitorato in sede comunitaria;
   i fondi europei sono uno strumento indispensabile per operare e porre in essere misure volte a ridurre il gap sociale, nonché essere uno strumento anticiclico economico notevole se ben utilizzati. Per poterli attivare è necessario che siano accompagnati dal cofinanziamento nazionale in primis e da quello regionale;
   ciò configurerebbe un ulteriore riduzione della spesa in conto capitale delle pubbliche amministrazioni;
   recentemente la corte dei Conti nei suoi rilievi relativi al rendiconto 2013 ha osservato che continua, ed anzi si accentua rispetto a quanto avvenuto nel biennio precedente, la contrazione della spesa in conto capitale, diminuita rispetto al 2012 di oltre 6 miliardi (-12,8 per cento). Come sul punto osserva la Corte dei conti, «si tratta dell'aspetto più critico della politica di bilancio di questi anni (...) che attenua oltre misura la valutazione positiva che deve essere espressa per la ripresa del controllo sulla dinamica dei conti pubblici», rilevando altresì come tale componente di spesa venga utilizzata «a fini di mera quadratura dei conti pubblici» con conseguenze negative sulla dotazione del capitale infrastrutturale del Paese;
   permane la preoccupazione sull'evidente utilizzazione della componente in conto capitale quasi solo ai fini della quadratura dei conti pubblici, nel rispetto degli obiettivi di saldo, il che pregiudica il mantenimento e il rinnovamento del capitale infrastrutturale del Paese;
   pertanto tale decisione, qualora assunta, non farebbe che peggiorare la situazione degli investimenti pubblici necessari oltre che per garantire l'indispensabile infrastrutturazione del Paese anche al fine di rilanciare l'economia e l'occupazione. Cioè, esattamente il contrario di ciò che un Governo avveduto dovrebbe fare –:
   se il Governo intenda, con la riduzione del cofinanziamento nazionale, attuare gli impegni della così detta «spending review» deprimendo ulteriormente l'occupazione oppure intenda rilanciare e in quale maniera, gli investimenti pubblici. (5-03350)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le testate giornalistiche Corriere Adriatico, Il Messaggero, Il Resto del Carlino del 27 luglio, nelle edizioni della provincia di Pesaro e Urbino, riportano la notizia dell'inserimento nel registro degli indagati di sette persone coinvolte nel rogo, avvenuto quattro anni prima, del ristorante «Pesce Azzurro», situato in Fano (PU);
   la cronaca riporta di come il ristorante, gestito dalla cooperativa di pescatori Coomarpesca ed in grado di servire centinaia di coperti ogni giorno, sia stato incendiato da personaggi legati alla malavita organizzata, su mandato di alcuni concorrenti ristoratori;
   il territorio marchigiano, come più volte segnalato dall'interrogante al Ministro dell'interno, è interessato negli ultimi anni da numerosi episodi di criminalità organizzata attiva in diversi settori, in particolare riciclaggio e usura;
   nel caso di specie la stampa riporta come i concorrenti del ristorante incendiato, in concorso ad altro imprenditore locale, abbiano chiesto a soggetti legati alla criminalità organizzata pugliese di appiccare il rogo, al fine di eliminare il concorrente scomodo;
   il fatto segnala in modo preoccupante come il fenomeno della criminalità organizzata stia interessando anche attività nelle quali la stessa non gestisce affari propri, ma viene «utilizzata» quale strumento per prevaricare altri cittadini o per «risolvere» controversie private;
   esperienze più avanzate in questa direzione – dal sud Italia, alla Lombardia ed Emilia Romagna – insegnano come tale genere di commistione sia prodromico ad un progressivo controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali, che avviene non solo con l'infiltrazione in attività economiche sane ma anche con interventi per alterare la concorrenza o regolare controversie tra privati cittadini –:
   quali iniziative concrete il Ministro interrogato abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di prevenire e contrastare il dilagare di tali fenomeni criminali, anche alla luce della preoccupante moltiplicazione degli stessi. (4-05705)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 luglio 2014 il segretario confederale della CISAL di Vicenza, segretario nazionale della FAMAR CISAL, Mirko Maule, è stato aggredito da un imprenditore serbo, che gli ha sferrato un pugno violentissimo sul viso;
   Maule è poi stato soccorso da una volante del 113 accorsa sul posto e si è recato in ospedale per accertamenti, dove la prognosi dei medici è stata di sei giorni di completo riposo;
   il grave episodio di violenza è accaduto nella città veneta, presso la sede confederale della CISAL provinciale, in viale Milano;
   da diverso tempo la Famar Cisal aveva sollevato questioni di carattere sindacale nei confronti della Cooperativa Vicenza Log che opera con lavoratrici che puliscono i supermercati del gruppo Unicomm, presso i Famila, gli A&O ed i Cash and Carry del Veneto, anche allertando l'ispettorato del lavoro;
   il serbo, entrato di prepotenza presso la sede sindacale imprecando ed inveendo nei confronti del sindacato stesso, ha prima minacciato i sindacalisti presenti di «non scrivere più nulla ai lavoratori» né «di lamentare questioni sindacali di alcun genere», e poi ha aggredito il Maule;
   sempre più spesso si assiste a denunce inascoltate riguardanti le anomalie di aziende di dubbia regolarità (quasi sempre di forma cooperativa) gestite da stranieri senza scrupoli che credono con la violenza di poter evitare facilmente l'osservanza della legge e delle regole contrattuali da applicare ai lavoratori locali, che risultano intestatarie di contratti d'appalto di durata media quasi sempre inferiore all'anno, e che sovente non versano né i contributi né l'iva;
   oltre all'eventuale danno all'erario e alla concorrenza che tali aziende determinano, sempre più spesso si assiste anche ad atteggiamenti intimidatori nei confronti dei lavoratori da parte dei titolari o «dirigenti aziendali», quasi sempre soggetti extracomunitari che si prestano ad assumere pur essendo a conoscenza delle irregolarità;
   in Veneto si stanno diffondendo queste nuove forme di illegalità, che si stanno trasformando secondo l'interrogante in vere e proprie forme di associazione per delinquere, atte alla evasione fiscale e che di sovente attentano alla pubblica sicurezza dei cittadini –:
   quali iniziative intendano assumere al fine di tutelare la legalità nel settore delle aziende, se del caso intensificando le operazioni di controllo, in tal modo anche garantendo la sicurezza dei lavoratori e di tutti i cittadini. (4-05708)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TERROSI, OLIVERIO, PALMA, CARRA, ZANIN e ANTEZZA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni articoli apparsi sulla stampa nazionale il 22 luglio 2014, si apprende che sarebbero state sequestrate, principalmente fra Puglia e Sardegna, sessantacinque tonnellate di un prodotto venduto come concime «naturale», contenente matrina, un alcaloide ottenuto, tramite estrazione, dalle radici di una leguminosa, la Sophora flavescens;
   la natura della matrina, molto diffusa in Cina e in India, è tale da provocare azione neurotossica che può inibire l'attività della colinesterasi provocando la sindrome da avvelenamento con tremori, scoordinamento dei movimenti, scarso equilibrio, disturbi intestinali e la morte per blocco della respirazione. Pertanto la sua attività si configura tipicamente non come quella di un concime bensì come quella di un presidio fitosanitario;
   il sequestro del suddetto prodotto come fertilizzante è avvenuto nel corso dell'operazione «Mela Stregata» condotta congiuntamente, su segnalazione di FederBio, da Icqrf (ispettorato centro della tutela della qualità e repressione frodi agro-alimentari) e Guardia di finanza; i prodotti sequestrati, stoccati dalla ditta Icas di Milano operante nel settore agroalimentare, sarebbero stati smerciati come corroboranti e fertilizzanti organici in diverse regioni d'Italia;
   sembrerebbe che segnalazioni in merito a questa sostanza attiva commercializzata in modo non appropriato fossero state già fatte pervenire alle autorità competenti nel 2013, da parte di un gruppo di lavoro specifico per i mezzi tecnici ammessi nel biologico e composto, tra gli altri, anche da Ibna Italia-Assometab (associazione di imprese che producono prodotti per la difesa, coadiuvanti, fertilizzanti e corroboranti utilizzabili in agricoltura biologica), che avrebbero allertato anche tutti gli organismi di certificazione associati, le organizzazioni dei produttori socie di Upbio, l'Unione nazionale dei produttori biologici e biodinamici, affinché si evitasse l'impiego di questi preparati e fosse impedita la certificazione dei prodotti eventualmente con essi trattati; secondo i dati Istat, nel 2012 l'Italia avrebbe consumato complessivamente 4,75 milioni di tonnellate di fertilizzanti. Anche se negli ultimi anni sia il consumo che la produzione delle sostanze è costantemente diminuito, il nostro Paese continua a utilizzare e importare i prodotti dall'estero. Più precisamente, almeno il 50 per cento del mercato dei fertilizzanti minerali oggi è costituito da prodotti di importazione. Anche nelle coltivazioni biologiche l'impiego dei concime, autorizzato solo limitatamente ai prodotti contenuti nello specifico allegato al regolamento (CE) 834/07 che detta le norme per la produzione con metodo biologico, anche se ridotto, si assesta comunque sugli 1,35 milioni di tonnellate;
   secondo i dati contenuti nel rapporto EFSA nella quinta relazione annuale sui residui dei pesticidi rilevati su oltre 79000 campioni alimentari in 27 Stati membri dell'Unione europea, oltre che in Norvegia e Islanda, presentato il 20 maggio 2014, un prodotto su due che circola nel Vecchio Continente è completamente privo di «tracce» di residui chimici da fitofarmaci, mentre il 44,65 per cento dei campioni esaminati presenta residui entro i limiti; in totale il 98,1 per cento dei campioni esaminati presenta un elevato livello di sicurezza da residuo chimico; in Italia tale percentuale è pari addirittura al 99,8 per cento conquistando il primato in Europa;
   in particolare il settore dell'agricoltura biologica, normato da apposita disciplina comunitaria, che ha costituito durante il 2013 e nel primo semestre 2014 elemento di traino per il comparto agricolo, sottostà ad una specifica attività di controllo per la verifica del metodo adottato e ai controlli sul prodotto per la verifica della presenza dei residui di prodotto non ammessi dal Regolamento CE 834/2007;
   il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, entrato in vigore il 14 giugno 2011, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, come noto, stabilisce i criteri per l'approvazione delle sostanze attive. Una sostanza attiva è approvata se soddisfa i criteri di cui ai punti 2 e 3 dell'allegato II del citato regolamento. Tali criteri riguardano l'efficacia della sostanza, la sua composizione, le sue caratteristiche, i metodi di analisi disponibili, l'impatto sulla salute umana e l'ambiente, l'ecotossicologia, l'importanza dei metaboliti e dei residui. Una sostanza attiva è approvata soltanto se non è classificata mutagena, cancerogena o tossica per la riproduzione di categoria 1A o 1B, e non possiede capacità tali da provocare effetti nocivi sul sistema endocrino. Inoltre non può essere approvata una sostanza attiva considerata come un inquinante organico persistente, o come persistente, bioaccumulabile e tossica o ancora come molto persistente e molto bioaccumulabile;
   l'autorizzazione per l'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari resta di competenza degli Stati membri con un iter che comporta, tra prima approvazione e autorizzazione alla commercializzazione, una tempistica piuttosto lunga e complessa –:
   se sia a conoscenza del fatto esposto in premessa e se trovi conferma l'avvenuta commercializzazione di prodotti destinati ad uso agricolo venduti ed etichettati come corroboranti e fertilizzanti, contenenti la pericolosa sostanza matrina, costituita in realtà da molecole ad azione neurotossica;
   se non si reputi opportuno, al fine di tutelare la salute dei cittadini, l'ambiente e l'economia del settore dell'agricoltura biologica, assumere iniziative per inasprire i controlli relativi alle importazioni dei mezzi tecnici e alla loro effettiva destinazione;
   quali azioni intenda promuovere per evitare che vengano aggirate le norme di immissione in commercio dei prodotti fitosanitari;
   se reputi opportuno promuovere azioni informative nei confronti degli agricoltori biologici e, in caso affermativo, quali affinché vengano messi nelle condizioni di acquistare e utilizzare prodotti effettivamente rispondenti a quelli ammessi ai sensi degli specifici allegati I e II al regolamento (CE) n. 834/2007. (5-03348)

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   PIRAS. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza n. 07777/2014 sul ricorso n. 04763/2012 il TAR del LAZIO ammette di fatto la possibilità di ammalarsi nei poligoni esattamente come in teatro operativo e riconosce l'amministrazione militare colpevole condannandola a risarcire il militare ricorrente, riconoscendo allo stesso la condizione di vittima del servizio svolto;
   la sentenza rappresenta un precedente storico di grande rilevanza, che consegna l'onere della prova all'amministrazione militare, invertendo l'orientamento fin qui acquisito che attribuiva alla persona colpita da malattia l'onere di dover dimostrare la correlazione con la causa di servizio e l'ambiente di lavoro;
   la documentazione prodotta dall'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, legale del Centro studi osservatorio militare difensore del ricorrente G.T., oltre a dimostrare la diretta connessione tra malattia ed esposizione alle polveri sottili prodotte dalle esplosioni rileva che le altre teorie addotte in sede processuale non trovano riscontro nella letteratura medica;
   la sentenza rappresenta un caposaldo giuridico con il quale si dovranno confrontare i vertici della difesa al fine di dare giustizia agli oltre 3.600 malati ed alle 308 famiglie che hanno perso un loro congiunto a causa dell'inquinamento bellico;
   la medesima indica una serie di problematiche di primaria rilevanza circa la salubrità dell'ambiente di lavoro dei militari e dei dipendenti civili della Difesa, l'impatto sanitario ed ambientale delle attività militari, i rischi per la salute delle popolazioni locali;
   in Sardegna insiste la quota parte più ampia di servitù militari, tra cui i 3 poligoni più grandi d'Europa, spesso oggetto di polemiche e indagini relative all'impatto ambientale causato dalla presenza militare;
   i poligoni di Capo Teulada e Quirra sono oggi oggetto di indagini e inchieste della magistratura, in particolar modo relativamente all'ipotesi di reato di disastro ambientare a – danno dei territori e delle popolazioni locali;
   numerosi militari e civili che hanno prestato servizio nelle aree militari hanno contratto malattie, fra le quali alcune forme tumorali, ma esse non sono mai state riconosciute come malattie correlate al lavoro svolto –:
   quali iniziative intenda intraprendere alla luce di quanto esposto in premessa;
   se non ritenga, alla luce della sentenza sopra citata, di dover procedere ad una seria analisi del tema che abbia come obiettivo l'accertamento dei casi in cui è evidente la correlazione tra malattia e lavoro. (4-05703)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Lombardi e altri n. 2-00642, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Terzoni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-03171, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palazzotto.

  L'interrogazione a risposta scritta Costantino n. 4-05689, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Duranti, Melilla, Nicchi, Ricciatti, Fratoianni.

Ritiro di una firma da una risoluzione.

  Risoluzione in Commissione Dell'Orco e altri n. 7-00082, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 agosto 2013: è stata ritirata la firma del deputato Catalano.