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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 21 luglio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    secondo le stime dell'Unicef nel mondo ci sono oltre 60 milioni di spose bambine a causa della pratica dei matrimoni di minori, precoci, forzati (Child, Early, Forced Marriage – CEFM);
    l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahariana sono le regioni in cui questa pratica è più largamente diffusa dove, non casualmente in coincidenza, sono presenti altri gravi fenomeni come la mortalità materna e infantile, la malnutrizione e l'analfabetismo. Ma si registrano casi anche in Medio Oriente e Africa settentrionale così come in Europa, compresa l'Italia, per effetto dei processi migratori, anche se il fenomeno è di difficile rilevazione, in quanto spesso queste unioni non vengono registrate;
    questi matrimoni sono quasi sempre incoraggiati e promossi dalle famiglie come rimedio alla povertà, come mezzo per «liberarsi» delle figlie, considerate un peso, perché «poco produttive», nella speranza di assicurare loro un futuro migliore, in termini sia finanziari sia sociali;
    al contrario, essi comportano una serie di conseguenze negative che segnano per sempre la vita delle spose bambine: quest'ultime vengono precocemente sottratte all'ambiente della famiglia e a volte della comunità di origine, sono spesso soggette a violenze fisiche, psicologiche, economiche e sessuali, vittime di abusi e sfruttamento, impedite nelle opportunità educative (solitamente il matrimonio comporta l'abbandono scolastico) e di lavoro, vivono esperienze che comportano conseguenze pesanti sulla sfera affettiva, sociale e culturale;
    al matrimonio precoce seguono quasi sempre gravidanze altrettanto precoci che provocano decine di migliaia morti, una quota rilevante della mortalità materna complessiva. Anche la prole da gravidanze precoci ne soffre le conseguenze: chi nasce da una madre-bambina o comunque minorenne ha un'alta probabilità di morire in età neonatale e, anche quando sopravvive, corre maggiori rischi di denutrizione e di ritardi cognitivi o fisici;
    già nel 1994, 179 Governi rappresentati alla Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo avevano riconosciuto il legame diretto tra matrimoni precoci, gravidanze in età adolescenziale e alti tassi di mortalità materna e sottolineato il ruolo cruciale dell'educazione nelle azioni di prevenzione;
    nel programma di azione della stessa Conferenza i Governi firmatari si erano impegnati a proteggere e promuovere il diritto degli/delle adolescenti a ricevere un'educazione sulla salute riproduttiva e a garantire l'accesso universale a queste informazioni;
    la Convenzione sui diritti dell'infanzia riconosce espressamente i/le bambini/e (ossia persone di età tra 0 e 18 anni) come titolari di diritti e l'articolo 16 della convenzione sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) menziona il diritto di essere protette da matrimoni precoci;
    molti Paesi, compresi quelli in cui questa pratica è diffusa, hanno stabilito per legge l'età minima per il matrimonio, l'istruzione obbligatoria e i reati contro i minori, ma le norme tradizionali o di ordine religioso continuano ad avere il sopravvento sulla legislazione nazionale;
    malgrado la dichiarazione, pressoché universale, di impegno a porre fine alla pratica, si calcola che matrimoni di bambine di meno di 15 anni continueranno ad essere celebrati e che in questo decennio saranno 50 milioni le bambine che potrebbero rischiare di sposarsi prima di quell'età;
    il 18 dicembre 2013 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione procedurale sui matrimoni minori, precoci e forzati, presentata dal Canada e dallo Zambia a nome di un gruppo trans-regionale di cui l'Italia è parte e ha deciso di considerare il tema dei matrimoni di minori, precoci e forzati, nei suoi molteplici aspetti e nella sua dimensione globale, nel corso della sua 69a sessione al punto in agenda «promozione e protezione dei diritti del fanciullo»;
    la risoluzione, mettendo all'ordine del giorno dell'assemblea generale per il 2014 questo argomento, offre una grande opportunità per affrontare il tema ai più alti livelli istituzionali per gli anni a venire;
    l'azione per prevenire ed eliminare i matrimoni di minori, precoci e forzati richiede altrettanto impegno di quello profuso nella campagna mondiale per l'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili (MGF). Secondo i dati delle Nazioni Unite, pubblicati in occasione della scorsa giornata internazionale «tolleranza zero per le mutilazioni genitali femminili», il numero delle ragazze vittime di questa pratica, che mette in serio pericolo la loro vita, è diminuito e l'adozione unanime da parte dell'assemblea generale delle Nazioni Unite della risoluzione del dicembre 2012 con la quale gli Stati membri sono stati invitati a intensificare gli impegni per la completa eliminazione delle mutilazioni genitali femminili ha certamente contribuito al conseguimento di questo risultato;
    la questione dei matrimoni forzati costituisce un ulteriore e non secondario aspetto dell'azione per combattere la violenza di genere e promuovere i diritti delle donne e l’empowerment femminile;
    il nostro Paese ho svolto un grande ruolo, riconosciuto a livello internazionale, nella campagna contro le mutilazioni genitali femminili, che ha fatto acquisire all'Italia un'autorevolezza internazionale tale da consentirgli di svolgerne uno altrettanto importante nella prevenzione ed eliminazione dei CEFM;
    il nostro Paese, insieme agli altri Stati del gruppo G7 riunitosi a Bruxelles il 4 e 5 giugno 2014, ha manifestato la sua determinazione per promuovere la parità di genere, porre fine a tutte le forme di discriminazione e di violenza contro donne e ragazze, porre fine ai matrimoni di minori, precoci e forzati e promuovere la piena partecipazione e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze,

impegna il Governo:

   a farsi parte diligente per procedere alla negoziazione della prima «risoluzione di sostanza» sui matrimoni di minori, precoci e forzati in occasione della 69a sessione dell'assemblea generale delle Nazioni Unite;
   a contribuire a dare impulso e a sostenere a livello globale la campagna per prevenire ed eliminare questa pratica che viola i diritti umani delle bambine con l'impegno e la determinazione già mostrati per la campagna contro le mutilazioni dei genitali femminili;
   a sostenere finanziariamente programmi e progetti di cooperazione internazionale volti alla prevenzione e all'abbandono dei matrimoni di minori, precoci e forzati.
(1-00553) «Locatelli, Di Salvo, Quartapelle Procopio, Amato, Zampa, Spadoni, Tinagli, Di Lello, Di Gioia, Marzano, Pastorelli, Bergamini, Tidei, Venittelli, Carocci, Gribaudo, Iori, Ventricelli, Albanella, Rocchi, Gadda, Maestri, Mongiello, Gebhard, Piazzoni, Chaouki, Piccione, Malpezzi, Villecco Calipari, Galgano, Sbrollini, Gullo, Palma, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    in tutto il mondo i diritti delle donne vengono violati, soprattutto quando le donne rifiutano l'imposizione di comportamenti e regole che non rispettano la loro volontà e la loro libertà di scelta. Una di queste violazioni riguarda il diritto di scegliere se, quando e con chi sposarsi: i matrimoni precoci e/o forzati trovano, infatti, profonde radici negli squilibri di potere tra donne e uomini, in stereotipi e leggi che rispecchiano l'idea che la donna debba ricoprire un ruolo sociale e familiare subalterno, regolato da modelli patriarcali, nel consenso al controllo sociale sul corpo e sulle scelte sessuali delle donne;
    la piaga dei matrimoni precoci è una violazione dei diritti umani delle bambine, limita la loro istruzione e provoca danni alla loro salute. I matrimoni precoci continuano a rubare l'infanzia a milioni di bambine;
    tale pratica è proibita da molteplici leggi di tutela dei diritti umani internazionali e nazionali lo proibiscono, ma purtroppo, secondo gli ultimi dati ONU (2013), 1 bambina ogni 3 nei Paesi in via di sviluppo si sposa prima dei 18 anni, 1 su 9 e costretta a sposarsi persino prima dei 15 anni. Le bambine prive di istruzione hanno il triplo di probabilità in più di sposarsi prima dei 18 anni rispetto a quelle con livello di istruzione secondario o più alto; d'altra parte/occorre tener presente che in molti contesti culturali in cui il matrimonio precoce è una pratica abituale, le bambine possono sembrare acconsentire, rispettando e obbedendo al volere dei genitori e della loro comunità;
    molti Stati, per evitare la condanna internazionale rispetto al fenomeno delle spose bambine, hanno iniziato ad introdurre nelle proprie legislazioni il divieto di celebrare matrimoni precoci e hanno stabilito per legge l'età minima per il matrimonio. Tuttavia, matrimoni forzati trovano ancora legittimazione culturale e giuridica presso vari popoli e nazioni;
    la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 16 recita: «1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione... 2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi». La convenzione sui diritti dell'infanzia riconosce espressamente i/le bambini/e (ossia persone di età tra 0 e 18 anni) come titolari di diritti e l'articolo 16 della convenzione sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) menziona il diritto di essere protette da matrimoni precoci;
    secondo le stime dell'Unicef nel mondo ci sono oltre 60 milioni di spose bambine a causa della pratica dei matrimoni di minori, precoci, forzati (Child, Early, Forced Marriage – CEFM); l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahariana sono le regioni in cui questa pratica è più diffusa in coincidenza con altri gravi fenomeni come la mortalità materna e infantile, la malnutrizione e l'analfabetismo. Nei 4 Paesi in cui matrimoni precoci sono più diffusi – Niger, Chad, Bangladesh e Guinea – oltre il 60 per cento delle ragazzine prima dei 18 anni è sposata. Le figlie di madri giovani illetterate hanno la più altra probabilità di abbandonare la scuola, sposarsi giovani e ricadere nel circolo vizioso della povertà. Malgrado l'impegno a porre fine alla pratica, si calcola che matrimoni di bambine di meno di 15 anni continueranno ad essere celebrati e che in questo decennio saranno 50 milioni le bambine che potrebbero rischiare di sposarsi prima di quell'età;
    si registrano casi anche in Europa, compresa l'Italia, per effetto dei processi migratori, ma il fenomeno è di difficile rilevazione in quanto spesso queste unioni non vengono registrate. In Italia, infatti, bambine, adolescenti e giovani donne immigrate, spesso nate e cresciute nel nostro Paese, hanno famiglie che scelgono di sottoporle a matrimoni imposti. Si tratta di casi che talvolta finiscono alla ribalta della cronaca nera, quando le giovani che vogliono sottrarsi a questo impegno vengono punite con violenze fisiche, persino uccise, oppure tentano il suicidio. In molti altri casi queste ragazze spariscono dalla scuola o dall'Italia, senza che la loro richiesta di aiuto sia stata accolta o senza aver trovato il coraggio di chiedere aiuto;
    in Italia i minorenni non possono sposarsi. Esiste però una deroga: per «gravi motivi», dai 16 anni in poi il tribunale per i minori può autorizzare le nozze. Il Centro di documentazione per l'infanzia registra fortunatamente la riduzione di questo trend: nel 1994 erano 1.173, poi sono diventate 209 del 2006 e 156 del 2007 (ultimo dato disponibile). La Campania è la regione in cui ne avvengono di più, 77. Per la maggior parte si tratta di matrimoni tra stranieri, soprattutto nelle comunità di immigrati del Pakistan, India e Marocco. Questi numeri descrivono solo l'aspetto legale, che secondo gli esperti è minimo rispetto a tutti i legami imposti all'interno delle famiglie, a volte suggellati con un rito in qualche moschea, più spesso con unioni celebrate nei Paesi d'origine;
    questi matrimoni sono quasi sempre incoraggiati e promossi dalle famiglie come rimedio alla povertà, nella speranza di assicurare loro un futuro migliore, in termini sia finanziari sia sociali; comportano invece una serie di conseguenze negative che segnano per sempre la vita delle spose bambine, che una volta sottratte all'ambiente della famiglia e della comunità di origine, sono spesso soggette a violenze fisiche, psicologiche, economiche e sessuali, vittime di abusi e sfruttamento; inoltre, si interrompe il loro iter formativo, dal momento che solitamente il matrimonio comporta l'abbandono scolastico e la possibilità di un lavoro, e vivono spesso esperienze che comportano conseguenze pesanti sulla sfera affettiva, sociale e culturale;
    il modo migliore per combattere i matrimoni precoci è tenere le bambine a scuola, perché quando una bambina è bene istruita, si sposerà più tardi, curerà di più i suoi figli, e probabilmente guadagnerà di più, ottenendo una maggiore autonomia decisionale;
    al matrimonio precoce seguono molto spesso gravidanze altrettanto precoci che provocano decine di migliaia morti, una quota rilevante della mortalità materna complessiva. Anche la prole da gravidanze precoci ne soffre le conseguenze: chi nasce da una madre-bambina o comunque minorenne ha un'alta probabilità di morire in età neonatale e, anche quando sopravvive, corre maggiori rischi di denutrizione e di ritardi cognitivi o fisici. Oltre 20 anni fa nel 1994, 179 Governi rappresentati alla Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo avevano riconosciuto il legame diretto tra matrimoni precoci, gravidanze in età adolescenziale e alti tassi di mortalità materna e sottolineato il ruolo cruciale dell'educazione nelle azioni di prevenzione;
    una attenzione particolare meritano le figlie degli immigrati di seconda generazione in Italia, in Europa, in Nord America, dove sono e saranno sempre più una vera emergenza sotto il profilo socio-educativo. Se non si interviene con politiche più incisive, i contrasti tra l'idea di famiglia imposta dai genitori e il modello delle adolescenti diventerà inconciliabile. Le ragazze immigrate di seconda generazione nel nostro Paese sono circa 175 mila e le nozze imposte dai loro genitori sono solo un aspetto del loro profondo disagio. Il pericolo dei prossimi dieci anni rischia di essere la «conflittualità latente», incarnata da ragazze che studiano e si integrano, ma che vivono in famiglie attaccate alle tradizioni;
    la questione dei matrimoni forzati costituisce un ulteriore e non secondario aspetto dell'azione per combattere la violenza di genere e promuovere i diritti delle donne e l'empowerment femminile; il bisogno di autonomia si fa sempre più impellente e le ragazze diventano intolleranti davanti a vincoli che appaiono irrazionali perché ancorati a tradizioni di cui non comprendono il senso e il significato;
    il 18 dicembre 2013 l'assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione procedurale sui matrimoni di minori, precoci e forzati, presentata dal Canada e dallo Zambia a nome di un gruppo internazionale di cui fa parte anche l'Italia e ha deciso di considerare il tema dei matrimoni di minori, precoci e forzati Child, Early, Forced Marriage nei suoi molteplici aspetti e nella sua dimensione globale, nel corso della 69a sessione al punto in agenda «promozione e protezione dei diritti del fanciullo»; 
    il nostro Paese, insieme agli altri Stati del gruppo G7 riunitosi a Bruxelles il 4 e 5 giugno 2014, ha manifestato la sua determinazione per promuovere la parità di genere, porre fine a tutte le forme di discriminazione e di violenza contro donne e ragazze, porre fine ai Child, Early, Forced Marriage e promuovere la piena partecipazione e l'empowerment di tutte le donne e le ragazze;
    l'Italia, inoltre, ha svolto un grande ruolo, riconosciuto a livello internazionale, nella campagna contro le mutilazioni genitali femminili, che ha fatto acquisire al nostro Paese una autorevolezza internazionale tale da consentire di svolgere un ruolo altrettanto importante nella prevenzione ed eliminazione dei Child, Early, Forced Marriage,

impegna il Governo:

   a farsi parte diligente per procedere alla negoziazione della prima «risoluzione di sostanza» sui matrimoni di minori, precoci e forzati in occasione della 69a sessione dell'assemblea generale delle Nazioni Unite;
   a dare impulso e a sostenere a livello globale la campagna per prevenire ed eliminare questa pratica che viola i diritti umani delle bambine con l'impegno e la determinazione già mostrati per la campagna contro le mutilazioni dei genitali femminili;
    a sostenere finanziariamente programmi e progetti di cooperazione internazionale volti alla prevenzione e all'abbandono dei Child, Early, Forced Marriage, offrendo a operatori e operatrici indicazioni e strumenti utili a garantire l'effettiva protezione di donne e bambine;
    ad assumere iniziative per riconoscere i matrimoni forzati come una delle forme di violenza contro le donne, uscendo da logiche «relativiste e neutre» che lo ascrivono solo a una problematica «culturale». Individuando il contrasto ai matrimoni forzati come uno dei punti chiave del piano nazionale antiviolenza.
(1-00554) «Binetti, Fitzgerald Nissoli, Gigli, Buttiglione, Sberna, Cera, De Mita, Caruso, Piepoli, Fauttilli, D'Alia».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il settore dell'autotrasporto è di fondamentale importanza per l'economia del nostro Paese, in considerazione della netta prevalenza di tale modalità di trasporto della merce rispetto alle altre;
    il settore sta attraversando, a partire dal 2008, un periodo di durissima crisi, dovuto essenzialmente allo sfavorevole andamento dell'economia globale;
    le imprese di autotrasporto italiane devono sostenere maggior costi per il carburante e per il lavoro rispetto a tante imprese estere, soprattutto quelle dell'est Europa;
    l'incidenza degli altri costi generali è maggiore in Italia rispetto agli altri Paesi europei (nella classifica Eurostat 2013 l'Italia è al 4o posto dopo Svezia, Francia e Lituania);
    il divario competitivo favorisce l'ingresso di vettori esteri che sottraggono opportunità di lavoro e risorse al nostro Paese: l'uso dei vettori e dipendenti esteri con conseguente dumping sodale nei confronti delle imprese di autotrasporto italiane è passato dal 7 per cento di t/km del 2007 al 37,2 per cento del 2012;
    nella legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, i commi 177 e 178, recano norme in materia di transfer pricing per le società operanti nella raccolta di pubblicità on line. Al fine di determinare il reddito di impresa relativo alle operazioni con società non residenti collegate, tali soggetti devono utilizzare indicatori di profitto diversi da quelli applicabili ai costi sostenuti per lo svolgimento della propria attività e si prevede inoltre l'obbligo di utilizzare, per l'acquisto delle predette tipologie di servizi, strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario. Sarebbe auspicabile l'estensione anche alle aziende estere di autotrasporto e cabotaggio di norme analoghe per ottenere la tracciabilità dell'attività, la trasparenza delle operazioni e indicatori di profitto connessi ai ricavi realizzati;
    la legge delega fiscale (legge n. 23 del 2014, articolo 9, comma 1, lettera i)) prevede l'introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo anche conto delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale;
    risultano in aumento, a detta delle categorie e dei sindacati di riferimento del settore, pratiche sempre più diffuse di palesi superamenti dell'orario settimanale di lavoro, di turni irregolari di cabotaggio internazionale, di uso illegale di cabotaggio e distacco transnazionale di autisti;
    in considerazione delle gravi ed evidenti distorsioni di mercato, provocate dalle pratiche menzionate, appare evidente l'esigenza di promuovere le condizioni affinché la competitività e la sicurezza nel settore dell'autotrasporto e del cabotaggio siano garantite dal rispetto delle regole, così come previsto dal Regolamento 1072/2009 che fissa norme comuni per l'accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per estendere le norme in tema di determinazione del reddito d'impresa e di tracciabilità dei pagamenti contenute nella legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, commi 177 e 178, anche alle aziende di autotrasporto e cabotaggio;
   a valutare l'opportunità di individuare, in via presuntiva, gli elementi che indichino la nascita di una stabile organizzazione in Italia in relazione all'attività di trasporto merci esercitata da parte di imprese estere che operano continuamente in Italia entro un determinato periodo di tempo;
   a valutare l'opportunità di prevedere l'indeducibilità da parte del committente, delle fatture emesse dai vettori qualora quest'ultimi non rispettino le condizioni normative di cui al Regolamento 1072/2009.
(7-00424) «Lodolini».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 10 della legge n. 23 del 2014, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale, contiene, al comma 1, lettera c), una specifica previsione di delega per il riordino della disciplina della riscossione delle entrate degli enti locali, nel rispetto della loro autonomia, al fine di:
     a) prevedere gli adattamenti e le innovazioni normative e procedurali più idonei ad assicurare la semplificazione delle procedure di recupero dei crediti di modesta entità, nonché dispositivi, adottabili facoltativamente dagli enti locali, di definizione agevolata dei crediti già avviati alla riscossione coattiva; con particolare riguardo ai crediti di minore entità unitaria;
     b) assicurare competitività, certezza e trasparenza nei casi di esternalizzazione delle funzioni in materia di accertamento e di riscossione, nonché adeguati strumenti di garanzia dell'effettività e della tempestività dell'acquisizione diretta da parte degli enti locali delle entrate riscosse, attraverso la revisione dei requisiti per l'iscrizione all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, l'emanazione di linee guida per la redazione di capitolati di gara e per la formulazione dei contratti di affidamento o di servizio, l'introduzione di adeguati strumenti di controllo, anche ispettivo, la pubblicizzazione, anche on-line, dei contratti stipulati e l'allineamento degli oneri e dei costi in una misura massima stabilita con riferimento all'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, o con riferimento ad altro congruo parametro;
     c) prevedere l'affidamento dei predetti servizi nel rispetto della normativa europea, nonché l'adeguata valorizzazione e messa a disposizione delle autonomie locali delle competenze tecniche, organizzative e specialistiche in materia di entrate degli enti locali accumulate presso le società iscritte all'albo di cui all'articolo 53 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, nonché presso le aziende del gruppo Equitalia, anche attraverso un riassetto organizzativo del gruppo stesso che tenda ad una razionale riallocazione delle risorse umane a disposizione;
     d) definire, anche con il coinvolgimento dei comuni e delle regioni, un quadro di iniziative volto a rafforzare, in termini organizzativi, all'interno degli enti locali, le strutture e le competenze specialistiche utili ad accrescere le capacità complessive di gestione dei propri tributi, nonché di accertamento e recupero delle somme evase; individuare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, idonee iniziative per rafforzare all'interno degli enti locali le strutture e le competenze specialistiche necessarie per la gestione diretta della riscossione, ovvero per il controllo delle strutture esterne affidatarie, anche definendo le modalità e i tempi per la gestione associata di tali funzioni; riordinare la disciplina delle aziende pubbliche locali preposte alla riscossione e alla gestione delle entrate in regime di affidamento diretto;
     e) assoggettare le attività di riscossione coattiva a regole pubblicistiche, a garanzia dei contribuenti, prevedendo, in particolare, che gli enti locali possano riscuotere i tributi e le altre entrate con lo strumento del ruolo in forma diretta o con società interamente partecipate ovvero avvalendosi, in via transitoria e nelle more della riorganizzazione interna degli enti stessi, delle società del gruppo Equitalia, subordinatamente alla trasmissione a queste ultime di informazioni idonee all'identificazione della natura e delle ragioni del credito, con la relativa documentazione;
   il citato l'articolo 10 della legge n. 23 del 2014, detta inoltre, al comma 1, lettera e), il principio direttivo del contemperamento delle esigenze di efficacia della riscossione con i diritti del contribuente, in particolare per i profili attinenti alla tutela dell'abitazione, allo svolgimento dell'attività professionale e imprenditoriale, alla salvaguardia del contribuente in situazioni di grave difficoltà economica, con specifico riferimento alla disciplina della pignorabilità dei beni e della rateizzazione del debito, va ricordato peraltro che l'articolo 1 della legge n. 23 del 2014 al comma 4 prevede che il governo riferisca ogni quattro mesi alle Commissioni parlamentari competenti per materia in ordine all'attuazione della delega,

impegna il Governo:

   ad informare i competenti organi parlamentari, prima di adottare i decreti legislativi di attuazione della delega di cui al citato articolo 10 della legge n. 23 del 2014, in ordine ai seguenti aspetti:
    a) l'impatto delle norme emanate durante il 2013 in materia di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo, impignorabilità dell'immobile di prima abitazione, limiti alla pignorabilità delle altre case e dei beni strumentali d'impresa;
    b) la governance di Equitalia, con riguardo in particolare al funzionamento dei meccanismi che dovrebbero garantire il monitoraggio e il controllo delle attività da parte degli azionisti pubblici;
    c) l'assetto organizzativo del gruppo Equitalia e le eventuali possibili alternative, con individuazione dei costi e benefici di ciascuna di esse;
    d) le eventuali ipotesi di costituire un'entità autonoma per la riscossione coattiva locale, che acquisti un ramo d'azienda di Equitalia, ovvero di creare una sua specifica articolazione dedicata alla riscossione locale, con corrispondenti, adeguate modifiche alla governance societaria per riconoscere agli enti locali un ruolo adeguato;
    e) le eventuali proposte di riforma dell'assetto societario di Equitalia, anche valutando i costi e benefìci di una trasformazione organizzativa orientata verso un modello agenziale, e se tale forma possa rispondere meglio all'esigenza imprescindibile di assicurare al sistema Paese un efficace ed efficiente gestione per la riscossione di tutti i tributi e contributi, anche locali;
    f) l'innovazione degli strumenti normativi e gestionali del ciclo della riscossione coattiva, con l'obiettivo di introdurre maggiore flessibilità e diversificazione in relazione alle varie tipologie di contribuenti e alla consistenza degli importi a debito;
    g) le modalità con cui gestire in modo adeguato la fase di transizione verso il nuovo assetto, evitando impatti indesiderati sulle attività di riscossione dei tributi e contributi;
    h) l'ipotesi di affidamento delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione spontanea, relativamente alla previsione dell'articolo 10, comma 1, lettera c), numero 4), della legge n. 23 del 2014, fermo restando il rispetto della normativa comunitaria in materia;
    i) il superamento del sistema dell'aggio con un moderno sistema di remunerazione dell'attività pubblicistica prevista, che tenga conto dei costi generali di struttura e di funzionamento gestita con criteri di economicità e efficienza, e che preveda nei relativi contratti di servizio la ripartizione dei costi in parte a carico della fiscalità generale ed in parte significativa a carico dei contribuenti inadempienti.
(7-00427) «Causi, Bernardo, Gebhard, Paglia, Sberna».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la regione Puglia ha firmato nel mese di giugno 2014 un protocollo d'intesa per il riconoscimento della certificazione etica regionale in materia di raccolta del pomodoro;
    il protocollo sottoscritto presso la prefettura di Foggia dall'assessore alla legalità della regione Puglia e da tutte le organizzazioni professionali agricole rappresenta un importantissimo atto per tutto il settore agricolo;
    il protocollo prevede l'etichettatura «Equapuglia no lavoro nero» per il pomodoro coltivato in Capitanata e comparirà sulle confezioni di pelato trasformato della campagna 2014;
    si tratta di una iniziativa innovativa e coraggiosa in un comprensorio che vede impegnati solo in capitanata 20 mila addetti, tra cui una elevatissima percentuale di lavoratori extracomunitari con il più alto fatturato di settore dell'intero Mezzogiorno;
    a questa operazione culturale prim'ancora che commerciale hanno aderito importanti gruppi imprenditoriali del settore; essa ha fatto registrare un notevole impatto sulla pubblica opinione;
    questa operazione è stata collegata allo smantellamento del maxiaccampamento di Rignano nel quale per venti anni hanno vissuto in capanne di cartone migliaia di lavoratori extracomunitari spesso sfruttati;
    il marchio di qualità verrà quindi rilasciato a quelle imprese che dimostreranno di non aver utilizzato nei propri cicli di produzione manodopera senza regolare inquadramento contrattuale con l'obiettivo di cancellare il fenomeno dello sfruttamento;
    questa iniziativa dovrebbe essere estesa a tutto il comparto del pomodoro e su tutto il comprensorio nazionale, a partire dalle regioni meridionali, nelle quali il pomodoro è il vero e proprio «oro rosso»;
    ciò contribuirebbe a ridimensionare il fenomeno dello sfruttamento della manodopera e ad evitare una concorrenza sleale da parte di chi invece continua a voler utilizzare nei propri cicli produttivi manodopera avventizia;
    la creazione di una white list delle aziende che aderirebbero a un protocollo di legalità sarebbe una ottima pubblicità alla qualità dei prodotti italiani;
    un'azione di trasparenza di tale portata consentirebbe anche un vero contrasto al fenomeno del caporalato che purtroppo è ancora presente in questi comprensori e aiuterebbe ad un diverso reclutamento della manodopera attraverso i canali istituzionali preposti a partire dai centri per l'impiego;
    per fare questo diventa fondamentale l'azione di coordinamento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali,

impegna il Governo

sulla base della esperienza della regione Puglia, a promuovere per la campagna del pomodoro 2014 un protocollo d'intesa con tutte le regioni per la creazione di un bollino di qualità che certifichi l'assenza di utilizzo di manodopera illegale e sfruttata nella coltivazione e trasformazione del pomodoro, posto che questo aiuterebbe a contrastare fenomeni di sfruttamento e caporalato e ad incentivare un consumo responsabile valorizzando una delle risorse più importanti del comparto agricolo italiano.
(7-00423) «Oliverio, Losacco».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nelle scorse settimane si sono svolte a livello locale e nazionale numerose manifestazioni promosse dalle associazioni agricole per segnalare la grave situazione che si sta determinando per la produzione italiana di riso, a seguito dell'entrata in vigore nel nuovo regime doganale previsto dal sistema di preferenze generalizzate (SPG), di cui al regolamento (CE) n. 978/2012;
    il sistema di preferenze generalizzate – istituito fin dal 1971 per aiutare la crescita dei Paesi in via di sviluppo – è lo strumento con il quale l'Unione europea accorda un accesso preferenziale al proprio mercato ad alcuni Paesi mediante la concessione di una tariffa preferenziale dei dazi applicabili all'atto dell'importazione;
    il riso è uno dei prodotti che stanno maggiormente risentendo degli effetti di questo sistema; in particolare, le importazioni di riso a basso prezzo dai Paesi asiatici stanno schiacciando i produttori nazionali, che devono invece affrontare costi che superano ampiamente i ricavi per alcune varietà di riso;
    l'Italia – secondo un dossier predisposto dalla Coldiretti – è ancora il primo produttore europeo di riso su un territorio di 216 mila ettari con un ruolo ambientale insostituibile e opportunità occupazionali, ma la situazione sta precipitando e a rischio c’è il lavoro per oltre diecimila famiglie tra dipendenti ed imprenditori di lavoro nell'intera filiera; nel 2014 è stata stimata in un solo anno una riduzione del 22 per cento, per una riduzione di oltre 15 mila ettari, delle risaie destinate alla coltivazione di riso varietà indica, che viene importata dalla Cambogia. In Italia le importazioni di riso da questo paese sono aumentate del 360 per cento nel primo trimestre e arrivano in Italia ad un prezzo riferito al grezzo inferiore ai 200 euro a tonnellata, pari a circa la metà di quanto costa produrlo ai risicoltori italiani nel rispetto delle norme sulla salute, sulla sicurezza alimentare e ambientale e dei diritti dei lavoratori;
    viene inoltre segnalato che il sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi (RASFF) – istituito in ambito europeo per la notifica in tempo reale dei rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi – ha registrato nel primo semestre del 2014 quasi una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di pesticidi non autorizzati o che superano i limiti ammessi di residui e assenza di certificazioni sanitarie;
    il Sistema di preferenze generalizzate (SPG) prevede in ogni caso meccanismi di sorveglianza e di salvaguardia, che consentono anche di ripristinare i normali dazi della tariffa doganale comune qualora un prodotto originario di un paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali sia importato in volumi o a prezzi tali da causare o rischiare di causare gravi difficoltà ai produttori dell'Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti. In particolare, nel regime ora vigente, sono considerati anche i prezzi tra i fattori tali da causare o da minacciare di causare serie difficoltà ai produttori comunitari e anche il deterioramento della condizione economica e finanziaria delle imprese dell'Unione costituisce causa efficiente per configurare la «seria difficoltà». Ulteriori disposizioni di salvaguardia sono poi specificamente dettate per i prodotti agricoli;
    il Ministro delle politiche agricole;, alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha annunciato che l'Italia ha sollevato in sede europea la situazione problematica determinatasi nel settore, avviando un'iniziativa a Bruxelles, insieme con altri Paesi europei, per l'attivazione della clausola di salvaguardia contro le importazioni a dazio zero. Secondo quanto comunicato dal Ministero, gli uffici stanno lavorando in collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico per predisporre un documento tecnico sull'impatto di tali importazioni, che sarà presentato alla Commissione europea;
    in queste circostanze, inoltre, si ripropone la necessità di interventi più articolati a sostegno del settore del riso, che costituisce un'eccellenza dell'agroalimentare italiano per qualità, tipicità e sostenibilità;
    in particolare, anche a tutela della corretta informazione del consumatore, si ripropone anche per questo prodotto l'esigenza di assicurarne la tracciabilità e di applicare l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima,

impegna il Governo:

   ad intervenire nelle competenti sedi europee a tutela del mercato italiano del riso, in particolare affinché sia attivata la clausola di salvaguardia prevista dal Sistema di preferenze generalizzate;
   ad adottare le iniziative necessarie per rendere immediatamente applicabile al riso e ai prodotti a base di riso la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari a tutela dei consumatori e degli operatori della filiera e ad attivarsi affinché, nel quadro di quanto stabilito nel regolamento (UE) n. 1169/2011, l'Unione europea si doti di norme efficaci, rigorose, chiare e trasparenti in materia di origine dei prodotti;
   ad adottare idonee iniziative normative volte ad introdurre sanzioni accessorie affinché siano resi noti e pubblici i riferimenti degli operatori eventualmente coinvolti in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente o scorrette, finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy, nonché i dati dei traffici illeciti accertati.
(7-00425) «Oliverio, Franco Bordo, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'Italia, secondo produttore al mondo nel comparto frutticolo, con circa 14 milioni di quintali di prodotto e con un fatturato di circa 23 miliardi di euro, ha attraversato negli ultimi anni ben cinque crisi, con ricadute pesanti sull'indotto e sulla tenuta dell'occupazione;
    anche quest'anno, a un mese e mezzo dall'avvio della campagna di commercializzazione della frutta estiva, la situazione dei mercati frutticoli nazionali sta evidenziando un quadro di forte difficoltà con particolare riguardo alle pesche e alle nettarine;
    le quotazioni in queste settimane (dati Ismea) hanno segnalato in Italia ed in Europa, un vero e proprio crollo dei prezzi, causato dal sovrapporsi delle raccolte italiane con quelle di altre aree europee (soprattutto greca e spagnola), oltre che dall'andamento climatico sfavorevole che ha depresso i consumi sul mercato interno, ma soprattutto sui mercati di destinazione del Nord-Europa;
    si tratta di una concomitanza di fattori negativi legati alla riduzione del potere d'acquisto dei consumatori, all'andamento climatico non favorevole e, in parte, all'intrinseca natura del prodotto, facilmente deperibile e, quindi, con un ridotto tempo di commercializzazione;
    in base ai dati Ismea i prezzi delle pesche, all'origine, sono crollati mediamente intorno ai 40 centesimi al chilo, un 30 per cento in meno in rapporto al 2013, e quasi il 15 per cento in meno rispetto agli ultimi tre anni, una situazione che incide su tutta la filiera;
    ancora peggiore l'andamento dei prezzi all'origine delle nettarine, scesi in alcuni casi anche a 0,40 euro/kg all'origine e a 0,50 euro/kg franco magazzino di confezionamento, con riduzioni anche del 40 per cento sul 2013;
    secondo le aziende della filiera, la situazione è tanto grave che gli strumenti attualmente disponibili, come le Organizzazioni comuni di mercato (OCM) del comparto ortofrutticolo, non sono sufficienti e adeguati, anche in termini di risorse finanziarie disponibili, per affrontare e contrastare una simile crisi, dovuta non tanto alla sovrapproduzione quanto a un contesto climatico inusuale e particolarmente sfavorevole;
    alla luce dell'evoluzione che si è verificata negli ultimi anni nel mercato della frutta dove, in particolare per quanto attiene le pesche e le nettarine, si è verificato con pericolosa frequenza il ripetersi di annate difficili, sia per il verificarsi di notevoli produzioni sia per la stasi dei consumi, è necessario valutare con attenzione l'effettiva funzionalità degli attuali meccanismi di tutela dei produttori;
    il più conosciuto di questi meccanismi è quello dei ritiri (Regolamento CE 2200/96 del Consiglio, Regolamento CE 103/2004 della Commissione, decreto ministeriale 25 maggio 2004 n. 1204), che offre la possibilità alle organizzazioni dei produttori di ricorrere a questo aiuto ritirando dal mercato un certo quantitativo di prodotto e corrispondendo un'indennità agli agricoltori interessati;
    il secondo regime di aiuti è quello relativo alla trasformazione industriale di ortofrutticoli (Regolamento CE 2201/96 del Consiglio, Regolamento CE 1535/03 della Commissione, decreto ministeriale 25 maggio 2004 n. 1202), che prevede di incentivare, tramite la corresponsione di un aiuto, la stipula di contratti tra industrie di trasformazione e organizzazione dei produttori, per la lavorazione di pesche e pere per ottenerne succhi e frutta sciroppata quale sbocco di mercato per le aziende agricole;
    il limite di tali regimi d'aiuto è che intervengono quando la crisi è già in atto e nulla fanno per prevenirla in una situazione nella quale le crisi di mercato sono sempre più frequenti, tanto da non potersi più considerare fenomeni contingenti, ma piuttosto strutturali;
    si sono, altresì, dimostrate chiaramente insufficienti e del tutto deludenti le campagne informative di stimolo al consumo messe in campo dalle singole organizzazioni di prodotto;
    nel corso della recente riunione del Gruppo di contatto italo-franco-spagnolo per pesche e nettarine, convocata a seguito del preoccupante andamento della campagna di commercializzazione sul mercato europeo, i Ministri dell'agricoltura dei tre Paesi hanno concordato di avanzare una «richiesta unitaria» al Consiglio dei Ministri dell'Unione europea che si è tenuto il 16 luglio;
    in tale sede Italia, Spagna e Francia hanno chiesto che l'Unione europea riconosca la situazione di «grave turbativa di mercato» ai sensi dell'articolo 219 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 relativo all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, per affrontare con decisione la situazione di crisi;
    è necessario recuperare una visione strategica e una volontà di collaborazione tra le diverse realtà produttive, anche alla luce delle perduranti difficoltà del comparto, il quale non può più sperare sulle avversità climatiche dei Paesi concorrenti per limitare i surplus produttivi,

impegna il Governo:

   a svolgere ogni azione utile ad affrontare la situazione di crisi, attivando tutti gli strumenti ordinari citati in premessa e richiedendo all'Unione europea di destinare risorse specifiche ad un intervento straordinario per pesche, nettarine e susine valido per tutti i produttori dell'Unione europea;
   a richiedere alla Commissione europea il riconoscimento di «grave turbativa di mercato» ai sensi dell'articolo 219 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 al fine di adottare misure tempestive di ritiro del prodotto di calibro più piccolo e di minor qualità e di salvare almeno le produzioni medio-tardive;
   ad attivarsi per fornire, in tempi brevi, i dati e gli elementi di analisi necessari per consentire alla Commissione europea di avere un quadro chiaro e definito delle cause e degli effetti del calo dei prezzi e di mettere rapidamente in campo le misure di sostegno necessarie.
(7-00426) «Taricco, Oliverio, Covello, Anzaldi, Terrosi, Venittelli, Zanin, Antezza».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   DI VITA, NUTI, MANNINO e DI BENEDETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'8 luglio 2014 presso i Cantieri Culturali della Zisa di Palermo, si è svolta la «1o Giornata della Trasparenza e della Partecipazione – anno 2014», organizzata dal comune di Palermo, allo scopo di coinvolgere cittadini, associazioni, portatori di interesse sulle tematiche dell'anticorruzione, della trasparenza e della partecipazione, dell'accesso dei cittadini ai dati ed alle informazioni tramite gli Open Data nonché per presentare e approfondire le novità introdotte dalla legge anticorruzione (legge n. 190 del 2012), attraverso un focus sulla norma, sul piano anticorruzione ed il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità (decreto-legislativo n. 33 del 2013) elaborato dall'amministrazione;
   tale notizia stride fortemente se accostata a quella appena seguente del 19 giugno 2014, in cui le cronache dei giornali riportavano di un blitz dei carabinieri nei confronti di alcuni dipendenti dell'Unità di progetto Coime del comune di Palermo, che ha portato alla disposizione di una serie di misure cautelari personali nell'operazione denominata «Bankomat»;
   ai sensi dell'articolo 9 del regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi del comune di Palermo, le unità di progetto sono delle «strutture [...] a diretta sovrintendenza del Sindaco e/o del Direttore Generale [...] finalizzate alla realizzazione di obiettivi specifici rientranti nei programmi dell'Amministrazione»;
   l'ennesimo scandaloso terremoto giudiziario, dunque, a vedere ancora tristemente protagonista la struttura organizzativa comunale del capoluogo siciliano. Stavolta ad essere coinvolti sono undici operai che fanno parte dell'unità di progetto Coime, raggiunti da un'ordinanza di custodia cautelare. Ad eseguirla i carabinieri del comando provinciale e i militari della sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica;
   le indagini, avviate nel 2011, hanno rilevato che gli operai dell'Unità, retribuiti attraverso dei contributi statali, avrebbero inserito in busta paga ore di servizio mai eseguite e indennità fantasma attraverso un complesso meccanismo che gli permetteva, in sintesi, grazie alla compiacenza di alcuni funzionari e bypassando il sistema informatico, di conseguire somme di denaro non dovute attraverso la modifica o l'alterazione delle buste paga;
   la maggior parte è composta da operai edili, ma ci sono anche idraulici, imbianchi e carpentieri. Si tratta del personale che si occupa delle manutenzioni negli uffici comunali. Manutenzioni che, nel caso delle undici persone raggiunte dall'ordinanza di custodia cautelare, sarebbero state in parte svolte solo sulla carta. Bastava infatti modificare i dati dei turni, delle ferie, persino dei buoni pasto per ottenere uno stipendio gonfiato;
   già nel 2011 una task force della Ragioneria generale si era accorta che i conti non tornavano. Migliaia di pagine, fogli, passaggi di somme, voci più o meno regolari. Tutti i risultati dell'indagine interna furono inviati, con i relativi allegati, alla procura della Repubblica e a quella della Corte dei Conti. Sui personaggi coinvolti, nel frattempo sospesi dall'incarico e sostituiti da altri funzionari comunali, oltre all'inchiesta disciplinare adesso sono arrivati i risultati di quella penale. Tre anni dopo i carabinieri e la Procura hanno deciso infatti che bisognava andare oltre e sono scattate le misure cautelari;
   in carcere sono finiti Antonino Chinnici, Francesco Centineo, Maria Rosaria Pollara e Andrea Cucinella. Ai domiciliari Antonio Ventura. Sospensione dal pubblico ufficio per Salvatore Borrello, Giovanni Carramusa, Raffaele Vainolo, Rodolfo Santoro, Gaetano Fiorentino e Antonino Prester;
   un ruolo di primo piano nell'organizzazione che in dieci anni ha sottratto alle casse del comune oltre un milione di euro era ricoperto da Chinnici, responsabile dell'unità operativa della Ragioneria generale denominata «Stipendi personale Coime». Era proprio lui, infatti, che effettuava o consentiva che qualcuno dei suoi collaboratori modificasse alcune voci dello stipendio dei dipendenti dell'ufficio, accedendo abusivamente al software di gestione amministrativa ed alterando di fatto le buste paga;
   le accuse sono pesanti: associazione per delinquere finalizzata al peculato, falso e accesso abusivo a sistema informatico. Avrebbero fatto figurare ore di servizio mai eseguite, incassando soldi che non gli sarebbero spettati;
   amaro il commento del procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci: «Abbiamo maturato ormai un'esperienza ampia che ha fatto emergere la vulnerabilità del sistema informatico della pubblica amministrazione. Ci sono delle falle che persone disinvolte e senza scrupoli – dice – possono sfruttare. Potrebbe sembrare un'operazione minore visti gli importi sottratti, la vicenda invece è molto interessante perché viene fuori uno spaccato preoccupante. Bisogna sottolineare la collaborazione dell'amministrazione comunale che dimostrato di sapere reagire e di possedere gli anticorpi»;
   la disorganizzazione e la cattiva gestione dell'Unità, tuttavia, era emersa chiaramente già nel recente passato, quando nel marzo del 2013 il sindaco di Palermo Leoluca Orlando aveva dato disposizione al dirigente del settore manutenzioni di effettuare una urgente indagine sul funzionamento e l'organizzazione del Coime, disponendo che con estrema urgenza si provvedesse alla manutenzione di immobili del comune e/o confiscati alla mafia da destinare ad alloggi per le famiglie senza casa. In quella occasione, infatti, il sindaco aveva chiaramente detto che non sarebbero stati tollerati ritardi di alcun tipo da parte del Coime, indicando come eventuale conseguenza addirittura la «revoca dell'incarico del dirigente»;
   in tal senso l'articolo 42 deregolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi del (comune di Palermo prevede infatti espressamente che il dirigente responsabile di servizio ufficio è responsabile del servizio/ufficio al quale è preposto;
   un sistema informativo è l'insieme delle informazioni utilizzate, prodotte e trasformate da un'azienda durante l'esecuzione, dei processi aziendali. Nonostante qualche ritardo rispetto alle aziende private, anche la pubblica amministrazione si è dotata di sistemi informativi automatizzati senza trascurare i problemi derivanti dalla sicurezza e dal trattamento dei dati. Difatti un ruolo importante all'interno di un sistema lo ricopre la sicurezza informatica e quindi la salvaguardia da minacce, malfunzionamenti, integrità dei dati e loro divulgazione;
   una pubblica amministrazione gestisce i dati dei propri dipendenti, degli utenti nonché le informazioni di carattere economico e strategico. Se poi si considera che un servizio pubblico, anche se il più piccolo sul territorio, è per definizione da ritenersi sempre efficiente, funzionale e rispondente alle esigenze della comunità allora è chiaro come il fattore sicurezza incida radicalmente sul processo organizzativo e di sviluppo di un sistema informativo;
   chi all'interno di un'azienda o di una pubblica amministrazione si occupa di valutare il grado di sicurezza deve tener conto dei beni da tutelare, delle vulnerabilità, delle minacce e dei possibili attacchi, nonché in ultimo analizzare e gestire i rischi ai quali si può incorrere;
   nella prospettiva di un piano generale di informatizzazione sempre più capillare e aggiornato di tutti i servizi pubblici, perché possa essere garantita altresì la corretta e trasparente gestione del denaro pubblico, il problema fondamentale resta quello della sicurezza e della vulnerabilità dei sistemi stessi –:
   quali opportune attività, anche di carattere normativo, ritenga dover porre in essere affinché utilizzazioni devianti o illecite ed episodi di vulnerabilità, causati sia da attacchi esterni che interni, dei sistemi di informatizzazione dei servizi delle pubbliche amministrazioni, in particolare dei servizi di pagamento dei dipendenti delle stesse, come nel caso citato in premessa, non abbiano più ad accadere;
   se non ritenga in tal senso opportuno e utile, sotto l'ulteriore profilo dell'esistenza di meccanismi di controllo interno e preventivo, implementare la normativa sul whitleblowing nelle pubbliche amministrazioni, attraverso l'istituzione di organismi di controllo ad hoc dotati di particolare competenza tecnica nel settore informatico, nelle modalità di scelta, di esercizio e di impiego concreto dei sistemi informativi;
   quali attività intenda altresì porre in essere al fine di migliorare il processo di individuazione, selezione, aggiornamento e successiva amministrazione dei sistemi informatici di gestione dei servizi delle pubbliche amministrazioni, per quanto di competenza, al fine di garantire la trasparenza e la verificabilità, a più livelli, di ogni fase del processo informatico, oltreché la sicurezza del sistema stesso sia da attacchi esterni che interni;
   relativamente a fatti analoghi a quelli riferiti in premessa, presso amministrazioni statali se e quali opportune attività provvedimentali, di controllo e sanzionatorie, il Governo ponga già in essere, o abbia intenzione di intraprendere in futuro, ad esempio garantendo l'osservanza puntuale della normativa vigente in materia di trasparenza e anticorruzione e quali interventi a carattere d'urgenza, intenda intraprendere al fine di salvaguardare lo Stato da simili continue ed antieconomiche dispersioni di capitale pubblico. (4-05605)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO, PELLEGRINO e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata del 17 luglio 2014 a Castellammare di Stabia, importante comune costiero della provincia di Napoli, la cittadinanza ha notato la presenza in mare di una lunga scia colorata di un rosso intenso;
   la sostanza rossa proveniva dagli scarichi fognari della zona del rivo Cannetiello, un canale naturale che sfocia sull'arenile di corso Garibaldi nei pressi del Palazzo del Fascio;
   inizialmente si è pensato fosse pittura, anche se dopo appena un'ora non era rimasto nessun residuo apparente nel rivo;
   sono state immediatamente allertate sia la capitaneria di porto che l'ARPAC per capire la natura della sostanza e la sua provenienza;
   gli uomini della capitaneria di porto, agli ordini del comandante Ricco, hanno seguito con attenzione l'evolversi della vicenda che ha dapprima colorato in maniera forte ed intensa la battigia circostante, per poi dissolversi gradualmente;
   il comandante Ricco, a seguito di un sopralluogo eseguito personalmente, ha avuto modo di constatare che la sostanza risultava essere fortemente solubile;
   per avere contezza della natura del materiale, presumibilmente sversato illecitamente nel Cannetiello, l'ARPAC ha effettuato prelievi di campioni da analizzare;
   è da escludere che possa trattarsi di scarti della lavorazione dei pomodori, come invece accade frequentemente nel fiume Sarno;
   da un esame preliminare sembrerebbe essere una vernice murale leggera proprio per la sua grande capacità di dissolvenza nell'acqua;
   già pochi giorni prima era stata scoperta una scia di schiuma bianca nella zona di Pozzano, estesa per oltre un miglio fino allo Scrajo di Vico Equense;
   in tal caso pare siano stati scarichi fognari a provocare quell'incidente ed il conseguente riversamento in mare di una sostanza schiumosa e oleosa;
   nelle scorse settimane un episodio simile aveva colpito il fiume Vernotico, che si era colorato di una particolare tonalità di blu;
   i fatti narrati sono riportati, tra gli altri, nell'articolo intitolato «Castellammare – Il mare stabiese è “Profondo Rosso”», pubblicato dal quotidiano online «Stabia Channel», dall'articolo intitolato «Scarichi di vernice in mare, nuovo allarme sulla costa stabiese», pubblicato dal quotidiano online «Metropolis Web» e dall'articolo intitolato «Napoli. Mare choc, a Stabia l'acqua diventa rosso sangue», pubblicato dall'edizione online del quotidiano «Il Mattino» –:
   quali iniziative di competenza il Ministro abbia intenzione di assumere in merito;
   se non ritenga doveroso ed urgente assumere iniziative per individuare le motivazione del drammatico inquinamento delle acque della zona e per prendere contromisure in modo da tutelare la cittadinanza, la fauna e la flora marina dell'area. (4-05604)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPADONI, AGOSTINELLI e DE LORENZIS. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il parcheggio interrato denominato Park Vittoria ricavato nella piazza della Vittoria di Reggio Emilia è al centro delle polemiche e proteste promosse da parte di un comitato popolare, associazioni ambientaliste e diverse forze politiche che considerano l'opera costosa, pericolosa, inutile e inquinante;
   per richiedere lo stop al progetto promosso dal comune di Reggio nell'Emilia nell'estate del 2013 circa 10.000 cittadini del capoluogo hanno sottoscritto una mozione d'iniziativa popolare comunale;
   a sostegno del progetto c’è un unico project financing, concesso alla Reggio Parcheggi spa, società di cui il dottor Lodetti Alliata è amministratore delegato, comprendente la gestione del parcheggio dell’ex caserma Zucchi, con 900 posti ad 1,50 euro l'ora e il parcheggio interrato di piazza della Vittoria;
   i posti auto previsti per il parcheggio piazza Vittoria sono 247, contenuti all'interno di box chiusi da cedere a privati in diritto di superficie disposti su 2 piani. Finora ne sono stati opzionati poche decine;
   i costi stimati equivalgono a 13 milioni di euro di investimento e 500 mila euro per scavare 40 mila metri cubi, una cifra esosa rispetto al guadagno previsto dal momento in cui dei singoli box ne sono stati opzionati pochissimi, circa 60, ed il parcheggio a pagamento dell'ex caserma Zucchi, distante poco più di un centinaio di metri in linea d'aria, risulterebbe quasi sempre vuoto;
   lo scavo avviene in una delle più importanti aree archeologiche dell'area reggiana, con opere che interessano la massa radicale di numerosi alberi monumentali e a ridosso delle fondamenta dell'isolato di San Rocco, ricco di attività commerciali, del teatro Ariosto e del teatro Valli, considerato tra i primi 3 in Italia per acustica e delicatissimo per le sue prestazioni sonore;
   in questi mesi sono stati presentati quattro esposti alla procura della Repubblica di Reggio Emilia che mettono in discussione la regolarità del bando di gara, affidato all'Ati, guidato dall'amministratore delegato della Final s.p.a. Lodetti Alliata;
   il procuratore capo della procura di Reggio Emilia Grandinetti ha chiesto ai pubblici ministeri milanesi di chiarire se ci siano legami dell'inchiesta sull'Expo con la società reggiana presieduta da Lodetti Alliata –:
   di quali elementi disponga il Ministro in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere per salvaguardare i beni archeologici presenti nell'area del cantiere. (5-03264)


   PISANO e LUIGI GALLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 2008 fu avviato – nella zona litoranea compresa tra il mare ed il centro storico della città di Salerno – un impressionante intervento edificatorio che già oggi consta di uno smisurato edificio privato (denominato «Crescent» per la sua forma semicircolare) e di un enorme parcheggio fuori terra, con sovrastante spazio pubblico, (cosiddetta «Piazza della Libertà»);
   l'area interessata dal deprecabile intervento è sottoposta a tutte le disposizioni della parte terza del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), per effetto dell'articolo 142, comma 1, lettera a), in quanto compresa nei 300 metri dalla battigia e lettera c), perché ricadente nella fascia di 150 metri dal torrente Fusandola, classificato come «acqua pubblica» con regio decreto 7 maggio 1899;
   l'oggettivo impatto determinato dalle costruzioni (peraltro accertato anche dalla competente direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici), l'irreversibile alterazione dello skyline urbano, la perdita di elementi identitari della città e delle visuali di pubblico godimento, fanno ritenere che ci si sia posti in chiara violazione dei principi di tutela del paesaggio sanciti dall'articolo 9 della Costituzione, integrando, tra l'altro, la fattispecie prevista e punita dall'articolo 734 del codice penale;
   le devastanti opere edili, pubbliche e private, sono state sottoposte a sequestro giudiziario penale, sia per i gravissimi dissesti verificatisi nel corso della costruzione della piazza che per le ipotesi di reato attinenti ai vari atti di assenso, tra cui le autorizzazioni paesaggistiche nn. 20 del 2008 e 164 del 2008, formatesi in circostanze inquietanti, anche per silentium, con il concorso degli uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a seguito di complesse indagini – supportate da approfondita c.t.u. – la procura della Repubblica ha chiesto – per una pluralità di ipotesi di reato – il rinvio a giudizio di 31 indagati (tra cui, oltre al sindaco De Luca e a numerosi dirigenti del comune di Salerno, anche funzionari ed ex dirigenti della locale soprintendenza) e il giudice per le indagini preliminari ha fissato la relativa udienza preliminare per il 9 ottobre 2014;
   la VI sezione del Consiglio di Stato, accogliendo l'appello proposto da Italia Nostra ONLUS – ha disposto – con sentenza n. 6223 del 15 ottobre 2013 – l'annullamento delle anomale autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dal comune di Salerno chiarendo che «le nuove eventuali autorizzazioni dovranno... essere oggetto di rinnovate valutazioni da parte dei competenti uffici e, in particolare, della Soprintendenza»;
   con successiva sentenza n. 1472/2014, la medesima Sezione del Consiglio di Stato – adita dal privato ex articolo 112, comma 5, del codice di procedura amministrativa – ha chiarito che «la fase di rinnovazione degli atti di autorizzazione paesaggistica è ammissibile e che la stessa deve svolgersi nel rispetto delle norme sul procedimento e sulla competenza contenute nell'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)»;
   in ottemperanza al giudicato amministrativo, il comune di Salerno ha chiesto alla Soprintendenza i pareri finalizzati al rilascio di «nuove» autorizzazioni paesaggistiche, inerenti tanto al piano urbanistico attuativo dell'intera area che alle opere da esso previste e, in parte, già realizzate;
   nel mese di giugno 2014, il Soprintendente di Salerno, ingegner Miccio, ha riscontrato le istanze con preavvisi di diniego ex articolo 10-bis, della legge n. 241 del 1990 e, illustrando i motivi ostativi all'accoglimento delle stesse, ha dato atto delle valutazioni contrarie all'intervento già formulate da vari uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (tra cui la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania) cui ha aggiunto le proprie;
   nelle stesse note, il Soprintendente:
    a) riferisce di numerose, inquietanti e non meglio precisate «interlocuzioni» che – avvenute tra il sindaco De Luca e gli uffici del Ministero – avrebbero determinato la formazione e la conferma degli atti autorizzativi poi riconosciuti illegittimi dal Consiglio di Stato e, dunque, annullati;
    b) propone – su conforme parere del segretario generale del Ministero, architetto Antonia Pasqua Recchia – la costituzione di «un tavolo tecnico in grado di superare i motivi ostativi qui rappresentati... come auspicato nella comunicazione del Segretario Generale del 19 giugno 2014»;
   al riguardo, si osserva che, nella vigente normativa, il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche avviene a seguito di un procedimento complesso, conseguente all'attività coordinata degli enti locali (regioni o comuni delegati) e delle soprintendenze;
   in tale articolata procedura, analiticamente definita dalla legge:
    a) il sindaco non è titolare di alcun potere che, viceversa, è affidato – per gli aspetti di stretta competenza comunale – alla commissione locale per il paesaggio ed al dirigente al ramo;
    b) l'unico organo ministeriale deputato per legge ad esprimere il parere – obbligatorio e vincolante – di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 146, è il soprintendente, restando esclusi da tale incombenza tutti gli altri uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ancorché a lui sovraordinati;
   dal carteggio di cui si è potuto prendere visione, si è appreso con sconcerto che:
    le cosiddette «interlocuzioni» del sindaco De Luca con organi ministeriali impropri, iniziate nel 2008, sarebbero tuttora in corso con gli alti dirigenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, architetto Antonia Pasqua Recchia, architetto Roberto Banchini, dottor Giampaolo D'Andrea, e altri, nessuno di essi a quanto risulta agli interroganti deputato all'adozione di provvedimenti inerenti alla questione in argomento;
    i suddetti dirigenti avrebbero addirittura ipotizzato la costituzione di un anomalo «tavolo tecnico», non previsto dalla legge, e finalizzato al superamento dei «motivi ostativi» che – inerenti ai danni paesaggistici già prodotti e paventati – sono già stati accertati –:
   se sia al corrente di tali anomale interlocuzioni, specificando in quali atti, provvedimenti e/o accordi si siano concretizzate;
   se non ritenga irrituale sospendere una procedura tipizzata e calendarizzata per legge, al fine di insediare un non meglio definito «tavolo tecnico in grado di superare i motivi ostativi», questi ultimi attinenti palesemente ai rilevantissimi danni causati ai beni protetti;
   acclarato che il parere previsto dall'articolo 146 del codice dei beni culturali è esclusivamente del soprintendente, con quale autorità, in virtù di quale normativa ed a seguito di quali «interlocuzioni» il segretario generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia ipotizzato una procedura che agli interroganti appare contra legem;
   se sia al corrente che il sindaco di Salerno dottor Vincenzo De Luca, che dovrebbe partecipare al Tavolo Tecnico è indagato dalla procura della Repubblica di Salerno anche per le attività svolte in relazione al rilascio, nel 2008, delle autorizzazioni paesaggistiche poi annullate dal Consiglio di Stato;
   se e quali iniziative intenda porre in essere per garantire la tutela dei beni istituzionalmente affidata al suo dicastero e assicurare che le procedure di cui si è detto si svolgano nell'alveo della legalità. (5-03268)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRANCO BORDO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Mantova è una città-museo, attraversata dai piccoli canali del fiume Mincio, patria di Virgilio e culla dell'arte, dichiarata dall'Unesco patrimonio mondiale del dell'umanità. Riconosciuto come uno luoghi italiani più romantici, e con un tessuto culturale e artistico unico in Europa, il suo cuore batte nel Palazzo Ducale, residenza ufficiale dei Gonzaga, che regala un affascinante profilo alla città sul Lago inferiore e si affaccia in parte sulla vasta piazza Sordello, con oltre 500 stanze, giardini e piazze, opere d'arte di Pisanello e affreschi di Giulio Romano, una pala di Rubens e, nel vicino Castello di San Giorgio, la celebre Camera degli Sposi, con i famosi angeli amorini, affrescata dal Mantegna tra il 1465 e il 1474, in onore di Ludovico e Barbara di Brandeburgo;
   il museo di Palazzo Ducale e numerosi altri siti artistici di Mantova sono stati duramente colpiti dal terremoto del 2012 e tuttora, nonostante i meritori sforzi messi in campo dalla locale soprintendenza e dalle istituzioni pubbliche coinvolte, oltre la metà del sito è ancora inaccessibile al pubblico con grave danno dell'economia legata al turismo della città e della provincia di Mantova;
   da quanto appreso tramite notizie stampa e da quanto è possibile leggere sul sito internet ufficiale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministero prevede la riorganizzazione del sistema museale italiano con il riconoscimento a 20 musei dello status di museo di rilevanza nazionale, dotati di direzione autonoma;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha dichiarato che questa riorganizzazione ha lo scopo di ridurre le spese, a causa della «spending review» con un taglio agli uffici dirigenziali (da 30 a 24 quelli di I fascia e da 198 a 167 quelli di seconda fascia) e al contempo di valorizzare maggiormente in chiave turistica il patrimonio museale italiano;
   nel piano di riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo le soprintendenze ai beni storico-artistici di Mantova vengono accorpate a quelle dei beni architettonici di Brescia e vengono indicati i venti nuovi poli museali nazionali;
   il museo di Palazzo Ducale, nonostante sia inserito nei primi 10 siti UNESCO in Italia, non risulta compreso tra i venti poli museali sopra citati, e pertanto perderebbe la sua autonomia di gestione e, da quanto emerge dalla stampa, finirebbe accorpato in un non meglio precisato polo museale regionale della Lombardia, perdendo la propria specificità e la propria gestione autonoma –:
   quali siano stati i criteri adottati per determinare il numero dei siti museali da considerarsi di rilevanza nazionale;
   quali criteri siano stati assunti per determinare i nove musei e siti archeologici con direttore dirigente di I fascia e gli undici musei con direttore dirigente di II fascia;
   considerato che il piano di riorganizzazione esposto dal Ministero non è ancora da considerarsi definitivo, quali iniziative intenda assumere in merito alla necessità di preservare la gestione autonoma del museo di Palazzo Ducale di Mantova, di cui da sempre il Ministero ha riconosciuto il grande valore nazionale ed internazionale;
   quali iniziative intenda assumere in merito alla necessità di mantenere la sede della soprintendenza ai beni artistici a Mantova;
   considerato che il museo di Palazzo Ducale e numerosi altri siti artistici di Mantova sono stati duramente colpiti dal terremoto del 2012 e tuttora, nonostante i meritori sforzi messi in campo dalla locale soprintendenza e dalle istituzioni pubbliche coinvolte (vedasi recente riapertura della «Camera degli sposi»), oltre la metà del sito è ancora inaccessibile al pubblico con grave danno dell'economia legata al turismo della città e della provincia di Mantova, quali iniziative, di competenza, intenda attivare affinché, al più presto, si possa ripristinare la piena fruibilità di questo luogo di primaria importanza artistica e culturale. (4-05607)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, recante la disciplina dell'imposta di bollo, come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 581 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, legge di stabilità 2014, prevede l'applicazione a decorrere dal 1o gennaio 2014 di un'imposta di bollo proporzionale sulle comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari pari al 2 per mille del complessivo valore di mercato o, in mancanza, sul valore nominale o di rimborso;
   il calcolo dell'imposta di bollo proporzionale sulla base del valore nominale comporta il pagamento anche a carico di coloro che negli anni passati hanno acquistato titoli obbligazionari sintetici zero coupon a lunga scadenza emessi da alcune banche d'affari con sottostante titoli governativi emessi dall'Argentina;
   i citati titoli, seppur non andati in default come i bond argentini, sono assoggettati all'imposta di bollo pur non avendo mai quotato il prezzo e pertanto applicandola sulla base del valore nominale; 
   i risparmiatori che hanno acquistato questi titoli sono pertanto costretti a detenerli fino alla scadenza per recuperare il capitale investito, non essendo quotati sul mercato secondario, e nel contempo a pagare annualmente un'imposta di bollo corrispondente al 2 per mille del valore nominale pur avendo in portafoglio dei titoli senza un reale valore di mercato –:
   se non ritenga utile un'iniziativa normativa volta ad evitare l'applicazione dell'imposta di bollo proporzionale sulle comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari il cui valore di mercato sia mancante. (5-03266)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIRAS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro della giustizia 28 maggio 2014 si dispone la soppressione della casa circondariale di Macomer (Nu);
   le motivazioni addotte sono relative all'inefficienza della struttura di Macomer, all'economizzazione delle risorse complessive, ritenute più efficacemente ed efficientemente utilizzabili nelle nuove strutture regionali (nuovi complessi penitenziari di Tempio, Oristano, Sassari e Cagliari), e alla coerenza con la linea politica del Ministero orientata alla razionalizzazione ed ottimizzazione delle risorse finanziarie, umane e materiali;
   a sostegno della tesi dell'inefficienza della casa circondariale oggetto del decreto sopra citato vengono indicate: la modesta dimensione della struttura (46 posti letto), l'assenza del muro di cinta, l'assenza di una caserma agenti, gravi carenze strutturali e di sicurezza che la renderebbero inadeguata alle disposizioni di cui al regolamento sull'ordinamento penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica 230 del 2000);
   la segreteria regionale della FNS-CISL (comunicato del 16 luglio 2014), l'amministrazione comunale di Macomer, l'unione dei comuni del Marghine, i dipendenti della struttura detentiva (mediante lettera inoltrata all'interrogante) hanno contestato tale decisione, ritenendola infondata nelle medesime motivazioni addotte nel decreto ministeriale;
   in numero di 46 – infatti – non si conterebbero i posti letto, bensì le stanze doppie, relativamente ampie e rifinite, dotate di angolo cottura, per una capienza complessiva stabilità in 92 posti letto, così come da capienza complessiva definita a suo tempo dal Ministero della giustizia;
   in ragione del fatto che solamente pochi anni orsono il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) ebbe in progetto la trasformazione della struttura in carcere di alta sicurezza 41-bis (e i sopralluoghi definirono idonea la struttura) e constatato che – fino a poche settimane fa (ancora nel primo semestre 2014) – la casa circondariale di Macomer ospitava detenuti legati alle vicende dell'estremismo di matrice islamica (classificati AS2 ad alta sicurezza), appare quantomeno contraddittorio il riferimento alle gravi carenze strutturali e di sicurezza operato dal decreto ministeriale in questione, così come non corrisponde a verità la notizia secondo la quale sarebbe assente il muro di cinta;
   detto muro di cinta, esistente e costruito in cemento armato, presenta una altezza minima di 9 metri nel punto più basso, è dotato di sistema antiscavalcamento ed anti intrusione installato solamente sei anni orsono ed è dotato di 50 telecamere a monitoraggio interno ed esterno la cinta muraria;
   nella struttura ha inoltre sede il nucleo regionale cinofili antidroga della polizia penitenziari, ivi collocata sulla base di un ragionamento funzionale che privilegiò la centralità geografica del comune di Macomer, quindi poiché si ritenne questa sede di più agevole riferimento per le altre sedi operative;
   nella struttura opera inoltre una fitta rete di associazioni di volontariato;
   la decisione di chiudere la casa circondariale di Macomer costituirebbe, inoltre, un ulteriore impoverimento per un territorio già duramente colpito dai processi di deindustrializzazione, dalla chiusura o dal ridimensionamento di numerose attività della pubblica amministrazione e dei servizi resi dallo Stato, dalla crisi economica e – conseguentemente – da tassi di disoccupazione e spopolamento elevatissimi –:
   se non ritenga, alla luce di quanto esposto, di sospendere la decisione e valutare – anche mediante un preventivo sopralluogo – la revisione della decisione assunta con decreto ministeriale 28 maggio 2014. (5-03267)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Costiera Amalfitana, è quel tratto di costa campana, situato a sud della penisola sorrentina, famoso in tutto il mondo per la sua bellezza naturalistica, sede di importanti insediamenti turistici, sin dal 1997 considerato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità;
   per la sua conformazione orografica, caratterizzata da erti rilievi ricadenti a picco sul mare, la Costiera Amalfitana, nei periodi di intense piogge, ha da sempre convissuto con fenomeni franosi, più o meno estesi, i quali hanno più volte coinvolto l'importantissima strada statale 163 «Amalfitana», principale arteria di collegamento tra la Costiera, Salerno e la Penisola Sorrentina;
   tali fenomeni, che spesso hanno portato alla paralisi della Costiera Amalfitana, non hanno però mai comportato, in passato, disagi nel lungo periodo per la mobilità e la libera circolazione sia della popolazione residente, sia dei turisti;
   l'ANAS, quale gestore delle strade statali e, quindi anche della strada statale 163, infatti, ha sempre provveduto con celerità alla esecuzione dei lavori per il ripristino della viabilità;
   tale modus operandi ha finora sempre assicurato la piena fruibilità dell'unica via di accesso alla Costiera Amalfitana, soprattutto nel periodo estivo, quando si registra, come è facilmente prevedibile, un considerevole aumento di turisti e visitatori pendolari;
   nell'ultimo triennio, però, si è registrato un notevole calo nell'efficiente gestione dell'ANAS relativamente alla strada statale 163 «Amalfitana» e prova evidente è la presenza di continue interruzioni del doppio senso di marcia, anche in piena estate, con conseguenti e gravi disagi alla circolazione;
   tale situazione, già oggettivamente penalizzante per la fluidità del traffico, è aggravata dalla presenza di semafori, non riconducibili alla categoria di quelli cosiddetti intelligenti, che dovrebbero regolare il senso unico alternato;
   a ciò si aggiunga l'ulteriore disagio rappresentato dalla circostanza che alcuni tratti della Strada statale Amalfitana, ormai da alcuni mesi, risultano inibiti al doppio senso di marcia per la presenza sulla sede stradale, come ad esempio nel tratto Cetara-Erchie, di non più di una dozzina di ciottoli;
   ai sensi dell'articolo 30, comma 2, del suddetto DLT n. 285/1992 «Salvi i provvedimenti che nei casi contingibili ed urgenti possono essere adottati dal sindaco a tutela della pubblica incolumità, il prefetto sentito l'ente proprietario o concessionario, può ordinare la demolizione o il consolidamento a spese dello stesso proprietario dei fabbricati e dei muri che minacciano rovina se il proprietario, nonostante la diffida, non abbia provveduto a compiere le opere necessarie»;
   il successivo comma 3, prosegue disponendo che «In caso di inadempienza nel termine fissato, l'autorità competente ai sensi del comma 2 provvede d'ufficio alla demolizione o al consolidamento, addebitando le spese al proprietario»;
   nonostante ciò e nonostante i danni incalcolabili, non solo per il traffico cittadino, che, soprattutto in questi mesi estivi, si intensifica con l'arrivo dei turisti, ma anche per le aziende del territorio, già in seria sofferenza a seguito dell'attuale recessione, tale situazione persiste nell'incuranza generale –:
   se i Ministri sono a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali sono i motivi che giustificano la mancata tempestiva attivazione del procedimento di cui ai commi 2 e 3 del decreto legislativo n. 285/1992 Codice della strada;
   quale sia il costo per il noleggio dei semafori che l'ANAS paga all'aggiudicatario. (4-05606)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 marzo 2014 la direzione centrale degli affari generali della polizia di Stato del dipartimento della pubblica sicurezza ha trasmesso ai questori la nota n. 599/A/1/131.4.1/2701, avente ad oggetto il progetto di «razionalizzazione delle risorse e dei presidi della Polizia di Stato sul territorio»;
   in tale nota viene evidenziata l'esigenza di una condivisa razionalizzazione della dislocazione dei presidi di polizia sul territorio, che tenga in debito conto la conclamata carenza di organico in cui versano le forze dell'ordine e l'attuale congiuntura economica;
   nella stessa nota si fa inoltre presente che è allo studio una riduzione degli organici di ruolo, oltre che operativi e tecnici, nell'ambito di una ipotesi progettuale che si struttura attraverso due direttrici una orientata e finalizzata a una rivisitazione della dislocazione dei commissariati di pubblica sicurezza, delle compagnie dei carabinieri e di quelle forze speciali a carattere sussidiario concentrate in alcune sedi e non razionalmente distribuite sul territorio, l'altra, a carattere interno alla polizia di Stato, diretta a una ottimizzazione dei presidi delle quattro specialità di base (stradale, ferroviaria, postale e di frontiera), che – come si legge nella stessa nota – sono considerate «legate ad una realtà ormai superata alla luce delle nuove esigenze, conseguenti alla rete stradale e ferroviaria rinnovata ed al nuovo sistema postale e delle frontiere»;
   in considerazione di tali valutazioni, la nota illustra gli interventi di razionalizzazione identificati al fine di porre in essere tale orientamento, consistenti nella previsione di profondi tagli, soppressioni e accorpamenti per le sedi operative delle Questure (con la soppressione di n. 11 commissariati distaccati di pubblica sicurezza), della polizia stradale (con la soppressione di n. 2 compartimenti e n. 27 presidi), della polizia ferroviaria (con la soppressione di n. 73 Sottosezioni e Posti Polfer), della polizia postale (con la soppressione di n. 73 sezioni provinciali), della polizia di frontiera (con la soppressione di 2 zone franche e 10 presidi minori);
   ulteriori tagli sono previsti per le squadre nautiche, squadre sommozzatori, squadre a cavallo e nuclei artificieri;
   nell'ambito di questo quadro di revisione della spesa, l'interrogante segnala diversi elementi di preoccupazione e perplessità, riscontrati, diffusi e percepiti come elementi di turbamento nella società civile e tra gli amministratori degli enti territoriali, con particolare riferimento a quegli ambiti che, notoriamente senza particolari problematiche di sicurezza e presenza della criminalità, sono maggiormente vulnerabili alle infiltrazioni della criminalità, anche organizzata;
   in tali territori, si segnala la previsione di soppressione di alcuni presidi di polizia nella provincia di Ancona: il commissariato di pubblica sicurezza Osimo, i posti di polizia ferroviaria di Fabriano e Falconara e la squadra nautica di Ancona;
   mentre l'attività dei posti di polizia ferroviaria e della squadra nautica è prioritariamente preventiva, con particolare riferimento alle linee ferroviarie e all'ambito marino, le funzioni del commissariato di Osimo si esplicano sia nel settore della prevenzione dei reati, con il servizio di volante e soccorso pubblico 113, sia nel settore amministrativo, con il rilascio e il controllo delle licenze per il porto di armi, dei permessi di soggiorno per gli stranieri e dei passaporti; sia, infine, per la repressione dei reati;
   al riguardo, è da tenere in considerazione che la soppressione del commissariato determinerebbe l'assenza della polizia di Stato per ben 43 chilometri a sud di Ancona, fino a Civitanova Marche (Macerata), nonché 48 chilometri a sud-ovest di Ancona, fino a Macerata;
   inoltre, la questura di Ancona, con un organico nettamente superiore, opera in un comprensorio di circa 124 chilometri quadrati e 100.000 residenti, mentre il commissariato polizia di Stato di Osimo insiste in un comprensorio comprendente ben 10 comuni: Osimo, Castelfidardo, Loreto, Filottrano, Camerano, Agugliano, Sirolo, Numana, Polverigi e Offagna, in un'area totale di 328 chilometri quadrati e 102.000 residenti, cui si devono aggiungere le 115.000 presenze di turisti nei comuni di Sirolo e Numana, nei mesi estivi, nonché 3.500.000 visitatori annui che frequentano la Basilica della Santa Casa di Loreto, una delle mete religiose più visitate al mondo;
   in ordine all'attività di polizia, è da tenere presente che il commissariato di pubblica sicurezza di Osimo garantisce il servizio di soccorso pubblico di volante - 113 con tempi di intervento che sono di pochissimi minuti, contro i circa 30/40 minuti qualora la volante dovesse arrivare da Ancona. I dati relativi ai volumi dei procedimenti amministrativi, evidenziano che vengono gestite diverse migliaia di pratiche;
   è da tenere in debita considerazione che il piano di soppressione del Ministero dell'interno non garantisce alcun incremento dei carabinieri di stanza a Osimo, quindi si può affermare che verosimilmente si determinerà il dimezzamento dell'attività preventiva di controllo del territorio e soccorso pubblico e la soppressione di tutti i servizi amministrativi all'utenza, di esclusiva pertinenza della polizia di Stato;
   in data 6 marzo 2014, il comune di Osimo ha proposto la concessione in locazione di alcuni locali di proprietà, al fine di far realizzare al Ministero dell'interno consistenti risparmi di spesa per l'affitto dell'immobile utilizzato dal commissariato;
   appaiono condivisibili le preoccupazioni sollevate da chi vede nella soppressione di questo ufficio un fattore idoneo a riversarsi negativamente sul settore turistico, fonte essenziale di sviluppo economico, essendo suscettibile di configurarsi quale elemento di depauperamento dei livelli di gradimento del territorio per i visitatori e viaggiatori, i quali ricercano la tranquillità e la sicurezza dei luoghi di destinazione;
   alcuni sindacati della polizia di Stato, come il Sindacato autonomo di polizia, ritengono che, prima di effettuare tagli, si debba intervenire per limitare le sette forze di polizia che operano in tutta Italia –:
   quali interventi ritenga di poter sollecitare, nell'ambito dei propri poteri di impulso ed indirizzo delle attività gestionali che fanno capo al dicastero, per pervenire a una revisione nel piano di tagli, soppressioni ed accorpamenti organici tra strutture amministrative preposte alla sicurezza e al controllo del territorio e ritenute indispensabili per una convivenza civica e serena dei cittadini ivi residenti. (4-05603)


   MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla spiaggia affollata di Jesolo nella giornata del 17 luglio 2014 è stata condotta un'operazione interforze coordinata dalla polizia per la lotta alla contraffazione e la vendita abusiva;
   dalle 10 di mattina il personale in borghese ha controllato l'area e verso mezzogiorno una ventina di venditori abusivi si sono gettati in mare pur di sfuggire ai controlli di polizia, carabinieri, polizia provinciale e polizia locale jesolane;
    sono rimasti in acqua per quattro ore davanti agli occhi increduli dei bagnanti sulla spiaggia di piazza Milano, pur di sottrarsi ai controlli e sequestri. I venditori di Jesolo, quasi tutti senegalesi, sono rimasti in mare fino al pomeriggio;
    sono arrivati anche i mezzi della Guardia costiera che li hanno raggiunti dove si trovavano a una ventina di metri da riva e vista l'impossibilità di raggiungerli per identificarli in acqua, gli agenti a un certo punto hanno lasciato la spiaggia, attendendo in zona via Levantina che uscissero dall'acqua per raggiungere le strade della città lungo i vari accessi all'arenile;
   si è trattato di un'operazione contro l'abusivismo commerciale e l'immigrazione clandestina molto delicata, anche per cercare di non coinvolgere i tanti bagnanti sulla spiaggia. I poliziotti si sono appostati sulle terrazze di hotel e appartamenti per controllare tutta l'area prima di intervenire;
   dopo qualche ora alcuni dei migranti si sono consegnati spontaneamente e sono stati fermati e controllati. Gli accertamenti si sono protratti fino a sera inoltrata. Alla fine quattro migranti sono stati identificati e tre di loro sono stati denunciati amministrativamente. Le forze dell'ordine hanno sequestrato 150 articoli contraffatti e 1.250 non contraffatti, ma che non potevano comunque essere venduti –:
   se il Governo non ritenga che le forze dell'ordine abbiano gestito la vicenda utilizzando un rigore eccessivo, posto che ad avviso dell'interpellante sono venuti meno al buon senso e allo spirito di umanità, nonché al dovere di garantire la sicurezza e le condizioni di salute – di fronte, nel caso specifico, al rischio di malori e insolazioni – anche di chi viene fermato per controlli e richieste di chiarimenti e verifiche sulle attività commerciali esercitate. (4-05608)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la classe di concorso A071 (tecnologia e disegno tecnico) comprende i docenti laureati in architettura ed ingegneria ed abilitati ai sensi del decreto ministeriale n. 39 del 1998 all'insegnamento della disciplina suddetta degli istituti tecnici (aeronautici, agrari, geometri, industriali, nautici) e negli istituti professionali per ottici;
   in conseguenza della «riforma Gelmini» (decreti del Presidente della Repubblica 87, 88, 89 del 2010) è stato significativamente ridotto il monte ore della stessa classe di concorso a causa del taglio lineare di 1/3 delle ore di lezione (passato dal 3+6 al 3+3) e dell'esclusione dell'insegnamento dai bienni dei licei delle scienze applicate;
   ciò ha comportato una drastica contrazione degli organici di A071 con la conseguenza che dal 2011 è aumentato il contingente dei soprannumerari e dei docenti precari collocati in graduatorie ad esaurimento e in graduatorie di istituto senza incarico o con ridottissime possibilità di supplenza;
   secondo lo schema di regolamento recante «Disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento» ai sensi dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, nella legge n. 133 del 2008, gli abilitati A071 si vedranno sottrarre ulteriori cattedre dalla neo classe di concorso A-61 a favore della neo classe di concorso A-37 (costituita dalla congiunzione delle precedenti classi di concorso A016 ed A072);
   non si comprende, infatti, la ratio dell'accorpamento degli abilitati della A071 agli abilitati della A016 già inclusi anche nella nuova classe concorsuale A-37, nella nuova classe A-61. Infatti gli abilitati A071 verranno accorpati agli abilitati A016, comprimendo gli abilitati A071 nella A-61 – quale unica classe di insegnamento – insieme agli abilitati nella A016, e garantendo invece a questi ultimi il doppio canale A-61 ed A-37; ciò configurerebbe ad avviso dell'interrogante una evidente sperequazione;
   coloro che hanno conseguito l'abilitazione Sicsi all'insegnamento nella A071 attraverso i corsi abilitanti dell'ultimo decennio hanno avuto riconosciuti tutti gli esami, perché in comune con la classe A033, preparandosi quindi sullo stesso programma e con gli stessi docenti, e acquisendo di fatto una analoga preparazione;
   le graduatorie inerenti alla classe di concorso A033 parrebbero essere di portata più ampia in quanto a disponibilità;
   i programmi di insegnamento delle due classi di concorso A033 e A071 appaiono omologhi –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere:
    a) per sanare la sperequazione di cui sono stati vittime i docenti della classe di concorso A071 in conseguenza del riordino operato dalla cosiddetta riforma Gelmini e, in futuro, per effetto di quanto previsto dallo schema di regolamento recante «Disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento»;
    b) per valutare, in previsione della sua entrata in vigore, una ulteriore revisione di tale dispositivo di accorpamento delle classi di concorso unificando per omogeneità in un'unica nuova classe di concorso le attuali sole due classi A033 e A071. (5-03269)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARISI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 1o settembre 2008 n. 137 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169 recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università, ha determinato una serie di effetti progressivi di riduzione del tempo pieno e di una rimodulazione dell'organizzazione dei tempi nei diversi istituti scolastici;
   l'interrogante evidenzia come oramai gli uffici scolastici regionali, considerano tempo pieno gli orari «spezzettati», con gravi e inevitabili disagi nei riguardi degli alunni e dei genitori, aumentando pertanto le distanze tra le esigenze degli studenti e le decisioni intraprese nell'ambito dei regolamenti introdotti sulle modifiche al quadro degli orari previsti;
   le riduzioni avvenute in modo rilevante del personale didattico, unitamente al ridimensionamento degli orari scolastici, in molte regioni, hanno determinato nel corso degli ultimi anni, effetti negativi nei riguardi delle famiglie e nell'organizzazione ordinaria a livello familiare, orientandosi maggiormente verso i servizi offerti nella sfera privatistica, per garantire il tempo necessario per l'insegnamento, (non più dato per certo) con gli attuali organici o in alternativa rivolgendosi alla scuola privata o paritaria, il cui numero degli iscritti negli ultimi anni è aumentato in maniera significativa;
   l'interrogante segnala altresì come le criticità in precedenza esposte, connesse alle difficoltà di regolare le attività didattiche degli alunni, stante la complessiva rivisitazione della pianta organica funzionale del corpo docente e degli orari di insegnamento previsti, si manifestano più specificatamente nei riguardi della scuola primaria «Kassel» che rappresenta l'unica nella città di Firenze ad avere un rapporto tra classi a modulo e classi a tempo pieno del 50 per cento, mentre il rapporto a livello provinciale e regionale è del 75 per cento;
   occorre evidenziare a tal fine, come nell'ambito del ravvicinamento dell'istituto comprensivo «Botticelli», le classi a moduli, poi divenute a «tempo corto», rimasero tutte alla scuola «Kassel», creando una situazione che si è mantenuta negli anni determinando effetti implicativi, che l'utenza che frequenta la scuola chiede tempi pieni ed un tempo corto;
   tuttavia i genitori nonostante le comprensibili difficoltà, hanno tuttavia accettato ugualmente la complicata situazione, ricorrendo al doposcuola pomeridiano e ai corsi aggiuntivi, con inevitabili aumenti dei costi finanziari;
   l'interrogante evidenzia a tal fine, come le condizioni organizzative in ordine alle difficoltà che riguardano la scuola Kassel di Firenze, coinvolgano anche numerose altre realtà scolastiche nazionali per le quali necessitano a suo parere necessarie modifiche del quadro regolatorio attuale –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e se non intenda attivarsi, per quanto di sua competenza, al fine di garantire tre prime classi a tempo pieno ed una classe a modulo nell'istituto comprensivo «Botticelli», di Firenze, così come richiesto dai genitori;
   quali iniziative inoltre intenda assumere nei confronti della scuola Kassel di Firenze, al fine di risolvere le criticità esposte in premessa in ordine ai moduli e in senso più ampio con riferimento all'individuazione delle soluzioni per prevedere su tutto il territorio nazionale il tempo scuola modulare, con quote garantite di tempo pieno e prolungato. (4-05602)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Omegna (provincia del Verbano Cusio Ossola) presente una importante e storica azienda (fonderia Perucchini) che a causa della grave crisi economica e della stagnazione del mercato di riferimento rimarca un esubero del 50 per cento della forza lavoro attualmente impegnata;
   ad oggi risultano essere impiegati 110 lavoratori all'interno della richiamata azienda;
   in autunno scadrà il contratto di solidarietà per i dipendenti che, quindi, rischiano di essere collocati in mobilità;
   nei giorni scorsi la FIOM-CGIL di Novara e Verbano Cusio Ossola ha trasmesso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali una richiesta di convocazione urgente tra le parti per addivenire ad un accordo sulla possibile gestione di ulteriori dodici mesi di contratto di solidarietà;
   a seguito di uno specifico ordine del giorno accolto dal Governo il 14 luglio 2013 è stata aperta l'istruttoria presso il Ministero dello sviluppo economico per il riconoscimento dello stato di crisi complessa del territorio della provincia del Verbano Cusio Ossola;
   negli ultimi anni il territorio del Verbano Cusio Ossola ha subito la chiusura di importantissime realtà produttive con una ricaduta negativa in termini occupazionali che lo hanno portato ad essere una delle aree con uno dei tassi più elevati di disoccupazione dell'intero territorio nazionale –:
   se non ritenga il Ministro di convocare urgentemente le parti in causa al fine di trovare una soluzione concreta alle problematiche sopracitate. (4-05609)


   BECHIS e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Sapa Spa è diventata leader mondiale, della produzione di estrusi in alluminio a seguito della fusione dei due grandi gruppi mondiali del settore, Norsk Hydro e Sapa Group, in una joint venture con il 50 per cento di proprietà ciascuno, seguito di un processo di acquisizione iniziato a ottobre 2012 e formalmente concluso a settembre 2013, dopo l'approvazione delle autorità mondiali per l'antitrust. L'operazione ha coinvolto in Italia, oltre allo stabilimento di Fossanova (Latina), i siti produttivi di Feltre (BL), Omago (Mb), Atessa (Ch) e, fino al mese di giugno; quello di Bolzano, stabilimento venduto ad una società di investimenti del Gruppo Almax Invest, nei quali sono coinvolti oltre 600 dipendenti;
   nel marzo 2014 Sapa Spa chiude la linea di produzione «presa 2000» nello stabilimento di Feltre, successivamente, nel mese di aprile, vende lo stabilimento di Bolzano e, da ultimo, il 5 maggio 2014, Sapa Profilati Srl di Fossanova comunica alle organizzazioni sindacali e alle rappresentanze sindacali unitarie aziendale il licenziamento collettivo di 136 dipendenti;
   il 9 luglio i lavoratori dello stabilimento di Fossanova convocano un presidio permanente, tuttora attivo, al fine di preservare i beni materiali ed immateriali, ad oggi esistenti nel predetto sito, da atti vandalici e tentativi di «traslochi» più o meno forzosi;
   i lavoratori, riuniti in assemblea permanente, denunciano in una nota stampa quanto segue:
   «Attualmente gli impianti sono alimentati e non sono assolutamente tenuti sotto controllo pertanto è necessario eliminare le fonti di energia per evitare eventuali malfunzionamenti, in particolare:
    si richiede di interrompere la fornitura di gas naturale all'interno dello stabilimento, in quanto il 4 luglio, secondo procedura a fine turno e prima di ogni fine settimana, in virtù di riaccendere le macchine il lunedì mattina, le linee del gas sono state lasciate accese. Esiste l'eventualità, durante un fermo prolungato e non controllato, che una perdita di gas possa creare le condizioni tali da poter provocare anche un'esplosione;
    si rinnova la richiesta di spegnere i forni delle matrici il cui riscaldamento è vero che è effettuato tramite energia elettrica e senza l'utilizzo di gas naturale ma, la temperatura che hanno attualmente non è di 25°C come indicato dall'azienda (e a tal proposito speriamo vivamente si tratti di un semplice errore di digitazione/stampa). I responsabili dello stabilimento di Fossanova hanno infatti provveduto ad abbassare la temperatura sotto i livelli di 250°C come da procedura;
   l'impianto di ossidazione è composto da vasche contenenti sostanze chimiche, come l'acido solforico, soda ed altri additivi. Eventuali esalazioni di tali sostanze devono essere convogliate nell'impianto di abbattimento inquinanti (attualmente spento) onde evitare emissioni in atmosfera che possano danneggiare l'ambiente. In condizioni di fermo prolungato è da valutare la necessità di svuotare la vasca dell'acido solforico e quella della soda;
    per ciò che riguarda infine la fornitura di acqua potabile e le condizioni generali dei lavoratori in assemblea permanente, si vuole precisare che dai rubinetti dei bagni esce acqua per uso industriale, non potabile, proveniente dai pozzi;
    l'unica fonte di acqua potabile è fornita dai beverini. Sembra a questo punto opportuno ribadire che l'acqua potabile è un bene necessario e il fatto che ci venga negato anche solo per cucinare e per lavare le stoviglie è una dimostrazione ulteriore dell'arroganza e della meschinità di questa multinazionale senza scrupoli;
    è vero che la raccolta dei rifiuti sta proseguendo regolarmente ma ciò grazie all'impegno del comune di Pontinia, che ci ha sempre fornito il servizio della nettezza urbana e che in questa fase non ha assolutamente avuto intese con l'azienda;
    avendo, noi, a cuore l'ambiente in cui viviamo, vi comunichiamo inoltre, che l'azienda ha l'obbligo di depurare l'acqua della falda, e di effettuare controlli ogni 15 giorni, emungendo la stessa acqua e trattandola nell'impianto di depurazione. Ciò non sta avvenendo in quanto l'impianto è fermo;
    si vuole inoltre ribadire che l'unica intenzione dei lavoratori non è quella di portare avanti inutili e sterili polemiche con il management aziendale ma è bensì quella di voler mettere a conoscenza dell'intera collettività e dell'opinione pubblica la gravità non solo dell'impatto sociale causato dall'eventuale chiusura del sito di Fossanova ma anche, a questo punto, delle conseguenze dal punto di vista ambientale e igienico, visto la mancata presa di responsabilità da parte dell'azienda»;
   lo stabilimento Sapa di Fossanova è un'azienda sana, ha un'esperienza consolidata, di oltre quaranta anni, nella lavorazione dell'alluminio; possiede impianti all'avanguardia, unici in Italia, e detiene un significativo portafoglio clienti che potrebbe essere costretto a rivolgersi all'estero per ottenere i profilati di alluminio; in ogni caso sarebbe auspicabile che l'eventuale dismissione dello stabilimento sia subordinata a una totale bonifica del sito a carico della capofila della holding del gruppo SAPA –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda, nell'ambito delle proprie competenze ed anche attraverso iniziative ispettive verificare urgentemente i fatti esposti in premessa, al fine di garantire il massimo della tutela dei lavoratori della SAPA PROFILI Srl nonché di verificare l'osservanza delle norme in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda, per quanto di competenza, porre in essere ogni iniziativa di tutela in favore dei lavoratori della SAPA PROFILI Srl anche attraverso l'apertura di tavoli di concertazione volti ad assicurare la salvaguardia dei livelli occupazionali;
   se il Ministro dello sviluppo economico intenda, per quanto di competenza, porre in essere ogni iniziativa volta a salvaguardare la produttività dello stabilimento di Fossanova il quale, alla luce delle descritte caratteristiche di eccellenza, possiede una rilevanza strategica per l'economia dell'intero paese;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in ragione del rischio di grave danno ambientale connesso alla chiusura dello stabilimento e alla conseguente mancata verifica dello stato di contaminazione delle acque emunte così come della raccolta e della gestione dei rifiuti, anche liquidi, non intenda disporre un sopralluogo ed una verifica da parte del comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.), nelle aree in questione così come previsto dall'articolo 195, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (4-05610)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la situazione di assoluta precarietà venutasi a creare progressivamente in Calabria in materia di tutela del diritto alla salute è divenuta tale da non garantire neppure i livelli essenziali di assistenza emergenziale;
   in particolare, quella garantita dallo stabilimento ospedaliero dell'Annunziata, afferente all'azienda ospedaliera di Cosenza, è minacciata dalla penuria di medici a tal punto da dovere essere in procinto di non potere più garantire il pronto soccorso e l'attività dell'UOC di rianimazione;
   una tale situazione mette a repentaglio la vita di numerosissimi cittadini, dal momento che tantissimi calabresi hanno ritenuto, negli anni, l'Annunziata un presidio erogativo di eccellenza ove potere accedere, da tutta la provincia (che giova ripeterlo conta 155 comuni e oltre 750 mila abitanti), per rinvenire ivi le cure necessarie;
   a fronte di un tale insopportabile disagio, il sindaco di Cosenza, assediato dalle istanze che lo hanno reso sensibile alla problematica, ha emesso una ordinanza contingibile e urgente, ricorrendone i presupposti di particolare gravità e pericolo per la vita delle persone, finalizzata all'assunzione temporanea di 7 medici, appena indispensabili ad assicurare l'esistenza delle prestazioni riferibili alle due anzidette primarie attività ospedaliere;
   a fronte di una siffatta iniziativa, esercitata in qualità di massima autorità sanitaria locale, l'ufficio di commissariamento (un «nomen iuris» speso peraltro indebitamente solo in Calabria a tal punto da assumere una soggettività amministrativa frutto di una eccessiva creatività) e, per esso, i subcommissari Pezzi e Urbani, ha diffidato il direttore generale dell'azienda ospedaliera di Cosenza dal dare attuazione all'adempimento ordinatogli, nei confronti del quale peraltro il medesimo manager aveva iniziato a dare corso responsabilmente;
   un tale comportamento è a giudizio degli interpellanti da ritenersi assolutamente pernicioso per la salute pubblica nonché attivato e mantenuto esorbitando dai compiti attribuiti agli agenti, peraltro non provvisti neppure della rappresentanza esterna attribuita dalla legge al commissario ad acta nominato dal Governo ai sensi e per effetti dell'articolo 120, comma 2, della Costituzione;
   allo stato, la carica di commissario ad acta è inconcepibilmente vacante, nonostante siano trascorsi mesi dalle dimissioni del già presidente della regione Calabria, onorevole Giuseppe Scopelliti;
   si ritengono gravissimi i comportamenti tenuti dai sub-commissari tanto da indicare le ragioni di una loro immediata revoca, facendo in modo che il titolare del commissariamento venga nominato al più presto, scelto tra le professionalità di più riconosciuta fama ed esperienza –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per riportare alla esigibilità costituzionale il diritto alla salute dei calabresi nonché per garantire il principio di legalità nell'esercizio dell'attività di commissariamento per il piano di rientro, a giudizio degli interpellanti frequentemente compromesso da rappresentanze sub-commissariali esercitate, sempre secondo gli interpellanti, indebitamente, attesa la loro configurazione come soggetti istituzionali preposti a fornire mero supporto al commissario ad acta, peraltro decaduto, senza il possesso di alcuna chiara prerogativa di manifestazione esterna.
(2-00637) «Santelli, Occhiuto».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AIRAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ThyssenKrupp conferma in una nota che nell'ambito del nuovo piano industriale per Ast sono previsti una riduzione di costi in tutte le aree (operative, strutturali, vendita e organico) di oltre 100 milioni di euro l'anno e un ridimensionamento del personale di circa 550 dipendenti, prevedendo anche una chiusura del secondo forno entro il 2015-16;
   i vertici di ThyssenKrupp Business Area Materials Services e Acciai Speciali Terni — viene scritto nella nota che annuncia i punti principali del piano — «hanno incontrato le istituzioni e le organizzazioni sindacali per un confronto in merito al piano industriale di Acciai Speciali Terni (Ast), che mira a un rilancio dell'azienda ternana come player sostenibile nell'industria dell'acciaio inossidabile»;
   negli ultimi anni, viene quindi sottolineato, Ast «ha attraversato un periodo difficile, che ha comportato delle perdite significative attribuibili alle avverse condizioni di mercato e a inefficienze strutturali comprendenti il mix di prodotto e il contenimento del raggio di commercializzazione a livello territoriale». Per l'azienda, che è stata integrata nella divisione business area materials services «al fine di beneficiare nel miglior modo della presenza di ThyssenKrupp sul mercato internazionale», è stato deciso di intraprendere un «piano di azione strategico globale, in grado di ristabilire la profittabilità sostenibile dell'azienda, nonostante il difficile quadro del mercato caratterizzato da un'esistente sovraccapacità»;
   il piano prevede anche «un maggiore focus sui laminati a freddo e un incremento delle vendite rivolte agli utenti finali. Questo nuovo approccio strettamente legato all'andamento del mercato — mette in evidenza TK — presuppone un cambiamento nella produzione che deve limitare i propri volumi in base alle vendite redditizie. Ciò comporta l'incremento delle capacità nella produzione dei laminati a freddo affiancata da un'ottimizzazione dell'efficienza nella fase liquida e una contemporanea chiusura del secondo forno entro il 2015/2016. La chiusura del secondo forno potrebbe essere riconsiderata — avverte l'azienda — solo se le condizioni di mercato miglioreranno notevolmente e tutti gli obiettivi saranno stati raggiunti»;
   la società — conclude la nota — «è fermamente convinta che tali misure siano ben ponderate e indispensabili per garantire il futuro di Acciai Speciali Terni e il suo valore per i propri stakeholder»;
   il piano dell'Ast «così come presentato è irricevibile»: così hanno dichiarato le istituzioni umbre dopo la presentazione del programma di interventi da parte della ThyssenKrupp. Per la presidente della regione Catiuscia Marini e per i rappresentanti degli altri enti locali il piano «necessita di sostanziali e profonde modifiche a cominciare dalla questione dell'occupazione e delle prospettive industriali dell'intero sito di Terni»;
   i sindacati dei metalmeccanici Fiom Fim e Uilm ritengono inaccettabile il piano presentato da ThyssenKrupp per l'Ast di Terni e hanno dichiarato una mobilitazione immediata che prevede lo sciopero e la presenza dei segretari nazionali a Terni. I sindacati non escludono poi che l'attività dell'acciaieria possa essere sospesa già nelle prossime ore. A Terni saranno presenti per le assemblee i segretari nazionali delle categorie dei metalmeccanici –:
   se non ritengano di intraprendere iniziative di mediazione fra le parti al fine di favorire una riconsiderazione del piano produttivo della ThyssenKrupp sbilanciato sul fronte dei tagli e orientato non al rilancio produttivo in un settore considerato strategico per il comparto industriale italiano. (5-03265)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Franco Bordo n. 5-03061 del 24 giugno 2014.