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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 16 luglio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    Cisgiordania e Striscia di Gaza sono due regioni dello Stato della Palestina, con status di osservatore presso le Nazioni Unite, così come definito dalla risoluzione 67/19 approvata dall'Assemblea generale Onu il 29 novembre 2012;
    Fatah e Hamas, i due partiti palestinesi che governano rispettivamente Cisgiordania e Striscia di Gaza, hanno iniziato nel 2006 un lungo e difficile conflitto interno che pareva trovare un esito positivo il 23 aprile 2014 con la firma di un accordo «in linea di principio» per la formazione di un governo di unità nazionale;
    in questo contesto di difficile equilibrio, l'atroce rapimento e l'assassinio di quattro giovani, tre israeliani e un palestinese, hanno provocate un tragico riacutizzarsi del sempre irrisolto conflitto israelo-palestinese nella forma di una escalation militare tra lo Stato di Israele e il solo partito di Hamas, il cui bilancio, in continuo peggioramento ogni giorno, è già quasi a duecento morti, oltre mille feriti, migliaia di case ed edifici civili distrutti e migliaia di sfollati a Gaza; si contano svariati tentativi, sinora fortunatamente sventati, di infliggere perdite in territorio israeliano; ancora una volta la popolazione civile paga il prezzo più alto della prosecuzione del conflitto;
    il lancio di razzi da Gaza su Israele e il bombardamento da parte dell'esercito israeliano delle città a Gaza, dove le persone sono costrette a vivere in condizioni difficilissime, sono da condannare senza incertezze e distinzioni perché non servono ad altro che ad aumentare perdite di vite e sofferenze, generando nuova violenza e allontanando sempre più una pace possibile;
    questa nuova tragedia impone alla comunità internazionale di attivarsi senza indugi per fermare tutte le azioni militari, ristabilendo il cessate il fuoco del novembre 2012, e per riprendere negoziati diretti tra le due parti, Israele e Palestina, con l'obiettivo di un accordo di pace basato sulla soluzione di due Stati, come richiesto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 12 luglio 2014;
    una pace durevole e la stabilità nella regione sono possibili solo attraverso la soluzione di due Stati, israeliano e palestinese, che convivono nel mutuo riconoscimento e nel rispetto dei reciproci confini;
    la ripresa dei negoziati per risolvere il conflitto israelo-palestinese non può essere ulteriormente rinviata: un accordo che fermi il conflitto armato oggi e promuova un orizzonte politico per il domani è l'unica soluzione percorribile e la comunità internazionale non può sottrarsi a questo dovere, e ciò vale specialmente per l'Italia, Paese mediterraneo con tradizioni di amicizia e di importanti relazioni culturali, politiche, economiche, sia con Israele sia con la Palestina, nazioni entrambe amiche,

impegna il Governo:

   a promuovere urgentemente, in virtù del semestre di presidenza dell'Unione europea, una posizione congiunta dell'Europa affinché i bombardamenti e tutte le azioni militari nella regione cessino immediatamente;
   ad agire perché l'Unione europea assuma, all'interno della comunità internazionale, il ruolo di attore protagonista dei negoziati di pace;
   a sostenere l'unità dello Stato di Palestina, sulla base del riconoscimento dell'autorità del presidente Mahmoud Abbas, del riconoscimento dell'esistenza dello Stato di Israele e del ritorno al negoziato secondo il lascito degli accordi di Oslo e delle risoluzioni delle Nazioni Unite;
   a sostenere, presso il Governo israeliano, le ragioni di un ritorno al negoziato, riconoscendo, secondo le parole del presidente degli Usa Barack Obama nel Presidente Abbas una controparte impegnata alla soluzione dei due Stati e alla cooperazione con Israele e, di conseguenza, la ricerca del negoziato sulla base degli accordi di Oslo e delle risoluzioni delle Nazioni Unite;
   a sostenere, presso entrambe le parti, le ragioni di una mutua cooperazione contro il terrorismo di gruppi estremistici, che costituisce una minaccia globale, senza differenze di religione e nazionalità;
   a informare il Parlamento in merito al ruolo dell'Italia in fase di contatti diplomatici con i Governi israeliano e palestinese.
(1-00550) «Locatelli, Di Lello, Di Salvo, Pisicchio, Migliore, Pastorelli, Di Gioia, Tabacci, Fava, Piazzoni, Labriola, Furnari, Pilozzi, Lavagno, Nardi, Capelli, Zan».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    con la circolare dell'Agenzia delle entrate 19 dicembre 2013, n. 36/E, si chiariscono le modalità con cui sono rilevati – ai fini delle imposte dirette e dell'IVA – gli incentivi erogati ai titolari di impianti di energia da fonti rinnovabili e si inquadrano in ambito catastale gli impianti di tipo fotovoltaico, ponendo particolare attenzione alla questione della qualificazione mobiliare o immobiliare di tali impianti e alle conseguenze che ne derivano in materia catastale e tributaria;
    tale circolare prevede che, ai fini del censimento in catasto, non rilevi esclusivamente la facile amovibilità delle componenti degli impianti fotovoltaici, né la circostanza che tali impianti possano essere posizionati in altro luogo mantenendo inalterata la loro originale funzionalità e senza antieconomici interventi di adattamento;
    la citata circolare n. 36/E stabilisce inoltre che con riferimento alle installazioni fotovoltaiche poste su edifici ed a quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano, non sussiste l'obbligo di accatastamento come unità immobiliari autonome, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili e che è necessario procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita dell'unità immobiliare a cui risulta integrato, solo quando l'impianto fotovoltaico ne incrementa il valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15 per cento o superiore;
    non hanno, pertanto, autonoma rilevanza catastale, e costituiscono semplici pertinenze delle unità immobiliari, le porzioni di immobili ospitanti gli impianti di produzione di energia di modesta entità, in termini dimensionali e di potenza, come, ad esempio, quelli destinati prevalentemente ai consumi domestici. In particolare, non sussiste alcun obbligo di dichiarazione al catasto, né come unità immobiliare autonoma, né come variazione della stessa (in considerazione della limitata incidenza reddituale dell'impianto) qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti:
     a) la potenza nominale dell'impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt per ogni unità immobiliare servita dall'impianto stesso;
     b) la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall'impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano;
     c) per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall'intera area destinata all'intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall'altezza relativa all'asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3, in coerenza con il limite volumetrico stabilito dall'articolo 3, comma 3, lettera e), del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28;
    dalle indicazioni riportate nella circolare n. 36/E diventa evidente come gli impianti fotovoltaici con potenza nominale superiore ai 3 kW ed il cui valore superi il 15 per cento della rendita catastale dell'immobile che alimentano, vengano considerati una miglioria dell'immobile stesso e che, in tal modo, i proprietari dei suddetti immobili si vedono obbligati ad aggiornare la rendita catastale con conseguenti aumenti degli importi dovuti per Irpef, IUC;
    vanno altresì considerate le nuove condizioni relative alla diminuzione della percentuale di ammortamento annuo degli investimenti inerenti la collocazione di impianti fotovoltaici equiparati a beni immobili che passa dal 9 per cento (ammortamento per i beni mobili) al 4 per cento: tale variazione si traduce in una evidente dilatazione dei tempi di recupero dell'investimento per le persone che hanno voluto investire nelle energie rinnovabili;
    a ciò si aggiunga la considerazione che, come disposto dal decreto ministeriale del 31 dicembre 1988, gli ammortamenti delle macchine legate alla produzione di energia hanno valori percentuali assai superiori al 4 per cento;
    infine, nella risposta all'interrogazione in Commissione n. 5-02689 del 30 aprile 2014 il Governo ha condiviso l'opportunità di introdurre una previsione normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti fotovoltaici, a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare degli stessi;
    deve essere evitato il pericolo di penalizzare gli investimenti in energie rinnovabili con aumenti impositivi e decurtazione degli incentivi ad investire, che producono benefici per l'ambiente riducendo il consumo delle risorse naturali,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative dirette a rivedere la normativa recante l'obbligo di variazione della rendita catastale dell'immobile, nel caso in cui l'installazione di un impianto fotovoltaico sia realizzata sulla copertura di edifici al fine di mantenere l'incentivo alla realizzazione di molteplici punti di produzione di energia «pulita» catalogabili come installazioni esenti dall'obbligo di accatastamento;
   ad assumere un'iniziativa normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti fotovoltaici, prevedendo un unico coefficiente, a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare degli stessi, da valutare a seguito di uno studio specifico da parte dell'ente preposto sentiti anche gli operatori del settore.
(7-00416) «Alberti, Pesco, Villarosa, Ruocco».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    i primi interventi della XVII legislatura in materia di editoria sono contenuti nella legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013), in particolare, l'articolo 1, comma 261, della legge n. 147 del 2013 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il «Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria», con la dotazione di 50 milioni di euro per il 2014, 40 milioni di euro per il 2015, 30 milioni di euro per il 2016;
   inoltre, l'articolo 1, comma 334, della legge n. 147 del 2013 ha differito (dal 1o gennaio 2013) al 31 dicembre 2014 il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici e ha previsto l'accesso nel 2014 al credito d'imposta già previsto per l'anno 2012;
   il comma 337 ha, invece, ripristinato i criteri e le modalità per la concessione dei contributi alla stampa periodica italiana pubblicata o diffusa all'estero stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 48 del 1983 in attesa dell'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica – previsto dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 63 del 2012 (legge n. 103 del 2012) – che deve ridefinire criteri e modalità di accesso alle provvidenze del settore. Inoltre, il comma 294, lettera f), ha disposto l'integrazione dello stanziamento di 2 milioni di euro annui previsti per tali pubblicazioni con 1 milione di euro per il 2014;
    in materia di agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali, è intervenuto il comma 336 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013). La disposizione prevede la sospensione delle agevolazioni tariffarie postali per le spedizioni di prodotti editoriali da parte di imprese editrici di quotidiani, periodici e libri, mentre per le spedizioni effettuate dalle Onlus e dalle associazioni d'arma e combattentistiche si continua ad applicare l'apposito regime speciale;
    anche in materia di editoria digitale l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con l'allegato A alla delibera 680/13/CONS del 12 dicembre 2013 ha adottato un «Regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n.70» affiancando alla tradizionale tutela giurisdizionale un'ulteriore strumento per la protezione del diritto di autore in rete;
    allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine dell'anno 2013, l'articolo n. 29, comma 3, del decreto-legge 201 del 2011 ha disposto la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all'editoria dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013, nonché la revisione, dal 1o gennaio 2012, del decreto del Presidente della Repubblica 223 del 2012 – che, in attuazione dell'articolo n. 44 del decreto-legge n. 112 del 2008 (legge n. 133 del 2008), aveva riordinato la disciplina – al fine di una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse e di un risparmio di spesa;
    il citato articolo 29, comma 3, del decreto-legge 201 del 2011, ha anche disposto che il risparmio conseguito, compatibilmente con le esigenze del pareggio di bilancio, sarà destinato alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva;
    le modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 sono state poi apportate nella XVI legislatura dal decreto-legge n. 63 del 2012 (legge 103 del 2012), con il quale è stata dettata una disciplina transitoria;
    quasi contestualmente all'emanazione del decreto-legge 63 del 2012, il Governo aveva presentato un disegno di legge (A.C. 5270) che prevedeva una delega per la definizione, a regime, di nuove forme di sostegno all'editoria e per lo sviluppo del mercato editoriale. Fra l'altro, si prevedevano il riordino della normativa vigente, al fine di contenere gli oneri e consentire una maggiore selezione dei beneficiari, nonché incentivi per l'avvio di nuove imprese editoriali, per l'innovazione tecnologica e per la multimedialità;
    durante l'esame parlamentare, il 7 dicembre 2012 la VII Commissione aveva adottato un nuovo testo che prevedeva l'istituzione di un Fondo per il pluralismo dell'informazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, da utilizzare per i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, per sostenere l'innovazione tecnologica delle imprese editrici, per incentivare l'avvio di nuove imprese editrici e per sostenere i trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione, ma l'esame del provvedimento non si è concluso entro la fine della XVI legislatura;
    lo schema di decreto del Presidente della Repubblica atto n. 82, presentato per il parere a febbraio 2014, individua criteri e modalità per la concessione dei contributi a favore dei periodici pubblicati o diffusi all'estero;
    un'altra forma di sostegno all'editoria è senz'altro rappresentata dall'obbligo di pubblicazione degli avvisi e dei bandi di gara in quotidiani a diffusione nazionale e locale;
    in particolare, il secondo periodo del comma 7 dell'articolo 66 e il secondo periodo del comma 5 dell'articolo 122 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, istituiscono quella che viene comunemente chiamata pubblicità legale. Si tratta, in effetti, di denaro pubblico finalizzato al finanziamento della pubblicizzazione di bandi e di concorsi pubblicati da stazioni appaltanti pubbliche nelle testate giornalistiche a tiratura nazionale e locale. Ai sensi delle citate disposizioni, gli enti pubblici interessati sono obbligati a ricorrere a queste forme di pubblicizzazione a carico della finanza pubblica;
    inoltre, il decreto legislativo n. 163 del 2006 prevede la pubblicazione di bandi e di concorsi anche nella Gazzetta Ufficiale, nel sito informatico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nel sito informatico presso l'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e, nel caso i bandi riguardino contratti il cui importo risulta essere inferiore a 500.000 euro, nell'albo pretorio del comune ove si eseguono i lavori e nell'albo della stazione appaltante;
    oltre che anacronistiche le succitate norme in vigore, per quanto concerne le imposizioni di pubblicizzazione nei quotidiani, risultano immotivatamente onerose nei confronti della finanza pubblica sia perché prevedono un canale di diffusione, notoriamente non più efficace al raggiungimento degli scopi prefissati, di tali informazioni, sia perché il rilevante numero di testate presenti esclude la capacità di raggiungere in maniera immediata il messaggio che si vuole pubblicizzare;
    in quest'ottica il principio di trasparenza, sul quale le norme sono basate, viene meno, per giunta a scapito della finanza pubblica;
    l'obbligo di pubblicazione di tutti i bandi di gara delle pubbliche amministrazioni vige solo nel nostro Paese; più che un mezzo finalizzato al rispetto del principio di trasparenza, appare ai firmatari del presente atto una sorta di «finanziamento indiretto» all'editoria, ben più consistente di quello ufficiale;
    alla legittima esigenza di trasparenza e pubblicizzazione dei bandi pubblici è necessario rispondere con mezzi più moderni, più efficaci e meno costosi, ponendosi l'obiettivo ulteriore, in un'ottica di razionalizzazione della spesa, di partire dal processo di modernizzazione in atto nel Paese;
    nel recente decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, l'articolo 26 interviene sul codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 163, al fine di semplificare gli adempimenti connessi alla pubblicazione di avvisi e bandi;
    in particolare, l'articolo 26 succitato, interviene in tema di obblighi di pubblicità, relativi agli avvisi e ai bandi previsti nel codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo n. 163 del 2006, di seguito codice), con la soppressione dell'obbligo di pubblicazione sui quotidiani per estratto del bando o dell'avviso per l'affidamento dei contratti pubblici nei settori ordinari, sopra e sotto soglia comunitaria, nonché con la previsione dell'obbligo di pubblicazione, esclusivamente, in via telematica, di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle previste dal codice, e del rimborso delle spese di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione del contratto;
    la disposizione succitata è simile ad una proposta di legge del Gruppo MS5; AC 2061, che interviene limitando così una ulteriore forma di finanziamento all'editoria;
    come si legge nella relazione tecnica che accompagna il decreto, dalla pubblicazione dei bandi e degli avvisi sui quotidiani deriva un significativo aggravio dei costi delle procedure di selezione del contraente a fronte di un non significativo incremento della diffusione dell'informazione funzionale alla realizzazione dei principi di pubblicità e trasparenza;
    i costi relativi alla pubblicazione sui quotidiani ammontano a circa 120 milioni di euro annui, IVA esclusa, e circa il 60 per cento di tale importo è già rimborsato alle amministrazioni pubbliche da parte degli aggiudicatari e le spese di pubblicazione sulla GURI ammontano a circa 27 milioni di euro annui, IVA esclusa; da ciò si ritiene derivi un risparmio per le amministrazioni aggiudicatrici quantificabile in un risparmio di 75 milioni annui, IVA esclusa;
    tuttavia, nel corso dell'esame sono stati aggiunti all'articolo 26 il comma 1-bis, che stabilisce l'applicazione delle citate disposizioni a partire dal 1o gennaio 2016, nonché il comma 1-ter, che fa salvi gli effetti derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, prodottisi fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto;
    ciò, a giudizio dei firmatari del presente atto, ha vanificato la portata della norma;
    le disposizioni relative alla contribuzione pubblica all'editoria continuano ad essere numerose e confuse e necessitano di riordino e chiarezza;
    il settore, che evidentemente negli anni in cui poteva permetterselo, non ha saputo pensare al futuro, versa in uno stato di crisi profonda, con ripercussioni notevoli sul piano occupazionale; basti pensare che, solo l'anno scorso, i posti di lavoro persi sono stati 600;
    qualsiasi timido tentativo di intervento finalizzato a ridurre erogazioni pubbliche all'editoria, in qualsiasi forma essa avvenga, è vanificato e inficiato a scapito di una reale razionalizzazione delle risorse e di una modernizzazione del settore;
    è innegabile che ci sono buoni e anche ottimi giornalisti, quelli che scrivono in zone di guerra e a rischi, quelli emarginati, i precari, i tanti giornalisti sottopagati, i quali hanno dovuto operare in un sistema in cui, a fronte dell'erogazione di fondi pubblici, si è sostanzialmente «privatizzata» l'informazione;
    per anni lo Stato ha finanziato colossi imprenditoriali, a tutto vantaggio degli azionisti delle loro emanazioni editoriali, elargendo milioni di euro sotto forma di contributi, crediti di imposta ed agevolazioni di vario genere. Il paradosso dei contributi indiretti e delle compensazioni è che ne hanno beneficiato i giornali a più alta tiratura, ben più che le pubblicazioni no profit;
    solo considerando le agevolazioni postali, l'Antitrust ha rilevato come esse non abbiano costituito una misura efficace per sviluppare gli abbonamenti e abbiano finito invece col favorire Poste italiane s.p.a., unico soggetto presso cui è possibile ottenere i benefìci, ostacolando lo sviluppo di una piena concorrenza nei servizi di recapito;
    il regime speciale di applicazione dell'IVA sulla vendita di libri, quotidiani e periodici è stato sfruttato a vantaggio di prodotti di ben altro genere venduti in allegato alle pubblicazioni;
    un capitolo a parte è costituito dai contributi alle testate politiche e di partito, con le conseguenti paradossali distorsioni di cui si è dato ampio conto in passato e alle quali si è cercato di porre riparo con una recente, tardiva e parzialissima riforma;
    il costo diretto di queste forme di sostegno all'editoria, considerata la molteplicità delle disposizioni stratificatesi nel tempo mediante il ricorso a differenti strumenti normativo-finanziari e la pluralità delle fonti decisionali e di spesa, dovrebbe inglobare anche le provvidenze per radio e televisioni, il costo delle convenzioni e concessioni, in cui pochi grandi gruppi imprenditoriali privati hanno giocato un ruolo predominante;
    l'apparato legislativo e regolamentare in materia di protezione del diritto d'autore anche online appare sufficientemente e forse eccessivamente corposo e non appare necessario, in assenza di dati e studi che dimostrino una diretta correlazione tra la crisi del settore editoriale e la fruizione non autorizzata in rete di contenuti delle imprese editoriali, predisporre ulteriori misure di protezione idonee, in quanto tali, ad incidere sull'esercizio di diritti fondamentali (libera manifestazione del pensiero, riservatezza, libertà di impresa) dei cittadini;
    a livello comunitario come dimostrato dalle risultanze della consultazione pubblica sulla modernizzazione del copyright pubblicate dalla Commissione europea pubblicate nel maggio 2014 si sta avviando un processo di riforma delle regole sulla protezione del diritto d'autore in modo da rendere tali norme compatibili con la nuova realtà digitale e non foriere di freni all'innovazione e all'affermazione di nuovi modelli di business anche nel settore dell'editoria;
    negli ultimi anni, gli stanziamenti si sono notevolemente ridotti, ma il flusso di denaro pubblico per il settore, come si è già esposto, continua a essere consistente;
    per il 2014, il dipartimento per l'editoria della Presidenza del Consiglio, ha a disposizione circa 140 milioni di euro. Stessa cifra per il 2015 e per il 2016. Oltre alla dotazione del dipartimento, l'ultima legge di stabilità ha stanziato ulteriori risorse per il sostegno all'editoria: 50 milioni di euro per il 2014, 40 per il 2015 e 30 per il 2016, anche se destinati all'avvio di nuove imprese editoriali, alle ristrutturazioni aziendali e agli ammortizzatori sociali. Solo nel 2014 dunque i contribuenti italiani spenderanno circa 190 milioni di euro;
    i contributi diretti riguardano ormai «solo» i giornali organi di partiti politici, delle cooperative di giornalisti, quelli riferibili alle minoranze linguistiche e a «enti morali», quelli per le comunità italiane all'estero. Per ricevere i fondi a disposizione nel 2014, e relativi al 2013, queste testate possono presentare la richiesta fino all'inizio di quest'anno;
    una parte dei circa 140 milioni di euro a disposizione del dipartimento andrà in contributi diretti, per i 50 milioni aggiuntivi stanziati dalla legge di stabilità ci saranno altri criteri di ripartizione. Il resto servirà per pagare la convenzione con la Rai, circa 21 milioni di euro e soprattutto per versare la quota annuale di rimborso dello Stato a Poste italiane;
    evidentemente questa mole enorme di denaro non è servita a garantire un futuro a giornali, periodici pubblicazioni e tanto meno ai lavoratori del settore;
    la dispersione di fondi pubblici destinati all'editoria è stata percepita dal nuovo Esecutivo che ha annunciato interventi sostanziali al riguardo;
    infatti, seppure con una quota residuale del Fondo (circa 5 milioni di euro) vengono stanziati incentivi per le case editrici che investono nel digitale, mentre per chi fonda una società completamente nuova o crea applicazioni innovative in campo editoriale ci sarà un premio su misura;
    ad oggi tuttavia, il finanziamento pubblico all'editoria rappresenta un costo troppo oneroso per lo Stato e il finanziamento stesso non rende libera l'informazione, ma al contrario la condiziona;
    le imprese editoriali nazionali complessivamente considerate non riescono a sfruttare appieno le potenzialità derivanti dalla rivoluzione digitale anche per una certa ritrosia nell'adozione di innovativi modelli di business che vanno elaborati e valorizzati;
    nel nostro Paese si è consentito ad un leader di partito, nonché più volte Presidente del consiglio, di mantenere la proprietà ed il controllo di giornali e televisioni, a giudizio dei firmatari del presente atto condizionando inevitabilmente gran parte dell'informazione italiana,

impegna il Governo:

   ad intervenire al fine di attuare il graduale superamento dell'attuale modello di finanziamento pubblico, con una politica volta a creare condizioni di autonomia ed indipendenza dei giornalisti, competizione più aperta, eliminazione dei conflitti di interesse e di intrecci tra politica, economia ed informazione, riportando la discussione in termini di rapporto delle testate col lettore piuttosto che con il potere di turno, dato che, evidentemente, il costo della disinformazione è ancor più rilevante;
   ad allocare le risorse in modo tale da incentivare realmente gli investimenti delle piccole e micro imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati all'innovazione tecnologica e digitale, promuovendo l'ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media;
   ad intervenire, al fine di favorire al massimo la trasparenza, affinché le testate rendano pubblici in modo analitico i proventi derivanti dalla pubblicità;
   ad assumere iniziative per prevedere l'immediata abolizione dell'obbligo di pubblicazione dei bandi pubblici sui giornali cartacei, individuando canali alternativi a costo zero che garantiscano la trasparenza e la pubblicità dei suddetti;
   anche per effetto della crisi, che pone il tema di come utilizzare i pochi fondi a disposizione dello Stato, ad abbinare le iniziative per l'abolizione del finanziamento pubblico come è stato finora conosciuto e distorto all'attuazione di riforme che pongano tutte le testate in condizione di accedere al mercato pubblicitario;
   a ritirare la delibera attuativa della legge sull'equo compenso per i giornalisti freelance e atipici al fine di tutelarne i diritti; a programmare una riforma complessiva delle regole in materia di protezione del diritto d'autore online, estendendo gli ambiti delle eccezioni e limitazioni ai diritti esclusivi, nel solco delle indicazioni derivanti dalle istanze comunitarie, al fine di incentivare la nascita di imprese innovative e l'adozione di nuovi modelli di business da parte delle imprese editoriali tradizionali;
   ad assumere iniziative normative affinché cessino situazioni di conflitto di interesse tali da garantire ad esponenti politici di mantenere il controllo, diretto ed indiretto, su organi di informazioni, quali televisioni e giornali.
(7-00418) «Brescia, Luigi Gallo, Battelli, Vacca, Marzana, Simone Valente, D'Uva, Di Benedetto, Liuzzi, Chimienti».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    Trenitalia ha comunicato l'intenzione di cancellare cinque coppie di intercity a media-lunga percorrenza in servizio tra le stazioni di Orvieto, Chiusi, Terontola e Arezzo su linee strategiche, utilizzate in larga misura da pendolari e da studenti e, in particolare nella stagione estiva, da milioni di turisti;
    si prevede inoltre la soppressione di altri 10 intercity, che riguardano l'utenza di 9 regioni (Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Campania); Trenitalia lamenta che su tali tratte si registrano perdite commerciali, per circa 30 milioni di euro, nonostante siano utilizzate quotidianamente da milioni di utenti;
    sono gravissime le conseguenze per i pendolari e per gli studenti, anche per l'assenza – in molti casi – di alternative modali a costi sostenibili;
    la soppressione di tali treni – già prevista nel 2013 – è stata sospesa anche a seguito di interventi di regioni, enti locali, di iniziative politiche e parlamentari nonché di petizioni e proteste dei comitati dei pendolari;
    da tempo sono state soppresse numerose fermate di treni ad alta velocità nelle stazioni di Orvieto e Chiusi, con conseguente declassamento delle rispettive stazioni; parimenti risultano soppresse stazioni importanti per i flussi di pendolari, studenti e turisti in molte altre regioni;
    gli spostamenti interregionali dei pendolari utilizzano in prevalenza il trasporto pubblico regionale su ferro integrato con treni intercity, che, in particolare sulle tratte a medio-lungo raggio interregionali, rappresentano l'unico mezzo disponibile presso molte stazioni capoluogo di provincia, con un bacino di area vasta interregionale;
    oltre alla drastica riduzione dei treni e delle fermate e alla soppressione delle stazioni si registrano gravi disservizi, con lunghi tempi di percorrenza, mancanza di puntualità e di opportune coincidenze, soppressione senza preavviso delle corse, mancanza di informazione, frequenti guasti tecnici per carenza di manutenzione, scarsa igiene e sovraffollamento delle carrozze inadeguata manutenzione e precarietà, in particolare in condizioni metereologiche avverse, delle infrastrutture ferroviarie;
    a fronte della drastica riduzione del servizio ferroviario intercity e regionale si registra l'incremento dell'offerta dei collegamenti dell'alta velocità (AV): dal 2007 ad oggi, nella tratta Roma-Milano, ad esempio si è registrato un aumento della frequenza che sfiora il 400 per cento;
    Trenitalia non ha reso noti i dati che consentano di documentare lo scarso utilizzo da parte dei pendolari – e quindi scarsa redditività – di servizi intercity non compresi nel contratto di servizio con lo Stato (cinque coppie) di cui si prevede la soppressione; mancano dati essenziali per valutare l'opportunità di una revisione complessiva dell'offerta di servizio universale di lunga percorrenza e per motivare la congruità delle sovvenzioni elargite a Trenitalia sui servizi di utilità sociale;
    il contratto di servizio pubblico – che regola i rapporti tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze e Trenitalia – ha lo scopo essenziale di garantire il diritto alla mobilità, tramite servizi di trasporto per soddisfare esigenze sociali, ambientali e di assetto del territorio, e di offrire particolari condizioni e tariffe a specifiche categorie di passeggeri; con il contratto di servizio 2009-2014, si dettano le condizioni per tutelare la mobilità ferroviaria dei passeggeri nella media e lunga percorrenza su tutto il territorio nazionale, sovvenzionando a tal fine i collegamenti intercity sia diurni sia notturni;
    l'8 aprile del 2014 la IX Commissione della Camera dei deputati ha votato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale, avviata nel luglio del 2013;
    il trasporto pubblico locale costituisce un servizio fondamentale per garantire l'esercizio del diritto alla mobilità di ogni cittadino; alla luce dei numerosi elementi raccolti nel corso dell'indagine, emerge l'esigenza assolutamente prioritaria di adottare interventi efficaci per garantire livelli essenziali di servizio a tutti i cittadini;
    l'enorme crescita della mobilità urbana, dovuta soprattutto all'aumento degli spostamenti lavorativi di medio-lungo raggio dalle «periferie» ai centri urbani dove è molto difficile acquisire in proprietà o in locazione un immobile, per l'alto costo di acquisto e per il razionamento dei mutui, determina, per la totale inefficienza del servizio di trasporto pubblico locale, soprattutto in particolari zone dell'Italia centrale, per i collegamenti con la capitale, e nel Mezzogiorno – quasi del tutto privo di un'effettiva, ed efficiente «rete» di trasporto – l'uso prevalente del mezzo privato con ricadute rilevanti in termini di costo per le famiglie, di inquinamento e di congestione delle città;
    alla riduzione dei trasferimenti del bilancio dello Stato oltre che delle regioni (che destinano al trasporto ferroviario, in media, circa lo 0,4 per cento del bilancio), e quindi alla progressiva diminuzione di risorse da destinare alla manutenzione delle linee e dei convogli, ha fatto seguito una generale tendenza di Trenitalia e delle regioni a modificare al rialzo le tariffe di viaggio;
    è essenziale garantire risorse sufficienti al settore del trasporto pubblico locale per investimenti che garantiscano miglioramento della qualità e una diffusione capillare del servizio, in particolare per i pendolari e per favorire maggiore competitività dei territori;
    l'integrazione del fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, previsto dall'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 come ridefinito dalla legge di stabilità per il 2013 (articolo 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012) appare non più rinviabile per garantire livelli essenziali nel servizio di trasporto pubblico locale; dall'esame svolto nell'indagine, emerge che per garantire un pieno ristoro dei tagli intervenuti negli ultimi anni, il fondo dovrebbe essere elevato dagli attuali 4.929 milioni di euro a 6.330 milioni di euro;
    dalla medesima indagine risulta che oltre alla congruità del Fondo occorre garantire continuità dei finanziamenti nel tempo; la durata pluriennale dei contratti di servizio richiede infatti certezza di risorse, anche per consentire alle imprese operanti nel settore di programmare la gestione e gli investimenti per la manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture, in particolare quelle su ferro, e l'acquisto di treni per consentire un effettivo servizio di trasporto nelle reti ferroviarie per il trasporto pubblico regionale e locale in ambito extraurbano;
    a fronte dell'esiguità delle risorse destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale, lamentata dalle regioni, Ferrovie dello Stato italiane spa ha recentemente approvato un nuovo piano quadriennale che prevede investimenti di 24 miliardi di euro nell'intero periodo di riferimento, di cui 15,5 miliardi di euro a carico dello Stato, ovvero circa 4 miliardi all'anno, importo lievemente superiore agli anni precedenti; le risorse a carico delle Ferrovie dello Stato sono di 8,5 miliardi di euro, pari a circa 2 miliardi di euro all'anno;
    nel recente piano quadriennale di Ferrovie dello Stato italiane spa si prevede l'integrazione tra servizi ferroviari e quelli di autobus, anche urbani; il gruppo Ferrovie ha recentemente acquistato l'azienda di trasporti di Firenze;
    per gli investimenti finanziati dallo Stato a fondo perduto, non sono richieste a Ferrovie dello Stato e alle altre società di servizi, da parte delle amministrazioni competenti (dicastero delle infrastrutture e dei trasporti) verifiche ex ante ed ex post, e separata evidenza contabile della spesa dei fondi, allo scopo di evidenziare l'effettivo utilizzo delle risorse per le finalità alle quali erano sin dall'inizio vincolate;
    questa può essere considerata una grave negligenza in una condizione generale di scarsità di risorse per gli interventi pubblici nell'economia in generale e nel trasporto in particolare, e per monitorare l'adeguatezza e la congruità della spesa e l'effettiva realizzazione degli interventi finanziati, nel rispetto dei tempi programmati;
    l'indagine conoscitiva ha fatto emergere l'esigenza di ridefinire le priorità di investimento pubblico nel settore del trasporto pubblico locale, basate su analisi economiche-finanziarie comparative, indipendenti e trasparenti, come le best practice internazionali raccomandano;
    l'Italia, nel confronto con altri Paesi, ha utilizzato i fondi strutturali europei in modo parziale: occorre prevedere l'utilizzo di tali fondi per iniziative prioritarie nel trasporto pubblico locale – in particolare nelle aree dell'obiettivo convergenza, ma anche in quelle dell'obiettivo competitività che riscontrano gravi disservizi nelle reti ferroviarie per il trasporto pubblico regionale e locale in ambito extraurbano – nel più generale quadro degli interventi in materia di mobilità urbana e superamento della perifericità dei territori;
    in base dell'articolo 117 della Costituzione, il trasporto pubblico locale costituisce materia di competenza regionale; il Fondo relativo al finanziamento statale deve essere pertanto ripartito tra le regioni a statuto ordinario superando il criterio della spesa storica, ma tenendo conto della totale insufficienza e inefficienza del servizio in alcune tratte, e premiando l'efficienza e l'efficacia nella gestione del servizio, valutando il servizio effettivamente erogato rispetto ad un livello quantitativo standard (per verificare l'efficacia) tenuto conto – come criterio essenziale – della valutazione degli utenti;
    la legge di stabilità per il 2014 ha previsto (articolo 1, comma 84) che entro il 31 marzo 2014 siano definiti i costi standard del servizio di trasporto pubblico, introducendo alcune importanti precisazioni: i costi standard devono riferirsi al trasporto regionale e locale; devono essere determinati per unità di servizio prodotta per ciascuna modalità di trasporto; devono essere determinati con criteri di uniformità a livello nazionale e quindi non soltanto per le regioni a statuto ordinario;
    nell'indagine conoscitiva è stato correttamente ribadito che la legge delega per il federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009), con specifico riferimento al trasporto pubblico locale, stabilisce che il finanziamento pubblico per le spese di parte corrente, costituito da quote del fondo perequativo, è finalizzato a ridurre le differenze tra i territori con diverse capacità fiscali per abitante; per quanto concerne la spesa in conto capitale, le quote devono essere tali da assicurare il finanziamento integrale del fabbisogno standard; ciò significa che la determinazione del finanziamento del trasporto pubblico locale e la ripartizione della parte di tale finanziamento che corrisponde al concorso statale devono avere luogo in modo da tener conto, oltre che dei costi standard, anche della fornitura di un livello adeguato di servizio su tutto il territorio nazionale;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha stimato in 11 miliardi di euro nel 2011 il costo associato alla congestione urbana; uno studio della Cassa depositi e prestiti segnala che il maggiore utilizzo dell'auto per gli spostamenti all'interno delle città italiane di medie-grandi dimensioni (con più di 250.000 abitanti) connesso all'inadeguatezza della rete di trasporto pubblico locale e alla bassa qualità del servizio offerto, rappresenta per le famiglie italiane un extracosto di circa 6 miliardi di euro l'anno;
    il medesimo studio della Cassa depositi e prestiti rileva che a fronte di una generale contrazione della domanda di mobilità dovuta alla crisi, la quota relativa al trasporto pubblico locale risulta in crescita; pertanto la recessione ha da un lato ridotto l'esigenza di spostamenti, dall'altro ha costretto a sostituire all'auto il meno costoso mezzo pubblico;
    il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva denuncia che dati preoccupanti sono emersi sulla condizione del trasporto pubblico locale dall'audizione dell'associazione dei rappresentanti dei pendolari, con riferimento alla qualità del servizio offerto agli utenti; particolarmente preoccupante appare la situazione del Lazio, a fronte della rilevanza del fenomeno del pendolarismo in questa regione (48,2 per cento, rispetto a una media nazionale del 47 per cento, con 2,5 milioni di spostamenti giornalieri della popolazione residente e 160.000 persone che entrano ed escono quotidianamente dalla Capitale in treno); risulta del tutto insufficiente nella copertura e nell'efficienza il servizio di collegamento in treno nelle regioni del Mezzogiorno;
    è stato stimato che il maggior impiego dei sistemi di trasporto intelligenti permetterebbe un aumento di capacità superiore al 10 per cento a parità di infrastrutture, grazie ad un migliore utilizzo delle infrastrutture stesse: nell'indagine si segnala – tra l'altro – la necessità di introdurre soluzioni innovative per il complesso della mobilità urbana ed extraurbana attraverso l'applicazione delle tecnologie dell'informazione al settore dei trasporti; in particolare, si sottolinea l'esigenza di sviluppare e implementare sistemi di trasporto intelligente (ITS), oggetto della direttiva 2010/40/UE, recepita in Italia con l'articolo 9 del decreto-legge n. 179 del 2012 e con il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 1o febbraio 2013 anche mediante introduzione di piattaforme telematiche integrate almeno su base regionale,

impegna il Governo:

   ad assumere – nell'immediato – tutte le iniziative di competenza necessarie a evitare che vengano soppressi i treni indicati, con grave pregiudizio degli utenti, in particolare pendolari e studenti, e della stagione turistica, e a garantire assoluta continuità – anche con l'entrata in vigore del nuovo orario estivo – del servizio ferroviario con almeno due coppie di treni sulla linea Perugia-Roma e tre coppie sulla linea Firenze-Roma, e fermate nelle stazioni di Chiusi e Orvieto;
   ad assumere iniziative per integrare il contratto di servizio con Trenitalia prevedendo l'espresso obbligo per il gestore di informare tempestivamente i passeggeri di guasti o di altri inconvenienti e di comunicare le alternative – anche modali – per la medesima tratta;
   a prevedere tale integrazione anche in quelle stazioni in cui, a seguito del declassamento avvenuto negli anni scorsi, non è più presente la figura del dirigente del movimento;
   ad assumere opportune iniziative normative allo scopo di dare effettiva applicazione alla disciplina prevista dall'ordinamento giuridico italiano relativa all'azione collettiva risarcitoria a tutela di consumatori e utenti, prevedendo adeguato indennizzo e ristoro ai viaggiatori per i danni conseguenti ai disservizi;
   a valutare l'opportunità di integrare il contratto di servizio con Trenitalia al fine di prevedere la sostituzione dei treni intercity con nuovi treni Freccia-Argento, creando linee veloci nei tratti Perugia-Terontola-Orvieto e Firenze-Orvieto collegate con la direttissima verso la Capitale;
   a vincolare le risorse assegnate a Trenitalia alla realizzazione degli investimenti nelle citate tratte e a monitorare gli impegni, la spesa, e lo stato di avanzamento dei lavori nelle tratte indicate, il conseguimento degli obiettivi entro tempi certi, in termini di miglior servizio, in particolare per i pendolari;
   ad assumere iniziative per mantenere la percorrenza di tali treni sulla linea direttissima, in modo da garantire – e migliorare – gli attuali tempi di percorrenza;
   ad assicurare, anche con le risorse previste dal nuovo piano quadriennale, l'acquisto di nuovo materiale rotabile e di nuovi treni della categoria Frecciabianca;
   a prevedere la creazione e la regolare consultazione di un tavolo tecnico permanente con il comitato pendolari, anche allo scopo di acquisire la valutazione periodica degli utenti sul servizio ferroviario, in relazione alle spese sostenute e agli investimenti realizzati;
   ad assumere iniziative per integrare la dotazione del Fondo istituito dalla legge di stabilità 2013, considerato che il Fondo (circa 4.929 milioni di euro annui a decorrere dal 2013) non garantisce il pieno ristoro delle risorse del settore rispetto ai tagli operati negli ultimi anni e che la dotazione inferiore agli stanziamenti del 2011 (-148 milioni di euro) e del 2010 (-300 milioni di euro) viene ritenuta dalle aziende insufficiente per far fronte, oltre agli oneri derivanti dai contratti di servizio in essere, alle spese per il rinnovo del materiale rotabile ferro/gomma, per la manutenzione straordinaria delle infrastrutture, per l'innovazione tecnologica e per il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro;
   ad assumere tutte le iniziative necessarie – anche normative – per promuovere in tempi brevi una politica per la mobilità sostenibile, finalizzata al perseguimento di tre obiettivi essenziali: la sicurezza, l'efficienza degli spostamenti (in termini non soltanto di costi monetari, ma anche di costi-opportunità, a partire dall'impiego di tempo) e la riduzione dell'impatto ambientale;
   a favorire l'applicazione di sistemi di trasporto intelligenti e dell'innovazione tecnologica nell'ambito del previsto piano d'azione nazionale da trasmettere alla Commissione europea e ad aggiornare con continuità il Parlamento sull'attuazione delle misure ivi previste nonché sul coordinamento del piano nazionale con i singoli piani regionali, verificando altresì, in particolare con l'avvio del semestre europeo, tutte le possibilità di finanziamento di tali interventi che, a livello nazionale e regionale, possono essere attivate a valere sui fondi dell'Unione.
(7-00417) «Tullo, Terrosi, La Marca, Giulietti, Carrescia, Cimbro, Incerti, Berlinghieri, Rocchi, Luciano Agostini, Senaldi, Dallai, Boccuzzi, Galperti, Ascani».


   La X Commissione,
   premesso che:
    l'attuale quadro normativo a tutela delle opere dell'ingegno e a garanzia dei diritti di proprietà intellettuale si caratterizza per complessità e frammentarietà, con particolare riguardo alla disciplina brevettuale e alle modalità di deposito e di riconoscimento dei brevetti in ambito europeo;
    allo stato, infatti – e nelle more della ratifica del Brevetto unico europeo, approvato dal Consiglio dell'Unione europea ed Europarlamento nel mese di dicembre 2012 –, prosegue l'attività dell'Ufficio europeo dei brevetti nell'ambito dell'Organizzazione europea dei brevetti (European Patent Organization-Epo) istituita con la Convenzione sul brevetto europeo sottoscritta a Monaco di Baviera il 5 ottobre 1973;
    l'EPO è nato con l'obiettivo di facilitare e ridurre gli oneri relativi alle procedure di deposito dei brevetti attraverso un iter unificato per tutti i Paesi aderenti alla Convenzione;
    in particolare l'Ente svolge attività di ricerca e confronto su precedenti documenti brevettuali e sulle pubblicazioni tecnico-scientifiche inerenti la materia oggetto dell'istanza, formula valutazioni preliminari sulla brevettabilità delle invenzioni, è competente per l'esame delle opposizioni legali presentate contro i brevetti stessi;
    una volta concesso, il brevetto europeo deve essere nazionalizzato negli stati della Convenzione, attivando procedure di convalida nei singoli Paesi, con un considerevole aumento degli oneri a carico del soggetto titolare dell'invenzione (sino a 36 mila euro per ottenere un brevetto valido in tutti i Paesi membri, a fronte dei 1.850 degli Stati Uniti e dei 600 della Cina);
    a fare lievitare ulteriormente i costi, l'obbligo di presentare all'EPO tutta la documentazione in una lingua dell'Unione, scelta limitatamente tra inglese, francese e tedesco, con traduzioni certificate e, ove richiesto, anche nella lingua nazionale del paese in cui viene presentata istanza di convalida;
    questo stato di cose rischia di rappresentare un ostacolo insormontabile per aziende, ricercatori e inventori italiani, soprattutto in una fase, come quella attuale, di grave crisi recessiva, che ha indebolito il tessuto produttivo e sociale, con ripercussioni sui livelli produttivi e occupazionali;
    in molti casi, per contenere i costi che altrimenti risulterebbero insostenibili, le imprese selezionano un ristretto numero di Paesi con un conseguente effetto negativo sull'efficacia del titolo brevettuale;
    ricercatori e inventori italiani lamentano anche difficoltà nelle relazioni con l'EPO, dovute ai vincoli relativi alle lingue ufficiali riconosciute, ai tempi considerati eccessivamente lunghi dell’iter di accoglimento e alla stessa scarsa chiarezza del procedimento. Tutte difficoltà che rischiano di incrinare la credibilità dell'istituzione europea;
    il tessuto produttivo italiano si è sempre contraddistinto per qualità delle produzioni, abilità professionali, innovazione nei processi produttivi, tutti aspetti che sono riassunti nella ingegnosità e nella capacità inventiva dei nostri operatori in misura tale che il nostro Paese è sempre stato ai primi posti in Europa per numero di brevetti depositati;
    dal rapporto 2013 dell'EPO, risulta un calo di richieste presentate all'European Patent Office da parte degli operatori italiani: -2,7 per cento nel 2013 (pari a 4.663 richieste contro le 4.735 del 2012, anno in cui si era registrato un calo del 3,4 per cento);
    il dato desta preoccupazione soprattutto se confrontato con l'andamento crescente del numero complessivo dei depositi, che nel 2013 ha raggiunto la cifra record di 265.690 istanze presentate (+2,8 per cento rispetto al 2012);
    nonostante l'andamento negativo per numero di brevetti presentanti, l'Italia si è contraddistinta per qualità e innovazione delle proposte, registrando un +5 per cento rispetto al 2012 e un +18 per cento rispetto al 2009 per quanto concerne i brevetti concessi, segno inequivocabile ai grandi capacità, abilità e ingegno;
    sulla questione della tutela brevettuale sembra rappresentare un'opportunità l'istituzione del Brevetto unico europeo che potrebbe offrire alle imprese la possibilità di ottenere con un'unica procedura un brevetto valido per tutti i Paesi membri, abbattendo di circa l'80 per cento gli attuali costi;
    il Brevetto unitario – ancora in attesa di ratifica da parte degli stati membri – è stato oggetto di un ricorso alla Corte di giustizia da parte di Italia e Spagna (ricorso successivamente rigettato) perché ancora una volta la normativa riconoscere quali lingue ufficiali per i procedimenti di deposito dei brevetti unicamente l'inglese, il francese e il tedesco;
    il tessuto produttivo italiano, per poter competere nel mercato interno e internazionale deve puntare sull'innovazione e sulla qualità, tutti aspetti che corrispondono a una vocazione che affonda le radici in una grande tradizione artigiana fatta di saperi e competenze di altissimo livello che devono ricevere un'adeguata tutela a livello internazionale,

impegna il Governo:

   ad attivarsi con celerità, nel contesto della Presidenza italiana del semestre europeo, al fine di rimuovere quegli ostacoli in materia di tutela della proprietà intellettuale che attualmente rappresentano un limite allo sviluppo e alla competitività delle imprese italiane in un contesto internazionale, nonché un grave limite allo sviluppo e al pieno riconoscimento delle capacità e dell'ingegno dei ricercatori e degli inventori italiani;
   a farsi promotore, nel contesto della Presidenza italiana del semestre europeo, di un'azione incisiva volta a superare le limitazioni derivanti dal riconoscimento di tre sole lingue europee nei procedimenti di deposito, rilascio e convalida del Brevetto europeo, attivandosi per individuare una soluzione che rimuova l'attuale esclusione dell'uso della lingua italiana dai procedimenti ovvero individuando risorse e strumenti finanziari a carico dell'istituzione europea a copertura delle spese di traduzione;
   a farsi promotore di un processo di riordino e di un chiarimento dei procedimenti relativi al riconoscimento del Brevetto europeo, contribuendo a eliminare le barriere burocratiche ed economiche, che allo stato attuale penalizzano in particolare modo le imprese, i ricercatori e gli inventori italiani.
(7-00419) «Vallascas, Da Villa, Crippa, Della Valle, Fantinati, Mucci, Petraroli, Prodani, Carinelli, Colonnese».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, CECCONI, CIPRINI e LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 10 luglio è stata data la notizia della vendita del 60,4 per cento delle azioni, con il 66,8 per cento dei diritti di voto, della Indesit alla americana Whirlpool per 758 milioni di euro;
   nel mese di dicembre 2013 si era conclusa la lunga trattativa tra la dirigenza della stessa Indesit, il Governo e le parti sociali con la firma dell'ipotesi di accordo che prevedeva precisi e stringenti impegni da parte dell'azienda in termini di investimento, riorganizzazione produttiva e garanzie per i lavoratori tra le quali ricordiamo quella di rinunciare a ricorrere all'utilizzo di procedure di mobilità unilaterale dei dipendenti degli stabilimenti italiani fino al 2018;
   in questi giorni dalla stampa si apprende che l'accordo di vendita sarebbe stato raggiunto con il decisivo intervento del Presidente del Consiglio dei ministri che in proposito avrebbe affermato che «La considero un'operazione fantastica. Ho parlato personalmente io con gli americani a Palazzo Chigi. Perché non si attraggono gli investimenti e poi si grida “al lupo”, riscoprendo un'autarchica visione del mondo che pensavamo superata. Noi, se ci riusciamo, vogliamo portare aziende da tutto il mondo a Taranto, come a Termini Imerese, nel Sulcis, come nel Veneto. Il punto non è il passaporto, ma il piano industriale. Se hanno soldi e idee per creare posti di lavoro, gli imprenditori stranieri in Italia sono i benvenuti» –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri confermi la veridicità delle parole a lui attribuite;
   se non ritengano di dover rendere noti i contenuti dettagliati del piano industriale che Whirlpool ha presentato per la Indesit e che ha convinto il Presidente del Consiglio della bontà della proposta di acquisto e, in particolare, quali positive ricadute a livello occupazionale siano state garantite all'interno del territorio nazionale con particolare riferimento agli stabilimenti di Fabriano, Comunanza, Teverola e Carinaro;
   se, i contenuti dell'accordo firmato dalle parti nel dicembre 2013 con particolare riferimento alle garanzie per i lavoratori sono ancora validi e nel caso di risposta negativa cosa intenda fare il Governo attraverso i Ministri interrogati per tutelare i lavoratori della Indesit.
(3-00953)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, BARBANTI, SARTI, AGOSTINELLI, BUSINAROLO, TRIPIEDI, CIPRINI, COMINARDI e MICILLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con i decreti legislativi n. 155 – 156 del 7 settembre 2012 veniva approvata la riforma delle circoscrizioni giudiziarie con la quale veniva soppresso il tribunale di Rossano con conseguente accorpamento al tribunale di Castrovillari;
   il Ministro della giustizia pro tempore con decreto ministeriale n. 1048/2013, in applicazione dell'articolo 8 del decreto legislativo 155 del 2012, autorizzava per un periodo di due anni a decorrere dalla data d'entrata in vigore del decreto legislativo 2012 n. 155, la trattazione dei procedimenti penali dibattimentali e dei procedimenti civili ordinari e delle controversie in materia di lavoro, di previdenza e assistenza obbligatoria pendenti alla data del 13 settembre 2013 presso la sede soppressa di Rossano;
   l'esigenza di garantire un migliore e più alto grado di efficienza e di funzionalità degli uffici giudiziari presenti sul territorio nazionale ed il loro razionale e corretto dimensionamento, previsto dal decreto legislativo di revisione delle circoscrizioni, è risultato la migliore soluzione;
   benché la riorganizzazione del sistema-giustizia sia stata fortemente sentita come esigenza primaria e irrinunciabile, non si sarebbe dovuta assimilare l'amministrazione dell'apparato giudiziario a qualsiasi altro tipo di organizzazione produttiva di servizi;
   dall'attuazione di quanto predisposto con il decreto, il tessuto economico, politico e sociale del vasto comprensorio ionico-cosentino, che faceva capo alla giurisdizione del tribunale di Rossano, è stato irrimediabilmente compromesso più di quanto, invero, le drammatiche realtà in esso radicate non avessero già fatto;
   l'accorpato tribunale di Rossano abbraccia la vasta area della Calabria ionica, risultando competente territorialmente per ben 19 comuni, per una popolazione totale censita di oltre 125.321,00 unità, oltre a circa 13.000 stranieri, extracomunitari e apolidi non censiti e gli 80.000 turisti che nel trimestre giugno-luglio-agosto vengono a soggiornare nelle località marittime e montane del territorio circondariale;
   dall'ultimo aggiornamento ISTAT emerge che Corigliano Calabro e Rossano, i due confinanti comuni più grandi del comprensorio, rappresentano l'area urbana più grande della Calabria, non sede di provincia, con una popolazione di quasi 80.000 abitanti, a cui si aggiungono circa 10.000 cittadini comunitari ed extracomunitari;
   secondo stime a disposizione degli interroganti, l'accorpamento all'ufficio giudiziario di Castrovillari, ha già comportato uno spostamento medio-giornaliero di magistrati, avvocati, praticanti e utenti (CTU, consulenti, testimoni, parti processuali, cancellieri, operatori giudiziari, forze dell'ordine) di circa 500 – 1.000 persone al giorno e di circa 700 e più autovetture sulle strade, per un costo giornaliero di euro 21.000,00 (700 x euro 30) per rifornimento gasolio, circa euro 1.500,00 per posteggio auto, oltre ad euro 3.500,00 per consumazione bibite, colazioni e pasti, per una spesa complessiva giornaliera di euro 26.000,00 a carico degli utenti che moltiplicata per 5 giorni lavorativi settimanali raggiunge l'esorbitante cifra di euro 130.000,00 a settimana;
   la stessa spesa giornaliera moltiplicata per il totale di 260 giorni lavorativi l'anno raggiunge i 6.760.000,00 (milioni) di euro annui;
   oltre a tali spese per i cittadini bisogna aggiungere i costi per l'erario per traduzioni, trasferte operatori e agenti e forze dell'ordine e altro;
   l'intera fascia territoriale presa in analisi risulta carente di infrastrutture, trasporti e adeguate vie e mezzi pubblici di collegamento, cosicché i professionisti, operatori, agenti e utenti provenienti dai Paesi dell’ex comprensorio di Rossano, per raggiungere la città di Castrovillari, pertanto, sono costretti ad utilizzare il mezzo proprio, pagando il prezzo dei disagi che le distanze e la quantità di tempo necessaria ad attraversarle richiedono quotidianamente;
   il tribunale accorpante di Castrovillari è ubicato in una cittadina dell'entroterra posta al confine con la Basilicata rispetto alla fascia territoriale jonica-cosentina, senza prendere in considerazione i criteri di accentramento e di efficiente riorganizzazione;
   ciascun cittadino del comprensorio del tribunale di Rossano è costretto ad affrontare per raggiungere l'accorpante tribunale di Castrovillari tempi di percorrenza e distanze inaccettabili come si rileva dalla sottostante tabella (reperibile sulla guida Michelin):

Tabella: Tempo di viaggio in Auto (unico mezzo di trasporto)

COMUNE DISTANZA strada statale 106 TEMPO DI VIAGGIO
BOCCHIGLIERO 150 chilometri h. 2.00 min.
CALOPEZZATI 111 chilometri h. 1,26 min.
CALOVETO 115 chilometri h. 1,46 min.
CAMPANA 135 chilometri h. 1,50 min.
CARIATI 124 chilometri h. 1.40 min.
CORIGLIANO CALABRO  72 chilometri h. 1,12 min.
CROPALATI  99 chilometri h. 1,25 min.
CROSIA  98 chilometri h. 1,39 min.
LONGOBUCCO 125 chilometri h. 1,40 min.
MANDATORICCIO 120 chilometri h. 1,35 min.
PALUDI  98 chilometri h. 1,25 min.
PIETRAPAOLA 115 chilometri h. 1.30 min.
ROSSANO  70 chilometri h. 1.00 min.
SAN COSMO ALBANESE  71 chilometri h. 1,13 min.
SAN DEMETRIO CORONE  68 chilometri h. 1,04 min.
SAN GIORGIO ALBANESE  71 chilometri h. 1,12 min.
SANTA SOFIA D'EPIRO  44 chilometri h. 0,48 min.
SCALA COELI 165 chilometri h. 2,30 min.
TERRAVECCHIA 120 chilometri h. 2,00 min.
VACCARIZZO ALBANESE  78 chilometri h. 1,20 min.

   nella città di Rossano esiste una casa circondariale di reclusione di recente costruzione che ha registrato negli ultimi anni una crescita della popolazione detenuta che pone come questione ancora irrisolta il sovraffollamento delle celle e la carenza di organico;
   infatti, a fronte di una capienza regolamentare di 150 detenuti, e tollerabile 280, i detenuti attualmente presenti sono oltre 350 e di questi 150 appartengono al circuito detentivo dell'alta sicurezza;
   l'istituto di reclusione in esame ospita la sezione detentiva per terrorismo internazionale la cui apertura neppur ha scalfito il sempre eccellente operato della dotazione organica, ancora ridotta alle 90 unità in servizio, che al fine di garantire il grado massimo di efficienza detentiva e riabilitativa è ricorsa con sistematica cadenza al lavoro straordinario, rinunciando così a turni di permessi e ferie;
   con circolare ministeriale del 14 maggio 2012 del Ministero della giustizia veniva posta all'attenzione della magistratura il problema della traduzione dei detenuti che comporta un impegno elevato delle finanze pubbliche, il cui grado di incisività differisce di volta in volta a seconda della gravità del reato e della pericolosità del reo;
   per i detenuti in stato d'isolamento, per l'espletamento dell'interrogatorio di garanzia e del pubblico ministero, per l'udienza di convalida spesso si rende necessario apprestare più scorte separate al fine di evitare che prima di detta udienza si verifichino contatti fra soggetti arrestati contemporaneamente;
    l'attività di traduzione comporta un grande impiego di risorse finanziarie statali che incide maggiormente e in termini negativi laddove l'istituto di detenzione sia posto a distanze chilometriche considerevoli dalla sede giudiziaria in cui l'atto istruttorio deve svolgersi come è per l'appunto quello di Rossano rispetto a Castrovillari (oltre 60 chilometri);
   a seguito dell'accorpamento del tribunale di Rossano il viaggio fino al tribunale di Castrovillari produce un aumento di costi e d'indennità anche di oltre euro 1.000,00 a singola traduzione;
   il carico di lavoro e le sopravvenienze degli affari penali implicano un numero di traduzioni annue di circa 70 – 100, per un costo complessivo che oscillerebbe tra i 70.000,00 e i 100.000,00 euro l'anno;
   ai costi per traduzioni occorre aggiungere i costi per l'erario e per le amministrazioni locali (circa 50.000 annui) per i continui e giornalieri viaggi per informative su indagini, consegna reperti di reato, audizioni, testimonianze degli agenti di polizia, carabinieri, Guardia di finanza, polizia municipale e altro;
   tenuto conto della crescita della popolazione detenuta nel territorio jonico-cosentino, delle gravi carenze di organico della polizia penitenziaria e della difficoltà che la stessa sta attraversando sul piano della dotazione finanziaria, nonché dell'aumento dei costi stimati, il disegno di revisione e di susseguente soppressione del tribunale di Rossano non può che portare al sicuro fallimento del progetto di contenimento e riduzione della spesa pubblica ed al conseguente incremento di ogni prevedibile spesa;
   l'accorpamento dell'ufficio giudiziario rossanese a quello di Castrovillari ha moltiplicato i costi di accesso alla giustizia, anche a causa del rallentamento dei ritmi di lavoro che gli uffici patiscono perché oberati e sovraccaricati di adempimenti;
   in tal guisa diventa anche emblematico il settore delle richieste di notificazione di atti giudiziari;
   essendo il territorio dell'ex tribunale di Rossano inglobato nel comprensorio del tribunale di Castrovillari, le notifiche a mani presso le zone dello stesso costano da due a sei volte in più, così come avviene per le richieste di pignoramenti presso terzi, per i quali è stata imposta la notifica necessariamente a mani (modalità che prevede un costo nettamente maggiore rispetto alla notifica a mezzo posta e di oltre tre – quattro volte il costo che si sarebbe sostenuto se l'UNEP fosse rimasto a Rossano);
   un pignoramento presso terzi, per come attestato dal dirigente UNEP di Castrovillari, (sia per il privato che per l'erario), che prima prevedeva un costo di euro 57,02 per posta, oggi richiede l'importo di euro 343,48 a mani, mentre la medesima notifica a mani, laddove richiesta presso il tribunale di Rossano, avrebbe previsto un costo di euro 150-155 (giusto quanto evidenziato dall'attestazione del dirigente Unep di Rossano);
   l'aumento dei costi, per come attestato dal dirigente UNEP, è dovuto alla dilatazione del territorio e agli effetti della riforma della nuova geografia giudiziaria che ha aumentato ed amplificato enormemente le distanze chilometriche e di conseguenza le relative indennità di trasferta;
   sulla base dello storico è stato possibile addivenire ad una stima annua degli enormi costi che, non solo le parti processuali private, ma soprattutto l'erario (gratuiti patrocini e materie esenti, nonché notifiche penali), dovranno sopportare a seguito dell'accorpamento dell'ufficio UNEP;
   emerge a titolo d'esempio che ammontano ad euro 8.640,00 le spese a carico dello Stato, perché esentate, delle richieste di notifica presso l'ufficio Inps di Rossano per materie, quali la previdenza e il lavoro;
   per le stesse il costo annuo che lo Stato sosteneva per le notifiche eseguite dall'ex UNEP di Rossano raggiungeva la somma di euro 17.798,40, contro i 249.609,60 euro che lo stesso sarà costretto a pagare per le medesime trasferte eseguite d'ora in avanti dagli operatori UNEP di Castrovillari;
   la media annua di notifiche del settore penale eseguite su Rossano – Corigliano, valutata in circa 14.400 richieste di notifiche all'anno, determinava un costo pagato dall'erario per l'UNEP di Rossano pari ad euro 7.344,00, mentre oggi lo stesso sosterrà per le notifiche eseguite dall'UNEP di Castrovillari un costo pari ad euro 27.648,00;
   nella relazione CEPEJ – EUROPEAN COMMISSION FOR THE EFFICIENCY OF JUSTICE del 21 giugno 2013, il gruppo di lavoro sulla qualità della giustizia aveva offerto un quadro da cui gli amministratori e i responsabili politici e ministeriali potessero intraprendere le riforme e prendere decisioni operative per la progettazione della mappa giudiziaria del Paese o di un territorio;
   tra i fattori chiave, che la relazione richiamata ha individuato per la costruzione di una riforma utile e robusta, vi sono la densità di popolazione, la dimensione del tribunale, i flussi di procedimenti e lavoro, la posizione geografica, le infrastrutture e i trasporti;
   l'analisi operata dal documento CEPEJ portava a riconoscere Rossano tra i tribunali e i territori che non potevano risultare suscettibili di fronteggiare positivamente la soppressione dell'ufficio –:
   se il Governo sia a conoscenza delle incidenze negative dal punto di vista finanziario che l'accorpamento del tribunale di Rossano a Castrovillari ha comportato;
   se e quali intendimenti urgenti il Governo intenda porre in essere al fine di definire i necessari ed opportuni rimedi ad una vicenda che ha già aggravato i costi di accesso alla giustizia per i cittadini e che sta comportando e comporterà un esorbitante aumento di costi e oneri per l'erario;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover valutare la possibilità di attivare immediatamente verifiche presso il tribunale di Castrovillari e relativo comprensorio dell'ex tribunale di Rossano, allo scopo esclusivo di accertare e valutare quali sono e saranno le reali e concrete ripercussioni per le casse dello stato e delle amministrazioni locali. (5-03240)

Interrogazione a risposta scritta:


   PESCO, ALBERTI, BARBANTI, CANCELLERI, PISANO, RUOCCO, TRIPIEDI, VALLASCAS, SIMONE VALENTE, COMINARDI, BRUGNEROTTO, SORIAL, BONAFEDE, AGOSTINELLI, MICILLO, FICO, CASO, D'AMBROSIO, D'INCÀ, RIZZO, SIBILIA, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DELL'ORCO, CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, TOFALO, TERZONI, ZOLEZZI, SEGONI, DE ROSA, GAGNARLI, L'ABBATE, PARENTELA, DAGA, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, DI BATTISTA, CRIPPA, CIPRINI, CARINELLI, BALDASSARRE, RIZZETTO, BECHIS, ROSTELLATO, CHIMIENTI, PAOLO BERNINI, MANTERO, TONINELLI, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, COZZOLINO, DIENI, DADONE, SPESSOTTO, COLONNESE, NESCI, SCAGLIUSI, BRESCIA, DE LORENZIS, MANLIO DI STEFANO, FRACCARO, NUTI, CECCONI, BARONI, DALL'OSSO, CASTELLI, BATTELLI, MARZANA, BASILIO, CORDA, SARTI e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'usura, come attestato anche dal direttore della Uif, l'Unità di informazione finanziaria presso la Banca d'Italia, Claudio Clemente, che ha presentato in data 9 luglio 2014 il rapporto 2013, continua a crescere con la crisi e le «le segnalazioni di operazioni sospette lo scorso anno sono raddoppiate rispetto al 2012»;
   la legge n. 108 del 1996, fissò un tetto oltre il quale i prestiti diventano usurari, ma la Banca d'Italia, con una circolare del 30 settembre 1996, scorporò la Commissione di massimo scoperto (CMS), pari a 7/8 punti su base annua, attenuando l'impatto su gran parte dei prestiti erogati dalle banche;
   famiglie ed imprenditori, strozzati dagli alti tassi di interesse imposti dalle banche, non hanno potuto far valere le proprie ragioni in giudizio perché, anche se i tassi rilevati trimestralmente eccedevano i tassi soglia (di ben 7/8 punti su base annua) stabiliti dal quarto comma dell'articolo 644 del codice penale, trovavano ostacolo nella circolare di Bankitalia, che impediva il computo della commissione di massimo scoperto a quei corretti conteggi, ribaditi da plurime sentenze della Suprema Corte;
   la Corte di cassazione interpretando correttamente la legge n. 108 del 1996 aveva riaffermato che indipendentemente da quanto stabilito dai banchieri e dalle norme amministrative di Bankitalia, il codice penale, ai sensi del quarto comma dell'articolo 644 del codice penale impone di considerare rilevanti ai fini della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito, e tra di essi rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto;
   dopo ulteriori sentenze di Cassazione, in data 23 aprile 2010, Adusbef presentò denunce penali contro Bankitalia alle principali procure della Repubblica, chiedendo di indagare per concorso nel reato di usura, abuso d'ufficio, favoreggiamento, in ordine alla famigerata circolare emanata dopo la legge n. 108 del 1996 (antiusura), in quanto abusando del suo ruolo nell'escludere dal calcolo dei «tassi soglia» della commissione di medesimo scoperto, aveva contribuito a strozzare imprenditori e famiglie con elevatissimi tassi di interesse;
   la Corte di cassazione infatti con plurime sentenze (n. 12028 seconda sezione penale; sentenza n. 870 del 18 gennaio 2006 prima Sezione civile; n. 46669/2011), aveva rilevato il ruolo di Bankitalia nell'affare usura: «Quindi, come peraltro rilevato sia dal tribunale che dalla Corte territoriale, anche la CMS deve essere tenuta in considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo rilevanti ai fini della determinazione del tasso usurario, tutti gli oneri che l'utente sopporta in relazione all'utilizzo del credito, indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca d'Italia (circolare della Banca d'Italia 30 settembre 1996 e successive) in cui si prevedeva che la CMS non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi, traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Le circolari e le istruzioni della Banca d'Italia – proseguivano i giudici di Cassazione – non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d'Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell'elemento oggettivo. Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza di Bankitalia, neppure quale mezzo di interpretazione, trattandosi di questione nota nell'ambiente del commercio che non presenta in se particolari difficoltà, stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito»;
   in data 10 giugno 2014, il pubblico ministero di Trani, Michele Ruggiero, a chiusura delle indagini ha contestato il reato di usura ad alcune banche con il concorso morale degli ex vertici di Bankitalia e del dirigente del Ministero del tesoro, Maresca. Secondo l'accusa questi ultimi, contravvenendo alle disposizioni della legge sull'usura, prescrivevano alle banche di calcolare gli oneri dei finanziamenti concessi in rapporto al credito «accordato» anziché (come richiesto dalla legge) a quello effettivamente «erogato/utilizzato» dal cliente. Queste indicazioni – su cui del resto anche la Corte di cassazione si è espressa, nel 2013, smentendo le circolari di via Nazionale – permettevano alle banche di elaborare tassi effettivi globali (i cosiddetti Teg) falsati. Cioè più bassi di quelli effettivamente praticati. Di conseguenza, stando alle indagini della Guardia di finanza, gli interessi applicati dalle banche alla clientela per determinate categorie di finanziamenti (in forma di anticipazioni su conto corrente) risultavano sempre entro i limiti dei «tassi soglia» pur essendo in concreto superiori e, come tali, usurari. Tra i 62 indagati a cui la Gdf sta notificando avvisi di fine indagine per l'usura contestata ai vertici di Bnl, Mps, Unicredit e BpBari, vi sono il presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, in qualità di ex capo della Vigilanza di Bankitalia, e il Ministro dell'economia del Governo Letta Fabrizio Saccomanni, ex dg di Bankitalia, il presidente del consiglio di amministrazione di Bnl Luigi Abete; per Unicredit l’ex AD Alessandro Profumo, ora presidente del Consiglio d'amministrazione di Mps, e l'attuale AD Federico Ghizzoni; per Mps l’ex presidente Giuseppe Mussari e il suo vice Francesco Gaetano Caltagirone. Per 18 lunghi anni, famiglie ed imprenditori strozzati dagli alti tassi di interesse usurari praticati dalle banche socie di Bankitalia, alla quale viene contestata per la prima volta da un tribunale della Repubblica «la non indipendenza dagli Istituti di credito», non hanno potuto far valere le proprie ragioni in giudizio, perché se anche i tassi eccedevano quelli soglia stabiliti dal codice penale, trovavano ostacolo nella circolare della Banca d'Italia il cui concorso ha ridotto alla schiavitù finanziaria milioni di cittadini, piccole e medie imprese, famiglie, costrette a lavorare per ripagare salati interessi eccedenti i tassi soglia, quindi usurari delle banche;
   la Scuola superiore della magistratura (SSM), organismo il cui direttivo è composto da 12 membri nominati in parte dal Consiglio Superiore della magistratura, in parte dal Ministero della giustizia, per assolvere alla formazione dei magistrati e degli altri operatori di giustizia, dovrebbe essere un organismo di spiccata terzietà ed indipendenza. Come si legge dal sito http://www.scuolamagistratura.it, gli organi della scuola sono il presidente, il comitato direttivo e il segretario generale. Il presidente è eletto, ogni due anni, fra i componenti del comitato direttivo ed ha le funzioni di convocarlo e presiederlo, fissando l'ordine del giorno e dirigendo i lavori. Il presidente ha rappresentanza legale della Scuola e adotta eventuali provvedimenti d'urgenza, salvo ratifica. Nelle sue funzioni, il presidente è coadiuvato e sostituito da due vicepresidenti, uno magistrato e l'altro «laico», che restano in carica un anno. Il comitato direttivo è composto da dodici membri nominati in parte dal Consiglio superiore della magistratura e in parte dal Ministro della giustizia. Dei suoi membri, sette provengono dalla magistratura, tre sono professori universitari e due avvocati. Possono essere nominati anche magistrati o professori in quiescenza. Il comitato direttivo è l'organo che assume tutte le decisioni relative all'andamento della scuola, determina i programmi di formazione di ogni settore e nomina i docenti e gli altri collaboratori. Il segretario generale è nominato dal comitato direttivo fra magistrati o dirigenti amministrativi. È il responsabile della gestione amministrativa della Scuola e provvede all'esecuzione delle delibere del comitato direttivo. Rientra altresì nelle attribuzioni del segretario generale la predisposizione della relazione annuale sull'attività della scuola e del progetto del bilancio di previsione e di quello consuntivo da sottoporre al comitato direttivo per l'approvazione;
   la Scuola superiore di magistratura convoca corsi di formazione ordinari, con congrui preavvisi per offrire la possibilità ai magistrati di aggiornarsi sulle tematiche afferenti l'amministrazione della giustizia;
   in data 4 luglio 2014 ed a seguito della chiusura delle indagini per il reato di usura a carico di alcune banche e di ex dirigenti della Banca d'Italia da parte del pubblico ministero di Trani Michele Ruggiero, la Scuola superiore della magistratura ha organizzato, d'intesa con la Banca d'Italia e l'Associazione bancaria italiana (ABI) i cui ex vice-presidenti sono stati indagati (Emilio Zanetti scandalo Ubi-Banca) o arrestati (Giovanni Berneschi, scandalo Banca Carige Genova), un corso interdisciplinare sul tema dell'usura. Per tale corso sono disponibili 30 posti per magistrati addetti al settore civile e 40 posti per magistrati addetti al settore penale (funzioni giudicanti e requirenti). Come si può leggere dalla lettera, Prot. n. 1980/2014USSM, inviata alla direzione generale dei magistrati, all'ispettorato generale, al signor Presidente della Corte di cassazione, dottor Giorgio Santacroce, al signor procuratore generale presso la Corte di Cassazione dottor Gianfranco Ciani, ai signori Presidenti delle corti d'appello, ai signori procuratori generali presso le corti d'appello, l'incontro di studi ha ad oggetto «L'Usura: profili civilistici e penalistici – 14/15 luglio 2014 Roma – Piazza del Gesù n. 49 – Sala della Clemenza, Palazzo Altieri;
   l'Abi, associazione bancaria italiana, che annovera molti banchieri incriminati e perfino arrestati, ha sede in Piazza del Gesù, 49, a Roma proprio a Palazzo Altieri, e la Sala della Clemenza è tra le più prestigiose sale dove vengono svolti incontri, dibattiti, convegni, conferenze;
   ad avviso degli interroganti che per quei 70 magistrati dell'ordinamento giudiziario partecipanti al corso costituisce un vulnus insanabile per la necessaria immagine di terzietà, studiare l'usura «a casa» di quello che agli interroganti appare uno dei principali indiziati di attività usuraria –:
   per quali ragioni proprio in tale fase storica sia stato organizzato un incontro di studio dalla Scuola superiore di magistratura d'intesa con la Banca d'Italia e l'Associazione bancaria italiana (ABI), proprio sul tema dell'usura bancaria, dove sono stati ammessi 70 magistrati;
   se sia stato garantito l'accesso all'incontro di studi a tutti i magistrati che ne hanno fatto richiesta, oppure solo ad alcuni, discriminando in tal modo categorie di magistrati;
   per quali ragioni l'incontro si sia svolto presso Palazzo Altieri, sala della Clemenza, sede dell'Abi, Associazione bancaria italiana, i cui ex vice-presidenti sono indagati o arrestati ed il cui ex vice-presidente Giuseppe Mussari, è sotto processo per il grave scandalo del Monte dei Paschi di Siena;
   quali siano i costi dell'incontro di studi straordinario che si è svolto a Roma dal 14 al 15 luglio 2014 presso Palazzo Altieri, Sala della Clemenza, e a carico di chi siano i costi dell'incontro straordinario convocato alla vigilia delle ferie estive;
   quali iniziative urgenti si intendono attivare, per quanto di competenza per impedire che quelli che gli interroganti giudicano usi, abusi e quotidiani soprusi delle banche, con il concorso diretto di Bankitalia, arrivino a strangolare imprenditori usurati e famiglie. (4-05561)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   ZAN. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si è potuto apprendere da organizzazioni per i diritti umani e dagli organi di informazione, dall'8 luglio 2014, inizio dell'operazione militare «Protective Edge», Israele ha bombardato 950 volte la Striscia, distruggendo oltre 120 case (violando l'articolo 52 del Protocollo aggiuntivo I del 77 della convenzione di Ginevra), uccidendo 102 persone (inclusi 30 minori 16 donne, 15 anziani e 1 giornalista), ferendo oltre 600 persone, di cui 50 in condizioni molto gravi; oltre 900 persone sono rimaste senza casa, 7 moschee, 25 edifici pubblici, 25 cooperative agricole, 7 centri educativi sono stati distrutti e 1 ospedale, 3 ambulanze, 10 scuole e 6 centri sportivi danneggiati;
   il lancio di razzi da Gaza, secondo il Magen David Adom (servizio emergenza nazionale israeliano), avrebbe causato nello stesso periodo 123 feriti di cui: 1 ferito grave; 2 moderati; 19 leggeri; 101 persone che soffrono di shock traumatico;
   secondo un appello dei cooperanti italiani in Palestina, il sistema sanitario di Gaza è al collasso: negli ospedali e nelle farmacie manca circa la metà dei farmaci inclusi nella lista dei farmaci essenziali stilata dalla Organizzazione mondiale della salute (http://www.who.int/medicines/publications/essentialmedicines/en/); mancano 470 tipi di materiali sterili e monouso, tra cui aghi, siringhe, cotone, disinfettanti, guanti e molto altro. Manca il carburante per alimentare ambulanze e generatori che permettono di far funzionare i macchinari salvavita e le sale operatorie durante le almeno 12 ore al giorno in cui l'unica centrale elettrica non riesce a fornire elettricità. Mancano le sacche di sangue necessarie a soccorrere le centinaia e centinaia di feriti;
   la Striscia di Gaza è isolata. Le frontiere con Egitto e Israele sono chiuse, ospedali, ambulanze e centri di pronto soccorso sono costantemente sotto la minaccia dei bombardamenti. Nonostante questo, il personale sanitario e i cooperanti anche italiani in loco continuano a prestare soccorso incessantemente;
   il Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) ha lanciato l'allarme per cui centinaia di migliaia di persone nella Striscia di Gaza non hanno possibilità di approvvigionamento di acqua, essendo la stessa contaminata e comportando un serio rischio di diffusione di malattie;
   l'Italia, come recentemente denunciato dalla Rete italiana per il disarmo, che raggruppa le principali organizzazioni italiane impegnate sui temi del disarmo e del controllo degli armamenti, è oggi il maggiore esportatore dell'Unione europea di sistemi militari e di armi leggere verso Israele e proprio nei giorni scorsi, durante i raid aerei israeliani su Gaza, l'azienda Alenia Aermacchi del gruppo Finmeccanica ha inviato i primi due aerei addestratori M-346 alla Forza Aerea israeliana –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere per contribuire alla mediazione internazionale e alla riattivazione del tavolo dei negoziati, al fine di ripercorrere un processo di pace che garantisca il rispetto dei diritti umani per israeliani e palestinesi;
   se non intenda il Ministro attivarsi nell'immediato affinché il nostro Paese interrompa la fornitura di armi, di munizioni e di sistemi militari con Israele, così da impedire agli armamenti italiani di rendersi complici in futuro di atti di guerra e di violazione dei diritti umani di popolazioni già duramente colpite da decenni di conflitto. (4-05555)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 2010 in seguito alle valutazione e dati diffusi dell'Arpa Puglia, così come riportato dai comitati cittadini locali, si è compreso che l'ILVA «sarebbe la fonte del 99,74 per cento degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), all'interno dei quali il componente più cancerogeno è il benzo(a)pirene» e contestualmente «dai dati dell'Arpa emerge il ruolo emissivo assolutamente prevalente della cokeria che, nell'ambito delle emissioni Ilva, arriva al 98,5 per cento degli IPA»;
   sul sito dell'Arpa Puglia sono disponibili i dati prodotti dalla rete di monitoraggio della qualità dell'aria interna allo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto registrati fino ai primi giorni di aprile 2014;
   inoltre Arpa precisa che: «tali dati di qualità dell'aria sono pubblicati dopo il processo di validazione giornaliera. Essi sono tuttavia da considerarsi non definitivi e potrebbero subire revisioni nelle successive fasi di validazione»;
   contestualmente viene precisato che: «Si precisa che sull'analizzatore di IPA della stazione “cokeria” sono in corso ulteriori approfondimenti tecnico-scientifici al fine di verificarne l'accuratezza», il che significa, a detta dell'interrogante, che le rilevazioni degli analizzatori possono essere anche sfalsate;
   da fonti stampa si apprende che 8 settembre 2013 per oltre due giorni, è avvenuto il blocco totale di tutti i sistemi di rilevazione ambientale nella cokeria Ilva previsti dalle prescrizioni Aia, mettendo in evidenza i limiti di affidabilità del sistema di rivelazione ambientale nella area di riferimento;
   confrontando i dati dalla rete di monitoraggio della qualità dell'aria in riferimento alle rilevazioni fatte al quartiere Tamburi con quelle provenienti dalla cokeria, risulta che nella maggior parte dei giorni dei mesi di agosto, ottobre, novembre, dicembre 2013 e gennaio, febbraio e marzo e aprile 2014, il livello dell'inquinante IPA al rione Tamburi è superiore a quello della cokeria;
   secondo la relazione 2013 sui dati della qualità dell'aria di Taranto di Arpa Puglia questo fenomeno è spiegabile anche perché sono «attualmente, spente diverse batterie di forni a coke, con conseguente sostanziale riduzione dell'apporto emissivo degli impianti;»
   in conclusione, secondo Arpa Puglia «l'ancor più chiara correlazione fra le emissioni industriali del complesso siderurgico e la qualità dell'aria nel Quartiere Tamburi rende di particolare criticità il possibile riavvio di tali impianti, dopo i lavori programmati da ILVA, in relazione al verosimile, nuovo apporto emissivo ed al conseguente, possibile nuovo decremento dei livelli di qualità dell'aria»;
   come è noto l'area dell'ILVA di Taranto è un sito di interesse nazionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa e a quali cause, fenomeni e processi attribuisca, dal suo punto di vista, la rilevazione del livello di inquinanti IPA inferiore nell'area cokerie rispetto al quartiere Tamburi di Taranto;
   se, a fronte di quanto sostenuto da Arpa Puglia in merito agli ulteriori approfondimenti tecnico-scientifici sull'analizzatore della stazione «cokeria», il Ministro ritenga pienamente affidabile il sistema di rilevazione ambientale, ovvero quali provvedimenti intenda adottare se riconosce la presenza di margini di errore che rendono inefficace il monitoraggio;
   alla luce di molteplici rilievi sulla affidabilità delle rilevazioni effettuate presso lo stabilimento dell'Ilva di Taranto, quali siano esattamente le apparecchiature utilizzate, quale sia il loro grado di accuratezza e di sicurezza e quali attività di verifica siano state poste in essere da parte dei soggetti deputati al controllo ambientale con riferimento e ciascuna delle apparecchiature citate e se possa indicare chi siano i soggetti che possono fisicamente avere accesso ai sistemi di rilevazione ambientale;
   se il Ministro condivida quanto sostenuto da Arpa Puglia in merito alle criticità e al nuovo apporto emissivo aggiuntivo che si avrebbe con la riattivazione delle batterie di forni a coke attualmente fermi e, a fronte di ciò, adoperarsi per quanto di propria competenza, per impedire la riaccensione di tali forni a coke;
   se, a fronte di quanto scritto in premessa, il Ministro ritenga sufficiente come metro di controllo dell'attività inquinante dell'Ilva, la sola rilevazione della qualità dell'aria attraverso i sistemi di rilevazioni ambientali attualmente utilizzati in Ilva. (5-03237)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI e ALBERTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il COREPLA è il consorzio di filiera della plastica del CONAI che ha, come missione, l'organizzazione del recupero e dell'avvio a riciclo degli imballaggi di plastica, incentivando sia la raccolta differenziata di qualità, sia il riavvio alla produzione della materia prima-seconda recuperata;
   ai sensi della vigente normativa, i consorzi di filiera sono finanziati con quota parte spettante del contributo ambientale obbligatorio del CONAI per gli imballaggi immessi sul mercato;
   il CONAI svolge il ruolo di garante per i consorziati e le istituzioni ed è impegnato in iniziative volte ad incrementare la quantità e la qualità della raccolta differenziata e le informazioni relative alla filiera raccolta-riciclo, nel quadro dell'accordo ANCI-CONAI;
   nel resoconto all'assemblea annuale CONAI del 2014, il CONAI medesimo ha constatato il peggioramento del mix qualitativo dei materiali intercettati da raccolta differenziata, il che, dopo decenni di campagne di comunicazione e incentivi, anche economici, si profila come un palese insuccesso;
   il medesimo resoconto sopra accennato, recita testualmente: «l'aumento del Contributo Ambientale per la plastica, già deliberato, è servito solamente a rallentare il deterioramento patrimoniale di COREPLA, non ad arrestarlo; pertanto dovrebbe essere necessaria un'ulteriore revisione al rialzo del C.A.C. (Contributo Ambientale CONAI) plastica», profilando così un aumento della «tassazione» alle imprese che immettono imballaggi a fronte della gestione patrimoniale evidentemente carente (se non fallimentare), da parte di COREPLA, costo aggiuntivo che rischia di riflettersi, a catena sulla filiera produttiva, a danno dei consumatori;
   a fronte di un lieve calo dell'immesso al mercato di imballaggi di plastica, causa della crisi economica (e al contestuale aumento della raccolta differenziata, con un più 11 per cento), si attesta, per la prima volta nella storia del COREPLA, il superamento delle quantità destinate non già al riciclo di materia prima-seconda, bensì all'incenerimento, scelta questa che sottrae materia prima seconda al ciclo produttivo;
   i dati forniti da CONAI riferiscono di 2.043 Kton di imballaggio di plastica immesso al consumo, di 760 Kton avviate al riciclo e di ben 773 Kton avviate a «recupero energetico», ovvero alla termo valorizzazione;
   esiste una sostanziale differenza tra il cosiddetto «recupero energetico» e il «riciclo di materia»; inoltre la missione del CONAI e del COREPLA non è quella di fornire materie prime-seconde preziose per il ciclo produttivo e industriale agli inceneritori e ai termovalorizzatori;
   a fronte di incassi provenienti dal Cac pari a circa 210 milioni di euro, visti i più di 2 milioni di tonnellate di imballaggi plastici immessi sul mercato, il sistema COREPLA ha raccolto, nel 2013, solo poco più del 35 per cento di questa quantità di imballaggi in plastica, poco meno della metà dei quali inviato, per giunta, alla termovalorizzazione come cdr;
   più del 45 per cento degli imballaggi in plastica inviati al riciclo non è governato dal sistema COREPLA, ma da un circuito indipendente, di piccole e medie imprese, che, dai dati disponibili, appaiono non godere di alcuno contributo Cac corrisposto dal COREPLA;
   il 57 per cento del totale dei rifiuti inviati a recupero energetico e computati per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalle leggi nazionali e comunitarie, non è gestito dal sistema COREPLA, ed è calcolato in maniera empirica, sulla base di una valutazione statistica fatta sulla percentuale di plastiche presenti negli rsu inviati a termovalorizzazione;
   la nuova proposta di direttiva comunitaria va verso una penalizzazione del conferimento a «recupero energetico» rispetto al riciclo delle materie plastiche;
   ad oggi le politiche di sviluppo della green economy, legate ad esempio alla diffusione, nelle procedure pubbliche di acquisto di beni e servizi, dei criteri ambientali minimi, pongono il «sistema Italia» di fronte alla esigenza di orientare la fine vita dei rifiuti plastici verso il riciclo di materia: difatti il pericolo è che oggi non vi sia nel nostro Paese quantità di granulo rigenerato sufficiente per far fronte alla richiesta dei produttori di imballaggi e beni in plastica, che per fare fronte alle richieste dei criteri ambientali minimi al momento si devono rivolgere all'estero –:
   quali iniziative intenda porre in atto il Governo per ripristinare la corretta funzionalità ed efficacia strategica e operativa del COREPLA, anche in virtù del controllo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esercita sul CONAI e sui consorzi di filiera;
   se il Governo non ritenga opportune assumere iniziative per richiamare il CONAI e il COREPLA stesso al raggiungimento degli obiettivi di reale avvio a riciclo dei materiali raccolti. (5-03239)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OCCHIUTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 luglio 2014 si è svolta a Roma, presso la «Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche» della Presidenza del Consiglio dei ministri una riunione tecnica dei rappresentati ministeriali, della protezione civile nazionale e delle diverse strutture locali;
   nella citata riunione è stata riconosciuta la necessità di avviare, solo a partire dal mese di settembre 2014, la programmazione di interventi in materia di depurazione e trattamento delle acque reflue;
   la decisione di avviare gli interventi nel mese di settembre e, quindi, quando la stagione turistica volgerebbe al termine, non servirebbe a ridurre i disagi per i bagnanti e il danno economico per gli operatori turistici derivanti dal malfunzionamento dei depuratori;
   sul prodotto interno lordo calabrese incide fortemente il settore del turismo, in particolare quello balneare;
   sono in atto controlli sulla condizione degli impianti di depurazione delle acque reflue da parte delle forze di polizia giudiziaria, su delega di numerose procure della Repubblica calabresi, per ultima quella di Paola, coordinata dal procuratore capo dottor Bruno Giordano –:
   in cosa consistano gli interventi decisi in sede di riunione tecnica;
   se non si ritenga opportuno anticipare, nell'immediato, provvedimenti urgenti sul ciclo della depurazione delle acque, invece di posticiparli a stagione turistica sostanzialmente conclusa. (4-05532)


   CASTIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la TERNA spa è proprietaria della Rete elettrica nazionale ed anche titolare della concessione delle attività di trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica nel territorio nazionale;
   il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto n. 239/EL-77/146/2011, emanato il 21 giugno 2011 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 100 parte seconda del 30 agosto 2011, ha autorizzato in via definitiva la TERNA alla costruzione e l'esercizio dell'intervento denominato «Elettrodotto a 380 kV Benevento II-Foggia ed opere connesse», nei comuni di Benevento, Castelpoto, Pietrelcina, Paduli, San Giorgio la Molara, Buonalbergo, Ginestra degli Schiavoni, Castelfranco in Miscano, in provincia di Benevento, Casalbore, Montecalvo Irpino, Ariano Irpino, Greci, in provincia di Avellino e Faeto, Celle San Vito, Troia, Lucera e Foggia in provincia di Foggia;
   il nuovo elettrodotto induce campi elettrici e magnetici, questi ultimi classificati dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel gruppo 2B e che costituiscono, pertanto, possibile agente cancerogeno umano, con grado di pericolosità elevata per la salute dell'uomo, soprattutto se si tiene conto che le valutazioni di impatto sulla salute considerate per la concessione delle autorizzazioni di impatto ambientale non tengono nel dovuto conto della sommatoria di induzione elettromagnetica che i nuovi elettrodotti vanno a produrre in alcuni punti del tracciato, dove permangono altri elettrodotti che non verranno eliminati;
   il citato decreto autorizzativo stabilisce espressamente all'articolo 1 ultima alinea (pagina 11) «Il predetto progetto prevede, inoltre, la demolizione dell'esistente elettrodotto a 380 kV “Benevento II-Foggia” per complessivi km 78,2, nel tratto compreso tra la stazione elettrica Benevento II ed il sostegno n. 80 dell'elettrodotto “Candela-Foggia” come sopra richiamato non appena sarà entrato in esercizio il nuovo collegamento ....»;
   i lavori di costruzione del nuovo elettrodotto hanno avuto inizio nel luglio 2012;
   con avviso di TERNA affisso nei comuni interessati è stata data comunicazione dell'energizzazione 2014 del nuovo elettrodotto per il giorno 29 giugno 2014, cosa puntualmente avvenuta;
   l'attuale assetto dell'elettrodotto, però, è costituito fino alle porte del territorio di Benevento dalla nuova linea, mentre nel territorio comunale di Benevento, in particolare il tratto di collegamento delle nuova linea alla stazione elettrica denominata Benevento II, è costituito dall'attuale elettrodotto, di cui ne è previsto lo smantellamento, su cui si operato un potenziamento, venendosi così a configurare di fatto a giudizio dell'interrogante un assetto della infrastruttura elettrica diverso da quello autorizzato;
   il potenziamento della linea elettrica esistente atto a sopportare maggiori carichi elettrici, riflette conseguentemente maggiori valori dei campi elettrici e magnetici rispetto a quelli esistenti per cui, come si evince da notizie ripetutamente apparse sulla stampa e trasmesse da enti televisivi locali e nazionali, l'energizzazione della linea ha dato vita a forti proteste da parte di comitati spontanei di cittadini i quali ritengono che l'attuale assetto della linea sia pericoloso per la salute pubblica;
   l'articolo 4, comma 5 del decreto autorizzativo, stabilisce che prima della messa in esercizio la Terna deve fornire alle amministrazioni autorizzanti apposita certificazione attestante il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003;
   dei suddetti adempimenti TERNA deve fornire apposita dettagliata relazione;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla verifica della conformità delle opere al progetto autorizzato, sulla base delle vigenti normative di settore –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti indicati in premessa e se intendano intervenire con urgenza per salvaguardare la salute dei suoi cittadini, verificando, per quanto di competenza, la conformità del nuovo assetto dell'elettrodotto Benevento II-Foggia al decreto autorizzativo. (4-05543)


   PARENTELA, NESCI, DIENI, GALLINELLA, BUSTO, DAGA, GAGNARLI, L'ABBATE, SEGONI, MASSIMILIANO BERNINI, BARBANTI e TOFALO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 1998, considerata la situazione di assoluta gravità della depurazione delle acque reflue in Calabria, la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva dichiarato lo stato di emergenza anche nel settore delle acque reflue, dopo averlo già fatto per quello dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, con ordinanza Presidenza del Consiglio dei ministri n. 2696 del 21 ottobre 1997;
   oggi, secondo il rapporto «Depurazione in Calabria: Tempo (quasi) scaduto» realizzato da Legambiente, Cittadinanzattiva e Unione nazionale dei consumatori rivela che in Calabria sono 18 gli agglomerati, che comprendono circa 90 comuni della regione, sotto procedura di infrazione dell'Unione europea perché non hanno adeguati sistemi fognari, non garantiscono un efficace sistema di depurazione o non tengono in considerazione il dimensionamento degli impianti e delle variazioni di carico legate ai flussi turistici, soprattutto nei mesi estivi;
   secondo l'ultimo censimento dell'Istat sullo stato del servizio a livello nazionale, in Calabria la provincia che ha la peggiore copertura dal servizio di depurazione è Vibo Valentia con solo il 40,9 per cento di abitanti serviti da un sistema di depurazione di tipo secondario o terziario; segue Cosenza con il 44,3 per cento e Reggio Calabria con il 48,2 per cento;
   nel 2012 l'Arpacal ha eseguito 316 controlli su 126 depuratori su un totale di oltre 700 impianti presenti in tutta la regione. In provincia di Reggio Calabria nel 2012 su 65 controlli eseguiti (31 depuratori di 25 comuni) solo il 28 per cento è risultato conforme;
   anche il quadro della depurazione calabrese che emerge dalla «Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Calabria» della Commissione parlamentare di inchiesta, approvata nel maggio 2011, è molto critico e denuncia la grave situazione in cui versano gli impianti, dai depuratori di Gioia Tauro, di Lamezia Terme e del crotonese, alle fiumare calabre in cui i NOE hanno riscontrato diversi scarichi abusivi e l'inquinamento del litorale tirrenico. Inoltre, nel vibonese è emerso il mancato allaccio ai depuratori. Tutto questo nonostante vi sia stato un commissariamento dal 1998 al 2008 per l'emergenza ambientale;
   al primo gennaio 2016 scatteranno le sanzioni che l'Unione europea ha comminato all'Italia, con sentenza definitiva, per non aver costruito sistemi di depurazione adeguati. I comuni calabresi coinvolti dalle sanzioni sarebbero 90. Le multe saranno salate, una quota una tantum da pagare immediatamente, calcolata sulla base del prodotto interno lordo nazionale e che potrebbe essere di quasi 10 milioni euro, e una ammenda giornaliera, calcolata sulla base della mora tra la data di messa in regola e la data di esecutività della sentenza, che potrebbe andare da 11 mila a 700 mila euro al giorno. Un salasso che sembra inevitabile, considerando che città ed aggregati urbani messi sotto accusa dall'Unione a causa del sistema fognario inadeguato sono oltre 800 in tutto il Paese. La situazione più critica è nel Mezzogiorno dove non sono in regola città come Agrigento, Avellino, Benevento, Campobasso, Crotone, Isernia, Napoli, Reggio Calabria e Salerno. Nel centro, tra le città sotto accusa ci sono Chieti e Piombino, mentre al Nord Ventimiglia, Sanremo e Genova coprono praticamente tutto l'arco del golfo. A Est, Vicenza e Monfalcone;
   a Roma, in data 9 luglio 2014, come riportato da fonti stampa, si è tenuta una riunione tecnica a palazzo Chigi presso la sede della struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei ministri contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche.
  Sempre secondo fonti stampa i lavori sono stati coordinati dal capo della struttura Erasmo D'Angelis e dal direttore Mauro Grassi a cui hanno partecipato anche la presidente facente funzioni della regione Calabria, Antonella Stasi, i rappresentati dei Ministeri, della protezione civile nazionale e delle diverse strutture anche locali competenti.
  Sul fronte della depurazione delle acque si sarebbero avviate le verifiche sulle difficoltà riscontrate nella realizzazione degli impianti che, solo una volta progettati e realizzati, consentirebbero all'Italia con diversi step, di ridurre le sanzioni attualmente previste dalla procedura d'infrazione che l'Unione europea ha aperto per il mancato rispetto della normativa sul trattamento delle acque;
   quanto disposto dall'articolo 155 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale afferma chiaramente che «Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato all'Autorità d'ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito», appare grave a parere degli interroganti, che tali interventi di fognatura e depurazione in molti comuni tuttora non siano stati effettuati;
   numerose sono le segnalazioni in Calabria che ogni giorno arrivano da molti i bagnanti e turisti in questo periodo estivo i quali denunciano sia sul versante jonico che tirrenico la presenza di schiuma in mare, macchie nere galleggianti e liquami di ogni tipo. La Guardia costiera è impegnata in questi giorni a rispondere a centinaia di segnalazioni dei cittadini ed a prelevare campioni al fine di esaminarli;
   da notizie stampa, proprio in questi giorni è emerso che sei depuratori sono stati sequestrati dal personale della guardia costiera di Vibo Valentia nel corso di controlli compiuti in provincia di Catanzaro. Il sequestro è stato disposto dal sostituto procuratore di Lamezia Terme, Santo Melidona. I depuratori sequestrati sono quelli di Nocera Terinese, San Pietro a Maida ed i quattro impianti di Serrastretta. Nel corso dei controlli è emerso il malfunzionamento dei depuratori, con problemi relativi allo smaltimento dei fanghi;
   la procura di Castrovillari ha sottoposto a sequestro penale preventivo l'impianto di depurazione del comune di Mirto Crosia, sito in località Pantano Martucci in quanto è stato accertato il cattivo funzionamento del sistema di depurazione delle acque, anche a causa di problemi riscontrati alle vasche di sedimentazione e al sistema di clorazione, ovvero alla parte finale del ciclo depurativo;
   l'ultima inchiesta portata a termine dagli uomini del Corpo forestale dello Stato mette nuovamente in luce la cattiva gestione in otto comuni dello Jonio Cosentino (Corigliano, Bocchigliero, Caloveto, Rossano, Campana, Terravecchia, Longobucco e Paludi) sono infatti stati trovati depuratori mal funzionanti, il che ha portato all'emissione di 27 avvisi di garanzia. Quello che maggiormente stupisce, a parere degli interroganti, è che l'inchiesta segue quella dello scorso anno denominata «Calipso» e che questi nuovi avvisi di garanzia si aggiungono a quelli emanati in quell'occasione quando i militari diedero delle precise prescrizioni agli amministratori pubblici che puntualmente sono state disattese;
   le indagini della procura della Repubblica continuano anche per l'impianto di depurazione del Corace a Catanzaro, dove si effettuavano operazioni poco corrette con lo smaltimento abusivo di fanghi dalle vasche direttamente nel fiume Corace;
   tutto ciò a parere degli interroganti provoca un impatto sul territorio negativo in termini ambientali, salutari, turistici ed economici –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per affrontare il grave problema per la salute e per l'ambiente messo in evidenza dal ricorso presentato dalla Commissione europea contro l'Italia relativamente al trattamento delle acque reflue urbane al fine di scongiurare l'avvio una nuova procedura d'infrazione, che potrebbe comportare per lo Stato italiano l'applicazione in caso di condanna di sanzioni pecuniarie;
   se intenda chiarire dettagliatamente quale piano programmatico si è delineato nell'ambito della riunione tecnica svolta a Palazzo Chigi insieme ai funzionari della regione Calabria;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, considerata la grave situazione in cui versano gli impianti di depurazione e i numerosi scarichi abusivi scoperti da privati cittadini e dal NOE in Calabria;
   se non ritenga opportuno promuovere diverse e precise ispezioni del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente per controllare la regolarità sullo smaltimento dei fanghi derivanti dai depuratori;
   se risulti agli atti quali provvedimenti adottò, allora, il commissario delegato e per quali motivi non siano emersi miglioramenti;
   se non ritenga urgente rafforzare le politiche ambientali per la tutela e la gestione sostenibile delle risorse idriche attraverso il monitoraggio, la valutazione dello stato, la definizione degli obiettivi e infine il programma di misure da attuare;
   se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per stabilire in sede europea che le spese per interventi di messa a norma degli impianti di depurazione non siano sottoposte alle norme relative al patto di stabilità. (4-05552)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RAMPI, MANZI, PICCOLI NARDELLI, GHIZZONI e BRAY. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con decreto direttoriale 14 luglio del 2008 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha indetto un concorso pubblico per 397 posti per «Assistente alla vigilanza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico» i cui vincitori sono stati assunti nell'arco del 2010 con inquadramento nell'Area II, fascia retributiva 3: nonostante al profilo in oggetto corrisponda un mansionario molto articolato e complesso, prospettato sin dal 2008, poi definito e ampliato nella declaratoria approvata dall'Aran il 20 dicembre 2010, e successivamente modificata con accordo del 3 ottobre 2011 (che ha modificato anche il nome del profilo in «Assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza»), allo stato attuale la maggior parte degli appartenenti al profilo sono impiegati con mansioni di mera vigilanza del tutto sovrapponibili a quelle dell'operatore alla vigilanza (Area II, fascia retributiva F1);
   la descritta situazione è causa di demansionamento per gli appartenenti al profilo Assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza, in parte già accertato in sede giurisdizionale in giudizi relativi al personale ex-ATM, da considerarsi assimilabile al personale AFAV poiché confluito nel 2010 nel medesimo profilo (sentenza n. 3685/08 del tribunale ordinario di Firenze e relativo appello n. 396/14, sentenza n. 5341/12 della corte d'appello ai Napoli). Il perdurare di questo stato di cose espone il Ministero ad ulteriori ricorsi per demansionamento;
   le mansioni presenti nel profilo Assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza hanno un'importanza notevole per il normale funzionamento delle soprintendenze e dei musei, andando dalle «attività di accoglienza e orientamento al pubblico attraverso la gestione del front office, fornendo informazioni, anche in lingua straniera», compreso «attività di organizzazione e svolgimento di visite guidate anche in lingua straniera», fino alle collaborazioni con la III Area, che comprendono attività «di natura didattica e divulgativa, con la predisposizione di testi, percorsi, laboratori, predisposizione di mostre, iniziative editoriali, eventi e progetti di promozione, di valorizzazione e di educazione al patrimonio; definizione di modalità e predisposizione di strumenti per la documentazione, la rilevazione statistica, l'accertamento del gradimento, la verifica e la valutazione dei servizi offerti; attività di conoscenza e documentazione del patrimonio, inventariazione e catalogazione»;
   attualmente risulta che le mansioni relative al profilo AFAV siano in alcuni casi affidate a concessionari esterni, in altri siano affidati con incarichi a personale esterno selezionato tramite bandi specifici. Nonostante tali bandi abbiano quasi sempre riguardato mansioni esigibili dal profilo in oggetto, come titolo è sempre stato richiesto il diploma di laurea, evitando in tal modo di diramare gli interpelli al personale, ignorando colpevolmente il fatto che molti fossero in possesso dei titoli richiesti e quindi in violazione dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nella parte in cui prevede che «per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa», ma solo in presenza di alcuni presupposti di legittimità, fra cui l’«avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno» –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire che il proprio personale sia adibito alle mansioni per le quali è stato selezionato e che tutte le risorse interne siano adeguatamente valorizzate. (5-03228)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILOZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Certosa di Trisulti è un monastero benedettino sito nel comune di Collepardo, in provincia di Frosinone;
   l'attuale complesso monumentale, dichiarato Monumento nazionale sin dal 1873 e di competenza del demanio, fu costruito nel 1204 costituendo nei secoli uno dei centri più importanti della cristianità medievale e rinascimentale;
   al suo interno, la Certosa conserva testimonianze storiche, architettoniche e artistiche di altissimo rilievo, come l'antica farmacia, gli affreschi della Chiesa e l'antico chiostro e la biblioteca;
   oggi la Certosa ospita solamente 3-4 monaci cistercensi ai quali, unitamente al personale ministeriale che gestisce la biblioteca, è di fatto demandato il compito di aprire ai visitatori la Certosa;
   l'intero complesso, nonostante la completa assenza di politiche volte a sviluppare i flussi turistici nazionali e internazionali, ospita annualmente circa 100.000 turisti da tutto il mondo che accorrono ad ammirare la maestosità e la bellezza della struttura e dei magnifici luoghi che la circondano;
   oggi però, la struttura della Certosa, nonostante alcuni recenti interventi di recupero degli edifici di culto, necessita di importanti interventi di restauro conservativo per evitare che, nel breve volgere di qualche anno, intere parti del complesso possano subire danni molto gravi;
   l'assenza di manutenzione ordinaria, di personale in grado di gestire la quotidianità della struttura, la riduzione del numero dei monaci presenti, che in questi secoli ne hanno comunque garantito la manutenzione e la valorizzazione, sono fattori che rischiano di portare la Certosa ad un rapido deterioramento delle sue strutture;
   inoltre, la grandiosità e l'importanza del complesso meriterebbero una maggiore valorizzazione turistica dello stesso che, in un territorio devastato da una profonda crisi economica e sociale oramai pluriennale, costituirebbe una importante occasione di crescita economica e occupazionale –:
   se non ritenga opportuno pianificare e realizzare interventi urgenti di restauro conservativo del Monumento nazionale Certosa di Trisulti a Collepardo, in provincia di Frosinone;
   se non intenda elaborare, di concerto con le istituzioni locali, un piano per la valorizzazione turistica della Certosa di Trisulti che possa contribuire e alla conservazione del Monumento naturale e alla crescita economica e occupazionale dell'intero territorio. (4-05533)


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Movimento Unidos Sardegna ha avviato una campagna denominata #SOSGigantes a sostegno della piena valorizzazione dei Giganti di Mont ’e Prama e del compendio archeologico che ne custodisce i segreti più antichi;
   i Giganti di Mont ’e Prama sono sculture nuragiche di un'imponenza straordinaria sia sul piano archeologico che storico;
   le gigantesche statue sono state trovate spezzate in numerosi frammenti, casualmente in un campo nel marzo del 1974 in località Mont ’e Prama, a Cabras, nella Sardegna centro-occidentale;
   si tratta di statue scolpite in arenaria gessosa locale e la loro altezza varia tra i 2 e i 2,5 metri;
   dopo quattro campagne di scavo effettuate fra il 1975 e il 1979, i 5.178 frammenti rinvenuti – tra i quali 15 teste, 27 busti, 176 frammenti di braccia, 143 frammenti di gambe, 784 frammenti di scudo – vennero custoditi nei magazzini del Museo archeologico nazionale di Cagliari per trent'anni, mentre alcune tra le parti più importanti furono esposte nello stesso museo;
   insieme a statue e modelli di nuraghe furono ritrovati anche diversi betili in genere pertinenti a una o più tombe dei giganti;
   le statue sono state ricomposte nel Centro di restauro e conservazione dei beni culturali di Li Punti a Sassari;
   le sculture ricomposte sono risultate in totale trentotto, suddivise in cinque arcieri, quattro guerrieri, sedici pugilatori, tredici modelli di nuraghe;
   la datazione dei Kolossoi – nome con il quale li chiamava l'archeologo Giovanni Lilliu – oscilla dall'VIII secolo a.C. al IX o addirittura al X secolo a.C., ipotesi che potrebbero farne fra le più antiche statue del bacino mediterraneo, in quanto antecedenti ai kouroi della Grecia antica, dopo le sculture egizie;
   il 5 maggio 2014, 35 anni dopo, è stata avviata una nuova campagna di scavi;
   nell'area oggetto dell'attuale campagna di scavi, coordinata dal professor Momo Zucca, vi sono prospettive straordinarie per restituire alla conoscenza archeologica e non solo un giacimento monumentale unico nel suo genere;
   le università di Cagliari e Sassari con le soprintendenze hanno, infatti, fatto precedere l'intervento diretto di scavo con un esame del sottosuolo con un mezzo all'avanguardia che ha già dato i suoi frutti nelle campagne condotte a Santa Maria di Neapolis a Terralba;
   un’équipe del laboratorio di geofisica ambientale del dipartimento della facoltà di Ingegneria civile, ambientale e di architettura dell'università di Cagliari guidata dal professor Gaetano Ranieri avrebbe rilevato migliaia di potenziali reperti archeologici esterni alla natura dei suoli;
   l'università di Cagliari dispone di un'apparecchiatura modernissima, fatta di sedici georadar, posizionati a una distanza di dodici centimetri l'uno dall'altro che vengono trascinati ad una velocità mai superiore ai venti chilometri orari;
   una strumentazione che permette di esaminare il sottosuolo da una profondità che va dai cinquanta ai centottanta centimetri;
   tale strumentazione è in grado di rilevare le anomalie nel sottosuolo, ovvero elementi che non risultano componenti naturali del terreno;
   nella zona di Mont ’e Prama, sarebbero state rilevate ben 56mila «anomalie»;
   si tratterebbe di pietre di dimensioni superiori a quelle che si dovrebbero trovare in quell'ambiente con un diametro che supera i quindici centimetri e quindi come tali non «naturali»;
   in quell'area, secondo alcune riflessioni, potrebbe essere individuato il più grande santuario dell'isola di epoca tardo nuragica;
   nel 2010 il Ministro dei beni culturali, su sollecitazione dell'interrogante, decise uno stanziamento rilevante per la valorizzazione dei giganti di Mont ’e Prama definendo un protocollo d'intesa che prevedeva la promozione di un vero e proprio compendio archeologico unitario nell'area del Sinis;
   gli stanziamenti esistenti risultano in fase d'esaurimento e il rischio è che dopo l'apertura della nuova campagna di scavi, che ha consentito già importanti scoperte, si debbano fermare gli scavi nella collina dei giganti di Mont ’e Prama causando un danno gravissimo sia sul piano archeologico, sia per quanto riguarda la sicurezza del sito;
   interrompere gli scavi sarebbe una follia per la storia e per il futuro;
   ora che l'area è sotto gli occhi di tutti sarebbe un delitto per la civiltà nuragica lasciarla in balia di ogni genere di pericoli;
   lo Stato deve immediatamente intervenire con risorse importanti per rilanciare su larga scala una grande campagna di ricerca che consenta di portare alla luce quel grande scrigno della civiltà nuragica nelle colline del Sinis;
   il potenziale di quell'area è straordinario e il rischio che tra due mesi si fermino gli scavi è assolutamente inaccettabile;
   in questo quadro lo Stato che guarda solo a Pompei e Colosseo deve attuare il progetto di musealizzazione all'aperto di quell'area che consenta anche con le nuove tecniche digitali e virtuali di far rinascere in quel contesto il più grande museo a cielo aperto della civiltà nuragica;
   tutti i presupposti di quell'area indicano il Sinis come un vero e proprio giacimento di tesori e tutto questo deve vedere la luce in tempi rapidi e senza ulteriori ritardi;
   servono finanziamenti immediati per non abbandonare il cantiere nemmeno un giorno e non sottoporre il sito a rischi di depredazione gravissimi per la ricerca archeologica;
   occorre un investimento rilevante che possa far proseguire il lavoro iniziato e portare alla luce quel grande patrimonio legato alle orme dei giganti di Mont ’e Prama;
   occorre acquistare le aree private e consentire che nessuno possa rivendicare il premio di rinvenimento che sostanzialmente impedisce per mancanza di fondi di attivare nuovi scavi in un'area con un fronte di oltre 100 metri dove sono stati percepiti nuovi straordinari ritrovamenti attraverso i rilievi geofisici;
   l’équipe del laboratorio di geofisica ambientale del dipartimento della facoltà di ingegneria civile, ambientale e di architettura dell'università di Cagliari insieme agli archeologi hanno messo in condizioni quell'area di essere scoperta in tutta la sua vastità e grandezza archeologica;
   oltre all'esame scientifico del sottosuolo devono essere consentite nuove valutazioni sull'intero paesaggio dell'area;
   gli archeologi sostengono che una necropoli non giustifichi statue di dimensioni pari a quelle già trovate a conferma che la Sardegna era una terra di uno straordinario livello culturale con notevoli risorse e proponevano politiche di scambio a livello internazionale;
   con queste ricerche viene riconosciuto il ruolo fondamentale della Sardegna nella storia del Mediterraneo di quel periodo storico;
   per questo motivo servono risorse importanti e urgenti per far rinascere la straordinaria storia che riguarda l'intero Mediterraneo e può diventare una grande fonte di attrazione economica e turistica –:
   se non ritenga di dover stanziare urgenti risorse al fine di non interrompere la campagna di scavi avviata nel maggio scorso e consentire la completa introspezione dell'area oggetto degli studi;
   se non ritenga di dover sostenere l’équipe archeologiche già impegnate in quell'area per proseguire negli studi e nelle ricerche per giungere nel più breve tempo possibile alle verifiche necessarie per valorizzare l'intero compendio;
   se non ritenga di dover dar seguito agli impegni già sottoscritti al fine di promuovere e valorizzare un progetto complessivo di musealizzazione all'aperto che possa fare dell'area una grande attrattiva nel cuore del Mediterraneo;
   se non ritenga di dover disporre l'acquisizione dell'intero compendio proprio per evitare che vengano eventualmente avanzate richieste di premi di rinvenimento che risultano vietati per mancanza di copertura di fondi. (4-05541)


   BECHIS e BARBANTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   è inaccettabile che nel 2009 con il contributo straordinario di 5.550.000 euro all'Università di Torino, abbia riaperto i battenti il Museo di Antropologia criminale «Cesare Lombroso», il quale espone un percorso museale di ben 904 teschi con taglio fronte-occipitale e di maschere di orribile fattura;
   i poveri resti umani esposti, nel suddetto macabro ed inutile museo, sono sezionati, misurati ed etichettati con nome e cognome e luogo di nascita, al fine di dimostrare che le assurde teorie sulle caratteristiche fisiognomiche ed antropometriche del «nato delinquente» sono scientificamente prive di qualsiasi fondamento. Il tutto è corredato da ipocriti pannelli informativi i quali inneggiano al rispetto, all'antirazzismo e spiegano che tutte le teorie esposte nel museo sono una burla;
   alla base delle stralunate teorie lombrosiane vi è la fossetta del Lombroso, che come è evidenziato da autorevoli studi, è caratteristica di una conformazione cranica molto comune in larga parte del mondo, tuttavia il Lombroso la attribuiva specialmente agli italiani nati nelle regioni meridionali evidenziando un «razzismo scientifico» che ha costituito la piattaforma ideologica di successive derive, come quelle sviluppate da Alfred Rosenberg, l'ideologo nazista della superiorità della razza ariana;
   Cesare Lombroso quando morì, sottoposto ad autopsia dal suo collega Foà, secondo le «autorevoli teorie lombrosiane» sarebbe risultato affetto da cretinismo perpetuo;
   gli interroganti ritengono fondamentale il mantenimento di una memoria storica onesta, oggettiva e in continuo aggiornamento sia nell'esposizione sia nella ricerca della verità storica;
   la rispettosa esposizione di una mummia in un museo ha un valore educativo consolidato, l'esposizione delle reliquie ha un profondo valore religioso, l'uso di anonimi resti umani nella divulgazione del sapere scientifico è comunemente accettato dalla morale, mentre esporre al pubblico ludibrio resti di esseri umani con tanto di nome, cognome e date di nascita e morte al solo scopo di dimostrare la falsità di una teoria fanta-scientifica quale quella formulata illo tempore da Cesare Lombroso è irrispettoso e razzista;
   una recente sentenza storica è stata emessa il 5 ottobre del 2012 dal giudice Gustavo Danise del tribunale di Lamezia Terme: il museo «Lombroso» di Torino dovrà, infatti, restituire il cranio del brigante Villella al comune di Motta S. Lucia;
   gli interroganti si ritengono profondamente offesi nella propria morale nel sapere che il Museo di antropologia criminale «Cesare Lombroso» esista e che sia stato finanziato con i soldi dei cittadini compresi quelli dei contribuenti calabresi, principali vittime del «razzismo scientifico» del Lombroso;
   occorre perseguire tali forme di ignoranza, violenza, discriminazione e razzismo evitando l'incivile rituale che conduce nel Museo all'osservazione di spoglie trattenute inutilmente, irregolarmente, fuori da ogni logica scientifica e in gratuito oltraggio;
   quelle teche, colme di poveri resti umani, rappresentano la prova dell'efferatezza umana verso spoglie che meritano rispetto –:
   se il Ministro interrogato, non ritenga necessario, nel doveroso sentimento di pietas verso i defunti e nel rispetto della normativa di questa materia, restituire a eventuali eredi o al Paese di provenienza, i reperti dell'irrituale Museo Lombroso di Torino riproposti all'attenzione della comunità nazionale e internazionale.
(4-05550)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Il maresciallo dei Carabinieri Saverio Masi, capo scorta del giudice Nino Di Matteo, è stato interessato da un processo per tentata truffa e per falso materiale per una sanzione stradale di 106 euro subita mentre era in servizio;
   il giudice Nino Di Matteo è noto per essere un magistrato che indaga sulla nefasta trattativa Stato-Mafia che, pare, fu causa delle stragi del 1992. Quindi, come magistrato esposto in prima linea, si suppone debba avere il massimo della collaborazione e del supporto da parte di tutte le istituzioni, a partire da quelle interrogate con il presente atto;
   fermo restando gli sviluppi assolutamente insindacabili del processo in corso per il maresciallo Saverio Masi, resta fondamentale comprendere se il citato Masi gode ancora della assoluta fiducia del giudice Nino Di Matteo e, nel caso, se sia utile per la stessa attività di indagine del magistrato citato; in tal caso sarebbe più che opportuna, a meno che non esistano altri fatti gravi non a conoscenza dello scrivente, l'assegnazione del maresciallo ad un reparto ove possa essere utilizzato per esperire attività di indagine oltre ad esplicare l'attività di capo-scorta –:
   quali iniziative si intendono intraprendere in relazione alla situazione riportata in premessa. (4-05539)


   PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'ex base USAF sita in località Limbara nel comune di Tempio Pausania, provincia di Olbia Tempio, risulta costituita da due cespiti demaniali denominati rispettivamente Monte Limbara Captazione Sorgenti (codice id 3634) e base Usaf (codice id 2866);
   i siti in argomento risulterebbero dismessi definitivamente all'amministrazione finanziaria dello Stato con verbale n. 5343/09 e contestualmente transitati alla regione Sardegna con verbale 5344/09 del 23 marzo 2009;
   con l'avvento delle comunicazioni satellitari la base militare venne dismessa;
   l'ultimo utilizzo della base del Monte Limbara risulta essere legato alla prima guerra del Golfo, quindi nei primi anni 90;
   nel 1993 la base è stata definitivamente dismessa per transitare nella disponibilità del Ministero della difesa italiano, quindi all'aeronautica militare e infine, ma senza certezza dell'atto finale e definitivo – nel 2008 – alla regione Sardegna:
   lo scenario che si presenta in un delle vette più importanti della Sardegna è di abbandono, degrado e disastro ambientale;
   si è consumata in quell'area l'ennesima rappresentazione di una Sardegna «usa e getta»;
   il risultato agli occhi di quei pochi che hanno potuto accedere su quel compendio è evidente: dopo le basi militari solo degrado e abbandono;
   si tratta di un disastro ambientale a 1.200 metri di quota con una base militare americana nascosta ai più nelle vette del Monte Limbara, a due passi da sorgenti e patrimonio naturalistico incomparabile;
   si tratta di un luogo fantascientifico abbandonato a se stesso, come se dopo la guerra fredda gli americani fossero scappati da quel luogo esclusivo dove avevano piazzato una delle basi strategiche per il controllo e il presidio aeronautico del Mediterraneo;
   si rileva uno stato di degrado assoluto con ogni genere di materiale inquinante, oli combustibili e un affronto alla natura senza precedenti;
   si configura una vera e propria aggressione all'ambiente con migliaia di metri cubi di volumetrie piazzate nelle vette più alte della Sardegna e con parabole di grandezza ciclopica per controllare giorno e notte i movimenti nell'area più a rischio del medio oriente;
   tutto questo è di una gravità inaudita perché nel 1993 quando gli americani hanno lasciato le cime del Limbara hanno lasciato tutto senza procedere né al ripristino dei luoghi né tantomeno alla loro bonifica;
   il  passaggio di quell'area, preannunciato nel 2008 tra lo Stato e la regione Sardegna, deve essere rivisto e se ancora non definito, bloccato;
   gli Usa, a giudizio dell'interrogante, deve pagare il ripristino di quell'area;
   chi inquina paga e non si può accettare un assalto così grave al patrimonio ambientale senza che nessuno faccia niente per evitarlo;
   prima di qualsiasi trasferimento di quella base alla regione sarda doveva essere definito l'ammontare delle bonifiche e del ripristino dell'area;
   nel 2008 tra il commissario per il G8 e l'allora presidente della regione ci fu solo una pre-intesa, ma non fu definito il passaggio successivo;
   è probabile che quegli atti siano rimasti incompleti o indefiniti;
   per questo motivo se non sono stati portati a compimento occorre bloccarli per chiedere il congruo risarcimento agli Stati Uniti;
   qualora il passaggio fosse stato definito occorre, invece, rimetterlo in discussione anche sul piano giudiziario, perché risulta palese l'omissione della riparazione del danno ambientale;
   tutto questo è di una gravità inaudita perché conferma la tesi di un atteggiamento verso la Sardegna da «Usa e getta» che non può essere accettato in alcun modo;
   i quattro ettari della base dismessa risultano far parte di un contingente di beni per il quale era previsto il passaggio nell'ambito del G8, ma che non risulta essere formalizzato;
   nell'elenco di quel patrimonio c'era appunto quella base americana, ma nessuno si occupò di valutare danni e costi di bonifica;
   i costi di bonifica e ripristino sono esorbitanti e nessuno può far salvo il Governo degli Usa da questo costo;
   del resto il compendio risulta di fatto dar luogo a un vero e proprio disastro ambientale con sei parabole, due cisterne, prefabbricati in amianto, una centrale elettrica, la sala delle teletrasmissioni e rifiuti speciali piombo, acidi e lana di vetro;
   l’ex base della Us Air Force è ad avviso dell'interrogante una mortificazione senza precedenti che va rimossa a carico di chi ha provocato questa aggressione così temeraria al patrimonio naturalistico della Sardegna;
   esistono da tempo denunce e progetti portati avanti dal comitato Sos Laribiancos, un gruppo di persone interessate al territorio che hanno ripetutamente avanzato soluzioni per l'eliminazione di quel disastro ambientale –:
   se sia stato definito il passaggio patrimoniale alla regione Sardegna e a quali condizioni;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del disastro ambientale della zona del monte Limbara e se il Governo abbia mai avanzato richiesta di risarcimento danni all'amministrazione americana;
   se e come intenda procedere il Governo per il ripristino e la piena bonifica dell'area della base americana. (4-05544)


   BASILIO, ARTINI, CORDA, RIZZO, FRUSONE, PAOLO BERNINI e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato da alcune agenzie di stampa, diverse donne appartenenti alle forze armate sono rimaste vittime di mobbing e di violenze sessuali da parte di superiori o di colleghi;
   alcune di queste violenze non sono state neppure ritenute tali dai tribunali militari, in quanto il delitto avvenuto in caserma non è stato considerato connesso all'attività di servizio, ovvero non rientrante nelle cause di servizio come disciplinato dall'articolo 199 del codice dell'ordinamento militare. Il suddetto articolo difatti consente di escludere il reato quando il fatto non è collegato all'attività di servizio e allo sfruttamento della gerarchia;
   la relazione sullo stato della disciplina militare e dell'organizzazione delle forze armate dell'anno 2012, afferma che dal 1o gennaio 2011 al 31 dicembre 2011 sono stati rilevati 12 casi riconducibili alla fattispecie delle molestie sessuali contro i 5 casi riscontrati nel 2010;
   il crescente numero di donne arruolate nelle forze armate rappresenta una risorsa importante ed essenziale per il conseguimento di specifici obiettivi –:
   se lo Stato Maggiore della difesa abbia diramato la nuova direttiva in materia di parità di trattamento, rapporti interpersonali, tutela della famiglia e della genitorialità come predisposto dalla Relazione sullo stato della disciplina militare e dell'organizzazione delle forze armate, anno 2012;
   quanti siano gli episodi in cui sono stati riscontrati reati o comportamenti discriminatori nei confronti delle donne in servizio nelle Forze armate. (4-05554)


   CRISTIAN IANNUZZI, BARBANTI, GRANDE, MASSIMILIANO BERNINI e RIZZO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Gaeta è una città antica e dalle grandi tradizioni storiche che ha rappresentato per secoli una posizione strategico-militare di importante rilievo. Ad oggi sono presenti sul territorio numerose caserme ed ex officine militari le cui strutture sono quasi tutte dismesse ed abbandonate. Molte di queste costruzioni sono risalenti ai secoli scorsi;
   all'incuria del tempo si sono aggiunti gli atti sconsiderati da parte di coloro che hanno ulteriormente saccheggiato e deturpato il patrimonio storico presente in quelle proprietà demaniali, che, interdette per molto tempo alla collettività, non hanno potuto ricevere quella cura e quella attenzione che le avrebbe potuto preservare e salvaguardare dalla rovina;
   tra i moltissimi beni demaniali che a Gaeta sono in stato di abbandono e degrado compaiono: la Casa Tosti ed il cortile retrostante, la Casina dell'ex Villa Reale, l'edificio della Gran Guardia, il Torrione Francese, la Caserma Cialdini, la Caserma Gattola ed il Forte Emilio Savio;
   l'amministrazione comunale di Gaeta precedente a quella attuale elaborò un programma di ristrutturazioni e di utilizzazioni di tali beni tenendo conto della vocazione e delle esigenze della città e della sua popolazione. La stessa amministrazione comunale, inoltre, considerato che per il recupero e la sistemazione di gran parte dei suddetti beni si sarebbe vista obbligata a far fronte alla necessità di trovare i fondi attraverso non solo i canali istituzionali, ma anche attraverso forme di finanziamento europeo e privato, aveva allacciato stretti rapporti con l'ATER di Latina per la realizzazione di diversi alloggi di «edilizia convenzionata» in varie strutture di quelle sopraindicate. Ciò, soprattutto in considerazione del fatto che a causa delle gravissime carenze abitative lamentate nella città di Gaeta e per i conseguenti alti prezzi delle locazioni, circa 6 mila cittadini gaetani si sono visti costretti ad emigrare nei comuni circostanti. L'ATER di Latina, ritenendo degne di apprezzamento le proposte dell'amministrazione comunale dell'epoca, dichiarò la sua disponibilità a realizzare un piano di realizzazione di edilizia per il soddisfacimento delle esigenze della cittadinanza di Gaeta;
   oltre alla realizzazione di alloggi per il soddisfacimento delle esigenze dei cittadini gaetani e dell'intero territorio, il recupero e l'utilizzo di tutti i beni demaniali oggi abbandonati ed in rovina potrebbero dar vita, attraverso un concorso di idee, ad un imponente programma di attività di natura soprattutto culturale e turistica tale da poter soddisfare anche le esigenze lavorative non solo della città di Gaeta ma anche dell'area ad essa circostante con la creazione di centinaia di posti di lavoro –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti, come esposti in premessa;
   se intendano adottare un'iniziativa volta al trasferimento al comune di Gaeta di tutti quei beni del demanio militare ormai in stato di decadenza e di abbandono;
   se i Ministri intendano da ultimo istituire, tramite gli uffici territorialmente competenti, un tavolo istituzionale con l'amministrazione comunale, con il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni, per valutare la destinazione più idonea dei beni in questione. (4-05559)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la norma, recentemente introdotta, sull'obbligatorietà del POS sta creando notevoli disagi a commercianti, artigiani e liberi professionisti, in quanto i costi di installazione e gestione incidono in maniera molto significativa sul fatturato e risultano, in ogni caso, proibitivi per molti piccoli e medi imprenditori, come denunciato anche da molte associazioni di categoria;
   non è in discussione il diritto del consumatore di pagare come meglio crede i propri acquisti, ma il fatto che sia la legge ad imporre agli imprenditori un costo insostenibile, determinando anche ripercussioni negative nel rapporto fiduciario tra venditore e acquirente;
   al momento, a causa delle alte commissioni bancarie previste, i costi dell'introduzione della moneta elettronica ricadono in maniera significativa e del tutto sproporzionata sulle spalle degli imprenditori;
   considerato in una prospettiva internazionale, il caso italiano risulta davvero singolare, in particolare se si tiene presente l'esperienza degli Stati Uniti d'America, dove il Pos è gratuito e rispecchia la preferenza dei consumatori americani verso forme di pagamento alternative alla moneta –:
   se abbia provveduto ad effettuare una ricognizione dei costi totali a carico delle imprese per l'installazione e la gestione dei Pos e se intenda adottare iniziative volte a evitare che i suddetti costi rappresentino un aggravio eccessivo per i soggetti interessati;
   se non ritenga che gli oneri relativi alla diffusione della moneta elettronica debbano essere equamente ripartiti tra tutti i soggetti coinvolti e, in caso di risposta affermativa, quali iniziative intenda intraprendere per garantire che ciò avvenga.
(2-00635) «Gregorio Fontana, Gelmini, Ravetto, Garnero Santanchè, Palmieri, Squeri, Romele, Centemero».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BARBANTI, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 1, commi da 209 a 214, come modificata dalla lettera a) del comma 13-duodecies dell'articolo 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano l'obbligo della fatturazione elettronica per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da imprese e professionisti nei confronti delle pubbliche amministrazioni. A tal fine, è stato istituito il Sistema di interscambio (SdI) ovvero un sistema informatico di supporto alla ricezione e controllo delle fatture elettroniche nonché al successivo inoltro alle amministrazioni destinatarie;
   con il decreto ministeriale del 3 aprile 2013 n. 55, in vigore dal 6 giugno 2013, sono state definite le regole tecniche attuative del regime di fatturazione elettronica nonché individuate le date di decorrenza dell'obbligo di fatturazione distinguendole per classi di pubbliche amministrazioni. Precisamente, l'obbligo di fatturazione elettronica è entrato in vigore lo scorso 6 giugno 2014 per Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza e di assistenza sociale. Per le restanti amministrazioni centrali e locali, invece, l'obbligo scatterà dal 31 marzo 2015, così come previsto dall'articolo 25, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89. A decorrere dal 6 giugno 2014, dunque, i Ministeri, le Agenzie fiscali e gli Enti nazionali di previdenza non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. Dai tre mesi successivi a tale data, invece, non potranno nemmeno procedere al pagamento, neppure parziale, di quanto dovuto fino all'invio del documento in formato elettronico. Si è previsto in sostanza un periodo di transizione di tre mesi decorso il quale i fornitori non potranno più emettere ed inoltrare fatture in formato cartaceo e l'amministrazione non sarà tenuta al pagamento;
   per la regolare trasmissione della fattura elettronica, l'articolo 3 del decreto ministeriale citato prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni destinatarie di individuare appositi uffici deputati alla ricezione delle fatture. In pratica, ciascuna pubblica amministrazione è tenuta ad inserire i detti uffici nell'indice delle pubbliche amministrazioni (IPA) ai fini dell'assegnazione di un codice univoco di identificazione. Il codice univoco così assegnato, di cui deve essere data adeguata pubblicità, costituisce elemento identificativo della pubblica amministrazione destinataria della fattura elettronica e deve essere obbligatoriamente indicato dal fornitore nella fattura da inviare al Sistema di Interscambio;
   ad oggi, nonostante l'obbligo della fatturazione elettronica sia in pieno vigore, il sistema di trasmissione delle fatture e di elaborazione dei processi di pagamento non risulta operativo. In particolare, come risulta anche da alcune segnalazioni avanzate alle amministrazioni competenti (tra cui la richiesta di sospensione della fatturazione elettronica, inoltrata il 10 luglio 2014 dall'Unione nazionale italiana magistrati onorari, pubblicata sul sito internet dell'associazione al seguente link: http:// www.unimo.eu/richiesta-avanzata-da-unimo-al-ministro-on-le-a-orlando-di-sospensione-della-fattura-elettronica/), il sistema di interscambio predisposto per la trasmissione delle fatture elettroniche alla pubblica amministrazione destinataria (nella specie, il Ministero della giustizia) non sarebbe funzionante per carenza delle corrette procedure informatiche e per mancanza di indicazioni agli uffici periferici. Tale circostanza risulta confermata anche dagli uffici preposti alla ricezione delle fatture elettroniche (tra questi, l'Ufficio istituito presso la procura della Repubblica della corte di appello di Bologna, all'uopo contattato): dalle informazioni acquisite, infatti, vi sarebbero difficoltà tecniche per gli uffici periferici nel rilascio all'emittente della ricevuta di consegna della fattura elettronica trasmessa. Allo stato, dunque, il pagamento delle fatture elettroniche risulta bloccato;
   il Sistema di interscambio, predisposto per la trasmissione delle fatture elettroniche alle amministrazioni destinatarie e per il rilascio delle ricevute di consegna, è gestito e amministrato direttamente dall'Agenzia delle entrate –:
   se sia a conoscenza delle descritte problematiche in merito alla trasmissione e al pagamento delle fatture elettroniche trasmesse, evidenziandone in particolare le cause, le pubbliche amministrazioni eventualmente interessate nonché le misure adottate o che si intendano adottare al fine di garantire la celere corresponsione del corrispettivo documentato e contrattualmente previsto. (5-03226)


   D'OTTAVIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in occasione dell'approvazione della legge di stabilità è stata introdotta la possibilità ai cittadini, al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi, di scegliere per la destinazione dell'8 per mille a favore dello Stato gli interventi per la tutela del patrimonio di edilizia scolastica;
   all'interrogante, al momento, non risultano predisposte le modalità di attuazione del dispositivo di legge e, come dovrebbe essere noto, in molti comuni le condizioni degli edifici scolastici sono al limite delle norme di sicurezza –:
   se siano state emanate norme di attuazione del provvedimento e se e come siano state o saranno rese note ai cittadini. (5-03227)


   D'INCÀ, SPESSOTTO, BRUGNEROTTO, CASO, CANCELLERI, RUOCCO, BARBANTI e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i fatti di cronaca degli ultimi mesi hanno fatto emergere inquietanti collegamenti e contatti tra esponenti delle Forze armate (in particolar modo della Guardia di finanza) e noti imprenditori e politici locali, alcuni dei quali già noti alle cronache e alle inchieste giudiziarie. Nel dettaglio, si riportano qui di seguito le notizie divulgate da noti quotidiani nazionali e locali:
    a) Corriere della Sera, edizione del 5 luglio 2014, «Le telefonate e le raccomandazioni “Al centro di relazioni altissime”» a firma di Fulvio Fiano che riporta: «... una nota informativa della Guardia di finanza allegata all'ordinanza del gip Alberto Scaramuzza. Dalla nota si evince che Milanese, nonostante fosse ormai a conoscenza dell'indagine a suo carico, ha continuato in comportamenti analoghi. Quali? Contattando un elevatissimo ufficiale della Guardia di finanza per influire su dinamiche interne al Corsi dell'Accademia, ottenendo quanto richiesto... Continuando a contattare utenze del quartier generale della Guardia di finanza presso il comando generale di Roma...». L'alto ufficiale, il Comando, l'Accademia e i raccomandati. Non solo. «Veniva contattato da un uomo della polizia tributaria di Roma che gli chiedeva come favore di intervenire su una questione relativa alla sospensione da parte del Ministero della salute di un decreto autorizzativo all'imbottigliamento e commercializzazione di un'acqua minerale nell'interesse di una ditta privata, organizzando per questo motivo incontri riservati». In questo caso non si tratta di tangenti ma per il gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, «tutto ciò conferma che Milanese è ancora in grado di contare su elevatissime relazioni che gli permettono di interloquire e soprattutto interferire nell'esercizio di pubblici poteri per interessi privati» ... Milanese metteva in contatto Mazzacurati e Meneguzzo con Spaziante, fungeva da tramite per i successivi contatti e garantiva con la propria presenza lo sviluppo delle illecite trattative; mezzo milione per il generale della Finanza Emilio Spaziante, che per mesi ha fornito alle persone sotto inchiesta e intercettate informazioni sulle indagini in corso, sui telefoni sotto controllo, sul lavoro della Guardia di finanza, è quanto emerso dall'inchiesta sullo scandalo Mose, che ha portato in manette 35 persone;
    b) Il Fatto quotidiano, edizione dell'11 giugno 2014, «Tangenti, indagato numero due GDF. Arrestato comandante di Livorno» a firma della Redazione, che riferisce; «Dopo Spaziante, altri due ufficiali della Guardia di finanza finiscono in un'inchiesta per tangenti. Uno, il comandante provinciale di Livorno Fabio Massimo Mendella, è stato arrestato. L'altro, il generale Vito Bordi, comandante in seconda delle fiamme gialle, indagato per una vicenda collaterale. Nelle indagini, condotte dalla Procura di Napoli intorno a accertamenti fiscali “pilotati” in alcune aziende della zona, emerge anche il nome di Emilio Spaziante, generale ora in congedo al centro dell'inchiesta sul Mose»: il 5 luglio si apprende dai giornali locali toscani che il Tribunale del riesame ha confermato l'arresto del colonnello Mendella;
    c) Casertace, edizione del 6 giugno 2014, «SCANDALO MOSE. La vita da nababbo del generale casertano della Finanza, Spaziante “incastrato” dalle dichiarazioni dell’ex presidente della  Mantovani  Costruzioni» secondo il quale: «Secondo quanto sostengono i pm della Procura di Venezia proprio il generale casertano avrebbe garantito delle “soffiate”. Su di lui pesano anche le esternazioni di Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani Costruzioni che avrebbe asserito: “Questo incontro che Mazzacurati aveva fatto con Meneguzzo avrebbe comportato il pagamento di due milioni e mezzo alla Guardia di finanza, di cui 300 mila subito e il conferimento a Meneguzzo (ad di Palladio Holding, ndr) di 300 mila euro all'anno, più 400 mila euro di fee... Seppi poi che la Guardia di finanza a cui si riferiva era il generale Emilio Spaziante e, oltre ai 300 mila euro, ne furono richiesti altri 200 mila...”. Secondo i primi riscontri sulla situazione patrimoniale dell'alto graduato e della sua convivente, la coppia ha complessivamente dichiarato entrate per poco più di 2 milioni di euro all'anno mentre sono state registrate uscite per 3,8 milioni. “In questo caso – scrivono i pubblici ministeri – emerge inequivocabile l'elevatissimo tenore di vita” precisando che “dalla scheda patrimoniale risultano auto sportive, barche di lusso, villa con piscina, prestigiosi mobili, nonché la frequentazione di costosissimi alberghi per i suoi spostamenti in Italia”.»;
   i fatti narrati costituiscono ad avviso degli interroganti senza dubbio gravi violazioni del regolamento militare, se confermate dalle indagini della magistratura tuttora in corso di svolgimento. Ciascun appartenente alle forze dell'ordine, infatti, si impegna, al momento del reclutamento, ad operare per l'assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze armate con assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane, con disciplina ed onore, con senso di responsabilità e consapevole partecipazione. L'osservanza di tali principi, valevoli indistintamente per tutti i militari, dovrebbe essere tanto più rigorosa per gli alti ufficiali delle forze di polizia o, in ogni caso, per coloro che rivestono posizioni di vertice nella scala gerarchica di comando;
   il Corpo della Guardia di finanza dipende direttamente e a tutti gli effetti dal Ministro dell'economia e delle finanze –:
   quali iniziative intenda promuovere, per quanto di competenza e anche sotto forma di azioni ispettive interne, ai fini dell'accertamento dei gravi fatti di cronaca descritti e quali misure disciplinari siano state adottate o intenda adottare nei confronti dei soggetti coinvolti. (5-03234)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   durante gli anni in cui è stata condotta la progettazione dei vari tratti della variante alla strada statale 16 Adriatica nel territorio della provincia di Rimini, è stata avviata e si è sviluppata da parte di Autostrade per l'Italia (ASPI) anche la progettazione della terza corsia autostradale nel tratto da Rimini Nord a Cattolica. Essendo il tracciato della variante alla strada statale 16 adiacente a quello autostradale, al fine di redigere un progetto unitario ed organico sia dal punto di vista metodologico che costruttivo, anche su pressione da parte della regione e degli enti locali, nel 2008 ANAS ha unificato l'attività di progettazione degli interventi A (tratto Bellaria-Riccione) e B (tratto Riccione-Misano), arrivando ad un intervento unitario denominato «Variante alla strada statale n. 16 Adriatica Bellaria-Rimini Riccione-Misano tra il chilometro 193+00 e il chilometro 220+000» per uno sviluppo complessivo pari a 28 chilometri;
   con l'accordo del 4 maggio 2005 fra ANAS – direzione centrale autostrade e trafori e compartimento della regione Emilia Romagna, Autostrade per l'Italia, regione Emilia Romagna e provincia di Rimini sono state previste all'interno del progetto dell'ampliamento autostradale alcune opere cosiddette compensative che garantiscono la compatibilità dell'intervento di ampliamento dell'autostrada A14 con la variante alla strada statale 16 adriatica nel tratto riminese. In seguito alle richieste, da parte degli enti locali, di anticipare la realizzazione di alcune opere connesse alla variante e di alcuni lavori funzionali alla strada statale 16 (come due rotatorie sull'attuale strada statale 16 già previste dalla convenzione tra Anas e comune di Rimini del 2000 e mai realizzate, in sostituzione di altre due opere previste dal piano programma di ASPI ma non realizzate), la regione Emilia-Romagna ha avviato un confronto con il compartimento ANAS e con l'IVCA, a cui ha fatto seguito una lettera del compartimento alla condirezione generale e all'IVCA, in cui viene proposto l'adeguamento di alcuni interventi già realizzati nell'ambito dei lavori di ampliamento della terza corsia A14 come anticipazione di alcuni tratti della variante alla strada statale 16 a fronte della successiva gestione da parte di ANAS degli stessi;
   il 12 giugno di quest'anno è stato definito e trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per l'approvazione e la definizione del finanziamento, il progetto delle opere ricomprese nel progetto di completamento redatto da Autostrade per l'Italia, per un importo complessivo dei lavori di circa 23 milioni di euro di cui circa 6,4 finanziati. Tali interventi costituiscono un'occasione irrinunciabile per il territorio per fornire una soluzione, sia pur di minima, alla grave situazione di congestione in cui versa attualmente la strada statale 16, che diversamente dovrebbe essere rinviata, stante l'attuale contingenza economica, ad un futuro non meglio quantificabile –:
   se il Ministro non ritenga opportuno approvare nei tempi più brevi possibili il progetto in questione e dare formale autorizzazione in modo tale che sia possibile utilizzare le somme a disposizione di Aspi in ragione dei lavori eseguiti per l'ampliamento dell'A14 da Rimini a Pedaso, suddivisi per lotti funzionali, e quali iniziative intenda assumere per garantire la totale copertura finanziaria degli interventi previsti dal progetto, anche rivedendo il quadro finanziario previsto in convenzione, e quindi far partire subito gli interventi immediatamente cantierabili. (5-03232)


   SEGONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con la delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, è stato approvato il I Programma delle opere strategiche, tra cui i «Sistemi stradali e autostradali» del Corridoio plurimodale tirrenico – Nord Europa e, in particolare, l’«Asse autostradale Cecina-Civitavecchia»;
   la convenzione tra ANAS spa e Società autostrada tirrenica (SAT) spa del 2009 prevede la cessione della tratta della SS 1 Aurelia, compresa tra Civitavecchia e Rosignano in favore di SAT spa e, pertanto, il nuovo tracciato autostradale si svilupperà interamente in sovrapposizione all'attuale sede della SS 1 così che, attraverso opere di allargamento dell'asse stradale in alcuni tratti e l'installazione di caselli, una tratta di oltre 200 chilometri di strada pubblica verrà convertita in autostrada a pagamento;
   il prezzo che SAT dovrà corrispondere ad ANAS per la concessione della strada statale è irrisorio in rapporto al valore economico della stessa e al peso economico che andrà a ricadere sulla popolazione delle aree interessate (per la tratta compresa tra Rosignano e Grosseto Sud SAT si è impegnata a versare un canone annuo pari al 2 per cento del pedaggio al netto di imposte e sovrapprezzi; per la tratta compresa tra Grosseto Sud e Civitavecchia SAT non dovrà versare nulla ad ANAS, pertanto la predetta tratta viene di fatto concessa in uso gratuito a SAT);
   alcuni enti locali hanno espresso parere contrario ai progetto SAT e, infatti, la provincia di Grosseto ed il comune di Orbetello, oltre a molte altre associazioni e comitati cittadini, nel febbraio 2013 hanno presentato ricorso al TAR a seguito della delibera CIPE del 2012, che ha approvato il progetto definitivo solo di alcuni tratti autostradali (compiendo un'approvazione frammentaria di un progetto difforme dalle scelte progettuali preliminari ed eludendo, in tal modo, il codice degli appalti senza garantire una valutazione ambientale dell'opera nel suo complesso);
   SAT spa è proprietà di quattro soci riconducibili alla famiglia Benetton, ad Holcoa (etichettabile, utilizzando un termine giornalistico, come «cooperativa rossa»), al Monte dei Paschi di Siena e al Gruppo Caltagirone attraverso la società Vianini;
   SAT spa è titolare della concessione dell'autostrada tirrenica sin dal 1969 e ha ricevuto varie proroghe, senza gara, l'ultima delle quali attraverso la delibera CIPE del 18 dicembre 2008 che le ha garantito la concessione fino al 2046;
   la Commissione dell'Unione europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti di SAT per accertare eventuali irregolarità nell'affidamento dei lavori;
   il piano economico-finanziario (PEF) redatto da SAT (peraltro non ancora presentato in via definitiva) prevede il finanziamento privato al 100 per cento dell'opera da 2 miliardi e un valore di subentro «pressoché nullo» (negli anni scorsi si calcolavano circa 3,5 miliardi di euro di costo e un subentro record da 3,8 miliardi), tuttavia il presidente della SAT Antonio Bargone (che è stato al contempo anche Commissario straordinario dell'opera) ha chiesto 270 milioni di euro di contributo pubblico tramite missiva inviata il 6 marzo scorso al Governo, come conditio sine qua non per poter realizzare l'opera;
   nella risposta all'atto camera 5-01946 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha affermato che: «[...] il costo dell'intero intervento è tutto a carico del Concessionario SAT, secondo il piano economico e finanziario da ultimo elaborato dalla medesima SAT e che verrà recepito dal CIPE, dopo l'approvazione dei progetti definitivi di tutti i lotti, nell'atto aggiuntivo alla Convenzione Unica vigente» ma al contempo il Ministro Lupi ha confermato in Commissione Lavori Pubblici al Senato l'impegno del Governo a trovare le risorse pubbliche per far quadrare il «Progetto della Tirrenica» e all'assemblea ANITA ha annunciato che un decreto sblocca-cantieri sarà approvato dal governo a fine luglio;
   lo stesso Ministro, durante la procedura informativa dell'8 luglio 2014 presso la Commissione lavori pubblici al Senato, ha confermato l'impegno del Governo ad elargire i 270 milioni di euro, giustificando ciò come «una semplice garanzia dello Stato, necessaria ad assicurare il closing finanziario dell'operazione»;
   il governo Renzi, il 15 aprile 2014, nel testo dell'accordo di programma per la riconversione del porto di Piombino (articolo 9), ha assunto «l'impegno a ricercare le risorse necessarie per realizzare il completamento dell'autostrada Tirrenica anche prevedendo un'integrazione con le risorse pubbliche»;
   il predetto accordo, la realizzanda opera e, nel complesso, l'intero «progetto SAT», risultano secondo gli interroganti altamente lesivi per gli interessi delle popolazioni abitanti nelle aree interessate perché miranti a «regalare» una cospicua tratta di una delle più importanti arterie stradali pubbliche ad una società privata che si accinge ad imporre sulla stessa pedaggi, riducendo, rendendo gravosa o, in alcuni casi, impedendo la mobilità dei residenti all'interno del sistema stradale pubblico poiché il tutto verrebbe realizzato senza alcuna previsione di idonee strade parallele o complanari alternative a percorrenza gratuita, che invece dovrebbero essere previste obbligatoriamente per garantire la mobilità a chi non voglia o non possa assoggettarsi ad un pedaggio (ciò rende evidente l'intento perseguito da SAT spa, cioè rendere quanto mai difficoltosa la viabilità ordinaria alternativa in modo da introitare tutto il traffico sull'autostrada a pagamento) –:
   in che modo si possa giustificare l'elargizione di fondi pubblici a «garanzia» o, più semplicemente, per il «salvataggio» di una società privata come SAT spa, dopo averle già concesso la trasformazione di una strada pubblica come la SS 1 in un'autostrada a pagamento, invece di utilizzare tali fondi pubblici per l'ammodernamento e la messa in sicurezza dell'Aurelia mantenendola pubblica e gratuita, come previsto dal progetto ANAS 2001, evitando così di gravare doppiamente (fondi pubblici e pedaggio autostradale) sui contribuenti. (5-03233)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la convenzione Italia-Svizzera per la disciplina della navigazione sul lago Maggiore e sul lago di Lugano n. 0.747.225.1 del 1927 e rivista nel 1992 — è stata concepita prima dell'avvento delle direttive/regolamenti/trattati europei ed accordi internazionali (anche con la Svizzera) che portano oggi ad una libera circolazione delle persone e delle professioni nonché ad un libero mercato dei servizi;
   la legge italiana che regola il servizio taxi su gomma è la stessa che regola il servizio taxi con natante;
   la risposta del Consiglio federale svizzero del 25 aprile 2012 all'interpellanza n. 12.3023 depositata dal consigliere Lorenzo Quadri, in merito recita che: «I tassisti italiani hanno il diritto, per 90 giorni in un anno civile, di trasportare persone dall'Italia in Svizzera e, su prenotazione, di venirle a prendere. Non sono invece autorizzati a trasportare passeggeri sul solo territorio svizzero (trasporti interni). Le autorità ticinesi preposte ai controlli sono responsabili dell'osservanza delle disposizioni dell'OLR. Le violazioni di queste disposizioni sono punite. Il Consiglio federale ritiene che le disposizioni penali vigenti siano sufficienti a garantire l'osservanza di tali norme.» –:
   se quanto riportato nell'accordo in essere tra il nostro Paese e la Svizzera per la disciplina della navigazione sul lago Maggiore e sul lago di Lugano, per quanto disciplinato dal capitolo VI, articolo 16, sia da ritenersi superato da regolamenti e trattati europei, soprattutto per quanto concerne le disposizioni che limitano il rilascio di autorizzazioni per servizi internazionali previo accertamento che le imprese pubbliche di navigazione non subiscano una notevole concorrenza;
   qualora tale formulazione risultasse non conforme alla normativa internazionale, europea, italiana quale sia il testo sulla base del quale si sta procedendo ai lavori di rinnovo della convenzione della richiamata convenzione. (5-03242)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sono in corso i lavori di messa in sicurezza e sostituzione dei guard-rail laterali del tratto della A14 insistente sul territorio della provincia di Chieti, in particolare nei tratti Francavilla-Ortona direzione sud e Lanciano-Ortona direzione nord che determinano obbligatoriamente deviazioni e tratti in doppio senso;
   pur nella consapevolezza della bontà dell'obiettivo finale dei lavori attuati dalla Società Autostrade, le procedure messe in atto determinano ad avviso dell'interrogante un reale pericolo per la sicurezza della circolazione in un periodo in cui i flussi sulla A14 sono fortemente aumentati per la mobilità turistica che si somma alla mobilità dei pendolari;
   in data 31 maggio 2014 in un incidente hanno perso la vita a E.M. di anni 39 e la figlia di anni 10; in data 11 luglio 2014 in un maxitamponamento hanno perso la vita F.M.C. di 68 anni e M.U di 70 anni; in data 10 luglio si è registrato un altro maxitamponamento per fortuna senza conseguenze letali;
   ormai i mezzi di soccorso e l'elisoccorso sono in perenne allerta e per l'altissima pericolosità del tratto;
   si registrano le preoccupazioni della popolazione, dei pendolari, e degli operatori del turismo, raccolte e condivise ampiamente dai mezzi di comunicazione –:
   se il Ministero abbia promosso iniziative ispettive sull'operato della Società Autostrade nel tratto in questione volte a verificare che siano stati usati tutti i mezzi per garantire il diritto dei cittadini alla sicurezza stradale;
   quali siano dette iniziative;
   quali possano essere le azioni da mettere in campo tempestivamente per riportare il rischio di incidentalità ai comuni valori della A14. (4-05531)


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la stazione ferroviaria di Contursi Terme rappresenta, da oltre un secolo, uno snodo fondamentale del trasporto su ferro che collega la Campania con la Basilicata, meta e punto di riferimento per centinaia di lavoratori e studenti pendolari di tutto il comprensorio Sele-Tanagro-Alburni che ogni giorno raggiungono i grandi centri urbani della fascia costiera;
   la città di Contursi Terme, inoltre, rappresenta una delle mete turistiche più importanti della regione Campania e, soprattutto, della provincia di Salerno, con circa centomila presenze registrate ogni anno;
   la stazione ferroviaria della città, peraltro, si trova al centro di un importantissimo bacino geografico dell'entroterra salernitano, lungo la dorsale dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria che, proprio a Contursi Terme, si interseca con la strada statale a scorrimento veloce «Fondovalle Sele», arteria di collegamento essenziale tra il versante tirrenico e quello adriatico;
   tutto il sistema territoriale del Sele-Tanagro intende perseguire la strada dello sviluppo turistico quale sua direttrice vocazionale e principale di crescita e di occupazione, tant’è che i recenti modelli di collaborazione e i nuovi strumenti di finanziamento pubblico hanno avuto ad oggetto proprio la valorizzazione del circuito turistico locale;
   il macroattrattore principale è rappresentato, in particolare, dal polo termale di Contursi Terme con le sue straordinarie risorse naturalistiche e paesaggistiche, ma non bisogna certo dimenticare il parco archeologico di Buccino, la Villa di Ayala di Valva, l'oasi WWF di Valle della Caccia di Senerchia, le grotte di Pertosa e l'eccellente filiera enogastronomica locale che, a breve, troverà nel realizzando Campus Internazionale di formazione e di ricerca della cultura enogastronomica mediterranea di Contursi Terme (finanziato per circa nove milioni di euro dalla regione Campania) il suo naturale ed efficace contenitore;
   tutto quanto si sta tentando di costruire, per avere concreta realizzazione e non risultare vano, richiede ovviamente la realizzazione di infrastrutture viarie e il potenziamento della rete dei trasporti pubblici, in grado, appunto, di aumentare l'attrattività e la competitività turistica del territorio;
   a tal fine, proprio per favorire gli sforzi che le autorità locali stanno facendo per la promozione del territorio, appare fondamentale la previsione, nella tratta Taranto-Potenza-Salerno-Napoli-Roma, gestita dalla società Trenitalia, delle fermate presso la stazione ferroviaria di Contursi Terme di alcuni treni regionali e di alcuni intercity;
   si tratterebbe, infatti, di uno sforzo minimo, senza costi aggiuntivi, che potrebbe concretamente valorizzare e potenziare un territorio che vive quasi esclusivamente di turismo e che, quindi, ne trarrebbe un notevolissimo e imprescindibile giovamento sotto tutti i punti di vista, ma anche e soprattutto a beneficio di tantissimi turisti, visitatori e semplici cittadini che intendano usufruire, utilizzando i normali mezzi pubblici di trasporto, delle strutture termali contursane, anche per fini sanitari e di benessere fisico –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti ritenga opportuno adottare per promuovere e favorire l'istituzione delle fermate presso la stazione ferroviaria di Contursi Terme dei treni che già percorrono la tratta Taranto-Potenza-Salerno-Napoli-Roma, al fine di agevolare le autorità locali nel considerevole sforzo che stanno facendo per valorizzare e potenziare un territorio a forte vocazione turistica. (4-05536)


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a norma del decreto legislativo n. 188 del 2003 sulla liberalizzazione dei servizi ferroviari, «Attuazione delle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE in materia ferroviaria», è previsto il PIR (Prospetto informativo della rete), strumento con la funzione di regolare i rapporti tra l'impresa ferroviaria e il gestore dell'infrastruttura;
   il PIR viene elaborato annualmente e viene approvato e pubblicato da Rete ferroviaria italiana dopo aver acquisito i pareri di tutti i soggetti interessati;
   nel caso specifico il PIR per l'anno 2015 prevede che per la ferrovia Sulmona-Carpinone, la stazione di Carpinone in Molise sia interessata da lavori di trasformazione da stazione a fermata;
   ciò comporta che per velocizzare la percorrenza sulla tratta Campobasso-Isernia-Venafro, il binario di scambio per Castel di Sangro-Sulmona venga tagliato, isolando quindi definitivamente l'intera linea senza possibilità di percorrerla più in futuro dall'Abruzzo fino ad Isernia e Napoli, con grave danno sia per la prospettiva di mobilità pubblica locale per l'intera area appenninica dalla Valle Peligna al Molise, sia per la più ampia direttrice Adriatico-Tirreno (Pescara-Napoli), sia poi per le grandi potenzialità turistiche che offre l'intero territorio appenninico e la stessa linea ferroviaria in sé, che subirebbe un colpo mortale se non fosse più possibile percorrerla provenendo dall’hinterland napoletano, tradizionalmente il bacino con la più alta domanda di turismo montano della zona verso il Parco Nazionale d'Abruzzo, il Parco Nazionale della Majella, il bacino sciistico di Roccaraso e dell'Altopiano delle cinque miglia –:
   se non intenda svolgere una urgente iniziativa di sensibilizzazione nei confronti di RFI affinché riveda la sua scelta e rilanci la relazione ferroviaria Sulmona-Carpinone per la sua valenza sociale, economica e turistica. (4-05537)


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 2011, i 49 lavoratori di AirOne Technic, il centro di manutenzione degli aeromobili presente fino a tre anni fa in due hangar dell'aeroporto d'Abruzzo a Pescara e poi dismesso a seguito della fusione tra la compagnia abruzzese di Toto e Alitalia, persero il posto di lavoro;
   oggi arriva la fine della cassa integrazione accordata 3 anni fa;
   nell'accordo stipulato tra Alitalia, Ministero e sindacati nel conteggio degli esuberi infatti sono rientrati anche i 49 addetti specializzati che garantivano il servizio di manutenzione e assistenza degli aerei a Pescara;
   i sindacati hanno giustamente sottolineato l'esigenza di evitare licenziamenti attraverso la riduzione degli esuberi e l'utilizzo della cassa integrazione. I sindacati chiedono che ci sia chiarezza sul percorso che dovranno fare i lavoratori di AirOne Pescara, l'Abruzzo non può sempre pagare per tutti;
   in questo modo, oltre a escludere questi lavoratori da qualsiasi progettualità, viene ulteriormente ridimensionato l'aeroporto internazionale di Pescara. Riavere la manutenzione permetterebbe invece il potenziamento dell'Aeroporto e il ritorno dei voli notturni –:
   quali siano le effettive intenzioni del Governo rispetto allo scalo di Pescara e se ci sia la volontà di convocare le parti sociali per prorogare la cassa integrazione e verificare un possibile progetto di ricollocamento occupazionale dei lavoratori. (4-05538)


   DI LELLO e PISICCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comma 4 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 66 del 24 aprile 2014 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014 sostituisce il comma 3-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
   tale nuova formulazione del suddetto comma 3-bis dell'articolo 33 del codice dei contratti pubblici sancisce che «I Comuni non capoluogo di provincia procedono all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle unioni dei comuni di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.a. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture non rilascia il codice identificativo gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma»;
   tale novella ha previsto come data di avvio delle nuove modalità di acquisto aggregato o congiunto il giorno 1° luglio 2014;
   tale fattispecie si differenzia considerevolmente da quella previgente, in quanto:
    a) risulta determinare l'obbligo di acquisizione di lavori, servizi e forniture mediante le particolari modalità a tutti i comuni non capoluogo di provincia (precedentemente riferito solo ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti);
    b) pur ampliando il novero dei soggetti ai quali i comuni possono fare riferimento per i loro processi di acquisizione di lavori, servizi e forniture, non replica la previsione derogatoria, che consentiva alle amministrazioni comunali di minori dimensioni di procedere comunque in modo autonomo all'acquisizione di lavori, servizi e forniture in amministrazione diretta o, mediante cottimo fiduciario, quando di valore inferiore a 40.000 euro, sulla base di quanto previsto dal secondo periodo del comma 8 e dal secondo periodo del comma 11 dell'articolo 125 del decreto legislativo n. 163 del 2006;
   la mancata previsione della deroga applicativa della disposizione data nel comma 3-bis dell'articolo 33 del codice dei contratti pubblici sulla base della nuova formulazione dettata dal comma 4 dell'articolo 9 del decreto in questione, inerente alla possibilità per i singoli comuni di procedere autonomamente ad acquisizione di lavori, servizi e forniture mediante amministrazione diretta o con cottimo fiduciario entro i 40.000 euro in base a quanto stabilito dal secondo periodo del comma 8 e dal secondo periodo del comma 11 dell'articolo 125 del decreto legislativo n. 163 del 2006, comporta per le amministrazioni comunali l'obbligo di acquisire lavori, beni o servizi mediante l'organismo individuato come gestore dei processi di acquisto (unione di comuni, centrale di committenza, stazione unica appaltante provinciale o ufficio comune organizzato con altra amministrazione comunale), e riguarda anche acquisizioni di modesto o di modestissimo importo;
   in merito alla nuova formulazione del comma 3-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 163 del 2006, dal momento che essa comprende significative realtà collocate su tutto il territorio nazionale e viste anche le difficoltà, sollevate da più parti, per un adeguamento organizzativo in così breve tempo, il Governo, in sede di conversione del decreto sopra citato si era impegnato, accogliendo un ordine del giorno, a chiarire, in via interpretativa, che i singoli comuni non capoluogo di provincia potessero continuare ad acquisire autonomamente lavori, servizi e forniture nei casi previsti secondo periodo del comma 8 e dal secondo periodo del comma 11 dell'articolo 125 del decreto legislativo n. 163 del 2006, entro la soglia (attualmente di 40.000 euro) nelle stesse disposizioni individuata;
   è noto che in molte province e regioni non si è a tutt'oggi proceduto alla costituzione delle centrali di committenza cui è fatto obbligo di aderire ai comuni che non hanno costituito le unioni in convenzione –:
   quali iniziative urgenti il Governo abbia intenzione di porre in essere al fine di rendere operativa quella deroga, dando corso agli impegni assunti in sede di conversione del decreto-legge di cui sopra, che altrimenti rischierebbe di paralizzare l'attività negoziale della maggioranza dei comuni italiani;
   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere al fine di consentire ai comuni con popolazioni inferiore a 30.000 abitanti di pervenire alla costituzione delle unioni di comuni nei tempi necessari non inferiori a 12 mesi.
(4-05547)


   MARCHETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 3 aprile 2014 il Parlamento ha approvato la riforma delle province ridisegnando limiti e competenze dell'amministrazione locale, in attesa della modifica del titolo V della Costituzione rendendo le province zone territoriali di area vasta di secondo grado;
   con il riassetto degli enti locali, alle province spettano le funzioni di:
    a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza (si noti la funzione della tutela ambientale, prevista nel vigente testo unico degli enti locali, espunta dalla Camera dei deputati nella prima lettura del presente provvedimento, reinserita dalla Commissione affari costituzionali del Senato);
    b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
    c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale, raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
    d) gestione dell'edilizia scolastica;
    e) «controllo» dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità nel territorio provinciale;
   le funzioni trasferite dalla province continuano ad essere da loro esercitate, fino a quando un altro ente, regione o comune, non subentrerà; questo avverrà con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge (se si tratti di competenza statale) o dalle regioni entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge;
   il Governo ha «tagliato» fondi alla provincia di Pesaro Urbino passando dai 12-13 milioni di euro del 2010 ai soli 600 mila euro a disposizione per l'anno 2014 per una rete viaria che copre circa 1400 chilometri di strade;
   le strade provinciali versano una condizione a tratti insostenibile, soprattutto nelle aree interne. Una situazione particolarmente grave, considerato che la percorribilità delle strade è fondamentale per lo sviluppo di un territorio;
   con la riduzione dei trasferimenti statali i servizi essenziali iniziano ad essere messi in discussione;
   occorre pianificare e prevenire, attraverso investimenti a lungo termine, per permettere in primis di garantire la sicurezza dei cittadini e, in un periodo di crisi economica come quello attuale, provare a fare ripartire il Paese e i territori per uscire dall'attuale congiuntura;
   nelle aree interne del territorio nazionale la rete viaria appartiene alle province e in questi mesi gli enti, con i pochi fondi a disposizione, non sono riusciti a organizzare una manutenzione adeguata del manto stradale mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini –:
   come il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per gestire le emergenze che gli enti provinciali, con le risorse sempre più scarse, non riescono più a governare;
   quali siano i fondi che intende mettere a disposizione per la messa in sicurezza delle strade di competenza degli enti provinciali. (4-05549)


   BALDASSARRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 luglio 2014, è stato attuato, con notevole adesione, uno sciopero proclamato dal personale «FATA», a cui hanno aderito anche molti lavoratori non iscritti al sindacato medesimo;
   cionondimeno, inopinatamente, sarebbe stato assicurato il servizio operativo e di sicurezza;
   il sistema di sicurezza e controllo degli aeromobili abbisogna della presenza ai posti di controllo, di personale munito dei previsti requisiti di idoneità psicofisica e di competenza operativa in corso di validità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quali misure organizzative siano state poste in essere da ENAV nel corso della giornata del 5 luglio 2014 al fine di garantire il servizio operativo e di sicurezza considerato che l'alta adesione allo sciopero avrebbe dovuto rendere, ad avviso dell'interrogante, pressoché impossibile il citato servizio. (4-05557)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la stampa locale del 16 giugno 2014 (Corriere Adriatico, Il Messaggero, Il Resto del Carlino) riporta la notizia dell'ennesimo intervento delle forze di polizia, in questo caso del Gico (gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata) della Guardia di finanza, in ordine al contrasto di attività illecite legate alla criminalità organizzata, nella regione Marche;
   nello specifico la vicenda segnalata riguarda un soggetto, residente nel comune di Fano (Pesaro-Urbino) accusato di svolgere attività usuraria ai danni di imprenditori, professionisti ed operai in difficoltà economiche della provincia, costretti a pagare sino al 95 per cento di interessi sulle somme ricevute in prestito;
   le somme di danaro frutto dell'attività usuraria venivano reimpiegate nell'acquisto di immobili e partecipazioni societarie;
   le forze dell'ordine ritengono che la persona accusata, di origine calabrese, sia il terminale locale di una complessa organizzazione criminale, che opera nelle Marche;
   nel corso degli ultimi anni le Marche hanno visto crescere il pericolo di infiltrazioni mafiose a causa della crisi economica, soprattutto in attività criminali quali riciclaggio e usura, come già ribadito, tra l'altro, nel 2012 dall'allora presidente della corte d'appello di Ancona, dottor Paolo Angeli;
   la mera repressione dei fenomeni criminali non è, evidentemente, sufficiente a contrastare tali attività, in quanto le organizzazioni criminali sostituiscono semplicemente il terminale dell'organizzazione che incorre in una condanna penale, continuando a svolgere le attività illecite ut supra segnalate –:
   quali iniziative concrete di competenza il Ministro interrogato abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di prevenire e contrastare l'infiltrazione mafiosa nel territorio e nel tessuto economico delle Marche;
   se lo strumento di contrasto al racket e all'usura predisposto con la legge 23 febbraio 1999, n. 44, recante «Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura», si sia rivelato idoneo allo scopo prefissato dal legislatore per quanto riguarda il territorio delle Marche, o se sussistano circostanze o peculiarità di quel territorio che ne depotenziano l'efficacia;
   quanti soggetti abbiano avuto accesso ai fondi previsti dalla legge 23 febbraio 1999, n. 44, nelle Marche negli ultimi due anni. (4-05540)


   AIRAUDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Libia è il luogo di confluenza di migliaia di profughi e disperati che arrivano dall'Africa centrale, ma anche da Egitto e Siria. Uno dei terminali, il più organizzato, nel senso che è il Paese in cui le organizzazioni criminali che trafficano le persone sono più radicate, complice l'attuale anarchia di fatto e hanno il concentramento di uomini e mezzi;
   da fonti di stampa si apprende lo straziante racconto di un uomo siriano in viaggio con una trentina di connazionali, donne, bambini e anziani compresi. Individuati al confine dalla polizia ferroviaria francese, spiegava l'uomo, erano stati costretti con la forza a salire a bordo delle vetture degli agenti per essere riportati in Svizzera. «Mia moglie al settimo mese di gravidanza è stata strattonata, malmenata ed è caduta a terra». L'uomo ha memorizzato il nome del poliziotto «Marcel» e il suo numero di matricola;
   nelle fonti di stampa viene descritto così l'accaduto: «Già in auto ha cominciato a stare male, chiedevamo un medico». Ma né i francesi né gli svizzeri li avrebbero aiutati. Il gruppo sarebbe stato invece portato in una stazione ferroviaria e costretto a salire su un treno di ritorno in Italia. Qui, a Domodossola – l'uomo ha fotografato il cartello della stazione con il cellulare –, sua moglie sarebbe stata finalmente portata in ospedale, ma troppo tardi per il bambino;
   aver scatenato la guerra in Libia per l'eliminazione del tiranno Gheddafi ha fatto piombare quel Paese nel caos, lasciando spazio ai trafficanti di esseri umani che agiscono col compiacimento perfino delle forze dell'ordine locali;
   a tutt'oggi non risulta che l'Italia o l'Europa abbia chiesto in modo efficace alla Libia di firmare la convenzione di Ginevra, requisito indispensabile perché l'UNHCR (l'organismo dell'ONU che si occupa di rifugiati) possa installare propri campi in Libia per gestire in altro modo il flusso dei profughi, togliendolo dalle sporche mani dei trafficanti. Inoltre, la guerra in Siria, dopo gli allarmi lanciati nei mesi scorsi quando si parlava di un imminente intervento armato, oggi non fa più notizia, se non attraverso le storie di migliaia e migliaia di uomini che arrivano in Italia dopo viaggi lunghi e pericolosi;
   il Presidente del Consiglio italiano più volte ha detto che i soldi spesi per l'operazione Mare Nostrum sono ampiamente ripagati dagli affari che le imprese italiane fanno nel Nord Africa, ma nulla ha detto circa la necessità che si creino le condizioni perché l'UNHCR agisca anche il Libia, men che meno sembra che la risoluzione del conflitto siriano sia all'ordine del giorno dell'agenda europea; 
   nel frattempo, con una procedura forzata e sicuramente al di fuori degli schemi utilizzati negli anni scorsi, la gestione dei flussi ha visto il protagonismo del Ministero dell'interno che, scavalcando regioni e province, per il tramite delle prefetture, ha chiesto la collaborazione direttamente ai comuni;
   mentre si attende ancora oggi il tanto annunciato potenziamento dello SPRAR (sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati), molti comuni devono far fronte a delle situazioni molto complicate, che implicano la garanzia di diritti fondamentali per i profughi –:
   di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati riguardo il coinvolgimento dei governi francese e svizzero sulla vicenda esposta in premessa al fine di far luce sui fatti che hanno portato alla morte di un nascituro nell'ospedale San Biagio, conseguentemente al respingimento del gruppo di siriani dai gendarmi francesi prima e da quelli svizzeri dopo;
   se non ritenga necessario, per quanto di competenza, destinare fondi per l'adeguato finanziamento del potenziamento di 5000 posti dello SPRAR;
   se non ritenga utile, per quanto di competenza, l'interessamento della Conferenza Stato-regioni per gestire al meglio il coinvolgimento diffuso dei comuni italiani;
   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per far si che la Libia sottoscriva la convenzione di Ginevra, al fine di permettere all'UNHCR di intervenire in favore dei richiedenti asilo evitando pericolose traversate del Mediterraneo e interrompendo il traffico illegale di persone;
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché l'Unione europea riveda le procedure previste dal regolamento Dublino III in materia di protezione internazionale. (4-05545)


   GIANLUCA PINI, FEDRIGA e GIANCARLO GIORGETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 luglio 2014, il professor Angelo Panebianco ha pubblicato su un noto quotidiano nazionale un editoriale, intitolato «Due argomenti ancora tabù», il cui oggetto erano i limiti ai quali, a suo avviso, era soggetta la politica dell'attuale Governo in materia di tasse ed immigrazione;
   due giorni dopo, proprio a motivo di quell'editoriale, evidentemente ritenuto controverso, un gruppo di autonomi appartenenti al collettivo Hobo ha fatto irruzione a capo coperto nel dipartimento di scienze politiche e sociali dell'università di Bologna, murando l'accesso allo studio del professor Panebianco ed imbrattandone le mura con varie scritte;
   un testo fatto ritrovare dagli autonomi di Hobo è risultato contenere altresì la frase, fortemente intimidatoria: «Lui un barone libero solo di tacere»;
   il professor Angelo Panebianco era stato fatto oggetto di un altro attacco del genere anche in gennaio, in seguito alla pubblicazione di un altro editoriale su un noto quotidiano nazionale;
   tali attacchi dal sapore fortemente intimidatorio costituiscono altrettanti attentati alla libertà di pensiero ed al diritto di esprimere liberamente la propria opinione;
   l'università ha già pagato un alto tributo di sangue alla libertà d'insegnamento e di manifestazione del pensiero, basti pensare all'omicidio del professor Marco Biagi, assassinato proprio a Bologna il 19 marzo 2002 –:
   di quali elementi il Governo disponga circa la effettiva pericolosità del gruppo autonomo Hobo ed il clima attualmente prevalente nelle università statali del nostro Paese, nelle quali alcuni anni fa si è rivelato difficile persino ricevere il Santo Padre, nonché quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire al professor Angelo Panebianco la libertà di esprimere il proprio pensiero. (4-05548)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è stata istituita con decreto-legge 4 febbraio 2010, n.4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, oggi recepita dal decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011 (Codice Antimafia), ed è un ente con personalità giuridica di diritto pubblico, dotata di autonomia organizzativa e contabile ed è posta sotto la vigilanza del Ministro dell'interno;
   in data 3 luglio 2014 l'interrogante inviava una missiva alla Direzione della predetta Agenzia chiedendo informazioni circa la situazione dei beni confiscati alla criminalità nella provincia BAT;
   in data 15 luglio 2014, con prot. 22760, il dirigente della predetta Agenzia riscontrava evidenziando, tra l'altro, che in merito alla difficoltà di destinazione dei beni immobili «se in alcuni casi ciò può dipendere da oggettive difficoltà a riattare il bene o per la non favorevole dislocazione dello stesso, in altri casi si devono registrare atteggiamenti che possono apparire pretestuosi, con la conseguenza di vanificare la portata del provvedimento di confisca ed il deprezzamento dei beni stessi»;
   la stessa nota così continuava: «A titolo esemplificativo si deve indicare a tal proposito il caso del comune di Andria, per due cespiti non destinati. Per il primo immobile denominato “Villa Camilla” sita in contrada Pandolfelli, in buono stato di conservazione, immediatamente destinabile, sono state formulate anche esplicite richieste di assegnazione da parte di associazioni impegnate nei sociale, inoltrate direttamente da questa Agenzia all'amministrazione comunale. La prima manifestazione d'interesse è stata inviata al comune di Andria il 16 novembre 2012 il quale dopo ben cinque mesi, ha comunicato che prima di poter procedere a manifestare interesse all'acquisizione, avrebbe dovuto esperire non ben precisate “indagini approfondite circa la titolarità del bene e verifiche di altra natura”, dimenticando che la titolarità del bene è in capo all'erario essendo il bene definitivamente confiscato». È poi pervenuta una ultima nota con la quale l'amministrazione comunale pone ulteriori ostacoli all'acquisizione del bene, evidenziando preliminarmente che manca la volturazione a nome dell'erario del terreno circostante la villa, indicando in realtà una particella che non risulta essere oggetto di confisca e non proposta per la destinazione. Anche in relazione alla problematica relativa alla parte abusiva della villa, il comportamento dell'ente locale suscita perplessità. Infatti l'Agenzia in applicazione dell'articolo 51 comma ter del Codice Antimafia, che prevede espressamente che «qualora sussista un interesse di natura generale, l'Agenzia può richiedere, senza oneri, i provvedimenti di sanatoria, consentiti dalle vigenti disposizioni di legge delle opere realizzate su immobili che siano stati oggetto di confisca definitiva (comma aggiunto dall'articolo 1, comma 189, lettera d) legge n. 228 del 2012)» ha formulato formale istanza per la sanatoria della villa, per la quale comunque già nel 2010 su richiesta del prevenuto, era stata rilasciata concessione in sanatoria (n. 179/S). Il comune in proposito ha risposto eccependo la non conformità del realizzato con il progetto sanato, precisando però che tale difformità era già stata constatata nel 2010, cioè ben due anni prima della definitività della confisca. «Certo — continua la nota dell'Agenzia — la solerzia odierna mal si concilia con l'accertamento delle irregolarità e le osservazioni formalizzate, che suscitano perplessità, anche alla luce della normativa regionale. Inoltre, non può che avere carattere strumentale la richiamata necessità di verificare l'adeguamento sismico della parte da sanare e il consequenziale presunto impegno economico che il comune dovrebbe sopportare. Dagli accertamenti eseguiti, infatti, non risulta che la parte abusiva sia stata costruita in un momento diverso da quella sanata; quindi se il comune ha rilasciato la sanatoria è perché ha verificato il rispetto della normativa antisismica nella costruzione realizzata, se così non fosse lo stesso non avrebbe potuto rilasciare una concessione in sanatoria, perché l'opera non era sanabile nella sua interezza». Così si esprime l'Agenzia nel primo esempio, mentre per quanto riguarda il secondo afferma che «altro caso è quello relativo all'immobile sito in località santa Lucia, per il quale alla richiesta di manifestazione d'interesse il comune di Andria ha risposto chiedendo ulteriori dati, in realtà già contenuti nella richiesta stessa» –:
   alla luce di quanto riportato dalla Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata in relazione all'atteggiamento dell'amministrazione del comune di Andria, quali iniziative si intendano intraprendere per favorire un efficiente utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
(4-05553)


   BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 4 luglio 2014 sono partiti con biglietto ferroviario 24 persone dalla stazione di Milano centrale (treno 220) alle ore 4,07 diretti a Parigi Gare de Lyon con arrivo previsto alle 9,30;
   tra tali passeggeri erano presenti il Sig. Omar Jneid nato il 20 settembre 1981, originario di Aleppo (Siria) e sua moglie la signora Suha Al Hussein nata il 1o gennaio 1992, incinta, ed i loro tre figli di anni 6, 4 e 2;
   che tali passeggeri non hanno avuto nessun problema alle frontiere tra Italia e Svizzera, nel tragitto lungo il territorio elvetico ed al confine tra Svizzera e Francia;
   intorno all'orario delle 7,30, in territorio francese, tali passeggeri sono stati fermati dalla gendarmeria francese. Successivamente sono stati fatti scendere dal treno e, dopo aver fornito le loro generalità e aver ricevuto i documenti di non ammissione, sono stati caricati su auto blindate e sono stati portati al confine tra Svizzera e Francia dove sono giunti alle ore 12 dopo un tragitto di circa 1 ora;
   secondo quanto riportato dai diretti interessati, gli stessi non hanno subito violenza dalla polizia francese;
   una volta al confine sono state prese le impronte digitali, il signor Omar Jneid ha riferito che in tale circostanza la polizia svizzera ha spintonato la moglie e utilizzato maniere definite «pesanti»;
   al termine delle verifiche sono stati messi su auto blindate e dopo un tragitto di circa 4 ore sono arrivati alla stazione ferroviaria di Briga (vicina al confine Svizzera/Italia, nel canton Vallese) alle ore 16 circa;
   durante il tragitto di 4 ore il bambino più piccolo della coppia (di anni 2) ha ripetutamente vomitato senza che gli sia stato prestato nessun tipo di soccorso nonostante le ripetute richieste fatte dai genitori dello stesso. Il bambino attualmente è ricoverato all'ospedale di Domodossola;
   poco prima di arrivare alla stazione di Briga la signora Suha Al Hussein si è accorta di avere abbondati perdite di sangue dalla vagina, anche in questo caso nonostante le insistenti e ripetute richieste del marito signor Omar Jneid di prestarle soccorso (lo stesso si offriva di pagare le cure), nessun riscontro ed aiuto è stato fornito;
   le perdite di sangue della signora sono continuate anche alla stazione di Briga;
   alle ore 19 i profughi sono stati fatti salire sul treno Briga-Domodossola;
   alle ore 19 gli stessi arrivavano alla stazione di Domodossola, dove, viste le condizioni della partoriente è stata immediatamente soccorsa sui binari della stazione e poi trasportata all'ospedale di Domodossola;
   durante il ricovero all'ospedale San Biagio di Domodossola i medici hanno constatato che la signora Suha Al Hussein ha perso il bimbo che stava aspettando;
   è estremamente grave quanto raccontato e riportato dal signor Omar Jneid culminato con la perdita che la signora Suha Al Hussein ha subito –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di verificare se le circostanze raccontate dal signor Omar Jneid possano profilare il mancato rispetto delle norme comunitarie ed internazionali di rispetto dei diritti della persona. (4-05558)


   VILLAROSA, PAOLO BERNINI, CORDA e RIZZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 16 giugno 2014 ilTempo.it pubblica un articolo dal titolo «I nuovi blindati della Polizia sono un “bidone”». Leggendo l'articolo si apprende che il Ministero dell'interno, ha acquistato 17 Iveco Daily 50 C17 utilizzando fondi europei, al costo di circa 23.000 euro per ciascun furgone ai quali vanno aggiunti altri 10.000 euro per ognuno degli adattamenti necessari per le esigenze della polizia in quanto questi sono i mezzi utilizzati durante le operazioni di ordine pubblico;
   sei di questi blindati hanno presentato problemi dopo pochissimi chilometri di utilizzo, si presume per probabili difetti di fabbricazione, i vetri laterali sono andati in frantumi, il motore si spegne a causa di problemi elettronici e le pedane laterali, che permettono al personale di salire a bordo, sono troppo sporgenti e rischiano di essere strisciate;
   l'importanza della piena efficienza e della totale affidabilità di tali mezzi, specialmente se appena acquistati, è fondamentale, in quanto questi «blindati» sono spesso oggetto di attacchi da parte della folla e lo Stato dovrebbe fare in modo di garantire al massimo l'incolumità degli operatori delle forze dell'ordine fornendo materiali assolutamente affidabili e testati;
   anche il SAP, in una nota stampa citata nel medesimo articolo, evidenzia il gran bisogno di tali mezzi per permettere alle forze di polizia di operare nel migliore dei modi in quanto il parco «blindati» in dotazione presenta già i segni dell'età che avanza e avere problemi importanti da mezzi appena acquistati potrebbe indurre a formulare sospetti nei riguardi del fornitore –:
   se sia a conoscenza dei fatti citati nel presente atto di sindacato ispettivo;
   se intenda assumere immediate iniziative atte a risolvere tempestivamente i fatti citati in premessa, in modo da garantire una adeguata sicurezza operativa alle forze di polizia che giornalmente rischiano la loro incolumità, e talvolta anche la vita, per servire lo Stato ed offrire sicurezza a tutti cittadini. (4-05560)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RAMPI e MALPEZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dopo l'insediamento del nuovo dirigente dell'ufficio scolastico territoriale di Milano e Monza si fa sempre più concreta l'ipotesi di una chiusura dell'ufficio di Monza;
   circa 15 persone, professionisti, dal 2001 sono state trasferite a Monza hanno cercato di rendere visibile questa realtà in questi anni e hanno cercato di portare tutte le attività e le competenze a Monza per poi far sì di rendere autonomo l'ufficio di Monza;
   a marzo 2014 una parte di loro ha traslocato in una ex scuola materna del comune di Monza, che è stata ristrutturata appositamente con costi che a questo punto diventano uno spreco;
   dopo cinque anni dalla nascita ufficiale della provincia di Monza e Brianza ancora non sono state assegnate alle scuole di quel territorio codici identificativi conseguenti, il che sarebbe dovuto essere un atto dovuto, tali da permettere un'organizzazione e dell'offerta didattica più efficace. Su questo gli interroganti hanno già sollecitato il ministero;
   ora queste notizie completano un quadro che non va nella giusta direzione di un riordino delle competenze e della riduzione dei costi, come giustamente contenuto nelle riforme in corso di attuazione, e invece tende a ridurre l'efficacia e il decentramento –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sta avvenendo e cosa intenda fare per invertire questa rotta. (5-03223)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   Grazia Deledda è l'unica scrittrice italiana ad aver vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1926 e, a seguito di una risoluzione (Centemero) presentata nella XVI legislatura, il Ministero ha dato vita ad una serie di iniziative per valorizzare l'opera di Grazia Deledda nelle scuole secondarie di II grado;
   le Indicazioni nazionali per i licei e le linee guida per gli istituti tecnici e professionali hanno un valore orientativo rispetto al piano dell'offerta formativa, predisposto autonomamente da parte di ciascuna istituzione scolastica, che può decidere di inserire nei percorsi di studi autori non contemplati dalle suddette Indicazioni nazionali e linee guida, nelle quali sono indicati i soli autori il cui studio è ritenuto irrinunciabile, tra cui tutti i premi Nobel per la letteratura con l'unica esclusione di Grazia Deledda;
   è stata emanata lo scorso anno scolastico una nota informativa alle scuole con cui è stato ricordato il centenario della pubblicazione del romanzo «Canne al vento» e si è proposto di inserire nella didattica approfondimenti e riflessioni sulla figura della scrittrice, ma non è stato effettuato un monitoraggio dell'effettivo svolgimento di tali approfondimenti e del loro esito;
   tra le iniziative previste dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono stati predisposti da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca:
    a) un lavoro di ricerca nell'ambito del Progetto nazionale di formazione per i docenti e gli studenti denominato Compita, promosso dalla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e l'autonomia scolastica;
    b) l'inserimento del centenario della pubblicazione di Canne al Vento nella Giornata pro-Grammatica, organizzata da Rai Radio3 insieme con la citata direzione;
    c) la possibilità di celebrare l'anniversario per il centenario all'interno delle Olimpiadi di Italiano, rivolte a tutte le scuole superiori;
   non è stata ancora effettuata una relazione che illustri tutte le iniziative messe in atto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dalle istituzioni scolastiche e da Rai Radio3 e Rai Educational per celebrare e far conoscere l'opera di Grazia Deledda –:
   se intenda continuare i progetti messi in atto per celebrare l'opera della scrittrice e attraverso quali ulteriori iniziative intenda far conoscere l'unica scrittrice italiana vincitrice del premio Nobel per la letteratura, esempio per le studentesse e gli studenti delle scuole di tutto il nostro sistema nazionale d'istruzione, anche attraverso una revisione e un aggiornamento delle indicazioni nazionali e delle linee guida, che porti ad una integrazione del «canone» degli autori e delle opere del Novecento. (5-03224)


   MALPEZZI e RAMPI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il liceo musicale sperimentale del conservatorio G. Verdi di Milano nasce come sperimentazione nel 1971: il punto di forza di questa sperimentazione si trova nella perfetta sinergia tra l'alta formazione musicale e quella culturale tipica del liceo. La chiave del successo dell'iniziativa sta nella compresenza nello stesso stabile delle due istituzioni, che non solo garantisce l'indispensabile ottimizzazione degli aspetti logistici legati alla doppia scolarità (tutti gli studenti del liceo sono liceali e obbligatoriamente iscritti al conservatorio), ma crea un «continuum formativo» che armonizza in modo unico le materie curricolari con quelle musicali, con eccellenti risultati nella formazione dei giovani musicisti;
   il liceo musicale «G. Verdi» è ad oggi l'unico caso di scuola superiore operante all'interno di un conservatorio;
   da coltre quarant'anni, dunque, tale liceo musicale svolge le sue lezioni all'interno del conservatorio di Milano: gli allievi hanno in pratica una doppia scolarità liceo e conservatorio), ed è diffusamente riconosciuto che ciò ha rappresentato finora una specificità favorendo la formazione di ottimi musicisti;
   con la riforma Gelmini, in particolare con il decreto ministeriale n. 17 del 22 settembre 2010, tutte le sperimentazioni in ambito musicale sono riportate in licei «di ordinamento» (liceo musicale o coreutico);
   il conservatorio, per tramite del suo presidente, dottoressa Maria Grazia Mazzocchi, in data 23 aprile 2014 (conservatorio, comunicato prot. 3028 del 23 aprile 2014) ha disdettato la convenzione in essere con il liceo musicale, comunicando nel contempo di non poter continuare a ospitare le lezioni curricolari liceali dal momento in cui si concluderà la fase di passaggio del liceo da sperimentale a ordinamentale, ovvero al termine dell'anno scolastico in corso. A seguito di ulteriori incontri è stata concessa una proroga per il trasferimento al settembre 2015, concedendo però, al momento, l'utilizzo solo di un numero limitato di aule;
   in altre parole il liceo, prima dipendente dal conservatorio ai sensi della sperimentazione, è stato inserito dal settembre 2013 in un istituto omnicomprensivo verticale musicale insieme al ciclo della primaria e della secondaria di primo grado della scuola ex-Cuoco Sassi (ora G. Verdi) di via Corridoni. Il comune di Milano ha condiviso con provincia, conservatorio e ufficio scolastico regionale il suddetto progetto, che rappresenta un'assoluta novità su scala non soltanto locale ma anche nazionale;
   tuttavia, l'istituto omnicomprensivo di via Corridoni ha evidenziato l'impossibilità di ospitare il liceo musicale, se non a valle di un processo di trasformazione organizzativa e strutturale a livello dello stabile stimato in diversi anni come si evince dalla seguente nota: «...tali trasformazioni necessitano di una progettazione e di un lasso di tempo di alcuni anni scolastici...» (comunicato prot. 984/A23 del 27 maggio 2014);
   in questo scenario non solo viene improvvisamente a mancare l'elemento essenziale di compresenza delle due realtà formative, ma si prefigura una situazione di totale assenza del necessario supporto logistico per le lezioni curricolari del liceo, che si troverebbe all'inizio dell'anno scolastico 2014/15 privo di una sede;
   inoltre, a seguito della comunicazione di «sfratto» da parte del conservatorio e dei numerosi colloqui tra gli enti preposti, la provincia ha messo a disposizione aule alternative in via San Marco (adiacenti al liceo Parini). Tale soluzione è risultata del tutto inadeguata in quanto crea a studenti e insegnanti notevoli e ingestibili disagi. La struttura del curriculum, infatti, prevede un alternarsi di discipline musicali (che avrebbero comunque luogo presso il conservatorio) e materie curricolari (da svolgersi in San Marco) ed è impossibile pensare a spostamenti così frequenti, con strumenti talvolta ingombranti (e sempre molto fragili e costosi) sulle spalle. Tutto ciò, inoltre, provocherebbe di fatto l'esclusione di alunni con handicap fisici dalla frequentazione del liceo musicale;
   per ovviare alle gravi conseguenze che tali scelte potrebbero determinare, si sono attivati alcuni tavoli di discussione, il più significativo dei quali ha portato all'identificazione di una possibile soluzione congiunta che vede la collaborazione di ufficio scolastico per la Lombardia, la direzione del conservatorio e la presidenza dell'omnicomprensivo. Un primo incontro ha prodotto una bozza di soluzione, la cui fattibilità dev'essere comunque confermata (verbale del 21 maggio 2014). Questa soluzione prevede la distribuzione delle lezioni su tre plessi (con al seguito strumenti musicali delicati, ingombranti e di alto valore): conservatorio, omnicomprensivo di via Corridoni e 10 aule «provvisorie» in via S. Marco presso l'università della terza età, con un progressivo spostamento delle lezioni dal conservatorio verso via S. Marco e quindi verso l'omnicomprensivo, che potrebbe arrivare a fornire 9 aule per il liceo (rispetto alle 10 necessarie) solo nel 2017/18;
   appare evidente come tale situazione provocherebbe un grave ritardo organizzativo che rischierebbe di portare alla conclusione di una così valida esperienza. Un sondaggio effettuato tra i genitori ha evidenziato, infatti, quanto segue:
    • il 95 per cento ritiene fondamentale la compresenza di liceo e conservatorio nello stesso stabile;
    • l'81 per cento non avrebbe iscritto il proprio figlio a questo liceo se non fosse stato come finora;
   con una premessa di questo tipo è facile capire che già a partire dall'anno 2015/16 potrebbe essere molto difficile formare anche una sola classe prima, innescando il processo di estinzione del liceo che si concluderebbe nell'arco del ciclo attualmente in corso;
   la «riforma Gelmini» ha separato la formazione accademica da quella liceale ed ha cancellato le sperimentazioni. Tuttavia, in nessun punto del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 2010, dove si parla dell'istituzione dei licei coreutico – musicali, si dice che tali licei non possano avere sede all'interno delle strutture architettoniche dei conservatori. Altre motivazioni, quali ad esempio la necessità di ristrutturazione e messa «a norma» del conservatorio, giustificherebbero esclusivamente un disagio temporaneo ma non l'allontanamento definitivo del Liceo;
   gli effetti negativi di questa azione sono innumerevoli:
    • gli studenti del liceo saranno estromessi dal conservatorio, terminando l'ultima sperimentazione di successo;
    • l'omnicomprensivo dovrà fornire spazi al liceo a scapito delle attuali scuole elementari e medie che subiranno una riduzione di sezioni e degli spazi destinati ai laboratori;
   sarà necessaria una significativa ristrutturazione dello stabile dell'omnicomprensivo (con evidenti disagi e costi annessi) per «compartimentare» le aule separando fisicamente quelle del liceo da elementari e medie;
   se il permanere negli attuali locali non fosse realmente possibile per motivi oggettivi, sarebbe auspicabile che almeno nell'arco del prossimo anno scolastico tutte le istituzioni coinvolte potessero completare con successo la realizzazione del progetto «omnicomprensivo musicale», che rappresenta una grande opportunità per garantire una graduale e qualificata formazione musicale a partire già dalla scuola primaria, così come giustamente e correttamente previsto dall'ufficio scolastico regionale stesso. Questo auspicio, dal punto di vista meramente logistico, richiederebbe come elemento essenziale che il liceo possa permanere – nel suo attuale assetto di aule e orari – pienamente all'interno del conservatorio per l'intero anno scolastico 2014/15;
   in un momento in cui il mondo musicale di Milano è già scosso per le note vicende scaligere, sarebbe preoccupante assistere a un ulteriore affossamento di un'istituzione musicale cittadina di grande prestigio come il liceo musicale G. Verdi, che in quarant'anni di storia non solo ha dato a Milano tante eccellenze musicali, ma ha anche guidato la sperimentazione che, a livello nazionale, ha portato alla nascita dei licei coreutico – musicali –:
   se non ritenga necessario verificare le ragioni per cui il liceo musicale non possa continuare ad avere la sua sede all'interno del conservatorio salvaguardando in questo modo la qualità dell'insegnamento e l'ambiente nel quale i giovani musicisti si formano;
   se non ritenga opportuno, nel caso il liceo musicale dovesse suo malgrado trasferirsi fuori dal conservatorio, esplorare tutte le possibili soluzioni affinché gli allievi possano frequentare serenamente e con profitto le lezioni, verificando l'opportunità che l'edificio ex-Cuoco Sassi possa effettivamente ospitare in prospettiva, nell'arco di due – tre anni, tutto il liceo senza che ciò sia vissuto come una mera sottrazione di spazi agli altri ordini di scuola, posto che la compresenza di cicli diversi va vista come uno stimolo e un arricchimento per tutti;
   se non ritenga di farsi garante, quale che sia la soluzione finale, del mantenimento di una convenzione forte tra conservatorio e liceo per garantire la continuità di questa grande esperienza.
(5-03229)


   MALPEZZI, CAROCCI, ROCCHI e COSCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con i decreti del Presidente della Repubblica n. 89, n. 87 e n. 88 del 15 marzo 2010 è stato avviato il riordino del ciclo secondario d'istruzione;
   la cosiddetta «riforma Gelmini» ha previsto un drastico e pesante taglio delle ore di insegnamento negli istituti tecnici e professionali, per quanto riguarda gli insegnamenti cosiddetti «di indirizzo» degli istituti tecnici, come l'insegnamento della materia «tecnologie e disegno tecnico» dove, a seguito della riforma, è stata attuata la riduzione di 1/3 delle ore di lezione, e conseguentemente delle relative cattedre e quindi del personale docente;
   il regime di razionalizzazione della spesa, infatti, che ha accompagnato il riordino del secondo ciclo ha determinato, nell'istruzione tecnica e nell'istruzione professionale, nonché in alcuni indirizzi del liceo artistico, riduzioni orarie a carico dei diversi insegnamenti. Tra questi, notevoli tagli risultano a carico degli insegnamenti tecnico-pratici affidati a docenti con competenze teorico-pratiche specifiche, cui era affidata la responsabilità in piena autonomia delle attività didattiche che si svolgono nei laboratori, in un ampio numero di ore in compresenza con un insegnante laureato;
   l'intero comparto degli indirizzi, il quale era composto, prima del riordino, da oltre 800 corsi sperimentali, 200 progetti assistiti e tantissimi altri percorsi, opzioni e sperimentazioni autonome, diverse e distinte da scuola a scuola con quadri orari a scelta e indipendenti, di licei, istituti tecnici e professionali è stato completamente snellito, ridotto e tagliato drasticamente, e il tutto è stato riordinato e semplificato a soli 20 indirizzi di ordinamento uguali, obbligatori e unitari per tutto il Paese, venendo aboliti, cancellati, eliminati e tagliati definitivamente tutte le sperimentazioni, i progetti assistiti, le opzioni a scelta e i tirocini dei licei, istituti tecnici e professionali precedentemente esistenti;
   solo per citare alcuni esempi, con il riordino degli istituti tecnici si è passati da 10 settori e 39 indirizzi a 2 settori e 11 indirizzi. Le ore scolastiche sono state diminuite da 36 a 32. Le ore di laboratorio sono passate da 1.122 a 264 ore nel biennio e con 891 ore nel triennio;
   gli istituti professionali erano suddivisi in cinque settori con 27 indirizzi, mentre con la riforma sono stati suddivisi in due macrosettori con 6 indirizzi. Come per gli istituti tecnici le ore verranno ridotte a 32 per settimana;
   sono, stati eliminati gli istituti d'arte che, in un Paese come il nostro, hanno invece rappresentato un legame tra tradizioni territoriali, scuola e mondo del lavoro. Non si è adeguatamente pensato e ragionato sul coordinamento tra i cicli e tra istruzione secondaria e istruzione universitaria/mondo del lavoro;
   con l'anno scolastico 2014-2015 il riordino della scuola secondaria di II grado entrerà a regime su tutte le classi. Si estenderanno ulteriormente, pertanto, gli effetti determinati dalla riduzione del tempo scuola e degli spazi per le attività di laboratorio;  
   la necessità di riformare la scuola secondaria era fuori discussione. Ma il modo in cui si è proceduto ha determinato interventi palesemente illegittimi: i regolamenti sono entrati in vigore molti mesi dopo le iscrizioni, si è proseguito nonostante mancassero atti importanti quali quelli relativi alle classi di concorso e nonostante il parere contrario del Consiglio nazionale della pubblica istruzione;
   il decreto-legge n. 104 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, recante «Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», aveva previsto l'avvio entro gli inizi del mese di febbraio 2014 del monitoraggio e della valutazione dei sistemi di istruzione professionale, tecnica e liceale finalizzati anche alla ridefinizione degli indirizzi, dei profili e dei quadri orari previsti dai relativi percorsi di studio;
   il monitoraggio e la valutazione avrebbero dovuto concludersi entro 12 mesi (febbraio 2015);
   in tal senso, l'articolo 5, comma 1, del suddetto decreto-legge stabilisce che «il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avvia, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il monitoraggio e la valutazione dei sistemi di istruzione professionale, tecnica e liceale, come previsto dai regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, n. 88 e n. 89, al fine di garantirne l'innovazione permanente, l'aggiornamento agli sviluppi della ricerca scientifica e tecnologica e il confronto con gli indirizzi culturali emergenti, nonché l'adeguamento alle esigenze espresse dalle università, dalle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, dagli istituti tecnici superiori e dal mondo del lavoro e delle professioni. Il monitoraggio e la valutazione dei sistemi di istruzione professionale, tecnica e liceale devono concludersi entro dodici mesi dal loro avvio e i relativi risultati sono considerati nella ridefinizione degli indirizzi, dei profili e dei quadri orari di cui ai citati regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica n. 87, n. 88 e n. 89 del 2010»;
   tuttavia, ad oggi tale non è stata ancora avviata la fase di monitoraggio stabilita dal dettato della legge –:
   quali siano le ragioni di tale ritardo e quali iniziative urgenti intenda adottare affinché si proceda in tempi rapidi alla valutazione del riordino dei cicli prima di procedere alla definizione di ipotesi di revisione del sistema che non tengano in considerazione gli effetti prodotti dal riordino suddetto. (5-03230)


   D'UVA e DA VILLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, si dispone che anche per l'anno accademico 2014-2015, l'ammissione dei candidati ai corsi di laurea di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 2 agosto 1999, n. 264, previo accreditamento dei corsi stessi ai sensi del decreto ministeriale n. 47 del 2013, avviene a seguito di superamento di apposita prova, secondo le modalità stabilite dallo stesso decreto;
   secondo quanto previsto dall'articolo 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, la prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia «è unica per entrambi i corsi ed è di contenuto identico sul territorio nazionale», assegnando 10.551 posti totali;
   nell'ambito dei posti disponibili per le immatricolazioni, sono ammessi ai corsi di laurea e di laurea magistrale i candidati secondo l'ordine decrescente del punteggio conseguito in sede di prova di ammissione;
   all'articolo 10, comma 1, del citato decreto ministeriale, si prevede che per i corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, il Cineca, sulla base del punteggio, calcolato ai sensi del comma 3, redige una graduatoria unica nazionale per i candidati comunitari e stranieri residenti in Italia, di cui all'articolo 26 della legge n. 189 del 2002, secondo le procedure di cui all'allegato 2 dello stesso decreto;
   al comma 6 dello stesso articolo, in particolare, si dispone che «fatto salvo quanto previsto dall'allegato 2, la graduatoria dei corsi di cui agli articoli 2, 4, 5 e 6 si chiude alla data del 1o ottobre 2014», introducendo il termine ultimo entro il quale redigere la graduatoria nazionale finale dei candidati ammessi all'immatricolazione ai relativi corsi;
   l'allegato n. 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, disciplina le direttive e le procedure di riferimento per la redazione della graduatoria nazionale, nonché le modalità di scorrimento della stessa;
   a norma di quanto previsto dal punto 9, lettera a), dell'allegato n. 2, il candidato che ad ogni scorrimento di graduatoria rientri nei posti disponibili relativi alla prima preferenza utile, risulta «assegnato» ed è tenuto ad immatricolarsi presso la sede e il corso entro i termini stabiliti al punto 1 e, in caso di mancato rispetto dei termini, il candidato decade dal diritto all'immatricolazione e non assume rilevanza alcuna la motivazione giustificativa del ritardo;
   la successiva lettera b) dispone invece che il candidato che ad ogni scorrimento di graduatoria non rientri nei posti disponibili relativi alla prima preferenza utile, risulta «prenotato» su una scelta successiva. In tal caso il candidato può comunque immatricolarsi nella sede e nel corso nei termini stabili al punto 1 coloro che lo precedono in graduatoria, si rendano eventualmente disponibili dei posti relativi alle preferenze migliori indicate;
   l'allegato n. 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, prevede, inoltre, che dopo la pubblicazione degli elenchi dei candidati alle sedi da questi indicate, i candidati «assegnati» devono obbligatoriamente provvedere all'immatricolazione presso gli atenei, mentre i candidati «prenotati» hanno facoltà di non ottemperare immediatamente all'immatricolazione;
   il punto 16 dell'allegato, infine, in accordo con quanto stabilito dall'articolo 10, comma 6, del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, stabilisce che «alla data del 1o ottobre 2014 tutti i candidati in posizione utile in graduatoria con lo status di assegnato o prenotato e non ancora immatricolati all'esito delle procedure previste dai punti 11 e 13 sono tenuti ad immatricolarsi entro il termine del 6 ottobre 2014. In caso di mancato rispetto dei termini, i candidati decadono dal diritto all'immatricolazione e non assume rilevanza alcuna la motivazione giustificata del ritardo»;
   in un articolo pubblicato in data 5 luglio 2014 dal quotidiano consultabile online IlFattoQuotidiano, lo scorrimento delle graduatorie, così come disciplinato dalle disposizioni richiamate, risulterebbe essere lento e non efficiente;
   secondo quanto riportato dall'articolo, infatti, risulterebbe essere numerosi gli studenti che, decidendo di non immatricolarsi, esercitano la facoltà di restare in attesa di un posto libero in un ateneo di maggior gradimento, sperando nella rinuncia di altri studenti già assegnati ovvero prenotati presso la sede preferita;
   tale distorsione, forse non adeguatamente previste dal decreto ministeriale, essendo questa «legittimata» dalle procedure sin qui esposte e aggravata dall'eccessivo numero di preferenze esprimibili da ogni candidato, starebbero comportando un pericoloso rallentamento del sistema di assegnazione dei posti ai candidati idonei, con percentuali di soggetti assegnati assolutamente sproporzionate al numero di quelli ancora prenotati;
   a peggiorare l'attuale situazione vi sono la cosiddette «doppie immatricolazioni», determinate dalla compresenza sia nelle graduatorie ministeriali sia in quelle di altre università private di numerosi studenti, i quali, non essendo tenuti ad alcuna scelta immediata, né a esprimere alcuna rinuncia espressa, bloccano il regolare scorrimento della graduatoria nazionale;
   secondo quanto previsto dal punto 14 dell'allegato n. 2 «agli atenei è consentito procedere all'iscrizione dei candidati collocati in posizione utile in graduatoria ad anni successivi al primo, esclusivamente a seguito di riconoscimento dei relativi crediti, nonché della documentata disponibilità di posti presso l'ateneo per l'anno di corso in cui richiedono l'iscrizione rispetto ai posti attribuiti della rispettiva coorte di studenti nelle precedenti programmazioni»;
   anche in considerazione di quanto disposto dal punto 16 dell'allegato n. 2, che prevede la decadenza dal diritto all'immatricolazione senza possibile giustificazione del ritardo, vi è il timore che alla chiusura della graduatoria, così come prevista il 1o ottobre 2014, il numero dei posti assegnati risulti inferiore ai 10.551 attualmente previsti dal Ministero –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire e assicurare il regolare scorrimento della graduatoria nazionale per i corsi di laurea di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014 impendendo, inoltre, che il numero dei posti totali da destinare alle nuove immatricolazioni non venga ridotto a causa delle possibili inefficienze procedurali sin qui richiamate. (5-03236)


   COCCIA e FARAONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da notizie apparse sulla stampa a un'alunna di 19 anni nata con la sindrome di down che frequenta il quarto anno dell'istituto professionale per i servizi alberghieri IPSAR TORRENTE nel settore «sala bar» a Casoria (Napoli) è stato impedito di svolgere uno stage presso alcune strutture di ristorazione sul territorio come stabilito dal piano formativo previsto dalla scuola;
   già lo scorso anno scolastico, infatti, la classe alla quale è regolarmente iscritta aveva partecipato agli stage e ai tirocini predisposti nell'ambito dell'offerta formativa, ma alla giovane studentessa non era stato consentito di partecipare e nessuna motivazione fu addotta dalla dirigenza scolastica per giustificare tale scelta;
   tuttavia, nel corso di questo anno scolastico, la scuola ha comunicato ai genitori che si sarebbe dato vita a un'organizzazione migliore che avrebbe finalmente consentito l'inserimento della figlia nei programmi suddetti, fatto che, purtroppo, non si è ancora una volta verificato ad eccezione di una iniziativa finale all'interno dei locali della scuola;
   ebbene nel corso di questo anno scolastico la studentessa ha dovuto attendere invano la partecipazione agli stage organizzati dalla scuola fuori dalle aule dell'istituto;
   i genitori hanno chiesto delucidazioni in merito a tale scelta non ricevendo alcuna risposta alle loro richieste di informazione;
   mentre tutti i genitori degli altri alunni sono stati convocati per l'organizzazione degli stage in giro per l'Italia, quelli degli alunni disabili non hanno ricevuto alcuna convocazione in merito;
   per questo, nel mese di maggio 2014 i genitori della studentessa hanno richiesto un colloquio con il docente che organizza e gestisce tali stage e, proprio nel corso di quell'incontro, è stato comunicato loro che chi non avesse partecipato a iniziative fuori dal comune di Napoli, avrebbe certamente svolto un'attività formativa sul territorio a partire dal giorno 9 giugno;
   ciononostante, quella data è trascorsa senza che sia accaduto nulla rispetto all'eventuale organizzazione di uno stage per la studentessa e i compagni diversamente abili;
   eppure, i genitori hanno appreso che proprio in quei giorni la scuola stava organizzando una serie di iniziative con una catena di ristoranti denominati «Rosso pomodoro» presenti sul territorio;
   i genitori hanno domandato ai docenti incaricati quale fosse il criterio di selezione utilizzato per scegliere gli studenti e la risposta è stata che la figlia avendo un Pei (piano educativo individuale) non era obbligata a parteciparvi, anche perché avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la accompagnasse;
   in tal senso, i genitori hanno dato immediatamente la loro disponibilità, ma gli è stato risposto che si poteva ipotizzare una tale soluzione solo dal mese di settembre dopo un'attenta programmazione;
   in questi giorni il referente che si occupa degli stage ha comunicato ai genitori che la studentessa verrà impegnata a settembre in qualche attività all'interno della scuola insieme agli altri alunni diversamente abili e qualche altro ragazzo;
   tale decisione desta sgomento e si pone in contrasto con le politiche di inclusione scolastica previste dalla legislazione italiana assumendo ad avviso degli interroganti i connotati di una vera e propria discriminazione;
   di fatto, la scuola ha organizzato gli stage e le attività di tirocinio impedendo la partecipazione degli studenti diversamente abili alle iniziative che si sono svolte fuori della scuola limitandone le attività solo a quelle interne e non tutte;
   il diritto allo studio è un principio garantito costituzionalmente. L'articolo 34 della Costituzione dispone infatti che la scuola sia aperta a tutti. In tal senso il Costituente ha voluto coniugare il diritto allo studio con il principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;
   la legge 118 del 1971, articolo 28, ha disposto che l'istruzione dell'obbligo dovesse avvenire nelle classi normali della scuola pubblica;
   con la legge 517 del 1977, che a differenza della legge 118 del 1971, limitata all'affermazione del principio dell'inserimento, si stabiliscono con chiarezza presupposti e condizioni, strumenti e finalità per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, da attuarsi mediante la presa in carico del progetto di integrazione da parte dell'intero consiglio di classe e attraverso l'introduzione dell'insegnante specializzato per le attività di sostegno;
   la Corte Costituzionale, a partire dalla sentenza n. 215 del 1987, ha costantemente dichiarato il diritto pieno e incondizionato di tutti gli alunni con disabilità, qualunque ne sia la minorazione o il grado di complessità della stessa, alla frequenza nelle scuole di ogni ordine e grado e alle attività che in esse si svolgono;
   la legge del 5 febbraio 1992, n. 104 «Legge Quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» raccoglie ed integra tali interventi legislativi divenendo il punto di riferimento normativo dell'integrazione scolastica e sociale delle persone con disabilità;
   tale legge ribadisce ed amplia il principio dell'integrazione sociale e scolastica come momento fondamentale per la tutela della dignità umana della persona con disabilità, impegnando lo Stato a rimuovere le condizioni invalidanti che ne impediscono lo sviluppo, sia sul piano della partecipazione sociale sia su quello dei deficit sensoriali e psico-motori per i quali prevede interventi riabilitativi;
   il profilo dinamico funzionale e il piano educativo individualizzato (P.E.I.) sono dunque per la legge in questione i momenti concreti in cui si esercita il diritto all'istruzione e all'educazione dell'alunno con disabilità. Da ciò il rilievo che ha la realizzazione di tali documenti, attraverso il coinvolgimento dell'amministrazione scolastica, degli organi pubblici che hanno le finalità della cura della persona e della gestione dei servizi sociali ed anche delle famiglie. Da ciò, inoltre, consegue l'importante previsione della loro verifica in itinere, affinché risultino sempre adeguati ai bisogni effettivi dell'alunno;
   sulla base del piano educativo individualizzato, i professionisti delle singole agenzie, ASL, enti locali e le istituzioni scolastiche formulano, ciascuna per proprio conto, i rispettivi progetti personalizzati:
    il progetto riabilitativo, a cura dell'ASL (legge n. 833 del 1978 articolo 26);
    il progetto di socializzazione, a cura degli enti locali (legge n. 328 del 2000 articolo 14);
    il piano degli studi personalizzato, a cura della scuola (decreto ministeriale 141 del 1999, come modificato dall'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009);
   inoltre, il decentramento avvenuto nell'ultimo decennio e la conseguente assunzione di responsabilità da parte degli organi decentrati – nell'ambito delle materie ad essi attribuite – fa assumere agli uffici scolastici regionali un ruolo strategico ai fini della pianificazione/programmazione «governo» delle risorse e delle azioni a favore dell'inclusione scolastica degli alunni disabili;
   nelle linee guida per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, gli ambiti territoriali diventano il luogo privilegiato per realizzare il sistema integrato di interventi e servizi e lo snodo di tutte le azioni, tramite la costituzione di tavoli di concertazione/coordinamento – all'interno dei quali c’è la «rete» di scuole – composti dai rappresentanti designati da ciascun soggetto (istituzionale o meno) che concorre all'attuazione del progetto di vita costruito per ciascun alunno disabile;
   è, infatti, proprio nella definizione del progetto di vita che si realizza l'effettiva integrazione delle risorse, delle competenze e delle esperienze funzionali all'inclusione scolastica e sociale;
   i prioritari ambiti di intervento sono riconducibili a:
    a) formazione (poli specializzati sulle diverse tematiche connesse a specifiche disabilità/banche dati/anagrafe professionale/consulenze esperte);
    b)  distribuzione/allocazione/dotazione risorse professionali (insegnanti specializzati, assistenti ad personam, operatori, educatori e altro);
    c) distribuzione/ottimizzazione delle risorse economiche e strumentali (fondi finalizzati all'integrazione scolastica, sussidi e attrezzature, tecnologie, e altro);
    d) adozione di iniziative per l'accompagnamento dell'alunno alla vita adulta mediante esperienze di alternanza scuola-lavoro, stage, collaborazione con le aziende del territorio;
   con l'autonomia funzionale di cui alla legge n. 59 del 1997, le istituzioni scolastiche hanno acquisito la personalità giuridica e dunque è stato loro attribuito, nei limiti stabiliti dalla norma, il potere discrezionale tipico delle pubbliche amministrazioni. Ne consegue che la discrezionalità in parola, relativa alle componenti scolastiche limitatamente alle competenze loro attribuite dalle norme vigenti, ed in particolare nell'ambito dell'autonomia organizzativa e didattica, dovrà essere esercitata tenendo debitamente conto dei principi inerenti alle previsioni di legge concernenti gli alunni con disabilità. La citata discrezionalità dovrà altresì tenere conto del principio di logicità-congruità, il cui giudizio andrà effettuato in considerazione dell'interesse primario da conseguire, ma naturalmente anche degli interessi secondari e delle situazioni di fatto;
   si ribadisce, inoltre, che le pratiche scolastiche in attuazione dell'integrazione degli alunni con disabilità, pur nella considerazione dei citati interessi secondari e delle citate situazioni di fatto, nel caso in cui non si conformassero immotivatamente all'interesse primario del diritto allo studio degli alunni in questione, potrebbero essere considerati atti caratterizzati da disparità di trattamento;
   tale violazione è inquadrabile in primo luogo nella mancata partecipazione di tutte le componenti scolastiche al processo di integrazione, il cui obiettivo fondamentale è lo sviluppo delle competenze dell'alunno negli apprendimenti, nella comunicazione e nella relazione, nonché nella socializzazione, obiettivi raggiungibili attraverso la collaborazione e il coordinamento di tutte le componenti in questione nonché nella presenza di una pianificazione puntuale e logica degli interventi educativi, formativi, riabilitativi come previsto dal piano educativo individuale;
   in assenza di tale collaborazione e coordinamento, mancanza che si esplica in ordine ad atti determinati da una concezione distorta dell'integrazione, verrebbe a mancare il menzionato corretto esercizio della discrezionalità;
   compito del dirigente scolastico è indirizzare l'operato dei singoli consigli di classe/interclasse affinché promuovano e sviluppino le occasioni di apprendimento, favoriscano la partecipazione alle attività scolastiche, collaborino alla stesura del piano educativo individuale;
    a) coinvolgere attivamente le famiglie e garantire la loro partecipazione durante l'elaborazione del PEI;
    b) curare il raccordo con le diverse realtà territoriali (enti locali, enti di formazione, cooperative, scuole, servizi socio-sanitari, e altro);
    c) attivare specifiche azioni di orientamento per assicurare continuità nella presa in carico del soggetto da parte della scuola successiva o del percorso post-scolastico prescelto;
    d) intraprendere le iniziative necessarie per individuare e rimuovere eventuali» barriere architettoniche e/o senso-percettive;
   in ultima istanza, al fine dell'inclusione scolastica degli alunni con disabilità è indispensabile ricordare che l'obiettivo fondamentale della legge n. 104 del 1992, articolo 12, comma 3, è lo sviluppo degli apprendimenti mediante la comunicazione, la socializzazione e la relazione interpersonale. A questo riguardo, infatti, la legge in questione recita: «L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione»; il comma 4 stabilisce inoltre che «l'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap». La progettazione educativa per gli alunni con disabilità deve, dunque, essere costruita tenendo ben presente questa priorità –:
   se non ritenga di dover intervenire per verificare le ragioni che hanno impedito ad alcuni alunni disabili di poter partecipare regolarmente alle attività di stage previste dal piano dell'offerta formativa dell'istituto professionale per i servizi alberghieri IPSAR TORRENTE di Casoria. (5-03238)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la riduzione dell'incidentalità nei cantieri edili costituisce una delle priorità della lotta agli infortuni sul lavoro;
   la gru a torre è un'attrezzatura complessa, molto utilizzata in particolare nei cantieri edili per il sollevamento e lo spostamento di merci e materiali; è generalmente riconosciuto che nell'ambiente del cantiere la gru a torre costituisce uno dei rischi prevalenti;
   benché sottoposte a verifiche periodiche da parte di soggetti pubblici o privati abilitati, come previsto dal Testo unico sulla sicurezza sul lavoro all'Allegato VII, la non corretta manutenzione, installazione e di uso inidoneo di tale attrezzatura sono alla base di gravi incidenti, infortuni mortali, danni ingenti a lavoratori ed alla collettività;
   per la manutenzione di una caldaia domestica si richiede la professionalità di un idraulico termotecnico; invece per un responsabile della manutenzione di una complessa gru a torre, alta fino a quaranta metri e pesante tonnellate può essere oggi sufficiente la qualifica di riparatore di motorini –:
   per quali motivi, a differenza degli altri Paesi europei, per la manutenzione delle gru a torre, come invece per altri apparecchi e come denunciato dalle associazioni dei costruttori, non siano previsti profili tecnici specifici ed una regola tecnica che definisca il soggetto abilitato alla manutenzione delle gru nei cantieri in Italia;
   se il Governo non ritenga necessario emanare, d'intesa con INAIL ed ISPESL, un decreto ministeriale, analogamente a quanto previsto per altre apparecchiature, che definisca le qualifiche minime connesse alla manutenzione delle gru a torre. (5-03231)

Interrogazione a risposta scritta:


   BECHIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo dati Istat la povertà assoluta è oramai una triste realtà per 10 milioni di italiani. Il 10 per cento della popolazione;
   peggiora la situazione al Mezzogiorno, dove si passa dal 9 al 12 per cento di persone in difficoltà. Male anche per le famiglie con quattro figli e per gli anziani, soprattutto se vivono in coppia. L'Istituto di ricerca: «Un italiano su dieci non riesce ad avere una vita dignitosa» 725 mila persone in più;
   l'Istituto di statistica conferma quanto era stato rilevato dalla Caritas, che aveva già raccontato quanto la situazione stesse peggiorando al centro nord, nelle famiglie con due figli e tra gli under 35. Secondo l'organismo della Cei: «Gli 80 euro di Renzi hanno avuto effetti ridotti, mentre gli aiuti dei Comuni sono diminuiti del 6 per cento». La proposta è quindi «dare a tutti un reddito d'inclusione sociale»;
   sempre secondo l'Istat, tra il 2012 e il 2013 l'incidenza di povertà relativa tra le famiglie è rimasta stabile, fermandosi attorno al 12,7 per cento. Peccato che l'incidenza di povertà assoluta sia aumentata, soprattutto al Sud. Nel Mezzogiorno, infatti, sono diventate povere 725 mila persone in più, passato da 2,3 milioni nel 2013 a più di 3 milioni lo scorso anno;
   le dinamiche della povertà relativa confermano alcuni dei peggioramenti osservati per la povertà assoluta, è spiegato nel rapporto. Peggiora la condizione delle famiglie con quattro (dal 18,1 al 21,7 per cento) e cinque o più componenti (dal 30,2 al 34,6 per cento), in particolare quella delle coppie con due figli (dal 17,4 al 20,4 per cento), soprattutto se minori (dal 20,1 al 23,1 per cento). Situazione di crollo anche per oltre un milione di minorenni incapaci di «avere una vita dignitosa» e per i quasi 900 mila gli anziani, soprattutto se vivono in coppia;
   la crisi, però, non ha colpito tutti i territori nello stesso modo: per Il Sole 24 Ore, alcune province più di altre hanno sofferto, registrando nel 2013 vistosi arretramenti rispetto al 2007. Negli ultimi sette anni, come emerso dalla classifica stilata dal quotidiano economico, ad aver sofferto maggiormente della crisi sono state le province di Lazio e Piemonte. Sul podio delle province dove la crisi ha colpito di più troviamo Viterbo, Latina e Novara –:
   se, il Ministro interrogato, prendendo definitivamente atto della gravità dei dati su esposti, ritenga opportuno assumere una celere iniziativa normativa volta ad assicurare un reddito di inclusione sociale a chi vive al di sotto della soglia di povertà relativa. (4-05535)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, BENEDETTI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, i produttori agricoli possono applicare diversi regimi IVA, ciascuno dei quali caratterizzato da uno specifico modo di calcolare l'imposta da versare;
   i regimi vengono così definiti: regime speciale, regime semplificato, regime di esonero e regime ordinario;
   il regime speciale IVA consiste in un regime di detrazione forfettaria dell'imposta detto anche di detrazione forfettizzata dell'imposta, nel quale l'IVA in detrazione non viene calcolata sugli acquisti, ma mediante l'applicazione di percentuali di compensazione stabilite con decreto ministeriale, sull'ammontare delle vendite;
   le fatture di vendita vengono emesse applicando le aliquote IVA ordinarie del 4 per cento, del 10 per cento e del 22 per cento da ottobre 2013 (articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011);
   al fisco viene versata la differenza fra l'aliquota ordinaria e quella di compensazione, che è più bassa o al massimo uguale a quella ordinaria;
   per le seguenti tipologie prodotti agricoli, sono previste le seguenti aliquote ordinarie e percentuali di compensazione: bovini 10 e 7 per cento, suini 10 e 7,30 per cento, polli 10 e 7,50 per cento, barbabietole 10 e 4 per cento, cereali 4 e 4 per cento, ortaggi 4 e 4 per cento, uva da vino 10 e 4 per cento, vino 22 e 12,30 per cento, latte, uova e miele, 10 e 8,80 per cento;
   nella tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972, parte II e parte III, è riportato l'elenco dei beni e servizi soggetti all'aliquota rispettivamente del 4 e del 10 per cento;
   la patata, cioè il tubero commestibile ottenuto dalle piante della specie Solanum tuberosum, utilizzato a scopo alimentare, rientra nel punto 5) parte II (beni soggetti all'aliquota del 4 per cento), quindi tra gli ortaggi e piante mangerecce, esclusi i tartufi, freschi, refrigerati, presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarsene temporaneamente la conservazione, ma non specialmente preparati per il consumo immediato; disseccati, disidratati o evaporati, anche tagliati in pezzi o in fette, ma non altrimenti preparati (codice doganale ex 07.01 - ex 07.03 - ex 07.04);
   le patate fritte (chiamate comunemente patatine o patatine fritte), cioè l'alimento a base di Solanum tuberosum tagliato a fette di forma allungata e fritto, rientrano nella parte II della suddetta tabella, quindi tra i soggetti con l'aliquota al 4 per cento, di cui al punto 6): ortaggi e piante mangerecce, anche cotti congelati o surgelati (codice doganale ex 07.02);
   nella parte III della tabella A, cioè tra i beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento, di cui al punto 21), si annoverano gli ortaggi e piante mangerecce, esclusi i tartufi, macinati o polverizzati, ma non altrimenti preparati; radici di manioca, d'arrow-root e di salep, topinambur, patate dolci ed altre simili radici e tuberi ad alto tenore di amido o di inulina, anche secchi o tagliati in pezzi; midollo della palma a sago (codice doganale ex 07.04 - 07.06);
   la patata dolce di cui al punto precedente non è la comune Solanum tuberosum, bensì la Convolvulacea Ipomoea batatas (nome comune «Batata») che nulla ha a che vedere con la specie precedente, trattandosi di un rizotubero originario delle aree tropicali delle Americhe e limitatamente coltivato in Italia;
   la patata dolce possiede importanti caratteristiche nutrizionali essendo ricca di fibre, calcio, fosforo, vitamina A, vitamina C oltre a possedere proprietà antiossidanti, emollienti e lenitive, al punto da suscitare l'interesse di alcuni ricercatori del CNR di Padova che tra l'altro hanno riconosciuto nel cajapo, sostanza contenuta nella buccia, la capacità di riduzione della glicemia basale, del colesterolo e dell'emoglobina glicata su persone affette da diabete mellito di tipo II;
   le elevate qualità nutrizionali della patata dolce sono state riconosciute anche dal «Diabetes Care», giornale ufficiale della American diabetes association, che la colloca al primo posto tra i vegetali con elevati benefici per la salute umana –:
   se sia a conoscenza del fatto che la definizione di «patata dolce» nella tabella A, parte III, di cui al punto 21), ingenera confusione tra gli agricoltori e i consulenti degli stessi che devono applicare i diversi regimi IVA, confondendola di fatto con le varietà di patata comune, e quali provvedimenti intenda adottare per dirimere questo aspetto;
   se sia a conoscenza del criterio adottato per l'inclusione della patata dolce tra i beni soggetti all'iva del 10 per cento, visto che, a differenza delle patate che subiscono la cottura in olio ed il successivo surgelamento, presenta indubbi benefici per la salute umana, e che quindi andrebbe incentivata includendola ad esempio tra i beni della parte II della tabella A.
(5-03225)


   FAENZI e RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da fonti di stampa, la Corte dei conti europea, ha presentato una relazione sull'inefficiente funzionamento della politica agricola comune – PAC, criticando in modo rilevante l'operato della Commissione europea;
   i magistrati contabili ritengono, infatti, che l'Esecutivo comunitario, non ha esercitato un'adeguata supervisione sul processo di disaccoppiamento dei pagamenti diretti agli agricoltori, determinando pertanto gravi errori nel passaggio avvenuto negli anni scorsi, da un sistema basato sugli aiuti legati alle quantità prodotte, al nuovo regime di pagamenti sganciati dalla produzione;
   la Commissione europea in particolare, secondo quanto descrive il suindicato articolo, non avrebbe adeguatamente gestito il calcolo effettuato dagli Stati membri, dei diritti degli agricoltori al sussidio dell'Unione europea, nell'ambito del regime di pagamento unico 2010-12, valutato in circa 4,2 miliardi di euro;
   la distribuzione degli aiuti nei medesimi Stati membri, inoltre, non risulterebbe essere stata conforme ai principi di non discriminazione degli agricoltori, di proporzionalità e di sana gestione finanziaria;
   i suesposti rilievi critici si dimostrerebbero inoltre, perfino più gravi, prosegue il medesimo articolo, in considerazione della cristallizzazione definitiva dei diritti all'aiuto imposta dall'ultima riforma che fissa gli importi dei nuovi pagamenti diretti sui premi percepiti nel 2014;
   a giudizio degli interroganti, nonostante le reazioni della Commissione europea alle suesposte valutazioni negative, che tendono tuttavia a rassicurare quanto rilevato dalla magistratura contabile europea, che ha evidenziato come agli Stati membri sia stato concesso un ampio livello di discrezionalità nella scelta delle modalità di attuazione del nuovo regime di pagamento, le osservazioni contenute all'interno della relazione predisposta dalla Corte dei conti europea destano perplessità e necessitano comunque di una precisazione da parte del Ministro interrogato, al fine di conoscere in particolare se dalle risultanze del documento contabile, possano derivare conseguenze sfavorevoli in grado di incidere sui futuri pagamenti agli agricoltori italiani, nell'ambito delle ripartizioni previste con gli altri Paesi membri, per i prossimi esercizi finanziari –:
   se trovi conferma il contenuto delle notizie di stampa esposte in premessa secondo le quali la Commissione europea non ha esercitato una supervisione adeguata sul «processo di disaccoppiamento» concernente il sostegno dell'Unione europea agli agricoltori adottato nell'ambito del «controllo dello stato di salute» della politica agricola comune;
   in caso affermativo, se, in conseguenza dei criteri definiti dagli Stati membri che talvolta non rispettavano i princìpi dell'Unione europea, specie quelli di non discriminazione degli agricoltori, di proporzionalità, della sana gestione finanziaria e dei diritti all'aiuto degli agricoltori, che si caratterizzano spesso per calcoli non corretti, potrebbe derivare un impatto negativo e sfavorevole anche sui futuri regimi di pagamento a favore degli agricoltori a partire dal 2015;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere, per evitare che le imprese agricole italiane possano essere penalizzate da eventuali revisioni connesse al processo di disaccoppiamento concernente il sostegno comunitario agli agricoltori per i prossimi anni. (5-03235)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   OCCHIUTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Calabria risulta essere soggetta a piano di rientro per la sanità e, in quanto tale, è stato nominato un commissario ad acta ai sensi e per gli effetti della legge del 23 dicembre 2009, n. 191, nella figura del Presidente della giunta regionale pro tempore sino alla data delle sue dimissioni, intervenute ai sensi della legge cosiddetta Severino;
   con le modifiche introdotte dal decreto legislativo 10 ottobre 2012, n. 174 (articolo 2, comma 6), convertito dalla legge n. 213 del 2012 ad integrazione del comma 83 dell'articolo 2 dell'anzidetta legge n. 191 del 2009, si è data la possibilità di nomina a commissario ad acta delle regioni in piano di rientro a soggetto diverso dal presidente della regione, purché in possesso di particolari requisiti tecnici;
   con l'introduzione del comma 84-bis, intervenuto sempre a cura del suddetto decreto-legge n. 174 del 2012, è stato previsto che «In caso di dimissioni di impedimento del presidente della Regione, il Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta al quale spettano i poteri indicati nel terzo e quarto periodo del comma 83 sino all'insediamento del nuovo presidente della Regione o alla cessazione della causa di impedimento»;
   il già presidente Scopelliti, dimessosi da tempo dalla sua carica, è conseguentemente decaduto dalle funzioni di commissario ad acta per il piano di rientro;
   un tale accaduto ha comportato, a far data dal 27 marzo 2014, una situazione talmente intollerabile da rendere più inadeguata di quanto già lo fosse l'organizzazione sanitaria regionale, oramai al collasso a tal punto da mettere in pericolo di vita le persone;
   da oltre un mese e, più esattamente, dai primi del trascorso mese di giugno 2014, si preannuncia la nomina del nuovo commissario ad acta, per dar modo al servizio sanitario regionale di individuare e mettere in atto le misure indispensabili per rendere esigibili i livelli essenziali di assistenza, soprattutto ospedalieri;
   nonostante i diversi proclami e le assicurazioni offerte, fino ad oggi nulla è avvenuto, lasciando la Calabria nella precarietà assoluta del funzionamento del sistema, resasi più allarmante dall'intervenuto ingresso della stagione estiva e dall'arrivo dei numerosi vacanzieri –:
   per quali ragioni non si sia ancora proceduto alla nomina del nuovo commissario ad acta per il piano di rientro in ambito sanitario per la regione Calabria, considerato che tale adempimento da parte del Governo non è più differibile.
(4-05534)


   PILI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le notizie che trapelano sulla gestione della lingua blu sono di una gravità inaudita perché risulterebbero coinvolti i gangli tecnici e scientifici delle strutture ministeriali e non solo;
   occorre con somma urgenza nominare un commissario straordinario per l'emergenza lingua blu e sovraintendere ad un'emergenza che inspiegabilmente da oltre 10 anni non viene debellata e ogni anno presenta fenomeni di recrudescenza sempre più gravi;
   per salvare la più grande industria della Sardegna, quella ovina, servono atti straordinari, urgenti ed efficaci;
   il Governo deve assumere provvedimenti straordinari per non essere ancora più corresponsabile di questa situazione;
   serve un intervento immediato, non solo diretto ad arginare questo virus nelle aree a rischio, ma occorre un vero e proprio «piano Marshall», in grado di incidere direttamente sul vettore di questa gravissima malattia che colpisce gli ovini;
   a rischio è il più grande patrimonio zootecnico dell'area mediterranea, quello più rilevante del Paese, con oltre 3 milioni e mezzo di ovini;
   serve un'azione urgente e senza ulteriori ritardi;
   per questo motivo deve essere nominato un commissario straordinario al di fuori dei giochi e al di sopra di tutte le strutture dirigenziali che si sono sino ad oggi occupate della questione;
   tergiversare senza assumere iniziative nette e chiare significa persistere in questo disastro;
   serve un atto deciso da parte del Governo, proprio per le implicazioni nazionali sulla questione;
   la magistratura per quanto di propria competenza farà il suo corso ma le istituzioni devono assumere iniziative urgenti per evitare che i prossimi mesi di settembre e novembre possa ripresentarsi un'ulteriore moltiplicazione delle larve e dei vettori della malattia;
   occorre intervenire sulle aree a rischio riproduzione del vettore;
   esistono prodotti selettivi che consentono di abbattere sul nascere le larve e lo stesso insetto vettore (culicoide). Deve essere attivata una campagna urgente;
   è indispensabile l'immediata predisposizione di un piano d'azione al quale deve partecipare a pieno titolo la protezione civile nazionale che, a prescindere dalle competenze, ha in capo strutture in grado di sostenere una campagna così rilevante come quella necessaria in poco tempo;
   deve essere messo in campo ogni sforzo per salvaguardare un'industria con decine di migliaia di operatori che rischiano di finire sul lastrico e per i quali servono immediati interventi di risarcimento;
   occorre attivare un tavolo tecnico scientifico esteso anche alle organizzazioni degli allevatori che consenta di valutare urgentemente alcune questioni imprescindibili come il discutibile e sempre tardivo ricorso alla vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini, intervento che di fatto era stato reso obbligatorio considerato che venivano escluse da qualsiasi ristoro di danni le aziende che non vaccinano;
   alla luce delle gravissime notizie che emergono deve essere affrontato in modo autorevole e senza condizionamenti la questione relativa all'efficacia e l'innocuità dei vaccini attualmente utilizzati contro il virus della febbre catarrale degli ovini (lingua blu), posto che non esistono certezze sull'efficacia;
   dagli anni 2000 ad oggi la malattia non ha mai cessato la propria presenza negli allevamenti dell'isola provocando danni e costi per centinaia di milioni di euro (costo dei vaccini – somministrazione – danni diretti della malattia e danni conseguenti agli effetti collaterali del vaccino);
   è indispensabile per questo motivo mettere in campo un'efficace e tempestiva lotta all'insetto vettore, condizione essenziale per cercare di fermare il diffondersi della malattia;
   la vaccinazione, per definizione, è una profilassi (profilassi vaccinale) e che pertanto dovrebbe essere eseguita, eventualmente, anticipatamente al manifestarsi della malattia ed è in molti casi controindicata durante il decorso della malattia stessa;
   per questo motivo il virus va combattuto alla fonte e non sull'effetto –:
   se il Governo sia attualmente a conoscenza del pericolo dell'epidemia e della gravità delle conseguenze per il comparto ovino della Sardegna e provvedere anche alla luce delle recenti notizie su inchieste giudiziarie a nominare ove ne ricorrano i presupposti di fatto e di diritto un commissario straordinario per la gestione dell'intera epidemia;
   se il Governo sia a conoscenza di eventuali programmi di profilassi vaccinale per la campagna produttiva 2014-2015;
   se non si intenda attivare, di concerto con le regioni, un'azione multiforze, compresa la protezione civile nazionale, per supportare un'azione efficace di profilassi preventiva e di lotta al virus con vere e proprie campagne di antiparassitarie mirate;
   se non si intenda attivare in Sardegna, di concerto con la regione, strutture di ricerca e monitoraggio, alla pari di quelle di Teramo, proprio evitare questa costante e ormai dipendenza scientifica sul fenomeno da strutture allocate fuori dall'isola. (4-05542)


   TRIPIEDI, ROSTELLATO, RIZZETTO, COMINARDI, BECHIS, BALDASSARRE, CIPRINI e CHIMIENTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 luglio 2014, sul quotidiano locale online Il Cittadino, veniva riportata la notizia che le donne in gravidanza non trovano posto durante il periodo estivo per un esame ecografico del feto nell'ospedale di Desio (MB). Tale inadempienza sarebbe dovuta alla precedenza data ad esami già prenotati e soprattutto alla chiusura per ferie nel mese di agosto e ad orari di apertura ridotti nel mese di settembre nell'ambulatorio delle ecografie ginecologiche della struttura ospedaliera in questione;
   tale fatto acquisisce gravità assoluta considerando che le donne in gravidanza sono tenute ad effettuare le ecografie morfologiche e di accrescimento fetale dalla diciannovesima alla trentaduesima settimana;
   l'ecografia morfologica viene ritenuto uno degli esami più importanti che una donna si trova ad affrontare durante il delicato periodo della gestazione, dato che fornisce alla futura madre importanti informazioni circa lo stato di salute del nascituro quali, ad esempio, la prevenzione o il contrasto di pericolose patologie quali la gestosi e la grave condizione di scarso accrescimento intrauterino del feto o la scoperta di eventuali malformazioni del feto stesso; l'ecografia dell'accrescimento fetale è, invece, finalizzata a misurare le dimensioni del feto (biometria), valutando se lo stesso sta crescendo con regolarità, troppo o troppo poco e a considerare la quantità del liquido amniotico e la posizione placentare;
   i tempi che la natura stabilisce per questi importantissimi esami fanno sì che se le madri in attesa optino per una struttura pubblica diversa da quella dell'ospedale di Desio per le condizioni di disagio sopra citate, debbano spostarsi trovando comunque oggettive difficoltà per ritardi causati da esami precedentemente prenotati anche in altre strutture pubbliche adiacenti o, in alternativa, che debbano optare per strutture private, ammesso e non concesso che le pazienti interessate abbiano le possibilità economiche per poterlo fare –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e della situazione delle liste di attesa in Lombardia e, in particolare, nella provincia di Monza e della Brianza. (4-05546)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, CECCONI e CIPRINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 28 aprile 2014 la corte di appello di Ancona ha emesso la sentenza con la quale ha dichiarato nullo l'atto di vendita dei due stabilimenti fabrianesi di Santa Maria e Marangone e di quello umbro di Gaifana della ex Ardo alla Newco dell'imprenditore Giuseppe Porcarelli;
   la Corte ha dato ragione alle sette banche creditrici secondo cui il prezzo di cessione stabilito dai commissari ministeriali, 13 milioni di euro, sarebbe stato troppo basso rispetto a una valutazione minima equa quattro volte superiore, attorno ai 54 milioni di euro;
   la situazione di incertezza che si protrae ormai da ben oltre due mesi sta facendo collassare gli ordini mettendo a rischio il posto di lavoro dei 700 dipendenti riassorbiti dalla J&P Industries;
   contemporaneamente sono a rischio anche i 1450 addetti della Antonio Merloni non rientrati nel piano industriale della J&P per i quali a ottobre scadranno i termini della cassa integrazione in deroga con conseguente messa in mobilità;
   nel novero dei lavoratori che rischiano di essere coinvolti da questa vicenda rientrano anche i quasi dodicimila addetti della filiera fatta da piccole imprese;
   tutto questo accade in un'area in cui si registrano dati relativi alla disoccupazione superiori a quelli della media nazionale e dove la Unioncamere prevede entro la fine del 2014 la cancellazione di 6.670 posti di lavoro solo per la regione Marche;
   per far fronte a questa situazione non è stato sufficiente l'attivazione dell'Accordo di programma delle aree di crisi dell'ex Merloni che avrebbe dovuto favorire la nascita di nuove attività produttive ma che a causa del carico burocratico previsto e dei vincoli imposti dalla legge n. 181 non è riuscito a far trasformare in investimenti i 70 milioni di euro messi a disposizione –:
   se i Ministri interrogati non ritengano urgente attivare un tavolo di confronto ufficiale al quale far sedere anche i rappresentanti politici e i portavoce dei territori coinvolti;
   quali interventi i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie competenze, intendano attivare per scongiurare la chiusura della J&P Industries. (3-00954)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PINNA, SPESSOTTO, VIGNAROLI, NICOLA BIANCHI e CORDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'industria è all'origine di oltre l'80 per cento delle esportazioni dell'Unione europea e delle attività di ricerca e innovazione. Nonostante ciò, la quota di attività manifatturiere rispetto al prodotto interno lordo dell'Unione è molto lontana dall'obiettivo del 20 per cento fissato per il 2020. La Commissione europea, nel quadro di valutazione sull'efficienza dell'industria degli Stati membri e nella relazione sulla competitività europea 2013, ha segnalato le criticità su cui lavorare per favorire la ripresa nel breve e medio termine e garantire la competitività e la sostenibilità a lungo termine dell'industria europea. Fra le problematicità più rilevanti vi è indubbiamente il settore energetico, i cui prezzi elevati costituiscono uno dei principali ostacoli;
   a tal riguardo il 15 gennaio 2014, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla reindustrializzazione dell'Europa, cui ha fatto seguito, il 22 gennaio 2014, la pubblicazione da parte della Commissione della comunicazione per una rinascita industriale europea, con la quale l'Esecutivo comunitario, fra le altre misure, invita il Consiglio ed il Parlamento europei ad adottare proposte in materia di energia;
   nell'ambito del pacchetto sulla politica industriale, la Commissione europea ha inoltre presentato una comunicazione sul mercato interno per i prodotti industriali, COM (2014) 25, intesa a rivedere l'attuale legislazione e migliorarne la qualità e l'efficacia, eliminare i rimanenti ostacoli agli scambi commerciali e creare un ambiente favorevole alla crescita delle imprese;
   nel programma della presidenza del Consiglio dell'Unione europea (1o luglio — 31 dicembre 2014) l'Italia si è impegnata a dare la dovuta attenzione al settore manifatturiero, concentrandosi sull'elaborazione di una nuova generazione di misure di politica industriale, in base agli orientamenti indicati dal Consiglio europeo del marzo 2014. Uno dei punti cardine della politica economica sarà il miglioramento della competitività del settore industriale, fondamentale per la crescita, la produzione, l'occupazione, l'innovazione e le esportazioni, attuando il cosiddetto «rinascimento industriale». Tuttavia, ciò sarà possibile solo conciliando la politica industriale, i costi energetici e la lotta al cambiamento climatico in modo efficace, in un quadro coerente e omnicomprensivo;
   per quanto concerne il settore dell'alluminio in campo europeo sono stati riconosciuti il suo ruolo fondamentale per la catena del valore industriale e le significative pressioni competitive a cui il settore è esposto a livello internazionale. L'alluminio è il metallo non ferroso più utilizzato ed è riciclabile al cento per cento, a tal riguardo sulla base dei dati forniti dal CIAL — Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo degli imballaggi in alluminio – il 2013 è stato un anno proficuo per l'Italia e i trend confermano il nostro Paese al primo posto in Europa con oltre 878 mila tonnellate di rottami riciclati;
   l'industria dell'alluminio fa parte del contesto più ampio dell'industria manifatturiera italiana – i settori di destinazione sono: 35 per cento mezzi di trasporto, 17 per cento edilizia, 9 per cento imballaggio, 8 per cento beni durevoli, 7 per cento meccanica, 6 per cento elettrici, 10 per cento metallurgia e chimica — e rappresenta per l'Europa una produzione cruciale con 38,6 miliardi di euro di fatturato annuale, 255 mila impiegati diretti e più di 1 milione di lavoratori nell'indotto;
   il pieno sviluppo di questa industria non è impossibile; tuttavia, allo stato attuale, diversi fattori minacciano gli stabilimenti europei. Per rilanciare l'industria manifatturiera italiana, e con essa quella dell'alluminio, è necessario far fronte a diverse problematiche, quali il costo dell'energia, l'accesso alle materie prime, la normativa europea e il rischio di carbon leakage, ovvero la delocalizzazione degli impianti di produzione in Stati soggetti a normative sui limiti di emissione di anidride carbonica meno rigorose rispetto e quelle europee o non soggetti ad alcuna normativa;
   dal 2003 ad oggi, 11 delle 26 principali fonderie di alluminio con sede nei Paesi dell'Unione hanno cessato la propria attività. Le conseguenze di tali chiusure si riflettono in maniera negativa non solo su innovazione, economia e occupazione ma anche sull'ambiente e sulla sicurezza nell'approvvigionamento dei materiali;
   sulla base dei dati forniti dal Centro per gli studi politici europei (CEPS), che ha svolto una ricerca approfondita su richiesta della Commissione europea, per gli 11 principali stabilimenti di alluminio intervistati (nel 2012 produttori del 60 per cento dell'alluminio europeo) il costo dell'energia elettrica è stato uno dei principali aspetti problematici dal momento che fino al 40 per cento dei costi di produzione dell'alluminio sono legati ai prezzi dell'energia elettrica, che sono più alti in Europa che nelle regioni concorrenti. Nello specifico i prezzi dell'elettricità per uso industriale nella zona europea sono stimati essere il doppio di quelli degli Stati Uniti e della Russia e il 20 per cento più alti rispetto a quelli della Cina, oltre ciò emergono rilevanti differenze di prezzo e costo fra gli stessi membri dell'Unione;
   tale situazione ha generato la necessità d'importare una quantità sempre crescente di alluminio nell'area europea, minacciando le imprese che vi hanno sede e che devono competere con i produttori di Paesi meno rispettosi del clima. Dunque, l'industria europea dell'alluminio si trova a combattere con minori margini di profitto in un clima di costi crescenti con ripercussioni sull'intera catena del valore industriale e conseguenze sulla sopravvivenza di molte imprese dell'indotto;
   in questo contesto si inserisce la vicenda dell'Alcoa di Portovesme, ennesima dismissione in un territorio, il Sulcis-Iglesiente, che lotta contro una crisi senza precedenti e in cui si assiste a una inarrestabile destrutturazione del sistema industriale, con conseguente crollo dell'occupazione. A tal riguardo si rileva che dal 2012 al 2013 sono stati persi 43 mila posti di lavoro;
   l'Alcoa s.r.l., multinazionale leader nel settore dell'alluminio e presente in Sardegna dal 1996, nel gennaio 2012 ha annunciato la volontà di dismettere la produzione nel sito di Portovesme, nonostante il Governo avesse adottato «Misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori», decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, che consentiva di ridurre il costo dell'elettricità per consumatori con particolari caratteristiche e localizzati nelle due Isole maggiori;
   a seguito di incontri fra esponenti dell'Esecutivo e rappresentanti dell'Alcoa s.r.l. sono stati, ottenuti alcuni risultati, quali la conversione della mobilità in cassa integrazione per cessazione di attività fino al 31 dicembre 2014, il mantenimento in efficienza degli impianti fino al 31 dicembre 2013 (scadenza poi prorogata) e l'impegno dell'azienda a operare per la cessione dello stabilimento a un investitore interessato, impegno che tuttavia finora non ha dato alcun esito positivo;
   nell'accordo fra le parti, sottoscritto il 27 marzo 2012, si prevedevano importanti azioni volte a: attrarre nuovi investitori assicurando l'utilizzo competitivo dell'energia elettrica per la produzione di alluminio, l'ottimizzazione della logistica al servizio degli impianti industriali nel Sulcis-Iglesiente, la diversificazione economico-produttiva e la pianificazione del territorio, nonché tutelare l'occupazione. Alcoa s.r.l. doveva farsi carico di garantire la tutela e la sicurezza ambientale, impegnandosi a bonificare l'area e risolvere definitivamente le conseguenze ambientali connesse all'inquinamento dei suoli e della falda acquifera. La direzione generale per la politica industriale, presso il Ministero dello sviluppo economico, si impegnava ad assicurare il monitoraggio dei processi previsti nel medesimo accordo, anche attraverso relazioni trimestrali sullo stato di avanzamento;
   nei successivi incontri fra le parti sono stati definiti reciproci impegni per la realizzazione di un piano di gestione degli esuberi, fra cui importanti misure a carico della società produttrice di alluminio volte alla attivazione di percorsi formativi e di riqualificazione professionale al fine di garantire maggiori opportunità occupazionali ai lavoratori eccedenti –:
   quali siano le iniziative che, nell'ambito della presidenza italiana del semestre europeo, intenda assumere al fine di completare la realizzazione di un mercato unico dell'energia e quale ruolo assumerà il settore dell'alluminio nell'attuazione del piano di «rinascimento industriale»;
   quali siano le iniziative, anche di tipo normativo, che intende adottare in ambito nazionale per proteggere e rilanciare il settore dell'alluminio considerato come strategico per l'industria europea;
   se sia stato svolto il monitoraggio dei processi previsto nell'accordo di cui in premessa, fra Ministero dello sviluppo economico e Alcoa s.r.l., e quali siano gli esiti riportati;
   quali misure intenda assumere al fine di impedire che vadano perdute importanti competenze maturate nel settore industriale, indispensabili per il rilancio economico ed occupazionale del territorio del Sulcis-Iglesiente;
   quali iniziative di competenza siano state attivate per garantire adeguati percorsi di aggiornamento, qualificazione e riconversione professionale dei lavoratori in esubero dell'Alcoa S.r.l., nonché quali siano i dati relativi alle tipologie di corsi avviati, al numero dei partecipanti e agli attestati rilasciati e quali i risultati in termini di ricollocazione dei lavoratori;
   quali siano gli interventi, effettuati e da attivare, volti alla bonifica delle aree industriali dismesse e alla conseguente riqualificazione del territorio sardo;
   se sia stato predisposto un piano, con correlato prospetto dei tempi di attuazione, per la realizzazione di interventi infrastrutturali di rilevanza strategica per il rilancio dell'economia regionale sarda. (5-03241)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBANTI e BECHIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie riportate sul sito web della regione Calabria, l'assessore regionale all'internazionalizzazione Luigi Fedele ha partecipato, nei giorni scorsi, all'incontro di presentazione del progetto «Desk Calabria – Promozione delle PMI in Brasile» che si è tenuto nella città brasiliana di San Paolo alla presenza, tra gli altri, di numerosi operatori del settore agro alimentare e turistico. In sinergia con la Camera di commercio italo-brasiliana, l'assessorato regionale all'internazionalizzazione, ha stipulato una convenzione allo scopo di promuovere l'apertura e l'inserimento delle imprese calabresi del settore eno-gastronomico, turistico, delle tecnologie ambientali e del settore logistico al mercato brasiliano al fine di rafforzare la presenza commerciale e produttiva delle piccole e medie imprese calabresi e favorire la penetrazione di nuove imprese;
   tra le altre cose, si legge la seguente dichiarazione dell'assessore Fedele: «Abbiamo, per questo, inteso inserire il progetto “Desk Calabria – Promozione delle PMI in Brasile” all'interno degli obiettivi previsti nell'ambito del Programma Calabria Internazionale in quanto l'esperienza consolidata con analoghi desk di regioni italiane ci fa ritenere che, mediante una presenza pluriennale e stabile sul territorio del Paese ospite, la Calabria possa aprirsi a questo potenziale mercato di circa quattrocento milioni di abitanti (Brasile ed il resto dell'America Latina) con realistiche chance di successo»;
   il Programma Calabria internazionale è riconducibile al POR Calabria Fesr 2007-2013 –:
   di quali elementi disponga il Ministro, anche per il tramite dei propri rappresentanti in seno al comitato di sorveglianza, in relazione alla tipologia di progetto posto in essere, ai costi ed alla valutazione degli eventuali relativi benefici, nonché il grado di coinvolgimento nel progetto della Camera di commercio italo-brasiliana. (4-05551)


   D'UVA e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il CEFOP, ente senza scopo di lucro istituito nell'anno 1978, il cui compito è stato contribuire allo sviluppo, all'apprendimento, all'assistenza e alla formazione culturale, sociale e professionale di soggetti disoccupati e occupati, nonché erogare servizi di informazione e orientamento rivolti a categorie svantaggiate;
   il CEFOP, accreditato presso la regione Siciliana e altamente considerato tra gli enti di formazione per l'esperienza maturata nel settore, riconosciuta sia livello regionale che nazionale, è attualmente posto in stato di amministrazione straordinaria, e la sua gestione è affidata ai commissari straordinari nominati con decreto del Ministero dello sviluppo economico;
   in data 30 settembre 2011 il Consiglio di giustizia amministrativa ha rigettato il ricorso presentato dall'ente in relazione alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale, la quale aveva sancito l'impossibilità per l'ente di rientrare nel Prof 2011 e ottenere così i finanziamenti regionali previsti dal programma;
   in data 29 ottobre 2011 il tribunale di Palermo, a seguito di una istanza presentata da alcuni lavoratori del CEFOP, dichiara con propria sentenza lo stato di insolvenza dell'ente di formazione obbligando i suoi responsabili al deposito dei bilanci e delle scritture contabili, nominando altresì un giudice delegato e due commissari giudiziali;
   il 26 gennaio 2012 il tribunale di Palermo decreta «che ai sensi e per gli effetti dell'articolo 30 del decreto legislativo 8 luglio 1999 n. 270 è dichiarata l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria per CEFOP (Centro di Formazione Professionale)»;
   in ottemperanza a tale decreto, in data 10 febbraio il Ministro dello sviluppo economico decreta la nomina di tre commissari straordinari, con il compito di gestione dell'ente durante la relativa procedura di amministrazione straordinaria;
   nel 2011 la regione siciliana dispone un piano formativo da 12 milioni di euro di spesa complessiva per il CÉFOP ma, anziché deliberare la ripresa occupazionale dei circa 1000 lavoratori impiegati nel centro di formazione, anche attraverso l'attivazione di contratti di solidarietà, è stato disposto il ricorso all'istituto della cassa integrazione, successivamente concessa dalla regione e con termine di validità al 30 giugno 2012;
   il 31 dicembre 2012, a causa della perdurante situazione di difficoltà economica e societaria dell'ente circa 350 lavoratori del centro vengono raggiunti da un provvedimento di licenziamento, emesso dai commissari straordinari;
   dalla lettura di un articolo pubblicato in data 24 febbraio 2014, dal giornale consultabile online «LiveSicilia», emerge come l'ente, già soggetto alla procedura di amministrazione straordinaria, abbia posto in essere alcune spese che, da una prima analisi, risulterebbero incompatibili con la propria situazione finanziaria;
   secondo quanto riportato dall'articolo, infatti, nel solo trimestre ottobre-dicembre l'ente avrebbe sostenuto spese pari a circa 2 milioni di euro;
   benché tali somme siano state regolarmente vidimate e approvate dallo Stato, così come affermato dagli stessi commissari straordinari nominati dal Ministero dello sviluppo economico, dalla lettura dello stesso articolo è possibile rilevare come tra le spese sostenute vi siano una serie di ricariche a «carte prepagate» per valori che oscillano tra i cinquemila e gli ottomila euro, intestate agli stessi commissari, nonché alcuni costosi soggiorni e prenotazioni presso agenzie di viaggio;
   considerando il precedente finanziamento di circa 12 milioni di euro e la seconda annualità prevista dai fondi europei destinati alla regione siciliana ex «Avviso 20», pari a circa 17 milioni di euro, al Centro di Formazione Professionale CEFOP sono state destinate a partire dall'anno 2012 somme pari a circa 30 milioni di euro –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se intenda adoperarsi affinché vengano effettuate verifiche sulla gestione amministrativa e finanziaria del CEFOP posta in essere dai suoi amministratori nel corso degli ultimi anni, nonché la verifica della effettiva entità e della relativa provenienza dei fondi destinati all'ente nel corso degli ultimi anni, rilevando, qualora esistenti, le eventuali responsabilità gestionali e amministrative;
   quali misure intenda attuare affinché le ingenti somme di denaro a oggi destinate al CEFOP vengano adoperate a tutela dei suoi lavoratori, che ancora oggi rischiano di perdere il proprio impiego. (4-05556)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione L'Abbate e altri n. 7-00191, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Busto.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Menech e altri n. 5-03164, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Giuseppe Guerini, D'Arienzo.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza Piras 2-00628, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 262 del 11 luglio 2014.

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   la riduzione della presenza della Marina Militare prima e lo smantellamento della base USA nell'arcipelago di La Maddalena poi avrebbe dovuto favorire lo sviluppo di iniziative economiche innovative soprattutto nel settore dei turismo, con particolare riferimento a quello ambientale, balneare, del diportismo e congressuale e che ad oggi si registra un andamento insoddisfacente rispetto a quella prospettiva;
   la mancata bonifica del sito militare dismesso, la scandalosa gestione delle opere finalizzate allo svolgimento del G8 (poi trasferito a L'Aquila), l'assenza di un progetto più generale di riconversione dell'economia locale, costituiscono elementi decisivi che hanno concorso a un impoverimento generalizzato della comunità locale;
   la presenza militare statunitense – in loco per lunghi quarantanni – ha concorso in maniera determinante a modificare la struttura economica, sociale e persino la psicologia profonda della comunità locale, determinando una integrazione economica che, una volta dismessa, non poteva che generare, in assenza di una attività coordinata di costruzione dello sviluppo, un contraccolpo violento, ragione per cui in primis lo Stato avrebbe dovuto – ed ancora dovrebbe – farsi carico di un risarcimento al prezzo pagato dalla comunità maddalenina agli interessi dell'Alleanza con gli USA ed a quello nazionale;
   in tale contesto, a fini di sviluppo economico eco-sostenibile e della tutela ambientale, riveste una funzione decisiva il Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena, istituito con legge n. 10 del 4 gennaio 1994, il cui ente gestore è stato istituito con decreto del Presidente della Repubblica del 17 maggio 1996 e risulta di primaria rilevanza la qualità della relazione fra i soggetti istituzionali che ne costituiscono la comunità (comune di La Maddalena, provincia di Olbia Tempio, regione Sardegna);
   il ritardo col quale è stato redatto il piano del Parco (così come già rilevato dalla Corte dei Conti con Delibera n. 2 del 2006 della Sezione regionale di controllo per la Sardegna) in ossequio a quanto stabilito dall'articolo 12, comma 3, della legge n. 394 del 1991 – legge quadro sulle aree protette – principale strumento di pianificazione e di indirizzo urbanistico-economico del territorio, è sintomatico delle difficoltà nelle quali versa il sistema Parco nel suo complesso;
   tale piano è stato infine redatto dal presidente del Parco, in sede monocratica, solamente a marzo dell'anno in corso, a causa della mancata nomina del nuovo consiglio direttivo;
   il Parco Nazionale risulta ancora inadempiente nella redazione del piano pluriennale economico e sociale stabilito dall'articolo 14, comma 2, della legge n. 394 del 1991;
   altrettanta importante inadempienza va segnalata per quanto attiene alle responsabilità del comune de La Maddalena che, in un'area come quella dell'arcipelago, ancora ne è stato in grado di adeguare il Puc all'attuale piano paesaggistico regionale;
   il consiglio direttivo dell'ente ha concluso il suo mandato in data 31 dicembre 2012: a oltre un anno dal termine del mandato del consiglio direttivo, non si è ancora provveduto alla nomina dei nuovi membri, costringendo la presidenza del parco ad agire in regime monocratico;
   a far data dal settembre 2013, l'ente gestore ha visto perdere un consistente parte del proprio personale così come già sottolineato con interrogazione a risposta scritta 4-02059 presentata dal senatore Luciano Uras in data 15 aprile 2014, come conseguenza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che nel 2013 ha ridotto le piante organiche dei Parchi nazionali, in palese contraddizione con il concetto di «dotazione organica minima» inscritto nella legge 394 del 1991;
   la penuria di risorse, le politiche della spending review, la carenza di personale, costituiscono elementi che hanno oggettivamente concorso a depotenziare l'azione e la funzione dell'ente parco;
   altrettanto il sostanziale disinteresse alle attività del Parco storicamente mostrato da alcuni dei soggetti istituzionali che ne costituiscono la comunità e la scarsa qualità della relazione esistente con il comune di La Maddalena;
   per le ragioni citate l'Ente gestore si trova in condizioni di tendenziale paralisi politica e amministrativa;
   tale condizione arreca un significativo danno economico e occupazionale alla comunità di La Maddalena e d'immagine all'area protetta in oggetto –:
   quali siano le iniziative che il Governo intende assumere al fine di imprimere definitiva attuazione ai progetti di sviluppo eco-sostenibile del territorio del Parco;
   quali siano i tempi di nomina del nuovo Consiglio Direttivo e della Comunità del Parco del Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena;
   quali siano le attività di vigilanza assunte o che il Ministero competente intenda assumere rispetto alle criticità citate in premessa.
(2-00628) «Piras».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Pizzolante n. 5-02766 del 12 maggio 2014;
   interrogazione a risposta scritta Giorgia Meloni n. 4-04901 del 20 maggio 2014;
   interpellanza urgente Di Lello n. 2-00615 del 7 luglio 2014;
   interrogazione a risposta orale Librandi n. 3-00923 del 7 luglio 2014.