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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 19 giugno 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    la persistenza nel nostro Paese della congiuntura economica sfavorevole ha esposto il sistema editoriale italiano a una condizione di crisi profonda, acuita dalla peculiare condizione del mercato dei media, investito dalle trasformazioni legate alla diffusione degli strumenti più innovativi di fruizione multimediale dei contenuti;
   il rapporto «La Stampa in Italia 2011-2013», presentato di recente dal presidente della Fieg (Federazione italiana editori giornali) Giulio Anselmi, ha delineato un quadro di grave crisi del settore, segnato dall'andamento negativo di tutti i principali indicatori;
   nel quinquennio 2007-2012 le vendite di giornali sono diminuite di una quota superiore al 22 per cento; nell'ultimo anno rilevato, cioè nel 2013, il trend negativo delle vendite, particolarmente di quotidiani in edizione cartacea, ha fatto registrare un ulteriore calo pari all'11 per cento rispetto al 2012, perdita che è stata contenuta globalmente ad un valore pari al 5,9 per cento grazie al contemporaneo raddoppio delle vendite di copie digitali; peraltro, il forte aumento delle vendite dell’on-line non apporta significativi benefici in termini di ricavi, per cui l'andamento negativo dei ricavi da vendite e da pubblicità già riscontrato negli anni precedenti si è consolidato anche nel 2013. Basti pensare che soltanto dal 2011 al 2013 i ricavi editoriali sono calati del 19,9 per cento. Pesa anche, come ricordato, il crollo degli investimenti pubblicitari, che mostrano un qualche timido segnale di ripresa soltanto sui mezzi radiotelevisivi; la carta stampata, invece, registra ancora un dato fortemente negativo, con una contrazione della pubblicità a due cifre: -15,1 per cento per i quotidiani e -11,8 per cento per i periodici. Appare limitato l'apporto della pubblicità on-line che, seppur in aumento, da sola non basta a compensare la forte flessione che si è avuta nel settore della carta stampata; i bilanci delle imprese editrici hanno fatto registrare una riduzione dei ricavi pari al 9,9 per cento per i quotidiani nel 2012 e ad un ulteriore 11,1 per cento nel 2013. Anche il rapporto tra margine operativo lordo e fatturato, che già mostrava un livello insoddisfacente nel 2010 (5,5 per cento) e nel 2011 (4,9 per cento), nel 2012 ha assunto il segno negativo (-1,3 per cento) e le stime relative al 2013 indicano un'ulteriore contrazione (-4,8 per cento);
   alla forte perdita di ricavi ha concorso anche l'incontrollata diffusione dei contenuti editoriali sul web, imponendo la ricerca di strumenti che, senza pregiudicare la libertà della rete, assicurino una più efficace e selettiva tutela del diritto d'autore on-line;
   l'informazione digitale, dalle testate on-line alle web tv, – vera rivoluzione degli ultimi anni nel mondo dell'editoria – ha avuto un incremento esponenziale tale che, a fronte del 75 per cento di informazioni che transitavano sulla rete nel 2000, nel 2013 si è giunti ad oltre il 90 per cento;
   per disciplinare questo particolare ambito dell'editoria, la commissione giustizia della Camera ha di recente modificato la legge n. 47 del 1948 inserendo all'articolo 1 un comma che estende l'ambito di applicazione della legge sulla stampa anche alle testate giornalistiche on-line, registrate presso le cancellerie dei tribunali;
   le stime e i primi dati disponibili inducono a ritenere che la condizione di crisi del settore, in mancanza di interventi di sostegno perdurerà presumibilmente per tutto il 2014;
   in particolare, è destinato ad accrescersi l'impatto negativo della crisi sui livelli occupazionali, che nel 2012 ha già fatto registrare, rispetto all'anno precedente, una diminuzione dell'occupazione giornalistica del 4,2 per cento e dei poligrafici del 6,7 per cento; nel 2013 si è calcolato un ulteriore calo del 6,1 per cento del lavoro giornalistico e dell'8,3 per cento dei poligrafici;
   negli ultimi tre anni sono stati firmati, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, accordi per la dichiarazione dello stato di crisi per oltre sessanta testate, tra quotidiani e periodici, con il conseguente ricorso alla cassa integrazione straordinaria, all'indennità di disoccupazione e a oltre 200 prepensionamenti; questi ultimi hanno peraltro già assorbito ed esaurito sino a tutto l'anno 2017 gli specifici stanziamenti previsti per questo istituto dalla legge n. 416 del 1981;
   inoltre, è utile ricordare che, nel 2011, a fronte di un importo di euro 15.899.163 liquidato a 367 giornalisti a titolo di prepensionamento, nel 2012 il numero dei pensionati beneficiari è stato pari a 442 per un importo di euro 19.286.039. Va, dunque, seriamente affrontata la situazione dei pensionati che continuano l'attività giornalistica soprattutto se con contratti di collaborazione – o addirittura come dipendenti – e se provenienti da aziende che abbiano utilizzato prepensionamenti e contributi pubblici per riorganizzazioni aziendali o riduzione di personale. Fermo restando il diritto ad esercitare la professione giornalistica (con riconoscimento economico), va rammentato che, il loro impegno, talvolta finanche in redazione con gli stessi compiti che svolgevano prima del pensionamento o addirittura prima del prepensionamento, contribuisce a limitare fortemente le opportunità occupazionali di tanti giovani;
   la diffusione di apparecchi televisivi collegabili ad internet, oggi stimati in oltre 2 milioni, e di applicativi per dispositivi mobili, incentiverà entro il 2019 una crescita degli utenti, stimata dagli attuali 700 mila a 5 milioni, tale da spingere alla graduale soppressione di strumenti quali il palinsesto e la comparsa di nuovi attori internazionali sul mercato, destabilizzando ulteriormente l'assetto occupazionale nel settore radiotelevisivo, soprattutto locale;
   le imprese editoriali devono poter investire maggiori risorse nella digitalizzazione e nell'innovazione tecnologica, in modo da realizzare una migliore integrazione tra prodotti cartacei e prodotti digitali e tra prodotti digitali stessi, recuperando così concorrenzialità anche rispetto alle richieste ed alle tendenze del mercato e del pubblico più giovane;
   la rete di distribuzione e di vendita appare non più adeguata, sia per il suo grado di obsolescenza tecnologica, che costituisce un freno al recupero di efficienza e di competitività del settore, sia per le criticità indotte da un non equilibrato assetto dei rapporti tra le diverse componenti della filiera; la gravità e la persistenza della condizione di crisi di un settore che presidia un bene pubblico qual è l'informazione impongono la predisposizione di misure in grado di produrre effetti anche a breve termine, che siano capaci di avviare e sostenere il rilancio del sistema editoriale nazionale;
   il sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica rappresenta un presidio sociale e non costituisce una comune struttura commerciale. Di conseguenza l'attività di vendita di giornali e riviste deve ricadere tra le attività escluse dalla liberalizzazione. A tal fine è utile anche normare con più accuratezza la definizione dei prodotti editoriali e la loro distinzione dagli altri prodotti anche in relazione alla loro effettiva periodicità e alle conseguenti modalità di permanenza in vendita e restituzione;
   il Governo ha stanziato, nell'ambito delle disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014) un Fondo straordinario per gli incentivi al sostegno all'editoria al fine di incentivare l'innovazione tecnologica e digitale, promuovere l'ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media e sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali;
   allo stato esistono notevoli differenze tra le normative nazionali che disciplinano il funzionamento degli organismi di gestione collettiva e ciò ha creato difficoltà per i titolari di diritti di altri Paesi oltre che una carente gestione finanziaria dei proventi riscossi. In tale contesto, è stata emanata il 26 febbraio 2014 la direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multi-territoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno. Tale direttiva, entrata in vigore il 9 aprile 2014, stabilisce tra l'altro: (i) «i requisiti necessari per garantire il buon funzionamento della gestione dei diritti d'autore e dei diritti connessi da parte degli organismi di gestione collettiva». Tale direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 10 aprile 2016 e si pone l'obiettivo di coordinare le normative nazionali sull'accesso all'attività di gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi nonché l'obiettivo di garantire standard elevati in materia di gestione finanziaria e trasparenza,

impegna il Governo:

   ad avviare un processo di riforma e di adeguamento della disciplina per l'editoria digitale, definendo il prodotto digitale, anche nel settore radiotelevisivo;
   a privilegiare l'innovazione tecnologica anche attraverso misure volte a facilitare l'accesso al credito agevolato a valere sul Fondo straordinario;
   a favorire il necessario ricambio generazionale dei giornalisti e dei poligrafici, anche attraverso misure di incentivazione fiscale;
   ad introdurre precisi vincoli per il finanziamento degli istituti della legge 5 agosto 1981, n. 416, prevedendo limitazioni alla stipula di contratti di collaborazione per giornalisti professionisti e pubblicisti che fruiscono del prepensionamento;
   a sostenere, anche attraverso gli strumenti previsti dall'ordinamento per le start up innovative, le nuove imprese editoriali basate su progetti di innovazione multimediale;
   a favorire l'estensione dell'aliquota IVA al 4 per cento all'editoria on-line, compatibilmente con le normative europee e i vincoli di finanza pubblica;
   a ripensare e razionalizzare il sistema di sostegno alle agenzie di stampa sostenendo l'occupazione e promuovendo l'innovazione tecnologica;
   a favorire, anche con misure di incentivazione fiscale degli investimenti, la modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita dei giornali;
   ad avviare un processo di riforma e di adeguamento della disciplina del diritto d'autore e dei diritti connessi in attuazione alla direttiva 2014/26/UE che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 10 aprile 2016;
   a favorire la sottoscrizione di accordi tra le organizzazioni di rappresentanza degli editori e le società che svolgono attività di aggregazione di notizie, per individuare forme di remunerazione per l'utilizzo in rete dei contenuti editoriali, così da garantire un'effettiva tutela del diritto d'autore e lo sviluppo dell'offerta online di contenuti legali;
   a valutare gli effetti derivanti dall'applicazione della legge 24 marzo 2012, n. 27 (articolo 1, comma 3) fin dai provvedimenti attuativi ed eventualmente a valutare l'opportunità di prevedere l'esclusione dalla liberalizzazione del sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica;
   a definire i prodotti non conformi all'articolo 5, comma 1, lettera d-ter), del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170, e successive modificazioni in base all'effettiva periodicità;
   a promuovere il sostegno all'editoria di natura sociale quale quella specializzata per non vedenti e ipovedenti e persone con disabilità;
   a promuovere sperimentazioni volte a sostenere e diffondere la lettura di quotidiani e periodici anche di tipo informatico e digitale nelle scuole medie inferiori e superiori affinché i giovani possano imparare a distinguere tra le fonti dell'informazione;
   ad avviare un processo di riforma e di adeguamento della disciplina per l'editoria digitale, definendo il prodotto digitale, anche nel settore radiotelevisivo.
(7-00395) «Zampa, Coscia, Rampi, Rotta, Blazina, Carocci, Ghizzoni, Manzi».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    l'area di Bagnoli, già sede di alcuni impianti industriali nella seconda metà del XIX secolo, ha costituito per diversi decenni uno dei poli siderurgici più importanti del Paese, stante che sul suo territorio erano insediate sia l'ILVA, poi Italsider, sia l'Eternit;
    tra il 1988 ed il 1989, in seguito alla chiusura degli impianti Eternit, nell'area fu realizzata una prima bonifica ma limitata alla sola area dell'ex stabilimento, mentre una prima fase di generale dismissione e bonifica complessiva dell'intero territorio inizia solo nel 1994, quando con la delibera CIPE del 20 dicembre 1994 è approvato il piano di recupero ambientale dei siti industriali dismessi dell'area di Bagnoli, con lo scopo di rimuovere le condizioni di rischio determinate dalla trascorsa presenza delle attività industriali, e di recuperare il territorio alla fruibilità per usi diversi da quelli industriali ed in linea con gli indirizzi urbanistici del comune di Napoli;
    la superficie interessata dal piano di recupero è di oltre due milioni di metri quadrati (centro siderurgico ex ILVA, 1.945.000 metri quadrati fabbrica ex ETERNIT, 157.000 metri quadrati) e per la realizzazione del Piano nel 1996 viene costituita la Società Bagnoli spa;
    sempre nel 1996 viene emanato il decreto-legge 20 settembre 1996, n. 486, che reca disposizioni urgenti per il risanamento dei siti industriali delle aree di Bagnoli e di Sesto San Giovanni, nel quale è previsto che le attività di risanamento dei siti industriali dell'area siano eseguite sotto il controllo di un Comitato di coordinamento ed alta sorveglianza, supportato da una commissione tecnico-scientifica di esperti;
    negli anni successivi le operazioni di bonifica messe in atto dalla Bagnoli spa procedono a rilento e sono oscurate da diverse vicende giudiziarie: gli ambientalisti presentano nel febbraio 1999 un esposto alla magistratura denunciando l'abbandono di 7000 tonnellate di amianto a cielo aperto, e nel mese di luglio un altro esposto alla procura della Repubblica denuncia il ritrovamento di amianto occultato nel sottosuolo dell'area industriale dell'ex-ltalsider;
    con la legge 23 dicembre 2000, n. 388, le funzioni di vigilanza e di controllo sulla corretta e tempestiva attuazione del piano di recupero di Bagnoli passano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e il sito di Napoli «Bagnoli-Coroglio» viene inserito nell'elenco dei siti di interesse nazionale di cui alla legge 426 del 1998, e successivamente perimetrato con decreto ministeriale 31 agosto 2001;
    la stessa legge 388 del 2000 attribuisce al comune di Napoli la facoltà di acquisire, entro il 31 dicembre 2001, la proprietà delle aree oggetto della bonifica;
    nel 2001 il comune procede, quindi, all'acquisizione delle aree, e nel 2002 viene costituita la società di trasformazione urbana controllata dal comune di Napoli «Bagnolifutura spa» con la missione di bonificare le aree di Bagnoli e predisporne la riconversione;
    nel 2003 è stato approvato il progetto definitivo di bonifica e per gli interventi di trasformazione urbana previsti dal PUE di Bagnoli-Coroglio;
    nell'assemblea plenaria del 14 dicembre 2009, la Commissione di valutazione degli investimenti e di supporto alla programmazione e gestione degli interventi ambientali (COVIS) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha approvato la relazione sulla verifica dello stato di avanzamento dei lavori in relazione alla percentuale dei costi notificati ed attestati dalla Bagnolifutura spa;
    alla data del 30 settembre 2009, i costi sostenuti risultavano ammontare a 51.889.671,02 di euro, pari al 45,07 per cento del costo complessivo, determinato in circa 115 milioni di euro, e ineseguito all'esame della documentazione prodotta dalla società «Bagnolifutura» nonché di un sopralluogo sui cantieri, la COVIS ha concluso nel senso di erogare alla società la seconda e la terza rata, pari, rispettivamente, al 15 ed al 20 per cento del finanziamento a carico dello Stato;
    nell'aprile 2013 le aree dell'ex Italsider e dell'ex Eternit di Bagnoli sono state sottoposte a sequestro preventivo da parte dai Carabinieri, nell'ambito di un'indagine della procura di Napoli che ipotizza una situazione di disastro ambientale, per la quale risultano indagati 21 ex dirigenti della società «Bagnoli Futura» e di vari enti locali;
    nel capo di imputazione il pubblico ministero Stefania Buda, e i procuratori aggiunti Francesco Greco e Nunzio Fragliasso della procura di Napoli, hanno scritto che gli interventi di bonifica non avrebbero fatto altro che aggravare la contaminazione dei terreni, «in conseguenza dell'accertato miscelamento e della gestione illecita dei rifiuti pericolosi in corso di bonifica», tanto che sussiste un «pericolo ambientale con una immensa capacità diffusiva che coinvolge l'ambiente e l'integrità della salute di un numero non individuabile di persone»;
    dalle indagini della Procura è inoltre emerso che un ingente quantitativo di morchie (residui della lavorazione dei metalli pesantemente inquinate da idrocarburi) sono stati mescolati al terreno e sotterrati di nascosto nel parco dello sport, una delle struttura dell'ex area industriale di Bagnoli, e che l'illecito sarebbe avvenuto grazie false certificazioni e nel corso di un fine settimana (sabato 6/domenica 7 ottobre 2007);
    tra le 21 persone indagate vi sono anche due ex vicesindaci del capoluogo campano: Sabatino Santangelo, presidente della Bagnolifutura fino al 2006, e Rocco Papa, presidente della Bagnolifutura dal 2006 al 2010, entrambi vicesindaci di Napoli in giunte presiedute da Rosa Russo Iervolino, per i quali la procura di Napoli oltre al reato di disastro ambientale, ipotizza quello di concorso in truffa aggravata;
    per gli stessi reati ipotizzati nei riguardi degli ex vicesindaci, sono indagati anche Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Carlo Borgomeo, direttore generale della Bagnolifutura dal 2002 al 2007, Mario Hubler, direttore generale e legale rappresentante della Bagnoli futura dal 2007 al 2012, Gianfranco Caligiuri, direttore tecnico della Bagnolifutura e responsabile della pianificazione e dello svolgimento della bonifica, e Alfonso De Nardo, dirigente del dipartimento provinciale dell'Arpac di Napoli dal 2005 al 2010;
    secondo la procura, le vicende legate alla bonifica delle aree di Bagnoli sono avvenute «in un contesto generalizzato di conflitto d'interesse» nel quale si sarebbero venuti a trovare «tutti gli enti pubblici istituzionalmente preposti al controllo dell'attività di bonifica, quali Arpac comune e provincia di Napoli»;
    con il provvedimento di sequestro il giudice per le indagini preliminari del capoluogo campano ha disposto «un dettagliato piano di interventi finalizzato a un'adeguata bonifica e messa in sicurezza» delle aree sequestrate;
    alla fine di maggio 2014, il tribunale di Napoli ha dichiarato il fallimento di Bagnolifutura spa;
    la società, in liquidazione da alcuni mesi, ha una esposizione di circa duecento milioni, settanta dei quali verso Fintecna, la società che a inizio anno aveva presentato l'istanza di fallimento;
    nel 2008 dovevano essere consegnati trenta ettari di campi sportivi e dovevano esser completati vari edifici tra i quali la porta del parco, con un centro per le cure termali, un parcheggio su due livelli, un centro di ricerca gestito in collaborazione con la Stazione zoologica Anton Dohrn con il famoso turtle point costruito nei «bicchieri» di raffreddamento delle acque dell'altoforno;
    di questo progetto poco o nulla è rimasto: la porta del parco non ha ancora trovato un assetto stabile di attività; i campi sportivi versano in stato di abbandono; il turtle point non è ancora terminato, la bonifica è ferma a soli due terzi dell'area, senza contare le inchieste della magistratura che mettono in dubbio alla radice l'efficacia degli interventi effettuati;
    prima del fallimento erano stati destinati alla società 75 milioni di fondi europei destinati al Grande progetto Bagnoli, mentre il comune, nell'estremo tentativo di salvare la società, ha trasferito alla stessa la proprietà della porta del parco e dell'acquario;
    quello dichiarato dal tribunale di Napoli è il fallimento di un piano industriale assai complesso, basato in massima parte sulla differenza di valore dei suoli: pari a zero all'atto della costituzione di Bagnolifutura, quando i suoli erano ancora inquinati e, quindi, inutilizzabili, ad alto valore immobiliare dopo la bonifica quando avrebbero potuto essere messi sul mercato;
    tirando le somme, le vicende della Bagnoli postindustriale potrebbero costare ai contribuenti ben oltre i quasi 360 milioni di euro già impiegati,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza tutti i provvedimenti necessari alla bonifica dell'area di Bagnoli.
(7-00394) «Taglialatela».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il car pooling è quella modalità di trasporto che consiste nella condivisione di automobili private tra due o più persone, il cui fine principale è quello di ridurre i costi del trasporto e l'inquinamento, sia ambientale che acustico;
   tale modalità di trasporto, riconosciuta legittimata ed incentivata dai Paesi europei ed extra-europei, rientra a pieno titolo tra i servizi di trasporto il cui fine ultimo è quello di realizzare una mobilità che sia sostenibile sotto molteplici aspetti, primo tra tutti quello relativo all'impatto ambientale;
   il car pooling è un sistema di trasporto intelligente che a livello comunitario trova riconoscimento giuridico con la Direttiva 2010/40/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010 «Sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti (ITS) nelsettore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto». La direttiva fornisce il quadro generale di riferimento per una diffusione «coordinata ed efficace» dei sistemi di trasporto intelligenti in tutti gli Stati Membri;
   secondo la definizione contenuta nel considerando n. 3 della direttiva, i sistemi di trasporto intelligenti tra i quali rientra il car pooling – «sono applicazioni avanzate che, senza essere dotate di intelligenza in senso proprio, mirano a fornire servizi innovativi relativamente ai diversi modi, di trasporto e alla gestione del traffico e consentono a vari utenti di essere meglio informati e di fare un uso più sicuro, maggiormente coordinato e più “intelligente” delle reti di trasporto»;
   la suddetta direttiva definisce i termini principali, della materia, individua le azioni prioritarie, sottolinea la necessità che i sistemi di trasporto intelligenti rispettino la normativa sulla protezione dei dati personali e rimette alla Commissione europea sia l'adozione della normativa di dettaglio sia la costituzione di un gruppo consultivo europeo sui sistemi di trasporto intelligenti. Mentre la normativa di dettaglio non è stata adottata, il predetto gruppo consultivo è stato istituito con la decisione della Commissione del 4 maggio 2011;
   a livello nazionale, in Italia, il primo importante riferimento normativo è contenuto nel decreto ministeriale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 marzo 1998 sulla mobilità sostenibile nelle aree urbane, il quale all'articolo 4 prevede che: «I comuni di cui al comma 1 dell'articolo 2 incentivano associazioni o imprese ad organizzare servizi di uso collettivo ottimale delle autovetture, nonché a promuovere e sostenere forme di multiproprietà delle autovetture destinate ad essere utilizzate da più persone, dietro pagamento di una quota proporzionale al tempo d'uso ed ai chilometri percorsi (...)»;
   ed ancora, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha nuovamente individuato all'articolo 2, comma 7, del decreto ministeriale del 3 agosto 2007, tra le misure oggetto di finanziamento, «i servizi integrativi al trasporto pubblico locale, con particolare previsione allo sviluppo della gestione dei sistemi di car pooling»;
   da ultimo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha recepito la Direttiva 2010/40/UE con il decreto ministeriale del 1o febbraio 2013 con il quale sono stati individuati i principi che i sistemi di trasporto intelligenti devono rispettare per garantirne la massima diffusione;
   l'articolo 6, lettera l) del decreto ministeriale da ultimo citato prevede, inoltre, tra le azioni prioritarie da porre in essere, la necessità di favorire la cosiddetta Smart Mobility nelle città, attraverso lo sviluppo di sistemi di mobilità sostenibile quali il car pooling;
   anche negli altri Stati europei, (in particolare in Francia, Inghilterra e Spagna) la normativa incentiva fortemente il car pooling, in ragione dell'importante contributo che fornisce per la riduzione, tra altro, delle emissioni di sostanze inquinanti nell'aria e ne prevede compiuta, regolamentazione quale servizio di trasporto alternativo che i privati in possesso di valida patente auto possono prestare senza alcuna, licenza a fronte del mero rimborso dei costi di benzina, pedaggi e ammortamento/manutenzione del mezzo;
   nei territori extra europei, il servizio di trasporto in parola oltre ad essere presente da diversi anni e a conoscere una diffusione capillare, è fortemente incentivato dalle politiche governative in quanto, oltre gli evidenti e riferiti benefici sul traffico cittadino e sull'ambiente, costituisce senza dubbio un'opportunità di crescita, in termini economici, nella misura in cui si rendono necessari investimenti per consentire un adeguamento costante ed appropriato all'evoluzione tecnologica che, oramai, cresce a cadenza quotidiana;
   dal quadro normativo sopra riferito, in ogni caso, emerge con tutta evidenza che il car pooling, in quanto ITS, è un servizio di trasporto previsto sia dalla legge, comunitaria, nazionale e regionale, sia da regolamenti ad hoc, di rilevanza locale, preordinati a consentire l'accesso al servizio ad un bacino di utenza sempre maggiore e a garantirne una fruizione ottimale;
   pertanto, il legislatore nazionale deve implementare la vigente normativa affinché le città italiane realizzino dei piani e delle operazioni strutturati nonché delle campagne di sensibilizzazione che incoraggino e favoriscano un uso più efficiente, o meglio «intelligente», delle automobili;
   le automobili in circolazione, specie nella, quotidianità degli spostamenti, sono occupate solo dal guidatore e ciò evidentemente contribuisce alla congestione del traffico e ad un'occupazione oltremodo superflua e fastidiosa delle aree urbane. Più auto circolano, più si riducono gli spazi delle nostre città;
   il car pooling, inoltre, a livello locale ma non solo, può rivelarsi uno strumento risolutivo delle problematiche e dei disagi cui ogni giorno migliaia di pendolari che viaggiano in treno su tratte di breve percorrenza per raggiungere il posto di lavoro, l'università o la scuola, sono costretti a fronteggiare. È oltremodo noto il deficit infrastrutturale e di servizio del trasporto regionale – ma anche interregionale – che viene effettuato su rotaie;
   il car pooling è dunque un servizio di trasporto alternativo, inequivocabilmente legittimo, che consente non solo di decongestionare la viabilità urbana, sia dei piccoli che dei grandi centri abitati, ma apporta dei benefici diretti sull'ambiente e sulla qualità della vita e ciò alla stregua della tanto agognata mobilità sostenibile;
   il car pooling, in quanto ITS è frutto dell'inevitabile ed inarrestabile evoluzione tecnologica, è destinato a cambiare, come del resto sta già facendo, il modo di concepire gli spostamenti quotidiani, per un fine ultimo che non è solo personalistico ma che punta a realizzare un bene comune;
   a causa, però, di un'inadeguata normativa di dettaglio, il car pooling, sulla cui legittimità non è possibile dubitare, è stato, sia direttamente che indirettamente, oggetto di contestazione soprattutto da parte della classe dei tassisti che, a torto, identificano il car pooling in una forma di esercizio abusivo di taxi e per questo è stato oggetto di pesanti sanzioni (inclusa la confisca delle autovetture dei privati partecipanti) poiché equiparato impropriamente a un servizio pubblico di taxi abusivo;
   ha contribuito alla confusione e ad aizzare le proteste il lancio a Milano del servizio denominato «UberPop», un servizio che si definisce, probabilmente senza averne titolo, quale carpooling in quanto parrebbe consentire ai partecipanti di trarre ampi profitti dai «passaggi» resi all'utenza;
   le plateali proteste della categoria tassisti di Milano lasciano intendere che vi sia una illegalità diffusa. Ciò ha ingenerato dubbi e confusione nei cittadini circa la legittimità e natura del car pooling stesso ed ha acuito il clima di ostilità tra la categoria dei tassisti e gli intermediari del servizio di car pooling con effetti, come si vedrà, tali da impedire il proseguimento dell'erogazione di servizi più che legittimi che erano stati appena lanciati sul mercato;
   è in questo senso esemplare l'episodio accaduto ad un utente del servizio di car pooling denominato «Letzgo», messo a punto da una start-up innovativa italiana, la Share the city S.r.l., al quale la polizia locale di Milano ha contestato, in un'operazione svolta tramite auto civetta e agenti in borghese, di aver adibito la vettura del marito a taxi abusivo e allo stesso tempo, incredibilmente, di guidare un taxi pubblico senza essere in possesso del relativo certificato di abilitazione professionale e ciò con pesanti conseguenze economiche e morali anche a danno di terzi;
   nella specie, l'utente in questione è una giovane donna in stato interessante di 7 mesi che, nell'andare ad acquistare un passeggino decideva di offrire gratuitamente un passaggio per «provare» il servizio e che si è vista, per tale infrazione trattenere per oltre 3 ore, senza possibilità di sedersi, da una pattuglia di agenti in borghese e sequestrare l'auto con la quale ella aveva necessità di spostarsi quotidianamente;
   in particolare, l’«operazione» contro il servizio Letzgo, senza entrare nel merito della illegittimità dell'accertamento e delle sanzioni elevate (che pure vi sono e contro le quali sono in corso le dovute azioni giudiziarie), è indice della necessità di un intervento per fornire maggiore certezza normativa per consentire ai servizi legittimi di carpooling urbano di iniziare le proprie operazioni sul mercato;
   è da notarsi che la Share the City S.r.l., congiuntamente all'utente del servizio interessato dai fatti di cui sopra, ha tempestivamente presentato un esposto alle competenti Autorità ed alle odierne interpellate Autorità, ivi incluso il Presidente del Consiglio ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (con l'eccezione però del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare). Tale esposto non ha ricevuto sinora attenzione alcuna;
   in nessun caso e in nessun modo il servizio di car pooling prestato a fronte di un rimborso spese facoltativo e con vetture private può essere assimilato ad un servizio pubblico regolamentato (NCC/Taxi, servizi di autobus di linea), è urgente, anche per evitare episodi del tipo riferito, evidentemente frutto del contesto normativo non chiaro, che vi sia una espressa e precisa distinzione dei servizi carpooling dai servizi regolati –:
   quali efficaci ed urgenti iniziative, a livello nazionale, si intendano adottare per annoverare e legittimare in maniera definitiva ed inequivoca, alla luce soprattutto della vigente normativa comunitaria, il car pooling urbano tra i servizi di trasporto intelligente (ITS), il cui accesso deve essere consentito a tutti i cittadini per offrire alla collettività tale servizio di trasporto, attualmente ostacolato dalle ambiguità normative;
   quale seguito sia stato dato all'esposto presentato dalla Sare the City S.r.l. in data 24 maggio 2014, riguardo ai fatti esposti in premessa;
   quali specifici provvedimenti, si intendano adottare alla luce di quanto esposto in premessa per evitare che episodi come quelli riferiti si ripetano, con gravi ripercussioni su tutta la collettività e sull'attività economica di iniziative imprenditoriali innovative;
   come il Governo ed i Ministri interrogati intendano chiarire ai cittadini che i servizi di car pooling possono già oggi essere legittimamente erogati tramite applicazioni per device mobili in quanto vi è un perimetro certo di legittimità dei medesimi.
(2-00587) «Quintarelli, Galgano, Sottanelli, Rabino, Matarrese, Oliaro, Antimo Cesaro, Cimmino, Vezzali, Vargiu, Capua, Tinagli, Vecchio, Mazziotti Di Celso».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la ex strada statale 447 Ascea-Pisciotta, nel Cilento in provincia di Salerno, rappresenta l'unico e fondamentale collegamento costiero fra i territori dei comuni di Ascea e di Pisciotta, ricompresi nel perimetro del parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano;
   tale strada che da Ascea, Velia e Pisciotta lungo la fascia costiera conduce a Palinuro (Centola) è chiusa al traffico fin dal settembre 2013, a causa di rilevanti e pericolosi fenomeni franosi;
   peraltro, la predetta strada già da diversi anni è stata interessata da problemi considerevoli, tanto è vero che l'Anas, che all'epoca gestiva la infrastruttura, negli anni ’90 aveva eseguito lavori, non addivenuti alla conclusione definitiva, come comprova nel vallone «Fiumicello» la realizzazione di una serie di piloni in cemento armato in vista della costruzione di viadotti, mai avvenuta;
   nel 2001, all'amministrazione provinciale di Salerno, nel frattempo divenuta titolare della gestione di questa tratta stradale venne assegnato un finanziamento di 11,5 milioni di euro per superare definitivamente i movimenti franosi attraverso la costruzione di una apposita variante;
   nel 2009, dopo varie e prolungate vicissitudini, la provincia di Salerno affidò ed aggiudicò la esecuzione di tale opera; tuttavia l'ATI aggiudicataria non ha mai potuto iniziare i lavori stante la mancata acquisizione dei relativi e necessari nulla-osta, ai fini della tutela dell'ambiente e del paesaggio;
   i suddetti pareri ad oggi non sono stati rilasciati, non avendo la provincia di Salerno soddisfatto la richiesta formalizzata (con nota del 9 ottobre 2012) dalla Sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Salerno-Avellino e finalizzata alla predisposizione di soluzioni progettuali di «maggiore qualità architettonica» per i tratti 55 e 82 dei relativi elaborati;
   tantomeno non risulta essere stata rilasciata dal competente ufficio regionale la valutazione di impatto ambientale sul progetto dell'opera;
   ovviamente in tutto questo lungo arco temporale di diversi anni, l'evidenziato finanziamento è divenuto insufficiente;
   l'intervento sulla ex strada statale 447 Ascea-Pisciotta è stato inserito dalla regione Campania nell'accordo quadro di programma viabilità della regione Campania;
   la descritta situazione, che perdura oramai da troppi anni, ed anche in considerazione del processo legislativo di riduzione delle competenze e del ruolo istituzionale delle province e della reiterata inerzia della regione Campania, produce conseguenze pesanti e fortemente negative per i territori e per le comunità cilentane ed esige, pertanto, un risolutivo intervento del Governo e del Ministero per sbloccare finalmente la vicenda e consentire così la esecuzione degli indispensabili lavori;
   proprio per la estrema rilevanza di questa opera per i territori cilentani, i sindaci dei comuni di Ascea e di Pisciotta hanno inoltrato al Presidente del Consiglio dei ministri, con una giusta e tempestiva iniziativa e con nota del 4 giugno 2014, la richiesta di inserire il progetto dei lavori concernenti tale arteria, così strategica ed essenziale, nell'ambito del cosiddetto decreto «sblocca Italia», già da qualche settimana preannunziato dal Governo per sostenere concretamente il rilancio delle politiche infrastrutturali e per lo sviluppo della economia italiani –:
   quali iniziative il Governo, nell'esercizio delle sue competenze e nell'ambito dei rapporti istituzionali con la regione Campania, possa assumere, per assicurare che finalmente e dopo tanti anni sia sbloccata la situazione relativa alla indicata strada Ascea-Pisciotta, chiusa al traffico fin dal settembre 2013 e destinataria di finanziamenti per lavori urgenti e necessari non ancora avviati, ponendo così fine ad una vicenda che ha determinato e continua a determinare danni gravissimi ed ingiustificati alle popolazione ed alle comunità interessate del Cilento, con pesantissimo pregiudizio per le attività economiche, per i collegamenti e per la mobilità delle persone, per lo sviluppo del turismo in una zona di tale pregio dal punto di vista ambientale, paesaggistico, archeologico e culturale. (5-03042)


   COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 14 aprile 2014 è stata divulgata dai media la notizia della nomina da parte del Governo del professor Guido Alpa quale componente del consiglio di amministrazione di Finmeccanica; il medesimo è già Presidente del Consiglio nazionale forense che, ai sensi degli articoli 35 e 36, svolge ampie attività amministrative ed addirittura giurisdizionali, nonché risulterebbe essere titolare delle seguenti quattro cattedre d'insegnamento e di un master presso l'università degli studi «Sapienza» di Roma (Diritto Civile, Istituzioni di diritto privato e Master universitario di II livello in «Diritto privato europeo»);
   ai sensi degli articoli 35 e 36 della legge n. 247 del 2012 il Consiglio nazionale forense ha notevoli competenze in esclusiva e concorrenti, fra i quali anche una competenza giurisdizionale;
   per l'articolo 39 della legge n. 247 del 2012 il Congresso nazionale forense: «Tratta e formula proposte sui temi della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, nonché le questioni che riguardano la professione forense»; per l'articolo 24, comma 1, della legge n. 247 del 2012 gli iscritti all'albo costituiscono l'ordinamento forense e quindi il congresso è al di sopra del Consiglio nazionale forense e degli ordini circondariali che ne sono delle mere articolazioni (ciò è confermato dal fatto che l'articolo 35, comma 1, lettera q), della legge n. 247 del 2012 recita che il Consiglio nazionale forense «esprime, su richiesta del Ministero della giustizia, pareri su proposte di legge e disegni di legge»);
   il Consiglio nazionale forense – pur rimanendo organo giurisdizionale disciplinare ex articolo 36 della legge n. 247 del 2012 – ha acquistato funzioni politiche di rappresentanza dell'avvocatura, creando così, ad avviso dell'interrogante, un sistema di tipo gerarchico e verticistico che mina l'autonomia e l'indipendenza degli ordini circondariali;
   il meccanismo di elezione per la formazione del Consiglio nazionale forense non assicura un criterio di proporzionalità nella composizione dell'organo –:
   se si ritenga opportuno che un membro del consiglio di amministrazione di Finmeccanica, seppur apprezzato nell'ambiente professionale, forense ed accademico, possa svolgere contemporaneamente così tanti incarichi;
   se sia compatibile la nomina nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica con la perdurante presidenza del Consiglio nazionale forense, essendo quanto meno discutibile che chi presiede un organo giurisdizionale possa al contempo essere espressione di parte e, comunque, di gradimento governativo;
   se sia opportuno, nell'attuale e perdurante momento di crisi congiunturale, che sia consentito un siffatto cumulo di compensi e cariche in capo al medesimo soggetto che, oltre a percepire i redditi derivanti dall'attività professionale quale avvocato, cumula anche quelli per l'attività di docenza, oltre all'indennità o ai rimborsi per la presidenza del Consiglio nazionale forense e quelli per la presenza nel board di Finmeccanica;
   se, infine, il grave ritardo del Consiglio nazionale forense nell'adottare i regolamenti previsti dalla legge di riforma della professione forense (legge n. 247 del 2012 in vigore dal 2 febbraio 2013) – che tra l'altro deve regolamentare l'ingresso di 60 mila avvocati con redditi medio-bassi fino ad oggi esclusi dalla Cassa di previdenza con tutte le problematiche ancora non risolte riguardo a quest'ultimi, quale l'armonizzazione della legge professionale del 2012 con la legge 11 febbraio 1992, n. 141, che modifica ed integra la legge 20 settembre 1980, n. 576, al fine di garantire ai nuovi ingressi quanto meno la pensione di vecchiaia – possa essere imputato in qualche modo proprio alle poliedriche e variegate attività svolte simultaneamente dal suo presidente. (5-03044)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GELMINI e ROMELE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dopo il taglio delle sezioni distaccate dei tribunali di Breno e Salò, un'altra sforbiciata incombe sull'amministrazione della giustizia a Brescia dal momento che il Governo ha annunciato nel Consiglio dei ministri del 13 giugno 2014, la soppressione, dal 1o ottobre, del Tar bresciano e di altre sette sedi: Salerno, Reggio Calabria, Pescara, Parma, Latina, Lecce e Catania;
   la soppressione delle suddette sedi, che determinerebbe lo spostamento di competenze, fascicoli e personale dalle sezioni distaccate alla sede centrale dei capoluoghi di regione, ha suscitato un'immediata reazione dell'Associazione dei magistrati amministrativi che ha espresso «profondo disagio» e «forte preoccupazione» per l'adozione da parte del Governo di disposizioni volte alla soppressione delle sezioni distaccate dei Tar in assenza di una seria valutazione delle effettive ricadute in termini organizzativi, di risparmio di spesa, di funzionalità degli uffici giudiziari;
   i gravi disservizi organizzativi, che si verificheranno inevitabilmente nel sistema della giustizia amministrativa, si risolveranno in un'inaccettabile contrazione degli ambiti di tutela e di difesa del cittadino in un momento storico in cui si pone invece con ogni evidenza l'esigenza di un rafforzamento del controllo di legalità sulle azioni delle pubbliche amministrazioni e soprattutto perché il tribunale di via Zima a Brescia è un presidio fondamentale per il territorio, che serve un bacino di oltre 3 milioni di persone, non solo residenti nella suddetta provincia, ma anche in quelle di Bergamo, Mantova e Cremona;
   il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, ha coinvolto anche i sindaci Giorgio Gori, Nicola Sodano e Gianluca Galimberti, per capire come unire le forze e fare pressione sul Governo affinché riveda la questione, perché è impensabile che le competenze, i fascicoli e il personale vengano trasferiti a Milano, privando così Brescia di un fondamentale organo di amministrazione della giustizia e penalizzando milioni di cittadini;
   la giustizia, che già accusa carenze estreme, rischia di essere ulteriormente compromessa rendendo sempre più farraginoso sul territorio garantire il rispetto della legalità per i bresciani che saranno costretti a percorrere centinaia di chilometri in più, con conseguenti aggravio di costi e problemi –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire per evitare la soppressione delle sedi dei tribunali amministrativi elencati in premessa. (4-05199)


   CHAOUKI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da articoli pubblicati su L'Huffington Post, Corriere.it e da altri organi d'informazione la vicenda di Danilo, bambino affetto dalla sindrome di Down che accompagnato dal padre Andrea presso il Centro estivo «Ottavia» per ragazzi dai 4 ai 13 anni in via delle Canossiane a Roma, dopo una giornata di attività con gli altri bambini sarebbe stato allontanato e invitato a non tornare più al Centro;
   secondo quanto riportato da Huffington Post il padre del ragazzo avrebbe dichiarato sulla vicenda: «Sono andato a prenderlo alle 16,30 e ho visto molti bambini, ma solo una ragazza e un assistente; mi dicono che il titolare, un certo Ivano, mi voleva parlare. Beh, tale Ivano ha detto che era molto dispiaciuto, ma Danilo non poteva frequentare il centro, era difficile da gestire e lui non aveva personale da dedicargli»;
   a questo punto il padre, Andrea, avrebbe provato a dire che, se eventualmente avevano un tutor da dedicargli, lo avrebbe pagato a parte, oppure avrebbe potuto metterlo lui, ma la risposta sarebbe stata «no»: «Sai, poi non vorrei che crei problemi agli altri bambini che, tornati a casa, si lamentino di Danilo... e magari i genitori portino via i loro figli dal centro;
   il genitore di Danilo è stato pertanto invitato a portare via suo figlio e a non fare ritorno presso il centro giochi;
   sulla vicenda è intervenuto sia il presidente del XIV Municipio, Valerio Barletta, il quale ha proposto ai genitori l'iscrizione di Danilo presso un centro sportivo municipale nonché la presidente della commissione capitolina politiche sociali e della salute, Erica Battaglia;
   impedire a Danilo di stare con gli altri bambini si traduce in un atto di discriminazione basata sul suo stato di persona con disabilità, che viola l'articolo 5, l'articolo 7 e l'articolo 9 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18 del 2009 –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga doveroso intervenire predisponendo, ogni iniziativa di competenza, anche normativa, volta a far sì che fatti analoghi, a quello successo a Danilo non si ripetano.
(4-05206)


   SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante evidenzia, come nonostante risulti indubitabile la necessità che tutte le categorie sociali e produttive del Paese accettino i sacrifici economici imposti dalla difficilissima situazione economica, non si possono eludere le forti perplessità suscitate dai mezzi di comunicazione, conseguente di fatto agli orientamenti espressi, dal Presidente del Consiglio dei ministri all'Avvocatura dello Stato, prestigiosa istituzione, che a quanto consta risulta immune da fenomeni di corruttela, al servizio dello Stato e delle sue amministrazioni;
   gli avvocati dello Stato, com’è noto, sono equiparati alla magistratura, dalla quale, ordinaria o amministrativa, molti di loro provengono: tuttavia, a differenza dei magistrati, non hanno un limite massimo di lavoro esigibile stabilito dall'organo di autogoverno;
   a differenza del singolo magistrato che esercita le sue funzioni solo presso la sede di assegnazione, l'avvocato dello Stato rappresenta gli enti e i funzionari aventi tutte le giurisdizioni civili, tributarie, penali e amministrative, senza limiti di orario e/o di chilometraggio all'interno del distretto della corte d'appello;
   l'interrogante evidenzia altresì, che anche il regime delle responsabilità personali risulta essere aggravato rispetto a quello del magistrato, poiché l'avvocato dello Stato non gode del regime speciale di cui alla legge n. 117 del 1988;
   a giudizio dell'interrogante i dati ufficiali dell'attività svolta dall'Avvocatura dello Stato importanti e strutturati necessitano di essere considerati e apprezzati con maggior rispetto in considerazione delle seguenti osservazioni:
    a) l'organico: 370 tra avvocati e procuratori. Attualmente in servizio 340; 30 posti scoperti. Si accede per doppio concorso, il secondo – quello per Avvocato dello Stato – aperto a magistrati amministrativi e/o ordinari; Procuratori dello Stato, Professori Universitari, dirigenti e avvocati del libero foro con una certa anzianità.
    b) attività: cura in via esclusiva la difesa di tutte le amministrazioni dello Stato (oltre che delle regioni e degli enti Statali che deliberano di avvalersi del patrocinio), su tutto il territorio nazionale, in 160.000 nuovi affari contenziosi ogni anno – anche dinanzi a giurisdizioni internazionali – per una media pro-capite di circa 500 nuovi affari all'anno per ogni avvocato, assistendo le amministrazioni anche in sede amministrativa e consultiva.
    c) rilevanza economica del contenzioso: il valore economico del contenzioso curato ogni anno dall'Avvocatura dello Stato si aggira intorno ai 25-26 miliardi di euro all'anno;
    d) costo dello Stato: il costo complessivo annuale di tutta l'Avvocatura dello Stato (per le retribuzioni del personale, i mezzi e le strutture), è di 150 milioni di euro, pari ad un costo medio di circa 900 euro a causa per tutti i gradi di giudizio, di gran lunga inferiore rispetto ai valori di mercato e al costo di qualunque attività di assistenza e patrocinio legale presso altre amministrazioni pubbliche;
    e) retribuzioni: la retribuzione dell'avvocato dello Stato è costituita da una parte fissa (equiparata a quella dei magistrati ordinari) e da una parte variabile, i cosiddetti onorari, legata a oggettivi risultati positivi, pari ad una quota parte delle spese legali relative alle cause totalmente vinte: si tratta di un compenso tipico della professione forense, legato al merito pieno (solo per le cause totalmente vinte) ed oggettivo (perché frutto della decisione definitiva di un giudice terzo);
    f) risultati: oltre ad assistere le varie Amministrazioni in tutti le fasi consultive del procedimento, l'Avvocatura dello Stato registra una percentuale di vittoria del 70 per cento circa delle cause patrocinate, garantendo allo Stato la salvaguardia di un risparmio di circa 18 miliardi di euro;
   in tale prospettiva, le recenti esternazioni del Presidente del Consiglio dei ministri interrogato e la prospettiva di una riduzione stimabile ad oltre il 90 per cento del compenso accessorio degli avvocati dello Stato risulta, a giudizio dell'interrogante, un'umiliazione non meritata da parte di un'istituzione che si può annoverare tra le più efficienti della macchina statale;
   la sostanziale abolizione di ogni premialità si configura non solo ingiusta nel merito, ma anche contraria a ogni elementare principio organizzativo;
   l'interrogante evidenzia l'eventualità che a fronte di tale decisione che si intende adottare (che non ha preso in considerazione alcuna l'opportunità di estendere a costo zero il patrocinio gratuito dell'Avvocatura alle società partecipate e altre misure di rafforzamento dell'istituzione quali l'autonomia finanziaria) si celasse il disegno di smantellare questo secolare organo dello Stato, che rappresenta ancor oggi un presidio di legalità interna e trasversale per tutte le amministrazioni dello Stato;
   ciononostante a parere dell'interrogante, non sembrerebbe questo l'interesse pubblico, in considerazione delle eccessive elargizioni di compensi verificatesi anche recentemente in materia: come ad esempio le consulenze milionarie corrisposte dagli enti vigilati di alcuni Ministeri che contraddicono palesemente i nuovi orientamenti e le linee di indirizzo di politica economica e finanziaria del Paese volti ad una revisione ed un contenimento della spesa pubblica in corso negli ultimi anni –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle proprie competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intendano adottare non solo per garantire il regolare funzionamento e il potenziamento dell'Avvocatura dello Stato, ma anche per restituire dignità professionale a dei leali servitori dello Stato ingiustamente mortificati.
(4-05217)


   LUIGI DI MAIO, FICO e LIUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la Federazione italiana tennis (FIT), quale soggetto di personalità giuridica di diritto privato riconosciuto dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) opera sotto la vigilanza tecnica, amministrativa e funzionale dello stesso ed è un'associazione senza fini di lucro;
   la FIT è l'unico organismo autorizzato a disciplinare, regolare e gestire lo sport del tennis nel territorio nazionale e a rappresentarlo in campo internazionale;
   la FIT, soprattutto in considerazione della valenza pubblicistica di specifici aspetti dell'attività sportiva svolta, dovrebbe operare sotto la vigilanza del CONI, con autonomia tecnica, organizzativa e gestionale in armonia con l'ordinamento sportivo nazionale ed internazionale, nonché con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato internazionale olimpico (CIO) e dello stesso CONI;
   secondo quanto segnalato ai deputati interroganti, la FIT, nonostante sia un'associazione senza fini di lucro, dal 2007 ha costituito tre società partecipate con fini di lucro: la FIT Servizi Srl, la Mario Belardinelli ADS e la Sportcast srl. Inoltre, la FIT e la CONI servizi srl hanno costituito un'associazione in partecipazione per la gestione degli Internazionali d'Italia da cui derivano profitti che dovrebbero essere reimpiegati nell'attività sportiva;
   risulta ai deputati interroganti che in un consiglio federale, si sarebbe deliberato che possano partecipare alle manifestazioni giovanili nazionali (come ad esempio la coppa Belardinelli e la coppa d'inverno, secondo quanto stabilito dall'articolo 2 del regolamento delle suddette manifestazioni) solo ed esclusivamente quei ragazzi tennisti che abbiano frequentato a pagamento i centri estivi FIT determinandosi in tal modo una evidente discriminazione ai danni di quei ragazzi che provengono da famiglie che non possono permettersi di affrontare gli onerosi costi dei centri estivi, facendo così prevalere sul merito sportivo il criterio censitario;
   ai deputati interroganti sono state segnalate incompatibilità tra i soci, gli amministratori e i consulenti della FIT e delle società partecipate, quali ad esempio: il ragionier Perciballi, consulente della FIT e delle sue partecipate (per importi annui complessivi di una certa importanza), nonché socio della FIT servizi Srl e quindi della Mario Belardinelli, nonché fornitore di servizi e di manodopera per le suddette società e non solo; il signor Carlo Ignazio Fantola, presidente della società Sportcast, sino al marzo 2014, ed allo stesso tempo zio materno di primo grado (fratello della madre) del presidente della FIT Angelo Binaghi, del signor Giancarlo Baccini già direttore – ancorché a titolo gratuito – di Sportcast, della testata giornalistica Supertennis e dei telegiornali della stessa, delle comunicazioni della FIT sino al febbraio 2014, nonché amministratore della stessa Sportcast attraverso la sua azienda di famiglia Qua Srl; il signor Francesco Soru, già capo di gabinetto del Presidente del CONI Giovanni Malagò, a quanto risulta al deputato interrogante, sarebbe stato recentemente nominato presidente della società Sportcast Srl che gestisce il canale televisivo Supertennis, anche se non è ben chiaro quale sia il compenso per la sua attività;
   risulta ai deputati interroganti che la FIT, anche in deroga a circolari interne (circolare CONI Petrucci del febbraio 2012 in materia di acquisto di immobili da parte delle federazioni), abbia proceduto all'acquisto di immobili con risorse provenienti dal bilancio corrente e ad avviso degli interroganti alcune sottratte all'attività primaria della FIT medesima, ovverosia la promozione del tennis; così facendo la Federazione, in spregio al principio generale che imporrebbe l'impiega delle proprie risorse finanziarie nell'attività di promozione del tennis di base e di eccellenza, ha distratto ingenti risorse di bilancio corrente (di matrice pubblica quelle provenienti direttamente dal CONI e di matrice pubblicistica quelle derivanti dalle quote dei circoli e dei tesserati) per impiegarle in operazioni immobiliari, la cui opportunità è tutta da dimostrare e verificare e che esulano totalmente dalla ratio di una federazione sportiva;
   risulta altresì agli interroganti che, in deroga a tutte le circolari emanate negli ultimi anni in tema di spending review ed in particolare rispetto alle linee guida per la gestione economica e finanziaria delle federazioni sportive nazionali del 17 marzo 2010 a firma del segretario generale Raffaele Pagnozzi, sia stato convocato un consiglio federale della FIT a Parigi il 5 giugno 2010 (con altissimi ed ingiustificati costi suppletivi di trasferta a carico della FIT per i numerosi membri del Consiglio medesimo ed il seguito). Non è ben chiaro quale fosse la ragione di tale convocazione «fuori sede»;
   la situazione del CONI e delle federazioni sportive è stata oggetto anche di una puntata del programma televisivo Report il 7 maggio 2014 –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, se tutto quanto sopra esposto corrisponda a verità e, in caso affermativo, quale sia l'orientamento del Ministro in merito;
   se il Governo sia a conoscenza della eventuale autorizzazione da parte del CONI alla costituzione delle suddette società partecipate dalla FIT e se il CONI abbia vigilato sulle procedure di scelta dei soci e sulle procedure di nomina dei rappresentanti nelle varie società;
   se il Governo sia a conoscenza della eventuale autorizzazione da parte del CONI alla costituzione di una società per la gestione del canale televisivo, Supertennis;
   se sia stata oggetto dell'attenzione del CONI la questione della incompatibilità tra i soci, gli amministratori e i consulenti della FIT e delle società partecipate;
   se il Governo sia a conoscenza della eventuale approvazione da parte del CONI dei bilanci della FIT e delle sue partecipate dalla loro costituzione ad oggi con le relazioni note integrative e le relazioni dei collegi sindacali;
   se il Governo sia a conoscenza della eventuale autorizzazione da parte del CONI, anche in deroga a circolari interne, dell'acquisto di alcuni appartamenti con risorse provenienti dal bilancio corrente e sottratte all'attività primaria della FIT, ovverosia promozione del tennis e se risultino elementi circa la trasparenza e la regolarità delle relative procedure di acquisto e pagamento;
   se il Governo sia a conoscenza della eventuale autorizzazione da parte del CONI alla convocazione del Consiglio federale della FIT tenutosi a Parigi il 5 giugno 2010;
   se rispetto alla circolare Pagnozzi del 17 marzo 2010 la FIT abbia trasmesso, al Segretario Generale del CONI, negli ultimi tre anni la relazione strutturata ed analitica dalla quale risultino le specifiche azioni di riduzione dei costi unitamente alla relazione con l'esame e il parere da parte dei revisori dei conti;
   se il Governo sia al corrente dell'entità della indennità di carica del Presidente della FIT Binaghi (al suo quarto mandato che lo porterà a restare in carica per 16 anni). (4-05221)

AFFARI ESTERI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   il 2 aprile 2014 il signor Ubaldo Procope, cittadino italiano e antiquario esperto di icone russe residente a Peschiera del Garda, veniva fermato all'aeroporto di Mosca-Domodevo e trattenuto contro la sua volontà dalle autorità doganali dopo essersi imbarcato per un volo verso Verona;
   invitato inizialmente a rimanere nella zona di controllo doganale dell'aeroporto, notava che i propri bagagli erano stati fatti scaricare dall'aereo diretto in Italia; veniva successivamente rinchiuso in una stanza e sorvegliato a vista per circa 10 ore. «Mi hanno trattato come una bestia, senza portarmi da bere né da mangiare, senza darmi spiegazioni. Mi sono sentito rapito, privato anche del mio passaporto senza il quale, in quel Paese, non si può fare nulla» ha dichiarato l'uomo denunciando l'accaduto, pochi giorni dopo, al quotidiano di Verona L'Arena (http://www.larena.it/stories/379 citta/694322–un–antiquario–sequestrato–in–aeroporto–a–mosca/);
   solo alle 18.00 di sera gli veniva consegnato un documento ove si evidenziava il motivo del fermo, imputando lo stesso alla merce trasportata dal signor Procope, 13 icone russe acquistate al Vernisage di Mosca (mercatino delle pulci), nel complesso artigianale di Ismailovskoje, e destinate alla commercializzazione in Italia; tale merce veniva sottoposta a sequestro dalle autorità russe per ulteriori accertamenti, e solo a quel punto il signor Procope veniva rilasciato;
   la procedura burocratica per il conseguimento dell'autorizzazione all'esportazione di detta merce era stata esperita, con richiesta di expertise presentata dall'antiquario, in data 18 marzo 2014, al dipartimento del Ministero della cultura di Mosca, completa di tutti i documenti richiesti, (passaporto e fatture d'acquisto);
   a seguito di tale istanza, al signor Procope veniva rilasciato un documento (N. 04-03/0136) nel quale venivano indicati i periti abilitati a effettuare le perizie sulle icone, e specificamente: dottor S. N. Dobrinin, dottoressa M.S. Trubaceva e dottor A. N. Ovcinnikov;
   in data 31 marzo 2014 il signor Procope si recava dai periti di cui sopra per ritirare l'esito delle perizie sulle opere d'arte, che venivano conseguentemente consegnate all'ufficio competente per il rilascio definitivo del documento utile, chiamato «Conclusione» (N. RU/2014/2-164), correlato di 13 foto con timbri e dati tecnici sul retro di ogni rappresentazione fotografica e relativa quietanza pagata alla banca Sbierbank inerente il 10 per cento del costo di valutazione commerciale redatto dai periti, oltre ai costi di perizia, come da normativa periziale;
   in data 17 maggio 2014 il signor Procope, dopo essere rientrato in Italia, si recava nuovamente in Russia, dove l'ufficiale della dogana aeroportuale S.A. Sorokin gli notificava un documento redatto dal centro esperti di criminologia doganale nel quale a quanto riferito all'interrogante si evinceva un grande contrasto con la perizia tecnica commissionata dal Ministero russo e regolarmente eseguita;
   il materiale è tuttora oggetto di sequestro da parte delle autorità moscovite, e il signor Procope si ritrova senza alcuna assistenza e senza la possibilità di rientrare in possesso della merce acquistata da destinare a regolare commercializzazione nel nostro Paese;
   del fatto sono state informate personalmente dal signor Procope le autorità nazionali russe, e l'antiquario è stato convocato ancora una volta a Mosca, a seguito di una protesta personale sulla vicenda, l'8 agosto 2014 alle ore 14,00, direttamente dai consiglieri del presidente Putin;
   del fatto sarebbe al corrente altresì il console generale d'Italia a Mosca, dottor Piergabriele Papadia, informato direttamente dal signor Procope –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di chiarire con urgenza presso le Autorità russe la vicenda in premessa e il ruolo stesso di libero cittadino del signor Ubaldo Procope, che nel rispetto delle normative locali e internazionali può liberamente circolare in territorio russo ed esperire la sua attività commerciale;
   quali ulteriori azioni il Ministro intenda attuare per richiedere, una volta accertata la regolarità delle procedure esperite dal signor Procope, la legittima restituzione della merce, già oggetto di autorizzazione all’expertise dal territorio russo.
(2-00586) «Zan».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RAVETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Convenzione delle Alpi è un trattato internazionale sottoscritto dai Paesi alpini (Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Monaco, Slovenia e Svizzera) e dall'Unione europea con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo sostenibile e tutelare gli interessi della popolazione residente, tenendo conto delle complesse questioni ambientali, sociali, economiche e culturali;
   le Alpi, con il loro capitale di biodiversità e le riserve di acqua e legno, sono un ambiente naturale, culturale, di vita e di lavoro per quasi 14 milioni di persone nonché un'importante destinazione turistica che attira circa 120 milioni di visitatori ogni anno;
   la convenzione di cui sopra è stata firmata nel marzo dell'anno 1995;
   la versione originale della convenzione, nella definizione delle aree alpine prevedeva per il Piemonte le province di Cuneo, Torino, Vercelli, Novara;
   negli anni successivi la stessa è stata riformulata riducendo l'area solo ad alcuni comuni di queste province e questa costituisce la versione attualmente in vigore;
   la prima versione della convenzione parrebbe in effetti molto più funzionale poiché rendeva chiara e geograficamente agevole la delimitazione territoriale tant’è che anche gli altri Stati firmatari hanno scelto di indicare intere regioni e non singoli comuni;
   l'Italia, che in un primo tempo, invece delle regioni, aveva indicato le province dando comunque un segnale di certezza sulla definizione dell'area, per ragioni ignote, ha successivamente modificato tale scelta selezionando una serie di comuni all'interno delle medesime province;
   in tal modo, la scelta assunta pare essere del tutto discrezionale con conseguenti complicazioni applicative e gestionali;
   il testo vigente della convenzione prevede all'articolo 1, punto 2, che «ciascuna parte contraente [...] può, tramite una dichiarazione indirizzata alla Repubblica d'Austria in qualità di depositario, estendere l'applicazione della presente convenzione ad ulteriori partiti del proprio territorio» –:
   quali iniziative si vogliano assumere per eliminare con urgenza ogni forma di discriminazione nei confronti dei comuni alpini attualmente inspiegabilmente esclusi e ripristinare, pertanto, l'area territoriale come prevista nella versione originale della convenzione. (5-03037)


   BORGHESI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ex INFS) ha come compito, tra gli altri, quello di determinare annualmente la piccola quantità per le specie da poter prelevare in deroga ai sensi della direttiva 2009/147/CE, come previsto dall'articolo 19-bis, comma 3, della legge 157 del 1992. («la designazione della piccola quantità per deroghe adottate ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2009/147/CE è determinata, annualmente, a livello nazionale, dall'ISPRA»);
   l'Ispra (ex INFS) dal 2005 dichiara costantemente di non essere in grado di fornire i dati richiesti nonostante la Commissione europea, il 19 dicembre 2005, in una nota firmata dal responsabile unità Nicholas Hanley dichiara: «è responsabilità dello Stato Membro determinare le piccole quantità sulla base delle migliori informazioni possibili. Metodi alternativi, anche supportati da solide argomentazioni scientifiche, potrebbero dunque essere accettati»; è del tutto evidente, ad avviso dell'interrogante, quanto l'istituto ISPRA (ente pubblico) sia del tutto inefficiente considerato che diversi istituti regionali ed europei predispongono annualmente dati certificati sulle stesse tematiche;
   l'articolo 4, comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, dispone che l'attività di cattura per l'inanellamento e la cessione a fini di richiamo può essere svolta esclusivamente da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall'ISPRA;
   l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ex INFS) ha il compito di organizzare gli esami per l'abilitazione degli operatori agli impianti di cattura, ma dal 2001 non provvede in tal senso nonostante istituti provinciali da anni ne facciano legittimamente richiesta per esigenze di ricambio generazionale e soprattutto per garantire il prosieguo di un'arte ultra centenaria che fa parte di una tradizione culturale identitaria storica da tutelare e tramandare;
   rientra nelle competenze istituzionali dell'Istituto «esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti dalle regioni» (cfr. articolo 7, comma 3, della legge n. 157 del 1992);
   la mancata ottemperanza alle istanze dal 2005 per le sopracitate inaccettabili ed ingiustificabili motivazioni è ormai diventato intollerabile quando si tratta di adempiere un preciso obbligo di legge;
   qualora l'ISPRA avesse in dotazione i dati non aggiornati o non fosse in grado di stabilire la piccola quantità per evadere le richieste regionali sul prelievo in deroga, l'Istituto dovrebbe avvalersi di dati aggiornati (ad esempio, BIrds in Europe, II, Bird Life INternational) come specificato dalla Commissione europea in data 19 dicembre 2005;
   rientra nelle competenze istituzionali di ISPRA svolgere ed organizzare gli esami di idoneità agli aspiranti candidati alla gestione degli impianti di cattura ed i compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti come previsto dalla legge n. 157 del 1992, articolo 4, comma 3;
   la mancata doverosa organizzazione di detti esami nei confronti di cittadini legittimati che ne facciano richiesta non può trovare nessuna giustificazione;
   l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale costa ai cittadini italiani ben oltre i cento milioni di euro e dispone di oltre mille dipendenti –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle situazioni sopra descritte e, in caso affermativo, se e in che modo intenda intervenire al fine di consentire l'applicazione delle norme previste dalla legge n. 157 del 1992 e sbloccare la situazione di stallo in cui versano le regioni e gli aspiranti candidati alla gestione degli impianti di cattura;
   come intenda intervenire, per quanto di competenza, in relazione alle mancanze di Ispra per risolvere il problema di quella che all'interrogante appare incapacità ed inefficienza dall'ente stesso a svolgere i compiti e le funzioni che le competono, in particolare il rilascio dei dati che certifichino la piccola quantità per dare modo di autorizzare legittimamente il regime di deroga ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2009/147/CE, oltre alla organizzazione degli esami di abilitazione agli aspiranti candidati alle gestione degli impianti di cattura;
   se non sia opportuno, in ordine alla condivisibile richiesta dei cittadini di ridurre la spesa pubblica e gli enti poco virtuosi ed inefficaci, valutare di assumere iniziative per la soppressione dell'ISPRA, considerando la possibilità di delegare agli osservatori regionali o alle università riconosciute di provata professionalità e competenza le funzioni ed i compiti in capo oggi all'istituto;
   se intenda valutare eventuali responsabilità e pregiudizi che negli anni siano derivati dalle scelte dell'Istituto. (5-03039)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei primi giorni di giugno 2014 il comune di Cancello ed Arnone, nel casertano, ha vissuto per l'ennesima volta la mancanza dell'acqua nei rubinetti, con gravi disagi alla popolazione domestica e alle attività commerciali;
   nel territorio del comune non sono presenti pozzi d'acqua e gli abitanti dipendono dal rifornimento che arriva attraverso la rete idrica di Falciano-Cancello ed Arnone;
   la realizzazione di tale rete idrica, tuttavia, risale agli anni cinquanta ed a causa della vetustà della struttura è soggetta a continue perdite con conseguente interruzioni del servizio di distribuzione dell'acqua, esponendo i cittadini della zona ad una situazione di pressoché costante carenza di approvvigionamento idrico;
   inoltre, parte delle condutture idriche sono state realizzate in cemento amianto, sostanza altamente nociva che mette a rischio la salute di tutti gli utenti della rete;
   di conseguenza, i cittadini sono costretti a comprare acqua in bottiglia sia per l'uso potabile sia per cucinare e lavarsi e hanno dovuto dotarsi di cisterne per l'accumulo al fine di sopperire ai momenti di mancanza dell'acqua, tutte soluzioni che comportano un costo aggiuntivo a carico degli stessi;
   il comune di Cancello ed Arnone è a vocazione principalmente agricola, ma in molte aziende agricole l'acqua non arriva proprio perché la condotta non è in grado di servire l'intero paese;
   nel gennaio 2014 il Consorzio idrico terra lavoro (CITL) che gestisce gli acquedotti e gli impianti idrici della provincia di Caserta, ha approvato il progetto esecutivo per i «Lavori di completamento dello schema idrico della Campania Occidentale, tratto Villa Literno – Cancello ed Arnone – Falciano del Massico», ponendo il relativo finanziamento a carico delle risorse economiche di cui al piano operativo regionale Campania sui fondi strutturali regionali europei stanziati per il periodo 2007-2013;
   in seguito, il Consorzio Idrico di Caserta ha inviato lo stesso progetto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il finanziamento –:
   se risulti se siano mai state effettuate indagini e rilevazioni circa la eventuale presenza di sostanze nocive e/o tossiche nelle acque trasportate attraverso la rete idrica di Falciano-Cancello ed Arnone, ed in caso affermativo quali ne siano stati gli esiti;
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di fronteggiare la cronica carenza idrica nel comune di Cancello ed Arnone, e di quali informazioni sia in possesso in merito all’iter del citato progetto. (4-05201)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il sito di Torre Calderina, è una zona marina e paesaggistica che sorge in prevalenza nel territorio di Molfetta e comprende la fascia costiera confinante di Bisceglie; è luogo preferenziale per l'avifauna in transito lungo le coste occidentali della Puglia per le rotte migratorie. Molte specie, come il cavalluccio marino (hippocampus guttulatus), hanno trovato il loro habitat ideale tra queste acque. Il sito ha come emblema una torre costiera del XVI secolo, facente parte del complesso sistema di torri di avvistamento del Regno di Napoli;
   la legge di stabilità 2014 ha previsto l'istituzione di altre quattro aree marine protette, nelle quali è compresa Torre Calderina, il cui numero passa così da 27 a 31. Le regioni interessate dal provvedimento (Marche, Puglia, Sardegna e Sicilia), sono state convocate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il 18 e 19 giugno 2014 per avviare il procedimento istitutivo, mentre le attività istruttorie scientifiche e gli studi relativi alle aree interessate saranno svolti dall'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
   le nuove aree marine protette non hanno ricevuto apposita dotazione finanziaria. Anzi, il capitolo di bilancio «Gestione-interventi aree marine protette» ha registrato un taglio di oltre 1.200.000 euro, passando dagli originari poco più di 5.000.000 di inizio anno agli attuali 3.790.000 euro circa (taglio di circa il 24 per cento);
   tale carenza di fondi rischia di condannare alla paralisi gestionale tutto il sistema. Infatti, come denuncia il WWF, «serve una gestione proattiva delle Aree Marine Protette fatta di monitoraggi scientifici, infrastrutture per la delimitazione delle diverse zone di tutela, interventi per la riduzione delle minacce da inquinamento e pesca di frodo, attività di educazione ed informazione ambientale» che, per essere assicurate, necessitano di sostegno economico –:
   se, per quanto di competenza, si intendano in futuro assumere iniziative per assegnare finanziamenti più cospicui per la gestione ordinaria delle aree marine protette. (4-05203)


   ROSTAN, MANFREDI, SALVATORE PICCOLO e BOSSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Parlamento Italiano ha, lo scorso 5 febbraio 2014, provveduto alla conversione in legge del decreto-legge «decreto n. 136 del 2013, cosiddetto terra dei Fuochi»;
   il testo definitivo, licenziato dal Parlamento, ha previsto, tra le varie disposizioni in esso articolate a tutela dell'ambiente e nell'ambito delle strategie di contrasto ai roghi tossici, la istituzione del reato di combustione dei rifiuti, una spinta alle attività di bonifica dei suoli inquinati, il conferimento di poteri speciali al prefetto di Napoli, la creazione, presso il dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, di un gruppo per il monitoraggio, la mappatura dei terreni inquinati, l'uso dell'esercito e lo screening sanitario gratuito per i cittadini residenti in Campania e Puglia;
   il testo, inoltre, ha previsto il coinvolgimento, ai fini delle attività di monitoraggio ambientale e dello stato di salute della cittadinanza residente in Campania ed in Puglia, ed in particolare nei territori a rischio inquinamento e roghi tossici, dell'Istituto superiore delle sanità, nonché l'implementazione dello studio «sentieri»;
   la legge ha accolto anche molte delle richieste fatte da comitati e associazioni ambientaliste in sede di audizione, con particolare riferimento alla previsione di particolari strumenti di accelerazione delle bonifiche, l'utilizzo dell'esercito a scopo di sorveglianza, nonché l'istituzione di un fondo ad hoc (Fondo unico giustizia) alimentato dalla confisca dei beni provenienti dalle attività della criminalità organizzata e dai guadagni legati agli eco-reati per reperire risorse per le bonifiche;
   alta è l'attenzione dell'opinione pubblica circa lo stato di applicazione delle norme contenute nella legge sulla «Terra dei Fuochi», nonché fortissime sono le aspettative e le speranze delle popolazioni residenti in Campania, ed in particolare, nell'area a nord di Napoli, nel casertano e nell'agro nolano, territori martoriati dalle eco-mafie che, negli anni, non hanno mai esitato di fronte alla possibilità di assicurarsi facili e cospicui guadagni attraverso lo sversamento abusivo di rifiuti tossici e di roghi dolosi;
   nonostante i buoni propositi del testo di legge, non accennano a diminuire, nella Terra dei Fuochi, i roghi tossici e gli sversamenti abusivi;
   è alle porte la stagione estiva che, tradizionalmente, favorisce l'aumento degli illeciti in materia ambientale ed acuisce il fenomeno già diffuso dei roghi tossici di rifiuti;
   a conferma di quanto sopra, il 9 giugno 2014, ben cinque roghi tossici di enormi dimensioni si sono sprigionati nelle campagne tra Casalnuovo di Napoli e Pomigliano d'Arco;
   il fenomeno dei roghi tossici ed in generale la condizione di inquinamento dei suoli della «Terra dei Fuochi», stanno provocando un preoccupante innalzamento delle patologie oncologiche diagnosticate nella popolazione residente;
   le sopra indicate patologie oncologiche, secondo quanto evidenziato dalle Associazioni animaliste operanti nella «Terra dei Fuochi», stanno iniziando a diffondersi con elevata incidenza anche tra cani, gatti ed altre tipologie di animali;
   è opportuno, pertanto, imprimere un'accelerazione dei processi amministrativi previsti dalle norme contenute nel decreto-legge «Terra dei Fuochi» e tanto affinché il fenomeno dei roghi tossici e degli sversamenti abusivi di rifiuti diffuso in Campania incontri un freno significativo –:
   quale sia lo stato di avanzamento delle operazioni di impiego dell'Esercito nella Terra dei Fuochi, quali risultati abbia portato per il momento il dispiegamento di forze previsto del decreto-legge di cui in premessa, nonché se il Governo stia valutando l'ipotesi di incrementare il numero delle unità e delle risorse militari destinate al presidio del territorio in supporto delle forze dell'ordine locali;
   quale sia stata l'incidenza, sino ad oggi, dell'inserimento, all'interno del codice penale, della fattispecie del reato di combustione illecita dei rifiuti;
   quale sia lo stato di avanzamento delle attività di screening sanitario della popolazione e mappatura dei siti inquinati in Campania e quali attività il Governo stia valutando di intraprendere per accelerare tali processi, fondamentali per la buona riuscita dei progetti di recupero del territorio;
   quale sia lo stato di avanzamento dei programmi di bonifica previsti per il recupero dei territori inquinati dalle discariche abusivi e dai roghi tossici. (4-05210)


   TOTARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella provincia di Modena, in particolare nel comune di Mirandola (Mo), operano alcune società specializzate in attività di trattamento e di smaltimento di rifiuti;
   tra queste attività rientra il trasporto di rifiuti in aree attrezzate e autorizzate, tra le quali rientra quella di via Belvedere a Mirandola (Mo) – frazione Quarantoli;
   dette società operano nel settore da diversi anni, e in reiterate occasioni sono pervenute segnalazioni di sversamenti di materiali di imprecisata specie in orari notturni, che possono far presupporre un utilizzo improprio di dette aree –:
   se non ritengano di promuovere, per quanto di competenza e anche tramite il comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, gli opportuni controlli affinché sia verificata la fondatezza delle segnalazioni ricevute. (4-05214)


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, D'UVA, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella risposta alle interrogazioni nn. 5-00811 e 5-00812, in data 12 dicembre 2013, il Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare pro tempore ha affermato che la mancata designazione delle zone speciali di conservazione per i Siti di importanza Comunitaria di «Cala Rossa e Capo Rama» e di «isola Correnti, pantani di Pineta Pilieri, chiusa dell'Alga e Parrino» era motivata dal fatto che la trasmissione, da parte della Commissione, di successivi aggiornamenti dei formulari relativi ai siti di importanza comunitaria, ha reso «necessario, per ogni singolo invio, attendere l'approvazione della Commissione, che solitamente emana la relativa Decisione ad un anno di distanza dal ricevimento delle proposte di modifica degli Stati membri», aggiungendo che «in tali condizioni, non essendo ancora consolidate le informazioni relative ai singoli siti (per quanto attiene ad habitat, specie ed eventuale ampliamento dei confini), risultava pori opportuno procedere alla designazione delle ZSC»;
   nella stessa risposta, il Ministro ha, dunque, escluso che l'Italia potesse essere considerata inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dall'articolo 4 nella direttiva 92/43/CEE, scrivendo che «Solo recentemente la Commissione Europea ha manifestato la sua intenzione di non prevedere più aggiornamenti annuali, rendendo quindi effettiva la cadenza stabilita dalla Direttiva Habitat (6 anni) per la trasmissione delle informazioni sui siti e, in generale, sull'attuazione della Direttiva stessa. Il Ministero dell'ambiente ha provveduto, conseguentemente, ad avviare il processo di designazione partendo dalle situazioni regionali maggiormente consolidate»;
   rispondendo alle stesse interrogazioni, il Ministero interpellato ha scritto che la situazione «secondo i dati forniti dalla stessa Regione risalenti al giugno 2013, è la seguente: sono stati redatti 58 Piani di Gestione della rete Natura 2000 che accorpano 218 siti dei complessivi 238 siti (SIC e ZPS) nei quali sono inserire le azioni volte alla tutela e conservazione degli habitat presenti nelle medesime aree. Esiste ampia sovrapposizione tra i siti Natura 2000 e le aree protette regionali (riserve naturali e parchi istituiti ai sensi delle leggi regionali n. 98 del 1981 e n. 14 del 1988). Tale sovrapposizione consente di avere vari regimi di protezione applicati ai siti. Ad ogni buon conto la Regione sta predisponendo le misure di conservazione di cui all'articolo 6 della Direttiva Habitat per tutti i siti»;
   alla luce di questa informazioni, il Ministero interpellato ha scritto altresì che: (...) «si può prevedere di predisporre a breve un primo decreto di designazione delle ZSC della Regione Sicilia con riferimento ai siti per i quali è intervenuta l'approvazione definitiva dei Piani di gestione, sempre che gli stessi contengano i requisiti minimi richiesti dalla Commissione Europea»;
   rispondendo alla denuncia in merito alla mancata designazione delle Zone speciali di conservazione, presentata dai deputati interroganti, unitamente ai deputati dell'Assemblea regionale siciliana iscritti al Gruppo Movimento Cinque Stelle e a ben 307 cittadini siciliani, la Direzione generale ambiente della Commissione europea, in data 16 aprile 2014, ha precisato che è stata già avviata un'indagine (EU Pilot 4999/13/ENVI) volta a verificare il rispetto da parte di tutti gli Stati membri dell'articolo 4 paragrafo 4 della direttiva habitat, e in merito alla decorrenza del termine stabilito dalla direttiva, ha smentito la risposta fornita dal Governo scrivendo che «eventuali aggiornamenti dei formulari relativi ai siti non determinano uno slittamento dei termine di sei anni: per i siti che, come quelli siciliani, sono stati inseriti nella rete Natura 2000 con decisione della Commissione adottata nel 2006, il termine entro cui designarli come ZSC è scaduto nel 2012»;
   il dipartimento dell'ambiente Servizio 5 – demanio marittimo della regione siciliana ha pubblicato, nei giorni compresi tra il 16 aprile e il 16 maggio 2012, l'avviso di presentazione della richiesta di concessione demaniale marittima di suolo demaniale di metri quadrati 1590 metri quadrati per la realizzazione di uno stabilimento balneare in località Punta del Passaggio nel comune di Isola delle Femmine;
   la località Punta del Passaggio è bagnata dal tratto di mare rispetto al quale sono stati individuati i Siti di Importanza Comunitaria ITA 020047 «Fondali di Isola delle Femmine» e ITA 020005 «Isola delle Femmine», e si trova nelle vicinanze del SIC ITA 02006 «Capo Gallo»;
   per il rilascio della predetta concessione demaniale – al pari di quanto avviene rispetto ad altre concessioni che interessano lo stesso tratto di costa – il competente servizio regionale procede, in assenza del prescritto piano di utilizzazione del demanio marittimo del comune di Isola delle Femmine, e dunque senza uno strumento di governo complessivo delle aree demaniali;
   la dotazione di un piano di utilizzo delle aree demaniali marittime (PUDM) – rendendo necessario, tra le altre cose, lo svolgimento delle necessarie procedure valutative previste dalla normativa vigente – consentirebbe una verifica contestuale degli impatti che le attività, oggetto delle concessioni demaniali marittime, nel loro complesso, e congiuntamente alle altre attività già presenti e/o insediabili, possano avere sugli habitat e sulle specie protetti e compresi all'interno dei siti di Rete Natura 2000, e dunque una valutazione complessiva della compatibilità ambientale delle stesse attività;
   con particolare riferimento a zone costiere, come quello all'interno del quale si trova l'area oggetto della richiesta di concessione, caratterizzati dalla presenza di diversi siti della Rete Natura 2000, oltre che di aree protette, il pieno rispetto della direttiva 92/43/CEE e del Regolamento recante attuazione della stessa direttiva (decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357) – in base ai quali la valutazione delle incidenze significative di un progetto deve essere effettuata, ove necessario, tenendo conto anche di altri progetti concorrenti – può essere assicurato, solo in presenza di uno o più piani di utilizzazione delle aree demaniali che coprano l'intero ambito all'interno del quale è possibile rilevare incidenze significative rispetto agli habitat e alle specie protetti;
   ad oggi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ha ancora adottato il primo decreto di designazione delle zone speciali di conservazione per i siti di importanza comunitaria compresi nella regione Sicilia, del quale era stata preannunciata l'imminente predisposizione nella risposta alle interrogazioni nn. 5-00811 e 5-00812;
   la concessione demaniale per la quale è stata presentata l'istanza sta, dunque, per essere rilasciata – in mancanza del Piano di utilizzazione del demanio marittimo – e prima del completamento, a cura del Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, delle attività finalizzate a verificare la rispondenza dei piani di gestione e/o delle misure di conservazione ai criteri stabiliti dalla Commissione europea e, dunque, a designare i siti interessati come zone speciali di conservazione;
   la mancata designazione delle zone speciali di conservazione, oggetto dell'attività d'indagine della Commissione europea, richiamata sopra, può portare, in ogni caso, all'apertura di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti del nostro Paese –:
   se siano ultimate le attività finalizzate a verificare la rispondenza dei piani di gestione e/o delle misure di conservazione ai criteri stabiliti dalla Commissione europea relativamente ai Siti di importanza comunitaria ITA 020047 «Fondali di Isola delle Femmine», ITA 020005 «Isola delle Femmine», e ITA 02006 «Capo Gallo» e cosa ne impedisca la designazione come zone speciali di conservazione;
   entro quale termine intenda procedere alla predisposizione del primo decreto di designazione quali zone speciali di conservazione dei siti di importanza comunitaria localizzati nel territorio della regione siciliana, rispetto ai quali i termini stabiliti dalla direttiva 92/43/CEE risultano ampiamente scaduti e l'Italia è, dunque, esposta al rischio dell'apertura di una procedura d'infrazione;
   se, e in che modo, intenda adoperarsi affinché venga scongiurato il rischio che nel territorio bagnato dal tratto di mare rispetto al quale sono stati individuati i siti di importanza comunitaria ITA 020047 «Fondali di Isola delle Femmine» e ITA 020005 «Isola delle Femmine», e in prossimità dei SIC ITA 02006 «Capo Gallo», venga rilasciata l'ennesima concessione demaniale, senza che sia possibile valutare l'incidenza di quest'ultima attività rispetto agli habitat e alle specie protetti, congiuntamente alle altre attività per le quali è stata già rilasciata la concessione ovvero a quelle per quali verrà rilasciata in seguito e, comunque, prima dell'ultimazione delle attività di verifica dell'adeguatezza delle misure di conservazione previste, propedeutiche alla designazione, a cura del Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, dei siti in questione come Zone speciali di conservazione;
   se, nel quadro della – non più rinviabile – riforma complessiva delle concessioni demaniali marittime, non ritenga necessario introdurre una disposizione che subordini il rilascio e/o l'autorizzazione di concessioni demaniali marittime riferite a zone costiere contraddistinte dalla presenza di Siti della rete Natura 2000 e/o di aree protette, all'approvazione di un Piano di utilizzazione delle aree demaniali esteso all'intero ambito, rispetto al quale è possibile rilevare, e sottoporre alla opportune procedure valutative, gli impatti e le incidenze che le attività previste possono, congiuntamente e nel loro complesso, determinare rispetto agli habitat e alle specie protetti. (4-05219)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CANCELLERI e BARBANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi passati sia con l'allora Ministro Corrado Passera sia con l'attuale componente del Governo Maurizio Lupi, il Presidente ANAS Pietro Ciucci aveva indicato la fine del 2013 come data per terminare i lavori sulla Salerno-Reggio Calabria;
   negli articoli del 21 maggio 2014 della «Gazzetta del Sud» e de «il Fatto Quotidiano», si legge che il presidente dell'ANAS Pietro Ciucci arruola due pensionati per l'ufficio «unità di riserva» creato ad hoc. Le persone in questione sono Ciriaco D'Alessio di 66 anni e Francesco Bonparola di 77 anni, che sono stati preferiti alle decine di dirigenti interni;
   i due sopracitati percepiranno un compenso di 90 mila euro ciascuno così suddivisi: 70 per la collaborazione e altri 20 mila di incentivo –:
   se i Ministri interrogati intendano:
    a) verificare i motivi del ritardo nella conclusione dei lavori alla data annunciata come in premessa;
     b) indicare la data certa del fine lavori e i costi aggiuntivi rispetto al quadro economico iniziale e le connesse motivazioni; 
    c) nell'ottica della spending review, assumere iniziative affinché siano revocati i due incarichi affidati dal direttore dell'ANAS, visto che le due nomine configurano un costo aggiuntivo a carico dell'azienda;
    d) assumere iniziative affinché, data l'importanza del lavoro svolto dal suddetto ufficio come dichiarato dal presidente Ciucci, i suddetti incarichi siano ricoperti dalle molteplici figure dirigenziali interne all'ANAS. (4-05209)


   SPADONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'atto di sindacato ispettivo n. 5-02588 presentato il 16 aprile 2014 nella VI Commissione permanente della Camera dei deputati (Finanze) si chiedeva al Ministro interrogato quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intendesse assumere al fine di evitare il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite tramite il gioco d'azzardo e, nella fattispecie, le videolottery;
   nell'interrogazione suddetta si sostiene come sia sufficiente introdurre la banconota sporca nella macchinetta da gioco per ottenere un ticket valido con il quale alla cassa si può ritirare denaro ripulito;
   il sottosegretario di Stato Enrico Zanetti ha risposto che al fine di affrontare e risolvere il grave problema in oggetto, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha agito su vari fronti tra cui: «è stata definita ed è in via di implementazione una metodologia di analisi che, sulla base delle elaborazioni delle informazioni, presenti nelle banche dati ha già evidenziato, al termine di specifici accertamenti, compiuti di recente, comportamenti anomali da segnalare agli organi di polizia; sono in corso di intensificazione appositi controlli sia sulle sale sia direttamente sui sistemi di gioco presso la sede dei concessionari; l'Agenzia sta collaborando attivamente con le strutture competenti in materia al fine di fornire una analisi di rischio specifica sul fenomeno del riciclaggio in tutte le attività di gioco – secondo le direttive emanate dalla struttura comunitaria competente – GAFI – nonché per l'applicazione della quarta direttiva in materia» –:
   quale sia lo stato attuale degli studi e delle simulazioni in questione atti a prevedere la possibilità di stampare sul ticket le somme introdotte e l'eventuale vincita;
   quando sarà terminata l'analisi di rischio sul fenomeno del riciclaggio di denaro in tutte le attività di gioco e se vi sia la possibilità di creare un database con i suddetti dati;
   con quale frequenza e secondo quali criteri venano attuati gli appositi controlli sia sulle sale che sui sistemi. (4-05216)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   durante gli anni in cui è stata condotta la progettazione dei vari tratti della variante alla strada statale 16 Adriatica nel territorio della provincia di Rimini, è stata avviata e si è sviluppata da parte di Autostrade per l'Italia (ASPI) anche la progettazione della terza corsia autostradale nel tratto da Rimini Nord a Cattolica;
   essendo il tracciato della variante alla strada statale 16 adiacente a quello autostradale, al fine di redigere un progetto unitario ed organico sia dal punto di vista metodologico che costruttivo, anche su pressione da parte della regione e degli enti locali, nel 2008 ANAS ha unificato l'attività di progettazione degli interventi A (tratto Bellaria-Riccione) e B (tratto Riccione-Misano), arrivando ad un intervento unitario denominato «Variante alla strada statale n. 16 Adriatica Bellaria-Rimini Riccione-Misano tra il chilometro 193+00 e il chilometro 220+000» per uno sviluppo complessivo pari a 28 chilometri;
   il progetto della variante alla statale Adriatica si inserisce nell'ambito del programma di sviluppo e potenziamento della rete infrastrutturale di mobilità esistente nella porzione di territorio della Provincia Riminese, previsto da tutti gli strumenti di pianificazione (PRIT, PTCP, Piani comunali) e in particolare all'interno dell'adeguamento della rete della viabilità principale provinciale si incentra il potenziamento del grande canale infrastrutturale longitudinale costituito dall'autostrada A14 e dalla variante alla strada statale 16 adriatica;
   con l'accordo del 4 maggio 2005 fra ANAS – direzione centrale autostrade e trafori e compartimento della regione Emilia Romagna, Autostrade per l'Italia, regione Emilia Romagna e provincia di Rimini sono state previste all'interno del progetto dell'ampliamento autostradale alcune opere cosiddette compensative che garantiscono la compatibilità dell'intervento di ampliamento dell'autostrada A14 con la Variante alla strada statale 16 adriatica» nel tratto riminese;
   nell'anno 2011 il comune di Riccione ha avanzato la richiesta ad ASPI di anticipare la realizzazione di alcune opere connesse alla realizzazione della variante alla strada statale 16 tra Bellaria e Misano, ed in particolare di due tratti di viabilità funzionali alla prevista variante alla strada statale 16, nei comuni di Riccione, Coriano e Misano Adriatico;
   successivamente, nel marzo di quest'anno, la provincia di Rimini ha avanzato una nuova richiesta per lavori funzionali alla strada statale 16 da realizzarsi nell'ambito dell'A14 e proposto che venissero realizzate a cura di ASPI due rotatorie sull'attuale strada statale 16 già previste dalla convenzione tra Anas e comune di Rimini del 2000 e mai realizzate, in sostituzione di altre due opere previste dal piano programma di ASPI ma non realizzate;
   la regione Emilia-Romagna ha quindi avviato un confronto con il compartimento ANAS e con l'IVCA, a cui ha fatto seguito una lettera del compartimento a codesta condirezione generale e all'IVCA, in cui viene proposto l'adeguamento (a strada di tipo C1) di alcuni interventi già realizzati nell'ambito dei lavori di ampliamento della terza corsia A14 come anticipazione di alcuni tratti della variante alla strada statale 16 a fronte della successiva gestione da parte di ANAS degli stessi;
   è stato definito e trasmesso il 12 giugno 2014 al Ministero dei trasporti e delle infrastrutture, per l'approvazione e la definizione del finanziamento, il progetto delle opere ricomprese nel progetto di completamento redatto da Autostrade per l'Italia, per un importo complessivo dei lavori di circa 23 milioni di euro di cui circa 6,4 finanziati;
   tali interventi costituiscono un'occasione irrinunciabile per il territorio per fornire una soluzione, sia pur di minima, alla grave situazione di congestione in cui versa attualmente la strada statale 16, che diversamente dovrebbe essere rinviata, stante l'attuale contingenza economica, ad un futuro non meglio quantificabile –:
   se il Ministero interrogato non ritenga opportuno approvare nei tempi più brevi possibili il progetto in questione e dare formale autorizzazione in modo tale che sia possibile utilizzare le somme a disposizione di ASPI in ragione dei lavori eseguiti per l'ampliamento dell'A14 da Rimini a Pedaso, suddivisi per lotti funzionali;
   quali iniziative intenda assumere per garantire la totale copertura finanziaria degli interventi previsti dal progetto, anche rivedendo il quadro finanziario previsto in convenzione;
   quali iniziative intenda assumere per fare partire subito gli interventi immediatamente cantierabili. (5-03038)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, era stato prevista, all'articolo 29, comma 1, una rilevante modifica della disciplina del servizio di noleggio con conducente;
   prima ancora dell'entrata in vigore della legge di conversione, l'efficacia della nuova normativa fu sospesa, tramite l'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
   l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, stabilì, in proposito, che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sarebbe intervenuto con proprio decreto;
   quanto da ultimo previsto è stato poi oggetto di proroga, da ultimo con l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, che prevede: «All'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, le parole «31 dicembre 2012» sono sostituite dalle seguenti «31 dicembre 2014»;
   l'attuale assetto del settore, come risultante dal complesso di norme sopra riportato, rende incerto, oltre che difficilmente conoscibile per chi sia sprovvisto di specifiche competenze tecnico-giuridiche, il contenuto stesso della disciplina vigente;
   l'originaria disciplina del 1992, e ancor più la disciplina «sospesa» del 2009, sollevano serie perplessità, in quanto a giudizio dell'interrogante inadeguate a regolamentare l'assetto vigente del servizio pubblico di noleggio con conducente, alla luce dei princìpi ribaditi dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, da quelli ricavabili dalle pronunce della Corte Costituzionale in materia e, soprattutto, in ragione delle radicali innovazioni tecnologiche nel settore della comunicazione, le quali rendono inadeguate e irrazionali alcune delle norme ivi previste;
   se il Governo intenda assumere iniziative per addivenire a ulteriori proroghe;
   se il Governo intenda adottare il decreto attuativo;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza al fine di pervenire a una complessiva ridefinizione dell'assetto normativo che regola l'attività di noleggio con conducente, nel rispetto dei principi comunitari e di quelli ricavabili dalle pronunce, in materia, della Corte Costituzionale. (5-03040)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   attualmente convergono su Bologna quattro tronchi autostradali: la Bologna-Milano (A1), la Bologna-Firenze (A1), la Bologna-Padova (A13) e la Bologna-Ancona (A14), collegati fra loro dal sistema tangenziale di Bologna;
   questa arteria di circa 22 chilometri che va da Casalecchio a San Lazzaro è costituita da un'autostrada a due corsie più quella di emergenza per ogni senso di marcia al centro, mentre all'esterno da altre due corsie più quella di emergenza complanari a traffico libero che raccordano tutte le strade radiali convergenti sul centro urbano. Dal 2007 la corsia di emergenza autostradale tra le uscite di S. Lazzaro e Borgo Panigale-Milano è stata allargata di 1,2 m e trasformata in «terza corsia dinamica» percorribile dal traffico in caso di necessità con segnalazione semaforica;
   per decongestionare questo nodo cruciale della rete viaria italiana (circa 180.000 veicoli al giorno nel 2002 secondo il piano territoriali di coordinamento provinciale della provincia di Bologna), il cui potenziamento è stato inserito tra gli interventi strategici di preminente interesse sia nazionale che regionale (delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001), sono state proposte negli anni diverse soluzioni che non hanno avuto seguito fino all'8 agosto 2002;
   in questa data è stato sottoscritto un accordo tra il Ministero delle infrastrutture, la regione Emilia Romagna, la provincia di Bologna ed il comune di Bologna che prevede la realizzazione di una nuova infrastruttura denominata «passante nord di Bologna», inserita in seguito nell'intesa generale quadro, sottoscritta il 19 dicembre 2003, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Emilia-Romagna;
   il progetto originario prevedeva un tracciato autostradale di 40 chilometri a tre corsie per senso di marcia su cui dirottare il traffico autostradale «di passaggio» all'interno di un corridoio a semianello nella pianura nord avente per estremi ad ovest Lavino di Mezzo e ad est Ponte Rizzoli. Si prevedeva, altresì, la cosiddetta «banalizzazione» del tratto autostradale complanare alla tangenziale, ossia l'eliminazione dell'autostrada dal centro della tangenziale e l'unione delle ex-corsie autostradali alle corsie esterne della tangenziale, ottenendo un'arteria di 5 corsie più emergenza per ogni senso di marcia dedicata unicamente al traffico locale;
   fin dall'inizio sono state sollevate da più parti aspre critiche sull'opera, per il suo pesante impatto ambientale, per l'aumento del consumo energetico dovuto all'aumento di percorrenza ed il conseguente incremento di emissioni inquinanti, per il consumo di territorio agricolo pregiato (oltre 700 ettari) e l'inibizione delle colture di qualità su un'area molto maggiore (8.000 ettari), nonché per il costo economico elevatissimo (circa 2 miliardi di euro). A fronte di tali elementi negativi l'opera avrebbe soltanto realizzato un allontanamento di traffico dalla città stimabile in circa il 20 per cento, introducendo oltretutto un pedaggio per il transito sulla tangenziale;
   lo scenario di traffico previsto dal progetto (+2,5 per cento annuo fino al 2025) appariva in contrasto con i dati reali, ed infatti successivamente, secondo i dati della Società Autostrade, si è verificata una riduzione, da 180.000 veicoli/giorno nel 2002 a 150.000 nel 2012;
   tutto il progetto risultava ispirato ad una visione obsoleta dello sviluppo socio-economico, basata sulla sensazione di una disponibilità illimitata di risorse e di territorio;
   nell'aprile 2004 è stato presentato un progetto alternativo da parte di un comitato di cittadini, che appariva in linea con tutti i principi di minimizzazione dell'impatto ambientale e del risparmio energetico, mediante il riuso e il miglioramento dell'esistente. Il progetto prevedeva di eliminare molti dei lati negativi dell'attuale asse tangenziale trasformandoli in risorse per la città, il tutto a costi e tempi di realizzazione pari a circa un terzo di quelli del passante nord;
   il progetto è stato respinto dalla provincia nell'ottobre 2004, come pure la richiesta di aprire un concorso di idee, e gli enti locali hanno continuato a perseguire il progetto del passante nord;
   per la realizzazione dell'opera è stata presa in considerazione la soluzione dell'affido diretto a Società Autostrade classificandola come «potenziamento di opera in concessione», ma l'affido diretto è risultato in contrasto con le norme europee sulla libera concorrenza, trattandosi in effetti di «nuova opera»;
   a seguito di ricorsi avanzati da Legambiente e dal Comitato per l'Alternativa al Passante Nord, l'Unione europea ha riconosciuto il passante nord come «nuova opera» bocciando per ben due volte l'affido diretto e minacciando l'apertura di una procedura di infrazione. Inoltre l'Unione europea ha precisato due condizioni imprescindibili anche per un eventuale «affido come gestore del bando di gara»: l'autostrada deve mantenersi al centro della tangenziale ed il passante deve configurarsi come mero «ausilio», con un tracciato il più possibile vicino all'arteria principale, cioè la tangenziale;
   dopo insistenti tentativi dei Governi succedutisi dal 2004 al 2010, nel 2010 il Governo pro tempore ha accettato le condizioni richieste dalla Unione europea che ha chiuso il fascicolo passante. La procedura di infrazione è stata archiviata a seguito di precisi impegni del Governo italiano sulla base dei quali sono stati individuati, da parte dell'Unione europea, alcuni elementi specifici comunicati con nota del 15 luglio 2010, e precisamente:
    il nuovo progetto verrà realizzato come strumento ausiliario per l'autostrada A14 (Bologna-Taranto), la cui sede e la cui natura rimangono immutate;
    la tariffa applicata sarà la stessa attualmente utilizzata dal concessionario su questa autostrada; la totalità delle attività necessarie alla realizzazione del passante sarà oggetto di procedure di aggiudicazione di appalti pubblici conformi alle regole europee applicabili;
    la data finale di efficacia della concessione attualmente in vigore non verrà modificata (31 dicembre 2038);
   anziché rinunciare ad un'opera che con il passare del tempo appariva sempre più insostenibile di fronte alla crescita della sensibilità verso il territorio, ai dati ufficiali sul calo del traffico, alla crisi economica e ad una valida ipotesi alternativa, si è cercato di portare comunque avanti il passante nord, modificandolo radicalmente per adeguarlo alle prescrizioni dell'Unione europea, finché si è arrivati alla presentazione di una «intesa» e dell'elaborato progettuale relativo (luglio-agosto 2012);
   il tracciato della bretella autostradale, nota come «passantino», viene ridotto a 32 chilometri è per adeguarlo alle prescrizioni dell'Unione europea si è rinunciato ad alcuni punti fondamentali e «irrinunciabili» del progetto 2004, come la «banalizzazione» della tangenziale e le tre corsie per la bretella autostradale che attraversa la pianura nord. L'autostrada rimane al centro della tangenziale, con alcuni accessi di dubbia funzionalità verso la complanare, ed il «passantino» ha solo due corsie;
   il 30 novembre 2012, termine stabilito dall'intesa di luglio, i sindaci hanno espresso il loro parere bocciando il passantino di 32 chilometri e proponendo un tracciato, sempre a due corsie, di 38 chilometri, molto simile a quello del 2004, noto come «passantino lungo». Provincia, regione, e comune di Bologna, pur avendo sottoscritto il progetto precedente, hanno cambiano opinione e hanno aderito all'ipotesi dei sindaci;
   Società Autostrade s.p.a, convinta della necessità del cosiddetto «passantino corto» e a sostegno delle proprie perplessità alla realizzazione del «passantino lungo» di 38 chilometri chiesto dai sindaci, ha presentato nel novembre 2012 uno studio molto dettagliato, con orizzonte temporale 2035, che nelle conclusioni sosteneva come la soluzione passante più «banalizzazione» non contribuisse né a migliorare le condizioni di deflusso autostradale della A14, né a migliorare le condizioni di deflusso sulle complanari;
   nel gennaio 2013 Società Autostrade ha svolto un approfondimento della proposta degli enti locali, sottolineando la mancanza di elementi necessari a garantire la fattibilità tecnico-economica dell'iniziativa, posizione poi ribadita nei mesi successivi;
   dalla risposta fornita dal Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti pro tempore Rocco Girlanda il 19 luglio 2013 in Commissione VIII della Camera dei deputati all'interrogazione n. 5-00694 del 25 settembre 2013 si evince che il mancato inserimento del passante nord di Bologna tra gli impegni di investimento della concessionaria derivava anche dal fatto che sulla questione era in atto una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea in merito all'affidamento diretto senza gara dell'opera alla concessionaria. In effetti, con nota del 6 febbraio 2013, la Commissione europea ha richiesto notizie e sviluppi sulla questione, ribadendo la necessità che la realizzazione del passante avvenga nel pieno rispetto di tutti gli elementi indicati nella nota del 15 luglio 2010;
   in tal senso, nella stessa risposta in Commissione VIII veniva affermato che proseguiva l'esame di tutte le possibili soluzioni, ivi compresa la cosiddetta «opzione 0», ossia la possibilità di non realizzare l'opera, assicurando inoltre che sarebbero state esaminate e valutate tutte le posizioni espresse, ivi compreso lo studio del progetto alternativo «Comitato per l'alternativa al Passante Nord»; tuttavia, allo stato attuale non risulta sia stato ascoltato alcun rappresentante del Comitato, né risulta valutato alcun progetto alternativo;
   il Governo pro tempore, attraverso la suddetta risposta del 25 settembre 2013 in Commissione VIII, affermava che durante un incontro svoltosi presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si era stabilito che Autostrade per l'Italia avrebbe sviluppato il progetto preliminare su una ulteriore alternativa di tracciato e che erano ancora in corso approfondimenti sul tracciato, al fine di individuare una soluzione condivisa;
   il passante nord nella più recente versione proposta risulta essere una bretella autostradale a sole due corsie, invece delle tre del progetto originario, con una lunghezza di 38 chilometri, al costo stimato di oltre 1.800 milioni di euro, che manterrà il tratto autostradale A14 al centro della tangenziale di Bologna, contrariamente a quanto proposto nel progetto del 2002; l'impatto ambientale del progetto in questione sarebbe devastante come il progetto del 2004 e impatterebbe su un territorio agricolo particolarmente pregiato, distruggendo fisicamente circa 700 ettari è danneggiandone altri 8.000, come si rileva dallo studio effettuato dalla provincia di Bologna nel novembre 2004. Nello specifico il territorio su cui insisterebbe il progetto in questione risulta già ampiamente compromesso dall'attività umana; secondo i dati del rapporto ISPRA del 2014, nel 2012 in Emilia Romagna ci sono valori compresi tra l'8 e il 10 per cento di suolo consumato –:
   quali opportune iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di valutare alternative reali al progetto in questione;
   se non ritenga preferibile valutare il completamento delle opere bloccate da anni ed indispensabili per il territorio, come ad esempio quelle presentate dal suddetto Comitato per le alternative al Passante Nord, chiamate «piccole opere utili e veloci» che, ispirate alla filosofia di «intervenire sull'esistente», mediante il completamento di opere viarie minori ferme da decenni senza consumo di territorio, porterebbero i benefici attesi al quadrante nord di Bologna risparmiando risorse finanziarie e limitando il consumo energetico. (4-05198)


   LO MONTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sono oramai divenuti intollerabili gli innumerevoli disagi che molto spesso subiscono i pendolari della fascia jonica del messinese, che quotidianamente usufruiscono dei servizi offerti da Trenitalia;
   negli ultimi mesi, gli utenti hanno dovuto subire, sulla tratta Catania – Messina, la soppressione di vari treni con i conseguenti innumerevoli disservizi che ne derivano, nonché ritardi accumulati rispetto agli orari di tabella, che hanno determinato gravi disagi per lavoratori e studenti pendolari, che usufruiscono giornalmente dei servizi di Rfi spa per recarsi sul posto di lavoro e nelle scuole e/o Università della provincia di Messina, o di Catania;
   in Sicilia l'intero sistema dei trasporti ferroviari è al collasso e i disservizi sopra accennati sono solo l'ultimo esempio di una gravissima crisi che investe il trasporto pubblico in Sicilia e che sono la diretta conseguenza delle scelte operate negli anni scorsi, a livello regionale e nazionale;
   si deve pensare che la rete ferroviaria siciliana si sviluppa per 1378,4 chilometri, di cui 1200 chilometri sono ancora a binario unico e 578 non elettrificati;
   per quanto riguarda i collegamenti ferroviari a lunga percorrenza e regionali, le strategie industriali di Trenitalia hanno condotto alla soppressione di molti treni a lunga percorrenza e la netta riduzione delle corse regionali, ponendo la Sicilia in una condizione di vero e proprio isolamento geografico restituendo l'immagine dell'estrema difficoltà nell'assicurare mobilità alle persone e ai soggetti economici della regione –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare al fine di sollecitare nelle opportune sedi di competenza il perseguimento di un'efficace politica del trasporto ferroviario regionale, asset strategico fondamentale per lo svi- luppo economico, turistico e territoriale della Sicilia con particolare riferimento alla direttrice Messina-Catania-Palermo la cui realizzazione è prevista all'interno del contratto istituzionale di sviluppo sottoscritto a marzo del 2013 dai Ministri competenti, il presidente della regione siciliana e gli amministratori delegati di Ferrovie dello Stato e Rfi. (4-05205)


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, DALL'OSSO, DI VITA, CECCONI e BARONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per il territorio della provincia di Ragusa, tra i più carenti di infrastrutture viarie in tutta la Sicilia, già nel 1998 è stato elaborato un progetto per l'ampliamento del collegamento stradale tra Ragusa e Catania;
   tale opera, inserita sia nel Programma delle infrastrutture strategiche che nel documento «Infrastrutture Prioritarie» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha ricevuto un finanziamento di euro 1.268.600.000 con copertura iniziale di euro 149.200.000, di cui un terzo circa a carico dell'Anas e due terzi a carico della regione siciliana;
   sono state selezionate quali promotrici per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stradale quattro società: la Ati Silec, la Egis Projects, la Maltauro Consorzio Stabile e la Tecnis;
   il 22 gennaio 2010 il CIPE ha approvato il progetto preliminare e la proposta del promotore, per un costo complessivo di circa 815 milioni di euro, di cui circa 448 milioni a carico dei privati. Il 22 luglio ha approvato lo schema di Convenzione, con prescrizione, confermando i finanziamenti della regione e dello Stato;
   nonostante siano trascorsi otto anni dal primo stanziamento per la costruzione di quest'importante arteria extraurbana che dovrà collegare Catania e Ragusa, la Convenzione con il Concessionario non è stata ancora firmata;
   il Ministro dello sviluppo economico in più occasioni aveva annunciato la stipula per il 7 febbraio 2014;
   con decisione del 17 dicembre 2013, il CIPE ha approvato la proroga del finanziamento al 30 giugno 2014;
   è stata presentata dall'interrogante un'interrogazione a risposta in commissione n. 5-02365, che non ha ancora ricevuto risposta, con la quale sono state chieste spiegazioni ed è stata sollecitata la stipula della convenzione;
   varie sollecitazioni sono state inviate dalla scrivente al Ministro interrogato che non hanno ricevuto risposta alcuna –:
   se non intenda rendere noti, anche fornendo la relativa documentazione, il contenuto della convenzione con il concessionario per l'ampliamento del collegamento stradale tra Ragusa e Catania;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nel caso in cui non si riuscisse a stipulare entro il 30 giugno 2014 la convenzione di cui sopra, concedere un'ulteriore proroga mantenendo la finalizzazione dei finanziamenti stanziati dallo Stato e dalla regione all'ampliamento del collegamento stradale tra Ragusa e Catania. (4-05207)


   MIGLIORE, ZAN, ZARATTI e PELLEGRINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le attuali vicende relative alla realizzazione del progetto MOSE a difesa di Venezia e della sua laguna hanno offerto un quadro drammatico del livello di degenerazione del rapporto tra istituzioni e imprese, ma hanno anche rappresentato per chiunque una straordinaria occasione per riprendere in considerazione l'opera stessa, il MOSE, che già in passato era stata oggetto di dibattito scientifico: se cioè tale intervento fosse in grado di assicurare gli obiettivi di salvaguardia attesi o se, al contrario, al suo funzionamento fossero associati rischi ulteriori, come possibili variazioni della morfodinamica dei fondali della laguna come effetto della apertura e chiusura delle paratie mobili. È questo un problema di tale complessità che il suo studio nell'ambito del Consiglio Superiore dei lavori pubblici – ancorché necessario – non è stato effettuato (1999) perché nella commissione non c'erano le competenze appropriate. In effetti si tratta di mettere a punto un modello fisico-matematico predittivo, in assenza del quale le garanzie per la salvaguardia di Venezia appaiono del tutto insufficienti;
   di tali preoccupazioni si è fatto interprete il Parlamento con la presentazione di interrogazioni e lo stesso Consiglio dei ministri (Governo Amato) che nella riunione del 16 marzo 2001 aveva deliberato che il passaggio alla progettazione esecutiva dell'opera avrebbe potuto essere effettuato solo dopo che fosse stato compiuto l'approfondimento dei vari problemi indicati e, in particolare, un «approfondimento progettuale» per quanto riguarda gli effetti sulla morfodinamica dei fondali, approfondimento che, a quella data, ancora non era stato effettuato, nonostante disposizioni date in tal senso dal Ministro pro tempore Micheli (1999);
   nel febbraio 2007 tale studio non era stato ancora effettuato;
   a questa problematica si rivolge ancora l'interrogazione rivolta dai deputati Bonelli e Zanella al ministro dei lavori pubblici (2007 , n. 4-01988) che chiedono espressamente di sapere se tale approfondimento fosse stato effettuato, con quali risultati di previsione a medio e lungo termine e da quale autorità scientifica;
   nella risposta alla interrogazione c’è un'affermazione generica che tutti gli approfondimenti richiesti dal Consiglio dei ministri del 2001 sono stati effettuati, ma, per sua competenza, il Consiglio superiore dei lavori pubblici fa sapere che dal 1999 non sono state sottoposte alla sua valutazione le risultanze tecniche dell'approfondimento progettuale per quanto attiene gli effetti sulla morfodinamica dei fondali. Un mese dopo, poi, si affermerà, dal Ministero dei lavori pubblici, a questo proposito, che «sono in corso studi scientifici di carattere generale su questa complessa fenomenologia sulla base di programmi di ricerca internazionali finanziati dall'UNESCO». Dalla sede UNESCO di Venezia (Regional Bureau for Science and Culture in Europe – BRESCE) si apprende che le ricerche effettuate non sembra abbiano dato sin qui risposte positive –:
   quale sia in realtà il grado di affidabilità dei modelli predittivi della morfodinamica dei fondali sin qui messi a punto;
   nel caso di una garanzia di sicurezza insufficiente, se si ritenga di proseguire nella realizzazione di un'opera che richiede anche un così rilevante impegno finanziario. (4-05218)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI e DADONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 4 marzo 2014, il vice capo vicario della polizia di Stato, prefetto Alessandro Marangoni, con una delegazione composta anche dal direttore dell'ufficio per le relazioni sindacali vice prefetto Ricciardi e dal direttore centrale degli affari generali prefetto Truzzi, ha illustrato le linee guida del progetto di spending review riguardante il comparto di sicurezza;
   il «piano di razionalizzazione dei presidi sul territorio» comporterebbe la chiusura di 261 presidi territoriali di polizia;
   in particolare il piano porterebbe alla chiusura di 11 commissariati distaccati che espletano le funzioni di autorità locale di PS, 73 Uffici di polizia ferroviaria, 73 sezioni di polizia postale, 27 sezioni di polizia stradale, 4 nuclei artificieri, 11 squadre a cavallo, 4 sezioni sommozzatori, 50 squadre nautiche oltre agli accorpamenti e alla rimodulazione delle competenze di alcuni compartimenti in ambito stradale, ferroviario e della zona di polizia di frontiera;
   secondo quanto denunciato dai sindacati di categoria, «non si rinviene un solo criterio, una sola garanzia o anche una sola parola con riferimento alle tante specifiche professionalità acquisite nel tempo e alle migliaia di uomini e donne che dovrebbero essere ricollocati e che si celano dietro la freddezza di quei numeri»;
   tra i vari reparti interessati, quello sottoposto a maggior rischio è la polizia postale: secondo lo schema, si passerà dagli attuali 101 presidi ai 28 previsti, col taglio di ben 73 sezioni provinciali sulle attuali 80;
   operativa da circa 30 anni, la polizia postale è ormai un indispensabile apporto contro il crimine informatico che registra un crescente aumento di reati quali transazioni finanziarie illecite, gioco d'azzardo illegale, hacking, e-commerce, phishing, stalking, cyber-bullismo e pedopornografia;
   il 10 giugno 2014, in occasione della relazione annuale del Garante per la privacy, il presidente dell’authority Antonello Soro ha affermato che quella della criminalità cibernetica «è un'emorragia stimata in 500 miliardi di dollari l'anno tra identità violate, segreti aziendali, portali messi fuori uso e moneta virtuale sottratta»;
   la cifra di cui parla Soro emerge anche da uno studio del Center for strategic and International Studies (Csis) secondo cui le perdite dovute al cybercrimine oscillano, più precisamente, tra i 375 e i 575 miliardi di euro annui. A riguardo l'Italia è il Paese dove i costi di recupero per un'impresa che ha subito un attacco hacker i più elevati in assoluto: nel giro di un solo anno in Italia le perdite dovute ad attacchi hacker sono state di 875 milioni di dollari, ma i costi di «pulizia» sono stati di 8 miliardi e mezzo di dollari;
   secondo quanto denunciato ancora dai sindacati, si vorrebbero far passare due concetti, completamente infondati: secondo il primo i reati di cui si occupa la polizia postale, a livello giudiziario, sono di competenza delle procure distrettuali che semplicemente delegano le sezioni del loro territorio. Questo non risulta vero, dato che i reati per i quali si delega la polizia postale non sono solo quelli di competenza delle procure distrettuali ma tutti i reati che avvengono tramite l'utilizzo di qualsiasi sistema di comunicazione moderno;
   ancora, si dice che il personale attualmente impiegato nelle sezioni da chiudere, verrà poi «assorbito» dalle questure, in nuovi uffici/sezioni, dove avrà modo di continuare a svolgere lo stesso servizio. Anche quest'assunto, però, è duramente contestato da sindacati e agenti: il personale delle sezioni, assorbito nelle questure, perderebbe la sua specializzazione e, in caso di necessità, sarebbe comunque impiegato in servizi di non competenza, cioè distolti dalla loro attività principale, cosa che significherebbe perdita di efficacia della loro attività specifica;
   a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014, l'articolo 81 della Costituzione dispone che «lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico»;
   a parere dell'interrogante, il nuovo testo dell'articolo 81 appare limitare pesantemente i diritti previsti dalla Costituzione;
   l'emissione della moneta è connessa al signoraggio, che è l'insieme dei redditi che ne derivano;
   il premio Nobel per l'economia Paul Robin Krugman, in un suo testo scritto con Maurice Obstfeld, definisce il signoraggio come il flusso di «risorse reali che un governo guadagna quando stampa moneta che spende in beni e servizi»;
   «il signoraggio moderno – rilevò il deputato Renato Cambursano, nella sua interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-05147 del 20 luglio 2011 – è eclissato nella contabilità dall'azione di dubbia legittimità della banca emittente che pone al passivo il valore nominale della banconota», cioè essa dichiara di sostenere per la produzione della carta moneta un costo pari al suo valore facciale (euro 100 per una banconota del taglio di 100 euro);
   le banche centrali sono le istituzioni che raccolgono la ricchezza e il profitto da signoraggio, che dovrebbero essere trasferiti, coperti i costi di coniatura, alla collettività rappresentata nello Stato;
   tale signoraggio, definito primario, deriva dall'abilità che possiede la singola banca centrale di emettere moneta, stampandola e immettendola nel mercato;
   il signoraggio secondario, invece, è – per come riassunto con chiarezza nel succitato atto parlamentare dal menzionato deputato Cambursano – «il guadagno che le banche commerciali ricavano dal loro potere di aumentare l'offerta di moneta estendendo i loro prestiti sui quali ricevono interessi e, negli ultimi decenni, con l'introduzione di nuovi strumenti finanziari quali, ad esempio, i derivati»;
   l'articolo 1 della Costituzione repubblicana sancisce che «la sovranità appartiene al popolo», sicché del popolo è anche la sovranità monetaria;
   poiché il popolo produce, consuma e lavora, la moneta, sin dall'emissione della singola banca centrale, dovrebbe diventare proprietà di tutti i cittadini che costituiscono lo Stato, il quale però non detiene il potere di emettere moneta;
   la distorsione alla base della sovranità monetaria è stata studiata dal procuratore generale della Repubblica Bruno Tarquini, che ha condensato le sue conclusioni nel volume La banca, la moneta e l'usura, edizione Controcorrente, Napoli, 2001;
   secondo Tarquini, lo Stato avrebbe avuto i mezzi tecnici per esercitare in concreto il potere di emettere moneta e per riappropriarsi della sovranità monetaria, che avrebbe permesso di svolgere una politica socioeconomica non limitata da influenze esterne e, soprattutto, al di fuori di qualsivoglia indebitamento;
   anche il professor Giacinto Auriti, accademico fondatore della facoltà di giurisprudenza dell'università di Teramo, compì diversi studi sulla sovranità monetaria e sul signoraggio, sostenendo che l'emissione di moneta senza riserve e titoli di Stato quali garanzie per la realizzazione di opere pubbliche non produrrebbe inflazione, in quanto sarebbe compensata da eguale aumento della ricchezza reale;
   Auriti sostenne pure che le banche centrali ricaverebbero profitti indebiti dal signoraggio sulla cartamoneta, così originando il debito pubblico;
   lo stesso studioso denunciò l'assenza di una norma giuridica sulla proprietà dell'euro all'atto dell'emissione;
   il 2 marzo 2012 a Bruxelles fu redatto il cosiddetto «fiscal compact», il patto di bilancio europeo che prevede enormi sacrifici;
   con l'approvazione del relativo trattato in Italia, avvenuta nell'estate del 2012, il riferito dispositivo è entrato nella Costituzione italiana;
   il derivante «pareggio di bilancio» è ormai un obbligo, come più sopra visto, tuttavia in contrasto con i doveri della Repubblica e con i diritti dei cittadini, sempre più sottoposti a tagli e tasse che producono perdita di servizi, di lavoro, di economie, di speranza nel futuro;
   l'Italia ha dunque ceduto prerogative di giurisdizione nazionale all'Unione europea, così risultando già ipotecate le politiche economiche dei prossimi decenni;
   l'approvazione del «fiscal compact» e degli atti collegati è opera dell'attuale maggioranza e dell'attuale opposizione, ad esclusione del Movimento Cinque Stelle e di Sinistra, Ecologia e Libertà, che non erano in parlamento nella XVI legislatura;
   il 9 maggio 2010 fu costituito il Fondo europeo di stabilità finanziaria, poi sostituito dal Meccanismo europeo di stabilità (Mes), detto anche Fondo salva-Stati, finalizzato alla stabilità finanziaria della zona euro e istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona (articolo 136);
   le suddette modifiche furono approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles, il 25 marzo 2011;
   il Meccanismo europeo di stabilità ha assunto la veste di organizzazione intergovernativa, col potere di imporre scelte di politica macroeconomica ai Paesi aderenti;
   l'Italia ha sottoscritto una partecipazione al Meccanismo europeo di stabilità di 125.395.900.000 euro, capitale che, per quanto deciso nella riunione del riunione del 30 marzo 2012 dell'Eurogruppo, dovrà essere versato entro la metà del 2014;
   alle riferite misure europee non corrisponde un'informazione chiara e presto disponibile sui soggetti che le gestiscono, pur se rivolte all'intera popolazione degli Stati membri, in larga parte esclusa dalla conoscenza di trattati e dispositivi che nella pratica ne limitano in misura non più controllabile la capacità di spesa, con soppressioni continue dei servizi pubblici indispensabili, diminuzione dei trasferimenti statali agli enti del territorio, dissesti sempre più frequenti e il concreto rischio di sgretolamento della rappresentatività democratica;
   è recente, poi, la proposta di europeizzazione delle quote eccedenti il 60 per cento del rapporto fra debito del singolo Stato membro e Pil, da raggiungere entro 20 anni secondo le previsioni del «Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria»;
   nella formulazione corrente, la predetta europeizzazione delle quote eccedenti, denominata «Fondo di redenzione europeo», prevede, come garanzia dal singolo Stato membro, la possibilità di aggredire propri beni demaniali, opere d'arte e riserve auree;
   la riforma delle pensioni cosiddetta «Fornero», dal nome del Ministro responsabile, emanata ai sensi dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, la quale – arrivata in un contesto di crisi economica su cui, a parere dell'interrogante, si registra una generale, gravissima menzogna in ordine alle sue cause – ha esteso a tutti i lavoratori il metodo di calcolo contributivo delle pensioni, di fatto condannando le nuove generazioni all'indigenza nella vecchiaia e dimenticando completamente la condizione del Mezzogiorno italiano, in cui persistono il lavoro nero e il lavoro mafioso, dei cui proventi, per l'Istat, si potrà inserire – a partire dal 2014, in coerenza con le linee Eurostat – una stima nei conti (e quindi nel Pil), con riferimento ad attività illegali come traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol);
   a parere dell'interrogante, i diritti fondamentali e inviolabili previsti nella Costituzione repubblicana sono seriamente in pericolo, sulla base di quanto qui detto sulla sovranità monetaria, sottratta al popolo costituzionalmente sovrano, di quanto poi significato sulle cause reali del debito pubblico, di quanto accennato sulla sostanziale perdita di rappresentatività democratica – visto che i processi decisionali decisivi sono rimessi, per l'Europa, a organismi non elettivi – e infine di quanto articolato in materia di strumenti che si assumono di stabilizzazione delle finanze pubbliche;
   oltre a quanto appena opinato, a parere dell'interrogante la riassunta spending review prevista per il comparto sicurezza, che tra l'altro penalizzerebbe in profondità la Polizia postale, nuocerebbe alle figure professionali interessate e ai cittadini, non più tutelati dalla presenza capillare delle forze di polizia sul territorio –:
   se intenda riesaminare il «piano di razionalizzazione dei presidi sul territorio», soprattutto in merito ai tagli di cui è oggetto la polizia postale, al fine di non compromettere i livelli essenziali di sicurezza e il corso della giustizia. (4-05204)


   MANFREDI e ROSTAN. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra l'8 e il 9 giugno, immediatamente dopo la conclusione delle operazioni di scrutinio del ballottaggio per la scelta del sindaco, svoltosi nel comune di Sant'Anastasia tra i candidati Raffaele Abete ed Antonio De Simone, numerosi sostenitori del primo dei due candidati, poi risultato vincitore, davano avvio, da una delle piazze principali della città, Piazza San Ciro, a caroselli di auto e cortei per festeggiarne la vittoria elettorale;
   alle ore 24.00 circa, alcuni cittadini che si trovavano presso il locale circolo del Partito Democratico sito in Sant'Anastasia, alla via G. Marconi, rilevavano la presenza di un'autovettura della polizia municipale, condotta da un agente in divisa, modello Fiat Bravo, recante sulla fiancata il n. 2, con lampeggiante e sirena entrambe in funzione;
   durante i predetti festeggiamenti, un gruppo di persone a bordo di un furgone ed altri a bordo di ciclomotori, transitavano davanti al circolo del PD e da uno dei ciclomotori veniva lanciato un petardo che esplodeva a poca distanza da un gruppo di ragazzi;
   poco dopo la detta autovettura della polizia municipale transitava in via Marconi con lampeggiante e sirena accesi ed alcune persone cercavano di fermare il veicolo per denunciare il lancio del petardo;
   nonostante il tentativo di denuncia, il veicolo della polizia municipale, proseguiva la propria corsa, ignorando completamente gli istanti;
   tale corteo, composto da decine di auto e ciclomotori e da furgoni attrezzati con impianti audio dai quali veniva diffusa musica ad altissimo volume, è transitato lungo le vie cittadine per tutta la notte;
   quando il corteo, alle ore 2,30 circa, sopraggiungendo da via E. Merone, imboccava via Libero Grassi, per confluire nella piazza Caduti sul Lavoro, veniva rilevato che a bordo dell'autovettura, sul sedile passeggero, sedeva il candidato sindaco risultato vincitore e sul sedile posteriore, sedevano altre due persone;
   la medesima autovettura della polizia municipale, veniva notata in capo al corteo anche in via L. Esposito, in via Capodivilla, in via Ponte di Ferro, in via Romani e in Via Starza;
   in data 9 giugno, su alcune pagine del social network Facebook venivano pubblicati video e foto dei festeggiamenti e del corteo di auto, nei quali veniva rilevata la presenza della detta vettura;
   uno di questi video diffuso in rete mostrava che Raffaele Abete, eletto alla carica di sindaco a seguito del ballottaggio, durante uno dei cortei sopra descritti, giungeva con l'auto della polizia municipale nei pressi della casa dell'altro candidato, Antonio De Simone, scendeva dalla vettura e, recatosi sotto il balcone dell'appartamento di De Simone, avrebbe rivolto a quest'ultimo offese di varia natura;
   nel corso delle giornate successive al ballottaggio, il predetto video e le foto, venivano pubblicati da siti d'informazione a tiratura nazionale (Corriere del Mezzogiorno, Youmedia Fanpage, e altri);
   in data 10 giugno sull'edizione nazionale de Il Mattino nonché su altre testate giornalistiche venivano riportati i fatti accaduti nella notte tra l'8 ed il 9 giugno e si condannava la condotta dei sostenitori del neo-eletto sindaco avvenuta sotto gli occhi dello stesso Abete nonché della polizia municipale, per il mancato intervento;
   il comandante del corpo di polizia municipale, dottor Fabrizio Palladino, motivava l'uso dell'auto della polizia municipale per il trasporto di Raffaele Abete durante i cortei, per ragioni di ordine pubblico;
   in relazione ai fatti di cui in premessa risulta agli interroganti che sia stato richiesto l'intervento dei carabinieri e che sia stato altresì inviato un esposto al commissario prefettizio nominato per il comune di Sant'Anastasia –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alle vicende e ai disordini che si sono verificati nelle strade di Sant'Anastasia nella fase immediatamente successiva al ballottaggio e, in particolare, se l'intervento delle forze dell'ordine sia stato utile, tempestivo e congruo rispetto alle reali esigenze del caso;
   quali siano le strategie che le forze dell'ordine intervenute dopo i fatti di cui in premessa, stanno valutando di adottare al fine di verificare e, se del caso, scongiurare eventuali ulteriori rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico a Sant'Anastasia. (4-05220)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACHETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a partire da metà degli anni novanta, e nella fattispecie all'articolo 405 del Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in tema di istruzione relative alle scuole di ogni ordine e grado di cui al decreto legislativo 10 aprile 1994, sono stati esclusi dall'accesso ai concorsi abilitanti all'insegnamento i laureati in scienze politiche;
   più nello specifico dai titoli previsti dal decreto ministeriale n. 39 del 1998 (e successive integrazioni e modificazioni) è stata depennata da diversi anni la laurea in scienze politiche, come titolo di ammissione utile per accedere alle classi concorsuali «19/A – Discipline giuridiche ed economiche», e «36/A – Filosofia, psicologia e scienze dell'educazione»;
   la norma prevede che siano esclusi i laureati oltre l'anno accademico 2001/2002 anche se laureati con il vecchio ordinamento;
   a parere dell'interrogante non si comprende, ancora oggi, la ratio sottesa a tale scelta, dal momento che gli insegnamenti relativi alle classi concorsuali suddette appaiono perfettamente compatibili e coerenti con l'ordinamento didattico della laurea in «Scienze della politica» (LM 62 «ex 270»), ed inoltre l'articolo 168 del Testo unico n. 1592 del 1933 recita che «la laurea in Scienze Politiche è equipollente a quella in Giurisprudenza per l'ammissione a tutti i concorsi per le Amministrazioni governative, salvo che per la carriera giudiziaria»;
   a sostegno del carattere evidentemente discriminatorio – a parere dell'interrogante – della norma viene in soccorso una recente sentenza del tribunale del lavoro di Bolzano che ha accolto la domanda di inserimento nella III fascia delle graduatorie di istituto di una aspirante insegnante laureata nel 2005, con la motivazione che il titolo conseguito in nulla differisce rispetto a quello conseguito entro l'anno accademico previsto dalle norme ministeriali;
   nel testo della sentenza si legge che «l'apposizione del termine dell'anno accademico 2000/01 quale limite temporale di validità del titolo di studio di laurea in Scienze Politiche al fine dell'accesso alla classe di concorso 19/A ad opera del decreto ministeriale n. 39 del 1998 è del tutto arbitraria, discriminante ed in violazione del principio di uguaglianza...» e ancora «...anche a voler approfondire l'aspetto della congruità dell'esclusione operata dal decreto ministeriale in questione, non si intuisce per quale ragione i laureati in Scienze Politiche vecchio ordinamento ma successivamente al 2000/01 dovrebbero essere esclusi dalla classe di concorso 19/A, mentre i laureati in Scienze Politiche vecchio ordinamento entro il 2000/01 dovrebbero poter essere ammessi»;
   in base all'esito di tale ricorso e a seguito delle numerose richieste pervenute presso gli uffici della segreteria nazionale, il 7 aprile 2014 ANIEF ha inviato una formale istanza di interpello per richiedere al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il riconoscimento del diploma di laurea in scienze politiche conseguito dopo l'anno accademico 2000/01;
   successivamente lo scorso maggio, in considerazione della mancata risposta da parte del Ministero, Anief decideva di proporre ricorso al TAR del Lazio impugnando il decreto ministeriale n. 353 del 2014 nella parte in cui esclude dalla terza fascia delle graduatorie d'istituto per la classe A019 gli aspiranti docenti in possesso di laurea in scienze politiche, vecchio ordinamento, conseguita dopo l'anno accademico 2000/2001;
   a parere dell'interrogante quanto rappresentato in premessa certifica la ingiustificata discriminazione contenuta nella norma che impedisce l'accesso ai concorsi per l'insegnamento ai laureati in Scienze politiche, perché fondata su criteri non corrispondenti ad alcun canone razionale sia in termini di contenuti (e cioè di presunta incompatibilità con le altri classi di laurea ammesse) sia sul piano della individuazione del periodo di decorrenza della norma stessa –:
   se non ritenga urgente e indispensabile porre rimedio a tale anomalia reintroducendo la laurea in scienze politiche tra i titoli di ammissione validi per accedere alle classi concorsuali abilitanti all'insegnamento. (4-05197)


   VACCA e D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alcuni articoli di stampa hanno ricordato che il presidente dell'ANVUR professor Fantoni è in testa alla classifica dei triestini con il più elevato reddito percepito per cariche pubbliche nel 2012 con un importo di circa 390 mila euro; tale somma deriva dalla pensione di professore universitario sommata a redditi assimilati a lavoro dipendente;
   dalla relazione del bilancio preventivo 2014 dell'ANVUR si evince che il compenso lordo del Presidente professor Fantoni è pari a 210.000 euro e che i rimanenti 6 membri del consiglio direttivo percepiscono un compenso lordo pari a 178.000 euro per una spesa totale pari a 1.071.000 euro;
   ai sensi dell'articolo 7 comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 1 febbraio 2010, n. 76, il trattamento economico del Presidente è equiparato a quello di un dirigente preposto ad uffici di livello dirigenziale generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; ai sensi dell'articolo 8 comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1 febbraio 2010, n. 76, il trattamento economico dei componenti del consiglio direttivo è pari all'85 per cento di quello complessivo attribuito al presidente;
   dal 1° gennaio 2012, l'importo lordo dell'indennità parlamentare, corrisposto per 12 mensilità, è pari a 10.435,00 per un totale di 125.220 euro;
   spesso si parla di costi della politica pensando, erroneamente, che siano esclusivamente quelle spese sostenute per gli eletti in Parlamento, nei consigli regionali, provinciali e comunali a cui si sommano i rimborsi elettorali e le spese per le cariche esecutive; la realtà è ben diversa se si pensa all'enorme costo dei vari dirigenti ministeriali e o dei componenti di organismi nazionali che percepiscono compensi superiori ai politici e che la maggior parte delle volte sono diretta emanazione partitocratica –:
   se il Ministro intenda avviare una iniziativa politica volta a contenere i costi del consiglio direttivo dell'ANVUR.
(4-05222)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2012, n. 228, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013) ha introdotto all'articolo unico, comma 339, la possibilità di fruire il congedo parentale anche su base oraria, recependo le modifiche disposte dal decreto-legge 11 dicembre 2012, n. 216 «Disposizioni urgenti volte a evitare l'applicazione di sanzioni dell'Unione europea»;
   l'articolo unico, comma 339, modifica l'articolo 32 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di sostegno della maternità e paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, prevede che: «La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa (...)»: le condizioni, i criteri e le modalità per questa fruizione oraria devono essere previsti dalla contrattazione collettiva;
   la contrattazione collettiva non ha, a tutt'oggi, definito modalità e criteri richiesti dalla legge;
   in attesa che la contrattazione collettiva definisca le modalità ed i criteri richiesti dalla legge, non è possibile riconoscere eventuali richieste di fruizione del congedo parentale su base oraria;
   la mancata operatività della legge mette in difficoltà da una parte quei soggetti che necessitano di un monte ore da dedicare alle azioni di cura parentale, dall'altra le aziende che, non potendo concederne, faticano ad accordare l'unica alternativa possibile: i contratti part-time –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di rendere operativa la legge 24 dicembre 2012, n. 228. (3-00894)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il programma «garanzia giovani» intende permettere a tutti i giovani di età tra i 15 e i 29 anni di ricevere un'offerta valida entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall'inizio della disoccupazione. L'offerta può consistere in un impiego, apprendistato, tirocinio, o ulteriore corso di studi e va adeguata alla situazione e alle esigenze dell'interessato;
   l'impegno del Governo italiano è stato notevole sia per incrementare le risorse stanziate sia per ottenere delle modalità di spesa che si conciliassero con la situazione drammatica che il nostro Paese sta affrontando;
   questo piano assume enorme rilevanza in un momento di recessione economica come quello che sta vivendo il nostro Paese, ed in particolare il Mezzogiorno, che, come certificato dall'Istat, ha registrato nell'ultimo anno la perdita di 100.000 posti di lavoro tra i giovani e un tasso di disoccupazione giovanile attestatosi al 43,3 per cento;
   l'attesa e l'interesse dei giovani verso tale strumento è testimoniato dall'alto numero di iscrizioni all'apposito portale istituito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per inserire il proprio curriculum. Dai primi dati disponibili, il numero più alto di giovani iscrittisi proviene dalla regione Sicilia, a testimonianza della drammatica emergenza che il tema occupazionale, soprattutto giovanile, ha assunto in tale realtà territoriale;
   come si evince dall'ultimo report disponibile sul sito www.garanziagiovani.gov.it, il numero dei giovani siciliani iscritti rappresenta il 16,2 per cento del totale, secondo solo a quello dei giovani campani;
   affinché le legittime aspettative dei giovani non vengano frustrate, è necessario che tutti i livelli istituzionali interessati dalla gestione del programma «garanzia giovani» siano puntuali e attrezzati per ottemperare agli obblighi derivanti –:
   se sia stata stipulata la convenzione tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la regione siciliana;
   quali siano le clausole della eventuale convenzione e le risorse finanziarie impegnate;
   qualora la suddetta convenzione non risultasse ancora sottoscritta, quali siano le ragioni di tale ritardo e quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di porre rimedio a tale situazione che impedisce ai giovani siciliani di potersi avvalere di un importante strumento di orientamento e sostegno per l'occupazione. (5-03033)


   OLIVERIO, COVELLO, TERROSI, TENTORI, CENNI, VENITTELLI e ZANIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   per la tutela delle risorse del mare, nel nostro Paese ha assunto grande importanza la misura dell'arresto temporaneo delle attività di pesca a strascico e volante;
   in virtù di tale arresto temporaneo, comunemente detto «fermo biologico», per le navi da pesca autorizzate ad esercitare l'attività di pesca con il sistema strascico e/o volante, iscritte nei compartimenti marittimi nazionali, ogni anno viene disposta l'interruzione temporanea obbligatoria delle attività di pesca per un periodo che va da 4 a 6 settimane, nel rispetto dei periodi contemplati nei piani di gestione;
   tale periodo di interruzione dovrebbe collocarsi normalmente tra i prossimi mesi di agosto ed ottobre;
   a seguito di tale interruzione sono previste compensazioni economiche sia per gli armatori, tramite risorse comunitarie, sia per gli imbarcati, tramite cassa integrazione in deroga;
   non risulterebbe ancora attivato il tavolo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il monitoraggio e la quantificazione delle previsioni di spesa necessarie ad effettuare i pagamenti di competenza 2013;
   il tavolo, così come previsto nell'Accordo governativo del 29 luglio 2013, avrebbe dovuto essere convocato entro il mese di marzo 2014;
   il suddetto tavolo rappresenta un passaggio fondamentale per la realizzazione del fermo pesca e, soprattutto, per il pagamento delle indennità per gli imbarcati –:
   quali siano le intenzioni del Ministro circa la copertura finanziaria del fermo pesca 2014;
   quali siano le intenzioni del Ministro circa la convocazione del tavolo di cui sopra con le rappresentanze sindacali, armatoriali e cooperazione di settore.
(5-03036)


   MICCOLI e PIAZZONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Sitcom srl è una società di proprietà dell'editore Valter La Tona che opera dal 1997 nel settore della produzione televisiva privata, dando vita a canali tematici indipendenti che, negli anni, sono stati distribuiti dalle piattaforme Tele+, quindi Sky e infine, dal 1o gennaio 2014, sono visibili sul Digitale Terrestre ai canali 221-224: Alice, canale leader nel segmento cucina italiana e gastronomia; Marcopolo, il primo canale italiano dedicato ai viaggi e al turismo, impegnato a promuovere il territorio e la cultura italiana in tutte le sue declinazioni; Leonardo, che da anni racconta il design italiano, dapprima nella moda e ora nell'architettura di interni; Nuvolari, il canale cult per gli appassionati di motori;
   il 14 aprile la suddetta società, produttrice di 4 canali, nel tempo diventati marchi di proprietà del Gruppo LT (sempre proprietà del medesimo Valter La Tona), ha annunciato 74 esuberi su 94 dipendenti. L'eccedenza, si apprende, avrebbe carattere «strutturale, con la conseguente impossibilità di adottare misure alternative al licenziamento collettivo». Tra le motivazioni addotte a giustificazione di questo provvedimento vi sarebbe la generale crisi del settore e il mancato rinnovo dei contratti con la nota azienda Sky, con il conseguente venir meno dell'entrata costante da essa garantita;
   i 45 giorni di trattativa obbligatoria tra azienda e sindacato si sono conclusi con un mancato accordo, poiché l'azienda non ha ritenuto di prendere in considerazione alcuna misura alternativa al licenziamento suggerita dal sindacato pur, nel contempo, dichiarando di voler continuare la propria attività, quindi di proseguire la produzione dei 4 canali citati. L'obiettivo dell'azienda, dichiarato al tavolo, è quello di cambiare il proprio modello produttivo facendo, d'ora in poi, solo contratti legati a singole produzioni, anche ai medesimi ex dipendenti in via di licenziamento;
   le organizzazioni sindacali ricordano che i lavoratori di Sitcom srl hanno già subito, per due anni e mezzo, una gravosa cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga a rotazione, con ritardi sia di erogazione degli stipendi che dei contributi da parte dell'INPS;
   l'azienda sembra aver rispettato nella forma, almeno in parte, le procedure di cui alla legge n. 223 del 1991 ma, evidentemente, non nella sostanza: giacché sembra capace di mantenere le commesse, quindi un alto introito, avvalendosi della facoltà di fare assunzioni tramite forme contrattuali atipiche «ad libitum», diminuendo i rischi e insieme ad essi le garanzie per i lavoratori –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare allo scopo di salvaguardare i 74 posti di lavoro citati. (5-03041)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOSCATT, CULOTTA e VENTRICELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 1o maggio 2014 è stato attivato in Italia la Youth Guarantee, programma europeo per favorire l'occupabilità e l'avvicinamento dei giovani al mercato del lavoro;
   la Youth Guarantee è percorso che prevede una serie di misure, a livello nazionale e territoriale, volte a facilitare la presa in carico dei giovani tra 15 e 29 anni per offrire loro opportunità di orientamento, formazione e inserimento al lavoro e nello specifico: accoglienza, orientamento, formazione, accompagnamento al lavoro, apprendistato, tirocini, servizio civile, sostegno all'autoimprenditorialità, mobilità professionale all'interno del territorio nazionale o in Paesi dell'unione europea, bonus occupazionale per le imprese, formazione a distanza;
   per stabilire in modo opportuno il livello e le caratteristiche dei servizi erogati e aumentarne l'efficacia, si è scelto di introdurre un sistema di profiling che tenga conto della distanza dal mercato del lavoro, in un'ottica di personalizzazione delle azioni erogate: una serie di variabili, territoriali, demografiche, familiari e individuali profilano il giovane permettendo così di regolare la misura dell'azione in suo favore;
   il «piano italiano di attuazione della garanzia per i giovani» è stato predisposto dalla struttura di missione, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, composta dai rappresentanti del Ministero e delle sue agenzie tecniche – ISFOL e Italia Lavoro – del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'economia e delle finanze, del dipartimento della gioventù, dell'INPS, delle regioni e province autonome, delle province e Unioncamere;
   il programma garanzia giovani richiede una strategia unitaria e condivisa tra Stato e regioni ai fini di un'efficace attuazione a livello territoriale. Accanto quindi al piano nazionale che individua le azioni comuni su tutto il territorio nazionale, ciascuna regione ha l'impegno di adottare un proprio piano attuativo per definire quali sono le misure del programma che vengono attivate sul territorio, in coerenza con la strategia nazionale;
   le regioni devono attuare concretamente le azioni di politica attiva verso i giovani destinatari del programma, rendendo disponibili le misure. Hanno una funzione di coordinamento dell'organizzazione della «rete» dei servizi pubblici per l'impiego e privati accreditati, che avranno il compito di svolgere una funzione di accoglienza, orientamento e individuazione delle necessità e potenzialità dei giovani per individuare il percorso più in linea con le attitudini e le esperienze professionali. Alcune regioni hanno già avviato le procedure di accreditamento per i soggetti privati che potranno erogare i servizi per il lavoro in ambito regionale;
   le regioni sono organismi «intermedi» che si posizionano tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che ha definito il piano nazionale e la rete dei servizi per l'impiego dislocati sul territorio, che accolgono i giovani;
   spetta alle regioni quindi indirizzare i giovani ai diversi servizi per l'impiego presso cui dovranno fare il primo colloquio di orientamento;
   tale strumento rappresenta una grande e concreta opportunità per i giovani interessati;
   in alcuni territori del nostro Paese, tale programma non sembra essere davvero operativo;
   molti giovani lamentano l'assenza di punti di riferimento regionali e la mancata conoscenza del programma;
   tale situazione rischia di creare nuove disparità e scoraggiamento tra la popolazione giovanile –:
   se il Governo intenda:
    a) avviare una più massiccia campagna di sensibilizzazione e promozione su «garanzia giovani»;
    b) effettuare un monitoraggio sull'utilizzo dei fondi da parte delle regioni e sulla piena attuazione del programma;
    c) assumere ogni iniziativa di competenza affinché le regioni che non risultano perfettamente in linea con la tempistica di attuazione, possano recuperare il gap e mettersi sullo stesso passo di quelle virtuose. (4-05208)


   RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la totale, definitiva e universale eliminazione del concetto stesso di tariffario professionale, nel senso pratico che tali numeri avevano, ovvero una predeterminazione, del costo di ogni singola prestazione del professionista, con particolare riferimento al minimo, come misura di dignità e decoro dell'iscritto all'ordine e della intera categoria, conseguentemente anche una sola caduta rispetto a tali valori minimi, operata dal professionista nei confronti di un cliente, poteva portare ad una sanzione ordinistica tout court;
   oggi, dopo l'emanazione del decreto-legge n. 1 del 2012, con il quale si decreta la morte irreversibile di tutte le tariffe relative alle professioni regolamentate con un sistema ordinistico, scrivere o anche solo parlare di tariffe professionali può sembrare un nostalgico esercizio retorico, oltreché costituire un pericolo sul piano della legittimità del contratto con il cliente;
   con il decreto-legge n. 1 del 2012, si è completato il percorso di smantellamento della disciplina tariffaria iniziato nel 2006 con il «decreto Bersani» (legge n. 248 del 2006) e proseguito con la legge n. 148 del 2011 e poi con la legge n. 183 del 2011 (Legge di stabilità), sancendosi tra l'altro che:
   «Articolo 9. comma 1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. comma 2. Ferma restando la abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante (per gli infermieri, il Ministero della salute) da adottare nel termine di 120 giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (...)»;
   la vera novità del nuovo sistema è dunque rappresentata dalla mancanza di punti di riferimento concreti cui ancorare la determinazione dei compensi nel dettaglio, con la conseguenza pratica di una delega in bianco alla negoziazione tra professionista e cliente per la soluzione del difficilissimo compito di dare il giusto valore all'attività intellettuale spesa in quello specifico intervento. L'unico ausilio alla causa dell'oggettività potrebbe essere fornito dall'emanazione dei parametri ministeriali indicati dalla legge sopracitata, ma con l'avvertimento che il valore medio da essi espresso, oltre ad essere generico, è tutt'altro che vincolante per le parti, che sempre potranno discostarsene anche in modo consistente:
   il vero valore aggiunto dei suddetti parametri ministeriali, però, è dato dalla loro utilizzabilità da parte del giudice e ciò può avvenire, in buona sostanza, in due casi:
    a) in sede di liquidazione di una consulenza resa dal professionista al giudice stesso (la cosiddetta CTU, consulenza tecnica d'ufficio); b) in una sentenza, resa al termine di un contenzioso, dove viene stabilito quanto il cliente moroso deve pagare al professionista che lo ha citato, nel caso in cui le parti non avessero concordato nulla in corso di mandato;
   va aggiunto che, non appena verranno emanati i parametri ministeriali, l'infermiere potrà riferirsi nel proprio preventivo al cliente a tali parametri, pur nella loro non analiticità, stabilendo anche con il cliente (in modo trasparente e, si consiglia, per iscritto) che vi potranno essere, una volta avuta la reale misura della tipologia di attività svolta, eventuali «aggiustamenti», purché motivati e coerenti con i parametri base adottati;
   nel testo originario della riforma, tale possibilità di richiamo a parametri prefissati non era possibile, ma lo è diventata con l'eliminazione dal nuovo testo dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, operata con la legge di conversione n. 27 del 2012, della drastica dicitura secondo cui «L'utilizzazione dei parametri nei contratti individuali tra professionisti e consumatori o microimprese, dà luogo alla nullità della clausola relativa alla determinazione del compenso»; vero quanto detto in precedenza, va però precisato che, nei rapporti tra infermiere e cliente, vale come legge tra le parti esattamente quello che si è pattuito, anche se enormemente al di sotto di ogni parametro ed ogni logica –:
   se il Ministro non intenda urgentemente assumere iniziative al fine di proteggere il professionista da accordi economici inaccettabili che sia costretto a sottoscrivere con il committente, con l'ulteriore conseguenza che, se i prezzi applicati fossero indecorosi e svilenti per la stessa immagine dell'infermiere, l'ente professionale avrebbe persino titolo per intervenire in sede disciplinare sull'iscritto, che con il suo comportamento ha in tal modo arrecato danno alla intera categoria, abbassando il valore della stessa percepito nella opinione pubblica. (4-05212)


   RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il geometra Italo Turchitto è dipendente del comune di Canna (Cosenza) dal 2 gennaio 1970 con mansioni tecniche ed attribuzione del VI livello;
   con delibera di giunta municipale del 2000, è stato collocato, previa riqualificazione del posto, nel VII livello con l'attribuzione della categoria D1;
   con delibera di giunta municipale, è stato nominato responsabile della gestione del servizio di nettezza urbana e del servizio ICI;
   con decreto del sindaco pro tempore, in data 9 gennaio 1999, è stato nominato responsabile della gestione del servizio tecnico ed urbanistico, quale unica unità addetta all'Ufficio tecnico;
   in data 14 gennaio 2001, il sindaco pro tempore ha revocato la responsabilità della citata funzione, adducendo a motivazione la necessità di operare economie nel bilancio comunale, nominando, però, contestualmente, il Segretario generale del comune a direttore generale dello stesso ente con incarico di funzioni riguardanti il predetto Ufficio;
   con delibera n. 5 del 17 febbraio 2005, la giunta municipale ha disposto il collocamento a riposo del geometra Italo Turchitto per raggiunti limiti di età;
   il geometra Italo Turchitto ha successivamente comunicato al indaco pro tempore, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, di voler rimanere in servizio per un altro biennio;
   con delibera n. 11 del 17 marzo 2005, la giunta municipale ha accolto la domanda di permanenza in servizio per un altro biennio ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503;
   con delibera del 18 aprile 2005, la giunta municipale ha deliberato il collocamento in pensione del geometra Italo Turchitto a decorrere dal 1o ottobre 2005 previo riconoscimento del servizio prestato nel periodo compreso tra il 1o febbraio 1963 ed il 30 settembre 1964;
   con riferimento al suddetto periodo di servizio, sembrerebbe che l'INPS e l'INPDAP siano in possesso di documenti previdenziali prodotti dall'amministrazione comunale senza la firma e la presa d'atto del geometra Italo Turchitto;
   in data 11 maggio 2005, il geometra Italo Turchitto richiedeva all'INPDAP un estratto della propria posizione previdenziale e, in data 9 maggio 2005, il segretario generale del comune di Canna (Cosenza) lo poneva d'ufficio in congedo per ferie pregresse, fino all'8 agosto 2005;
   in data 15 giugno 2005, il geometra Italo Turchitto, dopo un accurato esame della documentazione in proprio possesso, chiedeva alle autorità competenti la sospensione delle procedure riguardanti il pensionamento perché non sarebbero state conformi alla normativa vigente, riconfermando la propria intenzione di permanere in servizio per un altro biennio;
   quanto sopra descritto, lascerebbe intravedere, a parere dell'interrogante, un chiaro tentativo di persecuzione e di isolamento nei confronti del geometra Italo Turchitto –:
   quali iniziative di propria competenza i Ministri interrogati intendano porre in essere, anche acquisendo i necessari elementi presso gli enti previdenziali, per chiarire la situazione del geometra Italo Turchitto. (4-05213)


   BONAFEDE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Enasarco (Ente di previdenza e assistenza degli agenti e rappresentanti di commercio) è già stato, in passato, al centro di attenzione a seguito dell'andamento negativo emerso dai risultati di gestione;
   la trasmissione televisiva Report nella puntata del 2 giugno 2014 ripercorre le ultime vicende che hanno come protagonista tutto il management di Enasarco ed in particolare il Presidente, che ha pubblicamente dichiarato di non essere in grado di occuparsi di questioni finanziarie;
   tra i punti critici emersi figura ancora una volta il problema della dismissione degli immobili mediante offerta in riscatto agli inquilini. A fronte degli obiettivi fissati nel cosiddetto «progetto Mercurio», deliberato a settembre 2008 e che avrebbe dovuto concludersi con la vendita dei circa 17mila appartamenti Enasarco entro il 2012, realizzando così una plusvalenza di 1,5 miliardi euro, ad oggi, secondo i bilanci consuntivi dell'ente, viene certificata una plusvalenza netta sensibilmente inferiore di 139 milioni nel 2012, cui si aggiungono i 143 nel 2011 ed i 36 nel 2010; 
   le dichiarazioni andate in onda e la ricostruzione dei fatti hanno portato alla luce quanto già denunciato dalle associazioni di categoria iscritte all'ente e in più interrogazioni parlamentari presentate in entrambi i rami del Parlamento da esponenti di tutti i gruppi, di maggioranza e di minoranza;
   nel corso di una precedente puntata della trasmissione Report del 25 marzo 2012, lo stesso Presidente Enasarco affermava che «l'interesse prevalente che noi dobbiamo tutelare non sono gli inquilini, sono gli agenti. E quindi noi dobbiamo avere da un lato presente che è questo l'interesse che dobbiamo tutelare». Giova quindi ricordare che il regolamento Enasarco prevede per gli iscritti all'ente prima del 1o gennaio 2012 il diritto alla pensione per chi, nel 2014, raggiunga quota «87», cioè 65 anni di età e 22 di contributi. La mancata maturazione dei requisiti comporterà la perdita dei contributi da parte di tutti coloro che non sono titolari;
   stando alla relazione della Corte dei conti del 2013 sulla gestione finanziaria di Enasarco, riferita al periodo 2010-2011, con un trend in continua crescita, sono 511.659 gli ex agenti di commercio i quali, pur avendo effettuato versamenti, anche per decine di migliaia di euro, all'Enasarco per un periodo superiore a cinque anni, non hanno maturato il diritto alla pensione; 
   alla luce dell'attuale difficile congiuntura economica, il problema dei cosiddetti «silenti» va ad aggiungersi a quello più noto degli esodati, creando un quadro ancora più fosco sul sistema di previdenza italiano, a cui urge dare una risposta chiara –:
    quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per verificare la corretta amministrazione del patrimonio immobiliare di Enasarco e vigilare sul management dell'ente, da anni manifestamente inadeguato ai compiti di diritto pubblico gravanti ex lege su una fondazione previdenziale;
   se non ritengano che la scarsa trasparenza nella gestione del patrimonio immobiliare e nell'organizzazione amministrativa dell'ente si rifletta in maniera negativa sulla capacità di Enasarco di ottemperare alle funzioni attribuite per legge e se ritengano che la situazione evidenziata e sussistano i presupposti per un commissariamento dell'ente ex articolo 2, comma 6, del decreto legislativo n. 509 del 1994. (4-05215)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO, LUCIANO AGOSTINI, CENNI, ANTEZZA, VENITTELLI, ZANIN, COVELLO e TERROSI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   per la tutela delle risorse del mare, nel nostro Paese ha assunto grande importanza la misura dell'arresto temporaneo delle attività di pesca a strascico e volante;
   in virtù di tale arresto temporaneo, comunemente detto «fermo biologico», per le navi da pesca autorizzate ad esercitare l'attività di pesca con il sistema strascico e/o volante, iscritte nei compartimenti nazionali, ogni anno viene disposta l'interruzione temporanea obbligatoria delle attività di pesca per un periodo che va da 4 a 6 settimane, nel rispetto dei periodi contemplati nei piani di gestione;
   tale periodo di interruzione temporanea si colloca normalmente nei mesi estivi;
   i piani di gestione per strascico e volante sarebbero scaduti nel dicembre 2013;
   sembrerebbe che le disponibilità nazionali sui fondi FEP siano limitate alla copertura delle indennità per gli armatori solo per le regioni in obiettivo di convergenza –:
   se il Governo abbia chiesto alla Commissione europea una proroga della validità dei piani di gestione strascico/volante, senza la quale il fermo pesca 2014 non sarebbe praticabile o se, in alternativa, abbia sottoposto all'approvazione della Commissione europea nuovi piani di gestione per strascico/volante;
   se il Governo abbia già individuato le date di attuazione del fermo pesca 2014;
   se il Governo abbia previsto iniziative utili al pagamento delle indennità anche per le regioni fuori obiettivo di convergenza. (5-03035)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOSACCO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione italiana dei consumatori e degli operatori del gioco, Acogi, ha effettuato una indagine presso le scuole superiori della città di Bitonto, dalle quali è emerso l’identikit del baby giocatore d'azzardo;
   l'indagine ha coinvolto 230 studenti, in età compresa fra i 13 e i 16 anni, per cercare di svelare abitudini, dettagli e predisposizioni nei confronti del gioco d'azzardo;
   circa metà degli intervistati, quasi il 48 per cento, ha dichiarato di giocare fra le due e le tre volte al mese, per lo più scommesse sportive (50 per cento dei giocatori) e tornei di carte (21 per cento), come il poker;
   emerge un profilo che coinvolge anche le studentesse al di là di ogni luogo comune con il 20 per cento delle intervistate che ha confessato di aver scommesso;
   nonostante vi sia una legge che impone precise restrizioni ai minori in tema di giochi con vincita di denaro, gli intervistati dichiarano di frequentare i centri scommesse (52 per cento delle preferenze), a seguire bar e tabacchi (19 per cento delle preferenze) mentre solo il 16 per cento dichiara di giocare on line, preferibilmente tramite il proprio pc;
   l'89 per cento degli intervistati punta fino a 10 euro a giocata mentre c’è addirittura un significativo 7 per cento che spende più di 30 euro a giocata;
   i soldi arrivano per lo più dalle tasche dei genitori (61 per cento dei casi), da regali di parenti e amici (23 per cento dei casi) o dai propri risparmi (15 per cento dei casi);
   l'88 per cento degli studenti che scommette ha un rendimento scolastico non eccellente o scarso, nel 77 per cento dei casi vivono in gruppi familiari numerosi, di «dispersione delle relazioni» per cui è più facile avvicinarsi al gioco d'azzardo in maniera assolutamente non vigilata tant’è che per il 23 per cento addirittura il gioco d'azzardo può essere fonte di reddito;
   l'associazione che ha sviluppato l'inchiesta ha annunciato, per il prossimo anno, una campagna di sensibilizzazione nelle scuole e l'attivazione di un osservatorio sul gioco pubblico e le scommesse sportive;
   si tratta di una indagine molto particolare che desta non poche preoccupazioni su quanto sia presente il rischio del gioco d'azzardo tra i giovanissimi –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per promuovere d'intesa tra i Ministri della salute e dell'istruzione, con la regione Puglia, in vista del prossimo anno scolastico, una campagna di informazione e sensibilizzazione nelle scuole, a partire da quelle dell'obbligo, per contrastare il diffondersi delle ludopatie.
(5-03032)


   MURER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 29 luglio 1975, n. 405 sono stati istituiti i consultori familiari, definiti «servizi socio-sanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari, determinanti per la promozione e la prevenzione nell'ambito della salute della donna e dell'età evolutiva»;
   i consultori familiari, secondo l'articolo 1 della legge istitutiva, hanno principalmente lo scopo di assicurare: l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile; la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti; la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza, consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso; l'informazione e l'assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; l'informazione sulle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare;
   esistono una serie di requisiti minimi (previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997) per lo svolgimento delle attività consultoriali, i quali prevedono almeno:
    a) una sede fornita di locali e delle attrezzature indispensabili per il conseguimento delle proprie finalità e ubicata in modo da rispondere a criteri di accessibilità per la popolazione servita;
    b) un gruppo di lavoro operante collegialmente e composto da uno psicologo, da un medico specializzato in ginecologia e da un assistente sociale, aventi ciascuno le funzioni di consulente familiare, oltre che da un infermiere professionale o un assistente sanitaria od ostetrica;
   i consultori si distinguono in 3 tipologie: consultori familiari pubblici quali servizi diretti delle Unità locali socio-sanitarie; consultori familiari riconosciuti dalla regione appartenenti a enti o istituzioni pubbliche o private, che abbiano finalità sociali, sanitarie e assistenziali senza scopo di lucro; consultori familiari riconosciuti dalla regione e convenzionati con le unità locali sociosanitarie;
   con la legge 194 del 1978 le competenze del consultorio hanno integrato anche l'assistenza all'interruzione volontaria di gravidanza;
   l'effettivo allestimento sul territorio di tali strutture è avvenuta, a partire dall'approvazione della normativa nazionale, in modo differenziato sui vari territori regionali; l'articolo 2 della legge istitutiva, infatti, stabilisce che siano le regioni a fissare, «con proprie norme legislative i criteri per la programmazione, il funzionamento, la gestione e il controllo del servizio»;
   il primo rapporto nazionale sui consultori familiari pubblici presenti in Italia, pubblicato dal Ministero della salute nel 2008, ha evidenziato una situazione preoccupante;
   i consultori in Italia, secondo il Rapporto, sarebbero stati, nel 2007, anno della rilevazione, poco più di 2000, circa 1 ogni 28.000 abitanti, mentre dovrebbero essere almeno 1 ogni 20.000; nel 2009, anno di aggiornamento della rilevazione, sono scesi a 1911 facendo crollare tale rapporto a 1 ogni 31.197;
   nelle diverse regioni si evidenzia una disomogenea dirigenza nei servizi, poca uniformità gestionale, scarsa comunicazione tra strutture territoriali e ospedaliere, scarsi investimenti economici che conducono, spesso, alla chiusura o all'impoverimento della proposta;
   ne è un esempio quello che succede a Venezia; qui il personale è rimasto lo stesso da sempre, senza alcun rinnovamento o sostituzione e con la prospettiva, vista l'età media dei lavoratori (attorno ai sessant'anni) di prossimi pensionamenti, che le disposizioni della regione non prevedono vengano sostituiti; entro i primi mesi del 2015 saranno quattro psicologi (su dieci) a lasciare il servizio mentre per i ginecologi a contratto rinnovabile di anno in anno è stato già comunicato il non rinnovo alla scadenza; lo stesso accade per le sedi, con la prospettiva di lasciare quelle in affitto (come quelle di Mestre), e ridurre i costi, tagliando le presenze territoriali; tale situazione mette a rischio le attività di una struttura cui, nel 2013, si sono rivolte 5300 persone, di cui 1500 adolescenti, con una grande presenza (circa un terzo) di utenti stranieri;
   la distribuzione territoriale dei consultori, inoltre, desta dubbi e perplessità: Lombardia, con 151 consultori, Trentino Alto-Adige, con 35, e Friuli, con 31, contano meno di un consultorio pubblico per 10 mila donne tra i 15-49 anni; stesso scenario si verifica in Molise dove ci sono appena 7 consultori o in altre regioni del sud, come la Calabria (72), la Basilicata (35), con un numero decisamente inferiore alle necessità;
   solo in 6 regioni (Piemonte, provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche e Sicilia) è presente in tutte le Asl un budget vincolato per l'attività dei consultori;
   scarseggia anche il personale che lavora all'interno dei consultori familiari: solo il 21 per cento delle strutture dispone di 6-7 figure professionali, così come previsto dal Pomi (Progetto obiettivo materno infantile); nel 45 per cento dei casi il consultorio dispone di un’équipe di 4-5 figure, con le quali è possibile svolgere un lavoro «sufficiente anche se incompleto»; nel 23 per cento delle strutture l’équipe è invece composta da 1-3 professionisti fondamentali, «il che – secondo il Ministero – lascia intendere che in questi consultori non si riesce a lavorare in maniera multidisciplinare»;
   in data 11 febbraio è stata presentata nella XII commissione permanente della Camera dei deputati la «Relazione sullo stato di attuazione della legge n.194 del 1978, concernente norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, contenente i dati preliminari dell'anno 2012 e i dati definitivi dell'anno 2011» (Doc. XXXVII, n. 1), nella quale si indicava che «il numero dei consultori familiari pubblici notificato nel 2011 dalle regioni è stato 2110 e 131 quelli privati (rispettivamente 2204 e 149 nel 2010); pertanto risultano 0.7 consultori per 20.000 abitanti, come nel periodo 2006-2010, valore inferiore a quanto previsto dalla legge 34/1996 (1 ogni 20.000 abitanti)»;
   nella medesima Relazione si riconosce «la necessità di una maggiore valorizzazione dei Consultori familiari quali servizi primari di prevenzione del fenomeno abortivo e di una effettiva loro integrazione con i centri in cui si effettua l'IVG, potenziando anche il loro ruolo di centri di prenotazione per le analisi pre-IVG e per l'intervento. Tale integrazione determinerebbe una maggiore utilizzazione dei consultori da parte delle donne, anche tenendo conto che indagini dell'ISS, riguardanti il percorso nascita, hanno evidenziato un maggior grado di soddisfazione per tale servizio e migliori esiti in seguito alle loro attività, con particolare riferimento ai corsi di accompagnamento alla nascita»;
   la XII Commissione ha approvato una risoluzione sullo stato di attuazione della legge 194 nella quale si evidenziava come, con riferimento ai consultori familiari, «negli ultimi anni si sia assistito ad un progressivo decremento dei consultori familiari pubblici, che avrebbero dovuto, invece, essere l'asse portante degli interventi preventivi nell'ambito dell'aborto volontario», risultando «confermata la necessità di una maggiore valorizzazione dei consultori familiari quali servizi primari di prevenzione del fenomeno abortivo e di una effettiva loro integrazione con i centri in cui si effettua l'IVG»; in tal senso, la XII Commissione, ha impegnato il Governo «ad assumere iniziative per valorizzare e ridare piena centralità ai consultori familiari, istituiti ai sensi della legge n. 405 del 1975, a promuoverne un'equa diffusione sul territorio nazionale e a favorirne l'integrazione con le strutture ospedaliere, rappresentando il consultorio uno strumento essenziale per le politiche di prevenzione e promozione della maternità e della paternità libera e consapevole» –:
    se il Ministro interrogato non ritenga, e con quali strumenti, di intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, sul tema dei consultori pubblici da tutelare e implementare, stante una situazione che così come evidenziato in premessa è di vera emergenza. (5-03034)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   La Casa Divina Provvidenza è un ente ecclesiastico, ONLUS, fondato nel 1922, la cui mission è dedicarsi alla cura, all'assistenza, alla riabilitazione, alla risocializzazione, alla difesa ed alla sorveglianza delle persone nelle quali è presente una compromissione delle facoltà intellettive superiori, in special modo verso i neuropatici, i minorati psichici e anche i lungo degenti. L'Ospedale «Don Uva» di Potenza è stato fondato nel 1954. Attualmente l'Ospedale sviluppa su 93.300 metri quadrati con un volume complessivo dei fabbricati di metri cubi 229.100, ed ha adibiti posti letto suddivisi tra unità Alzheimer, centri di riabilitazione intensiva e estensiva, centro diurno polivalente, residenze sanitarie e centro socio sanitario di riabilitazione. L'Ente è convenzionato con l'ASP;
   nel corso dell'anno 2012, l'Ente ha avuto difficoltà nell'erogazione dei pagamenti stipendiali ai lavoratori, i quali per mesi non hanno ricevuto le spettanze;
   per sopperire alle carenze economiche, nel 2012 l'Ospedale «Don Uva» di Potenza è ricorso ai «contratti di solidarietà»;
   nell'anno 2013, la Procura di Trani ha riscontrato alcune anomalie nei, bilanci dell'ente ecclesiastico;
   a causa dei contratti di solidarietà, pare che il carico di lavoro sia incrementato a tal punto da rendere problematica la fruizione delle ferie da parte dei lavoratori –:
   se si intende porre in essere, per quanto di competenza, verifiche circa la segnalata situazione dei lavoratori. (4-05196)


   DE MENECH. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178 «Riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa (C.R.I.), a norma dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183», viene sancito il riordino della Croce rossa italiana che dal 2014 assume personalità giuridica di diritto privato disciplinata dal titolo II del libro I del codice civile; inoltre, viene iscritta di diritto nel registro delle associazioni di promozione sociale applicandosi la legge n. 383 del 2000, subentrando in tutti i rapporti attivi e passivi dell'ente pubblico;
   con il decreto-legge n. 101 del 2013 convertito dalla legge n. 125 del 2013, che modifica il decreto legislativo n. 178 del 2012, si stabilisce con l'articolo 1-bis la privatizzazione dei comitati locali e provinciali a partire dal 1o gennaio 2014, il subentro in tutti i rapporti attivi e passivi dei preesistenti comitati (pubblici) e lo slittamento di un anno di tutte le scadenze; con decreto di natura non regolamentare del Ministero della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e la semplificazione nonché per quanto di competenza, con il Ministero della difesa, sono definite le modalità organizzative e funzionali dell'Associazione anche in riferimento alla sua base associativa privatizzata;
   il predetto decreto ministeriale è stato firmato dai Ministri competenti e registrato dalla Corte dei conti in data 4 giugno 2014 con n. 2148 ed entrerà in vigore alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
   oltre alle criticità che permangono, non solo ora, ma anche con l'entrata in vigore del citato decreto interministeriale – quali lo status giuridico, l'erogazione dei fondi, la responsabilità civile e patrimoniale – la parte periferica della Croce rossa italiana vive, in questo momento, una criticità totale, in quanto nulla è stato fatto per organizzare la transizione da ente pubblico ad associazione privata;
   in questa confusione, i comitati periferici sono stati abbandonati, lasciati a se stessi senza istruzioni, disposizioni, informazioni, direttive, tanto che oggi in Italia ci sono tante Croci Rosse quanti sono i comitati locali e provinciali esistenti, ovverosia 600 unità venendo meno così uno dei principi fondamentali della Croce Rossa: quello di unità –:
   se il Governo sia a conoscenza della drammatica situazione in cui versano attualmente i comitati locali e provinciali della Croce Rossa e, quali iniziative urgenti, intenda adottare non solo prima della pubblicazione del suddetto decreto interministeriale di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 125 del 2013, ma anche successivamente al fine di salvaguardare, pur nel rispetto del riordino della Croce rossa italiana, il futuro della stessa Croce rossa italiana sempre più al servizio delle persone vulnerabili. (4-05202)


   REALACCI e TINO IANNUZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 5 febbraio 2014, il Parlamento italiano ha convertito il decreto-legge n. 136 del 2013, sulle «emergenze ambientali e industriali» del Paese, conosciuto anche come «Decreto Ilva/Terra dei Fuochi», che contiene strumenti normativi per affrontare le emergenze ambientali in Campania e nella città di Taranto;
   la Terra dei Fuochi è un'area di territorio inquinata compresa tra i comuni di Qualiano, Giugliano, Villaricca, Casal di Principe, Villa Literno – la Baia Domizia, i territori a nord di Napoli è, da tempo, tristemente nota all'Unione europea, al Governo italiano, all'amministrazione regionale della Campania, all'opinione pubblica nazionale ed internazionale. Questa situazione gravissima è stata prodotta dallo sversamento e trattamento illegali di rifiuti, quasi sempre legati alla criminalità organizzata, come attestano le numerose inchieste svolte e in corso, le più importanti associazioni ambientaliste nazionali, come Legambiente, e proteste di privati cittadini. Questa pratica criminale ha interessato anche territori limitrofi alla Campania e anche altre zone d'Italia;
   la città di Taranto sconta la presenza all'interno del tessuto urbano cittadino del polo siderurgico ILVA (RIVA) più grande d'Europa. Oltre all'emissione nocive in aria e nel sottosuolo risultano particolarmente inquinanti i 70 ettari, adiacenti al quartiere di Tamburi, di parchi minerali per via delle polveri, che fungono da veicolanti dei gas nocivi, le cokerie che emettono soprattutto benzo(a)pirene ed il camino E312 dell'impianto di agglomerazione per quanto riguarda la diossina;
   tra i contenuti del sopraccitato decreto-legge si prevede: la mappatura delle aree inquinate, su cui insiste l'interdizione totale di coltivazione di prodotti agricoli e la produzione agroalimentare, come ricordato dallo scrivente nell'atto 4-02792 in Campania, lo screening sanitario gratuito per i residenti dei comuni interessati dalle emergenza ambientali ed industriali, l'introduzione del reato di combustione illecita dei rifiuti, la possibilità di utilizzare l'esercito per il controllo del territorio dagli interramenti illegali e dai roghi;
   in particolare il decreto-legge n. 136 del 2013, come convertito dalla legge n. 6 del 6 febbraio 2014 (Decreto Ilva/Terra dei Fuochi) prevede per la Regione Puglia: «Al fine di integrare il quadro complessivo delle contaminazioni esistenti nella regione Puglia, l'Istituto superiore di sanità analizza e pubblica i dati dello studio epidemiologico “Sentieri” relativo ai siti di interesse nazionale pugliesi effettuato dal 2003 al 2009 e aggiorna lo studio per le medesime aree, stabilendo potenziamenti degli studi epidemiologici, in particolare in merito ai registri delle malformazioni congenite e ai registri dei tumori, e fornendo dettagli in merito alla sommatoria dei rischi, con particolare riferimento ai casi di superamento dei valori stabiliti per le polveri sottili. Tali attività sono svolte con il supporto dell'ARPA Puglia secondo gli indirizzi comuni e le priorità definiti con direttiva dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, d'intesa con il presidente della regione Puglia, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. All'attuazione del presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Inoltre per la Regione Campania la sopraccitata Legge prescrive quanto segue: «Al fine di integrare il quadro complessivo delle contaminazioni esistenti nella regione Campania, l'Istituto superiore di Sanità analizza e pubblica i dati dello studio epidemiologico “Sentieri” relativo ai siti di interesse nazionale campani effettuato dal 2003 al 2009 e aggiorna lo studio per le medesime aree, stabilendo potenziamenti degli studi epidemiologici, in particolare in merito ai registri delle malformazioni congenite e ai registri dei tumori, e fornendo dettagli in merito alla sommatoria dei rischi, con particolare riferimento ai casi di superamento dei valori stabiliti per le polveri sottili. Tali attività sono svolte con il supporto dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della regione Campania secondo gli indirizzi comuni e le priorità definiti con direttiva dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, d'intesa con il Presidente della regione Campania, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. All'attuazione del presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» –:
   se i Ministri della salute e dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, con la massima urgenza, intendano chiarire se sia avvenuto, nei termini temporali previsti dalla legge vigente, l'aggiornamento da parte dell'Istituto superiore di sanità dello studio epidemiologico SENTIERI per i noti siti inquinati «SIN» presenti nella regione Campania e nelle regione Puglia;
   se intendano spiegare la ragione per cui, qualora l'aggiornamento epidemiologico sia stato già redatto, non sia stata ancora data seguito alla prescritta pubblicità dei dati aggiornati a tutela della salute pubblica e dell'ambiente. (4-05211)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   già nel settembre del 2005 il settimanale l'Espresso pubblicò l'inchiesta «Posto prioritario» che coinvolse Poste Italiane in pratiche di gestione/assunzione del personale clientelari;
   risulta all'interrogante che sia stato assunto, nel corso della passata gestione, il signor Alessandro Alfano, fratello dell'onorevole Angelino Alfano, e che il relativo provvedimento di assunzione sia stato firmato dall'allora amministratore delegato Ingegner Sarmi Massimo;
   risulta, inoltre, all'interrogante che, nel corso della passata gestione, sia stato conferito l'incarico di amministratore delegato di Poste Energia spa al nipote dell'onorevole Letta Enrico, Riccardo Capecchi;
   lo stesso Capecchi, per quanto si apprende da un articolo del Fatto Quotidiano del 15/06/2014, risulta coinvolto, ma non indagato, in relazione alla gestione della Fondazione VEDRÒ, nell'inchiesta della Guardia di finanza sulle sponsorizzazioni effettuate dal Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico dei lavori dello Stato nella Laguna di Venezia (in primis quelli del Mose);
   l'articolo 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 8 agosto 2008, n. 133, stabilisce, al comma 1, che «a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001» e, al comma 2, che «le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità»;
   di per sé, l'assunzione in una società pubblica di familiari di esponenti politici non rappresenta un comportamento illecito, ben potendo gli stessi essere stati selezionati per le loro specifiche competenze ed esperienze professionali;
   tuttavia, data l'indubbia delicatezza di tali situazioni, e a tutela della stessa immagine delle Istituzioni, della pubblica amministrazione e delle società a controllo pubblico, è opportuno che i relativi procedimenti siano connotati dalla massima trasparenza;
   si ritiene che Poste Italiane s.p.a. e le sue controllate, in quanto società a partecipazione pubblica totale, non gestionarie di servizi pubblici locali, debbano conformarsi a quanto previsto dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 –:
    di quali notizie disponga il Governo;
   se Poste Italiane abbia adottato i provvedimenti di cui al citato articolo 18 del decreto-legge n. 112/2008, convertito con legge n. 133 del 2008;
   quali specifici «criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei prìncipi anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità», siano stati individuati dai predetti provvedimenti;
   se la procedura di assunzione e conferimento degli incarichi ai signori Alessandro Alfano e Riccardo Capecchi risulti ad essi conforme. (5-03043)

Interrogazione a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Mythen, società presente dal 2003 in Val Basento e avente la sede legale a Ferrandina (MT) che produce biodiesel, olio di soia, epossidato, glicerina pura e fosfato monopotassico, è fallita il 12/03/2014 con sentenza n. 6/14 del tribunale di Matera;
   l'azienda che occupava circa 80 dipendenti tra manodopera diretta e indotto da tempo viveva una situazione di crisi di natura societaria e di liquidità anche di fronte ad un mercato significativo di produzione di biocarburanti, di un impianto tecnologicamente avanzato e di alte professionalità della forza lavoro;
   i lavoratori sono coperti per 12 mesi dalla cassa integrazione straordinaria sulla base di un accordo siglato e per il quale si è in attesa del decreto erogatore;
   nel dicembre del 2002, la società acquisisce lo stabilimento dal curatore fallimentare della società IRS che era stato inattivo per circa 8 anni;
   è stata un'azienda che ha vissuto varie vicissitudini anche sotto il profilo ambientale ma ha rappresentato una realtà importante dal punto di vista produttivo dando lavoro a un numero rilevante di famiglie e la sua chiusura infatti è un ulteriore gravissimo colpo al sistema produttivo e occupazionale della Val Basento;
   è necessario in tempi brevi capire qual’è il futuro dell'impianto perché il rischio che si corre è quello dell'inquinamento ambientale del territorio; nell'area vi è un silos di 2500 metri cubi di liquido pericoloso che potrebbe cedere;
   in questo ambito bisogna individuare possibili strade per la ripresa produttiva e occupazionale cercando di verificare ove vi fossero delle manifestazioni di interesse a rilevare gli impianti, visto che in Basilicata sono presenti società multinazionali energetiche che operano anche nel settore della chimica verde –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quando enunciato in premessa e se intenda attivare, ove richiesto, un tavolo di confronto con la regione Basilicata, i sindacati e la Mythen;
   quali iniziative intenda adottare al fine di individuare forme di gestione che possano coinvolgere gli investitori;
   se intenda valutare l'esistenza di opportunità di ripresa produttiva per evitare di compromettere gli impianti con ulteriori periodi di fermata e offrire delle prospettive ai lavoratori posti in cassa integrazione guadagni straordinaria.
(4-05200)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Zampa e altri n. 1-00501, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Battelli n. 5-02191, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Uva.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mongiello e Di Gioia n. 5-02367, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Binetti n. 5-02485, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palmieri.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Gagnarli n. 4-04759 dell'8 maggio 2014.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Migliore ed altri n. 1-00505 (Ulteriore nuova formulazione) pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 248 del 18 giugno 2014. Alla pagina 14142, seconda colonna, le righe dalla diciannovesima alla ventottesima, si intendono soppresse.