Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 11 giugno 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    l'ex articolo 18 del Trattato istitutivo della Comunità europea, come modificato dal trattato di Nizza del 2000, disponeva, che l'esercizio dei diritti di circolare e di soggiornare liberamente «non si applica alle disposizioni relative (...) alla sicurezza sociale o alla protezione sociale»;
    l'articolo 21 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nella versione consolidata a seguito del Trattato di Lisbona del 2007, ratificato anche dal nostro Paese con legge 2 agosto 2008, n. 130, contiene in materia di sicurezza sociale e protezione sociale norme solo parzialmente più flessibili, stabilendo che «(...) il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, può adottare misure relative alla sicurezza sociale o alla protezione sociale (...)»;
    l'articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex articolo 17 del Trattato istitutivo della Comunità europea) dispone che: «1. È istituita una cittadinanza dell'Unione. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non sostituisce quest'ultima. 2. I cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l'altro:
   a) il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;
   b) il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;
   c) il diritto di godere, nel territorio di un Paese terzo nel quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;
   d) il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere al Mediatore europeo, di rivolgersi alle istituzioni e agli organi consultivi dell'Unione in una delle lingue dei trattati e di ricevere una risposta nella stessa lingua.»;
    i trattati non contemplano, pertanto, un diritto tout court del cittadino comunitario alle misure di protezione sociale di un altro Stato membro; ne è ben consapevole il Governo tedesco che, stando alle notizie di stampa, sembra sia intenzionato a limitare la concessione di sussidi sociali ai cittadini dell'Unione europea che si trasferiscono in Germania per cercare lavoro;
    in un'intervista alla Passauer Neue la cancelliera Merkel ha dichiarato che «l'Unione europea non è un'unione sociale» e che Berlino non intende «pagare il sussidio di sussistenza Hartz IV per i cittadini di altri Stati Ue che si trattenessero in Germania solo per la ricerca di un lavoro», spiegando che anche i sussidi per i genitori saranno limitati solo a coloro che hanno un'occupazione in Germania, come stabilito dalle regole europee e da una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea;
    in un disegno di legge bipartisan, a firma del ministro dell'interno tedesco, Thomas de Mazière (CDU) e del Ministro agli affari sociali, Andrea Nathles (SPD), che dovrebbe essere esaminato dal Bundestag nel corso delle sedute tra il 4 e l'11 giugno 2014, si prevede, tra l'altro, il ritiro della residenza per i cittadini stranieri, anche appartenenti ad uno Stato membro dell'Unione europea, qualora abbiano perso il posto di lavoro da almeno sei mesi e siano ancora disoccupati, il carcere fino a tre anni per chi fornisce dati falsi per ottenere le prestazioni sociali ovvero contrae matrimonio solo per assicurarsi la permanenza nel Paese ed il divieto di ingresso per cinque anni a coloro che fossero scoperti a truffare lo stato sociale; sono previste limitazioni anche ai sussidi in caso di ricongiungimenti familiari;
    tale iniziativa legislativa tedesca è coerente con la preoccupazione – più volte manifestata dalla Lega Nord e sottovalutata dai Governi di centrosinistra succedutisi negli ultimi anni – di limitare, per ragioni di bilancio e di contenimento della spesa pubblica, fuoriuscite di emolumenti assistenziali a «terzi»,

impegna il Governo:

   a farsi garante, in sede europea, dell'uniformità di applicazione delle misure di protezione e sicurezza sociale ai cittadini degli Stati membri;
   ad assumere iniziative per evitare che l'Unione europea risulti di fatto composta da Stati membri di serie A, che possono far primeggiare l'interesse interno, e Stati membri di serie B che devono obbligatoriamente adeguarsi alla normativa europea, pena il rischio di possibili procedure di infrazione;
   a definire gli intendimenti del Governo in proposito, a tutela dei lavoratori e delle famiglie italiane ed a salvaguardia delle risorse pubbliche;
   a chiarire in sede europea se qualunque forma di protezione sociale e diritto sociale riconosciuta ai cittadini comunitari vada intesa come obbligatoriamente estendibile anche a tutti i cittadini non comunitari, valutando cosa ciò comporti in termini di equilibrio dei conti pubblici;
   a promuovere ogni iniziativa utile, anche di revisione della Costituzione, con riguardo alla questione della equiparazione dei cittadini comunitari ed extracomunitari ai cittadini italiani ai fini dell'accesso a misure di protezione sociale, al fine di garantire un trattamento differenziato che tuteli prioritariamente i cittadini del nostro Paese.
(1-00495) «Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e IV,
   premesso che:
    si richiama la decisione 2014/73/PESC del Consiglio del 10 febbraio 2014 e la decisione 2014/183/PESC del Consiglio del 1o aprile 2014, adottate in connessione con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 2127 (2013) del 5 dicembre 2013, n. 2134 (2014) del 28 gennaio 2014, nonché la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 2149 (2014) del 10 aprile 2014;
    si richiama, altresì, l'articolo 11 della Costituzione nonché gli esiti dell'audizione dei Ministri degli affari esteri e della difesa presso le Commissioni riunite affari esteri e difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, svolta il 30 aprile 2014;
    l'intervento della comunità internazionale nella Repubblica Centrafricana è finalizzato al ristabilimento e al mantenimento della pace ai sensi del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, ai sensi del quale è consentito il ricorso all'uso della forza militare in conformità con il diritto internazionale e con le regole di ingaggio definite a livello internazionale;
    la Repubblica Centrafricana si colloca all'interno di una fascia di insicurezza, costituita dal Sahel e segnata da povertà, da radicati fenomeni criminali connessi al traffico internazionale d'armi e di esseri umani, da diseconomie e annosi conflitti politici, che si fanno schermo del fattore religioso e la cui causa è spesso da ricondurre alla storia del colonialismo europeo e alla sua fine;
    il 20 gennaio 2014, il Consiglio dell'Unione europea ha dato la sua approvazione politica in merito alla prospettiva di una operazione militare dell'UE (EUFOR RCA) da svolgersi nell'ambito della PSDC, e ha approvato il relativo concetto di gestione della crisi; tale operazione potrebbe contribuire a creare un clima di sicurezza nella regione di Bangui, al fine di trasferire le attività all'Unione africana, tenendo conto della sopra citata risoluzione 2127 del Consiglio di sicurezza;
    l'intervento europeo era stato chiesto con insistenza dalla Francia, che già dal 5 dicembre 2013 aveva inviato nella Repubblica Centrafricana almeno duemila militari;
    con lettera del 24 gennaio 2014 indirizzata all'Alto Rappresentante, Catherine Ashton, la Presidente ad interim della Repubblica Centrafricana, Catherine Samba-Panza, ha rappresentato il suo compiacimento per l'operazione militare europea, ma anche i leader religiosi della Repubblica Centrafricana hanno accolto favorevolmente tale impegno;
    si tratta di una missione europea «ponte» tra l'intervento africano e i caschi blu e rappresenta la prima missione dell'Unione europea che avviene in una cornice di sicurezza da creare e non già garantita, come affermato dal Ministro della difesa nella citata audizione; essa definisce gli obiettivi politici, strategici e politico-militari della missione e sottolinea l'importanza di una stretta cooperazione con i partner, in particolare con l'ONU, l'Unione africana, le autorità centroafricane e l'operazione francese «Sangaris», prorogata fino alla fine di giugno 2014;
    l'impegno italiano nel quadro della citata missione è da valutare nell'obiettivo del semestre italiano di presidenza del Consiglio dell'Unione europea per il rafforzamento della dimensione europea della difesa, ma deve essere ricondotto il più possibile dentro la più generale opera di pacificazione il cui titolare non può che essere l'Onu;
    l'Italia ha già disposto interventi di cooperazione allo sviluppo destinati alla Repubblica Centrafricana nel campo della sicurezza alimentare, della sanità, dell'istruzione e protezione dell'infanzia e degli sfollati, e segnatamente, nel 2013 per un valore di 500 mila euro e nel 2014 per un valore di 2.410.000 euro, laddove, malgrado la presenza militare internazionale, la situazione sul terreno appare tuttora ad alto rischio, come confermano i gravissimi casi di uccisioni e ferimenti di peacekeepers, di operatori sanitari internazionali, di sacerdoti e civili;
    secondo quanto riferito dal Ministro della difesa nella richiamata audizione, pur non essendo stato fatto riferimento a una specifica deliberazione del Consiglio dei ministri in tal senso, la partecipazione dell'Italia si caratterizza per la messa in disponibilità di: uno dei cinque quartieri generali nazionali a sostegno delle operazioni europee, situato presso il Comando Operativo Interforze (COI); 40 genieri e 10 ulteriori unità di personale militare con altro ruolo, dislocati nella regione di Bangui e alcuni dei quali inseriti negli staff di comando dell'operazione;
    nella stessa occasione, il Ministro della difesa ha ipotizzato in nove mesi la durata massima dell'impegno italiano nell'ambito della missione EUFOR RCA (la cui durata per decisione internazionale non può comunque protrarsi oltre il 28 febbraio 2015) e in 530.000 euro al mese gli oneri finanziari per i soli quaranta genieri (per un totale di massimo 4.770.000 euro), nell'ambito dell'impegno europeo stimato complessivamente in 25,9 milioni di euro, che saranno sottoposti all'approvazione parlamentare in occasione del prossimo provvedimento per il finanziamento delle missioni internazionali;
    i Parlamenti dei maggiori Paesi europei che partecipano alla missione EUFOR RCA hanno provveduto ad autorizzare i propri Governi in conformità con le leggi nazionali in tema di invio di contingenti all'estero, come nel caso della Germania e della Spagna;
    è necessario che anche l'Italia si doti di un analogo strumento normativo che disciplini profili istituzionali, amministrativi, contabili, giurisdizionali, oltre che finanziari, connessi alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali sul piano militare e civile, provvedendo a definire modalità di raccordo tra le diverse tipologie di intervento e a individuare in sede parlamentare specifici strumenti di controllo e monitoraggio sull'andamento delle missioni autorizzate;
    la società civile italiana è presente nella Repubblica Centroafricana tramite diversi operatori, in particolare l'associazione Emergency che dal 2009 tiene aperto il centro pediatrico di Sangui e il cui team, a seguito del precipitare della crisi umanitaria, dal 2013 è oggi in parte dislocato nel reparto di pediatria dell'ospedale pubblico della capitale riattivando ben due sale operatorie;
    la Francia non appare ai firmatari della presente risoluzione avere la credibilità necessaria per guidare una missione internazionale a causa dei suoi interessi storici nella regione, mentre sarebbe più opportuno favorire un ruolo preminente dell'ONU attraverso il supporto alla missione MINUSCA che a partire dal prossimo 15 settembre sostituirà l'attuale missione MISCA guidata dall'Unione Africana. Anche la MINUSCA, come già la MISCA, opererà sotto il Capitolo VII della Carta delle Nazioni unite, in base alla risoluzione 2149;
    Medici senza frontiere ha subìto a più riprese aggressioni armate contro le sue missioni – l'ultima il 16 aprile 2014 che ha provocato l'uccisione di 16 persone di cui tre componenti dell'organizzazione – ed ha esortato «il governo di transizione della Repubblica Centrafricana e tutti i gruppi armati coinvolti nel conflitto a condannare subito e pubblicamente questi orribili attacchi»;
    oltre che al consenso del Governo in questione, la legalità degli interventi richiede imparzialità ed astensione dall'uso di forza «letale», se non in autodifesa ed in difesa del mandato. È cruciale pertanto che lo scopo di ogni mandato sia ben definito, e che gli obiettivi (incluso la protezione della popolazione civile se necessaria) siano chiaramente stabiliti;
    in passato, infatti, la mancanza di definizione del mandato, e la non inclusione in esso della protezione civile, è stata causa di tragici incidenti in cui i caschi blu sono rimasti a guardare mentre la popolazione locale veniva massacrata. Pochi giorni fa, si celebrava il ventennale del più famoso di questi tragici episodi, ma il Ruanda è solo uno dei paesi sulla lunga lista dei disgraziati,

impegnano il Governo:

   a proseguire con le opportune iniziative sul piano politico-diplomatico in tutte le sedi internazionali e multilaterali, anche mediante il rilancio di un'iniziativa «Italia-Africa», al fine di scongiurare ogni ulteriore deterioramento del conflitto nella Repubblica Centrafricana e di promuovere lo State building, a partire dalla facilitazione del processo politico finalizzato alla indizione delle elezioni entro la seconda metà del 2014, come auspicato dalla citata risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 2134;
   ad adottare ogni iniziativa utile ad assicurare che l'attuazione delle decisioni e delle risoluzioni citate in premessa abbia per fine prioritario la protezione della popolazione civile sul piano umanitario e la piena tutela degli interessi del popolo centrafricano alla titolarità sul proprio territorio, anche per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali;
   ad operare perché le Nazioni Unite abbiano un ruolo centrale nel comando delle operazioni umanitarie e di protezione della popolazione civile evitando il più possibile commistioni tra Paesi ex-coloniali e la guida della missione stessa;
   a sostenere le iniziative delle associazioni e delle ong italiane ed europee presenti nella Repubblica Centroafricana in particolare quelle rivolte all'assistenza sanitaria e per il sostegno dei profughi;
   a fornire elementi ai competenti organi parlamentari, prima che abbia luogo rinvio del personale militare italiano e comunque in una sede distinta dall'esame del decreto-legge per il finanziamento delle missioni internazionali, in ordine:
    a) al numero complessivo e definitivo di unità di personale militare inviato, dotato del necessario equipaggiamento, con indicazione delle tipologie di personale, anche in riferimento al grado e all'anzianità;
    b) ai compiti assegnati e alle capacità richieste al contingente militare italiano impiegato nell'ambito del piano operativo e delle regole d'ingaggio approvate dal Consiglio dell'Unione europea il 17 marzo 2014;
    c) allo status del personale con riferimento alla decisione 2014/183/PESC del Consiglio, punto 2), e agli accordi raggiunti tra Unione europea, Governo della Repubblica Centrafricana ed eventuali Stati terzi;
    d) alla effettiva durata iniziale e finale della missione;
    e) ai costi definitivi della missione.
(7-00387) «Artini, Rizzo, Frusone, Tofalo, Spadoni, Paolo Bernini, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Grande, Del Grosso, Scagliusi».


   La Commissione VIII,
   premesso che:
    la procura della Repubblica di Avellino, ai sensi dell'articolo 321, comma 3-bis, CPP, ha disposto in data 30 maggio 2013 il sequestro preventivo dello stabilimento e dell'area dove era allocata l'azienda denominata «Isochimica SPA», in località Pianodardine, Avellino;
    il 3 giugno 2013, gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Avellino hanno dato esecuzione al decreto di sequestro di cui al punto precedente: in data 15 giugno il giudice per le indagini preliminari ha emesso ordinanza di convalida del sequestro preventivo operato d'urgenza dal pubblico ministero;
    gli accertamenti successivamente eseguiti hanno confermato la presenza di ingenti quantità di amianto (si parla in alcuni documenti di oltre 460 cubi di cemento-amianto friabile, per un totale di 2.700 tonnellate di materiale) irregolarmente smaltito all'interno della stessa area di cui sopra;
    all'atto del sequestro sono stati nominati custodi dell'area il sindaco pro-tempore di Avellino e il dirigente dell'ambiente del comune di Avellino ed il comune è stato autorizzato ad accedere all'area sequestrata per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza d'urgenza e di bonifica della zona, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale;
    un altro filone delle indagini riguarda i decessi di dieci dipendenti della «Isochimica S.p.A.» per patologie derivanti dall'eventuale esposizione ad amianto e le lesioni in danno agli altri lavoratori;
    come risulta da molte inchieste giornalistiche, gli operai fino al 1985 lavoravano a mani nude, coperti solo da una mascherina di carta e pertanto seriamente esposti al rischio di contrarre patologie asbesto correlate;
    in base alla migliore letteratura scientifica sull'argomento, le patologie asbesto correlate possono essere caratterizzate da un lungo periodo di latenza: pertanto tra l'inizio dell'esposizione (anni ’80) e la comparsa della malattia può sussistere un intervallo di tempo lungo anche oltre 40 anni;
    i consulenti Gualtiero Ricciardi e Umberto Moscato dell'università Cattolica del Sacro Cuore di Roma hanno affermato nella relazione che «per tutti i soggetti esposti sussiste pericolo di vita» e che non sia «possibile escludere l'insorgenza di neoplasie correlabili ad esposizione ad amianto anche in altri organi od apparati diversi» dall'apparato respiratorio;
    la bonifica e messa in sicurezza del sito non può essere a carico delle sole istituzioni locali, vista la dimensione del fenomeno e considerata l'estensione dell'area;
    dal decreto di sequestro si evince che una fitta vegetazione, sviluppatasi con l'incuria della fabbrica, avrebbe nascosto per anni alcune centinaia di cubi, pertanto potrebbe essere ancora maggiore del previsto l'onere necessario alla bonifica del sito;
    si ritiene doveroso, vista la prossimità con abitazioni e scuole, che il Governo si adoperi direttamente nel processo di bonifica e messa in sicurezza, a causa dell'urgenza dell'intervento, nonché dell'impegno necessario a completarlo,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative utili, anche di natura normativa, al fine di impegnarsi direttamente nel processo di bonifica e messa in sicurezza dell'area cosiddetta ex Isochimica, richiamata in premessa, ad esempio attraverso l'inserimento dell'area tra i siti di interesse nazionale, fermo restando il ruolo della regione Campania e degli enti locali coinvolti;
   a mettere in atto tutte le iniziative, anche di natura normativa, atte a garantire benefici di natura previdenziale ed assistenziale agli ex dipendenti dell'azienda, cui sia stata diagnosticata o venga riscontrata in futuro una patologia asbesto-correlata, in quanto esposti ad alto rischio di grave compromissione della salute umana;
   a monitorare lo stato di salute della popolazione residente in prossimità delle aree sopra indicate, nonché ad assumere le opportune iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire ad essi l'eventuale opportuna assistenza sanitaria di contrasto alle patologie asbesto correlate.
(7-00386) «Cera, De Mita».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco di Gorizia, Ettore Romoli, con una lettera inviata lo scorso 1o giugno al Presidente del Consiglio interrogato, ha chiesto l'abolizione del segreto di Stato relativo agli atti concernenti il dramma del massacro delle foibe e dei deportati dei cittadini goriziani, da parte dell'esercito jugoslavo avvenuto nel maggio 1945;
   il medesimo documento, sostenuto anche da numerose associazioni locali, da sempre vicine alle famiglie dei deportati, intende conformarsi, alla direttiva firmata dallo stesso interrogato, che ha disposto la declassificazione degli atti relativi alle stragi di Stato, finora coperte dal vincolo di segretezza;
   l'interrogante evidenzia come nonostante risulti a suo giudizio improbabile, riuscire a reperire documenti ufficiali dell'ex Repubblica Federativa di Jugoslavia, appare invece attendibile rinvenire relazioni da parte dei servizi segreti italiani o di altre nazionalità o in alternativa, corrispondenze tra gli uffici diplomatici del nostro Paese con le diplomazie straniere, che l'Italia ritenne di secretare in virtù di una realpolitik (ovvero una concreta pragmaticità) derivata dal ruolo svolto dal maresciallo Tito, capo del Governo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, nei riguardi dei Paesi non allineati e dagli equilibri tra il cosiddetto Patto Atlantico ed il Patto di Varsavia;
   a giudizio dell'interrogante inoltre, acquisendo nuovi elementi informativi presso gli archivi italiani, sarà possibile agevolare l'acquisizione di ulteriori elementi dagli archivi stranieri, in primis quelli di Belgrado, ma anche delle principali cancellerie europee, nonché di Washington, al fine di una completa conoscenza ai familiari delle vittime di una complessa e tragica storia del confine orientale, che ha determinato gravissime sofferenze, sia per gli appartenenti alla comunità linguistica slovena, che per gli esuli dalle terre d'Istria, Fiume e Dalmazia –:
   quali orientamenti intendano esprimere nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intendano, anche per i drammatici avvenimenti che hanno riguardato la tragedia delle foibe, iniziata nel 1943, assumere iniziative per l'abolizione del segreto di Stato, così come recentemente stabilito per altri avvenimenti tragici avvenuti nel nostro Paese nel corso dei decenni passati, per effetto della direttiva firmata dal Presidente del Consiglio che ha disposto la declassificazione degli atti relativi alle stragi. (4-05093)


   SPESSOTTO e NICOLA BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la notizia della firma, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e alla presenza dei Ministri interrogati, dell'ipotesi di accordo tra l'azienda e i sindacati sulla vertenza Electrolux, cui seguiranno nei prossimi giorni le assemblee e il voto dei lavoratori in tutti gli stabilimenti;
   la trattativa si è svolta in forma ristretta tra sindacato nazionale e vertici aziendali e l'accordo che ne è scaturito, che riguarda tutte le fabbriche di elettrodomestici della multinazionale svedese, prevede, tramite il ricorso a contratti di solidarietà e alla cassa integrazione straordinaria, l'invarianza delle integrazioni al salario e forme di incentivi all'esodo;
   la programmazione dell'attuazione del piano contenuta nell'accordo, pur mantenendo gli attuali livelli di occupazione, prevede tempi precisi e ristretti per gli aumenti produttivi ed impegni generici da parte dell'azienda per le misure ergonomiche sulle linee di montaggio;
   in particolare, sono contenute nell'accordo misure cosiddette di efficientamento, volte a velocizzare, tra il 10 per cento e il 15 per cento le linee di produzione degli stabilimenti Electrolux, in particolare per i siti produttivi di Forlì e Solarolo, dove i lavoratori, come previsto dai contratti di solidarietà, dovranno produrre in 6 ore lo stesso numero di pezzi previsti per 8 ore di lavoro;
   contrariamente a quanto sostenuto nel corso della trattativa dai responsabili aziendali, le misure previste sotto la voce «efficientamento», vale a dire l'aumento del numero di «pezzi/turno» da produrre, senza variazione del numero di persone sulle linee di montaggio, provoca un aumento della velocità e del numero di operazioni-azioni che il singolo lavoratore deve effettuare nel tempo di ciclo con la conseguenza di un aumento dell'usura psico-fisica dei lavoratori oltre che delle patologie alle articolazioni muscolo-scheletriche;
   risulta inoltre agli interroganti una forte presenza negli stabilimenti Electrolux di lavoratori affetti da problemi a livello muscolo-scheletrico, a testimonianza dell'elevato livello degli indici di rischio sulle postazioni di lavoro dell'azienda –:
   a fronte del finanziamento dei contratti di solidarietà concesso dall'Esecutivo, se e quali garanzie, in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, il Governo abbia ottenuto dalla società Electrolux per assicurarsi che le misure cosiddette di efficientamento produttivo, adottate dall'azienda e contenute nell'accordo, volte a diminuire il costo del lavoro aumentando la produzione pezzi/ora, non producano danni alla salute psico-fisica dei lavoratori impiegati sulle linee di produzione della Electrolux e non risultino in contrasto con la legge italiana sulla salute e sicurezza del lavoro. (4-05101)


   MICILLO, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, TERZONI, SEGONI e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sul canale youtube è possibile rendersi conto di come una famiglia di Ottaviano (Napoli) sia proprietaria di un terreno ad uso agricolo, che si estende parallelamente alla strada comunale denominata via Orto. Pochi centimetri al di sotto del manto stradale vi è un alveo al cui interno scorre una fogna, non incanalata all'interno di alcuna tubazione, ben visibile anche ad occhio nudo, la quale ad un certo punto della strada comunale devia per andare a sversare sul fondo di proprietà della famiglia di cui sopra;
   la vicenda ha avuto rilevanza anche nella stampa locale on-line al sito http://www.metropolisweb.it;
   i proprietari del fondo agricolo riferiscono che originariamente, durante gli anni a ridosso della seconda guerra mondiale, lo scolo serviva da naturale sfocio delle acque piovane. Successivamente, dopo il sisma del 1980 ed a seguito dell'urbanizzazione del quartiere, diverse abitazioni allacciarono – anche in maniera abusiva si ha ragione di temere – i propri servizi igienici all'alveo che si trova a pochi centimetri al di sotto del basamento di via Orto. Il risultato è che, ad oggi, l'alveo è diventato una vera e propria fogna che scorre pochissimi centimetri al di sotto del manto stradale e che sversa direttamente sul fondo di proprietà della sfortunata famiglia. Lo sversamento interessa direttamente il fondo predetto, tuttavia lo stesso scorre a valle per interessare anche altri fondi agricoli di proprietà privata;
   ai sensi dell'OPCM 4016 del 20 aprile 2012 «A far data dal 1o gennaio 2012 il Commissario dell'Agenzia regionale campana per la difesa del suolo (ARCADIS) subentra nelle funzioni di Commissario delegato al Provveditore interregionale alle opere pubbliche per la Campania ed il Molise e provvede, in regime ordinario ed in termini di somma urgenza, alla prosecuzione ed al completamento, entro il 31 dicembre 2012, di tutte le iniziative già programmate per il definitivo superamento del contesto di criticità socio-economico-ambientale in atto nel bacino idrografico del fiume Sarno»;
   ai sensi della OPCM n. 75 del 2013, «a decorrere dal 1o gennaio 2013, l'Agenzia regionale campana per la difesa del suolo (ARCADIS) è individuata quale amministrazione competente al coordinamento delle attività necessarie al completamento degli interventi da eseguirsi nel contesto di criticità di natura socio-economico-ambientale determinatasi nel bacino idrografico del fiume Sarno»;
   da analisi effettuate su campioni di acqua prelevati dallo scolo fognario sono venuti fuori valori tali da far dichiarare il campione non conforme ai limiti di legge previsti dalla tabella 3 allegato 5 parte III decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra descritta e degli enormi rischi di carattere ambientale e sanitario che la situazione sta causando agli abitanti del comune di Ottaviano e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di verificare, anche tramite il Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, lo stato dei luoghi di cui in premessa. (4-05110)


   GIANLUCA PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (UNAR) è stato istituito con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, di recepimento della direttiva comunitaria n. 2000/43 CE ed opera nell'ambito del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   l'UNAR ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l'effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull'operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni e di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere e il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e religioso. In particolare, l'UNAR svolge inchieste al fine di verificare l'esistenza di fenomeni discriminatori nel rispetto delle prerogative dell'autorità giudiziaria;
   come emerso da alcune inchieste giornalistiche nelle stazioni ferroviarie di Firenze e Roma oramai da tempo è diffuso un fenomeno di microcriminalità ai danni degli avventori utenti del servizio ferroviario. È emerso, infatti, che nelle due stazioni di Santa Maria Novella Firenze e Roma Termini i turisti e i cittadini italiani che usufruiscono del servizio ferroviario vengono presi d'assalto da gruppuscoli di giovani nomadi di origine Rom e Sinti che stazionano fissi davanti ai binari molestando gli avventori con la scusa del facchinaggio abusivo estorcendo ai mal capitati dai cinque ai venti euro e allo stesso tempo dedicandosi al furto di portafogli e oggetti di valore;
   questo fenomeno di microcriminalità avviene alla luce del giorno nella consapevolezza degli addetti ai controlli e alla sicurezza delle ferrovie ma senza che gli stessi o la polizia presente nelle stazioni possano in qualche modo arginarne gli effetti;
   il poter agire indisturbati e nella convinzione di non incorrere in sanzioni accresce nei giovani nomadi organizzati in questa attività criminali un senso di impunità che, ad avviso dell'interrogante, alimenta atteggiamenti di arroganza che si sostanziano in atti discriminatori nei confronti di tutti coloro che non appartengono alla loro etnia –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti, stante le proprie competenze intenda adottare il Ministro dell'interno per contrastare il dilagare di questo fenomeno di microcriminalità;
   se vi siano profili che coinvolgano le competenze dell'UNAR. (4-05111)


   GIANLUCA PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'11 marzo 2014 l'AS Bari è stata ufficialmente dichiarata fallita dal tribunale del capoluogo pugliese con una sentenza che ha posto fine alla ultratrentennale era della famiglia Matarrese;
   leggendo la sentenza di fallimento, la società di calcio in questione avrebbe accumulato negli ultimi anni debiti per circa 23 milioni di euro di tasse non versate, oltre a 8 milioni di euro a favore di fornitori e stipendi dei giocatori;
   la sezione fallimentare del tribunale di Bari ha dichiarato il fallimento dell'Associazione sportiva Bari, la società di calcio sorta nel 1928 nominando due curatori anche per predisporre l'asta del titolo sportivo al fine di consentire ad un'altra società affiliata alla Figc la possibilità di iscrivere entro il 30 giugno il club ad un campionato professionistico;
   le norme federali prevedono infatti che «il titolo sportivo della società in stato di insolvenza venga attribuito ad altra società prima della scadenza del termine fissato per la presentazione della domanda di iscrizione al campionato successivo»;
   dopo due aste al tribunale fallimentare andate deserte, la terza è stata assegnata all’ex arbitro di calcio internazionale dottor Gianluca Paparesta tramite la società «Football club Bari 1908» che si è aggiudicato il club con 4.800.000 di euro grazie, a suo dire «una cordata di imprenditori» sui quali tuttavia si cela un mistero e ad oggi, nonostante l'evidenza pubblica della procedura post-fallimentare, nessuno è in grado di conoscerne nomi, profilo e, soprattutto, solvibilità;
   le norme federali infatti permetterebbero al soggetto subentrante di poter acquisire il titolo sportivo con la garanzia del pagamento dei soli stipendi dei giocatori, ma non di quanto dovuto allo Stato ed ai fornitori, generando ad avviso dell'interrogante una sorta di «bancarotta preferenziale legalizzata» in spregio al codice civile ad al testo unico fallimentare;
   nei fatti, ad oggi, una società nuova come la «Football club Bari 1908» concorre alla possibilità di andare in serie A nonostante la mala gestione, i debiti accumulati, i ritardati pagamenti ai giocatori senza essere penalizzata rispetto alle società calcistiche che hanno condotto il campionato nel rispetto di tutte le regole federali e amministrative e questa possibilità è garantita da norme che paiono all'interrogante discriminatorie nei confronti di chi opera nel rispetto delle regole –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e se non ritenga che sussistano i presupposti affinché l'Agenzia delle entrate intervenga nel giudizio a tutela degli interessi del fisco compromessi dal fallimento;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative al fine di evitare quella che all'interrogante appare una sorta di «bancarotta preferenziale legalizzata», con particolare riguardo alla necessità di assicurare il recupero degli importi aventi carattere fiscale e contributivo. (4-05112)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   VALIANTE. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i programmi «Piano Città» e «6000 Campanili» sono provvedimenti pensati per sbloccare cantieri, manutenzione reti e territorio, per il rilancio dell'economia e delle infrastrutture dei comuni più piccoli destinando per tale finalità un fondo specifico di 100 milioni di euro, dedicato integralmente, ai comuni con popolazione fino ai 5.000 abitanti;
   ad oggi si constata che tali piani, pur a distanza di molti mesi dall'introduzione della normativa di riferimento e della predisposizione delle graduatorie di assegnazione a seguito dei bandi di adesione previsti dalla normativa cui numerosi comuni hanno aderito, sono sospesi a causa della mancata assegnazione delle risorse, rendendo di fatto impossibile il decollo di molte iniziative a livello locale;
   nell'informativa sulla materia presentata dall'ex Ministro per la coesione territoriale Trigilia al Consiglio dei ministri lo scorso 27 dicembre 2013 con l'obiettivo di accelerare l'utilizzo delle risorse nazionali e dei fondi strutturali 2007/2013, si erano individuate risorse certe e disponibili, per l'assegnazione a tali progetti ma ad oggi risulterebbero non ancora nella disponibilità dei comuni;
   molti comuni sarebbero in condizione di appaltare da subito una serie di piccole opere che in questo particolare momento di grande difficoltà economica rappresenterebbero una concreta possibilità di poter attuare investimenti per dare respiro al tessuto economico sociale del territorio nonché per rilanciare l'occupazione –:
   quale sia allo stato attuale il reale iter dell'assegnazione delle risorse previste per i progetti «Piano Città» e «6000 Campanili»;
   se non ritengano opportuno dare seguito nel più breve tempo possibile allo sblocco dei finanziamenti rimasti inevasi e permettere così ai comuni interessati di eseguire le opere già individuate e progettate. (4-05091)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   SEGONI, MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dalle testate giornalistiche nazionali e locali si è appreso che è in corso in questi giorni la conferenza dei servizi decisoria, convocata dal Commissario per l'emergenza, prefetto Franco Gabrielli, relativamente all'esame ed approvazione del progetto presentato dalla Costa Crociere, per il trasferimento del relitto della nave Costa Concordia presso un porto idoneo per lo smaltimento;
   la Costa Crociere ha individuato Genova come sede del porto che dovrebbe ospitare il relitto della nave Costa Concordia presentando altresì un progetto di smaltimento, da circa 100 milioni di euro, che prevede operazioni di trasporto seguite dai tecnici della Titan Micoperi mentre quelle di demolizione sarebbero a carico di Saipen del gruppo Eni e dei cantieri navali T. Mariotti e San Giorgio del Porto;
   il commissario trasmetterà al Consiglio dei ministri l'esito della conferenza dei servizi decisoria entro il 16 giugno 2014 a valle della istruttoria tecnico-valutativa dell'Osservatorio di monitoraggio ambientale, che dovrà vagliare attentamente l'impatto ambientale, le modalità di trasporto e quelle di smaltimento prima di dare l'autorizzazione al progetto di cui sopra;
   il relitto della Costa Concordia, una volta terminate le operazioni di montaggio dei cassoni che dovrebbero consentire il suo galleggiamento, verrà agganciato ai rimorchiatori che lo traineranno con cavi d'acciaio, ad una velocità di circa 3 miglia l'ora, per un tragitto lungo oltre 280 chilometri che lo condurrà al porto di Genova e che questa complessa operazione di trasporto è prevista nel mese di luglio, in piena stagione balneare, e dovrebbe durare, salvo imprevisti tecnici o condizioni meteo non favorevoli, circa una settimana;
   durante il tragitto il relitto per arrivare al porto di Genova sarà costretto ad attraversare un vasto tratto di mare conosciuto come il «Santuario dei Cetacei», area protetta e divisa tra Italia, Principato di Monaco e Francia, con una superficie vasta più di 90.000 chilometri quadrati in cui vivono molte specie di mammiferi marini ed il parco marino dell'arcipelago toscano, un'area circondata da coralli e praterie di posidonia;
   attualmente all'interno del relitto ci sono ancora circa 160 tonnellate di liquidi inquinanti, residui di carburante che la Compagnia non ha provveduto inspiegabilmente a rimuovere, nonché olii che, a causa della posizione della nave, non vennero rimossi quando furono svuotati i serbatoi (recenti analisi delle acque interne hanno rivelato la presenza di solfuri, rame, ftalati, idrocarburi pesanti e tensioattivi anionici in percentuali superiori al consentito) e che nello scafo della nave sono presenti anche imballaggi di latta, fustini, barattoli e contenitori chimici;
   secondo il contenuto della relazione prodotta dalla Costa Crociere, nel corso del trasferimento, verrebbero attribuiti, in riferimento all'eventualità di rilascio in mare di idrocarburi e sostanze inquinanti, «impatti ambientali di lieve entità con effetti temporanei e poco significativi»;
   da quanto è emerso dagli articoli di stampa, l'Osservatorio per il monitoraggio ambientale per converso avrebbe definito il progetto «carente»;
   l'ISPRA, componente dell'Osservatorio stesso, ha inoltre valutato per difetto in circa 13 milioni di euro i danni cogenti ricomprendenti il danno ambientale prodotto a seguito dell'impatto della nave, e del suo stazionamento, lasciando ancora non quantificati quelli successivi derivanti dalle opere di cantierizzazione che portano alla previsione alla perdita di circa 2,5 ettari di posidonia marina e del patrimonio coralligeno, nonché quelli derivanti dal rischio del trasporto –:
   quali azioni il Ministro interrogato abbia intrapreso o intenda intraprendere per assicurare il risarcimento del danno ambientale ed il ripristino dei luoghi da parte della Compagnia e se non intenda assumere iniziative, se del caso normative, per quanto di sua competenza, affinché le società coinvolte si dotino di una polizza fidejussoria a garanzia del buon esito di tutte le operazioni in modo che, in caso di inadempimento o possibili danni ambientali, ad esempio imputabili a sversamenti in mare o ad un secondo naufragio, sia possibile disporre di adeguate risorse economiche senza dover ricorrere a stanziamenti pubblici. (5-02969)


   TINO IANNUZZI, REALACCI, BORGHI, BRATTI, MARIANI e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 10 dicembre 2013 n. 136, convertito con modificazioni nella legge 6 febbraio 2014 n. 6, ha dettato una serie di importanti disposizioni per affrontare efficacemente la gravissima situazione determinatasi nel corso degli anni nella cosiddetta Terra dei Fuochi;
   tali disposizioni, molte delle quali introdotte la sede di conversioni alla Camera dei deputati grazie al lavoro unitario e positivo della VIII Commissione hanno notevolmente arricchito e migliorato il testo originario del decreto-legge n. 136;
   queste misure incidono su diversi ambiti, tutti strettamente collegati e funzionali a realizzare una seria ed efficace risposta delle Stato e delle Istituzioni a questioni drammaticamente avvertite dalle popolazioni e dalle comunità locali interessate: censimento e mappatura dei terreni destinati all'agricoltura;
   screening ed accertamenti sanitari preventivi e diagnostici a tutela della salute delle persone;
   misure per la sicurezza agroalimentare e per la valorizzazione delle relative produzioni;
   introduzione della nuova fattispecie di reato, inerente alla combustione illecita dei rifiuti;
   invio di 850 militari delle forze armate per operazioni di sicurezza e di controllo del territorio;
   rafforzamento dei controlli antimafia per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti relativi a lavori di bonifica delle aree inquinate;
   destinazione di nuove risorse per la esecuzione delle bonifiche prioritarie;
   la indicata normativa deve essere integralmente e rapidamente attuata in tutte le sue diverse parti, al fine di assicurare una adeguata, coordinata ed organica azione delle Istituzioni per avviare a soluzione tale rilevante ed urgente vicenda e ripristinare il dovuto ed indispensabile rapporto di fiducia con i cittadini che vivono in quei territori della Campania;
   hanno suscitato giusto e fondato allarme e grande preoccupazione nei giorni scorsi, la decisione, adottata dal Comitato interministeriale competente, di sospendere i campionamenti e le indagini in corso sulle aree e sui siti più pericolosi dal punto di vista di possibili fenomeni di inquinamento e di contaminazione;
   proprio per questi terreni, quindi, occorre con massima rapidità e rigore continuare e completare tutti gli accertamenti necessari, per addivenire ad una valutazione certa e definitiva della reale situazione dei terreni e per adottare le conseguenti decisioni circa la possibilità di proseguire le attività di coltivazione;
   la situazione complessiva di grave allarme e di enorme preoccupazione è stata efficacemente ed accoratamente evidenziata in un editoriale su l'Avvenire del 7 giugno 2014 da Don Maurizio Patriciello, riferimento esemplare e limpido, che ha avuto la capacità di suscitare e motivare la reazione civile di quelle comunità;
   appare sempre più necessario ed urgente un coordinamento permanente ed incisivo fra i differenti Ministeri e fra tutte le Istituzioni coinvolte, coordinamento quanto mai urgente ed indispensabile per garantire la applicazione del decreto-legge 136, che è attesa giustamente dalle popolazioni di quei territori –:
   quando saranno, con massima celerità ed urgenza, ripresi continuati e completati le indagini ed i campionamenti nei terreni a più alto rischio (inopinatamente sospesi nei giorni scorsi), realizzando in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adeguate sedi e forme di coordinamento fra i diversi Ministeri per la compiuta attuazione del decreto-legge n. 136 del 2013. (5-02970)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GADDA, BRAGA, REALACCI, FIANO, CINZIA MARIA FONTANA, GALPERTI, QUARTAPELLE PROCOPIO, TENTORI, MARANTELLI, RAMPI, SENALDI, FRAGOMELI, MALPEZZI, GUERRA, GIUSEPPE GUERINI, MISIANI, COMINELLI, CIVATI e COVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile 2014 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha depositato la sentenza C-85/13 con cui ha confermato l'infrazione da parte dell'Italia della Direttiva 91/271/CEE, in materia di gestione, raccolta e depurazione delle acque reflue;
   il nostro Paese è stato sanzionato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea per la mancanza di depuratori, reti e collettori fognari adeguati in svariati agglomerati, tra cui i lombardi Orzinuovi, Calco, Valle San Martino, Olona Nord, Melegnano, Olona Sud, Robecco sul Naviglio, Rozzano, San Giuliano Milanese EST, Trezzano sul Naviglio, Broni, Casteggio, Mortara, Vigevano. Numerosi altri agglomerati potrebbero risultare non conformi a quanto prescritto dalla normativa;
   più criticità compongono il deficit infrastrutturale e gestionale passibile di infrazione comunitaria, tra cui l'incompletezza della rete fognaria e del collettamento, il sottodimensionamento o l'inadeguatezza dei depuratori esistenti. Analoghe inefficienze si possono riscontrare in numerosi altri agglomerati, non ancora monitorati dall'Unione europea (unità di carico inferiori a 2000 AE), che spesso manifestano un cattivo funzionamento degli sfioratori, una obsolescenza delle reti fognarie, piuttosto che tombinamenti inadeguati;
   la direttiva UE 2000/60, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 152 del 2006, fissa tra gli obiettivi da raggiungere per gli stati membri il raggiungimento entro il 31 dicembre 2015 del «buono stato ecologico» per tutti i corsi d'acqua superficiali; entro quella data gli agglomerati urbani sanzionati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea dovranno introdurre misure di collaudo delle opere realizzate per raggiungere la conformità, completamento delle reti fognarie, collettamenti e/o impianti di depurazione perché si eviti la seconda fase della procedura di infrazione, che potrebbe determinare sanzioni particolarmente costose dal punto di vista finanziario, per le casse degli enti locali così come centrali;
   le carenze e la frammentazione riscontrate nel sistema di collettamento idrico e depurazione fognaria, non competono soltanto ad aspetti di natura ambientale ma evidenziano un ritardo infrastrutturale e tecnologico che è necessario colmare con urgenza –:
   quali siano le iniziative che il Governo intenda adottare per il rispetto degli obblighi imposti dalla direttiva 91/271/CEE di cui in premessa, e se non ritenga opportuno istituire un tavolo di coordinamento tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al fine di affrontare in maniera coordinata il tema del trattamento delle acque reflue urbane;
   quali siano le misure necessarie per il raggiungimento degli standard di qualità fissati dalla direttiva UE 2000/60 negli agglomerati urbani della Lombardia per cui l'Italia è stata sanzionata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;
   quali siano gli intendimenti del Governo per quanto di sua specifica competenza in materia, per facilitare gli enti locali nel rispetto delle normative comunitarie e se il Governo ritenga possibile consentire lo scomputo dal patto di stabilità delle spese per gli interventi di completamento delle reti fognarie o di adeguamento degli impianti di depurazione. (5-02964)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 5 del 9 febbraio 2012 ha semplificato le procedure di autorizzazione per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi indicate come infrastrutture strategiche nell'articolo 1 della legge 239 del 2004;
   la società britannica Transunion Petroleum Ltd, ha presentato, nel maggio 2013, all'ufficio VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle regioni Basilicata, Puglia e Calabria, alle province di Crotone, Cosenza, Matera, Taranto e Lecce ed a 49 comuni rivieraschi dell'arco jonico lucano-calabrese-pugliese l'istanza di avvio della procedura VIA, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 152 del 2006, relativamente al progetto di ricerca denominato «d68 F.R. – TU» nel Mar Jonio;
   l'area denominata d68 CR-.TU è situata nel Golfo di Taranto tra Policoro (MT) e Trebisacce (CS). Lo specchio d'acqua interessato ha un'estensione complessiva di 623,47 chilometri quadrati e ricade all'interno delle zone marine convenzionalmente denominate "D" ed "F";
   alla concessione di tale permesso, si oppongono, con numerose e fondate argomentazioni, enti pubblici, cittadini e associazioni;
   nonostante le numerose e motivate istanze, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha prescritto alla compagnia di «controdedurre puntualmente tutte le osservazioni pervenute con la pubblicazione sul sito www.va.minambiente.it», nonché di fornire altre 9 integrazioni «alla documentazione depositata in data 9 maggio 2013 per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale»;
   il sito ha un alto valore naturalistico, ove sono presenti habitat marini naturali ed anche specie da proteggere (ad esempio la tartaruga caretta, in via di estinzione dalle coste italiane);
   l'area è attigua alla Secca di Amendolara, sito che riveste importanza comunitaria (codice IT 9310053) ed è nota per la qualità e la quantità di specie ittiche presenti;
   nell'area interessata, la ricerca petrolifera interferirebbe con le attività turistiche, le peculiarità ambientali, la flora e la fauna marina del Mar Jonio e del Mediterraneo. Ricchezze sulle quali è basata l'economia locale;
   la sola attività di ricerca, ancor prima della vera e propria estrazione petrolifera, si rivelerebbe fortemente e diffusamente impattante sul territorio –:
   se non voglia considerare, per quanto di competenza, il territorio e il mare di una così pregevole area. (4-05087)


   FRATOIANNI. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Global Petroleum Limited ha depositato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare quattro richieste di indagine geofisica per ricerca idrocarburi, denominate «d 80 F.R-.GP», «d 81 F.R-.GP», «d 82 F.R-.GP», «d 83 F.R-.GP», in un'area di 749,9 chilometri quadrati, al largo delle coste pugliesi, da Molfetta a Brindisi. Le ricerche, secondo quanto riportato dal progetto della multinazionale, saranno effettuate tramite la nota tecnologia air-gun, ovvero enormi cannoni ad aria compressa che restituiscono la composizione del sottosuolo;
   la tecnologia air-gun è già all'attenzione della comunità scientifica e delle istituzioni internazionali per la pericolosità e per i danni che pare arrecare alla fauna marina;
   a tal proposito, vale la pena ricordare che nel settembre 2013, il Centro interdisciplinare di bioacustica e ricerche ambientali (CIBRA) dell'università di Pavia ha denunciato come una quindicina di cetacei sono spiaggiati sulle coste italiane del mare Adriatico, probabilmente proprio a causa della tecnologia air-gun, utilizzata in quelle settimane al largo delle coste croate;
   va considerato anche che due direttive europee, la direttiva 2008/56/CE e la direttiva 92/43/CE, mirano a tutelare la fauna marina e i cetacei dalle forme di inquinamento come l'introduzione diretta o indiretta in ambiente marino, da parte delle attività umane, di sostanze o forme di energia, incluse le emissioni sottomarine di suoni di origine antropica;
   la Puglia ha nella pesca una delle componenti fondamentali della sua economia, di conseguenza, bisognerebbe innanzitutto usare cautela e precauzione e non concedere autorizzazioni ad attività di cui non si conoscono tutte le conseguenze e gli impatti a breve e a lungo termine sull'ecosistema marino, per ragioni di salvaguardia sia dell'ambiente che dell'economia delle comunità pugliesi. A questo si aggiunga, inoltre, l'importanza fondamentale del turismo in Puglia, che negli ultimi anni è diventato un vero e proprio settore trainante, anche per via degli ingenti investimenti pubblici e privati effettuati. È chiaro che queste realtà economiche si basano sulla tutela della qualità del mare, della costa e dell'ambiente, per cui sono nettamente incompatibili con la prospettiva di qualunque tipo di attività estrattiva, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche a livello ambientale, economico e sociale;
   la regione Puglia e le amministrazioni locali interessate hanno già in più occasioni rigettato le richieste di ricerche di idrocarburi pervenute negli ultimi mesi, evidenziando con molta chiarezza tutta la contrarietà politica ad una scelta di politica energetica ed economica, nettamente in contrasto con la direzione intrapresa a livello locale che punta alla sostenibilità ambientale –:
   quali siano le intenzioni del Governo e del Ministro in materia di politica energetica per l'immediato e per i prossimi anni;
   se il Governo abbia commissionato uno studio, o sia a conoscenza degli effetti che la tecnologia utilizzata per la ricerca di idrocarburi, denominata air-gun, ha sull'ecosistema marino, sulla fauna e sui cetacei;
   se il Governo non ritenga di dover seguire il principio di precauzione, evitando di accordare permessi alle ricerche di idrocarburi in Adriatico e Ionio, considerando anche le peculiarità delle economie locali, basate su pesca e turismo;
   se il Governo non ritenga opportuno dare piena attuazione alle direttive 2008/56/CE e 92/43/CE, per la tutela della fauna marina e del suo habitat. (4-05097)


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Ispra ha pubblicato, con notevole ritardo, la guida tecnica n.29 relativa ai criteri per l'individuazione del sito per la realizzazione del deposito unico nazionale per le scorie nucleari;
   il documento non indica una precisa località ma tutti i documenti e studi richiamati riportano alla Sardegna;
   il piano dell'Ispra per individuare il deposito unico pubblicato è una sovrapposizione di documenti impressionante ma che ha un comune denominatore: escludere tutte le aree a rischio;
   l'Ispra arriva alla Sardegna per esclusione di tutto il resto;
   carte e mappe che indicano rischi, pericoli, e che in sintesi affermano che la Sardegna sarebbe la terra più sicura per le scorie nucleari;
   nel documento dell'Ispra denominato guida tecnica n.29 sono indicati criteri, ma ad una più attenta e dettagliata analisi si arriva a capire qual’è il progetto scellerato: realizzare il deposito unico nazionale in Sardegna;
   a decidere tutto sono i criteri di esclusione individuati da Ispra;
   prima di tutto vengono escluse le aree vulcaniche attive e quiescenti, poi quelle contrassegnate da sismicità elevata e infine quelle interessate da fenomeni di fogliazione;
   la Sardegna secondo tutti i piani connessi e richiamati non rientra in alcun modo in queste prime tre priorità di esclusione;
   le simulazioni geosatellitari confermano che la Sardegna sarebbe runica regione d'Italia a corrispondere a questi criteri individuati;
   il database realizzato dagli Stati Uniti (Database of Individual Seismogenic Sources) individua in modo esplicito l'unica regione che sarebbe esente da pericoli;
   si tratta di un piano secondo l'interrogante scellerato che deve essere respinto senza se e senza ma;
   tutti questi elementi che vengono tenuti sotto traccia, ma che di fatto sono allegati alla guida tecnica, rappresentano un elemento di gravità assoluta proprio perché si sta tentando di mettere in piedi un piano che lasci poca scelta alla Sogin, per individuare la Sardegna come terra di conquista per le scorie nucleari;
   dalla pubblicazione del piano era emerso sin da subito con chiarezza il richiamo alla stabilità geologica, geomorfologica e idraulica. Un parametro univoco posto alla base del piano secondo l'interrogante con l'unico obiettivo, di puntare sulla Sardegna;
   la Sardegna, secondo l'interrogante non può e non deve essere minimamente contenuta nemmeno come ipotesi nei criteri per la realizzazione del deposito unico nazionale delle scorie nucleari;
   questo piano di deposito unico nazionale che non si farà mai né in Sardegna né in Italia;
   si tratta di un'operazione solo per spendere risorse senza controllo così come è stato sino ad oggi;
   il deposito nucleare unico sarà l'ennesimo pozzo senza fondo;
   questo piano è solo uno strumento delle lobby del nucleare e degli appalti che puntano a progettare, spendere con troppi omissis che non possono in alcun modo essere accettati;
   le carte e gli studi allegati e tenuti di fatto sotto traccia sono emblematici di un disegno studiato a tavolino e che non lascia adito a dubbi;
   il Governo deve immediatamente sconfessare questa ipotesi e dire con chiarezza e trasparenza quello che intende fare;
   non può il governo continuare a sfuggire e delegare su una vicenda talmente delicata per la quale serve serietà e correttezza;
   si tratta di miliardi di euro di scorie nucleari, realizzare un deposito unico nazionale, mantenere in piena efficienza le centrali esistenti e soprattutto un grande business nucleare;
   si paventa un fiume di denari verso le lobby nucleari che va immediatamente fermato;
   la Sardegna è contraria a qualsiasi ipotesi di deposito unico nucleare. Contraria senza se e senza ma;
   già nel 2003, il sottoscritto interrogante, da presidente della regione bloccò il piano del generale Jean per la realizzazione del deposito unico nazionale facendo in modo che la conferenza dei presidenti approvasse la sua proposta di rigettare integralmente quel piano che ora si tenta di riproporre;
   in ambienti Sogin si continua a dire che la Sardegna sarebbe un sito ideale per il deposito unico nazionale di scorie nucleari;
   va ridiscussa alla radice la decisione di realizzare un deposito unico nazionale alla luce di valutazioni di natura scientifica, economica e di opportunità;
   proposte che la Sardegna ha avanzato undici anni fa condividendo l'impostazione del fisico Carlo Rubbia che aveva messo a punto un piano di ricerca per l'abbattimento della radioattività delle scorie;
   un deposito unico nazionale dal quale devono, comunque, essere escluse, senza se e senza ma, realtà come la Sardegna che hanno sia sul piano normativo costituzionale che popolare escluso la volontà di ospitare tale sito unico nazionale –:
   se non ritenga di dover smentire questa possibilità e intervenire per disporre un cambio di rotta deciso sul deposito unico nazionale;
   se non ritenga di dover escludere la regione Sardegna da questa ipotesi.
(4-05105)


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato italiano nell'ambito costiero di Teulada (Sardegna) ignora le leggi, impone missili e bombe e utilizza la Sardegna per ogni genere di abuso;
   nell'esclusiva spiaggia di Portu Tramatzu le motoseghe buttano giù ginepri e lenteschi per conquistare vista mare con mattoni e cemento;
   quello che accade all'interno delle aree «sotto sequestro di Stato» per le servitù militari è di una gravità inaudita;
   senza che nessuno intervenga sono consentiti abusi e devastazione ambientale;
   oltre alla devastazione ambientale e archeologica denunciata con atti e documentazione puntuale si aggiunge oggi un nuovo capitolo di «abusi di Stato»;
   si tratta di abusi consumati nel silenzio più totale con tanto di motoseghe che hanno eliminato l'intera macchia mediterranea proprio davanti a nuovi insediamenti che si affacciano direttamente davanti all'isola Rossa sulla spiaggia di Tramatzu, in una delle oasi paesaggistiche più esclusive dell'intera costa;
   appare all'interrogante sin troppo evidente che il disboscamento sia avvenuto per liberare la vista dei nuovi manufatti che si stanno realizzando, considerato che si tratta di costruzioni ancora in itinere con mattoni e cemento ancora faccia a vista;
   si tratta di un vero e proprio scandalo che si consuma in un contesto tutelato da tutte le norme ambientali e paesaggistiche regionali, nazionali ed europee;
   è emblematico quello ampiamente documentato per segnalare gli abusi che vengono realizzati nelle aree in disponibilità militare;
   si tratta di uno sfregio alle regole, all'ambiente, al paesaggio e soprattutto al rispetto di una terra violentata senza pudore da chi considera la Sardegna «terra di conquista»;
   qualsiasi cittadino sardo che si fosse permesso di un tale abuso sarebbe stato tradotto nelle patrie galere per abuso, devastazione ambientale, disastro naturalistico;
   in questo lembo di terra allo Stato appare tutto consentito;
   viene sfregiato l'ambiente a colpi di motoseghe, con annesso incendio, proprio davanti ai manufatti con vista mare che si stanno realizzando;
   risultano violati tutti i dispositivi di tutela della fascia costiera dei 300 metri considerato che l'abuso è stato di fatto messo a segno proprio sulla spiaggia;
   la spregiudicatezza con la quale si è operato in quel contesto conferma che lo Stato considera la Sardegna terra di nessuno. Alla pari del lancio di missili contro il paesaggio sardo le servitù militari risultano essere funzionali anche alla realizzazione di disboscamenti con mattoni e cemento vista mare –:
   se non intendano i Ministri competenti capire per quale motivo nessuno sia intervenuto considerato che dopo l'eliminazione della macchia mediterranea con ginepri altissimi sia evidente ai più quello che sta accadendo dentro quel compendio;
   se anche questi manifatti rientrino nelle opere di tutela della sicurezza nazionale e internazionale dello Stato.
(4-05106)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   BOLOGNESI, SCANU, GAROFANI, CARLO GALLI e GIUDITTA PINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il regio decreto 4 novembre 1932, n. 1423, recante Nuove disposizioni per la concessione delle medaglie e della croce di guerra al valor militare, e successive modificazioni, individua la tipologia delle decorazioni e degli atti che possono dare luogo ad un'onorificenza al valor militare;
   l'articolo 3 indica quegli atti di coraggio in imprese belliche, non richiesti dal puro e semplice compimento del dovere che comportano un grave rischio personale, e costituenti esempi da imitare. Il citato regio decreto n. 1423 del 1932 contempla la concessione di analogo riconoscimento anche per atti della stessa specie compiuti in tempo di pace;
   la disciplina delle ricompense connesse a decorazioni al valor militare è stata da ultimo modificata, e i relativi assegni rivalutati, dalla legge 27 giugno 1991, n. 199, recante Riordino e rivalutazione degli assegni straordinari annessi alle decorazioni al valor militare;
   la sopracitata legge n. 199 del 1991 ha disposto che, a decorrere dal 1° luglio 1991, detti assegni straordinari, anche se conferiti in tempo di pace, siano considerati esenti da ogni imposizione fiscale e corrisposti nella misura annua indicata all'articolo 1.1 suddetti assegni per l'anno 2013 risultano pari a: euro 4.810,53 per la medaglia d'oro, euro 855,19 per quella d'argento, euro 267,25 per la medaglia di bronzo, euro 160,33 per la croce di guerra;
   le misure sopra indicate rivelano una grande differenza tra l'importo attualmente previsto per gli assegni connessi alle medaglie d'oro da quelli previsti per gli assegni connessi alle medaglie d'argento, alle medaglie di bronzo e alla croce di guerra; i differenti comportamenti che sottintendono alla concessione delle varie onorificenze determinano rilevanti differenze nei valori degli assegni corrisposti, che risultano nel loro insieme di modesta entità –:
   se il Governo intende adoperarsi per riconoscere, con una iniziativa normativa eventualmente nell'ambito del prossimo disegno di legge di stabilità, una rivalutazione di tutti gli assegni, a partire da quello per la medaglia d'oro, con il duplice obiettivo di ridurre le differenze tra le varie tipologie e incrementarne il valore in modo che l'assegno per la medaglia dell'argento non risulti inferiore al 50 per cento di quello previsto per la medaglia d'oro, quello per la medaglia di bronzo non inferiore al 30 per cento di quello per la medaglia d'argento e quello per la croce di guerra non inferiore alla metà di quello corrisposto per la medaglia di bronzo. (5-02971)


   RIZZO, PAOLO BERNINI, TOFALO e ARTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Governo con la decisione assunta dal Ministro della difesa pro tempore Di Paola comunicò a suo tempo l'intenzione di non volere più acquistare la tranche 3-B degli Eurofighter (25 velivoli);
   nel corso dell'indagine conoscitiva della IV Commissione difesa sui sistemi d'arma, l'esperto del settore Enzo Casolini nella sua audizione affermava: «Per quanto riguarda il discorso delle penali, queste sono un fatto derivante da accordi governativi. Se, per assurdo, tutte e quattro le nazioni decidessero di non andare avanti, nel caso in cui si interrompessero le linee di produzione, l'industria avrebbe diritto ad avere un compenso che verrà valutato. Se, però, le nazioni dichiarano di non poter comprare la tranche 3-B, ma di voler aiutare a esportarla ad Arabia Saudita, Emirati, Malesia, e sostituire i loro numeri con quelli dell’export, questa sarà già una compensazione. Consideriamo che un export in Arabia Saudita è di 10 miliardi di euro. Stiamo parlando di un rilevante sostegno al bilancio dei pagamenti dei quattro Paesi»;
   se esistono questi accordi sulla eventuale «compensazione» per evitare costose penali, alla data odierna sono ad avviso degli interroganti totalmente sconosciuti –:
   quali Paesi si siano dichiarati disponibili, anche solo in via informale o preliminare, a subentrare all'Italia per il loro acquisto e, nel caso non ve ne fossero, quale sia la situazione in merito alle eventuali penali che il nostro Paese dovrebbe pagare in caso di rinuncia alla tranche 3-B degli Eurofighter. (5-02972)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, COLLETTI, DEL GROSSO e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 1o marzo 2006 il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato un decreto recante l'individuazione degli enti beneficiari di contributi statali per l'anno 2005 ai sensi dell'articolo 11-bis, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248;
   tale decreto destinava risorse in favore di enti pubblici e privati per promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio;
   tra i soggetti individuati a percepire il finanziamento figurava l'Associazione Sportiva Accademia Pattinaggio – Pescara a cui veniva assegnato un contributo straordinario per la realizzazione di un impianto sportivo per un importo pari a euro 250.000,00;
   i rappresentanti legali dei soggetti beneficiari dei finanziamenti erano tenuti a compilare e sottoscrivere un’ attestazione contenente la dichiarazione di assunzione di responsabilità in ordine al rispetto del vincolo di destinazione del finanziamento statale, indicando anche le modalità di accredito del contributo;
   tali attestazioni venivano trasmesse obbligatoriamente al Ministero dell'economia e delle finanze – dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca del contributo;
   nell'articolo 7 dello stesso decreto si stabiliva che le quote dei contributi statali dovevano intendersi revocate qualora gli stessi enti beneficiari non avrebbero provveduto agli adempimenti posti a loro carico;
   allo stato attuale delle cose non si ha alcuna notizia sulla realizzazione dell'impianto sportivo –:
   se i fondi stanziati siano stati effettivamente erogati all’ Associazione Sportiva Accademia Pattinaggio – Pescara;
   quali siano gli interventi indicati nella dichiarazione per l'erogazione del contributo;
    se sia avvenuta una verifica sullo stato dei lavori degli interventi dichiarati. (4-05096)


   ZARATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 maggio 2014 sul quotidiano Il Manifesto è stato pubblicato un dettagliato dossier relativamente alla costruzione del deposito provvisorio di scorie nucleari della centrale atomica di borgo Sabotino a Latina che ha destato nell'opinione pubblica e negli addetti ai lavori viva preoccupazione per quanto denunciato, relativamente all'intreccio societario di società ripetutamente fallite eppure titolate alla costruzione di un edificio tanto delicato sul piano della salute pubblica e ambientale;
   la Sogin è la società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze delegata allo smantellamento degli impianti nucleari e alla messa in sicurezza dei rifiuti nucleari nel nostro Paese;
   in data 4 luglio 2006 l'allora commissario straordinario per l'emergenza rifiuti nucleari già presidente della stessa Sogin, il generale Carlo Jean, in virtù dei poteri commissariali attribuitigli dal Governo, autorizzò la realizzazione di un deposito per lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti provenienti dallo smantellamento della centrale nucleare (reattore Magnox) sita in località Borgo Sabotino nel comune di Latina;
   l'appalto per la realizzazione dell'impianto, al cui bando furono invitate a partecipare 4 ditte con procedura negoziata, fu assegnato in data 24 settembre 2008 al consorzio stabile AEDARS Scarl con sede in via Alessandria 12 a Roma;
   dall'esito della gara risulta che tale consorzio agiva in nome e per conto delle consorziate FRACLA Srl con sede a Roma, CEA Elettric Srl con sede a Montalto Uffugo (Cosenza) e VICAR Srl con sede a San Giuseppe Vesuviano (Napoli);
   all'epoca dei fatti la FRACLA Srl risultava essere l'azionista di maggioranza del consorzio stabile AEDARS con oltre il 65 per cento delle azioni. In quel periodo era a sua volta controllata dalla Finnat Fiduciaria SpA;
   a tale consorzio erano associate quasi cinquanta società, alcune di dimensioni internazionali aventi capitali sociali di gran lunga superiori a quelli della FRACLA (10.400 – il minimo per costituire una Srl); la gran parte di queste società di minoranza deteneva, così come oggi, lo 0,52 per cento del capitale sociale di AEDARS;
   da cronache giornalistiche risulta che i lavori per il deposito temporaneo di Borgo Sabotino siano stati poi subappaltati a tre imprese residenti a Santa Maria Capua Vetere (Caserta); la Green Impresit Srl, la SILCEI Srl e la Società Consortile Latina a responsabilità limitata (quest'ultima aveva inizialmente sede a Roma);
   la Green Impresit Srl, a sua volta consorziata con lo 0,52 per cento delle quote al Consorzio AEDARS, risulta attualmente indagata e sottoposta a misure di sequestro preventivo dei beni da parte della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere nell'ambito dell'inchiesta relativa al CUB: il Consorzio unico di bacino per lo smaltimento dei rifiuti urbani nelle Province di Caserta e Napoli;
   sempre dalle cronache giornalistiche risulta che le altre due subappaltate per la costruzione dell'immobile, la SILCEI Srl e la Società Consortile Latina a responsabilità limitata risulterebbero avere uno stretto legame parentale tra i loro proprietari: i signori Angelo e Antonio Salzillo, residenti entrambi a Cancello ed Arnone (Caserta), sarebbero infatti fratelli;
   da visure camerali e altro materiale documentale si è riscontrato inoltre che i lavori per la realizzazione del deposito non siano stati ultimati, risultando interrotti per molti mesi, per poi essere ripresi e ultimati a seguito di un secondo bando indetto dalla Sogin per la finitura degli interni e la chiusura di micro fessure presenti nel manufatto;
   il consorzio stabile AEDARS è stato raggiunto da un'interdizione antimafia emesso dalla prefettura di Roma nello scorso mese di settembre a causa del fatto che la sua maggiore azionista, la FRACLA Srl risultava nel frattempo esser divenuta di proprietà di un membro incensurato del clan Mollica e di una non meglio precisata sua parente. Il provvedimento interdittivo della prefettura di Roma, va precisato, è stato recentemente annullato dal TAR del Lazio;
   la SILCEI Srl ha dichiarato di avere una sua unità locale nel comune di Gallarate (Varese); nello stesso Comune risulta esser stato obbligato a dimora, fino a poco tempo prima del suo assassinio, l'affiliato, al clan camorristico e pluri-pregiudicato Antonio Salzillo, ucciso a Cancello ed Arnone (CE) il 6 marzo 2009, fatto rispetto al quale giova ricordare come quest'ultimo soggetto fosse il nipote di Ernesto e Antonio Bardellino, rispettivamente il «cervello» e il «fondatore» del clan dei Casalesi, secondo le testimonianze del pentito di camorra Carmine Schiavone e che per tale omicidio risulta esser stato arrestato, tra gli altri, Nicola Schiavone, figlio di Francesco (detto Sandokan), ritenuto dagli inquirenti il mandante del delitto –:
   se ai Ministri interrogati risulti se la Società Consortile Latina a responsabilità limitata sia stata effettivamente incaricata dal Consorzio Aedars del sub appalto dei lavori per la realizzazione del deposito provvisorio di Borgo Sabotino, e se la SILCEI Srl, appartenente al 50 per cento ciascuno ad Angelo e Antonio Salzillo, abbia incorporato nel 2011, cioè quando i cantieri di Borgo Sabotino erano ormai stati abbandonati dai subappaltati, la Società Consortile Latina a responsabilità limitata;
   quale ruolo di controllo abbiano svolto la Sogin e i Ministeri rispetto a quanto in premessa. (4-05107)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IORI, MORANI e LENZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 20 della Convenzione di New York garantisce ai minorenni, privati temporaneamente o definitivamente del loro ambiente familiare, protezione e aiuti da parte dello Stato;
   nonostante ciò, ad oggi in Italia sono circa trentamila i bambini abbandonati a se stessi secondo i dati forniti dall'associazione Ai.Bi. Amici dei Bambini. Il monitoraggio svolto dal Centro nazionale di documentazione e analisi sull'infanzia e l'adolescenza datato marzo 2011 rileva ben 11.909 bambini e adolescenti privi di una famiglia ed accolti in servizi residenziali, mentre 14.186 si trovano in affidamento familiare;
   negli ultimi anni si è inoltre registrato un drammatico calo del fenomeno delle adozioni nazionali nella misura del 33 percento dal 2007 al 2011 e di circa un quarto per le adozioni internazionali, per ragioni di certo non imputabili unicamente alla crisi economica, ma anche ai costi, ai tempi ed alle difficoltà della procedura;
   nessun istituto può sostituire per il minorenne l'ambiente familiare, fondamentale per il suo corretto sviluppo psico-fisico. I bambini privi di una famiglia rischiano di ricevere cure inadeguate, di essere discriminati, sfruttati ed abusati;
   la legge 28 marzo 2001 n. 149, perseguendo la finalità di garantire alla persona di età minore il diritto ad una famiglia, prevedeva all'articolo 40 l'istituzione presso il Ministero della giustizia di una banca dati, fruibile da tutti i tribunali per i minorenni e aggiornata trimestralmente, relativa ai minori dichiarati adottabili, nonché ai coniugi aspiranti all'adozione, con indicazione di ogni informazione atta a garantire il miglior esito del procedimento ed agevolare dunque l'incontro fra bambini adottabili e famiglie disponibili;
   decorsi oltre dieci anni dall'entrata in vigore (di tale legge e solo a seguito della sentenza di condanna pronunciata del TAR del Lazio n. 8231/2012 il 1o ottobre 2012, il Ministero della giustizia con decreto dirigenziale del 15 febbraio 2013 ha formalmente attivato detta banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili, nonché ai coniugi aspiranti all'adozione;
   i dati registrati sono stati resi noti all'associazione Ai.Bi. a seguito di espressa richiesta al dipartimento per la giustizia minorile, rilevando al giugno 2013 1.491 minori adottabili, cifra oggettivamente inaccettabile, in quanto il Ministero indicava alla stessa data ben 11.927 coppie disponibili all'adozione;
   stante la previsione dell'articolo 40, comma 2 della legge n. 149 del 2001, il quale prevede che la banca dati «deve essere periodicamente aggiornata con cadenza trimestrale», l'associazione Ai.Bi. nonché il Gruppo CRC, di cui fanno parte circa 80 associazioni italiane impegnate nella difesa dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, procedevano, a distanza di 15 mesi, ad una ulteriore richiesta scritta al Ministero circa la comunicazione dei dati aggiornati, non ottenendo riscontro alcuno;
   è di tutta evidenza come il corretto funzionamento della banca dati, il suo costante aggiornamento, l'efficace fruizione da parte dei tribunali per i minorenni e dalle associazione di settore nonché la pubblicazione dei dati raccolti, garantendo la protezione di quelli sensibili, possa rendere concreto l'incontro fra minori adottabili e coppie disponibili, consentendo a quasi 1.500 bambini di avere, in tempi rapidi, una famiglia;
   circa lo stato attuale del funzionamento della citata banca dati, si rileva infine preoccupazione in merito a quanto indicato nella Relazione del Ministro della giustizia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sullo stato di attuazione della legge n. 149 del 2001 trasmessa alla Camera dei deputati lo scorso 16 dicembre 2013. Più precisamente è determinante conoscere se l'utilizzo da parte dei tribunali per i minorenni di sistemi informativi diversi (SIGMA in 11 tribunali e SICAM nei restanti), renda comunque possibile lo scambio di dati ed informazioni fra detti tribunali –:
   quale sia l'attuale numero dei minorenni italiani adottabili e non ancora adottati, nonché dei coniugi aspiranti all'adozione;
   se la banca dati prevista dalla legge 28 marzo 2001 n. 149 sia ad oggi attiva ed in grado di far accedere tutti i tribunali per i minorenni ai dati in essa contenuti;
   se il Ministro interrogato intenda procedere al costante aggiornamento trimestrale della citata banca dati, come previsto dall'articolo 40, comma 2, della legge 28 marzo 2001 n. 149;
   se, con quali modalità e tempi il Ministero della giustizia intenda rendere noto alle associazioni attive nel campo della tutela dei diritti dell'infanzia le informazioni contenute nella citata banca dati, quantomeno con riferimento al numero aggiornato dei minorenni adottabili e non ancora adottati ed alle coppie disponibili all'adozione. (5-02962)

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella tarda serata del 14 settembre 2013, ad Augusta, in provincia di Siracusa, una ragazza di 13 anni, Claudia Quattrocchi, ha perso la vita dopo essere stata travolta da un'automobile che andava a forte velocità e oltre i limiti consentiti dalla legge, mentre, in compagnia di un'amica, Angelica Di Carlo, stava attraversando la strada sulle strisce pedonali in corso Sicilia;
   la tredicenne è stata travolta in pieno dall'auto in corsa, una Fiat Punto di colore bianco con a bordo tre ragazzi, il cui conducente è scappato al momento dell'impatto, senza neanche prestare soccorso alla ragazza;
   i soccorsi giunti successivamente sul posto sono stati vani per Claudia Quattrocchi, che dopo un salto di circa 20 metri a seguito del violentissimo impatto, è morta poco dopo esser giunta all'ospedale Moscatello;
   le forze dell'ordine, giunto sul luogo del tragico incidente, hanno da subito avviato le indagini per risalire al conducente dell'auto, il quale si è poi consegnato nella notte ai carabinieri ed è stato denunciato in stato di libertà per omicidio colposo e omissione di soccorso;
   sul luogo dell'incidente non sono state rilevate dalle forze dell'ordine sull'asfalto neppure segni di frenata;
   pare inoltre che al momento del tragico incidente l'investitore, un diciottenne, guidasse sotto l'effetto di droghe –:
   il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga di assumere iniziative normative che interdicano la guida a coloro che siano sotto processo per fatti quali quelli sopra descritti e che rafforzino in ogni caso le sanzioni. (4-05100)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   QUARANTA, ZARATTI, NARDI e RAGOSTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   fino al 2006 i servizi di handling aeroportuale erano svolti presso l'aeroporto di Fiumicino direttamente da Aeroporti di Roma (AdR);
   a seguito del processo di liberalizzazione, AdR ha cominciato a esternalizzare alcune attività tra cui quelle di assistenza aeroportuale, facendo nascere la società AdR Handling che nel 2006 viene ceduta a Fligthcare spa, una società spagnola che gestisce questo tipo di attività in 14 aeroporti europei;
   a seguito di un processo di liberalizzazione, ad avviso degli interroganti, non efficacemente regolato, nell'aeroporto di Fiumicino, sono entrate, una ad una, diverse altre società di handling;
   sotto tale profilo si ritiene che AdR ed ENAC (Ente nazionale dell'aviazione civile) abbiano assunto in tale contesto specifiche responsabilità per aver concesso, senza alcun limite, licenze per operare presso l'aeroporto di Fiumicino, tanto che oggi esistono 64 società certificate di cui 7 di full handler, quando a Parigi, Londra, Bruxelles e in altri aeroporti europei, ne esistono 2 o 3 e solo in alcuni sparuti casi 4;
   tale liberalizzazione ha ridotto il valore delle commesse, tanto che oggi, in sostanza, per assistere un volo nei principali aeroporti europei il costo è pari a circa 1.600 euro, mentre a Fiumicino a 500 euro;
   tale abbattimento dei costi, dovuto ad una concorrenza eccezionale e mal regolata, ha portato all'impoverimento delle società, a politiche di abbattimento dei costi del lavoro ed alla conseguente precarizzazione dei rapporti di lavoro, considerato pure che le società di handling sono società cosiddette labour intensive ed il 75 per cento dei costi è rappresentato dal costo del lavoro;
   Flightcare nel 2012 è stata ceduta e ha cambiato nome in Groundcare spa;
   dopo meno di un anno, nel maggio 2013, per il peggiorare delle condizioni economico-finanziarie, Groundcare spa ha chiesto di accedere al concordato in continuità, fino ad arrivare al 28 aprile 2014 alla sentenza di fallimento;
   nel periodo di concordato, due soggetti si sono proposti per rilevare la società, GH Napoli e Aviation Services, avanzando rispettivamente 2 proposte, ma per il decorrere dei tempi della procedura, l'accordo non è stato presentato al giudice e la società è fallita;
   la sentenza di fallimento data 28 maggio 2014 relativa a Groundcare spa che occupa 850 dipendenti rischia di produrre un impatto sull'economia dell'area dell'aeroporto di Fiumicino e sul settore di riferimento molto pesante, in un contesto generale di altissimi tassi di disoccupazione come quelli recentemente pubblicati dall'ISTAT;
   la medesima area è interessata, peraltro, dall'operazione di partnership industriale tra Alitalia e Eithad, che rischia anch'essa, stando alle notizie riportate dalla stampa nazionale, un forte impatto occupazionale –:
   quali elementi il Governo intenda fornire con riferimento alla vicenda relativa a Groundcare spa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, affinché il processo di liberalizzazione del trasporto aereo e la conseguente ristrutturazione del settore non continui ad avvenire a discapito dell'occupazione, alimentando la drammatica situazione di precarietà del lavoro che caratterizza il nostro Paese e che oggi tocca così drammaticamente i lavoratori di Groundcare Spa. (5-02965)


   BRUNO BOSSIO, TULLO e D'ATTORRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   alla fine degli anni ’80 l'attuale Rfi ha pagato 19 miliardi di lire alla ATI Costrafer per un'opera – la nuova linea Catanzaro Lido-Lamezia Terme – mai iniziata né costruita per un valore di 49 miliardi;
   negli anni successivi il Governo ha rifinanziato il progetto della Catanzaro Lido-Lamezia investendo circa 120 milioni di euro per costruire un primo tratto tra Catanzaro Lido e Settingiano;
   Rfi negli scorsi anni ha speso oltre un milione e 500 mila euro per ammodernare e ristrutturare la stazione di Catanzaro Lido;
   sul primo tratto, tra Catanzaro Lido e Settingiano, esiste la stazione di Catanzaro che serve l'area della vallata del Corace;
   nella vallata del Corace, interessata da questa nuova linea, la regione Calabria da una parte e la città di Catanzaro dall'altra hanno allocato la cittadella universitaria, il policlinico universitario, la sede della giunta regionale, oltre ad altre attività direzionali e commerciali;
   le sopracitate attività universitarie, direzionali e commerciali richiamano in quell'area circa 5 mila persone giornalmente tra studenti, professori, impiegati dipendenti della regione ed altri;
   non si hanno notizie su cosa intende fare Rfi per velocizzare e/o completare la costruzione dell'intero tracciato fino a Lamezia, con l'opportunità di arrivare fin dentro l'aeroporto internazionale di Lamezia;
   si apprende che Trenitalia dal 15 giugno 2014, con il nuovo orario, intende sopprimere tutti i treni attualmente circolanti tra Catanzaro Lido e Lamezia, sostituendo il servizio con bus extraurbani;
   tale decisione si aggiungerebbe alle analoghe misure già effettuate a novembre 2013, continuando nella soppressione di ulteriori treni sulla tratta Jonica e sulle altre linee che collegano le città della Calabria –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere nei confronti di Trenitalia e Rete ferroviaria italiana per impedire che la Catanzaro Lido-Lamezia diventi un ramo secco dopo aver speso risorse dei cittadini italiani e quali iniziative intenda attivare per il completamento di un'opera che risponderebbe alle due esigenze strategiche di avere un servizio cadenzato che permetta il raggiungimento della città di Catanzaro dalle parti più estreme della regione nell'arco di un'ora e mezza e di evitare che l'area centrale della Calabria rimanga isolata dal contesto del trasporto ferroviario interno alla regione ed esterno verso il Paese, aggravando i danni ambientali dovuti al conseguente uso del mezzo privato da parte dei cittadini per i propri spostamenti. (5-02966)


   CATALANO e BRUNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 la Corte dei conti ha rilevato che un obbligo universale di servizio pubblico nel settore del trasporto ferroviario di merci risulta ingiustificato dal punto di vista industriale, aggiungendo che è necessario definire con precisione il perimetro di questo servizio mediante contratti di servizio certi e di durata congrua;
   sulla base di un'indagine conoscitiva sull'accesso alle infrastrutture, avviata il 21 gennaio 2014 dall'Autorità di regolazione dei trasporti, sono emersi elementi di criticità relativamente alle condizioni che regolano l'utilizzo della rete ferroviaria e le sue infrastrutture;
   conseguentemente, il collegio dell'Autorità di regolazione dei trasporti, nella sua riunione del 6 marzo 2014, ha deliberato l'avvio di un procedimento per l'adozione di specifiche misure di regolazione volte a garantire condizioni di accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie;
   la Commissione europea ha avviato un'indagine per valutare se le compensazioni per obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto merci, che Trenitalia riceve dal 2000, siano compatibili con le norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato, accertando un aiuto di stato di 1 miliardo di euro –:
   se il Governo stia valutando, per quanto di competenza, l'opportunità di interrompere l'attuale sistema di compensazioni, prevedendo in alternativa uno sconto sul pedaggio per tutte le società che fanno trasporto ferroviario merci, ovvero di prevedere, per il futuro, una gara divisa in lotti, così da rendere possibile la competizione fra più società. (5-02967)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI, LIUZZI, DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, SPESSOTTO e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 13 giugno 2014, è previsto l'ultimo Consiglio di amministrazione di Alitalia – Compagnia Aerea Italiana spa (Alitalia) convocato per il via libera alla stesura del documento preliminare di accordo con Etihad Airways (Etihad), la compagnia aerea di bandiera degli Emirati Arabi Uniti, volto all'accettazione delle condizioni su cui fondare la Nuova Alitalia;
   con 560 milioni di euro, il prezzo di due boeing, la compagnia emiratina acquisirà di fatto il controllo di un'azienda storica come Alitalia, tuttora leader di mercato in Italia, con 24 milioni di passeggeri nel 2013, un fatturato di 3,5 miliardi di euro nel 2012, proprietaria di 134 aerei e con risorse umane e know how all'avanguardia nel mondo e avrà un'azienda depurata dai debiti e dai contenziosi legali e liberata di 2.200 lavoratori che dovranno essere licenziati tout court, senza quindi il ricorso ad ammortizzatori sociali come cassa integrazione a rotazione o contratti di solidarietà. Sono, infatti, di queste ore le notizie relative alle decisioni delle banche creditrici ed azioniste di Alitalia, quali Intesa San Paolo, Unicredit, Popolare di Sondrio e Monte dei Paschi di Siena, di rinunciare ad un terzo del credito di 400 milioni di euro, convertendo 2/3 dello stesso in azioni, e del licenziamento in tronco di 2.200 lavoratori di cui 1700 personale di terra e 500 di volo;
   Etihad Airways, oltre ad imporre condizioni eccessivamente sbilanciate e onerose per la compagnia di bandiera italiana; secondo notizie di stampa, ha anche addirittura fatto pressioni sul Governo Italiano per un riassetto del sistema aeroportuale. In particolare, spingendo per l'ampliamento dei voli di Milano Linate, con nuove rotte europee ed extraeuropee, e per la riduzione degli spazi e delle agevolazioni per le compagnie low cost e delle autorizzazioni alle compagnie extraeuropee per i voli intercontinentali in quinta libertà. Inoltre, ha richiesto garanzie per la modernizzazione degli scali aeroportuali di proprio interesse, nonché investimenti nell'alta velocità ferroviaria negli aeroporti, in particolare di Fiumicino, Malpensa e Venezia. Queste sarebbero anche le ragioni per cui il piano nazionale degli aeroporti, il cui decreto il Ministro interrogato ha più volte annunciato, non è ancora stato approvato dal Consiglio dei ministri. Tale ipotesi se fosse confermata rappresenterebbe un vulnus per la nostra democrazia, in quanto non è mai accaduto, nella storia del nostro Paese, che un'azienda privata di origine extracomunitaria, sia arrivata ad avviso degli interroganti ad imporre di fatto ad uno Stato sovrano come l'Italia condizioni di carattere legislativo e regolamentare come quelle che stanno emergendo dalla stampa;
   il tanto atteso, piano industriale della Nuova Alitalia di Etihad sembra quindi delinearsi sempre più chiaramente per le sue preoccupanti analogie con quanto già accaduto nel 2008 con il salvataggio di Alitalia ad opera dei cosiddetti «capitani coraggiosi». Permangono, a detta degli interroganti, infatti numerosi punti oscuri in merito all'impatto, diretto ed indiretto, che tale operazione avrà per il bilancio dello Stato, al netto delle politiche di sostegno al reddito per i 2.200 esuberi strutturali su cui il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha già detto di essere impegnato a trovare soluzioni;
   in particolare, per gli interroganti destano preoccupazioni:
    a) l'esistenza di un possibile accordo Governo banche per un futuro ingresso della Cassa depositi e prestiti, società per azioni a controllo pubblico che gestisce i risparmi postali (buoni fruttiferi e libretti) degli italiani, nell'azionariato della CAI, la holding che con il 51 per cento dovrà assicurare il controllo in mani europee della Nuova Alitalia, finalizzato a rilevare il debito di queste ultime e a compensarle delle perdite subite;
    b) la posizione del gruppo Poste Italiane SpA, controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, che azionista per il 19,48 per cento di Alitalia, dovrà accollarsi quota parte del debito di un miliardo e duecento milioni di euro, quindi 240 milioni di euro, della bad company CAI, su cui non ha nessuna responsabilità, avendo tra l'altro già investito 75 milioni di euro in occasione dell'ultima ricapitalizzazione;
    c) il ritardo ingiustificato della emanazione del piano nazionale degli aeroporti e delle ipotesi circolate sulla stampa su politiche aeroportuali ritagliate su misura della Nuova Alitalia a danno della concorrenza;
   il Ministro interrogato, come più volte dichiarato alla stampa, conosce nei dettagli il piano industriale della Nuova Alitalia di Etihad, avendolo illustrato, ancor prima che in Parlamento, al Governatore della Lombardia, Roberto Maroni, e al sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, per rassicurarli in merito all'impatto che tale accordo avrà sul sistema aeroportuale lombardo, mancando a giudizio degli interroganti così platealmente di rispetto alle istituzioni parlamentari e alle altre regioni italiane –:
   quali siano; i reali termini dell'accordo Alitalia-Etihad e, particolare, quali sono gli aspetti ancora controversi e poco chiari di tale accordo e l'impatto che questo avrà, direttamente ed indirettamente, sul bilancio dello Stato e sull'assetto regolamentare del trasporto aereo nazionale. (5-02968)

Interrogazioni a risposta scritta:


   IACONO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   agli inizi degli anni 2000 i diversi Governi succedutisi nel tempo, in un contesto di proficua concertazione con le regioni, il sistema delle autonomie locali e «Sviluppo Italia», destinarono ingenti risorse pubbliche con il dichiarato obiettivo di attrarre nel Mezzogiorno del paese importanti investimenti nel settore turistico ricettivo, valorizzando in tal modo la straordinaria vocazione turistica della Sicilia ed in principal modo del versante sud occidentale della regione;
   nasce e si sviluppa in quegli anni la visione di Sir Rocco Forte, il quale immagina, in uno degli scorci più meravigliosi e suggestivi della Sicilia, a cavallo fra gli antichi insediamenti archeologici della Valle dei templi di Agrigento e di Selinunte, il più grande polo golfistico del Mediterraneo;
   si tratta del «Verdura Golf Resort»: un autentico gioiello immerso nel verde ed affacciato sul Mediterraneo, i cui campi da gioco, due da 18 buche più un campo di pratica da 9 buche, uniche in tutta Europa, nel giro di pochi anni assume, nei circuiti dei grandi tour golfistici, un rilievo internazionale, tanto da arrivare ad ospitare nel 2012 il Sicilian open, proiettando sulla Sicilia le luci dei riflettori del mondo intero;
   va posto in rilievo come il «Verdura Golf Resort» nasce nel 2005 da un'Accordo di programma quadro sottoscritto da Ministero dello sviluppo economico, Sviluppo Italia, regione siciliana e la SRRF «Mediterranea» di proprietà della Sir Forte Society, per un investimento di complessivi 120 milioni di euro (80 milioni di euro di risorse del privato più 40 milioni di euro di investimento pubblico) con l'obiettivo di realizzare in Sicilia ed in provincia di Agrigento il più grande polo di attrazione turistica del Mediterraneo;
   è necessario evidenziare come il Verdura Golf Resort attualmente impiega a tempo pieno e per tutto l'anno nella sua struttura circa 300 Unità lavorative, oltre all'enorme indotto e senza parlare delle innumerevoli intraprese private (B and B, Hotels, case vacanze, ristoranti) nati proprio sulla spinta di tale investimento, che hanno letteralmente trasformato il profilo economico ed occupazione di un intero territorio;
   nonostante questi numeri, il supporto delle istituzioni allo sforzo di imprenditori simili è ad oggi sostanzialmente pari a zero, tanto da indurre questi ultimi a valutazioni di convenienza economica rispetto agli investimenti sopportati che, ove si realizzassero, determinerebbero conseguenze a dir poco devastanti per le prospettive di crescita di questa parte di Sicilia;
   in particolare, desta perplessità la gravissima mancanza di collegamenti degli aeroporti della Sicilia occidentale (in particolar modo l'Hub di Palermo) con le principali Capitali d'Europa e del mondo; è infatti risaputo come il target di viaggiatori che gira il mondo frequentando tali circuiti golfistici internazionali non utilizza le compagnie low cost ma soltanto compagnie di bandiera e privilegia voli diretti, piuttosto che dover sopportare interminabili voli connotati da continue coincidenze;
   pare di tutta evidenza come l'assenza di simili collegamenti fra l'aeroporto di Palermo ed il resto d'Europa abbia notevolmente penalizzato le prospettive di crescita di un intero territorio, rischiando seriamente di compromettere investimenti di simile portata;
   in tal senso va stigmatizzato quanto accaduto nei mesi precedenti: la compagnia aerea «Air Berlin», proprio con l'obiettivo di riscontare le esigenze sopra esposte aveva, a cavallo fra il 2013 ed il 2014, disposto voli da e per Palermo in collegamento diretto con le città di Berlino, Monaco di Baviera, Colonia, Dusserdorlf, Amburgo e Stoccarda; tale scelta aveva in quel periodo di tempo dato una notevolissima boccata d'ossigeno, specie in termini di presenze turistiche nei mesi invernali, non soltanto al Verdura Golf Resort, ma anche alle numerose strutture turistico ricettive delle province di Trapani e Palermo, giustificando la scelta della compagnia aerea tedesca;
   da alcuni mesi questi voli sono stati, improvvisamente ed inspiegabilmente, dirottati su Catania ammazzando letteralmente le prospettive di rilancio dell'economia turistica di interi territori affamati di sviluppo, progresso ed occupazione;
   tale scelta appare assolutamente inaccettabile e mortifica gli sforzi che privati investitori ed intere comunità insieme stanno facendo per fare uscire la parte più debole della Sicilia dalle sacche del sottosviluppo consegnando alle nuove generazioni una stagione di rilancio e soprattutto di lavoro –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano promuovere per difendere e salvaguardare investimenti tanto importanti;
   quali interventi intendano assumere per garantire una reale implementazione dei collegamenti aerei della Sicilia occidentale con l'Europa ed il resto del mondo. (4-05095)


   DI LELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è a tutt'oggi senza risposta l'interrogazione n. 4-01495 presentata il 27 settembre 2013 con la quale si richiamava l'attenzione dei Ministri interrogati sul sistema dei trasporti della regione Campania ormai al collasso, fonte di gravi ripercussioni in termini economici e occupazionali sull'intera regione;
   nel frattempo tale situazione si è ulteriormente aggravata e desta forti preoccupazioni e concreto allarme sociale;
   va rimarcato che negli ultimi quattro anni il trasporto pubblico locale in Campania è stato caratterizzato da un continuo e inarrestabile degrado, con la riduzione via via dell'offerta di mobilità e con ciò creando un diffuso disagio all'utenza, soprattutto quella rappresentata dai meno abbienti;
   al fine di migliorare il trasporto pubblico locale e di risanare le aziende che avevano contratto debiti per assicurare il servizio, è stato nominato dal Governo nazionale un commissario ad acta;
   il commissariamento è stato sostenuto da ingenti risorse, in parte anticipate dalla regione Campania e in parte attingendo ai fondi di coesione;
   tra i primi atti del commissario ad acta è stata attuata la fusione delle tre aziende regionali su ferro (Circumvesuviana, Sepsa e MetroCampania nordest) con lo scopo di riorganizzare ed efficientare le risorse umane;
   detta fusione, attuata secondo l'interrogante senza un concreto e sostenibile piano industriale, in realtà ha aggravato le criticità esistenti, determinando ulteriore confusione;
   il predetto commissario ha anche il mandato di definire e transigere i contenziosi con le imprese esecutrici dei lavori;
   detti contenziosi sono la conseguenza di un fermo dei cantieri deciso dalla giunta regionale nell'agosto 2010 per sessanta giorni, sospensione protrattasi senza una ragione e ancora persistente;
   è fondato il timore che le imprese creditrici sottoporranno a pignoramenti tutte le somme nella disponibilità di EAV srl allo scadere della moratoria del 30 giugno 2012 delle procedure esecutive;
   malgrado le risorse erogate e il mandato conferito al commissario governativo di efficientare e risanare il settore, il sistema trasporti pubblici in Campania è allo stremo;
   in particolare, le linee della ex Sepsa (Cumana e Circumflegrea) sono praticamente sospese con il conseguente isolamento di tutta la fascia flegrea;
   gli impegni di ripresa più volte assunti dall'assessore ai trasporti regionale e dall'amministratore di EAV srl si sono rivelati solo vuote ed inutili promesse, poiché il peggioramento costante del settore è ormai incontestabile;
   in particolare, il programma straordinario di investimento, presentato dall'assessorato regionale ai trasporti in data 10 aprile 2012, prevedeva la immissione in servizio del materiale rotabile, secondo le seguenti scadenze:
    a) per Circumvesuviana: 64 treni alla data del 1o gennaio 2013 e 90 treni entro la metà di ottobre 2013;
    b) per SEPSA: dai 10 treni in servizio a maggio 2012 si sarebbe potenziato il servizio passando a 13 treni a novembre 2012 e a 16 treni a giugno 2013;
   le previsioni si sono rivelate tutte rovinosamente errate, così che oggi in ex Circumvesuviana circolano con difficoltà meno di 40 convogli ed in ex Sepsa la circolazione è affidata a 1 treno sulla linea Cumana e 2 sulla Circumflegrea, peraltro a rischio di insicurezza per la vetustà dei convogli;
   parimenti sono risultate inconsistenti le programmazioni relative alla consegna di nuovi treni da parte dei fornitori;
   è stata disposta l'interruzione della linea Cumana a Bagnoli, con ciò aggravando la vivibilità di un territorio in estate aggredito dal pendolarismo balneare;
   ad aggravare il quadro descritto si aggiunge, come si apprende da Il Mattino del 10 giugno 2014, che il materiale circolante risulta ulteriormente ridotto a causa degli atti vandalici ad opera di ignoti che hanno gravemente danneggiato numerosi convogli –:
   quali strategie, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano promuovere, stante il fallimento delle iniziative sino ad ora adottate dagli organi ordinari e straordinari, al fine di ripristinare una offerta di trasporto soddisfacente sul territorio campano e in particolare sul territorio servito dalle insostituibili linee Cumana e Circumflegrea della ex Sepsa spa. (4-05098)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CRISTIAN IANNUZZI, TOFALO, SPESSOTTO, LOMBARDI, DAGA e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi 20 anni sul territorio romano di Ostia si sono registrati gravissimi omicidi riconducibili all'egemonia di clan mafiosi insediatisi sul luogo; di particolare rilevanza è stato l'omicidio nell'ottobre del 2002, avvenuto in pieno giorno, di Paolo Frau, esponente di spicco della Banda della Magliana;
   a seguito di detto omicidio, la direzione distrettuale antimafia di Roma delegava allo svolgimento delle indagini l'ufficio di polizia giudiziaria dell'aeroporto di Fiumicino e la squadra mobile della questura di Roma, che costituiva un pool di indagine ad hoc;
   le numerose informative trasmesse all'autorità giudiziaria nell'ambito di tali indagini evidenziarono l'esistenza di un sodalizio criminoso finalizzato al traffico internazionale di stupefacenti e al riciclaggio di denaro, facente capo nel sud Italia, e in particolare nel lido di Ostia, ai fratelli Vito e Vincenzo Triassi, rappresentanti in loco del clan Cuntrera-Caruana-Caldarella, e in Sudamerica ai noti latitanti Vito Genco e Santo Caldarella;
   nonostante i brillanti risultati investigativi raggiunti, inspiegabilmente l'attività di indagine condotta dalla squadra mobile di Roma veniva interrotta ed il pool investigativo smembrato; le deleghe di indagine conferite dall'autorità giudiziaria agli ispettori Gaetano Pascale e Piero Fierro per recarsi in Brasile e Costarica ad approfondire i legami criminali emersi tra Italia e Sudamerica non furono mai eseguite; gli stessi furono dapprima rimossi dalle indagini e poi accusati da un esposto anonimo di aver sottratto soldi dell'erario, accuse rivelatisi del tutto infondate;
   i risultati investigativi ottenuti nel 2003 hanno trovato conferma solo dopo più di 10 anni, a seguito delle operazioni «Nuova Alba» del luglio 2013 e «Tramonto» dell'aprile 2014, con cui la squadra mobile di Roma e la Guardia di finanza hanno eseguito oltre 60 arresti nei confronti di personaggi ritenuti responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso ai sensi dell'articolo 416-bis del codice penale, oltre ad aver sequestrato beni per un valore di circa 6 milioni di euro;
   inoltre nell'aprile 2014 è stato catturato in Venezuela, dopo 20 anni di latitanza, Vito Genco, quando la sua presenza in Sudamerica e il suo ruolo attivo nell'organizzazione dedita al traffico di stupefacenti era nota già dal 2002;
   buona parte dei personaggi indicati nelle ordinanze emesse dalla procura di Roma (tra cui i fratelli Triassi, indicati quali veri e propri referenti sul territorio del clan mafioso Cuntrera-Caruana) erano stati già ben individuati e riferiti in specifiche informative dal pool che dieci anni prima fu smantellato perché ritenuto improduttivo –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti, come esposti in premessa e se risultino agli atti i motivi che abbiano determinato lo smantellamento del pool istituito presso la questura di Roma. (4-05108)


   PAGANI, GIANLUCA PINI e ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
    gli organi di informazione hanno dato notizia di un lungo applauso tributato ai poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi, durante il congresso nazionale del SAP svoltosi a Rimini il 29 aprile 2014; fatto che sarebbe quanto mai grave e porterebbe discredito alla rappresentanza sindacale Sap e all'immagine delle forze dell'ordine nel loro complesso;
   il 5 giugno 2014, durante un intervento alla trasmissione Tgcom24, Gianni Tonelli, segretario generale del Sap, ha dichiarato che le immagini trasmesse dai telegiornali in riferimento ai suddetti applausi sarebbero in realtà stati diretti ad un altro poliziotto;
   gli organi d'informazione riportano che lo stesso Tonelli, nella lettera spedita al presidente Giorgio Napolitano, ha inserito la registrazione di tutto l'evento per dimostrare che gli applausi durarono appena 38 secondi e non sono riconducibili alla tragica morte del giovane e al dolore della famiglia –:
   di quali elementi disponga in merito a quanto esposto in premessa e se anche alla luce di quanto emerso nella trasmissione Tgcom24, possa confermare la nuova versione dei fatti emersa e quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare il buon nome e la reputazione del Corpo della polizia di Stato. (4-05109)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   ZAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il prossimo 30 agosto 2014 scadrà il mandato di Paolo Jacolino, attuale provveditore agli studi di Padova;
   il ruolo di provveditore viene stabilito, dal direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale, il cui ufficio, in Veneto, è vuoto ormai da circa tre anni: a oggi, dunque, nessuno potrebbe neppure firmare l'incarico per il nuovo provveditore agli studi;
   l'ultima a occupare il ruolo di direttore generale è stata Daniela Palumbo, che da gennaio del 2011 svolge attività presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; dopo di lei, l'ufficio regionale veneto fu affidato alla reggenza di Daniela Beltrame, che dopo circa sei mesi fu promossa a direttore generale in Friuli Venezia Giulia. Così il posto è stato preso dalla vice-direttrice, Gianna Marisa Miola, approdata alla pensione dall'inizio di maggio del 2014;
   la lacuna dirigenziale coinvolge oggi non uno bensì due incarichi: il direttore e il suo vice;
   la mancanza di un direttore generale si traduce nell'impossibilità di firmare deleghe, e ciò porta inevitabilmente alla paralisi di una serie di provvedimenti, tutt'altro che secondari: dalle assunzioni ai licenziamenti, dalle visite ispettive alla contrattazione sindacale, fino alla rappresentanza in tribunale, in caso di contenziosi;
   la questione riguarda anche le diverse migliaia di docenti che, in Veneto, dovrebbero entrare in ruolo a seguito dell'ultimo concorso: circa 18.000 contratti, secondo una stima approssimativa, che, senza la firma del direttore generale, rischiano di rimanere in fase di stallo per un tempo di fatto indeterminato;
   la spending review prevedeva l'accorpamento tra Veneto e Friuli con un unico direttore generale, ma a oggi non è chiaro quale sia la linea che il Ministero intende perseguire –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di assicurare quanto prima alla regione Veneto la presenza stabile di un direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale così da impedire la paralisi dell'ufficio e di tutti gli adempimenti connessi all'esercizio delle sue funzioni, ivi compresa l'impellente necessità di nomina del nuovo provveditore agli studi di Padova. (3-00878)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2014 il decreto-legge n. 34 del 20 marzo 2014, contenente disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione;
   alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 2, in merito alla formazione trasversale dell'apprendista, si rileva che «La Regione provvede a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarati disponibili, ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 20 febbraio 2014»;
   non si comprende nel testo, cosa sia previsto laddove la regione non provveda alla comunicazione delle modalità di svolgimento della formazione trasversale;
   l'orientamento giurisprudenziale sarebbe quello di trasferire l'onere della formazione al datore di lavoro, onere che, a parere degli interroganti, appare incoerente, dato che, come si legge dalla delibera concernente le linee guida per l'apprendistato professionalizzante «la formazione interna, deve essere svolta in ambienti adeguatamente organizzati ed attrezzati, distinti da quelli normalmente destinati alla produzione di beni e servizi e con il supporto di risorse umane con adeguate capacità e competenze»;
   inoltre, non tutti i datori di lavoro sono attrezzati per poter assolvere quest'obbligo e i medesimi per potersi adeguare dovrebbero destinare le proprie di risorse economiche ad un fine che per il momento di crisi in cui vertono le aziende italiane, parrebbe inopportuno;
   vi è quindi la necessità di interventi normativi atti a definire in maniera chiara gli obblighi in capo al datore di lavoro laddove la regione, nel termine stabilito, non intervenga a comunicare le modalità di svolgimento dell'offerta pubblica;
   inoltre, nel testo non si fa cenno ai «limiti di distanza» della sede dei corsi previsti dalla residenza degli apprendisti e numerose sono le lamentele poste dai professionisti in merito al fatto che in alcune regioni, vi sono sedi per la formazione, anche a distanza di 70 chilometri dal luogo di residenza dell'apprendista –:
   se non ritenga di assumere iniziative per chiarire quale debba essere il comportamento del datore di lavoro qualora la regione non comunichi lo svolgimento dell'offerta formativa;
   se non intenda urgentemente assumere iniziative normative volte a liberare il datore di lavoro da questo impegno sia pratico che economico, prevedendo ulteriori forme per impartire all'apprendista la formazione trasversale, tipo quella in modalità e-learning;
   se non intenda, attraverso iniziative normative, stabilire un limite massimo di distanza da far intercorrere tra la residenza o domicilio dell'apprendista e le sedi in cui la regione sceglie di impartire la formazione trasversale e nel contempo prevedere ulteriori forme di apprendimento, come quelle in modalità e-learning. (5-02978)


   ROSTELLATO, BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 66 del 20 marzo 2014 il decreto-legge n. 34 del 20 marzo 2014, contenente disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione;
   in merito alle modifiche introdotte alla legge n. 368 del 2001, si legge che in caso di violazione del limite percentuale del 20 per cento, per ciascun lavoratore si applica la sanzione amministrativa:
    a) pari al 20 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a uno;
    b) pari al 50 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale sia superiore a uno;
   nel testo non viene descritto l'iter successivo, vale a dire, non essendo prevista, in caso di violazione del limiti percentuali, la trasformazione a tempo indeterminato, ma solo una sanzione pecuniaria, non si comprende se il rapporto può e deve procedere fino a scadenza naturale o deve essere interrotto in sede di verifica della violazione dei limiti percentuali;
   inoltre, in merito alle modifiche introdotte alla legge n. 368 del 2001, il testo recita che «il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1o gennaio dell'anno di assunzione»;
   a parere degli interroganti appare poco corretto prendere come base di calcolo il numero dei dipendenti a tempo indeterminato alla data del 1o gennaio dell'anno di assunzione, in quanto si potrebbero verificare situazioni particolari che potrebbero da un lato favorire l'abuso di contratti a termine, e dall'altro limitarne l'utilizzo da parte di datori di lavoro che in corso d'anno incrementano la loro produttività;
   a parere degli interroganti è auspicabile riformulare il testo, utilizzando come base di calcolo, non il numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1o gennaio dell'anno di assunzione, bensì l'organico a tempo indeterminato al momento della nuova assunzione a termine –:
   se, alla luce delle considerazioni sopra riportate, il Ministro non intenda assumere iniziative al fine di favorire l'applicazione di un sistema di conteggio dell'organico a tempo indeterminato al momento della nuova assunzione a termine;
   se il Ministro interrogato non intenda fornire ulteriori delucidazioni in merito alla situazione descritta in premessa;
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per chiarire come debba interpretarsi il meccanismo sanzionatorio, ovvero se la sanzione debba applicarsi sui mesi in cui è stato in forza il dipendente fino al momento dell'ispezione, oppure se la sanzione debba applicarsi su tutto il periodo previsto dal contratto a termine. (5-02979)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dopo mesi di trattativa con la proprietà della Fiamm, azienda di Avezzano (AQ) che produce batterie da auto e industriali, i lavoratori hanno deciso come annunciato nelle scorse settimane di scioperare;
   a novembre i rappresentanti dei sindacati avevano posto sul tavolo di lavoro una piattaforma per l'accordo di livello, ma l'azienda non l'ha voluto firmare. In ballo c'erano i nuovi contratti e una rimodulazione dei premi di presenza e premi produttivi che nel 2009 vennero ridotti in concomitanza con il maxi investimento di 35 milioni di euro;
   l'azienda decise 5 anni fa di non aprire un altro stabilimento in Europa dell'Est ma di avere tutta la sua produzione ad Avezzano. Questa operazione, costata 35 milioni di euro, portò all'assunzione di 110 dipendenti, tra laureati e diplomati. Ai lavoratori vennero chiesti dei sacrifici e una riduzione dei premi. La promessa era, che a distanza di qualche anno, tutto sarebbe tornato come prima;
   invece a tutt'oggi i premi non sono stati ancora rimodulati e non è stato firmato nessun accordo per il contratto di secondo livello;
   l'unica certezza, annunciata dall'azienda, è che se il costo del lavoro non verrà alzato, la stessa è intenzionata a investire altri 30 milioni di euro per il raddoppio dello stabilimento di Avezzano con nuove assunzioni sul territorio –:
   se non ritenga doveroso convocare le parti sociali per verificare il piano industriale e cercare soluzioni produttive e occupazionali che salvaguardino il futuro lavorativo dei lavoratori e del territorio. (4-05086)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, RIZZETTO, CHIMIENTI, BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, PESCO e ALBERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda «Antologia» di Burago Molgora (MB), sino a poco tempo fa era riconosciuta come la più grande ed importante nel settore florovivaistico della provincia di Monza e Brianza;
   da ottobre 2010, l'azienda ha messo in procedura di cassa integrazione gli allora 65 dipendenti;
   dopo l'anno 2012, conseguentemente al licenziamento di 21 dipendenti, i lavoratori dell’«Antologia» sono diventati 44;
   in data 16 maggio 2014, i rimanenti 44 lavoratori dell'azienda sono stati licenziati a conclusione di una vertenza discussa nella sede dell'Agenzia regionale per il lavoro di Milano;
   tutti e 44 i lavoratori non hanno ancora ricevuto gli stipendi arretrati a loro spettanti non versati da più di un anno dai proprietari della «Antologia»; solo 20 dei 44 lavoratori licenziati hanno ricevuto il TFR a loro spettante; tutti e 44 i lavoratori licenziati, in quanto rientranti nella categoria di operai agricoli, per legge non avranno diritto all'indennità di disoccupazione;
   molti dei lavoratori licenziati dalla «Antologia» è di età superiore ai cinquant'anni e quindi con oggettive difficoltà di ricollocazione nel mondo del lavoro;
   successivamente alla chiusura dell’«Antologia», gli stessi proprietari hanno aperto una nuova società parallela che si occupa dello stesso settore florovivaistico, riassumendo 5 dei 44 dipendenti appena licenziati;
   in data 29 maggio 2014, parte dei 44 ex dipendenti dell’«Antologia», per protestare contro i licenziamenti e rivendicare il loro diritto di ricevere TFR e stipendi arretrati a loro spettanti, hanno bloccato l'ingresso della loro oramai ex azienda ed occupato ad oltranza la sede della stessa con non pochi momenti di tensione con le forze dell'ordine giunte sul posto; la protesta è proseguita anche nei giorni successivi con i dipendenti licenziati e le parti sociali che si sono accampate con delle tende davanti all'ingresso del vivaio di «Antologia» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per assicurare il diritto dei 44 dipendenti licenziati di ricevere TFR e stipendi arretrati a loro dovuti. (4-05088)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi una delegazione di lavoratori dell'azienda Dialifluids di Canosa Sannita (Ch) ha incontrato i vertici dell'azienda, alla presenza del sottosegretario Giovanni Legnini;
   la cordata tedesca Fresenius Medical Care, guidata ha ufficializzato di voler pervenire ad una graduale cessazione delle attività produttive del sito di Canosa Sannita entro 12-15 mesi;
   i vertici hanno motivato la scelta, giunta a seguito di approfondite analisi di mercato e dei presupposti industriali, che hanno reso impraticabile qualsiasi altra alternativa. La presenza all'interno dello stabilimento abruzzese di macchinari, che richiedono un forte investimento economico, hanno fatto propendere l'azienda per uno stop delle attività nel sito industriale;
   è stato fissato un nuovo incontro per il 27 giugno 2014, data entro la quale i lavoratori della Fresenius Medical Care, sperano che l'azienda possa cambiare le carte in tavola, per salvaguardare i 120 posti di lavoro della Dialifluids;
   i vertici aziendali hanno dato la propria disponibilità a trattare, qualora ci fossero acquirenti, l'eventuale cessione dell'impianto di Canosa Sannita nel quadro di un piano che tuteli le lavoratrici e i lavoratori, sottolineando l'auspicio che prevalga il senso di responsabilità e che non venga meno la produzione e la continuità della fornitura dei prodotti necessari a migliaia di pazienti –:
   se non ritenga doveroso convocare le parti sociali per verificare il piano industriale e cercare soluzioni produttive e occupazionali adeguate che salvaguardino il futuro lavorativo dei lavoratori e del territorio. (4-05102)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 10 giugno 2014 i carabinieri del comando per la tutela della salute hanno avviato l'esecuzione di 78 decreti di perquisizione e sequestro in 21 province di 12 regioni da Nord a Sud nell'ambito di un'indagine, denominata «Lio» e condotta dal Nas di Perugia, relativa alla illecita commercializzazione di bovini infetti, con marchi auricolari contraffatti e dichiarati falsamente di razza pregiata;
   l'operazione è stata condotta nelle province di Arezzo, Avellino, Bari, Foggia, L'Aquila, Latina, Lodi, Matera, Padova, Perugia, Pesaro Urbino, Pistoia, Potenza, Ravenna, Rieti, Roma, Siena, Terni, Torino, Verona e Viterbo e ha portato a sequestri per quattro milioni di euro, 65 indagati e sigilli a quattro aziende agricole;
   l'indagine è iniziata tre anni fa a seguito di sospetti su alcuni capi bovini nelle province di Arezzo e Perugia e ha portato, al termine della sua prima fase, alla scoperta di un traffico illecito di bovini colpiti da malattie infettive, alcune delle quali trasmissibili all'uomo; in particolare, pare che gli animali, nati in aziende dell'Italia meridionale e insulare, venissero avviati alla macellazione grazie all'intermediazione di due aziende, una perugina e una aretina, nonché di allevatori e medici veterinari che riuscivano a fare eludere i controlli sanitari, facendo apparire sani i bovini;
   al termine di questa prima fase, all'inizio del 2013, sono state sequestrate quattro aziende agricole e 500 bovini vivi, che sono stati abbattuti e distrutti, per un valore commerciale di due milioni e mezzo di euro;
   le indagini si sono in seguito allargate e hanno visto il coinvolgimento di 56 allevatori, tre autotrasportatori e sei medici veterinari delle Asl del Centro-sud (Perugia, Arezzo, L'Aquila, Foggia, Potenza e Matera), dediti alla falsificazione di passaporti e marche auricolari che permettevano di introdurre sul mercato bovini di razza ed età diverse da quelle certificate dai documenti; una vera e propria rete di frodi e contraffazioni ai danni sia del made in Italy agroalimentare, sia, cosa molto più grave in questo caso, della salute dei cittadini;
   i Nas, in alcune dichiarazioni successive alla diffusione della notizia, hanno assicurato l'impossibilità di contagio per l'uomo per la carne cotta o anche sottoposta a congelamento; tuttavia, a parere degli interroganti, appare molto grave che carne contaminata sia stata consumata inconsapevolmente dai cittadini, mettendo a rischio la loro salute;
   il contrasto alle frodi e alle contraffazioni agroalimentari, pur essendo efficacissimo nella fase di repressione, risulta ancora difficile da arginare nella fase di prevenzione, per questo, a parere degli interroganti andrebbero messe in atto misure di contrasto più stringenti;
   secondo Coldiretti, dall'inizio della crisi economica nel Paese è più che raddoppiato il valore dei sequestri effettuati nel settore delle carni perché adulterate, contraffate o falsificate, per un totale che è salito a 112,2 milioni di euro nel 2013 con ben 1649 persone coinvolte –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intendano porre in essere per inasprire il contrasto alla contraffazione e alle frodi agroalimentari, con il duplice scopo di tutelare il made in Italy e al contempo scongiurare, oltre all'inganno sulla provenienza e qualità del prodotto consumato, i possibili rischi sulla salute dei cittadini. (5-02963)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUPO e LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel 1991 il Ministero dell'agricoltura e foreste, direzione generale della produzione agricola divisione IV – ricerca e sperimentazione di concerto con l'Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano, condusse un'importante sperimentazione sull'uva da tavola, presentando un progetto innovativo realizzato successivamente nel 1992 dalla sede operativa di Turi (BA) al «Simposio internazionale sulle uve da mensa» Bari-Palermo agosto 1991 e pubblicato dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste nel maggio 1994;
   la sperimentazione e confluita nel Progetto finalizzato sul miglioramento qualitativo delle uve da tavola del Ministero dell'agricoltura e delle foreste come citato nella relazione tecnica progetto MAF uve da tavola, scheda: 6 viticoltura protetta, titolare: dottor Donato Antonacci. Aveva la necessità di ottenere una dilatazione del periodo di offerta al mercato oltre che con la commercializzazione di vitigni diversi caratterizzati da diverse precocità, anche con l'ausilio di tecniche agronomiche idonee allo scopo;
   inoltre, come citato nella relazione tecnica di cui sopra, fu studiata la possibilità di proteggere il vigneto dai danni del vento nel periodo primaverile-estivo e da grandine durante tutto il ciclo, mediante l'apposizione sullo stesso di reti plastiche, per le quali è stata esaminata l'influenza delle caratteristiche costruttive delle diverse reti offerte dal mercato (in particolare sia per quanto riguarda la forma della maglia e la sua dimensione in riferimento alla capacità di lasciarsi attraversare dalla radiazione luminosa) sulla produzione dell'uva e le implicazioni conseguenti;
   come citato nella pubblicazione, C.S. Liuni — D. Antonacci — A. Coletta «Proposta di una nuova strutturazione per l'allevamento a tendone delle uve da mensa» Simposio Internazionale uve da mensa, Bari/Palermo 26-31 agosto 1991, vi fu l'esigenza di variare la struttura protettiva, di cui al punto precedente, in modo da realizzare due palchi. Su quello superiore vengono disposte le reti aventi azioni frangivento e antigrandine, su quello inferiore, posto di traverso al primo, si pongono i teli plastici, i quali vengono mantenuti solo per il periodo utile alla realizzazione della forzatura –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;
   se risulti agli atti quali aziende agricole e quali vitigni furono coinvolti nella sperimentazione condotta dal professor Liuni, dal dottor Antonacci e dal dottor Coletta denominata «Proposta di una nuova strutturazione per l'allevamento a tendone delle uve da mensa»;
   quali aziende agricole e quali vigneti siano stati coinvolti per sperimentare la variante della struttura protettiva tramite la realizzazione dei due palchi, così come descritto nella pubblicazione del MAF — C.S. Liuni — D. Antonacci — A. Coletta. (4-05092)


   LUPO, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   come emerso da diversi quotidiani nazionali, a distanza di un anno dall’affaire Cospalat, torna all'attenzione dei cittadini italiani l'allarme per il latte contaminato da aflatossine, pericoloso per la salute umana e, in particolar modo, per quella dei bambini;
   il 20 giugno 2013, i carabinieri del NAS di Udine, a seguito dell'indagine sulla messa in commercio di latte contaminato con sostanze tossiche, arrestarono il manager del Cospalat del Friuli Venezia Giulia; da allora nulla è stato fatto per garantire una maggiore sicurezza alimentare per i cittadini italiani;
   in data 7 giugno 2014, i carabinieri dei NAS, presso il consorzio Latterie friulane di Campoformido, hanno effettuato un sequestro di 38 mila litri di latte di cui 7.400 litri di latte di alta qualità, l'operazione si è conclusa con l'arresto del responsabile dell'approvvigionamento del latte per il consorzio, e l'apertura di un'indagine a carico dei vertici di Latterie friulane, di uno dei tecnici del laboratorio di analisi, di un autista e di alcuni allevatori, per un totale di tredici persone indagate;
   i tecnici della Soligo, dopo aver analizzato il prodotto in arrivo dal consorzio Latterie friulane, hanno accertato che i valori di aflatossine — fungo che si sviluppa nel mais utilizzato come mangime per i bovini — supera di gran lunga il limite consentito dalla legge e hanno rinviato l'intera partita di latte al consorzio Latterie friulane al fine di individuare l'allevamento da cui proveniva il latte contaminato e di conseguenza provvederne alla profilassi;
   le normative vigenti prevedono che, nel caso in cui i valori di aflatossine nel latte superino i limiti consentiti dalla legge, così come disposto dal Regolamento (UE) n. 165/2010, l'intera partita di latte venga destinata alla distruzione;
   secondo gli inquirenti, gli indagati avrebbero recuperato il latte contaminato, e destinato alla distruzione, sperando di abbassare i livelli di aflatossine miscelandolo a latte non contaminato proveniente da altri produttori, così da sfuggire ai controlli;
   il latte potrebbe, come da segnalazioni inviate dall'azienda sanitaria del Medio Friuli alle strutture del Veneto, aver raggiunto la grande distribuzione alimentare del Veneto, della Lombardia e della Toscana mettendo a rischio la salute di centinaia di migliaia di persone –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda intraprendere al fine di garantire la sicurezza alimentare italiana;
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire che episodi come quello citato in premessa non si possano più porre in essere. (4-05094)


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Il PAN-2014 – piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei fitosanitari – entrato in vigore il 13 febbraio 2014, al punto A.5.6 – misure per la riduzione dell'uso o dei rischi derivanti dall'impiego dei prodotti fitosanitari nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili – all'ultimo paragrafo indica che nelle aree agricole, adiacenti alle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili, quali parchi e giardini pubblici, campi sportivi, aree ricreative, cortili e aree verdi all'interno con plessi scolastici, parchi gioco per bambini, superfici in prossimità di strutture sanitarie è vietato l'utilizzo, a distanze inferiori di 30 metri dalle predette aree, di PF classificati T, T+ e/o con le frasi di rischio R40, R60, R61, R62, R63 e R68 R42, R43. Nel caso in cui vengano adottate misure di contenimento della deriva, tenuto conto delle prescrizioni indicate in etichetta e fatte salve determinazioni più restrittive delle autorità locali competenti, tale distanza può essere ridotta fino ad una distanza minima di 10 metri;
   al punto A.5.6.1 – Utilizzo dei prodotti fitosanitari ad azione erbicida – indica che, in ambiente urbano, le autorità locali competenti per la gestione della flora infestante individuano le aree dove il mezzo chimico è vietato e le aree dove il mezzo chimico può essere usato esclusivamente all'interno di un approccio integrato con mezzi non chimici e di una programmazione pluriennale degli interventi; In particolare sono previste le seguenti misure: i trattamenti diserbanti sono vietati e sostituiti con metodi alternativi nelle zone frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili, indicate al precedente paragrafo A.5.6; in caso di deroga non si può ricorrere, comunque, all'uso di prodotti fitosanitari che riportano in etichetta le seguenti frasi di rischio: da R20 a R28, R36, R37, R38, R42, R43, R40, R41, R45, R48, R60, R61, R62, R63, R64 e R68, ai sensi del decreto legislativo n. 65/2003 e successive modificazioni ed integrazioni o le indicazioni di pericolo corrispondenti di cui al regolamento (CE) n. 1272/2008. Tali prodotti non devono, comunque, contenere sostanze classificate mutagene, cancerogene, tossiche per la riproduzione e lo sviluppo embriofetale, sensibilizzanti, ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008;
   al punto A.5.6.2 – Utilizzo dei prodotti fitosanitari ad azione fungicida, insetticida o acaricida – indica che le autorità locali competenti, devono tener conto che sono da privilegiare misure di controllo biologico, trattamenti con prodotti a basso rischio come definiti nel regolamento (CE) 1107/09, con prodotti contenenti sostanze attive ammesse in agricoltura biologica, di cui all'allegato del regolamento CE 889/08;
   l'associazione WWF AltaMarca ha proposto ai cittadini dei comuni dell'area DOCG Prosecco Conegliano Valdobbiadene di chiedere ai propri sindaci i dati relativi agli erbicidi utilizzati nelle aree urbane; dalle risposte ottenute risulta che il comune di Conegliano ha utilizzato nella primavera 2014 il prodotto Taifun MK CL, le cui classi di rischio (visibili nella loro completezza nelle schede di sicurezza dei prodotti) sono vietate dal PAN (R36 R38 R41); il comune di Pieve di Soligo ha utilizzato nel corso del 2013/2014 il prodotto Roundup 450 Plus, contenente nella formula un coformulante tossico, il Ether amine ethoxylate (cas 71486-88-9), con classi di rischio R22 R23 R41 vietate dal PAN;
   il comune di Farra di Soligo ha utilizzato nel 2013 i prodotti Hopper Blu e Shamal MK PLUS; il comune di Refrontolo ha utilizzato nel 2013 il prodotto Barclay Gallup 360, il comune di Miane ha acquistato nella primavera 2014 il prodotto Mastiff; tutti questi prodotti contengono nella loro formula il coformulante tossico Ethoxylated tallow amine (cas 61791-26-2) con frasi di rischio R21 R22 R23 R41 R68 R36/38 vietate dal PAN;
   in alcuni comuni dell'area DOCG Prosecco Conegliano-Valdobbiadene, come per esempio il comune di Farra di Soligo, le abitazioni sono confinanti con i vigneti irrorati con erbicidi e fungicidi vietati dal PAN; anche il traffico pedonale e automobilistico è a diretto contatto con i vigneti irrorati; trattasi quindi di zone costantemente frequentate dalla popolazione e gruppi vulnerabili, come citati nel PAN all'articolo A.5.6;
   a parere degli interroganti è evidente la mancanza di un controllo efficace sulle aree nelle quali il mezzo chimico può essere usato, che garantisca il rispetto della normativa vigente a tutela della salute dei cittadini e del loro ambiente;
   l'estrema vicinanza uomo-vigneti di fatto annulla la distinzione tra ambiente urbano e ambiente agricolo, che il PAN distingue; trattasi infatti di un unico ambiente nel quale le due entità coesistono, richiedendo, per questo, attenzioni particolari che, a parere degli interroganti, si traducono nell'utilizzo di mezzi non chimici e controllo biologico; anche a livello terminologico manca una adeguata definizione degli ambienti in cui è assente il confine agricolo/urbano; per esempio non è chiaro se i casi di vigneti a ridosso delle abitazioni siano da considerarsi ambiente urbano o agricolo;
   è altresì necessario definire in modo univoco chi siano concretamente le autorità locali competenti, che dovranno disporre del personale e dei mezzi di controllo del territorio; il cittadino infatti ha necessità di rivolgersi ad un'unica autorità ben definita, per sollecitare controlli puntuali ed eventualmente per segnalare infrazioni alla normativa vigente, con la certezza di avere risposte adeguate –:
   quali azioni il Ministro intenda attuare affinché le leggi in vigore (decreto legislativo 150 del 2012, a cui il PAN si riferisce) siano rispettate;
   chi siano le autorità preposte al controllo sulle sostanze utilizzate e al rispetto della normativa vigente e se non ritenga di definirne in modo chiaro, ruoli e anche le responsabilità;
   se non ritenga di definire un'unica autorità che sia di riferimento per i cittadini, con funzione di coordinamento di tutte le autorità di controllo previste;
   se non si ritenga di implementare un più efficace sistema di verifica sulla effettiva attività svolta dalle autorità locali competenti;
   quali misure di tutela intenda attuare, a tutela dell'uomo e del suo ambiente, nei territori in cui ambiente agricolo e urbano non abbiano confini definiti ma siano integrati, valutando inoltre l'opportunità di dare nuova definizione a questi ambienti. (4-05099)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   CAPELLI e BORGHESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   un gruppo di studiosi statunitensi della University of Texas Health Science Centre (Usa) ha sperimentato, tramite due studi, che un nuovo farmaco è in grado di curare il 90 per cento dei pazienti in 12 settimane e il 96 per cento in 24 settimane dall'infezione del virus dell'epatite C. I risultati rappresentano, per la comunità mondiale, un punto di svolta nella cura dei questa patologia cronica in quanto il farmaco agisce bloccando una proteina indispensabile per la replicazione del virus;
   la Commissione europea, come già evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo n. 4-04788, ha già concesso l'autorizzazione per l'immissione in commercio delle compresse di sofosbuvir, in tutti i 28 paesi dell'Unione europea dove circa nove milioni di persone hanno contratto l'HCV, che è tra le principali cause di cancro al fegato e trapianto di fegato. Il peso sociale, clinico ed economico dell'HCV è notevole, con costi sanitari direttamente correlati alla gravità della patologia. Gli attuali standard di trattamento per l'HCV prevedono fino a 48 settimane di terapia con peg-IFN/RBV, regime non adatto a determinate categorie di pazienti;
   per questo la cura con il nuovo farmaco potrebbe ridare una speranza di vita a tanti malati. Ma il problema sono i costi. Al riguardo il Ministro della salute lo scorso 14 maggio rispondendo all'interrogazione a risposta immediata n. 3-00822 ha affermato: «... ho predisposto, un piano dell'epatite C per l'eradicazione della malattia in qualche anno e domani, 15 maggio, avrà luogo la riunione congiunta della Commissione tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso dell'Agenzia italiana del farmaco, nel corso della quale è previsto l'incontro con i rappresentanti dell'azienda farmaceutica produttrice del «sofosbuvir», al fine di negoziare il prezzo del farmaco e concludere la procedura autorizzativa nel rispetto del prescritto termine di cento giorni, che giungerà a scadenza il 19 giugno prossimo. L'Italia è uno dei primi Paesi in Europa ad aver avviato il procedimento di negoziazione del prezzo del farmaco con l'obiettivo di individuare le migliori condizioni economiche per la sua rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale»;
   il Ministro ha inoltre aggiunto: «ma l'alto prezzo di questo farmaco, che noi cercheremo di trattare, ovviamente, nel modo migliore, ci porrà di fronte a delle scelte da effettuare nel piano di eradicazione dell'epatite C, cioè a chi darlo prima, a quali tipologie di pazienti. Siamo di fronte, quindi, ad un fatto di estrema importanza e di interesse nazionale, su cui, sicuramente, dovremo ritornare sia in Commissione salute sia nel Parlamento.»;
   quali siano gli esiti dell'incontro, di cui sopra, avvenuto il 15 maggio 2014, al fine dell'autorizzazione alla commercializzazione del farmaco, prevista entro il prossimo 19 giugno 2014 e della relativa disponibilità a tutti i pazienti superando in tal modo le preoccupazioni del Ministro stesso e dei malati. (5-02973)


   LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa (corriere salute del 14 maggio 2014) si apprende che il pubblico ministero di Trani nominerà un pool di esperti per decidere se l'autismo possa essere posto in correlazione con il vaccino trivalente;
   tale indagine, avviata da due mesi, ha preso spunto dalla denuncia di due famiglie di bambini autistici;
   il presupposto di tale iniziativa giudiziaria è lo studio del medico inglese Anfrew Wakefieid, pubblicato nel 1998 su Lancet e poi ritirato dalla rivista in quanto fraudolento;
   la trasmissione televisiva «le iene», nella puntata del 28 maggio, ha ripreso con vari servizi il tema ulteriormente propagandando i rischi delle vaccinazioni;
   gli operatori sanitari segnalano ulteriori diminuzioni delle vaccinazioni anche in conseguenza della diffusione di paure di danni mentre si afferma l'idea che le malattie contro cui è necessario vaccinarsi siano già debellate;
   in realtà la minor copertura vaccinale ha già provocato una recrudescenza di alcune patologie, tra cui si segnala il caso verificatosi nella città di Bologna dove, nel giro di qualche giorno nel mese di maggio, si sono sviluppati circa 100 casi di morbillo. Ciò che ha colpito in questo frangente, non è stato solo l'alto numero dei contagiati, ma anche la loro tipologia;
   tra coloro che sono stati colpiti infatti, solo una ventina sarebbero bambini, mentre gli altri sono tutti compresa tra i 25 ed i 44 anni, in buona parte studenti di medicina presso l'ateneo bolognese. Questa tracciatura dei casi è stata possibile a causa del ritmo giornaliero di nuovi contagi. Secondo i medici che stanno monitorando la situazione, la colpa sarebbe da ascrivere totalmente alle mancate vaccinazioni. Il vaccino contro il morbillo non rientra in quelle obbligatorie previste dalla legge e la mancata sottomissione da piccoli, può portare ovviamente a contrarre la patologia da adulti, con conseguenze spesso più gravi rispetto a quando tale malattia esantematica si affaccia in età infantile;
   come attestato dal recente allarme lanciato dall'Oms è in ripresa anche la poliomielite in Guinea equatoriale, in Etiopia, in Israele, in Nigeria, in Pakistan, in Somalia e in Siria;
   nell'attuale contesto globale in cui ciascuno è potenzialmente un cittadino del mondo, nessuno può ritenersi al sicuro dal contagio se la patologia non è stata debellata in ogni parte del mondo; tutto ciò comporta rischi per la salute pubblica –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per accertare la dimensione del fenomeno sommariamente evidenziato in premessa, al fine di contrastare la diffusione di questo genere di informazioni e iniziative fuorvianti, senza alcun presupposto scientifico, che possono compromettere la salute della popolazione e determinare un grave allarme sociale. (5-02974)


   BINETTI e GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con una ordinanza del giudice di Pesaro, il medico Marino Andolina, vicepresidente di Stamina e braccio destro di Davide Vannoni nonché indagato dalla procura di Torino dal 2008 per truffa e somministrazione pericolosa di farmaci nell'ambito dell'inchiesta sui trattamento Stamina, è stato nominato «commissario ad acta» per la cura con il metodo Stamina all'ospedale Civile di Brescia;
   l'ordinanza «è immediatamente esecutiva» ed in quanto «ausiliario del tribunale» e «commissario ad acta degli Spedali Civili di Brescia» ha provveduto personalmente alle cure del piccolo Federico, un bimbo di 3 anni e mezzo di Fano affetto dal terribile morbo di Krabbe, anche a seguito del diniego dei medici del Civile di Brescia che si sono astenuti in attesa del giudizio della commissione di valutazione nominata dal ministro Lorenzin;
   in pratica in virtù dell'ordinanza del tribunale di Pesaro si è sconfessata la decisione dell'Agenzia del farmaco che aveva definitivamente bloccato la sperimentazione del metodo Stamina;
   si è ancora in attesa del pronunciamento ufficiale e definitivo (per la terza volta) da parte del Comitato scientifico composto da grandi esperti nazionali e internazionali e che però, come conferma lo stesso presidente, l'ematologo bolognese Michele Baccarani, «ancora non si sono nemmeno incontrati»;
   già il primo Comitato, tuttavia, aveva documentato come il metodo Stamina in realtà non avesse nessuna pretesa di scientificità, ma quel Comitato è stato bocciato dal Tar del Lazio in quanto «non imparziali»;
   si deve purtroppo registrare, ad avviso dell'interrogante, un atteggiamento indugiante ed esitante da parte delle istituzioni su tale vicenda che non ha aiutato né la comunità scientifica, né le istituzioni giudiziarie ma soprattutto le famiglie ed i malati, vere vittime di questa situazione;
   i genitori di Federico sono fermi nella decisione di proseguire il trattamento del piccolo Federico che ha già ricevuto, escluso quest'ultima, sette infusioni, l'ultima delle quali il 23 febbraio e dopo quella e da allora, secondo quanto da loro affermato, il piccolo è peggiorato e soffre;
   a Brescia sono accorsi anche i genitori di Celeste, la bimba veneta trattata con infusioni Stamina e anche lei oggetto di un'ordinanza che impone al Civile di Brescia di continuare la cura –:
   se non ritenga di adottare urgenti iniziative al fine di chiarire definitivamente la vicenda che continua a pesare sulle numerose famiglie, spesso istigate con sofferenze strumentalizzate ed appese al filo dell'unica speranza offerta ai loro parenti gravemente ammalati, dal metodo stamina. (5-02975)


   GRILLO e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 7 giugno il dottor Mario Andolina nominato con ordinanza di un giudice di Pesaro, ausiliario dello stesso, ha proceduto alla infusione di cellule staminali manipolate del cosiddetto «Metodo Stamina» ad un bambino, di tre anni e mezzo, presso gli Spedali di Brescia;
   il pubblico ministero Guariniello a Torino sta valutando un fascicolo predisposto dai Nas che propone l'interdizione del dottor Andolina come misura cautelare nell'inchiesta su Stamina, inchiesta che ipotizza i reati di associazione a delinquere e truffa;
   lo scorso 23 aprile i sottoscritti segnalarono con un comunicato stampa che una dichiarazione rilasciata, dal Ministro alla salute, alle agenzie di stampa, relativa ai lavori della Commissione Stamina, in materia di prosecuzione dei lavori di cui al Comitato ministeriale, era stata smentita dal presidente dottor Baccarani, il quale affermava che la Commissione non si era mai riunita, anzi non poteva iniziare i lavori a causa della mancanza di documentazione e altri atti da parte del Ministero della salute;
   l'ordinanza del giudice di Pesaro ha determinato una scia ampia di polemiche, in quanto ha conferito al professor Andolina i poteri di curare un bambino presso gli Spedali di Brescia, con infusione di cellule staminali, questo mentre non è ancora stato chiarito definitivamente se esistono le basi dell'efficacia del cosiddetto «Metodo Stamina», compito principale della Commissione istituita presso il Ministero della salute proprio per determinare una decisione in merito;
   dal sito www.repubblica.it, da un articolo pubblicato in data 7 giugno 2014, relativo all'ordinanza di Pesaro, si è appreso che il Comitato ministeriale di esperti non aveva ancora iniziato i lavori in quanto non era stata completata la composizione della Commissione;
   da un articolo pubblicato in data 10 giugno 2014 dal sito www.repubblica.it si è appreso che in data 11 giugno si svolgerà il primo incontro del Comitato ministeriale, tale incontro avverrà in teleconferenza in quanto quattro dei componenti sono stranieri;
   sempre l'articolo pubblicato dal sito www.repubblica.it del 10 giugno 2014 afferma che tale primo incontro avverrebbe senza che i componenti del Comitato, a tutt'oggi, abbiano preso visione della documentazione relativa al caso Stamina;
   a parere degli interroganti appare grave che solo dopo tre mesi dalla sua costituzione il Comitato ministeriale svolga il suo primo incontro, senza, come sembra, avere preso visione della documentazione necessaria a valutare il «Metodo Stamina», ricordando che tale Comitato deve valutare se vi siano le basi per autorizzare la sperimentazione del cosiddetto «Metodo Stamina», quando per settimane si sono lasciati i medici e le famiglie in balia di ordinanze o sentenze da parte di giudici che da una parte consentono l'uso del metodo Stamina e dall'altra hanno aperto indagini per associazione a delinquere e truffa nei confronti dei responsabili di Stamina;
   è necessario giungere presto ad una parola definitiva che può venire solo, ed esclusivamente, da approfonditi lavori del Comitato ministeriale. Ogni ritardo appare agli interroganti inaccettabile –:
   quando i componenti del Comitato ministeriale potranno visionare la documentazione, integrata dalle cartelle cliniche dei soggetti, necessaria alla valutazione del «Metodo Stamina» in modo da procedere concretamente nei lavori, se sia stato fissato un termine preciso per la chiusura dei lavori, entro il quale il Comitato ministeriale di esperti si pronuncerà, in maniera definitiva, e in tale contesto se non ritenga necessario che le riunioni del Comitato siano pubblicizzate sul sito del Ministero e che le riunioni siano verbalizzate. (5-02976)


   PIAZZONI, NICCHI, LACQUANITI, FRANCO BORDO e PALAZZOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni la vasta operazione condotta dai carabinieri del Nucleo antisofisticazione, Nas, relativa all'illecita commercializzazione di bovini infetti che ha portato a perquisizioni e sequestri su tutto il territorio nazionale;
   gli accertamenti effettuati hanno fatto emergere una vasta rete di commercializzazione di capi di bestiame con marchi auricolari contraffatti e dichiarati falsamente di razza pregiata. Gli animali venivano avviati alla macellazione attraverso l'intermediazione di aziende, nonché con l'ausilio di allevatori e medici veterinari che agevolavano l'elusione di controlli sanitari facendo apparire sani i bovini;
   in relazione alla vicenda descritta desta reale preoccupazione quanto emerso nella prima fase delle indagini secondo cui il traffico illecito di bovini avrebbe riguardato esemplari colpiti da malattie infettive, come la brucellosi, la tubercolosi e la blue tongue, alcune delle quali trasmissibili all'uomo;
   occorre sottolineare che il fatto in questione rappresenta il secondo caso di commercializzazione di prodotti alimentari contaminati nel territorio italiano. Risale solo al mese scorso la vicenda dei pomodori di varietà «ciliegino» provenienti dal Marocco, importati dalla Francia e commercializzati in diverse nazioni europee, tra cui l'Italia, contenenti il batterio della escherichia coli. A seguito di 26 casi di tossinfezione, in data 30 maggio 2014, la Francia dispose il ritiro degli alimenti dal mercato. Agli interroganti non risulta la predisposizione da parte del Governo italiano di provvedimenti analoghi per tutelare la salute pubblica;
   i fatti esposti pongono un serio allarme per la tutela della salute dei consumatori, che in assenza di una adeguata informazione e di un tempestivo intervento delle istituzioni, rischiano, a loro insaputa, di acquistare e consumare prodotti estremamente dannosi. Ulteriore preoccupazione è inoltre destata dalla possibilità di eludere fondamentali controlli sanitari con la conseguente diffusione di prodotti contaminati su scala nazionale –:
   quali interventi urgenti, in relazione ai fatti esposti in premessa, intenda adottare il Ministro interrogato per tutelare la salute pubblica e se non ritenga opportuno adottare apposite iniziative, anche di carattere normativo, per rafforzare i controlli sanitari relativi alla commercializzazione dei prodotti in questione. (5-02977)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO, MANTERO, SILVIA GIORDANO, DI VITA, CECCONI, BARONI, DALL'OSSO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che
   nel mese di gennaio 2014 era stato programmato tra il professor Vannoni e il professor Camillo Ricordi un test di caratterizzazione cellulare presso il Diabetes Research Institute di Miami ai fini della verifica della differenziazione neuronale delle cellule della Stamina Foundation;
   sta di fatto che tale test non si è potuto più svolgere a seguito di una diffida da parte dell'AIFA, la quale vietava agli Spedali civili di Brescia di consentire il trasporto delle cellule;
   il dottor Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute di Miami, ha fatto sapere di aver sospeso tutti gli iter previsti, in attesa di conoscere nuove informazioni ed i pareri del nuovo Comitato Scientifico nominato dal Ministero della salute;
   dagli organi di stampa risulta però, che, il professor Ferrari inizialmente indicato come presidente del nuovo Comitato scientifico dal Ministro interrogato, a tutt'oggi non solo non sarebbe mai stato nominato, e addirittura sembra esservi stato un ripensamento da parte del Ministero della salute, tanto che la questione è stata rimessa all'Avvocatura dello Stato che dovrà esprimersi a proposito dell'opportunità di conferirgli o meno la suddetta carica –:
   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza di quanto in premessa, ovvero se l'AIFA avesse la competenza per diffidare gli Spedali Civili di Brescia, visto che il trasporto delle cellule era destinato esclusivamente all'effettuazione dei suddetti test e non già ad uso terapeutico, senza che si configurasse dunque alcun rischio per la salute pubblica;
   quali siano le ragioni per estromettere dal Comitato scientifico per la sperimentazione il professor Ferrari che, a suo dire, non è mai stato né a favore né contrario alla metodica Stamina. (4-05103)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   occorre riorganizzare la presenza dello Stato sul territorio in vista del conseguimento di risparmi ed incremento di efficienza della Pubblica Amministrazione;
   nella «lettera ai dipendenti pubblici» firmata dal Presidente Renzi e dal Ministro Madia presentata il 30 aprile 2014 in relazione al Piano di riforma della pubblica amministrazione al punto 28 si legge testualmente «riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie provinciali e sedi regionali Istat) e riduzione delle Prefetture a non più di 40 (...)»;
   l'Istat è un Ente pubblico di ricerca (EPR), le cui 17 sedi territoriali rappresentano strutture tecniche incardinate all'interno di un'unica direzione centrale, e di tredici strutture dirigenziali di secondo livello (gli Uffici territoriali), non tutte peraltro dotate di dirigente. Nelle 17 sedi, una per ciascun capoluogo di regione, lavorano in totale meno di 300 dipendenti. I dirigenti tecnici di primo livello sono meno di 10 e il direttore centrale è uno solo che peraltro coordina anche altre strutture tecniche dell'Istat localizzate a Roma;
   questo quadro e stato determinato a seguito dell'ultima riorganizzazione dell'Istat avvenuta circa tre anni fa (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 aprile 2011);
   a differenza delle ragionerie provinciali o delle prefetture dei comuni non capoluogo di regione, le sedi territoriali dell'Istat svolgono specifiche funzioni che nessuna altra struttura Istat di competenze territoriali superiori svolge attualmente né potrebbe svolgere in futuro;
   le sedi territoriali dell'Istat sono le strutture attraverso le quali l'Istat attua molti dei processi di produzione dei dati, a cominciare dai censimenti e dalle altre rilevazioni che riguardano aspetti rilevanti come la salute della popolazione, la sicurezza stradale, l'occupazione, ecc.;
   le sedi territoriali dell'Istat sono le strutture attraverso le quali l'Istat coopera con gli altri enti della pubblica amministrazione nel territorio (cioè la maggior parte della pubblica amministrazione) per lo sviluppo dei processi informativi e l'innovazione tecnologica degli stessi;
   la riorganizzazione della rete territoriale Istat è già stata effettuata tre anni fa, ed è stata l'occasione per realizzare risparmi, operando numerosi accorpamenti a livello territoriale con soppressione delle relative posizioni dirigenziali tecniche di primo e secondo livello;
   l'attività di ricerca dell'Istat è finalizzata a produrre le informazioni statistiche ufficiali necessarie a soddisfare le esigenze conoscitive delle istituzioni nazionali e a rispondere a precisi obblighi internazionali (anche sanzionati economicamente). In questo contesto le sedi territoriali dell'Istat garantiscono la statistica per il territorio, una funzione informativa fondamentale per l'attuazione ed il controllo democratico delle politiche locali;
   condividendo una necessaria riorganizzazione, la medesima deve quindi andare nel semplificare la struttura nazionale senza indebolire la presenza sul territorio della rete Istat sia da un punto di vista delle funzioni che delle risorse umane, avendo ben chiaro che intervenire sulle sedi territoriali dell'Istat potrebbe compromettere l'assetto e il funzionamento dell'istituto, cioè l'effettivo esercizio e sviluppo della funzione statistica ufficiale per il Paese;
   i principi di imparzialità, terzietà e indipendenza dal potere politico degli uffici di statistica della pubblica amministrazione, soprattutto a livello locale, non sono pienamente effettivi sia per la collocazione degli uffici negli organigrammi degli enti, sia per la loro dotazione di personale. In questo quadro, senza una governance territoriale adeguata non c’è possibilità per l'Istat di garantire un'informazione statistica autorevole e indipendente, specialmente a livello territoriale. Ridurre ulteriormente la presenza dell'Istat sul territorio equivarrebbe tout court a rinunciare alla possibilità di affiancare gli uffici del Sistan nella produzione delle informazioni che dovrebbero essere stilizzate per valutare le scelte politiche degli Enti di appartenenza. Avremmo, per esempio, le regioni che produrrebbero da sole i dati per i piani di dimensionamento scolastico, o per la rete sociosanitaria territoriale, o per le politiche per il lavoro e altro;
   per il Governo la ricerca pubblica è un settore strategico che, giustamente, merita un ripensamento complessivo dell'attuale sistema: sulla base di tre fondamentali criteri: la ricerca deve essere strettamente connessa allo sviluppo economico del paese e deve pertanto essere assicurata una governance centralizzata in grado di indicare gli indirizzi e le scelte di fondo dei filoni sui quali il paese deve investire; è necessaria una razionalizzazione degli attuali enti di ricerca; è necessario non disperdere ulteriormente le professionalità oggi al servizio del sistema di ricerca, individuando soluzioni che consentano invece l'implementazione dell'attuale disciplina del reclutamento –:
   quali siano le reali intenzioni del Governo rispetto ad una riorganizzazione dell'Istat;
   se l'Istat rientri nel processo di aggregazione degli oltre 20 enti che svolgono funzioni di ricerca, per dare vita a centri di eccellenza. (4-05104)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIMBRO, CASATI, CIVATI, COMINELLI, COVA, FIANO, GADDA, GASPARINI, GRIMOLDI, LAFORGIA, MALPEZZI, MARTELLI, PELUFFO, SANTERINI, SBERNA, SENALDI e VILLECCO CALIPARI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Marcegaglia Buildtech ha comunicato, in data 15 aprile, la volontà di chiudere lo stabilimento di Sesto San Giovanni, contestualmente annunciando il trasferimento dei 169 lavoratori e della produzione (pannelli per l'edilizia industriale), presso la sede di Pozzolo Formigaro, in provincia di Alessandria;
   nello stabilimento di Pozzolo Formigaro, distante 120 chilometri da Sesto San Giovanni, sono già previsti una quarantina di esuberi;
   la decisione, data senza alcun preavviso ai lavoratori, è stata giustificata con la poca competitività dello stabilimento: la dirigenza ha lamentato una perdita di 5 milioni di euro per quanto riguarda il Margine operativo lordo nel 2013; allo stesso modo, sarebbero stati in perdita anche gli anni 2012 e 2011, senza che alcuno di questi rilievi sia mai stato sollevato negli incontri sindacali di questi anni;
   in generale, la situazione del Gruppo è sempre più preoccupante, sia per quel che riguarda la Marcegaglia spa sia per la divisione Buildtech: nella sede di Graffignana (LO) attualmente si sta facendo uso del contratto di solidarietà, e la dirigenza, contraria al rilancio dell'azienda e ad una diversificazione produttiva, appare intenzionata ad arrivare ai licenziamenti entro fine anno; nello stabilimento di Potenza, tra poche settimane terminerò l'utilizzo della Casa integrazione guadagni ordinaria, e non si intravedono segnali di ripresa; infine, ricordiamo la chiusura della filiale di Taranto, che ha visto coinvolti circa 140 lavoratori alla fine dello scorso anno;
   il 16 aprile nella sede municipale di Sesto le rappresentanze sindacali hanno incontrato l'assessore alle attività produttive del comune Virginia Montrasio e l'assessore alle attività produttive di Cinisello Balsamo; i quali hanno mostrato interesse per la vicenda, escludendo categoricamente che da parte delle amministrazioni vi sia la volontà di cambiare in residenziale la destinazione d'uso dell'area; esprimendo altresì la piena disponibilità a convocare l'azienda, al fine di valutare insieme le condizioni per la permanenza nel sito attuale: la convocazione è stata poi inoltrata in data 5 maggio, ma da parte dell'azienda non è arrivata alcuna risposta;
   il 23 aprile, presso la sede di Confindustria Monza, si è svolto l'incontro tra la direzione Marcegaglia e le organizzazioni sindacali; secondo Marcegaglia, la decisione di accorpare le produzioni in un unico sito, rappresenterebbe l'unica soluzione per continuare a produrre pannelli per l'edilizia in una condizione di guadagno economico e soprattutto di miglioramento qualitativo: condizioni che ad oggi non sussisterebbero per quanto riguarda la realtà milanese;
   a questo proposito il piano dell'azienda prevederebbe a partire dal mese di ottobre lo spostamento a Pozzolo della prima linea, che a tutt'oggi è allocata presso lo stabilimento di Taranto, e successivamente delle altre due linee, che oggi producono pannelli a Sesto San Giovanni. Di fatto presso lo stabilimento di Alessandria verrebbero installate tre linee per produrre pannelli, mentre per le rimanenti linee l'azienda non avrebbe ancora deciso quale sarà la loro destinazione. Tale trasferimento secondo Marcegaglia dovrebbe seguire una particolare tempistica, che non solo entro febbraio 2015 dovrebbe ultimarsi, ma soprattutto dovrebbe consentire la non interruzione della produzione richiesta dai clienti;
   per quanto riguarda gli aspetti occupazionali legati alla decisione industriale dell'azienda, ad oggi il trasferimento delle linee ad Alessandria confermerebbe comunque la presenza di circa 75 esuberi tra i due stabilimenti (35/40 a Pozzolo Formigaro e 35 a Sesto San Giovanni), considerato che 22 impiegati verrebbero trasferiti nella sede milanese di via Della Cava;
   per coloro che volontariamente decideranno di non accettare il trasferimento in provincia di Alessandria secondo l'azienda oltre all'utilizzo degli ammortizzatori sociali (cassa e mobilità) un incentivo all'esodo di 26.000 euro lordi comprensivo del periodo del mancato preavviso; inoltre per i lavoratori che accetteranno il trasferimento l'azienda ha prospettato due ipotesi: la messa a disposizione di un servizio bus e un'indennità pari a 100 euro al mese lorde legate alla presenza in alternativa ad una cifra di 200 euro al mese lorde per chi dovesse trasferirsi con la propria auto. La durata degli incentivi e del servizio autobus non è stata precisata dall'azienda;
   in generale, il piano industriale della Marcegaglia, molto modesto, secondo le prime valutazioni non dovrebbe superare i 5 milioni di euro, per lo più spesi per attività di revamping delle linee di produzione. Lo spostamento inoltre non garantirebbe nessun risparmio sul piano di alcuni costi industriali (materia prima e costo del personale), costi che tra l'altro incidono per quasi il 90 per cento rispetto ai costi totali di produzione. La dislocazione inoltre graverebbe esclusivamente sulle spalle dei lavoratori, a fronte, al contrario, di un futuro consistente guadagno per l'azienda nel cambio di destinazione d'uso dell'area sestese;
   il 12 maggio 2014 presso la Sede del Ministero dello sviluppo economico, è stato convocato un incontro fra la dirigenza dell'azienda, le rappresentanze sindacali e la regione Lombardia; incontro che ha visto aggiungersi l'impegno dell'ente lombardo per la risoluzione della vicenda, esprimendo la sua contrarietà all'operazione illustrata dall'azienda –:
   quali iniziative intenda mettere in atto il Governo, vista anche l'estrema e piena disponibilità degli enti locali, regione e comuni di Milano, Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo, per evitare la chiusura dello stabilimento di Sesto San Giovanni e il conseguente trasferimento di lavoratori e produzione, garantendo la salvaguardia dei livelli occupazionali. (4-05089)


   CARELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da circa 1 anno la General Electric ha acquistato — tramite la «Nuovo Pignone» — la società AVIO AEREO, dal Fondo inglese CINVEN;
   dall'acquisto è stato scorporato il ramo d'azienda «AVIO SPA» (SETTORE SPAZIO) che ha sede a Colleferro (RM), dove occupa circa 800 persone; AVIO SPA controlla, con l'Agenzia spaziale italiana, la ELV SPA, con altri 100 dipendenti: unica società italiana specializzata nei «lanciatori» (razzi-vettori che portano nello spazio i satelliti);
   la profonda crisi economica che ha interessato il Paese non ha avuto impatto significativo sul settore spazio, legati a programmi di lungo termini; nel decennio 2012-2021 verranno prodotti circa 1.100 satelliti, commerciali civili e militari, un quarto dei quali dedicati all'osservazione della terra ed altrettanti per telecomunicazioni;
   le dimensioni economiche e occupazionali attestano l'importanza del settore a livello mondiale, con benefici immediatamente disponibili per gli stati e i cittadini, con servizi che vanno dai sistemi per cellulari, televisivi, meteorologici, fino all'osservazione della terra;
   con il programma di ricerca «HORIZON 2020» l'Unione europea ha varato, un capitolo per lo spazio con rilevanti finanziamenti a un settore che, sotto l'egida dell'ESA (Agenzia spaziale europea), ha conquistato una leadership mondiale; il programma europeo gestito da Arianne Space (partecipata da AVIO SPA) ha sviluppato un'industria spaziale che consente un accesso indipendente allo spazio e la capacità di realizzare sistemi e servizi;
   il 2012 ha visto l'industria spaziale italiana ottenere un grande successo con la prima missione del lanciatore europeo VEGA, dove AVIO, con ELV, è fornitore primario del vettore, sistemista e autorità organizzativa di tutti gli stadi propulsivi; si tratta di un'eccellenza e leadership italiana da tutti riconosciuta;
   i programmi europei dell'ESA hanno visto AVIO SPA, con ELV, assegnatari di programmi, progetti e contratti che creano uno stato di salute e di commesse promettente per i prossimi anni; i lanci del programma di Arianne Space (di cui AVIO è azionista) hanno visto 11 missioni nel 2012 e 12 nel 2013;
   la società AVIO SPA da oltre un anno è in vendita e sono state impostate varie trattative;
   da alcuni mesi è in corso una trattativa con la società francese SAFRAN;
   le esperienze precedenti delle joint venture italo-francesi nel settore (THALES ALENIA SPACE e TELESPAZIO) non hanno dato risultati positivi per la commercializzazione dei prodotti italiani e la difesa dei siti produttivi nel nostro Paese;
   l'acquisizione — francese o da parte di altri acquirenti non italiani — contribuirebbe ancora una volta a portare fuori dall'Italia l’«intelligenza» dei sistemi, impoverendo la ricerca di base e la ricerca applicata in un settore nel quale l'eccellenza produttiva nazionale si è conquistata primati da tutti riconosciuti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e cosa intenda fare affinché la vicenda possa trovare una positiva soluzione con l'intervento di FINMECCANICA, anche tramite una sua partecipata quale TELESPAZIO, volto all'acquisizione di AVIO SPA, anche al fine di permettere all'Italia di possedere l'intera filiera produttiva — dal software ai satelliti, dal propellente ai lanciatori, dandole una posizione di tutto rilievo ed alla pari dei concorrenti mondiali. (4-05090)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Bargero e altri n. 1-00200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zappulla.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza Gigli n. 2-00567, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Binetti, Buttiglione, Fauttilli, Marazziti, Santerini, Sberna.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Boccuzzi n. 4-01693, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tripiedi.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Lauricella n. 5-02843, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lattuca.

  L'interrogazione a risposta scritta Mattiello e altri n. 4-04969, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Micheli.

  L'interrogazione a risposta scritta Colonnese e altri n. 4-05033, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Luigi Gallo.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Dorina Bianchi n. 3-00870, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Calabrò, Roccella.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Mozione Quartapelle Procopio n. 1-00358 del 6 marzo 2014.