Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 10 giugno 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la lotta all'amianto rappresenta una priorità nella tutela sanitaria ed ambientale, nonostante i notevoli progressi che dalla legge sul divieto di produzione, commercio e utilizzazione del 1992 al piano nazionale amianto del 2013 il nostro Paese ha compiuto in termini: di esclusione delle fibre di asbesto dal circuito produttivo e commerciale; di predisposizione di un sistema di protezione previdenziale per i lavoratori esposti e le altre vittime delle patologie amianto-correlate; di sviluppo di un sistema di prevenzione sanitaria ed ambientale rispetto all'esposizione al rischio, di ricerca rispetto alla correlazione di determinate patologie con l'esposizione all'asbesto, di perseguimento dei reati per anni scientemente perpetrati dalle industrie del settore, di acquisizione alla conoscenza e all'opinione comune della gravità del problema;
    questa lotta resta prioritaria proprio in quanto tali progressi ancora non hanno consentito: un'adeguata risposta previdenziale alle vittime dell'amianto e ai rispettivi familiari, una soddisfacente mappatura della presenza di amianto sul territorio nazionale a fronte della sua enorme diffusione stimata intorno ai 40 milioni di tonnellate, l'esecuzione di operazioni di bonifica significative rispetto all'imponente dimensione della predetta diffusione, l'individuazione di cure efficaci nei confronti delle malattie asbesto-correlate, il cui picco è previsto nei prossimi cinque/dieci anni e il cui esito resta tristemente infausto nonostante gli sviluppi della ricerca sanitaria di settore, la creazione di una consapevolezza capillare e di una conoscenza adeguata nella popolazione circa la vasta presenza delle fibre nelle strutture civili e l'urgenza degli interventi di bonifica, il bando totale dei materiali contenenti amianto dal mercato internazionale, in considerazione del fatto che in molti Paesi del mondo le fibre di amianto vengono ancora prodotte, commerciate e impiegate largamente, in spregio a tutte le evidenze scientifiche relative alla sua estrema nocività;
    il problema dell'amianto necessita di una soglia di attenzione sempre elevata e costante da parte delle istituzioni, la quale è presupposto necessario perché la predetta lotta prosegua efficacemente;
    gli anni più vicini hanno dimostrato che questa maggiore attenzione, ad esempio a seguito delle vicende processuali riguardanti alcuni territori e comunità tristemente ferite dall'amianto (come il processo Eternit svoltosi presso l'autorità giudiziaria torinese e riguardante i reati compiuti dall'omonimo gruppo industriale in alcune località piemontesi, tra le quali la città di Casale Monferrato), consente importanti accelerazioni lungo la via dei progressi che poc'anzi si richiamavano, ad iniziare dalla conferenza intergovernativa promossa dal Governo Monti nel novembre 2012 su iniziativa dei Ministeri della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del lavoro e delle politiche sociali, poi sfociata nell'approvazione da parte del Consiglio dei ministri, nel marzo 2013, di quel piano nazionale amianto che ancor oggi – costituendo tale ritardo un nervo scoperto nell'impegno collettivo per questa emergenza – attende la deliberazione definitiva da parte della Conferenza Stato-regioni;
    la strategia e le azioni concretamente esperibili sono oggi chiaramente indicate nel predetto piano nazionale e il Paese trarrebbe grave pregiudizio nell'ignorare l'esistenza di questo prezioso strumento;
    vista la perdurante mancata adozione in Conferenza, l'attuazione del piano è ad oggi in corso per la sola parte sanitaria, grazie alle coperture finanziarie trovate e alle scelte d'intervento compiute a suo tempo dal dicastero competente, mentre resta sostanzialmente ferma per quanto riguarda le aree ambientale e previdenziale;
    questo stallo è inaccettabile e rischia di compromettere gli sforzi compiuti negli ultimi anni per fare un salto di qualità nella lotta all'amianto; esso deve essere superato a partire dalla soluzione dei problemi di finanziamento concernenti le aree ambientale e previdenziale, per il quale i due Ministeri competenti devono riassumere nella propria agenda gli impegni presi all'interno del piano e riprendere la necessaria interlocuzione con il Ministero dell'economia e delle finanze. Inoltre, è altresì opportuno che i risultati parziali finora faticosamente raggiunti nell'area sanitaria non restino privi di supporto. E a questo riguardo è bene sottolineare l'esigenza di risorse certe e stabili, sia sul versante della prevenzione sia della ricerca sanitaria. Sotto il primo profilo, è opportuno che le azioni avviate dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) in materia di amianto, specie con riferimento alla sorveglianza, trovino adeguato sostegno finanziario; se questo fatica ad essere individuato all'interno della dotazione finanziaria attualmente prevista, ridotta di circa quattro milioni di euro nelle recenti manovre, è doveroso che venga trovato attraverso il ripristino di tali decurtate risorse, eventualmente anche in forma di un parziale rifinanziamento finalizzato alle attività in questione. Sotto il secondo profilo, un decisivo passo in avanti nella ricerca di soluzioni cliniche, ad oggi assenti, per le patologie asbesto-correlate deve essere costituito dalla creazione di una cabina di regia a livello nazionale, a partire dalla collaborazione tra Ministero della salute, Istituto superiore di sanità e Agenzia italiana del farmaco, che si faccia carico del coordinamento interregionale di una rete tra i centri di ricerca, la quale, in collaborazione con gli operatori industriali del settore, consenta lo sviluppo di una serie significativa di studi clinici sul mesotelioma pleurico maligno e su altre patologie correlate, sulle quali concentrare sforzi ad oggi eccessivamente dispersi sul territorio nazionale; il che darebbe la possibilità di stabilire, con la necessaria serietà di valutazione, la dotazione finanziaria sufficiente per questo salto di qualità nei predetti studi clinici, orientando con maggiore efficienza le risorse già stanziate e quelle ulteriormente reperibili;
    peraltro, alcune risposte puntuali possono e devono, anche in costanza dell'inattuazione del piano, trovare immediato seguito, e tra queste: il ripristino della copertura e dell'operatività del fondo nazionale per il risanamento degli edifici pubblici, istituito su iniziativa del Governo Prodi con la legge n. 244 del 2007 e poi azzerato l'anno successivo dal Governo Berlusconi; l'assicurazione di risorse sufficienti e l'implementazione del meccanismo di erogazione relativi al fondo per le vittime dell'amianto, istituito dalla medesima legge del 2007 e che dalla metà del 2013 è rimasto privo dei trasferimenti statali necessari a garantirne l'operatività; un efficiente impiego delle risorse stanziate (a seguito dell'approvazione dell'emendamento 0.18.158.1, a prima firma Balduzzi, all'atto Camera 1238) dall'articolo 18 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013 (cosiddetto «decreto del fare») per la bonifica delle strutture scolastiche in cui è stata censita la presenza di amianto (che, secondo i recenti dati forniti dal Censis, ammontano a circa duemila edifici);
    è necessario rinforzare le azioni propedeutiche alla bonifica degli edifici privati, vera sfida della lotta all'amianto nei luoghi vita, non solo attraverso puntuali ed efficaci interventi fiscali volti a incentivare la rimozione dei manufatti, ma anzitutto con una realistica strategia di comunicazione e informazione circa l'importanza di tale operazione, il cui esito dipende in larga parte dalla sensibilizzazione e dalla partecipazione dei cittadini; il che potrebbe, ad esempio, attuarsi se il Governo promuovesse una specifica e vasta intesa con le regioni, gli enti locali e le aziende sanitarie per coinvolgere le associazioni degli inquilini e dei proprietari di immobili, nonché quelle degli amministratori condominio, allo scopo di intercettare figure chiave per la disseminazione delle informazioni e la capillarizzazione degli interventi;
    il problema dell'amianto ha dimensioni globali e il nostro Paese si è distinto in sede internazionale per l'apporto positivo nell'implementazione degli accordi e delle azioni volte alla messa al bando dell'asbesto e nell'organizzazione di un sistema di regole e di controlli volti a monitorare la presenza di amianto nei manufatti nel mercato mondiale, anche allo scopo di salvaguardare la sicurezza delle merci importate. A questo riguardo, l'impegno del Governo italiano deve proseguire decisamente lungo il percorso europeo e internazionale, già segnato dall'importante risoluzione del Parlamento europeo del marzo 2013, per l'inclusione dell'amianto crisotilo tra le sostanze pericolose di cui alla Convenzione di Rotterdam (come richiesto peraltro da un appello finora inascoltato delle associazioni nazionali dei familiari e delle vittime, coordinate dall'italiana Afeva); inoltre, proprio alla luce delle resistenze internazionali sulla classificazione del crisotilo tra le sostanze pericolose e del conseguente utilizzo diffuso e più difficilmente monitorabile di tale categoria di amianto, tale impegno deve estendersi al rafforzamento dei controlli e della vigilanza sulle merci importate e a maggior rischio di presenza, più o meno occulta, di questo materiale,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative necessarie per sbloccare l'approvazione definitiva del piano nazionale amianto, assicurando le risorse necessarie per le aree del piano più problematiche e poi monitorando attentamente la sua implementazione;
   a supportare efficacemente le attività già in corso nell'area sanitaria del piano, in particolare:
    a) a valutare ogni soluzione per garantire un rifinanziamento della complessiva dotazione finanziaria del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, attraverso il ripristino delle risorse, relativamente limitate nel quadro dei saldi di finanza pubblica, finora sottratte, almeno per una quota aggiuntiva finalizzata al sostegno delle attività del centro in materia di amianto;
    b) a promuovere una cabina di regia nazionale, secondo le caratteristiche dette in premessa, per il coordinamento degli studi clinici di settore, tale da coinvolgere significativamente gli operatori industriali, consentendo in ultima analisi un sufficiente finanziamento a tale programma di ricerca;
   a considerare quale priorità della propria azione le attività di bonifica degli edifici, assumendo iniziative per ripristinare il fondo nazionale per la bonifica degli edifici pubblici di cui alla legge n. 244 del 2007, nonché utilizzando efficacemente le risorse messe a disposizione dall'articolo 18 del decreto-legge n. 69 del 2013, relativamente agli interventi nelle strutture scolastiche;
   ad adottare iniziative per potenziare gli strumenti previdenziali a tutela dei lavoratori esposti e delle rispettive famiglie, anzitutto ripristinando l'operatività, compromessa a partire dalla metà del 2013, del fondo per le vittime istituito con la legge n. 244 del 2007;
   ad avviare, in coordinamento con le regioni, gli enti locali e le aziende sanitarie e in collaborazione con le associazioni degli inquilini, dei proprietari d'immobili e degli amministratori condominiali, una vasta campagna d'informazione e sensibilizzazione che agevoli l'incremento delle bonifiche presso gli edifici privati;
   a proseguire con determinazione l'impegno già assunto e portato innanzi in sede internazionale per la lotta alla produzione, al commercio e all'utilizzo delle fibre di asbesto, con particolare riferimento al riconoscimento del crisotilo quale sostanza nociva al pari delle altre tipologie di amianto, e per il rafforzamento del sistema dei controlli sulle importazioni di merci contenenti tale materiale ancora largamente in uso nei mercati emergenti.
(1-00494) «Balduzzi, Antimo Cesaro, Matarrese, Vecchio, Molea, D'Agostino, Vargiu, Cimmino, Mazziotti Di Celso, Dambruoso, Tinagli, Monchiero, Oliaro, Rabino, Vitelli, Librandi, Vezzali, Capua, Causin, Sottanelli, Galgano».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore Gelmini, con decreto 11 marzo 2010, n. 26, ha nominato una commissione di studio con il compito di coordinare ed orientare le indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia, del primo ciclo e dei licei;
    dal lavoro di suddetta Commissione, dopo un attento e accurato studio, è stato adottato il regolamento recante «Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi» previsti per i percorsi liceali di cui all'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, in relazione all'articolo 2, commi 1 e 3, del medesimo regolamento, di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 7 ottobre 2010, n. 211;
    nell'ambito di tale regolamento, tra gli obiettivi specifici di apprendimento per il quinto anno del liceo non appaiono, tra gli autori della letteratura del Novecento, esponenti della cultura del Sud Italia, ovvero grandi della letteratura italiana come Sciascia, Quasimodo;
    in particolare, nella parte relativa delle indicazioni nazionali per i licei si legge: «(...) L'incidenza lungo tutto il Novecento delle voci di Pascoli e d'Annunzio ne rende imprescindibile lo studio; così come, sul versante della narrativa, la rappresentazione del «vero» in Verga e la scomposizione delle forme del romanzo in Pirandello e Svevo costituiscono altrettanti momenti non eludibili del costituirsi della «tradizione del Novecento». Dentro il secolo XX e fino alle soglie dell'attuale, il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un'adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto, ...). Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealistica ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, P. Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello...)», tralasciando molti fra i più importanti protagonisti della letteratura e poetica meridionali che si ascrivono a pieno titolo come parte fondante della cultura italiana;
    le indicazioni raccomandano, infine, la lettura di pagine della migliore prosa saggistica, giornalistica e memorialistica;
    appare evidente che in tal modo viene proposta agli studenti una visione viziosamente nordista, del tutto incompleta; gli autori meridionali saranno confinati a realtà regionali, palesandosi in tal modo una netta esclusione di un pezzo significativo della cultura essenziale per la storia del nostro Paese;
    si noti che, a parte Verga e Pirandello e l'indicazione di una sola donna (Elsa Morante), su 17 poeti e scrittori consigliati non c’è un solo nome a sud di Roma; mancano, quindi figure meridionali che hanno dato lustro alla letteratura italiana del XX secolo, come Gesualdo Bufalino, Elio Vittorini, Leonardo Sciascia, Domenico Rea, Salvatore Quasimodo, Matilde Serao, Anna Maria Ortese;
    se da una parte si può affermare che non si tratta di indicazioni prescrittive, d'altra parte questo non deve tranquillizzare, poiché tali decisioni avranno gravi ripercussioni sia sul piano culturale che a livello editoriale, poiché le case editrici, nel momento in cui elaboreranno i manuali per i licei, si atterranno principalmente alle indicazioni del Ministero, magari classificando tutti gli esclusi come «minori» creando in tal modo una immagine falsata della letteratura del Novecento;
    si aggiunga che in tal caso si paventerebbe pure il ritiro dal mercato dei testi in uso e la ristampa dei nuovi testi letterari propedeutici con la logica conseguenza che le famiglie si troverebbero a non poter acquistare libri di seconda mano e quindi costretti a sostenere un oneroso esborso;
    per porre rimedio a questa inspiegabile mancanza, da diversi anni (4 anni) si è attivato il Centro di documentazione sulla poesia del Sud che opera in provincia di Avellino, come pure il sostegno di quattro regioni (ordini del giorno del consiglio regionale della Campania del 16 maggio 2012, del consiglio regionale della Calabria del 28 maggio 2012, intervento del presidente del consiglio regionale del Molise del luglio 2012, dell'assessore all'istruzione della Basilicata del settembre 2012); si contano numerosi interventi giornalistici di autorevoli intellettuali e studiosi di letteratura italiana (tra cui Alberto Asor Rosa, in «Corriere del Mezzogiorno» del 29 marzo 2012, pagina 17, e di Paolo Di Stefano, in «Corriere della Sera» del 21 marzo 2012, pagina 35), nonché diverse interrogazioni parlamentari sul tema;
    nella risposta del 5 giugno 2012, all'interrogazione a risposta orale n. 3-02216 del 18 aprile 2012, il Sottosegretario all'istruzione, all'università e alla ricerca pro tempore Marco Rossi Doria dichiarava che «in via personale» stava «esaminando con attenzione la questione», e che da allora non c’è stato nessun ulteriore pronunciamento del Ministero, tant’è che il testo delle «Indicazioni» è rimasto invariato;
    reinserire nei programmi scolastici delle scuole superiori di secondo grado autori del sud significa restituire dignità a tutta la letteratura italiana garantendo agli studenti una conoscenza ed una formazione compiuta della nostra storia e della nostra cultura,

impegna il Governo:

   a rivedere il regolamento recante le indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi, al fine di provvedere all'inserimento di autori meridionali nei programmi di letteratura italiana del Novecento;
   qualora si proceda all'inserimento di autori meridionali nei programmi di letteratura, ad attivarsi affinché sia resa disponibile la pubblicazione di appendici separatamente ai testi, onde evitare un ulteriore onere economico a carico delle famiglie.
(7-00385) «Marzana, Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Di Benedetto, Battelli, Simone Valente, D'Uva».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti di stampa che, contrariamente a quanto inizialmente annunciato sul sito web del Governo lo scorso 18 aprile, delle 52 «auto blu» messe in vendita ne sarebbero state effettivamente vendute solo 7;
   considerando che il prezzo medio di vendita di ogni vettura sarebbe di 7.142 euro, il ricavo di tale operazione ammonterebbe a soli 50 mila euro circa;
   sembrerebbe, infatti, che molte vendite non sarebbero poi andate in porto dal momento che molti acquirenti non possedevano i requisiti per procedere all'acquisto, sia per quanto riguarda la solvibilità che per ciò che concerne la fedina penale;
   peraltro, è inevitabile notare come le nove Maserati messe in vendita sul sito web eBay lo scorso 28 aprile, considerate i pezzi più pregiati della «collezione», secondo quanto si apprende dalla stampa, avrebbero collezionato zero offerte;
   pare, inoltre, che la Lancia Lybra in dotazione al Ministro della giustizia Andrea Orlando sia stata venduta alla risibile somma di 800 euro;
   considerando altresì che gli annunci iniziali del Governo avevano previsto un introito di 370 mila euro, secondo l'interrogante anche questa vicenda della vendita sul sito web eBay delle auto blu rientri nella più ampia campagna mediatica posta in essere dal Presidente del Consiglio e finalizzata al «convincimento» del maggior numero di elettori in vista delle elezioni europee tenutesi lo scorso 25 maggio. Se del successo mediatico dell'operazione non è possibile dubitare, visto il risultato, conclusa la campagna elettorale il Presidente del Consiglio, a parere dell'interrogante, dovrebbe riconoscere il fallimento dell'operazione, che si desume con evidenza dalle sopra citate notizie di stampa;
   occorre anche considerare che un buon numero di queste autovetture dispone di dispositivi di sicurezza e blindature che potrebbero essere molto utili alle forze dell'ordine –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga doveroso rendere ufficialmente pubblici i risultati dell'operazione di vendita delle cosiddette «auto blu» mediante il sito web eBay;
   se, qualora dovesse effettivamente essere confermato il fallimento dell'operazione annunciato dalla stampa, il Presidente del Consiglio non ritenga più opportuno assegnare – gratuitamente, senza alcun onere e mantenendo i contratti di manutenzione e assistenza dei veicoli attualmente in essere – le cosiddette «auto blu» alle forze dell'ordine per l'espletamento dei compiti operativi resi ogni giorno più difficili dalle politiche di austerità degli ultimi anni. (4-05079)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   MATARRESE e ANTIMO CESARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, in provincia di Lecce ed in particolare nei comuni di Andrano, Castrignano del Capo, Gagliano del Capo, Diso, Tricase, Racale, Tiggiano, Alessano e Porto Cesareo, si è verificato il fenomeno dell'erosione e del relativo crollo della falesia che caratterizza la costa;
   il fenomeno, che ha interessato ampi tratti di costa nei suddetti comuni, si è precedentemente verificato in altri comuni sempre della provincia di Lecce, in particolare a Castro, Melendugno, Vernole, Otranto e Santa Cesarea Terme, ed anche in diversi tratti di costa del Gargano;
   tutti i tratti di costa interessati dai crolli delle falesie sono stati chiusi ed interdetti al pubblico utilizzo;
   i comuni soggetti a tale fenomeno, che sono sul litorale ionico salentino ed interessano oltre 50 dei 320 chilometri di costa, attualmente risultano non accessibili per effetto dei provvedimenti della capitaneria di porto di Gallipoli, che hanno limitato sia la balneazione che la navigazione nei tratti interessati dall'erosione e dal crollo del costone roccioso. Per tutte le aree interessate dal fenomeno di dissesto è stato vietato anche l'ancoraggio delle unità navali, la pesca sportiva e, in generale, qualsiasi attività subacquea;
   parimenti, ampi tratti di costa del Gargano sono stati interessati dai provvedimenti interdittivi emanati dalla capitaneria di porto di Manfredonia del circondario marittimo di Vieste;
   in particolare, le zone che risultano più a rischio sono quelle della costa alta, la cosiddetta «zona delle grotte»; questa zona è caratterizzata dalla presenza di costoni rocciosi di natura calcarea e friabile e per questo motivo il divieto di navigazione in quest'area è stato disposto dalle 8 alle 19 e si estende fino a 200 metri dalla costa, mentre dalle ore 19 alle 8 è limitato fino a 50 metri dalla costa. Per la balneazione, invece, si passa dal semplice avviso di pericolo fino al divieto di spingersi oltre 50 metri dalla costa;
   secondo quanto affermato alla Gazzetta del Mezzogiorno dal procuratore di Lecce, questi sono «(...) interventi dovuti e non di repressione per evitare tragedie come quella di Ventotene e spronare i sindaci dei comuni interessati, che finora forse hanno prestato scarsa attenzione nei confronti di un territorio che si rischia di perdere se abbandonato a se stesso (...)»;
   alcuni sindaci dei comuni interessati dai crolli hanno dichiarato alla stampa di non aver avuto la possibilità di intervenire a causa del blocco delle risorse per i vincoli imposti dal patto di stabilità;
   secondo quanto affermato alla stampa dal comandante della guardia costiera di Gallipoli, «(...) l'obiettivo del provvedimento è quello di effettuare sopralluoghi e capire se ci sono situazioni di pericolo e se ce ne fossero di intervenire prima che sia troppo tardi. In passato i sindaci hanno dimostrato poca attenzione su questo aspetto del territorio (...)»;
   secondo quanto si evince dagli articoli di stampa, pare che sulla vicenda la procura di Lecce abbia aperto un'inchiesta. L'ipotesi di reato è di disastro colposo al momento a carico di ignoti. I magistrati, infatti, avrebbero precisato che il fascicolo d'inchiesta, aperto dalla procura per l'ipotesi di omissione colposa di interventi di messa in sicurezza, resta al momento ancora a carico di ignoti, non avendo le indagini portato a riscontri che potessero comprovare negligenze e ritardi; l'indagine è volta a verificare che tutte le autorità competenti stiano facendo i necessari accertamenti per individuare le aree effettivamente a rischio crollo e quelle che non lo sono e se esista un reale stato di allerta;
   la risoluzione della situazione venutasi a determinare, e quindi il ripristino delle condizioni di sicurezza dei tratti di costa interessati, ha carattere d'urgenza per poter consentire il regolare svolgimento della stagione turistica appena iniziata, che nei citati comuni è una delle principali attività economiche con rilevanti riflessi sull'occupazione e sulla formazione di posti di lavoro –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative di propria competenza intenda adottare per consentire lo sblocco delle risorse per l'immediata esecuzione degli interventi già programmati e se non ritenga di considerare l'opportunità di far fronte a lavori urgenti di messa in sicurezza dei 50 chilometri di costa leccese interessata dal crollo delle falesie, utilizzando le risorse previste dal comma 111 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014, legge 27 dicembre 2013, n. 147, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013. (3-00874)


   DALLAI, PARRINI, BORGHI, SANI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in base alla road map resa nota da tempo dalle autorità ed istituzioni preposte, entro il mese di luglio 2014, compatibilmente con le condizioni meteorologiche, dovrà essere effettuato lo spostamento del relitto della Costa Concordia naufragata davanti all'Isola del Giglio (provincia di Grosseto) il 13 gennaio 2012;
   secondo quanto emerso dai media, il 5 giugno 2014 si è tenuta la conferenza di servizi, in sede referente, volta ad istruire i lavori della conferenza di servizi in fase deliberante, prevista per il 15 giugno 2014, nella quale sarà individuato il porto dove verrà trasportato e demolito il relitto della nave;
   in base a quanto disposto nella delibera del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2013, recante «Autorizzazione al commissario delegato per l'emergenza ambientale conseguente al naufragio della nave Costa Concordia ad adottare i provvedimenti necessari a consentirne il trasporto nel porto di Piombino e lo smantellamento», la nave Concordia è destinata alla demolizione e, come tale, soddisfa la definizione di «rifiuto», ai sensi della direttiva 2008/98/UE e del regolamento (CE) n. 1013/2006, ed è, quindi, assoggettata al relativo regime giuridico di gestione, di controllo e sanzionatorio i cui aspetti e competenze sono attribuiti alla regione Toscana;
   tale delibera specifica che l'allegato III al regolamento (CE) n. 1013/2006, voce GC030, classifica tra i rifiuti contenenti metalli le «navi ed altre strutture galleggianti destinate alle demolizioni adeguatamente vuotate di qualsiasi carico e di altri materiali serviti al loro funzionamento che possono essere classificati come sostanze o rifiuti pericolosi»;
   il parametro della vicinanza tra relitto e porto di smantellamento è in questo caso particolarmente importante, in considerazione del fatto che la zona in cui è avvenuto del naufragio è di altissimo pregio ambientale e prossima all'area protetta di valenza nazionale definita «santuario dei cetacei»;
   il commissario delegato per l'emergenza ambientale conseguente al naufragio della nave Costa Concordia, dottor Franco Gabrielli, nel corso della sua audizione presso la Commissione VIII ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, avvenuta il 17 aprile 2014, «inerente l'evoluzione della vicenda relativa alla rimozione della Costa Concordia», ha sottolineato che «la selezione del porto di destinazione del relitto compete all'armatore», nel rispetto delle normative nazionali e comunitarie, della certezza dell'esito e della protezione dell'ambiente e della sicurezza sul luogo di lavoro;
   nell'audizione è, inoltre, emerso che l'armatore ha provveduto ad emanare un apposito «invito» per individuare il porto per lo smantellamento. A tale invito hanno risposto positivamente 13 porti, di cui 4 italiani (Piombino, Civitavecchia, Genova e Palermo; in ordine crescente di distanza dal luogo dal relitto);
   il 30 maggio 2014 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi ha comunicato che lo smaltimento avverrà in un porto italiano;
   il porto logisticamente più prossimo e, dunque, meno rischioso per le potenziali problematiche legate al trasporto è il porto di Piombino, qualora tale sito risulti conforme ai lavori preposti nei tempi stabiliti;
   il 30 maggio 2014 il commissario dell'autorità portuale di Piombino Luciano Guerrieri ha confermato, anche a mezzo stampa, che i lavori per l'adeguamento e l'allestimento della banchina per accogliere e smantellare il relitto della Costa Concordia «procedono secondo i tempi stabiliti»;
   secondo i media, Costa Crociere (notizia confermata anche dal Ministro interrogato), in un dossier inviato al Governo, ha individuato il porto di Genova quale sito per accogliere il relitto della Concordia –:
   quali siano i vincoli ambientali ed i relativi parametri logistici, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie sullo smaltimento dei rifiuti ed in virtù dei contenuti e degli indirizzi presenti nei documenti citati in premessa (delibera del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2013 e relazione del commissario delegato del 17 aprile 2014), sulla base dei quali verrà identificato il sito italiano di smantellamento del relitto della Costa Concordia. (3-00875)


   DA VILLA, SPESSOTTO, COZZOLINO, BENEDETTI, BRUGNEROTTO, BUSINAROLO, D'INCÀ, FANTINATI, ROSTELLATO, TURCO, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, DELL'ORCO, CRISTIAN IANNUZZI, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, BUSTO, DE ROSA, TERZONI, DAGA, MANNINO, SEGONI, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, con decreto del 24 dicembre 1998, ha espresso «giudizio di compatibilità ambientale negativo sul progetto» del sistema Mo.S.E., predisposto dal Consorzio Venezia Nuova;
   tale parere è stato recepito poi dalla deliberazione dell'8 marzo 1999 del Comitato ex articolo 4 della legge n. 798 del 1984 («Comitatone»), che, di fatto, si uniforma ad esso, affermando «la complementarietà tra gli interventi diffusi di difesa locale di ripristino ambientale e riequilibrio morfologico della laguna e opere di regolazione delle maree alle tre bocche di porto» e invitando «gli organi competenti ad imprimere una decisa accelerazione agli interventi di disinquinamento, bonifica dei siti inquinati e recupero morfologico». Infine il «Comitatone», con l'obbiettivo del riequilibrio della morfologia lagunare, chiede al magistrato alle acque di «riesaminare il progetto di chiusura mobile alle bocche di porto al fine di individuare gli eventuali adeguamenti progettuali». Soltanto in seguito si potrà procedere con un nuovo parere;
   con ricorso al tribunale amministrativo regionale del Veneto, proposto da regione Veneto, Ascom e titolari valli da pesca, si chiede l'annullamento del suddetto decreto. Il giudice amministrativo accoglie il ricorso (sentenza 1350 del 22 giugno 2000), annulla l'atto, ma, nel motivare la sua decisione, afferma che «nel riesame del progetto (...) tali considerazioni dovranno essere tenute presenti al fine di una rinnovata valutazione del bilancio costi-benefici ambientali»;
   il Governo Amato preferisce non impugnare la sentenza al Consiglio di Stato, dato che il giudice ha affermato, in ogni caso, la necessità di rifare il parere. Il 15 marzo 2001 il Consiglio dei ministri ribadisce quanto scritto dal «Comitatone», compresa la necessità, al termine degli approfondimenti progettuali, di far esprimere un nuovo parere di compatibilità ambientale;
   il «Comitatone» si riunisce il 6 dicembre 2001 a Palazzo Chigi (Governo Berlusconi) e stabilisce «che si dia corso (...) al completamento della progettazione delle opere di regolazione delle maree alle bocche di porto della laguna di Venezia», senza esprimere alcun parere di compatibilità ambientale dell'opera, e poi nuovamente, il 4 febbraio 2003, in cui si delibera di «ritenere esaurita ogni questione relativa agli aspetti ambientali delle opere complementari ed assorbita ogni ulteriore valutazione afferente la compatibilità ambientale delle opere di regolazione delle maree nella menzionata delibera dell'8 novembre 2002, considerata che queste non sono obbligatoriamente oggetto di VIA ex DPCM n. 375/1988», confermando l'assenza del prescritto decreto favorevole di valutazione dell'opera –:
   se e quando il Governo italiano abbia formulato, espressamente, il nuovo decreto di compatibilità ambientale ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e della successiva disciplina in materia ambientale. (3-00876)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   continua ad essere gravissima la situazione nella quale versano i circa quattromila dipendenti dei disciolti consorzi di bacino, costituiti ai sensi della legge regionale della Campania 10 febbraio 1993, n. 10, per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, e delle società dagli stessi costituite;
   questi lavoratori non percepiscono stipendio ormai da oltre un anno e continuano ad attendere invano di conoscere il proprio futuro lavorativo;
   nonostante numerosi appelli, scioperi e proteste, infatti, ancora nulla è stato deciso circa la loro ricollocazione lavorativa, pur a fronte dell'accoglimento di un ordine del giorno a firma dell'interrogante che impegnava il Governo pro tempore al reimpiego di tali lavoratori nell'ambito del potenziamento delle attività per il contrasto alla grave situazione di emergenza ambientale nel territorio della cosiddetta «Terra dei fuochi», compreso tra le province di Napoli e Caserta, interessato dal fenomeno dei roghi di rifiuti tossici;
   i lavoratori dei consorzi di bacino erano stati configurati come dipendenti comunali atipici e, in forza di tale qualifica, dovrebbero essere riassorbiti da altre strutture comunali o regionali –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, in relazione al ricollocamento lavorativo del personale dei disciolti consorzi e delle società ad essi collegate, così come indicato nell'ordine del giorno di cui in premessa. (3-00877)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOSACCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 giugno 2014 la capitaneria di porto di Monopoli ha emanato una ordinanza in cui viene sancito il divieto di balneazione in ben 48 punti della costa compresa tra Monopoli, appunto, e Polignano a Mare;
   il divieto riguarda la balneazione, la navigazione, la sosta e l'ancoraggio, di tutte le attività navali, della pesca sportiva, di quella professionale, e qualsiasi attività subacquea e di superficie connessa agli usi di mare;
   quello in questione è un ulteriore tratto importante della costa pugliese sottoposto a divieto nelle ultime settimane per il rischio crollo falesie e giunge dopo quelli che hanno riguardato il Salento e il Gargano;
   è del tutto evidente che nonostante il capillare monitoraggio e la verifica dei tratti di costa in questo modo viene ad essere posta a rischio l'intera stagione turistica con notevoli ripercussioni negative su tutto il comparto economico pugliese;
   da tempo gli amministratori locali, in particolare il sindaco di Polignano a Mare, hanno sollecitato interventi per la messa in sicurezza e il contrasto del dissesto riguardante la costa che non possono essere affrontati dal comune;
   occorre infatti un intervento di portata straordinaria considerata la specificità del problema e l'entità del territorio interessato;
   la questione si sta trasformando in una vera e propria emergenza e mette a rischio anche il prosieguo di attività economiche con conseguenti rischi occupazionali –:
   se e quali iniziative intenda attivare il Governo, per quanto di competenza e al più presto, per affrontare la messa in sicurezza delle coste pugliesi supportando gli sforzi posti in essere dalle amministrazioni locali per evitare il collasso del tessuto economico legato al turismo in considerazione della fortissima attrazione che hanno le coste pugliesi e assumendo iniziative specifiche di sostegno in questa fase emergenziale. (5-02954)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la discarica di Alice Castello in Provincia di Vercelli, genericamento indicata col nome di «Alice 2», è stata inaugurata nel 1991; in precedenza era una cava di ghiaia, o meglio era un buco creato da anni di estrazione di ghiaia dal sottosuolo. Tutta questa zona chiamata Valle Dora è ricchissima di ghiaie: esse sono i depositi alluvionali lasciati in tempi passati da un torrente uscente dal lago di Viverone, allora molto più esteso rispetto a oggi, che qui scorreva e depositava i suoi detriti;
   la regione Valle Dora è molto ampia e, soprattutto negli ultimi anni, è stata intensamente sfruttata, in molti punti e da ditte diverse, per l'estrazione di materiali edili;
   gli strati di ghiaia e sabbia hanno, qui, mediamente uno spessore di 30 metri: l'estrazione può continuare fino a quando si arriva a circa 3 metri dalla falda acquifera, dopo di che la cava è esaurita e lo scavo può essere colmato;
   la ex cava poi diventata la discarica «Alice 2» occupava uno spazio di due milioni di metri cubi con pareti alte più di 30 metri;
   l'autorizzazione a farne una discarica ha suscitato molte polemiche sia tra gli esperti (geologi, ambientalisti, politici) che tra la popolazione: la regione Valle Dora infatti, proprio per le sue caratteristiche geologiche, non sarebbe stata un'area idonea all'insediamento di una discarica: la ghiaia è estremamente permeabile e un ipotetico inquinamento giungerebbe facilmente alle falde acquifere che riforniscono molti acquedotti, compreso quello di Santhià;
   le pareti scoscese dello scavo non hanno permesso la loro impermeabilizzazione tramite uno strato d'argilla, per cui nel progetto si è previsto di pavimentare solo il fondo con uno strato di 1 metro d'argilla. Il fondo e le pareti sono state poi ricoperte con un telone in HDPE. Nonostante tutte le opposizioni, l'autorizzazione regionale fu comunque concessa;
   nel 2006 la provincia, avendo rilevato perdite di percolato causate da una impermeabilizzazione non ottimale delle vasche della discarica, ne affidò la gestione a un soggetto privato. Tale soggetto indicò tra le azioni da attuare la costruzione di una nuova vasca per la bonifica;
   l'ente pubblico non aveva fondi per provvedere alla bonifica; si è pensato di affidare l'incarico ad un privato che avrebbe approntato l'intervento tecnico necessario, contestualmente la stessa ditta provvedeva a colmare il vuoto esistente tra le due discariche con l'abbancamento di rifiuti appartenenti ad alcuni codici CER, con lo scopo di riportare l'area all'uso agricolo;
   nonostante la gestione affidata, con progetto appunto del 2006, all'azienda Daneco poi passata ad Alice Ambiente srl, pare che ad oggi non vi siano avanzamenti significativi nella stessa bonifica e che sul caso sia anche in corso un'inchiesta della procura di Vercelli;
   le informazioni date alla stampa locale dal sindaco Andrea Chemello appaiono preoccupanti in quanto si parla di un «collasso» di alcuni pozzi che avrebbero dovuto emungere il percolato;
   dunque non solo non c’è miglioramento, ma anche rischio di inquinamento della falda acquifera;
   motivo del collasso, sempre secondo Arpa e Provincia in conferenza servizi, potrebbe essere l'eccessivo peso specifico di rifiuti conferita nella nuova vasca (circa 1300 chilogrammi per metro cubo invece di 750 chilogrammi per metro cubo come stabilito);
   era stato autorizzato il conferimento di rifiuti per un massimo di 750 chili per ogni metro cubo e invece ne sono stati portati 1.350, l'80 per cento in più;
   «secondo l'Arpa e la provincia di Vercelli questa maggior pressione avrebbe causato il collasso dei pozzi a suo tempo realizzati per emungere il percolato dal fondo della discarica»;
   si teme, inoltre, un altro grave rischio: quello della lesione della fascia di impermeabilizzazione della nuova vasca, dovuto al sovraccarico di rifiuto con conseguente aumento del rischio della falda acquifera; il comune di Tronzano, nella persona del sindaco, fatto un serio esame della situazione della discarica di Alice 2, ha il fondato timore che la falda acquifera sia inquinata;
   la provincia ha convocato sulla «discarica» di Alice Castello una conferenza dei Servizi il 5 giugno 2014 ed una si terrà tra luglio e agosto prossimi, durante le quali si intende comprendere meglio alcune voci riportate dalla stampa secondo le quali nel corso del 2013 la società di gestione (ora Alice Ambiente srl) avrebbe «spento» alcuni pozzi e questa sembra essere una delle cause determinanti l'innalzamento del livello di percolato;
   il consorzio dei comuni per lo sviluppo del Vercellese si è sciolto il 12 maggio, lo ha deciso l'assemblea dei 51 comuni aderenti. Un adempimento naturale, perché è la norma nazionale che prevede il graduale superamento di questi enti. Al momento, non è però chiaro chi dovrà quindi verificare il rispetto del contratto del 2006;
   il disciolto consorzio dei comuni ha ora un commissario liquidatore nella persona del sindaco di Ghislarengo, Daniele Zanazzo –:
   se il Governo disponga di elementi in relazione alla situazione della falda acquifera di cui in premessa e, considerato lo stato dei luoghi, se ritenga di promuovere, per quanto di competenza, un'indagine epidemiologica in merito. (4-05083)


   DI GIOIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda dell'aeroporto «Gino Lisa» di Foggia sul quale l'interrogante ha presentato un'interrogazione a risposta immediata in data 28 maggio 2014, sembrerebbe aver preso una piega totalmente negativa;
   come è noto la commissione tecnica VIA-VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è attualmente impegnata nella stesura dell'istruttoria tecnica relativa alla procedura di valutazione di impatto ambientale e non è ancora pervenuto il dovuto parere da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   da notizie assunte direttamente dall'interrogante il parere in oggetto sembrerebbe essere negativo con la conseguenza che un'opera strategica per il territorio della provincia di Foggia, attesa da anni e per anni rinviata con un motivo o con un altro, rischierebbe di essere definitivamente affondata con le relative ripercussione negative per l'economia locale;
   in questo modo l'arretratezza delle infrastrutture di mobilità che, da sempre, rappresenta un pesante handicap con il quale questo territorio deve fare i conti continuerà a impedire agli operatori economici di poter competere, ad armi pari, con altre realtà produttive del Paese;
   la dinamica dei ritardi che si sono accumulati negli anni sembrerebbe dimostrare una volontà politica tesa ad impedire il rilancio del territorio e certo non passerà in silenzio questa ennesima prova di scarsa sensibilità nei confronti di un realtà sociale che cerca in tutti i modi di sottrarsi agli effetti della crisi economica ma che si vede sempre più ignorata dalle decisioni che vengono assunte in sede nazionale –:
   se corrispondano al vero le informazioni, assunte dall'interrogante, sul possibile parere negativo della Commissione tecnica VIA-VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e come, nel caso, si intenda agire al fine di non lasciare inevase le giuste aspettative delle popolazioni e delle forze produttive del territorio che puntavano su quest'opera per rilanciare un'economia strutturalmente depressa soprattutto a causa della cronica mancanza di opere infrastrutturali. (4-05085)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i commi 3 e 5 dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 «Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» sanciscono il principio dell'assistenza al parente o affine portatore di handicap e pongono quale condizione per il godimento del diritto da esse previsto, oltre allo stato di handicappato del parente o affine da assistere, anche la continuità e l'adeguatezza dell'assistenza stessa;
   la legge n. 104 del 1992 rappresenta dunque un'importante conquista sociale che ribadisce il ruolo della famiglia non soltanto certificando il diritto dei consanguinei stretti ad essere esentati da una piccola parte dei propri obblighi lavorativi per poter prestare assistenza integrativa al proprio congiunto, ma anche sottolineando il profondo significato sociale e l'insostituibile ruolo del nucleo familiare nel fiancheggiamento morale e materiale della persona sofferente;
   le garanzie sociali della legge n. 104 del 1992 non intervengono dunque soltanto per permettere e supportare la solidarietà tra familiari, ma indicano con chiarezza la scelta di riconoscere nella famiglia il nucleo fondante della convivenza civile;
   l'istituzione statale ha pertanto l'interesse di tutelare il pieno godimento dei diritti discendenti dall'applicazione di tale legge, in quanto essi concorrono a garantire i livelli qualitativi di assistenza sanitaria e sociale alla persona portatrice di handicap e a tutelare il valore fondante della famiglia;
   appare del tutto fisiologico che anche l'amministrazione militare dello Stato si riconosca nei valori tutelati dalla legge n. 104 del 1992 e lavori per il pieno godimento dei diritti previsti per il personale dipendente;
   la stessa giurisprudenza ha puntualizzato negli anni il perimetro di godimento dei diritti del personale militare certificando, in data 6 luglio 2009, con sentenza del Consiglio di Stato n. 4324, che: «Va considerato viziato il provvedimento di diniego di trasferimento del militare per l'assistenza ad un congiunto disabile, ex articolo 33 della legge n. 104 del 1992, qualora l'Amministrazione avendo individuato altri parenti ed affini idonei a prestare assistenza al disabile in luogo del militare, ne abbia valutato in astratto la possibilità di assistenza, senza analizzare la situazione concreta, di fatto impeditiva della richiesta assistenza (Sezione IV, sentenza n. 4324 del 06 luglio 2009 a conferma della sentenza del T.A.R. Puglia n. 1518/2007);
   la grave crisi economica endemica in Sardegna, ma anche l'attaccamento ai valori patri e ai sentimenti dell'unità nazionale, nel tempo hanno indirizzato un notevole numero di giovani sardi verso la carriera militare, comportando per molti di loro la necessità di esercitare la propria attività fuori dai confini dell'isola;
   tale situazione di distacco dal proprio contesto esistenziale è vissuta spesso con sofferenza dai militari provenienti dalla Sardegna che sono peraltro consapevoli come il loro numero, di gran lunga superiore rispetto alle esigenze di impiego nell'isola, comporta sovente lunghe permanenze professionali lontano dai propri luoghi di origine;
   tale condizione, assolutamente accettabile in situazioni ordinarie, diventa però sicuramente assai più dolorosa e pesante quando intervengano problematiche del nucleo familiare di origine che rendano indispensabile il riavvicinamento;
   tale situazione è peraltro tra quelle esplicitamente tutelate dalla legge n. 104 del 1992 di cui sopra;
   in particolare, il 14 marzo 2014, il caporal maggiore scelto Emiliano Giglio, effettivo al 3O reggimento alpini Pinerolo (TO) presentava istanza ai sensi del succitato articolo 33, per poter usufruire dei benefici di legge ed assistere il sessantottenne genitore invalido al 100 per cento affetto da adenocarcinoma alla prostata e sottoposto al trattamento di radioterapia;
   il padre del caporal Giglio, residente in Pimentel (CA), le cui aggravate condizioni di salute venivano supportate da elementi probatori, convive con la moglie che non è in grado di prestare un'adeguata assistenza continuativa;
   il 23 maggio 2014 lo Stato Maggiore dell'Esercito manifestava la propria determinazione ostativa all'istanza, motivando il proprio diniego con lo specifico incarico di missilista del caporal Giglio che non avrebbe trovato una collocazione organica nell'ambito degli enti dislocati nelle sedi sarde;
   il caporal Giglio, nelle proprie controdeduzioni, dava allora la propria totale disponibilità a essere assegnato in qualunque reparto della regione Sardegna e ad accettare anche un secondo incarico, oltre a quello di missilista;
   il caso del caporal Giglio sembra rappresentare in modo davvero paradigmatico la situazione di «diritto negato» nella quale spesso sembrano trovarsi i militari sardi, in relazione all'annoso problema dell'applicazione della legge n. 104 del 1992 –:
   se risulti una situazione di particolare disagio per i militari sardi che, più di altri, troverebbero difficoltà a vedere garantiti i propri diritti di assistenza nei confronti di familiari che rientrano nelle necessità assistenziali previste dalla legge n. 104 del 1992;
   come intenda intervenire nel caso specifico del caporale Emiliano Giglio e in tutti i casi analoghi per risolvere in modo univoco e definitivo le svariate problematiche legate alla valutazione del diniego da parte dell'amministrazione militare dei benefici previsti dalla legge n. 104 del 1992 ed, in particolar modo, rispetto alle agevolazioni previste con riguardo alla possibilità di ottenere uno spostamento della sede di lavoro. (4-05082)


   FRUSONE, ARTINI, CORDA, RIZZO, BASILIO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la Marina militare, una volta dichiarato un faro non più utile alle esigenze di forza armata, restituisce l'immobile al demanio militare per le decisioni di competenza (reimpiego della struttura da parte delle capitanerie di porto, di altre Forze armate e/o forze di polizia, enti statali, autorità regionali, vendita a privati, alienazione, e altro);
   molto spesso, però, la Marina militare cede solo gli alloggi del faro e non la torre del faro che rimane di sua pertinenza al fine di consentire la funzionalità della sorgente luminosa del faro stesso. In caso contrario, qualora cioè si decida di cedere anche la torre, l'ottica del faro viene smontata e il faro cessa la sua funzione di ausilio alla navigazione marittima;
   il Faro Capo Circeo risulta ancora attivo e tra i fari ancora presidiati, ove al suo interno opera un tecnico fari, impiegato civile del Ministero della difesa;
   la struttura è composta dalla torre faro alta 18 metri e da un fabbricato bianco, formato da due appartamenti indipendenti, di cui solamente uno abitato dal farista. L'automatizzazione del lavoro, infatti, ha portato ad una riduzione del personale impiegato tanto da lasciare libero uno degli alloggi di servizio gratuiti per consegnatari e custodi (A.S.G.C.);
   si è verificato che da qualche tempo molti degli alloggi A.S.G.C. transitati nella disponibilità dell'O.P.S. (Organismo di Protezione Sociale), siano stati assorbiti dalla Marina militare e trasformati in luoghi per soggiorni estivi;
   nell'appartamento adiacente a quello occupato dal tecnico e di fatto non utilizzato per assenza di personale, si sono apportate recentemente modifiche e lavori di ristrutturazione dello stesso. Pare che questo appartamento sia stato utilizzato esclusivamente nel periodo estivo per farvi soggiornare personale che non risultava legato a ragioni di servizio;
   la Marina militare ha la disponibilità degli immobili destinati al servizio fari in ragione dell'attività a cui sono destinati –:
   a che tipo di utilizzo è destinato l'alloggio in questione;
   quali siano le motivazioni per le quali si sta ristrutturando un alloggio di servizio al quale non è destinato il personale del faro e se sia vero che esso sia stato assegnato per soggiorni non legati a ragioni di servizio e sulla base di quali criteri in tal caso sia stato selezionato il personale o le persone abilitate ad usufruirne;
   se non reputi necessario che quell'alloggio, ormai non più utile alle esigenze di forza armata, sia da restituire al demanio, in qualità di bene immobile, pertinente a soggetti della pubblica amministrazione, destinato, quindi, all'uso gratuito e diretto della generalità dei cittadini. (4-05084)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   FRAGOMELI, CAUSI e RUBINATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 1, comma 688, della legge 27 dicembre 2013 n. 147, sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, è stata fissata la scadenza per il pagamento della Tasi (tributo sui servizi indivisibili) differenziandola nelle seguenti modalità:
    1) pagamento della prima rata in acconto al 16 giugno e pagamento della seconda rata a saldo il 16 dicembre per i comuni che hanno approvato i bilanci di previsione 2014 e pubblicate le aliquote e detrazioni del tributo entro il 31 maggio 2014;
    2) pagamento in un'unica rata al 16 dicembre per gli immobili adibiti ad abitazione principale e pagamento della prima rata al 16 giugno ad aliquota base (1 per mille) e seconda rata a conguaglio entro il 16 dicembre per gli altri immobili nei comuni che non hanno approvato i bilanci di previsione 2014 e non sono state pubblicate le aliquote e detrazioni del tributo entro il 31 maggio 2014;
   i CAF hanno evidenziato, tuttavia, le criticità nell'assistere i contribuenti nel pagamento della Tasi anche per gli altri immobili – in particolare per l'individuazione del soggetto passivo/locatario – afferenti ai comuni che hanno pubblicato le aliquote e le detrazioni entro il 31 maggio 2014;
   nella seduta della Commissione Finanze della Camera del 15 gennaio 2014, in risposta all'interrogazione a risposta immediata n. 5-01867, concernente l'opportunità di non applicare le sanzioni e gli interessi per i pagamenti effettuati in ritardo a causa del mancato ricevimento del bollettino del saldo Tares 2013 e del modulo F24 relativo ai «servizi indivisibili», il rappresentante del Governo ha richiamato l'articolo 10, comma 2, della legge 27 luglio 2000 n. 212, secondo il quale «non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti all'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguente a ritardi» –:
   se il Governo, sulla scorta delle medesime considerazioni svolte in occasione dello svolgimento del predetto atto di sindacato ispettivo intenda, al fine di ridurre le oggettive difficoltà dei contribuenti in un contesto tuttora incerto e in prossimità della scadenza normativa del 16 giugno, prevedere, anche attraverso interventi di natura interpretativa o di prassi, la non applicazione di sanzioni e interessi per i pagamenti in ritardo – effettuati comunque entro il 31 luglio 2014 – della Tasi. (5-02955)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comma 586 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) prevede che, al fine di contrastare l'erogazione di indebiti rimborsi di imposte dirette a favore di tutte le persone fisiche che hanno presentato il modello 730, l'Agenzia delle entrate, entro sei mesi dalla scadenza dei termini previsti per la trasmissione della dichiarazione (30 giugno), effettua controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborsi superiori a 4.000 euro: tale controllo è previsto anche qualora l'importo di 4.000 euro fosse costituito da crediti d'imposta derivanti da dichiarazioni dei redditi relativi ad anni precedenti;
   il successivo comma 587 della medesima legge di stabilità 2014, stabilisce che l'Agenzia delle Entrate non sarà, peraltro, neanche chiamata a rispettare alcun termine per erogare il rimborso dovuto, circostanza che determinerà quasi sicuramente forti ritardi nell'erogazione dei rimborsi spettanti ai cittadini, i quali non si vedranno più accreditare nel mese di luglio (per i lavoratori dipendenti) o di agosto (per i pensionati) il credito da loro vantato nei confronti del fisco;
   numerosi contribuenti, all'atto della sottoscrizione di un contratto di finanziamento con il prescelto istituto di credito, confidando nel recupero nel mese di luglio di eventuali somme relative a rimborsi di crediti emersi in sede di dichiarazione fiscale a mezzo di modello 730, si sono accordati con lo stesso istituto per far ricadere la scadenza di alcune rate del finanziamento in concomitanza con il recupero delle somme a volte di entità importanti;
    la nuova previsione normativa comporta una indeterminatezza circa il momento dell'effettiva riscossione del rimborso che in ogni caso, come stabilito dal suddetto comma 586 della legge di stabilità 2014, non può avvenire prima del settimo mese successivo a quello di scadenza del termine previsto per la trasmissione della dichiarazione con modello 730, facendo così cadere in sofferenza numerosi contratti di finanziamento –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative dirette a sottoscrivere con l'ABI una convenzione che accordi un rinvio di pagamento almeno per tutti quei casi in cui il contratto di finanziamento prevede la scadenza di un rateo in concomitanza con il rimborso al contribuente delle suddette spettanze fiscali. (5-02956)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 marzo 2012 il consiglio comunale di Ortona (Chieti) ha approvato il nuovo piano regolatore generale, adottato con delibera consiliare del 21 dicembre 2007;
   avverso il nuovo PRG del comune di Ortona sono stati presentati presso il tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo di Pescara dodici ricorsi, per l'annullamento in toto e/o parziale del PRG;
   il 6 dicembre 2012 con sentenze nn. 547-557/12, depositate il 28 dicembre 2012, il TAR Abruzzo – sezione di Pescara «definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie e, per effetto, annulla l'impugnato Piano regolatore generale del comune di Ortona il cui procedimento si è concluso con deliberazione consigliare 14 marzo 2012, n. 14», condannando il comune a pagare le relative spese;
   i motivi alla base di tale pronunciamento sono il mancato esperimento, prima dell'approvazione del piano, della prescritta valutazione ambientale strategica (VAS) (obbligatoria ai sensi della Direttiva 2001/42/CE) e la mancata attivazione della procedura dello studio di microzonizzazione sismica;
   il 10 dicembre 2012 il comune di Ortona ha accertato per gli anni 2008, 2009 e 2010 un'evasione di ICI per aree divenute edificabili in base al PGR adottato, disconoscendo in questo modo la sentenza del TAR e ritenendo che essa annullerebbe solo la delibera di approvazione e non il piano adottato che resta invece vigore;
   inoltre, nonostante l'annullamento del piano, con la delibera consiliare del 28 gennaio 2013 è stato deliberato «l'avvio al procedimento di revisione, integrazione e modifica del PRG, stabilendo di ripartire da una lettura critica e ragionata dei contenuti progettuali e scelte localizzative del PRG adottato con delibera di C.C. 21 dicembre 2007 n. 37»;
   tecnicamente la sentenza del Tar ha effetto retroattivo (ex tunc) e annulla non solo il piano regolatore, il cui procedimento si è concluso, ma tutta la procedura relativa al PGR (cioè ad iniziare dal primo documento compilato, per passare poi al piano adottato, alle osservazioni e arrivare infine al piano approvato) e quindi le aree potenzialmente «edificabili» in base al nuovo PRG sarebbero nuovamente «agricole»;
   in effetti se si chiede oggi un certificato di destinazione urbanistica risulta che il PRG in vigore è quello del 1994 (precedente al nuovo PRG adottato nel 2007);
   il comune invece, ritenendo con un'interpretazione personale che il nuovo piano adottato non sia stato annullato dalla sentenza del TAR ma che rimanga ancora valido, si è attivato per il recupero della maggiorazione ICI dovuta al cambio di destinazione dei terreni, passati da «agricoli» a «edificabili» ai soli fini ICI (e quindi soggette a tassazione), mentre urbanisticamente permangono «non edificabili»;
   a marzo 2013 il comune ha iniziato ad inviare ai cittadini ortonesi circa 3.000 accertamenti tributari per un importo complessivo pari a circa 4.200.000 euro;
   la Commissione tributaria provinciale di Chieti ha accolto molti ricorsi dei contribuenti, dichiarando che la sentenza del TAR ha effetto retroattivo e annulla tutta la procedura del PRG e quindi anche la delibera di adozione;
   allo stato attuale la Commissione tributaria provinciale di Chieti ha dato ragione ai contribuenti nelle sentenze finora emesse (e conosciute), salvo che in una favorevole al comune sul seguente assunto: «la Ctp ritiene che la destinazione urbanistica dei terreni di cui a dette particelle, non viene travolta dall'annullamento del prg approvato dal comune di Ortona: in particolare le sentenze del Tar... che hanno annullato con effetti retroattivi il piano regolatore generale approvato dal comune di Ortona non comportano l'automatica riconversione della destinazione urbanistica dei terreni medesimi che rimane quella loro attribuita dal comune nel piano regolatore generale adottato o in qualsiasi altro strumento urbanistico previgente». E ancora motiva la commissione tributaria provinciale: «la norma di legge (articolo 2, comma 1, lettera b), decreto legislativo n. 504 del 1992), ai fini della nozione di aree fabbricabili, fa riferimento a quelle comprese in uno strumento urbanistico generale, ovvero, a quelle che hanno possibilità effettive di edificazione ciò vuol dire che, agli effetti dell'ici, è...: sufficiente la cosiddetta «edificabilità di fatto» dei terreni, anche se l'area interessata sia priva di un piano regolatore generale o di un piano di fabbricazione di cui il comune potrebbe anche essere sprovvisto; in realtà la destinazione di un terreno ad area edificabile è attestata dal comune in base ai criteri stabiliti esclusivamente dalla legge istitutiva dell'ici e tale destinazione prescinde dall'inserimento o meno dei terreni medesimi in uno strumento urbanistico generale di cui il comune potrebbe in quel momento non disporre per qualsiasi motivo» –:
   se non intenda fare chiarezza se, nella situazione sopra esposta e in casi analoghi, nonostante una sentenza di annullamento da parte del Tar del piano regolatore adottato, un piano regolatore generale possa essere considerato valido ai soli fini ICI, dando al comune la facoltà di accertare una maggiorazione di imposta dovuta al cambio di destinazione urbanistica dei terreni e obbligando il contribuente a pagare un ulteriore onere su un terreno che invece è rimasto agricolo e quindi non edificabile. (5-02957)


   BERNARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10, comma 10, del decreto legislativo n. 49 del 2014, di attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), chiarisce che, per quanto riguarda i Sistemi collettivi di gestione di questa tipologia di rifiuti, gli eventuali avanzi di gestione non concorrono alla formazione del reddito;
   prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del suddetto decreto, ovvero quando era in vigore il decreto legislativo n. 151 del 2009 (Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti), tutti i Sistemi collettivi – soggetti senza fine di lucro che espletano un servizio di pubblica utilità, nati per assolvere collettivamente agli obblighi loro attribuiti dal decreto legislativo n. 151 del 2005 – hanno operato in un regime «particolare» a seguito dell'interpello fatto all'Agenzia delle entrate nel 2008, potendo suddividere in cinque esercizi i cosiddetti avanzi di gestione maturati, secondo il principio di cassa;
   l'introduzione del comma 10 dell'articolo 10 del succitato decreto legislativo n. 49 del 2014 esclude gli avanzi di gestione da ogni tassazione, ma non indica modalità e termini della loro regolare gestione, che viceversa sarebbe necessario definire al fine di una corretta conduzione fiscale dei consorzi –:
   se non ritenga necessario fornire chiarimenti sulla necessità o meno di operare una distinzione tra i consorzi di vecchia costituzione che già sono gestiti secondo le modalità previste dalla nuova normativa e quelli di nuova costituzione, se non intenda inoltre chiarire se le disposizioni dettate dal succitato articolo 10, comma 10, del decreto legislativo n. 49 del 2014 opereranno da ora o dalla data dall'interpello, per cui eventuali avanzi portati in dichiarazione, ancorché derivanti (a seguito dell'applicazione dell'interpello) da esercizi precedenti, non sconteranno comunque l'imposta e se ai fini IRAP varranno le analoghe disposizioni, tutto ciò considerando che i produttori di RAEE – ovvero coloro che finanziano con contributi propri i sistemi collettivi – attraversano un momento di mercato molto difficile, motivo per il quale sarebbe opportuno evitare da subito (bilancio 2013) il versamento di imposte su attività che non hanno una finalità «business». (5-02958)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la grave situazione economica nella quale si ritrovano le aziende Italiane oggi è per lo più dovuta al fatto che le imprese acquisiscono con grande difficoltà e solo dopo lungo tempo i pagamenti spettanti, e che tale situazione è diffusa anche quando i creditori sono rappresentati dalla pubblica amministrazione;
   in Italia, Infatti, da tempo il sistema delle imprese vanta crediti enormi nei confronti della pubblica amministrazione, e che gli eccessivi ritardi del pubblico nel saldare i conti con i suoi fornitori privati in questo periodo di crisi si trasformano in un handicap pesante, aggravato dal fatto che le imprese faticano a trovare credito e liquidità anche con gli Istituti di credito;
   secondo alcune stime, l'ammontare complessivo dei debiti della pubblica amministrazione, fino all'anno scorso, sarebbe ammontato a circa 120 – 130 miliardi di euro, e che tale stima si basava su una Indagine della Banca d'Italia la quale però non considerava i crediti vantati dalle piccole imprese al di sotto del 20 dipendenti;
   a quanto risulta all'interrogante, sono sempre più diffusi i casi di imprenditori che si occupano del deposito giudiziario degli autoveicoli confiscati da demolire nonché del servizio di soccorso stradale e che vantano crediti nei confronti della competente Prefettura, ovvero dello Stato;
   è elevata la preoccupazione per questi Imprenditori di non riuscire ad incassare quanto spettante, tanto più che le aziende stesse hanno già versato l'IVA e le imposte, oltre ad aver sostenuto da tempo le spese legate al servizio di soccorso stradale reso;
   negli ultimi mesi, i rappresentanti del Governo hanno evidenziato come tra le priorità dello stesso vi fosse l'adozione di provvedimenti per incentivare la ripresa economica, e in tal senso, si colloca la emanazione del recente decreto-legge n. 35 del 2013, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, il quale in merito alla compensazione tra certificazioni e crediti tributari, prevede la possibilità della compensazione in F24 per i debiti tributari derivanti da accertamenti tributari ed iscritti a ruolo –:
   se non ritengano opportuno, in ragione della grave difficoltà in cui versano le imprese di cui alla vicenda sopra descritta, adottare ulteriori Iniziative normative finalizzate a promuovere l'estensione della compensazione dei crediti commerciali verso la pubblica amministrazione con i debiti tributari correnti. (5-02959)


   RUOCCO, CANCELLERI, VILLAROSA, ALBERTI, PESCO, PISANO e BARBANTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   la Consob, istituita con decreto-legge n. 95 dell'8 aprile 1974, è un'autorità amministrativa indipendente, dotata di personalità giuridica e piena autonomia, la cui attività è rivolta alla tutela degli investitori, all'efficienza, alla trasparenza e allo sviluppo del mercato mobiliare italiano;
   le funzioni delle autorità indipendenti, quali organi super partes, sono indispensabili per l'equilibrio dei poteri, la buona amministrazione e la tutela dei diritti dei cittadini-consumatori; il fenomeno delle autoritès administratives independantes è nato in Francia, dove si è voluta sottrarre ai poteri del Governo una serie di settori sensibili, in cui il conflitto tra interessi pubblici ed interessi privati di rilievo costituzionale necessitava di una specifica attenzione e dove le autorità, più sono amministrative, meno sono indipendenti;
   la nascita di questi organismi, piuttosto che come istituzione di un quarto potere, è stata vista come un bilanciamento dei tre poteri, radicatisi in un unico soggetto, il quale agisce, per una doppia missione, ossia di regolazione sociale e di protezione delle libertà;
   il quotidiano Repubblica online il 5 maggio 2014 scrive: «Stamattina Giuseppe Vegas, presidente della Consob, cercherà di scrollarsi di dosso l'accusa più o meno esplicita che in questi tre anni e mezzo molti osservatori hanno fatto alla sua conduzione della Commissione: quella di aver spesso agito con un approccio più politico che tecnico, com’è del resto iscritto nel suo dna di ex parlamentare e di ex braccio destro di Giulio Tremonti al ministero dell'Economia, con annunci roboanti ma povertà di fatti nella difesa dei risparmiatori e del mercato»;
   difatti il Presidente Vegas durante la sua presidenza in Consob ha deciso di:
    1) nominare nel marzo 2011 direttore generale Gaetano Caputi che aveva, all'atto dell'incarico, già una serie di incarichi incompatibili con il suo ruolo (dal 24 settembre 2009 è componente della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, e fino a maggio 2014 è stato consigliere della difesa Servizi), quindi in netto contrasto con il regolamento della Consob che prevedeva il divieto di assumere altro impiego o incarico o esercitare attività professionali, commerciali e industriali;
    2) assumere nel febbraio 2011 Francesca Amaturo con qualifica di direttore per lo svolgimento di compiti di diretta e personale collaborazione; la nomina di Francesca Amaturo è avvenuta svuotando di contenuto il carattere di «personale collaborazione» presupposto della precedente assunzione, avvenuta con contratto a tempo determinato e senza selezione;
    3) assumere nel luglio 2012 Gabriele Aulicino nella categoria contrattuale equiparata alta qualifica di «Codirettore» come responsabile dell'ufficio attività parlamentare e di Governo; non risulta che lo stesso Aulicino, dopo l'assunzione in Consob, si sia dimesso dall'incarico ricoperto presso le capitanerie Porto, né da quello ricoperto nel «Consiglio nazionale anticontraffazione»; il 24 luglio 2013 il Tar del Lazio ha acclarato con sentenza 7544/13 che l'assunzione di Aulicino è avvenuta senza che fossero state precedentemente esperite le previste procedure per verificare se all'interno della CONSOB vi fossero professionalità idonee a ricoprire tale incarico, e conseguentemente, ha dichiarato nullo il contratto del dottor Aulicino che, invece, continua a prestare regolarmente il proprio servizio in CONSOB anche se in aspettativa; successivamente il Consiglio di Stato, con la sentenza del 20 febbraio 2014, riabilita Aulicino e la sua assunzione in Consob sulla base di diverse argomentazioni;
    4) assumere nel luglio 2011 Luca Cecchini, con posizione di diretta collaborazione con l'Ufficio di Presidenza al fianco di Francesca Amaturo; secondo quanto afferma un articolo dell'Espresso del 10 aprile 2014 quest'ultima nomina, accanto alle altre, è in contrasto con la normativa della Consob sul divieto dei dipendenti di avere altri incarichi, in tale articolo si legge infatti: «Alle accuse di aver abusato di contratti a chiamata si aggiungono quelle per non aver rispettato una legge interna della Consob: il divieto per i dipendenti di aver altri incarichi. Una situazione in cui, secondo l'esposto firmato Cgil, al momento dell'assunzione in Consob si ritrovavano molti dei nuovi dirigenti»;
   le suddette determinazioni, ad avviso degli interroganti, assunte in violazione della normativa vigente potrebbero minare la collegialità e l'indipendenza delle decisioni della Consob –:
   quali iniziative urgenti, anche normative, il Governo intenda attivare per mettere la Consob in condizione di esercitare al meglio le funzioni di efficienza, trasparenza e legalità a presidio dei risparmiatori, avendo riguardo anche alla disciplina relativa alle assunzioni di personale nonché alla definizione dei percorsi in carriera, e se non ritenga urgente assumere iniziative per la revoca dell'incarico del presidente Vegas. (5-02960)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI e VALIANTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con precedenti atti di sindacato ispettivo n. 5-00952 del 6 settembre 2013, n. 5-01029 del 18 settembre 2013, n. 5-02693 del 24 aprile 2014 gli interroganti – in relazione all'accorpamento del tribunale di Sala Consilina con quello di Lagonegro in attuazione della riforma della geografia giudiziaria – hanno evidenziato che: «per consentire tale accorpamento sono stati previsti, con fondi della regione Basilicata, lavori di ristrutturazione e di adeguamento dell'immobile, già sede del municipio di Lagonegro; tale edificio è stato realizzato in epoca antecedente al novembre 1980 e sarebbe, come tale, assoggettato alla normativa antisismica»;
   con le stesse interrogazioni, alla luce della normativa vigente, si sollecitavano «i controlli e le ispezioni indispensabili per accertare l'osservanza della normativa sulla sicurezza nelle zone sismiche», nelle quali ricade il territorio di Lagonegro;
   le risposte rese dal Ministro alla predette interrogazioni non hanno, ad avviso degli interroganti, definito la situazione dell'immobile in discorso, dal punto di vista del rispetto della normativa antisismica;
   alla luce di informazioni assunte, fra le molteplici e pesanti disfunzioni, che quotidianamente si registrano nella nuova sede del tribunale di Lagonegro, rientra anche l'ubicazione dell'archivio giudiziario in un'area, priva di servizi di sicurezza e di adeguata vigilanza, sita al primo piano di un edificio adibito a parcheggio pubblico;
   è questa la ulteriore conferma del funzionamento – insoddisfacente e con tanti limiti e carenze registrati nella nuova sede di Lagonegro – delle attività giudiziarie, così notevolmente accresciute proprio a seguito dell'accorpamento con il tribunale di Sala Consilina;
   occorre, altresì, verificare il rispetto dei parametri minimi stabiliti dalle norme, circa il rapporto superficie disponibile/dipendenti addetti alla struttura, per garantire l'adeguatezza degli spazi rispetto all'accresciuto numero di addetti e per preservare le condizioni di sicurezza per i cittadini e gli operatori coinvolti a vario titolo –:
   se il Ministro intenda con urgenza assumere le iniziative di competenza affinché siano effettuati i necessari e tempestivi accertamenti per verificare la condizione effettiva dell'immobile, sede del nuovo palazzo di giustizia di Lagonegro, dal punto di vista della normativa per la prevenzione nelle aree sismiche, per la sicurezza nei luoghi di lavoro, per il rispetto dei parametri relativi alla adeguatezza degli spazi per le attività giudiziarie rispetto all'accresciuto numero di dipendenti addetti e di operatori coinvolti, in conseguenza dell'accorpamento del tribunale di Sala Consilina. (5-02961)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la magistratura di pace dà attuazione piena e completa a quel diritto umano fondamentale che è il diritto alla giustizia;
   il concetto di giustizia è stato di recente definito un diritto umano «verticale», nel senso che si tratta di un diritto per il quale ogni limitazione equivale ad una negazione dello stesso, esattamente come avviene con diritti altrettanto fondamentali della persona umana quali il diritto alla salute;
   la figura del giudice di pace venne istituita con la legge n. 374 del 21 novembre 1991, prendendo il posto del vecchio giudice conciliatore;
   di fatto il giudice di pace rappresenta spesso il primo grado della giustizia civile e penale in Italia, avendo ereditato ruolo e competenze ben più gravose rispetto alle competenze del vecchio pretore, magistrato di carriera;
   i giudici di pace sono nominati a seguito di concorso per titoli tra i laureati in giurisprudenza che abbiano conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense o che abbiano esercitato funzioni giudiziarie, di età non inferiore agli anni trenta e non superiore ai settanta;
   essi definiscono circa due milioni di procedimenti annui, deflazionando di enormi oneri i tribunali;
   i tempi di celebrazione dei processi, inferiori ad un anno, sono da record assoluto, considerata la durata media di un processo nel nostro Paese;
   in materia civile essi trattano oltre il 50 per cento del contenzioso (si è di fatto operata una sorta di «sorpasso» nei confronti del Tribunale), mentre nel settore penale trattano circa il 25 per cento dei procedimenti;
   il numero delle sentenze civili appellate è ben inferiore al 10 per cento;
   i giudici di pace sono soggetti ad una verifica professionale quadriennale, e sono inoltre oggetto di una regolamentazione deontologica più stringente di quella dei magistrati togati;
   i risultati precedentemente citati sono stati raggiunti grazie al rito particolarmente snello e privo di formalismi, che caratterizza sia il procedimento civile che quello penale, condizione che agevola la celerità dei medesimi;
   i giudici di pace sono 2.070, e impegnano una spesa pubblica di appena 80 milioni di euro, briciole rispetto a quella di 1,30 miliardi stanziata per gli 8.352 magistrati di ruolo;
   la verifica quadriennale, inoltre, garantisce il mantenimento di un buon livello di professionalità;
   attualmente è in discussione una riforma della giustizia onoraria e della Giustizia di Pace;
   sono in corso incontri fra il Ministro e le rappresentanze sindacali della magistratura di pace;
   la richiesta principale dei giudici di pace è da sempre quella di una continuità nei mandati previa verifica dell'operato dei giudici di pace ad opera dei consigli giudiziari;
   l'Unione nazionale dei giudici di pace (Unagipa) ha espresso parere negativo sulle linee di riforma annunciate dal Ministero, che sembrerebbe un «reiterato tentativo di mantenere una condizione dei giudici di pace anomala e incostituzionale non coerente con la funzione giudiziaria espletata»;
   l'Unigipa chiede di rivedere, in particolare, il trattamento economico ed il percorso di rinnovo dei mandati per i giudici di pace in servizio, il tutto «nell'ottica di una indispensabile ed inalienabile garanzia dell'autonomia della Magistratura di Pace»;
   il Ministero ha richiesto ai giudici di pace di formulare richieste congiunte, incardinando un tavolo tecnico –:
   a che punto stiano i lavori del tavolo tecnico;
   quali siano le intenzioni del Governo in merito al fine di riconoscere la professionalità del giudice di pace anche in considerazione del fatto che diverse proposte di legge presentate nel corso della legislatura hanno trovato il consenso dei giudici di pace. (4-05074)


   CIPRINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 20 dicembre 2013 al giornale on line umbro «Tuttoggi.info» è stato recapitato l'avviso di sequestro preventivo, mediante oscuramento, di 3 articoli contenenti intercettazioni relative all'inchiesta che riguarda la banca Popolare di Spoleto (BPS) e che vede indagate 34 persone, legate a vario titolo all'istituto, per reati che vanno dalla appropriazione indebita alla bancarotta fraudolenta, intermediazione usuraria e altri reati per lo più finanziari ed economici;
   il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Spoleto ha disposto il sequestro preventivo mediante oscuramento o cancellazione in modo da impedire la lettura degli articoli apparsi sulla testata on line di Tuttooggi.info a seguito della querela presentata da Giovannino Antonini, ex dominus della BPS, che lamentava l'avvenuta pubblicazione sulla testata on line del giornale di alcuni brani di intercettazione riguardanti la sua persona ed inerenti il procedimento penale n. 319/2009;
   è la prima volta che un provvedimento di censura riguarda un quotidiano on line;
   i fatti riguardano l'indagine per presunti illeciti penali in cui è coinvolta banca Popolare di Spoleto, istituto quotato in borsa, fatti sui quali vi è un incontestabile diritto di informazione per la pubblica opinione;
   il tribunale del riesame di Perugia con provvedimento del 10 gennaio 2014, depositato in data 21 gennaio 2014 ha revocato il sequestro preventivo e conseguentemente ha ordinato l'immediato ripristino della situazione precedente l'oscuramento degli articoli apparsi sulla testata on line di tuttoggi.info ritenendo che gli articoli sequestrati (oscurati) siano stati legittimamente pubblicati nell'esercizio del diritto di cronaca poiché il signor Carlo Ceraso ha agito in un momento procedimentale (dopo la conclusione delle indagini ex articolo 415-bis codice di procedura penale) in cui detto diritto di pubblicazione è sancito in modo puntuale dalla norma ex articolo 114 codice di procedura penale;
   si apprende che la procura della Repubblica ha proposto ricorso innanzi alla Corte di Cassazione con udienza fissata in data 4 giugno 2014;
   a darne notizia è stato un comunicato dell'Ordine dei Giornalisti dell'Umbria (in Tuttooggi.info del 4 giugno 2014) nel quale si afferma: «Si discuterà nelle prossime ore in Cassazione il ricorso della Procura avverso l'ordine di revoca del Tribunale del Riesame di Perugia, emesso il 10 gennaio 2014, del sequestro disposto dal Gip di alcuni articoli pubblicati dalla testata online Tuttoggi.info, relativi all'indagine giudiziaria sulla Banca Popolare di Spoleto. L'Ordine dei Giornalisti dell'Umbria – continua il comunicato –, che già si era espresso sulle vicenda insieme all'Asu ed al Consiglio nazionale dell'Ordine, torna a preoccuparsi per l'insistenza con la quale l'ufficio del Pm continua a proporre una visione negativa e limitante del diritto all'informazione. Annullandone una delle funzioni fondamentali: il potere di controllo. Tentando di reintrodurre norme sciagurate sul divieto di pubblicazione degli atti che la stessa politica ha ipotizzato ma è poi riuscita ad accantonare. Lo stesso Tribunale del Riesame si era espresso con nettezza affermando che le notizie e gli atti, si trattava di trascrizione di alcune intercettazioni degli imputati non più coperte dal segreto istruttorio, sono stati «pubblicati legittimamente». Nell'esprimere la solidarietà ai colleghi di Tuttoggi.info, l'Ordine dei giornalisti dell'Umbria, ricordando che è già in essere una iniziativa parlamentare sulla vicenda, ed esprimendo certezza sulla sensibilità sempre dimostrata dalla Cassazione per i delicati argomenti della libertà di informazione, conferma la disponibilità a valutare tutte le iniziative che si renderanno opportune laddove si mettessero in discussione diritti fondamentali come la tempestività dell'informazione per la vita democratica del Paese» –:
   se il Ministro è a conoscenza dei fatti esposti;
   se non ritenga di assumere un'iniziativa normativa al fine di evitare che la tutela dell'obbligo alla segretezza e riservatezza delle indagini e degli atti possa comportare una limitazione eccessiva del fondamentale diritto di informazione e di stampa previsto dall'articolo 21 della Costituzione. (4-05078)


   GUIDESI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dal 5 febbraio 2007 dirige il carcere di Lodi Stefania Mussio, precedentemente alla guida del carcere di Voghera;
   attualmente a Lodi sono detenuti circa 120-125 persone, a fronte di una capienza di 90, e vi prestano servizio una trentina di agenti di polizia penitenziaria;
   in una lettera i rappresentanti delle sigle sindacali Sappe, Uil, Ugl e altri hanno segnalato, riguardo alla gestione Mussio: «la mancanza di riscontri alle note e prerogative sindacali contrattualmente previste», il protocollo d'intesa locale non ancora sottoscritto nonostante l'intimazione della commissione arbitrale regionale entro il 31 dicembre 2012, «le tessere di riconoscimento della polizia penitenziaria scadute e non rinnovate», «la gestione delle ferie d'ufficio senza il rispetto delle direttive Prap (Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria) con la conseguenza di soppressione di riposi, accumulo di lavoro a carico del personale in servizio e turni che hanno superato le 12 ore di servizio», «piantonamenti effettuati anche con una sola unità e senza la possibilità di fruire dei pasti», «disorganizzazione nella gestione del personale» e carenze di sicurezza e igieniche;
   sotto la direzione di Stefania Mussio al carcere di Lodi si sono verificati clamorosi casi di scarcerazioni errate di detenuti, dovute a scambio di persona, come riportato da diversi quotidiani a febbraio e a marzo 2014;
   da ultimo, pare infatti che a marzo un detenuto marocchino, Hicham Ennakagh, arrestato a febbraio per spaccio, sia stato scarcerato dal carcere di Lodi al posto del suo compagno di cella, benché quest'ultimo più anziano di lui di 12 anni, con i baffi e con un nome non proprio confondibile con il suo, Mahjub Echakraoui, e che abbia fatto ritorno in carcere solo perché convinto dal suo avvocato;
   le scarcerazioni errate di detenuti rappresentano episodi di estrema gravità e, sicuramente, indici di gravi problemi di organizzazione nella gestione del lavoro nel carcere di Lodi;
   nonostante la richiesta di avvicendamento del direttore avanzata a suo tempo, le numerose proteste degli agenti di polizia penitenziaria e la richiesta, a gennaio 2014, di «una relazione dettagliata in merito a tutti i rilievi che pongono gli agenti della Polizia penitenziaria della struttura» formalizzata alla direttrice dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria per la regione Lombardia, Aldo Fabozzi, una ispezione a febbraio, ben quattro sopralluoghi, e soprattutto le scarcerazioni errate, ad oggi nessun provvedimento è stato assunto dalle autorità competenti per risolvere la situazione del carcere di Lodi ed individuare eventuali irregolarità o responsabilità –:
   se sia a conoscenza delle segnalazioni da parte delle rappresentanze sindacali e dagli agenti di polizia penitenziaria in merito alla gestione del carcere di Lodi e delle errate scarcerazioni ivi avvenute;
   quali iniziative intenda adottare, anche in via d'urgenza, al fine di garantire la soluzione dei problemi nella struttura carceraria riportati in premessa;
   quali siano gli esiti della visita ispettiva e dei sopralluoghi effettuati mesi fa;
   quali iniziative intenda assumere al fine di accertare eventuali irregolarità e responsabilità per quanto è accaduto in occasione delle scarcerazioni erronee.
(4-05081)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:


   LAFFRANCO e PALESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 28 maggio 2014 il tribunale di Civitavecchia ha dichiarato il fallimento di Ground Care, la società di handling aeroportuale (servizi di assistenza a terra), che ormai da quattro anni vive in uno stato di difficoltà con costante perdita di attività, a causa della mancanza di un piano industriale efficace, oltre che dell'assenza di regole certe;
   a causa del fallimento dell'azienda, che opera presso gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino, circa 900 addetti allo smistamento dei bagagli e di servizi di check in per le compagnie aeree perderanno il proprio posto di lavoro; in questi giorni, le proteste dei lavoratori hanno provocato disagi enormi alla circolazione aerea: sono stati cancellati molti voli e per tantissime persone è stato impossibile recuperare il proprio bagaglio, fino ad arrivare alla precettazione della prefettura romana, che ha imposto ai dipendenti della società dichiarata fallita di riprendere il lavoro per evitare il caos;
   nel piano nazionale aeroporti del Governo, l'aeroporto di Fiumicino e l'aeroporto di Ciampino sono considerati hub nazionali e strategici ed hanno, dunque, necessità di essere serviti in maniera efficiente dalle società di handler, che, invece, sono in spietata concorrenza tra di loro e appaiono completamente prive di regolamentazione e non sottoposte a controlli, ma in balia di condizioni di mercato dettate dalle compagnie low cost;
   l'Enac, ente preposto alla funzione di controllo e regolazione, non è stato in grado di fermare questa deriva, dal momento che da anni dentro l'aeroporto di Fiumicino e di Ciampino, oltre a fenomeni di disservizio diffuso, si assiste inermi ad una continua perdita di posti di lavoro e di pezzi di salario che danno luogo al dumping sociale, per cui si «rottamano» i lavoratori con il contratto a tempo indeterminato, sostituendoli con precariato stagionale o giornaliero;
   operazioni a giudizio degli interroganti spericolate e poco attente da parte della dirigenza di Ground Care hanno generato una voragine di inefficienza dei servizi fondamentali per gli hub nazionali, senza avere un piano effettivo di rilancio della società; anche da parte dei sindacati c’è stato qualche eccesso di illusione, che ha lasciato per troppo tempo i lavoratori all'oscuro della situazione –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per ristabilire la regolarità dei servizi all'interno degli aeroporti e per andare incontro alla grave situazione dei lavoratori dell'azienda Ground Care e se e quali iniziative intenda assumere nei confronti dell'Enac, che aveva certificato la società come prestatore ufficiale degli aeroporti nazionali di Ciampino e di Fiumicino, a giudizio degli interroganti senza effettuare adeguate verifiche per la certificazione dell'azienda poi fallita. (3-00868)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   PAGANO, ROCCELLA, CALABRÒ, BINETTI, GIGLI, SBERNA, FITZGERALD NISSOLI e CARUSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le aggressioni e gli atti d'intolleranza che le associazioni Glbt rivolgono contro chi manifesta pubblicamente, in modo assolutamente pacifico e senza offendere alcuno, il proprio dissenso dall'ideologia gender stanno crescendo in maniera esponenziale in tutto il Paese. Le violenze e le intimidazioni che vedono protagoniste varie sigle della vasta galassia Glbt sono innumerevoli e negli ultimi mesi si stanno concentrando in particolare contro le Sentinelle in Piedi, un'associazione di cittadini la cui attività di difesa e promozione della dignità della persona, della famiglia fondata sull'unione tra un uomo e una donna e della libertà di espressione si svolge con veglie silenziose nelle piazze, sempre nel pieno rispetto delle opinioni e delle idee altrui;
   l'escalation di violenza contro le Sentinelle in Piedi è confermata da numerosi episodi dettagliatamente documentati da qualificate fonti di stampa. Il quotidiano telematico La Nuova Bussola Quotidiana e il quotidiano Avvenire del 2 giugno 2014, così come i quotidiani Libero e La Stampa del 3 giugno 2014, riportano infatti la notizia dell'ultimo episodio di intolleranza e censura subito dalle Sentinelle in Piedi lo scorso 31 maggio a Lecce. Gli attivisti della locale associazione, dopo aver effettuato i prescritti adempimenti nei confronti della questura, si apprestavano infatti a dare vita ad una pacifica quanto pacata veglia di protesta contro la legge sull'omofobia – nota come disegno di legge «Scalfarotto» – e le sue conseguenze liberticide – nel senso che viene eliminata ogni libertà d'opinione – quando sono stati letteralmente accerchiati e impediti dal proseguire la manifestazione con urla, cori e insulti ad opera di un folto gruppo di militanti di varie associazioni Glbt. Le modalità con cui è stata fermata la manifestazione delle Sentinelle, accuratamente descritte dai giornali e visibili nei video presenti sulla rete, dimostrano come si sia trattato di un raid pianificato con il preciso intento di reprimere e inibire ogni opinione o idea che contrasti con l'ideologia gender. Ad ulteriore conferma del carattere assolutamente pacifico della veglia delle Sentinelle in Piedi e della natura intimidatoria e intollerante della «contro-manifestazione» degli attivisti Glbt, nonché a conferma della pericolosità del disegno di legge sull'omofobia per l'esercizio della libertà di espressione, il citato articolo de La Nuova Bussola Quotidiana così riportava: le Sentinelle in Piedi «in una nota diffusa poche ore dopo la veglia, ringraziano “gli attivisti LGBT per quanto hanno fatto (...) a Lecce: hanno confermato nel modo più evidente il loro tratto intollerante e intimidatorio, in linea col carattere liberticida del disegno di legge Scalfarotto. Quest'ultimo manderà in carcere chiunque sostiene che un bambino cresce meglio con una madre e un padre; i sostenitori del disegno di legge lo applicano prima che sia approvato, impedendo perfino una manifestazione silenziosa contro di esso”. E ringraziano pure la Questura di Lecce: “la mancata tutela del diritto di manifestare pacificamente, nonostante fossero state rispettate tutte le regole per esercitarlo, ha permesso agli attivisti LGBT di mostrarsi per quello che sono”»;
   il grave episodio verificatosi a Lecce non è purtroppo un caso isolato. Le Sentinelle in Piedi sono state vittime, infatti, di una lunga serie di manifestazioni di intolleranza repressiva e violenta, tra le quali ricordiamo l'episodio accaduto a Trento lo scorso 11 aprile – richiamato sempre da La Stampa del 3 giugno – dove 200 contestatori aderenti ad associazioni Glbt e centri sociali si sono infilati tra le fila delle Sentinelle in Piedi provocandole, insultandole e minacciandole con cani di grossa taglia, episodio «emulato», pur senza l'ausilio di cani di grossa taglia ma con lo stesso portato di violenza e intolleranza, qualche giorno più tardi a Verona e ripreso dal quotidiano L'Arena del 14 aprile; identico «copione» quello ripetutosi a Siena il 20 maggio, e riportato dal quotidiano online Tempi.it, dove un gruppo di contestatori delle locali associazioni Glbt, oltre ad interrompere la veglia delle Sentinelle con il solito «repertorio» di provocazioni, insulti e intimidazioni, ha inscenato la propria protesta deliberatamente con baci saffici di fronte ai minorenni presenti;
insulti, grida minacciose, urla le «armi» con cui un altro gruppo di violenti contestatori appartenenti ad associazioni Glbt tenta di interrompere una veglia delle Sentinelle svoltasi a Perugia il 29 marzo, il tutto postato su Youtube in un video;
   a tali episodi riguardanti nello specifico le Sentinelle in Piedi si aggiungono numerose altre contestazioni compiute dai gruppi Glbt ai danni di singoli o altre associazioni con lo stesso modus operandi e la stessa finalità di inibire e al tempo stesso provocare una qualche reazione «scomposta» nei soggetti provocati, in modo da poter strumentalmente denunciare il compimento di un gesto «omofobo» da parte degli stessi. Questo è quanto verificatosi sia in occasione del convegno dal titolo «Gender, omofobia, transfobia. Verso l'abolizione dell'uomo ?» svoltosi a Casale Monferrato il 22 settembre 2013 e violentemente interrotto da gruppi aderenti ai collettivi Glbt – il tutto documentato in un articolo e in un video pubblicato da Il Fatto Quotidiano dal giornalista i Simone Badaucco –, sia all'istituto paritario Faà di Bruno di Torino dove gli attivisti Glbt, nel novembre 2013, hanno inscenato proteste e contestazioni per impedire che nella scuola venisse svolto un ciclo di seminari sulla «bellezza della famiglia tradizionale minacciata dall'ideologia gender». Sia ancora con lo scrittore e giornalista Mario Adinolfi, ex parlamentare del Pd, che viene regolarmente aggredito verbalmente ogni qualvolta presenta il suo libro «Voglio la mamma» in pubbliche conferenze. L'ultimo episodio, di una lunga serie, è avvenuto durante il convegno tenuto all'università Roma Tre martedì 27 maggio 2014. Come ben descritto dal quotidiano Avvenire del 1o giugno 2014, a pagina 3 dell'inserto Romasette, «durante il convegno c’è stata l'incursione di studenti di altre facoltà» che hanno disturbato l'incontro e con provocazioni hanno cercato di impedire il dibattito;
   in considerazione dell'entità e gravità della questione esposta, la soluzione della stessa è resa ancor più urgente dall'imminenza delle prossime manifestazioni delle Sentinelle in Piedi in programma venerdì 13 giugno a Trento e Messina, sabato 14 giugno a Parma, Busto Arsizio, Brescia e Catania, domenica 15 giugno a Verona e Cremona e delle altre che sono state già programmate nelle prossime settimane  –:
   tenuto conto della escalation d'intolleranza e violenza che questi episodi stanno avendo quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare affinché manifestazioni quali quelle descritte possano svolgersi pacificamente.
(3-00867)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LAURICELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 86 del 6 novembre 2009 è stato pubblicato il bando di «Concorso pubblico, per esami, per l'ammissione di 260 borsisti al quinto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di duecento segretari comunali nella fascia iniziale dell'Albo dei Segretari comunali e provinciali»;
   a seguito della detta pubblicazione, le prove preselettive si sono svolte nei giorni 1, 2 e 3 dicembre 2010, le prove scritte in data 22, 23 e 24 marzo 2011, mentre i candidati ammessi hanno sostenuto gli orali, vertenti su 17 materie giuridiche, economiche, gestionali e manageriali, nel periodo ottobre-dicembre 2013;
   la graduatoria finale è stata approvata il 23 dicembre 2013 e pubblicata sulla GURI n. 3 del 10 gennaio 2014;
   il Consiglio direttivo per l'Albo dei segretari comunali e provinciali, presieduto dal Ministro dell'interno, già a marzo 2013 ha approvato le direttive per le attività formative, programmando i corsi SPES e SEFA 2013 e ribadendo la necessità di predisporre gli atti necessari per il previsto avvio del COA 5, da tenersi nel 2014;
   in considerazione di quanto stabilito dal consiglio direttivo, sono state stanziate le risorse finanziarie (originariamente 6,2 milioni di euro, recentemente incrementate fino a 7,8 milioni) necessarie all'attività formativa e, dunque, all'avvio del ripetuto corso Coa 5;
   una volta pubblicata la graduatoria finale del concorso, all'inizio di gennaio 2014 è stato richiesto agli ammessi di confermare, entro un ristretto termine e a mezzo fax, l'impegno formale a partecipare al quinto corso-concorso;
   in data 14 aprile 2014 si è tenuto un incontro tra il Ministero e le organizzazioni sindacali in vista del consiglio direttivo del 15 aprile 2014 con all'ordine del giorno la programmazione dell'attività di formazione e di aggiornamento professionale relativa all'anno 2014;
   come si evince dai comunicati delle organizzazioni sindacali, è emersa la volontà dell'Amministrazione dell'interno di procedere alla pubblicazione, nel mese di maggio 2014, di nuovi bandi per i corsi SPES e SEFA 2014, da tenersi, rispettivamente, nei mesi di settembre e ottobre 2014;
   nonostante il Consiglio direttivo, già nelle adunanze del marzo 2013 e, dunque, ben prima della programmazione dei nuovi corsi SPES e SEFA 2014, avesse contezza della necessità del celere avvio del corso per i COA 5, in occasione dell'incontro del 14 aprile 2014, sopra richiamato è, invece, emersa la volontà di posticipare l'inizio presunto del COA 5 addirittura a dicembre 2014 e, dunque, dopo quasi un anno dall'approvazione della graduatoria definitiva e ad oltre 5 anni dalla pubblicazione del bando di concorso;
   a seguito della «urgente» richiesta dei documenti e dell'impegno formale a partecipare alle attività formative, numerosi candidati, in vista dell'imminente avvio del corso, hanno, nel frattempo, rinunciato a svolgere altre attività lavorative e/o formative;
   la partecipazione al corso-concorso presuppone, tanto per chi presta attività lavorativa dipendente quanto per chi esercita attività libero-professionali, la necessità di conoscere per tempo il calendario e la strutturazione del corso, al fine di richiedere, i primi, al proprio datore di lavoro eventuali aspettative, permessi o part time (dovendo rispettare, in tal caso, il preavviso previsto dalla legge o dai vari contratti collettivi) e, comunque, entrambe le categorie, di organizzare i propri tempi di lavoro;
   deve aggiungersi, poi, che la conclusione del corso-concorso non coincide con una contestuale ed immediata iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali, con la conseguenza che l'eventuale (ulteriore) posticipazione del corso comporterebbe la sostanziale impossibilità per i COA 5 di essere iscritti al detto albo in tempo utile per la tornata elettorale amministrativa prevista per la primavera del 2016 e ciò, nonostante a quella data saranno trascorsi ben sette anni dall'avvio della procedura concorsuale;
   l'Unione nazionale segretari comunali e provinciali (UNSCP), con nota del 7 maggio 2014 indirizzata al Ministero dell'interno, ha chiesto l'immediata adozione degli atti necessari per l'avvio dei Corsi di specializzazione e di accesso in carriera (COA 5), essendo gli stessi, anche in considerazione degli accordi intervenuti in tal senso con le organizzazioni Sindacali e sopra richiamati, «atti dovuti e, in parte, già assunti»;
   il posticipato avvio del corso, oltre a ledere, come sopra già evidenziato, le legittime aspettative dei vincitori del concorso, risulta inspiegabile in quanto, da un lato, non consente la conclusione di un iter concorsuale iniziato da quasi cinque anni e che risulta essere tra i più selettivi di quelli esistenti in Italia e, dall'altro, in quanto si pone in stridente contrasto con la volontà del Governo di provvedere ad un ricambio generazionale e ad uno «svecchiamento» all'interno della pubblica amministrazione –:
   se il Ministro dell'interno sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda attivarsi con la massima sollecitudine affinché il consiglio direttivo dallo stesso presieduto, confermando quanto già stabilito nelle adunanze di marzo 2013 ed espresso nell'incontro con le organizzazioni sindacali del 14 aprile 2014, formalizzi l'avvio del corso-concorso COA 5 e delle relative lezioni entro dicembre 2014;
   se il Ministro dell'interno intenda confermare, unitamente a quella dei bandi SPES e SEFA 2014, già prevista per maggio 2014, anche la pubblicazione del calendario del corso-concorso COA 5 con la relativa strutturazione interna, scongiurando definitivamente il rischio di eventuali, ulteriori slittamenti e garantendo una rapida iscrizione dei COA 5 all'albo dei segretari comunali e provinciali, in tempo utile per la tornata elettorale amministrativa prevista per la primavera 2016. (5-02952)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è svolto, in numerosi comuni italiani, il turno di ballottaggio per l'elezione dei relativi sindaci e fra questi comuni v’è anche la città di Acireale in Sicilia;
   come si apprende dalla stampa, uno dei due candidati, Roberto Barbagallo, sarebbe coinvolto in una vicenda concernente un abuso edilizio, nell'ambito della quale lo stesso comparirebbe come direttore dei lavori, relativamente ad uno stabile in cui dimorano i suoceri;
   il medesimo Barbagallo ha sempre negato l'evidenza dei fatti e il 20 maggio 2014 ha, financo, scritto al sindaco uscente una lettera in cui parlava di «inesistente abuso edilizio, che sarebbe stato commesso dai miei familiari nel quale io figurerei come direttore dei lavori» –:
   se non intenda adottare iniziative normative per garantire dinanzi agli elettori la massima trasparenza della posizione dei singoli candidati a cariche elettive comunali, anche con riferimento all'eventuale sussistenza di illeciti nei confronti del comune stesso. (4-05069)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i segretari comunali sono titolari di molteplici funzioni all'interno di ciascun comune italiano e ne consentono l'effettivo funzionamento, svolgendo compiti di coordinamento della dirigenza locale o di diretta gestione di interi uffici o interi settori, di consulenza giuridica, nonché le funzioni di controllo sulla legittimità degli atti e di garanzia per la prevenzione della corruzione;
   l'iscrizione dei segretari nell'apposito albo avviene dopo un lungo e faticoso iter concorsuale che vede, al termine di una prova preselettiva, tre prove scritte ed una orale e un ulteriore corso di formazione, poi seguiti da corsi di riqualificazione e formazione durante una carriera il cui avanzamento procede di pari passo con l'aumento delle competenze e delle conoscenze giuridiche e gestionali;
   attualmente ben 260 giovani aspiranti segretari comunali attendono, a ben cinque anni dalla pubblicazione del bando di concorso, di definire il proprio iter concorsuale, iniziato con la pubblicazione del bando nel novembre 2009, perché la graduatoria finale dei vincitori è stata pubblicata solo il 10 gennaio 2014 dopo la prova preselettiva, tre prove scritte ed una prova orale vertente su ben 17 discipline giuridiche, economiche e manageriali, e per il perfezionamento dell’iter stanno ancora attendendo – da ben cinque mesi – l'avvio del corso di formazione finale, rispetto al quale non è ancora pervenuta alcuna comunicazione ufficiale;
   sembrerebbe che il Governo stia predisponendo un provvedimento per far confluire i segretari comunali in un unico albo della dirigenza locale, unitamente ai dirigenti locali a qualsiasi titolo ad oggi assunti o titolari di incarichi, e con tutta evidenza privi delle competenze e della professionalità che uno specifico e peculiare iter garantisce ai segretari comunali;
   inoltre, in base al testo del Governo, i sindaci potrebbero liberamente scegliere di affidare l'incarico di segretario comunale a qualsivoglia soggetto inserito in questo nuovo albo unico, sia stato esso assunto al termine di una specifica procedura concorsuale o meno;
   nonostante le ingenti somme già ad oggi spese dal Ministero dell'interno per la citata procedura di selezione e i numerosi anni di studio affrontati dai concorsisti, sembrerebbe esistere il rischio che il ruolo dei segretari comunali possa essere drasticamente ridotto o addirittura espunto dall'ordinamento;
   l'abolizione della figura o la sostituzione della stessa con figure di diversa formazione avrebbe, tra l'altro, l'evidente conseguenza di costringere gli amministratori locali a ricorrere continuamente a consulenti esterni, notai, avvocati, esperti contabili e così via con un aggravio di spese insostenibile e in totale contrasto con i vincoli di bilancio cui sono sottoposti gli enti locali nell'attuale contesto di crisi economico-finanziaria;
   sembrerebbe, inoltre, che con il provvedimento si voglia attribuire alle amministrazioni comunali la facoltà di procedere al licenziamento dei segretari comunali – e non alla mobilità – in caso di mancanza di incarico per due anni;
   la ipotizzata riforma, che ha già sollevato numerosissime voci di protesta, quindi, oltre a ledere i principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione è ad avviso degli interroganti, oltremodo lontana dal risolvere i problemi di inefficienza delle amministrazioni locali, e, anzi, eliminando – di fatto – dai comuni gli unici soggetti che per formazione e competenze sono in grado di garantire la corretta gestione dell'attività comunale e la continuità dei servizi, di vigilare sulla legalità degli atti e delle scelte che l'amministrazione comunale assume, nonché di fornire agli organi di governo locale il necessario supporto giuridico e gestionale, arrecano un danno alle amministrazioni –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero, e, se del caso, se non ritenga che i segretari comunali svolgano una funzione insostituibile ed infungibile all'interno dei comuni, proprio a causa del percorso formativo che affrontano per ottenere tale qualifica;
   se non ritenga di adottare iniziative di tutela di tali figure professionali salvaguardandone l'importante funzione nell'ambito delle amministrazioni comunali;
   quali urgenti iniziative intenda assumere per disporre il tempestivo avvio del corso di formazione finale, affinché i candidati del concorso bandito nel 2009 siano immessi nei ruoli quanto prima. (4-05070)


   PIAZZONI, MIGLIORE, LAVAGNO, QUARANTA, LACQUANITI, MELILLA, ZAN, RICCIATTI, COSTANTINO, MATARRELLI, KRONBICHLER e NICCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le cronache recenti hanno dato ampio spazio ai numerosi sbarchi di migranti sulle coste italiane e al ruolo nel soccorrere oltre quarantamila persone e nel consegnare alla giustizia oltre duecento «scafisti» svolto dall'operazione «Mare Nostrum»;
   tra i migranti tratti in salvo un numero elevato è rappresentato da minori, molti dei quali non accompagnati. Secondo valutazioni diffuse dall'organizzazione Save the Children, dal 1o gennaio al 13 maggio 2014 sono sbarcati sulle coste italiane 5.583 minori, di cui ben 3.782 non accompagnati. I dati del Ministero dell'interno al 31 marzo riferiscono la presenza di 5.899 minori nelle comunità, ma di questi, sempre secondo Save the Children, circa 2.000 sarebbero già irreperibili;
   proprio i minori sono i soggetti più a rischio per le insidie e le difficoltà insite nel processo migratorio, ma soprattutto le principali vittime dello sfruttamento da parte delle organizzazioni criminali dedite al «trafficking». Risale al mese di maggio 2014 l'operazione di polizia che ha portato alla liberazione di 4 minori stranieri segregati in un appartamento a Priverno (provincia di Latina) e all'arresto dei loro aguzzini, operazione scattata a seguito di una segnalazione della direzione distrettuale antimafia di Milano;
   in recenti dichiarazioni il commissario del Governo per le persone scomparse Vittorio Piscitelli ha parlato della tematica in questione come un vero e proprio «buco nero» con molti scenari possibili, dai trafficanti di esseri umani, allo sfruttamento sessuale, al traffico d'organi;
   la problematica evidenziata trae origine da una gestione dell'accoglienza insufficiente, spesso con standard di qualità disomogenei e con un diffuso ritardo nella ricezione dei minori in comunità per mancanza di posti dovuta alla generale scarsezza di risorse a tal fine destinate. Nello specifico risulta essere particolarmente negativa l'assenza di un protocollo per l'identificazione dei minori allo sbarco, così come l'assenza di una procedura unica di identificazione che permetta una immediata tutela dell'interesse superiore del minore;
   quanto descritto in premessa delinea una situazione di reale emergenza, considerando come già allo stato attuale la percentuale di minori giunti in Italia negli ultimi mesi sia pari al venti per cento dei migranti sbarcati — praticamente uno su cinque — e ben i due terzi siano minori soli e non accompagnati –:
   quali dati siano in possesso del Ministro in relazione ai minori giunti in Italia negli ultimi mesi, in particolare riguardo ai minori non accompagnati, e quanti di loro risultino attualmente irreperibili;
   se non intenda adoperarsi per l'adozione di un protocollo per l'identificazione dei minori allo sbarco che sia in grado di tutelare immediatamente l'interesse superiore del minore e quali iniziative, anche normative, intenda adottare per la protezione, la tutela e l'accoglienza dei minori non accompagnati in Italia. (4-05072)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata del 15 maggio 2014 sono apparse scritte omofobe, insulti e svastiche sulle mura della Chiesa valdese di Roma;
   le scritte siglate con la svastica rossa non sono abituali nella grafologia muraria di estrema destra e vengono attribuite, quando appaiono, a writer prettamente di organizzazioni naziste;
   dalle notizie apparse nel Messaggero online del 15 maggio 2014, non si comprende se le forze dell'ordine abbiano fermato o meno alcuni degli autori di tali scritte;
   il quartiere Prati in Roma nelle vicinanze della Chiesa Valdese in direzione di via Cola di Rienzo è caratterizzato dalla presenza di sedi e circoli palesemente nazionalsocialisti, spesso luoghi di riunioni negazioniste e omofobe;
   il ponte Nenni nei pressi di Piazza Cavour è stato oltraggiato sui muri negli ultimi anni da orrende e frequenti scritte antisemite e nazionalsocialista;
   presso il liceo Giulio Cesare in Roma si sono verificati recentemente fatti di chiara natura omofoba e discriminatori, denunciati da alcune associazioni LGBT, come riportato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-04744 presentata il 7 maggio 2014;
   la zona di piazza Cavour e vie limitrofe è caratterizzata dalla notevole presenza di videocamere di strutture pubbliche e private, tra cui alcune banche –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per contribuire a far luce sui fatti descritti in premessa;
   se non sia il caso di una più attiva vigilanza verso le attività neonaziste a Roma, in considerazione anche del fatto che alcune frange estreme e pericolose del tifo sembrano essere un ponte tra criminalità ed ambienti neonazisti, spesso caratterizzati da slogan e scritte omofobe e antisemite. (4-05076)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l’hockey sul prato è un'attività sportiva entrata a far parte a pieno titolo dei giochi sportivi studenteschi poiché, come ogni sport di squadra, costituisce uno strumento efficace per guidare i giovani lungo un percorso educativo che va oltre gli ambiti disciplinari e affronta tematiche di carattere etico e sociale, guidandoli all'acquisizione di valori e stili di vita positivi;
   a causa della scarse risorse disponibili e a differenza dell'anno scolastico 2012-2013 quest'anno non sono pervenute indicazioni dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'organizzazione delle fasi finali dei campionati studenteschi di hockey e così il settore scolastico della FIH (Federazione Italiana Hockey) ha deciso di organizzare diversi «Festival Scolastici di Hockey» in diverse aree e regioni, per cercare di dare comunque la possibilità ai giovani atleti di cimentarsi in una competizione sportiva;
   grande è stata la delusione degli studenti, appassionati di tale disciplina sportiva, che per mesi, durante l'anno scolastico, si sono allenati in vista della partecipazione ai campionati nazionali;
   i Giochi sportivi studenteschi sono promossi ed organizzati dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca d'intesa e in collaborazione con il Comitato olimpico nazionale italiano (C.O.N.I.), in accordo con le regioni e gli enti locali, ma i tagli alle risorse destinate agli enti locali da un lato e quelli che hanno colpito la scuola ed inesorabilmente anche il sistema sportivo scolastico dall'altro, hanno reso ormai insostenibili tali campionati studenteschi;
   quest'anno infatti pur di garantire lo svolgimento di tali attività, in molte città gli studenti delle superiori e alcune scuole medie hanno dovuto affrontare integralmente le spese di viaggio per disputare le fasi di semifinali e le finali provinciali dei campionati studenteschi 2013-2014 di tutti gli sport di squadra;
   lo sport nelle scuole di ogni ordine e grado rappresenta un'attività fondamentale, la cui pratica contribuisce non solo ad ampliare la qualità dell'offerta formativa, ma soprattutto a perseguire l'ulteriore importante obiettivo di un necessario equilibrio psico-fisico nel processo di crescita dei giovani –:
   se il Ministro interrogato alla luce dei fatti descritti intenda assumere le iniziative necessarie per consentire un adeguato svolgimento dell'attività sportiva scolastica extracurriculare, che sia continua nell'arco dell'anno scolastico e dell'intero percorso formativo e che garantisca il regolare svolgimento dei campionati studenteschi di hockey e di tutte le discipline contemplate in tali competizioni, senza oneri accessori a carico degli studenti stessi. (5-02953)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA, GIANCARLO GIORDANO, COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   per effetto del decreto-legge n. 112 del 2008 la scuola italiana ha subito gravissimi tagli di personale quantificabili in almeno 87.000 unità, con conseguenze pesanti sulla qualità dell'apprendimento, gravato da classi sovraffollate e riduzione del tempo-scuola;
   nell'ultimo biennio soltanto l'anticipazione di posti dall'organico di fatto a quello di diritto ha potuto garantire il corretto svolgimento dell'anno scolastico, all'interno di un quadro di incertezza inaccettabile per uno svolgimento ottimale dell'attività e della programmazione scolastica e famigliare;
   in Italia il numero di alunni nelle scuole di ordine e grado è in costante aumento negli ultimi anni, in rapporto agli insegnanti che, invece, seguono una progressione inversa, con le immaginabili ricadute sulla sostenibilità di un servizio essenziale per il futuro del Paese;
   nel solo anno scolastico 2014-2015 le attese sono di un aumento di +33.000 alunni in relazione agli iscritti, a fronte di una diminuzione di –1.352 sul lato dei docenti;
   questi dati si traducono immediatamente in un aumento degli alunni per classe, in una riduzione sensibile dell'accesso al tempo pieno nella scuola dell'infanzia e primaria e al tempo prolungato in quella secondaria, oltre che in una presumibile incapacità del sistema di fare fronte alle richieste nella scuola dell'infanzia, nonostante le ripetute promesse in senso contrario;
   da dati in possesso degli interroganti, in una realtà di eccezione nell'offerta formativa, come quella di Bologna, in assenza di interventi ben 26 sezioni di scuola materna passeranno da tempo pieno a tempo parziale, oltre al mancato accoglimento di 44 nuove sezioni a tempo pieno nella scuola elementare, indispensabili per garantire il giusto equilibrio fra esigenze formative e lavorative, e l'eliminazione del tempo prolungato dalle classi di prima e seconda media;
   è chiaro a tutti come questo trend, se confermato, porterà ad un irrimediabile depauperamento della qualità della scuola nel nostro Paese, oltre che ad un peggioramento del contesto sociale in cui interviene l'attività economica e di impresa;
   a parere degli interroganti ad oggi il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sembra aver risposto in modo assolutamente insufficiente ad ogni sollecitazione di intervento finalizzata a mettere fine al processo di depauperamento in corso e a permettere almeno l'apertura dell'anno scolastico 2014-2015 in condizioni migliori o non peggiori di quello in via di conclusione, con particolare riferimento al tempo scuola garantito –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per rispondere alle sollecitazioni esposte in premessa e procedere immediatamente all'individuazione di soluzioni che garantiscano almeno la sostenibilità di quanto programmato a livello territoriale per l'anno scolastico 2014-2015, per avviare successivamente una radicale inversione di rotta che porti nuovamente l'Italia a investire in modo stabile sulla scuola. (4-05071)


   GARAVINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto italiano di studi germanici, ubicato nella prestigiosa cornice di Villa Sciarra in Roma, è stato fondato come istituzione culturale nel 1931, in parallelo con il Petrarca Haus di Colonia, e ha assunto per molti decenni un ruolo di grande prestigio nel panorama culturale italiano, soprattutto nel campo degli studi filologici e di germanistica;
   l'Istituto rappresenta l'unica istituzione italiana che, affiancandosi a Villa Vigoni, centro italo-tedesco per l'eccellenza europea, presso il lago di Como e di proprietà tedesca, promuove gli studi germanici in Italia in un quadro di dialogo culturale con la Germania, contribuendo allo sviluppo delle relazioni tra i due Paesi e al consolidamento di una civiltà europea radicata nelle più alte espressioni culturali che la storia del continente abbia conosciuto;
   l'Istituto, nato come istituzione culturale, dopo una fase di difficoltà e di riflusso, è stato trasformato nel 2006 in ente pubblico nazionale di ricerca a carattere non strumentale e, dopo il decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, sul riordino degli enti di ricerca, si è dotato di uno statuto approvato dal consiglio direttivo nel dicembre dell'anno successivo, che rispecchia la sua nuova condizione giuridica;
   nel 2011 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha proceduto alla messa a regime del nuovo istituto con la nomina, in una rosa di nomi, del professor Fabrizio Cambi nell'incarico di presidente e con il completamento degli altri incarichi direzionali;
   dopo un periodo di risanamento finanziario, di riattivazione di alcuni servizi e di impostazione di programmi culturali e di ricerca, nell'ottobre del 2013 inaspettatamente il professor Cambi si è dimesso dal suo incarico, sembra, come riportato da organi specializzati di informazione, per dissidi interni all'ente (http://www.usirdbricerca.info);
   un'azione virtuosa dell'Istituto potrebbe dare un notevole e incisivo contributo allo sviluppo delle relazioni italo-tedesche, soprattutto in questa fase di difficoltà e di stallo delle dinamiche europeistiche, a condizione che superi velocemente la condizione di paralisi nella quale attualmente si trova –:
   se non ritenga di operare perché l'Istituto di studi germanici di Villa Sciarra sia messo al più presto in condizioni di riprendere proficuamente la sua piena attività attraverso una normalizzazione dei suoi assetti dirigenziali e la verifica delle condizioni interne di corretto ed efficace funzionamento;
   se non intenda considerare l'opportunità di adottare forme di sostegno finanziario più adeguate ai compiti e all'obiettiva utilità dell'ente, anche in considerazione del fatto che esso tra gli istituti di ricerca è l'unico impegnato nel campo delle scienze umane, e quindi meritevole di una particolare considerazione.
(4-05075)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con circolare dell'Inps n. 150 del 25 ottobre 2013, avente ad oggetto gli incentivi per l'assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e successive modifiche ed integrazioni» viene definitivamente chiarito come 31 dicembre 2012 la scadenza dei benefici connessi ai rapporti di lavoro agevolati, instaurati prima dell'anno 2013, con i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento individuale;
   peraltro, con la circolare 13/2013, la stessa INPS aveva già chiarito le agevolazioni per le assunzioni effettuate nel 2013 e relative ai lavoratori licenziati al medesimo anno, riservandosi però di fornire indicazioni più specifiche nonché relative ad altre fattispecie;
   a seguito dei chiarimenti forniti ad INPS da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stata dunque ribadita per il tramite della su indicata circolare n. 150 del 25 ottobre 2013:
    a) l'impossibilità di riconoscere le agevolazioni per le assunzioni, effettuate nel 2013, di lavoratori licenziati prima del 2013;
    b) l'impossibilità di riconoscere le agevolazioni per le proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato, effettuate nel 2013, di rapporti agevolati instaurati prima del 2013;
   c) in via cautelare l'anticipazione al 31 dicembre 2012 della scadenza dei benefici connessi a rapporti agevolati, instaurati prima del 2013 con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento individuale;
   le dette indicazioni, com’è ovvio, hanno destato allarme per tutte quelle aziende che hanno usufruito degli incentivi per le assunzioni di lavoratori in «piccola mobilità» effettuate nel 2012, dal momento che chi ha assunto il lavoratore nel 2012, facendo valere lo sgravio contributivo per i mesi dell'anno 2013, dovrà a questo punto provvedere al versamento all'Inps della differenza tra i contributi versati e quelli – alla luce delle nuove indicazioni – oggi dovuti oltre agli interessi maturati, a cui si aggiunge la beffa del non poter disporre del nuovo bonus non essendo state le stesse assunzioni effettuate nell'anno 2013;
   con il messaggio 17941/2013, facendo seguito alle istruzioni fornite con la circolare n. 150 citata in precedenza, le sedi territoriali venivano altresì invitate a riprendere l'attività di verifica sulla spettanza dei benefici riguardanti i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ed a richiedere ai datori di lavoro di regolarizzare quanto percepito indebitamente per l'agevolazione;
   fino ad arrivare all'ultimo messaggio n. 18639, con il quale ad integrazione delle indicazioni già fornite, viene precisato che, in considerazione della circostanza che l'Istituto è ancora in attesa degli ulteriori e definitivi chiarimenti ministeriali, non dovrà essere richiesto ai datori di lavoro il rimborso dei benefici eventualmente fruiti;
   così come denunciato da varie sigle sindacali la situazione delle aziende coinvolte ha assunto contorni allarmanti: a titolo esemplificativo è opportuno citare quanto denunciato dalla Confartigianato Imprese Veneto che stima in 56.000 unità, in quella sola regione, i lavoratori assunti dalla particolare lista della cosiddetta «piccola mobilità», tale dato dà il segno di una situazione che si palesa come allarmante su tutto il territorio nazionale per aziende e lavoratori evidentemente coinvolti in gran numero;
   a parere degli interpellanti, in un momento di particolare crisi, come quello che attanaglia il nostro Paese, è opportuno garantire benefici tangibili alle aziende artigiane e del piccolo commercio, poiché esse costituiscono, di fatto, l'asse portante della nostra economia reale;
   appare inconcepibile tanto l'eliminazione del beneficio già ex lege previsto quanto ed ancor di più la beffa consistente nella richiesta della restituzione degli incentivi già in precedenza percepiti dalle aziende, laddove tali restituzioni ammontano mediamente ad importi non inferiori ai quattromila euro l'anno per ciascun dipendente, con conseguenze non difficilmente immaginabili per piccoli imprenditori e lavoratori;
   in buona sostanza le piccole e medie imprese si ritrovano a fronteggiare la stretta del credito bancario, l'aumento della pressione fiscale che oramai ha valicato quota 60 per cento, i ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione, l'abolizione degli sconti fiscali su capannoni ed ora la restituzione delle agevolazioni ricevute per aver assunto dei disoccupati, il che prende i contorni del paradossale;
   alla luce di quanto esposto sarebbe quantomeno di buon senso operare al fine di invertire quella che è oramai divenuta una vera e propria tendenza distruttiva a danno di chi produce e crea lavoro nonostante la crisi –:
   se i ministri interrogati non intendano al più presto definire la situazione di indeterminatezza in cui sono venute a trovarsi le piccole e medie aziende, in particolare quelle artigiane e del piccolo commercio, da un lato garantendo loro, il mantenimento dei benefici derivanti dagli sgravi per l'assunzione dei lavoratori iscritti alle liste della cosiddetta «piccola mobilità», dall'altro intervenendo urgentemente, al fine di preservare le medesime aziende dagli obblighi di rimborso, anche alla luce di quella che appare agli interpellanti una piena violazione del principio di irretroattività dei provvedimenti chiariti dalle circolari dell'Inps inerenti l'oggetto.
(2-00571) «Rostellato, Rizzetto, Cominardi, Ciprini, Bechis, Chimienti, Baldassarre, Tripiedi, Da Villa, Crippa, Prodani, Della Valle, Fantinati, Mucci, Vallascas, Petraroli, Nuti».

Interrogazioni a risposta immediata:


   DURANTI, FRATOIANNI, MATARRELLI, PANNARALE, SANNICANDRO, MIGLIORE, DI SALVO, BOCCADUTRI, LACQUANITI, AIRAUDO, FERRARA e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo piano di riorganizzazione presentato dall’Eni per il 2014 ha previsto, a partire dal 1o giugno, il taglio del 50 per cento del lavoro affidato ai trasportatori dei rifornimenti di gasolio e benzina dalla raffineria Eni di Taranto del consorzio Lts, assegnandolo alle aziende Gavio e Bertani;
   la decisione di riorganizzare drasticamente il trasporto e la distribuzione dei carburanti è motivata dalla raffineria di Taranto a seguito degli sviluppi di un'inchiesta avviata tempo addietro dalla Guardia di finanza (cosiddetta inchiesta «mare nero»), la quale ha scoperto una truffa con furto ai danni dell’Eni, nonostante quest'ultima abbia già licenziato i suoi dipendenti risultati coinvolti. Detti dipendenti, infatti, in base al regolamento della società petrolifera, non potranno più lavorare con la stessa Eni alla luce di quanto accertato;
   la revoca della commessa ha spinto i trasportatori del consorzio Lts (200 in tutto) a fermarsi e a bloccare con le loro autocisterne l'area esterna alla raffineria per diverse ore, stazionando lungo i bordi della statale 106 Jonica Taranto-Reggio Calabria alle porte della città;
   come emerge dalla stampa nazionale e locale, la prefettura di Taranto, insieme al comune di Taranto, ha provato a mediare con i trasportatori e con i vertici della raffineria. Sembrava essersi aperto uno spiraglio, che però dopo un poco si è richiuso;
   nello specifico, i trasportatori contestano sia il venir meno del 50 per cento dell'appalto complessivo che la quota di subappalto che deriverebbe dalle nuove aziende affidatarie del servizio, non accettando, inoltre, di lavorare in conto terzi. E in quanto all'inchiesta condotta dalla Guardia di finanza, precisano che i soggetti risultati coinvolti sono stati espulsi dal consorzio stesso;
   in un articolo pubblicato sulla testata Il Sole 24 ore in data 9 giugno 2014, dal titolo «Raffineria Eni di Taranto: atteso oggi sblocco trasportatori dopo oltre 10 giorni», viene riportata la notizia che la situazione di paralisi nella quale versa la raffineria Eni di Taranto dal 29 maggio 2014, a seguito di uno sciopero indetto dai trasportatori associati nel consorzio Lts di Taranto (logistica, trasporti e servizi), dovrebbe, per l'appunto, sbloccarsi;
   la raffineria di Taranto copre una vasta area tra Puglia, Basilicata e parte della Campania e della Calabria e, per quanto risulta agli interroganti, ogni giorno partono dalla raffineria tra le 200 e le 250 autocisterne;
   non appaiono chiare le soluzioni che saranno cercate per salvaguardare la situazione occupazionale dei trasportatori associati al consorzio Lts di Taranto –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se e quali iniziative di competenza intenda assumere nell'ambito della vicenda relativa alla raffineria di Taranto, al fine di scongiurare il rischio del mancato mantenimento degli attuali livelli occupazionali dei trasportatori associati al consorzio Lts di Taranto, anche considerate le difficoltà economiche e sociali in cui versa il territorio ionico.
(3-00871)


   FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si è aperto il 7 maggio 2014 il cosiddetto «tavolo esodati-pensioni», tavolo tecnico che riunisce Governo, Inps, Ragioneria generale dello Stato e a cui partecipano i presidenti, i vicepresidenti e i capigruppo delle Commissioni lavoro della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
   la «questione esodati», si ricorda, trae origine dalla «riforma delle pensioni Fornero», che, nel disporre d'emblée l'innalzamento dell'età anagrafica per accedere alla pensione, ha lasciato privi di copertura reddituale una significativa platea di lavoratori già usciti dal processo produttivo a seguito di accordi individuali/collettivi di incentivo all'esodo;
   il vertice – si legge in una nota del Ministero del lavoro e politiche sociali – si è concluso «con la proposta del Ministro Poletti, condivisa dagli altri partecipanti, di proseguire il confronto per trovare, in tempi il più possibile rapidi, una soluzione strutturale al problema»;
   tuttavia, in un'intervista a L'Unità, il Ministro interrogato ha espresso il suo scetticismo ad una rapida conclusione della vicenda esodati;
   sempre secondo notizie di stampa, il Ministro interrogato ha anche anticipato la direzione che intende portare avanti in materia di riforma delle pensioni, e cioè una maggiore flessibilità in uscita per i lavoratori senior, una sorta di scivolo pensionistico legato ad una nuova forma di indennizzo allo studio del Ministero del lavoro e politiche sociali denominata a.p.a. (assegno pensione anticipata);
   nello specifico il progetto sembrerebbe prevedere, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2017, la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato di percepire un assegno temporaneo fino al perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia con i nuovi requisiti, con successiva restituzione da parte del pensionato della somma complessivamente percepita, ed in presenza dei seguenti requisiti: stato di disoccupazione; non titolarità, ovviamente, di trattamenti pensionistici o di prestazioni di invalidità o di altre indennità, come quelle a carico dei fondi di solidarietà di settore; raggiungimento delle soglie minime pari a 63 anni e tre mesi di età e anzianità di 36 anni oppure 62 anni e tre mesi di età e anzianità di 37 anni, cioè un anticipo della pensione oggi raggiungibile ad almeno 66 anni e tre mesi per gli uomini di tre o quattro anni;
   l'assegno anticipato, incompatibile con indennità di mobilità o di disoccupazione, dovrebbe essere pari, come configurato nel progetto, a 1,7 volte l'importo dell'assegno sociale, per il 2014, quindi, dovrebbe ammontare a circa 760 euro mensili per tredici mensilità. Al raggiungimento dei requisiti «normali», l'assegno anticipato si trasformerebbe nella ordinaria pensione di vecchiaia, calcolata secondo le regole generali, ma decurtata di una quota, deducibile ai fini Irpef, determinata convertendo in rendita la somma degli assegni erogati, con lo sconto, però, dell'eventuale importo non corrisposto per le prestazioni di sostegno del reddito. A conti fatti, secondo le prime simulazioni, la trattenuta sulla pensione piena, una volta conquistata, potrebbe aggirarsi tra i 50 e i 70 euro mensili, con un'incidenza percentuale sulla rendita compresa tra il 2 e il 4 per cento circa;
   per quanto concerne la copertura, l'onere è in parte a carico dell'azienda nel caso di esistenza di un rapporto di lavoro in atto, tramite versamento all'Inps di contributo una tantum pari a 18 mensilità dell'importo dell'assegno anticipato, ed in parte sarà coperto dal minor ricorso a strumenti di sostegno al reddito da parte dello Stato;
   nel ribadire il concetto che gli esodati si trovano in tale condizione non per volontà loro, bensì per un cambio repentino delle regole pensionistiche da parte dell'allora Governo Monti, gli interroganti, ritenendo fortemente penalizzante l'ipotesi a.p.a. (assegno pensione anticipata), esprimono la loro ferma contrarietà a far sostenere ai diretti interessati i costi degli errori compiuti dai governanti di centro-sinistra –:
   se le notizie riportate a mezzo stampa trovino conferme, se cioè ci sia una reale intenzione del Governo di rivedere la vigente normativa in materia di accesso alla pensione ipotizzando uno «scivolo» pensionistico con l'erogazione dell'a.p.a. (assegno pensione anticipata), ovvero in quali altri termini il Governo intenda rivedere la «riforma delle pensioni Fornero», e, con specifico riguardo alla problematica degli esodati, se il Ministro interrogato non creda davvero possa giungersi in tempi rapidi ad una sua definitiva conclusione, come dichiarato nell'intervista citata in premessa ed in contraddizione, a parere degli interroganti, con quanto detto nel corso del vertice del 7 maggio 2014. (3-00872)


   GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER, SCHULLIAN e OTTOBRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Corte di giustizia europea, con la sentenza del 10 giugno 2010, riguardante le cause riunite C395/08 e C396/08, ha stabilito che la normativa italiana sul part-time di tipo verticale viola il divieto di discriminazione stabilito dalla direttiva 98/81/CE, in vigore dal 1997, in quanto esclude i periodi non lavorati dei lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico dal calcolo dell'anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione;
   la Corte di giustizia europea, pur riconoscendo l'applicabilità del principio «pro rata temporis», ha affermato che tale principio non è applicabile alla determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione, in quanto questa dipende esclusivamente dall'anzianità contributiva maturata dal lavoratore e questa anzianità deve corrispondere alla durata effettiva del rapporto di lavoro e non alla quantità di lavoro fornita nel corso del rapporto stesso;
   l'Italia ha recepito la direttiva comunitaria con il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, prevedendo all'articolo 4 il divieto di discriminazione sopra citato; tuttavia, l'esclusione dei periodi non lavorati ai fini del calcolo pensionistico si risolve in una disparità di trattamento tra i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico e i lavoratori che hanno optato per quello di tipo orizzontale, i quali sarebbero posti in una situazione più vantaggiosa per una durata di lavoro che è però equivalente;
   il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno, sancito dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 61 del 2000, implica, quindi, che l'anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione sia calcolata per il lavoratore a tempo parziale come se egli avesse occupato un posto a tempo pieno, prendendo integralmente in considerazione anche i periodi non lavorati;
   questo già avviene per i lavoratori del pubblico impiego, passati all'Inps dall'ex Inpdap, ai quali viene riconosciuto per intero, ai fini pensionistici, anche il part-time di tipo verticale ciclico, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 29 dicembre 1988, n. 554, ma non per i lavoratori del settore privato –:
   se ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia europea del 10 giugno 2010, chiarendo che l'articolo 8, comma 2, della legge 29 dicembre 1988, n. 554, deve applicarsi a tutti i lavoratori, facendo sì che l'Inps adotti gli opportuni provvedimenti conseguenti. (3-00873)

Interrogazione a risposta scritta:


   TOFALO, PARENTELA, VACCA, SIBILIA, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO e MICILLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Giffoni Film festival è un ente autonomo che da oltre 40 anni vive di contributi pubblici erogati dalla provincia di Salerno, dalla regione Campania e dall'Unione europea;
   nonostante questi continui finanziamenti ad oggi la situazione del Giffoni Film festival è disastrosa: il bilancio mostra un buco di alcuni milioni di euro;
   a quanto risulta, i dipendenti non sono pagati da 18 mesi;
   è fuori da ogni logica che le istituzioni, da un lato riconoscono i diritti ai creditori attraverso le sentenze e i decreti ingiuntivi e dall'altro continuano a finanziare un'ente come il Giffoni Film festival che oltre a non produrre nulla di significativo (il cinema resta chiuso per otto mesi all'anno), continua a non pagare i lavoratori;
   come riportato nell'articolo di Libero del 10 giugno 2014, 26 dipendenti denunciano gli stipendi non pagati da mesi e oltre 250 decreti ingiuntivi –:
   alla luce dei fatti esposti, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere per risolvere la situazione dei mancati pagamenti degli stipendi dei dipendenti. (4-05080)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il PAN, piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, entrato in vigore il 13 febbraio 2014, nell'indicare i divieti o le prescrizioni, fa più volte riferimento alle frasi di rischio indicate in etichetta;
   all'articolo A.5.6. «misure per la riduzione dell'uso o dei rischi derivanti dall'impiego dei prodotti fitosanitari nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili» indica che nelle aree agricole adiacenti alle aree frequentate dalla popolazione è vietato l'utilizzo a distanze inferiori di 30 metri di prodotti fitosanitari tossici, molto tossici e/o recanti in etichetta le frasi di rischio R40, R42, R43, R60, R61, R62, R63, R68;
   all'articolo A.5.6.1 «utilizzo prodotti fitosanitari ad azione erbicida» indica che in caso di deroga non si può ricorrere comunque all'uso di prodotti fitosanitari che riportano in etichetta le seguenti frasi di rischi: da R20 a R28; R36, R37 R38, R42, R43, R40, R41, R45, R48, R60, R61, R62, R63, R64, R68;
   all'articolo 5.6.2 «utilizzo dei prodotti fitosanitari ad azione fungicida, insetticida o acaricida» indica che in ogni caso è comunque escluso l'utilizzo di prodotti fitosanitari classificati tossici e molto tossici o che riportano in etichetta le seguenti frasi di rischio: da R20 a R28; R36, R37 R38, R42, R43, R40, R41, R48, R60, R61, R62, R63, R64, R68;
   anche le autorizzazioni in deroga dei prodotti fitosanitari, disposte dall'articolo 53 del regolamento (CE) 1107/2009, fanno riferimento alle etichette dei prodotti, che si trovano nel database dei prodotti fitosanitari del Ministero della salute e vengono allegate ai decreti dirigenziali;
   a parere degli interroganti il riferimento alle etichette è pericoloso e fuorviante, per l'utilizzatore e per il cittadino che volesse informarsi correttamente, in quanto le informazioni sono incomplete e quindi scorrette. Per esempio, riportano una parziale composizione dei prodotti (tralasciando spesso proprio i principi attivi maggiormente presenti nel preparato e i coformulanti) e solo alcune frasi di rischio, tralasciando inoltre le frasi R;
   per esempio l'etichetta del prodotto DYNALI riporta la seguente composizione:
    100 grammi di prodotto contengono difenoconazolo puro g 5.6 (60 g/l);
    cyflufenamid puro g 2.8 (30 g/l);
    coformulanti q.b. a g 100;
   e la seguente frase di rischio: «nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico»;
   anche le informazioni per il medico riportano i due principi attivi difenoconazolo e cyflufenamid che, sommati, rappresentano solo l'8,4 per cento del preparato;
   osservando invece la scheda di sicurezza dello stesso prodotto si può notare che il punto 3 «composizione/informazione sui componenti» riporta una tabella titolata «componenti pericolosi» che, oltre ai due principi difenoconazolo (concentrazione 5,6 per cento p/p) e cyflufenamid (concentrazione 2,8 per cento p/p), gli unici citati dall'etichetta, indica i seguenti principi attivi:
    2-idrossi-N,N-dimetilpropanoammi-
de con concentrazione 80-90 per cento p/p; Xi (irritante); R36/38;
    fosfato di poliarilfenil etere con concentrazione 1-10 per cento p/p; Xi (irritante); R36;
    Tristirilfenolo etossilato con concentrazione 1-5 per cento p/p; R52/53;
   la tabella riporta per ogni componente pericoloso il numero di CAS, l'etichettatura ai sensi della direttiva 67/548/EEC con le sigle tossicologiche e le frasi di rischio, la classificazione secondo il regolamento (EC) numero 1272/2008, la concentrazione percentuale;
   al punto 16 della scheda di sicurezza è visibile la classificazione completa di tutte le frasi di rischio dei componenti pericolosi: R22 nocivo per ingestione, R36 irritante per gli occhi, R36/38 irritante per gli occhi e la pelle, R50/53 altamente tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico, R52/53 nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico; sono inoltre presenti le indicazioni di pericolo;
   come si può notare l'etichetta tralascia il componente maggiormente presente nella miscela (2-idrossi-N,N-dimetilpropanoammide con concentrazione 80-90 per cento p/p, irritante per gli occhi e la pelle) e altri due princìpi (fosfato di poliarilfenil etere e Tristirilfenolo etossilato) con le relative frasi di rischio; l'etichetta riporta una sola frase di rischio visibile al punto 2 della scheda di sicurezza, tralasciando tutte le altre elencate invece al punto 3 e 16 della scheda di sicurezza;
   il prodotto DIRIS NEW NOVEL FLO 480, erbicida del riso, autorizzato in deroga con decreto ai sensi dell'articolo 53 del regolamento 1107/2009, riporta in etichetta la seguente composizione:
    propanil puro g. 41.4 (480 g/l);
    coformulanti qb a g. 100;
   e la seguente frase di rischio: «altamente tossico per gli organismi acquatici»;
   la scheda di sicurezza invece, alla sezione 3.2, riporta la tabella «sostanze pericolose» con la seguente composizione:
    propanil; concentrazione 40-50 per cento; Xn (nocivo per l'uomo); R22; N (nocivo per l'ambiente) R50;
    poliarilfeniletere solfato sale di ammonio; concentrazione 1-5 per cento; Xi (irritante); R36, R52/53;
    policondensato di sodio metilnaftalene e formaldeide; concentrazione 1-5 per cento; Xi (irritante); R41;
   la sezione 16 della scheda di sicurezza riporta tutte le frasi R dei componenti comprensive di descrizione:
    H302 nocivo se ingerito, H318 provoca gravi lesioni oculari, H319 provoca grave irritazione oculare, H400 molto tossico per gli organismi acquatici, H412 nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata, R22 nocivo per ingestione, R36 irritante per gli occhi, R41 rischio di gravi lesioni oculari, R50 altamente tossico per gli organismi acquatici, R52/53 nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico;
   in questo caso l'etichetta riporta il componente più significativo, PROPANIL, tralasciando però la frase di rischio R22 (nocivo per ingestione) vietata dal PAN; ignora inoltre due componenti irritanti e le corrispondenti frasi di rischio, due delle quali (R36, R41) ugualmente vietate dal PAN;
   dall'osservazione di numerose etichette messe a confronto con le schede di sicurezza si nota che le etichette indicano normalmente un solo componente della miscela e non sempre il più rappresentativo della tossicità o quello presente in maggior percentuale; inoltre le frasi di rischio sono riferite al componente dichiarato, mentre quelle relative ai componenti non citati (spesso i più pericolosi e/o maggiormente presenti nella miscela) sono tralasciate;
   in alcuni casi viene riportata una sola frase di rischio nonostante il prodotto ne abbia più di una; questo fatto appare più evidente in alcune etichette autorizzate in deroga con decreto dirigenziale; spesso le frasi di rischio mancanti in etichetta rientrano tra quelle vietate dal PAN; di fatto queste etichette ridimensionano la classe di rischio ben evidenziata, invece, nelle schede di sicurezza che riportano anche istruzioni dettagliate; informazioni che ogni utilizzatore deve assolutamente conoscere;
   a parere degli interroganti è di fondamentale importanza che, a tutela della salute pubblica e dell'ambiente, i riferimenti informativi a disposizione degli utilizzatori dei prodotti e dei cittadini, cui fa riferimento il Ministero e il PAN, siano affidabili e contengano tutte le informazioni complete e corrette sui prodotti fitosanitari –:
   se in occasione del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea non intendano integrare il piano di azione nazionale nelle parti in cui si fa riferimento alle frasi di rischio riportate in etichetta, aggiungendo il riferimento alle schede di sicurezza;
   se si ritenga di assumere iniziative affinché siano revisionate le etichette dei prodotti fitosanitari, completando le parti relative alla composizione e alle frasi di rischio;
   se ai fini di una corretta e completa informazione non ritengano di allegare ai decreti dirigenziali, che autorizzano in deroga i prodotti fitosanitari, anche le schede di sicurezza, inserendole inoltre nel database ministeriale dei prodotti fitosanitari;
   se non ritengano che, preliminarmente all'eventuale autorizzazione in deroga, debba essere verificata la corretta e completa composizione dei prodotti fitosanitari e delle corrispondenti frasi di rischio, visibili nelle schede di sicurezza. (4-05077)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:
   l'articolo 32 della Costituzione italiana, nel sancire la tutela della salute come «diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività» obbliga, di fatto, lo Stato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute;
   l'articolo 32 della Costituzione, oltre a stabilire che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, ha da un lato una valenza programmatica, poiché impegna il legislatore a promuovere idonee iniziative volte all'attuazione di un compito sistema di tutela adeguato alle esigenze di una società che cresce e progredisce, e dall'altro ha una valenza precettiva in quanto implica che l'individuo, come cittadino, vanti nei confronti dello Stato un vero e proprio diritto soggettivo alla tutela della propria salute, intesa non solo come bene personale, ma anche come bene della collettività, che ha bisogno della salute di tutti i suoi componenti per meglio crescere e affermare i propri valori;
   nelle varie riunioni congiunte del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, è emersa puntualmente la scarsa omogeneità dei livelli essenziali di assistenza (LEA), con una forte sperequazione dell'offerta sanitaria: in Calabria;
   la logica puramente e dissennatamente contabile che ha contraddistinto le politiche sanitarie della regione Calabria e del commissario ad acta a giudizio degli interpellanti hanno cassato il diritto alla salute, soprattutto in quelle province maggiormente penalizzate dalla forte ed evidente sperequazione dell'offerta sanitaria;
   l'esistenza di criticità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza è dovuta anche al blocco del turnover personale;
   da lungo tempo ormai, in Calabria, gli operatori sanitari continuano ad evidenziare ritmi e carichi di lavoro insostenibili e ingestibili, stante l'esiguo numero di medici e di operatori;
   il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali ha negato alla struttura commissariale la deroga al blocco del turnover prevista dal decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 8 novembre 2012, n. 189, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute» (cosiddetto decreto Balduzzi), chiedendo ulteriore documentazione, così come ha chiarito il sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro, Andrea Urbani;
   alla luce dell'indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute condotta dalle Commissioni V e XII è emerso che il perdurare del blocco del turnover e la necessità di assicurare comunque i livelli essenziali di assistenza rendono indifferibile una diversa regolazione delle politiche di reclutamento del personale dei servizi sanitari delle regioni in piano di rientro;
   il 22 aprile 2014 il Ministro interpellato ha firmato il decreto interministeriale per la concessione delle deroghe al blocco del turnover nella regione Campania ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente –:
   cosa il Governo intenda fare, vista la gravità della situazione e le criticità evidenziate in premessa, per evitare il collasso del sistema sanitario calabrese;
   se il Governo nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere iniziative normative per porre rimedio alla situazione esposta in premessa.
(2-00574) «Censore, Bruno Bossio, Aiello, Amendola, Raciti, Albini, Stumpo, Oliverio, Ferro, Ferrari, Folino, Cinzia Maria Fontana, Zardini, Magorno, Zoggia, Fiorio, Fiano, Roberta Agostini, Tullo, Battaglia, Bersani, D'Attorre, Argentin, Causin, Bueno, Castricone, Chaouki, Rotta, Ribaudo, Carbone, Marchetti, Fioroni».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIGLI e BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la lotta contro la corruzione, la cattiva gestione e la dequalificazione del servizio sanitario nazionale sono un dovere per quanti credono in un sistema sanitario capace di promuovere la salute e di garantire un accesso universalistico alle prestazioni e vogliono continuare ad assicurarne la sostenibilità;
   negli anni passati i direttori generali delle aziende sanitarie hanno potuto godere di ampia discrezionalità nella scelta dei direttori di struttura operativa complessa (soc), con il solo limite di dover scegliere all'interno di una rosa di idonei;
   da tale potere assoluto di scelta è a parere degli interroganti derivata, da un lato, la precedenza accordata a criteri di «fedeltà» rispetto a quelli di competenza clinica e scientifica e, dall'altro, la totale dipendenza dei direttori di struttura operativa complessa dalle decisioni del direttore generale dell'azienda, con subordinazione della professionalità a quella che appare un'acquiescenza supina e cortigiana e con pesanti limitazioni della loro possibilità di esprimere giudizi critici utili alla governance dell'azienda e ancor più di esercitare una funzione attiva di controllo sulla correttezza gestionale dell'azienda;
   il sistema di selezione delle figure apicali è anche fattore che contribuisce alla penetrazione indebita della politica nelle aziende sanitarie, consentendo la nomina di sanitari obbedienti alla politica regionale, la stessa che nomina i direttori generali cui compete la scelta dei direttori di struttura operativa complessa;
   in data 8 novembre 2012, è stata approvata la legge di conversione, n. 189, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute» («decreto Balduzzi»);
   l'articolo 4 del «decreto Balduzzi», facendosi carico delle preoccupazioni largamente diffuse e sopra richiamate sulle modalità di selezione dei direttori di struttura complessa, ha provveduto a modificare le procedure di selezione fino ad allora previste, attraverso l'aggiunta di un nuovo comma 7-bis all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   con tale novella è stato previsto che le regioni disciplinano i criteri e le procedure per il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa sulla base dei seguenti principi:
    a) la selezione viene effettuata da una commissione composta dal direttore sanitario dell'azienda interessata e da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell'incarico da conferire, individuati tramite sorteggio da un elenco nazionale nominativo costituito dall'insieme degli elenchi regionali dei direttori di struttura complessa appartenenti ai ruoli regionali del servizio sanitario nazionale. Qualora fossero sorteggiati tre direttori di struttura complessa della medesima regione ove ha sede l'azienda interessata alla copertura del posto, non si procede alla nomina del terzo sorteggiato e si prosegue nel sorteggio fino ad individuare almeno un componente della commissione direttore di struttura complessa in regione diversa da quella ove ha sede la predetta azienda. La commissione elegge un presidente tra i tre componenti sorteggiati; in caso di parità di voti è eletto il componente più anziano. In caso di parità nelle deliberazioni della commissione prevale il voto del presidente;
    b) la commissione riceve dall'azienda il profilo professionale del dirigente da incaricare. Sulla base dell'analisi comparativa dei curricula, dei titoli professionali posseduti, avuto anche riguardo alle necessarie competenze organizzative e gestionali, dei volumi dell'attività svolta, dell'aderenza al profilo ricercato e degli esiti di un colloquio, la commissione presenta al direttore generale una terna di candidati idonei formata sulla base dei migliori punteggi attribuiti. Il direttore generale individua il candidato da nominare nell'ambito della terna predisposta dalla commissione; ove intenda nominare uno dei due candidati che non hanno conseguito il migliore punteggio, deve motivare analiticamente la scelta;
   appare evidente al riguardo la volontà del legislatore di ridurre la possibilità di condizionamento da parte del potere politico e il margine di discrezionalità della scelta da parte del direttore generale dell'azienda sanitaria, richiedendo il sorteggio dei commissari su base nazionale, prevedendo l'eleggibilità del presidente della commissione all'interno dei membri sorteggiati (incarico riservato in precedenza ex officio al direttore sanitario), imponendo una graduatoria di merito dei candidati e la scelta del vincitore secondo l'ordine di graduatoria o comunque, in caso difforme, all'interno della terna dei primi tre classificati, motivando obbligatoriamente le ragioni del mancato rispetto della graduatoria –:
   quante e quali siano le regioni che hanno provveduto a disciplinare i criteri e le procedure per il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa nelle aziende del servizio sanitario nazionale secondo le disposizioni contenute nel nuovo comma 7-bis all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, se risulti che siano state espletate selezioni con la precedente normativa anche dopo l'entrata in vigore del «decreto Balduzzi» e, nel caso, quali siano i provvedimenti che il Ministero della salute ha adottato o intende adottare al riguardo.
(3-00869)


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha condotto un'indagine nei confronti del farmaco Avastin, prodotto dalla Roche, a favore del farmaco Lucentis, prodotto dalla Novartis, entrambi trattamenti farmacologici per la maculopatia, malattia degenerativa della retina;
   la Società oftalmologica italiana (Soi), attraverso comunicati, ha segnalato un potenziale cartello tra i gruppi Roche e Novartis per impedire l'uso sul mercato dell’Avastin, a favore del Lucentis; dagli stessi comunicati emerge l'equivalenza sia in termini di sicurezza che di efficacia dei due farmaci, nonché viene resa nota la differenza di costo di entrambi; in particolare, la Società oftalmologica italiana segnala che Avastin costa 60 volte meno del Lucentis: un'iniezione al mese di Lucentis costa 1.000 euro rispetto ai 15 euro di Avastin;
   la medesima società ha pubblicamente chiesto che il farmaco Avastin sia reinserito nell'elenco dei farmaci previsto dalla legge n. 648 del 1996, affinché ne sia consentita l'erogazione a totale carico del servizio sanitario nazionale, come avviene per i farmaci di cui al predetto elenco, impiegati anche per un'indicazione diversa da quella autorizzata;
   con una specifica disposizione normativa recata dall'articolo 3 del decreto-legge n. 36 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 79 del 2014, è stata disciplinata la procedura, di competenza dell'Agenzia italiana del farmaco, per la sperimentazione clinica di medicinali per un impiego non compreso nell'autorizzazione all'immissione in commercio e l'inserimento nello specifico elenco della legge n. 648 del 1996;
   è notizia di questi giorni che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha quantificato il danno a carico del servizio sanitario nazionale (circa 540 milioni di euro per il 2013 e 615 milioni di euro per il 2014) conseguente dalla condotta delle aziende interessate e che il Ministero della salute si è attivato per esercitare il diritto al risarcimento di tutti i danni patrimoniali nei confronti delle aziende –:
   quali ulteriori iniziative il Ministro interrogato intenda avviare a tutela del diritto alla salute e alle cure a favore dei cittadini che soffrono di maculopatia e a sostegno, tutela e garanzia del fondo sanitario nazionale. (3-00870)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da articoli di stampa del 6 giugno 2014 che in Friuli Venezia Giulia vi è un nuovo caso di contaminazione del latte e si è diffuso il serio timore sui rischi causati dal «latte alle aflatossine»;
   pertanto, i tecnici dei Servizi veterinari hanno disposto dei campionamenti in una decina di aziende di allevatori che conferiscono il latte alle Latterie Friulane;
   il direttore del servizio igiene degli alimenti e della nutrizione dell'Ass4, Aldo Savoia, ha dichiarato che il rischio «zero» in alimentazione non esiste e chiarisce che l'attivazione delle predette verifiche conferma che il livello dell'attenzione di tutti gli organi di controllo (Nas, Servizi veterinari e Servizi igiene degli alimenti) è alto in materia di sicurezza degli alimenti, sia nel caso di contaminazione con sostanze tossiche naturali – come nel caso delle micotossine quali le aflatossine – che per altre forme di contaminazione;
   lo stesso afferma, inoltre, che la pericolosità delle micotossine è un problema noto già da tempo considerando che se assunte in grande quantità sono dannose a fegato e reni. Anche dosi molto basse, assunte nel corso del tempo, possono presentare una tossicità addirittura cronica, che si manifesta con problemi al sistema immunitario o con lo sviluppo di neoplasie;
   le micotossine sono prodotte da muffe che vivono sulla pianta di mais, di frumento e di altre colture e si sviluppano soprattutto durante i periodi di siccità. Possono poi svilupparsi anche dopo il raccolto, se lo stoccaggio non è effettuato correttamente;
   lo sviluppo di tali tossine può essere controllato agendo sulle buone pratiche di coltivazione e nella conservazione, su microclima, temperatura e umidità di stoccaggio, ferma restando l'importanza di eliminare le derrate ammuffite e non utilizzare le stesse per nutrire il bestiame. La presenza di una minima quantità di queste sostanze naturalmente prodotte dalle muffe, tuttavia, è pressoché inevitabile in molte derrate, dal mais al grano, dall'uva al caffè alla frutta secca. È necessario quindi che non venga superato un livello non accettabile che possa minacciare la sicurezza alimentare –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'allarme relativo alla contaminazione del latte che si è verificato recentemente in Friuli Venezia Giulia, come esposto in premessa;
   se siano a conoscenza del verificarsi, attualmente, di vicende analoghe in altre regioni d'Italia, in modo da potere comprendere la dimensione dell'allarme;
   se e quali provvedimenti intendano promuovere, per quanto di loro competenza, per prevenire sia contaminazioni con sostanze tossiche naturali – come nel caso delle micotossine quali le aflatossine – che altre forme di contaminazione, che possano minacciare la sicurezza alimentare;
   in particolare, se e quali iniziative intenda promuovere il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali affinché il controllo dello sviluppo di tossine avvenga anche attraverso la diffusione in agricoltura di pratiche di coltivazione e conservazione virtuose. (4-05073)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   l'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) consiste nella valutazione preventiva degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, mediante comparazione di opzioni alternative;
   l'AIR costituisce un supporto alle decisioni dell'organo politico di vertice dell'amministrazione in ordine all'opportunità dell'intervento normativo;
   a seguito della stipula nel 2007, in sede di Conferenza unificata, dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane in materia di semplificazione e miglioramento della qualità della regolamentazione, si è affermata la necessità di avviare concretamente un «lavoro comune e condiviso» tra amministrazioni statali, regionali e locali che il dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri (DAGL) ha voluto cogliere promuovendo la costituzione, sempre nell'ambito della Conferenza unificata, di un «Gruppo di lavoro AIR-VIR»;
   presso il sito ufficiale del competente Dipartimento della funzione pubblica, ove si specifica che «Questa sezione contiene le pubblicazioni realizzate dal Dipartimento sulla semplificazione e la qualità della regolazione. Per ciascun volume è presente una breve sintesi dei contenuti e il file per scaricare la pubblicazione», la pubblicazione più recente risale all'anno 2007;
   l'articolo 14, comma 10, della legge 28 novembre 2005, n. 246, stabilisce che: «Entro il 31 marzo di ogni anno, le amministrazioni comunicano al DAGL i dati e gli elementi informativi necessari per la presentazione al Parlamento, entro il 30 aprile, della relazione annuale del Presidente del Consiglio dei ministri sullo stato di applicazione dell'AIR»;
   tale relazione dovrebbe essere ampiamente analizzata e discussa da parte delle Camere e in particolare, la I Commissione (Affari costituzionali, interni e Presidenza del Consiglio) e il Comitato per la legislazione dovrebbero aprire un dibattito su tale relazione, verificare la veridicità dei dati riportati (alla luce della concreta esperienza parlamentare) e in questo modo spingere il Governo all'effettiva (e non meramente formale) attuazione degli obblighi di better regulation assunti anche a livello europeo –:
   quale sia lo stato complessivo dell'applicazione dell'AIR;
   quale sia lo stato di avanzamento della relazione il cui termine annuale di presentazione al Parlamento è spirato il 30 aprile 2014.
(2-00572) «Toninelli, Cozzolino, Dadone, Dieni, Fraccaro, Lombardi, D'Ambrosio, Nuti, Colletti, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Ferraresi, Sarti, Turco, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Grande, Spadoni, Scagliusi, Luigi Gallo, Brescia, Marzana, D'Uva, Di Benedetto, Vacca, Simone Valente, Battelli».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   l'articolo 47 del decreto-legge n. 5 del 2012, aveva istituito l'Agenda digitale italiana, contestualmente ad un'apposita cabina di regia, un organo di alto livello presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri con il compito di definire il quadro strategico per l'attuazione dell'Agenda;
   pochi mesi più tardi, uno dei primi provvedimenti del Governo Monti, il decreto-legge n. 83 del 2012, ha segmentato e confuso le funzioni degli enti pubblici ai quali era affidato il compito di attuare i programmi di innovazione tecnologica; le nuove norme hanno determinato la soppressione di DigitPA, il dipartimento per la digitalizzazione e l'innovazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione; lo stesso decreto 83 del 2012 ha istituito l'Agenzia per l'Italia digitale, preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana e che solo in parte ha assorbito anche le funzioni degli enti e delle strutture preesistenti;
   il decreto n. 179 del 2012 ha poi previsto che «entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e successivamente entro il 30 giugno di ogni anno il Governo, presenta alle Commissioni parlamentari competenti una relazione che evidenzia lo stato di attuazione dell'articolo 47 del decreto-legge n. 5 del 2012»;
   ad oltre un anno dalla prima scadenza tale relazione non è stata ancora presentata e risultano ancora non adottati numerosi decreti attuativi del decreto legislativo n. 82 del 2005, codice della amministrazione digitale, e dei decreti legge n. 83 del 2012 e n. 179 del 2012 in materia di digitalizzazione dei servizi delle amministrazioni pubbliche;
   con il decreto-legge n. 69 del 2013 è stata prevista (articolo 13) l'istituzione presso la cabina di regia di un organismo consultivo permanente, composto da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti delle imprese private e delle università, denominato tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, e presieduto dal commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale, che viene posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
   a quasi due anni dalla istituzione della Agenzia per l'Italia digitale non è stato ancora nominato il Comitato di indirizzo previsto dal decreto legge n. 83 del 2012 (articolo 21);
   alcuni organi di stampa hanno riportato la notizia di una intervenuta decadenza ex-lege dell'attuale direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale per la mancata approvazione, nei termini previsti dalla normativa vigente, del bilancio di previsione e del rendiconto consuntivo; successivamente, la notizia della presentazione delle dimissioni del medesimo direttore;
   in questo quadro è da oltre due anni che è sostanzialmente ferma qualsiasi attività tesa a favorire e governare i processi di digitalizzazione dell'azione amministrativa e permane lo stato di evidente confusione normativa e operativa nella quale, da troppo tempo, si trovano i progetti e i programmi per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana –:
   come si intendano superare le gravissime criticità che caratterizzano ad oggi i temi dello sviluppo delle reti di nuova generazione, dell'interoperabilità tra i sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni, della standardizzazione delle procedure e della revisione organizzativa dell'azione amministrativa che da due anni sono sostanzialmente bloccati dall'assoluta mancanza di una visione strategica e da numerosi e non più tollerabili ritardi ed inefficienze della struttura amministrativa deputata all'attuazione dell'Agenda digitale.
(2-00573) «Brunetta, Palmieri, Bergamini».

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Bargero e altri n. 1-00200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carra.

  La mozione Migliore e altri n. 1-00440, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Duranti.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Zampa n. 7-00160 del 6 novembre 2013.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Gebhard n. 5-02696 del 24 aprile 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Sottanelli n. 5-02848 del 16 maggio 2014;
   interrogazione a risposta scritta Taglialatela n. 4-04974 del 29 maggio 2014;
   interrogazione a risposta scritta Laffranco n. 4-05059 del 9 giugno 2014;
   interrogazione a risposta scritta Duranti n. 4-05060 del 9 giugno 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Dallai n. 5-02951 del 9 giugno 2014.