Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 16 maggio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    l'intensificarsi degli sbarchi di clandestini sulle nostre coste e i drammatici episodi di naufragio, avvenuti il 3 e l'11 ottobre 2013, a largo delle coste dell'isola di Lampedusa, ha indotto il Governo italiano ad adottare iniziative preventive di soccorso dei migranti in mare attivando, in maniera unilaterale, vista l'assenza di intervento dell'Unione europea, l'operazione Mare Nostrum, una task force militare-umanitaria senza la cui pronta attivazione i mancati soccorsi avrebbero provocato altre vittime; in quell'occasione, infatti, l'isola di Lampedusa è stata lasciata sola nella gestione di un'emergenza umanitaria permanente, divenendo allo stesso tempo un centro di pronta accoglienza, ma anche un confinamento territoriale dove non sono rispettati i diritti umani fondamentali;
    l'obiettivo della citata operazione è di evitare la strage di migranti, anche se, purtroppo, il recentissimo naufragio del 12 maggio 2014, avvenuto a largo delle coste della Libia, dove un barcone con circa 400 persone si è capovolto facendo annegare decine di ragazzi, ha drammaticamente riproposto l'emergenza;
    pur tra polemiche e criticità, tale operazione ha comunque raggiunto lo scopo per il quale era stata avviata; infatti, dall'inizio dell'anno l'operazione Mare Nostrum ha salvato la vita a 21.728 persone e il nostro Paese ha ancora una volta confermato la propria vocazione umanitaria che da sempre contraddistingue in Europa; tuttavia, i sottoscrittori del presente atto di indirizzo non ritengono che Mare nostrum possa rappresentare una soluzione permanente alla questione immigrazione anche perché non ha impedito l'incremento dei flussi migratori illegali, garantendo di fatto l'arrivo in Italia a tutti coloro che si imbarcano sulle coste libiche;
    inizialmente, detta operazione sarebbe dovuta costare circa 1 milione di euro al mese, invece l'impegno sta richiedendo un esborso che si aggira intorno ai 9 milioni al mese ma a questa cifra vanno aggiunti decine di milioni al mese per l'assistenza agli immigrati, per i quali la legge di stabilità 2014 ha stanziato 210 milioni;
    oggi, è improcrastinabile adottare misure di prevenzione delle tragedie dei naufragi, stante l'intensificarsi del fenomeno migratorio, sia per le gravi situazioni politiche ed economiche in cui versano i Paesi arabi e africani, sia per le difficoltà di poter avviare a breve accordi con la Libia, e di rivedere anche quelli precedentemente assunti, vista soprattutto l'instabilità politica del Paese;
    finora l'Agenzia Frontex ha svolto un ruolo marginale nel gestire i flussi provenienti dalla Libia e solo recentemente, dopo aver modificato il proprio regolamento che ne disciplina le attività in mare, ha accettato l'eventualità che unità navali partecipino alle operazioni di controllo delle frontiere, anche perché il governo italiano ha più volte richiamato l'esigenza di un suo maggior coinvolgimento in tal senso;
    per quanto riguarda le risorse stanziate dall'Unione europea, nel periodo 2007-2013, come si evince dal sito della Commissione europea il nostro Paese ha ottenuto il 13,4 per cento delle risorse totali allocate per la gestione dell'asilo e dell'immigrazione: 478.754.919 euro. Quasi mezzo miliardo di euro, dei quali il 50 per cento circa destinato esclusivamente alla difesa delle frontiere marine e terrestri: 250.178.432 euro (External Borders Fund). Le altre somme sono state così ripartite: 36.087.197 euro al fondo per i rifugiati (Refugee Found) 148.679.573 per il fondo integrazione (Integration Fund) e 43.809.714 al fondo che finanzia i rimpatri forzati dei migranti illegali (Return Fund);
    il 29 giugno 2013 sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea gli atti legislativi mancanti per completare la «revisione» di tutte le principali norme del Sistema europeo comune di asilo; in particolare, l'adozione del Regolamento UE n. 604 del 2013, cosiddetto Dublino III, entrato in vigore il 19 luglio 2013, in sostituzione del Regolamento 343/2003, cosiddetto Dublino II, ma la cui applicazione è stata prevista solo a partire dal 1o gennaio 2014; tale regolamento contiene i criteri e i meccanismi per individuare lo Stato membro competente per l'esame della domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o apolide, i problemi e la drammaticità degli arrivi dei migranti nel Mediterraneo non trovano soluzione;
    il Regolamento Dublino III è senza dubbio la parte del Sistema europeo comune di asilo più discusso e criticato, non solo dal punto di vista delle conseguenze negative sulla vita dei richiedenti asilo; infatti, il principio generale su cui si basa è lo stesso della vecchia Convenzione di Dublino del 1990 e di Dublino II: ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all'ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri, salvo eccezioni; insomma, sono stati apportati pochi aggiustamenti;
    tuttavia, nonostante l'Unione europea si sia dotata di un proprio sistema di asilo (basato sulla nozione di protezione internazionale, articolata nelle tre forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione temporanea, volte a consentire a chiunque di vedersi riconosciuto lo status appropriato alla propria situazione), faticosamente completato dopo 12 anni di lavori nel giugno 2013, come già detto, il cammino verso il raggiungimento di un Sistema comune europeo di asilo giusto ed efficace appare ancora lungo; la realizzazione di tale Sistema costituisce, in ogni caso, l'esito ultimo di un processo di progressivo avvicinamento delle legislazioni nazionali in materia le cui tappe sono state delineate nei programmi pluriennali per lo spazio di libertà sicurezza e giustizia;
    è ovvio che, di fronte all'intensificarsi del fenomeno degli sbarchi per le difficili situazioni politiche in cui versano i Paesi di origine africana, le suddette risorse possono essere non sufficienti e la legislazione europea, che regola l'attribuzione dei fondi, stabilisce che deve essere ogni singolo Stato a presentare alla Commissione europea un programma annuale per ricevere poi lo stanziamento;
    l'Italia, rispetto agli altri Paesi, oltre al prestare accoglienza e soggiorno presso i centri di accoglienza ormai al collasso, deve anche affrontare gli arrivi via mare ed effettuare operazione umanitarie di soccorso e salvataggio di vite umane, affrontando l'incremento degli elevati costi sopra riportati;
    gli altri Paesi membri dell'Unione hanno manifestato una scarsa collaborazione nell'attività di controllo delle frontiere e nel condividere con una maggiore partecipazione finanziaria la gestione dei trasferimenti dei migranti all'interno dell'Unione, laddove si ritiene opportuno e giusto che i costi sostenuti dall'Italia per proteggere le frontiere via mare, intercettare e soccorrere i migranti, dovrebbero essere a carico del bilancio dell'Unione europea;
    in occasione della visita a Lampedusa, dopo i tragici naufragi del 3 e 27 ottobre 2013, il Presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso, nel suo discorso aveva affermato che: «... l'Europa sta con la gente di Lampedusa e con l'Italia», e «... quello che riguarda uno Stato membro dell'UE ci riguarda tutti. È quello che significa essere un'Unione, un'Unione fondata su valori quali la dignità umana, la libertà, la democrazia e la solidarietà... L'Unione europea non può accettare che migliaia di persone muoiano alle sue frontiere... Qui a Lampedusa, l'Europa e l'Africa condividono una frontiera che promette speranza ma che troppo speso sfocia in tragedie... Le sfide a cui devono far fronte Lampedusa e l'Italia sono sfide europee... Quello che posso promettere, però, è che la Commissione europea farà tutto il possibile, con i mezzi di cui dispone, per aiutare a cambiare le cose... Il nostro impegno non comincia oggi. Negli ultimi anni l'Unione europea ha già fatto notevoli sforzi... Le nostre capacità di reazione sono migliorate grazie a FRONTEX, l'agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne, che abbiamo rafforzato di recente. Ma dobbiamo intensificare le nostre azioni... Dobbiamo rafforzare la nostra capacità di ricerca e salvataggio e il sistema di sorveglianza per localizzare le imbarcazioni, così da poter lanciare le operazioni di salvataggio e portare le persone in salvo prima che sia troppo tardi. È questa la finalità del sistema «Eurosur», che vogliamo vedere attivo già il 2 dicembre...»,

impegna il Governo:

   a chiedere, anche in forza dell'imminente Presidenza italiana dell'Unione europea una più decisa cooperazione dell'insieme degli Stati membri per affrontare l'emergenza umanitaria nel Mediterraneo attraverso finanziamenti adeguati alle operazioni di soccorso e di accoglienza stessa dei profughi e dei rifugiati nonché al contrasto del traffico di esseri umani;
   a proporre l'unificazione in un unico organismo europeo delle funzioni di coordinamento per il soccorso e la tutela delle frontiere dell'Unione europea suddividendo in modo solidale tra i membri dell'Unione europea il carico umano ed economico di tale drammatica emergenza;
   a sollecitare l'Unione europea ad una più efficace azione nei confronti dei Paesi di origine e di transito, impegnando e incentivando i rispettivi governi a porre in essere una seria politica di gestione dei flussi, soprattutto nella lotta alle organizzazioni criminali che lucrano sul traffico di esseri umani.
(1-00469) «Currò, Rizzetto, Vallascas, Prodani, Mucci, Da Villa, Turco, Baldassarre, Rostellato, Bechis, Ciprini, Cariello, Artini, Frusone, Grillo, Sibilia».

Risoluzione in Commissione:


   La V Commissione,
   premesso che:
    dal 1o gennaio 1999 la Banca centrale europea (BCE) ha assunto la responsabilità della conduzione della politica monetaria per l'area dell'euro, che, in base all'articolo 3, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) costituisce una competenza esclusiva dell'Unione;
    l'articolo 282 del TFUE prevede che la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali costituiscono il Sistema europeo di banche centrali (SEBC): esse costituiscono l'Eurosistema e conducono la politica monetaria dell'Unione;
    il SEBC ha, tra gli altri, il compito di definire e attuare la politica monetaria dell'Unione, svolgere le operazioni sui cambi, detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri, nonché promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento;
    nello specifico, la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione; le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell'Unione (articolo 128, paragrafo 1, del TFUE);
    l'articolo 130 del TFUE e l'articolo 7 dello Statuto del SEBC, di cui al Protocollo 4 allegato al Trattato di Lisbona, stabiliscono che, nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo;
    le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione, nonché i Governi degli Stati membri sono impegnati a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti;
    conformemente all'articolo 284 del TFUE e all'articolo 15 dello Statuto del SEBC, la BCE trasmette una relazione annuale sulle attività del SEBC e sulla politica monetaria dell'anno precedente e di quello in corso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione nonché al Consiglio europeo; il Presidente della BCE presenta la richiamata relazione annuale sul SEBC alla sessione plenaria del Parlamento europeo, che, secondo la prassi consolidata, approva una risoluzione al riguardo, formulando considerazioni e indirizzi sulla conduzione della politica monetaria da parte del SEBC;
    in coerenza con la medesime disposizioni dei Trattati secondo la prassi consolidata, la BCE riferisce con regolarità al Parlamento europeo in merito alle decisioni assunte nel settore della politica monetaria e agli altri compiti ad essa attribuiti: a questo scopo si svolgono, in particolare, audizioni trimestrali del Presidente della BCE presso la Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo;
    la Banca d'Italia emette le banconote in euro, in circolazione dal 1o gennaio 2002, in base ai principi e alle regole fissati nell'Eurosistema, ed ha il controllo di tutta la circolazione monetaria presente nel Paese;
    nell'ambito dell'Eurosistema e nel quadro dei principi che disciplinano la funzione di emissione, la Banca d'Italia produce il quantitativo di banconote in euro assegnatole, immette le banconote nel circuito degli scambi e provvede al ritiro e alla sostituzione dei biglietti deteriorati, partecipa all'attività di studio e sperimentazione di nuove caratteristiche di sicurezza dei biglietti, contribuisce alla definizione di indirizzi comuni per quanto riguarda la qualità della circolazione e l'azione di contrasto della contraffazione;
    negli ultimi anni il legislatore ha introdotto numerose disposizioni volte a limitare l'uso del contante e la sua progressiva sostituzione con strumenti di pagamento elettronici che garantiscono minori costi, minori rischi e maggiore velocità nell'incasso dei pagamenti, oltre a garantire la tracciabilità dei flussi finanziari, sia al fine di potenziare la lotta all'evasione fiscale sia al fine di prevenire e contrastare il riciclaggio dei proventi di attività criminose;
    il reimpiego di denaro, proveniente da attività criminali nell'economia legale, altera il corretto funzionamento dei meccanismi di allocazione delle risorse e mette in pericolo la stabilità e la solidità dei soggetti che operano sui mercati della finanza: quindi questo reinvestimento produce distribuzione alterata, distorsione della ricchezza, della libera concorrenza, inquinamento sociale ed evasione fiscale;
    l'utilizzo di banconote di grosso taglio, ed in particolare di banconote da 500 euro, presenta un notevole rischio di riciclaggio, oltre ad essere particolarmente adatto al finanziamento di organizzazioni criminali e terroristiche: è lo stesso rapporto annuale dell'Unità finanziaria della Banca d'Italia a sostenerlo; questa caratteristica deriva essenzialmente dall'agilità del trasporto di ingenti quantità di denaro, se si pensa che un milione di euro in carte da 500 pesa poco più di un chilo e mezzo, mentre in biglietti da 100 euro peserebbe circa 10 chili;
   lo stesso Vicepresidente portoghese della BCE, Vitor Constancio, ha posto recentemente il problema di fronte al Parlamento europeo;
    nel nostro Paese, secondo un rapporto della Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategie Analysis) e della Guardia di Finanza, l'80 per cento delle banconote da 500 euro circola nelle zone tipiche di import-export di capitali, ovvero il confine italo-svizzero, la provincia di Forlì (che confina con la Repubblica di San Marino) e il Triveneto;
    le banconote da 500 euro in circolazione in Europa sono 564 milioni, pari ad appena il 3,7 per cento del totale della carta-moneta, ma con un valore di 291 miliardi di euro, ossia circa un terzo di quelli in circolazione;
    nel biennio 2012-2013, per ben 24 mesi, non è andata in stampa neanche una banconota da 500 euro; dal 1o gennaio 2014 tuttavia, la Lettonia è entrata nella Zona Euro e dovrà dotarsi di tutti i tagli di banconote per sostituire la vecchia valuta: di conseguenza, la BCE ha commissionato alla Banca Centrale Austriaca un ordine di nuove banconote da 500 euro, per un valore totale di 42 miliardi e mezzo di euro: peraltro, le nuove banconote da 500 euro rappresenteranno solo il 13 per cento del totale dei nuovi biglietti e di conseguenza è lecito aspettarsi, sulla totalità dei biglietti in circolazione, un arretramento sotto la soglia del 30 per cento di quelle di taglio più elevato;
    a partire dal 1o febbraio 2014, per effetto del Regolamento dell'Unione europea n. 260/12 è pienamente operativa l'Area unica dei pagamenti in euro (Single euro payments area o SEPA) in cui cittadini europei, imprese e pubbliche amministrazioni possono effettuare operazioni di pagamento in euro verso un altro conto con tempi di esecuzione di un giorno lavorativo dalla ricezione dell'ordine, potendo contare su sistemi armonizzati per le caratteristiche degli strumenti, gli standard, le infrastrutture e i costi, riducendo ulteriormente il fabbisogno di banconote;
    l'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, fissa in 1.000 euro l'uso del contante, per un ammontare quindi pari a 2 sole banconote da 500 euro;
    l'eliminazione della banconota da 500 euro potrebbe ulteriormente favorire lo sviluppo della moneta elettronica, in linea con le misure recentemente adottate dal legislatore per promuovere l'utilizzo di strumenti di pagamento diversi dal contante,

impegna il Governo

ad adoperarsi presso le competenti istituzioni dell'Unione europea affinché sia valutata l'opportunità, secondo le procedure appropriate, di eliminare la banconota da 500 euro.
(7-00374) «Boccadutri, Causi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRUNO BOSSIO, CENSORE, COVELLO, MAGORNO, BATTAGLIA, D'ATTORRE, STUMPO e OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il presidente della giunta regionale della Calabria Giuseppe Scopelliti ha rassegnato le dimissioni in data 29 aprile 2014;
   le dimissioni sono intervenute in seguito alla sentenza di condanna di primo grado emessa dal tribunale di Reggio Calabria;
   la legge costituzionale n. 1 del 1999 e lo Statuto della Regione Calabria prevedono che si proceda a nuove elezioni regionali in caso di dimissioni volontarie del Presidente della giunta;
   nel caso che il Presidente svolga anche le funzioni di commissario ad acta per la sanità, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009 il Consiglio dei ministri deve nominare un nuovo commissario fino all'insediamento del successivo presidente;
   al fine di congedare definitivamente i consiglieri regionali e di dichiarare sciolto il Consiglio regionale, lo statuto e il regolamento interno della regione prevedono che il Consiglio sia tassativamente convocato entro 10 giorni dal ricevimento della comunicazione formale delle dimissioni del presidente della giunta;
   entro 90 giorni dalla data dello scioglimento il prefetto del capoluogo di regione, d'intesa con i presidenti delle due corti di appello, indice le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale;
   la Presidenza del Consiglio regionale suppone che le dimissioni del Presidente della giunta non determinano la fine anticipata della legislatura perché si ritiene che esse siano intervenute in regime di sospensione dalla carica dello stesso Presidente della Giunta in base a quanto disposto dal decreto legislativo n. 235 del 31 dicembre 2012 –:
   quali siano le ragioni per le quali il Governo non ha, alla data odierna, ancora nominato il nuovo Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario;
   quali urgenti iniziative di competenza si intendano assumere per garantire il rigoroso rispetto della normativa vigente e la sua applicazione, senza consentire che si pongano in essere attività dilatorie in violazione di legge per tentare di rinviare quello che gli interroganti ritengono l'ineluttabile scioglimento anticipato del consiglio regionale a seguito delle dimissioni volontarie del Presidente della regione che prevedono una procedura automatica disciplinata dalla legge, dallo Statuto regionale e dal suo regolamento da completare entro 90 giorni dalle dimissioni. (5-02849)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, DEL GROSSO, COZZOLINO, LUIGI GALLO, MARZANA e SIMONE VALENTE. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 3 maggio 2014, nello stadio Olimpico di Roma, si è giocata la finale di Coppa Italia tra la squadra di calcio del Napoli e quella della Fiorentina;
   come ampiamente riportato dalla diretta tv e da tutti i mezzi di informazione, la partita è iniziata 45 minuti in ritardo rispetto all'orario previsto;
   le cronache della diretta Rai raccontano in maniera chiara quanto accaduto: «un tifoso del Napoli a nome di tutta la tifoseria ha detto giochiamo, si gioca; e, infatti, le autorità stanno tornando indietro perché la curva ha detto SI, giochiamo»;
   in un secondo momento si scopre che il tifoso del Napoli, che a nome di tutta la curva ha detto sì, è Gennaro De Tommaso, detto Genny «a carogna» con un curriculum di tutto rispetto: destinatario di Daspo, ha alle spalle vari precedenti giudiziari tra cui un arresto per droga; è, inoltre, figlio di Ciro De Tommaso, considerato affiliato al clan camorristico dei Misso;
   è evidente che le autorità, attraverso l'interlocuzione del capitano del Napoli Marek Hamsik, hanno, di fatto, concordato l'avvio della gara con il capo ultras partenopeo, visto che la curva azzurra pretendeva che la partita non venisse disputata a causa del ferimento di un tifoso del Napoli;
   a queste considerazioni ha già risposto il questore di Roma, Massimo Mazza, precisando che non c’è stata alcuna trattativa con gli ultras del Napoli e che non si è mai pensato di non far giocare la partita, aggiungendo che è stato solo accordato al capitano del Napoli di informare i tifosi, su richiesta di questi, sulle condizioni di salute del ferito in quanto tra gli ultrà si erano diffuse notizie che davano per morto il tifoso ferito nel pomeriggio, smentendo, quindi, ogni tipo di trattativa;
   mercoledì 7 maggio 2014 il Ministro dell'interno Angelino Alfano ha informato il Parlamento sui gravi episodi verificatisi in occasione della finale di Coppa Italia presso lo Stadio Olimpico di Roma;
   l'informativa urgente del Ministro dell'interno non ha risposto agli interrogativi posti da tutti gli italiani che hanno visto quanto accaduto allo stadio Olimpico attraverso la diretta televisiva riguardo alla presunta trattativa con la tifoseria del Napoli –:
   quali siano le motivazioni che hanno ritardato l'inizio della finale di Coppa Italia tra il Napoli e la Fiorentina;
   per quale motivo i responsabili dell'ordine pubblico abbiano preferito concordare e informare i tifosi del Napoli nelle modalità sopra esposte, invece di trovare altre forme di comunicazione meno legittimanti dei diktat delle tifoserie, come ad esempio lo speakeraggio dello stadio. (4-04847)


   DADONE, NUTI, FRACCARO, TONINELLI, COZZOLINO, DIENI, LOMBARDI, D'AMBROSIO, BUSTO, DE ROSA, TERZONI, DAGA, MANNINO, SEGONI, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2014 Romilda Rizzo, Antonio Martone e Alessandro Natalini, rispettivamente ex presidente e componenti dell'Autorità nazionale anti corruzione e per la valutazione e la trasparenza delle Amministrazioni pubbliche, ex Civit, oggi ANAC, hanno trasmesso una serie di considerazioni, contenute nel documento «Problemi aperti in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e performance e proposte di semplificazione», all'indirizzo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
   in particolare il documento segnalava alcune problematiche in materia di corruzione e trasparenza che i tre alti funzionari hanno inteso sottoporre all'attenzione del Ministro affinché quest'ultimo si adoperasse per risolverli;
   in primo luogo si specifica come, con il decreto legislativo n. 39 del 2013 convertito dalla legge n. 98 del 2013 che trasferisce funzioni consultive dall'Autorità al Ministero stesso, quest'ultimo debba ancora fronteggiare e risolvere con direttive o circolari ministeriali le «numerose questioni sollevate da pubbliche amministrazioni ed enti in ordine all'applicazione dell'articolo 3 in tema di inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione»;
   segue la rilevazione, peraltro già presente nel «Rapporto sul primo anno di attuazione della legge n. 190 del 2012», della opportunità di intervenire legislativamente per risolvere «l'asimmetria tra le situazioni di inconferibilità e incompatibilità previste per i dirigenti statali e quelli di amministrazioni regionali e locali di società in controllo pubblico presenti del decreto legislativo n. 39 del 2013»;
   secondo i tre alti funzionari «in generale, vanno chiariti i profili di applicazione della legge n. 190 del 2012, stante la genericità delle previsioni normative al riguardo, e i continui tentativi, promossi da più parti, per rimanere al di fuori dell'ambito di applicazione» e si riporta il caso esemplare della SEA spa che in un ricorso avrebbe richiesto l'annullamento del piano nazionale anticorruzione;
   secondo quanto riportato nel documento in questione, l'Autorità avrebbe segnalato inoltre le preoccupazioni relative all'ambito di riferimento degli enti economici e delle società controllate e partecipate per il quale sussistono interpretazioni (come quelle riportate nella circolare ministeriale n. 1/2014) che limitano «l'ambito soggettivo di applicazione delle norme sulla trasparenza a un settore che, come testimoniato anche da recenti fatti di cronaca, dovrebbe essere, invece, oggetto di particolare attenzione nelle politiche di prevenzione»;
   la stessa Autorità avrebbe quindi deciso, di fronte a interpretazioni dello stesso Ministero, risultate essere difformi o limitative dell'applicazione della normativa, di sospendere i riscontri e i controlli in merito agli obblighi di trasparenza da parte delle società partecipate al fine di «non ingenerare ulteriori incertezze applicative»;
   circolare, quella succitata, che peraltro l'Autorità avrebbe conosciuto solo attraverso la pubblicazione on line sul sito del Ministero dimostrando quindi una evidente mancanza di quel necessario coordinamento che dovrebbe sussistere tra le attività dello stesso Ministero e quelle dell'ANAC. Coordinamento che dall'Autorità ritengono fondamentale non solo per «l'efficace attuazione della normativa anticorruzione» e per «evitare condizioni di incertezza» ma soprattutto per «facilitare i flussi informativi senza pregiudicare l'attività di vigilanza»;
   il nuovo presidente dell'Autorità, Raffaele Cantone, dichiarava in una intervista a La Repubblica, il 20 aprile 2014, che «l'obiettivo dell’Authority non è quello di combattere la corruzione già avvenuta, ma di provare a prevenirla. Questa è la grande scommessa della legge del 2012», corroborando quanto ritenuto di importanza fondamentale da chi lo ha preceduto e sostenendo quindi la necessità di risolvere le condizioni di debolezza e inefficacia insite nella normativa vigente e nel dna dell'ANAC;
   l'8 maggio un blitz della Guardia di finanza e della direzione investigativa antimafia ha scoperchiato quella che è stata definita dagli inquirenti una vera e propria «cupola degli appalti» che avrebbe gestito il sistema delle attività e degli affidamenti dei lavori relativi all'Expo 2015 di Milano. A seguito della notizia del coinvolgimento trasversale di alcune figure della politica locale e nazionale, attuale e della cosiddetta Prima Repubblica come Primo Greganti, ex Pci, Pds e Ds, già implicato nelle indagini di Tangentopoli; Gianstefano Frigerio e Angelo Paris, entrambi ex Forza Italia; Luigi Grillo, ex Dc; Sergio Cattozzo, ex Udc; il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ha annunciato l'11 maggio la formazione di una non meglio definita task force anticorruzione ad hoc per l'Expo. A ventiquattro ore di distanza, la stessa task force ad hoc sembra essere stata inglobata nella già esistente Authority guidata da Raffaele Cantone, affidata allo stesso presidente ANAC;
   oggi l'ANAC è costituita di fatto dal solo presidente, Raffaele Cantone, poiché a seguito delle dimissioni degli ultimi quattro componenti, non risulta alcun sostituto in carica; essa rappresenta di fatto al momento una Autorità monca sotto il profilo organizzativo;
   la decisione, apparentemente coerente, di riportare sotto la guida del presidente Cantone e dell'ANAC il controllo e la prevenzione di casi di corruzione nell'Expo avviene in una condizione quindi di estrema debolezza, per i motivi di cui sopra, in cui versa l'Autorità e, in generale, per il complesso normativo in cui la stessa Authority deve muoversi –:
   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche illustrate;
   se il Governo abbia cognizione della debolezza intrinseca dell'Anac, stante quanto riportato dagli stessi dirigenti della Authority e l'assenza dei componenti ad esclusione del presidente Cantone;
   se e come il Governo intenda affrontare le problematiche di ordine interpretativo, regolamentare e applicativo illustrate dai dirigenti dell'Autorità nazionale anti corruzione;
   se e come il Governo intenda rafforzare l'Autorità anticorruzione alla luce dell'incarico che dovrebbe esser conferito al Presidente Cantone dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri alla luce delle indagini e degli arresti relativi agli appalti per l'Expo 2015 di Milano.
(4-04852)


   ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel gennaio 2014 il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha approvato (con 430 voti favorevoli, 224 contrari e 19 astensioni) la proposta di modifica alla direttiva 2001/110/CE, sulla base della relazione della conservatrice britannica, Julie Girling, secondo cui il polline non deve più essere considerato, come è attualmente, un «ingrediente» del miele ma un suo «componente»;
   la differenza è sostanziale ed ha dei riflessi molto importanti in termini di etichettatura;
   grazie a questa distinzione semantica infatti, gli apicoltori dovranno etichettare il miele come «contenente Ogm» soltanto se le tracce di organismi geneticamente modificati superano la soglia dello 0,9 per cento del prodotto. Se invece gli eurodeputati avessero definito il polline come «ingrediente», gli apicoltori avrebbero comunque dovuto segnalare la presenza organismi geneticamente modificati nel polline, che spesso rappresenta al massimo lo 0,5 per cento della massa del miele;
   in questo modo   il Parlamento ha deciso di respingere la proposta della Commissione ambiente che aveva invece bocciato la relazione Girling;
   un'interpretazione questa che si pone in contrasto con quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza 6 settembre 2011, nella causa C-442/09 secondo cui il polline proveniente da colture geneticamente modificate dovrebbe essere considerato un ingrediente del miele, o di integratori alimentari contenenti polline, ai sensi del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori;
   la decisione dello scorso gennaio non è priva di implicazioni anche per quei Paesi in cui, come l'Italia, non sono consentite coltivazioni di organismi geneticamente modificati;
   per quanto infatti i consumatori non debbano preoccuparsi per il miele prodotto in Italia, che non è Ogm ed è immediatamente riconoscibile grazie alla presenza dell'etichettatura obbligatoria, va sottolineato che l'Italia importa oltre la metà del proprio fabbisogno con una produzione nazionale per un valore di circa 15 milioni di chili dei quali circa 2 milioni proprio dal gigante asiatico con un aumento del 29 per cento solo nei primi nove mesi del 2013;
   il miele proveniente dall'estero, dunque, potrebbe contenere polline geneticamente modificato a nostra insaputa;
   una decisione dunque in forte contrasto con le politiche di tutela dei diritti dei consumatori, che dovrebbero sempre conoscere esattamente gli ingredienti e le sostanze contenute nei prodotti alimentari acquistati;
   con i Paesi dell'Unione europea che importano miele da Paesi che producono organismi geneticamente modificati, con due dei maggiori produttori di miele tra gli Stati membri (Spagna e Romania) che hanno autorizzato la produzione di mais geneticamente modificato, il miele contaminato da polline geneticamente modificato sarà sempre più presente nei nostri negozi;
   questo voto è «uno schiaffo ai consumatori e agli apicoltori europei che hanno chiesto a più riprese trasparenza nelle regole di etichettatura» ha dichiarato l'europarlamentare Bart Staes ed ha aggiunto «ad influenzare la maggioranza degli eurodeputati, è stata un'intensa campagna di lobby portata avanti dagli importatori di miele» –:
   se siano a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere al fine di tutelare i diritti e la salute dei consumatori. (4-04855)


   PRODANI, RIZZETTO, CURRÒ e PINNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 18 agosto 1946 sulla spiaggia di Vergarolla a Pola (oggi territorio croato) – unica parte dell'Istria fuori controllo jugoslavo, all'epoca sottoposta all'amministrazione britannica – una forte esplosione ha ucciso e ferito un numero imprecisato di italiani (circa 80 vittime) accorsi per le tradizionali gare di nuoto legate alla Coppa Scarioni, organizzate dalla società canottieri «Pietas Julia»;
   le gare avevano assunto in breve tempo un significato politico, a seguito dei rapporti tesi tra lo Stato italiano e la Repubblica socialista federale di Jugoslavia, ed erano divenute espressione di appartenenza allo spirito nazionale italiano. Pola, infatti, in quel periodo costituiva l'unica enclave italiana in territorio jugoslavo;
   l'esplosione, all'epoca dei fatti di origine ignota, è stata attribuita a più di venti mine marine antisbarco (circa nove tonnellate di esplosivo), accatastate in una parte dell'arenile, che genieri britannici avrebbero rese inerti con l'asportazione dei detonatori;
   l'inchiesta condotta dal comando militare inglese è terminata nel febbraio 1947 con la conclusione che «l'esplosione fu causata da una o più persone sconosciute»;
   nel 2008 il National Archives di Kew Gardens (Londra) ha reso pubblici alcuni documenti relativi alla vicenda di Vergarolla che sono stati esaminati dai giornalisti del quotidiano Il Piccolo di Trieste che ne hanno anticipato il contenuto con l'articolo intitolato «Gli archivi inglesi rivelano: la strage di Vergarolla voluta dagli agenti di Tito» del 9 marzo 2008;
   tra i documenti disponibili spicca il «War Office 204/12765 Secret» datato 19 dicembre 1946 e intitolato «Sabotage in Pola», in base al quale l'esplosione sarebbe stata causata da un atto terroristico organizzato dall'OZNA, il servizio segreto militare jugoslavo, e viene fatto anche il nome di Giuseppe Kovacich tra gli esecutori;
   le carte messe a disposizione dall'archivio inglese avrebbero messo in evidenza come il controspionaggio italiano avesse svolto delle accurate indagini, essendo a conoscenza dei fatti e dell'identità di alcune persone implicate nell'attentato;
   il Presidente del Consiglio Matteo Renzi il 22 aprile 2014 ha firmato la direttiva che dispone la declassificazione degli atti relativi ai fatti sanguinosi di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna, rapido 904;
   il Presidente del Consiglio ha annunciato la firma sostenendo che «uno dei punti qualificanti della nostra azione di governo è proprio quello della trasparenza e della apertura»;
   nel corso degli anni i Governi che si sono susseguiti non hanno mai inviato a Pola rappresentanti per commemorare la strage e per dimostrare la vicinanza del Paese ai parenti delle vittime –:
   se il Governo intenda verificare la presenza, negli archivi di Stato, di documenti secretati relativi alla strage di Vergarolla e procedere alla loro desecretazione, facendo luce definitivamente sulle questioni insolute riguardo all'origine e ai responsabili dell'attentato. (4-04861)


   PRODANI, RIZZETTO, CURRÒ e PINNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il secondo conflitto mondiale si è concluso lasciando irrisolta, nell'immediato, la questione giuliana;
   i territori di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia sono stati teatro di drammatici avvenimenti come la tragedia delle foibe, iniziata nel 1943, e il successivo esodo dei circa 350 mila italiani che abbandonarono le proprie case e i propri beni nell'arco di quasi vent'anni a seguito dell'occupazione prima e dell'amministrazione dopo, della Repubblica socialista federale di Jugoslavia guidata dal maresciallo Tito;
   durante la cosiddetta «guerra fredda», che ha contrapposto i Paesi occidentali al blocco socialista, mere questioni di opportunità politica sembrano aver indotto politici e storici a non approfondire con rigore scientifico le vicende legate alle uccisioni indiscriminate compiute da combattenti jugoslavi e partigiani comunisti, i cui cadaveri sono stati nascosti in cavità naturali carsiche note appunto come foibe, oppure annegati in Adriatico, ovvero in quella che tristemente è identifica come la «foiba blu»;
   lo stesso materiale disponibile relativo alla strage delle foibe, prima della caduta del muro di Berlino (1989), non era sufficiente per condurre indagini storiche rigorose;
   la legge 30 marzo 2004, n. 92, ha istituito il «giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, fissando al 10 febbraio di ogni anno la commemorazione per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale»;
   secondo le dichiarazioni del professor Paolo Barbi «va ricordato l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe, ma egualmente l'odissea dell'esodo, e del dolore e della fatica che costò a fiumani, istriani e dalmati ricostruirsi una vita nell'Italia tornata libera e indipendente ma umiliata e mutilata nella sua regione orientale. E va ricordata [...] la «congiura del silenzio», la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell'oblio»;
   il Presidente del Consiglio Matteo Renzi il 22 aprile 2014 ha firmato la direttiva che dispone la declassificazione degli atti relativi ai fatti sanguinosi di Ustica, Peteano, ltalicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna, rapido 904;
   il Presidente del Consiglio ha annunciato la firma sostenendo che «uno dei punti qualificanti della nostra azione di Governo è proprio quello della trasparenza e della apertura»;
   ad oggi esistono ancora numerosi lati oscuri legati alle vicende delle foibe e agli eventi intercorsi dopo la fine della seconda guerra mondiale nei confini orientali dell'Italia, su cui difficilmente si potrà fare luce senza accedere a tutti i documenti presenti negli archivi dello Stato e all'estero;
   il «giorno del ricordo» può avere un senso se sono reperibili e disponibili i nomi e i cognomi delle vittime infoibate, le identità degli infoibatori e le identità dei profughi, oltre a dati su flussi e dispersione di questi ultimi, unici elementi in grado di raccontarci le loro singole storie e dare, così, un senso compiuto ad un concetto di memoria che richiede impegno e risorse per poter essere trasmessa come valore nella società civile –:
   se il Governo intenda verificare la disponibilità pubblica di tutti i documenti sulle foibe, procedendo alla eventuale desecretazione di quelli che risultino ancora coperti da segreto di Stato;
   se il Governo intenda promuovere una fattiva collaborazione con le autorità degli Stati alleati al tempo del secondo conflitto mondiale e con quelli sorti dopo il dissolvimento della Repubblica socialista federale di Jugoslavia, in particolare con la Repubblica di Serbia, per ottenere copia della eventuale documentazione ancora secretata di interesse, favorendo in questo modo il lavoro degli storici e la scoperta delle verità ancora nascoste. (4-04862)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 288 del 1955, e successive modificazioni e integrazioni, autorizza il Ministero degli affari esteri a concedere, ogni anno, borse di studio ai cittadini italiani residenti all'estero al fine di consentirgli studi di perfezionamento o di specializzazione o per effettuare ricerche di carattere scientifico;
   le borse di studio vengono concesse anche sulla base di accordi culturali bilaterali e multilaterali attualmente vigenti. Secondo i dati forniti dal sito del Ministero degli affari esteri, le borse di studio sono previste solo per i cittadini italiani stabilmente residenti in: Australia, Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Congo-Brazzaville, Egitto, Eritrea, Etiopia, Giordania, Messico, Perù, Siria, Stati Uniti, Sud Africa, Tunisia, Uruguay e Venezuela;
   il Ministero degli affari esteri ha concesso per l'anno accademico 2013-2014 le borse di studio per gli italiani residenti all'estero;
   le borse di studio sono regolamentate da un bando e dal «regolamento del borsista estero in Italia»;
   il bando afferma che: «...le borse di studio sono concesse ai cittadini stranieri o IRE, dei soli paesi destinatari di tali provvidenze, per portare a termine studi formali e/o per seguire programmi di studio o ricerca, bilaterali o multilaterali, in Italia. Mirano a favorire la cooperazione culturale internazionale e la diffusione della conoscenza della lingua, della cultura e della scienza italiana, favorendo altresì la proiezione del settore economico e tecnologico dell'Italia nel resto del mondo. Le borse sono assegnate, in via prioritaria, a studenti stranieri che dimostrino, grazie all'eccellenza del loro curriculum di studi, di essere in grado di portare a termine con profitto gli studi in Italia presso Istituzioni pubbliche...»;
   il «regolamento del borsista estero in Italia» dispone al punto 1 che i borsisti devono disporre di adeguate risorse finanziarie per circa tre mesi e che di norma i pagamenti avvengono entro il trimestre di riferimento e, comunque mai prima del trimestre gennaio-marzo 2014;
   ad oggi, i vincitori della borsa di studio non hanno ricevuto quanto dovuto e non sono stati rispettati i tempi della liquidazione della prima rata che è scaduta il 31 marzo 2014;
   le università presso cui gli studenti stanno frequentando i rispettivi master, per poter cominciare la frequenza hanno anticipato gli acconti e nel mese di aprile sono scaduti i termini di pagamento dei saldi che le segreterie delle università stanno richiedendo ai borsisti;
   la situazione che si è venuta a creare è alquanto paradossale perché si tratta, il più delle volte, di persone che non godono di situazioni familiari tali da poter sostenere ulteriori costi al fine del sostentamento economico per l'espletamento della borsa di studio, con il serio rischio di un disimpegno unilaterale dei borsisti e il rientro nei rispettivi Paesi di residenza senza aver potuto concludere il loro percorso studiorum, a cui si aggiunge l'eventualità, quasi certezza, che le università non diano più la possibilità a chi sta frequentando i master di poterli concludere; insomma, ci si trova di fronte ad una situazione insostenibile;
   molti borsisti avrebbero posto la questione inviando delle mail ai loro diretti referenti al Ministero degli affari esteri per il mancato rimborso della prima rata senza ricevere alcuna risposta in merito allo sblocco della prima rata;
   l'interrogante ha con una propria missiva chiesto spiegazioni un mese fa circa la situazione suddescritta alla «direzione generale promozione Paese» e allo «ufficio VII della DGSP-borse di studio» del Ministero degli affari esteri, a cui non è stata data alcuna risposta –:
   quali interventi urgenti i Ministri interrogati intendano porre in essere per dirimere la situazione descritta in premessa;
   se non sia opportuno da parte del Ministero degli affari esteri valutare, preventivamente, le effettive disponibilità di cassa prima della concessione delle borse di studio per gli italiani residenti all'estero. (4-04858)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, che reca, tra l'altro, cosiddetto «Destinazione Italia», ha stanziato, con il comma 26 dell'articolo 13, 500 milioni di euro per il turismo culturale e la valorizzazione delle attrattività del nostro Paese in concomitanza con Expo 2015;
   il comma 24 del decreto-legge n. 145 del 2013, stabilisce che i fondi siano destinati ai comuni, a più comuni in collaborazione tra loro o a unioni di comuni con popolazione tra 5.000 e 150.000 abitanti, che presentino progetti che individuino uno o più interventi di valorizzazione del territorio e di accoglienza turistica tra loro coordinati, che daranno la possibilità di creare un formidabile volano per dare vigore al turismo culturale;
   ogni comune o raggruppamento di comuni potrà presentare un solo progetto articolato in uno o più interventi fra loro coordinati, con una richiesta di finanziamento che non potrà essere inferiore a 1 milione di euro e superiore a 5 milioni di euro e purché in ordine agli interventi previsti sia assumibile l'impegno finanziario entro il 30 giugno 2014 e ne sia possibile la conclusione entro venti mesi da tale ultima data;
   in via subordinata, possono essere finanziati anche interventi di manutenzione straordinaria collegati ai medesimi obiettivi di valorizzazione della dotazione di beni storici, culturali, ambientali e di attrattività turistica inseriti nei citati progetti, per un importo non inferiore a 100.000 euro e non superiore a 500.000 euro;
   si tratta di un'importante opportunità per promuovere borghi, città, comuni medi e piccoli che potranno concorrere a valorizzare permanentemente il prezioso patrimonio storico-culturale del nostro Paese e contribuire al successo di Expo 2015;
   in tale contesto, sarebbe utile che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, escluso da ogni forma d'intesa o di concertazione riguardante la norma in premessa, possa almeno essere impegnato in azioni di comarketing che prevedano l'implementazione di ulteriori risorse finalizzate a sfruttare al meglio l'occasione offerta da EXPO 2015, al fine di meglio promuovere le destinazioni minori, spesso difficilmente raggiungibili in tempi ragionevoli, per favorirne l'accessibilità;
   il comma 25 dell'articolo 13 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, prevedeva che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto medesimo, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sentito il Ministro per la coesione territoriale, disciplinasse, con proprio decreto, i criteri per l'utilizzo delle risorse destinate ai predetti progetti e le modalità di attuazione dei relativi interventi anche attraverso apposita convenzione con l'ANCI;
   è indispensabile che il decreto attuativo favorisca i progetti presentati dalle unioni dei comuni o dalle forme associate tra comuni, valorizzando un respiro territoriale ampio e destinando le risorse anche alle piccole realtà locali, ricche di testimonianze storiche, culturali, paesaggistiche, enogastronomiche e turistiche;
   il comma 24 dell'articolo 13 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, prevede, inoltre, che per gli interventi previsti dai progetti sia assumibile l'impegno finanziario entro il 30 giugno 2014;
   sembra improbabile che essendo ormai slittata la data di presentazione del decreto ministeriale che doveva essere approvato entro il 23 marzo 2014, sia possibile mantenere in vita la data del 30 giugno 2014 per la predisposizione dei progetti da parte delle amministrazioni proponenti e tanto più per l'assunzione degli impegni finanziari –:
   a che punto sia lo stato di attuazione della norma in premessa e come stia procedendo la partnership con l'ANCI, a cui è stato assegnato il ruolo di partner nella informazione e progettazione delle azioni e degli interventi che i comuni singoli o associati dovranno presentare;
   se intendano privilegiare i progetti presentati dalle unioni e dalle associazioni tra comuni;
   quali misure intendano assumere per far slittare la data del 30 giugno 2014 almeno al 30 settembre 2014, come inutilmente richiesto tra l'altro nella fase di discussione del decreto-legge citato in premessa;
   se intendano coordinarsi con il Ministero dei beni culturali e del turismo per avviare azioni di comarketing finalizzate ad implementare le risorse previste dall'articolo 13, comma 26, del più volte citato decreto-legge n. 145 del 2013.
(5-02845)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, ZOLEZZI, TERZONI, SEGONI, BUSTO, MANNINO, MICILLO e DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Milano, nell'ambito dei lavori riguardanti l'EXPO2015, da alcuni mesi sono aperti i cantieri per la realizzazione del progetto «Vie d'Acqua Sud», cioè un canale, in parte interrato, che dal canale principale Villoresi ed attraverso il laghetto Expo porterà circa 2 metri cubi di acqua al secondo al Naviglio Grande, attraversando per 22 chilometri sul versante ovest di Milano parchi e siti di rilevante valore ambientale quali il parco Pertini, il Bosco in città, il parco del Trenno e il parco delle Cave;
   nelle intercettazioni riportate dagli organi di stampa (Il Giorno-Milano, 11 maggio 2014) in merito all'inchiesta su Expo2015, a proposito della realizzazione del progetto «Vie d'Acqua Sud», in riferimento al tratto tra il Naviglio Grande e il sito di Rho-Pero, l'ex parlamentare Gianstefano Frigerio accusa: «Quelli di Italia Nostra che ha gestito il parco han fatto seppellire per anni... un sacco di scorie, quindi non volevano che nessuno scavasse niente... ed è per quello che facevano un casino contro i cantieri di Enrico, i macchinari, quella roba lì» –:
   se il Governo non ritenga opportuno sospendere i lavori al fine di porre in essere provvedimenti utili a verificare se e cosa sia stato effettivamente interrato dolosamente nel sottosuolo del territorio sopra indicato. (5-02847)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'alta vulnerabilità del territorio regionale calabrese al rischio idrogeologico impone una serie di interventi urgenti e mirati;
   in Calabria sono state censite circa 8.000 frane che coprono oltre 800 chilometri quadrati di territorio; mentre circa 400 chilometri quadrati del territorio regionale è esposto a rischio idraulico, oltre l'80 per cento dei comuni calabresi presenta abitazioni che ricadono in area a rischio frana o alluvione;
   i disastri di Crotone nel 1996, Soverato nel 2000, Sinopoli nel 2003, Cerzeto nel 2005, Scilla nel 2005, Vibo Valentia nel 2006 e, in ultimo Sibari, devono servire per aumentare la sensibilità rispetto a questo importante problema. Infatti, non è più sufficiente limitarsi alla riparazione dei danni ed all'erogazione di sostegni economici alle popolazioni colpite, ma occorre creare una cultura di previsione e prevenzione, che deve essere diffusa ai vari livelli, imperniata sull'individuazione delle condizioni di rischio ed all'adozione di interventi finalizzati alla minimizzazione dell'impatto degli eventi;
   è giunto il momento di adottare un serio programma di risanamento e di prevenzione dei rischi;
   attualmente gli investimenti di cui all'Accordo di programma quadro, siglato nel 2010 tra la regione Calabria ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che prevede finanziamenti per 220 milioni di euro per interventi «urgenti» di mitigazione del rischio idrogeologico, risultano ancora in fase di lenta attuazione, poiché in tre anni e mezzo di regime commissariale, come si può facilmente rilevare dai dati pubblicati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (ReNDIS-web INSPRA), solo sei interventi, su un totale di 185, risultano in fase di aggiudicazione;
   l'attuazione degli interventi rischia di subire un ulteriore rallentamento, nonostante il carattere d'urgenza, visto che dal 7 marzo 2014, termine ulteriore di proroga del commissario previsto per legge, tutta l'attività dell'ufficio commissariale è interrotta ed all'orizzonte non si intravede ancora, a distanza di due mesi, la nomina di alcun successore;
   tale condizione di vacatio va subito colmata con la nomina di un nuovo commissario, dotato delle necessarie e giuste competenze, affinché le gare aperte vadano a buon fine, le imprese possano essere pagate, patrimoni archeologici come l'area di Sibari siano preservate e che, dunque, gli interventi di messa in sicurezza del nostro territorio regionale possano essere realizzati –:
   se sia a conoscenza che dal 7 marzo 2014 è scaduto il mandato del Commissario delegato per l'attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e se, conseguentemente, non ritenga di dovere intervenire urgentemente per la nomina di un nuovo commissario;
   se non ritenga opportuno, nell'ambito delle sue competenze, di intraprendere ogni utile iniziativa finalizzata all'adozione di un serio programma di risanamento e di prevenzione dei rischi in una regione come la Calabria, dove oltre l'80 per cento dei comuni ricade in area a rischio frana o alluvione. (4-04851)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   ANTIMO CESARO e MOLEA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, nonostante la costante mancanza di disponibilità di risorse pubbliche da investire nella tutela e nella valorizzazione del nostro immenso patrimonio culturale, le donazioni da parte di privati, preziosa opportunità di finanziamento nel settore della cultura, vengono ostacolate sia da una eccessiva burocratizzazione delle procedure sia dalla scarsa incidenza degli sgravi fiscali previsti negli altri Paesi;
   in Francia, ad esempio, vige un sistema di leggi che, sulla base di un rapporto trasparente con l'amministrazione pubblica, consente la concessione di importanti vantaggi economici ai privati che erogano fondi facilitando l'acquisizione di notevoli risorse da investire nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale nazionale;
   negli Stati Uniti un privato cittadino può detrarre dalle tasse anche una donazione di soli 10 dollari;
   nei Paesi di cultura anglosassone il mecenatismo diffuso costituisce uno dei principali mezzi di finanziamento delle attività culturali; in Italia questa forma di finanziamento della cultura, dalle grandi potenzialità, è scarsamente diffusa;
   le agevolazioni fiscali sono state ritenute il catalizzatore privilegiato per l'incentivazione di atti di mecenatismo a favore del patrimonio culturale;
   nel nostro Paese, per le donazioni erogate da persone fisiche, ma anche dalle Fondazioni bancarie e da altri enti non commerciali, viene applicato l'articolo 15, lettera h), del TUIR (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) che prevede la detrazione, dall'imposta lorda, del 19 per cento della donazione; per le donazioni erogate dalle società si applica l'articolo 100, comma 2, lettera m), del TUIR (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) che permette la piena deduzione dal reddito delle somme erogate;
   la fiscalità premiale, dunque, privilegia le donazioni provenienti dalle imprese;
   le imprese, inoltre, nel loro rapporto con il settore della cultura, godono di un altro strumento di fiscalità agevolata: il contratto di sponsorizzazione, previsto dall'articolo 120 del codice dei beni culturali, che permette di utilizzare i benefici fiscali concessi dall'articolo 108, comma 2, del TUIR;
   le imprese ricorrono maggiormente al contratto di sponsorizzazione, rispetto alle erogazioni liberali, sia per il cospicuo corrispettivo in termine di valorizzazione di immagine che la sponsorizzazione assicura, sia perché la procedura burocratica è più semplice;
   le persone fisiche hanno un ruolo marginale nel mecenatismo italiano in quanto la legislazione fiscale premiale non ne incentiva le erogazioni liberali per la cultura. Una delle principali cause della scarsa incidenza della normativa in vigore sulla crescita di peso degli atti di liberalità in favore della cultura consiste nella farraginosità delle procedure burocratiche;
   nei Paesi in cui il mecenatismo ha radicate tradizioni il soggetto che beneficia delle erogazioni ha l'onere di comunicare agli uffici fiscali tutte le informazioni relative al donatore, per il quale è sufficiente la ricevuta del versamento effettuato;
   in Italia, invece, le imprese che erogano donazioni, devono «entro il 31 gennaio dell'anno successivo all'erogazione... trasmettere, mediante appositi moduli... una comunicazione al Ministero per i beni e le attività culturali... e, per via telematica, al sistema informativo dell'Agenzia delle entrate (secondo le modalità previste dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 e successive modifiche, nonché dal provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 15 marzo 2002)» riportando tutta una serie di congrue informazioni. Inoltre «le erogazioni liberali in favore dello Stato devono essere effettuate mediante versamento presso una delle sezioni provinciali della Tesoreria Provinciale dello Stato»;
   le procedure per le persone fisiche sono simili, eccetto per il fatto che il donatore individuale non è tenuto a effettuare il versamento presso la tesoreria provinciale;
   per promuovere i contributi dei privati alla cultura sarebbe opportuno snellire le procedure;
   la detrazione delle erogazioni liberali, ad esempio a un museo, potrebbe essere modellata sullo stesso iter della detrazione fiscale del 19 per cento per le spese farmaceutiche: il soggetto erogatore, presentando la sua tessera fiscale, fa la sua donazione al museo e riceve in cambio lo scontrino da utilizzare per l'agevolazione;
   basterebbe dotare i musei di registratori dedicati, consentendo ai privati di effettuare le erogazioni liberali anche in contanti, modalità di pagamento attualmente esclusa in Italia;
   una modalità di erogazione delle donazioni semplificata potrebbe avere un grande impatto comunicativo ed ovviare alla scarsa conoscenza della norma e dei benefici connessi;
   sin dal suo insediamento il Ministro interrogato, si è espresso favorevolmente nei confronti del contributo dei privati nelle attività di tutela e valorizzazione dei beni culturali tenendo ben presente le grandi potenzialità del mecenatismo –:
   quali iniziative intenda adottare affinché lo Stato incentivi le erogazioni liberali dei privati nella valorizzazione e nel mantenimento del patrimonio artistico e culturale, in quanto la promozione della bellezza dei monumenti e del territorio è la condizione fondamentale per il rilancio e la crescita del nostro Paese. (3-00832)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   attraverso la risoluzione n. 7-00282 approvata il 14 maggio 2011 la Commissione finanze della Camera dei deputati, ha impegnato il Governo a valutare l'opportunità di assumere le necessarie iniziative normative per sopprimere, o quantomeno rivedere, la formulazione del comma 586 della legge di stabilità 2014, in particolare per i contribuenti che siano già stati sottoposti a controllo ai sensi di tale disposizione, nonché ad assumere le necessarie iniziative normative per stabilire un termine certo di sei mesi entro cui l'Agenzia delle entrate potrà comunicare al sostituto d'imposta di non procedere al rimborso, prevedendo che, in assenza della suddetta comunicazione da parte della stessa Agenzia, i sostituti d'imposta sono autorizzati a procedere al rimborso;
   l'utilità del medesimo atto di indirizzo che s'inserisce all'interno della realizzata riforma del sistema di delega fiscale, volta ad instaurare un rapporto sereno e collaborativo tra il fisco ed i contribuenti, è finalizzata a superare, le difficoltà applicative derivanti dalla disposizione contenuta dal suddetto comma della legge di stabilità per il 2014, che stabilisce, affinché l'Agenzia delle entrate, operi un controllo su tutte le detrazioni per carichi di famiglia indicate nei modelli 730 che comportino rimborsi superiori a 4.000 euro;
   gli effetti negativi della predetta norma, nei confronti dei contribuenti interessati, che impattano anche sull'effettuazione dei rimborsi derivanti da altre tipologie di detrazioni, quali quelle per gli interventi di ristrutturazione edilizia, che rappresentano un importante incentivo, non risulterebbero pertanto più automatici, così come è emerso nel corso dell'esame in Commissione finanze, ma incerti e fruibili in tempi molto più dilatati;
   l'interrogante evidenzia in considerazione di quanto suesposto, che la previsione del predetto comma 586, come attualmente formulata, costituisce un grave arretramento rispetto allo spirito e alle finalità della delega fiscale, mutando inoltre le regole che disciplinano un importante istituto tributario nel corso della sua attuazione, oltre che una manifesta discriminazione tra i contribuenti a seconda che l'ammontare del rimborso da loro richiesto sia inferiore o superiore alla soglia di 4.000 euro;
   l'interrogante rileva altresì, come nonostante la risoluzione approvata ed in precedenza indicata, contenga elementi nel complesso condivisibili, tuttavia essa costituisce un atto di indirizzo e non contiene, pertanto, norme direttamente applicabili, in grado di determinare elementi di chiarezza ed in particolare di introdurre termini perentori, finalizzati a modificare il contenuto della disposizione del comma 586 della legge n. 147 del 2013, che come in precedenza esposto, prevede attualmente elementi ostili che costituiscono un elemento di aggravio nei confronti dei contribuenti interessati, a cui si aggiungono tra l'altro anche profili di incostituzionalità;
   un intervento normativo volto a correggere l'attuale norma indicata dal suddetto comma 586, finalizzata a indicare i termini per la riformulazione, appare pertanto a parere dell'interrogante urgente e necessaria, in considerazione dell'imminente scadenza della presentazione dei modelli della dichiarazione dei redditi da parte dei contribuenti interessati, nonché dall'avvicinarsi del mese di luglio, termine per ottenere il rimborso dell'anno di presentazione del modello 730 –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se in considerazione delle valutazioni in precedenza riportate, non ritenga prevedere in tempi rapidi, un'iniziativa normativa ad hoc, volta a rivedere quanto attualmente previsto dal comma 586 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), che così come attualmente formulata, dilata la tempistica del rimborso fiscale spettante, per i contribuenti che vantano un credito anche di un euro superiore al limite di 4000 mila, senza alcuna certezza circa i termini di effettiva erogazione dello stesso. (5-02846)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 marzo 2012 il consiglio comunale di Ortona (Chieti) ha approvato il nuovo piano regolatore generale, adottato con delibera consiliare del 21 dicembre 2007;
   avverso il nuovo piano regolatore generale del comune di Ortona sono stati presentati presso il tribunale amministravo regionale per l'Abruzzo di Pescara dodici ricorsi, per l'annullamento in toto e/o parziale del piano regolatore generale;
   il 6 dicembre 2012 con sentenze nn. 547 – 557/12, depositate il 28 dicembre 2012, il TAR Abruzzo – sezione di Pescara «definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie e, per effetto, annulla l'impugnato piano regolatore generale del comune di Ortona il cui procedimento si è concluso con deliberazione consigliare 14 marzo 2012, n. 14», condannando il comune a pagare le relative spese;
   i motivi alla base di tale pronunciamento sono il mancato esperimento, prima dell'approvazione del piano, della prescritta valutazione ambientale strategica (VAS) (obbligatoria ai sensi della direttiva 2001/42/CE) e la mancata attivazione della procedura dello studio di microzonizzazione sismica;
   il 10 dicembre 2012 il comune di Ortona ha accertato per gli anni 2008, 2009 e 2010 un'evasione di lei per aree divenute edificabili in base al piano regolatore generale adottato, disconoscendo in questo modo la sentenza del Tar e ritenendo che essa annullerebbe solo la delibera di approvazione e non il piano adottato che resta invece vigore;
   inoltre, nonostante l'annullamento del piano, con la delibera consiliare del 28 gennaio 2013 è stato deliberato «l'avvio al procedimento di revisione, integrazione e modifica del piano regolatore generale, stabilendo di ripartire da una lettura critica e ragionata dei contenuti progettuali e scelte localizzative del piano regolatore generale adottato con delibera di C.C.21.12.2007 n. 37»;
   tecnicamente la sentenza del Tar ha effetto retroattivo (ex tunc) e annulla non solo il piano regolatore, il cui procedimento si è concluso, ma tutta la procedura relativa al piano regolatore generale (cioè ad iniziare dal primo documento compilato, per passare poi al piano adottato, alle osservazioni e arrivare infine al piano approvato) e quindi le aree potenzialmente «edificabili» in base al nuovo piano regolatore generale sarebbero nuovamente «agricole»;
   in effetti se si chiede oggi un certificato di destinazione urbanistica risulta che il piano regolatore generale in vigore è quello del 1994 (precedente al nuovo piano regolatore generale adottato nel 2007);
   il comune invece, ritenendo con un'interpretazione personale che il nuovo piano adottato non sia stato annullato dalla sentenza del Tar ma che rimanga ancora valido, si è attivato per il recupero della maggiorazione ICI dovuta al cambio di destinazione dei terreni, passati da «agricoli» a «edificabili» ai soli fini ICI (e quindi soggette a tassazione), mentre urbanisticamente permangono «non edificabili»;
   a marzo 2013 il comune ha iniziato ad inviare ai cittadini ortonesi circa 3.000 accertamenti per un importo complessivo pari a circa 4.200.000 euro;
   la commissione tributaria provinciale di Chieti ha accolto molti ricorsi dei contribuenti, dichiarando che la sentenza del Tar ha effetto retroattivo e annulla tutta la procedura del piano regolatore generale e quindi anche la delibera di adozione;
   allo stato attuale la commissione tributaria provinciale di Chieti ha dato ragione ai contribuenti nelle sentenze finora emesse (e conosciute), salvo che in una favorevole al comune sul seguente assunto: «la commissione tributaria provinciale ritiene che la destinazione urbanistica dei terreni di cui a dette particelle, non viene travolta dall'annullamento del piano regolatore generale approvato dal comune di Ortona: in particolare le sentenze del Tar ... che hanno annullato con effetti retroattivi il piano regolatore generale approvato dal comune di Ortona non comportano l'automatica riconversione della destinazione urbanistica dei terreni medesimi che rimane quella loro attribuita dal comune nel piano regolatore generale adottato o in qualsiasi altro strumento urbanistico previgente». E ancora motiva la commissione tributaria provinciale: «la norma di legge (articolo 2, comma 1, lettera b), decreto legislativo n. 504 del 1992), ai fini della nozione di aree fabbricabili, fa riferimento a quelle comprese in uno strumento urbanistico generale, ovvero, a quelle che hanno possibilità effettive di edificazione...: ciò vuol dire che, agli effetti dell'ici, è sufficiente la cosiddetta «edificabilità di fatto» dei terreni, anche se l'area interessata sia priva di un piano regolatore generale o di un piano di fabbricazione di cui il comune potrebbe anche essere sprovvisto; in realtà la destinazione di un terreno ad area edificabile è attestata dal comune in base ai criteri stabiliti esclusivamente dalla legge istitutivi dell'ici e tale destinazione prescinde dall'inserimento o meno dei terreni medesimi in uno strumento urbanistico generale di cui il comune potrebbe in quel momento non disporre per qualsiasi motivo» –:
   se non intenda fare chiarezza se, nella situazione sopra esposta e in casi analoghi, nonostante una sentenza di annullamento da parte del Tar del piano regolatore adottato, un piano regolatore generale possa essere considerato valido ai soli fini ici, dando al comune la facoltà di accertare una maggiorazione di imposta dovuta al cambio di destinazione urbanistica dei terreni e obbligando il contribuente a pagare un ulteriore onere su un terreno che invece è rimasto agricolo e quindi non edificabile. (5-02848)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALIANTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   in materia di finanza locale negli ultimi anni sono stati promossi numerosi interventi normativi rivolti al contenimento della spesa e alla riduzione dell'indebitamento;
   sono numerose le sollecitazioni che arrivano da sindaci e amministratori di numerosi enti locali, ad intervenire per sanare numerose problematiche e difformità riscontrate nell'applicazione delle norme nazionali in materia di finanza locale, che colpiscono in particolare i piccoli comuni, esponendo fortemente gli amministratori di fronte ai cittadini, compromettendone il rapporto fiduciario che sta alla base di ogni buona amministrazione;
   le questioni denunciate sono legate in particolar modo:
    a) alle difficoltà di applicazione delle prescrizioni di cui all'articolo 19 del decreto-legge n. 95 del 2012 su alcune funzioni di amministrazione, gestione finanziaria e contabile, organizzazione dei servizi pubblici e gestione del servizio di gestione di raccolta e smaltimento dei rifiuti, che la legge impone di esercitare in forma di «Unione» e che comportano secondo i sindaci una non facile gestione che svuota le prerogative dei comuni e che, inoltre, non comporterebbe il risparmio di spesa preventivato;
    b) all'esigenza di ripristinare la validità per i comuni dell'articolo 13 della legge n. 289 del 2002 in materia di agevolazioni di pagamento dei tributi per venire incontro nel pagamento dei tributi ai cittadini e alle imprese in questo momento di grande crisi e sofferenza economica e, inoltre, alle amministrazioni di incamerare residui attivi iscritti in bilancio;
    c) all'insegna rivedere le modalità di redistribuzione delle risorse provenienti dalla legge di stabilità 2014 e richiamate nel decreto-legge n. 16 del 2014 per eliminare la tassazione IMU prima casa con un criterio che per come è strutturato sembrerebbe premiare i comuni che hanno applicato l'aliquota al valore massimale più elevato e che per tale motivo oggi si troverebbero con pochi margini di intervento sulla TASI, a danno altresì di quei comuni che effettuando notevoli sforzi per tenere basse le aliquote IMU si ritroverebbero ora penalizzati;
    d) al fatto che, per quanto disposto dall'articolo 2-bis del decreto-legge n. 102 del 2013 convertito dalla legge n. 124 del 2013, non risulterebbe ancora ad oggi disposta la modalità di erogazione del contributo IMU a favore dei comuni che hanno reintrodotto l'equiparazione delle unità immobiliari concesse in comodato d'uso a parenti in linea retta entro il primo grado alle abitazioni principali;
    e) alla necessità di proroga dei criteri che stanno alla base della TARI consentendo l'applicazione per il 2014 come per l'anno 2013 dei criteri TARSU in modo da permettere ai comuni di approntare velocemente il bilancio di previsione, di incamerare subito i proventi senza necessità di fare ricorso all'adozione di un regolamento ad hoc e soprattutto evitare la certezza dell'aumento del tributo;
    f) all'impossibilità per i comuni con popolazione tra 1000 e 5000 abitanti di rispettare i vincoli determinati dal patto di stabilità interno che oltre ad essere insostenibili finanziariamente risultano essere tecnicamente ingestibili per enti con bilanci contenuti e rigidi nella composizione della spesa, determinandone così il totale blocco degli investimenti e delle uscite di cassa con la conseguente, paralisi delle economie locali e un impatto devastante sulla loro coesione sociale;
   sulle questioni sopraesposte sono stati già presentati numerosi atti di sindacato ispettivo e di indirizzo sui quali il Governo ha mostrato interesse e si è impegnato ad intervenire, ma ad oggi però nessuna iniziativa concreta stato messa in atto;
   alla luce di quanto in premessa, sembrerebbe quindi opportuno intervenire con estrema urgenza per sanare le difficoltà di natura tecnico-finanziaria che soffrono i comuni e avviare un nuovo percorso normativo che permetta in particolare ai piccoli comuni di poter dare seguito ad un processo di applicazione virtuosa delle norme di natura fiscale e finanziaria, favorendo la possibilità per gli amministratori di dare risposte concrete al tessuto economico-sociale che amministrano –:
   se non ritengano opportuno prevedere e definire, nelle prossime iniziative normative di natura finanziaria, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, correttivi e integrazioni volti a favorire l'applicazione di un'equa e corretta finanza pubblica locale, in particolare individuando modalità con le quali escludere totalmente dal patto di stabilità interno i piccoli comuni con popolazione tra i 1000 e i 5000 abitanti. (4-04842)


   CORDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il fondo sociale europeo ha destinato alla regione Sardegna la somma di 34.721.251,16 euro da utilizzare per le politiche di inclusione, per la formazione e per il lavoro nel periodo di programmazione 2007-20013 con l'obiettivo «competitività regionale e occupazione»;
   i fondi al momento risultano bloccati come da nota inviata nel mese di dicembre 2013 alla commissione europea alle autorità di gestione e di certificazione del Por Sardegna e ai rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, in seguito ai controlli di analisi effettuati dalla Commissione europea tra il 9 e il 13 settembre e tra il 23 e il 26 settembre 2013, in cui sono state riscontrate carenze della gestione dei fondi da parte della regione;
   più in particolare non sarebbero state rispettate la separazione delle funzioni, la designazione degli organi intermedi e i sistemi di contabilità, sorveglianza e informativa finanziaria informatizzati;
   il parere sfavorevole della commissione ha disposto la sospensione dei fondi, ai sensi dell'articolo 91 del regolamento (CE) n. 1083 del 2006, fino al momento in cui le autorità italiane avranno adottato le misure atte a migliorare il futuro funzionamento dei sistemi di gestione e apportato le rettifiche finanziarie;
   la regione Sardegna, a sua volta, ha risposto sostenendo che i problemi tecnici in base ai quali la Commissione ha disposto l'interruzione del rimborso, possono ricondursi essenzialmente ad un funzionamento non allineato del sistema informatico e a carenze nella manualistica adottata da una delle Autorità previste per il POR. Nulla hanno a che fare con cattiva gestione dei fondi, né con i sistemi di controllo che sono pienamente efficienti;
   il POR dal 2009 ad oggi è stato sottoposto a numerosissimi controlli, così come previsto dalla normativa del Fondo sociale europeo, che hanno sempre evidenziato come non vi fossero spese irregolari nel programma –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della determinazione della Commissione europea, della risposta della regione Sardegna e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per risolvere la questione. (4-04850)


   COSTANTINO, PIAZZONI, MIGLIORE, DURANTI, PILOZZI e RICCIATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la delibera della giunta regionale del Lazio 1614/2001 recante «Disposizioni normative per i soggetti affetti da nefropatie in trattamento dialitico» prevede che le ASL, qualora l'assistito sia nell'impossibilità di raggiungere i centri di cura con mezzi di trasporto pubblico e/o privato, debbano provvedere con mezzi idonei: pulmini collettivi e autolettighe;
   non tutte le ASL sono tuttavia dotate di tali servizi, e in ogni caso, ove esistenti, spesso risultano insoddisfacenti a causa del numero esiguo di persone trasportabili definite dagli importi delle gare d'appalto;
   la regione Lazio prevede, per i residenti con la documentazione secondo la normativa, la possibilità di richiedere alla ASL di appartenenza i contributi per il viaggio con mezzo pubblico, il viaggio mediante auto privata, per il trasporto mediante autovettura con un accompagnatore familiare, per il trasporto mediante auto pubbliche (taxi), pulmino collettivo e autolettiga;
   tra le realtà impegnate su questa delicata problematica figurano l'Associazione Lazio Dializzati Onlus, organizzazione operante a Latina, che effettuano servizio di trasporto con pulmino e ambulanza da e per i centri dialisi pubblici (ospedale S. Maria Goretti), nonché pubblici/privati di Latina città e provincia, con passaggi su Roma;
   da notizie di stampa risulta che su un'ambulanza delle citate Onlus – come noto, in quanto organizzazione non lucrativa d'utilità sociale, anche destinataria del 5 per mille – sarebbe stato affisso materiale elettorale a sostegno di un candidato del «Nuovo Centro Destra» al Parlamento europeo;
   i pulmini e le ambulanze, come intuibile, entrano ed escono dagli ospedali e da strutture sanitarie private più volte al giorno, trasportando numerosi pazienti, soprattutto anziani con pluripatologie che, usufruendo per necessità del servizio di trasporto delle citate associazioni, di troverebbero, di fatto – e anche loro malgrado – a fare campagna elettorale per un candidato alle elezioni europee;
   il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, recante «Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale» prevede che le ONLUS debbano perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale o comunque finalità inerenti a quelle di solidarietà sociale;
   è del tutto evidente che la propaganda elettorale non rientra tra le attività, in ogni caso esulando dalle finalità di solidarietà sociale caratterizzanti le Onlus, peraltro espressamente indicate all'articolo 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997 –:
   di quali informazioni disponga il Governo in merito a quanto descritto in premessa e quali siano gli orientamenti in proposito;
   se non ritenga di dover intervenire con urgenza in relazione ad una situazione che appare in contrasto con quanto previsto dalla legge 460 del 1997 e che vede pazienti utenti del servizio di trasporto delle due Onlus citate effettuare, di fatto, campagna elettorale per un candidato alle elezioni europee, indipendentemente dalla loro volontà;
   in caso affermativo, quale tipo di iniziativa intenda intraprendere e con quali tempi. (4-04853)


   PRODANI, DA VILLA, VALLASCAS e RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Poste italiane è una società per azioni con capitale detenuto al 100 percento dallo Stato – gestito dal Ministero dell'economia e delle finanze – che svolge servizi essenziali per i cittadini;
   nel corso degli anni, a seguito della liberalizzazione del mercato delle poste, il gruppo ha arricchito considerevolmente il proprio settore d'attività rivolgendosi, tra gli altri, anche al comparto bancario, assicurativo e della logistica;
   l'offerta di servizi bancari comprende l'apertura di un conto corrente online denominato. «BancoPosta Click» che, secondo l'informativa precontrattuale prevista dal codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 2005), riporta nel dettaglio le caratteristiche del prodotto finanziario;
   tra queste figura la facoltà, riconosciuta al cliente, di «effettuare versamenti di contante e/o assegni, ricevere bonifici e postagiro, accrediti relativi a stipendi e pensioni, nonché effettuare prelevamenti, trarre assegni e disporre pagamenti per utenze varie, bonifici e postagiro, compresi quelli per ristrutturazione edilizia, previdenza complementare e per versamenti a favore della Tesoreria dello Stato, nei limiti del saldo disponibile»;
   risulta agli interroganti che alcuni utenti che hanno aperto il conto corrente online «BancoPosta Click» non avrebbero potuto effettuare bonifici per ristrutturazione edilizia come invece sostenuto nell'informativa precontrattuale e, una volta telefonato al numero verde per delucidazioni, sarebbero stati sollecitati a recarsi presso gli sportelli per svolgere l'operazione in questione o comunque per richiedere opportuni chiarimenti;
   l'informativa precontrattuale del conto «BancoPosta Click» sembra agli interroganti non rispettare le effettive condizioni di utilizzo dello strumento finanziario, in contrasto con la normativa esistente. Questa circostanza comporta disagi notevoli per gli utenti sottoscrittori che, al momento della firma del contratto, credono di poter usufruire di servizi in realtà inesistenti –:
   se il Governo sia a conoscenza di queste serie incongruenze tra le informative precontrattuali e i termini contrattuali reali del servizio finanziario «BancoPosta Click» offerto da Poste italiane, aggravate dal ruolo per nulla chiarificatore del numero verde, e quali iniziative, si intendano adottare per correggere ed evitare situazioni del genere. (4-04865)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS, SCAGLIUSI, CARIELLO e BRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre del 2005 è stato sottoscritto a Roma il Protocollo d'intesa tra Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, regione Puglia, comune di Bari e RFI che prevedeva l'elaborazione di uno studio di prefattibilità finalizzato all'ottimizzazione dell'inserimento delle reti ferroviarie nel territorio urbano di Bari, alla riorganizzazione e miglioramento del trasporto ferroviario e alla riqualificazione urbanistica delle aree ferroviarie dimesse;
   nel febbraio del 2006 vengono finanziati lo studio di prefattibilità e fattibilità sul riassetto nodo ferroviario di Bari e a marzo del 2006 viene consegnato, dallo studio di progettazione Proger, lo studio di prefattibilità, redatto in 3 volumi;
   il progetto prevede la correzione del tracciato ferroviario a sud di Bari e l'interramento dei binari a nord di Bari nella tratta Palese-S. Spirito;
   in data 28 febbraio 2007 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha sottoscritto un protocollo d'intesa con la regione Puglia, il comune di Bari e Rete ferroviaria italiana spa per la realizzazione di interventi infrastrutturali finalizzati al riassetto del «Nodo di Bari»;
   in data 17 marzo 2007 è stato sottoscritto un nuovo protocollo di intesa firmato presso la prefettura di Bari tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Puglia, comune di Bari e Rete ferroviaria italiana per la realizzazione di interventi infrastrutturali finalizzati al riassetto del nodo di Bari. Nel protocollo si determina di sviluppare le soluzioni progettuali orientate verso le seguenti ipotesi:
    Bari Nord: interramento in galleria artificiale della linea RFI tratta S. Spirito Palese, con realizzazione dei binari per l'esercizio provvisorio in affiancamento alla linea esistente, per un costo stimato di 300 milioni di euro (Iva esclusa);
    Bari Sud: variante della linea RFI tratta Bari C.le-Bari S. Giorgio, in affiancamento alla circonvallazione stradale, per un costo stimato di 370 milioni di euro (Iva esclusa);
   nel giugno del 2007, nell'ambito degli interventi della legge obiettivo (legge 443 del 21 dicembre 2001) previsti dal DPEF 2008-2012 (Documento di programmazione economica finanziaria) risultano come interventi cofinanziati dall'Unione europea a valere sui fondi strutturali (FESR) e sui fondi nazionali FAS (fondi aree sottoutilizzate), sia l'intervento di interramento a nord di Bari che quello di variante di tracciato a sud;
   in data 20 luglio 2007 con nota protocollo n. 5056 la Proger ha trasmesso all'assessorato regionale ai trasporti lo studio di fattibilità sull'intervento in oggetto con un importo complessivo stimato di 437 milioni di euro comprensivi i lavori relativi al posto di movimento stazione di Lamasinata;
   in data 7 dicembre 2007 la Commissione europea approvava il Programma operativo nazionale «Reti e mobilità» nella quale formalmente richiedeva che l'azione del PON fosse concentrata a finanziare esclusivamente interventi di carattere strategico di rilevanza nazionale, come l'intervento dell'Alta velocità Bari-Napoli, che coinvolge direttamente il tratto a Nord di Bari;
   nel gennaio del 2008 viene emanata la delibera Cipe di aggiornamento contratto di programma 2007-2011 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana in cui vengono stanziati 394 milioni di euro come primo blocco degli 850 milioni previsti per le opere in oggetto;
   nell'ottobre del 2010 viene redatto il Progetto preliminare contenente gli interventi da apportare per cui l'opera è stata suddivisa in due lotti, uno a nord e uno a sud della stazione di Bari, che pur facendo parte di un più vasto complesso progettuale presentano ciascuno una propria autonomia tecnico-funzionale. L'intervento consiste nell'interramento della linea Ferroviaria Adriatica nella tratta «Bari S. Spirito-Palese» e nella realizzazione della «Nuova Stazione di Bari Smistamento» con annesso nuovo fascio di arrivi e partenze a servizio degli scali di Bari Lamasinata, Scalo Ferruccio, Fascio ASI e il nuovo interporto;
   la caratteristica principale dell'intervento, che risulta essere anche la problematica maggiormente rilevante, consiste nella modalità realizzativa delle opere, fortemente condizionata dal contesto urbano e dalla necessità di mantenere sempre in esercizio durante i lavori entrambi i binari di corsa della linea ferroviaria;
   in data 23 novembre 2010 viene emanata la delibera della giunta regionale Puglia n. 2523 che stabilisce di rilasciare l'assenso regionale in materia di trasporti relativamente al progetto (preliminare redatto da Italferr) denominato «Riassetto nodo ferroviario di Bari» atteso che il progetto in questione è coerente con la programmazione e con gli indirizzi del vigente Piano regionale dei trasporti e comprendente i seguenti interventi:
    1) Nodo di Bari RFI Bari Nord interramento in galleria superficiale della linea RFI tratta S. Spirito Palese con realizzazione di binari per l'esercizio provvisorio in affiancamento alla linea esistente;
    2) Nodo di Bari RFI Bari Sud variante della linea RFI tratta Bario C.le–Bari S. Giorgio in affiancamento alla circonvallazione stradale;
   la delibera CIPE del 3 agosto 2011 (deliberazione n. 62/2011) ha approvato uno stralcio al progetto originale per cui degli originali 850 milioni euro resterebbero impegnati soltanto quelli destinati agli interventi a Bari Sud;
   la delibera CIPE del 26 ottobre 2012 di approvazione del progetto preliminare con prescrizione e finanziamento di 391 milioni di euro per la tratta sud Bari C.le–Torre a mare;
   la tratta Bari–Napoli è passante per il nodo Bari Nord e arriva fino alla stazione di Bari, mentre il nodo Bari Sud, in direzione opposta, non è coinvolto dal tragitto di percorrenza dei mezzi ferroviari che viaggiano da Bari a Napoli;
   la prima circoscrizione di Bari, Palese-Santo Spirito, si trova nella parte a nord di Bari ed è completamente divisa a metà dalla Rete ferroviaria italiana (RFI) con l'aggravante che non vi sono ne sottopassaggi e ne cavalcavia e i residenti sono costretti a subire da anni la presenza di un fascio di binari che determina una frattura urbanistica tra due parti dello stesso territorio e i sette passaggi a livello provocano seri problemi di sicurezza perché passano molti treni ogni giorno e a velocità sostenuta di conseguenza i passaggi a livello sono spesso chiusi anche per più di 30 minuti consecutivi, causando disagi nella popolazione e rischio di incidenti;
   negli ultimi tempi si sono verificati gravi incidenti anche mortali che hanno coinvolto, a causa dai mezzi ferroviari in transito, persone e mezzi urbani, tra i quali si segnala nel settembre 2012 il ferimento di sue macchinisti in seguito ad un sinistro occorso con un autobus del AMTAB, fortunatamente privo di passeggeri, che è stato travolto da un treno, nel luglio del 2013 un ragazzo è deceduto dopo esser stato risucchiato dal treno in transito e nel novembre 2013 una signora è stata travolta mortalmente –:
   se il Ministro sia a conoscenza e sulla base di quali criteri possa giustificare la disparità di trattamento nello stanziamento dei fondi in favore del nodo Sud di Bari che è geograficamente non coinvolto rispetto la tratta Bari-Napoli, mentre rimane escluso dallo stanziamento dei fondi il nodo Bari Nord che invece viene direttamente coinvolto nella tratta Bari-Napoli;
   se i fondi destinati alla realizzazione dell'asse ferroviario Bari sud e previsti dalla deliberazione CIPE n. 62 del 2011, siano stati erogati;
   se il Ministro possa fornire informazioni in merito al quando verranno stanziati ed erogati i fondi per realizzare il nodo Bari-Nord e se il Ministro non consideri questo intervento prioritario rispetto a quello della tratta a sud di Bari;
   in merito al più ampio progetto inerente all'alta velocità Bari-Napoli, sulla base di quali criteri venga considerato un intervento di carattere strategico di rilevanza nazionale il progetto che coinvolge la tratta a SUD di Bari;
   se il Ministro intenda avviare una fase progettuale definitiva in modo congiunto della tratta a Nord e Sud di Bari, al fine di definire in modo programmatico la rete di mobilità, relazionandolo con il nuovo piano urbano generale, in fase di redazione presso il comune di Bari;
(5-02841)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   è in discussione, in seconda lettura, presso l'Assemblea Nazionale della Repubblica francese, il progetto di legge n. 397 del 2006, denominato «projet de loi visant à renforcer la responsabilité des maîtres d'ouvrage et des donneurs d'ordre dans le cadre de la sous-traitance et à lutter contre le dumping social et la concurrence déloyale»;
   l'articolo 9 del predetto progetto di legge prescrive il divieto, per gli autotrasportatori, di passare le loro ore di riposo settimanale normale, come definite nel Regolamento n. 561/2014 dell'Unione europea, a bordo del loro veicolo; punisce, quindi, con un anno di carcere e una sanzione pecuniaria di euro 30.000,00 coloro i quali organizzino il lavoro dei conducenti, impiegati o messi a disposizioni dell'impresa, senza assicurarsi che essi prendano il loro riposo settimanale ordinario fuori dal loro veicolo;
   dai resoconti delle discussioni parlamentari, emerge tra gli obbiettivi della nuova normativa quello di contrastare la concorrenza «sleale» straniera nel settore dell'autotrasporto;
   risulta all'interrogante che la normativa in esame, aumentando i costi fissi, ridurrà il divario percentuale di costi tra le imprese di autotrasporto francesi e quelle italiane, a svantaggio di queste ultime;
   risulta all'interrogante che la normativa in esame non sia manifestamente contraria alle norme di fonte europea vigenti e, in particolare, all'articolo 8, comma 8 del Regolamento n. 561/2006;
   secondo tale ultimo comma «in trasferta, i periodi di riposo giornaliero e quelli settimanali ridotti possono essere effettuati nel veicolo, purché questo sia dotato delle opportune attrezzature per il riposo di tutti i conducenti e sia in sosta»;
   risulta all'interrogante che il predetto comma abbia una formulazione non priva di ambiguità, ma che, in base a criteri letterali, teleologici e conservativi, debba essere interpretato nel senso dell'esistenza di un divieto, per i conducenti, di effettuare nel veicolo il riposo settimanale ordinario;
   qualora una tale interpretazione fosse corretta, l'Italia potrebbe risultare inadempiente agli obblighi discendenti dal Regolamento n. 561/2006, e in particolare a quelli di cui agli articoli 18 e 19;
   qualora una tale interpretazione fosse corretta, sussisterebbe il rischio, per gli autotrasportatori italiani, i cui conducenti abbiano effettuato, in Italia, il riposo settimanale normale sul proprio veicolo, di essere sanzionati successivamente in Francia, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del citato Regolamento –:
   se quanto in premessa corrisponda a verità;
   in particolare, quale sia l'interpretazione dell'articolo 8, comma 8, del Regolamento n. 561/2006 fatta propria dal Governo;
   se il Governo abbia raggiunto una conclusione circa la legittimità, a livello di normativa europea, dell'articolo 9 di cui in premessa, in corso di introduzione nell'ordinamento francese;
   se il Governo condivida le preoccupazioni, portate all'attenzione dell'interrogante, rispetto agli effetti della nuova norma sull'attività di imprese di autotrasporto italiane in Francia, all'entità delle sanzioni previste e alle possibili controversie e incertezze applicative;
   se il Governo intenda rivolgersi, in sede diplomatica, alle competenti autorità della Repubblica francese al fine di ottenere chiarimenti e di discutere le possibili modalità di applicazione della norma in discussione;
   quali altre iniziative il Governo intenda assumere rispetto alle questioni di cui in premessa. (4-04845)


   RIZZO, CORDA, ARTINI, PAOLO BERNINI e CURRÒ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 134 del Testo unico dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, «Esercizio di funzioni dipendenti dal Ministero delle infrastrutture e trasporti», il Corpo delle capitanerie di porto/Guardia costiera esercita le competenze relative alla materie del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per cui la legge ed altre disposizioni normative prevedono la diretta attribuzione allo stesso, utilizzando i fondi di bilancio assegnati relativamente alla missione istituzionale «Ordine pubblico e sicurezza per il controllo dei mari, nei porti e sulle coste», svolgendo inoltre, in regime di avvalimento, le attività ad esso conferite nei settori riconducibili al competente dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statistici dello stesso ministero;
   nell'ambito di tali funzioni il Corpo delle capitanerie di porto/guardia costiera, attraverso le proprie articolazioni periferiche (direzioni marittime, compartimenti marittimi ed uffici minori) oltre svolgere la funzione di autorità marittima ai sensi del Codice della navigazione, ferme restando le attribuzioni in materia di coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo, di cui all'articolo comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994, n. 662, è competente per le importanti funzioni di ricerca e salvataggio in mare sempre ai sensi dello stesso testo unico della Navigazione nonché di disciplina, monitoraggio e controllo del traffico navale, di sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo, nonché delle relative attività di vigilanza e controllo, ai sensi del Codice della navigazione, della legge 28 dicembre 1989, n. 442 ed altre leggi speciali;
   sempre per conto dello stesso Dicastero, il Corpo delle capitanerie di porto esercita ulteriori funzioni relativamente alle seguenti materie: comando dei porti ed esercizio delle funzioni di Autorità di pubblica sicurezza in materia di prevenzione da minacce ai sensi del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 203; polizia nei porti ed in corso di navigazione; sicurezza generale nei porti e nelle relative adiacenze, ai sensi dell'articolo 81 del Codice della navigazione e nei termini di cui all'articolo 82 dello stesso testo, sulle navi in porto e in corso di navigazione in mare territoriale; polizia marittima, demanio marittimo ed esercizio dei relativi poteri di polizia amministrativa; personale marittimo, regime amministrativo della nave; diporto nautico; soccorso e polizia di sicurezza della navigazione nei laghi e nelle acque interne; attività portuali nei porti in cui non sia istituita un'autorità portuale; servizi tecnico-nautici; sicurezza delle attività lavorative nei porti e a bordo di navi ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008; attività ispettiva in funzione di Port State control Flag State rispettivamente ai sensi delle direttive 2009/16/CE, 2009/15/CE e 106/2001/CE e successive modifiche; indagini e inchieste sui sinistri marittimi al fine di individuarne cause, circostanze e responsabilità in linea con la previsione del Codice della Navigazione e relativo Regolamento di esecuzione, nonché ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 28; responsabilità civile per danni dovuti ad inquinamenti da combustibili della navi, nonché altre materie previste dal Codice della Navigazione e da altre leggi speciali che rimandano al Corpo specifiche punizioni;
   ai sensi dell'articolo 135 del Testo unico dell'ordinamento militare «Esercizio di funzioni dipendenti dal Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare»; il Corpo delle capitanerie di porto dipende dal dicastero dell'Ambiente, ai sensi dell'articolo 8 legge 8 luglio 1986, n. 349, e dell'articolo 3 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, esercitando funzioni di vigilanza e controllo in materia di tutela dell'ambiente marino e costiero. In dipendenza di ciò, fermo restando quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, lo stesso Corpo esercita le seguenti funzioni:
    nelle zone sottoposte alla giurisdizione nazionale svolge, in via prevalente, le attività di controllo relative all'esatta applicazione delle norme di diritto italiano, del diritto dell'Unione europea e dei trattati internazionali in vigore per l'Italia in materia di prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino, ivi compresi l'inquinamento da navi e da acque da zavorra, l'inquinamento da immersione di rifiuti, l'inquinamento da attività di esplorazione e di sfruttamento dei fondi marini e l'inquinamento di origine atmosferica, nonché in materia di protezione dei mammiferi e della biodiversità;
    nelle acque di giurisdizione e di interesse nazionale esercita, per i fini di tutela ambientale e di sicurezza della navigazione, ai sensi della legge 7 marzo 2001, n. 51, il controllo del traffico marittimo; provvede ai sensi degli articoli 135, 2o comma e 195, 5o comma, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 151, alla sorveglianza e all'accertamento delle violazioni in materia e tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche se dalle stesse possono derivare danni o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero, nonché alla sorveglianza e all'accertamento degli illeciti e degli smaltimenti illegali di rifiuti; esercita, ai sensi dell'articolo 9 della legge 16 dicembre 1991, n. 394, la sorveglianza delle acque marine protette e sulle acque di reperimento; ai sensi dell'articolo 296, comma 9, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo, accerta la violazione e irroga le sanzioni di cui ai commi da 5 a 8 del predetto articolo; per le attività di cui agli articoli 11 e 12 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, attraverso la sua organizzazione periferica, a livello di compartimento marittimo opera, ai sensi della legge 16 luglio 1998, n. 239, articolo 7, sulla base delle direttive vincolanti, generali e specifiche, del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare;
   ai sensi dell'articolo 136 del Testo unico sull'ordinamento militare «Esercizio di funzioni dipendenti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali» il Corpo delle capitanerie di porto guardia costiera dipende funzionalmente dal suddetto dicastero ai sensi del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 135, per l'esercizio delle funzioni delegate in materia di pesca marittima e in dipendenza di ciò esercita le seguenti funzioni: direzione, vigilanza, e controllo sulla filiera della pesca, ai sensi dell'articolo 21 della legge 14 luglio 1965 n. 963; attività amministrativa in materia di pesca marittima sulla base di direttive impartite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 153; in base a quanto disposto dall'articolo 7, comma 2, del citato decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 153, centro nazionale di controllo della pesca, sulla base degli indirizzi concertati con le regioni e in aderenza ai principi generali di cui all'articolo 118 della costituzione; vigilanza e controllo sull'esatto adempimento delle norme relative alla provvidenze in materia di pesca,  in base alla pianificazione e alle discendenti fasi operative, disposte dai competenti organi comunitari; verifica della corretta applicazione delle norme sul commercio di prodotti ittici e biologici marini; partecipa, mediante personale specializzato, alle attività di verifica sull'esatto adempimento della normativa comunitaria in materia di pesca, in base alla pianificazione, e alle discendenti fasi operative disposte dai competenti organi comunitari;
   ai sensi dell'articolo 137 del Testo unico sull'ordinamento militare «Esercizio di funzioni dipendenti da altri Ministeri» il Corpo delle capitanerie di porto/guardia costiera svolge, nell'ambito delle attribuzioni di polizia giudiziaria previste dall'articolo 1235 del codice della navigazione e da altre leggi speciali, nonché ai sensi dell'articolo 57, comma 3, del codice di procedura penale, le sottoelencate funzioni: esercita l'attività di polizia stradale, ai sensi dell'articolo 12, comma 3, lettera f), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; presta, ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nell'ambito della struttura permanente presso il Dipartimento della protezione civile, la necessaria collaborazione operativa per la pianificazione e la gestione delle emergenze in mare; concorre nell'attività di contrasto al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, nei termini stabiliti dagli articoli 5 e 99 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; concorre nell'attività di contrasto all'immigrazione clandestina, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della legge 30 luglio 202, n. 189; concorre alla vigilanza finalizzata all'individuazione e alla salvaguardia dei beni del patrimonio storico, archeologico, con particolare riguardo ai reperti archeologici sommersi; attua le competenze ad esso demandatole in materia di disciplina del collocamento della gente di mare;
   ai sensi dell'articolo 138 del Testo unico militare, tutte le funzioni di cui sopra, sia a livello centrale che periferico, sono assolte dal Corpo delle capitanerie di porto mediante proprie risorse umane e strumentali; risorse strumentali messe a disposizione sul capitolo «Ordine pubblico e sicurezza per il controllo dei mari nei porti e sulle coste» dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tramite il Centro di responsabilità amministrativa o di «Costo» presso il Comando generale ed i centri di «Spesa» presso le direzioni marittime per le capitanerie di porto, in funzione del perseguimento di precisi obiettivi ed indirizzi generali stabiliti annualmente dallo stesso Ministero e verificati costantemente a mezzo di rilevazioni statistiche sul controllo di gestione (SIGEST e COGESTAT);
   i residuali compiti di natura militare svolti dal Corpo delle capitanerie di porto per conto della difesa, peraltro senza la gestione di alcun capitolo di bilancio, fondo, ma anche target o obiettivo da raggiungere, sono quelli di natura prettamente bellica o emergenziale ben elencati nella pubblicazione edita dallo Stato maggiore marina denominata «SMM-147» (che richiama l'articolo 132 del Codice dell'ordinamento militare) e precisamente: supporto all'attività della flotta militare; pattugliamento acque costiere; controllo navi sospette, controllo traffico mercantile a fini militari, attività di intelligence, concorso alla difesa costiera, difesa militare dei porti, preparazione del personale addetto ai servi portuali e alle operazioni di carico e scarico merci per interventi in caso di guerra, requisizione unità mercantili, organizzazione dei convogli in tempo di guerra, militarizzazione degli equipaggi delle unità mercantili requisiti, servizio di leva (sospeso) reclutamento e mobilitazione marittima, concorso nella gestione fari e segnalamenti marittimi, partecipazione alle operazioni di assistenza e soccorso nelle emergenze nazionali ed internazionali, partecipazioni alle missioni di supporto nella pace in materia di controllo del traffico mercantile e dei porti;
   ai sensi dell'articolo 6 della stessa pubblicazione SMM-147 (articolo 132 del Codice sull'ordinamento militare) le direzioni marittime e le capitanerie di porto dipendono, per i servizi attinenti alla marina militare, dal Comando marittimo dell'area di giurisdizione e che, per quanto concerne la documentazione caratteristica, il Comandante marittimo della marina è compilatore del direttore marittimo e 1o revisore del Comandante delle capitanerie di porto;
   l'attuale prassi valutativa, risalente addirittura all'istituzione dei Corpi della regia marina, è assolta in toto da parte della suddetta autorità militare della forza armata, ed è tale da rivolgere il giudizio valutativo non solo sui compiti militari assolti dalle direzioni marittime e dalle capitanerie di porto dipendenti per le attività di interesse militare ma anche per le attività che le citate autorità marittime assolvono per gli altri dicasteri e ciò senza avere alcuna competenza funzionale nelle materie che la legge assegna alla tutela degli stessi Ministeri –:
   se, in luogo di tale prassi valutativa relativa ai comandanti delle capitanerie di porto e dei direttori marittimi, attualmente assolta quasi «in toto» da parte dell'autorità militare della forza armata stante i residuali compiti militari (talvolta effettivamente inesistenti in tempo di pace) ed in mancanza di obiettivi o target militari da raggiungere, di risorse da governare anche ai fini del controllo statistico di gestione (SIGEST e COGESTAT), ritengano opportuno, nell'interesse dello Stato ed in particolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e degli altri dicasteri di dipendenza funzionale del Corpo in relazione agli usi civili del mare, disporre per una diversa, coerente e più meritocratica procedura di valutazione caratteristica basata, anche ai fini della spending review, sui risultati raggiunti in funzione delle risorse realmente assegnate valorizzando, a tal fine, il ruolo del Comandante generale del Corpo, che, in quanto reale «manager», è l'unico soggetto istituzionale funzionalmente titolato, e quindi in grado di misurare la performance delle direzioni marittime e delle capitanerie di porto, avendo piena contezza delle risorse finanziarie e strumentali e degli obiettivi assegnati a tali comandi, sulla base delle direttive politiche dei Ministri che, per gli usi civili del mare, funzionalmente si avvalgono del Corpo delle capitanerie di porto e pertanto, in relazione a ciò, debba essergli riconosciuta la funzione di «compilatore» per la valutazione dei direttori marittimi (e 1o revisore il Capo di Stato maggiore della Marina) e «1o revisore» per la valutazione dei comandanti delle capitanerie di porto. (4-04846)


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano dell'ENAV per gli aeroporti italiani prevede una grave penalizzazione dell'aeroporto di Pescara con un suo declassamento che contrasta con quanto invece prevedeva il Piano nazionale degli aeroporti predisposto nei mesi scorsi dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   l'ENAV prevede per lo scalo di Pescara la chiusura notturna, la riduzione dell'assistenza a 16 ore al giorno rispetto invece alla copertura attuale per 24 ore, la riduzione dei servizi di manutenzione degli impianti tecnologici previsti per i servizi di assistenza alla navigazione aerea;
   per l'aeroporto di Pescara sono in atto importanti scelte di potenziamento dell'offerta di collegamenti aerei anche in relazione alla scelta di investire in questo scalo da parte di Ryanair, che sarebbero resi vani da questo inaccettabile piano dell'ENAV –:
   quali siano le effettive intenzioni del Governo rispetto allo scalo di Pescara;
   se sia ancora valida la scelta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di classificazione dell'aeroporto di Pescara tra i 26 scali nazionali;
   quale coerenza esista tra il piano dell'ENAV e quello del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. (4-04848)


   CASTRICONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dello sviluppo economico (MISE), con il piano nazionale banda larga, ha reso nota la mappa dei collegamenti internet dell'intero territorio nazionale; come segnalato dal settimanale l'Espresso, nell'articolo «Abruzzo/Vivere senza Internet, quattro anni dopo», a firma Primo Di Nicola, numerose aree, tra quelle collegate in misura insufficiente, e che riscontrano un rilevante digital divide con il resto del Paese – con velocità di connessione inferiore a 2 Mbps – sono localizzate nella regione Abruzzo, nella zona della Marsica; in queste aree la copertura di rete è limitata o pressoché inesistente e in molti casi è possibile solo attraverso tecnologia wireless (mobile 3G/4G);
   il Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom) della regione Abruzzo è un modello nazionale per efficienza e capacità di mediazione tra cittadini e i gestori delle compagnie telecomunicazioni; istituito con legge regionale n. 45 del 24 agosto 2001, ha funzioni di governo, garanzia e controllo sul sistema delle comunicazioni in ambito regionale, è organo funzionale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e di consulenza della giunta e del consiglio regionale;
   l'abbattimento del digital divide è una priorità nell'agenda del Governo centrale e delle regioni, per le parti di rispettiva competenza; le risorse destinate – dal piano nazionale banda larga – a investimenti del settore sono ingenti; è necessario che parte di queste risorse siano destinate all'implementazione di tecnologie – oggi disponibili – che possono garantire connessioni veloci anche in zone che, per vincoli territoriali, non possono essere raggiunte dalla fibra ottica, ad esempio, dotando le case sparse nelle zone montane di apparecchi per la ricezione di un segnale wi-fi, o satellitare;
   alcune amministrazioni locali della regione Abruzzo, hanno sperimentato con successo apparecchi per la ricezione di un segnale wi-fi, o satellitare;
   sinora gli ingenti investimenti destinati alla riduzione del digital divide non hanno conseguito risultati significativi, in particolare nelle connessioni «ad alta velocità» reali e non nominali;
   la società costituita per ridurre il gap tecnologico nella regione Abruzzo – Abruzzo Engineering – ad avviso dell'interrogante ha assorbito somme ingenti senza risultati apprezzabili; costituita nel 2000 con lo scopo di portare l'alta velocità in tutta la regione, ha operato con il partner industriale Selex Service Management del gruppo Finmeccanica nell'offerta di servizi avanzati nell'ambito dell’e-governament e dei sistemi di sicurezza ambientale e territoriale; a quanto consta all'interrogante essa non ha realizzato – come disposto negli scopi statutari – le previste infrastrutture di rete a banda larga, con il supporto della fibra ottica, e con l'integrazione tra sistemi wired e wireless, creando un'opportuna rete tra le infrastrutture esistenti e garantendo accesso e servizi efficienti nelle zone non coperte attraverso la tecnologia più adatta;
   dopo circa 25 anni di investimenti improduttivi – solo negli ultimi 7 anni sono stati assorbiti circa 110 milioni di euro – molte zone d'Italia e dell'Abruzzo in particolare sono agli ultimi posti in Europa per velocità di connessione;
   la possibilità di accesso veloce alle informazioni è di particolare importanza per le zone che riscontrano carenza di infrastrutture, sia materiali che immateriali, anche per favorire lo sviluppo e la trasparenza dell'attività delle pubbliche amministrazioni; efficienti sistemi di comunicazione offrono opportunità di sviluppo e di lavoro nelle attività innovative, ma garantiscono anche la crescita e la trasparenza di quelle esistenti;
   le istanze presentate al Corecom dal 1o gennaio 2013 ad oggi sono state 488, delle quali 428 concluse con esito positivo; rispetto al 2011 si è registrato un aumento di istanze pari ad oltre il 30 per cento; il valore medio dei rimborsi e/o degli indennizzi richiesti è di euro 750,00; i dati segnalano una crescita esponenziale del contenzioso tra utenti e operatori di telecomunicazioni;
   è essenziale garantire servizi di telecomunicazioni di qualità, che in modo automatico potrebbero migliorare la qualità di tutti i servizi connessi; la pubblica amministrazione non può richiedere adempimenti per via telematica – come l'iscrizione alle scuole – se non garantisce piena accessibilità e reale fruibilità della rete –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per potenziare le reti di telecomunicazioni, in tutto il territorio nazionale e, in particolare, nelle aree ad elevata perifericità come la regione Abruzzo.
(4-04857)


   GALLINELLA, GAGNARLI, CIPRINI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'8 novembre 2013 il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha approvato il progetto per la realizzazione del «Corridoio viabilità autostradale Orte-Mestre» tratta E45-E55;
   tale progetto, che pare ricalcare in maniera evidente quello approvato dal Governo Berlusconi e presentato dal costruttore e politico di centro destra Vito Bonsignore, ha trovato il parere favorevole della maggioranza delle forze politiche nazionali nonché della stessa regione Umbria;
   da diverse fonti stampa, nonché da atti ufficiali presentati al consiglio regionale umbro, si apprende che numerosi comitati di cittadini sono nati per opporsi a questo progetto che potrebbe compromettere in maniera definitiva il territorio della piccola regione del centro Italia, che rischia di perdere la sua vocazione di «cuore verde d'Italia»;
   per la realizzazione dell'opera si stima, infatti, la necessità di attivare cave per più di 2 milioni di metri cubi di materiale e realizzare cantieri ogni pochissimi chilometri; si prevede inoltre un allargamento da 17 fino a 25 metri delle corsie stradali, in particolare tra lo svincolo di «Todi-Orvieto» in Umbria e quello di San Sepolcro Nord in Toscana: un tratto di circa 100 chilometri su cui insistono centri abitati, zone commerciali e industriali;
   un tale drastico intervento sul territorio potrebbe compromettere, oltre al paesaggio, la vocazione turistica di molti piccoli centri che si trovano lungo la tratta umbra della E45, tra i tanti il comune di Deruta, ove è prevista dai disegni progettuali una galleria di oltre 2 chilometri;
   i dati dell'ANAS, aggiornati al 2006, evidenziano come la trasformazione della E45 in autostrada potrebbe aumentare di oltre un milione il numero di veicoli (pesanti e non) ogni anno e il traffico giornaliero passerebbe dagli attuali 16.449 veicoli a 28.414; è evidente che un tale aumento esponenziale di veicoli sulle strade farebbe aumentare in maniera proporzionale i livelli di inquinamento e polveri nell'aria;
   negli ultimi anni, considerato anche il cambiamento del clima del pianeta e i danni che l'inquinamento sta causando alla salute umana, sia a livello nazionale che internazionale, si stanno cercando alternative valide al trasporto su gomma, considerato poco sostenibile oltre che «anacronistico»;
   con gli ingenti investimenti economici che servirebbero alla trasformazione della E45 in autostrada si potrebbero potenziare, ad avviso degli interroganti, alcune infrastrutture avviate da decenni in regione ma mai ultimate, potrebbe essere messo in sicurezza il tratto di strada E45 già completo (151 chilometri) e che versa in condizioni di degrado, potrebbe essere potenziata la tratta ferroviaria, come peraltro previsto dal Piano regionale dei trasporti 2004-2013 della regione Umbria;
   i cittadini umbri potrebbero inoltre subire, con la trasformazione in autostrada della E45, oltre al danno all'ambiente, al territorio e alla propria salute, anche la beffa del pagamento del pedaggio: il costo complessivo dell'opera è stimato in quasi 10 miliardi di euro, la maggior parte di quali provenienti da investimenti privati attraverso project financing da scontare con la concessione del pedaggio autostradale –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, specie in relazione alle conseguenze sul territorio della trasformazione della E45 in autostrada e se ne abbia tenuto effettivamente conto nel dare parere favorevole al progetto;
   quali siano le motivazioni a sostegno della trasformazione della E45 in autostrada e se non intenda ulteriormente valutare l'impatto che una nuova autostrada potrebbe creare alla natura del territorio umbro, sia dal punto di vista ambientale che turistico;
   se non intenda aggiornare, attraverso l'ANAS, i dati relativi al carico di veicoli che interesseranno la E45 dopo la sua trasformazione in autostrada, al fine di valutare ad oggi il reale impatto sul traffico automobilistico, e quindi sull'inquinamento dell'aria, che una tale opera potrebbe avere;
   se non creda che il potenziamento, completamento e messa in sicurezza delle infrastrutture già presenti nella regione debba essere prioritario rispetto alla costruzione di una nuova arteria autostradale;
   se abbia valutato, infine, la possibilità di scongiurare il pagamento da parte dei cittadini residenti in Umbria di qualsiasi forma di pedaggio o costo aggiuntivo che scaturirebbe dall'opera autostradale.
(4-04859)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   MICCOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo la legge n. 833 del 1978 «l'assistenza primaria deve essere intesa come il complesso delle attività e delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie dirette alla prevenzione, al trattamento delle malattie e degli incidenti di più larga diffusione e di minore gravità e delle malattie e disabilità ad andamento cronico, quando non necessitano di prestazioni specialistiche di particolare complessità clinica e tenconologica» e deve essere garantita dai distretti, articolazioni delle unità sanitarie locali;
   anche sulla base di tale norma, le regioni hanno adottato nel tempo diversi modelli organizzativi per garantire i servizi, le prestazioni e le attività di assistenza primaria: uno di questi è rappresentato dalle «case della salute»;
   nella regione Lazio, le case della salute sono state istituite con decreto del commissario ad acta, n. 428 del 4 ottobre 2013 n. UOO428 ed operano in rete con le altre strutture del sistema sanitario regionale. Queste strutture rappresentano: un presidio di continuità assistenziale, con servizi più accessibili e meglio organizzati; strutture polivalenti che svolgono attività di prevenzione e cura in particolare delle patologie croniche come ad esempio l'ipertensione o il diabete;
   da tempo, il Movimento 5 Stelle del Lazio, sta effettuando una serie di iniziative nelle case della salute aperte nella regione Lazio, che hanno l'intento, a detta dei promotori, di fare chiarezza in merito a questi nuovi progetti di assistenza sanitaria;
   le descritte azioni si stanno rivelando dei veri e propri «blitz» con l'utilizzo di strumenti per riprese audio-video all'interno delle strutture; intrusioni che recano intralcio alle attività degli operatori mettendo a repentaglio la loro sicurezza, che violano la privacy dei pazienti, ne ledono la dignità e creano scompiglio e agitazione;
   in data 15 maggio 2014, ad esempio, nella casa della salute di Pontecorvo, una lavoratrice della struttura ha accusato un malore, dopo un diverbio durante l'ispezione di una delegazione di deputati e consiglieri regionali e aderenti al M5S, ed è stata costretta a ricorrere alle visite mediche del pronto soccorso che le hanno prescritto una prognosi di 4 giorni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'episodio descritto, se rilevino profili di ordine pubblico e quali eventuali iniziative di competenza intendano assumere al riguardo. (3-00833)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICHELE BORDO. — Al Ministro dell'interno. – per sapere – premesso che:
   il sovraffollamento del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone (Foggia) e la farraginosità delle procedure burocratiche hanno provocato negli ultimi 15 giorni due blocchi stradali da parte degli ospiti della struttura e di conseguenza nuove tensioni con i residenti;
   la comunità ha più volte denunciato i disagi per il numero troppo alto di immigrati presenti nel centro;
   le difficoltà sono anche aumentate dopo la riorganizzazione del servizio di trasporto pubblico, oggi affidato ad una ditta privata, per via della riduzione del numero dei mezzi che collegano la borgata a Foggia;
   i mezzi di trasporto sono pochissimi e sovraffollati e molto spesso sono il luogo di tensioni molto forti tra passeggeri;
   i cittadini chiedono con forza l'installazione di sistemi di videosorveglianza dei luoghi e delle strutture pubbliche e presidi per la sicurezza della borgata;
   la comunità di Mezzanone teme altresì che il numero di immigrati presenti nel centro possa ancora crescere a seguito dell'incremento degli sbarchi di immigrati sulle coste italiane in queste settimane –:
   se e come il Governo intenda intervenire per:
    a) garantire l'ordine pubblico e la sicurezza dei residenti di Borgo Mezzanone e degli immigrati che frequentano la borgata;
    b) incrementare e migliorare l'efficienza dell'apparato di sicurezza;
    c) snellire le procedure di identificazione dei richiedenti asilo politico per ridurre i tempi di permanenza nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo.
(5-02842)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO, NARDUOLO e MIOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'8 maggio 2014 l'imprenditore Enrico Maltauro, amministratore delegato del medesimo gruppo, è stato arrestato con l'accusa di corruzione in relazione agli appalti per Expo 2015;
   il gruppo Maltauro si è aggiudicato, negli anni, una lunghissima serie di grossi appalti in Veneto;
   in particolare la società ha eseguito i seguenti lavori; Venezia: Restauro della basilica San Donato – Raccordo autostradale Mestre Tessera – Fognature Campalto San Giuliano – Barriere in Laguna – Eastgate Park di Portogruaro – diverse residenze a Mestre e Canareggio; Verona: Cadit – Albergo Gardaland – Casa dei Mille – Teatro Sallieri – Glaxo Wellcome – Complesso Fondo Frugose – Park piazza Isolo - fognature fra Guà e Bacchiglione; Rovigo: Ospedale San Luca di Trecenta – Biconca di navigazione; Vicenza: Hotel Da Porto – Hotel Aster – Ospedale San Lorenzo – Restauro Castello di Arzignano – Restauro Palazzo Flippini – Restauro Santa Chiara – Complesso Area Serenissima – Parcheggio di Bassano – Galleria dei Berici A4 – Depuratore di Chiampo – Acquedotto dell'Astico – Complesso via dell'Edilizia – Centro Commerciale Palladio – Centro commerciale all'ingrosso di Bassano – Centrale del Latte – Residenze caserma Ederle – Centro commerciale direzionale di Altavilla; Padova: Residenza Civita – Dipartimento Scienze matematiche - Restauro palazzo Scrovegno – RCS Editoriale – Interventi sul fiume Brenta – Residenze IRA a Selvazzano;
   a novembre, attraverso la Nuova Co.Ed.Mar. e la Intercantieri, il gruppo si è aggiudicato il project financing della SR10 - Padana inferiore per 232 milioni di euro e vinto l'appalto per il museo del Novecento di Mestre per altri 39 milioni, mentre si preparava a concorrere per altri importanti appalti come la Cittadella della salute di Treviso e il traforo delle Torricelle a Verona;
   secondo gli inquirenti alcune gare per la realizzazione delle strutture di servizio per l'Expo, sarebbero state pilotate in favore del gruppo Maltauro;
   dalle prime ricostruzioni l'attribuzione dei lavori all'impresa Maltauro risulterebbe «direttamente collegata all'opera e all'intervento di «faccendieri» presso gli enti pubblici» e dalle prove raccolte sembrerebbe «estremamente difficile individuare anche una minima modalità di intervento nel settore degli appalti pubblici (...) che sia stato attuato con modalità lecite»;
   questi fatti hanno provocato un forte allarme per il ripetersi di episodi di corruzione e per il pericolo che la libera concorrenza tra le imprese venga alterato, determinando un aumento dei costi per la realizzazione di opere pubbliche;
   negli scorsi giorni, la stampa ha diffuso la notizia secondo la quale l'Autorità garante per la Concorrenza avrebbe aperto due procedimenti per altrettanti gruppi di imprese che operano nel veneziano e nel bellunese, nel ramo del calcestruzzo;
   secondo il Garante alcune note aziende, tra cui le società General Beton Triveneta, SuperBeton Intermodale (specializzata nei servizi), Calcestruzzi Mosole, Jesolo Calcestruzzi, Ilsa Pacifici Remo, Calcestruzzi Dolomiti e F.lli Romor, avrebbero trovato un accordo per spartirsi quote di mercato, in modo da falsare la concorrenza;
   nel corso di alcune ispezioni, effettuate in collaborazione con il gruppo antitrust del Nucleo speciale tutela mercati della Guardia di finanza, sono emerse evidenti anomalie sui prezzi di mercato; l'Autorità garante della concorrenza e del mercato avrebbe quindi deciso di avviare un'istruttoria per verificare se i comportamenti di queste imprese attive sul mercato della produzione e vendita di calcestruzzo sia nella provincia di Venezia zona Mare – ovvero Jesolo, Caorle, San Donà di Piave – che in quella di Belluno, possano costituire due intese restrittive della concorrenza;
   dagli elementi raccolti emergerebbero comportamenti finalizzati al coordinamento delle offerte e alla spartizione dei cantieri da rifornire, nei due distinti mercati provinciali, con monitoraggio reciproco dei prezzi praticati e dei volumi di calcestruzzo venduto, in modo da mantenere le quote di mercato nella misura concordata;
   in particolare, le imprese avrebbero organizzato, separatamente per Venezia e Belluno, incontri con cadenza regolare tra i propri rappresentanti e un sistema di scambio su base continuativa di dati sensibili, che una volta raccolti venivano centralizzati e gestiti dalla società intermodale;
   stando all'accusa dell'antitrust, le imprese coinvolte avrebbero punito i trasgressori degli accordi di «cartello» escludendoli dall'affare; in particolare le citate attività illecite sono suscettibili di falsare la concorrenza e danneggiare il libero mercato –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative, di competenza, il Ministro intenda adottare per prevenire e contrastare il ripetersi dei citati episodi di corruzione, garantendo la libera concorrenza di mercato. (4-04860)


   DI BATTISTA. —Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a Gaeta (LT) insiste un porto commerciale di notevoli capacità e notevole traffico di carico e scarico merci;
   l'interrogante è venuto a sapere che tra le merci che vengono movimentate c’è il pet-coke, un carbone artificiale ottenuto nell'industria petrolifera dal processo di condensazione per piroscissione di residui petroliferi pesanti e oleosi;
   tale materiale contiene una miscela di sostanze estremamente pericolose, come idrocarburi policiclici aromatici (IPA), metalli pesanti (vanadio, nichelio), alto contenuto di zolfo (anche oltre il 7 per cento, percentuale notevolmente superiore a quelle prescritte per i combustibili utilizzati in raffineria) e cloro;
   si tratta, dunque, di sostanze che, oltre ad una tossicità intrinseca, sono indicate anche come cancerogene (alcuni come il benzo-pirene-OMS-) e/o mutagene potendo provocare tumori di vario genere e modificazioni genetiche, tra cui le malformazioni nei nascituri;
   in particolare per il vanadio si osserva che l'acqua per il consumo umano non ne deve contenere, secondo il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, più di 50 microgrammi per litro; in caso di assunzione in misura troppo elevata si possono difatti verificare un serie di effetti sulla salute umana;
   ad esempio, se il contatto con tale sostanza avviene attraverso l'aria, può causare bronchite, polmonite e, in caso di effetti acuti, anche irritazione di polmoni, gola, occhi, cavità nasali ed altre conseguenze;
   il più pericoloso è poi il pentossido di vanadio come confermato dall'OSHA (l'ente statunitense per la sicurezza sul lavoro);
   per quanto concerne l'IPA idrocarburi policiclici aromatici), secondo le direttive europee, a sei di questi idrocarburi (benzoapirene, benzoaantracene, di benzo, antracene, benzofluorantene, benzofluorantene, benzofluorantene) è associata la fase di rischio R45 (può provocare il cancro) o R49 (può provocare il cancro per inalazione);
   il materiale oggetto del presente atto di sindacato ispettivo viene movimentato nel porto commerciale di Gaeta (LT) e viene trasportato, attraversando i comuni di Formia e Minturno, con veicoli commerciali fino al deposito della società Intergroup s.a.s. a Sessa Aurunca (CE);
   l'impresa Intergroup s.a.s. è stata autorizzata a stoccare il pet-coke il 21 agosto 1991 con autorizzazione sanitaria n. 339 dell'Uff. Annona e Commercio del comune di Sessa Aurunca, in località «Cancello» al chilometro 158,400 della S.S. Appia;
   l'interrogante è venuto a sapere, dalle segnalazioni dei cittadini, dagli organi di stampa e, soprattutto, da un esposto di Legambiente, tra gli altri, alle procure di Latina e di Santa Maria Capua Vetere, che in tutte queste operazioni di carico, scarico e trasporto non vengono rispettate le norme di sicurezza e il pet-coke viene trasportato senza le dovute misure poste a presidio dell'ambiente e della salute dei cittadini;
   nello specifico i luoghi deputati al transito e stoccaggio sono, come detto, il porto di Gaeta, in pieno centro cittadino – dove il pet-coke viene scaricato da navi provenienti da ogni parte del mondo – nonché la località «Cancello» in Sessa Aurunca (CE), al chilometro 158,400 della S.S. Appia, dove viene stoccato a cielo aperto, nei pressi del fiume Garigliano e praticamente a fianco della strada, in piena zona coltivata a pescheti e con allevamenti di bufale dal cui latte, in una vicina azienda, si produce mozzarella;
   da quanto risulta dall'esposto di Legambiente lo scarico del materiale avviene solitamente con due principali modalità, definite nella terminologia internazionale grab unloading (scarico a benna) e suction unloading (scarico per aspirazione): il primo sistema di trasferimento «Grab» è meccanico (gru a benna e tramoggia) con modalità che aumentano sensibilmente il rischio di dispersione di polveri (particolarmente problematico l'aspetto del caricamento dei camion, dato che, oltre ai trasferimenti diretti da nave agli utilizzatori esterni, vengono utilizzati camion che non sono del tipo che permette l'isolamento ermetico del carico, cosiddetto Dumper);
   tra l'altro, talvolta, si usano anche camion senza teli di copertura e con un carico che supera in altezza il limite dei cassoni;
   l'area in cui sorge il sito di stoccaggio si trova all'interno di una zona ad alta vulnerabilità degli acquiferi, trovandosi a pochi metri dal fiume Garigliano e, data l'alta piovosità verificatasi in questi mesi, essendo le acque convogliate in un canale dal nome «Papero Bis»;
   per tutte queste ragioni c’è un alto rischio che il pet-coke venga disperso nell'aria e che, pertanto, possa inquinare il terreno e le falde acquifere;
   secondo la normativa, per le aree di pertinenza dei settori o attività sono obbligatorie:
    a) l'impermeabilizzazione dell'area stessa;
    b) la realizzazione di un sistema di raccolta delle acque di prima pioggia e di lavaggio a tenuta e tale da impedire l'immissione delle acque eccedenti quelle di prima pioggia, se del caso, con attigua vasca volano;
    c) la realizzazione di un idoneo trattamento delle acque raccolte in siti o il convogliamento di tali acque in impianti di depurazione con modalità tali da rispettare le normali portate diluite della rete;
   il trattamento (carico, scarico e deposito) del pet-coke deve inoltre seguire le disposizioni di cui al decreto del Ministero della sanità del 28 aprile 1997, concernente il trasporto di sostanze pericolose;
   il pet-coke rientra, poi, nella lettera di cui all'articolo 2 comma 2 del decreto legislativo 14 marzo 2003 n. 65 (Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14 aprile 2003 – Attuazione delle direttive 199/45/CE e 2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi quale materiale pericoloso in quanto infiammabile) ed in particolare alle lettere b), d 2), l), m), n), q);
   il codice dell'ambiente (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale») – dopo aver posto, all'articolo 183, comma 1, lettera a), la definizione di rifiuto quale «qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta del presente decreto (recante l'elenco delle categorie di rifiuti) e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi» – ha poi previsto (all'articolo 185, comma 1, lettera i), nel testo vigente fino alla novella del 2008) che non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 («Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati»), tra gli altri, proprio il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo;
   la giurisprudenza, anche di legittimità, si è occupata della questione oggetto della presente interrogazione;
   difatti la Corte Suprema di Cassazione, sezione III penale, con sentenza del 10 luglio 2008 n. 28229, attraverso un'articolata argomentazione, ha riportato i vari interventi legislativi e giurisprudenziali che sono intervenuti in materia ed è giunta a formulare alcuni importanti principe di diritto: la Corte ha stabilito, infatti, la connessione che intercorre tra la previsione di cui all'articolo 185, comma 1, lettera i), con il successivo articolo 293 del decreto legislativo n. 152 del 2005 che prevede che negli impianti disciplinati dal titolo II della parte quinta (sulla tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera), inclusi gli impianti termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere utilizzati esclusivamente combustibili previsti per tali categorie di impianti all'Allegato X;
   tale allegato, nell'elencare i combustibili di cui è consentito l'utilizzo negli impianti di cui al titolo I, ha espressamente previsto l'uso del pet-coke a determinate condizioni:
    a) negli impianti di combustione termica nominale uguale o superiore a 50 megawat è consentito l'utilizzo di pet-coke con contenuto di zolfo non superiore al 3 per cento in massa rispondente alle caratteristiche indicate in parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 7;
    b) negli impianti di combustione termica nominale uguale o superiore a 300 megawat è consentito l'utilizzo di pet-coke con contenuto di zolfo non superiore al 6 per cento in massa rispondente alle caratteristiche indicate in parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 7;
   in ogni caso nel gennaio 2008 è stato pubblicato il decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 – rubricato «Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante norme in materia ambientale» – con il quale l'articolo 185 citato non riporta più, alla lettera i), l'esplicita esclusione del coke di petrolio dal campo di applicazione della parte quarta, mentre nessuna disposizione correttiva o integrativa viene portata all'articolo 293 (combustibili consentiti) e all'Allegato X alla parte quinta del decreto;
   alla luce di tanto è solo rispettando queste prescrizioni che il pet-coke, commercializzato e destinato alla combustione, può essere utilizzato come combustibile; in assenza del rispetto delle prescrizioni, è applicabile l'ordinaria disciplina dei rifiuti con conseguente astratta applicabilità del reato previsto dall'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 2006 (attività di gestione dei rifiuti non autorizzata) anche alla luce delle più recenti normative emanate per la terra dei fuochi (decreto 10 dicembre 2013, n. 136 (Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 289 del 10 dicembre 2013 convertito dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6 (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 32 del 8 febbraio 2014) articolo 1 comma 5);
   nel caso di specie si consideri che, come riportato da organi di stampa e dell'esposto di Legambiente, i camion che trasferiscono il pet-coke al centro di raccolta nel casertano, non sono né del tipo Dumper (che permetterebbe un isolamento ermetico), ma neppure sono coperti dai teli (plastificati, come impone il regolamento per la movimentazione delle merci polverulenti emanato con decreto dell'autorità portuale Civitavecchia – Fiumicino – Gaeta numero 8 del 14 gennaio 2013;
   tale regolamento recepito anche dal comune di Gaeta, stabilisce non solo che i mezzi di trasporto di tali sostanze debbano esser dotati di una chiusura in ogni caso ermetica, ma viene altresì richiesto che il contenuto dei mezzi non possa mai superare in altezza il limite dei cassoni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   quali iniziative di propria competenza i Ministri intendano assumere, nell'immediato, al fine di verificare tali operazioni nonché per evitare che ciò si verifichi ancora;
   se risulti se nelle operazioni di movimentazione, carico e scarico di pet-coke di cui in premessa, siano rispettate tutte le disposizioni di cui alla vigente normativa in materia richiamata in precedenza;
   se sia prevista la valutazione di rischio in ordine ad eventuali incidenti e sinistri che possono subire i mezzi preposti al carico e scarico del pet-coke durante la fase di trasporto dal porto al sito di stoccaggio;
   se sia noto quale sia il numero di autotreni arrivati nell'ultimo anno e quante tonnellate di materiale siano state depositate nel predetto sito;
   se sia noto da quali Paesi arrivi il pet-coke e quali altiforni vada a alimentare;
   a quale profondità si trovi la falda acquifera. (4-04867)


   DI BATTISTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da molte settimane la valutazione e la situazione del caso Shalabayeva sono profondamente cambiate in relazione all'evidenza che quella deprecabile rendition è avvenuta sotto l'egida di una oscura illegittimità che comincia ad assumere connotazioni di illegalità;
   da circa un mese è stato concesso alla signora Alma Shalabayeva lo status di rifugiato politico;
   Paolo Mondani scrive un lungo articolo sul Corriere della Sera del 10 maggio 2014 in cui rende noto che sarebbe in corso presso la procura della Repubblica di Perugia una indagine sul caso Shalabayeva;
   nel corso dell'articolo di Mondani si parla di un documento scritto da «dirigenti della Questura, dove si dà conto che i poliziotti che erano intervenuti nella notte del 29 maggio nella villa romana di Alma Shalabayeva avevano ritrovato uno scambio di e-mail tra l'avvocato De Bavier e l'avvocato Riccardo Olivo dove lo svizzero descriveva precisamente chi è Alma e chi è il marito. Il Viminale era quindi perfettamente a conoscenza dello status di dissidente del marito e dei pericoli che correva sua moglie in caso di espulsione»;
   l'articolo in questione aggiunge inoltre «ma un altro documento è stato acquisito dalla procura di Perugia. Si tratta di una dettagliata cronologia dei fatti che l'ex ministro degli Affari esteri Bonino aveva a suo tempo inviato al presidente Napolitano. Avvenimenti seguiti al 31 maggio, perché Emma Bonino e il suo dicastero erano stati tenuti fino ad allora all'oscuro di tutto»;
   è stato acclarato che il passaporto diplomatico esibito dalla Shalabayeva non era falso; sono stati secondo l'interrogante inopportuni, se non connotati da aspetti di forzatura della legge, il comportamento e la linea amministrativa della questura di Roma che aveva concluso che il passaporto diplomatico esibito fosse falso;
   non è stato sufficientemente affrontato ad oggi il problema che nella rendition della signora Shalabayeva era coinvolta sua figlia, una bambina che avrebbe dovuto avere particolari guarentigie riconosciute dall'ordinamento giuridico italiano, europeo e dai Trattati internazionali –:
   per quali ragioni i vertici della questura di Roma e del Ministero dell'interno hanno ignorato la nota scritta dei dirigenti della questura che palesavano la vera identità e lo status della Shalabayeva;
   se il Ministro degli affari esteri e i giudici che hanno dato l'assenso all'espulsione abbiano avuto mai accesso al documento citato che palesava la vera identità e lo status della Shalabayeva;
   se i diritti della bambina, figlia della Shalabayeva, siano stati garantiti fino in fondo. (4-04868)


   ZOLEZZI, DE ROSA, CARINELLI, D'UVA e COLLETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da alcune notizie riportate dai giornali locali e nazionali risultano possibili infiltrazioni mafiose nel comune di Viadana, in provincia di Mantova, che avrebbero condizionato la regolarità delle ultime elezioni amministrative. Luca Odini, uno dei candidati alla segreteria provinciale del PD di Mantova, il 15 novembre 2013 ha espresso pubblicamente forti perplessità sulla regolarità del voto alle elezioni interne tenutesi ad ottobre in occasione del congresso provinciale PD e ha asserito che, secondo dati pubblici e approfondimenti giudiziari in corso, Viadana, e altri comuni del mantovano, è ormai terra d'insediamento radicato dalla ’ndragheta la cui presenza conclamata è in grado di determinare esiti elettorali e carriere politiche e inoltre ha affermato che il PD non risulta esente dal rischio di avere tra i propri iscritti locali persone collegabili con ambienti ’ndranghetisti, anche in relazione ad alcuni documenti in possesso della Direzione distrettuale antimafia, il cui contenuto è riportato in un dossier interno del PD, la cui esistenza è rivelata da Odini stesso. A seguito di tali importanti dichiarazioni non è seguito alcun chiarimento da parte del sindaco né di alcun membro giunta di Viadana. In quel documento, pubblicato a stralci sulla Gazzetta di Mantova dal 29 gennaio 2014, si riportano i testi di alcune intercettazioni legate all'operazione «Pandora» contro alcune ‘ndrine; fra questi nel maggio del 2006 Nicola Lentini, esponente della ‘ndrina di Isola di Capo Rizzuto, parlava al telefono con Luigi Morelli, esponente di spicco della ’ndrangheta: «Ci possono dare 30, 40, 50 anni che importa ? Ormai Viadana è nostro». Quella sera Lentini è a Viadana in compagnia di amici, tra i quali nomina un certo Carmine, «Pizzimenti», il figlio di Santo che, secondo gli investigatori, è identificabile in Carmine Tipaldi, dal 2011 assessore del comune di Viadana. Tipaldi non ha mai smentito di essere stato presente a quella telefonata, né di conoscere quelle persone, neppure dopo l'uscita del testo sulla Gazzetta di Mantova. Le intercettazioni sono state allegate ai documenti relativi all'inserimento della ditta del Tipaldi nella white list relativa alla ricostruzione post-sisma in provincia di Mantova. Dopo due settimane dalla telefonata intercettata, cioè tra il 28 e il 29 maggio 2006, come riportato nella relazione, a Viadana si tengono le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale, in occasione delle quali Carmine Tipaldi sarà il consigliere più votato con 316 preferenze. Il 17 febbraio del 2011 si presenta al pronto soccorso dell'ospedale di Vicomoscano un uomo residente a Viadana, di origine calabrese, con precedenti penali, con una ferita da arma da fuoco alla gamba. Con lui ci sono due uomini che interrogati dai carabinieri affermano che l'amico è stato accompagnato in ospedale da Carmine Tipaldi, all'epoca consigliere comunale;
   il ferito racconta che gli hanno sparato da un'auto in corsa e di aver chiamato Tipaldi per farsi soccorrere. I carabinieri vanno a casa di Tipaldi per verificare l'accaduto, ma la versione del consigliere è un'altra. Nella prima versione afferma che passava per caso da quella strada e che ha soccorso un uomo ferito, subito dopo però si corregge riferendo di conoscere l'uomo;
   il procuratore di Mantova non aprì alcuna inchiesta sulla vicenda a quel tempo;
   alle nuove elezioni comunali nel 2011 Carmine Tipaldi è il candidato consigliere più votato tra tutte le liste che si sono presentate e grazie alle 348 preferenze individuali ricevute, viene nominato assessore nell'attuale Giunta Penazzi;
   l'11 dicembre 2013 il sindaco di Medole, Giovanni Battista Ruzzenenti, straccia la tessera PD in assemblea provinciale per protestare contro le infiltrazioni mafiose nella politica locale;
   il 19 marzo 2014 viene finalmente aperta un'inchiesta sulla sparatoria del febbraio 2011;
   il 22 marzo 2014 Tipaldi si dimette da assessore;
   il 24 marzo 2014 i vertici del PD regionale decidono di azzerare alcuni circoli locali per i sospetti di infiltrazioni della ’ndrangheta;
   il 29 marzo 2014 Rosy Bindi, Presidente della Commissione Antimafia, ha manifestato l'intenzione di compiere un viaggio nel mantovano dove da anni si sono stabiliti affiliati delle più agguerrite cosche calabresi, come gli Arena e i Grande Aracri, e non è da escludere che l'episodio della sparatoria sia riconducibile ad un contesto di questo tipo;
   il 30 aprile 2014 la giunta Penazzi cade sulla votazione del bilancio e ad oggi il prefetto di Mantova non si è ancora espresso sull'eventuale commissariamento del comune di Viadana;
   si segnala inoltre che fra il 2009 e il 2012 si sono verificati numerosi «eventi sentinella» di infiltrazioni della criminalità organizzata nel viadanese, fra cui incendi a danneggiamenti di mezzi appartenenti a ditte del settore edile. Tali fatti denotano a parere degli scriventi insufficiente attenzione da parte delle istituzioni competenti sulla situazione di Viadana in merito sia all'ordine pubblico che alla corretta gestione e controllo dell'amministrazione locale anche in merito al ruolo della competente prefettura; il settore produttivo della movimentazione terra è oltretutto coinvolto negli scandali di Expo 2015 e questo dato amplifica la portata degli eventi descritti che potrebbero inserirsi nella «cupola» lombarda degli appalti citata da fonti di stampa in questi giorni –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se sia accertata la presenza di organizzazioni criminali sul territorio mantovano e quali provvedimenti intenda mettere in atto per contrastare la diffusione di questa piaga;
   se si intenda avviare la procedura di cui all'articolo 141, n. 1, lettera a) del Testo unico degli enti locali in considerazione anche dell'imminente tornata elettorale così come previsto dal n. 4 del medesimo articolo per lo scioglimento del consiglio;
   se intenda informarsi presso la Prefettura di Mantova a sua conoscenza in merito alle circostanze descritte in premessa;
   se in considerazione di quanto esposto, nonché alla luce degli ultimi avvenimenti relativi alla criminalità in Lombardia (Expo e appalti relativi alle infrastrutture), si intenda attivare presso la prefettura di Mantova la procedura di cui all'articolo 143 del testo unico degli enti locali e se si voglia, infine, rendere noti i nomi dei funzionari pubblici che andranno a comporre la commissione d'indagine. (4-04869)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GHIZZONI, CARLO GALLI, SCANU, VILLECCO CALIPARI e IMPEGNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle nazioni caratterizzate da apparati produttivi ad alta tecnologia il settore aerospaziale è considerato strategico, sia per motivi legati alla necessità di dotarsi di apparati tecnologicamente sofisticati per la difesa e la sicurezza, sia per l'effetto traino che le alte tecnologie proprie del mondo spaziale producono sui processi d'innovazione della qualità dei prodotti e nelle strutture produttive industriali;
   il settore spaziale italiano ha una lunga tradizione scientifica, e presenta punte di alta qualità e leadership tecnologica, internazionalmente riconosciute;
   conferma di queste capacità si è avuta con il successo di alcuni dei più recenti programmi spaziali, quali ad esempio:
    a) la costellazione satellitare nazionale CosmoSkyMed;
    b) i tre primi lanci del lanciatore europeo VEGA, di elevata valenza sia per il mercato commerciale sia per i programmi della difesa, per il cui sviluppo l'Italia ha contribuito per il 65 per cento dei costi;
    c) lo sviluppo del Programma IXV, veicolo dimostratore di tecnologie per il rientro nell'atmosfera;
    d) i risultati delle piattaforme satellitari come Sentinella 1, parte del programma europeo Copernicus;
    e) il programma di telecomunicazioni satellitari Athena-Fidus, in collaborazione con le istituzioni civili e militari di Italia e Francia, al quale seguirà presto il Sicral 2 per le telecomunicazioni della difesa;
   in questi progetti un ruolo determinante è stato svolto dalle università che hanno collaborato in diretto rapporto con le aziende produttrici, integrando capacità industriali e saperi scientifici, con il contributo di molti giovani ingegneri formati nei nostri atenei;
   la crisi economica ha determinato una riduzione del budget ASI a 500 milioni di euro, di cui l'80 per cento destinato all'ESA (nei primi anni 2000 il budget raggiungeva gli 800 milioni di euro), con la conseguenza di ridurre l'autorità italiana in sede ESA e fornire pochi margini di attività a livello nazionale;
   si è di fronte al rischio di attivazione di periodi di cassa integrazione, con la prospettiva che si possano perdere le migliori competenze, che certamente troverebbero impieghi alternativi in altre aziende europee;
   la gravità della crisi registratasi in ASI negli ultimi mesi richiede non solo l'individuazione di una nuova governance dell'Agenzia, ma anche che ne vengano ridefiniti programmi e obiettivi, e venga superata la frammentazione delle competenze decisionali, ora distribuite tra  Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e altri ministeri –:
   come il Ministro intenda adoperarsi per superare le difficoltà interne al funzionamento dell'ASI, in modo da garantire una efficace sinergia tra la realizzazione dei principali programmi spaziali e dei processi di innovazione tecnologica e il necessario supporto del mondo della ricerca scientifica;
   quale sia la strada che ritiene più produttiva per individuare i programmi strategici del settore, le politiche del loro finanziamento, e per realizzare il necessario coordinamento con le iniziative degli altri Ministeri che hanno in programma investimenti con impatti diretti o indiretti sul settore spaziale;
   quale dovrà essere la modalità di trasmissione delle decisioni politiche di indirizzo del Governo ed in particolare della Presidenza del Consiglio, per realizzare una loro efficace implementazione pratica;
   quali iniziative intraprenderà l'Italia assumendo la Presidenza della Commissione europea, e avendo così l'opportunità di influenzare lo sviluppo del dibattito sui temi della politica industriale spaziale e delle sue ricadute nei settori della sicurezza e della difesa;
   come si intenda preparare la Conferenza ministeriale dell'ESA, che si terrà nel dicembre 2014, nella quale si decideranno le linee di sviluppo del settore nei prossimi anni. (5-02840)


   GHIZZONI, BRATTI, BRAGA, MARIANI e BONOMO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in coerenza con gli orientamenti europei di «Horizon 2020, con decreto direttoriale del 5 luglio 2012, n. 391 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca indiceva il bando Smart cities and communities, che assegnava 655,5 milioni di euro (di cui 170 milioni di euro di contributo nella spesa e 485,5 milioni di euro per il credito agevolato) per interventi e per lo sviluppo di Città intelligenti su tutto il territorio nazionale;
   una quota della dotazione finanziaria, pari a 25 milioni di euro, veniva destinata a Progetti di innovazione sociale presentati da giovani ricercatori, di età non superiore ai 30 anni, relativi a soluzioni tecnologicamente innovative per risolvere specifiche problematiche presenti nel tessuto urbano di riferimento; la scadenza per la presentazione dei progetti era fissata al 7 dicembre dello stesso anno;
   una nota ufficiale del Miur sul bando in parola, del gennaio 2013, informava che già con «decreto direttoriale prot. n. 924/Ric del 7 dicembre 2012 i termini per la chiusura delle attività di valutazione da parte del MIUR, dei progetti presentati, erano stati procrastinati al 31 gennaio 2013, stante la difficoltà nell'individuazione di esperti internazionali di chiara fama da coinvolgere nelle attività di valutazione. Solo qualche giorno fa, il MIUR, grazie ad un accordo con i competenti servizi della Commissione Europea, ha avuto accesso alla banca dati degli esperti del 7o programma quadro e sono quindi in corso le attività di individuazione, richiesta di disponibilità e contrattualizzazione degli esperti internazionali. Per tali motivi non sarà possibile completare le valutazioni di prima fase entro il 31 gennaio 2013, e le stesse sono pertanto prorogate al 28 febbraio p.v.... Poiché, tuttavia, il Ministero riconosce un'alta valenza strategica al bando in questione, sarà massimo l'impegno della struttura affinché la valutazione di seconda fase si chiuda in tempi stretti, tali da recuperare, in massima parte, il tempo già trascorso...»;
   con il decreto direttoriale del 28 febbraio 2013, n. 371 è stata «approvata la graduatoria generale finale dei Progetti di Innovazione Sociale», che risultano ammessi al finanziamento se conseguono un punteggio complessivo non inferiore a 60 punti. L'articolo 2 di detto Decreto Direttoriale rinviava ad una successiva disposizione «affinché i Progetti giudicati ammissibili siano funzionalmente e strutturalmente collegati dal MIUR all'interno dei progetti esecutivi...»;
   successivamente, valutata la capienza della dotazione finanziaria ancora disponibile per detti Progetti di innovazione sociale con punteggio non inferiore a 60 punti (mediante la nota Prot. n. del 18 giugno 2013), è stato emanato il decreto direttoriale del 26 giugno 2013, n. 1222, che ha disposto una integrazione della graduatoria ammettendo al finanziamento ulteriori progetti fino a concorrenza delle risorse disponibili;
   a seguito degli esiti delle attività di valutazione tecnico-scientifica e delle relazioni istruttorie svolte rispettivamente dagli esperti tecnico-scientifici e dagli istituti convenzionati e verificata la correttezza della procedura espletata, è poi stato emanato il decreto del capo dipartimento del 31 ottobre 2013, prot. n. 2057, per approvare la graduatoria relativa ai progetti ammissibili; ad esso ha fatto seguito la nota del 13 febbraio 2014, prot. n. 3258, con la quale il direttore generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca nonché responsabile unico del procedimento (RUP), ha espresso parere favorevole all'accoglimento delle proposte di rimodulazione trasmettendo gli atti valutativi al capo dipartimento;
   è solo con il decreto direttoriale n. 498 del 13 febbraio 2014 che il Ministero ha proceduto all'approvazione definitiva della graduatoria dei progetti ammessi alle agevolazioni: tuttavia, l'articolo 2 di detto decreto ha disposto che «Con successivi e appositi decreti di finanziamento si procederà a disporre l'impegno finanziario per ciascuno dei Progetti..., comprensivi dei Progetti di Innovazione Sociale..., fatte salve tutte le verifiche, i controlli e gli adempimenti previsti ai sensi delle vigenti normative nazionali e comunitarie»;
   peraltro dalla tabella allegata al decreto n. 498 in parola si apprende che i fondi totali a disposizione del bando sono 350 milioni rispetto agli annunciati 665: a tale proposito, fonti giornalistiche (Repubblica, Espresso) riferiscono che 300 milioni sarebbero caduti in perenzione e quindi decurtati dalle effettive disponibilità del bando;
   ad oggi, non vi è ancora alcuna certezza né sulle modalità, né sulla tempistica con cui questi fondi europei verranno assegnati: del resto, la lunga elencazione degli atti ufficiali relativi al bando Smart Cities and Communities richiamata in premessa, testimonia un processo burocratico che rischia di compromettere inevitabilmente progetti che, per la loro natura innovativa, hanno invece bisogno di essere realizzati in tempi celeri per non essere «bruciati» da altri competitors internazionali;
   il bando Smart Cities and Communities indica il termine del 30 dicembre 2015 per il completamento delle attività, pena la perdita dei finanziamenti europei. A tale proposito, si ricorda che i progetti finanziati hanno un programma di attività di tre anni, come richiesto dal bando, e business-plan adeguati a questa tempistica;
   si segnala, che in alcuni casi, i progetti sono stati avviati subito dopo l'ammissione a finanziamento (primavera 2013), al fine di evitare che i ritardi compromettessero la buona riuscita della ricerca: in questi casi, l'attività di progetto procede con risorse personali dei ricercatori coinvolti, con evidente aggravio per la situazione economica del gruppo di lavoro che da oltre un anno mesi lavora senza compenso;
   peraltro, i giovani ricercatori presentatori di progetti ammessi alle agevolazioni non possono nel frattempo essere assunti, poiché il citato bando gli impone l'impossibilità di avere un contratto di lavoro parallelo a quello della sperimentazione, se non per un numero esiguo di ore;
   in un momento in cui la disoccupazione giovanile tocca percentuali da vero allarme sociale e di fronte alla possibilità di realizzare concretamente il tanto auspicato incontro tra giovani, enti locali, Università e impresa, è inaccettabile che lungaggini prive di motivi sostanziali rischino di vanificare l'opportunità offerta dal bando in questione –:
   come il Ministro interrogato intenda intervenire affinché siano immediatamente attribuite le agevolazioni previste ai progetti selezionati;
   quali siano le ragioni del dimezzamento dei fondi disponibili e quali iniziative intenda assumere per ripristinare le risorse originarie;
   poiché oltre un anno è stato impiegato nelle procedure di valutazioni, se il Ministro intenda considerare valide le attività nel frattempo svolte o se valuti di prorogare il termine delle attività di ricerca previste. (5-02844)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALIANTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle «indicazioni nazionali» per i licei (decreto ministeriale n. 211 del 2010), che accompagnano il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 di riordino dell'istruzione superiore liceale, a proposito dell'insegnamento della letteratura italiana per il quinto anno, relativamente al pieno Novecento, su 17 autori non è citato nessun meridionale o autore nato a sud di Roma e solo un'autrice donna (Elsa Morante);
   da tre anni un movimento culturale, promosso dal Centro di documentazione sulla poesia del Sud si mobilità per denunciare la questione ricevendo il sostegno di tantissime istituzioni, sia politiche che culturali, nonché di molti organismi editoriali;
   il Ministro interrogato in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino di Napoli pubblicata il 4 aprile 2014 dal titolo «Salvare la poesia del Sud programmi da cambiare» – ha dichiarato: «Non voglio fare difese d'ufficio nei confronti dei miei predecessori ma i temi da seguire al Ministero sono davvero tanti. Comunque qui non è questione di Nobel: gli autori meridionali che meritano sono molti di più. Penso a Scotellaro, Sciascia, Vittorini ... La ricchezza della letteratura italiana è distribuita in maniera equanime sul territorio e la sua conoscenza è cemento dell'unità del Paese. Mi sono occupata a lungo di promozione della lingua italiana nel mondo e ormai tutti, non solo in Europa, ci riconoscono questa nostra specificità. Studierò la questione e mi impegno ad arricchire questo elenco»;
   ad oggi però il testo «Indicazioni» risulterebbe essere rimasto invariato rappresentando così una «geografia» della letteratura italiana quasi totalmente a trazione settentrionale e tralasciando inoltre il ruolo fondamentale che le donne hanno avuto nella cultura del Novecento;
   le «Indicazioni» non sono prescrittive, ma «indicano» ai docenti una «traccia» da seguire, e perciò, nonostante l'autonomia scolastica e la libertà di insegnamento, condizionano le case editrici nel momento in cui realizzano i libri di testo per tutti i licei italiani –:
   se non intenda provvedere – in linea con quanto previsto dall'articolo 12, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 e come dichiarato dallo stesso Ministro – ad una revisione delle «Indicazioni», che dovrebbe precedere l'aggiunta ai 17 nomi di autori elencati di poeti e scrittori di altre regioni d'Italia e di autrici donna, che testimoniano idealmente ed esteticamente un altro modo di scrivere e di rappresentare la storia italiana;
   se non intenda integrare questo elenco entro un range temporale utile in modo così da consentire ai licei di ottemperare alle nuove prescrizioni già con la programmazione dell'anno scolastico 2014/2015. (4-04843)


   CAPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il testo dell'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 68 del 2012 prevede testualmente: «Le Istituzioni e le università esonerano totalmente dalla tassa di iscrizione e dai contributi universitari gli studenti che presentino i requisiti di eleggibilità per il conseguimento della borsa di studio e gli studenti con disabilità, con riconoscimento di handicap ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o con un'invalidità pari o superiore al sessantasei per cento»;
   in materia sono necessarie delle precisazioni relative alla differenza tra invalidità civile e la situazione di handicap poiché si tratta di due riconoscimenti diversi;
   la valutazione dell'invalidità civile si basa sulla riduzione della capacità lavorativa, con la conseguente attribuzione di una percentuale ai sensi del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509;
   in altre parole, la riduzione della capacità lavorativa è il concetto che deve essere valutato per determinare la percentuale d'invalidità, individuando anche in questo modo la capacità lavorativa residua. Tale riduzione non comporta l'impossibilità di un inserimento lavorativo, bensì la difficoltà di eseguire una determinata attività nei modi e nei limiti considerati normali per un individuo;
   nel riconoscimento dello stato di handicap, invece, viene presa in considerazione la difficoltà d'inserimento sociale dovuta alla patologia o menomazione riscontrata. Il concetto di handicap – sempre come definito dalla legge n. 104 del 1992 – esprime la condizione di svantaggio sociale che una persona presenta nei confronti delle altre persone ritenute normali e si differenzia dalla menomazione (fisica, psichica o sensoriale) che da quella condizione ne è la causa;
   in altre parole, lo stato di handicap per la sua valutazione tiene conto della difficoltà d'inserimento sociale della persona disabile, difficoltà che è dovuta alla patologia o menomazione di cui una questa persona è affetta;
   ai sensi del decreto citato sopra si prevede l'esonero dal pagamento delle tasse di iscrizione e dei contributi universitari per quegli studenti che sono in possesso della certificazione di handicap ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 104 del 1992, oppure per gli studenti che hanno una percentuale di invalidità pari o superiore al 66 per cento;
   da una prima lettura del comma 2 sembrerebbe che il legislatore abbia stabilito di dover esonerare dal pagamento delle tasse anzidette, in maniera disgiunta, i soggetti in possesso della certificazione di handicap, riconosciuta ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 104 del 1992, «oppure» quelli in possesso di un riconoscimento di invalidità civile pari o superiore al 66 per cento. Parrebbe infatti che con l'utilizzo della congiunzione disgiuntiva «o» si siano volute indicare due condizioni alternative l'una all'altra (handicap o invalidità pari o superiore al 66 per cento) e per niente concorrenti tra loro;
   la maggior parte delle università italiane (verificabile nei loro siti internet) esonerano dal pagamento delle tasse universitarie solo gli studenti con invalidità civile pari o superiore al 66 per cento e non quegli studenti che magari possiedono il riconoscimento di handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992 ma non una percentuale di invalidità superiore al 66 per cento –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di dare un'interpretazione autentica dell'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 68 del 2012 in modo che in tutti gli atenei italiani vi sia parità di trattamento tra studenti portatori delle problematiche di cui in premessa. (4-04849)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2011 fu bandito un concorso per il reclutamento di 224 dirigenti scolastici che avrebbe dovuto garantire, già a partire dal 2013, alle istituzioni scolastiche campane di coprire i posti vacanti;
   tale concorso è oggetto di un'inchiesta penale della procura della Repubblica di Napoli: dal contenuto delle intercettazioni pubblicate si fa cenno esplicitamente al fatto che la batteria dei quiz che avrebbero costituito la base per la prova preselettiva, batteria che sarebbe stata poi ufficialmente pubblicata il 1o settembre 2011, era già nota a qualcuno;
   tra inchieste di natura penale e ricorsi in sede amministrativa il concorso ha subito numerosi rallentamenti;
   la procedura è stata costellata da ricorsi e denunce ma il Tar Campania – sezione di Napoli – dopo aver sospeso le prove orali, ha poi accertato la piena legittimità dell'intera procedura concorsuale;
   con la ripresa delle prove orali ed in seguito alla loro conclusione, si attendeva da parte dei candidati risultati idonei la pubblicazione della graduatoria di merito, bloccata da tempo non si sa per quale motivo;
   a questo riguardo di recente è stata notificata una diffida giudiziale all'ufficio scolastico regionale con l'obiettivo di ottenere la conclusione del procedimento attraverso la pubblicazione della graduatoria di merito per non ledere i diritti dei concorrenti che a tutti gli effetti hanno superato legittimamente le prove –:
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere affinché si dia corso al più presto alla pubblicazione della graduatoria di merito bloccata da tempo. (4-04856)


   MANZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la studentessa D. G. si è immatricolata nel corrente anno accademico al corso di laurea magistrale in odontoiatria e protesi dentaria dell'università Politecnica delle Marche sulla base della graduatoria nazionale del 30 settembre 2013;
   a seguito dell'emanazione della nuova graduatoria del 18 dicembre 2013, per effetto del decreto ministeriale n. 986 del 2013: «Definizione delle procedure di applicazione dell'articolo 20 del decreto-legge 104/2013 convertito in legge 128/2013» e dalla conseguente inclusione del punteggio derivante dal bonus maturità, la D. G. ha ottenuto una posizione migliore, risultando ammissibile in sovrannumero al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia della medesima università;
   sulla base del comma 5 dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 986 del 2013: «i candidati in posizione utile di cui al comma 3 che alla data del 13 dicembre 2013 risultano già immatricolati in base alla graduatoria pubblicata il 30 settembre 2013, possono chiedere il trasferimento nell'a.a. 2014/15, nella sede in cui sono collocati secondo la graduatoria pubblicata il 18 dicembre 2013»; il nominativo della studentessa è stato inserito nell'elenco dei candidati trasferibili unicamente nel prossimo anno accademico, in quanto già immatricolata;
   ritenendo che la normativa sopracitata si applichi alla condizione di già immatricolato per un medesimo corso di studi e non diverso, come nel caso della studentessa in questione, l'università Politecnica delle Marche ha chiesto un riscontro urgente al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, chiedendo di autorizzare l'ammissione in sovrannumero della D. G. al corso di laurea magistrale in medicina chirurgica per l'anno in corso e non per il prossimo;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con nota del 21 febbraio 2014, ha rigettato tale istanza, ritenendo non condivisibile l'interpretazione della normativa da parte dell'università e sostenendo al contrario che, nell'ordine delle scelte del candidato, l'indicazione del corso di laurea è del tutto equivalente all'indicazione della sede universitaria;
   i test di ammissione di medicina ed odontoiatria sono a graduatoria nazionale congiunta ed è possibile per ogni studente effettuare un solo test e scegliere successivamente, in base al proprio punteggio ed alle proprie preferenze, prestabilite al momento dell'iscrizione, l'università da frequentare;
   in base alla graduatoria con bonus maturità la studentessa in questione si potrà spostare su una preferenza migliore che però non è un corso di odontoiatria, ma di medicina e quindi l'ateneo potrebbe non riconoscerle i crediti necessari per il secondo anno, cosa che porterebbe la candidata stessa ad iscriversi nuovamente al primo anno di medicina oppure a decidere di proseguire gli studi di odontoiatria regolarmente;
   situazione analoga si verificherà per tutti i sovrannumerari che chiederanno il passaggio di corso tra sedi diverse, laddove l'ateneo di destinazione non riterrà sufficienti per l'iscrizione al secondo anno i crediti formativi conseguiti nell'ateneo di provenienza –:
   se, alla luce dei fatti descritti, il Ministro interrogato ritenga necessario adottare delle iniziative ad hoc per sanare la situazione dei tanti studenti sovrannumerari che si trovano nella situazione della studentessa D. G. e se ritenga possibile un'iniziativa volta a far sì che gli atenei procedano all'ammissione al secondo anno con debiti formativi, in modo tale da garantire a tali studenti un adeguato inserimento didattico. (4-04866)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALIANTE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il trasferimento delle competenze istituzionali in materia di accertamento dei requisiti sanitari in materia di invalidità civile, cecità, sordomutismo, disabilità e handicap, dalla regione Campania all'INPS, in assenza di corrispettivi economici a carico dell'amministrazione regionale, rappresenta, certamente, un traguardo ragguardevole nei processi di razionalizzazione della spesa pubblica nell'erogazione di servizi ai cittadini, ma deve necessariamente tenere conto ed essere posto in essere a misura del territorio di destinazione;
   in provincia di Salerno le sedi INPS preposte allo svolgimento del servizio attualmente in funzione risulterebbero essere quelle di Salerno e di Nocera;
   la provincia di Salerno rappresenta un territorio sconfinato di circa 4000 chilometri quadrati, con aree periferiche poste a sud della provincia gravate da drammatiche condizioni di viabilità e di collegamento con la città capoluogo e poco servite dai mezzi di trasporto pubblico;
   tale condizione organizzativa tradotta in termini pratici determinerebbe un gravosissimo e complicatissimo onere nei confronti dei cittadini residenti nel basso salernitano e nell'area cilentana, già gravati dal loro status di portatori di handicap, ponendoli in una condizione di fatto di sostanziale isolamento e impossibilità di potersi confrontare con l'amministrazione dell'ente in questione per la fruizione dei servizi da esso erogati;
   alla luce di queste considerazioni, risulterebbe quanto mai opportuno un intervento per porre rimedio a questa situazione di gravissimo disagio che colpisce i cittadini della bassa provincia di Salerno, promuovendo l'attivazione di almeno un'altra sede operativa orientata alle valutazioni medico-legali, da ubicarsi nella parte sud della provincia che possa così favorire l'esercizio del servizio per gli utenti residenti nelle aree del Cilento-Vallo di Diano-Valle del Calore –:
   quali iniziative in suo potere intenda adottare per risolvere la problematica sopraesposta e per far sì che l'amministrazione dell'INPS proceda all'individuazione e all'attivazione di almeno una sede operativa dell'ente nella zona della bassa provincia salernitana. (4-04844)


   REALACCI, PIAZZONI, CHAOUKI e PILOZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo de Il Manifesto pubblicato il 16 maggio 2014, ripreso poi dalle pagine online di numerosi quotidiani nazionali, come La Repubblica, si apprende che gli appartenenti alla numerosa comunità indiana dei Sikh impiegati in nero o con contratti stagionali nel lavoro agricolo dell'area pontina verrebbero «dopati» per non sentire fatica e dolore, ovvero per lavorare di più;
   a denunciare lo sfruttamento è infatti un dossier della onlus «InMigrazione», che ha intervistato i braccianti indiani della zona agricola in provincia di Latina. Quella dell'agro pontino è infatti la seconda comunità sikh d'Italia, dopo Novellara (RE). La richiesta di forza-lavoro non qualificata da impiegare come braccianti nella coltivazione delle campagne ha incentivato la migrazione e convinto molti sikh a stabilizzarsi nelle provincia di Latina. Secondo le stime della Cgil, la comunità arriva a contare ufficialmente circa 12 mila persone, anche se è immaginabile un numero complessivo di 30 mila presenze;
   sarebbe stato messo poi in atto un vero e proprio mercato nero di oppiacei e anfetamine, al costo di 10 euro a dose, magari da mescolare al «Chai» il tè dei Sikh; ciò caratterizza un'altra barbara declinazione della già nota schiavitù messa in atto da «caporali» e «padroncini» senza scrupoli;
   quotidianamente nell'agro pontino un esercito silenzioso di uomini si reca a lavorare nei campi, spesso tutti i giorni della settimana e senza pause. Raccolta manuale di ortaggi, semina e piantumazione per 12 ore al giorno filate sotto il sole, chiamando «padrone» il datore di lavoro, subendo vessazioni e violenze di ogni tipo, irrorando nocivi agro-farmaci senza alcuna protezione. Quattro euro l'ora nel migliore dei casi, con pagamenti che ritardano mesi, a volte mai erogati, violenze e percosse, incidenti sul lavoro mai denunciati e «allontanamenti» facili per chi tenta di reagire;
   il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori in agricoltura è purtroppo una piaga storica dura da estirpare nel nostro Paese. Primariamente ha interessato i nostri connazionali e negli ultimi tre decenni gli immigrati regolari e non –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della terribile vicenda sopraddetta e se essa corrisponda al vero;
   quali iniziative urgenti di polizia e di controllo delle condizioni di lavoro nella provincia di Latina, anche per tramite dell'ispettorato provinciale del lavoro, dotato di opportune risorse umane per la verifica, intendano mettere in atto al fine di spezzare questa forma criminale di schiavitù, che non onora l'Italia e le numerose produzioni agroalimentari di qualità della provincia pontina. (4-04854)


   DI LELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   al fine di contrastare le frodi in materia di invalidità civile, il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge n. 102 del 2009, all'articolo 20, comma 1, stabilisce che «a decorrere dal 1o gennaio 2010 ai fini degli accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità le Commissioni mediche delle Aziende sanitarie locali sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo. In ogni caso l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS. Ai fini dell'attuazione del presente articolo l'INPS medesimo si avvale delle proprie risorse umane, finanziarie e strumentali, anche attraverso una razionalizzazione delle stesse, come integrate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 2007, concernente il trasferimento delle competenze residue dal Ministero dell'economia e delle finanze all'INPS»;
   la regione Campania, come previsto al successivo comma 4 del medesimo articolo, ai fini dell'attuazione delle disposizioni sopra richiamate ha stipulato in data 28 aprile 2014 apposito protocollo d'intesa con l'INPS che disciplina il subentro alla regione in tutte le funzioni di accertamento, nonché di rivedibilità dei requisiti sanitari di invalidità richiesti per l'erogazione dei trattamenti pensionistici;
   sino al 2 maggio 2014 tale funzione era esercitata dalle ASL nelle proprie sedi provinciali e nei distretti sanitari ampiamente diffusi sul territorio della regione;
   in provincia di Salerno, che da nord a sud si estende per oltre 200 chilometri, l'INPS ha attivato per l'accertamento dei requisiti sanitari solo due sedi operative, una presso la sede provinciale di Salerno e l'altra in quella di Nocera Inferiore;
   la drastica riduzione delle sedi comporta, pertanto, disagi particolarmente rilevanti per i cittadini di una vasta area della provincia di Salerno comprendente il Cilento e il Vallo di Diano, tenuto conto anche del precario sistema infrastrutturale e dei trasporti locali che non garantiscono agevoli spostamenti a soggetti anziani, bambini o persone sottoposte a protocolli e trattamenti sanitari particolari –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare affinché, anche in deroga al protocollo sottoscritto, alle due sedi individuate possa esserne aggiunta almeno un'altra da distaccare nel territorio sopra menzionato. (4-04863)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, ROSTELLATO, BECHIS e ALBERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Carmine De Guido, nato a Taranto il 10 giugno 1965, ha prestato servizio dal 1993 al 2005 per il PDS (Partito democratico della sinistra) e per il partito dei DS (Democratici di sinistra). Nel 2006 ha lavorato a Taranto con contratto da funzionario politico della federazione dei DS. Dal 2007 a febbraio 2012 ha lavorato, sempre a Taranto, per il PD (Partito democratico);
   nel febbraio 2012, per decisione del tesoriere dell'oramai disciolto partito dei DS, Ugo Sposetti, Carmine De Guido viene licenziato con la motivazione, fornita dallo stesso Sposetti e resa pubblica a mezzo stampa su un articolo apparso sul Corriere della Sera in data 7 aprile 2014, che il partito dei DS, essendo soggetto diverso dal PD, non può formalmente continuare a pagare gli stipendi per i soggetti prestanti servizio del PD;
   Carmine De Guido ha denunciato, sempre nello stesso articolo, che il proprio stipendio ha finito di essere elargito improvvisamente, senza che mai sia stata recapitata lettera di licenziamento al diretto interessato;
   dopo febbraio 2012, in conseguenza di ripetuti ma inutili incontri con diversi responsabili del partito per discutere del suo caso, De Guido decide di intentare causa di lavoro nei confronti della federazione del partito dei DS di Taranto e del PD della provincia di Taranto;
   nel luglio 2013, il giudice emette sentenza di reintegrazione di Carmine De Guido, considerando il licenziamento verbale non ammissibile;
   ad oggi, Carmine De Guido, nonostante la sentenza emessa, non è ancora stato reintegrato;
   nello stesso articolo, De Guido si rende disponibile a rinunciare alla propria reintegrazione pur di ottenere gli stipendi arretrati e la liquidazione a lui spettanti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se e quali iniziative anche normative intendano intraprendere i Ministri in relazione a vicende quali quella in premessa e all'esigenza che le pronunce definitive hanno la più sollecita attuazione. (4-04870)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LAURICELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il presente atto di sindacato ispettivo riguarda una delle pagine più delicate della cosiddetta «malasanità» italiana, a seguito della diffusione che si è registrata nel nostro Paese, a partire dalla fine degli anni ‘70, dei virus dell'epatite B, C e dell'HIV in soggetti che si erano sottoposti a trasfusioni di sangue o che avevano fatto uso di farmaci emoderivati;
   è nota la pendenza tuttora di molte centinaia di giudizi presso i tribunali italiani aventi ad oggetto il risarcimento danno alla salute derivato dai citati contagi;
   il legislatore è intervenuto nell'anno 2003 con il decreto-legge n. 89 convertito con modificazioni, dalla legge 20 giugno 2003 n. 141, che ha autorizzato la transazione dei giudizi aventi ad oggetto il risarcimento danno da trasfusioni di sangue o emoderivati;
   l'articolo 3, del citato decreto-legge, dispone che: «per le transazioni da stipulare con soggetti emotrasfusi danneggiati da sangue o emoderivati infetti, che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti, è autorizzata la spesa di novantotto milioni e cinquecentomila euro per l'anno 2003 e centonovantotto milioni e cinquecentomila euro, per ciascuno degli anni 2004 e 2005. Al relativo onere si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, dell'unità revisionale di base di parte corrente «Fondo Speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativa al Ministero della salute. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio»;
   con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono stati fissati i criteri in base ai quali sono definite le transazioni;
   successivamente, con decreto ministeriale 3 novembre 2003, sono stati fissati i criteri da utilizzare per la definizione delle transazioni da stipulare solo con i soggetti emofiliaci danneggiati da emoderivati infetti, e non anche con gli altri soggetti ugualmente contagiati e tutelati dalla predetta previsione legislativa;
   e tuttavia questo primo intervento non si rivelava sufficiente tant’è che il Ministero della salute riconosciuta la carenza nella previsione normativa, in seno al primo decreto interministeriale, che escludeva molti danneggiati che non venivano ricompresi nella declinazione del decreto ministeriale, nel giugno 2004, predisponeva un ulteriore schema di decreto interministeriale con cui venivano ammessi a partecipare alla procedura transattiva anche i talassemici ed altri; solo con la legge 29 novembre 2007 n. 222 (articolo 33) e la legge 31 dicembre 2007 n. 244 (articolo 2, commi 361 e 362), il legislatore ha, infine, autorizzato il Ministero della salute a concludere transazioni anche con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali, danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie «che hanno instaurato, anteriormente al 1o gennaio 2008, azioni di risarcimento danni e che siano tuttora pendenti», stabilendo apposito capitolo di bilancio per euro 150 milioni per il 2007 ed euro 180 milioni per; ciascuno degli anni successivi;
   la legge n. 222 del 2007 demandava al Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'emanazione del regolamento per procedere alle suddette transazioni, il quale, in esecuzione delle suddette leggi, veniva adottato con decreto ministeriale del 28 aprile 2009 n. 132, contenente la procedura per l'acquisizione delle domande di adesione alla procedura transattiva;
   con successiva circolare del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 20 ottobre 2009 n. 28, venivano fissate le modalità di presentazione delle predette domande di adesione alle transazioni;
   numerosi ricorrenti, quindi, attraverso la procedura RIDAB, prevista dalla circolare per l'invio telematico delle domande di adesione, rivolgevano istanza di partecipazione alla transazione, attenendosi pedissequamente a tutte le modalità e prescrizioni fissate dal Ministero della salute con le disposizioni menzionate;
   tuttavia, il Ministero della salute dal 19 gennaio 2010, acquisite le suddette istanze, ritardava l'emissione del decreto previsto dall'articolo 5 del decreto ministeriale n. 132 del 2009 per la definizione dell’iter amministrativo prodromico alla stipula della transazione e da allora ad oggi si è palesato il limite di un non pieno riconoscimento dei diritti in capo ai soggetti contagiati;
   le Associazioni a tutela dei diritti e/o interessi diffusi dei contagiati, di conseguenza diffidavano ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 198 del 2009 le Amministrazioni coinvolte ad assumere nel termine di giorni 90 dalla notifica tutte le iniziative utili alla definizione dell’iter amministrativo prodromico alla definizione delle transazioni previste dalla legge;
   con nota del 15 giugno 2011 il direttore generale dell'ufficio Vili del Ministero della salute in risposta alla predetta diffida, evidenziava la necessità dell'adozione di apposito decreto da concertare con il Ministero dell'economia e delle finanze ai fini della definizione del procedimento, confermando, in sostanza, come lo stesso, a distanza di oltre un anno dell'avvio, si trovasse ben lungi dall'essere definito, e precisando che la stipula degli atti transattivi restava subordinata ad una valutazione di opportunità dell'amministrazione, e che si trattava comunque di un contratto di natura privata tra le parti;
   veniva addirittura promossa una Class Action ex articolo 3 comma 2 del decreto legislativo decreto legislativo del 20 dicembre 2009, n. 198, iscritta con n. 6241 del 2011 R.G, definito con accoglimento delle istanze ivi formulate ed in conformità con le pronunce del Tar di Lecce e del Consiglio di Stato, che qualificavano la natura del procedimento stesso, la cui pronuncia è stata impugnata dal Ministero della salute soccombente avanti al Consiglio di Stato;
   con il decreto del 4 maggio 2012, era disposta la definizione dei moduli transattivi in applicazione dell'articolo 5 del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze 28 aprile 2009, n. 132;
   nella elencazione di questa cronologia di interventi va evidenziato che, ad oggi, non risultano ancora essere state sottoscritte transazioni nonostante la previsione di somme dovute per la liquidazione delle transazioni da stipulare con soggetti emotrasfusi danneggiati da sangue o emoderivati infetti che hanno instaurato azioni risarcimento danni e, anche, per somme dovute a titolo di indennizzo e risarcimento ai soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, stabilite nel bilancio del ministero della salute nella apposita tabella nel triennio 2012-2014 pari a 180 milioni e 152 milioni di euro per ciascun anno del triennio –:
   se e quali iniziative il Governo, ed in particolare il Ministro della salute intenda attivare e in che tempi, per consentire la ripresa delle transazioni avviate sulla base della legge 222 del 2007 evitando che vi siano soggetti danneggiati che possano essere esclusi dal processo di indennizzo emanando, qualora necessario, un apposito decreto ministeriale che stabilisca importi congrui ed equi per tutti i soggetti danneggiati, al fine di evitare ulteriori lesivi ed ingiustificati ritardi. (5-02843)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO, MANTERO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, DI VITA, CECCONI e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi gli organi di informazione hanno dato rilevanza all'ennesima notizia relativa a dirigenti medici pubblici che avrebbero creato un ingente danno erariale e una vera truffa nei confronti del Servizio sanitario nazionale;
   in tutta Italia sono stati segnalati alla Corte dei conti, dalla guardia di finanza, 83 dirigenti medici per un danno erariale di oltre 5,9 milioni di euro, per aver violato le norme che disciplinano l'attività «intramoenia»;
   48 degli 83 dirigenti medici sono stati denunciati per truffa al servizio sanitario nazionale e peculato per aver trattenuto illecitamente compensi spettanti alle aziende sanitarie di appartenenza;
   l’«intramoenia» consente ai dirigenti medici, che ricevono un emolumento per avere un rapporto di esclusiva con le A.S.L. di appartenenza, di esercitare attività libero - professionale a pagamento al di fuori dell'orario di lavoro usufruendo dei macchinari e delle strutture sanitarie pubbliche previa autorizzazione dell'azienda sanitaria che, in cambio, percepisce una quota dei compensi corrisposti dagli utenti, come si legge dal comunicato stampa della Guardia di finanza;
   il Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della guardia di finanza ha svolto in 18 regioni e 65 province una preventiva attività di analisi per individuare personale della dirigenza medica – autorizzato all'attività libero professionale intramuraria – che avesse indebitamente percepito emolumenti a titolo di indennità di esclusività o retribuzioni di posizione e di risultato in violazione del vincolo di esclusiva stabilito nei confronti della pubblica amministrazione;
   l'attività di analisi preventiva avrebbe individuato dirigenti medici che hanno assunto incarichi extraprofessionali non autorizzati in strutture sanitarie private e dirigenti medici che, invece, hanno truffato le ASL non dichiarando le attività svolte nelle strutture pubbliche e trattenendo le quote dei compensi spettanti al servizio sanitario nazionale;
   sono stati effettuati: a) sequestri preventivi per equivalente per oltre 2,9 milioni di euro; b) richieste misure interdittive nei confronti di 10 dirigenti medici; c) segnalazioni di ben 33 società e 45 persone all'Agenzia delle entrate, in qualità di committenti degli incarichi indebitamente conferiti ai dirigenti medici pubblici, con sanzioni per oltre 1.240.000 euro;
   in particolare, nelle regioni Lazio, Puglia, Toscana, Calabria, Campania e Lombardia sono stati riscontrati i maggiori picchi di irregolarità;
   nel Lazio, vi è stato un danno erariale pari ad euro 1.379.746,27, 14 medici segnalati alla Corte dei conti, di cui 8 denunciati anche alla magistratura ordinaria;
   in Puglia, un danno erariale pari ad euro 942.048,20, 9 medici segnalati alla Corte dei conti, di cui 6 denunciati anche alla magistratura ordinaria;
   in Calabria, si calcola un danno erariale pari ad euro 593.959,81, 2 medici segnalati alla Corte dei conti, di cui 1 denunciato anche alla magistratura ordinaria;
   in Toscana, è stato riscontrato un danno erariale pari ad euro 514.462,78, 6 medici segnalati alla Corte dei conti, di cui 4 denunciati anche alla magistratura ordinaria;
   in Campania, un danno erariale pari ad euro 443.098,65, 7 medici segnalati alla Corte dei conti, di cui 3 denunciati anche alla magistratura ordinaria;
   in Lombardia è stato rilevato un danno erariale pari ad euro 433.975,72, 9 medici segnalati alla Corte dei Conti, di cui 8 denunciati anche alla magistratura ordinaria –:
   se il Ministro intenda intraprendere al più presto opportune iniziative al riguardo, anche normative, definendo le modalità di intervento dirette a evitare il perpetuarsi di tali episodi. (4-04864)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 1 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 30 del 2010, autorizzava il Ministero degli affari esteri a bandire concorsi per un massimo di 35 unità lavorative annue nell'arco di tempo 2010-2014;
   il Ministero degli affari esteri ha bandito, il 4 aprile 2014, tramite decreto ministeriale un nuovo concorso per 35 posti di segretario di legazione;
   l'articolo 4, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, stabilisce che per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali è subordinata alla verifica dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti ed approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza;
   all'osservanza di tale regola il dipartimento della funzione pubblica ha richiamato con circolare n. 5 del 21 novembre 2013, vistata dalla Corte dei conti, tutte le amministrazioni pubbliche;
   in questa circolare sono indicate anche le risorse finanziarie destinate all'attuazione di tale meccanismo, e si precisa che sullo scorrimento delle graduatorie degli idonei, vigenti e approvate dal 1o gennaio 2007, c’è un vincolo, previsto dal legislatore, allo scorrimento delle stesse rispetto all'avvio di nuove procedure concorsuali;
   pertanto, in forza di tale sopravvenuta normativa, l'amministrazione del Ministero degli affari esteri, nel bandire il nuovo concorso, non può sottrarsi all'obbligo del preliminare scorrimento delle graduatorie vigenti;
   tale obbligo, come stabilito dalla seconda sezione del TAR Lazio con la sentenza n. 10375 del 3 dicembre 2013, è di applicazione, quanto ad ambito oggettivo, indistintamente a tutte le Amministrazioni, senza limitazioni di carattere soggettivo ed oggettivo;
   il diritto allo scorrimento presuppone unicamente la presenza di una graduatoria valida ed efficace, e sorge non appena l'amministrazione decida di procedere al concorso, essendo ormai la pubblica amministrazione privata, in base alla nuova disciplina, di ogni discrezionalità e vincolata a tale procedimento (con la sola alternativa della non indizione di un nuovo concorso);
   ciò è affermato dalla sentenza della quinta sezione del Consiglio di Stato n. 6209 del 23 dicembre 2013;
   la norma con cui il Ministero degli affari esteri era stato autorizzato a bandire annualmente, dal 2010 al 2014, concorsi di accesso alla carriera diplomatica per un contingente annuo non superiore a 35 posti va integrata con la nuova disposizione di cui al menzionato articolo 4, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 101 del 2013;
   dunque l'emanazione del bando del 2014 non può che conseguire da una nuova autorizzazione, da rilasciare previo accertamento dell'avvenuto scorrimento delle graduatorie vigenti;
   nessuna norma di legge autorizza il Ministero degli affari esteri a sottrarsi a tale obbligo, che comporta la copertura dei posti con l'utilizzazione delle graduatorie degli idonei vigenti e approvate dal 2007;
   il bando di concorso, come quelli precedenti, era stato autorizzato per la copertura di 35 posti vacanti, sicché gli idonei, in numero ben inferiore a quello dei posti disponibili, ben possono essere nominati, rimanendo altri posti da coprire con la prova concorsuale: infatti il citato articolo 4 è norma meramente autorizzatoria e non fissa un limite minimo di posti da coprire, ma solo massimo;
   va inoltre considerato che lo scorrimento delle graduatorie non pregiudica né la cadenza periodica annuale del concorso, che ben può essere indetto con tale frequenza temporale, né l'esigenza di garantire il massimo e più aggiornato livello di preparazione, elemento anch'esso richiamato dal bando del 2014 come da quelli precedenti, poiché una tale esigenza non risulta incompatibile con lo scorrimento della graduatoria alla luce della valutazione di idoneità riportata all'esito di una precedente procedura concorsuale;
   nel penultimo paragrafo delle premesse del bando in questione sono citati con le sole date la sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 2011, che ha sancito il principio dell'obbligatorietà del previo scorrimento della graduatoria in caso di indizione del concorso, un parere consultivo del Consiglio di Stato dell'8 gennaio 2014, di cui si ignora quale rilevanza possa avere assunto nell'adozione del bando, e la sentenza del TAR del Lazio n. 03558/2014, peraltro neppure passata in giudicato;
   detti pronunciamenti non fanno né possono fare in alcun modo testo poiché non menzionano né tengono conto delle sopravvenute rigorose nuove norme che hanno novellato la materia sullo scorrimento delle graduatorie imposte dal decreto-legge n. 101 del 2013, le quali non danno adito ad alcuna incertezza applicativa né ad interpretazioni restrittive quali quelle finora avanzate dal Ministero per giustificare la mancata assunzione degli idonei;
   la pubblicazione del bando, disattendendo l'obbligo ed il vincolo normativo allo scorrimento delle graduatorie degli idonei, è avvenuta in palese violazione di una legge dello Stato;
   va scongiurato il gravissimo e irreparabile danno che agli idonei delle graduatorie vigenti ed approvate dal 2007 deriverebbe dalla eventuale mancata applicazione, da parte del Ministero degli affari esteri, delle disposizioni sullo scorrimento delle graduatorie, da ultimo rese vincolanti dal citato decreto, n. 101 del 2013, senza alcuna possibilità di deroghe o eccezioni;
   dovendo l'attività della pubblica amministrazione svolgersi nei limiti imposti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, l'eventuale comportamento doloso o colposo da parte della stessa pubblica amministrazione in violazione del suddetto diritto soggettivo, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione, farebbe scaturire le conseguenze stabilite dall'articolo 2043 del codice civile, con conseguente risarcimento del danno a favore dei soggetti lesi;
   i Ministeri devono rigorosamente rispettare il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità ed amministrativa e ora definitivamente sancito dal citato articolo 4, comma 3, lettera b), secondo cui la regola dello scorrimento delle graduatorie da luogo ad un diritto soggettivo in favore degli idonei;
   il MAE ha già affermato di ritenere il decreto-legge n. 1 del 2010 lex specialis, e che quindi non si debba applicare alla situazione in esame il decreto legge n. 101 del 2013, né nella parte in cui si dice che l'autorizzazione vada chiesta alla funzione pubblica, né nella parte in cui si dice che adesso l'autorizzazione avvenga previo scorrimento delle graduatorie;
   il citato decreto-legge ha novellato tutta la materia dei bandi e dei concorsi, ed è successivo al decreto-legge n. 1 del 2010;
   dunque per il principio di ordinamento delle fonti dovrebbe essere questa più recente normativa a legiferare sul bando in esame;
   inoltre la scelta del MAE sembra in contrasto con la ratio dell'intervento del legislatore, finalizzato palesemente a far scorrere le graduatorie;
   lo scorrimento non inficia l'autorizzazione a bandire: difatti lo stesso Ministero ha in passato bandito previo scorrimento, e la quota di 35 unità prevista dal decreto legge n. 1/2010 rappresenta solo il numero massimo, e non minimo;
   le sentenze del TAR e del Consiglio di Stato sull'argomento sono state superate dalla novella legislativa;
   anche qualora fosse possibile dubitare del problema autorizzatorio, è impossibile dubitare dello scorrimento –:
   se non ritenga il Ministero degli affari esteri di dover procedere, in concomitanza con il bando per il 2014, allo scorrimento delle graduatorie degli idonei di cui al decreto-legge n. 101 del 2013 ed alla loro nomina a segretario di legazione;
   se il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione non ritenga opportuno sospendere la procedura del bando di concorso indetto con decreto ministeriale 5015 del 2014 se e fino a quando il Ministero degli affari esteri non abbia provveduto alla copertura dei posti vacanti nel ruolo dei segretari di legazione mediante l'obbligatorio scorrimento delle anzidette graduatorie e la nomina degli idonei;
   se non si ritenga possibile leggere le due norme in modo combinato, con autorizzazione già data e scorrimento obbligatorio.
(2-00543) «Scotto, Palazzotto».

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Santerini e altri n. 1-00455, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Binetti.

  La mozione Palazzotto e altri n. 1-00466, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Costantino.

  La mozione Fiano e altri n. 1-00467, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Amoddio, Zampa, Carnevali.

Apposizione di firma ad una risoluzione in Commissione e indicazione dell'ordine dei firmatari.

  La risoluzione in Commissione Sani ed altri n. 7-00373, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Dal Moro, e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Sani, Lupo, Oliverio, Catania, Franco Bordo, Schullian, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Marrocu, Mongiello, Palma, Parentela, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Zanin».

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Locatelli e Pisicchio n. 2-00541, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Misiani.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Della Valle e altri n. 4-03785, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Luigi Di Maio.

Cambio presentatore ad una interpellanza e ritiro firma.

  Interpellanza Bellanova n. 2-00037, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capone che ne diventa primo firmatario e contestualmente deve intendersi ritirata la firma della deputata Bellanova.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Baldassarre n. 4-04809, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 228 del 14 maggio 2014.

   BALDASSARRE e GAGNARLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da interrogazione pubblicata sul sito istituzionale del comune di Arezzo, presentata dal consigliere Daniele Farsetti, si apprende che la gestione degli asili Acropoli e Pallanca verrà esternalizzata con affidamento ai privati;
   gli alunni interessati a tale riorganizzazione del servizio saranno circa 200;
   in merito alla situazione suddetta si prevedono 23 pensionamenti di insegnanti a fronte di solo 3 assunzioni entro il 2015;
   l'articolo 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 pone precisi limiti alla possibilità di assunzioni per gli enti locali fissando il margine di manovra al «limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni verificatesi nell'anno 2010»;
   la Corte dei conti a sezioni riunite con delibera n. 46 del 29 agosto 2011 si è pronunciata in merito deliberando che: «dal divieto di assunzioni e dal limite delle stesse, stabilito nella misura del 20 per cento delle cessazioni dell'anno precedente, sono escluse le assunzioni del personale appartenente alle categorie protette ex legge n. 68 del 1999, nonché quelle per lo svolgimento di servizi infungibili ed essenziali»;
   l'articolo 1 della legge 146 del 1990, modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, stabilisce che: «sono considerati servizi essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione e alla libertà di comunicazione»; è altresì ritenuto necessario «assicurare la continuità dei servizi degli asili nido e delle scuole materne»;
   appare agli interroganti che risulti leso il diritto costituzionale all'educazione scolastica continuativa in merito alla vicenda suddetta –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché comuni «virtuosi» sotto il profilo del bilancio – come quello di Arezzo – possano procedere in deroga ai limiti imposti dal decreto-legge 78 del 2010 in merito ai servizi essenziali quali l’«assicurare la continuità dei servizi degli asili nido e delle scuole materne»;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano porre in essere ogni azione volta alla tutela dei bambini che subiranno tali suddette criticità;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, non ritengano di dover intervenire al fine di sopperire alle criticità suddette in merito alle carenze di insegnanti previste entro il 2015. (4-04809)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Dadone n. 2-00539 del 13 maggio 2014;
   interpellanza urgente Costantino n. 2-00542 del 13 maggio 2014.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Cominardi e altri n. 4-04831 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 229 del 15 maggio 2014.
  Alla pagina 13092, prima colonna, dalla riga quarantaduesima alla riga quarantatreesima, deve leggersi: «settore di polizia di frontiera presso Montichiari» e non «settore di polizia di frontiera presso Montechiari», come stampato.