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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 8 maggio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nel primo trimestre 2014 si è registrato un numero di persone arrivate via mare in Italia tre volte superiore a quello rilevato nello stesso periodo nel 2013 (non solo a Lampedusa ma in altre località della Sicilia), mentre sono state in totale circa 43.000 le persone che sono arrivate via mare nel 2013;
    grazie all'operazione Mare Nostrum circa 20.000 naufraghi sulle coste Siciliane sono stati messi in salvo con il pattugliamento navale iniziato il 18 ottobre 2013. Nell'ambito della stessa operazione sono stati arrestati circa 200 scafisti e svolti numerosi interventi sanitari, evitando altre tragedie del mare come quella del 3 ottobre 2013 in cui perirono 366 persone, donne, uomini e bambini o altre come quella avvenuta nel mar Egeo al largo di Samos dove sono morte almeno 22 persone;
   i flussi migratori che arrivano sulle coste italiane sono costituiti sia da migranti economici che profughi politici. Tuttavia, in questi mesi, come ha affermato il Ministro Alfano nella informativa svolta il 16 aprile 2014 presso la Camera, gli arrivi sono composti In gran parte da rifugiati. Molti fuggono dalla guerra in Siria (un quarto degli arrivi del 2013 era rappresentato da siriani), altri dall'Eritrea, sud Sudan, e altri Paesi africani in preda a guerre o instabilità politica;
   spesso la situazione caotica nei Paesi di transito degenera in violenza verso i migranti (per esempio, i campi di detenzione in Libia o la violenza dei trafficanti nel deserto del Sinai);
    Italia, Grecia e Spagna, sono i Paesi che sopportano l'onere di affrontare la situazione degli sbarchi del Mediterraneo, ma servirebbe una maggiore solidarietà a livello europeo ed il semestre a guida italiana sarà un'occasione per discutere questi temi;
    l'Unione europea spende annualmente 80 milioni di euro, a carico dei contribuenti europei, nell'ambito del programma Frontex. Lo stanziamento di circa 9 milioni di euro mensili, assegnato all'Italia per soccorrere i migranti, non deve essere sospeso ma confermato e se possibile aumentato. L'accoglienza e la sicurezza, la protezione e il pattugliamento che l'Italia ha garantito con una iniziativa unilaterale attende ora un rafforzamento da parte dell'Unione europea;
   il flusso ininterrotto di profughi dalla Siria ha come destinazione finale non l'Italia ma altri Paesi europei. Una delle principali tappe di transito in Italia è Milano, che si è fatta carico di accogliere la quota maggiore di rifugiati siriani negli ultimi mesi;
    il resettlement e la distribuzione dei profughi nella rete di accoglienza in tutte le regioni vanno migliorati e si deve prevedere il coinvolgimento nell'accoglienza, attraverso la Conferenza Stato regioni, degli enti locali, con un piano coerente e organico che eviti Interventi paralleli e non coordinati e per di più costosi;
    il sistema dei CIE, finora allestiti, ha mostrato numerose carenze e inadeguatezze,

impegna il Governo:

   a richiedere presso la Commissione europea un ulteriore supporto – anche tramite maggiore assistenza finanziaria delle operazioni Frontex – nello sforzo messo in atto dall'Italia per far fronte all'ingente flusso di sbarchi ed evitare nuove vittime;
   a sostenere presso le istituzioni europee l'opportunità di rivedere le norme del regolamento (CE) n. 604/2013 cosiddetto «Dublino 3», prevedendo la possibilità di far richiedere ai rifugiati domanda di asilo, già nei Paesi di transito e non solo nel primo Paese di arrivo al fine di evitare i «viaggi della morte» per mare;
   ad adoperarsi per realizzare, in prospettiva, un ufficio europeo dell'immigrazione in territorio nordafricano che abbia, oltre alle opportune missioni nelle aree di maggiore afflusso, una sede permanente e prevedere centri di accoglienza europea in Sicilia, per consentire ai profughi che ne abbiano diritto il successivo reinsediamento, in tempi brevissimi, verso tutti i Paesi dell'Unione, con preferenza per quelli dove essi abbiano già legami familiari.
(1-00455) «Santerini, Marazziti, Schirò, Dellai».


   La Camera,
   premesso che:
    il giorno 3 maggio 2014 il maltempo si è abbattuto sulla regione Marche creando ingenti anni e devastazione in particolar modo lungo la costa dove ha causato 3 morti e centinaia di sfollati;
    dall'inizio della legislatura il Parlamento è stato costretto ad affrontare emergenze legate ad alluvioni nelle regioni Toscana, Emilia Romagna e Sardegna;
    per le Marche si tratta del quinto evento calamitoso in 4 anni con l'ultimo registrato a novembre 2013 quando la regione Marche era già stata coinvolta da gravi fenomeni di dissesto idrogeologico ed esondazioni dei corsi d'acqua a causa delle abbondanti piogge con conseguenti allagamenti e ingenti danni alle abitazioni e alle attività industriali e agricole soprattutto dell'entroterra;
    questa volta i danni coinvolgono proprietà private ma anche scuole e vie di comunicazione e a forte rischio risultano tutte le attività legate alla stagione turistico – balneare estiva prossima all'avvio;
    la contabilità dei danni, appena agli inizi, parla già di oltre 60 milioni di euro solo per il settore agricolo che vede i raccolti a rischio, stalle allagate, animali morti e il settore dell'ortofrutta e del vivaismo in ginocchio;
    la zona maggiormente colpita e dove si sono registrate le tre vittime e i maggiori danni è quella del comune di Senigallia;
    a Fermo una frana si è abbattuta in via Pompeiana, una strada comunale che collega la città alla costa. Danni alle attività commerciali si registrano anche a Porto San Giorgio e a Porto Sant'Elpidio. Qui la spiaggia appena ripulita dai resti dell'alluvione del 2013 per l'avvio della stagione estiva (erano stati spesi 100 mila euro) è di nuovo invasa da detriti e rami di alberi. Si stima che in città i danni complessivi sfiorino i 600-700 mila euro;
    nell'entroterra Pesarese intorno alla città di Urbino altri smottamenti hanno interrotto la viabilità locale e compromesso la potabilità dell'acqua;
    anche nella provincia di Ascoli Piceno si sono verificate numerose frane e una in particolare ha interrotto la Salaria che collega il capoluogo con alcuni comuni limitrofi;
    lungo la costa si registrano danni anche nell'area a confine delle province di Ancona e Pesaro e in particolare nei comuni di Marotta e Gabicce Mare;
    altro problema da non sottovalutare sarà quello legato allo smaltimento dei rifiuti speciali che non poche preoccupazioni e disagi aveva già procurato a novembre quando le spiagge erano state invase dai materiali trasportati dai fiumi in piena;
    la contabilità dei danni legati al fenomeno del dissesto idrogeologico segna l'ennesimo incremento e la straordinarietà dei fenomeni meteorologici non possono togliere l'attenzione dalla gravità in cui versa la manutenzione del territorio;
    i dati parlano di 5.400 alluvioni e 11.000 frane registrate negli ultimi 80 anni con un coinvolgimento, negli ultimi 20 anni, di oltre 70.000 persone e danni per circa 30 mila miliardi di euro;
    in base al report del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel 2008 in ben 6.633 comuni italiani sono presenti aree a rischio idrogeologico, l'82 per cento del totale. La superficie delle aree ad alta criticità idrogeologica si estende per 29.517 chilometri quadrati, il 9,8 per cento dell'intero territorio nazionale, di cui 12.263 chilometri quadrati (4,1 per cento del territorio) a rischio alluvioni e 15.738 chilometri quadrati (5,2 per cento del territorio) a rischio di frana;
    l'indagine Ecosistema Rischio 2011 elenca una serie di dati che non fanno altro che confermare in modo scientifico una realtà ormai conclamata e ben nota e cioè l'elevata tendenza del territorio italiano al dissesto idrogeologico. Secondo questi dati sono oltre 5 milioni i cittadini che si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni mentre sono 1.121 i comuni in cui sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana, e nel 31 per cento dei casi in tali zone sono presenti addirittura interi quartieri. Nel 56 per cento dei comuni campione dell'indagine, in aree a rischio, sono presenti fabbricati industriali che, in caso di calamità, comportano un grave pericolo, oltre che per le vite dei dipendenti, per l'eventualità di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni;
    il 26 marzo 2014 l'ISPRA ha presentato il rapporto «Il consumo di suolo in Italia» realizzato grazie ai dati della rete di monitoraggio del consumo di suolo realizzata con la collaborazione delle Agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome che permette di ricostruire l'andamento del consumo di suolo verificatosi dal dopoguerra ad oggi. I dati parlano di 70 ettari al giorno, ossia 8 metri quadrati al secondo, di suolo sigillato. A livello nazionale si è registrata una perdita di suolo passata dal 2,9 per cento degli anni ’50 al 7,3 per cento del 2012 con un incremento di 4 punti percentuali. In termini assoluti corrisponde a 22.000 chilometri quadrati di terreno impermeabilizzato;
    la regione Marche in particolare ha registrato uno dei dati più alti raggiungendo il 10,2 per cento di superficie consumata e questo nonostante le particolari caratteristiche orografiche del territorio caratterizzato perlopiù da rilievi montuosi e collinari con strisce pianeggianti localizzate lungo le valli alluvionali e la costa;
    proprio sulla fascia costiera si concentra una parte delle analisi condotte dall'ISPRA che ha rilevato come nella fascia compresa entro i 10 chilometri dalla costa il consumo di suolo assume valori nettamente superiori e continua a crescere più velocemente rispetto al resto del territorio nazionale passando dal 4 per cento degli anni ’50 a 10,5 per cento nel 2012;
    tutto questo a fronte di un incremento demografico fortemente rallentato e che fa sì che se negli anni ’50 la quota di superficie di suolo consumata pro-capite fosse stimata in 178 metri quadri per abitante nel 2012 si è attestata a 369 metri quadri per abitante;
    quando si parla di impermeabilizzazione dei suoli non ci si riferisce solo alla realizzazione di edifici destinati all'abitare e alle attività produttive ma anche alle infrastrutture quali strade e ferrovie. Proprio la regione Marche è attualmente interessata da una serie di progetti in fase di autorizzazione che comporteranno la realizzazione di numerose arterie stradali e ferroviarie spesso contrastate dai cittadini e in alcuni casi previste su aree a forte rischio idrogeologico, come ad esempio il progetto di realizzazione del by-pass ferroviario previsto nel comune di Falconara nell'area della raffineria API;
    a proposito di questi fenomeni di cementificazione si è espresso anche il presidente dell'ordine degli ingegneri della provincia di Ancona il quale ha affermato che «Forse sarebbe ora di smettere di parlare del consumo di suolo, del continuo incremento di aree impermeabilizzate, della riduzione delle aree agricole e naturali, ma cominciare davvero a invertire queste tendenze. C’è da chiedersi se nelle aree interessate dai tragici eventi di venerdì e sabato non si sia disarmato il territorio da quelle difese ambientali, fondamentali nella tutela dell'habitat. Serve maggiore attenzione nelle modalità con cui interveniamo sul territorio. Il mare, i fiumi, tutti i corsi d'acqua continuano puntualmente a riprendersi quanto è stato loro tolto»;
    il Sistema nazionale dei centri funzionali, promosso dal dipartimento della protezione civile, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, si propone di realizzare una rete di centri operativi per il «Sistema di allertamento» nazionale distribuito ai fini di protezione civile che, attraverso attività di previsione, monitoraggio e sorveglianza in tempo reale degli eventi e dei conseguenti effetti relativi sul territorio, sia di supporto alle decisioni delle autorità preposte all'allertamento delle diverse componenti del Servizio nazionale di protezione civile e alle diverse fasi di gestione dell'emergenza in attuazione dei «Piani di emergenza di protezione civile» provinciali e comunali;
    la direttiva emanata dal Presidente del Consiglio dei ministri il 27 febbraio 2004, inserendosi nel contesto nazionale, detta gli indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale di tale sistema di allertamento; definisce i soggetti istituzionali e gli organi territoriali coinvolti nelle attività di previsione e prevenzione del rischio e di gestione dell'emergenza; stabilisce gli strumenti e le modalità con cui le informazioni relative all'insorgenza ed evoluzione del rischio idrogeologico ed idraulico, devono essere raccolte, analizzate e rese disponibili alle autorità coinvolte,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per attivare, in tempi rapidi, delle linee di credito per la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo danneggiati dall'evento alluvionale, in relazione al danno effettivamente subito, in misura adeguata e sufficiente a coprire integralmente le spese sostenute;
   ad assumere iniziative per prevedere risarcimenti anche per i danni opportunamente accertati e stimati subiti per i beni mobili e per il ripristino delle scorte andate distrutte o per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni mobili strumentali all'esercizio delle attività;
   ad adottare iniziative per garantire gli ammortizzatori sociali ai lavoratori costretti all'inattività a causa degli eventi alluvionali e disporre una moratoria sul pagamento dei contributi a favore dei datori di lavoro;
   ad assumere iniziative finalizzate ad escludere dal patto di stabilità interno relativo agli anni 2014 e 2015 le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalla regione, dalla provincia e dai comuni, nonché le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale, alle conseguenti opere di ripristino e ad opere di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico;
   a far rientrare le misure e gli interventi da mettere in atto nella logica multidisciplinare e sistemica della pianificazione di bacino, coerentemente con quanto previsto dalla direttiva quadro sulle acque (direttiva 2000/60/CE) e dalla direttiva relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (direttiva 2007/60/CE);
   a far sì che le risorse annualmente destinate dal Governo per il dissesto idrogeologico, prevedano un'adeguata ripartizione tra finanziamento di interventi per la prevenzione e finanziamento di interventi per le emergenze in modo da poter quantificare i finanziamenti in maniera certa e da favorire un graduale passaggio dall'emergenza alla prevenzione;
   a prevedere, nell'utilizzo delle risorse che verranno individuate, meccanismi che favoriscano la delocalizzazione in aree sicure degli edifici costruiti nelle zone colpite dall'alluvione ed evidentemente a rischio idrogeologico;
   ad inviare una relazione alle competenti Commissioni parlamentari su:
    a) quale sia lo stato di redazione e conoscenza della popolazione, nei comuni colpiti da eventi calamitosi, dei piani di emergenza in caso di allerta meteo, nonché sull'attendibilità dei piani di evacuazione e prima accoglienza;
    b) quale sia lo stato di implementazione della rete del sistema di allertamento nazionale, con particolare riferimento alle metodologie tecnico – scientifiche attualmente impiegate dai singoli centri funzionali regionali in relazione alle capacità di prevedere, monitorare e gestire le situazioni emergenziali relative al rischio idrogeologico ed idraulico;
   ad assumere iniziative normative per vincolare i proventi degli oneri di urbanizzazione esclusivamente alla realizzazione di strutture e infrastrutture in loco, alla mitigazione del rischio idrogeologico o alla realizzazione di misure compensative per ottenere invarianza idraulica.
(1-00456) «Terzoni, Agostinelli, Cecconi, Segoni, Mannino, De Rosa, Zolezzi, Micillo, Busto, Daga».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi del settore dei call-center in Italia non è più sostenibile e senza adeguate misure di contenimento si aprirà a breve un problema molto serio di tenuta occupazionale;
    secondo i dati forniti dai sindacati, infatti, nei prossimi sei mesi potrebbero chiudere alcuni grandi imprese di call center con la conseguente perdita di oltre 10.000 posti di lavoro;
    del resto, gare al massimo ribasso, non solo nel privato ma anche nel pubblico, delocalizzazioni selvagge e procedure di dumping sui mercati esteri stanno mettendo in ginocchio un settore presso il quale operano circa 80.000 persone, tra cui giovani e donne, su tutto il territorio nazionale ed in particolare nel Sud del Paese;
    i problemi principali del settore dei call center derivano, in particolare, dal ricorso frequente al sistema del massimo ribasso nelle gare di appalto che il più delle volte spingono le imprese a delocalizzare la propria attività produttiva in quei Paesi del mondo in cui il costo della manodopera e, come noto, di gran lunga inferiore;
    le gare al massimo ribasso, per altro, oltre a penalizzare la qualità dei servizi di call center nel settore pubblico e privato, non consentono neanche un reale risparmio per la collettività e, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, rappresenta un grave errore continuare a non considerare che i prezzi praticati dalle imprese debbano tenere conto dei costi reali del personale e non solo degli eventuali sgravi eventualmente ottenibili da parte dell'impresa stessa;
    le delocalizzazioni all'estero delle attività produttive di call center, inoltre, avvengono molto spesso senza che venga rispettata la legislazione vigente, tanto da aver spinto le organizzazioni sindacali a denunciare o segnalare tale situazione alla magistratura e segnalare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Garante della privacy e all'Antitrust;
    purtroppo, infatti, accade spesso che le aziende che gestiscono i call center non osservino le norme previste dall'articolo 24-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante «Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell'occupazione nell'attività svolta da call center»;
    in particolare il comma 2 dell'articolo 24-bis stabilisce che, qualora un'azienda decida di spostare l'attività di call center fuori dal territorio nazionale, debba darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti, e all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengano adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali e del registro delle opposizioni;
    il comma 3 dell'articolo 24-bis stabilisce, inoltre, che in attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all'occupazione nel settore dei call center, i benefici previsti dall'articolo 8 della legge 29 dicembre 1990, n. 407, in materia di contratti di formazione e lavoro e assunzioni a tempo indeterminato, non possano essere erogati ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri;
    purtuttavia, nonostante la presenza e l'incontestabile chiarezza di tali norme, alcune aziende che gestiscono call center non osservano le predette disposizioni e godono comunque degli incentivi pubblici pur delocalizzando;
    inoltre, per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, nessun operatore che chiama da altri Paesi chiederebbe all'utente italiano se intenda accettare o meno una chiamata dall'estero, con la conseguenza di creare non pochi problemi di tutela dei dati sensibili dei cittadini, considerato che in diversi casi l'utente comunica i propri dati personali e gli estremi della propria carta di credito a operatori che spesso lavorano in Paesi Extra Ue;
    secondo le organizzazioni sindacali, nel 2013, il settore dei call center in outsourcing occupava 43.000 operatori in bound, in calo rispetto ai 45.000 del 2012, a fronte di 33.500 operatori out bound, in flessione rispetto ai 35.000 del 2012. Il 63 per cento dei lavoratori è concentrato nelle aree del Sud, il 37 per cento al Centro Nord. Il 62 per cento degli operatori in bound è rappresentato da donne, l'83 per cento con contratto part time. Gli operatori out bound vengono assunti con contratti a progetto. L'età media del settore è 30 anni;
    nell'ultimo anno e mezzo è aumentato drasticamente il ricorso a esuberi, cassa in deroga e contratti di solidarietà da parte delle aziende in Italia che, in numerosi casi, affidandosi all’outsourcing, continuano tuttavia a fruire degli incentivi previsti dalla legge n. 407 del 1990;
    sempre secondo fonti sindacali negli ultimi tre anni, fra sgravi procedure di cassa integrazione in deroga e mobilità, mancato versamento contributi, incentivi e quanto altro, le imprese dei call center hanno incassato dallo Stato circa 480 milioni di euro, senza creare nessun nuovo posto di lavoro. Anzi, perdendone piuttosto 15.000;
    si considera un'anomalia del tutto inconcepibile che il Governo, pur dichiarando di adoperarsi per facilitare l'inclusione dei giovani e delle donne nel mondo del lavoro, rimanga inerme di fronte alla sostanziale distruzione in atto di un comparto che impiega circa 80.000 lavoratori, ovverosia più di quanti operano attualmente in Italia presso altre grandi aziende come la Fiat, l'Enel, Telecom Italia, le Ferrovie dello Stato spa;
    uno dei casi più eclatanti in tal senso è rappresentato da Almaviva Contact che fa parte del Gruppo Almaviva, leader italiano nell’information & communication technology e opera a livello globale con 35 sedi e 27.000 persone. È presente anche in Brasile, Tunisia e Cina. In Italia è presente nelle seguenti città: Trento, Milano, Padova, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Rende (Cosenza), Palermo, Catania;
    il Gruppo Almaviva attualmente occupa circa 13.000 persone in Italia e per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, pur non avendo avviato procedure di delocalizzazione, lamenta comunque come causa della situazione di crisi aziendale e della drastica diminuzione dei volumi di lavoro l'elevato costo degli operatori italiani di Almaviva stessa, rispetto a quello di altri competitor che hanno delocalizzato all'estero ed anche rispetto ad altri call center italiani che inquadrano i lavoratori al primo e secondo livello non rispettando il contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni;
    di tale criticità risente inevitabilmente Almaviva Contact che, come si è detto, fa parte del Gruppo Almaviva;
    Almaviva Contact è leader di mercato in Italia per aziende private ed enti pubblici nell’outsourcing di servizi. Propone una gamma estesa e innovativa di soluzioni ad alto valore aggiunto come consulting and process reengineering, inbound and outbound services, back office & document management, market analysis, adaptive front-end, multichannel customer solutions e case management & quality monitoring per aiutare i propri clienti a sviluppare una strategia di Customer Experience di successo;
    l'elemento distintivo dell'offerta di Almaviva Contact è l'utilizzo di innovative tecnologie semantiche Almawave, che consentono il riconoscimento del linguaggio naturale per ottimizzare i processi operativi;
    gli operatori di Contact Center, infatti, diventano esperti nella gestione della singola problematica attraverso la valorizzazione dell'informazione destrutturata e grazie al presidio integrato di tutti i canali di contatto;
    i principali clienti di Almaviva Contact sono: Alitalia, Poste Italiane, American Express, Comune di Milano, Comune di Roma, Enel, ENI, Fastweb, Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, INPDAP, INPS, Leasys, Mediaset, Tim, Equitalia, Sky, Vodafone e Wind;
    l'attuale situazione di crisi economica generale e le problematiche che affliggono il mercato specifico come la crisi dei principali settori di riferimento, la contrazione dei volumi, l'abbattimento delle tariffe con riduzione dei margini, la delocalizzazione delle attività al di fuori del territorio italiano, hanno comportato da parte dell'azienda e delle organizzazioni sindacali una continua ricerca di maggiore efficienza e produttività sia attraverso specifici accordi, sia tramite l'identificazione di più adeguate soluzioni logistiche;
    in questo senso sono stati sottoscritti da azienda e sindacati importanti accordi a livello nazionale che hanno consentito sino ad ora di affrontare le criticità senza ricorrere a misure traumatiche nei confronti dell'organico e della salvaguardia dei livelli occupazionali;
    in particolare il 30 maggio 2013 a Roma, presso la Sede di Confindustria Roma, la società Almaviva Contact S.p.A. e le organizzazioni sindacali unitamente alle RSU delle unità produttive di Almaviva Contact hanno sottoscritto un accordo che prevedeva l'utilizzo dello strumento del contratto di solidarietà difensivo al fine di evitare il ricorso a strumenti di intervento più traumatico e gestire al contempo le eccedenze complessivamente dichiarate pari a 2.000 lavoratori;
    tale accordo prevedeva, inoltre, che l'applicazione del suddetto ammortizzatore sociale riguardasse tutti i dipendenti occupati nei siti produttivi di Almaviva Contact spa, inclusi i lavoratori con orario di lavoro a tempo parziale, che hanno carattere strutturale, e prevedesse una riduzione dell'orario di lavoro, articolata per ogni sito produttivo;
    le parti hanno convenuto che il contratto di solidarietà dovesse avere una durata prevedibile di 24 mesi, con decorrenza dal 1o giugno 2013 e sino al 31 maggio 2015;
    nei periodi di sospensione, inoltre, si è stabilito che sarebbero stati attivati tutti i percorsi di riqualificazione necessari per la mobilità tra commesse anche con la pianificazione di ulteriori interventi formativi finalizzati a rafforzare le competenze tipiche di mestiere;
    l'azienda e le organizzazioni sindacali, insieme alle RSU avrebbero poi valutato congiuntamente la possibilità di attivare progetti di formazione continua anche avvalendosi delle diverse forme di finanziamento disponibili;
    il 30 aprile 2014 le Segreterie nazionali del settore telecomunicazioni di SLC CGIL, FISTel CISL e UILCOM UIL hanno chiesto al Ministero dello sviluppo economico l'apertura di un tavolo di confronto inerente le problematiche relative il comparto dei call center e, nello specifico, quelle riferite alla società Almaviva Contact spa;
    nel testo della missiva inviata al Governo e per conoscenza al prefetto di Palermo, all'assessore regionale attività produttive Sicilia, A Confindustria Palermo e ad Almaviva Contact spa si legge che per quanto riguarda il sito di Palermo, nel quale vi è concentrato il più consistente numero di addetti (4065), nei mesi scorsi si è assistito all'apertura di una interlocuzione concertata tra azienda, parti sociali ed istituzioni locali al fine di ricercare una soluzione adeguata in merito alla logistica della sede stessa;
    il Governo dovrebbe adoperarsi con maggiore incisività per trovare una soluzione legislativa tesa contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni e del mancato rispetto dei contratti nazionali di lavoro in materia di inquadramento che costringerà a breve alla chiusura di buona parte dei siti produttivi italiani o ad una gara al ribasso in tema di diritti, salario e occupazione;
    potrebbe essere utile intraprendere urgenti iniziative legislative per impedire la delocalizzazione delle attività delle imprese italiane anche alla stregua delle linee tracciate dalla cosiddetta «legge Flonrange» approvata recentemente in Francia ove si prevede che le aziende con almeno mille dipendenti non possano chiudere e delocalizzarsi, prima di avere trovato un acquirente per garantire la continuità aziendale e produttiva. Nel caso di mancato rispetto dell'obbligo, le aziende devono restituire gli aiuti pubblici ottenuti negli ultimi due anni e saranno multate fino al 2 per cento del fatturato;
    sul tema delle delocalizzazioni è intervenuta recentemente anche la legge di stabilità 2014 (comma 60, dell'articolo 1, della legge n. 147 del 2013) ove si prevede che la delocalizzazione di attività in paesi extra-Unione europea fa perdere il diritto ai contributi pubblici in conto capitale ricevuti al fine di salvaguardare il mercato del lavoro e la produzione locale. Detta norma si applica alle aziende che delocalizzano le attività produttive apportando una riduzione del personale pari al 50 per cento;
    sempre la legge di stabilità 2014 ha disposto per l'anno 2014 uno stanziamento di 50 milioni di euro volto al finanziamento dei trattamenti di integrazione salariale per i contratti di solidarietà;
    tale disposizione, a differenza degli ultimi interventi in materia, non ha, però, previsto la proroga della norma che consentiva l'innalzamento dell'integrazione salariale del 20 per cento, prescrivendo un aumento limitato – nella misura del 10 per cento – che attesta l'ammontare dell'importo al 70 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione dell'orario di lavoro;
    tale scelta provocherà ricadute negative su migliaia di lavoratori già coinvolti da procedure di diminuzione del reddito;
    anche le ultime modifiche introdotte dal cosiddetto «Decreto Lavoro» (decreto-legge n. 34 del 2014) in materia di contratti di solidarietà non possono considerarsi del tutto soddisfacenti in tal senso, considerato che vengono incrementate le risorse finanziarie per tale finalità, a decorrere dal 2014, con un limite di spesa di soli 15 milioni di euro,

impegna il Governo:

   a convocare immediatamente presso la Presidenza del Consiglio, con il coinvolgimento del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un tavolo di confronto con tutte le parti interessate finalizzato ad affrontare in modo energico le problematiche sottese alla crisi dei call center in Italia per dare finalmente risposte ai circa 80.000 lavoratori che operano in tale comparto nel nostro Paese e valutare l'adozione di possibili provvedimenti normativi per regolamentare diversamente il settore in questione;
   ad aprire con urgenza presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo specificamente dedicato ad Almaviva al fine di trovare una soluzione positiva alla crisi produttiva di un gruppo particolarmente significativo nel nostro Paese considerati gli effetti particolarmente pregiudizievoli che si potrebbero determinare in termini occupazionali per circa 13.000 lavoratori;
   a fornire dati certi in merito alle attività di delocalizzazione che hanno interessato, fino ad oggi, i servizi di call-center;
   a verificare se tali attività siano avvenute nel rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 24-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
   ad adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata ad assicurare le condizioni di pieno e univoco rispetto della normativa di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012 e ad avviare le opportune iniziative di competenza finalizzate ad assicurare la tutela dei dati sensibili dei cittadini alla luce delle considerazioni espresse nelle premesse precedenti;
   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a rivedere la disciplina del massimo ribasso nelle gare di appalto;
   a informare il Parlamento circa gli effetti derivanti dall'applicazione della legge di stabilità 2014 (comma 60, dell'articolo 1, della legge n. 147 del 2013) in materia di delocalizzazioni valutandone la piena estensione anche nel comparto dei servizi di call center;
   a valutare l'opportunità di adottare urgenti iniziative per impedire il fenomeno della delocalizzazione anche ispirandosi ai principi previsti dalla cosiddetta «legge Flonrange» approvata recentemente in Francia, ove si stabilisce che le aziende con almeno mille dipendenti non possano chiudere e delocalizzarsi, prima di avere trovato un acquirente per garantire la continuità aziendale pena la restituzione degli aiuti pubblici ottenuti negli ultimi due anni e il versamento di una sanzione amministrativa fino al 2 per cento del fatturato;
   ad adottare urgenti iniziative finalizzate a salvaguardare il reddito dei lavoratori interessati dai contratti di solidarietà, anche mediante la previsione di disposizioni che, incrementando l'ammontare del trattamento di integrazione salariale e ripristinando la percentuale di riferimento prevista antecedentemente all'approvazione della legge di stabilità 2014, tengano conto concretamente delle esigenze dei lavoratori.
(1-00457) «Palazzotto, Migliore, Di Salvo, Airaudo, Ferrara, Boccadutri, Piazzoni, Lacquaniti, Nicchi, Scotto, Duranti, Franco Bordo, Costantino, Pannarale, Matarrelli, Zan, Ricciatti».

Risoluzioni in Commissione:


   La IV Commissione,
   premesso che:
    gli Arsenali della Marina militare rappresentano un patrimonio da salvaguardare nell'interesse generale per l'importanza che rivestono, quali strutture strategiche di supporto delle forze navali ed essendo rilevanti realtà socio-economiche per i territori;
    il supporto logistico della Marina militare e il suo cuore tecnico sono sostanzialmente basati sugli Arsenali, la cui efficienza è indispensabile per il buon funzionamento della flotta navale che, data la sua intrinseca complessità, necessita della disponibilità di sufficienti risorse finanziarie e soprattutto della massima efficienza delle strutture di supporto tecnico-logistico;
    negli anni, i fondi per l'esercizio nel bilancio della difesa sono stati regolarmente ridotti determinando il degrado delle infrastrutture degli Arsenali. A tale riduzione va aggiunto il blocco del turn over e l'età media dei dipendenti che ormai si attesta oltre i 53 anni;
    per i motivi appena accennati la Marina militare, a decorrere dal 2007, ha predisposto un piano pluriennale di ammodernamento e messa in norma degli Arsenali e degli stabilimenti di lavoro, meglio noto come «piano Brin», con lo scopo di assicurare la funzionalità e la piena operatività delle basi della Marina;
    con il «piano Brin» si sono voluti rivisitare i piani infrastrutturali e impiantistici industriali proposti nel passato e mai realizzati per mancanza di fondi, cercando di associare all'adeguamento ed alla ristrutturazione delle infrastrutture e degli impianti connessi con l'ammodernamento dei sistemi d'arma e un razionale e funzionale accorpamento delle lavorazioni;
    con riferimento all'Arsenale di Taranto, che ricopre un ruolo centrale e fondamentale sia perché sede di stazionamento della squadra navale sia perché polo di manutenzione e sostegno delle unità, con il «piano Brin» è stato previsto lo stanziamento di fondi pari a 75,68 milioni di euro per il 2012, 11,5 milioni di euro per il 2013 e sono stati messi in preventivo lavori per 40 milioni di euro fino al 2018;
    il suddetto piano, pensato come crocevia per la prosecuzione delle attività garantendo a regime costi di gestione contenuti, prevede la ristrutturazione dei bacini e di tre grandi officine polifunzionali. Inoltre, era inizialmente previsto un piano energetico complessivamente composto da 16 progetti per un importo di 500 milioni di euro (impianti fotovoltaici e sostituzione di vecchi impianti in favore di apparecchiature di nuove generazione);
    ad oggi, il progetto di sviluppo correlato al «piano Brin» per l'Arsenale di Taranto ha evidenziato numerose criticità che hanno compromesso il rispetto della tabella di marcia inizialmente prevista pregiudicando anche i lavoratori delle ditte private coinvolte, dati i ritardi nella liquidazione delle spettanze per le opere già effettuate che hanno generato, in taluni casi, l'apertura delle procedure per la dichiarazione dello stato di fallimento delle stesse;
    il 7 gennaio 2014 si è tenuto a Taranto un tavolo tecnico che ha prodotto la seguente agenda:
     1. spostamento personale DSA presso DAM;
     2. spostamento nucleo presenza UPE da piano terra a primo piano palazzina UPE DSA;
     3. polifunzionale 1: «Inviata documentazione di inizio attività a Marivigilanza. A valle della risposta, previsto inizio lavorazioni con 24 addetti. In corso esternalizzazione per progettazione/adeguamento impianto antincendio. In corso attività contrattuale relativa ad alcuni interventi strutturali di rinforzo e per l'eliminazione infiltrazione acque meteoriche»;
     4. polifunzionale 2: «Prevista PE fine febbraio»;
     5. polifunzionale 3: «Prevista consegna giugno 2014»;
     6. polifunzionale 4: «Geniodife ha rescisso il contratto con la ditta aggiudicatrice»;
     7. palazzina UPE: «Approvato progetto preliminare. Affidate verifiche sismiche. Attesa approvazione Sovrintendenza PD»;
     8. rifacimento Rete Idrica Zona Generale: «Previsto completamento attività fine 2014»;
     9. ristrutturazione ed adeguamento dell'ex reparto zincatura da adibire a laboratorio fisico elettrico: «Attività iniziata»;
     10. palazzina ex DTL: «Attesa approvazione PE cura Geniodife e Sovrintendenza»;
     11. locali igienici officina Artiglieria: «Interdetti per motivi di sicurezza. In corso pratica acquisizione prefabbricati a uso spogliatoi e locali igienici»;
     12. nuova officina Artiglieria: «In corso valutazione cura Geniodife progetto definitivo»;
     13. bacino Ferrati: «Collaudo in corso»;
     14. uffici DSA: «Previsto trasferimento personale DSA al primo piano della palazzina DAM»;
     15. mensa n. 1: «Prevista ripresa attività fine febbraio»;
     16. lavanderia: «Imminente ripresa attività presso Caserma Gran Guardia. In corso trasferimento macchinari»;
     17. nuova organizzazione MARIGENIMIL;
    rispetto all'agenda del 7 gennaio appena esposta, ad oggi risulta sbloccata la situazione della mensa n. 1, riaperta a fine aprile;
    nello specifico si segnalano il fallimento della ditta aggiudicataria della officina polifunzionale n. 2 (con lavori al 50 per cento di avanzamento e permanenza dell'area cantierizzata) che ha reso necessario il riavvio ex novo dell’iter contrattuale, compresa la fase progettuale, ed il fallimento della ditta incaricata della ristrutturazione della rete di alimentazione a media e bassa tensione, che ha provocato l'interruzione dei lavori al 60 per cento di avanzamento, comportando anche in questo caso la necessità di procedere a nuovo affidamento oltre alla permanenza all'interno dello stabilimento di zone recintate e cantierizzate che minano la sicurezza dei lavoratori;
    ulteriori problematiche, inoltre, sono relative a contenziosi amministrativi di varia natura che insistono sulla attività di progettazione del consolidamento del «bacino Brin» e sulle attività di ristrutturazione delle banchine, generando ritardi aggiuntivi,

impegna il Governo

ad aprire un tavolo istituzionale con le parti coinvolte e ad avviare una indagine che definisca in maniera dettagliata lo stato attuale di avanzamento dei lavori e che appuri le responsabilità, sia interne alla Marina militare sia esterne, che hanno comportato esposti in premessa e, conseguentemente, i fallimenti sopra ricordati.
(7-00365) «Duranti, Piras».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    la procedura di accertamento dell'invalidità civile è stato radicalmente modificata dall'articolo 20 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, titolato «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», che attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici;
    in seguito alla riforma, con specifico riferimento al fenomeno dei cosiddetti «falsi invalidi», l'istituto previdenziale ha intrapreso un capillare piano di verifiche straordinarie nei confronti dei titolari di invalidità civile volto a contrastare il fenomeno delle indebite riscossioni di prestazioni di invalidità;
    la Corte dei Conti nel 2012 ha calcolato che dalla revoca di 39 mila invalidità sono conseguiti allo Stato risparmi per 170 milioni. Per far fronte ai piani straordinari di controllo in questi anni i 500 medici in forza all'ente non sono, tuttavia, risultati sufficienti. L'ente è pertanto corso ai ripari, impiegando nuove risorse: oltre un migliaio di ausiliari convenzionati che costeranno 110 milioni di euro in quattro anni. Il rapporto costi-benefici, sul piano dei conti, non è dunque così scontato e lineare. Il contenzioso, poi, aggiunge ulteriori margini d'incertezza: l'ultima relazione della Corte dei Conti segnala che nel 2012 l'ente è stato soccombente nel 60 per cento delle controversie sulle invalidità revocate;
    il 3 dicembre 2013 il Consiglio dei ministri ha varato le nuove norme per calcolare l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), il coefficiente con il quale viene misurata la ricchezza delle famiglie e in base al quale vengono assegnati i diritti ad accedere alle prestazioni sociali in misura ridotta o piena;
    l'indomani l'approvazione, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore, l'onorevole Enrico Giovannini, plaudiva la riforma appena varata del nuovo indicatore, dichiarando: «Con la riforma intendiamo disporre di uno strumento più corretto per valutare le condizioni relative tra famiglie con diverse possibilità economiche, ma anche restringere gli spazi all'evasione, ricordando che ogni presunta furberia toglie un'opportunità a coloro che ne hanno diritto»;
    già con interrogazione n. 4/01640 del 08/08/2013, la prima firmataria del presente atto d'indirizzo chiedeva al Ministro del lavoro e delle politiche sociali se non ritenesse opportuno avviare iniziative, anche di carattere normativo, più appropriate di quelle attualmente in atto, utili a garantire finalmente una concreta semplificazione dell'attuale iter amministrativo di riconoscimento dell'invalidità civile;
    seguiva in data 20 febbraio 2014 la risposta dell'allora vice ministro del lavoro e politiche sociali, l'onorevole Maria Cecilia Guerra, la quale, in merito al piano di verifiche straordinarie dell'INPS, affermava: «Tale attività si protrarrà fino al 2015 con contingenti di 150 mila verifiche annue. [...] Naturalmente (e come indicato dallo stesso interrogante) occorre agire nel prossimo futuro in modo da attivare adeguati meccanismi di controllo, ma senza intervenire in modo eccessivo (o, addirittura, vessatorio) nei confronti dei beneficiari delle prestazioni. Si assicura che l'istituto è comunque impegnato ad adottare azioni di potenziamento operative e procedurali mirate a raggiungere il migliore risultato, con il minor coinvolgimento delle categorie svantaggiate, assicurando la massima tempestività e trasparenza. Sulla questione peraltro il Ministero da me rappresentato ha avviato, sin dal febbraio 2012, un tavolo tecnico tra regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero della salute e Inps, diretto all'approfondimento delle diverse tematiche afferenti i diversi aspetti procedurali dell'accertamento dell'invalidità civile, al fine di assicurare la corretta gestione degli accertamenti socio sanitari, inclusi gli aspetti relativi alle visite straordinarie. A tale ultimo proposito va evidenziato che le principali federazioni delle associazioni delle persone con disabilità hanno costantemente rappresentato forti riserve in merito alla prosecuzione della effettuazione delle verifiche straordinarie, soprattutto in termini rapporto costi/benefici»;
    con sentenza 3851/14 del 9 aprile scorso, il Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio si è pronunciato su un giudizio avviato dall'ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), con l'intervento di supporto (ad adiuvandum) della FISH (Federazione italiana per il superamento dell'Handicap), contro una serie di messaggi e circolari con cui l'INPS, tra il 2011 e il 2012, aveva disciplinato proprio tali controlli dei Piani straordinari di verifica sui cosiddetti «falsi invalidi» per 500.000 persone;
    il TAR è stato molto chiaro e netto nella sua pronuncia: «Le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sui cosiddetti «falsi invalidi» sono state illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e i dati forniti dall'istituto «gonfiati» e forieri solo di costi per l'Amministrazione»;
    la sentenza, si ribadisce, riconosce in ultima analisi che le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sono state «illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità» e sconfessa ancora una volta anche i dati forniti dall'istituto in materia;
    in un'intervista rilasciata il 1o marzo 2013, appena ricevuto l'incarico di sottosegretario alle politiche sociali, l'onorevole Franca Biondelli individuava come prima riforma attuabile subito e a «costo zero» quella dell'istituzione del certificato unico per il riconoscimento dell'invalidità civile e dell'indennità di accompagnamento, facendo esplicito riferimento alle prescrizioni del Piano d'azione biennale sulla disabilità adottato dal precedente governo e al quale, ha dichiarato, va ora data attuazione;
    con decreto del Presidente della Repubblica del 4 ottobre 2013 l'Italia ha adottato il programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, che si articola in sette linee di intervento, ognuna delle quali individua l'obiettivo prefigurato e il tipo di azione necessaria a conseguirlo;
    per quel che riguarda la linea di intervento 1, l'obiettivo precipuo posto dal programma di azione è rappresentato da una riforma del sistema di valutazione/accertamento della condizione di disabilità che, semplificando il processo, crei condizioni di contrasto alle discriminazioni, promozione delle pari opportunità, dell'inclusione sociale e dell'incremento della qualità della vita delle persone con disabilità, mediante un cambio di prospettiva nell'organizzazione delle politiche basato sul funzionamento globale della persona valutata nel complesso dei suoi diritti e doveri, superando le logiche «al negativo» di percentualizzazione dell'inabilità/invalidità e della capacità lavorativa;
    il decreto in questione, tuttavia, stabilisce che le azioni richiamate nel programma e da attuarsi nell'ambito della legislazione vigente «risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria. A tali impegni è, quindi, da riconoscere carattere meramente programmatico, in quanto la sede nella quale saranno ponderate le diverse esigenze di settore è la decisione di finanza pubblica (dfp), sulla base della quale viene definito il disegno di legge di stabilità»;
    a tal proposito si rileva, purtroppo, la mancata previsione nell'ultima legge di stabilità per il 2014 di uno stanziamento specifico finalizzato a realizzare la riforma dei criteri di accertamento dell'invalidità civile e della stessa procedura, come previsto invece nella Linea di intervento 1 del programma di azione biennale; circostanza, questa, confermata perfino dal Vice Ministro Maria Cecilia Guerra nel corso di un'audizione specifica sul tema in Commissione XII (Affari sociali) del 23 gennaio 2014;
    l'interesse generale non è certo quello di contrastare l'individuazione dei «falsi invalidi», ma di fare in modo che siano rispettati i diritti fondamentali delle vere persone con disabilità e che i controlli siano condotti con le opportune garanzie, in modo efficace e mirato, evitando inutili disagi e vessazioni,

impegna il Governo:

   a provvedere, in ragione degli risultati esigui conseguiti sino ad oggi, all'immediata sospensione del piano straordinario INPS di verifica sui cosiddetti «falsi invalidi»;
   ad avviare iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate alla revisione e alla semplificazione dell'intero sistema di accertamento di invalidità civile, stato di handicap e disabilità, ormai obsoleto, farraginoso e inefficiente, secondo quanto previsto nello stesso Programma d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità che il Governo si è impegnato a mettere in atto per garantire il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità;
   a prevedere sin d'ora l'accantonamento delle risorse finanziarie necessarie a conseguire l'obiettivo previsto dalla Linea di intervento 1 del programma di azione biennale, valutando già il risparmio considerevole che deriverebbe dalla sospensione immediata delle verifiche straordinarie dell'Inps, risultante, in particolare, dalla riduzione del costo del personale esterno impiegato e delle spese derivate dal non trascurabile contenzioso in corso;
   a predisporre un nuovo sistema organico di verifiche volto a contrastare più efficacemente il fenomeno degli indebiti su prestazioni economiche a ciechi civili, invalidi civili, sordomuti ed affetti da handicap, finalizzato in modo particolare all'individuazione e al controllo continui di tutti i soggetti coinvolti nella fase di accertamento medico e del successivo provvedimento di concessione-diniego, consentendo il monitoraggio completo di ogni fase della procedura stessa, l'accertamento delle responsabilità, nonché l'immediato recupero di quanto indebitamente corrisposto;
   ad assumere un'iniziativa normativa per la disciplina della sussistenza di potenziali situazioni di incompatibilità o conflitti di interesse, per i medici componenti delle commissioni mediche e i funzionari amministrativi, prevedendo per tali soggetti specifiche sanzioni, anche di carattere disciplinare e inibitorio, comminabili per il tramite del coinvolgimento diretto dell'ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), cui spetterebbe la valutazione della fase procedurale di concessione-diniego del beneficio.
(7-00364) «Di Vita, Cecconi, Lorefice, Grillo, Mantero, Silvia Giordano, Dall'Osso, Baroni, Cominardi».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il decreto ministeriale del 29 luglio 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 241 del 13 ottobre 2004) riporta le «Modalità per l'applicazione di un sistema volontario di etichettatura di carni di pollame», consentendo così alle organizzazioni della filiera avicola di fornire in etichetta, sulla base di un disciplinare approvato dal MIPAAF, oltre alle informazioni circa il Paese di origine e la denominazione dell'impresa, anche quelle su talune caratteristiche o condizioni di produzione delle carni o dell'animale da cui sono tratte (tipologia di alimentazione, forma di allevamento, tipo genetico e altro);
    l'etichetta stampata secondo tale modalità volontaria riporta le seguenti informazioni: logotipo dell'organizzazione, codice alfanumerico attribuito dal Ministero, numero o codice di riferimento che evidenzi il nesso tra le carni e il lotto di produzione in allevamento (rintracciabilità), Paese dell'impresa di produzione dei pulcini, Paese e allevamento di ingrasso, Paese e macello in cui è avvenuta la macellazione, laboratorio di sezionamento, alimentazione e forma di allevamento;
    queste informazioni devono essere riportate in forma semplice chiara e univoca, secondo le disposizioni, dell'allegato C del decreto 29 luglio 2004 e fermo restando quanto stabilito all'articolo 10 del regolamento CEE 1538/91, modificato dall'articolo 1, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1321/2002;
    questa modalità di etichettatura volontaria fornisce ai consumatori le informazioni necessarie per capire come sono stati allevati gli animali, ovvero che tipo di vita hanno vissuto: liberi o prigionieri in gabbie, al coperto o all'aperto. A parere dei firmatari del presente atto solo questo tipo di etichettatura fornisce ai consumatori la possibilità di privilegiare prodotti in cui gli animali sono stati allevati in sistemi più rispettosi del loro benessere; 
    nel caso delle uova, da quando sono state obbligatoriamente inserite in etichetta le tipologie di allevamento delle galline ovaiole (biologico, all'aperto, a terra, in gabbia), le vendite di quelle derivanti da galline non allevate in gabbia sono cresciute in tutta Europa;
    nel 2005 e 2006 sono state condotte nell'Unione europea due indagini sull'atteggiamento dei consumatori nei confronti del benessere degli animali («Attitudes of consumers towards the welfare of farmed animals» e «Attitudes of EU citizens towards Animal Welfare»): da queste emerge che per i cittadini europei, soprattutto nei riguardi del pollame (galline ovaiole e polli da carne) è prioritario un intervento per il loro benessere. Il 44 per cento dei consumatori ritiene infatti che dovrebbe essere migliorato in primo luogo il benessere delle galline ovaiole, mentre per il 42 per cento andrebbe migliorato principalmente quello dei polli da carne e per il 28 per cento quello dei suini. Va notato che il benessere delle galline ovaiole è stato ritenuto insufficiente dal 58 per cento degli intervistati. I dati dimostrano, inoltre, che la maggior parte dei consumatori europei ritiene di poter influire sugli standard di benessere attraverso le loro scelte di consumo. Il modello di consumo prevalente nell'Unione europea dimostra anche che i consumatori sono a conoscenza dei diversi sistemi d'allevamento delle galline ovaiole e che prestano attenzione al sistema di produzione indicato sull'etichetta;
    l'etichettatura volontaria della carne di pollame esiste già in Europa e gli Stati membri potrebbero persuadere la Commissione europea a rendere questo tipo di etichettatura da volontaria ad obbligatoria. In questo modo tutti i prodotti a base di pollo, inclusi quelli derivanti da animali allevati in sistemi intensivi, riporterebbero chiaramente in etichetta il metodo di allevamento, ed i consumatori potrebbero contribuire al miglioramento delle vite di questi animali, scegliendo prodotti da sistemi più rispettosi del loro benessere;
    la CIWF Italia, tra le maggiori organizzazioni internazionali per il benessere degli animali da allevamento, tramite Change.org ha lanciato una petizione on line per raccogliere adesioni sulla medesima proposta,

impegna il Governo

a sollecitare le autorità europee, anche in vista del semestre europeo a guida italiana, a valutare l'opportunità di rendere obbligatorio il sistema di etichettatura volontaria già presente nel quadro normativo europeo, al fine di consentire ai consumatori europei di contribuire con le loro scelte al miglioramento della qualità di vita di questi animali.
(7-00363) «Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Parentela, Massimiliano Bernini, Benedetti, Lupo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 novembre 2013, durante l'audizione presso la Commissione attività produttive della Camera dei deputati sulla risoluzione n. 7-00023 del deputato Benamati sui rifiuti radioattivi, gli esponenti di Nucleco S.p.A., società del gruppo Sogin S.p.A. (interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze), hanno affermato che la stessa azienda è al momento impegnata nello smantellamento di alcuni sommergibili nucleari russi a spese italiane;
   il progetto summenzionato si inserisce nell'ambito dell'accordo di cooperazione internazionale del 2003 stipulato fra il Governo russo e quello italiano per lo smantellamento di sommergibili nucleari, la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato, definito nel quadro del progetto Global Partnership avviato in occasione della riunione del G8 nel 2002 a Kananaskis (Canada). L'accordo prevederebbe un impegno economico dell'Italia di 360 milioni di euro;
   secondo un'inchiesta de L'Espresso del 6 maggio 2010 a firma di Stefania Maurizi l'impegno economico internazionale, tra cui quello italiano, fu giustificato durante la firma degli accordi del 2003 in quanto «[...] la Russia di Eltsin era ancora in piena crisi economica [...]»;
   l'agenzia di stampa russa Ria Novosti del 1o gennaio 2011 titolata «Russian ship builder, Defence Ministry agree nuclear sub prices» riporta che «Nel 2010, la Russia ha lanciato un ambizioso programma di modernizzazione militare, investendo 20.000 miliardi di rubli (circa 730 miliardi di dollari) per i prossimi 10 anni»;
   l'agenzia Adnkronos del 28 luglio 2008 riportava la firma da parte di Fincantieri, controllata da Fintecna, finanziaria del Ministero dell'economia e delle finanze, di «un contratto per la costruzione negli stabilimenti liguri del gruppo di una nave destinata al trasporto di combustibile irraggiato e rifiuti radioattivi derivanti dallo smantellamento di sommergibili nucleari russi»;
   secondo un comunicato stampa congiunto di Fincantieri spa e Sogin spa datato 16 dicembre 2010 si apprende che: «È stata varata [...] “Rossita”, la nave per il trasporto di materiali radioattivi derivanti dallo smantellamento dei sommergibili nucleari russi [...] del valore di circa 70 milioni di euro [...]». Quest'ultima cifra rientrerebbe nell'impegno di spesa di 360 milioni di euro assunto dal Governo italiano;
   secondo l'articolo de L'Espresso sopracitato «Il contratto [per la costruzione della “Rossita”] è stato assegnato senza gara, con una dichiarazione di congruità del prezzo sottoscritta dalla Marina militare, principale cliente della stessa Fincantieri»;
   sempre dall'inchiesta giornalistica emerge che «L'Italia ha deciso di creare un comitato per sorvegliare l'operazione [lo smantellamento dei sommergili russi]: una struttura che ha costi faraonici, poco meno di 3 milioni l'anno. Solo con gli stanziamenti per il suo mantenimento si sarebbero potuti togliere di mezzo altri tre vascelli nucleari»;
   sarebbe quantomeno inopportuno se i fondi necessari allo svolgimento delle operazioni di smantellamento provenissero dalle componenti A2 (copertura costi di smantellamento centrali nucleari e riprocessamento ciclo del combustibile nucleare) e MCT (Misure di Compensazione Territoriale) presenti sulle bollette energetiche;
   la componente MCT trova origine nella legge n. 868 del 2003 e fu istituita come misura compensativa per i territori che avrebbero dovuto ospitare centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile (articolo 4). Questa componente è stata introdotta nel sistema tariffario dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) con delibera n. 231 del 2004 attraverso il comma 298 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2005 (legge 311 del 2004), in cui il Governo, stabilisce che una parte del gettito di questa componente (70 per cento) entri nel bilancio dello Stato e solo il 30 per cento destinato a Sogin spa per lo svolgimento delle funzioni proprie –:
   se non sia il caso di rivalutare l'impegno dell'Italia in operazioni di questo tipo in Russia in quanto oggi appare chiaro che la crisi, che non poteva permettere investimenti alla stessa Russia fino a pochi anni fa, non risulterebbe essere ora così acuta considerando l'enorme cifra che sarebbe stata stanziata nel 2010 per il progetto di ammodernamento del proprio arsenale militare;
   da dove provengano i fondi stanziati per sovvenzionare le operazioni di smantellamento dei sommergibili nucleari russi e si possa escludere l'impiego delle componenti energetiche A2 e MCT;
   nel caso sia previsto tale impiego, se non si ritenga che si tratti di un utilizzo improprio dei fondi delle componenti A2 e MCT e, nel caso ciò si sia già verificato, se non si intenda trarne le dovute conseguenze quali la revoca degli incarichi di direzione;
   in caso negativo, se il Governo intenda chiarire da dove provengano le somme stanziate nell'ambito dell'accordo di cooperazione internazionale sottoscritto da Italia e Russia nel 2003;
   in base a quali criteri la costruzione della nave «Rossita» sarebbe stata affidata in via diretta a Fincantieri spa senza ricorrere a un regolare bando di gara. (5-02753)


   DANIELE FARINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il Dipartimento politiche antidroga (DPA) della Presidenza del Consiglio dei ministri, come noto, è la struttura che promuove, indirizza e coordina l'azione di Governo in materia di politiche antidroga, con riguardo anche agli aspetti amministrativi, tecnico-scientifici, nonché alle relazioni internazionali connesse al tema;
   dal 2009, a capo del Dipartimento politiche antidroga, è stato sempre confermato il dottor Giovanni Serpelloni, medico dipendente dell'ASL di Verona, rispetto alla gestione del quale spesso, e da più parti, sono stati sollevati dubbi e criticità;
   le contestazioni nel tempo hanno riguardato le scelte politiche, le opzioni scientifiche, nonché le alleanze internazionali e la gestione di progetti operativi;
   in sede di Consiglio dei ministri, l'8 aprile 2014, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi non ha conferito le deleghe per le funzioni relative alle politiche antidroga, riservandole dunque a se stesso;
   in un'intervista concessa al notiziario «Redattore Sociale», il capo del dipartimento politiche antidroga, dottor Giovanni Serpelloni, ha riferito che, dal 9 aprile 2014, la Presidenza del Consiglio dei ministri lo avrebbe riassegnato all'ASL di Verona; nella stessa intervista, il dottor Serpelloni ha anche affermato che la scelta di lasciare le funzioni relative al Dipartimento politiche antidroga fosse in linea con «il modello che ha adottato Obama negli Usa. E che il premier Renzi, ha accolto questa proposta comunicandola dopo l'ultimo Consiglio dei ministri»;
   dalle stesse dichiarazioni del dottor Serpelloni, si rende noto che avrebbe deciso di entrare in ferie e che, quindi, non è attualmente attivo presso l'ASL citata. Da un altro lancio intervista, sempre a cura del «Redattore Sociale», del 17 aprile 2014, si evince che il dottor Serpelloni, ufficialmente in ferie, opererebbe ancora in quello che è stato, sino all'8 aprile 2014, il suo ufficio di capo del dipartimento per le politiche antidroga, presso l'edificio di via della Ferratella a Roma, vicino San Giovanni, in cui entrerebbe con il pass di «visitatore». A tal proposito, questi spiega: «Sono qui perché mi hanno chiesto una consulenza, ma a scopo non oneroso, tengo a precisarlo» –:
   se corrisponda al vero che il dottor Giovanni Serpelloni, già capo del Dipartimento politiche antidroga, frequenti giornalmente, attraverso un pass da visitatore, gli stessi uffici che avrebbe dovuto definitivamente lasciare al termine del suo incarico e, in caso affermativo, a chi debba essere ricollegata la responsabilità del rilascio del pass;
   se al dottor Giovanni Serpelloni sia stata chiesta una consulenza, sia pure a titolo non oneroso, in relazione alla quale gli si permette l'accesso negli uffici citati;
   quale sia l'organo o l'ufficio che abbia formalizzato, in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri, tale consulenza;
   chi, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, attualmente risulti il titolare delle funzioni già svolte dal dottor Giovanni Serpelloni;
   quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri intenda intraprendere sulla vicenda, sia in vista dei delicati impegni di natura europea connessi all'imminente semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, sia in risposta alle numerose sollecitazioni per un cambiamento di rotta delle politiche italiane nel settore delle droghe. (5-02760)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   martedì 6 maggio 2014, davanti alla sede di Aeroporti di Puglia spa a Bari, si è svolta una manifestazione, indetta dalle Associazioni e dai comitati pro «Gino Lisa», affinché si decida, in tempi rapidi, non solo l'apertura dell'aeroporto, ma siano avviati i lavori per l'allungamento della pista che rappresenta una necessità strategica per lo sviluppo del territorio;
   sulla realizzazione di tale opera, in merito alla quale il sottoscritto ha presentato numerosi atti di sindacato ispettivo, si continuano a riscontrare ritardi e scelte che rischiano di penalizzare un territorio già duramente in crisi;
   la provincia di Foggia e la Capitanata hanno un potenziale turistico e turistico – religioso che potrebbe fungere da volano per la ripresa e lo sviluppo, ma le scelte politiche operate, nel corso degli ultimi anni, hanno determinato evidenti difficoltà;
   non a caso anche la camera di commercio e l'Associazione industriali della città di Foggia, hanno dato il loro appoggio, convinti come tutti che la piena operatività del «Gino Lisa» rappresenta un'infrastruttura strategica per l'intero comparto dell'economia locale;
   l'arretratezza delle infrastrutture di mobilità è un pesante handicap con il quale questo territorio deve fare i conti e, di fatto, determina l'impossibilità per gli operatori economici di poter competere, ad armi pari, con altre realtà produttive del Paese;
   tutto ciò, in una situazione in cui la crisi economica continua ad affossare lo sviluppo e ad aumentare in termini esponenziali il numero dei disoccupati, appare del tutto incomprensibile e irragionevole;
   non si possono più sopportare tali ritardi, come non si può dimenticare lo spreco delle risorse pubbliche sino ad ora investite e gli ostacoli burocratici e politici posti da chi colpevolmente tende a ritardare i lavori di tale opera con il rischio di declassare l'aeroporto e l'intera economia del territorio;
   non è più tempo di tergiversare, stante il fatto che a breve, il prossimo 30 giugno, scadranno i termini per usufruire dei 14 milioni di euro di fondi comunitari per l'allungamento della pista e le popolazioni e gli operatori economici, non potranno accettare in silenzio tale eventualità che si accompagnerebbe ad altre sottrazioni, come lo spostamento dell'Agenzia per la sicurezza alimentare, che hanno rappresentato una preoccupante avvisaglia;
   in tal senso appare ancora più grave la decisione, presa il 17 gennaio 2014, di declassare l'aeroporto di Foggia che era stata letta come tentativo di affossare lo sviluppo e la realizzazione delle opere previste –:
   come e se s'intenda, al di là di formali dichiarazioni di buona volontà, attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, con il necessario confronto con le istituzioni regionali e «Aeroporti di Puglia» affinché si concluda questa annosa vicenda della piena operatività del «Gino Lisa», che ha assunto ormai i toni della farsa, e si dia risposta alle giuste istanze avanzate dalle Associazioni dei cittadini e degli operatori economici della provincia di Foggia e della Capitanata;
   posto che appare assurdo e inconcepibile che non si porti a termine un'opera per la quale sono già stati spesi, decine di milioni di euro e se non si ritenga doveroso e necessario cominciare dalla pista dell'aeroporto di Foggia per dare il via, in seguito, ad un reale potenziamento infrastrutturale dell'intero territorio che rappresenta l'unico fattore strategico per la ripresa e lo sviluppo economico del territorio. (4-04757)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, D'UVA, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con le interrogazioni numeri 5-00811 e 5-00812, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato chiesto, tra le altre cose, se – in che modo e con quali tempi – ritenesse possibile pervenire al riconoscimento dei siti di importanza comunitaria «Cala Rossa e Capo Rama» e «Isola Correnti, pantani di Pineta Pilieri, chiusa dell'Alga e Parrino» quali Zone Speciali di Conservazione, in considerazione dell'obbligo stabilito dall'articolo 4 della direttiva 92/43/CEE, e disciplinato con l'articolo 3 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;
   nella risposta alle interrogazioni citate nel punto precedente, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore ha affermato che la mancata designazione delle Zone speciali di conservazione era motivata dal fatto che la trasmissione, da parte della Commissione, di successivi aggiornamenti dei formulari relativi ai siti di importanza comunitaria, ha reso «necessario, per ogni singolo invio, attendere l'approvazione della Commissione, che solitamente emana la relativa Decisione ad un anno di distanza dal ricevimento delle proposte di modifica degli Stati membri», aggiungendo che «in tali condizioni, non essendo ancora consolidate le informazioni relative ai singoli siti (per quanto attiene ad habitat, specie ed eventuale ampliamento dei confini), risultava non opportuno procedere alla designazione delle ZSC»;
   nella stessa risposta, il Ministro ha, dunque, escluso che l'Italia potesse essere considerata inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dall'articolo 4 nella Direttiva 92/43/CEE, scrivendo che «Solo recentemente la Commissione Europea ha manifestato la sua intenzione di non prevedere più aggiornamenti annuali, rendendo quindi effettiva la cadenza stabilita dalla Direttiva Habitat (6 anni) per la trasmissione delle informazioni sui siti e, in generale, sull'attuazione della Direttiva stessa. Il Ministero dell'ambiente ha provveduto, conseguentemente, ad avviare il processo di designazione partendo dalle situazioni regionali maggiormente consolidate»;
   rispondendo alle stesse interrogazioni, il Ministero interpellato ha scritto altresì che: «(...) alla luce di quanto sopra, si può prevedere di predisporre a breve un primo decreto di designazione delle ZSC della Regione Sicilia con riferimento ai siti per i quali è intervenuta l'approvazione definitiva dei Piani di gestione, sempre che gli stessi contengano i requisiti minimi richiesti dalla Commissione Europea»;
   con riferimento alla mancata designazione come Zone speciali di conservazione dei Siti di importanza comunitaria ubicati nel territorio siciliano – posta con le interrogazioni citate sopra, nonché con quella a risposta scritta n. 4-01855 depositata il 18 settembre 2013, e con quella n. 5-01783 ancora priva di risposta – i deputati interroganti, unitamente ai deputati dell'Assemblea regionale siciliana iscritti al Gruppo Movimento Cinque Stelle e a ben 307 cittadini siciliani hanno presentato una denuncia alla Commissione europea riguardante l'inadempimento, da parte delle autorità nazionali italiane, dell'articolo 4 comma 4 della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992;
   nella denuncia presentata alla Commissione europea il 26 marzo 2014, tra le altre cose, è stato evidenziato che la locuzione «il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni», di cui all'articolo 4, comma 4 della Direttiva, riferita all'obbligo, per lo Stato membro, di designare i siti di importanza comunitaria come Zone speciali di conservazione, non è conciliabile con l'impostazione scelta dalle autorità italiane che – stando al tenore logico e letterale della risposta del Ministro alle interrogazioni numeri 5-00811 e 5-00812 richiamata in precedenza – hanno ritenuto di poter attendere i successivi aggiornamenti dell'elenco dei Siti di importanza comunitaria, adottato nel luglio 2006, per stabilire il termine entro il quale procedere alla designazione delle Zone speciali di conservazione;
   la direzione generale ambiente della Commissione europea, in data 16 aprile 2014, ha risposto alla denuncia, di cui ai punti precedenti, informando i denuncianti del fatto che la stessa Commissione ha già avviato d'ufficio (EU Pilot 4999/13/ENVI) un'indagine volta a verificare il rispetto da parte di tutti gli stati membri dell'articolo 4 paragrafo 4 della Direttiva Habitat, e in merito alla decorrenza del termine stabilito dalla Direttiva, ha aggiunto quanto segue: «contrariamente a quanto sostenuto dal Governo italiano nella risposta alle Sue interrogazioni parlamentari 5-00811 e 5-00812, eventuali aggiornamenti dei formulari relativi ai siti non determinano uno slittamento del termine di sei anni: per i siti che, come quelli siciliani, sono stati inseriti nella rete Natura 2000 con decisione della Commissione adottata nel 2006, il termine entro cui designarli come ZSC è scaduto nel 2012»;
   nella risposta alle interrogazioni numeri 5-00811 e 5-00812, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha omesso di riferire ai deputati interroganti che rispetto alla mancata designazione delle Zone speciali di conservazione – oggetto di uno dei quesiti posti in entrambe le interrogazioni – la Commissione europea aveva avviato un'attività di indagine (EU Pilot 4999/13/ENVI), che, in relazione alla predetta indagine, la stessa Commissione aveva chiesto informazioni alle autorità nazionali, e infine che il Ministero, al fine di fornire gli elementi di risposta richiesti, aveva avviato una interlocuzione con le regioni;
   la mancata designazione delle Zone speciali di conservazione, oggetto dell'attività d'indagine della Commissione europea, richiamata sopra può portare all'apertura di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti del nostro Paese –:
   quali informazioni sono state acquisite, ad oggi, dalla regione siciliana al fine di poter corrispondere alle richieste formulate dalla Commissione europea in seno alla citata attività d'indagine (EU Pilot 4999/13/ENVI);
   se i riscontri forniti alla Commissione europea nell'ambito della citata attività d'indagine (EU Pilot 4999/13/ENVI) contengano una descrizione della situazione concernente la designazione delle Zone speciali di conservazione, relativa a ciascuna regione italiana, ovvero se alcune regioni non abbiano, ancora, fornito tutte le informazioni richieste;
   quali azioni intenda intraprendere perché vengano tempestivamente adottate tutte le misure necessarie a scongiurare il fatto che i siti di importanza comunitaria inseriti nella Rete Natura 2000, da più di sei anni – come quelli siciliani – continuino ad essere in una condizione, giuridica e/o di fatto, che ne impedisce la designazione come Zone speciali di conservazione, in palese violazione delle disposizioni contenute nell'articolo 4 della Direttiva 92/43/CEE e con il rischio concreto che venga aperta un'ulteriore procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia;
   se l'attività di verifica rispetto ai Piani di gestione dei Siti di importanza comunitaria siciliani, per i quali è intervenuta l'approvazione definitiva – alla quale si faceva riferimento nella risposta scritta alle interrogazioni numeri 5-00811 e 5-00812 – sia stata ultimata, ed entro quale termine si procederà alla predisposizione di un primo decreto di designazione delle ZSC ubicate nel territorio della regione siciliana. (5-02758)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'operazione avviata dai carabinieri del nucleo operativo ecologico (Noe), in seguito all'inchiesta della direzione investigativa antimafia di Bari, sul traffico illegale di rifiuti tra la Campania e la Puglia, sta portando a nuovi e preoccupanti ritrovamenti;
   nei giorni passati è stata scoperta, ad Apricena nel foggiano, una cava di circa 5-6 ettari, la cui profondità sarebbe al momento sconosciuta, dove sarebbero stato individuato un ingente quantitativo di rifiuti speciali di ogni tipo, anche ospedalieri;
   questa scoperta è successiva a quella nell'area di Ordona, sempre nel foggiano, il 23 aprile 2014;
   in questo caso specifico la situazione, in base all'esito dei primi carotaggi effettuati dai tecnici della procura della direzione antimafia di Bari, sarebbe ancora più grave del previsto poiché ci si troverebbe di fronte ad oltre 200 mila tonnellate di rifiuti;
   in questa area sono già iniziate le analisi su cinque pozzi artesiani che si trovano a ridosso dell'area interessata per verificare se le acque risultino inquinate;
   è notizia delle ultime ore che i carabinieri del nucleo operativo ecologico, sempre nell'ambito della stessa operazione, hanno sospeso gli scavi in una cava ricolma di rifiuti a Cerignola, sempre nel foggiano, perché dal sottosuolo sono emersi pezzi metallici che farebbero sospettare la presenza di fusti con materiale radioattivo;
   tutto ciò non fa che confermare le pessimistiche e preoccupanti valutazioni che avevano portato più di un organo di stampa a parlare di una nuova «terra dei fuochi» –:
   se non si ritenga che la situazione abbia assunto il carattere della straordinarietà e che di conseguenza vada ulteriormente rafforzato l'apparato di controllo, di là di quanto già predisposto in accordo con le autorità competenti, affinché siano messe a conoscenza, con la massima rapidità, le popolazioni locali sui rischi a cui potrebbero andare incontro e, contemporaneamente, per fornire loro tutte le garanzie possibile a difesa della salute pubblica;
   se si è dato mandato, all'istituto superiore della sanità, di eseguire un'accurata analisi epidemiologica per stabilire tutti gli effetti nocivi dovuti allo, sversamento illecito dei rifiuti di ogni tipo;
   se siano stati attivati, così come richiesto con il precedente atto di sindacato ispettivo n. 4-04555, i necessari accertamenti sulle produzioni agricole provenienti dalle aree interessate per individuare i potenziali rischi per la salute umana in presenza di contaminanti che dal terreno potrebbero essere passati nella catena umana attraverso, sia l'acqua che i prodotti agricoli. (4-04756)


   VARGIU. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   fino al 1997, l'Iglesiente ha rappresentato uno dei cardinali centri estrattivi minerari italiani ed europei;
   le operazioni di coltivazione mineraria in queste aree della Sardegna hanno avuto un forte impatto sul territorio che ha subito modificazioni sia morfologiche sia dal punto di vista dei processi ambientali, con la conseguente significativa compromissione del suolo, del sottosuolo, dell'aria e delle acque superficiali e sotterranee e danneggiato delle biodiversità;
   l'impatto delle attività estrattive minerarie sul flusso idrogeologico ha determinato particolari peggioramenti quantitativi e qualitativi delle acque sotterranee che, durante la coltivazione, hanno visto aumentare in modo esponenziale la presenza di metalli pesanti, sali ed altre sostanze tossiche, ovvero nocive;
   al termine delle attività minerarie, diventa pertanto decisivo per la sicurezza della salute e la tutela dell'ambiente, il monitoraggio di queste acque sotterranee, delle subsidenze, dei vuoti lasciati dalla coltivazione mineraria, delle discariche di scorie sterili e dei residui di lavorazione;
   ad Iglesias, durante l'attività mineraria, l'esigenza di affrancare dall'acqua pannelli mineralizzati ha reso necessario edurre quantità sempre più cospicue e a profondità crescenti, dal livello + 70 metri al sotto il livello del mare fino a – 200 metri sotto il livello del mare. Tale attività ha prodotto un incremento del contenuto salino delle acque, oltre ad un progressivo aumento del contenuto di metalli pesanti;
   alla fine degli anni novanta, con la chiusura definitiva dell'attività estrattiva e la conseguente cessazione del pompaggio, la falda freatica è rimontata progressivamente dal livello – 200 metri sul livello del mare, fino all'attuale quota + 60 metri sul livello del mare;
   dagli studi effettuati dall'università di Cagliari e dai tecnici minerari (la falda è attualmente utilizzata per scopi idropotabili) è emerso che tale risorsa può convenientemente essere edotta, evitando di «spillare» i pompaggi dalle parti profonde della falda, dove i connotati chimico – fisici non hanno ancora ristabilito l'equilibrio tipico di un acquifero carsico;
   per questo motivo è stato installato un moderno sistema di monitoraggio funzionale che controlla in tempo reale le variazioni chimiche della falda durante i prelievi, al fine di evitare che pompaggi sostenuti possano alterarne il delicato equilibrio idrogeochimico;
   Igea spa è la società in house della regione autonoma della Sardegna incaricata di eseguire, nel settore della geo – ingegneria, piani di caratterizzazione ed investigazioni in campo e, nel settore minero – ambientale, di effettuare messe in sicurezza di emergenza e permanenti, ripristini ambientali e bonifiche;
   in occasione di una delle cicliche siccità che hanno colpito l'isola e l'area dell'Iglesiente in particolare, la regione Sardegna ha finanziato uno studio di fattibilità (prove di pompaggio a gradini e di lunga durata) finalizzato all'eduzione di risorse idriche dai Pozzi Hubert e Ceramica, dando esecuzione alla convenzione fra l'assessorato dei lavori pubblici e l'Igea spa, di cui alla delibera della giunta regionale n. 29/20 del 22 maggio 2008 e al decreto dell'assessorato dei lavori pubblici n. 49 del 10 giugno 2008;
   nello studio vengono definite le linee guida per la corretta gestione dei prelievi idrici dal bacino idrogeologico e per verificare, attraverso un puntuale sistema di rilevazione, le variazioni di tutti gli specifici parametri, le variazioni idrodinamiche e idrogeochimiche della falda;
   nell'ambito di tale studio, sono state certificate le modalità di pompaggio che può essere attuato solo dopo aver valutato le condizioni chimico-fisiche della falda e dopo aver dimostrato l'assoluta stabilità dell'equilibrio qualitativo dell'acqua. Inoltre, è stato indicato come, solo in situazioni di emergenza e per limitati periodi di tempo, potrà essere superato il regime massimo di eduzione indicato;
   da circa due anni, il servizio di monitoraggio operato da Igea spa è stato sostanzialmente ridimensionato, con il conseguente peggioramento della qualità delle acque edotte, nelle quali si è andato via via registrando un aumento significativo dei valori dei solfati che ha superato la soglia prevista dal decreto legislativo 152 del 2006, parte IV, allegato 5, tab. 2;
   in assenza di una corretta gestione della falda si assiste, pertanto, ad un progressivo depauperamento dei connotati chimico – fisici di una risorsa come l'acqua, di importanza vitale per un territorio fortemente deficitario di risorse idriche, qual è la Sardegna e il Sulcis in modo particolare;
   a rendere ancora più inquietante la situazione sopra descritta, si evidenza altresì che, da qualche mese, il laboratorio chimico non avrebbe più l'accreditamento che garantisce la certificazione di qualità dei propri servizi e che la stessa attività di analisi sarebbe resa assai difficoltosa della carenza di risorse economiche;
   sembrerebbe, conseguentemente, che la gestione della falda avvenga con modalità sostanzialmente in conflitto con il disposto del decreto legislativo n. 152 del 2006 articoli 76, 77, 82, 94, 96, 183, 240, 256, 257 –:
   quali iniziative, per quanto di rispettiva competenza e anche alla luce degli interventi previsti per il superamento della situazione di criticità conseguente all'inquinamento delle aree minerarie del Sulcis Iglesiente già oggetto di ordinanze di protezione civile, intendano tempestivamente intraprendere al fine di:
    a) evitare che il prelievo errato e/o indiscriminato delle acque sotterranee dalle miniere dell'Iglesiente possa aggravare un danno ambientale già in essere, peggiorando ulteriormente la qualità delle falde acquifere sotterranee;
    b) attenuare gli effetti devastanti che tale situazione potrebbe provocare sulle stesse attività di prevenzione e di tutela della salute delle popolazioni residenti. (4-04765)


   D'UVA, GRILLO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 gennaio 2014 il comune di Naso (Messina) è stato oggetto di un sopralluogo effettuato da personale tecnico del genio civile, della protezione civile di Messina, del servizio ispettorato ripartimentale delle foreste di Messina ovvero dello stesso comune, a causa di fenomeni franosi avvenuti presso il centro storico e causati da un avanzato stato di dissesto idrogeologico;
   i fenomeni di movimento e di caduta di materiali che hanno coinvolto il territorio sul quale sorge il centro storico del comune di Naso (Messina) hanno costretto l'evacuazione degli uffici comunali ovvero di tutte le strutture che insistono nel medesimo costone soggetto a dissesto;
   in data 11 febbraio 2014 la giunta municipale del comune delibera circa la richiesta di dichiarazione dello stato di calamità naturale per il comune di Naso (Messina), «conseguente ai gravi danni causati da eventi atmosferici avversi, di rilevante portata, succedutisi a cadenza consecutiva costante, e registratisi nel territorio del comune dal mese di febbraio dell'anno 2010 sino ad oggi», i quali hanno condotto il territorio del comune in avanzato stato di dissesto idrogeologico;
   la giunta comunale, si apprende dalla delibera, «prende atto della relazione tecnica contenuta nel verbale della conferenza dei servizi tenutasi in data 24 gennaio 2014, a supporto della richiesta di dichiarazione dello stato di calamità naturale per i gravi danni conseguenti al vasto fenomeno di dissesto idrogeologico che ha interessato l'intero territorio di Naso»;
   così come confermato dal documento comunale «l'area più colpita risulta essere il centro storico ove è ubicata la sede municipale oggi assoggettata alla prefata ordinanza di sgombero, redatta dal Sindaco in data 29 gennaio 2014, sulla scorta di quanto emerso dal sopralluogo effettuato nella medesima giornata»;
   verificati i presupposti necessari alla proposizione dell'istanza di dichiarazione dello stato di calamità naturale, data la sussistenza di «gravi danni subiti da questo territorio comunale in conseguenza dei fenomeni franosi di vasta entità», la giunta autorizza il sindaco a richiedere agli organi competenti il relativo riconoscimento, con tutte le conseguenti provvidenze da ciò derivanti ex lege n. 185 del 2012;
   nelle more dell’iter necessario per tale riconoscimento, i cittadini del comune siciliano riferiscono di uno stato di dissesto in costante peggioramento, con pericolo di smottamento e di fenomeni franosi che coinvolgono le arterie di collegamento principali, e un progressivo e costante scivolamento del terreno verso valle;
   l'attuale stato di dissesto idrogeologico rischia di far collassare l'intero centro storico del comune di Naso (Messina), la cui fondazione, va ricordato, viene fatta risalire già in epoca greca, con perdita di un patrimonio storico e culturale di fondamentale importanza per la presenza di numerose edificazioni che vanno dall'alto medioevo fino all'epoca barocca, nonché di opere artistiche e monumentali di rilevante interesse;
   nell'anno 2010, a seguito di eventi atmosferici di particolare intensità, il comune di Naso (Messina) veniva fatto evacuare per interventi di consolidamento i quali, a oggi, risultano essere stati non sufficienti a garantire la sicurezza del territorio considerato, e i principali palazzi storici, comunali, nonché le residenze dei privati cittadini, rischiano di collassare a causa dei cedimenti del terreno –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e in quali tempi si intenda procedere al riconoscimento dello stato di emergenza per garantire la messa in sicurezza del territorio del comune di Naso (Messina), nonché la necessaria tutela dei suoi cittadini;
   se, in tale contesto al fine di fronteggiare l'attuale emergenza idrogeologica, di concerto con il personale tecnico della protezione civile, nonché con tutte le autorità competenti in materia, intenda predisporre un piano organico di intervento, impedendo così il definitivo collasso del territorio comunale di Naso (Messina) e di tutte le strutture presenti. (4-04767)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 3 dicembre 2008, a seguito di indagini chimiche condotte dall'Agenzia regionale di protezione ambientale della Campania (ARPAC) in alcune zone del territorio di Lausdomini nel comune di Marigliano (Napoli), fu accertata un'elevata e pericolosa concentrazione di fluoruri e arsenico nelle acque di falda;
   il 12 gennaio 2009 l'ARPAC trasmetteva al commissario di Governo per le bonifiche e la tutela delle acque nella regione Campania gli sconcertanti risultati delle indagini condotte su diversi pozzi ubicati nelle contrade rurali Rapillo Capocuotto, Masseriola vecchia del bosco, Cappella via Masseriola;
   il 20 agosto 2010, 19 mesi dopo, l'azienda sanitaria locale Na3 sud (ex Na/4) e la Provincia di Napoli chiedevano al sindaco di Marigliano di interdire l'uso dell'acqua dei pozzi interessati non solo per il bere e gli usi alimentari ma anche per l'irrigazione delle coltivazioni, nonché di vietare il consumo e la commercializzazione dei prodotti agricoli provenienti dai suoli già innaffiati e contaminati;
   il 14 settembre 2010, il sindaco di Marigliano emetteva una formale ordinanza di divieto e utilizzo delle acque inquinate, informando del pericolo anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   risulta però all'interrogante che, ad eccezione dei consueti provvedimenti amministrativi ritenuti, peraltro, carenti e inadeguati, il fenomeno sia stato gestito in modo pessimo dai vari attori istituzionali e con il passare del tempo completamente ignorato: ad oggi infatti a quanto consta all'interrogante non sono state predisposte iniziative e modalità per la bonifica e il risanamento delle falde dall'inquinamento chimico e batteriologico, non è stata garantita una corretta e trasparente informazione ai cittadini sui rischi, non è stata neppure avviata sul territorio una campagna di previsione e prevenzione nella diffusione dell'inquinamento delle acque sotterranee e superficiali –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente della contaminazione di fluoruri e arsenico ed altre sostanze potenzialmente nocive nelle acque sotterranee di Marigliano (Napoli), quali azioni di protezione della potabilità delle acque siano state adottate, quali misure di prevenzione della diffusione dell'inquinamento e di monitoraggio delle zone interessate siano state intraprese e quali ulteriori iniziative s'intendano assumere;
   di quali elementi dispongano circa le ragioni di ritardi, inefficienze e responsabilità relative alla mancata assunzione di interventi attenti e sistematici per il rientro dell'emergenza qualitativa delle acque sotterranee in questione anche alla luce del lungo periodo di commissariamento statale in materia di bonifiche e tutela delle acque;
   se non ritengano di dover promuovere, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela della salute, un monitoraggio capillare, con campionamenti, misurazioni, prelievi e analisi, delle acque sotterranee su tutto il territorio del comune di Marigliano (Napoli) per verificare la qualità delle acque medesime e individuare l'eventuale presenza di altre sostanze chimiche tossiche o nocive e valutare i rischi per la salute umana, l'ambiente e le attività agricole. (4-04768)


   VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Con l'ordinanza del Ministero dell'interno n. 2992 del 14 luglio 1999, il presidente della Regione Lazio, fu nominato Commissario Delegato per l'emergenza rifiuti nella città di Roma e provincia, venendogli espressamente delegati, in deroga alle ordinarie competenze degli organi regionali, i poteri di approvazione e di autorizzazione all'esercizio di impianti ex articoli 27 e 28 del decreto legislativo 22/97 (oggi articolo 210 del decreto legislativo 152/06), anche in deroga alle norme contestualmente indicate, e con facoltà di avvalersi di subcommissari;
   con O.P.C.M. n.3249 dell’ 8 novembre 2002 venne evidenziata tra le altre cose, la necessità di avviare interventi strutturali volti alla realizzazione urgente di termovalorizzatori, nella considerazione della inadeguatezza del sistema delle discariche e degli impianti di trattamento dei rifiuti esistenti in ambito regionale;
   con deliberazione del consiglio regionale n. 112 del 10 luglio 2002, fu approvato il Piano Regionale di Gestione dei rifiuti del Lazio. Peraltro, la Commissione europea ebbe a deferire, in data 1o febbraio 2006, alla Corte di giustizia delle Comunità europee, la Repubblica italiana per la mancata elaborazione e comunicazione alla Commissione di un Piano comprendente i luoghi e/o gli impianti adatti per lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi (Corte dei Conti Deliberazione 1/2005/G pag 154);
   con decreto commissariale n. 75 del 20 settembre 2003, si procedette all'individuazione dei siti ritenuti idonei ad ospitare impianti di incenerimento, comprendente, altresì, l'elaborazione di una classificazione di priorità dei siti medesimi. Tale Piano, secondo l'interrogante contrariamente al principio di trasparenza che doveva informare l'agire amministrativo, non fu reso noto. Il dipartimento della protezione civile lamentò, a distanza di anni, la scarsa informazione ambientale esercitata dal commissario delegato, affermando: «Altro aspetto di assoluta centralità, che dovrebbe essere curato da codesta struttura commissariale; fino alla data del 31 gennaio 2007, è la corretta informazione ambientale volta alla sensibilizzazione e al coinvolgimento diretto dei cittadini attraverso la massima divulgazione dell'informazione relativa a tutte le azioni da svolgere ai fini della realizzazione del ciclo integrato di gestione dei rifiuti.» (nota DPC/CG/29677 del 9 giugno 2006 – Corte dei conti Deliberazione 1/2005/G pag 155);
   con nota prot. 98 del 31 ottobre 2003 il consorzio Colari, dell'avvocato Manlio Cerroni, inoltrò ai competenti uffici regionali l'istanza di approvazione del progetto, l'autorizzazione alla realizzazione nonché l'autorizzazione all'esercizio con riferimento:
   a) all'impianto per la produzione di energia elettrica da Cdr prodotto nei Tmb Malagrotta 1 e Malagrotta 2, mediante una centrale di gassificazione ubicata nel Comune di Roma, via di Casal Lumbroso 408;
   b) oltre all'ampliamento dell'esistente impianto di produzione di energia elettrica utilizzante il biogas prodotto dalla discarica di Malagrotta, nonché quello prodotto dall'impianto in oggetto (Doc Gse pag. 8);
   in data 31 dicembre 2003, con nota prot. 887 CR, l'ufficio commissariale chiese alla Gestione rete di trasmissione nazionale (GRTN) ora denominato GSE, di verificare la disponibilità di convenzioni per la cessione di energia elettrica da stipularsi alle condizioni di cui al provvedimento cip 6/92 (Doc Gse pag. 1);
   Il GRTN in data 18 febbraio 2004, rispose all'ufficio commissariale, decretando che l'esito delle analisi richiestegli, aveva evidenziato l'esistenza di spazi residuali che consentivano la stipula di convenzioni preliminari per una potenza massima di 150/170 Mw, anche se detti spazi potevano ridursi in presenza di ricorsi presentabili alle competenti autorità se accolti, o aumentare in caso di inadempienze future da parte di coloro che avevano ancora in corso la realizzazione degli impianti (Doc Gse pag. 2);
   il dipartimento X del comune Roma nel 2003, esaminando il progetto relativo alla costruzione del gassificatore di Malagrotta rilevò che l'impianto veniva a collocarsi in un sito tra il «polder», o grande vasca della discarica, e la Raffineria di Roma, ubicata a poche centinaia di metri. Inoltre, tutta la zona era classificata a rischio di incidente rilevante e soggetta ai vincoli del decreto-legge n. 334 del 99 – Seveso II. L'ufficio del comune di Roma, quindi, espresse forti perplessità sulla scelta dell'area per la sua prossimità alla discarica le cui emissioni di biogas potevano costituire un serio rischio in presenza di un impianto di produzione energetica. Per questo motivo il X Dipartimento (Servizio V.I.A.) del comune di Roma chiese al Dipartimento ambiente e Protezione Civile della Regione Lazio uno studio di sicurezza integrato dell'area vasta prima di prendere qualsiasi decisione. Oltre a ciò, venne contestato il vantaggio energetico dell'impianto di cui andava calcolato il bilancio ambientale complessivo che tenesse conto della salute dei cittadini, del paesaggio, delle emissioni e così via (M. lervolino – Con le mani nella monnezza – Reality Book 2011);
   il Ministero dell'ambiente, così come si evince dal testo della deliberazione n. 1/2005/G della Corte dei conti, relativa alla gestione dell'emergenza rifiuti effettuata dai Commissari straordinari del Governo, non diede l'assenso sul bando di gara per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione degli impianti di termovalorizzazione della frazione secca e/o cdr a valle della raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati con recupero energetico, adducendo gravi carenze tecniche nelle bozze predisposte dal commissario (Corte dei conti deliberazione 1/2005/G.; pag. 156);
   l'ordinanza commissariale n. 16 del 25 marzo 2005 aveva per oggetto: «Approvazione Progetto Centrale di Gassificazione per la Produzione di energia elettrica dal CDR prodotto negli impianti di “Malagrotta 1” e “Malagrotta 2” nel Comune di Roma». Tale atto commissariale suscitò notevoli perplessità e preoccupazione, per la palese violazione delle direttive comunitarie e nazionali sulla concorrenza, visto che «per l'impianto di gassificazione di Malagrotta sarebbero intervenuti atti amministrativi di assegnazione dei lavori di costruzione e di esercizio nell'ambito di una non meglio chiarita procedura di affidamento diretto». Con nota del dipartimento della protezione civile DPC/CG 61223 del 30 novembre 2006, lo stesso dipartimento affermò di non aver mai ricevuto risposta da parte del commissario delegato sulla vicenda, nonostante i ripetuti solleciti. Il soggetto attuatore, nell'adunanza del 12 dicembre 2006, nonostante le citate critiche confermò l'assegnazione diretta dell'opera (Corte dei conti deliberazione n. 1/2005/G pag. 157);
   conferma che arrivo nuovamente il 24 settembre del 2008 attraverso la determinazione n. A3148 avente per oggetto: «Centrale di gassificazione per la produzione di energia elettrica dal combustibile da rifiuti (CDR) prodotto dagli impianti di preselezione e riduzione volumetrica degli RSU denominati “Malagrotta 1” e “Malagrotta 2”»;
   il costo complessivo dell'opera era stimato in circa trecentocinquanta milioni di euro, di cui il Colari riuscirà a recuperare quasi la metà grazie ai contributi Cip 6 dello Stato. L'impianto funzionando a regime, doveva smaltire circa 500 tonnellate di Cdr al giorno, generando 36 Mw di elettricità. Per la costruzione di tale impiantistica, il consorzio Colari si servì di un brevetto della società svizzera Thermoselect che dal 1991 al 2007 aveva sviluppato progetti di gassificazione ad alta temperatura dei rifiuti solidi urbani, promettendo grandi prestazioni energetiche ed un bassissimo impatto ambientale. Un impianto simile era quello esistente nella cittadina di Karlsruhe in Germania, ribattezzato dalla stampa tedesca con il nome di «Thermodefect». Il gassificatore ebbe innumerevoli problemi, tra cui a quel che risulta all'interrogante fughe di gas tossico, pericolo di esplosione, incrinature nel cemento della camera ad alte temperature provocate dalla corrosione e dal calore e perdite di liquido da un bacino di sedimentazione che conteneva acque di scolo contaminate da cianuro (M. Iervolino – Con le mani nella monnezza – Reality Book 2011);
   l'impianto di gassificazione Colari, rientrava nel campo di applicazione della normativa IPPC e l'autorizzazione integrata ambientale venne rilasciata dalla competente struttura regionale con determinazione n. B3692 del 13 agosto 2009;
   i carabinieri del CCTA (Comando carabinieri per la Tutela dell'ambiente), su ordine della Procura di Roma, procedettero in data 11 novembre 2008, al sequestro preventivo del gassificatore di Malagrotta disposto dal GIP di Roma. Il gassificatore, sottoposto al vaglio di personale dei carabinieri del CCTA, risultò privo della indispensabile «Certificazione di Prevenzione Incendi», non rispondendo, nel contempo, ad altri requisiti di legge. Tali inadempienze furono riferite dai carabinieri a procuratore della Repubblica di Roma ed ai titolari del procedimento penale che chiesero, in via d'urgenza, al GIP il sequestro preventivo dell'impianto. Il GIP peraltro autorizzò l'accesso e l'uso al solo fine di consentire il completamento dei lavori necessari alla messa in sicurezza dell'impianto, per poter così richiedere ed ottenere il nulla osta dei Vigili del Fuoco, necessario per l'attivazione dell'impianto. Su questo venne aperta un'indagine da parte della magistratura, poi sfociata nella condanna del 23 aprile 2014, nei confronti di Cerroni e Rando;
   in data 12 giugno 2013 l'interrogante, onorevole Stefano Vignaroli, viste le innumerevoli irregolarità riscontrate nei diversi impianti di proprietà Colari, presentava istanza di richiesta di accesso agli atti dell'istruttoria compiuta dal GSE per la stipula della convenzione preliminare con il consorzio Colari e relativa all'impianto di gassificazione di Malagrotta. Leggendoli con attenzione, si scopriva di una fitta corrispondenza intercorsa tra Cerroni ed il GSE nel corso degli anni. La constatazione che il gassificatore funzionasse poco e male è evidenziata dallo stesso Cerroni, in una raccomandata del 29 dicembre 2009, prot. 272 (pag. 227 doc Gse–Colari), inviata al (GSE, laddove l'imprenditore affermava che «le problematiche tecnologiche dell'impianto non hanno ancora consentito a tutt'oggi di arrivare a regime e di avere una produzione elettrica stabile» (doc Gse pag 227);
   dagli atti richiesti al GSE, si rinveniva che il Colari, ai sensi del provvedimento Cip6/92, ottenne inizialmente dal GSE una proroga di 18 mesi del periodo di avviamento, vista la complessità dell'impianto e la tecnologia utilizzata. Lo stesso consorzio, con richiesta del 29 luglio 2010, prot. 179 e sollecito del 20 ottobre 2010, prot. 236 chiese inoltre al GSE autorizzazione per il superamento della soglia minima di apporto di combustibile fossile fino ad un massimo del 10 per cento anziché il 5 per cento previsto (Doc Gse pag 233 e 234);
   in data 28 luglio 2011, con prot. 214 sempre il Colari, pretese dal GSE ancora un'ulteriore proroga della contenzione al 30 settembre 2011 e contestualmente espresse la volontà in quella data di fermare la linea dimostrativa e procedere alla realizzazione delle ulteriori due linee di gassificazione per portare l'impianto a 48 MW di potenza. Il Gse, in data 10 agosto 2011, comunicava al consorzio il mancato accoglimento della richiesta relativa agli incentivi Cip 6/92 (Doc Gse pag 236). La perdita degli incentivi dovuta al mancato funzionamento della linea dimostrativa di gassificazione sarà poi definitivamente bloccata dalla procedura di infrazione 2003/2246 della Ce e da una successiva sentenza del Consiglio di Stato (N. 01015/2012 reg. prov. coll – N. 05385/2008 reg. ric.) che abolì tale tipo di incentivo a fonti come il CDR che non possono essere annoverate tra quelle rinnovabili. Motivi per cui alla data odierna le ulteriori due linee di gassificazione non sono state né realizzate, né installate, nonostante gli impegni sottoscritti;
   con deliberazione del consiglio regionale del 18 gennaio 2012, n. 14 venne approvato il piano di gestione dei rifiuti del Lazio ai sensi dell'articolo 7, comma 1 della legge regionale 9 luglio 1998, n. 27 (disciplina regionale della gestione dei rifiuti). All'interno del documento è programmata la riaccensione della prima linea e la costruzione ed attivazione della seconda e terza linea del gassificatore di Malagrotta. Detto piano rifiuti è ancora attualmente vigente;
   il 12 marzo 2014 con prot. 4905, il MoVimento 5 Stelle richiedeva al Dipartimento Tutela Ambientale-Protezione civile del Comune di Roma, copie della variante d'opera del gassificatore di Malagrotta nonché di tutti i verbali delle conferenze dei servizi tenutesi dal 2010 ad oggi;
   dalla lettura dei documenti sopracitati, si veniva a conoscenza di ulteriori fatti ovvero che il Colari aveva comunicato ai competenti uffici regionali la volontà di avviare la costruzione delle due linee di gassificazione definitive. Le opere progettate e da realizzare insistevano su aree non valutate precedentemente in sede di autorizzazione e di valutazione di impatto ambientale. In particolare l'intervento appariva collocarsi all'interno della fascia di rispetto di 150 metri dal corso d'acqua Rio Galeria, considerato fattore escludente con un grado di vincolo condizionante, ai sensi del D.C.R. 18 gennaio 2012 n. 14, ovvero il piano regionale rifiuti vigente. Oltre ciò, la tecnologia presentata dal Colari, risultava essere differente da quella autorizzata in precedenza;
   gli uffici regionali considerarono le notevoli modifiche apportate al progetto dal Colari quali varianti sostanziali e pertanto fu chiesto al consorzio, di ripresentare una nuova domanda. A fine maggio 2012, l'esito cambiò radicalmente e l’iter progettuale ripartì sotto forma di variante non sostanziale. Si tennero alcune riunioni tecniche e due conferenze di servizi, nelle quali arditamente furono superate tutte le iniziali riserve rispetto ai cambiamenti sostanziali proposti dal Colari. In definitiva le procedure adottate dall'ufficio commissariale sembrerebbero all'interrogante aggirare le normali procedure tecniche, giuridiche ed amministrative delegando; esclusivamente al privato ogni aspetto, senza alcuna verifica di sorta;
   a fine dicembre 2013, nonostante le numerose e non certo sconosciute irregolarità riscontrate sia nel progetto Colari, che nell’iter autorizzativo, da organi di stampa si apprendeva che il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti intendeva procedere alla riaccensione del gassificatore di Malagrotta –:
   se risulti agli atti per quali ragioni non siano stati tenuti presenti in relazione al gassificatore di Malagrotta i possibili rischi derivanti dalla collocazione dello stesso in una zona classificata a rischio di incidente rilevante e pertanto soggetto ai vincoli del decreto legislativo n. 334 del 1999, Seveso II;
   se risultino agli atti motivazioni puntuali che portarono il Ministero dell'ambiente – come si evince dal testo della deliberazione n. 1/2005/G della Corte dei Conti – a non dare l'assenso sul bando di gara per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione degli impianti di incenerimento nella ragione Lazio;
   se risultino agli atti riscontri alla nota del dipartimento della protezione civile DPC/CG/61223 del 30 novembre 2006 e ai ripetuti solleciti rivolti dal medesimo dipartimento con riferimento ai rilievi suscitati dalla ordinanza commissariale n. 16 del 26 marzo 2005 ed in particolare con riferimento all'affidamento dell'opera;
   se sia stato trasmesso alla regione Lazio ogni documento in possesso del Governo e della gestione commissariale al fine di consentire alla Regione di disporre di ogni elemento di cognizione necessario alla corretta valutazione dell'opportunità di riaccensione del gassificatore di Malagrotta. (4-04769)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, ARTINI, TOFALO, PAOLO BERNINI e FRUSONE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il circolo ufficiali delle forze armate si trova, a Roma, in via XX Settembre 2, a pochi passi dalla sede del Ministro della Difesa e viene spesso utilizzato da quest'ultimo per pranzi ufficiali o meno;
   come risulta da vari quotidiani, ad esempio un articolo a firma di Carmelo Lopapa a pagina uno de La Repubblica del 17 ottobre 2013, il giorno 16 ottobre l'allora Ministro della Difesa Mario Mauro pranzò presso il citato Circolo ufficiali in compagnia dell'allora senatore Silvio Berlusconi e dell'onorevole Angelino Alfano;
   al centro del colloquio non questioni istituzionali ma i rapporti tra le diverse anime del centrodestra dopo la ormai prossima decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, un incontro dunque di carattere privato tra i tre;
   alla fine di ottobre 2013 l'amministrazione del circolo stesso inviava al Gabinetto del Ministro e all'ufficio amministrazioni speciali del Ministero della difesa la nota di spesa 398/13 datata 28 ottobre 2013 riferita a un asserito «pranzo di lavoro offerto dal Signor Ministro della difesa presso i locali del Circolo Ufficiali a due suoi ospiti il giorno 16 ottobre 2013»;
   la nota, per un ammontare complessivo di 385,99 euro, si riferisce a un pranzo per tre persone presumibilmente, oltre al senatore Mauro, l'onorevole Alfano e Silvio Berlusconi;
   il conto di questo pranzo di 385,99 dunque ben alla portata sia dell'allora Ministro che di uno qualsiasi dei suoi ospiti, risulta tuttavia essere stato posto a carico del Ministero della difesa nonostante non fosse riferito ad un incontro istituzionale del Ministro ma ad incontro privato di carattere politico –:
   se non ritenga, nel caso in cui il conto sia stato effettivamente pagato dal Ministero della difesa come risulterebbe dai documenti contabili citati in premessa, di dover senz'altro chiedere al Ministro della difesa pro tempore senatore Mario Mauro, il rimborso dell'importo stesso. (4-04763)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, ARTINI, TOFALO, PAOLO BERNINI e FRUSONE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   adiacente palazzo Barberini, sede della galleria nazionale di arte moderna, e direttamente collegato a palazzo Baracchini, dove si trovano gli uffici del Ministro della difesa, si trova il Circolo ufficiali delle Forze armate;
   il circolo comprende un ristorante e varie sale private che vengono utilizzate dai soci del circolo stesso;
   la posizione del circolo, al quale si accede con un passaggio interno direttamente dagli uffici del Ministro, è stata evidentemente concepita perché servisse di fatto da struttura di servizio al Ministro protempore anziché alla generalità degli ufficiali delle forze armate che sono tenuti a pagare mensilmente un contributo obbligatorio per l'adesione al circolo stesso;
   si potrebbe anzi dire che il circolo è di fatto la mensa utilizzata dai vari Ministri che si sono succeduti in via XX Settembre, oltre che la sede di incontri ufficiali;
   i prezzi proposti dal menu sono ad avviso degli interroganti molto bassi rispetto al livello del circolo, con camerieri in guanti bianchi, sale affrescate e con preziose opere d'arte alle pareti, marmi e stucchi;
   a dirigere il circolo, che è dunque poco più di un ristorante, c’è addirittura un generale di brigata, attualmente il generale Rinaldo Rinaldin;
   tra l'altro l'attuale direzione del circolo è fortemente contestata dai dipendenti militari e civili; in un volantino della RSU dei dipendenti civili del circolo si parla di «stato di tensione che si vive oggi» e di «urla e rimbrotti pubblici» da parte del direttore stesso;
   il direttore ha recentemente disposto con ordine di servizio un «piano di innaffiamento aree verdi» dove è previsto che il personale provveda a innaffiare le piante che si trovano nei locali del circolo stesso. A tale mansione sono stati assegnati, a quanto consta agli interroganti, anche ufficiali e primi marescialli con evidente e palese mortificazione delle rispettive professionalità –:
   se non ritenga che i prezzi del ristorante del circolo ufficiali delle Forze armate dovrebbero essere adeguati ai valori di mercato per non far gravare sul bilancio della difesa costi impropri che nulla hanno a che fare con i compiti istituzionali del Ministero stesso;
   se non sia opportuno rivedere la struttura organica del circolo ufficiali stesso affidandolo esclusivamente a personale civile sia per la direzione e la gestione (cucina, servizi in sala), che per la parte amministrativa liberando personale militare da compiti impropri;
   se non ritenga di dover intervenire di fronte alle ripetute lamentele del personale per il comportamento dell'attuale direttore del circolo;
   se infine ritenga appropriato che ufficiali e primi marescialli con decine di anni di servizio vengano adibiti a innaffiare le piante che si trovano presso il circolo ufficiale medesimo. (4-04764)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELLA VALLE e CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizia diffusa dall'Agenzia ANSA risulterebbe che il comandante della Guardia di finanza, generale Saverio Capolupo, il 18 marzo 2014, in occasione della sua audizione presso la Commissione finanze del Senato, avrebbe dichiarato «Il corpo della Guardia di Finanza ha già fatto un'azione di spending review: il nostro organico è carente di 10 mila unità: 60 mila contro 70 mila. Le spese di funzionamento sono di 228 milioni su bilancio di 3,5 miliardi. In media lo stipendio di un militare della Gdf è di 1.400-1.500 euro al mese e sono cinque anni che non c’è un euro di aumento; anche la “casta” dei generali guadagna meno di 5 mila euro: il rapporto con la Germania è uno a tre a favore della Germania. Oltre questo livello non si può andare. Noi – ha aggiunto Capolupo – abbiamo precorso la politica di spending review: sono stati chiusi 72 reparti tagliate circa mille persone, fatte una serie di operazioni sugli immobili»;
   dai dati pubblicati dalla ragioneria generale dello Stato relativi al conto annuale del personale delle pubbliche amministrazioni, risulta che la Guardia di finanza, dal 2001 al 2012, ha più che raddoppiato i suoi ufficiali dirigenti, passando da 202 a 432 unità, ed ha anche aumentato gli ufficiali con trattamento superiore, passando da 787 a 1.170 unità, mentre nel contempo il restante personale è diminuito dagli oltre 63 mila unità a meno di 60 mila; inoltre, sempre dal conto annuale, risulterebbe che per 2012 il costo complessivo per gli ufficiali dirigenti e con trattamento superiore è ammontato a circa 120 milioni di euro, per retribuzioni medie che vanno dai 75 mila ai 108 mila euro annui;
   l'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, prevedeva il riordino delle scuole militari e degli istituti militari di formazione, al fine di ottimizzare l'allocazione delle risorse e migliorare la qualità delle attività formative; tale riordino delle scuole militari non risulta tuttavia essere stato attuato per la Guardia di finanza che, nonostante la contrazione degli organici e degli arruolamenti del personale, risulta tuttora utilizzare per l'addestramento una dozzina di strutture sparse su tutto il territorio nazionale;
   dai dati pubblicati in internet dal fondo immobili pubblici, risulta che per le scuole militari ubicate a Roma, L'Aquila, Bari e Bergamo, lo Stato versa ai sottoscrittori privati di tale fondo comune d'investimento, un canone annuo complessivo di circa 35 milioni di euro per l'utilizzo di oltre 380 mila metri quadri; da articoli di stampa risulta altresì che sarebbe stata acquistata una ulteriore area in Bergamo ove costruire una nuova e più ampia struttura destinata all'Accademia del Corpo;
   ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa, l'articolo 2-bis del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, consente alle amministrazioni statali di recedere, entro il 31 dicembre 2014, dai contratti di locazione di immobili in corso –:
   se non ritenga necessario, nell'ottica di una politica di revisione ed ottimizzazione delle spese della Guardia di finanza, assumere iniziative per un riequilibrio degli organici del Corpo, eliminando molte posizioni dirigenziali, ed una riorganizzazione degli istituti di istruzione, come previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 95 del 2012, mediante accorpamento in un'unica scuola militare, con contestuale recesso entro il 2014 dalle locazioni onerose in corso;
   se non ritenga conseguentemente inopportuna, in tale ottica di contrazione e riorganizzazione delle spese, la costruzione di un ulteriore e più ampia struttura destinata all'addestramento degli ufficiali del Corpo. (5-02761)

Interrogazione a risposta scritta:


   TOTARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 20 marzo 2013 la società «Sisal Entertainment spa» ha sottoscritto la Convenzione di concessione con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli per l'affidamento in concessione della realizzazione e conduzione della rete telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento previsti dall'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
   in forza di tale concessione la «Sisal Entertainment spa» garantisce il collegamento di oltre 40.000 apparecchi da intrattenimento alla rete telematica dei monopoli di Stato, dei quali circa 15.000 sono di proprietà della stessa società;
   ai fini dell'installazione e gestione degli apparecchi da gioco presso singoli esercenti commerciali, la società «Sisal Entertainment spa» stipula con essi un contratto per il servizio di comodato e connessione degli apparecchi di gioco;
   nel contratto, al punto che disciplina le modalità di recesso, è previsto che nel caso di esercizio di recesso da parte dell'esercente «il concessionario si riserva di chiedere una somma a titolo di rimborso per le spese amministrative, di installazione e di riallocazione pari a euro seimila per ogni apparecchio di gioco installato presso l'esercizio»;
   tale previsione costituisce secondo l'interrogante un evidente ed ingiustificato aggravio economico in danno di quegli esercenti che decidano di avvalersi della facoltà di recesso, sostanzialmente costringendoli a mantenere gli apparecchi da gioco precedentemente installati presso il proprio esercizio commerciale;
   nel nostro Paese sta drammaticamente aumentando il numero delle persone affette dalla sindrome del gioco d'azzardo patologico, che determina conseguenze drammatiche sulla loro vita e su quella dei loro familiari;
   l'attenzione che si sta dedicando al fenomeno, anche attraverso provvedimenti normativi, procede di pari passo con una forte sensibilizzazione sul tema;
   anche in considerazione di questa nuova consapevolezza molti esercenti decidono di far rimuovere gli apparecchi da gioco installati nei propri locali ma si vedono poi, di fatto, preclusa questa possibilità a causa delle elevate spese per il recesso dal contratto di comodato e connessione con il concessionario dei giochi –:
   se sia informato di quanto esposto in premessa, e se non intenda assumere le opportune iniziative affinché nei contratti stipulati tra società concessionaria del gioco ed i singoli esercenti non siano previste clausole che penalizzino la loro libertà di recesso. (4-04754)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende dai quotidiani locali, l'inchiesta sui fatti accaduti il 14 settembre 2013, quando avvenne la soppressione del palazzo di giustizia a Lucera, si sarebbe conclusa con quaranta persone accusate di interruzione di pubblico servizio;
   le operazioni di primo trasloco furono effettuate con difficoltà per una serie di manifestazioni organizzate dai cittadini ai quali veniva sottratto un servizio importante sul territorio, a cominciare dalla celebrazione di un consiglio comunale straordinario proprio davanti al palazzo di giustizia;
   tra gli indagati, la maggioranza sarebbero avvocati che erano ovviamente in numero maggioritario tra i manifestanti, poiché, come operatori della giustizia, si sentivano in dovere di difendere il diritto della collettività a poter continuare ad avere, nel proprio territorio, un'istituzione fondamentale come un tribunale;
   la manifestazione, pur nella forte delusione della cittadinanza che si sentiva privata di un altro servizio importante da parte dello Stato, si svolse sostanzialmente in maniera pacifica, tanto è vero che nel primo pomeriggio gli operai cominciarono a portare via computer e scatoloni con i fascicoli della procura;
   apprendere adesso che, oltre alla chiusura del palazzo di giustizia, stanno per arrivare anche delle denunce nei confronti dei cittadini che quel giorno protestarono rischia di creare maggiori distanze e tensioni nei confronti delle istituzioni dello Stato che vengono sentite sempre più distanti dalle necessità del territorio;
   a questo si aggiunga la conferma della facile previsione, fatta allora, che la scelta di privare un vastissimo territorio, a forte presenza criminale, di un presidio di legalità avrebbe determinato un preoccupante aumento dei reati –:
   ferma restando la piena autonomia della magistratura e nella speranza che l'inchiesta in corso possa ristabilire la piena verità su quanto accaduto, alla luce anche del forte disagio con cui la popolazione di Lucera visse la chiusura del tribunale, se siano stati fatti i dovuti accertamenti, in questi mesi, sugli effetti negativi per il territorio dovuti alla mancanza del palazzo di giustizia, e se vi sia la volontà di rivedere la decisione presa sia per quanto riguarda Lucera che per altri tribunali, cosiddetti minori, che svolgevano una funzione fondamentale di deterrenza nei confronti della criminalità.
(4-04758)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO e AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società Concessioni autostradali venete – CAV Spa – è una società per azioni interamente pubblica, controllata dalla regione Veneto e dall'ANAS, costituita per legge (articolo 2, comma 290, della legge n. 244 del 2007) con il compito di rimborsare all'ANAS le somme anticipate per la costruzione del passante di Mestre e recuperare risorse da destinare ad ulteriori investimenti di infrastrutture nel Veneto;
   il consiglio di amministrazione della CAV è composto, tra gli altri, dal dottor Piero Buoncristiano, ex direttore del personale di ANAS, attualmente in pensione e che ricopre il ruolo di amministratore delegato della società, della quale è previsto, a breve, il rinnovo del consiglio di amministrazione;
   come noto, sia l'ANAS sia la regione Veneto sono inserite nell'elenco ISTAT delle pubbliche amministrazioni rientranti nel bilancio consolidato dello Stato e, in quanto tali, sono obbligate al rispetto dei vincoli previsti dalla spending review anche in tema di contenimento della spesa pubblica e di affidamento di consulenze –:
   se e quali incarichi di consulenza esterna abbia affidato, negli ultimi sei mesi, l'amministratore delegato di CAV spa, con specifico riferimento all'assistenza nel processo di negoziazione con le banche, con quali modalità, e, qualora siano stati affidati incarichi di consulenza, a chi;
   qualora siano stati affidati incarichi di consulenza esterna per quali ragioni non siano stati pubblicati sul sito della società come previsto dalla normativa sulla trasparenza;
   se i Ministri possano illustrare i motivi per cui l'ANAS ha nominato come amministratore delegato della Concessioni autostradali venete un soggetto esterno, peraltro in pensione, con conseguente aggravio di costi in termini di compensi previsti, che secondo gli interroganti sarebbero stati limitati qualora fosse stato nominato un dirigente interno alla stessa ANAS;
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano infine adottare in relazione a eventuali responsabilità che dovessero emergere dalla violazione delle norme in materia di spending review di cui in premessa e se intendano altresì, in vista dell'imminente rinnovo del consiglio di amministrazione della Concessioni autostradali venete, fornire indirizzi strategici all'ANAS. (5-02754)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSIN. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità 2014 introduce il tributo sui servizi comunali articolato in due componenti, ovvero la TARI, diretta alla copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti e la TASI, finalizzata alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni;
   il decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche ha rivisto alcune disposizioni, anche con riferimento alla TASI;
   tra le modifiche introdotte, si stabilisce che la TASI deve essere pagata in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre, in analogia a quanto previsto per l'IMU dall'articolo 9, comma 3, del decreto sul federalismo municipale (decreto legislativo n. 23 del 2011) e che il versamento della prima rata TASI è eseguito sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei 12 mesi precedenti, mentre il saldo deve tenere conto degli atti pubblicati dal comune entro il 28 ottobre; in questo senso spetta ai comuni inserire, nell'apposita sezione del portale del federalismo fiscale, gli elementi risultanti dalle delibere;
   per gli immobili diversi dall'abitazione principale, per il 2014, il versamento della prima rata è effettuato sulla base dell'aliquota TASI minima (pari all'1 per mille), qualora il comune non abbia deliberato una diversa aliquota entro il 31 maggio 2014, e il versamento della rata a saldo è eseguito a conguaglio sulla base delle deliberazioni del consiglio comunale;
   per gli immobili adibiti ad abitazione principale, per il primo anno di applicazione della TASI, il versamento dell'imposta è effettuato in un'unica rata entro il termine del 16 dicembre 2014, salvo che – alla data del 31 maggio 2014 – venga pubblicata nel portale del federalismo fiscale la deliberazione di approvazione delle aliquote e delle detrazioni; a tal fine il comune deve inviare la predetta deliberazione, esclusivamente in via telematica, nell'apposita sezione del portale del federalismo fiscale, entro il 23 maggio 2014;
   quest'ultimo termine del 23 maggio pare difficilmente rispettabile, sia perché il termine per l'approvazione dei bilanci previsionali 2014 è fissato oggi a luglio, ovvero successivo di tre mesi alla scadenza di maggio, sia perché sono numerosi gli enti comunali che il 25 maggio 2014 vedranno rinnovarsi i propri consigli comunali; tali enti, che possono adottare solo atti urgenti e improrogabili, se dovessero adempiere a tale operazione, rispetterebbero sì un termine di legge ma nel contempo condizionerebbero la nuova amministrazione;
   il combinato disposto delle normative vigenti rischia di creare evidenti complicazioni, in particolare per gli immobili diversi dalle abitazioni principali, come per gli enti dove l'aliquota IMU è già fissata al massimo, e che non hanno pertanto possibilità di introdurre la Tasi sulle seconde case così da dover presumibilmente aumentare l'aliquota sulle prime case, ovvero per gli enti che intendono azzerare l'aliquota per specifiche tipologie di immobili, con conseguenti problemi legati a richieste di rimborso;
   non pare sia stato inoltre adeguatamente considerato nella normativa vigente il fatto che la quota della Tasi che va pagata anche dall'occupante nella misura compresa tra il 10 e il 30 per cento debba essere stabilita con regolamento comunale, in assenza del quale verranno a mancare le condizioni per effettuare il pagamento dell'acconto;
   dal momento che, infatti, gli immobili locati non possono essere considerati abitazioni principali, l'acconto è dovuto in ogni caso entro il 16 giugno, ad aliquota base o con la diversa aliquota decisa dal comune, ma se il comune non ha ancora deliberato, non è possibile conoscere la misura del tributo che resta a carico del proprietario e quella che, invece, è dovuta dal locatario –:
   se non si ritenga opportuno fornire gli opportuni chiarimenti viste le obiettive difficoltà per i comuni di adottare entro il termine del 23 maggio 2014 la deliberazione di approvazione delle aliquote e delle detrazioni della TASI alla luce di quanto premesso, e se il Governo non ritenga altresì di valutare la possibilità, in mancanza di una diversa decisione assunta a livello comunale, di adottare un'iniziativa normativa che estenda agli immobili locati lo stesso regime previsto per le prime case, consentendo, nei comuni che non deliberano in tempo, di pagare l'intero importo del tributo con il saldo di dicembre 2014. (4-04762)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2008 è stata costituita a Roma la «Saint Camillus International University of Health Sciences», in attuazione del decreto ministeriale n. 50 del 2010;
   l'articolo 6, comma 1, del decreto ministeriale n. 50 del 2010, prevede, infatti, che mediante l'emanazione di decreti ministeriali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, possa essere disposta, senza oneri a carico dello Stato, «l'istituzione di nuove università non statali, sulla base di proposte di soggetti pubblici e privati che prevedano corsi di laurea e di laurea magistrale con insegnamenti prevalentemente in lingua inglese, rivolti prioritariamente a studenti extracomunitari, finalizzati a soddisfare fabbisogni formativi del mondo del lavoro, a livello internazionale, non soddisfatti dagli attuali corsi di studio»;
   la costituzione dell'università, con le facoltà di scienze mediche ed infermieristiche, ha ottenuto l'approvazione della Conferenza dei rettori universitari, dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca e del Comitato scientifico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   per la definitiva istituzione della nuova struttura universitaria manca solo il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   la sua istituzione consentirebbe al patrimonio scientifico italiano di rappresentare un importante punto di riferimento nella formazione di tanti giovani aspiranti medici provenienti da paesi extracomunitari –:
   per quali motivi non sia ancora stato emanato il decreto ministeriale per la formale istituzione del nuovo ateneo di cui in premessa. (4-04755)


   PRODANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i «cultori della materia» sono soggetti in possesso di laurea e studiosi abilitati a far parte delle commissioni esaminatrici e di laurea negli atenei italiani, ai sensi dell'articolo 42, secondo comma, del regio decreto 4 giugno 1938, n.1269, sul «Regolamento sugli studenti, i titoli accademici, gli esami di Stato e l'assistenza scolastica nelle università e negli istituti superiori»; 
   ad oggi non sono stati stabiliti con disposizioni normative generali – valevoli quindi per tutte le università – i requisiti e le procedure di nomina che sono demandati o a regolamenti approvati da singole facoltà o dipartimenti delle università, oppure a decisioni del relativo consiglio di facoltà o di dipartimento che, in base a non meglio precisati criteri selettivi di fatto, in modo del tutto discrezionale conferiscono la nomina a soggetti che in base a criteri stabiliti da altre università non sarebbero idonei a rivestire la carica;
   in molti atenei, i cultori sono nominati dal consiglio di facoltà o di dipartimento, su segnalazione del docente del settore disciplinare di competenza, con l'attribuzione del titolo a laureati e studiosi in possesso di adeguata produzione scientifica, di elevate competenze professionali o di congrue esperienze didattiche;
   la disomogeneità dei criteri selettivi per la nomina dei cultori della materia nei vari settori scientifico – disciplinari può costituire una grave discriminazione per l'accesso a questo tipo di figura accademica autorizzata a svolgere attività di valutazione degli studenti nell'ambito degli esami di profitto e di laurea;
   si ravvisa la necessità che la nomina dei cultori della materia si fondi solo su criteri selettivi chiari e condivisi, riferiti a titoli di studio, di ricerca e professionali adeguati e documentati in relazione alla materia di riferimento in modo da evitare un'eccessiva discrezionalità di atenei e facoltà, che può portare all'attribuzione del titolo a soggetti che non dispongono delle adeguate capacità e conoscenze disciplinari –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative per prevedere in modo univoco e chiaro i requisiti e le procedure di nomina dei cultori della materia;
   se s'intendano assumere iniziative di competenza per pervenire a un rafforzamento del principio meritocratico nella vita degli atenei italiani in modo da evitare l'attribuzione del titolo di cultore della materia a soggetti privi degli opportuni titoli curriculari. (4-04760)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI VITA, CECCONI, RIZZETTO, LOREFICE, GRILLO, MANTERO, SILVIA GIORDANO, DALL'OSSO, BARONI e COMINARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la procedura di accertamento dell'invalidità civile è stata radicalmente modificata dall'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, titolato «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», che attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici;
   in seguito alla riforma, con specifico riferimento al fenomeno dei cosiddetti «falsi invalidi», l'istituto previdenziale ha intrapreso un capillare piano di verifiche straordinarie nei confronti dei titolari di invalidità civile volto a contrastare il fenomeno delle indebite riscossioni di prestazioni di invalidità;
   la Corte dei conti nel 2012 ha calcolato che dalla revoca di 39 mila invalidità sono conseguiti allo Stato risparmi per 170 milioni. Per far fronte ai piani straordinari di controllo in questi anni i 500 medici in forza all'ente non sono, tuttavia, risultati sufficienti. L'ente è pertanto corso ai ripari, impiegando nuove risorse: oltre un migliaio di ausiliari convenzionati che costeranno 110 milioni di euro in quattro anni. Il rapporto costi-benefici, sul piano dei conti, non è dunque così scontato e lineare. Il contenzioso, poi, aggiunge ulteriori margini d'incertezza: l'ultima relazione della Corte dei conti segnala che nel 2012 l'ente è stato soccombente nel 60 per cento delle controversie sulle invalidità revocate;
   già con interrogazione n. 4-01640 dell'8 agosto 2013, la prima firmataria del presente atto chiedeva al Ministro del lavoro e delle politiche sociali se non ritenesse opportuno avviare iniziative, anche di carattere normativo, più appropriate di quelle attualmente in atto, utili a garantire finalmente una concreta semplificazione dell'attuale iter amministrativo di riconoscimento dell'invalidità civile;
   seguiva in data 20 febbraio 2014 la risposta dell'allora vice ministro del lavoro e politiche sociali, l'onorevole Maria Cecilia Guerra, la quale, in merito al piano di verifiche straordinarie dell'INPS, affermava: «Tale attività si protrarrà fino al 2015 con contingenti di 150 mila verifiche annue. [...] Naturalmente (e come indicato dallo stesso interrogante) occorre agire nel prossimo futuro in modo da attivare adeguati meccanismi di controllo, ma senza intervenire in modo eccessivo (o, addirittura, vessatorio) nei confronti dei beneficiari delle prestazioni. Si assicura che l'istituto è comunque impegnato ad adottare azioni di potenziamento operative e procedurali mirate a raggiungere il migliore risultato, con il minor coinvolgimento delle categorie svantaggiate, assicurando la massima tempestività e trasparenza. Sulla questione peraltro il Ministero da me rappresentato ha avviato, sin dal febbraio 2012, un tavolo tecnico tra regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero della salute e Inps, diretto all'approfondimento delle diverse tematiche afferenti i diversi aspetti procedurali dell'accertamento dell'invalidità civile, al fine di assicurare la corretta gestione degli accertamenti socio sanitari, inclusi gli aspetti relativi alle visite straordinarie. A tale ultimo proposito va evidenziato che le principali federazioni delle associazioni delle persone con disabilità hanno costantemente rappresentato forti riserve in merito alla prosecuzione della effettuazione delle verifiche straordinarie, soprattutto in termini rapporto costi/benefici»;
   con sentenza 3851/14 del 9 aprile 2014, il Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio si è pronunciato su un giudizio avviato dall'ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale), con l'intervento di supporto (ad adiuvandum) della FISH (Federazione italiana per il superamento dell'handicap), contro una sene di messaggi e circolari con cui l'INPS, tra il 2011 e il 2012, aveva disciplinato proprio tali controlli dei Piani straordinari di verifica sui cosiddetti «falsi invalidi» per 500.000 persone;
   il TAR è stato molto chiaro e netto nella sua pronuncia: «Le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sui cosiddetti “falsi invalidi” sono state illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e i dati forniti dall'istituto “gonfiati” e forieri solo di costi per l'Amministrazione»;
   la sentenza, si ribadisce, riconosce in ultima analisi che le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sono state «illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità» e sconfessa ancora una volta anche i dati forniti dall'istituto in materia;
   in un'intervista rilasciata il 1o marzo 2013, appena ricevuto l'incarico di sottosegretario alle politiche sociali, l'onorevole Franca Biondelli individuava come prima riforma attuabile subito e a «costo zero» quella dell'istituzione del certificato unico per il riconoscimento dell'invalidità civile e dell'indennità di accompagnamento, facendo esplicito riferimento alle prescrizioni del Piano d'azione biennale sulla disabilità adottato dal precedente governo e al quale, ha dichiarato, va ora data attuazione;
   l'interesse generale non è certo quello di contrastare l'individuazione dei «falsi invalidi», ma di fare in modo che siano rispettati i diritti fondamentali delle vere persone con disabilità e che i controlli siano condotti con le opportune garanzie, in modo efficace e mirato, evitando inutili disagi e vessazioni –:
   se, alla luce della sentenza del TAR del Lazio citata in premessa, non intenda fornire ulteriori chiarimenti relativi al piano straordinario INPS di verifica sui cosiddetti «falsi invalidi» e, consideratone l'esito attuale, se non ritenga doveroso sospenderne immediatamente il corso, avviando al contempo ogni attività, anche di carattere legislativo, volta a riformare l'intero sistema di accertamento di invalidità civile, stato di handicap e disabilità che risulta ormai obsoleto, farraginoso e inefficiente, secondo quanto previsto nello stesso Programma d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità che il Governo si è impegnato a mettere in atto per garantire il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità. (5-02756)


   MANZI, LUCIANO AGOSTINI, CARRESCIA, LODOLINI, MARCHETTI, MORANI e PETRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 2013 è stato un anno drammatico per il mondo del lavoro e la disoccupazione anche nelle Marche ha raggiunto livelli molto alti, con oltre 46 milioni di ore richieste e autorizzate di cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga;
   lo scorso anno la cassa integrazione in deroga ha consentito di tutelare 18.706 lavoratori e lavoratrici marchigiane occupati in 4.651 aziende, mentre la mobilità in deroga ha invece tutelato 1.443 lavoratori e lavoratrici;
   la regione Marche al 31 marzo 2014 ha stipulato accordi che sommano richieste per 43,5 milioni di euro per la cassa integrazione in deroga e 34.000 euro per la mobilità in deroga, mentre si calcola che il fabbisogno effettivo per il primo trimestre 2014 sia pari ad oltre 17 milioni di euro;
   delle risorse previste nella legge di stabilità, fino ad ora il Governo ha provveduto ad assegnare solo 400 milioni di euro, di cui 11,6 milioni alle Marche, gran parte dei quali sono serviti per chiudere l'anno 2013;
   i problemi restano molteplici: dai ritardi nei pagamenti, agli accordi trimestrali in attesa di rinnovo, all'incertezza sull'entità delle risorse e sui tempi del loro stanziamento cosa che, oltre a creare danni ai lavoratori interessati, sta spingendo molti imprenditori a licenziare, piuttosto che correre il rischio di avviare contenziosi con i loro lavoratori;
   tale condizione che interessa i lavoratori marchigiani, ma non solo, è stata ben rappresentata al Ministro del lavoro e delle politiche sociali dal presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani che, in una comunicazione del 4 aprile 2014, ha chiesto «l'immediato sbocco delle risorse disponibili (di cui alla legge n. 92 del 2012 e al decreto-legge n. 63 del 2013) che permetterebbero di dare una prima risposta, chiudendo il pregresso 2013 che stimiamo in euro 679.471.597,30 e di sostenere le prime autorizzazioni per il 2014 pari a euro 821.821.640,78»;
   forte è la preoccupazione per l'assoluta insufficienza di tali risorse, fino ad ora ripartite tra le regioni per gli ammortizzatori in deroga, aggravata dalla consapevolezza che lo stanziamento previsto non sarà comunque sufficiente a coprire pienamente il fabbisogno complessivo dell'anno in corso;
   anche se la deroga appare a molti uno strumento inadeguato a garantire l'effettiva estensione degli ammortizzatori sociali ai settori che non sono coperti dalla disciplina ordinaria, rimane ad oggi l'unico strumento di tutela esistente in tali casi;
   la riforma degli ammortizzatori sociali, attraverso la «legge delega» attualmente all'esame del Senato, se pur necessaria, non può in alcun modo distogliere dall'attuale emergenza di tutela del reddito chi oggi si trova collocato in cassa integrazione in deroga –:
   quali iniziative, alla luce dei fatti sopra menzionati, il Ministro interrogato intenda porre in essere per assicurare piena copertura ai fabbisogni indicati dalle regioni, e dalla regione Marche in particolare, circa la cassa integrazione in deroga;
   in che modo e con quali tempi il Governo intenda reperire le risorse eventualmente necessarie, dato che la situazione è destinata addirittura a precipitare se non si provvede tempestivamente a rifinanziare in maniera adeguata sia la cassa integrazione che la mobilità in deroga. (5-02757)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGNARLI, L'ABBATE, GALLINELLA, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale del 29 luglio 2004 (G.U. n. 241 del 13 ottobre 2004) riporta le «Modalità per l'applicazione di un sistema volontario di etichettatura di carni di pollame», consentendo così alle organizzazioni della filiera avicola di fornire in etichetta, sulla base di un disciplinare approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, oltre alle informazioni circa il Paese di origine e la denominazione dell'impresa, anche quelle su talune caratteristiche o condizioni di produzione delle carni o dell'animale da cui sono tratte tipologia di alimentazione, forma di allevamento, tipo genetico e altro;
   l'etichetta stampata secondo tale, modalità volontaria riporta le seguenti informazioni: logotipo dell'organizzazione, codice alfanumerico attribuito dal Ministero, numero o codice di riferimento che evidenzi il nesso tra le carni e il lotto di produzione in allevamento (rintracciabilità), Paese dell'impresa di produzione dei pulcini, Paese e allevamento di ingrasso, Paese e macello in cui è avvenuta la macellazione, laboratorio di sezionamento, alimentazione e forma di allevamento;
   queste informazioni devono essere riportate in forma semplice chiara e univoca, secondo le disposizioni dell'Allegato C del decreto 29 luglio 2004 e fermo restando quanto stabilito all'articolo 10 del regolamento (CEE) 1538/91, modificato dall'articolo 1; paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1321/2002;
   questa modalità di etichettatura volontaria fornisce ai consumatori le informazioni necessarie per capire come sono stati allevati gli animali, ovvero che tipo di vita hanno vissuto: liberi o prigionieri in gabbie, al coperto o all'aperto. A parere degli interroganti solo questo tipo di etichettatura fornisce ai consumatori la possibilità di privilegiare prodotti in cui gli animali sono stati allevati in sistemi più rispettosi del loro benessere;
   nel caso delle uova, da quando sono state obbligatoriamente inserite in etichetta le tipologie di allevamento delle galline ovaiole (biologico, all'aperto, a terra, in gabbia), le vendite di quelle derivanti da galline non allevate in gabbia sono cresciute in tutta Europa;
   nel 2005 e 2006 sono state condotte nell'unione europea due indagini sull'atteggiamento dei consumatori nei confronti del benessere degli animali («Attitudes of consumers towards the welfare of farmed animals» e «Attitudes of EU citizens towards Animal Welfare»): da queste emerge che per i cittadini europei, soprattutto nei riguardi del pollame (galline ovaiole e polli da carne) è prioritario un intervento per il loro benessere. Il 44 per cento dei consumatori ritiene infatti che dovrebbe essere migliorato in primo luogo il benessere delle galline ovaiole, mentre per il 42 per cento andrebbe migliorato principalmente quello dei polli da carne e per il 28 per cento quello dei suini. Va notato che il benessere delle galline ovaiole è stato ritenuto insufficiente dal 58 per cento degli intervistati. I dati dimostrano, inoltre, che la maggior parte dei consumatori europei ritiene di poter influire sugli standard di benessere attraverso le loro scelte di consumo. Il modello di consumo prevalente nell'unione europea dimostra anche che i consumatori sono a conoscenza dei diversi sistemi d'allevamento delle galline ovaiole e che prestano attenzione al sistema di produzione indicato sull'etichetta;
   l'etichettatura volontaria della carne di pollame esiste già in Europa e gli Stati membri potrebbero persuadere la Commissione europea a rendere questo tipo di etichettatura da volontaria ad obbligatoria. In questo modo a parere degli interroganti, tutti i prodotti a base di pollo, inclusi quelli derivanti da animali allevati in sistemi intensivi, riporterebbero chiaramente in etichetta il metodo di allevamento, ed i consumatori potrebbero contribuire al miglioramento delle vite di questi animali, scegliendo prodotti da sistemi più rispettosi del loro benessere;
   la CIWF Italia, tra le maggiori organizzazioni internazionali per il benessere degli animali da allevamento, tramite Change.org ha lanciato una petizione on- line per raccogliere adesioni sulla medesima proposta –:
   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle sue competenze, anche in vista del semestre europeo a guida italiana, non ritenga opportuno farsi portavoce di questa proposta nelle sedi comunitarie competenti, affinché si possa portare a compimento una simile istanza di evidente buonsenso largamente sostenuta dai cittadini europei. (4-04759)


   NARDUOLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   tra la fine di aprile ed i primi di maggio più di una ventina di comuni del Veneto meridionale all'incrocio tra le province di Padova, Rovigo, Verona e Vicenza (la regione ne ha individuato esattamente 22) sono stati interessati da eccezionali precipitazioni piovose;
   solo dal 27 al 30 aprile (le precipitazioni sono poi continuate intervallate da qualche giorno di tregua) in questa zona sono caduti mediamente 300 millimetri di pioggia, mentre in condizioni normali in un anno cadono complessivamente circa 850 millimetri di pioggia;
   comuni come Este, Montagnana, Solesino, Sant'Elena, Villa Estense, Granze, Stanghella, Anguillara Veneta, Megliadino San Vitale, Santa Margherita d'Adige, Piacenza d'Adige, Ponso, Merlara – solo per citarne alcuni – sono stati letteralmente «allagati» e in alcuni di essi è stato indispensabile l'intervento della protezione civile per liberare alcune abitazioni o raggiungere zone rimaste isolate e non raggiungibili con i normali mezzi;
   questa zona è stata già parzialmente colpita dai vasti allagamenti di fine gennaio ed inizio febbraio, e le più recenti esondazioni sono state provocate – oltre che dall'eccezionalità delle precipitazioni – anche dall'impossibilità da parte dei consorzi di bonifica di svolgere la normale attività di «pompaggio» con le idrovore, riversando l'acqua principalmente nel fiume Fratta-Gorzone, che in queste condizioni non è più in grado di assorbire l'acqua dei canali secondari e terziari senza mettere a repentaglio la sicurezza degli argini;
   il territorio interessato (circa duemila ettari) è coltivato con diverse colture che vanno dai cereali (mais, frumento, soia, eccetera), a frutta (mele, pere e pesche), orticoltura di qualità come pomodori e zucchine oltre alla barbabietola da zucchero;
   le precipitazioni eccezionali e l'esondazione dei canali hanno letteralmente trasformato in «lagune» grandi estensioni di terreno agricolo per più di una decina di giorni e le eccezionali grandinate avvenute negli stessi giorni hanno messo a rischio il raccolto di vigneti (zona doc Merlara) e frutteti, provocando ingentissimi danni alle aziende agricole e, di conseguenza, a centinaia di famiglie che vivono di questa economia;
   le associazioni dei coltivatori stimano in almeno due milioni di euro i danni provocati da quest'ultima alluvione e si parla solo dei terreni coltivati a seminativo –:
   se il Ministro sia a completa conoscenza dei danni provocati dagli eventi alluvionali di fine aprile ed inizio maggio e quali iniziative straordinarie sotto il profilo finanziario intenda assumere, per quanto di competenza, per un rimborso degli enormi danni subiti in particolare dagli agricoltori e dagli allevatori della zona. (4-04766)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la regione Abruzzo è tuttora sottoposta al piano di rientro dai disavanzi sanitari per la cui attuazione è stato nominato un apposito commissario ad acta;
   in tale contesto si colloca la vicenda dell'acquisto di un macchinario da parte della asl di Avezzano-Sulmona-L'Aquila che a parere dell'interrogante suscita non poche perplessità;
   la Asl n. 1 di Avezzano-Sulmona-L'Aquila si proponeva, infatti, di acquistare, con la delibera n. 1893 del 23 Novembre 2010 un apparecchio per tomografia 0°-90° a risonanza magnetica dedicata denominato G-SCAN, e, con la delibera n. 1894 del 23 novembre 2010, un tomografo computerizzato volumetrico dinamico 320 banchi denominato AQUILION ONE;
   tali delibere hanno richiesto l'acquisto di beni, dichiarati in entrambi i casi come infungibili dalla asl, tramite una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, nello specifico attraverso un accordo privato con le ditte ESAOTE Spa (nel primo caso) e TOSHIBA MEDICAL SYSTEMS Srl (nel secondo caso);
   il prezzo accettato dall'ente per l'acquisto dei due sistemi risulta essere rispettivamente di 774.000,00 euro e di euro 2.160.000,00 (iva compresa);
   nel caso il tomografo AQUILION ONE aveva il costo indicativo necessario, riferito dal direttore del dipartimento diagnostica per immagini nella relazione tecnica richiesta della Commissione interna per gli acquisti della Asl, era inferiore del 17 per cento rispetto al prezzo accettato nello stesso periodo risulterebbe essere stato installato lo stesso tomografo, AQUILION ONE al centro radiologico Potito di Campobasso, per quanto consta all'interrogante, con un costo notevolmente inferiore rispetto a quello dell'Aquila;
   risulta inoltre all'interrogante che esistano dei macchinari alternativi al tomografo AQUILION ONE, quali ad esempio alcuni forniti dalla Siemens o dalla Philips con tecnologia Dual Source, nonché macchinari alternativi all'apparecchio G-SCAN, quale ad esempio il ParaMed con modello Mr. OPEN 0.5 Tesla in grado di eseguire gli stessi esami del G-SCAN e oltre –:
   se il Ministro della salute sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
   se i Ministri interrogati riconoscano la infungibilità dei due sistemi ovvero vi siano altre ditte – quali ad esempio Siemens, Philips – che offrano il medesimo bene/servizio ed a che prezzo;
   se i ministri interrogati ritengano i predetti acquisti, in particolare quello del tomografo AQUILION ONE, coerenti con la necessità di ridurre le spese pubbliche e, in caso di risposta negativa, quali iniziative intendano intraprendere al fine di evitare che la Asl n. 1 di Avezzano-Sulmona-L'Aquila sprechi ulteriormente risorse pubbliche a danno della collettività dei cittadini. (5-02762)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIGONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 15 del decreto legge n. 158 del 13 settembre 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, al comma 89, si prevede che «Le funzioni relative all'assistenza sanitaria al personale navigante marittimo e dell'aviazione civile, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 620, ivi comprese le funzioni in materia di pronto soccorso aeroportuale di competenza del Ministero della salute, sono conferite alle regioni, ad esclusione di quelle relative alla certificazione delle competenze in materia di primo soccorso sanitario e di assistenza medica a bordo di navi mercantili, di formazione e aggiornamento di pronto soccorso sanitario del personale di volo, alle visite effettuate dagli Istituti medico-legali dell'Aeronautica militare, alle visite di idoneità presso gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) per la prima iscrizione nelle matricole della gente di mare. Restano ferme tutte le tipologie di prestazioni di competenza dei predetti Istituti medico-legali dell'Aeronautica militare» al comma 90 che «Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, per la pubblica amministrazione e la semplificazione, delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro il 31 marzo 2013, sono individuati, ai fini del trasferimento al Servizio sanitario nazionale, i beni, le risorse finanziarie e strumentali, le risorse umane di cui ai commi 91 e 92, i relativi criteri e modalità del trasferimento e riparto tra le regioni, i livelli delle prestazioni da assicurare al personale navigante (...);
   questo conferimento alle regioni ha comportato una riorganizzazione dei servizi prestati dai servizi assistenza sanitaria naviganti (SASN) nonché nelle località sprovviste di ambulatori SASN, come era ed è l'isola d'Elba dei rapporti dei medici fiduciari convenzionati con il Ministero della salute con grave nocumento per i lavoratori del mare siano essi marinai dei traghetti, dei pescherecci, addetti al trasporto turistico su barche, ormeggiatori o altro;
   nel contempo si legge sul sito del Ministero della salute (ultimo aggiornamento 6 marzo 2013) «Nelle località sprovviste di ambulatori SASN coloro che hanno diritto all'assistenza vengono assistiti da medici fiduciari convenzionati con il Ministero della salute, i cui nominativi ed indirizzi possono essere richiesti agli Uffici SASN – Genova e SASN – Napoli della Direzione generale delle risorse umane e professioni sanitarie del Ministero, competenti per l'assistenza ai naviganti, rispettivamente nel nord e centro Italia e nel sud Italia e nelle isole» e, quindi, anche l'isola d'Elba secondo le indicazioni del Ministero della salute, avrebbe dovuto continuare ad avere un punto di assistenza ai suoi marittimi sull'isola;
   attualmente i marittimi dell'isola d'Elba sono costretti a recarsi a Livorno in quanto il medico fiduciario convenzionato con il Ministero della salute, che fino ad ora operava sull'isola, pare non sia più convenzionato –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sommariamente illustrata in premessa e se non ritenga opportuno, nel rispetto delle proprie competenze e di quelle regionali in materia sanitaria, le affinché i marittimi dell'isola dell'Elba possano continuare a poter usufruire dei servizi erogati dal SASN, in questo caso attraverso un medico fiduciario convenzionato, direttamente sull'isola senza doversi recare a Livorno. (4-04761)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2 del decreto-legge n. 101 del 2013, in materia di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, interviene sui prepensionamenti per chiarire l'ambito di applicazione dell'istituto in caso di dichiarazione di eccedenza di personale (comma 3), prorogare di un anno la data di riferimento per l'applicazione dei requisiti pensionistici pre-riforma Fornero (comma 1, lettera a) punto 2) e qualificare il prepensionamento, in caso di soprannumero, come risoluzione unilaterale del rapporto (comma 6);
   l'istituto del prepensionamento nel settore pubblico è stato introdotto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012 come strumento prioritario per consentire alle amministrazioni centrali di riassorbire i soprannumeri determinati dalle misure di riduzione delle dotazioni organiche, prima di ricorrere alla mobilità coattiva;
   lo stesso articolo 2 aveva già previsto la possibilità (comma 14) di ricorrere allo stesso istituto anche in caso di eccedenza dichiarata per ragioni funzionali o finanziarie dell'amministrazione. Le ragioni funzionali possono derivare da un'esigenza di riduzione di organico per profili professionali specifici di un'area o categoria a causa, ad esempio, di riorganizzazione, semplificazione, razionalizzazione o informatizzazione dei processi; le ragioni finanziarie, oggettivamente rilevabili derivano dalla necessità di ridurre la spesa di personale per enti in cui le criticità di bilancio che possono degenerare in dissesto finanziario;
   sul piano interpretativo, la platea dei destinatari del comma 14 era controversa. Il decreto-legge n. 101 del 2013 chiarisce l'ambito soggettivo precisando che il ricorso allo strumento del prepensionamento è consentito a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 per i casi, appunto, di dichiarazione di eccedenza di personale per ragioni funzionali o finanziarie;
   nell'ambito della «Guida al decreto-legge n. 101 del 2013» dello scorso 31 ottobre 2013 l'allora Ministro D'Alia con riferimento all'articolo 2 ha chiarito: «Per fronteggiare rischi di dissesto finanziario o per esigenze funzionali ampiamente dimostrate, le amministrazioni possono ricorrere al prepensionamento secondo i requisiti pre-legge Fornero per assorbire soprannumerari ed eccedenze. Le posizioni lasciate libere non possono essere ripristinate...»;
   con la circolare n. 4/2014 del 28 aprile scorso l'attuale Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione definisce i limiti entro i quali è ammesso il ricorso all'istituto del cosiddetto «prepensionamento» al fine di «riassorbire le eccedenze conseguenti alla riduzione delle dotazioni organiche ovvero alla redazione di piani di ristrutturazione per ragioni funzionali o finanziarie...»;
   con riferimento alle situazioni di soprannumerarietà o di eccedenza di personale si legge testualmente al punto 3.3 che esse possono derivare da «ragioni finanziarie riferite a situazioni di squilibrio rilevate dagli organi competenti o descritte da specifiche disposizioni normative»;
   per quanto riguarda gli enti locali si limita a rinviare alle disposizioni contenute nel Titolo VIII del decreto legislativo 267 del 18 agosto del 2000;
   il Titolo sopra citato fa si riferimento agli enti locali deficitari o dissestati ma in tali disposizioni nulla fa riferimento al personale in casi soprannumerarietà, esubero o eccedenza e ad eventuali procedure di prepensionamento –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di chiarire il combinato disposto delle circolari sopra citate e delle disposizioni che gli enti locali devono osservare al fine di ricorrere al prepensionamento con specifico riferimento a quelli che potrebbero trovarsi in condizioni di eventuale dissesto finanziario. (4-04753)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI, DA VILLA e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Corte dei conti nel mese di dicembre 2013 ha pubblicato una «Indagine sulla gestione dei Progetti di innovazione industriale a carico del Fondo per la competitività e lo sviluppo di cui alla legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 842», la finanziaria 2007, istituito nell'ambito del programma «Industria 2015» per finanziare progetti innovativi e gli interventi di sostegno gestiti dal Ministero dello sviluppo economico;
   il report, deliberazione n. 12/2013/G, «boccia» senza appello l'uso del fondo: secondo la magistratura contabile, «l'indagine sulla gestione dei Progetti di innovazione industriale ha dato conto di un'attuazione assai limitata, tale da far dubitare della funzionalità dello strumento ai fini prefissati di accrescimento della competitività del sistema imprenditoriale nazionale»;
   nello specifico, è stato verificato che al 30 giugno 2013, dopo ben sei anni dall'entrata in vigore delle disposizioni che hanno introdotto i tre filoni di progetti «efficienza energetica», «mobilità sostenibile» e «made in Italy», sono stati conclusi solo 3 programmi;
   le somme complessivamente erogate, pari a 23.287.903,95 euro, costituiscono solo il 3 per cento di quelle impegnate, pari a 663.239.227,45 euro che «risultano andati in perenzione» e «nessuna attuazione è stata data alle Azioni connesse ai Progetti»;
   tra le difficoltà maggiori che avrebbero ostacolato il ricorso agli strumenti di Industria 2015, secondo la Corte figurano «i tempi molto lunghi occorsi per giungere all'emanazione dei decreti di concessione (23-25 mesi in media), la poca stabilità dei programmi, soggetti a frequenti variazioni – anche prima del decreto di concessione – e proroghe»;
   un ulteriore elemento critico sarebbe costituito dai rapporti delle aziende coinvolte con la società in house Invitalia, «caratterizzati da incertezze negli schemi collaborativi, oggetto di recenti modificazioni i cui effetti dovranno essere puntualmente verificati», tanto che «l'Amministrazione ha successivamente apportato numerose modifiche al procedimento concessorio»;
   l'11 febbraio 2014 Il Sole 24 ore ha pubblicato una lettera al direttore intitolata «Le imprese hanno ragione, dobbiamo intervenire subito» a firma del viceministro allo sviluppo economico pro tempore Carlo Calenda;
   la missiva prende atto dei segnali di forte disagio manifestati da parte del mondo produttivo, facendo presente che è «passata quasi sotto silenzio la notizia che del piano “Industria 2015”, lanciato nel 2006, è stato speso circa il 3 per cento. Un disastro da non replicare»;
   il Viceministro ha concluso la lettera sostenendo che è impossibile correggere vent'anni di errori in pochi mesi e che bisogna assumere misure politiche di discontinuità rispetto al passato coinvolgendo sempre più le imprese nelle decisioni di politica economica del Paese, destinando tutte le risorse possibili alla competitività del sistema produttivo –:
   come s'intenda porre rimedio al fallimento dell'iniziativa «Industria 2015» accertando al contempo l'effettivo stato dell'arte dei singoli programmi avviati e quali siano le relative prospettive di realizzazione tenendo presente le risorse finanziarie disponibili;
   quali iniziative urgenti saranno adottate per sostenere concretamente il recupero della competitività industriale del Paese. (5-02755)


   PRODANI, DA VILLA e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Italia Turismo è una società per azioni a capitale interamente pubblico, specializzata nello sviluppo e nella riqualificazione di strutture ricettive di proprietà o in leasing che gestisce e affitta a privati;
   controllata da Invitalia spa-Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa che detiene il 78 per cento del capitale azionario, e partecipata da Fintecna Immobiliare srl per il restante 22 per cento, ha come obiettivo principale l'attuazione del programma di realizzazione dei poli turistici integrati (PTI);
   i poli turistici integrati sono finalizzati a rilanciare aree geografiche e creare una nuova destinazione turistica valorizzando le risorse tipiche del territorio, ricorrendo a strategie mirate di destagionalizzazione e a un nuovo modello di turismo di qualità;
   il programma dei poli turistici integrati, si legge sul sito internet di Italia Turismo, prevede un investimento complessivo non specificato di 200 milioni di euro;
   ad oggi Italia Turismo è proprietaria di otto villaggi turistici, che dispongono di circa 2.690 camere, oltre ad altrettanti immobili di interesse turistico e terreni in cinque località del Paese che rientrano nelle attività tese a valorizzare e trasformare il patrimonio pubblico in dismissione;
   i villaggi turistici posseduti sono: Bravo Club Alimini, Club Med Torre d'Otranto, Villaggio Pisticci, Sibari Green Village, Comprensorio di Simeri – Villaggio Floriana, Comprensorio di Simeri – Simeri Mare, Comprensorio di Simeri – Residence Costa di Simeri, Villaggio Tonnare-Stintino;
   gli immobili di interesse turistico sono: palazzo ex Intendenza di Finanza – Trieste, complessa immobiliare Lerici – Vallestrieri (La Spezia), ex Agenzia Tabacchi – Sansepolcro (Arezzo), complesso immobiliare – Saline di Volterra, Palazzo Medici Garelli – Roma ex caserma d'Andria – Brindisi, Ex Colonia – Spezzano della Sila (Cosenza), Ex Manifattura Tabacchi – Palermo;
   la società possiede dei terreni ad Agropoli (Salerno), Pisticci (Matera), Nicotera (Vibo Valentia), Arenella (Siracusa) e Sciacca (Agrigento);
   è in costruzione un nuovo resort di 286 camere a Simeri (Catanzaro), mentre altri due di 644 camere sono in fase di progettazione avanzata;
   Italia Turismo gestisce i resort di cui è proprietaria ricorrendo all'affitto del ramo d'azienda con catene alberghiere nazionali e internazionali ricevendo in cambio, oltre al canone di locazione fisso, anche una parte variabile indicizzata delle performance gestionali;
   lo stato patrimoniale dell'azienda, su cui sono disponibili informazioni fino al bilancio del 2012, non sembra essere florido: rispetto al 2011, Italia Turismo ha perso il 4,15 per cento dei ricavi (circa 340 mila euro), il 47,79 per cento di liquidità (più di quattro milioni e mezzo) e il 4,38 per cento del patrimonio netto passivo. Colpiscono, in particolare, le variazioni percentuali negative di alcuni indicatori di sviluppo come i ricavi (-4,20) e il patrimonio netto (-4,40);
   preoccupa anche la situazione in cui versa il socio partecipante Fintecna Immobiliare srl – di proprietà Cassa depositi e prestiti – che nel 2012, per quanto riguarda il rapporto utili/perdite, ha segnato un dato negativo pari a -14.453.028 euro;
   gli incarichi di vertice nella società Italia Turismo sono ricoperti da Vincenzo Cappiello, presidente in carica dal 13 luglio 2011, e Patrizio Sarti, amministratore delegato dal 18 luglio 2011. Quest'ultimo riveste anche il ruolo di procuratore in Invitalia, dal 7 maggio 2008, mentre Cappiello è presidente di numerose società che operano nel ramo immobiliare, inclusa Fintecna immobiliare srl (in carica dal 28 maggio 2012) di cui è stato anche amministratore delegato dal 16 luglio 2009 al 15 giugno 2012;
   è paradossale, diseconomica e poco produttiva l'esistenza di una miriade di soggetti pubblici che direttamente o indirettamente si interessano del comparto turistico, contribuendo a frammentarne ulteriormente il quadro complessivo di riferimento –:
   a quali controlli da parte delle autorità centrali sia sottoposto l'operato di Italia Turismo che, pur essendo società per azioni di proprietà dello Stato, affitta i propri resort ricorrendo a forme tipiche del diritto privato tralasciando gli opportuni meccanismi di evidenza pubblica;
   se gli investimenti previsti per la realizzazione dei poli turistici integrati, di complessivi 200 milioni di euro, siano a carico dell'erario, circostanza che sembrerebbe avvantaggiare principalmente le società private che affittano i complessi turistici;
   se in un'ottica di risparmio e di efficientamento della pubblica amministrazione s'intenda riordinare il microcosmo di agenzie e società per azioni, di proprietà dello Stato, che operano nel settore turistico. (5-02759)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Porta e altri n. 7-00360, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Baruffi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Sottanelli n. 5-00797, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Monchiero.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Simoni n. 5-00861, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Taricco.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Picierno n. 5-01981, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Famiglietti e altri n. 5-02470, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tino Iannuzzi.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Spessotto n. 5-02744, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dell'Orco.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Santerini n. 1-00455, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 225 dell'8 maggio 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    nel primo trimestre 2014 si è registrato un numero di persone arrivate via mare in Italia tre volte superiore a quello rilevato nello stesso periodo nel 2013 (non solo a Lampedusa ma in altre località della Sicilia), mentre sono state in totale circa 43.000 le persone che sono arrivate via mare nel 2013;
    grazie all'operazione Mare Nostrum circa 20.000 naufraghi sulle coste siciliane sono stati messi in salvo con il pattugliamento navale iniziato il 18 ottobre 2013. Nell'ambito della stessa operazione sono stati arrestati circa 200 scafisti e svolti numerosi interventi sanitari, evitando altre tragedie del mare come quella del 3 ottobre 2013 in cui perirono 366 persone, donne, uomini e bambini o altre come quella avvenuta nel mar Egeo al largo di Samos dove sono morte almeno 22 persone;
    i flussi migratori che arrivano sulle coste italiane sono costituiti sia da migranti economici che profughi politici. Tuttavia, in questi mesi, come ha affermato il Ministro Alfano nella informativa svolta il 16 aprile 2014 presso la Camera, gli arrivi sono composti in gran parte da rifugiati. Molti fuggono dalla guerra in Siria (un quarto degli arrivi del 2013 era rappresentato da siriani), altri dall'Eritrea, sud Sudan, e altri Paesi africani spesso teatro di guerra o in preda a forte instabilità politica;
    spesso la situazione caotica nei Paesi di transito degenera in violenza verso i migranti (per esempio i campi di detenzione in Libia o la violenza dei trafficanti nel deserto del Sinai);
    Italia, Grecia e Spagna sono i Paesi che sopportano l'onere di affrontare la situazione degli sbarchi del Mediterraneo, ma servirebbe una maggiore solidarietà a livello europeo ed il semestre a guida italiana sarà un'occasione per discutere questi temi;
    l'Unione europea spende annualmente 80 milioni di euro, a carico dei contribuenti, nell'ambito del programma Frontex. Lo stanziamento di circa 9 milioni di euro mensili, assegnato all'Italia per soccorrere i migranti, non deve essere sospeso ma confermato e se possibile aumentato. L'accoglienza e la sicurezza, la protezione e il pattugliamento che l'Italia ha garantito con una iniziativa unilaterale attendono ora un rafforzamento da parte della Unione europea;
    il flusso ininterrotto di profughi dalla Siria ha come destinazione finale non l'Italia ma altri Paesi europei. Una delle principali tappe di transito in Italia è Milano, che si è fatta carico di accogliere la quota maggiore di rifugiati siriani negli ultimi mesi;
    il riassetto e la distribuzione dei profughi nella rete di accoglienza in tutte le regioni vanno migliorati e si deve prevedere il coinvolgimento nell'accoglienza, attraverso la Conferenza Stato regioni, degli enti locali con un piano coerente e organico che eviti interventi paralleli e non coordinati e per di più costosi;
    i sistemi di accoglienza pianificati dalla direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo, stando anche a recenti fatti di cronaca, hanno mostrato numerose carenze e inadeguatezze,

impegna il Governo:

   a richiedere presso la Commissione europea un ulteriore supporto – anche tramite maggiore assistenza finanziaria delle operazioni Frontex – nello sforzo messo in atto dall'Italia per far fronte all'ingente flusso di sbarchi ed evitare nuove vittime;
   a sostenere presso le istituzioni europee l'opportunità di rivedere le norme del regolamento (CE) n. 604/2013 cosiddetto Dublino 3) prevedendo la possibilità di far richiedere ai rifugiati domanda di asilo, già nei Paesi di transito e non solo nel primo Paese di arrivo, al fine di evitare i «viaggi della morte» per mare;
   ad adoperarsi per realizzare, in prospettiva, un ufficio europeo dell'immigrazione in territorio nordafricano che abbia, oltre alle opportune missioni nelle aree di maggiore afflusso, una sede istituzionale permanente, in modo da consentire ai profughi che ne abbiano diritto il successivo reinsediamento, in tempi brevissimi, verso tutti i Paesi dell'Unione, con preferenza per quelli dove essi abbiano già legami familiari;
   a proporre alla Commissione europea la creazione di un centro di accoglienza europeo per immigrati sul territorio europeo (al fine di avviare un diverso percorso per i richiedenti asilo e protezione internazionale), dando la disponibilità dell'Italia all'assunzione di responsabilità in merito, anche in assenza e nelle more di una revisione delle norme del regolamento (CE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino 3);
   a sostenere gli enti locali che hanno dato disponibilità all'accoglienza, ed in particolare il comune di Milano, che ha visto un ingente afflusso di profughi siriani in transito per il nord Europa, e Roma Capitale, che ha aumentato notevolmente i posti disponibili per l'accoglienza.
(1-00455)
«Santerini, Marazziti, Schirò, Dellai».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Librandi n. 5-02301 del 7 marzo 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Crippa n. 4-02765 del 2 dicembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02753.

ERRATA CORRIGE

  Testo riformulato della mozione Catania e altri n. 1-00181 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 224 del 7 maggio 2014. Alla pagina 12800, seconda colonna, dalla riga quindicesima alla riga diciassettesima, deve leggersi «agli imprenditori agricoli a titolo principale ed ai coltivatori diretti prevedendo» e non «agli imprenditori agricoli a titolo principale ed ai coltivatori diretti, con esclusione di qualsiasi altro soggetto, prevedendo», come stampato.