Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 22 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    le vittime di reati violenti intenzionali, in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni oppure può non essere identificato o perseguito;
    al fine di evitare che tali vittime, oltre a subire le inevitabili conseguenze fisiche e psicologiche derivanti dalla violenza dell'offesa subita, non trovino neanche ristoro economico della sofferenza patita, il Consiglio d'Europa ha adottato nel 1983 la «Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti», volta ad introdurre o a sviluppare regimi di risarcimento da parte dello Stato sul cui territorio i reati violenti sono stati commessi;
    la Convenzione europea obbliga le parti a prevedere, nelle loro legislazioni o pratiche amministrative, un sistema di compensazione per risarcire, con fondi pubblici, le vittime di infrazioni violente, dolose che abbiano causato gravi lesioni corporali o la morte e, oltre ad individuare le previsioni minime che devono essere contenute in tale sistema, indica i danni che devono necessariamente essere risarciti; la Convenzione si basa sul principio di giustizia sociale, che esige che lo Stato indennizzi non solo i propri cittadini, ma anche le vittime di altre nazionalità, compresi i lavoratori emigranti, i turisti, gli studenti;
    la Convenzione europea è entrata in vigore il 1o febbraio 1988, a seguito delle tre ratifiche richieste. L'Italia risulta tra quegli Stati (e unico Stato membro all'interno dell'Unione europea) che non solo non hanno ratificato la Convenzione, ma neppure l'hanno sottoscritta, in buona sostanza ignorandola;
    tale disinteresse del nostro Paese risulta ancora più grave alla luce dell'emanazione nel 2004 della direttiva europea n. 2004/80/CE, che dal 1o luglio 2005 ha imposto agli Stati membri di garantire adeguato e equo ristoro alle vittime di reati violenti ed intenzionali impossibilitate a conseguire dai loro offensori il risarcimento integrale dei danni;
    si stabilisce infatti, all'articolo 12, paragrafo 2, della citata direttiva che «tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati internazionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo e adeguato delle vittime»;
    il Governo italiano non ha dato completa attuazione alla direttiva 2004/80/CE: tale inadempimento è stato sancito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 27 novembre 2007, su ricorso del 26 febbraio 2007 della Commissione europea. La quinta sezione della Corte di giustizia nella causa C-112/07 ha disposto che non avendo adottato, entro il termine prescritto, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio del 29 aprile 2004, 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva;
    ad oggi, siffatto inadempimento permane nonostante l'emanazione del decreto legislativo n. 204 del 2007, che ha formalmente dato attuazione alla direttiva 2004/80/CE, il cui contenuto, però, è decisamente scarno e lacunoso. Invero, con tale intervento il Governo italiano non ha posto rimedio al suo inadempimento, ma si è limitato a disciplinare i momenti procedurali di collaborazione transfrontaliera, con ciò recependo il solo capo I della direttiva;
    e, infatti, nel 2012 la Commissione europea ha ritenuto opportuno avviare un ulteriore procedimento di infrazione nei confronti dell'Italia per mancata conformità alla direttiva;
    nonostante le continue sollecitazioni da parte dell'Unione europea, di fatto, in Italia, allo stato attuale, manca ancora un sistema generale di risarcimento a favore delle vittime di reati violenti intenzionali, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime, nel caso in cui il condannato non abbia i mezzi per farlo;
    difatti, se pur è vero che alcune leggi nazionali, emanate precedentemente alla direttiva, prevedono interventi economici a carico dello Stato a favore di talune vittime di reati, tuttavia ciascuna di queste norme è ritagliata ad hoc per determinate e circoscritte categorie di vittime, con la conseguenza che tutta una serie di vittime di reati violenti ed intenzionali decisamente gravi, quali, ad esempio, l'omicidio «comune» o lo stupro, rimangono indubbiamente escluse,

impegna il Governo:

   a sottoscrivere la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti del Consiglio d'Europa del 24 novembre 1983 e a richiederne la ratifica nel più breve tempo possibile;
   a dare compiuta attuazione alla direttiva 2004/80/CE, attraverso l'introduzione di un sistema generale di risarcimento a favore delle vittime di reati violenti intenzionali, impossibilitate a conseguire dai loro offensori il risarcimento integrale dei danni.
(1-00437) «Cristian Iannuzzi, Agostinelli, Colletti, Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Sarti, Turco, Nesci».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nel 2012, l'Unione europea ha rappresentato il quinto produttore mondiale in termini quantitativi, con circa il 3 per cento della produzione mondiale (pari a 7,3 milioni di tonnellate su circa 4,2 milioni di ettari di superficie agricola) e il nono in termini di superficie, nonostante il tabacco occupi una quota piuttosto esigua dell'area agricola comunitaria e in via di progressiva riduzione (-11 per cento rispetto alla precedente campagna);
    l'andamento indica quindi una contrazione del settore, con le superfici in calo dell'8 per cento rispetto al 2011 (dopo il –13 per cento del 2011 rispetto al 2010) e la produzione sostanzialmente stabile (-0,5 per cento, dopo il –14 per cento del 2011). In linea con le stime UNITAB, per il 2013 la produzione sarebbe di oltre 207 mila tonnellate per una superficie di oltre 94.802 ettari;
    per quanto riguarda il commercio comunitario di tabacco greggio, si registra una sostanziale stabilità dei quantitativi contrattati rispetto al 2011 sia sul fronte degli acquisti (-0,4 per cento) che delle vendite (+1 per cento);
    sull'andamento della produzione incide la progressiva riduzione del sostegno alla coltura impresso nell'ambito della nuova Pac, alla quale i paesi membri dell'Ue hanno risposto in modo molto differenziato: con una riduzione della produzione in Italia, Bulgaria, Ungheria e Francia; con un aumento in Polonia e con una produzione stabile in Grecia e Spagna (secondo le stime di Advisory Group on-Tobacco);
    il diverso andamento registrato tra paesi è legato, oltre a fattori di contesto, anche alle scelte strategiche degli Stati circa il mantenimento o la riconversione della coltura e al quadro di applicazione dell'intervento pubblico, sostanzialmente eterogeneo non solo riguardo al primo pilastro della Pac (in base alle opzioni previste dalla riforma del 2004 dell'OCM), ma anche al secondo pilastro (in merito all'attivazione di misure specifiche per il tabacco nell'ambito dei PSR nelle regioni tradizionalmente vocate dove è confluito il 50 per cento delle risorse precedentemente accoppiate al tabacco);
   osservando i dati sugli andamenti produttivi nel medio periodo, emerge l'impatto delle scelte adottate da ciascun paese nelle fasi della riforma, ossia dall'applicazione della fase transitoria (2006-2009) a quella definitiva (dal 2010). Ad esempio, la Grecia, che decise di applicare da subito (dal 2006) il disaccoppiamento totale dell'aiuto, ha subito un calo progressivo del 17 per cento durante la fase transitoria, per poi recuperare negli anni più recenti (+62 per cento dal 2010 al 2012), quando anche negli altri paesi il sostegno per il tabacco è confluito nel pagamento unico. Un andamento sostanzialmente opposto si nota per la Germania che, dopo il primo periodo in cui la produzione, pur risentendo della riforma, non ha mostrato variazioni di rilievo, tra il 2009 e il 2010 ha subito un crollo del 40 per cento. Alcuni dei Nuovi Stati membri produttori di tabacco, per alcune campagne e con modalità diverse, hanno implementato i Complementary National Direct Payment (Cndp o top up) per sostenere il tabacco; si tratta di Polonia, Ungheria, Bulgaria, Slovacchia, Cipro e Romania. Inoltre, alcuni Stati membri hanno attivato un aiuto accoppiato a favore della qualità del tabacco nell'ambito dell'articolo 68 del regolamento (Ce) 73/2009;
    nel contesto comunitario, vi è inoltre l'effetto di spostamento della produzione dai paesi dell'Ue-15 verso i nuovi stati membri dell'Ue-12, peraltro attenuatosi nel 2012. Tale fenomeno può essere ricondotto al minor costo del fattore lavoro, in quanto il tabacco – alcune varietà in particolare – sono produzioni labour intensive;
    la misura di cui all'articolo 68 del regolamento (Ce) 73/2009 è stata prevista in Italia, Spagna e Ungheria dal 2010, in Francia dal 2011 e in Polonia dal 2012 e potrà essere utilizzata anche per la campagna aggiuntiva del 2014; sebbene questo non rappresenti una soluzione al problema della sostenibilità della coltura, il comparto avrà quanto meno un margine temporale maggiore per provare a riorganizzarsi;
    in merito alle risorse finanziarie erogate dal primo pilastro della Pac, il regime di aiuti specifici per la qualità previsti dall'articolo 68 citato ha avuto una dotazione di 21,5 milioni di euro; gli importi definitivi sono stati di gran lunga inferiori a quelli massimi previsti (di circa 1'80-90 per cento). Nel secondo pilastro, si segnalano le risorse trasferite ai Psr delle regioni tabacchicole dal 2010, per un importo pari a 167 milioni di euro annui (utilizzati soprattutto con la misura 214, «agro-ambiente» e la misura 144, «aziende agricole in via di ristrutturazione in seguito alla riforma dell'Ocm»).
    la dinamica dei prezzi, la razionalizzazione di alcune fasi della filiera per limitare quanto più possibile le intermediazioni, il limitato sfruttamento delle risorse nell'ambito dello sviluppo rurale, gli effetti legati alla riforma della Pac, nonché la rivisitazione della direttiva europea di regolamentazione del tabacco lanciata dalla Commissione a dicembre 2012 (Com(2012)788 def.) sono tra i fattori che potrebbero contribuire a modificare le caratteristiche strutturali del settore e la geografia della produzione;
    la situazione italiana per il 2012 conferma il trend negativo a due cifre evidenziato nella campagna precedente, in contrasto con quanto sembrava emergere nel primo anno di applicazione del disaccoppiamento totale (2010), quando il calo della produzione e delle superfici investite a tabacco, per quanto significativo (rispettivamente –9 per cento e –4 per cento), non aveva raggiunto valori allarmanti. La campagna 2012 mette in evidenza una contrazione nell'ordine di 26 punti percentuali in termini di volume prodotto e di 33 punti in termini di superfici investite (Agea). La produzione risulta dimezzata rispetto all'ultimo anno pre-riforma (2005), attestandosi a quasi 52.000 tonnellate e a 15.000 ettari (le stime UNITAB per il 2013 confermano la produzione a 53.800 tonnellate e le superfici a 15.985 ettari), soglia, quest'ultima, considerata strategica per preservare gli interessi del mercato in Italia. Anche nel 2012, è risultata molto rilevante la fuoriuscita dal settore di tabacchicoltori: –25 per cento rispetto al 2011, dopo il –26 per cento della precedente campagna. La riduzione delle superfici, superiore a quella del numero di aziende, ha determinato una inversione di tendenza nelle dimensioni medie aziendali, ridottesi a 4,7 ettari, dai 5,3 ettari del 2011. Rispetto al 2005, la produzione di tabacco è sopravvissuta in otto regioni su quindici, con la definitiva fuoriuscita, nel corso degli anni, di regioni vocate come la Puglia, dove il disaccoppiamento totale è stato previsto sin dal 2006, o meno vocate quali: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Basilicata, Calabria e Molise;
    la riduzione di produzione registrata nella campagna 2012 ha interessato tutti i contesti regionali, inclusi quelli a vocazione tabacchicola, tra i quali l'Umbria ha mostrato, ancora una volta, le perdite più contenute (-13 per cento riducendo la produzione (solo) di un terzo rispetto al 2005. La produzione di tabacchi chiari è ulteriormente cresciuta di quasi 3 punti percentuali rispetto al totale (dall'88 per cento del 2011 al 91 per cento) e rappresenta l'orientamento principale in tutte le regioni, con l'eccezione della Toscana, in cui il Fire Cured (Kentucky) incrementa in modo notevole la sua quota dal 38 per cento al 53 per cento della produzione regionale (Agea);
    il decreto ministeriale 7 marzo 2014 n. 2365 – che modifica il decreto ministeriale 29 luglio 2009 – ha assicurato al settore per il periodo transitorio un maggior supporto alle produzioni che rispettano le condizioni e i requisiti qualitativi. Esso prevede un sostegno erogato sotto forma di pagamenti supplementari per la qualità, a favore dei produttori che consegnano tabacco ad un'impresa di prima trasformazione, sulla base di un contratto di coltivazione. Il quantitativo ammesso al sostegno è risultato pari a 50,4 milioni di tonnellate, il 97 per cento della produzione complessiva;
    ad oggi, intese, accordi di programma e di fornitura hanno interessato le principali manifatture e gruppi internazionali operanti in Italia, incoraggiando una maggiore aggregazione e organizzazione tra i tabacchicoltori e una accresciuta integrazione di filiera. Tuttavia, l'esclusione del tabacco dalla lista delle colture ammissibili al sostegno accoppiato nell'ambito della futura Pac, da un lato, e il processo di convergenza interna dei titoli a più alto valore ad ettaro che i paesi dovranno intraprendere a partire dal 2015, dall'altro lato, determinerà, chiaramente, la cessazione del vincolo produttivo, essendo considerata ammissibile al pagamento base qualsiasi superficie agricola dell'azienda utilizzata per un'attività agricola, e la riduzione del sostegno per il comparto che rimarrà legato al solo valore del titolo, al più incrementato degli importi di cui all'articolo 68;
    in questo quadro l'indebolimento dell'intera filiera italiana collegata alla produzione di tabacco rappresenta un problema grave sul piano occupazionale e sul versante delle entrate fiscali; tra IVA e accise, infatti, l'incasso dell'erario relativo all'anno 2012 è stato pari a 14,2 miliardi di euro;
    la risoluzione approvata nel corso della scorsa legislatura dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati, in uno spirito di condivisione generale, volta ad impegnare il Governo ad intervenire in diversi ambiti nazionali, sia per favorire l'incremento dei processi produttivi e tutelare i livelli occupazionali delle aziende produttrici di tabacco, che in sede comunitaria, nell'ambito della definizione della nuova politica agricola comune (PAC) e in particolare delle misure per incrementare i contributi previsti per lo sviluppo rurale, ha rappresentato un segnale importante per determinare un'inversione di tendenza nei confronti della filiera italiana del tabacco;
    il Consiglio dei ministri dell'agricoltura, riunitosi a Bruxelles a settembre 2014, ha avviato iniziative importanti tra i principali Paesi produttori di tabacco, volte a definire una strategia operativa per la tutela della filiera ed una ricerca degli strumenti necessari per il sostegno ai produttori e ai lavoratori impiegati;
    il documento condiviso dai rappresentanti dei diversi Paesi, nel quale sono emerse le criticità derivanti dalla discriminazione subita dal settore tabacchicolo, in occasione del compromesso sulla PAC, unitamente all'atto parlamentare d'indirizzo, confermano il livello di attenzione delle istituzioni sia in ambito nazionale, che internazionale, per il settore, considerato che l'Italia rappresenta il primo Paese produttore ed esportatore europeo di tabacco, il sesto esportatore mondiale per valore e il decimo produttore per volumi;
    la sollecitudine richiesta dagli operatori del settore, al fine di evitare il peggioramento di una situazione divenuta particolarmente critica per l'intera filiera del tabacco, necessita un diretto e indispensabile intervento governativo volto ad interrompere un trend economicamente negativo in coerenza con quanto fatto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con il decreto ministeriale 7 marzo 2014 n. 2365 per evitare il rischio di mettere fuori mercato il nostro Paese,

impegna il Governo:

   a sostenere il settore tabacchicolo valutando la possibilità di recuperare risorse finanziarie a favore della produzione, così come già è stato fatto con il decreto ministeriale 7 marzo 2014 n. 2365 per l'anno corrente, in coerenza con quanto disposto con l'articolo 68 del Regolamento (CE) n.73/2009 del Consiglio del 19 gennaio 2009, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori, in considerazione che dal successivo anno 2015, il comparto medesimo, sarà l'unico che, nonostante la posizione favorevole espressa dal Parlamento europeo, non potrà accedere agli aiuti accoppiati previsti dall'articolo 52 del Regolamento (UE) n. 1307/2013, del 17 dicembre 2013;
   a prevedere iniziative, con il coinvolgimento delle organizzazioni di categoria più rappresentative, volte a tutelare i livelli occupazionali degli addetti del settore, la cui filiera tra la riforma della PAC, il proliferare del commercio illecito (contraffazione) e la revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/EC), risulta fortemente ridimensionata;
   a verificare la possibilità di prevedere l'esercizio della facoltà di trasferimento del sostegno specifico percepito per l'anno 2014, relativo al calcolo del valore unitario iniziale, come indicato dall'articolo 26 comma 6, del medesimo Regolamento (UE) n. 1307/2013, dei titoli per i pagamenti di base del 2015, da considerare come elemento aggiuntivo;
   ad accelerare la sottoscrizione degli accordi con le manifatture internazionali operanti in Italia, che hanno già avviato una serie di precedenti negoziati, attraverso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il coinvolgimento del Ministero dell'economia e delle finanze;
   ad avviare, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, i lavori del tavolo di confronto con tutti i soggetti della filiera, già costituito, al fine di:
     favorire l'individuazione di misure a sostegno del settore, in relazione ai nuovi regolamenti comunitari dell'Organizzazione comune di mercato (OCM), nonché per il coordinamento delle iniziative con le regioni;
    promuovere iniziative orientate a rafforzare un approccio «pluriennale» che coinvolga in un progetto comune i diversi stadi della filiera del tabacco e le organizzazioni, per dare maggiore certezza ai produttori agricoli;
    sviluppare misure specifiche per il settore nell'ambito della futura programmazione dello sviluppo rurale, per consolidarne gli equilibri economici, tenuto conto delle difficoltà riscontrate in alcune regioni nell'implementazione delle misure specifiche per il tabacco previste dagli attuali PSR.
(7-00349) «Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   oramai da diversi anni scolastici tante famiglie di ragazzi disabili hanno adito gli organi di giustizia amministrativa per il riconoscimento del diritto dei loro figli ad essere assistiti a scuola da un insegnante di sostegno per un adeguato numero di ore;
   tali ricorsi sono stati tutti accolti dai giudici amministrativi, i quali hanno confermato come l'amministrazione scolastica continui da anni ad agire in modo colposo in materia di insegnanti di sostegno, a tal riguardo si legga la sentenza n. 381 del 2013 del tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione di Palermo che ha rilevato come «malgrado l'esistenza di numerosissimi precedenti giurisprudenziali sfavorevoli al Ministero e all'ufficio scolastico, questi ultimi continuano, anno dopo anno scolastico, a reiterare provvedimenti all'evidenza non conformi alla normativa in materia di tutela dei disabili»;
   inizialmente, le segreterie dei tribunali amministrativi non richiedevano per il deposito di tali ricorsi alcun contributo unificato, ritenendo che gli stessi fossero esenti dal pagamento di tale contributo, poiché concernente i minori e la tutela della prole, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del testo unico n. 115 del 2002;
   successivamente, in ottemperanza alla Circolare 18 ottobre 2011 «Istruzioni sull'applicazione della disciplina in materia di contributo unificato nel processo amministrativo», il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, ha invitato la segreteria dei tribunali amministrativi regionali a pretendere, nel caso di proposizione di tali ricorsi, un contributo unificato di ben 650 euro;
   in particolare, in questa Circolare al punto E.9 «Ricorsi proposti dai genitori di alunni diversamente abili per ottenere un insegnante di sostegno» si legge che il contributo unificato non può essere eliminato poiché riguarda i soli rapporti concernenti situazioni giuridiche soggettive che hanno origine e si esauriscono nell'ambito della famiglia e del rapporto relazionale potestà genitoriale-figli, azionabili dinanzi al giudice ordinario, restringendo indebitamente l'ambito di applicazione della norma che il legislatore ha espresso a parere dell’ interrogante / che invece è da intendersi in modo volutamente ampio;
   quindi si impone il pagamento del contributo unificato per controversi e relative al sostegno scolastico, che, invece, sono esenti ai sensi di legge;
   non a caso, l'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 («Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca»), convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128 ha esteso il regime di esenzione dal pagamento del contributo unificato ai ricorsi diretti ad ottenere l'assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni diversamente abili, ai sensi dell'articolo 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 104;
   nel contempo, per garantire l'esenzione anche per i ricorsi già depositati riferibili agli anni 2011/12/13, la Camera dei deputati, nella seduta del 31 ottobre 2013, in sede di conversione del suindicato decreto-legge, ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno che impegnava il Governo a garantire la retroattività della suddetta novella legislativa;
   pertanto, in data 14 novembre 2014, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, ha invitato le segreterie dei tribunali amministrativi a sospendere le procedure di recupero del contributo unificato relativo ai ricorsi in materia di insegnanti di sostegno, depositati prima dell'entrata in vigore dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 al fine di un approfondimento riguardante, appunto, la possibilità di applicare retroattivamente la norma summenzionata;
   nell'ambito di tale approfondimento, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa ha posto apposito quesito al Dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri che in risposta a tale quesito, con nota del 6 febbraio 2014, ha ritenuto che «(...) la norma sopravvenuta è applicabile esclusivamente ai ricorsi depositati successivamente all'entrata in vigore della legge (...)»;
   quindi, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, in data 21 marzo 2014, invitava le Segreterie dei tribunali amministrativi a riattivare tutte le procedure di recupero del contributo unificato relativi ai ricorsi in materia di insegnanti di sostegno, depositati prima dell'entrata in vigore dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104;
   certamente la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo, così come recita l'articolo 11 delle «preleggi», stabilendo un tipico principio generale, che però, essendo posto da una legge ordinaria, come nel caso in argomento, può essere derogato da una legge successiva, la quale si auto-attribuisce un effetto anche per il passato poiché sono numerose le disposizioni in materia tributaria che «in deroga all'articolo 3 della legge n. 212 del 2000» attribuiscono a se medesime efficacia retroattiva;
   pertanto il legislatore, trattandosi di una materia diversa da quella penale, sia pur entro i limiti della ragionevolezza, può derogare a tali principi;
   un costo di ben 650 euro per il contributo unificato è una cifra davvero consistente, specie per le famiglie di ragazzi disabili, che già vivono situazioni di particolare difficoltà economico-sociale legate alla disabilità;
   a rendere paradossale tale situazione si aggiunge il fatto che le somme richieste si riferiscono a giudizi conclusisi con sentenze passate in giudicato che hanno visto la soccombenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che pertanto, ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 30 maggio 2002, articolo 13, è obbligato al pagamento del contributo unificato, delle somme dovute a titolo di spese di giudizio e al risarcimento del danno;
   quindi, l'esoso importo del contributo unificato preteso dalle segreterie dei tribunali amministrativi non determina nessuna effettiva maggiore entrata per l'erario considerato che tali ricorsi si concludono, nella totalità dei casi, con la soccombenza dell'amministrazione scolastica, sicché tale circolare realizza, di fatto, l'unico risultato di scoraggiare il ricorso alla tutela giurisdizionale per vedere riconosciuto un sacrosanto diritto fondamentale dei propri figli disabili –:
   quali iniziative normative il Governo intenda assumere al fine di garantire la retroattività della novella legislativa citata, tenendo conto dell'indirizzo contenuto nell'ordine del giorno ricordato in premessa;
   quali iniziative la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda prendere per garantire la retroattività dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 in materia di esenzione dal pagamento del contributo unificato ai ricorsi diretti ad ottenere l'assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni diversamente abili;
   quali iniziative il Ministro di competenza intende intraprendere per garantire agli alunni disabili l'assegnazione di un numero adeguato di ore di sostegno al fine di evitare i numerosi ricorsi a cui ad ogni inizio anno scolastico le famiglie devono adire per veder garantito il riconoscimento del diritto dei loro figli.
(2-00513) «Marzana, Luigi Gallo, Brescia, D'Uva, Di Benedetto, Vacca, Simone Valente, Battelli, Agostinelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Businarolo, Carinelli, Colletti, Colonnese, De Lorenzis, Dell'Orco, Luigi Di Maio, Ferraresi, Fico, Gagnarli, Gallinella, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lupo, Nesci, Parentela, Di Vita, Dall'Osso, Silvia Giordano, Cecconi, Baroni, Lorefice, Mantero, Grillo».

Interrogazione a risposta scritta:


   ANZALDI, CARBONE e BURTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la zona industriale ricadente nel territorio dei comuni di Priolo, Melilli, Augusta, Siracusa, Solarino e Floridia è stata dichiarata «ad elevato rischio di crisi ambientale» con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 novembre 1990;
   lo stesso provvedimento viene motivato, tra l'altro, dalla circostanza che l'area in oggetto è «esposta ad un continuo rilascio di notevoli quantità di sostanze inquinanti» e che la stessa risente più direttamente delle ricadute degli inquinanti atmosferici;
   da tempo i cittadini di Siracusa anche attraverso il loro sindaco denunciano i superamenti di inquinanti provenienti dagli impianti della zona industriale;
   ancora oggi si continuano ad istituire inefficaci tavoli tecnici in prefettura;
   da decenni il territorio ricadente nell'area ad elevato rischio di crisi ambientale è monitorato da una rete della provincia, del CIPA e dell'ENEL, nonché vi sono codici di autoregolamentazione per le industrie petrolchimiche ed energetiche, per ridurre in caso di superamento da parte di SO2, NOx, O3;
   da anni ormai non si verificano superamenti di SO2, NOx ed O3 a causa dei cambiamenti di combustibili usati nei cicli produttivi e anche a causa del processo di dismissione di diversi impianti;
   si ritiene pertanto giunto il momento di avviare un'azione di monitoraggio di alcune particolari sostanze tra cui, il benzene, il toluene, xilene mercaptani H2S, IPA. PM 2.5 ancora oggi parzialmente o affatto monitorati dalla rete di rilevamento;
   è assolutamente necessario e improcrastinabile che l'ente pubblico ARPA cominci a rilevare le emissioni dei singoli impianti, mettere in rete i dati a disposizione dei cittadini per una adeguata azione di tutela dell'ambiente e di trasparenza finalizzata anche alla individuazione di eventuali responsabili in caso di dati non conformi alle previsioni di legge;
   lo stesso direttore dell'ARPA di Siracusa è stato costretto recentemente ad ammettere che la rete di rilevamento dell'inquinamento atmosferico non è adeguatamente rispondente ai requisiti disposti dalla normativa vigente;
   nella provincia di Siracusa esistono 3 reti di rilevamento interconnesse fra di loro, una di proprietà dell'ENEL (ora dismessa), una della provincia regionale e l'altra del CIPA (proprietà e gestione delle industrie);
   appare evidente che l'associazione CIPA vive una forte contraddizione in quanto è allo stesso tempo «controllore e controllato» e con una gestione che lascia alquanto perplessi;
   lo stesso presidente in sede di riunione in prefettura ha posto l'accento sui limiti di efficienza della stessa rete, sia in termini di manutenzione che di investimenti e di ammodernamento della stessa per consentirgli di essere a norma;
   il piano di risanamento ambientale dell'area a rischio di Siracusa-Priolo-Augusta decreto del Presidente della Repubblica del 17 gennaio 1995 – già all'inizio faceva rilevare nella scheda «razionalizzazione della rete di monitoraggio della qualità dell'aria» che la rete appariva carente sia per la localizzazione sia per la carente manutenzione e gestione della strumentazione;
   nella stessa scheda, infatti, si faceva notare che la distribuzione territoriale delle centraline appariva solo parzialmente adeguata, troppo limitata nell'area posta a ridosso degli insediamenti ESSO-ENEL AUGUSTA, dove le simulazioni modellistiche mostrano un massimo relativo di ricaduta a terra;
   in queste ultime settimane l'ENEL (Centrale Archimede di Priolo Gargallo) che aveva dismesso le proprie centraline sul rilevamento della qualità dell'aria a causa della riconversione dell'impianto a ciclo combinato, ha manifestato la propria disponibilità a installare 3 centraline per il rilevamento di altri inquinanti;
   questa potrebbe essere l'occasione per introdurre un'azione di effettivo monitoraggio di un'area di un'area che risulta scoperta –:
   quali iniziative intende intraprendere il Ministro per far adeguare alle norme di legge la rete di rilevamento dell'inquinamento atmosferico nell'area dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale;
   se non intenda verificare, nell'area del petrolchimico, l'attuazione del piano di risanamento ambientale e il rispetto delle specifiche AIA;
   se non intenda altresì aggiornare ed adeguare il piano di risanamento ambientale del polo petrolchimico di Siracusa-Priolo-Augusta così come previsto dallo stesso decreto del Presidente della Repubblica del 17 gennaio 1995 imponendo limiti maggiormente restrittivi in difesa dell'ambiente in base alle citare previsioni di legge. (4-04593)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il campo CONI del rione Modena di Reggio Calabria, struttura destinata all'atletica leggera in cui si allenano quotidianamente sportivi ed amatori e meta obbligata da quasi 50 anni per tutti coloro che praticano atletica o semplicemente vogliono dilettarsi nella corsa, sta per essere chiuso dal momento che sta vivendo ormai da anni una situazione precaria ed è lasciato all'incuria sia per quanto riguarda il campo di atletica che giorno dopo giorno diventa fatiscente, sia per i servizi igienici all'interno dello stesso;
   un sopralluogo dei NAS, infatti, ha certificato l'inadeguatezza e la pericolosità di tutta la struttura e, in particolare, il degrado diffuso nei bagni, l'erba alta, la gabbia del lancio del martello pericolante e altro;
   a tutto ciò si aggiungono – a dispetto della natura pubblica dell'ente CONI – il pagamento di quote annuali da parte delle società sportive che utilizzano la struttura, una tariffa annuale per gli iscritti Fidal e un'ordinanza del comune di Reggio Calabria, secondo la quale chi vuole utilizzare il campo di atletica deve pagare giornalmente la cifra di 1,85 euro, che mediamente per coloro che frequentano il CONI significa oltre 40 euro al mese;
   soprattutto quest'ultima tariffa, che non può considerarsi simbolica, ha tanto complicato ed aggravato ai cittadini l'uso dell'impianto, fino ad oggi gratuito, che il campo è quasi sempre completamente deserto;
   pertanto, si profila all'orizzonte l'ennesimo schiaffo all'impiantistica sportiva reggina, dopo la chiusura di Parco Caserta, dell'impianto sportivo reggino PalaPentimele e della Piscina Comunale, e c’è da chiedersi quanto è stato finora pagato dagli utenti al CONI in forza di tale ordinanza, che fine hanno fatto questi fondi e perché non sono stati utilizzati per la manutenzione e per il miglioramento del campo –:
   se il Governo disponga di elementi in merito alla condizione delle strutture sportive del CONI e alla loro gestione, visto che la promozione dello sport per i cittadini comporta importanti benefìci sia per la salute pubblica sia per l'educazione sportiva dei cittadini in giovane età, sia per la funzione sociale che esso svolge e se non intenda assumere iniziative per un piano nazionale che possa porre rimedio alla storica carenza di strutture sportive;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, in concorso con gli enti territoriali locali e con le forze sociali, per fare luce sulle modalità di gestione del campo di cui in premessa da parte del CONI, e agevolare la ristrutturazione del campo citato restituendolo alla piena agibilità della popolazione. (4-04586)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 15 febbraio un gruppo di liberi cittadini, raggruppatisi nel collettivo «Municipio dei Beni Comuni» ha aperto i sigilli della caserma Curtatone e Montanara, ex distretto militare di Pisa, chiuso e abbandonato da oltre 20 anni, per avviarne il recupero a favore della città al fine di ai bisogni di sociali dei cittadini. L'area consta di 8000 metri quadri di giardino e 4000 metri quadri di superficie coperta al fine di destinarli ai cittadini e ai bisogni di sociali della città toscana;
   il vasto complesso di edifici e il grande giardino si trovano nel centro del quartiere di San Martino con ingresso da via Giordano Bruno. La caserma è stato costruita ove si trovava un convento risalente al XIV secolo;
   il comune di Pisa ha chiesto di entrare in possesso a titolo gratuito di numerose aree ed edifici demaniali, secondo la possibilità offerta dal cosiddetto «federalismo demaniale». Fra le diverse richieste particolare importanza ha quella relativa alle caserme ancora presenti all'interno della città: la «Curtatone e Montanara» in via Giordano Bruno (ex distretto militare come detto da tempo in disuso) e l'Artale in via Derna ancora parzialmente utilizzata, ma con la previsione di una prossima dismissione;
   nelle scorse settimane il Ministero della difesa ha comunicato all'Agenzia del demanio che il bene è di suo interesse e utilizzo, per cui non è disponibile a dare il via libera al trasferimento a titolo gratuito al comune di Pisa, in base a quanto previsto dal federalismo demaniale. Nonostante l'area sia visibilmente dismessa da anni;
   la vicenda delle caserme comincia con il protocollo d'intesa del 2001 fino ad arrivare all'accordo di programma del 2007 di cui si è detto, per il quale è stata approvata una variante urbanistica nell'ottobre 2008, con la richiesta di una nuova caserma in area Ospedaletto. La caserma «Curtatone e Montanara» è forse lo spazio di interesse più immediato, essendo ormai in stato di abbandono da molti anni e conservando al suo interno tesori insospettabili per chi percorre le vie adiacenti. Oltre agli edifici, purtroppo ormai in pessime condizioni, ci sono circa 7500 mq di verde, una vera oasi nel cuore del quartiere storico di San Martino. La detta variante del 2008 prevede edifici residenziali di pregio, con il rischio della riduzione del verde pubblico a verde condominiale in contrasto con un precedente studio commissionato dal Comune di Pisa, nel 1966, che proponeva di liberare al pubblico quel verde aprendolo al quartiere con tre accessi. Quasi cinquanta anni dopo si presenta l'occasione di inserire coerentemente quegli spazi nel contesto urbano, conservandone l'identità e il pregio ambientale: Pisa ha poco verde pubblico in città (i dati più recenti del Rapporto dell'ecosistema urbano la pongono nella modesta media dei capoluoghi italiani) in particolar modo nel centro storico, e quei giardini sarebbero un bene prezioso;
   grazie alle organizzazioni del «Municipio beni comuni» è iniziata l'opera di pulizia e sistemazione della grande area a verde promossa dai volontari delle suddette associazioni all'interno della ex caserma «Curtatone e Montanara» stanno avendo luogo i percorsi di visite guidate che realtà associative, come Legambiente e il WWF, stanno svolgendo anche con un lavoro di catalogazione della flora presente nell'area; è stata lanciata una petizione promossa e sottoscritta da oltre 600 cittadini del quartiere San Martino in cui si auspica che «sia intrapreso, in tempi rapidi, un dialogo con il sindaco, la giunta, il consiglio, per esplorare possibili modalità di gestione partecipata dell'ex distretto all'insegna della mobilitazione civile, del volontariato, della gestione sostenibile e della rigenerazione urbana»;
   l'abbandono dell'area dell'ex distretto militare di Pisa ha aumentato il costo del recupero, ma è possibile ridurlo e renderlo sostenibile con la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini. La domanda di socialità esiste ed è forte, la capacità di gruppi e associazioni di rispondere concretamente a queste esigenze è dimostrata dall'esperienza –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, intendano dare informazione sullo stato dell’iter di affidamento del complesso demaniale dell'ex distretto militare di Pisa al comune di Pisa e quali siano le procedure già messe in atto per avviare e concludere al più presto, attraverso l'Agenzia del demanio, al trasferimento del bene in questione al comune secondo quanto previsto dal cosiddetto federalismo demaniale;
   se i Ministri vogliano da ultimo istituire, tramite gli uffici territorialmente competenti, un tavolo istituzionale con l'amministrazione comunale, con il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni, per rivalutare l'opportunità del gravoso protocollo «caserme» che vedrebbe la permuta dell'ex caserma «Curtatone e Montanara» con la costruzione di una nuova caserma nell'area di Ospedaletto. (4-04587)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta da quotidiani, e da altri mezzi di informazione a copertura nazionale, nei prossimi giorni Trenitalia Spa procederà alla soppressione di alcune corse mattutine della tratta ferroviaria regionale Orte-Roma Tiburtina-Fiumicino Aeroporto (FL1);
   in particolare, sembrerebbe che oggetto di tale soppressione siano proprio quelle corse di fondamentale importanza per le migliaia di pendolari che quotidianamente si spostano dalla Bassa Sabina verso Roma;
   tale progetto, qualora fosse vero, comporterebbe notevoli disagi per la popolazione sabina, vedendo irrimediabilmente compromesse le proprie possibilità di spostamento verso i luoghi di lavoro;
   non è stato fornito agli utenti interessati né dalla regione Lazio né da Trenitalia Spa, la quale gestisce la linea in questione, alcun chiarimento in ordine alla veridicità o meno di una simile scelta strategica;
   quest'ultima, evidentemente, finirebbe per frustrare ulteriormente le capacità produttive di un territorio che vede già da tempo compromessa la propria competitività a livello nazionale ed europeo;
   è, peraltro, appena il caso di notare che una simile politica aziendale da parte del soggetto gestore, Trenitalia Spa, andrebbe ad incidere, con conseguenze nefaste, sulle già gravissime condizioni della FL1, la quale riserva quotidianamente notevoli disagi ai propri utenti;
   al contrario, la ferrovia Orte-Fiumicino è una linea la quale, per la sua intrinseca strategicità (per la sua funzione di raccordo con la capitale per migliaia di lavoratori e studenti) necessita di essere potenziata e ammodernata;
   sotto diverso, ma connesso, profilo, occorre ricordare che la stessa mobilità pubblica infra-regionale attiene a, e incide su, quei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, da garantirsi uniformemente su tutto il territorio nazionale, la cui determinazione è, ex articolo 118, comma 2, lettera m Cost., rimessa alla competenza legislativa dello Stato –:
   di quali informazioni i Ministri interrogati sono possesso circa l'attuale stato della linea ferroviaria in oggetto, nonché quali provvedimenti Trenitalia Spa intenda adottare nel prossimo futuro rispetto alla frequenza delle corse della FL1;
   se non reputino necessario attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di reperire le risorse necessarie al potenziamento della linea ferroviaria in oggetto. (4-04588)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è stato realizzato con un significativo investimento pubblico ad Avezzano un interporto con funzione di smistamento merci, ad oggi utilizzato solamente durante il breve periodo di emergenza per il terremoto dell'Aquila;
   recentemente sono stati accolti, in un'ala dell'interporto di proprietà del consorzio del nucleo industriale, gestito dalla Croce Rossa, 40 profughi provenienti dall'Africa e dall'Asia dopo il loro sbarco in Sicilia in data 25 febbraio 2014, alla ricerca di asilo politico, come disposto dal Ministero dell'interno nell'ambito del piano nazionale di accoglienza profughi;
   l'utilizzo dell'ala dell'interporto per ospitare i profughi impedisce l'utilizzo della costosa struttura pubblica per i fini per i quali è stata costruita –:
   se il Ministero dell'interno possa confermare che sono stati accolti solo 40 profughi nella struttura ovvero chiarisca effettivamente quanti profughi sono e saranno ospitati nella struttura; chi effettivamente gestisca la struttura, anche alla luce del diverso utilizzo;
   chi abbia predisposto il progetto di accoglienza e con quali e quanti fondi sia prevista la citata accoglienza. (5-02677)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nello scorso mese di gennaio 2014, è stata rilevata la presenza di alghe rosse nella diga Pozzillo, alghe che producono tossine ad elevata valenza tossica e cancerogena per cittadini e ambiente circostante;
   come comunicatoci dal direttore della ST di Enna di ARPA Sicilia, nell'invaso Pozzillo, gestito da ENEL Green Power, è in atto una fioritura dell'alga tossica di colore rosso Planktotrix Rubescenses, l'identificazione della presenza di tale alga è stata effettuata, unitamente alla sua quantificazione su campioni prelevati nel corso del mese di febbraio 2014 dalla struttura territoriale (ST) di Enna di ARPA Sicilia, analizzati tempestivamente dalla ST di Palermo di ARPA Sicilia, trovando una concentrazione dell'alga in quantità dell'ordine delle centinaia di miliardi per litro;
   sta di fatto che il servizio nazionale dighe aveva imposto a Enel Green Power di limitare, causa scarico di fondo otturato, la quantità di acque invasata fino a una quota, in metri slm, prefissata;
   in data 4 aprile 2014 si è tenuto un incontro informale tra prefetto di Enna, Enel Green Power e ARPA Sicilia ST di Enna, nel corso del quale è stato concordato che al raggiungimento della quota prescritta dal servizio nazionale dighe, ENEL avrebbe scaricato in tubazione chiusa, tramite la sua rete proprietaria, l'acqua della diga direttamente nell'alveo del fiume Simeto, a valle dell'invaso Ponte Barca, ad una distanza inferiore ai dieci chilometri dalla foce del fiume in mare;
   la prefettura di Enna, avevo riportato in una nota la decisione di voler «effettuare in data 14 aprile 2014 delle manovre di alleggerimento dell'invaso, con conseguente rilascio di acqua nell'alveo del fiume, poco dopo l'impianto di Ponte Barca a Paternò», da parte dell'Enel;
   decisione che fortunatamente è stata sospesa;
   occorre rilevare che alcuni punti del fiume Simeto sono addirittura siti di interesse comunitario, dunque si parla di un'area nella quale non si possono compiere operazioni di tale tenore senza aver valutato precedentemente l'impatto ambientale, incorrendo così in rischio d'infrazione da parte dell'Unione europea –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione in premessa e della possibilità che in passato siano stati effettuati già altri riversamenti senza mettere a conoscenza la popolazione di una decisione così grave per la salute e l'ambiente;
   se gli stessi ritengano inopportuna ed inadeguata la decisione della prefettura di Enna, indicata in premessa, assunta senza che siano state coinvolte tutte le autorità competenti e analizzate tutte le possibilità che potrebbero evitare danni sia alla salute dei cittadini sia all'ambiente. (4-04590)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto comprensivo «Radice-Alighieri» di Catona (Reggio Calabria) da anni non è mai stato oggetto di interventi né di manutenzione, ordinaria o straordinaria, né di messa in sicurezza dei plessi, situazione che ha causato la chiusura per inagibilità della scuola di Salice e, nel marzo 2013, della Scuola di Catona Centro;
   alcuni genitori di alunni frequentanti l'istituto riferiscono che: «gli studenti frequentano le lezioni all'interno di strutture inadeguate, mancanti dei requisiti minimi previsti dalla normativa per rendere realmente accessibile il diritto allo studio»; «sarebbero stati adibiti ad aule vani senza riscaldamenti e, in alcuni casi, privi di luce naturale»; «le classi sarebbero state trasferite in dette strutture perché gli edifici dei plessi scolastici delle frazioni di Catona e di Salice, inagibili da molto tempo, sono ancora in attesa di ristrutturazione mentre altri di recente costruzione e perfino inaugurati non sarebbero entrati in funzione» (lettera del 2 gennaio 2014 dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza – regione Calabria);
   nonostante le numerose proteste dei genitori, nessuna risposta o iniziativa è arrivata dalle istituzioni scolastiche e comunali per contrastare il ritardo nell'inizio dei lavori di adattamento strutturale, sia per quanto riguarda il plesso centrale di Catona, per il quale la terna commissariale del comune di Reggio Calabria aveva garantito in pubblica conferenza che la ristrutturazione si sarebbe svolta tra il luglio 2013 e il luglio 2014, sia per quanto riguarda il plesso di Salice, che attende lavori di ristrutturazione da settembre 2010;
   dopo segnalazione da parte dei genitori, l'interrogante ha provveduto a visitare i locali scolastici nel marzo 2014, constatandone personalmente la condizione di totale degrado e abbandono;
   l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza – regione Calabria – chiede «un intervento urgente alle Autorità competenti atto a garantire il diritto alla salute e alla istruzione dei minori, affinché siano compiuti tutti gli adempimenti necessari a ripristinare la salubrità degli ambienti frequentati dai bambini»;
   l'istituto comprensivo «Radice-Alighieri» è il paradigma di uno scenario preoccupante che coinvolge tutto il nostro Paese; in Italia da tempo non si investe più in istruzione e formazione; il sistema scolastico non è innovativo e al passo con altri Paesi europei, né rispetto all'offerta formativa, né rispetto all'adeguamento delle strutture scolastiche; la maggior parte dei ragazzi italiani frequenta la scuola in edifici (il 15 per cento di quelli censiti) costruiti prima del 1945, di cui 1.000 risalenti all'Ottocento; secondo i dati forniti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sull'anagrafe dell'edilizia scolastica, solo il 30 per cento degli edifici ha meno di 30 anni, appena l'8 per cento è stato progettato secondo le normative antisismiche, malgrado il 50 per cento sorge in aree a forte rischio, e 1 su 2 non dispone di una scala di sicurezza esterna –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, in concorso con le istituzioni scolastiche e locali e con le forze sociali, al fine di garantire in tempi brevi l'avvio dei lavori necessari ed urgenti per rimediare allo stato di inagibilità degli edifici e ristabilire la piena fruibilità del plesso centrale di Catona e del plesso di Salice, facenti parte dall'Istituto comprensivo «Radice-Alighieri», considerato che lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri ha più volte sottolineato la centralità delle scuole e degli investimenti in tale settore. (4-04585)


   D'UVA, CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, VACCA, BUSINAROLO e LIUZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) è un ente pubblico nazionale, fondato nel 1988, avente il compito di promuovere, sviluppare e diffondere la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale nonché lo sviluppo di servizi innovativi, perseguendo obiettivi di eccellenza, coordinando e gestendo i progetti nazionali e la partecipazione italiana a progetti europei ed internazionali, nel quadro del coordinamento delle relazioni internazionali assicurato dal Ministero degli affari esteri, avendo attenzione al mantenimento della competitività del comparto industriale italiano;
   l'Agenzia, che ricopre incarichi di fondamentale importanza per il nostro Paese, rientra tra gli enti di ricerca che, in quanto direttamente vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, possono beneficiare del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti e istituzioni di ricerca (FOE);
   la stessa Agenzia, che opera in collaborazione con diversi altri dicasteri, ha oggi un ruolo di primo piano sia a livello europeo, attraverso il contributo operativo fornito all'Agenzia spaziale europea, sia a livello mondiale, dati i rilevanti rapporti di collaborazione con la NASA, con la quale coopera, tra l'altro, per il progetto Stazione spaziale internazionale;
   la procura della Repubblica di Roma ha aperto nel mese di febbraio 2014 un fascicolo di inchiesta su alcuni dirigenti dell'Agenzia, disponendo sette iscrizioni nel registro degli indagati per corruzione e concussione, tra le quali figura lo stesso presidente dell'ASI, Enrico Saggese;
   secondo quanto riportato in data 6 febbraio 2014 dalle pagine della rivista Il Fatto Quotidiano, la procura della Repubblica, grazie alle sue indagini, avrebbe fatto emergere un vorticoso giro di appalti truccati affidati e tangenti, che vedrebbe direttamente coinvolti i maggiori vertici dell'Agenzia, tra i quali il suo Presidente e diversi suoi stretti collaboratori;
   in data 7 febbraio 2014, Enrico Saggese, presidente dell'ASI, ha presentato le proprie dimissioni dalla carica di Presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana;
   le verifiche degli inquirenti verterebbero, in particolare, sull'eventuale sussistenza di fatture false, per porre in essere operazioni inesistenti, e per tale motivo gli stessi uffici della sede principale dell'Agenzia spaziale italiana sono stati oggetto di perquisizione per la ricerca di elementi probatori utili al proseguimento delle indagini;
   a tale procedura ha fatto seguito la decisione del Giudice per le indagini preliminari Carmine Castaldo, di disporre per l'ex presidente dell'Agenzia spaziale italiana Enrico Saggese la misura cautelare degli arresti domiciliari, provvedimento adottato su richiesta dei pubblici ministeri Mario Palazzi e Paolo Ielo;
   secondo quanto riportato dal quotidiano Il Sole 24 ore in data 25 febbraio 2014, tale misura si sarebbe resa necessaria a causa di esplicite minacce espresse dallo stesso Saggese a carico del responsabile dei rapporti istituzionali dell'Agenzia, il quale avrebbe tentato così di impedire che, grazie ad una possibile collaborazione dello stesso responsabile con la magistratura inquirente, potesse emergere la falsità di diverse fatture emesse da alcune ditte fornitrici;
   gli elementi sin qui emersi, grazie al proseguimento delle indagini della procura della Repubblica, evidenziano un quadro assolutamente preoccupante quanto grave –:
   quali provvedimenti intenda assumere per verificare gli eventuali illeciti commessi dai massimi dirigenti dell'Agenzia spaziale italiana, valutandone l'operato e accertando la presenza di eventuali violazioni del proprio dovere di imparzialità e legalità;
   se intenda assumere urgenti provvedimenti che possano tutelare il buon nome dell'Agenzia spaziale italiana garantendo, in ambito europeo e internazionale, circa la sua credibilità e professionalità;
   se intenda urgentemente verificare la presenza di eventuali operazioni illecite poste in essere attraverso l'utilizzo di denaro direttamente o indirettamente proveniente dal Fondo ordinario per il finanziamento degli enti e istituzioni di ricerca (FOE). (4-04591)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   LA RUSSA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) svolge una funzione importantissima per la corresponsione delle somme agli agricoltori, e tale compito è ancora più rilevante alla luce delle previsioni della nuova Politica agricola comune, adottata in ambito europeo;
   l'istruttoria per la concessione dei finanziamenti è effettuata anche attraverso le attività di verifica e di controllo realizzate dal Sistema informativo nazionale per lo sviluppo dell'agricoltura (SIN) avvalendosi del Sistema informativo agricolo;
   attualmente sembra che sia AGEA che SIN si trovino in una situazione di stallo gestionale, anche a causa delle direttive derivanti dalla spending review;
   a tutt'oggi non vi sono direttive per i controlli propedeutici da effettuare da parte del SIN, nonostante la scadenza per la presentazione delle domande PAC 2014 da parte degli agricoltori sia fissato al prossimo 15 maggio –:
   quali iniziative immediate intenda assumere per ripristinare i tempi e i modi di gestione dell’iter voluto dalla legge al fine di dare certezza agli agricoltori sulla erogazione, nei tempi, delle somme dovute.
(4-04584)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   si registra attualmente una certa discordanza tra i diversi tribunali, alcuni dei quali condannano il ricorso alla maternità surrogata, attraverso la pratica dell'uso in affitto, mentre altri tribunali invece assolvono coloro che ricorrono a questa pratica;
   la legge n. 40 del 2004 vieta la maternità surrogata, soprattutto se viene commercializzata come accade nella maggioranza dei casi noti;
   eppure il tribunale di Milano ha recentemente assolto una coppia dall'accusa di aver alterato lo stato civile di un neonato, nato con la pratica dell'utero in affitto, mediante false attestazioni; il bambino, frutto di una maternità surrogata, era stato partorito a Kiev da una giovane ucraina e l'accusa era scattata dopo la segnalazione dell'ambasciata italiana a Kiev;
   nel giugno 2013 c’è stato un altro caso, anch'esso terminato con un'altra assoluzione per una coppia di triestini tornati in Italia dall'Ucraina con 2 gemelli. Il tribunale friulano aveva escluso che ci fosse stato un falso;
   il tribunale di Brescia ha invece condannato un'altra coppia di Iseo per la stessa accusa: alterazione di stato civile, condannandola a cinque anni e un mese per la stessa accusa;
   in Europa esistono legislazioni che permettono la pratica dell'utero surrogato, regolandolo per legge e disciplinandolo in maniera legale, ma in Italia la legge n. 40 del 2004 prevede che i figli nati da tecniche vietate nel nostro Stato siano considerati figli legittimi della coppia che li ha generati e non è possibile applicare il divieto di paternità;
   si va diffondendo in Italia una interpretazione della legge n. 40 del 2004 secondo la quale la legge proibisce la pratica dell'utero in affitto solo se commercializzato; nel 2000, prima quindi che venisse approvata la legge n. 40, il tribunale di Roma aveva autorizzato questa pratica, nel caso fosse stata applicata su base solidale, senza commercializzazione del corpo o di parti di esso nel pieno rispetto delle norme in vigore nel nostro Paese e delle norme comunitarie;
   tutelare tutti i bambini, compresi quelli che nascono dalla pratica dell'utero in affitto, le cosiddette gravidanze per conto terzi, è doveroso, ma non si può ignorare il fatto che molto spesso le «madri» che si rendono disponibili ad «affittare» il proprio utero sono tra le più povere e vivono in condizioni disagiate, in Paesi in cui la legislazione proprio perché più tollerante le tutela molto meno, e in un certo senso legittima un vero e proprio sfruttamento del corpo delle donne –:
   quali iniziative si intendono assumere per quanto di competenza per assicurare la piena attuazione di questo passaggio fondamentale della legge n. 40 del 2004, che tutela tutti i protagonisti dell'evento nascita, evitando che vi sia una modifica dell'impianto della legge per via giurisprudenziale.
(2-00514) «Binetti, Dellai».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   COLONNESE, CARINELLI, NESCI, VIGNAROLI e FICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Atto Unico Europeo del 1986 ha dotato la Comunità di nuove competenze in ambito di coesione economica e sociale ed ha definito i suoi obiettivi e strumenti attraverso cui raggiungerli. Lo strumento principale di tale politica riguarda l'uso sistematico dei Fondi strutturali che ha conseguito nel 1988 la riforma delle regole di attuazione, fondate su nuovi principi fra i quali la concentrazione dei fondi su obiettivi e regioni e il partenariato tra la Commissione, gli Stati membri e le autorità regionali al fine di allocare monitorare l'uso dei fondi;
   la proposta di Regolamento generale sulla politica di coesione comunitaria per il periodo 2007-2013 prevedeva un approccio programmatico strategico e un raccordo organico della politica di coesione con le strategie nazionali degli Stati membri. L'Italia presentava allora all'Unione europea un Quadro strategico nazionale per i Fondi strutturali e il Piano strategico nazionale con lo scopo di indirizzare le risorse che la politica di coesione assegnerà al nostro Paese;
   la proposta italiana di Quadro strategico nazionale per la politica regionale di sviluppo 2007-2013, messa a punto in versione definitiva, veniva approvata dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007 e dopo un'attenta analisi la Commissione europea trasferiva all'Italia le risorse necessarie per attuare il quadro strategico nazionale. Prima di trasferire i fondi nella cassa dello Stato membro, la Commissione europea esegue una serie di valutazioni concepite come la risposta fondamentale all'esigenza di dimostrare il buon utilizzo dei fondi comunitari e di migliorarne ulteriormente l'utilizzo. La sempre maggior importanza della valutazione anche come strumento di costruzione di capacità istituzionale è evidente nell'evoluzione del concetto di valutazione nei regolamenti di attuazione dei fondi strutturali;
   rispetto alla precedente programmazione a livello europeo è prevista la preparazione ad opera della Commissione di un Quadro strategico comune approvato dal Consiglio insieme al Regolamento comune dei Fondi. Inoltre ogni Stato membro dovrà elaborare un unico documento nazionale, denominato Accordo di partenariato, composto dagli 11 obiettivi tematici comuni previsti dal Quadro strategico comune;
   perplessità in merito all'assenza nella bozza di Accordo di partenariato di un'analisi dettagliata degli errori commessi in passato rispetto alla gestione dei fondi precedentemente stanziati sono state espresse anche da autorevoli esponenti della maggioranza che hanno lamentato altresì la mancanza delle motivazioni che hanno determinato ritardi nell'impiego dei fondi e una precisa descrizione delle difficoltà incontrate dalle regioni;
   il 9 aprile 2014 durante lo svolgimento dell'audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Graziano Delrio, nell'ambito dell'esame dello schema di accordo di partenariato per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei nel periodo di programmazione 2014-2020, al cospetto della Commissione Bilancio e Politiche unione europea, il Sottosegretario, che nel governo Letta rivestiva l'incarico di Ministro per gli affari regionali, non recando un'analisi degli errori commessi in precedenza ha di fatto negato le dovute spiegazioni circa il gravissimo ritardo dell'Italia nell'uso dei fondi strutturali riguardanti la programmazione 2007-2013 –:
   su quali dettagliate basi documentali e di rendicontazione biennale delle spese delle singole regioni, fornite dallo Stato italiano alla Commissione europea, quest'ultima abbia espresso le valutazioni ex ante ed ex post ai fini dell'applicazione della clausola del disimpegno automatico in ordine ai fondi strutturali della programmazione 2007-2013. (4-04592)


   COLONNESE, CARINELLI, NESCI, VIGNAROLI e FICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Accordo di partenariato è un documento che descrive la strategia e le priorità di intervento di ogni Stato membro, le modalità di impiego dei fondi europei strutturali del Quadro strategico comune. La proposta di Accordo di partenariato 2014-2020 viene prima portato alla Conferenza unificata per l'intesa e, successivamente, all'approvazione del CIPE, per i profili di competenza e la formalizzazione del mandato all'interlocuzione formale con la Commissione europea. Si tratta di fondi comunitari collegati al Quadro strategico comune 2014-2020. Ogni Stato membro organizza il partenariato con le autorità regionali, locali, cittadini e le altre autorità pubbliche competenti; le parti economiche e sociali; gli organismi che rappresentano la società civile (ONG, partner ambientali, organismi di promozione della parità e della non discriminazione);
   nel gennaio del 2013 si è avviato un dialogo tra l'Italia e la Commissione europea su una bozza preliminare di Accordo di partenariato e il 10 marzo 2013 è stata trasmessa alle commissioni permanenti, come previsto dall'articolo 1, comma 246, della legge n. 147 del 2013, corredata dalle osservazioni della Commissione europea. Ogni Stato membro è tenuto comunque a presentare ufficialmente alla Commissione europea l'Accordo di partenariato definitivo non oltre tre mesi dall'entrata in vigore del regolamento generale del Parlamento europeo e del Consiglio europeo recanti disposizioni comuni per i fondi, al fine di una loro approvazione definitiva;
   i rilievi della Commissione risultano di particolare gravità e si risolvono in una sostanziale bocciatura anche sotto il profilo formale dell'autorità pubblica, arrivando ad affermare che «Il documento è ancora lontano dal livello di maturità richiesto: mancano infatti intere sezioni previste dal Regolamento (UE) n. 1303/2013. Questo non consente una valutazione completa. Inoltre, molte delle sezioni presenti contengono lacune informative e strutturali rilevanti» e che in Italia «L'esperienza della gestione di tipo interregionale del periodo 2007-2013 è stata fallimentare». Si rilevano dunque lacune informative e strutturali nonché, impossibilità di individuare una chiara strategia di sviluppo individuale e scarsa specificità che si riassumono in un giudizio insufficiente della programmazione nazionale riferita al settennato di riferimento;
   non vengono affrontati problemi di grande rilevanza, quali la incapacità di alcune regioni in grave dissesto economico di far fronte al cofinanziamento degli interventi; la presenza di criminalità organizzata che inquina la gestione dei fondi comunitari; la superata logica della ripartizione dei fondi strutturali europei che si basa ancora sull'indicatore reddito medio delle persone/PIL, anziché su basi più reali quali i bassi redditi e la decrescita dei consumi; l'assenza di una analisi seria dei ritardi e della bassa capacità di spesa della programmazione 2007-2013 ai fini di individuare i limiti della precedente gestione dei fondi strutturali; l'incerto ruolo della neonata Agenzia per la coesione territoriale, anche alla luce delle pesanti riserve formulate dalla Commissione;
   le risorse complessive di cui si discute nell'accordo di partenariato comprendono 31 miliardi di euro di fondi europei e 24 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale, erogati attraverso il Fondo di rotazione, a cui vanno aggiunti 1,1 miliardi di euro per la cooperazione territoriale, 670 milioni di euro per il fondo europeo per l'aiuto agli indigenti e 560 milioni per l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile;
   il 9 aprile 2014 durante lo svolgimento dell'audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Graziano Delrio, nell'ambito dell'esame dello schema di accordo di partenariato per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei nel periodo di programmazione 2014-2020, al cospetto della commissione bilancio e politiche dell'unione europea, il Sottosegretario non ha fornito spiegazioni esaustive né sul gravissimo ritardo dell'Italia nell'uso dei fondi strutturali riguardanti la programmazione 2007-2013 né sulle lacune informative e strutturali rilevate dalla Commissione europea per l'accordo di partenariato 2014-2020 –:
   chi abbia ideato e materialmente posto in essere, anche a mezzo del conferimento di incarico a società di consulenza pubblica o privata, la stesura della bozza di accordo di partenariato per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei nel periodo 2014-2020 e quale sia stato l'esatto ammontare del corrispettivo ad essa corrisposto per il lavoro effettuato. (4-04589)

Apposizione di firme a interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri e altri n. 5-01149, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Taranto.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-01312, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Taranto.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Binetti n. 5-02488 del 27 marzo 2014.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-04546 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 214 del 17 aprile 2014.
  Alla pagina 12307, prima colonna, dalla riga ventiseiesima alla riga ventinovesima deve leggersi: «di una categoria, quale quella dell'avvocatura, già bistrattata dalla revisione geografica giudiziaria, che soprattutto nel territorio salernitano potrebbe portare a una» e non «di una categoria, quale quella dell'avvocatura, già bistrattata dalla revisione geografica giudiziaria, che soprattutto nel territorio salentino potrebbe portare a una», come stampato.