Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 18 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    le risorse comunitarie a sostegno del comparto primario rappresentano un prezioso contributo per tutti i cittadini europei nella misura in cui l'agricoltura non riguarda soltanto la produzione agroalimentare ma anche le comunità rurali, nonché lo spazio naturale e le sue ricchezze;
    i regimi di aiuto agli agricoltori previsti dalla politica agricola comune per il prossimo settennio, conformemente agli obiettivi principali della riforma, si articolano in diverse componenti attraverso le quali la Commissione europea intende erogare un sostegno adeguato a sostenere la redditività delle aziende agricole, salvaguardando, al contempo, il lavoro dei tanti piccoli agricoltori che contribuiscono alla conservazione e alla vitalità delle zone rurali;
    i regolamenti approvati nel dicembre 2013 definiscono gli elementi chiave della PAC 2014-2020 e demandano agli Stati membri, al fine di tenere conto della struttura delle diverse economie agricole, una serie di scelte riguardanti l'applicazione della riforma;
    nell'intento di superare le criticità che hanno caratterizzato le precedenti programmazioni, prima tra tutte la concessione di sostegni a soggetti che solo occasionalmente o marginalmente svolgono attività agricola, prioritaria attenzione è data alla definizione della figura di agricoltore attivo al fine di individuare nell'agricoltore che svolge attività agricola con obiettivi commerciali e il cui impatto in termini di occupazione e creazione di valore aggiunto è realmente significativo, il beneficiario effettivo dell'aiuto;
    l'articolo 9 del regolamento Unione europea n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori, stabilisce una serie di requisiti comuni, consentendo agli Stati membri di determinare, anche in base alle caratteristiche regionali e nazionali, ulteriori elementi atti a ritenere in «attività» un agricoltore;
    la previsione di un sostegno accoppiato è estremamente importante posto che un sistema esclusivamente commisurato alla superficie agricola, quale è quello disaccoppiato, configura una impalcatura degli aiuti funzionale alla rendita e, come tale, del tutto estranea alle esigenze delle imprese agricole;
    l'articolo 52 del succitato regolamento prevede la facoltà per gli Stati membri di concedere, solo nella misura necessaria ad incentivare il mantenimento degli attuali livelli di produzione, un pagamento accoppiato a quei settori agricoli che rivestono particolare importanza per ragioni economiche, ambientali e sociali;
    al fine di migliorare la distribuzione degli aiuti diretti ed evitare che una ristretta percentuale di aziende riceva un ammontare di pagamenti estremamente consistente, si prevede un meccanismo di riduzione degli importi eccedenti i 150.000 euro;
    la creazione e lo sviluppo di nuove attività economiche nel settore agricolo ad opera di giovani agricoltori rappresenta una straordinaria opportunità per promuovere il ricambio generazionale e favorire l'insediamento di nuove aziende e il loro adeguamento strutturale;
    in considerazione della necessità di evitare oneri eccessivi dovuti alla gestione di pagamenti di piccole entità, il cui importo è spesso superiore all'aiuto e quindi tale da vanificare il beneficio ricevuto, non si concedono pagamenti diretti di importo inferiore a 100 euro o nel caso di superficie ammissibile inferiore ad un ettaro, fatta salva, in ragione della diversità delle strutture agricole dei diversi Stati membri, la possibilità di applicare ulteriori soglie minime,

impegna il Governo:

   in attuazione degli articoli 4, 9, 10, 11, 52 e 61 del regolamento Unione europea del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1307/2013, recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori, a:
    a) considerare «minima» l'attività di lavoro agricolo diretto svolta per almeno 900 ore l'anno;
    b) non concedere pagamenti diretti nel caso in cui l'importo totale degli stessi in un dato anno civile, prima dell'eventuale applicazione dell'articolo 63 del regolamento n. 1307/2013, sia inferiore a 400 euro;
    c) non concedere pagamenti diretti nel caso in cui la superficie ammissibile dell'azienda per la quale sono richiesti, prima dell'eventuale applicazione dell'articolo 63 del regolamento n. 1307/2013, sia inferiore ad 1 ettaro;
    d) stabilire in 1000,00 euro l'importo massimo del pagamento diretto di cui al paragrafo 4 dell'articolo 9 del regolamento n. 1307/2013 e considerare quindi attivi, a prescindere da altre condizioni che non siano lo svolgimento dell'attività minima e il mantenimento della superficie in uno stato idoneo al pascolo e alla conservazione, le persone fisiche o giuridiche e loro associazioni, che nell'anno precedente abbiano ricevuto pagamenti diretti per un importo compreso tra 400 e 1000 euro;
    e) disporre che, nell'applicazione della degressività di cui all'articolo 11, la riduzione sia calcolata sottraendo dal totale dei pagamenti diretti da concedere, gli importi di salari e stipendi effettivamente pagati e dichiarati dall'agricoltore nell'anno precedente, inclusi i contributi sociali e le tasse sul lavoro;
    f) attivare il pagamento accoppiato nella misura del 13 per cento del massimale nazionale annuo, fermo restando il soddisfacimento delle condizioni di cui all'articolo 53 del citato regolamento n. 1307/2013 e, al fine di evitare la concessione di contributi in settori nei quali l'impatto degli importi risulterebbe del tutto irrilevante, ad accordare il pagamento in parola ai seguenti comparti e colture, in considerazione della loro rilevanza in termini di occupazione, recupero delle aree abbandonate e ripristino delle sostanze organiche del terreno:
   1) al settore lattiero-caseario di montagna e al latte crudo; proveniente da filiera corta;
   2) al settore degli ovicaprini al fine di incentivare la pastorizia e la zootecnia di montagna ed evitare l'ulteriore spopolamento delle aree rurali e la riduzione del presidio territoriale;
   3) al settore della carne bovina IGP;
   4) al settore degli oli di oliva DOP e IGP e biologici, per contribuire a sostenere i volumi produttivi di alcune delle eccellenze che rappresentano una significativa quota del PIL nazionale;
   5) a colture proteoleaginose e a culture miglioratrici;
   6) a colture arboree storiche e di pregio paesaggistico;
    g) attivare, nella misura massima del 2 per cento del massimale nazionale, il pagamento per i giovani agricoltori al fine di contrastare le dinamiche di abbandono del comparto primario e delle zone rurali e favorire il ricambio generazionale migliorando la qualità del capitale umano e la competitività delle imprese.
(1-00436) «Gallinella, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela, Benedetti, Massimiliano Bernini, Cozzolino, Baldassarre, Ciprini».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VII e XII,
   premesso che:
    ogni giorno in Italia, circa 164 persone perdono la vita in maniera improvvisa, per arresto cardiaco o traumi non preceduti da alcun sintomo, mentre ammonta a circa 23.000 il numero di cittadini che ogni anno muoiono improvvisamente in conseguenza di un incidente o trauma che si verifica tra le mura domestiche o nei luoghi di lavoro;
    studi scientifici quantificano intorno al 30 per cento la possibilità di salvezza delle persone colpite da traumi improvvisi, a seguito di un intervento di primo soccorso tempestivo e metodologicamente adeguato;
    attualmente è invece solo del 15 per cento la media di tali interventi da parte di testimoni, in quanto la scarsa o totale mancanza di conoscenza delle prime manovre di soccorso impedisce l'intervento dei cittadini nell'arco di tempo che passa tra il malore o l'incidente e l'arrivo, seppur tempestivo, degli operatori del 118, riducendo sensibilmente le possibilità di sopravvivenza dell'interessato;
    per quanto l'articolo 32 della Costituzione sancisca il diritto alla salute e l'articolo 593 del codice penale imponga l'obbligo di prestare soccorso, i cittadini italiani si trovano infatti spesso nell'impossibilità di adempiere alle disposizioni di legge semplicemente perché nessuno ha insegnato loro come fare;
    l'argomento è da tempo oggetto di interesse parlamentare, con proposte ed iniziative presentate sul tema e miranti a trovare delle soluzioni concrete ed immediate per fornire ai cittadini, soprattutto ragazzi in età scolare, gli strumenti utili per aiutare chi si trova in pericolo di vita;
    l'obiettivo è quello di formare una cultura dell'emergenza intesa come conoscenza da parte di tutti i cittadini delle tecniche elementari come la manovra di Heimlich, una tecnica di primo soccorso per rimuovere un'ostruzione delle vie aeree, intervenendo in via prioritaria sui ragazzi, a scuola e innescando così un processo virtuoso che favorisca la successiva trasmissione delle conoscenze acquisite all'interno della famiglia,

impegnano il Governo:

   ad incentivare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica e nel rispetto dell'autonomia scolastica, l'organizzazione di corsi di primo soccorso presso gli istituti scolastici secondari di primo grado e superiore, mediante convenzioni stipulate tra i medesimi istituti e le aziende sanitarie locali, ospedaliere o i policlinici universitari, ma anche con associazioni come la Croce rossa e la Croce Verde, avvalendosi di personale qualificato, operante presso le medesime strutture;
    a diffondere nelle scuole materne e primarie, mediante appositi corsi per insegnanti, tenuti da personale medico specializzato e volontario, le linee guida sulla disostruzione pediatrica e sulle manovre accessorie di rianimazione cardiopolmonare pediatrica ad esse collegate, in grado di salvare la vita ai bambini a seguito di episodi di soffocamento.
(7-00348) «Manzi, Grassi, Scuvera, Blazina, Carocci, Cominelli, Ghizzoni, Malisani, Malpezzi, Narduolo, Rampi, Rocchi, Sbrollini, Zardini, Zampa».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il 19 giugno 2013 il Senato della Repubblica ha approvato a larghissima maggioranza la mozione n. 1-00060 (testo 4) con la quale si impegna il Governo ad emanare stringenti direttive per le nomine nei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica. In particolare, si richiede al Governo di «prevedere l'adozione da parte del Ministro dell'economia e delle finanze di specifiche direttive che individuino per le società controllate direttamente o indirettamente dal medesimo Ministero criteri e modalità di carattere generale per la nomina e la decadenza dei componenti degli organi di amministrazione» prevedendo, «fermi i requisiti di onorabilità già previsti, l'introduzione di una specifica causa di ineleggibilità per coloro nei confronti dei quali sia stato emesso un decreto di rinvio a giudizio, per coloro che abbiano patteggiato la pena e per coloro che abbiano riportato una condanna per taluni reati quali, ad esempio, i reati contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'ordine pubblico, contro l'economia pubblica, in materia tributaria, in materia fallimentare, nonché la previsione della decadenza automatica, in corso di mandato, dei componenti degli organi di amministrazione nei confronti dei quali sia stato emessa una condanna penale o che abbiano patteggiato la pena per i suddetti reati». Nella mozione si impegna il Governo, altresì, ad adottare stringenti criteri legati al merito, alla competenza, alle esperienze formative e professionali, nonché all'assenza di conflitti di interesse e, infine, all'utilizzo di strumenti di trasparenza nel percorso di individuazione di tali soggetti da nominare;
   a tal riguardo e in tal senso, il Ministro dell'economia e delle finanze ha emanato due direttive: una in data 24 aprile 2013 e un'altra in data 24 giugno 2013;
   sempre a tal riguardo e in tal senso, da ultimo l'8 aprile 2014, la X Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato della Repubblica ha approvato una risoluzione (Doc. XXIV, n. 26) con la quale sostanzialmente si ribadiscono al Governo gli impegni già approvati nella mozione del 19 giugno 2013;
   nei giorni scorsi il Governo ha comunicato la nomina di importanti manager di società pubbliche quotate in borsa;
   la speranzosa attesa dell'opinione pubblica – che gli annunci del Presidente del Consiglio avevano alimentato in relazione ad una nuova modalità di selezione della classe dirigente – è stata clamorosamente disattesa con la scelta di nomi che rispondono a giudizio dell'interpellante alle più clientelari metodologie di selezione politica e che tanti danni hanno prodotto: esperienze gestionali fallimentari sono state «premiate» con nomine ancora più prestigiose con logiche evidentemente del tutto estranee a criteri meritocratici e di accountability gestionale;
   per altri versi, tali nomine lasciano del tutto perplessi quanto all'opportunità politica;
   desta particolare sconcerto la nomina dell'avvocato Alberto Bianchi nel consiglio di amministrazione dell'ENEL;
   l'avvocato Bianchi, secondo quanto si apprende da fonti di stampa, sarebbe amico personale del Presidente del Consiglio, nonché legale di fiducia del medesimo e del dottor Marco Carrai, proprio quell'imprenditore che ha pagato per lungo tempo all'allora sindaco del capoluogo toscano l'affitto di una casa nel centro storico di Firenze;
   come se non bastasse, sempre secondo quanto si apprende da fonti di stampa, l'avvocato Bianchi ha per lungo tempo ricoperto la carica di presidente e tesoriere della fondazione «Big Bang», nota anche come fondazione «Open», tramite cui l'attuale Presidente del Consiglio avrebbe «raccolto fondi e amicizie per dare la sua scalata al potere». Secondo quanto si può apprendere sul sito «web, i componenti del consiglio direttivo di tale fondazione, in carica fino all'approvazione del bilancio esercizio 2017, sono: Alberto Bianchi (presidente, il quale avrebbe già comunicato di non avere alcuna intenzione di dimettersi), Maria Elena Boschi (segretario generale), Marco Carrai e Luca Lotti;
   inoltre, l'avvocato Bianchi è stato colpito da una pesante condanna in primo grado da parte della sezione giurisdizionale per la regione Lazio della Corte dei Conti (sent. n. 177/2013), con la quale è stato condannato al risarcimento di 4 milioni e 700 mila euro per danno erariale con colpa grave. La condanna riguarda l'attività di commissario liquidatore dell'EFIM, una finanziaria del sistema delle partecipazioni statali. L'avvocato Bianchi ha pagato una parcella legale di 5 milioni e 300 mila euro in violazione di quanto previsto dal comma 492 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (n. 296 del 2006), laddove veniva stabilito che le spese legali e di consulenza tecnica relative a processi o eventuali transazioni riguardanti l'EFIM non potessero superare per ciascuna vertenza, comprensiva di tutti i diversi gradi di giudizio, l'ammontare di 300 mila euro;
   alla luce di tutto questo, risulta del tutto evidente come la nomina dell'avvocato Bianchi non risponderebbe a fondamentali indicazioni più volte ribadite dal Parlamento mediante i predetti atti di indirizzo e recepite dal Governo con le sopra citate direttive del Ministro dell'economia e delle finanze –:
   quali garanzie di indipendenza dal potere esecutivo e, in particolare, dalla persona del Presidente del Consiglio del quale è amico, legale, nonché collaboratore, l'avvocato Bianchi possa assicurare nello svolgimento del suo mandato;
   se il Presidente del Consiglio non ritenga opportuno che l'avvocato Bianchi abbandoni al più presto la carica di membro del consiglio d'amministrazione dell'ENEL;
   quali garanzie di onorabilità nell'esercizio di un simile mandato possa garantire un soggetto che è stato condannato dal giudice contabile, seppur in primo grado, al risarcimento di un danno erariale di 4 milioni e 700 mila euro con colpa grave nella gestione di una società partecipata dallo Stato;
   quali sarebbero i criteri di «novità» che il Governo avrebbe seguito per giungere a nomine ad avviso dell'interpellante totalmente deludenti dal punto di vista meritocratico, nonché della opportunità politica posto che non si capisce come la sorte di un'importante azienda di Stato possa essere risollevata da un soggetto il cui operato in analoghe circostanze ha prodotto tali danni erariali.
(2-00511) «Luigi Di Maio».

Interrogazione a risposta scritta:


   SPADONI, DELL'ORCO, FERRARESI, DALL'OSSO, PAOLO BERNINI, SARTI e MUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la commissione internazionale ICHESE (Commissione tecnico-scientifica per la valutazione delle possibili relazioni tra attività di esplorazione per gli idrocarburi e aumento di attività sismica nel territorio della regione Emilia Romagna colpita dal sisma del mese di maggio 2012) è stata istituita l'11 dicembre 2012 con decreto del Capo del dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, su richiesta del presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani in qualità di commissario delegato;
   la Commissione è stata incaricata di valutare le possibili relazioni tra attività di esplorazione per idrocarburi e aumento dell'attività sismica nell'area colpita dal terremoto dell'Emilia-Romagna del mese di maggio 2012;
   la sua composizione dovrebbe garantire, oltre che competenze nei settori della tettonica, sismologia, tecnologia delle perforazioni, sismicità indotta e attività di esplorazione e stoccaggio degli idrocarburi, anche e soprattutto indipendenza degli esperti di altissimo livello internazionale che avrebbero dovuto non essere coinvolti in attività e consulenze riguardanti il territorio emiliano-romagnolo;
   la Commissione ha avviato i lavori nel maggio 2013 e ha consegnato il rapporto al dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri il 13 febbraio 2014; il 17 febbraio 2014 il Dipartimento ha trasmesso il rapporto alla regione;
   nella relazione conclusiva si legge che: «non si può escludere» che le attività estrattive effettuate nel giacimento in località Cavone di Mirandola (Modena) possano avere innescato il sisma del 20 maggio, il cui epicentro si trova a 20 chilometri di distanza anche in relazione all'incremento delle attività estrattive nel pozzo a partire dall'aprile 2011. Variazioni di sforzi e pressioni all'interno della crosta terrestre, dovute sia all'estrazione di greggio che all'iniezione di fluidi pressurizzati per facilitarne l'uscita, possono non essere stati sufficienti, spiegano gli esperti, a produrre un terremoto così violento, ma è possibile che la faglia responsabile dell'evento del 20 maggio 2014 si trovasse già vicina al punto di scivolamento, e che le variazioni prodotte dall'uomo nella crosta, benché estremamente piccole, siano state sufficienti per «innescare» il terremoto. A sua volta il sisma avrebbe prodotto le variazioni di stress che hanno poi innescato l'evento del 29 maggio 2014;
   la Commissione ha escluso relazioni con il sito di Rivara dove si ipotizza lo stoccaggio di gas, e ha invece richiamato l'attenzione sulle attività del campo di Cavone sottolineando come sia necessario per escludere o confermare l'ipotesi di un legame causale, approfondire gli studi e sviluppare attività di monitoraggio altamente tecnologiche per l'acquisizione di ulteriori dati necessari alla costruzione di un modello dettagliato del sottosuolo che possano supportare l'evidenza statistica che è stata rilevata;
   nello stesso mese di febbraio 2014 si è quindi costituito presso la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie – CIRM, in stretta relazione con la regione, un gruppo di lavoro composto da tecnici del Ministero, del dipartimento della protezione civile ed altri esperti, che da allora sta lavorando agli approfondimenti indicati nelle raccomandazioni della commissione, per la definizione di linee guida che consentiranno di raccogliere i dati per dare le risposte necessarie;
   la regione, il 15 aprile 2014, comunica la decisione di estendere, sino alla acquisizione dei risultati del gruppo di lavoro istituito presso il Ministero, la sospensione in tutta la regione di qualsiasi nuova attività di ricerca e coltivazione, come era stato fatto fino ad ora solo nel cratere sismico;
   la notizia è stata confermata in una nota pubblica della regione del dipartimento della protezione civile e del Ministero dello sviluppo economico secondo cui «Il Rapporto, consegnato a metà febbraio, sottolinea come sia necessario, per escludere o confermare l'ipotesi di un legame causale tra le estrazioni di idrocarburi nella località Cavone e i fenomeni di sismicità dell'area, approfondire gli studi sviluppando attività di monitoraggio altamente tecnologiche per l'acquisizione di ulteriori dati necessari alla costruzione di un modello dettagliato del sottosuolo; nelle conclusioni della Commissione ICHESE non si esclude la possibilità che ci sia un nesso tra attività di esplorazione per gli idrocarburi e aumento di attività sismica nel territorio»;
   i terremoti del 2012 potrebbero quindi essere ascritti al campo petrolifero del «Cavone», posto tra Mirandola e Novi di Modena, una concessione che il Ministero dello Sviluppo Economico indica come sfruttata dalla «Padana Energia», società appartenente al gruppo «Gas Plus SPA»;
   il rapporto della Commissione tecnico-scientifica è pertanto pronto da febbraio ma è stato reso pubblico dalla regione Emilia Romagna solo in data 15 aprile 2014;
   quali soggetti, oltre a regione, Ministero e protezione civile erano in possesso del rapporto Ichese e da quanto tempo e quali siano state le valutazioni che hanno portato alla decisione di secretarlo fino ad oggi;
   se risulta quale sia la ragione per cui, ai sensi dell'articolo 191 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (UE) secondo il «principio di precauzione», al momento dell'istituzione della Commissione non fu sospesa ogni nuova autorizzazione relativa a nuove richieste di progetti estrattivi;
   quando si prevede che saranno conclusi i lavori dell'apposito gruppo istituito in ambito CIRM;
   se, in base al citato principio di precauzione, non si ritenga necessario sospendere, come ha fatto la regione Emilia Romagna, ogni nuova concessione autorizzativa;
   se non si ritenga necessario, alla luce delle conclusioni della Commissione Ichese, il ritiro delle concessioni autorizzate di estrazione o stoccaggio in aree dove sia accertata la presenza di faglie attive nel sottosuolo. (4-04580)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA, CIPRINI e GAGNARLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili è disciplinata, in Umbria, da un regolamento regionale che prevede che per impianti di portata inferiore ad 1 mW non sia necessario ricorrere alla procedura di VIA e sia così più semplice essere autorizzati alla costruzione dell'impianto; stessa logica che sottendeva la legge regionale delle Marche n. 3 del 2012, dichiarata poi illegittima con la sentenza n. 93 del 2013, nonché alla legge della Regione Puglia n. 25 del 2012, dichiarata illegittima dalla sentenza n. 307 del 2013;
   facendo forza su questa normativa, nonché sull'ulteriore alleggerimento disposto in Umbria dall'assessorato all'ambiente con la delibera di giunta 494 del 7 maggio 2012, che ha cancellato le precedenti disposizioni inserite nel regolamento regionale sulle rinnovabili riducendo la distanza delle centrali dai centri abitati da 500 a 300 metri, ed eliminando le limitazioni sulle distanze di approvvigionamento grazie alla mancata fissazione del limite di 6 chili di CO2 prodotta per ogni tonnellata di biomassa trasportata, negli ultimi anni sono proliferati i progetti per la costruzione centrali a biomassa, quasi tutti di portata pari a 999 kW, al solo ed evidente scopo di evitare maggiore burocrazia nelle autorizzazioni;
   nel comune umbro di Fossato di Vico, ad esempio, è in corso l’iter di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica, e delle relative opere ed infrastrutture connesse, alimentato a biomassa legnosa della potenza di 999 kW;
   i contenuti della Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, ad avviso degli interroganti, sono stati disattesi nell'atto di recepimento da parte dello Stato italiano e nella stesura delle leggi regionali che hanno il compito di regolamentare la materia in tema di iter autorizzativi. Sono stati infatti molteplici i pronunciamenti della Corte costituzionale con i quali queste sono state contestate in toto o parzialmente su aspetti fondamentali;
   detti pronunciamenti però sono spesso arrivati tardivamente e sono intervenuti quando molte autorizzazioni erano state già concesse o addirittura le centrali già costruite ed entrate in funzione. Da un'attenta analisi di tali pronunciamenti si evince che le omissioni hanno riguardato soprattutto le norme di semplificazione delle autorizzazioni che hanno escluso alcuni progetti ai procedimenti di VIA che in base alla Direttiva europea 2011/92/UE dovrebbero invece riguardare tutti gli impianti di qualsiasi tipo e potenza –:
   se, in base a quanto esposto in premessa, non ritenga necessario assumere tutte le iniziative di propria competenza per valutare se la normativa delle diverse regioni italiane che disciplina la costruzione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili sia in contrasto con la normativa comunitaria e nazionale a tutela dell'ambiente e del territorio italiano, nonché della salute dei cittadini, con particolare riferimento alle norme di semplificazione delle autorizzazioni che hanno escluso alcuni progetti ai procedimenti di VIA. (4-04576)


   CAPONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha già depositato sulla questione oggetto della presente interrogazione un atto di sindacato ispettivo che prendeva le mosse dalla desecretazione, disposta il 30 ottobre 2014 dall'ufficio di Presidenza, dei documenti relativi all'inchiesta condotta nel corso della XII legislatura dalla Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse dove si tratteggiava – nelle dichiarazioni rilasciate al presidente Massimo Scalia dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone, appartenente al clan dei Casalesi –, il traffico di rifiuti illeciti gestito dalla camorra in Campania e nell'intero Meridione in accordo con le mafie territoriali. Una descrizione agghiacciante, dove a un certo punto si legge: «Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso, non è che lì rifiutassero i soldi. L'essenziale era il business. So per esperienza che fino al 1992 la zona del Sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa e non solo dall'Italia»;
   oltre al predetto Carmine Schiavone, in questi anni anche un altro collaboratore di giustizia, Silvano Galati, ex esponente della Sacra Corona Unita, ha parlato agli inquirenti di rifiuti sepolti nelle campagne del Basso Salento, indicando una porzione di territorio circostante il comune di Casarano. In particolare, nel 2005, dopo l'arresto, Galati nel corso dell'interrogatorio dice che il suo clan, legato direttamente ai Tornese di Monteroni, «aveva avviato un servizio di smaltimento rifiuti tossici per le imprese del Basso Salento che trattavano pellame per scarpe o per accessori di abbigliamento». Nel corso dell'interrogatorio Galati parla espressamente di rifiuti tossici, a seguito di analisi fatte svolgere da uno degli uomini del clan e addirittura di un «prodotto smaltito che poteva inquinare un intero paese se non addirittura finire nella falda acquifera». Successivamente, nel 2006, il gruppo tutela ambientale di Napoli, con lo scanner iperspettrale, sorvolando la zona indicata dal collaboratore di giustizia, scatta numerose foto aeree, rilevando, nei 18 fotogrammi, grazie alla differenza di temperatura del terreno, i siti probabilmente inquinati. Tale documentazione è nei documenti in possesso della Commissione bicamerale per il ciclo dei rifiuti dal 2008, allorché i magistrati della direzione distrettuale antimafia di Lecce relazionano in Commissione sulle aree a rischio nel Salento, ed è divenuta di pubblico dominio nei mesi scorsi, pubblicata on line da altre forze politiche;
   in queste ultime settimane, grazie all'attività e all'impegno della magistratura e delle forze dell'ordine, il quadro sopra descritto, confermato anche da numerosi rapporti di Legambiente sull'economia illegale in relazione al ciclo dei rifiuti in Puglia e nel Salento, si è ulteriormente definito e puntualizzato, indicando come alcune zone del Basso Salento siano state abitualmente utilizzate come discariche illegati dalle aziende soprattutto calzaturiere. In particolare, da notizie apparse sui quotidiani territoriali, si parla di due territori, «Patù e Tricase sotto la lente della Procura». Più precisamente si legge: «Doppio blitz nell'ambito di due inchieste diverse ed entrambe coordinate dal procuratore aggiunto Ennio Cillo e dal sostituto Elsa Valeria Mignone. A Patù, in località Pozzo Polito, sulla strada per la marina di San Gregorio, si cercano le tracce dei veleni interrati, senza alcuna autorizzazione, dai calzaturifici della zona nei decenni scorsi. Al lavoro, con l'ausilio di una pala meccanica, ci sono i carabinieri del Noe. A Tricase, invece, la Guardia di finanza ha trovato in queste ore scarti di pellami e altri rifiuti all'interno di quella che fino al 1995 è stata la discarica della spazzatura del Comune. Confermate le prime testimonianze degli operai che vi hanno lavorato: oltre all'immondizia, veniva “tombato” senza autorizzazione anche altro materiale. Il sito è situato sotto il tracciato della futura statale 275 a 4 corsie che da Maglie conduce fino a Leuca». E ancora: «Già il 4 aprile scorso, in territorio di Alessano, in un'area di 6.400 metri quadrati in contrada Matine venne riportato alla luce un vecchio deposito di rifiuti pieno di scarti della lavorazione delle industrie del calzaturiero. A poca distanza, nei pozzi artesiani, sono state trovate tracce di diossina, sebbene sotto la soglia di pericolo. La Procura è anche al lavoro per verificare se le amministrazioni comunali del Basso Salento abbiano provveduto all'obbligo di bonifica con i finanziamenti regionali. Attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti non autorizzata, nonché mancata bonifica, sono le ipotesi di reato delle due inchieste»;
   vale rilevare che alcune delle cave doverono state ritrovati rifiuti tossici e/o pericolosi, nei pressi del comune di Tricase e nei pressi del comune di Alessano, verrebbero a coincidere con il tracciato della 275, la nuova arteria in via di realizzazione sulla direttrice Maglie-Leuca. A lanciare l'allarme, nelle scorse settimane, i comitati che si oppongono alla realizzazione dell'arteria. Come riportato sugli organi di stampa: «Potrebbe non finire qui. – Sappiamo che là di cave simili ce ne sono decine» svela Luigi Russo, dei comitati Sos Costa Salento e Sos 275. E ancora «Nella fase di progettazione della 275 – tuona – come si poteva non sapere che cosa c'era sotto terra? –. Russo è convinto che le indagini preliminari al progetto avrebbero dovuto essere più approfondite»;
   si sottolinea che da quanto riportato sulla stampa circa le indagini in corso emergerebbe una preoccupante connivenza tra economia illegale ed economia legale dal momento che nelle discariche autorizzate sarebbero stati «tombati» anche rifiuti nocivi o speciali –:
   quali iniziative i Ministri abbiano già assunto o intendano intraprendere in merito a quanto esposto; e, in particolare, se i Ministri non ritengano opportuna un'azione integrata con le istituzioni territoriali, per quanto di specifica competenza, ai fini dell'individuazione di specifiche ulteriori misure a tutela dei territori offesi dall'azione anche della criminalità organizzata e a tutela della salute delle popolazioni coinvolte. (4-04577)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 31 dicembre 2010 il Consorzio di bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese ha presentato un progetto definitivo denominato: «Rifacimento dell'invaso sul torrente Sessera in sostituzione dell'esistente, per il superamento delle crisi idriche ricorrenti, il miglioramento dell'efficienza idrica degli invasi esistenti sui torrenti Ravasanella ed Ostola e la valorizzazione ambientale del comprensorio»;
   è in corso una procedura di valutazione di impatto ambientale statale per l'espressione del giudizio di compatibilità ambientale e contestuale valutazione di incidenza;
   il progetto ha destato sin da subito la preoccupazione di gran parte delle amministrazioni comunali e delle popolazioni coinvolte, in particolar modo l'associazione che si è denominata «Custodiamo la Valsessera»;
   l'Associazione «Custodiamo la Valsessera» ha presentato in corso di procedura richiesta per l'istituzione della commissione di inchiesta pubblica, non essendo l'invaso proposto puntualmente previsto nella pianificazione regionale e nazionale; le modifiche delle norme d'area del PTA o i progetti di fattibilità dell'opera non sono inoltre mai stati sottoposti al parere delle comunità locali (a tale richiesta il Ministero ha posto un diniego);
   l'Associazione «Custodiamo la Valsessera» ha presentato in corso di procedura due articolate e copiose osservazioni di merito di cui sia il proponente che la commissione tecnica per la valutazione dell'impatto ambientale non hanno tenuto minimamente conto; successivamente, ha inoltrato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alcune formali diffide facendo ulteriormente presente i vincoli propri del SIC, del PPR Piemonte, del PFA Valsessera e l'assenza della puntuale previsione dell'opera nel PTA della regione piemonte;
   l'istruttoria tecnica della commissione ministeriale per la valutazione di impatto ambientale è iniziata in data 3 maggio 2011. Un primo parere, positivo con prescrizioni, è stato espresso dalla commissione ministeriale con atto n. 1031 del 7 settembre 2012;
   in data 19 luglio 2013, la Commissione ministeriale per la valutazione di impatto ambientale ha emesso il parere n. 1297 che integra il precedente;
   un nuovo parere n. 1331 del 6 settembre 2013 modifica ed integra il quadro prescrittivo del parere n. 1031;
   allo stato attuale è in istruttoria una ulteriore revisione del parere da parte della commissione ministeriale per la valutazione di impatto ambientale;
   a parere degli interroganti l'inutilità dell'opera è dimostrata da diversi fattori:
    il rapporto costi benefici dell'opera ne dimostra l'inutilità poiché, a fronte di un costo di 322.350.000,00 euro ne deriverebbero benefici irrilevanti sia perché le attuali disponibilità idriche sono ampiamente sufficienti, sia perché a livello regionale il consumo dell'acqua a fini irrigui, oltre il 70 per cento delle disponibilità, produce solamente il 2 per cento del prodotto lordo, per di più nelle attività agricole meno redditizie;
    la realizzazione di un nuovo invaso, maggiore dell'attuale presente, produrrebbe un impatto insostenibile sull'ecosistema del torrente Sessera attraverso una modifica del deflusso dell'acqua sia a monte sia a valle dell'invaso. Il rilascio del previsto deflusso minimo non sarebbe sufficiente a mantenere le condizioni vitali del torrente e, inoltre, manterrebbe un flusso idrico costante durante l'anno, stravolgendo irreversibilmente l’habitat del torrente, caratterizzato da una distribuzione annuale delle portate con andamento bimodale, in cui si riscontrano due massimi (uno primaverile ed uno autunnale) e due minimi (invernale ed estivo) rendendolo inadatto alla sopravvivenza delle comunità biotiche;
    gli impatti sulla componente idrica, dovendo lavorare anche nell'alveo del torrente Sessera e sulle sue sponde, creando lo sbarramento dell'invaso, sarebbero elevati anche durante la fase di realizzazione dell'opera;
    gli impatti apportati dalle opere in progetto in fase di esercizio riguarderanno in particolare l'area dell'invaso e sarebbero molto elevati ai danni degli habitat forestali sommersi. In particolare, si avrebbe la perdita degli habitat di importanza comunitaria 9110 – Faggete Acidofile e 9130 – Faggete Eutrofiche, nonché dell’habitat prioritario 91E0 – Boschi Alluvionali di Ontano Nero, Ontano Bianco, quest'ultimo presente lungo i torrenti montani ad acque ossigenate o, talvolta, bassi versanti freschi, quali quelli che verrebbero sacrificati dall'invaso;
   l'opera inoltre non è compatibile con le previsioni del piano territoriale regionale, piano urbanistico territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali e del piano territoriale provinciale che ha anche ruolo di strumento per la tutela paesistica e ambientale, in accordo con le previsioni del piano paesistico regionale;
   i siti interessati dal progetto ricadono nelle aree denominate «Boschi e foreste (articolo 2.2)», «Corsi d'acqua e relative fasce di rispetto fluviali (articolo 2.3)», «Sistema delle dorsali alpine (articolo 2.5)» e «Aree di individuazione dei biotopi e siti di interesse comunitario (S.I.C.) (articolo 2.9)»;
   nell'articolo 2.2 si precisa che «Il P.T.P., seguendo le direttive in moteria dettate dal P.T.R., tutela e valorizza il sistema forestale in relazione alla gestione della risorsa, alla prevenzione del dissesto e al consolidamento della rete ecologica Provinciale».
   l'articolo 2.3 specifica che «Al fine di favorire il riformarsi della vegetazione spontanea e la costituzione di corridoi ecologici, nonché di consentire il regolare svolgimento delle attività di vigilanza, manutenzione, irrigazione e difesa del suolo, ad una distanza inferiore a 10 metri dagli alvei incisi dei corsi d'acqua sono vietate nuove edificazioni»;
   infine, l'articolo 2.9. definisce come «Biotopi le porzioni di territorio che costituiscono un'entità ecologica di rilevante interesse per la conservazione della natura, indipendentemente dal fatto che tali aree siano protette dalla legislazione vigente». Inoltre, «Negli ambiti delimitati come Biotopi dalla data di inserimento del Biotopo nel piano regionale delle aree protette, sono consentiti esclusivamente gli interventi che non compromettano il raggiungimento degli obiettivi di tutela e che non ne alterino le caratteristiche naturalistico – ambientali e le tendenze evolutive naturali»
   l'invaso potrebbe inoltre causare l'innesco di possibili dissesti. Nelle valli del bacino del Sessera, si constata infatti che gli eventi franosi presentano prevalentemente carattere superficiale, coinvolgenti in genere le coperture detritico-colluviali e le coltri di alterazione del substrato roccioso;
   lungo il bacino del Dolca, invece, la diffusione dei lembi quaternari, ed in particolare dei depositi glaciali in destra idrografica, risulta decisamente maggiore sia in termini di estensione areale che, subordinatamente, in termini di sviluppo verticale. In tali ambitasi, registra una frequenza dissestiva sensibilmente elevata, che meriterebbe un più accurato livello di approfondimento;
   le criticità sarebbero legate principalmente alla variazione del livello dell'acqua del lago che comporterà anche notevoli fluttuazioni, in base a periodi di abbondanti precipitazioni o a periodi siccitosi. Tali variazioni comporteranno il susseguirsi di sommersioni e asciutta delle scarpate del lago artificiale che potrà favorire il dissesto;
   da un recente articolo della Stampa risulterebbe che 25 milioni di euro sarebbero già stati elargiti dallo Stato per inaugurare i cantieri dell'opera;
   il vice ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Olivero nella seduta pomeridiana n. 229 del 10 aprile 2014 in risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 2-00146 ha annunciato che finora «... tale opera non ha trovato una copertura finanziaria, né potrà ottenerla nella programmazione degli interventi infrastrutturali irrigui al momento previsti nella programmazione 2014-2020 del Fondo per lo sviluppo rurale, stante l'elevata dimensione finanziaria. Infatti, il programma operativo nazionale, nell'intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni il 16 gennaio scorso, è stato pianificato per un totale di 300 milioni di euro». Il viceministro ha aggiunto, inoltre, che «... presso la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS, istituita ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 90, (i cui componenti sono nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), sono in corso approfondimenti atti a verificare che sia garantita la disponibilità della risorsa di acqua potabile alle popolazioni interessate, definendone gli aspetti quantitativi» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei dati sopra forniti e, in considerazione dell'apertura di una nuova istruttoria annunciata dal rappresentante del Governo così come indicato in premessa, non ritenga necessario verificare tutti i rilievi critici presentati dalle amministrazioni locali e dalle associazioni territoriali in particolare «Custodiamo Valsessera», che da tempo si battono contro la costruzione dell'opera;
   se il Ministro ritenga ancora opportuno finanziare un'opera che presenta seri dubbi sotto diversi e comprovati aspetti di natura ambientale, civico ed economico in un momento del tutto particolare della finanza pubblica che non può davvero permettersi spese ingiustificate. (4-04578)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE, MARZANA, D'UVA, DI BENEDETTO, CARINELLI, BRESCIA, VACCA e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   pochi mesi fa, il Consiglio di amministrazione della Fondazione Teatro alla Scala di Milano, per bocca del suo presidente Giuliano Pisapia, ha annunciato che il futuro soprintendente del teatro sarà Alexander Pereira;
   Pereira sostituirà l'attuale soprintendente Stephane Lissner nel prossimo semestre del 2014, prendendo un compenso inferiore rispetto al soprintendente attualmente in carica;
   è salita alla ribalta delle cronache, il fatto che la Scala di Milano abbia comprato ben 7 produzioni dal Festival di Salisburgo, guarda caso diretto proprio da Pereira, in uscita per entrare al teatro milanese;
   il costo dell'operazione si aggira attorno agli 1,6 milioni di euro e, a detta della presidente del Festival Helga Rabl-Stadler, questo solleverà le casse del Festival, permettendogli di chiudere con un utile di esercizio, che però sarà contabilizzato solo nel 2015;
   la stessa presidente ha dichiarato che Pereira «ha risolto il problema da lui causato», riferendosi ai debiti accumulati dal Festival di Salisburgo sotto la gestione del maestro viennese;
   il fatto rappresenterebbe a giudizio degli interroganti un vero e proprio conflitto d'interessi, in quanto Pereira sta già, di fatto, lavorando per la prossima programmazione artistica;
   lo stesso Pereira ha dichiarato in un'intervista recente che «l'affare» lo ha fatto la Scala, in quanto acquisterebbe delle belle produzioni ad un prezzo inferiore a quello d'acquisto;
   sempre Pereira dichiara che le produzioni per cui avrebbe firmato la lettera d'intenti sono quattro e non sette, ossia «I maestri cantori di Norimberga», «Lucio Silla», «Falstaff» e «Don Carlo», mentre per le altre tre ci sarebbe solo un desiderio. Il costo dell'operazione, sempre stando alle dichiarazioni del maestro, sarebbe attorno ai 660 mila euro;
   è notizia ancor più recente, per bocca del sindaco Pisapia, presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione, uscendo proprio dal consiglio di amministrazione del 14 aprile, che il Ministro interrogato avrebbe chiesto una dettagliata relazione sull'accaduto –:
   quali iniziative intenda porre in essere il Ministro interrogato, qualora ritenga che la compravendita sia stata viziata da conflitti d'interessi;
   se il Ministro intenda agire per contrastare tali pratiche anche con iniziative normative più rigorose, al fine di impedire in futuro situazioni simili;
   quali produzioni siano state effettivamente comprate e con quale costo per le casse della Fondazione. (5-02676)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, DA VILLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI e PARENTELA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie di stampa che il fondo IQ Made in Italy investment company, joint venture fra il fondo strategico italiano (holding controllata da Cassa depositi e prestiti) e il fondo Qatar Holding vuole acquistare la Deoleo colosso spagnolo dell'olio nonché proprietario dei marchi spagnoli Koipe e Carbonell e degli italiani Bertolli, Carapelli e Sasso;
   l'offerta di IQ Made in Italy ha suscitato inquietudine nel Governo spagnolo, che considera Deoleo un'impresa strategica, dato che assicura l'esportazione dell'emblematico prodotto spagnolo che è l'olio d'oliva;
   si ricorda che i tre famosi brand made in Italy tra il 2004 e il 2008 furono rilevati dalla attuale multinazionale spagnola Deoleo (già Sos Cuetara) che nel 2013 ha realizzato un giro d'affari di 800 milioni di euro. Il gruppo che all'epoca era di proprietà della famiglia spagnola Salazar, ha cambiato denominazione dopo l'uscita di scena della famiglia e il passaggio dell'azienda nelle mani del pool di banche iberiche creditrici da Bankia a Caixabank, da Unicaja a Kutxbank le quali hanno annunciato di cedere la loro quota di partecipazione;
   un'ipotesi però che nonostante le notizie sui media alla Cassa depositi e prestiti tendono a non confermare. «Al momento – spiegano – non c’è nulla di ufficiale da comunicare». Tuttavia, da via Goito (sede della Cassa depositi e prestiti) non viene smentita l'ipotesi che un dossier per riportare in Italia i famosi brand dell'olio sia effettivamente allo studio degli uffici del fondo strategico italiano;
   si rileva che la produzione di olio spagnola dall'anno scorso ha registrato 1.536.000 tonnellate, mentre quella italiana è stata meno di un terzo, quindi il rischio per gli spagnoli è che l'Italia se lo riprenda, in quanto l'olio italiano è il più richiesto in ambito internazionale (infatti l'Italia è il maggiore esportatore, per questo il Governo spagnolo è sul «piede di guerra», avendo paura dello smembramento della società. Il ministro dell'agricoltura, Arias Canete, ha annunciato una possibile offerta da parte della Società statale spagnola di partecipazione industriale (Sepi) perché non vorrebbero perdere questo settore strategico;
   a quanto consta agli interroganti, la compagnia spagnola Deoleo ha ricevuto un'offerta da parte della Cvc Capital Partners, finanziaria britannica specializzata in private equity e hedge fund e si tratterebbe della miglior offerta finora arrivata;
   i marchi italiani Bertolli, Carapelli e Sasso potrebbero diventare pure inglesi –:
   se siano a conoscenza dei fatti suesposti e dei motivi strategici per la proposta di acquisizione della multinazionale spagnola Deoleo da parte del fondo IQ Made in Italy Investment Company;
   quali iniziative intendano adottare per tutelare i prodotti «made in Italy» come l'olio d'oliva. (5-02675)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 2 aprile 2014 il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato il voto al Governo n. 4 intitolato «Nuova articolazione degli uffici giudiziari e utilizzo dell'immobile già sede del Tribunale di Tolmezzo»;
   il documento si riferisce alla spinosa questione del riordino degli uffici giudiziari previsto dalla legge n. 148 del 2011 su misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria che prevede la delega al Governo, esercitata con i decreti legislativi nn. 155 del 2012 e 156 del 2012, per la ridefinizione della geografia giudiziaria italiana;
   il decreto legislativo n. 155 del 2012 ha soppresso 30 tribunali e 220 sezioni distaccate, incluso quello di Tolmezzo (Udine) la cui sede è stata recentemente ristrutturata per la somma di circa 4,5 milioni di euro. Paradossalmente le spese correnti di mantenimento dei locali di questo tribunale della provincia di Udine, anticipate dal comune e rimborsate in parte a consuntivo dal Ministero della giustizia, ammontavano a soli 170.000,90 euro annui, contro una media annuale per i tribunali subprovinciali pari ad 500 mila euro;
   l'atto consiliare ricorda come a seguito delle criticità emerse dalla procedura di riordino dei tribunali, con il comma 397 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (n. 147/2013) è stato introdotto il comma 4-bis all'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, in base al quale «in via sperimentale, il Ministro della giustizia può disporre, nell'ambito di apposite convenzioni stipulate con le regioni e le province autonome, che vengano utilizzati, per il tempo necessario, gli immobili adibiti a servizio degli uffici giudiziari periferici e delle sezioni distaccate soppressi per l'esercizio di funzioni giudiziarie nelle relative sedi. Le spese di gestione e manutenzione degli immobili e di retribuzione del personale di servizio oggetto delle convenzioni sono integralmente a carico del bilancio della regione»;
   la norma introdotta, sostiene il consiglio regionale, riconosce un ruolo alle regioni nella compartecipazione alle scelte operative di gestione delle sedi giudiziarie ma avendo un carattere vago, si offre a difficili interpretazioni, non specificando le finalità della sperimentazione prevista e le modalità attuative;
   per questo motivo, la regione Friuli Venezia Giulia chiede all'Esecutivo l'apertura di un tavolo istituzionale per delineare i presupposti legati all'applicazione provvisoria del suddetto comma 4-bis per l'esercizio di funzioni giudiziarie nelle località sedi di uffici periferici soppressi;
   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-02886 l'interrogante aveva indirizzato al Ministro la richiesta di ripristinare il tribunale di Tolmezzo con un provvedimento correttivo, il decreto legislativo n. 14 del 2014 successivamente emanato, che ha sanato solo alcune situazioni escludendo la sede in provincia di Udine –:
   se il Governo intenda modificare ulteriormente, con le opportune iniziative legislative, la nuova articolazione degli uffici giudiziari dopo aver convocato un tavolo di confronto con le regioni, in modo da valutare il rapporto costi/benefici in base alle indicazioni che provengono dal territorio;
   se la sede del tribunale di Tolmezzo rientri a pieno titolo, come richiesto dal consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, nella fattispecie normativa prevista dal comma 4-bis all'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, sulla cui portata è necessario un chiarimento normativo. (4-04581)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la società per azioni Promomar, operante nel settore dell'edilizia e delle opere infrastrutturali marittime con sede a Scarlino, comune della provincia di Grosseto, gestisce da numerosi anni, in qualità di concessionario, le attività marittime ed i servizi portuali dello scalo marittimo della cittadina toscana;
   il 6 novembre 2008, la medesima società ha presentato all'ente locale, una formale richiesta, finalizzata al prolungamento della concessione demaniale marittima, per ulteriori cinquanta anni a seguito di maggiori costi quali: il miglioramento qualitativo delle opere realizzate, l'incremento della dimensione media delle imbarcazioni di ormeggio, la presenza di importanti reperti archeologici, l'intensificazione delle attività di dragaggio del bacino portuale, il ritrovamento di materiali contaminati, il rafforzamento dei sistemi di ormeggio, la predisposizione di posti barca per disabili e dall'aumento degli oneri di urbanizzazione da euro 10.705.633,00 a euro 36.615.000,00;
   la domanda di adeguamento della durata dell'atto di concessione n. 466 per costruire e gestire il porto turistico in località Puntone nel comune di Scarlino è stata stipulata presso la Capitaneria di Porto di Livorno in data 13 giugno 2001, ed in seguito concessa a seguito dell'approvazione con decreto del Ministero interrogato in data 21 settembre 2001;
   al fine dell'acquisizione dei pareri degli enti competenti relativamente alla domanda di adeguamento della durata dell'atto di concessione del 13 giugno 2001, presentata da parte del concessionario Promomar spa, l'ente procedente ha provveduto a convocare in data 10 dicembre 2008, la Conferenza dei servizi, il cui invito è stato esteso anche ai Ministeri interrogati, attraverso la Capitaneria di porto di Livorno, sezione demanio; l'Agenzia del demanio filiale di Firenze, l'Ufficio opere marittime Umbria, l'Agenzia delle dogane filiale di Livorno ed i rappresentanti della medesima società concessionaria;
   a seguito dell'esame della documentazione presentata, la Conferenza dei servizi, nonostante una serie di perplessità, ha tuttavia espresso parere favorevole sulle motivazioni addotte dal concessionario Promomar, ai sensi dell'articolo 24 del regolamento del Codice della navigazione, deliberando il prolungamento del rapporto concessorio di ulteriori quarant'anni come in precedenza riportato, per l'occupazione e l'uso dell'area demaniale marittima già individuata nell'originale atto n. 466 del 2001, sebbene a determinate prescrizioni;
   in sede di Conferenza dei servizi, non priva di pareri negativi, sebbene siano stati espressi pareri favorevoli alla richiesta della suddetta società, dell'ulteriore prolungamento della concessione, sono emerse una serie di valutazioni negative e carenti dal punto di vista dell'osservanza del piano tariffario e del rispetto dei regolamenti demaniali marittimi;
   la decisione amministrativa, ad esito della conferenza dei servizi citata, di prolungare ulteriormente di quarant'anni la concessione cinquantennale, deliberata attraverso l'atto dirigenziale comunale n. 2797 del 30 giugno 2009, ha suscitato comprensibili dubbi e perplessità a livello locale, tali da rendere necessaria, da parte di alcuni consiglieri comunali, una interpellanza comunale sull'atto suppletivo relativo alla concessione demaniale marittima in precedenza esposta;
   i medesimi rappresentanti comunali, in data 31 maggio 2011, hanno chiesto al sindaco di Scarlino, attraverso una serie di articolate osservazioni, di conoscere le motivazioni giuridiche ed economiche, in base alle quali, è stato stabilito il rinnovo di ulteriori quarant'anni della concessione marittima demaniale, alla Promomar che, secondo il precedente contratto, avrebbe dovuto terminare invece nel 2051;
   a giudizio dell'interpellante, l'iniziativa inoltrata dai consiglieri comunali risulta condivisibile, in quanto tale deliberazione non salvaguarda l'interesse economico e sociale della comunità in senso generale, ed esclude ogni possibilità di esperire una procedura di selezione pubblica alla scadenza originaria della concessione;
   in considerazione delle osservazioni esposte, il comune di Scarlino, titolare da diversi anni delle funzioni amministrative sull'area demaniale marittima del porto, ai sensi del quadro di riparto delle competenze, afferenti il demanio marittimo e il mare territoriale, a giudizio dell'interpellante, non si è mai interessato di supplire alle carenze esistenti ab origine, regolamentando le tariffe verso terzi, o integrando o ratificando il regolamento esistente; il prolungamento della concessione demaniale marittima, ha inoltre determinato l'allungamento dei tempi utili per il recupero degli investimenti iniziali;
   la suesposta vicenda nel complesso, ove fossero confermati i rilievi in precedenza riportati, desta sconcerto e stupore, e l'ulteriore prolungamento di quarant'anni della concessione alla società Promomar senza alcuna evidenza pubblica, lascia supporre all'interpellante il mancato rispetto di quanto disposto dall'articolo 47 lettera e) del regolamento del Codice della Navigazione, in ordine alla decadenza della medesima: i presupposti per l'applicazione di tale disposizione erano infatti ad avviso dell'interpellante già più che evidenti –:
   se non sia necessaria una urgente rivisitazione del riparto di competenze sul demanio marittimo e quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di modificare l'attuale sistema normativo sul conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed agli enti locali afferenti il demanio marittimo ed il mare territoriale, anche alla luce di quanto esposto in premessa, che accresce dubbi interpretativi e criticità nell'ambito del riparto della potestà legislative tra Stato e regioni;
   se non ritengano urgente ed opportuno richiedere alla capitaneria di porto di Livorno, all'Agenzia del demanio di Firenze ed alle dogane di Livorno, sottoposte per legge alla vigilanza dei Ministeri interpellati, le motivazioni per le quali, sono state espresse valutazioni favorevoli in ordine all'affidamento delle attività di cantiere navale all'interno della concessione, con riferimento all'osservanza degli articoli 30 e 45-bis del Codice della navigazione che, risulterebbero esseri stati disapplicati;
   se non ritengano altresì necessario, in considerazione della molteplicità dei rilievi critici esposti nella premessa, avviare accertare le motivazioni per le quali gli organi dello Stato abbiano espresso valutazioni favorevoli nell'ambito della conferenza dei servizi, per l'affidamento alla società Promomar dei servizi da essa proposti in considerazione del fatto che il successivo rilascio di una proroga concessoria per ulteriori quarant'anni a costo zero, che potrebbe aver configurato un danno per le casse dello Stato.
(2-00512) «Faenzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BONOMO, PAOLA BRAGANTINI, BORGHI, GIORGIS, ROSSOMANDO, FREGOLENT, FIORIO, BARGERO, TARICCO, GRIBAUDO, BONIFAZI, BOCCUZZI, BENAMATI, PATRIARCA, D'OTTAVIO, DAMIANO, PORTAS e MATTIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 – cosiddetto decreto del fare – convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha introdotto una serie di disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia;
   l'articolo 25, comma 11-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, prevede che le risorse revocate ai sensi dell'articolo 18, comma 11, del medesimo decreto confluiscano nel fondo di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e siano attribuite prioritariamente:
    a) al completamento della copertura del passante ferroviario di Torino;
    b) alla regione Piemonte, a titolo di contributo per spese sostenute per la realizzazione del collegamento Torino-Ceres/aeroporto di Caselle;
    c) al collegamento ferroviario Novara-Seregno-Malpensa (potenziamento e variante di Galliate);
    d) alla regione autonoma Friuli Venezia Giulia per la realizzazione della terza corsia della tratta autostradale A4 Quarto d'Altino-Villesse-Gorizia, al fine di consentire l'attuazione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3702/2008 del 5 settembre 2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 213 dell'11 settembre 2008;
    e) agli interventi di soppressione e automazione di passaggi a livello sulla rete ferroviaria mediante costruzione di idonei manufatti sostitutivi o deviazioni stradali o di miglioramenti delle condizioni di esercizio di passaggi a livello non eliminabili, individuati, con priorità per la tratta terminale pugliese del corridoio ferroviario adriatico da Bologna a Lecce, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   il decreto ministeriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 17 luglio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 2014, n. 45 – emanato ai sensi dell'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 – all'articolo 4, comma 1, stabilisce le condizioni per il finanziamento di un elenco di opere e, al comma 2, dispone che il mancato conseguimento, alla data del 31 dicembre 2013, delle finalità indicate al comma 1 determina la revoca del finanziamento assegnato e che tutte le risorse revocate confluiscono nel fondo istituito ai sensi dell'articolo 32, comma 1, decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 –:
   se, a distanza di quasi quattro mesi dal termine del 31 dicembre 2013, siano state effettuate dalle direzioni generali competenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti revoche di finanziamenti in base a quanto disposto dal decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 17 luglio 2013;
   nel caso in cui alcune revoche siano state effettuate, a quanto ammontino le risorse da far confluire nel fondo istituito ai sensi dell'articolo 32, comma 1, decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
   quali siano i tempi previsti per l'assegnazione e l'erogazione delle risorse per la realizzazione delle opere di cui l'articolo 25, comma 11-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69. (5-02673)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA, SEGONI, DAGA, BUSTO, ZOLEZZI, VALLASCAS, FRACCARO, DIENI, MICILLO, PRODANI, RIZZETTO, ROSTELLATO, CHIMIENTI, DA VILLA, DI BATTISTA, COLONNESE, DI BENEDETTO, NUTI, DE LORENZIS e BRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la regione Campania, con il decreto dirigenziale n. 440 del 2011, poi rettificato dal decreto n. 379 del 2011 e modificato dal decreto n. 440 del 2012, ha autorizzato la realizzazione di «Opere connesse alla centrale a biomasse da 17 mw in ditta Ferraro S.p.A. in Sant'Angelo dei Lombardi. Costruzione dell'elettrodotto a 150 kV della RTN di raccordo tra la linea a 15C kV “CP Goleto S. Angelo – CP Stumo”, con la costruenda stazione elettrica a 150 kv RTN di Castelnuovo di Conza»;
   le comunità interessate da questa opera, ossia Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Teora, Conza della Campania, in provincia di Avellino, e Castelnuovo di Conza, in provincia di Salerno, hanno fin da subito espresso forti perplessità rispetto alla realizzazione di questa opera sia per motivi di ordine procedurale sia per questioni riguardanti il rispetto della salute umana sia per aspetti inerenti la tutela dell'ambiente e del paesaggio;
   il comitato civico pro Sant'Angelo dei Lombardi, in particolare, ha prodotto una serie di esposti documentati inviati a tutte le istituzioni coinvolte, non ultima alla scura della Repubblica presso il tribunale di Avellino, e contenenti presunte irregolarità che l'interrogante ritiene vadano approfondite e chiarite;
   nel novembre 2013 sono iniziati i lavori di scavo e movimentazione di terreno, i lavori strutturali di fondazioni in cemento armato ed il montaggio di tralicci in acciaio di altezza fino a 40 metri lineari;
   i tralicci del costruendo elettrodotto compromettono in modo irreversibile le aree circostanti la millenaria Abbazia del Goleto, l'alveo sorgentizio del Fiume Ofanto (area SIC), il crinale collinare di spartiacque tra i comuni di Sant'Angelo dei Lombardi e Lioni, la Valle delle Viti e l'alveo sorgentizio di Fiumicella nel comune di Teora, le contrade Serra e Costa di Sai Nicola tra i comuni di Conza della Campania e Teora, il crinale della Sella di Conza (epicentro del terremoto del 23 novembre 1980);
   il genio civile di Avellino, il 3 marzo 2014, ad una richiesta di accesso agli atti del Comitato Civico rispondeva che «a tutt'oggi nessun progetto volto all'acquisizione di autorizzazione sismica risulta depositato presso questo Settore in Ditta Ferrerò spa o Tema spa nel merito della costruzione dell'elettrodotto medesimo»;
   nell'area circostante l'Abbazia del Goleto interessata dall'elettrodotto e dal parco eolico sia lungo l'alveo fluviale dell'Ofanto e torrenti accessori, risulta accertata la sussistenza di insediamenti risalenti al neolitico –:
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sia a conoscenza del rilascio dell'autorizzazione sismica con riguardo al procedimento indicato in premessa;
   se sia stata preventivamente valutata la possibilità dell'interramento dell'elettrodotto anche sulla scorta della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3205, del 10 giugno 2013;
   se si intenda rilevare la presenza di beni di interesse archeologico nelle aree citate in premessa ed interessate dalla realizzazione del citato elettrodotto;
   se sulla base del decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 2007, in sede di conferenza di servizi tenutasi in data 14 luglio 2010 presso la regione Campania avrebbe dovuto essere interpellata e convocata la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania in quanto trattavasi di autorizzare opere riguardanti le competenze di più Soprintendenze di settore e in quanto ricadenti in cinque diversi comuni e 2 diverse province. (4-04583)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel procedimento penale n. 8678/07 R.G.N.R. della procura della Repubblica di Pescara è stato sequestrato in data 15 febbraio 2008 un dossier relativo alla «Suprema Militia Equitum Templi» comprensivo di 2 elenchi di nominativi;
   in uno dei due elenchi si trovano nominativi di imprenditori, politici, militari, giudici e professionisti, fra cui l'ex sindaco di Pescara, Luciano D'Alfonso, il suo braccio destro, Guido Dezio, entrambi indagati dalla procura pescarese nel medesimo procedimento penale;
   si fa riferimento anche ad un certo Smerilli, senza specificazione del nome e, allo stato, non si conosce chi egli sia e se la Procura abbia verificato chi fosse;
   nel fascicolo della procura della Repubblica di Pescara mancherebbe il secondo elenco di nominativi che non è mai stato, purtroppo, sequestrato;
   da ricerca su internet non risultano chiari gli obiettivi della «Suprema Militia Equitum Templi», non risulta chiaro che tipo di associazione sia, se paragonabile ad una loggia massonica ovvero ad una associazione di promozione sociale;
   dalle notizie di stampa si apprende della possibile adesione alla Suprema Milizia di un magistrato abruzzese –:
   se il Ministro dell'interno conosca tale associazione e le sue attività, in particolare al fine di sapere se tali azioni siano o possano essere confliggenti con la pubblica sicurezza e con il buon andamento della pubblica amministrazione;
   se il Ministro dell'interno conosca i suoi affiliati e le relazioni, più o meno vaste e più o meno in conflitto d'interesse, che possono intraprendere;
   se il Ministro della giustizia sia a conoscenza di tale associazione e se intenda promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari eventualmente interessati e se sia a conoscenza di sentenze o procedimenti penali ove compaia tale gruppo. (3-00782)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIMONE VALENTE, BATTELLI, MANTERO, SEGONI, DE ROSA, BUSTO e DAGA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i rifiuti tossici non rappresentano solo un male della Campania e dell'intero Sud-Italia ma anche di altre regioni, infatti da numerose inchieste giudiziarie e giornalistiche si attesta che rifiuti pericolosi e scorie industriali sono presenti in discariche di molti comuni italiani;
   tra questi comuni, emerge La Spezia, piccola capitale di quel golfo che Napoleone descrisse come «il più bello del mondo», dove è stata intercettata negli ultimi anni una delle più grandi discariche di scorie tossiche d'Europa;
   in Liguria si è parlato troppo spesso di smaltimento di rifiuti in mare, rifiuti sversati in particolare proprio sotto le banchine del porto di La Spezia proprio nei giorni scorsi al centro della cronaca giornalistica locale, per un attracco di una nave al molo dell'Arsenale, trattenutasi per poche ore durante la notte e poi frettolosamente ripartita il giorno seguente, dopo aver imbarcato un carico di cui era inizialmente sconosciuta l'entità;
   da alcune indiscrezioni è emerso inizialmente che si è trattato di una nave russa, ma ciò che desta notevoli perplessità è il fatto che l'arrivo e la partenza non risultavano annotati sui registri ufficiali del porto ed è probabile che si sia trattato di un carico composto da materiali destinati a una bonifica industriale (e quindi scorie) provenienti dalla Francia;
   al porto, durante le operazioni, coordinate dal Ministero dell'interno, erano presenti vigili del fuoco, Digos, marina militare, capitaneria di porto e (come si scoprirà in seguito) tecnici dell'ISPRA, giusto per sottolineare la delicatezza dell'operazione;
   per conto del Viminale ha quindi assunto il ruolo del vertice di coordinamento delle operazioni il prefetto di La Spezia, Giuseppe Forlani, che dichiarò di non voler comunicare nulla sulle operazioni avvenute nella notte tra il 3 ed il 4 maggio 2014;
   in data 7 marzo, la prefettura comunica, tramite nota stampa ufficiale, che «il territorio della provincia è stato interessato da un trasporto stradale e marittimo di sostanze fissili non irraggiate per usi civili provenienti da un deposito nazionale» e che il trasporto era «pianificato da alcuni mesi in ottemperanza agli impegni presi dall'Italia in occasione del vertice sulla sicurezza nucleare svoltosi a Seoul il 27 marzo 2012»;
   nella stessa nota, la prefettura comunica che il trasporto «è stato effettuato dalla SOGIN, tramite un vettore autorizzato, ed il materiale è stato imbarcato, per ragioni di sicurezza, all'interno della base navale della Marina Militare, su una nave mercantile governativa di stato estero attrezzata per questo tipo di trasporto»;
   sempre nella stessa nota il prefetto chiarisce che tutto è avvenuto nel rispetto delle normative vigenti e che le «operazioni sono svolte senza alcun evento anomalo»;
   ancora «si precisa che gli obblighi di informazione secondo le prescrizioni del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 febbraio 2006, par. 5, vanno garantiti nei confronti della popolazione interessata soltanto nel caso di incidente durante il trasporto che comporti un'emergenza radiologica»;
   a giudizio degli interroganti, proprio per garantire la sicurezza dei cittadini, è necessario dare ampia comunicazione preventiva, vista la pericolosità anche solo della vicinanza con materiale radioattivo;
   gli impegni presi al vertice citato dalla nota della prefettura riguardano il miglioramento della sicurezza nucleare, in modo da mitigare il più possibile il rischio di attentati terroristici nucleari;
   ciò non preclude il contenuto e gli obblighi derivanti dalla direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio, del 19 luglio 2011, che tra i vari obiettivi, contiene l'obbligo da parte dello Stato membro di prevedere adeguate informazioni preventive ai cittadini ai fini di consentire loro la partecipazione al processo decisionale. A giudizio degli interroganti, il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, non contiene adeguati obblighi informativi e partecipativi;
   nonostante ciò, le direttive comunitarie vanno rispettate e sarebbe stato logico che il prefetto o il Governo fornissero preventivamente tutte le informazioni, Preso atto che ciò non è avvenuto, gli interroganti restano perplessi dalle risposte date dal Sottosegretario Amici all'interrogazione del collega Quaranta, che denotano una superficialità del problema e del rispetto degli obblighi comunitari, e uno scarso rispetto nei confronti della popolazione interessata, che sembra debba sempre vivere all'oscuro di quello che succede nel territorio in cui vivono;
   gli interroganti sono assolutamente indignati dal fatto che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama sia stato molto più trasparente e chiaro delle autorità italiane, durante il vertice dell'Aja sulla sicurezza nucleare degli scorsi giorni. Il Presidente americano ha ringraziato l'Italia (e il Belgio) per gli sforzi nell'aver trasferito 20 KG di plutonio ed uranio altamente arricchito;
   risulta quanto meno paradossale che queste delicate informazioni per la cittadinanza vengano fornite solo successivamente e per giunta siano fornite dal Presidente degli USA e non dal nostro Governo;
   la sicurezza richieda riservatezza secondo quanto risulta dalla risposta resa al collega Quaranta, a giudizio degli interroganti, è totalmente inaccettabile, visto che i terroristi utilizzano spesso proprio informazioni riservate ottenute illecitamente, per colpire i propri obiettivi –:
   per quale motivo le autorità preposte non abbiano fornito adeguati strumenti informativi, ai fini di garantire la partecipazione dei cittadini al processo decisionale, come prescritto nella direttiva 2011/70/EURATOM;
   quale sia il dettaglio dell'operazione, indicando la provenienza delle scorie, la loro quantità, la destinazione finale e i dettagli dell'accordo con gli Stati Uniti d'America;
   se operazioni assimilabili a quella oggetto dell'interrogazione siano previste in futuro o se non ne siano più previste e quali procedure informative e partecipative intenda mettere in atto il Ministro per adempiere agli obblighi della direttiva 2011/70/EURATOM. (4-04582)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO, QUINTARELLI, TINAGLI, COPPOLA, GADDA, BASSO e BONACCORSI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   le licenze creative commons sono uno strumento di circolazione per opere protette dal diritto d'autore che offre soluzioni allo stesso tempo semplici e flessibili per garantire ai titolari dei relativo diritto (artisti, giornalisti, docenti e, in particolare, istituzioni) di condividere in maniera ampia le proprie opere secondo il modello «alcuni diritti riservati»;
   il detentore dei diritti può, infatti, non autorizzare a priori usi prevalentemente commerciali dell'opera (opzione non commerciale, acronimo inglese: NC) o la creazione di opere derivate (non opere derivate, acronimo: ND); e se sono possibili opere derivate, puo’ imporre l'obbligo di rilasciarle con la stessa licenza dell'opera originaria (condividi allo stesso modo, acronimo: SA, da «share-alike»);
   le combinazioni di queste scelte generano le sei licenze creative commons, che, originariamente sviluppate per l'ordinamento di common law statunitense, sono state tradotte e rese utilizzabili all'interno del nostro ordinamento, attraverso il lavoro di numerosi studiosi e operatori del diritto italiano;
   un numero crescente di enti governativi utilizza le licenze creative commons per disciplinare la circolazione di dati in loro possesso;
   in particolare, superando le precedenti singole iniziative settoriali, i Governi dell'Australia e della Nuova Zelanda hanno posto in essere iniziative di ampio respiro, rispettivamente l’Australian Governments Open Access and Licensing Framework (AusGOAL) e lo NZ Government Open Access and Licensing framework (NZGOAL), finalizzate a promuovere, guidare e uniformare la diffusione, anche tramite licenze creative commons, dei dati raccolti ed elaborati dalle varie agenzie governative, così da facilitare l'accesso agli stessi da parte dell'intera comunità, nonché lo sviluppo dell'innovazione e delle iniziative imprenditoriali;
   si segnala una crescente attenzione alle possibilità offerte dalle licenze creative commons da parte di vari enti istituzionali italiani, fra i quali il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ha recentemente aperto una gara per incentivare la creazione di MOOC (massive online open courses) in creative commons, ovvero dei corsi online universalmente accessibili –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in essere per l'ulteriore sviluppo dell'utilizzo della licenza creative commons in ambito educativo, artistico e letterario;
   quali iniziative particolari di ampio respiro il Governo intenda mettere in atto similarmente alle iniziative realizzati dagli Stati citati in premessa. (5-02674)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'incorporazione di Inpdap in Inps tutti i servizi ed i relativi contratti sono passati alla diretta gestione di INPS;
   tra i suddetti servizi, di non poco conto sono quelli relativi al deposito, alla gestione, all'archiviazione e distribuzione agli uffici INPS del materiale cartaceo dell'istituto – Archivi Ex Inpdap;
   dallo stenografico della seduta del 16 aprile 2014 a seguito di una interrogazione a risposta immediata in aula – la n. 3/00775 – il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha affermato che: «Tra questi rapporti sono compresi i contratti relativi al deposito, gestione ed archiviazione della documentazione cartacea dell'ex Inpdap, servizio affidato in outsourcing a soggetti esterni. In particolare, il servizio di archiviazione, custodia e gestione dei fascicoli e dei documenti relativi agli affari amministrativi e contenziosi dell'INPS è gestito in modo centralizzato per tutto il territorio nazionale, secondo le prescrizioni impartite dalla sovraintendenza archivistica per il Lazio, dalla società Delta Uno Servizi Spa, con contratto che copre il periodo 1° agosto 2008-31 luglio 2017. Quindi la risposta alla domanda è affermativa.» –:
   se il Ministro interrogato possa fornire il contratto di affidamento del servizio suddetto – che copre il periodo 1° agosto 2008- 31 luglio 2017, come dallo stesso Ministro dichiarato nella seduta del 16 aprile 2014 – al fine di poter valutare con la massima trasparenza le varie procedure che si sono svolte e hanno portato la società Delta Uno Servizi spa alla gestione del servizio;
   se il Ministro interrogato possa indicare il costo del servizio fornito dalla società Delta Uno Servizi spa e che grava sulle casse di Inps;
   se il Ministro interrogato possa verificare ed eventualmente indicare la voce specifica nella quale Inps imputa a bilancio la spesa suddetta per l'affidamento del servizio alla società Delta Uno Servizi Spa. (4-04570)


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dallo stenografico della seduta del 16 aprile 2014 a seguito di una interrogazione a risposta immediata in aula – la n. 3/00775 – il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha affermato che: «Tra questi rapporti sono compresi i contratti relativi al deposito, gestione ed archiviazione della documentazione cartacea dell'ex Inpdap, servizio affidato in outsourcing a soggetti esterni. In particolare, il servizio di archiviazione, custodia e gestione dei fascicoli e dei documenti relativi agli affari amministrativi e contenziosi dell'INPS è gestito in modo centralizzato per tutto il territorio nazionale, secondo le prescrizioni impartite dalla sovraintendenza archivistica per il Lazio, dalla società Delta Uno Servizi spa, con contratto che copre il periodo 1° agosto 2008-31 luglio 2017. Quindi la risposta alla domanda è affermativa.» e altresì: «(...) il Ministero esercita nei confronti dell'istituto una funzione di vigilanza (...)» –:
   se il Ministro interrogato abbia in suo possesso tutti gli elementi e gli strumenti – e se possa indicare nello specifico quali sono – per poter svolgere la sua «funzione di vigilanza» nei confronti dell'INPS in merito al contratto di affidamento del servizio suddetto alla società Delta Uno Servizi spa. (4-04571)


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'incorporazione di Inpdap in Inps tutti i servizi ed i relativi contratti sono passati alla diretta gestione di INPS;
   tra i suddetti servizi, di non poco conto sono quelli relativi al deposito, alla gestione, all'archiviazione e distribuzione agli uffici INPS del materiale cartaceo dell'istituto – Archivi Ex Inpdap;
   dallo stenografico della seduta del 16 aprile 2014 a seguito di una interrogazione a risposta immediata in aula – la n. 3/00775 – il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha affermato che: «Tra questi rapporti sono compresi i contratti relativi al deposito, gestione ed archiviazione della documentazione cartacea dell'ex Inpdap, servizio affidato in outsourcing a soggetti esterni. In particolare, il servizio di archiviazione, custodia e gestione dei fascicoli e dei documenti relativi agli affari amministrativi e contenziosi dell'INPS è gestito in modo centralizzato per tutto il territorio nazionale, secondo le prescrizioni impartite dalla sovraintendenza archivistica per il Lazio, dalla società Delta Uno Servizi Spa, con contratto che copre il periodo 1° agosto 2008 – 31 luglio 2017. Quindi la risposta alla domanda è affermativa.» –:
   se al Ministro interrogato risultino gare di appalto e di affidamento del servizio pubbliche aggiudicate dalla suddetta società Delta Uno Servizi Spa. (4-04572)


   CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 12 giugno 1990, n. 146, norma l'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e la salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati nonché l'istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge; 
   in data 13 marzo 2014 l'organizzazione sindacale ADL Associazione difesa lavoratrici e lavoratori varese – sindacato di base, con una lettera fax avente ad oggetto «denuncia di violazione normativa sciopero e attività antisindacale da parte di SEA e conseguente richiesta di intervento» diretta a Sea spa Sea Handling spa alla Commissione di garanzia e all'ENAC direzione, aeroportuale Malpensa, ha denunciato comportamenti della società SEA in contrasto con il diritto di sciopero nonché la condotta antisindacale in violazione dell'articolo 28 della legge n. 300 del 1970 tenuta dalla medesima società durante lo sciopero di 24 ore del 7 marzo 2014 nell'aereoporto di Milano Malpensa;
   l'organizzazione sindacale con la suddetta lettera ha evidenziato che durante lo sciopero del 7 marzo 2014 la società Sea informava i lavoratori comandati, tramite i suoi responsabili in servizio e mediante sistema BDV (schermata voli seguita dai dipendenti apt), che erano stati aggiunti diversi voli e che da loro dovevano essere garantiti nonostante Enac Centrale non avesse effettuato nessuna variazione alla lista dei voli da garantire; solo più tardi la Sea eliminava dal BDV i suddetti voli; la ADL ha contestato, inoltre, il comportamento di Sea per aver comandato un numero sproporzionato di lavoratori in servizio che venivano successivamente invitati a lasciare il posto di lavoro per andare a casa e rientrare al lavoro solo durante la fascia garantita dalle ore 18 alle ore 21;
   la ADL, infine, contestava il comportamento dei capi reparto ck-in e dei responsabili in turno e coordinatori in linea che avrebbero proceduto «d'autorità alla timbratura manuale in uscita» informando che l'azienda non avrebbe proceduto al pagamento delle ore di lavoro svolto tra la timbratura in uscita «forzata» e l'inizio della fascia garantita –:
   se, nell'ambito delle proprie competenze, i Ministri interrogati abbiano intenzione di verificare i fatti esposti e quali iniziative intendano assumere al fine di garantire una corretta gestione delle relazioni sindacali ed evitare il ripetersi di comportamenti lesivi dei diritti dei lavoratori che esercitano il diritto di sciopero garantito dalla Costituzione. (4-04573)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 1o aprile 2014, la XIII Commissione agricoltura della Camera ha approvato una risoluzione unitaria (n. 8-00048 Gagnarli) riguardante iniziative per fronteggiare la crisi della filiera cunicola;
   la crisi di questo settore persiste da alcuni anni e si è acuita nel periodo più recente, oltreché per i meccanismi opachi di formazione dei prezzi all'origine, sui quali abbiamo già interrogato i Ministri, anche per l'aumento incontrollato dei costi di produzione;
   l'inflazione da costo dei mangimi rappresenta la voce principale del costo di produzione di un allevatore di conigli;
   a partire dal 2010 il trend di aumento dei mangimi, ha avuto infatti un aumento eccessivo pari ad oltre il 30 per cento non giustificato da un parallelo aumento delle materie prime;
   i dati indicano che mentre fino al 2006 gli allevatori cunicoli sono riusciti a recuperare i costi, dal 2007 ciò non è più avvenuto per la concomitante presenza dell'inflazione da costi (in particolare l'aumento del prezzo del mangime che, a causa della crescita dei prezzi dei cereali, ha registrato un balzo sostanziale), e la caduta dei prezzi del coniglio vivo, per la quale occorre ancora fornire una spiegazione economica plausibile;
   gli aumenti sarebbero intervenuti nonostante l'indice Ismea, più recente, del costo dei mangimi pubblicato sul Report cunicolo del 18 aprile 2014, evidenzi un andamento costante dal gennaio a novembre 2013 ed un calo del 1 per cento a dicembre 2013 su base sia tendenziale che congiunturale;
   sempre secondo i dati Ismea da dicembre 2013 a febbraio 2014 la situazione risulta stazionaria e non presenta aumenti delle materie prime, anzi a febbraio la variazione tendenziale degli indicatori di costo di produzione del mangime rispetto all'anno precedente risulterebbe addirittura in calo dello -0,5 per cento, mentre la variazione congiunturale risulterebbe stabile (0,0 per cento);
   pur tuttavia l'associazione Anlac riferisce che gli industriali hanno annunciato nuovi aumenti in questa settimana di aprile con allineamenti sospetti non giustificati da incrementi apprezzabili sul mercato delle materie prime;
   i produttori di mangimi sono aziende di grandi dimensioni, molte sono filiali di multinazionali, quasi tutte associate ad Assalzoo. In generale le imprese del settore producono mangime per varie tipologie di allevamenti di bestiame, ma molte di queste, essendo verticalmente integrate, agiscono sia sul mercato del mangime che nel connesso mercato delle carni vive e della trasformazione;
   gli allevatori denunciano l'impossibilità di assorbire la crescita dei costi di produzione, che in dieci anni, dal 2004 al 2014, hanno subito un incremento spropositato del 50 per cento pari ad oltre 10 euro a quintale di mangime; così mentre l'industria di macellazione, l'industria mangimistica, i grossisti e la distribuzione continuano a determinare la maggior parte della struttura del valore aggiunto e ad accumulare profitti, anche grazie ai proventi delle pelli, agli allevatori è preclusa la possibilità d'incrementare i prezzi all'origine dei loro prodotti e di sopravvivere –:
   se non ritenga opportuno attivare con la massima urgenza un tavolo interministeriale per concertare meccanismi di ripartizione equi del valore aggiunto lungo la filiera, visto il danno economico e sociale che si sta profilando per il settore ed in particolare per i produttori;
   se non ritenga opportuno acquisire i dati economici di produzione e vendita di mangime per conigli dal 2007 ad oggi da parte di tutte le aziende associate Assalzoo, al fine di capire quali aziende della filiera hanno tratto vantaggi in tutti questi anni nel mercato delle carni e in quello connesso dei mangimi e quali ci hanno rimesso. (4-04575)


   MASSIMILIANO BERNINI, DELLA VALLE, VIGNAROLI, PETRAROLI, BENEDETTI, L'ABBATE, GAGNARLI e TOFALO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'ape è un insetto prònubo che svolge un importantissimo ruolo riguardo il mantenimento della bio-diversità vegetale, sia tra le piante coltivate che quelle spontanee;
   il continuo contatto con l'ambiente che caratterizza l'operato delle api che svolgono attività bottinatrice, favorisce l'accumulo all'interno dell'alveare delle sostanze con le quali le api stesse entrano in contatto, rendendo l'alveare una preziosa fonte di informazioni circa la presenza di sostanze inquinanti;
   secondo un recente allarmante rapporto di Greenpeace, in tutta Europa il polline con il quale entrano in contatto le api è altamente inquinato da un «pesante cocktail di pesticidi tossici» tra i quali molti neonicotinoidi;
   alla luce di quanto riscontrato dal nuovo rapporto sulla contaminazione del polline, Greenpeace invita la Commissione europea e i Governi nazionali a vietare completamente l'utilizzo dei pesticidi clothianidin, imidacloprid, thiamethoxam e fipronil, attualmente sottoposti a un divieto temporaneo e a vietare gli altri pesticidi dannosi per api e altri impollinatori (compresi clorpirifos, cipermetrina e deltametrina);
   l'11 febbraio 2014, con primo firmatario deputato Bernini Massimiliano, è stata depositata una proposta di legge A.C. 2069 «concernente la disciplina dell'uso dei fitofarmaci nell'apicoltura» dove si vietano, in qualunque periodo dell'anno, i trattamenti antiparassitari condotti con l'utilizzo di prodotti fitosanitari ed erbicidi a base di neonicotinoidi –:
   se sia al corrente del rapporto pubblicato da Greenpeace e quali misure urgenti siano in programma per ovviare al pericolo ambientale provocato dall'utilizzo dei pesticidi. (4-04579)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO, GELLI e ANZALDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministero della salute n. 72 del 27 marzo 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 72 del 2014 si è provveduto ad alcune modifiche all'attuale classificazione, in termini di rimborsabilità dei farmaci attualmente presenti sul mercato italiano attuando una scrematura della fascia A, ovvero di tutti i farmaci totalmente rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, e dirottando molti medicinali nella fascia C, ovvero con costi totalmente a carico dei pazienti;
   in quest'ultima fascia sono quindi classificati tutti quei prodotti i cui costi pesano interamente sul consumatore e non necessitano di prescrizione tranne per antidolorifici, antinfiammatori, ansiolitici, antipsicotici, antidepressivi, anoressanti, dove è previsto l'obbligo di ricetta;
   con questa nuova classificazione guarire da malattie croniche adesso ha un prezzo e anche elevato;
   tra le tipologie che passano dalla fascia A a quella C e quindi a pagamento risultano per principio attivo: Bamifillina cloridrato per la cura di asma bronchiale e malattie polmonari, anche per uso pediatrico; cabergolina, per la cura di disturbi gastrici quali gastrite, ulcera e esofagite; diidroergotamica per le terapie dell'emicrania e delle cefalee, vertigini, insufficienza venosa cronica degli arti inferiori; dinoprostone Prostin E2 per l'induzione al parto, in caso di diabete, ipertensione, rottura delle membrane, gravidanza oltre termine e morte endouterina del feto; Metergolina Liserdol per il trattamento delle amenorree iperprolattinemiche e di emicranie e cefalee vascolari. Pergolide Neopar, Pergolide, Pergolide mylan generics indicati per i sintomi del morbo di Parkinson; Temporfin Foscan indicato per il trattamento palliativo del carcinoma a cellule squamose della testa e del collo, un tipo di tumore che parte dalle cellule che rivestono la bocca, il naso, la gola o l'orecchio in fase avanzata;
   come si evince dalla lista si tratta di farmaci, come il Temporfin Foscan che riguardano anche patologie severe o croniche –:
   con quali criteri sia stata redatta la nuova lista dei farmaci inseriti in fascia C e quindi a totale carico del paziente e se non ritenga opportuno modificarla al fine di reinserire in fascia A farmaci come Neopar, Pergolide, mylan generics, curativi dei sintomi del morbo di Parkinson, o Temoporfin, farmaco palliativo per pazienti affetti da carcinoma a cellule squamose della testa e del collo. (5-02672)

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. —Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   «L'Assemblea Parlamentare (del Consiglio d'Europa) ha ripetutamente sottolineato l'importanza dell'impegno degli Stati membri a preservare l'ambiente e la salute umana dai rischi ambientali» (Risoluzione dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa 1815 del 27 maggio 2011);
   «La telefonia mobile è diventata comune nel mondo. Questa tecnologia wireless (senza fili) che si basa su una rete estesa di antenne fisse, o stazioni base, trasmette l'informazione mediante segnali a radiofrequenza. Nel mondo esistono più di 1.400.000 stazioni base ed il numero sta crescendo significativamente con l'introduzione della tecnologia di terza generazione. Altre reti wireless che consentono accesso e servizi con internet ad alta velocità, come reti wireless locali, sono comunemente in crescita nelle abitazioni, uffici e in molte aree pubbliche (aeroporti, scuole, aree residenziali ed urbane). Man mano che il numero delle stazioni base e delle reti wireless locali aumenta, aumenta anche l'esposizione della popolazione alla radiofrequenza»;
   «[...] determinate onde ad alta frequenza usate nel campo dei radar, telecomunicazioni o telefonia mobile, sembrano avere [...] effetti biologici su piante, insetti e animali come sul corpo umano [...]»;
   con provvedimento del 31 maggio 2011, n. 208, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul Cancro dell'organizzazione mondiale della sanità, ha inserito i campi di radiofrequenza elettromagnetica nel «Gruppo 2B», classificandoli come «agenti possibilmente cancerogeni per l'uomo»;
   «Alla luce delle considerazioni di cui sopra, l'Assemblea raccomanda che gli Stati membri del Consiglio d'Europa»: «intraprendano tutte le ragionevoli misure per ridurre l'esposizione ai [campi elettromagnetici]»; «riconsiderino le basi scientifiche per gli attuali standards di esposizione ai [campi elettromagnetici] fissati dall[a Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti]; «fissino soglie preventive per l'esposizione a lungo termine alle microonde e in tutte le zone all'interno (indoor), in accordo con il Principio di Precauzione, che non superino gli 0,6 Volt/metro e nel medio termine ridurre questo valore a 0,2 V/m»;
   ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003, i valori massimi di esposizione ai campi elettromagnetici sono di 6 Volt/metro;
   quindi, i limiti di esposizione in Italia sono ben 30 volte superiori ai limiti che l'Europa ci chiede di rispettare; in effetti, questa normativa e la presenza di ponti radio di telefonia mobile in luoghi urbani, fanno sì che il valore di sicurezza sia abbondantemente superato nelle case dei cittadini che disgraziatamente si trovano vicine a queste antenne, con danni sulla salute come espresso dall'OMS;
   secondo il report sulle misure dei campi elettromagnetici in località Ravagnese nel comune di Reggio Calabria, i risultati delle misure effettuate nel corso degli anni 2008 e 2011 presso gli impianti a radiofrequenza nell'area di Ravagnese-Saracinello sono inferiori ai limiti di esposizione italiani, ma di 10 volte superiori a quelli europei –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, in concorso con gli enti territoriali locali e con le forze sociali, per recepire le raccomandazioni di cui alla risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa 1815 del 27 maggio 2011 e adottare ogni altra misura necessaria a prevenire e ridurre il rischio dei possibili effetti nocivi dei campi elettromagnetici sull'ambiente e sulla salute umana, a cominciare dall'abbassamento dei limiti di esposizione a tali campi e dallo spostamento delle antenne fisse dai centri urbani. (4-04574)