Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 16 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    già nel 1970 il Consiglio d'Europa collocava il tema del risarcimento delle vittime dei reati violenti nel suo programma di lavoro, finché, dopo un lungo itinerario, nel 1983 adottò apposita convenzione, che veniva aperta alla firma degli Stati membri il 24 novembre dello stesso anno;
    tale convenzione voleva costituire lo strumento giuridico primario volto ad introdurre e a sviluppare, mediante disposizioni di minima e regimi di risarcimento da parte dello Stato, precipue disposizioni al fine di assicurare alle vittime idonea assistenza e tutela;
    la ratifica a livello europeo della convenzione di cui sopra è stata fatta dalla maggior parte degli Stati membri dell'Unione Europea, da Paesi come la Francia, la Svizzera, la Germania, la Danimarca, il Lussemburgo e il Belgio, mentre l'Italia non ha ancora provveduto a ratificarla né a firmarla;
    la convenzione europea, peraltro ancora aperta alla firma degli Stati, obbliga le parti a prevedere nelle loro legislazioni o pratiche amministrative un sistema di compensazione per risarcire, con fondi pubblici, le vittime di infrazioni violente e dolose che abbiano causato gravi lesioni corporali o la morte e, oltre ad individuare le previsioni minime che devono essere contenute in tale sistema, indica i danni che devono necessariamente essere risarciti, quali il mancato guadagno subito da una persona immobilizzata in seguito alla lesione, le spese mediche, le spese di ospedalizzazione, le spese funebri e, in caso di persone a carico, la perdita di alimenti;
    un ulteriore stimolo al riconoscimento della posizione della vittima come soggetto debole meritevole di una particolare tutela giuridica, sia nel sistema di diritto sostanziale che in quello di diritto processuale, è venuto successivamente da una serie di interventi normativi a livello europeo, come la decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001, adottata dal Consiglio dell'Unione europea, poi sostituita dalla direttiva 2012/29/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012;
    con riguardo alla legislazione nazionale italiana, pur avendo dimostrato nel corso di questi ultimi decenni di non essere insensibile alla tematica del risarcimento del danno da reato, tanto che è venuto sempre più intensificando un sistema di misure e forme di assistenza, sostegno e informazione a favore di alcune vittime di specifici illeciti, in particolare del terrorismo e della criminalità organizzata, è però venuta sempre più maturando anche l'esigenza di farsi carico dell'assistenza alle vittime dei reati intenzionali violenti diversi da quelli specifici già regolamentati dallo Stato;
    oggi, sul piano generale, il quadro complessivo dei risarcimenti, del pagamento delle spese processuali e delle tutele a favore delle vittime dei reati risulta tutt'altro che rassicurante, a causa delle sempre più numerose ipotesi di autori di reato rimasti ignoti o comunque insolvibili, della progressiva riduzione dell'accesso alla giustizia prodotta dalla recente riforma della geografia giudiziaria e, da ultimo, delle decurtazioni dei compensi dei legali operanti in regime di gratuito patrocinio (del 50 per cento in materia penale e del 33 per cento per tutte le materie) operate dall'attuale Governo;
    la tutela delle vittime di reato deve essere garantita sia nell'ambito del procedimento giudiziario sia al di fuori dell'ambito processuale, in particolare mediante opportune e qualificate forme di supporto psicologico e idonee attività di assistenza, assicurando adeguata formazione agli operatori;
    di fronte alle carenze dell'attuale sistema, per quanto riguarda il supporto e l'assistenza sia psicologica che economica a favore delle vittime, la sensazione di abbandono avvertita da chi ha subito un reato viene acuita dalla progressiva concentrazione di attenzione verso la personalità e gli interessi dell'autore del reato e dal talora mortificante raffronto, specie per le vittime traumatizzate in massimo grado, con il dispendio di risorse e di energie provocato dalle varie forme di protezione previste a favore di coloro che collaborano con la giustizia, dopo averla offesa;
    l'attenzione giuridica e mediatica che si riserva all'autore del reato rende la vittima di nuovo violata, fino ad arrivare al paradosso di assistere all'arricchimento del reo grazie al racconto romanzato, attraverso trasposizioni letterarie o cinematografiche, delle gesta del criminale che ha causato loro tanto dolore, e alla sua repentina liberazione perché chi ha commesso il reato non sconterà alcuna pena carceraria o al massimo, e nella migliore delle ipotesi, tornerà a breve libero grazie a qualche provvedimento che ne disporrà la detenzione domiciliare o qualche sconto di pena;
    è notorio che la vittima di un crimine violento subisce, oltre all'intuibile e meglio quantificabile danno fisico o materiale prodotto dal reato (cosiddetto danno primario), anche un danno cosiddetto secondario, se percepisce un atteggiamento negativo o indifferente da parte delle istituzioni o della società;
    pertanto, è altresì notorio che la tutela delle vittime di reato è strettamente connessa al principio della certezza della pena, soprattutto per quanto riguarda i reati violenti;
    l'adeguato risarcimento del danno o le forme di supporto devono necessariamente accompagnarsi alla certezza per la vittima che il responsabile del reato sconterà interamente ed effettivamente la pena prevista dall’ ordinamento, poiché in difetto verrà ulteriormente aggravato il cosiddetto danno secondario, determinando un clima di diffidenza e di distacco nei confronti delle istituzioni, percepite come lontane e indifferenti, e la cui manifestazione più evidente è la sfiducia nei confronti dello Stato che finisce per rendere più vulnerabili le vittime stesse;
    pertanto, qualunque provvedimento che preveda benefici o sconti di pena a favore di chi ha commesso un crimine contrasta con il principio della certezza della pena, nonché con ogni intendimento dichiarato di voler tutelare le vittime dei reati;
    i provvedimenti adottati dall'attuale maggioranza in tema di giustizia e sicurezza vanno, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nella direzione diametralmente opposta, non tenendo in alcuna considerazione la vittima del reato, dispongono una serie di misure e benefici a solo vantaggio del reo;
    tali provvedimenti veicolano un messaggio, oltre che in completo contrasto con i dichiarati intendimenti di tutela delle vittime dei reati, altresì estremamente pericoloso, tale per cui si induce alla convinzione generalizzata che commettere reati, ed in particolare reati di grave allarme sociale, oltre a reati particolarmente gravi, non comporterà, nei fatti, l'applicazione di una sanzione penale ed il reato, anzi, potrà essere estinto, per cui colui che si dovrebbe tutelare, cioè la vittima, non potrà nemmeno chiedere giustizia né alcun risarcimento del danno subito;
    la proposta di legge A.C. 331-927-B (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili) approvata definitivamente pochi giorni fa dalla stessa Camera, eccetto che dal gruppo Lega Nord Autonomie, attraverso i due istituti della detenzione non carceraria (o meglio della pena della reclusione e arresto unicamente domiciliare) per reati fino a 5 anni di reclusione – per cui la pena detentiva del carcere non verrà applicata – e della sospensione del procedimento con la messa alla prova (per reati fino a 4 anni di reclusione oltre a reati di grave allarme sociale come il furto aggravato), garantisce al reo l'impunità per legge, dimenticandosi totalmente della vittima;
    tale provvedimento è l'ultimo di una lunga serie di disposizioni normative che negli ultimi due anni sono state approvate da questo stesso Parlamento, ad eccezione del gruppo Lega Nord Autonomie che è stata l'unica forza politica a votare contro, che hanno disposto benefici a favore solo degli autori dei reati: dal decreto-legge «Severino» 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9, recante «Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri», al decreto-legge «Cancellieri», 1o luglio 2013, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94, recante «Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena», alla legge 21 febbraio 2014 n. 10, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante «Misure urgenti in tema dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria»;
    tra le misure adottate a favore di chi delinque occorre, in particolare, ricordare l'innalzamento dello «sconto» per la liberazione anticipata, previsto dalla legge n. 10 del 2014, che ha portato gli attuali 45 giorni a 75 giorni «scontati» a semestre, il quale, anche per l'effetto retroattivo dal 1o gennaio 2010 ha comportato uno sconto di pena di ben 280 giorni a chi era già stato condannato e, per il fatto di essere applicabile a tutti i detenuti costituisce ad avviso dei firmatari del presente atto un vero e proprio indulto mascherato permanente;
    nel corso del dibattito parlamentare, nemmeno nelle relazioni di maggioranza, una sola parola è stata spesa per le vittime dei reati da parte delle forze politiche di maggioranza, le quali hanno appoggiato e sostenuto questi provvedimenti;
    con tali provvedimenti si è data attenzione unicamente ed esclusivamente a coloro che commettono i reati e si è lasciata senza tutela la persona offesa del reato, mentre invece l'attenzione deve essere indirizzata solo ed unicamente verso chi subisce ed è vittima di un reato;
    alla luce dell'aumento esponenziale della microcriminalità registrata negli ultimi anni ed a scopo preventivo, ossia per evitare che vi siano sempre più future vittime di reati, occorre procedere a maggiori investimenti a favore del comparto sicurezza e delle forze dell'ordine e non invece disporre la soppressione di ben 267 presidi di polizia sul territorio, come recentemente annunciato da esponenti dell'attuale Governo;
    sono stati presentati in Parlamento e sono ancora in attesa di essere esaminati provvedimenti recanti norme a protezione e sostegno delle vittime di reati,

impegna il Governo:

   a sottoscrivere la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, del Consiglio d'Europa del 24 novembre 1983, e ad assumere le iniziative di competenza per la ratifica nel più breve tempo possibile, al fine di risponde all'esigenza di fornire adeguato supporto e idonea assistenza alle vittime dei reati;
   ad assicurare la piena centralità processuale della vittima mediante le iniziative legislative, regolamentari e amministrative necessarie, nonché a garantire l'aumento delle risorse destinate al gratuito patrocinio a favore delle vittime dei reati e adeguati investimenti per l'assistenza legale, la formazione professionale delle forze dell'ordine e il potenziamento del sistema di supporto psicologico alle vittime;
   a prevedere, anche con iniziative normative d'urgenza, l'inapplicabilità del rito cosiddetto abbreviato per tutti quei reati per i quali l'ordinamento prevede la pena dell'ergastolo e/o per tutti quei reati di competenza della corte di assise;
   a garantire il pieno rispetto del principio della certezza della pena e, in particolare, a non adottare alcuna iniziativa che disponga sconti di pena o benefici a favore di chi è stato condannato per reati di grave allarme sociale;
   a garantire la piena operatività dei presidi di polizia attualmente operanti sul territorio nazionale, rinunciando a qualsiasi piano di soppressione che ridurrebbe sensibilmente le capacità delle forze dell'ordine nel campo della prevenzione e del contrasto alla criminalità e, altresì, a potenziare il comparto sicurezza in termini di nuove risorse sia strumentali che di personale.
(1-00434) «Molteni, Attaguile, Allasia, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Cristian Invernizzi, Marcolin, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e VIII,
   premesso che:
    riguardo all'emergenza abitativa la situazione sociale è sempre più esplosiva. L'ultimo dato ufficiale, dimostra che nei primi sei mesi del 2013 vi sono state circa 40 mila sentenze di sfratto, un numero che equivale più o meno all'intero ammontare degli sfratti emessi in tutto il 2007 e si giunge a un numero di sfratti (tra quelli in esecuzione e quelli nuovi) che raggiungerà nel 2015 la cifra di circa 400 mila sfratti esecutivi pendenti. Degli sfratti complessivi, il 90 per cento sono dovuti alla morosità;
    nel nostro Paese ormai circa il 78 per cento delle famiglie è proprietario di case, ma nonostante questo la crisi economica e sociale sta aggravando in maniera insostenibile l'emergenza abitativa, con oltre 430.000 famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui. Una situazione di vero allarme sociale che riguarda tutto il Paese, anche se con situazioni di vera e propria emergenza per le grandi aree urbane. Un'emergenza che coinvolge anche migliaia di famiglie che occupano le case degli enti previdenziali;
    l'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, ha istituito un Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli. Le risorse del Fondo possono essere utilizzate nei Comuni ad alta tensione abitativa che abbiano avviato bandi o altre procedure amministrative per l'erogazione di contributi in favore di inquilini morosi incolpevoli;
    a distanza di molti mesi, tutto è fermo, in quanto il previsto decreto attuativo che doveva provvedere a ripartire le risorse del Fondo tra le regioni, non è ancora stato emanato;
    le risorse assegnate complessivamente a detto Fondo, si confermano del tutto insufficienti a risolvere le morosità incolpevoli;
    accanto a interventi volti a dare una prima risposta alla morosità incolpevole, va sottolineata la necessità di prevedere interventi a favore di proprietari di immobili sottoposti ad aste giudiziarie per insolvenza sui mutui per la prima casa, a causa di difficoltà temporanee nel pagamento delle rate dei medesimi mutui;
    riguardo al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dall'articolo 11 della legge n. 431 del 1998, ricordiamo che esso consente una integrazione economica per quella famiglie con redditi bassi. Attraverso questo fondo, i comuni erogano i contributi direttamente alle famiglie disagiate per poter pagare canoni spesso incompatibili con il reddito percepito, per quanto rifinanziato con recenti interventi del Governo, continua a essere del tutto non adeguato alle necessità, e ha una dotazione nettamente inferiore a quella che aveva solo fino a qualche anno fa. Basti pensare che alla sua creazione, nel 1998, il fondo sociale per gli affitti era finanziato dallo Stato con uno stanziamento equivalente a circa 300 milioni di euro (con una situazione economica e sociale del tutto differente e un fenomeno degli sfratti incomparabilmente più attenuato), e l'ultima finanziaria Prodi stanziava oltre 205 milioni di euro;
    per quanto concerne la c.d. «cedolare secca», introdotta dal decreto legislativo n. 23 del 2011, è uno strumento che ha deluso le aspettative di quanti, Stato ed Enti territoriali, confidavano in esso per far emergere il mercato illecito degli affitti, e che non solo non ha determinato quel recupero significativo dell'evasione fiscale che rappresentava uno dei suoi presupposti, ma ha anche comportato enormi perdite di gettito. Infatti in base ai dati indicati nel Bollettino delle entrate tributarie, il gettito della cedolare secca è risultato pari a 675 milioni di euro nel 2011 (a fronte di un gettito atteso in termini di competenza pari a 3.194 milioni), e pari a 1.020 milioni di euro nel 2012 (a fronte di un gettito atteso per lo stesso anno pari a 3.558 milioni): risultati finanziari che dimostrano che chi praticava il mercato sommerso degli affitti ha continuato a farlo;
    seppure si è provveduto ad aumentare il differenziale tra la cedolare secca per i contratti a canone concordato e quella prevista per i contratti liberi, risulta auspicabile prevedere detta cedolare unicamente per i contratti a canone concordato, al fine di contribuire in maniera efficace a calmierare il mercato delle locazioni;
    a rendere ancora più acuta la crisi abitativa, contribuisce il forte squilibrio del mercato degli affitti che vede ancora oggi un rapporto di un alloggio affittato a canone concordato, a fronte di quasi sei alloggi locati a mercato libero; con tutto quello che ne consegue in termini di condizioni di affitto spesso proibitivi per moltissime famiglie;
    nel complesso le misure del Governo per affrontare e dare una soluzione all'emergenza abitativa si confermano assolutamente insufficienti e insoddisfacenti, le risorse sono poche e non in grado di avviare politiche sulla casa credibili ed efficaci;
    siamo purtroppo il Paese che porta la maglia nera nella produzione di edilizia residenziale pubblica, di edilizia a fini sociali, che corrisponde a circa l'1 per cento della produzione edilizia totale;
    l'obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di dare una casa a chi non può permetterselo. Serve un reale e serio piano di edilizia popolare (sono 650 mila le istanze per una casa popolare certificate come aventi diritto dai comuni a cui oggi non si può dare risposta);
   è indispensabile una ricognizione del patrimonio abitativo sfitto o inutilizzato e la sua messa a disposizione dei comuni, intervenendo immediatamente per dare una prima efficace risposta all'emergenza e alla disperazione di molte famiglie;
    vale peraltro la pena sottolineare che attualmente sono tra i 20 mila e 30 mila alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP) non assegnabili perché necessitano di essere risanati, e che potrebbero essere recuperati;
    le risorse che possono essere liberate per dare una prima significativa risposta all'emergenza abitativa, sono rinvenibili sia dai Fondi Gescal ancora disponibili, la cui cifra si aggirerebbe intorno al miliardo di euro, che dai ben più consistenti Fondi europei che possono essere dirottati verso le politiche abitative;
    un ulteriore aspetto che rischia di avere conseguenze drammatiche per centinaia di migliaia di inquilini, in una fase in cui gli effetti della crisi economica e dell'emergenza abitativa sono pesantissimi per una fascia sempre più ampia della popolazione, è legato alla sentenza della Corte costituzionale del 14 marzo 2014, che ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che prevedeva vantaggi per i locatari che registravano contratti di affitto in nero;
    la motivazione della sentenza risiede in un eccesso di delega: i contenuti del decreto legislativo 23 del 2011, sono andati oltre i principi e criteri direttivi fissati nella legge delega, violando l'articolo 76 della Costituzione;
    la Consulta ha dichiarato incostituzionale la disposizione che riguarda la cedolare secca sui contratti di locazione, in particolare i due commi 8 e 9, che stabilivano, dei vantaggi per l'inquilino che procedeva alla registrazione nei casi in cui il contratto d'affitto non era stato registrato entro il termine previsto dalla legge; quando in esso era indicato un importo inferiore a quello reale; o quando, al posto di un contratto di locazione, era stato registrato un finto comodato gratuito;
    detti vantaggi consistevano nel fissare la durata della locazione in quattro anni più quattro, a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d'ufficio, e nel ridurre il canone annuo in misura pari al triplo della rendita catastale (importo che in genere è del 70-80 per cento inferiore ai valori di mercato);
    la sentenza della Corte Costituzionale ha effetto retroattivo, e conseguentemente diventano nulli i contratti che sono stati registrati dagli inquilini o dai funzionari del Fisco a partire dal 6 giugno 2011;
    in Italia sono potenzialmente 500 mila i contratti irregolari che dal 2011 ad oggi potrebbero aver registrato il contratto di locazione in nero, così imponendo ai proprietari di subire la drastica riduzione del canone. Oggi tutte queste persone, almeno uno o due milioni di soggetti, potrebbero essere costrette a pagare ai proprietari, con gli interessi, la parte di canone che hanno risparmiato;
    lo  Stato, con le suddette norme approvate, ha messo in condizione gli inquilini di vedersi garantiti nel denunciare in qualche modo i proprietari che affittavano abitazioni senza registrare il contratto d'affitto e quindi evadendo le tasse dovute. La materia delle locazioni è infatti tra quelle più esposte all'evasione fiscale, considerata la diffusa prassi delle cosiddette locazioni «in nero»;
    il 21 marzo 2014, il Sottosegretario Del Basso de Caro, rispondendo a un'interpellanza urgente sugli effetti della suddetta sentenza – presentata da una delle firmatarie del presente atto di indirizzo – con riferimento ai soggetti potenzialmente interessati dagli effetti della suddetta sentenza, dichiarava che «i dati richiesti non sono immediatamente desumibili dalle banche dati dell'Agenzia delle entrate (....). Si rappresenta, pertanto, che pur dando massima priorità alla richiesta, tenuto conto dei tempi tecnici di realizzazione della procedura informatica, i dati potranno essere disponibili non prima del 15 aprile 2014»,

impegnano il Governo:

   a incrementare le risorse finanziarie a favore del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, prevedendo contestualmente opportune risorse destinate a favore di proprietari di immobili sottoposti ad aste giudiziarie per insolvenza sui mutui per la prima casa, a causa di difficoltà temporanee nel pagamento delle rate dei medesimi mutui;
   a prevedere una moratoria degli sfratti, a cominciare dalle categorie più disagiate, nonché il blocco degli sfratti per gli alloggi di proprietà degli enti pubblici e privatizzati, in attesa che si proceda al riordino normativo delle dismissioni degli immobili di quest'ultimi;
   a prendere in considerazione l'azzeramento o perlomeno la riduzione della tassazione sulla seconda casa per i proprietari che rinnovano il contratto alle famiglie con sfratto esecutivo, al cinquanta per cento in meno del canone, finanziando detto trattamento fiscale di favore anche attraverso una aliquota IMU ordinaria raddoppiata per le unità immobiliari a uso residenziale a partire dalla terza abitazione di proprietà da almeno due anni inutilizzata ovvero non locata con contratto scritto e registrato;
   a modificare la disciplina dell'imposta c.d. «cedolare secca», prevedendone l'abrogazione per i contratti di locazione a canone libero, mantenendola al 10 per cento per i soli contratti a canone concordato, anche al fine di incentivare il ricorso a tale tipologia di contratti, in grado di contribuire a calmierare il mercato delle locazioni, o in subordine ad aumentare dal 21 al 23 per cento la cedolare secca per i soli contratti a canone libero, destinando i conseguenti maggiori introiti stimati in circa 100 milioni di euro l'anno, per l'edilizia residenziale pubblica;
   ad attivarsi perché vengano convocate, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 4, comma 1 della legge n. 431 del 1998 e s.m.i., le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale, al fine di aggiornare la Convenzione nazionale e consentire il rinnovo degli accordi da definire in sede locale relativamente agli affitti concordati;
   a escludere dal patto di stabilità delle regioni gli investimenti e i contributi dati ai comuni o alle società di edilizia residenziale pubblica per interventi concernenti le politiche abitative;
   a prevedere che tutti gli immobili pubblici di enti e società partecipate in dismissione, prima di essere messe in vendita attraverso gare, siano offerte ai comuni e alle regioni al prezzo stabilito attraverso i parametri OMI al fine di poterle trasformare in abitazioni pubbliche;
   a finalizzare una quota importante dei Fondi strutturali 2014-2020 a favore di una politica abitativa che recuperi le forti differenze tra il nostro Paese e gli altri Stati membri, in termini di alloggi popolari e di edilizia residenziale pubblica;
   a favorire il recupero e il riuso del patrimonio pubblico inutilizzato, con particolare riferimento alla sua trasformazione in residenza sociale, prevedendo a tal fine la possibilità di superare la procedura di variante urbanistica approvando, nel rispetto degli standard urbanistici, il progetto come fosse un'opera pubblica;
   a comunicare il numero dei soggetti potenzialmente interessati dalla suddetta sentenza della Corte Costituzionale, e a fornire conseguentemente una stima complessiva del danno che rischia di mettere sul lastrico centinaia di migliaia di inquilini;
    a prevedere immediate iniziative volte a evitare che i pesanti effetti della suddetta sentenza non ricadano su centinaia di migliaia di inquilini che, senza alcuna responsabilità, rischiano di pagare per colpe riconducibili a norme varate nel 2011 dal Governo Berlusconi, valutando in particolare la possibilità di istituire un apposito Fondo finalizzato a sostenere gli oneri che attualmente sarebbero solo a carico dei suddetti inquilini.
(7-00344) «Lavagno, Piazzoni, Zan, Paglia, Zaratti, Pellegrino, Nardi, Di Salvo».


   La Commissione VII,
   premesso che:
    l'insegnamento e la pratica dell'educazione fisica, se rapportato agli altri Paesi europei, ha in Italia radici relativamente recenti, precisamente con la legge 13 novembre 1859, n. 3725, universalmente conosciuta come «legge Casati», prima legge organica della scuola italiana, con la quale viene introdotta la ginnastica quale disciplina di insegnamento;
    solo nel 1878 il Ministro De Sanctis, con la legge 7 luglio 1878, n. 4442, ha dato una impostazione logica alle frammentarie disposizioni legislative sino ad allora emanate per regolare l'ordinamento, i mezzi, i programmi e gli insegnanti necessari per impartire un corretto insegnamento della disciplina. Con questa legge si è reso finalmente obbligatorio l'insegnamento della ginnastica «educativa» nelle scuole secondarie, normali, magistrali ed elementari. Nello stesso anno il Ministro della pubblica istruzione, Martini, ha nominato una commissione per lo studio di un programma di insegnamento dell'educazione fisica. La vera innovazione stava nell'aver sostituito, per la prima volta in maniera ufficiale, le parole «educazione fisica» al termine «ginnastica». Fu con la legge 26 dicembre 1909, n. 805, nota come «legge Daneo», che si giunse all'approvazione di una normativa organica sull'educazione fisica in Italia. Con tale legge venne stabilita l'obbligatorietà, per gli alunni, di uno specifico corso di educazione fisica in ogni scuola pubblica, primaria o media, maschile, o femminile. La legge Daneo-Credaro ha regolato l'insegnamento dell'educazione fisica sino alla riforma Gentile del 1923;
    dal 1943 al 1958 si è proceduto per circolari: lo sport era solo tollerato, ma almeno si riprende a formare i quadri docenti;
    la legge n. 88 del 1958 è stata la prima legge che ha disciplinato compiutamente l'organizzazione dell'insegnamento, ha previsto gli impianti e le attrezzature ginnico-sportive necessari, ha fissato l'organizzazione dei servizi centrali e periferici; il ruolo organico degli insegnanti; la carriera degli stessi; gli esami per le abilitazioni e i concorsi; gli istituti competenti per il rilascio dei diplomi riconosciuti per poter accedere all'insegnamento dell'educazione fisica e il loro corso di studi; la durata dei corsi stessi;
    una novità è stata la creazione dei «Gruppi sportivi scolastici»: già previsti dalla circolare n. 154555 del 19 ottobre 1950, regolati in modo sommario dall'ordinanza ministeriale del 18 novembre 1954, integrata dalla circolare n. 9 del 20 ottobre 1955, essi trovarono una propria esauriente disciplina nell'ordinanza 22 novembre 1961, «Ordinamento dell'attività sportiva scolastica». Il primo articolo di quest'ordinanza recita testualmente: «L'attività sportiva scolastica ha il fine di interessare i giovani all'esercizio fisico, come fonte di salute e di sana ricreazione; d'infondere, anche mediante adeguate competizioni, la consapevolezza delle proprie possibilità, il senso della lealtà e della cooperazione; di concorrere alla formazione del carattere e della personalità dei giovani»;
    nel 1968 nascono i Giochi della gioventù aventi il compito di diffondere il senso civico dello sport, attirando su di esso le varie componenti sociali. Quindi, oltre alla formazione di una coscienza sportiva, essi si ripromettevano di favorire indirettamente l'ampliamento della dotazione nazionale di impianti e la formazione di nuovi dirigenti e preparatori sportivi. Pensati per la scuola, accanto alle semplici componenti sportive, i Giochi avevano affiancato ai loro programmi una serie di iniziative culturali. I Giochi, se non erano «l'attività sportiva scolastica» tout court, rappresentavano, in ogni caso, uno straordinario veicolo promozionale per avvicinare i giovani scolari e studenti alla pratica dello sport;
    l'indubbio frutto dei Giochi della gioventù fu, tra gli altri, che anche in Italia si pose la necessità di dotare comuni e province di impianti sportivi adeguati; si iniziò a parlare di pianificazione sportiva e non solo di persona-spettatore ma anche di persona-atleta;
    nel 1999 il Ministero della pubblica istruzione ha dato vita al «Programma Perseus» con il quale si pone come obiettivo strategico un intervento pluriennale per la valorizzazione dell'educazione motoria, fisica e sportiva nella scuola. Deve ritenersi fondamentale lo stretto legame intercorrente tra educazione motoria, fisica e sportiva, gioco e sport, nel senso di una chiara continuità delle attività motorie in tutto il curriculum scolastico. L'attività sportiva scolastica vuole essere idonea ad affermare valori che non appartengono esclusivamente al mondo sportivo e rappresenta uno strumento per restituire allo sport il posto ad esso spettante nella società;
    lo sport a scuola costituisce dunque ormai – da decenni – un argomento di dibattito costante, sia in ambito scolastico, sia in quello sportivo;
    tuttavia, mentre in Italia non è possibile che uno studente del liceo frequenti il gruppo sportivo dell'istituto tecnico o dell'istituto magistrale, in Francia questo «scambio» studentesco, per quanto riguarda l'avvicinamento allo sport, diventa possibile ed è anzi la regola. Ciò consente, inoltre, alle scuole di possedere particolari attrezzature e di utilizzarle a tempo pieno, e nello stesso tempo permette una diffusione sportiva assolutamente capillare. Il vero vantaggio dell'associazionismo scolastico francese risiede nel fatto che un pomeriggio alla settimana viene riservato esclusivamente alle manifestazioni sportive: siano esse gare di atletica leggera, siano manifestazioni di sport di squadra, in nessuna scuola francese, in quel pomeriggio, si tengono lezioni, per cui qualsiasi istituto può organizzare, insieme alle altre scuole della zona, l'attività sportiva. In pratica ogni istituto, in base alle capacità tecniche dei propri studenti e in base anche alle proprie disponibilità economiche, compete con gli altri, attraverso una formula che prevede promozioni al livello superiore (fino a raggiungere quello nazionale), o retrocessioni in quello inferiore (con il limite della fase di istituto);
    un istituto deve essere in grado di organizzare tutti gli aspetti burocratici e tecnici, venendo così a formare non soltanto dei quadri sportivi, ma anche dei quadri dirigenti;
    non si vuole sottrarre spazio a soggetti già operanti nella scuola, ma si vuole promuovere la pratica sportiva a tutti i livelli, favorendo in particolare la partecipazione e l'integrazione;
    è giunto il momento di rilanciare lo sport scolastico in una grande Unione nazionale dello sport studentesco, che coinvolga direttamente e dall'interno le istituzioni scolastiche: i docenti, gli studenti, le famiglie. Si tratta di istituire una grande Unione nazionale autonoma nei suoi programmi, ma non autoreferenziale rispetto al mondo sportivo esterno, perché tutti possano contribuire ad un ruolo fondamentale dello sport a scuola, non solo sotto l'aspetto salutistico, ma anche per ciò che riguarda l'aggregazione e l'integrazione giovanile. Ciò offre la garanzia di uno sport per tutti, dove ogni singolo studente possa riconoscersi nel ruolo educativo della propria istituzione scolastica, dove non si cerca un ruolo solo per i campioni, ma si concorre al fine di diffondere l'educazione sportiva;
    un'organizzazione scolastica che si proponga di combattere efficacemente l'abbandono precoce dell'attività sportiva attraverso la diffusione di molteplici discipline per tutti,

impegna il Governo:

   a riorganizzare lo sport a scuola su tutto il territorio nazionale, consentendo una reale operatività alla Unione dei gruppi sportivi scolastici, i quali sono stati più volte richiamati nella normativa ministeriale ma, mai – nei fatti – realmente attivati;
   ad emanare specifiche normative chiare e certe per le scuole affinché le stesse – in piena autonomia – possano aderire all'Unione nazionale dei gruppi sportivi e consentire una attenta programmazione sul territorio prevedendo, con la massima chiarezza, che l'Unione dei gruppi sportivi nazionali non sarà l'ennesima federazione sportiva, ma sarà un'aggregazione presente capillarmente sul territorio nazionale, riservata esclusivamente alle scuole e che pertanto, non potrà entrare in contrapposizione con le forze sportive presenti nel Paese: federazioni ed enti di promozione;
   con cadenza triennale, a disporre interventi per riportare lo sport scolastico ai livelli di partecipazione ed organizzazione degli scorsi decenni, permettendo l'avvicinamento reale degli studenti e soprattutto delle studentesse a molteplici forme di sport, incentivando l'attività motoria sin dalla scuola d'infanzia;
   a reperire le risorse necessarie per consentire ai docenti di educazione motoria e di scienze motorie di svolgere l'attività sportiva scolastica per la durata di tutto l'anno, ribaltando la situazione attuale che ha visto, gradatamente, calare i fondi ed il conseguente impegno dei docenti, tal fine favorendo anche il coinvolgimento delle realtà sportive ed associative presenti nel territorio;
   a favorire lo sviluppo dell'attività motoria nelle scuole primarie e dell'infanzia quale elemento fondamentale per la corretta crescita dei giovani sotto il profilo psico motorio.
(7-00345) «Molea, Ghizzoni, Capua, Vezzali».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
    nel 2007, ST, azienda multinazionale leader nello sviluppo e nella produzione di semiconduttori su scala mondiale, scorpora la divisione memorie creando l'azienda ST-M6;
   nel 2008, nasce Numonyx, costituita dalla divisione memorie di STM e la divisione memorie dell'americana Intel, con la conseguente e successiva suddivisione delle quote azionarie pressoché paritaria tra STM ed Intel, oltre ad un 6 per cento detenuto da Francisco Partners;
   nel febbraio 2010, la Numonyx viene acquisita dall'americana Micron Technology, multinazionale elettronica statunitense con sede centrale a Boise, in Idaho, specializzata nella produzione di memorie a semiconduttori, tra i primi 10 produttori di semiconduttori al mondo; tale operazione fa acquisire a Micron un enorme patrimonio di brevetti e tecnologie a lei nuove, tra le quali le memorie flash NOR e le memorie a cambiamento di fase PCM, trasferendo in breve queste tecnologie oltreoceano e smembrando e riducendo a ruoli marginali i gruppi di design e di processo;
   in data 3 maggio 2013, lo stabilimento di Avezzano (L'Aquila) di proprietà di Micron, cede alla tedesca LFoundry il contratto di fornitura della durata di quattro anni con il «monocliente» Aptina per la produzione di sensori per immagine a 200 millimetri ricevendo, per tale operazione, 40 milioni di euro circa di finanziamento dal Governo italiano, facenti parte di un accordo di programma destinato alla Numonyx;
   in Italia, Micron ha stabilimenti ad Agrate e Vimercate (MonzaBrianza), Catania (Catania), Arzano (Napoli) e Avezzano (L'Aquila) che impiegano, nel complesso, 1.028 lavoratori dipendenti e 33 dirigenti;
   Micron Technology ha annunciato una crescita record del fatturato ( + 42 per cento nel primo trimestre fiscale 2014 rispetto al quarto trimestre 2013, ed un + 120 per cento rispetto al primo trimestre fiscale del 2013);
   il 20 gennaio 2014, durante una riunione presso il Ministero dello sviluppo economico, i dirigenti di Micron Italia hanno annunciato la procedura di mobilità a partire dal giorno successivo, 21 gennaio 2014, per 419 dipendenti a livello nazionale (223 nei siti di Agrate e Vimercate, 127 nel sito di Catania, 52 nel sito di Arzano e 17 nel sito di Avezzano), pari al 40 per cento del totale degli occupati in Italia;
   dopo numerosi tavoli tenutisi prima al Ministero dello sviluppo economico e successivamente al Ministero del lavoro tra funzionari degli stessi, parti sociali e politiche, lavoratori e dirigenza di Micron, nella notte tra il 9 e il 10 aprile 2014, si è giunti ad un accordo che ha ridisegnato la procedura di mobilità prevista;
   nel dettaglio, dei 419 lavoratori messi in procedura di mobilità al 21 gennaio, dopo l'accordo del 9 aprile, 85 sono stati riassorbiti da Micron, 170 da ST, 14 hanno deciso di loro volontà di dimettersi dall'azienda, portando a 150 il numero dei dipendenti in esubero e senza un futuro lavorativo certo distribuiti nei 5 stabilimenti di Micron Italia;
   con l'entrata in vigore dell'accordo, i 150 dipendenti in esubero saranno sospesi in cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore per un periodo massimo di 12 mesi a cui verrà riconosciuto un trattamento di 500 euro mensili. Per le aree di supporto e di servizi generali, la cassa integrazione guadagni straordinaria sarà a rotazione tra dipendenti che operano su mansioni analoghe. Più del 30 per cento dei lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria parteciperà a programmi di formazione e riqualificazione funzionali alla ristrutturazione aziendale;
   per i lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria sono state previste anticipazioni da parte dell'azienda del trattamento economico previsto dallo stesso ammortizzatore sociale a partire dalla normale scadenza dell'ultima busta paga recepita; anticipazione del TFR per la quota ancora presente in azienda e proporzionalmente al numero di ore di sospensione effettive; integrazione di 200 euro lorde mensili per lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria che avranno una proposta occupazionale entro i 12 mesi di durata della sospensione; integrazione di 500 euro lorde mensili per lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria che non avranno una proposta occupazionale entro i 12 mesi di durata della sospensione;
   per 320 dei 419 dipendenti, la procedura di licenziamento collettivo diviene mobilità volontaria incentivata, con la messa in mobilità esclusivamente dei lavoratori che accetteranno di andarsene. Gli incentivi sono calcolati sulla base della retribuzione lorda del mese di marzo 2014 e sono comprensivi dell'indennità sostitutiva del periodo di preavviso. Gli incentivi previsti saranno di 28 mensilità lorde e 5.000 euro lorde erogate dall'azienda per chi accetterà il procedimento di collocamento in mobilità entro il 30 giugno 2014; di 20 mensilità lorde erogate dall'azienda per chi accetterà il procedimento di collocamento in mobilità dal 1o luglio 2014 al 30 settembre 2014; di 14 mensilità lorde erogate dall'azienda per chi accetterà il procedimento di collocamento in mobilità dal 1o ottobre 2014 al 15 dicembre 2014. Dopo la data ultima del 15 dicembre 2014, non sarà più possibile accedere alla mobilità né percepire l'incentivo pattuito nell'accordo. Nessun licenziamento unilaterale sarà possibile da parte aziendale né prima del 15 dicembre, né tra il 15 dicembre e la data di chiusura della procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria;
   i dipendenti che troveranno una nuova sistemazione equivalente all'attuale per contenuto economico e professionale presso altre unità tramite l'attività dell'azienda riceveranno 2500 euro lorde a titolo di incentivo all'esodo;
   è stata istituita una «cabina di monitoraggio» che si incontrerà con cadenza bimestrale, composta da sindacati, Ministero dello sviluppo economico, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e regioni, per controllare la gestione della rotazione della cassa integrazione guadagni straordinaria e dei processi formativi, l'equa distribuzione occupazionale nei diversi siti, l'evoluzione della situazione occupazionale e i trasferimenti in altre sedi;
   la dirigenza di Micron si è detta disponibile, ma senza conferme numeriche scritte, di farsi carico di cercare eventuali nuove opportunità occupazionali per i lavoratori coinvolti dalla cassa integrazione guadagni straordinaria in aziende terze, utilizzando anche il supporto di società di outplacement;
   l'accordo stipulato contempla anche la possibilità (e non la certezza) di trasferimenti in altre sedi Micron per un totale di 102 lavoratori (40 in Italia e 62 all'estero). La disponibilità di eventuali posizioni sarà comunicata con l'apertura di job posting. Per i trasferimenti in Italia si terrà conto delle esigenze personali oltre che di quelle aziendali. I trasferimenti ad altra sede prevedono i normali trattamenti previsti dalla policy aziendale e dal CCNL e un ulteriore incentivo lordo di 30.000 euro;
   nel loro complesso, gli accordi elencati sopra sono stati ritenuti insoddisfacenti da lavoratori, sindacati e da buona parte delle parti politiche che sottolineano l'incongruenza tra alti profitti e procedure di mobilità avviate dall'azienda Micron, fattore che ha suscitato il forte sospetto che l'acquisto di Numonyx fosse legato ad un piano unicamente finalizzato ad impossessarsi dei brevetti e del know-how generati in Italia, con l'unico intento di delocalizzare in USA e nel Far East –:
   se il Presidente del Consiglio, unitamente alle regioni interessate, ritenga opportuno farsi carico della situazione di incertezza per i 150 dipendenti in cassa integrazione guadagni straordinaria, favorendo la loro ricollocazione e assicurandone un futuro lavorativo certo, soprattutto dopo aver confermato il sostegno al settore della microelettronica considerato da lui strategico per il Paese, dichiarando l'avvio di concrete politiche di sostegno e investimenti innovativi in coerenza con i programmi europei;
   se il Presidente del Consiglio intenda incentivare, attraverso l'impiego di fondi nazionali ed europei, il rilancio di nuovi progetti di sviluppo nell'azienda madre STMicroelectronics, vincolandoli al riassorbimento dei 150 dipendenti che la Micron ha posto in cassa integrazione guadagni straordinaria.
(2-00509) «Tripiedi, Rizzetto, Bechis, Baldassarre, Chimienti, Ciprini, Cominardi, Rostellato, Castelli, Sorial, Caso, Brugnerotto, Cariello, Currò, D'Incà, Barbanti, Ruocco, Cancelleri, Alberti, Pesco, Pisano, Villarosa, Dadone, Toninelli, Cozzolino, Dieni, Fraccaro, Lombardi, Nuti, D'Ambrosio, Vignaroli».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOREFICE, GRILLO, DALL'OSSO, DIENI, BARONI e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 22 luglio 2009, il Ministro delle pari opportunità pro tempore, il presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, il presidente dell'Istituto nazionale per l'assicurazione infortuni sul lavoro, il presidente dell'Istituto affari sociali e il presidente della Fondazione italiana endometriosi hanno stipulato un protocollo d'intesa sul delicato tema dell'endometriosi;
   con tale convenzione le parti si sono impegnate nella promozione di campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione pubblica sulla tematica dell'endometriosi; si sono impegnate a costituire un tavolo tecnico presso il Dipartimento per le pari opportunità per la verifica e la valutazione di strumenti normativo-istituzionali tesi a promuovere pratiche di sostegno alle donne affette da endometriosi o esposte a rischio di malattia;
   le parti hanno concordato di dare priorità e di intervenire in particolar modo sui luoghi di lavoro e i fattori che possono avere un ruolo nella progressione della malattia, e di favorire una sinergia con tutte le realtà locali al fine di diffondere una presa di coscienza dei problemi che la patologia può avere nella vita delle donne;
   tale protocollo d'intesa ha validità 5 anni a decorrere dalla data di stipula –:
   quale sia l'esito del tavolo tecnico che con il protocollo d'intesa le parti si sono impegnate a costituire;
   se, dopo la stipula della convenzione, siano stati stanziati fondi per sostenere le iniziative di prevenzione, di comunicazione e la ricerca;
   quali iniziative si intendano promuovere in prossimità della scadenza del protocollo che avverrà il 22 luglio 2014. (4-04517)


   GREGORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, si dispone la riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce rossa (CRI), con un cambiamento radicale della sua natura giuridica, da ente pubblico, infatti, la CRI diventa società privata;
   l'articolo n. 4 comma 10-ter, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, prevede che la riorganizzazione della CRI venga posticipata di un anno, fatta eccezione per la «trasformazione dei comitati locali e provinciali» esistenti alla data del 31 dicembre 2013, tranne i comitati delle province autonome di Trento e di Bolzano;
   dal 1o gennaio 2014 (ovvero 1o gennaio 2015 per effetto della stessa proroga), le funzioni esercitate dalla Croce rossa, ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 20 settembre 1995, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1995, n. 490, sono trasferite alla costituenda associazione della Croce rossa italiana;
   per concorrere temporaneamente allo sviluppo dell'associazione, dal 1o gennaio 2014 (ovvero 1o gennaio 2015 per effetto della proroga), l'ente pubblico CRI assumerà quindi la denominazione di «Ente strumentale alla Croce rossa italiana» fino alla data della sua liquidazione (1° gennaio 2016, ovvero 1o gennaio 2017 per effetto della proroga);
   il citato decreto legislativo n. 178 del 2012, all'articolo 5, comma 3, prevede il transito del personale del Corpo militare che ha rapporto di pubblico impiego in un ruolo ad esaurimento nell'ambito del personale civile della CRI, mantenendo il trattamento economico in godimento senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto si tratta di emolumenti già a carico comunque della CRI;
   al successivo comma 6, si dispone che temporaneamente permanga un contingente specializzato di 300 unità per dare supporto all'associazione, da costituirsi attraverso una selezione interna per titoli riservata ai militari CRI in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 178 almeno dal 1o gennaio 2007, fermo restando che il predetto contingente terminerebbe comunque la sua attività entro il 31 dicembre 2015 (ovvero 31 dicembre 2016);
   il personale del Corpo militare della CRI è sottoposto alla vigente normativa (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante «Codice dell'ordinamento militare», e dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare»), e anche il personale militare in congedo iscritto nel Corpo richiamato in servizio riveste lo status militare ed è sottoposto al regolamento di disciplina militare e dei codici penali militari, visto l'articolo 985, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, che testualmente prevede che «Il personale chiamato in servizio, porta le stellette a cinque punte come segno dello stato giuridico militare»;
   la maggior parte del personale del Corpo militare è in posizione di congedo, ed è richiamato in servizio attivo, con precetto, al verificarsi di particolari esigenze di emergenza, ovvero per motivi di formazione e addestramento. Il personale che si trova in servizio continuativo è quello numericamente indispensabile per la regolare gestione dei centri di mobilitazione e dell'ispettorato nazionale del Corpo nonché per l'essenziale funzionamento di tutti i servizi della Croce rossa italiana come stabilito dalla legge;
   il personale del Corpo militare CRI assunto a tempo indeterminato, oltre che per i servizi ausiliari delle Forze armate, è impiegato in supporto alla struttura organizzativa dell'ente anche (e soprattutto) per l'attività amministrativa e per i servizi in ambito socio-sanitario (118, emergenze per calamità ed incidenti vari, assistenza disabili, e altro) somministrati sia come attività istituzionale sia in regime convenzionale;
   la «smilitarizzazione» del contingente di personale militare permanentemente in servizio (di prevista concretizzazione entro il 31 dicembre 2016) comporterà inevitabili ripercussioni sull'operatività del Corpo militare che sarà privato dei «quadri» indispensabili all'addestramento militare e alla preparazione del personale da impiegare sia in tempo di pace che di guerra o grave crisi internazionale. È fuori dubbio che lo status militare consente oggi la costante prontezza operativa dei reparti mobilitabili del Corpo militare e l'accesso a dati la cui trattazione è consentita solo al personale militare abilitato;
   risultano sollevati sul decreto legislativo n. 178 del 2012 innumerevoli dubbi, anche dalle Commissioni parlamentari competenti durante la XVI legislatura, ed inoltre si appuntano osservazioni anche in quanto invece di operare per la riorganizzazione dell'ente pubblico si è proceduto alla trasformazione della natura giuridica dell'ente che diventerà completamente privato. Altrettante, contraddizioni sono state sollevate dalla Corte dei conti –:
   se s'intenda valutare la necessità di sospendere l'emanazione del decreto ministeriale attuativo senza prima effettuare una effettiva valutazione in merito alle gravissime conseguenze occupazionali e di natura erariale viste anche le critiche e le riserve espresse nella relazione della Corte dei conti relativa alla legiferazione dell'ultimo quadrimestre del 2012;
   se s'intenda altresì avviare un tavolo di confronto urgente per valutare l'avvio di procedure di ricollocamento effettivo dei lavoratori sottoposti a procedura di mobilità, evitando un loro licenziamento e salvaguardando gli attuali livelli occupazionali, anche in considerazione di quanto sottolineato nella mozione n. 1-00222 del Senato della Repubblica, secondo la quale si potrebbe provvedere alla creazione di un «ruolo ad esaurimento» che consentirebbe al personale militare di permanere nello status rivestito per scelta di vita e contestualmente di garantire alla collettività una serie di servizi essenziali in caso di calamità o di gravi emergenze, anche di tipo sanitario, in Italia e all'estero;
   se s'intenda, infine, rivedere l'applicabilità al personale militare della Croce Rossa Italiana dell'estensione del trattamento pensionistico previsto per il personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico, che comporterebbe anche la possibilità per il personale di fruire dell'accesso alla pensione come tutti gli altri militari, con una mobilità a regime prevista dal 2024.
(4-04524)


   FITTO e CHIARELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il territorio di Ginosa, nella provincia di Taranto, è stato gravemente ferito dal susseguirsi di eventi calamitosi di natura alluvionale;
   in particolare, per l'alluvione del 7 e 8 ottobre 2013, con atti protocolli n.01/COC/2013 del 7 ottobre 2013 e n.04/COC/2013 dell'8 ottobre 2013, il sindaco ha dovuto procedere alla costituzione ed alla convocazione del centro operativo comunale, con relativa richiesta di avvio delle procedure di riconoscimento dello stato di calamità naturale;
   in esito a detti provvedimenti sono stati realizzati i necessari interventi urgenti per riattivare la funzionalità delle strutture pubbliche e per evitare situazioni di pericolo nelle strutture private;
   si è provveduto altresì alla sistemazione in strutture ricettive del territorio delle famiglie private della disponibilità del proprio alloggio, alla fornitura di altri servizi, tra i quali il servizio straordinario di raccolta, rimozione e trasporto di carcasse, la collocazione di bagni chimici nelle zone più colpite, il servizio di rimozione degli automezzi, la fornitura di pasti caldi ed acqua potabile alla popolazione colpita ed ai volontari impegnati nelle operazioni di soccorso, la fornitura di carburante alle idrovore ed ai mezzi di protezione civile e dei vigili del fuoco, lo smaltimento dei rifiuti;
   in data 30 novembre e 1o dicembre 2013, il medesimo territorio di Ginosa e Marina di Ginosa è stato nuovamente colpito da violente precipitazioni atmosferiche che hanno provocato ingenti danni alle strade urbane ed extraurbane, alle abitazioni, agli impianti, alle attività produttive, alle aziende agricole e zootecniche, nonché al patrimonio pubblico e ai beni demaniali;
   per tali motivi il comune ha dovuto provvedere, ancora una volta, alle azioni urgenti sopra descritte;
   l'alluvione del 7 e 8 ottobre 2013 ha deturpato altresì, la gravina parzialmente abitata della città, descritta in uno scritto del 1581 di Angelo Rocca, segretario generale dell'Ordine degli Agostiniani, quale insediamento «abitato in grotte ... di tanto bellissimo artificio fatte che danno ai reguardanti gran meraviglia»;
   le successive piogge alluvionali del novembre e dicembre 2013 hanno notevolmente aggravato lo stato di devastazione della citata gravina, determinando una situazione di oggettivo pericolo di crollo. Ciò ha imposto l'adozione dei necessari provvedimenti interdittivi del traffico veicolare e pedonale nel centro storico della città prossimo a via Matrice;
   il 21 gennaio 2014, una frana improvvisa ha causato nella zona tra via Matrice e via Corbezzoli il crollo di una serie di edifici, già prudenzialmente resi inabitati ed inaccessibili dai suddetti provvedimenti interdittivi;
   gli immediati rilievi sul territorio, effettuati dai tecnici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco hanno evidenziato che lungo il fianco della Gravina sussistono ulteriori criticità, che hanno reso necessario un significativo ampliamento dell'area di interdizione che giunge ora a ricomprendere, tra i numerosi edifici di interesse storico interdetti per motivi di dubbia stabilità, anche il pregevole Castello normanno, arroccato su una rupe che sovrasta i due villaggi rupestri di Rivolta e Casale e citato per la prima volta nello Statuto di riparazione dei castelli fatto redigere da Federico II di Svevia nel secondo quarto del XIII secolo;
   pertanto, a seguito, degli eventi calamitosi che hanno da ultimo determinato il crollo del costone di via Matrice, il comune di Ginosa ha attivato i primi interventi, di concerto con le autorità di protezione civile e con i tecnici incaricati dal Consiglio nazionale delle ricerche;
   in particolare, le indagini preliminari geologiche, geotecniche e speleologiche effettuate dai tecnici del consiglio nazionale di ricerca (CNR) nella vasta area interessata al predetto evento calamitoso hanno evidenziato la presenza di immobili, ipogei e massi ciclopici a rischio di potenziale crollo nel centro storico cittadino;
   con apposita relazione illustrativa il responsabile dell'ufficio urbanistica comunale ed il responsabile del COC funzione 1, hanno congiuntamente precisato che quanto rilevato dai suddetti tecnici del CNR rende le azioni di preventiva rimozione delle macerie indifferibili, estremamente difficoltose, rischiose e sicuramente non attuabili dal comune di Ginosa a causa della elevatissima specializzazione professionale e di mezzi richiesta da dette operazioni nonché a causa della elevata onerosità degli interventi, decisamente incompatibile con le modeste risorse finanziarie comunali;
   per tali motivi in data 14 febbraio 2014 il sindaco della città di Ginosa, dottore Vito De Palma, ha invitato ad un sopralluogo congiunto il presidente della regione Puglia, onorevole Niki Vendola, l'assessore Angela Barbanente, delegata all'assetto del territorio e beni culturali della regione Puglia e l'assessore Guglielmo Minervini, delegato alla protezione civile della regione Puglia;
   inoltre, in esito a quanto comunicato dagli indicati tecnici specialisti, lo stesso sindaco della città ha provveduto ad inoltrare, a mezzo nota protocollo n. 7827 del 18 marzo 2014, una formale richiesta al Ministro della difesa, Roberta Pinotti, finalizzata alla concessione dell'immediato intervento di una squadra operativa di tecnici militari per l'espletamento del pericoloso disagio di alcuni grossi macigni posizionati in bilico al di sopra di una zona sin dai tempi antichi edificata ed abitata, da effettuarsi con l'impiego dei mezzi speciali in dotazione alle Forze del genio militare, trattandosi di posizionamento instabile e precario di massi ciclopici, fonte di seria preoccupazione per l'incolumità pubblica e l'ordinaria viabilità;
   sulla scorta delle stesse argomentazioni tecniche ricevute il medesimo sindaco ha altresì provveduto, con nota 7831 del 18 marzo 2014, a chiedere al Dipartimento della protezione civile in Roma ed al servizio di protezione civile della regione Puglia di voler disporre, in via d'urgenza, le necessarie opere di rimozione delle macerie e di ripristino dello stato dei luoghi, ovvero di voler assegnare a detto comune i fondi necessari al compimento delle medesime attività di messa in sicurezza e di ripristino dell'abitato ricompreso nella parte del centro storico colpito dai richiamati eventi calamitosi;
   con nota protocollo 7967 del 19 marzo 2014 il sindaco della città di Ginosa ha rivolto l'invito al prefetto di Taranto, dottore Umberto Guidato, di coadiuvare il comune di Ginosa nelle predette richieste agli enti coinvolti nella gestione delle calamità di tali eccezionali dimensioni –:
   quali siano i motivi della mancata emanazione dell'ordinanza di Stato di emergenza;
   se si intenda procedere all'emanazione urgente del richiamato provvedimento.
(4-04526)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TIDEI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Convenzione di Parigi del 1997, istitutiva dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), prevede, tra l'altro, che la suddetta Organizzazione assicuri l'attuazione della Convenzione, fornisca assistenza e protezione a tutti gli Stati parte vittime di minacce o aggressioni con armi chimiche e promuova la cooperazione internazionale per lo sviluppo della chimica a fini pacifici, nonché attribuisce all'Organizzazione la facoltà di effettuare accertamenti di vario tipo per verificare che gli Stati parte rispettino i prescritti obblighi ed in particolare che distruggano tutte le armi chimiche in loro possesso e non ne producano di nuove;
   l'Italia risulta essere in possesso di armi chimiche prodotte prima del 1946. Tali armi avrebbero dovuto essere distrutte nel rispetto di una particolare procedura entro il 31 dicembre 2012. Tuttavia, all'Italia è stata concessa una deroga temporale, per il prosieguo dell'attività di distruzione delle suddette armi, senza la prescrizione di una data stabilita, né a breve né a medio termine. Pertanto l'Italia deve distruggere gli ordigni chimici in suo possesso «nel più breve tempo possibile» fornendo su base volontaria un rapporto riguardante le attività di distruzione;
   l'Organizzazione ha riconosciuto all'Italia per la distruzione delle residue armi chimiche presenti nel territorio nazionale un contributo pari a 3.347.667 euro;
   ai sensi dell'articolo 9 della legge 496 del 1995 «Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, con annessi, fatta a Parigi il 13 gennaio 1993», come modificata dalla legge 93 del 1997, il Ministero degli affari esteri è designato come autorità nazionale. Secondo quanto disposto dal sopra richiamato articolo 9 presso l'autorità nazionale è istituito un Ufficio di livello dirigenziale che tra le varie competenze è deputato a: a) curare i rapporti con l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, nonché a mantenere i collegamenti con le Autorità nazionali degli altri Stati Parte e a stipulare gli accordi di impianto; b) promuovere e coordinare le attività delle Amministrazioni competenti; c) presentare annualmente al Ministro degli affari esteri una relazione sullo stato di esecuzione della convenzione e sugli adempimenti effettuati ai fini della sua ulteriore trasmissione al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno; d) ricevere i dati delle Amministrazioni interessate circa la produzione, il possesso, l'utilizzo, il trasferimento, l'importazione, l'esportazione dei composti chimici di cui alla convenzione, nonché quelli relativi al rinvenimento e alla distruzione di armi chimiche; e) informare le Amministrazioni interessate sulla situazione nazionale;
   in data 20 marzo 2014 il Sottosegretario di Stato alla difesa, onorevole Gioacchino Alfano, ha risposto all'interrogazione 5-01015 dell'onorevole Grande. Nel testo della risposta emerge che l'acquisizione e l'installazione di un ossidatore termico, nel territorio di Civitavecchia, è finalizzato a bruciare le armi chimiche residuate della seconda Guerra Mondiale. Il Sottosegretario Alfano ha altresì spiegato le ragioni che hanno determinato la scelta di un ossidatore termico, da realizzarsi ex novo, anziché avvalersi di altri sistemi, per la demilitarizzazione di munizionamento a caricamento speciale. In particolare il Sottosegretario ha rilevato che l'utilizzo di un ossidatore termico consente di:
    a) ridurre l'impatto ambientale connesso con l'accumulo dei prodotti di reazione derivanti dall'attuale processo di demilitarizzazione di munizionamento contenente iprite e miscele derivate. Le emissioni in atmosfera saranno ampiamente contenute entro i limiti imposti dalla vigente normativa e i relativi valori saranno costantemente monitorati in tempo reale;
    b) avviare lo smaltimento di altri aggressivi chimici non eliminabili con la tecnologia in uso presso l'attuale impianto di demilitarizzazione del Centro tecnico logistico interforze (Ce.T.L.I.) Nucleare Batteriologico Chimico (NBC) di Civitavecchia;
    c) finalizzare lo smaltimento degli ordigni a caricamento speciale presenti presso il Ce.T.L.I. NBC;
    d) limitare le operazioni di movimentazione e manipolazione dei proietti al fine d'incrementare la sicurezza dell'infrastruttura e del personale addetto alle lavorazioni;
   relativamente alle motivazioni che «hanno originato l'eventuale acquisizione» dell'impianto esse derivano, secondo quanto si rileva dalla risposta del Sottosegretario, dal deficit tecnologico che caratterizza gli altri impianti attualmente in funzione, i quali ancorché affidabili in tema di sicurezza delle operazioni, non sono tecnologicamente all'avanguardia, poiché non consentono la distruzione di tutte le tipologie e di adeguati quantitativi di munizionamento chimico stoccato, impedendo di ottemperare pienamente agli impegni assunti con la Convenzione di Parigi;
   per quanto riguarda le problematiche relative alla tutela ambientale il Sottosegretario ha rilevato come, grazie ad emissioni in atmosfera ampiamente entro i limiti imposti dalla vigente normativa, i valori delle emissioni saranno costantemente monitorati in tempo reale da una centrale remotizzata (a distanza);
   non sembrerebbe coerente la scelta di acquisire e installare un ossidatore termico poiché l'Italia è tenuta a distruggere il residuo delle armi chimiche in tempi, se non certi, verosimilmente non lunghi –:
   quale sia la percentuale, nei limiti dei dati che possono essere resi noti, di ordigni già distrutti dal 1997 ad oggi, quanti ne rimangono e quale sia la loro tipologia così da valutare le percentuali, nonché i quantitativi effettivi ancora da distruggere per raggiungere l'obiettivo di eliminazione totale delle vecchie armi chimiche ancora presenti in Italia, ciò al fine di capire, anche e soprattutto, in termini ambientali la variazione di incremento che il territorio di Civitavecchia si deve aspettare da questa operazione;
   se siano state esplorate soluzioni alternative con minor impatto ambientale ed economico nonché con minori rischi per il territorio e le comunità interessate, alla luce dell'assenza di una scadenza temporale prefissata per la distruzione delle armi chimiche residuali presenti ancora sul territorio nazionale. (5-02647)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   ARLOTTI e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 27 febbraio 2014 di quest'anno si è verificato il crollo di una porzione di parete rocciosa sul versante nord-est della rupe su cui sorge la città di San Leo, in provincia di Rimini. La massa è stata stimata pari a circa 450 metri cubi. San Leo, comune di 3mila residenti iscritto fra i borghi più belli d'Italia, vanta un illustre passato e un notevole patrimonio architettonico: già Capitale d'Italia sotto Berengario II, ospitò Dante e San Francesco d'Assisi. Il forte che sorge sul punto più alto della rupe, dove furono rinchiusi il conte Cagliostro e Felice Orsini, è ancora uno dei più imponenti e dei più importanti a livello nazionale;
   già nel 2006 e nel 2008 ingenti crolli avevano reso necessari lavori di somma urgenza per un totale di oltre un milione e mezzo di euro, ed è ampiamente stimabile che per affrontare compiutamente il dissesto ora in atto sul versante est, anche per la presenza di abitazioni prossime al ciglio della rupe, le cifre in gioco possono oggi proporzionalmente essere ben superiori. In conseguenza della frana del 27 febbraio sono stati sgomberati in via precauzionale 10 alloggi prossimi al fronte di frana creatosi dal crollo, oltre alla caserma dei Carabinieri e al trasferimento delle scuole dell'infanzia e primaria. La Fortezza, a seguito di sopralluogo, è visitabile, ma deve essere raggiunta esclusivamente tramite il sentiero pedonale e non tramite l'ordinaria viabilità, determinando un serio danno socio-economico per l'intera comunità leontina, che si regge essenzialmente sul flusso turistico;
   il crollo ha evidenziato situazioni di precaria stabilità in parete che vanno scientificamente monitorate prima di dichiarare il cessato pericolo. Per una ottimale composizione del quadro conoscitivo è stato richiesto ed ottenuto l'invio di strumentazione idonea al monitoraggio di dettaglio. Le risultanze saranno probabilmente disponibili solo per i primi di maggio. Al momento non si possono escludere evoluzioni, soprattutto in relazione ad un fronte apicale di una cinquantina di metri, che manifesta alcune preoccupanti fratture. Il 21 marzo 2014 la regione Emilia-Romagna ha dichiarato lo stato di crisi regionale per il comune di San Leo e il presidente Vasco Errani ha inviato la richiesta di stato di emergenza nazionale al Presidente del Consiglio e al capo dipartimento nazionale della protezione civile –:
   quale sia lo stato dell’iter per la dichiarazione di stato di emergenza nazionale con particolare riferimento al livello di concertazione fra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché si intervenga con urgenza per salvaguardare l'inestimabile patrimonio storico-culturale di San Leo, in modo da non comprometterne ulteriormente la sopravvivenza.
(5-02651)


   CERA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   uomini del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Bari, del comando provinciale dei carabinieri di Foggia e della direzione investigativa antimafia di Bari, nell'ambito dell'operazione denominata Black Land coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Bari, hanno posto in arresto in data 11 aprile 2014 14 persone coinvolte in un'organizzazione criminale dedita al traffico di rifiuti speciali e nocivi, in quanto responsabili a vario titolo del reato di cui all'articolo 260 del decreto-legge n. 152 del 2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti);
   tra le persone arrestate figurano amministratori, soci e autotrasportatori di società attive nel settore dello smaltimento e trattamento dei rifiuti: uno di essi, in particolare, figurava nella lista redatta dal pentito Schiavone, consegnata alla Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti il 7 ottobre del 1997;
   nell'ambito di tale operazione sono stati altresì sequestrati aziende, stabilimenti, automezzi pesanti, discariche abusive per un valore totale di 25 milioni di euro;
   i rifiuti speciali, prodotti in diversi comuni delle province di Salerno e Caserta, dopo essere stati trasportati presso siti di stoccaggio situati nei comuni di Battipaglia, in provincia di Salerno, e Bellona, in provincia di Caserta venivano poi stoccati a Bisaccia, in provincia di Avellino e poi sversati in un'area agricola sita in Ordona, in provincia di Foggia, oppure a Carapelle, sempre in provincia di Foggia, per poi essere sversati nelle campagne;
   i rifiuti, così illecitamente smaltiti, tutti provenienti da impianti di raccolta e stoccaggio ubicati in Campania, ammonterebbero ad un quantitativo non inferiore a 12.000 tonnellate;
   in particolare, i rifiuti della frazione umida venivano conferiti all'impianto di compostaggio della BIOCOMPOST IRPINO di Bisaccia, quindi, senza subire trattamento ed accompagnati da falsa documentazione, venivano trasportati per essere definitivamente tombati ad Ordona, in un sito adibito a discarica gestito dalla EDIL C., società autorizzata al ripristino ambientale;
   i rifiuti della frazione secca, invece, venivano conferiti alla SPAZIO VERDE PLUS di Carapelle e, successivamente illecitamente sversati in diverse aree di Puglia, Campania, Basilicata e Molise, anche in prossimità di importanti corsi d'acqua;
   secondo quanto risulta da diversi quotidiani locali, per gli smaltimenti illeciti veniva utilizzata come base operativa l'area di parcheggio di Carapelle della Eecoball Bat di Cerignola –:
   quali urgenti iniziative, anche di natura normativa, intenda il Ministro porre in atto al fine di ripristinare le aree, di cui in premessa, così severamente compromesse, nonché sanare la grave lesione del diritto alla salute cui sono state sottoposte le comunità locali interessate dagli eventi esposti in premessa. (5-02652)


   ZOLEZZI, TERZONI, DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, MANNINO e SEGONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda «Mantovagricoltura» di Burato Fernando e c. s.n.c. con sede in località Fossato di Rodigo (provincia di Mantova), dal 1998, primo impianto autorizzato per sottoprodotti organici animali (SOA) si occupa della trasformazione degli scarti della macellazione e della lavorazione conciaria delle pelli in ammendante agricolo (idrobios);
   nell'ambito della sua attività dal 1998 ha causato notevoli problemi di inquinamento dell'aria e di emissioni odorigene nell'area circostante allo stabilimento, oltre ad aver compiuto numerosi illeciti, alcuni in corso di indagine (vedi oltre), sta proseguendo la sua attività, nonostante i vari provvedimenti adottati dal comune di Rodigo, nonostante l'interessamento degli organi sanitari locali e regionali, nonostante numerose interrogazioni parlamentari rivolte ai Ministri competenti e nonostante le numerose denunce presentate all'autorità giudiziaria;
   in particolare si riporta che nel marzo del 1998 il comune di Rodigo concedeva alla stessa ditta il nullaosta per svolgere attività di trasformazione di sottoprodotti della lavorazione conciaria e della macellazione in fertilizzanti agricoli. Il Ministero della sanità nel giugno 1998 con decreto riconosceva tale impianto quale stabilimento per la produzione di prodotti tecnici, comprensivi anche di fertilizzanti, utilizzando a tal fine rifiuti di origine animale ai sensi del decreto legislativo n. 508 del 14 dicembre 1992;
   nell'aprile 2001 la ditta comunicava l'inizio dell'attività alla provincia di Mantova che la iscriveva nel registro delle imprese che svolgono attività in regime di procedura semplificata di messa in riserva e recupero di varie tipologie di rifiuti ricomprese nel decreto ministeriale 5 febbraio 1998 al punto 18 «Rifiuti destinati alla produzione di fertilizzanti». Nel corso di varie ispezioni effettuate dalle competenti strutture dell'ASI, dall'assessorato all'ambiente dell'amministrazione provinciale di Mantova e dell'ARPA, in una circostanza si è potuto procedere alla condanna della ditta «Mantovagricoltura S.n.c.» per l'irregolare smaltimento del materiale di scarto in agricoltura. La vicenda si è conclusa il 6 aprile 2001 con una sentenza della pretura di Castiglione delle Stiviere (Mantova) che ha condannato l'azienda al pagamento di un'ammenda di 132 milioni di lire. Anche il personale del CCTA intervenuto ai sensi dell'articolo 195, comma 5 e dell'ARPA Lombardia ha provveduto ad effettuare controlli presso l'azienda in oggetto fornendo i seguenti riscontri: 21 giugno e 6 novembre 2002 – denunciato il titolare per violazione dell'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 (emissioni in atmosfera) nonché per violazione dell'articolo 674 del codice penale (getto pericoloso di cose); 17 dicembre 2002 denunciato il titolare per le violazioni precedenti anche per violazione dell'articolo 650 del codice penale (inottemperanza ad un ordine dell'autorità), non avendo la stessa ditta ottemperato ad una serie di prescrizioni impartite dal sindaco di Rodigo (ordinanza di sospensione dell'attività n. 19(02) e dell'ARPA stessa. Il sopralluogo effettuato in data 16 e 17 gennaio 2002 ha confermato quanto constatato dall'ARPA nei precedenti sopralluoghi. In particolare veniva accertato che l'impianto è in esercizio senza che siano state terminate ed attivate completamente le varie linee di convogliamento degli effluenti gassosi. Il sistema di abbattimento dello sfiato dell'autoclave mediante l'eiettore ad acqua risultava tecnicamente inidoneo. Lo scrubber mancava del riempimento necessario ad assicurare una buona efficienza dell'abbattimento degli inquinanti solubili in acqua previsto nell'autorizzazione;
   il 9 novembre 2002 il comune di Rodigo, considerati gli esiti dei ripetuti sopralluoghi effettuati nell'impianto in questione dal personale tecnico dell'ARPA Lombardia, da cui risulta che «la Ditta effettua l'attività di trasformazione degli scarti della macellazione in ammendante agricolo senza essere in possesso dell'autorizzazione regionale alla emissione in atmosfera prevista dalla legge 203 del 1988», disponeva la sospensione dell'attività suddetta. L'11 novembre 2002 la regione Lombardia, dando seguito alla richiesta presentata in data 15 aprile 2002 dalla ditta, la autorizzava alla costruzione di un impianto per la trasformazione di scarti e residui di macellazione per l'impiego in agricoltura, alle condizioni riportate nell'allegato tecnico;
   l'azienda dispone inoltre dell'autorizzazione del Ministero per le risorse agricole e forestali per la produzione di fertilizzanti, ed è risultata in regola con le direttive CEE. Il recupero di materiale avviene, per la maggior parte, ritirando il rifiuto speciale non pericoloso detto «carniccio» prevalentemente dall'industria conciaria e dalla macellazione (ad oggi risultano circa 20.000 le tonnellate annue ritirate). Tali dati sono riscontrabili anche nell'interrogazione parlamentare dell'onorevole Ruggeri del 2003 (n. 4-04639 presentata giovedì 28 novembre 2002 nella seduta n. 231) a seguito della quale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Matteoli rispose come l'adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti, finalizzati ad invitare la ditta ad adottare ogni utile accorgimento tecnico atto ad eliminare i cattivi odori prodotti dall'impianto, a tutela della salute dei cittadini, è del sindaco di Rodigo, mentre il potere di vigilanza ed il controllo sanitario di tale stabilimento è di competenza del servizio veterinario della regione Lombardia;
   si rileva, inoltre, che nel corso del 2009, in seguito a controlli per odori molesti provenienti dalla centrale, gli operatori ASL si imbatterono in cumuli di materiale inerte (circa 80 mila tonnellate) stoccati irregolarmente su area agricola; successive analisi verificarono la presenza di amianto in tali cumuli, in quantitativo omogeneo, considerando tutto il materiale come materiale contenente amianto (MCA) e solo nel 2012 si iniziò il corretto smaltimento di tale materiale cancerogeno, per le resistenze della ditta a sanare il pericoloso illecito;
   in data 27 febbraio 2012, con atto dirigenziale n. 21/42, la provincia di Mantova autorizzava la costruzione di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili della ditta società agricola Curtatone biogas SRL, con sede legale e impianto in Curtatone, strada Sacca 24/A. Dal 1o giugno 2012 risulta l'ingresso nella compagine societaria di Burato Fernando;
   nel corso del 2013 si apprende da fonti di stampa che Fernando Burato, di Mantova Agricoltura, è indagato insieme ad altre 26 persone per presunto traffico illecito di rifiuti in merito allo sversamento di oltre 150 mila metri cubi di scorie di acciaieria non bonificate e quindi potenzialmente nocive sotto l'autostrada A3, VALDASTICO, il Gip di Venezia ha incaricato dell'accertamento tre periti che hanno iniziato la loro analisi il 5 febbraio 2014; a far partire l'indagine è stata la segnalazione di un'associazione ambientalista: nell'esposto si riferisce di un episodio denunciato ad Albettone dal proprietario di un cane che morì dopo aver bevuto da una pozza d'acqua vicina al cantiere;
   per quanto riguarda in particolare l'idrobios, esso è definito nell'allegato tecnico alla pratica di approvazione delle modifiche come ammendante animale idrolizzato (idrolizzato proteico animale), che verrebbe conferito da Mantovagricoltura all'impianto di Buscoldo nel quantitativo di 6.000 tonnellate annue mediante autocisterne (la stessa ditta acquisisce annualmente circa 20 mila tonnellate di tale materiale ed è ipotizzabile una richiesta di incremento dell'utilizzo di tale matrice);
   anche in sede scientifica (si veda, in occasione del Chemistry day, del 12 dicembre 2011, la lezione «Nulla si crea, nulla si distrugge tutto si ri-genera» tenuta dal professor Mauro Grandi all'istituto superiore «E. Fermi» di Mantova, ove si è chiarito come per carniccio nell'impianto di Rodigo si intenda un generico scarto di conceria e non solo lo scarto di una precisa fase del trattamento (quella del calcinaio, che prevede l'utilizzo di sostanze comunque tossiche alcaline), e che nel digestato proveniente dall'impianto sia necessario misurare il cromo, [a differenza di quanto indicato nell'allegato A1 del documento finale di approvazione provinciale (PD 2100)];
   in proposito all'utilizzo di idrolizzati proteici animali va detto che gli esami preliminari in corso presso il Centro ricerca e sperimentazione in agricoltura (CRA), ente vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che deve sottoporre i risultati alla Commissione Europea, hanno già riscontrato una elevatissima presenza di cromo nei campioni di idrolizzato, dato che porta a rivalutare tutta la filiera di questi rifiuti compreso chiaramente l'utilizzo come matrice degli impianti a biogas. Il cromo, infatti, insieme alle altre sostanze tossiche presenti nel digestato, tende a depositarsi nei primi centimetri di suolo, che ha spesso caratteristiche acide mantenendo il cromo stesso nella forma esavalente, tossica e cancerogena;
   è da rilevare come all'interrogazione del senatore Filippi presentata in XVI legislatura (n. 4/04317 ma vedi anche n. 4-06393 concernente l'esclusione dei sottoprodotti e gli scarti di lavorazione dell'industria conciaria dalle materie prime per la produzione di biogas) abbia dato risposta il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Romano Francesco Saverio, riportando che «...il carniccio è da considerarsi rifiuto ai sensi dell'allegato D al decreto legislativo n. 205 del 2010. D'altro canto, all'articolo 13, comma 2, lettera b) (che modifica l'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006), considera come sottoprodotti di origine animale, quindi non rifiuti, i prodotti trasformati contemplati nel regolamento (CE) n. 1774/2002, a condizione che gli stessi non siano destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio. Tra l'altro, il carniccio non sembra assimilabile nemmeno alla categoria “residui delle attività di lavorazione dei prodotti agroalimentari, zootecnici e forestali” di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della tabella D del decreto ministeriale 2 marzo 2010, in quanto residuo dell'industria conciaria» –:
   se l’«idrobios» di cui in premessa e il «carniccio» siano utilizzabili come matrici negli impianti a biogas, e se intenda chiarire la tipologia di controlli mirati da effettuarsi sul digestato risultante.
(5-02653)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dopo un lungo iter procedurale durato circa dieci anni, viene approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica con delibera n. 103 del 28 settembre 2007, il progetto preliminare relativo all'intervento ANAS SPA «SS 106 Jonica con la SS 534 (km 365+150) a Roseto Capo Spulico (KM 400+000) Megalotto 3»;
   il preliminare, nel suo lungo iter procedurale, come recita la stessa delibera CIPE, è stato proposto dall'amministrazione ANAS spa, ed approvato dalle amministrazioni locali direttamente interessate, dall'amministrazione provinciale e regionale, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministero dell'economia e delle finanze, dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, dal Ministero dei beni e delle attività culturali, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ha trasmesso in data 6 maggio 2005 il parere favorevole subordinato alla ottemperanza delle prescrizioni della commissione speciale VIA, ed, infine dal CIPE, delibera n. 103 del 28 settembre 2007 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 123 del 13 maggio 2008. Il progetto preliminare approvato, elaborato da illustri tecnici e consulenti, è stato redatto sulla base di una campagna di sondaggi dettagliati e verifiche sul territorio ed è caratterizzato da un primo tratto di 16,5 chilometri circa sulla piana di Sibari, lungo il quale i principali ostacoli da superare sono di carattere antropico, e da un secondo tratto di 21,6 chilometri circa che attraversa un territorio geologicamente e morfologicamente più complesso, costituito per lo più da pianori terrazzati, lungo il quale sono presenti solo gallerie, quasi tutte naturali, eccetto due tratti interessati da svincoli. In questo secondo tratto (che attraversa i comuni di Trebisacce, Albidona e Amendolara) i progettisti, al fine di ridurre l'impatto ambientale, avevano spostato il tracciato stradale nella zona dei pianori collinari (terrazzi marini) intervallati dalle fiumare, attraversandoli, rispettivamente, in gallerie naturali alla profondità di 60 metri circa e in viadotti di altezza media inferiore a 20 metri;
   in sintesi, nel tratto di strada in questione (che va dal fiume Pagliara al fiume Ferro, di chilometri 11+660), il progetto preliminare prevedeva:
    n. 7 viadotti per una lunghezza complessiva di 2545 metri ad un'altezza media fuori terra di 20 metri;
    tratti in superficie, in corrispondenza degli svincoli di Albidona e Amendolara, per una lunghezza complessiva di 2296 metri;
    gallerie artificiali n. 3 per una lunghezza complessiva di metri 1175;
    gallerie naturali n. 6 per una lunghezza complessiva di 5644 metri;
   la progettazione definitiva è redatta e consegnata nella prima decade di febbraio 2014 e con grande stupore si prende atto che nel secondo tratto per circa 12 chilometri, dal torrente Pagliaro al fiume Ferro, si alza la livelletta di circa 40 metri. I pianori terrazzati, che nel preliminare erano illesi perché attraversati in gallerie naturali, vengono tagliati e distrutti, le gallerie naturali previste per 5644 metri sono soppresse, i viadotti, che nel preliminare avevano una altezza medie di 20 metri, si raddoppiano in lunghezza con altezza media di circa 60 metri;
   in sintesi il progetto definitivo prevede:
    n. 9 viadotti per una lunghezza di 4058 metri e una altezza media di 60 metri;
    gallerie artificiali n. 5 per una lunghezza di 1354 metri;
    gallerie naturali nessuna;
    tratti in superficie per una lunghezza complessiva di 6166 metri;
   le scelte del progetto definitivo non rispettano secondo l'interrogante l'impostazione di base del preliminare e disattendono totalmente lo stesso parere favorevole sul preliminare della Commissione Speciale VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   infatti il parere della Commissione speciale VIA è favorevole con prescrizioni, tra le quali spicca la valutazione relativa all'impatto paesaggistico, ove si prescrive che i terrazzi marini debbano essere salvaguardati, nel rispetto del vincolo paesaggistico apposto dal Ministero dei beni e delle attività culturali con decreto-legge del 11 aprile 1990;
   i terrazzi marini su cui insiste il percorso, oltre ad essere la parte paesaggistica più importante, è anche la zona agricola più produttiva di tutto il territorio, infatti le aree di valle sono quasi tutte occupate o frazionate ed inutilizzabili;
   a valle troviamo: i centri abitati, la linea ferroviaria, la strada statale 106 e la nuova strada statale 106;
   a monte, i terreni presentano forte acclività, problemi idrogeologici con dissesti che si ripresentano dopo brevi periodi di pioggia, per cui, in tali aree, l'agricoltura è di solo sussistenza;
   gli unici investimenti in agricoltura su tutto il territorio sono presenti proprio su questi terrazzi marini, caratterizzati dal clima mite e temperato, appezzamenti di terreni agricoli pianeggianti, servizio irriguo, paesaggio incontaminato;
   le tipologie colturali più importanti, sui terrazzi in oggetto, sono:
    uliveti secolari;
    frutteti specializzati con tecniche di agricoltura biologica;
    ortaggi da agricoltura biologica (fave, piselli ed ortaggi in genere);
    vigneti con produzione di vini immessi sul mercato internazionale;
    masserie storiche recuperate e riutilizzate a fini turistici, infatti, sono presenti una decina di agriturismi, che si prevedono tutti attraversati da trincee e gallerie artificiali;
   all'impatto devastante sui terrazzi marini segue l'impatto dei viadotti in corrispondenza delle fiumare e canali. L'altezza media di questi passa da 20 metri a 60 metri. Le lunghezze si raddoppiano. In alcuni canali coperti da boschi di macchia mediterranea erano previsti semplici scatolari di altezza 7-8 metri, il definitivo prevede viadotti con punte di altezza circa 100 metri. La Commissione speciale VIA ha sempre evidenziato la positività delle gallerie, per il minor impatto ambientale, e la criticità dei viadotti e degli attraversamenti in superficie dei pianori terrazzati. Nel progetto preliminare quasi tutti i terrazzi marini del tratto interessato erano indenni perché attraversati in gallerie naturali. Nel progetto definitivo si prevede l'attraversamento di tutti i terrazzi marini, nessuno escluso, in superficie. L'impatto è devastante, il paesaggio è compromesso definitivamente;
   il progetto definitivo, nel tratto in questione, si discosta secondo l'interrogante dal preliminare approvato tanto da rappresentare un nuovo progetto. Lo stesso contraente, aggiudicatario della gara, nella relazione generale del progetto definitivo a pagina 10, 11 ed altre, ammette che le scelte progettuali sono dovute a motivi economici di mantenere il costo complessivo dell'opera entro limiti di spesa originariamente assentiti e non a motivi tecnici;
   se queste sono le motivazioni, esse non appaiono accettabili per giustificare:
    1) il non rispetto del progetto preliminare;
    2) il non rispetto del parere della Commissione Speciale VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    3) il non rispetto della delibera CIPE n. 103 del 28 settembre 2007;
    4) il non rispetto delle scelte della stessa ANAS proposte e concordate, a suo tempo, con gli enti locali;
    5) il non rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici;
    6) la distruzione e compromissione di un territorio d'inestimabile valore ambientale e paesaggistico;
    7) la distruzione e compromissione di un ecosistema economico basato su un'agricoltura produttiva nel rispetto delle tradizioni, del territorio e dell'ambiente e della salute dei consumatori –:
   quali urgenti iniziative intendano intraprendere presso l'ANAS, la quale, entro il 15 maggio 2014 (termine per l'espressione dei pareri sulla VIA), ha la possibilità di chiedere sospensioni per apportare modifiche al progetto definitivo, interrompendo i termini dell'esame;
   se, qualora l'ANAS non eserciti il predetto potere di sospensione e il progetto in esame resti com’è, alla fine della procedura VIA, i Ministri interrogati intendano tenere conto delle argomentazioni sopra riportate esprimendo parere negativo alla prosecuzione della procedura in sede di firma congiunta del previsto decreto di loro competenza. (4-04525)


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la ricercatrice Maria Rita D'Orsogna ha scritto che la Medoil Gas ha dichiarato di aver usato già dal 2008 tecniche di acidificazione e di fracking nei pozzi esplorativi, senza che la popolazione sapesse nulla e che ha utilizzato fanghi diesel per la perforazione, i più aggressivi e impattanti che esistano. L'uso di questi fanghi è vietato nei mari del Nord a causa dell'inquinamento che comportano;
   il decreto che dispone il divieto è del 2000 ad opera dell'OSPAR;
   l'Ospar è una organizzazione che coinvolge 15 Paesi europei che si affacciano nel mare del Nord o che hanno fiumi che vi sfociano;
   l'Italia non fa parte dell'OSPAR e quindi la Medoilgas ha potuto usare gli oli diesel per trivellare i pozzi esplorativi in mare Adriatico, cosa che le sarebbe vietata in Inghilterra, ad esempio –:
   se non ritengano necessario adottare al più presto iniziative per applicare anche in ITALIA i suddetti divieti decisi dall'OSPAR per i mari del NORD, al fine di evitare l'inquinamento dell'ambiente nazionale. (4-04533)


   BASILIO, ALBERTI, COMINARDI, SORIAL, SEGONI, DE ROSA e BUSTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   Brescia risulta essere una delle città più inquinate d'Europa;
   i bacini fluviali vengono deliberatamente utilizzati come canali per sversamenti di sostanze chimiche e tossiche utilizzate dalle aziende nei loro cicli produttivi;
   il comune di Lumezzane in provincia di Brescia è attraversato da un piccolo torrente, il Gobbia, oggetto di monitoraggio da parte dell'ARPA per la scarsa qualità delle sue acque. L'affluente del fiume Mella risulta da decenni altamente inquinato, sia per la mancanza di un depuratore per le acque reflue urbane, sia per gli sversamenti illegali che alcune aziende locali commettono;
   dal rapporto annuale 2012 – «stato delle acque superficiali della provincia di Brescia» di ARPA Lombardia, il Gobbia viene classificato come «stato ecologico scarso» e come «stato chimico non buono»;
   i valori degli agenti inquinanti nel fiume Mella mostrano un peggioramento rilevante dopo la confluenza del Gobbia nello stesso;
   le numerose aziende galvaniche lumezzanesi determinano un impatto ambientale evidente;
   il 18 ottobre 2010 è stata rilevata nel torrente una concentrazione di nichel pari a 990 μg/l;
   pur evidenziando un trend in diminuzione, le concentrazioni misurate superano costantemente i 20 μg/l (concentrazione limite come media annuale);
   il cromo esavalente presente nelle acque del Gobbia è costantemente superiore a 5 μg/l concentrazione massima ammissibile;
   il Fuori scala del 13 aprile 2011 ha evidenziato una concentrazione di 364 μg/l;
   il cromo esavalente «sulla base di evidenze sperimentali ed epidemiologiche è stato classificato dalla IARC come cancerogeno per l'uomo (classe I)» (Fact sheet: «Cromo esavalente», Ispesl, dipartimento di medicina del lavoro, Centro ricerche Parma CERT);
   diversi studi hanno dimostrato che è molto tossico se ingerito o se i fumi vengono respirati –:
   di quali elementi dispongano in merito alla situazione descritta in premessa e se intendano disporre un'ispezione per il tramite del comando dei carabinieri per al tutela dell'ambiente anche al fine di comprendere le fonti del citato inquinamento;
   se intendano promuovere per il tramite dell'Istituto superiore di sanità un'approfondita indagine epidemiologica per valutare e qualificare gli effetti dell'inquinamento del torrente sulla salute dei cittadini. (4-04536)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSINAROLO e AGOSTINELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 giugno 2013 (interrogazione n. 4-00869, seduta pubblica n. 33) l'interrogante presentava una interrogazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, relativa ai progetti Motorcity, District Park e Centro agroalimentare di Trevenzuolo – per la cui realizzazione è prevista l'utilizzazione di 12 milioni di metri quadrati, 4,5 dei quali solo per l'autodromo, nella zona di Vigasio e Trevenzuolo in provincia di Verona;
   la sottoscritta interrogava il Governo per sapere se intendesse acquisire elementi in merito alla possibile compromissione, nelle aree interessate dai progetti descritti, di valori paesaggistici protetti e se la competente soprintendenza fosse stata coinvolta nelle procedure o avesse mosso rilievi in relazione ad esse;
   con risposta scritta del 7 novembre 2013 il Ministro interrogato affermava quanto segue: «L'unico progetto portato a conoscenza degli uffici territoriali dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con particolare riferimento alla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto, è quello indicato nell'interrogazione come “Motorcity”.
  L'area interessata dal progetto in questione è parzialmente soggetta alla tutela paesaggistica di cui all'articolo 142, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per la presenza di alcuni corsi d'acqua. Non risultano provvedimenti di tutela ai sensi della parte II o III del citato decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Tale area presenterebbe, inoltre, un potenziale interesse archeologico, su cui sono in corso i necessari approfondimenti da parte della competente soprintendenza per i beni archeologici del Veneto.
  Con decreto 25 giugno 2007, n. 16, la regione del Veneto, direzione regionale progetti e investimenti, ha stabilito l'assoggettamento del progetto in questione alla procedura di valutazione di impatto ambientale (“Via”) di interesse regionale, ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 152.
  Il 21 maggio 2008, l'autodromo del Veneto Spa, soggetto proponente nell'ambito della procedura di Via, ha inoltrato a questa amministrazione un progetto preliminare e uno studio di impatto ambientale relativi all'intervento di cui si discute. Nel caso di specie, la regione del Veneto ha riferito per le vie brevi che il procedimento di Via è ancora in corso.
  Tenuto conto della parziale sottoposizione dell'area a tutela paesaggistica, il progetto di cui si discute deve ottenere necessariamente il parere favorevole di questa amministrazione di cui all'articolo 146, comma 5, del codice dei beni culturali e del paesaggio, che, ad oggi, non è stato ancora espresso, atteso che il soggetto proponente non risulta aver trasmesso a questa amministrazione l'istanza di Via corredata di tutti gli allegati (tra i quali il progetto definitivo dell'intervento e la relazione paesaggistica ad esso relativa), conformemente a quanto previsto dall'articolo 25, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152»;
   da un articolo di stampa del 30 marzo 2014, emerge che «il primo ostacolo per l'avvio dei cantieri del “District Park”, quello della compatibilità ambientale, è caduto. Il dirigente del Settore ambiente della Provincia, ha dato il via libera alla realizzazione del primo stralcio del nuovo polo della logistica avanzata, che occuperà con capannoni artigianali e industriali 500mila metri quadrati di terreno nella località Vò di Rua. Era stata la società che si propone di realizzare l'intervento, la “Serenissima Sgr”, a chiedere lo scorso anno agli uffici ambientali di Palazzi scaligeri il parere sulla conciliabilità dell'intervento con il territorio, dopo che la stessa impresa aveva modificato il Piano urbanistico attuativo originario, suddividendolo in due stralci da mezzo milione di metri quadrati ciascuno. Il dirigente provinciale, sulla base degli incartamenti presentati dall'impresa e dopo aver consultato la Commissione provinciale per la Valutazione di impatto ambientale (Via), ha ritenuto sufficienti i dati dello screening ambientale forniti dalla società, escludendo che l'intervento debba essere sottoposto alla ben più lunga procedura Via» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa ed in particolare del tentativo, da parte del settore ambiente della Provincia di Verona, di esclusione dalla procedura di Via, sostituita con meri dati di screening ambientale forniti dalla società che si propone di realizzare l'intervento;
   se e come il Ministro intenda intervenire al fine di tutelare l'area in questione, parzialmente soggetta alla tutela paesaggistica di cui all'articolo 142, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. (4-04530)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   GIOVANNA SANNA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in relazione agli interventi previsti nell'ambito della revisione della spesa pubblica (spending review), è stata avanzata l'ipotesi della chiusura, nella provincia di Sassari, della compagnia dei carabinieri di Ozieri, del posto di polizia ferroviaria di Chilivani (che seguirebbe alla già avvenuta soppressione della stazione dei carabinieri di Chilivani), nonché di alcune stazioni dei carabinieri tra cui quelle di Ittireddu e di Ardara;
   è da condividere la volontà del Governo e della sua maggioranza di adottare un insieme di provvedimenti concreti per una riduzione della spesa pubblica in modo mirato e secondo rigorosi criteri di razionalizzazione delle risorse e di lotta agli sprechi; tale impegno dovrà in ogni caso garantire il doveroso bilanciamento con altri interessi fondamentali, tra cui quello alla sicurezza ed alla tutela efficace della legalità, e dovrebbe inoltre verificare ex ante che i singoli interventi si traducano in effettive riduzioni di spesa e non in tagli destinati ad alimentare altre spese;
   in particolare, Ozieri costituisce il centro di riferimento di tutto il territorio interno della provincia di Sassari, sede di servizi pubblici, strutture e uffici di area vasta tra cui: l'ospedale e il distretto sanitario, la rete delle scuole primarie e secondarie pubbliche e private, una delle otto diocesi della regione, l'Agenzia delle entrate, l'INPS, numerose banche e istituti finanziari, il consorzio di bonifica del nord Sardegna, il consorzio industriale, il dipartimento per il cavallo, gli uffici delle agenzie regionali che operano in agricoltura Laore, Agris e Argea, la stazione forestale, la più importante struttura ippica della Sardegna in termini di presenze e manifestazioni di livello anche internazionale con l'ippodromo di Chilivani, e altro;
   la compagnia dei carabinieri, in questo contesto, è stata un insostituibile presidio della sicurezza pubblica e privata e della lotta alla criminalità in questo vasto territorio interno della Sardegna, anche a fronte di eventi criminosi efferati che hanno causato la morte e il ferimento di numerosi militi e agenti delle forze dell'ordine;
   al fine di sostenere il mantenimento della compagnia dei carabinieri, l'amministrazione comunale di Ozieri con deliberazione della giunta n. 42 del 9 aprile 2014, comunicata al comando della legione Sardegna dei carabinieri, ha deciso di destinare un bene immobile di sua proprietà a nuova sede della compagnia, con l'adeguamento di tale struttura mediante la contrazione di apposito mutuo a carico dello stesso comune; il Ministero competente potrà pertanto avvalersi in tempi brevi della nuova sede, col pagamento di un canone concordato e dopo 20 anni, alla scadenza del mutuo, l'immobile potrà essere ceduto dal comune al demanio dello Stato;
   la suddetta proposta deliberata dal comune di Ozieri appare idonea a consentire una riduzione di spesa sotto molteplici profili: superamento del contratto di locazione in essere per l'attuale sede della compagnia in immobili privati, minore importo del canone per la nuova sede posta a disposizione dal comune, passaggio del bene al demanio dello Stato alla scadenza del mutuo; 
   da parte sua, il comune di Ittireddu chiede la permanenza della locale stazione dei carabinieri, che ha sede in un immobile a suo tempo realizzato dallo stesso comune espressamente per tale finalità, per il quale viene pagato un contenuto canone di locazione, che il medesimo comune utilizza per assicurare alla comunità alcuni servizi scolastici essenziali; la chiusura della locale stazione dell'Arma determinerebbe il venire meno di un presidio della sicurezza e della legalità nel territorio interessato, nonché un grave danno economico per il comune e la sua popolazione, che si sono da tempo fatti carico di un importante investimento a sostegno di questa presenza dello Stato;
   anche il comune di Ardara si è attivamente impegnato per salvaguardare la presenza della locale stazione dei carabinieri, a questo fine giungendo a proporre ai Ministeri competenti ed all'Arma, con apposita deliberazione consiliare, che sia la stessa amministrazione locale a farsi carico delle spese di locazione della caserma e dei relativi alloggi di servizio, con ciò dimostrando nei fatti quale sia l'attaccamento di queste comunità alla propria stazione dei carabinieri e il loro spirito di sacrificio pur di mantenere questo essenziale presidio di sicurezza e di difesa della legalità in queste zone interne della Sardegna –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle richieste e proposte formulate dai comuni di Ozieri, di Ittireddu e di Ardara, concernenti il mantenimento di importanti presidi dell'Arma dei carabinieri, e in generale delle forze dell'ordine, nel territorio interno della provincia di Sassari, e se convengano che esse siano meritevoli di attenzione e di specifico approfondimento, per il quale l'interrogante e gli enti locali interessati sono disponibili a fornire tutti i necessari elementi di informazione e documentazione nonché a partecipare ad appositi incontri operativi di lavoro. (4-04518)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI BATTISTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Inga 3 è una diga che dovrebbe essere costruita sul fiume Congo, nella Repubblica Democratica del Congo, e che costituirà di fatto la prima fase di Grand Inga, il più grande progetto idroelettrico della storia;
   il progetto Inga 3 prevede una durata dei lavori di 7 anni a partire dal 2016, un costo complessivo di 14 miliardi di dollari e un costo per kilowatt pari a 2.916 dollari, ben oltre il costo medio dei progetti idroelettrici di 1.278 dollari per kilowatt, come indicato dall'Agenzia internazionale per l'energia;
   Inga 3 è un ulteriore passo verso il fallimentare percorso di sviluppo energetico attuato nella Repubblica democratica del Congo negli ultimi decenni, dove, a partire dagli anni ’60, durante i Governi del dittatore Mobutu Sese Seko, furono costruite le dighe Inga 1 e Inga 2 che, fino ad oggi hanno funzionato al 40 per cento delle loro potenzialità, lasciando la maggior parte della popolazione senza elettricità;
   in un paese in cui il 91 per cento della popolazione non ha accesso all'elettricità, l'energia prodotta da Inga 3 sarà destinata principalmente all'esportazione e alle aziende minerarie; in particolare, dei 4.800 megawatt che verranno prodotti, il piano di vendita dell'energia generata prevede che 2.500 megawatt saranno esportati – soprattutto in Sud africa – 1.300 megawatt verranno destinati all'estrazione mineraria nella regione del Katanga e appena 1.000 megawatt saranno riservati ai cittadini congolesi attraverso la rete nazionale SNEL;
   inoltre, due dei tre consorzi che competono per sviluppare il nuovo progetto idroelettrico, includono imprese – Sinohydro (Cina) e SNC-Lavalin (Canada) – che sono già state sospese o inserite nella black list della Banca mondiale per corruzione;
   la selezione degli investitori di Inga 3 è attualmente in stand-by e risulta agli interroganti che la Repubblica democratica del Congo sarebbe alla ricerca di ulteriori investitori;
   a ciò si aggiunga che in base all'indice di corruzione la Repubblica democratica del Congo, secondo Transparency International, risulta al 160o posto su 178 nazioni;
   è rilevante, inoltre, notare che il 13 gennaio 2014 il Senato degli Stati Uniti ha approvato il «Consolidated Appropriation Act 2014» che impegna il Ministro dell'economia ad istruire i direttori esecutivi americani di tutte le istituzioni finanziarie ad opporsi ad ogni prestito, contributo, orientamento strategico e di policy delle istituzioni finalizzato a sostenere la costruzione di grandi impianti idroelettrici così come definito dal rapporto della Commissione mondiale sulle dighe «Dams and Development: A New Framework for Decision-Making» (novembre 2000). Lo stesso provvedimento impegna gli Stati Uniti a spendersi per il versamento di giuste compensazioni a comunità e individui che hanno subito violazioni dei diritti umani legate alla costruzione di grandi impianti idroelettrici;
   anche da un punto di vista economico, negli ultimi tempi sono stati sollevati seri dubbi sull'utilità di costruire nuove mega dighe;
   in particolare, un recentissimo studio dell'Università di Oxford, intitolato «Dobbiamo costruire altre mega dighe ?», ha dimostrato come la realizzazione di nuovi progetti idroelettrici non convenga economicamente: delle 245 dighe prese in esame dallo studio citato e realizzate in 65 Paesi fra il 1934 e il 2007, ben tre quarti hanno sforato le previsioni di spesa in media del 96 per cento mentre i tempi si sono allungati mediamente del 44 per cento rispetto a quanto previsto inizialmente;
   nonostante le gravi criticità appena elencate, il board dei direttori della Banca mondiale ha approvato il 20 marzo 2014 un finanziamento di 73 milioni di dollari per la realizzazione di una valutazione di impatto sociale e ambientale inerente alla costruzione della centrale idroelettrica Inga 3: si tratta inoltre di una valutazione che non sarà di carattere cumulativo, ovvero non prenderà in considerazione l'intero progetto Grand Inga;
   il Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 4 della Legge 49 del 1987 «cura le relazioni con le banche e i fondi di sviluppo a carattere multilaterale, e assicura, la partecipazione finanziaria alle risorse di detti organismi» –:
   se il rappresentante dell'Italia nel board dei direttori della Banca mondiale, nella riunione del 20 marzo 2014, abbia votato a favore del finanziamento di 73 milioni di dollari da parte della Banca mondiale e, nel caso di risposta affermativa, quali siano state le valutazioni ed i criteri posti alla base di tale scelta;
   se il Governo intenda fornire elementi in ordine all'intero piano finanziario previsto per la costruzione del progetto Inga 3 e Grand Inga nonché in merito agli investitori coinvolti, oltre alla Banca mondiale;
   se sia a conoscenza che due tra le imprese che concorrono per lo sviluppo del progetto Inga 3, risultano sospese o inserite nella black list della Banca mondiale per corruzione. (4-04522)


   AIRAUDO, PAGLIA, DI SALVO, DURANTI, PIAZZONI, PANNARALE, PALAZZOTTO, MELILLA, FRANCO BORDO e LAVAGNO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal monitoraggio degli ammortizzatori sociali in deroga stilato dalla Commissione lavoro della Conferenza delle regioni il 21 gennaio 2014 emerge, con tutta evidenza, che l'eventuale stima dell'ulteriore fabbisogno di risorse necessario per completare il 2013 (anche a seguito del rifinanziamento avvenuto con il decreto-legge n. 102 del 2013) ammonta complessivamente a 1.070,96 milioni euro di cui 35 milioni di europei la regione Abruzzo, 10 milioni di euro per la regione Basilicata, 180 milioni di euro per la regione Calabria, 40 milioni di euro per l'Emilia Romagna, 12 milioni di euro per il Friuli Venezia Giulia, 50 milioni di euro (al netto di un tiraggio medio calcolato al 63 per cento) per la regione Lazio, 45-50 milioni di euro per la regione Liguria, 220 milioni di euro per la regione Lombardia, 35 milioni di euro per la Regione Marche, 4 milioni di euro circa per Cassa integrazione guadagni in deroga e 3,6 milioni di euro circa per mobilità in deroga per la regione Molise, 15 milioni di euro per la regione Piemonte, 123,46 milioni di euro per la regione Puglia (tale importo prevede già l'utilizzo del cosiddetto overbooking che ad oggi non risulta formalmente autorizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali), 16 milioni di euro circa per la Cassa integrazione guadagni in deroga (al netto del tiraggio medio calcolato al 80 per cento) e 105 milioni di euro circa per la mobilità in deroga (al netto del tiraggio medio calcolato al 70 per cento) per la regione Sardegna, 70 milioni di euro per la regione Toscana, 6,9 milioni di euro circa per la regione Umbria e, infine, 95 milioni di euro per la regione Veneto;
   con riferimento a tali stime, sono ormai mesi che le regioni denunciano la situazione di grave tensione sociale, ai limiti dell'ordine pubblico, determinata dall'incertezza della copertura finanziaria degli interventi relativi al 2013, facendo presente che, laddove non fossero garantite certezze sull'integrale copertura finanziaria resa necessaria dall'applicazione dei nuovi criteri e non fossero varate modifiche relative alla gestione delle procedure, non sarebbe più possibile proseguire nella gestione per conto dello Stato degli ammortizzatori in deroga, con la conseguenza che risulterebbe necessaria la restituzione agli organi statali della funzione di autorizzazione;
   oltre ad essere necessario lo stanziamento di ulteriori risorse per garantire la copertura integrale del fabbisogno per l'anno 2013, per il biennio 2014-2015, il Governo dovrebbe assicurare la certezza delle risorse in modo da garantire l'erogazione del trattamento a tutti i lavoratori che hanno maturato un diritto soggettivo, che non può essere condizionato dal limite delle risorse finanziarie assegnate alle regioni;
   pur tuttavia, in nessuno dei provvedimenti di carattere economico varati sino ad oggi dal Governo ivi compreso il documento programmatico contenuto nel DEF 2014, sono previste adeguate risorse ovvero effetti compensativi tali da dare certezza al rifinanziamento della cassa integrazione in deroga o di altre forme di spesa invariata;
   a fronte di tale perdurante incertezza che aggrava una situazione già particolarmente critica per i lavoratori, si evidenzia altresì che il sistema bancario, in alcuni territori, ha smesso di anticipare quanto in previsione di pagamento tramite cassa in deroga –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto in premessa per garantire la copertura integrale del fabbisogno relativo alla cassa integrazione in deroga previsto per l'anno 2013, nonché per il biennio 2014-2015 a fronte di una situazione di eccezionale gravità che, ad avviso degli interroganti e non solo, rischia di sfociare in fenomeni di gravissima tensione sociale, ai limiti dell'ordine pubblico. (4-04527)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, FRUSONE e AGOSTINELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 28 della legge fallimentare rubricato «Requisiti per la nomina a curatore», «possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:
    a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;
    b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;
    c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento»;
   il secondo comma, nel testo introdotto dal decreto legislativo n. 5 del 2006, prevedeva che il tribunale dovesse indicare le specifiche caratteristiche e attitudini del curatore; si era ritenuto che la previsione fosse riferita solo all'ipotesi di cui al comma 1, lettera c). In ogni caso il decreto correttivo decreto legislativo 169/2007 ha abolito il comma in questione, per cui in nessun caso (per le procedure aperte dal 1o gennaio 2008) il tribunale dovrà fornire le specificazioni anzidette (neppure per i soggetti che non appartengono agli ordini professionali indicati);
   i criteri di scelta dei professionisti da nominare non sono ulteriormente precisati dalla legge e sono lasciati alla discrezionalità di ogni tribunale, non uniformi a livello nazionale, sottoposti al potenziale pericolo di favoritismi personali, non essendo prevista una valutazione periodica con rating assegnato dai magistrati in base all'operato dei singoli professionisti;
   non è previsto per legge, e nemmeno per prassi dei tribunali, un numero massimo di incarichi annuali che possono essere attribuiti ad ogni professionista, al punto tale che può verificarsi una concentrazione degli incarichi su pochi professionisti. Gli incarichi sono assegnati al singolo professionista, che per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni è pubblico ufficiale, e non sono delegabili a terzi. Questo principio risulta in contraddizione con l'assegnazione a pochi professionisti di un numero di procedure, anche piuttosto complesse, non gestibili in tempi rapidi da una singola persona;
   a titolo esemplificativo, risulta agli interroganti che presso il tribunale di Vicenza le nomine relative alle procedure concorsuali assegnate nel biennio 2012-2013 si siano concentrate in pochi professionisti. Ad alcuni sono state assegnate un numero di procedure difficilmente gestibili contemporaneamente: a soli 16 professionisti sono state assegnate tra le 10 e le 15 procedure, a due persone sono state affidate tra le 15 e le 20 procedure, ed addirittura un professionista è stato nominato in ben 23 procedure concorsuali;
   non risulta che i tribunali abbiano l'obbligo di pubblicizzare periodicamente, sul sito internet del tribunale, gli incarichi conferiti ed i criteri di liquidazione dei relativi compensi, al punto che non è garantita una equa perequazione tra professionisti, sia nel conferimento degli incarichi, sia nella liquidazione dei compensi con utilizzo di criteri non omogenei tra i giudici anche nella stessa sezione fallimentare;
   non risulta che sia previsto per legge un limite massimo di età e che i tribunali stiano agevolando in modo strutturato l'accesso ai giovani professionisti;
   la stessa situazione vale per gli incarichi peritali, conferiti ai periti tecnici nominati dal giudice ovvero da curatori e commissari giudiziali come coadiutori della procedura –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza, anche normative, il Ministro intenda adottare per garantire l'equa distribuzione degli incarichi ai professionisti, la fissazione di un numero massimo di incarichi annuale per ciascun professionista, l'accesso strutturato ai giovani professionisti, la revisione dei criteri di scelta dei professionisti, la pubblicizzazione periodica degli incarichi e dei compensi per consentire a tutti informazione, vigilanza e controllo.
(5-02644)


   BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è successo a Verona: da un articolo su L'Arena del 28 marzo 2014 è emerso che il magistrato aveva disposto i domiciliari a condizione che il detenuto accettasse di indossare la «cavigliera» e che quindi fosse controllato tramite braccialetto elettronico, ma il detenuto (condannato a due anni e mezzo di reclusione per aver clonato carte di credito) dovrà essere mandato agli arresti domiciliari e monitorato con controlli di routine da agenti di polizia, con un conseguente ulteriore esborso a carico dello Stato;
   manca la dotazione dei braccialetti elettronici. I carabinieri di Verona hanno infatti comunicato «di non avere disponibilità del software e dell’hardware necessari per l'apposizione dei mezzi di controllo di cui all'articolo 275 del codice di procedura penale»;
   il congegno fornisce l'esatta posizione e consente quindi la localizzazione in tempo reale di chi lo indossa. Come noto, il braccialetto elettronico, previsto dal cosiddetto decreto «svuotacarceri» del 23 dicembre 2013 convertito in legge con testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 21 febbraio 2014, fino ad alcune settimane fa era prescritto solo se ritenuto necessario;
   il «decreto svuotacarceri» ha stabilito come regola generale la prescrizione da parte del giudice, nell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, del cosiddetto braccialetto elettronico, nonché il ricorso allo stesso strumento nell'applicazione della detenzione domiciliare; salvo motivare le ragioni per cui non sia applicabile e di conseguenza il numero dei «controllati» è destinato a salire in breve tempo;
   ad oggi non si ha ancora la garanzia che gli strumenti elettronici ci siano, e funzionino a tal punto da infondere fiducia nei magistrati. A gennaio 2014 solo 90 braccialetti risultano essere stati utilizzati. Lo Stato ha speso, negli ultimi dieci anni, più di cento milioni per queste tecnologie, congelando l'appalto già affidato Telecom, nonostante le offerte di un'altra azienda, il cui ricorso è arrivato alla Corte di giustizia europea;
   in merito alla procedura, tra l'emissione del provvedimento del magistrato e l'applicazione del braccialetto è trascorsa circa una settimana (il tempo necessario per avvisare la società che gestisce il servizio e per ottenere l'intervento del tecnico). I modelli più evoluti di braccialetto funzionano con il sistema gps, ma la maggior parte di quelli attualmente in dotazione sono meno precisi (e utilizzano la tecnologia gsm, quella dei cellulari) e la localizzazione avviene controllando la cella telefonica che viene agganciata in caso di spostamento del detenuto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa ed, in particolare, della difficoltà di utilizzo dello strumento, anche successivamente alla conversione in legge del «decreto svuotacarceri»;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto che, pur impiegando milioni di euro di risorse pubbliche, i braccialetti elettronici non forniscono garanzia di funzionamento al giudice che li deve prescrivere per legge, con conseguente impiego di ulteriori risorse in termini di controlli degli agenti di polizia. (5-02646)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZARDINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il CIPE, con deliberazione n. 4 del 18 marzo 2005, ha approvato il piano pluriennale della viabilità nazionale 2003-2012 nel testo redatto dall'ANAS; 
   nel mese di aprile 2007 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso a tutte le regioni una proposta tecnica per la redazione del «piano quinquennale della viabilità di competenza statale 2007-2011», riferito alla sola rete stradale ordinaria;
   la giunta regionale del Veneto ha espresso il proprio parere in merito alla proposta tecnica di piano quinquennale della viabilità di competenza statale 2007-2011, indicando, priorità infrastrutturali sulla rete di viabilità ordinaria di competenza ANAS e ricadenti nel territorio regionale, tra i quali l'intervento denominato «S.S. 12 – Variante Verona – Buttapietra – Castel d'Azzano», per un costo stimato di euro 35.000.000,00;
   con l'articolo 49 della legge regionale 27 febbraio 2008, n. 1, è stata puntualmente autorizzata la giunta regionale a finanziare la redazione del progetto definitivo del sopraccitato intervento relativo alla variante alla strada statale n. 12 tratto Verona – Castel D'Azzano – Buttapietra, incaricando allo scopo la società Veneto Strade s.p.a.
   con DGR n. 1498 del 17.06.2008 la giunta regionale ha assegnato pertanto alla società Veneto Strade s.p.a. la somma di euro 300.000,00 per la redazione del progetto definitivo della variante alla Strada Statale n.12 Verona – Castel D'Azzano – Buttapietra;
   la strada statale 12 rappresenta una delle strade più trafficate, caratterizzata da un traffico pesante che soffoca numerosi quartieri e paesi; in particolare è critico l'attraversamento del cuore dei quartieri e dei centri abitati di Borgo Roma e Cadidavid a Verona e Buttapietra, interessando inoltre Beccacivetta a Castel d'Azzano;
   i veicoli che transitano quotidianamente su tale tratto della strada statale 12 sono circa 25.000 di giorno e tra i 1.300 e i 1.600 veicoli nelle ore notturne, di cui 150/180 camion oltre i 50 quintali;
   a causa dei gravi disagi creatisi nei rioni e nei paesi a seguito di questa situazione di traffico insopportabile si è costituito un comitato che ha organizzato una decina di cortei con notevole partecipazione dei cittadini;
   nelle opere ferroviarie il CIPE può approvare i progetti preliminari delle opere medesime anche nelle more del finanziamento della fase realizzativa e dei relativi progetti definitivi a condizione che sussistano disponibilità finanziarie sufficienti per il finanziamento di un primo lotto costruttivo di valore non inferiore al 10 per cento del costo complessivo delle opere;
   in modo particolare la tratta BresciaVerona della linea ferroviaria AV/AC Milano-Venezia, la tratta Apice-Orsara e la tratta Frasso Telesino-Vitulano della linea ferroviaria AV/AC Napoli-Bari sono realizzate con le modalità previste dall'articolo 2, commi da 232 e 234, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
   con l'autorizzazione del primo lotto costruttivo, il CIPE assume l'impegno programmatico di finanziare l'intera opera ovvero di corrispondere l'intero contributo finanziato e successivamente assegna, in via prioritaria, le risorse che si rendono disponibili in favore dei progetti, allo scopo di finanziare i successivi lotti costruttivi fino al completamento delle opere, tenuto conto del crono programma;
   la citata legge n.191 del 2009, ai commi 232-234, detta quindi le condizioni che riguardano il progetto definitivo, il costo del lotto e il contraente generale con la previsione della disponibilità finanziaria del primo lotto (10 per cento) –:
   se il Ministro ritenga possibile introdurre nel primo provvedimento utile la possibilità di applicare la suddetta procedura per lotti costruttivi anche alle opere stradali e in modo particolare al progetto della variante alla strada statale 12, per la quale allo stato attuale è stato approvato il progetto preliminare e il passaggio alla fase realizzativa risulta difficile proprio per carenza di risorse disponibili.
(5-02642)

Interrogazione a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le associazioni dei consumatori, il cui ruolo assume oggi un peso fondamentale nell'ottica della tutela collettiva del bene comune, hanno il compito di «spianare la strada alle iniziative dei singoli, tramite il superamento degli ostacoli di ogni genere di cui tale strada potrebbe essere disseminata ove ad agire fosse il singolo» (Corte di cassazione, Sez. Terza civile, 18 agosto 2011 n. 17351) e in quest'ottica il Codacons, autonomamente e come aderente a Casper – Comitato contro la speculazione e il risparmio, ha segnalato negli ultimi anni diverse situazioni critiche in riferimento tanto alla qualità dei servizi forniti quanto all'operato e al comportamento delle Ferrovie dello Stato spa;
   in particolare, l'inappropriata gestione del servizio e l'incapacità di far fronte alle diverse problematiche che nel corso degli anni si sono succedute ha privato o comunque limitato i cittadini utenti nella fruizione, a fronte del pagamento dei biglietti, di un servizio pubblico essenziale;
   Trenitalia spa, società controllata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato spa, a sua volta posseduta al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, è affidataria del servizio di trasporto pubblico, tanto dei passeggeri quanto delle merci, sulla base di un contratto di servizio stipulato con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   con specifico riferimento all'attività svolta da Trenitalia spa, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare che «la Trenitalia spa non è soggetto concessionario perché espleta l'attività di trasporto in virtù di licenze» ed ha, altresì, chiarito che «essa, tuttavia, gestisce pur sempre un servizio pubblico, quale è il trasporto su rotaie, anche se non in forza di concessione» (cfr. Cons. Stato n. 7798/2003);
   infatti, come ribadito anche dal Consiglio di Stato, «Ferrovie dello Stato spa è un soggetto che opera in settori che, come quello dei trasporti, deve ritenersi di rilevanza strategica e, quindi, di spiccato rilievo pubblicistico. Quindi, fino a che permanga la partecipazione maggioritaria o esclusiva dello Stato, la Ferrovie dello Stato spa non potrà essere o agire alla pari di una normale società di diritto privato» (Cons. Stato n. 498 del 1995);
   pochi giorni fa la Commissione europea ha annunciato di aver deferito l'Italia alla Corte di Giustizia di Strasburgo per il mancato recepimento della normativa comunitaria sui diritti dei passeggeri nel trasporto ferroviario, in particolare per non aver ancora istituito una specifica autorità per vigilare sull'applicazione del regolamento e stabilito sanzioni per chi viola le regole, il che impedirebbe ai passeggeri di poter far rispettare i loro diritti in caso di problemi;
   a sostegno della natura di pubblico servizio dell'attività espletata dalla Ferrovie dello Stato spa, è intervenuta anche l'Adunanza generale del Consiglio di Stato, la quale ha affermato che «a seguito dell'intervenuta trasformazione e della conseguente riserva allo Stato (e non già all'Ente pubblico estinto) del servizio ferroviario ex articolo 43 Cost., Ferrovie dello Stato spa è stata legittimata ex lege all'esercizio degli stessi compiti relativi ad un servizio pubblico essenziale». Appare evidente quindi che il servizio di trasporto ferroviario di media e lunga percorrenza debba essere considerato alla stregua di tutti gli altri servizi svolti da Trenitalia e Ferrovie dello Stato, un servizio pubblico essenziale (Cons. Stato Ad. Gen. 1o ottobre 1993 n. 93);
   Trenitalia spa non sembra disponibile ad un confronto con il Codacons e il Casper finalizzato ad individuare le principali situazioni di disagio e inadeguatezza dei servizi forniti alla collettività, tanto da non coinvolgere l'associazione e il comitato nella discussione sulla Carta dei Servizi 2011 della divisione passeggeri N/I di Trenitalia ed in particolare sulle condizioni del servizio ferroviario;
   il Codacons è stato anche estromesso dal tavolo delle trattative con le associazioni dei consumatori per il risarcimento ai passeggeri dei treni (IC 615, FB 9823, FB 9829) che il 1o febbraio 2014 sono rimasti bloccati per oltre dieci ore a causa del forte maltempo;
   la scelta dell'amministratore delegato pro tempore Mauro Moretti di escludere le associazioni dei consumatori dai tavoli tecnici mette in atto una vera discriminazione nei confronti di tutta la cittadinanza che delega la propria rappresentanza a tali associazioni –:
   se il Ministro, per quanto di sua competenza, non ritenga opportuno approfondire i fatti espressi in premessa al fine di scongiurare il perpetrarsi o il sorgere di atti discriminatori nei confronti delle associazioni dei consumatori da parte di Trenitalia spa, che si traducono in un danno per tutti i cittadini utenti, rappresentati per l'appunto dalle associazioni dei consumatori;
   se non ritenga doveroso rendere noto quale sia il programma di convocazione dei prossimi tavoli tecnici che vedranno coinvolti Trenitalia spa e il Codacons autonomamente e come aderente a Casper – Comitato contro la speculazione e per il risparmio;
   se il Ministro reputi che l'attività svolta da Trenitalia spa e le scelte aziendali intraprese dall'amministratore delegato pro tempore sia rispondente agli standard qualitativi richiesti per l'espletamento di un servizio pubblico e, in caso di inefficienza, se non reputi necessario intervenire con gli strumenti a propria disposizione per pretendere il miglioramento del servizio (4-04535)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   L'ABBATE, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, D'AMBROSIO, BRESCIA e CARIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento all'interrogazione a risposta in commissione 5-01798 del 27 dicembre 2013 (precedente numero assegnato 4-02196) e alla relativa risposta del vice ministro dell'interno Filippo Bubbico dell'11 febbraio 2014;
   in data 17 ottobre 2013, nel comune di Conversano (Bari), un giovane, reo di aver difeso dei cani randagi, viene pestato a sangue presumibilmente da tre georgiani. Il giovane conversanese in questione non ha sporto denuncia e risulta essere il primo dei non eletti al consiglio comunale con l'attuale maggioranza;
   in data 20 ottobre 2013, furto di una autovettura e di gioielli in una abitazione;
   in data 29 ottobre 2013, furti di cavi in rame, di autovetture ed in una villa privata;
   in data 2 novembre 2013, in via vecchia Monopoli, si verifica un furto d'auto ad un giovane fermato per strada con un pretesto;
   in data 10 novembre 2013, due conversanesi vengono tratti in arresto per furto e rapina;
   in data 13 novembre 2013, furto di mezzi e beni ad imprese agricole e ritrovamento degli «scheletri» di due auto rubate;
   in data 19 novembre 2013, il sindaco di Conversano, Giuseppe Lovascio, denuncia pubblicamente le minacce di morte pervenutegli tramite sms;
   in data 21 novembre 2013, incendio doloso che distrugge tre tir ed un rimorchio, nella zona artigianale, ai danni della società «International Sound»;
   in data 3 dicembre 2013, furto di pannelli fotovoltaici nelle campagne tra Conversano e Mola di Bari;
   in data 10 dicembre 2013, furto di un furgone e denuncia nei confronti di due donne per tentato furto in un negozio nella confinante Polignano a Mare;
   in data 12 dicembre 2013, si verifica il terzo pestaggio notturno, questa volta ai danni di un giovane ventenne. «Dietro le aggressioni ci sarebbe dell'altro», scrive «La Gazzetta del Mezzogiorno, edizione Bari»;
   in data 14 dicembre 2013; un ordigno di fabbricazione artigianale, ma ad alto potenziale e caricato con oggetti metallici, è stato fatto esplodere nella notte vicino l'abitazione di un malvivente. «L'atto intimidatorio sarebbe un segnale proveniente dal clan rivale» (da «La Gazzetta del Mezzogiorno, edizione Bari»);
   in data 24 dicembre 2013, due tentativi di furto ad altrettante stazioni di servizio;
   in data 30 dicembre 2013, incidente con rissa, auto bruciate e furto di due autocarri;
   in data 7 gennaio 2014, il fenomeno dei furti d'auto non accenna a placarsi: cinque autovetture recuperate nella periferia cittadina dopo essere state rubate e, presumibilmente, utilizzate per compiere furti e rapine;
   in data 14 gennaio 2014, continuano i roghi notturni con un'altra automobile completamente divorata dalle fiamme;
   in data 15 gennaio 2014, quattro furti di auto messi a segno nella notte;
   in data 16 gennaio 2014, incendio doloso in un capannone abbandonato tra Conversano e la confinante Polignano a Mare;
   in data 18 gennaio 2014, incendiato un furgone di un'impresa edile e ritrovamento di tre autovetture rubate nel tarantino;
   in data 23 gennaio 2014, i continui furti di rame mettono in avaria i dieci impianti irrigui gestiti dalla Regione Puglia tramite l'Arif (Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali) creando nuovi disagi agli agricoltori della zona;
   in data 24 gennaio 2014, furto con scasso ad una stazione di servizio;
   in data 30 gennaio 2014, le opposizioni chiedono all'amministrazione Lovascio di convocare un consiglio monotematico sulla sicurezza;
   in data 4 febbraio 2014, ben cinque furti di auto e furgoni messi a segno in poche ore. «La recrudescenza di questi episodi ha tolto la tranquillità alle famiglie di Conversano, già scosse per i roghi delle auto che continuano a verificarsi in città, soprattutto nelle ore notturne, senza soluzione di continuità e per i furti in abitazioni e alle stazioni di servizio» (da «La Gazzetta del Mezzogiorno, edizione Bari»);
   in data 6 febbraio 2014, in un consiglio comunale monotematico, l'amministrazione guidata dal Sindaco Giuseppe Lovascio, su sollecito delle minoranze, chiede l'apertura di una stazione della Polizia di Stato per contrastare la delinquenza e potenziare il numero di militari e agenti in città e aderisce al Fisu (Forum italiano sicurezza urbana) per attivare politiche sulla sicurezza in rete con altre città italiane;
   in data 8 febbraio 2014, le opposizioni in consiglio comunale denunziano il conferimento di incarichi a parenti e persone vicine alla maggioranza, sottolineando come «un momento in cui la nostra collettività si sta interrogando sugli episodi legati alla criminalità in paese, dare segnali forti di legalità amministrativa diventa doveroso»;
   in data 12 febbraio 2014, un ordigno di fabbricazione artigianale, per fortuna a basso potenziale, è stato fatto esplodere all'ingresso di un bar: un atto «probabilmente riconducibile all'azione di bande dedite al racket delle estorsioni» (da «La Gazzetta del Mezzogiorno, edizione Bari»). Rapina messa a segno ad un isolato dalla stazione dei Carabinieri: un giovane, armato e col volto coperto da passamontagna ha prelevato contanti ed alcuni telefonini da un negozio;
   in data 14 febbraio 2014, iniziano i controlli a tappeto delle forze dell'ordine che si concludono con la denuncia di un pusher trovato in possesso di alcune dosi di droga, dieci multe ad automobilisti che hanno violato il codice della strada ed il sequestro di un carico di prodotti ortofrutticoli di dubbia provenienza;
   in data 15 febbraio 2014, nasce ufficialmente il presidio «Libera», l'associazione contro le mafie presieduta da don Luigi Ciotti. Una «iniziativa nata all'indomani delle sparatorie di via Giusti e dell'agguato in villa Garibaldi, accaduti il 17 luglio e il 31 agosto del 2013, seguiti dagli inquietanti attentati incendiari al mercato ortofrutticolo nella zona annonaria e alla “International Sound” nella zona artigianale, e promossa da associazioni e cittadini pronti ad avviare iniziative volte al ripristino della legalità e della convivenza civile» (da «La Gazzetta del Mezzogiorno, edizione Bari» del 12 febbraio 2014);
   in data 19 febbraio 2014, furto in un cantiere edile del valore di 50.000 euro, sottratti tre mezzi pesanti;
   in data 26 febbraio 2014, furto ad un supermercato e ad un'abitazione privata;
   in data 27 febbraio 2014, denunciato un cittadino conversanese per detenzione abusiva di un fucile da caccia calibro 16 a due canne e di 14 cartucce;
   in data 28 febbraio 2014, anche il primo cittadino di Conversano, Giuseppe Lovascio, si rende conto della gravità della situazione e si reca dal prefetto di Bari, Antonio Nunziante, per chiedere un adeguato presidio di forze dell'ordine per contrastare l'ascesa di atti criminali sul territorio cittadino;
   in data 4 marzo 2014, denunciato a piede libero un 36enne incensurato che deteneva nella propria abitazione un'arma, munizioni, dosi di cocaina e hashish, ricetrasmittenti e ben 17.000 euro in contanti;
   in data 5 marzo 2014, inseguimento tra i carabinieri e due malviventi alla guida di una «Fiat Uno» rubata, i quali riuscivano a darsi alla fuga;
   in data 7 marzo 2014, nell'agro conversanese incendiate due auto che sono risultate rubate;
   in data 11 marzo 2014, il Prefetto di Bari Antonio Nunziante fa visita alla città e dichiara che la «situazione è da tenere sotto controllo»;
   in data 12 marzo 2014, rubata un'automobile e furto in un'altra autovettura;
   in data 14 marzo 2014, il «Movimento 5 Stelle Conversano» dà il via alla petizione popolare, sia cartacea sia online, per chiedere l'istituzione di un presidio di Polizia: in poche settimane vengono raccolte oltre 500 firme;
   in data 16 marzo 2014, mentre le forze dell'ordine erano impegnate con gli ennesimi roghi, tutti dolosi, che hanno distrutto quattro automobili, viene fatta esplodere una bomba carta nuovamente in via Giusti, nei pressi dell'abitazione di un pregiudicato;
   in data 17 marzo 2014, rubato un furgone con un carico di prodotti ortofrutticoli del valore di 10.000 euro e ritrovate due automobili, rubate in precedenza;
   in data 18 marzo 2014, continua la presunta «guerra tra clan rivali», con uno o due ordigni rudimentali, ma ad alto potenziale, fatti esplodere davanti al condominio nel quale risiede Nicola La Selva, fra l'altro vittima di un agguato, tesogli in pieno giorno, il 31 agosto 2013;
   in data 19 marzo 2014, misteriosa sparatoria a colpi di pistola, ad altezza d'uomo, in pieno centro cittadino tra le 19.30 e le 20.00;
   in data 22 marzo 2014, il prefetto di Bari, Antonio Nunziante, ha disposto l'accesso delle forze dell'ordine nel cantiere dell'ex Gil (Gioventù italiana del littorio) di Conversano per il rischio di infiltrazioni mafiose. Il provvedimento, firmato dopo la richiesta fatta dalla Dda, consentirà alle forze dell'ordine e ai magistrati di avviare una serie di verifiche sullo svolgimento dei lavori: dalla condotta della ditta aggiudicataria dell'appalto ai contratti dei dipendenti. Nell'ex dormitorio di epoca fascista sorgerà una casa famiglia: un'opera di riqualificazione di 1,5 milioni di euro;
   in data 26 marzo 2014, drammatico inseguimento alle prime luci dell'alba con una banda, a bordo di un'autovettura, che tenta di ammazzare l'agente della vigilanza, che l'aveva intercetta, scagliandogli contro il parabrezza un masso;
   in data 28 marzo 2014, alla manifestazione cittadina indetta dall'associazione «Libera», intitolata «Conversano dice no alla criminalità», partecipano 3.000 persone;
   in data 3 aprile 2014, rocambolesco inseguimento, in via San Lorenzo, tra uno scooter con due individui ed i carabinieri della locale stazione;
   in data 7 aprile 2014, quinto fermo per droga da inizio anno che riguarda residenti nel Comune di Conversano: arrestato giovane albanese in possesso di mezzo chilo di cocaina;
   in data 11 aprile 2014, su appello dell'arciprete della basilica cattedrale don Felice Di Palma ed organizzata da «Libera», «Arci» e altre associazioni, con il coinvolgimento di scuole e parrocchie, si svolge la manifestazione cittadini «Via Crucis sui sentieri della legalità», per dire «no alla criminalità» nel comune di Conversano;
   l'associazione «Libera» è intenzionata a distribuire un questionario anonimo presso imprenditori, commercianti e cittadini per verificare lo stato dell'arte di usura ed estorsioni nel territorio conversanese –:
   se, a fronte degli atti e dei fatti esposti in premessa – gravi, continuativi, esponenziali – quali misure intenda adottare per ripristinare e garantire la sicurezza del territorio e spegnere l'allarme sociale in cui versa;
   se non intenda prevedere un presidio permanente della polizia dello Stato o, in alternativa, il rafforzamento e l'integrazione delle forze presenti sul territorio;
   se non ritenga che gli atti ed i fatti esposti, di cui è oggetto il comune di Conversano (Bari), siano tali da far emergere la possibilità di infiltrazioni criminali e se non intenda accertarlo disponendo l'accesso da parte dell'apposita commissione. (5-02650)


   GIOVANNA SANNA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa locali e nazionali riportano in questi giorni la notizia che la Land Holding, una delle società che fanno capo all'Emirato del Qatar, neo proprietario della Costa Smeralda, ha di fatto bloccato alla comunità dei residenti a ai turisti l'accesso alle aree parcheggio dietro le spiagge di Liscia Ruja, Pevero e Romazzino;
   le aree alle spalle di queste spiagge famosissime ricadono nella proprietà privata, ma da 50 anni vengono cedute gratuitamente al comune di Arzachena che le attrezza ad aree parcheggio, servizio indispensabile per evitare che le auto occupino i due lati della strada principale, creando di fatto un impedimento al passaggio dei mezzi di soccorso in caso di incendio, essendoci alle spalle di queste spiagge una foresta di macchia mediterranea evoluta con un sottobosco molto fitto ad alto rischio di incendi;
   oltre al rischio ambientale, la gestione dei parcheggi ha una rilevanza dal punto di vista occupazionale, essendo tale area gestita da cooperative che assumono nella stagione estiva decine di dipendenti che si occupano di tutti i servizi spiaggia;
   la strada di accesso a queste aree e alle spiagge è una strada sterrata e molto stretta e dunque non facilmente accessibile, e allo stesso tempo l'area parcheggio era prevista a numero chiuso per un massimo di 512 auto, numero, a stima del Corpo forestale, gestibile in tempi rapidi in caso di emergenza incendi;
   il comune di Arzachena sta tentando di avviare una procedura di esproprio di tali aree, ma i tempi sono molto ristretti vista la stagione turistica ormai quasi alle porte –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite degli organi preposti alla tutela ed alla sicurezza del demanio marittimo e dei litorali costieri, in ordine alle ripercussioni della situazione di cui in premessa sul dispositivo per la gestione delle emergenze e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per trovare le soluzioni urgenti ed opportune onde evitare le problematiche negative evidenziate in premessa, considerato l'approssimarsi della stagione turistica. (5-02654)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PIRAS e FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il territorio dell'Ogliastra situato nella zona centro-orientale della Sardegna – 57mila abitanti distribuiti in 23 Comuni – ha storicamente vissuto una condizione di isolamento, dovuto dall'assenza di arterie stradali e ferroviarie di collegamento con Cagliari e le altre città e aree con alta densità abitativa della Sardegna, problema oggi in parte superato dai lavori di completamento della nuova strada statale 125 che facilita il collegamento con Cagliari e dal precedente completamento – negli anni ’90 – della strada a scorrimento veloce Nuoro-Lanusei;
   l'economia prevalente del territorio è legata alla pastorizia e – nella stagione estiva – al turismo costiero e – grazie alla straordinaria combinazione fra mare e peculiari caratteristiche delle zone interne – naturalistico ed enogastronomico;
   nonostante le ricchezze del territorio l'Ogliastra è un'area fra le più povere dell'isola, caratterizzata da tassi di disoccupazione elevatissimi, da una occupazione fortemente legata alla stagionalità, da preoccupanti tassi di dispersione scolastica, da un insistente spopolamento dei centri dell'interno, spesso ancora difficilmente raggiungibili a causa di un sistema viario arretrato e da un pressoché inesistente servizio di trasporti pubblico;
   la rapidissima evoluzione dell'economia locale, nonostante la repentina chiusura di alcune attività produttive di carattere industriale e un sistema portuale ed aeroportuale deficitario, affonda le sue origini nei nuovi collegamenti viari di cui si è detto, quindi nel varco prodottosi nello storico isolamento della provincia e nell'afflusso di nuovi capitali ed energie imprenditoriali;
   elementi positivi che tuttavia si sono innestati senza soluzione di continuità su un tessuto socio-culturale tradizionale, in una società che con ogni probabilità non aveva ancora sviluppato gli anticorpi rispetto a una modernizzazione così rapida e disordinata;
   le conseguenze di questo gap oggi si registrano tutte: dall'elevato tasso di abusivismo edilizio che si registra particolarmente nelle zone costiere ai dubbi, confermati anche da autorevoli esponenti della Magistratura, sulla presenza nel territorio di organizzazioni malavitose slegate dalla tradizionale criminalità locale, che si manifestano – anche nelle cronache recenti attraverso una molteplicità di segnali;
   negli ultimi due mesi (febbraio-aprile) del 2014, si sono verificati ben 5 delitti nel territorio ogliastrino;
   nel solo mese di febbraio 2014 si sono verificati due omicidi: il primo l'11 febbraio a Loceri in cui ha perso la vita G.P di 53 anni, il secondo il 16 febbraio a Ulassai in cui ha perso la vita A.C di 75 anni; le vittime sono state assassinate entrambe con delle fucilate nelle loro rispettive campagne;
   il 16 marzo, ad Arzana si è verificato il terzo omicidio in un mese, con la morte di P.P di 68 anni, ucciso secondo gli inquirenti da due killer, sempre in una zona di campagna;
   il 28 marzo si è verificato il quarto omicidio, con modalità assolutamente estranee al territorio: R.A., 45 anni di Lanusei, è stato ucciso dall'esplosione di un'autobomba collegata al sistema di accensione della sua macchina;
   sabato 12 aprile il quinto omicidio in due mesi: S.U di 31 anni, pregiudicato, viene ucciso da un colpo di pistola alla testa a Tortoli, altra modalità di omicidio assolutamente atipica rispetto alla storia criminale del territorio;
   a questo preoccupante stato di cose andrebbero aggiunti gli innumerevoli attentati, intimidazioni, minacce le più svariate subite da amministratori locali, imprenditori ed esponenti delle associazioni del territorio e andrebbe citato il precedente storico – negli anni ’90 – del commissariamento della Cgil locale per infiltrazione mafiosa e del successivo processo ai dirigenti territoriali di tale organizzazione sindacale;
   in questo clima la ritirata dello Stato, la sua intangibile presenza sul terreno dei servizi e dell'attività di animazione economica non può che essere stigmatizzata;
   in ultima istanza corre l'obbligo di ricordare la denuncia del Procuratore della Repubblica di Cagliari Mauro Mura, a latere di un importante convegno sull'infiltrazione mafiosa in agricoltura, riportata dalla Stampa regionale negli articoli comparsi martedì 15 aprile, sui legami fra criminalità sarda ed ’Ndrangheta realizzatisi nelle Carceri di massima sicurezza dell'isola, oltre alle più recenti inchieste della Magistratura sulla presenza delle Mafie nel fiorente business delle energie alternative in Sardegna –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti accaduti negli ultimi mesi in Sardegna;
   se non ritenga opportuno un intervento nel territorio dell'Ogliastra volto a porre in essere misure di rimedio all'isolamento, alla povertà estrema, alla dispersione scolastica, alla cronica carenza di lavoro e servizi, che stanno alla base del disagio sociale e che precostituiscono il terreno fertile della crescita di associazioni a delinquere e dello sviluppo di una molteplicità di comportamenti criminali;
   quali iniziative intenda porre in essere relativamente al diffondersi in Sardegna di nuove ed esogene forme di criminalità organizzata che si stanno manifestando anche in questi mesi. (4-04519)


   BUONANNO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere se i Ministri interrogati non ritengano giusto e necessario, per tutelare i cittadini che rispettano la legge, procedere ad una verifica complessiva della condizione dei rom e dei sinti presenti in Italia, e di quanti vivono in Italia senza documenti né controlli. (4-04532)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI LELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle linee programmatiche il Ministro interrogato ha chiaramente evidenziato la necessità di assicurare una nuova generazione di insegnanti;
   nelle medesime linee programmatiche è stato evidenziato il rilevante e drammatico problema del precariato della scuola enumerando le circa seicento mila risorse e specificando che vanno riassorbiti;
   il Ministro ha dichiarato di voler predisporre un piano per il reintegro dei precari, fra cui preme all'interrogato sottolineare ci sono quaranta mila idonei di vecchi concorsi ivi compreso quindi quello del 2012;
   attraverso le ultime procedure concorsuali si è messa in atto una dura selezione delle eccellenze del nostro Paese e si è giunti ad un elenco di docenti la cui preparazione è stata certificata nel modo più inoppugnabile;
   con riferimento a predetto concorso nelle graduatorie di merito concorsuali compilate dalle commissioni giudicatrici degli uffici scolastici regionali il numero dei vincitori idonei è superiore al numero di posti previsti nel bando;
   il decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297, articolo 400, comma 17, e articolo 399, comma 1, stabilisce che i docenti saranno immessi in ruolo per il 50 per cento dalle graduatorie ad esaurimento e per l'altro 50 dalle graduatorie di merito scaturite da concorso, facendo scorrere queste ultime fino all'espletamento del concorso successivo;
   la sentenza del Consiglio di Stato n. 6247 del 27 dicembre 2013 avvalorerebbe la necessità di far scorrere le graduatorie di merito degli idonei a fronte di un piano di assunzioni;
   nella seduta dell'Assemblea del 27 marzo 2014 il Governo ha espresso parere favorevole su una risoluzione a prima firma dell'interrogante garantendo un suo impegno a valutare tutte le iniziative necessarie per procedere alla riapertura delle graduatorie ad esaurimento per i docenti abilitati e per quelli presenti nelle graduatorie di merito del concorso del 2012;
   nella nota di accompagnamento al decreto ministeriale n. 235 del 1o aprile 2014 relativo all'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento viene indicato come imminente l'aggiornamento triennale delle graduatorie di istituto –:
   quali iniziative il Ministro intenda intraprendere affinché gli idonei del concorso 2012 siano inseriti almeno nella seconda fascia delle graduatorie di istituto. (5-02645)

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO e GAROFALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la Legge n. 240 del 2010 ha introdotto l'abilitazione scientifica nazionale destinata ad attestare la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori, prevedendosi l'attribuzione dell'abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro;
   il nuovo sistema di valutazione nazionale, anche per come è stato poi in concreto strutturato con i successivi regolamenti di delegificazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011) e ministeriale (decreto ministeriale n. 76 del 2012) che lo hanno radicalmente modificato, si pone secondo l'interrogante in contrasto con l'articolo 33 ultimo comma della Costituzione perché una valutazione nazionale, con stretti limiti imposti a livello statale, è di per sé in contrasto con l'autonomia universitaria, costituzionalmente riconosciuta e garantita;
   il sistema valutativo accentrato era stato concepito per valorizzare il merito e per superare la cosiddetta cooptazione nelle assunzioni dei professori a livello locale;
   per le ragioni esposte al periodo precedente si sono previste commissioni uniche nazionali, composte da quattro commissari italiani ed un membro OCSE, che avrebbero dovuto concludere i loro lavori entro cinque mesi, tramite una valutazione analitica delle pubblicazioni, dei titoli e dei curricula dei candidati;
   il sistema ha clamorosamente fallito e lo stesso Ministro lo ha riconosciuto in varie occasioni pubbliche e se ne segnalano due in particolare:
    a) intervento all'inaugurazione dell'anno accademico 2014-2015 dell'università degli studi di Padova «La complessa vicenda delle Abilitazioni Scientifiche Nazionali (ASN), reclama chiarezza. La chiedono le Università in attesa di reclutare, la chiedono i candidati, in attesa di entrare nei ruoli della docenza, forse la chiedono anche alcuni Commissari, almeno quelli (la maggior parte spero) che non hanno scambiato il rilascio di una patente di guida con la messa in moto di una Ferrari.
  Saggezza impone di non esprimersi nel merito finché esistono procedure in itinere, come nel caso di specie. Posso, tuttavia, indicare con precisione un metodo, che intendo applicare qui, come in altri contesti. Se i meccanismi non sono sufficientemente agili, agevoli, veloci, il rischio di creare “tappi”, ritardi, elefantiasi procedurali e di disattendere le aspettative diventa certezza. E allora non resta che restituire i diritti strappati nel presente (sto pensando seriamente ad una riapertura per l'accesso alla seconda tornata concorsuale) e immaginare un meccanismo semplice e che dia garanzia di continuità nel futuro. In altri termini, non mi sento di garantire un terzo “concorsone” abilitante»;
    b) intervista a ROARS del 2 aprile 2014 «Invece di semplificare, in alcuni casi abbiamo complicato. Invece di chiarire, in alcuni casi abbiamo creato nuove ambiguità.
  Mi limito a due soli esempi.
  Il primo riguarda le procedure dell'Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN). Dopo un periodo estenuante di lavori delle Commissioni, al momento di pubblicare i risultati della prima tornata 2012, sono fioccati centinaia di ricorsi, con conseguente rallentamento dei meccanismi di assunzione mediante concorso: circostanza tanto più grave se si pensa che è dal 2008 che non vengono banditi concorsi per professori nelle Università...
  Dobbiamo lavorare, fermi restando il monitoraggio dell'ANVUR e gli obblighi di bilancio, verso la “liberazione” del reclutamento. Esso deve tornare ad essere primaria responsabilità dei singoli Atenei, che ne rispondono in termini di efficienza economica e di efficacia degli insegnamenti: gli abilitati dovrebbero poter essere assunti con procedure snelle, simili a quelle della chiamata diretta, senza inutili complicazioni, con piena responsabilità degli organi di governo dell'Ateneo che, anche grazie a un ulteriore perfezionamento della valutazione della qualità della ricerca, devono ottenere maggiori finanziamenti sul FFO anche al fine di destinare a finalità premiali dei docenti stessi»;
   le affermazioni sopra riportate appaiono largamente condivisibili;
   il sistema di valutazione nazionale non ha funzionato ed ha dunque fallito nelle sue dichiarate finalità di valorizzazione del merito;
   sono già intervenute una trentina di ordinanze cautelari del TAR Lazio che ordinano una nuova valutazione dei candidati in vari settori concorsuali ad opera di diverse Commissioni, che dovranno essere nuovamente sorteggiate, per cui la tornata di abilitazioni 2012 non può considerarsi definitivamente conclusa e per tanto nessun legittimo affidamento può radicarsi in capo ai candidati abilitati;
   le ordinanze di accoglimento del TAR del Lazio rilevano una serie di vizi attinenti alle singole procedure ed in particolare alle valutazioni di singoli candidati, viziate per lo più da manifesta irragionevolezza e sproporzione;
   non mancano, altresì, pronunciamenti sempre del TAR Lazio per illegittima composizione delle commissioni;
   ancora più allarmanti, per la stabilità dei risultati della tornata di abilitazioni 2012, sono due pronunce del Consiglio di Stato (ordinanze nn. 1411 e 1469/2014) che, in riforma di ordinanze di rigetto del TAR Lazio, hanno ritenuto fondati alcuni vizi rilevati in primo grado dai candidati ricorrenti ed in particolare vizi di natura generale che, ove confermati in sede di merito, porteranno verosimilmente all'annullamento di tutta la tornata di abilitazioni 2012;
   in particolare il Consiglio di Stato (ordinanza n. 1469/2014) ha ritenuto che «appaiono apprezzabili favorevolmente in punto di fumus boni iuris» cinque motivi di ricorso invalidanti l'intera procedura 2012 ed in particolare:
    1) un eccesso di delega nel decreto ministeriale n. 76 del 2012 che ha consentito alle Commissioni, in violazione di legge, di introdurre ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli rispetto a quelli previsti dallo stesso decreto ministeriale ovvero di non utilizzare alcuni dei criteri e parametri predeterminati sempre dal decreto ministeriale n. 76 del 2012;
    2) un vizio nelle procedure di formazione delle liste curate dall'ANVUR dei professori OCSE sorteggiabili formate senza nessuna garanzia che i commissari stranieri siano studiosi o esperti di pari livello rispetto ai commissari italiani, abbiano una specifica competenza nel settore concorsuale per il quale presentano domanda e addirittura conoscano la lingua italiana;
   la nuova tornata di abilitazioni 2013 deve ancora cominciare ad opera delle stesse Commissioni che hanno dato luogo ai ricorsi al TAR Lazio;
   in questo clima di incertezza, non si comprende come possano le università italiane procedere alle assunzioni senza il timore che le proprie procedure saranno rese illegittime dagli esiti dei ricorsi al TAR e degli appelli al Consiglio di Stato;
   si sta procedendo in tutta Italia a chiamate dirette ex articolo 24, comma 6, legge n. 240 del 2010 ed a procedure selettive ex articolo 18 legge n. 240 del 2010, riservate a candidati di prima e seconda fascia abilitati sulla base di procedure già dichiarate illegittime in sede cautelare dal Consiglio di Stato, con grave disparità di trattamento per i candidati non abilitati, ciò che potrà anche generare un successivo e prevedibile contenzioso risarcitorio, sia nei confronti del Ministero che delle singole università chiamanti;
   ancora la cosiddetta cooptazione non sembra essere stata scongiurata del tutto dalle abilitazioni nazionali, ma per certi versi confermata;
   cinque commissari per ogni settore concorsuale hanno valutato i candidati di tutta Italia, sottraendo autonomia di valutazione agli atenei ed ingenerando una situazione di incertezza che durerà almeno per i prossimi anni considerandosi i tempi medi di conclusione dei giudizi amministrativi;
   si tenga conto che anche un solo giudizio, laddove siano avanzati vizi di composizione della commissione oppure vizi dei regolamenti di delegificazione e ministeriale (è il caso dei due appelli cautelari accolti dal Consiglio di Stato) può rendere illegittima tutta la procedura e le assunzioni da parte delle università, anche a distanza di anni;
   i vizi ci sono, come emerge dalle due pronunce del Consiglio di Stato nn. 1411 e 1469/2014 oltreché dalle pronunce del TAR Lazio;
   si pensi solo al decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011 che, in contrasto con la legge n. 240 del 2010 ha previsto una deroga non autorizzata ad un requisito che tutti i commissari avrebbero dovuto possedere al momento della presentazione della domanda di partecipazione alle Commissioni;
   ci si riferisce al possesso della positiva valutazione «della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori» degli aspiranti commissari, da parte dell'ateneo di appartenenza (articolo 6, commi 7 e 8, legge n. 240 del 2010 ed articolo 6, comma 3, decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011): requisito al quale si è derogato per la prima e per la seconda tornata di abilitazione (articolo 8, comma 8, decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011) ad avviso dell'interrogante illegittimamente. Si pensi ancora all'attività di commissioni che su più del doppio dei cinque mesi previsti dalla legge per la conclusione dei propri lavori, grazie alle proroghe intervenute fino al 30 novembre 2013 (ed in alcuni casi financo al 14 gennaio 2014), hanno operato le valutazioni «analitiche» di centinaia di candidati e di migliaia di pubblicazioni in pochissimi giorni ed in pochissime ore, a volte anche al di fuori delle sedi delle procedure di esame, predeterminate con decreto ministeriale;
   si pensi all'atteggiamento complessivo delle Commissioni che, come riconosciuto dallo stesso Ministro, hanno creduto di poter svolgere un vero e proprio concorso e non di dovere concedere un'abilitazione, ingerendosi così pesantemente nelle scelte di reclutamento che la nostra Costituzione riserva all'autonomia universitaria;
   si pensi ancora alla cosiddetta cooptazione che si voleva scongiurare e che non sembra affatto che lo sia stato. Non si spiega altrimenti la mancata abilitazione di ricercatori ed associati di chiara fama internazionale, valutati da commissari che altrettanta chiara fama non possedevano, frutto di vibranti proteste della comunità scientifica internazionale –:
   se non ritenga di intervenire immediatamente per restituire agli aspiranti professori quelli che il Ministro stesso ha definito «i diritti strappati nel presente», prima che lo facciano gli organi giurisdizionali amministrativi, assumendo iniziative normative per abrogare, in via d'urgenza, le abilitazioni scientifiche nazionali quale requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori e consentendo alle università il reclutamento diretto dei propri docenti, sulla base delle proprie esigenze funzionali ed organizzative, attraverso procedure snelle, simili a quelle della chiamata diretta, senza inutili complicazioni, con piena responsabilità degli organi di Governo dell'ateneo, e scongiurando il reclutamento sulla base dei risultati delle abilitazioni scientifiche nazionali che nulla provano, stante le numerose illegittimità già denunciate, in merito alla qualificazione dei candidati, anche al fine di evitare prevedibili danni erariali scaturenti da legittime domande risarcitorie di candidati non abilitati. (4-04531)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CINZIA MARIA FONTANA e PELUFFO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   per l'anno 2014 lo stanziamento complessivo nel bilancio dello Stato per gli ammortizzatori sociali in deroga ammonta a circa 1,6 miliardi di euro;
   in data 22 gennaio 2014 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha emanato il decreto n. 78641, con il quale sono state ripartite alle regioni risorse pari a 400 milioni di euro;
   risulta che buona parte di dette risorse assegnate siano state destinate alla copertura degli ammortizzatori sociali in deroga relativi all'annualità 2013;
   la crisi occupazionale continua ad essere particolarmente grave anche nel corso del presente anno 2014 e gli ammortizzatori in deroga rimangono uno strumento indispensabile per gestire una fase tuttora molto complicata;
   è pertanto fondamentale che la ripartizione delle risorse già stanziate nel bilancio dello Stato non subisca ritardi, al fine di garantire una misura, seppur temporanea, di difesa del posto di lavoro e di tutela del reddito di migliaia di lavoratrici e lavoratori –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di procedere con la massima urgenza ad emanare i decreti di ripartizione alle regioni delle ulteriori risorse già disponibili nel bilancio dello Stato, al fine di evitare il rischio che le regioni stesse si trovino costrette a negare le richieste di autorizzazione di ammortizzatori sociali in deroga da parte delle imprese. (5-02643)


   RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che i carabinieri del nucleo operativo di Gorizia, l'11 marzo 2014 hanno eseguito alcuni arresti nell'ambito dell'operazione «Freework2» che vede coinvolte una rete di società, creata per sfruttare la manodopera, soprattutto bengalese, a bassissimo costo. Tali imprese sono legate ai subappalti dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone (Gorizia), che a quanto è dato sapere ad oggi non risulta indagata;
   nell'ambito dell'operazione in questione, sono tre le ordinanze emesse di custodia cautelare, cinque le persone indagate sottoposte all'obbligo di firma e altre 19 quelle denunciate. I reati contestati sono – a vario titolo e con diversi gradi di responsabilità – di associazione a delinquere finalizzata: alla truffa aggravata ai danni dello Stato, all'intermediazione illecita di manodopera, allo sfruttamento ed alla somministrazione fraudolenta di manodopera, all'estorsione e minaccia ai danni dei lavoratori, alla corruzione fra privati e incaricati di pubblico servizio, alla commissione di violazioni in materia di sicurezza sul lavoro;
   le indagini sono state avviate alla fine dell'anno 2011 in collaborazione tra il nucleo operativo con il nucleo ispettorato del lavoro dell'Arma e la compagnia di Monfalcone, per contrastare i reati a danno dell'economia e delle finanze pubbliche, nonché lo sfruttamento dei lavoratori;
   mentre procedevano le attività di polizia giudiziaria, di volta in volta, le maestranze hanno denunciato minacce, soprusi e condizioni di lavoro degradanti. Le testimonianze hanno evidenziato l'esistenza di un'organizzazione complessa ed articolata tra le società Sait spa, Isotermo srl, Elynaval srl, Edil.Naval srl, Ma&Ea srl, Iso.C srl, Scf srl e Sea srl;
   attraverso le operazioni di indagine, è stata riscontrata una moltitudine di violazioni in danno ai lavoratori concernenti l'orario di lavoro, le mansioni svolte, le retribuzioni e la sicurezza sul lavoro. Inoltre, venivano imposti licenziamenti/dimissioni per effettuare riassunzioni in altre ditte del gruppo, in modo da sfruttare gli incentivi ed i contributi previdenziali offerti dallo Stato. Tali società sono così riuscite ad accaparrarsi gli appalti Fincantieri, nonché ingenti guadagni illeciti attraverso i risparmi ottenuti sui contributi previdenziali dei lavoratori. In occasione dei licenziamenti forzati, le maestranze venivano anche obbligate a firmare dichiarazioni di avvenuta liquidazione del Tfr, che in realtà non veniva versato –:
   se e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per contrastare ed evitare la diffusione di gravi violazioni come quelle summenzionate in danno ai lavoratori;
   se il Ministro intenda aumentare i controlli da parte degli ispettori del lavoro soprattutto in caso di commesse che possano prevedere il ricorso a subappalti.
(5-02648)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI, L'ABBATE, GALLINELLA e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   gli allevatori cunicoli italiani denunciano ormai da tempo evidenti distorsioni nel funzionamento delle borse merci italiane e nella Commissione unica nazionale (Cun), tese ad alterare il corso reale delle quotazioni di mercato a danno dei produttori;
   secondo gli allevatori cunicoli italiani, giudizio confermato anche dal parere del 29 aprile 2011 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per lungo tempo la formazione dei prezzi alla produzione si è basata su regolamenti incentrati su logiche di decentramento delle contrattazioni (borse merci locali), configurando una situazione da tempo non compatibile con i principi della leale concorrenza;
   da quanto si apprende dai verbali delle sedute dalla Cun, che chiunque può consultare sul sito Cun-conigli del Mipaaf dopo essersi registrato nell'archivio riunioni (http://www.cunconigli.it/public/archivioRiunioni.php), ancora oggi sarebbero in atto vendite sottocosto praticate dalla Cun e dalla Borsa merci di Verona, quest'ultima ancora in attività nonostante la valutazione negativa dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
   in diversi verbali, ed in particolare nel verbale della seduta Cun del 4 aprile 2014, un commissario allevatore denuncia la mancanza di credibilità dei commissari macellatori presenti in Cun e nella Borsa merci Verona, nonché il loro tentativo di condizionare il mercato a proprio vantaggio;
   a parere degli interroganti tale situazione ostacola la leale concorrenza e dovrebbe essere rilevata e contrastata dall'attività di vigilanza degli organi preposti del Mipaaf;
   Anlac (Associazione nazionale liberi allevatori nazionali di conigli) inoltre, sostiene da tempo che la normativa relativa alla costituzione ed al funzionamento della borsa merci di Verona «nella misura in cui sollecita o facilita l'adozione di comportamenti anticoncorrenziali», da luogo a effetti che rendono praticamente inefficaci le norme dei Trattato a tutela della concorrenza, e andrebbe pertanto «disapplicata»;
   la borsa merci di Padova, infatti, ha già provveduto a chiudere la propria commissione per evitare inutili duplicazioni con la Cun nazionale;
   invero, secondo un consolidato orientamento della Corte di giustizia, gli Stati membri dell'Unione non possono – in virtù del principio di leale collaborazione – adottare o mantenere in vigore misure, anche di natura legislativa o regolamentare, che possano rendere inefficaci le regole di concorrenza del Trattato applicabili alle imprese. La giurisprudenza della Corte di giustizia, con Sentenza del 9 settembre 2003 C-198/01, a tal proposito, ha espressamente riconosciuto non solo ai giudici, ma anche a tutti gli organi dello Stato, comprese le autorità amministrative, l'obbligo di disapplicare una norma nazionale contrastante con il diritto comunitario –:
   se i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, a seguito dei pronunciamenti della Corte di giustizia e del parere dell'Antitrust, intendano prendere gli opportuni provvedimenti per «disapplicare» il regolamento della borsa merci di Verona atteso che quella specifica Commissione favorisce comportamenti d'impresa in contrasto con l'articolo 81.1 del Trattato CE (ora 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), ovvero ne legittimano o rafforzano gli effetti, di fatto eludendo il divieto recato da siffatta norma;
   se a tutela della concorrenza e del benessere dei consumatori, si intenda chiedere all'autorità garante della concorrenza e del mercato un'indagine conoscitiva sulla situazione;
   se il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, a tutela del libero mercato e della libera concorrenza, intenda prendere gli opportuni provvedimenti per garantire una maggiore autorevolezza della Cun attraverso un processo di miglioramento del Regolamento istitutivo della stessa, come stabilito anche dalla recente risoluzione conclusiva 8-00048 della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati. (4-04537)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI, GALLINELLA, TRIPIEDI e COMINARDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il diritto alla salute è un bene assoluto ed inviolabile garantito dalla Costituzione (articolo 32) recepito dal legislatore con la legge istitutiva del sistema sanitario nazionale (legge n. 833 del 1978) nella quale, ribadito il fondamentale diritto alla tutela della salute, vengono indicate le modalità di attuazione da parte delle strutture pubbliche dei servizi sanitari diretti al soddisfacimento della richiesta;
   le strutture sanitarie svolgono un ruolo fondamentale nella erogazione dei servizi sanitari a tutela del diritto alla salute, quale diritto fondamentale del cittadino;
   in tale contesto diventano essenziali i modelli e i criteri da adottare per la valutazione delle prestazioni erogate dal sistema sanitario;
   da una recente classificazione (basata quasi esclusivamente su parametri economici quali il punteggio griglia LEA, l'incidenza percentuale avanzo/disavanzo, l'incidenza percentuale spesa assistenza collettiva, la percentuale spesa assistenza distrettuale, l'incidenza percentuale spesa assistenziale ospedaliera, la degenza media pre-operatoria, le percentuali dimessi reparti chirurgici con DRG medici, il costo medio ricoveri ordinari per acuti, il costo medio per ricovero post acuto, la spesa per prestazione assistenza specialistica attività clinica, la spesa per prestazione assistenza specialistica laboratorio, spesa per prestazione specialistica diagnostica strumentale, spesa pro capite per assistenza per assistenza sanitaria di base e altro) la sanità della regione Umbria è stata collocata tra le più efficienti d'Italia;
   tuttavia, la valutazione del sistema sanitario non può basarsi esclusivamente sulla verifica dell'entità delle prestazioni erogate nei confronti dei cittadini, ma deve comprendere anche una verifica della qualità dell'assistenza, appropriatezza e accessibilità dei cittadini ai servizi, anche attraverso l'implementazione di sistemi di indicatori maggiormente mirati;
   la valutazione di un sistema sanitario non può prescindere da alcuni fondamentali requisiti quali ad esempio, la qualità delle prestazioni assistenziali sia ospedaliere sia territoriali, strettamente connesse al rapporto numerico ottimale tra utenti ricoverati e operatori sanitari, il numero di ricoveri di pazienti in stanze o corridoi, le liste d'attesa con tempi ragionevoli, i cosiddetti LEA (livelli essenziali di assistenza) devono garantire l'accesso alle prestazioni sanitarie in tempo congruo senza incentivare l'esodo dei pazienti verso le strutture sanitarie o diagnostiche private o accreditate, la valutazione post ricovero dell'esito degli interventi, gli operatori sanitari, sopratutto infermieri, operanti nelle strutture sanitarie regionali con rapporto di lavoro che garantisca stabilità e sicurezza non solo al lavoratore ma anche alla struttura sanitaria;
   recentemente anche in Umbria, pur premiata secondo i criteri economici di efficienza, sempre più spesso vengono denunciati disservizi e criticità in merito ai tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie e all'accesso alle cure richieste dal cittadino-paziente (liste di attesa);
   fonti giornalistiche (Il Messaggero Umbria del 13 febbraio 2014 e del 6 aprile 2014) riferiscono di liste di attesa, sia in ospedale che all'Usl Umbria 2, che vanno da sei mesi a un anno: si parla di liste bloccate e di attese per una visita specialistica «che farebbero perdere la pazienza anche al biblico Giobbe con ripercussioni sempre più pesanti sui pazienti» (Il Messaggero Umbria del 6 aprile 2014);
   alcuni cittadini umbri si trovano nelle condizioni di doversi spostare per ottenere la prestazione sanitaria richiesta con aggravio di costi ovvero si corre il rischio che alcuni cittadini addirittura rinuncino alla prestazione;
   ancora in Umbria risulta che non si è ancora concluso il concorso per la formazione di una graduatoria a tempo indeterminato per infermieri il cui bando risale al 23 luglio 2013 già indetto da azienda ospedaliera e asl n. 2 di Perugia e mancherebbe un audit costante con le associazioni di tutela degli utenti per il rilevamento delle criticità che affliggono il sistema sanitario regionale;
   l'articolo 14, comma 2 e 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992 prevede che: «Le regioni promuovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in particolare con gli, organismi di volontariato e di tutela dei diritti al fine di fornire e raccogliere informazioni sull'organizzazione di servizi. Tali soggetti dovranno comunque essere sentiti nelle fasi dell'impostazione della programmazione e verifica dei risultati conseguiti e ogni qualvolta siano in discussione provvedimenti su tali materie. Per le finalità del presente articolo, le regioni prevedono forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale. Le regioni determinano altresì le modalità della presenza nelle strutture degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti, anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli stessi presso le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere» e che «Al fine di favorire l'orientamento dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere provvedono ad attivare un efficace sistema di informazione sulle prestazioni erogate, sulle tariffe, sulle modalità di accesso ai servizi. Le aziende individuano inoltre modalità di raccolta ed analisi dei segnali di disservizio, in collaborazione con le organizzazioni rappresentative dei cittadini [...]»;
   l'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo n. 502 del 1992 prevede che: «È favorita la presenza e l'attività, all'interno delle strutture sanitarie, degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti»;
   anche nel piano sanitario regionale si prevedono istituti volti a rendere effettiva la partecipazione degli utenti alla valutazione dei servizi sanitari;
   dalle disposizioni citate emerge che nel processo di valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie un ruolo di centralità è riservato agli utenti dei servizi stessi;
   la partecipazione alle scelte sulle questioni inerenti alla salute è un diritto/dovere dei cittadini al fine di consentire una visione diversa dai meri tecnicismi medici o finanziari che consentirebbe di affrontare in maniera maggiormente adeguata alle aspettative dei malati criticità e problemi spesso trascurati o sottovalutati;
   tuttavia, nessuno degli istituti partecipativi previsti dalla legge nazionale e regionale risulterebbe pienamente ed effettivamente attuato nella regione umbra –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli effetti, sull'intero territorio nazionale e con particolare riguardo alla situazione della sanità umbra, degli interventi di contenimento della spesa in termini di salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza e di governo dei tempi delle liste di attesa per le prestazioni sanitarie, tenendo conto anche di modelli e indicatori di valutazione maggiormente mirati alla qualità e alla appropriatezza delle prestazioni sanitarie rese al paziente;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze, anche di tipo normativo, al fine di verificare ed incentivare l'effettiva attuazione degli istituti di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini, previsti dalla legislazione nazionale, nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale ed in particolare nella sanità umbra.
(4-04516)


   GUIDESI, RONDINI, ALLASIA, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI e PRATAVIERA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da gennaio la Guinea è vittima di una seria epidemia di febbre Ebola che ha già fatto oltre cento vittime tra anziani, adulti e bambini su centinaia di casi sospetti. Secondo la onlus Medici senza Frontiere si tratta di una epidemia senza precedenti nell'Africa dell'ovest per il virus Ebola, molto contagioso e spesso mortale;
   diversi paesi africani, in primis, il Marocco ha deciso di rafforzare il controllo sanitario alle frontiere, in particolare all'aeroporto di Casablanca, principale piattaforma aeroportuale dell'Africa del Nord, per impedire l'ingresso del virus proveniente dalla Guinea;
   l'Organizzazione mondiale della sanità lancia l'allarme per gli aeroporti di Parigi, Bruxelles, Madrid, Francoforte e Lisbona. Sono questi infatti gli scali che collegano l'Europa alla Guinea;
   con una circolare emanata il 4 aprile 2014 il Ministero della salute «raccomanda di adottare ogni utile azione di vigilanza in riferimento ad arrivi indiretti» dalla Guinea e altri Paesi confinanti dell'Africa, qualora si riscontrino sintomi riconducibili alla malattia in atto. Sono stati allertati il Ministero della difesa, le regioni, l'ENAC, la Croce rossa e l'Istituto nazionale per le malattie infettive. Ad ognuna di queste, il dicastero indica cosa fare;
   nella predisposizione delle misure inserite nella circolare avrà anche certamente influito l'ondata di immigrati clandestini che in queste ultimi mesi è giunta a Lampedusa e che nella maggior parte dei casi proviene proprio dai paesi nei quali è esploso il contagio;
   nelle dichiarazioni ufficiali il Ministero attraverso i suoi organi minimizza il pericolo di diffusione e contagio della malattia;
   negli ultimi giorni l'allarme per il virus Ebola si è fatto sempre più preoccupante: l'associazione Medici Senza Frontiere ha dichiarato che «in Africa si può parlare di epidemia»: «Sembrava una malattia sconfitta negli anni ’90, ma solo nell'ultima settimana ha causato oltre cento morti nella regione centroafricana». Secondo le autorità sanitarie siamo davanti ad una «epidemia senza precedenti», che dalla Guinea, dove dilaga, ha raggiunto il Mali e la Liberia, e si teme possa continuare ad espandersi. Il virus, che ha sempre interessato la regione centrafricana, non si era mai spinto tanto a nord come in questi giorni;
   ogni giorno sbarcano sulle nostre coste varie centinaia, a volte migliaia di «richiedenti asilo», provenienti anche dalle zone dove si sta sviluppando l'epidemia;
   è sufficiente che un singolo individuo sia infetto, magari nella fase di incubazione, quando i sintomi non sono ancora evidenti, per contagiare decine di persone;
   come riportato dalle cronache queste sono persone che poi vengono smistate in varie strutture di accoglienza su tutto il territorio nazionale, dove ovviamente contagerebbero altre persone: i loro compagni ed il personale preposto al loro ricevimento –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'aggravarsi della situazione e non intenda adottare nuove e più stringenti misure sanitarie al fine di tutelare i cittadini e gli operatori che vengono a contatto con gli immigrati clandestini, in primis interrompendo lo smistamento degli stessi già presenti sul territorio senza controlli approfonditi e coinvolgendo il Ministero dell'interno al fine di predisporre un cordone sanitario al fine di tutelare la popolazione impedendo gli sbarchi. (4-04520)


   BENEDETTI, CECCONI, DALL'OSSO, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dall'analisi del progetto FAS Veneto 2012 (fitosanitari-ambiente-salute – piano regionale di controllo ufficiale sul commercio e impiego dei prodotti fitosanitari) ed il confronto con il database dei prodotti fitosanitari del Ministero della salute e la banca dati degli agrofarmaci «Fitogest», risulta che nell'anno 2012 sarebbero stati venduti nelle aree dell'ULSS-7 e ULSS-8 della provincia di Treviso, alcuni fitosanitari revocati dal Ministero della salute negli anni precedenti;
   dall'analisi condotta dall'associazione WWF AltaMarca risulta che sarebbero stati venduti nell'anno 2012 nelle aree dell'ULSS-7 e ULSS-8 i seguenti prodotti:
    kg-litri 48.250 di prodotto fitosanitario «Cuprospor 30 PB» con data di decorrenza della revoca 1o dicembre 2009;
    kg-litri 550 di prodotto fitosanitario «Premin» con data di decorrenza della revoca 1o ottobre 2004;
    kg-litri 319 di prodotto fitosanitario «Zolfo Bagnabile 80 Bayer» con data di decorrenza della revoca 25 luglio 1991;
   le vendite irregolari sono state oggetto di esposto effettuato dall'associazione WWF AltaMarca alla prefettura di Treviso in data 12 dicembre 2013 e di segnalazione al comando dei carabinieri per la tutela della salute – N.A.S. di Treviso – in data 27 gennaio 2014 –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se non ritenga di dover effettuare tutte le verifiche e i controlli affinché i prodotti revocati dal Ministero non siano venduti e siano definitivamente ritirati dal mercato, prevedendo sanzioni per i trasgressori;
   se non ritenga di attuare urgentemente un monitoraggio finalizzato a verificare che le vendite irregolari non siano avvenute anche in altre ULSS del Veneto e in altre regioni d'Italia;
   quali siano le cause delle vendite di prodotti revocati e quali interventi di competenza si intendano adottare affinché i fatti descritti non accadano in futuro.
(4-04523)


   D'INCECCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, con una nota del 24 marzo 2014 inviata a tutte le ASL e a tutti i sindaci dei comuni abruzzesi, sostiene che gli studi medici non siano tenuti a rispettare le norme sull'accessibilità in quanto sono considerati «strutture private, non aperte al pubblico»;
   nello specifico, afferma che «l'ambito oggettivo di applicazione della normativa in materia di barriere architettoniche non ricomprenda necessariamente gli studi medici professionali, intesi come «struttura privata, non aperta al pubblico», sovente coincidente con la privata abitazione, ove il sanitario eroga la prestazione professionale senza intermediazione. Il medico di medicina generale sarebbe facoltizzato ed al più onerato, ma non obbligato (e dunque non assoggettabile a sanzioni in caso di mancato adeguamento) ad adeguarsi alla normativa di carattere statale intervenuta in materia di barriere architettoniche, tanto in forza del rapporto fiduciario col paziente, tanto in considerazione della riconosciuta possibilità di effettuare la prestazione (visita) al domicilio del paziente stesso»;
   secondo presidente della giunta regionale abruzzese, «sul punto appare dirimente richiamare l'orientamento formulato dalla Corte di Cassazione, Sez. III, con sent. N. 10043 del 6 luglio 1995, «ove la Suprema istanza di legittimità precisa che tra ambulatorio e studio medico correla stessa differenza che corre tra l'esercizio di una impresa ai sensi degli articoli 2082 e 2555 c.c. e l'esercizio di una professione intellettuale ai sensi dell'articolo 2229 c.c., secondo la interpretazione corrente che ne dà la dottrina civilista»;
   secondo l'Associazione per disabili, Carrozzine determinate Abruzzo, il provvedimento della regione «non tiene conto delle norme esistenti»;
   l'Associazione cita la sentenza del tribunale amministrativo regionale (TAR) della Sicilia (sede di Palermo) la n. 9199 del 5 agosto 2010 «che stabilisce un concetto chiaro specificato anche dalle normative vigenti, che gli studi medici di medicina generale», «poiché destinati allo svolgimento di un servizio pubblico», vanno considerati locali «aperti al pubblico» e sottoposti dunque all'obbligo di eliminazione delle barriere architettoniche e quindi al rispetto delle leggi antibarriere Legge 13/1989 - decreto del Presidente della Repubblica 236/1989 - decreto del Presidente della Repubblica 503/1996 - Legge 104/1992, che tra l'altro riguardano anche gli edifici privati»;
   secondo l'Associazione, le disposizioni del Governatore abruzzese contrastano con i princìpi della Legge n. 67 del 2006 che tutela le persone con disabilità da ogni discriminazione e «non ha ovviamente alcun valore il fatto che, a richiesta, il medico sia tenuto a recarsi presso il domicilio della persona disabile non deambulante»;
   i medici di base sottolineano che lo studio medico è una struttura privata che, quindi, risponde alle indicazioni dettate dal presidente Chiodi –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, anche di carattere normativo, per fare chiarezza sulle norme e direttive da seguire.
(4-04529)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GREGORI, FERRO, CARELLA e TIDEI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 il Comune di Pomezia ha espletato il concorso, bandito nel 2010, per più profili professionali per l'assunzione di personale a tempo indeterminato, ma, visto il blocco del turnover e per il rispetto del patto di stabilità, solo ai primi in graduatoria è stato fatto firmare un contratto a tempo indeterminato e tempo pieno e a tutti gli altri, un contratto a tempo determinato e part time 83, 33 per cento (30 ore settimanali) dal 1° luglio 2012 al 31 giugno 2015;
   i precari del comune di Pomezia sono tutti vincitori del concorso a tempo indeterminato espletato nel 2012. Tuttavia l'anzianità di servizio non è comunque omogenea per tutti in quanto alcuni sono in forza da due anni dovuti al contratto part-time; altri, invece, hanno un'anzianità di servizio maggiore dovuta al part-time in atto cui si aggiungono tre anni e mezzo pregressi in quanto vincitori di un concorso a tempo determinato full-time bandito dal comune di Pomezia nel 2007;
   vista la normativa vigente e il numero esiguo dei dipendenti che andranno in pensione nei prossimi anni, il Comune di Pomezia rischia di perdere i lavoratori precari alla scadenza dei contratti. Tutto ciò arrecherebbe un danno alla pubblica amministrazione e alla cittadinanza del comune di Pomezia, in quanto la forza lavoro a disposizione di servizi essenziali si ridurrebbe in maniera drastica;
   nel gennaio 2014, l'Anci ha inviato una missiva ai Ministri dell'economia e della pubblica amministrazione, chiedendo un incontro urgente per approfondire «a livello normativo e interpretativo» il tema della contrattazione decentrata negli enti locali, contenuto nel decreto legislativo n. 150 del 2009, e alle varie criticità riscontrate in sede di attuazione della norma, chiedendo con urgenza l'applicazione di un regime di salvaguardia per gli atti adottati dagli enti precedentemente, anche al fine di evitare contenziosi costosi e insostenibili a carico della finanza pubblica e tutelare i lavoratori degli enti locali;
   sembra pertanto fondamentale che lo Stato intervenga per svuotare definitivamente il bacino e consenta una stabilizzazione definitiva di questi lavoratori che per molti anni hanno sopperito a mancanze di personale in tante amministrazioni pubbliche;
   se i Ministri interrogati intendano intervenire, per quanto di competenza, per verificare la disponibilità a varare provvedimenti normativi atti ad una stabilizzazione effettiva dei lavoratori in questione;
   se s'intenda altresì valutare la possibilità di convocare un tavolo di confronto con le autorità regionali e le autorità comunali coinvolte, al fine di elaborare soluzioni condivise e congiunte a tutela dei medesimi lavoratori;
   se, infine, i Ministri in indirizzo intendano avviare iniziative legislative o regolamentari volte all'applicazione immediata di un regime di salvaguardia per tutti gli atti adottati dagli enti locali precedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo 150/2009, al fine di evitare contenziosi costosi e insostenibili a carico della finanza pubblica, così anche da evitare il perseguimento di comportamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori assunti sulla base della precedente normativa. (4-04521)


   NASTRI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore, sabato 12 aprile 2014, anche il comune di Roma, rientra fra le amministrazioni comunali, che hanno sforato i vincoli previsti dalla contrattazione integrativa dei dipendenti, che sono stati individuati nell'ambito delle verifiche confermate dalla Ragioneria generale dello Stato;
   il documento che rappresenta l'effetto di una due diligence richiesta dalla stessa giunta comunale capitolina, analizza gli anni fra il 2008 e il 2013, le spese del personale irregolari erogate negli anni, stimate in 529 milioni di euro, a cui si aggiungono 76 milioni di euro attribuiti irregolarmente ai dirigenti;
   la suindicata e impegnativa cifra, che deriva dall'effetto trascinamento dei contratti del passato, (nel 2009 gli ispettori della Ragioneria avevano contestato una serie di clausole risalenti al 2004, senza alcun risultato) dipende naturalmente anche dalla dimensione numerica del personale del comune: 24 mila dipendenti, pari a 1,1 miliardo di euro di spesa per ogni anno;
   i rilievi espressi dalla ragioneria generale dello Stato, con le regole attualmente in vigore, prevedono l'obbligatorietà del recupero individuale delle indennità illegittime a carico di chi le ha percepite, o il rischio di condanna erariale per gli amministratori, che si dimostrano incuranti delle indicazioni del Ministero dell'economia e delle finanze e di rilievi critici espressi dalla Corte dei conti;
   si tratta di un percorso amministrativo già avviato dal comune di Firenze, attraverso una controversia di circa 50 – 60 milioni di euro contestati a causa di un contratto firmato nel 2003, la cui udienza presso la magistratura contabile è in programma il prossimo 7 luglio, alle cui irregolarità contrattuali si aggiungono altre amministrazioni comunali quali: Vicenza e Reggio Calabria;
   il medesimo articolo riporta inoltre che, ove fosse riconosciuta la responsabilità erariale, si determinerebbe l'imposizione del recupero delle somme di spesa eccessiva dai fondi attuali per la contrattazione decentrata, che servono per pagare le indennità di posizione e le altre voci accessorie dei dipendenti;
   l'applicazione di una restrizione del genere, impone riduzioni ai fondi decentrati fra il 10 e il 30 per cento a seconda dei comuni e se da un lato elimina il problema delle restrizioni sul passato, dall'altro rischia di determinare gravi ripercussioni sul mantenimento dei livelli retributivi attuali;
   le suesposte osservazioni riportate dal suindicato articolo del quotidiano economico, a parere dell'interrogante ove fossero confermate, destano sconcerto e preoccupazione se si valutano gli effetti che lo sforamento dei vincoli per la contrattazione integrativa dei dipendenti anche per la città di Roma Capitale, possono determinarsi per la finanza pubblica –:
   se intendano confermare il contenuto dei rilievi esposti in premessa riportati all'interno dell'articolo del quotidiano «Il Sole 24 Ore», secondo cui anche l'amministrazione capitolina ha erogato circa 600 milioni di euro negli anni dal 2008 al 2013 quali spese ritenute irregolari erogate nei riguardi del personale dipendente;
   se tra i comuni nelle condizioni di cui in premessa, vi siano anche comuni della regione Piemonte e in caso affermativo si chiede di conoscere quali siano. (4-04528)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta orale:


   MELILLA e PAGLIA.— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Emilia Romagna, in considerazione delle risultanze del rapporto della commissione Ichese e in attesa di ulteriori studi di approfondimento sullo stato del sottosuolo regionale, ha sospeso, in via precauzionale qualsiasi nuova attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi che sinora era limitata al solo cratere del sisma; 
   la commissione Ichese nel suo rapporto di 213 pagine sostiene che non si possa escludere una relazione di causa/effetto fra i terremoti che hanno colpito l'Emilia il 20 e il 29 maggio e le attività di estrazione realizzate dalla Gas Plus nei vari pozzi a pochi chilometri dall'epicentro del sisma che uccise 27 persone e provocò ingenti danni materiali ed economici;
   Gas Plus è il 4o produttore nazionale di gas e detiene 40 concessioni in tutta Italia;
   non potendo escludersi che le azioni combinate delle nuove tecnologie di estrazione degli idrocarburi in regioni tettonicamente attive, possano contribuire, aggiungendo un minimo carico, alla attivazione di un sistema di faglie che aumenta così il suo carico tettonico, è del tutto evidente lo stato di preoccupazione dell'opinione pubblica nazionale –:
   se non intendano chiarire gli sviluppi di questa situazione in relazione alla scelta compiuta dalla regione Emilia Romagna, e in considerazione della rilevanza nazionale di tali problematiche essendo molte le regioni interessate da questi progetti di ricerca ed estrazione di idrocarburi con nuove tecnologie sui cui riflessi sono in corso studi scientifici che non possono essere ignorati dai decisori pubblici delle politiche energetiche ed ambientali;
   se il Governo non intenda assumere iniziative di competenza per sospendere anche gli interventi in essere. (3-00777)


   TONINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il servizio della banda larga è ormai diventato elemento indispensabile di competizione sia a livello economico che culturale;
   per chiunque utilizzi, anche per lavoro, strumenti informatici e telematici, la possibilità di accedere alla banda larga è di fondamentale importanza, soprattutto nell'ambito dell'importante ed inesorabile processo di globalizzazione in atto;
   tuttavia, secondo quanto riportato da un comunicato stampa della Commissione europea del 25 marzo 2014, i mercati della banda larga nell'Unione europea sono notevolmente frammentati;
   sempre secondo la Commissione, «anche tenendo conto del potere d'acquisto, in alcuni Stati membri si rileva una variazione di prezzo che può arrivare al quadruplo per le connessioni a banda larga più comuni. Il 66 per cento dei cittadini non sa di quale velocità di connessione a internet dispone», e «i consumatori sono confusi anche dalle diverse informazioni comunicate dai fornitori, che limitano la loro capacità di scegliere la soluzione più adatta alle loro esigenze»;
   inoltre, all'interrogante risulta che, ad incrementare la confusione dei consumatori, vi sia il fatto che nei contratti ADSL «basic» non sia più indicata la banda minima garantita, mentre sarebbe opportuno che i contratti, oltre a tale parametro, prevedano anche le percentuali di disservizio ammesse;
   ad avviso dell'interrogante le importanti differenze di prezzo rilevate non sono giustificate e ciò è confermato dalle parole della Vicepresidente della Commissione europea Neelie Kroes, la quale ha dichiarato: «Per internet il mercato unico non esiste. Questa situazione deve cambiare. Non esiste un valido motivo per cui in Europa un utente debba pagare più del quadruplo di un altro per la stessa banda larga» (comunicato stampa Commissione europea 25 marzo 2014) –:
   di quali informazioni il Ministro interrogato disponga in merito alla frammentazione dei mercati della banda larga nell'Unione europea e quali siano le ragioni delle differenze di prezzo rilevate;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro, in accordo con l'AGCOM, per verificare la situazione del mercato italiano al fine di porre rimedio, concordemente con la Commissione europea, alle sperequazioni di prezzo rilevate. (3-00778)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:


   LACQUANITI e MIGLIORE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'ENEA, dall'ottobre del 2001 sino ad oggi è stata sottoposta ad una serie di procedure commissariali per la durata complessiva di 8 anni (prima con il professor Rubbia, poi con il professor Paganetto e, infine, dal settembre 2009 sino ad oggi con l'ingegner Lelli);
   la legge 23 luglio 2009, n. 99, cosiddetta «Legge Sviluppo» istituisce l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico (MISE), le cui principali attività sono finalizzate alla ricerca e l'innovazione tecnologica, ma anche la prestazione di servizi avanzati;
   tale legge prevede, altresì, le modalità per un riassetto definitivo dell'Agenzia stessa;
   l'ENEA è oggi un ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca, all'innovazione tecnologica e alla prestazione di servizi avanzati nei settori dell'energia, dell'ambiente e dello sviluppo economico sostenibile;
   l'ENEA, nell'ambito delle proprie finalità istituzionali, ha il compito di trasferire le conoscenze e le tecnologie dall'ambito della ricerca alle istituzioni alle università, alla società civile e al mondo delle imprese, favorendo, di fatto, un approccio integrato tra il mondo della ricerca e della formazione con il sistema produttivo, sempre più indispensabile in presenza di mercati evoluti e globalizzati;
   l'ENEA con i suoi laboratori ed attrezzature aperte ad università e privati, con la sua rete di competenze a supporto di regioni ed amministrazioni locali costituisce un potenziale significativo per il Paese;
   il contributo ordinario dello Stato, indispensabile per mantenere la capacità tecnologica dell'Enea, è passato dai 197 milioni di euro del 2010 agli attuali 152, mentre, al contrario, le entrate programmatiche derivanti da commesse nazionali ed internazionali sono passate dai 46 milioni del 2010 ai 67,8 milioni dell'ultimo assestamento 2012. I 152 milioni di euro, pari a 55.000 euro/dipendente, assicurano all'ENEA un primato negativo non solo rispetto ad altri enti nazionali ma anche rispetto ad analoghi istituti tedeschi europei;
   la riduzione dei finanziamenti, di fatto, depaupera le attuali unità tecniche di risorse finanziarie per laboratori, impianti e strutture tecnologiche e, non ultimo, di risorse umane che risultano attualmente pari a circa 2700 unità di personale (operanti in 11 centri/laboratori di ricerca, 15 centri di consulenza per l'Energia e l'innovazione e sedi periferiche) alle quali si aggiunge l'ufficio di rappresentanza a Bruxelles con il compito di promuovere e rafforzare la partecipazione dell'ENEA a ai bandi comunitari che rientrano, ad esempio nel programma Horizon 2020;
   ad avviso dell'interrogante, è indispensabile che l'ENEA rimanga operativa anche su obiettivi strategici a più lungo termine nell'ambito della ricerca dei processi di integrazione, cooperazione, collaborazione e condivisione promossi a livello internazionale, per altro, rilevanti dal punto di vista economico;
   si ritiene indifferibile orientare la ricerca applicata alle esigenze del Paese promuovendo una maggiore flessibilità delle strutture in ambito territoriale e strategico ed intervenendo efficacemente anche sulle società partecipate che dovranno essere coerentemente integrate nelle strategie dell'Agenzia e nel quadro dei suoi prodotti di ricerca;
   è da considerarsi altresì urgente procedere ad una riorganizzazione scientifica volta a definire per l'ENEA chiari e specifici compiti, primariamente orientati all'attuazione della Strategia energetica del Paese, ai suoi aspetti ambientali e alla crescita sostenibile, focalizzando a tal fine la competenza, l'organizzazione e le attività su aree rilevanti di ricerca scientifica e tecnologica;
   è altresì necessario dare stabilità all'ENEA superando rapidamente e definitivamente l'attuale fase di commissariamento con piena operatività al fine di corrispondere al meglio ai compiti istituzionali dell'Agenzia in particolare con riferimento agli impegni nazionali ed internazionali;
   evidenziando, infine, che con la risoluzione in Commissione X (attività produttive), approvata in data 28 novembre 2013 (8-00027), si impegna il Governo in maniera chiara ed inequivoca a procedere celermente al riordino dell'ENEA e quindi al superamento dell'attuale fase commissariale –:
   quale sia ad oggi lo stato della situazione in relazione al riordino dell'ENEA e quali iniziative il Governo intenda assumere al riguardo per dare seguito, in tempi brevissimi, all'impegno contenuto, tra gli altri, nell'ambito della citata risoluzione n. 8-00027, salvaguardando e valorizzando le competenze dell'Agenzia ed un patrimonio scientifico e tecnologico di primaria importanza per il Paese.
(5-02655)


   DA VILLA, NUTI, PRODANI, DELLA VALLE, VALLASCAS, FANTINATI, MUCCI, CRIPPA e PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 16 febbraio 2011 veniva firmato a Roma l'accordo di programma tra il Ministro dello sviluppo economico e la regione siciliana per la disciplina degli interventi di riqualificazione e reindustrializzazione del polo industriale di Termini Imerese, sottoscritto oltre che dal Ministro citato e dalla regione siciliana, anche dalla provincia di Palermo, dal comune di Termini Imerese, dal consorzio ASI di Palermo, dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa spa e dal Gruppo FIAT;
   la finalità primaria di tale accordo era la promozione di nuovi investimenti produttivi in grado di assicurare la salvaguardia della presenza industriale e dell'occupazione del polo industriale di Termini Imerese, con l'intento di mantenere la vocazione produttiva nel settore automobilistico, senza però escludere l'inserimento di ulteriori imprese operanti in settori diversi;
   l'Accordo evidenziava la necessità di sviluppare gli interventi con una tempistica coerente con le esigenze di rioccupazione della manodopera, stabilendo un tempo massimo per completare gli investimenti di 36 mesi;
   l'ammontare degli investimenti programmati era stimato in più di un miliardo di euro per il triennio 2011-2013: di questi, 450 milioni di euro sarebbero stati forniti dalle finanze pubbliche, in particolare 100 milioni di euro direttamente dal Ministero dello sviluppo economico e 350 milioni di euro dalla regione Sicilia, di cui 150 per finanziamento di opere infrastrutturali e 200 a titolo di cofinanziamento delle risorse nazionali;
   la vigilanza sull'esecuzione dell'Accordo era stata posta in capo al Ministro dello sviluppo economico e al presidente della regione siciliana, supportati dal cosiddetto Gruppo di coordinamento, di cui fanno parte anche rappresentanti degli altri firmatari;
   dopo che il Gruppo FIAT ha deciso di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese, l'Accordo costituisce per Termini Imerese l'unica possibilità per poter uscire dallo stato di crisi in cui versa;
   il termine originariamente stabilito in 36 mesi è stato già raggiunto e superato ma, ad oggi, non si ha alcuna notizia in merito all'utilizzo dei fondi stanziati sia a livello nazionale che a livello regionale: dunque, una verifica sullo stato di attuazione dell'Accordo e dell'utilizzo dei fondi è assolutamente inderogabile, anche al fine di procedere alla destinazione di risorse eventualmente non utilizzate per la ripresa economica e sociale di Termini Imerese;
   agli interroganti risulta inoltre che l'Assemblea regionale siciliana stia, proprio in questi giorni, esaminando il testo della cosiddetta «legge finanziaria-bis», un disegno di legge regionale il cui contenuto è stato prodotto a seguito della «bocciatura», da parte del commissario dello Stato per la Sicilia, di alcune parti della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, legge di stabilità regionale siciliana per il 2014: nel testo attualmente in esame si prevede la destinazione di 140 milioni di euro per la reindustrializzazione del polo industriale di Termini Imerese, di cui 90 a titolo di cofinanziamento e 50 a titolo di fondo di garanzia, utilizzando parte delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate alla Sicilia;
   con altro atto di sindacato ispettivo – interrogazione a risposta scritta n. 4-02313 – erano già stati interrogati il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze, suggerendo la possibilità di riconvertire completamente o parzialmente l'area del polo industriale per il rilancio del settore turistico;
   agli interroganti non risultano esservi adeguate informazioni sull'utilizzo dei fondi previsti dall'accordo citato, siglato nel febbraio del 2011; in mancanza di dette informazioni ad avviso degli interroganti risulta ostacolata ogni attività politica e parlamentare in merito alla ricerca di soluzioni per la crisi economica e sociale di Termini Imerese –:
   se, in quale misura e per quali fini i fondi stanziati all'interno dell'accordo citato in premessa, siglato nel febbraio 2011 tra Ministro dello sviluppo economico e regione Sicilia, ne siano stati utilizzati e se e in quale modo, secondo le informazioni in possesso del Ministro interrogato, gli stessi siano collegati con gli stanziamenti previsti nel testo della cosiddetta «finanziaria-bis» in esame all'Assemblea regionale siciliana. (5-02656)


   BENAMATI e BARGERO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da ormai diversi mesi, i lavoratori della «FN – Nuove tecnologie e servizi avanzati spa» di Boscomarengo, in provincia di Alessandria, vivono una condizione divenuta via via più acuta e insostenibile, sia per la irregolarità nella corresponsione degli stipendi, a fronte della regolare prestazione di servizio, sia per quanto attiene le prospettive future dell'azienda;
   tale condizione appare ancor più intollerabile se si considera come FN spa, subentrata a Fabbricazioni Nucleari spa, produttrice di pastiglie combustibili per le centrali vigente il programma di energia atomica, sia una società per il 98,85 per cento di proprietà dell'ENEA, agenzia interamente pubblica, che è oltretutto committente diretta di attività di ricerca e sperimentazione verso la stessa azienda;
   per quanto riguarda la mancata corresponsione dei dovuti emolumenti, a oggi risulta che i lavoratori non percepiscono stipendio dal Natale 2014;
   le ragioni fanno riferimento al mancato o ritardato pagamento di alcune delle attività commissionate all'azienda dal Ministero della sviluppo economico, della stessa ENEA, dalla regione Piemonte;
   in aggiunta a tutto questo, i vertici aziendali, nei contatti sin qui intercorsi, manifestano preoccupazione per la mancanza di certezze circa la continuità del flusso di committenze attraverso cui i decisori pubblici hanno, nel corso degli anni, alimentato l'attività di FN spa;
   questa situazione, peraltro, nota da tempo agli stessi lavoratori e ai loro rappresentanti sindacali, oltre alle tensioni legate all'incertezza nella corresponsione degli stipendi, ha generato una crescente apprensione circa le prospettive future dell'impianto, portando a valutare anche alcuni possibili sbocchi occupazionali più solidi, legati alla prossimità di attività affini gestite da Sogin spa, nello stesso sito di Boscomarengo, o da ENEA a Trino Vercellese, in provincia di Vercelli;
   una ricerca che potrebbe essere agevolata da talune circostanze: il numero contenuto di unità lavorative attualmente impiegate, una quindicina, l'ottimo profilo di qualificazione tecnica e professionale da esse espresso, la natura eminentemente pubblica di tutti i soggetti coinvolti;
   tra le ipotesi a oggi esplorate, infatti, una riguarda la possibilità di passaggio dei lavoratori, o almeno di una parte di essi, da FN spa a SOGIN spa, che agisce nel campo della bonifica dei siti ex-nucleari e che svolge una parte delle proprie attività nello stesso sito di Boscomarengo, avvalendosi di lavoratori un tempo impiegati nella Fabbricazioni nucleari spa;
   in occasione della risposta all'interrogazione n. 5-01072 Benamati e altri, avvenuta il 26 settembre 2013, infatti, il Governo ha sostenuto, tra l'altro, che la società Sogin aveva manifestato la propria disponibilità a valutare i profili professionali delle risorse della FN, in precedenza impiegate a Boscomarengo per un eventuale impiego, funzionale alla realizzazione del proprio piano industriale nell'intero territorio nazionale;
   in tale ottica, il Governo ha sostenuto «che esistano le premesse per un impegno sulla ricerca di una soluzione che consenta la prosecuzione delle attività aziendali e comunque la salvaguardia occupazionale» –:
   quali iniziative urgenti e in che tempi si intendano mettere in campo per risolvere le pesanti problematiche industriali della FN spa di Boscomarengo, anche dando corso al transito del personale in essa occupato verso SOGIN spa e/o verso ENEA o, in subordine, nel caso di perdurante insolvenza dei propri obblighi da parte dell'azienda, attivando eventualmente gli ammortizzatori sociali atti a garantire almeno parzialmente il reddito dei lavoratori, garantendo in tutti i casi la liquidazione degli emolumenti pregressi e la ripresa del regolare pagamento degli stipendi. (5-02657)


   ALLASIA e PRATAVIERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Superjet International spa è una joint venture italo-russa, di cui Alenia Aermacchi detiene il 51 per cento del capitale e la Sukhoi Holding il restante 49 per cento;
   Superjet International spa occupa 300 addetti ed ha sede a Tessera, in provincia di Venezia, dove vengono svolte attività di marketing, vendita e consegna del Sukhoi Superjet 100 nei mercati europei ed extraeuropei;
   Superjet International spa provvede altresì all'addestramento dei piloti ed all'assistenza post-vendita del Sukhoi Superjet 100 in tutto il mondo;
   la medesima Superjet International spa è responsabile della progettazione e dello sviluppo delle versioni VIP, business e cargo del Sukhoi Superjet 100, parte di una famiglia di velivoli regionali realizzata dalla Sukhoi Civil Aircraft Company, SCAC, del cui capitale Alenia Aermacchi detiene il 25 per cento più un'azione;
   si cumulano quindi nella Superjet International spa di Tessera attività di commercializzazione, assistenza ai clienti e produttive in special modo nel settore degli allestimenti interni dei velivoli, con conduzione di test e linea volo per i velivoli venduti nel mondo occidentale;
   la compagnia messicana Interjet – che ha di recente ordinato 20 aerei Sukhoi Superjet 100 (rifiniti e commercializzati nella sede di Tessera) opzionandone altri dieci – è però di fatto l'unico cliente di Superjet International Spa;
   si registrano inoltre problemi nella gestione dell'attività di assistenza post-vendita, in particolare sovrapposizioni e difficoltà di rapporto con Sukhoi, che spesso finisce con lo svolgere attività teoricamente di competenza della Superjet International spa;
   si ha ragione di temere che a causa delle ristrette possibilità di espansione sui mercati occidentali le attività produttive di Superjet International spa possano subire dei contraccolpi;
   una certa alea è infine connessa alla sfavorevole evoluzione delle relazioni politiche tra l'Unione Europea e la Federazione Russa in ragione dei fatti d'Ucraina, che hanno già portato all'adozione di sanzioni che potrebbero in futuro anche essere inasprite e comportare una compromissione delle relazioni economiche bilaterali tra il nostro Paese e la Russia –:
   quali prospettive possano essere dischiuse alle imprese del nostro Paese impegnate in joint venture con aziende russe, ed alla Superjet International spa in particolare, qualora la crisi in atto in Ucraina si inasprisse e comportasse un ulteriore degrado delle relazioni commerciali bilaterali italo-russe. (5-02658)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'11 marzo 2014 in esecuzione dell'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Gorizia Massimiliano Rainieri, su richiesta del pubblico ministero Michele Martorelli, i carabinieri del Nucleo operativo di Gorizia hanno eseguito alcuni arresti nell'ambito dell'operazione «Freework2» che coinvolge una rete di società legate ai subappalti dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone (Gorizia) ad oggi non indagata;
   il bilancio è di tre le ordinanze di custodia cautelare, cinque le persone indagate sottoposte all'obbligo di firma e altre 19 denunciate a piede libero;
   i reati contestati sono associazione a delinquere, sfruttamento di manodopera e truffa aggravata ai danni dello Stato;
   come riportato ampiamente da numerose testate giornalistiche nazionali, le indagini avviate nel 2011 coinvolgono ben otto società legate alla filiera della cantieristica navale: Sait spa, Isotermo srl, Elynaval srl, Edil.Naval srl, Ma&Ea srl, Iso.C srl, Scf srl e Sea srl;
   queste aziende avrebbero dato vita a un'organizzazione complessa ed articolata che, con la violazione ripetuta delle norme sul lavoro, sfruttavano gli incentivi e i contributi previdenziali statali per sbaragliare la concorrenza e ottenere gli appalti da Fincantieri;
   il meccanismo illecito si basava su assunzioni, licenziamenti e riassunzioni tra le ditte amiche con il doppio fine di utilizzare gli aiuti dello Stato e, grazie alla cospicua riduzione dei costi d'impresa, proporre contratti di appalto oltremodo concorrenziali;
   sarebbero numerose le violazioni riscontrate dagli investigatori: dal non rispetto degli orari di lavoro e delle mansioni svolte alle retribuzioni corrisposte, dalle disposizioni in materia di sicurezza a licenziamenti e dimissioni imposti ai lavoratori – per lo più bengalesi – che spesso non ricevevano il Tfr essendo obbligati a firmare dichiarazioni di avvenuta liquidazione;
   è emersa un'odiosa forma di caporalato legata ai lavori in subappalto che in un periodo di crisi economica sfrutta i lavoratori più deboli, minando pericolosamente il tessuto produttivo e sociale locale;
   la società Sait, titolare dell'appalto di coibentazione di navi da crociera, a seguito dell'informativa ufficiale relativa all'inchiesta «Freework 2» – inviata dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Gorizia – ha sospeso il contratto di subappalto con Scf e Iso C, senza informarle preventivamente, inviando la comunicazione a Fincantieri che ha revocato i pass ai dipendenti delle due ditte;
   la grave situazione legata alle violazioni della normativa nazionale sul lavoro rischia di avere serie ripercussioni sui dipendenti delle imprese implicate –:
   quali misure saranno adottare per tutelare il comparto produttivo di Monfalcone legato alle commesse di Fincantieri, salvaguardando l'attuale livello occupazionale;
   se il Ministro interrogato, per quanto di propria competenza e in collaborazione con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, intenda assumere le opportune iniziative per contrastare la diffusione dei comportamenti summenzionati, lesivi per l'intero comparto di riferimento e per i lavoratori impiegati. (5-02649)

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende che la multinazionale Medoilgas abbia fatto riferimento nel suo report annuale a colloqui privati intercorsi con esponenti del Governo per trovare soluzioni per portare avanti il progetto Ombrina di trivellazione per la ricerca e produzione di idrocarburi nel mare Adriatico, nel tratto abruzzese, contro cui si batte un imponente movimento di Istituzioni Abruzzesi, associazioni, sindacati, organizzazioni professionali e comitati popolari, «al di fuori dei tribunali»;
   il Ministro Federica Guidi nell'audizione presso le commissioni X Camera e 10a Senato ha dichiarato: «Io credo all'esigenza di dare corso agli investimenti privati per la ricerca e la produzione di idrocarburi. Guardate, io qualche giorno fa ho avuto modo di incontrare l'Amministratore Delegato di una grande Compagnia che mi diceva che ha più o meno 4 miliardi di euro di investimenti totalmente privati bloccati in una regione del Sud Italia...» –:
   se le soluzioni «fuori dai tribunali» siano da riferire al procedimento in corso al TAR del Lazio che interessa il progetto Ombrina;
   se la «regione del Sud» Italia di cui parla il Ministro interrogato nella suddetta audizione sia l'Abruzzo e se la «grande compagnia» sia la Medoilgas oppure si tratti di altra compagnia e di altra regione. (4-04534)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Piccone e Dorina Bianchi n. 1-00415, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piso.

  La mozione Verini e altri n. 1-00432, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Manlio Di Stefano e altri n. 7-00270, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Duranti, Scotto, Claudio Fava, Michele Piras.

Apposizione di firme a interrogazioni.

  La interrogazione a risposta in Commissione Fregolent n. 5-02097, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Incerti.

  La interrogazione a risposta in Commissione Castelli e altri n. 5-02119, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rizzetto.

  La interrogazione a risposta in Commissione Fiorio e altri n. 5-02360, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Peluffo.

  La interrogazione a risposta scritta Daniele Farina e altri n. 4-04505, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Franco Bordo.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Baldassarre n. 4-04300 del 2 aprile 2014.