Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 15 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La III e la IV Commissione,
   premesso che:
    il rischio della proliferazione nucleare e di un uso di armi nucleari, anche su scala regionale, è a tutt'oggi una minaccia ancora presente nel contesto internazionale, non solo in considerazione della condotta di alcuni Stati che minacciano di mettere a repentaglio il regime di progressivo disarmo, non proliferazione ed uso pacifico del nucleare codificato dal Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), ma anche alla luce di nuove minacce di natura asimmetrica come quella rappresentata dal terrorismo internazionale;
    nel corso degli ultimi anni, proprio la consapevolezza di tale scenario ha prodotto numerose iniziative assunte per incoraggiare a procedere concretamente verso l'obiettivo di un mondo libero da armi nucleari, superando progressivamente la logica della deterrenza, attraverso trattati internazionali per la riduzione degli armamenti, dichiarazioni di principio, revisioni delle concezioni strategiche e delle dottrine nucleari di singoli paesi e di alleanze militari internazionali;
    in questo ambito, di grande rilievo ed impulso per l'intera comunità internazionale è stata, sin dal suo insediamento, la nuova politica adottata dall'Amministrazione USA a guida Obama, inaugurata col discorso pronunciato dal Presidente Obama il 5 aprile 2009 a Praga, nel quale è stato indicato alla comunità internazionale l'obiettivo di «un mondo senza armi nucleari», da conseguire attraverso la riduzione degli arsenali nucleari, la messa al bando globale dei test nucleari – anche attraverso la ratifica del CTBT da parte statunitense, la moratoria della produzione dei materiali fissili utilizzati per la costruzione di armi nucleari, il rafforzamento dell'autorità preposta alle ispezioni internazionali, il ripensamento della cooperazione nucleare a scopi civili;
    l'8 aprile 2010 a Praga è stato sottoscritto dal Presidente Obama e dal Presidente russo Medvedev il nuovo Trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari – New Strategic Arms Reduction Treaty, New START) – ratificato il 22 dicembre 2010 dal Senato USA e il 25 e 26 gennaio 2011 dalla Duma e dal Consiglio federale della Federazione russa;
    anche l'Unione europea ha approvato con voto bipartisan il 10 marzo 2010 una risoluzione che «richiama l'attenzione sull'anacronismo strategico delle armi tattiche nucleari e sulla necessità che l'Europa contribuisca alla loro riduzione ed eliminazione dal proprio territorio nel contesto di un dialogo di più ampio respiro con la Russia»;
    il Consiglio dell'Unione europea nella decisione 2010/212/CFSP relativa alla posizione dell'Unione europea nella Conferenza di revisione del TNP del 2010, con esplicito riferimento alle armi nucleari non-strategiche ha esortato «tutti gli Stati che posseggono tali armi ad includerle nei rispettivi processi generali di controllo degli armamenti e di disarmo, in vista della loro riduzione ed eliminazione secondo modalità verificabili e irreversibili»;
    il 19 novembre 2010 è stato adottato a Lisbona il nuovo «Concetto Strategico per la Difesa e Sicurezza dei Membri della NATO» dal titolo «Active Engagement, Modem Defence», che – pur ribadendo che «finché esisteranno armi nucleari, la NATO resterà un'alleanza nucleare» – assume l'impegno «a realizzare un mondo più sicuro per tutti e a creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari, conformemente agli obiettivi del Trattato di non proliferazione nucleare, in modo da promuovere la stabilità internazionale sulla base del principio di una sicurezza immutata per tutti»;
    nel 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno inviato una lettera al Segretario generale della NATO per richiedere l'apertura di un ampio dibattito in seno all'Alleanza Atlantica, con particolare riferimento alla prospettiva di una riduzione e di un ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo;
    il 27 maggio 2011 è stata approvata la «Dichiarazione sulla non proliferazione e sul disarmo» al vertice G8 di Deauville, in Francia. In essa, è stato riaffermato il sostegno incondizionato al trattato di non proliferazione (TNP) come pietra angolare del regime internazionale di non proliferazione;
    il disarmo nucleare è previsto dal Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), entrato in vigore il 5 marzo del 1970, che prevede che gli Stati in possesso di armamenti nucleari si impegnino a non cedere a terzi materiale fissile e tecnologia nucleare. Gli Stati non–nucleari, viceversa, sono tenuti a non mettere a punto armi di distruzione di massa o a non procurarsene. Inoltre, il trasferimento di materiale e tecnologie nucleari utilizzabili per scopi pacifici deve avvenire sotto lo stretto controllo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Attualmente sono 189 gli Stati firmatari;
    le conferenze di revisione del Tnp si sono svolte ogni cinque anni, come previsto dal comma 3 dell'articolo VIII, a partire dal 1970, nel tentativo di trovare un accordo per raggiungere una dichiarazione finale per l'attuazione delle disposizioni del Trattato;
    la conferenza di revisione del 2005 ebbe un esito fallimentare, ma nell'ultima Conferenza di revisione del Trattato Tnp che si è tenuta a New York il 28 maggio 2010, i 189 Stati membri del trattato sono riusciti ad adottare, per via consensuale, un documento finale che si articolava in tre pilastri per un totale di 64 azioni. I tre pilastri riguardavano il disarmo nucleare, la non proliferazione nucleare, gli usi pacifici dell'energia nucleare con l'obiettivo di progressivo disarmo fino alla prossima conferenza di revisione, prevista per l'anno 2015;
    sempre nell'ambito della conferenza del 2010 si decise anche di convocare per il 2012 la Conferenza sulla creazione in Medio Oriente di una zona priva di armi di distruzione di massa;
    la Conferenza istitutiva della Zona, che avrebbe dovuto tenersi a Helsinki nel dicembre 2012, è stata rinviata all'ultimo momento dal Dipartimento di Stato Usa che ha annunciato che «non si sarebbe dovuta svolgere» e si è riservato di precisare una eventuale prosecuzione delle trattative in merito «se certe condizioni si fossero presentate nel corso del 2013»;
    nell'aprile 2013 si è riunita a Ginevra, la «PrepCom Tnp», la sessione preparatoria della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) prevista nel 2015, durante la quale la Lega Araba ha manifestato a Ginevra la frustrazione del mondo arabo per l'annullamento improvviso della Conferenza di Helsinki e i cui risultati sono stati considerati insufficienti;
    la prossima «PrepCom Tnp» si terrà a New York dal prossimo 28 aprile al 9 maggio 2014;
    il 22 marzo 2012 la Camera dei deputati ha approvato una mozione parlamentare, con consenso unanime, che impegnava, tra le altre cose, il Governo italiano in vista dell'imminente vertice NATO di maggio 2012 a Chicago, di «sostenere l'opportunità di ridurre ulteriormente il numero di armi nucleari tattiche in Europa», e «di contribuire nelle sedi internazionali proprie, in coerenza con gli obiettivi già indicati dal vertice G8 dell'Aquila, alla piena realizzazione degli impegni assunti a conclusione della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione del maggio 2010, operando per il rafforzamento del regime internazionale di non proliferazione»,

impegna il Governo:

   a continuare a svolgere un ruolo attivo a sostegno delle misure di disarmo e di non proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali proprie, ad iniziare dalla imminente riunione preparatoria di New York della conferenza per la revisione del trattato di non proliferazione nucleare, a sua volta prevista per il 2015;
   a sostenere coerentemente la proposta di svolgere la Conferenza di revisione del TNP a nelle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki per il valore simbolico che la scelta assumerebbe, in occasione del 70 anniversario delle esplosioni nucleari che le colpirono;
   ad assumere in occasione della Conferenza di revisione un approccio risoluto e volto a portare concretamente avanti gli impegni assunti con la precedente Conferenza di revisione del Trattato del maggio 2010, miranti al rafforzamento del regime internazionale di non proliferazione, all'attuazione del sistema delle «garanzie negative di sicurezza», all'entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle sperimentazioni, all'avvio di negoziati per la messa al bando della produzione di materiale fissile (FMCT), all'adozione universale del protocollo aggiuntivo dell'AIEA e soprattutto alla realizzazione di una Zona priva di armi di distruzione di massa e dei rispettivi vettori in Medio Oriente;
   a utilizzare queste occasioni di negoziato e di incontro ai più alti livelli politici e diplomatici per portare avanti l'iniziativa di dialogo con la Russia, principale attore del negoziato sul disarmo in Europa, al fine di farla recedere da comportamenti non in linea con il rispetto della legalità internazionale, scongiurare ulteriori gesti che possono essere considerati minacciosi o comunque generatori di instabilità internazionale, in tal modo lavorare per ricostruire rapidamente le condizioni di forte partnership e reciproca fiducia tra Nato e Federazione Russa, indispensabili per perseguire il necessario obiettivo di ridurre ulteriormente il numero di armi nucleari tattiche in Europa, nella prospettiva della loro completa eliminazione;
   a proporre ulteriori passi in avanti rispetto alle misure sulla trasparenza e sulla sicurezza delle installazioni militari alleate, già poste in essere nell'ambito della definizione del nuovo concetto strategico della Nato, mettendo in condizioni il Parlamento, secondo modalità e nel dettaglio appropriato, di assumere le informazioni indispensabili alle sue prerogative di controllo e tuttavia senza mettere in pericolo la sicurezza del dispositivo stesso né far venir meno gli obblighi di riservatezza cui l'Italia è vincolata e che tutelano altresì i cittadini di altri Paesi sicurezza.
(7-00342) «Amendola, Scanu».


   La X Commissione,
   premesso che:
    in Italia le imprese devono sopportare carichi fiscali, burocratici, energetici che non hanno paragone nel mondo;
    l'Italia è un grande Paese per merito, soprattutto dello sviluppo industriale e della cultura e il made in Italy altro non è che il luogo ideale dove questi due pilastri dell'identità nazionale si incontrano;
    i dati della produzione industriale non sono incoraggianti nel 2013 è scesa del 3 per cento rispetto al 2012, quando aveva registrato un calo del 6,4 per cento su base annua;
    nei Paesi avanzati quanto negli emergenti è molto vivo il dibattito sulle politiche industriali, e si moltiplicano le concrete iniziative dei Governi;
    il ruolo fondamentale della produzione industriale non è tanto per l'occupazione diretta, ma perché genera e utilizza ricerca e innovazione, per l'attivazione di servizi qualificati, per la possibilità di superare i limiti della domanda interna con le esportazioni;
    bisogna riflettere sull'enorme spostamento delle produzioni verso l'Asia, sui fenomeni di riorganizzazione internazionale delle industrie, sulle possibilità, ma anche sui rischi del decentramento internazionale, in particolare sull'incapacità di produrre ricerca applicata di successo senza che vi sia una base industriale ad essa collegata;
    si crede sempre meno che basti assicurare la libera concorrenza per procedere sul terreno dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico, senza che vi siano istituzioni e politiche in grado di limitare i fallimenti nel funzionamento dei mercati e di promuoverli esplicitamente;
    è già evidente che in tutti i Paesi avanzati e ancor più negli emergenti si disegnano visioni del futuro dell'industria, si lanciano programmi, si prendono iniziative concrete;
    i numerosi tavoli di confronto aperti al Ministero dello sviluppo economico sono stati in questi anni lo specchio delle difficoltà che stanno caratterizzando il sistema industriale italiano;
    per affrontare in modo organico e coordinato le diverse situazioni di crisi occorre istituire una cabina di regia nazionale sulla crisi d'impresa che preveda la partecipazione del Governo, di tutte le forze sociali e degli altri soggetti coinvolti con il compito di individuare strumenti e soluzioni adeguate alla drammaticità della situazione;
    sul piano più diretto delle politiche industriali dovranno essere poste al centro dell'azione del Governo e della parti sociali quattro questioni strategiche per il futuro dell'industria italiana: il rafforzamento degli investimenti nell'innovazione a 360 gradi, per affrontare e vincere la competizione globale, lo sviluppo della green economy, la creazione di una nuova finanza per lo sviluppo, la riduzione del costo dell'energia;
    l'attuale Ministro dello sviluppo economico ha dichiarato che verrà avviata la costruzione di una unità operativa composta da economisti, politologi, e in generale persone che riescano a creare un industrial compact italiano sulla falsariga di quello europeo,

impegna il Governo

a fare in modo che le decisioni del Governo sul piano industriale italiano siano assunte con il coinvolgimento pieno delle Commissioni parlamentari competenti.
(7-00343) «Vallascas, Da Villa, Crippa, Della Valle, Fantinati, Mucci, Petraroli, Prodani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DADONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente della Repubblica, il 28 febbraio 2014, l'onorevole Enrico Costa è stato nominato Sottosegretario alla giustizia;
   dal giorno della nomina alla data odierna, non risulta agli atti che al Sottosegretario Costa siano state affidate deleghe o incarichi particolari in riferimento al suo incarico presso il Ministero della giustizia;
   il 13 aprile 2014 lo stesso Enrico Costa, membro del gruppo Nuovo Centro Destra, ha annunciato la sua candidatura a presidente della regione Piemonte nell'elezione che si terrà il prossimo 25 maggio;
   al momento, all'interrogante non risulta che il Sottosegretario di Stato alla giustizia abbia comunicato l'intenzione di dimettersi dalla carica di Governo;
   essere allo stesso tempo Sottosegretario di Stato alla giustizia e candidato alla presidenza di una regione lascia pensare che delle due condizioni una sicuramente non potrà essere condotta in maniera completamente adeguata e idonea, quanto meno per ragioni di tempo, di natura logistica nonché di importanza degli impegni connessi ad entrambe le condizioni;
   il timore dell'interrogante è rappresentato dal rischio che ad essere svolta in maniera parziale, inadeguata e inappropriata non sarà la candidatura a presidente della regione Piemonte – che, pur rappresentando ad avviso dell'interrogante un'evidente offesa nei confronti dei cittadini e degli elettori piemontesi, rimarrebbe nell'alveo delle dinamiche politiche interne ai partiti –, bensì e ben peggio sarà l'attività istituzionale di Governo, ovvero quella svolta dalla figura del Sottosegretario di Stato alla giustizia;
   benché il divieto di candidarsi, pur ricoprendo un incarico di tale portata, non sia previsto a norma di legge, si ritiene che il rischio insito nella combinazione del ruolo istituzionale-ministeriale con quello politico-elettorale rappresenti sul piano funzionale oltre che su quello etico un elemento sufficiente di riflessione e considerazione non necessariamente da affrontare nei termini stringenti della normativa vigente –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di scongiurare il rischio dello svolgimento parziale o inadeguato dell'attività di un Sottosegretario di Stato. (3-00776)

Interrogazione a risposta scritta:


   TERZONI, CECCONI, AGOSTINELLI, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, ZOLEZZI, MICILLO e SEGONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 2007 a Civitanova Marche l'amministrazione comunale firmò una convenzione tra il comune ed un privato, la CivitaPark srl per la realizzazione del secondo centro commerciale più grande del centro Italia dall'estensione di 46.000 metri quadrati, in cambio di urbanizzazione ed opere pubbliche tra cui la nuova fiera da 11.500 metri quadrati;
   dal momento della firma si sono succedute una serie di irregolarità che sono state prontamente denunciate da parte del gruppo consiliare del MoVimento 5 Stelle che hanno riguardato:
    la presentazione di fidejussioni a garanzia della parte pubblica delle opere;
    il versamento degli oneri di costruzione;
    il comportamento di Medioleasing, finanziaria di Banca Marche;
    mancato rispetto dei tempi di consegna del cantiere;
    opere realizzate in maniera abusiva;
   in data 5 novembre 2012 e 29 novembre 2012 il gruppo consiliare del MoVimento 5 Stelle presenta un esposto alla Corte dei conti e alla Procura della Repubblica segnalando i seguenti illeciti:
    la CivitaPark avrebbe portato in comune nel 2009 polizze fideiussorie non idonee per 16,8 milioni di euro (la società emittente è la Mediafinance spa iscritta al registro di Banca d'Italia ex articolo 106 per cui non idonea, ma per giunta già in corso di fallimento come una semplice visura alla camera di commercio poteva evidenziare);
    nel 2011 le polizze sono in scadenza. La CivitaPark avrebbe portato in comune, per la seconda volta, altri 16,8 milioni di polizze fideiussorie non idonee (i rinnovi, con validità sino al 31 dicembre 2012, non sarebbero datati, recherebbero una firma della società garante illeggibile, non riporterebbero il timbro della società garante anche se pare siano stati emessi anch'essi dalla Mediafinance spa, poiché recanti l'intestazione di quest'ultima società che però, già da diverso tempo risulterebbe cancellata sia dal registro imprese che dall'elenco ex articolo 106 TUB; anche qui, a quanto consta agli interroganti nessun dubbio e nessun semplice controllo; né sarebbe mai stato richiesto un parere al dirigente finanze);
    a gennaio 2013 la CivitaPark avrebbe portato in comune altri 16,8 milioni di polizze non conformi ai requisiti di legge, per la terza volta. Ma questa volta, con la procura che indaga, le polizze vengono ritenute non idonee (compagnia ungherese autosospesasi all'Isvap nell'ottobre 2012);
    le polizze non idonee portate dalla CivitaPark in comune sarebbero quindi un totale di 50,4 milioni di euro;
    dal 1o gennaio 2013 ad oggi nessuna altra polizza risulta mai stata presentata, ma i lavori sono proseguiti fino al completamento della parte privata dell'opera;
   il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, modificato dal decreto legislativo n. 218 del 2010, riforma, in attuazione della direttiva comunitaria n. 48/2008, la disciplina del credito al consumo. In seguito a ciò la garanzia che la pubblica amministrazione può accettare nell'ambito di opere pubbliche si è ristretta a banche, assicurazioni iscritte in apposito elenco e intermediari finanziari ex articolo 107 del TUB. La normativa comunitaria consente di ritenere valide altresì le garanzie rilasciate da assicurazioni operanti nell'ambito dei Paesi comunitari anche se sovente a rischio solvibilità (si vedano assicurazioni bulgare o rumene che spesso falliscono in breve tempo);
   il problema maggiore nel caso della lottizzazione in esame risiede nel fatto che sono previste notevoli opere secondarie di urbanizzazione che andrebbero per legge fatte prima della parte privata della lottizzazione o in caso di contemporaneità dei lavori garantite da fidejussioni di primaria natura (legge n. 380 del 2001). Nel caso di Civitanova Marche la costruzione del secondo centro commerciale più grande del centro Italia sarebbe avvenuta in assenza totale delle fidejussioni necessarie a garantire le opere pubbliche, e a fronte del complesso commerciale già interamente terminate, le opere pubbliche risulterebbero non realizzate –:
   se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se, alla luce dei numerosi casi in cui le convenzioni stipulate tra comuni e privati producono un ritorno modesto se non addirittura un danno per la collettività, il Governo non ritenga di dover valutare l'ipotesi di assumere iniziative per una revisione dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 tenendo conto dell'ormai consolidato orientamento comunitario, secondo il quale le opere di urbanizzazione primaria, anche se eseguite da parte di un operatore privato, sono opere pubbliche e in quanto tali devono essere assoggettate alle norme contenute nel codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. (4-04512)

AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   sul suo sito istituzionale, l'istituto italiano di cultura di Bruxelles afferma testualmente di essere: «... un organismo del Ministero degli affari esteri italiano che ha quale permanente obiettivo quello di promuovere e diffondere la lingua e la cultura italiana in Belgio attraverso l'organizzazione di iniziative culturali volte a favorire la circolazione delle idee, delle arti e delle scienze e offre i seguenti servizi: corsi di lingua e civiltà italiana tenuti da docenti qualificati di madrelingua; due sessioni annuali di esami per ottenere il diploma di conoscenza della lingua italiana come lingua straniera; una Biblioteca italiana a disposizione degli alunni e degli iscritti all'istituto per la consultazione e il prestito di libri, cd, dvd, riviste e giornali italiani; servizio di informazione e documentazione sull'Italia nel campo culturale»;
   appare tutto molto suggestivo, salvo poi scoprire che un'inchiesta de Il fatto quotidiano del 16 marzo 2014 ha fatto emergere che tale istituto «ha tenuto per anni i docenti a libro paga senza alcun contratto, spedendoli a insegnare persino alla Commissione e al Parlamento europeo. Nessuna ritenuta, niente tasse, zero contributi, anche per 10-15 anni solo impegni a voce e mandati di pagamento, le ore e gli importi scritti a penna»;
   inoltre, risulterebbe che gli stessi siano stati ingaggiati affinché tenessero corsi ai funzionari della Commissione europea, la quale fatturava all'istituto, mentre i soldi pare finissero a professionisti abilitati ma irregolari da sempre; a rendere più pesante tale condizione di irregolarità è che gli insegnanti specializzati, laureati, abilitati sono stati inquadrati e pagati come colf, malgrado facessero parte di un organismo del Ministero degli affari esteri;
   risulta, sempre dall'indagine citata, che la questione degli insegnanti al «nero» nella rappresentanza culturale italiana a Bruxelles fosse ben nota alla Farnesina, anche se nessun intervento ha poi fatto seguito nemmeno alle segnalazione degli interessati circa la loro condizione di irregolari; ciò ha portato, inevitabilmente, a far emergere lo scandalo compromettendo di fatto l'immagine dell'Italia in Europa, proprio in prossimità della sua assunzione di presidenza dell'Unione a partire da luglio 2014;
   nel frattempo, l'inchiesta ha prodotto il risultato che poche ore dopo la sua pubblicazione l'ambasciatore italiano a Bruxelles, Alfredo Bastianeili, su indicazione della Farnesina, ha «commissariato» l'istituto italiano di cultura in oggetto poiché, come ha affermato in una nota rivolta alla comunità che frequenta l'ente culturale presso il consolato l'Italia e apparsa sul sito euronews.it del 17 marzo, «le irregolarità contabili e amministrative impongono un'attenta azione di riordino»;
   sempre nella stessa nota il rappresentante dell'Italia in Belgio ha poi comunicato che il Ministero gli ha chiesto di assumere direttamente la guida dell'Istituto fino alla nomina di un nuovo direttore, al posto di quello precedente, Federiga Bindi, il cui incarico non sarà rinnovato «anche a seguito delle irregolarità contabili e amministrative», come si legge in una nota del 28 gennaio 2014 diramata dal Ministero interessato;
   si apprende, sempre dall'inchiesta giornalistica, che l'ambasciatore sarebbe, in tal senso, orientato ad adottare contratti di un anno rinnovabili una sola volta, una soluzione applicata anche altrove ma che gli interessati vedono come fumo negli occhi;
   va segnalato che, secondo il Fatto quotidiano, agli insegnanti restavano, come unica traccia di pagamento, i bonifici che giungevano da un conto del Monte Paschi di Siena e che accadeva: «... tutto per un perverso meccanismo a tenaglia: il ministero che evitava di sottoscrivere impegni scritti di qualsiasi tipo perché non accampassero pretese sull'amministrazione, l'istituto che non rinunciava a utilizzarli per i corsi a pagamento che gli consentivano d'incassare corpose entrate senza gli oneri contributivi e fiscali, quindi a costi unitari ridottissimi»;
   malgrado quanto sopra esposto, non risulta siano state fornite risposte agli insegnanti coinvolti in questa vicenda –:
   come mai, malgrado le reiterate segnalazioni degli insegnanti di cui alla premessa, non si sia proceduto tempestivamente ad accertare le contestazioni mosse all'ex direttore dell'istituto italiano di cultura di Bruxelles, Federiga Bindi, e quale soluzione intenda a lottare per tutti quei docenti regolarizzati e affidati a un'agenzia interinale.
(2-00505) «Scagliusi, Manlio Di Stefano, Spadoni, Del Grosso, Di Battista, Grande, Sibilia, Nuti».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCAGLIUSI, L'ABBATE, MICILLO, GRANDE, SIBILIA e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la sede dell'istituto Italiano di cultura di Los Angeles è da più di dieci anni sede dirigenziale;
   la sede dell'istituto italiano di cultura di Los Angeles è da dicembre 2013 priva di direttore titolare come indicato sul sito ufficiale dell'Istituto (versione inglese). Infatti al momento è presente un «acting director», cioè direttore facente funzioni (ad interim), dopo il pensionamento del direttore precedente;
   da una lettera aperta del FILP, si apprende che il Ministero degli affari esteri (MAE) non intende inviare un dirigente a Los Angeles, sede dirigenziale fino a ieri;
   nella sede centrale della Farnesina sono in servizio cinque dirigenti della promozione culturale che a norma della legge 401 del 1990 dovrebbero essere inviati all'estero;
   la sede di Los Angeles costituisce un punto fermo per il made in Italy e per l'industria del cinema italiano attualmente in pieno risveglio come testimoniato dal recente conseguimento del premio Oscar –:
   se corrisponda al vero quanto esposto in premessa in merito alla mancata esigenza di un dirigente nell'Istituto italiano di cultura a Los Angeles, con il conseguente declassamento di una sede così prestigiosa;
   quali motivi avrebbero spinto la direzione generale competente ad adottare soluzioni organizzative che, agli interroganti appaiono essere «al ribasso» e contro quelli che sembrano ovvi interessi di immagine del Paese. (4-04501)


   MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SPADONI, GRANDE, SCAGLIUSI, DEL GROSSO e SIBILIA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Thailandia è al quinto posto tra i Paesi asiatici, dopo Cina, India, Giappone e Malesia, come numero di visitatori in Italia;
   per l'ambasciata italiana di Bangkok, fino al mese di febbraio 2013, la richiesta del visto d'ingresso in Italia necessitava dei seguenti documenti: passaporto valido, prenotazione hotel, garanzia della banca sulla condizione finanziaria della persona, assicurazione sanitaria, prenotazione dei voli di andata e ritorno e pagamento di circa 56 euro all'ambasciata;
   da marzo 2013, con l'insediamento del nuovo ambasciatore, dottor Francesco Saverio Nisio, della prenotazione e rilascio del visto se ne occupa un'agenzia privata, la VFS Gobal, che ne avrebbe decisamente inasprito la procedura. L'inasprimento sarebbe prevalentemente dovuto alla richiesta dell'ambasciata di una lista dei turisti da parte degli hotel che li ospiteranno con tanto di carta intestata, timbro e specifica del ruolo di colui che firma a conferma della prenotazione;
   atteso che non esiste nessuna norma che disciplini quest'ultimo passaggio, gli hotel rilasciano detta lista soltanto a titolo di cortesia e nei tempi che ritengono più consoni. Senza questa lista, l'ambasciata italiana non rilascia il visto;
   per quanto risulta agli interroganti da gennaio 2014 l'ambasciata richiederebbe, a completamento della documentazione di cui sopra, anche la scansione delle impronte digitali. Sempre a quanto consta agli interroganti, le impronte non verrebbero archiviate per cui un thailandese che dovesse andare in Italia quattro volte in un anno, sarebbe tenuto a rilasciare per quattro volte le proprie impronte digitali;
   dalle informazioni in possesso degli interroganti risulterebbe che presso l'ambasciata vi sia soltanto un addetto responsabile di questi servizi e che solo lui possa firmare e approvare il visto;
   tutto ciò non può che generare enormi ritardi per il rilascio del visto, affollamento presso l'ambasciata ma soprattutto la rinuncia da parte dei tour operator e degli stessi turisti (circa il 95 per cento di coloro che richiedono il visto) di scegliere il nostro Paese come destinazione della vacanza a favore di altri Paesi come la Francia, l'Inghilterra, la Germania o la Svizzera che prevedono il rilascio del visto in un tempo che oscilla dai 3 giorni a una settimana;
   ne consegue una grave perdita per l'Italia che, fino al 2012, incassava circa 76 milioni di euro all'anno dalle vacanze dei cittadini thailandesi e che permettevano, quindi, di dare lavoro a migliaia di persone e di risollevare l'economia di numerose regioni –:
   se sia a conoscenza delle questioni sollevate in premessa e come intenda far fronte ai disagi descritti presso l'ambasciata italiana di Bangkok;
   quali provvedimenti intenda adottare al fine di snellire la procedura del rilascio del visto presso la stessa ambasciata per consentire all'Italia di tenere il passo degli altri Stati europei che hanno firmato il trattato di Schengen. (4-04509)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   in Abruzzo a 6 miglia dal tratto di costa incluso nel parco nazionale della costa teatina, la multinazionale inglese MEDOIL sta portando avanti il progetto «OMBRINA 2» per l'estrazione di petrolio e la conseguente desolforazione su una grande nave-raffineria che stazionerà stabilmente in quel tratto di mare;
   le multinazionali che estraggono petrolio e gas nel mare Adriatico pagano royalty ridicole e godono di agevolazioni fiscali a giudizio degli interpellanti scandalose e stanno compromettendo il delicato equilibrio ecologico di un mare fragile e «chiuso» come il mare Adriatico;
   questo progetto di trivellazione petrolifera, al pari di tutti gli altri in attesa di autorizzazione, stravolge l'ambiente marino in uno dei tratti più suggestivi di tutta la costa adriatica al punto di essere un parco nazionale istituito con legge nazionale tanti anni fa, e colpisce al cuore il progetto di sviluppo ecosostenibile scelto dalla regione e dagli enti locali e centrato sul turismo, sulla pesca, sull'artigianato, sull'agricoltura di qualità (la provincia di Chieti è la seconda provincia vitivinicola d'Italia), sulla tutela e valorizzazione del territorio;
   è fondata la preoccupazione per l'ambiente e la salute dei cittadini abruzzesi a causa dell'inquinamento che ne deriva e per possibili incidenti come la cronaca di questi anni purtroppo testimonia;
   tutti i comuni, le province e la regione Abruzzo nonché tante associazioni professionali, economiche e ambientaliste hanno manifestato netta contrarietà a questo progetto petrolifero che insieme a tanti altri in itinere potrebbe dar vita ad un vero e proprio distretto petrolifero abruzzese incompatibile con i progetti di valorizzazione turistica, agricola e ambientale del territorio della costa teatina;
   vari comuni abruzzesi hanno già preannunciato il ricorso al TAR contro il decreto autorizzativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel decreto di autorizzazione della piattaforma «Ombrina 2», sostiene che «...preso atto che, seppure sollecitato in data 11 luglio 2012, la regione Abruzzo non ha fatto pervenire il proprio parere di competenza», mentre il presidente della regione sostiene di non aver ricevuto nessuna richiesta di parere e sollecito di parere dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quindi si è in presenza di un «giallo» in cui è certo però che uno dei 2 soggetti fa affermazioni non corrispondenti al vero;
   le modifiche introdotte al decreto-legge 29 giugno 2010, n. 128, convertito, con modificazioni, dalla legge 134 del 2012 (cosiddetto decreto sviluppo) hanno dimezzato il limite delle miglia per le trivellazioni petrolifere marine con una logica inaccettabile dal punto di vista ambientale, economico e sanitario, ignorando il fatto che le 12 miglia erano state introdotte dal legislatore italiano dopo il terribile incidente della piattaforma DEEP HORIZON nel Golfo del Messico –:
   quali siano i motivi che hanno spinto il Governo, tramite i Ministeri competenti, a non contrastare il progetto Ombrina 2, ritenuto invece inaccettabile da tutte le istituzioni abruzzesi, dai comuni alla regione;
   quale sia l’iter amministrativo della richiesta autorizzativa del progetto Ombrina 2;
   quale sia il quadro complessivo di tutte le richieste di sfruttamento degli idrocarburi nel tratto abruzzese del Mar Adriatico e quali siano tutti i progetti già in produzione;
   se corrisponda al vero che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inviato alla regione Abruzzo le richieste di parere sul progetto Ombrina 2;
   se non si intenda convocare a breve una riunione tra i Ministeri competenti, la regione Abruzzo e gli enti locali interessati nonché le organizzazioni economiche e ambientaliste per definire una posizione comune su questo progetto;
   se non si intendano assumere iniziative volte a rivedere il regime fiscale e delle royalty particolarmente favorevoli alle multinazionali del settore degli idrocarburi.
(2-00507) «Migliore, Melilla».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GUIDESI, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 11 aprile, sulla rivista scientifica specializzata Science, è apparso un articolo a firma di Edwin Cartlidge, noto giornalista scientifico, che mette in evidenza i risultati della relazione della commissione Ichese, incaricata dal presidente della regione Emilia Romagna, alla fine del 2012, di valutare i possibili collegamenti tra la produzione di idrocarburi e i terremoti del 20 e 29 maggio 2012;
   secondo tale commissione, composta da geologi italiani ed esteri, i «terremoti mortali che hanno colpito il Nord Italia nel 2012 potrebbero essere stati scatenati dall'estrazione di petrolio in un giacimento locale»;
   l'articolo spiega che le «fonti che hanno esaminato lo studio sostengono che esso sia stato presentato al governo regionale dell'Emilia-Romagna almeno un mese fa», ma che «i politici, sia a livello regionale che nazionale, si sono subito irritati in merito ai possibili effetti e ne hanno ritardato la sua uscita»;
   la commissione Ichese, secondo le notizie sui siti internet, è formata da due geologi italiani e tre stranieri, incluso il presidente, Peter Styles, della Keele University (Gran Bretagna) e Franco Terlizzese, ingegnere presso il Ministero dello sviluppo economico;
   dalla relazione, datata febbraio 2014, vengono escluse cause legate al deposito gas di Rivara, visto che le trivellazioni per il deposito dovevano ancora iniziare quando i terremoti si verificarono, e indicano un altro sito, il giacimento di Cavone in zona Mirandola, per il quale non potrebbe essere escluso che le attività nel giacimento abbiano avviato il terremoto del 20 maggio 2012, il cui epicentro era circa a 20 chilometri di distanza, anche in relazione all'incremento delle attività estrattive nel pozzo di Cavone a partire dall'aprile 2011;
   secondo quanto riportato dall'articolo, i cambi di pressione dentro la crosta terrestre, risultanti sia dall'asportazione di idrocarburi che dall'iniezione di fluidi per incrementare il flusso, quasi certamente «non sarebbero stati sufficienti da soli per indurre un grande terremoto», ma «è possibile che la faglia coinvolta nelle scosse del 20 maggio 2012 fosse vicina al punto di rottura e che le modifiche nella crosta indotte dall'uomo, pur estremamente piccole, siano state sufficienti a scatenare il terremoto». Secondo Science, poi, il primo sisma avrebbe scatenato il secondo;
   gli esperti dicono che «questo collegamento dovrebbe essere ora confermato da un esempio fisico con le dinamiche del fluido nel bacino idrico e nelle rocce circostanti»;
   tuttavia, altri geologi esperti escludono una connessione tra la produzione di greggio e il sisma del 20 maggio 2012. Ciò sulla base dell'assenza di piccoli terremoti indotti direttamente dalla produzione di petrolio, la significativa distanza tra il pozzo e l'epicentro e la modesta produzione dell'impianto, di circa 500 barili al giorno;
   ad esempio, fenomeni simili in alcune zone del Texas e dell'Oklahoma, dove le trivellazioni sono ben più numerose e profonde, hanno generato scosse deboli non paragonabili a quelle naturali;
   nonostante ciò l'articolo ricorda che «tre scosse con magnitudo tra 4,5 e 5 a Denver nel 1967 sono state attribuite a sostanze chimiche pompate in un pozzo profondo», anche se «l'iniezione si era fermata più di un anno prima ed era stata fatta a più di 10 chilometri dall'epicentro dei sismi»;
   le notizie sopra esposte hanno creato allarme e sospetti tra i cittadini, sul fatto che il terremoto potrebbe essere stato comunque accelerato dall'attività umana; tutti si chiedono se la faglia potesse essere stata vicina al punto di rottura e se l'attività estrattiva del petrolio potesse aver funzionato da innesco per l'evento sismico;
   ciò anche in considerazione del silenzio tenuto dalla regione Emilia-Romagna e dalle istituzioni nei due mesi in cui hanno avuto a disposizione il documento;
   da siti internet si apprende che è stato costituito presso il Ministero dello sviluppo economico, in stretta relazione con la regione, un gruppo di lavoro composto da tecnici del Ministero, del dipartimento della protezione civile e da altri esperti, che sta lavorando per la definizione di linee guida che consentiranno di raccogliere i dati per dare le risposte necessarie. Sembra che si tratti di un'attività di indagine che si colloca ai livelli più avanzati di ricerca del mondo. Il protocollo delle linee guida, che sembrerebbe in fase avanzata di preparazione, dovrebbe essere presentato in tempi rapidi insieme alla pubblicazione integrale del rapporto Ichese;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, pur non avendo competenze specifiche nelle valutazioni ambientali delle attività estrattive a terra, ha comunque competenze per le valutazioni ambientali delle attività estrattive a mare e per la realizzazione di depositi di gas nei giacimenti esauriti a terra e a mare, ove comunque si verificano cambi di pressione dovuti alle attività di continua immissione ed estrazione del gas;
   una simile eventualità di correlazione tra i terremoti e le alterazioni delle pressioni nei giacimenti, dovute ad attività antropiche, dovrebbe comunque essere trattata secondo il principio della precauzione, anche prevedendo appositi monitoraggi per controllare la microsismicità nelle aree interessate da attività estrattive o da futuri depositi di gas –:
   se il Ministro interrogato si sia attivato o intenda attivarsi, secondo il principio della precauzione, per contribuire alle ricerche in corso in merito alle eventuali correlazioni tra i terremoti e le alterazioni delle pressioni nei giacimenti, dovute ad attività antropiche, anche allo scopo di tranquillizzare la popolazione e rendere trasparenti sia le eventuali responsabilità, sia le notizie sulle attività di ricerca in atto, ivi inclusa la versione integrale del rapporto Ichese. (3-00770)


   LEONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in Puglia l'abusivismo accertato, per il periodo 2012/2013, dalle forze dell'ordine e dalle capitanerie di porto sul solo demanio marittimo sfiora il 15 per cento del totale nazionale, mentre sul fronte dell'abusivismo edilizio, nelle aree demaniali, la Puglia è al quarto posto su scala nazionale, con 420 infrazioni accertate, 906 persone denunciate ed arrestate e 276 sequestri effettuati;
   si tratta di un'enorme speculazione edilizia che si concentra e si è concentrata sulle coste del Gargano e del Salento;
   in Puglia il dato sul rapporto tra ordinanze ed esecuzioni di demolizione è sconcertante, dal momento che si ferma al 5,25 per cento, contro una media nazionale che si attesta al 10 per cento –:
   alla luce dei dati elencati in premessa, quali siano le azioni che si intende intraprendere per fronteggiare la sconfortante realtà dell'abusivismo edilizio nella regione Puglia, al fine di elevarne la percentuale di demolizioni ai livelli attestati su scala nazionale. (3-00771)


   MATARRELLI, DURANTI, FRATOIANNI, PANNARALE, SANNICANDRO, PELLEGRINO, ZAN e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nell'articolo pubblicato nei primi mesi del 2014 sulla rivista scientifica Environmental research da un gruppo di ricercatori, composto da epidemiologi, fisici dell'atmosfera, biologi di alcuni istituti del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, Lecce e Bologna e neonatologi dell'azienda sanitaria locale di Brindisi (Congenital anomalies among live births in a high environmental risk area – A case-control study in Brindisi, Italy), si evidenzia che le mamme che dal 2001 al 2010 hanno partorito bambini con malformazioni congenite sono state esposte, nel periodo della loro gravidanza che va dalla terza all'ottava settimana, ad una concentrazione di anidride solforosa più elevata delle mamme che hanno partorito negli stessi anni bambini in buona salute;

   sono stati considerati nell'analisi 189 casi di anomalie congenite, di questi 81 sono stati i casi con anomalie congenite cardiache e 44 con difetti del setto ventricolare (gli autori hanno escluso da questo lavoro i casi di anomalie cromosomiche coincidenti). Le concentrazioni degli inquinanti sono generalmente più alte tra i casi rispetto ai controlli, con differenze maggiori che si riscontrano tra le anomalie congenite cardiache. I modelli con variabile di esposizione continua mostrano incrementi di rischio, che, tuttavia, non sono statisticamente significativi. L'esposizione materna alle maggiori concentrazioni rilevate di anidride solforosa sono significativamente correlate con tutti i tipi di malformazioni e, in particolare, con le malformazioni congenite del cuore;
   gli stessi autori un anno fa avevano pubblicato su altra rivista internazionale i dati sulle malformazioni congenite a Brindisi, registrando nello stesso arco temporale un totale di 194 anomalie su 8.503 neonati e osservando una prevalenza di 228 casi su 10.000 nati vivi, approssimativamente il 17 per cento in più rispetto al dato riportato dal registro europeo Eurocat. Circa 3 neonati con malformazioni in più ogni anno rispetto alla media europea. L'eccesso osservato per le anomalie cardiovascolari era del 49 per cento. L'attuale studio costituisce un approfondimento che correla il dato sanitario con il dato ambientale e rappresenta un avanzamento nella conoscenza del fenomeno poiché l'anidride solforosa origina dalle emissioni industriali e dai combustibili per la navigazione marittima. Nella città di Brindisi per l'Arpa Puglia il 90 per cento delle emissioni di anidride solforosa provengono dalla produzione energetica. In realtà i ricercatori precisano che potrebbe non essere solo l'anidride solforosa in quanto tale a provocare il maggior rischio di malformazioni, ma «l'anidride solforosa può essere considerata un surrogato del complesso delle emissioni» che investono la città;

   la regione Puglia nel luglio 2013, probabilmente sulla base delle risultanze del primo studio sulle malformazioni congenite a Brindisi, ha istituito il registro regionale delle malformazioni. È evidente che le misure più urgenti da adottare siano incentrate su un serio programma di riduzione delle emissioni industriali e per la produzione energetica in particolare –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, si intendano avviare al fine di ridurre drasticamente le suddette emissioni inquinanti per garantire la tutela dell'ambiente e conseguentemente la salute pubblica. (3-00772)


   BORGHI, BRAGA, ARLOTTI, MARIASTELLA BIANCHI, BRATTI, CARRESCIA, COMINELLI, DALLAI, DECARO, GADDA, GINOBLE, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MARIANI, MARRONI, MAZZOLI, MORASSUT, GIOVANNA SANNA, VENTRICELLI, ZARDINI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 13 aprile 2014 gli scienziati del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) – circa 235 esperti provenienti da 58 Paesi che hanno messo a confronto oltre 10.000 fonti scientifiche sull'argomento – hanno presentato a Berlino la terza e ultima parte del quinto rapporto sul clima, redatto sotto l'egida dell'Onu;
   dal rapporto si evince che, tra il 2000 e il 2010, la media delle emissioni globali è aumentata di un miliardo di tonnellate l'anno, ad un ritmo più veloce rispetto ai decenni passati, raggiungendo «livelli senza precedenti»; la principale causa di tali incrementi è l'uso intensivo del carbone come fonte energetica, in particolare in alcuni Paesi, quali Cina, Stati Uniti e India;
   i rappresentanti intergovernativi hanno lanciato un segnale preoccupante sul global warming; per evitare che il surriscaldamento globale superi i 2 gradi centigradi dal livello preindustriale, è necessario contenere fin da subito le emissioni di anidride carbonica e gas serra per arrivare ad una riduzione entro il 2050 tra il 40 e il 70 per cento rispetto al 2010, con l'obiettivo di pervenire ad un mondo a «zero impronta di carbonio» entro la fine del secolo;
   al contrario, in assenza dei necessari interventi di riduzione delle emissioni, lo scenario si delinea catastrofico: la temperatura media del globo terrestre potrebbe crescere tra 3,7 e 4,8 gradi centigradi alla fine del secolo, con conseguente aumento del livello delle acque, incendi, cicloni, desertificazione e aria irrespirabile;
   nel breve periodo gli impatti più rilevanti riguarderanno la regione mediterranea sud-europea, individuata dal rapporto come la regione più a rischio, con pesanti ripercussioni sul turismo, l'agricoltura, le attività forestali, le infrastrutture, l'energia e la salute dei cittadini;
   è stato calcolato che ridurre il riscaldamento climatico richiederebbe investimenti pari allo 0,6 per cento del prodotto interno lordo mondiale, un impegno dunque economicamente a portata di mano, ma che incontra tuttora fortissime resistenze culturali e politiche;
   nel corso dell'audizione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici alla Camera dei deputati, il Ministro interrogato ha sottolineato come le politiche sul cambiamento climatico rappresentino lo snodo cruciale del disegno di un nuovo modello di sviluppo che renda sostenibili i parametri di crescita ed occupazione proprio attraverso l'uso efficiente e non predatorio delle risorse naturali;
   questa è la posizione che l'Italia porterà in Europa nell'ambito della definizione del pacchetto clima energia al 2030; allo stato attuale la Commissione europea prevede che entro il 2050 dovremo ridurre di oltre l'80 per cento le emissioni di anidride carbonica rispetto al 1990, passando attraverso target intermedi, cioè una riduzione di emissioni del 20 per cento al 2020 e del 40 per cento al 2030;
   l'Italia con la ratifica del protocollo di Kyoto si è impegnata a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del –6,5 per cento nel periodo 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990 e con la decisione n. 406/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sono state regolamentate le emissioni di gas serra dei settori non Emission trading scheme (Ets);
   è importante sfruttare l'occasione del prossimo semestre europeo a guida italiana per precisare e delineare al meglio il «dossier clima», anche in vista dei prossimi appuntamenti internazionali, ovvero il vertice alle Nazioni Unite a settembre 2014, la Conferenza sul clima a Lima a dicembre 2014 e soprattutto la Conferenza Onu di Parigi a fine 2015;
   per rispondere agli impegni di riduzioni delle emissioni sono stati varati due «documenti programmatici»: la Strategia energetica nazionale (Sen), approvata con decreto ministeriale dell'8 marzo 2013, che colloca le politiche verdi in un contesto energetico ampio, e il Piano nazionale per la decarbonizzazione, approvato con delibera Cipe n. 17/2013, che individua, invece, un set di misure dettagliato e completo da mettere in campo per la riduzione dell'anidride carbonica;
   contemporaneamente, è stata trasmessa al Cipe, a fine dicembre 2012, una proposta di delibera che individuava le linee strategiche da seguire in via prioritaria per la messa in sicurezza del territorio e per la predisposizione di una Strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici nell'ambito della Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici, COM(2013) 216 final –:
   se il Ministro ritenga che la Strategia energetica nazionale (Sen), approvata con decreto ministeriale dell'8 marzo 2013, sia coerente con gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di decarbonizzazione indicati dall'ultimo «dossier clima-energia» al 2030 e quali siano i tempi di attuazione della Strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, anche in considerazione delle ingenti risorse messe a disposizione dall'Unione europea per gli interventi di adattamento che gli Stati membri metteranno in campo. (3-00773)


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sull'individuazione del sito per la realizzazione del deposito unico nazionale per le scorie nucleari sembra essere stato apposto il segreto di Stato;
   ad oggi nessun atto è stato reso pubblico rispetto all'individuazione, né criteri né studi, del sito del deposito unico nazionale;
   da anni si parla dell'individuazione del sito per la costruzione del deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi e del connesso parco tecnologico;
   Sogin è la società costituita nel 1999, nell'ambito della riforma del sistema elettrico nazionale, e ha come missione lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi;
   in data 23 luglio 2012, il Ministero dello sviluppo economico, con una nota trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Ispra, ha chiesto che l'Ispra avviasse entro il 31 dicembre 2012, ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010, le attività per la definizione dei criteri tecnici per la localizzazione del deposito nazionale, precisando che tale struttura è ritenuta di urgente necessità per il Paese;
   l'Ispra – dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale – ha predisposto nel dicembre 2012 una versione preliminare dei criteri tecnici per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, scegliendo di elaborarli sotto forma di guida tecnica (guida tecnica n. 29, «Criteri per la localizzazione di un deposito superficiale di smaltimento dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività»), ai sensi dell'articolo 153 del decreto legislativo n. 230 del 1995, e successive modificazioni e integrazioni. La versione preliminare della guida tecnica è stata inviata, in data 18 febbraio 2013, ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Successivamente l'Ispra ha sottoposto la suddetta guida tecnica ad un processo di revisione internazionale;
   in data 19 dicembre 2013, l'Ispra avrebbe trasmesso ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una versione aggiornata della guida tecnica, predisposta sulla base degli esiti del confronto effettuato con le autorità di sicurezza nucleare di Paesi europei, che già eserciscono analoghe strutture di deposito, nonché di una revisione internazionale effettuata dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea);
   l'Ispra non ha proceduto ad effettuare la suddetta pubblicazione –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover disporre l'immediata pubblicazione degli studi effettuati, anche al fine di escludere dai siti possibili regioni, come la Sardegna, che peraltro avrebbero già escluso la disponibilità ad ospitare tale sito unico nazionale. (3-00774)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   un'operazione con 14 arresti per traffico illecito di rifiuti, denominata «black land», ha interessato le province di Foggia, Caserta, Avellino e Benevento;
   i rifiuti speciali ammonterebbero ad un quantitativo non inferiore a 12.000 tonnellate;
   i rifiuti speciali, prodotti in diversi comuni delle province di Salerno e Caserta, dopo essere stati trasportati nei siti di stoccaggio delle due province, venivano conferiti in un primo momento all'impianto di compostaggio della Biocompost Irpino di Bisaccia – comune nella provincia di Avellino – dove non sarebbero stati sottoposti ad alcun trattamento;
   tali rifiuti, non sottoposti ad alcun trattamento e corredati di falsa documentazione, venivano successivamente tombati in un enorme cratere sita in Ordona (Foggia), gestita dall'Edil C., dove vi era una autorizzazione al ripristino ambientale;
   gli uomini del nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Bari, del comando provinciale carabinieri di Foggia e della direzione investigativa antimafia di Bari hanno proceduto ad arresti e sequestri nei confronti di amministratori, soci ed autotrasportatori di società interessate al settore dello smaltimento e trattamento dei rifiuti;
   il nominativo di uno degli arrestati risulterebbe presente nella lista consegnata in data 7 ottobre 1997 dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone alla «Commissione Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda intraprendere per fare interamente luce sulla vicenda, così da informare e tranquillizzare i cittadini residenti nei comuni interessati;
   se e come si intenda procedere, per quanto di competenza, per la verifica e la eventuale messa in sicurezza dei territori interessati. (4-04508)


   MARCON. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere, premesso che:
   Molfetta, città di quasi 60 mila abitanti, 25 chilometri a nord di Bari si affaccia sulla costa del mare Adriatico, con il quale ha sempre avuto nella storia un rapporto simbiotico;
   il mare davanti a Molfetta, è una delle più grandi discariche di bombe chimiche disseminate di tutto l'occidente. Ancora manca una ricognizione precisa dell'effettiva quantità e della dislocazione sott'acqua, ma una sostanza come l'iprite, caricata in ogive ormai corrose, sta lentamente fuoriuscendo;
   i pescatori vengono spesso a contatto con queste sostanze nocive quando le reti che tirano su si impigliano in qualche ordigno. «Succede quotidianamente, ci dice il dottor Guglielmo Facchini, che ha in cura molti pescatori». 239 sono i feriti gravemente e 5 i morti accertati ufficialmente dal 1946 alla fine degli anni 90. I numerosi e continui incidenti recenti non sono stati ancora riconosciuti;
   il nuovo porto commerciale, un vero ecomostro, costruito su un letto pieno di bombe spezza la vista dell'orizzonte prima visibile. In una situazione tale era un progetto del tutto irrealistico che non doveva mai iniziare e non potrà mai finire ha scritto la procura di Trani che nell'ottobre 2014 ha sequestrato la grande opera, non terminata, già costata 70 milioni di euro. Intanto è stato distrutto un panorama unico che era sottoposto a vincolo storico paesaggistico. Ed è sparita un'alga preziosa e rara la posidonia che si trovava in quelle acque, una pianta protetta, soppiantata da un altra, l'alga tossica come ha denunciato Legambiente nel 2009 con un esposto;
   con il grande porto nuovo, voluto da Antonio Azzollini, sindaco di Molfetta dal 2006 al maggio 2013, e insieme presidente pro tempore della commissione bilancio del Senato si apriva il «rubinetto-porto» per finanziare qualunque attività e spese correnti come emerge dagli atti della procura di Trani che ha rinviato a giudizio Azzolini per associazione a delinquere, truffa a danno dello Stato, concussione e altri reati l'ottobre 2013. Tra i 63 rinviati a giudizio anche la Cooperativa Muratori e Cementisti (Cmc) di Ravenna, per associazione a delinquere, che è anche la maggiore azionista dei lavori per la Tav della Val di Susa. Il 6 marzo a Trani inizierà la procedura probatoria;
   Matteo d'Ingeo, coordinatore del movimento civico Liberatorio politico che da anni si batte per un'operazione verità sul porto e sulle bombe chimiche a mare, autore di numerosi esposti, indica le «zone rosse» del cantiere, così chiamate perché particolarmente affollate di bombe tanto da rendere impossibile il lavoro di dragaggio e ancor prima di ricognizione preliminare: il motivo per cui la ditta incaricata di farlo, la Locatelli di Trieste, ha rimesso l'incarico. Il dragaggio poi ha stuzzicato le bombe disseminate creando una discarica nella discarica, la cosiddetta cassa di colmata dove finivano scarti vari mischiati a ordigni;
   i lavori di bonifica dello Sdai (nucleo della Marina militare addetto allo sminamento) iniziati nel 2008 si basavano su una ricognizione solo parziale, non sistematica. 15 mila sono stimate le sole bombe caricate di sostanze chimiche come l'iprite, chiamato anche gas mustarda, il fosfogene, la lewisite, gas tossici e vescicanti contenuti in fusti e damigiane – creati per uccidere e per durare –, oltre a decine di migliaia di ordigni convenzionali affondati nel mare davanti a Molfetta;
   questo arsenale chimico si trovava nelle stive delle 17 navi inglesi e americane che nel 1943 furono sventrate da un feroce bombardamento nazista nel porto di Bari. Fu una notte d'inferno, con la città illuminata a giorno dalle fiamme e invasa da fumi tossici, coperto da un silenzio durato per decenni. Il porto di Bari andava liberato in fretta e le bombe smaltite a largo di Molfetta. Ma, non sempre arrivarono alle tre miglia e a 600 o 800 metri di profondità previsti; affidate a cooperative di pescatori pagati a tratta finirono spesso in acque più vicine;
   nel basso Adriatico, a Molfetta sono state sganciate anche le bombe Nato della guerra del Kosovo. Nel 2009 l'accordo di programma per la bonifica del basso Adriatico tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e regione Puglia riguardava la zona da Vieste a Otranto, ma ha finito per concentrarsi su Molfetta e sulla sola zona del porto;
   «Bisogna riconoscere Molfetta come zona di disastro ambientale» insiste D'Ingeo: i pescatori, ricattati tra salute e lavoro pagano il prezzo più alto venendo in contatto con le sostanze che avvelenano il mare e i pesci. Questi ultimi vengono dichiarati edibili poiché le tracce di veleno sono state trovate, ma negli organi interni e non nella carne bianca;
   sono state trovate dai ricercatori dell'Icram (Istituto centrale per la ricerca scientifica applicata al mare, oggi Ispra) anche mutazioni genetiche. Il pesce non viene pescato a riva ma a largo, fa presente Matteo d'Ingeo. Come ha dichiarato il professor Amato coordinatore dell'Icram: «I pesci dell'Adriatico sono particolarmente soggetti all'insorgenza tumori, subiscono danni all'apparato riproduttivo, sono esposti a vere e proprie mutazioni genetiche che portano a generare esemplari mostruosi». Monitorando un rettangolo di cinque miglia per due al largo di Molfetta gli esperti hanno individuato ben 102 «possibili ordigni». Solo sedici sono stati ispezionati e undici erano proprio bombe all'iprite;
   il posto più insidioso della costa molfettese è Tor Gavetone, al confine con Giovinazzo. L'acqua color turchese nasconde il più alto concentrato di bombe chimiche. È l'unica spiaggia pubblica di Molfetta, perciò nessuno rispetta lo sbrindellato cartello di divieto di balneazione e di pesca. Mentre le discariche più grandi e pericolose sono segnalate a circa 35 miglia dalla costa; di fronte a Torre Gavettone c’è un cimitero di ordigni imprigionati in una colata di cemento;
   mentre a Tor Calderina che si trova dal lato opposto, un'oasi naturale senza cemento, con gli uliveti che arrivano fino a riva, l'acqua è marrone, per via degli scarichi direttamente a mare di Molfetta e paesi limitrofi, in quanto il depuratore è rotto ed è sotto sequestro;
   si è costituito a Molfetta il «Comitato cittadino per la bonifica marina. A tutela del diritto alla salute e all'ambiente salubre». Il comitato chiede «la verità sul tipo di ordigni presenti sui fondali del nostro mare. La bonifica completa dal porto a Torre Gavetone. Un monitoraggio ambientale del mare nelle zone interessate dalla presenza di ordigni a caricamento chimico per verificarne la balneabilità del mare e la commestibilità del pesce. Informazione trasparente e aggiornata da parte di tutte le istituzioni coinvolte nelle attività di bonifica» –:
   se non ritengano urgente verificare, per quanto di competenza, lo stato reale dei lavori di bonifica, presentando un'apposita e dettagliata relazione sui siti esposti in premessa in modo da poter chiudere definitivamente una vicenda troppo a lungo sottovalutata e ignorata;
   se non intendano verificare, anche attraverso un monitoraggio, l'esposizione ai rischi della popolazione interessata dai dati dello studio dell'Icram esposto in premessa;
   se non intendano assumere iniziative per istituire, per quanto di competenza, una commissione finalizzata a predisporre, realizzare e completare le bonifiche, anche attraverso lo stanziamento di uomini, mezzi e fondi adeguati, di tutti i siti inquinati;
   quali iniziative intenda intraprendere per prevenire e riconoscere le ricadute sanitarie dell'esposizione ad agenti altamente tossici dispersi in mare sui cittadini esposti a tali fattori di inquinamento ambientale. (4-04515)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BATTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   «Il fatto quotidiano» dell'11 aprile 2014 ha pubblicato un articolo secondo cui la sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, starebbe arredando il suo ufficio presso il Ministero con opere d'arte richieste in comodato d'uso al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si apprende che il Ministro avrebbe autorizzato il trasferimento delle opere, interessando il soprintendente al polo museale di Roma, dottoressa Daniela Porro, a concordare con il sottosegretario Vicari i beni culturali da trasferire nell'ufficio ministeriale;
   l'articolo 9 della Costituzione promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico ed artistico italiano;
   l'articolo 30 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42 (codice dei beni culturali) pone a carico dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico, l'obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza;
   sicuramente durante il prelievo, il trasporto e la consegna dei beni culturali vengono rispettati tutti i codici di sicurezza previsti, ma, nonostante ciò, autorizzare il comodato d'uso sottopone beni di inestimabile valore al rischio di danneggiamento fortuito;
   l'articolo 106 del suddetto codice disciplina le ipotesi di utilizzo privato dei beni culturali, prevedendo che il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possano concedere l'uso dei beni culturali che hanno in consegna a singoli richiedenti, per finalità compatibili con la loro destinazione culturale. La concessione in comodato d'uso di detti beni, pertanto, non può snaturare la finalità culturale pubblica degli stessi;
   concedere in comodato d'uso opere culturali di alto valore storico per arredare l'ufficio di un sottosegretario prevede, a giudizio dell'interrogante, la fruizione privata delle opere e ciò, come già specificato, è una pratica in netto contrasto con le disposizioni contenute nel decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, che garantisce e tutela la fruizione pubblica dei beni culturali;
   proprio il malcostume di concedere con leggerezza in comodato d'uso le opere d'arte del patrimonio culturale italiano, ha determinato la richiesta del Ministro pro tempore Massimo Bray di effettuare un censimento delle opere d'arte concesse ai più disparati enti, poiché ad oggi non esiste un elenco completo di tali beni –:
   se corrisponda al vero quanto espresso in premessa;
   per quale motivo il Ministro interrogato avrebbe autorizzato la fruizione ad avviso dell'interrogante privata di opere d'arte del patrimonio pubblico custodite nei musei dello Stato, da parte della sottosegretaria Vicari e, più in generale, come intenda agire in futuro, nel caso fossero avanzate ulteriori richieste di comodato d'uso di beni culturali da parte di privati che rivestono cariche pubbliche;
   se abbia precisa contezza di quanti e quali beni culturali sono stati concessi in comodato d'uso e dove tali beni si trovino esattamente;
   se il trasferimento dei beni richiesti in comodato sia in linea con quanto disposto dall'articolo 30 del codice dei beni culturali, posto che le opere d'arte vengono sottoposte all'inutile rischio di compromissione della loro integrità. (4-04500)


   COLONNESE, TOFALO, MICILLO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la reggia di Capodimonte che domina il golfo di Napoli dall'alto del bosco omonimo, fu voluta da Carlo di Borbone nel 1700 ed oggi ospita uno dei musei più importanti della città con opere d'arte di Tiziano, Caravaggio, Botticelli, Goya, Masaccio e altri illustri artisti. Tutto intorno all'imponente edificio museale c’è il parco di Capodimonte circondato da circa 124 ettari di bosco, che rappresentano il giardino della reggia attualmente accessibile al pubblico gratuitamente durante le ore diurne;
   la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, la soprintendenza BAPSAE di Napoli e provincia e la direzione del Real Bosco di Capodimonte, in collaborazione con Slow Food Campania e Lande, il 23 novembre 2013 presentava il progetto del giardino delle delizie che prevedeva il ripristino delle antiche produzioni impiantate nel periodo borbonico. Il progetto nasceva nel 2011 e nel gennaio 2014 il Ministero avrebbe dovuto avviare un bando per la gestione dell'area da affidare a una società con partecipazione statale e privata;
   agli interroganti sarebbero giunte lamentele circa lo svolgimento di festeggiamenti nel parco di Capodimonte; ove tali circostanze trovassero conferma, ciò denoterebbe, ad avviso degli interroganti, una gestione non condivisibile e adeguata di beni pubblici di inestimabile valore storico e culturale come il museo di Capodimonte;
   la Commissione europea ha lanciato in ottobre 2013 la seconda edizione del Concorso europeo social innovation con l'obiettivo di trovare le migliori soluzioni per contenere la disoccupazione e ridurre al minimo i suoi effetti corrosivi per l'economia e la società. Attualmente fra i dieci finalisti risulta un progetto finalizzato a sviluppare all'interno del Bosco di Capodimonte una serie di attività produttive, servizi di accoglienza per i turisti e la creazione di un laboratorio di ceramica aperti al pubblico;
   nel dicembre del 2013 l'ex soprintendente ai beni architettonici, storici, artistici Stefano Gizzi, l'ex responsabile del servizio di protezione del parco di Capodimonte, Renzo Biagioni, e il direttore della struttura, Guido Gullo, sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di omicidio colposo per la morte di Antonio Barbatelli, avvenuta nel 2011, in seguito ad un incidente mentre faceva jogging. Secondo l'accusa il ventenne cadde in un dirupo a causa del cattivo stato di manutenzione del parco –:
   se sia a conoscenza di quanto premesso;
   a quale società sia stata assegnata la gestione del bosco e del parco di Capodimonte mediante bando disposto dal ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   se ritenga opportuno che sia stabilito un corrispettivo in denaro per il transito pedonale nel bosco o del parco di Capodimonte, o se al contrario ritenga di fondamentale importanza tutelare la gratuità dell'accesso al pubblico a quello che rappresenta il polmone verde della città di Napoli;
   se non ritenga opportuno evitare che beni parte del patrimonio artistico e culturale dell'Italia quali la reggia di Capodimonte siano utilizzati in modo che agli interroganti appare incongruo e se non intenda pertanto tutelare la storia e la cultura del nostro Paese ed evitare al contempo un accesso ai beni in questione poco confacente alla natura degli stessi;
   se intenda adoperarsi immediatamente al fine di avviare adeguate opere di manutenzione del parco di Capodimonte come del bosco omonimo per scongiurare gravi incidenti come quello che è costato la vita al giovane Antonio Barbatelli nel 2011 e, al contempo, valorizzare in modo opportuno l'area in questione senza alterarne la tradizionale bellezza. (4-04510)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e DE LORENZIS. — Al Ministro della difesa, Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Alitalia Maintenance Systems S.p.A. (AMS), è un'azienda leader in Italia nella manutenzione, revisione e riparazione dei motori degli aeromobili e dei componenti aeronautici. In origine un ramo aziendale di Alitalia, pur con la loro separazione e privatizzazione hanno sempre mantenuto un rapporto simbiotico e di interdipendenza. Infatti, in occasione della nascita della nuova Alitalia (CAI), le due aziende sottoscrivevano un contratto in base al quale Alitalia avrebbe fornito ad AMS la revisione dei propri motori. Questo però ha comportato che la crisi di Alitalia, e il conseguente ridimensionamento del suo parco aerei, si ripercuotesse inevitabilmente sulla stessa AMS;
   per la suesposta ragione attualmente AMS attraversa uno stato di crisi profonda certificato dall'attivazione della procedura di concordato preventivo, presentata presso il tribunale di Roma in data 7 novembre 2013, e da un piano di risanamento che prevede tagli pesanti al personale. Al momento l'organico aziendale è di 324 addetti, di cui circa 270 sottoposti al regime di cassa integrazione. Il nuovo piano industriale, inoltre, prevede un forte ridimensionamento dell'organico che dovrebbe passare a non più di 120 operai;
   le sorti pertanto dell'azienda sono fortemente legate a quelle di Alitalia su cui in queste settimane alta è l'attenzione mediatica per il suo probabile accordo con Etihad, che avrebbe il pregio di risolvere i problemi finanziari della compagnia di bandiera italiana e di tutelare i posti di lavoro dei suoi addetti. Nessuno sembra all'opposto preoccuparsi della crisi di una realtà industriale altamente tecnologica ed innovativa per il trasporto aereo come AMS che rischia la chiusura per mancanza di commesse;
   risulta, all'interrogante che i motori degli aerei e delle navi e i componenti aeronautici e navali delle forze armate italiane vengono revisionati e riparati, direttamente o indirettamente, da aziende non italiane o comunque all'estero;
   se tale ipotesi fosse confermata, non solo desterebbe preoccupazione, per ovvie ragioni di sicurezza nazionale, ma rappresenterebbe uno schiaffo per le numerose imprese, come AMS, che rischiano la chiusura facendo così perdere al nostro Paese un fondamentale e prezioso patrimonio di conoscenze e competenze in un comparto industriale, quella della motoristica aeronautica, su cui per anni l'Italia ha avuto un ruolo di primo piano nel mondo;
   sarebbe pertanto auspicabile che la revisione e la riparazione dei motori dei nostri aerei ed aeroderivati e comunque di tutti i nostri velivoli militari fosse eseguita da aziende italiane non per antiquate ragioni nazionalistiche ma per comprensibili motivi di sicurezza nazionale, di sviluppo ed implementazione delle nostre conoscenze e tecnologie nel settore dell'aeronautica e di salvaguardia dei livelli occupazionali –:
   se i Ministri interrogati siano edotti sulle circostanze rappresentate in premessa;
   se corrisponda al vero che i motori degli aeromobili appartenenti alle forze armate italiane siano attualmente revisionati e riparati, direttamente o indirettamente, da aziende non italiane e comunque all'estero;
   se i Ministri non ritengano, nei limiti delle proprie attribuzioni, di porre in essere ogni opportuna azione affinché tali attività manutentive vengano svolte da aziende italiane o comunque in territorio italiano al fine di garantire la sicurezza nazionale, salvaguardare i livelli occupazionali e il patrimonio tecnologico e di conoscenze delle nostre aziende e dei nostri lavoratori. (4-04507)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   SOTTANELLI e LIBRANDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il termine ultimo per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate del modello 770 da parte dei sostituti d'imposta è fissato al 31 luglio 2014;
   come già segnalato negli anni scorsi da numerose associazioni di rappresentanza degli operatori economici e dei professionisti (fra cui i consulenti del lavoro, i ragionieri e i tributaristi), la previsione di tale scadenza per un adempimento così rilevante in un periodo già saturo di altre scadenze in materia fiscale e del lavoro crea un disagio evidente;
   le suddette considerazioni hanno portato il Governo, sia nel 2012 sia nel 2013, ad un provvedimento – nello specifico, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – con cui si è disposta la proroga al 30 settembre dell'adempimento;
   l'eventuale riproposizione della proroga al 30 settembre anche per l'anno 2014 potrebbe aver effetti positivi per le aziende, che beneficerebbero di due mesi in più per pagare le imposte e le addizionali del 2013 non versate alle scadenze previste ed usufruirebbero così dell'istituto del ravvedimento operoso, e di conseguenza per le casse erariali –:
   se il Governo intenda procedere, anche per il 2014, ad un rinvio al 30 settembre della scadenza per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate del modello 770 da parte dei sostituti d'imposta e se intenda, anche attraverso un'iniziativa normativa, fissare stabilmente al 30 settembre tale scadenza, per evitare che annualmente operatori economici e professionisti incorrano nelle medesime difficoltà. (5-02638)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 18 dicembre 2013, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stata sottoscritta una convenzione tra il capo della struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali architetto Mauro Coletta e l'ingegnere Michele Longo in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società di progetto Passante Dorico s.p.a., per l'affidamento della concessione di progettazione, costruzione e successiva gestione del collegamento viario tra il Porto di Ancona, la A14 e la strada statale 16, un collegamento autostradale il cui costo di realizzazione è stimato (a stima 2007) in circa 500 milioni di euro;
   il decreto di approvazione della convenzione è stato trasmesso dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al Ministero dell'economia e delle finanze per il concerto;
   il vice Ministro senatore Nencini, in visita in Ancona il 31 marzo 2014, ha assicurato che per la «bretellina», così definita dall'esponente governativo un'infrastruttura da mezzo miliardo di euro, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha compiuto tutti gli atti dovuti e che ora è compito del Ministero dell'economia e delle finanze definire l’iter e che comunque il giorno successivo, il primo aprile, la questione sarebbe stata posta all'attenzione del Ministro onorevole Lupi insieme alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona, commissariata con modalità di dubbia legittimità da quasi un anno, pur in presenza del parere favorevole espresso dalle competenti Commissioni di Camera e Senato, reso il 5 dicembre 2013, sul nominativo proposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   a tutt'oggi non è pervenuta alcuna notizia sulle pratiche suindicate ed è auspicabile che si concretizzi ciò che è stato promesso alle istituzioni regionali e locali delle Marche –:
   per quali motivi il Ministero dell'economia e delle finanze non abbia ancora risposto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla convenzione che doveva essere firmata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti prima il 25 agosto, poi entro il 15 settembre, poi entro il 20 ottobre, poi effettivamente firmata il 18 dicembre 2013, convenzione sulla quale l'interrogante ha presentato diverse interrogazioni, ancora senza risposta, e un esposto alla competente magistratura ordinaria;
   per quali motivi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha ancora emanato il decreto di nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona commissariata con modalità di dubbia legittimità da quasi un anno, nomina anch'essa oggetto di ripetute interrogazioni, senza risposta e di un esposto alla magistratura ordinaria. (5-02641)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   CICU e PALESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'intervento del precedente Governo del 17 dicembre 2013 ha dimostrato l'assenza di una strategia di riforma efficace del processo civile e una totale «ignoranza» sui reali problemi che investono imprese e cittadini, facendo un chiaro passo indietro, sempre nella direzione della rottamazione della giustizia civile italiana. Le misure contenute nell'ultimo disegno di legge delega sono state «vendute» ai mezzi di comunicazione come il rimedio alle evidenti lungaggini dei procedimenti nel nostro Paese, ma in realtà sono una «lista della spesa» infarcita di norme sbagliate ed inutili, come sempre a «costo zero» (come si precisa nell'ultimo articolo del disegno di legge);
   nell'VIII conferenza dell'avvocatura a Napoli del 16 gennaio 2014, l'Oua (Organismo unitario dell'avvocatura) ha messo in evidenza alcuni degli aspetti più controversi della riforma del processo civile, quali la presunta «responsabilizzazione» dei legali rispetto alle cosiddette «liti temerarie», che imbavaglia i legali, minacciando la condanna solidale del professionista, la motivazione a pagamento, assolutamente in contrasto con l'articolo 111 (comma 6) della Costituzione, che limita la possibilità per una vittima di poter ricorrere contro una sentenza sbagliata, se non pagando ulteriormente per la tutela di un diritto, la previsione del giudice unico in appello per alcune materie e per le cause pendenti da oltre tre anni, che comporta una maggiore decisionalità in capo al magistrato e, visto l'enorme arretrato, di fatto fa ritornare in campo proprio quegli «ausiliari», oltretutto mai assunti;
   per quanto riguarda il cosiddetto «appello veloce», che punta alla riduzione della capacità di revisione da parte del magistrato, spinto a rifarsi direttamente a quanto stabilito nel precedente grado senza analisi critica, è tuttavia criticabile perché, per quanto sia condivisibile l'obiettivo di velocizzare e razionalizzare il processo civile, ciò non può andare a discapito di quelle che sono le garanzie fondamentali del processo ed è per questo che è stato dato il via alla protesta nel corso dell'assemblea generale straordinaria del 7 febbraio 2014;
   gli avvocati di tutta la nazione hanno denunciato un attacco senza precedenti al diritto di difesa, contro un sistema giustizia già da troppo tempo gravato da pesantissime carenze di mezzi e di organici, su cui pende il malcelato tentativo di addossare la maggiore responsabilità del cattivo funzionamento e dell'eccessiva durata dei procedimenti giudiziari;
   la protesta si è fatta sempre più paralizzante, fino al punto di dar vita ad una kermesse di 15.000 avvocati in toga a Roma che il 20 febbraio 2014 hanno lasciato i tribunali per scendere in piazza e dettare il loro promemoria al prossimo Governo, che nell'ultima riforma del processo civile ha posto nuove barriere economiche alla giustizia, limitando il numero dei processi, ma lasciando la possibilità soltanto a pochi fortunati di esercitare il proprio diritto alla difesa;
   a detta degli avvocati in protesta, infatti, la giustizia diventerà appannaggio dei più abbienti, perché la riforma del processo civile, a fronte di una crescita incontrollata ed incontrollabile dei costi di accesso, non comprende alcun effettivo e concreto reinvestimento per migliorare il funzionamento del sistema e ha calpestato i diritti dei non abbienti attraverso la drastica ed ingiustificata riduzione delle risorse da dedicare alla loro difesa;
   protesta ancora più estrema è stata posta in essere dagli avvocati sardi, in particolare dagli avvocati di Cagliari, Oristano e Tempio, che hanno incrociato le braccia dall'11 febbraio 2014, contestando la riforma del processo, e che non hanno sospeso ma intendono proseguire ad oltranza – nonostante abbiano ricevuto la comunicazione dell'autorità di garanzia – finché il Ministro interrogato non effettuerà una revisione sostanziale del progetto normativo di riforma del processo civile;
   l'Aiga, Associazione giovani avvocati, a conclusione del tavolo sull'avvocatura convocato dal Ministro interrogato il 27 marzo 2014, ha insistito sulla necessità di riformare l'accesso alla professione forense fin dall'università, che rappresenta il problema principale, ma ha anche sottolineato che non si può ridurre una riforma ad una scommessa che il Ministro interrogato vuole giocare con l'avvocatura, ma è necessario dare attuazione ai tavoli di lavoro proposti che non devono rimanere soltanto un'idea;
   il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, ha sottolineato l'atteggiamento senza dubbio più costruttivo di questo nuovo Governo rispetto a quello precedente che ha varato l'insoddisfacente riforma del processo civile, ma ha chiesto espressamente al Ministro interrogato di ritirare il disegno di legge di riforma –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire con urgenza per una revisione sostanziale del progetto normativo di riforma del processo civile, adottando le misure necessarie per varare una riforma che garantisca il diritto alla difesa a tutti i cittadini a prescindere dalle loro condizioni economiche e sociali. (3-00766)


   TINAGLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 62 del 2011, in vigore da gennaio 2014, le madri potranno scontare la pena con i loro figli fino al compimento del sesto anno di vita del bambino, non più solo fino al terzo, e non in carcere;
   l'intento della norma è quello di facilitare l'accesso delle madri alle misure cautelari alternative: la pena sarà, infatti, scontata in istituti a custodia attenuata, luoghi colorati, senza sbarre, a misura di bambino. Attualmente, però, le strutture esistenti sono solo due e l'obiettivo della legge rischia di rimanere incompiuto;
   occorre prendere coscienza dell'attuale situazione delle carceri femminili, dove i bambini sono costretti a vivere reclusi con le madri (ad oggi, nelle sezioni nido delle carceri italiane sono ospitati circa 60 bambini da 0 a 3 anni di età: numero probabilmente destinato ad aumentare, considerando le mamme detenute in stato di gravidanza) e a condividere con le stesse le problematiche del sovraffollamento, nonché della carenza di organico che rendono ancora più dura la condizione della detenzione;
   in alcuni casi sono ospitati in asili nido, ma non tutte le strutture femminili riescono a garantire questi spazi. E così capita anche che un bambino o una bambina debba crescere dietro le sbarre, scontando la pena per una colpa che non ha commesso, a volte anche da solo;
   bisogna tener presente che piccoli incolpevoli porteranno per sempre i segni di questa violenza psicologica e, per questo, è necessario farsi carico dell'urgenza di trovare soluzioni diverse e dignitose;
   il periodo pre e post-parto risulta caratterizzato da momenti di grande ansia per la maggior parte delle donne, ma per quelle che vivono in carcere i normali stress vengono ad essere moltiplicati, amplificando il vissuto di inadeguatezza ed impotenza;
   il carcere per i propri figli è l'ultima delle soluzioni che una madre ricerca ed è quella che vive con più inquietudine, poiché significa esporre il bambino a qualcosa di cui non solo non conosce esattamente le dinamiche, ma della cui realtà percepisce l'assoluta precarietà e mancanza di diritti, sia come persona che come madre;
   il retroterra sociale di deprivazione, i contatti familiari inconsistenti, l'isolamento, un'instabile salute fisica e/o mentale e la coscienza che il bambino potrà essere affidato ad un ente assistenziale costituiscono soltanto alcuni dei problemi che vivono queste donne, testimoniando un bisogno di tutela particolare;
   da ricordare, poi, anche i bambini che entrano in carcere per far visita al genitore detenuto: circa centomila ogni anno in tutta Italia, secondo le stime fornite dall'Associazione bambini senza sbarre, sono sottoposti a perquisizione prima di entrare, proprio come gli adulti, e spesso sono costretti a incontrare il genitore in spazi grigi e chiusi;
   un passo in avanti è stato fatto nel 2001, quando la «legge Finocchiaro» (legge n. 40 del 2001) ha introdotto modifiche al codice di procedura penale, favorendo l'accesso delle mamme con minori a carico alle misure cautelari alternative alla detenzione;
   la legge n. 40 del 2001 ha sancito il primo cambiamento «culturale» in un sistema ancora connotato dall'ideologia tradizionale nei confronti delle madri detenute: per la prima volta si è anteposto l'interesse del minore, la salvaguardia del rapporto genitore-figlio, la difesa dell'unità familiare a valutazioni sull'entità del reato commesso dai genitori;
   in attuazione del principio sancito dall'articolo 31 della Costituzione, che riconosce il valore sociale della maternità, si è inteso perseguire l'obiettivo di assicurare al bambino un sano sviluppo psicofisico, permettendo alla madre di vivere i primi anni dell'infanzia del minore al di fuori delle mura carcerarie;
   la normativa non ha, però, risolto il problema per le detenute straniere, che, in mancanza di fissa dimora, non possono accedere agli arresti domiciliari: per loro e per i loro piccoli l'unica alternativa al carcere sarebbe il trasferimento negli istituti a custodia attenuata. Si tratta degli icam (istituti a custodia attenuata per madri) e delle case famiglia protette: i primi sono istituti detentivi facenti capo all'amministrazione penitenziaria, le seconde sono, invece, strutture affidate ai servizi sociali e agli enti locali;
   come già accennato, in Italia sono solo due gli istituti a custodia attenuata per madri esistenti: quello di Milano, nato nel 2007 in via sperimentale, e quello di Venezia, inaugurato a luglio 2013. Non esistono, invece, case famiglia protette: principale ostacolo alla realizzazione di queste ultime, gli oneri a carico degli enti locali;
   attualmente, il centro milanese e quello veneziano, da soli, non riescono a garantire spazio per tutti. Le stime si complicano, inoltre, pensando a quei bambini che, usciti dal carcere e allontanati dalla madre al compimento del terzo anno di età, potrebbero rientrare nella struttura perché ancora minori di sei;
   in un'ottica di mantenimento della relazione madre-bambino, anche quando questa è detenuta, come stabilito dalla Convenzione dei diritti dell'infanzia, queste strutture sono certamente la soluzione migliore per tutelare l'interesse superiore del minore, ma è fondamentale che dispongano di fondi adeguati;
   la legge n. 62 del 2011, benché molto attesa, si scontra, di fatto, con difficoltà di applicazione e di interpretazione: le misure alternative sono riconosciute, ma in assenza di «esigenze cautelari di eccezionale rilevanza». Con questa specificazione si intende far riferimento a casi di criminalità organizzata piuttosto che di terrorismo, ma nella prassi le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza si traducono quasi sempre in un rapporto stretto con la recidiva: ciò significa che una detenuta che ha commesso diverse volte reati anche minori o di minore impatto sociale è considerata particolarmente pericolosa, tanto da non poter beneficiare di misure alternative –:
   quali rapidi ed opportuni provvedimenti intenda adottare, al fine di rendere pienamente efficace questa riforma.
(3-00767)


   CERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 15 marzo 2013 a Battipaglia, strappati alle cure materne, sono stati portati in una casa famiglia due fratellini, con il divieto per la madre di vedere i suoi figli (l'isolamento totale è durato ben 73 giorni);
   nel decreto del tribunale per i minorenni di Salerno del 15 marzo 2013 tale estrema e forzata soluzione si giustificava con il fatto che le consulenti del tribunale avevano diagnosticato la «pas» (sindrome di alienazione parentale);
   il difensore della signora Cipriani, madre dei due bambini, presentava istanza con la quale chiedeva il ritorno a casa dei due fratellini, dimostrando che la sindrome di alienazione parentale è una sindrome scientificamente inesistente;
   il tribunale per i minorenni di Salerno, con decreto del 16 settembre 2013, respingeva detta istanza, accantonando, di fatto, la diagnosi di sindrome di alienazione parentale, ma giustificando il permanere dei fratellini presso la comunità (vedono la madre una volta la settimana per due ore con incontri protetti ed è stato loro vietato di frequentare amici, parenti e vecchi compagni di scuola), sul presupposto di una generica inadeguatezza delle capacità genitoriali e dell'esercizio del diritto alla bigenitorialità;
   la difesa Cipriani presentava reclamo presso la corte d'appello di Salerno, sostenendo che la diagnosi di sindrome di alienazione parentale era sbagliata e che nella consulenza tecnica d'ufficio e, di conseguenza, nei decreti del tribunale per i minorenni erano stati rimossi gli indicatori di trauma (sintomi da stress post traumatico) e di abuso sessuale (ipersessualizzazione), in un primo tempo, invece, rilevati (i fratellini hanno dichiarato di avere subito abusi sessuali dal padre);
   la corte d'appello di Salerno respingeva il reclamo della difesa Cipriani, scrivendo che l'allontanamento dei minori (una volta caduta l'ipotesi della sindrome di alienazione parentale) si reggeva sulla personalità labile e precaria della signora Cipriani, sul non positivo giudizio sulle capacità genitoriali della stessa e sull'esistenza di una sindrome di obesità di cui avrebbero sofferto i due figli della signora Cipriani;
   nei provvedimenti del tribunale per i minorenni e della corte d'appello non vi è traccia alcuna di una valutazione o risposta alle argomentazioni della difesa Cipriani in tal senso;
   non è accettabile che dei minori vengano drammaticamente e per un periodo di tempo lungo e indefinito tolti alle cure familiari sulla scorta di valutazioni psicologiche vaghe, generiche e prive di alcuna rilevanza psichiatrica e pediatrica (sindrome di obesità, personalità labile e precaria, carenze sulla genitorialità);
   i fratellini sono in casa famiglia da oltre un anno e chiedono incessantemente di tornare a vivere con la loro madre;
   non appare tollerabile per una nazione civile, che ha firmato la Convenzione di New York sui diritti dei fanciulli, che dei minori vengano tolti drammaticamente alle cure familiari senza motivazioni serie, ma con la superficialità riscontrata in questo caso;
   sarebbe, infine, necessario acquisire comunque direttamente e in maniera indipendente informazioni sullo stato di salute e psicologico dei minori, sui loro bisogni, sui traumi causati dalle drammatiche modalità di allontanamento e sull'isolamento dalla figura materna, anche per valutare il rischio che i minori corrono nella permanenza presso la casa famiglia –:
   se si intenda disporre un'approfondita indagine e un'ispezione ministeriale presso il tribunale per i minorenni di Salerno, al fine di acquisire informazioni sul caso in esame, verificando anche l'esistenza di eventuali casi analoghi.
(3-00768)


   CIRIELLI e RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Rapporto sulla criminalità in Italia, pubblicato dal Ministero dell'interno, ha rilevato come nel nostro Paese operino da diversi anni aggregazioni criminali costituite da cittadini stranieri, le cosiddette nuove mafie, che presentano caratteristiche proprie a seconda dell'etnia di cui sono espressione;
   secondo il rapporto, tali gruppi interagiscono non solo con le organizzazioni di riferimento nei Paesi d'origine, ma anche con i sodalizi criminali dei Paesi di transito e di destinazione dei traffici illeciti internazionali a cui si dedicano;
   a tale ultimo riguardo, ferma restando l'assoluta centralità del narcotraffico, annoverabile tra gli interessi più remunerativi e tra gli strumenti più efficaci di coesione tra i vari clan coinvolti, e non tralasciando la valenza del contrabbando di sigarette, del commercio di armi e del conseguente riciclaggio di danaro «sporco», il volano finanziario delle organizzazioni criminali a base etnica appare costituito oggi dal traffico di immigrati clandestini e dalla connessa tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale e lavorativo;
   le nuove mafie si caratterizzano per l'interazione sempre più qualificata con le associazioni malavitose nazionali, per l'allarme sociale suscitato nella collettività dalla particolare violenza e aggressività nella commissione dei reati, nonché per l'innalzamento delle proprie potenzialità operative, con riflessi transnazionali;
   le attività criminose e l'aumento dei reati perpetrati dalle organizzazioni criminali straniere, d'altra parte, gettano discredito su intere comunità di immigrati, che nel frattempo si sono perfettamente integrate, che parlano la nostra lingua e vivono e lavorano in Italia;
   appare quanto mai necessario che, nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata straniera che opera sul territorio nazionale, siano realizzate efficaci forme di collaborazione con le autorità investigative e giudiziarie dei Paesi di origine –:
   quali opportune iniziative intenda assumere per combattere le organizzazioni criminali straniere operanti in Italia anche attraverso forme di cooperazione e di scambio di dati in ambito internazionale con i Paesi di origine delle nuove mafie, sia a fini di prevenzione, sia nell'ambito dei procedimenti giudiziari e con riferimento all'espiazione della pena dei condannati. (3-00769)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DANIELE FARINA, SANNICANDRO, MIGLIORE, DI SALVO, BOCCADUTRI, FERRARA, FRATOIANNI, COSTANTINO, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PANNARALE, PIAZZONI, SCOTTO, COCCIA e ZACCAGNINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 25 marzo 2014, il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria (D.A.P.) avrebbe dato indicazione, con una nota indirizzata ai provveditorati regionali, nonché ai direttori degli istituti di pena, di non fornire dati e informazioni agli osservatori dell'associazione Antigone, seppur regolarmente autorizzati ad entrare nelle carceri, «onde evitare incoerenze pregiudizievoli in ordine all'immagine esterna dell'Amministrazione», e di indirizzare le richieste dell'associazione direttamente al dipartimento per l'amministrazione penitenziaria stesso per una valutazione;
   l'associazione Antigone, o.n.l.u.s. sin dal 1990, è impegnata sul fronte dei diritti e le garanzie nel sistema penale, e costituisce il riferimento nazionale per il comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti (CPT), raccogliendo autorevoli adesioni tra magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, e comunque cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale;
   in particolare, tale associazione, oltre ad organizzare dibattiti sui modelli di legalità penale e processuale del nostro Paese, raccoglie informazioni sulla realtà carceraria sia come lettura costante del rapporto tra norma e attuazione, sia come base informativa per la sensibilizzazione sociale ai problemi del carcere, e ciò attraverso un osservatorio nazionale delle condizioni di detenzione, istituito al solo fine di verificare la prestazione delle garanzie e dei diritti riconosciuti dall'ordinamento penitenziario e dalle convenzioni internazionali;
   sin dal 1998 l'associazione è autorizzata a svolgere attività di osservazione negli istituti di pena di tutto il Paese con la disponibilità e collaborazione di numerosissimi operatori, raccogliendo dati (in ogni caso non sensibili né attinenti alla sicurezza penitenziaria) direttamente dai direttori degli istituti di pena al fine di una corretta informazione dell'opinione pubblica circa l'attuazione dell'articolo 27 della Costituzione;
   l'emanazione della nota diffusa dal dipartimento per l'amministrazione penitenziaria in data 25 marzo 2014, a parere degli interroganti, oltre a minare l'obiettivo auspicabile di un «carcere trasparente», limita l'attività di chi, proprio per la competenza e l'esperienza che ha maturato nell'occuparsi delle problematiche del carcere, svolge costantemente un ruolo di supporto nell'attività dei parlamentari impegnati nel rispetto dei diritti, e della dignità, dei detenuti –:
   di quali informazioni disponga il Ministro in relazione a quanto esposto in premessa;
   quali siano i motivi per i quali sia stata emanata la nota in questione;
   se non ritenga opportuno intervenire per far sì che l'Osservatorio dell'Associazione Antigone possa continuare ad effettuare la raccolta dei dati sulle condizioni di detenzione direttamente dai direttori degli istituti di pena. (4-04505)


   FANTINATI, BUSINAROLO, BRUGNEROTTO, COZZOLINO, D'INCÀ e TURCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Verona a seguito dell'arresto dell'ex vicesindaco (tuttora detenuto), avvenuto nel mese di febbraio 2014 per i reati di corruzione e peculato, si sono succedute molteplici indiscrezioni riguardanti le indagini a carico del sindaco Tosi Flavio;
   il procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Verona, Mario Giulio Schinaia, immediatamente dopo l'arresto dell'ex vicesindaco, ha dichiarato alla stampa che Tosi non ricopriva la veste di indagato nella fattispecie giudiziaria che aveva investito il suo vice;
   all'indomani della trasmissione televisiva «Report» andata in onda lunedì 7 aprile su Rai Tre, a Verona si è creato notevole allarme per le documentate rivelazioni contenute nel servizio «L'Arena», avente ad oggetto un'inchiesta su ipotetici legami tra il sindaco Tosi, altri comprimari a lui vicini ed esponenti della ’ndrangheta calabrese;
   la puntata di «Report», ovviamente, ha provocato anche la reazione del sindaco che ha chiesto ed ottenuto l'immediata udienza da parte del procuratore capo scaligero. Di seguito la cronaca del maggiore quotidiano cittadino al riguardo: «Siamo un'istituzione che indaga ogni qual volta si presenta una notizia di reato. Apriamo fascicoli, facciamo accertamenti e indagini che potrebbero non portare a nulla. Da qui a dire che qualcuno è indagato una qualche differenza c’è. Ed è per questo che stamattina (ieri per chi legge, ndr) il sindaco Fulvio Tosi ha chiesto un incontro in Procura». Esordisce così il procuratore Mario Giulio Schinaia al termine del breve colloquio con il sindaco iniziato a mezzogiorno nel suo ufficio. Un appuntamento chiesto dal primo cittadino all'indomani dell'intervista trasmessa da Rai Tre nella quale, sulla scia di Report, si parla di notizie di reato e fascicoli d'indagine che lo riguarderebbero. Che riguarderebbero lui e l'ex assessore Marco Giorlo. Tosi è arrivato a palazzo di Giustizia passando dal retro, e poco dopo mezzogiorno in punto la porta dell'ufficio del capo della Procura si è chiusa. Al termine dell'incontro è uscito dalla porta principale e ha attraversato il cortile: «Sono venuto a chiedere se sono indagato o se ci sono fascicoli che mi riguardano e mi è stato risposto che non è così. Non avevo dubbi, ma dopo tutto quello che si è scritto e detto in questi giorni dovevo avere una conferma. E oggi ho chiesto di incontrare il dottor Schinaia. Una chiacchierata serena»;
   il pm Schinaia ha dunque avuto modo, in due ravvicinate occasioni, di rivelare (pubblicamente nella prima e privatamente nella seconda) la non iscrizione nel registro degli indagati di Tosi Flavio;
   il registro delle notizie di reato è segreto, nel senso che esso non può venire ispezionato da persone diverse da coloro che vi sono addetti e costoro non possono rivelare il suo contenuto a terzi estranei al procedimento penale. Le indagini preliminari sono segrete, dato che si vuole evitare che qualunque persona, compreso il diretto interessato, conoscendo della loro esistenza o meglio ancora le direzioni in cui esse si spiegano o i risultati che esse forniscono, possa intralciare ed interferire nell'accertamento dei fatti contraffacendo, alterando, sopprimendo o inquinando le prove;
   ciò significa che se taluno avesse motivo di ritenere di trovarsi sottoposto a procedimento penale avrebbe la facoltà di attivarsi secondo quanto previsto dagli ultimi due commi dell'articolo 335 c.p.p., che prevedono la comunicabilità, a richiesta del diretto interessato o del suo difensore, delle eventuali iscrizioni contenute nel registro delle notizie di reato, attraverso il rilascio di apposita certificazione;
   non è previsto dalla legge o comunque consentito ad una persona di incontrare il pm per chiedergli conto del proprio status di imputato;
   presso la procura della Repubblica di Verona è consolidata prassi che se un avvocato (l'indagato sarebbe nemmeno preso in considerazione) necessita di conferire con un pm – non certo per chiedergli se il proprio assistito sia indagato, poiché gli verrebbe sdegnosamente partecipato di rivolgesi alla cancelleria addetta alle certificazioni ex articolo 335 – il maggior numero di magistrati esige che il legale fissi un appuntamento in cancelleria –:
   se ritenga che sussistano i presupposti per promuovere iniziative ispettive, ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di propria competenza. (4-04513)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con la pubblicazione della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità per il 2014) sono state rese effettive le procedure per il rinnovo della composizione del Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori, che introduce i nuovi requisiti d'ingresso delle associazioni e definisce le nuove regole di rappresentanza delle categorie all'interno delle istituzioni;
   a tal fine è stato predisposto il decreto dirigenziale prot. n. 213 del 30 dicembre 2013, che assegna il termine di 30 giorni decorrenti dalla stessa data del decreto, entro il quale le Associazioni nazionali di categoria dell'autotrasporto, interessate ad ottenere l'accreditamento presso il suindicato Comitato, devono trasmettere la relativa istanza e la documentazione attestante il possesso dei requisiti di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284 e successive modifiche e integrazioni;
   Transfrigoroute Italia Assotir, rappresenta una importante Associazione di categoria degli autotrasportatori, che opera in modo continuativo a livello nazionale, ed include 774 imprese di autotrasporto, operanti nella logistica, trasporto merci e spedizione, regolarmente iscritte all'Albo degli autotrasportatori;
   in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 1 comma 3, del suindicato decreto dirigenziale, la suddetta Associazione ha inviato lo scorso 28 gennaio 2014 (pertanto entro i termini regolamentari previsti), il carteggio necessario, ai fini della verifica dei titoli per l'iscrizione presso il Comitato in precedenza esposto, considerando tra l'altro, la nota aggiuntiva dei chiarimenti prot. n. 692 del 13 gennaio 2014, sul corretto modo di intendere gli adempimenti che le associazioni di categoria dell'Autotrasporto di merci devono porre in essere, per dimostrare il possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, comma 1, del medesimo decreto dirigenziale;
   l'interrogante segnala tuttavia come, nonostante la dettagliata e specifica documentazione presentata dall'associazione transfrigoroute Italia Assotir, alla direzione generale per il trasporto stradale e per l'intermodalità presso il Ministro interrogato, l'istanza per ottenere l'accreditamento presso il Comitato centrale dell'Albo degli autotrasportatori, sia stata respinta in quanto il contratto collettivo sottoscritto in data 23 gennaio 2014, con la Federazione autonoma sindacati dei trasporti FAST/CONFSAL, non rientra nella categoria dei rinnovi del contratto collettivo nazionale di lavoro logistica, trasporto merci e spedizione come espressamente previsto dalla legge 27 dicembre 2013 n. 147, configurandosi piuttosto, come una tipologia di contratto nuovo;
   la medesima nota ministeriale ha rilevato altresì come il suindicato contratto, risulti comunque sottoscritto in data successiva all'entrata in vigore della stessa legge di stabilità per il 2014;
   in ordine al rigetto da parte della suddetta Direzione generale, l'interrogante evidenzia come, attraverso una particolareggiata analisi dell'atto di reiezione, l'associazione interessata, ha espresso una serie di fondate perplessità interpretative, sia con riguardo alla mancata inclusione nella categoria dei rinnovi del CCNL logistica, trasporto e spedizione, che con riferimento alla sottoscrizione avvenuta oltre i termini previsti;
   quanto al primo profilo di criticità, Transfrigoroute Italia Assotir, rileva infatti, come la norma indicata dal comma 92 dell'articolo unico della legge 27 dicembre 2013, n. 147 non può non suscitare dubbi interpretativi, in considerazione dell'evidente mancanza di un opportuno coordinamento dei criteri previsti dalla disposizione legislativa;
   l'assunto secondo il quale, l'amministrazione non riconosce il possesso del requisito in questione alle associazioni, che non abbiano rinnovato un precedente accordo collettivo, ma abbiano stipulato direttamente un nuovo CCNL sul presupposto che la norma richieda espressamente la sottoscrizione di un accordo di rinnovo del predetto contratto, appare infatti all'interrogante connotato da evidenti dubbi di legittimità;
   la dizione letterale della suindicata disposizione, desta interpretazioni ambigue in considerazione che non appare chiaro se la parte fondante del precetto sia costituita dalla verifica sulla sostanziale sottoscrizione di un contratto collettivo nazionale, risultando quindi meramente residuale la circostanza, che si tratti di un nuovo contratto o del rinnovo di un contratto già in essere;
   appare inoltre scarsamente comprensibile, se la parola: «rinnovi», sia stata utilizzata in modo non tecnico, per individuare comunque la sottoscrizione di un contratto collettivo, oppure se il legislatore abbia voluto effettivamente limitare al riconoscimento del requisito solo a favore di chi abbia partecipato al contratto in essere;
   in quest'ultima ipotesi, ci si sarebbe dovuto domandare a quale concreta fattispecie il legislatore avrebbe realisticamente fatto riferimento, posto che in realtà quello che vengono comunemente denominati come rinnovi dei contratti collettivi, non possiedono tale caratteristica, trattandosi a tutti gli effetti della sottoscrizione di nuovi contratti, spesso stipulati decorso un lungo periodo della scadenza del precedente e contenenti clausole normative ed economiche diverse da quelle precedentemente pattuite;
   ulteriore profilo di criticità si riscontra, nell'ambito della dizione letterale della norma che indica genericamente un accordo di rinnovo: «del contratto collettivo nazionale del comparto della logistica, trasporto e servizi», non specificando con esattezza a quale contratto la stessa faccia riferimento, in considerazione che l'ordinamento giuridico non contempla l'esistenza di un unico contratto collettivo nazionale di un comparto, al quale conferire efficacia erga omnes;
   l'interrogante evidenzia altresì, come la sequenza di dubbi interpretativi derivanti dalla formulazione, sia della norma prevista dal comma 92 dell'articolo unico della legge 27 dicembre 2014, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), che di quanto indicato dal decreto dirigenziale del 30 dicembre 2013, n. 213, espressi dall'Associazione Transfrigoroute Italia Assotir, rilevano come l'amministrazione del Ministero interrogato, avrebbe dovuto predisporre con maggiore attenzione e chiarezza la formulazione delle norme interessate ed in precedenza esposte, proprio in funzione della confusione determinatasi nell'applicazione del solo criterio letterale, da cui derivano effetti giuridici che si pongono in palese contrasto con il principio di ragionevolezza delle norme legislative, che costituisce corollario del diritto di uguaglianza, tutelato in via primaria dall'articolo 3 della Costituzione;
   in forza del suddetto principio costituzionale, le disposizioni normative debbono risultare adeguate e congruenti rispetto al fine perseguito, mentre così come risulta dalle osservazioni in precedenza esposte, si dimostrano essere in palese violazione del dettato costituzionale, generando una contraddizione all'interno del compendio normativo in cui sono inserite;
   il provvedimento di diniego emesso dall'Amministrazione, risulta pertanto gravemente viziato, poiché il pedissequo rispetto del testo letterale, determina una irragionevole situazione discriminatoria tra i soggetti che vantano in medesimo requisito, ovvero quello di aver sottoscritto un contratto nazionale collettivo del comparto, sia esso una prima stipula, ovvero il rinnovo di un contratto in essere;
   la disparità di trattamento che, secondo i rilievi espressi dalla medesima Associazione di autotrasporto, si configura in maniera ancora più grave, se si considera come la stessa, sia venuta a conoscenza della sottoscrizione del nuovo contratto collettivo con FAST/CONFSAL, al fine di garantirne le migliori clausole contrattuali a favore dei propri associati;
   una corretta azione amministrativa, non poteva quindi prescindere dall'analisi della norma sulla base della ratio, che ha determinato il legislatore a stabilirla, ovvero ricercare la finalità sociale o economica della norma stessa attraverso l'analisi logico sistematica dell'intero compendio normativo in cui essa è inserita;
   a tal riguardo, segnala l'Associazione, non vi è alcun dubbio che la norma in esame rientri all'interno di un più ampio complesso di disposizioni dettate dall'articolo 10, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284 e modificato dal comma 92 dell'articolo unico della legge 27 dicembre 2013, n. 147, tutte finalizzate all'accertamento in capo alle Associazioni di categoria degli autotrasportatori, di un grado di rappresentatività ritenuto sufficiente per partecipare alla composizione del Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori;
   individuata la finalità non poteva sorgere infatti alcuna perplessità, in ordine all'interpretazione più corretta da adottare nell'applicazione della norma intorno alla quale, si intende evidentemente accertare che la singola associazione sia portatrice di un elevato grado di rappresentatività delle imprese associate, riconosciuto anche dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori addetti al comparto, tanto da pervenire alla determinazione di concordare e sottoscrivere con essa un accordo collettivo nazionale;
   sulla base delle suesposte considerazioni, appare evidente a giudizio dell'interrogante, che denegare a Transfrigoroute Italia Assotir, il riconoscimento del requisito richiesto, per il solo fatto che la stessa ha sottoscritto un nuovo contratto collettivo nazionale il luogo di un rinnovo, appalesa una posizione priva di logica ed in particolare viziata, sotto il profilo della legittimità;
   quanto al secondo profilo di rigetto, risulta indubitabile a parere dell'Associazione interessata, che il termine temporale del possesso dei requisiti non può che essere riferito al momento in cui una norma regolamentare ne richieda la dimostrazione ovvero nel caso di Transfrigoroute Italia Assotir, che ha sottoscritto il contratto collettivo con FAST/CONFSAL, in data 23 gennaio 2014, ovvero entro il termine del 30 gennaio, quale scadenza ultima posta dall'Amministrazione per presentare domanda di accreditamento attinente il prossimo rinnovo;
   l'Amministrazione per contro, nel ritenere riconoscibile il possesso del requisito in esame, solo se acquisito entro il limite temporale richiamato nel provvedimento di diniego, presuppone un incomprensibile, ambito applicativo, delle disposizioni in esame in considerazione che: o ritiene che i successivi rinnovi, saranno regolamentati da successive disposizioni, oppure considera che in occasione dei futuri rinnovi avranno titolo solo le Associazioni che hanno sottoscritto il rinnovo del CCNL logistica, trasporto e spedizione, del 29 gennaio 2005, entro il termine di entrata in vigore della legge n. 147/2013;
   l'interrogante evidenzia, come anche per quest'ultimo profilo indicato, l'interpretazione della norma espressa dall'Amministrazione, si appalesa irragionevolmente e vizia in modo grave il provvedimento di diniego dalla stessa emesso;
   l'esclusione dell'Associazione Transfrigoroute Italia Assotir dal Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori a seguito della mancata accettazione della domanda presentata evidenzia, a giudizio dell'interrogante, sia una palese difficoltà da parte del legislatore, nella predisposizione di un'adeguata qualità delle norme da osservare, volte all'omogeneità, la semplicità, la chiarezza e proprietà di formulazione, i cui numerosi rilievi critici, hanno determinato una serie di effetti negativi e penalizzanti per la medesima Associazione, tali da provocarne l'estromissione, che dalla decisione di non applicare un CCNL siglato dalla CGIL-CISL-UIL e di firmare invece un CCNL a tutela delle imprese, da essa rappresentate, con la FAST/CONFSAL;
   la decisione di considerare come unica fonte di legittimazione la sottoscrizione del CCNL siglato unicamente dalla CGIL-CISL-UIL rappresenta, secondo quanto rileva la suddetta Associazione, sia una lacerazione della Costituzione, che non ha mai dato veste giuridica pubblica a quelli che restano, a tutti gli effetti, accordi tra privati, che una limitazione estrema, se si considera come la scelta di contenere l'accreditamento alle sole Associazioni firmatarie del CCNL con CGIL-CIS-UIL, determina un veto assoluto nei confronti delle medesime organizzazioni sindacali, nel decidere a quali Associazioni di autotrasporto, l'amministrazione dello Stato debba riconoscere come rappresentante delle imprese e chi invece debba rimanere escluso;
   risultano in definitiva indifferibili a giudizio dell'interrogante, una serie di precisazioni da parte dell'amministrazione interrogata, finalizzate a rendere più chiaro l'intero quadro normativo riferito al riforma dell'Albo della categoria interessata, che rappresenta il vero centro di governo del settore e che definisce, come in precedenza esposto, le nuove regole di rappresentanza della categoria all'interno delle istituzioni;
   la decisione di escludere dal Comitato centrale per l'Albo dell'Autotrasporto, la Transfrigoroute Italia Assotir, nonostante la medesima Associazione avesse dimostrato di associare oltre 700 imprese di autotrasporto con un parco veicolare di migliaia di camion e altrettanti addetti e possedere oltre 25 sedi territoriali in tutta la penisola, essendo peraltro da molti anni, protagonista del confronto politico del settore, appare inaccettabile anche con riferimento ai principi di rappresentatività e di libertà sia sindacale, che imprenditoriale cui hanno diritto gli associati –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se i rilievi critici espressi in premessa da parte dell'Associazione autotrasporto Transfrigoroute Italia Assotir, in ordine alle disposizioni riferite al comma 92 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e del decreto dirigenziale 30 dicembre 2013, n. 213 siano fondati e connotati da seri dubbi di legittimità;
   in caso affermativo, se non ritenga urgente ed opportuno intraprendere iniziative volte ad eliminare lo stato di ambiguità e chiarire la corretta e autentica interpretazione delle norme in precedenza riportate al fine di consentire anche ad importanti Associazioni quale quella indicata in premessa, di partecipare alla composizione del Comitato centrale per l'Albo dell'Autotrasporto, essendo in possesso dei requisiti previsti come dalla medesima sostenuto, la cui attuale esclusione dell'organismo decisionale, ha determinato secondo l'interrogante una ingiustificabile discriminazione. (5-02640)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   l'ex senatore Marcello Dell'Utri, condannato in appello a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, è in attesa del giudizio della Corte di Cassazione, che dovrebbe pronunciarsi il 15 aprile 2014;
   la procura generale di Palermo aveva richiesto al tribunale del riesame di pronunciarsi sul divieto di espatrio nei confronti di Dell'Utri;
   la richiesta, non accolta dal tribunale, era motivata dal pericolo di fuga, considerato particolarmente alto perché alla procura generale di Palermo risultava che l'ex senatore Dell'Utri fosse in possesso di più di un passaporto;
   in particolare, oltre che del passaporto italiano, Dell'Utri sarebbe stato in possesso anche di un passaporto diplomatico;
   preso atto dell'irrintracciabilità di Dell'Utri, la corte d'appello di Palermo ha firmato un decreto per dichiararne la latitanza;
   alcune intercettazioni a carico del fratello di Dell'Utri e le risultanze investigative della direzione investigativa antimafia avevano rivelato già da diversi giorni che l'ex senatore preparava una fuga all'estero, grazie soprattutto ai suoi rapporti, sia diplomatici che di affari internazionali;
   gli investigatori della direzione investigativa antimafia, che ne hanno seguito le tracce, sono certi che da metà marzo 2014 Dell'Utri non risieda in nessuno dei suoi abituali domicili;
   secondo quanto riportato dalla stampa, in un'intercettazione tra Alberto Dell'Utri, fratello dell'ex senatore, e Vincenzo Mancuso, titolare del ristorante «Assunta Madre» di Roma, il primo avrebbe parlato chiaramente della necessità di «accelerare i tempi», ed avrebbe inoltre fatto riferimento alla Guinea come ad un Paese «che concede i passaporti diplomatici molto facilmente»;
   sempre Alberto Dell'Utri sarebbe stato ascoltato raccontare di una cena di Marcello Dell'Utri a Roma con «un politico importante del Libano che si candida come presidente»;
   alla luce dei fatti narrati e degli episodi riportati, ad avviso degli interpellanti, era naturale per chiunque, a maggior ragione il Ministro dell'interno, prevedere che l'ex senatore Dell'Utri fosse intenzionato ad espatriare prima della sentenza;
   il mantenimento del passaporto di servizio, nonostante Dell'Utri non fosse più senatore, è un'ulteriore conferma della leggerezza con cui gli ambienti di Governo hanno gestito la vicenda;
   il titolare del Viminale avrebbe dovuto porre in essere tutti gli strumenti operativi per prevenire ed evitare questa fuga;
   ad avviso degli interpellanti non è, purtroppo, questo il primo caso in cui il Ministro interpellato si rivela non adeguato alle funzioni che ricopre;
   è ancora vivida nella memoria comune la drammatica vicenda relativa ad Alma Shalabayeva, moglie del rifugiato politico kazako Mukhtar Ablyazov, e della figlia Aula, di soli sei anni, sequestrate riportate in Kazakhstan contro la loro volontà e nella colpevole inerzia del Ministro e dell'intero suo staff;
   alla luce di quanto esposto, appaiono, ad avviso degli interpellanti, chiare e gravi le responsabilità del Ministro sulla fuga di Marcello Dell'Utri –:
   se il Ministro interpellato non intenda, alla luce di quanto esposto in premessa, rassegnare le proprie dimissioni.
(2-00508) «Fava, Migliore, Di Salvo, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   BALDASSARRE, TRIPIEDI, RIZZETTO, BECHIS, CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'incorporazione di Inpdap in Inps tutti i servizi ed i relativi contratti sono passati alla diretta gestione di Inps;
   tra i suddetti servizi, di non poco conto sono quelli relativi al deposito, alla gestione, all'archiviazione, alla distruzione e alla distribuzione agli uffici Inps del materiale cartaceo degli archivi ex Inpdap –:
   quali siano le società affidatarie, in modo diretto o in subappalto, dei servizi indicati in premessa e se fra di esse vi sia stata o vi sia la società Delta uno servizi s.p.a. (3-00775)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VENITTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 17 febbraio 2014, grazie anche alla collaborazione dell'assessorato al lavoro della regione Molise è stato siglato un verbale d'accordo per collocare 81 dipendenti – di cui 27 impiegati e 54 operai – dell'Arena Mare Pronto srl di Termoli (CB) in cassa integrazione straordinaria per procedura concorsuale come previsto dall'articolo 3, comma 1 della legge n. 223 del 1991 per il periodo che va dal 24 gennaio 2014 al 22 gennaio 2015;
   da fonti informali, a tutt'oggi, sembrerebbe che gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali preposti alla elaborazione delle istanze presentate dalle aziende per usufruire del trattamento straordinario di integrazione salariale sarebbero in ritardo di circa un anno e che questo ritardo sia causato da carenze del personale preposto all'elaborazione delle pratiche;
   in un momento di forte e prolungata crisi economica in cui versa il nostro Paese, con effetti ancora più devastanti per alcune realtà territoriali, il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria costituisce l'ultima vera opportunità di sostegno del reddito e di prospettiva lavorativa, ed è di tutta evidenza come il ritardo dell'erogazione dei pagamenti rischia di compromettere irrimediabilmente la condizione economica di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie –:
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di superare i ritardi nella gestione amministrativa/burocratica delle pratiche di richiesta della cassa integrazione guadagni straordinaria al fine di garantire tempi congrui e certi nell'erogazione delle mensilità, sostegno non solo importante sotto l'aspetto economico per i lavoratori e le loro famiglie ma essenziale anche rispetto alla vita sociale degli stessi.
(5-02639)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'articolo 4 della Costituzione, «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto»;
   il 4 luglio 2013 la Corte europea di giustizia, con la sentenza C-312/11, ha condannato l'Italia per non aver imposto a tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, «di prevedere, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, soluzioni ragionevoli applicabili a tutti i disabili», venendo meno all'obbligo di recepire correttamente e completamente l'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;
   i giudici hanno concluso, in sostanza, che «che la legislazione italiana, anche se valutata nel suo complesso, non impone all'insieme dei datori di lavoro l'obbligo di adottare, ove ve ne sia necessità, provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti dell'occupazione e delle condizioni di lavoro, al fine di consentire a tali persone di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione»;
   nonostante le denunce e le proteste degli interessati, e la sentenza emessa dalla Corte, ben poco è cambiato nella realtà concreta dei disabili italiani;
   in relazione a quanto stabilito dalla Corte, si è provveduto, nel decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99 cosiddetto «decreto lavoro», ad incrementare la dotazione del fondo per il diritto al lavoro dei disabili di cui al comma 4 dell'articolo 13 della legge 12 marzo 1999, n. 68, e ad inserire all'articolo 9, comma 4-ter, della medesima legge la previsione che impone a tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, proprio al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità l'obbligo di «adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori»;
   secondo dati diffusi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'84 per cento dei disabili in età lavorativa non ha un impiego e i disoccupati portatori di handicap iscritti alle liste di collocamento obbligatorio sono 750 mila. Pertanto, la Commissione europea continua a tenere l'Italia «sotto osservazione» per valutare l'efficacia della legge n. 99 e potrebbe chiedere alla Corte una nuova condanna, e una multa pesante, per il nostro Paese –:
   quali ulteriori iniziative intenda adottare per adeguare la normativa italiana sull'inclusione dei disabili nel mercato del lavoro a quella europea, e, più in generale, per garantire l'effettività del diritto al lavoro anche per i portatori di handicap. (4-04502)


   NARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la ditta Massa Minerali srl svolge, in provincia di Massa Carrara, da oltre quaranta anni attività di produzione, lavorazione e micronizzazione del carbonato di calcio, nonché produzione di sospensione acquosa di tale minerale (slurry) per l'industria della carta;
   la ditta Massa Minerali srl (precedentemente Imerys spa e prima ancora International spa) nel febbraio 2014 viene totalmente acquisita da Omya spa operazione che consente alla Omya spa, già presente con una filiale nel territorio apuano, di rafforzare la propria posizione di multinazionale leader nel mondo nella produzione e nel commercio di carbonato di calcio e dolomite;
   la produzione di carbonato di calcio della ditta Massa Minerali srl nel 2013 è passata da 250.000 tonnellate di materiale lavorato a 300.000 tonnellate e Omya spa al momento dell'acquisizione di Massa Minerali srl, soltanto due mesi fa, non ha parlato di sconvolgimenti organizzativi;
   il giorno 9 aprile 2014 (a due mesi dall'acquisizione della ditta Massa Minerali srl da parte di Omya spa operante nel medesimo settore) tutti i 38 dipendenti della ditta Massa Minerali spa ricevono via fax dall'Associazione industriali di Massa Carrara comunicazione dell'apertura della procedura di mobilità con il conseguente licenziamento collettivo per cessazione attività ex articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 e successive modifiche e integrazioni;
   i lavoratori, appresa la notizia, hanno occupato la fabbrica, con un'assemblea permanente, l'ennesima nella provincia di Massa Carrara; infatti, il giorno 7 aprile 2014 era stata occupata un'altra fabbrica, la Syntech;
   i lavoratori in accordo con i rappresentanti sindacali il giorno 10 aprile decidono di bloccare il passaggio dei mezzi pesanti all'imbocco della Strada dei Marmi, al confine tra i comuni di Massa e Carrara, al fine di impedire il trasporto delle scaglie di marmo (non dei blocchi di marmo) necessarie alla produzione del carbonato di calcio;
   alla luce di questa iniziativa dei lavoratori e del rischio di esplosione della tensione sociale, il giorno 10 aprile è stato convocato un tavolo istituzionale, a seguito del quale la data di apertura della procedura di licenziamento collettivo è stata spostata al giorno 4 maggio 2014 –:
   quali iniziative ritenga opportuno intraprendere al fine di comprendere quale siano le ragioni che spingono, in soli due mesi, una multinazionale leader nel settore della produzione e lavorazione del carbonato di calcio ad acquisire e poi dismettere una ditta;
   se non ritenga urgente la convocazione di un tavolo tra le parti sociali al fine di provare a dare risposte concrete ad un territorio già duramente colpito dalla crisi e dove la tensione sociale rischia di esplodere. (4-04514)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARONI, GRILLO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, DALL'OSSO, CECCONI, DI VITA e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome della morte improvvisa del lattante, nota anche come sindrome della morte improvvisa infantile o morte inaspettata del lattante (in inglese Sudden Infant Death Syndrome o SIDS) è un fenomeno non ancora del tutto chiarito dalla ricerca scientifica: si manifesta provocando la morte improvvisa ed inaspettata di un lattante apparentemente sano, il decesso resta inspiegato anche dopo l'effettuazione di esami post-mortem;
   tale sindrome colpisce i bambini nel primo anno di vita ed è a tutt'oggi la prima causa di morte dei bambini nati sani avendo un'incidenza stimata, per similitudine con altri Paesi, che oscilla tra 0,7 e 1 per mille: come riportato sul sito del centro di ricerca «Lino Rossi» per lo studio e la prevenzione della morte inaspettata perinatale e della sindrome della morte improvvisa del lattante «secondo l'OMS la morte fetale nelle ultime settimane di gestazione (o durante il parto), nelle nazioni più sviluppate, ha l'incidenza di un caso ogni 120-150 gravidanze; Il 50-75 per cento di tali morti risulta inspiegabile a causa principalmente della mancanza di un protocollo standard di indagine post-mortem, specie neuropatologico, e di una banca dati anatomo-clinica. L'incidenza della morte fetale inaspettata e inspiegabile (SIUDS) è circa 10 volte superiore a quella della SIDS («morte in culla»), che colpisce un lattante apparentemente sano ogni 750-1000 nati e si pone come la più frequente causa naturale di decesso nel primo anno di vita. Nel complesso la SIUDS e la SIDS rappresentano uno dei maggiori problemi socio-sanitari e scientifici della medicina moderna, ancora irrisolto. Le conseguenze emotive per i famigliari sono devastanti. I costi sociali per le terapie sostegno medico-psicologico sono molto rilevanti, soprattutto se sommati all'immatura perdita di un numero elevato di potenziali individui produttivi»;
   la legge 2 febbraio 2006, n. 31: «disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte improvvisa del feto», prevede al comma dell'articolo 1 che «i lattanti deceduti improvvisamente entro un anno di vita senza causa apparente e i feti deceduti anch'essi senza causa apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione devono essere prontamente sottoposti con il consenso di entrambi i genitori a riscontro diagnostico da effettuarsi nei centri autorizzati secondo i criteri individuati nell'articolo 2, a cui sono inviati gli organi prelevati. Le informazioni relative alla gravidanza, allo sviluppo fetale e al parto e, nel caso di sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS), alle situazioni ambientali e familiari in cui si è verificato il decesso, raccolte con un'indagine familiare, devono essere accuratamente registrate e vagliate, per il completamento diagnostico e per finalità scientifiche, dall'ostetrico-ginecologo, dal neonatologo, dal pediatra curanti e dall'anatomo-patologo sulla base dei protocolli internazionali», disponendo inoltre all'articolo 3, comma 1, che «i risultati delle indagini svolte ai sensi dell'articolo 1 sono comunicati dai centri autorizzati alla prima cattedra dell'istituto di anatomia patologica dell'Università di Milano che, nel rispetto delle regole sul trattamento dei dati personali, provvede ad istituire una banca dati nazionale e a trasmettere i dati così raccolti alla regione competente per territorio, ai medici curanti e ai parenti delle vittime»;
   sempre la medesima legge n. 31 del 2006 dispone, al comma 2 dell'articolo 1 che «il riscontro diagnostico di cui al comma 1 è effettuato secondo il protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell'istituto di anatomia patologica dell'Università di Milano. Il suddetto protocollo, per essere applicabile, deve essere approvato dal Ministero della salute», aggiungendo inoltre all'articolo 2 comma 1 che «i criteri per l'autorizzazione dei centri di cui all'articolo 1 sono definiti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» ed inoltre al comma 2 dello stesso articolo che «entro centottanta giorni dall'adozione del decreto di cui al comma 1, le regioni provvedono ad individuare, sul loro territorio, i centri scientifici, di carattere universitario od ospedaliero, che svolgono la funzione di centri di riferimento per il riscontro diagnostico dei lattanti deceduti improvvisamente senza causa apparente entro un anno di vita e dei feti deceduti senza causa apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione»;
   in seguito alla disattivazione dell'istituto di anatomia patologica dell'università di Milano (citato negli articolo 1 e 3 della legge), il Ministero della salute ha riconosciuto il centro «Lino Rossi» quale centro di riferimento nazionale per l'applicazione della legge n. 31 del 2006, accogliendo nel novembre 2009 la richiesta in tal senso avanzata in data 3 aprile 2009 dal direttore del dipartimento di scienze chirurgiche ricostruttive e diagnostiche dell'università di Milano cui il centro di ricerca «Lino Rossi di Milano» afferiva, designandolo quindi quale destinatario dei fondi previsti dalla legge;
   il decreto ministeriale adottato dal Ministero della salute in data 21 dicembre 2007, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 2 della summenzionata legge, definisce «i criteri per l'individuazione e l'autorizzazione, da parte delle Regioni, dei Centri di riferimento per il riscontro diagnostico sulle vittime della Sids e per la morte improvvisa del feto»;
   ciononostante le disposizioni previste dalla legge n. 31 del 2006 risulterebbero ancora inattuate sul territorio nazionale, se si eccettuano alcune sporadiche, seppur significative eccezioni, in particolare considerando quanto disposto dalla provincia di Trento (deliberazione n. CONV7436/555-12 del 26/4/2012) e dall'azienda ospedaliera di Lecco (contratto Univ. Milano 282-2013 del 14/1/14);
   in data 9 dicembre 2013 l'assessore alla sanità della regione Lombardia Mantovani, interrogato su tale questione con l'interrogazione consiliare n. 2065 terza commissione – SIDS (sindrome morte improvvisa del lattante), ha fornita una risposta nella quale si afferma che il protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell'istituto di anatomia patologico dell'università di Milano e sottoposto al Ministero della salute è stato bocciato dal Consiglio superiore di sanità e che nel 2010 è stato costituito un nuovo gruppo di lavoro presso la direzione generale della prevenzione sanitaria, al fine di pervenire alla stesura di un nuovo protocollo per la diagnostica della SIDS e della morte fetale inaspettata, gruppo che nel mese di luglio 2012 ha trasmesso il proprio elaborato al Ministero della salute, esaminato dal Consiglio superiore sanità nella seduta del 12 novembre 2013 per il proseguimento dell’iter istituzionale;
   sul sito internet del Ministero della salute, è disponibile all'indirizzo il testo del volume «La natimortalità: audit clinico e miglioramento della pratica assistenziale», il quale sarebbe stato distribuito dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali in tutti punti nascita e nelle anatomie patologiche ad essi collegate su tutto il territorio nazionale;
   sul medesimo sito del Ministero della salute è inoltre possibile consultare e scaricare alcuni strumenti da lavoro utili nella pratica clinica, fra cui il protocollo autoptico –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti;
   quali siano le regioni che abbiano provveduto ad individuare sul loro territorio i centri scientifici, di carattere universitario od ospedaliero, che svolgono la funzione di centri di riferimento per il riscontro diagnostico dei lattanti deceduti secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, della legge n. 31 del 2006, e se abbiano rispettato i criteri imposti dalla summenzionata legge;
   quali azioni intenda intraprendere con urgenza al fine di garantire la piena applicazione di quanto disposto dalla legge n. 31 del 2006 su tutto il territorio nazionale, in particolare con l'istituzione della banca dati nazionale per i casi di morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte improvvisa del feto;
   se non ritenga opportuno tenere in considerazione le esperienze dei centri di Trento e Lecco quali modelli di riferimento;
   se effettivamente sia stata formulata una valutazione di esito negativo in merito al protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell'istituto di anatomia patologico dell'università di Milano e sottoposto al Ministero della salute, con quale atto, quali siano le motivazioni addotte e se università di Milano sia stata invitata a predisporre una nuova formulazione che tenesse conto delle criticità e delle obiezioni mosse dal Consiglio superiore di sanità;
   se sia effettivamente avvenuta la nomina di un nuovo gruppo di lavoro per la predisposizione di un nuovo protocollo in violazione di quanto previsto dagli articoli 1 e 3 della legge n. 31 del 2006, per quali motivazioni e se l'autorità individuata dal comma 2 dell'articolo 1 della summenzionata legge ne sia stata messa al corrente;
   se il volume «La natimortalità: audit clinico e miglioramento della pratica assistenziale» sia stato distribuito su tutto il territorio nazionale, se gli esami autoptici utilizzati dai suoi autori siano stati effettuati in conformità con quanto previsto dalla legge n. 31 del 2006 e relativo decreto del 22 dicembre 2007 e, in particolare, se il protocollo autoptico previsto tra gli strumenti di lavoro utili nella pratica clinica (nella sezione materiali operativi on line) sia stato approvato dal Ministero della salute prima della sua divulgazione. (4-04504)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 26 aprile 2012 disciplina l'accertamento della rappresentatività a livello nazionale delle associazioni professionali dell'area sanitaria;
   le disposizioni sono un oggettivo aiuto ai cittadini per riconoscere la effettiva professionalità degli esercenti le professioni sanitarie in quanto iscritti in appositi albi;
   l'iscrizione agli albi prevede precisi e definiti requisiti;
   nel caso della professione sanitaria del podologo sono state riconosciute due associazioni professionali: la A.I.P. – Associazione italiana podologi e la A.M.P.I. – Associazione mercurio podologi internazionale –:
   se, come e quando sia avvenuto il riconoscimento della rappresentatività AMPI;
   quale sia il motivo per cui il Ministero della salute ha inserito quale associazione più rappresentativa dei podologi la Associazione mercurio podologi internazionale – AMPI. (4-04506)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, all'articolo 2, comma 11, dispone, tra l'altro, che «Per le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito delle riduzioni previste dal comma 1, le amministrazioni, fermo restando per la durata del soprannumero il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo, compresi i trattenimenti in servizio, avviano le procedure di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottando, ai fini di quanto previsto dal comma 5 dello stesso articolo 33, le seguenti procedure e misure in ordine di priorità:
   a) applicazione, ai lavoratori che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi i quali, ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico in base alla disciplina vigente prima dell'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro il 31 dicembre 2014, dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva nonché del regime delle decorrenze previsti dalla predetta disciplina pensionistica, con conseguite richiesta all'ente di appartenenza della certificazione di tale diritto. Si applica, senza necessità di motivazione, l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Ai fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto comunque denominato, per il personale di cui alla presente lettera:
    1) che ha maturato i requisiti alla data del 31 dicembre 2011 il trattamento di fine rapporto medesimo sarà corrisposto al momento della maturazione del diritto alla corresponsione dello stesso sulla base di quanto stabilito dall'articolo 1, commi 22 e 23, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;
    2) che matura i requisiti indicati successivamente al 31 dicembre 2011 in ogni caso il trattamento di fine rapporto sarà corrisposto al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione dello stesso secondo le disposizioni dell'articolo 24 del citato decreto-legge n. 201 del 2011 e sulla base di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 22, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148»;
   dette disposizioni si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165;
   l'articolo 2, comma 14, del citato decreto-legge 95 dispone che «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di eccedenza dichiarata per ragioni funzionali o finanziarie dell'amministrazione»;
   il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», all'articolo 2, detta «Disposizioni in tema di accesso nelle pubbliche amministrazioni, di assorbimento delle eccedenze e potenziamento della revisione della spesa anche in materia di personale»;
   alcune regioni hanno avviato delle riorganizzazioni volte alla ricerca di una maggiore efficienza e alla riduzione della spesa e tra queste la regione Piemonte con D.G.R. n. 10–6035 del 02 luglio 2013 ha previsto per le aziende del servizio sanitario regionale, un tetto di spesa per il personale stabilito per gli anni 2013, 2014 e 2015;
   conseguentemente, a detti atti amministrativi le aziende sanitarie locali hanno già posto in essere una serie di azioni finalizzate alla riduzione della spesa del personale, ma in molti casi nonostante tutte le azioni intraprese, gli obiettivi del rispetto del tetto di spesa non sono raggiungibili se non attraverso una riduzione della consistenza organica per adeguarla ai tetti previsti;
   alla luce delle normative succitate, alcune ASL del Piemonte, seguito di accordi sindacali, hanno avviato le previste procedure, dovendo però registrare diversi livelli di sensibilità e di chiarezza nelle risposte da parte degli uffici INPS competenti per territorio, alcuni dei quali lamenterebbero l'assenza di chiare circolari interpretative sulla materia –:
   se non ritenga il Governo, visti gli importanti riflessi che la citata disciplina può produrre sia nei confronti dei lavoratori che per quanto concerne la possibilità di raggiungimento degli obiettivi finanziari ed organizzativi indicati da parte delle aziende, di adottare ogni iniziativa utile, anche attraverso la previsione di un'apposita circolare applicativa, volta a garantire che l'attuazione delle norme sopra riportate risulti uniforme su tutto il territorio nazionale e che siano assicurati tempi certi per il pagamento del trattamento di quiescenza agli aventi diritto collocati a riposo con i requisiti «pre-Fornero». 
(2-00506) «Taricco, Fiorio, Martelli, Guerra, Gandolfi, Anzaldi, Bray, Carra, Piccoli Nardelli, Grassi, Rosato».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, MICILLO, SEGONI, TERZONI e DE ROSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il centro ricerche Casaccia è il più grande complesso di laboratori ed impianti dell'ENEA per la ricerca nucleare. Sorge sulla via Anguillarese, approssimativamente a 25 chilometri a nord-ovest di Roma, presso il lago di Bracciano;
   dal 1981 è in funzione un deposito dei rifiuti radioattivi, gestito della Nucleco s.p.a., in attesa del sito nazionale che non è ancora realizzato;
   la Nucleco è nata il 5 maggio del 1981. Attualmente la Società è costituita da Sogin s.p.a. che detiene la quota di maggioranza pari al 60 per cento e da Enea con il 40 per cento;
   nell'impianto della Nucleco, confluiscono i materiali radioattivi derivanti e dalle terapie degli ospedali, dalle Industrie e dalla ricerca (sono oltre 7.000 metri cubi di materiale radioattivo, tra cui 600 metri cubi in fase di trattamento);
   la situazione del comprensorio ove è ubicato l'impianto necessita di un'attenzione particolare vista la presenza di rilevanti fattori di pressione antropica e di criticità ambientale derivato dalla forte urbanizzazione, che negli ultimi decenni si è manifestata in modo visibile giungendo al punto che alcuni nuclei abitati risultino distanti poche centinaia di metri dagli impianti. In conseguenza di ciò il 26 gennaio 2009 è stato redatto un piano di intervento calamitoso, qualora si fossero verificate fuoriuscite di radionuclidi. Il piano, però, non è mai stato reso noto alla cittadinanza residente nella zona di rischio individuata, nonostante il decreto legislativo del 17 marzo 1995 n. 230 abbia recepito le direttive europee 89/618/EURATOM, 90/641/EURATOM, 92/3/EURATOM e 96/29/EURATOM, in materia di salvaguardia dalle radiazioni ionizzanti;
   a dispetto della realtà urbana e della forte antropizzazione intorno all'impianto della Casaccia, la provincia di Roma, con una determina dirigenziale n. 127 del 10 gennaio 2013, autorizza; «la costruzione di un nuovo impianto di trattamento e stoccaggio di rifiuti radioattivi ai sensi dell'articolo 269 comma 2 del decreto legislativo 152/06 in esercizio con decreto del Ministero dello sviluppo economico» del 15 aprile 2010 prot. IMP/37/0; nella determina suddetta, si legge che la regione Lazio con la legge 6 agosto 1999 n. 14/b capo III Sezione VI articolo 112, ha delegato alla amministrazioni provinciali l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi concernenti le autorizzazioni per la costruzione di nuovi impianti;
   per mezzo comunicato stampa, la Nucleco, fa sapere che la suddetta determinazione non costituisce, in alcun modo, autorizzazione alla realizzazione di un nuovo impianto di trattamento di rifiuti radioattivi, la cui competenza, sempre secondo la Nucleco, è del Ministero dello sviluppo economico;
   l'onorevole Susanna Cenni, relatrice della «Relazione finale sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia,» depositata in Parlamento il 18 dicembre 2012 dalla Commissione parlamentare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, dichiara che: «nel perdurare l'assenza del deposito nazionale, il servizio integrato ha finito col trasformare di fatto nel deposito nazionale dei rifiuti radioattivi di origine sanitaria e industriale» il deposito della Nucleco;
   secondo quanto stabilito dall'articolo 27 comma 1, del decreto legislativo n. 31 del 2010 la «Sogin s.p.a., tenendo conto dei criteri indicati dall'AIEA e dall'Agenzia, definisce una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco Tecnologico (entro sette mesi dalla definizione dei medesimi criteri), proponendone contestualmente un ordine di idoneità sulla base di caratteristiche tecniche e socio ambientali delle suddette aree, nonché un progetto preliminare per la realizzazione del Parco stesso»;
   se, alla luce delle numerose criticità riportate in premessa, i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, dopo attenta valutazione del potenziale rischio di danno ambientale e di gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini, non ritengano che sia opportuno, sentiti gli enti coinvolti, assicurare l'accesso della cittadinanza e delle associazioni interessate all'informazione per quanto attiene il piano di intervento calamitoso così come già redatto in data 26 gennaio 2009;
   quale sia la posizione dei ministri interrogati in merito a quanto descritto in premessa. (4-04503)


   MURA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 83 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 e riguardante «Misure urgenti per la crescita del Paese» sono stati previsti, fra gli altri, contributi alle imprese sotto forma di credito di imposta del 35 per cento finalizzati a nuove assunzioni di profili altamente qualificati;
   il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di maturazione del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta nei quali lo stesso è utilizzato e non è soggetto al limite annuale di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
   l'articolo 24 commi 3, 4 e 5, stabiliscono quanto segue;
   il comma 3 prevede che il credito d'imposta sia concesso per assunzioni destinate a raggiungere specifici e determinati obbiettivi. In particolare relativamente alla sperimentazione, alla ricerca pianificata per l'acquisizione di nuove conoscenze circa la realizzazione di nuovi prodotti, processi e servizi e, al miglioramento di quelli esistenti;
   il 4 comma individua le condizioni di decadenza del beneficio al verificarsi di alcune specifiche fattispecie:
    a) un numero complessivo di dipendenti inferiore o pari a quello indicato nel bilancio presentato nel periodo di imposta precedente all'applicazione del presente beneficio fiscale;
    b) durata dei nuovi contratti di lavoro per un periodo inferiore a tre anni per le grandi imprese e a due in caso di PMI;
    c) in caso di violazioni, accertate definitivamente, rispetto alle normative fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente nel caso di sanzioni non inferiori a euro 5.000. Alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale;
   il comma 5, infine, individua le modalità di gestione della misura prevedendo la prerogativa per i Ministeri dello sviluppo economico e al Ministro dell'economia e delle finanze di avvalersi, attraverso apposita gara, di soggetti in house o con specifiche competenze;
   Eni, Fastweb, Mediaset, Sky Italia, Telecom Italia, Vodafone Italia, Wind Italia, altre imprese e i fornitori da questi utilizzate attraverso il ricorso all'appalto di attività di call center, beneficiari delle misure di cui sopra, risultano inosservanti delle disposizioni appena richiamate;
   gli incentivi di cui alla Legge n. 407 del 1990 continuano ad essere erogati nonostante quota parte delle attività sia oggi delocalizzata verso Paesi esteri;
   le circostanze richiamate determinano l'assoluta impossibilità, per le aziende che, rispettando le regole, svolgono attività di call center, in appalto, di sopravvivere a causa della distorsione di mercato generata i cui costi economici e sociali (licenziamenti e utilizzo degli ammortizzatori sociali), ricadono sullo Stato –:
   se sia a conoscenza del comportamento dei soggetti richiamati rispetto all'articolo 24, commi 2, 3, 4 e 5;
   se sia a conoscenza che le distorsioni di mercato di cui sopra costringono le imprese che invece, si conformano alla normativa, a procedere con licenziamenti e richiesta di utilizzo di ammortizzatori sociali i cui costi economici e sociali ricadono sullo Stato e quindi sul l'intera collettività;
   se intenda intervenire al fine di ripristinare condizioni di pieno e univoco rispetto della normativa di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012.
(4-04511)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Boccadutri e altri n. 1-00216, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pinna.

  La mozione Prodani e altri n. 1-00397, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pinna.

Cambio presentatore e ritiro di firma da una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale n. 3-00399, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 ottobre 2013, è da intendersi presentata dal deputato Nicoletti. Contestualmente, si intende ritirata la firma del deputato Gozi.

Pubblicazione di un testo riformulato, cambio di presentatore e apposizione di firme.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione n. 1-00327, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 164 del 31 gennaio 2014 a prima firma Molea, che deve intendersi presentata dal deputato Benamati e sottoscritta anche dai deputati Pagano, Schirò e Antezza. Contestualmente l'ordine dei firmatari deve intendersi così modificato: Benamati, Molea, Pagano, Schirò, Antezza.

   La Camera,
   premesso che:
    l'economia turistica offre un contributo decisivo alla produzione della ricchezza italiana, allo sviluppo dell'occupazione e all'attivo della bilancia valutaria;
    il valore aggiunto prodotto dalle attività connesse al turismo è pari a circa 83 miliardi di euro, ovvero il 6 per cento del totale dell'economia;
    i consumi turistici interni ammontano a 114 miliardi di euro, buona parte dei quali (circa 30 miliardi di euro) è determinato dalle spese effettuate in Italia dai turisti stranieri;
    gli esercizi ricettivi italiani ospitano ogni anno 375 milioni di pernottamenti. Il settore offre lavoro a 1,5 milioni di persone, di cui circa 1 milione di lavoratori dipendenti;
    la stima di crescita del mercato turistico europeo per il 2014 è del 3,4 per cento di incremento del prodotto interno lordo globale, in virtù dei nuovi Paesi membri, nonché per il trend di crescita dei mercati asiatici e del sud del mondo, per i quali l'Europa costituisce una destinazione turistica;
    purtroppo, l'Italia cattura quote sempre minori di tali flussi, anche a causa della scarsa efficacia delle politiche di promozione; tra le regioni del sud dell'Europa le stime di crescita per l'anno 2014 sono per Malta, Portogallo e Croazia tra il 6-8 per cento, mentre per l'Italia sono del 2,5 per cento;
    secondo il rapporto dell'Unwto (World Tourism Organization) «Tourism Towards 2030», che presenta le prospettive a lungo termine del settore, il numero di arrivi dei turisti internazionali nel mondo aumenterà del 3,3 per cento per anno, tra il 2010 e il 2030, per raggiungere 1,8 miliardi al termine del periodo;
    anche per il 2013, l'Istat conferma il trend negativo del turismo italiano, avviatosi nel 2009, che nel corso del quinquennio ha comportato una perdita di quasi 60 milioni di viaggi (290 milioni di notti);
    nel 2012 il turismo internazionale nel mondo ha superato, per la prima volta nella storia, quota un miliardo di arrivi; i mercati emergenti come Cina, Russia e Brasile hanno mostrato un trend che continua a crescere per il turismo in uscita, cosiddetto outgoing, mentre Asia e Europa sono e continueranno ad essere le destinazioni turistiche leader per il cosiddetto turismo incoming;
    nel 2013 gli arrivi internazionali, secondo i dati provvisori dell'organizzazione mondiale del turismo, si sono attestati a 1 miliardo e 87 milioni di euro, con un aumento del 5 per cento rispetto al 2012, un trend in continua crescita del quale l'Italia non beneficia;
    secondo la Banca d'Italia, nel periodo gennaio-dicembre 2013, il settore ha registrato, comunque, un avanzo di 12.830 milioni di euro (lo 0,8 per cento del prodotto interno lordo), a fronte di 11.543 milioni di euro nello stesso periodo dell'anno precedente;
    le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 32.989 milioni di euro, sono aumentate del 2,9 per cento; quelle dei viaggiatori italiani all'estero, per 20.159 milioni di euro, si sono ridotte dell'1,7 per cento;
    secondo l'Osservatorio nazionale del turismo, tra gennaio e ottobre 2013, gli arrivi e le presenze di italiani sono calati dell'8,3 per cento, gli arrivi degli stranieri dello 0,1 per cento e le presenze dello 0,3 per cento;
    il 2013 per il turismo italiano è stato l'anno peggiore del passato quadriennio, in totale nei mesi indicati la perdita complessiva di arrivi si attesta a -4,3 per cento, quella della presenze a 4,4 per cento;
    l'incertezza economica globale non ha fermato la crescita del turismo internazionale, che ha mostrato la sua capacità di adattamento alle mutevoli condizioni del mercato e, benché a un tasso inferiore, ci si aspetta un'ulteriore espansione del settore nel 2014;
    l'Europa rimane di gran lunga il continente con il più alto numero di turisti nel mondo e, nonostante le difficoltà dell'eurozona, ha registrato una crescita degli arrivi internazionali pari al 3,3 per cento, risultato da considerarsi tendenzialmente positivo per una destinazione matura;
    il report sull'impatto economico annuale del World Travel and Tourism Council (WTTC) indica ancora nel 2013 un contributo al prodotto interno lordo italiano derivante da viaggi e turismo pari al 10,3 per cento, percentuale tra le più elevate tra i Paesi membri del G20 con significative possibilità di miglioramento;
    se i flussi turistici internazionali crescono e quelli diretti verso l'Italia diminuiscono è urgente che il turismo sia compiutamente riconosciuto come opportunità strategica di crescita per il Paese attraverso un conseguente salto di qualità delle politiche ad esso dedicate;
    la novità costituita dalla nuova collocazione del settore all'interno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con un ulteriore cambiamento nella gestione strategica del turismo italiano, può aprire nuove prospettive per il rilancio effettivo di immagine del turismo nazionale e per l'implementazione di nuove politiche di promozione del Paese a livello planetario;
    secondo la Banca d'Italia, infatti, il turismo culturale contribuisce in misura rilevante ai flussi di viaggiatori stranieri in Italia, pesando per circa un quarto sulla domanda estera complessiva di soggiorno e per quasi la metà su quella relativa ai soli viaggi per vacanza, poiché la spesa pro capite dei turisti interessati alle proposte culturali è più elevata della media e il loro contributo risulta anche maggiore in termini di risorse finanziarie;
    il saldo positivo tra entrate e uscite relative al turismo culturale è di circa 6 miliardi di euro l'anno, oltre la metà dell'attivo turistico complessivo;
    il confronto internazionale suggerisce l'esistenza di ampi margini di miglioramento nella valorizzazione e nella fruizione del patrimonio artistico e culturale e nel rafforzamento delle attività gestionali e promozionali, al fine di incrementare velocemente le quote di mercato nel settore del turismo culturale, nel quale l'Italia potrebbe ambire a collocarsi al primo posto nel mondo;
    l'ulteriore perdita di quote di mercato da parte del turismo italiano è un segnale molto negativo anche dentro la recessione che il Paese sta attraversando; se il turismo internazionale cresce nel mondo non c’è alcuna ragione perché l'Italia perda in competitività internazionale, mentre il mercato nazionale affonda;
    le imprese turistiche italiane non possono vivere in solitudine questo momento difficile; a livello globale la maggior parte dei Paesi turistici e di quelli che intendono diventarlo si organizzano investendo risorse importanti per intercettare i flussi internazionali previsti in crescita di qui al 2020;
    da molti anni non è più sufficiente il marchio «Italia», per vincere sul mercato globale, ma è necessaria una strategia nazionale forte, da realizzare d'intesa con le regioni, per il turismo internazionale, e si devono rafforzare gli strumenti a disposizione per incentivare la domanda interna, in particolare per le fasce più deboli, a cominciare da un nuovo ed efficiente sistema di buoni vacanze;
    le politiche per il turismo del dopo referendum e la riforma costituzionale sul Titolo V della Costituzione si sono caratterizzate per le continue oscillazioni tra difesa delle competenze regionali e momenti di accentramento nazionale;
    una delle poche novità positive è arrivata dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome che ha approvato nel 2010 un documento che rappresenta un valido punto di riferimento per realizzare le politiche nazionali necessarie per il rilancio del settore;
    il documento della Conferenza delle Regioni e delle province autonome aveva anche lo scopo di evitare gli errori, poi commessi, nell'approvazione del codice del turismo, definito come una «riforma del settore» ma senza l'apporto delle regioni e delle organizzazioni di categoria, e successivamente bocciato ampiamente dalla Corte costituzionale;
    se il Governo intende mettere mano alla governance del turismo, non appare sufficiente il trasferimento delle competenze al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ma appare logico pensare a forme organizzate di coordinamento costante tra i Ministeri con deleghe che interessano il turismo, per redigere ed aggiornare annualmente il piano strategico nazionale per il turismo in condivisione con tutti i Ministri interessati e con le regioni, individuando le risorse necessarie per finanziarlo;
    appare, quindi, urgente la riforma il Titolo V della Costituzione, ripensando l'attuale assetto di competenze, in modo da favorire l'emergere di una strategia nazionale per il settore e la cooperazione e il coordinamento di ogni livello istituzionale e amministrativo;
    un progetto adeguato di rilancio del turismo deve occuparsi, in primo luogo, della promozione dell'immagine del nostro Paese che non può più essere inquadrata come un'attività sganciata dalle altre iniziative promozionali e organizzative che lo Stato italiano, a vario titolo, svolge sul mercato internazionale;
    la promozione turistica è in piena evoluzione nei concetti, nei criteri e negli strumenti: il modo tradizionale di fare promozione (brochure, fiere, campagne di advertising) non è più sufficiente, il rapporto diretto, on-line, sta rivoluzionando l'intero comparto, le parole chiave del web 2.0 sono interazione e partecipazione, le strategie promozionali devono tramutarsi, velocemente, in strategie di marketing web;
    l'Enit-l'Agenzia nazionale del turismo ha innanzitutto un problema di risorse, che occorre risolvere, ma deve essere affrontata contestualmente la riforma radicale dell'ente per realizzare una struttura specializzata, che riesca a interpretare i grandi cambiamenti del settore e dare risposte innovative nei mercati internazionali con politiche di promo-commercializzazione;
    una struttura che risponda a precisi indirizzi programmatici, autonoma e giudicata sulla base dei risultati operativi conseguiti, obiettivo che potrebbe essere realizzato da una società per azioni a maggioranza pubblica che coinvolga pienamente l'insieme di soggetti, di territori e di prodotti destinati a comporre un sistema sotto il «marchio Italia»;
    la strategia del rilancio del turismo si fonda, sulla scorta di quanto fin qui analizzato, su un profondo rinnovamento ed efficientamento della governance e della promozione, così come di un sistema imprenditoriale le cui necessarie trasformazioni vanno accompagnate riprendendo l’iter del piano strategico nazionale che, migliorato nei contenuti e adattato alle esigenze delle regioni, può costituire un primo importante approccio sistemico al settore;
    tra i vari problemi del settore c’è anche la disciplina normativa, modificata con il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, «codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio», che è stato ampiamente bocciato dalla Corte costituzionale in 19 articoli per eccesso di delega del Governo;
    con il giudizio della Corte costituzionale sono state cancellate anche le norme in materia di classificazione e standard qualitativi delle strutture ricettive, la disciplina delle agenzie di viaggio e del tour operator, le norme sui sistemi turistici locali e quelle sulla gestione dei reclami da parte del dipartimento del turismo;
    quanto alle concessioni demaniali-marittime ad uso turistico-ricreativo va colto il segnale positivo arrivato dalla Commissaria europea per gli affari marittimi e le coste, Maria Damanaki, secondo la quale la Commissione europea sarebbe disponibile a modificare la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del consiglio, nella parte che riguarda proprio le spiagge, in quanto i vincoli applicati alle concessioni demaniali sono troppo rigidi, e a stendere una nuova direttiva che consenta maggiore flessibilità ai singoli Stati per tener conto delle peculiarità delle proprie coste;
    è, dunque, urgente risolvere alcune delle principali problematiche del settore rimaste inevase sostenendone la crescita con iniziative normative e finanziarie adeguate;
    la sfida del turismo, perno di un possibile rilancio della crescita del Paese, si concentra in poche mosse che attengono, tutte, alla capacità del nostro Paese di fare squadra;
    migliorare il turismo significa migliorare il Paese, valorizzare le straordinarie risorse italiane e creare nuova occupazione,

impegna il Governo:

   ad identificare una governance complessiva del turismo coordinata con la nuova collocazione del settore nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, anche attraverso la creazione di una cabina di regia unica per il turismo tra Governo, Ministeri e regioni;
   a cooperare strettamente col Parlamento al fine di individuare, nell'ottica più generale della riforma del titolo V della Costituzione, le forme migliori per l'assetto delle competenze nel settore turistico, per una profonda riarticolazione delle competenze tra Stato e regioni, riportando a livello centrale le politiche a sostegno del marchio Italia e dei processi di ammodernamento e rilancio del sistema turistico nella prospettiva della definizione di un sistema turistico integrato;
   per quanto riguarda la relazione turismo-trasporti:
    a) a monitorare e ottimizzare le comunicazioni integrate aereo, treno, pullman, aliscafo;
    b) a migliorare i collegamenti intermodali tra i principali hub;
    c) a sbloccare le tariffe aeroportuali, vincolandone la destinazione allo sviluppo degli aeroporti;
    d) a promuovere, per quanto di competenza la possibilità di effettuare gli acquisti dei biglietti on line;
    e) a favorire i collegamenti con le mete cosiddette «minori»;
    f) a favorire una maggiore integrazione di servizi orientata allo sviluppo del turismo, su tutto il territorio nazionale e con particolare attenzione al sud dell'Italia, al fine di perseguire a raggiungibilità e la fruibilità dei luoghi e dell'immenso patrimonio naturalistico e culturale del Mezzogiorno;
   a rafforzare il ruolo degli enti turistici nazionali prevedendo, in particolare, un profondo rinnovamento dell'organizzazione e della missione dell'Agenzia nazionale del turismo ed una sua svolta digitale per favorire la competitività promo-commerciale internazionale dell'intero sistema culturale, turistico e della valorizzazione dei prodotti tipici e artigianali, anche contemplando in tale rinnovamento un maggiore apporto dei privati e dei vettori nazionali di trasporto alla definizione del piano di promozione nazionale;
   a sviluppare in tempi rapidi un brand Italia da promuovere a partire dai prossimi grandi eventi nazionali e regionali;
   a considerare il prossimo semestre europeo e la celebrazione di Expo 2015 quali occasioni imperdibili per promuovere il patrimonio nazionale, valorizzare al meglio le eccellenze del made in Italy e quelle artistiche, culturali e ambientali, recuperare credibilità tornando al centro dei processi di sviluppo internazionali del turismo e riaffermando l'Italia quale produttore di cultura;
   ad adottare iniziative normative urgenti di attuazione del piano strategico del turismo «Italia 2020», previsto ai sensi dell'articolo 34-quinquies del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012;
   ad individuare risorse aggiuntive rispetto a quelle nazionali e locali per il rilancio del turismo, con particolare riguardo a una quota significativa del Fondo per lo sviluppo e la coesione, nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali 2014-2020, e a quote di ogni altro possibile programma comunitario di sostegno alle imprese quale i programmi Cosme, Europa Creativa 2014-2020 e Life+;
   ad assumere iniziative per assicurare la disponibilità della banda larga in tutte le località turistiche, a servizio delle imprese e della clientela e ad intervenire con un sistema organico di politiche economiche e fiscali a sostegno di un programma di digitalizzazione e d'informatizzazione per migliorare l'offerta turistica annullando il digital divide attualmente presente rispetto agli altri Paesi a vocazione turistica;
   a mettere il turismo al centro del piano giovani per sviluppare occupazione qualificata e a favorire lo start up di imprese, in particolar modo giovanili, finalizzate alla valorizzazione e gestione del patrimonio pubblico, culturale, turistico e naturalistico;
   ad assumere iniziative per prevedere contratti di apprendistato pluridatoriali, incentivando l'aggregazione di imprese turistiche al fine di gestire un unico contratto per accrescere la professionalità dei giovani svincolando il rapporto di lavoro dalla stagionalità delle attività turistiche;
   al fine di avviare i virtuosi processi di destagionalizzazione descritti in premessa, ad introdurre, in coordinamento con le esperienze regionali già in corso, un programma volto ad offrire progetti turistici agevolati in favore del turismo della terza età e del turismo sociale, sul modello degli analoghi programmi previsti dalla Spagna e dalla Francia;
   ad assumere iniziative per rivedere l'attuale «tassa di soggiorno» che ha prodotto scompensi sul territorio tra i comuni che l'hanno istituita e quelli che non l'hanno istituita;
   ad ammodernare e semplificare il sistema dei visti al fine di favorire l'afflusso di turisti dai Paesi emergenti;
   a favorire l'aggregazione tra imprese per la gestione in comune dei servizi turistici, assumendo, anche a tal fine iniziative volte ad estendere il bonus per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica anche agli immobili adibiti ad attività turistiche, finalizzandolo anche all'adeguamento alla sicurezza antincendio;
   ad assumere iniziative per rivedere la disciplina delle guide turistiche, inserendola nel contesto del quadro normativo europeo in materia di professioni e non di servizi;
   a verificare l'apertura della Commissione europea riguardo a una maggiore flessibilità nell'applicazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio alle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo e a definire l'attesa riforma delle concessioni demaniali, per dare stabilità alle 30.000 aziende balneari e per far ripartire i necessari investimenti;
   a rafforzare i circuiti nazionali di eccellenza di cui all'articolo 22 del decreto legislativo n. 79 del 2011 e a prevedere agevolazioni similari a quelle già previste per i distretti industriali in favore dei sistemi turistici locali, di cui al citato articolo 22, qualora gli operatori turistici e gli enti di settore ivi operanti si coordinino per avanzare offerte turistiche integrate;
   a recuperare e valorizzare le identità e le specificità dei territori e il loro patrimonio ambientale, culturale ed enogastronomico anche attraverso una pianificazione agricola di qualità, competitiva e rispettosa dell'ambiente e predisponendo progetti d'offerta territoriali;
   a concepire misure per il coinvolgimento dei privati nella valorizzazione di beni e siti turistici, compresi quelli minori per favorire lo sviluppo locale, anche attraverso soluzioni che agevolino le erogazioni liberali e le sponsorizzazioni;
   a reperire le risorse finanziarie necessarie a realizzare una seria programmazione strutturale di interventi di manutenzione per tutti i principali siti archeologici a partire dai siti Unesco;
   a semplificare gli adempimenti a carico delle imprese, che rappresentano una forma di distorsione competitiva e che frenano gli investimenti e la crescita del settore;
   a promuovere la collaborazione con e tra gli enti territoriali interessati, al fine di dar vita a forme di coordinamento e razionalizzazione degli interventi nel settore del turismo, con particolare riferimento alla promozione dell'armonizzazione normativa e della semplificazione amministrativa;
   a portare sollecitamente a conclusione i lavori del tavolo volto alla definizione di standard di qualità per le strutture ricettive, tenendo conto degli orientamenti europei e, in particolare, dei temi dell'accessibilità e dell'accoglienza all'infanzia.
(1-00327)
(Nuova formulazione). «Benamati, Molea, Pagano, Schirò, Antezza».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Schirò n. 1-00395 del 24 marzo 2014;
   mozione Benamati n. 1-00401 del 24 marzo 2014;
   mozione Pagano n. 1-00402 del 24 marzo 2014;

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza Melilla n. 2-00006 del 21 marzo 2013;
   interpellanza Scagliusi n. 2-00475 del 26 marzo 2014.
   interrogazione a risposta in Commissione Cicu n. 5-02565 del 4 aprile 2014;
   interpellanza urgente Cera n. 2-00496 dell'8 aprile 2014;
   interrogazione a risposta scritta Pili n. 4-04415 dell'8 aprile 2014;

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 3 aprile 2014, l'interpellanza urgente n. 2-00491, alla pagina 11805, seconda colonna, dalla riga settima alla riga tredicesima deve leggersi: «Fregolent, Aiello, Borghese, D'Attorre, Zoggia, Epifani, Civati, Martella, Ribaudo, Gasparini, Leva, Fioroni, Bersani, Albanella, Ragosta, Pellegrino, Gnecchi, Causin, Vecchio, Lorenzo Guerini, Ferro,» e non «Fregolent, Aiello, Borghese, D'Attorre, Zoggia, Epifani, Civati, Martella, Ribaudo, Gasparini, Leva, Fioroni, Bersani, Albanella, Ragosta, Pellegrino, Gnecchi, Causin, Vecchio, Lorenzo Guerini, Ferro,», come stampato.