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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 11 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    lo sport nelle scuole di ogni ordine e grado rappresenta un'attività fondamentale, la cui pratica contribuisce non solo ad ampliare la qualità dell'offerta formativa, ma soprattutto a perseguire l'ulteriore importante obiettivo di un necessario equilibrio psico fisico nel processo di crescita dei giovani;
    con la direttiva n. 331 del 28 maggio 1997, al punto 14, il Ministero dell'istruzione, università e ricerca, ha inteso promuovere e sostenere il rilancio delle attività motorie e sportive programmate dalle scuole in quanto concorrono efficacemente alla crescita complessiva della persona;
    in tale quadro si sarebbero dovute realizzare opportunità educative nate da una nuova intesa tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Coni, anche per sperimentare nel quotidiano sempre più proficue occasioni di incontro per i giovani, da vivere compiutamente a scuola;
    la linea operativa menzionata dalla suddetta direttiva era stata già individuata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca come può rilevarsi dalla precedente circolare ministeriale n. 257/94 che conferiva alla scuola il compito di formulare risposte didattiche e occasioni formative per gli studenti al fine di contribuire anche alla lotta alla dispersione scolastica;
    da essa emerge il riconoscimento che le attività sportive rappresentano un momento importante del processo formativo dei giovani che superano l'emarginazione e il disagio attraverso attività costruttive di gruppo nella quale rispettano i ruoli, accettano le regole e valutano le proprie capacità in funzione di obiettivi comuni;
    la direttiva ministeriale n. 133/96 e il successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 567 del 1996 chiariscono l'importanza di una scuola aperta al territorio tanto è vero che favoriscono l'attivazione di ogni tipo di iniziativa nella quale le risorse del territorio possano diventare risorse per i giovani, prefigurando una continuità fra scuola ed extra-scuola;
    con circolare n. 466 del 31 luglio 1997 il Ministero della pubblica istruzione e il CONI hanno sottoscritto un protocollo d'intesa che, nel rispetto del principio di autonomia scolastica, concedeva in particolare la facoltà alle scuole di costituire associazioni sportive scolastiche alle quali potevano aderire anche alunni di scuole limitrofe;
    nello specifico tali associazioni potevano costituire gruppi sportivi all'interno della scuola e proporre agli organi collegiali competenti l'adozione dei progetti per le attività extracurriculari;
    l'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n. 275 introduce «la rete di scuole», un particolare istituto giuridico cui possono ricorrere le istituzioni scolastiche nell'ambito della propria autonomia e nell'espletamento delle loro funzioni educative istituzionali al fine di ampliare la loro offerta formativa; la «rete» va costituita mediante specifico accordo che può intervenire tra due o più scuole anche in riferimento ad intese già costituite;
    più di recente, nell'ambito della riorganizzazione delle attività di educazione fisica, motoria e sportiva nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, avviata con le Linee guida emanate dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 4 agosto 2009, uno dei punti cardine del progetto – di cui era previsto un avvio sperimentale della durata di tre anni – era costituito dalla possibilità, per le scuole secondarie, di istituire i centri sportivi scolastici, strutture organizzate all'interno della scuola e finalizzate all'organizzazione dell'attività sportiva scolastica;
    a seguito del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 il mondo scolastico è stato colpito da una scure di tagli che hanno intaccato inesorabilmente anche il sistema sportivo scolastico italiano sempre più manchevole di risorse finanziarie, tant’è che nel solo biennio 2012/2013 risulta che ben 43 milioni di euro sono stati sottratti alle attività sportive scolastiche;
    si prospetta, oltretutto, il timore di un ulteriore taglio di circa 20 milioni di euro di mancati trasferimenti alle scuole che porterà nell'anno scolastico 2014/2015 all'azzeramento delle risorse finanziarie a disposizione delle scuole italiane per lo svolgimento delle attività sportive extracurriculari;
    nonostante in linea teorica il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca continui a proporre l'attività sportiva come strumento di benessere psicofisico e di prevenzione delle patologie correlate alla sedentarietà, nella realtà dei fatti sta sempre più privando le istituzioni scolastiche delle necessarie risorse economiche utili a realizzare i percorsi formativi di carattere sportivo;
    da notizie di stampa si è appreso che i docenti di educazione motoria, a causa della sempre più irrisoria assegnazione di risorse e della conseguente impossibilità di svolgere adeguatamente l'attività di promozione dello sport, per protesta, hanno preso la dolorosa decisione di non partecipare a tutte le fasi dei giochi studenteschi e dunque hanno deciso di non aderire alle manifestazioni dei campionati studenteschi successive a quelle d'istituto e previste dal progetto ministeriale, intervenendo esclusivamente nella fase provinciale dei campionati studenteschi;
    la succitata notizia è stata confermata dalle lettere che gruppi di insegnanti di scienze motorie e sportive di più province italiane hanno inviato ai rappresentanti delle istituzioni e alle istituzioni stesse;
    in tal modo, i docenti di scienze motorie e sportive di diverse province italiane, considerata la drastica riduzione dei fondi destinati alle attività sportive scolastiche e visti i segnali, sempre più chiari nel corso degli ultimi anni, che indicano la palese volontà ministeriale di realizzare un progressivo smantellamento dello sport scolastico, a gran voce denunciano la consistente limitazione della pratica sportiva nelle scuole;
    è più che evidente che la riduzione di risorse, che ha portato a un progressivo svuotamento dei fondi disponibili, inciderà in modo particolare sulle attività complementari pomeridiane extra curriculari per l'educazione motoria; le scuole e gli enti locali ormai non dispongono più dei mezzi necessari per poter tenere aperti gli istituti in orario extracurriculare;
    è senz'altro da stigmatizzare l'assenza nelle scuole primarie di una figura professionale adeguatamente competente all'insegnamento dell'educazione motoria;
    un recente studio della Lund University in Svezia, durato 2 anni, ha infatti portato alla conclusione che «i benefici dell'attività fisica a scuola si hanno svolgendo almeno 200 minuti settimanali di ginnastica»; occorre quindi che anche in Italia si rendano obbligatorie nella scuola primaria e secondaria quelle ore settimanali di attività motoria e sportiva;
    secondo un rapporto di Cittadinanzattiva (relativo a settembre 2012), le scuole italiane sono sprovviste per circa il 46 per cento di palestre e, laddove ci sono, risultano in condizioni disastrate; il 62 per cento presenta barriere architettoniche che impediscono l'accesso alle alunne e agli alunni disabili, di questi oltre il 70 per cento viene discriminato non partecipando alle attività sportive scolastiche,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative per ripristinare le risorse già assegnate alle istituzioni scolastiche, prima dei tagli epocali effettuati dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, per consentire un adeguato svolgimento dell'attività sportiva scolastica extracurriculare, che sia continua nell'arco dell'anno scolastico e dell'intero percorso formativo dell'alunno, così rispondendo anche agli accorati appelli dei docenti, che chiedono di essere messi nelle condizioni di svolgere la loro attività;
   a predisporre tutti gli strumenti utili affinché gli uffici scolastici territoriali siano messi in condizione di garantire la massima pubblicità, anche tramite la pubblicazione on line, delle attività sportive offerte in orario extra-curriculare da ciascuna istituzione scolastica, affinché ogni alunno possa prendere agevolmente visione delle attività e scegliere di partecipare a quelle che preferisce.
(7-00341) «Simone Valente, Marzana, Luigi Gallo, Brescia, Vacca, Di Benedetto, Battelli, D'Uva».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    il 9 ottobre 1963 è una data che a molti italiani e non solo ricorda ancora oggi morte e distruzione provocate dall'acqua che fuoriuscì dall'invaso creato dalla diga del Vajont spinta dalla frana abbattutasi, non senza preavviso, sul lago artificiale. Proprio nel mese di ottobre 2013 è stato commemorato il cinquantenario della tragedia;
    nemmeno in quei giorni si sono placate le voci sulla possibile realizzazione di una centrale idroelettrica che potrebbe sfruttare le acque del torrente Vajont;
    l'idea di questa nuova centrale parte da lontano e il progetto è stato ripetutamente denunciato, senza risultati, dall'Associazione per la memoria del Vajont che lo reputa un affronto alla memoria dei caduti di quel 9 ottobre 1963. Nel 2000 l'ENEL rinunciò inspiegabilmente ai diritti di concessione. A seguito di questa decisione la regione Friuli Venezia Giulia, competente per territorio, ha concesso a dei privati (la En&En spa e la Martini & Franchi) il diritto di sfruttamento lasciando alla porta il comune di competenza, Erto-Casso, che non ha potuto esprimere un parere in proposito. Nel 2009, dopo anni di silenzio, i comuni del territorio: Longarone, Castelvallazzo, Erto-Casso hanno deliberato di costruire una società mista, pubblico-privata, coinvolgendo i privati che detenevano ancora i diritti allo scopo di sfruttare a fini idroelettrici le acque del torrente Vajont. A questa delibera risposero circa novemila cittadini che sottoscrissero una petizione che richiedeva alla regione Veneto una moratoria delle richieste di concessioni ad uso idroelettrico sul bacino del Piave preoccupati dello sfruttamento deregolamentato e giudicato estremamente aggressivo. Ad oggi infatti sono circa il 90 per cento dei corsi d'acqua alpini del bacino del Piave ad essere interessati da derivazioni a scopo idroelettrico. Il risultato purtroppo è ben visibile, con lunghi tratti di molti torrenti sostanzialmente prosciugati e compromessi da derivazioni idriche autorizzate sullo stesso senza mai aver provveduto a una valutazione degli impatti cumulativi. Sul restante 10 per cento dei corsi d'acqua ancora inalterati pendono oltre 130 richieste di nuove concessioni, ma il numero sembra essere destinato a crescere ancora;
    a queste valutazioni di puro carattere ambientale, per il torrente Vajont si aggiunge il valore non monetizzabile della memoria e del giusto rispetto che questa merita. Il progetto che lo riguarda infatti provocherà la scomparsa della «cascata» di acqua di fronte alla briglia, uno dei simboli della tragedia. Un progetto per il quale già si dice che sfrutterà l'acqua della tragedia,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, se del caso normative, per dichiarare l'area della diga del Vajont e la sua valle «monumento alla memoria» e come tale preservarla evitando ogni tipo di sfruttamento.
(7-00340) «Terzoni, D'Incà, Busto, De Rosa, Mannino, Daga, Zolezzi, Segoni, Micillo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROBERTA AGOSTINI, FABBRI, COSCIA, ERMINI, POLLASTRINI, CULOTTA, ROSATO, PES, IORI, BOSSA, D'OTTAVIO, BLAZINA, MARIASTELLA BIANCHI, ZAMPA, GADDA, TERROSI, ARGENTIN, BRANDOLIN, MANZI, MALISANI, TIDEI, GASPARINI, D'INCECCO, CAMPANA, MURER, SCUVERA, BONACCORSI, VALERIA VALENTE, STUMPO, VERINI, FERRARI, CINZIA MARIA FONTANA, DE MENECH e CARRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la violenza maschile contro le donne è una priorità da affrontare nel nostro Paese;
   associazioni, centri antiviolenza ed enti locali non possono essere lasciati soli ad affrontare un fenomeno che non ha carattere emergenziale, ma è di tipo strutturale, per il quale sono necessari obiettivi condivisi, risorse, strumenti e quindi una vera e propria strategia;
   per avviare politiche efficaci di contrasto alla violenza, il Parlamento nei mesi scorsi ha approvato la legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, a cui ha fatto seguito l'approvazione della legge n. 119 del 2013, la cosiddetta legge contro il femminicidio, nella quale si prevede l'avvio di un Piano nazionale contro la violenza e lo stanziamento di risorse anche a sostegno del lavoro dei centri antiviolenza e delle case rifugio (17 milioni di euro per il biennio 2013-2014);
   il precedente Governo ha dunque avviato i tavoli di lavoro della task force interministeriale prevedendo il confronto tra istituzioni e associazioni per elaborare il nuovo Piano nazionale antiviolenza, individuando misure volte sia alla prevenzione del fenomeno che al sostegno e all'accoglienza delle vittime;
   a seguito della riunione del Consiglio dei ministri dell'8 aprile 2014 risulta che la delega alle pari opportunità rimane tra le attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri;
   nonostante il lavoro avviato nei mesi scorsi, il nuovo Piano nazionale antiviolenza non è stato ancora predisposto –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione al fine di avviare il Piano nazionale antiviolenza e di assegnare i finanziamenti stanziati, per rilanciare con forza le politiche di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne. (4-04474)


   DI BATTISTA, TOFALO, DEL GROSSO, SIBILIA, SCAGLIUSI e GRANDE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio Renzi ospite in televisione a «Otto e mezzo» il 4 aprile 2014, su La7, parlando di nomine ai vertici delle aziende pubbliche, tra cui l'ENI, ha testualmente detto: «L'Eni è oggi un pezzo fondamentale della nostra politica energetica, della nostra politica estera, della nostra politica di intelligence. Cosa vuol dire intelligence ? I servizi, i servizi segreti»;
   l'affermazione nella sua complessità ad avviso degli interroganti non potrebbe essere attribuita da nessun psicolinguista o neurologo del linguaggio ad un lapsus in quanto è frutto di una argomentazione logica, annunciata nella sua espressività e poi enfaticamente esplicata;
   l'affermazione pertanto consapevole del Presidente Renzi, cui tra l'altro nell'ordinamento giuridico italiano rispondono i servizi segreti, deve essere o vera o falsa;
   se l'affermazione fosse vera sarebbe gravissima in quanto il Presidente del Consiglio rende noto che i servizi, da lui controllati, obbediscono a impostazioni extra-istituzionali non previste nel diritto italiano, in quanto espressione non dello Stato ma di un'azienda e dovrebbe con urgenza provvedere a una operazione di «pulizia» istituzionale immediata;
   se l'affermazione è sostanzialmente falsa è stato inferto un grave vulnus di credibilità all5istituzione e all'ENI stesso che può minare il futuro dei contratti energetici all'estero in quanto i concorrenti dell'ENI possono, a questo punto, sostenere che il Kombinat Servizi italiani/ENI costituisca un distorsore forte della concorrenza internazionale;
   è comunque da approfondire in alcune situazioni puntuali, come è avvenuto purtroppo anche per altri Paesi occidentali, le strane confusioni tra ruoli dello Stato e quelli e delle imprese energetiche; cosa che ad esempio sembra essere esistita nel caso Shalabayeva, come è emerso nel corso della trasmissione RAI Report del 16 dicembre 2013 —:
   se le affermazioni consapevoli del Presidente del Consiglio Renzi siano vere o false;
   qualora le affermazioni fossero false, cosa che ad avviso degli interroganti lascerebbe presagire una palese ignoranza delle competenze istituzionali in capo al Presidente Renzi, se non sia il caso di dare luogo a una immediata forte smentita pubblica;
   per quanto riguarda il caso Shalabayeva, se non sia il caso di un approfondimento sull'eventuale ruolo anomalo dei servizi italiani nell'intera vicenda. (4-04485)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCOTTO, QUARTAPELLE PROCOPIO e LOCATELLI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agenzia d'informazione «Gedab News», in un articolo intitolato «Crisis in the Eritrean Army», ha affermato di essere venuta a conoscenza di gravi problemi all'interno dell'esercito eritreo;
   una numerosa serie di diserzioni sta difatti ridimensionando nettamente la forza militare eritrea: numerose compagnie sono state trasformate in plotoni, diversi plotoni si sono dovuti ricalibrare in squadre e svariate squadre sono state definitivamente disassemblate;
   intanto, anche la costruzione di una milizia popolare ha subito un graduale rallentamento;
   sembra che agricoltori e pastori abbiano abbandonato armi fornitegli e sessioni di addestramento per tornare alle loro attività;
   nonostante qualche miliziano svolga ancora compiti di guardia notturna, siamo ben lontani dalle cifre di un anno fa, quando la milizia popolare permanente poteva contare su circa 150.000 unità impegnate in compiti di polizia e di guardia;
   le condizioni di vita delle fasce sociali più deboli sono sempre più drammatiche, ed il tutto si innesta in una situazione di corruzione diffusa e di continuo aumento delle imposte da pagare;
   dopo le dichiarazioni del presidente Isaias Afewerki, concernenti la volontà di riorganizzare l'intero sistema delle forze armate eritree, l'esercito è entrato in una fase di evidente sbandamento;
   molti soldati, tra cui diversi ufficiali, sono scomparsi nell'entroterra del Paese o fuggiti attraverso il confine con il Sudan o, in misura nettamente minore, in Etiopia;
   diversi soldati, dopo essere rientrati da missioni o periodi di congedo, hanno scoperto lo scioglimento della propria squadra, e sono stati messi in attesa a tempo indeterminato;
   tra i casi più evidenti di disorganizzazione, quello che ha destato più evidente scalpore è stato certamente la nomina a Capo dell'esercito del maggiore generale Gebregziabher Andemariam, anche conosciuto come «Wuchu», avvenuta postuma, giacché all'epoca egli era già morto da diverse settimane;
   il maggiore generale Andemariam aveva ricevuto cure mediche in Eritrea e Sudan, dopodiché era stato mandato in Italia, dove sembrerebbe essere rimasto per un tempo considerevole;
   Andemariam sarebbe stato curato nei pressi di Como, ma poi i medici italiani avrebbero deciso di rimandarlo in Eritrea, essendo divenuto impossibile un recupero dalla grave malattia che lo aveva colpito;
   il maggiore generale Andemariam sarebbe rientrato ad Asmara su un aereo noleggiato ed accompagnato da un medico italiano, rientrato nel nostro Paese subito dopo aver accompagnato «Wuchu», ormai devastato dalla malattia, tanto da essere morto poche settimane dopo;
   la notizia di un soggiorno (peraltro abbastanza lungo) del maggiore generale Andemariam in Italia rappresenta una rivelazione sorprendente e profondamente inquietante;
   Andemariam è infatti uno dei più importanti generali del regime eritreo, e s’è macchiato nel corso degli anni di atti deprecabili, come l'arresto nel 2001 di migliaia di studenti universitari e di decine di giornalisti e figure politiche d'opposizione, colpevoli esclusivamente d'aver protestato contro le politiche del regime –:
   se nell'arrivo di Andemariam in Italia e nella sua permanenza nel nostro Paese abbia avuto un qualche ruolo il nostro Governo;
   se i trasporti, il soggiorno e le cure del maggiore generale Andemariam in Italia siano stati pagati dallo Stato eritreo o dallo Stato italiano;
   se non ritenga che sia stata del tutto inopportuna la permanenza in Italia di uno dei maggiori artefici della dittatura militare eritrea. (5-02622)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARTINI, RIZZO, FRUSONE, CORDA, PAOLO BERNINI, BASILIO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   le navi dell'operazione Mare nostrum svolgono, in piena sintonia con le convenzioni internazionali, una doverosa opera di soccorso in mare di migranti e rifugiati lasciati alla deriva da trafficanti di uomini senza scrupoli;
   la salvaguardia della vita umana in mare è principio giuridico fondamentale e inderogabile ed è alla base del diritto internazionale del mare. Infatti anche il protocollo addizionale alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, firmato a Palermo il 15 dicembre 2000, ratificato e reso esecutivo con legge 16 marzo 2006, n. 146, prevede, tra l'altro, l'obbligo di assicurare l'incolumità e il trattamento umano delle persone a bordo di un'imbarcazione sospettata di trasportare migranti in condizioni irregolari (articoli 9 par. 1(a) e 18 par. 5) e l'obbligo di proteggere e assistere le vittime di traffico, in particolare donne e bambini (articolo 16);
   recentemente è stato reso noto un video – riportato nelle pagina on line di diversi quotidiani – in cui si vedono e si sentono distintamente nove colpi di mitragliatrice sparati dalla nave Aliseo durante l'operazione nei confronti di un barcone con scafisti a bordo nel canale di Sicilia il 9 novembre 2013. Il natante, sospettato di aver trascinato dalle coste nordafricane a largo di quelle italiane una nave carica di migranti, sarebbe poi affondato a causa dei buchi nello scafo procurati dai proiettili della mitragliatrice;
   il ricorso alla forza per fermare i responsabili del traffico di esseri umani può essere legittimo ma deve essere ovviamente proporzionato;
   l'identificazione delle navi e dei migranti nel mare internazionale da parte delle unità militari italiane è prevista sia dal diritto internazionale del mare, sia dall'articolo 12, commi 9-bis, 9-ter, 9-quater e 9-quinquies del testo unico delle leggi sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998). Il decreto del Ministro dell'interno 14 luglio 2003 prevede inoltre norme di coordinamento e di comportamento per le navi militari che si propongono non soltanto la salvaguardia della vita in mare, ma anche il contrasto di eventuali natanti che trasportino migranti a fini di sfruttamento o favoreggiamento dell'immigrazione irregolare;
   l'articolo 7 del sopracitato decreto ministeriale prevede che l'azione di contrasto sia sempre improntata alla salvaguardia della vita umana ed al rispetto della dignità della persona. Solo su conformi direttive della direzione centrale le unità navali procedono, ove ne ricorrano i presupposti, all'effettuazione dell'inchiesta di bandiera, alla visita a bordo, qualora sussista un'adeguata cornice di sicurezza, ed al fermo delle navi sospettate di essere utilizzate nel trasporto di migranti clandestini; in acque internazionali, può essere esercitato il diritto di visita formalmente autorizzato dal Ministro dell'interno anche nell'ipotesi di interventi da effettuarsi su natanti privi di bandiera e dei quali non si conosce il porto di partenza;
   lo stesso articolo 7 prevede che la visita a bordo di mercantili sospettati di essere coinvolti nel traffico di migranti deve avvenire in una cornice di massima sicurezza, onde salvaguardare l'incolumità del team ispettivo e dei migranti stessi e che qualora si renda necessario l'uso della forza, l'intensità, la durata e l'estensione della risposta devono essere proporzionate all'intensità dell'offesa, all'attualità e all'effettività della minaccia;
   l'uso sproporzionato della forza non può certo essere legittimato nemmeno dalla circostanza che dell'operazione sia stata costantemente informata la procura della Repubblica. A tal proposito, la direzione nazionale antimafia ha fornito all'inizio del 2014 precisi chiarimenti normativi circa le associazioni per delinquere dedite al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e i navigli usati per il trasporto di migranti con attraversamento di acque internazionali e ha formulato precise proposte operative per la soluzione dei problemi di giurisdizione penale nazionale e circa le possibilità di intervento, tra le quali si richiama espressamente l'articolo 7 del decreto ministeriale in questione;
   sul caso riportato dal video pubblicato in diversi giornali on line la magistratura ha aperto una inchiesta –:
   cosa risulti dal rapporto della nave Aliseo sui fatti del 9 novembre 2013 e sull'uso ripetuto di armi da fuoco e quali siano le ragioni per le quali, nella conferenza stampa della Marina, si affermi che il natante sia affondato senza fare cenno alcuno alla causa (ovvero, presumibilmente, i buchi prodotti dai proiettili sparati dalla nave italiana);
   quali siano le regole d'ingaggio impartite dallo Stato maggiore della Marina militare alle unità partecipanti all'operazione Mare nostrum in merito al contrasto via mare del traffico di esseri umani e sull'eventuale uso della forza e di armi da fuoco. (5-02618)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BASSO, TULLO, GIACOBBE e PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stato annunciato dal Governo e dall'amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti che in tempi rapidi e comunque entro il 2014 si realizzerà la quotazione in Borsa di Fincantieri, controllata da Cdp attraverso Fintecna;
   la società di cantieristica navale ha registrato, nel 2013, un utile d'esercizio pari a 85 milioni di euro, dopo aver scontato oneri estranei alla gestione ordinaria e non ricorrenti per 80 milioni, l'Ebitda si è attestato a 298 milioni con un ebitda margin al 7,8 per cento, e i ricavi sono stati pari a 3.811 milioni con ordini per 4.998 milioni di euro, che portano il portafoglio a 12.900 milioni;
   i dati includono il consolidamento integrale di Vard holdings Limited (già Stx Osv holdings Limited), una delle società leader a livello mondiale nella costruzione di mezzi di supporto alle attività di estrazione e produzione di petrolio e gas naturale, di cui Fincantieri ha acquisito il 50,75 per cento lo scorso 23 gennaio 2013;
   a novembre del 2013 Fincantieri ha collocato presso investitori istituzionali un primo prestito obbligazionario per un ammontare di 300 milioni con cedola del 3,75 per cento annuo e scadenza a 5 anni, un prestito che ha permesso di allungare la scadenza media dell'indebitamento del gruppo e di ottimizzarne la struttura;
   l'emissione ha registrato un'elevata adesione da parte degli investitori, raccogliendo ordini per oltre 2 miliardi di euro;
   in tale contesto si colloca il pacchetto di privatizzazioni annunciato dal Governo che riguarda Poste, Enav, società controllate da Ferrovie dello Stato e da Cassa depositi e prestiti, come appunto Fincantieri, azienda appetibile tra gli investitori che si vorrebbe aprire al capitale privato;
   la crisi del settore della cantieristica non è ancora finita, come dimostra il proseguimento della cassa integrazione in vari cantieri navali;
   è necessario, come ha dichiarato l'amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, Giovanni Gorno Tempini, che «il nucleo aziendale rimanga competitivo e ancorato al nostro territorio» –:
   quali misure intenda assumere il Governo affinché le risorse rivenienti dalla quotazione siano finalizzate, anche ai fini della tutela dell'occupazione nel settore, esclusivamente al sostegno della crescita dei cantieri italiani, attraverso:
    a) il finanziamento urgente da parte dello Stato delle commesse già in essere, slittate per carenza di fondi disponibili, e di quelle previste per i prossimi anni;
    b) un investimento straordinario di Fincantieri nell'innovazione tecnologica di prodotto e di processo, in corsi permanenti di qualificazione professionale per il personale, nella modernizzazione dei cantieri navali (attraverso opere infrastrutturali, acquisto di nuovi macchinari e attrezzature). (5-02617)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante in data 10 marzo 2014 ha trasmesso al Ministro interrogato una nota contenente la copia dell'interrogazione n. 4-03809, riguardante la Convenzione MIT e Passante Dorico Spa per il collegamento viario del porto di Ancona con la grande viabilità ovvero la concessione della cosiddetta «Uscita Ovest» del porto di Ancona. L'atto di sindacato ispettivo, non ha ancora avuto risposta;
   la predetta Convenzione è stata siglata il 18 dicembre 2013 tra il capo della struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali e il presidente del consiglio di amministrazione della Passante Dorico Spa ed è stata trasmessa dal MIT al MEF per il prescritto concerto, prima di essere trasmessa alla Corte dei conti per la registrazione;
   la Convenzione stipulata contiene, ad avviso dell'interrogante, non poche incongruenze, quando non vere e proprie disposizioni in contrasto con le leggi e le delibere CIPE riguardanti l'infrastruttura suddetta ed in particolare, solo per citarne alcune:
    «la clausola inserita all'articolo 9-bis della Convenzione: “9-bis RECESSO, REVOCA e RISOLUZIONE DELLA CONVENZIONE” Il Concessionario avrà diritto ad un indennizzo/risarcimento a carico del Concedente in ogni caso di recesso e/o comunque cessazione anticipata del rapporto di Convenzione pur indotto da atti e/o fatti estranei alla volontà del Concedente, anche di natura straordinaria e imprevedibile. Tale indennizzo sarà pari alla sommatoria tra: a) il valore delle opere realizzate, più gli oneri accessori; b) le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione; c) un indennizzo, a titolo di risarcimento del mancato guadagno, pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire»;
   si tratta di una clausola tanto «originale» quanto pericolosa. Se il concessionario, per propria scelta, decide di non eseguire più l'opera, lo Stato paga, non solo i lavori già eseguiti e le spese sostenute, ma anche una penale del 10 per cento di quanto non eseguito. Una clausola che all'interrogante sembra fatta apposta per incentivare le incompiute e che potrebbe costare molto cara allo Stato (ai cittadini) in quanto oscillante tra i 40-45 milioni di euro;
   il Piano economico finanziario e il Piano regolatorio finanziario sono quelli redatti nel 2007, mentre la delibera CIPE prevede che i predetti piani devono essere aggiornati all'atto della firma della convenzione;
   al riguardo, ad avviso dell'interrogante, occorre evidenziare come a causa del perdurare degli effetti della crisi economica, rispetto alle previsioni contenute nel piano economico-finanziario, redatto nel 2007, ed allegato alla convenzione sottoscritta in data 18 dicembre 2013, sono drasticamente peggiorate sia le condizioni richieste dal mercato finanziario per il finanziamento dell'opera che, soprattutto, i volumi di traffico che hanno subito per l'area interessata all'opera una contrazione oscillante tra il 30 per cento ed il 50 per cento. Anche le tariffe da pedaggio restano quelle previste nello schema di Convenzione 2012. Le tariffe medie alla data di riferimento del PEF (2007, dallo svincolo di Ancona Centro (A14) al porto sono pari a: veicoli leggeri 0,24 Euro al chilometro; veicoli pesanti 0,46 euro al chilometro. Le tariffe indicate sono da intendersi a valori 2007 e dovranno essere attualizzate alla data di entrata in esercizio del Collegamento Autostradale in base al meccanismo previsto dall'articolo 14.1 dello schema di convenzione. Le tariffe medie all'utente alla data di entrata in esercizio del collegamento autostradale, sarebbero insostenibili in quanto essendo il tracciato previsto nel progetto preliminare lungo 10,7 chilometri. Il costo del pedaggio per i veicoli leggeri è pari a 2,5 euro e per i veicoli pesanti pari a 4,9 euro. Se si aggiunge il maggiore percorso sull'A 14 tra Ancona Nord e Ancona Centro o tra Ancona Sud e Ancona centro il costo del pedaggio è di 3 euro per auto e moto; di 6,30 euro per camion e bus –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti e se il Ministro abbia raggiunto il concerto con il MIT o se sia giunto a diverse determinazioni e in tal caso quali siano. (5-02619)


   BARGERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141 ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori apportando, tra l'altro, alcune modifiche al Titolo VI del Testo unico bancario – TUB di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, in particolare introducendo un nuovo titolo VI-bis avente ad oggetto la disciplina degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi;
   il provvedimento mirava, sulla spinta del legislatore dell'Unione europea, a uniformare l'operatività nel mondo del leasing in tutta Europa; tuttavia il legislatore delegato italiano ha introdotto norme più stringenti di quelle previste dalla direttiva comunitaria che stanno penalizzando l'attività degli operatori di settore e limitando la concorrenza a scapito del consumatore finale;
   in particolare l'articolo 11 del citato decreto n. 141 del 2010 ha inserito ex novo l'articolo 128-quater del Testo unico bancario introducendo l'obbligo per gli agenti in attività finanziaria del monomandato, dell'incompatibilità tra la figura di agente in attività finanziaria e quella di mediatore creditizio e la previsione di requisiti più stringenti per quest'ultima figura professionale;
   il provvedimento ha così stravolto l'impianto passato laddove gli agenti, non obbligati da alcun mandato esclusivo, potevano offrire alla clientela i prodotti finanziari di più banche così favorendo la concorrenza tra i produttori, a garanzia del consumatore finale; la limitazione introdotta dalla legge alla possibilità di offrire prodotti di più intermediari finanziari impedisce invece agli agenti di soddisfare le reali esigenze della clientela, dovendosi questa oggi rivolgere ad una pluralità di interlocutori per conseguire un reale confronto tra i prezzi e le prestazioni offerte dai singoli intermediari;
   il pericolo di danno al consumatore dovuto alla creazione di reti verticali in esclusiva tra ogni intermediario e l'agente, è stato sollevato più volte anche dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato; tuttavia la norma è entrata in vigore nonostante queste riserve;
   l'Autorità ha chiarito come il veto nei confronti delle clausole di esclusiva abbia l'obiettivo di incentivare l'apertura delle reti distributive superando assetti storicamente basati su rapporti in monomandato tra compagnie di assicurazione e agenti;
   in conseguenza di quanto sopra riportato, il successivo articolo 26 del decreto n. 141 del 2010, comma 4-bis, ha previsto la cancellazione del diritto degli agenti del settore di ottenere dalle società preponenti l'indennità di fine rapporto prevista dall'articolo 1751 del codice civile al momento della cessazione del rapporto in conseguenza del recesso, nonché la cancellazione del diritto al risarcimento degli eventuali danni;
   gli agenti, obbligati al monomandato, sono stati di conseguenza costretti a dismettere tutti gli ulteriori mandati rispetto a quello optato senza poter godere del diritto all'indennità di fine rapporto, previsto espressamente dall'articolo 1751 del codice civile, dalla contrattazione collettiva nonché dai singoli contratti in vigore stravolgendo il sistema di tutela della figura degli agenti;
   l'articolo 26, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 141 del 2010, nella parte in cui esclude l'applicabilità dell'articolo 1751 del codice civile e del diritto al risarcimento degli eventuali danni agli agenti che ottemperano all'obbligo di cui all'articolo 11, comma 4, del medesimo decreto, appare all'interrogante privo di fondamento legislativo e in contrasto con i principi di cui agli articoli 76 e 77 della Costituzione;
   né l'articolo 33 della legge di delegazione, né la direttiva 2008/48/CE che delimita l'oggetto della delega, contengono alcuna disposizione dalla quale si potrebbe trarre in via interpretativa l'esclusione dell'applicabilità dell'articolo 1751 del codice civile –:
   quale sia l'orientamento del Ministro in relazione ai fatti espressi in premessa e come intenda intervenire al fine escludere l'obbligo del mandato esclusivo per gli agenti finanziari, in tal modo ampliando l'offerta alla clientela di prodotti finanziari e favorendo la concorrenza a garanzia del consumatore finale, nonché reintegrando l'indennità di fine rapporto a favore degli agenti che hanno ottemperato all'obbligo di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141. (5-02621)


   TURCO, MICILLO, CURRÒ, AGOSTINELLI, RIZZETTO, CIPRINI, LOREFICE e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   giustamente l'Agenzia delle entrate ha impostato un regime di incentivi economici legati al raggiungimento di obiettivi quali-quantitativi, che per ciascun singolo dirigente possono ammontare a diverse migliaia di euro annue, a seconda della fascia dirigenziale che occupano;
   gli incentivi economici intendono premiare la professionalità dei dirigenti dell'Agenzia, che si dimostrerebbe nella capacità di selezionare i soggetti da accertare più a rischio irregolarità, poiché non potendo accertare tutti, si deve, comunque, raggiungere un obiettivo monetario di recupero di imposte non versate, ma con un numero ben definito di accertamenti mirati (cosiddetti obbiettivi quali-quantitativi);
   la dirigenza, tuttavia, non essendo in grado di selezionare a priori i contribuenti «giusti», ossia i contribuenti più a rischio irregolarità dai quali si potrà con più alto grado di probabilità avere un accertamento proficuo, ottiene lo stesso risultato adeguando i dati complessivi;
   se si notificassero tutti gli accertamenti assegnati, elaborati dai funzionari con esito positivo, si otterrebbero risultati monetari in linea con gli obbiettivi quantitativi di produttività fissati (l'obbiettivo quantitativo), ma con un numero di accertamenti eccessivo e quindi si mancherebbe l'obiettivo qualitativo, generando così il mancato rispetto di entrambi i parametri qualitativi e quantitativi;
   accade spesso, quindi, che durante l'anno vengano fissate delle soglie minime di valore per ciascun singolo accertamento (la maggior imposta accertata, MIA), sotto le quali soglie gli accertamenti vengono abbandonati (sebbene siano stati lavorati attraverso tutte le varie fasi, resesi necessarie per quantificare tali soglie), e questa soglia tende sempre più a venire innalzata via via che ci si avvicina alla fine dell'anno, con disposizioni di servizio o semplici indicazioni verbali;
   l'evidenza che il dato sia irregolare però lo mostrano due indicatori il valore «soglia» crescente degli accertamenti durante l'anno e la carenza o mancanza di accertamenti con esito negativo (dei quali sarebbe obbligatoria l'attivazione);
   appare quindi che per ottenere ingenti riconoscimenti economici oltre che per integrare i requisiti richiesti per rimanere nell'incarico dirigenziale, la dirigenza dell'Agenzia delle entrate, in particolare nelle regioni che emanano ordini di servizio denominati «criteri di proficuità comparata», attui pratiche sostanzialmente manipolative sul reale numero di accertamenti tributari avviati venendo a discriminare arbitrariamente i diversi contribuenti;
   non risulta agli interroganti se gli organi di audit interno si siano pronunciati sulla questione o abbiano comunque approfondito gli effetti che tale pratica produce, anche sotto il profilo dell'attento utilizzo delle risorse pubbliche;
   la discriminazione grave per il contribuente consiste nel fatto che se il suo accertamento viene effettuato ad inizio anno, può essere accertato anche per poche centinaia di euro di maggiore imposta, se per fortuna, l'accertamento temporalmente si effettua verso la fine dell'anno, quando sono già state accertate un buon numero di somme non versate, tale accertamento può essere abbandonato se non ipotizza un valore «soglia» minimo (soglia che è stata progressivamente innalzata nel corso dell'anno), superiore a diverse migliaia di euro;
   per il personale non dirigenziale che deve eseguire gli ordini, o i pesantissimi consigli dei dirigenti superiori, ciò comporta un grave carico di lavoro e stress, in quanto è costretto ad un'ampia serie di accertamenti che non gli vengono riconosciuti, tutti quelli relativi a pratiche che accertano un irregolarità tributaria ma per le quali le somme sono ritenute non idonee al raggiungimento dell'obbiettivo, lavoro che viene buttato nel cestino perché non deve comparire. Come se non fosse mai stato svolto;
   la mancanza di capacità di programmazione e selezione ex-ante degli accertamenti potenzialmente idonei ad ottenere risultati soddisfacenti da parte dei dirigenti si scarica quindi sul restante personale degli uffici, sottoposto ad accertamenti a tappeto dei quali solo alcuni saranno utilizzabili perché al di sopra della «soglia» fissata in quel particolare momento dell'anno, con evidente ed inefficiente dispendio di energie;
   i premi economici per la produttività, di maggiore rilevanza, invece, vengono comunque erogati solo nei confronti dei dirigenti;
   va infine aggiunto che una parte dei dirigenti, i quali, attraverso questa dispendiosissima pratica descritta, finiscono per farsi attribuire consistenti premi annuali, vengono nominati discrezionalmente per mezzo di un semplice, e ad avviso degli interroganti, potenzialmente in contrasto con l'articolo 97 ultimo comma della Costituzione, incarico da parte della direzione generale centrale, anziché attraverso un trasparente sistema di avanzamento meritocratico, fondato sul superamento dei concorsi pubblici –:
   se sia al corrente della situazione prospettata;
   se e quali strumenti abbia attualmente a disposizione per poter far cessare le pratiche descritte;
   se ed in quali forme intenda interessare dei fenomeni descritti la magistratura contabile della Corte dei conti;
   se e quali misure urgenti intenda adottare per ottenere la pubblicazione degli stipendi e degli emolumenti ulteriori percepiti dai singoli dirigenti sul sito dell'Agenzia delle entrate, come previsto dall'articolo 21, comma 1, legge n. 69 del 18 giugno 2009 («Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile»);
   se e quali provvedimenti intenda promuovere in merito alla necessità di stimolare gli organismi di controllo interno, centrali e regionali, dell'Agenzia delle entrate, al rispetto dei doveri d'ufficio onde evitare le pratiche descritte volte a far ottenere ai dirigenti premi economici dalla pubblica amministrazione;
   se e quali strumenti intenda utilizzare per ottenere il ripristino di un sistema di nomina dei dirigenti coerente con il dettato costituzionale;
   se e attraverso quali sistemi di controllo intenda garantire ai cittadini contribuenti una modalità di accertamento imparziale, non determinata dagli obbiettivi che il singolo dirigente di ciascun ufficio deve raggiungere per avere diritto all'erogazione del premio economico di produttività;
   se e per mezzo di quali provvedimenti intenda riconoscere ai dipendenti dell'Agenzia delle entrate tutto il lavoro effettivamente svolto. (5-02624)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Tropea (Vibo Valentia) è comune famoso nel mondo per le sue bellezze naturalistiche e paesaggistiche, cui si accompagna un centro storico letteralmente affacciato sul mare e collegato all'omonimo premio letterario nazionale, già aperto al grande tema dell'integrazione fra le culture;
   l'economia di Tropea è legata alla sua vocazione turistica, la quale deriva anzitutto dalla natura e dalle bellezze del territorio, che con l'abitato costituiscono un insieme;
   con decreto dirigenziale n. 3582 del 04 aprile 2008, la regione Calabria approvava un bando per progetti integrati finalizzati alla riqualificazione, recupero e valorizzazione dei centri storici calabresi;
   con delibera di giunta regionale n. 170 del 8 aprile 2009, ai suddetti interventi veniva destinata la somma complessiva di euro 155.448.469,67;
   con delibera di giunta regionale n. 157 del 31 marzo 2009 veniva approvato il Programma attuativo regionale (Par Calabria collegato al Fas 2007-2013);
   con decreto dirigenziale n. 6642 del 24 aprile 2009, la regione Calabria approvava la graduatoria di merito e l'elenco degli interventi ammessi a finanziamento;
   con delibera di giunta regionale n. 171 del 27 febbraio 2010, la regione Calabria aggiornava il relativo quadro finanziario;
   con delibera n. 79 del 30 luglio 2010, il Cipe congelava l'utilizzo delle risorse derivanti dai rientri finanziari del Fas, di cui al predetto quadro finanziario aggiornato;
   il 26 settembre 2011, i progetti per i centri storici venivano candidati a finanziamento sull'Intesa generale quadro di programma (Igq) Governo-regioni nell'ambito del Piano straordinario per il Mezzogiorno;
   a seguito di successiva istruttoria, i progetti considerati venivano inclusi nei piani di utilizzo per il Fondo di sviluppo e coesione (Fsc) con la programmazione Cipe per la Regione Calabria delle risorse residue FAS 2000/2006, a modifica delle precedenti delibere del Cipe;
   con delibera n. 89 del 3 agosto 2012, il Cipe dava alla regione Calabria risorse pari a 97.814.635,95 euro per la riqualificazione dei centri storici;
   nell'ambito degli interventi ammessi a finanziamento veniva inserito il progetto del Comune di Tropea, dell'importo di 3.586.544,40 euro, avente per oggetto il recupero e la riqualificazione di Palazzo Giffone – palazzo nobiliare del XIX secolo, ubicato in largo Municipio, già residenza della famiglia Giffoni e sede del ginnasio-liceo «Pasquale Galluppi», del catasto urbano, dell'ufficio del registro e della Guardia di finanza – per la realizzazione di un centro Mediterraneo di cultura e innovazione;
   con convenzione del 13 maggio 2013, il dipartimento urbanistica e territorio della regione Calabria e il comune di Tropea stabilivano, modificando precedente atto analogo, i reciprochi obblighi in relazione al finanziamento per il succitato recupero, avente come attuatore il comune di Tropea e quale l'obiettivo la realizzazione di «uno spazio ed un contenitore culturale dedicato ai ragazzi, capace di affrontare i temi della diversità, dell'integrazione, della socializzazione, della crescita umana e culturale», utilizzando Palazzo Giffone come «centro studi sull'ambiente, i popoli e le culture del Mediterraneo»;
   prima ancora, e precisamente con atto del 13 dicembre 2008, l'Agenzia del demanio concedeva Palazzo Giffone in uso al comune di Tropea e per la durata di 25 anni;
   in un articolo pubblicato l'otto gennaio 2014 sul portale Internet di «Sole 24 Ore», si fa riferimento a Palazzo Giffone tra «i gioielli dello Stato in vendita» «ma solo dopo il via libera del ministero dei Beni culturali»;
   il 22 gennaio 2014 l'Agenzia del demanio-direzione regionale Calabria comunicava di essere stata autorizzata, con decreto ministeriale del 23 dicembre 2013, alla vendita a trattativa privata di beni di proprietà dello Stato e quindi del suddetto immobile, la cui compravendita veniva poi formalizzata con apposito contratto, datato 28 dicembre 2013;
   con delibera del 25 febbraio 2014, nell'esercizio delle competenze e dei poteri della giunta comunale, il commissario straordinario del comune di Tropea, Anna Aurora Colosimo, per difendere le ragioni dell'ente proponeva ricorso al Tar del Lazio avverso il summenzionato decreto ministeriale, nominando all'uopo un legale –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto;
   se il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia autorizzato la riferita vendita di Palazzo Giffone;
   quali provvedimenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano adottare al fine di consentire l'attuazione del progetto di riqualificazione di palazzo Giffone già finanziato, e l'uso da parte del comune di Tropea di cui alla convenzione con l'Agenzia del demanio richiamata in premessa. (4-04473)


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in linea con le previsioni della spending review è stato predisposto un piano di revisione dell'assetto organizzativo degli uffici territoriali allo scopo di razionalizzare l'impiego del personale in funzione della effettiva richiesta di servizi da parte dell'utenza e di economizzare i costi di gestione delle strutture interessate;
   in attuazione di questo piano, si dispone la soppressione degli uffici territoriali di Caprino Veronese, Schio, Fossano, Arona e sono stati chiusi anche 5 uffici dell'Agenzia delle entrate in alcune cittadine siciliane fra cui Cefalù;
   ancora una volta il territorio nazionale e siciliano in particolare rischia di essere penalizzato e mortificato da scelte che priveranno i cittadini di servizi essenziali a causa di decisioni assunte per meri calcoli matematici e che non tengono in considerazione le reali esigenze della popolazione –:
   se il Ministro abbia valutato le conseguenze che le sopra citate chiusure avranno sul territorio, in particolare per i centri che non sono ben collegati con la sede di riferimento più vicina, e se intenda prendere provvedimenti per evitarle dirottando i tagli della spending review in altri settori. (4-04479)


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sui quotidiani nei giorni passati si è letto degli arresti operati in Campania su disposizione della locale direzione investigativa antimafia a carico dell'ex deputato Nicola Cosentino, già indagato per altre vicende di camorra, di suo fratello e di altre persone sospettate di appartenere a un forte nucleo camorristico;
   tra queste persone arrestate nel blitz c’è il nome di Giovanni Adamiano;
   si legge su Il fatto Quotidiano del 9 aprile 2014 che «Nicola Cosentino aveva garantito ad Adamiano un interessamento per l'assunzione di un figlio presso Equitalia»;
   si riscontra effettivamente sul web un tale Vittorio Adamiano funzionario in Equitalia spa; tale Vittorio Adamiano è stato giocatore calcistico nella squadra di Equitalia e secondo marcatore nella Coppa Fisco, nonché docente alla Luiss –:
   se Vittorio Adamiano lavori effettivamente in Equitalia e in quale settore, per esempio in uffici speciali o nell'ufficio delle morosità rilevanti, cioè delle cartelle di importo superiore a un milione di euro;
   se sia il figlio di Giovanni Adamiano la persona raccomandata, stando agli inquirenti, dal Cosentino giusto per entrare in Equitalia;
   se siano in corso delle attività di audit sulla vicenda e se comunque è stato disposto l'eventuale trasferimento di Vittorio Adamiano a funzioni dove in ogni caso non abbia possibilità anche indiretta di lavorare in materia di cartelle esattoriali. (4-04480)


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 9 aprile 2014 per una vicenda ennesima e seriale di cartelle esattoriali Equitalia ritoccate sono stati operati degli arresti dalla Guardia di finanza a Roma su delega come polizia giudiziaria della procura di Roma nella persona del procuratore aggiunto Nello Rossi;
   l'azione della procura di Roma si è dispiegata in questa fase iniziale con una decina di arresti e svariate persone indagate; tra le persone arrestate c’è il funzionario Equitalia Sud, Salvatore Fedele;
   i reati ipotizzati, a vario titolo e secondo le singole posizioni, sono corruzione, concussione, bancarotta fraudolenta e documentale, truffa aggravata ai danni dello Stato, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e omesso versamento delle imposte;
   scrive Carlo Bonini ne La Repubblica del 10 aprile 2014 «Fedele non era infatti sconosciuto a Equitalia, che lo aveva sospeso il 19 settembre dello scorso anno dopo le prime perquisizioni della finanza. Ma, il primo aprile, era stato regolarmente reintegrato. È vero che vale la presunzione di innocenza, ma, scrive il gip, è altrettanto vero che dentro Equitalia, Fedele nuotava come un pesce nell'acqua. La sua condotta, per altro in parte ammessa dallo stesso – scrive il magistrato – si inserisce in una apparente, ma anche verosimile e concreta aria di illegalità generalizzata all'interno della struttura dell'Ente di riscossione, con favoritismi e discriminazioni diffuse a tutti i livelli»;
   pertanto il Fedele, malgrado la conoscenza dei suoi problemi con la giustizia da parte dei vertici di Equitalia, dopo un periodo di sospensione era stato inopinatamente reintegrato;
   inoltre i magistrati nella vicenda di specie rilevano l'illegalità generalizzata all'interno di Equitalia, «con favoritismi e discriminazioni diffuse a tutti i livelli»; inoltre l'interrogante aveva da ultimo già riscontrato con atti ispettivi 4-03497, 4-03436, 5-01868, 4-04183, la presenza sistemica e diffusa, non episodica, di sospensioni dolose e fittizie di cartelle esattoriali sia da parte di semplici funzionari sia da parte di alcuni dirigenti di Equitalia, segnatamente nell'area romana;
   il giornale il Tempo del 10 aprile 2014 parlando del reticolo criminale esistente in Equitalia a Roma scrive: «Uno spaccato del «sotto bosco» interno a Equitalia lo fa lo stesso Fedele... Il direttore dell'epoca Sabia (Giovanbattista, attuale direttore di Equitalia Calabria, ndr) mi ha presentato Damassa (Roberto, ex funzionario Equitalia, già arrestato a marzo scorso per fatti simili, ndr). Damassa mi chiese un compenso di 500 euro per ciascun rateizzo (...) Damassa era uno che aveva molte “entrature”. Veniva spesso in ufficio, nella direzione generale dove lavoravo io, perché aveva stretti rapporti con Pasquini (Francesco, ex direttore regionale Equitalia del Lazio e attuale direttore regionale Liguria, ndr) (...) Le richieste le faceva Ballo e Damassa aveva i suoi agganci per farle accogliere (...) In proposito so che Damassa si rivolgeva a Pasquini perché intercedesse presso il funzionario, tale Sabrina Neri, preposto alla istruttoria della pratica» –:
   quali provvedimenti d'urgenza siano stati adottati per impedire il ripetersi seriale in Equitalia di episodi che determinano danno erariale grave e perdita di immagine per la Repubblica italiana;
   se, a fronte della deriva giudiziaria ormai evidente, non sia il caso dell'azzeramento dei vertici del sistema Agenzia delle entrate/Equitalia. (4-04482)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANI, VERINI, FRANCESCO SANNA, MARROCU e MURA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Iglesias è una struttura penitenziaria di recente costruzione, inaugurata nei primi anni novanta, ospitando inizialmente detenuti comuni con condanne di media durata;
   nel 2010 viene cambiata la classificazione dell'istituto penitenziario e ad esso vengono affidati detenuti condannati per reati sessuali e attinenti, collaboratori di giustizia ed ex appartenenti alle forze dell'ordine (carabinieri, poliziotti e altro), che per ovvie ragioni presentano profili di criticità nella convivenza con altre tipologie di detenuti;
   di recente sono state realizzate ulteriori opere di completamento della struttura tra cui due locali adibiti a officina/laboratorio che ospitano imprese esterne che operano con l'ausilio di detenuti regolarmente retribuiti dando così concretezza a programmi di recupero;
   all'interno del carcere è presente una biblioteca dove si svolgono lezioni di prima alfabetizzazione nonché sono attivi corsi per il conseguimento della licenza media del diploma e persino corsi di laurea in collaborazione con l'università;
   nell'ambito delle prerogative attribuite in quanto deputato l'interrogante si è recato in visita presso il carcere, ha incontrato il personale, i detenuti e le loro famiglie nonché alcune associazioni di volontariato che operano all'interno della struttura che ha potuto constatare trovarsi in buone condizioni pur con la necessità di alcuni interventi manutentivi;
   i detenuti ospitati nell'istituto di Iglesias sono sottoposti alla cosiddetta «vigilanza dinamica», uno dei primi casi in Italia, in conformità alle direttive della Corte di giustizia di Strasburgo, che consente al detenuto di trascorrere almeno otto ore fuori dalla propria cella, tra aria (almeno 4 ore al giorno) e salette ricreative;
   sono rispettate le misure minime di spazio per detenuto (i detenuti sono allocati in camere con due posti letto con relativa camera per i servizi igienici) e a tutti i detenuti è consentito di poter svolgere colloqui con i propri familiari in appositi e idonei spazi;
   da diverso tempo e nelle ultime settimane in maniera sempre più pressante circolano voci e indiscrezioni anche a mezzo stampa di una possibile chiusura della struttura penitenziaria con un possibile trasferimento in tempi brevi dei detenuti «sex offender» presso le altre strutture in particolare presso il penitenziario di Bancali, a Sassari;
   sarebbe davvero paradossale in una condizione che vede il nostro Paese in forte criticità per sovraffollamento delle carceri pensare di chiudere un istituto penitenziario che si configura come una struttura, recente, efficiente e con progetti sperimentali in atto –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale ipotesi e se non intenda di conseguenza rivedere eventuali decisioni assunte al fine di consentire la piena operatività dell'istituto penitenziario di Iglesias considerata, come evidenziato nelle premesse, la peculiarità della struttura detentiva. (5-02616)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Rimini è caratterizzata da un'evidente discrasia numerica tra la popolazione anagraficamente residente (330.000 abitanti) e quella effettivamente presente (15 milioni di presenze registrate nel 2013) sul territorio provinciale. Le presenze registrate nelle sole strutture ricettive ammontano ad oltre 15.000.000 con una media mensile di circa 1.300.000 persone, con picchi nei mesi di luglio e agosto sino a 4.500.000/4.700.000 unità;
   il divario tra popolazione residente e presenze non sussiste solo durante il periodo estivo ma anche durante il periodo compreso tra settembre e maggio causa il processo di destagionalizzazione dell'offerta turistica riminese, unitamente alla presenza di importanti opere e strutture (fiera di Rimini, il palacongressi di Rimini, i centri congressi di Riccione, Bellaria e Cattolica);
   il calendario delle manifestazioni turistiche è divenuto per importanza e durata il secondo in Italia dopo Milano. Consolidata, è altresì la presenza di decine di migliaia di giovani che ogni fine settimana, in tutti i periodi dell'anno, si riversano nei noti locali della riviera;
   tali massicce presenze si riverberano evidentemente sulla delittuosità. La provincia riminese occupa – a livello nazionale – la seconda posizione nel rapporto tra reati commessi e popolazione residente e come confermato anche recentemente nel rapporto del presidente della corte d'Appello di Bologna, la provincia di Rimini occupa la terza posizione – in Emilia Romagna – per numero di procedimenti penali aperti e la prima posizione per il rischio di infiltrazione di associazioni criminali di stampo mafioso come peraltro confermato nella relazione DIA presentata nel febbraio di quest'anno;
   in relazione a tali fattori di rischio la provincia di Rimini è stata inserita nel progetto «mappatura criminalità organizzata» che consente il censimento delle organizzazioni criminali e dei soggetti ad esse collegati;
   nell'ultimo periodo si è verificata, altresì una forte recrudescenza dei reati predatori e del fenomeno della prostituzione su strada – fenomeni che destano un particolare allarme sociale, tant’è che sono state avviate pacifiche iniziative di protesta dei cittadini;
   negli ultimi anni è notevolmente cresciuto il fenomeno dell'abusivismo commerciale, in particolare quello su spiaggia, tant’è che nella decorsa estate in carenza di adeguati rinforzi, la prefettura di Rimini ha stipulato un apposito accordo con le associazioni di categoria e gli istituti di vigilanza e operatori del volontariato, per presidiare, nei limiti previsti dalla normativa gli accessi alle spiagge mediante guardie particolare giurate;
   la situazione attuale degli organici delle forze di polizia non considera tali peculiarità che caratterizzano la provincia di Rimini;
   la determinazione della pianta organica – avvenuta nella provincia di Rimini all'atto dell'istituzione con decreto ministeriale del 1996 – è tuttora commisurata al mero dato demografico della popolazione residente, e conseguentemente da tempo appare non più adeguata a far fronte, con corrispondente efficacia al locale livello qualitativo della vita ed alle aspettative della società civile ed imprenditoriale locale, alle multiformi esigenze che caratterizzano questa provincia sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica. La dotazione organica di Rimini non può, quindi, essere più rapportata alla sola popolazione residente, considerato anche che, non solo nel periodo estivo, si ricorre di frequente ad aggregazioni, peraltro con conseguenti oneri aggiuntivi per l'amministrazione;
   la consistenza organica della questura di Rimini è di 212 unità, numero, questo, inferiore persino alla consistenza di Isernia (220 unità) che ha registrato nel 2012 n. 3004 delitti denunciati contro i 23.710 della provincia di Rimini;
   anche la comparazione con le province limitrofe o di analoghe dimensioni evidenzia una situazione di criticità nel territorio di Rimini, ad esempio:
    la questura di Rimini (residenti capoluogo 114.118) ha una consistenza organica di 212 unità e un tasso di delittuosità pari a 23710;
    la questura di Prato (residenti capoluogo 192.130) ha una consistenza organica di 280 unità e un tasso di delittuosità pari a 15693;
    la questura di Pesaro (residenti capoluogo 94.705) ha una consistenza organica di 167 unità e un tasso di delittuosità pari a 12911;
    la questura di Forlì (residenti capoluogo 116.271) ha una consistenza organica di 209 unità e un tasso di delittuosità pari a 10819;
    la questura di Ravenna (residenti capoluogo 160.243) ha una consistenza organica di 223 unità e un tasso di delittuosità pari a 23556;
    la questura di Isernia (residenti capoluogo 22.015) ha una consistenza organica di 220 unità e un tasso di delittuosità pari a 3004;
   se non ritenga necessario rivedere – anche nel contesto dell'attuale riorganizzazione dei presidi sul territorio – gli attuali criteri di determinazione delle dotazioni organiche delle forze di polizia, rendendoli strutturali e più rispondenti sia per durata della presenza sia per consistenza degli organici alle effettive esigenze dei territori;
   se intenda valutare in sede di determinazione dei contingenti da inviare per il periodo estivo le peculiarità della provincia di Rimini, e pertanto di anticiparne l'invio almeno al 1o luglio e stabilirne la presenza fino al 15 settembre (per coprire anche il MotoGP che si disputa a Misano), tenuto anche conto che il contingente di 30 militari assegnato alla suddetta provincia per il concorso nei servizi di perlustrazione e pattugliamento è stato convogliato – fino a data imprecisata – in Campania (Terra dei fuochi) facendo venir meno un importante apporto ai servizi di controllo del territorio. (4-04478)


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   domenica 30 marzo 2014, a Pordenone, si è svolto un presidio autorizzato delle associazioni animaliste davanti al Circo Millennium, in maniera pacifica e non violenta;
   al termine del presidio si è scatenata una vera e propria spedizione punitiva, secondo quanto raccontato da vittime, testimoni e riportato anche dalla stampa locale, messa in atto da alcuni addetti del circo che hanno dapprima circondato una delle auto dei manifestanti, tirando fuori con la forza gli occupanti che stavano per tornare alle proprie abitazioni, fino a richiudere con violenza lo sportello sulla gamba di uno di loro, per poi picchiarli duramente, e hanno poi proseguito rivolgendo la loro rabbia verso le altre persone intervenute;
   il bilancio, come da referti del Pronto soccorso dell'ospedale di Pordenone, è: una ragazza con trauma cranico e prognosi di una settimana e altri quattro attivisti con volti tumefatti, labbra spaccate e traumi di varia entità;
   stando alle cronache, due agenti in borghese della polizia di Stato avrebbero riportato contusioni mentre intervenivano per separare le parti;
   la Digos ha identificato cinque circensi aggressori;
   consapevoli che i fatti avvenuti testimoniano un assalto violento, ingiustificabile e un atto penalmente rilevante che ora la magistratura dovrà giudicare nella sua gravità, i circensi hanno messo in atto un gravissimo e preoccupante tentativo di giustificazione;
   secondo loro non vi sarebbe stata alcuna volontà di andare allo scontro fisico degli animalisti. Semmai accusano gli attivisti della LAV e di Animalisti Friuli Venezia Giulia di aver creato un clima d'odio intorno al mondo del circo. Odio che è invece possibile trovare sulla pagina Facebook dell'evento creata dagli attivisti della LAV e delle altre associazioni, dove i difensori dell'attività circense hanno postato insulti e minacce, anche di morte, rivolte agli animalisti –:
   se ritenga, alla luce di questi gravissimi fatti, di impartire disposizioni affinché il diritto alla manifestazione del pensiero, tutelato dalla nostra Costituzione, da parte delle persone contrarie all'uso degli animali nei circhi, possa essere esercitato senza il pericolo di essere aggrediti e per impedire in futuro un'ulteriore escalation di violenza, viste le preoccupanti dichiarazioni degli enti di categoria che non scoraggiano affatto tali aggressioni;
   se non ritenga sia il caso di far intervenire il Governo con una nuova normativa che impedisca l'utilizzo di animali nei circhi, come invocato dall'opinione pubblica e già deciso da altri Paesi europei e del resto del mondo anche al fine di impedire ulteriori eventi di questo tipo e garantire l'ordine pubblico sul territorio. (4-04484)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARZANA, LUIGI GALLO, BRESCIA, VACCA, SIMONE VALENTE, D'UVA, BATTELLI, DI BENEDETTO e CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da una recentissima indagine lanciata dal portale Skuola.net su circa 15000 studenti emerge che quando il professore di ruolo si assenta anche per qualche giorno, le classi sono lasciate a sé stesse;
   nello specifico, facendo riferimento ai risultati dell'indagine predetta, durante l'assenza di qualche giorno dell'insegnante, circa il 35 per cento degli studenti dichiara che, durante l'ora di buco, restano completamente da soli poiché la classe rimane scoperta senza alcun tipo di sorveglianza, nel 10 per cento dei casi la classe viene divisa; nei periodi di assenza che superano i 15 giorni il 43 per cento degli studenti sostiene che per settimane o mesi non ha avuto né docente né supplente; all'inizio del nuovo anno scolastico il 40 per cento degli studenti ha avuto assegnato il professore di ruolo solo a lezioni inoltrate;
   prima del decreto-legge n. 112 del 2008 della legge n. 133 del 2008 le ore per sopperire all'esigenza di supplire il docente assente venivano coperte con i fondi del FIS assegnandole o ad un altro docente o ad un supplente;
   con la nuova legge per assegnare un docente nuovo e sostituire il collega che si assenti uno o più giorni, una scuola pubblica italiana percepisce annualmente una somma che non supera i 2-3 mila euro riuscendo a coprire il fabbisogno di circa solo 100 ore di sostituzioni;
   se i fondi del Ministero dell'economia e delle finanze-Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per coprire le ore di supplenza venissero utilizzati ogni qualvolta si rendesse necessario, già prima della pausa natalizia di ogni anno, gli istituti avrebbero già estinto l'intero finanziamento ministeriale;
   secondo quanto previsto dal CCNL 2006-09 con particolare riguardo all'articolo 25, comma 6, e all'articolo 39, comma 3, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 73 della legge n. 112 del 2008 n. 133 del 2008, negli istituti di medie e superiori la convocazione di un nuovo docente deve rappresentare una necessità e non una regola;
   quando si assenta un docente, i dirigenti scolastici a causa della «mancanza di fondi appositi», per non nominare i supplenti, praticano di tutto: suddivisione degli alunni nelle altre classi, utilizzo della contemporaneità (docente di sostegno - Itp) per coprire le classi scoperte; si fanno entrare gli alunni dopo l'orario programmato di funzionamento della scuola o li si fa uscire prima del loro termine;
   risultano fortemente compromesse la continuità didattica, in particolare degli alunni con disabilità, e la sorveglianza, senza contare che «se uno studente si fa male, si rischiano conseguenze penali»;
   in una nota della FLC CGIL, nell'incontro al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 27 marzo 2014 nella fase di informazione preventiva ai sindacati sugli organici del personale docente per il 2014-2015, viene confermato che a fronte di un aumento costante di alunni (+34.000 la previsione per il prossimo anno scolastico), a fronte di richieste di statalizzazione di alcune scuole fino ad oggi gestite dagli Enti locali, a fronte di un aumento di nuove sezioni di scuola dell'infanzia statale, la dotazione complessiva di posti rimanga rigorosamente ferma a quelle di 3 anni fa, cioè a quelle dell'anno scolastico 2011-2012 (600.839 posti in totale); senza poi tenere conto che, se si va a vedere la proiezione dei dati dal 2008 ad oggi, si osserva che a fronte di un aumento costante di alunni, c’è stato un taglio epocale, dal 2008 al 2011, di 81.000 posti docenti;
   la qualità della scuola passa anche dalla certezza degli organici e dalla loro stabilità –:
   come il Ministro interrogato, alla luce dei dati sopra riportati e delle discutibili pratiche operate dai dirigenti, intenda intervenire rispetto alla necessità di garantire la continuità didattica e la sorveglianza;
   con quali iniziative intenda garantire il rispetto del diritto allo studio degli alunni con disabilità attraverso un corretto utilizzo degli insegnanti di sostegno;
   se intenda ripristinare l'entità delle risorse a disposizione delle scuole così come previste prima del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 al fine di assicurare le sostituzioni dei docenti assenti;
   se, in virtù dei disagi arrecati agli istituti, in particolare nella prima parte dell'anno scolastico, intenda stabilizzare tutti i posti vacanti e ampliare gli organici anche in considerazione del costante aumento degli alunni. (5-02620)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 3 dicembre 2011 un'insegnante, residente a San Giovanni in Fiore, presentava ricorso avverso la graduatoria di istituto per incarico di supplente su ore disponibili per la classe di strumenti a percussione attiva presso l'istituto «G. V. Gravina» di Crotone, presso cui è attivo un liceo musicale;
   la suddetta insegnante risulta in possesso del diploma specifico, del cosiddetto «vecchio ordinamento», conseguito presso il conservatorio di musica statale per insegnamento di strumenti a percussione di cui alla nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca protocollo n. A00DPIT 272 del 14 marzo 2011 allegato E;
   nella riferita graduatoria d'istituto, l'insegnante succitata è stata più volte collocata al secondo posto, sempre superata da altri che, secondo la stessa, sarebbe stato in possesso di diploma triennale in musica, scienza, spettacolo e tecnologia del suono, rilasciato dal politecnico di Vibo Valentia;
   per le scuole inferiori e superiori a indirizzo musicale, i titoli che consentono l'accesso alla specifica classe di concorso A077 sono, in base alla normativa ministeriale, il diploma di conservatorio secondo il vecchio ordinamento nello specifico strumento e il diploma di conservatorio di II livello nello specifico strumento;
   richiamando la normativa in vigore, l'insegnante scrisse nel succitato ricorso che i diplomi di I e II livello rilasciati dal consorzio del politecnico di Vibo Valentia non costituiscono titolo di accesso per l'insegnamento di strumento musicale nelle classi delle scuole medie e dei licei, aggiungendo che il diploma di II livello rilasciato dal politecnico di Vibo Valentia consente l'insegnamento, nei soli licei musicali, delle materie a indirizzo tecnologico;
   nel ricorso in parola l'insegnante chiedeva la revisione della graduatoria di merito al dirigente scolastico dell'istituto «G. V. Gravina» di Crotone, invitando all'intervento il direttore del conservatorio di musica di Cosenza, firmatario di apposita convenzione per cui il conservatorio avrebbe partecipato all'individuazione dei docenti del liceo musicale attivo presso il succitato istituto;
   ancora, partecipando il ricorso di cui si tratta, l'insegnante sollecitava un intervento del direttore dell'ufficio scolastico della Calabria e informava il dirigente pro tempore dell'ufficio ministeriale per il personale scolastico;
   l'interrogante ha più volte investito l'Afam e la direzione generale per il personale dell'istruzione, rappresentando la necessità di risposte – per una definizione della vicenda secondo le norme di legge – alle questioni poste dall'insegnante tramite il proprio legale, avvocato Vincenzo Tiano, centrate sull'equipollenza tra il titolo di studio posseduto dalla medesima e quello del collega assegnatario di supplenza per la classe di strumenti a percussione attiva presso l'istituto «G. V. Gravina» di Crotone;
   la dirigente dell'ufficio II della direzione generale dell'Afam chiariva all'interrogante, alla ricerca del quadro normativo, che «il corso di secondo livello in “Musica, Scienza e Tecnologia del Suono” è un corso sperimentale biennale, autorizzato con decreti ministeriale 4 settembre 2003, n. 462/AFAM, attivato dall'anno accademico 2003/2004 in collaborazione tra il conservatorio di musica di Vibo Valentia e il consorzio “scientia et ars”. La sua validità legale è indicata all'articolo 1 del predetto decreto, analogamente a tutti gli altri corsi sperimentali per il conseguimento del diploma accademico di secondo livello»;
   la suddetta dirigente aggiungeva che «il titolo finale di secondo livello è rilasciato congiuntamente dalle due istituzioni e rientra tra le tipologie di nuovi titoli di studio previsti dalla legge n. 508 del 1999 con l'obiettivo di fornire una formazione di livello specialistico in ambito professionale», precisando che «con il decreto ministeriale n. 77 del 30 luglio 2004 il suddetto Consorzio “scientia et ars” e il conservatorio di musica di Vibo Valentia sono stati autorizzati ad attivare, a decorrere dall'anno accademico 2004/05, il triennio sperimentale per il conseguimento del titolo accademico di primo livello in “musica, scienza e tecnologia del suono”»;
   la stessa dirigente evidenziava poi, che «il titolo finale di diploma accademico di primo livello, avente valore legale, è rilasciato congiuntamente dalle due istituzioni, i suddetti decreti ministeriali – n. 77 del 30 luglio 2004 e n. 462 del 4 settembre 2003, relativi rispettivamente all'attivazione del triennio sperimentale di primo livello e del biennio sperimentale di secondo livello in “Musica, Scienza e tecnologia del suono” – sono stati revocati con effetto immediato con decreto ministeriale n. 162 del 29 ottobre 2007, il cui articolo 2 precisa che “gli studenti già iscritti nell'a.a. 2006-2007 ai predetti corsi potranno concludere il percorso formativo già iniziato”»;
   per ultimo, la medesima dirigente notiziava l'interrogante che «avverso il predetto decreto ministeriale n. 162 del 29 ottobre 2007 è stato poi presentato ricorso al Tar, che ne ha disposto la sospensione, con conseguente ripristino dei corsi fino alla definizione del giudizio nel merito»;
   in ogni caso né la direzione generale dell'Afam né quella del personale dell'istruzione fornivano nel tempo chiarimenti univoci in ordine all'equipollenza o meno tra il diploma nello specifico strumento rilasciato dal conservatorio di musica statale e il diploma triennale in musica, scienza, spettacolo e tecnologia del suono rilasciato dal politecnico di Vibo Valentia, ai fini del rammentato incarico d'insegnamento nell'istituto «G. V. Gravina» di Crotone –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto;
   se non ritenga di disporre un chiarimento definitivo da parte degli uffici ministeriali di competenza in relazione al valore, per lo specifico insegnamento di strumento a percussione nel suddetto liceo musicale di Crotone, dei due diversi titoli di studio, uno pubblico, l'altro privato, menzionati in premessa. (4-04471)


   DALL'OSSO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, SIMONE VALENTE e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 4 agosto 2000 prevede che gli obbiettivi formativi qualificanti dei laureati nei corsi di laurea in scienze delle attività motorie e sportive devono possedere competenze relative alla comprensione, alla progettazione, alla conduzione e alla gestione di attività motorie a carattere educativo, adattativo, ludico o sportivo;
   le stesse devono essere finalizzate allo sviluppo, al mantenimento e al recupero delle capacità motorie e del benessere psicofisico ad esse correlato, con attenzione alle rilevanti specificità di genere;
   il decreto-legge 8 maggio 1998, n. 178, all'articolo 2, lettera b), sancisce che il corso di laurea in scienze motorie è finalizzato all'acquisizione di adeguate conoscenze di metodi e contenuti culturali, scientifici, professionali nell'area della prevenzione e dell'educazione motoria adattata finalizzata a soggetti di diversa età e a soggetti disabili –:
   se e come il Governo intenda intervenire in materia al fine di tutelare gli operatori qualificati con corsi universitari nello svolgimento delle pratiche di attività di recupero delle capacità motorie, competenza comune con la figura del fisioterapista;
   se il Governo abbia intenzione di promuovere un'iniziativa normativa atta a regolamentare definitivamente la figura professionale del laureato in scienze motorie, con particolare riferimento al recupero delle attività motorie. (4-04476)


   GALATI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con circolare n. 34 del 1o aprile 2014, il Dipartimento per l'istruzione del Ministero dell'istruzione, università e ricerca ha trasmesso ai direttori generali degli Uffici scolastici regionali lo schema del decreto interministeriale recante le dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2014/2015;
   secondo le determinazioni stabilite, riportate nella Tabella allegata alla medesima Circolare, il totale dei componenti della dotazione organica del personale docente a livello nazionale non subirebbe variazioni rispetto all'anno scolastico 2013/2014, rimanendo inalterato nella misura di n. 600.839 unità;
   se a livello nazionale tali dotazioni organiche rimangono invariate, diversificazioni significative si riscontrano però tra le varie regioni italiane, con un grande divario che emerge tra le regioni del Nord Italia e quelle del Sud, laddove le prime beneficiano di significativi incrementi delle unità di personale, mentre le regioni del Sud risultano fortemente penalizzate da tale determinazione;
   più in particolare, per le regioni Lombardia ed Emilia Romagna sono stabiliti, incrementi determinati, rispettivamente, nella misura di n. 410 unità di personale per la prima e n. 396 per la seconda; significativi incrementi sono stabiliti anche per le regioni Toscana (+269) e Lazio (+246);
   di contro si riscontra però una significativa e corrispondente diminuzione delle unità di personale tra le regioni meridionali, laddove la regione Sicilia subirebbe una decurtazione di n. 504 unità di personale rispetto all'anno scolastico precedente, seguita dalla regione Puglia (–340), Campania (–387) e Calabria (–183);
   proprio con riferimento alla regione Calabria, in particolare, i tagli si concentrano nei comparti degli ordini delle scuole primaria e secondaria di primo grado, nei quali la misura dei tagli è pari, rispettivamente, a –68 e –111 unità di personale;
   secondo quanto esplicato dalla medesima circolare, la ripartizione a livello regionale dell'organico complessivamente definito in ambito nazionale è stata effettuata tenendo conto di criteri quali: il numero di alunni risultanti dall'organico di fatto dell'anno scolastico 2013/2014, l'entità della popolazione scolastica riferita all'anno 2014/2015 rilevata dall'anagrafe degli alunni; l'andamento delle serie storiche della scolarità degli ultimi anni, oltre che dei criteri dettati dall'articolo 2, commi 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;
   a parere dell'interrogante, ai fini della configurazione di un sistema scolastico realmente efficiente ed idoneo a supportare processi di istruzione e formazione di qualità, o quantomeno, attestati su livelli qualitativi apprezzabili e oggettivamente sufficienti, tale ripartizione dovrebbe tener conto di altri criteri e variabili, di natura non strettamente numerica, che appaiono essenziali nell'ambito dei processi di determinazione e razionalizzazione del sistema scolastico, per ovviare all'effetto della configurazione di un sistema scolastico ed istituzionale determinato in maniera automatica e senza tener conto, ad esempio, dei tassi di dispersione ed abbandono scolastico che, secondo le informazioni disponibili, risultano pericolosamente in aumento, oltre che delle crescenti dimensioni del fenomeno sociale dei cosiddetti «NEET» (Not in education, employment or training), cioè di quella fascia di popolazione, di età compresa tra i 15 ed i 19 anni che, secondo le analisi sociologiche ed economiche, non risulta né occupata né inserita in un percorso di istruzione o formazione. Si ricorda che con riferimento a questo fenomeno, i dati che pervengono sono allarmanti, come dimostra una recente rilevazione di ANIEF-CONFEDIR, secondo la quale la categoria sociale dei NEET in Italia comprenderebbe ben 2 milioni e 250 mila giovani. Un dato ancor più preoccupante, se letto e considerato congiuntamente ai dati sulla disoccupazione giovanile, attestati sui massimi storici ormai da diversi anni;
   nell'ambito di tale quadro sociale, considerato estremamente preoccupante ed allarmante e con riferimento alle ultime determinazioni effettuate per l'assegnazione delle dotazioni organiche di personale docente –:
   quali iniziative il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga di poter avviare, al fine di ridurre il divario emerso tra le regioni del Nord Italia e quelle meridionali a seguito della determinazione delle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2014/2015;
   quali misure il Ministro possa attuare al fine di promuovere modalità di determinazione di tali dotazioni che siano improntate a criteri non esclusivamente numerici, ma tengano conto anche delle variabili emergenti dalla società civile considerata nella sua complessità e se intenda promuovere la configurazione di un sistema scolastico statale realmente efficiente ed idoneo a supportare adeguatamente l'istruzione e lo sviluppo sociale, in tutte le regioni italiane a parità di condizioni. (4-04477)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   NUTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la società European Air-Crane srl è una società con sede legale a Firenze, facente parte del gruppo della multinazionale americana Erickson Air-Crane Inc che ne possiede il 49 per cento assieme al certificato S-64 rilevato a suo tempo dall'azienda Sikorsky, mentre un ulteriore 49 per cento è detenuto dalla società Eliario Italia Spa, di proprietà della multinazionale spagnola INAER, e il restante 2 per cento appartiene alla famiglia di Gianfranco Blower, già presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della società;
   il gruppo Erickson Air-Crane si occupa, tra le altre cose, di produzione di elicotteri e formazione del personale pilota di tali mezzi;
   come riportato in un precedente atto di sindacato ispettivo dall'interrogante, n. 4-03744 – lo stato italiano iniziò ad utilizzare elicotteri forniti dal gruppo Erickson Air Crane dal 1999, tramite contratti di leasing, e successivamente procedette all'acquisto, nel 2003, di 4 elicotteri Erickson S-64, assieme ad una serie di servizi accessori, per un valore di 95 milioni di dollari;
   sin da allora lo Stato italiano ha provveduto all'emissione di bandi per l'esercenza dei velivoli acquisiti, in quanto sprovveduta di un numero di piloti e tecnici sufficienti per l'esercenza in proprio;
   agli interroganti risulta che dal 1999 ad oggi, per i contratti siglati dallo Stato italiano con le società del gruppo Eirckson Air Crane, sono state spese alcune centinaia di milioni di euro;
   questi contratti comprendevano anche la formazione di piloti e tecnici dello Stato Italiano al fine di poter, in futuro, procedere all'esercenza in proprio dei velivoli precedentemente acquistati;
   tuttavia, risulta agli interroganti che solo una parte minoritaria dei piloti e dei tecnici avviati alla formazione, in Italia e all'estero, con relativo cospicuo esborso di denaro pubblico, sia oggi in possesso delle qualificazioni necessarie per utilizzare gli elicotteri S-64 e, comunque, risultano essere ad oggi in numero a malapena sufficiente per l'esercenza in proprio di un solo velivolo;
   il 6 marzo 2014 è stato pubblicato il bando di gara con procedura ristretta accelerata, con scadenza per la presentazione delle proposte fissato al 26 marzo 2014 e un prezzo base di 1,7 milioni di euro per la durata di 9 mesi, sino a dicembre 2014: tale bando prevede l'esercenza di soli due elicotteri S-64, di cui uno per la stagione antincendio e per attività di protezione civile e l'altro mantenuto come riserva del primo;
   in altre parole, stando alle informazioni in possesso degli interroganti e ai requisiti inserti nel bado di gara sopra citato, posto che questo abbia un esito positivo, vi saranno solo due elicotteri operativi per l'intera stagione antincendio, di cui uno gestito dal Corpo forestale dello Stato e uno dalla società European Air Crane;
   questo nonostante i precedenti contratti siglati con le società del gruppo Air-Crane abbiano previsto la formazione di piloti e tecnici, con elevati oneri a carico dello Stato; 
   ad oggi, a fare le spese delle vicende intercorse tra la società European Air Crane e il Corpo forestale dello Stato sono stati i dipendenti della parte amministrativa della società stessa, che risultano ad oggi essere stati tutti licenziati, e i piloti e i tecnici, precedentemente avviati alla formazione e successivamente abbandonati, non consentendo a questi di conseguire o mantenere l'abilitazione necessaria, con un aggiuntivo sperpero di denaro pubblico;
   i velivoli americani Erickson S-64 derivano da elicotteri modello Sikorsky progettati nel corso degli anni cinquanta ed impiegati durante la guerra del Vietnam, per poi essere, successivamente, acquistati dalla società Erickson Air-Crane e riprogettati per un loro impiego nel settore antincendio: comportano, dunque, un elevato consumo di carburante e, conseguentemente, un elevato costo economico, così come molto costose risultano essere la manutenzione e la riparazione dei mezzi –:
   come intenda affrontare l'imminente inizio della stagione antincendio boschivo 2014;
   per quali motivi le società del gruppo Erickson Air-Crane non abbiamo provveduto a formare adeguatamente personale della pubblica amministrazione per la conduzione dei velivoli Erickson S-64;
   se non ritenga opportuno attivarsi per accertare, per le parti di propria competenza, l'elevato ammontare dei contratti siglati con le società del gruppo Erickson Air Crane;
   per quali ragioni si sia proceduto nel corso di tutti questi anni a firmare contratti per la gestione, la locazione e l'acquisto di velivoli Erickson S-64, tramite trattativa privata e se il Ministro non intenda verificare che tali procedure siano state effettuate conformemente a quanto disposto dalla legge in materia;
   a quanto ammonti la somma complessiva esatta pagata dalle pubbliche amministrazioni per la gestione, la locazione, l'acquisto di velivoli Erickson S-64 e per gli altri contratti siglati con le società del gruppo Erickson Air-Crane Inc. (4-04481)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   BOCCADUTRI, PIAZZONI e AIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la normativa vigente in materia di medicinali omeopatici deriva dal nuovo Codice europeo (Capo II D.Lgs 219/2006) e dalle modifiche introdotte con il Decreto Legislativo n. 274 del 29.12.2007 (Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2008);
   per medicinale omeopatico si intende ogni medicinale ottenuto a partire da sostanze denominate materiali di partenza per preparazioni omeopatiche o ceppi omeopatici, secondo un processo di produzione omeopatico descritto dalla farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee utilizzate ufficialmente negli Stati membri della Comunità europea;
   l'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale omeopatico è rilasciata con procedura semplificata di registrazione se il medicinale:
    a) è destinato ad essere somministrato per via orale od esterna;
    b) non reca specifiche indicazioni terapeutiche sull'etichetta o tra le informazioni di qualunque tipo che si riferiscono al prodotto;
    c) ha un grado di diluizione tale da garantire la sicurezza; in ogni caso il medicinale non può contenere più di una parte per diecimila di tintura madre, né più di 1/100 della più piccola dose eventualmente utilizzata nell'allopatia per le sostanze attive la cui presenza in un medicinale allopatico comporta l'obbligo di presentare una ricetta medica;
   i medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano alla data del 6 giugno 1995 sono soggetti alla procedura semplificata di registrazione prevista dagli articoli 16 e 17 del Codice europeo, anche quando non abbiano le caratteristiche di cui alle lettere a) e c);
   la suddetta procedura di registrazione prevede, in particolare, che dopo il 31 dicembre 2015 solo i medicinali omeopatici in possesso di un numero AIC e di un formale provvedimento autorizzativo potranno continuare ad essere commercializzati sul territorio italiano;
   nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 2014 sono state pubblicate le nuove tariffe che le aziende omeopatiche saranno tenute a pagare per la registrazione;
   le suddette tariffe sono state tuttavia aumentate di circa 700 volte e le cifre che le aziende dovranno versare all'atto della presentazione della domanda, secondo un calcolo fatto dall'AIFA, potranno aggirarsi fino anche a più di 20.000 euro per ogni medicinale omeopatico unitario;
   avverso il suddetto decreto è stato proposto dalle aziende produttrici ricorso al Tar Lazio, che lo ha annullato, in quanto l'aumento delle tariffe superava il 10 per cento concesso, e peraltro avveniva attraverso una riclassificazione delle categorie degli stessi medicinali omeopatici;
   da notizie provenienti dagli organi di stampa si apprende che l'AIFA intenderebbe procedere a innalzare nuovamente le tariffe di registrazione dei medicinali omeopatici secondo la procedura semplificata;
   il mercato delle aziende produttrici di farmaci omeopatici è composto da piccole e medie imprese che hanno tutte delle produzioni piuttosto limitate. Si calcola, in particolare il 95 per cento dei medicinali omeopatici unitari in commercio viene venduto in lotti inferiori ai 5000 pezzi all'anno, a volte in solo poche decine di pezzi. Ne deriva che i ricavi, in questi casi, non sono nemmeno sufficienti a coprire le spese di produzione;
   la conseguenza dell'innalzamento di tali costi di registrazione sarà l'eliminazione dal mercato italiano della grande maggioranza delle aziende produttrici, con la sopravvivenza delle sole aziende più grandi, con conseguente impoverimento dell'offerta di medicinali omeopatici presenti nel nostro paese; le grandi aziende produttrici, infatti, hanno una produzione che per il 90 per cento riguarda farmaci da banco;
   il suddetto innalzamento rischierebbe dunque, di far scomparire l'omeopatia in Italia, oltre ad avere conseguenze drammatiche sul fronte occupazionale;
   l'innalzamento delle tariffe potrebbe non tradursi, necessariamente, in un aumento del gettito; la scomparsa di molti medicinali dal mercato, a causa della mancata convenienza economica alla loro produzione, potrebbe addirittura tradursi in una riduzione del gettito –:
   quali iniziative il Ministro della salute intenda intraprendere per evitare che un settore così importante per la medicina alternativa sia danneggiato dal probabile futuro innalzamento delle tariffe di registrazione in forma semplificata dei medicinali omeopatici. (4-04472)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Dronero in data 14 luglio 1995 stipulò con l'ENEL spa la Convenzione Repubblica n. 37531, nella quale ENEL, a fronte del trasferimento ad essa del complesso aziendale comunale destinato alla distribuzione di energia si impegnava a fornire al primo a titolo gratuito, limitatamente a tariffa e sovrapprezzo termico, per le sole forniture di pertinenza comunale, un quantitativo di energia non superiore a 1.500.000 Kwh per ciascun anno solare e di potenza non superiore a 750 Kw e la durata della fornitura gratuita era fissata in 75 anni con decorrenza dal 1o febbraio 1987;
   tale fornitura avvenne regolarmente fintantoché l'ENEL rimase il concessionario unico nazionale del servizio;
   a seguito della riforma di tale settore, operata con il decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79 (attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) della liberalizzazione dell'attività di vendita dell'energia e dell'acquisizione da parte del comune della qualifica di cliente idoneo con decorrenza 1o luglio 2004 (articolo 14, comma 5-quater, decreto legislativo n. 79 del 1999), la gratuità della fornitura di energia elettrica è stata assicurata attraverso il meccanismo di compensazione per i regimi tariffari speciali, introdotto e regolamentato con le deliberazioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG 9 agosto 2004 n. 148 e 13 ottobre 1995 n. 217);
   in seguito la Commissione europea, con decisione C(2007)5400, ha ritenuto incompatibili con il diritto comunitario tali regimi speciali, cosicché essi sono stati abrogati, con decorrenza 1o gennaio 2010, dall'articolo 30, comma 10, legge 27 luglio 2009 n. 99 e dalla deliberazione attuativa dell'AEEG 20 novembre 2009 n. 180 e, di conseguenza ha cessato di essere operativo anche il sistema di compensazione;
   in seguito all'intervenuta cessazione per effetto della suddetta delibera del meccanismo di compensazione previsto per i regimi tariffari speciali, il comune di Dronero ha richiesto all'ENEL di adempiere all'obbligazione di fornitura gratuita prevista dall'articolo 7 della Convenzione del 1995 e la sanatoria della mancata fornitura di energia elettrica dal 1o gennaio 2010;
   l'ENEL rifiutava di adempiere a tale richiesta motivando tale scelta sostenendo che il comune di Dronero aveva beneficiato, in relazione a quanto previsto dalla delibera AEEG 148/04, della componente tariffaria compensativa prevista per i clienti finali ammessi ai regimi tariffari speciali e che l'Autorità per l'energia ed il gas adottando la deliberazione ARG/elt 180/09 (modalità attuative del comma 10 dell'articolo 30 della legge n. 99 del 2009) aveva disposto la cessazione, entro il dicembre 2009, delle condizioni tariffarie previste dal decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, come modificato dalla relativa legge di conversione;
   conseguentemente l'ENEL rifiutava di adempiere sostenendo che nessuna norma di legge o disposizione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha successivamente previsto che i soggetti già ammessi a beneficiare dei regimi tariffari speciali dovessero continuare a beneficiare, con oneri a carico di soggetti diversi dalla Cassa conguaglio settore elettrico, di trattamenti equivalenti a quelli cessati a far data dal 1o gennaio 2010;
   che la stessa ENEL ha conseguentemente sostenuto che la suddetta conclusione dovesse considerarsi estesa anche agli obblighi previsti dalla Convenzione Rep. 37531 in data 14 luglio 1995 ed in particolare dall'articolo 7, in quanto gli effetti estintivi si sarebbero prodotti in ragione dell'intervenuta prescrizione dei relativi diritti;
   la fornitura gratuita a favore del comune di Dronero troverebbe però la propria fonte esclusiva nella Convenzione e non sarebbe riconducibile a nessuno dei regimi di favore sopra menzionati e, in particolare a quello previsto per l'energia ceduta dai concessionari di grande derivazione d'acqua ai comuni rivieraschi in sostituzione del sovracanone di cui agli articoli 52 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 e 1 e 3, legge 27 dicembre 1959 n. 959 (articolo 2.4 lettera c), del AEEG 26 giugno 1997 n. 70/97);
   la Convenzione del 1995 ha per oggetto non il rilascio all'ENEL di una concessione di derivazione dell'acqua ad uso idroelettrico nel territorio comunale e quindi la regolamentazione del rapporto con il comune derivante da tale fattispecie, bensì l'acquisizione da parte dell'ENEL stessa del complesso aziendale per la distribuzione di energia elettrica sul territorio comunale;
   per tanto l'abrogazione dei regimi speciali e del sistema di compensazione non inciderebbe sulla l'attuazione convenzionale in questione;
   liberalizzazione del settore e la conseguente perdita della qualità di monopolista dell'attività di fornitura di energia elettrica da parte dell'ENEL anche ai sensi dell'articolo 1418 codice civile (il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative salvo che la legge disponga diversamente) non inciderebbe in quanto nella normativa di settore non si rintraccerebbero disposizioni di legge che vietino alle imprese venditrici di energia elettrica di applicare regimi tariffari di favore ai cosiddetti clienti finali, cioè a quelli che utilizzano l'energia per uso proprio (articolo 2, comma 4, decreto legislativo n. 79 del 1999) non avrebbe prodotto alcun effetto invalidante sulla Convenzione del 1995 –:
   se intenda acquisire, per quanto di competenza e alla luce della partecipazione azionaria dello Stato in ENEL, elementi di informazione in merito alla vicenda di cui in premessa e se, in ogni caso, non ritenga necessario assumere ogni iniziativa anche normativa diretta a sostenere gli enti locali con il comune di Dronero al fine di evitare soluzioni fortemente penalizzanti per i cittadini. (5-02623)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORGETTI, GIANLUCA PINI, CAPARINI, MOLTENI e GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la quinta libertà è il diritto riconosciuto a un vettore aereo di svolgere un servizio di trasporto aereo di passeggeri, merci e posta tra due Stati diversi dallo Stato che gli ha rilasciato la licenza; l'autorizzazione Enac ad Emirates vale 18 mesi per due stagioni invernali e una estiva;
   il Governo italiano aveva concesso tale diritto alla Compagnia aerea Emirates;
   il Tar del Lazio Emirates ha accolto un ricorso presentato da Assaereo, l'associazione dei vettori nazionali aderente a Confindustria, e da alcune compagnie aeree, tra cui Alitalia e ha così impedito ad Emirates di volare direttamente da Malpensa (hub di riferimento di tutto il Nord Italia) a New York;
   la sentenza va tutta a favore di Alitalia, impegnata in queste ore nella trattativa con Etihad, vicina di casa e concorrente di Emirates;
   la sospensione dell'autorizzazione a volare direttamente da Malpensa a New York rovescia i precedenti pronunciamenti a favore della compagnia araba, da parte dello stesso Tar del Lazio e poi del Consiglio di Stato, che avevano rifiutato la procedura d'urgenza richiesta da Alitalia e gli altri vettori per bloccare i voli dallo scorso ottobre;
   il tribunale amministrativo, che è tornato nel merito della questione, elimina dunque un temibile concorrente su una delle rotte preferite dagli italiani, servita finora da Alitalia, e dalle compagnie americane Delta e American;
   inevitabili i contraccolpi anche per Sea, che in assenza di un nuovo ricorso degli arabi potrebbe perdere un cliente ricco e in pieno sviluppo come Emirates –:
   quali saranno le conseguenze della decisione del Tar del Lazio in termini di tariffe aeree e disponibilità di voli per i viaggiatori in partenza dal territorio nazionale, in particolare quelli dell'area centro-nord. (4-04475)


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con provvedimento datato 22 marzo 2013, l'ispettore Alessandro Carollo fu estromesso, sic et simpliciter, dalla funzione ispettiva di fraud management di Palermo e assegnato, senza alcun compito, alla filiale di Palermo 1 diretta da Luciano Tola;
   tale provvedimento di estromissione seguiva all'operazione lost pay condotta dal comando gruppo della guardia di finanza di Palermo, cui l'ispettore ha dato un significativo contributo;
   la vicenda è stata già esposta nell'interrogazione n. 4-01963 del 25 settembre 2013, che non ha ricevuto risposta;
   l'ispettore Carollo è inquadrato nell'area quadri ma nel profilo retributivo A2, a differenza di altri colleghi applicati presso la medesima struttura di ATTA sud 1 – con referente Salvatore Malerba – pur avendo maturato il diritto al trattamento superiore di livello A1 sin dal 1o luglio 2006;
   tale ulteriore vicenda è stata rappresentata con l'interrogazione n. 4-03405 ed il 10 febbraio è stata inviata, nota legale di diffida a Poste;
   il 20 dicembre 2013, Luciano Tola, nei cui confronti l'ispettore Carollo ha presentato un esposto all'autorità giudiziaria per il reato di falsa testimonianza, è stato inviato a dirigere la filiale di Poste de L'Aquila;
   il 20 dicembre ha assunto la reggenza della filiale di Poste di Palermo 1 Fabio Lentini;
   secondo quanto risulta all'interrogante, il predetto reggente di filiale Lentini avrebbe invitato l'ispettore Carollo a rendere puntuali chiarimenti, in merito a presunti casi di assenza giustificata durante le fasce di reperibilità;
   in pari data l'ispettore ha inviato una circostanziata nota di riscontro;
   con l'atto n. 4/03655 sono state denunciate le vicissitudini sofferte, per anni, dall'ispettore e causate in via diretta, ed indiretta, anche dal sunnominato Malerba Salvatore –:
   di quali informazioni disponga;
   se non intenda intraprendere iniziative urgenti nei confronti di Poste Italiane per risolvere i problemi succitati;
   quali urgenti iniziative si intendano adottare per porre fine a questa vicenda che coinvolge l'ispettore Carollo, ancora oggi, sebbene in stato di grave sofferenza personale, aggravato dalla continua inoperosità, e per consentirgli di consegnare gli atti in suo possesso affinché Poste valuti, ai sensi della legge n. 300 del 1970, le posizioni dei nominati Musso e Tola, il cui sconcertante comportamento omissivo ha arrecato un grave danno all'immagine di Poste ed alla percezione della stessa da parte delle istituzioni con le quali interagire. (4-04483)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Labriola n. 2-00502 del 10 aprile 2014.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Catalano 7-00304 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 189 del 13 marzo 2014. Alla pagina 10824, seconda colonna, dalla riga quaranteseisima alla riga quarantasettesima, deve leggersi: «decreto legislativo n. 82 del 2005 (cosiddetto codice dell'amministrazione digitale);» e non «decreto legislativo n. 235 del 2010 (cosiddetto codice dell'amministrazione digitale);», come stampato.

  Alla pagina 10825, prima colonna, alla riga ottava, deve leggersi: «decreto legislativo n. 82 del 2005 (codice» e non «decreto legislativo n. 235 del 2010 (codice», come stampato.

  Alla pagina 10825, prima colonna, dalla riga diciassettesima alla riga diciottesima, deve leggersi: «decreto legislativo n. 82 del 2005 (cosiddetto codice dell'amministrazione digitale);» e non «decreto legislativo n. 235 del 2010 (cosiddetto codice dell'amministrazione digitale);», come stampato.