Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 4 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la bozza del disegno di legge-delega al Governo per la revisione delle carriere del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, predisposta dai Ministeri competenti in data 10 dicembre 2013, intende riordinare ruoli e qualifiche del comparto sicurezza e difesa, tenendo conto delle peculiarità dei diversi ordinamenti di tali Corpi;
    in seguito alla pubblicazione di tale bozza da parte del sindacati di polizia in data 9 gennaio 2014, il sindacato dei vigili del fuoco ha inviato, in data 20 gennaio 2014, una nota ai Ministri competenti contestando l'esclusione del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco dalla bozza di legge-delega sul riordino delle carriere ed ha chiesto parità di trattamento, fornendo puntuali indicazioni sulle necessità del riordino stesso;
    il comma 1 dell'articolo 19 (specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) della legge n. 183 del 2010, recita: «Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti»;
    in data 23 maggio 2012 il Senato ha approvato l'ordine del giorno 9/1-00619/1 che impegna il Governo, tra le altre cose, «ad avviare, dopo l'emanazione del regolamento in questione, con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate, un tavolo di concertazione al fine di definire un complessivo progetto di riordino dei ruoli e delle carriere del personale del comparto sicurezza e difesa e del comparto dei vigili del fuoco»;
    i vigili del fuoco sono oggetto di una notevole sperequazione retributiva, pensionistica e di carriera rispetto agli altri corpi militari e civili dello Stato e l'esclusione dal riordino delle carriere costituirebbe un ulteriore aggravio della loro situazione sotto il profilo della disparità di trattamento;
    escludere il Corpo nazionale dei vigili del fuoco dal riordino delle carriere non consentirebbe, inoltre, di apportare all'ordinamento quelle necessarie migliorie funzionali da tutti riconosciute come necessarie,

impegna il Governo:

   ad avviare, quanto prima, un tavolo di concertazione con le rappresentanze sindacali dei vigili del fuoco, al fine di definire un disegno di legge delega per il riordino dei ruoli e delle carriere del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   a prevedere la equiordinazione ed equiparazione delle carriere del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a quelle degli appartenenti agli altri Corpi militari e civili dello Stato;
   ad assumere iniziative per istituire un ruolo tecnico al fine di poter disporre di un supporto tecnico-logistico dei ruoli operativi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di migliorarne in tal modo l'efficienza e la funzionalità.
(1-00425) «Palese».


   La Camera,
   premesso che:
    l'apicoltura rappresenta un particolare comparto, fra i più complessi del settore agricolo, in cui le funzioni principali sono rappresentate dall'attività economica e dallo sviluppo rurale, dalla produzione di miele e di altri prodotti dell'alveare e si caratterizza dalla diversità delle condizioni di produzione e di resa, nonché dalla frammentazione e dalla molteplicità degli operatori;
    l'ampio interesse che tale segmento riveste nello sviluppo agricolo e per il quale è stata riconosciuta la «valenza nazionale» attraverso numerose produzioni di miele di qualità a marchio Dop e Igp, conferma l'importanza economica che il settore apicolo riveste in Italia, il cui giro d'affari legato alla produzione di miele, cera, polline e altri prodotti apistici, ammonta intorno ai 65 milioni di euro annui, anche grazie agli interventi volti sia a favorire nuove iniziative imprenditoriali, che per fronteggiare il fenomeno della mortalità delle api legata all'uso crescente di insetticidi tossici;
    il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a seguito dell'approvazione della legge 24 dicembre 2004, n. 313, che ha riconosciuto l'apicoltura come attività di interesse nazionale, ha provveduto, nel recente passato, a elaborare uno specifico documento programmatico all'interno del quale furono indicate una serie di linee strategiche a sostegno del medesimo comparto, sia di carattere finanziario che d'informazione, per la valorizzazione delle produzioni apistiche, la tutela della salute dei consumatori e l'educazione alimentare, oltre che per lo sviluppo dei programmi di ricerca e di sperimentazione d'intesa con le organizzazioni apistiche;
    il suindicato documento d'indirizzo indicava inoltre l'attivazione di sistemi volontari di rintracciabilità volti a ricomprendere l'analisi sui controlli di sicurezza e di qualità dei prodotti apistici, finalizzati anche alla complessità del fenomeno degli spopolamenti degli alveari e della moria delle api ed all'impiego in agricoltura di prodotti fitosanitari a base di neonicotinoidi;
    la rilevante mortalità delle api registratasi negli ultimi anni, che ha determinato un impatto economico negativo per gli operatori del settore rappresentando inoltre una minaccia per la tutela della biodiversità, ha inciso negativamente in maniera particolarmente grave sull'intera filiera, stimolando la messa in atto, sia a livello comunitario che nazionale, di azioni volte a contrastare l'epidemia delle api all'interno di un ampio quadro di monitoraggio ambientale, attuato attraverso l'impiego delle api quali indicatori dell'inquinamento da fitofarmaci e altri agenti;
    il fenomeno degli spopolamenti degli alveari e della moria delle api, manifestatosi nella sua gravità con l'eccezionale tasso di mortalità verificatosi nel corso dell'anno 2008, ha indotto il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ad avviare un monitoraggio nazionale denominato «Rete per il monitoraggio dei fenomeni di spopolamento e mortalità degli alveari in Italia (APENET)», finalizzato alla raccolta di informazioni sullo stato di salute delle api sul territorio nazionale e sulla presenza e distribuzione geografica dei virus delle api e dei residui di pesticidi, acaricidi e neonicotinoidi in api, polline e cera, che minacciano la tutela degli insetti, dalla cui impollinazione dipende l'80 per cento delle colture agricole;
    la suindicata ricerca ha dimostrato l'inaccettabilità d'utilizzo dei pesticidi sistemici come concianti dei semi, l'effetto sinergico e di interazione a cui viene sottoposto l'alveare, nonché il legame tra la presenza di pesticidi e di una serie di fenomeni patologici;
    in ambito comunitario, la Commissione europea, a seguito delle conclusioni del rapporto sul settore dell'apicoltura destinato al Parlamento europeo e al Consiglio predisposto dal Commissario all'Agricoltura Dacian Ciolos, ha ribadito l'intenzione di sostenere l'apicoltura europea, attraverso l'introduzione di nuove misure di sviluppo rurale finalizzate a favorire i giovani agricoltori nell'ammodernamento delle aziende e ad interventi agro-ambientali per rafforzare la presenza di piante mellifere per il sostentamento delle colonie di api;
    le emergenze sanitarie alla base della moria delle api sono aggravate dall'assenza di un adeguato quadro regolatorio internazionale, per cui gli apicoltori riscontrano evidenti difficoltà in considerazione sia della mancanza di un adeguato supporto da parte dei servizi veterinari, che di una legislazione in tema di etichettatura che risulta carente;
    il Regolamento (UE) n. 1169 del 25 ottobre 2011 che disciplina l'etichettatura dei prodotti alimentari, inclusi quelli dell'alveare, stabilisce un periodo transitorio di tre anni dalla pubblicazione (22 novembre 2011) entro il quale l'apicoltore deve conformarsi alle nuove regole, consentendo la possibilità di utilizzare etichette conformi alla vecchia normativa, estesa a cinque anni per quanto riguarda l'etichettatura nutrizionale;
    le novità apportate dal suindicato regolamento comunitario per i prodotti, quali miele, polline e pappa reale, risultano tuttavia limitate se si considera come rimanga facoltativa l'indicazione delle caratteristiche nutrizionali, a cui si aggiunge la difficoltà che all'interno dello stesso campo visivo devono essere riportate la denominazione di vendita e la quantità netta, eliminando fra l'altro l'obbligo di riportare il termine minimo di conservazione (TMC);
    le articolate complessità che coinvolgono il settore apistico, nell'ambito delle sostanze farmacologiche autorizzate per l'utilizzo in apicoltura, richiedono inoltre un maggiore rigore per la salvaguardia della salute umana nonché delle procedure più snelle nell'ambito dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei medicinali destinati alle api;
    ulteriori esigenze di carattere finanziario si rilevano fra l'altro nell'ambito della necessità di attribuire adeguate risorse all'apicoltura per l'aggiornamento di nuove metodiche per la diagnosi, nuovi strumenti terapeutici e nuovi protocolli di intervento da applicare per le più gravi malattie delle api;
    le numerose iniziative parlamentari presentate sia nella scorsa che nella presente legislatura volte ad impegnare il Governo, sia in ambito nazionale che comunitario, all'introduzione di misure volte a fronteggiare l'emergenza causata dalla mortalità delle api, che purtroppo da alcuni anni registra una drastica diminuzione dei finanziamenti previsti per il suo contrasto, nonché al coordinamento di un'azione sinergica con gli altri Stati membri a sostegno del settore apicolo, anche all'interno della politica agricola comune, che ha determinato fra l'altro la moratoria sull'uso di determinati pesticidi a partire dal 1o dicembre 2013, confermano un'attenzione complessiva degli organismi nazionali e comunitari sulla filiera interessata ed il ruolo negativo che i pesticidi neonicotinoidi ricoprono, compromettendo oltre ad uno dei settori più importanti e fiorenti della produzione agricola italiana, anche la qualità dell'ambiente e della salute,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per prevedere, nell'ambito del processo autorizzativo relativo all'immissione in commercio dei medicinali veterinari per il settore apistico, l'introduzione di una nuova disciplina volta a garantire una maggiore tutela e salvaguardia della salute umana, una riduzione dei tempi previsti per la realizzazione delle prove cliniche relative alla sperimentazione clinica di nuovi principi attivi da poter impiegare per la lotta alle malattie delle api e l'introduzione di tariffe agevolate;
   a prolungare il periodo di autorizzazione indicato dal comma 3 dell'articolo 13 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, per quanto riguarda le domande semplificate di autorizzazione all'immissione in commercio di medicinali veterinari – AIC per i medicinali generici;
   ad attivarsi presso l'Agenzia europea dei medicinali (European Medicines Agency – EMeA) affinché avvii una fase di ricerca avanzata che studi anche eventuali nuovi princìpi attivi, e conseguenti limiti massimi residuali (LMR), per farmaci potenzialmente impiegabili per l'immediato futuro in apicoltura;  
   ad assicurare, nell'ambito dei finanziamenti destinati alla sanità ed ai diversi settori zootecnici, adeguate risorse da attribuire all'apicoltura per la messa a punto di nuove metodiche per la diagnosi, nuovi strumenti terapeutici e nuovi protocolli di intervento da applicare per le più gravi malattie delle api;
   a definire una procedura semplificata di autorizzazione per l'importazione e utilizzo degli antagonisti biologici e l'uso di acaricidi utili per combattere parassiti vegetali ed animali che provocano gravi danni alla produzione agricola;
   a promuovere, per quanto di competenza, l'insegnamento della patologia apistica;
   ad assumere iniziative per prevedere la possibilità di consentire su tutto il territorio nazionale, in accordo con la Conferenza Stato-regioni, in ottemperanza delle norme tecniche e nell'ambito del piano urbanistico regionale, la realizzazione di nuovi annessi agricoli per il settore dell'apicoltura, in considerazione delle attuali difficoltà riscontrate dagli operatori apistici nel rientrare nei parametri utilizzati dalle amministrazioni, relativi di solito all'estensione dei terreni in possesso dell'azienda e non, per esempio, al numero di arnie possedute, per ottenere i nuovi volumi;
   a modificare e, se necessario, a sostituire con un nuovo decreto, data la mutata situazione epidemiologica delle diverse patologie riguardanti le api, il regolamento di polizia veterinaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954), in quanto gli articoli nn. 154, 155, 156, 157 e 158 del suddetto regolamento prevedono misure troppo restrittive e non risolutive per il settore apistico;
   ad intervenire, infine, in sede europea al fine di prevedere, nell'ambito della disciplina di etichettatura, che la provenienza del polline utilizzato nei prodotti sia espressamente indicata.
(1-00426) «Bergamini, Russo, Polverini, Latronico, Biasotti, Petrenga, Picchi, Ravetto, Vella, Giammanco, Francesco Saverio Romano, Carfagna, Rotondi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PIRAS, FERRARA e DURANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i Governi succedutisi negli ultimi vent'anni hanno operato consistenti tagli alla possibilità – da parte dei rappresentanti delle istituzioni democratiche – di utilizzare tanto le automobili di rappresentanza quanto la flotta aerea di Stato, spingendoli a privilegiare aerei di linea e treni, tanto in ragione di una progressiva razionalizzazione della spesa pubblica quanto in relazione alla necessità di moralizzarne gli usi e i costumi della politica;
   la cosiddetta spending review in questi decenni ha colpito nel vivo la società italiana, limitando in maniera importante le politiche di welfare e concorrendo in maniera decisiva a contrarre il tasso di crescita del Paese;
   tanto il Governo Letta quanto il Governo Renzi hanno posto l'accento nelle loro dichiarazioni programmatiche sulla cosiddetta «lotta agli sprechi», ritenendo che – in un tempo particolarmente nefasto per l'economia nazionale – nessuna risorsa possa essere dispersa o utilizzata in maniera improduttiva;
   dopo aver risparmiato preziose risorse legate alle prestazioni fornite ai vertici politici, alte cariche istituzionali e di Governo (Presidente del Consiglio, ministri e sottosegretari) con la decina di aerei della flotta di Stato, ancora nessun Governo è riuscito ad intervenire sulle spese legate ai servizi prestati alle alte sfere della Difesa: capi di stato maggiore e generali per fare un esempio;
   in particolare, il riferimento è ai voli di cui i militari usufruiscono senza essere sottoposti a fastidiosi controlli e che gravano sul bilancio dello Stato;
   questi è uno degli aspetti singolari della gestione della flotta di Stato (3 Airbus, 7 Falcon e 2 elicotteri) che emergono analizzando documenti, rapporti riservati e circolari interne della Presidenza del Consiglio. Carte che mostrano come i tagli degli ultimi anni abbiano ridotto notevolmente la spesa complessiva, ma non siano riusciti ad intaccare quella relativa ai voli per gli alti gradi militari;
   nel 2010, con un totale di 10 mila 640 ore di volo, Palazzo Chigi aveva infatti speso oltre 53 milioni di euro; nel 2013 dopo la cura Monti-Letta le ore di volo sono passate a 5.378 per un costo complessivo di 26 milioni di euro, circa la metà;
   un taglio robusto si è rivelato appunto quello operato sui voli Stato-Governo riservati ai «Vip» (e che tanto hanno fatto discutere negli anni di permanenza di Silvio Berlusconi alla Presidenza del Consiglio), passati in tre anni da 35 milioni di spesa ad appena 9 milioni, e con le ore di volo ridotte da circa 7 mila a 1.877;
   un taglio analogo non si è riusciti ad operarlo sui voli per i militari. Attestati a 1.170 ore nel 2013, al prezzo di circa 5 mila euro l'ora sono costati alle casse pubbliche oltre 5 milioni di euro;
   a differenza delle cariche istituzionali e dei rappresentanti del Governo, i vertici militari volano con gli «aerei blu», a quanto consta agli interroganti, senza dover chiedere troppe autorizzazioni ai competenti uffici di Palazzo Chigi. Non sono infatti sottoposti ai controlli che da qualche anno subiscono invece i politici i quali, per decollare, devono avere (tra l'altro) l'autorizzazione di un'autorità delegata del presidente del Consiglio, solitamente di un sottosegretario;
   che non si tratti di casi isolati è dimostrato anche dai movimenti della flotta di Stato che recentemente L'Espresso ha potuto ricostruire in alcune giornate di lavoro tipo;
   sulle 11 tratte di volo coperte il 14 febbraio 2014 dai voli blu, ben nove sono di militari: il capo del comando operativo interforze (Coi); il capo di stato maggiore dell'aeronautica; il capo di stato maggiore della Difesa, una delegazione dell'aeronautica e il comandante della sua squadra aerea, rotte che – nella maggior parte dei casi – si sarebbero potute percorrere utilizzando normali voli di linea –:
   se la Presidenza del Consiglio sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se si intenda intervenire – ed attraverso quali iniziative – affinché le regole della «lotta agli sprechi» siano estese a tutte le articolazioni e le rappresentanze dello Stato e della Repubblica;
   se non intendano verificare, per quanto di competenza, che i voli della flotta aerea di stato non siano utilizzati anche dalle famiglie degli alti gradi delle forze militari. (5-02566)


   COPPOLA, CATALANO, QUINTARELLI, TENTORI, GADDA, MARCO DI MAIO, CAPUA, BERGAMINI, BONACCORSI, TINAGLI e MARCO MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenda digitale italiana è definita e determinata dai decreti legge n. 83 del 2012, n. 179 del 2012 e n. 69 del 2013, i quali prevedono al proprio interno una serie di provvedimenti per una effettiva attuazione delle azioni dell'Agenda, quali regolamenti, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, decreti ministeriali, linee guida, regole tecniche;
   è consapevolezza comune, ribadita in più occasioni dal Governo precedente nonché da quello attuale, che l'Agenda digitale è una priorità strategica per il Paese, in fatto di competitività e crescita, sulla quale è necessario investire in maniera cospicua per non perdere il passo con gli altri Paesi europei;
   in questi anni si sono evidenziate grosse difficoltà a partire dalle responsabilità di governance e di gestione delle azioni per l'adempimento degli obiettivi stabiliti, con – ad esempio – la pubblicazione dello statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale in Gazzetta Ufficiale il 14 febbraio 2014 con enorme ritardo rispetto a quanto previsto dall'articolo 21, comma 4, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive modifiche;
   la ricognizione effettuata dal servizio studi della Camera dei deputati aggiornata al 22 febbraio 2014, denominata «Monitoraggio dell'attuazione dell'Agenda digitale italiana», evidenzia che dei 55 adempimenti considerati ne sono stati adottati solamente 17. In 21 casi risulta già scaduto il termine per provvedere all'adempimento;
   l'articolo 13, commi 2-bis, 2-ter, 2-quater, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede una delega di poteri al Presidente del Consiglio dei ministri nei casi in cui non si fosse provveduto ad un'attuazione dei provvedimenti nelle modalità e nei tempi stabiliti dai decreti legge sopra indicati, al fine di velocizzare le procedure di attuazione dell'Agenda digitale;
   in base al monitoraggio sopra citato in nessun caso risulta essere stata utilizzata la procedura prevista dall'articolo 13, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013;
   l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 179 del 2012 stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'ISTAT, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabiliti i tempi di realizzazione del censimento della popolazione e delle abitazioni di cui all'articolo 15, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, effettuato dall'ISTAT con cadenza annuale, nel rispetto delle raccomandazioni internazionali e dei regolamenti europei;
   l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 179 del 2012 stabilisce che il decreto debba stabilire anche i contenuti dell'Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane (ANNCSU), realizzato ed aggiornato dall'ISTAT e dall'Agenzia del territorio, gli obblighi e le modalità di conferimento degli indirizzari e stradari comunali tenuti dai singoli comuni ai sensi del regolamento anagrafico della popolazione residente, le modalità di accesso all'Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane da parte dei soggetti autorizzati, nonché i criteri per l'interoperabilità dell'Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane con le altre banche dati di rilevanza nazionale e regionale, nel rispetto delle regole tecniche del sistema pubblico di connettività di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
   il termine dell'atto previsto dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 179 del 2012 risulta essere scaduto al 17 marzo 2013 –:
   cosa intenda fare il Governo per adempiere al compito relativo alla scadenza succitata;
   se il Governo non ritenga che l'Agenzia per l'Italia digitale debba essere incaricata di definire lo standard dei dati dell'Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane;
   se il Governo non ritenga che i dati dell'Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane debbano essere resi in formato open data;
   in ottica di una sempre maggiore trasparenza nei procedimenti amministrativi, chi sia il dirigente responsabile incaricato di redigere l'atto e quali siano i motivi di quella che agli interroganti appare una mancata adempienza;
   quale sia inoltre l'obiettivo assegnato all'interno del piano degli obiettivi e delle performance, come previsto dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, al funzionario incaricato. (5-02574)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della seduta della Camera dei deputati del 10 febbraio 2014 il Governo pro tempore ha accolto l'ordine del giorno presentato dall'interrogante 9/1920-A/21;
   il suddetto ordine del giorno impegnava il Governo pro tempore «a promuovere nell'ambito delle aree SIN protocolli d'intesa tra le parti sociali e i soggetti istituzionali competenti finalizzati a riservare per i lavoratori in mobilità in deroga residenti nelle suddette aree una quota, non inferiore al 20 per cento, delle nuove assunzioni legate ai progetti di bonifica e messa in sicurezza»;
   la giunta regionale di Basilicata ha recentemente approvato il progetto preliminare e i documenti per l'appalto dei lavori di messa in sicurezza e bonifica del sito ex Materit di Ferrandina ed ha stabilito di affidare con una gara unica la progettazione – definitiva ed esecutiva – e l'esecuzione dell'intervento, la cui particolarità e complessità richiede competenze multidisciplinari;
   l'importo complessivo della spesa prevista è pari a 3,7 milioni di euro. Di questi 3,2 sono stati finanziati con la delibera Cipe dell'agosto 2012 e altri 500 mila euro, per gli interventi di competenza del comune di Ferrandina, erano già stati messi a disposizione dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   con la delibera di giunta regionale è stato inoltre stabilito che l'appalto della progettazione esecutiva e definitiva e l'esecuzione dei lavori avverrà mediante procedura aperta con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e che ricorrono i presupposti per la riduzione dei termini di ricezione delle offerte;
   quanto previsto nell'ordine del giorno potrebbe trovare applicazione pratica a partire proprio da questo primo step del processo di bonifica in Valbasento –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di consentire che quanto indicato nell'ordine del giorno, con il coinvolgimento delle parti sociali, possa trovare piena applicazione in considerazione delle difficoltà che il tessuto sociale del comprensorio valbasentano e di Ferrandina sta attraversando, permettendo a persone che si trovano attualmente in mobilità in deroga di poter trovare uno sbocco occupazionale. (5-02570)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Sardegna da anni, almeno dal 2010, come confermano fonti di stampa, in particolare lungo il tratto di strada statale che congiunge Olbia con Sassari, nelle cui vicinanze ci sono anche zone di interesse naturalistico come il lago Coghinas, la società Anas e le ditte appaltatrici utilizzano diserbanti chimici per la decespugliazione dei bordi stradali;
   è stato riscontrato che in Italia, oltre alla Sardegna, le regioni dove sono utilizzati tali erbicidi sono la Toscana, l'Umbria, le Marche, il Lazio, la Valle d'Aosta e la Sicilia;
   questa pratica, che sostituisce in parte le tradizionali operazioni di sfalcio, non è vantaggiosa perché non riduce la necessità di interventi continui di pulitura dei margini stradali, deturpa l'ambiente e provoca effetti dannosi per la salute umana e per l'ecosistema;
   è stato riferito dalla popolazione locale che anche recentemente, in particolare tra il 22 e il 25 marzo 2014, è stata gettata ai bordi delle strade una massiccia quantità di diserbante chimico;
   il diserbante generalmente utilizzato è a base di glifosato. Il prodotto più diffuso è il Roundup, della multinazionale americana Monsanto, un gigante nel settore degli agrofarmaci;
   secondo la società Anas, che qualche tempo fa ha diramato una nota stampa sull'argomento, i prodotti usati per la pulizia dei bordi delle strade statali sono biodegradabili e non lasciano residui tossici dopo la loro applicazione, pertanto non sono dannosi;
   studi scientifici americani, invece, hanno sostenuto che tali erbicidi possono avere degli effetti tossici sulle popolazioni residenti nelle zone vicine a quelle in cui vengono utilizzati, con un forte aumento del rischio di alterazioni neurocomportamentali dei nascituri. In alcuni casi, inoltre, sono state riscontrate delle associazioni tra esposizione ai diserbanti chimici e morbo di Parkinson;
   diversi studiosi italiani hanno espresso preoccupazione sulla correlazione tra casi di tumore e l'esposizione prolungata a queste sostanze –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti citati in premessa;
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze e nelle sedi che riterranno opportune, affinché si faccia ulteriore chiarezza sulle conseguenze provocate dall'uso dei citati erbicidi sulla salute degli uomini e degli animali e sull'ambiente;
   quali iniziative intendano altresì adottare i Ministri interrogati per vietare la vendita e l'utilizzo dei suddetti diserbanti chimici. (4-04362)


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a cavallo tra la fine degli anni ‘80 ed inizio anni ‘90 furono posizionati presso il quartiere residenziale ex Eni di Pisticci Scalo una serie di tralicci per il passaggio di un elettrodotto da 150 mila volt;
   la popolazione residente protestò con forza contro la installazione di quei tralicci, a pochi metri dalle proprie abitazioni, e posizionati quasi a circondare l'intero quartiere;
   l'Enel non cambiò il suo percorso anche perché l'attenzione su certi temi non aveva maturato una adeguata sensibilità e i tralicci e i cavi furono installati;
   da allora sono trascorsi diversi lustri, oltre 25 anni, e forse varrebbe la pena riconsiderare il posizionamento di quei tralicci e verificare la possibilità che l'Enel quanto meno possa procedere all'interramento dei cavi;
   sarebbe anche da chiedere il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità per verificare se e quali conseguenze abbia avuto per la popolazione l'esposizione costante e continua ad un potenziale campo elettromagnetico –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere affinché l'Enel proceda all'interramento dei cavi in questione nonché far sì che l'Istituto superiore di sanità svolga una indagine sulla popolazione esposta al potenziale campo. (4-04381)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, BRESCIA, D'UVA, BATTELLI, SIMONE VALENTE, MARZANA e VACCA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   su diversi quotidiani, il 18 marzo 2014, si è appreso che è stato trafugato l'affresco della dea Artemide della domus di Nettuno della città archeologica di Pompei;
   la scoperta del furto risalirebbe ad una settimana prima, ma i responsabili e gli investigatori non sono ancora stati in grado di collocare temporalmente il momento esatto dello stesso; questo rende le ricerche più difficoltose e la speranza di ritrovare l'affresco ancor più remota;
   l'impianto di videosorveglianza si è rivelato insufficiente e il cosiddetto «servizio bagagliaio», che impone ai visitatori di lasciare all'ingresso del sito borse e zaini, è diventato facoltativo;
   peraltro, non sono ancora stati spesi i sei milioni di euro rientranti tra i fondi del grande progetto Pompei per potenziare, appunto, l'impianto di videosorveglianza;
   il numero dei custodi è stato da tempo segnalato come assolutamente insufficiente; 138 custodi ripartiti in cinque turni a fronte di un fabbisogno effettivo di 372, per un'area di 782.583 metri quadrati;
   il direttore generale Giovanni Nistri vanta una notevole esperienza nel settore del recupero di opere d'arte, avendo guidato dal 2007 al 2010 il nucleo per la tutela del patrimonio culturale dell'Arma del carabinieri –:
   come il Ministro interrogato intenda intervenire al fine di accelerare l’iter burocratico di sblocco dei fondi destinati al potenziamento dell'impianto di videosorveglianza;
   quali siano le determinazioni in merito alla necessità di aumentare il numero dei custodi dell'area archeologica;
   quali verifiche, per quanto di competenza, siano in atto;
   quali siano le modalità di ricerca dell'affresco rubato, tenuto conto dell'esperienza specifica del direttore generale nel settore. (5-02573)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE ROSA, LUIGI DI MAIO, FICO, LUIGI GALLO, TOFALO, BUSTO, ZOLEZZI, TERZONI, SEGONI, MANNINO e DAGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Forio d'Ischia (Na), presso la spiaggia «Cava d'Isola», in data successiva al 2003 e pertanto al di fuori di qualsiasi potenziale applicazione condonistica, è stato costruito ex-novo un complesso ricettivo alberghiero che ha devastato una zona di inestimabile bellezza e dal paesaggio incontaminato;
   in tale area vige il pieno vincolo paesaggistico ed il regime di inedificabilità assoluta (300 metri dalla costa), in considerazione, a maggior ragione, del forte rischio idrogeologico presente sul territorio;
   il villaggio turistico sorto alle spalle di Cava dell'Isola sembrerebbe presentare tutte le condizioni di un abuso «non abitativo»;
   la struttura alberghiera, chiamata «Baia delle Sirene» e appartenente al gruppo «CastHotels» è pienamente operativa;
   la spiaggia sottostante è costantemente oggetto di frane e smottamenti provenienti dalla collinetta su cui è stato edificato tale complesso;
   in data 18 marzo 2014, proprio a seguito delle ultime frane, il comune di Forio d'Ischia ha emesso un'ordinanza con la quale vieta l'accesso alla spiaggia di «Cava d'Isola» ma nessun provvedimento è stato preso contro chi è responsabile dell'invasione di tonnellate di cemento a ridosso dell'arenile interessato –:
   se il Governo sia a conoscenza di quelli che agli interroganti appaiono abusi edilizi;
   se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per il ripristino della zona e il risarcimento dei danni ambientali e del lavoro di riconsolidamento della spiaggia;
   quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda mettere in atto per evitare ulteriori abusi al fine di preservare le coste, il nostro paesaggio e, conseguentemente, l'indotto turistico, dalla costante e progressiva distruzione ed impoverimento. (4-04373)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   circolano da tempo indiscrezioni secondo le quali la Difesa starebbe programmando di smaltire con un ossidatore termico ciò che resta dell'arsenale chimico nazionale, da distruggere interamente secondo gli impegni sottoscritti internazionalmente dal nostro Paese, rinunciando così alla prassi, di per sé non meno inquietante, che ne prevedeva in precedenza l'impasto in blocchi di cemento abbandonati all'aria aperta, e quindi esposti agli effetti dell'erosione atmosferica;
   verrebbero in questo modo distrutti i residui aggressivi prodotti ai tempi della seconda guerra mondiale, inclusi oltre 20 mila proiettili ancora carichi di agenti chimici, con l'apporto delle competenze del CETLI NBC, acronimo che significa centro tecnico logistico interforze, nucleare, batteriologico e chimico, situato nel comprensorio militare di Santa Lucia, alle porte di Civitavecchia, considerato a livello internazionale un'eccellenza nel campo del disarmo chimico;
   l'eventualità prospettata è naturalmente motivo di preoccupazione tra gli abitanti di Civitavecchia, già esposti alle conseguenze dell'inquinamento generato dalla locale centrale termoelettrica e varie altre attività industriali connesse o comunque adiacenti, che hanno diritto alla tutela della propria salute ed alle opportune rassicurazioni da parte dello Stato e della regione;
   di contro, proprio il carattere militare dei siti in cui sono stoccate le vecchie armi chimiche nazionali li esclude da qualsiasi serio controllo da parte delle agenzie deputate alla tutela della salute della popolazione –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per tutelare il diritto alla salute di coloro che abitano, lavorano o semplicemente transitano nell'area di Civitavecchia, rispetto al pericolo insito nello smaltimento degli arsenali chimici militari nazionali risalenti alla seconda guerra mondiale e se, in particolare, non sia possibile prevedere lo spostamento del CETLI NBC e delle sue attività di smaltimento in altro sito, lontano da insediamenti abitati o d'interesse turistico e naturalistico. (4-04358)


   LAINATI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'adozione di provvedimenti di spending review e di razionalizzazione il Ministero della difesa ha ipotizzato di trasferire in altra sede il comando della compagnia di carabinieri di Sarzana;
   dal comando di compagnia dipendono il nucleo radiomobile, ossia l'unità di pronto intervento in servizio ventiquattro ore su ventiquattro per ogni tipo di emergenza, ed il nucleo operativo, che rappresenta il principale strumento di investigazione dell'Arma dei carabinieri in funzione di prevenzione e repressione delle attività criminose;
   dal comando di compagnia è dipendente anche la centrale operativa del 112 che attualmente da Sarzana coordina l'attività di tutti gli equipaggi delle pattuglie dei carabinieri;
   con la soppressione (o destinazione ad altra sede) della compagnia carabinieri di Sarzana si determinerebbe il venire meno della presenza di componenti essenziali per il controllo del territorio e per il contrasto dei fenomeni di criminalità che da tempo allarmano la cittadinanza;
   fino ad oggi, grazie alla abnegazione dei militari dell'Arma, nonostante le sempre più risicate dotazioni di mezzi e uomini, il nucleo radiomobile di Sarzana ha assicurato la costante presenza di mezzi di pronto intervento in servizio di pattuglia sul territorio con risultati di sicuro rilievo in termini di prevenzione e repressione dei reati, di soccorso ai cittadini e di concreta e tangibile presenza delle forze dell'ordine sul territorio;
   la compagnia carabinieri di Sarzana assicura la presenza di pattuglie in servizio radiomobile sull'intero territorio dei comuni di Calice al Cornoviglio, Follo, Bolano, Vezzano Ligure, S. Stefano di Magra, Arcola, Ameglia, Sarzana, Castelnuovo Magra, Ortonovo, Lerici –:
   se il Governo non abbia verificato ogni possibilità alternativa al fine di scongiurare un altrimenti inevitabile impatto sulla sicurezza dei cittadini di Sarzana e del territorio circostante soprattutto considerando che la tutela della sicurezza dei cittadini è obiettivo prioritario e non negoziabile. (4-04369)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013 prorogava il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali disposto dall'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, comportando l'intervento del Ministero dell'economia e delle finanze che produceva una retrocessione alla classe stipendiale inferiore nonché un recupero delle somme già percepite dai dipendenti. Somme stimate intorno ai 150 euro, sul personale della scuola che aveva legittimamente maturato dieci mesi di anzianità (1o gennaio 2013 – 9 novembre 2013) utili, per alcuni dipendenti, per il passaggio alla classe stipendiale successiva e al riconoscimento del relativo trattamento economico;
   il 18 marzo 2014 veniva approvato definitivamente il decreto-legge n. 3 del 2014, il cui articolo 1, al comma 1, bloccava il recupero delle somme percepite dal personale della scuola a partire dal 1o gennaio 2013, pur essendo tale blocco legato alla conclusione della sessione negoziale avviata con i sindacati prevista entro e non oltre il 30 giugno 2014;
   operatori in servizio nella scuola lamentano che sui cedolini di stipendio non è più presente la data relativa alle scadenze delle fasce di anzianità stipendiali e quindi non è possibile controllare l'esattezza delle progressioni di carriera –:
   se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza, attivarsi per sanare tale omissione relativa alla compilazione dei cedolini. (4-04356)


   BARONI, SPADONI, DALL'OSSO, CECCONI, DI VITA, LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, BASILIO, CORDA, PAOLO BERNINI, SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, BRESCIA, BUSTO, ZOLEZZI, DIENI e BENEDETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la trasmissione Le Iene ha affrontato nuovamente il tema del gioco d'azzardo, nelle puntate del 19 e 26 marzo 2014 con due servizi dedicati alle videolottery (VLT), di cui l'ultimo non andato in onda (causa par condicio), ma pubblicato sulla pagina Facebook della trasmissione stessa;
   nel corso della puntata del 19 marzo 2014 veniva posta in discussione l'affidabilità dei controlli sugli incassi registrati dall'ADM (Agenzia delle dogane e dei monopoli), che ha inglobato l'AAMS, (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato) relativamente alle videolottery, poiché i videoterminali utilizzati per il gioco non sarebbero collegati alla rete e i Monopoli non sarebbero a conoscenza né del loro numero né del relativo incasso; questo consentirebbe ai concessionari di stabilire il valore della raccolta da dichiarare ad AAMS e quindi di determinare, come conseguenza, l'ammontare delle imposte dovute sulla raccolta stessa;
   al riguardo, l'ufficio comunicazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, area monopoli, ha replicato al servizio de Le Iene con proprio comunicato stampa del 20 marzo 2014, in cui afferma, tra l'altro: «l'Agenzia conosce esattamente il numero delle VLT presenti in ogni singola sala e la relativa raccolta di gioco. Ciò in quanto tutte le VLT costituiscono terminali di un complesso sistema informatico verificato dal partner tecnologico SOGEI (società di Information and Communication Technology del Ministero dell'Economia e delle Finanze) e certificato dall'Agenzia in assenza del quale, peraltro, i videoterminali non sarebbero in grado di consentire il gioco. La gestione di tale sistema è attribuita per legge ai concessionari dello Stato i quali sono sottoposti a rigorosi e costanti controlli, previsti dalla normativa, sia da parte dell'Agenzia che della SOGEI. L'Agenzia, anche mediante accesso diretto al sistema di gioco, conosce e verifica per ogni apparecchio, le somme introitate sulle quali si calcolano le imposte dovute»;
   nel servizio successivo i parlamentari del Movimento 5 Stelle Giovanni Endrizzi e Maria Edera Spadoni hanno prima ricordato lo scandalo sulle slot machine, la sanzione da 98 miliardi ridotta via via a soli 600 milioni di euro con l'ultima definizione agevolata disposta dal precedente Presidente del Consiglio e dalla sua maggioranza. È stato poi descritto un evidente conflitto d'interessi: i software di gestione delle videolottery sarebbero infatti detenuti dagli stessi concessionari. Il primo firmatario del presente atto ha evidenziato nel corso dell'intervista televisiva come «questo tipo di controlli devono essere totalmente in mano ad enti pubblici super partes con forme partecipative dei cittadini e non ai privati»;
   il protocollo di comunicazione, comma 6b, di SOGEI e AAMS del 1o febbraio 2012, prevede a pagina 59 la «Trasmissione giornaliera, mensile, annuale incassi e vincite (codice messaggio 600», così descrivendola: «Il messaggio viene utilizzato dal sistema del concessionario VLT per trasmettere al sistema di controllo VLT (gestito da AAMS) i dati di contabilità relativi ad uno dei seguenti componenti del sistema del concessionario VLT: sistema di gioco VLT, sala, apparecchio videoterminale anche suddivisi per ciascun gioco presente nel componente e relativi ad un giorno, mese, anno»;
   a parere degli interroganti non è chiaro quali ostacoli, tecnici o giuridici, impediscano la trasmissione dei dati dei componenti del sistema del concessionario VLT direttamente al sistema di controllo di AAMS, permettendo così una verifica in tempo reale di ogni giocata avvenuta sulla rete, da parte di AAMS, senza la mediazione del sistema del concessionario VLT;
   una ulteriore anomalia discenderebbe dal fatto che a controllare e registrare gli incassi delle videolottery sia un software che deve essere certificato da SOGEI. A tale scopo, secondo quanto dichiarato da Confindustria Gioco, SOGEI risultava avere i parametri internazionali UNI GEI 1705 per poter certificare tale software;
   Nadia Toffa ed il giornalista Marco Fubini in realtà avrebbero scoperto che SOGEI, non disporrebbe di questi requisiti internazionali necessari a garantire l'efficacia e trasparenza dei software che gestiscono la registrazione ed il trasferimento dati degli incassi delle videolottery, un mercato da 23 miliardi di euro, sempre che il dato, a questo punto sia credibile;
   l'ente chiamato in causa da Le Iene è SOGEI, la società informatica controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) che offre servizi tecnologici in regime di monopolio alle agenzie fiscali. Fondata nel 1976, passata da Telecom al Ministero dell'economia e delle finanze nel 2002, SOGEI gestisce l'anagrafe tributaria, monitora la spesa sanitaria, realizza i software per l'Agenzia delle entrate, delle dogane, del demanio e del territorio, sovrintende i codici fiscali alle tessere sanitarie di tutti gli italiani e, soprattutto, amministra il sistema e le informazioni per conto dell'ex AAMS, ora incorporata nell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM);
   SOGEI è il così detto partner tecnologico di Agenzia delle dogane e dei monopoli. Detto altrimenti, è il controllore dei dati di incasso di tutti i giochi di cui al comma 6, dell'articolo 110 del TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) relativamente al new slot per le quali sovraintende alle omologhe con i 5 enti certificatori convenzionati internazionali, con sede in Italia e con AAMS. Controlla i dati d'incasso delle videolottery (di cui certifica anche le piattaforme di gioco), controlla e vigila sul gioco on-line ovvero il cash game, casinò game, giochi definiti di abilità (come il Texas Hold'em), scommesse varie e ora anche quelle virtuali e altro, in relazione ai quali sovraintende alle omologhe con i 12 enti certificatori internazionali convenzionati con AAMS. Ogni gioco o sistema di gioco ha le sue peculiarità, SOGEI detta le linee guida e protocolli di comunicazione, di collaudo demandati agli enti terzi, in collaborazione con AAMS; per le VLT si è riservata la certificazione interna dopo che un ente internazionale terzo, scelto in modo discutibile a detta degli esperti del settore, ha fornito le basi tecnico formative;
   risulterebbe quindi, a giudizio degli interroganti, un problema di attendibilità complessiva dell'omologazione, laddove SOGEI certificasse le piattaforme di gioco per le VLT senza possedere il requisito ISO IEC 17025;
   la norma UNI EN ISO/IEC 17025 è uno standard comprensivo di requisiti gestionali e tecnici, impiegato in tutto il mondo per conseguire l'accreditamento di prove e taratura da parte dei laboratori che se ne occupano ed Accredia è ora l'ente unico nazionale di accreditamento;
   tale requisito risulta obbligatorio per gli enti certificatori delle piattaforme on-line ed è posseduto anche dagli enti che omologano e certificano gli apparecchi da gioco di cui al comma 6, lettera A) dell'articolo 110 del TULPS, meglio note come A.W.P. (amusement with prizes) o new slot e pertanto pare logico che ne debba essere in possesso anche tale struttura;
   sul sito web dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, area monopoli, sezione «I dati ufficiali di AAMS», sottosezione «Dati sulla raccolta giochi», gli stessi sono aggiornati ad ottobre 2012; l'ultima pubblicazione (riferita ai dati di settembre e ottobre 2012) è avvenuta il 2 gennaio 2013 mentre in precedenza i dati erano caricati con cadenza irregolare ma costante, tanto che sul sito sono disponibili tutti i dati sulla raccolta giochi da gennaio 2009 a ottobre 2012; a partire da giugno 2011 le informazioni mensili sulla raccolta giochi venivano ripartite su tre ambiti: raccolta nazionale mensile, raccolta nazionale cumulata da inizio anno, ripartizione regionale del prospetto mensile; al loro interno le singole schede permettevano una agevole lettura dell'andamento del mercato del gioco, rendendo possibile il confronto con l'anno precedente, distinguendo fra raccolta, vincite e spesa dei giocatori, evidenziando le variazioni percentuali e distribuendo la raccolta fra le varie tipologie di gioco (apparecchi, con una sottovoce dedicata alle macchine VLT, bingo, giochi a base ippica, giochi a base sportiva, lotterie, lotto, giochi numerici a totalizzatore-superenalotto, giochi di abilità a distanza, giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo e giochi di sorte a quota fissa);
   a giudizio degli interroganti non si può giustificare in alcun modo la mancata pubblicazione dei dati degli ultimi sedici mesi (novembre 2012-febbraio 2014), perché contraria alle esigenze di trasparenza rivendicate dalla stessa amministrazione dei monopoli, che, in massima evidenza nella prima pagina del proprio sito web, riporta l'affermazione «regole chiare, massima trasparenza, sicurezza per tutti»; anche la recente legge 11 marzo 2014, n. 23 «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», cosiddetta «delega fiscale», ha improntato la riforma del comparto giochi a principi di massima trasparenza;
   l'articolo 14 della medesima legge recita al comma 2: «n) riordino e integrazione delle disposizioni vigenti relative ai controlli e all'accertamento dei tributi gravanti sui giochi, al fine di rafforzare l'efficacia preventiva e repressiva nei confronti dell'evasione e delle altre violazioni in materia, ivi comprese quelle concernenti il rapporto concessorio»; e al comma «p) revisione, secondo criteri di maggiore rigore, specificità e trasparenza, tenuto conto dell'eventuale normativa dell'Unione europea di settore, della disciplina in materia di qualificazione degli organismi di certificazione degli apparecchi da intrattenimento e divertimento, nonché della disciplina riguardante le responsabilità di tali organismi e quelle dei concessionari per i casi di certificazioni non veritiere, ovvero di utilizzo di apparecchi non conformi ai modelli certificati; revisione della disciplina degli obblighi, delle responsabilità e delle garanzie, in particolare patrimoniali, proprie dei produttori o distributori di programmi informatici per la gestione delle attività di gioco e della relativa raccolta» –:
   se corrisponda al vero quanto sostenuto nel servizio de Le Iene in riferimento alla SOGEI la quale non sarebbe in possesso dei parametri internazionali necessari per l'esercizio dei controlli sugli apparecchi da gioco;
   se non si ritenga necessario applicare misure di controllo e di contabilità davvero efficaci e trasparenti, da parte dell'Amministrazione dei monopoli, fornendo tutti i dati che definiscono le operazioni di raccolta, incassi e vincite pagate, numero di installazioni, numero di operatori e comunicando chiaramente attraverso la stampa e le istituzioni preposte tutti i dettagli tecnici e contabili sulle attività di raccolta, considerato che a parere degli interroganti non basta una semplice dichiarazione, ma serve applicare sempre e per tutti i giochi trasparenza e coerenza di comportamento;
   se non ritenga il Ministro interrogato di doversi attivare al fine di superare quello che agli interroganti appare l'attuale conflitto di interessi in virtù del quale i software di gestione delle videolottery risulterebbero detenuti dagli stessi concessionari;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative dirette ad obbligare l'Amministrazione autonoma dei monopoli di stato alla pubblicazione dei dati sulla raccolta giochi dal novembre 2012 ad oggi, con le stesse modalità analitiche precedentemente in uso, prevedendo altresì un obbligo di pubblicazione, per il futuro, con cadenza mensile;
   se non ritenga di adeguare alle esigenze di immediatezza e trasparenza, sempre più rilevanti nel settore dei giochi pubblici, l'attuale sistema di controllo differito della contabilità degli apparecchi VLT. (4-04383)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'ATTORRE e MAGORNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la decisione di chiudere la casa circondariale di Lamezia Terme giunge in maniera improvvisa e priva di alcuna giustificazione razionale;
   sarebbe imminente la pubblicazione del decreto ministeriale di soppressione;
   basti pensare che appena il 27 marzo 2014 all'interno della casa circondariale, alla presenza dei vertici istituzionali e di autorità civili e religiose è stato inaugurato uno sportello informativo a cura del centro per l'impiego;
   la soppressione della struttura penitenziaria è però già pienamente operativa in quanto è stato già effettuato il trasferimento in altre strutture carcerarie di tutti i detenuti e, di conseguenza, comporterà a breve anche il trasferimento in altre sedi del personale di polizia penitenziaria;
   si tratta di circa 70 unità lavorative che prestano servizio a Lamezia e che saranno costrette a trasferirsi con le proprie famiglie;
   lascia davvero stupefatti che per la Calabria venga deciso di chiudere una struttura carceraria, in una città molto importante come appunto Lamezia, terza per numero di abitanti in regione, anche dal punto di vista simbolico in quanto presidio della legalità;
   tra l'altro, è l'unica casa circondariale che viene soppressa sul territorio regionale pur in considerazione del bacino di popolazione ricadente, del tema del sovraffollamento che verrebbe a determinarsi, nonostante l'ampliamento della struttura di Catanzaro, nonché del radicamento della presenza criminale –:
   se il Ministro, in considerazione di quanto sopra esposto, non intenda riconsiderare la decisione di sopprimere la casa circondariale di Lamezia Terme e, conseguentemente, ritirare il decreto in via di pubblicazione, consentendo il ripristino della piena operatività della struttura penitenziaria lametina. (5-02563)


   CICU. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'intervento del precedente Governo del 17 dicembre 2013 ha dimostrato, a giudizio dell'interrogante, l'assenza di una strategia di riforma efficace del processo civile e una totale «ignoranza» sui reali problemi che investono imprese e cittadini facendo un chiaro passo indietro, sempre nella direzione della rottamazione della giustizia civile. Le misure contenute nell'ultimo disegno di legge delega sono state descritte ai mezzi di comunicazione come il rimedio alle evidenti lungaggini dei procedimenti nel nostro Paese, ma in realtà sono, ad avviso dell'interrogante, una «lista della spesa» infarcita di norme sbagliate ed inutili come sempre a «costo zero» (come si precisa nell'ultimo articolo del disegno di legge);
   nell'VIII conferenza dell'Avvocatura a Napoli del 16 gennaio 2014, l'Oua (Organismo unitario dell'avvocatura) ha messo in evidenza alcuni degli aspetti più controversi della riforma del processo civile, quali la presunta «responsabilizzazione» dei legali rispetto alle cosiddette «liti temerarie», che imbavaglia i legali minacciando la condanna solidale del professionista, la motivazione a pagamento assolutamente in contrasto con l'articolo 111 (comma 6) della Costituzione che limita la possibilità per una vittima di poter ricorrere contro una sentenza sbagliata, se non pagando ulteriormente per la tutela di un diritto, la previsione del giudice unico in appello per alcune materie e per le cause pendenti da oltre tre anni che comporta una maggiore decisionalità in capo al magistrato e, visto l'enorme arretrato, di fatto fa ritornare in campo proprio quegli «ausiliari», oltretutto mai assunti;
   per quanto riguarda il cosiddetto «appello veloce» che punta alla riduzione della capacità di revisione da parte del magistrato, spinto a rifarsi direttamente a quanto stabilito nel precedente grado senza analisi critica, è tuttavia criticabile perché, per quanto sia condivisibile l'obiettivo di velocizzare e razionalizzare il processo civile, ciò non può andare a discapito di quelle che sono le garanzie fondamentali del processo ed è per questo che è stato dato il via alla protesta nel corso dell'assemblea generale straordinaria del 7 febbraio 2014;
   gli avvocati di tutta la Nazione hanno denunciato un attacco senza precedenti al diritto di difesa contro un sistema giustizia già da troppo tempo gravato da pesantissime carenze di mezzi e di organici, su cui pende il malcelato tentativo di addossare la maggiore responsabilità del cattivo funzionamento e dell'eccessiva durata dei procedimenti giudiziari;
   la protesta si è fatta sempre più paralizzante fino al punto di dar vita ad una kermesse di 15.000 avvocati in toga a Roma che il 20 febbraio 2014 hanno lasciato i tribunali per scendere in piazza e dettare il loro promemoria al Governo posto che nell'ultima riforma del processo civile sono state poste nuove barriere economiche alla giustizia, limitando il numero dei processi, ma lasciando la possibilità soltanto a pochi fortunati di esercitare il proprio diritto alla difesa;
   a detta degli avvocati in protesta, infatti, la giustizia diventerà appannaggio dei più abbienti, perché la riforma del processo civile a fronte di una crescita incontrollata ed incontrollabile dei costi di accesso, non comprende alcun effettivo e concreto reinvestimento per migliorare il funzionamento del sistema e ha calpestato i diritti dei non abbienti attraverso la drastica ed ingiustificata riduzione delle risorse da dedicare alla loro difesa;
   protesta ancora più estrema è stata posta in essere dagli avvocati sardi, in particolare dagli avvocati di Cagliari, Oristano e Tempio, che hanno incrociato le braccia dall'11 febbraio 2014, contestando la riforma del processo, e che non hanno sospeso ma intendono proseguire ad oltranza nonostante abbiano ricevuto la comunicazione dell'Autorità di garanzia finché il Ministro della giustizia non effettuerà una revisione sostanziale del progetto normativo di riforma del processo civile;
   l'Aiga, associazione giovani avvocati, a conclusione del tavolo sull'avvocatura convocato dal Ministro interrogato il 27 marzo 2014, ha insistito sulla necessità di riformare l'accesso alla professione forense fin dall'università che rappresenta il problema principale, ma ha anche sottolineato che non si può ridurre una riforma ad una scommessa che il Ministro di cui sopra vuole giocare con l'Avvocatura, ma è necessario dare attuazione ai tavoli di lavoro proposti che non devono rimanere soltanto un'idea;
   il presidente del consiglio nazionale forense, Guido Alpa, ha sottolineato l'atteggiamento senza dubbio più costruttivo di questo nuovo Governo rispetto a quello precedente che ha varato l'insoddisfacente riforma del processo civile, ma ha chiesto espressamente al Ministro interrogato di ritirare il disegno di legge di riforma –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire con urgenza per una revisione sostanziale del progetto normativo di riforma del processo civile, adottando le iniziative necessarie per varare una riforma che garantisca il diritto alla difesa a tutti i cittadini a prescindere dalle loro condizioni economiche e sociali.
(5-02565)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BECHIS, CIPRINI, TRIPIEDI, TURCO, AGOSTINELLI, ROSTELLATO e RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 2 del decreto legislativo 04 marzo 2014, n.39 (in Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2014 – in vigore dal 6 aprile 2014), recante «Attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI» viene previsto «Il certificato penale del casellario giudiziale di cui all'articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori»;
   gli interroganti concordano sull'impiego di adeguate ed efficaci misure di contrasto all'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori;
   la platea coinvolta consta in decine di migliaia di piccole associazioni che mobilitano centinaia di migliaia di volontari che lavorano con minori –:
   se i ministri interrogati siano a conoscenza della situazione di difficoltà in cui versano sia le associazioni che devono mettersi in regola in soli 16 giorni sia le procure che dovranno produrre in pochi giorni centinaia di migliaia di certificati penali;
   se i ministri interrogati ritengano opportuno adottare ogni più opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di accordare una proroga, anche breve, per il possesso del certificato penale. (4-04363)


   ROSATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   le società concessionarie di aree nell'ambito della superficie portuale, che si occupano di smistamento e distribuzione delle merci in import ed export e di logistica, sono tenute a prestare ex lege l'attività di custodia giudiziaria di beni che vengono sequestrati in tali aree dall'Agenzia delle dogane;
   un eventuale rifiuto delle stesse configurerebbe il reato di rifiuto di assunzione di uffici legalmente dovuti, previsto e punito dall'articolo 366 del codice penale, sicché le società sono costrette a svolgere questa funzione di custodia con conseguente riduzione di spazio disponibile nei magazzini per l'attività tipica e la relativa remunerazione;
   il Testo unico in materia di spese di giustizia (il decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002) stabilisce, in ragione del danno arrecato alle società, una indennità per l'attività di custodia, sulla base di tariffe che sono indicate in tabelle approvate con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   il decreto 2 settembre 2006, n. 265, indica le indennità spettanti al custode di beni sottoposti a sequestro, ma riguarda solo i veicoli a motore, natanti ed altre categorie di beni. Per beni diversi da quelli contenuti nel decreto resta soltanto la determinazione delle indennità di custodia con riferimento agli usi locali: quindi la liquidazione a titolo di indennità avviene ad importi significativamente inferiori a quelli che sono i prezzi di mercato, senza considerare che le aree di cui le società dispongono all'interno dei porti sono, inevitabilmente, circoscritte;
   molto spesso, risulta all'interrogante, che le società custodi sono state costrette a portare avanti, con esiti peraltro differenti caso per caso, opposizioni alle liquidazioni degli organi di giustizia, con conseguente ingolfamento delle cancellerie dei tribunali per queste tipologie di contenziosi;
   inoltre, si fa presente che la durata di queste custodie si protrae normalmente per lunghi periodi di tempo (anche anni) esponendo le società all'immobilizzazione di spazi commerciali che si rendono inutilizzabili a fini di lucro, e privando le società di ogni indennità sino al provvedimento finale di liquidazione (nelle modalità sopra esposte) –:
   se il Ministro intenda approvare un nuovo decreto che completi ed integri le tabelle già approvate, così da uniformare la quantificazione delle liquidazioni sul territorio nazionale e meglio apprezzare le indennità al danno conseguito dal mancato utilizzo degli spazi commerciali.
(4-04374)


   GARAVINI, VILLECCO CALIPARI, OLIVERIO, MONGIELLO, CENSORE, BATTAGLIA, MORANI e BINDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la pericolosità della ’ndrangheta è un dato ormai acclarato in numerose inchieste ed analisi;
   in particolare in queste ultime settimane si sono verificati episodi particolarmente inquietanti come il ritrovamento di un carico di armi (dieci kalashnikov, due mitragliette Skorpion e cinque pistole) che si sospetta potesse essere destinato ad un attentato contro esponenti della magistratura;
   numerosi magistrati sia della procura che del tribunale di Reggio Calabria sono stati sottoposti a minacce e sono attualmente sotto tutela per evitare rischi per la loro incolumità, sia perché impegnati in importanti inchieste, alcune concluse recentemente con il sequestro di notevoli quantità di stupefacenti, altre in via di conclusione; sia perché impegnati nei processi scaturiti da inchieste che, negli anni scorsi, hanno dimostrato l'espansione della ’ndrangheta anche nelle regioni del centro-nord;
   lo stesso comune di Reggio Calabria è stato sciolto per infiltrazioni mafiose e la gestione commissariale è stata prolungata oltre il termine minimo per consentire di portare a termine l'azione tesa a riportare la legalità e la trasparenza negli atti dell'amministrazione;
   al tribunale di Reggio Calabria sono previsti in organico 50 posti di magistrati ordinari. Al momento 10 posti sono vacanti e due magistrate sono assenti rispettivamente per maternità e per malattia di lungodegenza. Quindi sono coperti 38 posti su 50;
   in tribunale operano 6 sezioni, due civili e 4 penali;
   alla sezione penale dibattimentale sono pendenti 7561 processi (di cui 250 pendenti sul ruolo collegiale, 5714, in essi compresi i 407 provenienti dalla sezione di Melito P. Salvo, già fissati sui ruoli monocratici, cui vanno aggiunti 1.797 ancora da fissare, di cui 742 a citazione diretta e 855 opposizioni a decreti penali di condanna);
   a fronte dei processi in atto sono coperti soltanto 8 posti su 9. Dei quasi 8.000 processi pendenti, 50 sono di criminalità organizzata. 37 sono definiti maxi ossia, ciascuno a carico di più di 10 imputati per i reati contemplati dall'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p. La maggior parte degli imputati in questi processi sono in stato di custodia cautelare e, sovente, nonostante sia stato adottato lo strumento previsto dal codice di rito del congelamento dei termini di custodia, essi sono prossimi a scadere in un periodo di tempo insufficiente alla celebrazione delle udienze con ritmi che non siano serrati;
   alla sezione Gip-Gup di Reggio Calabria sono coperti 9 posti su 12. I procedimenti pendenti sono circa 10.000;
   alla sezione misure di prevenzione sono solo in 3 magistrati (a fronte di un organico che dovrebbe essere di 4) a gestire beni sequestrati per svariati milioni di euro: aziende e beni immobili;
   al tribunale della libertà sono coperti 4 posti su 5 per circa 1.300 ricorsi all'anno,
   la situazione non è meno allarmante alle sezioni civili;
   alla prima sezione civile ci sono 6 magistrati su 8, Alla seconda sezione civile 5 su 7. 4 magistrati sono poi addetti alle trattazione delle cause di lavoro e previdenza;
   la situazione testimonia uno stato di estrema sofferenza del tribunale in considerazione dell'esiguità delle risorse di cui lo stesso dispone per far fronte all'enorme mole di lavoro, il cui smaltimento, secondo parametri realistici sembra stimarsi impossibile in tempi brevi con conseguente presa d'atto che, nel settore penale, alcuni reati per i quali i processi sono pendenti da tempo sono destinati alla prescrizione, indipendentemente da abilità organizzative e dal sacrificio della sfera personale che possa richiedersi ai magistrati;
   di qui la convinzione, per un verso, che lo sforzo profuso per evitare «incidenti di percorso», quali scarcerazioni di appartenenti alla criminalità organizzata o declaratorie di prescrizione di reati di particolare allarme sociale, è stato immane con significativa risposta in termini di presidio alla legalità imposto al tribunale penale, per altro verso, che occorre continuare nel solco del percorso già tracciato muovendo attraverso l'individuazione delle necessarie priorità, preferibilmente anche coinvolgendo gli uffici di procura. Ciò si impone, lo si ripete, in considerazione dell'oggettiva constatazione che le risorse a disposizione non possono assicurare lo smaltimento in tempi rapidi dell'intera pendenza e della sicura sopravvenienza (la situazione è in continua evoluzione ed è quindi destinata ad «aggravarsi» ove si pensi all'encomiabile impegno degli inquirenti nel contrasto alla criminalità organizzata, che avrà certa ricaduta sul tribunale in ogni settore, sia in termini di ordinanze custodiali da emettersi, processi da celebrarsi, misure di prevenzione da applicarsi e via dicendo);
   si sono nel tempo sperimentate soluzioni organizzative intese ad assicurare una maggiore efficienza di tutte le sezioni del Tribunale per fronteggiare l'emergenza e fornire una risposta credibile in termini di giustizia con riferimento alla trattazione sia dei processi di criminalità organizzata sia di quelli comuni aventi ad oggetto reati di particolare allarme sociale;
   tuttavia, si sottolinea che le risorse a disposizione del tribunale con le quali si chiede di far fronte allo smaltimento dell'enorme mole quantitativa e qualitativa del lavoro sono assolutamente insufficienti;
   occorre, infatti, sottolineare che ciò che crea particolare allarme non è solo il dato qualitativo ma, soprattutto, quello quantitativo;
   i processi in materia di criminalità organizzata sono assai delicati avendo ad oggetto presunte relazioni tra la ’ndrangheta, oggi considerata la più pericolosa consorteria di stampo mafioso operante in Italia ed all'estero ed il mondo politico e dell'imprenditoria in quel sistema di intrecci che oggi è all'attenzione di tutti gli organi istituzionali;
   anche con riferimento al personale di cancelleria la situazione del tribunale è assai preoccupante essendo coperti 143 posti su 171;
   alla sezione dibattimentale vi sono solo nove cancellieri abilitati a coprire tutte le udienze;
   infine, si fa presente che il numero delle aule bunker a disposizione per i maxi processi è assai limitato: le aule bunker vanno, di volta, in volta, prenotate per la trattazione dei maxi processi –:
   se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, finalizzate alla copertura integrale e all'ampliamento dell'organico tenendo conto della qualità e quantità dei processi pendenti presso il tribunale di Reggio Calabria. (4-04377)


   FAVA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   al detenuto Aldo Ercolano, condannato all'ergastolo per omicidio e associazione di stampo mafioso, è stato revocato il regime speciale di detenzione previsto dall'articolo 41-bis;
   il fatto ha già provocato la preoccupata reazione della direzione nazionale antimafia che, nell'ultima relazione semestrale, ha inteso stigmatizzare la decisione ritenendo che «il venir meno del regime di cui all'articolo 41-bis nei confronti di Aldo Ercolano, nipote di Benedetto Santapaola e da questi designato alla successione anche per l'autorevolezza di cui gode all'interno della “famiglia”, rende particolarmente preoccupante e meritevole di un attento monitoraggio la situazione che può determinarsi all'interno delle carceri in cui sono reclusi gli associati a tale cosca mafiosa (...) in quanto appare assai verosimile che possano essere effettuati, con la regia dell'Ercolano, nuovi reclutamenti (...) e che vengano impartite importanti indicazioni strategiche sull'operatività della cosca da veicolare all'esterno»;
   Aldo Ercolano è figlio di Giuseppe Ercolano — capo dell'omonima famiglia mafiosa, recentemente deceduto — nonché nipote di Benedetto Santapaola, noto capomafia catanese;
   dopo l'arresto dello zio Benedetto Santapaola, l'Ercolano aveva assunto la reggenza di Cosa Nostra sul territorio di Catania;
   l'ufficio anticrimine della questura di Catania in una nota recente scrive che Ercolano «seppur detenuto da molti anni, ha sempre avuto e continua ad avere una posizione di assoluto prestigio all'interno della Famiglia»;
   la famiglia Ercolano, imparentata con quella dei Santapaola e dei Mangion, rappresenta una delle cosche storiche di Cosa Nostra nella Sicilia orientale;
   risale a pochi giorni fa la confisca ai sensi della legge La Torre di due aziende del valore di dieci milioni di euro intestate ai fratelli di Aldo;
   i rapporti tra il vecchio capomafia Giuseppe Ercolano, padre di Aldo, e l'editore del quotidiano La Sicilia Mario Ciancio hanno determinato l'apertura di un'indagine che attualmente vede Ciancio indagato per concorso esterno in associazione mafiosa;
   in occasione della recente missione della Commissione antimafia a Catania, a domanda specifica dell'interrogante sia il prefetto che il questore e il comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri hanno detto di non essere al corrente del provvedimento di revoca del 41-bis nei confronti di Aldo Ercolano;
   l'attuale pericolosità mafiosa della famiglia Ercolano e il ruolo indiscutibilmente apicale che vi ricopre Aldo Ercolano sono fatti inoppugnabili –:
   quali motivazioni giustifichino la revoca del 41-bis nei confronti del detenuto Aldo Ercolano;
   se il Ministro non ritenga di assumere iniziative per riattivare tempestivamente il 41-bis nei confronti del suddetto detenuto. (4-04379)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COVELLO e MAGORNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiano Mauro Moretti, durante la presentazione a Milano del piano industriale di FS ha annunciato, che per le stesse ferrovie, sono previsti 24 miliardi di euro di investimenti programmati nei prossimi quattro anni e che questo piano di ingenti investimenti sarà sostenuto per 8,5 miliardi dalle Ferrovie dello Stato italiano in autofinanziamento, mentre il resto sarà finanziato dallo Stato. Complessivamente, 17,5 miliardi di euro verranno destinati alla rete e alle infrastrutture ed in particolare, ai corridoi ferroviari definiti dall'Unione europea e alle aree metropolitane; mentre altri 6,5 miliardi di euro saranno destinati all'acquisto di nuovi treni e allo sviluppo delle tecnologie al servizio del trasporto;
   da tempo vengono lamentati reiterati disservizi e disagi di ogni genere da parte degli utenti che denunciano la totale disattenzione delle Ferrovie dello Stato sui treni del Sud Italia ed in particolar modo quelli che collegano la Calabria diversamente da come avviene nel resto d'Italia –:
   di quali elementi disponga in merito a quanto riportato in premessa, chiarendo a beneficio del Mezzogiorno d'Italia in che modo e quanto Ferrovie dello Stato italiano intendano investire per il sud d'Italia, con l'auspicio che tali investimenti vengano spalmati su tutto il territorio evitando opere di mero restyling che non servono al Sud e alla clientela, la quale manca la qualità del servizio diminuisce sempre di più per effetto delle leggi dell'economia. (5-02561)


   GAROFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato da numerosi organi d'informazione sia nazionali, che regionali, il Consorzio per le autostrade siciliane – CAS ente pubblico non economico, avente quale scopo sociale l'esercizio della rete autostradale rilasciata in concessione dall'ANAS, per la costruzione e la gestione delle autostrade, Messina-Catania-Siracusa, Messina-Palermo e Siracusa-Gela, risulta essere sottoposto a diversi procedimenti d'indagine da parte della procura della Repubblica e della direzione investigativa antimafia, a causa di una serie di inefficienze e spreco di denaro pubblico, nonché per l'attribuzione di alcuni contratti di gare e consulenze esterne ritenute irregolari;
   il medesimo Consorzio attualmente risulta essere concessionario ANAS, di due importanti arterie autostradali della regione Siciliana, l'Autostrada «A20», che collega la città di Messina e di Palermo, e l'Autostrada «A18», che unisce le città di Messina e Catania, facente parte dalla asse viario europeo «E45»;
   per entrambi i collegamenti, la magistratura, come in precedenza rilevato, ha avviato una serie di accertamenti, anche per la mancanza di adeguati sistemi di sicurezza e di manutenzione nei tratti autostradali direttamente gestiti dal medesimo organo gestore, considerati non sufficientemente idonei;
   dall'attività ispettiva dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) sono emerse inoltre una serie di rilevanti criticità tali da richiederne la decadenza da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 5 luglio 2010, protocollo 457;
   la decadenza è stata pronunciata ai sensi dell'articolo 23 della convenzione unica del 27 novembre 2000, tra ANAS e Consorzio per le autostrade siciliane, a causa del perdurare dei gravi inadempimenti da parte del Consorzio agli obblighi convenzionali;
   il suindicato provvedimento governativo tuttavia, sebbene sia stato dichiarato successivamente nullo, a seguito di un lungo contenzioso conclusosi con la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa sulla decadenza della concessione di costruzione e di esercizio, il 29 giugno 2011, comprova in ogni modo, il diniego che in maniera perdurante l'organo di gestione interessato, ha dimostrato in ordine alle capacità di garantire adeguati livelli funzionali e di efficienza per la sicurezza e la realizzazione delle opere di infrastruttura viaria dei tratti autostradali in precedenza rilevati, la cui esecuzione di numerosi lavori risulta in grave ritardo;
   l'interrogante evidenzia come nel recente passato, l'ANAS avesse in diverse occasioni, diffidato il Consorzio, a seguito delle numerose e ripetute inadempienze, riscontrate in riferimento all'espletamento degli interventi di manutenzione sulle infrastrutture autostradali gestite in concessione (A18 Siracusa-Gela, A18 Messina-Catania e A20 Messina-Palermo), alla realizzazione del programma degli investimenti, nonché all'aggiornamento della contabilità generale, secondo le prescrizioni delle norme in vigore ed alla tenuta della contabilità analitica per ciascuna tratta autostradale oggetto di concessione;
   l'interrogante ricorda, inoltre, come nonostante i gravi, manifesti e deprecabili disservizi in cui si trovano i percorsi autostradali A18 e A20 in precedenza esposti, le medesime tratte interessate dalla gestione del Consorzio per le autostrade siciliane, siano soggette al pagamento del pedaggio, m considerazione della vigenza della concessione del tratto, al fine di poter usufruire dei servizi e delle infrastrutture viarie;
   il pagamento delle infrastrutture viarie a pedaggio, a giudizio dell'interrogante, può tuttavia riscontrare una giustificazione in tutti quei casi in cui la società divenuta concessionaria del tratto viario considerato, si impegni contrattualmente ad assicurare un servizio maggiormente competitivo, di quello altrimenti offerto dalla rete stradale non affidata a gestione esterna, ovvero a sostenere le spese per l'ammodernamento, l'innovazione, la gestione e la manutenzione del tratto considerato;
   ciononostante la situazione descritta in precedenza, suffragata peraltro da numerosi atti di sindacato ispettivo presentati sia nella scorsa, che nella presente legislatura, che ribadiscono come il servizio di gestione da parte del Consorzio per le autostradale siciliano, sia stato complessivamente insufficiente e inadempiente sia nell'osservanza di adeguati livelli di standard per la sicurezza stradale, che nel rispetto dei termini contrattuali, conferma a parere dell'interrogante, come necessitano interventi necessari sia per una rivisitazione contrattuale con il medesimo Consorzio, che misure urgenti in grado di riammodernare intere tratte peraltro fra le più pericolose d'Italia e d'Europa;
   proprio con riferimento alla sicurezza stradale, risultano attualmente numerosi i sinistri direttamente o indirettamente imputabili alle inadempienze della manutenzione stradale, che hanno causato numerosi incidenti stradali mortali, provocati dalle precarie condizioni delle barriere di contenimento, della segnaletica, dell'illuminazione e del manto stradale;
   ulteriori criticità che si rilevano in ordine alle condizioni di sicurezza e alla tutela degli utenti che usufruiscono i tratti autostradali A20, A18 ed E45, si riscontrano all'interno delle gallerie in particolare quelle di Battaglia e Bonfornello, nel tratto autostradale Palermo-Messina, in cui si sono verificati episodi incidentali che hanno causato addirittura alcune vittime;
   le considerazioni suesposte, a giudizio dell'interrogante, ribadiscono l'esigenza di un intervento nei confronti del Consorzio, il quale contrariamente agli altri concessionari di ANAS spa, rappresenta un ente pubblico che opera in una veste giuridica ed organizzativa dimostratasi inadeguata ad imprimere la necessaria efficienza;
   i dubbi e le perplessità, a parere dell'interrogante, risultano ulteriormente più manifesti, se si considera come il Consorzio più volte indicato, oltre ad aver determinato risultati nel complesso insoddisfacenti del proprio operato, in termini di lavori di manutenzione e di realizzazione di infrastrutture viarie, come sostenuto da numerosi viaggiatori, sia stato oggetto di rilevanti osservazioni critiche da parte dell'Autorità di vigilanza e dell'ANAS, che hanno peraltro dato luogo alla formalizzazione di un atto a firma del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, con cui si è prospettata la revoca della concessione in danno del medesimo organo di gestione –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non convenga che i numerosi e articolati rilievi critici in precedenza riportati necessitano di urgenti interventi al fine di verificare l'efficienza della gestione del Consorzio per le autostrade siciliane;
   in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per accertare l'eventuale esistenza delle preoccupanti inadempienze da parte del Consorzio per i sistemi di sicurezza e di manutenzione stradale, tali da determinare evidenti rischi per l'incolumità degli utenti siciliani, che percorrono le due arterie autostradali affidate alla sua diretta gestione;
   se intenda inoltre verificare la sussistenza delle motivazioni che hanno determinato il contratto di concessione di costruzione ed esercizio delle autostrade regionali, conferito con la convenzione unica del 27 novembre 2000, approvato con decreto interministeriale 28 maggio 2001, n. 702;
   se non ritenga altresì iniquo il pagamento di un pedaggio da parte degli utenti siciliani che usufruiscono delle tratte interessate, in considerazione dei rilevanti disagi e delle deprecabili condizioni in cui versano le infrastrutture viarie esposte in premessa, che non giustificano evidentemente il costo del servizio offerto;
   se, conseguentemente, non ritenga opportuno assumere a favore dei pendolari siciliani chi usufruiscono delle tratte autostradali esposte in premessa, iniziative affini a quelle già introdotte, che recano esenzioni fino al 20 per cento sui costi dei ticket autostradali, nei confronti degli automobilisti, che quotidianamente usufruiscono di alcune tratte autostradali nazionali;
   quali iniziative urgenti intenda infine intraprendere, in attesa degli esiti dell'inchiesta giudiziaria, al fine di garantire le condizioni necessarie per una gestione efficiente e trasparente delle tratte stradali devolute al suddetto Consorzio e se, in considerazione delle osservazioni esposte in precedenza, che rilevano gravi ritardi per l'ammodernamento dei medesimi percorsi, non ritenga opportuno valutare conseguentemente, l'opportunità di revocare le concessioni attribuite al medesimo organo di gestione. (5-02567)


   GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, LUPO, SPESSOTTO, CRISTIAN IANNUZZI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'interCity (IC) è la categoria di servizio assegnata ai treni costituiti da convogli con velocità massima di 200 chilometri orari che collegano città importanti con un numero ridotto di fermate in stazioni intermedie. Gli intercity sono anche definiti «servizio intermedio» tra l'alta velocità, introdotta nel 2011, ed i treni regionali e sono fondamentali sopratutto per quei centri non serviti dall'alta velocità, in quanto collegano oltre 200 stazioni in Italia;
   ad ottobre 2013 Trenitalia minaccia la soppressione di 12 intercity della dorsale appenninica sollevando una protesta unanime da parte delle 9 regioni interessate (Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria, Umbria e Campania). Tali soppressioni troverebbero giustificazione, secondo l'amministratori delegato di Ferrovie dello Stato Italiane Mauro Moretti, nel mancato raggiungimento dell'equilibrio economico tra costi e ricavi, in quanto non contribuiti perché non ricompresi nel contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   dal 1o marzo, approfittando della disattenzione dei più, Trenitalia «taglia» una coppia di intercity sulla dorsale Roma-Milano, IC 586 (Roma-Trieste) ed IC 587 (Roma Termini-Milano C.le), cui farà seguito la deviazione, a partire dal mese di giugno 2014, del Freccia bianca 9762 dalla dorsale tirrenica;
   proseguendo sulla stessa strategia, Trenitalia preannuncia al Governo ed alle regioni, notizia di poche settimane fa, l'intenzione di cancellare dall'orario estivo le altre 5 residue coppie di intercity, delle 6 rimaste attive;
   per evitare tale decisione, il gestore del servizio chiede al Governo risorse pari a 30 milioni di euro al fine di compensare le perdite che oggi deriverebbero dalla programmazione di tali treni. Tali risorse, secondo quanto comunicato dal Governo alle regioni, non sarebbero al momento disponibili;
   il Parlamento, tuttavia, ha stabilito all'articolo 21, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, di introdurre un sovrapprezzo al canone dovuto per l'esercizio dei servizi di passeggeri su linee ad alta velocità, con cui sostenere i servizi a media e lunga percorrenza; la determinazione del sovrapprezzo dovrà essere effettuata con decreto attuativo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, senza compromettere la redditività economica del servizio di trasporto su rotaia, e sarà soggetta ad aggiornamento triennale;
   ad oggi ancora si attende il previsto decreto attuativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che potrebbe contribuire in modo concreto a superare le difficoltà ed a mantenere in piedi il servizio intermedio dei treni intercity;
   la soppressione tout court del servizio intermedio intercity, comprese le tratte/fermate ancora scoperte dal servizio dell'alta velocità, cui si sta andando incontro con questa strategia del gestore, senza una parallela riprogrammazione degli investimenti sui servizi regionali, sta provocando un grave disservizio e ripercussioni rilevanti per centinaia di utenti –:
   se il Ministro interrogato possa illustrare i motivi del ritardo nella emanazione del decreto attuativo previsto all'articolo 21, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011 e se, in ogni caso, sia a conoscenza di quali siano le strategie future del gestore in merito alla gestione del servizio intermedio degli intercity. (5-02569)


   COPPOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in base a segnalazioni pervenute all'interrogante, sembrerebbe che RFI spa richieda di prassi alle aziende fornitrici la presentazione di fideiussioni bancarie o assicurative in base alle quali l'escussione della cauzione può essere richiesta anche in deroga all'articolo 1939 del codice civile;
   la norma richiamata prevede che la fideiussione non sia valida se non è valida l'obbligazione principale; derogando a tale disposizione, pertanto, il pagamento della cauzione può essere richiesto per qualsivoglia motivo, indipendentemente dalle vicende dell'obbligazione principale;
   il carattere vessatorio di tale clausola appare suscettibile di creare significative difficoltà alle aziende fornitrici di RFI Spa;
   peraltro, la richiesta da parte di RFI spa della presentazione da parte delle aziende fornitrici di fideiussioni con la clausola sopra descritta potrebbe determinare anche rallentamenti nella realizzazione degli interventi previsti nell'ambito del contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI spa; ciò a causa della maggiore difficoltà di individuare aziende in grado di esibire tali fideiussioni –:
   se il Governo sia in grado di confermare o smentire i fatti sopra indicati e, in tal caso, se intenda assumere iniziative presso RFI spa al fine di evitare che l'eventuale richiesta da parte della società della presentazione di fideiussioni con le caratteristiche sopra descritte possa rallentare la realizzazione degli interventi previsti nell'ambito del contratto di programma. (5-02572)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'utilizzo dei trasporti su rotaia in Sardegna è costantemente disincentivato a causa delle pessime condizioni in cui versa la rete ferroviaria della regione e del limitato numero di treni che percorre l'isola quotidianamente. La rete principale della Sardegna, infatti, gestita dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane tramite l'azienda RFI (Rete ferroviaria italiana), si compone solamente di quattro linee ferroviarie. Dei 432 chilometri a scartamento ordinario soltanto 51 sono a doppio binario. La gestione del trasporto ferroviario dei passeggeri che viaggiano sulla rete principale dell'isola, invece, è affidata all'azienda Trenitalia, che fa parte dello stesso gruppo Ferrovie dello Stato;
   interi territori, che comprendono anche comuni molto popolosi, non sono serviti da treni. Talvolta, l'unico modo per raggiungere le stazioni più vicine rispetto al luogo di residenza è utilizzare i mezzi propri. I pendolari sardi, inoltre, sono quotidianamente costretti, anche negli orari di punta, a lunghe attese nelle stazioni e impiegano tempi molto lunghi per percorrere brevi distanze, con tutti i disagi che ne conseguono;
   gravi condizioni di disagio dovuti alla carenza di servizi ferroviari si sono riscontrate negli ultimi anni in modo particolare nel tratto sud della dorsale sarda. Per migliorare il servizio dei trasporti dell'isola a giugno del 2009 sono state aperte tre nuove fermate lungo la tratta tra Cagliari e Decimomannu: Assemini Carmine, Assemini Santa Lucia e Cagliari Santa Gilla. L'investimento complessivo, come dichiarato dal gruppo Ferrovie dello Stato, è stato di 4,5 milioni di euro;
   il nuovo servizio metropolitano, che avrebbe permesso di raggiungere Decimomannu da Cagliari e viceversa in poco più di venti minuti sfruttando in pieno le potenzialità del doppio binario, avrebbe dovuto prevedere un treno ogni mezz'ora nelle fasce orarie a più intenso traffico pendolare;
   il servizio non è mai entrato in pieno regime e, nel corso degli anni successivi, è stato ridotto considerevolmente, fino ad arrivare alla cancellazione, dall'estate 2013, delle fermate di Assemini Carmine e Assemini Santa Lucia, lasciando agli abitanti del comune di Assemini, che comprende un'area molto vasta, soltanto l'utilizzo della vecchia stazione, ormai declassata a fermata ferroviaria –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, nelle sedi che riterrà più opportune e nell'ambito delle proprie competenze, per chiarire le motivazioni della sopraggiunta inattività delle fermate di Assemini Carmine e Assemini Santa Lucia, a fronte di stanziamenti complessivi pari a 4,5 milioni di euro già utilizzati per l'apertura delle tre fermate ferroviarie citate;
   quali iniziative intenda altresì intraprendere, nelle sedi che riterrà più opportune e nell'ambito delle proprie competenze, affinché siano riattivate, nel più breve tempo possibile, le citate fermate ferroviarie. (4-04364)


   SPADONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la nascita della Mediopadana ha innescato tante problematicità legate allo sviluppo informe dell'area nord di Reggio;
   nel 2012 Autostrade per l'Italia annuncia di voler realizzare la quarta corsia-attualmente ferma a Modena Nord, anche nel tratto che passa da Reggio;
   il comune si è impegnato a creare una connessione fra i due grandi sistemi di mobilità;
   la Società Autostrade è concorde nel prevedere un nuovo casello dell'autostrada con uscita stazione Mediopadana, nonostante ci sia, a circa 800 metri, il casello Reggio Emilia costruito 10 anni fa e non ancora completamente terminato;
   è stato quindi incaricato uno studio di ingegneria per fornire alla società Autostrade il miglior progetto possibile che tenga unite le esigenze del comune e della società stessa;
   lo spazio, a nord, fra l'autostrada e la ferrovia alta velocità è molto esiguo, anche per le ferree normative delle Ferrovie dello Stato;
   a sud vi è tanto terreno libero, anche se è vincolato al rispetto di distanza dall'autostrada;
   l'obiettivo della società autostrade è costruire un parcheggio multipiano da gestire e con rientro veloce dell'investimento, con una parte di attività commerciali;
   è necessario garantire la sicurezza e l'impossibilità di scambio veicolare fra la viabilità normale e quella autostradale;
   i passaggi da nord a sud dell'autostrada saranno garantiti da nuovi costosissimi manufatti-ponte che sfruttano il rilievo in quel punto;
   il comune – per mettere a disposizione il terreno necessario ad Autostrade e procedere senza problemi – ha attuato una trattativa con i privati proprietari di quei terreni;
   per invogliarli a cederli potrebbe esserci il solo il sistema di garantir loro delle nuove possibilità edificatorie su altri terreni, attualmente agricoli o comunque non edificati, difficilmente quantificabili ad oggi;
   si sta tralasciando tutto quello che può essere legato al potenziamento del trasporto pubblico a discapito di politiche in favore dell'ambiente: manca ancora ad oggi, per esempio, il treno navetta stazione Tav Mediopadana-stazione centrale Reggio Emilia;
   tutta la questione della costruzione e della gestione del casello e del parcheggio sarà a carico di Società Autostrade per l'Italia –:
   come intendano monitorare la situazione visto che questa attività metterà in moto una intensa trasformazione urbanistica su quest'area in parte molto pericolosa e ad alto impatto coinvolgendo il contesto agricolo (quello su cui si situa e quello confinante) e le opere già esistenti con ulteriori costruzioni;
   quali siano le misure messe in atto e quali quelle in programma per evitare le infiltrazioni mafiose, di cui si ha ampia documentazione, anche da recenti fatti criminosi, nelle opere di costruzione;
   se si ritenga effettivamente utile una tale struttura che comporta, ad avviso dell'interrogante, un eccesso di spesa di denaro pubblico senza un effettivo bisogno, dato che il parcheggio ora terminato a nord della stazione risulta sufficientemente dimensionato. (4-04380)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   su diverse fonti stampa, nonché da una lettera inviata al Ministro interrogato dall'Assotrasporti, Associazione per la tutela e la difesa delle aziende di autotrasporto, si apprende che l'ex sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti del Governo Letta, Rocco Girlanda, sarebbe attualmente consigliere del titolare dello stesso dicastero;
   sul portale istituzionale non risulta alcun riferimento a Girlanda, ex coordinatore di Forza Italia in Umbria, né il suo nome (4 aprile 2014) comparare tra quelli degli uffici di diretta collaborazione del Ministro;
   posto che la scelta dell'ex Sottosegretario potrebbe rappresentare una continuità all'interno di un dicastero delicato come quello delle infrastrutture e dei trasporti, agli interroganti non appaiono sufficientemente chiare le ragioni di tale decisione –:
   quali siano le motivazioni della riconferma di Girlanda nell'incarico di consigliere del Ministro interrogato;
   se abbia intenzione di aggiornare il portale istituzionale inserendo gli eventuali nuovi compensi percepiti dall'ex Sottosegretario Girlanda in qualità di consigliere del Ministro, nel rispetto del principio di trasparenza della pubblica amministrazione. (4-04384)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZAMPA, IORI, CHAOUKI, ALBANELLA, AMODDIO, ANTEZZA, CAPONE, CASELLATO, COCCIA, D'INCECCO, CARLO GALLI, IACONO, LA MARCA, MARCHI, MOSCATT, PORTA, SCUVERA, TARANTO e VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dopo lo sbarco di altri 260 minori non accompagnati, avvenuto il 21 marzo 2014, dei quali 145 ricoverati nel Palazzetto dello sport di Brucoli, la situazione ad Augusta e nel suo territorio si è fatta insostenibile;
   quest'ultimo sbarco fa seguito a quello avvenuto il 7 febbraio 2014 quando 141 minori non accompagnati erano stati portati al Palazzetto dello sport Palajonio di Augusta, dove già si trovavano 33 minori non accompagnati egiziani arrivati il 30 gennaio, mentre 26 ragazzi somali erano stati accolti in una struttura della Protezione civile a Brucoli;
   i disagi per il comune di Augusta sono insopportabili, vista la situazione di commissariamento per mafia ed il debito già contratto con le strutture di accoglienza pari a 45 milioni di euro;
   la Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza ha più volte denunciato la condizione dei minori stranieri non accompagnati nel territorio italiano e ha raccolto elementi di grave allarme sociale legati alla pericolosità dell'azione della microcriminalità, delle organizzazioni mafiose con particolare riferimento alla prostituzione minorile e al lavoro nero;
   la situazione di assoluto degrado del palazzetto dello sport di Augusta è stata, tra l'altro, testimoniata e documentata con materiale fotografico durante l'audizione in Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza del responsabile del coordinamento nazionale delle comunità impegnate nell'accoglienza minori stranieri non accompagnati il 20 marzo 2014 –:
   se non ritenga urgente l'adozione di una soluzione che non sia di tipo emergenziale ma affronti in maniera organica – anche sul piano normativo – il problema dei minori stranieri non accompagnati, nel rispetto delle norme internazionali, quali la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, che vincola i Paesi sottoscrittori, tra l'altro, a riconoscere il diritto di non discriminazione (articolo 2), adottare ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono e di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale (articolo 19), a riconoscere il diritto dei fanciulli ad ottenere il più alto standard possibile di cure mediche, protezione sociale ed istruzione (articoli 20, 28 e 29), ad assicurare il diritto di protezione (articoli 19, 22, 30, 38);
   quali iniziative, inoltre, intenda adottare al fine di verificare le condizioni all'interno del Palazzetto dello sport Palajonio di Augusta considerato che la permanenza di soggetti minori di età presso strutture emergenziali di accoglienza costituisce estrema ratio per la realizzazione della tutela minorile e che può essere disposta solo nelle more dell'individuazione di un luogo diverso idoneo alle esigenze minorili e deve essere attuata impedendo promiscuità con adulti che potrebbero compromettere lo stato di sicurezza e sana crescita psico-fisica del minore (5-02568)


   TULLO, CAROCCI, DE MARIA, GIACOBBE, MICHELE BORDO, NACCARATO, FIANO, VERINI, STUMPO, MARCO MELONI, FIORIO, FERRARI, FERRO, AMENDOLA, BRUNO BOSSIO, PAGANI, BERRETTA, MOGNATO, BOCCUZZI, ROBERTA AGOSTINI, POLLASTRINI, VALERIA VALENTE, ROSSOMANDO e GINEFRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 25 febbraio 2013 il sostituto procuratore della Repubblica di Genova dottor Federico Manotti ha concluso l'indagine relativa all'operato di un gruppo di persone aderenti al F.A.I. (Federazione anarchica informale) chiedendo l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei loro confronti per i reati contestati agli stessi. Si tratta in larga parte di attentati a caserme (Parma RIS, Genova Prà e Genova Voltri) e dell'invio di un pacco bomba all'allora sindaco di Bologna;
   come si apprende, con dovizia di particolari, dalla lettura della stampa quotidiana cartacea e on line (Repubblica edizione Bologna del 26, 27 e 28 febbraio 2014 e Il Secolo XIX di Genova del 28 febbraio e 5 marzo 2014), dopo il 27 marzo 2014, a seguito della riapertura delle indagini del procedimento n. 665/2008, mediante l'ausilio delle più recenti strumentazioni tecniche si procedeva all'ascolto e alla successiva trascrizione delle conversazioni ambientali e telefoniche intercettate nell'ambito dei procedimenti precedenti relativi allo stesso gruppo. Dagli stessi atti però risulta che, pur mancando i dettagli dati dalle intercettazioni ambientali sentite solo nel 2012, le conversazioni  telefoniche registrate nell'ottobre-novembre 2005 avevano già evidenziato in maniera inequivocabile la preparazione e la realizzazione dell'Operazione parchi puliti, posta in essere dalla FAI e costituita dall'attentato alla caserma del RIS di Parma e dall'invio del pacco-bomba al sindaco di Bologna Sergio Cofferati;
   a quanto risulta all'interrogante i soggetti vittime di tali fatti non avrebbero avuto alcuna notizia dei rischi cui andavano incontro –:
   di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda e se risulti se e quali criteri e indirizzi siano adottati per situazioni quali quelle descritte in premessa, al fine di evitare in particolare alle persone «prese di mira» di incorrere in gravi pericoli. (5-02575)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la notte del 24 marzo 2014, si è sviluppato un terribile incendio sull'isola dei Pescatori, conosciuta anche come isola superiore dell'arcipelago delle isole Borromee del Lago Maggiore (comune di Stresa) in provincia di Verbania, domato con strumenti d'intervento improvvisati, molte ore dopo l'accaduto, le cui conseguenze hanno causato gravi danni a numerose abitazioni private e lo sgombero di una famiglia;
   l'intervento risultato tardivo delle 4 squadre dei vigili del fuoco di Verbania è stato condizionato dall'assenza di mezzi adeguati di soccorso, non potendo essi intervenire con tempestività sull'isola suindicata, in quanto non dispongono più della dotazione di un mezzo nautico adeguato;
   l'interrogante segnala che il comando provinciale dei vigili del fuoco di Verbania è stato infatti privato, di recente, dell'unica motolancia in dotazione, trasferita ad altra sede e pertanto non dispone attualmente di mezzi adeguati ad interventi di emergenza antincendio sul lago;
   l'interrogante evidenzia altresì come sul lago Maggiore, oltre a tre frazioni di Stresa abitate ed ubicate su altrettante isole del golfo Borromeo, vi siano centinaia di edifici raggiungibili solo dal lago e conseguentemente in caso di emergenza incendio, gli interventi di pronto soccorso sui natanti di servizio pubblico e privato sul lago (dove non sono stati rari i casi di incendio) attraverso i quali si spostano ogni anno milioni di turisti, risultano di difficile tempestività e adeguatezza;
   a giudizio dell'interrogante, risulta conseguentemente grave che le misure di sicurezza, attraverso la dismissione dei mezzi di soccorso in precedenza previsti, siano state soppresse;
   l'attuale piano di riorganizzazione del comparto sicurezza sul territorio, attraverso il processo di razionalizzazione delle risorse finanziarie predisposto dal commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica (cosiddetta spending review), Carlo Cottarelli, il cui report, è stato già inviato da parte del Ministro interrogato e che prevede una drastica dismissione di numerosi presidi ed uffici di pubblica sicurezza, a parere dell'interrogante, andrebbe valutato con maggiore ponderazione, in considerazione del fatto che episodi come quello in precedenza riportato confermano come siano reali i rischi per la tutela e la sicurezza dei cittadini, a livello nazionale, nel caso in cui il Ministro interrogato decidesse, un piano di riordino indubbiamente eccessivo –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se sia a conoscenza degli scarsi livelli di sicurezza e dei mezzi di pronto soccorso, in particolare quelli anfibi insufficienti, per i servizi antincendio, nei riguardi dell'intera zona del lago Maggiore (ricadente su 3 province), e se non ritenga altresì opportuno chiarire le motivazioni per le quali siano state adottate misure così restrittive e penalizzanti sull'efficienza del sistema di assistenza e sicurezza pubblica per l'area interessata;
   quali iniziative urgenti, infine, intenda intraprendere al fine di ripristinare le condizioni di sicurezza antincendio a tutela delle rive del lago Maggiore e, in particolare, per quei centri abitati raggiungibili solo a mezzo di natanti. (4-04357)


   LATRONICO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 31 dicembre 2013 in occasione della conferenza stampa il tenente colonnello dei carabinieri Antonio Russo annunciava l'apertura del presidio dell'Arma dei Carabinieri a Scanzano Jonico (MT) in quanto nei mesi precedenti vi era stato il trasferimento a Policoro (MT) del commissariato di polizia e la cittadina attualmente è priva di una rappresentanza delle forze dell'ordine;
   si rileva che il territorio del comune di Scanzano Jonico è attraversato dalla strada statale 106 Jonica asse viario fondamentale per il Mezzogiorno, dove si verificano episodi criminosi di varia natura;
   nell'ultimo anno è cresciuto il numero dei delitti perseguiti, da 3123 a 3236; il numero dei furti, è passato da 1075 a 1276. Per i reati relativi alle sostanze stupefacenti sono state arrestate 18 persone, mentre 81 sono quelle denunciate;
   da fonti giornalistiche si apprende che nei giorni scorsi il prefetto di Matera ha dichiarato che l'istruttoria per l'istituzione di una stazione dell'arma dei Carabinieri e all'esame del Ministero dell'interno –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e quali misure intenda assumere per provvedere alla tempestiva apertura del presidio. (4-04360)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   apprende da notizie di stampa che il gip del tribunale di Gorizia, Rossella Miele, ha disposto la revoca della misura cautelare nei confronti di un maghrebino clandestino arrestato perché accusato di danneggiamento e altri reati compiuti nel corso delle rivolte dell'estate del 2013 nel centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo, ove si trovava in attesa dell'espulsione;
   il giovane clandestino era stato arrestato alcuni giorni fa a Rovereto in base a un'ordinanza di custodia cautelare emessa già il 26 settembre 2013 e tramite il proprio avvocato aveva subito presentato l'istanza di remissione in libertà;
   il giudice ha motivato l'ordinanza di revoca della misura cautelare per il «contesto di vita disumano cui era costretto all'interno del Cie, il considerevole lasso di tempo trascorso in assenza di violazioni della misura inflitta e il fatto che sia un soggetto completamente incensurato...»;
   il presidente della Camere penali Valerio Spigarelli, aveva sottolineato già nel novembre 2013 che Gradisca «è un luogo di effettiva detenzione dove gli stranieri, in vista dell'espulsione, in attesa della sola identificazione, sono trattenuti anche per tempi fino a 18 mesi. E ciò in condizioni igieniche desolanti, ammassati anche in dieci nelle celle. I Cie sono luoghi, almeno in questo caso, peggiori delle carceri dove le persone sono private della libertà e delle garanzie minime a tutela della dignità umana. Di fatto si tratta di una vera e propria detenzione amministrativa, peraltro proibita dal nostro ordinamento, che non gode di alcuna delle garanzie giurisdizionali previste dalla normativa penitenziaria»;
   il giovane clandestino è autore di gravi e numerosi reati ascrittigli nell'ambito delle rivolte che hanno distrutto il centro di identificazione ed espulsione di Gradisca e che ad avviso dell'interrogante dovrebbe già da tempo essere stato espulso;
   molto spesso le condizioni dei centri di identificazione ed espulsione sono tali per effetto delle numerose devastazioni ad opera dei clandestini ivi trattenuti in attesa dell'identificazione ed espulsione;
   tale trattenimento è del tutto legittimo a norma dell'articolo 15 della direttiva 2008/115/CE la quale altresì dispone all'articolo 16 che il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea, ma che tuttavia in carenza di strutture adeguate questo possa avvenire anche «in un istituto penitenziario»;
   sempre la stessa direttiva dispone all'articolo 15, commi 5 e 6, il trattenimento nei centri per l'identificazione ed espulsione fino a 18 mesi –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, quali iniziative di competenza, anche sul piano normativo, intenda porre in essere quanto prima onde evitare che accadano casi simili a quelli indicati in premessa; quali iniziative intenda assumere per evitare il ripetersi di atti di vandalismo e danneggiamento nei centri di identificazione ed espulsione, quando intenda garantire l'effettiva operatività dei centri di identificazione ed espulsione che ancora oggi sono chiusi a causa dei danni arrecati dai clandestini ivi ospitati e a quanto ammontino i danni arrecati alla struttura del centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo a carico dei contribuenti.
(4-04372)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il prossimo anno scolastico 2014-2015 gli studenti iscritti complessivamente saranno ben 33.997 rispetto a quello attuale e, pur tuttavia, per effetto del blocco all'organico di diritto previsto dalla legge n. 122 del 2012, il numero degli insegnanti sarà sempre lo stesso: 600.839;
   il dato più allarmante e che il saldo 0 sul numero degli insegnanti presenta aspetti di penalizzazione per il Mezzogiorno;
   mentre in Lombardia vi saranno 420 insegnanti in più, in Sicilia ve ne saranno 504 in meno;
   ora si scopre che in alcune zone d'Italia saranno anche di meno;
   le organizzazioni sindacali sono molto preoccupate in quanto le regioni meridionali perderanno 14 cattedre in Abruzzo, 58 in Basilicata, 183 in Calabria, 387 in Campania, 33 in Molise, 340 in Puglia, 27 in Sardegna e appunto 504 in Sicilia;
   tranne l'Umbria, che perderà comunque 11 cattedre tutte le altre regioni del Centro-Nord avranno invece un numero maggiore di docenti;
   è paradossale che questo avvenga in una macro area nella quale un giovane su quattro lascia la scuola prima del tempo;
   diventa prioritario il superamento della logica della costituzione degli organici solo in riferimento al numero degli iscritti perché ci sono altri parametri che andrebbero presi in considerazione nel ponderare tale criterio numerico e uno tra questi è sicuramente la complessità sociale e anche l'abbandono da parte degli studenti;
   il numero di scuole e di alunni andrebbe quindi rapportato alle esigenze territoriali, tanto è vero che la competenza rimane esclusiva degli enti locali e in relazione ad alcuni parametri va ripensata la modalità di organizzazione degli organici e della intera offerta formativa del servizio scolastico pubblico –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per scongiurare questo ulteriore decremento degli insegnanti nelle regioni del Mezzogiorno ed, in particolare, in Sicilia al fine di procedere ad una riconsiderazione della offerta formativa e della organizzazione del corpo docente che tenga nella dovuta considerazione anche altri parametri più legati alla complessità del territorio dal punto di vista sociale.
(5-02571)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della riforma degli ordinamenti moltissimi docenti dei laboratori nei licei artistici (classi di concorso Tabella D) sono diventati DOP e quindi non sono più salvaguardati per l'assegnazione delle ore nell'organico degli ex istituti d'arte;
   la normativa, nella concorrenza tra più classi di concorso atipiche, salvaguarda i titolari sulla base del punteggio della graduatoria interna, ma nulla dispone nel caso non ci siano docenti titolari e ci siano più ex perdenti posto nella scuola. In questo caso i dirigenti, hanno una discrezionalità assoluta nella scelta della classe di concorso a cui attribuire gli insegnamenti e per questo si sono verificati casi gravi di abuso, ad esempio l'assegnazione arbitraria, a quanto consta all'interrogante, di tutte le ore di laboratorio ad una docente, peraltro D.O.P. della tabella A;
   è necessario prevedere che le ore del Laboratorio artistico nel biennio e del Laboratorio di indirizzo nel triennio dei licei artistici debbano essere assegnate in via prioritaria alle classi di concorso di arti applicate, tabella D, in quanto in possesso dell'abilitazione specifica e non a docenti di altre discipline prive del titolo abilitante col solo scopo di salvaguardare la titolarità;
   questo assicurerebbe il rispetto delle indicazioni nazionali che prevedono di garantire nel biennio la pratica delle tecniche operative specifiche, con funzione orientativa verso gli indirizzi attivati e nel triennio l'approfondimento delle tecniche e delle procedure specifiche secondo il settore di produzione;
   detta specifica consentirebbe inoltre di ottimizzare l'utilizzazione dei docenti DOP delle classi di concorso tabella D, che molto spesso rimangono a disposizione per 18 ore, poiché hanno limitate possibilità di utilizzazione data la specificità delle discipline, a differenza delle classi di concorso tabella A che hanno maggiori possibilità di essere impiegate in molteplici insegnamenti;
   la Costituzione prevede l'abilitazione per l'esercizio della professione (articolo 33) –:
   se sia possibile, come molti dirigenti scolastici fanno, assegnare l'insegnamento di alcune discipline a chi è privo del titolo abilitante. (4-04365)


   IACONO e GIUSEPPE GUERINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'ultima riforma del sistema scolastico formativo italiano, intervenuta durante il IV Governo Berlusconi, su proposta del Ministro pro tempore onorevole Mariastella Gelmini, ha determinato attraverso la sua applicazione una drammatica riduzione delle ore d'insegnamento di materie importanti, tra le quali la geografia e la storia dell'arte;
   le suddette materie nel sistema formativo italiano costituiscono una significativa base di conoscenza ai fini della costruzione per gli studenti di un bagaglio di conoscenza e di cultura non indifferenti;
   il ridimensionamento delle ore d'insegnamento delle suddette materie ha altresì determinato una situazione di particolare disagio in capo agli insegnanti che in molti casi hanno visto «tagliato» il proprio futuro, oltre che la possibilità di costruire una propria carriera all'interno del sistema della scuola italiana;
   nei mesi scorsi si sono svolte diverse iniziative su proposta di molti insegnanti italiani per chiedere al Governo pro tempore interventi di ripristino delle ore d'insegnamento di geografia e storia dell'arte;
   l'approvazione e, successivamente, la piena attuazione della cosiddetta riforma Gelmini ha determinato da nord a sud tutta una serie di proteste da parte di studenti, personale docente ed intellettuali italiani, in quanto si riteneva la suddetta riforma assolutamente inadeguata alle esigenze della scuola italiana;
   in questi ultimi anni il malcontento è cresciuto a dismisura tanto da ritenere necessario un ripensamento della suddetta riforma, in grado di rifondare dalle basi l'intero sistema della scuola e della formazione italiana;
   nel mese di febbraio 2014, la fondazione Univerde ha lanciato una raccolta di firme, denominata #salvArte che ha riscosso via web un grande successo, sfiorando quasi le 100.000 adesioni;
   la petizione, tra l'altro, ha l'obbiettivo di salvare l'insegnamento della storia dell'arte e della geografia tenendo conto soprattutto della storia e del rilievo che la cultura e l'arte, in generale, hanno nel territorio italiano –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere circa il ripristino delle ore d'insegnamento delle suddette materie;
   quale concreto impegno si intenda assumere per assicurare fin dal prossimo anno scolastico il rilancio effettivo dell'insegnamento della geografia e della storia dell'arte nelle scuole italiane. (4-04366)


   IACONO e TULLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, recante disposizioni urgenti per assicurare l'ordinario avvio dell'anno scolastico 2004-2005, nonché in materia di esami di Stato e di università convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 130 del 5 giugno 2004 relativamente alla tabella di valutazione titoli prevista dall'articolo 1, comma 1 lettera h prevede che il servizio prestato nelle scuole di ogni ordine e grado situate nei comuni di montagna di cui alla legge 1 marzo 1957, n. 90, nelle isole minori e negli istituti penitenziari è valutato in misura doppia;
   legge finanziaria 296 del 2006 introdusse una norma di interpretazione che disponeva, con effetto dal 1o settembre 2007, l'abrogazione della disposizione sulla doppia valutazione dei titoli, facendo però salva la valutazione in misura doppia dei servizi effettivamente prestati anteriormente a tale data;
   che la risoluzione approvata il 23 aprile 2009 dalla Commissione cultura della Camera impegnava, tra l'altro, il Governo ad «intraprendere ogni utile iniziativa tendente a garantire la continuità didattica agli studenti che frequentano le scuole nelle sedi disagiate dei comuni di montagna e delle piccole isole»;
   proprio a tale risoluzione si ispira il progetto di legge delle onorevoli Alessandra Siragusa e Caterina Pes nella XVI legislatura (C. 4093 Siragusa, C. 4995 Pes, C. 5268 Siragusa) discusso nelle Commissioni riunite VII e XI su iniziative volte a tutelare il diritto degli alunni che vivono nelle piccole isole o nelle zone di montagna e ad incentivare il personale scolastico ad accettare incarichi di insegnamento nei territori svantaggiati, territorio di montagna e piccole isole;
   si è svolto a Roma un incontro tra il Capo di Gabinetto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e ANCIM rappresentato dal suo presidente Mario Corongiu, dal segretario generale Giannina Usai e dal consigliere delegato e sindaco del comune di Isola del Giglio Sergio Ortelli per discutere delle problematiche legate alla scuola e alle criticità in materia di istruzione nelle isole minori;
   nell'incontro è stata decisa l'istituzione di un tavolo di concertazione per individuare l'eventuale percorso da intraprendere per far sì che tali richieste si traducano in normativa;
   il servizio prestato dall'anno scolastico 2003/2004 all'anno scolastico 2006/2007 ha favorito solo quei docenti che si trovavano in una delle condizione legittimate dalla legge 143 del 2004 favorendone sia l'immissione in ruolo che una migliore posizione in graduatoria a scapito di altri docenti che invece vi insegnavano in anni scolastici antecedenti o successivi –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere per favorire la funzionalità didattica delle scuole, garantire la continuità didattica agli studenti e contemporaneamente incentivare il personale scolastico ad accettare incarichi di insegnamento nei territori svantaggiati, territori di montagna e isole minori. (4-04370)


   NICCHI, GIANCARLO GIORDANO, FRATOIANNI, COSTANTINO e DI SALVO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 20 gennaio 2014 si è tenuto a Roma il primo incontro di La scuola fa differenza, un ciclo di otto corsi formativi rivolto a oltre 200, tra maestre di scuola dell'infanzia ed educatrici di asilo nido di Roma, per un totale di 17 scuole sparse sull'intero territorio urbano, dalle periferie al centro. Un programma di 176 ore, articolate in otto percorsi laboratoriali, di 22 ore ciascuno, basati sullo scambio e sulla co-costruzione dei saperi, sulla condivisione, la discussione e il confronto delle pratiche educative, dei metodi, dei materiali e dell'organizzazione degli spazi;
   lo scopo di questo lavoro è contrastare la disparità di genere e il persistere di pregiudizi, difficili da superare, nell'assegnazione di ruoli a maschi e femmine e la molteplicità dei modelli familiari: si favorisce così la libertà individuale, si affrontano alla base le condizioni culturali della sopraffazione e della violenza maschile sulla donna, dell'omofobia e del bullismo;
   questi sono gli obiettivi che hanno spinto l'assessorato alla scuola, infanzia, giovani e pari opportunità del comune di Roma, ad adottare il progetto ideato dall'Associazione S.CO.S.S.E. realizzato con la partecipazione di Archivia – Biblioteca archivi centri documentazione delle donne, come modulo di aggiornamento professionale per l'offerta formativa di base rivolta a insegnanti della fascia di età 0-6 anni;
   a questa iniziativa è seguito un attacco da parte di organizzazioni intolleranti e di rappresentanti della gerarchia cattolica, che non attiene al concreto sviluppo del progetto travisandone, a giudizio degli interrogati, intenti e procedure, considerato che il corso di formazione si rivolge solo alle/agli insegnanti e in nessun corso di formazione si prevede il coinvolgimento decisionale, il controllo e la partecipazione dei genitori;
   lo stesso tipo di attacchi è stato riservato ad altre iniziative simili: la pubblicazione degli opuscoli realizzati dall'Istituto A.T. Beck su mandato dell'Unar (ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali) per il contrasto dell'omofobia e del bullismo omofobico nelle scuole; il progetto «Lecosecambiano@Roma» promosso dall'assessorato alla scuola del Campidoglio; il progetto «Leggere senza stereotipi» promosso della consigliera comunale di Venezia Camilla Seibezzi di acquistare 49 libri per le scuole dell'infanzia, che parlano di differenze, come strumenti contro il razzismo e la discriminazione sessuale;
   in un altro caso, gli studenti del Coordinamento per l'autorganizzazione del Forum del liceo classico Galileo di Firenze hanno denunciato in una lettera aperta, che il consiglio di istituto ha deciso di bloccare un ciclo di 3 incontri (uno per mattinata) con dibattiti, cineforum e workshop riguardo alla tematica della transfobia e disforia di genere. Questa attività è stata organizzata con l'intenzione di far conoscere ai ragazzi, la realtà delle persone transessuali nel contesto del nostro Paese. La giustificazione con la quale il consiglio d'istituto ha bocciato il progetto elaborato con molta cura dagli studenti nel corso di intere settimane, è che «Il tema è delicato e va discusso in famiglia». Senza considerare che la disforia di genere si manifesta alle volte fin dall'infanzia e che è necessario che la scuola si faccia carico della inclusione di quegli studenti e studentesse che vivono tale situazione e metta in condizione tutti gli altri di conoscere cos’è la disforia di genere e supportare i loro amici e le loro amiche trans;
   i condizionamenti legati al genere sono infatti ancora ben presenti nel sistema educativo italiano e continuano a condizionare sia il rendimento scolastico, sia la scelta dei corsi di studio e delle professioni di maschi e femmine (come riportato nello studio Gender Differences in Educational Outcomes: Studv on the Measures Taken and the Current Situation in Europe 2010). Lo stesso accade con i condizionamenti legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere;
   in particolare con riferimento al genere le donne pur rappresentando la maggioranza degli studenti e dei laureati in quasi tutti i paesi, sono particolarmente presenti negli ambiti umanistico e artistico, nell'istruzione, nella sanità e nel sociale, mentre gli uomini sono ancora maggioranza nell'ingegneria, nell'industria, nell'artigianato e nelle costruzioni;
   il condizionamento culturale e gli stereotipi di genere si manifestano già nelle scelte relative ai corsi d'istruzione secondaria: in Italia, le ragazze affollano gli indirizzi socio-pedagogici (85 per cento) e artistici (67 per cento), mentre risultano minoritarie negli istituti tecnici (44 per cento). Appare evidente come le scelte che ragazze e ragazzi compiono ricalchino i ruoli tradizionali, conservando una «segregazione» di tipo orizzontale;
   fra i paesi europei, sulle questioni riguardanti la gender equality, più o meno direttamente connesse al sistema educativo, il modello italiano è quello più arretrato, le leggi sull'istruzione non menzionano infatti la valorizzazione della differenza donna/uomo e il contrasto agli stereotipi di genere. L'iniziativa del comune di Roma di adottare la proposta progettuale di S.CO.S.S.E. come sperimentazione, si pone dunque su un piano di intervento molto avanzato per gli standard italiani nell'ambito degli indirizzi europei;
   va ricordato che nel 2013 l'Italia ha ratificato la convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne che richiede interventi significativi per la promozione concreta della parità fra i sessi anche attraverso il superamento degli stereotipi e dei ruoli legati al genere;
   nel 2013 il Governo pro tempore ha approvato la strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere al fine di dare attuazione e implementare la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa CM-REC 5 (2010). Si tratta di un importante e significativo progetto pluriennale che prevede una collaborazione tra le diverse realtà istituzionali, il terzo settore e le parti sociali anche nell'ambito educativo per la prevenzione e il contrasto della discriminazione delle persone omosessuali e trans –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di favorire e sostenere lo svolgimento in tutte le scuole, di ogni ordine e grado, dei progetti e delle attività di cui in premessa e per la realizzazione della strategia nazionale predisposta dall'Unar, al fine di formare gli insegnanti e le giovani generazioni sul superamento degli stereotipi e dei ruoli di genere, sulla valorizzazione delle differenze e sulla pluralità dei modelli familiari. (4-04375)


   QUARANTA e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'abilitazione scientifica nazionale è la nuova modalità di reclutamento del personale docente, basata sul raggiungimento del requisito dell'abilitazione scientifica. Tale valutazione viene svolta da commissioni nazionali e attesta la qualificazione scientifica dei candidati che dovranno comunque sottoporsi ad un vaglio successivo;
   dopo un anno e mezzo dalla pubblicazione del bando ASN il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rende noto l'esito di poco meno del 50 per cento delle commissioni per l’ abilitazione scientifica nazionale;
   nonostante le tante polemiche il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dato notizia che si aprono i lavori della seconda annualità dell’ abilitazione scientifica nazionale «con riferimento ai settori concorsuali i cui risultati sono stati pubblicati (tornata 2012). A breve saranno infatti disponibili i criteri di valutazione dei candidati della tornata 2013, con l'indicazione della data di scadenza per l'eventuale ritiro della domanda»;
   la scarsa chiarezza ha creato notevoli polemiche sull'operato delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale che hanno provveduto alle loro valutazioni in assenza di un quadro procedurale certo;
   la nomina dei commissari per sorteggio, che doveva essere garanzia per limitare arbitri e rendite di posizione, ha portato invece a situazioni paradossali. In alcuni casi i commissari avevano qualifiche minori o di pari livello agli esaminati, in altri si sono accentuate le divisioni tra le diverse anime scientifiche e culturali o gli elementi di conflittualità. La presenza di membri OCSE invece di rappresentare un elemento di garanzia ha invece spesso aumentato la confusione, linguistica se non scientifica e culturale;
   sia per la selezione dei commissari che per le successive valutazioni dei candidati sono stati usati criteri e indicatori che appaiono ambigui quanto facilmente aggirabili. Il caso più eclatante è quello delle cosiddette «mediane» basate sugli indici bibliometrici. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca infatti si è trovato costretto, a pochi giorni dalla scadenza dei termini, a comunicare a varie commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale che molte domande andavano riprese in considerazione perché erano cambiati gli indici bibliometrici dei candidati, tanto da determinare variazioni significative, sopra o sotto la mediana, per più di 500 candidati;
   i risultati parziali finora presentati hanno come esito paradossale quello di valutare come inadatti a ricoprire il ruolo di professore universitario oltre la metà di coloro i quali nei fatti già ricoprono questo ruolo. Inoltre, secondo le commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale, più della metà dei ricercatori non sono valutati scientificamente qualificati per essere professori di II fascia, eppure la qualità e quantità della produzione scientifica media dei ricercatori italiani si colloca tra i primi in Europa e tra i Paesi OCSE;
   ulteriore polemica è nata dalla valutazione della qualità della produzione scientifica da un elemento estrinseco, cioè dalla «classe» di appartenenza delle riviste su cui sono comparsi gli articoli. Il problema è che la divisione in «classi» delle riviste è stata definita solo ora per allora e quindi con effetto retroattivo;
   nonostante i ritardi le ultime proroghe allungano ulteriormente i tempi di alcune commissioni in termini di «autotutela» impedendo o complicando eventuali ricorsi presentati da candidati che si ritengono penalizzati illegittimamente –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per tutelare tutti i candidati e limitare le eventuali discriminazioni derivate dalla confusione sulle procedure;
   quali iniziative intenda assumere per semplificare e chiarire definitivamente procedure e requisiti per il bando della seconda annualità per l'abilitazione scientifica nazionale. (4-04378)


   SAMMARCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 13 novembre 2013 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore ha nominato un commissario straordinario per la gestione della critica situazione in cui versa l'Accademia nazionale di danza, già oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo; il Commissario resterà in carica sino al 31 ottobre 2014, con i poteri degli articoli 5, 6 e 8 dello statuto dell'Accademia (presidente, direttore e consiglio accademico);
   la misura è stata adottata al fine di favorire un rapido riordino dell'istituzione, nonché «di consentire il ritorno al regolare svolgimento dell'attività didattica ed al rinnovo degli organi dirigenti secondo le regole previste per legge», in ottemperanza dell'ordine del giorno 9/01574-A/014, accolto il 31 ottobre 2013 in sede di esame del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione;
   tra le irregolarità nello svolgimento della didattica, peraltro segnalate già alla commissione ispettiva inviata dal Ministro nel febbraio 2011 e nel 2013 e oggetto di una richiesta di sequestro degli atti inoltrata alla procura della Repubblica il 31 gennaio 2013, si rinviene la prassi instaurata dalla direttrice dell'Accademia, di consentire l'ammissione all'esame finale senza aver superato gli esami precedenti o di ammettere agli anni successivi, allievi che non avevano frequentato talune materie;
   tale prassi risulta essere all'interrogante in contrasto con le norme sulla struttura dei corsi normali (dal I all'VIII) ribadita dall'ordinanza ministeriale 28 marzo 1985, nonché dall'articolo 232 del decreto legislativo n. 297 del 16 aprile del 1994, che espressamente prevede che «non si può ottenere la promozione all'anno successivo, se non si sono superate tutte le materie dell'anno»;
   risulta agli interroganti che il 24 marzo 2014, il commissario, invece di regolarizzare le posizioni illegittime degli allievi sulla base delle norme vigenti, abbia disposto la reiterazione dei comportamenti che già erano stati oggetto di contestazione e di ricorso alla magistratura, prevedendo un irrituale avvio di una sessione straordinaria di esami, destinata a regolarizzare le posizioni irregolari;
   la possibilità di sostenere gli esami senza frequentare i corsi, è uno dei motivi del profondo malessere fra gli allievi che frequentano i corsi, perché questi ultimi ritengono profondamente ingiusto il fatto che i colleghi vadano avanti ugualmente, senza ottenere la promozione in tutte le materie curricolari;
   l'attività del commissario presso l'Accademia, invece di sanare le irregolarità amministrative e didattiche, sembra perpetuarle; invece di sedare gli animi degli studenti, appare maggiormente rivolta ad esacerbarli; invece di individuare le responsabilità della precedente gestione sembra limitarsi a sanarle o peggio ancora, coprirle –:
   quali norme eccezionali consentono all'Accademia nazionale di danza di poter effettuare sessioni di esame in sanatoria, in violazione delle norme vigenti;
   se non ritenga opportuno richiamare il commissario straordinario presso l'Accademia nazionale di danza ad adottare decisioni conformi alla legge e misure che riportino la serenità sia nel corpo insegnante, sia tra gli studenti. (4-04382)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 1o aprile 2014, si apprende da un articolo del Messaggero Veneto, intitolato «Palini e Bertoli, sindacati e lavoratori: futuro incerto», che i lavoratori della Evraz Palini e Bertoli spa e i sindacati hanno seri timori sulle prospettive della sede di San Giorgio di Nogaro (Udine), nonostante i vertici della società abbiano dichiarato che non verrà chiuso tale sito;
   Francesco Barbaro della Fim e Maurizio Balzarini della Fiom hanno affermato che richiederanno un incontro all'assessore regionale Bolzonello per avere più garanzie e chiarezza sui programmi futuri dell'azienda poiché, ad oggi, quanto riferito dall'amministratore delegato, Dmitriy Scuka, non dà concrete garanzie sul futuro della sede di San Giorgio;
   al riguardo, infatti, l'amministratore delegato si è limitato a riferire che è prevista una ripresa aziendale con l'avvio della produzione in conto terzi alla quale sono interessate imprese straniere. Tuttavia, non si è a conoscenza dei dati, tempi, e metodi del progetto di ripresa;
   intanto, vi è grande preoccupazione per i 140 lavoratori della sede di San Giorgio, che attualmente sono in cassa integrazione ad 800 euro al mese –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   se e quali urgenti iniziative intenda adottare per tutelare i lavoratori dello stabilimento di San Giorgio di Nogaro della Evraz Palini e Bertoli spa, anche attraverso l'individuazione di un piano industriale in accordo con i vertici della società e le parti sociali. (4-04367)


   BENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con l'approvazione del decreto legislativo n. 39 del 4 marzo 2014 è stata attuata la direttiva 2011/93/EU relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile;
   in particolare, il decreto di attuazione prevede, all'articolo 2, l'obbligo per il datore di lavoro, che intenda assumere una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, di richiedere il certificato penale del casellario giudiziale;
   tale strumento è finalizzato alla verifica dell'esistenza o meno di condanne per i reati previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, o di sanzioni interdittive all'esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori;
   il mancato adempimento all'obbligo comporta al datore di lavoro una sanzione amministrativa pecuniaria che va dai 10.000 ai 15.000 euro;
   l'imminente entrata in vigore della norma ha di fatto sollevato enorme preoccupazione da parte delle migliaia di associazioni non profit che impiegano numerosi operatori tecnici e volontari in tal senso, impossibilitate ad ottemperare a tale obbligo sia per la ristretta tempistica a loro disposizione sia per la mancata chiarezza interpretativa della norma stessa;
   se da un lato, la ratio della norma risulta ineccepibile al fine di una maggiore efficienza nella prevenzione degli abusi sessuali sui minori, dall'altro risulta indispensabile fare chiarezza sulle modalità per la richiesta della certificazione, evitando un aggravio burocratico che, soprattutto per le associazioni non profit, comporterebbe gravissime ripercussioni –:
   se non ritengano necessario assumere iniziative per prevedere una proroga del termine previsto per la richiesta del certificato penale del casellario giudiziale da parte dei datori di lavoro, in attesa di un chiarimento interpretativo della norma;
   infine, se non ritengano opportuno assumere iniziative per prevedere una procedura semplificata e agevolata, anche per quanto concerne i costi per la certificazione richiesta, al fine di evitare un pesante aggravio burocratico ed economico.
(4-04368)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOSACCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale per i diritti del malato e Cittadinanza attiva hanno segnalato l'introvabilità presso le farmacie del Salento, in Puglia, di alcuni farmaci per l'Alzheimer;
   il problema è molto serio, in quanto dal 18 marzo 2014 il farmaco «Exelon» (in cerotti e in compresse), fino ad allora acquistabile, dai malati affetti dalla patologia neurodegenerativa, con un euro di ticket e dispensato dal servizio sanitario regionale, è stato sostituito con il generico «Rivastigmina Teva»;
   il paradosso, però, è che nelle farmacie del comprensorio territoriale in questione questo farmaco generico non si trova e nemmeno i fornitori ne sono provvisti;
   le famiglie di chi soffre di Alzheimer sono quindi costrette a pagare il ticket per acquistare l'Exelon con una spesa che si aggira sui cinquanta euro;
   il farmaco in questione inoltre è fondamentale per chi è purtroppo afflitto da tale patologia e pertanto la sua indisponibilità pone seri problemi a malati, famiglie e medici –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale disfunzione e se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per verificare le responsabilità circa l'attuale situazione venutasi a creare di indisponibilità del farmaco e per consentire che il generico Rivastigmina Teva venga immediatamente distribuito anche nelle farmacie del Salento al fine di evitare un aggravio di costi e un ulteriore grave disagio per malati e famiglie. (5-02562)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOREFICE, GRILLO, DALL'OSSO, DI VITA, MANTERO, BARONI e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Costituzione italiana recita all'articolo 32 che la tutela della salute è un «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
   la Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata il 20 novembre del 1989 a New York, firmata da ben 191 Paesi e ratificata in Italia con la legge del 27 maggio 1991, n. 1791, che riprende i princìpi della dichiarazione dell'ONU del 1959 e costituisce il trattato internazionale più diffuso nel mondo, impegna gli Stati firmatari a rispettare i diritti dei bambini. In particolare, l'articolo 24, anche se non esplicitamente riferito al tabacco, dichiara che «Gli stati riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare dei servizi medici e di riabilitazione. Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi»;
   numerosi studi scientifici hanno dimostrato che il fumo passivo può danneggiare la salute dei bambini anche dopo molti anni, aumentando il rischio di attacchi cardiaci e ictus in età adulta. Secondo uno studio guidato da ricercatori australiani, i bambini esposti al fumo passivo perdono elasticità nelle arterie, un indice premonitore di cattiva salute cardiovascolare. Uno studio condotto dall'Istituto di ricerca Menzies della Tasmania, con la collaborazione di studiosi finlandesi, ha esaminato gli effetti di lungo termine sui vasi sanguigni, dimostrando che le sostanze chimiche del fumo interagiscono con le pareti dei vasi e possono impedire loro di espandersi e contrarsi correttamente. Questi studiosi hanno osservato che l'esposizione nell'infanzia al fumo dei genitori genera in età adulta arterie meno elastiche, e tale effetto è stato osservato fino a 27 anni dopo, suggerendo conseguenze di lungo termine e irreversibili del fumo passivo nell'infanzia;
   l'articolo 51 della legge n. 3 del 2003 impone il divieto di fumare in tutti i locali chiusi aperti al pubblico;
   a seguito di un emendamento presentato dal M5S, l'articolo 4 del decreto-legge n. 104 del 2013 convertito dalla legge n. 128 del 2013 in materia di istruzione, università e ricerca, estende il divieto di fumare previsto dall'articolo 51 della legge n. 3 del 1003 anche alle aree all'aperto di pertinenza delle istituzioni scolastiche statali e paritarie, come ad esempio i cortili, nonché l'utilizzo di sigarette elettroniche nei locali chiusi delle istituzioni scolastiche;
   un piccolo comune delle Marche, Monte Urano, in provincia di Fermo, aveva già adottato nel 2010 un'ordinanza salutista bandendo il fumo dai luoghi all'aperto frequentati dai bambini. Il «no smoking» vale in modo specifico per le aree pubbliche antistanti le scuole negli orari di ingresso e uscita dei bambini. L'ordinanza si inserisce in un progetto più ampio di prevenzione ambientale che il comune ha avviato con le autorità sanitarie locali, il cui input è partito dalle istituzioni scolastiche e dalla constatazione dell'abitudine dei genitori di fumare nei cortili delle scuole mentre aspettavano che i propri figli uscissero, e gettando poi le cicche in terra;
   in luoghi aperti, come aree gioco attrezzate per bambini, parchi giochi privati, gli adulti fumano in presenza o nelle vicinanze dei bambini, sottoponendoli in tal modo ai gravi danni causati dal fumo passivo –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per estendere il divieto di fumo ai luoghi all'aperto ma frequentati prevalentemente da bambini, in particolare parchi e giardini pubblici, incoraggiando in tal modo un generale maggior senso di responsabilità etica e giuridica tra i cittadini, che attribuisce a ciascuno un diretto impegno per il benessere della comunità. (4-04361)


   BARONI, DALL'OSSO, DI VITA, LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, CECCONI, BASILIO, CORDA, PAOLO BERNINI, SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, BRESCIA, BUSTO, ZOLEZZI, DIENI, BENEDETTI e SPADONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la tutela della salute è un diritto fondamentale dell'individuo e rappresenta un interesse della collettività, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione Italiana;
   in Italia le epatiti virali rappresentano una concreta emergenza sanitaria, in particolare l'epatite C, come rappresentato dai dati presentati nel libro bianco AISF 2011 e dal technical report sulle epatiti B e C del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (ECDC);
   queste pubblicazioni che includono una dettagliata analisi epidemiologica, sociale ed economica delle epatopatie in Europa, sottolineano il triste primato del nostro Paese in termini di numero di soggetti HCV positivi e di mortalità per tumore primitivo del fegato (HCC);
   dati ISTAT 2008 connessi all'ambito nazionale confermano più di 20.000 decessi/anno a causa di epatite cronica, cirrosi e tumore del fegato, evidenziando l'impatto che ha l'epatite sul sistema sanitario nazionale, sulla società e sulle famiglie italiane, oltre che sui singoli individui affetti da epatite e relative complicanze;
   finanche l'Organizzazione mondiale della sanità il 21 maggio 2010 ha dichiarato per la prima volta l'epatite virale come un problema sanitario di impatto globale e ha approvato la prima risoluzione sulle epatiti virali (n. 63.18), al fine di sollecitare gli Stati membri ad attuare politiche concrete di informazione, prevenzione, e accesso al farmaco;
   circa il 3 per cento della popolazione italiana è venuta a contatto con il virus, e circa 1.000.000 sono i pazienti portatori cronici del virus; il technical report dell'ECDC conferma la maggiore prevalenza nelle aree meridionali ed insulari e la forte variabilità nelle diverse aree della penisola con un gradiente Sud-Nord dall'8 per cento al 2 per cento;
   oggi per il trattamento dell'epatite C sono disponibili i nuovi inibitori della proteasi, approvati dall'FDA, dall'EMA, e più recentemente dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA);
   i recenti farmaci, in associazione al trattamento già disponibile a base di peginterferone e ribavirina, vanno a formare una triplice terapia, cioè un nuovo trattamento per i pazienti HCV positivi con genotipo 1 (epatite C);
   la triplice terapia, con l'introduzione degli inibitori di proteasi di prima generazione, aumenta la percentuale di successo terapeutico, sino ad arrivare in alcuni casi all'80 per cento;
   la messa a punto dei nuovi inibitori della proteasi per la cura dell'epatite C ha segnato una svolta epocale per la lotta a questa temibile malattia, ed il loro arrivo avrebbe dovuto essere salutato con grande entusiasmo;
   ciò nonostante, boceprevir e telaprevir sono stati approvati dalla FDA (USA) nel maggio 2011 e dall'EMA (Europa) nel luglio 2011, mentre in Italia solo nel dicembre 2012, quindi l'AIFA ha ritardato di circa 17 mesi l'approvazione di questi importanti farmaci e commercializzazione;
   altri ritardi si sono sommati nella fase di inserimento degli stessi farmaci nei prontuari farmaceutici regionali, immissione che si è conclusa solo nel giugno 2013;
   attualmente molti pazienti e cittadini hanno iniziato a segnalare gravi ritardi nell'avere disponibili questi nuovi farmaci in molti casi salvavita;
   i nuovi farmaci disponibili per l'epatite C sono accessibili solo per 1 paziente su 3 con la conseguente generazione di molte liste d'attesa; infatti, i farmaci, innovativi sopra citati, nonostante siano idonei per quasi la metà dei malati, sono accessibili solo al 33 per cento di questi con attese di accesso al farmaco di circa 9 mesi come evidenziato dal rapporto di Cittadinanzattiva e Epac Onlus –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se i Ministri interrogati intendano porre in essere iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a garantire l'accesso al farmaco per tutta la cittadinanza italiana afflitta dalla malattia esposta in premessa, evitando significativi disagi economici e sociali e garantendo la tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo e rappresentazione di un interesse della collettività, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione italiana.
(4-04371)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GNECCHI, CASELLATO, BOCCUZZI, INCERTI, MAESTRI, GREGORI, GIORGIO PICCOLO, DELL'ARINGA, ZAPPULLA, ALBANELLA, CINZIA MARIA FONTANA, ROTTA, BARUFFI, GIACOBBE, MARTELLI, GRIBAUDO, PARIS, SIMONI e MICCOLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135 reca interventi di riduzione della spesa pubblica a servizi invariati (spending review). Il titolo del decreto-legge sottolinea l'esigenza di una riduzione della spesa da realizzare secondo criteri razionali che, senza sacrificare lo svolgimento delle funzioni istituzionali che fanno capo a ciascuna amministrazione, determinino una migliore allocazione delle risorse, eliminando gli eccessi di spesa e gli sprechi garantendo comunque il mantenimento della qualità e del livello dei servizi;
   nei casi previsti dall'articolo 2, comma 14, decreto-legge n. 95 del 2012, e quindi per le ipotesi di eccedenze dichiarate per ragioni funzionali o finanziarie che avrebbero dovuto essere certificate entro il 31 dicembre 2013, gli enti avrebbero dovuto mettere in disponibilità il personale. L'ambito d'intervento riguarda le amministrazioni che fanno capo al Governo centrale. La disciplina poteva interessare anche il personale degli enti locali, secondo quanto disposto dal comma 8 dello stesso articolo 2, in sede di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 16, comma 8, del decreto-legge n. 95 del 2012;
   con l'articolo 2 del decreto-legge n. 101 del 2013 si è voluto dare applicazione alla norma del decreto-legge n. 95 del 2012 sulla spending review che permette ai dipendenti pubblici dichiarati in soprannumero il pensionamento anticipato. Si evidenzia l'estensione a tutte le amministrazioni pubbliche; dunque anche per i dipendenti degli enti locali e del sistema sanitario nazionale vale la possibilità di potere accedere al pensionamento anticipato con i requisiti precedenti alla «riforma Fornero» qualora siano certificati gli esuberi;
   tutte le amministrazioni sono tenute ad individuare i dipendenti in esubero e, ai sensi del comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 101 del 2013, dovranno procedere al licenziamento dei dipendenti in possesso dei requisiti previsti e che raggiungano la data della pensione entro il 31 dicembre 2015; per questa particolare tipologia di licenziamento non vige la necessità di motivazione ed è altresì riconosciuto un preavviso di 6 mesi;
   ad oggi non è dato sapere, quanti siano gli esuberi individuati dalle amministrazioni che fanno capo al Governo centrale, né quale sia la situazione degli esuberi individuati dagli enti locali e nel sistema sanitario nazionale e/o regionale –:
   quanti siano gli esuberi individuati dalle amministrazioni centrali, dagli enti locali e dal sistema sanitario nazionale suddivisi fra personale dirigente e non dirigente e distinti fra uomini e donne;
   quanti siano i dipendenti pubblici, distinti come sopra, che dichiarati in esubero, hanno già fruito del pensionamento secondo i requisiti previgenti la manovra salva-Italia, legge n. 214 del 2011;
   quanti siano i dipendenti che perfezioneranno i requisiti entro il 31 dicembre 2015. (5-02564)

Interrogazione a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   gli istituti penitenziari italiani accolgono ancora più 60 mila detenuti, mentre potrebbero ospitarne soltanto 43 mila;
   il Corpo di polizia penitenziaria dovrebbe avere nel proprio organico 45 mila unità ma attualmente se ne contano soltanto 39 mila;
   i 6 mila poliziotti penitenziari in meno rappresentano un grave handicap per il regolare svolgimento delle attività previste, soprattutto alla luce del sovraffollamento delle carceri che aumenta il disagio e le criticità di una condizione già allarmante;
   nonostante la realtà in cui sono costretti ad operare e che registra non solo una carenza di personale ma anche di risorse economiche, a fare da contraltare sono la dedizione, l'impegno e l'alto senso di responsabilità degli uomini e delle donne del Corpo di polizia penitenziaria che garantiscono la sicurezza negli ambienti in cui prestano servizio;
   la legge di stabilità prevede che possa essere assunto solo il 20 per cento dei poliziotti penitenziari che termineranno il servizio, misura che si somma al taglio del 5 per cento delle indennità accessorie legate all'effettiva presenza in servizio dei dipendenti del Corpo –:
   quali iniziative si intendano mettere in campo per non depauperare ulteriormente la polizia penitenziaria di uomini e di risorse e per favorire piuttosto la possibilità di incrementare i livelli occupazionali attraverso lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi svolti fin dal 2008 in modo da ridurre il gap tra il personale effettivamente in servizio e le unità necessarie e soprattutto per coprire interamente le prossime ulteriori emorragie dovute al pensionamento dei lavoratori.
(4-04359)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   DE ROSA, ZOLEZZI, MANLIO DI STEFANO, BUSTO, TRIPIEDI, CASO, BASILIO, CARINELLI, SEGONI, TERZONI, MANNINO e DAGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie di stampa riportate sul mensile Altreconomia, la Northsun Italia spa sarebbe in procinto di perforare nuovi pozzi ed estrarre nuovo gas ad est di Milano. Lo farebbe ampliando la vigente concessione di coltivazione «Cascina Castello» – passando dagli attuali 14,49 chilometri quadrati di territorio controllato a circa 39 chilometri quadrati – situata in un'area sensibile, già nelle mire di diverse compagnie petrolifere, come Eni e Mac Oil;
   il 30 gennaio 2014 la Northsun Italia spa ha ottenuto dalla direzione generale ambiente, energia e sviluppo sostenibile della regione Lombardia giudizio positivo circa la compatibilità ambientale al progetto di ampliamento della concessione di coltivazione «Cascina Castello», finalizzata alla messa in produzione del giacimento a gas metano denominato «Bezzecca». Il primo ad entrare in produzione tra quelli classificati – come risorsa strategica nel Bacino del Po – dall'agenzia scientifica americana USGS;
   il progetto di sfruttamento del giacimento «Bezzecca» – nelle province di Milano, Cremona e Lodi – è frutto di una procedura di spacchettamento del permesso di ricerca «Cascina San Pietro», esteso su 137,73 chilometri quadrati. In sostanza, la società ricerca gas in questo perimetro, perfora pozzi esplorativi ed annette quelli produttivi alla concessione di coltivazione «Cascina Castello». In questo modo ad avviso degli interroganti ci sarebbe il rischio di aggirare i vincoli di salvaguardia ambientale più stringenti imposti dalle aree protette regionali presenti. Un aspetto, questo, da non sottovalutare, considerando che il nuovo sviluppo del giacimento «Bezzecca» prevede – dopo la messa in produzione del pozzo «Bezzecca 1» – la perforazione del pozzo «Bezzecca 2 dir», in un contesto particolare;
   il progetto prevede il coinvolgimento dei territori di Rivolta d'Adda – interessato dalla realizzazione di un metanodotto di collegamento all'esistente centrale «Vitalba» – e di Merlino, interessato dall'area pozzi che dista in linea d'aria circa 300 metri da alcune case;
   come è possibile leggere nel decreto autorizzativo della regione Lombardia (atto n. 65 del 31 gennaio 2014), i principali ambiti territoriali interessati direttamente dalle attività ricadono anche all'interno della valle fluviale dell'Adda, in prossimità del sito d'interesse comunitario (SIC) «Boschi e Lanca di Comazzo», in aree a destinazione agricola classificate dai piani di governo del territorio dei comuni di Rivolta d'Adda e di Merlino e, addirittura, all'interno del perimetro del parco Naturale Adda Sud e della fascia di rispetto di 150 metri dai corsi d'acqua inclusi nel «sistema territoriale della pianura irrigua»;
   a pieno regime e da 3 pozzi, la concessione di coltivazione «Cascina Castello» potrebbe garantire – come dichiarato dalla stessa società titolare – l'estrazione complessiva di 118 milioni di metri cubi di gas in un lasso di tempo di 14 anni. Quasi 8 milioni e mezzo di metri cubi di gas all'anno totalmente esentasse, perché estratti in regime di «franchigia», che solleva le compagnie petrolifere dal pagamento di compensazioni ambientali sui primi 25 milioni di metri cubi di gas estratto in terraferma ogni anno. Inoltre, gli 8 milioni e mezzo di metri cubi di gas estratti ogni anno – richiamando «la promozione delle ricerche di nuovi giacimenti di idrocarburi locali ed in particolare con l'aumento delle riserve di metano, concorrendo, alla riduzione della dipendenza nazionale energetica dall'estero» – rappresentano quasi lo 0,01 per cento dei consumi nazionali di gas annuali –:
   se e quali azioni i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di garantire il rispetto dei vincoli di salvaguardia ambientale posti sulle aree protette presenti nel territorio interessato dalle perforazioni di nuovi pozzi, anche al fine di evitare il rischio che possano essere avviate procedure di infrazione da parte dell'Unione europea;
   se sia stata effettuata da soggetti indipendenti un'analisi dei potenziali rischi legati ad un eventuale danno per lo Stato in relazione allo sfruttamento delle risorse della collettività a titolo pressoché gratuito da parte di un privato;
   se, in assenza di benefìci per la collettività, in presenza di rischi per l'ambiente e la salute e di vantaggi economici esclusivamente per il privato, non si ritenga opportuno valutare la riconosciuta prevalenza del diritto alla salute e dei principi della tutela del territorio e dell'ambiente rispetto al diritto d'impresa.
(4-04376)

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Gigli e altri n. 2-00488 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 202 del 1o aprile 2014. Alla pagina 11665, prima colonna, dalla riga trentottesima alla riga quarantunesima, deve leggersi «(2-00488) «Gigli, Santerini, Fauttilli, Binetti, Zolezzi, Marazziti, Cesa, Buttiglione, De Mita, Sberna, Vezzali, Schirò, Pisicchio, Nesi,» e non «(2-00488) «Gigli, Santerini, Fauttilli, Zolezzi, Marazziti, Cesa, Buttiglione, De Mita, Sberna, Vezzali, Schirò, Pisicchio, Nesi,», come stampato.

  Interrogazione a risposta in Commissione Patriarca e altri n. 5-02539 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 204 del 3 aprile 2014. Alla pagina 11833, prima colonna, dalla riga diciottesima alla riga diciannovesima, deve leggersi: «PATRIARCA, RUBINATO, CASELLATO, GADDA e FANUCCI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia.» e non come stampato.