Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 3 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare e rispettare;
    la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che all'articolo 18 recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, in pubblico e in privato, la propria religione o il proprio credo, nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti». Queste dichiarazioni esigono reciprocità, esigono il diritto di aprire luoghi di culto, anche luoghi di culto cristiani, in quelle aree dove vige la Shaaria, esige il diritto-dovere degli Stati di garantire questi diritti e della comunità internazionale di pretenderlo dagli Stati che non lo assicurassero;
    la Costituzione italiana, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa come libertà di fede religiosa per evidenziare il diritto di ogni individuo di professare la propria fede e farne propaganda, contempla il diritto di esercitare in privato e in pubblico il culto, cioè di svolgere o prendere parte a preghiere o riti religiosi. La disciplina della libertà religiosa collegata anche ad altri principi costituzionali: il primo comma dell'articolo 8 afferma che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
    i fenomeni di intolleranza religiosa si stanno pericolosamente moltiplicando in diverse aree del mondo, e i terribili attentati di queste settimane nei confronti delle comunità cristiane in Nigeria, in Egitto ed in Iraq rappresentano una ulteriore pericolosa sfida del terrorismo fondamentalista;
    Giovanni Paolo II, che sarà canonizzato in questi giorni, fece lo storico tentativo di dare al dialogo tra le tre grandi religioni monoteiste il compito di promuovere la pace e lo sviluppo, la stessa promozione della dignità umana attraverso la solidarietà tra i popoli. Voleva aiutare tutti i credenti, anche se diversamente credenti, a superare quei drammi che si sono succeduti per 2.000 anni. Purtroppo oggi si stanno creando nuove situazioni di tensione difficili da governare e tocca alla politica occuparsene. Se è vero che il Corano dice che la parola di Dio è pace e il saluto di un musulmano è salam aleikum, la pace sia con voi, se un ebreo si saluta con un suo correligionario con la parola shalom, se noi cristiani abbiamo la meravigliosa espressione «Dio sia con te... o il più comune Addio: A Dio» se cioè il concetto di pace è all'origine delle nostre religioni, tocca alla responsabilità delle istituzioni e dei Governi e anche alla responsabilità della politica garantire che questo avvenga;
    Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace del 2011, metteva in luce che la persecuzione non viene solo dal fondamentalismo, ma anche dal laicismo delle società secolarizzate che soffoca la dimensione religiosa eliminando un elemento importante per la vita dell'uomo e la convivenza tra i popoli: il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità;
    recentemente Papa Francesco ha più volte sottolineato – sia nella predicazione rivolta a tutti noi che negli incontri con i capi di Stato, come ha fatto pochi giorni fa con Obama –, il valore fondamentale della libertà religiosa. L'ha definita via indispensabile per la pace ed ha denunciato coraggiosamente la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono gli uomini e in particolare proprio i cristiani in molti Paesi del vicino Oriente, ancora una volta vittime innocenti di una persecuzione che, in modi e in luoghi diversi, li costringe ad una sempre più massiccia diaspora dalle terre in cui vivono;
    gli attentati alle chiese cristiane, che si sono intensificati, negli ultimi tempi dimostrano chiaramente come l'obiettivo degli integralisti sia una vera e propria «pulizia etnica» dei cristiani dal Medio oriente; ovvero un'espulsione dalle terre mediorientali delle comunità cristiane che da oltre 2.000 anni le abitano. Violenza materiale e relativismo culturale sono diverse modalità con cui oggi si colpisce la libertà religiosa, uno dei primi e più importanti diritti dell'uomo, inviolabile per sua stessa natura. Mortificarla e calpestarla offende tutti i diritti umani e ferisce la persona nella sua concretezza e nella sua universalità;
    sono aumentati in modo significativo delle vere e proprie aggressioni nei confronti delle comunità cristiane in Africa, Medio Oriente e Asia, in particolare in Pakistan, in Indonesia e nella Repubblica popolare cinese, dove il Governo ha intensificato proprio in questi mesi la propria ingerenza negli affari religiosi, incrementando la repressione nei confronti della Chiesa cattolica, ordinando nuovi vescovi della cosiddetta Chiesa cattolica patriottica; In Paesi come Iran e Corea del Nord la religione è sotto stretto controllo, nell'ambito del più ampio tentativo di dominare la vita politica e sociale in generale. Altri Stati come l'Eritrea opprimono la gente al punto tale che i credenti sono costretti a rinunciare alla propria fede o a lasciare il Paese. Talvolta la situazione è aggravata da gruppi estremisti come Al-Qaeda, che lo scorso anno ha invocato attacchi violenti contro le minoranze religiose in Medio Oriente. Nel 2013 vi sono stati attentati contro luoghi sacri e fedeli sunniti, sciiti, ahmadiyya e cristiani;
    in questo crescente clima di odio e di intolleranza colpisce il silenzio delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Organizzazione delle nazioni unite, e la flebile risposta dell'Unione europea. Si nota in modo stridente la mancanza di un'iniziativa forte e decisa da parte della diplomazia internazionale. L'ONU si dice costernata, ma non risulta aver preso iniziative di qualsiasi tipo. L'Occidente democratico assiste, pressoché muto, distratto, tra l'indifferenza e la rassegnazione, al massacro dei cristiani in Oriente, come se non ci si trovasse davanti ad un'intollerabile aggressione ai diritti umani. La cultura dei diritti umani stenta a trovare una voce forte ed autorevole che si schieri dalla parte della libertà religiosa, con energia e determinazione;
    la laicità positiva di uno Stato si esprime anche nella tutela di tale valore essenziale nella vita di tutti i cittadini, perché uno Stato che tacesse davanti alla violazione di un diritto inviolabile se ne renderebbe immediatamente complice e perderebbe credibilità e autorevolezza. La pace è necessaria per lo sviluppo umano ed economico, ma proprio per questo occorre fondarla su un rinnovato rispetto per la libertà religiosa delle minoranze del mondo intero;
    un fatto recente induce a riprendere la riflessione sulla libertà di religione, sollecitando la responsabilità di tutti gli uomini nel difendere e tutelare la libertà di religione come il primo e principale dei diritti civili dell'uomo: è l'ennesima storia di cristianofobia, quella che proviene dal Pakistan. Nella città di Lahore, nella parte nordorientale del paese, Sawan Masih, cristiano, è stato condannato a morte con l'accusa di blasfemia per aver insultato il profeta Maometto durante una discussione. In Pakistan, dove il 97 per cento della popolazione è musulmano, rivolgere espressioni ingiuriose verso Allah o Maometto è un reato punibile con la morte. Secondo il dipartimento di Stato Usa, in Pakistan ci sono ben 14 persone nel braccio della morte e 19 condannati all'ergastolo per il reato di blasfemia. La legge antiblasfemia, che punisce con la pena capitale chi offende Dio e il Corano, continua ad essere usata contro i cristiani, ma anche contro islamici non allineati col potere e credenti di altre religioni;
    il cristiano Sawan Masih è stato condannato a morte per blasfemia: avrebbe insultato Maometto. A denunciare l'uomo è stato un amico musulmano, Shahid Imran. I due si erano incontrati in casa di Masih, per bere qualcosa e chiacchierare. Ma quando hanno cominciato a parlare di religione la discussione è degenerata in lite e Shaid ha denunciato l'amico cristiano: «Ha insultato il Profeta», ha detto, prima alla polizia locale e poi ai rappresentanti della comunità islamica. «Sono innocente – ha sempre dichiarato il giovane cristiano – Shahid vuole solo vendicarsi». La polizia ha arrestato Sawan Masih, che è stato successivamente condannato a morte per blasfemia, nonostante la stampa locale abbia riportato fin dal giorno successivo una articolata argomentazione sulla falsità dell'accusa;
    il verdetto del tribunale di primo grado di Lahore nei confronti del cristiano Sawan è arrivato giovedì 27 marzo. L'episodio ha scatenato l'ira di oltre tremila musulmani che si sono scagliati contro il quartiere cristiano dove l'uomo viveva, incendiando 178 abitazioni, una ventina di negozi e due chiese. Oltre 400 famiglie hanno perso la casa, eppure gli 83 uomini ritenuti colpevoli dell'attacco sono stati tutti rilasciati su cauzione. Mentre il giovane cristiano è stato condannato a morte e al pagamento di una multa di 200mila rupie (1500 euro) secondo quanto prevede l'articolo 295C del codice penale pakistano. La sentenza è firmata dal giudice Ghulam Murtaza. «Il caso di Sawan Masih è l'ennesima beffa nei confronti delle minoranze cristiane – ha dichiarato a Vatican Insider il professor Mobeen Shaid, fondatore dell'associazione Pakistani Cristiani in Italia –. Ciò che ferisce di più è il silenzio della comunità internazionale». Si tratta di un caso che ricorda quelli di Asia Bibi e Rimsha Masih. Sawan è stato condannato, mentre Rimsha Masih era stata assolta, perché era ritardata e questo ha condizionato l'opinione pubblica. Inoltre in quel periodo Paul Bhatti si era prodigato per risolvere il caso impegnandosi con tutte le sue forze. Paul Bhatti è fratello di Shahbaz Bhatti, che oltre che ministro con delega sulle minoranze era un uomo di grande coraggio, capace di sfidare, anche a costo della sua vita le ingiustizie. Ma oggi i pochi parlamentari cristiani presenti in Parlamento hanno troppa paura per denunciare queste cose;
    il 2 aprile 2014 nella sala Stampa della Camera dei deputati nel corso di una Conferenza stampa promossa dall'Associazione Pakistani Cristiani in Italia, in collaborazione con alcuni parlamentari italiani è stata presentata la campagna di raccolta-firme «Salviamo Sawan Masih». Le firme saranno presentate al presidente del Pakistan per chiedergli di intervenire in difesa delle minoranze, sempre più deboli davanti all'abuso della legge. Bisogna chiedere con insistenza che venga fatta giustizia e per far vedere che la comunità internazionale non sta in silenzio mentre vengono violati i diritti dei cristiani;
    è un ulteriore esempio dell'uso improprio della cosiddetta legge sulla blasfemia – prevista da alcuni articoli del codice penale pachistano – spesso sfruttata per risolvere questioni personali e colpire le minoranze religiose. La commissione nazionale di giustizia e pace della Conferenza episcopale pachistana ha recentemente denunciato il notevole aumento delle accuse di blasfemia contro i cristiani. Su 32 casi registrati nel 2013, infatti, 12 di questi hanno riguardato imputati cristiani: si tratta del 40 per cento delle denunce, in un Paese in cui la minoranza cristiana rappresenta appena il 2 per cento della popolazione. Ma non ci sono soltanto motivazioni religiose dietro questa aggressione verso la piccola comunità cristiana. Molti costruttori hanno incitato i musulmani perché facessero fuggire i cristiani, per poter costruire case e negozi sui loro terreni. È successo come nel caso di Rimsha: l'imam allora aveva fabbricato false accuse per cacciare i cristiani dal loro quartiere di Rawalpindi, che vale milioni di euro. In cambio, ai mussulmani era stato promesso un terreno dove costruire una moschea. Spaventando i cristiani e cacciandoli diventa possibile occupare i loro terreni e acquistarli per pochi soldi;
    la situazione dei cristiani in Pakistan sta cambiando negli ultimi anni, c’è un'azione organizzata contro i cristiani pakistani per costringerli ad abbandonare il paese. È in atto un vero e proprio genocidio: basta ricordare i sette cristiani morti bruciati vivi a Gojra. E la stessa legge sulla blasfemia in un prossimo futuro potrebbe anche peggiorare, dal momento che la Corte federale della sharia ha proposto di modificare la legge, eliminando la possibilità di essere condannati all'ergastolo e lasciando solo la pena di morte;
    il Governo pakistano oggi però non vuole aiutare le minoranze. Le vittime cristiane di Joseph Colony, il quartiere incendiato e distrutto non hanno ancora ricevuto il risarcimento promesso per ricostruire le loro case, mentre gli aggressori, le 82 persone mussulmane, arrestate per la demolizione del quartiere, sono state tutte liberate su cauzione, e Sawan, innocente, è stato condannato a morte. I suoi familiari si trovano in un luogo nascosto e segreto, perché rischiano la vita. La polizia, durante l'assalto a Joseph Colony ha detto ai cristiani di non opporre resistenza per non rischiare di essere uccisi, mentre gli agenti non sono intervenuti, sono rimasti a guardare. La situazione di Asia Bibi peggiora ogni giorno che passa. Non sta bene di salute, da anni è lontana da suo marito e dai suoi figli. L'ultima udienza è stata rinviata perché gli avvocati dell'accusa non si sono presentati: sanno di non avere prove per dimostrare la colpevolezza di Asia e temono conseguenze negative per loro stessi;
    la comunità internazionale per aiutare i cristiani del Pakistan, oltre a firmare la petizione, deve opporsi al tentativo del Pakistan di internazionalizzare la legge sulla blasfemia. Il Pakistan, in qualità di rappresentante dell'Organizzazione della conferenza islamica, che riunisce 56 Paesi islamici, ha presentato all'Onu una risoluzione contro la diffamazione della religione. Sotto l'apparenza positiva, si nasconde il desiderio di estendere in tutto il mondo la legge sulla blasfemia. L'Occidente deve opporsi a questo tentativo. Urge invece promuovere l'abrogazione della legge sulla blasfemia,

impegna il Governo:

   ad attivarsi con determinazione per la tutela della libertà religiosa, come uno dei diritti inviolabili dell'uomo, fondamento di tutte le altre libertà, denunciando ogni forma di cristianofobia nei Paesi in cui i cristiani sono perseguitati;
   a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza, attraverso la messa al bando di ogni forma di incoraggiamento del fanatismo e dell'odio religioso, sia in ambito educativo e culturale, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa;
   a promuovere un'iniziativa in sede di Unione europea e in sede di Unione euro-mediterranea con l'obiettivo di compiere passi formali nei confronti di quei Paesi nei quali le minoranze religiose vengono minacciate o perseguitate sino ad impedire l'esercizio del diritto fondamentale della libertà di culto;
   a promuovere in sede di Unione europea e di Unione euro-mediterranea un'iniziativa finalizzata all'adozione di un Libro bianco sulla libertà religiosa nel mondo per analizzare e far conoscere all'opinione pubblica il dramma delle persecuzioni religiose e per monitorare periodicamente lo stato della libertà religiosa nella comunità internazionale;
   a rafforzare le politiche per la cooperazione internazionale, specialmente nei Paesi in cui le minoranze cristiane sono pesantemente discriminate, mantenendo gli impegni multilaterali già assunti dall'Italia, promuovendo in sede di Unione europea e di Unione euro-mediterranea la definizione di linee guida sulla libertà religiosa alle quali condizionare le scelte di cooperazione allo sviluppo, favorendo in questo modo i Paesi che mostrano progressi nel campo della libertà religiosa e segnalando i Paesi nei quali vengono alimentati o non contrastati l'odio e l'intolleranza;
   ad affermare nelle relazioni internazionali il principio di piena reciprocità in materia di libertà religiosa, in particolare per quanto concerne l'edificazione dei luoghi di culto delle minoranze religiose;
   a promuovere in sede Onu una conferenza internazionale sulla libertà religiosa, che consenta di avere un monitoraggio permanente delle persecuzioni religiose e per impegnare i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nel contrasto e nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religiosi posto che le numerose sfide, anche drammatiche, di questo nuovo anno vanno affrontate insieme: cristiani, musulmani, ebrei, credenti in altre fedi e non credenti nei Paesi sviluppati, nei Paesi emergenti e nei Paesi poveri, in modo anche di dare speranza alle nuove generazioni in ogni Paese;
   ad assumere iniziative presso il Governo del Pakistan o presso gli organismi internazionali al fine di richiamare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e in particolare del diritto di libertà religiosa, nella speranza che non ci si limiti solo ad una formale convergenza di interventi a tutela dei cristiani minacciati, ma queste iniziative diventi uno strumento politico concretizzandosi in un'azione politica, concreta e coraggiosa;
   ad istituire attraverso il Ministero degli affari esteri borse di studio che consentano a giovani pakistani che appartengono alle minoranze religiose di continuare i loro studi per poter creare nel loro Paese e nella comunità internazionale strumenti di dialogo efficaci per un dialogo interreligioso che sia premessa ad un dialogo tra i popoli sempre più costruttivo ed orientato alla pace e al rispetto della dignità umana.
(1-00423) «Binetti, Gigli, Patriarca, Buttiglione, Roccella, Preziosi, Calabrò, Pagano, Fucci, Sberna, Fitzgerald Nissoli, Piccione, Cicu, Causin, Minardo, Garofalo, Bernardo, Faenzi, Santerini, Gitti, Venittelli, Valentini, Milanato, Laffranco, Molteni, De Mita, D'Alia, Molea, D'Agostino, Vezzali, Petrini, Schirò, Terrosi, Cesa, Cera, Kyenge».


   La Camera,
   premesso che:
    il Joint Strike Fighter (F-35) è un cacciabombardiere di quinta generazione, capace di trasportare anche ordigni nucleari con caratteristiche stealth e net-centriche, ovvero bassa rilevabilità da parte dei sistemi radar e capacità di interazione con tutti i sistemi di comunicazione presenti sullo scenario di guerra, che decolla ed atterra in verticale e viaggia a velocità supersoniche;
    il progetto per la realizzazione di questo velivolo è frutto di un accordo tra gli Stati Uniti e 8 Paesi partner, tra cui l'Italia, partner di secondo livello, che prevede la realizzazione di oltre 3.200 velivoli per un costo complessivo di sola produzione attualmente stimato in 396 miliardi di dollari;
    tra i Paesi partner sono sempre crescenti i dubbi su questo progetto, tanto che: la Gran Bretagna deciderà il numero degli aerei da acquistare dopo la pubblicazione del Defence and Security Review, nel 2015; l'Olanda ha avviato un'inchiesta parlamentare a seguito di un sonoro voto contrario al progetto e ha poi stabilito con voto parlamentare di ridurre da 85 a 37 velivoli la propria ipotesi di acquisto; l'Australia non userà l'F-35 come piattaforma esclusiva acquistando anche altri aerei; la Turchia ha rinviato l'acquisto dei primi F-35 fino alla certezza sui ritorni industriali promessi dal programma ed il Canada ha annullato l'acquisto decidendo di ripartire da zero con la procedura di acquisizione per l'acquisto del nuovo caccia per la propria Aeronautica;
    in Canada, in particolare, il ripensamento nasce dalle polemiche dovute alle omissioni sui costi fatte dal Governo. Uno studio indipendente (Kpgm) ed altri organi di controllo pubblici hanno infatti stabilito che il costo complessivo in 40 anni, includendo anche l'uso e la manutenzione, è di oltre 45 miliardi di dollari, tre volte le previsioni fatte in precedenza dal Governo sugli F-35;
    ai quasi 400 velivoli che verrebbero a mancare rispetto alle ipotesi iniziali si aggiungeranno anche ipotesi di taglio da parte del Pentagono rispetto ai 2.443 previsti, ipotesi già concretizzate nella proposta di FY2015 dell'amministrazione Obama e che hanno comportato già oggi per l'acquisto del 2015 di aerei in versione «A» per l'Air Force una riduzione dai 110 inizialmente previsti ai 26 confermati;
    ogni riduzione e in particolare quelle più consistenti da parte degli USA, comportano ulteriori e continui aumenti del costo unitario per tutti gli acquirenti;
    il programma presenta diverse criticità costantemente evidenziate e denunciate nel corso degli ultimi anni sia dal Government Accountability Office (GAO) che dalle strutture di controllo del Pentagono (in particolare il DOT&E). Oltre all'inarrestabile lievitare dei costi ed i ritardi del programma, nel tempo, si sono riscontrati molti problemi tecnici che, da un lato, portano a continui abbassamenti degli standard operativi e, dall'altro, all'allungamento dei tempi di produzione dei caccia con capacità operative di missione;
    in data 29 gennaio 2014 è stato pubblicato il rapporto annuale del DOT&E (Director, Operational Test and Evaluation), ovvero del direttore della sezione test operativi e valutazione del dipartimento della difesa statunitense, Michael Gilmore. Tale rapporto, trasmesso al Congresso USA, è un documento ufficiale delle più alte sfere militari statunitensi e riguarda lo stato tecnico e le procedure delle acquisizioni armate statunitensi;
    il rapporto DOT&E, tra le altre cose, affronta l'analisi del programma JSF (Joint Strike Fighter) F-35, studiando lo sviluppo delle fasi di test (tempi, evoluzione) e conseguentemente si intendono valutare le capacità raggiunte in funzione dei medesimi test con informazioni aggiornate ad ottobre 2013;
    secondo quanto riportato dal rapporto, in merito agli F-35, si legge: «le performance riguardanti l'operatività complessiva continuano ad essere immature e si basano fortemente su supporto e soluzioni proposte dall'industria che sono inaccettabili per operazioni di combattimento. La disponibilità di velivoli e le misure di affidabilità dei tassi di manutenzione sono tutte sotto gli obiettivi che il Programma si era dato per questo punto del proprio sviluppo»;
    in particolare, si evidenzia che la disponibilità della flotta è stata mediamente del 37 per cento rispetto alle previsioni con una tendenza ad un declino graduale. Nessuna delle tre varianti dell'aereo ha raggiunto l'affidabilità prevista con una percentuale di raggiungimento dell'obiettivo che va dal 30 al 39 per cento, con tassi di manutenzione, per problemi più o meno gravi, che sono stati tre volte superiori a quanto richiesto (addirittura del 344 per cento in più in alcuni casi);
    una tabella nel rapporto DOT&E mostra come siano stati «compiuti» solo 5464 dei 7180 punti di prova previsti, cioè il 24 per cento in meno rispetto a quanto originariamente stabilito (e per i sistemi di missione si è a meno 46 per cento). Va notato come la definizione di «compiuto» non significhi che tale particolare test sia stato «superato», ma solo che gli F-35 lo abbiano eseguito e questo spiegherebbe le discrepanze con quanto dichiarato dalla Lockheed Martin, ossia che i test sono «più avanti del previsto»;
    tutto questo si ripercuote sul raggiungimento dell'obiettivo primario del programma, ovvero raggiungere una capacità operativa iniziale (IOC) che consenta un primo utilizzo dei caccia F-35 in un ciclo di addestramento che possa rendere effettiva la scelta compiuta. Nonostante i voli di prova siano stati superiori ai traguardi fissati, sono stati soprattutto i pochissimi progressi sui test per i sistemi di missione e l'integrazione degli armamenti a tenere la situazione ancora ben lontana dagli «obiettivi imposti dai lotti di produzione della flotta e dai piani di IOC richiesti dalle diverse forze armate» come si legge dal rapporto;
    ulteriormente, nel rapporto si evidenziano i problemi al software, cui nonostante le numerose innovazioni, secondo il rapporto «I primi risultati con il nuovo incremento di software Block 2B indicano ancora l'esistenza di lacune elementi come fusione, radar, guerra elettronica, navigazione, EOTS, Distributed Aperture System (DAS), Helmet-Mounted Display System (HMDS) e datalink»;
    sui sistemi di missione si registra, secondo il rapporto, una vera e propria emergenza. Infatti, solo il 54 per cento dei test previsti come «soglia base» per questi aspetti (fino al blocco 2B) è stato condotto nel 2013 e complessivamente solo il 47 delle capacità definite nel contratto di produzione è stato raggiunto per i 24 velivoli consegnati all'interno del lotto di produzione numero 4. Per il lotto 5 la situazione non è migliore: le capacità definite per contratto che sono state raggiunte arrivano solo al 50 per cento;
    altre preoccupazioni emergono secondo il rapporto riguardo al peso, la struttura e la dotazione delle armi; particolarmente in relazione al modello B a decollo corto ed atterraggio verticale (quello che dovrebbe essere equipaggiato sulla portaerei Cavour) si riscontrano i maggiori problemi sui test relativi al «distacco» degli armamenti (il lancio dei missili). Circa il 55 dei test pianificati in merito sono stati raggiunti da successo, mentre l'F-35B continua ad avere almeno sei problemi strutturali (sul portellone e sulla propulsione) che derivano dal passato e saranno forse sistemati con il lotto 7 e 8 di produzione;
    quanto appena esposto confermerebbe le criticità rispetto ad un programma che oltre ad essere altamente costoso, rischia di acquistare aerei che non avranno alcuna speranza di essere utilizzati in missione, se non anche a fatica per azioni di addestramento;
    nel febbraio 2014 la campagna «Taglia le ali alle armi», che dal 2009 si occupa di sottolineare le problematiche del programma degli F-35 in vista della cancellazione della partecipazione italiana allo stesso, ha portato a pubblicare il dossier «Caccia F-35 la verità oltre l'opacità» come nuovo contributo di approfondimento. Nel rapporto si evidenzia come il costo medio attualmente desumibile dalla documentazione di bilancio USA (e dai dati dei recenti contratti di acquisto italiani) si attesti sui 135 milioni di euro;
    secondo il rapporto il costo complessivo del programma per l'Italia (se confermati 90 caccia) è in minima ascesa ad oltre 14 miliardi di euro e la proiezione di costo totale «a piena vita» del progetto rimane stimata in oltre 52 miliardi di euro;
    dal dettaglio di tutti i contratti sottoscritti dall'Italia con gli Stati Uniti fino ad inizio 2014 si dimostra come siano già stati spesi 721 milioni di euro nelle fasi di acquisto (oltre ai 2,7 miliardi per sviluppo e FACO);
    di media sono 126 i milioni di euro già spesi per i primi tre caccia confermati dal nostro Paese (Lotto VI), sforando qualsiasi precedente stima del Ministero della difesa al riguardo;
    il rapporto di «Taglia le ali alle armi» mostra come i dati relativi al ritorno industriale, estrapolati da diverse fonti e confermati anche da Lockheed Martin, confermano ad oggi un rientro per le aziende del nostro Paese di circa il 19 per cento in confronto all'investimento pubblico (meno di 700 milioni di euro sui 3,4 miliardi già spesi dal Governo italiano), una situazione che difficilmente renderà possibile il ritorno di oltre 13 miliardi di euro, che sfiora il 100 per cento di rientro, più volte sbandierato dai Governi di questi anni;
    fonti governative e militari negli anni hanno ipotizzato l'arrivo di 10.000 posti di lavoro, mentre secondo stime sindacali si tratterebbe al massimo di circa 2.000 posti e per di più sarebbero ricollocazioni di lavoratori precedentemente impegnati con l'Eurofighter nella FACO di Cameri dove sono impiegati meno di 1.000 addetti;
    lo stanziamento complessivo destinato all'acquisto di caccia dei prossimi lotti previsto per il triennio 2014-16 sarà di 1950 milioni di euro (circa 650 milioni annuali in media) se non interverranno modifiche alle tabelle di procurement;
    a fine marzo 2013 è stato reso pubblico un nuovo rapporto GAO sul programma JSF che ha confermato un ritardo di sette anni ed uno sforamento del budget di più di 160 miliardi di dollari rispetto alle previsioni iniziali;
    secondo il GAO «Problemi di software persistenti» hanno rallentato i test relativi ai sistemi bellici del velivolo, quelli di navigazione, di puntamento e di riconoscimento. Ritardi di tale portata avrebbero come significato che il Corpo dei Marines non sarà probabilmente in grado di ottenere tutte le funzionalità attese per il mese di luglio 2015;
    per completare il programma nei termini stabiliti il dipartimento della difesa americano dovrebbe procedere ad un incremento costante nel finanziamento per i prossimi 5 anni, con una media di costo annuale di 12,6 miliardi di dollari fino al 2037. Il picco di costo supererà, per molti anni, i 15 miliardi di dollari ma «un finanziamento annuale di questa grandezza pone chiaramente dei problemi di sostenibilità a lungo termine, considerata l'attuale situazione fiscale» secondo il GAO;
    nell'ultima richiesta di bilancio, l'Air Force Usa ha allocato circa 1,4 miliardi di dollari in cinque anni (ma altri fondi saranno poi richiesti successivamente) per risolvere problematiche sui vecchi lotti. Si tratta di una procedura che andrà poi ad interessare anche i lotti VI, VII ed VIII, i quali comprendono pure gli aerei acquisiti dall'Italia. Nella lista di priorità dettagliata dell'aviazione USA sono incluse tra le altre cose: le componenti per migliorare la protezione contro i fulmini, le prestazioni del seggiolino eiettabile, l'illuminazione sulle punte delle ali del jet, la zona preposta ad accogliere missili ed armi, il sistema di gestione termica e di potenza del velivolo, i condotti d'aria per il motore prodotto da Pratt & Whitney, la resistenza delle paratie ed infine il complicato sistema di display digitale montato dall'avveniristico casco;
    a fronte dei calcoli effettuati dal GAO resta irrealistica la proiezione in decrescita entro il 2019 sui costi unitari degli aerei presentata dal produttore Lockheed Martin. Secondo le stime GAO affinché ciò accada per la versione A si dovrà ottenere una riduzione di oltre 40 milioni di dollari ad aereo rispetto al costo a consuntivo definitivo degli aerei prodotti nel 2013. Un «recupero» di oltre il 33 per cento in 5-6 anni;
    a riguardo dei costi, nel documento, si nota quindi come «il finanziamento attuale e le quantità previste nel programma indicano che i costi unitari nel 2019 potrebbero effettivamente essere superiore agli obiettivi»;
    in questi giorni il Pentagono ha deciso di bloccare il pagamento di 231 milioni di dollari a Lockheed Martin fino alla completa implementazione di modifiche necessarie per gli F-35 già consegnati, incluse le ormai famose protezioni contro i fulmini;
    l'Italia partecipa al progetto sin dal suo inizio, nel 1998, con una richiesta iniziale di 131 aerei, ridotta poi nel 2012 a 90 velivoli, considerati dalle Forze armate «indispensabili», perché andrebbero a sostituire tre linee di velivoli: i Tornado, gli AM-X e gli AV-8 B, ma senza tuttavia fornire alcuna spiegazione circa il ruolo di un aereo tanto sofisticato, anche alla luce degli impegni internazionali in cui il nostro Paese è impegnato;
    nel 2009 le Commissioni difesa di Camera e Senato, esprimendo parere favorevole al programma, hanno posto alcune condizioni: la conclusione di accordi industriali e governativi che consentano un ritorno industriale per l'Italia proporzionale alla sua partecipazione finanziaria, anche al fine di tutelare i livelli occupazionali; la fruizione da parte dell'Italia dei risultati delle attività di ricerca relative al programma; la preventiva individuazione di adeguate risorse finanziarie che non incidano sugli stanziamenti destinati ad assicurare l'efficienza della componente terrestre e, più in generale, dell'intero strumento militare;
    il programma dell'F35 è diventato un progetto dal costo elevato a fronte di prestazioni peraltro incerte e non corrispondente alle esigenze difensive del nostro Paese, con ricadute industriali ed occupazionali molto lontane dalle aspettative, che rischia anche di compromettere le politiche di disarmo utili invece a gestire in maniera corretta le crisi internazionali;
    nel corso del 2013, dopo analoghe proposte senza impatto degli anni precedenti, un nutrito gruppo di parlamentari ha presentato sia alla Camera che al Senato dei documenti per richiedere al Governo un impegno vincolante verso la cancellazione della partecipazione italiana al Programma JSF;
    ciò ha stimolato la presentazione da parte di quasi tutti i gruppi parlamentari di mozioni ed ordini del giorno sulla stessa materia, giungendo infine all'approvazione in entrambi i rami del Parlamento di una mozione promossa dall'allora maggioranza del Governo Letta che impegnava il Governo pro tempore a non procedere ad «ulteriori acquisti» in attesa di un pronunciamento esplicito parlamentare;
    peraltro, è stata avviata una indagine Conoscitiva presso la Commissione Difesa della Camera dei deputati, indagine in corso di conclusione in queste settimane;
    nel corso del 2013 il Governo italiano ha comunque proseguito l'acquisto dei caccia non attenendosi alle indicazioni delle mozioni di metà anno votate alla Camera e al Senato. Ciò è avvenuto non solo comprando definitivamente (con i contratti del cosiddetto «buy year») 3 + 3 aerei rispettivamente dei lotti VI e VII, con una giustificazione ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non confermabile dalle carte e sconfessata dalle stesse decisioni USA («si erano già sottoscritti contratti per inizio acquisto», anche se tali tipi di accordi non erano assolutamente vincolanti), ma procedendo anche al procurement dei lotti VIII e IX, per cui non esisteva alcun tipo di accordo, solo pochi giorni dopo l'ultimo voto in Senato delle mozioni predette;
    nell'attuale fase di produzione a basso rateo la conferma di acquisto dei singoli velivoli viene fatta mediante sottoscrizione successiva di diversi contratti (per ogni aereo la catena di conferme si snoda su 5 annualità, per cui con la terza considerata il «buy year» definitivo) definiti e decisi annualmente non si è ancora entrati nella fase di produzione multi-annuale che richiede un contratto definitivo da cui non sarà possibile uscire pena il pagamento di penali,

impegna il Governo:

   a cancellare la partecipazione al programma Joint Strike Fighter per la produzione dei cacciabombardieri F-35, iniziando fin da subito le procedure previste dal Memorandum of Understanding dei partner del programma, per una chiusura definitiva di qualsiasi attività (sviluppo, produzione) ad esso correlata da parte del nostro Paese;
   a sospendere immediatamente qualsiasi attività contrattuale, di accordo tra le parti o di ulteriore acquisizione, nei confronti del Joint Program Office del progetto fino alla definizione di tutte le procedure e decisioni che possano rendere effettiva la scelta di cancellazione della partecipazione italiana al programma.
(1-00424) «Marcon, Migliore, Duranti, Piras, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Lavagno, Kronbichler, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Pilozzi, Piazzoni, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni IX e X,
   premesso che:
    la crisi che ha interessato il nostro Paese in questi anni ha prodotto, tra l'altro, conseguenze negative sulla dimensione, la qualità e la struttura dell'apparato industriale in diversi comparti;
    l'esigenza di modernizzazione di molti settori della vita economica e sociale può essere occasione di rilancio e consolidamento di attività produttive, radicate nel territorio nazionale e caratterizzate da un notevole livello di internazionalizzazione;
    in particolare questo riguarda il settore dei trasporti, della mobilità delle persone, sia in ambito regionale che per le tratte ad alta velocità e delle merci;
    il settore delle costruzioni ferroviarie, a livello italiano ed europeo, è stato oggetto di una profonda ristrutturazione nell'ultimo ventennio, che ha portato a un drastico ridimensionamento del numero di costruttori, passati in parte sotto il controllo straniero, in parte sottoposti a procedure fallimentari, alcune delle quali ancora in corso;
    alcune peculiarità proprie delle costruzioni ferroviarie hanno certamente enfatizzato gli aspetti di crisi già tipici di tutte le industrie negli ultimi anni:
     a) la costruzione ancora marcatamente artigianale, dovuta ai piccoli numeri in gioco, nemmeno lontanamente comparabili non solo con il mondo automobilistico, ma anche con quello degli autobus; anche le produzioni più cospicue non vanno oltre qualche centinaio di unità;
     b) la forte dipendenza dei costruttori dalle scelte strategiche e di budget del monopolista nazionale Trenitalia, che rappresenta inevitabilmente il cliente principale;
     c) l'incostanza e mancata programmazione degli ordini, nonostante il bisogno di modernizzazione e di sviluppo del trasporto regionale oltre che del trasporto ferroviario delle merci, che rappresenta una quota di traffico minoritaria rispetto alle altre modalità di trasporto;
    il 19 febbraio 2014 le Ferrovie dello Stato hanno approvato il piano quadriennale (2014-2017), un atto molto rilevante, soprattutto per la quantità di risorse pubbliche che si propone di impegnare;
    alla voce investimenti sono previsti, infatti, 24 miliardi di euro nel periodo, di cui quelli interamente a carico dello Stato sono 15,5 miliardi, cioè circa 4 miliardi all'anno, importo lievemente superiore alla media degli anni precedenti, mentre gli importi autofinanziati FS ammontano a 8,5 miliardi in tutto, circa 2 miliardi all'anno;
    ciò che preoccupa è che lo Stato italiano, in condizioni di scarsità di risorse pubbliche, non sembra mostrare interesse per gli investimenti che finanzia a totale fondo perduto ed è quindi urgente la definizione di priorità di investimento pubblico, basate su analisi economico-finanziarie comparative, indipendenti e trasparenti, sia riguardo alla quota di investimenti pubblici che su quella degli investimenti autofinanziati, soprattutto riguardo agli ordinativi di materiale rotabile per il trasporto regionale e per i servizi merci;
    una quota parte degli investimenti previsti dal piano quadriennale pari a 6,5 miliardi saranno destinati all'acquisto di nuovi treni e allo sviluppo delle tecnologie al servizio del trasporto, è necessario essere certi che questi considerevoli investimenti abbiano ricadute positive anche per lo sviluppo delle aziende interessate e per l'occupazione;
    il piano quadriennale è una cornice necessaria anche per dare un futuro ai singoli siti produttivi, nei quali si registrano situazioni di crisi o di mancanza di prospettive certe, con conseguente dispersione del patrimonio professionale, tecnologico, di lavoro, di cultura industriale, di siti destinati alla produzione;
    è importante anche sviluppare le possibili sinergie tra i diversi produttori che già oggi condividono la realizzazione di programmi rilevanti, quali la produzione del treno ad alta velocità, nel caso di Bombardier e Breda,

impegna il Governo:

   a intervenire con celerità – nell'ambito delle proprie competenze di programmazione di politica industriale – per sostenere, negli insediamenti presenti sul territorio nazionale, la qualità e la competitività delle attività di progettazione e realizzazione del materiale rotabile e dei sistemi connessi;
   ad attivarsi perché, da parte dei soggetti coinvolti o di riferimento, siano definiti in maniera idonea:
    a) le scelte di investimento per il potenziamento e l'ammodernamento dei mezzi di trasporto ferroviari, fornendo una maggiore informazione sul piano pluriennale delle gare di fornitura, anche attraverso atti specifici relativi alla programmazione industriale di medio-lungo termine;
    b) i programmi pluriennali in materia di sistemi di trasporto ferroviario innovativi, dando conto degli attori coinvolti sia nella fase di sviluppo quanto in quella operativa, nel pieno rispetto delle regole della concorrenza.
(7-00329) «Basso, Tullo, Benamati, Montroni, Bini, Giacobbe».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    la legge n. 240 del 2010, all'articolo 16, ha istituito l'abilitazione scientifica nazionale, atta ad attestare la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari;
    il decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011 disciplina le procedure per il conseguimento dell'abilitazione e, in particolare, prevede all'articolo 3 l'indizione, inderogabilmente con cadenza annuale, delle procedure per il conseguimento dell'abilitazione con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    il decreto direttoriale n. 181 del 2012 ha avviato la procedura per la composizione delle commissioni nazionali e in seguito il decreto direttoriale n. 222 del 2012 ha avviato la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale, di cui all'articolo 16 della citata legge n. 240;
    conseguentemente, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 luglio 2012 il bando per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'anno 2012;
    i lavori delle commissioni sono stati da subito caratterizzati da rallentamenti che hanno costretto il Governo ad operare delle proroghe ai termini indicati nel già citato decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011;
    per la tornata 2012 sono state inoltrate circa 45.000 domande e si contano ad oggi circa 500 ricorsi, lasciando prevedere tuttavia probabilmente che il numero complessivo finale dei ricorsi non superi quelli dei precedenti concorsi;
    a partire dal 2 dicembre 2013 sono iniziate le pubblicazioni degli esiti della tornata 2012;
    alla data del 30 novembre 2013 le Commissioni che hanno proceduto alla chiusura dei lavori e all'invio degli atti al Ministero tramite l'apposita procedura telematica sono 149 su 184;
    nonostante questi ritardi, si sottolinea il netto miglioramento di tale procedura selettiva nazionale rispetto ai concorsi locali prima in vigore, in quanto può consentire un aumento della trasparenza, nonché un incremento sostanziale della qualità dei futuri professori universitari;
    il sistema appare quindi ancora in fase di rodaggio per esempio a causa dell'alta concentrazione in un'unica volta di un numero ingente di domande che ha comportato la necessità di proroghe;
    un ulteriore punto critico appare l'obbligo di valutazione analitica che ricalca le verifiche comparative (concorsi) che ammettono immediatamente in ruolo; tale valutazione non appare congrua con il sistema attuale, che invece conferisce un mero titolo di abilitazione, rimandando poi la procedura di chiamata alle singole università,

impegna il Governo:

   a considerare, per quanto concerne la prossima tornata di abilitazioni, un ripensamento intorno ad alcune specifiche norme riguardanti il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima e seconda fascia;
   a valutare di introdurre, attraverso gli idonei strumenti normativi, forme di presentazione delle domande dei candidati all'abilitazione scientifica nazionale non legate a scadenze temporali;
   a considerare di prevedere, anche attraverso gli opportuni adeguamenti della normativa vigente, la formazione di commissioni in carica per un biennio formate da professori ordinari del settore scientifico disciplinare di riferimento selezionati secondo criteri scientifici oggettivi (eventualmente da rivedere, in particolare per quanto riguarda l'area umanistica) ed eletti dai propri pari grado, in modo da garantire una maggiore autorevolezza e rappresentatività tra i membri delle comunità scientifica;
   a valutare di rivedere l'obbligo della valutazione analitica delle pubblicazioni, in quanto modalità selettiva più congruente con il sistema concorsuale o di verifica comparativa;
   a valutare l'opportunità di rendere facoltativa la presenza di commissari di istituzioni accademiche estere;
   a prendere in considerazione l'utilizzo, nei criteri di valutazione, oltre che dell'attività di ricerca, anche dell'attività didattica nonché del criterio dell'attività professionale nei settori ove abbiano rilevanza.
(7-00330) «Santerini».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    il settore del turismo all'aria aperta è un settore molto importante in termini di fatturato e occupazione;
    l'offerta open air italiana, secondo dati FAITA FederCamping, ha registrato mediamente nelle ultime stagioni turistiche circa 8 milioni di ospiti ed oltre 60 milioni di presenze;
    sono 2.510 le aziende turistico ricettive presenti sul nostro territorio, che mettono a disposizione degli ospiti una capacità complessiva di 1.358.000 posti letto, con circa 43.000 addetti impegnati, per un fatturato di circa 2,7 miliardi di euro;
    nell'ultimo decennio si è fatto strada un nuovo profilo delle aziende caratterizzato dall'utilizzazione di case mobili e bungalow, che hanno ormai raggiunto circa un 35 per cento del totale della domanda;
    nell'ultima stagione, dei circa 8 milioni di ospiti di campeggi e villaggi turistici il 43 per cento ha alloggiato in case mobili;
    da quando sono stati immessi sul mercato i «veicoli ricreazionali», chiamati comunemente «case mobili», i gestori posizionano tali manufatti leggeri sulle piazzole e le affittano ai turisti, senza particolari formalità, in quanto ritengono che tale attività rientri nella ordinaria gestione di un campeggio autorizzato;
    numerosi gestori di campeggi sono ultimamente soggetti a procedimenti penali e sanzionatori amministrativi ritenendo alcune autorità ed enti che per svolgere l'attività di posizionamento di manufatti leggeri sulle piazzole siano necessari ulteriori e specifici titoli edilizi;
    la norma espressamente richiamata nei rinvii a giudizio e nei procedimenti è il comma 2, punto e.5, dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, modificato dal decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 (cosiddetto decreto del fare) convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013 n. 98, che recita «l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti»;
    tale norma viene interpretata in modo tale da classificare l'installazione di roulottes e ogni altro manufatto leggero sul terreno come «attività edilizia di trasformazione del territorio» e come tale soggetta al rilascio di permesso a costruire;
    l'intenzione del legislatore non poteva in alcun modo essere quella di considerare il posizionamento di roulottes e veicoli ricreazionali sul terreno come «attività edilizia di trasformazione del territorio» in quanto così facendo avrebbe aggravato le procedure autorizzative, in aperto contrasto con le finalità di semplificazione perseguite dal decreto del fare;
    le roulotte e i «veicoli ricreazionali» tra cui le cosiddette «case mobili» sono da considerarsi per loro natura temporanei;
    a questo proposito si richiama la nota dell'ufficio legislativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo prot. 3703 CI 02.01.00/55.5 del 19 febbraio 2014, firmata dal Consigliere Dott. Paolo Carpentieri, capo dell'ufficio legislativo, che chiarisce in modo esaustivo come la modifica apportata all'articolo 3, comma 2, punto e.5 del testo unico dell'edilizia decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 dal decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, stabilisce che i manufatti in questione, quando utilizzati per attività turistica all'interno dei campeggi, essendo destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, non necessitano di titoli edilizi abilitativi,

impegna il Governo

tenuto conto anche dell'approssimarsi della stagione estiva, ad affrontare con urgenza la questione, in modo da chiarire l'equivoco e ristabilire, se necessario anche con opportune iniziative normative giustizia ed equità di comportamenti tra le diverse amministrazioni.
(7-00332) «Vella, Bergamini».


   La X Commissione,
   premesso che:
    il Governo, sin dal suo insediamento, ha espresso l'intenzione di sostenere il livello occupazionale attraverso il sostegno alle aziende produttive italiane in difficoltà in questo momento congiunturale;
    così dichiarava a giugno 2013 il Presidente del Consiglio al festival dell'economia «Abbassare la disoccupazione e ridurre le tasse sul lavoro»;
    si legge sui quotidiani: «Crisi, l'industria meccanica europea cresce, quella italiana no». È infatti nel confronto con l'Europa che i numeri appaiono scoraggianti. Perché nel trimestre aprile-giugno l'attività manifatturiera dei 27 Paesi dell'area ha registrato un progresso medio dell'1,2 per cento rispetto al primo trimestre. E il miglioramento è stato favorito dai risultati conseguiti dalla Germania (+2,6 per cento) e dalla Francia (+1,5 per cento) ed in misura minore dalla Spagna. In Italia, nei primi sei mesi dell'anno in corso, la produzione industriale risulta diminuita del 4,7 per cento rispetto al primo semestre del 2012 e quella metalmeccanica del 4,9 per cento, con risultati negativi che sono diffusi a tutti i comparti dell'aggregato;
    ancora un articolo di pochi giorni fa: «Nell'ultimo semestre del 2013, il ricorso agli ammortizzatori sociali si è impennato soprattutto nel settore manifatturiero coinvolgendo 18.000 tute blu dell'industria metalmeccanica, 1.700 lavoratori del commercio e oltre 1.500 dell'edilizia più altrettanti nel settore poligrafici-comunicazione. Nel tessile ci si ferma a «solo» un migliaio di lavoratori come pure nella logistica e nell'agroindustria. In tutto, fa 25.000 lavoratori che vanno avanti e conservano un reddito grazie a cassa integrazione, contratti di solidarietà e cassa in deroga. Ma tra fallimenti e riorganizzazione aziendali, altri 3.500 e più «hanno perso il lavoro e sono in mobilità-disoccupazione»;
    in particolare si segnala che il 30 gennaio 2014 è stata recapitata alla rappresentanza sindacale dello stabilimento di Collegno (To) della A.Agrati spa con unico socio, azienda metalmeccanica che produce e commercializza sistemi di fissaggio, la lettera di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24, legge n. 223 del 1991;
    il gruppo A. Agrati Spa consiste in 5 società controllate, 9 siti produttivi, tra cui quello di Collegno; 3 società partecipate, 2 Produzione, 1 Distribuzione; l'area totale 500.000 mq – area ricoperta 200.000 mq, la capacità produttiva – 150.000 tons, 300 macchine stampaggio a freddo – 3 a caldo;
    come dichiarato sul sito il fatturato totale del gruppo del 2012 e di 325.200.000 euro, i dipendenti totali sono 1.700;
    nel sito industriale di Collegno, dove si producono viti speciali, il personale è costituito da 82 unità, quelle interessate al licenziamento;
    i motivi su cui si fonda la decisione della società di cessazione dell'attività produttiva nella suddetta unità di Collegno (TO) sono i seguenti:
     a) la fase di crisi e di ridimensionamento del mercato europeo degli autoveicoli e la conseguente riduzione delle vendite e delle immatricolazioni europee;
     b) la mancanza di prospettive di ripresa;
     c) la carenza di competitività del sito di Collegno rispetto alla produzione nell'Estremo Oriente dello stesso prodotto unificato;
    da cinque anni l'azienda non è ricorsa a nessuno tipo di ammortizzatore sociale, inclusa la cassa integrazione e non si è verificato alcuno sciopero;
    il giorno 28 gennaio 2014 è stato firmato (congiuntamente tra azienda e rappresentanza sindacale) il verbale d'accordo riguardante il premio di risultato in cui viene evidenziato il pieno raggiungimento degli obbiettivi di produttività e qualità riguardanti l'anno 2013;
    in tutti i siti localizzati sul territorio nazionale non si registrano sensibili contrazioni della produzione, come dimostra l'assunzione anche di personale interinale;
    una delle cause della mancanza di concorrenza internazionale delle aziende italiane, come detto in ogni dove, non ultimo il presidente di Confindustria, è l'eccessivo carico fiscale;
    l'azione del Governo nella legge di stabilità riguardo alla diminuzione del cuneo fiscale è stata ad avviso dei firmatari del presente atto irrilevante,

impegna il Governo:

   a individuare determinanti ed efficaci strategie atte a sostenere le produzioni delle aziende italiane costrette a competere con mercati internazionali ed in particolare orientali attraverso una sensibile e più incisiva politica di riduzione del cuneo fiscale e della tassazione alle aziende;
   ad aprire quanto prima un tavolo di crisi sulla situazione occupazionale dell'A.AGRATI spa per preservare i livelli occupazionali dell'azienda, senza che il contesto di crisi internazionale sia utilizzato come giustificazione per compromettere la garanzia occupazionale dei dipendenti dello stabilimento di Collegno (TO), e promuovere l'esposizione, al tavolo di crisi, del piano industriale della A.Agrati spa.
(7-00331) «Della Valle, Castelli, Fantinati, D'Ottavio, Crippa, Prodani, Petraroli, Mucci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diverse, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà della Presidenza del Consiglio dei ministri e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dalla Presidenza del Consiglio e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02548)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125), sono state introdotte «disposizioni urgenti in tema di immissione in servizio di idonei e vincitori di concorsi»;
   il provvedimento, ribattezzato «decreto D'Alia» dal nome del Ministro pro tempore che l'ha concepito, si prefigge il meritevole obbiettivo di abbattere il precariato nel pubblico impiego, problema questo particolarmente avvertito nel comparto sicurezza e difesa ove, all'insaputa dei più, esso ha assunto proporzioni drammatiche;
   il decreto «D'Alia» proroga l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato anche nel comparto sicurezza e difesa. La regola generale, come è noto, è quella fissata dall'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che, al comma 5-ter, stabilisce che «le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione»;
   il decreto «D'Alia», al comma 4 dell'articolo 4, stabilisce che «l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata fino al 31 dicembre 2016»;
   se si considera che la legge di conversione del decreto «D'Alia» è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 30 ottobre 2013, n. 204, ed è entrata in vigore il giorno dopo, si ritiene, a giudizio dell'interrogante, che rimangano efficaci fino al 31 dicembre 2016 tutte le graduatorie concorsuali pubblicate dal 31 ottobre 2010 ad oggi;
   in realtà l'articolo 1, comma 388, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilità 2013), in combinato disposto con l'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, aveva prorogato, fino al 30 giugno 2013, l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente al 30 settembre 2003;
   da ultimo, però, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2013, in attuazione dell'articolo 1, comma 394, della legge 228 del 2012, il termine di efficacia delle graduatorie concorsuali di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, era stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2013;
   di conseguenza, il decreto «D'Alia» proroga fino al 31 dicembre 2016 anche dette graduatorie e ne impone lo scorrimento, se approvate dopo il 1o gennaio 2007;
   il decreto «D'Alia» conferisce valore normativo ad un principio giurisprudenziale ormai consolidato e fatto proprio dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 28 luglio 2011, n. 14, secondo cui, «in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, l'amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l'indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti»;
   il Consiglio di Stato, quindi, aveva già chiarito che lo scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace rappresenta la regola generale, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce l'eccezione e richiede un'apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio, imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico;
   il decreto «D'Alia» va oltre e, limitando ulteriormente le possibilità di deroga al summenzionato principio, all'articolo 4, comma 3, stabilisce che, per le amministrazioni dello Stato, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali è subordinata alla verifica: a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza;
   in tal modo, si impedisce espressamente all'amministrazione di bandire nuovi concorsi fino a quando non siano stati assunti tutti i concorrenti già dichiarati vincitori (ma non ancora assunti) e tutti gli idonei non vincitori posizionati in graduatorie ancora vigenti –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo per dare corso alle disposizioni approvate con il decreto «D'Alia» e risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-04337)


   CIRIELLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   particolarmente drammatica è la situazione dei lavoratori dei consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta che, a causa dei ritardi e delle morosità dei comuni, da mesi non ricevono lo stipendio, pur continuando a garantire il servizio;
   si tratta di un colossale paradosso se si pensa che il ciclo integrato dei rifiuti sarebbe stato riaffidato proprio a molti di quei sindaci della Campania che non avrebbero pagato i canoni del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento;
   come l'interrogante ha avuto modo di segnalare in diverse occasioni e, da ultimo, nell'interrogazione n. 4-01465 che ad oggi rimane senza risposta, nel 1999 venne elaborato e promulgato il bando per la raccolta differenziata, con l'assunzione di 2000 addetti nei consorzi di bacino della regione Campania;
   in tale occasione, però, anziché assorbire parte dei 2400 lavoratori dei consorzi, vennero effettuate nuove assunzioni;
   la successiva legge n. 87 del 2007, a tutt'oggi non caducata, all'articolo 4 prevedeva che i comuni della regione Campania, per lo svolgimento del servizio di raccolta differenziata, dovevano avvalersi in via esclusiva dei consorzi di bacino, i quali dovevano utilizzare, per tale attività, i lavoratori assegnati in base all'ordinanza del Ministero dell'interno, delegato al coordinamento della protezione civile, n. 2948 del 25 febbraio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 1999;
   molti Comuni non hanno rispettato quanto disposto dalla citata legge e, anche alla scadenza naturale dei contratti in essere, piuttosto che affidare i servizi ai consorzi hanno preferito bandire nuove gare di appalto, affidando il servizio ai privati che, a loro volta, hanno effettuato nuove assunzioni di personale locale in danno dei lavoratori dei consorzi;
   ancora oggi nella sola provincia di Napoli ben oltre novanta comuni non hanno affidato il servizio al consorzio, né hanno provveduto ad impiegare i lavoratori di cui alla richiamata ordinanza n. 2948;
   con il decreto-legge del 30 dicembre 2009 (legge 26 febbraio 2010, n. 26) fu dichiarata la fine dell'emergenza rifiuti, stabilendosi espressamente che per i dipendenti dei consorzi fossero utilizzati gli ammortizzatori sociali, fossero attivate misure di politica attiva e si disegnassero norme per la riassunzione;
   con lo stesso provvedimento, il Governo stabiliva, altresì, che fosse approvata anche una pianta organica, che qualche mese dopo individuò 424 esuberi all'interno del Consorzio unico (formato dall'unione dei consorzi della provincia di Napoli e Caserta), ma la norma è rimasta lettera morta;
   come riportato dagli organi di stampa, molti comuni avrebbero agito, infatti, in contrasto con normative regionali e nazionali, svincolandosi dai consorzi senza assorbirne quote di personale;
   il perdurare di tale situazione ha generato quella assurda situazione ai danni dei cittadini contribuenti e dei lavoratori del settore, principalmente quelli alle dipendenze dei consorzi di bacino della regione Campania, che da mesi non percepiscono alcuno stipendio, pur andando ogni giorno al lavoro, mentre la situazione economica sta portando via ogni risorsa;
   nonostante le rassicurazioni ottenute e i continui solleciti, nessuna risposta è stata data dalle istituzioni e, soprattutto, la vicenda non ha visto alcun esito;
   continuano le proteste dei lavoratori che manifestano per chiedere le retribuzioni da mesi non percepite e maggiore sicurezza sul loro futuro lavorativo, spesso sfociate in gesti estremi, dettati dalla disperazione e dall'esasperazione dei tanti cassintegrati –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertate le gravi inadempienze dei comuni, quali provvedimenti urgenti ritengano opportuno adottare a favore dei lavoratori, per dare loro garanzia immediata degli stipendi ad oggi maturati e non ancora ricevuti e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per favorire l'immediata convocazione di un tavolo di concertazione con la rappresentanza degli stessi dipendenti, le istituzioni locali e nazionali. (4-04347)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, GAGNARLI, DE ROSA, DAGA, BUSTO, ZOLEZZI, TERZONI, FANTINATI, DA VILLA, PRODANI e CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 29 luglio 2013 il terminale di rigassificazione offshore di OLT-LNG Toscana (controllata dalla tedesca E.On Ruhrgans AG al 46,79 per cento, dalla multiutility italiana Iren Mercato S.P.A. al 46,79 per cento comprensivo del 5,08 per cento di A.S.A. Servizi Ambientali SPA, dalla Olt Energy Toscana Società per azioni, della famiglia Belleli, con il 3,73 per cento, dalla Golar offshore Toscana Limited, con il 2,69 per cento è arrivato di fronte alle coste livornesi: un impianto che avrebbe dovuto essere operativo nell'esercizio 2008/2009 e che è stato invece inaugurato commercialmente il 20 dicembre 2013;
   i suoi costi di realizzazione, inizialmente stimati in 350-400 milioni sono lievitati enormemente, fino ad un costo complessivo di 850-900 milioni di euro;
   dalla data della sua inaugurazione ad oggi, non risulta essere stato attivato dalla società OLT nessun contratto di fornitura per il gas liquido (GNL), né è stato effettuato alcuno stoccaggio presso il terminale di gas in attesa di cessione a terzi, perciò il terminale di rigassificazione risulta, ad oggi, inutilizzato, come confermato dai dati forniti dal Ministero dello sviluppo economico. Ciò a conferma di quanto pubblicato in numerosi articoli usciti su molte testate nazionali e locali: «Rigassificatore di Livorno: nessun contratto di fornitura», a firma di Silvia Pieraccini, pubblicato su Il Sole 24 ore del 28 gennaio 2014, «Il rigassificatore OLT pagato con le bollette» a firma di Gil.F, pubblicato su Il Secolo XIX del 26 gennaio 2014, «Dopo il parere positivo dell'Autorità su rinuncia esenzione Tpa. Ora terminale inattivo, in prospettiva c’è il gas da trazione», a firma di C.M. pubblicato sul quotidiano online Quale Energia del 22 gennaio 2014, «Rigassificatore di Livorno, 10 anni per avviarlo ma nemmeno un metro cubo di gas scaricato», di Enrico Musso, pubblicato su Huffington Post dell'11 febbraio 2014, «Offshore fermo: per ora non ha clienti» di Mauro Zucchelli, pubblicato su Il Tirreno del 30 gennaio 2014, «Rigassificatore: contratti in alto mare» di Marco Gasperetti, pubblicato sul Corriere Fiorentino del 29 gennaio 2014;
   come già esposto nell'interrogazione a risposta scritta 4-02173, presentata martedì 15 ottobre 2013, nella seduta n. 97, il numero dei giorni in cui il rigassificatore non sarà in grado di operare sono inevitabilmente destinate ad aumentare, anche a causa dell'impatto dei cambiamenti climatici. E sussiste la possibilità di collisione di un'altra nave con il FSRU, oltre che quella di attacchi terroristici: aspetti questi finora mai considerati dal Rapporto finale sulla sicurezza OLT LNG Toscana, e che rendono ulteriormente sconveniente l'utilizzo di tale impianto;
   in particolare, dal già citato articolo apparso su Quale Energia in data 22 gennaio 2014 e ripreso da varie fonti di stampa, si apprende che si starebbe aspettando un decreto del Ministero dello sviluppo economico, che dovrebbe dare il via libera al cosiddetto «fattore di garanzia» per il terminale Gnl Livorno: una delibera del 2008 dell'Autorità per l'energia prevede per i gestori dei rigassificatori «un fattore di garanzia che assicura anche in caso di mancato utilizzo dell'impianto, la copertura di una quota pari al 71,5 per cento di ricavi di riferimento (...) per un periodo di 20 anni». In questo modo si consentirebbe al rigassificatore di entrare nel sistema regolato, in cui il proprietario renderebbe disponibile l'impianto ad altri potenziali operatori ed in cambio verrebbe garantita la percentuale di ricavi di cui sopra, indipendentemente dal suo utilizzo (quindi anche se dovesse rimanere completamente inutilizzato), prelevandoli dalle bollette degli utenti. Si afferma inoltre che l'Autorità per l'energia, dopo le precedenti controversie legali con OLT, avrebbe dato il proprio parere positivo alla rinuncia dell'esenzione dell'accesso a terzi chiesta dalla società stessa: in questo modo il Ministero interrogato sarebbe nelle condizioni di dare il proprio via libera. Inoltre, nel provvedimento atteso sarà necessariamente sottolineato anche il carattere «strategico» del rigassificatore: un presupposto essenziale affinché l'impianto possa godere della copertura dei ricavi assicurata dal fattore di garanzia. Tale copertura, secondo quanto affermato nel già citato articolo dell'Huffington Post dell'11 febbraio, ammonterebbe ad un costo di circa 100 milioni di euro nei 20 anni, da scaricare sui contribuenti;
   nell'interrogazione pubblicata in data 3 ottobre 2013 nella seduta n. 118 dal senatore Gianni Pietro Girotto si affermava che «il rigassificatore in questione risultante l'altro, molto costoso e che la sua gestione finanziaria risulterebbe incompatibile con l'accesso regolato dei terzi. A tal proposito, la stessa Commissione europea, nel documento SG-Greffe (2009) D11105, affermava che: «La specifica natura del terminal lo rende molto costoso. Allo stesso modo la limitata capacità di stoccaggio e la sua posizione in mare aperto (esposta alle differenti condizioni meteorologiche), la collocano in condizioni logistiche più complesse di altri terminal GNL tradizionali, rendendolo finanziariamente insostenibile con l'accesso regolato da terzi»;
   da ciò si evince, a giudizio dell'interrogante, che la Commissione europea, già nel 2009, individuava i limiti di questo progetto; la crisi economica e l'attuale diffusione delle energie rinnovabili hanno poi ulteriormente contribuito a rendere fallimentare questo impianto. Secondo Belleli, socio di minoranza di OLT, «la richiesta di rientro nel mercato regolato nasconderebbe mancanze gestionali di OLT e l'intenzione del socio forte E.On di dismettere le attività italiane» (dichiarazione tratta dal già citato articolo del Sole 24 ore del 28 gennaio 2014). Esiste un dossier, datato ottobre 2013, «E.On Project Chicago», che riporta testualmente: in vendita tutti gli asset italiani per ricavarne da due a 3 miliardi di euro;
   nonostante questo, il Viceministro per lo sviluppo economico ha confermato che il governo considera l'OLT di Livorno uno degli impianti strategici per il rifornimento energetico del Paese e ha evidenziato il risparmio significativo che questo inverno l'OLT avrebbe prodotto. Gli interroganti non comprendono quale sia «il risparmio significativo» prodotto. (Fonte: Ministero dello sviluppo economico – Dipartimento per l'Energia – DGSAIE, già citata: in gennaio il contributo del rigassificatore OLT alle importazioni di gas dell'Italia è stato pari a zero). Da fonti certe è dato sapere che il contributo del rigassificatore di Livorno alle importazioni di gas nel mese di febbraio è stato anch'esso pari a zero. Quindi, da quando il rigassificatore di Livorno ha iniziato le attività commerciali, cioè dal 20 dicembre 2013, le uniche gasiere arrivate sono servite solo a testare la funzionalità dell'impianto e le importazioni di gas dal terminale di Livorno sono state pari a zero. Aggiunge il Viceministro De Vincenti, ai parlamentari riuniti nella commissione «attività produttive», convocata per mettere a punto l'indagine sulle strategie energetiche nazionali: OLT è conveniente per il sistema-Paese perché «più sicuro ed economico». In merito al «più sicuro» si è ancora in attesa di una risposta esaustiva alle interrogazioni parlamentari già presentate negli scorsi mesi, sia alla Camera che al Senato. Circa il «più economico», a giudizio degli interroganti, l'informazione dovrebbe essere suffragata dai numeri;
   recentemente fonti giornalistiche (articolo a firma Gilda Ferrari pubblicato da Il Secolo XIX il 30 marzo 2014) hanno riportato che è stato già raggiunto l'accordo politico per l'accesso al «fattore garanzia», che il Viceministro allo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha annunciato che il terminale OLT potrà accedere al cosiddetto «regime regolato» e pertanto potrà usufruire di altri 110 milioni di euro (in base alle stime dell'AEEG), e che il Governo, in particolare tramite le persone di Matteo Renzi e del sottosegretario Delrio (già sindaco di Reggio Emilia dal 2004 al 2013), si appresti a formalizzare il tutto mediante un imminente decreto-legge;
   da questa operazione trarrebbe evidentemente e concretamente un vantaggio Iren, che è una multiutility comunemente associata ad ambienti politici di centrosinistra, è controllata dai comuni di Genova, Torino e Reggio Emilia, registra utili in costante calo, ha un indebitamento finanziario di 2,52 miliardi di euro e secondo inchieste giornalistiche Delrio sembra avere notevoli influenze su Iren;
   la ricaduta economica dell'operazione sarebbe a carico dei contribuenti italiani, tramite un aggravio sulle bollette del gas, come dichiarato dal presidente dell'AEEG Bortoni, in una dichiarazione raccolta dal giornalista Navach e pubblicata dall'agenzia Reuters nel 31 marzo 2014 –:
   se i Ministri interroganti siano a conoscenza della situazione descritta;
   se, e per mezzo di quale atto, il rigassificatore offshore di Livorno sia già stato ufficialmente incluso fra le opere energetiche di interesse strategico nazionale, come preannunciato dagli articoli citati in premessa;
   se ed attraverso quali strumenti siano stati quantificati gli aggravi dei costi in bolletta per i cittadini derivanti dal conseguimento dello status di «impianto strategico» e dal conseguente accesso al regime regolato;
   quali siano i reali costi complessivi a carico dei cittadini per la realizzazione e la messa in esercizio del rigassificatore offshore OLT di Livorno;
   se sia stato valutato l'impatto dei costi assicurativi di tale opera sulle finanze pubbliche, anche in base al rischio di incidente rilevante che questa comporta, e, in caso affermativo, se detto impatto abbia un qualche collegamento con il fatto che attualmente l'impianto sia inutilizzato;
   se sia stata verificata l'ipotesi che i fondi derivanti dall'accesso al regime regolato non siano configurabili come aiuti di Stato, che esporrebbero all'ennesima procedura d'infrazione europea;
   se non si ravvisi un sostanziale conflitto d'interessi nell'attribuzione di ingenti fondi ad una società per azioni che fa capo ad ambienti contigui ad alcuni membri del Governo. (4-04355)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   CAPUA e VARGIU. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella capitale e nella regione sudorientale della Guinea Conakri, Sierra Leone e Liberia è in corso una spaventosa epidemia di Ebola, con oltre 110 casi accertati e 70 morti;
   tale situazione rischia di rappresentare l'epidemia recente di maggiori dimensioni;
   l'Organizzazione mondiale della sanità ha formalizzato una richiesta di assistenza internazionale a seguito di un appello in tal senso da parte delle autorità sanitarie della Guinea;
   il laboratorio mobile europeo, interamente finanziato dalla Commissione europea – direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, insieme ad una squadra di esperti internazionali è in Guinea in missione diagnostica;
   l'istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» di Roma è una delle 4 istituzioni europee selezionate per tale missione;
   la Commissione europea – direzione generale per la salute e la tutela dei consumatori – sostiene la rete dei laboratori BSL4 europei;
   appare encomiabile il ruolo svolto dal Ministero della salute e dal Ministro Lorenzin per l'attribuzione all'Italia di un altissimo ruolo strategico, che certifica il riconoscimento delle speciali competenze italiane nella gestione di questa straordinaria emergenza sanitaria –:
   quale sia il numero di italiani presenti nei Paesi colpiti dall'epidemia;
   se sia stato già predisposto un piano di evacuazione dei nostri connazionali dai territori interessati dalla possibile diffusione epidemica di Ebola, nei caso in cui la situazione dovesse rischiare di andare fuori controllo;
   se il Ministero della salute non ritenga di dover immediatamente predisporre un piano di emergenza per identificare precocemente i soggetti infetti che potrebbero arrivare nel nostro Paese;
   se sia stato già predisposto un piano di emergenza per la gestione del rientro in Italia dei nostri connazionali eventualmente colpiti dalla malattia e quali siano le procedure di sicurezza che si intenderebbe adottare a garanzia dei malati e dell'intera popolazione;
   quali urgenti iniziative intenda attuare affinché, in un momento di crisi economica come quello attuale, vengano comunque assicurate le risorse necessarie per l'attivazione o il potenziamento delle strutture di alto isolamento indispensabili per la gestione della specifica emergenza sanitaria. (3-00739)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diverse, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del Ministero e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal Ministro e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02547)

Interrogazione a risposta scritta:


   GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   le comunità italiane di Norimberga e di Saarbruecken, nel recente passato hanno conosciuto prima l'eliminazione dei consolati, chiusi a seguito di un precedente piano di «razionalizzazione» della rete consolare, e successivamente la scomparsa degli stessi sportelli consolari, istituiti a giustificazione delle chiusure per continuare a erogare i servizi essenziali ai nostri concittadini;
   nell'area di Norimberga risiedono circa 28.000 iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero impegnati in una molteplicità di attività produttive e di servizio e in quella di Saarbruecken 22.000, inseriti nel tessuto sociale e produttivo del luogo. I connazionali residenti nelle aree indicate mantengono un attivo flusso di contatti e di ritorni con i luoghi d'origine, con obiettivo vantaggio per alcune realtà soprattutto del Mezzogiorno d'Italia, ma anche con una conseguentemente elevata domanda di servizi di natura amministrativa;
   la meccanica applicazione delle misure di chiusura anche dei livelli minimali di erogazione dei servizi, quali gli sportelli consolari, comporterebbe lo spostamento della titolarità delle attività amministrative nelle cosiddette sedi riceventi, che in questo caso sono Monaco di Baviera per Norimberga e Francoforte per Saarbruecken;
   l'obbligo di riferimento ai consolati di Monaco e di Francoforte comporta un evidente e serio peggioramento delle condizioni di accesso ai servizi in quanto Norimberga dista circa 170 chilometri da Monaco e per raggiungere Francoforte da Saarbruecken occorrono circa 180 chilometri di viaggio; in più, i nostri concittadini, anche per il disbrigo delle pratiche più semplici, andrebbero incontro a spese di un certo rilievo e a prevedibili perdite di giornate di lavoro;
   le obiettive difficoltà cui andrebbero incontro le menzionate comunità consiglierebbero un serio ripensamento delle decisioni adottate, o quantomeno una riflessione più approfondita e realistica sulla riorganizzazione della rete dei servizi messi a disposizione dei cittadini italiani residenti in Germania, che ospita la più grande comunità di cittadinanza esistente nel mondo;
   per i casi indicati, andrebbe esaminata la possibilità di correggere l'automatismo del trasferimento dei servizi riguardanti la comunità di Norimberga e della Bassa Franconia spostandoli non presso il consolato di Monaco ma presso quello di Francoforte, che è raggiungibile in modo più diretto e con minori spese e impiego di tempo, e, per le stesse ragioni, di considerare sede ricevente di Saarbruecken non il consolato di Francoforte, ma quello di Lussemburgo –:
   se non consideri opportuno e realistico riconsiderare la chiusura degli sportelli consolari di Norimberga e Saarbruecken, istituiti appena qualche anno fa per compensare la chiusura dei rispettivi consolati esistenti nelle due aree;
   se non ritenga, in caso contrario, di fare in modo che la redistribuzione dei servizi amministrativi sia realizzata non sulla base di un astratto criterio di ordine burocratico, ma con il rispetto delle reali situazioni territoriali, delle opportunità offerte dalle vie di comunicazione e del sistema dei trasporti locali e, soprattutto, con l'intenzione di salvaguardare quanto più è possibile i diritti e le convenienze dei cittadini italiani residenti nelle aree indicate. (4-04333)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del ministero e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02556)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BIANCONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   se corrisponda al vero che i resti dell'antica Torre del Magnale che componeva la Triturrita di Porto Pisano, adiacente l'attuale Livorno, sarebbero stati dispersi o peggio distrutti nei mesi scorsi ed in particolare –:
   quali provvedimenti erano stati messi in essere da parte della Soprintendenza per la tutela di questo patrimonio;
   quali azioni si intendono intraprendere per tentare di porre rimedio alla descritta situazione qualora fosse accertata come vera. (5-02543)


   GRILLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del ministero e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02559)

Interrogazione a risposta scritta:


   DE MITA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 marzo 2014 l'interrogante, con atto di sindacato ispettivo n. 3-00683, richiedeva al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delucidazioni in merito alla progettazione e messa in opera di una linea elettrica di 150 chilowatt a cavallo tra le province di Avellino e Salerno, passando tra i territori dei comuni di Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Teora, Conza della Campania, Castelnuovo di Conza;
   tale opera comporta certamente una sostanziale modificazione di un bene fondamentale per le comunità interessate, quale è quello del paesaggio, che, secondo l'interrogante, risulta essere una infrastruttura del territorio, la cui difesa non è caratterizzata da uno spirito conservatore antimoderno, bensì animata dalla consapevolezza dell'importanza anche economica del bene;
   il suddetto bene è tutelato a livello costituzionale dall'articolo 9, secondo comma, nell'ambito dei princìpi fondamentali dell'ordinamento, ed è pertanto un bene la cui tutela dovrebbe caratterizzare profondamente l'azione politica in senso lato, nonché l'operato amministrativo in particolare;
   la migliore dottrina in materia ha provveduto inoltre a ravvisare che tale disposizione costituzionale, visto il mutamento storico-costituzionale apprezzabile nel secondo dopoguerra, non va a creare la tutela di un diritto afferente al singolo nella sua individualità, bensì è da inquadrarsi nell'ambito della tutela di beni che rilevano nell'orbita della persona in quanto essere relazionale, legata alla propria comunità e, per l'appunto, al paesaggio circostante;
   tale tutela è stata confermata recentemente attraverso la codificazione delle norme in materia ambientale, avutasi con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (cosiddetto codice ambientale), modificato successivamente più volte;
   in particolare si segnala che all'articolo 36, comma 7-bis, lettera a), capoverso 4-bis, della legge n. 179 del 2012, ritorna nella competenza statale la VIA in materia di elettrodotti con tensione nominale superiore a 100 chilowatt di lunghezza superiore a 10 chilometri;
   l'interrogante è a conoscenza del fatto che, essendo i decreti autorizzativi regionali precedenti alla data di entrata in vigore della suddetta legge n. 179 del 2012, la valutazione di impatto ambientale era allora di competenza regionale, per quanto concerne il punto precedente;
   si fa presente che il suddetto elettrodotto, peraltro, passa molto vicino ad un complesso religioso, quello del Goleto, di grande importanza storica e culturale, essendo stato fondato nel dodicesimo secolo da San Guglielmo da Vercelli, nonché fondamentale luogo di attrazione turistica per l'intera provincia di Avellino –:
   quali iniziative di competenza, anche di natura normativa, intenda il Ministro porre in essere al fine di garantire la tutela di un bene annoverato tra i princìpi fondamentali della Costituzione, quale è il paesaggio, che per le comunità interessate è peraltro una vera e propria infrastruttura del territorio, capace di fungere da volano per un'economia che tanto patisce i duri colpi infetti dalla presente crisi.
(4-04352)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZO, BASILIO, PAOLO BERNINI, ARTINI, FRUSONE, TOFALO e CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 78 del 2010, in relazione alla «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica», ha previsto che, per l'intero triennio 2011-2013, le retribuzioni del personale della pubblica amministrazione – tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco – fossero escluse tanto dai meccanismi di adeguamento previsti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, nonché, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero e senza possibilità di attivare comunque una procedura di concertazione;
   tali disposizioni sono state da ultimo prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2012, n. 122. Sul relativo schema di regolamento la Commissione difesa della Camera, in data 4 giugno 2013, ha espresso una valutazione negativa;
   il richiamato blocco ha pregiudicato la maturazione di alcuni istituti tipici specifici del comparto sicurezza, difesa e soccorso strettamente connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali, nonché più impegnative responsabilità di servizio, quali l'omogeneizzazione, l'assegno funzionale e gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni. Inoltre, tale norma ha bloccato anche gli adeguamenti annuali indicizzati (classi, scatti stipendiali ed effetti economici) delle progressioni di carriera, tra l'altro in grande parte legate a rigide procedure di selezione e avanzamento, assolutamente definite dalla normativa vigente per le varie categorie di personale;
   secondo quanto riferito nel corso di diverse audizioni in Commissione difesa, tale normativa ha avuto incidenze negative in modo devastante sia sulla funzionalità sia sulla motivazione del personale. Si pensi, in particolare, a coloro che, promossi e magari anche trasferiti in relazione a nuove e ben più rilevanti funzioni da assumere, non sono poi stati remunerati con il previsto trattamento economico;
   al fine di mitigare gli effetti del richiamato blocco, il Governo, aveva previsto l'istituzione di un fondo di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011-2012, per il finanziamento di misure «perequative» per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso interessato alle suindicate penalizzazioni, con la volontà espressa di sterilizzarne gli effetti nel triennio in questione;
   con il decreto-legge n. 27 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 74 del 2011, il richiamato fondo è stato incrementato con 115 milioni di euro annui, sottraendoli peraltro alle disponibilità assegnate per il riordino dei ruoli dall'articolo 3, comma 350, n. 155 del 2003;
   con tale provvedimento peraltro sono state denominate «assegni una tantum» le misure perequative da concedere ed è stato legittimato il ricorso al fondo anche per compensare la mancata corresponsione, per effetto del tetto salariale di omogeneizzazione, di assegni funzionali e incrementi stipendiali e parametrali non connessi a promozioni;
   da ultimo, il richiamato fondo è stato incrementato, relativamente all'anno 2014, di 100 milioni di euro dall'articolo 1, comma 446, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) –:
   quanto del sopracitato fondo sia già stato erogato ai militari e agli altri soggetti per il quale era stato creato e segnatamente in che misura e utilizzando quali criteri;
   al fine di lenire la gravosa situazione del blocco contrattuale per i soggetti più esposti alla crescita del costo della vita e all'erosione del potere di acquisto dei salari, se il Governo non reputi di dover privilegiare nella distribuzione del fondo quei soggetti che percepiscono i salari più bassi (normalmente militari di truppa in ferma breve o prolungata e categorie equiparate nel comparto sicurezza e soccorso) dando agli uffici preposti istruzioni in tal senso. (5-02545)


   GRILLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il Demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del ministero e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02550)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   SBERNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli assegni familiari sono una prestazione a sostegno delle famiglie di alcune categorie di lavoratori, il cui nucleo familiare abbia un reddito complessivo al di sotto dei limiti stabiliti annualmente dalla legge;
   secondo quanto stabilito dall'articolo 9 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, i redditi del nucleo familiare da prendere in considerazione per la concessione dell'assegno sono quelli assoggettabili all'Irpef al lordo delle detrazioni d'imposta, degli oneri deducibili e delle ritenute erariali, e quelli esenti da imposta o soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta o imposta sostitutiva, se superiori complessivamente ad euro 1.032,91, prodotti nell'anno solare precedente il 1o di luglio di ogni anno e hanno valore fino al 30 giugno dell'anno successivo;
   pertanto, se la richiesta di assegni familiari riguarda periodi compresi nel 1o semestre, ovvero da gennaio a giugno, i redditi da dichiarare sono quelli conseguiti due anni prima, mentre se i periodi sono compresi nel 2o semestre, periodo da luglio a dicembre, i redditi da dichiarare sono quelli conseguiti nell'anno immediatamente precedente;
   sussiste dunque una evidente discrasia nel momento in cui si modifica lo status del lavoratore, passando ad esempio da un lavoro dipendente ad uno autonomo o ancor peggio a seguito di perdita del posto di lavoro, in quanto la normativa chiede di presentare dichiarazioni antecedenti, si ripete, anche di due anni, che sono potenzialmente ancor più inesatte rispetto alla situazione economica della famiglia destinataria degli assegni –:
   se non ritenga, al fine di rendere più giusta, puntuale ed equa la normativa, adottare iniziative volte a modificare la tempistica e renderla più consona alla nuova situazione della famiglia, in modo da considerare non più i redditi reali riferibili ai due anni precedenti alla richiesta, bensì i redditi presunti, facilmente deducibili dalla busta paga o dalla situazione di disoccupazione, mobilità o cassa integrazione guadagni intervenute nell'ultimo anno, calcolati, su base annua, a partire da quanti effettivamente percepito al momento della domanda. (3-00741)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BERGAMINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la crisi nel mondo dell'autotrasporto sta assumendo contorni emergenziali preoccupanti, anche perché le imprese italiane, sotto il peso del continuo aumento dei costi, stanno letteralmente collassando e al loro posto si stanno sostituendo, con il cabotaggio estero, le aziende dei paesi dell'Est Europa sempre più agguerrite e con vantaggi competitivi sul costo del lavoro, delle assicurazioni e del carburante assolutamente non comparabili o replicabili dalle nostre imprese;
   in concreto, i servizi di cabotaggio di cui al Regolamento (CE) 1073/2009, ossia trasporti di passeggeri su strada per conto terzi, molto spesso riescono a sfuggire a qualunque controllo;
   le prestazioni di trasporto passeggeri sono territorialmente rilevanti in Italia in proporzione alla distanza percorsa nello Stato;
   nel caso il servizio territorialmente rilevante in Italia sia reso da un operatore non residente le modalità di assolvimento dell'imposta dipendono dalla natura del committente;
   nel caso di prestazione di trasporto resa ad un privato consumatore, il soggetto non residente deve identificarsi direttamente o nominare un rappresentante fiscale in Italia per assolvere l'imposta;
   in caso di prestazione di trasporto resa da un soggetto passivo (ivi compresi gli enti non commerciali muniti di Partita Iva) residente opera il reverse charge;
   qualora il soggetto non residente operi in Italia attraverso una stabile organizzazione, si considera soggetto passivo d'imposta stabilito nel territorio dello Stato per tutte le cessioni e le prestazioni effettuate o ricevute in Italia –:
   se e come il Governo abbia fatto fronte alla pratica di concorrenza al ribasso, che è resa possibile anche grazie alle mancate verifiche sul territorio nazionale del versamento delle imposte dovute da aziende che di fatto operano in Italia e che spesso hanno anche un legale rappresentante sul nostro territorio nazionale;
   se il Governo non ritenga di estrema urgenza affrontare la questione a livello di Unione Europea, operando per un'armonizzazione delle e condizioni operative delle imprese sul costo del lavoro, sul gasolio professionale e sulla sua tassazione. (5-02542)


   GRILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur, ad avviso dell'interrogante, apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   nonché vi sono secondo l'interrogante, contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del Ministro e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se l'interrogato possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal Ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02553)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDASSARRE, CHIMIENTI, BECHIS, CIPRINI, RIZZETTO e ROSTELLATO. Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, tra le varie cose, agli artt. 25-32, regola le cosiddette agevolazioni per le startup innovative;
   l'articolo 29 del suddetto decreto-legge prevede agevolazioni fiscali per i soggetti che investono in startup innovative, rimandando i dettagli a successivo decreto attuativo, da emanare entro febbraio 2013;
   il suddetto decreto attuativo è stato pubblicato con decreto ministeriale 30 gennaio 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 20 marzo 2014 n. 66;
   l'articolo 2, comma 3, lettera d) del suddetto decreto attuativo introduce un limite soggettivo non permettendo di beneficiare dell'agevolazione i soggetti che alla data dell'investimento possiedono più del 30 per cento della startup;
   l'articolo 4 comma 8 del suddetto decreto attuativo introduce un limite complessivo ai conferimenti nella startup innovativa a 2,5 milioni anno, pena la perdita del beneficio fiscale per tutti gli investitori;
   l'articolo 5, comma 1, lettera b) del suddetto decreto attuativo sancisce che per detrarre l'imposta, gli investitori devono ricevere e conservare «copia del piano di investimento della startup innovativa, contenente informazioni dettagliate sull'oggetto della prevista attività (...), sui relativi prodotti, nonché sull'andamento previsto o attuale delle vendite e dei profitti»;
   l'articolo del Sole 24 Ore del 28 marzo, a pagina 45, solleva numerose criticità in merito al suddetto decreto attuativo;
   a parere dell'interrogante emergono numerose criticità nel decreto attuativo, che nei casi specifici suddetti, sembrano «snaturare» la norma originaria del decreto-legge n. 179 del 2012 inerente le startup innovative e altresì vengono introdotte condizioni che non erano assolutamente previste nella norma originaria –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, non ritengano opportuno fare un'attenta valutazione della reale applicabilità e delle conseguenti ricadute sull'ecosistema delle startup innovative a seguito dell'entrata in vigore delle norme contenute nel decreto ministeriale 30 gennaio 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale marzo 2014 n. 66;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, non ritengano che le norme contenute nel decreto ministeriale 30 gennaio 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 20 marzo 2014 n. 66 possano «snaturare» e inserire condizioni assolutamente non previste dalla norma originaria che voleva invece premiare l'impegno all'innovazione. (4-04328)


   LATRONICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 35 del Codice della navigazione dispone che «le zone demaniali che dal capo del compartimento non siano ritenute utilizzabili per pubblici usi del mare sono escluse dal demanio marittimo con decreto del Ministro per le comunicazioni di concerto con quello per le finanze»;
   ciò avviene ogni qualvolta si è in presenza di un allontanamento del mare e conseguente costruzione, sui cosiddetti relitti del mare, di interi quartieri cittadini o di infrastrutture (strade, piazze, lungomari, eccetera) puntualmente e giustamente sdemanializzati e ceduti, a titolo gratuito, agli enti pubblici o a titolo oneroso ai privati;
   il Governo in merito insieme alle associazioni di categoria del settore sta cercando soluzioni condivise in ordine all'annoso problema sulla necessità di assicurare la continuità e la certezza del domani alle 30.000 imprese balneari italiane e ai loro 100.000 addetti diretti;
   è necessario verificare a fondo e con forza con l'Unione europea gli stessi meccanismi di salvaguardia adottati dalla Spagna, si è ipotizzata la possibilità di introdurre nel nostro ordinamento meccanismi giuridici in grado di consentire la stabilizzazione delle imprese. In particolare è stata trattata l'ipotesi di rivedere l'assetto giuridico-normativo delle aree su cui insistono le imprese balneari. Tale nuovo assetto potrebbe concedere alle imprese esistenti la possibilità di acquistare parte delle aree sulle quali insistono i servizi di spiaggia e quelli accessori senza modificare l'attuale assetto delle spiagge;
   nel frattempo che si attende da parte del Governo una soluzione organica, chiara e puntuale sulla sdemanializzazione marittima;
   sarebbe opportuno da parte delle amministrazioni competenti accelerare quelle richieste di sdemanializzazione nelle quali sono presenti importanti investimenti che rappresentano per l'economia del territorio rilancio socio-economico ed occupazionale in particolare nei comuni del Metapontino siti nella provincia di Matera che interessati dal procedimento di sdemanializzazione, devono attendere il completamento delle operazioni di competenza dove sono coinvolti una pluralità di soggetti istituzionali –:
   quali iniziative intendano adottare, nell'ambito della propria competenza, al fine di accelerare e completare i processi di sdemanializzazione in corso. (4-04329)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente dell'associazione nazionale vittime civili di guerra, l'ente morale Medaglia d'oro al merito civile preposto per legge alla rappresentanza e tutela delle oltre 120.000 vittime civili di guerra italiane e delle loro famiglie, con nota pubblica, ha evidenziato la preoccupazione di una vasta platea di mutilati, invalidi, vedove ed orfani che hanno trascorso un'intera vita di sofferenze a causa del secondo conflitto bellico, in relazione al paventato pericolo di tagli alle pensioni di guerra;
   già in occasione del Governo Monti, l'Associazione evidenziò non solo l'odiosità dell'iniziativa di tagliare le pensioni di guerra, perché andava a toccare, dopo 70 anni, una categoria ormai di anziani, che ha già offerto un grande sacrificio per il Paese, ma anche l'incostituzionalità della stessa, in quanto le pensioni di guerra hanno per legge natura risarcitoria (articolo 1 decreto della Presidenza della Repubblica n. 915 del 1978) «di doveroso riconoscimento e di solidarietà, da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto»;
   era la prima volta, in 70 anni, che lo Stato italiano aveva accennato a toccare le pensioni di guerra;
   ultimamente, nel dossier Cottarelli, commissario preposto alla spending review, è ricomparsa l'ipotesi di tagliare le pensioni di guerra;
   dalle generiche slide presentate, infatti, emerge che il commissario intenderebbe risparmiare nei prossimi tre anni euro 800 milioni dalle pensioni di guerra: 200 milioni nel 2014 e 300 milioni rispettivamente nel 2015 e nel 2016 (pagina 52). E ciò sulla base del fatto che la spesa annua attuale per le pensioni di guerra ammonterebbe ad euro 1,5 miliardo annui, la maggior parte dei quali ad avviso di Cottarelli «...per superstiti di vittime della seconda guerra mondiale (pagina 53);
   i predetti dati sono stati contestati dalla dell'Associazione nazionale vittime civili di guerra, che invece afferma che nell'intero 2013, infatti, la spesa complessiva dello Stato per tutti i trattamenti pensionistici di guerra diretti e indiretti è stata pari a 519 milioni e mezzo (fonte: Elaborazione statistica sulle partite di pensioni di guerra in pagamento, a cura del Ministero dell'economia e delle finanze – direzione dei servizi del tesoro). Di questi, la spesa complessiva per le pensioni di reversibilità, quelle cioè in favore dei superstiti delle vittime, ammonta a complessivi euro 300 milioni, dunque non risulterebbe circa un miliardo di euro rispetto all'analisi «Cottarelli»;
   negli ultimi 10 anni, sempre secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, la platea complessiva di coloro che le percepiscono è passata da poco più di 362.000 mila 2002 a 145.599 del 2013 mentre la loro spesa è scesa da un miliardo di euro del 2002 agli attuali 519 milioni –:
   quale senso abbia, dopo 70 anni dalla fine della guerra, scaricare il costo della crisi su chi già ha pagato un prezzo altissimo per il Paese e continua a pagarlo a causa delle varie invalidità. (4-04332)


   RUOCCO e FANTINATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Financial Times, nel giugno 2013, ha lanciato un allarme in base ai dati contenuti nel rapporto semestrale che il Ministero dell'economia e delle finanze ha inviato alla Corte dei conti (numeri ufficiali ma non pubblici), secondo cui l'Italia rischia perdite per miliardi di euro a causa di contratti su derivati ristrutturati all'apice della crisi dell'eurozona, nel 1990;
   il quotidiano della City cita il documento di ventinove pagine del Ministero con dettagli sulle transazioni sul debito italiano e sull'esposizione nella prima metà del 2012, inclusa la ristrutturazione di otto contratti derivati con banche straniere per un valore di 31,7 miliardi di euro;
   secondo gli esperti, i contratti originali risalgono alla fine degli anni 1990. In quel periodo scrive il Financial Times «Mario Draghi, attuale presidente della Bce, era direttore generale del Tesoro»;
   il Financial Times sottolinea che il rapporto non specifica le potenziali perdite dell'Italia sui derivati ristrutturati. Ma tre esperti indipendenti consultati dal quotidiano calcolano le perdite, sulla base dei prezzi di mercato al 20 giugno 2013, a circa 8 miliardi di euro;
   «gli esperti che lo hanno esaminato – aggiunge il Financial Times – hanno detto che la ristrutturazione ha consentito al Tesoro di scaglionare i pagamenti dovuti alle banche straniere su un periodo più lungo ma, in alcuni casi, a termini più svantaggiosi per l'Italia»;
   il documento del Ministero non nomina le banche né fornisce i dettagli sui contratti originali, «ma gli esperti ritengono che risalgano alla fine degli anni 1990. In quel periodo Roma aggiustava i conti con pagamenti in anticipo dalle banche per centrare gli obiettivi di deficit fissati dall'Unione europea per i primi 11 Paesi che volevano aderire all'euro. Nel 1995 l'Italia aveva un deficit di bilancio del 7,7 per cento. Nel 1998, l'anno cruciale per l'approvazione del suo ingresso nell'euro, il deficit si era ridotto al 2,7 per cento»;
   sul rapporto del Ministero, riportano il Financial Times e il quotidiano La Repubblica (26 giugno 2013), nel mese di aprile 2013 è intervenuta anche la Guardia di finanza con perquisizioni negli uffici di via XX settembre, «con un mandato di esibizione di documenti, in cerca delle confirmation letter, i contratti di stipula di quei derivati. Finora, però, il Tesoro non ha mostrato quegli originali alle Fiamme gialle» –:
   se corrisponda al vero quanto riferito dal Financial Times circa l'esistenza di un'operazione originaria rinegoziata otto volte nel corso degli anni;
   in caso affermativo, quale siano i dettagli dell'operazione originaria (tassi applicati, nozionale, durata) e quali le sue finalità;
   se non si ritenga di fornire, inoltre, una descrizione minuziosa delle altre otto ristrutturazioni (tassi, nozionale e durata), delle finalità e delle motivazioni che hanno condotto alle singole rinegoziazioni;
   quale sia il valore di mercato, alla data di chiusura, di ogni derivato anticipatamente estinto e, alla data di apertura, di ogni derivato aperto;
   quale sia il valore attuale del derivato (derivati) in essere;
   quale sia il rischio massimo connesso allo strumento finanziario in essere.
(4-04339)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi anni, in considerazione del persistere e dell'intensificarsi di forti tensioni sui mercati finanziari, sono state adottate numerose misure di contenimento della spesa pubblica;
   particolarmente incisive sono state le misure di revisione della spesa adottate nel settore della difesa, che ha cominciato a subire un trend fortemente decrescente già dal 2005, peraltro in concomitanza con il processo di professionalizzazione delle Forze armate (e quindi correlati a maggiori costi per il personale) e con l'accresciuto impiego operativo;
   in tale contesto si pone il decreto-legge n. 78 del 2010, che, proprio in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica» ha previsto l'esclusione, per l'intero triennio 2011-2013, delle retribuzioni del personale della pubblica amministrazione, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tanto dai meccanismi di adeguamento previsti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi (scatti e classi di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, nonché, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero e senza possibilità di attivare comunque una procedura di concertazione;
   tali disposizioni sono state prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal successivo decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122;
   sul relativo schema di regolamento la stessa Commissione difesa della Camera dei deputati, lo scorso 4 giugno 2013, ha espresso una valutazione negativa;
   in particolare, il richiamato blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali ha pregiudicato la maturazione di alcuni istituti tipici specifici del comparto sicurezza, difesa e soccorso strettamente connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali, nonché più impegnative responsabilità di servizio, quali l'omogeneizzazione, l'assegno funzionale e gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni;
   tale norma ha altresì frenato gli adeguamenti annuali indicizzati (classi, scatti stipendiali ed effetti economici) delle progressioni di carriera, tra l'altro in grande parte legate a rigide procedure di selezione e avanzamento, assolutamente definite dalla normativa vigente per le varie categorie di personale;
   nel corso della XVI legislatura era stata, tra l'altro, approvata in Commissione difesa della Camera la risoluzione n. 8-00151, a prima firma dell'interrogante, che impegnava il Governo pro tempore a escludere il Comparto sicurezza e difesa, per l'anno 2014, dalla possibilità di prorogare ulteriormente i tagli in questione, almeno con riferimento alla fattispecie del blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera;
   in data 8 novembre 2011 la Commissione bilancio del Senato della Repubblica aveva poi approvato l'ordine del giorno G/2969/2/5 che impegnava il Governo, pur nell'ambito della difficile congiuntura economica e della finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare con urgenza le opportune iniziative atte a «impegnare i relativi fondi iscritti nella tabella 8 per assicurare un'interpretazione dell'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010, nel senso che al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nel triennio 2012-2014, sia assicurata la corresponsione integrale dei trattamenti economici connessi con l'impiego (indennità operative, indennità pensionabile, indennità di trasferimento, assegno funzionale, assegno non pensionabile dirigenziale e indennità di missione), con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità emerito»;
   nonostante le molteplici dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi dai vari Governi in carica circa la necessità di garantire maggiore sicurezza del territorio e nel territorio, i provvedimenti adottati nel tempo si sono mostrati indifferenti rispetto alla drammatica e insostenibile situazione degli operatori della sicurezza: dal decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetta spending review) che ha previsto una serie di ulteriori misure di contenimento della spesa nel settore della difesa (dalla riduzione del personale militare in misura non inferiore al 10 per cento alla riduzione di spesa per l'acquisto di beni e servizi del Ministero della difesa pari a 148 milioni di euro, dalla riduzione dei contributi in favore dell'Agenzia industrie difesa alla riduzione delle spese per la professionalizzazione delle forze armate) alla legge di stabilità 2014 adottata dal Governo Letta, le cui previsioni di spesa appaiano altrettanto insufficienti a garantire la piena funzionalità dello strumento militare, in termini di formazione e addestramento del personale, nonché manutenzione ed efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti di sicurezza;
   tale rinnovamento dovrebbe essere invece garantito a un settore, come quello della sicurezza, che non può essere considerato in maniera meramente ragionieristica, ma deve essere visto come un investimento per il futuro;
   occorre infatti pensare alla sicurezza in termini di opportunità e quindi prevedere più risorse in questo settore delicato e strategico per consentire a tutto l'apparato della sicurezza di agire e operare nel migliore dei modi;
   in particolare, è necessario lavorare per la difesa della dignità professionale e della specificità funzionale degli operatori del settore e per la difesa del diritto dei cittadini ad un soccorso pubblico efficiente e qualificato, all'altezza di un paese civile;
   da ultimo, preoccupa l'ultimo piano di riforma annunciato dal nuovo Governo Renzi che avrebbe chiesto al commissario Carlo Cottarelli tagli per miliardi di euro;
   anche in questa occasione il comparto sicurezza farà la sua parte con un risparmio di almeno 700 milioni di euro grazie alla chiusura di centinaia di sedi, soppressione di interi reparti, trasferimento degli uffici in immobili demaniali –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e qual provvedimenti ritengano opportuno adottare per assicurare al personale delle forze armate, delle forze di polizia e del corpo nazionale dei vigili del fuoco la corresponsione integrale dei trattamenti economici connessi con l'impiego, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e di merito per il triennio 2012/2014 o quanto meno per sospendere, a partire dal secondo semestre 2014, il blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera e degli automatismi retributivi per il personale del comparto difesa e sicurezza;
   quali iniziative intendano adottare per garantire un'inversione di tendenza che negli ultimi anni ha ridotto il dibattito sul modello di difesa necessario per l'Itala a una semplice logica della razionalizzazione della spesa o, forse sarebbe meglio dire, del taglio netto della spesa. (4-04345)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   con decreto 11 dicembre 2012 il Ministero della giustizia disponeva: (I) lo scioglimento del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili; (II) la revoca in autotutela degli atti relativi all'indizione delle elezioni del 15 ottobre 2012; (III) la fissazione della nuova data del 20 febbraio 2013 per la ripetizione delle votazioni; (IV) la nomina del commissario straordinario;
   tale provvedimento veniva impugnato dinanzi al TAR del Lazio – Roma dall'allora candidato presidente Claudio Siciliotti e dagli altri 15 dei 27 candidati componenti la lista «Vivere la professione»;
   con ordinanze cautelari numeri 735 e 736 datate 8 febbraio 2013, il TAR Lazio – Roma, Sez. III respingeva l'istanza cautelare spiegata dai ricorrenti all'uopo evidenziando che «le ... statuizioni (di scioglimento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e di rinnovo delle votazione per le Elezioni del Consiglio Nazionale)» contenute nel provvedimento impugnato «risultano ampiamente e congruamente motivate, in punto di fatto e di diritto, e tali da sorreggere i presupposti delle statuizioni stesse», cosicché all'esito delle ordinanze del TAR non vi erano impedimenti allo svolgimento delle elezioni;
   in data 21 gennaio 2013 venivano depositate presso il Ministero della giustizia le seguenti liste:
    1. lista contraddistinta dal motto «Vivere la professione», capeggiata dal candidato presidente Massimo Miani, collegata ai sensi dell'articolo 68, comma 18, del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, con la lista contraddistinta dal motto «Lista Unitaria Ragionieri», capeggiata dal candidato vicepresidente Raffaele Marcello;
    2. lista contraddistinta dal motto «Insieme per la professione: la forza dell'identità», capeggiata dal candidato presidente Gerardo Longobardi, collegata ai sensi dell'articolo 68, comma 18 del decreto legislativo 28 giugno 2005 n. 139, con la lista contraddistinta dal motto «Insieme per la Professione l'orgoglio del Commercialista», capeggiata dal candidato vicepresidente Davide Di Russo;
   tutte le predette liste venivano ammesse alla procedura elettorale, ai sensi dell'articolo 69 del decreto legislativo 28 giugno 2005 n. 139, con provvedimento del direttore generale della giustizia civile del 13 febbraio 2013;
   le ordinanze cautelari numeri 735 e 736 del TAR Lazio – Roma venivano successivamente impugnate dinnanzi al Consiglio di Stato, il quale con ordinanze cautelari numeri 840 e 841 datate 13 marzo 2013, sospendeva l'efficacia delle ordinanze «limitatamente all'indizione delle nuove elezioni... mentre gli atti impugnati dovranno restare pienamente efficaci nella parte relativa allo scioglimento del Consiglio Nazionale ed alla nomina di un Commissario straordinario»;
   con sentenze numeri 6540 e 6543 del 2 luglio 2013 il TAR Lazio – Roma respingeva i ricorsi promossi dai membri della lista «Vivere la Professione» capeggiata dal dottor Claudio Siciliotti, così confermando la piena legittimità dei provvedimenti impugnati;
   le richiamate sentenze di primo grado venivano, infine, impugnate dinanzi al Consiglio di Stato, il quale, da ultimo, con sentenza n. 278 del 21 gennaio 2014, previa riunione dei giudizi, respingeva gli appelli;
   copia conforme all'originale della citata sentenza del Consiglio di Stato veniva notificata alle Parti del giudizio in data 28 gennaio 2014;
   alla luce delle pronunce rese dal giudice amministrativo, è stata confermata la piena ed incontrovertibile legittimità ed efficacia del decreto del Ministero della giustizia datato 11 dicembre 2012;
   il decreto del Ministero della giustizia datato 11 dicembre 2012, valido ed efficace, tra l'altro, dispone espressamente che: (I) «le votazioni per l'elezione del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili già svolte il 15 ottobre ... saranno ripetute»; (II) la rinnovazione del procedimento prevedeva solo «la conseguente riapertura dei termini per la presentazione delle liste elettorali»;
   la corretta esecuzione della sentenza n. 278 del 2014 Consiglio di Stato, che ha espressamente «ordina(to) che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa», rende, dunque, necessaria la sollecita conclusione dell’iter procedimentale mediante indicazione da parte del Ministero della giustizia della nuova data di celebrazione delle elezioni;
   nessun rinvio di elezioni è prospettabile neanche in considerazione del fatto che nelle more del giudizio amministrativo è entrata in vigore la riforma dell'organizzazione dei tribunali introdotta con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155;
   il decreto legislativo 155 del 2012, invero, non dispone un'implicita soppressione degli pedini territoriali istituiti ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 139 del 2005, in quanto una simile interpretazione sarebbe preclusa, da un lato, dalla riserva di legge ex articolo 97 Cost. relativa alle modalità di istituzione, modifica e soppressione degli enti pubblici; dall'altro, dal rapporto di specialità sussistente tra le previsioni del decreto legislativo n. 139 del 2005 e quelle del decreto legislativo n. 155 del 2012;
   peraltro, l'ipotesi del rinvio per effetto dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012 non potrebbe certo giustificarsi neanche richiamando il principio del tempus regit actum. È noto, infatti, che le sopravvenienze di fatto o di diritto possono incidere sul procedimento in itinere solo se le nuove circostanze attengono a fasi non ancora concluse (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. III, 25 maggio 2012, n. 3095, a tenore del quale «il principio “tempus regit actum” esplica la propria efficacia allorché il rapporto cui l'atto inerisce sia irretrattabilmente definito, e, conseguentemente, diventi insensibile ai successivi mutamenti della normativa di riferimento»);
   tutte le liste presentate il 21 gennaio 2013 sono state ritirate dai relativi candidati;
   l'effetto conformativo del giudicato delle sentenze rese dal Giudice Amministrativo, sub specie di obbligo di immediata indizione delle elezioni, deve ritenersi ancor più stringente, se solo si considera che gli oltre 115mila Commercialisti italiani sono privi di organi di governo democraticamente eletti da oltre un anno e ciò sta causando loro notevole difficoltà e nocumento;
   il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili andrà a scadere il 31 dicembre 2016 a norma di legge –:
   quale utile ed immediato intervento il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di individuare la nuova data per lo svolgimento della consultazione elettorale e ridare una governance ordinaria alla categoria dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, categoria da lungo tempo commissariata.
(2-00491) «Censore, Chaouki, Pollastrini, Culotta, Covello, Argentin, Fregolent, Aiello, Borghese, D'Attorre, Zoggia, Epifani, Civati, Martella, Ribaudo, Gasparini, Leva, Fioroni, Barbanti, Albanella, Ragosta, Pellegrino, Gnecchi, Causin, Vecchio, Lorenzo Guerini, Ferro, Folino, Franco Bordo, Bonavitacola, Colaninno, Berretta, Giorgis, Bruno».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, ROSTELLATO, TANCREDI e TOFALO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il  decreto del 27 dicembre 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 2014, relativo alla rideterminazione proporzionale del riparto per l'anno 2013, del finanziamento, degli oneri per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), effettuati con delibera CIPE, in data 8 marzo 2013, ripartisce, tra le regioni e le province autonome, i 55 milioni di euro destinati al finanziamento delle nuove REMS (residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza sanitaria) che, dal 1o aprile 2014, avrebbero dovuto sostituire gli ospedali psichiatrici giudiziari;
   il decreto-legge n. 211 del 2011 all'articolo 3-ter, stabiliva che entro tale data, inizialmente fissata per il 31 marzo 2013, le regioni e le province autonome, tramite i dipartimenti di salute mentale dei servizi sanitari regionali di riferimento, avrebbero dovuto completare le strutture per la presa in carico di tutti i soggetti, detenuti e internati, con disturbi mentali;
   con decreto n. 52 del 31 marzo 2014, il Governo ha prorogato la scadenza per un altro anno fino al 31 marzo 2015 e ha stabilito che a metà anno ci sarà anche «un puntuale monitoraggio del percorso di riconversione prevedendo anche ipotesi di poteri sostitutivi nei confronti degli inadempienti»;
   nel 2012 erano già stati stanziati 38 milioni di euro, mentre i 55 milioni, che dal 2013 saranno stanziati annualmente, sono stati destinati, per il 2013, ad avviare i piani di dismissione e realizzare 990 posti letto nelle 43 REMS sparse sul territorio nazionale. I criteri di riparto si basano per il 50 per cento sulla popolazione residente in ciascuna regione e provincia autonoma e per il restante 50 per cento sul numero delle persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari alla data del 31 dicembre 2011;
   lo stato di attuazione dei programmi regionali è differenziato, ma il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, nei termini temporali proposti, appare difficilmente realizzabile, come d'altra parte riconosciuto nella relazione al Parlamento dei Ministri della salute e della giustizia del dicembre 2013;
   la legge n. 9 del 2012 ha disposto che ogni regione si faccia carico di realizzare una o più residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza sanitaria per ospitare i propri detenuti psichiatrici. Nella relazione congiunta del Ministro della giustizia pro tempore Cancellieri e del Ministro della salute pro tempore Lorenzin del 13 dicembre 2013, emerge che pervenuti agli uffici competenti, entro il termine stabilito del 15 maggio 2013, i programmi di tutte le regioni tranne quello della regione Veneto. La regione Veneto, essendo rimasta l'unica a non avere presentato ancora progetti, è stata oggetto di commissariamento da parte del Governo. Alla regione Veneto sono stati assegnati comunque 12 milioni di euro, come riportato sul quotidiano L'Arena del 26 febbraio 2014;
   i programmi regionali, oltre agli interventi strutturali, debbono prevedere attività volte progressivamente ad incrementare la realizzazione dei percorsi terapeutico riabilitativi nell'ottica del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, prevedere la dimissione di tutti gli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari ritenuti non socialmente pericolosi dall'autorità giudiziaria, prevedere l'obbligo per le ASL di presa in carico degli internati dimessi all'interno di progetti terapeutico-riabilitativi individuali che assicurino il diritto alle cure e al reinserimento sociale, favorire l'esecuzione di misure di sicurezza alternative al ricovero in ospedali psichiatrici giudiziari o all'assegnazione a casa di cura e custodia;
   il comune di Nogara, in provincia di Verona, ha approvato un progetto, con delibera di consiglio del 24 febbraio 2014, che prevede la costruzione ex-novo di una struttura REMS, unica nella regione Veneto, per 40 posti letto con utilizzo di 12 milioni di euro dal Governo, ad avviso degli interroganti sprecando 10.000 metri quadrati di terreno del cosiddetto lascito Stellini. Nel progetto infatti si legge: «È positiva la risposta dell'Amministrazione di Nogara alla proposta avanzata dalla regione e dall'ULSS per la realizzazione di due nuclei di 20+20 posti letto da destinare a pazienti provenienti da ex Ospedali Psichiatrici Giudiziari, da realizzare in un nuovo complesso adiacente alle strutture esistenti, dotato di aree interne ed esterne di servizio, ferma restando la necessità di coordinare questo intervento con le funzioni vecchie e nuove dell'intero Centro Sanitario Polifunzionale “Stellini”»;
   Francesco Stellini il 23 febbraio 1891 ha donato, tramite testamento olografo, un ospedale civile e un consistente appezzamento di terreni agricoli per i «poverelli di Nogara» proprio a sostentamento della struttura da lui stesso eretta. Il testamento testualmente disponeva: «Istituisco, chiamo e nomino erede di tutte le mie sostanze il Comune di Nogara, perché con le rendite delle medesime faccia erigere, ove non l'avessi fatto io in vita, nella località Corte Raffa di mia proprietà un Ospitale Civile a vantaggio degli ammalati poveri, e di qualunque malattia, del Comune di Nogara, con obbligo di porre sul frontone di detta Corte Raffa di mia proprietà il suo titolo – Ospitale Civile Francesco Stellini – in caratteri di rame [...] Proibisco assolutamente di procedere alla alienazione anche di parte soltanto delle sostanze mie lasciate a titolo ereditario al Comune di Nogara, mentre, ciò facendo, la mia eredità voglio si devolva alle persone che avessero diritto a succedermi per legge»;
   la regione Veneto ha urgente necessità, anche in virtù della procedura di commissariamento, di realizzare una REMS. L'ULSS 21 (ULSS che comprende il territorio dei comuni di Nogara, Legnago, Bovolone e Zevio) assieme al comune di Nogara hanno candidato il territorio nogarese ad ospitare la futura costruzione della REMS: la costruzione della nuova struttura verrebbe realizzata sui 10.000 metri quadrati di terreno del lascito a fronte appunto di 12 milioni di euro;
   alcune regioni hanno previsto la ristrutturazione di edifici esistenti, piuttosto che la costruzione di nuove strutture, con conseguente risparmio di denaro pubblico e minore impatto in termini di cementificazione. Ad esempio, il programma della regione Lazio prevede il restauro e il risanamento di 2 strutture situate nella città di Roma e la ristrutturazione di un ospedale dismesso in provincia di Roma. La regione Puglia ha presentato un programma per 58 posti letto da realizzarsi in 3 presidi ospedalieri dismessi e riqualificati, siti in provincia di Brindisi, Taranto e Foggia. Anche la regione siciliana ha presentato un programma che prevede la ristrutturazione e adeguamento funzionale di 3 presidi ospedalieri dismessi per complessivi n. 80 posti letto, distribuiti in 4 strutture situate nelle province di Catania, Caltanissetta e Messina;
   anziché costruire una struttura ex novo sui terreni del lascito Stellini nel comune di Nogara in provincia di Verona con massiccia cementificazione della zona ad avviso degli interroganti ed in linea con quanto sostenuto a livello locale si potrebbe utilizzare l'ospedale Stellini già esistente, tuttora vuoto ma sistemato anche con le recenti norme antisismiche, su cui la regione Veneto ha investito già parecchio e che può, con le dovute modifiche strutturali, accogliere i 40 posti letto della futura REMS –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   in base a quali presupposti siano stanziati i 12 milioni di euro per la regione Veneto, non essendo stato presentato un progetto, chi sia competente nell'effettuare dei controlli e come verranno finanziate a regime queste strutture, dal momento che l'assessore alla sanità della regione ha dichiarato che l'importo basterà per cinque anni;
   come e da chi verranno effettuati i controlli in itinere fino al 31 marzo 2015, dopo la concessione della proroga della scadenza originaria del 1o aprile 2014, considerato che ad oggi la regione Veneto non ha ancora presentato progetti e tanto meno ultimato l'unica struttura prevista;
   se il commissario sia stato informato del progetto di costruire una struttura ex novo anziché ristrutturare l'esistente sui terreni del lascito Stellini, e se abbia espresso un orientamento in merito.
(5-02544)


   GRILLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur, ad avviso dell'interrogante, apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono secondo l'interrogante, contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del Ministro e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal Ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02549)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPARINI. — Al Ministro della giustizia. – per sapere – premesso che:
   martedì 11 marzo 2014 il Ministro della giustizia ha firmato il decreto con cui ha disposto il mantenimento di 285 uffici del giudice di pace sui 667 soppressi il 27 febbraio 2014 a seguito della recente riforma delle circoscrizioni giudiziarie;
   tali uffici giudiziari non verranno soppressi solo grazie alle istanze formulate ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, dagli enti locali che pertanto si sono impegnate a garantire questo importante servizio ai propri cittadini, accollandosene tutte le spese;
   nella nota ministeriale con cui è stata data notizia della firma di tale decreto, si precisava infatti che «sono state accolte quasi integralmente le 297 istanze formulate dagli enti locali che si sono impegnate a mantenere a loro cura e spese gli uffici giudiziari di prossimità nei loro territori»;
   sul sito del Ministero della giustizia è stato pubblicato, e dunque visionabile, l'elenco delle richieste accolte e pertanto, al momento dell'entrata in vigore del decreto, diventerà definitiva la soppressione degli uffici del giudice di pace non ricompresi in tale elenco;
   relativamente al circondario di Brescia, nell'elenco sopra citato risultano solo gli uffici del giudice di pace di Chiari e Rovato ma non di Breno, benché anche quest'ultima amministrazione, come quelle di Chiari e Rovato, avesse avanzato analoga richiesta di mantenimento dell'ufficio del giudice di pace;
   già a suo tempo l'amministrazione di Breno aveva anche reperito gli uffici nei quali sarebbe stato collocato il giudice di pace e aveva chiesto la collaborazione di altri enti sovracomunali (comunità montana e B.I.M. nonché di altri comuni della Valle Canonica) i quali avevano assunto l'impegno di partecipare ai relativi oneri;
   l'ufficio del giudice di pace di Breno riveste una notevole importanza in quanto copre una vastissima zona e riguarda una popolazione quasi pari a quella della soppressa sezione distaccata del tribunale, dislocata su una lunghezza di almeno 70 chilometri di valle;
   visti già i gravi pregiudizi e disagi derivanti dalla soppressione della sezione distaccata di tribunale, la chiusura definitiva dell'ufficio del giudice di pace di Breno comporterà dunque ulteriori carenze e privazioni nell'accesso alla giustizia per gli abitanti della Valle, sia parti che testimoni, i quali saranno infatti costretti ad ulteriori oneri e ad una spesa addirittura superiore al valore delle cause e dei processi –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno inserire nell'elenco di cui in premessa anche l'ufficio del giudice di pace di Breno e per quale motivo non abbia accolto la richiesta dell'amministrazione comunale ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156.
(4-04335)


   BUONANNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere:
   per quale motivo i comuni che hanno deciso di mantenere a loro spese il giudice di pace (Avarallo, VC) non possano usufruire del personale già formato anche per il tramite di mobilità tra amministrazioni;
   per quale ragione il Ministro, a fronte di istanze in tal senso, abbia inteso destinare tale personale ad altri incarichi.
(4-04342)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur, ad avviso dell'interrogante, apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   nonché vi sono secondo l'interrogante, contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del Ministro e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal Ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02554)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   già in data 24 luglio 2013, nella seduta n. 59, l'interrogante ha presentato un'interpellanza urgente sul tema della soppressione degli intercity nel tracciato che riguarda l'Umbria;
   già dal mese di ottobre scorso si era ventilata l'ipotesi della riduzione dei servizi a mercati di alcune coppie di IC che interessano anche l'Umbria, si apprende dalla stampa che il gestore Trenitalia Spa – divisione passeggeri N/I, avrebbe confermato le succitate intenzioni con la soppressione, a partire dal prossimo mese di giugno di cinque coppie di servizi ferroviari Intercity (oltre a quelli già soppressi da marzo) che attualmente servono le stazioni ferroviarie umbre di Orvieto e Chiusi;
   soppressioni, volute da Trenitalia, troverebbero giustificazioni nel non raggiungimento dell'equilibrio economico tra costi e ricavi di questi servizi ferroviari, in quanto non contribuiti perché non ricompresi del contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   se questa ipotesi di soppressione dovesse realmente verificarsi, questa regione sarebbe ancor più penalizzata di quanto non lo è già, considerato che attualmente non è possibile intercettare l'alta velocità solo mediante i sopracitati servizi ferroviari Intercity; questi servizi inoltre sono sistematicamente utilizzati dai cittadini umbri per i loro spostamenti casa-lavoro-studio verso Roma e verso Firenze;
   in tale contesto la paventata soppressione degli Intercity è assolutamente inaccettabile e inaccoglibile, è opportuno e doveroso che il Ministero competente e l'Agenzia Trenitalia pongano particolare attenzione e più sensibilità verso queste problematiche attivando qualsivoglia misura per la loro soluzione;
   iniziative il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intenda mettere in campo per il mantenimento dei servizi Intercity rafforzandoli in virtù del diritto alla mobilità che è necessario garantire ai passeggeri, tutti indistintamente, anche in applicazione di quanto previsto nel merito dall'attuale normativa comunitaria.
(4-04327)


   COVA, MALPEZZI e MAURI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A4 tratto Milano-Bergamo è stata ampliata con la quarta corsia con lavori di abbattimento dell'inquinamento acustico, ma nel comune di Trezzo sull'Adda le barriere posizionate tra i cavalcavia 154-155 sono state oggetto di contestazione da parte dei cittadini di Trezzo sull'Adda;
   le indagini fonometriche svolte dall’ ARPA rilevano rumori leggermente sotto la soglia consentita, ma per i cittadini l'impatto del rumore risulta ancora molto alto;
   i lavori eseguiti presentano alcune serie anomalie, la cui correzione potrebbe contribuire alla diminuzione del rumore;
   in particolare, in base alle conclusioni del politecnico di Milano lo stato di manutenzione delle barriere è da considerarsi precario in quanto la presenza di fessure tra una barriera e l'altra e la scarsa efficacia di potere fonoassorbente dei materiali di cui sono costituite, fanno si che risulti una scarsa diminuzione della potenza sonora a radiazione diretta;
   a quanto consta agli interroganti, la realizzazione del manufatto non sarebbe stata eseguita a regola d'arte, le barriere dalla parte interna sarebbero riflettenti anziché fonoassorbenti e mancherebbe un'idonea sigillatura sotto i cavalcavia 154 e 155 al punto che gli stessi producono un effetto «cassa di risonanza» che, con l'aggiunta del manto autostradale scarsamente fonoassorbente, amplificano il disagio dei residenti;
   il responsabile dell'ufficio territoriale del Ministero ha incontrato il comune di Trezzo sull'Adda, ASPI, SPEA e il consulente del comune in data 27 giugno 2013 –:
   se non ritenga necessaria la sostituzione delle barriere al lato nord dell'A4 tra i cavalcavia 154-155 con strutture di ultima generazione, accorgimenti tecnici con l'intervento di nuove tecnologie, ad esempio, asfalto fonoassorbente, la realizzazione di una ulteriore idonea barriera antirumore da collocare, nel tratto individuato, tra le due carreggiate di marcia (così come già realizzato in A4 tra le uscite di Bergamo e Seriate) che consentano un miglioramento della percezione del rumore alla popolazione coinvolta. (4-04340)


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa emerge che con l'entrata in vigore del nuovo orario di Trenitalia per la stagione estiva, sarebbero a rischio cancellazione alcuni collegamenti Intercity Firenze – Roma, Milano – Napoli, e Trieste – Roma;
   la nuova offerta andrebbe, quindi, a ridurre i collegamenti del trasporto interregionale low cost lungo la direttrice nord-sud, obbligando l'utenza a ricorrere a nuove opzioni molto più costose ed a soluzioni con cambi;
   nel dettaglio, per quanto riguarda la linea Trieste – Roma, l'attuale offerta prevede una coppia di collegamenti diurni in andata e ritorno per la e dalla Capitale con partenze alle 7,21 e alle 13,01 dalla stazione di Trieste centrale e alle 10,30 e alle 15,40 dalla stazione di Roma Termini;
   questi due collegamenti sono gli unici diretti che collegano il Friuli Venezia Giulia con la Capitale, eccezione fatta per i Frecciargento da e per Trieste e Udine che però hanno orari di partenza e di arrivo concentrati in alcune particolari fasce della giornata (partenze da Udine e Trieste, rispettivamente, alle 6,55 e alle 6,45, e partenze da Roma Termini alle 16,50 e alle 16,34);
   per l'intera giornata, quindi, l'unica opzione valida per raggiungere Roma è rappresentata dalla soluzione con cambio a Venezia Mestre che, ad un costo notevolmente superiore, comunque richiede nel complesso quasi lo stesso tempo del collegamento Intercity, visti i tempi di attesa nello snodo ferroviario veneto;
   va tuttavia evidenziato che l'utenza degli Intercity è diversa da quella dei Frecciargento: posto che i prezzi delle Frecce sono di molto superiori, questi treni si pongono come soluzioni di trasporto su rotaia low cost; inoltre, questi collegamenti sono utilizzati anche per tratte brevi finanche dall'utenza pendolare;
   se la società confermasse le soppressioni in programma, durante le ore del giorno il Friuli Venezia Giulia rimarrebbe isolato dal resto d'Italia in quanto gli Intercity in questione garantiscono collegamenti diretti anche con città importanti, quali Padova, Bologna e Firenze;
   l'interrogante segnala, inoltre, che gli stessi sono anche gli unici collegamenti low cost lungo la direttrice Roma – Firenze – Bologna – Venezia e sottolinea l'importanza che gli Intercity ricoprono nel servire, con collegamenti diretti, alcune stazioni minori altrimenti escluse dai percorsi delle Frecce;
   come ha confermato il Ministro nella risposta all'interrogazione n. 5-01305, questi collegamenti, che innegabilmente presentano un rapporto costi/ricavi fortemente negativo, assicurano «il diritto alla mobilità sul territorio nazionale» sancito dalla Costituzione;
   in quest'ottica, è importante quindi che il Governo continui a finanziare questa gamma di servizi universali, ed è altrettanto importante che Trenitalia, società a partecipazione statale, esca da logiche meramente di mercato ma assolva al compito che le è stato affidato, tutelando tutte le tipologie di utenza: chi abita nei centri minori e chi ha maggiore difficoltà economica e non può accedere ai servizi delle Frecce;
   da ultimo, vista l'utenza pendolare, si ricorda che le regioni nella programmazione delle tratte regionali hanno considerato la presenza dei collegamenti intercity, quindi una loro soppressione costringerebbe le regioni a rimodulare la programmazione con evidente diminuzione dei servizi: a titolo esemplificativo, nel caso della soppressione dell'IC 592 si creerebbe un vuoto di servizio di tre ore tra Venezia Mestre e il basso Friuli (Latisana e Cervignano) peraltro in una fascia d'orario importantissima proprio per l'utenza pendolare (19.53 –22.53);
   infine, in merito alla soppressione del treno sulla tratta Milano – Napoli, stupisce che in vista dell'esposizione universale di Milano 2015, Trenitalia abbia deciso di andare a ridurre l'offerta di treni diretti con destinazione proprio la città che ospita l'evento –:
   se trovino conferma gli intendimenti di Trenitalia che sono apparsi sulla stampa circa la volontà di cancellare i collegamenti intercity;
   quali misure ed iniziative il Ministro abbia avviato o intenda promuovere nel breve e lungo periodo per salvaguardare gli attuali collegamenti intercity e garantire la prosecuzione del servizio anche in futuro, tenuto conto, a tal proposito, che già in passato Trenitalia aveva minacciato la cancellazione di simili collegamenti interregionali, rimediando poi con una retromarcia, da ultimo nel dicembre 2013;
   quali iniziative il Ministro intenda assumere, in alternativa, per ovviare, nello specifico, al «taglio» dei collegamenti Intercity da e per Trieste centrale. (4-04344)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   SBERNA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla stampa locale in questi giorni è apparsa la notizia della possibile chiusura dei presidi di polizia stradale del territorio bresciano e in particolare quello di Salò;
   il risparmio di spesa che si otterrebbe a seguito della soppressione della sede di Salò risulterebbe particolarmente esiguo, senza contare che proprio recentemente l'amministrazione comunale ha investito oltre 40.000 euro per importanti interventi di manutenzione straordinaria nello stabile;
   il distaccamento di Salò, inoltre, operativo dal 1961, è diventato sempre più punto di riferimento per numerose aziende presenti in zona, per le attività turistiche, per i turisti stessi, per la cittadinanza e per gli istituti scolastici, che in maniera crescente richiedono la presenza della polizia stradale per l'educazione stradale;
   è bene ricordare che negli ultimi 5 anni il personale ha operato con 5.000 pattuglie, rilevato 1.000 incidenti stradali, denunciato 800 persone, ne ha controllate 110.000 e sanzionato 1.000 automobilisti in stato di ebbrezza alcolica;
   si sottolinea, da una parte, che la viabilità sia della Gardesana che della Vallesabbia è caratterizzata da arterie con particolari criticità, soprattutto perché interessate da una notevole mole di traffico pesante connesso alla significativa presenza di rilevanti insediamenti industriali, dall'altra è importante rilevare che tutta la zona del Garda per più di sei mesi l'anno conta 100.000 presenze giornaliere e si rende pertanto fondamentale garantire sicurezza e tutela anche ai turisti –:
   se tali notizie corrispondano al vero ed, in tal caso, se non intenda ritornare su tale decisione mantenendo il presidio di polizia stradale di Salò evitando in questo modo azioni che possano compromettere gravemente la sicurezza di tutti i cittadini.
(3-00740)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur, ad avviso dell'interrogante, apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt’ oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i Ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
    vi sono, secondo l'interrogante, contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del Ministro interessato e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal Ministro e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02546)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCOLIN, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON e PRATAVIERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 2 aprile 2014 sono state emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia ventiquattro ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico e fabbricazione e detenzione di armi da guerra;
   gli arrestati secondo le accuse sarebbero «un gruppo riconducibile a diverse sigle di ideologia secessionista, che aveva progettato varie iniziative, anche violente, finalizzate a sollecitare l'indipendenza del Veneto e di altre parti del territorio nazionale dallo Stato italiano»;
   tra le iniziative attribuite agli arrestati si registra quella di una consultazione tra i cittadini veneti, svoltasi presso gazebo o in via telematica, per chiedere se fossero a favore dell'indipendenza della Repubblica Veneta. Il referendum ha conteggiato 2 milioni 360 mila 235 voti, pari al 73 per cento del corpo elettorale regionale. I sì sono stati 2 milioni 102 mila 969, pari all'89 per cento, i no 257.276 (10,9 per cento);
   in riferimento alle armi da guerra, notizie di stampa riportano che trattasi di trattore agricolo che gli arrestati avevano pensato di trasformare in un mezzo corazzato attrezzato con un cannoncino da 12 millimetri, ma durante le fasi di montaggio ci sarebbero stati problemi di calibratura e di recupero dei pezzi per la sua costruzione;
   le altre accuse riguardano incontri in case, aziende e ristoranti, possesso di fucili regolarmente denunciati, e la registrazione di conversazioni telefoniche private in cui gli arrestati sostenevano di progettare l'occupazione di Piazza San Marco, parte essenziale del progetto – afferma il giudice per le indagini preliminari – sono pulsioni antimeridionali, e diffusissima è la rancorosa rabbia per l'imposizione fiscale o per le difficoltà economiche, imputate alla classe politica;
   durante le perquisizioni sarebbero state sequestrate le bandiere del Veneto raffiguranti il leone di San Marco; Felice Pani, l'unico sardo arrestato, sarebbe stato coinvolto a causa della sottoscrizione dell'atto costitutivo della «Alleanza fra popoli e nazioni storiche tra Alpi e Mediterraneo» del 26 maggio 2012 in un ristorante di Brescia in qualità di rappresentante del partito indipendentista sardo Malu Entu;
   il procuratore Bonanno ha dichiarato in conferenza stampa che questa «alleanza» è stata costituita nel comune di Erbusco, in provincia di Brescia, il 26 maggio 2012 e comprende movimenti separatisti come «Brescia patria», alcuni rappresentanti di «Veneto Stato» e del movimento indipendentista sardo «Disubbidientzia», nonché alcune figure storiche dei cosiddetti Serenissimi ed altri movimenti separatisti in Italia;
   le forze dell'ordine di Venezia non hanno autorizzato una manifestazione in piazza San Marco organizzata in poche ore per la sera del 2 aprile stesso e propostasi come pacifica ed ordinata, comunicando agli organizzatori che in caso di manifestazione non autorizzata essi sarebbero stati tenuti a reprimerla, anche con la violenza. Per evitare scontri e disordini, gli organizzatori hanno rinviato la manifestazione e ribadito la volontà di seguire un percorso democratico –:
   se il Ministro abbia notizia relativamente all'esistenza sul territorio nazionale di altri movimenti sovversivi paragonabili a quelli citati in premessa e suscettibili di determinare gravi minacce alla sicurezza, all'ordine pubblico e all'unità nazionale.
(4-04336)


   NACCARATO, D'ARIENZO, SBROLLINI, MURER, ROTTA, MARTELLA, NARDUOLO, RUBINATO, CRIMÌ, GINATO, DAL MORO, CRIVELLARI, DE MENECH, ZARDINI, ZOGGIA, CASELLATO, MORETTO, MOGNATO, MORETTI e MIOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 2 aprile 2014 il nucleo dei carabinieri del Ros ha eseguito 24 ordinanze di custodia cautelare in diverse regioni, emesse dal gip del tribunale di Brescia su richiesta della procura, nei confronti di un vasto gruppo secessionista;
   i provvedimenti contestano i reati di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico e fabbricazione e detenzione di armi da guerra;
   proprio in queste ore i carabinieri stanno eseguendo perquisizioni a carico di altri 27 indagati;
   secondo le indagini, le persone arrestate avrebbero fatto parte di un «gruppo riconducibile a diverse sigle di ideologia secessionista che aveva progettato varie iniziative, anche violente, finalizzate a sollecitare l'indipendenza del Veneto e di altre parti del territorio nazionale dallo Stato italiano»;
   tra gli episodi contestati ai secessionisti arrestati oggi dai carabinieri vi sarebbe la «costruzione di un carro armato da utilizzare per compiere un'azione eclatante a Venezia, in piazza San Marco». Il mezzo sarebbe stato ritrovato a Casale di Scodosia all'interno di un'azienda;
   in Veneto sarebbero 16 i provvedimenti restrittivi e 33 le perquisizioni complessive eseguite tra le province di Padova, Treviso, Rovigo, Vicenza e Verona che hanno visto impegnati i militari dei vari comandi provinciali dell'Arma;
   fra gli arrestati figurerebbe anche l'ex deputato Franco Rocchetta, fondatore della Liga Veneta, mentre tra i 51 indagati ci sarebbero Lucio Chiavegato e Patrizia Badii, rispettivamente presidente e segretaria della Life, l'associazione che avrebbe avuto un ruolo particolarmente attivo nel periodo di contestazione dei cosiddetti «forconi», e anche il direttore del quotidiano l'indipendenza, Gianluca Marchi;
   la procura avrebbe focalizzato le indagini attorno ai movimenti «Alleanze tra i popoli», «Veneto Serenissimo Governo», «Veneta Serenissima armata»;
   alcuni gruppi indipendentisti sono stati protagonisti, in questi anni, di azioni violente e dimostrative, come nel caso dell'attentato del venetista Franceschi ai danni del direttore della BCC di Campodarsego e dell'indagine della procura di Treviso sulla «Polisia Veneta», già oggetto di precedenti interrogazioni;
    nel caso della «Polisia Veneta» furono coinvolte 80 persone, pronte a collaborare alla strategia separatista del «Movimento di liberazione nazionale del popolo veneto» e l'indagine portò al sequestro di armi a disposizione dei componenti l'organizzazione;
   appare evidente a chi scrive che l'attività eversiva dei gruppi secessionisti è stata ed è tuttora alimentata dalla propaganda a favore dell'indipendenza del Veneto, che è stata promossa, in modo ad avviso degli interroganti irresponsabile, anche da alcune istituzioni locali e da forze e gruppi politici che, da tempo, soffiano sul fuoco della secessione per nascondere i propri fallimenti;
   la cittadinanza ha manifestato allarme e preoccupazione per i pericoli concreti costituiti dai gruppi e dalle organizzazioni che in questi anni hanno promosso iniziative finalizzate all'eversione dell'ordine costituzionale, alla secessione e all'indipendenza del Veneto dallo Stato italiano;
   l'operazione delle forze dell'ordine, coordinata dalla magistratura di Brescia, ha consentito di prevenire ulteriori azioni violente di carattere eversivo e di garantire la sicurezza dello Stato e dei cittadini –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti fin qui esposti;
   in che modo il Ministro intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per prevenire e contrastare la formazione di organizzazioni che programmano e realizzano azioni violente per promuovere l'eversione dell'ordine costituzionale, la secessione e l'indipendenza del Veneto dallo Stato italiano;
   in che modo il Ministro intenda attivarsi per prevenire e contrastare l'attività di gruppi e associazioni che promuovono la secessione e l'indipendenza del Veneto dallo Stato italiano. (4-04338)


   BUONANNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento al disservizio dell'illuminazione di una galleria situata nel comune di Prato Sesia (Novara) che per oltre due mesi è rimasta al buio malgrado i numerosi appelli pubblici fatti per la pericolosità costante e che purtroppo è scaturita in un incidente mortale. Ironia della sorte dopo la morte del signor Brustia nel giorno del suo funerale avvenuto il 1o aprile 2014, l'illuminazione sarebbe stata riattivata –:
   di quali elementi disponga in ordine ai motivi per i quali non siano state tempestivamente intraprese, dalla competente prefettura, iniziative per risolvere la critica situazione di cui in premessa che ha gravemente compromesso le condizioni di sicurezza degli utenti della strada.
(4-04341)


   PISANO, TOFALO e CAPOZZOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel tenimento del comune di San Giovanni a Piro, ancora sprovvisto di strumenti urbanistici generali, gli abusi edilizi si moltiplicano con progressione esponenziale, come comprovato dai numerosi rapporti ed informative della compagnia carabinieri di Sapri, il cui comandante ha dichiarato alla stampa (Corriere della Sera del 22 novembre 2012, pag. 6 del supplemento Corriere del Mezzogiorno – Campania) che il 70 per cento degli abusi consumati in tutto il Basso Cilento si concentra nei Comuni di San Giovanni a Piro e di Camerata;
   al di là del fenomeno di costruzioni in difetto assoluto di titoli abilitativi, ha preso corpo una forma di abusivismo consumato in forza di autorizzazioni in frode alla legge (articolo 9, 3, 44 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e ora 44, comma 2 e 3 legge regionale n. 16 del 2004), attraverso permessi di costruire per la realizzazione di case rurali con volumi aggiuntivi asseritamente a servizio dei fondi agricoli, che non avrebbero potuto esser dimessi sia per la carenza di strumenti urbanistici sia per difetto in capo ai beneficiari delle qualità soggettive sia per difetto delle condizioni obiettive dei fondi medesimi, tutt'affatto che destinati alla coltivazione, e perciò in assenza di una relazione qualificata con i fondi oggetto degli interventi autorizzati;
   in relazione ad una di dette concessioni edilizie, il sindaco in carica da sette anni, è già stato penalmente censurato per una ipotesi di abuso di ufficio e, per l'effetto, condannato alla pena di anni 1 di reclusione con sentenza del tribunale di Vallo della Lucania n. 1149 del 2004 in data 9 dicembre 2004, con applicazione della prescrizione in sede di appello (sentenza corte d'appello di Salerno n. 280 del 2010 in data 18 febbraio 2010) e rinuncia al ricorso per cassazione;
   per effetto di quella che l'interrogante giudica la condiscendenza dell'amministrazione comunale, la propensione all'abuso è anche trasmodata nella realizzazione di una pluralità di lottizzazioni turistico-residenziali, in conseguenza del rilascio di più titoli abilitativi per costruzioni paludate come agricole in comprensori immediatamente gravanti sulla frazione Scario, riconosciuta e prestigiosa località balneare;
   in relazione alla più macroscopica di dette lottizzazioni, l'autorità giudiziaria di Vallo della Lucania ha di recente disposto il sequestro di ben 53 unità immobiliari incriminando 112 persone tra committenti, tecnici, esecutori delle opere e disponendo, da ultimo, la iscrizione a Registro notizie reato (in relazione ad una ipotesi di abuso d'ufficio per il rilascio di molteplici Permessi di Costruire) del dirigente l'ufficio tecnico del comune (Corriere della Sera del 24 novembre 2012 e la Città del 25 novembre 2012), a carico del quale pendono anche altri procedimenti per ipotesi di omissioni in relazione alla mancata repressione dell'abusivismo edilizio (LiberaMente n. 2 2011, pagina 7);
   nei confronti del responsabile dell'Utc, pende richiesta di rinvio a giudizio in ordine al reato di abuso d'ufficio per avere omesso di ingiungere la demolizione di un fabbricato realizzato in zona gravata da vincoli di in edificabilità assoluta (Parco, zona zps, etc.) intestato al genitore dell'assessore all'urbanistica;
   il Comandante del corpo di polizia urbana è stato fatto oggetto di gravissime ritorsioni, rappresaglie e violenze, fisiche e morali, per non aver assecondato illegittime ed arbitrarie disposizioni dell'amministrazione Comunale;
   appena insediata nella carica di sindaco, l'avvocato Maria Stella Giannì richiedeva al Comando vigili urbani di riferire sul conto del maresciallo Roberto Ricotta, comandante della stazione dei Carabinieri di San Giovanni a Piro ed autore della inchiesta delegata dalla procura sulla concessione edilizia in frode alla legge – per la quale essa Giannì era stata penalmente censurata dal tribunale di Vallo della Lucania – al fine di poter valutare la compatibilità ambientale e relazionale del predetto sottufficiale.
     il comandante dei vigili urbani, Sergente Carmelo Fasano, aveva ovviamente ricusato di evadere l'irrituale ed arbitrario mandato e ne era scaturito il progressivo depotenziamento del Corpo di polizia urbana con l'assentimento della mobilità richiesta da un vigile e la mancata sostituzione di altro per il quale era maturato il diritto alla quiescenza: con la conseguenza che, nonostante il dilagare dell'abusivismo, il Corpo era stato ridotto a due unità, compreso il comandante;
   orbene, incaricato dalla procura di svolgere accertamenti su alcune pratiche edilizie (proc. pen. n. 379 del 2010) e di sollecitare in proposito l'ausilio del responsabile dell'ufficio tecnico, con l'esplicita raccomandazione di ammonirlo che, se non si fosse reso disponibile, sarebbe incorso in una ipotesi di omissione d'atti d'ufficio, il capo dei vigili, all'esito delle indagini delegate, riferiva che, nonostante le sollecitazioni, l'ufficio tecnico del comune non aveva fornito la collaborazione ripetutamente richiesta: cosicché il tecnico comunale fu, pertanto, sottoposto a procedimento penale e, a suo tempo e luogo, posto in grado di conoscere sia l'incarto processuale sia il rapporto a suo carico;
   nelle ore pomeridiane del 15 luglio 2011, dopo aver sbarrato l'ingresso al municipio per evitare la presenza di testimoni indesiderati, il tecnico comunale si portava all'interno dell'ufficio della polizia urbana, chiudendo anche la porta di quell'ufficio e, dopo averlo ingiuriato e minacciato, colpiva ripetutamente il sottufficiale con schiaffi e con pugni al torace e, prima di andar via, lo avrebbe espressamente minacciato con le seguenti espressioni: «Stai attento a quello che fai; noi siamo in tanti e tu sei solo uno»;
   anche nel settore delle opere e dei servizi pubblici, come ad esempio i servizi portuali o complementari al porto di Scario, per la cui gestione affidata a cooperative prive di dei requisiti di legge e posticciamente costituite in vista dell'aggiudicazione del relativo appalto, la procura della Repubblica ha emesso avviso di conclusioni delle indagini nei confronti del predetto tecnico comunale per i delitti di turbativa d'asta, falsità ideologica in atto pubblico ed abuso d'ufficio in concorso con il sindaco, con il consorte del medesimo sindaco e con altri assessori effettivi del predetto ente (procedura penale n. 1996 del 2010);
   che la procura della Repubblica presso il tribunale di Vallo della Lucania ha autorizzato l'arresto di un professionista locale per tentata corruzione nei confronti di un graduato dell'Arma dei carabinieri (proc. pen. n. 133 del 2011), formulata nell'ambito di indagini delegate all'arma dei carabinieri, che faceva seguito ad altro arresto per il medesimo titolo di reato nei confronti di un imprenditore napoletano e mentre l'imprenditore napoletano aveva tentato di far accettare la sua mazzetta perché i militari chiudessero un occhio sull'abuso edilizio poco prima scoperto, il professionista aveva assicurato al militare uno «stipendio» mensile fisso, facendo leva sulla esiguità del suo stipendio di Carabiniere e sulla vantaggiosità di un «collegamento» permanente al comitato localmente operante, fatto di tecnici, imprese ed altri;
   va da sé che, se ci si dispone a profferte di corruzione nei confronti dei Carabinieri, ciò significa che il comitato d'affari ha evidentemente acquisito la condiscendenza degli organi primariamente obbligati a garantire l'ordinato sviluppo urbanistico del territorio e che le forze dell'ordine sono rimaste l'ultimo avamposto nella difesa del territorio;
   lo stesso Presidente del consiglio comunale risiede e dimora in una mansarda abusiva in prossimità del mare, richiesto di intervenire per sanzionare l'abuso, il predetto tecnico comunale ha sin qui ricusato di adottare qualsiasi provvedimento;
   da ultimo, i professionisti incaricati della redazione del Puc, nel rassegnare la proposta preliminare, hanno denunciato che – sebbene l'incarico risalga ai primi del 2006 – non è stato possibile attivare le procedure per l'adozione dello strumento urbanistico per effetto «di una prolungata sospensione delle attività, connessa a problematiche organizzative interne all'Ente»;
   ad avviso degli interroganti si rileva una grave, reiterata e sistematica violazione delle leggi in materia urbanistico-edilizio-paesaggistica e di affidamento dei pubblici appalti nonché delle regole che disciplinano la civile convivenza gravemente infirmata dalle reiterate condotte del sindaco, degli assessori, del presidente del consiglio comunale e del dirigente l'Utc, a tutti i livelli dell'azione amministrativa;
   potrebbe inoltre esservi il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata, interessata al riciclaggio dei profitti conseguiti in altre aree della regione ed in ogni caso all'accrescimento della redditività di investimenti nel settore edilizio, che, sottratti agli oneri di urbanizzazione, al costo di costruzione connessi ed alle altre contribuzioni di legge, diventano altamente remunerativi –:
   se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo intenda valutare i presupposti per lo scioglimento del comune di San Giovanni a Piro ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo n. 267 del 2000. (4-04343)


   MANZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione comunale di San Severino Marche, in collaborazione con la sezione settempedana dell'Anpi, ha indirizzato al Capo dello Stato, ormai da molti mesi, la richiesta per l'assegnazione di un'onorificenza al Merito Civile al Gonfalone, in quanto la Città dell'entroterra marchigiano, ha assunto un ruolo di primaria importanza nella lotta di Liberazione per gli scontri che vi ebbero più volte luogo durante la seconda guerra mondiale;
   l'istituzione e le modalità di conseguimento di tale onorificenza, che consiste in una medaglia d'oro o di argento, a seconda del grado della ricompensa riconosciuto, sono regolate dalla legge 20 giugno 1956, n. 658, e con essa si intende «premiare le persone, gli Enti e i Corpi che si siano prodigati, con eccezionale senso di abnegazione, nell'alleviare le altrui sofferenze o, comunque, nel soccorrere chi si trovi in stato di bisogno»;
   l'articolo 4 della sopraccitata legge stabilisce inoltre che: «la ricompensa è concessa dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per l'interno, sentita la Commissione competente per la concessione delle ricompense al valor civile di cui all'articolo 7 del regio decreto 30 aprile 1851, n. 1168»;
   la pratica per l'assegnazione di tale riconoscimento è stata inviata dal prefetto di Macerata al Ministero dell'Interno e a supporto della stessa è stato fornito un ricchissimo carteggio con testi e documenti a cui si è anche aggiunta la raccolta di testimonianze inedite e dirette di chi, ancora oggi in vita, fu protagonista della Resistenza;
   attualmente tale istanza, così come altre simili, è bloccata presso il Ministero dell'interno, in quanto la Commissione competente per la concessione delle ricompense al valor civile rientra fra gli organi collegiali soppressi –:
   se il Ministro interrogato confermi le notizie esposte ed, in caso affermativo, quali possibili, altre azioni ritenga opportuno intraprendere per sbloccare la situazione di stallo che di fatto impedisce a territori e popoli di veder riconosciuto il loro sacrificio per aver, come nel caso di San Severino Marche, spontaneamente e in tutti i modi fornito il proprio contributo alla lotta partigiana, non senza perdita di vite umane. (4-04348)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è di pochi mesi fa la notizia del ritrovamento di un cadavere nella campagna di Palma Campania (Napoli);
   in particolare, il 17 gennaio 2014, in uno scavo nella zona industriale del comune campano i carabinieri hanno rinvenuto un corpo in avanzato stato di decomposizione ucciso con un colpo di pistola;
   secondo quanto riportato dalle cronache locali, sebbene non sia stato possibile identificare il corpo divenuto quasi scheletrico, potrebbe trattarsi di Antonio Ferrara, imprenditore edile di Sarno scomparso il 9 dicembre 2012;
   accanto al cadavere sarebbero stati infatti ritrovati degli oggetti appartenenti al costruttore, di cui si erano perse le tracce da quando, dopo una telefonata, si era recato a un appuntamento di lavoro con il suo socio, Antonio Parisi, a San Gennaro Vesuviano;
   la vittima era un imprenditore edile che nel 2012 aveva fatto diversi lavori proprio nel territorio del napoletano e non aveva mai avuto problemi con la giustizia;
   quello di Antonio Ferrara, per dettagli e modalità, ricorda un classico caso di «lupara bianca» cui i clan camorristici dell'area nolana e vesuviana sono spesso ricorsi;
   l'inchiesta sin dall'inizio è stata coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, a sottolineare che il coinvolgimento della criminalità organizzata non è stato mai escluso dagli inquirenti;
   lo stesso socio, Antonio Parisi, all'epoca dei fatti, era intestatario di un terreno su cui sorge un vivaio da sempre gestito da Giovanni Fabbrocino, figlio di uno storico capo dell'omonimo clan della camorra finito in cella la vigilia di Natale per estorsione aggravata e appare difficile che un delitto sia stato compiuto in quella zona senza che i referenti della cosca ne fossero all'oscuro;
   ogni giorno le cronache regalano episodi di inaudita gravità, sintomatici di una escalation di violenza e criminalità che deve essere prontamente affrontata e arginata con fermezza e determinazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per accertare la matrice dell'omicidio, nonché per contrastare tali fenomeni e garantire una maggiore tutela del territorio. (4-04349)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da organi di stampa locali, nella giornata del 15 marzo 2014 si sarebbe verificato un grave episodio intimidatorio nei confronti del presidente della provincia di Salerno, Antonio Iannone;
   come descrivono le cronache, una lettera di minaccia e una bottiglia molotov sono state trovate davanti la porta d'ingresso della sede di Fratelli d'Italia in via Roma a Salerno;
   bottiglia incendiaria e missiva indirizzate al presidente Iannone sono state ritrovate da un dipendente del partito che, insospettitosi nel vedere un pacco abbandonato sul pianerottolo, ha subito allertato la polizia e i dirigenti provinciali;
   sul posto è giunta immediatamente la Digos della questura di Salerno che ha prima controllato e poi rimosso l'ordigno e avviato le indagini per individuare i mandanti;
   da subito, l'attenzione degli inquirenti si è spostata sulla frase intimidatoria contenuta all'interno della missiva: «Il Che non si tocca, Iannone fascista incenerito»;
   da quanto emerso, sembrerebbe quindi trattarsi di una minaccia di carattere politico, legata quasi sicuramente ad alcuni commenti che il presidente della provincia aveva fatto su Ernesto Che Guevara nello scorso ottobre sulla sua bacheca facebook, definendolo «un macellaio peggiore di Priebke» e «assassino comunista», dopo essere intervenuto nel dibattito sull'ex Ss morto pochi giorni prima a Roma;
   le indagini per l'individuazione dei colpevoli si muoverebbero, pertanto, negli ambienti dell'estremismo di sinistra salernitano;
   già in altre occasioni Antonio Iannone era stato protagonista di episodi simili, vedendosi recapitare coltelli e proiettili;
   ad avviso dell'interrogante, sono sempre più numerosi i casi di violenza che si verificano a danno di esponenti politici ed al contempo dell'immagine della stessa città di Salerno, in un quadro di pericoloso inasprimento del confronto politico che non si addice affatto al principio del rispetto della democrazia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, atteso il ruolo di presidente della provincia di Salerno della vittima se sia noto quale sia la matrice dell'aggressione. (4-04350)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   poco più di un mese fa il Ministro dell'interno, onorevole Angelino Alfano, intervenendo durante la cerimonia per la firma del protocollo «Milano Expo 2015 – Mafia free», annunciava di aver ottenuto un segnale importante sulle nuove assunzioni delle forze dell'ordine in vista dell'Esposizione Universale, con una deroga sul turnover del 55 per cento;
   in particolare, il Ministro si impegnava pubblicamente a potenziare per il 2015 la presenza delle forze dell'ordine con uno stanziamento di 88 milioni, poiché, a suo dire, «la prevenzione e il contrasto sono un binomio vincente»;
   l'Expo 2015 avrebbe potuto rappresentare una importante occasione per i tanti giovani che desiderano servire il nostro Paese, nulla ostando alla creazione dei presupposti procedurali e amministrativi per assumere i 512 idonei non vincitori e i vincitori di concorso pubblico appartenenti alle seconde aliquote, ancora in attesa di essere arruolati;
   con atto di sindacato ispettivo n. 5-02315 lo scrivente interrogava, pertanto, il Ministro per conoscere se lo stesso intendeva dare seguito alle dichiarazioni pubbliche, procedendo allo scorrimento delle graduatorie in essere in occasione della fiera universale Expo 2015;
   il 13 marzo, però, il sottosegretario Bocci, intervenendo in I Commissione affari costituzionali quale delegato a rispondere, in contrasto con quanto dichiarato solo pochi mesi prima dal capo del suo dicastero, sosteneva che i 927 allievi agenti dell'ultimo concorso del 2013 e i circa 160 appartenenti alla cosiddetta «seconda aliquota» non possono essere inquadrati nella polizia di Stato prima del previsto, «per non creare uno scompenso nell'apparato della difesa e per impedire effetti iniqui nei confronti dei vincitori della seconda aliquota dei precedenti concorsi, già in servizio nelle Forze armate per la ferma quadriennale»;
   in particolare, proseguiva Bocci, «per quel che concerne gli idonei non vincitori fuori graduatoria, non trova possibilità d'applicazione l'istituto dello scorrimento, seppur previsto da norme generali, per le 512 unità risultanti dall'ultimo concorso, perché con la loro immissione immediata nei ruoli della Polizia di Stato essi scavalcherebbero i volontari in ferma prefissata quadriennale»;
   le affermazioni del sottosegretario Bocci non corrispondono secondo l'interrogante alla realtà posto che i citati 927 allievi agenti e i circa 160 appartenenti alla cosiddetta «seconda aliquota» sono, in realtà, dei civili, non avendo ancora firmato alcuna presa in carico e, pertanto, infondati risultano i timori avanzati dal Governo di generare effetti iniqui nei confronti dei vincitori dei concorsi precedenti;
   quanto ai 512 idonei non vincitori, poi, la proposta avanzata nell'atto di sindacato ispettivo non era quella di assumere tutti, ma semplicemente di assumere le 160 unità in seconda aliquota a partire dalla posizione 512 alla 672 e di far passare in prima aliquota i 160 vincitori in seconda aliquota, unitamente alla restante parte di 352 idonei non vincitori;
   dal punto di vista procedurale occorrerebbe, mediante decreto, effettuare una rettifica della graduatoria finale e un ampliamento, in prima aliquota, di 672 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica e agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale;
   questa soluzione garantirebbe così la copertura della quota di vincitori in seconda aliquota, così come previsto dall'articolo 2199 del decreto legislativo n. 66 del 2010 e successive modificazioni;
   contrariamente a quanto sostenuto dal Sottosegretario, non si realizzerebbe nessuno scavalcamento e nemmeno un vero e proprio scorrimento, ma un ampliamento dei posti messi a concorso e una ripartizione delle due aliquote in condizione di totale rispetto delle norme giuridiche;
   la stessa Arma dei Carabinieri, mediante decreto dirigenziale, ha bandito quest'anno una nuova procedura di arruolamento per 1886 Allievi Carabinieri mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012, procedendo così non solo all'assunzione dei giovani vincitori, vittime delle manovre di «spending review», ma anche dei 48 idonei non vincitori e di tutti i restanti idonei presenti in graduatoria, fino ad esaurimento della stessa;
   la quota dei vincitori in seconda aliquota per questo concorso, inoltre, è stata eliminata, a dimostrazione che le due aliquote nelle graduatorie sono un problema superabile e che il divieto di scorrimento non può trovare giustificazione nel rispetto dell'articolo 2199 del decreto legislativo n. 66 del 2010;
   dal punto di vista giuridico, infine, eventuali terzi interessati (ad esempio, precedenti idonei non vincitori o VFP4 interforze in servizio) non potrebbero ricorrere ai tribunali amministrativi in quanto, come detto, non verrebbe violato il citato articolo 2199;
   in merito all'interpretazione e all'ambito di applicabilità del principio di scorrimento delle graduatorie, il sottosegretario Bocci ha poi citato la sentenza n. 14 del 20 luglio 2011 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, secondo cui la regola generale dello scorrimento «non è comunque assoluta e incondizionata», essendo individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento mediante concorsi «risulta pienamente giustificabile», come nel caso, appunto, «in cui speciali disposizioni legislative impongono una precisa cadenza periodica del concorso collegata anche a peculiari meccanismi di progressione nelle carriere, tipiche di determinati settori del personale pubblico», quale è appunto da considerare l'ordinamento speciale della Polizia di Stato;
   pur condividendo nel merito la pronuncia dei giudici del Consiglio di Stato, rimane interessante conoscere le motivazioni che giustificano l'indizione di un nuovo concorso, come quello appena bandito per 650 allievi agenti della polizia di Stato, anziché procedere allo scorrimento delle precedenti graduatorie o all'ampliamento dell'ultima graduatoria;
   nonostante speciali disposizioni legislative impongano concorsi a cadenza annuale, dal 2004 ad oggi i concorsi banditi sono stati soltanto 5, quindi la metà di quelli previsti per legge;
   sempre per legge, inoltre, dovrebbero essere previste le doppie aliquote, mentre così non è stato nel testo dell'ultimo bando, secondo cui tutti i vincitori saranno assunti direttamente dalla polizia di Stato;
   a ciò si aggiungano le considerazioni in merito alle peculiari circostanze che si sono venute a creare negli ultimi 2 anni, come l'imminenza della fiera Expo, la grave emergenza Terra dei Fuochi o l'approvazione della legge n. 125 del 2013 che ha previsto il blocco dei concorsi fino ad esaurimento delle graduatorie vigenti dal 2008 ad oggi;
   risulta evidente, pertanto, come per l'emergenza Terra dei Fuochi, così come per l'Expo 2015, si sia reso necessario un incremento delle Forze dell'ordine sui territori interessati senza pregiudicare il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese;
   inoltre, le unità da assumere, per essere effettivamente disponibili entro la data d'inizio dell'Expo 2015, dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre il mese di aprile e ciò significa che non sussistono i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale di reclutamento;
   affinché si possano ridurre i costi gravanti sull'amministrazione e allo stesso tempo garantire le esigenze di quest'ultima, l'operazione più logica da effettuarsi resta quella, rimarcata in diverse occasioni, di assumere immediatamente le restanti 672 unità dichiarate idonee all'ultimo concorso per allievi agenti della polizia di Stato, sposando in pieno i princìpi di economicità ed efficienza dell'azione amministrativa;
   una seconda ipotesi potrebbe essere quella di destinare 512 delle 650 unità previste dal nuovo bando di concorso per allievi agenti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 14 marzo 2014, ai citati idonei: se c’è la copertura finanziaria per effettuare una nuova procedura concorsuale da 650 unità, a maggior ragione ci sono i soldi per assumere direttamente 512 unità, con un sicuro risparmio di tempo e denaro;
   si è persa l'ennesima occasione per dare una risposta seria e concreta ai tanti giovani precari delle Forze dell'ordine, illusi dalle dichiarazioni pubbliche rese solo qualche mese fa dal Ministro dell'interno;
   l'Expo 2015 avrebbe potuto rappresentare un'opportunità importante per tanti ragazzi e un segnale di forte presenza dello Stato, senza la necessità di ulteriori costose procedure, con un risparmio di diversi milioni di euro e, invece, siamo di fronte all'ennesima mortificazione nei confronti di tutti coloro che desiderano servire l'Italia e continuano, ormai da troppo tempo, a vivere in una condizione di profonda incertezza –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda, mediante decreto, dare seguito alle dichiarazioni pubbliche rese procedendo allo scorrimento delle graduatorie in essere in occasione della fiera universale Expo 2015, garantendo così un risparmio per le risorse pubbliche e una maggior efficienza dei servizi delle forze dell'ordine e di pubblica sicurezza. (4-04351)


   MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lo spazio romano di viale delle Terme di Caracalla 55a, situato all'interno del parco di San Sebastiano, è stato assegnato nel 2007, con la delibera 26 dello stesso anno, all'associazione «Probasis» dal comune di Roma;
   tale spazio, noto come «Angelo Mai Altrove Occupato», in seguito alla ristrutturazione dei locali, avvenuta nel 2009 ad opera del comune, è divenuto un luogo indipendente di produzione artistica e scambio culturale, nonché un importante punto di incontro ed aggregazione per la cittadinanza;
   nello spazio sono state promosse numerose attività culturali, molto spesso gratuite, che hanno favorito accrescimento culturale, forme alternative di cittadinanza e confronto intergenerazionale;
   lo spazio, al momento della consegna da parte del comune, risultava in pessime condizioni, per la presenza di eternit, l'assenza di sistema elettrico, nonché di adeguata pavimentazione. Il collettivo, negli anni di gestione, ha apportato significative migliorie, rimuovendo l'eternit, dotando i locali di un'adeguata pavimentazione, di un palcoscenico teatrale, un magazzino tecnico, camerini e altro, con ciò rendendolo idoneo allo svolgimento di attività artistiche e culturali. Tali opere, inoltre, sono state realizzate senza alcun finanziamento di natura pubblica, bensì attraverso il solo autofinanziamento;
   in data 19 marzo 2014, di prima mattina, su richiesta del pubblico ministero Luca Tescaroli, sono stati sottoposti a sequestro l'ex scuola Amerigo Vespucci in via delle Acacie, l'ex scuola Hertz in via Anagnina – entrambe occupate e riconvertite a luoghi abitativi dal Comitato popolare di lotta per la casa – e il centro di produzione culturale «Angelo Mai Altrove Occupato». Quella stessa mattina circa 40 appartamenti abitati da membri del comitato popolare di lotta per la casa e del collettivo Angelo Mai, sono stati sottoposti a perquisizione;
   l'inchiesta che ha portato ai sequestri, condotta dalla Digos, sarebbe tesa a «delineare i contorni di un sodalizio criminale» responsabile di «invasione di edifici ed estorsioni, queste ultime in danno degli occupanti con riferimento al pagamento di somme di danaro», come anche riportato nell'articolo di Repubblica del 19 marzo 2014, a firma di Viola Giannoli;
   l'Angelo Mai è fin dalla sua nascita legato alla «lotta per la casa», ovvero sin dalla convivenza, nello spazio di via degli Zingari occupato nel 2004, con 25 famiglie in emergenza abitativa, e il rapporto è rimasto forte tanto che gli occupanti della Hertz e di via delle Acacie collaborano nelle attività ricreative dell'Angelo Mai Altrove occupato;
   le operazioni di perquisizione e sgombero hanno visto secondo l'interrogante un impiego spropositato di forze, tra cui decine di agenti Digos, unità di carabinieri e numerosi blindati disposti intorno agli immobili e hanno privato decine di famiglie, in gran parte estranee alle indagini, di un tetto, decine di cittadini di un luogo di incontro, lavoro e creazione comune e l'intera città di un prezioso luogo di aggregazione, confronto e accrescimento culturale;
   diversi movimenti e numerosi cittadini si sono organizzati sin da subito per portare solidarietà virtuale e fisica ai presidi, il primo dei quali è stato organizzato da alcuni genitori dei bambini della scuola elementare e materna del parco San Sebastiano che collaborano ad alcuni progetti educativi con gli artisti dell'Angelo Mai;
   il sindaco di Roma, Ignazio Marino, e il vicesindaco, Luigi Nieri, hanno chiesto «l'immediato dissequestro» e si sono impegnati a trovare una soluzione per le famiglie sgomberate –:
   di quali elementi disponga il Governo rispetto a quanto descritto in premessa;
   quali siano le motivazioni dell'ingente dispiegamento di forze e quali siano stati i costi della maxioperazione. (4-04353)


   DI GIOIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto di vigilanza «METROPOL» ha svolto la propria attività sul territorio pugliese per oltre venti anni, garantendo lavoro a 240 dipendenti, arrivando a collocarsi al secondo posto tra le aziende leader del settore della vigilanza in Puglia nonché al settimo posto in Italia;
   in data 15 febbraio 2013, la prefettura di Foggia, comunicava tramite raccomandata (protocollo n. 419272013/AREA 1aBis), al signor Rizzi, legale rappresentante dell'istituto di vigilanza «METROPOL Srl» di Foggia, l'avvio di un procedimento per la revoca dell'autorizzazione ex articolo 134 TULPS;
   tale data corrispondeva a quella dell'aggiudicazione provvisoria, da parte dell'istituto di vigilanza in questione, della gara d'appalto presso il Poligrafico dello Stato per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro;
   tale procedimento era avviato sul presupposto che, a seguito di accertamenti condotti dagli organi di polizia, sarebbe emerso che 6 dipendenti dell'istituto di vigilanza, dei quali due avevano già cessato la loro attività, avevano legami di parentela o frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata;
   i restanti quattro dipendenti, ancora in servizio, venivano licenziati in data 20 marzo 2013;
   due delle dipendenti licenziate impugnavano tale provvedimento presso il tribunale del lavoro di Foggia che ne ordinava il reintegro nel posto di lavoro, con condanna per la «METROPOL Srl» al pagamento delle spese legali e delle mensilità arretrate;
   i giudici del lavoro evidenziarono, tra l'altro, che la parentela con eventuali soggetti collegati alla criminalità sia priva di riferimenti alla condotta del lavoratore e sia circostanza del tutto generica e non comprovata da circostanze probatorie concrete;
   la «METROPOL Srl» aveva, d'altronde, già fatto presente che, in ogni caso, la società era assolutamente all'oscuro di qualsivoglia legame di parentela o frequentazione degli stessi con soggetti legati alla criminalità organizzata;
   l'istituto aveva fatto presente che aveva 206 guardie particolari giurate, di queste 115 erano state assunte direttamente, conformemente alla disposizioni della legge vigente e alla prassi in uso presso la prefettura di Foggia, e 91 che erano state acquisite dopo l'acquisto del ramo d'azienda della cessata ex cooperativa «La Centotre», operazione questa autorizzata dal Ministero dello Sviluppo economico con nota protocollo n. 0126634 del 30 maggio 2012;
   METROPOL si era impegnato a tali assunzioni, a condizione che le guardie giurate fossero in regola con i titoli di polizia, a garanzia che gli stessi avessero già superato le verifiche della prefettura e della polizia;
   era stata cura della società verificare che tutti gli assunti non avessero carichi pendenti attraverso l'estrazione del relativo certificato;
   va ricordato, inoltre, che per le guardie giurate la licenza di porto d'armi viene rilasciata dal prefetto soltanto dopo l'effettuazione della verifica dei presupposti di buona condotta e illibata moralità da parte del Questore o degli organi di Polizia competenti;
   analogamente, ai sensi dell'articolo 134 TULPS, spetta alla prefettura il rilascio del decreto di nomina a guardia particolare giurata e l'avvio del procedimento che verifichi i presupposti per tale licenza;
   non a caso l'articolo 138 TULPS prevede che ogni due anni i titolari di porto d'armi debbano rinnovare il proprio titolo abilitativo;
   a tal proposito va rilevato che la METROPOL, nei rari casi in cui la prefettura, nel corso degli anni, ha negato il rilascio del decreto di nomina di guardia giurata, non ha mai assunto tale personale;
   al contrario nessun soggetto privato ha alcun potere o modo di verificare la condotta del proprio dipendente fuori dal posto di lavoro, né le sue frequentazioni o parentele;
   sarebbe singolare se corrispondesse al vero, come viene pubblicamente denunciato, che a nessuno delle persone ritenute pericolose dalla prefettura, non sia stato ancora revocato il porto d'armi;
   nello stesso periodo, sia al Poligrafico dello Stato che al direttore generale degli ospedali riuniti di Foggia venivano recapitati, a mezzo di plico postali anonimi, copie della comunicazione prefettizia, diretta al signor Rizzi, con la quale la prefettura avviava il procedimento di revoca della licenza;
   da ciò gli enti interessati comunicavano che avrebbero valutato l'interruzione di servizio con un provvedimento di autotutela;
   tale fuga di notizie ha rappresentato, sicuramente, una circostanza grave che ha creato notevoli danni economici e di immagine all'istituto «METROPOL Srl»;
   in data 18 giugno 2013, la prefettura di Foggia, attraverso il dirigente dell'area 1a, rispondeva ad una richiesta di informazioni antimafia ai sensi dell'articolo 91, del decreto legislativo 159/2011 avanzata dalla direzione qualità sicurezza, ambiente e servizi generali, sulla ditta «METROPOL Srl» e sul suo amministratore unico, Rizzi Leonardo, affermando che «non risultano tentativi di infiltrazione mafiosa nonché cause di divieto, di decadenza e di sospensione previste dall'articolo 67 del sopra citato decreto legislativo»;
   in data 23 luglio 2013, il signor Rizzi come amministratore unico di «METROPOL Srl» ha presentato una denuncia presso il tribunale di Foggia denunciando impedimenti e ritardi, ad opera di alcuni funzionari della prefettura, nei confronti della propria azienda nonché procedure non esattamente in linea con la legge vigente in occasione di bandi pubblici;
   in data 29 gennaio 2014, il prefetto della provincia di Foggia, dopo aver rigettato le numerose memorie difensive dell'interessato, decretava il ritiro dell'autorizzazione, rilasciata al signor Rizzi, in merito alla gestione dell'istituto di vigilanza privata «METROPOL Srl» –:
   se non si ritenga opportuno ed urgente verificare tutte le circostanze sopra descritte al fine di accertare la reale dinamica dei fatti e gli elementi in base ai quali è stato deciso, dal prefetto di Foggia, il ritiro dell'autorizzazione alla società «METROPOL Srl» con il relativo prevedibile licenziamento di ben 240 dipendenti;
   per quale motivo il dirigente dell'area 1a, in data 18 giugno 2013, rispondendo ad una richiesta dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, abbia dichiarato che non risultavano tentativi di infiltrazione mafiosa nonché cause di divieto, di decadenza e di sospensione previste dall'articolo 67 del decreto legislativo n. 159 del 2011. (4-04354)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   MOLEA, CAPUA e VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'entrata in vigore della riforma Gelmini ha modificato sostanzialmente i parametri per la formazione delle pluriclassi, ossia classi con alunni iscritti ad anni di corso diversi, costituite da un numero di alunni fino a 18, determinando in tal modo un maggiore affollamento delle stesse con gravi disagi per gli alunni e gli insegnanti che vi operano;
   il decreto ministeriale n. 331 del 1998 riguardante «Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica la formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale della scuola» prevedeva invece un totale massimo di 12 alunni per la formazione delle pluriclassi;
   diciotto alunni in una pluriclasse sono tanti, la scuola, in queste condizioni, non è in grado di offrire un ambiente favorevole alla crescita integrale dei bambini, non può garantire un servizio didattico di qualità in un ambiente educativo sereno e stimolante, non favorisce al meglio il processo di formazione di ciascun studente, nel rispetto dei suoi ritmi e dei suoi tempi di apprendimento;
   molte realtà scolastiche, come per esempio le scuole di montagna, sono costrette ad operare in condizioni di disagio, sia per quanto riguarda un positivo e stimolante svolgimento dell'attività educativo-didattica, sia per l'offerta formativa, piuttosto limitata rispetto alle altre realtà, che in tali condizioni riescono ad offrire;
   durante la conversione in legge del decreto legge 12 settembre 2013, n 104, recante Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, al Senato è stato accolto un ordine del giorno su questo argomento –:
   quali interventi si ritengono necessari al fine del ripristino dei parametri per la formazione delle pluriclassi e classi previsti nel decreto ministeriale n. 331 del 1998 modificato dalla «riforma Gelmini».
(3-00743)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del ministero e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02555)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale del 10 aprile 2012, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, relativamente alle discipline mediche di cardiochirurgia, chirurgia toracica, medicina fisica e riabilitazione, nefrologia e scienza dell'alimentazione, ha individuato gli atenei di Cagliari e Sassari quali sedi aggregate alle università degli studi di Roma e Genova;
   la regione autonoma della Sardegna, con DGR 22/12 del 22 maggio 2012, ha finanziato, oltre ai contratti destinati direttamente agli atenei di Cagliari e Sassari, anche 15 contratti per gli studenti sardi, destinati a sostenere le prove nelle seguenti sedi extra regionali:
    2 borse in cardiochirurgia (per la sede amministrativa di Genova);
    2 borse in chirurgia toracica (per la sede amministrativa di Roma - La Sapienza);
    2 borse in medicina fisica e riabilitazione (per la sede amministrativa di Roma - La Sapienza);
    5 borse in nefrologia (per la sede amministrativa di Genova);
    3 borse in Scienze dell'alimentazione (per la sede amministrativa di Roma - La Sapienza);
   sulla base della legge regionale sarda 5/1992 potevano beneficiare dei detti contratti i nati in Sardegna ovvero, residenti in Sardegna da almeno 6 anni ovvero, i figli di emigrati sardi;
   la DGR 22/12 del 22 maggio 2012 ha stabilito, inoltre, che i posti aggiuntivi regionali e i relativi contributi sono, comunque, destinati alle università della Sardegna, quand'anche queste ultime fossero individuate, per atto ministeriale, quali sedi aggregate ad atenei della penisola;
   con nota prot. 2319 del 5 giugno 2012, rivolta ai rettori degli atenei di Genova e Roma-La Sapienza, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca specifica che per quanto riguarda i contratti finanziati dalla regione autonoma della Sardegna possono essere autorizzati i posti aggiuntivi, solo se attribuiti secondo lo scorrimento della graduatoria degli idonei;
   nello stesso lasso di tempo, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con nota prot. 2394 del 12 giugno 2012, stabilisce, d'altro canto, che nulla osta ai contratti regionali assegnati dalla regione alle facoltà cagliaritane;
   con nota Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prot. 2173 del 5 giugno 2012 indirizzata al rettore dell'università di Cagliari, si specifica che per le scuole di specializzazione in cui l'ateneo di Cagliari risulta aggregato, dovranno essere le sedi amministrative (nel caso specifico, Roma-La Sapienza e Genova) a comunicare la disponibilità dei posti aggiuntivi;
   gli atenei di Roma-La Sapienza e Genova non hanno provveduto, dal canto loro, a ufficializzare i contratti aggiuntivi finanziati dalla regione Sardegna;
   le prove concorsuali tenutasi tra il 14 e il 19 giugno 2012, hanno prodotto risultati sfavorevoli per i candidati provenienti dalla Sardegna;
   per dare la misura di quanto accaduto si cita il caso degli 11 contratti «a finanziamento ministeriale» di medicina fisica e riabilitativa, dei quali solo 1 è stato assegnato a un medico proveniente dall'ateneo di Cagliari;
   nel 2011 Roma-La Sapienza era titolare di 10 contratti ministeriali e l'ateneo di Cagliari di 3. La Sapienza ha conservato il 100 per cento, delle proprie borse, con esclusivo danno per quelle della Sardegna. I successivi tre medici idonei sono, nel caso citato, sardi e avrebbero potuto accedere ai 3 ulteriori contratti a valere su specifico finanziamento regionale in quanto in regola coi requisiti di cui alla legge regionale n. 5 del 1995 e con quelli previsti dalla succitata nota Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2319;
   i candidati sardi idonei e senza contratto sono stati fortemente penalizzati, fra l'altro, per aver subito un'evidente impossibilità logistica alla partecipazione a prove concorsuali alternative e concomitanti in Sardegna, anche perché è mancata, in merito, una puntuale informazione, rivolta agli stessi, da parte delle segreterie di tutti gli atenei interessati, con tutti i disagi che ne sono derivati;
   i medici sardi, idonei e senza contratto, hanno lamentato una discriminazione operata nei loro confronti a causa di un indirizzo ministeriale contraddittorio;
   infatti, anche se non espresso in maniera esplicita, attraverso la nota 2319 del 5 giugno 2012 indirizzata agli atenei del continente, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha di fatto giudicato non attribuibili le borse regionali si sensi della legge regionale n. 5 del 1992 (che precede la clausola della residenza) stabilendo che unico criterio di attribuzione fosse lo scorrimento della graduatoria;
   nello stesso giorno, con nota 2173, lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dato il nullaosta ai contratti, assegnati dalla regione sarda, alle facoltà di Cagliari e Sassari attraverso il criterio della «clausola di residenza» di cui alla legge regionale n. 5 del 1992;
   altro elemento di contraddittorietà. Con nota prot. 2364 del 6 giugno 2012 indirizzata all'università di Padova, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha invece accordato il proprio nullaosta all'attivazione dei 6 contratti finanziati dalla provincia autonoma di Trento e Bolzano a favore di medici residenti nella provincia di Trento da almeno due anni. In questo caso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha privilegiato il criterio dello scorrimento della graduatoria degli idonei e ha salvaguardato quello della residenza. Nel 2013 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato un avviso per l'attribuzione di 10 contratti per la sede aggregata Roma-La Sapienza/Cagliari, uno in meno rispetto all'anno precedente. In questa occasione è stato confermato che le borse regionali, così formulate non erano attribuibili ma, potevano essere utilizzate solo seguendo lo scorrimento della graduatoria. Senza discriminazioni legate alla residenza. Ciò ha comportato che nessun candidato sardo è rientrato nella categoria degli idonei;
   nell'anno 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha modificato, nel rispetto delle direttive dell'Unione europea, la normativa per svolgimento l'accesso alle scuole di specializzazione. È previsto lo svolgimento di un concorso di ammissione nazionale con un'unica graduatoria per ogni tipologia di scuola di specializzazione e i candidati;
   la sede potrà essere scelta in base alla posizione in graduatoria e alla disponibilità di posti;
   in Sardegna, e a seguito delle vicende rappresentate, si ravvisa una carenza delle figure professionali specializzate e/o specializzande in medicina fisica e riabilitazione al fine di garantire livelli adeguati di assistenza fisiatrica –:
   se non ritenga sia stata praticata, attraverso il rilascio di nullaosta contraddittori rispetto a contratti aventi le medesime clausole restrittive, una chiara disparità di trattamento nei confronti dei medici sardi «idonei» e senza contratto, sia rispetto ai medici residenti nelle province di Trento e Bolzano, che ai colleghi sardi destinatari dei contratti aggiuntivi in Sardegna posto che, secondo l'interrogante, la presunta illegittimità delle clausole di «residenza» dovrebbe valere o non valere sull'intero territorio nazionale in modo omogeneo, onde evitare differenti gestioni amministrative di casi identici;
   se non ritenga di mettere a concorso per la sede di Roma-La Sapienza/Cagliari, un maggior numero di contratti di formazione, in particolare rispetto alle specializzazioni in medicina, fisica e riabilitazione per la sede aggregata Roma-La Sapienza/Cagliari (la rete formativa consente la formazione di 10 specializzandi a Roma e 4 a Cagliari). (4-04330)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   fino al 31 dicembre 2005 gli uffici scolastici territoriali (provveditorati agli studi) assicuravano, a favore dei vari istituti italiani, l'erogazione dei fondi per integrazioni del budget per supplenze brevi e saltuarie comprese quelle del dirigente gestionale e amministrativo, per i Fondi di istituto, comprendenti finanziamenti per i progetti extracurriculari, compensi e relativi trattamenti al personale dedicato, e i fondi per l'integrazione del budget per liquidazioni di competenze commissariali per gli esami di Stato;
   nel 2006 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato scorporato in Ministero della pubblica istruzione e Ministero dell'università e ricerca, poi di nuovo reincorporato nel 2008;
   nella legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) si fa riferimento al personale il cui trattamento economico non sarà più competenza del Ministero della pubblica istruzione a partire dall'anno 2007, appunto, tralasciando che nell'anno 2006 gli istituti hanno anticipato i finanziamenti fin ad allora puntualmente erogati al fine di assicurare la continuità del servizio, attingendo alle risorse di cassa e inserendo in bilancio il credito vantato, credito appunto riferito all'esercizio dell'anno 2006, mai più rispettato in seguito al passaggio di competenze dai provveditorati al Ministero;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) attraverso gli Uffici scolastici regionali, nel febbraio 2011 ha inviato una circolare ministeriale alle direzioni di tutti gli istituti italiani avente ad oggetto la «radiazione per tutti i residui attivi (crediti) antecedenti l'esercizio finanziario 2007», divenuti «di dubbia ed incerta esigibilità», aggiungendo che «il loro mantenimento in bilancio altera il grado di attendibilità e di veridicità dello stesso»;
   come da suddetta circolare, data la razionalizzazione dei flussi di finanziamento alle scuole secondo l'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), il Ministero della pubblica istruzione «al fine di aumentare l'efficienza e la celerità dei processi di finanziamento a favore delle scuole statali», istituisce il «Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato»;
   si è di fatto lasciati gli istituti scolastici d'Italia soli ad affrontare una situazione creditoria nei confronti del Ministero che non è stata onorata. Si tratta di somme quantificate in 160.000 euro mediamente per ogni scuola elementare statale, ovvero circa 1 miliardo e mezzo di euro di crediti degli istituti scolastici italiani riferiti all'anno 2006, che non sono mai stati onorati e che i revisori dei conti hanno intimato di radiare definitivamente entro l'esercizio finanziario 2013 appena conclusosi in quanto non più esigibili;
   detto passaggio di competenze ministeriali ha lasciato un buco nelle casse e nei bilanci della scuola italiana che ha dirottato i pochi fondi vincolati utilizzandoli per il servizio supplenze, commissioni d'esame e attività varie e che non avendone rimborso ha poi dovuto tagliare altri servizi per recuperare il credito mai ricevuto –:
   come si intenda intervenire, per quanto di competenza, nella vicenda.
(4-04331)


   GIORGIA MELONI e RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 21 del decreto-legge n. 104 del 2013, recante «Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE», allo scopo di adeguare la disciplina concernente la formazione dei medici specialisti alla normativa europea in conformità al principio della libertà di stabilimento e alle correlate esigenze di reciproco riconoscimento dei titoli di formazione, ha previsto l'effettuazione di un concorso unico nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione, e la riduzione della durata dei relativi corsi per uniformarla alle regole comunitarie;
   ai sensi del medesimo articolo 21, l'attuazione della nuova disciplina è affidata a due distinti decreti che dovranno essere emanati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e la nuova normativa dovrà essere applicata già a partire dal prossimo anno accademico;
   lo schema di regolamento predisposto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dispone l'abrogazione del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 6 marzo 2006, n. 172, recante «Regolamento concernente le modalità per l'ammissione dei medici alle scuole di specializzazione in medicina», che prevedeva un sistema di accesso decentrato a livello di singole università, sostituendolo con un concorso nazionale, affidato ad una commissione unica, costituita presso il Ministero, e la formazione di un'unica graduatoria nazionale, in base alla quale i vincitori del concorso sono destinati alle sedi prescelte;
   l'articolo 2 dello schema di regolamento stabilisce le modalità di ammissione alle scuole, prevedendo, al comma 1, che ad esse possano accedere, attraverso un concorso annualmente bandito con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, coloro che si siano laureati in medicina e chirurgia in data anteriore al termine di scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso, e che abbiano superato l'esame di stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo entro il termine fissato per l'inizio delle attività didattiche nelle scuole;
   l'articolo 3 del medesimo schema disciplina criteri e modalità della prova d'esame, prevedendo che la prova, suddivisa in due parti e identica a livello nazionale per ogni tipologia di scuola, si svolga in un'unica data e nel medesimo orario e che consista nella soluzione di 120 quesiti a risposta multipla; la prima parte della prova consterà di 90 quesiti e sarà comune a tutte le tipologie di scuola, mentre la seconda, affidata a 30 quesiti, sarà differenziata per tipologia di scuola e si svolgerà secondo un calendario che consenta ai candidati di concorrere all'accesso di almeno due tipologie di scuola di specializzazione all'interno della stessa area (medica, chirurgica e servizi);
   l'articolo 5 contiene le disposizioni per la valutazione dei titoli e per la formazione della graduatoria finale, stabilendo che, per quanto concerne i punteggi, la Commissione attribuisca ai titoli, secondo una dettagliata scala valutativa, fino a 15 punti, di cui 2 per il voto di laurea e 13 per il curriculum degli studi, nonché fino a 3 punti per ulteriori titoli, quali la tesi sperimentale e il titolo di dottore di ricerca nella disciplina della tipologia di scuola per la quale si concorre;
   sulla base dell'esito della prova d'esame e del punteggio attribuito per i titoli, la Commissione giudicatrice elaborerà poi una graduatoria per ciascuna tipologia di scuola, e l'ammissione alla relativa scuola di specializzazione avverrà in relazione alla posizione conseguita nella graduatoria nazionale e in relazione all'ordine di preferenza delle sedi espresso dal candidato nella domanda di iscrizione al concorso;
   ai fini del punteggio rileveranno, quindi: la media aritmetica dei voti degli esami sostenuti durante il corso di laurea, il voto di laurea, gli esami fondamentali del corso di laurea e specifici per la tipologia di scuola di specializzazione, fino ad un massimo di cinque;
   in Italia, tuttavia, è noto che ciascun ateneo è dotato di autonomia e che i corsi di studio non sono uguali in tutte le sedi, sia sotto il profilo dei programmi, che dei contenuti e delle modalità di svolgimento, e, di conseguenza, la comparazione tra medesimi esami svolti in sedi diverse può dar luogo a non poche problematiche;
   inoltre, ai fini del punteggio saranno considerati eventuali titoli di dottorato attinenti alla scuola di specializzazione, titoli, tuttavia, che è difficile siano già in possesso di ragazzi neolaureati, che corrono il rischio, quindi, di essere scavalcati da soggetti più grandi;
   infine, la previsione che il test nazionale si svolga attraverso una serie di quiz contrasta con l'idea stessa di merito e di trasparenza che si intende riconoscere alle prove d'ingresso alle scuole di specializzazione, posto che affidare il destino di uno specializzando solo a delle crocette, prescindendo da un intero corso di studi svolto dal candidato, nel corso del quale egli può aver approfondito alcune tematiche o aver scritto delle tesi e pubblicato dei lavori, e frequentato dei reparti ospedalieri, appare quantomeno riduttivo;
   agli aspetti didattici si aggiunge poi la difficoltà per gli studenti derivante dal fatto che la centralizzazione delle modalità d'accesso alle scuole di specializzazione, può determinare per loro un trasferimento forzoso in un'altra città, con conseguenti disagi e costi, e la dispersione del patrimonio di formazione già acquisito presso la sede d'elezione –:
   se non ritenga, alla luce delle considerazioni svolte in premessa, di apportare alcune modifiche al regolamento in corso di elaborazione, valutando sia l'opportunità di creare delle tabelle di comparazione per individuare uno schema di votazioni unitario che tenga conto delle specificità territoriali e delle sedi nelle quali il candidato ha svolto sinora il suo percorso didattico, sia l'opportunità di prevedere che ai fini del punteggio per l'ammissione alle scuole siano valutati anche altri aspetti relativi ai curricula dei candidati. (4-04346)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   NICCHI e NARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale Survitec ha comunicato di chiudere il ramo produttivo delle tende da campo core business di Eurovinil, azienda grossetana protagonista nel settore manifatturiero-industriale per quasi 60 anni, adducendo come motivazione la situazione corrente del mercato che ad avviso dei dirigenti inglesi impedisce di continuare ad essere competitivi sul mercato;
   la Survitec ha di fatto licenziato 87 lavoratori su 108, in data 1o aprile 2014, fatto inaccettabile sia nel merito che nel metodo perché di fatto liquida un'azienda che presenta interessanti prospettive di sviluppo;
   la Survitec (ex Eurovinil) rappresenta una rara eccellenza che induce una spinta particolare per lo sviluppo della zona e della città di Grosseto nella quale stiamo assistendo ad un processo di rapida deindustrializzazione (vedi Mabro); infatti la realtà aziendale appare estremamente positiva sia per la manodopera specializzata e prevalentemente di giovani, sia per l'elevato background tecnologico, che ha dettato specifiche produttive nel settore per tutto il mercato internazionale. Questo risultato consolidato nel mondo industriale è un fatto importante sia al livello nazionale sia a livello locale; inoltre l'azienda appare sana, dato che negli anni ha mantenuto bilanci positivi e le maestranze hanno sempre riscosso regolarmente lo stipendio, e fino al 2011 risultano assunzioni di nuovo personale;
   è stato notato ultimamente un immotivato e crescente disinteresse verso l'attività produttiva dell'azienda, tanto che recentemente è stata persa una interessante commessa di milioni di euro. È voce comune che sia stato effettuato un ricarico eccessivo dall'usuale 25 per cento al 40 per cento;
   la scelta molto discutibile del management unico con un insieme di direttori senza reale potere di decisione potrebbe essere stato uno degli elementi che ha agito in negativo;
   la Eurovinil-Survitec ha sempre avuto commesse dal Ministero della difesa e dal dipartimento della protezione civile. Sarebbe paradossale che si comprassero tende in Francia o Germania, e si chiudesse senza batter ciglio un impianto dotato di tecnologie avanzate e personale qualificato come quello di Grosseto;
   la Survitec ha fornito materiale per la ricostruzione dell'Aquila colpita dal terremoto;
   la Survitec continua a ritenere strategico il settore della produzione di zattere di salvataggio per la marina, è assolutamente necessario conoscere cosa prevede a questo proposito il piano industriale aziendale;
   i lavoratori presidiano l'azienda con la decisione di non far entrare nessuno all'interno della struttura di via Genova;
   il presidio proseguirà ad oltranza. Nei prossimi giorni, se non dovesse sbloccarsi la situazione, ci saranno altri scioperi e forme di protesta;
   i rappresentanti istituzionali e sindacali hanno dato pieno appoggio alle rivendicazioni dei lavoratori affermando che non si può decretare unilateralmente una crisi aziendale di tali dimensioni, imponendo di fatto lo smantellamento di un comparto produttivo qualificato senza nemmeno provare a percorrere strade alternative;
   novanta persone rischiano di restare senza lavoro nonostante la Eurovinil sia sinonimo di sicurezza in tutto il mondo e offra servizi e strutture alla protezione civile ed al Ministero alla difesa. È un'azienda che rende prestigio al territorio maremmano e offre servizi fondamentali nel campo delle emergenze. Dalle tende gonfiabili da campo ai giubbotti di salvataggio;
   Eurovinil ha operato in numerose aree del mondo come Somalia, Afghanistan, Iraq, Bosnia. Una qualità insostituibile che non può essere smantellata senza una seria trattativa –:
   quali iniziative intenda intraprendere urgentemente in merito al futuro dei lavoratori della Eurovinil, in primo luogo per scongiurare la chiusura della fabbrica.
(3-00738)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PATRIARCA, RUBINATO e CASELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   entro il 6 aprile 2014 tutte le organizzazioni che impiegano personale (volontario o meno) le cui mansioni comportino contatti diretti e regolari con minori dovranno produrre un certificato penale. Se non lo fanno, la sanzione amministrativa pecuniaria è fissata fra 10 mila e 15 mila euro. La disposizione è contenuta nel decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39 (Gazzetta Ufficiale 22 marzo 2014 – serie generale n. 68), in attuazione della direttiva 2011/93/UE (in allegato) relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI;
   il decreto legislativo pur ispirandosi a una direttiva europea (n. 2011/93), ne cambia il senso «Al par. 40 delle premesse della direttiva si legge che il datore di lavoro ha il diritto di essere informato ... delle condanne esistenti per reati sessuali ecc. Non solo. All'articolo 10, comma 2 della direttiva, il legislatore europeo afferma che “gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i datori di lavoro, al momento dell'assunzione di una persona per attività professionali o attività volontarie organizzate che comportano contatti diretti e regolari con minori, abbiano il diritto di chiedere informazioni, ...”». Di più: «Più oltre (articolo 12) la direttiva parla sì di sanzioni alle persone giuridiche, ma sono quelle collegate alla normativa della 231, (responsabilità amministrativa dell'ente) che il dlgs ha recepito». Quindi un diritto è stato trasformato in un dovere. Al 6 aprile, mancano 4 giorni. Ci aspettiamo che al Ministero qualcuno almeno si renda conto del danno, anche involontario, che un provvedimento del genere rischia di arrecare a chi lavora proprio in difesa dei minori;
   si tratta di un obbligo che nessun, sarà in grado di rispettare. Perché un'altra legge che nessuno ha abrogato vieta ciò che la nuova legge rende obbligatorio, da lunedì prossimo chiunque, per lavoro, fede o passione stia a capo di una comunità rischierà di trovarsi fuori legge;
   questa confusa situazione ha preso forma il 28 febbraio 2014, quando il Consiglio dei ministri ha varato il decreto-legge numero 39 intitolato «Attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile». Causa nobile, indubbiamente. Il decreto aumenta le pene per i pedofili, aggiorna la normativa ai tempi, inasprisce le sanzioni per i maniaci via internet. Il decreto stabilisce l'obbligo per chi dirige le strutture di chiedere il certificato penale dei suoi collaboratori. «Il certificato penale deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l'esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale», cioè tutti i reati di pornografia, prostituzione, adescamento e violenza ai danni di minori. Data di entrata in vigore, 6 aprile 2014;
   la norma riguarda un numero incalcolabile di italiani di entrambi i sessi: dagli allenatori di tutti gli sport, alle maestre, alle catechiste, e via enumerando. Se la legge obbligasse i diretti interessati a farsi consegnare il certificato, la conseguenza sarebbe semplicemente l'intasamento degli uffici del casellario giudiziario presso tutti i tribunali italiani. Ma la legge fa di più, e scarica sui datori di lavoro l'obbligo di chiedere ai tribunali il certificato. L'Unione europea, a dire il vero, era stata più blanda: i Paesi erano vincolati a fare sì che i datori di lavoro «abbiano il diritto di chiedere informazioni» sui propri collaboratori. In Italia, il diritto è diventato un obbligo. E in questo modo è andato in rotta di collisione contro un altra norma: il divieto per i datori di lavoro di acquisire informazioni simili sui dipendenti. Da giorni, gli uffici del casellario presso i tribunali italiani sono bombardati di richieste di aziende e enti di volontariato che chiedono come comportarsi;
   sarebbe stata preferibile un'autocertificazione anche perché nel caso dovesse capitare un abuso su di un minore e non fosse stato prodotto il certificato, non è chiaro se il datore di lavoro o il presidente dell'associazione ne risponderebbero penalmente;
   il comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo 39 del 4 marzo 2014 parla di sanzioni amministrative solo nei riguardi del datore di lavoro. Pertanto se un volontario non porta il certificato del casellario giudiziario, la cooperativa sociale o l'associazione di volontariato non dovrebbero essere sanzionate considerato che il rapporto con un volontario non prevede l'instaurazione di un rapporto di lavoro. Non è inoltre chiaro se si applichi a tutti o solo ai nuovi assunti, non è inoltre chiaro se si tratti di un'incombenza una tantum o se, allo scadere del certificato (6 mesi) vada reiterato –:
   se intenda intervenire e con quali tempi mediante azioni ad hoc per far fronte a questa ennesima emergenza che si sta abbattendo sulle ONLUS e sul variegato mondo dell'associazionismo cattolico e laico. (5-02539)


   SANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Eurovinil spa è una azienda manifatturiera di Grosseto, fondata nel 1958, che produce una vasta gamma di articoli destinati a mercati diversificati: zattere di salvataggio per la marina militare, professionale e per il diporto, prodotti per il mercato militare e la protezione civile (come ad esempio strutture pneumatiche da campo, zattere ultraleggere per l'aviazione), articoli per il mercato industriale;
   tra i clienti di Eurovinil figurano, in Italia, anche le forze armate, la protezione civile, ed i Ministeri della difesa e dell'interno;
   nel 1996 Eurovinil è entrata a far parte del gruppo inglese «Wardle Storeys» Ltd. che nel 2002 ha cambiato nome in «Survitec Group»;
   «Survitec Group» ha un organico complessivo di circa 2000 dipendenti, dislocati in 10 siti produttivi;
   nel corso degli ultimi anni Eurovinil di Grosseto ha già dovuto subire un grave ridimensionamento dei livelli occupazionali, una crisi che sembrava però superata dal momento che l'azienda toscana risulta ad oggi, nel proprio settore, uno dei leader a livello mondiale;
   a fine 2013 l'azienda aveva annunciato la mobilità per diciassette lavoratori dello stabilimento di Grosseto, ma la vertenza si era conclusa con un accordo: prima gli esuberi erano stati ridotti a undici unità e poi scongiurati ricorrendo al part-time per alcuni dipendenti;
   contrariamente a quanto appena esposto nei giorni scorsi Brian Mark Stringer, amministratore unico di Eurovinil, ha annunciato 86 esuberi su 106 dipendenti, causa il dimezzamento (da 13 a 6 milioni) del fatturato. Tale annuncio sarebbe legato alla decisione di cessare la produzione di tende gonfiabili in quanto, spiega una nota dell'azienda «la situazione corrente del mercato impedisce di continuare ad essere competitivi». Riguardo gli esuberi «una trattativa con le parti sindacali e con i lavoratori sarà avviata nel pieno rispetto delle normative previste per minimizzare per quanto possibile l'impatto in capo ai lavoratori»;
   tale annuncio ha subito causato forte allarme tra i dipendenti, gli enti locali (comune e provincia di Grosseto) e le associazioni sindacali che hanno chiesto il ritiro immediato dei licenziamenti denunciando la «decisione unilaterale da parte dell'azienda che ha sancito autonomamente lo smantellamento produttivo di un comparto qualificato senza proporre alternative». Lo stabilimento rappresenta infatti un rilevante presidio occupazionale per la comunità locale;
   le associazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero ed hanno rimarcato, a mezzo stampa, la gravità di una situazione paradossale che ha visto i lavoratori, fino allo scorso mese di marzo, effettuare gli «straordinari». Fonti stampa parlano inoltre di un fatturato per il 2013 di 10 milioni (con un solo milione di perdite) causate soprattutto da una cattiva «gestione manageriale»;
   il presidente della provincia di Grosseto e il sindaco di Grosseto hanno auspicato la cessione del sito ad altri imprenditori definendo la decisione dell'azienda il primo passo verso «la chiusura e non la ristrutturazione produttiva dello stabilimento»;
   l'assessore della regione Toscana al lavoro ed alle attività produttive Gianfranco Simoncini ha convocato per lunedì 7 aprile un incontro con le organizzazioni sindacali. «Questa iniziativa – si legge sui media – propone di ottenere un ripensamento sui licenziamenti per avviare un confronto con i vertici di Eurovinil che consenta di individuare strade alternative per affrontare le difficoltà produttive attuali. L'incontro si svolgerà in accordo con le istituzioni locali, comune e provincia, con le quali sono stati avviati immediati contatti non appena emersa la delicata situazione della Eurovinil. A questo incontro seguirà quello con i rappresentanti dell'azienda» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti intendano conseguentemente mettere in campo, a partire dalla convocazione urgente di un tavolo governativo, per promuovere una soluzione positiva della crisi aziendale di Eurovinil Spa di Grosseto e salvaguardare gli attuali livelli occupazionali e al fine di tutelare le professionalità di una delle aziende di irrinunciabile rilevanza locale, di promuovere la produzione di eccellenza riconosciuta in ambito internazionale e di preservare l'importanza di prodotti che vengono utilizzati anche a scopo militare, di difesa e di primo intervento nelle emergenze, soprattutto di carattere ambientale e sismico, che colpiscono sempre con maggiore incidenza il territorio nazionale.
(5-02540)


   GRILLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   nonché vi sono secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del ministero e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02557)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur, ad avviso dell'interrogante, apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   nonché vi sono secondo l'interrogante, contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del Ministro e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal Ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02552)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel quadrante nord-ovest di Roma, in un'area di limitata estensione, impattano impianti e strutture, dalla discarica agli impianti TMB1 e TMB2 di Malagrotta alla Raffineria Roma Spa di Total Erg, che incidono pesantemente sulla vita quotidiana e sul benessere delle famiglie, provocando fondati timori sulla effettiva salvaguardia della loro salute, da tempo attestati da numerose e ripetute segnalazioni e proteste di singoli cittadini, comitati e associazioni;
   in particolare il 20 marzo 2014, secondo quanto riportato da alcuni organi di informazione e lamentato dai diretti interessati, si è verificato l'ultimo e più inquietante episodio, che ha visto nel quartiere di Valle Galeria e Massimina scendere in strada numerosi cittadini allarmati dall'irrespirabilità dell'aria, con segnalazioni di irritazioni alle mucose olfattive e alla gola causate dall'odore acre e nauseabondo, anche di origine chimica, che se confermate porrebbero a grave rischio la salute pubblica dell'intero territorio;
   ad oggi la richiesta di intervento tempestivamente indirizzata dall'interrogante alle autorità ministeriali competenti e alla regione Lazio, volta alla effettuazione di ogni urgente attività di verifica e monitoraggio in proposito, anche e soprattutto allo scopo di dare compiuta informazione alla cittadinanza in merito all'effettiva situazione igienico-ambientale del territorio interessato da tali deprecabili fenomeni, è rimasta senza riscontro –:
   se le amministrazioni competenti abbiano attivato, per quanto di competenza, le procedure di legge al fine di verificare l'effettiva situazione in merito all'impatto che tali ricorrenti fenomeni di inquinamento ambientale hanno sul territorio e sulla salute della popolazione residente e quali siano gli esiti. (3-00742)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRECO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il MUOS (Mobile user objective system) è un moderno sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense, composto da cinque satelliti geostazionari e da quattro stazioni di terra – dotate di tre grandi parabole del diametro di 18,4 metri e due antenne alte 149 metri – di cui una posizionata a Niscemi, nella provincia di Caltanissetta;
   questo sistema di telecomunicazioni sarà utilizzato per il coordinamento capillare di tutti i sistemi militari statunitensi dislocati nel mondo, in particolare i droni, aerei senza pilota che saranno allocati anche a Sigonella, nella provincia di Siracusa;
   da tempo i cittadini siciliani hanno sollevato fortissime preoccupazioni riguardo le possibili conseguenze dell'installazione di tale sistema non solo sull'eco-sistema della Sughereta di Niscemi, e sulla qualità dei prodotti agricoli dell'area interessata, ma soprattutto sui possibili rischi a medio e lungo termine sulla salute umana degli abitanti della zona;
   già nel 2012 un professore ordinario di impianti nucleari del politecnico di Torino, Massimo Zucchetti, e un consulente esterno del dipartimento di energetica del politecnico ed ex ricercatore dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), Massimo Coraddu, avevano consegnato al sindaco di Niscemi un rapporto nel quale denunciavano «i gravi rischi per la popolazione e per l'ambiente, prodotti dalla stazione di telecomunicazioni MUOS, tali da impedirne la realizzazione in aree densamente popolate, come quella adiacente la cittadina di Niscemi»;
   secondo questo rapporto, in particolare, l'entrata in funzione dei trasmettitori del MUOS avrebbe come conseguenza un incremento del rischio di contrarre vari tipi di disturbi e malattie, tra cui alcuni tumori del sistema emolinfatico, la necrosi dei tessuti derivante dall'ipertermia e la possibilità di cataratta indotta da esposizione a radiofrequenze o a microonde, essendo l'occhio l'organo più esposto. Le persone irraggiate accidentalmente potrebbero subire danni gravi e irreversibili anche per brevi esposizioni;
   a seguito delle richieste delle istituzioni e dei cittadini, dopo un incontro con il Governo nazionale, è stato successivamente deciso di chiedere all'istituto superiore di sanità un parere sulle problematicità relative all'installazione dell'impianto MUOS; parere secondo il quale la realizzazione dell'impianto non creerebbe, invece, alcun danno alla salute dei cittadini;
    stante la delicatezza della questione, soprattutto sotto il profilo dei possibili rischi per la salute degli abitanti di Niscemi, e la presenza di rapporti e relazioni scientifiche che hanno prodotto esiti contrastanti in ordine alle possibili gravi conseguenze sugli abitanti locali, appare imprescindibile procedere quanto prima ad ottenere un ulteriore e univoco parere sui possibili rischi a breve, medio e lungo periodo per la salute umana, quale diritto fondamentale dell'individuo, riconosciuto e tutelato dall'articolo 32 della Costituzione –:
   se e quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di costituire quanto prima una commissione scientifica nazionale, con caratteri di indipendenza ed imparzialità rispetto ai possibili interessi coinvolti, al fine di ottenere una relazione univoca e attendibile sui possibili rischi a breve, medio e lungo periodo che il sistema di telecomunicazioni satellitare MUOS potrebbe arrecare alla salute degli abitanti di Niscemi e delle zone interessate. (5-02541)


   GRILLO, LOREFICE, CECCONI, MANTERO, DI VITA, BARONI, SILVIA GIORDANO e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono, secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi;
   nel caso particolare, l'AIFA, ente vigilato e finanziato dal Ministero della salute, ha stipulato un contratto di locazione passiva, per l'immobile di via del Tritone, 181, sito in Roma, con un canone di locazione versato pari ad euro 3.045.000,00 / per anno + aumento ISTAT ed un contratto di sublocazione passiva per n. 20 posti auto in via in Arcione, 98, Roma, con canone di locazione versato pari ad euro 55.000,00 / per anno + aumento ISTAT –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministero interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del Ministero e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal Ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, compreso il contratto dell'AIFA, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02558)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   diversi, seppur ad avviso dell'interrogante apparenti, sono i decreti e i provvedimenti sulla spending review, nonché i tagli proposti per far fronte alla situazione di crisi in cui versa il nostro Paese;
   altrettanto diversi, sembra siano le sedi di proprietà dello Stato, adibite ai vari ministeri, che purtroppo nonostante, anche, le onerose ristrutturazioni, sono a tutt'oggi vuote, prive di alcun tipo di utilizzo;
   vi sono enti privati, vigilati e finanziati da ogni singolo ministero, che occupano altri palazzi con contratti di affitto che gravano sicuramente in modo pesante sul bilancio dello Stato;
   infatti, come riportato da alcuni articoli di stampa, i ministeri italiani, pur di risiedere in immobili in affitto non esitano a contrarre debiti fuori bilancio;
   debiti del valore di circa un miliardo di euro nel 2011, ultimo anno del quale si hanno dati ufficiali, mentre, nel frattempo, il demanio dello Stato gestiva immobili inutilizzati di sua proprietà per un valore di svariati miliardi di euro;
   questo è quanto ammesso dallo stesso Carlo Cottarelli, commissario per la spending review, il quale afferma che ad oggi, i ministeri spendono in affitto circa 750 milioni di euro, in tutta Italia, senza contare gli enti decentrati, la sanità e le società partecipate dallo Stato;
   vi sono secondo l'interrogante contratti a prezzi più alti del mercato per favorire i notabili locali proprietari dei palazzi –:
   quale sia l'elenco degli enti vigilati e finanziati dal Ministro interrogato;
   quali e quanti siano i palazzi di proprietà del ministero e a quale utilizzo questi siano adibiti, ovvero se siano vuoti;
   quali siano i costi sostenuti per le ristrutturazioni e il mantenimento di tali strutture oggi vuote;
   se possa fornire, nel rispetto della trasparenza dei dati ministeriali e delle società ad esso collegate, i dati riguardanti i contratti di affitto stipulati dal ministero e dalle società partecipate, ovvero, i nomi dei locatori, i costi di affitto, la durata e le spese di gestione, dal 2005 ad oggi;
   se non sia, dunque, il caso di rimuovere tali strutture utilizzando gli edifici esistenti di proprietà statale. (5-02551)


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il metanodotto Algeria-Sardegna-Europea oggi è più che mai strategico e occorre agire in tempi rapidi per evitare che l'Europa e l'Italia continuino ad essere sotto scacco del gas russo;
   la crisi internazionale tra Europa, Stati Uniti e Russia sulla Crimea apre nuovi scenari internazionali, fino a qualche settimana fa impensabili, che rendono decisivo nello scacchiere energetico internazionale il metanodotto Algeria-Sardegna-Europa;
   si tratta di una svolta nella storia contemporanea e come tutti questi eventi, occorre riposizionare l'opera infrastrutturale energetica nel nuovo contesto;
   l'immobilismo internazionale dell'Europa e dell'Italia sulla questione approvvigionamento energetico dovuto, in primis, alla stretta dipendenza della maggior parte dei Paesi dell'Unione europea dal gas russo oggi pone tutti davanti ad uno scenario inedito sul quale il progetto Galsi risulta essere una risposta immediata e urgente;
   è ora di agire e avviare l'immediata realizzazione del metanodotto per la Sardegna e l'Europa;
   i numeri parlano chiaro: l'Europa dipende per il 30 per cento delle sue forniture dal gas russo. In Italia la dipendenza dal gas russo si attesta al 30 per cento, la Germania con il 39 per cento;
   il temporeggiare sulla vicenda Crimea è la conseguenza di un vuoto storico della politica europea nello sviluppare un piano energetico autonomo;
   al momento spedire lo shale gas in Europa dagli Stati Uniti risulta un'operazione non credibile per gli elevati costi che non convengono ne ai venditori, che preferiscono per adesso muoversi sul mercato asiatico, ne agli acquirenti, che spendono meno comprando gas dalla Russia, dall'Algeria o dalla Norvegia;
   l'Italia e l'Europa oggi più che mai devono contrastare la dipendenza dalla Russia rivolgendosi a sud, nel bacino del Mediterraneo, dove il Galsi rappresenta l'opportunità progettuale più avanzata in quanto tutte le autorizzazioni sono definite e il progetto può partire immediatamente;
   il metanodotto Algeria-Sardegna-Europa è un'opera strategica che potrebbe cambiare la storia economica e sociale della Sardegna collegandola per la prima volta alle grandi reti energetiche europee e rappresentando nel contempo una risposta decisiva alla crisi internazionale;
   perdere questa occasione irripetibile significa isolare per sempre la nostra terra e rendere l'Europa sempre più dipendente dalla Russia;
   lo  Stato deve assumere un'iniziativa internazionale e posizionare sullo scacchiere energetico il Galsi come opera urgente e indifferibile;
   oggi è possibile ancor di più coniugare il ruolo strategico del Galsi sia per eliminare il gravissimo limite energetico della Sardegna che soddisfare le esigenze strategiche energetiche dell'Europa e ridurre la dipendenza totale dai combustibili petroliferi;
   con l'arrivo del metano in Sardegna si apre uno scenario concorrenziale a forte valenza ambientale considerato la rilevante riduzione delle emissioni in atmosfere rispetto al petrolio;
   si tratta di ridurre notevolmente anche il costo dell'approvvigionamento energetico della Sardegna da sempre gravato dal monopolio petrolifero e dalla trasformazione unilaterale sul fronte elettrico;
   per la Sardegna significa diventare baricentro nel Mediterraneo dello snodo energetico con il Maghreb, assumendo un ruolo fondamentale anche alla luce della persistente crisi russa;
   alla rilevante ricaduta economica derivante dalla realizzazione dell'opera, si calcola oltre un miliardo di investimenti solo in Sardegna, si avrebbe un risparmio dei costi energetici del 30-40 per cento a partire dai consumi domestici;
   mentre tutta Europa va a metano la Sardegna è l'unica regione a non avere quell'approvvigionamento energetico. Tutto questo mette l'isola in posizione di grande disparità economica e sociale;
   il progetto riveste un elevato valore strategico per lo sviluppo del sistema nazionale ed europeo di gas naturale in quanto assicurerà l'ottimizzazione delle fonti di approvvigionamento di gas supportando la crescita del mercato energetico europeo e darà il via al programma di metanizzazione della regione Sardegna;
   la domanda crescente di gas naturale in Italia ed in Europa richiede sempre più urgentemente il potenziamento dei canali di importazione;
   il progetto Galsi rappresenta una risposta concreta e immediata al fabbisogno energetico ed alla sicurezza di approvvigionamento di gas naturale per l'Italia e l'Europa;
   il Galsi migliorerà la sicurezza di approvvigionamento del gas garantendo il transito di ulteriori 8 miliardi di metri cubi/annui di gas naturale algerino verso il mercato italiano ed europeo, sarà in grado di soddisfare la domanda crescente di gas naturale nell'Unione europea, costituirà una rotta alternativa a costi competitivi che approda al baricentro della domanda italiana ed europea;
   la metanizzazione della Sardegna è strategica anche per abbattere la quasi totale dipendenza dal petrolio, che costituisce il 74.7 per cento delle fonti di produzione energetica dell'isola;
   la domanda potenziale di gas in Sardegna si attesta attorno ai 1-1.5 miliardi di metri cubi/annui;
   un apporto energetico che sarà decisivo ai fini della sicurezza delle forniture così come per il costo dell'energia sia per la Sardegna che per l'Europa –:
   se i Ministri interrogati non intendano promuovere un immediato confronto internazionale con Algeria ed Europa al fine di mettere in cantiere la realizzazione del metanodotto Galsi;
   se il Governo non intenda promuovere tutte le azioni necessarie per sensibilizzare la comunità internazionale sull'esigenza di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico;
   se non intenda di attivare tutte le intese necessarie per avviare la realizzazione del metanodotto Galsi entro il corrente anno considerata l'urgenza e l'emergenza dei rapporti internazionali. (5-02560)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni mesi le esportazioni italiane a Taiwan di olio di sansa e di oliva e di riso sono state bloccate dalle autorità taiwanesi a motivo di controverse interpretazioni sui metodi di analisi, diversi sull'isola rispetto a quelli vigenti in Italia e nell'Unione Europea;
   il volume di queste esportazioni a Taiwan era, prima del blocco, in forte crescita, così come tutto l'insieme dei nostri prodotti agroalimentari destinati a quel dinamico mercato di consumo, nell'importante contesto dell'interscambio tra i due Paesi che e di oltre 3 miliardi di euro annui;
   si tratta di problemi gravi che, nell'interesse dei nostri produttori, vanno quanto prima affrontati con le autorità taiwanesi –:
   quali iniziative siano già state intraprese per la corretta soluzione dei citati problemi che, a parere dell'interrogante, non sono fondati per la riconosciuta e certificata qualità dell'olio e del riso italiani, e per la loro perfetta conformità ai requisiti di legge;
   quando si riunirà nel corrente anno il «Foro» economico italo-taiwanese — costituito nel 2010 dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero del commercio estero di Taiwan quale sede di dialogo bilaterale sui temi economici e commerciali — al cui ordine del giorno vi dovrà essere la discussione e soluzione dell'urgente questione inerente al blocco delle importazioni a Taiwan dell'olio e del riso italiani. (4-04326)


   ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) svolge istituzionalmente importantissime funzioni di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e supporto delle pubbliche amministrazioni nel campo dell'efficienza energetica;
   l'ENEA è a tutt'oggi diretta da una struttura commissariale, nominata il 15 settembre 2009 e prorogata più volte negli anni successivi, in scadenza il 27 giugno 2014;
   tale struttura commissariale, introdotta a suo tempo come gestione transitoria, appare all'interrogante assolutamente inidonea alla definizione di un quadro strategico dell'Agenzia, che opera in un campo così importante quale quello energetico e ambientale, per attività di ricerca e sviluppo sostenibile e per la fornitura di servizi;
   durante tale periodo di commissariamento si è proceduto, a più riprese, alla nomina di responsabili di strutture di primo livello e di livelli inferiori, con una proliferazione di incarichi che appare, ad avviso dell'interrogante, abnorme e non in sintonia con criteri di efficienza, efficacia ed economicità per il perseguimento degli obiettivi dell'Agenzia;
   tali nomine sono state effettuate senza ricorrere ad alcuna procedura pubblica di selezione, comparazione curriculare, concorsuale, come sarebbe richiesto, secondo l'interrogante, per un organismo pubblico con compiti così rilevanti;
   dal 1° aprile, a seguito del pensionamento dell'attuale responsabile Ingegnere Rino Romani, l'incarico di responsabile dell'unità tecnica «efficienza energetica» struttura di primo livello alla quale afferiscono programmi e progetti di assoluta rilevanza per il Paese, rimarrà vacante;
   la particolarità della suddetta unità, che opera a supporto di Governo, regioni e enti locali e imprese per la definizione e l'attuazione di politiche per l'incremento dell'efficienza energetica, è quella di avere tra i suoi compiti istituzionali i seguenti obiettivi di rilevante importanza: contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico; accelerare il processo di adozione di tecnologie-chiave per un uso più efficiente dell'energia; rafforzare le capacità di innovazione e la competitività delle imprese –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano assumere per verificare e, nel caso, annullare eventuali procedure di nomina avvenute senza procedure di pubblica selezione, comparazione curriculare o concorsuale;
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per garantire che la nomina del responsabile della suddetta unità tecnica di primo livello «efficienza energetica», avvenga con modalità di pubblica selezione, anche di tipo concorsuale, da parte di apposita commissione chiamata a valutare candidature con profili di alta professionalità e competenza che tale importante incarico richiede, evitando pratiche di cooptazione affidate al potere monocratico di un organo di vertice ormai in imminente scadenza;
   se, in alternativa all'attivazione di idonee procedure di selezione pubblica, non si consideri in pendenza della scadenza del mandato commissariale, utilizzare l'istituto dell’interim, trattandosi di un incarico di natura strategica dell'ente, consentendo peraltro un risparmio della cospicua indennità di incarico prevista; se la suddetta unità strategica avrà un rilievo programmatico anche nel futuro assetto dell'ente come già stabilito nell'articolo 4 del decreto-legge n. 115 del 2008, il quale prevede per l'ENEA una funzione, con relativa struttura, denominata «Agenzia per l'efficienza energetica». (4-04334)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Braga e altri n. 1-00416, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malisani.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Currò e Cariello n. 7-00302, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Catalano.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Leva n. 5-01342, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Coccia.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grimoldi e Fedriga n. 5-02366, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Caon.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Catalano n. 5-02503, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bruno.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Gadda n. 5-02181 del 17 febbraio 2014.
   interpellanza urgente Di Gioia n. 2-00420 del 26 febbraio 2014.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Baldassarre n. 4-04300 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 203 del 2 aprile 2014.
  Alla pagina 11749, prima colonna, alla riga settima deve leggersi: «o in subappalto la società Delta Uno Servizi» e non «o in subappalto la società Delta 1 Servizi», come stampato.