Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 1 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    già nel 1972, su indicazione della CEE, è stato introdotto in Italia il divieto di pubblicizzazione dei prodotti per fumatori;
    l'11 novembre 1975 entra in vigore la legge n. 584 che vieta il fumo sui mezzi di trasporto pubblico (ad eccezione delle carrozze riservate ai fumatori) e in alcuni locali pubblici (ospedali, cinema, teatri, musei e biblioteche);
    nel 1986 il Ministro della sanità pro tempore Costante Degan presentò un disegno di legge che tentò di estendere i divieti anche ai ristoranti e ai luoghi di lavoro;
    dal 1991 su ogni prodotto da fumo compare per la prima volta in Italia la scritta informativa a caratteri cubitali il fumo è nocivo e negli anni a seguire con altre diciture;
    la legge 16 gennaio 2003, n. 3, ha stabilito il divieto di fumare in tutti i luoghi pubblici al chiuso, a eccezione dell'introduzione di apposite sale fumo, nelle quali può essere servito cibo;
    in seguito a una sentenza del TAR del Lazio del 1o agosto 2005, confermata dal Consiglio di Stato il 7 ottobre 2009, non sono più previste sanzioni per il gestore che non segnala alla forza pubblica gli avventori in contravvenzione cosa che dovrebbe essere attuata per preservare i non fumatori;
    le sale fumatori sono soggette a pesanti restrizioni: devono essere ventilate separatamente, con specifici valori circa il tasso di ricambio dell'aria; la pressione atmosferica in tali sale deve essere costantemente più bassa di quella delle sale adiacenti; devono essere munite di porte scorrevoli a chiusura automatica; risulta che solo l'1 per cento dei locali pubblici abbia introdotto una sala fumatori a causa degli elevatissimi costi degli adeguamenti;
    attualmente in Italia è consentito fumare liberamente solo nei luoghi aperti (compresi i parchi pubblici e gli stadi) o in quelli parzialmente aperti (dehors, portici, gallerie commerciali e altri) oltre che ovviamente nelle residenze private e nelle già citate sale fumatori. Da più parti vi sono pressioni per ampliare il divieto anche agli stadi ed esistono già movimenti di opinione che chiedono di proibire il fumo anche nei giardini pubblici,

impegna il Governo:

   a valutare sin da subito l'ipotesi di estendere il divieto di fumo, anche creando delle apposite aree destinate ai fumatori, anche ai giardini pubblici ovvero in spazi in cui vi possa essere una presenza di bambini;
   ad assumere iniziative per estendere il divieto di fumo a tutti i soggetti che non abbiano compiuto il ventunesimo anno di età e aumentare le sanzioni in caso di violazione;
   ad assumere iniziative per restringere il quantitativo di importazione ad personam di prodotti contenenti tabacco o derivati acquistati negli altri Paesi e ad aumentare i controlli dando incarico alla Guardia di finanza ed alla polizia di Stato di controllare le aree confinarie italiane.
(1-00420) «Dall'Osso, Baroni, Cecconi, Di Vita, Grillo, Lorefice, D'Incà, Brugnerotto, Nuti, Cozzolino, Lombardi, Frusone, Artini, Basilio, Corda».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e XI,
   premesso che:
    in questa fase di crisi economica, l'emergenza abitativa risulta essere uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale che coinvolge sempre più larghi strati della popolazione: dalle categorie più disagiate fino ad ampie fasce di ceto medio;
    i dati sugli sfratti in Italia segnalano che le sentenze hanno raggiunto la cifra di 70 mila l'anno e di queste, il 90 per cento sono dovute alla morosità. Tra il 2013 e il 2015, le sentenze esecutive di sfratto per morosità, potrebbero essere circa 200 mila, e negli stessi anni, per ciascuno degli anni, assisteremo ad almeno 100 mila richieste di esecuzioni e l'esecuzione forzosa di circa 30 mila sfratti;
    aspetto di estrema rilevanza in questa situazione di emergenza abitativa è quello attinente alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e privatizzati, dismissione che ancora oggi investe le vicende umane e le sorti di migliaia di nuclei familiari;
    gli affittuari degli immobili degli enti previdenziali privatizzati hanno subito un continuo e costante aggravio delle loro condizioni abitative: considerevoli sono gli aumenti dei canoni di affitto per il rinnovo dei contratti di locazione e, in molti casi, anche l'acquisto dell'alloggio è reso impossibile a causa dei prezzi – a valore di mercato – praticati dagli enti stessi, senza neanche tenere conto dello stato reale in cui versano gli immobili e in molti casi delle agevolazione fiscali e urbanistiche avute in passato. Tutto ciò è causa di una situazione di intollerabile disagio sociale;
    una delle cause principali della situazione di estremo disagio degli affittuari degli immobili degli enti previdenziali privatizzati, risiede nelle norme che hanno gradualmente modificato il regime dei rinnovi dei contratti di locazione e della vendita degli immobili inerenti al patrimonio degli enti previdenziali privatizzati. Dette norme prendono il via con il decreto legislativo n. 509 del 1994, con il quale si avvia la privatizzazione degli enti previdenziali, che assumono personalità giuridica di diritto privato, pur continuando a sussistere come enti senza scopo di lucro;
    tra i numerosi atti normativi che si sono succeduti in materia, e che hanno alimentato l'attuale situazione di incertezza, si ricorda la formulazione della legge di interpretazione autentica di cui all'articolo 1, comma 38, della legge n. 243 del 2004, che ha escluso che le norme sulla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici si applichino agli enti previdenziali privatizzati anche quando la trasformazione degli enti in questione in persone giuridiche di diritto privato sia avvenuta successivamente alla entrata in vigore del decreto legislativo n. 104 del 1996. La suindicata norma di interpretazione autentica ha quindi dato il via, di fatto, a operazioni di dismissione a prezzi di mercato, con valori correnti, e a rinnovi dei contratti di locazione con aumenti dei canoni anche fino al 300 per cento, con conseguenti rischi di sfratto per gli inquilini in difficoltà ad accettare i nuovi prezzi di locazione;
    pur in presenza dell'ambigua norma interpretativa sopra citata, non dovrebbero tuttavia permanere dubbi sulla intrinseca natura pubblicistica degli enti previdenziali privatizzati. Detti Enti, dovrebbero infatti operare con le modalità tipiche di un organismo di diritto pubblico, quindi scevro da finalità di lucro. Nonostante ciò diversi enti previdenziali sembrano agire come comuni società private, finalizzate unicamente al raggiungimento di utili a discapito dei loro stessi principi costitutivi;
    è recente l'ordinanza cautelare emessa dal Consiglio di Stato, in riforma dell'ordinanza cautelare n. 3729/2013 del Tar Lazio del 20 settembre 2013, che, accogliendo il ricorso di un inquilino della capitale, sospende di fatto la vendita dei beni della Cassa nazionale di previdenza dei ragionieri (ente previdenziale privatizzato);
    nell'ordinanza si chiarisce che il patrimonio immobiliare dell'istituto pensionistico (ente previdenziale privatizzato, inserito però nel conto economico dello Stato) è «pubblico», indipendentemente dallo schema giuridico che è stato utilizzato per il conferimento a un altro soggetto (una società di gestione del risparmio), incaricato della dismissione degli appartamenti. E, in virtù di tale natura, le operazioni di cessione dovrebbero avvenire soltanto seguendo le normative vigenti, che consentono ai locatari la possibilità di avvalersi del diritto di prelazione, nonché di un prezzo agevolato per l'acquisto dell'immobile offerto dalla proprietà;
    il suddetto pronunciamento amministrativo del Consiglio di Stato, ha un'evidente rilevanza anche per altri ricorsi, depositati o che verranno, in merito alle modalità di compravendita degli appartamenti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative indirizzate a chiarire il quadro normativo entro cui deve svolgersi il processo di alienazione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali privatizzati, in modo che le procedure avvengano in maniera trasparente e uniforme, e soprattutto affinché anche detti enti previdenziali privatizzati applichino le norme sulla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, garantendo agli inquilini la possibilità di avvalersi del diritto di prelazione, nonché di un prezzo agevolato per l'acquisto dell'immobile offerto dall'ente;
   a prevedere iniziative normative finalizzate all'abrogazione dell'articolo 1, comma 38, della legge 23 agosto 2004 n. 243;
   ad adottare provvedimenti idonei a vincolare gli enti previdenziali pubblici o privatizzati a riconsiderare contratti già stipulati secondo forme e canoni socialmente sostenibili e a stipulare e rinnovare i contratti di locazione tenendo conto della situazione di difficoltà o economica delle famiglie;
   a valutare idonee iniziative, anche di carattere normativo, affinché il prezzo di alienazione degli immobili degli enti, rimanga fermo per un periodo comunque non inferiore a 5 anni, in modo da garantire a tutti coloro che attualmente non sono in grado di procedere all'acquisto, la possibilità di poterlo effettuare, alle medesime condizioni.
(7-00325) «Di Salvo, Piazzoni, Zan, Airaudo, Zaratti, Pellegrino».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    la Fondazione ONAOSI ha come scopo primario di sostenere, educare ed istruire, entro i limiti del bilancio, gli orfani, figli legittimi o adottivi o naturali riconosciuti di medici-chirurghi, medici-veterinari, farmacisti e odontoiatri, contribuenti dell'opera, per consentire loro di conseguire un titolo di studio e di accedere all'esercizio di una professione o di un'arte;
    molti Medici chirurghi ed odontoiatri, i medici veterinari ed i farmacisti iscritti ai rispettivi ordini professionali italiani hanno ricevuto negli anni passati, dal 2004 in poi, dalla fondazione ONAOSI (Opera nazionale assistenza orfani sanitari italiani) una lettera con la richiesta di pagamento relativa alle diverse annualità sino alla dichiarazione di incostituzionalità dettata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 190 del 2007;
    i sanitari pubblici dipendenti hanno dovuto assolvere a tale obbligo mediante trattenuta mensile sullo stipendio a cura dell'amministrazione presso la quale prestano servizio;
    l'ONAOSI è una fondazione di diritto privato senza scopo di lucro cui la legge attribuisce uno speciale potere di imporre un contributo dovuto annualmente, tramite cartella di pagamento esattoriale, da medici, farmacisti, odontoiatri e veterinari (cioè gli operatori sanitari) per la copertura delle spese di gestione occorrenti per il perseguimento degli scopi sociali consistenti nella assistenza agli orfani di operatori sanitari;
    in particolare la legge 27 dicembre 2002, n. 289, aveva previsto, a carico di tutti gli iscritti all'albo, l'obbligo di contribuzione, stabilendo al contempo che la misura e le modalità di versamento del contributo dell'ONAOSI fossero fissate dalla fondazione stessa con proprio regolamento e non come prima accadeva attraverso provvedimenti legislativi;
    con sentenza n. 190/2007 la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità di tale previsione legislativa, in quanto non offriva alcun elemento, neanche indiretto, idoneo ad individuare criteri adeguati alla concreta quantificazione e distribuzione degli oneri imposti;
    pertanto il contributo obbligatorio imposto dall'ONAOSI a tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani, ex articolo 2 della legge n. 306 del 1901, quale sostituito dall'articolo 52, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003), dei farmacisti, medici chirurghi, odontoiatri e veterinari, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale;
    il tribunale di Parma – in funzione del giudice del lavoro – ha rimesso alla consulta la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 52, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per violazione degli articoli 3 e 23 della Costituzione. Ed infatti l'articolo 4 del regolamento ONAOSI, concernente la riscossione dei contributi obbligatori e volontari, aveva determinato l'entità del contributo in funzione esclusiva dell'età del soggetto obbligato, ossia individuando un importo ben preciso da corrispondere in base all'età del sanitario contribuente. La disposizione si pone in netto contrasto con l'articolo 23 della Costituzione, in quanto non determina in via preventiva né in termini sufficientemente precisi i criteri direttivi cui deve ispirarsi il consiglio di amministrazione della Fondazione, senza che sia possibile desumere aliunde detti criteri, di fatto violando la riserva di legge relativa alle prestazioni patrimoniali imposte. Infatti, il contributo in esame viene determinato con atto unilaterale da parte del consiglio d'amministrazione della fondazione ONAOSI – alla cui adozione non concorre la volontà del privato. Tale aspetto determina per il contributo la natura di prestazione patrimoniale obbligatoriamente imposta e come tale soggetta alla garanzia dettata dall'articolo 23 della Costituzione. Tale parametro, secondo la costante giurisprudenza della Consulta, configura una riserva di legge di carattere «relativo», nel senso che essa deve ritenersi rispettata anche in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l'ambito di discrezionalità dell'amministrazione (si vedano le sentenze n. 67/1973, n. 507/1988) purché la concreta entità della prestazione imposta sia chiaramente desumibile dagli interventi legislativi che riguardano l'attività dell'amministrazione (si vedano le sentenze n. 507/1988, n. 182/1994, n. 180/1996, n. 105/2003);
    per effetto di detta sentenza i contributi obbligatori pretesi dalla fondazione ONAOSI, sia dai liberi professionisti che dai dipendenti pubblici per il periodo 2002-2006 sono illegittimi;
    da allora il contenzioso tributario aveva indotto la stessa ONAOSI a richiamare il versamento spontaneo con avvisi bonari e ad adoperarsi presso il legislatore e i Ministeri competenti per chiudere definitivamente con il passato;
    con il decreto-legge n. 159 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007, per gli anni successivi è stato confermato l'obbligo di contribuzione alla fondazione esclusivamente per i sanitari dipendenti pubblici e sono stati individuati i criteri cui il Consiglio di amministrazione deve attenersi per determinare la misura del contributo dovuto;
    tale dispositivo, tuttavia, non ha chiarito la posizione dei contribuenti volontari già obbligati nel periodo 2003-2006 e non ha esplicitato il comportamento che l'ONAOSI avrebbe dovuto tenere nei confronti dei contribuenti transitoriamente obbligatori, ma morosi, al fine di non incorrere nei reati di danno erariale dovuto al mancato recupero dei contributi dovuti;
    la fondazione ONAOSI, attraverso note ufficiali della Presidenza, ritiene che la sentenza della Corte costituzionale di cui sopra abbia determinato un vuoto normativo, null'altro ritenendo di dover o poter porre in essere nei confronti di migliaia di cittadini sanitari contribuenti;
    ONAOSI fa parte dei cosiddetti enti inutili destinati ad essere soppressi in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977;
    considerato inoltre che nell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale sulla situazione economico-finanziaria delle casse privatizzate (gennaio 2011), l'ONAOSI emergeva tra quelle con la più alta percentuale di esposizione sulla fallita Lehman Brothers rispetto al patrimonio complessivo. Prima c'erano solo Enpaia ed Epap. 15 milioni di euro in bond Lehman, svalutati nel 2008 per il 90 per cento (13,5 milioni). Le obbligazioni erano in due tranche di 10 e 5 milioni;
    secondo quanto risulta a Plus24, ONAOSI ha raggiunto un accordo stragiudiziale con Fineco Bank chiudendo dunque la vertenza avviata contro l'istituto che fa capo al gruppo UniCredit. Una causa che riguardava il bond di 10 milioni. Fineco ha versato a ONAOSI, in marzo, 3 milioni di euro come risarcimento per il deprezzamento subito dal titolo. La piena proprietà del bond è rimasta in capo all'ente. Per quanto riguarda invece l'altro titolo da 5 milioni, depositato presso Meliorbanca, da quest'ultima è stato stimato (dati al maggio 2011) al 10 per cento del valore nominale;
    nel mese di luglio 2012 il Codacons, appresa la notizia di un possibile decreto per negare la restituzione da parte dell'ONAOSI alle categorie dei medici, farmacisti, veterinari ed odontoiatri dei contributi da questi ultimi versati negli anni 2004-2007 e dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale con sentenza n. 190/2007, diffidava con atto del 18 luglio 2012 ad «... adottare qualunque atto con il quale ven[isse] di fatto annullato l'obbligo restituivo incombente sull'Onaosi sin dal 2007 e mai adempiuto nei confronti delle categorie contributive dei medici, farmacisti, odontoiatri e veterinari e ciò in quanto l'adozione di un simile decreto si porrebbe in stridente ed inconciliabile contrasto con il disposto della Corte Costituzionale n. 190/2007» evidenziando che «l'adozione di un simile provvedimento comporterebbe l'eventuale configurazione di fattispecie penalmente rilevanti di cui agli artt. 323 e 388 c.p.». Nel medesimo atto, inoltre, il Codacons chiedeva al Ministro pro tempore Balduzzi di dare «delle specifiche disposizioni alla Fondazione Onaosi per la restituzione immediata ai contribuenti aventi diritto dei 450 milioni di euro accantonati, diversamente verificandosi un incostituzionale nonché illegale svuotamento del disposto della Corte Costituzionale n. 190/2007»,

impegna il Governo:

   a verificare eventuali profili di illegittimità nei casi in cui vi sia stata di esecuzione forzata del pagamento, fermo amministrativo, o altro;
   a verificare ed intervenire in merito alle trattenute operate sullo stipendio dei sanitari dipendenti, le cui quote presentano profili di incostituzionalità;
   ad obbligare la Fondazione Onaosi al rimborso dei contributi incostituzionalmente versati dai sanitari contribuenti degli anni 2003;
   a valutare con apposita Commissione la gestione amministrativa pregressa della fondazione nonché ulteriori interventi regolamentari nell'ambito delle attività della fondazione ONAOSI pubblicando online tutte le spese effettuate con i contributi dei sanitari dichiarati illegittimamente ed incostituzionalmente esigibili, ai fini di una maggiore trasparenza e conformità alla Carta costituzionale.
(7-00324) «Dall'Osso, Grillo, Baroni, Cecconi, Di Vita, Lorefice».


   La XII Commissione;
   premesso che:
    confrontando la banca dati dei prodotti fitosanitari, consultabile nel sito del Ministero della salute, il progetto FAS Veneto 2012 (fitosanitari-ambiente-salute-piano regionale di controllo ufficiale sul commercio e impiego dei prodotti fitosanitari) e le schede di sicurezza autoprodotte delle aziende chimiche e dagli enti e istituzioni internazionali (SdS) emergono dati contrastanti relativamente alle classi di rischio assegnate;
    dal controllo emerge che gli sviluppatori del progetto FAS-2012 hanno coscientemente assegnato classe di rischio «nc» (non classificato) oppure «mcp» (maneggiare con prudenza) a fitosanitari classificati N dal ministero e cioè nocivi o tossici anche nel lungo periodo per l'ambiente acquatico;
    emerge inoltre il mancato aggiornamento di alcune schede: prendiamo il caso del principio attivo MANCOZEB, che dal 2010 la CE ha classificato «Xn,N» ossia nocivo per l'uomo e per l'ambiente. Il ministero invece in molte schede contenenti il Mancozeb attribuisce ancora «Xi,N» ossia irritante per l'uomo e nocivo per l'ambiente;
    anche il principio attivo CLORPYRIFOS, classificato internazionalmente come «T,N», ossia tossico per l'uomo e nocivo per l'ambiente, è invece classificato nelle schede del Ministero da N (nocivo per l'ambiente) a Xi (irritante per l'uomo) a Xn (nocivo per l'uomo);
    su 699 voci di fitosanitari registrate nel progetto FAS-2012 sulla base dell'analisi fatta dall'associazione WWF AltaMarca:
     n. 28 schede risultano senza la classe di rischio nel database ministeriale;
     n. 7 schede risultano senza la classe di rischio e l'etichetta nel database ministeriale;
     in n. 428 schede non c’è corrispondenza tra le classi di rischio assegnate nel database ministeriale e le classi di rischio assegnate ai principi attivi nelle schede sicurezza autoprodotte dalle aziende chimiche o nei database dei principi attivi, aggiornati e gestiti da enti e istituzioni universitarie europee;
     in diversi casi si riscontrano discordanze tra la classe di rischio assegnata nel database ministeriale rispetto all'etichetta ministeriale;
    si possono fare altri esempi: Enervin Top – registrazione n. 14812, è un «antiparassitario e fungicida» che rispecchia molti dei problemi sin qui riscontrati; la scheda del database ministeriale non corrisponde all'ultima scheda di sicurezza autoprodotta dall'azienda chimica (30 gennaio 2013); sembrano infatti due prodotti differenti; il prodotto indicato sul database ministeriale con classe di rischio N è sicuramente un prodotto con classe di rischio Xn,N, come pure il prodotto identificato nella scheda di sicurezza dell'azienda, dove nella Sezione 16 «altre informazioni», descrive e classifica la nocività ed i rischi per la salute umana, oltre che per l'ambiente. Esempio di alcune frasi di rischio riportate: Può provocare danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta; Nocivo se inalato – Nocivo se ingerito; Provoca gravi lesioni oculari – Può provocare una reazione allergica della pelle; ciò nonostante, l'azienda chimica assegna la classe di rischio N (nocivo per l'ambiente), adeguandosi all'assegnazione (errata) del ministero. Una contraddizione veramente molto pericolosa;
    il prodotto fitosanitario SYSTHANE 4,5 PLUS è un fungicida sistemico per il controllo dell'oidio su vite, melo, pero, pesco, nettarina, susino, albicocco, melone, anguria, zucchino, cetriolo, zucca, pomodoro, peperone, carciofo, fragola, rosa, garofano;
    il database ministeriale assegna la classe di rischio N «nocivo per gli organismi acquatici» anche l'etichetta ministeriale (visibile nel database) indica nella frasi di rischio: «nocivo per gli organismi acquatici; può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico». Andando invece a leggere la scheda di sicurezza, autoprodotta, secondo il regolamento (CE) N 453/2010 vedremo che a pagina 14 – sezione 16 «altre informazioni» – le classi di rischio e le frasi di rischio sono molto più gravi, riguardanti la nocività per l'uomo e il feto, tanto gravi da mettere in secondo piano il rischio per gli organismi acquatici; esempio di alcune frasi di rischio riportate: Sospettato di nuocere al feto – Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati. Può provocare danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta Tossico se inalato – Nocivo se ingerito; ma nella sezione 2 – identificazione dei pericoli – al punto 2.2 «elementi dell'etichetta» (secondo la direttiva CE) la frase di rischio indica «nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico»;
    continuando nell'esempio del prodotto SYSTHANE 4,5 PLUS, se i principi attivi vengono descritti come nocivi o tossici e irritanti per l'uomo, anche la classe di rischio del prodotto finito dovrà riassumere le stesse indicazioni di rischio e non essere declassificata a solo rischio per l'ambiente. Purtroppo le aziende si adeguano alle definizioni ministeriali, e quindi in molti casi anche le schede di sicurezza riportano le definizioni riduttive del ministero, generando due problemi:
     l'ambiente non può essere rifugio di tutti questi principi attivi Tossici o Nocivi;
     le organizzazioni agricole dicono di voler utilizzare prodotti fitosanitari meno nocivi di quelli attualmente in uso. Ma con questa declassificazione si ritroveranno ad utilizzare gli stessi principi attivi (tossici e nocivi) che vogliono abolire o sostituire;
    risulta evidente che in molti casi, la presenza di uno o due principi attivi (dall'1 al 10 per cento sul totale della miscela), dichiarati nella scheda di sicurezza, rende piuttosto incomprensibile la valutazione globale della classe di rischio assegnata dal ministero; per una informazione chiara e completa è necessario conoscere anche gli altri componenti della formula (coformulanti segreti) per i quali è stato chiesto con atto n. 4/03258 che si rendesse pubblico il contenuto;
    lo stesso principio attivo viene chiamato in modi differenti nelle schede di sicurezza malgrado siano identificati con lo stesso numero di CAS (chimical abstract service = numero univoco nel database delle materie chimiche);
    sulle schede di sicurezza autoprodotte dalle aziende chimiche, il ministero, a detta dell'interrogante, deve imporre la corretta denominazione dei principi attivi, definiti dal CAS. Si è riscontrato, infatti, lo stesso numero CAS attribuito a nomi diversi, e questo genera confusione negli utilizzatori;
    risulta evidente che il data base del ministero è molto impreciso, si suppone a causa di mancata manutenzione e aggiornamento delle vecchie autorizzazioni, non considerando gli studi più avanzati del mondo scientifico per l'aggiornamento delle classi di rischio dei principi attivi e dei coformulanti;
    non esiste un data base italiano o ministeriale dei principi attivi usati nei fitosanitari, per avere informazioni aggiornate è necessario rivolgersi all'estero;
    il database ministeriale dovrebbe avere la storia completa del prodotto fitosanitario e non deve obbligare gli utenti a ulteriori ricerche su altri siti;
    relativamente al database ministeriale si possono quindi evidenziare le seguenti problematiche:
     a) evidente mancata manutenzione del database dei prodotti fitosanitari;
     b) mancato aggiornamento della classe di rischio dei principi attivi, aggiornamento reso necessario da ulteriori studi scientifici internazionali;
     c) alcune incongruenze delle classi di rischio tra etichetta e database ministeriali;
     d) saltuaria assenza delle classi rischio, etichette e date di scadenza dell'autorizzazione;
     e) nel caso della revoca del fitosanitario, la sequenza delle informazioni s'interrompe e non sono evidenziati i passi successivi (contenuti del decreto di revoca: ultimo giorno di produzione, ultimo giorno per la commercializzazione, ultimo giorno per lo smaltimento delle scorte, ultimo giorno consentito per l'impiego),

impegna il Governo:

   ad affrontare il problema dei dati contrastanti relativi alle classi di rischio e delle incongruenze tra il database ministeriale, le schede di sicurezza, i dati riportati dal progetto FAS Veneto, correggendo; integrando, aggiornando i dati nel database ministeriale, ponendo particolare attenzione ai casi di declassificazione delle classi di rischio;
   ad assumere iniziative per imporre la corretta denominazione dei principi attivi, definiti dal CAS (chimical abstract service), superando le attuali situazioni di confusione;
   ad attivare un unico database completo di tutti i principi attivi usati sia nell'agricoltura che nell'industria, aggiornato e disponibile alla facile consultazione di tutti i cittadini, gestito con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o da altro soggetto non in conflitto d'interessi;
   a garantire l'accesso, a tutti i cittadini, delle schede di sicurezza autoprodotte dalle aziende chimiche, complete di tutti i principi attivi ed i coformulanti (attualmente segreti) contenuti nei fitosanitari autorizzati dal ministero, complete delle seguenti indicazioni: cas, nome, quantità per cento, classe di rischio, frasi di rischio secondo regolamento CE/1272/2008 e la classificazione 67/548/CEE;
   ad avviare le opportune iniziative affinché nelle schede di sicurezza, autoprodotte dalle aziende chimiche, sia riportato in grande e nella prima pagina, la classe di rischio assegnata al fitosanitario, completa dei pittogrammi previsti dai vigenti regolamenti CE, affinché il cittadino possa capire immediatamente quali siano i rischi per la salute e l'ambiente.
(7-00326) «Cecconi, Baroni, Dall'Osso, Di Vita, Silvia Giordano, Grillo, Lorefice, Mantero, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con l'interpellanza urgente n. 2-00353, presentata dall'interpellante l'8 gennaio 2014, è stata messa in evidenza la necessità dell'attuazione della norma di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale, 30 ottobre 2013, n. 255);
   la suddetta disposizione ha integralmente sostituito, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, nella precedente formulazione, prevedeva che gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità, nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   l'intervento operato dal decreto-legge n. 101 del 2013 integra, in primo luogo, l'ambito soggettivo di riferimento del suddetto articolo 60, estendendo la platea dei soggetti tenuti al rispetto dell'obbligo di comunicazione previsto anche alle società non quotate, partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, e dalla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
   detto intervento opera, inoltre, sul contenuto informativo dell'obbligo stesso, in particolare per la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, andando a specificare che il costo annuo del personale comunque utilizzato ed oggetto della comunicazione deve ritenersi riferito ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo; in virtù di tale disposizione, pertanto, anche la Rai, in quanto società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, è tenuta a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero dell'economia e delle finanze il costo annuo del personale comunque utilizzato, con riferimento ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, in conformità a specifiche procedure definite d'intesa con i predetti dicasteri;
   in risposta all'interpellanza presentata, nel corso della seduta dell'assemblea della Camera dei deputati di venerdì 10 gennaio 2014, il senatore Giovanni Legnini, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri pro tempore, in relazione alla concreta attuazione della disposizione di cui al citato articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, ha fatto presente che «il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha già predisposto una prima bozza di documento di lavoro per la definizione delle procedure di acquisizione dei dati utili a soddisfare le necessità informative previste dalla norma che, peraltro, riguarda una pluralità di soggetti»;
   il Sottosegretario di Stato pro tempore Legnini ha poi dichiarato che, «sulla base di tale bozza di documenti nella giornata del 9 gennaio 2014, è stata svolta la prima riunione di coordinamento tra rappresentanti del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio con il quale è stato avviato il percorso attuativo della norma per verificare le modalità di rilevazione più idonee all'interno del suddetto sistema conoscitivo che, comunque, con riferimento alla Rai, in ordine alla quale la norma prescrive l'acquisizione di informazioni di maggior dettaglio (ovvero il costo annuo dei singoli rapporti di lavoro), richiederà una specifica modalità di trattazione»;
   in conclusione, il Sottosegretario di Stato pro tempore Legnini ha precisato che «la disciplina normativa che è stata puntualmente richiamata sarà attuata, come è doveroso fare, entro i tempi tecnici strettamente necessari e con le procedure che sono state richiamate»;
   l'interpellante, il 4 febbraio 2014, ha depositato un'ulteriore interpellanza, n. 2-00400, relativa ai «tempi e modalità di attuazione della normativa in tema di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato», con la quale sono stati chiesti aggiornamenti circa il percorso attuativo della medesima disposizione di cui al sopra citato decreto-legge n. 101 del 2013;
   in risposta all'interpellanza presentata, nel corso della seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati di venerdì 13 febbraio 2014, Luigi Casero, Viceministro dell'economia e delle finanze pro tempore, ha rappresentato «l'impegno del Governo ad una rapida attuazione della nuova normativa», facendo altresì presente «che il Ministero dell'economia e delle finanze, congiuntamente al Dipartimento della funzione pubblica, in attuazione delle disposizioni sopra richiamate, ha provveduto a richiedere alla Rai la trasmissione dei dati previsti nei tempi più brevi consentiti, e comunque non oltre il 31 marzo 2014»;
   il Viceministro pro tempore Casero ha poi dichiarato che «considerato il vasto universo di riferimento, essendo i soli dipendenti dell'azienda circa 12 mila, si è convenuto con il Dipartimento della funzione pubblica di raccogliere informazioni con differente livello di dettaglio a seconda della tipologia del personale»;
   il Viceministro dell'economia e delle finanze pro tempore ha, inoltre, affermato che «per poter rispondere in modo dettagliato alla richiesta e permettere la pubblicazione di questi dati, il Ministero dell'economia e delle finanze ha ritenuto comunque opportuno richiedere ed acquisire l'avviso dell'Autorità garante della privacy e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato su alcuni aspetti interpretativi della norma»;
   è appena il caso di sottolineare che sia il Garante per la protezione dei dati personali che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato hanno già espresso nel 2010 un parere, in tema di total disclosure per i profili di competenza; il Garante per la protezione dei dati personali, fin dal parere del 30 giugno 2010, reso proprio alla Rai in ordine alla divulgazione dei dati relativi ai compensi erogati dalla medesima società, ha rammentato che «la normativa di protezione dei dati personali non può ritenersi ostativa alla pubblicazione, da parte della RAI, dei compensi erogati, sempre che risultino essere osservati i principi stabiliti dall'articolo 11 del codice e purché venga osservata la specifica modalità di divulgazione attraverso il sito web»;
   sullo stesso tema, anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato si è già pronunciata, per competenza, il 7 luglio 2010, trasmettendo, al Ministero dello sviluppo economico e alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, una propria segnalazione in merito; l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sottolineato le implicazioni di carattere concorrenziale, riconoscendo tuttavia l'esigenza di accountability del servizio pubblico radiotelevisivo e l'importanza di assicurare la trasparenza dei costi connessi alla gestione dei servizi pubblici, il cui finanziamento è a carico dei cittadini;
   in risposta all'interpellanza n. 2-00434 presentata dal sottoscritto interpellante nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati di venerdì 7 marzo 2014, l'onorevole Sesa Amici, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, ha dichiarato che «il Ministero dell'economia e delle finanze congiuntamente al Dipartimento della funzione pubblica hanno provveduto a richiedere alla RAI, entro il termine del 31 marzo 2014, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica. Pertanto, non essendo ancora trascorso il periodo concesso alla RAI – 31 marzo 2014 – per la citata comunicazione e non essendo pervenuti i dati richiesti, attualmente non è possibile fornire notizie, né intervenire nei confronti della società medesima»;
   il Sottosegretario Amici ha altresì precisato che «il Ministero dell'economia, sentito il Dipartimento della funzione pubblica, ha provveduto a richiedere l'avviso dell'Autorità garante della privacy e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato su alcuni aspetti interpretativi della norma»;
   l'esecutivo ha assicurato infine «il massimo impegno per dare attuazione alla norma in questione nei tempi tecnici strettamente necessari»;
   il termine del 31 marzo, stabilito dall'esecutivo e non da disposizioni di legge, è trascorso senza alcuna comunicazione da parte del Governo stesso in ordine al rispetto da parte della Rai dell'obbligo di trasmettere tutti gli opportuni dati inerenti il costo annuo del personale comunque utilizzato –:
   se il Governo non ritenga necessario comunicare, in via ufficiale, se la Rai, in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, abbia ottemperato agli obblighi di legge relativi ai principi di trasparenza previsti dal citato articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni»;
   quali misure urgenti di propria competenza intenda assumere il Governo, anche in caso di mancato rispetto da parte della Rai del citato termine del 31 marzo, scadenza ultima fissata dallo stesso esecutivo, al fine di dare comunque piena attuazione alle disposizioni di legge in tema di trasparenza.
(2-00486) «Brunetta».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   il Transatlantic trade and investment partnership il cui acronimo è Ttip, il partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) è un accordo commerciale che è attualmente in corso di negoziato tra l'unione Europea e gli Stati Uniti. Avviato durante il G8 del 17 giugno 2013 questo partenariato, in materia di commercio ed investimenti tra gli Stati Uniti e l'Unione europea è stato possibile dopo che il Consiglio dei ministri competenti per il commercio ha approvato, il 14 giugno, il mandato negoziale per la Commissione. Fino a questo momento si sono tenuti quattro round negoziali, l'ultimo dei quali si è concluso il 14 marzo 2014 ed è stato dedicato a discutere tutti e tre i pilastri di un accordo futuro: l'accesso al mercato, il contesto normativo e le regole. Nello specifico il mandato negoziale concordato all'unanimità dagli Stati membri si compone di tre parti: la decisione del Consiglio che autorizza l'apertura dei negoziati; la decisione degli Stati membri che autorizza la Commissione a negoziare, per loro conto, le previsioni dell'accordo che cadono al di fuori dei limiti delle competenze dell'Unione europea; le direttive negoziali;
   il quarto round negoziale nello specifico affronta:
    accesso al mercato: i negoziatori hanno discusso tre elementi essenziali: le tariffe, gli scambi di servizi e gli appalti pubblici. Per quanto concerne le tariffe l'Unione europea e gli USA hanno già proceduto a un primo scambio di offerte. Per i servizi e gli appalti pubblici i negoziatori hanno esaminato come procedere per arrivare a uno scambio di offerte;
    contesto normativo: i negoziatori sono stati affiancati da un'ampia gamma di esperti e di regolamentatori di entrambe le parti per discutere:
     a) la coerenza normativa e l'aumento della compatibilità sul piano regolamentare;
     b) gli ostacoli tecnici agli scambi (OTS), in merito ai quali entrambe le parti hanno già presentato proposte scritte;
     c) le misure sanitarie e fitosanitarie (MSF) in relazione alle quali si sta preparando il terreno per presentare a tempo debito proposte scritte;
   l'Unione europea e gli USA hanno continuato inoltre ad esplorare le modalità per raggiungere una maggiore compatibilità regolamentare in certe industrie fondamentali: prodotti farmaceutici, cosmetici, dispositivi medici, industria automobilistica e chimica;
   le discussioni hanno toccato tre ambiti in cui i negoziatori stanno sviluppando approcci innovativi:
    a) sviluppo sostenibile, lavoro e ambiente, per sviluppare gli aspetti che sono già coperti dagli attuali accordi commerciali in vigore tra UE e USA;
    b) scambi di energia e materie prime – un ambito in relazione al quale l'UE desidera includere nella TTIP un quadro concordato;
    c) dogane e agevolazione degli scambi – è particolarmente importante semplificare e snellire le procedure poiché regole complesse e onerose per lo sdoganamento colpiscono più duramente le piccole imprese e possono scoraggiare gli imprenditori dal vendere i loro prodotti oltremare;
   nel corso del quarto round negoziale nella giornata del 12 marzo 2014, i negoziatori capo dell'UE e degli USA hanno ribadito il loro impegno a portare avanti nel corso del 2014 tutti i capitoli negoziali e hanno concordato di tenere un'ulteriore tornata di colloqui a Washington prima dell'estate;
   in data 19 luglio 2013 dal sito del quotidiano «Il Fatto quotidiano» un articolo a firma di Paolo Ferrero titolava «La grande truffa della Nato economica, il Ttip» nello stesso articolo si descriveva come «[.. .] Che cos’è questo Transatlantic Trade and Investment Partnership il cui acronimo è Ttip? L'obiettivo è dar luogo ad un trattato di libero scambio tra Europa e Nord America che abolisca i dazi doganali e uniformi i regolamenti dei due continenti, in modo da non aver più alcun ostacolo alla libera circolazione delle merci e alla libertà di investimento e di gestione dei servizi. Questo significa abolire i dazi ma soprattutto uniformare i regolamenti Usa e Ue in modo da costruire un unico grande mercato. Per dare una idea dell'enorme importanza di questa operazione, occorre tener presente che tra gli argomenti trattati vi è: «l'accesso al mercato per i prodotti agricoli e industriali, gli appalti pubblici, gli investimenti materiali, l'energia e le materie prime, le materie regolamentari, le misure sanitarie e fitosanitarie, i servizi, i diritti di proprietà intellettuale, lo sviluppo sostenibile, le piccole e medie imprese, la composizione delle controversie, la concorrenza la facilitazione degli scambi, le imprese di proprietà statale». Le sole produzioni audiovisive sono state tolte dalla trattativa grazie alla meritoria opposizione del governo francese. [...] Il punto più pericoloso è che l'uniformazione dei regolamenti tra Usa e Ue produrrà tendenzialmente una uniformazione al ribasso. Questa ipotesi è così vera che Obama ha chiesto di togliere dal negoziato i mercati finanziari, portando a motivazione che le regole in vigore negli Stati Uniti sono più severe di quelle europee (vero) e dando quindi per scontato che nella trattativa verrebbero rimosse le regole più severe che proprio la sua amministrazione ha inserito. Questa uniformazione al ribasso delle regole avrebbe delle ricadute disastrose sull'Europa ed in particolare sull'Italia. Per quanto riguarda l'agricoltura, negli Usa infatti è possibile coltivare prodotti ogm, è possibile utilizzare gli ormoni nell'allevamento degli animali destinati all'alimentazione, così come non sono riconosciute le denominazioni d'origine controllata. Sarebbe così possibile commercializzare Chianti o Barolo prodotto in California e denominare Parmigiano reggiano qualsiasi formaggio duro. Per quanto riguarda i servizi si ipotizza di escludere dalla trattativa solo quelli per i quali non esiste offerta privata: l'acqua, la sanità, l'istruzione e cioè il complesso dei beni comuni e del welfare rischiano di essere completamente privatizzati e snaturati. Per quanto riguarda l'ambiente le regole Usa sono molto meno vincolanti: non esiste la carbon tax e le aziende potranno contrapporre la loro aspettativa di guadagno alla difesa della salute attuata dagli Stati. Emblematico – nell'ambito del trattato di libero commercio tra Usa e Canada (Nafta) – che lo stato del Quebec – che ha votato una moratoria sull'estrazione dello shale gas in nome della difesa della salute della popolazione – sia stato portato di fronte al tribunale arbitrale del Nafta dalle industrie Usa del settore, a causa della perdita di potenziale guadagno derivante dalla sua decisione»;
   dal sito della Campagna – «Stop TTIP» http://stop-ttip-italia.net/ in data 13 marzo 2014 si pubblica il seguente appello – «STOP TTIP ! I movimenti europei a Bruxelles danno il benvenuto ai negoziatori Usa e Ue “nel comunicato si spiegano le ragioni della campagna di mobilitazione internazionale contro l'accordo fra Europa ed America” Il TTIP viene spacciato come una delle più efficaci soluzioni possibili alla crisi economica che ci attanaglia, ma si risolverebbe nell'ennesimo taglio ai servizi pubblici per compensare le perdite della finanza e della speculazione. Anche le valutazioni d'impatto condotte dalla stessa Commissione dimostrano che al massimo il TTIP porterebbe a una crescita dell'0,05 per cento del PIL europeo, a fronte dell'ennesima ondata di liberalizzazione ma, quello che è più grave, ad un azzeramento progressivo degli standard di qualità e di sicurezza dei nostri prodotti agricoli, alimentari, industriali, chimici, della sicurezza sul lavoro, e quindi delle regole e garanzie che democraticamente nazioni e territori hanno conquistato, che vengono liquidati in queste trattative come semplici ostacoli al commercio di cui liberarsi. Per negoziare indisturbati e senza consentire repliche ai cittadini, per di più, i testi legali in discussione sono sottoposti al segreto commerciale, e dunque non disponibili alla lettura nemmeno ai Parlamentari europei regolarmente eletti. Per questo movimenti sociali, associazioni, organizzazioni contadine e sindacati d'Europa e d'America si sono dati appuntamento a Bruxelles per sviluppare una strategia comune, mentre in contemporanea in Italia parte la Campagna STOP TTIP ITALIA promossa da una larga rete di associazioni, organizzazioni sociali, sindacati, comitati» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati e quali azioni intendano intraprendere;
   se considerata la portata dei cambiamenti economici e sociali che il transatlantic trade and investment partnership comporterà, non reputino opportuno fare proprie le istanze della campagna internazionale «STOP TTIP», in modo tale che il nostro paese si faccia promotore in sede europea della richiesta di accesso ai testi legali in discussione che attualmente sono sottoposti al segreto commerciale e quindi non disponibili;
   se, considerata la nostra economia agricola basata sulla biodiversità, non reputino opportuno introdurre nella discussione in seno ai negoziati, clausole volte a tutelare i prodotti «Made in Italy»;
   se, considerato il grave momento di crisi economica e la specificità del contesto italiano, non reputino opportuno introdurre nella discussione, in seno ai negoziati, politiche utili a tutelare il nostro Pil e di conseguenza utili alla ripresa della crescita occupazionale;
   se non reputino opportuno chiarire in che modo l'Italia abbia contribuito alle vari fasi della negoziazione circa questo accordo e se non reputino opportuno lo svilupparsi di una maggiore campagna di informazione sia presso la società civile sia fornendo ogni elemento utile al Parlamento.
(2-00482) «Zaccagnini, Catalano, Tacconi, Labriola, Furnari».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI, CARRESCIA, LODOLINI, MARCHETTI e PETRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   una delle proposte per la revisione della spesa pubblica, presentate dal commissario ad hoc, Carlo Cottarelli e recentemente illustrate in un'audizione al Senato, è la chiusura di alcune sedi regionali della Rai, considerate superflue;
   i suddetti tagli sarebbero giustificati dal fatto che negli ultimi anni la Rai ha avuto perdite significative, sta incrementando un piano di rientro molto importante che darà già risultati nel 2014, fondamentalmente pareggiando i conti, ma un risparmio ulteriore sarebbe auspicabile e tra l'altro possibile, in quanto la Rai potrebbe coprire l'informazione regionale anche senza avere sedi;
   tale soluzione ha trovato consensi in quanti ritengono che nel corso degli anni le sedi locali siano diventate fonte di sprechi, sia per gli immobili occupati che per la mole di giornalisti ed operatori di settore coinvolti, a discapito della qualità dell'informazione prodotta;
   immediata è stata invece la netta opposizione del sindacato dei giornalisti Rai, che ha definito tale manovra grave ed approssimativa, sottolineando al tempo stesso, che le redazioni regionali della Rai sono un pilastro del servizio pubblico, indispensabile per fare informazione di prossimità, da e per il territorio;
   la notizia ha messo in allerta non solo gli operatori di settore coinvolti, ma anche le autorità politiche locali che percepiscono tale ipotizzata chiusura come un'ulteriore riduzione dei servizi resi ai cittadini sul territorio, nonché fonte di destabilizzazione per bacini territoriali alle prese con già notevoli difficoltà economico-sociali;
   il 25 marzo 2014 l'Assemblea legislativa della regione Marche, ha approvato una mozione sul servizio pubblico radio/televisivo che: «impegna il Presidente della Giunta Regionale ad intervenire in ogni sede ed in particolare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri affinché più significativi investimenti vengano indirizzati verso l'articolazione regionale della Rai, che deve continuare ad essere articolata in ogni singola Regione o Provincia autonoma; affinché sia invertita quella politica di austerità che finora la Rai ha indirizzato soprattutto verso le sue articolazioni regionali; affinché, anche alla luce del varo della Macroregione Adriatico Ionica da parte dell'Unione europea, la sede Rai di Ancona venga finalmente valorizzata, riconoscendole un ruolo adeguato anche all'interno dei palinsesti Rai nazionali televisivi e radiofonici»;
   la presenza di una sede Rai in ogni regione o provincia autonoma è prevista dalla legge n. 112 del 2004, meglio nota come «legge Gasparri», per cui un'eventuale modifica presupporrebbe un intervento di natura legislativa;
   l'informazione pubblica regionale, secondo un modello in vigore anche in altri Paesi europei, svolge un ruolo insostituibile come legante culturale, identitario e storico tra i singoli territori ed il sistema Paese nel suo complesso, garantendo un'informazione ampia e plurale;
   nelle Marche infatti, così come in tanti altri territori, l'informazione pubblica ha sempre goduto e continua a godere di eccellenti livelli di ascolto, con medie annue attorno al 20 per cento di share, equivalenti a circa 100/120.000 ascoltatori per ogni edizione;
   le sedi regionali sono depositarie di corposi archivi e teche audio video, che nel caso delle Marche raggiungono il livello di circa 10.000 ore di immagini e documenti sonori, costituendo così un patrimonio essenziale e irrinunciabile da valorizzare;
   seppure la Rai decidesse di cancellare qualche sede regionale giornalistica o di produzione lo Stato non ne ricaverebbe un beneficio economico, dato che non elargendo esso finanziamenti diretti alla Rai, l'eventuale risparmio non andrebbe a risanare i conti pubblici, ma solo quelli di viale Mazzini –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla proposta di revisione della spesa del commissario Cottarelli descritta in premessa e se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, evitare la chiusura delle sedi regionali, che non sembra apportare alcun beneficio diretto alle casse dello Stato, ma piuttosto viene percepita con una soluzione poco fruttuosa per un intervento di riduzione della spesa pubblica. (5-02515)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è ormai a tutti noto il dissesto ed il degrado in cui versa l'autostrada E45, vera e propria spina dorsale degli Appennini tra l'area tirrenica e quella adriatica, nonostante i lavori in corso perenni per i quali recentemente le Forze dell'ordine hanno scoperto l'impiego di 15 lavoratori in nero, oltre a gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro;
   cambi di corsia, segnaletica inesistente, buche e avvallamenti sono una costante che mina la sicurezza degli utenti, danneggia i veicoli e l'immagine delle regioni e degli enti locali i cui territori sono attraversati;
   la deliberazione CIPE n. 121/2001 relativa al 1° programma delle infrastrutture strategiche ha previsto l'intervento di riqualificazione della E45 con trasformazione in autostrada; tale intervento è stato riproposto dalla deliberazione CIPE n. 130/2006;
   l'intervento, che si estende per circa 396 chilometri, interessa 5 regioni, 11 province e 48 comuni e che prevede lungo il suo tracciato la messa in sicurezza della E 45 e la messa in sicurezza della Romea, adotta uno schema di partenariato pubblico privato in cui per la prima volta il contributo pubblico non assume forma di erogazione diretta ma di defiscalizzazione ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 183 del 2011 e della delibera CIPE n. 1 del 2013;
   l'articolo 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 dispone che gli interventi previsti dal programma devono essere ricompresi in un'intesa generale quadro avente validità pluriennale tra il Governo e ogni singola regione al fine del congiunto coordinamento e realizzazione delle opere;
   il predetto progetto è stato incluso nell'intesa generale quadro sottoscritta tra regione Umbria e Governo del 24 ottobre 2002 e confermato nell'atto integrativo all'intesa generale quadro dell'11 novembre 2004 nonché nel secondo atto integrativo del 1° agosto 2008;
   il decimo allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza, redatto ai sensi della legge n. 39 del 2011, che rappresenta il quadro programmatico di riferimento delle azioni che lo Stato intende portare avanti nel triennio, ha confermato tale asse viario tra le infrastrutture strategiche e l'opera risulta da tempo ricompresa nel programma delle infrastrutture strategiche ai sensi della legge n. 443 del 2001;
   l'approvazione del progetto preliminare e la valutazione della proposta del soggetto promotore, dopo aver ottenuto il parere favorevole delle regioni interessate, sono state più volte sottoposte all'approvazione del CIPE senza che lo stesso si sia definitivamente pronunciato nel merito –:
   in attesa della definitiva approvazione del progetto, quali provvedimenti si ritenga di poter mettere in atto, per mezzo della società ANAS spa, per garantire standard manutentivi adeguati lungo l'intero tracciato in considerazione delle attuali condizioni di grave deterioramento del manto stradale e dell'importante flusso viario. (4-04269)


   GULLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le forze dell'ordine, in particolare, attraverso la loro azione di controllo del territorio, svolgono una funzione essenziale ai fini di salvaguardia e di protezione dei cittadini, nonché di prevenzione dei reati;
   la polizia stradale svolge un essenziale ruolo di vigilanza sulle autostrade a tutela dei cittadini;
   da notizie di stampa e da un comunicato della CGIL si apprende che dal 26 marzo 2014 le pattuglie della polizia stradale di Sant'Agata di Militello «non effettuano più, salvo emergenze, servizi in ambito autostradale nel tratto di competenza che va dal Santo Stefano di Camastra a Patti»;
   il problema scaturirebbe dal presunto mancato pagamento da parte del CAS delle fatture emesse dai distributori per la fornitura del carburante alle autovetture di polizia che espletano servizio di vigilanza in quel tratto autostradale;
   le forze di polizia avrebbero già da tempo segnalato la difficile situazione –:
   quali iniziative urgenti si intendano assumere per:
    a) verificare la veridicità delle notizie relative al fatto che dal 26 marzo 2014 le pattuglie della polizia stradale di Sant'Agata di Militello «non effettuano più, salvo emergenze, servizi in ambito autostradale nel tratto di competenza che va dal Santo Stefano di Camastra a Patti»;
    b) eliminare gli inconvenienti del caso a tutela dei cittadini e della possibilità di espletamento delle loro funzioni da parte della polizia stradale. (4-04273)


   DANIELE FARINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, istituito in data 20 giugno 2008 e diretto dal dottor Giovanni Serpelloni, ha il compito di promuovere, indirizzare e coordinare le azioni di Governo atte a contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate;
   le azioni di governo, come tendenzialmente anche le scelte del Parlamento, si basano soprattutto sul monitoraggio e l'analisi del fenomeno e della sua evoluzione negli anni; il dipartimento citato è infatti tenuto a presentare una relazione annuale al Parlamento su «Uso di sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze in Italia», il più rilevante strumento conoscitivo sulla materia a disposizione dei parlamentari, che dovrebbe consentire di valutare l'efficacia delle leggi sugli stupefacenti;
   nella relazione del 2012 vengono illustrati i dati sui consumi emersi dalle indagini sulla popolazione generale GPS-ITA2012 e sulla popolazione studentesca SPS-ITA2012 realizzate dal CUEIM (Consorzio universitario di economia industriale e manageriale), come da convenzione siglata in data 10 ottobre 2011, per un importo pari a euro 237.000,00;
   tali indagini possono definirsi, a parere dell'interrogante, senza dubbio un inutile duplicato di quelle IPSAD® (Italian population survey on alcohol and other drugs) ed ESPAD-ITALIA® (European school survey project on alcohol and other drugs) sull'uso di alcol e sostanze psicoattive, regolarmente svolte dall'istituto di fisiologia clinica del CNR sulla base degli indicatori standard richiesti dall'Osservatorio Europeo sulle Droghe e Tossicodipendenze. Queste godono di ampio e consolidato riconoscimento in ambito nazionale ed internazionale, tanto che nella stessa convenzione siglata tra DPA e CUEIM si riferisce che «già dagli inizi degli anni 2000 in Italia vengono condotti studi sul consumo di stupefacenti nella popolazione generale (15-64) e nella popolazione scolastica (15-19 anni)»;
   non appaiono chiare le motivazioni della scelta del contraente CUEIM effettuata intuitu personae, come si legge nella convenzione, non preceduta da bandi di gara, ma con una negoziazione privata senza comparazioni con altre possibili offerte. Non trattandosi di un ente pubblico, in realtà, la scelta diretta del contraente e la stipula di un «accordo tra pubbliche amministrazioni» ai sensi della legge 241/1990 (come risulta dalla pagina web dello stesso dipartimento politiche antidroga non sembra adeguata, considerato che:
    a) la natura di «consorzio» del CUEIM, che non può certo definirsi «ente pubblico» (come evidente ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, richiamato nella pagina web del CUEIM in merito al codice etico), essendo composto non solo da università, ma anche da banche, società di assicurazioni e altre società di consulenza;
    b) i centri di interesse dichiarati dal CUEIM, come risultano dalla pagina web dello stesso e da quanto dichiarato all'Unione europea alla pagina risultano essere soprattutto quelli di natura economica e manageriale. Non risulta, infatti, che il CUEIM abbia una esperienza pregressa nel settore delle dipendenze patologiche o delle analisi epidemiologiche, paragonabile, ad esempio, a quella di un ente pubblico di ricerca che opera da decenni nel settore delle dipendenze patologiche, quale è l'IFC – CNR;
   tra i soci sostenitori del CUEIM, con sede a Verona, peraltro figura l'azienda ULSS 20 dalla quale proviene il dott. Giovanni Serpelloni che, come già sottolineato in una precedente interrogazione presentata dall'interrogante (4-00238) è già stato incaricato di realizzare altri progetti per il DPA (Nnindac 2011) per un valore di due milioni e 150 mila euro;
   di recente, inoltre, il DPA e il suo direttore sono stati nuovamente oggetto di critiche sulla attendibilità dei dati: in un articolo apparso in data 8 gennaio 2014 sulla pagina web «Inchieste» del quotidiano «La Repubblica» a firma di Giulia Paravicini, si riportano due accuse mosse al dott. Serpelloni: «quella di manipolare i dati sui consumi e quella di dare valore scientifico a considerazioni che con la medicina non hanno niente a che fare». Rispetto alla prima questione, la giornalista riferiva di un inciso che il Ministro Riccardi (all'epoca titolare della delega al contrasto delle tossicodipendenze) avrebbe imposto di aggiungere alla relazione concernente la «non validità statistica del dato». Inoltre, la giornalista fa riferimento ad ulteriori critiche all’ operato del dott. Serpelloni, riferendole don Armando Zappolini, presidente del CNCA (Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza) e al ricercatore Riccardo Ricci. In sostegno della tesi che il DPA manipoli i dati sono richiamate le indagini svolte dal CNR e dall'università di Tor Vergata;
   in data 14 gennaio 2014, è intervenuta la replica del Dr. Serpelloni, pubblicata sulla medesima pagina web, nella quale dichiara che l'inciso alla relazione al Parlamento (relativo alla non validità statistica del dato) fu da lui stesso inserito fin dall'inizio rispetto al tasso di risposta alle indagini (pari al 33,4 per cento) che rendeva tale dato «difficilmente rappresentativo dell'universo statistico»; che, in ogni caso, i dati del DPA sono «praticamente sovrapponibili» a quelli del CNR; che l'accusa della giornalista si fonda su «affermazioni di persone, alcune delle quali, successivamente interpellate, mi hanno rilasciato dichiarazione scritta di non aver fornito dichiarazioni negative sul mio conto, così come invece si è voluto lasciare intendere dal tono generale dell'articolo in questione»;
   l'inciso non compare nelle precedenti edizioni della relazione al Parlamento, ma solo in quella del 2012, presentata, dal Ministro pro tempore Riccardi, anche con ampio ritardo rispetto agli altri anni –:
   di quali informazioni disponga, alla luce degli atti depositati con riferimento alle affermazioni illustrate in premessa;
   se risultino le motivazioni relative alla scelta di realizzare un duplicato di indagini già consolidate, con un inutile dispendio di risorse, e di incaricarne il CUEIM, organismo privato che non presenta quella unicità di esperienza e professionalità che ne giustifichi un affidamento diretto, intuitu personae;
   se, in ordine alla questione evidenziata in permessa, sulla manipolazione dei dati, non ritenga di dover rendere disponibili i database realizzati nel corso delle indagini illustrate in premessa per poterle confrontare con gli altri già esistenti, oltre che con le dichiarazioni scritte di cui riferisce il dott. Serpelloni;
   se non ritenga necessario che venga fatta chiarezza sulle posizioni del dipartimento politiche antidroga già oggetto di attenzione anche in altri atti di sindacato ispettivo a firma dell'interrogante.
(4-04278)

AFFARI REGIONALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   BARBANTI, CANCELLERI, PISANO, PESCO, RUOCCO e VILLAROSA. — Al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   il presidente della regione Calabria Giuseppe Scopelliti è stato condannato in primo grado a 6 anni di reclusione per abuso d'ufficio e falso in atto pubblico e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici;
   ai sensi della normativa vigente – decreto legislativo n. 235 del 2012 – Giuseppe Scopelliti deve essere sospeso dalla carica, con una procedura che coinvolge le competenze di diversi organi istituzionali e necessariamente richiede i caratteri della tempestività;
   al contempo, dagli organi della stampa si apprendono dichiarazioni quasi contemporanee di Giuseppe Scopelliti in ordine alle sue dimissioni, annunciate e poi ritirate, soluzione che, pur nella sua legittimità, aprirebbe scenari ravvicinati completamente diversi;
   presso il consiglio regionale della Calabria è in corso di approvazione la dovuta e necessaria, a termini di legge, modifica dello statuto, in particolare per quanto riguarda il numero dei consiglieri che devono essere ridotti, e la conseguente definizione di una nuova legge elettorale; pertanto, sotto questo profilo, al momento vige un vuoto normativo e una situazione di incertezza e stallo al suo più alto livello istituzionale che non può che nuocere alla regione, così come non concludere le procedure di modifica in corso priverebbe l'eventuale tornata elettorale di regole certe e trasparenti –:
   quando ritenga che la procedura di sospensione possa giungere a compimento ed essere notificata al consiglio regionale per l'adozione dei conseguenti adempimenti di legge. (3-00722)


   CAUSI, BARGERO, BONIFAZI, CAPOZZOLO, CARBONE, CARELLA, COLANINNO, DE MARIA, DE MENECH, MARCO DI MAIO, MARCO DI STEFANO, FRAGOMELI, FREGOLENT, GINATO, GUTGELD, LODOLINI, MORETTO, PELILLO, PETRINI, RIBAUDO, ROSTAN, SANGA, MARTELLA, ROSATO e CAPODICASA. — Al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 517, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) introduce la possibilità per le regioni a statuto speciale e le regioni a statuto ordinario, con accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, di scambiarsi spazi finanziari, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica definiti complessivamente;
   in particolare, la norma dispone che con il succitato accordo, entro il 30 giugno 2014, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano possono cedere alle regioni a statuto ordinario spazi finanziari nell'ambito del patto di stabilità interno ovvero le somme ad esse dovute per gli anni 2012 e 2013 per effetto dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale 31 ottobre 2012, n. 241, mentre le regioni a statuto ordinario possono cedere spazi finanziari nell'ambito del patto di stabilità interno a favore delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano –:
   se sia stata richiesta, e in caso affermativo da parte di quali regioni, l'attivazione delle procedure di cui al citato articolo 1, comma 517, della legge 27 dicembre 2013. (3-00723)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   negli ultimi tempi la provincia di Brescia è tristemente assurta all'onore delle cronache nazionali – dalla trasmissione di Rai Tre Presa Diretta, ai quotidiani La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, solo per citare i più recenti – per numerosi casi di allarmi ambientali legati alle attività delle ecomafie: dai ritrovamenti di discariche abusive di rifiuti pericolosi seppelliti sotto il manto stradale della A4, alle cave trasformate in discariche illegali, agli impianti per lo smaltimento di rifiuti pericolosi chiusi e abbandonati con la loro pesante eredità sul territorio tanto da essere definita dai media la «Terra dei Fuochi del Nord» per le evidenti similitudini e connessioni con il tristemente famoso territorio posto tra le province di Caserta e Napoli;
   si tratta di un fenomeno di particolare gravità, che come emerso nelle tante indagini portate avanti negli anni dalle forze dell'ordine e dalle relazioni parlamentari della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, ha riguardato con tutta evidenza non solo le regioni del sud d'Italia, ma anche molte regioni del nord, Lombardia compresa, dove l'attività delle organizzazioni criminali ha trovato terreno fertile nell'alleanza con imprenditori senza scrupoli che hanno minato il futuro dell'ambiente e della salute dei cittadini;
   lo stesso Rapporto Ecomafia 2013 di Legambiente evidenzia come la Lombardia detenga tra le regioni del nord il triste record di presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso nel ciclo dei rifiuti speciali e pericolosi, che da soli ammontano all'80 per cento di tutti i rifiuti che transitano in Lombardia;
   secondo la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti infatti, dal 2001, anno nel quale è stato introdotto nell'ordinamento italiano il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, nella sola provincia di Milano si sono svolte circa il 10 per cento di tutte le inchieste italiane nel settore;
   tali inchieste sono state e sono fondamentali nel testimoniare la presenza diffusa nelle regioni del Nord della ’ndrangheta calabrese, che nel ciclo illegale dei rifiuti speciali e pericolosi, soprattutto quelli tossici (nella provincia di Milano e di Brescia esistono ad esempio numerose industrie dismesse e siti in cui per decenni sono stati smaltiti illegalmente rifiuti e scorie), sembra trovare oggi i propri maggiori profitti;
   in particolare, sempre secondo la Commissione parlamentare di inchiesta, i reati più gravi relativi al ciclo illegale dei rifiuti vengono commessi in Lombardia mediante la gestione diretta dei lavori di «movimento terra» nei cantieri pubblici e privati (attraverso lo sbancamento, il trasporto del materiale e il riempimento dei vari lotti). La ’ndrangheta, controllando gli appalti su tutto il territorio regionale, gestisce non solo lo smaltimento illegale, ma anche il traffico illecito dei rifiuti grazie alla disponibilità dei camion e dei mezzi utilizzati per il trasporto nei cantieri. Il 2012 e l'inizio del 2013 hanno visto l'avvicendarsi di alcune significative inchieste, dalla provincia di Brescia a quella di Cremona, che hanno come filo conduttore il trasporto e il trattamento di rifiuti al di fuori delle leggi, attraverso la realizzazione di discariche abusive per lo smaltimento illecito, spesso accompagnati da gravi episodi di corruzione;
   anche la presidente della corte d'appello di Brescia Graziana Campanato, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, ha citato con preoccupazione l'infiltrazione ormai diffusa in tutta la regione delle ecomafie del ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento al traffico illecito: «In questo territorio – ha ricordato la Presidente – risulta che il sottofondo delle nostre strade è formato con rifiuti che sono altamente tossici. Non sono reati che vanno a colpire solo determinati settori, incidono sulla nostra salute, sulla nostra vita, sono tanto e più gravi di quelli contro il patrimonio»;
   la provincia di Brescia, insieme a Milano, sia tra le province lombarde presa più di mira dalle ecomafie emerge anche dall'intensa attività di contrasto svolta nell'ultimo anno. Grazie alle operazioni che hanno condotto a procedimenti a carico di imprenditori lombardi, si è accertato che la maggioranza dei reati collegabili al ciclo dei rifiuti riguarda lo sversamento degli stessi in discariche abusive e il tombamento in terreni privati, cave o terrapieni, in prossimità degli svincoli delle tangenziali. Spesso si tratta di cave trasformate in discariche completamente al di fuori della normativa sui rifiuti speciali; si pensi ad esempio alle discariche abusive di Ospitaletto e Travagliato in provincia di Brescia, scoperte nei primi mesi del 2013 dalla magistratura;
   fra le più significative indagini condotte nell'ultimo anno dai carabinieri del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia troviamo il sequestro nel febbraio 2013 di un'area di circa 40mila metri quadri a Cignone, frazione di Corte de’ Cortesi, a pochi chilometri da Cremona, nella quale sono stati rinvenuti 60mila metri cubi di materiale inquinante. L'insediamento produttivo coinvolge tre aziende del settore edilizio, due del cremonese – di fatto gestite da personaggi calabresi vicini alla ’ndrangheta – e una del bresciano, che hanno per anni sistematicamente eluso le norme sullo smaltimento dei rifiuti speciali, tra cui anche l'amianto, ammassando illecitamente cumuli alti fino a 4 metri, nonostante fossero già state emesse ordinanze di sequestro. Sempre il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia ha sequestrato a marzo del 2013 un'area di 300 mila metri quadrati, a cavallo tra i comuni di Ospitaletto e Travagliato, nel Bresciano, trasformata in una maxi discarica abusiva di rifiuti pericolosi, scorie di lavorazione dell'acciaio e rifiuti speciali sul cui terreno venivano coltivate derrate destinate all'alimentazione animale mettendo in grave pericolo la salute pubblica per la possibile contaminazione della catena alimentare da inquinamento ambientale. Un'area di veleni a pochi passi dal nuovo tracciato della linea ferroviaria dell'Alta Velocità, scoperta durante i lavori di costruzione lungo una parte del perimetro dell'area;
   la sola provincia di Brescia, conta la presenza di numerose attività industriali ed agricole dal notevole potenziale inquinante ed in particolare ben 187 aziende IPPC (integrated pollution prevention and control) nel settore industriale, 217 aziende IPPC nel settore agricolo, 20 aziende a rischio di incidente rilevante (soggette a notifica) e 20 aziende a rischio di incidente rilevante (soggette a rapporto di sicurezza) e nella sua provincia la più alta densità di impianti di smaltimento rifiuti pericolosi e non; inoltre nell'Ovest bresciano, nell'area compresa tra Castegnato, Ospitaletto, Passirano e Paderno, Legambiente ha censito 21 discariche dismesse: il cratere di 22 ettari della Bosco Sella (5 milioni di metri cubi di rifiuti dell'ex Asm) i siti Pianera e Pianerino (contenenti il pcb della Caffaro), Codenotti, Gervasoni, Bettoni, Arici e Bonara, la Vallosa a Passirano, la Del Bono e la Gottardi a Ospitaletto, a Sorelle Vianelli a Paderno. Naturalmente si tratta di siti che attendono di essere bonificati, con costi altissimi sotto il profilo sociale, ambientale e naturalmente economico;
   in questo scenario oltremodo preoccupante e dove sarebbe necessario da parte delle forze dell'ordine un monitoraggio costante, sia per contrastare nuovi crimini sia per indagare su quanto avvenuto nel passato, desta particolare sconcerto che attualmente il personale in forza ai carabinieri del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia possa notoriamente contare su sole due/tre unità operative. Una quantità al personale del tutto esigua per più di una ragione: per la criticità della situazione che via via sta emergendo sul territorio; per la vastità dell'area di competenza di quel Nucleo che comprende, oltre alla provincia di Brescia, anche quelle di Bergamo, Mantova e Cremona; per la molteplicità dei ruoli che gli stessi carabinieri del Noe di Milano e Brescia si trovano a dover ricoprire, dal momento che per disposizione regionale i tecnici dell'Arpa della Lombardia, dal 1o febbraio 2011, hanno perso la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria cosicché ogni accertamento dell'Arpa delegato dalla magistratura o comunque di rilevanza penale, deve necessariamente essere integrato e supportato dalla presenza dei carabinieri del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente aventi tale qualifica, attività questa dispendiosa per il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente alla luce delle scarsissime risorse umane di cui dispongono; l'Arpa di Milano e Brescia hanno altresì visto nel corso del corrente anno il potenziamento di un consistente numero di unità di personale, tale potenziamento tuttavia, se non verrà affiancato da un sufficiente numero di militari del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente aventi qualifica di ufficiali di P.G., per i motivi anzidetti, risulterebbe un provvedimento del tutto effimero e di scarsa efficacia; per l'entrata in vigore del Sistri che vedrà anche il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Milano e Brescia impiegati in prima linea nel controllo del sistema di gestione dei rifiuti nelle aziende;
   inoltre una struttura così esigua, come quella del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia, che già fatica a seguire l'ordinario e che, nonostante tutto, ha continuato fino ad ora ad assicurare ad apprezzabili livelli la propria attività solo grazie allo strenuo sacrificio e senso di responsabilità del personale, appare a maggior ragione inadeguata, in termini di risorse umane, anche in vista dell'Expo 2015, momento in cui i riflettori di tutto il mondo si rivolgeranno verso il nostro Paese e dove, come dimostrano alcune indagini già in corso si stanno attivando gli appetiti delle organizzazioni criminali –:
   se non intendano attivare le misure necessarie per incrementare nell'immediato il numero del personale in forza al comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Milano ma soprattutto del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente di Brescia che presenta un gravissimo deficit numerico di personale e che opera, come è del tutto evidente, in un territorio complesso, già segnato da numerosi casi di emergenze ambientali e dove sarebbe necessario incrementare l'azione di indagine e di contrasto da parte delle forze dell'ordine;
   se il Governo non ritenga opportuno provvedere, anche attraverso ulteriori stanziamenti, all'innalzamento del monte ore individuale del personale, anche per il futuro, affinché parte delle risorse gestite dalle prefetture di Milano e Brescia siano rispettivamente destinate alla copertura di eventuali ore di straordinario prestate e non retribuite se pur impiegate nell'azione di contrasto della criminalità in materia ambientale per il conseguimento delle finalità generali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica;
   se non intenda, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attivare sul territorio bresciano una speciale cabina di regia che comprenda la visione globale sulle diverse province sopracitate in modo da procedere a controlli urgenti e immediati per verificare l'entità e la diffusione della presenza delle situazioni più critiche ai fini di tutelare la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente e di verificare la fattibilità di una immediata bonifica.
(2-00478) «Cominelli, Cinzia Maria Fontana, Carra, Misiani, Sberna, Carnevali, Berlinghieri, Lacquaniti, Galperti, Casati, Bazoli, Giuditta Pini, Rampi, Montroni, Gribaudo, Giuseppe Guerini, Manzi, Mauri, Bratti, Mariani, Chaouki, Narduolo, Sanga, Rotta, Preziosi, Bruno Bossio, Naccarato, Pastorino, Pierdomenico Martino, Murer, Manfredi, Giuliani».

Interrogazioni a risposta immediata:


   CAUSIN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   situata nel Delta del Po la Centrale di Porto Tolle, di proprietà di Enel S.p.a, è uno dei più grandi impianti in Europa per produzione di energia elettrica. Divisa in quattro gruppi da 660 megawatt l'uno, può generare circa l'8 per cento del fabbisogno italiano di energia elettrica. Il passaggio da gasolio a carbone è iniziato otto anni fa ed è stato ostacolato da associazioni ambientaliste e da comitati cittadini;
   la ragione Veneto e il presidente Zaia hanno invece ribadito la ferma volontà a proseguire col progetto pro carbone presentato da Enel che permetterebbe di dare lavoro a 3500 persone con l'impegno di qualche miliardo di euro, dando così uno sbocco a molte imprese locali;
   la procedura di impatto ambientale che prevedeva la conversione a carbone dell'impianto è stata fermata dal Consiglio di Stato che ha annullato il decreto di valutazione di impatto ambientale, imponendo che, in sede della nuova valutazione di impatto ambientale, si dovesse effettuare una valutazione comparativa fra il progetto sottoposto a procedura e le possibili alternative: prima di tutte il gas metano perché a pochi metri dalla centrale di Porto Tolle sorge il più grande terminale gasifero off shore del mondo;
   il destino di questa centrale termoelettrica è tutto appeso al progetto di riconversione, che dovrebbe sostituire i quattro gruppi di generazione alimentati a olio combustibile con tre unità a carbone, più moderne e meno inquinanti, passando da oltre 2.600 megawatt di potenza installata a 1.980 megawatt. C’è in ballo un investimento complessivo pari a due miliardi e mezzo di euro, finora bloccato dalle «peripezie» burocratiche degli ultimi anni. Come ha confermato Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, «continuiamo a credere in questo progetto, però ci sono tre ostacoli: la mancanza delle autorizzazioni, la magistratura di Rovigo che indaga e le condizioni di mercato». In un incontro con il governatore del Veneto, Luca Zaia, il ministro pro tempore Zanonato aveva dichiarato di voler esaminare la pratica di Porto Tolle: «Se il Veneto raggiunge l'autonomia energetica è un vantaggio per tutti», sono state le sue parole. Lasciando chiaramente intendere che il carbone è un'opzione tutt'altro che remota –:
   quali iniziative di competenza ritenga opportuno assumere al fine di accelerare il processo di riconversione per permettere alla centrale di funzionare e soprattutto per garantire un futuro a molte famiglie. (3-00724)


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il sito industriale di Bussi (Pescara) attualmente di proprietà della Solvay, con tutta l'area circostante, è una discarica di veleni prodotti in oltre un secolo dalla storia industriale di questo polo chimico nato agli inizi del novecento e che sino a pochi anni fa occupava oltre mille lavoratori;
   per la bonifica di questo sito inquinato sinora sono stati stanziati solo 50 milioni di euro nel quadro di un processo contemporaneo di reindustrializzazione; il commissario per la bonifica dell'asta fluviale Aterno-Pescara, che attraversa questo sito inquinato, ha sinora prodotto alcuni interventi parziali, prima con il «cupping» (il telo con il quale si è coperta l'area della discarica per impedire infiltrazioni delle acque meteoriche e il trascinamento di inquinanti negli strati sottostanti), poi coi diaframmi metallici lungo la sponda sinistra del fiume Pescara per cercare di isolarlo dal sito inquinato ed affrancarlo dai contatti superficiali con il terreno inquinato;
   il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, impone il risanamento ambientale del sito industriale e delle aree limitrofe al fine di garantire condizioni di sicurezza della salute dei cittadini che vivono nella Val Pescara, da Bussi a Pescara a Chieti; forte è l'allarme sociale nella popolazione della Val Pescara e di Pescara per l'inquinamento della stessa acqua potabile a seguito dei dati resi noti dall'Istituto superiore della sanità sino al 2007 –:
   quali iniziative intenda assumere per la bonifica del sito inquinato di Bussi stanziando fondi adeguati, quale sia lo stato degli interventi sinora eseguiti dal commissario Goio e quale sia lo stato dei progetti di reindustrializzazione del sito di Bussi. (3-00725)


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la fragilità del territorio italiano è ormai un dato conclamato: il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sul finire della scorsa legislatura, ha chiarito come il 10 per cento circa del territorio nazionale presenti elevate criticità idrogeologiche, e come l'89 per cento dei comuni sia soggetto a rischio idrogeologico;
   gli eventi alluvionali che hanno colpito, anche in questi ultimi mesi, diverse parti del territorio nazionale dimostrano quanto il problema del dissesto idrogeologico necessiti, non di rimedi puntuali e contingenti, ma di una soluzione «di sistema», coordinata fra i vari livelli istituzionali, in grado di garantire ai territori, e alle popolazioni che li abitano, una tutela finalmente adeguata;
   ad oggi, invece, manca un vero coordinamento delle azioni di difesa del suolo e di gestione delle risorse idriche: le profonde incertezze sulle competenze e sulle responsabilità in materia di pianificazione territoriale e di tutela delle risorse ambientali, come il mancato adeguamento a buona parte delle direttive europee intervenute sul punto, delineano una situazione non più tollerabile;
   a fronte della fragilità del territorio più volte denunciata si continua a costruire in tutto il Paese in modo disordinato e al di fuori delle regole, con pesanti ripercussioni sui delicati equilibri dell'ecosistema, ambientali e territoriali e appare pertanto quanto mai necessario e opportuno reprimere ogni forma di abusivismo edilizio incrementando e accelerando le procedure anche di tipo demolitorio dei manufatti illegalmente realizzati, idonee a ripristinare detti equilibri;
   la tutela e la sicurezza del territorio italiano rappresentano un interesse prioritario della collettività: in particolar modo, la manutenzione preventiva, e dunque sistemica tanto del patrimonio forestale «a monte», attraverso l'incentivazione della nuova selvicoltura appunto «sistemica», quanto degli alvei dei corsi d'acqua «a valle», è divenuta oggi una vera e propria questione nazionale, la cui positiva risoluzione necessita evidentemente di una regia unica –:
   se non ritenga opportuno promuovere azioni di verifica, aggiornamento e gestione di piani di manutenzione degli alvei fluviali, attraverso le coordinate suindicate, finalizzate alla prevenzione di eventi calamitosi e alla neutralizzazione dei relativi fattori di rischio. (3-00726)


   VELLA e PALESE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il rapporto «Terra e sviluppo» del Consiglio nazionale dei geologi, elaborato con la collaborazione del Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato (Cresme), descrive un'Italia vulnerabile, dal territorio fragile, esposta alle calamità ambientali, oltre la misura di quel che è fisiologicamente ammissibile;
   il 40 per cento della popolazione vive in aree ad alta sismicità con un rischio tellurico elevato per 6,3 milioni di edifici, 12,5 milioni di abitazioni private e circa 6 milioni di persone che abitano in aree ad elevato rischio idrogeologico e nei 30.000 chilometri quadrati del territorio sono ad altissimo rischio per eventi naturali, quali frane ed alluvioni;
   i dati sono confermati dal primo rapporto Ance/Cresme «Lo stato del territorio italiano 2012», laddove si evidenzia che l'Italia è considerato un Paese a sismicità medio-alta: in media ogni 100 anni si verificano più di 100 terremoti di magnitudo compresa tra 5,0 e 6,0 e dai 5 ai 10 terremoti di magnitudo superiore a 6,0. Le aree più interessate dal fenomeno si trovano lungo l'intero arco appenninico, nella parte orientale delle Alpi e in corrispondenza delle aree vulcaniche;
   gli oneri del dissesto e dei terremoti, dal dopoguerra ad oggi, sono stimati in 213 miliardi di euro e il meccanismo di spesa per le calamità naturali è fortemente distorto: nel periodo 1991-2008 per la mitigazione del rischio idrogeologico sono stati impiegati 7,3 miliardi di euro, poco più di 400 milioni di euro l'anno;
   nel novembre 2009 il Governo ha presentato alle Camere i dati sui rischio idrogeologico attuale, le stime per gli interventi di messa in sicurezza e le procedure, anche straordinarie, per attivare gli interventi, a cominciare da quelle pluriennali previste dal piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico e il fabbisogno necessario per la realizzazione di interventi per la sistemazione complessiva della situazione di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in 44 miliardi di euro, dei quali 27 miliardi di euro per il Centro-Nord e 13 miliardi di euro per il Mezzogiorno, oltre a 4 miliardi per il fabbisogno relativo al recupero e alla tutela del patrimonio costiero italiano;
   tale fabbisogno finanziario si è scontrato con la cronica scarsità di risorse, sia dei bilanci statali che di quelli regionali, ulteriormente aggravata e dall'intermittenza dei finanziamenti; tale condizione non consente né di attuare la programmazione esistente nei diversi livelli di governo del territorio, né di predisporre un credibile piano nazionale, dotato di uno stabile cronoprogramma di spese di emergenza che, purtroppo, sono difficilmente comprimibili, anche in forza delle attese della pubblica opinione e i mutui destinati alla copertura delle ricostruzioni sono difficilmente riducibili;
   dall'ultimo rapporto dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi), presentato nel febbraio 2014, si riconosce che a determinare la situazione di emergenza hanno contribuito sia il mutato regime delle piogge, sia l'impetuosa urbanizzazione, il consumo del suolo, l'omessa manutenzione del sistema idraulico del Paese, lo spopolamento delle montagne, la riduzione del terreno agricolo. Si stima infatti che il consumo del suolo nel periodo 1990-2005 sia stato oltre 244.000 ettari l'anno (circa due volte la superficie del comune di Roma), in pratica 668 ettari al giorno, ma si verifica, paradossalmente, anche il problema opposto: le superfici agricole, già oggetto di aggressione urbana, si riducono di per se stesse a causa dell'abbandono;
   l'Anbi ha sottolineato che purtroppo le calamità sono generate da eventi idrogeologici non prevedibili né tecnicamente né economicamente, ma che è tuttavia possibile ridurre l'impatto degli eventi eccezionali attraverso azioni volte a rinforzare i territori fragili, a provvedere alle manutenzioni ed agli adeguamenti necessari a garantire la regolazione idraulica, ad assicurare il funzionamento degli impianti idrovori e il consolidamento degli argini;
   non è più procrastinabile quindi un programma di messa in sicurezza del territorio, indispensabile alla vita civile ed alle attività produttive anche attraverso nuove regole d'uso dal momento che l'Italia è un territorio fortemente antropizzato, con circa 189 abitanti per chilometro quadrato e, se si calcolano anche i 5.000.000 di immigrati, la densità aumenta a 202 abitanti per chilometro quadrato; se poi si calcola che su 301.000 chilometri quadrati sono utilizzabili solo 180.000 chilometri quadrati, si arriva a 339 abitanti per chilometro quadrato (dato confermato anche dallo studio del Wwf sull'impronta ecologica delle nazioni: l'Italia ha un deficit ecologico di 2,9, cioè occorrerebbe che il nostro Paese avesse una superficie di 2,9 più grande, per sostenere gli attuali impatti della popolazione residente);
   un recentissimo studio dell'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra), sull'andamento del consumo di suolo, illustra come esso sia cresciuto, negli ultimi cinque anni, al ritmo di oltre 8 metri quadrati al secondo e come risulti coperta dall'urbanizzazione un'area pari al 6,9 per cento del territorio, cioè oltre 20.500 chilometri quadrati (dato del 2010). Nel 1956 era urbanizzato il 2,8 per cento del territorio; il consumo di suolo nel nostro Paese, per oltre 50 anni, sempre secondo l'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, è sempre stato sopra la media europea. La classifica delle regioni più urbanizzate vede in testa la Lombardia, che supera la soglia del 10 per cento del territorio, con 14 regioni oltre il 5 per cento;
   l'Unione europea ha da tempo riconosciuto l'esigenza di politiche pubbliche per una tutela attiva delle funzioni naturali svolte dal suolo e questa tematica è alla base della Strategia tematica per la protezione del suolo adottata dall'Unione europea sin dal 2006, e gli interventi necessari per ridurre il rischio idrogeologico richiedono un investimento di quasi 8 miliardi di euro per circa 3.400 interventi;
   secondo l'Ispra «ogni secondo nel nostro Paese vengono occupati 8 metri quadrati di suolo», pari a 70 ettari al giorno e per comprendere «l'urgenza» basti ricordare che «dal 2002 al 2014 si sono registrati circa 2000 eventi alluvionali con la perdita di 293 vite umane, oltre ai danni alle popolazioni, alle produzioni e alle infrastrutture». Inoltre, emerge che in Italia 6 milioni di persone abitano in un territorio ad elevato rischio idrogeologico; 22 milioni di persone in zone a medio rischio;
   la legge di stabilità per il 2014 e il successivo decreto-legge n. 136 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6, si sono limitati a dettare norme che dovrebbero determinare l'utilizzo delle somme già previste negli accordi di programma, mentre estremamente modeste sono le nuove previsioni di spesa: 30 milioni per il 2014; 50 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016;
   dal 2010 ad oggi il numero delle opere da realizzare per garantire maggiore sicurezza idrogeologica al Paese è cresciuto del 147,8 per cento mentre il loro fabbisogno economico del 91,1 per cento e l'Anbi ha proposto, nel proprio piano per ridurre il rischio idrogeologico, opere immediatamente cantierabili e con importanti ricadute occupazionali per la sistemazione idraulica di torrenti e rogge, la manutenzione del reticolo idraulico a difesa dei centri abitati, la realizzazione di opere per il contenimento delle piene, il consolidamento di pendici collinari e montane;
   il Governo nazionale è in forte ritardo nel recepire la direttiva europea 2000/60/CE per l'azione comunitaria in materia di acque, concernente la costituzione degli otto distretti idrografici nazionali, dell'autorità di bacino distrettuale e dei relativi piani di gestione per l'attuazione degli interventi necessari a raggiungere gli obiettivi europei, già previsti nel decreto legislativo n.152 del 2006, esponendo così l'Italia al rischio di sanzioni. Il medesimo ritardo si sta accumulando nel recepimento della successiva e consequenziale direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, recepita in Italia dal decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49. Gli otto distretti idrografici costituiti e le analoghe autorità di bacino, in base alla direttiva europea 2000/60/CE, hanno competenze sugli interventi locali, legati alla manifestazione e all'evoluzione di rilevanti fenomeni di rischio per il territorio (frane, alluvioni, smottamenti, erosioni, e altro) e sulla programmazione degli interventi preventivi di messa in sicurezza del suolo e per la gestione delle acque, come definito anche dalla direttiva europea 2007/60/CE (denominata «direttiva frane e alluvioni»). Il 2015 sarà l'anno di scadenza per il recepimento complessivo delle due direttive europee sopra richiamate e per raggiungere gli obiettivi ambientali già prefissati: protezione, miglioramento e ripristino di tutti i corpi idrici superficiali al fine di raggiungere un valido stato qualitativo delle acque; redazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni in base alle nuove mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni –:
   se il Governo intenda attivarsi per riorganizzare il sistema delle competenze e delle responsabilità nell'ambito degli interventi diretti a far fronte al dissesto idrogeologico, in modo tale da evitare sovrapposizioni e conflitti tra le varie autorità, sbloccando le risorse previste dagli accordi di programma già sottoscritti a scopo di prevenzione del rischio idrogeologico ed escludendo dai vincoli del patto di stabilità interno le risorse destinate al risanamento dei territori oggetto del dissesto. (3-00727)


   MATTEO BRAGANTINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   alcuni giorni fa, la Guardia di finanza su ordine del Gip di Napoli ha eseguito quattro arresti nell'ambito dell'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Napoli sulle procedure di affidamento, progettazione e realizzazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti «Sistri»; sotto accusa il sistema di appalti della società Selex, di Finmeccanica, che gestisce il sistema;
   da quanto si è appreso dai giornali, le indagini consentivano di accertare che, attraverso un articolato sistema di false fatturazioni e sovrafatturazioni nei rapporti tra la Selex service management Spa e le molteplici società affidatarie compiacenti, erano stati creati cospicui «fondi neri», destinati, secondo la ricostruzione accusatoria avvalorata dal Gip, al pagamento di tangenti, anche mediante la costituzione di società estere in paradisi fiscali del Delaware (Usa) e l'apertura di conti correnti cifrati in Svizzera;
   il Sistri ha il prioritario obiettivo della lotta ai fenomeni di illegalità, in modo da consentire un rigoroso controllo della gestione dei rifiuti da parte delle autorità di controllo, ed è entrato in vigore il 1o ottobre 2013 per i trasportatori di rifiuti pericolosi e lo scorso 3 marzo per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi e per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani della Campania; si tratta ancora di un periodo transitorio, fino alla fine dell'anno, durante il quale non è prevista l'applicazione di sanzioni;
   in linea generale, i problemi principali lamentati dalle imprese sono quelli legati alla logistica del sistema e alla sua architettura funzionale, realizzati su presupposti che non rappresentano la vera realtà della variegata composizione della filiera dei soggetti obbligati; i nuovi arresti hanno dimostrato che le difficoltà denunciate in passato dagli imprenditori sono vere e che il Sistri non è un sistema valido ed efficiente;
   le imprese sono state obbligate ad adempiere all'iscrizione e al pagamento dei relativi contributi, nonché a dotarsi di strumentazione informatica e dispositivi obsoleti, che hanno anche provocato danni sui veicoli su cui sono stati installati, con un significativo impatto in termini economici per le stesse imprese; la categoria che si è trovata in maggior disaggio, sia per la fase preparatoria che per quella gestionale, è stata in particolare quella degli autotrasportatori che da sempre ha avuto le maggiori incombenze del Sistri, sia economiche che gestionali;
   venerdì 28 marzo 2014, il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, in sede di risposta ad interpellanze urgenti, ha illustrato le problematiche che recentemente hanno investito il sistema di tracciabilità dei rifiuti e i fatti di Napoli, come comunicati dal Ministero della giustizia;
   le investigazioni hanno consentito di accertare anche un episodio di corruzione per 4 milioni di euro, parte dei quali consegnati per contanti direttamente negli uffici di Finmeccanica, celati all'interno di due borsoni della società sportiva Valle del Giovenco. In relazione al medesimo contesto, perquisizioni domiciliari sono state eseguite nei confronti dell’ex presidente e amministratore delegato di Finmeccanica e di un imprenditore abruzzese;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è dichiarato pronto a verificare in modo rigoroso le conseguenti iniziative da assumere in merito alla sorte del contratto con la Selex, dando seguito ad ogni incombenza che la legge prescrive al riguardo;
   circa la possibilità di recedere dal contratto con la Selex e procedere con nuovo procedimento amministrativo, anche con l'applicazione di nuove e più efficienti tecnologie, il Sottosegretario ha fatto presente che «l'ipotesi di risoluzione del contratto è stata valutata dall'amministrazione nel 2012 che, a tal fine, ha chiesto uno specifico parere all'Avvocatura generale dello Stato sulla legittimità della complessiva operazione negoziale. Quest'ultimo ufficio ha, però, ritenuto valido e legittimo il contratto con la Selex. Nel parere a suo tempo reso, l'Avvocatura generale dello Stato concludeva per la legittimità dell'affidamento diretto»;
   sia dalle risposte del Sottosegretario sia dai mass media, si è appreso che, in attuazione del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 30 ottobre 2013, il Ministero è in procinto di emanare i decreti di semplificazione e razionalizzazione del sistema, prevedendo anche la modifica, la sostituzione o l'evoluzione degli apparati tecnologici e che il Ministero sta valutando le soluzioni per il rimborso alle imprese che hanno versato il contributo Sistri negli anni 2010, 2011 e 2012, di cui all'ordine del giorno n. 9/1682-A/ 37, del gruppo Lega Nord e Autonomie accolto come raccomandazione dal Governo il 24 ottobre 2013, nonché per l'esclusione dall'iscrizione al Sistri delle imprese piccole e medie, fino a 10 dipendenti, tema quest'ultimo di una serie di emendamenti e ordini del giorno del gruppo Lega Nord e Autonomie al decreto-legge n. 101 del 2013;
   pertanto le imprese attendono con preoccupazione i decreti di semplificazione, anche in considerazione che il sistema italiano di controllo della tracciabilità dei rifiuti è molto più pesante, sia dal punto di vista burocratico che dei costi, rispetto a quello degli altri Paesi europei –:
   a quanto ammonterebbero le penali a carico del bilancio dello Stato in caso di recesso da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dal rapporto contrattuale con Selex – Se.Ma. e se le ultime vicende degli arresti di Napoli abbiano intralciato l'emanazione dei sopraccitati decreti di semplificazione e razionalizzazione del Sistri, tanto attesi dalle imprese. (3-00728)


   FAUTTILLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le dichiarazioni del pentito di camorra, Carmine Schiavone, concernenti lo sversamento e l'interramento illegale di rifiuti di ogni genere, anche tossici e nocivi, addirittura radioattivi, nel territorio del basso Lazio, hanno suscitato timore e sconcerto nelle popolazioni locali;
   in particolare, lo Schiavone racconta del sistema illecito dei rifiuti tossici, destinati all'interramento illegale nelle campagne laziali;
   tali rivelazioni fanno riflettere sulla grave situazione in cui versa il territorio laziale soprattutto sulle gravi conseguenze che tutto questo avrà per la salute dei cittadini;
   nei giorni scorsi, recandosi a Taverna del Re, il Ministro si è dichiarato colpito dalle piramidi di balle di rifiuti e ha affermato che quello che è stato fatto nella Terra dei fuochi è un vero e proprio «stupro», ma la situazione nel Lazio meridionale, anche per ragioni di contiguità con la Campania, potrebbe essere ugualmente drammatica;
   domenica scorsa, su iniziativa dell'associazione «Libera», si è svolta una grande manifestazione a Latina proprio per denunciare la diffusione dell'insediamento della mafia (l'associazione «Libera» parla di mafia di quarto livello, in questa provincia) in tutto il basso Lazio –:
   se non ritenga il Ministro interrogato opportuno e necessario disporre, mediante le istituzioni preposte, indagini tecniche al fine di verificare l'eventuale illecita presenza di rifiuti tossico-nocivi sull'intero territorio del Lazio meridionale. (3-00729)


   TANCREDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il sito industriale di Bussi (Pescara) attualmente di proprietà della Solvay e con tutta l'area circostante, costituisce una discarica di veleni prodotti in oltre un secolo di storia industriale di questo polo chimico, nato agli inizi del Novecento e che sino a pochi anni fa occupava oltre mille lavoratori;
   per la bonifica di questo sito di rilievo nazionale, fortemente inquinato, occorrerebbero almeno 500 milioni di euro, ma sinora ne sono stati stanziati 50 nel quadro di un processo contemporaneo di reindustrializzazione;
   il commissario per la bonifica dell'asta fluviale Aterno-Pescara, che attraversa questo sito inquinato, ha sinora effettuato alcuni interventi parziali, prima con il «cupping» (il telo con il quale si è coperta l'area della discarica e acque meteoriche e il trascinamento di inquinanti negli strati sottostanti), poi con i diaframmi metallici lungo la sponda sinistra del fiume Pescara per cercare di isolarlo dal sito inquinato ed affrancarlo dai contatti superficiali con il terreno inquinato;
   il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 impone il risanamento ambientale del sito industriale e delle aree limitrofe al fine di garantire condizioni di sicurezza per la salute dei circa 300 mila cittadini che vivono nella Val Pescara, da Bussi a Pescara;
   questa bonifica dovrebbe accompagnarsi ad una azione di reindustrializzazione del sito industriale di Bussi e a questo fine sono stati destinati 50 milioni di euro, nell'ambito dei fondi stanziati per la ricostruzione delle aree terremotate dal sisma del 2009;
   il sindaco di Bussi ha chiesto ai soggetti industriali di manifestare il proprio interesse presentando progetti specifici;
   forte è l'allarme sociale nella popolazione della Val Pescara e di Pescara per l'inquinamento della stessa acqua potabile;
   in una relazione dell'Istituto superiore della sanità (Iss) viene evidenziato che le falde acquifere permeate dai veleni della discarica di Bussi sul Tirino avrebbero contaminato 700 mila utenti. Le acque contaminate della discarica sollevano gravi problemi in relazione alla «pericolosità per la salute umana». Ed occorre considerare che di questa acqua hanno usufruito cittadini e utenze sensibili come ospedali e scuole. Nel sito sono state interrate circa 250 mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti industriali della produzione di cloro, soda, varechina, formaldeide, percolati, cloruro di vinile, tricloroetilene e cloruro di ammonio dell’ex Polo chimico Montecatini Edison. Il danno ambientale stimato è di circa 8 miliardi e mezzo di euro, mentre per la bonifica occorreranno 600 milioni di euro;
   l'intervento messo in atto dai commissari in questi anni ha messo in sicurezza la falda acquifera, ma i dati evidenziati dall'Istituto superiore di sanità dimostrano che si è di fronte a una bomba ecologica e che esiste un'emergenza per la quale è indispensabile un intervento urgente e risolutivo –:
   quali iniziative intenda assumere per la bonifica del sito inquinato di Bussi con lo stanziamento di fondi adeguati, formulando adeguate indicazioni circa gli interventi da intraprendere a seguito dei dati allarmanti divulgati dall'Istituto superiore di sanità ed allo stato dei progetti di reindustrializzazione del sito di Bussi.
(3-00730)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dello scandalo scoppiato nel Lazio per la questione dell'acqua potabile inquinata da arsenico, le indagini dei nuclei antisofisticazione dei Carabinieri hanno ora evidenziato che quell'acqua regionale doveva, in realtà, essere destinata solo ad uso d'irrigazione di terreni agricoli;
   inoltre, in seguito alle indagini è emerso che già nel giugno 2013 un'informazione trasmessa dall'azienda sanitaria locale della zona al dirigente delle opere igienico-sanitarie del comune e alla stessa Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione dell'agricoltura nel Lazio (Arsial) che ha erogato l'acqua inquinata, perché i valori batteriologici riscontrati nelle ultime analisi erano illegali, è stata del tutto ignorata;
   il caso del Lazio non è, purtroppo, isolato nel nostro Paese, posto che analogo scandalo sulla qualità delle acque destinate ad uso domestico ha scosso la zona della Val Pescara in Abruzzo, dove le falde acquifere sono state, come rilevato da una perizia dell'Istituto superiore di sanità, per anni infiltrate e inquinate da rifiuti tossici e scarti della produzione di cloro, soda, varechina ed altre sostanze nocive che erano stati interrati illecitamente nella zona, mettendo a rischio la salute di settecentomila persone –:
   quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di potenziare le attività di vigilanza sulle falde acquifere e sull'erogazione dell'acqua per uso domestico, al fine di garantire un adeguato livello di tutela non solo ambientale, ma anche della salute dei cittadini. (3-00731)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIBILIA, BUSTO, ZOLEZZI, DELL'ORCO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Sele è un importante fiume della Campania lungo 64 chilometri il secondo della regione e del Mezzogiorno d'Italia per volume medio d'acque, ed è tutelato dalla Riserva naturale Foce Sele – Tanagro;
    il 3 ottobre 2013 il Sele, che nasce alle pendici sud-orientali del Monte Paflagone nel territorio del comune di Caposele in provincia di Avellino, ha improvvisamente ed inspiegabilmente assunto una colorazione biancastra, lattescente;
   questo fenomeno ha destato forti preoccupazioni nei cittadini e nelle locali associazioni ambientaliste che hanno avanzato richieste pubbliche di accertamento delle cause dell'intorbidamento delle acque e delle eventuali conseguenze negative per la flora e la fauna fluviale anche perché si è ripetuto con una certa frequenza nei giorni e nei mesi successivi. L'ultimo cambio cromatico del Sele si è verificato il 29 marzo 2014;
   il 7 ottobre 2013 lungo il corso del fiume e, nello specifico, in località «Rena Bianca» sono state rinvenute morte centinaia di trote;
   dai primi accertamenti effettuati dall'azienda sanitaria locale di Avellino e dall'Agenzia regionale protezione ambientale della Campania sembrerebbe che la morte delle trote sia avvenuta per anossia ovvero sia da ricondurre ad un avvelenamento da materiali litoidi e calcarei rinvenuti nelle branchie. Ipotesi, però, che non è mai stata successivamente confermata;
   in quell'occasione le autorità competenti in materia hanno prelevato diversi campioni di acqua per effettuare le analisi e gli accertamenti di rito, mentre le associazioni ambientaliste hanno presentato esposti e segnalazioni alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Avellino per stabilire cause e responsabilità dell'episodio;
   l'interrogante in maniera tempestiva ha chiesto pubblicamente all'Agenzia regionale protezione ambientale della Campania di fare luce con celerità e risolutezza su queste due vicende che rappresentano un grave danno all'ecosistema del fiume le cui acque sorgenti sono per gran parte captate per alimentare l'Acquedotto pugliese. Risposte che ad oggi non sono pervenute alla cittadinanza;
   la preoccupazione espressa dalla comunità di Caposele è che ci possa essere un nesso causale tra il fenomeno della lattescenza del fiume, la morte delle trote e i lavori per la realizzazione della galleria Pavoncelli bis, che sono iniziati senza attendere la pronuncia del tribunale superiore delle acque –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli allarmanti episodi esposti in premessa e se intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative utili ad accertarne le cause ed individuarne le responsabilità (5-02520)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI, GRANDE, ZOLEZZI, VIGNAROLI, DE ROSA, BUSTO, TERZONI, PARENTELA e DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'elemento chimico conosciuto con il nome di «mercurio» e con simbolo Hg, è un metallo pesante fortemente tossico; la sua introduzione nell'organismo può avvenire sia per ingestione, sia per inalazione di vapori che per semplice contatto;
   sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATMM) è possibile leggere che «La salute umana è messa particolarmente in pericolo dal metil-mercurio, un composto del mercurio presente negli organismi viventi, in particolare nei pesci che occupano i gradini più alti nella catena alimentare (come tonni, pesci spada eccetera) dove si verifica il fenomeno del bio-accumulo. Anche l'amalgama dentale a base di mercurio costituisce un elemento di preoccupazione per la salute umana e per l'ambiente»;
   nel 1956, nella baia di Minamata, cittadina di pescatori nella prefettura di Kumamoto, un continuo sversamento di acque reflue contaminate da metilmercurio, da parte dell'industria chimica «Chisso Corporation», causò una concentrazione di questo metallo su vari organismi tra i quali anche quei pesci che erano alla base della catena alimentare degli abitanti della baita. L'assunzione di mercurio, avvenuta tramite l'ingerimento di pesci contaminati, causò migliaia di casi di avvelenamenti e decessi tra i cittadini di Minamata tanto da far classificare i danni neurologici che li colpirono, come «sindrome di Minamata»;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare assieme al CNR – Istituto sull'inquinamento atmosferico, hanno presentato il Centro nazionale di riferimento sul mercurio che si candida a divenire il centro di riferimento scientifico per il monitoraggio delle emissioni della nuova convenzione di Minamata (così definita in omaggio agli abitanti della città giapponese rimasti vittime negli anni ’50, a causa del consumo di pesce contaminato, degli effetti dell'inquinamento da mercurio) che ha tra i vari obiettivi, quello di «proteggere la salute umana e l'ambiente dagli effetti negativi delle emissioni e dei rilasci antropogenici di mercurio e di composti contenenti mercurio»;
   tra le varie cause di inquinamento da mercurio, è possibile leggere sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che le «attività che si caratterizzano per un alto tasso di inquinamento da mercurio rientrano la combustione di carbone fossile, alcuni processi industriali che fanno uso di mercurio e di suoi composti (industria chimica, cementifici, raffinazione del petrolio), l'attività estrattiva nelle miniere di mercurio (oggi messa al bando nell'Unione Europea, ma ancora in atto in altre aree del pianeta) e quella legata all'attività estrattiva artigianale su piccola scala nelle miniere d'oro»;
   nel 2010 Greenpeace ha commissionato all'università degli studi di Siena una ricerca per effettuare rilevazioni circa la contaminazione da metalli pesanti, nell'area cosiddetta del «santuario dei cetacei», area che si estende in un tratto di mare di superficie di quasi 90.000 chilometri quadrati, compresa in quella porzione del mar Ligure e dell'alto Tirreno tra Liguria, Toscana e Costa Azzurra;
   l'università degli studi di Siena, ha utilizzato esemplari di sogliole comuni (Solea vulgaris), scelti perché «ottimi bioindicatori conducendo una vita stanziale a contatto con i sedimenti», per effettuare le rilevazioni circa la presenza di metalli pesanti;
   lo studio ha denotato come nell'area di Civitavecchia «il valore medio di mercurio (2,71 μg/g p.f.) è 4 volte superiore al limite di legge (pari a 0,50 μg/g p.f.), mentre la concentrazione massima riscontrata in uno dei sei campioni testati a Civitavecchia addirittura è di 10 volte il tenore massimo consentito per legge (5,0236 μg/g p.f.)»;
   nel 2008 a Civitavecchia è stata approvata la riconversione a carbone della centrale elettrica ENEL di Torrevaldaliga Nord, con V. I. A. 680 del 4 novembre 2003, a pagina 18 della quale si può leggere che «relativamente al mercurio [...] si esprime perplessità riguardo al che le emissioni di tali inquinante possano essere effettivamente contenute nel valore dichiarato di μ0.g/Nm3.»;
   all'interno della V. I. A. 680 del 4 novembre 2003, si legge che: «Relativamente alla concentrazioni in atmosfera del mercurio, si ritiene inoltre che le misure di questo inquinante debbano essere effettuate considerando la frazione presente allo stato di vapore»;
   il giudizio positivo della V. I. A. 680 del 4 novembre 2003, vincola ENEL Produzione spa all'osservanza di varie prescrizioni e campagne di monitoraggio, nonché alla pubblicazione annuale di un report contenente i dati delle misurazioni per le quali si raccomanda: «particolare attenzione dovrà essere posta nella misurazione di quei composti che possono essere presenti sia in associazione al particolato che allo stato di vapore»;
   all'interno del portale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è possibile visualizzare solo parte delle documentazioni tecnico-amministrative che riguarda il progetto «Centrale Termoelettrica da 2640 MW di Torrevaldaliga Nord nel Comune di Civitavecchia (RM)» e riferito alla V. I. A. 680 del 4 novembre 2003; in particolare risultano assenti le voci «Osservatorio ambientale» e «verifica di ottemperanza» del 4 luglio 2011, nonostante lo stato di entrambe le voci risulti concluso;
   all'interno delle verifiche di ottemperanza consultabili, con riferimento sul portale alle date 30 marzo 2012 e 15 novembre 2012 e protocollate in data 18 luglio 2013 e 24 luglio 2013, non risulta possibile consultare alcun tipo di dato se non il recepimento, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei pareri della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale-VIA VAS (CTVIA) –:
   se intenda fornire agli interroganti e pubblicare sul portale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le misure al camino relative al mercurio (Hg), effettuate dall'anno d'avvio ad oggi nella centrale ENEL di Civitavecchia «Torrevaldaliga Nord (TVN)», considerando la frazione presente allo stato vapore, condizione vincolante premessa nel documento V. I. A. 680 del 4 novembre 2003. (4-04265)


   SIBILIA, BUSTO, ZOLEZZI, DELL'ORCO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale sulla «Mobilità sostenibile nelle aree urbane» del 27 marzo 1998 (Gazzetta Ufficiale n. 179 del 3 agosto 1998) all'articolo 2 individua le zone d'intervento nei comuni di cui all'allegato III del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 25 novembre 1994 nonché tutti gli altri comuni compresi nelle zone a rischio di inquinamento atmosferico individuate dalle regioni ai sensi degli articoli 3 e 9 dei decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 20 maggio 1991;
   successivamente, ad integrazione della suddetta disposizione, il decreto ministeriale sul «Servizio inquinamento atmosferico, acustico e rischi industriali» del 20 dicembre 2000, all'articolo 1, ha introdotto la figura professionale del Mobility Manager d'area, cui è demandato il compito, tra l'altro, di favorire l'integrazione tra i PSCL (piani degli spostamenti casa lavoro) e le politiche dell'amministrazione comunale in una logica di rete e di interconnessione modale; di verificare soluzioni, con il supporto delle aziende che gestiscono i servizi di trasporto locale, su gomma e su ferro, per il miglioramento dei servizi e l'integrazione degli stessi, con sistemi di trasporto complementari ed innovativi, per garantire l'intermodalità e l'interscambio, e l'utilizzo anche della bicicletta e/o di servizi di noleggio di veicoli elettrici; di favorire la diffusione e sperimentazione di servizi di taxi collettivo, di car-pooling e di car-sharing; di monitorare gli effetti delle misure attuate in termini di impatto ambientale e decongestione del traffico veicolare;
   la promozione di interventi di organizzazione e gestione della domanda di mobilità, delle persone e delle merci, finalizzati alla riduzione dell'impatto ambientale derivante dal traffico nelle aree urbane e metropolitane, tramite l'attuazione di politiche di mobilità sostenibile, è un tema quanto mai attuale –:
   se il Ministro interrogato conosca quali siano comuni nell'aree interessate dal combinato dell'applicazione dei decreti ministeriali in premessa, quanti di essi ad oggi abbiano rispettato la normativa, istituendo la figura obbligatoria del Mobility Manager d'area, e, nei casi di inottemperanza, quali azioni intenda intraprendere per quanto di competenza per dare efficacia alla prescrizione normativa in oggetto. (4-04275)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la cokeria «Italiana Coke» di Cairo Montenotte in provincia di Savona, attiva dal 1936, produce il coke dalla distillazione a secco di particolari carboni fossili. Il carbone arriva via mare al porto di Vado e da qui mediante autotreni viene trasferito a Cairo;
   la produzione dell'azienda è costituita da coke di fonderia e coke metallurgico, oltre a solfato ammonico, catrame greggio di cokeria, zolfo ed energia elettrica prodotta con il gas derivato dai processi di distillazione del fossile;
   nel 2006 la cokeria di Cairo Montenotte avrebbe emesso 148.468 tonnellate di anidride carbonica, 14.809 chilogrammi di benzene e 52 chilogrammi di idrocarburi policiclici aromatici, 398 tonnellate di ossidi di azoto, 118 tonnellate di ossidi di zolfo e 84 tonnellate di Pm10;
   le criticità ambientali dovute a queste emissioni sarebbero da imputare, a quanto consta all'interrogante, alla vetustà degli impianti, soprattutto delle camere di distillazione, il cui ultimo rifacimento risale agli anni ’60; le emissioni darebbero luogo, in modo inequivocabile, a frequenti fumate nerastre dalle ciminiere, dovute alla dispersione dei gas di distillazione carichi di IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e benzene;
   dal 2012 l'azienda ha investito sul transfer car per captare gas, polveri e tutto ciò che esce nel momento dello sfornamento del coke, ma l'impiego di questo nuovo dispositivo pare non essere completamente efficace; altre emissioni si avrebbero durante la fase di spegnimento del coke con la formazione di grandi nuvole di vapore satura di polverino di coke e altre sostanze; particolare attenzione dovrebbe essere posta, poi, al trattamento delle cosiddette «melme», residui indesiderati del processo di lavorazione che costituiscono un rifiuto tossico cancerogeno;
   le associazioni ambientaliste che da anni si occupano del problema hanno più volte richiesto l'intervento delle istituzioni per ottenere una riduzione dell’ inquinamento atmosferico senza bloccare la produzione dell'impianto, mediante l'utilizzo di solo carbone a basso tenore di inquinanti e soprattutto mediante il monitoraggio dei fumi ai camini;
   il prof. Federico Valerio, chimico ambientale e direttore all'IST, l'istituto per tumori di Genova afferma che: «ci sono problemi che scaturiscono dal funzionamento stesso di una cokeria, dal suo processo produttivo, dal ciclo continuo (...), il rischio peraltro riconosciuto è soprattutto il cancro al polmone (...) tutte le ricerche e le statistiche effettuate sui lavoratori di una cokeria segnalano aumento di casi di tumore»;
   la situazione della cokeria va anche inserita in un contesto che presenta una pessima programmazione industriale territoriale della valle aggravata dall'insediamento di altre attività non eco-compatibili realizzate o in corso di autorizzazione, quali il biodigestore e la cartiera di Ferrania o l'impianto per il riciclo di carboni attivi Gale di Bragno;
   alla salute delle persone va garantita tutela massima, come peraltro stabilisce l'articolo 32 della Costituzione italiana; i primi a «pagare» sono i lavoratori e le loro famiglie e a seguire i cittadini residenti, bambini, donne ed anziani;
   sarebbe opportuno intervenire al fine di limitare le emissioni di inquinanti e le concentrazioni di sostanze nocive presenti nelle emissioni in atmosfera, favorendo l'utilizzo come materia prima solamente di carbone a basso tenore di inquinanti; sarebbe utile, infine, avviare e concludere al più presto la copertura del parco carbone della cokeria –:
   se si intendano acquisire elementi, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, in merito alla situazione ambientale dell'area nella quale sorge l'impianto di cui in premessa e se non si ritenga opportuno promuovere un'indagine epidemiologica, per mezzo dell'istituto superiore di sanità, a tutela della salute dei cittadini ivi residenti. (4-04280)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   di recente, a causa delle forti piogge dei giorni scorsi, negli scavi di Velia ad Ascea, nel Cilento, all'interno del parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, è crollato il muro occidentale dell'agorà dell'antica colonia magno-greca di Elea-Velia;
   la notizia, riportata anche dalla stampa locale e nazionale, ha mobilitato il web, dando origine a una petizione on line indirizzata al Ministero. Nella petizione si rimarca la mancanza di fondi per la manutenzione ordinaria dell'intera struttura. La stessa carenza riguarderebbe anche gli scavi di Paestum e la Certosa di Padula, in provincia di Salerno, siti che necessitano di interventi costanti, fuori dalla logica dell'emergenza e senza essere dimenticati dal Governo;
   la stessa direzione del parco archeologico, insieme ai tecnici della Soprintendenza, avrebbe prodotto una relazione dettagliata inviata al medesimo dicastero, nella quale si lamenta anche la mancanza di personale in organico. Le associazioni e il lavoro dei volontari, prezioso e apprezzato, non bastano;
   l'area archeologica di Velia, patrimonio dell'Unesco, starebbe vivendo lo stesso destino di Pompei;
   tutelare e salvaguardare questo patrimonio, importante richiamo per i turisti che arrivano nel Cilento, è di fondamentale importanza non solo per la storia del territorio, ma anche per la sua economia e il suo turismo. Per questo sarebbe necessario stanziare fondi adeguati –:
   se, sulla scorta degli elementi di cui in premessa, non ritenga opportuno e urgente promuovere interventi di restauro e di manutenzione per i beni culturali della provincia di Salerno, in particolare per il sito archeologico di Velia. (5-02511)


   LUIGI GALLO, MARZANA e VACCA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il comma 2 dell'articolo 28 della legge 14 agosto 1967, n. 800, istituisce le istituzioni concertistico-orchestrali e stabilisce che tali istituzioni «hanno il compito di promuovere, agevolare e coordinare le attività musicali che si svolgono nel territorio delle rispettive province;
   la disciplina che riguarda il finanziamento in favore dello spettacolo è sancita dalla legge 30 aprile 1985, n. 163, e successive modifiche. Con tali provvedimenti si è introdotto il fondo unico per lo spettacolo e sono stati definiti i criteri di erogazione dello stesso;
   con decreto direttoriale n. 507 del 6 maggio 2013 si è provveduto a decretare lo stanziamento delle attività musicali per il 2013. L'ammontare complessivo risulta essere pari a euro 54.859.895,92 e la somma destinata alle istituzioni concertistico-orchestrali risulta essere pari a euro 12.800.000;
   con decreto direttoriale n. 979 del 12 luglio 2013 si è provveduto ad assegnare gli stanziamenti per gli enti che ne hanno fatto richiesta e che hanno visto approvata la relativa domanda negli specifici settori delle attività musicali, come stabilito nel decreto ministeriale del 9 novembre 2007. Come si evince da tale decreto le istituzioni concertistico-orchestrali che hanno ottenuto il finanziamento sono presenti in nove regioni su venti. In particolare la regione Puglia risulta presente con tre istituzioni concertistico-orchestrali e la stessa regione risulta anche l'unica del sud Italia. Nella fattispecie si costata che alle regioni settentrionali (Trentino Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Liguria) sono destinati complessivamente euro 5.925.000, alle regioni centrali (Marche, Toscana) sono destinati complessivamente euro 2.355.000, alle regioni settentrionali (Puglia, Abruzzo, Sicilia) sono destinati complessivamente 3.130.000 euro;
   l'articolo 5, comma 2, lettera b), del decreto ministeriale 9 novembre 2007 concernente la valutazione qualitativa dei progetti presentati ai fini dell'ottenimento dei finanziamenti di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, sancisce che la commissione deve tenere conto «del parere espresso dalle regioni sul ruolo, la coerenza e l'efficacia dei progetti medesimi con le linee di programmazione regionale in materia» –:
   quali iniziative intenda sviluppare per garantire un equa distribuzione di risorse e di opportunità musicali ed artistiche in ogni regione, visto l'evidente disequilibrio;
   se si intendano individuare nuove risorse da destinare a tali iniziative, sempre con il fine di garantire una distribuzione dei contributi più equa;
   se, nel corso degli ultimi cinque anni, viziano state richieste di ottenimento dello status di istituzione concertistico-orchestrale rigettate dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e quali siano le eventuali motivazioni;
   quale sia stata la destinazione dell'avanzo, calcolato in euro 1.390.000, rispetto allo stanziamento 2013, per la voce istituzioni concertistico-orchestrali, di cui al decreto direttoriale n. 507 del 6 maggio 2013. (5-02517)


   LUIGI GALLO, MARZANA e VACCA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge 27 dicembre 2013 n. 147, denominata anche legge di stabilità 2014, prevede: al comma 328 lo stanziamento di 300.000 euro in favore dell'orchestra denominata «I Virtuosi Italiani» con sede a Verona, al comma 386 lo stanziamento di 1 milione di euro in favore dell'orchestra denominata «Orchestra del Mediterraneo» con sede presso il Teatro di San Carlo di Napoli;
   la disciplina che riguarda il finanziamento in favore dello spettacolo è sancita dalla legge 30 aprile 1985, n. 163, e successive modifiche. Con tali provvedimenti si è introdotto il fondo unico per lo spettacolo e sono stati definiti i criteri di erogazione dello stesso, criteri divenuti, nel corso degli anni sempre più stringenti;
   l'Orchestra del Mediterraneo, ad oggi, non esiste. Non vi è traccia nemmeno tra i gruppi artistici in organico al Teatro di San Carlo e gestiti dalla fondazione Teatro di San Carlo di Napoli;
   in una lettera al direttore del settimanale L'Espresso, la sovrintendente in organico alla Fondazione Teatro di San Carlo, in risposta ad un articolo pubblicato su L'Espresso del 2 gennaio 2014, asserisce che: «Vale qui la pena ricordare che da tanti anni le Fondazioni – sempre all'interno di questa legge – hanno ricevuto contributi ma mai si erano sollevate polemiche come in questa occasione», lasciando intendere che finanziamenti con queste modalità sono ormai una prassi considerata nell'ambiente dello spettacolo –:
   se siano stati erogati, del tutto o in parte, i finanziamenti agli enti sopra descritti;
   se vi sia effettivamente una prassi consolidata che permette ad alcuni enti, di diritto privato, che lavorano nello spettacolo, di percepire fondi senza il controllo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, o comunque senza che siano rispettati i principi sanciti dalla legge 30 aprile 1985, n. 163, e successive modifiche;
   qualora non si sia già provveduto alla liquidazione delle somme in premessa, se intenda attivarsi con ogni mezzo a disposizione, al fine di assicurare che le sovvenzioni pubbliche agli enti che lavorano nel settore dello spettacolo siano assegnate con criteri trasparenti e meritocratici.
(5-02519)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nella regione Friuli-Venezia-Giulia è stata istituita la «riserva naturale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa», ai sensi dell'articolo 48 della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42;
   all'interno della riserva, il Comune di Doberdò del Lago, usufruendo dei fondi europei ottenuti ai sensi dell'Obiettivo 2 negli anni 1999-2000, ha realizzato due immobili, i quali accolgono rispettivamente il centro visite e il paludario;
   dei due immobili realizzati, solamente uno, il centro visite (che dispone di un museo, un bar, un ristorante e uno spazio destinato a foresteria) viene effettivamente utilizzato, mentre il paludiario versa in totale abbandono;
   la gestione dei due immobili era già stata affidata dal comune di Doberdò del Lago a una cooperativa, la Rogos, fino al 31 marzo 2011 e la stessa società cooperativa risultava vincitrice del bando pubblicato sul BUR del 2 febbraio 2011, per una gestione che durerà fino al 31 dicembre 2014;
   nonostante l'utilizzo, a giudizio dell'interrogante, del tutto inefficiente di denaro pubblico per la realizzazione del paludario e nonostante la struttura sia stata dotata di impianti e arredi, l'attività dello stesso non è mai stata avviata e ad oggi l'immobile versa nel più totale abbandono; infatti, l'attuale gestore non ha ancora attivato il paludario, senza tener conto che ci sia un vincolo contrattuale;
   il progetto di valorizzazione del paludario e della riserva è legato alla valorizzazione turistica della riserva e delle sue strutture, non solo dal punto di vista naturalistico, ma anche dal punto di vista storico-culturale, nell'ambito delle iniziative per il centenario della prima guerra mondiale –:
   se effettivamente esista un progetto per la valorizzazione del paludario e della riserva naturale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa nell'ambito del programma di iniziative per il centenario della prima guerra mondiale, anche in considerazione dell'istituzione del Comitato storico scientifico per il centenario della prima guerra mondiale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2012 e se, in vista dell'inizio delle celebrazioni il Ministro non intenda verificare la validità del progetto. (4-04268)


   REALACCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, nell'ambito del programma di interventi volti al restauro, alla valorizzazione e alla fruizione del complesso monumentale dell'Auditorium dell'imperatore Adriano, ha bandito sulla G.U.R.I. n. 129 del 4 novembre 2013, con scadenza 4 gennaio 2014, un concorso di idee finalizzato all'acquisizione di una proposta ideativa per la successiva progettazione definitiva ed esecutiva relativa alla «copertura dell'Auditorium dell'imperatore Adriano in piazza Madonna di Loreto», adiacente a piazza Venezia, di estensione pari a metri quadrati 790, la cui valutazione economica deve rientrare nel limite vincolante di spesa di un milione di euro;
   nel quadro degli interventi in programma per la valorizzazione dell'Auditorium di Adriano, il detto concorso si pone l'obiettivo di rendere fruibile dall'esterno il monumento attraverso coperture trasparenti, atte a proteggere le strutture antiche consentendone anche idonee condizioni microclimatiche e inserendo gli elementi di copertura nell'ambito della piazza Madonna di Loreto e del più ampio contesto di piazza Venezia;
   il predetto bando di concorso aveva come termine di presentazione degli elaborati la scadenza 4 gennaio 2014 e risulta essere molto vago sulla composizione della commissione, definendo soltanto numero e ruolo dei commissari e non chiarisce i tempi per l'aggiudicazione del vincitore;
   il 25 febbraio 2014 la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma con un mero avviso, reperibile al link http://archeoroma.beniculturali.it, ha sospeso, «nelle more dell'approfondimento e delle valutazioni in merito ad alcune questioni postesi relativamente alla composizione della Commissione di Gara» la sopraddetta procedura di gara «fino a nuova disposizione»;
   tale procedura di bando e successiva sospensione, peraltro senza indicare uno spazio temporale certo per avere notizie dello stesso, appare all'interrogante alquanto anomala. Peraltro, ad opinione dell'interrogante, anche sulla scorta di quanto proposto dal medesimo con l'A.C. 916 «Norme per la consultazione e la partecipazione in materia di localizzazione e realizzazione di opere pubbliche», non risulta possibile con un bando così descritto certificare l'insussistenza delle condizioni di incompatibilità previste dall'articolo 6, comma 1, del bando: «... non è altresì ammessa la partecipazione a: i componenti della Commissione, i loro coniugi e i loro parenti e affini fino al IIIo grado compreso»), se non se non si conoscono i nomi dei commissari. Paradossalmente – trattandosi di concorso anonimo – potrebbe verificarsi che il progetto vincitore venga alla fine escluso perché uno dei progettisti o consulenti è, ad esempio, anche a sua insaputa, un lontano parente di un membro della commissione insediatasi successivamente alla consegna –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e quali iniziative urgenti, anche per tramite degli uffici territorialmente competenti quali la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e del Lazio, intenda mettere in campo affinché si abbia notizia del predetto bando e se non ritenga utile chiarire le ragioni e i tempi della citata sospensione affinché si proceda alla gara e simili episodi non debbano più verificarsi.
(4-04271)

DIFESA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   i Ministri olandesi della difesa Jeanine Hennis-Plasschaert e degli esteri Frans Timmermans hanno dichiarato nei giorni scorsi al Parlamento olandese che non intendo dare corso alla risoluzione adottata dal Parlamento stesso il 20 novembre 2013 che chiedeva di escludere una capacità di trasporto nucleare per i velivoli F-35 che sarebbero stati acquistati dall'Aeronautica;
   secondo le dichiarazioni dei due Ministri, non è possibile escludere che gli F-35 olandesi possano essere utilizzati per missioni nucleari in considerazione del ruolo del Paese nella NATO e pertanto non ritengono opportuno essere condizionati dalla risoluzione stessa;
   l'Italia ha deciso di acquisire 90 velivoli F-35, una parte dei quali dovrebbe essere assegnata alla base di Ghedi, sede del 6o stormo dell'Aeronautica militare nonché di deposito di bombe nucleari gestito dal 704th Munitions Support Squadron;
   il dipartimento della difesa statunitense ha annunciato di aver avviato un programma di modernizzazione delle sue bombe nucleari B-61 per renderle idonee all'uso da parte dei cacciabombardieri F-35 e che questa modernizzazione riguarderà anche le armi che si trovano in Europa;
   d'altra parte, il Governo tedesco, avendo deciso di non acquisire i cacciabombardieri F-35, ha anche scelto di rinunciare a qualsiasi capacità di attacco nucleare una volta ritirati dal servizio attorno al 2024 i velivoli Tornado –:
   se alla luce delle dichiarazioni del Governo olandese, il Ministro non intenda chiarire le intenzioni dell'Italia in quanto alla capacità di attacco nucleare dei velivoli F-35 che dovrebbero entrare in servizio nell'Aeronautica militare;
   se non ritenga opportuno aderire alla scelta tedesca di non rinnovare la capacità nucleare dei propri reparti aerei una volta ritirati dal servizio i velivoli Tornado attualmente adibiti a tali missioni.
(2-00484) «Paolo Bernini, Rizzo, Artini, Basilio, Corda, Frusone, Tofalo, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Grande, Spadoni, Scagliusi, Da Villa, Crippa, Prodani, Della Valle, Fantinati, Mucci, Vallascas, Petraroli, Busto, De Rosa, Terzoni, Daga, Mannino, Segoni, Zolezzi, Micillo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DURANTI, MARCON e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in un documento che ha pubblicato «ilfattoquotidiano.it» il 26 marzo 2014, alcuni Generali dell'Aeronautica a riposo ed ex dipendenti di Alenia chiedono il «completo abbandono» (compresa la componente di velivoli a decollo verticale per la portaerei della Marina) del programma F35, definendolo «sproporzionato» per le esigenze belliche italiane, e addirittura dannoso «per la nostra industria tecnologica»;
   con gli F35 – si legge nella relazione – «la nostra industria aeronautica retrocede agli anni 60», cioè al livello di «manifattura su licenza americana», «vanificando gran parte della crescita tecnologica e progettativa acquisita faticosamente» negli ultimi decenni, visto che nel programma JSF la nostra industria è «esclusa dalle aree tecnologiche più appetibili (motore, guerra elettronica, radar ed altri sensori, integrazione dei sistemi elettronici di bordo e stealth)» a causa dei «vincoli di segretezza posti dal Congresso su moltissime parti del progetto che devono rimanere di esclusiva pertinenza americana»;
   mentre negli Stati Uniti, dopo la recente bocciatura del Pentagono, un nuovo rapporto del Gao – la Corte dei Conti americana – avverte che i problemi emersi nel software degli F35 produrranno forti ritardi nelle consegne e aumenti dei costi così ingenti da mettere a rischio la sostenibilità finanziaria del programma, in Italia i vertici militari continuano a difendere a spada tratta i cacciabombardieri da ogni critica che gli viene mossa;
   da informazioni in possesso dell'interrogante, non risulta che la Commissione difesa abbia recepito e/o protocollato il documento in oggetto –:
   se il documento in oggetto sia stato consegnato informalmente a componenti della Commissione difesa o ai vertici del Ministero Difesa e se non intenda acquisire al più presto, nella Commissione di competenza, le valutazioni di cui in premessa, anche e soprattutto considerando l'importanza a livello nazionale del dibattito sugli armamenti. (5-02518)


   ARTINI, CORDA, FRUSONE, RIZZO, BASILIO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 10 gennaio 2001, la Commissione Difesa della Camera deliberava all'unanimità di svolgere un'indagine conoscitiva sulla prevenzione dei rischi e sulle condizioni di sicurezza dei militari italiani impegnati nei Balcani;
   il 23 novembre 2007 è stato costituito un apposito organismo di ricerca, denominato «Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie del Ministero della difesa»;
   un aumento significativo dei linfomi di Hodgkin fra i militari italiani che avevano operato nei Balcani era già stato evidenziato nell'inchiesta condotta dalla cosiddetta «Commissione Mandelli», istituita dal Ministero della difesa nel 2000 e che ha operato fino al 2002;
   la relazione del 12 febbraio 2008 al presidente del Senato sulle risultanze della commissione parlamentare d'inchiesta, istituita con deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006, conclude: «Si ritiene pertanto che sussistano gli elementi previsti dalle disposizioni vigenti per l'accesso alle diverse forme di assistenza e di indennizzo previste dalle disposizioni vigenti (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione)»;
   la relazione specifica: «Al tempo stesso, vista la obiettiva sussistenza di fenomeni morbosi anche in riferimento alla operatività di altre concause, legate in tutto o in parte ai contesti fortemente degradati ed inquinati dei teatri operativi in cui ha operato il personale militare italiano, ritiene che il verificarsi dell'evento costituisca di per sé elemento sufficiente (criterio di probabilità) a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione) in tutti quei casi in cui l'Amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità»;
   la commissione parlamentare d'inchiesta costituita con la deliberazione del Senato del 16 marzo 2010 prosegue un lavoro di indagine avviato sin dalla XIII legislatura;
   nella relazione della commissione parlamentare d'inchiesta, approvata nella seduta del Senato del 9 gennaio 2013 si legge: «La difficoltà a pervenire ad una certa e inoppugnabile evidenza scientifica dell'esistenza di un rapporto causa-effetto tra fattori esaminati e malattie appare peraltro accompagnata dalla medesima difficoltà ad affermare, in maniera scientificamente altrettanto certa e inoppugnabile, la insussistenza di relazioni tra cause potenziali di malattia e malattie stesse. La Commissione ritiene che si debba considerare il fatto che le attuali conoscenze scientifiche non consentono di affermare con certezza il ruolo causale dei fattori di malattia esaminati rispetto agli effetti denunciati ma, allo stesso tempo, non consentono di escludere che una concomitante e interagente azione dei fattori potenzialmente nocivi possa essere alla base delle patologie e dei decessi osservati. Alla luce di queste considerazioni la Commissione ritiene che il verificarsi di situazioni caratterizzate dall'esposizione a uno o più dei diversi fattori potenzialmente nocivi sopra elencati, nel caso in cui risultino associati all'insorgenza di malattie, in specie tumorali, non altrimenti motivabili, debba orientare le valutazioni mediche e medico-legali nel senso che queste ultime considerino «altamente probabile» una correlazione effettiva tra il contesto specifico caratterizzato da una multifattorialità di fattori eziologici e quadri clinici diagnosticati»;
   S.A.F. è stato un caporal maggiore dell'esercito, in congedo assoluto dal 2007 per la rottura di un legamento crociato del ginocchio. Ha prestato servizio presso il 7o Rgt Difesa NBC «Cremona» in Civitavecchia con la qualifica di Specializzato NBC;
   dal luglio 2005 al gennaio 2006 è stato in missione in Kosovo nel plotone NBC, in particolare della squadra di rilevazione (chimico/radiologica);
   le attività riguardavano soprattutto controlli nelle base italiane, nelle fabbriche dismesse, molte volte distrutte dai bombardamenti, e nella formazione del personale italiano e kosovaro per quanto riguarda la materia NBC;
   il controllo radiologico avveniva con la strumentazione in dotazione: ANPDR/77, con il collegamento di due sonde una per le radiazioni beta, gamma e raggi x e un'altra per le radiazioni alfa. Dal punto di vista radiologico le radiazioni alfa sono le meno penetranti ma anche le più ionizzanti, ed è proprio questo aspetto a renderle pericolose per la salute;
   tra le attività di controllo radiologico vi era anche quello di controllare una volta al mese, da parte del personale, un container che si trovava all'interno di Villaggio Italia in Pec. All'interno vi erano proiettili di uranio impoverito che erano stati ritrovati dai soldati italiani. I proiettili – secondo le ricostruzioni e la documentazione fotografica – erano contenuti all'interno di scatole di ferro o piombo con della sabbia, i contenitori erano poi isolati da sacche di sabbia. Il personale controllava la manutenzione del container e se vi fossero fuoriuscite radioattive entrando fisicamente all'interno;
   secondo le ricostruzioni e le testimonianze, le attività radiologiche venivano effettuate con una tuta Tyvec ed una mascherina antipolvere. Una volta terminate le operazioni la tuta veniva messa in un normale sacchetto e poi gettata. Infatti era impegnata solo la squadra rilevazione senza squadra bonifica;
   S.A.F. una volta rientrato dalla missione in Kosovo, si è sottoposto alle analisi che il protocollo Mandelli suggerisce, dapprima in caserma, dopo il congedo invece a spese proprie, con una ecografia alla tiroide;
   nel gennaio del 2010 gli esami effettuati hanno riscontrato un nodulo alla tiroide di circa 3.5 centimetri;
   nel luglio 2010 è stato operato con l'asportazione di tutta la tiroide. Il referto della biopsia, datato ottobre 2010 cita: carcinoma follicolare minimante invasivo del lobo sx della tiroide di centimetri 5. A novembre del 2010 ha eseguito la terapia radiometabolica con Iodio 131 e la scintigrafia totalbody per la ricerca di metastasi ed è da allora è stato sottoposto periodicamente a controllo;
   gli viene riconosciuto solo il 15 per cento di invalidità, a seguito di analisi non approfondite da parte della Cmo di Palermo, ritrovandosi così a non avere scrivibilità per la pensione privilegiata ed equo indennizzo;
   successivamente viene intervistato dal programma televisivo Striscia la Notizia. È la prima volta che in Italia che si dimostra la presenza di uranio all'interno del Villaggio Italia;
   dalla documentazione fotografica emerge che il personale militare impegnato nel controllo radiologico è entrato all'interno del container, a contatto diretto con i proiettili e con dispositivi di sicurezza personali insufficienti;
   a novembre, appena un mese dopo l'uscita del servizio televisivo, la commissione di verifica per le cause di servizio emette un decreto sulla dipendenza di causa di servizio della patologia. A dicembre dello stesso anno viene pagata la speciale elargizione per un importo che prende in considerazione il 15 per cento di invalidità;
   S.A.F. presenta ricorso al TAR per la percentuale di invalidità e si sottopone a visite da parte di un medico legale della ASL di appartenenza. Quest'ultima riconosce il 74 per cento di invalidità;
   a luglio del 2013 viene notificato all'ex caporal maggiore un decreto di pensione privilegiata negativo in quanto la CMO di Palermo non ha dato scrivibilità;
   pur essendo stata stabilita la causa di servizio non è stata riconosciuta a S.A.F. dallo Stato assistenza sanitaria, morale ed economica;
   l'osservatorio conta oltre 3600 casi e 381 decessi su cui l'amministrazione della difesa non ha mai risposto;
   la magistratura ha emesso 17 sentenze di condanna in primo grado per l'amministrazione della difesa, di queste 3 passate in giudicato e le altre tutte appellate dall'amministrazione –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano a verità;
   se il personale impiegato nell'area fosse a conoscenza e adeguatamente informato sulla presenza di un container contenente proiettili con uranio impoverito all'interno del Villaggio Italia;
   se le bonifiche e i dispositivi di protezione individuale fossero sufficienti e funzionali riguardo l'uranio impoverito o se riguardassero esclusivamente i rischi chimici e biologici;
   se siano stati conservati e analizzati i dosimetri che il personale militare impegnato nelle operazioni porta per sei mesi;
   se i dosimetri riescano a misurare le radiazioni alfa o se invece sia considerata sufficiente la divisa a schermare questa tipologia di radiazione;
   se siano stati stuccati i filtri dei mezzi che escono in ricognizione;
   se non ritenga il «protocollo Mandelli» ormai superato ed insufficiente, non esaminando il fattore scatenante delle patologie, legate all'aspetto radiologico e alle polveri sviluppate ed in sospensione;
   se sia intenzione integrare il «protocollo Mandelli» con l'utilizzo di ecografie per accertare la presenza di noduli;
   se non ritenga necessario concludere i procedimenti legali in corso, attraverso un accordo tra le parti. (5-02521)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO, DURANTI, PIRAS e SCOTTO. —Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 9 novembre 2013 nel canale di Sicilia la Fregata Aliseo, impegnata nelle operazioni di pattugliamento nell'ambito dell'operazione «Mare Nostrum», ha intercettato un'imbarcazione con a bordo alcuni cosiddetti «scafisti». Al termine dell'operazione di inseguimento vengono arrestati 16 egiziani sospettati di aver trainato e sganciato a largo di Capo Passero una chiatta con a bordo 176 profughi siriani;
   il comandante della fregata, Massimiliano Siragusa, rispondendo alle domande di alcuni cronisti, precisa che la «nave madre» è stata intercettata ed è affondata, successivamente all'arresto dei presunti scafisti, a causa delle cattive condizioni meteorologiche unitamente alle precarie condizioni dello scafo;
   un video, registrato da un uomo dell'equipaggio e diffuso il 25 marzo 2014 in una conferenza stampa organizzata dal Partito per la tutela dei diritti dei militari, mostra che dalla fregata della Marina militare italiana sono partite più raffiche di mitra, dapprima fuori obiettivo a scopo deterrente e successivamente indirizzate alla poppa della scafo sotto la linea di galleggiamento;
   a seguito della diffusione del video la Marina militare in una nota ha ammesso che «sono stati sparati alcuni colpi (...) come ultima ratio per bloccare la fuga della nave madre e dopo aver acquisito l'assoluta certezza di non colpire l'equipaggio»–:
   se il Ministro abbia avviato o intenda avviare un'indagine per accertare lo svolgimento dei fatti in questione e le responsabilità della Marina militare nella diffusione di informazioni che non appaiono corrispondenti alla realtà dei fatti;
   quali siano le regole di ingaggio dell'operazione «Mare Nostrum» e se in tali regole rientri l'utilizzo delle armi da fuoco non a scopo deterrente ma in direzione degli scafi, al fine di fermare imbarcazioni sospette;
   se e quando, nell'ambito dell'operazione «Mare Nostrum» sia finora accaduto che navi militari italiane abbiano aperto il fuoco verso imbarcazioni civili. (4-04264)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   in conseguenza delle manovre finanziarie adottate nel corso degli ultimi tre anni, i trasferimenti delle risorse statali ai comuni sono diminuiti per una cifra complessiva pari a circa 6 miliardi e 450 milioni di euro; ciò ha determinato per essi il consolidamento di una situazione finanziaria che ha oramai raggiunto i limiti di un'assoluta insostenibilità;
   in questo quadro di riduzione progressiva dei trasferimenti, si inserisce l'anomalia rappresentata dalla legge 24 aprile 1941, n. 392, recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari» e che pone, anacronisticamente, a carico dei comuni le spese per la gestione degli uffici giudiziari; tali spese vengono ad essere, successivamente, rimborsate da parte del Ministero della giustizia attraverso l'erogazione di un contributo economico annuo, mai integrale;
   la previsione normativa che mette a carico dei comuni le spese degli uffici giudiziari è stata emanata nel 1941, prima cioè della nascita della Repubblica e dell'approvazione della Carta costituzionale che, attualmente, assegna allo Stato le funzioni in materia di giustizia;
   a fronte di una spesa media annuale dei tribunali e degli uffici giudiziari – anticipate dai bilanci dei comuni – pari a 315 milioni di euro annuo, negli ultimi tre anni il contributo versato dallo Stato ai comuni a titolo di rimborso si è attestato tra il 60 e l'80 per cento delle spese effettivamente sostenute; gli acconti e i saldi sono stati sovente erogati accumulando gravi ritardi, a volte quantificabili anche nell'ordine di diversi anni;
   nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia sono iscritti, per l'esercizio in corso, unicamente 79,8 milioni di euro: attualmente tuttavia, le spese sostenute dai comuni – relative all'anno 2012 – ammontano ad oltre 300 milioni di euro, già di fatto anticipati dalle casse delle amministrazioni comunali;
   il processo di riorganizzazione delle sedi giudiziarie sul territorio nazionale ha avuto, tra le inevitabili conseguenze, anche quella di una maggiore concentrazione di spese sui comuni dove si è realizzato l'accorpamento delle sedi giudiziarie soppresse dal decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155;
   nei comuni accorpanti le sedi giudiziarie soppresse ha avuto inizio un susseguirsi incessante di nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali: tali importi si esplicitano in spese per il trasloco, per la realizzazione, l'adeguamento e la messa in sicurezza di nuove sedi, in spese per nuove utenze e per i nuovi servizi di vigilanza e di gestione ordinata degli immobili, con richiesta da parte dei tribunali di risorse aggiuntive e ulteriori comprese tra il 15 e il 110 per cento rispetto all'anno precedente;
   tali risorse sono state, a tutti gli effetti, impiegate dai comuni solo ed esclusivamente al fine di garantire l'erogazione di un servizio di diretta gestione statale –:
   se il Ministro interpellato non ritenga opportuno fornire ulteriori informazioni in merito all'ammontare delle risorse – iscritte nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia per l'anno 2012 – destinate a corrispondere il relativo contributo ai comuni;
   se non ritenga necessario fornire chiarimenti in merito a quanto tali risorse siano state decurtate e a quanto ammonti tale diminuzione rispetto all'anno precedente;
   se non intenda assumere urgentemente provvedimenti ed iniziative appropriate al fine di garantire il ristoro delle spese ed il superamento di una situazione che, per le amministrazioni comunali, è a tutti gli effetti ormai letteralmente insostenibile;
   quali siano le iniziative che il Governo è intenzionato ad intraprendere – anche con carattere d'urgenza – al fine di assicurare la copertura delle spese già sostenute dai comuni nel 2012 allo scopo di garantire il rispetto della legge;
   quali siano le iniziative – anche con carattere d'urgenza – attualmente allo studio del Governo allo scopo di garantire la copertura delle spese per l'erogazione del servizio della giustizia sull'intero territorio nazionale per gli anni 2013 e 2014;
   se non ritenga necessario e congruo superare definitivamente l'attuale sistema di copertura dei costi degli uffici giudiziari attraverso iniziative per l'abolizione della legge 24 aprile 1941, n. 392, ponendo quindi a carico dell'amministrazione della giustizia la gestione diretta delle spese allo scopo di garantirne maggiore responsabilità ed efficacia.
(2-00485) «Fragomeli, Pastorino, Marzano, Petitti, Scanu, Marchetti, Carlo Galli, Marchi, Malisani, Moretto, Giuseppe Guerini, Iacono, Incerti, Ginefra, Giulietti, Gandolfi, Ginato, Tentori, Senaldi, Gadda, Pelillo, Lodolini, Lauricella, Lattuca, Giampaolo Galli, Lenzi, Fedi, D'Incecco, Zampa, Taranto, Marantelli, Garofani, Garavini, Luciano Agostini».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   lo stabilimento Fiat Group Automobiles (FGA) di Pratola Serra (Avellino) costituisce uno dei quattro stabilimenti italiani dediti alla produzione di motori del gruppo FIAT per il settore auto, specializzato su quelli di cilindrata 1600cc e superiore. Gli altri stabilimenti sono quello di Termoli, Foggia che rifornisce IVECO e VM di Imola che produce i motori per Maserati. A questi si deve aggiungere lo stabilimento Ferrari di Maranello (Modena) dotato di un proprio reparto di produzione motori;
   nel novembre 2012 lo stabilimento, di proprietà della società FMA s.r.l. con l'intero gruppo Fiat Powertrain Technologies (FPT) s.p.a. è stato assorbito, attraverso trasferimento di ramo d'azienda, da Fiat Group Automobiles (FGA) s.p.a. Più precisamente, lo stabilimento FMA è stato oggetto di fusione con FPT a decorrere dal 31 dicembre 2012;
   ad oggi, lo stabilimento in questione è composto da 6 reparti di lavorazione, di cui uno recente (UTE biella, UTE albero di distribuzione, UTE basamento, UTE testa cilindri 16 valvole, UTE albero motore, UTE basamento in alluminio), 4 reparti di montaggio (short block e long block, biking per l'asservimento materiale, UTE montaggio teste cilindri), dal reparto VQM (verifica qualità motori) e da una serie di divisioni/attività di servizio che attengono alla manutenzione, all'ENECO (energia e controllo) e alle attività di sorveglianza;
   la produzione dei motori è andata progressivamente diminuendo: già tra il 2007 e il 2008 la produzione si è ridotta di un terzo passando da 520.000 motori a 350.000. Dal 2009 al 2013 il volume dei motori assemblati è stato in media di circa 190.000 l'anno. Nel 2013 la produzione di circa 180.000 motori è stata superiore del 21,2 per cento a quella dell'anno precedente quando i motori assemblati sono stati circa 150.000, il volume più basso di produzione dal 2000, considerando che l'entrata in produzione vera e propria dello stabilimento è avvenuta solo nel 1998 (a maggio del 2013 è stata raggiunta la produzione di 7 milioni di motori). Si consideri, inoltre, che fino al 2002 lo stabilimento ha lavorato su 18 turni, dal 2003 su 15;
   i motori prodotti nel 2013 (circa 180 mila) sono stati destinati per circa il 65 per cento (nel 2010 tale valore era del 30 per cento) a stabilimenti esteri della FIAT in Europa (Turchia, Ungheria, Serbia) oltre a quello Chrysler di Toluca in Messico dove è assemblata la Fiat Freemont; per il restante 35 per cento agli stabilimenti italiani di Cassino (per Fiat Brava, Alfa Romeo Giulietta e Lancia Delta), di Mirafiori (per Alfa Romero Mito) e per la SEVEL di Atessa che viene rifornita anche dallo stabilimento di Foggia per le cilindrate maggiori per la Maserati di Modena. In questo quadro va osservato che rispetto al 2010 la percentuale di motori destinati allo stabilimento di Cassino è passata dal 46,3 per cento al 28,9 per cento, quella dei motori destinati alla Turchia dal 23 per cento al 27,5 per cento;
   si osserva che in nessun caso lo stabilimento di Pratola Serra è unico fornitore, fatta eccezione per i motori della Fiat Freemont assemblata nello stabilimento messicano della Chrysler e i motori dell'Alfa Romeo 4C. Nello stabilimento di Termoli si realizza il motore versione ibrida 1400cc per i modelli assemblati a Cassino e Mirafiori e per il modello 500L in Serbia. Va poi notato che le produzioni indicate per lo stabilimento di Cassino riguardano modelli a fine ciclo di produzione;
   all'inizio del 2014 i dipendenti dello stabilimento ammontano a 1.850, un numero inferiore rispetto a un anno fa di 30 unità, da imputare al trasferimento di 7 impiegati a Elasis e all'uscita di 23 operai: dieci per dimissioni volontarie, dodici per trasferimento (FGA di Grugliasco e VM di Imola) e uno per decesso;
   l'occupazione indiretta legata alle aziende esterne presenti nello stabilimento si è progressivamente ridotta dal 2008 a oggi, per via della chiusura di alcune aziende (esempio ASTEC), per la re-internalizzazione in FMA di alcune attività cedute in precedenza a società esterne (Ceva Logistics, Tecnogamma, Lomar), per la riduzione degli addetti delle aziende ancora presenti nel sito o il loro trasferimento a Torino (esempio: Fiat Service). Nel complesso si è passati, quindi, tra il 2008 e il 2013 da 770 addetti a 418 (-44,4 per cento);
   in questo quadro, i dipendenti di Ceva Logistics sono ritornati (re-internalizzati) in FGA come le attività in precedenza cedute a Tecnogamma e Lomar, quelli della Logi Services sono stati assorbiti da De Vizia Transfer, già presente nel sito, attraverso un contratto di servizio, ma con un'ulteriore riduzione degli addetti; sempre la De Vizia ha rilevato le attività e i dipendenti della Delivery&Mail; le attività prima cedute alla ASTEC sono state riassorbite dalla FIAT, ma con questo le due aziende hanno dato avvio a una procedura di mobilità per i 90 dipendenti in forza (mobilità la cui scadenza è coincisa con la fine di gennaio di quest'anno). Nel complesso, nel luglio 2010 gli addetti delle aziende terziarizzate incidevano per il 26,5 per cento dell'occupazione complessiva del sito, nel dicembre 2013 per il 18,4 per cento;
   relativamente al parco fornitori la situazione non si presenta molto dissimile da quella già analizzata in anni passati. La fabbrica di Pratola Serra rimane uno stabilimento di assemblaggio di componenti che provengono in larga prevalenza da fuori regione (in particolare da Piemonte e Lombardia) e dall'estero, mentre continua a ridursi l'apporto delle produzioni degli stabilimenti localizzati in Campania, fino al punto di poter affermare che se ieri questo era particolarmente debole oggi si può considerare sostanzialmente inesistente. Secondo l'ultima rilevazione (dicembre 2013) in possesso degli interpellanti, sulle 160 aziende fornitrici della FMA (17 in meno rispetto al 2010), quelle localizzate in Campania (ovvero almeno con uno stabilimento) si sono ridotte a 4, contro le 10 del luglio 2010 e le 14 del 2003;
   in generale, se il numero di aziende è complessivamente diminuito, la perdita maggiore si è verificata proprio tra le aziende con stabilimenti nel Mezzogiorno e in misura minore nel resto del Centro nord e all'estero, dove il principale Paese in cui hanno sede il maggior numero di imprese fornitrici (21 aziende su 42) rimane la Germania;
   il termine della cassa integrazione straordinaria (CIGS) per ristrutturazione, iniziata il 18 giugno 2012, è fissato per il 16 novembre 2014. Nel complesso, considerando anche il ricorso alla cassa integrazione ordinaria (CIGO) nel 2011, i giorni complessivamente lavorati nell'ultimo triennio (2011-2013) sono stati 88 nel 2011, 55 nel 2012 e 65 nel 2013;
   la perdita sul piano salariale è molto rilevante considerato che i giorni lavorati sono stati solo il 38 per cento nel 2011, il 24 per cento nel 2012 e il 28 per cento nel 2013 rispetto a quelli previsti dal contratto;
   osservando, inoltre, l'andamento del reddito dichiarato attraverso l'analisi dei CUD, prendendo a riferimento un lavoratore di 3o livello non coniugato e senza figli a carico (e quindi senza assegni familiari), il reddito percepito è andato progressivamente diminuendo fino al 23 per cento rispetto al valore del reddito pre-crisi del 2007, 16.000 euro contro 21.000 euro;
   se si somma le riduzioni di salario determinate dalla cassa integrazione guadagni dal 2008 ad oggi, si calcola una perdita di circa 30.000 euro. La perdita risulta, poi, ancora più rilevante se si considera che nel 2007 la paga oraria base era di 8,8 euro, mentre oggi è di circa 10 euro;
   l'unico investimento di rilievo che ha riguardato lo stabilimento negli ultimi anni è stato il nuovo reparto per il basamento in alluminio che ha sostituito il reparto «testa cilindri 2 valvole» la cui produzione era legata ai motori euro 3. Questo investimento, di circa 2 milioni di euro, è iniziato nella primavera del 2013 e dovrebbe completarsi nella primavera del 2014. Il nuovo reparto comprende l'installazione di 4 macchine che dovrebbero essere gestite da 7 operatori per un numero complessivo di 21, considerati i tre turni di produzione e 2 manutentori per turno: la capacità produttiva è di 150 pezzi/giorno per 35 mila pezzi l'anno (considerando un calendario di 232 giornate lavorative). Il nuovo basamento sarà utilizzato per i motori 1800cc benzina dell'Alfa Romeo 4C, della Maserati e della Giulietta;
   questo investimento evidenzia, comunque, una riduzione del numero di addetti rispetto al reparto testa cilindri 2, dove gli addetti erano 30 per turno impegnati su più macchine. La ragione sta nell'installazione di macchine meno complesse che svolgono più operazioni e che, quindi, risparmiano sull'impiego di manodopera. Questo investimento, come altri che stanno avvenendo nel resto degli stabilimenti della FIAT, produce dunque una riduzione del fabbisogno di manodopera, ma anche un aumento dei carichi di lavoro (qui nelle attività di controllo/gestione macchina) e/o dell'intensità della prestazione sulle linee di montaggio delle fabbriche dedicate all'assemblaggio delle vetture. Negli altri reparti ci sono stati piccoli investimenti sui nuovi macchinari per consentire l'allestimento dei motori 1800cc a benzina, ma nulla di più;
   per lo stabilimento FGA di Pratola Serra (Avellino) si conferma una situazione particolarmente critica, dovuta alla sottoutilizzazione delle capacità produttive dello stabilimento stesso;
   il calo periodico della produzione si è accompagnata anche ad una riduzione dell'organico del sito che ha colpito le aziende terze a cui in passato erano state affidate delle attività da parte di FIAT;
   si conferma, inoltre, la forte perdita salariale per i dipendenti, determinata dall'ampio ricorso alla cassa integrazione: solo negli ultimi sei anni la perdita è quantificabile in media in 30.000 euro per lavoratore;
   la capacità produttiva dello stabilimento si è ormai attestata al 30 per cento delle capacità produttive e le prospettive rimangono assai poco chiare, se si considera che molto del destino dello stabilimento è affidato al successo del nuovo motore con basamento in alluminio (1800cc) e in considerazione del fatto che la capacità produttiva per questo motore è prevista in 35.000 unità all'anno che corrispondono ad un mese di produzione dello stabilimento;
   appare chiaro che per poter portare a saturare gli impianti occorre una produzione di quantità che possa raggiungere i 500 mila motori all'anno;
   a ciò si aggiunga, come altra criticità, che alcuni motori oggi in produzione sono destinati a modelli di autovetture a fine ciclo di vita, come quelli assemblati nello stabilimento di Cassino;
   più in generale, come si legge nel documento programmatico della Fiom per il XXVI Congresso dell'organizzazione, si impone sempre di più la necessità di una politica industriale da anni assente, di cui il soggetto pubblico deve essere promotore, finanziatore e garante. «La gravità e la profondità della crisi chiamano in causa l'intero modello di sviluppo e la sua gestione privatistica che sta determinando la desertificazione industriale del paese e che in questi anni ha dimostrato di sprecare risorse peggiorando le condizioni di vita dei lavoratori e dei cittadini, mettendone a rischio la salute e praticando una pericolosa distruzione ambientale. In questa situazione solo un soggetto pubblico può garantire un diverso modello di sviluppo caratterizzato dalla tutela e dalla valorizzazione del lavoro e dei beni inalienabili della comunità. Per dar vita a una nuova politica industriale è urgente un piano straordinario d'investimenti pubblici e privati che parta dal valorizzare il patrimonio di conoscenze e professionalità che hanno fatto la storia della nostra manifattura, sottraendole alla speculazione finanziaria. Una particolare attenzione deve essere posta al Mezzogiorno che sta pagando il prezzo più alto della crisi e delle politiche liberiste, perché nel Sud la deindustrializzazione è già in atto e per questo dal Sud bisogna ripartire nella realizzazione di piani industriali “di settore” di cui il lavoro umano sia il fulcro, il mezzo e il fine nella creazione di valore»;
   è da considerarsi assurdo che la politica industriale di questo Paese venga di fatto portata avanti con i salari e i diritti dei lavoratori che attraverso le loro fatiche dovrebbero garantire gli investimenti necessari e pagare di tasca propria il prezzo del loro lavoro;
   la legge di stabilità 2014, recentemente entrata in vigore, ha disposto per l'anno 2014 uno stanziamento di 50 milioni di euro volto al finanziamento dei trattamenti di integrazione salariale per i contratti di solidarietà;
   la disposizione, a differenza degli ultimi interventi in materia, non ha, però, previsto la proroga della norma che consentiva l'innalzamento dell'integrazione salariale del 20 per cento, prescrivendo un aumento limitato – nella misura del 10 per cento – che attesta l'ammontare dell'importo al 70 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione dell'orario di lavoro;
   tale scelta provocherà ricadute negative su migliaia di lavoratori già coinvolti da procedure di diminuzione del reddito;
   si rende necessario un ulteriore intervento in materia di contratti di solidarietà, con l'obiettivo di incrementarne l'ammontare del trattamento di integrazione salariale, con particolare riferimento a quello dei lavoratori con redditi più bassi –:
   se il Governo, alla luce di quanto descritto in premessa, non concordi nel ritenere che il rilancio dello stabilimento di Pratola Serra sia legato imprescindibilmente all'attivazione di una seria politica di rilancio degli investimenti e della produzione di motori ibridi benzina/Gpl e benzina/metano e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo;
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere sul piano occupazionale al fine di evitare il progressivo trasferimento di ulteriore personale dallo stabilimento di Pratola Serra su altri stabilimenti, il che significherebbe solo depotenziare lo stabilimento stesso nella sua capacità produttiva;
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo al fine di tutelare i lavoratori a rischio, anche attivando un tavolo di confronto che coinvolga pienamente i rappresentanti dei lavoratori, la dirigenza aziendale e i Ministeri competenti e che individui ogni possibile soluzione volta ad evitare ripercussioni negative sugli attuali livelli occupazionali;
   se e quali iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di tutelare concretamente i lavoratori dipendenti dello stabilimento in questione e, in particolare, se si intenda utilizzare lo strumento dei contratti di solidarietà, nel momento in cui diventi impossibile garantire l'effettiva rotazione dei dipendenti stessi con la cassa integrazione guadagni straordinaria;
   quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di prevedere disposizioni che, incrementando l'ammontare del trattamento di integrazione salariale e ripristinando la percentuale di riferimento prevista antecedentemente all'approvazione della legge di stabilità 2014, tengano conto concretamente delle esigenze dei lavoratori;
   se il Governo non concordi sull'opportunità di sostenere un programma di riqualificazione delle maestranze, anche utilizzando le risorse finanziarie e i fondi di Prestimpresa, e quali iniziative di competenza intenda assumere per sostenere il comparto industriale in questione;
   quali iniziative il Governo intenda assumere, anche attraverso un tavolo di confronto con i rappresentanti degli enti locali interessati, al fine di favorire la localizzazione di fornitori nell'area di insediamento dello stabilimento di Pratola Serra, in considerazione del fatto che la fornitura di componenti per l'assemblaggio di motori è rimasta prevalentemente localizzata fuori dal Mezzogiorno o all'estero.
(2-00480) «Airaudo, Giancarlo Giordano, Di Salvo, Ferrara, Migliore, Aiello, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   un sistema di mobilità pubblica moderna ed efficiente rappresenta un obiettivo strategico per la realizzazione di politiche tese a promuovere sviluppo sostenibile, strategie di crescita economica e di progresso sociale, migliori condizioni di tutela della salute della popolazione;
   in particolare, il servizio dei treni intercity rappresenta, per un'ampia e diversificata fascia di utenza, su tutto il territorio nazionale, un mezzo di trasporto pubblico fondamentale per garantire il diritto alla mobilità ai cittadini che sono costretti quotidianamente ad affrontare spostamenti per motivi di lavoro, studio o salute;
   l'offerta di servizi per i pendolari è infatti basata essenzialmente sul trasporto pubblico regionale su ferro, finanziato dalle regioni, e sull'interazione con i treni intercity, che, sulle lunghe percorrenze di carattere interregionale, rappresentano, peraltro, l'unico mezzo disponibile presso molte stazioni capoluogo di provincia o con un bacino di area vasta anch'esso interregionale;
   il contratto di servizio pubblico – si legge sul sito internet di Trenitalia – è un atto stipulato tra l'autorità pubblica (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e delle finanze) e Trenitalia, allo scopo di garantire il diritto alla mobilità, tramite servizi di trasporto effettuati per soddisfare esigenze sociali, ambientali e di assetto del territorio, e per far fronte all'esigenza di garantire particolari condizioni e tariffe a specifiche categorie di passeggeri;
   il contratto di servizio, valido per il periodo 2009-2014 è quindi orientato a tutelare la mobilità ferroviaria dei passeggeri nella media e lunga percorrenza nazionale, sovvenzionando i collegamenti intercity sia diurni che notturni considerati a tal fine necessari;
   sono circa 2 milioni e 900 mila i pendolari che utilizzano quotidianamente in Italia i servizi su rotaia: a dirlo è il rapporto «Pendolaria 2013» di Legambiente. Secondo i dati del rapporto negli ultimi anni sono aumentati i costi dei biglietti e diminuiti i servizi. Politiche che stanno disincentivando il trasporto pubblico, lievemente calato nel 2013, rispetto ad un trend di crescita registrato negli ultimi dieci anni. Sempre secondo Legambiente le responsabilità sono anche delle regioni che «hanno trascurato la qualità del servizio» offrendo alle «necessità dei pendolari» meno dello «0,4 per cento del bilancio»;
   tali criticità si sommano infatti ai già molti disservizi, a cui sono sottoposti giornalmente i passeggeri che viaggiano sui treni intercity tra cui: lunghi tempi di percorrenza; mancanza di puntualità; soppressione senza preavviso delle corse; carenza di informazione, non garanzia di partenza delle coincidenze; guasti tecnici; carrozze non adeguate e poco pulite; sovraffollamento dei convogli; condizioni precarie delle infrastrutture ferroviarie; aumenti delle tariffe non giustificati dalla bassa qualità e riduzione generalizzata dei servizi offerti;
   va rimarcato, d'altro canto, che parallelamente alla crescita delle criticità e delle riduzioni del trasporto ferroviario intercity e regionale è stata elevata esponenzialmente l'offerta dei collegamenti dell'alta velocità (AV): dal 2007 ad oggi, nella tratta Roma-Milano si è, ad esempio, registrato un aumento della frequenza che sfiora il 400 per cento;
   sono stati recentemente soppressi da Trenitalia due ulteriori treni intercity (nelle tratte Roma-Trieste e Roma-Milano);
   da quanto è emerso da organi di informazione entro il mese di giugno 2014 verranno soppressi altri 10 intercity, che riguardano l'utenza di 9 regioni (Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Campania): tali treni, secondo Trenitalia registrano perdite commerciali di circa 30 milioni di euro;
   la soppressione di tali treni era già stata ventilata lo scorso anno e sospesa anche a seguito delle richieste delle regioni, degli enti locali e degli interventi delle rappresentanze politiche parlamentari;
   l'allora sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti Rocco Girlanda intervenendo alla Camera dei deputati il 10 settembre 2013 per rispondere ad una interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00765 su questo tema, ha rimarcato la necessità («ferma la competenza regionale») nelle definizione della programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale di un maggiore coordinamento fra le regioni stesse e lo Stato. Per il sottosegretario una corretta programmazione rispettosa dei nuovi criteri «oggettivi ed uniformi a livello nazionale, di efficientamento e razionalizzazione» (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2013) potrà superare «la cristallizzazione dei servizi storici e della spesa storica», consentire «la progressiva rispondenza fra offerta e domanda di trasporto» e risolvere «almeno parzialmente, le lamentate carenze di risorse di parte corrente»; «in tale quadro, la programmazione dei servizi effettuata dalla regione diventa elemento essenziale per verificare, in termini concreti, le ipotesi di razionalizzazione e sviluppo del trasporto ferroviario. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – ha sottolineato Rocco Girlanda – avrà cura di verificare gli effetti prodotti dalla corretta programmazione, avvalendosi anche dell'Osservatorio sulle politiche del Tpl, di cui alla Legge n. 244 del 2007»;
   va inoltre ricordato che il precedente Governo, per voce dell'allora sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti Erasmo D'Angelis, in data 17 dicembre 2013, ha annunciato a mezzo stampa interventi urgenti mirati per modernizzare e migliorare la situazione del trasporto ferroviario regionale, soprattutto a favore delle fasce sociali deboli (come ad esempio i pendolari);
   emerge quindi con chiarezza che la soppressione dei 10 intercity sopracitata rappresenta in ogni caso una decisione non concertata, causata da esclusive ragioni di carattere economico, e che (per qualità e quantità dei servizi cancellati non adeguatamente sostituiti ed integrati) non possa comunque essere frutto di una programmazione efficace ed a sostegno dei pendolari;
   tale soppressione causerebbe infatti gravi ed ulteriori disagi nei confronti di migliaia di utenti, su tutto il territorio nazionale, che vedrebbero scomparire un servizio spesso unico per poter svolgere le attività quotidiane;
   su questa tematica è avviato da mesi un confronto tra Trenitalia, governo e regioni rispetto all'istanza di garantire il livello di trasporto ferroviario «intermedio» fra i servizi AV ed i servizi regionali, in particolare per quei centri e quei territori non serviti dall'Alta Velocità;
   per recuperare la copertura finanziaria necessaria a mantenere i servizi ferroviari economicamente non sostenibili è emersa l'opportunità di utilizzare le risorse previste dell'articolo 21, comma 24 del decreto-legge numero 98 del 2011 (legge numero 111 del 2011);
   tale norma introduce infatti un sovrapprezzo al canone per il trasporto di passeggeri sulle linee ad alta velocità, destinando i relativi introiti alla diminuzione del costo di accessi all'infrastruttura ferroviaria per i servizi oggetto di contratti di servizio. La misura del sovrapprezzo viene stabilita ed aggiornata ogni tre anni, in conformità con il diritto comunitario, da un apposito decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   ad oggi il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti citato non è stato ancora emanato e conseguentemente le inerenti disposizioni del decreto-legge n. 98 del 2011 non sono state ancora applicate –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza delle reali intenzioni di Trenitalia di sopprimere collegamenti intercity e nello specifico in quali tratte e quali bacini di utenza coinvolgono tali riduzioni di servizio;
   se i Ministri interpellati conseguentemente non ritengano necessario assumere iniziative urgenti per evitare tali riduzioni di servizio insostenibili per garantire il diritto alla mobilità a milioni di cittadini, a partire dalla completa attuazione dell'articolo 21, comma 24 del decreto-legge numero 98 del 2011, da una revisione ed aggiornamento del contratto nazionale di servizio con Trenitalia e dalla promozione di una maggiore concertazione e partecipazione con le regioni anche al fine di vincolare la società al rispetto di standard qualitativi effettivamente adeguati e promuovere un effettivo ottenimento di miglioramenti nel trasporto ferroviario pubblico.
(2-00481) «Dallai, Donati, Biffoni, Manfredi, Ermini, Carrescia, Cenni, Covello, Marco Di Maio, Fossati, Gelli, Bini, Anzaldi, Manciulli, Terrosi, D'Arienzo, Morani, Richetti, Simoni, Vazio, Benamati, Ascani, Bonafè, Senaldi, Zanin, Amendola, Fanucci, Tidei, Iori, Bonifazi, Parrini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
    i comitati dei pendolari del veneto Orientale e di Quarto D'Altino hanno chiesto a seguito dei recenti disservizi il ripristino del treno delle 00.20 Venezia-Portogruaro;
   nella notte tra sabato 29 e domenica 30 marzo 2014 si è infatti registrato il caos a bordo del bus sostitutivo VE 803 che collega Venezia a Portogruaro;
   sulla base del racconto dei passeggeri il pullman è partito al completo già da Piazzale Roma e quando intorno alle 00.35 è giunto a Mestre vi erano numerosi viaggiatori ad attenderlo;
   l'autista del mezzo sostitutivo ha fatto richiesta di un mezzo di supporto in quanto non poteva proseguire il viaggio con la gente in piedi e impossibilitato a far salire tutti gli utenti a bordo;
   intorno all'1.30 di notte, quindi dopo circa un'ora, è giunto in supporto un pulmino da 20 posti circa per far salire a bordo coloro che non avevano trovato posto;
   anche questo mezzo è risultato ampiamente insufficiente in quanto molte persone sono state costrette a viaggiare in piedi e alcune non sono riuscite, neppure in questa occasione, a poter usufruire del mezzo pubblico;
   è paradossale che questo disservizio si registri in una città di richiamo mondiale per il turismo;
   da tempo i comitati dei viaggiatori denunciano sistematici disservizi sulla rete infrastrutturale ferroviaria del comprensorio;
   è del tutto evidente la sottovalutazione delle esigenze dell'utenza da parte della regione Veneto in considerazione del contratto di servizio sottoscritto con Trenitalia –:
   anche in considerazione degli episodi sopra menzionati, quali iniziative il governo intenda promuovere per attivare un tavolo di confronto tra Trenitalia e regione Veneto, con la partecipazione attiva degli enti locali, delle organizzazioni di categoria nonché dei comitati dei viaggiatori, al fine di evitare i disservizi denunciati che provocano notevoli disagi e una pessima immagine per un comprensorio dal forte richiamo turistico. (5-02522)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dal Quotidiano della Calabria del 29 marzo 2014, si evidenzia che il nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco di Crotone risulta essere a rischio di soppressione;
   ad annunciare questo ennesimo taglio di presidi sul territorio, che causerebbe gravissime criticità per il lavoro svolto quotidianamente per garantire la sicurezza in mare è il segretario generale di uno dei maggiori sindacati di categoria, il quale ha annunciato che metterà in atto tutte le possibili azioni per contrastare i tagli che il Governo intende attuare sui vigili del fuoco;
   si tratta di presidi di soccorso, con grande esperienza acquisita direttamente sul campo e attraverso attività formative e con relative abilitazioni;
   il nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco risulta essere altamente specializzato per garantire un immediato soccorso grazie anche all'utilizzo di mezzi altamente tecnologici e che risultano idonei per effettuare operazioni a mare anche quando le condizioni diventano critiche;
   i numerosi interventi di salvataggio, portati a termine nel corso degli anni, confermano l'importanza del lavoro svolto dai sommozzatori, in una realtà dove gli sbarchi degli extracomunitari avvengono con una certa frequenza;
   l'esigenza di assicurare un'adeguata protezione al nostro territorio e una maggiore tutela alle persone è subordinata al delicato lavoro che viene svolto dai vigili del fuoco, soprattutto nel periodo estivo durante il quale il loro coinvolgimento è ai massimi livelli;
   il corpo dei vigili del fuoco risulta essere già vicino ad una situazione di collasso. Sono previsti, infatti, a decorrere dal 2015 significativi tagli ai quali si sommano quelli già effettuati precedentemente: depotenziare questi nuclei significa mettere a rischio la sicurezza del nostro territorio che è costituito essenzialmente da tratti costieri, laghi, fiumi e bacini artificiali;
   a parere dell'interrogante è assolutamente necessario intervenire per porre rimedio ad un preoccupante stato di disagio che potrebbe derivare dalla soppressione dei nuclei dei sommozzatori dei Vigili del Fuoco –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per garantire la tutela del territorio e la sicurezza della popolazione che risiede o che ha deciso di trascorrere le vacanze nella provincia di Crotone. (4-04276)


   DALL'OSSO, BARONI, CECCONI, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, ARTINI, BASILIO, PAOLO BERNINI, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. — Per sapere, premesso che:
   è risaputo come enormi quantitativi di droga raggiungano l'Europa occidentale provenienti dall'Afghanistan e da altri Paesi asiatici attraverso la Turchia e i corridoi balcanici, come confermano l'ultima analisi – 2012 – degli esperti delle Nazioni Unite e i responsabili regionali impegnati a contrastare il contrabbando di stupefacenti;
   la rotta dei Balcani resta un importante corridoio per il contrabbando dei narcotici dall'Afghanistan verso i paesi europei stimando che finora l'80 per cento della droga arriva in Europa occidentale dall’ Afghanistan, attraverso la Turchia e i Balcani;
   i gruppi criminali spesso in precedenza hanno usato il corridoio settentrionale dei Balcani, in particolare per l'eroina, dall'Afghanistan attraverso Turchia, Bulgaria, Romania, Serbia, Ungheria e Romania;
   recenti ricerche indicano che i trafficanti utilizzano sempre di più percorsi attraverso Turchia, Grecia, Macedonia e Albania verso 1 Italia, soprattutto quando si tratta di cocaina;
   tre anni fa il Dipartimento di Stato americano sottolineava come il Montenegro fosse divenuto un importante scalo nelle rotte di cocaina ed eroina destinate in Europa, citando il clan di Darko Saric. Quest'ultimo è un pericoloso narcotrafficante, ricercato in ambito Interpol sin dall'aprile del 2010 (con una «taglia» di 10 milioni di euro), che dovrebbe aver trovato rifugio in Sud Africa, tra Johannesburg e Pretoria. È da lì che Saric aveva rivolto minacce di morte ai vertici istituzionali montenegrini ritenuti responsabili dei suoi «problemi giudiziari» iniziati nel 2009 con il sequestro, al largo delle coste uruguagie, di due tonnellate di cocaina dirette in Europa per suo conto;
   la Slovenia, dopo le recenti dimissioni di Janet Janza, premier conservatore, accusato di corruzione, sta attraversando un periodo di profonda crisi economica, politica e sociale ed è sempre interessata nel contesto della «rotta balcanica» da transiti di carichi di eroina afghana verso i mercati europei. Negli ultimi tre anni si è registrato un aumento del consumo interno e, secondo stime non ufficiali, la popolazione dei tossicodipendenti si è attestata intorno alle 40mila unità (su una popolazione di poco più di 2 milioni di abitanti, tra cui circa 3.700 italiani alla fine del 2012);
   i confini nazionali sono scoperti da reparti di vigilanza, se non con sporadiche presenze di pattuglie che devono coprire un mandamento di non poco conto, vedasi il Friuli Venezia Giulia, unica regione confinante con l'area interessata e ponte verso l'Europa storica per il corridoio della droga;
   se il Governo stia monitorando tale situazione;
   se il Governo abbia in essere la stipula di convenzioni di cooperazione interforze con i Paesi confinanti l'Italia al fine di tutelare le popolazioni dall'immissione sul territorio di sostanze stupefacenti;
   se il Governo sia a conoscenza del fatto che il cosiddetto confine orientale risulta quasi scoperto del tutto a causa della mancanza di organico in forze presso la polizia di Stato ed i carabinieri;
   se il Governo abbia intenzione di porre in essere una rivisitazione dei «tagli» dovuti dalla spending review per quanto riguarda le caserme dei carabinieri, vedasi Cividale del Friuli – città riferimento del mandamento verso la Repubblica di Slovenia – la cui locale compagnia di carabinieri copre un vasto territorio, spesso impervio a causa della conformazione geofisica e delle condizioni atmosferiche – al fine di perseguire la tutela dell'integrità delle persone e dei loro beni. (4-04277)


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco di Pallagorio, piccolo centro arbresh della provincia di Crotone, in questi giorni è stato pesantemente accusato dal ragioniere del comune di non aver pagato i Tributi comunali; dal quadro che emerge, su cui è in corso la battaglia politica della minoranza, nonché dalla stampa locale, si ravvisano comportamenti e condotte fortemente compromettenti e incompatibili con l'esercizio delle funzioni che dovrebbe esercitare il primo cittadino;
   in particolare, si sarebbero verificate intromissioni del Sindaco nelle attività dell'ufficio tributi volte a perseguire finalità personali, quali il condono, la mancata spedizione dei modelli per i ruoli dell'ICI, tra l'altro resi introvabili, gli sgravi arbitrari ed illegittimi e la sospensione delle cartelle emesse a proprio carico e a carico di amici e parenti;
   la stampa locale parla di un presunto danno erariale arrecato dal sindaco per la sospensione dei pagamenti a chi non ne aveva diritto e per il mancato incasso per il comune di circa 26.000 euro, di cui lo stesso sindaco sembra essere debitore;
   la stampa evidenzia inoltre una presunta incompatibilità del sindaco a ricoprire tale carica pubblica perché debitore con il comune (secondo l'articolo 63 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267);
   è vero che l'articolo 63, comma 1, n. 6) seconda ipotesi, per i debiti di natura fiscale, subordina la «incompatibilità» al preventivo invio dell’«avviso» di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602 e che detto «avviso» non si riscontra nel testo novellato del predetto articolo 46 bensì era presente nel testo precedente alla riformulazione ma è altresì vero ed inoppugnabile che in mancanza del presupposto formale che realizza la «incompatibilità» resterebbe impunita la peggiore delle violazioni sanzionate nell'elencazione di cui all'articolo 63;
   al sindaco di Pallagorio viene inoltre contestata un'attività di mobbing nei confronti del ragioniere, dipendente del comune, che non ha coinvolto, in qualità di responsabile dell'ufficio tributi, in questioni di competenza specifica sulla Tosap, sul condono e sull'accensione di mutui per oltre 800.000 euro;
   secondo l'opposizione l'amministrazione comunale sarebbe caratterizzata da un sistema di potere basato sulla fedeltà al capo e retto da logiche clientelari contrassegnato da poco rispetto per le regole, tanto è vero che, per esempio, molti lavori vengono eseguiti senza le necessarie coperture finanziarie e vengono contratti debiti fuori bilancio –:
   se il Ministro interrogato, stante l'attuale debito fiscale del Sindaco nei confronti del Comune, non intenda accertarsi della sussistenza delle condizioni di incompatibilità (anche eventualmente sopravvenuta) ed assumere iniziative per far decadere il dott. Lorecchio dalla carica di sindaco di Pallagorio;
   se in ogni caso non ritenga di verificare i presupposti per la rimozione del sindaco ai sensi dell'articolo 142 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali.
(4-04281)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 25 marzo 2013, n. 81 che ha modificato il decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, è stato istituito il percorso formativo abilitante speciale – PAS tirocinio formativo attivo Speciale per consentire l'accesso al corso, senza superamento di prove di selezione, a docenti precari con almeno tre anni di servizio ma sprovvisti della relativa abilitazione;
   successivamente, con decreto del dirigente generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 25 luglio 2013, n. 58, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – concorsi ed esami – il 30 luglio 2013, sono stati attivati i corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento e aperti i termini per la presentazione della domanda;
   la domanda di partecipazione ai percorsi formativi speciali, a pena di esclusione, doveva essere inoltrata per una sola regione, a scelta dell'aspirante per una sola tipologia di posto o classe di concorso di cui alle tabelle A, C e D del decreto ministeriale n. 39 del 1998 e del decreto ministeriale 6 agosto del 1999, n. 201 (classe di concorso A077). L'istanza doveva essere trasmessa all'ufficio scolastico regionale della regione prescelta attraverso la piattaforma istanze on line http://archivio.pubblica.istruzione.it/istanzeonline/ del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal 2 al 29 agosto 2013 (salvo proroghe);
   il decreto dipartimentale n. 45 all'ALLEGATO A stabilisce che: «i percorsi sono distinti per ciascuna classe di concorso e prevedono il conseguimento di 41 crediti formativi universitari. I crediti formativi sono indirizzati: alla verifica e al consolidamento della conoscenza e delle discipline oggetto di insegnamento della classe di concorso e al perfezionamento delle relative competenze didattiche, anche alla luce dei percorsi ordinamentali in vigore e alle relative indicazioni nazionali e alle linee guida» di insegnamento;
   tuttavia, nonostante il chiaro dettato delle norme sopraindicate, la situazione appare non solo caotica ma non conforme ai criteri e alle modalità stabilite circa l'attivazione da parte delle università dei percorsi formativi abilitanti speciali;
   in tal senso, nonostante tali corsi dovrebbero già essere dovuti partire, si registra l'avvio solo di alcuni, altri sono in ritardo e, per altri ancora, è addirittura incerto l'inizio;
   inoltre, l'interpretazione soggettiva da parte delle università delle direttive ministeriali sta seriamente compromettendo la natura e l'organizzazione dei corsi e degli esami che appare notevolmente ridimensionata rispetto a quella prevista: infatti, il tempo sempre più ridotto per conseguire l'abilitazione non consentirà di svolgere programmazioni adeguate e con una cura specifica dell'aspetto didattico;
   per di più, considerato tale ridimensionamento appare eccessivo il costo imposto da molte università per iscriversi al percorso;
   il ritardo nell'attivare tali percorsi porterà molti docenti a non terminare in tempo i Pas e a non poter spendere il titolo quando verranno aggiornate le graduatorie. Tale ulteriore ritardo nell'avvio delle procedure, potrebbe produrre nuova incertezza e possibili contenziosi;
   un numero elevato di conservatori non attiverà i corsi abilitanti di musica (classe A077). In tal senso, la conferenza dei direttori di conservatorio ha avanzato dubbi sulla liceità del decreto che istituisce il percorso formativo abilitante speciale, è ha chiesto chiarimenti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   appare ancora incerto e in via di definizione l'attivazione dei percorso formativo abilitante speciale di infanzia e primaria su cui, dopo la sentenza con cui il Consiglio di Stato si è espresso sulla validità del diploma magistrale considerandolo abilitante, appare evidente la necessità di fare chiarezza. Infatti, la sentenza determina come tutti i diplomati entro l'anno 2001/2002 abbiano il diritto di passare in seconda fascia delle graduatorie d'istituto;
   inoltre, la maggior parte delle università si sono dette non disponibili ad attivare i percorsi formativi abilitanti speciali per le lingue ed i corsi di riconversione sul sostegno per le classi di concorso in esubero;
   vi sono docenti risultati idonei a partecipare ad un percorso formativo abilitante speciale per una specifica classe di concorso che non potranno parteciparvi nella propria regione di appartenenza perché per quella specifica classe non è stato attivato il corso;
   quanto rilevato descrive uno stato di estrema e grave incertezza e di disomogeneità tra ambiti territoriali nonché tra ambiti disciplinari, stato che ostacola gravemente la rapida applicazione di norme –:
   come intenda intervenire al fine di garantire al personale scolastico interessato il diritto ad avere i citati corsi indispensabili per i loro percorsi professionali, ottemperando peraltro alle norme vigenti (decreto ministeriale n. 81 del 2013 e nota 2352 del 30 ottobre 2013, DD n. 7 aprile 2012 e decreto-legge n. 104 del 2013).
(2-00483) «Malpezzi, Fratoianni, Costantino, Giancarlo Giordano, Bargero, Baruffi, Arlotti, Antezza, Rocchi, Rubinato, Realacci, Coscia, Coppola, Patriarca, Crimì, Carocci, Carnevali, Coccia, Crivellari, Bonomo, Casellato, Paola Bragantini, Bossa, Bonaccorsi, D'Ottavio, De Menech, Famiglietti, Boccia, Causi, Roberta Agostini, Stumpo, Carbone, Marco Meloni, Capozzolo, Ghizzoni».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il numero dei medici attivi in Italia è di circa 230.000, pari a 3,7 medici ogni 1.000 abitanti. È previsto che da oggi al 2019 dovrebbero uscire dall'attività circa 50.000 medici ai quali se ne dovrebbero aggiungere altri 80-100.000 tra il 2020 e il 2024;
   è stato calcolato che in prospettiva fra tre anni, quasi un milione di italiani resteranno senza medico di famiglia – perché ci saranno 600 medici di medicina generale in meno e ogni medico di famiglia non può avere più di 1.500 pazienti – e che questo numero è destinato a crescere per via dei pensionamenti futuri;
   il sistema italiano prevede che per accedere ai ruoli del servizio sanitario nazionale sia indispensabile essere in possesso di una specializzazione in area medica, chirurgica, o dei servizi clinici, ovvero aver completato il percorso di formazione post-laurea in medicina generale;
   in previsione di un numero laureati in medicina insufficiente a coprire i fabbisogni del servizio sanitario nazionale, fenomeno noto da tempo, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha sollecitato negli ultimi anni le facoltà di medicina ad aumentare il numero dei posti a disposizione per questi corsi di laurea, passati per questo dal numero complessivo di 7.547 per l'anno accademico 2008/2009 ad un totale di 10.173 posti per l'anno accademico 2012/2013;
   l'approvazione dell'emendamento 20.16 nel corso dell'esame alla Camera dei deputati del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, che dispone per l'anno accademico 2013-2014 l'immatricolazione in sovrannumero degli studenti che sarebbero risultati vincitori nel concorso per l'ammissione ai corsi di laurea in medicina e chirurgia se si fosse mantenuto il bonus della maturità, rischia di portare quest'anno il numero di nuovi ingressi a superare le 11.000 unità;
   di fronte all'aumento del numero degli studenti che ogni anno si iscrivono al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia e all'invecchiamento della popolazione dei medici specialisti, si assiste tuttavia alla paradossale diminuzione dei contratti per la formazione specialistica banditi annualmente dal Ministero (contro i 5000 contratti per l'anno accademico 2007/2008, sono invece solo 4500 i posti finanziati dal decreto ministeriale del 24 aprile 2013 n. 333 per l'anno accademico 2012/2013);
   lo stesso paradossale fenomeno si riscontra per i corsi di formazione specialistica in medicina generale, organizzati dalle regioni, per i quali nel triennio 2012/2015 erano previste 981 borse totali, mentre per il triennio 2013/2016 ne saranno previste solamente 924;
   si tratta di un numero gravemente inferiore alle necessità del servizio sanitario nazionale, dato che per il corrente anno il fabbisogno di nuovi specialisti espressi dalle regioni italiane eccede le 8.600 unità;
   in assenza di titolo di specializzazione e nell'impossibilità ad accedere ai ruoli di servizio sanitario nazionale, ai giovani neo laureati non resta altra prospettiva che quella dell'emigrazione o quella dell'esercizio privato dell'attività professionale, il più di frequente nei settori delle cosiddette medicine alternative;
   il numero dei contratti di formazione specialistica che sarà oggetto del prossimo bando era stato originariamente previsto in circa 2.000, come riferito dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, pro tempore Maria Chiara Carrozza, rispondendo in Aula ad un question time del primo firmatario del presente atto;
   in data 31 ottobre 2013, nel corso della discussione del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, la Camera ha approvato l'ordine del giorno n. 9/01574-A/034, a firma Gigli e Calabrò, che impegna il Governo a valutare l'opportunità di istituire un Osservatorio nazionale con io scopo di monitorare ogni dato utile per un'analisi attenta delle previsioni di fabbisogno sanitario nei prossimi anni, unitamente a una rivalutazione del fabbisogno di specialisti nelle diverse discipline, anche in relazione al mutamento dei dati epidemiologici, alle innovazioni tecnico-scientifiche e organizzative, e ai flussi pensionistici per le diverse discipline nei ruoli del servizio sanitario nazionale di programmare gli accessi in modo da ridurre progressivamente, nell'arco di non più di un quinquennio, il gap esistente fra gli ingressi nelle facoltà di medicina e il conseguente numero di laureati e le possibilità di ingresso nelle scuole di specializzazione e nei corsi di formazione in medicina generale, con lo scopo di prevenire fughe all'estero – causa di sperpero di importanti risorse finanziarie, investite dal nostro Paese nell'impegno didattico per la formazione dei nuovi medici – e di evitare ai neo-laureati condizioni avvilenti di disadattamento o di impieghi dequalificanti;
   nello stesso decreto n. 104 sulla scuola è stato affidato al Governo il compito di ridurre, compatibilmente alle norme europee, la durata dei corsi di specializzazione medica, destinando i risparmi così ottenuti al finanziamento dei contratti di formazione specialistica;
   in occasione dell'approvazione della legge di stabilità 2014 era stato possibile stanziare 30 milioni di euro, sufficienti per elevare il numero dei contratti di formazione specialistica a circa 3.200 nei prossimi imminenti bandi di concorso, relativi all'anno accademico 2013-2014, e impegnare fin d'ora 50 milioni a partire dal 2015, con i quali nei prossimi anni sarà possibile aumentare ulteriormente il numero dei contratti, portandoli a circa 4.000;
   nonostante tali provvedimenti producano una positiva inversione di tendenza il numero dei contratti di specializzazione resterà ancora drammaticamente insufficiente, senza peraltro neanche riportarsi ai livelli precedenti il 2012; è pertanto urgente l'individuazione di risorse aggiuntive in grado di operare un ulteriore se pur parziale riequilibrio del sistema formativo che permetta ai giovani medici di poter ottenere la formazione indispensabile per poter lavorare nel servizio sanitario nazionale;
   a tale scopo, in data 20 dicembre 2013, il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/01865-A/239, a firma Gigli, Binetti, Carrescia, con cui si è impegnato a valutare la possibilità di riconfigurare l'inquadramento previdenziale degli specializzandi in medicina, sottraendolo alla gestione separata INPS e trasferendolo su forme di previdenzialità meno onerose, per consentire la possibilità, già a partire dall'anno accademico 2013-2014, di destinare al finanziamento di nuovi contratti di formazione specialistica le risorse che potrebbero in tal modo liberarsi;
   il sito WWW.MEDICISENZAFUTURO e le associazioni dei giovani medici, raccogliendo le preoccupazioni degli studenti in medicina e dei giovani medici, hanno promosso nei giorni scorsi una petizione online al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che ha raccolto in pochi giorni oltre 40.000 sottoscrizioni online, comprese quelle qualificate di numerosi docenti dei corsi di laurea in medicina e dei corsi di specializzazione e quello di interi collegi dei professori ordinari di alcune discipline –:
   se il Governo non ritenga di reperire con urgenza risorse aggiuntive per riportare il numero dei contratti di formazione specialistica, già da quest'anno, ad almeno 4.500, riallineandolo cioè ai livelli del 2012;
   se non ritenga altresì opportuno prevedere, all'interno del DEF, un apposito capitolo di spesa per poter mettere a bando tali contratti aggiuntivi già nell'anno accademico 2013-2014;
   se non intenda assumere iniziative volte ad accelerare, pur nel rispetto dei requisiti per la intercambiabilità dei titoli all'interno dell'Unione europea, l’iter per la riduzione della durata dei corsi di specializzazione, in modo da poter destinare le risorse così risparmiate ad aumentare ulteriormente il numero dei contratti di formazione specialistica, per avvicinarlo a quello dei neolaureati in medicina e chirurgia;
   se non sia opportuno programmare in futuro il numero delle iscrizioni ai corsi di laurea in medicina a quello dei contratti di formazione specialistica che si prevede di poter finanziare, eliminando definitivamente il gap attualmente esistente.
(2-00488) «Gigli, Santerini, Fauttilli, Zolezzi, Marazziti, Cesa, Buttiglione, De Mita, Sberna, Vezzali, Schirò, Pisicchio, Nesi, Fitzgerald Nissoli, Caruso, Gitti, Oliaro, Galgano, Balduzzi, Grillo, Vargiu, Sottanelli, Causin, Piccione, Nicoletti, Monchiero, Marguerettaz, Catania, Molea, Capua».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANZALDI e COVELLO. Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 i vertici Expo avevano avanzato il cosiddetto «Open Expo», un progetto di trasparenza finalizzato a mettere online tutte le spese relative al grande appuntamento mondiale che ospiterà il nostro Paese;
   il giornalista Riccardo Luna che dai vertici Expo era stato coinvolto, con la società specializzata OpenPolis, in questo progetto denuncia pubblicamente il mancato avvio di questo importante progetto di trasparenza;
   questo avviene nel mentre vicende giudiziarie stanno mettendo in luce una serie di zone d'ombra che rischiano di pregiudicarne addirittura la stessa riuscita;
   mettere online tutte le spese, come previsto dal progetto Open Expo, potrebbe dare nuova capacità attrattiva all'evento anche nei confronti di quei Paesi, come ad esempio gli Usa, che ancora non hanno confermato la propria presenza;
   il progetto doveva infatti mettere in rete tutte le fatture, le consulenze, le spese degli appalti per innescare, proprio in occasione di un evento vetrina per il nostro Paese, una nuova e migliore pratica rispetto agli errori del passato e al rischio sperpero di danaro e conseguenti margini di illegalità e corruzione;
   sarebbe quindi opportuno che venissero spiegate le ragioni del mancato avvio del progetto su cui peraltro si era esposto anche lo stesso commissario Giuseppe Sala –:
   quali siano stati i reali motivi per cui il progetto Open Expo non è mai partito e se il Governo intenda, altresì, riprendere tale iniziativa, in chiave di trasparenza, a pochi mesi dall'importantissimo evento espositivo mondiale. (5-02513)


   LUIGI GALLO, MARZANA e VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   un articolo del quotidiano Il Fatto Quotidiano del 5 marzo 2014 intitolato TUSCIA IL RETTORE CHE FA «MIRACOLI» e firmato da Carlo Di Foggia, descrive una serie di episodi poco chiari che vedono come protagonista l'attuale capo dipartimento del dipartimento per l'università, l'alta formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca, professor Marco Mancini;
   dalla lettura dell'articolo si apprende che, stando alle pagelle ministeriali, l'università più ricca quanto a finanziamenti è la Tuscia di Viterbo, che riceve più di 6.500 euro a iscritto, più del doppio di centri di eccellenza come il politecnico di Milano;
   sempre secondo l'articolo succitato, «le fortune del piccolo ateneo viterbese avrebbero un nome e cognome, Marco Mancini», che per 14 anni ne è stato il rettore; carica della durata di quasi tre lustri, grazie ad una contestata modifica allo statuto che gli ha permesso di essere rieletto per quattro volte; da luglio scorso il professor Mancini è stato chiamato al Ministero dell'istruzione al dipartimento per l'università e per la ricerca;
   si legge ancora che l'università la Tuscia riceve più fondi grazie ad un meccanismo di ripartizione basato sulla spesa storica, cioè chi ha avuto tanto, continua ad avere tanto;
   si apprende che, durante la gestione Mancini, l'ateneo abbia firmato convenzioni con diversi soggetti pubblici, soprattutto forze armate e in 5 anni il numero totale degli studenti è raddoppiato, facendo salire la quota del fondo statale ripartita in base al numero degli immatricolati;
   tale sistema, pur non assicurando un flusso costante di iscritti, infatti dopo il boom del primo biennio il loro numero è crollato, garantisce i generosi fondi; infatti una clausola di salvaguardia prevede che nessuna università possa perdere più del 5 per cento delle risorse rispetto all'anno precedente;
   nello stesso articolo si fa riferimento al passaggio del professor Mancini dall'università della Tuscia all'università di Roma La Sapienza avvenuto sembrerebbe in maniera inusuale; nonché ad una serie di trasferimenti di denaro intercorsi nel 2013 tra l'università della Tuscia, di cui il Mancini era rettore, e la fondazione CRUI, fondazione di proprietà della CRUI della quale il Mancini è stato presidente fino al 2013;
   non è stato possibile verificare, causa la mancata pubblicazione dei verbali del consiglio di amministrazione dell'università di Roma La Sapienza sul proprio sito internet poiché coperti da accesso riservato, le modalità con le quali il professor Marco Mancini è stato incardinato nell'organico del dipartimento denominato Scienze documentarie, linguistico-filologiche e geografiche dell'università di Roma La Sapienza;
   sul sito internet del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il professor Marco Mancini risulta inserito nel dipartimento di scienze documentarie linguistico filologiche e geografiche dell'università di Roma La Sapienza;
   tuttavia, sul sito internet dell'università di Roma La Sapienza, nella sezione docenti relativi al dipartimento di scienze documentarie linguistico filologiche e geografiche, non risulta presente il professor Marco Mancini –:
   se il Ministro non ritenga indispensabile verificare le notizie su riportate e quali iniziative intenda intraprendere, nelle opportune sedi, affinché sia dissolto ogni dubbio sull'opportunità che il professor Mancini permanga nell'attuale incarico presso il Ministero;
   se il Ministro interpellato, anche alla luce delle distorsioni evidenziate in premessa, non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere il criterio di assegnazione dell'FFO alle università.
(5-02523)


   TANCREDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Accademia nazionale di danza (AND) è una istituzione di alta cultura per lo studio delle discipline coreutiche, inserita nel compartimento dell'AFAM – alta formazione artistica, musicale e coreutica dal 1999 – di importanza e prestigio che non hanno eguali sul territorio nazionale, essendo l'unica istituzione pubblica in grado di rilasciare in materia, in Italia, diplomi accademici di I e II livello equipollenti alla laurea universitaria;
   Margherita Parrilla è stata in carica come direttrice dell'Accademia nazionale di danza dal 3 ottobre 1996, data in cui fu nominata «per chiara fama» dal Ministro della pubblica istruzione pro tempore, Luigi Berlinguer, al di fuori del regolare procedimento di elezione tramite collegio dei docenti, che già aveva nominato un proprio direttore, al 13 novembre 2013, data in cui è stato nominato un commissario straordinario con decreto dell'ex Ministro Maria Chiara Carrozza;
   il commissariamento si è dimostrato indispensabile a seguito della relazione finale della commissione ispettiva, nominata il 21 giugno 2013 dal direttore generale AFAM, da cui sono emerse gravi irregolarità nella gestione amministrativa, con la presenza di debiti fuori bilancio, e nell'attività didattica, con carenze nella programmazione didattico-artistica;
   il commissario straordinario sarà in carica fino al 31 ottobre 2014;
   l'acclarato valore nazionale e l'indubbia considerazione in campo internazionale dell'Accademia sono stati gravemente compromessi da una serie di irregolarità sedimentatesi negli anni, segnalate in oltre venti atti di sindacato ispettivo presentati in diverse legislature e sfociate il 3 dicembre 2012 in una significativa protesta da parte degli studenti e del corpo docente, nonché riportate all'attenzione dell'opinione pubblica da diversi quotidiani nazionali e mediante una apposita conferenza stampa, tenutasi il 19 febbraio 2013 presso la Camera dei deputati;
   alle criticità sopra citate, si aggiunga la situazione economica e finanziaria in cui versa la Fondazione accademia (FANO), criticità anche essa legata a una gestione anomala e personalistica della stessa, operata dalla direzione, che ha causato l'apertura di un procedimento penale per appropriazione indebita dei beni della fondazione a carico della signora Parrilla;
   all'interrogante risulta che, tramite notizie di stampa, la signora Parrilla abbia presentato richiesta di «trattenimento in servizio», avvalendosi di una facoltà che anche quest'anno il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha consentito al personale delle Accademie di belle arti, dei conservatori e delle accademie nazionali di danza e di arte drammatica;
   nel decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 482 del 28 gennaio 2014 è, infatti, ribadita la possibilità per tutti coloro che hanno raggiunto l'età pensionabile, ma che non sono in possesso di 20 anni di anzianità contributiva, di presentare domanda per essere «trattenuti in servizio» per uno o più anni fino al 70o anno di età;
   il decreto del Presidente della Repubblica del 28 febbraio 2003, n. 132 all'articolo 16 stabilisce che «I direttori dell'Accademia di arte drammatica e dell'Accademia di danza in carica alla data di entrata in vigore del presente regolamento, mantengono le funzioni fino alla cessazione del rapporto per effetto del verificarsi di cause previste dalla normativa vigente»;
   all'interrogante risulta che, prima che l'Accademia venisse commissariata, nel rispondere ad un gruppo di docenti che chiedevano, ai fini della legittima composizione degli organi statutari, l'elezione del nuovo direttore, dirigente della direzione generale per l'alta formazione artistica e musicale (AFAM) del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per conto del direttore generale, il 10 settembre 2012 (prot. 5859) avrebbe affermato che la richiesta non poteva trovare accoglimento, in quanto l'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003 condiziona il mantenimento delle funzioni al permanere del rapporto di lavoro, che allo stato non risulta interrotto da alcuna causa prevista dalla normativa vigente;
   l'articolo 16 si riferisce alla «cessazione di rapporto», senza specificare che si tratta di rapporto di lavoro. Di conseguenza l'alta formazione artistica, musicale e coreutica sembra aver adottato, a giudizio dell'interrogante, un'estensione arbitraria della norma e parrebbe aver declassato una nomina «per chiara fama» a mero «rapporto di lavoro» risolvibile solo per pensionamento o per palese indegnità. Viceversa il «rapporto» di un dirigente decade quando lo stabiliscono le leggi di riferimento e, se si tratta di soggetti dotati di autonomia, i rispettivi statuti. La scadenza degli incarichi che si configurano come «mandati» serve appunto per evitare il consolidarsi di posizioni di potere;
   con un ordine del giorno del 31 ottobre 2013, il Governo si è impegnato ad un «rapido riordino dell'istituzione, onde consentire il ritorno al regolare svolgimento dell'attività didattica ed al rinnovo degli organi dirigenti secondo le regole previste per legge»;
   ai sensi della legge n. 508 del 1999 e dell'articolo 33, ultimo comma, della Costituzione, le istituzioni di alta cultura sono istituzioni universitarie;
   l'articolo 4 comma 2 dello statuto dell'Accademia nazionale di danza, che rinvia al decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 28 febbraio 2003, stabilisce chiaramente una durata della carica del direttore dell'Accademia nazionale di danza per un arco temporale di 3 anni, con possibile conferma consecutiva per un solo ulteriore mandato della stessa durata –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'intera vicenda di cui in premessa;
   se il Ministro non ritenga arbitrario che il mandato dirigenziale a tempo in una delle più prestigiose istituzioni artistiche nazionali, qual è l'Accademia nazionale di danza, si sia trasformato in una carica sostanzialmente a tempo indeterminato;
   come intenda procedere nel caso la signora Parrilla ottenga il trattenimento in servizio;
   se il Ministro non ritenga opportuno impegnarsi affinché, in futuro, il direttore dell'Accademia nazionale di danza venga eletto fra il personale docente, secondo quanto previsto dall'articolo 3 dello statuto dell'Accademia stessa;
   se sia possibile organizzare un incontro con i docenti dell'Accademia nazionale di danza allo scopo di fornire ulteriori chiarimenti ed informazioni in merito all'intera vicenda. (5-02524)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARNEVALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Bergamo opera l'istituto comprensivo statale «Santa Lucia», che comprende due scuole dell'infanzia, due scuole primarie e una scuola secondaria di primo grado per un totale di 834 studenti;
   nel mese di dicembre 2013 la componente genitori del consiglio di istituto dell'IC «Santa Lucia», seguita dopo alcune settimane dalla componente docenti e personale ATA, ha rassegnato le proprie dimissioni, evidenziando una situazione di difficile relazione con la Dirigenza dell'istituto, a cui sono addebitate scarsa trasparenza e insufficiente attenzione alla comunicazione con le famiglie, alle relazioni con il territorio, all'organizzazione della scuola e alla tutela della sicurezza degli alunni. Tali mancanze sono state puntualmente documentate dall'associazione genitori IC «Santa Lucia» sia all'ufficio scolastico territoriale di Bergamo che all'ufficio scolastico regionale della Lombardia;
   il 25 febbraio 2014, per intervento della dirigente dell'Ust di Bergamo dottoressa Patrizia Graziani, nell'istituto «Santa Lucia» è stato nominato un Commissario, al fine di chiarire la situazione creatasi all'interno della scuola in seguito ai fatti lamentati dalla componente genitori e alle dimissioni del consiglio di istituto;
   nella riunione tenuta dal comitato genitori in data 27 marzo 2014 è emerso che tale situazione non soltanto non è migliorata, ma che i tentativi messi in atto dal commissario e illustrati ai genitori non hanno dato alcun esito positivo, per la mancata evasione di richieste di accesso agli atti, per l'assenza di collaborazione da parte del dirigente scolastico nella relazione con famiglie e territorio, per la scarsa trasparenza nella gestione dell'albo pretorio, che risulta essere un contenitore vuoto. In particolare, i genitori lamentano che i progetti per la scuola secondaria di primo grado, previsti nel POF per l'anno scolastico 2013/2014 e per i quali sono stati raccolti i fondi delle famiglie, non siano ancora partiti: chiedono di conoscere quale sarà la sorte di questi progetti e delle uscite didattiche, chiedono di sapere per quale motivo sia stato selezionato un numero più ridotto di studenti a cui sarà data la possibilità di usufruire dell'indirizzo musicale, chiedono di poter accedere alle delibere degli organismi dell'istituto e a tutti gli atti che dovrebbero essere pubblicati all'albo pretorio;
   i rapporti fra le varie componenti dell'istituto sono a tal punto deteriorati che in data 29 marzo 2014, per ottenere attenzione e risposte agli interrogativi, dei quali hanno messo a conoscenza in ogni passaggio formale l'Ust di Bergamo e l'Usr della Lombardia, i genitori hanno manifestato di fronte alla sede scolastica interessando del caso dei loro figli gli organi di stampa locali. Se non otterranno risposta all'ultima richiesta formale di accesso agli atti che presenteranno nei prossimi giorni, intendono adire le vie legali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover considerare con attenzione la grave situazione che si è creata all'interno dell'istituto «Santa Lucia» di Bergamo;
   se non ritenga opportuno intervenire, tramite gli strumenti a disposizione del Ministero al fine di ripristinare il corretto funzionamento della scuola, a tutela del diritto all'istruzione degli studenti dell'IC «Santa Lucia» e delle loro famiglie.
(4-04270)


AMODDIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 39 del 1998 prevede quale titolo di studio per accedere all'insegnamento nella classe di concorso A056 – navigazione, arte navale ed elementi di costruzione navale, che si insegna negli istituti tecnici nautici, oggi istituti per i trasporti e la logistica, la laurea in astronomia, discipline nautiche, ingegneria e matematica ed il «titolo professionale di aspirante capitano di lungo corso» (cosiddetto «patentino»);
   in ogni ordine di grado della scuola statale, le graduatorie dei docenti idonei ad insegnare la menzionata materia risultano esaurite o mai redatte;
   in tutte le regioni d'Italia da oltre un decennio si ripresenta l'annoso problema del reclutamento dei docenti per la classe di concorso A056 – navigazione, arte navale ed elementi di costruzione navale – che si insegna negli istituti tecnici nautici, oggi istituti per i trasporti e la logistica;
   ogni anno i dirigenti scolastici assicurano l'insegnamento nella classe di concorso A056 e quindi l'ordinario funzionamento del servizio scolastico mediante incarichi fino al termine delle attività didattiche a coloro che presentano una semplice domanda di messa a disposizione al dirigente scolastico, invero i laureati in astronomia, discipline nautiche, fisica, ingegneria e matematica, privi del titolo professionale (patentino) di aspirante capitano di lungo corso n. 39 del 1998; ma in possesso del diploma di maturità di aspirante al comando di navi mercantili;
   allo stato attuale gli organici di diritto prevedono un fabbisogno di docenti per la classe di concorso A056 per l'anno scolastico 2013/14 pari a 81 unità e per l'anno scolastico 2014/15 di 127 unità;
   in ragione dell'articolo 15, commi 1-bis e successivi e il comma 16-bis del decreto ministeriale n. 249 del 2010, sono previsti percorsi speciali abilitanti riservati ai docenti con rilevanti titoli di servizio;
   con il decreto n. 58 del 2013 è stata statuita l'attuazione dei corsi speciali sopracitati e di avviarne l'attivazione dall'anno accademico 2013/2014 nelle more di una parziale revisione dei criteri di accesso ai corsi medesimi, finalizzata alla inclusione dell'anno scolastico 2012/2013 nel novero degli anni scolastici utili per il calcolo del triennio di servizio richiesto nonché al superamento della limitazione all'anno accademico 2014/2015 come termine per l'attivazione dei suddetti corsi;
   il citato decreto prevede per la scuola secondaria che i titoli di studio validi sono quelli previsti dal decreto ministeriale 30 gennaio 1998, n. 39, tabelle A, C e D, dal decreto ministeriale 9 febbraio 2005, n. 22;
   prima dell'approvazione del decreto ministeriale n. 44 del 1999, recante rettifiche ed integrazioni al decreto ministeriale n. 39 del 1998, e le disposizioni di cui ai decreti ministeriali n. 334 del 1994; e n. 39 del 1998, prevedevano che fosse sufficiente il diploma di «aspirante capitano di lungo corso», anziché il «titolo professionale di aspirante capitano di lungo corso» (cosiddetto «patentino»);
   molti dei docenti che oggi insegnano quali supplenti la materia A056 risultano esclusi dai corsi e non possono invocare l'applicazione del decreto ministeriale n. 81 del 2013 il cui corso peraltro non è stato attivato da nessuna università;
   nell'ultima abilitazione nella classe di concorso A056 avvenuta nel 1999 i docenti hanno usufruito di due deroghe per l'accesso al concorso abilitante speciale riservato a chi era in possesso di 360 giorni di servizio, e ciò è avvenuto in ragione dell'ordinanza ministeriale del 15 giugno 1999 e della circolare ministeriale n. 250/99;
   il decreto ministeriale n. 44 del 1999 ha creato una sostanziale disparità tra le classi di concorso A055 – Navigazione aerea – e la A056 – Navigazione marittima – insegnate entrambe negli istituti tecnici ma con titoli congiunti differenti, l'una col diploma l'altra col patentino;
   con l'ordinanza ministeriale del 15 giugno 1999 e circolare ministeriale del 21 ottobre 1999 venne riconosciuto a coloro che avevano prestato un servizio di almeno 360 giorni l'accesso alle graduatorie ad esaurimento e/o permanenti;
   in sintesi: è un fatto che le graduatorie sono esaurite; è un fatto che l'insegnamento della materia A056 è stata garantita da molti anni da docenti che, oltre ad avere il diploma nautico, sono in possesso della laurea in ingegneria vecchio ordinamento, laurea in astronomia, fisica e matematica senza il possesso del titolo professionale (patentino) di aspirante capitano di lungo corso in possesso, del diploma di maturità di aspirante al comando di navi mercantili; è un fatto che non sono stati attivati i corsi di laurea della cosiddetta alta formazione (decreto ministeriale n. 81 del 2013 del 25 marzo 2013 decreto Gelmini);
   in data 17 gennaio 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – uffici scolastici regionali – hanno pubblicato le graduatorie di coloro che sono stati ammessi ai percorsi abilitanti speciali;
   dalle graduatorie pubblicate emerge che: sono stati esclusi i laureati docenti in possesso del diploma nautico e della laurea in ingegneria vecchio ordinamento, o della laurea in astronomia, o della laurea in fisica, o della laurea in matematica, senza il possesso del titolo professionale (patentino) di aspirante capitano di lungo corso in possesso; sono stati inclusi i laureati in discipline nautiche dopo l'anno accademico 2000/01, indirizzo geodetico, senza il possesso del patentino, i laureati in discipline nautiche dopo l'anno accademico 2000/01, indirizzo radio elettronico, che hanno svolto il servizio senza il titolo specifico perché carenti parzialmente o totalmente carenti delle 5 annualità o 10 semestralità previste dal piano di studi, e comunque senza il possesso del patentino, i laureati in discipline nautiche (laurea 3+2) che hanno prestato il servizio senza il titolo specifico in quanto carenti parzialmente o totalmente degli 80 crediti specifici previsti nel piano di studi dal decreto ministeriale 22/05; e l'ufficiale di vascello della marina militare (e non ufficiale superiore come previsto da bando) –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra premesso;
   se il Ministro non ritenga iniquo impedire ai docenti precari che hanno assicurato l'insegnamento della citata materia per oltre un decennio di partecipare ai PAS per la classe di concorso A056 – navigazione, arte navale ed elementi di costruzione navale;
   se il Ministro intenda assumersi il compito di risolvere questa annosa ed irrisolta questione, adottando i provvedimenti necessari per consentire l'ammissione ai PAS per la classe di concorso A056 – navigazione, arte navale ed elementi di costruzione navale – ai docenti che hanno prestato servizio nella predetta classe di concorso, in possesso della laurea e del diploma di maturità di aspirante al comando di navi mercantili. (4-04274)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   come si evince dalla stampa nazionale e locale, il 28 novembre 2013, Benetton Group ha annunciato un piano triennale di rifocalizzazione del business brand;
   si tratta di un progetto finalizzato a dare massima competitività sui mercati ai marchi di Benetton Group, attraverso una profonda innovazione della struttura aziendale che rifocalizza in questa chiave le aree di attività dell'azienda;
   a detto progetto si associa l'imminente apertura, nel mese di aprile 2014, del nuovo negozio United Colors of Benetton in piazza Duomo a Milano: un megastore di oltre mille metri quadri di superficie vendita e questo modello, per quanto risulta all'interrogante, sarà riproposto anche in altre importanti piazze italiane (la seconda città interessata dovrebbe essere Firenze) ed estere;
   il piano in questione è basato su una scelta di politica industriale di rinnovamento dei punti vendita che, per quanto risulta all'interrogante, potrebbe riguardare non solo la linea storica United Colors of Benetton, ma anche per la linea, Sisley;
   si evidenzia, inoltre, che talune procedure di rinnovamento erano già state avviate da settembre 2013 in numerosi punti vendita; 
   già nel marzo 2013 le organizzazioni sindacali e la dirigenza di Benetton Group avevano sottoscritto un accordo per la gestione del personale dichiarato in esubero in relazione al piano di trasformazione annunciato dal gruppo Benetton. L'intesa ha ridotto a 206 (rispetto agli annunciati 450) i lavoratori «in esubero», salvandoli nel loro complesso grazie al previsto ricorso a contratti di solidarietà, riqualificazioni professionali, mobilità volontaria e cassa integrazione guadagni straordinaria;
   l'azienda aveva peraltro assicurato che vi sarebbe stata una contestuale assunzione di personale nei negozi di apertura successiva;
   come noto, il Gruppo industriale facente capo alla famiglia Benetton vanta diverse concessioni pubbliche, tra le quali, oltre quella per la cogestione con Ferrovie dello Stato delle principali stazioni ferroviarie del paese, spicca quella della società Atlantia, relativa alla gestione di un'ampia parte della rete autostradale nazionale. Autogrill spa, controllata al 59,3 per cento dalla famiglia Benetton tramite la finanziaria Edizioni Srl, gestisce, più di 5.300 punti vendita in oltre 1.200 località del nostro Paese con un fatturato di 5,84 miliardi di euro l'anno;
   trattasi, dunque, di un gruppo industriale che gode di introiti certi e derivanti, in parte anche dall'incremento dei pedaggi autostradali che, solo nel 2014, sono aumentati del 4 per cento;
   in attuazione del citato piano triennale di rifocalizzazione del business brand Benetton Group ha annunciato la chiusura in Italia di 27 negozi a marchio United Colors of Benetton (16) e Sisley (11) che vanno ad aggiungersi alle cessioni di marchi minori (Playlife, Jean's West, Killer Loop e Anthology of Cotton) con la chiusura di altri 16 punti vendita;
   solo la chiusura dei punti vendita citati, secondo quanto risulta agli interpellanti, comporta la perdita di almeno 200 posti di lavoro;
   ad oggi, Benetton Group, non sembrerebbe aver annunciato alcun piano di ricollocazione del personale attualmente impiegato in altri punti vendita ovvero altre formule alternative quali l'orario di lavoro;
   nella sola provincia di Massa Carrara, Benetton Group ha annunciato la chiusura di tutti i punti vendita entro la fine dell'anno, in un territorio già duramente colpito dalla crisi economica;
   le organizzazioni sindacali hanno espresso grande preoccupazione, affermando altresì come tenteranno in tutti i modi di ridurre questi possibili licenziamenti attraverso il riassorbimento di tutti i profili professionali a rischio;
   si rileva infine che la legge di stabilità 2014, recentemente entrata in vigore, ha disposto per l'anno 2014 uno stanziamento di 50 milioni di euro volto al finanziamento dei trattamenti di integrazione salariale per i contratti di solidarietà;
   la disposizione, a differenza degli ultimi interventi in materia, non ha, però, previsto la proroga della norma che consentiva l'innalzamento dell'integrazione salariale del 20 per cento, prescrivendo un aumento limitato — nella misura del 10 per cento — che attesta l'ammontare dell'importo al 70 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione dell'orario di lavoro;
   tale scelta provocherà ricadute negative su migliaia di lavoratori già coinvolti da procedure di diminuzione del reddito;
   si rende necessario un ulteriore intervento in materia di contratti di solidarietà, con l'obiettivo di incrementarne l'ammontare del trattamento di integrazione salariale –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo al fine di tutelare i lavoratori a rischio, anche attivando un tavolo di confronto che coinvolga pienamente le organizzazioni sindacali di riferimento, la proprietà, la dirigenza aziendale e i rappresentanti degli enti locali interessati dallo smantellamento della rete di vendita facente capo a Benetton Group, al fine di individuare ogni possibile soluzione volta ad evitare ripercussioni negative sugli attuali livelli occupazionali;
   quali urgenti iniziative intenda adottare il Governo al fine di salvaguardare il reddito dei lavoratori, anche mediante la previsione di disposizioni che, incrementando l'ammontare del trattamento di integrazione salariale e ripristinando la percentuale di riferimento prevista antecedentemente all'approvazione della legge di stabilità 2014, tengano conto concretamente delle esigenze dei lavoratori.
(2-00479) «Nardi, Migliore».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LENZI e ARGENTIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 marzo 2014 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha affermato in risposta all'interrogazione n. 3-00712 a prima firma dell'on. Argentin che «l'INPS ha precisato che il piano di verifiche straordinarie concernenti la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile attuato dal 2009 al 2013 su circa 700.000 beneficiari di prestazioni assistenziali ha dimostrato come, in circa il 23 per cento dei casi, il requisito sanitario per il diritto a suo tempo accertato non era più attuale, risultando quindi privo della necessaria connotazione medico-legale di permanenza. L'Istituto ha inoltre rilevato percentuali di non permanenza dei requisiti sanitari, sostanzialmente difformi tra le diverse aree geografiche, a dimostrazione di una disomogeneità valutativa al momento dell'originario riconoscimento. L'impegno fondamentale dell'INPS è proprio quello di omogeneizzare ed oggettivizzare maggiormente, sul piano nazionale, le valutazioni connesse al riconoscimento dell'indennità»;
   secondo i dati diffusi dalla Guardia di Finanza sull'attività di repressione delle frodi in campo assistenziale e previdenziale relativi a quanto svolto nel 2012 sono 3.500 i finti poveri – che ricevevano prestazioni e servizi, tipo rette ridotte, esenzioni e riduzioni – e 1.047 i «veri falsi invalidi» regolarmente denunciati;
   sempre secondo i dati della Guardia di Finanza si attestano attorno ai 1.500 all'anno i veri, reali, falsi invalidi (lo 0,06 per cento dei percettori di pensioni di invalidità) che vengono giustamente scoperti e denunciati, ed è circa del 3 per cento la percentuale dei controllati a visita a cui viene revocata la pensione, di cui solo una percentuale infinitesima è relativa a falsi invalidi, mentre gli altri sono invalidi veri cui la Commissione ASL + INPS o l'INPS in seconda istanza ritiene di abbassare la percentuale di invalidità precedentemente ottenuta –:
   alla luce di tutti i piani di verifica approvati dal 2008 ad oggi, con un numero di controlli potenziali pari a 800.000 e in relazione alle dichiarazioni già rilasciate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali in data 23 marzo 2014 in occasione della risposta all'interrogazione n. 3-00712 quante siano effettivamente:
    a) le persone disabili che attualmente percepiscono e, in che misura, una provvidenza economica;
    b) le persone chiamate a verifica nei singoli anni dal 2009 al 2013, quale sia la loro dislocazione territoriale e quante siano quelle le cui provvidenze economiche siano state revocate;
    c) le persone chiamate a verifica nei singoli anni dal 2009 al 2013, quale sia la loro dislocazione territoriale e quante siano quelle le cui provvidenze economiche siano state ridotte;
   quali siano in percentuale, nei singoli anni dal 2009 al 2013, le disabilità controllate e quali abbiano riportato una maggiore incidenza di revoche;
   quali siano in percentuale, nei singoli anni dal 2009 al 2013, le disabilità controllate e quali abbiano riportato una maggiore incidenza di riduzioni;
   quanti siano, nei singoli anni dal 2009 al 2013, i contenziosi aperti;
   quanto abbia inciso l'adozione di questi piani rispetto all'ordinaria attività dell'Inps. (5-02516)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il contingente di pesca assegnato all'Italia, compresa la parte dedicata alla cattura del tonno rosso con il sistema a circuizione, per l'anno 2014 è di tonnellate 3764;
   la concessione in quote a soggetti concessionari titolari di licenza di pesca realizza vantaggi e benefici economici per il concessionario privato di quote-pesca di tonno rosso. L'atto concessorio soggiace alle previsioni di cui all'articolo 12 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni;
   dal 2000 al 2009 nell'adozione dell'atto concessorio della pesca del tonno rosso si è proceduto con decreti ministeriali annuali nell'osservanza applicativa della normativa richiamata e con criteri selettivi graduati, tenendo conto della STL – stazza lorda/GT di ogni nave da pesca. Lo scorrimento della graduatoria per la concessione del quantitativo di quota riferibile non avrebbe registrato alcuna restrizione numerica di imbarcazioni, dando la possibilità a tutte le navi da pesca richiedenti la possibilità di pescare nel limite quantitativo del contingente annuale assegnato;
   dal 2009 al 2014 con le medesime modalità sarebbero state autorizzate sempre e soltanto alcune navi da pesca, utilizzando elenchi retroattivi espressamente vietati dalle norme comunitarie di riferimento – segnatamente dal regolamento (CE) n. 302 del 2009 del Consiglio, del 6 aprile 2009 e dal regolamento (UE) n. 500 del 2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2012;
   i relativi decreti ministeriali, da ultimo quello del 29 novembre 2012, n. 23, sarebbero in contraddizione con i decreti direttoriali del 14 ottobre 2013 e del 25 ottobre 2013, che per le assegnazioni concessorie richiamano l'articolo 12 della menzionata legge n. 241 del 1990 che prevede la predeterminazione dei criteri selettivi –:
   se, alla luce di quanto premesso, non ritenga necessario ma anche urgente provvedere con proprio decreto a rinnovare l'elenco della navi da pesca del tonno rosso per l'anno 2014;
   se non ritenga altresì opportuno e necessario applicare come criterio di equità l'attribuzione ad ognuna delle barche ammesse per il 2014 di una identica quota, pari a 71 tonnellate, e come criterio selettivo il riferimento STL/GT posseduto da ogni barca comparato al residuo disponibile del contingente per circuizione del tonno rosso. (5-02514)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 marzo 2014 dal sito del quotidiano Il Corriere della Sera un articolo a firma di Alessandro Fulloni riportava la seguente notizia dal titolo «Arsenico nell'acqua: tutta Italia rientra nei parametri, il Lazio no» nell'articolo si descriveva come «Nella regione maglia nera 10 anni “non sono stati sufficienti” a risolvere l'emergenza. Il rapporto dell'Autorità per l'energia: prevista la riduzione delle bollette per i “disagi subiti dall'utenza”. Problemi a Roma, Latina e Viterbo per 281.614 persone [...] Sono impietosi, quei puntolini rossi che compaiono sulla cartina ufficiale elaborata dall'istituto superiore di sanità e che raccontano l'andamento dell'emergenza arsenico, segnalata all'Italia dà Bruxelles già nel 2004. La mappa spiega come la questione dei quantitativi “fuorilegge” della sostanza venefica disciolta nell'acqua sia stata affrontata, e progressivamente risolta, in tutte le regioni. Salvo che nel Lazio. [...] Il perché del ritardo resta tutto da chiarire: leggerezza, sottovalutazione dell'allarme, scarsa voglia di spendere nelle apparecchiature di filtraggio. Non bastasse, sui ritardi di regione Lazio (le giunte che si sono susseguite dalla prima allerta Ue sono quelle Storace, Marazzo, Polverini e Zingaretti), [...] Indice puntato anche contro l'Arsial, (l'Agenzia regionale per l'agricoltura) in questi giorni sotto accusa per le inefficienze mostrate nella gestione dell'emergenza esplosa negli acquedotti di due municipi romani: XIV E XV. L'Autorithy all'Energia contesta all'ente regionale di non aver adempiuto all'obbligo di comunicare i dati e le informazioni necessari all'elaborazione dei criteri tariffari»;
   l'allarme arsenico è stato lanciano più volte Ue che già a partire dal 2004 segnalava come: «L'Italia deve ridurre la presenza della sostanza venefica nell'acqua potabile, troppo alto il rischio per la salute». E appunto: da allora l'istituto superiore di sanità, raccogliendo i dati in arrivo da Asl e società di erogazione idrica, ha monitorato i quantitativi di sostanza disciolta. L'emergenza si è rivelata pesantissima in molte regioni, come evidenziato nel primo riquadro della mappatura. L'allerta era in vigore in Val d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Trentino, Emilia, Toscana, Marche, Lazio;
   mentre nelle altre regioni l'emergenza è stata risolta nel Lazio perdura. Con ordinanza 36 del 21 febbraio 2014, il sindaco di Roma ha disposto il divieto di utilizzo dell'acqua per il consumo umano fino al 31 dicembre 2014 in alcune aree dei municipi XIV e XV di Roma Capitale; le acque recano tracce di inquinamento batteriologico e di arsenico, eccedenti i limiti ammessi dalla normativa vigente. In base a successivi controlli effettuati è emerso che non è solo l'acqua ad essere inquinata bensì le condutture stesse sono state costruite in cemento-amianto;
   in base a tali ricerche l'Osservatorio nazionale amianto (ONA) che ha posto una particolare attenzione per la zona di Malborghetto (tra la Via Fiamma e la strada di collegamento tra Veio e la Tiberina) nella quale alcuni agricoltori avrebbero segnalato la presenza di cemento amianto delle tubature;
   il presidente dell'Osservatorio nazionale amianto, Avvocato Ezio Bonanni, ha da tempo segnalato al comune di Roma la drammatica situazione legata alla presenza di arsenico e di tubature in amianto presso la capitale;
   la magistratura di Roma ha intanto aperto un fascicolo riguardo le presunte responsabilità dell'Agenzia regionale Arsial nella gestione delle rete della regione Lazio. E già nei prossimi giorni potrebbero essere avviati i primi accertamenti. Nelle zone interessate permane il divieto di bere, e il divieto di usare l'acqua per la cottura, per la preparazione di alimenti e bevande e per le pratiche di igiene personale che richiedano ingestione anche limitata di acqua, come per esempio lavarsi i denti –:
   se Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti narrati e quali interventi di monitoraggio i intendano intraprendere affinché si possa avere un quadro chiaro e completo della situazione in corso e se sia noto quali provvedimenti urgenti, allo scopo di ripristinare il servizio, siano stati adottati o siano almeno stati programmati e quali interventi di bonifica saranno effettuati per: ridurre il rischio di esposizione da amianto ed arsenico da parte della popolazione residente e per rendere le tubature prive di residui di arsenico ed eventuale presenza di amianto. (3-00721)


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della sentenza di condanna, e delle solo annunciate dimissioni, per il presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, scattano le norme legate alla applicazione della cosiddetta legge Severino;
   in Calabria il presidente della regione è anche il commissario ad acta, nominato dal Consiglio dei ministri al fine di dare attuazione al Piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario;
   la sua condanna ovviamente apre una questione enorme anche sotto questo profilo;
   la crisi del sistema sanitario calabrese, che è stata più volte denunciata in Parlamento, anche con atti di sindacato ispettivo presentati da molti parlamentari di diverse forze politiche, ha generato decisioni che hanno fortemente inciso sulla riorganizzazione complessiva del sistema stesso che ha ridimensionato servizi e penalizzato fortemente cittadini;
   sulla base dei punteggi assegnati in relazione ai 21 indicatori ministeriali, punteggi che si basano sul rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA), e per le prestazioni che tutte le regioni sono obbligate ad assicurare ai propri cittadini, come stabilito a livello nazionale, la Calabria vede addirittura la sua posizione aggravarsi rispetto agli anni precedenti, scendendo al penultimo posto in classifica precedendo solamente Campania;
   i cittadini e gli stessi operatori sanitari chiedono di conoscere quale sarà il futuro del servizio pubblico sul territorio regionale in un settore così delicato e se verranno applicate tutte le norme e i criteri per l'erogazione delle prestazioni da parte delle strutture private accreditate –:
   in relazione alla sentenza emessa dal tribunale di Reggio Calabria che ha colpito il presidente della regione, Giuseppe Scopelliti, quali iniziative il Governo intenda adottare, e con urgenza, per la nomina di un subcommissario ad acta per la regione Calabria. (3-00732)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   le vaccinazioni sono da molti decenni un presidio fondamentale per la prevenzione di importanti malattie e che tale pratica ha debellato importanti piaghe epidemiche come il vaiolo, la poliomelite, la difterite ed altre patologie che hanno flagellato il pianeta;
   si verificano pericolose campagne di disinformazione sulla correlazione fra vaccini e autismo, poste in essere da soggetti privati che, da quanto emerge dagli organi di stampa, in particolare in Puglia, hanno stretti legami con associazioni ed esponenti politici e professionisti che pretendono lauti compensi per pratiche non riconosciute dalla scienza e dalla Organizzazione mondiale della sanità; le notizie di stampa riportano di casi di genitori che denunciano di essere stati aggirati da professionisti che promettono cure miracolistiche;
   si sta verificando un aumento di casi segnalati dal Ministero della salute di patologie connesse alla mancata vaccinazione legata al calo delle vaccinazioni cui si assiste negli ultimi anni, proprio a causa delle campagne di disinformazione in essere. Secondo la Organizzazione mondiate della sanità tra il 2000 e il 2008, grazie alla vaccinazione, la mortalità globale di patologie quali il morbillo si è ridotta del 78 per cento (da 750.000 a 164.000 decessi all'anno) mentre in India, grazie alla vaccinazione è stata debellata finalmente la poliomelite nel 2014;
   nel bacino del Mediterraneo si sta verificando la comparsa di importanti focolai epidemici di malattie gravissime come quello di poliomelite segnalata in Siria in seguito alla mancata copertura vaccinale conseguente alla guerra;
   la comunità scientifica ed le cronache riportano il caso del Giappone, in cui nel 1974 a seguito della morte accidentale di due neonati, per quanto non fosse accertata una relazione causale tra i due eventi e il vaccino, prese corpo una campagna di stampa scatenata da un movimento ostile al vaccino, che sosteneva che la vaccinazione alla pertosse fosse ormai inutile e pericolosa, perché la pertosse era diventata rara. Nei due anni successivi, il tasso di copertura del vaccino anti-pertosse scese dall'85 per cento al 13.6 per cento. Nel 1979 il Giappone fu colpito da un'epidemia di pertosse che provocò 13.000 casi e 41 morti. Nel 1981, utilizzando il nuovo vaccino acellulare, il programma vaccinale riprese, ottenendo una rapida diminuzione dei casi di malattia e dei decessi –:
   cosa intenda fare per bloccare il diffondersi di campagne di disinformazione, e per tutelare la salute pubblica e quella dei minori in particolare;
   se non ritenga di intraprendere azioni conoscitive per valutare gli effetti in termini di mortalità e lesioni gravi dovuti alle mancate vaccinazioni causate dal procurato allarme nella popolazione;
   se rispetto a quanto descritto in premessa siano state avviate indagini.
(4-04279)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   a dicembre sono scaduti gli ammortizzatori sociali e per la ripresa produttiva dello stabilimento di alluminio primario di Portovesme nel Sulcis (Sardegna);
   sono stati emanati reiterati decreti per l'Ilva di Taranto;
   per l'Alcoa del Sulcis il silenzio è inaccettabile, insostenibile e vergognoso;
   il Governo continua la politica di due pesi e due misure: mobilitazione e provvedimenti per Taranto, silenzi e complicità per la chiusura dell'Alcoa di Portovesme;
   i sottoscritti ritengono improcrastinabile una piena assunzione di responsabilità del Governo anche l'intervento commissariale dello Stato per l'immediata ripresa produttiva dello stabilimento di alluminio primario sardo;
   il Governo deve intervenire immediatamente con un commissariamento straordinario di uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale come quello dell'Alcoa, partendo proprio dalla dichiarazione di interesse strategico nazionale;
   il ricorso al commissariamento per la ripresa produttiva è legato sia all'area di elevata crisi ambientale che all'interesse strategico dell'alluminio;
   dalla Parmalat all'Ilva lo Stato ha agito con commissariamenti straordinari per salvare imprese strategiche del Paese;
   l'alluminio primario è fondamentale per il nostro Paese e non si può pensare di cedere una produzione così rilevante solo per proteggere il monopolio dell'Enel che schiaccia l'intrapresa economica della Sardegna;
   lo Stato deve rimuovere, «senza se e senza ma», gli ostacoli alla ripresa produttiva, a partire dalla stipula di un contratto bilaterale per 15 anni con l'Enel in grado di fornire energia elettrica alla pari delle altre produzioni di alluminio in Europa;
   il provvedimento per l'Alcoa deve essere recepito nell'ambito di quelli di natura straordinaria come quelli dell'Ilva;
   non si possono continuare ad affrontare questioni particolari ignorando l'interesse generale del Paese;
   quanto sta accadendo sull'Ilva dimostra come lo Stato sia secondo l'interpellante strabico e i partiti nazionali, senza nessuna distinzione, siano ciechi dinanzi alla Sardegna;
   il «Piano Sulcis», senza strategie e senza soldi, e che l'interpellante ritiene una farsa non ha affrontato e risolto un solo problema;
   sulle spalle dei lavoratori si preparano secondo l'interpellante gravi speculazioni, dalla produzione di canne per biocarburanti o altri progetti di corto respiro; non è stata avviata una sola opera, tutto è immobile;
   sarebbe auspicabile che si adotti un provvedimento d'urgenza per fronteggiare l'emergenza ambientale, industriale e occupazionale dello stabilimento Alcoa di Portovesme;
   andrebbe disciplinata l'operatività degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale in crisi consentendo, alle condizioni che saranno indicate nel provvedimento, la ripresa immediata dell'attività produttiva di tali stabilimenti; si dovrebbero disporre specifiche disposizioni destinate all'impianto Alcoa di Portovesme, che – ai sensi dello stesso decreto – deve essere riconosciuto stabilimento di interesse strategico nazionale;
   il provvedimento del Governo, in attuazione delle norme di carattere generale, sarebbe opportuno che prevedesse la stessa deliberazione del commissariamento di Alcoa da parte del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio;
   il testo del provvedimento deve far esplicito riferimento ad Alcoa in quanto stabilimento per il quale interviene una dichiarazione di strategico interesse nazionale;
   secondo l'interpellante che il provvedimento preveda anche l'imposizione dell'onere del servizio pubblico energetico per le regioni insulari, a partire dalla Sardegna, obbligando i soggetti fornitori ad applicare alle imprese strategiche i costi pari alla media europea stabiliti da apposita valutazione dell'autorità garante per l'energia ed intervenendo con adeguata compensazione laddove fosse necessario e ampiamente documentato;
   ad avviso dell'interpellante sarebbe necessario che il commissariamento duri tre anni, rinnovabili, sino alla vendita dello stabilimento a soggetto che offra garanzie produttive e di investimento per il mantenimento operativo degli impianti, compreso un complessivo ammodernamento degli stessi –:
   se il Governo abbia ottenuto la disponibilità e a quali condizioni per la sottoscrizione da parte di Enel di un contratto bilaterale di fornitura di energia elettrica alla pari degli altri smelter europei;
   se il Governo ritenga di favorire la cessione dello stabilimento Alcoa e a favore di chi e quali garanzie abbia ottenuto dal soggetto Klesch che risulterebbe aver interloquito con il Ministero dello sviluppo economico, e se le stesse garanzie il Governo le ritenga affidabili o meno;
   se il Governo non ritenga di dover intervenire con la predisposizione di un apposito decreto per il commissariamento che preveda tra gli obiettivi la ripresa produttiva dello stabilimento Alcoa di Portovesme;
   se il Governo non intenda intervenire, senza ulteriori perdite di tempo, nella definizione di provvedimenti in grado di dare risposte al costo dell'energia facendo cessare i comportamenti dell'Enel relativamente alla gestione monopolistica e penalizzate nei confronti della Sardegna;
   se non ritenga di dover dare risposte immediate sul fallimento politico, istituzionale, amministrativo e finanziario del cosiddetto Piano Sulcis rimuovendo dai relativi incarichi coloro che hanno gestito tale piano secondo l'interpellante in termini meramente propagandistici;
   se non ritenga di dover intervenire per l'immediata attuazione dei provvedimenti normativi già in essere per quanto riguarda la realizzazione del sistema integrato miniera-centrale del bacino carbonifero del Sulcis;
   se non preveda di inserire il Sulcis all'interno di provvedimenti infrastrutturali seri in grado di approvare senza ulteriori ritardi la realizzazione delle precondizioni per lo sviluppo dell'area, a partire dall'energia, dai trasporti e dalla infrastrutturazione viaria e diportistica.
(2-00487) «Pili, Pisicchio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Mythen società operante nel settore della chimica presso la Valbasento e avente sede legale a Ferrandina ha visto pochi giorni fa la nomina da parte del tribunale di Matera del curatore fallimentare;
   l'azienda che occupa circa 80 dipendenti da tempo viveva una situazione di crisi non di prodotto ma di natura societaria e di liquidità;
   nel dicembre del 2002, la società acquisisce lo stabilimento dal curatore fallimentare della società IRS che era stato inattivo per circa 8 anni;
   nell'ottobre del 2003 viene avviata la produzione di olio di soia epossidato che rappresenta subito il core business del gruppo;
   è stata un'azienda che ha vissuto varie vicissitudini anche sotto il profilo ambientale ma ha comunque rappresentato una realtà importante dal punto di vista produttivo dando lavoro a un numero rilevante di famiglie se consideriamo il contesto territoriale in cui opera;
   la sua chiusura infatti è un ulteriore gravissimo colpo al sistema produttivo e occupazionale della Valbasento;
   per fortuna nell'immediato i lavoratori sono coperti per 12 mesi dalla cassa integrazione straordinaria sulla base di un accordo siglato e per il quale si è in attesa del decreto erogatore;
   tuttavia ora c’è da comprendere quale può essere il futuro di un impianto che non può attendere molto tempo per capire il proprio destino;
   è noto che la curatela fallimentare ovviamente è una procedura delicata e che è finalizzata a tutelare i creditori e comunque in questo ambito bisogna individuare possibili strade per la ripresa produttiva e occupazionale cercando di verificare ove vi fossero delle manifestazioni di interesse a rilevare gli impianti;
   in Basilicata si sa che operano multinazionali energetiche che operano anche nel settore della chimica verde;
   andrebbe pertanto verificata la possibilità che in questo settore innovativo con tutte le garanzie ambientali che fino ad ora non sono state sempre adeguatamente garantite si possa manifestare l'interesse di uno di questi soggetti operanti in Basilicata nell'ambito dell'attività estrattiva al fine di riattivare la capacità produttiva degli impianti ormai ex Mythen;
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere nell'ambito delle sue prerogative d'intesa con la regione Basilicata un tavolo di confronto per il futuro della Mythen partendo appunto dalla necessità di individuare, fatte salve ovviamente tutte le prerogative della curatela fallimentare, eventuali soggetti industriali interessati a rilevare gli impianti e offrire una prospettiva occupazionale ai lavoratori posti attualmente in cigs. (5-02512)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'eolico off-shore in Europa sta conoscendo, e conoscerà, una fase di importante sviluppo;
   nella prima metà del 2013, la nuova capacità installata è stata infatti doppia rispetto allo stesso periodo del 2012; al 30 giugno 2013 erano connesse alla rete 1.939 turbine marine, per una capacità di 6.040 megawatt in 58 impianti distribuiti in dieci Paesi. In base alle stime di Ewea (European Wind Industry Association), la potenza al 2020 potrebbe raggiungere i 40 gigawatt e soddisfare il 4 per cento della domanda europea di elettricità, mentre per il 2030 si parla del 14 per cento;
   in Italia, l'interesse per l'eolico off-shore è ancora molto basso a causa della mancanza di precise strategie nazionali, dell'incertezza normativa e della scarsa accettabilità sociale degli impianti;
   attualmente in Italia esistono diversi progetti di impianti off-shore, alcuni dei quali sono stati «bocciati» dal precedente Governo Letta, nel 2014, mentre altri da regioni, province e comuni; su alcuni impianti, come quello di Termoli, c’è stata la «bocciatura» del TAR e del Consiglio di Stato nel 2013, mentre il progetto di Tricase è stato approvato dalla regione e poi contestato da associazioni ambientaliste nel 2013;
   lo sviluppo dell'eolico nel nostro Paese è fermo;
   benché i mari del Nord, e in generale gli oceani, beneficino di maggiore disponibilità eolica per le condizioni climatiche, tuttavia, anche il nostro Paese è in grado di esprimere un grande potenziale, disponendo di ben 11.686 chilometri quadrati di superficie marina adatta all'eolico offshore –:
   se il Ministro intenda confermare la strategicità dello sviluppo dell'eolico off-shore in Italia, rimuovendo gli ostacoli che attualmente ne impediscono la crescita ed accelerando i processi per una rapida approvazione, che sia il più possibile condivisa fra tutti i soggetti interessati, dei progetti che interessano le acque territoriali italiane. (4-04266)


   NUTI. —Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 16 febbraio 2011 veniva firmato a Roma l'Accordo di programma tra il Ministro dello sviluppo economico e la regione siciliana per la disciplina degli interventi di riqualificazione e reindustrializzazione del polo industriale di Termini Imerese, sottoscritto oltre che dal Ministro citato e dalla regione siciliana, anche dalla provincia di Palermo, dal comune di Termini Imerese, dal consorzio ASI di Palermo, dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimento e lo sviluppo d'impresa s.p.a. e dal gruppo FIAT;
   la finalità primaria di tale accordo era la promozione di nuovi investimenti produttivi in grado di assicurare la salvaguardia della presenza industriale e dell'occupazione del polo industriale di Termini Imerese, con l'intento di mantenere la vocazione produttiva nel settore automobilistico, senza però escludere l'inserimento di ulteriori imprese operanti in settori diversi;
   l'Accordo evidenziava la necessità di sviluppare gli interventi con una tempistica congruente con le esigenze di rioccupazione della manodopera, stabilendo un tempo massimo per dare completezza agli investimenti di 36 mesi;
   l'ammontare degli investimenti programmati era stimato in più di un miliardo di euro per il triennio 2011-2013: di questi, 450 milioni di euro sarebbero stati forniti dalle finanze pubbliche, in particolare 100 milioni di euro direttamente dal Ministero dello sviluppo economico e 350 milioni di euro dalla regione Sicilia di cui 150 per finanziamento di opere infrastrutturali e 200 a titolo di cofinanziamento delle risorse nazionali;
   la vigilanza sull'esecuzione dell'Accordo era stata posta in capo al Ministro dello sviluppo economico e dal presidente della regione siciliana, supportati dal cosiddetto Gruppo di coordinamento, di cui fanno parte anche rappresentanti degli altri firmatari;
   dopo che il gruppo FIAT ha deciso di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese, l'Accordo costituisce per questa città l'unica possibilità per poter uscire dallo stato di crisi in cui versa;
   il termine originariamente stabilito in 36 mesi è stato già raggiunto e superato ma, ad oggi, non abbiamo alcuna notizia in merito all'utilizzo dei fondi stanziati sia a livello nazionale che a livello regionale: dunque, una verifica sullo stato di attuazione dell'Accordo e dell'utilizzo dei fondi è assolutamente inderogabile, anche al fine di procedere alla destinazione di risorse eventualmente non utilizzate per la ripresa economica e sociale di Termini Imerese;
   agli interroganti risulta inoltre che, l'Assemblea regionale siciliana stia, proprio in questi giorni, esaminando il testo della cosiddetta «legge finanziaria-bis», un disegno di legge regionale il cui testo è stato prodotto a seguito della bocciatura di alcune parti da parte del commissario dello Stato per la Sicilia della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, legge di stabilità regionale siciliana per il 2014: nel testo attualmente in esame si prevede la destinazione di 140 milioni di euro per la reindustrializzazione del polo industriale di Termini Imerese, di cui 90 a titolo di cofinanziamento e 50 a titolo di fondo di garanzia, utilizzando parte delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione assegnate alla Sicilia;
   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-02313 era stato già interrogato il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze, suggerendo la possibilità di riconvertire completamente o parzialmente l'area del polo industriale per il rilancio del settore turistico;
   agli interroganti non risultano esservi adeguate informazioni sull'utilizzo dei fondi previsti dall'Accordo citato siglato nel febbraio del 2011; in mancanza di dette informazioni risulta ostacolata ogni attività politica e parlamentare in merito alla ricerca di soluzioni per la crisi economica e sociale di Termini Imerese –:
   se, in quale misura e per quali fini i fondi stanziati all'interno dell'accordo citato in premessa, siglato nel febbraio 2011 tra Ministro dello sviluppo economico e regione Sicilia, siano stati utilizzati e se e in quale modo, secondo le informazioni in suo possesso, gli stessi siano collegati con gli stanziamenti previsti nel testo della cosidetta «finanziaria bis» in esame all'Assemblea della regione siciliana.
(4-04267)


   MAESTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottobre 2010 il gruppo bancario Intesa SanPaolo ha rilevato dalla Fondazione del Monte di Parma il 51 per cento di Banca Monte Parma impegnandosi a rilevare anche le quote degli altri azionisti, arrivando così al 79 per cento della banca, con un investimento complessivo di circa 230 milioni di euro;
   il processo di integrazione e riorganizzazione aziendale di Banca Monte Parma, che ha coinvolto circa 600 dipendenti impiegati in filiali nelle province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, è stato portato avanti negli ultimi due anni senza costi per la collettività ma con l'utilizzo dell'ammortizzatore sociale di settore. Il piano ha determinato la perdita di circa 100 posti di lavoro ed una riduzione complessiva del costo del lavoro del 30 per cento;
   il 24 gennaio 2014, Banca Monte Parma ha aperto una procedura sulla base dell'articolo 20 CCNL (per ristrutturazione e riorganizzazione con tensioni occupazionali), in virtù della quale è stato attivato un tavolo di confronto tra azienda e sindacati;
   l'azienda, pur con l'imminente presentazione del piano di impresa del gruppo Intesa SanPaolo – di cui Banca Monte Parma fa parte a tutti gli effetti – che non prevede licenziamenti o riduzioni di personale e, peraltro, senza rappresentare ai sindacati alcun progetto specifico di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, ha proposto il licenziamento di almeno 50 persone attraverso l'utilizzo della cosiddetta «sezione emergenziale» del fondo di settore o, in alternativa, una serie di misure alternative particolarmente lesive dei diritti retributivi acquisiti dal personale in servizio (tra le quali la riduzione delle tabelle retributive nazionali del CCNL, demansionamenti professionali, cancellazione di voci individuali di stipendio relative ai trattamenti aziendali);
   i sindacati, per parte loro, nel pieno rispetto della procedura prevista dal CCNL finalizzata ad evitare ricadute negative sui livelli occupazionali, hanno formulato alcune proposte per contenere ulteriormente il costo del personale attraverso la concessione delle richieste di part time giacenti (oltre 60) e delle domande di trasferimento volontarie in altre aziende del gruppo, oltre all'accoglimento delle richieste di aspettativa non retribuita e all'eventuale ricorso ad esodi volontari con utilizzo del fondo di solidarietà di settore;
   nonostante le ragionevoli proposte, che, anche considerato il piano di impresa del gruppo Intesa SanPaolo presentato il 28 marzo 2014, si pongono il solo obiettivo di mantenere gli attuali livelli occupazionali e la qualità del servizio offerto dalla banca ai clienti, il gruppo ha dichiarato chiusa la procedura contrattuale di confronto senza accordo, venendo meno agli impegni assunti con l'accordo stipulato il 14 gennaio 2012 al momento dell'acquisizione e riservandosi di attivare le previsioni di legge per la riduzione del personale –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza affinché il gruppo Intesa SanPaolo riattivi le procedure di concertazione con le forze sindacali al fine di scongiurare i prospettati esuberi e tagli alle retribuzioni.
(4-04272)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Bombassei n. 5-01671, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cimmino.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Chaouki e Giuditta Pini 5-02462, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Quartapelle Procopio.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Tripiedi n. 4-04093, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 193 del 19 marzo 2014.

   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, BALDASSARRE, BECHIS, RIZZETTO, PESCO, ROSTELLATO, VALLASCAS, CECCONI, LOREFICE, GRILLO, ALBERTI, MASSIMILIANO BERNINI e RIZZO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 settembre 2012, è stato emesso il decreto legislativo n. 178, che dispone la riorganizzazione dell'Associazione italiana della croce rossa (CRI) mediante una procedura complessa e graduale di privatizzazione dell'ente pubblico non economico della stessa;
   con particolare riferimento a garanzie e diritti del personale in servizio nelle diverse componenti militari e civili e considerando l'alto numero di lavoratori a tempo determinato dell'ente, la procedura di privatizzazione ha dato origine a diverse perplessità relative alle scadenze temporali previste per la ridefinizione della natura giuridica dell'ente stesso;
   la paradossale situazione è stata peraltro stigmatizzata dalla relazione della Corte dei Conti che ha evidenziato una serie di mancanze, varie illegittimità ed evidenti carenze e antieconomicità del decreto legislativo n. 178 del 2012 per il bilancio dello Stato;
   il decreto previsto dalla legge di riforma contiene, ad avviso dell'interrogante, palesi contraddizioni, omissioni ed incongruenze rispetto al dettato legislativo e non garantisce il mantenimento dei livelli occupazionali e con essi la capacità di risposta del servizio;
   il passaggio da associazione privata ad interesse pubblico dell'ente originariamente previsto per il 1o gennaio 2014, è stato rinviato dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, come convertito dalla legge n. 125 del 2013, che ha posticipato di un anno tutti i termini originariamente previsti dal decreto legislativo n. 178 del 2012, separando tuttavia il destino del comitato centrale e dei comitati regionali da quello dei comitati provinciali e locali destinatari, questi ultimi, di una norma ad hoc che li rende privatizzati a partire dal 1o gennaio 2014;
   dalla data del 31 dicembre 2013, il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato in servizio presso i comitati provinciali e locali esistenti, ha dovuto scegliere tra il passaggio al comitato centrale o ai comitati regionali, l'assunzione da parte dei comitati provinciali e locali, ovvero il passaggio in mobilità presso altre amministrazioni pubbliche, come decretato all'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 178 del 2012, introdotto dal comma 10-ter dell'articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013, comma 3;
   il sopracitato intervento normativo in materia ha aumentato i già esistenti dubbi sulle sorti dei lavoratori dato che mal si concilia con quanto disposto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 178 del 2012 a causa dell'assenza del decreto di natura non regolamentare che avrebbe dovuto fissare modalità organizzative e gestionali;
   tale mancanza ha dato luogo a disparità di trattamento fra i lavoratori che prestano servizio presso i comitati provinciali o locali rispetto ai lavoratori assunti tramite concorso pubblico e con identici requisiti, sempre nei medesimi comitati;
   il comma 4 dell'articolo 1-bis in considerazione prevede che i comitati locali e provinciali possano avvalersi del personale a tempo determinato unicamente nell'ambito dell'espletamento di attività in regime convenzionale, ovvero nell'ambito di attività finanziate con fondi privati, complicando ulteriormente la situazione del personale a tempo determinato, considerando anche la nota interpretativa del Ministero della salute n. 1922-P-24/04/2013, dove si indica che i contratti di lavoro del personale in questione non potrebbero essere considerati validi né tantomeno prorogabili se non correlati alla contestuale vigenza di una convenzione che ne giustifichi la causa e l'oggetto;
   con ordinanza presidenziale n. 0514-13 del 27 dicembre 2013, sono stati collocati in congedo per cessate esigenze 44 lavoratori appartenenti al Corpo militare, stabilendo la proroga di altre 275 unità solo fino al 30 giugno 2014;
   immediatamente dopo l'attuazione dell'intervento normativo citato, si sono verificati casi di agevolazione del proseguimento del rapporto di lavoro secondo forme contrattuali interinali o di somministrazione;
   immediatamente dopo l'attuazione dell'intervento normativo citato, si sono verificati casi di rinnovo dei contratti dei lavoratori per un numero inferiore di ore rispetto a quelle svolte sino al 31 dicembre 2013 anche in presenza di convenzione;
   immediatamente dopo l'attuazione dell'intervento normativo citato, a diversi dipendenti dell'ente assunti con contratto a tempo determinato che avevano ottenuto in via giudiziale la stabilizzazione del rapporto di lavoro, sono giunte comunicazioni di fine rapporto e, citando come esempio la regione Lombardia, 60 dipendenti della CRI sono stati licenziati; la situazione di incertezza nell'interpretazione e nell'applicazione della normativa descritta sta incidendo fortemente sulla prosecuzione di numerosi altri rapporti dei circa 3800 lavoratori appartenenti all'ente, necessari a garantire attività strettamente legate allo svolgimento di servizi pubblici essenziali –:
   se i ministri interrogati intendano assumere iniziative, ognuno per le proprie competenze, per disporre urgentemente la sospensione degli effetti del decreto legislativo n. 178 del 2012;
   se i Ministri, ognuno per le proprie competenze, non ritengano opportuno, assumere iniziative per prorogare i rapporti di lavoro a tempo determinato;
   se i Ministri, ognuno per le proprie competenze, non ritengano opportuno intraprendere azioni atte a tutelare livelli occupazionali e diritti dei lavoratori e a garantire la qualità dei servizi erogati.
(4-04093)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale Causin n. 3-00428 dell'8 novembre 2013;
   interrogazione a risposta orale Fauttilli n. 3-00455 del 19 novembre 2013;
   interpellanza Pili n. 2-00343 del 17 dicembre 2013;
   interpellanza Airaudo n. 2-00428 del 4 marzo 2014;
   interrogazione a risposta scritta Nardi n. 4-03852 del 6 marzo 2014;
   interrogazione a risposta orale Melilla n. 3-00716 del 26 marzo 2014.