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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 28 marzo 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) è stato definito come il più grande accordo commerciale del mondo. È un accordo commerciale internazionale in fase di negoziato tra l'Europa e gli Stati Uniti progettato per incoraggiare la crescita e la creazione di posti di lavoro. Ha l'obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l'acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti;
    secondo dati diffusi dalla Commissione europea l'accordo potrebbe far aumentare l'economia europea di 120 miliardi di euro, l'economia americana di 90 miliardi di euro e l'economia del resto del mondo di 100 miliardi di euro;
    dalle poche informazioni reperibili sull'accordo si evince che esso interverrà in favore di una riduzione delle barriere tariffarie (tasse doganali), ad oggi già basse tra i due continenti (media livello del 4 per cento). Tuttavia la maggior parte dei guadagni derivanti dal TTIP scaturiranno dalla riduzione delle cosiddette barriere non tariffarie: l'insieme delle regole e degli standard che vengono imposti sui prodotti in termini di salute, condizioni di lavoro e altro che, anche grazie alle grandi battaglie contro la carne agli ormoni, il pollo lavato col cloro, gli ftalati nei giocattoli, i residui di pesticidi nel cibo, gli organismi geneticamente modificati e così via, tengono lontani dal nostro mercato prodotti non sicuri e tossici;
    queste regole, garanti di sicurezza e primato europeo da difendere, sono state definitive dalla Commissione come «generatrici di problemi», viste dunque come «irritanti commerciali» (trade irritants). I suddetti standard risultanti molto spesso più alti in Europa rispetto agli Stati Uniti, dove invece, complice il mancato accoglimento di trattati in materia di ambiente e lavoro, svariate procedure proibite nell'Unione sono invece permesse;
    c’è dunque il forte rischio che un trattato di questo genere, ricercando un'armonizzazione delle normative e dunque un abbattimento delle regolamentazioni tra le due aree porti ad appiattire i più rigidi regolamenti europei ai livelli di quelli statunitensi;
    il trattato viene considerato una via d'uscita dalla crisi: secondo le rosee previsioni diffuse dal commissario del commercio Karel De Gucht infatti saranno creati 2 milioni di posti di lavoro in Europa, 119 miliardi di euro l'anno di Pil per l'Europa e 130 miliardi di dollari per gli Stati Uniti, cioè 545 euro in più l'anno per ogni famiglia di quattro persone nell'Unione, e 901 dollari negli Stati Uniti;
    tutto questo, tuttavia, si otterrebbe solo entro il 2027, nella migliore delle ipotesi, ed al prezzo di una totale deregulation. Le famiglie europee potrebbero, ad esempio, risparmiare acquistando più pollo a buon mercato esportato dagli Usa, ma non sappiamo quanti dei loro membri perderebbero il lavoro per la chiusura degli allevamenti europei di migliore qualità. Quello stesso pollo poi, se di qualità peggiore rispetto a quanto previsto attualmente dai regolamenti europei, potrebbe farli ammalare e pesare di più sui servizi sanitari pubblici;
    per quanto riguarda il nostro paese invece il Ministero per lo sviluppo economico ha commissionato a Prometeia spa una prima valutazione d'impatto mirata all'Italia: dai primi dati emerge che i primi benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero non prima di 3 anni dall'entrata in vigore dell'accordo nella misura di un modesto 0,5 per cento di Pil in uno scenario ottimistico. Oltre ad essere modesti, gli introiti derivanti dall'accordo rischiano di favorire soltanto un numero ristretto di soggetti, ovvero quelle imprese italiane che davvero esportano, molto spesso esternalizzando parti dell'impresa fuori dal territorio italiano;
    secondo i dati forniti dall'organizzazione mondiale del Commercio le imprese italiane che esportano risultano 210 mila, ma sono le prime dieci che detengono il 72 per cento delle esportazioni nazionali. Secondo l'Ice, in tutto nel 2012 le esportazioni di beni e servizi dell'Italia sono cresciute in volume del 2,3 per cento, leggermente al di sotto del commercio mondiale. La loro incidenza sul Pil ha sfiorato il 30 per cento in virtù dell’austerity e della crisi dei consumi che hanno depresso il prodotto interno;
    l'Italia è riuscita a guadagnare spazi di mercato internazionale contenendo i propri prezzi, senza generare domanda interna né nuova occupazione. Anzi: lo ha fatto spostando all'estero processi o attività dove costavano meno il lavoro o le tecnologie. Il nostro Paese ha acquistato, insomma, quote di mercato estero, perdendo lavoratori-consumatori nel mercato interno. L'aumento di export tricolore non si tradurrà, quindi, automaticamente, in buona produzione o occupazione per il Paese. Per la produzione di beni infatti, secondo il pensiero prevalente tra imprese e istituzioni coinvolte nel trattato, non è obbligatorio che il Made in Italy, stante la normativa vigente, sia tutto italiano per ingredienti, pezzi di filiera, componenti, tantomeno lavoratori;
    infine, nel caso più ottimistico delineato da Prometeia sugli effetti dell'accordo, soccomberebbero comunque il legname e la carta, poi la chimica farmaceutica e di consumo: la più penalizzata con 30 milioni di euro di perdite previste. Altri 10 milioni si perderebbero tra prodotti intermedi chimici, altri intermedi e agricoltura, e molte piccole e medie aziende potrebbero non sopravvivere allo shock;
    secondo le indiscrezioni emerse e riportate dalle agenzie di stampa molte delle dispute più delicate dei negoziati a porte chiuse riguardano il cibo e l'agricoltura. Elemento di ostacolo per le imprese statunitensi, ma anche per tante corporation dell'Unione europea, sono gli standard dei prodotti alimentari, presentati non come una difesa del diritto alla salute per i consumatori, ma come un indebito ostacolo al commercio. Qualità, residui chimici, impatto sulla salute, sicurezza: un reticolo di regole che bandisce una serie di alimenti e prodotti malsani proveniente dagli Stati – quali ad esempio la carne americana trattata con ormoni della crescita e il pollame disinfettato con acqua clorata – e costringe anche le nostre imprese ad essere più scrupolose di quanto vorrebbero;
    molti contadini e consumatori sono preoccupati per un alleggerimento degli standard ambientali e sul trattamento degli animali che regolano, ad esempio, le condizioni di vita negli allevamenti in batteria e per quelli utilizzati per la produzione industriale di carne. Al momento è possibile in Europa incoraggiare i contadini ad allevare gli animali in buone condizioni e a produrre per il mercato locale. Ma se il trattato di libero scambio andasse avanti saremo soggetti alle regole del mercato globale e, naturalmente, al mercato globale non interessa la protezione degli animali e dell'ambiente;
    altre problematiche per il settore riguardano il mancato riconoscimento delle indicazioni di origine (IIGG) ed il fenomeno dell’«Italian sounding». Ambedue tematiche prioritarie per l'Italia. Per quanto riguarda le IIGG, sono stati fatti passi avanti nella bozza di testo del mandato negoziale ma resta da verificare attraverso quali modalità avverrà il riconoscimento e come saranno tutelati i prodotti italiani, che costituiscono la quota più elevata delle IIGG europee registrate;
    si prevede che servizi finanziari e investimenti saranno un grosso capitolo del negoziato, il cui punto focale sarà l'Isds (Investor-state dispute settlement, cioè un tribunale sovranazionale cui le imprese potranno appellarsi per proteggere i propri investimenti). L'Isds permetterebbe alle imprese di far condannare quei Paesi che approvassero leggi dannose per i propri investimenti presenti e futuri. Oggi esse sono costrette a presentarsi ai tribunali nazionali, e sottostare alle regole di ciascun paese, e in Europa, in alcuni casi, alla Corte europea di giustizia;
    ci sarebbe quindi la volontà di creare un organismo che, come il Dispute Settlement Body della Wto per il commercio, giudichi tenendo in conto le sole leggi e contratti relativi agli investimenti;
    emblematico il caso del Quebec che nel maggio 2013 avendo vietato l'estrazione di gas e petrolio dal fracking, cioè dalla polverizzazione per esplosione del sottosuolo, pericolosa per l'uomo e l'ambiente, è stato portato di fronte al tribunale arbitrale del Nafta della industrie Usa del settore, a causa della perdita di potenziale guadagno derivante dalla decisione. Se negli accordi tra Usa e Canada fosse stato introdotto un Isds, questo gli avrebbe dato sicuramente ragione perché gli interessi generali non avrebbero avuto alcun peso;
    per portare un ulteriore esempio, se il Governo italiano dovesse approvare la legge d'iniziativa popolare del Forum italiano dei movimenti per l'acqua, riconoscendo finalmente l'esito del voto referendario del 2011, ad accordo vigente potrebbe trovarsi sanzionato per aver impedito, con la ripubblicizzazione del servizio idrico, futuri profitti alle multinazionali del settore;
    gli Stati Uniti, come evidenziato anche nel parere della CES, non hanno ratificato diverse convenzioni ILO e Onu in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. La mancata ratifica di dette convenzioni rende negli Stati Uniti il costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo, in termini puramente economici, anche se più irresponsabile. La ratifica e la piena attuazione delle norme fondamentali del lavoro dell'OIL dovrebbe rappresentare una delle condizioni fondamentali dell'accordo, tuttavia i negoziati sembrano andare nella direzione opposta;
    a sorvegliare gli impatti ambientali e sociali del Ttip, secondo quanto assicurato dalla Commissione, ci sarà un apposito capitolo dedicato allo sviluppo sostenibile che metterà in piedi un meccanismo di monitoraggio specifico, partecipato da sindacati e società civile d'ambo le regioni, come nei più recenti accordi di liberalizzazione siglati dall'Unione europea. Tuttavia tale meccanismo di garanzia si è già verificato inefficace soprattutto nel caso dell'accordo tra Unione europea e Korea;
    per quanto riguarda la liberalizzazione dei servizi si ipotizza di escludere dalla trattativa solo quelli per i quali non esiste offerta privata. Di conseguenza l'acqua, la sanità, l'istruzione e cioè il complesso dei beni comuni e del welfare rischiano di essere completamente privatizzati e snaturati;
    l'accordo dovrebbe inoltre obbligare l'apertura o la liberalizzazione degli appalti pubblici a livello sub nazionale, compreso il livello comunale. I governi locali rischiano di conseguenza di non essere in grado di utilizzare il criterio sociale e ambientale per garantire l'uso del denaro pubblico a sostegno dello sviluppo economico locale sostenibile. In questo contesto la riforma dei quadri politici esistenti dovrebbe, in particolare, tener conto della convenzione OIL n. 94 relativa agli appalti pubblici e agli accordi collettivi. Tuttavia da quanto emerge dai negoziati in corso la direzione presa dall'accordo pare essere in assoluto contrasto con tali raccomandazioni;
    lo stesso diritto alla salute potrebbe essere in parte compromesso per causa dell'accordo. Infatti l’European trade union confederation (ETUC), l’American federation of labor and congress of industrial organizations (AFL-CIO) e l’International trade union confederation (ICTU) hanno già espresso le loro preoccupazioni rispetto al fatto che l'accordo transatlantico sul commercio e gli investimenti USA-UE (TTIP/TAFTA) impatteranno pesantemente sui sistemi sanitari nazionali e aumenteranno i costi a carico dei pazienti. I sindacati internazionali hanno anche paventato la riproduzione dei meccanismi previsti nell'accordo Us-Korea (KORUS), che ha blindato le indicazioni dei produttori rispetto al prezzo finale di farmaci e dispositivi medici. Grazie a questa procedura i produttori possono fare causa alle autorità sanitarie pubbliche e chiedere di essere rimborsati se a loro avviso i prezzi negoziati di farmaci e dispositivi sono troppo bassi. Tutto questo senza alcun riguardo per la sostenibilità dei sistemi sanitari stessi, o del diritto alla salute dei cittadini;
    una stretta sulla tutela dei brevetti, e sul loro mutuo riconoscimento tra le parti del trattato, è uno degli obiettivi più condivisi tra le due parti. Dai semi, ai farmaci generici, alla ricerca scientifica, molte flessibilità attuali sono sotto attacco, anche quando producono avanzamento culturale e tutela della vita umana, come nel caso dei farmaci. Per ciò che riguarda i diritti d'autore ad esempio, le grandi imprese spingono per mantenere lo stesso livello di protezione sia negli Stati Uniti che nell'Unione europea; cioè un'armonizzazione dall'alto, che si traduce in maggiori restrizioni per il grande pubblico. In riferimento ai diritti per il conseguimento dei vegetali, il settore farmaceutico ha fatto pressioni per «livelli più elevati» di protezione;
    dal punto di vista della privacy emerge un altro motivo di preoccupazione: i giganti della rete, secondo le indiscrezioni emerse, cercherebbero di indebolire le normative europee di protezione dei dati personali per ridurli al livello quasi inesistente degli Stati Uniti, autorizzando in questo modo un accesso incontrastato alla privacy dei cittadini da parte delle imprese private;
    gli accordi internazionali costituiscono una categoria di atti giuridici nell'Unione europea (UE). Essi sono conclusi dall'Unione europea che agisce da sola o con gli Stati membri secondo le disposizioni previste dai trattati istitutivi. Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, l'Unione europea (UE) ha acquisito personalità giuridica. Essa è quindi un soggetto di diritto internazionale in grado di negoziare e di concludere accordi internazionali a nome proprio. Gli accordi internazionali hanno effetti giuridici nel diritto interno dell'Unione europea e degli Stati membri. Inoltre, i trattati istitutivi dell'Unione europea definiscono le modalità secondo le quali l'Unione europea può concludere gli accordi internazionali;
    gli accordi internazionali sono il risultato di un accordo di volontà tra l'Unione europea da una parte, e un Paese terzo o un'organizzazione terza dall'altra. Tali accordi fissano i diritti e gli obblighi per le istituzioni europee e gli Stati membri. Essi sono integrati nell'ordinamento giuridico europeo nella data della loro entrata in vigore o in quella prevista;
    giuridicamente, gli accordi internazionali sono atti convenzionali di diritto derivato, essi devono quindi essere conformi ai trattati istitutivi dell'Unione europea. Essi hanno tuttavia un valore superiore agli atti di diritto derivato detti «unilaterali», ovvero adottati unilateralmente dalle istituzioni europee (regolamenti, direttive, decisioni e altro),

impegna il Governo:

   a richiedere alla Commissione europea il pieno accesso ai documenti negoziali per i Parlamenti nazionali, data l'incidenza prevista del loro contenuto sulle normative nazionali in essere anche in ambito non strettamente commerciale;
   a istituire un meccanismo efficace di trasparenza e di consultazione in itinere del Parlamento, delle parti sociali e della società civile sui negoziati commerciali in corso a livello bilaterale, plurilaterale e multilaterale;
   a realizzare dei processi di valutazione d'impatto indipendenti delle trattative in corso sull'ambito nazionale, con meccanismi di partecipazione multistakeholder alla loro costruzione e diffusione;
   a promuovere in sede europea un'azione contro la proliferazione di accordi commerciali di nuova generazione, che travalicano gli ambiti di stretta competenza commerciale e limitano la capacità normativa nazionale in ambiti di competenza non comunitaria;
   a chiedere l'esclusione permanente dagli ambiti d'azione dei trattati di liberalizzazione commerciale di principi costituzionali nazionali e comunitari come il principio di precauzione, nonché di beni comuni come acqua, cibo ed energia, di servizi pubblici essenziali, in primo luogo quello idrico, di servizi sociali e sanitari e di diritti come il lavoro.
(1-00413) «Migliore, Scotto, Marcon, Fava, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Zan, Zaratti».

Risoluzione in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    le società concessionarie di autostrade non riconoscono il diritto all'esenzione dal pedaggio al trasporto sanitario con veicoli di soccorso (autoambulanze) delle Associazioni di pubblica assistenza e misericordie, sostenendo che tali veicoli non hanno i requisiti per beneficiare dell'esenzione;
    la società Autostrade per l'Italia spa non fornisce più i telepass esenti in comodato d'uso gratuito – prima concessi sulla base di un accordo del 1999 – alle associazioni di pubblica assistenza e misericordia, ANPAS (Associazione nazionale pubbliche assistenze) e Confederazione delle Misericordie di Italia, che svolgono sul territorio nazionale oltre il 70 per cento del trasporto sanitario in Italia;
    il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, Regolamento di esecuzione e di attuazione dei nuovo codice della strada, all'articolo 373, comma 2, lettera c), dispone che siano esentati dal pagamento del pedaggio i veicoli con targa C.R.I., nonché i veicoli delle associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro, adibiti al soccorso nell'espletamento del relativo specifico servizio e provvisti di apposito contrassegno approvato con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione e del Ministro dei lavori pubblici;
    il decreto 15 aprile 1994 del Ministro dei trasporti e della navigazione emanato di concerto con il Ministro dei lavori pubblici ha individuato il contrassegno di cui devono essere dotati i veicoli delle associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro;
    la circolare n. 3973 del 5 agosto 1997 del Ministero dei lavori pubblici stabilisce che l'esenzione dal pedaggio autostradale è concessa quando si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni: il veicolo sia immatricolato a nome delle associazioni di volontariato, o di organismi similari non aventi scopo di lucro; esso sia adibito al soccorso e sia impegnato nell'espletamento del relativo specifico servizio; il veicolo deve essere provvisto dell'apposito contrassegno; in assenza anche di una sola delle condizioni descritte il veicolo non ha diritto all'esenzione;
    la circolare 3973 definisce altresì i requisiti obbligatori dei veicoli che possono godere dell'esenzione: i veicoli devono essere immatricolati a nome di organizzazioni di volontariato legittimati ai sensi della legge quadro sul volontariato (legge n. 266 del 1991); devono essere adibiti al soccorso con equipaggiamento ed attrezzature che ne identifichino tale destinazione; devono essere impegnati nell'espletamento del relativo specifico servizio e muniti dell'apposito contrassegno esposto in modo visibile nella parte anteriore del veicolo; tale contrassegno dovrà recare impresso nella parte superiore l'anno di validità e nella parte inferiore la targa del veicolo e sarà prodotto a cura delle associazioni medesime;
    il parere espresso dal Consiglio di Stato nella adunanza generale del 17 maggio 1993 in sede di esame del decreto del Presidente della Repubblica n. 575 del 1993 argomentava che «la modifica proposta (ndr, esenzione dal pedaggio per autoambulanze C.R.L) non comporta, sotto il profilo economico – finanziario, alcun aggravio aggiuntivo per i bilanci delle società concessionarie poiché l'esenzione in questione era sempre stata praticata fino alla entrata in vigore del nuovo Codice della strada»; nello stesso parere il Consiglio di Stato sottolineava che la formulazione dell'articolo 373 del regolamento, che allora limitava l'esenzione alle sole autoambulanze della C.R.I., non teneva conto del contenuto sociale del servizio offerto dai mezzi di soccorso sanitario delle associazioni di volontariato (sostanzialmente Misericordia d'Italia ed A.N.P.A.S. che coprono circa il 70 per cento dei servizi di emergenza e trasporto di malati ed infermi che vengono effettuati sull'intero territorio) che, in tal modo, erano del tutto equiparati, nel parere del Consiglio di Stato, alle autoambulanze della C.R.I.;
    una recente sentenza del Consiglio di Stato (sezione III, 7 febbraio 2013, n. 2477) ha ribadito la centralità del trasporto sanitario per la tutela della salute dei cittadini, evidenziando come: «la nozione di servizio socio sanitario deve infatti ritenersi comprensiva di qualsiasi attività diretta a promuovere la salute psicofisica e il benessere dei cittadini e quindi anche l'assistenza ed il trasporto degli infermi»;
    la citata circolare n. 3973 del 5 agosto 1997 del Ministero dei lavori pubblici specifica che poiché non esiste una definizione normativa dei veicoli ad uso «soccorso» occorre valutare caso per caso tale circostanza specie se si tratta di veicoli diversi dalle autoambulanze o veicoli ad esse assimilati per il trasporto di sangue, plasma od organi da trapiantare; tanto più in considerazione del fatto che, mentre i veicoli di soccorso sanitario possono essere immatricolati per uso proprio dalle associazioni di volontariato (che abbiano un riconoscimento statale o che siano iscritte negli albi regionali del volontariato di cui alla legge n. 266 del 1991) per il soddisfacimento di finalità statutarie, i veicoli che necessitano di titolo (licenza od autorizzazione) possono essere immatricolati solo se i soggetti richiedenti, indipendentemente dalla loro natura giuridica, sono in possesso dei prescritti requisiti; da notare che il rilascio di licenza o autorizzazione presuppone lo svolgimento di attività commerciali o comunque a scopo di lucro-attività non compatibili con le finalità proprie delle associazioni di volontariato;
    sulla nozione di soccorso si è espressa la Corte di giustizia europea (CGE, sezione III, 29/A/2010 n. C-190/08), con una definizione recepita dalla sentenza del Consiglio di Stato (CDS, sezione III, 7 febbraio 2013, n. 2477) dove si afferma che «i servizi pubblici di soccorso comprendono solitamente sia i servizi di trasporto medico d'urgenza sia i servizi di trasporto sanitario qualificato... (omissis)»;
    nella disciplina in materia non è stato inoltre mai chiarito se nei veicoli ad uso speciale (autoambulanze, veicoli di soccorso avanzato), possa prendere posto, oltre al personale di servizio e al paziente, anche un familiare accompagnatore, nel caso ciò venga richiesto dalla persona soccorsa, ovvero, nel caso delle automediche, persone che necessitano di assistenza (esempio dializzati); la direzione generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in risposta ad un quesito del Presidente A.N.P.AS., ha riconosciuto che in molti casi la presenza di un familiare, oltre a risultare di conforto e rassicurazione del paziente (soprattutto se minore o anziano, o psichicamente compromesso) è da considerarsi assimilabile a quella di un «addetto» con funzioni equiparabili a quelle dei sanitari a bordo;
    la patente di guida di categoria B abilita alla guida di motoveicoli, esclusi i motocicli, nonché di autoveicoli di massa complessiva non superiore a 3,5 tonnellate e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, non è superiore a 8, anche se trainanti un rimorchio leggero ovvero un rimorchio che non ecceda la massa a vuoto del veicolo trainante e non comporti una massa complessiva totale a pieno carico per i due veicoli superiore a 3,5 tonnellate;
    i veicoli di soccorso correttamente allestiti secondo quanto prescritto dal decreto ministeriale 17 dicembre 1987, n. 553, recante «Normativa tecnica e amministrativa relativa alle autoambulanze», e dalle direttive di sicurezza dettate dalla norma EN 1789, superano il limite citato a causa dell'equipaggiamento base previsto;
    il codice della strada prevede, all'articolo 139, il rilascio di apposita patente di servizio ai soggetti già in possesso di patente di guida e abilitati allo svolgimento di compiti di polizia stradale, la cui validità è limitata alla guida di veicoli adibiti all'espletamento di compiti istituzionali dell'amministrazione di appartenenza; il regolamento recante norme per il rilascio della patente di servizio per il personale abilitato allo svolgimento di compiti di polizia stradale è stato emanato con decreto ministeriale 11 agosto 2004, n. 246; tale patente consente di evitare, in caso di violazione di norme del codice della strada nello svolgimento di tali compiti di interesse generale e di pubblica utilità, che tali soggetti vadano incontro a sanzioni sulla patente di guida; non è prevista una patente di servizio analoga per i conducenti veicoli di soccorso;
    restano pertanto esclusi dal possibilità di ottenere patenti di servizio, ad esempio, i conducenti delle autoambulanze del servizio emergenza 118, nonché i conducenti dei veicoli assimilati adibiti al trasporto di plasma ed organi, gli autisti d'ambulanza e dei veicoli di soccorso avanzato appartenenti alle associazioni di volontariato e gli autisti dei mezzi della protezione civile,

impegna il Governo:

  a disporre, nell'immediato, tutte le iniziative necessarie, anche normative, per:
    a) definire e rendere individuabili i veicoli adibiti al soccorso;
    b) concedere telepass per l'esenzione dal pedaggio autostradale in comodato d'uso gratuito senza aggravi burocratici ed organizzativi ai veicoli di soccorso delle associazioni di volontariato; modificando o integrando le concessioni in essere su tutte le autostrade italiane, senza oneri per il bilancio dello Stato;
    c) rilasciare – da parte della Motorizzazione civile – una documentazione ai veicoli di soccorso – così definiti – delle Associazioni di pubblica assistenza e misericordie, che attesti il servizio reso nel periodo in cui tali veicoli hanno svolto servizio di soccorso senza titolo di esenzione dai pedaggi, al fine di annullare le procedure di recupero del credito per passaggio ritenuto non in esenzione da parte delle società concessionarie di autostrade nei confronti delle Associazioni di pubblica assistenza e misericordie;
    d) modificare l'articolo 54 del CdS esplicitando che fra i soggetti ammessi a viaggiare sul veicolo di soccorso possono essere compresi anche eventuali familiari accompagnatori dell'assistito;
   ad emanare un apposito decreto ministeriale al fine di prevedere norme tecniche ed amministrative per autoveicoli speciali destinati al trasporto di persone in particolari condizioni diversi dalle ambulanze;
   a prevedere, nel caso di veicoli di soccorso, l'innalzamento a 4.000 chili del limite di peso di tali veicoli che un conducente, dotato di patente B, possa guidare;
   ad assumere iniziative per introdurre opportune modifiche ed integrazioni all'articolo 139 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 – nuovo codice della strada, allo scopo di prevedere il rilascio della patente di servizio anche ai conducenti di autoambulanze, veicoli di soccorso avanzato, veicoli assimilati adibiti al trasporto di plasma ed organi, immatricolati da associazioni di volontariato.
(7-00322) «Tullo, Fossati».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   domenica 23 marzo 2014 si sarebbe dovuta svolgere la partita di rugby di serie C Girone 2 Lazio tra All Reds e Corsari nel campo casalingo degli All Reds nell'area dell'ex-cinodromo di Roma, al momento occupata dai ragazzi del centro sociale Acrobax, nei pressi del Ponte Marconi;
   la partita non si è svolta in quanto, come riportato da sito internet Barbadillo.it, nprugby.it e da numerose testate giornalistiche locali e nazionali, gli attivisti del centro sociale Acrobax hanno impedito agli atleti dei Corsari di entrare nel campo di gara a causa della presenza nella loro squadra di un ragazzo notoriamente schierato a destra;
   come riporta il sito nprugby.it, i giocatori della squadra dei Corsari sono stati fermati ed apostrofati con frasi del tipo: «a te pure t'ho riconosciuto ma a te te famo entrà, quell'altro no. I fasci qua non li volemo... n'amico mio è morto accoltellato... quello è un pezzo de m... eccetera»;
   per evitare di far degenerare la situazione da ridicola a penosa, come dichiarato dai giocatori all'arbitro e a diverse testate giornalistiche, i giocatori ed i dirigenti dei Corsari si allontanano e decidono che l'eventualità di lasciare un loro compagno di squadra fuori dal campo non venga neanche presa in considerazione;
   alla fine l'arbitro referta l'accaduto e ogni squadra presenta una memoria;
   a memoria dell'interrogante ad una partita di rugby non si è mai impedito di svolgersi a causa dell'appartenenza, politica o di altra natura, di uno degli atleti in campo. Gli atleti sono, tra loro, avversari ed uguali, avversari e fratelli, avversari e fieri. Stare sotto l'acqua a vedere un gruppo di ragazzi che impedisce di giocare altri ragazzi per motivi politici è stato uno dei momenti più brutti del rugby;
   i valori indiscutibili dello sport e del rugby, nello specifico, sono la lealtà, il rispetto dell'avversario che, fuori dalla contesa, può diventare e spesso diventa un fraterno amico, il senso del sacrificio e dell'onore –:
   se non sia opportuna una forte presa di posizione del Governo contro tali atti, così come avvenuto per gli indegni cori razzisti negli stadi di calcio, anche per evitare che il mondo del rugby, da sempre ed ancora oggi portatore di valori sani, subisca degenerazioni particolarmente pericolose che non hanno nulla a che fare con lo sport. (4-04249)


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   domenica 23 marzo 2014 a Roma si è verificato un grave episodio di intolleranza politica, quando ad un giovane giocatore di rugby è stato impedito di prendere parte ad una partita del campionato di serie C;
   la partita avrebbe dovuto aver luogo all'interno struttura occupata dell'ex cinodromo che ospita l'impianto sportivo degli All Reds, team che gioca con il marchio dell'Associazione nazionale partigiani (Anpi) sulla maglia e che si identifica nel centro sociale «Acrobax»;
   al giocatore sarebbe stato impedito di entrare in campo perché ritenuto aderente al Foro 753, uno dei centri sociali di destra, e sarebbe stato apostrofato con le parole «Tu sei un fascista, non puoi giocare»;
   la squadra ospite in un comunicato ha dichiarato che le persone che hanno impedito al giovane di avvicinarsi all'impianto di gioco sarebbero state persone site all'esterno dello stesso impianto e che, anzi, tale accadimento aveva mosso la squadra a ritirarsi dalla partita, concedendo la vittoria agli avversari;
   se in ambito disciplinare bisognerà attendere le valutazioni del comitato regionale del Lazio della Federazione di rugby, non si può non stigmatizzare la gravità di quanto avvenuto sia sotto il profilo politico e sociale, sia rispetto alla totale disattenzione che simili atteggiamenti dimostrano nei confronti dei veri valori dello sport, che si basa sul rispetto e sulla condivisione di una comune passione agonistica;
   inoltre, quanto accaduto domenica scorsa pone fortemente anche il tema dell'assenza di strutture sportive idonee ad ospitare gli allenamenti e le gare delle squadre, agonistiche e non, in particolar modo nei fine settimana –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno esprimere in merito una condanna pubblica;
   quali iniziative intenda assumere al fine di impedire che si ripetano simili gravissimi atti di intolleranza politica in ambito sportivo, anche promuovendo l'avvio di campagne di sensibilizzazione rispetto al tema dell'intolleranza nello sport, in qualsiasi forma essa si esprima, e che promuovano, invece, i valori positivi della competizione sportiva. (4-04250)


   VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Roma, operano 4 impianti di trattamento meccanico biologico, di cui due appartenenti alla società municipalizzata Ama spa, ubicati rispettivamente in via Salaria e in via di Rocca Cencia e due appartenenti alla società Giovi srl riconducibile all'avvocato Manlio Cerroni, denominati Malagrotta 1 e Malagrotta 2 e siti nel polo impiantistico di Malagrotta;
   nel Lazio, si è utilizzato ed abusato dell'istituto del commissariamento in materia rifiuti per diversi anni. L'ultimo periodo per quel che concerne Roma e la sua provincia è durato dal 2011 al 7 gennaio 2014. Tre anni in cui i due commissari speciali nominati rispettivamente con OPCM n. 3963 del 6 settembre 2011 e con DPCM del 25 maggio 2012 (Sostituzione del Commissario delegato per l'emergenza ambientale nella provincia di Roma per l'imminente chiusura della discarica di Malagrotta), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 maggio 2012, pur godendo di poteri speciali e derogatori non hanno mai realizzato gli obiettivi che erano stati loro assegnati dal Governo, giacché ad oggi non è stato ancora individuato un nuovo sito, i dati relativi alla raccolta differenziata continuano ad essere esigui e si è costretti vergognosamente ad esportare fuori regione i rifiuti;
   in particolare l'operato del secondo commissario delegato ovvero il dottor Goffredo Sottile, appare discutibile sotto diversi punti di vista che appaiono connotare un manifesto assoggettamento al volere del patron delle discariche Manlio Cerroni, parere non solo di chi scrive, bensì oggetto di approfondimento da parte della magistratura;
   oltre alla rocambolesca vicenda riguardante il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale per il sito di Monti dell'Ortaccio, a pochi giorni dallo scadere del suo mandato, con determinazione n. G06042 del 23 dicembre 2013, il commissario Sottile di concerto con la direzione territorio urbanistica, mobilità e rifiuti della regione Lazio, rilascia l'Aia anche per l'impianto di trattamento meccanico biologico denominato Malagrotta 2, nonostante detto impianto non avesse le necessarie autorizzazioni per operare. Riteniamo corretto sottolineare come questa precipitosa procedura, sia stata autorizzata alla vigilia di Natale, nel silenzio mediatico e senza alcuna concertazione di sorta. Solo grazie alla successiva pubblicazione nel Burl avvenuta in data 11 febbraio 2014 si è venuti a conoscenza del rilascio dell'Aia. Fortunatamente non risultano ad oggi essere scaduti i termini affinché i cittadini possano eventualmente tutelare i propri legittimi interessi e diritti innanzi al TAR;
   da organi di stampa si apprende che il particolare relativo al difetto riguardante le autorizzazioni emergerebbe da un esposto presentato dai cittadini alla procura della Repubblica di Roma nell'ottobre 2012;
   l'impianto denominato Tmb Malagrotta 2 non rientrava nelle condizioni di cui al decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria. Difatti l'articolo 32-bis comma 1-quater della suesposta legge dispone che: «In mancanza del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale entro il 31 marzo 2008, i nuovi impianti, per i quali sia stata presentata la domanda di autorizzazione integrata ambientale, che abbiano ottenuto il provvedimento positivo di compatibilità ambientale e siano in fase di avanzata costruzione, possono avviare tutte le attività preliminari all'esercizio dell'impianto nel rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni stabilite nelle autorizzazioni ambientali già rilasciate, dandone comunicazione all'autorità competente per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. L'autorità competente, ove ne ravvisi la necessità, rilascia un'autorizzazione provvisoria nelle more del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, entro sessanta giorni dalla predetta comunicazione». Dunque dalla lettera della norma si deduce che per poter usufruire del regime semplificato derogatorio alla disciplina del rilascio dell'Aia, occorre che si verifichino tre condizioni: che si tratti di un nuovo impianto, che sia stata presentata la prevista domanda e da ultimo che l'impianto sia in fase di avanzata costruzione. A ben vedere, l'impianto di trattamento meccanico biologico denominato Malagrotta 2 non rientrava in dette condizioni. Oltretutto con determinazione regionale n. A2959 del 15 settembre 2008 si rilasciò alla società Giovi srl fino alla data del 15 settembre 2009, l'autorizzazione alla messa in esercizio per una fase preliminare di start-up nelle more del rilascio dell'Aia, senza contare anche che l'impianto già dall'anno 2008 era stato sottoposto ad un regime di proroga dei termini autorizzativi. Regime che si e protratto fino alla determinazione della regione Lazio n. B7113 del 15 settembre 2011 che ne aveva prolungato i termini al 15 settembre 2012, con determina n. A2959 del 15 settembre 2008;
   è bene ricordare che gli impianti di trattamento meccanico biologico operanti a Roma, non hanno mai lavorato al massimo delle loro capacità e ciò si nota chiaramente anche dal tenore di due ordinanze emesse dalla presidente della regione Lazio nel 2011. La prima ordinanza n. Z0002 del 30 giugno 2011 recante ad oggetto: «Discarica sita in Roma, località Malagrotta, prosecuzione attività di smaltimento dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e funzionamento degli impianti di trattamento meccanico biologico, siti nel comune di Roma» e la seconda ordinanza di rettifica n. Z0003 del 7 luglio 2011 che impose al punto A.5 di «assicurare nel minor tempo possibile dall'adozione della presente ordinanza, la piena operatività degli impianti di preselezione e riduzione volumetrica dei RSU (TMB), denominati Malagrotta 1 e Malagrotta 2»;
   si sottolinea che il Governo è intervenuto in diverse occasioni, per indagare sul funzionamento dei suddetti impianti. Difatti in data 16 giugno 2012, in una nota sintetica sull'esito dei controlli in merito alla funzionalità degli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani in provincia di Roma, inviata dai Noe alla Commissione bicamerale per il ciclo dei rifiuti e relativa ad ispezioni espletate nel mese di maggio 2012, nel quadro dell'attività di supporto richiesta dal commissario delegato, si legge che l'impianto di trattamento meccanico biologico Malagrotta 1 era entrato in funzione dal 7 novembre 2011 e nel primo quadrimestre 2012 aveva trattato Rsu per il 23,33 per cento della sua capacità nominale, mentre quello denominato Malagrotta 2 risultava aver trattato Rsu per il 2011 e 2012 al 58,66 delle sue capacità –:
   se la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero dell'ambiente, viste le ordinanze commissariali suesposte, l'importanza rivestita dagli impianti di trattamento meccanico biologico nel ciclo integrato di gestione dei rifiuti e le relative indagini delegate al NOE, siano stati informati dal commissario delegato in merito alle mancate e/o errate autorizzazioni relative all'impianto denominato Malagrotta 2 ed in ogni caso quali verifiche intendono avviare nell'immediato. (4-04253)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CAMPANA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   F.D.G. nel 2005 ha vinto il concorso per maresciallo nell'Arma dei carabinieri;
   a Roma, il 13 gennaio del 2006, F.D.G. incontra il suo ex fidanzato M.M. pugliese per un chiarimento. L'uomo non aveva mai accettato la separazione dalla donna e nei mesi precedenti aveva perpretato azioni di stalking nei confronti della ragazza. In occasione di quell'appuntamento, in Via Camilla a Roma, l'uomo si presenta armato ed esplode alcuni colpi di pistola contro V.F., ferendola gravemente alle gambe e ai polmoni. La donna è viva solo grazie al tempestivo intervento del suo istruttore che allertato dai racconti dell'allieva, l'aveva seguita fino a casa;
   F.D.G. è stata in coma per circa una settima e oggi è su una sedia a rotelle;
   l'Arma dei carabinieri in seguito all'incidente non ha ritenuto la donna idonea al servizio non procedendo all'assunzione;
   nel marzo dello scorso anno l'uomo viene rilasciato dopo aver scontato la pena;
   F.D.G. ha chiesto al Ministero della difesa di poter transitare verso ruoli civili all'interno dell'arma dei carabinieri, ma questa cosa viene rifiutata;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali siano i motivi del diniego per il transito nei ruoli civili dell'arma;
   se il Ministro intenda avvalersi dell'esperienza della donna in tema di stalking e violenza sulle donne al fine di dare una risposta concreta a tutte le vittime che cercano nelle istituzioni un aiuto. (4-04252)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRACCARO e GALLINELLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la società SIN S.r.l. Sistema informativo nazionale per lo sviluppo dell'agricoltura ha concluso, in qualità di conduttore, un contratto di locazione ad uso ufficio con la società immobiliare Vega seconda S.r.l avente ad oggetto un immobile situato in Roma, via Salandra n. 13, per un importo di 2.980.000 euro annui, con vigenza dal 1o giugno 2009;
   tale contratto di locazione immobiliare desta perplessità, non solo in considerazione dell'importo elevato, che appare, prima facie, superare i correnti valori di mercato, ma anche in considerazione della clausola particolarmente svantaggiosa ivi prevista per il conduttore, con cui si prevede che «il contratto è stipulato per la durata di anni 6. Alla prima scadenza il contratto di locazione si rinnoverà automaticamente per un uguale periodo, rinunciando il locatore alla facoltà di diniego di rinnovazione di cui all'articolo 29 della legge n. 392 del 1978; successivamente il contratto si intenderà rinnovato per uguale periodo. Alla conduttrice non è concessa la facoltà di recedere dal presente contratto prima del sesto anno». Con tale pattuizione si vincola quindi la parte conduttrice ad un contratto eccessivamente oneroso per un lungo periodo di tempo senza consentire l'esercizio dello ius poenitendi, che pure sarebbe legittimo quale atto di autonomia privata nel corso del periodo di durata del primo contratto;
   la SIN S.r.l, Sistema informativo nazionale per lo sviluppo dell'agricoltura, è una società a prevalente partecipazione pubblica, in quanto partecipata per il 51 per cento da AGEA;
   la proprietà della società immobiliare Vega seconda Srl, non appare all'interrogante del tutto trasparente: sembrerebbe far parte del gruppo Piperno, ma è controllata, attraverso un complesso gioco di introiti azionari, da una società fiduciaria, la Fiderivisa Italia, che a sua volta fa capo, per il 99 per cento, ad un soggetto straniero con cittadinanza non dichiarata, la Fidinam services et partecioationis Sa;
   lo stesso immobile oggetto del contratto di locazione era stato locato dall'Ufficio italiano cambi dal 2000 al 2007 per un importo di 2 milioni di euro annui;
   il contratto concluso tra la società SIN S.r.l. e la società Immobiliare Vega seconda S.r.l. rappresenta secondo l'interrogante un esempio fra tanti di cattiva gestione di risorse pubbliche in conseguenza di contratti conclusi a prezzi esorbitanti e senza possibilità di recesso –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti indicati in premessa;
   se il Governo ritenga di intervenire adottando le iniziative di competenza volte ad individuare eventuali responsabilità dei soggetti che hanno concluso il predetto contratto di locazione e ad evitare per il futuro il ripetersi di fattispecie analoghe, di cattiva gestione di risorse pubbliche in conseguenza di contratti capestro conclusi a prezzi esorbitanti, senza che sia consentita la facoltà di recesso. (5-02507)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARBONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni, la quasi totalità degli organi della stampa nazionale riportano le allarmanti cifre contenute nel Bollettino delle entrate tributarie del Ministero dell'economia e delle finanze, che certifica per il 2013 un ammanco di quasi 550 milioni di gettito dal settore dei tabacchi. Lo scorso anno, infatti, il gettito dell'imposta sul consumo dei tabacchi è stato di 10.476 milioni di euro, registrando un calo per la prima volta nella storia del settore, nonostante l'incremento dell'aliquota IVA dal 21 per cento al 22 per cento, come riportato dal Conto riassuntivo del tesoro;
   secondo le direttive dell'Unione europea, gli Stati membri, nel definire le politiche fiscali per il settore dei tabacchi, devono perseguire obiettivi di massimizzazione del gettito e di tutela della salute pubblica;
   la disciplina fiscale costituisce uno strumento importante ed efficace di tutela della salute pubblica: infatti l'obiettivo di garantire che i prezzi di tali prodotti siano fissati a livelli minimi elevati può essere adeguatamente perseguito mediante la tassazione;
   negli ultimi tempi si è acuito lo spostamento del consumo dalle sigarette di prezzo alto a quelle a prezzo basso, da quest'ultime ai trinciati o perfino al mercato illecito;
   come riferito nel corso delle recenti audizioni in Commissione finanze, il TAR del Lazio ha disapplicato – in quanto fattore che compromette la concorrenza – il regime fiscale di imposizione minima del settore, ovvero il disincentivo all'immissione in commercio di prodotti a prezzi troppi bassi. In conseguenza di queste pronunce, i prezzi di alcune marche sono scesi in maniera repentina, con effetti negativi sul gettito e sulla salute pubblica;
   a seguito di ciò, è nato quindi un nuovo segmento di consumo di prezzi molto bassi che, sulla base delle informazioni ricevute nel corso delle audizioni, registrerebbe oggi una quota di mercato in forte e continua crescita, che arriva a numeri impressionanti soprattutto nelle zone più depresse del Paese;
   la crisi e l'instabilità del settore è evidente: la Federazione italiana dei tabaccai (FIT) ha annunciato nei giorni scorsi, a mezzo stampa, uno «sciopero ad oltranza» della vendita dei tabacchi, per denunciare il vuoto di governance del sistema fiscale che lede la categoria a causa della guerra al ribasso dei prezzi che si è innescata. Come misura immediata, i tabaccai chiedono l'aumento dell'aggio sulle sigarette;
   in tale situazione, il mantenimento di una struttura della tassazione delle sigarette prevalentemente proporzionale come quella italiana – in controtendenza rispetto a quella degli altri paesi dell'Unione Europea – alimenta dinamiche commerciali in picchiata verso i prezzi bassi; questa struttura disincentiva palesemente gli aumenti di prezzo necessari a creare valore per l'Erario tale da compensare il calo naturale – e auspicabile – dei consumi;
   in un sistema prevalentemente proporzionale, infatti, per lo scarso peso della componente espressa in un ammontare monetario fisso, il costo delle diminuzioni di prezzo è in prevalenza a carico dello Stato;
   il sistema impositivo dei tabacchi, al di là di meri interventi di facciata connessi al recepimento di direttive comunitarie, è dunque sostanzialmente fermo agli anni Settanta e produce oggi effetti negativi tangibili sulle entrate fiscali, come osservato da quasi tutte le principali testate della stampa italiana;
   l'attuale sistema impositivo sui tabacchi non è più quindi in grado di salvaguardare il gettito fiscale e gli obiettivi di salute pubblica –:
   quali misure intenda attuare il Ministro interrogato e quale ritenga sia lo strumento normativo più idoneo all'adozione di corretti livelli di imposizione minima, nonché ad una rimodulazione della struttura della tassazione che tuteli la stabilità del gettito erariale e della filiera occupazionale, diminuendo il danno in termini di salute pubblica, nel rispetto di una corretta concorrenza tra gli operatori del settore. (4-04247)


   BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 marzo il dottor Giuseppe Peleggi, direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel corso dell'audizione presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria, ha riferito sugli effetti, a suo avviso negativi, derivanti dalla disposizione di cui all'articolo 2-bis decreto legislativo 8 novembre 1990, introdotto di recente in sede di conversione in legge del decreto Destinazione in Italia;
   in particolare, la suddetta norma dispone che «i procedimenti amministrativi facenti capo all'Agenzia delle dogane, agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, ai posti di ispezione frontaliera, alle aziende sanitarie locali, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al Corpo forestale dello Stato, all'Agecontrol Spa, ai servizi fitosanitari regionali, all'ICE — Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane e alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che si svolgono contestualmente alla presentazione della merce ai fini dell'espletamento delle formalità doganali, sono conclusi dalle amministrazioni competenti nel termine massimo di un'ora per il controllo documentale e di cinque ore per la visita delle merci. Nel caso di controllo che richieda accertamenti di natura tecnica, anche ove occorra il prelevamento di campioni, i tempi tecnici per conoscere i relativi esiti non possono superare i tre giorni. Del mancato rispetto delle disposizioni di cui al presente comma risponde il responsabile del procedimento amministrativo ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 n. 374»;
   la suddetta norma, dunque, senza tener conto della peculiarità di ciascun procedimento, impone «il termine massimo di un'ora per il controllo documentale e di cinque ore per la visita merce. Nel caso di controllo che richieda accertamenti di natura tecnica, anche laddove occorra il prelevamento di campioni, i tempi tecnici per conoscere i relativi esiti non possono superare i tre giorni. Del mancato rispetto delle disposizioni di cui al presente comma risponde il responsabile del procedimento amministrativo ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241»;
   sempre secondo il direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, i tempi di conclusione dei controlli documentali e delle visite merci erano già allineati a un'ora e a cinque ore; solo in alcuni casi, particolarmente complicati dal punto di vista tecnico, essi eccedevano i suddetti limiti temporali, dovendo essere demandati a soggetti terzi;
   la suddetta misura comporta dunque secondo l'interrogante un evidente abbassamento qualitativo dei controlli doganali, con possibili conseguenze negative soprattutto sui consumatori, che in caso di importazione di alimenti potrebbero essere esposti a rischi notevoli;
   la suddetta misura, comporterebbe, inoltre, l'inevitabile aumento del contenzioso –:
   quali misure il Ministro dell'economia e delle finanze intenda assumere, per evitare che gli effetti derivanti dall'introduzione dell'articolo 2-bis del decreto legislativo 8 novembre 1990 abbassino la qualità dei controlli doganali e producano effetti negativi sui consumatori. (4-04251)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI e VACCA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 aprile 2013 in merito all'inchiesta sui presunti concorsi truccati banditi dal comune di Montesilvano a novembre del 2007 sono stati rinviati a giudizio – dopo 6 anni di indagini – gran parte degli indagati, fra cui il consigliere regionale del PdL, Lorenzo Sospiri, l'ex sindaco di Montesilvano, Pasquale Cordoma, l'ex assessore provinciale di Pescara, Roberto Ruggieri;
   la gran parte dei reati contestati – fra cui rivelazione di segreti d'ufficio, concorso in tentata truffa aggravata e concorso in induzione al falso – si prescrive a giugno 2015;
   in data 18 marzo 2014 il tribunale collegiale di Pescara ha rinviato il processo al 6 luglio 2015, tenuto conto di una recente discussione interna al Consiglio superiore della magistratura secondo la quale i processi che hanno per oggetto «reati non particolarmente gravi» prossimi alla prescrizione e per i quali «non sia stata svolta l'istruttoria», non andrebbero celebrati, ma rinviati ad una data prossima o successiva alla maturazione della prescrizione;
   tale discussione avrebbe dato luogo alla presentazione di una bozza di risoluzione esaminata dal plenum del CSM e poi rinviata alla Commissione proponente per ulteriori approfondimenti;
   è necessario agire non semplicemente sugli effetti, ma anche sulle cause della lentezza processuale fra cui la carenza di organico e la generale organizzazione della macchina della giustizia –:
   se il Ministro conosca i fatti indicati in premessa;
   se il Ministro interrogato, alla luce dei numerosi intendimenti di riforma dichiarate nelle ultime settimane, abbia intenzione di assumere iniziative per velocizzare concretamente l’iter processuale a livello penale, agendo per esempio sull'istituto della prescrizione del reato, senza però inficiare il diritto dei cittadini di controllare l'operato degli amministratori della res publica. (5-02504)


   RIZZO e BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto disposto dall'articolo 1 della legge 24 aprile 1941, n. 392, sono obbligatorie per i comuni «le spese necessarie per i locali ad uso degli Uffici Giudiziari, e per le pigioni, riparazioni, manutenzioni, illuminazione, riscaldamento e custodia dei locali medesimi; per le provviste di acqua, il servizio telefonico, la forniture e le riparazioni dei mobili e degli impianti per i detti Uffici», e altresì le spese per la pulizia dei locali stessi;
   l'articolo 2 della stessa legge dispone che «Le spese indicate nell'articolo 1, sono a carico esclusivo dei comuni nei quali hanno sede gli Uffici Giudiziari, senza alcun concorso nelle stesse da parte degli altri comuni componenti la circoscrizione giudiziaria. Ai detti Comuni sedi di Uffici giudiziari sarà corrisposto invece dallo Stato, a decorrere dal 1° gennaio 1941, un contributo annuo alle spese medesime nella misura stabilita nella tabella allegata alla presente legge»;
   in seguito, con il decreto del Presidente della Repubblica maggio 1998, n. 187, è stato approvato il regolamento recante disciplina dei procedimenti per la concessione ai comuni del contributo per le spese di gestione degli uffici giudiziari;
   il contributo è «determinato annualmente con decreto del Ministro di grazia e giustizia, emanato di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e dell'interno, sulla base dei consuntivi delle spese effettivamente sostenute dai comuni nel corso di ciascun anno»;
   il procedimento prevede una richiesta da parte dei comuni, esaminata dalle commissioni territoriali di manutenzione (articolo 3): queste, entro il 15 maggio di ciascun anno, esprimono il loro parere e lo trasmettono al Ministero, il quale versa il contributo in due rate: la prima, in acconto, all'inizio di ciascun esercizio finanziario e pari al 70 per cento di quanto erogato nell'anno precedente, e la seconda a saldo entro il successivo 30 settembre;
   secondo il comune di Caltagirone, il Ministero deve ancora definire il contributo da erogare per le spese relative all'anno 2011, essendosi limitato a corrispondergli un acconto e siano altresì decorsi i termini per la corresponsione del saldo (30 settembre 2012), mentre è ancora in attesa di ricevere sia gli acconti per le spese relative agli anni 2012-2013, sia il saldo per l'anno 2012;
   il Ministero della giustizia, con sentenza TAR Lazio n. 01133 del 29 gennaio 2014, è stato già condannato al pagamento di quanto dovuto al comune di Lecce che lo ha citato in giudizio per motivazioni simili a quelle riportate per il comune di Caltagirone –:
   quale sia il motivo per il quale il comune di Caltagirone non abbia ancora ricevuto il quanto dovuto e quanto tempo sia ancora necessario affinché il Ministero della giustizia eroghi tali somme. (5-02505)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 giugno 2013 il Governo rispose all'interrogazione con risposta immediata in commissione n. 5-00305 avente come oggetto il caso della SEA Handling Spa, multata dalla Commissione Europea per aiuti di stato;
   dalla data di risposta ad oggi sono innumerevoli le dichiarazioni stampa e i fatti succeduti nel tempo;
   ultimo cronologicamente è l'accordo firmato il 4 novembre 2013 nel quale SEA H. dichiarava che: «[...] trovandosi nell'impossibilità di dare attuazione alla decisione del 19 dicembre 2012, attraverso il recupero monetario dei presunto aiuto di stato, è stata avviata dal Gruppo SEA un'interlocuzione con la commissione, con l'obbiettivo di individuare una modalità alternativa di adempimento della decisione idonea ad evitare, nel primo semestre del 2014, la liquidazione della società, rimanendo peraltro non pregiudicato, il mancato riconoscimento da parte di SEA H. della legittimità della decisione»;
   con tale accordo SEA H. propone:
    a) la nascita di una nuova azienda Airport Handling srl dotata di autonomia patrimoniale, funzionale ed amministrativa;
    b) il licenziamento e la liquidazione delle spettanze per tutti i dipendenti di Sea H che poi sarebbero stati assunti da Airport Handling senza continuità del rapporto di lavoro;
    c) la disdetta da parte di Sea H di tutti i contratti con i vettori che sarebbero finiti sul mercato;
    d) la vendita di tutte le attrezzature da parte di Sea H che avrebbe dovuto dividerle in lotti e venderli sul mercato, inoltre prevedeva una pesante riorganizzazione che portasse Airport Handling ad avere costi compatibili con il mercato;
   risulta all'interrogante che:
    durante la riunione di Linate di lunedì 25 marzo 2014, la presidenza ha ufficializzato le notizie date dai media negli ultimi giorni circa la posizione della Commissione europea che approva la costituzione di una nuova società di handling per evitare il pagamento della multa da loro comminata causa presunti aiuti di stato;
    la condizione da loro posta però sarebbe quella che la nuova società sia a maggioranza privata con Sea spa partecipante unicamente come socio di minoranza, questo, a detta loro, per garantire discontinuità;
    tale soluzione è in totale disaccordo con gli impegni assunti dall'azienda il 4 novembre 2013 con le organizzazioni sindacali che prevedeva il controllo al 100 per cento di Airport Handling;
    le organizzazioni sindacali firmatarie di quell'accordo hanno respinto l'ipotesi dell'uscita di Airport Handling dal perimetro Sea per evitare frantumazioni e precarizzazione del sistema di gestione del lavoro, cosa già avvenuta negli altri aeroporti italiani;
    le organizzazioni sindacali hanno quindi attivato la seconda parte della procedura dello sciopero nel gruppo Sea coinvolgendo anche il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lupi e hanno sospeso le relazioni sindacali con Sea a tutti i livelli;
    si è inoltre richiesto un incontro urgente con il sindaco di Milano Pisapia e azionista di maggioranza della Sea;
   l'obiettivo della salvaguardia dell'unicità di questo grande gruppo imprenditoriale è l'unica reale tutela in un mercato senza regole;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dichiarava in risposta alla interrogazione, citata in precedenza, quanto segue: «Ad ogni modo assicuro, nei concludere, che il Governo continuerà a seguire con la massima attenzione il prosieguo della vicenda che ha coinvolto Sea Handling consapevole delle possibili ripercussioni sui profili occupazionali e di operatività dei servizi degli aeroporti milanesi» –:
   di quali informazioni sia a conoscenza il Governo e in che modo il Ministero si stia adoperando per tutelare gli oltre 2.000 posti di lavoro a rischio con il fallimento della Società SEA Handling. (5-02503)

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa sembra che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti — divisione 4 — demanio marittimo e sistema informativo del demanio marittimo (S.I.D), nelle scorse settimane, abbia dato il via libera definitivo alla realizzazione del parco eolico «near shore» che sorgerà nella rada del Mar Grande di Taranto;
   l'autorizzazione unica prevista dall'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per una centrale eolica offshore, rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dopo l'assenso del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente a seguito della conferenza dei servizi alla quale parteciparono tutte le amministrazioni interessate, arrivò già lo scorso 27 giugno da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e pubblicata con decreto sulla Gazzetta Ufficiale del 13 luglio 2013;
   a seguito del ricorso da parte del comune di Taranto presentato ad ottobre al Tar della regione Puglia con cui si chiedeva l'annullamento, con sospensiva, del provvedimento dello scorso giugno, la procedura aveva subito un momentaneo arresto, ma a seguito della pronuncia del Tar sulla inammissibilità del ricorso, il Ministero sembra aver espresso parere definitivo alla realizzazione del parco eolico nella rada di Mar Grande;
   la realizzazione del parco avverrà nella rada esterna del porto di Taranto e sarà costituito da 10 aerogeneratori. Saranno disposti in due zone distinte: sei turbine esterne alla diga foranea e quattro esterne al molo polisettoriale (le zone prospicienti al Terminal Container e al V sporgente). Le torri, alte circa 110 metri, convoglieranno l'energia prodotta direttamente alla rete nazionale attraverso un cavo sottomarino lungo due chilometri. L'opera, chiamata tecnicamente «near shore», occuperà una porzione d'area che non ricade nel sito di interesse nazionale né interessa direttamente aree SIC (interesse comunitario) o ZPS (zone protezione speciale). Il parco nascerà in uno specchio d'acqua distante 100 metri dalla costa e 7 chilometri dalla città di Taranto. L'investimento complessivo dell'opera è stato stimato tra i 60 e gli 80 milioni di euro;
   autorizzare un progetto del genere, rischia di esporre la rada di Mar Grande in un enorme campo di pale eoliche in mezzo al mare. Per non parlare dei danni che subirebbero da un lato i delfini presenti in gran numero in quella zona di mare ed i volatili che spesso a causa delle pale eoliche perdono del tutto il senso dell'orientamento;
   tale progetto, inoltre, provocherà in fase di realizzazione e di esercizio, impatti rilevanti sugli ecosistemi circostanti, sia marini sia terrestri, che nonostante il grave inquinamento, hanno mantenuto caratteristiche ecologiche peculiari e sono ancora in grado di ospitare animali rari e protetti dalla legislazione vigente. Non a caso intorno a Taranto, esistono differenti siti considerati prioritari di salvaguardia, tanto da essere inseriti all'interno di SIC;
   siti d'importanza comunitaria (direttiva comunitaria n. 43 del 21 maggio 1992, (92/43/CEE) Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nota anche come direttiva «Habitat», recepita in Italia a partire dal 1997);
   la costruzione delle mega strutture produrrà uno sconvolgimento del fondale marino e gravi ripercussioni sul vicino SIC «Posidonieto Isola di San Pietro — Torre Canneto», caratterizzato da praterie di Posidonia oceanica di rilevante importanza biologica, ecologica ed economica. Le praterie ospitano, infatti, un elevatissimo numero di specie vegetali e animali anche di notevole interesse commerciale, che vivono, si alimentano e si riproducono tra i rigogliosi cespugli. Non meno importanti sarebbero gli impatti inflitti ai tanti animali nectonici (grandi pesci pelagici, squali, tartarughe marine, delfini) che frequentano la vasta area portuale di Taranto, molti di questi inseriti nella direttiva habitat 92/43/CEE;
   l'area circostante il sito in cui si vorrebbe far sorgere le torri eoliche comprende altri due SIC terrestri: la vicinissima «Pineta dell'Arco Ionico» e «Mar Piccolo». Entrambi i siti sono sede di una ricchissima avifauna protetta dalla direttiva uccelli 79/409/CEE. La costruzione di un parco eolico in un tratto costiero interessato da una cospicua presenza di specie stanziali e migratorie, comporterebbe stragi intollerabili di uccelli. Gli impatti scientificamente documentati sono dovuti alla collisione degli animali con l'impianto, in particolare con il rotore, ma possono essere anche indiretti e provocati dall'aumento del disturbo antropico in un'area con conseguente allontanamento e scomparsa degli individui;
   gli effetti negativi riguardano un ampio spettro di specie, dai piccoli passeriformi ai grandi veleggiatori come le cicogne, i rapaci, gli aironi, e molti altri ancora. Alla luce di quanto esposto, appare paradossale voler continuare a rovinare e ad alterare l'ambiente naturale di Taranto, ambiente che è stato fin troppo deturpato e che nonostante tutto racchiude ancora tesori naturalistici di grande valore. Il patrimonio naturale che potrebbe attirare turisti e amanti della natura, verrebbe non solo nuovamente compromesso ma si violerebbero quelle disposizioni che riguardano siti considerati prioritari dalla legge, facenti parte della Rete Natura 2000 creata dall'Unione europea con lo scopo di tutelare e conservare gli habitat e le specie identificate come prioritarie dagli Stati membri –:
   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano intenzione di porre in essere al fine impedire la realizzazione del parco eolico «near shore» che sorgerà nella rada del Mar Grande di Taranto salvaguardando, in tal modo, l'habitat naturale che sorge in tale SIC. (4-04256)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   già con atto di sindacato ispettivo n. 4-03797 l'interrogante evidenziava la previsione di cui all'articolo 27, ai commi 7-9, della legge 4 novembre 2010, n. 183, relativamente all'adozione di alcune misure che avrebbero posto rimedio alla pesante discriminazione che colpisce il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tuttora destinatario, in caso di infortunio grave, di provvidenze nettamente inferiori a quelle spettanti ai loro colleghi vigili permanenti, sebbene addetto alle medesime mansioni ed esposto agli stessi rischi;
   in particolare lo scrivente, nel porre l'attenzione sulla delega al Governo, prevista dal citato articolo 27, di emanare entro il termine di 18 mesi dalla sua entrata in vigore i decreti delegati attuativi, lamentava il fatto che il termine scaduto nel maggio 2012 senza che la delega medesima fosse esercitata, avesse di fatto vanificato le previsioni concernenti il riallineamento dei benefici economici spettanti al personale volontario dei vigili del fuoco vittima di infortuni gravi;
   il grave episodio occorso ad un vigile del fuoco volontario del distaccamento di Gravelloma Toce (VB) nella notte del 26 febbraio 2014 rende necessario ed urgente sollecitare un impegno governativo sulla problematica in oggetto –:
   se e quali iniziative normative il Governo intenda assumere per dare seguito alla omogeneizzazione dei trattamenti economici previsti tra le due componenti dei vigili del fuoco, secondo i principi originariamente previsti all'articolo 27, commi 7-9, della legge 4 novembre 2010 n. 183. (4-04255)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i gruppi di lavoratori precari delle scuole sono impegnati, ormai da tempo, nella difesa dei loro diritti, ovvero nella costruzione di un progetto di lotta comune con i colleghi di ruolo, le famiglie, gli studenti e i lavoratori di tutte le altre categorie affini, nonché nella promozione di un modello di scuola pubblica statale, laica, gratuita, democratica ed ispirata ai princìpi ed ai valori fondamentali della Costituzione repubblicana;
   la scuola statale italiana, nel frattempo, nonostante i grandi sforzi posti in essere dalle istituzioni, dai docenti e dalle famiglie degli studenti, è sempre più in difficoltà, messa, com’è, in ginocchio da continui e controversi adattamenti del proprio modello organizzativo, dovuti ad una strutturale carenza di risorse logistiche, economiche, umane;
   specie per quanto concerne l'ultima categoria delle prima indicate carenze, lo Stato, negli anni, ha provato a porre rimedio, purtroppo attraverso un confuso e non sempre adeguato e meritocratico sistema di reclutamento e formazione dei docenti (Nuovi concorsi – Pas – Tfr ordinari e altro);
   tali meccanismi, non di rado, hanno generato forti e motivati malumori tra il personale docente precario, nonché caos e ricorsi avverso gli stessi atti amministrativi attraverso i quali si snodano i diversi percorsi di assunzione, in quanto gli stessi vengono ritenuti lesivi dei diritti acquisiti dal personale docente inserito nelle cosiddette graduatorie ad esaurimento;
   nelle cosiddette graduatorie ad esaurimento, vi sono docenti che hanno ricevuto l'abilitazione addirittura 23 anni fa e vengono definiti concorsisti;
   si tratta di personale, ormai, altamente qualificato, che ha accumulato negli anni curricula e titoli, senza mai, però, essere riuscito a trovare sbocchi a tempo indeterminato;
   nel presente, si trovano in questo ingorgo burocratico circa 120 mila supplenti;
   a causa dei meccanismi sopra richiamati, la bolla di instabilità continua a gonfiarsi, senza distinzioni tra anni di anzianità o disciplina;
   alcuni dei docenti, ormai definiti «concorsisti», hanno «vinto» il posto addirittura nel lontano 1990 e hanno dovuto attendere per anni un contratto definitivo, «scontrandosi» con le immissioni dei concorsi successivi, solo due, in realtà: uno nel 1999 e uno nel 2012;
   concorsi in numero evidentemente insufficiente a dar vita ad un fisiologico meccanismo di turn-over;
   concorsi, in numero talmente risicato, da aver provocato un infoltimento di vere e proprie liste d'attesa che si sono accavallate negli anni, rendendo non di rado promiscua l'esperienza stessa di docenti di greco e matematica, diritto ed educazione fisica;
   questo, ha comportato che gli idonei di generazioni diverse, «valorizzati» dall'immissione in ruolo ad accesso pubblico, hanno finito per sovrapporsi e sopravanzarsi: quelli del ’90 scalzati da quelli del ’99, quelli del ’99 in conflitto d'interessi con quelli del 2012;
   tutto questo, a fronte di un crescente fabbisogno di cattedre, confermato anche dalle organizzazioni sindacali secondo le quali vi sarebbero tra le ventimila e te trentamila posizioni ancora scoperte;
   la situazione complessiva, lascerebbe intendere che bisognerebbe apportare in via immediata correttivi in termini di distribuzione degli insegnamenti e degli insegnanti;
   in tale quadro, è quanto meno opinabile continuare a predisporre ulteriori concorsi, nel mentre che c’è personale docente adeguato ed in attesa di lavorare;
   tutto questo, in un quadro congiunturale economico in continuo peggioramento, nel quale immaginare di garantire stabilità al personale docente sarebbe la cosa più auspicabile –:
   quali celeri ed oramai improcrastinabili iniziative il Ministro interrogato vorrà adottare al fine di promuovere ogni utile e possibile strategia di rimedio al diffuso fenomeno sopra descritto;
   se non intenda inoltre, nel caso specifico del personale docente e precario, adottare ogni possibile strategia necessaria affinché si creino le condizioni per procedere all'assunzione di tutti i soggetti presenti nelle «graduatorie ad esaurimento»;
   se non ritenga il Ministro, quanto meno di procedere al blocco dell'aggiornamento delle Gae istituite a partire dall'anno 2007, evitando che le stesse siano ampliate con nuovi inserimenti e garantendo, in tal guisa, la messa a ruolo progressiva di tutti i nominativi attualmente in esse presenti. (5-02506)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la direzione scolastica dell'Emilia Romagna, su pressione dei genitori di alcuni studenti del liceo Muratori di Modena, ha vietato una assemblea di istituto richiesta dagli studenti, per discutere di omosessualità e transessualità, in cui erano invitati Vladimir Luxuria, Alberto Bignardi, presidente dell'Arcigay locale, e un medico endocrinologo;
   un'assemblea decisa democraticamente dagli studenti e dalle rappresentanze dell'istituto non può essere revocata né sospesa senza l'esplicito consenso di tutte le parti. Avrebbe avuto più senso se si fosse cercato un dialogo chiaro con le parti in causa, pur sempre tutelando e rispettando l'autonomia decisionale dell'istituto e degli studenti, i quali hanno il pieno diritto a discutere e a scegliere i temi di discussione più consoni. Altrimenti si verifica una sopraffazione e l'affermazione di una visione parziale, antidemocratica e politica;
   atteggiamenti violenti e fenomeni di omofobia, transfobia e lesbofobia, sono all'ordine del giorno nel nostro Paese. Le cronache degli ultimi mesi ci hanno restituito spesso immagini di discriminazione nelle scuole a danno di studenti omosessuali e persino di gesti clamorosi da parte di chi non aveva le forze e il necessario supporto per contrastare atti discriminatori. Pertanto, una iniziativa di confronto proposta dagli studenti aveva l'obiettivo di contrastare tali fenomeni e andava a colmare un'assenza pedagogica strutturale dei programmi scolastici. La funzione della scuola è quella di educare ai diritti e alla comprensione laica della realtà, è una funzione critica che non può essere sospesa per paure né politiche né d'altro tipo –:
   se il Ministro non ritenga di intervenire direttamente per ripristinare il diritto degli studenti e garantire il corretto svolgimento dell'assemblea, con i medesimi invitati e alle condizioni stabilite dagli studenti e dal consiglio di istituto;
   se il Ministro non ritenga doveroso introdurre in tutte le scuole secondarie di secondo grado italiane momenti formativi, di dibattito e di confronto sui temi dell'omofobia. (4-04254)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli studenti italiani che frequentano il quinto anno di scuola superiore di secondo grado denunciano all'interrogante un grandissimo disagio causato dall'anticipo dei test di ingresso per le facoltà di medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, medicina veterinaria ed architettura, nonché il taglio del 20 per cento dei posti per singolo ateneo, così come previsto dal decreto ministeriale n. 85 emanato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 5 febbraio 2014;
   sempre secondo le suddette denunce, i test d'accesso per queste facoltà diventano da quest'anno ancora più escludenti: si svolgeranno infatti nel mese di aprile, mettendo tutti i diplomandi d'Italia in una situazione di seria difficoltà, dal momento che conciliare lo studio per i test con quello della maturità è di tutta evidenza insostenibile;
   occorre, peraltro, sottolineare che tali test, come viene ormai da anni lamentato dagli studenti, vertono su argomenti raramente trattati all'interno dei programmi scolastici delle scuole superiori e richiedono una apposita preparazione lunga e specifica;
   si tratta evidentemente di una tempistica che presenta un doppio ordine di possibili conseguenze estremamente negative: da un lato rendere ancora più iniquo uno strumento già di per sé molto discutibile come quello dei test d'ingresso; dall'altro che molti diplomandi, nell'impossibilità di sottoporsi ad una adeguata preparazione, siano costretti a fare scelte di ripiego in altri corsi di laurea –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga pertanto doveroso rinviare i test d'ingresso da aprile a settembre, al fine di permettere agli studenti di dedicare due mesi alla sola preparazione delle prove, nonché reintegrare i posti che quest'anno sono stati tagliati per le facoltà indicate dal sopra citato decreto ministeriale n. 85 del 2014. (4-04257)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   su proposta del Ministero del lavoro nel 2012 l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (U.N.A.R.), del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha avviato una meritoria campagna di informazione e di sensibilizzazione dove uno dei principali obiettivi è quello di veicolarla «sui principali media — stampa, tv, affissioni, e distribuzione di materiale informativo» continuando a promuovere la «cultura del rispetto»: «il rispetto della persona, dei diritti e delle differenze. La paura del diverso spesso diventa un automatismo che produce atteggiamenti difensivi che sfociano nella discriminazione»;
   in particolare è stata realizzata, in collaborazione con l'istituto «Beck» di Roma, una serie dal titolo «Educare nella diversità a scuola», suddivisa in tre distinte pubblicazioni, destinate agli/alle insegnanti delle scuole primarie, secondarie di primo grado e di secondo grado, sulle tematiche della discriminazione e della lotta all'omofobia, delineandone le cause e proponendo soluzioni e modalità di azione nell'ambito scolastico, seguendo l'esempio di altri paese europei che già da diversi anni hanno realizzato simili iniziative;
   la diffusione di tale materiale informativo è stata, al momento, inopinatamente sospesa in quanto si sono registrate forti e condizionanti reazioni e prese di posizioni da parte di forze e di esponenti politici, giornalistici ed ecclesiastici riconducibili agli ambienti più integralisti del cattolicesimo italiano, arrivando a definirli «libelli omofili» (dichiarazione di Camillo Langone su Il Foglio del 12 febbraio 2014) e inserendoli in una sorta di «Indice da Sant'Uffizio» stante le parole espresse dal Cardinale Bagnasco il 24 febbraio 2014 in occasione della prolusione con le quale ha aperto i lavori del «Consiglio permanente dei Vescovi» dove, tra l'altro, ha affermato «in realtà mirano a istillare nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre... È la lettura ideologica del “genere” — una vera dittatura — che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l'identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati ? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l'esplicita autorizzazione ? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga»;
   le pubblicazioni individuano tra i diversi fattori che possono aumentare il grado di omofobia, anche la religione, laddove si dice testualmente: «In realtà non è solo il genere sessuale l'unica componente che appare discriminante in termini di propensione all'omofobia. Tratti caratteriali, sociali e culturali, come l'età avanzata, la tendenza all'autoritarismo, il grado di religiosità, di ideologia conservatrice, di rigidità mentale, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo. Come appare evidente, maggiore risulta il grado di ignoranza, di conservatorismo politico e sociale, di cieca credenza nei precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità che un individuo abbia un'attitudine omofoba. È chiaro inoltre che i tratti qui citati a mero titolo esemplificativo non solo aumentano la possibilità di omofobia in un individuo, ma in generale anche le probabilità che il medesimo individuo coltivi dentro di sé altre forme di pregiudizi»;
   gli opuscoli, come detto, sono state realizzate avvalendosi della collaborazione di personalità del mondo scientifico-educativo seguendo le linee guida indicate dal Ministero competente attraverso il dipartimento delle politiche sociali e per le pari opportunità, destinandole a una utenza professionale (gli/le insegnanti) e strutturandole attraverso un linguaggio specialistico in cui emergono indicazioni metodologiche evitando qualsiasi impostazione ideologica sul tema e proponendo numerosi riferimenti bibliografici che costituiscono di per sé una rassicurante e qualificata garanzia di confronto;
   per tali motivi appare all'interrogante francamente frettolosa e inopportuna l'iniziativa della Viceministro al lavoro e alle politiche sociali con delega alle pari opportunità Maria Cecilia Guerra, che di recente pure si era distinta per le sue coraggiose prese di posizione in materia di adozioni di coppie non eterosessuali, la quale probabilmente scossa dall'onda lunga delle polemiche, ha preso le dovute distanze dall'iniziativa trasmettendo una nota circostanziata di demerito, al dottor Marco De Giorgi, direttore dell'U.N.A.R;
   non si tratta di riaprire antagonismi di natura anticlericale, inesistenti e antistorici, tantomeno di riproporre in modo ideologico la delicata questione dell'omofobia e della difesa dei diritti civili di tutte le minoranze, quanto di inserire questa sconcertante vicenda sullo sfondo più generale della questione della salvaguardia dell'autonomia istituzionale in questo Paese rispetto a qualsiasi potere forte e a qualsiasi forma di integralismo che volesse condizionarne il libero e democratico svolgimento delle sue funzioni nonché il valore fondativo della laicità dello Stato –:
   come intenda intervenire perché sia consentita l'immediata e libera diffusione delle pubblicazioni «Educare nella diversità a scuola» sia in forma cartacea che digitale. (4-04248)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Rossi n. 3-00064, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Caruso.

  L'interrogazione a risposta scritta Rossi n. 4-03221, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Caruso.