Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 27 marzo 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    le leggi 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18, 12 marzo 1999, n. 68 disciplinano una Serie di interventi a favore di mutilati ed invalidi civili, riconoscendo a tale categoria di cittadini sia provvidenze di natura economica che agevolazioni per il collocamento al lavoro;
    dalla relazione al bilancio preventivo dell'INPS, per l'anno 2014, emerge che le prestazioni corrisposte sono circa 3,6 milioni, comprese le pensioni e gli assegni sociali riconosciuti a seguito della trasformazione dei trattamenti assistenziali. Mentre gli apporti statali alla «Gestione degli invalidi civili» ammontano a 17,8 miliardi di euro a fronte dei 17,4 miliardi del 2013, con un incremento di oltre 400 milioni di euro annui; della somma totale degli apporti 13,9 miliardi di euro sono corrisposti a titolo di indennità di accompagnamento;
    sono all'ordine del giorno le notizie di cronaca inerenti indagini di polizia giudiziaria finalizzate a tutelare la spesa pubblica e perseguire i soggetti definiti «falsi invalidi», che hanno beneficiato di prestazioni assistenziali in mancanza dei prescritti requisiti sanitari o reddituali. Inoltre, dalle indagini risulta che alcuni soggetti coinvolti hanno usufruito di agevolazioni per il collocamento al lavoro;
    il fenomeno riguarda tutto il territorio nazionale, con notevoli criticità e concentrazioni in aree geografiche maggiormente interessate da situazioni di commistione tra criminalità organizzata ed attività politica;
   l'accertamento dei requisiti sanitari è attribuito dalla legge 30 marzo 1971, n. 118 a commissioni provinciali ASL che per effetto dell'articolo 20 della legge 3 agosto 2009, n. 102, sono integrate – dal 1° gennaio 2010 – da un medico dell'INPS quale componente effettivo;
    con vari interventi normativi, sono state intraprese una serie di iniziative eccezionali per ridurre e contenere i costi economici e sociali connessi al fenomeno «falsi invalidi». Infatti, l'articolo 10, comma 4, del decreto legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni in legge 122 del 2010, ha previsto l'effettuazione di 250.000 verifiche straordinarie in materia di invalidità civile in ciascuno degli anni 2011-2012. Successivamente l'articolo 1, comma 109, della legge 228 del 2012 ha ulteriormente stabilito che l'INPS – nel periodo 2013-2015 – realizzi un ulteriore piano di 150.000 verifiche straordinarie annue, aggiuntive rispetto all'attività ordinaria, per accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, nei confronti dei titolari di benefici di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilita;
    l'INPS – per consentire la partecipazione alle visite di accertamento – ha previsto il reclutamento di un contingente di circa 1000 medici ed altri professionisti, anche per l'espletamento degli adempimenti relativi alle revisioni straordinarie;
    nell'intento di razionalizzazione e unificare il procedimento relativo al riconoscimento dell'invalidità, attribuendo all'INPS le funzioni concessione l'articolo 18, comma 22, del decreto legge 6 luglio 2011. n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha stabilito che le regioni anche in deroga alla normativa vigente, possono affidare all'istituto nazionale della previdenza sociale, attraverso la stipula di specifiche convenzioni, le funzioni relative all'accertamento dei requisiti sanitari»;
    ciò nonostante nella determinazione della Corte dei conti n. 101/2013, recante il controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'INPS per l'esercizio finanziario 2012, si evidenzia che l'area dell'invalidità civile permane critica rispetto all'azione istituzionale dell'ente. Infatti «a oltre tre anni dall'attribuzione di nuove competenze in materia all'istituto, le misure previste dal legislatore e le scelte procedurali operate non hanno ancora determinato gli attesi miglioramenti. In particolare, si rivela ancora modesta e priva di concreti effetti la partecipazione dei medici INPS alle Commissioni mediche ASL e le fasi del procedimento non risultano integralmente telematizzate oltre ad essere articolate su tre gradi di verifica; i conseguenti tempi di erogazione rimangono ancora molto lunghi, notevolmente superiori ai 120 giorni previsti. Oltre alla gestione delle visite da parte delle ASL, una delle fasi maggiormente critiche risulta quella concessoria, interamente di competenza dell'istituto, sulla quale si raccomandano immediati ed incisivi interventi, sollecitati anche dal CIV;
    l'applicazione del decreto-legge n. 98 del 2011 come convertito, con modificazioni dalla legge 111 del 2011, che avrebbe dovuto consentire all'INPS – tramite apposite convenzioni stipulate con le Regioni – di divenire unico soggetto titolare del procedimento per il riconoscimento dell'invalidità civile, ha visto solo sporadiche iniziative sperimentali, soprattutto quale conseguenza della politica di risparmi imposta all'ente, oltre che della concreta disponibilità da acquisire nei riguardi di ciascuna Regione»;
    in tale contesto appare, quindi, improcrastinabile procedere ad ulteriori iniziative per contrastare il fenomeno dei «falsi invalidi» anche in considerazione della circostanza che nella realizzazione delle truffe spesso si registra il concorso di medici preposti all'accertamento, di funzionari amministrativi degli enti deputati all'accertamento dei requisiti o alla concessione della prestazione, di soggetti aventi rapporti con patronati o associazioni di categoria e di individui che esercitano attività politica,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per procedere alla totale devoluzione all'INPS delle funzioni relative all'accertamento dei requisiti sanitari nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità;
   nelle more del trasferimento delle funzioni relative all'accertamento all'INPS, ad assumere iniziative per quanto di competenza affinché siano adottati dei provvedimenti che prevedano la rotazione – almeno su base regionale e con cadenza semestrale – dei componenti delle commissioni mediche, anche ai sensi della legge il 190 del 2012;
   ad assumere un'iniziativa normativa per la disciplina della sussistenza di potenziali situazioni di incompatibilità o conflitti di interesse, per i medici componenti delle commissioni mediche e i funzionari amministrativi, prevedendo per tali soggetti specifiche inibizioni in merito all'esercizio di attività politica nell'ambito territoriale di competenza delle stesse commissioni e delle sedi di appartenenza;
   a prevedere una serie di iniziative specifiche dirette ad accertare – in via straordinaria – la effettiva sussistenza dello status di invalido civile nei confronti dei soggetti che hanno usufruito delle agevolazioni per il collocamento al lavoro, previsti dalla 12 marzo 1999, n. 68, anche nella qualità di riservatari nei concorsi pubblici;
   ad adottare specifiche ed ulteriori misure per consentire l'accertamento delle responsabilità, e l'immediato recupero di quanto indebitamente corrisposto a favore dei «falsi invalidi», nei confronti dei funzionari e dei medici anche nei casi in cui siano riscontrabili condotte gravemente colpose, anche ai sensi della legge 190 del 2012;
   ad adottare una procedura nuova e semplificata di accertamento dell'inabilità/invalidità civile e della capacità lavorativa della persona in piena coerenza con la logica della Convenzione Onu e, in particolare, secondo i criteri stabiliti dalla prima linea di intervento del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità («Revisione del sistema di accesso, riconoscimento/certificazione della condizione di disabilità e modello di intervento del sistema socio sanitario»), adottata con decreto del Presidente della Repubblica il 4 ottobre 2013 a cui dare piena attuazione, con particolare riguardo all'adozione di strumenti come la Classificazione internazionale del funzionamento, disabilità e salute (ICF) già da tempo in uso in altri Paesi europei;
   ad intraprendere iniziative atte alla realizzazione di una unità di valutazione temporanea che controlli con cadenza semestrale e riferisca puntualmente al Parlamento, lo stato di attuazione degli impegni su esposti, con particolare riguardo ai trasferimenti a rotazione dei componenti delle commissioni USL e INPS.
(1-00411) «Rostellato, Rizzetto, Baldassarre, Ciprini, Tripiedi, Cominardi, Bechis, Lorefice, Grillo, Silvia Giordano, Dall'Osso, Chimienti, Cecconi, Di Vita».


   La Camera,
   premesso che:
    la nostra Costituzione all'articolo 48 recita: «Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età» a garanzia di un diritto di voto che rappresenta il principale diritto individuale da tutelare in democrazia;
    sempre all'articolo 48, quarto comma, la Carta costituzionale precisa che il diritto di voto «non può essere limitato se non per incapacità civile, o per effetto di sentenza penale irrevocabile oppure nei casi di indegnità morale indicati dalla legge» e, pertanto, le condizioni di salute non possono limitare l'esercizio di tale diritto;
    dall'entrata in vigore della nostra Costituzione ad oggi molte leggi sono state approvate per rendere sempre più reale il diritto di voto per le persone disabili, dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 con cui si è introdotto il cosiddetto «voto assistito», che si configura come unica deroga ammessa al principio per cui il voto è espresso personalmente dall'elettore e si applica ai ciechi, agli amputati delle mani e agli affetti da paralisi o da altro impedimento di analoga gravità, i quali possono essere accompagnati in cabina da altro elettore iscritto nelle liste elettorali di un comune della Repubblica, tale facoltà è stata poi estesa agli elettori portatori di handicap impossibilitati ad esercitare autonomamente il proprio diritto (articolo 29, comma 3, della legge 104 del 1992); dalla legge 15 gennaio 1991, n. 15, che ha consentito agli elettori non deambulanti, nel caso di impossibilità di accedere alla propria sezione elettorale con la sedia a rotelle, di votare, previa presentazione di apposito certificato medico rilasciato dall'azienda sanitaria locale, in altra sezione priva di barriere architettoniche e opportunamente arredata inoltre; ed ancora con la legge 5 febbraio 1992, n. 104, all'articolo 29, comma 1, è stato disposto che i comuni organizzino specifici servizi di trasporto, nella giornata elettorale, per facilitare agli elettori disabili il raggiungimento del seggio elettorale; ed ancora la legge 22 del 27 gennaio 2006, successivamente modificata dalla legge 7 maggio 2009, n. 46, che prevede la possibilità di esercitare il diritto di voto presso il proprio domicilio per alcune categorie di persone affette da grave disabilità;
    se sulla carta, quindi, il diritto sembra essere garantito, nella realtà le difficoltà sono molteplici poiché la persona disabile, ad esempio, qualora necessiti di essere assistita durante le procedure di voto, deve, se la disabilità non sia evidente, oppure non sia nota al presidente di seggio, richiedere uno specifico certificato rilasciato da medici designati dall'azienda Usl ove si attesti che «l'infermità fisica impedisce all'elettore di esprimere il voto senza l'aiuto di altro elettore»; ed ancora, i comuni devono assicurare un servizio di trasporto pubblico in modo da garantire il raggiungimento del seggio elettorale, ma non sempre ciò è di facile soluzione; nel caso poi l'elettore disabile volesse usufruire della possibilità del voto a domicilio, la burocrazia è la seguente: «prima di tutto la richiesta della certificazione sanitaria che attesti la grave infermità (dipendenza da elettromedicali o «intrasportabilità»). La certificazione la rilascia esclusivamente l'Azienda Usl solo attraverso propri medici incaricati. La certificazione deve essere rilasciata in data non anteriore ai 45 giorni dalla data delle consultazioni elettorali. La certificazione, per i soli «intrasportabili», deve avere una prognosi non inferiore ai 60 giorni. Il secondo passaggio è di presentare la richiesta di votazione presso la propria dimora, al sindaco del comune nelle cui liste elettorali si è iscritti. Alla richiesta va allegata una dichiarazione in carta libera, attestante la volontà di esprimere il voto presso l'abitazione in cui dimorano e recante l'indicazione dell'indirizzo completo di questa; oltre alla certificazione rilasciata dal medico incaricato dell'azienda Usl. La domanda al sindaco va presentata in un periodo compreso tra il quarantesimo e il ventesimo giorno antecedente la data della votazione;
    questo iter procedurale così farraginoso il più delle volte impedisce, di fatto, l'espressione del voto del cittadino portatore di handicap, costretto a sottoporsi a procedure burocratiche contrarie alla normativa in vigore, la quale mira alla «semplificazione degli adempimenti amministrativi per le persone con disabilità», infatti, la legge n. 80 del 9 marzo 2006 che all'articolo 6 stabilisce che «I soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento o di comunicazione sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all'accertamento della permanenza della minorazione civile o dell'handicap»,

impegna il Governo:

   a predisporre atti regolamentari volti a rendere effettivo su tutto il territorio nazionale il diritto di voto delle persone disabili, attraverso una semplificazione della procedura burocratica per ottenere le certificazioni necessarie per esercitare il diritto di voto presso il proprio domicilio, per il diritto di voto assistito;
   a predisporre campagne d'informazione sui principali organi di stampa televisivi, radiofonici e di stampa volte a comunicare le procedure necessarie affinché anche le persone disabili gravi possano esercitare il proprio diritto di voto;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre anche nel nostro ordinamento la possibilità per le persone disabili gravi di votare attraverso la posta certificata o altre modalità che facilitino l'esercizio di tale diritto.
(1-00412) «Argentin, Luciano Agostini, Roberta Agostini, Albanella, Amato, Antezza, Arlotti, Basso, Berretta, Bolognesi, Borghi, Braga, Brandolin, Capodicasa, Capone, Carra, Carrozza, Casati, Castricone, Cenni, Censore, Coccia, Coscia, Covello, De Micheli, D'Incecco, Ermini, Famiglietti, Fedi, Folino, Cinzia Maria Fontana, Fragomeli, Gadda, Ginato, Giulietti, Grassi, Tino Iannuzzi, Iori, Kyenge, La Marca, Lattuca, Lodolini, Maestri, Manfredi, Marantelli, Marchetti, Marchi, Mariani, Martella, Marzano, Mattiello, Miotto, Moretto, Pastorino, Petitti, Salvatore Piccolo, Pollastrini, Rampi, Tidei, Gasbarra, Zanin, Valeria Valente».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'evoluzione del sistema finanziario mondiale dovuta all'innovazione tecnologica, alla crescente sofisticazione, alla partecipazione di operatori sempre più numerosi e diversi per modalità operative, ha prodotto situazioni del tutto nuove. Molti operatori, incluse le banche commerciali tradizionali, sono impegnati in attività speculative di breve termine sui cambi che possono risultare fortemente destabilizzanti per le economie e i Paesi presi di mira dalla speculazione finanziaria, incluso il nostro;
    secondo dati del Fondo monetario internazionale, negli ultimi 25 anni si sono susseguite 158 crisi finanziarie dovute soprattutto alle forti pressioni sui cambi. Dunque lo stesso mondo della finanza è vulnerabile ed esposto alle conseguenze di quegli stessi fattori che sembrano costituirne i punti di forza: libero movimento dei capitali, deregolamentazione, assenza di vincoli per gli operatori, costante innovazione dei prodotti finanziari;
    una percentuale molto alta delle transazioni che avvengono nei mercati trova giustificazione solamente nell'intenzione di fare profitti spostando rapidamente capitali da una valuta all'altra. Tali operazioni non costituiscono investimenti produttivi, e alimentano invece l'instabilità dei tassi di cambio;
    ciò che è più grave, è che le crisi finanziarie non sono un gioco «a somma zero» dove le perdite di una parte sono compensate dai guadagni di un'altra, poiché anche chi non partecipa al gioco viene travolto dagli effetti economici e sociali delle crisi legate alle speculazioni finanziarie, che possono essere devastanti: riduzione dei servizi legati alla pubblica istruzione, alla salute e all'ambiente conseguenti ai tagli di spesa; riduzione delle importazioni di beni anche indispensabili come generi alimentari e farmaci; distruzione dell'ambiente, perché il bisogno di capitali spinge i governi a cedere più facilmente concessioni minerarie, petrolifere e di sfruttamento di materie prime; svendita di risorse economiche nazionali a società straniere, attraverso la privatizzazione di imprese statali. In più, la fuga dei capitali che usualmente si accompagna alle crisi valutarie rende il credito più costoso, cosicché anche imprese sane sono costrette a chiudere o a ridimensionare la loro attività, con un effetto spesso drammatico sull'occupazione;
    a tali considerazioni si aggiungano gli impegni a cui il governo avrebbe dovuto ottemperare a seguito dell'approvazione, nel corso della precedente legislatura, di numerose mozioni presentate da tutte le forze politiche presenti in Parlamento, e che lo sollecitavano a collaborare con le istituzioni europee e con gli altri Governi già favorevoli all'adozione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, cosiddetta Tobin Tax, principalmente volta a rafforzare il potere di intervento delle autorità nazionali e internazionali sui mercati speculativi, a scoraggiare e quindi ridurre i flussi di capitali speculativi, a generare maggior gettito fiscale da destinare a scopi sociali;
    invero il Parlamento italiano, nel corso della precedente e dell'attuale legislatura, si è più volte occupato di tassazione delle transazioni finanziarie riconoscendone i numerosi vantaggi così sintetizzabili: a) assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario per programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con gli altri settori produttivi sempre soggetti a prelievi fiscali; b) garantirebbe la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi in Italia sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto ai cambiamenti climatici; c) frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minori rischi degli investimenti esteri;
    la suddetta disciplina della cosiddetta Tobin Tax introdotta dall'articolo 1, commi 491-500 della legge di stabilità 2013, prevede che il trasferimento della proprietà di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti nel territorio italiano, di titoli rappresentativi dei predetti strumenti, indipendentemente dalla residenza del soggetto emittente e di azioni a seguito della conversione di obbligazioni, venga assoggettato, per il solo anno 2013, ad un'imposta sulle transazioni finanziarie con l'aliquota dello pari allo 0,22 per cento sul valore della transazione, aliquota ridotta allo 0,12 per quei trasferimenti che avvengono in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione;
    tale normativa presenta però nel suo impianto gravi lacune così sintetizzabili: a) limitata base imponibile: numerose e inopportune le esenzioni presenti, in primis la mancata applicazione della tassa a quasi tutti i derivati; b) disomogeneità nelle aliquote sugli strumenti derivati soggetti a tassazione e utilizzo di imponibili massimali per elevati valori nozionali; c) applicazione ai saldi di fine giornata e non alle singole transazioni, modalità quest'ultima che invece aiuterebbe a colpire maggiormente l’high frequency trading ovvero le operazioni più speculative; d) esenzione delle operazioni intraday con un'indiretta penalizzazione di posizioni/investimenti che hanno un orizzonte più a lungo termine;
    anche sulla base del magro gettito realizzato nel 2013 e pari a circa 159 milioni di euro, che ha disatteso le più lusinghiere aspettative del proponente ministro Monti, pari a circa 1 miliardo di euro, occorrerebbe ricomprendere nel perimetro dell'imposta oltreché le azioni e gli strumenti finanziari partecipativi, anche le obbligazioni dei privati, i fondi di investimento e, soprattutto il cosiddetto trading intraday;
    a dicembre 2013, durante i lavori per la legge di stabilità 2014, era stato presentato in Commissione bilancio alla Camera l'emendamento 1.866 a prima firma dell'onorevole Bobba e sottoscritto da quasi tutte le forze politiche per apportare, in linea con l'impianto proposto dalla Commissione europea, miglioramenti significativi alla normativa italiana. Tale emendamento è stato poi accantonato e ritirato su richiesta del Governo, ma ne è scaturito l'ordine del giorno 9/1865-A/005 che impegna il Governo, nell'ambito della procedura di cooperazione rafforzata, a tener conto delle linee guida e delle proposte contenute nell'emendamento n. 1.866 e ad inserire nell'agenda del semestre di presidenza italiano del Consiglio europeo, il completamento e l'avvio dell'attuazione della direttiva comunitaria;
    sul versante internazionale, nel mese di ottobre del 2012 il Governo italiano ha aderito insieme ad altri dieci Paesi membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) al progetto di cooperazione rafforzata per l'introduzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie;
    il 22 gennaio 2013 il Consiglio economia e finanza (Ecofin) dell'Unione europea ha autorizzato l'avvio della procedura di cooperazione rafforzata tra gli 11 Stati membri dell'Unione, tra cui l'Italia, per l'introduzione della suddetta tassa;
    il 14 febbraio 2013 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva COM(2013)71 per delineare il modello di tassa da implementare e tale proposta è da alcuni mesi oggetto di negoziato tra gli 11 Stati membri aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata;
    l'introduzione di un'efficace tassa sulle transazioni finanziarie è sostenuta da un vasto movimento globale ed anche in Italia è attiva la campagna ZeroZeroCinque che riunisce 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del Terzo settore e organizzazioni non governative di sviluppo. In Europa è stata lanciata una petizione che ha già raccolto oltre 660.000 firme;
    il negoziato tra gli 11 Paesi aderenti sembra giunto ad una fase decisiva sotto l'attuale Presidenza Greca dell'UE che ha inserito il tema tra le priorità in agenda e stando alle dichiarazioni recentemente rese dalla cancelliera Merkel e dal Presidente Hollande, in occasione del vertice del Consiglio economico e finanziario franco-tedesco del 19 febbraio scorso, in cui è stata indicata la possibilità che si raggiunga un accordo a 11 entro le elezioni europee;
    l'introduzione in Italia di un'imposta europea, secondo l'impianto della proposta di direttiva COM(2013)71 della Commissione europea, permetterebbe un netto miglioramento della normativa italiana risolvendo molte delle problematiche finora riscontrate nel modello italiano;
   in particolare i miglioramenti dovrebbero riguardare: a) l'applicazione della tassa ad una più ampia base imponibile: azioni, obbligazioni, strumenti derivati, prodotti strutturati e operazioni realizzate intra-gruppo o da intermediari finanziari inclusi hedge fund e altri soggetti a maggiore vocazione speculativa; b) l'applicazione del doppio principio di residenza e di emissione del titolo come misura di contrasto all'evasione della tassa; c) l'applicazione dell'imposta alla singola operazione e non al saldo netto di fine giornata contrastando così l'intero volume di operazioni più altamente speculative,

impegna il Governo:

   a facilitare il raggiungimento di un accordo tra gli 11 Stati Membri aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata entro le prossime elezioni europee;
   a sostenere durante il suddetto negoziato la proposta di direttiva europea COM(2013)71 per il completamento e l'attuazione entro il termine dell'imminente semestre di Presidenza italiano al Consiglio d'Europa, assicurando:
    a) il miglioramento della struttura della tassa attraverso un allargamento della sua base imponibile, estendendola alle azioni, alle obbligazioni (tra cui i Titoli di Stato scambiati sul mercato secondario), a tutti gli strumenti derivati, con particolare riguardo a quelli negoziati fuori dalle piattaforme regolamentate, ai prodotti strutturati e alle operazioni realizzate intra-gruppo o da intermediari finanziari inclusi hedge fund e altri soggetti a maggiore vocazione speculativa. La tassa sulle transazioni deve inderogabilmente intercettare i derivati con sottostante i titoli di Stato, onde evitare che risulti più conveniente speculare sui derivati sui titoli di Stato rispetto agli altri derivati che sono sottoposti a tassazione;
    b) l'applicazione del doppio principio di residenza e di emissione del titolo come misura di contrasto all'evasione della tassa;
    c) la definizione di termini temporali vincolanti per l'entrata in vigore dell'imposta europea nel caso il negoziato prefigurasse l'implementazione della TTF in due o più fasi successive per diverse classi di asset finanziari;
    d) l'applicazione dell'imposta alla singola operazione e non al saldo netto di fine giornata contrastando così l'intero volume di operazioni più altamente speculative. Di particolare interesse mantenere la previsione per cui sono sottoposte al prelievo fiscale anche le transazioni modificate o cancellate (fatti salvi ovviamente i casi di errori);
   a destinare il gettito derivante dalla tassa sulle transazioni finanziarie al rilancio delle politiche per il lavoro e il welfare in Italia e in parte a politiche internazionali di aiuto allo sviluppo e lotta ai cambiamenti climatici.
(7-00321) «Paglia, Marcon, Lavagno, Boccadutri, Melilla».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    il Ministero dell'interno, con proprio parere del 26 agosto 2003, aveva previsto che in caso di sosta di un autoveicolo su stallo a pagamento oltre l'orario autorizzato dal contrassegno esposto si desse luogo alla procedura di infrazione prevista dal codice della strada;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio parere prot. n. 25783 del 22 marzo 2010, ha invece chiarito che la fattispecie di cui sopra non si configura come violazione del codice della strada, bensì come inadempimento contrattuale, e che quindi è dovuto dal cittadino in questo caso soltanto il pagamento della differenza eccedente quanto attestato dal contrassegno di sosta, integrato da eventuale penalità da stabilire con regolamenti comunali;
    il rappresentante del Governo, in risposta all'interrogazione Mognato e altri n. 5-02362, nella seduta della IX Commissione del 20 marzo 2014, ha precisato che, ai sensi dell'articolo 157, comma 6, del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992), nei luoghi ove la sosta è permessa per un tempo limitato è fatto obbligo ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l'orario in cui la sosta ha avuto inizio; in tali luoghi pertanto la mancata indicazione dell'orario di inizio costituisce un'infrazione del codice della strada, mentre non costituisce infrazione il protrarsi della sosta oltre il termine per il quale è stato effettuato il pagamento;
    per questa ultima fattispecie le azioni necessarie al recupero delle evasioni tariffarie e dei mancati pagamenti, ivi compresi il rimborso delle spese e le penali, devono essere stabilite con apposito regolamento comunale, secondo le indicazioni e le limitazioni stabilite dal codice civile, dal codice del consumo, nonché dall'articolo 17, comma 132, della legge n. 127 del 1997, e possono essere affidate al gestore del servizio;
    il rappresentante del Governo ha altresì precisato che su questa interpretazione normativa, inizialmente avanzata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha successivamente convenuto anche il Ministero dell'interno, correggendo con la nota prot. N. 74779 del 30 luglio 2007 il precedente parere del 2003; il rappresentante del Governo si è inoltre detto disponibile a intervenire con le ulteriori azioni del caso per meglio chiarire le argomentazioni esposte nella risposta all'interrogazione, fermo restando che non si ravvisa la necessità di ulteriori interventi normativi;
    nonostante i chiarimenti fomiti dal rappresentante del governo, permangono interpretazioni difformi, come segnalato anche dalla presa di posizione dell'ANCI dello scorso 24 marzo,

impegna il Governo

a intervenire urgentemente con apposita circolare interpretativa al fine di rendere nota in modo inoppugnabile la corretta interpretazione normativa in merito alla sosta di autoveicoli su stalli a pagamento oltre l'orario autorizzato e assicurare pertanto da parte dei soggetti preposti un trattamento uniforme di tale fattispecie.
(7-00320) «Mognato, Oliaro, Tullo, Vitelli, Furnari, Quaranta, Berretta, Nardi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, RONDINI, CAON, ALLASIA, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, BORGHESI, BUSIN e GUIDESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e l'articolo 11 della Carta di Nizza sanciscono solennemente che ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche, e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione;
   la libertà di espressione è sancita anche dall'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ratificata dall'Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848 «Ognuno ha diritto di esprimere e diffondere liberamente le sue opinioni con parole, scritti e immagini, e di informarsi senza impedimento da fonti accessibili a tutti. Sono garantite la libertà di stampa e d'informazione mediante la radio e il cinematografo. Non si può stabilire alcuna censura»;
   l'articolo 21 della Costituzione stabilisce che: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure»;
   l'organizzazione non governativa Freedom House nel rapporto Liberodom of the Press 2009 relega l'Italia al 73 dopo il Benin e Israele e prima del Tonga con un regime «semilibero»;
   il 21 febbraio 2014 il direttore de La Padania, organo ufficiale della Lega Nord, Aurora Lussana ha ricevuto sulla mail aziendale il «Monitoraggio antidiscriminazioni stampa Lombardia – report gennaio 2014» realizzato da «Articolo 3 – Osservatorio sulle discriminazioni Via Giuseppe Facciotto, 5 – 46100 Mantova (MN) – tel. +39 0376 1510429 www.articolo3.org – osser-vatorio@articolo3.org – presidente@articolo3.org» per conto dell'Antenna territoriale UNAR per il monitoraggio Sportello antidiscriminazioni – Rete Nazionale Antidiscriminazioni www.unar.it – www.interno.gov.it www.pariopportunita.gov.it – www.integrazionemigranti.gov.it»;
   nella mail a firma di un fantomatico «Staff monitoraggio stampa» l'Osservatorio e l'UNAR comunicano che «nell'ambito delle attività di monitoraggio, prevenzione e contrasto delle discriminazioni di tipo etnico-razziale o religioso, oppure basate su condizioni personali quali la disabilità, l'orientamento sessuale e identità di genere, l'età o le convinzioni personali, ovvero di genere, il nostro Osservatorio sta implementando un più accurato e mirato servizio di monitoraggio delle discriminazioni e dei fattori di rischio delle stesse veicolati attraverso gli organi di informazione, tra cui in primis la carta stampata. A partire dallo scorso mese di gennaio, infatti, attraverso software dedicati, abbiamo effettuato uno screening di quanto viene pubblicato (articoli, lettere, opinioni, editoriali, etc.) su tutti i quotidiani a livello regionale lombardo... Anche il quotidiano da lei diretto è stato monitorato e, in allegato, le inoltriamo una scheda che riepiloga sinteticamente gli articoli o interventi in cui secondo il nostro Osservatorio si ravvisano rilievi di tipo discriminatorio o comunque non corretti in base alla normativa comunitaria ed italiana vigenti ovvero alle regole deontologiche della professione giornalistica... Il monitoraggio proseguirà su base mensile e i dati raccolti confluiranno nei report periodici che l'Osservatorio redige e diffonde annualmente. Questo costituisce infatti attività istituzionale dell'Osservatorio in qualità di nodo territoriale della Rete nazionale antidiscriminazioni dell'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri), di cui Articolo 3 è parte dal gennaio 2011»;
   il report allegato contiene una serie di valutazioni ad avviso degli interroganti lesive dei diritti costituzionali, della libertà di stampa, di opinione e della libera critica oltre che offensive della professionalità dei giornalisti, in primis il direttore, che ne curano la redazione;
   ad esempio per quanto riguarda l'articolo del 3 gennaio 2014 a pagina 5 dal titolo «Lampedusa, nuovi arrivi. E in centro Europa è assedio di immigrati bulgari e romeni. A Capodanno sono cadute le restrizioni imposte da otto Paesi» l'assurdo quanto irricevibile commento è «Non corretto, stereotipato. Il titolo crea allarme con enfatizzazione. Nell'articolo si insiste con immagini stereotipate dei migranti irregolari, chiamati impropriamente ”clandestini” e collegati a parole come ”invasione” e ”assedio” che tendono a creare un allarme ingiustificato»;
   per quello del 9 gennaio 2014 a pagina 11 «IMMIGRATI, SALVINI ALL'ATTACCO: tassare le loro rimesse che valgono 6,8 miliardi» apostrofandolo come «Stereotipato» l'Osservatorio e l'UNAR fanno una critica politica alle posizioni della Lega Nord e del suo segretario «Nell'articolo si insiste con immagini stereotipate sui migranti a cui sono associate espressioni come “immigrazione selvaggia e clandestina”, “lavoro nero”, “flusso di denaro, di provenienza spesso dubbia” (in riferimento alle loro rimesse) che tendono a creare un allarme ingiustificato». Il 9 gennaio 2014 a pagina 13 il pezzo «Con le moschee l'Islam conquista il territorio, l'Occidente apra gli occhi» è definito «Non corretto. Il titolo crea allarme con enfatizzazione»;
   il 10 gennaio 2014 il pezzo di Angela Colmellere a pagina 14 «Caro ministro Kyenge, oggi i veri discriminati SONO I VENETI» è ritenuto «Non corretto» e addirittura al direttore viene imputata «mancata vigilanza» in quanto «Il titolo e il contenuto della lettera enfatizzano in maniera ingiustificata una contrapposizione tra soggetti appartenenti alla comunità maggioritaria e soggetti minoritari. Si evidenzia il mancato intervento del Direttore»;
   il 12 gennaio 2014 a pagina 9 «No all'immigrazione indiscriminata: Kyenge contestata a Brescia» è apostrofato come «Non corretto, stereotipato» in quanto «Il titolo tenda a creare un allarme enfatizzando il fatto di cronaca con l'espressione ”immigrazione indiscriminata”. Nell'articolo si insiste con immagini stereotipate reattive agli immigrati»;
   il 14 gennaio 2014 a pagina 9 l'articolo «Reato di clandestinità, grillini con la sinistra Lega sulle barricate: «SARA BATTAGLIA» è ritenuto «Non corretto» in quanto «Il titolo crea allarme con enfatizzazione. Nell'articolo si insiste con immagini stereotipate dei migranti irregolari, chiamati impropriamente ”clandestini” e collegati a parole come ”invasione” che tendono a creare un allarme ingiustificato»;
   il 16 gennaio 2014 di Simone Girardin a pagina 16 «La sanità lombarda spende 10 milioni di euro l'anno per le cure ai clandestini» è «Non corretto» in quanto «Nel titolo si utilizza la parola «clandestini»;
   il 18 gennaio 2014 il pezzo di Susanna Anvar a pagina 16 «Legge MANCINO da buttare ”Italiano di m...” non è reato, ma dare del ”marocchino” sì» per l'osservatorio non è corretto in quanto «Il titolo falsifica la notizia e enfatizza in maniera ingiustificata e pretestuosa una contrapposizione tra soggetti appartenenti alla comunità maggioritaria e soggetti minoritari»;
   il 21 gennaio 2014 a pagina 6 «CLANDESTINITÀ parte con successo la campagna di Rpl» non è corretto in quanto «Nel titolo e nell'occhiello sono presenti le parole ”clandestino” e ”clandestinità”, scritte a caratteri cubitali, creando un allarme ingiustificato»;
   il 21 gennaio 2014 a pagina 7 «Kyenge, una ministra incongruente e incompetente» è ritenuto «Incompleto» in quanto «L'articolo da conto di un solo punto di vista e non viene offerta parola alla minoranza o a rappresentanti di essa» innovando la norma ed introducendo la par condicio all'interno di un singolo articolo;
   il 22 gennaio 2014 Iva Garibaldi a pagina 2 scrive che «LA LOBBY DEI CLANDESTINI IL CARROCCIO CONTRO l'abolizione del reato di clandestinità» ma l'UNAR lo ritiene «Non corretto» in quanto il titolo è «enfatizzante e fuorviante»;
   l'articolo del 22 gennaio 2014 di Iva Garibaldi a pagina 3 «Bitonci: i veri SCONFITTI sono i CITTADINI ma la nostra battaglia continua» secondo il report è «stereotipato» in quando «Nell'articolo si insiste con immagini stereotipate sui migranti irregolari, chiamati impropriamente ”clandestini” ed equiparati continuamente ai delinquenti»;
   il 23 gennaio 2014 per il pezzo di Susanna Anvar a pagina 6 «IMMIGRAZIONE CLANDESTINA Quando la disinformazione REGNA SOVRANA» ritenuto «Non corretto» l'UNAR da pure consigli su come definire il fenomeno migratorio «Si utilizza nel titolo l'espressione scorretta ”immigrazione clandestina”. Sarebbe corretto parlare di migrazione irregolare»;
   il 24 gennaio 2014 di Iva Garibaldi a pagina 8 «VITTO, alloggio e ricarica telefonica: il migrante è servito» è ritenuto «Non corretto» in quanto «Il titolo è pretestuoso e enfatizzante in maniera ingiustificata e alimenta un sentimento di risentimento nei confronti dei migranti»;
   il 25 gennaio 2014 di Max Ferrari a pagina 9 «In Francia ci si difende dal razzismo anti-bianco. In Italia si subisce tutto» è ritenuto «Non corretto» in quanto «Il titolo falsifica la notizia e enfatizza in maniera ingiustificata e pretestuosa una contrapposizione tra soggetti appartenenti alla comunità maggioritaria e soggetti minoritari, invertendo i rapporti di potere»;
   infine, il 29 gennaio 2014 a pagina 4 «BOLOGNA, la GUERRIGLIA dei facchini IMMIGRATI a caccia di lavoro» è ritenuto «Non corretto» in quanto «Il titolo tende a creare un allarme enfatizzando ed aggravando il fatto di cronaca, falsando il fatto di cronaca stesso»;
   per «non corretti» l'Osservatorio intende gli articoli «deontologicamente o contenusticamente, per una o più tipologie (mancata vigilanza, informazione non completa, informazione stereotipata, hate speech, informazione genericamente non corretta, etc.)» in base a criteri standard di rilevazione come, ad esempio, l'uso del termine «spia» o di parole riconoscibili come gay, ebreo, migranti, moschea, Lgbt, rom, etc;
   è evidente il carattere intimidatorio dell'azione di un ente di emanazione governativa tipico dei regimi autoritari e con contorni da censura politica con l'intento di impedire a individui, associazioni, partiti e mezzi di informazione di divulgare informazioni ed esprimere opinioni contrarie a quelle del potere esecutivo. Tale censura si realizza attraverso il divieto di trattare taluni argomenti o attraverso il controllo preventivo dei contenuti divulgati dai mezzi di informazione;
   la censura fascista in Italia consiste nel controllo della comunicazione e, in particolare, della libertà di espressione, di pensiero, di parola, di stampa e nella repressione della libertà di associazione, di assemblea, di religione avutasi soprattutto durante il ventennio –:
   quanto costi il servizio di monitoraggio in oggetto;
   quante siano le persone impiegate per tale monitoraggio;
   quanti, in totale, i dipendenti dell'Unar e i loro relativi costi;
   se non ritenga lesive dei diritti di libertà di espressione e di stampa garantiti costituzionalmente;
   se non valuti che il comportamento dell'Unar sia andato ben oltre le funzioni ad esso assegnate dalla norma istitutiva. (3-00719)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge «Destinazione Italia» (n. 145 del 2013) — convertito con modificazioni in legge 21 febbraio 2014, n. 9 — all'articolo 4 prevede misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale e interventi particolari per l'area di crisi complessa di Trieste;
   il comma 11 dell'articolo 4 summenzionato stabilisce la nomina, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del presidente della regione Friuli Venezia-Giulia Debora Serracchiani a commissario straordinario per l'attuazione dell'accordo quadro legato alla realizzazione degli interventi a seguire del riconoscimento dell'area industriale di Trieste quale «area di crisi industriale complessa»;
   la norma non stabilisce un termine preciso per l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che, ad oggi, non risulta essere stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;
   nel corso dell'esame alla Camera del disegno di legge di conversione del decreto-legge, l'interrogante aveva sottolineato con gli emendamenti presentati ma respinti, l'inutilità del ricorso al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri visto che l'identità del commissario è già stabilita nel provvedimento;
   il 30 gennaio 2014 le istituzioni nazionali e locali competenti hanno sottoscritto a Roma, presso la sede del Ministero dello sviluppo economico, l'accordo quadro per la realizzazione degli interventi a seguito del riconoscimento dell'area industriale di Trieste quale «area di crisi industriale complessa». In quest'occasione si è manifestata la temporanea defezione dell'autorità portuale di Trieste, che ha sottoscritto il testo quarantatre giorni dopo, avendo chiesto alcuni chiarimenti in relazione a possibili conflitti di competenze sulle aree demaniali marittime;
   gli attuali ritardi per la messa in vendita della Ferriera di Servola, impianto centrale dell'area di crisi industriale complessa, sono legati principalmente alla mancata trasposizione dell'accordo di programma nel necessario decreto ministeriale del dicastero dello sviluppo economico;
   quest'atto del Ministero dello sviluppo economico è essenziale per l'operatività dell'accordo e la successiva approvazione del bando e del disciplinare di gara in cui devono essere recepite diverse disposizioni contenute nel decreto ministeriale e nell'accordo stesso;
   la crisi che ha investito il precedente Governo ha ulteriormente allungato la tempistica di approvazione del decreto, che insieme all'accordo ha subito incredibili ritardi già dal riconoscimento dell'area di crisi industriale per gli impianti triestini, avvenuta con il decreto-legge sulle emergenze ambientali (n. 43 del 2013) convertito in legge nel giugno scorso –:
   se sarà emanato in tempi stretti il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che nomina ufficialmente il governatore della regione Friuli Venezia Giulia commissario straordinario ai sensi della legge n. 9 del 2014;
   se il Ministro dello sviluppo economico intenda assumere iniziative dirette ad emanare immediatamente il decreto necessario per rendere operativo l'accordo di programma summenzionato, consentendo in questo modo l'adozione del bando di gara e del disciplinare relativo. (5-02490)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 dicembre 2012, si è verificato un evento franoso che ha interessato il comune di Montescaglioso (MT);
   la calamità ha interessato la strada a scorrimento veloce «Montescaglioso – Piani Bradano» e diversi immobili residenziali, artigianali e commerciali, che non sono sottoposti a nessun vincolo;
   il comune di Montescaglioso (MT), in data 4 dicembre 2013, ha emesso le ordinanze di sgombero per l'inagibilità di fabbricati privati e l'interdizione al transito pedonale e carrabile dell'intera area interessata dall'evento franoso e i danni stimati dal comune ammontano a circa 50 milioni di euro, tra beni pubblici e privati;
   il Consiglio dei ministri, con delibera del 24 gennaio 2014, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 febbraio 2014, ha dichiarato lo stato di emergenza per 180 giorni per gli eventi eccezionali dal 1° al 3 dicembre 2013, in alcuni comuni della provincia di Potenza e Matera, oltre al movimento franoso del 3 dicembre 2013 nel territorio di Montescaglioso, stanziando risorse pari a 14 milioni di euro;
   con ordinanza del capo della protezione civile n. 151 del 21 febbraio 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 3 marzo 2014, sono stati definiti i criteri per i primi interventi inerenti gli eventi eccezionali dal 1° al 3 dicembre 2013, in alcuni comuni della provincia di Potenza e Matera, oltre al movimento franoso del 3 dicembre 2013 nel territorio di Montescaglioso. Nella suddetta Ordinanza, non si fa riferimento alcuno, alla sospensione degli adempimenti di carattere tributario, con inclusione delle cartelle emesse dai vari agenti di riscossione –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per escludere dal patto di stabilità degli enti locali, le spese sostenute per gli interventi di protezione civile, di manutenzione e ripristino dei danni conseguenti agli eventi calamitosi e non ritenga opportuno prevedere la sospensione di ogni adempimento fiscale e contributivo da parte della comunità colpita. (4-04225)


   MOSCATT. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 («Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca»), convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n. 128 ha esteso il regime di esenzione dal pagamento del contributo unificato ai ricorsi diretti ad ottenere l'assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni diversamente abili, ai sensi dell'articolo 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 104;
   tale disposizione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'11 novembre 2013 n. 264, è entrata in vigore il 12 novembre 2013;
   nel contempo, la Camera dei deputati, nella seduta del 31 ottobre 2013, in sede di conversione del suindicato decreto-legge, ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno che impegnava il Governo a garantire la retroattività della novella legislativa;
   in data 14 novembre 2014, il Segretariato generale della giustizia amministrativa, ha invitato le segreterie dei tribunali amministrativi a sospendere le procedure di recupero del contributo unificato relativo ai ricorsi in materia di insegnanti di sostegno, depositati prima dell'entrata in vigore dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104;
   tale sospensione veniva disposta in vista di un approfondimento riguardante la possibilità di applicare retroattivamente la norma summenzionata;
   nell'ambito di tale approfondimento, il segretariato generale della giustizia amministrativa aveva posto apposito quesito al dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   tale Dipartimento, con nota del 6 febbraio 2014, ha ritenuto che «l'impegno del governo a garantire la retroattività della novella legislativa (in materia di esenzione dal pagamento del contributo unificato ai ricorsi diretti ad ottenere l'assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni diversamente abili) non si è tradotto in una previsione normativa»;
   a seguito del parere del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Segretariato generale della giustizia amministrativa in data 21 marzo 2014, invitava le Segreterie dei tribunali amministrativi a riattivare tutte le procedure di recupero del contributo unificato relativi ai ricorsi in materia di insegnanti di sostegno, depositati prima dell'entrata in vigore dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104;
   conseguentemente, a numerosissime famiglie con minori disabili sono nuovamente arrivate le richieste di pagamento del contributo unificato (650 euro), pagamenti che dovrebbero essere effettuati entro il 26 aprile 2014 per non incorrere in pesanti sanzioni (fino al 200 per cento);
   a rendere paradossale tale situazione si aggiunge il fatto che le somme richieste si riferiscono a giudizi conclusisi con sentenze passate in giudicate che hanno visto la soccombenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed il riconoscimento del diritto dei minori disabili al pagamento delle spese di giudizio e al risarcimento del danno;
   si evidenzia sul punto che, ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, l'onere relativo al pagamento del contributo unificato «è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente»;
   in altri termini lo Stato (segreterie dei tribunali amministrativi) pretende dai genitori i quali hanno fatto e vinto un ricorso per il riconoscimento di un diritto fondamentale dei loro figli disabili il pagamento entro 30 giorni di somme ingenti nonostante sia lo stesso Stato (Ministero dell'istruzione) soccombente ad essere, per la sopra citata previsione di legge, obbligato al pagamento del contributo unificato;
   dunque, i genitori dovrebbero pagare subito delle somme nonostante il reale debitore sia il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per poi richiedere a quest'ultimo il rimborso delle predette somme, rimborso che, con ogni probabilità, arriverebbe a distanza di svariati mesi (se non anni) se solo si considera che, ad oggi, i medesimi genitori sono ancora in attesa del pagamento da parte del Ministero delle somme dovute a titolo di spese di giudizio e risarcimento del danno;
   si tratta chiaramente di una situazione paradossale giacché si chiede a dei soggetti che hanno già subito una lesione dei propri diritti ed hanno dovuto ricorrere al giudice, per il riconoscimento di essi, di pagare delle somme, salvo poi poterne ottenere a distanza di mesi il rimborso; e ciò nonostante lo Stato stesso sia loro debitore da mesi per il pagamento di somme liquidate dal giudice per la lesione dei loro diritti (spese di giudizio e risarcimento del danno) –:
   quali iniziative la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda prendere per garantire la retroattività dell'articolo 17, comma 8-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 in materia di esenzione dal pagamento del contributo unificato ai ricorsi diretti ad ottenere l'assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni diversamente abili;
   quali iniziative la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda assumere per evitare che i genitori di soggetti disabili i quali hanno fatto e vinto ricorsi per il riconoscimento di un diritto fondamentale dei loro figli disabili siano costretti a pagare ingenti somme a titolo di contributo unificato (nonostante tale contributo dal novembre 2013 non è più dovuto per tale tipologia di ricorsi) per poi dovere attendere svariati mesi (e in alcuni casi anni) per il rimborso di tali somme da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. (4-04241)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS e PINNA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   «La Tua voce in Europa» è il sito predisposto dalla Commissione europea per pubblicizzare le consultazioni pubbliche che l'istituzione europea organizza con i cittadini dell'Unione europea anteriormente all'elaborazione di strategie politiche e normative riscontrabile al seguente indirizzo web http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch?form=2014EED:;
   i cittadini europei con queste consultazioni, strumento della cosiddetta «democrazia diretta», possono esprimere liberamente la propria opinione su tematiche all'esame delle direzioni generali della Commissione stessa, dalle quali potrebbero sorgere normative con un diretto impatto sulla vita quotidiana;
   la consultazione è principalmente finalizzata all'acquisizione di alcuni dati statistici che vengono raccolti nel procedimento volto all'emanazione di disposizioni normative dai quali emerge il gradimento sull'iniziativa da parte della popolazione (cittadini, associazioni, aziende e altro);
   i documenti delle consultazioni pubbliche, però, non sono disponibili in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea ma solo in lingua inglese –:
   quali iniziative intenda porre in atto il Ministro interrogato al fine di evitare che i cittadini italiani possano essere arbitrariamente discriminati nel loro diritto di partecipare al processo decisionale della Commissione europea in modo specifico nell'utilizzo dello strumento della consultazione pubblica. (5-02480)

Interrogazione a risposta scritta:


   GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro degli affari esteri, a conclusione di un prolungato confronto in sede parlamentare e con le organizzazioni sindacali «interne», nei giorni scorsi ha firmato il decreto di riorganizzazione della rete all'estero del Ministero degli affari esteri, nel quale è prevista, tra le altre decisioni, la soppressione di due istituti italiani di cultura (Salonicco e Lussemburgo) e di sei sezioni distaccate di IIC (Wolfsburg, Francoforte sul Meno, Vancouver, Ankara, Grenoble e Innsbruck), da realizzare entro il corrente anno;
   in tale piano di chiusure risulta particolarmente penalizzata la realtà tedesca, di vitale interesse ai fini del turismo culturale e della proiezione all'estero dei nostri prodotti di qualità; da tale piano è stata esclusa la sezione distaccata di Stoccarda, inizialmente inclusa nel programma di razionalizzazione, ma compaiono le due sezioni distaccate di Wolfsburg e Francoforte, nonostante che sia stata mantenuta la presenza della sezione distaccata di Stoccarda, inserita in una iniziale proposta di razionalizzazione avanzata dalle strutture competenti del Ministero degli affari esteri;
   i risparmi diretti derivanti da tali decisioni ammontano a cifre di limitata entità (circa 90.000 euro per ciascun istituto) che non tengono conto peraltro dei rientri provenienti dalla frequenza dei corsi di lingua e dalle sponsorizzazioni;
   l'istituto di Wolfsburg, in particolare, si è consolidato nel tempo come un sicuro riferimento interculturale per una città nella quale, a seguito della consistente immigrazione di lavoro successiva all'Accordo italo-tedesco del 1955, si è sviluppato un positivo processo di integrazione, valorizzato dalle autorità locali, che non hanno perduto occasione per manifestare interesse ed apprezzamento per il protagonismo culturale della comunità italiana;
   coerentemente con questo atteggiamento di apertura delle autorità locali verso la comunità italiana, con la quale esse hanno costantemente sviluppato un rapporto di dialogo e collaborazione, il comune di Wolfsburg nel recente passato ha contribuito agli oneri di funzionamento dell'istituto con un sostegno di circa 54.000 euro annui;
   a fronte della paventata soppressione dell'istituto, come risulta dalla comunicazione inviata al nostro istituto in data 17 gennaio 2014 dall'ufficio del sindaco di Wolfsburg, le stesse autorità comunali si sono dichiarate disponibili ad aumentare il già consistente contributo a circa 76.000 euro, una somma destinata a ricoprire in misura ulteriore gli oneri di gestione, compreso il trattamento economico di un dipendente a contratto;
   le decisioni relative alle chiusure non comportano ulteriori risparmi riguardanti il personale a contratto, dal momento che tale personale finora impiegato negli istituti oggetto del provvedimento sarà spostato nelle sedi considerate «riceventi»;
   mentre per alcuni istituti e sezioni distaccate, di cui si è decretata la chiusura, si prevede di istituire presso i consolati o gli istituti di riferimento la figura dell'addetto culturale per le aree che restano scoperte, nessuna ipotesi viene avanzata per Wolfsburg e il territorio servito dal locale istituto;
   in concreto, per l'area di Wolfsburg, la decisione che si è assunta comporta di fatto l'eliminazione di una positiva esperienza di promozione culturale e l'interruzione di un rapporto fecondo con la popolazione locale, sia italiana che straniera, e con le autorità municipali; nonché il rifiuto della disponibilità delle autorità locali a farsi carico di una quota maggioritaria delle spese di funzionamento –:
   se non ritenga, in considerazione della consolidata domanda culturale esistente nel contesto di Wolfsburg e del quasi completo riassorbimento degli oneri di funzionamento del locale istituto di cultura, grazie alla collaborazione offerta dalle autorità locali, di consentire la continuità delle attività finora svolte, utilizzando i locali pagati con il contributo del comune di Wolfsburg, e il personale a contratto finora operante. (4-04227)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TENTORI, TERROSI, FRAGOMELI, PASTORINO, MARIANI e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i lavori di captazione delle acque, la loro canalizzazione in condotte forzate, la costruzione delle mini e micro centrali idroelettriche – di potenza inferiore ad 1 megawatt – insistono in gran parte su territori alpini di grande naturalità e di fragilità idrogeologica;
   la potenza complessiva generata dagli impianti mini e micro idroelettrici attualmente in essere incide in percentuale inferiore al 2 per cento della produzione energetica nazionale, nonostante questi rappresentino la grande maggioranza degli impianti esistenti, non producendo quindi vantaggi significativi dal punto di vista energetico;
   in particolare sui territori dei comuni della Valsassina, Valvarrone, Val d'Esino e Riviera in provincia di Lecco si evidenzia un consistente numero di centrali idroelettriche di piccole dimensioni, in via di costruzione o richieste, la cui completa realizzazione potrebbe comportare come conseguenza che decine di chilometri di torrenti si troverebbero praticamente in secca con l'acqua che scorrerà all'interno di una tubazione, provocando alterazioni importanti nella vita del corso d'acqua e del suo bacino nei vari aspetti ambientali, naturalistici, idrogeologici, antropici e faunistici, paesaggistici, climatici, produttivi legati all'attività agro-silvo-pastorale e turistica;
   il consiglio provinciale del 17 marzo 2014 ha approvato all'unanimità una mozione congiunta sul rilascio delle concessioni di derivazioni idroelettriche per la costruzione di micro e mini centrali idroelettriche al fine di prevedere l'elaborazione di un piano di bilancio idrico provinciale e di dare indicazioni e mandato al competente ufficio provinciale circa lo studio e l'adozione di schemi rigorosi che disciplinino in modo unitario i criteri di istruzione delle pratiche, la verifica, i controlli, e tutti gli ulteriori aspetti sotto il profilo ambientale sul rilascio delle autorizzazioni per captazioni idriche ai fini di derivazioni idroelettriche;
   il previsto rilascio del solo «deflusso minimo vitale» (l'acqua residua lasciata all'interno dell'asta del torrente) ad oggi quantificato in 50 litri secondo non sembra sufficiente per i torrenti montani a risolvere il rapporto tra derivazioni idroelettriche e salvaguardia del paesaggio;
   torrenti privati del flusso naturale dell'acqua, nel tempo, possono incorrere in un'anomala sedimentazione di detriti, arbusti e melma all'interno dell'asta del torrente che vanno a creare situazioni di estremo pericolo nel caso di piene ed inoltre senza una corretta politica di regolamentazione delle portate d'acqua alcuni tratti dei fiumi potrebbero essere interessati da impatti sulle specie dell'ittiofauna, con il deterioramento degli habitat e la perdita di specie di fauna e flora tipiche degli ambienti ripariali;
   gli incentivi statali previsti sembrano generare convenienza economica esclusivamente per i soggetti privati che realizzano tali impianti che, data la produzione di energia estremamente modesta, sarebbero altrimenti poco sostenibili sia dal punto di vista tecnico che economico, generando invece per le comunità locali danni ambientali e depauperamento del paesaggio, in particolare una volta che tali impianti saranno dismessi conclusa la produzione redditizia;
   il decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 ha recepito la direttiva acque 2000/60/CE che stabilisce che ogni corpo idrico superficiale debba conseguire l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di «buono» entro il 22 dicembre 2015 e che debba essere mantenuto, dove già esistente, lo stato «elevato» attraverso una classificazione basata soprattutto sulle componenti ecosistemiche degli ambienti acquatici e privilegiando gli elementi biologici –:
   se ritenga opportuno condurre un'analisi in merito all'attuale utilità ed efficacia degli incentivi previsti per la costruzione e la gestione di micro e mini-impianti di produzione idroelettrica, valutando se mantenerli in essere, ridurli o non più rinnovarli, e considerando altresì la possibilità di introdurre incentivi economici maggiori per la costruzione e la gestione di mini e micro-centrali idroelettriche realizzate nell'ambito delle reti acquedottistiche, usando pertanto acque già canalizzate e/o intubate;
   se ritenga opportuno prevedere nuove norme di carattere generale e vincolante in merito alla realizzazione di micro e mini centrali idroelettriche, tenendo in considerazione gli aspetti di tutela paesaggistico-ambientale ed idrogeologica del territorio;
   se intenda valutare l'opportunità di promuovere una moratoria sui territori citati in premessa nel rilascio delle nuove concessioni e dei nuovi prelievi idrici finalizzati alla produzione di energia elettrica, per consentire ai competenti soggetti territoriali di costruire attraverso l'adozione di strumenti di propria competenza un equilibrio condiviso tra la necessità di utilizzo della risorsa idrica per produrre energia e la salvaguardia del territorio. (5-02494)


   BRATTI, LATTUCA, ARLOTTI, CRIVELLARI, PETITTI e PAGANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dal settembre 2009 il terminale di rigassificazione realizzato a circa 15 chilometri di distanza dalla costa a largo di Porto Viro è entrato in fase di esercizio essendo costituito da un terminale di rigassificazione marino per l'accosto e l'ormeggio di navi metaniere e lo scarico, stoccaggio e rigassificazione del GNL, ubicato (Rovigo) e da una condotta per l'invio del gas a terra, costituita da un tratto offshore (dal Terminale alla costa) ed un tratto onshore (dalla costa alla cabina di riduzione e misura gas);
   il Gas naturale liquefatto viene trasportato dal sito di produzione da apposite navi metaniere e consegnato al terminale di ricezione di Porto Viro, dove viene stoccato, rigassificato e quindi trasportato a terra tramite la condotta, per essere immesso, attraverso la cabina di riduzione e misura, nella rete di distribuzione;
   il terminale di Porto Viro, primo al mondo con tipologia GBS (Gravity Base Structure), consiste in una struttura in calcestruzzo armato appoggiata su fondale marino, ad una profondità di circa 29 metri, nel mare Adriatico settentrionale. Le dimensioni della piattaforma sono di circa 180 metri di lunghezza e 88 metri di larghezza;
   nella fase di esercizio le navi metaniere si accostano alla struttura nel lato Nord e scaricano il GNL all'interno dei serbatoi di stoccaggio, utilizzando pompe presenti sulla nave. Il processo di vaporizzazione del GNL avviene utilizzando acqua di mare (volumi di circa 29.000 metricubi/ora), prelevata ad una profondità di 15 metri rispetto al livello del mare in direzione Ovest;
   l'acqua di mare utilizzata nel processo di rigassificazione viene trattata in continuo, a monte del processo, con ipoclorito di sodio (corrispondente ad una concentrazione pari a 0,2 mg/l in termini di cloro attivo allo scarico) e tutti i reflui prodotti (acque di raffreddamento, acque provenienti dalla vaporizzazione, reflui civili) vengono scaricati ad una profondità di circa 12 metri rispetto al livello del mare, in direzione Sud, determinando una notevole variazione termica dell'ambiente marino;
   il rigassificatore, ancora oggi, si trova in una fase definita di collaudo o esercizio provvisorio, finalizzato alla messa a punto degli impianti della struttura;
   l'impianto è collocato al largo del delta del Po, in un'area di grande valenza naturalistica ed ambientale nell'ambito della quale, nel corso degli anni, si è sviluppata una importantissima attività di pesca e molluschicoltura che interessa un notevole numero di addetti ed assume un significato economico particolarmente significativo;
   l'area suddetta è caratterizzata da una elevata potenzialità produttiva che incide positivamente sulle attività di pesca in particolare sul pesce azzurro, tipologia di pescato che ha permesso negli ultimi anni ai pescatori di sopperire in parte alla riduzione di pescato;
   alcune amministrazioni locali, anche a nome delle associazioni di categoria, hanno manifestato forti preoccupazioni in ordine al possibile impatto del rigassificatore sulle aree della provincia di Rovigo e sulle aree emiliano-romagnole che, direttamente investite dalla direzione delle principali correnti marine, risentono delle acque scaricate dal rigassificatore;
   l'ISPRA è incaricata del monitoraggio ambientale dell'impatto del rigassificatore e della conduttura sottomarina, interrata, che porta il gas nell'entroterra in provincia di Rovigo e l'attività del rigassificatore viene controllata anche dall'ARPA Veneto esclusivamente in funzione della verifica del rispetto dei limiti di legge per quanto attiene il tenore di cloro attivo nelle acque emesse dall'impianto nel mare (0,2 mg/litro);
   il terminale non è ancora in fase di esercizio definitivo, previsto per il prossimo autunno; quando sarà a regime l'impianto, insieme all'acqua utilizzata per il riscaldamento del gas liquido, reimmetterà in mare anche i reflui civili conseguenti alla presenza costante di varie decine di addetti nello stabilimento;
   allo stato delle conoscenze l'impianto reimmette in mare un quantitativo variabile da 23.000 a 29.000 metricubi/ora; tale acqua è caratterizzata dalla presenza di cloro attivo e cloro derivati, e che pertanto è necessario indagare sulla sua sterilizzazione dovuta all'impiego del cloro, ma anche agli sbalzi pressori che subisce all'interno dell'impianto e alla variazione termica che subisce a seguito del trattamento;
   non sono disponibili informazioni dettagliate ed esaurienti riguardanti gli impatti derivanti dai processi di lavorazione sinteticamente descritti e che non sono stati forniti né il protocollo di monitoraggio, né i dati risultanti da tale attività;
   tale massa d'acqua viene introdotta da Ovest e viene rigettata in mare a Sud, dove sarebbe comunque trasportata dalle correnti naturali e che non sono sufficientemente indagati i problemi derivanti dalla sterilizzazione con potenziale impatto alla potenziale produttività delle acque (quindi l'eliminazione di larve e plancton), né la formazione di cloro derivati particolarmente tossici e che non risulta che sia stato sufficientemente osservata la produzione di quantità considerevoli di schiume;
   la situazione di incertezza sulle attività di monitoraggio svolte sull'ecosistema marino e sulle risorse ittiche sta determinando una situazione di criticità per i cittadini e gli addetti alle attività di piscicoltura e all'economia della pesca –:
   se siano state assunte tutte le iniziative per garantire un adeguato monitoraggio e controllo dell'inquinamento ambientale della qualità delle acque e dell'ecosistema marino per il quale possono determinarsi problemi anche per la fauna ittica e l'economia della pesca;
   se risulta che vi siano stati danneggiamenti all'ecosistema che hanno determinato l'assenza di fauna ittica nella zona tra Porto Garibaldi e Cesenatico;
   quali iniziative il Ministro intenda assumere per garantire l'adeguata diffusione dei risultati del piano di monitoraggio e la dovuta informazione ambientale alle istituzioni, agli enti locali, ai cittadini e alle imprese del settore ittico;
   se in sede di rinnovo della certificazione triennale ovvero dell'autorizzazione integrata ambientale, potrebbe essere utile l'utilizzo delle best available technology e la prosecuzione dell'attività di rigassificazione a «ciclo chiuso» (ciò al fine di evitare l'uso e lo scarico continuo di acqua di mare), impianto già in dotazione nel rigassificatore in quanto tecnologia necessaria per il funzionamento del rigassificatore sia in inverno, quando l'acqua del mare è troppo fredda, sia in tutti i casi di avaria del sistema «a circuito aperto». (5-02497)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 9 marzo 2014 il cantiere TAV all'ingresso di Brescia dello scalo merci alla piccola velocità di via Dalmazia, appena avviato, è stato sigillato per il ritrovamento di amianto, ritrovamento confermato l'11 marzo dai tecnici dell'Arpa Lombardia che hanno verificato la presenza di grandi quantità del pericoloso materiale;
   come riportato dal Corriere di Brescia, la Cepav 2, azienda incaricata dell'opera di bonifica dell'area, ha rinvenuto lastre d'amianto interrate abusivamente circa 20 anni fa, e tutto questo in un punto purtroppo non molto distante dal centro abitato;
   come è noto, l'amianto è un materiale molto pericoloso perché può causare una serie di malattie estremamente gravi all'apparato respiratorio umano dall'esito fatale e che si possono manifestare fino a quarant'anni dopo l'avvenuta esposizione al materiale;
   la pericolosità dell'amianto, che ha la capacità di rilasciare fibre potenzialmente inalabili dall'uomo, è anche legata al suo stato di conservazione ed aumenta quando può disperdere le sue fibre nell'ambiente circostante per effetto di qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica, eolica, da stress termico, dilatamento di acqua piovana, e altro;
   al momento non si sa quanto sia estesa l'area inquinata e l'indagine dovrà trovare gli eventuali responsabili anche se capire da dove arrivino quelle lastre non sarà facile; allo stesso tempo le analisi dovranno stabilire il grado di pericolosità del materiale sotto sequestro, verificando se è sfibrato o ancora intatto, per comprenderne il grado di nocività e poi bisognerà iniziare con i carotaggi anche nelle zone limitrofe per escludere la presenza di altro amianto interrato nei dintorni;
   Dario Balotta, responsabile trasporti della Lombardia per Legambiente, ha ribadito la necessità di un «piano di finanziamento per bonificare le aree inquinate e rendere più vivibile la città di Brescia»
perché non è la prima volta, infatti, che un cantiere dell'Alta velocità porta alla luce siti inquinati, ma pare che basti «puntare» una scavatrice per scoprire qualcosa che sarebbe dovuto rimanere nascosto, in un territorio come quello lombardo, dove l'elevata industrializzazione ha purtroppo causato un pesante inquinamento ambientale;
   nessuno è in grado di stabilire i tempi della bonifica anche perché bisognerà stabilire prima di chi sia la pertinenza dei lavori e delle relative spese, e sarà molto difficile trovare, a tanti anni di distanza, i responsabili dell'interramento abusivo;
   nel frattempo, come riportato e documentato anche fotograficamente dalla stampa, sembra che la zona sia stata semplicemente ricoperta con dei teli di plastica trasparente tenuti fermi da alcune pietre –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
   quali siano i motivi per cui l'area, ad oggi, sembra sia stata messa in sicurezza in maniera così precaria e approssimativa e se non si ritenga urgente adoperarsi affinché sia approntata una seria messa in sicurezza della zona;
   se risulti quali siano la tempistica e le modalità di intervento delle opere di bonifica del sito previste ad oggi;
   se risulti quali siano gli agenti inquinanti monitorati, le quantità riscontrate e quali procedure e livelli di sicurezza siano stati previsti per la popolazione e l'ambiente in relazione al livello di pericolosità del sito;
   se non considerino necessario provvedere, nell'ambito delle proprie competenze e d'intesa con gli enti locali interessati, individuare urgentemente, e rendere immediatamente disponibili, adeguate risorse economiche che consentano di effettuare dei monitoraggi a tappeto su tutta l'area dell'hinterland bresciano senza aspettare di ritrovare ancora fortunosamente materiali nocivi, purtroppo nascosti in passato evidentemente un po’ ovunque nella zona, che, lasciati dove sono, costituiscono un reale pericolo di inquinamento del terreno e delle falde acquifere;
   se non si ritenga necessario e urgente attuare una rigorosa analisi dei rischi, nonché un'indagine sullo stato della salute della popolazione locale relativamente alla presenza delle tante sostanze inquinanti già rinvenute, per tutelare l'inalienabile diritto alla salute di ciascun cittadino. (4-04226)


   CAPONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 30 ottobre 2013 l'Ufficio di Presidenza della Camera ha disposto la desecretazione dei documenti relativi all'inchiesta condotta nel corso della XII legislatura dalla Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse;
   nei documenti resi pubblici, relativi alle dichiarazioni rilasciate al presidente Massimo Scalia dal collaboratore di Giustizia Carmine Schiavone, appartenente al clan dei Casalesi, viene tratteggiato nelle oltre sessanta pagine con dovizia di particolari il traffico di rifiuti illeciti gestito dalla camorra in Campania e nell'intero Meridione in accordo con le mafie territoriali. Una descrizione agghiacciante, dove a un certo punto si legge: «Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso, non è che lì rifiutassero i soldi. L'essenziale era il business. So per esperienza che fino al 1992 la zona del Sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa e non solo dall'Italia»;
   più precisamente, incalzato dal presidente Scalia, Schiavone a proposito della Puglia dice: «C'erano discariche nelle quali si scaricavano sostanze che venivano da fuori. A mia conoscenza personale nel Salento, ma sentivo parlare anche delle province di Bari e Foggia»;
   in questi anni anche altri collaboratori di giustizia, uno tra tutti Silvano Galati, ex esponente della Sacra Corona Unita, ha parlato agli inquirenti di rifiuti sepolti nelle campagne del Sud Salento, indicando una porzione di territorio circostante il comune di Casarano. Nel 2005, dopo l'arresto, Galati nel corso dell'interrogatorio dice che il suo clan, legato direttamente ai Tornese di Monteroni, «aveva avviato un servizio di smaltimento rifiuti tossici per le imprese del Basso Salento che trattavano pellame per scarpe o per accessori di abbigliamento». Nel corso dell'interrogatorio Galati parla espressamente di rifiuti tossici, a seguito di analisi fatte svolgere da uno degli uomini del clan e addirittura di un «prodotto smaltito che poteva inquinare un intero paese se non addirittura finire nella falda acquifera». Successivamente, nel 2006, il gruppo tutela ambientale di Napoli, con lo scanner iperspettrale, sorvolando la zona indicata dal collaboratore di giustizia, scatta numerose foto aeree, rilevando, nei 18 fotogrammi, grazie alla differenza di temperatura del terreno, i siti probabilmente inquinati. Tale documentazione è nei documenti in possesso della Commissione bicamerale per il ciclo dei rifiuti dal 2008, allorché i magistrati della direzione distrettuale antimafia di Lecce relazionano in commissione sulle aree a rischio nel Salento, ed è divenuta di pubblico dominio nei giorni scorsi, pubblicata online da altre forze politiche;
   sull'argomento i mezzi di informazione pugliese — cartacea, televisiva online —, hanno svolto un preziosissimo lavoro di approfondimento, aprendo inchieste e rimappando episodi spesso apparentemente lontani tra di loro, permettendo l'emergere di un quadro decisamente allarmante anche relativamente all'incremento dell'incidenza di particolari e precise patologie tumorali, differenti a seconda delle zone, con particolare riguardo a leucemie, ai tumori al polmone, tumori al pancreas e allo stomaco, tumori alla tiroide;
   nell'ultimo rapporto Ecomafie 2013, presentato da Legambiente nelle scorse settimane, si conferma che nel ciclo illegale dei rifiuti la Puglia occupa stabilmente la terza posizione, con un significativo aumento degli illeciti pari al 24 per cento. Proprio in Puglia, dal 2002 al maggio 2013, si contano ben 42 inchieste contro attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti, pari al 19,4 per cento circa delle inchieste su tutto il territorio nazionale. Fra le inchieste più importanti, Legambiente cita l'Operazione Cenerentola avviata dai carabinieri del nucleo operativo ecologico, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, che ha permesso l'emergere di un presunto traffico illecito di rifiuti speciali, in particolare ceneri industriali, illecitamente smaltite in due siti (cave) del brindisino privi di autorizzazione per trattare rifiuti speciali pericolosi. Operazione che vede come indagati imprenditori e trasportatori a cui è stato contestato il reato di traffico e gestione illecita di rifiuti. Altra operazione menzionata la cosiddetta Black Wear, in provincia di Foggia, dove i carabinieri del Noe, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, hanno smascherato un vero e proprio traffico nazionale e internazionale di rifiuti speciali (materiale tessile) che ha prodotto l'evasione dell'ecotassa per circa un milione e mezzo di euro, ma soprattutto danni ambientali delle zone agricole demaniali dove gli «stracci» venivano bruciati o sotterrati nel terreno. Inoltre, e non è certo una novità, la Puglia rimane la base logistica, la porta d'ingresso o d'uscita, per i traffici internazionali di rifiuti e i fronti caldi sono sempre i grandi porti di Bari e di Taranto;
   nella ultima relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti in Puglia della Commissione parlamentare d'inchiesta nel corso della XVI legislatura, approvata dalla Commissione il 20 giugno 2012, si conferma ancora una volta, e grazie alle indagini svolte da numerose procure italiane, come la Puglia, e in particolare il tarantino, sia il terminale di enormi traffici, tanto da far parlare di «uno spaccato inquietante di traffici illeciti di rifiuti diretti in Puglia». Nello specifico, tra l'altro, nella relazione si fa riferimento a due precise e distinte discariche: la discarica Vergine di Lizzano e la discarica Ecolevante di Grottaglie. Due situazioni evidentemente così allarmanti da spingere il Presidente della Commissione Gaetano Pecorella a scrivere: «Meraviglia, dunque, che in loco non siano state sviluppate indagini, né che siano state segnalate le indagini sopra menzionate da parte degli organi di controllo e degli organi investigativi locali. Si tratta di un gap conoscitivo da parte delle autorità locali che non può non incidere negativamente sulla programmazione delle attività di controllo e prevenzione che dovrebbero essere orientate anche in ragione dell'individuazione di zone o settori particolarmente sensibili». Tanto più se, come si descrive nella relazione, il meccanismo di smaltimento dei rifiuti tossici contemplerebbe anche un meccanismo di attribuzione falsa di certificati atti a comprovare il trattamento degli stessi, trattamento mai avvenuto;
   nel frattempo sui mezzi di informazione territoriali si dà conto di oltre duecento siti presenti nelle tre province jonico-salentine, «potenzialmente contaminati», conosciuti da quasi vent'anni, il cui censimento, effettuato nel 1994 dall'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile, sarebbe stato trasmesso alla regione e divenuto uno dei fondamenti del Piano regionale delle bonifiche del 2001. I siti sarebbero stati complessivamente 991 nell'intera regione, e più dettagliatamente 266 nella provincia di Lecce, 170 nella provincia di Brindisi, 127 nella provincia di Taranto. Dopo dieci anni e parziali attività di ripristino ambientale rimarrebbero da risanare, ancora, 197 siti a Lecce e 6 a Brindisi;
   stesso quadro allarmante emerge nella mappa redatta dalla regione Puglia nel report consegnato dall'assessore all'ambiente Nicastro alla V Commissione regionale. Stilato sulla base degli interventi di Guardia di finanza, Carabinieri e Corpo forestale, il report individua dodici siti, dislocati sull'intero territorio salentino, punto di arrivo di un ciclo dei rifiuti parallelo a quello lecito. Nello stesso report la regione afferma come sia altissima la quantità di rifiuti tossici che ogni anno «svaniscono» in Italia, provenienti da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Sicilia, Campania, nonché Germania e Bulgaria, e che si troverebbero nelle discariche abusive pugliesi. Nello stesso incontro svoltosi in V Commissione, sempre l'assessore Nicastro avrebbe affermato: «Abbiamo registrato 2.391 sequestri, un numero rilevante di sanzioni e di imposte evase recuperate, il numero più elevato in Italia di arresti e sanzioni», sottolineando l'impegno della regione Puglia in tal senso, ma rafforzando lo sgomento e la paura e sostanzialmente dichiarandoli fondati;
   tali e tante notizie, spesso anche contrastanti tra di loro, hanno, come si può facilmente intuire, creato nelle popolazioni salentine uno stato di fortissima preoccupazione ed enorme allarme, tanto da produrre la nascita di comitati spontanei di cittadini e una vera e propria massiccia mobilitazione di cui si stanno facendo portavoce i sindaci;
   in ultimo, il 26 novembre, in conferenza stampa presso la procura di Lecce, è stata annunciata l'apertura di un'inchiesta contro ignoti sul traffico dei rifiuti che avrebbe visto nel territorio salentino una delle «stazione terminali». Tale decisione, annunciata dal procuratore capo Cataldo Motta e dal procuratore aggiunto Ennio Cillo, darà il via ad una serie di accertamenti da parte di un Gruppo interforze composto da uomini del Corpo forestale dello Stato, Carabinieri e Guardia di finanza, con lo scopo di monitorare la penisola salentina per evidenziare l'eventuale presenza di rifiuti pericolosi interrati nelle discariche nel sottosuolo, anche con l'utilizzo di mezzi aerei e speciali attrezzature in grado di «leggere» il sottosuolo;
   ad avviso degli interroganti sarebbe opportuno assumere iniziative per riunificare tutte le attività di indagine attivate o in essere nelle procure italiane e che hanno per oggetto il traffico e lo smaltimento illegale di rifiuti nocivi e tossici verso la Puglia ad opera di imprese operanti in altre regioni italiane o europee –:
   quali iniziative di competenza i Ministri abbiano già assunto o intendano intraprendere in merito a quanto esposto per accertare lo stato delle cose, fugando la paura e il dubbio delle popolazioni locali;
   se i Ministri non ritengano opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di procedere alla costituzione di un tavolo permanente di monitoraggio o verifica sulle azioni poste in essere dalla filiera istituzionale, integrato da quanto emerso negli anni nel corso del lavoro della Commissione parlamentare sui rifiuti e della Commissione parlamentare antimafia, così che tutte le informazioni possano comporre un unico quadro;
   se i Ministri non ritengano opportuno, necessario e urgente, assumere ogni iniziativa di competenza per lo stanziamento di risorse mirate alla bonifica dei territori oggetto delle indagini, e a verifiche più puntuali sullo stato di salute dei terreni coinvolti, oggetto delle mire criminali. (4-04246)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BATTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia possiede un patrimonio archeologico estremamente ricco e di grandissimo valore, tanto da essere la nazione che detiene il maggior numero di siti (49 in totale) inclusi nella «World Heritage List» dei patrimoni dell'umanità;
   la città di Tivoli è famosa nel mondo per avere due siti riconosciuti patrimonio dell'umanità e precisamente Villa Adriana e Villa d'Este che sono meta di centinaia di migliaia di turisti all'anno;
   il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, all'articolo 1, comma 3, pone a carico delle amministrazioni pubbliche l'obbligo di assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale italiano e favorirne la valorizzazione al fine della fruizione pubblica;
   vari articoli pubblicati da Il fatto quotidiano tra gennaio e febbraio 2014 descrivono la totale mancanza di tutela del sito di Villa Adriana visto che, appena scampato dal pericolo della realizzazione di una discarica in un'area posta a 700 metri dal sito archeologico, attualmente il pericolo è costituito dalla lottizzazione deliberata dal consiglio comunale di Tivoli che violerebbe in modo brutale l'area;
   il depauperamento del sito archeologico di villa Adriana causato, nella migliore delle ipotesi dall'inerzia politica e nella peggiore dalla volontà di sfruttare economicamente l'area con una cementificazione ad avviso dell'interrogante inaccettabile, mette in pericolo la conservazione dell'area tanto da rischiare la cancellazione dalla World Heritage List –:
   quali strategie intenda adottare al fine di tutelare nel modo più adeguato possibile il sito archeologico di Villa Adriana;
   in quale modo intenda, intervenire, per quanto di competenza, per scongiurare il pericolo costituito dalla lottizzazione dell'area archeologica di Villa Adriana;
   se abbia già previsto un programma generale finalizzato alla tutela ed alla valorizzazione dell'intera area. (5-02495)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIOVANNA SANNA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sono state fatte diverse segnalazioni sulle gravi condizioni in cui versa la Domus de Janas Sa Pala Larga nel comune di Bonorva, in provincia di Sassari, per il rischio di una irreversibile compromissione del monumento, dei suoi graffiti e bassorilievi;
   il monumento, una sepoltura risalente al 3000 a.C., appartenente alla cosiddetta cultura di Ozieri, è una delle necropoli più importanti della Sardegna, situata a breve distanza dall'importante sito monumentale di Sant'Andrea Prius, che rappresenta una unicità nel bacino del Mediterraneo;
   considerata la sua importanza storica e culturale, questo sito ha sempre raccolto l'interesse non solo degli addetti ai lavori ma anche di un grande numero di visitatori e turisti;
   l'amministrazione comunale di Bonorva, in stretta collaborazione con la sovrintendenza archeologica di Sassari, ha fatto quanto possibile per la tutela e valorizzazione di questo complesso archeologico, attivando interventi di messa in sicurezza contro il rischio di crolli, per evitare infiltrazioni di acqua e il ripetersi di atti vandalici da parte dei tombaroli;
   in tanti anni il comune e la sovrintendenza hanno cercato di reperire i fondi necessari per il completamento della messa insicurezza e della tutela della necropoli, finalizzata anche alla piena apertura e fruizione a fini culturali e turistici;
   visti i continui e pesanti tagli degli ultimi anni che hanno riguardato il settore dei beni culturali, ad oggi tali risorse sono venute meno con il conseguente avanzamento del deterioramento del monumento –:
   quali iniziative intenda porre in essere per evitare il degrado e l'aggravarsi delle condizioni di pericolosità in cui versa questo importante bene culturale;
   se non ritenga necessario e opportuno promuovere un incontro operativo urgente tra le istituzioni nazionali, regionali e locali al fine di predisporre un piano di salvaguardia e di valorizzazione del sito archeologico Sa Pala Larga di Bonorva, individuando uno stanziamento apposito nell'ambito dei programmi di spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e della regione Sardegna. (4-04222)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in una nota informativa, divulgata da Unfodifesa (portale di informazione per il comparto sicurezza e difesa), il Consiglio centrale di rappresentanza dei carabinieri ha informato che l'Arma sta perseguendo un progetto di razionalizzazione delle diverse linee organizzative e di riduzione delle spese;
   il progetto riguarda in particolare la soppressione di sei compagnie tra le quali quella di Lugo (RA), nonché l'accorpamento di numerose stazioni, tra le quali quella di Lavezzola;
   il Comando compagnia dei carabinieri svolge compiti importanti nel coordinamento delle attività volte a garantire la sicurezza dei cittadini e la salvaguardia e tutela del territorio della Bassa Romagna;
   la chiusura del Comando di compagnia di Lugo e di altri presidi procurerebbe una drastica riduzione delle sicurezza dei nostri cittadini e minerebbe fortemente la tutela della legalità nel territorio citato –:
   se le notizie circa la volontà dell'Arma dei carabinieri di procedere a piani di razionalizzazione in questo territorio siano veritiere e se il Ministro non intenda, nel caso, rivedere questa scelta per l'evidente necessità di mantenere il presidio dell'Arma sul territorio comunale di Lugo. (4-04238)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BASSO e TULLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sul sito web dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, area monopoli, sezione «I dati ufficiali di AAMS», sottosezione «Dati sulla raccolta giochi», gli stessi sono aggiornati ad ottobre 2012;
   l'ultima pubblicazione — riferita ai dati di settembre e ottobre 2012 — è avvenuta il 2 gennaio 2013, mentre in precedenza i dati erano caricati con cadenza irregolare ma costante, tanto che sul sito sono disponibili tutti i dati sulla raccolta giochi da gennaio 2009 a ottobre 2012;
   a partire da giugno 2011 le informazioni mensili sulla raccolta giochi venivano ripartite su tre ambiti: raccolta nazionale mensile, raccolta nazionale cumulata da inizio anno, ripartizione regionale del prospetto mensile;
   al loro interno le singole schede permettevano una agevole letture dell'andamento del mercato del gioco, rendendo possibile il confronto con l'anno precedente, distinguendo fra raccolta, vincite e spesa dei giocatori, evidenziando le variazioni percentuali e distribuendo la raccolta fra le varie tipologie di gioco (apparecchi, con una sottovoce dedicata alle macchine VLT, bingo, giochi a base ippica, giochi a base sportiva, lotterie, lotto, giochi numerici a totalizzatore (superenalotto), giochi di abilità a distanza, giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo e giochi di sorte a quota fissa);
   non si può giustificare in alcun modo la mancata pubblicazione dei dati degli ultimi sedici mesi (novembre 2012-febbraio 2014), perché contraria alle esigenze di trasparenza rivendicate dalla stessa amministrazione dei monopoli, che, in massima evidenza nella prima pagina del proprio sito web, riporta l'affermazione «regole chiare, massima trasparenza, sicurezza per tutti»;
   anche la recente legge 11 marzo 2014, n. 23 «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», cosiddetta «delega fiscale», ha improntato la riforma del comparto giochi a principi di massima trasparenza;
   che in data mercoledì 19 marzo 2014 la trasmissione «Le Iene» ha presentato un servizio di Nadia Toffa, dal titolo «Dove cercare i soldi che mancano ?», nel quale è stato affermato che i videoterminali utilizzati per il gioco non sarebbero collegati alla rete e che i Monopoli non sarebbero a conoscenza né del loro numero né del relativo incasso, altresì argomentando che questo consentirebbe ai concessionari di stabilire il valore della raccolta da dichiarare ad AAMS e quindi di determinare, come conseguenza, l'ammontare delle imposte dovute sulla raccolta stessa;
   che l'ufficio comunicazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, area monopoli ha replicato al servizio delle Iene con proprio comunicato stampa del 20 marzo 2014, in cui afferma, tra l'altro: «l'Agenzia conosce esattamente il numero delle VLT presenti in ogni singola sala e la relativa raccolta di gioco. Ciò in quanto tutte le VLT costituiscono terminali di un complesso sistema informatico verificato dal partner tecnologico Sogei e certificato dall'Agenzia in assenza del quale, peraltro, i videoterminali non sarebbero in grado di consentire il gioco. La gestione di tale sistema è attribuita per legge ai concessionari dello Stato i quali sono sottoposti a rigorosi e costanti controlli, previsti dalla normativa, sia da parte dell'Agenzia che della Sogei. L'Agenzia, anche mediante accesso diretto al sistema di gioco, conosce e verifica per ogni apparecchio, le somme introitate sulle quali si calcolano le imposte dovute»;
   il protocollo di comunicazione comma 6b di Sogei e AAMS del 1o febbraio 2012, prevede a pagina 59 la «TRASMISSIONE GIORNALIERA, MENSILE, ANNUALE INCASSI E VINCITE (CODICE MESSAGGIO 600)», così descrivendola: «Il messaggio viene utilizzato dal sistema del concessionario VLT per trasmettere al sistema di controllo VLT (gestito da AAMS) i dati di contabilità relativi ad uno dei seguenti componenti del sistema del concessionario VLT: sistema di gioco VLT, sala, apparecchio videoterminale anche suddivisi per ciascun gioco presente nel componente e relativi ad un giorno, mese, anno»;
   pur essendo evidente come AAMS abbia accesso alla contabilità analitica degli apparecchi VLT, non è chiaro quali ostacoli, tecnici o giuridici, impediscano la trasmissione dei dati dei componenti del sistema del concessionario VLT direttamente al sistema di controllo di AAMS, permettendo così una verifica in tempo reale di ogni giocata avvenuta sulla rete, da parte di AAMS, senza la mediazione del sistema del concessionario VLT –:
   se il Ministro interrogato:
    a) ritenga opportuno assumere iniziative dirette ad obbligare l'AAMS alla pubblicazione dei dati sulla raccolta giochi dal novembre 2012 ad oggi, con le stesse modalità analitiche precedentemente in uso, prevedendo altresì un obbligo di pubblicazione, per il futuro, con cadenza mensile;
    b) ritenga l'attuale sistema di controllo differito della contabilità degli apparecchi VLT adeguato alle esigenze di immediatezza e trasparenza sempre più rilevanti nel settore dei giochi pubblici. (5-02481)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMODDIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 6 giugno 2002, n. 159, emanato in attuazione dell'articolo 9, comma 11, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, disciplina la determinazione delle tariffe d'estimo e la delimitazione delle zone censuarie;
   la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia n. 87 del 2009, ha accolto il ricorso proposto dal comune di Francofonte avverso le tariffe d'estimo vigenti a Francofonte e determinate dal decreto ministeriale 6 giugno 2002, n. 159;
   l'Agenzia del territorio di Roma con nota datata 26 ottobre 2010 prot. n. 55733 comunicava al comune di Francofonte che venivano ripristinate le tariffe precedenti determinate con decreto del 27 settembre 1991 e che per esitare la richiesta del comune di Francofonte di rideterminazione delle tariffe, ai sensi dell'articolo 37, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, necessitava un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della commissione censuaria centrale;
   nella citata nota l'Agenzia del territorio di Roma rilevava che il procedimento previsto dal menzionato articolo 37 avrebbe consentito di utilizzare i dati tecnico-estimativi già elaborati dal gruppo di lavoro congiunto attivato fra il comune di Francofonte e l'ufficio provinciale di Siracusa dell'Agenzia e che per adottare il decreto era necessario il parere obbligatorio della commissione censuaria centrale all'epoca non ancora «operante»;
   ad oggi per quanto è a conoscenza dell'interrogante il procedimento di nomina dei componenti della commissione censuaria centrale non è ancora completato;
   dalla sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa sono decorsi quattro anni ed i cittadini di Francofonte risultano ingiustamente beffati dall'applicazione di tariffe d'estimo del decreto del 27 settembre 1991 che sono addirittura più esose di quelle del 2002 e pertanto da oltre 10 anni subiscono l'applicazione di tariffe di estimi sperequati e doppie rispetto a quelli dei comuni vicini;
   per ultimo con nota del 18 febbraio 2013, il sindaco del comune di Francofonte, oltre a ripercorrere l’iter della questione sopra esposta e spiegare le ragioni della sperequazione degli estimi applicati, chiede quale iniziative intenda intraprendere per concludere il procedimento di rideterminazione delle tariffe –:
   se risulti al Ministro quanto sopra esposto;
   se i componenti della commissione censuaria centrale siano stati nominati;
   se intenda assumere le iniziative di competenza per verificare le ragioni della mancata nomina dei componenti della commissione censuaria;
   quali iniziative intenda adottare per la definizione del procedimento per la modifica e la conseguente perequazione delle tariffe d'estimo del comune di Francofonte. (4-04230)


   PAGANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Ravenna, in via Bassa n. 50, frazione di Mezzano, è situato un immobile di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, che risulta essere stato dato in concessione, nell'anno 1999 per 28 anni, all'Associazione delle Carismatiche Francescane, di cui è rappresentante legale la signora Angela Musolesi;
   nel contratto è previsto che tale associazione utilizzi l'immobile per un progetto di accoglienza e assistenza alle persone in difficoltà;
   da qualche anno una parte dell'immobile risulta affittata ad altri e una parte totalmente abbandonata;
   a quanto risulta all'interrogante la stessa signora Angela Musolesi non vi risiede più, venendo meno all'impegno di utilizzarlo per un progetto di accoglienza –:
   se il Ministro sia a conoscenza del fatto che l'associazione con la quale è stata stipulata la convenzione non rispetta l'impegno di utilizzare l'edificio per le finalità previste;
   quali interventi di competenza si intendano adottare, con la massima urgenza, per far rispettare la suddetta convenzione o per poterla revocare. (4-04236)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSINAROLO, COLLETTI, BRESCIA, CECCONI, SPADONI, ROSTELLATO, D'UVA, COZZOLINO, DA VILLA e TOFALO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è stato bandito il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1 indetto con P.D.G. 21 novembre 2003 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16 aprile 2004, la cui graduatoria ufficiale definitiva è stata pubblicata il 15 dicembre 2008 sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 23;
   la procedura di assunzione è stata avviata il 30 giugno 2009 e solo a marzo 2012 si è proceduto all'assunzione dei restanti vincitori del bando suddetto, oltre che di altri 32 ex educatori C2 (questi ultimi vincitori del concorso pubblico per esami a 50 posti nell'area C, posizione economica C2, profilo professionale di educatore, indetto con PDG 23 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale – «concorsi ed esami» n. 30 del 16 aprile 2004), le cui nomine erano in sospeso da due anni;
   al momento risulta che lo scorrimento della graduatoria del concorso C1 è giunto al 474o posto: restano altri 413 idonei;
   considerato il fatto che il Ministero competente valuterà i provvedimenti da adottare per risolvere la questione del sovraffollamento carcerario, data l'entità della popolazione carceraria, inclusa l'adozione di misure alternative al carcere;
   considerati l'ingente numero di suicidi, gli atti autolesionistici e le denunce provenienti da operatori penitenziari;
   il rapporto detenuti/educatori risulta sempre più alto, come emerso dallo studio condotto da Carcere Possibile Onlus, secondo cui, ad oggi il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1000 –:
   se il Ministro non ritenga opportuno che vengano assunti ulteriori educatori presso le strutture carcerarie per ampliare l'esigua pianta organica prevista per questo profilo professionale, attingendo tali educatori dagli idonei della vigente graduatoria sopra menzionata, eventualmente impiegandoli anche in funzioni similari presso altri dipartimenti del Ministero della giustizia, come il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria (DOG) con qualifica di cancellieri all'esecuzione penale, data la continua interazione con gli educatori penitenziari che operano presso i carceri. (4-04221)


   CAPONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da notizie pubblicate su organi di stampa del nostro territorio apprendiamo che lunedì 23 marzo 2014, dinanzi alle porte del carcere di Borgo San Nicola – Lecce, gli agenti di polizia penitenziaria hanno, «ancora una volta, nel corso di un incontro tenuto appunto all'ingresso della Casa circondariale, denunciato le condizioni di difficoltà e invivibilità in cui sono costretti gli organici: “organici insufficienti, mezzi di trasporto obsoleti e straordinari non ancora remunerati dal 2008”»;
   nello specifico, è stata sollevata la situazione di particolare disagio della Casa circondariale di Lecce. Ancora sulla stampa, si legge: «11 penitenziario vive da sempre una situazione di sovraffollamento. C’è una carenza di 150 unità di personale. Inoltre il parco automezzi è al limite della decenza sotto il profilo strutturale. Per questo si chiede un intervento della politica. Siamo agenti che operano per conto dello Stato e chiediamo che il nostro lavoro venga rispettato attraverso iniziative che migliorino la nostra operatività e le condizioni di lavoro. Questo anche per garantire più sicurezza anche alle persone che trasportiamo». Da quanto si evince, infatti, il Corpo di Polizia penitenziaria utilizzerebbe mezzi non idonei alla circolazione stradale. Problema già evidenziato peraltro anche livello nazionale: «A livello nazionale abbiamo anche rilevato il problema dei servizi di scorta e traduzione dei detenuti che spesso ci costringono a dover trascorrere la notte nelle caserme o in strutture dell'amministrazione statale, dopo molte ore di servizio. Spesso si tratta di strutture inadeguate, anche sotto l'aspetto igienico. C’è una tabella dell'accordo quadro nazionale per la polizia penitenziaria che fornisce una serie di indicazioni su come devono essere attrezzate le camere per il pernottamento per garantire almeno l'essenziale agli agenti. Ma nel 90 per cento dei casi si tratta di strutture che neanche vengono pulite. E a volte ci sono degli scontri verbali tra chi arriva e chi riceve»;
   questo stato di cose, sempre secondo quanto si apprende dalla stampa, si sarebbe ulteriormente aggravato con la spending review, in seguito alla quale non verrebbero più rilasciate «delle certificazioni nel caso in cui gli agenti volessero servirsi di una struttura ricettiva», in alternativa alle condizioni invivibili sopra rappresentate;
   quanto esposto nel corso dell'incontro del 23 marzo 2014 si aggiunge a numerose prese di posizione e dichiarazioni, apparse anche su organi di stampa, da cui emerge lo stato di sofferenza in cui versano gli organici della polizia penitenziaria, anche in relazione alle complicate e inumane condizioni della popolazione carceraria, condizioni peraltro ben note a questo Ministero e al Parlamento, e diverse volte oggetto anche di espliciti interventi del Capo dello Stato, Presidente Napolitano;
   in particolare, nel dicembre del 2013, il segretario confederale della Cgil, e il segretario della Fp Cgil, in una nota congiunta, scrivevano quanto segue: «Negli ultimi dieci anni circa 80 poliziotti penitenziari sono morti per suicidio, 8 solo quest'anno: uno a Lecce lo scorso 30 aprile, uno in Campania a giugno, due a Roma nei mesi di giugno e luglio, uno ad Agrigento ancora nel mese di luglio, uno a novembre a Spoleto e, purtroppo, i due di stamani a Torino. Questo è il tragico elenco dei poliziotti, dei lavoratori, dei cittadini che si sono tolte o a cui hanno tolto la vita operando in carcere in questo breve arco temporale ma molti altri sono caduti negli anni passati per mano omicida, uccisi per non essersi mai piegati al compromesso, alle intimidazioni e/o alle minacce avanzate verso se stessi o nei confronti dei propri famigliari, fieri del lavoro reso al servizio dello Stato e di contribuire a garantire la sicurezza della collettività e la reintegrazione delle persone temporaneamente private della libertà nella società civile una volta scontata la propria pena»;
   stato di cose più volte evidenziato, sempre secondo la nota precedentemente menzionata, tale da sfociare, oltre che nella denuncia, anche nella produzione di un documento consegnato il 25 novembre scorso al Presidente della Commissione incaricata dall'allora Ministro Cancellieri di individuare le misure necessarie a contrastare il fenomeno del sovraffollamento delle carceri;
   secondo gli organismi di rappresentanza della polizia penitenziaria, la carenza di personale «sarebbe quantificabile in circa 7000 unità in meno rispetto all'organico fissato con decreto ministeriale dal Ministro della Giustizia», cui si aggiunge, sempre secondo gli stessi, «la forte contrazione degli stipendi e dei diritti contrattuali, l'aumento significativo dell'orario di lavoro e dei compiti e mansioni affidati giornalmente ai poliziotti, il disagio lavorativo vissuto in ambienti vecchi e malsani, le pessime condizioni di lavoro imposte dall'amministrazione sia a causa del grande sovraffollamento delle strutture, che per la sostanziale incapacità della dirigenza penitenziaria di misurarsi con le rappresentanze sindacali sul piano dell'organizzazione e/o riorganizzazione del lavoro sollecitata dall'aumentato impegno richiesto agli istituti penitenziari unita a l'essere, più in generale, considerati dall'amministrazione penitenziaria come l'ultimo anello della catena, e non già parte attiva e partecipativa del processo che dovrebbe realizzare le condizioni per garantire la mission affidata dalla nostra Costituzione al sistema penitenziario del Paese»;
   da ultimo, proprio nei giorni scorsi, una ennesima agenzia di stampa evidenziava lo stato della polizia penitenziaria in Calabria, peraltro riferendolo non a caso a quello della popolazione carceraria e all'elenco allarmante dei detenuti suicidi. In quel caso a evidenziare lo stato delle cose è stata una nota a firma del Segretario generale aggiunto e del Segretario regionale del Sappe. Che scrivono: «da sottolineare le 27 vite salvate in carcere dalla polizia penitenziaria, nonostante le forti carenze di personale. Ci sono istituti come Palmi dove il personale di polizia penitenziaria deve fruire di circa 10.000 giornate di ferie, dal 2007 ad oggi». Situazione oggetto anche di un incontro, secondo quanto affermato dagli stessi scriventi, con il Vice capo vicario del Dipartimento amministrazione penitenziaria;
   non sfugge, all'interrogante, come la situazione di disagio della Polizia Penitenziaria sia, in modo evidentissimo, strettamente connessa al sovraffollamento carcerario. Sia pure non oggetto della presente, si ritiene pertanto opportuno evidenziare che, ad esempio, in conseguenza della decisione della Consulta sulla Legge Fini-Giovanardi, «secondo quanto affermato nei giorni scorsi dal Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, sono 8.589 i detenuti ristretti in via definitiva per il reato riformulato dalla Corte e 4.345 quelli in attesa di giudizio». La situazione paradossale è evidente, dal momento che quegli 8.589 continuano a scontare una pena giudicata incostituzionale. Mentre, seppure non direttamente destinataria del Provvedimento, è evidente che quanto contenuto nel «Decreto Carceri» approvato nel febbraio scorso in prima lettura alla Camera potrà, una volta entrato in vigore e a regime, produrre effetti positivi anche in relazione alle situazioni denunciate dalla polizia penitenziaria, considerato l'obiettivo di agire sulla tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e sulla riduzione controllata della popolazione carceraria;
   nell'ambito della cosiddetta Legge Alfano era stato impegnato il Governo ad una azione di adeguamento e valorizzazione di queste professionalità che corresse in parallelo allo sviluppo del Piano carceri. Impegno disatteso. Mentre nella relazione della II Commissione permanente (relatore Ferranti) sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013 si legge «Ulteriori difficoltà derivano dall'incidenza dei provvedimenti previsti dalle leggi finanziarie in materia di turn-over del personale di Polizia penitenziaria, poiché solo il 20 per cento delle vacanze che si creano vengono colmate con nuove assunzioni; analoga complessità è determinata dalla mancanza di un contratto della dirigenza penitenziaria e dalla possibile applicazione di ulteriori tagli a seguito della spending review» e ancora «Vi è poi la questione del personale appartenente al Corpo di polizia penitenziaria. Il Ministro rileva che. A fronte di un organico tabellare fissato a 45.121 unità, risultano attualmente presenti 39.021 unità. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 settembre 2013 sono state autorizzate – limitatamente alle previste riduzioni dovute al turn over – le assunzioni di 334 vice ispettori e di 221 agenti di polizia penitenziaria»;
   recentemente, il 19 marzo 2014, a margine di un convegno, il Ministro Orlando a proposito dell'emergenza carceri ha ribadito come il punto «non sia l'elaborazione di un mega-piano, piuttosto l'attuazione di interventi puntuali»;
   quali iniziative il Ministro intenda intraprendere dinanzi a un quadro così articolato per venire incontro alle esigenze dei corpi di polizia penitenziaria e, nello specifico, rafforzare il Corpo di polizia penitenziaria di Borgo San Nicola a Lecce;
   quali iniziative il Ministero voglia intraprendere dinanzi alla richiesta espressa dagli organismi di rappresentanza dell'istituzione di un dipartimento di polizia penitenziaria o, in subordine, del passaggio al Ministero dell'interno;
   quali iniziative il Ministro abbia già intrapreso o voglia intraprendere rispetto all'attuazione di quanto deciso dalla Consulta in merito alla cosiddetta Fini-Giovanardi, anche in previsione del fatto che andrebbe ad incidere in maniera non marginale sul numero della popolazione carceraria e del sovraffollamento delle carceri. (4-04228)


   ANTEZZA, AMODDIO, ARLOTTI e IACONO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 aprile 1013, il signor Mario Murgia, in qualità di legale rappresentante l'AIEA – VBA (Associazione italiana esposti amianto – sezione Val Basento, Matera) e vice presidente della AIEA nazionale (con sede in Milano), depositava presso  la procura della Repubblica del tribunale di Matera un esposto-denuncia relativo alle «decine di morti che solo nell'ultimo decennio si sono verificate tra i dipendenti dello stabilimento ANIC/EniChem spa, sito presso l'area industriale di Pisticci Scalo (Matera), per varie letali patologie, in larghissima maggioranza di natura tumorale, addebitabili, con altissimo grado di probabilità logica e credibilità razionale, a sostanze cancerogene cui questi lavoratori sono stati esposti per lunghi periodi di tempo sul posto di lavoro; a partire dall'amianto»;
   a supporto delle asserzioni circa la massiccia quantità di fibre e polveri di amianto, che i lavoratori dello stabilimento di Pisticci Scalo erano costretti ad inalare, si possono consultare i numerosi piani di bonifica approvati e autorizzati dalle ASL regionali e acquisiti dalla sede locale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a seguito delle ispezioni effettuate per il rilascio della certificazione dell'attività lavorativa presso lo stabilimento in questione;
   a dimostrazione della pericolosità dell'amianto e a riprova degli effetti devastanti che esso ha causato e continua a causare sulla salute degli ex lavoratori dello stabilimento Enichem di Pisticci Scalo, si fa presente che è da tempo attiva presso l'ospedale Madonna delle Grazie di Matera, la «Sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex esposti ad amianto»;
   si tratta di una struttura sanitaria che registra e monitora lo stato di salute dei lavoratori a suo tempo esposti all'amianto nell'ex ANI/EniChem di Pisticci e nelle altre società dell'indotto e che garantisce, tra l'altro, la denuncia di malattie professionali;
   ad oggi sono numerosissime le persone sottoposte a visita periodica, e altrettanto numerose sono le patologie riscontrate tra gli ex dipendenti dell'opificio di ANI/EniChem di Pisticci Scalo;
   grazie alla sorveglianza sanitaria istituita presso l'Unità operativa di medicina del lavoro dell'Ospedale di Matera e alle anamnesi precoci, numerosi ex dipendenti dello stabilimento hanno avuto la possibilità di prevenire un esito infausto perché sono stati sottoposti ad interventi non invasivi e circoscritti. Gli interventi rapidi sulle patologie degenerative hanno evitato l'eventuale crescita della massa tumorale e la successiva diffusione delle stesse cellule tumorali;
   ai lavoratori ex esposti alle fibre di amianto, ai quali è stata diagnosticata una patologia tumorale asbesto correlata, viene attualmente assicurato, un monitoraggio continuo con la dovuta assistenza sanitaria. Tale impegno ha permesso di costituire un prezioso database che testimonia l'esistenza del rischio amianto presso lo stabilimento di Pisticci;
   il dato più allarmante è rappresentato dal consistente numero di ex dipendenti deceduti per patologie maligne asbesto-corrrelate che purtroppo continuano a manifestarsi con sempre crescente insorgenza;
   oltre alle patologie quali mesotelioma, carcinoma polmonari, asbestosi, placche pleuriche, certamente causate dall'amianto, non si può sottacere la presenza di altre sostanze tossiche e nocive che hanno contribuito al manifestarsi di patologie oncologiche dell'apparato urogenitale, dell'apparato gastrointestinale, delle leucemie, del morbo di Parkinson, con percentuali di incidenza superiore ai dati riportati dallo «Studio Sentieri»;
   i dati sono disponibili per la consultazione presso la Sorveglianza sanitaria regione Basilicata, Ospedale Madonna delle Grazie di Matera, unità operativa medicina del lavoro e prevenzione;
   appare all'interrogante necessario fornire ogni strumento giuridico, anche sul piano giudiziario, che possa garantire, in tempi brevi, i diritti delle persone esposte all'amianto –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative di carattere normativo volte ad assicurare che i procedimenti giudiziari concernenti l'esposizione alle fibre «killer» di amianto e alle altre sostanze tossiche e nocive, che vedono coinvolte persone con limitate aspettative di vita, si concludano entro tempi certi e ravvicinati. (4-04243)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO e LOREFICE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 284 Occidentale Etnea (SS 284) è una strada statale italiana della Sicilia che attraversa le falde occidentali dell'Etna, collegando Randazzo a Paterno, è di particolare importanza viaria, poiché serve un bacino di utenza di circa 200.000 abitanti, che si spostano sia con i propri mezzi, sia con i mezzi pubblici come pendolari, per motivi di lavoro e di studi, con particolare frequenza; 
   attualmente, in particolare, il tratto della strada statale 284 tra Adrano e Paterno (Catania) si trova in condizioni di estremo degrado, percorsa per diversi chilometri da fratture del manto stradale, interrotte solo da buche di diversa dimensione, di particolare rilevanza, senza considerare la presenza ai lati delle strada di vere e proprie discariche abusive che potrebbero configurare anche illeciti ai sensi del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 che vieta l'abbandono di rifiuti e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo, di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee;
   sta di fatto che a causa di tali condizioni degradate, si verificano un numero sempre maggiore di incidenti anche mortali, e, nonostante tutto gli interventi manutentivi sono pressoché assenti, ovvero si limitano alla riparazione delle sole buche più gravi e neanche con la dovuta celerità del caso;
   i cittadini siciliani, per poter usufruire delle tratte autostradali, sono tenuti al pagamento di un pedaggio tra i più cari in Italia ma purtroppo chi di competenza, i consorzi concessionari ANAS operanti in Sicilia, non si occupa nemmeno dell'ordinaria manutenzione, per questo le contestazioni rivolte spaziano proprio dalla manutenzione delle piste alla segnaletica sia orizzontale che verticale, dai guard-rail agli impianti elettrici, dalle opere in verde agli impianti telematici di esazione;
   infatti, ad aggravare la già precaria situazione si aggiungono altri fattori, quali la presenza di cani randagi, volpi e gatti inselvatichiti. I quali sono cresciuti numericamente, attirati dalla massiccia e costante presenza di rifiuti lasciati lungo tale strada, negli slarghi di sosta e lungo gli svincoli;
   indubbiamente il problema è dunque legato alla gestione da parte del consorzio Autostrade siciliane, o meglio alla totale assenza di manutenzione delle vie di comunicazione, concessioni autostradali basate sulla logica della tariffa-remunerazione, con pedaggi che i cittadini avrebbero pagato in cambio di un servizio stradale efficiente e costantemente sottoposto a manutenzione. Evidentemente il concordato è stato sciolto e dunque, l'originario impegno delle società concessionarie a reinvestire parte dei profitti derivanti dal pagamento dei pedaggi in investimenti per l'ammodernamento delle tratte, ad oggi non risulta rispettato;
   nonostante le varie interrogazioni presentate al Ministro competente nulla è stato fatto –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire, al fine di far ripristinare, il manto stradale nella sua interezza, ripristinare i guard-rail, usurati dal tempo e danneggiati da molti incidenti e mai completamente resi nuovamente funzionali, l'adeguamento degli svincoli presenti nel tratto interessato, sia dal punto di vista funzionale che strutturale, la segnaletica, sia orizzontale che verticale;
   quali siano le iniziative che intende intraprendere il Ministro interrogato per evitare il continuo costituirsi di discariche abusive, innanzi richiamate, che danneggiano l'ambiente e la salute dei cittadini del territorio limitrofe;
   se il Governo ritenga opportuno prendere provvedimenti circa le inadempienze del Consorzio, intervenendo con urgenza, a sostegno della sicurezza dei cittadini siciliani e se intenda verificare la sussistenza delle ragioni che hanno dato vita al contratto di concessione, anche in considerazione dei procedimenti aperti dalla magistratura a carico del Consorzio, anche a causa di presunti sprechi di denaro pubblico. (5-02478)


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 settembre 2005 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore in risposta ad alcune interrogazioni parlamentari, in particolare al senatore Fabio Baratella e all'onorevole Luca Bellotti (risposta scritta pubblicata lunedì 12 settembre 2005 nell'allegato B della seduta numero 668), rispondendo a quesiti sull'attività di molluschicoltura per tutto il territorio del delta del Po e le concessioni date nella stessa area dalla provincia di Rovigo a soggetti quali consorzi delle cooperative pescatori del Polesine, rispondeva in modo chiaro ed esaustivo sulla questione sollevata;
   il Ministro pro tempore tra l'altro affermava testualmente: «In ogni caso, fermo restando quanto sopra detto, e senza alcuna preclusione per altre iniziative che potranno esser valutate al fine di una positiva soluzione della problematica, è intenzione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sollecitare quanto prima il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le altre amministrazioni competenti affinché, riconosciuta la pubblica necessità ed opportunità, promuovano il provvedimento di delimitazione del demanio marittimo in tutte le zone lagunari interessate istituendo la commissione delimitatrice prevista dall'articolo 32 del Codice della Navigazione e dall'articolo 58 del relativo regolamento, perché si pronunci definitivamente – con intervento delle parti interessate – sulla natura demaniale e privata delle aree in questione» –:
   se risulti agli atti se, come e quando il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali abbia effettivamente interessato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al fine di provvedere a costituire la commissione succitata per dirimere in modo definitivo l'origine del problema e dare soluzione ai decennali contenziosi sulla questione del diritto di pesca. (5-02496)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con legge 21 dicembre 2013, n. 147 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014). (13G00191) (Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013 – Suppl. Ordinario n. 87)», il Parlamento ha riformato l'albo degli autotrasportatori, con particolare riferimento al comma 94, che trasferisce le funzioni relative alla gestione dell'albo degli autotrasportatori dalle province agli uffici periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   il codice della strada, all'articolo 132 «Circolazione dei veicoli immatricolati negli Stati esteri», comma 5 recita testualmente: «Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 1 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 78 a euro 311»;
   il codice della strada disciplina anche il servizio di trasporto di cose per conto terzi, il trasporto su strada dei materiali pericolosi e la durata massima delle ore di guida degli autoveicoli adibiti al trasporto di persone o cose;
   il Governo pro tempore ha assunto, al Senato nella seduta n. 631 del 26 ottobre 2011 e alla Camera nella risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00123 approvata dalla IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) l'8 giugno 2011, l'impegno a tutelare i vettori italiani adibiti al trasporto merci, settore che registra sempre maggiori criticità dovute alla concorrenza di autotrasportatori stranieri;
   in materia rilevano il decreto ministeriale del 22 febbraio 2006, «Determinazione di un modello di lista di controllo per uniformare le procedure dei controlli sugli autoveicoli adibiti al trasporto delle merci, in attuazione dell'avicolo 12, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286», e il regolamento (CE) 1072/2009 e successive modificazioni, allegati II e III;
   il Regolamento (CE) 1072/2009 stabilisce, agli allegati II e III, che la licenza comunitaria e l'attestato del conducente debbano essere redatti nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro che rilascia la licenza, e il manuale IRU/ITF, che regola le autorizzazioni CEMT, stabilisce che l'autorizzazione CEMT, nell'ipotesi di imprese con disponibilità del veicolo a titolo di leasing o locazione, sia accompagnata da una traduzione in almeno una lingua tra inglese, francesine tedesco, che il libretto dei resoconti di viaggio sia stampato nella lingua del Paese di stabilimento dell'impresa e che i certificati tecnici di conformità e sicurezza siano compilati in una lingua tra quella del Paese di immatricolazione, il francese, l'inglese e il tedesco, e accompagnati dalla traduzione in almeno due delle altre;
   il codice della strada, all'articolo 176, commi 11 e 11-bis e 17, disciplina l'esazione del pagamento del pedaggio su strade e autostrade, la quale può essere effettuata mediante modalità manuale o automatizzata, anche con sistemi di telepedaggio con o senza barriere;
   la direttiva del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 10 gennaio 2014, al punto 2 ha individuato l'autorità cui compete l'irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 83-bis, comma 14, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008 –:
   quale sia lo stato di avanzamento dell'attuazione delle disposizioni del comma 94 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, dato il limite fissato per il 30 giugno 2014 e tenendo in considerazione i tempi tecnici di attuazione per il passaggio delle competenze e delle relative risorse finanziarie;
   quali siano i più recenti dati relativi alle attività di controllo effettuate dalle forze dell'ordine, circa la regolarità dei mezzi che effettuano trasporto di merci e persone, suddivisi fra quelli immatricolati presso lo Stato italiano e quelli immatricolati presso Stati esteri, sia europei sia extracomunitari;
   quale sia la ripartizione delle attività di controllo dei mezzi su strada tra le diverse forze dell'ordine, con indicazione dell'importo complessivo delle sanzioni applicate, possibilmente ripartite per categorie di infrazioni e suddivisi fra quelli immatricolati presso Stato italiano e quelli immatricolati presso Stati esteri, sia europei sia extracomunitari;
   se non intenda il Ministro interrogato, nell'ambito della strategia dell’e-governament e dell’open-data, procedere con la pubblicazione dei dati inerenti ai controlli, in un formato aperto, consultabile ed editabile;
   quali modifiche normative il Governo stia considerando per limitare il fenomeno del cabotaggio stradale abusivo e la conseguente concorrenza sleale subita dalle aziende di autotrasporto italiane, in relazione ad una eventuale modifica normativa del codice della strada, nel rispetto del regolamento (CE) n. 1072/2009 e del decreto legislativo n. 72 del 2000 recante l'attuazione della direttiva 96/71/CE «in materia di distacco transnazionale di lavoratori nell'ambito di una prestazione dei servizi»;
   quali azioni siano state intraprese per dare seguito all'ordine del giorno 9/1-00451/1 approvato al Senato nella seduta n. 631 del 26 ottobre 2011 che impegnava il Governo pro tempore a ricorrere alla Commissione europea al fine di adottare la clausola di salvaguardia sul cabotaggio in applicazione dell'articolo 10, paragrafi 1 e 3, del regolamento (CE) n. 1072/2009 e a rafforzare, attraverso le forze di polizia operanti sulle strade ed autostrade, i controlli nei confronti dei vettori stranieri in transito nel nostro Paese;
   quali azioni siano state intraprese in relazione a quanto previsto nella risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00123, approvata dalla IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) l'8 giugno 2011, che impegnava il Governo pro tempore a proseguire le iniziative volte allo sviluppo di controlli congiunti con i Paesi confinanti col territorio italiano, soprattutto nelle zone di confine del Nord-est, per verificare il rispetto delle disposizioni vigenti in termini di circolazione stradale da parte dei camion e dei mezzi pesanti nazionali, comunitari ed extracomunitari, prevedendo la progressiva istituzione di centri mobili di revisione in tutti i punti di accesso del territorio italiano e in ogni provincia;
   quali siano le forme di collaborazione internazionale attivate dalle autorità competenti (Agenzia delle entrate, direzioni territoriali del lavoro e altro) e dagli organi accertatori (Guardia di finanza e altro) per la verifica di regolarità dei vettori stranieri in transito sul territorio italiano;
   se, al fine di facilitare il controllo dei veicoli su strada, le forze dell'ordine siano opportunamente formate e come, e se abbiano a disposizione dei modelli fac-simile che riproducono la documentazione che deve trovarsi a bordo dei veicoli, in particolar modo per i vettori che effettuano autotrasporto merci in regime di cabotaggio e trasporto internazionale, eventualmente rendendo disponibile la relativa documentazione;
   quali siano le direttive e gli strumenti a disposizione delle forze dell'ordine per superare le difficoltà di linguaggio durante i controlli effettuati su veicoli stranieri, che rischiano (come segnalato da alcune associazioni di categoria) di rendere vani i controlli su tali vettori;
   quali siano, in riferimento alle singole società concessionarie di autostrade, le statistiche relative ai pedaggi non pagati, e se sia disponibile una distinzione tra targhe straniere ed italiane;
   se vi siano azioni di recupero dei pedaggi autostradali non pagati, quali e con che esito, e se i pedaggi non pagati aggravino il costo finale delle tariffe da corrispondere o come trovino copertura finanziaria;
   quale sia lo stato di applicazione della direttiva del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 10 gennaio 2014, ai fini di assicurare la piena efficacia del regime sanzionatorio relativo alle violazioni dell'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008. (5-02498)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO e DI LELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in una fase storica in cui porti come quelli di La Spezia e di Genova vengono rilanciati, con eccellenti risultati, il porto di Napoli vive uno stato di drammatica arretratezza;
   un contenitore sbarcato su una banchina dello scalo partenopeo rischia di rimanere fermo in attesa di ispezioni doganali e sanitarie anche per una settimana, anche perché i vari controlli vengono spesso effettuati in tempi diversi e con modalità differenti, mentre a La Spezia si può sdoganare la merce mentre i contenitori sono ancora in navigazione;
   mentre per quest'anno a Genova sono previste la conclusione dei lavori del vecchio piano regolatore e l'approvazione di quello nuovo con la gara per la nuova diga e la progettazione della nuova Torre Piloti, opera simbolica che dovrà indicare alla città, al Paese ed all'Europa la linea di svolta definitiva che segna il rilancio del porto, a Napoli è ancora in corso una querelle che va avanti da mesi bloccando l'approvazione del nuovo piano regolatore del porto di Napoli, ancora fermo al Consiglio superiore dei lavori pubblici;
   mentre a Genova si attende solo l'approvazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la realizzazione della nuova boa di porto Petroli, a Napoli ancora si discute se la boa esterna sia o meno la soluzione giusta;
   anche in questo vengono fuori in tutta la loro macroscopica evidenza la difesa di interessi particolari;
   il grande progetto porto, per la cui realizzazione è stato previsto lo stanziamento di 240 milioni di euro, contempla infatti l'attracco alla boa per le navi che trasportano prodotti petroliferi ed il tombamento della darsena petroli per realizzare un grande terminal contenitori;
   nelle linee di indirizzo della regione questa soluzione è auspicata anche per migliorare complessivamente la sicurezza del porto;
   tutto questo nodo dovrà essere risolto dalla giustizia amministrativa, proprio per l'incapacità di far prevalere l'interesse generale su quello particolare;
   nelle ultime settimane è arrivata la decisione di interrompere il collegamento diretto con i porti dell'estremo Oriente, ma probabilmente ciò non sarebbe accaduto se Napoli avesse già provveduto ad adeguare i fondali e realizzare la darsena di levante;
   questo avvenimento potrebbe rivelarsi solo la punta di un iceberg che potrebbe condurre al declassamento del porto, specie se non si riuscirà, nelle prossime settimane, a dimostrare la presenza di una seria volontà di voltare pagina;
   nonostante i forti investimenti nella stazione marittima, ci si trova tuttora solo con un cantiere della metropolitana che ha invaso il porto e la cui data di fine lavori non si conosce ancora;
   il governo del porto dovrebbe essere in grado di realizzare infrastrutture in tempi accettabili, perché è evidente che per un imprenditore che opera sui mercati globali è inaccettabile che un Ministro lasci un porto strategicamente fondamentale come quello di Napoli senza una governance efficace per più di un anno;
   al terminal «Flavio Gioia», per fare un esempio, è garantito un pescaggio di 11,50 metri, davvero al limite per le navi che si servono di quella struttura;
   dei ritardi accumulati nella realizzazione delle infrastrutture soffrono tutte le aziende del porto;
   le responsabilità dell'autorità portuale sono chiare ed evidenti, ma vi sono anche altri interventi urgentissimi al di là degli escavi che hanno accumulato ritardi inaccettabili;
   la nomina del presidente dell'autorità portuale è disciplinata da una legge che prevede che gli enti locali, e dunque nella vicenda in esame i comuni di Napoli e Castellammare di Stabia, provincia di Napoli e la camera di commercio, inviino un nominativo ciascuno al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   la legge obbliga che tale nominativo sia diverso da ente ad ente, affinché non venga limitata la facoltà di scelta del Ministro;
   i candidati devono essere esperti del settore ed avere requisiti idonei;
   tale lista di nomi fu consegnata all'allora Ministro Passera già nel dicembre del 2012;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, subentrato nell'aprile 2013, individuò e scelse a settembre del 2013 il nominativo di Riccardo Villari, deputato di Forza Italia;
   il presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, espresse parere favorevole a tale proposta di nomina;
   passata per le Commissioni parlamentari, che hanno un ruolo consultivo in merito, e dall'ottobre del 2013 gli atti sono nella disponibilità del Ministro, che non ha ancora decretato la nomina;
   i fatti narrati sono riportati anche dagli articoli «Progetti e alleanze, così i porti “rivali” surclassano Napoli», «Ritardi e governance al palo – si rischiano altri casi Cosco» e «Io, designato un anno fa: ma gli atti sono fermi sulla scrivania di Lupi» pubblicati dall'edizione locale del quotidiano Il Mattino del 16 marzo 2014 –: :
   che fine abbia fatto il progetto waterfront, l'insieme di interventi che si stanno portando avanti per l'area portuale di Napoli;
   come ed in che tempi si intenda completare la costruzione della darsena di levante del porto partenopeo;
   che fine abbia fatto  l'indicazione della terna di nomi che avrebbe dovuto essere indicata dal Governo (4-04229)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, precisamente tra la notte di sabato 22 e domenica 23 marzo 2014 sono arrivati in Abruzzo 160 immigrati clandestini sbarcati nei giorni precedenti in Sicilia;
   nella città di Chieti sono stati dirottati 40 di questi presso la struttura villaggio della speranza delle Figlie di Gesù e di Maria, struttura che probabilmente non è adatta a gestire questo tipo di accoglienza;
   le forze dell'ordine, già oberate di lavoro con l'aggiunta di questo ulteriore impegno che sono state chiamate a svolgere per l'accoglienza e la tutela dei clandestini, difficilmente riusciranno a garantire adeguatamente la sicurezza del territorio cittadino;
   a quanto risulta all'interrogante il Governo non ha in alcun modo coordinato con le istituzioni locali queste operazioni –:
   fino a quando sia prevista la permanenza degli immigrati indicati in premessa;
   perché non si sia coordinato il loro arrivo sul territorio con le autorità, in primis, il sindaco della città di Chieti;
   quali siano le misure di sicurezza adottate nei confronti delle strutture e dei territori interessati;
   se il Governo sia intenzionato a ripetere tali politiche di accoglienza senza coordinarsi con le autorità locali;
   se il Governo abbia intenzione di realizzare un centro di accoglienza, che l'interrogante non auspica, sul territorio abruzzese e nello specifico, sul territorio della provincia di Chieti;
   se verrà rafforzata la presenza sul territorio delle forze dell'ordine, visto il lavoro che queste sono chiamate a svolgere. (4-04224)


   PIZZOLANTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   al distaccamento vigili del fuoco di Borgo Val di Taro fa riferimento per gli interventi un'area vasta. Copre infatti con il proprio servizio tecnico urgente, in modo formale l'area di 5 comuni: Borgo Val di Taro, Bedonia, Albareto, Tornolo, Compiano; inoltre sono sotto la loro area di azione anche tutti i comuni della Val Ceno alta, Bardi, Bore, Varsi e quelli confinanti con Borgo Val di Taro come Valmozzola, Solignano;
   il distaccamento è spesso impegnato in interventi fuori provincia e regione nella aree di confine di pertinenza della Toscana e della Liguria e ancora sono luoghi d'intervento la corsia nord dell'A15 sino a Fornovo e la corsia sud sino a Pontremoli;
   agli interventi sul territorio di competenza si aggiungono interventi straordinari con il comando di Parma come per esempio il caso della fabbrica a Medesano;
   la gestione del soccorso tecnico urgente è demandata in toto al distaccamento di Borgotaro formato da circa 50 volontari non retribuiti che si muovono al suono della sirena;
   i costi di gestione a carico dello Stato sono dell'affitto dei locali e del carburante e quest'ultima voce si aggira intorno ai 50.000 euro e che per altre spese i comuni valligiani sopracitati contribuiscono con una quota a sostegno dell'attività svolta;
   in caso di chiusura i distaccamenti più vicini rimarrebbero quelli di Aulla, Parma, Chiavari;
   il territorio coperto dall'azione dei volontari del distaccamento è di circa 75.000 chilometri quadrati con una popolazione di 25.000 abitanti (questi i dati riferiti esclusivamente ai territori dei 5 comuni sopracitati) bisogna poi aggiungere quelli dell'area effettiva di intervento, già sopra enunciata e l'aumento della popolazione durante la stagione estiva;
   il numero degli interventi nell'arco di un anno si aggira tra i 270 e 350, ma ci sono stati anni dove gli interventi a causa delle calamità naturali (neve e frane) sono stati anche di 400;
   il territorio di riferimento delle azioni d'intervento del distaccamento di cui sopra è caratterizzato da distese boschive spesso oggetto di incendi, zone franose e di smottamento, aree montane popolate dove in inverno le nevicate abbondanti richiedono interventi di soccorso;
   abbiamo una ferrovia con gallerie, un'autostrada, A15, con curve e gallerie spesso luogo di incidenti anche mortali, ovvero di luoghi da presidiare con una stazione di pronto intervento;
   la popolazione in estate a causa dei flussi turistici, aumenta notevolmente così come la richiesta di interventi;
   chi ha bisogno può chiamare direttamente il 99161, numero collegato direttamente al Distaccamento senza che l'utente debba passare per il centralino 115;
   una eventuale chiusura del distaccamento in oggetto non porterebbe a nessun risparmio ma anzi ad un maggior costo per la gestione a distanza da parte delle sedi che rimarrebbero, degli interventi di soccorso;
   la mobilitazione dei sindaci, con il primo cittadino di Borgotaro Diego Rossi che ha già incontrato il prefetto Luigi Viana e il comandante provinciale dei vigili del fuoco Paolo Maurizi;
   il 28 febbraio 2014 tutti i sindaci della montagna ovest sono convocati in prefettura a Parma per una nuova discussione, con l'intento di evitare la chiusura del distaccamento dei vigili del fuoco di Borgo Val di Taro;
   l'impegno di fare tutto il necessario per evitare questa altra spoliazione inaccettabile della montagna e dei servizi ai cittadini;
   un'eventuale chiusura della sede dei vigili del fuoco di Borgo Val di Taro, metterebbe a serio rischio la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente naturale per la mancanza di un nucleo di pronto intervento in situazioni di incendi boschivi, frane e altre calamità naturali, o in caso di incidenti, incendi di vario genere, recupero dispersi –:
   quali iniziative intenda intraprendere:
   a) per sostenere i sindaci dell'area di cui in premessa a difesa del nostro territorio, e del distaccamento vigili del fuoco di Borgo Val di Taro;
   b) per sopperire alle urgenze vitali immediate, in caso di chiusura del distaccamento sopracitato. (4-04232)


   ROSATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Dipartimento di pubblica sicurezza ha diramato una comunicazione alle questure, del 3 marzo 2014, in cui prospetta una razionalizzazione delle risorse e dei presidi della polizia di Stato sul territorio nazionale, tenendo conto della «conclamata carenza di organico in cui versano le Forze dell'Ordine e l'attuale congiuntura economica»;
   il piano prevede una ottimizzazione dei presidi delle quattro specialità di base (stradale, ferroviaria postale e di frontiera) e più precisamente: a) la soppressione di 11 Commissariati distaccati di pubblica sicurezza: b) la soppressione di 2 compartimenti e di 27 presidi minori, e l'accorpamento di 6 presidi con uffici attigui di Polizia Stradale; c) la soppressione di 73 fra sottosezioni e posti Polfer di polizia ferroviaria, l'elevazione di 13 presidi e il declassamento di altri 20; d) la soppressione di 2 Zone di frontiera e di 10 presidi minori e l'accorpamento di 2 uffici di polizia di frontiera; e) la soppressione di tutte le 50 squadre nautiche, di 4 squadre sommozzatori, di 11 squadre a cavallo e di 4 nuclei artificieri; f) della scuola per i servizi di polizia a cavallo; g) la rimodulazione degli Istituti di istruzione della Polizia di Stato, con l'intento di ridurli e di concentrarli in 3 o 4 sedi;
   nel Friuli Venezia Giulia, secondo queste indicazioni, verrebbero abolite le squadre nautiche esistenti; sarebbero soppressi i presidi di polizia postale dei capoluoghi di provincia, fatta eccezione per il capoluogo regionale; sarebbero eliminati i presidi di polizia ferroviaria di Cervignano del Friuli, Tarvisio, Casarsa e la sottosezione di Villa Opicina; sarebbe soppresso il presidio della Polstrada di Pontebba; verrebbero chiusi i Commissariati di P.S. di Sistiana e Tolmezzo; la funzione di controllo delle frontiere sarebbe trasferita dalla polizia di frontiera alla questura (Trieste e Tarvisio); mentre rimane incerta la sopravvivenza della Scuola allievi della Polizia di Stato di Trieste;
   pur condividendo lo spirito di riorganizzazione e ottimizzazione delle risorse del dipartimento di pubblica sicurezza, preme all'interrogante segnalare alcune necessità territoriali che sarebbero, ad avviso anche delle istituzioni locali, disattese ove il piano di riorganizzazione venisse attuato come da intendimenti emersi dalla nota di cui sopra, o se venisse attuato senza la predisposizione di un piano che garantisca gli attuali livelli di sicurezza garantiti con i presidi oggi esistenti;
   il posto di polizia ferroviaria di Cervignano del Friuli è un presidio importante nell'ambito della rete di trasporti su rotaia nella regione, in quanto ha competenza sul territorio del basso Friuli e su entrambe le direttrici Trieste-Venezia e Udine-Cervignano, servendo un'area che raggiunge le località di Portogruaro, Latisana, Lumignacco e il ponte di ferro sul fiume Isonzo;
   sulle linee ferroviarie che insistono sul territorio, la presenza della polizia ferroviaria è ad oggi quotidiana per attività di monitoraggio e pattugliamento diurno e notturno: le stazioni ferroviarie sono considerate a rischio di atti vandalici oltre che di furti di rame che sono sempre più frequenti;
   l'interrogante sottolinea come, peraltro, nella zona sopra circoscritta è compreso anche lo scalo intermodale che rappresenta lo snodo del futuro trasporto commerciale e la linea sulla quale dovrebbe svilupparsi il Corridoio 5;
   al pari, preoccupa anche il disimpegno operato a Tarvisio dove vengono soppressi contestualmente sia la sezione di polizia ferroviaria che il presidio di polizia di frontiera, nonostante essa sia la prima stazione ferroviaria in ingresso nel territorio nazionale per i convogli internazionali, e nonostante la località si collochi tra due importati valichi di confine con l'Austria e la Slovenia protagonisti, anche recentemente, di operazioni delle forze dell'ordine che hanno fermato presunte attività illecite;
   i commissariati di Tolmezzo e Duino Aurisina sono gli unici presidi di Pubblica sicurezza nelle rispettive aree, e servono un bacino ben più ampio del solo comune in cui sono insediati. La soppressione di queste due sedi arrecherebbe molteplici disagi ai cittadini che si vedrebbero costretti a rinunciare all'espletamento delle attività amministrative in sede, ma dovrebbero recarsi presso la sede della questura non sempre facilmente raggiungibile;
   nel caso di Duino Aurisina, all'interrogante preme far presente che nel territorio si è in presenza dell'imminente sviluppo di un importante porto turistico e di fenomeni criminali quali il furto di e a bordo di natanti ormeggiati nei porticcioli del comune marittimo e di periodiche recrudescenze dei furti in villa, situazioni rispetto alle quali l'attività di prevenzione svolta dai servizi originati dal commissariato e il concorso alle necessarie attività repressive hanno costituito argine irrinunciabile –:
   quali siano le linee guida che hanno condotto il Ministero ad individuare – nel dettaglio – le sedi oggetto di accorpamento o soppressione;
   se il Ministro confermi il piano esposto in premessa e quali iniziative abbia ipotizzato o intenda adottare affinché dall'attuazione del programma di riordino non giunga alcun pregiudizio per i livelli di sicurezza assicurati ai cittadini;
   come il piano di riorganizzazione dell'arma dei carabinieri nella regione Friuli Venezia Giulia interagisca con il programma predisposto dal dipartimento di pubblica sicurezza;
   quali siano gli intendimenti del Ministro sulla scuola allievi di polizia di Stato di Trieste e sul suo futuro, posto che ad oggi risulta essere uno dei principali poli italiani di addestramento e formazione. (4-04237)


   GIORGIA MELONI, TOTARO, CIRIELLI, CORSARO, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, RAMPELLI e TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Prato, insieme a Milano e Roma, ospita una delle più numerose comunità cinesi in Italia, che secondo le stime più recenti ammonta a circa il venti per cento della popolazione locale, e nella maggioranza pressoché assoluta dei casi è impegnata nel settore manifatturiero;
   il distretto industriale di Prato, una volta fiore all'occhiello del settore tessile nazionale, ha subìto, nell'ultimo decennio, una perdita di quasi un milione e mezzo di fatturato che, tradotta in risorse umane, significa una emorragia di almeno diecimila posti di lavoro e la chiusura di oltre duemila aziende;
   secondo i dati raccolti per uno studio del «Sole 24 Ore», oggi, a Prato un'azienda su otto è cinese, e su un dato complessivo di 3.500 aziende solo 215 sono ancora attive nel settore tessile, mentre tutte le altre operano nel settore delle confezioni, con tessuti importati dalla Cina a basso prezzo, cuciti copiando i modelli degli stilisti famosi e rivenduti secondo un modello low cost che va dal produttore al consumatore;
   lo studio del «Sole 24 Ore» ha dimostrato, inoltre, che su cento aziende cinesi che aprono a fine anno ne rimangono solo quaranta, in segno di un turnover continuo messo in atto per sfuggire ai controlli, mentre dall'analisi dei fatturati è emerso che il giro d'affari delle imprese in mano ai cinesi è stimato in un miliardo e ottocento milioni di euro, dei quali, si sospetta, un miliardo in nero;
   il sorpasso delle aziende cinesi rispetto a quelle italiane, nonché la maggiore sopravvivenza alla crisi in atto delle prime rispetto alle seconde trova le sue ragioni, almeno per una parte, nel fatto che le aziende cinesi disattendono larga parte delle normative sia in materia di commercio, quali ad esempio, gli orari di apertura dei negozi, sia rispetto alle tutele riconosciute ai lavoratori, posto che si basa, per larghissima parte, sullo sfruttamento della manodopera clandestina, laboratori-dormitorio dove la gente vive e lavora senza distinzioni, ponendo in essere un fenomeno di vera e propria concorrenza sleale;
   l'Osservatorio socio-economico sulla criminalità del CNEL, nel Rapporto di ricerca sulla criminalità organizzata cinese in Italia pubblicato nel maggio 2011, ha rilevato come «nella gestione dell'immigrazione illegale cinese, possiamo rilevare con una certa continuità l'esistenza di un modello fortemente strutturato» e ha evidenziato che «le denunce che coinvolgono i cittadini cinesi per reati relativi all'immigrazione in violazione del decreto legislativo n. 286 del 1998 risultano particolarmente consistenti: dal 2004 al 2010 sono state denunciate 28.464 persone», precisando che nel totale dei dati è compresa un'ampia varietà di delitti, dalle violazioni relative al permesso di soggiorno, all'introduzione e favoreggiamento dell'immigrazione illegale, fino alle assunzioni irregolari da parte del datore di lavoro;
   in data 1o dicembre 2013 un incendio scoppiato in una fabbrica al «macrolotto» di Prato ha causato la morte di sette lavoratori cinesi, e lo scorso 6 febbraio 2014 si è verificato un incendio doloso in una fabbrica cinese di valigie in altra zona del fiorentino, sul quale sta svolgendo accertamenti la direzione distrettuale antimafia di Firenze;
   in particolare l'incendio verificatosi a dicembre ha dimostrato una volta di più le condizioni incredibili nelle quali sono costretti a vivere e lavorare i cinesi impiegati nelle locali aziende;
   rispetto ad entrambi gli incendi gli inquirenti stanno attentamente valutando la pista del racket della criminalità organizzata orientale, molto ramificata nel nostro territorio e particolarmente aggressiva;
   nei mesi scorsi il comune di Prato ha denunciato il fatto che alcune banche, tra cui il Monte dei Paschi di Siena, avrebbero concesso mutui e prestiti molto elevati a persone della comunità cinese senza ricevere in cambio alcuna garanzia, per una somma totale che si aggirerebbe intorno ai 200 milioni di euro, e che in merito è in atto un'indagine della procura di Prato e della Banca d'Italia che non hanno portato a quanto risulta dalla stampa, a risultati concreti –:
   quali iniziative il Governo abbia assunto in seguito ai citati fatti al fine di mettere in sicurezza le aziende che operano nel settore produttivo di Prato e i lavoratori impiegati presso di esse, nonché al fine di garantire il rispetto delle norme da parte di quelle aziende, contrastando la concorrenza sleale e ripristinando condizioni di parità di accesso al mercato per tutte le aziende;
   quali iniziative abbia assunto il Governo, inoltre, per combattere le ramificazioni della criminalità organizzata orientale sul nostro territorio nazionale.
(4-04245)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la facoltà di medicina dell'università degli studi Salerno – il cui complesso e lungo percorso formativo si è definitivamente consolidato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 1° febbraio 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 6 marzo 2013), recante la costituzione dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio Ruggi e D'Aragona, scuola medica salernitana con sede a Salerno – si è già affermata nel panorama universitario nazionale come una realtà di qualità e di pregio, con laureati e studenti di riconosciuto valore;
   la crescita ulteriore del polo universitario di medicina di Salerno, tuttavia, deve essere sostenuta con il riconoscimento di un numero adeguato di scuole e di borse di specializzazione, passaggio assolutamente fondamentale ed insurrogabile per ogni facoltà di medicina;
   infatti, nell'anno accademico 2012-2103, sono state assegnate (decreto ministeriale 24 aprile 2013, n. 333) all'ateneo salernitano solamente due borse di specializzazione, in aggregazione con l'università Federico II di Napoli, delle quali una in medicina interna ed una in chirurgia generale;  
   si tratta di un provvedimento secondo l'interrogante assolutamente ingiustificato e penalizzante per la facoltà di medicina di Salerno, alla quale, invece – proprio per il livello, gli standard e la qualità della sua offerta formativa e delle sue strutture complessive, per il numero di docenti e le relative attività scientifiche e di ricerca – l'osservatorio nazionale sulle specializzazioni ed il Consiglio universitario nazionale (CUN), nel mese di aprile 2013, avevano giustamente valutato e riconosciuto la piena idoneità per altre quattro scuole di specializzazione (accanto a chirurgia generale e medicina interna), precisamente per malattie dell'apparato cardio-vascolare; ortopedia; psichiatria; radio-diagnostica;
   ancor di più il medesimo osservatorio, per l'anno accademico in corso 2013-2014, ha giudicato fondata la motivata richiesta dell'università di Salerno, relativa al riconoscimento di un congruo numero di scuole di specializzazione, in aggiunta alle sei già assegnate lo scorso anno;
   difatti sono in fase di accreditamento, dopo la positiva decisione dell'Osservatorio, 18 scuole di specializzazione per la facoltà di medicina di Salerno;
   tali ulteriori scuole, che vanno ad unirsi alle sei già accreditate nello scorso anno accademico, sono precisamente: audiologia e foniatria, biochimica clinica, patologia clinica, farmacologia medica, scienza dell'alimentazione, igiene e medicina preventiva, medicina legale, chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, neurochirurgia, urologia, oftalmologia, ematologia, gastroenterologia, nefrologia, neurologia, neuropsichiatria infantile, oncologia medica, pediatria;
   conseguentemente, è assolutamente giusta ed obiettivamente fondata la richiesta della università di Salerno di vedersi riconosciuto un congruo numero di nuove scuole di specializzazione, alla luce della recente determinazione dell'Osservatorio, nazionale sulle specializzazioni –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze istituzionali, affinché alla facoltà di medicina dell'università degli studi di Salerno sia doverosamente assegnato un numero adeguato e significativo di scuole e di borse di specializzazioni, tenendo conto delle positive ed importanti decisioni – che indicano un inequivocabile e vincolante orientamento degli organismi tecnici competenti – già assunte per l'ateneo salernitano dall'Osservatorio nazionale sulle specializzazioni e dal Consiglio universitario nazionale nello scorso anno accademico ed ancor di più nell'anno accademico in corso con il conseguente ed importante riconoscimento della idoneità della facoltà di Salerno – proprio, in considerazione del livello e degli standard elevati e di eccellenza del personale docente, delle strutture di questa facoltà – per ulteriori 18 scuole di specializzazione, accanto ed in aggiunta alle sei «generaliste» già attribuite nell'aprile 2013.
(5-02482)


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il cyberbullismo include violenze psicologiche, insulti, offese e rivelazione di segreti online ed è un fenomeno in crescita ovunque, come conferma una ricerca realizzata da Save the Children, in collaborazione con Ipsos, in cui si evidenzia come 4 minori su 10 sono testimoni di atti di bullismo online verso coetanei, percepiti «diversi» per aspetto fisico (67 per cento), per orientamento sessuale (56 per cento) o perché stranieri (43 per cento); già in precedenza una ricerca Eurispes nel 2008 aveva identificato in Roma la capitale del bullismo, con un minore su tre che dichiarava di aver subito traumi fisici o emozionali;
   il cyberbullismo rivela una crescita esponenziale dei disagi subiti soprattutto dai minori, ma non solo da loro, nonostante non tutti gli atti di cyberbullismo vengano denunciati; il fenomeno appare ancora più pericoloso se pensiamo che il 62 per cento dei bambini ha a disposizione un telefonino proprio e attualmente il 44,4 per cento dei bambini riceve un cellulare di ultima generazione tra i 9 e gli 11 anni, per cui è in grado di scattare foto e filmini e di diffonderli tra i suoi coetanei, senza rendersi conto delle conseguenze che può avere l'effetto moltiplicatore della diffusione del messaggio, a volte veramente devastante sulle vittime;
   il bullismo online è ormai riconosciuto come primaria fonte di angoscia e potenziale psicopatologia per gli adolescenti nativi digitali e ogni struttura che si occupa di psicopatologia adolescenziale deve fare i conti con questo disagio emergente; l'esperienza maturata in questi ultimi anni, anche sulla base di vistosi fatti di cronaca, consente di approcciare ogni forma di psicopatologia web-mediata con un'idea precisa sulla gestione che gli adolescenti fanno delle emozioni, dell'aggressività e delle condotte sessuali, quando sono online;
   fondamentale, affinché il fenomeno venga allo scoperto, è il ruolo dei familiari di vittime e di cyberbulli, ma anche il ruolo degli insegnanti e degli adulti che vengono a conoscenza di fatti riconducibili a possibili forme di cyberbullismo; occorre curare, ma soprattutto prevenire ed educare all'uso delle nuove tecnologie, anche in collaborazione con la polizia postale;
   la cura e la riabilitazione richiedono psicoterapia e terapia di gruppo, con uno spazio di ascolto anche per genitori e insegnanti, non solo per le vittime, ma anche per i cyberbulli; occorre insegnare ai giovani nuove modalità di gestire la propria aggressività, aiutandoli a mettersi nei panni dei loro coetanei, per essere più empatici, nella gestione della propria affettività e dei propri sentimenti di colpa –:
   se non ritenga utile attivare presso il Ministero, con la partecipazione di esperti un portale web divulgativo sulla sicurezza informatica, l'utilizzo dei social network e la diffusione di una appropriata coscienza di cittadinanza digitale da parte di tutti.
(5-02483)


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   risulterebbe che in data 25 febbraio 2014 siano stati restituiti a Firenze assegni per oltre 6 milioni di euro complessivi, a titolo di rimborso per i medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione post-laurea, ma a cui lo Stato italiano non ha riconosciuto la borsa di studio prevista dalle direttive europee in merito;
   oltre al capoluogo toscano, simili iniziative si sono svolte in altre città italiane, come Milano, Roma, Torino, Genova e Venezia, con l'erogazione di assegni per un totale di 25,5 milioni di euro nel giro di un solo anno, a fronte di oltre 327 milioni riconosciuti ai professionisti sanitari dai Tribunali di tutta Italia;
   la consegna degli assegni, completamente esentasse, è un tassello importante di una vicenda che rischia di costare in tutto alle casse pubbliche 4 miliardi di euro secondo una stima per difetto, basti pensare che soltanto in Toscana, sarebbero ancora 5 mila i camici bianchi in attesa di un rimborso;
   sulla vicenda si è espresso anche presidente dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Firenze, Antonio Panti: «Sono lieto per i singoli medici che oggi hanno visto riconosciuto un diritto a lungo negato e hanno potuto ricevere un compenso che premia l'impegno e la dedizione con cui hanno svolto la specializzazione»;
   sono ancora migliaia i «camici bianchi» che ancora devono ottenere quanto loro dovuto ed il 20 marzo 2014 partirà un'altra azione collettiva di rimborso per tutti i medici specializzati tra il 1982 e il 2006;
   si tratta di vicenda risalente agli inizi degli anni Ottanta, quando furono promulgate le direttive europee (75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE) che imponevano a tutti gli Stati di membri di corrispondere il giusto compenso ai medici durante gli anni della scuola di specializzazione in medicina e che si è conclusa con una sentenza di condanna a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri competenti, obbligati a pagare questa consistente somma in favore dei «camici bianchi», per il ritardo con cui sono state percepite le norme comunitarie che prevedevano l'obbligo di retribuire gli specializzandi –:
   quali siano i suoi orientamenti al riguardo e quali iniziative intenda adottare per giungere ad una soluzione che eviti inutili e costosi contenziosi per l'amministrazione finora soccombente in ogni giudizio presentato in merito. (5-02485)


   VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, CHIMIENTI, SIMONE VALENTE, BATTELLI e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente iniziative finalizzate all'innovazione metodologica-diattica, sancisce che Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, promuove progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, l'integrazione fra sistemi formativi, i processi di continuità e orientamento. Riconosce altresì progetti d'iniziative innovative delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli ordinamenti degli studi;
   l'articolo il del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, stabilisce che i progetti devono avere una durata predefinita e devono indicare con chiarezza gli obiettivi; quelli attuati devono essere sottoposti a valutazione dei risultati, sulla base dei quali possono essere definiti nuovi curricoli e nuove scansioni degli ordinamenti degli studi;
   l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, stabilisce una quota di flessibilità dei curricolo riservata alle istituzioni scolastiche;
   il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, concernente la revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei, stabilisce con l'articolo 2, che i percorsi liceali hanno durata quinquennale;
   il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88, concernente il riordino degli istituti tecnici, stabilisce con l'articolo 2, che i percorsi degli istituti tecnici hanno durata quinquennale;
   l'atto di indirizzo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in data 4 febbraio 2013 indica nella priorità n. 5, punto c), di adeguare la durata dei percorsi di istruzione agli standard europei;
   nello stesso atto si afferma che «occorre superare la maggiore durata del corso di studi in Italia procedendo alla relativa riduzione di un anno in connessione anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell'offerta formativa, ampliando anche i servizi di istruzione e formazione»;
   quanto affermato nell'atto di indirizzo non è supportato da alcuno studio o dato per quanto riguarda la durata del percorso formativo e non vi è traccia né richiamo ad alcun documento che indichi come il percorso formativo della scuola dell'obbligo possa essere ridotto di un anno;
   da quanto affermato nell'atto di indirizzo si evince chiaramente che l'obiettivo principale è la riduzione del numero di insegnanti necessari nella scuola dell'obbligo in una ottica di risparmio;
   in data 1o marzo 2013 l'IIS Majorana di Brindisi, l'ITE Tosi di Busto Arsizio, l'IS Anti di Verona hanno richiesto l'attivazione di un progetto di innovazione che prevede la riduzione di un anno del percorso formativo quinquennale della scuola secondaria di II grado;
   il Ministero dichiara il progetto idoneo a sperimentare la previsione della riduzione del percorso della scuola secondaria di II grado;
   non vi è traccia nel portale del Ministero del decreto ministeriale con cui il Ministro autorizza per un quadriennio l'attivazione in rete, per l'IIS Majorana di Brindisi, l'ITE Tosi di Busto Arsizio, l'IS Anti di Verona, di un progetto di innovazione didattica a decorrere dall'anno 2014/2015 che prevede l'abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità;
   non essendo disponibile il decreto, non vi è, quindi, alcuna possibilità di prendere in esame il progetto di sperimentazione;
   con decreto ministeriale del 5 novembre 2013 il Ministro autorizza per un quadriennio l'attivazione in rete, il liceo ginnasio statale «Quinto Orazio Flacco» di Bari, di un progetto di innovazione metodologico-didattica a decorrere dall'anno 2014/2015 che prevede l'abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità;
   il progetto del liceo ginnasio statale «Quinto Orazio Flacco» di Bari denominato «Liceo Classico Internazionale» prevede, secondo quanto dichiarato dal dirigente scolastico dell'istituto stesso, un modello di curricolo orientato alla interculturalità, sperimentando modalità di insegnamento simili a quelle dei partner internazionali e sostenute da una diffusa utilizzazione delle nuove tecnologie offrendo risposte culturali ed una proposta formativa in una area geografica aperta all'internazionalità, qualificando la polivalenza culturale delle scuole liceali;
   il Ministero dichiara il progetto idoneo a sperimentare la previsione della riduzione del percorso della scuola secondaria di II grado, mentre in realtà, il progetto è rivolto solo ad uno specifico ambito formativo e non può in alcun modo essere genericamente considerato come valente ai fini della riduzione del percorso della scuola secondaria di II grado da cinque a quattro annualità;
   il sottoscritto interrogante ha avuto non poche difficoltà a reperire il progetto allegato al decreto ministeriale del 5 novembre 2013;
   sul portale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non sono reperibili i decreti ministeriali che riguardano la sperimentazione dei percorsi di studi per le scuole secondarie di II grado attraverso l'abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità –:
   quante autorizzazioni siano state rilasciate per l'attivazione in rete di progetti di innovazione metodologico-didattica che prevede l'abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità;
   per quale motivo sul portale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non siano reperibili i decreti ministeriali che riguardano la sperimentazione dei percorsi di studi per le scuole secondarie di II grado attraverso l'abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, prima di avviare progetti di sperimentazione che prevedono l'abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità, che sia opportuno un coinvolgimento delle Commissioni parlamentari competenti. (5-02500)


   CAROCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4 comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 2010 – Regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti tecnici, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto che gli istituti tecnici per il settore tecnologico siano dotati di un ufficio tecnico con il compito di sostenere la migliore organizzazione e funzionalità dei laboratori a fini didattici e il loro adeguamento in relazione alle esigenze poste dall'innovazione tecnologica, nonché per la sicurezza delle persone e dell'ambiente;
   a tre anni dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di cui sopra, la norma pare non essere mai stata applicata, se non in sporadici casi e sempre in fase di contratto collettivo nazionale integrativo concernenti utilizzazioni e assegnazioni provvisorie;
   la circolare ministeriale n. 10 del 21 marzo 2013, che ha attribuito, per l'anno scolastico 2013-2014, la dotazione complessiva dell'organico di diritto, prevede che «qualora le risorse di organico assegnate per l'anno scolastico lo consentano, è possibile istituire l'ufficio tecnico già in organico di diritto», precisando che può essere attivato un solo ufficio tecnico per ogni istituzione scolastica, compresi gli istituti superiori costituiti da istituti di ordine diverso, e che la scelta della classe di concorso cui assegnare l'ufficio tecnico deve essere prioritariamente finalizzata alla riduzione dell'esubero nella scuola ed in subordine nella provincia;
   da segnalazioni pervenute risulta che gli uffici scolastici territoriali non abbiano ricevuto disposizioni circa l'istituzione degli uffici tecnici nell'organico di diritto nelle scuole ove previsto –:
   se il ministro interrogato intenda verificare la corretta applicazione delle disposizioni di cui al succitato regolamento e dare così attuazione all'applicazione della norma in tempi utili per l'avvio del prossimo anno scolastico, nonché dotare le scuole di una risorsa ormai indispensabile e sanare nel contempo le relative situazioni di esubero. (5-02501)

Interrogazione a risposta scritta:


   GINATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le linee guida del Ministero per il passaggio al nuovo ordinamento per il secondo biennio e quinto anno come indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010 n. 87 (Regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) articolo 8 comma 6, introducono per l'istruzione professionale nel settore servizi indirizzo servizi commerciali, l'insegnamento della disciplina tecniche di comunicazione;
   il docente di tale disciplina concorre a far conseguire allo studente i seguenti risultati di apprendimento espressi in competenze: «interagire nel sistema azienda e riconoscere i diversi modelli di strutture organizzative aziendali; svolgere attività connesse all'attuazione delle rilevazioni aziendali con l'utilizzo di strumenti tecnologici e software applicativi di settore; interagire nell'area della gestione commerciale per le attività relative al mercato e finalizzate al raggiungimento della customer satisfaction; partecipare ad attività dell'area marketing ed alla realizzazione di prodotti pubblicitari; interagire col sistema informativo aziendale anche attraverso l'uso di strumenti informatici e telematici; utilizzare e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale, anche con riferimento alle strategie espressive e agli strumenti tecnici della comunicazione in rete; applicare le metodologie e le tecniche della gestione per progetti; individuare e utilizzare gli strumenti di comunicazione e di team working più appropriati per intervenire nei contesti organizzativi e professionali di riferimento»;
   l'insegnamento di tale disciplina è riservato ai docenti abilitati nelle seguenti classi 36/A Filosofia, psicologia, scienze dell'educazione e 65/A tecnica fotografica –:
   se, anche alla luce dell'attenzione posta, in particolare nel quinto anno del percorso scolastico, alla risoluzione di casi e all'organizzazione di progetti in collaborazione con il territorio e con le imprese del settore allo scopo di orientare gli studenti nella prospettiva della transizione al mondo del lavoro o dell'acquisizione di ulteriori specializzazioni o titoli di studio a livello post secondario, il Ministro non ritenga opportuno l'inserimento della classe 19/A discipline giuridiche ed economiche, tra le classi abilitate all'insegnamento di tale disciplina. (4-04239)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il 14 febbraio 2014 le cronache dei giornali hanno riportato la notizia che il Viceministro del Lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità, Maria Cecilia Guerra ha inviato una formale nota di demerito al direttore dell'UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), relativamente alla diffusione di materiale didattico dell'UNAR per l'educazione alle diversità nelle scuole, elaborato dall'istituto Beck;
   l'istituto Beck, su incarico dell'UNAR, ha infatti realizzato il progetto «Educare alla diversità a scuola»: tale progetto, volto alla prevenzione e alla lotta nei confronti del bullismo omofobico, così pervasivo nelle odierne realtà scolastiche, si compone di tre cartelle, per i diversi cicli scolastici, create allo scopo di rendere le scuole più aperte e accettanti, scuole delle pari opportunità, che consentano e favoriscano lo sviluppo sano di tutti i ragazzi, indipendentemente dal loro orientamento sessuale;
   sul «caso» degli opuscoli dell'UNAR ha fatto altresì discutere una recente dichiarazione resa dal sottosegretario all'istruzione, Gabriele Toccafondi, in un'intervista apparsa su «l'Avvenire», in cui si affermava testualmente: «Posto che la lotta alla discriminazione, di qualsiasi tipo, è sacrosanta non credo possa però essere confusa con iniziative che con essa hanno poco o nulla a che vedere e che, invece, mi pare siano un tentativo di indottrinare i nostri ragazzi rispetto all'ideologia del gender e alle “nuove forme di famiglia”. E, fatto ancora più grave, senza coinvolgere le rappresentanze dei genitori all'interno della scuola»;
   l'UNAR, si ricorda, ha la particolare funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l'effettività del principio di parità di trattamento fra le persone ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 e del decreto del Presidente del consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2003;
   a seguito del programma promosso dal Consiglio d'Europa «Combattere le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere», per l'attuazione e l'implementazione della Raccomandazione del Comitato dei Ministri CM/REC (2010)5., al quale l'UNAR ha aderito estendendo, così, le sue competenze, è stata elaborata la strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’ orientamento sessuale e sull'identità di genere, predisposta e coordinata dall'UNAR, in collaborazione con le diverse realtà istituzionali, le Associazioni LGBT e le parti sociali;
   la strategia nazionale è finalizzata alla realizzazione di un piano triennale di azioni pilota (2013-2015), integrate e multidisciplinari, volte alla prevenzione e al contrasto delle discriminazioni in tale ambito;
   l'articolo 2 del Protocollo d'Intesa siglato il 30 gennaio 2013 tra il Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca e il Ministro con delega alle pari opportunità sancisce l'impegno preciso di questi ultimi «a promuovere un piano pluriennale di attività comuni [...] di sensibilizzazione e formazione, volte a promuovere nei giovani [...] la cultura del rispetto e dell'inclusione, nonché la prevenzione e il contrasto di ogni tipo di violenza e discriminazione»;
   allo scopo, poi, di dare concreta attuazione a tali obbiettivi e consentire la pianificazione strategica degli interventi in materia, il Protocollo non tralascia di prevedere la costituzione di un Comitato attuativo paritetico ad hoc, composto da sei rappresentanti, sei designati dal dipartimento per le pari opportunità e tre designati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (articolo 6);
   con particolare riferimento ai compiti dell'UNAR, rileva altresì il comunicato ufficiale della Commissione del Consiglio d'Europa contro il razzismo e l'intolleranza (ECRI) in data 21 febbraio 2012: «la Commissione ECRI del Consiglio d'Europa, nel concludere il proprio Rapporto rivolge poi tre prioritarie raccomandazioni al Governo Italiano, di cui la prima relativa proprio all'UNAR, per il quale, dopo aver espresso grande apprezzamento per i positivi risultati raggiunti nell'ultimo biennio dal punto di vista dei risultati organizzativi ed operativi, se ne chiede un ulteriore rafforzamento sia in termini di risorse umane e finanziarie, che dal punto di vista giuridico, prevedendone l'ampliamento formale dell'operatività a tutti gli altri ambiti discriminatori e l'innalzamento del livello di autonomia finanziaria ed amministrativa.»;
   in tale ambito, rileva sottolineare e ribadire l'impegno assunto dall'Italia a rispettare quanto stabilito in sede europea con l'ultima relazione prodotta dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Relazione 8 gennaio 2014, relatore Ulrike Lunacek, sulla tabella di marcia dell'Unione europea contro l'omofobia e la discriminazione legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere (2013/2183 (INI)), in cui si «invitano gli Stati membri a rispettare gli obblighi previsti dal diritto dell'Unione europea e dalla raccomandazione del Consiglio d'Europa sulle misure per combattere la discriminazione basata sull'orientamento sessuale o l'identità di genere» –:
   se, oltre al direttore dell'UNAR, altri soggetti fossero a conoscenza degli accordi siglati e dunque del normale avanzamento dei lavori relativi alla diffusione del materiale didattico citato in premessa;
   se, una volta siglato un protocollo d'intesa o comunque ricevute delle linee di indirizzo generali, debbano ascriversi all'UNAR ulteriori oneri di comunicazione o di richiesta di pareri, con il conseguente intuibile rischio di rendere l'UNAR di fatto non più autonomo, bensì direttamente controllato e controllabile dal Governo stesso;
   se, ai sensi dell'articolo 6 del citato protocollo d'intesa, risulti al Ministro interrogato che il Comitato attuativo paritetico sia stato effettivamente costituito e operativo, nonché quali siano gli attuali componenti designati, ovvero, in caso contrario, quando si prevede che lo stesso verrà costituito;
   se intenda riconoscere e attribuire piena indipendenza e implementazione del raggio d'azione dell'UNAR, estendendone la sfera di competenza a tutte le forme di discriminazione, non solo quelle razziali, provvedendo altresì a modificare anche la sua stessa denominazione, ormai anacronistica, in «UNA» (Ufficio nazionale antidiscriminazioni), dal momento che in Italia l'emergenza dei diritti civili resta ancora molto alta anche a causa della mancata previsione di garanzie adeguate e di una corretta educazione scolastica in tale ambito, secondo quanto prescritto invece dalla normativa europea.
(2-00476) «Di Vita, Cecconi, Lorefice, Grillo, Di Benedetto, Vacca, Simone Valente, Luigi Gallo, Spadoni, Chimienti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCUVERA, LENZI, ZAMPA, BURTONE, CARNEVALI, BENI, D'INCECCO, MURER, FOSSATI, CASATI, GRASSI, CAPONE e IORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso delle audizioni relative all'indagine conoscitiva che si sta svolgendo presso la Bicamerale infanzia ed adolescenza è emersa la scarsità di risorse con cui gli operatori devono far fronte al grave problema che affligge i minori stranieri non accompagnati;
   questi bambini ed adolescenti arrivano in Italia dopo viaggi in cui spesso subiscono terribili violenze e da cui talvolta ereditano debiti da restituire;
   questo tipo di immigrazione necessita di una rete coordinata di protezione a sostegno, data la minore età e il conseguente rischio di divenire preda di circuiti di illegalità;
   in questi ultimi giorni si stanno tenendo manifestazioni ad Augusta, in Sicilia, rivolte alle autorità locali e nazionali, per denunciare l'emergenza immigrati che in queste ultime settimane ha visto la città ospitare diverse migliaia di profughi, moltissimi i minori, nelle uniche due strutture sportive presenti, tra le quali il palazzetto di Brucoli, come riportato dagli organi di stampa;
   nella legge di stabilità n. 147 del 2013 commi 202 e 203 la dotazione del Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, di cui all'articolo 23, comma 11, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, è stato incrementato di 40 milioni di euro per l'anno 2014 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 –:
   se lo stanziamento per l'anno 2014 di cui sopra sia stato erogato e, in caso contrario, quando si intende procedere per venire incontro alle necessità dell'anno in corso. (5-02489)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il trattamento di fine rapporto (TFR) è una somma di denaro corrisposta d'ufficio al lavoratore dipendente contrattualizzato al termine del rapporto di lavoro;
   i termini di liquidazione dei trattamenti di fine servizio e di fine rapporto, dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, già disciplinati dall'articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, sono stati modificati dal comma 22 dell'articolo 1 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;
   la norma prevede che la liquidazione dei TFS/TFR sia disposta:
    a) per i casi di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso, entro 105 giorni dalla data di cessazione (3 mesi +15 giorni);
    b) per le cessazioni dal servizio per:
     1) raggiunti limiti di età;
     2) collocamento a riposo d'ufficio o a domanda degli interessati a causa del raggiungimento della massima anzianità contributiva ai fini pensionistici (40 anni);
     3) estinzione del rapporto a tempo determinato al termine finale fissato dal contratto non prima di sei mesi dalla cessazione ed entro i successivi tre mesi (6 mesi + 3 mesi);
    c) nei casi di cessazione dal servizio per:
     1) dimissioni volontarie;
     2) licenziamento;
     3) destituzione dall'impiego, e altro, non prima di ventiquattro mesi ed entro i successivi tre mesi (24 mesi + 3 mesi);
   i nuovi termini di liquidazione riguardano i TFS/TFR relativi a cessazioni dal servizio verificatesi dal 13 agosto 2011;
   il comma 23 del citato articolo 1 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, stabilisce che i nuovi termini di liquidazione non si applichino nei confronti dei soggetti che abbiano maturato i requisiti per il pensionamento prima del 13 agosto 2011, per i quali continua a valere la vecchia normativa che prevede la liquidazione dei TFS/TFR:
    entro 105 giorni nei casi di cessazione dal servizio per inabilità, decesso, raggiunti limiti di età, massima anzianità contributiva (40 anni);
    non prima di sei mesi ed entro i successivi tre mesi nei casi di cessazione dal servizio per volontarie dimissioni, licenziamento, destituzione, e altro;
   l'INPS – direzione generale, con circolare n. 37 del 14 marzo 2012 ha fornito ulteriori indicazioni in merito ai termini di pagamento dei TFS/TFR, a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 24 decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011;
   detta norma ha infatti fatto venir meno, dal 1o gennaio 2012, la nozione di «anzianità massima contributiva» e la possibilità di conseguire il diritto a pensione con 40 anni di anzianità contributiva a prescindere dall'età anagrafica (ad eccezione di coloro che avessero già maturato tale requisito entro il 31 dicembre 2011);
   pertanto, per il personale destinatario delle nuove regole di accesso e calcolo della pensione che cessa dal servizio senza aver raggiunto il limite di età previsto dal proprio ordinamento, il trattamento di fine servizio/trattamento di fine rapporto sarà messo in pagamento non prima di 24 mesi dall'interruzione del rapporto di lavoro. Resta fermo il termine di 6 mesi per il personale che ha maturato l'anzianità contributiva di 40 anni entro il 31 dicembre 2011 anche se cesserà dal servizio successivamente a tale data;
   in merito alle deroghe previste dal decreto-legge n. 138 del 2011 sopra riportate, ed a seguito della nota prot. n. 2680 del 22 febbraio 2012 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il termine di 105 giorni per le cessazioni dal servizio per limiti di età o di servizio sono a condizione che i relativi requisiti siano maturati entro il 12 agosto 2011. Pertanto, i lavoratori che a tale data abbiano maturato i requisiti congiunti di età ed anzianità contributiva (cosiddetta «quota») ma non abbiano ancora raggiunto il limite di età previsto dall'ordinamento di appartenenza, ovvero la massima anzianità contributiva, avranno il pagamento del TFS/TFR dopo sei mesi, anche nel caso in cui successivamente abbiano raggiunto, al momento della cessazione dal servizio, i predetti requisiti di accesso per limiti di età ovvero anzianità massima contributiva (40 anni);
   il pagamento non prima di 24 mesi dalla cessazione dal servizio ed entro i successivi 3 mesi nei casi di cessazione dal servizio per: dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione con maturazione requisiti dal 13 agosto 2011; licenziamento; destituzione dall'impiego e altro penalizza fortemente i lavoratori precari della pubblica amministrazione allorquando venga loro interrotto anticipatamente il rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro pubblico, costringendoli ad aspettare fino a 27 mesi il pagamento del trattamento di fine rapporto maturato;
   tale situazione interessa migliaia di lavoratori precari che hanno prestato servizio nella pubblica amministrazione e che riceveranno la liquidazione del trattamento di fine rapporto non prima di 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, che, per giunta, è avvenuta per decisione anticipata e unilaterale del datore di lavoro pubblico;
   tale normativa sembra colpire ingiustamente i lavoratori precari della pubblica amministrazione, per la maggior parte giovani, che dopo aver subito l'interruzione anticipata e unilaterale del rapporto di lavoro, rimangono non solo senza alcuna fonte di reddito ma non possono neanche disporre in tempi brevi del TFR maturato –:
   quali iniziative, di natura normativa, i Ministri interrogati abbiano intenzione di assumere al fine di rivedere la normativa sopra richiamata, che colpisce pesantemente questa categoria di lavoratori, già soggetti, loro malgrado, a forme di lavoro precario. (4-04233)


   DI VITA, CECCONI, LOREFICE, GRILLO, DALL'OSSO e BARONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 3 dicembre 2013 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 159/2013, recante il titolo «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 gennaio 2014;
   la disposizione riguarda milioni di cittadini italiani: l'indicatore di Situazione Economica/Equivalente, infatti, valuta e confronta la situazione economica dei nuclei familiari per regolare l'accesso alle prestazioni sociali e sociosanitarie erogate dai diversi livelli di governo;
   l'ISEE esiste già nella normativa italiana dal 1998, ma la sua applicazione è unanimemente ritenuta carente, inefficace e causa di un notevole numero di contenziosi. Da alcuni è, inoltre, ritenuto uno strumento scarsamente efficace nel contrasto di elusioni o abusi;
   forte anche di questi presupposti, dunque, il Parlamento, su proposta del Governo Monti, nel 2011 ha stabilito una revisione dell'ISEE che solo a fine 2013 è stato definitivamente approvato;
   il provvedimento è entrato in vigore l'8 febbraio 2014;
   da tale data, come previsto dal decreto stesso, decorrono i 120 giorni di tempo per completare il percorso di attuazione;
   per rispettare le scadenze, il primo passaggio dovrà essere completato entro il 9 maggio 2014 (90 giorni dall'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri). Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, su proposta dell'Inps e sentiti l'Agenzia delle entrate e il garante per la protezione dei dati personali, dovrà pubblicare un provvedimento con cui verrà definito il nuovo formato della dichiarazione unica sostitutiva (Dsu), cioè il documento centrale dell'Isee, che il richiedente dovrà compilare e consegnare per ottenere l'indicatore. Dovranno essere definite anche le istruzioni per la compilazione della Dsu, nonché le caratteristiche della ricevuta che verrà rilasciata al momento della presentazione della richiesta. Tra gli elementi che attendono di essere definiti con il provvedimento ministeriale c’è anche la modalità con cui i dati utilizzati per calcolare l'Isee saranno condivisi tra i vari soggetti coinvolti;
   completato questo passaggio, gli enti erogatori delle prestazioni sociali agevolate avranno 30 giorni per adeguarsi alle nuove disposizioni, a partire dall'8 giugno, quindi, il nuovo indicatore della situazione economica equivalente dovrà essere pienamente operativo, sempre che vengano rispettate le scadenze previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri –:
   quale sia lo stato attuale dell’iter di attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
   se si preveda che le scadenze previste dal decreto, citate in premessa, verranno rispettate;
   se siano in atto o comunque, eventualmente, previsti controlli ministeriali diretti alla verifica dell'adeguamento alle nuove norme da parte degli enti erogatori, e con quali modalità intenda effettuare gli stessi;
   se, come riferito dal Vice ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore Maria Cecilia Guerra in occasione dell'audizione svoltasi il 23 gennaio 2014 in Commissione affari sociali, si intenda provvedere alla divulgazione, previa pubblicazione, delle simulazioni applicative del nuovo ISEE;
   come intenda agire nell'eventualità in cui dovessero riscontrarsi problemi di particolare entità sin dai primi esiti applicativi del nuovo ISEE e se, in tal caso, prenda in considerazione l'opportunità di formare una task force di intervento o, comunque, di elaborare un piano per modificare il nuovo strumento di indicazione della situazione economico-patrimoniale;
   se intenda assicurare sin d'ora, scongiurando la linea di intervento prefigurata dal Commissario straordinario per la spending-review, Carlo Cottarelli, che non procederà ad una riduzione delle indennità, specie di accompagnamento, soprattutto data l'incertezza circa gli esiti applicativi del nuovo impianto ISEE, nonché alla luce della mancata revisione dell'articolo 5 del decreto «Salva Italia» che vede dette provvidenze assistenziali, peraltro costituzionalmente garantite, ingiustamente assimilate a voci di reddito;
   se non ritenga doveroso chiarire in che termini specifici intenda inasprire la cosiddetta lotta ai falsi invalidi tramite l'applicazione dell'ISEE, considerata, anzitutto, l'attuale indisponibilità o, comunque, la mancanza della documentazione necessaria per asserire che lo stesso indicatore economico possa considerarsi uno strumento certamente adatto allo scopo suddetto, nonché, a maggior ragione, a fronte dell'insuccesso della campagna di contrasto ai falsi invalidi, tuttora in atto, che fornisce oggi solo un quadro di migliaia di revoche disposte, specialmente, non a causa di illegittimi abusi riscontrati, bensì per via delle normali cessazioni dello stato temporaneo di invalidità dei beneficiari. (4-04244)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TENTORI, TERROSI, TARICCO, ZANIN, CENNI, COVA, MARIANI, FOSSATI e SCUVERA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2013 a Castellanza in provincia di Varese è stato identificato per la prima volta il coleottero chiamato Ophraella communa originario del Nord America, introdotto in Oriente sul finire dello scorso secolo, che si è rapidamente diffuso in tutta la Lombardia, oltre che nel Canton Ticino, in particolare rinvenendo la specie nelle province di Como, Varese, Milano, Lecco e Pavia;
   i primi campioni sono stati affidati al laboratorio fitopatologico del servizio fitosanitario regionale e dopo essere stati identificati a livello specifico su base morfologica, tale determinazione è stata confermata attraverso l'analisi del Dna;
   dalle prime informazioni e dalle notizie comparse sugli organi di stampa si apprende che si tratta di una specie oligofaga associata alle Asteraceae Heliantheae, sottotribù Ambrosiinae ed Helianthinae, ma con preferenza per Ambrosia artemisiifolia (pianta erbacea infestante che provoca allergie), che compie più generazioni all'anno, svolge gran parte del suo ciclo sulla parte aerea della pianta e le cui larve e adulti si alimentano principalmente delle foglie, sulle quali vengono anche deposte le uova, ma non trascurano i fiori;
   il coleottero ha localmente causato sull’Ambrosia gravi defogliazioni e un generale intristimento delle piante colpite, che risultano aver subito danni rilevanti nelle condizioni d'infestazione più severe e in alcuni casi l'effetto in pieno campo e paragonabile a un diserbo selettivo;
   i rilievi aerobiologici condotti nelle stazioni di monitoraggio dei pollini d'interesse allergologico di Legnano, Magenta e Rho (Milano) hanno evidenziato una notevole diminuzione delle concentrazioni di Ambrosia;
   l’Ophraella communa è stata posta in passato all'attenzione in diversi Paesi per un possibile utilizzo come agente di controllo biologico dell’ Ambrosia;
   se la diffusione dell’Ophraella communa sul nostro territorio sarà confermata, la presenza dell’Ambrosia e i danni che essa produce potrebbero ridursi considerevolmente, sollevando le pubbliche amministrazioni locali da pesanti oneri per il controllo dell'infestante;
   la bibliografia riguardante le specie cosiddette «aliene» introdottesi in Italia comprende numerosi insetti causa di gravi danni agli ecosistemi locali oltre che al comparto agricolo, come ad esempio il cinipide che danneggia fortemente la produzione di castagne;
   i cicli biologici sono complessi e quindi un insetto come l’ Ophraella communa apparentemente utile e con ricadute inizialmente positive, potrebbe essere fonte di ulteriori problemi ad esempio in merito all'impatto sugli ecosistemi del territorio, all'equilibrio con la pianta ospite o alle altre specie erbacee che eventualmente potrebbero essere attaccate una volta terminata l’Ambrosia –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se sia intenzione del Governo valutare il possibile utilizzo della Ophraella communa come agente di controllo biologico dell’Ambrosia procedendo ai dovuti approfondimenti su eventuali effetti collaterali legati all'ingresso di questo nuovo coleottero nell'ecosistema del territorio;
   se il Governo intenda approfondire il problema dei controlli alle frontiere per mettere in campo provvedimenti volti a limitare gli indesiderati ingressi di specie cosiddette «aliene» negli ecosistemi locali. (5-02479)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 in materia di nuove regole sulle assenze per malattia, applicabile nei confronti dei dipendenti in servizio con contratto a tempo indeterminato e determinato nonché dei dipendenti assunti con forme di impiego flessibile, prevede che nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto ai dipendenti solo il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento;
   la ritenuta economica è relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia e non ai primi dieci giorni dell'anno. Pertanto ogni evento morboso è tassato fino ai primi dieci giorni, anche se viene giustificato con uno o più certificati medici continuativi;
   la successiva circolare ministeriale n.8 del 5 settembre 2008 precisa che nel caso in cui l'assenza si protragga oltre i dieci giorni, per i primi dieci si applicheranno le disposizioni contenute nell'articolo 71, mentre per i successivi «occorre applicare il regime giuridico-economico previsto dai CCNL e accordi di comparto per le assenze per malattia». In questo modo, la norma contenuta nel decreto 2008 si sovrappone al regime delle decurtazioni già previsto dai CCNL e ciò comporta che, superato il 10o giorno di assenza, le decurtazioni proseguono fino al giorno indicato dal CCNL di riferimento;
   secondo il citato decreto-legge n. 112 del 2008 non concorrono alla determinazione del conteggio dei giorni di malattia nel periodo di comporto le assenze dovute ad infortunio sul lavoro certificate dall'Inail, i giorni di ricovero ospedaliero o di day-hospital e le assenze dovute a patologie gravi che necessitano di terapie salvavita;
   non sono tuttavia ricomprese nelle patologie gravi le malattie croniche invalidanti e/o degenerative ex decreto ministeriale 329 del 1999 aggiornato al decreto ministeriale 296 del 2001 che compromettono lo stile di vita e di relazione della persona affetta –:
   se non ritenga doveroso assumere iniziative per la modifica dell'articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008 nella parte in cui definisce patologie gravi solo quelle che necessitano di terapie salvavita, escludendo dalla decurtazione della retribuzione quantomeno le patologie gravi croniche invalidanti, e/o le patologie che determinano uno stato di invalidità di almeno il 75 per cento;
   se non ritenga altresì doveroso assumere iniziative per un controllo massiccio sulle certificazioni che attestano lo stato di malattia dei lavoratori rilasciate dai medici di base o specialisti;
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire il diritto alla salute dei cittadini, evitando in tal modo che un lavoratore affetto da una patologia grave che compromette totalmente la sua vita di relazione e lavorativa, come ad esempio la artrosi reumatoide, possa essere equiparato sotto il profilo del trattamento economico ad un lavoratore affetto da bronchite.
(2-00477) «Lorefice, Silvia Giordano, Grillo, Cecconi, Dall'Osso».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ultima relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori sanitari metteva in evidenza che nel decennio 1995-2005 la spesa sanitaria in Italia era quasi raddoppiata, passando da 48 a 92 miliardi di euro l'anno e nel decennio successivo il trend all'orizzonte sembrava mantenere questa stessa rotta, essendo la spesa attuale di 112 miliardi, destinata ad aumentare del 2,2 per cento nel 2013;
   la medicina difensiva è uno dei capitoli più «pesanti» all'interno della spesa sanitaria complessiva, perché l'eccesso di prescrizioni per evitare contenziosi con i pazienti pesa sulla spesa sanitaria pubblica per 10 miliardi di euro, lo 0,75 per cento del prodotto interno lordo. Poco meno di quanto investito in ricerca e sviluppo nel nostro Paese: l'incidenza percentuale dei costi della medicina difensiva sulla spesa sanitaria è del 10,5 per cento (farmaci 1,9 per cento, visite 1,7 per cento, esami di laboratorio 0,7 per cento, esami strumentali 0,8 per cento, ricoveri 4,6 per cento);
   da numerose ricerche effettuate in questo campo emerge che il 53 per cento dei medici dichiara di prescrivere farmaci a titolo «difensivo» e, mediamente, tali prescrizioni sono il 13 per cento circa di tutte le prescrizioni dei ricettari; il dato s'impenna al 73 per cento con riferimento alle visite specialistiche, dove le prescrizioni inutili diventano il 21 per cento del totale effettuato dal singolo medico; analogamente il ricorso a esami di laboratorio e ad esami strumentali costituisce una sorta di autotutela per i medici; è evidente l'eccesso, lo spreco, di sanità in tempi di spending review;
   tra medici ed avvocati si è scatenata negli ultimi anni una vera e propria guerra di immagine che fa del contenzioso medico-legale una fonte di reddito per alcuni e un esborso eccessivo del sistema per altri, ma soprattutto incide pesantemente anche sull'immagine di una intera categoria di professionisti, che nella stragrande maggioranza sono pienamente dedicati al loro lavoro professionale in scienza e coscienza, come recita il codice di deontologia professionale dei medici;
   il contenzioso si è attualmente spostato sul piano della comunicazione e degli spot televisivi, l'ultimo dei quali è lo spot «Siete avvoltoi» di Amami, a difesa dei medici, che protestano contro quanti, denunciando la malasanità, sottraggono dignità al medico e serenità al paziente; nel video in questione si invitano i cittadini dal diffidare dagli «avvoltoi» che «si approfittano della fiducia dei pazienti» e propongono un «facile arricchimento con cause milionarie», considerando «i medici come prede»;
   il video, rivolgendosi ai cittadini, considerati come pazienti potenzialmente danneggiati dai medici, sottolinea come gli attacchi continui alla classe medica, accusata sistematicamente di malasanità, «il danno vero lo facciano alla sanità e ai vostri diritti perché, un medico che ha paura di prendere una decisione, farà male il suo lavoro»;
   lo spot rappresenta una evidente risposta allo spot della società «Obiettivo Risarcimento» che ha fatto il giro di molte TV nazionali e ha creato un profondo disagio tra le associazioni mediche, mettendo in difficoltà anche esponenti politici e sindacali; ma anche questo spot era una risposta a quello promosso il 12 febbraio 2014 dal Collegio italiano chirurghi in occasione dello stato di agitazione di ginecologi e ostetriche, che chiedevano una diversa legge sulla responsabilità medica; il video dei chirurghi, ovviamente, era tutto centrato sull'abnegazione e l'impegno dei medici e sulla delicatezza della loro missione e sottolineava l'assurdità di un contenzioso con i pazienti che sta allontanando molti giovani neo laureati da queste specializzazioni –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per evitare questa costosissima battaglia di spot che, in un caso e nell'altro, sono lesivi della dignità professionale medica e forense e comunque rappresentano un approccio fuorviante a tematiche delicate e complesse come quella del rischio clinico, che va affrontata con ben altri strumenti sul piano della organizzazione sanitaria, della formazione specialistica e della normativa in un ambito, così delicato e complesso, che da anni chiede una formulazione più adeguata ed efficace. (5-02484)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dodici anni dopo la direttiva europea attualmente in vigore, il fumo rimane la principale causa prevenibile di morte in Europa: sono circa 700.000 le persone che muoiono ogni anno di tumore polmonare o presentano una grave sindrome di broncopatia ostruttiva cronica (BPCO). Nel corso degli anni, le misure adottate per scoraggiare il fumo hanno contribuito a ridurre la percentuale di cittadini dell'Unione europea che fumano dal 40 per cento nell'Unione europea -15 nel 2002 e del 28 per cento nell'Unione europea a 27 nel 2012;
   il Parlamento europeo ha approvato con 514 voti a favore, 66 voti contrari e 58 astensioni una nuova direttiva che riguarda il consumo di tabacco, e che contiene alcune precise indicazioni che ne limitano l'uso soprattutto tra i più giovani, che iniziano a fumare sempre prima; il testo dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri dell'Unione europea il prossimo 14 marzo;
   il relatore Linda McAvan (S&D, UK) nel suo intervento al Parlamento europeo ha fatto presente due fatti fondamentali: l'intensa azione di contrasto nei confronti delle lobby del tabacco e il forte contributo alla prevenzione indispensabile per tutelare le prossime generazioni, perché i giovani iniziano a fumare ben prima del loro 18 compleanno;
   a legislazione vigente le avvertenze dissuasive coprono il 30 per cento della superficie della parte anteriore della confezione e il 40 per cento del retro; il testo proposto a livello europeo praticamente raddoppia la superficie e dispone che gli avvertimenti siano in forma di immagine perché il messaggio di pericolosità sia immediatamente comprensibile anche dai più giovani – cosa che al momento non accade nella maggior parte degli Stati membri – e nello stesso senso dovrebbe favorire la prevenzione anche il divieto delle confezioni con meno di 20 sigarette, che essendo meno costose sono più accessibili ai più giovani;
   è infatti dimostrato che nella maggior parte dei casi (70-80 per cento) l'abitudine al fumo di sigaretta si instaura tra i 10 e i 14 anni; ma alcune evidenze scientifiche stanno emergendo anche riguardo al contrasto al fumo negli adolescenti: in Canada, tra il 2001 e il 2011, la prevalenza di giovani fumatori è passata dal 25 per cento al 12 per cento grazie alle politiche restrittive e al contrasto dell'immagine allettante che il fumo può esercitare tra le fasce più indifese; l'uso di immagini shock sui pacchetti ha creato un decremento dell'8 per cento nel fumo tra i ragazzi di 15-17; media, cinema e tv, in prima linea, hanno inoltre una forte responsabilità nel promuovere corretti stili di vita;
   i deputati europei hanno proposto anche una chiara regolamentazione delle e-sigarette, commercializzate come un'alternativa meno nociva per la salute o addirittura come un aiuto per smettere di fumare; vanno quindi trattate o come farmaci o come prodotti del tabacco. In quest'ultimo caso, la concentrazione di nicotina non dovrebbe superare i 20 mg/ml; l'uso delle sigarette elettroniche va escluso per i bambini e le stesse dovranno portare precise avvertenze per la tutela della salute; in ogni caso, vanno soggette alle stesse restrizioni di pubblicità dei prodotti da tabacco;
   la nuova direttiva europea vieta anche quegli aromi che nelle sigarette e nel trinciato rendono il prodotto più attraente e danno un «sapore caratterizzante»; alcuni additivi particolarmente dannosi per la salute saranno vietati, mentre il mentolo sarà vietato dal 2020;
    gli Stati membri avranno due anni per recepire la normativa –:
   quali misure si intendano assumere per un'azione di prevenzione forte ed incisiva nei confronti dei giovani;
   quali iniziative si intendano assumere per contenere la diffusione delle sigarette elettroniche nella convinzione che facciano meno danno o addirittura aiutino a smettere di fumare. (5-02486)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno si registrano in media 61 denunce di sinistro per ospedale e nel 2012 il costo medio per sinistro è passato a 116 mila euro rispetto ai 66 mila del 2012; ogni ospedale riceve 61 richieste di risarcimento all'anno, corrispondenti a 1 sinistro ogni 10 posti letto e quasi 1,8 ogni 10 medici;
   pur calando quindi gli errori denunciati nella sanità pubblica, questi diventano sempre più cari e di fatto sono costati 300 milioni di euro di risarcimento nel solo 2012, con un risarcimento complessivo di oltre 1,5 miliardi in 9 anni; nonostante il calo del numero dei sinistri, il loro valore economico è stato maggiore perché gli incidenti sono stati più gravi e le conseguenze più pesanti;
   le aree sanitarie più colpite risultano la ginecologia, soprattutto per quanto attiene i danni da parto, l'ortopedia con un significativo aumento degli infortuni, alcune aree che prima non registravano denunce o ne denunciavano in numero irrilevante come la neurochirurgia e la cardiochirurgia; le specialità più a rischio sono quindi ortopedia (13 per cento), pronto soccorso (12,5 per cento), chirurgia generale (10 per cento), ostetricia e ginecologia (8 per cento) e tra gli errori più reclamati ci sono quelli chirurgici (27 per cento), diagnostici (19 per cento), terapeutici (11 per cento) e cadute di pazienti e visitatori (10 per cento);
   si tratta di dati riportati dal V rapporto Medmal sui sinistri in sanità di Marsh, che analizza oltre 96 tra ASL e aziende ospedaliere pubbliche, in un arco di tempo tra il 2004 e il 2012; in questo arco di tempo il costo medio per sinistro è salito da 40 mila a 66 mila euro, con un picco registrato nel 2012, quando il valore medio del risarcimento è decisamente raddoppiato;
   tutto ciò crea un aggravio dei costi assicurativi cresciuti del 15-17 per cento; l'aumento medio dei valori assicurativi riguarda tutte le aree. Il valore assicurativo medio è passato da 3.400 a 4.000 euro per posto letto: in termini assicurativi un medico costa in media 6.841 euro, un infermiere 2.864 euro, un ricovero 106 euro, con valori molto più alti nel centro Italia. Riguardo al numero di richieste di risarcimenti danni, al primo posto c’è il nord con il 55,4 per cento seguito dal centro con il 39 per cento (14.801) e dal sud con il 6 per cento (2.298);
   rispetto alle strutture sanitarie coinvolte, quelle di primo livello hanno avuto il maggior numero di richieste di risarcimento danni (54,73 per cento), seguite da quelle di secondo livello, come gli ospedali ad alta intensità di cura o ad alta specializzazione (23,46 per cento) e gli ospedali universitari (18,8 per cento). Molto distanziate sono le strutture specialistiche monotematiche come quelle ortopediche 1,8 per cento, quelle materno infantili 1 per cento e quelle oncologiche 0,23 per cento;
   i tempi per le denunce appaiono piuttosto lunghi: circa la metà delle richieste di risarcimento danni sono avanzate entro i primi 6 mesi dall'evento critico; molte arrivano entro due anni e alcune anche entro 6 anni. Risultano concluse solo il 31 per cento delle richieste, mentre restano aperte poco più del 45 per cento di pratiche, mentre il 23 per cento rimane senza seguito –:
   cosa intende fare il Ministro per contenere i costi della medicina difensiva che rappresenta la risposta dei medici e degli ospedali all'incremento delle denunce, che richiedono importi sempre più alti, per fronteggiare un rischio clinico, al tempo stesso oggettivo e soggettivo.
(5-02487)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si registra attualmente una certa discordanza tra i diversi tribunali, alcuni dei quali condannano il ricorso alla maternità surrogata, attraverso la pratica dell'uso in affitto, mentre altri tribunali invece assolvono coloro che ricorrono a questa pratica;
   la legge n. 40 del 2004 vieta la maternità surrogata, soprattutto se viene commercializzata come accade nella maggioranza dei casi noti;
   eppure il tribunale di Milano ha recentemente assolto una coppia dall'accusa di aver alterato lo stato civile di un neonato, nato con la pratica dell'utero in affitto, mediante false attestazioni; il bambino, frutto di una maternità surrogata, era stato partorito a Kiev da una giovane ucraina e l'accusa era scattata dopo la segnalazione dell'ambasciata italiana a Kiev;
   nel giugno 2013 c’è stato un altro caso, anch'esso terminato con un'altra assoluzione per una coppia di triestini tornati in Italia dall'Ucraina con 2 gemelli. Il tribunale friulano aveva escluso che ci fosse stato un falso;
   il tribunale di Brescia ha invece condannato un'altra coppia di Iseo per la stessa accusa: alterazione di stato civile, condannandola a cinque anni e un mese per la stessa accusa;
   in Europa esistono legislazioni che permettono la pratica dell'utero surrogato, regolandolo per legge e disciplinandolo in maniera legale, ma in Italia la legge n. 40 del 2004 prevede che i figli nati da tecniche vietate nel nostro Stato siano considerati figli legittimi della coppia che li ha generati e non è possibile applicare il divieto di paternità;
   si va diffondendo in Italia una interpretazione della legge n. 40 del 2004 secondo la quale la legge proibisce la pratica dell'utero in affitto solo se commercializzato; nel 2000, prima quindi che venisse approvata la legge n. 40, il tribunale di Roma aveva autorizzato questa pratica, nel caso fosse stata applicata su base solidale, senza commercializzazione del corpo o di parti di esso nel pieno rispetto delle norme in vigore nel nostro Paese e delle norme comunitarie;
   tutelare tutti i bambini, compresi quelli che nascono dalla pratica dell'utero in affitto, le cosiddette gravidanze per conto terzi, è doveroso, ma non si può ignorare il fatto che molto spesso le «madri» che si rendono disponibili ad «affittare» il proprio utero sono tra le più povere e vivono in condizioni disagiate, in Paesi in cui la legislazione proprio perché più tollerante le tutela molto meno, e in un certo senso legittima un vero e proprio sfruttamento del corpo delle donne –:
   come intenda procedere per applicare questo passaggio fondamentale della legge n. 40 del 2004, che tutela tutti i protagonisti dell'evento nascita, evitando una volta di più che vi sia una modifica dell'impianto della legge per via giurisprudenziale. (5-02488)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   risulta difficile quantificare il costo dell'assistenza sanitaria per gli immigrati, analogamente a quanto accade anche per alcune categorie di italiani (ad esempio, anziani, disabili, malati oncologici e altri), per i quali costi diretti e costi indiretti, costi di natura sanitaria e costi di natura sociale si intrecciano profondamente;
   la stima dei costi sostenuti per l'assistenza sanitaria agli immigrati può essere effettuata con una metodologia messa a punto negli anni dal gruppo di lavoro nazionale «Salute immigrati» a partire dalle prime valutazioni relative agli anni 2003-2005, pubblicate nel 2008; ma il diverso grado di affidabilità dei dati forniti dalle regioni e le diverse modalità di contabilizzazione impiegate dalle stesse rendono possibile effettuare solo delle stime e rendono difficile il benchmark;
   gli immigrati «irregolari» sono per lo più extra-comunitari senza permesso, spesso in condizioni di marginalità sociale e senza possibilità di iscriversi al servizio sanitario nazionale;
   nelle Marche, ad esempio, sembra che l'assistenza agli «irregolari» costi di più di quella agli italiani per due ragioni almeno: troppi ricoveri e poca medicina di base; nel 2010, nelle Marche, la spesa media stimata per singolo ricovero per gli immigrati residenti regolari è stata inferiore del 30 per cento di quella per gli italiani. Ma quella degli immigrati irregolari, soprattutto bambini, è stata superiore del 22 per cento, tenendo conto che i bambini in questo caso non hanno un pediatra di base;
   se si confrontano le due sottopopolazioni di immigrati, i regolarmente residenti e gli «irregolari», il «peso» dei ricoveri per questi ultimi è maggiore rispetto a quello degli italiani e può essere addirittura superiore, soprattutto nella classe di età pediatrica (0-14 anni), a quello degli italiani. Questo ultimo dato suggerisce la necessità di una presa in carico da parte del pediatra di base per evitare il ricorso al ricovero in condizioni di maggiore gravità con conseguenze sulla salute e sui costi;
   se è comprensibile che gli italiani, in quanto popolazione più anziana e con patologie croniche necessitino di un'assistenza ospedaliera più complessa e quindi più costosa, la differenza tra immigrati regolarmente residenti e quelli «irregolari» – che hanno caratteristiche anagrafiche analoghe – dovrebbe suscitare attenzione maggiore a livello politico-sanitario;
   nell'attuale contesto nazionale in cui la necessità di ottimizzare le risorse suggerisce di fornire le cure di base a chi ne ha bisogno, a partire dai gruppi più vulnerabili, ciò significa anche assumere la responsabilità di operare in termini di efficienza, oltre che contrastare le diseguaglianze, che hanno ricadute negative su tutta la collettività –:
   come intenda rivalutare le esigenze degli immigrati, anche irregolari, in termini di assistenza da erogare sia per gli ovvi valori umani che a ciò sono correlati, come descrittore del grado di cultura e di apertura verso le persone più indigenti, sia per gli effetti che tale scelta produce come precisa misura di risparmio sul piano dei costi del servizio sanitario nazionale, dal momento che più prevenzione e più assistenza di base ridurrebbero il ricorso all'ospedale, strutturalmente più caro. (5-02491)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale ha recentemente «bocciato» la legge Fini-Giovanardi considerandola incostituzionale;
   la questione di legittimità della legge era stata sollevata dalla Cassazione per violazione dell'articolo 77 della Costituzione, perché nel 2006 nella norma di conversione, afferma la Corte, furono inseriti emendamenti estranei all'oggetto e alle finalità del decreto;
   la legge Fini–Giovanardi equiparando droghe leggere e pesanti, prevedeva sanzioni analoghe per l'uso e lo spaccio di entrambe;
   questa decisione fa rivivere la legge Iervolino-Vassalli modificata dal referendum del 1993, che prevede invece pene più basse per le droghe leggere;
   la legge Iervolino–Vassalli punisce con l'arresto e il carcere sia lo spaccio di cannabis che quello di altri tipi di droghe, ma non precisa quale sia la quantità di sostanza che fa scattare la sanzione penale e prevede tabelle diverse per classificare le cosiddette droghe leggere e pesanti;
   Francis S. Collins, direttore del National Institutes of Health (Nih), una delle massime autorità di ricerca negli Stati Uniti, ha sollevato preoccupazioni verso la legalizzazione della marijuana che sta prendendo piede negli Stati Uniti dove due Stati, il Colorado e lo Stato di Washington, l'hanno già legalizzata; altri Stati stanno considerando la legalizzazione delle droghe leggere o la loro decriminalizzazione per uso medico o ricreazionale;
   Collins ha sottolineato che l'uso regolare di marijuana in adolescenti, in particolare in adolescenti sotto i 18 anni, ha un impatto significativo per tutta la vita sul cervello portando a una tossicità associata a una perdita media di circa 10 punti di quoziente di intelligenza (IQ), cioè una perdita di capacità cognitiva;
   Tirelli, direttore del dipartimento di oncologia medica dell'istituto tumori di Aviano, citando uno studio del direttore dei Nih, Francis Collins, ha lanciato l'allarme sui pericoli derivanti dalla legalizzazione di queste sostanze, tra le altre ragioni perché «il fumo di cannabis può portare ad un maggiore rischio di cancro al polmone»;
   un lavoro statunitense pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, riporta danni neurologici delle cosiddette droghe leggere suggerendo un effetto neurotossico della cannabis nel cervello degli adolescenti, cervello che è in fase di sviluppo; un recente studio condotto dalla British Lung Foundation dimostra che il fumo della cannabis aumenta anche il rischio del tumore del polmone –:
   quali iniziative intenda assumere per intensificare le misure di prevenzione nei confronti degli adolescenti per evitare una possibile banalizzazione nell'uso e nel consumo delle cosiddette droghe leggere, che lascia pensare ad una presunta differenziazione di pericolosità dei vari tipi di sostanza. (5-02492)


   BINETTI e CATALANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in merito alla recente vicenda che ha coinvolto due multinazionali quali la Roche e la Novartis, il presidente della società italiana di oftalmologia si è chiesto perché l'AIFA avesse contrastato il diffusissimo utilizzo di Avastin da parte degli oculisti, escludendolo dall'elenco dei farmaci rimborsabili da parte del Servizio sanitario nazionale (legge n. 648 del 1996);
   un'autorità come l'AIFA, le cui funzioni di regolamentazione e di controllo hanno un impatto determinante e fondamentale sulla salute dei cittadini, avrebbe dovuto individuare soluzioni dirette esclusivamente alla tutela della salute pubblica e del diritto all'accesso alle cure da parte dei cittadini italiani, analizzando tempestivamente somiglianze e differenze dei due farmaci in questione: l'Avastin e il Lucentis;
   la stessa AIFA nel 2007 aveva introdotto l'Avastin fra i farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale inserendolo nell'apposito elenco di cui alla legge n. 648 del 1996; decisione assunta sulla base di dati oggettivi in cui venivano ampiamente illustrati alla Agenzia sia l'evidente efficacia di Avastin che la sicurezza del suo utilizzo; su questa base è stata decisa la rimborsabilità del farmaco e l'accesso alle cure da parte di tutti i cittadini sino a dicembre 2012;
   nel dicembre 2012 l'AIFA, dopo un intervento dell'EMA (European medicinal agency) sulle note informative che accompagnavano l'Avastin, ha deciso non consentire più la sua rimborsabilità, riducendone sostanzialmente l'utilizzo; negli altri Paesi europei però non è stato dato alcun rilievo pratico alla segnalazione fatta dalla EMA, per cui non c’è stata nessuna limitazione nell'uso del farmaco in questione;
   l'AIFA sostiene che la limitazione all'uso di Avastin dipende da ragioni meramente normative, perché si tratta di un farmaco off–label, ossia non registrato per usi oftalmologici;
    l'AIFA sostiene di aver fatto quanto previsto dall'articolo 1, quarto comma, della legge n. 648 del 1996 secondo cui i farmaci off–label possono essere utilizzati solo «qualora non esista valida alternativa terapeutica»; nel caso concreto l'alternativa terapeutica è rappresentata dal farmaco Lucentis, la cui autorizzazione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 130 del 7 giugno 2007;
   non risulta facile comprendere però perché l'AIFA abbia fatto trascorrere tanto tempo: dal 2007 al 2012 prima di sollevare il problema; AIFA insiste sul fatto che l'Avastin non era stato pensato per un uso intravitreale, cosa abbastanza ovvia trattandosi di un farmaco off-label, altrimenti si tratterebbe di un comune farmaco in-label;
   AIFA inoltre sostiene che pur non essendo stati segnalati eventi avversi da parte degli oculisti, c'erano comunque segnalazioni di «eventi avversi non oculari»; oculisti italiani più volte sollecitati a segnalare effetti collaterali negativi legati al farmaco avrebbero sempre risposto negativamente; alcuni studi scientifici importanti e soprattutto indipendenti (cioè non sponsorizzati da aziende farmaceutiche: il CATT 1 dell'aprile 2011 e il CATT 2 e IVAN 1 del luglio 2012) mostrano con chiarezza come Avastin e Lucentis siano farmaci equivalenti per efficacia e sicurezza, anche in quanto ad effetti avversi non oculari; ma l'AIFA sostiene che Avastin e Lucentis «non sono identici tra loro né da un punto di vista farmacologico, né strutturale perché Avastin è un anticorpo intero, mentre Lucentis ne è un frammento anticorpale, che ha emivita più breve e rimane in circolo meno tempo (2 ore contro circa 20 giorni)»;
   la società oftalmologica italiana (SOI), analizzando le differenze tra i due farmaci, sostiene che Lucentis, il «frammento anticorpale» di Avastin, sia molto più aggressivo e resta in circolo solo 2 ore, mentre l'Avastin, 10 volte meno violento, resta in circolazione circa 20 giorni; secondo la Roche però «Avastin (bevacizumab) e Lucentis (ranibizumab) sono farmaci diversi, per composizione, struttura e modalità di somministrazione; studiati e sviluppati per scopi terapeutici differenti: Avastin (bevacizumab) è un farmaco oncologico, mentre Lucentis (ranibizumab) è un farmaco ad uso oftalmico»;
   nonostante le forti affinità sul piano clinico tra i due farmaci la differenza maggiore resta di tipo economico; in relazione al prezzo di Lucentis, ritenuto troppo alto, l'AIFA sottolinea come «al fine di vigilare sui costi per il Servizio sanitario nazionale e riconoscendo una possibile sovrastima del valore proposto dall'azienda Novartis per il proprio farmaco Lucentis, l'Agenzia abbia condotto un'intensa attività negoziale per abbattere il prezzo dello stesso dagli originali 1800 euro (negoziati nel 2007) al prezzo attuale che, al netto degli sconti per il SSN, arriva al di sotto dei 700 euro; secondo l'Aifa si tratta del prezzo «più basso di tutta Europa», dove i prezzi superano in molti i casi i 900 euro;
   molti professionisti oculisti hanno raccontato di aver usato questo medicinale l'Avastin, per anni senza problemi e il Consiglio superiore di sanità sta facendo un approfondimento sugli effetti collaterali del farmaco e su come viene utilizzato in altri Paesi;
   secondo notizie diffuse nei giorni scorsi la procura di Torino avrebbe aperto un'indagine per disastro colposo e associazione a delinquere nei confronti, dei vertici di Roche e Novartis; al centro della vicenda la presunta collusione tra le due multinazionali per boicottare l'uso off–label di Avastin in campo oftalmico che aveva già portato alla maxi sanzione dell'Antitrust –:
   quali iniziative, insieme all'Aifa quale autorità regolatoria del farmaco, intenda adottare per rivedere la gestione dei farmaci off-label, perché, senza compromettere la tutela della salute dei pazienti, si tenga conto anche delle ragioni di tipo economico. (5-02493)


   AMATO, CASTRICONE e D'INCECCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il sito industriale di BUSSI (PESCARA) attualmente di proprietà della Solvay, risulta essere sito inquinato per la bonifica del quale sono stati stanziati 50 milioni di euro;
   da una relazione dell'Istituto superiore di sanità il sito viene definito in una relazione a seguito di indagini «Una discarica di veleni tossici dell'ex polo chimico Montecatini Edison di Bussi» che fino al 2007 ha contaminato l'acqua, «distribuita a circa 700mila persone senza controllo e persino a ospedali e scuole»; nelle conclusioni si riporta: «la qualità dell'acqua è stata indiscutibilmente, significativamente e persistentemente compromessa per effetto dello svolgersi di attività industriali di straordinario impatto ambientale in aree ad alto rischio per la falda acquifera e per le azioni incontrollate di sversamento». L'acqua risulta «contaminata da sostanze di accertata tossicità»;
   queste notizie sono di importante impatto in termini di preoccupazione per la salute della popolazione –:
   se intenda e in che tempi dare comunicazione sulla reale tossicità delle acque in termini di rischio di patologie per la popolazione;
   qualora il rischio fosse di natura oncologici quali siano le procedure «straordinarie» di screening che intende mettere in atto a tutela della salute della popolazione dell'intera area. (5-02499)


   GRILLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un tratto della Sicilia, in particolare la zona tra Catania e Siracusa, un centro di sole 24.000 anime, lontano dalle insidie dei poli industriali, detiene il triste record delle morti per leucemia;
   questo è quanto risulta dagli studi a cura dell'azienda USL di Siracusa, di recente pubblicati sul registro territoriale di patologia, ed in particolar modo è quanto avviene da vent'anni nel comune di Lentini, in provincia di Siracusa, dove di leucemia continuano a morire uomini, donne e bambini per un tasso tre volte superiore al dato nazionale;
   inutile contare le denunce pervenute alla procura della Repubblica di Siracusa per conto dei genitori delle vittime più giovani, giustificate dal fatto che sembrerebbe, anche tenuto conto delle agenzie di stampa, che in realtà «sotto» quel fazzoletto di terra e agrumi ci sia molto di più, ovvero, sembrerebbe che ci sia un agglomerato di fattori che mietono vittime, si tratta probabilmente di un insieme di circostanze, tra cui, primo fra tutti, vi è l'uso «indiscriminato» del territorio;
   a detta del dottor Anseimo Madeddu, referente del Registro territoriale di patologia di Siracusa, il primo a rendere noti i dati di Lentini, «i dati rilevati dimostrano che non è la provincia siracusana nel suo complesso a destare allarme, nonostante la presenza del polo industriale Augusta-Priolo-Melilli, in quanto i casi di leucemia sono addirittura al di sotto di tanti altri centri italiani. Il problema sta proprio a Lentini, dove il tasso standardizzato rilevato è del 32,1 per cento, di cui il 13 per cento riguarda le donne, contro il 12,7 per cento del pool italiano. La predominanza del sesso maschile porterebbe a pensare ai fattori chimici, ai pesticidi, tutto legato all'agrumicoltura come possibile causa principale della malattia»;
   altresì, sempre secondo il dottor Anseimo Madeddu, il dato più allarmante è quello relativo alla leucemia infantile. Rapportato orizzontalmente al tasso riscontrato tra i bambini delle altre città italiane, il tasso lentinese è sempre il più elevato. Nella fascia da 0 a 4 anni, infatti, si riscontra un 57,9 per cento, a fronte, ad esempio, di un 12,4 per cento osservato nell'intera provincia di Siracusa. Dunque, quasi 5 volte di più;
   già a partire dagli anni ’80 i dati dicono che storicamente e innegabilmente il tasso di mortalità per leucemia a Lentini è sempre stato rilevante, e ci portano a pensare che il problema deve essere in qualche maniera legato al territorio, un territorio quello di Lentini in cui si indaga, indagano le autorità sanitarie, indaga la magistratura;
   dalle indagini svolte dai carabinieri è emerso, che in passato nel lontano 1988, altre volte i rifiuti ospedalieri, che per legge devono essere inceneriti in luoghi appositi, erano stati prelevati dalla Lombardia e trasportati nelle discariche abusive o a mezzo di trasporto treno più camion oppure esclusivamente con mezzi di trasporto su gomma;
   i dirigenti della USL di Vimercato (CO) ammisero che parte dei rifiuti di Serravalle provenivano dalle strutture sanitarie comasche scaricando però la responsabilità alla ditta appaltatrice del servizio rifiuti che doveva per contratto raccoglierli e trasportarli presso inceneritori francesi;
   esperti dell'università di Catania accertarono presso la discarica Serravalle la presenza di materiale fortemente radioattivo;
   ciò aumentava il rischio di eventuali infezioni per i comuni vicini, in particolare nel comune di Lentini dove ad oggi si stanno infatti verificando aumenti considerevoli di casi di leucemia, malattia per la quale è scientificamente dimostrata una stretta correlazione con l'esposizione a radiazioni nucleari;
   nella seduta dell'A.R.S. del 16 giugno 1988 l'allora assessore regionale territorio ed ambiente determinò che si sarebbe provveduto a circoscrivere la zona interessata e a sottoporla a bonifica;
   con la legge 23 marzo 2001, n. 93, all'articolo 20, sono stati previsti e stanziati ben euro 934.967,59 per la realizzazione di una mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale nonché per la realizzazione degli interventi di bonifica urgente;
   in seguito il decreto ministeriale n. 101 del 2003, articolo 3, ha stabilito che i risultati della mappatura siano organizzati avvalendosi di sistemi informativi territoriali e trasmessi annualmente, entro il 30 giugno, dalle regioni al Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare. Sia la Sicilia sia la Calabria ad oggi non hanno trasmesso alcun dato;
   appare utile ricordare che la nostra Carta costituzionale tutela sia l'ambiente, sia la salute, rispettivamente agli articoli 9, secondo comma, secondo cui la Repubblica «tutela il paesaggio», e 32, secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell'individuo e della collettività –:
   quali urgenti misure i Ministri interrogati ritengano opportuno prendere per una maggiore sicurezza, affinché nelle zone interessate vengano effettuate indagini atte ad accertare lo stato delle acque, delle falde, dei terreni, considerata la presenza di inquinanti chimici e radioattivi;
   se non si ritenga indispensabile avere una mappatura di tutte le discariche site nella provincia di Siracusa e di Catania, nonché attuare un'effettiva sorveglianza e monitoraggio del territorio, richiamando le regioni che non hanno trasmesso alcun dato;
   quali urgenti misure i Ministri interrogati intendano adottare, affinché tali gravissimi atti, purtroppo diffusi su tutto il territorio nazionale, altamente invasivi dell'equilibrio ambientale già fortemente alterato e arrecanti gravi ripercussioni sulla salute pubblica con forti aumenti di malattie neoplastiche, causa del 13 per cento di tutte le morti annuali, non si ripetano più. (5-02502)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni anni le statistiche sui disturbi alimentari lanciano un grido d'allarme che non può più rimanere inascoltato con particolare riferimento alla fascia di popolazione dei più giovani d'età;
   basti pensare che nei Paesi industrializzati come l'Italia, circa l'8-10 per cento delle adolescenti tra i 12 e i 25 anni di età soffrono di disturbi del comportamento alimentare, di queste 1-2 nelle forme più gravi. In Italia si parla, in termini assoluti, di tre milioni di persone, nel 90 per cento dei casi si tratta di donne;
   le cause di tali problemi sono senz'altro da ricercarsi nei messaggi veicolati dai media, ma in realtà il discorso è molto più complesso e affronta una miriade di problematiche sociali contemporanee;
   oltre ai disturbi alimentari come anoressia e bulimia, si diffondono sempre più anche in chi non ha particolari problemi dal punto di vista psicologico, abitudini alimentari errate e pericolose, come l'abuso dei cosiddetti «cibi spazzatura» o l'eccessivo consumo di alcolici, che tanto danno arrecano soprattutto ai più giovani;
   dal punto di vista pratico, tuttavia, l'intervento dello Stato potrebbe iniziare con l'introduzione di corsi di educazione alimentare sin dai primi anni della scuola dell'obbligo, al fine di sensibilizzare sin dalla più tenera età circa i rischi di abitudini alimentari pericolosamente sbagliate;
   nell'autunno 2011 sono state pubblicate dal Ministro pro tempore delle «Linee guida per l'educazione alimentare nella scuola italiana», dai contenuti molti validi, ma che tuttavia risulta al deputato interrogante che siano rimaste inattuate o per lo meno lasciate alla buona volontà dei singoli insegnanti o istituti scolastici –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover istituzionalizzare la presenza nei programmi scolastici di approfondimenti concernenti l'educazione alimentare e la sensibilizzazione degli studenti sui rischi derivanti da una scorretta alimentazione, prevedendo a tal fine appositi finanziamenti finalizzati alla formazione dei docenti. (4-04223)


   SORIAL. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo un recente studio dell'ospedale pediatrico di Boston, il bullismo fa male alla salute sia mentale che fisica di chi lo subisce, e, più a lungo si è vittime di tali azioni persecutorie, maggiori saranno i danni alla salute in futuro;
   la ricerca, pubblicata sulla rivista Pediatric, descrive gli effetti a lungo termine su chi subisce questa forma di violenza: i circa 4.300 minori monitorati per diversi anni, hanno mostrato che le conseguenze del bullismo perdurano anche per anni e sono tanto più gravi quanto più a lungo il bambino è stato oggetto delle prepotenze e violenze dei compagni «bulli»;
   di recente uno studio della Duke University a Durham, in Carolina del Nord, aveva già messo in evidenza che le vittime del bullismo vivono un trauma che non scompare con la crescita, ma che, invece, sembra accompagnare i ragazzi e contribuire a farli diventare adulti ansiosi, che fanno meno pratica sportiva, ad esempio riescono meno nella corsa, probabilmente a causa di una perdita di autostima, ma soprattutto, arrivano anche spesso a sviluppare disturbi depressivi, attacchi di panico e perfino tendenze suicide;
   il bullismo nella scuola è un fenomeno socio-culturale annoso ormai stratificato e sedimentato all'interno della nostra società da secoli, ma negli ultimi anni si sta diffondendo in maniera preoccupante;
   si considera «bullo» colui che danneggia con prepotenza altri ragazzi quasi sempre prendendo di mira vigliaccamente i più deboli e più esposti quindi alle prevaricazioni, come i disabili, oppure quelli considerati in qualche modo diversi, o comunque i più isolati, e che trova appagamento nel perseguitarli con azioni di violenza fisica (che arrivano fino a vere e proprie aggressioni) e/o psicologica (prese in giro, minacce, insulti, eccetera) che si basano comunque sempre su di una volontà di svalutazione e di umiliazione dell'altro;
   gli autori del bullismo non hanno un'età precisa, così come le loro vittime; possono essere alunni della scuola primaria, della scuola secondaria di primo e di secondo grado;
   Anna Oliverio Ferraris, psicologa e psicoterapeuta e autrice del libro appena uscito Conta su di me, relazioni per crescere spiega che le conseguenze del bullismo dipendono da vari fattori: la gravità della violenza, naturalmente, ma anche il senso che la vittima gli attribuisce e la durata della condizione di vittima, e sottolinea come sia di assoluta importanza l'intervento immediato e qualificato da parte del corpo docente che necessita, pertanto, di una formazione psicologica adeguata per sostenere le vittime e per educare e punire i colpevoli;
   secondo l’«European bullying research», parte del progetto Europe Anti-Bullying-Project, il 15,09 per cento degli studenti intervistati è stato vittima di bullismo e la maggior parte dei bulli sono compagni di classe (48,9 per cento) o comunque studenti della stessa scuola (23,4 per cento);
   una nuova e particolare forma di bullismo è il cyber-bullismo che utilizza i nuovi mezzi di comunicazione, quali l'e-mail, gli sms (short message service), i blog, i cellulari e il web in generale, producendo fenomeni a volte ancora più subdoli del bullismo tradizionale;
   il bullismo produce effetti patologici sulla psiche di bambini e adolescenti, che variano a seconda del soggetto coinvolto, e incidono negativamente sull'area relazionale delle vittime, con gravi effetti sull'autostima e sulle capacità di socializzare, fino a generare episodi di depressione, ansia e indurre, in casi estremi, anche idee suicidarie;
   la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, ratificata dall'Italia il 27 maggio del 1991 con la legge 27 maggio 1991, n. 176, appare ancora ben lungi dal trovare concreta e reale applicazione;
   le politiche recentemente attuate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per contrastare il fenomeno del bullismo, tra le quali l'istituzione della Commissione «Bullismo a scuola», composta da referenti del Comitato nazionale «Scuola e Legalità», l'istituzione di osservatori regionali permanenti e la campagna denominata «Smonta il bullo», consistente in una serie di iniziative finalizzate a contrastare il bullismo a scuola, sebbene positive, sembrano insufficienti rispetto al problema, che ad oggi continua ad essere particolarmente attuale e sempre più diffuso;
   la scuola pubblica è il luogo adibito all'educazione alla convivenza civile e alla promozione di comportamenti di solidarietà e integrazione, per la prevenzione dei fenomeni di emarginazione e violenza –:
   se sia stata attuata e in quel caso, in che modo, la direttiva dal Ministro pro tempore Fioroni che dettava le linee generali di indirizzo a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo;
   se esistano e in caso contrario se non si intendano promuovere degli studi epidemiologici anche in Italia, sulla pericolosa relazione che intercorre tra gli atti di bullismo subiti e le patologie psicologiche legate all'ansia, come evidenziato dagli studi citati;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali misure di competenza ritengano necessario prendere, alla luce di queste nuove allarmanti notizie degli effetti del bullismo sulla salute delle vittime, per promuovere azioni di prevenzione e di sensibilizzazione contro il fenomeno del bullismo più incisive e coordinando sul territorio nazionale le azioni promosse dagli istituti scolastici, con il coinvolgimento e la formazione specifica di docenti e famiglie, al fine di salvaguardare non solo i bambini di oggi, ma anche gli adulti di domani. (4-04234)


   DI GIOIA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Brindisi è stata evidenziata una grave emergenza tumori;
   la città di Brindisi appartiene a un'area ad alto rischio di crisi ambientale ed è sede di un sito di interesse nazionale per le bonifiche;
   il tema ambiente e salute nell'area di Brindisi è stato al centro delle audizioni della III commissione (Sanità) della regione Puglia, nel corso delle quali sono stati ascoltati il presidente dell'Ordine dei medici della provincia di Brindisi, Emanuele Vinci, e il direttore del centro di radioterapia dell'ospedale «Perrino» di Brindisi, Maurizio Portaluri;
   il presidente dell'ordine dei medici della provincia di Brindisi, Emanuele Vinci, ha parlato di dati epidemiologici preoccupanti rispetto alle patologie tumorali e cardiovascolari che accomunano la realtà di Brindisi a quella di Taranto;
   il presidente Emanuele Vinci, ha dichiarato che alla base di questa situazione di «disastro ambientale», vi sono procedure autorizzative (AIA, VAS) che «evidentemente hanno fallito» e che vanno innovate attraverso l'utilizzo della VIS (valutazione d'impatto sanitario), in grado di consentire una verifica in termine antropici prospettici, nonché attribuendo i relativi controlli all'organismo a ciò deputato nelle ASL: i dipartimenti di prevenzione;
   il direttore del centro di radioterapia dell'ospedale «Perrino» di Brindisi, Maurizio Portaluri, ha riportato otto «evidenze sanitarie» che sono state acquisite nel corso degli ultimi anni sulla popolazione brindisina, tra cui:
    a) una mortalità degli uomini nel capoluogo superiore, rispetto alla media regionale, sin dagli anni ’80;
    b) uno studio del 2004 da cui emerge un eccesso di mortalità nel raggio dei primi due chilometri del petrolchimico per i tumori del polmone, del sistema linfoematopoietico e della vescica negli anni 1996-1997;
    c) malformazioni congenite dopo il 2008 e sempre nel capoluogo, che sono il 17 per cento in più di quanto atteso dal registro europeo delle malformazioni;
   il direttore Maurizio Portaluri ha formulato tre proposte in merito:
    a) sul piano della prevenzione primaria, andrebbero rafforzati i controlli su acqua, alimenti e attività epidemiologiche (la regione ha l'opportunità di intervenire subito poiché è aperta la procedura di AIA della centrale Enel);
    b) per la prevenzione secondaria dovrebbe essere finanziato un «Centro provinciale per la sorveglianza degli effetti sulla salute degli inquinanti ambientali e occupazionali»;
    c) per quella terziaria andrebbe rivista la programmazione regionale, collocando nell'ospedale «Perrino» di Brindisi l'U.O. di Pneumologia in modo da realizzare anche la U.O. di terapia intensiva respiratoria che può nascere solo in presenza di una rianimazione; ripristinando la previsione di cardiochirurgia e chirurgia toracica e potenziando l'attuale offerta ematologica, oncologica e radioterapica;
   l'assessore alle politiche della salute della regione Puglia, Elena Gentile, ha dichiarato che:
    a) è nelle intenzioni dell'assessorato il proposito di mutuare l'esperienza del Centro ambiente e salute in allestimento a Taranto nell'area di Brindisi;
    b) l'assessorato sta lavorando secondo protocolli che danno sufficienti garanzie in termini di validazione scientifica, e che lo studio di corte residenziale per Brindisi (analisi dei fattori di rischio, seguendo un campione di persone prive di malattia e usando correlazioni per determinare l'assoluto rischio per un soggetto di contrarne), risulta quasi ultimato;
    c) il registro tumori della provincia di Brindisi sta per essere concluso, e sarà validato nell'estate 2014;
    d) a breve sarà disponibile la Valutazione ambientale strategica (VAS) per la centrale Enel «Federico II» –:
   se sia a conoscenza dei dati preoccupanti, di cui alle premesse, sull'elevata incidenza dei tumori e di altre patologie, con elevata mortalità, che si sono registrati in provincia di Brindisi;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza e in accordo con le autorità e le istituzioni locali e regionali, affinché su questa grave e documentata emergenza sia predisposto un piano d'interventi che prevedano, senza ulteriori indugi, azione mirate atte a tutelare l'ambiente, la salute e la vita di questi cittadini esposti a rischi gravissimi. (4-04240)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Ice-Agenzia, in data 8 novembre 2013, ha indetto una procedura a evidenza pubblica per l'alienazione della partecipazione detenuta nella società in house Retitalia Internazionale spa e la contestuale assegnazione per cinque anni del servizio di gestione e sviluppo del sistema informativo della stessa Ice-Agenzia;
   la procedura è stata avviata ai sensi di quanto disposto dal comma 1, dell'articolo 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che dispone l'alienazione con procedure ad evidenza pubblica delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni nelle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato;
   la Corte Costituzionale, con sentenza 16-23 luglio 2013, n. 22, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del suddetto comma, nella parte in cui si applica alle regioni ad autonomia ordinaria. Il comma è stato poi abrogato dall'articolo 1, comma 562, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
   con delibera n. 143 del 2013, a integrazione della delibera n. 36 del 2013, l'Ice-Agenzia ha decretato di proseguire con l'esecuzione della gara per l'alienazione della società in house Retitalia Internazionale spa, dando seguito all'apertura delle buste di offerta nel corso del mese di gennaio 2014;
   la procedura è stata aggiudicata alla Gepin PA spa, una società di dubbia solidità, le cui attività sono state più volte oggetto di atti di sindacato ispettivo nel corso della legislatura corrente;
   il carattere strategico di Retitalia Internazionale SpA è tale da mettere in discussione la scelta dell'Ice-Agenzia di alienare la società; il ruolo strategico delle funzioni della società è stato ulteriormente confermato dall'assegnazione da parte del Ministero dello sviluppo, nel giugno 2011, del progetto del portale «Made in Italy», un sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale e, nell'aprile 2012, del progetto «International trade hub-Italia» per facilitare l'accesso delle imprese italiane ai processi di internazionalizzazione;
   dalla costituzione dell'Ice-Agenzia, l'entità delle commesse affidate alla società Retitalia Internazionale ha subito un drastico ridimensionamento, tanto da indurre la stessa Agenzia a far ricorso, dal mese di maggio 2012, alla cassa integrazione guadagni ordinaria e per i successivi 12 mesi dalla scadenza, prevista per il mese di maggio 2013, a quella straordinaria per crisi aziendale per il personale dipendente della sede aziendale;
   la vendita di Retitalia Internazionale spa rischia di avere un impatto molto pesante sull'occupazione, portando alla dispersione di un importante know how acquisito con oltre 35 anni di attività svolta dal personale a supporto del ruolo istituzionale dell'Agenzia Ice;
   la legge di stabilità per il 2013 ha stabilito un incremento di 10 milioni di euro a favore del funzionamento dell'Ice-Agenzia;
   sarebbe opportuno che il Governo si adoperi per salvaguardare gli investimenti e le professionalità maturate all'interno dell'azienda anche valutando l'ipotesi di integrazione di Retitalia Internazionale spa nelle società partecipate dalla pubblica amministrazione, intese come soluzioni più economiche e meno rischiose per l'integrità del patrimonio informatico messo a disposizione dell'ex-Ice nel corso degli anni –:
    se, a seguito dell'abrogazione del comma 1, dell'articolo 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, possano esserci gli estremi per dichiarare la nullità della procedura di alienazione della società in house Retitalia Internazionale e, di conseguenza, per bloccarne la vendita;
   se intenda prevedere l'eventuale integrazione del personale di Retitalia Internazionale spa nelle società partecipate dalla pubblica amministrazione, al fine di salvaguardare le professionalità e le conoscenze acquisite nell'azienda, nonché il ruolo strategico delle funzioni svolte dalla stessa al servizio della collettività;
   quali iniziative intenda intraprendere per salvaguardare i lavoratori della società Retitalia Internazionale attraverso soluzioni alternative al procedimento di alienazione. (4-04231)


   MELILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto di ricerca Negri Sud è un centro di ricerche biomediche e farmacologiche sito in Santa Maria Imbaro (Chieti). Costituito nel 1980 dall'Istituto Mario Negri Milano, con il 75 per cento del capitale e dalla provincia di Chieti e dalla regione Abruzzo (15 e 10 per cento), il centro di ricerche contribuisce al progresso della cultura scientifica, alla formazione di giovani ricercatori ed è riconosciuto a livello internazionale per la qualità dei suoi programmi di ricerca e di alta formazione scientifica; il consorzio Mario Negri Sud è stato trasformato in Fondazione, con una partecipazione paritaria tra i tre soci, Negri Milano, provincia di Chieti, regione Abruzzo;
   in un documento di risanamento programmatico l'attuale direzione del consorzio Mario Negri Sud ha presentato un piano che, oltre ai licenziamenti di circa 30 persone, tra aree di ricerca e servizi, riduce varie attività di ricerca e l'alta formazione;
   la cassa integrazione dura ormai da più di quattro anni per gli oltre 60 lavoratori del centro;
   il centro di eccellenza continua a perdere «cervelli» e professionalità;
   molti ricercatori e responsabili di dipartimenti e di laboratori hanno abbandonato il Consorzio per spostarsi in altre sedi, e questo depauperamento di risorse umane e di massa critica non è stato compensato ed è l'aspetto che rappresenta uno dei problemi centrali delle difficoltà economiche del Centro, a cui i vertici attualmente non sono in grado di dare risposte concrete; l'apprezzabile sforzo delle istituzioni pubbliche, quali provincia e regione, per mantenere sul territorio un importante centro di ricerca, le cui potenzialità si inseriscono perfettamente nelle strategie di programmazione e di sviluppo della regione, appare fragile, se è immediatamente accompagnato da una operazione di ristrutturazione del centro con ulteriore indebolimento in termini di competenze e di linee di ricerca;
   le potenzialità della Fondazione, centro di ricerche farmacologiche e biomediche, sono in linea con le attività indicate da Horizont 2020 e con l'investimento in ricerca degli Stati europei –:
   se ritengano utile assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a convocare le parti sociali e gli enti locali per verificare e rilanciare, nell'orizzonte italiano della scelta strategica della ricerca, il piano di ristrutturazione del centro, individuare una direzione di sviluppo, scongiurare ulteriori tagli al personale e sviluppare la ricerca in Abruzzo, regione snodo e in transizione. (4-04235)


   QUARANTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   per garantire l'efficienza del servizio postale e la copertura su tutto il territorio nazionale, lo Stato ha siglato con Poste italiane spa un contratto che vale 330 milioni anno. L'accordo è subordinato alla qualità del servizio, verificato dall'AGCOM attraverso rilevamenti della Società di analisi IZI Spa che riceve dal committente 1,2 milioni di euro per «verificare se Poste si comporta in modo conforme al contratto»;
   su Il Fatto Quotidiano del 16 marzo viene pubblicato un articolo intitolato «Vi racconto come le Poste truccano i dati sulla puntualità». Nell'articolo viene riportata la testimonianza di Roberto Peruzzi, dirigente postale che ha lavorato nell'azienda dal 1978 al 2010 fino a diventare capo dell'area recapiti per le zone di Pescara, L'Aquila e Teramo dove denuncia come l'azienda manipoli i dati riguardanti la qualità del servizio;
   nell'articolo si legge che «più sono rispettati i parametri di puntualità concordati nel contratto di ”servizio universale” tra i capi delle Poste e lo Stato italiano, più corposa è la ricompensa pubblica: dai 300 ai 360 milioni di euro l'anno, 2 miliardi e 394 milioni dal 2006 al 2012»;
   l'azienda ha il compito di controllare percorso e tempo di consegna della corrispondenza inviata come test. Tutto dovrebbe accadere nel più stretto riserbo, invece denuncia Peruzzi sulle pagine del quotidiano: «All'interno delle Poste funziona una rete apposita e capillare per intercettare le lettere chiamate in gergo ”civetta” [...]. Una volta individuate le lettere vengono fatte viaggiare come schegge su una corsia di consegna preferenziale e superveloce, un binario parallelo che non ha niente a che vedere con i sistemi e i tempi di consegna consueti»;
   questo accade perché Poste conosce i «dropper», chi imbuca la lettera e i «receiver», chi la riceve utilizzati dalla Izi. Peruzzi descrive il sistema utilizzato: «La Izi organizza i test avvalendosi di una rete di collaboratori su tutto il territorio nazionale. [...] Gli elenchi della rete di collaboratori Izi vengono aggiornati periodicamente proprio con l'intento di tutelare l'anonimato dei collaboratori e garantire la segretezza dell'operazione. Questo a livello ufficiale. Nella pratica le cose vanno in altro modo. La segretezza dei dropper e receiver non esiste: Poste li conosce uno ad uno»;
   IZI spa in base alla legge è pagata dalle poste, circa un milione e 200 mila euro l'anno;
   il responsabile della qualità postale, Gianluca Celotto, sentito dal giornalista ha dichiarato: «escludo l'esistenza di un'organizzazione per l'alterazione dei dati» –:
   se il Ministro interrogato non intenda acquisire, per quanto di competenza, elementi al fine di accertare i fatti esposti in premessa;
   quali iniziative siano state intraprese per garantire l'efficienza del servizio postale. (4-04242)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Coscia e altri n. 1-00408, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Amoddio.

  La mozione Tartaglione e altri n. 1-00410, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Venittelli.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Mariani e altri n. 7-00285, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Manfredi, Matarrese, Ventricelli.

Apposizione di firma ad una interrogazione e cambio di presentatore.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Bobba n. 5-01367, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gelli che contestualmente, con il consenso del presentatore, ne diventa primo firmatario.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Lattuca n. 4-03021, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Molea.

  L'interrogazione a risposta scritta Lattuca n. 4-04128, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Molea.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Rosa e altri n. 5-02433, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gagnarli, Massimiliano Bernini, Parentela, Benedetti.

Cambio di presentatore ad una interrogazione a risposta in Commissione e ritiro firma.

  L'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01770, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 dicembre 2013, è da intendersi presentata dal deputato Capone, già cofirmatario della stessa e contestualmente, si intende ritirata la firma della deputata Bellanova.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Carocci n. 4-00960 del 20 giugno 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02501;
   interrogazione a risposta in Commissione Capone n. 5-01770 del 20 dicembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04246;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00652 del 27 febbraio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02483;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00653 del 27 febbraio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02484;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00655 del 4 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02485;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00656 del 4 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02486;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00657 del 4 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02487;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00673 del 6 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02488;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00677 del 10 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02491;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00678 del 10 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02492;
   interrogazione a risposta orale Binetti e Catalano n. 3-00680 dell'11 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02493.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Vacca e altri n. 4-04158 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 195 del 21 marzo 2014.
  Alla pagina 11215, prima colonna, alla riga trentaquattresima deve leggersi: «per stranieri di Perugia, anche se deliberate dal consiglio di amministrazione, durante la gestione della professoressa Stefania Giannini» e non «per professoressa Stefania Giannini», come stampato.
  Alla pagina 11215, prima colonna, dalla riga quarantaduesima alla riga quarantaquattresima deve leggersi: «i consigli di dipartimento» e non «stranieri di Perugia, anche se deliberate dal consiglio di amministrazione, durante la gestione della consigli di dipartimento», come stampato.