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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 26 marzo 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la Carta europea detto sport del Consiglio d'Europa recita: «Per sport si intende qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o meno, abbia per obiettivo l'espressione e il miglioramento della condizione fisica e mentale, con la promozione della socializzazione e con il perseguimento di risultati in competizioni a tutti i livelli»;
    lo sport ricopre un ruolo sociale fondamentale e coinvolge dimensioni diverse dell'esistenza individuale e collettiva: tempo libero, modelli di comportamento e aspetti economici, interessando tutti i cittadini indipendentemente da genere, razza, età, disabilità, religione e convinzioni personali, orientamento sessuale e provenienza sociale o economica. Come detto da Pierre de Coubertin, fondatore dei giochi olimpici moderni, lo sport «è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza non potrà mai essere compensata»;
    la Carta europea dei diritti delle donne nello sport è stata proposta per la prima volta dall'Unione italiana sport per tutti (Uisp) nel 1985 e trasformata nella risoluzione delle donne nello sport nel 1987 dal Parlamento europeo;
    la Carta europea dei diritti delle donne nello sport rappresenta il primo tentativo per il riconoscimento e la rivendicazione delle pari opportunità di uomini e donne nello sport in ambito europeo;
    nel gennaio 2011, la Commissione europea ha adottato una comunicazione per sviluppare la dimensione europea dello sport, per disciplinare il ruolo sociale dello sport, la dimensione economica e la sua organizzazione nonché i compiti della Commissione europea e degli Stati membri attraverso l'approvazione di standard comuni e lo scambio di buone prassi;
    il 25 maggio 2011 è stata presentata la nuova proposta di Carta europea dei diritti delle donne nello sport, elaborata dall'Unione italiana sport per tutti, in collaborazione con altri partner europei nell'ambito del progetto «Olympia – Equal opportunities via and within sport» ed indirizzata da tutti gli operatori sportivi, alle associazioni ed organizzazioni sportive, alle istituzioni, ai Paesi dell'Unione europea, tifoserie e media;
    la nuova Carta evidenzia come, nonostante i progressi e l'incremento della partecipazione femminile in questo settore della società, permangano ancora delle differenze in termini di pari opportunità, soprattutto con riguardo al coinvolgimento delle donne in ruoli e posizioni di vertice all'interno di enti, federazioni e società sportive;
    la nuova Carta europea dei diritti delle donne nello sport intende favorire la leadership e l'educazione nello sport fondato sulla parità di genere, tenendo conto dei media e del loro impatto culturale per abbracciare politiche di genere e consentire alle donne le stesse opportunità degli uomini di esprimere la propria passione sportiva. Altresì, prevede il riconoscimento di incarichi dirigenziali nei gruppi sportivi, senza alcuna discriminazione. La Carta riconosce il diritto di donne e uomini ad un pari trattamento a tutti i livelli e in ogni campo delle scienze sportive affinché possano diventare membri delle comunità scientifiche e influenzare teorie, metodi e sistemi di ricerca anche nel mondo dello sport; il dovere degli insegnanti di educazione fisica, degli educatori sportivi, degli allenatori e delle altre figure educative che lavorano nelle diverse sedi e agenzie formative di combattere le discriminazioni di genere nello sport e di adottare ed implementare i principi dell'uguaglianza di genere e di valorizzazione delle differenze. Donne e uomini, nell'esprimere la propria attitudine sportiva ai massimi livelli, devono avere le stesse opportunità, anche attraverso un'equa distribuzione delle risorse, degli investimenti e degli incentivi economici destinati alla promozione dello sport di alto livello; donne e uomini devono, inoltre, avere le stesse opportunità nel manifestare ed esprimere la propria passione sportiva di tifose e tifosi e partecipare alla vita associativa dei gruppi organizzati di tifoserie;
    il 2 febbraio 2012 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sulla comunicazione della commissione europea «Sviluppare la dimensione europea dello sport», in cui richiama espressamente la Carta europea dei diritti delle donne nello sport facendo proprie alcune delle indicazioni in essa contenute e dando ampio spazio, nella parte relativa al ruolo sociale dello sport, al tema delle donne e delle pari opportunità sotto il profilo di genere nello sport; la risoluzione invita la Commissione europea e gli Stati membri a sostenere gli organismi europei per la promozione e l'attuazione delle raccomandazioni della carta europea dei diritti delle donne nello sport;
    a tutt'oggi, però, la nuova Carta europea dei diritti delle donne nello sport non è stata ancora approvata dal parlamento europeo;
    a distanza di quasi 30 anni dalla presentazione della prima Carta europea dei diritti delle donne nello sport, nonostante i progressi e l'incremento della partecipazione delle donne nella pratica sportiva e motoria, permangono delle differenze in termini di pari opportunità, sia per quanto riguarda il coinvolgimento delle donne in ambito dirigenziale, di leadership nelle società sportive, nelle federazioni, nelle associazioni, sia per quanto riguarda la persistenza di stereotipi di genere nella pratica sportiva;
    per cercare di dare risalto alla situazione descritta, comune a molti Paesi europei, presso l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere con sede a Vilnius, si è svolto i primi di dicembre 2013 un incontro promosso in collaborazione con la Commissione europea per fare il punto sull'attività sportiva delle donne nei Paesi dell'Unione europea. Obiettivo della conferenza era discutere una proposta relativa a una strategia specifica sulla parità di genere e lo sport per il 2015-2020 da prepararsi a cura di un gruppo di esperti delle organizzazioni sportive governative e non governative. La conferenza è stata concentrata su temi quali la parità di genere nelle posizioni di responsabilità, le modalità per promuovere la partecipazione delle ragazze e delle donne allo sport, la prevenzione della violenza e delle molestie sessuali nello sport nonché l'eliminazione degli stereotipi di genere a valenza negativa;
    nonostante il sempre più crescente valore riconosciuto alle pratiche sportive risulta ancora persistente una forte segregazione verticale delle donne nello sport specie all'interno delle organizzazioni sportive dove mancano in maniera preoccupante le donne che occupano posizioni direttive e sono spesso tutti di genere maschile i dirigenti di federazioni in cui in posizioni ridotte sono presenti anche donne praticanti,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in tutte le sedi istituzionali europee affinché la nuova Carta europea delle donne nello sport presentata il 25 maggio 2011 sia al più presto approvata;
   a coordinare, insieme agli Stati membri, una campagna per la promozione e l'adozione della Carta europea dei diritti delle donne nello sport;
   a porre in essere tutte le opportune iniziative, anche normative, per ridurre il gender pay gap tra atleti di sesso diverso e per implementare ogni forma di tutela possibile ai fini di una paritaria contrattualizzazione senza discriminazioni legate al genere anche incentivando il riconoscimento nelle competenti sedi del professionismo sportivo delle donne;
   a recepire nell'ordinamento italiano e a favorire il recepimento nell'ordinamento sportivo dei principi della Carta europea delle donne nello sport, predisponendo tutte quelle iniziative economiche e normative necessarie affinché vi sia un'effettiva promozione delle pari opportunità nella pratica sportiva, nella fruizione paritaria degli impianti sportivi, nella ricerca di strumenti utili a promuovere la partecipazione femminile alle varie discipline sportive e ai processi decisionali, attraverso l'inclusione delle donne nelle posizioni di dirigenza degli organismi federali delle varie discipline sportive.
(1-00409) «Roberta Agostini, Centemero, Scopelliti, Vezzali, Santerini, Matteo Bragantini, Pellegrino, Locatelli, Fossati, Coccia, Amoddio».


   La Camera,
   premesso che:
    il 29 dicembre 2013 il territorio del comune di Piedimonte Matese, tra le province di Caserta e Benevento, è stato l'epicentro di un terremoto di magnitudo 4,9 che ha interessato nel raggio di oltre 10 chilometri molti comuni dell'area – principalmente i comuni di Castello del Matese, Gioia Sannitica, Piedimonte Matese, San Gregorio Matese, San Potito Sannitico, in provincia di Caserta, e Cusano Mutri, in provincia di Benevento – causando danni significativi a numerosi edifici pubblici e privati;
    il 20 gennaio 2014 si è registrata una nuova forte scossa di terremoto di magnitudo 4,2 che, oltre ad interessare le aree già colpite dallo sciame sismico iniziato il 29 dicembre 2013, è stata avvertita anche nella città di Napoli e in tutta la provincia di Campobasso;
    nella medesima giornata circa altre venti scosse, secondo quanto registrato dall'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, hanno coinvolto le aree dell'alto Matese, sia nella provincia di Caserta che in quella di Benevento, provocando ingenti danni ad abitazioni private e ad edifici pubblici tra i quali scuole, strutture sanitarie, immobili di interesse storico-artistico e chiese;
    in via cautelativa, sono state chiuse dai sindaci tutte le scuole in 22 comuni della provincia di Benevento e chiusure a scopo precauzionale sono avvenute per scuole ed edifici pubblici in numerosi comuni della provincia di Caserta;
    gli eventi sismici hanno creato forte allarme e notevoli disagi agli abitanti dei comuni colpiti e le conseguenze delle scosse sono state amplificate dalla posizione geografica dei territori interessati, prevalentemente montani, e dal fatto che il sisma ha compromesso anche l'agibilità della rete viaria, provocando per alcuni giorni l'isolamento dei comuni colpiti;
    la zona dei Monti del Matese ha un livello di pericolosità sismica molto alta e, per tale motivo, è fondamentale puntare sulla prevenzione, tenendo conto delle indicazioni contenute nella mappa della pericolosità sismica;
    l'ordine dei geologi della Campania ha sostenuto la necessità di sviluppare una seria e sistematica politica pluriennale di previsione e prevenzione del rischio sismico, tenuto conto che, in Campania, ben 4.608 edifici scolastici e 259 ospedali sono localizzati in aree ad elevato rischio sismico, mentre tutti i comuni – secondo l'ultimo aggiornamento delle mappe sismiche – sono stati classificati, a diverso grado, a rischio sismico e circa il 50 per cento ha subito quantomeno un incremento di classe sismica, oppure è stato classificato sismico mentre prima non lo era;
    innanzitutto, quindi, occorre mettere in campo interventi urgenti a sostegno delle zone colpite dall'evento sismico, individuando risorse pubbliche adeguate a ripristinare l'agibilità degli edifici e dei collegamenti viari danneggiati;
    contemporaneamente è essenziale e urgente adeguare a livello nazionale il patrimonio edilizio «fragile» e altamente vulnerabile al rischio sismico; infatti, le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale e interessano circa il 40 per cento della popolazione italiana; negli ultimi 30 anni oltre 50 terremoti hanno avuto una magnitudo superiore a 5,0 e i danni provocati dai ricorrenti terremoti sono stati ingentissimi;
    le strutture pubbliche e private devono essere adeguate alle normative antisismiche, utilizzando prioritariamente la leva fiscale della detrazione del 65 per cento per gli interventi di consolidamento antisismico degli edifici; inoltre, come ormai confermato dalle varie indagini al riguardo, l'agevolazione fiscale del 65 per cento per le ristrutturazioni edilizie si è dimostrata essere, di gran lunga, fra le misure anticicliche più efficaci attivate negli ultimi anni, con effetti decisamente positivi sul bilancio del nostro Paese,

  impegna il Governo:

   ad attivarsi, d'intesa con la regione Campania, per reperire le necessarie risorse finanziarie da destinare alla riparazione dei danni alle infrastrutture, alle reti di comunicazione, alle abitazioni private e agli edifici pubblici e di culto, anche a valere sui fondi aggiuntivi per la coesione territoriale, nazionali e comunitari;
   ad attivarsi per accedere ai finanziamenti del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per le grandi calamità;
   a sostenere, con particolare attenzione, il sistema imprenditoriale e produttivo delle aree interessate dagli eventi sismici, già fortemente indebolito dalla crisi economica di questi anni;
   ad assumere iniziative per rendere strutturale la detrazione fiscale del 65 per cento per l'adeguamento antisismico degli edifici, con l'obiettivo di mitigare il rischio sismico, a partire dalle aree territoriali in argomento e dalle zone a maggior rischio sismico (zone 1 e 2) del territorio italiano.
(1-00410) «Tartaglione, Epifani, Roberta Agostini, Amendola, Bonavitacola, Bossa, Capozzolo, Coccia, Famiglietti, Tino Iannuzzi, Impegno, Manfredi, Palma, Paolucci, Paris, Giorgio Piccolo, Salvatore Piccolo, Picierno, Rostan, Vaccaro, Valeria Valente, Valiante».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e VIII,
   premesso che:
    il 14 marzo scorso, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale», che prevedeva vantaggi per i locatari che registravano contratti di affitto in nero;
    la motivazione della sentenza risiede in un eccesso di delega: i contenuti del decreto legislativo 23 del 2011, sono andati oltre i principi e criteri direttivi fissati nella legge delega, violando l'articolo 76 della Costituzione;
    la Consulta ha dichiarato incostituzionale la disposizione che riguarda la cedolare secca sui contratti di locazione, in particolare i due commi 8 e 9, che stabilivano, dei vantaggi per l'inquilino che procedeva alla registrazione nei casi in cui il contratto d'affitto non era stato registrato entro il termine previsto dalla legge; quando in esso era indicato un importo inferiore a quello reale; o quando, al posto di un contratto di locazione, era stato registrato un finto comodato gratuito;
    detti vantaggi consistevano nel fissare la durata della locazione in quattro anni più quattro, a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d'ufficio, e nel ridurre il canone annuo in misura pari al triplo della rendita catastale (importo che in genere è del 70-80 per cento) inferiore ai valori di mercato);
    la sentenza della Corte costituzionale ha effetto retroattivo, e conseguentemente diventano nulli i contratti che sono stati registrati dagli inquilini o dai funzionari del fisco a partire dal 6 giugno 2011;
    in Italia sono potenzialmente 500 mila i contratti irregolari che dal 2011 ad oggi potrebbero aver registrato il contratto di locazione in nero, così imponendo ai proprietari di subire la drastica riduzione del canone. Oggi tutte queste persone, almeno uno o due milioni di soggetti, potrebbero essere costrette a pagare ai proprietari, con gli interessi, la parte di canone che hanno risparmiato;
    lo Stato, con le suddette norme approvate, ha messo in condizione gli inquilini di vedersi garantiti nel denunciare in qualche modo i proprietari che affittavano abitazioni senza registrare il contratto d'affitto e quindi evadendo le tasse dovute;
    la materia delle locazioni è infatti tra quelle più esposte all'evasione fiscale, considerata la diffusa prassi delle cosiddette locazioni «in nero»;
    la questione degli affitti «in nero» non solo è grave perché mette tantissime persone, che possono finalmente accedere alla possibilità di affittare una casa, nella condizione di essere alla mercé di qualsiasi decisione da parte del proprietario, ma anche perché sottrae alle casse dello Stato un'incredibile quantità di risorse. E sotto questo aspetto va detto che le norme previste dal decreto legislativo 23 del 2011 ora dichiarate incostituzionali dalla consulta, sono state norme che andavano comunque nella direzione di mettere effettivamente un freno al diffusissimo ricorso agli affitti in nero, con evidenti conseguenze negative anche in termini di danno per l'erario;
    le conseguenze di questa sentenza rischiano così di essere drammatiche per centinaia di migliaia di inquilini, in una fase in cui gli effetti della crisi economica e dell'emergenza abitativa sono pesantissimi per una fascia sempre più ampia della popolazione;
    solo riguardo all'emergenza abitativa la situazione sociale è esplosiva. I dati sugli sfratti in Italia segnalano che le sentenze hanno raggiunto il picco di 70 mila l'anno e di queste, il 90 per cento sono dovute alla morosità. Come peraltro ricorda l'Unione inquilini, tra il 2013 e il 2015, le sentenze esecutive di sfratto per morosità, potrebbero essere circa 200 mila, e negli stessi anni, per ciascuno degli anni, assisteremo ad almeno 100 mila richieste di esecuzioni e l'esecuzione forzosa di circa 30 mila sfratti,

impegnano il Governo:

   ad attivarsi urgentemente per giungere a una quantificazione dei soggetti potenzialmente interessati dagli effetti della suddetta sentenza della Consulta, e per stimare l'entità complessiva del danno che potrebbe mettere in gravissima difficoltà centinaia di migliaia di inquilini;
   a predisporre adeguate e immediate iniziative per evitare che i pesanti effetti della sentenza della Corte costituzionale non ricadano su centinaia di migliaia di inquilini che, senza alcuna responsabilità, rischiano di pagare per colpe riconducibili a norme varate nel 2011 dal Governo Berlusconi, prevedendo in particolare la possibilità di istituire un apposito Fondo finalizzato a sostenere gli oneri che attualmente sarebbero solo a carico dei suddetti inquilini;
   ad assumere idonee iniziative normative, anche urgenti, volte a recuperare, seppur alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale, lo spirito e la finalità delle norme oggetto della medesima sentenza, quali stringenti strumenti di contrasto all'evasione fiscale nell'ambito del mercato degli affitti, ed estendere dette norme di contrasto non solo ai contratti di locazione per uso abitativo, ma anche a quelli per uso commerciale, in quanto identici gli obblighi tributari e l'esigenza di contrastare l'evasione fiscale.
(7-00316) «Paglia, Piazzoni, Zan, Zaratti, Lavagno, Pellegrino».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    la legge 11 marzo 2014, n. 23, «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», disciplina alcuni princìpi generali ed alcune procedure di delega;
    sostanzialmente il testo approvato interviene in materia di revisione del catasto, di evasione fiscale, di revisione dell'imposizione fiscale sui redditi di impresa, di razionalizzazione della determinazione del reddito d'impresa e di imposte indirette e in materia di giochi pubblici;
    grande importanza riveste la riforma del catasto, sia perché attesa da molti anni e sia perché i provvedimenti emessi dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno interessato l'imposizione fiscale dei beni immobili (IMU-TARES); per questa ragione e per non perdere di vista l'equità sociale è necessario che le rendite immobiliari siano aggiornate al reale valore delle strutture urbanistiche moderne;
    nello specifico, l'articolo 2 della legge 11 marzo 2014, n. 23, delega il Governo a dare attuazione alla riforma del catasto. Attraverso tale riforma si intende intervenire a correzione delle disparità nelle attuali rendite, accentuate a seguito dell'introduzione dell'imposta municipale unica (IMU). Tra i princìpi e criteri direttivi da applicare per la determinazione del valore catastale degli immobili la delega indica, in particolare, la definizione degli ambiti territoriali del mercato, nonché la determinazione del valore patrimoniale utilizzando il metro quadrato come unità di riferimento; la delega, inoltre, assicura il coinvolgimento dei comuni nel processo di revisione delle rendite, anche al fine di assoggettare a tassazione gli immobili ancora non censiti;
    a garanzia dei saldi di bilancio, dalla riforma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per lo Stato; conseguentemente dovranno essere utilizzate prioritariamente le strutture e le professionalità già esistenti nell'ambito delle amministrazioni pubbliche e, laddove si rendesse necessario, come previsto dall'articolo 2 comma 3 lettera c), l'Agenzia delle entrate, mediante apposite convenzioni, può impiegare tecnici indicati dagli ordini e collegi professionali per le attività pratiche funzionali alla riforma del catasto;
    la recente riforma degli istituti tecnici del 2010-2011 prevede un raccordo più stretto ed organico della scuola con i soggetti istituzionali e sociali del territorio, al fine di consentire agli studenti di acquisire competenze professionali spendibili nel mondo del lavoro e maturare esperienze personali che possano orientare le proprie scelte future;
    tale riordino individua nuove metodologie didattiche, quali l'alternanza scuola-lavoro, per realizzare progetti educativi e formativi a cui collaborano la scuola ed altri soggetti del territorio e da svolgersi in luoghi di apprendimento diversi da quelli soliti dell'aula scolastica; attraverso l'alternanza scuola-lavoro si riconosce il valore educativo ai percorsi formativi svolti al di fuori della scuola, in contesti lavorativi nei quali si favorisce l'acquisizione e lo sviluppo di competenze specifiche previste dai profili educativi culturali e professionali dei diversi corsi di studio;
    i percorsi di alternanza scuola-lavoro sono disciplinati dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, e consistono nella realizzazione di attività verificate e valutate sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa. Tali percorsi vengono attivati sulla base di apposite convenzioni con le imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza oppure con la Camera di commercio, industria, artigianato, agricoltura ovvero con gli enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro;
    realizzare l'alternanza scuola-lavoro come progetto formativo utile all'inserimento professionale degli studenti è una grande ambizione della scuola italiana. Unire l'attività lavorativa alla formazione scolastica di tipo professionale costituisce una doppia opportunità: da un lato gli studenti hanno la possibilità di approcciarsi al mondo del lavoro ricevendo una certificazione finale che ha valore di credito formativo e dall'altra gli enti ospitanti hanno la possibilità di preparare i giovani alle attività di loro interesse ottenendo un ritorno in termini produttivi;
    dal confronto delle esperienze pregresse maturate dai singoli istituti nei vari settori operativi e quindi nel campo del mercato del lavoro, delle realtà territoriali pubbliche e private, del mondo produttivo ed istituzionale, emergono esiti molto significativi sul piano dell'apprendimento e della formazione dei giovani che si apprestano ad inserirsi nel mondo del lavoro;
    già nel 1999, l'istituto tecnico per geometri «Nervi» di Lentini ha attuato, per la prima volta in Italia, una collaborazione con il locale ufficio tecnico erariale (UTE) ed il comune di Lentini, impegnando gli studenti della quarta e quinta classe nella rilevazione dei dati ai fini della revisione degli estimi catastali; in questo modo è stato offerto un servizio alla comunità senza oneri aggiuntivi per lo Stato, coinvolgendo attivamente il mondo della scuola, incentivando e responsabilizzando gli studenti e permettendo loro di acquisire delle conoscenze tecniche funzionali al lavoro che andranno a svolgere;
    prendendo ad esempio questa buona prassi che ha avuto esiti positivi, sarebbe opportuno ed auspicabile estendere a tutto il territorio nazionale la possibilità di attivare una collaborazione tra gli istituti tecnici per geometri e gli uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate, al fine di avvalersi degli studenti delle ultime due classi per la rilevazione dei dati nell'ottica della revisione degli estimi catastali;
    in virtù di quanto già acquisito e sperimentato appare quanto più efficace ed opportuna ai fini della formazione professionale e degli obiettivi trasversali che possono essere raggiunti, ivi compresa l'educazione alla legalità, la cooperazione della scuola con le dinamiche dell'Agenzia delle entrate e le evoluzioni, in particolare, del catasto,

impegna il Governo

a predisporre delle convenzioni tra l'Agenzia delle entrate, gli enti locali e gli istituti statali d'istruzione secondaria di secondo grado nei quali sia previsto l'insegnamento delle materie estimo e topografia al fine di consentire agli studenti iscritti agli ultimi due anni del triennio scolastico di avere un'esperienza professionale mediante una collaborazione attiva nell'ambito della realizzazione della riforma del catasto che gli venga, altresì, riconosciuta come credito formativo.
(7-00319) «Marzana, Luigi Gallo, Di Benedetto, Battelli, Barbanti, Tripiedi, Villarosa, Pisano, Pesco, Cancelleri, Bechis, Cominardi, Chimienti, Baldassarre, Rizzetto, Rostellato, Ciprini, Ruocco, Brescia, Vacca».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto «decreto del fare») prevede, tra le misure per il rilancio delle infrastrutture, il «Primo Programma 6000 Campanili» – una norma sblocca cantieri e di manutenzione delle reti e del territorio – con un fondo specifico di 100 milioni di euro destinato integralmente ai piccoli comuni con popolazione fino ai 5000 abitanti, integrato di ulteriori 50 milioni di euro dalla legge di stabilità 2014;
    il giorno 9 ottobre 2013 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale n. 317 del 30 agosto 2013, con il quale è stata approvata la convenzione relativa al programma 6000 campanili che ha previsto l'adozione del criterio temporale ai fini della formazione della graduatoria dei comuni ammessi al finanziamento;
    in data 9 gennaio 2014 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ha firmato il decreto recante la graduatoria dei comuni ammessi a finanziamento del richiamato programma, formata quindi sulla base della tempistica della presentazione dei progetti prescindendo dalla qualità e dalla natura degli stessi;
    sul tema in questione la Commissione ha già avuto modo di interessarsi a seguito di una interrogazione a risposta immediata al Governo sottoscritta da numerosi deputati e svolta in data 6 febbraio 2014 nella quale venivano evidenziati i limiti dello strumento;
    l'adozione del solo criterio di ordine temporale di presentazione dei progetti rischia di creare gravi distorsioni e iniquità nella suddivisione delle risorse del programma sia sotto il profilo della finalizzazione dei interventi oggetto dei progetti che sotto il profilo della ripartizione territoriale delle risorse stanziate;
    il riferimento esclusivo alla tempistica della presentazione del progetto a prescindere dalla valutazione di merito sulla qualità del progetto medesimo rischia inoltre di produrre una mole di contenzioso tale da determinare il blocco del finanziamento, vanificando pertanto l'obiettivo principale del programma, nonché di determinare una dispersione di risorse senza una loro finalizzazione dentro un contesto qualitativo connesso con i principi dello sviluppo sostenibile;
    alcuni comuni periferici, montani in primo luogo, hanno inoltre scontato nella circostanza un gap competitivo a causa dell'inadeguatezza delle linee informatiche, a differenza dei restanti comuni che hanno potuto usufruire dell'efficienza della banda larga;
    in data 11 marzo 2014 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, intervenendo nel corso di una specifica audizione di fronte alla VIII Commissione ha assicurato che il finanziamento integrale del programma «6000 campanili» nel biennio 2014/2015 rientra tra gli obiettivi programmatici del Governo attuale;
    si ritiene che si debba profilare l'intervento finanziario a sostegno dei piccoli comuni italiani, situati per lo più in territori montani e rurali e quindi come tali inseriti in contesti delicati e particolari, in un'ottica di qualificazione, miglioramento ambientale e recupero edilizio, introducendo criteri di premialità in tale direzione e criteri di penalizzazione per i progetti imperniati sul presupposto del consumo di suolo,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative urgenti, anche di tipo normativo, per destinare le risorse del programma «6000 campanili» ai comuni che rispettino condizioni di virtuosità in materia di finanza pubblica e prioritariamente agli interventi in materia di:
    a) qualificazione e manutenzione del territorio, mediante recupero e riqualificazione di volumetrie esistenti e di aree dismesse, nonché riduzione del rischio idrogeologico;
    b) riqualificazione ed efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico, nonché realizzazione di impianti di produzione e distribuzione di energia da fonti rinnovabili;
    c) messa in sicurezza antisismica degli edifici pubblici, con particolare riferimento a quelli scolastici, alle strutture socio-assistenziali di proprietà comunale e alle strutture di maggiore fruizione pubblica;
   a fornire nelle competenti sedi parlamentari un quadro preciso delle fonti finanziarie e delle tabelle cronologiche con le quali si intende dare seguito all'impegno di completare il finanziamento del progetto del programma «6000 campanili».
(7-00317) «Realacci, Borghi, Busto, Pastorelli, Castiello, Grimoldi, Zan».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    vaste aree della Campania, ed in particolare i territori a nord di Napoli e a sud di Caserta, hanno subito negli ultimi trent'anni un'autentica, impietosa devastazione, soprattutto per il sistematico smaltimento illegale di rifiuti tossici provenienti dalle industrie del Nord e dal tessuto dell'economia illegale locale;
    l'area a nord di Napoli e l'area meridionale della provincia casertana hanno pagato un prezzo troppo alto in termini di salute pubblica per le infiltrazioni delle organizzazioni criminali nella gestione dei rifiuti, facilitato da un cartello composto da pezzi della politica, dell'imprenditoria e del malaffare diffuso;
    solo poche settimane fa sono stati eseguiti 17 arresti per presunti reati avvenuti nell'ambito della costruzione e della gestione della discarica di Chiaiano, a Napoli;
    tra i personaggi coinvolti vi sono titolari dell'impresa coinvolta, componenti della commissione che s'era occupata del collaudo, professionisti ed imprenditori;
    i reati contestati dalla direzione distrettuale antimafia sono particolarmente gravi: tra gli altri associazione a delinquere di stampo mafioso, attività di gestione di rifiuti non organizzate, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, truffa, frode nelle pubbliche forniture e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, con l'aggravante di aver agevolato la fazione Zagaria del clan dei Casalesi;
    è ancora vivo il ricordo del 5 maggio del 2011, quando un'area di oltre 800 metri quadrati fu sottoposta a sequestro dai NOE per infiltrazione dei clan Maliardo e Zagaria. L'area fu sequestrata solo nel dicembre del 2012;
    nel 2008 le cave nella selva di Chiaiano erano state individuate come sede di discarica, con l'invio dell'esercito a presidiarle;
    con tale evento si diede inizio all'esproprio, di fatto, della selva di Chiaiano, che rappresenta per la città metropolitana, un polmone verde e che avrebbe tutte le potenzialità per diventare punto nodale per il rilancio ambientale ed agricolo del territorio, nell'ambito di un progetto di riqualificazione che dia nuova dignità e salubrità all'intero territorio, a partire dal parco metropolitano delle colline dei Camaldoli ed all'area nord di Napoli, sino all'area giuglianese;
    in questi anni la discarica di Chiaiano è stata oggetto di continue denunce ed esposti, da parte di comitati, singoli cittadini ed esperti come il geologo professor Ortolani, rispetto all'improvvida scelta della costruzione di tale discarica;
    la discarica in questione e la vicenda ad essa relativa, sono state continuamente messe in risalto ed in discussione grazie alle pregevoli iniziative di comitati ambientalisti, consiglieri comunali ed esponenti politici del territorio;
    il Presidente del Consiglio pro tempore Berlusconi e Bertolaso hanno per anni descritto la discarica di Chiaiano come un sito del tutto adeguato, ma la storia recente ha dimostrato che non si raccontava la realtà;
    in questi anni si è assistito troppo spesso alla «criminalizzazione» di ogni forma di dissenso, avvenuta attraverso atti e procedimenti restrittivi nei confronti di chi è stato in prima linea nelle lotte sociali per la difesa del proprio territorio;
    la cittadinanza attiva, composta anche da famiglie intere, persone anziane e bambini, è stata sistematicamente etichettata come violenta e criminale, se si pensa ai circa 50 provvedimenti che hanno colpito attivisti e cittadini, quando invece è evidente come protagonista di quelle lotte sia sempre stata la nonviolenza e la volontà di far valere un diritto negato;
    il vulnus rappresentato dalla discarica è ancora irrisolto, poiché nonostante siano passati più di due anni, non è stata ancora avviata la procedura di tombatura;
    si fa sempre più concretarla volontà del commissario straordinario alle discariche della regione Campania, il prefetto Raffaele Ruberto, di procedere all'applicazione del piano di costruzione di nuove discariche nella provincia di Napoli;
    nella cava Zara a Chiaiano sarebbe stata individuata, secondo le stime fatte dai tecnici della regione Campania, disponibilità per ospitare circa 797.000 tonnellate di frazione umida tritovagliata stabilizzata per un periodo di 5 anni;
    si creerebbe così una nuova discarica, che in pratica sarebbe più grande di quella di Cava del Poligono chiusa nel 2011 grazie alle proteste dei comitati e che arrivò a contenere 590.000 tonnellate ma che era stata progettata per ospitare 700.000 tonnellate di rifiuti;
    si tratta di un progetto da 11 milioni di euro con capitolati di spesa già individuati da parte del settore ambiente della regione Campania, che di fatto sta fungendo da supporto tecnico al lavoro del commissario straordinario Ruberto;
    nel progetto si parla di «Ricomposizione ambientale della cava dismessa in località Chiaiano nel Comune di Napoli con il conferimento di biostabilizzato», ovvero quello che viene descritto come «compost fuori specifica» codice CER 19.05.03;
    in buona sostanza si tratta di rifiuti tritovagliati fino ad essere ridotti a pezzettini di poche decine di millimetri e lasciati essiccare;
    sarebbero quelli che tutti i giorni escono dagli impianti STIR di Giugliano, Tufino e Caivano, che attualmente vengono inviati nel nord dell'Europa da Sap Na e Comune di Napoli e che ora la regione Campania vorrebbe sversare in una nuova discarica a Chiaiano;
    l'articolo del quotidiano on-line «fanpage.it» del 13 marzo 2014 ricorda come «nella premessa del progetto appare evidente che ad esserne ispiratore sia stato l'ex responsabile tecnico della Sap Na, azienda municipalizzata di proprietà della Provincia di Napoli che gestisce gli impianti STIR e le discariche del territorio, l'ingegnere Giovanni Perillo, attualmente agli arresti domiciliari per la vicenda già citata»;
    per i magistrati Perillo non avrebbe svolto i controlli dovuti nei confronti di alcune ditte che gestivano la discarica, la Ibi e la Edilcar, che sarebbero ritenute legate al clan dei Casalesi;
    lo stesso Perillo, da direttore della Sap Na, presentò al predecessore di Ruberto, il prefetto varesino Annunziato Vardè, andato in pensione nel 2012, un piano per la realizzazione di discariche a Napoli (Chiaiano), Marano, Quarto e Palma Campania per ospitare i residui degli STIR, ma quel piano fu fermato dall'opposizione del comune di Napoli e da una lunga pausa di riflessione della giunta Caldoro;
    oggi il prefetto Ruberto riprende dal piano Perillo-Vardè l'idea di una nuova discarica a Chiaiano;
    il piano del prefetto Ruberto prevede anche la realizzazione di un nuovo impianto nel martoriato comune di Giugliano, già interessato da innumerevoli discariche pericolose che costituiscono la cosiddetta «area vasta», una zona di quasi duemila ettari per cui esiste un commissario straordinario per la bonifica;
    anziché bonificare per avviare la riqualificazione dei territori campani a partire dal parco metropolitano delle colline di Napoli, si insiste per proporre ad un'area popolata da decine di migliaia di persone una risposta fatta solo di discariche ed inceneritori;
    la volontà del commissario straordinario alle discariche Ruberto di aprire una nuova discarica è in perfetta continuità non solo cdn la proposta dell'ex commissario Vardè, ma anche con gli accordi di programma siglati dal Presidente della provincia pro tempore in forza del decreto-legge del governo Berlusconi n. 169 del 2010;
    infatti tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011 il Governo Berlusconi aveva varato una nuova normativa, ossia il decreto-legge 196 del 2010, convertito dalla legge 1 del 2011, con cui sono state stabilite nuove deroghe per poter affrontare la fase successiva alla chiusura delle discariche;
    con questa normativa era stata inserita una nuova deroga che prevedeva che i già citati rifiuti aventi codice CER 19.05.03 potessero, previa autorizzazione regionale, essere impiegati quale materiale di ricomposizione ambientale per la copertura e risagomatura di cave abbandonate e dismesse, di discariche chiuse ed esaurite, ovvero quale materiale di copertura giornaliera per gli impianti di discarica in esercizio;
    tale deroga consente l'utilizzazione del compost fuori specifica come materiale idoneo alla ricomposizione geologica delle cave di tutta la regione;
    la frazione umida in uscita dagli STIR rappresenta, infatti, un grosso problema per la gestione del ciclo, in quanto non destinata all'incenerimento e, dunque, conferibile solamente in discarica;
    con tale deroga legislativa si consente di utilizzare tale tipologia di rifiuto per la risagomatura delle cave, ossia come se rifiuto non fosse;
    attraverso una declassificazione legislativa si consente di fare, solo per la regione Campania, ciò che in tutta Italia non è consentito, ossia utilizzare rifiuti come materiale idoneo alla ricomposizione di cave dimesse e/o abbandonate;
    la convenzione di Aarhus dichiara indispensabile il coinvolgimento e la sensibilizzazione attraverso l'informazione e l'educazione ambientale per assicurare a tutte le generazioni presenti e future il diritto a vivere in un ambiente pulito e salubre;
    la suddetta convenzione, sancita da trentanove Paesi e dall'Unione europea in Danimarca il 25 giugno 1998, stabilisce che il cittadino ha diritto di essere informato, ha diritto a partecipare, ha diritto ad essere coinvolto e consultato nelle scelte ambientali che lo riguardano, mentre invece ancora, una volta sembra che le decisioni vengono calate decisione dall'alto;
    la manifestazione che il 16 novembre 2013 ha attraversato le strade della città di Napoli ha rappresentato la richiesta forte della cittadinanza attiva della Campania di riappropriazione del proprio destino e di riattivazione di procedure decisionali democratiche e dal basso;
    è evidente come, invece, la logica della costruzione di nuovi impianti di discariche e di incenerimento dei rifiuti come unica soluzione al dramma campano non tenga in alcuna considerazione i modelli di gestione tendenti verso rifiuti zero;
    i continui ritardi e le omissioni nell'implementazione dell'impiantistica a supporto della raccolta differenziata, a cominciare dagli impianti di compostaggio, delinea chiaramente l'intento da parte anche della regione Campania di perseguire una politica di inceneritori e discariche, ormai evidentemente fallimentare e che trova l'opposizione anche di parte della stessa maggioranza;
    anche in questo caso la giunta Caldoro punta all'obiettivo della gestione privata esautorando le comunità locali;
    a tutto ciò si aggiunge un recentissimo reportage pubblicato da un sito di informazione indipendente, che ha mostrato la drammatica situazione del Parco delle Colline Metropolitane di Napoli, che si estende nel quartiere di Chiaiano ed ospita ventisei cave, tutte di proprietà privata tranne una comunale;
    una di queste cave è letteralmente scomparsa, poiché riempita in tutta la sua profondità da materiali di cui non si conosce l'origine, probabilmente rifiuti sversati lì nel corso degli anni;
    entrando nelle cave e nelle grotte della Selva di Chiaiano è possibile scorgere ad occhio nudo ogni tipo di rifiuto, e c’è da interrogarsi su cosa potrebbe nascondere il sottosuolo di quest'area e su quali materiali potrebbero giacere sotto le cave scomparse tra i rifiuti;
    nel 2008 era stato presentato un progetto per fare delle cave di tufo di Chiaiano un grande distretto eco-energetico della periferia nord di Napoli e renderle così volano economico e di riscatto per un hinterland dove il disagio sociale ed occupazionale è forte, ma il progetto, però, è rimasto solo su carta, nonostante i sette milioni e mezzo di euro di investimento finanziati dalla regione Campania e l'elaborazione di un piano urbanistico attuativo per la salvaguardia e valorizzazione della Selva;
    intanto nelle cave di Chiaiano si scaricano ancora amianto e pneumatici senza alcun controllo, vi è forte preoccupazione per la falda acquifera ed il quartiere intero è tra quelli con la più alta mortalità per tumore della città;
    per questi motivi sono già state presentate negli scorsi mesi interrogazioni al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia alla Camera dei deputati che in Senato per chiedere di accelerare iter e percorsi ai intervento al fine di provvedere in tempi estremamente rapidi alle bonifiche di Chiaiano, di controllare che il processo di bonifica del territorio non diventi un nuovo core business della criminalità organizzata e di reinvestire i capitali sequestrati alla camorra nelle stesse bonifiche ambientali, usandoli cioè per risanare quei luoghi contaminati dagli stessi clan, recuperando fondi e, contestualmente, dando un segnale concreto sul concetto che chi inquina paga;
    è stato anche chiesta all'assessore competente del comune di Napoli l'immediata tombatura della discarica di Chiaiano;
    le vecchie ricette hanno miseramente fallito portando alla morte dei suddetti territori arricchendo troppo spesso le tasche della criminalità organizzata, laddove bisognerebbe sostenere politiche di gestione dei rifiuti differenti, alternative a discariche ed inceneritori, che tutelino la salute pubblica, sviluppino una diversa idea di territorio, e siano in grado di garantire ricadute occupazionali sui territori campani,

impegna il Governo:

   ad attivare, urgentemente e per quanto di competenza, un tavolo tecnico con la regione, gli enti locali interessati, i comitati cittadini coinvolti, e le principali associazioni ambientaliste, al fine di individuare un percorso condiviso volto a mettere in atto le politiche più efficaci in materia di ciclo integrato dei rifiuti in linea con quanto chiede l'Unione europea;
    a favorire e sostenere politiche di gestione dei rifiuti, alternative a discariche ed inceneritori, che tutelino la salute pubblica e l'ambiente, e sviluppino una diversa idea di territorio in grado di favorire ricadute occupazionali sui territori campani;
    ad attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, per sospendere ogni autorizzazione volta a consentire la realizzazione di nuove discariche e invasi, nonché inceneritori nel territorio di Chiaiano che, nelle statistiche, tra i territori della città di Napoli risulta essere quello con la più alta mortalità per tumore;
    ad assumere iniziative urgenti, per quanto di competenza, per la tombatura della discarica di Chiaiano e la completa bonifica e messa in sicurezza dell'area interessata, attivando tra l'altro, le iniziative più opportune al fine di impedire la presenza della criminalità organizzata nelle suddette operazioni di bonifica;
    ad adoperarsi per reinvestire i capitali sequestrati alla camorra, responsabili nella contaminazione di molte delle suddette aree, nelle stesse bonifiche ambientali e per risanare le aree maggiormente contaminate.
(7-00318) «Zaratti, Scotto, Zan, Pellegrino, Giancarlo Giordano, Migliore, Ragosta».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MAGORNO, BRUNO BOSSIO, COVELLO, BATTAGLIA, CENSORE, OLIVERIO, STUMPO e D'ATTORRE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   i tavoli di monitoraggio osservano che, nonostante la proroga di ulteriori 3 anni del piano di rientro, tuttora permane il gravissimo ritardo con il quale il commissario sta procedendo alla riorganizzazione del servizio sanitario regionale della Calabria. Questo ritardo si protrae nonostante sia stato segnalato dal rappresentante del Governo nazionale nella seduta della Camera dei deputati del 20 settembre 2013;
   il commissario per l'attuazione del piano di rientro non ha tenuto conto delle numerose osservazioni che i tavoli di monitoraggio hanno formulato nel riscontrare molteplici lacune ed inadempienze allo schema del programma operativo;
   non è stato ottemperato alla richiesta di modifica ed integrazione del programma operativo 2013-2015 in relazione alle prescrizioni avanzate dal tavolo di monitoraggio e dal comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza. In particolare permangono le criticità relative al mancato rispetto dei livelli essenziali di assistenza ed alla difformità per come vengono erogati sul territorio;
   in Calabria permane una condizione di drammatica emergenza sanitaria dovuta allo smantellamento o alla sperequazione dell'offerta sanitaria sul territorio regionale;
   come risulta dai verbali di tavoli e comitato delle riunioni di verifica del Piano di rientro continua a permanere un rilevante disavanzo finanziario sia per quanto cumulato negli esercizi pregressi che per quanto si registra nell'esercizio dei bilanci correnti;
   ai cittadini calabresi non sono garantiti gli standard che sanciscono la parità del diritto alla salute sul territorio nazionale nonostante sia loro imposto il prelievo fiscale più alto d'Italia in relazione alle aliquote IRAP ed IRPEF;
   rimane alto il rischio della sicurezza nella cura del paziente in seguito al mancato adeguamento ai requisiti strutturali e alla grave carenza degli organici, in violazione a quanto previsto dalla normativa vigente, di molte strutture sanitarie ed ospedaliere;
   nell'anno 2013 i tavoli di monitoraggio, per come affermato dal rappresentante del Governo alla Camera dei deputati, hanno più volte richiesto chiarimenti alla regione, senza ricevere elementi significativi di risposta, in relazione a diverse tematiche, in particolare riguardanti le condizioni di emergenza di alcune strutture ospedaliere e il flusso per il monitoraggio degli errori in sanità;
   dalle osservazioni dei Ministeri affiancanti l'attuazione del Piano di rientro emerge che, invece di tagliare gli sprechi, razionalizzare ed ottimizzare la spesa sanitaria e, nel contempo, riqualificare i servizi, si sono prodotte nuove ed ulteriori distorsioni. Clamoroso è il dato riguardante le prestazioni specialistiche ambulatoriali che evidenzia un quadro di disparità di trattamento tra i territori delle diverse province calabresi;
   secondo dati forniti dalla stessa regione Calabria sulle prestazioni ambulatoriali specialistiche pubbliche/private negli anni 2011, 2012 e 2013 sono state erogate 9,7 prestazioni pro capite nella provincia di Cosenza, 12,5 nella provincia di Crotone, 11,85 in provincia di Catanzaro, 7,83 in provincia di Vibo Valentia e 14 nella provincia di Reggio Calabria;
   non c’è nessuna ragionevole e motivata giustificazione per la differenza di spesa dal momento che il costo della quota pro capite nella provincia di Cosenza è pari ad euro 98,77, di Crotone euro 109,26, di Catanzaro euro 144,85, di Vibo Valentia di euro 95,51, di Reggio Calabria di euro 136,22. La spesa regionale per l'acquisto delle prestazioni specialistico-ambulatoriali in relazione al totale di quelle erogate dal privato nei tre anni di riferimento, per circa il 50 per cento è concentrata nella sola provincia di Reggio Calabria;
   il fallimento dell'attuazione del piano di rientro gestito dal commissario Giuseppe Scopelliti ha sostanzialmente messo in discussione il diritto costituzionale alla salute, come drammaticamente dimostra l'analisi condotta dall'università svedese di Göteborg che ha collocato la Calabria all'ultimo posto tra le 172 regioni d'Europa;
   il CNEL nel rapporto annuale sulla qualità dei servizi delle pubbliche amministrazioni ha confermato che il sistema sanitario calabrese è il peggiore in Europa;
   l'azienda sanitaria provinciale di Cosenza, il cui bilancio annuale si aggira intorno ad 1 miliardo di euro, è stata oggetto di valutazione dell'attività di una «Commissione di Accesso» su disposizione del prefetto, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e dell'articolo 2, comma 30, della legge n. 94 del 2009;
   da molteplici e quotidiane indiscrezioni giornalistiche si evince che la relazione conclusiva di codesta commissione ha certificato gravissime irregolarità ed illegittimità nella gestione amministrativa;
   dall'esito dell'attività della Commissione sono scaturite diverse indagini giudiziarie;
   nell'ambito di tali indagini la magistratura ha disposto la interdizione dalla funzione di dirigente generale dell'Asp del dottor Gianfranco Scarpelli;
   sulla stampa locale e nazionale è trapelato che il pubblico ministero ed il giudice per le indagini preliminari che stanno conducendo una delle indagini giudiziarie, quella in riferimento ad incarichi e consulenze legali, hanno annotato che: «un allarmante indice di quanta soggezione incutano Scarpelli e, verosimilmente, i suoi referenti politici» è dimostrato da «una ritrosia che desta sconcerto» riscontrata in sede di attività investigativa per l'atteggiamento omertoso tenuto da un membro della stessa commissione di accesso allorquando si è rifiutato di collaborare con gli inquirenti;
   da notizie di stampa nazionale si apprende che la relazione conclusiva della commissione di accesso è oggetto di attenzione da parte della direzione distrettuale antimafia;
   pare sia stato accertato dalla commissione di accesso un allarmante quadro di gravi irregolarità per quanto riguarda la fornitura di beni e servizi ed il conferimento di consulenze ed incarichi a professionisti esterni da parte dell'azienda;
   sui bilanci preventivi e di esercizio dell'azienda la Corte dei conti ed il collegio dei revisori hanno reiteratamente rilevato un sostanziale caos che ha generato gravi danni all'erario ed ha impedito una corretta gestione contabile;
   nonostante le misure disposte in attuazione al «Piano di rientro» pare emerga dalla relazione della commissione di accesso che il disavanzo sanitario dell'azienda permanga ad un livello assai grave;
   dalle notizie pubblicate pare sia stato accertato che sulla gestione dell'organizzazione del personale dell'Asp abbiano pesato condizionamenti di tipo mafioso –:
   quali iniziative si intendano adottare al fine di ricondurre il servizio sanitario regionale calabrese ad una gestione, anche quella in atto di tipo commissariale, improntata al carattere della sana, trasparente ed efficiente amministrazione;
   quali misure, anche di tipo straordinario e sostitutive, si intendano adottare dal momento che il commissario delegato dal Governo nazionale alla gestione del piano di rientro, nonché presidente della giunta regionale dottor Giuseppe Scopelliti, si attarda in omissioni ed inadempienze per non aver compiuto ed attuato alcuna scelta, di fronte alla grave ed ineludibile condizione in cui versa l'Asp di Cosenza, a tutela dell'interesse della pubblica amministrazione, posto che è incomprensibile, infatti, come alla data odierna, nonostante la interdizione dalla funzione disposta dalla magistratura, non sia stato ancora rimosso il dottor Gianfranco Scarpelli dall'incarico di dirigente generale consentendo così che la gestione dell'Asp di Cosenza rimanga ancora affidata alla responsabilità del dirigente amministrativo e del dirigente sanitario delegati dallo stesso Scarpelli. (5-02466)


   PALMIERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 30 aprile 2013 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali del Governo Monti con delega alle pari opportunità, Elsa Fornero, ha presentato la «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)», predisposta e coordinata dall'UNAR, in collaborazione con le diverse realtà istituzionali, 29 associazioni LGBT e le parti sociali;
   l'Unar è nato nel 2003 per via di una direttiva europea che spingeva gli Stati a combattere le discriminazioni fondate sulla razza e l'etnia. Oggi, sotto la dicitura di lotta alla discriminazione e al bullismo, ad avviso dell'interrogante, sta mirando a tutt'altro: all'imposizione della teoria del gender e alla promozione di nuove forme di famiglia;
   l'Unar e le associazioni Lgbt negli ultimi mesi, a giudizio dell'interrogante, hanno usato la scuola per promuovere la loro agenda: pubblicazioni, convegni, giornate di formazione per insegnanti e studenti. Al liceo classico Muratori di Modena si pretendeva che il transgender Vladimir Luxuria entrasse a parlare senza nemmeno un contraddittorio;
   il Dipartimento delle pari opportunità, sempre per iniziativa dell'Unar, ha commissionato all'istituto Beck dei libretti che introducono nelle scuole la teoria del gender per una spesa di circa 24 mila euro;
   alla notizia dei gravi contenuti di questi opuscoli il sottosegretario all'istruzione, all'università e alla ricerca Gabriele Toccafondi pro tempore ha chiesto di bloccarne la distribuzione, ma alcuni istituti (pochi per ora) li hanno già scaricati dal sito e ogni giorno vengono denunciati tentativi di imporre questa dottrina nelle scuole di tutti i gradi, compresa quella dell'infanzia;
   l'ultima iniziativa patrocinata dall'Unar, in occasione della settimana contro il razzismo, è la proposta alle scuole di una sitcom, Vicini, in cui si parla di un condominio che accoglie le coppie omosessuali ma non le famiglie con bambini. Ancora una volta l'Unar, ad avviso dell'interrogante, ha destinato alle scuole un filmato ideologico senza il consenso dei genitori, a cui per primi compete l'educazione dei figli;
   queste tematiche sono state assunte come modello educativo senza il consenso dei genitori, che hanno moltiplicato le loro proteste per essere rimasti completamente esclusi dalla cosiddetta strategia per la lotta contro la discriminazione nelle scuole, vedendo lesa la loro libertà di educazione, per altro protetta dall'articolo 30 della Costituzione –:
   come intenda intervenire il Governo per ristabilire le giuste attribuzioni e competenze tra scuole, genitori, associazioni e strutture come l'Unar;
   se il Governo intenda chiedere conto all'Unar del mutamento dei suoi fini istituzionali. (5-02467)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la difficile situazione economica del Paese impone a tutte le amministrazioni pubbliche e alle società controllate di intraprendere azioni volte alla razionalizzazione e alla massima trasparenza delle spese;
   alla luce di questa situazione economica, l'articolo 49-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, istituisce un comitato interministeriale, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, con compiti di indirizzo e coordinamento in materia di razionalizzazione e revisione della spesa delle pubbliche amministrazioni; agli stessi fini attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri la facoltà di nominare un commissario straordinario;
   la stessa Presidenza del Consiglio è chiamata ad una razionalizzazione del proprio bilancio, che ancora per il 2014 si aggira attorno ai tre miliardi di euro;
   il citato decreto-legge sulla spending review stabilisce che sono soggette alle misure di riordino e miglioramento della qualità della spesa sia le amministrazioni pubbliche sia le società controllate, fra queste ultime rientra anche la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI);
   la RAI ha come prima fonte di finanziamento il canone di abbonamento pagato dagli utenti, ed è proprio attraverso il canone che essa è tenuta, in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ad assolvere a tutti gli obblighi derivanti dal contratto di servizio stipulato con il Ministero dello sviluppo economico;
   le entrate derivanti dal canone di abbonamento si aggirano attorno ad un miliardo e settecento milioni di euro, cui devono aggiungersi, quale ulteriore fonte di finanziamento per la RAI, gli introiti pubblicitari;
   nonostante le ingenti risorse pubbliche di cui la RAI dispone, sul bilancio pluriennale 2013-2015 della Presidenza del Consiglio dei ministri risulta un capitolo (il n. 475) denominato «Somma da corrispondere alla RAI per i servizi speciali aggiuntivi a quelli in concessione, nonché a titolo di rimborso delle spese per l'estensione al territorio di Trieste della Convenzione 26 gennaio 1952, concernente la concessione dei servizi circolari di radioaudizione e di televisione»;
   l'entità delle somme riferite a tale capitolo è pari a 21 milioni di euro per il 2013, a 21,8 milioni per il 2014, a 22 milioni di euro per il 2015;
   in un articolo de «Il Sole 24 Ore» del 19 marzo 2014 — nel quale si denunciano, più in generale, gli elevati (e potenzialmente crescenti) costi della macchina burocratica della Presidenza del Consiglio dei ministri — si sostiene che dei 21 milioni riportati al capitolo 475 del bilancio e corrisposti alla RAI, circa un terzo sia dedicato ai «non meglio definiti servizi speciali aggiuntivi per l'estero», due terzi alle «minoranze linguistiche» –:
   da quanto tempo la Presidenza del Consiglio dei ministri corrisponda questo contributo aggiuntivo alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;
   che tipo di prestazioni si intenda precisamente remunerare attraverso le somme riportate, per il triennio 2013-2015, nel capitolo 475 del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   in che modo siano ripartite tali somme e quali siano, in particolare, i «servizi speciali aggiuntivi a quelli in concessione» per i quali la RAI riceve tali contributi;
   se, tenuto conto delle ingenti risorse pubbliche già destinate alla RAI attraverso il canone di abbonamento, non ritenga tali somme corrisposte dalla Presidenza del Consiglio dei ministri non necessarie e non giustificabili nell'attuale contesto della finanza pubblica. (4-04191)


   LIUZZI, TOFALO, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenda digitale è una grande visione di digitalizzazione e modernizzazione del Paese volta allo sviluppo di competenze e infrastrutture digitali per migliorare l'efficienza dei processi e la qualità della vita dei cittadini, alimentando opportunità di conoscenza, culturali, sociali ed economiche;
   l'Agenda digitale europea (COM(2010) 245), pone la banda larga come una delle sette iniziative chiave della strategia Europa 2020, prevedendo tra i suoi obiettivi: banda larga di base per tutti entro il 2013 e accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020;
   il Commissario europeo all'Agenda digitale, la vicepresidente della Commissione Neelie Kroes, intervenendo all’Italian Digital Agenda Forum promosso da Confindustria digitale nei mesi scorsi, ha affermato che: «Con un incremento del 10 per cento della banda larga in Europa si otterrebbe una crescita dell'1-1,5 per cento di Pil [...] dall'istruzione alla socializzazione, dalla logistica alle transazioni finanziarie, fino ai trasporti, al turismo ai big data ed al cloud, oggi ci sono molte attività che non sono digitalizzate. Internet, invece, crea 5 nuovi posti di lavoro per ogni impiego perso»;
   come risulta dall'ultima valutazione della Commissione europea di giugno 2013 sul raggiungimento degli obiettivi posti dall'Agenda digitale, l'Italia è all'ultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità;
   l'Italia ha programmato circa 1,3 miliardi di euro per tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dei quali 100 milioni di euro sono previsti per la banda larga. Il rapporto strategico sui fondi strutturali più recente ha rivelato che solo il 47 per cento del totale è stato destinato a progetti e che solo il 5 per cento di quanto destinato è stato effettivamente speso per la banda larga;
   il quadro descritto è stato di recente confermato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che presentando i risultati dell'indagine conoscitiva «[...] sul settore dei servizi internet e sulla pubblicità online» (allegato A alla delibera 19/14/CONS del 21 gennaio 2014) ha rilevato come il tasso di penetrazione di internet sulla popolazione italiana sia tra i più bassi in Europa, infatti, la rete viene utilizzata solo dal 52 per cento della popolazione;
   anche sul versante legislativo e regolamentare le attività riguardanti l'Agenda digitale appaiono caratterizzate da forti ritardi come dimostrato dall'aggiornamento sullo stato di implementazione dei decreti attuativi dei «decreti Crescita» e «Fare» che ha evidenziato come sui 55 decreti da emanare soltanto 17 siano stati adottati e 21 sono addirittura scaduti;
   il 13 giugno 2013, il Presidente del Consiglio pro tempore Enrico Letta per dare impulso al progetto scelse Francesco Caio come coordinatore dell'agenda digitale il cosiddetto «Mister Agenda digitale». L'allora Capo del Governo lo rese noto attraverso un tweet, precisando che quella dell'agenda digitale sarebbe stata una «missione alla quale voglio dare massimo impulso»;
   il rapporto «Achieving the Objectives of the Digital Agenda for Europe (DAE) in Italy: Prospects and Challenges», cosiddetto Rapporto Caio, commissionato dalla Presidenza del Consiglio a Francesco Caio, J. Scott Marcus e Gerard Pogorel presentato il 30 gennaio 2014 ha dimostrato, da un lato l'insufficienza degli investimenti privati per il raggiungimento degli obiettivi di copertura sopra indicati e, sotto altro profilo, ha sottolineato la necessità di adottare misure volte ad ottimizzare gli investimenti pur nel rispetto delle norme per gli aiuti di Stato e della concorrenza fissati a livello dell'Unione europea;
   da fonti stampa si apprende ora come non risulti essere mai stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale si è proceduto alla nomina del dottor Francesco Caio come commissario dell'Agenda digitale;
   se quanto sopra fosse confermato, la complessiva strategia adottata subirebbe degli ulteriori rallentamenti essendo tale nomina, che allo stato risulta peraltro scaduta, a giudizio dell'interrogante priva di effetti giuridici in assenza della pubblicazione prevista per legge;
   l'interrogante a prescindere dal metodo utilizzato dal Presidente del Consiglio pro tempore che per annunciare l'adozione di un atto ufficiale ha utilizzato un tweet, rileva come la mancata consequenzialità dell'azione tra tweet e atti ufficiali, che sembra caratterizzare anche l'odierna gestione della Presidenza del consiglio, rischi di inficiare le seppur insufficienti iniziative avviate dal cosiddetto «Mister Agenda Digitale» con grave nocumento per il sistema Paese –:
   se trovi conferma la mancata pubblicazione del richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di nomina del dottor Francesco Caio e quali azioni intendano adottare per far fronte a tale inadempienza che rischia di ulteriormente aggravare la situazione già in fase di stallo sul tema dell'agenda digitale italiana. (4-04208)


   SIBILIA, COLLETTI, MANLIO DI STEFANO, MARZANA, FRACCARO, BONAFEDE, PISANO, BUSINAROLO e SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dal fallito attentato del 21 giugno del 1989 dell'Addaura avente come vittima predestinata il giudice Giovanni Falcone è emerso il fondato sospetto dell'esistenza di una «talpa» all'interno delle istituzioni, che avrebbe informato della visita segreta programmata dal magistrato siciliano nella località marina di Palermo;
   nello stesso giorno Giovanni Falcone doveva incontrare in quella residenza i due magistrati elvetici, Carla Del Ponte e Gerardo Lehman, con i quali avrebbe discusso il filone di indagine riguardante il riciclaggio di denaro sporco nell'ambito dell'inchiesta «Pizza Connection»;
   secondo le rivelazioni di alcuni pentiti raccolte soprattutto dalla procura di Caltanissetta di fronte alla villa di Falcone erano presenti due gruppi: uno a terra, composto dai mafiosi della famiglia dell'Acquasanta e da uomini verosimilmente legati ai servizi segreti, ed un altro in mare su un canotto con due sommozzatori presumibilmente lì sul posto per evitare che l'attentato avesse successo;
   vi sono fondati sospetti per cui le identità dei due sub fossero riconducibile ad Antonino Agostino, agente del commissariato San Lorenzo e cacciatore di latitanti ucciso insieme alla moglie Ida Castellucci un paio di mesi dopo l'attentato sventato, e ad Emanuele Piazza, ex agente di polizia, all'epoca dei fatti collaboratore del Sisde nella ricerca di latitanti, scomparso il 15 marzo del 1990;
   per entrambi gli omicidi si è seguita la pista passionale senza ottenere sostanziali riscontri, contribuendo ad alimentare l'esistenza di una regia occulta secondo la quale tutte le indagini relative allo sventato attentato e agli assassini dei probabili testimoni abbiano subito sistematicamente depistaggi;
   le modalità con le quali l'artificiere dei carabinieri, Francesco Tumino, ha proceduto alla disattivazione dell'ordigno esplosivo rinvenuto sugli scogli dell'Addaura hanno dall'inizio delle indagini suscitato forti perplessità poiché lo stesso ha provocato la distruzione del timer, reperto indispensabile per risalire all'origine dell'ordigno;
   nel 1993 Francesco Tumino è stato condannato a 6 mesi e 20 giorni di reclusione con la condizionale per falsa testimonianza e favoreggiamento nell'ambito del processo sul fallito attentato;
   nonostante questo clima di depistaggi e aumentato pericolo circa l'incolumità del giudice Falcone, gli strumenti di prevenzione e di sicurezza non furono mai implementati, anzi in alcuni casi subirono delle revoche. Infatti, nel momento di maggiore pericolo dovuto alle nuove iniziative assunte da Falcone per favorire le indagini dei giudici milanesi Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo sul riciclaggio in Svizzera dei proventi delle tangenti sarebbe stata decisa la sospensione dell'uso dell'elicottero, che in occasione della strage di Capaci poteva rappresentare un deterrente per gli attentatori, a protezione del magistrato palermitano per ragioni ancora poco chiare;
   le modalità e la natura che hanno caratterizzato prima l'attentato sventato all'Addaura e poi quello mortale di Capaci con tutti i depistaggi del caso e i tentativi di delegittimazione da parte di ambienti esterni e interni alle istituzioni lasciano ritenere assolutamente reale l'esistenza di un disegno politico diretto a condizionare l'ordinato ed equilibrato sviluppo della democrazia italiana, con il pericolo del persistere di un legame con apparati deviati dello Stato e poteri occulti, non ancora neutralizzati;
   l'impiego dell'esplosivo T4, frequentemente usato nelle stragi di matrice «nera», tra cui la strage di Bologna e la strage del treno rapido 904, induce a ritenere un collegamento con centrali terroristiche interne ed internazionali –:
   quali e se risultino esiti di investigazioni compiute dai servizi segreti in seguito agli attentati ai danni del giudice Falcone, sia all'Addaura e sia a Capaci e, in caso positivo, se siano stati comunicati alla magistratura inquirente e/o eventualmente coperti dal segreto di Stato;
   se risulti agli atti quali ragioni abbiano indotto il Governo dell'epoca ad eliminare l'impiego dell'elicottero a tutela della sicurezza di Giovanni Falcone e della sua scorta. (4-04209)


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, DI VITA, D'UVA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO e VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: -
   in base alla Direttiva europea 1999/31/CE, nelle discariche non possono essere smaltiti rifiuti non trattati, e la separazione dei rifiuti destinati agli invasi deve consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano altresì l'effetto di evitare o diminuire nel miglior modo possibile ripercussioni negative sull'ambiente nonché rischi per la salute umana;
   la direttiva 1999/31/CE – recepita in Italia con il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ed attuata con il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005 – individua come biodegradabile qualsiasi rifiuto che per natura subisce processi di decomposizione aerobica o anaerobica, quali, ad esempio, rifiuti di alimenti, rifiuti dei giardini, rifiuti di carta e di cartone;
   ad esito del trattamento meccanico biologico – che viene utilizzato diffusamente come forma di pretrattamento di rifiuti urbani indifferenziati prima dello smaltimento in discarica – i rifiuti presentano, in molti casi, valori dell'Indice di respirazione dinamico ben più alti di 1.000 mg O2/kg SV/h, che rappresenta il valore di riferimento proposto a livello europeo per non considerare biodegradabile il rifiuto trattato;
   con la circolare U.prot.GAB-2009-0014963 del 30 giugno 2009, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fornito delle indicazioni in merito alle forme di trattamento dei rifiuti, includendo la trito vagliatura tra quelle idonee a soddisfare gli obblighi contenuti nella normativa comunitaria di riferimento;
   il 6 agosto del 2013, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inviato a tutte le regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano una circolare avente per oggetto «termine di efficacia della circolare del Ministro dell'ambiente U.prot.GAB-2009-0014963 del 30 giugno 2009», all'interno della quale viene precisato – in base a quanto asserito dalla Commissione nel parere motivato della Commissione europea (prot. 9026 del 1o giugno 2012) e nel ricorso depositato il 13 giugno 2013 contro la Repubblica Italiana (registro della Corte numero causa C 323/13) – che la trito vagliatura, pur rappresentando un miglioramento della gestione dei rifiuti indifferenziati, non può soddisfare, da sola, l'obbligo di trattamento previsto dall'articolo 6, lettera a) della direttiva 1999/31/Ce;
   in quell'occasione il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dichiarato che «con questa circolare viene definitivamente chiarito quali sono i trattamenti necessari per il conferimento dei rifiuti in discarica dove non potrà arrivare mai più il cosiddetto “tal quale”, anche se sottoposto a trito vagliatura»;
   con la stessa circolare del 6 agosto del 2013 il Ministero ha invitato le regioni e le province autonome a osservare le precisazioni fornite, e ad adottare le iniziative conseguenti e necessarie al fine di assicurare il pieno rispetto degli obiettivi stabiliti dalle norme comunitarie; in base ai dati del Rapporto dei Rifiuti Urbani 2013, a cura dell'ISPRA, risulta che in Sicilia, per l'anno 2012, la quota percentuale rifiuti oggetto di raccolta differenziata è pari al 13.3 per cento;
   nello stesso documento vengono riportate le quantità complessive dei rifiuti conferiti negli invasi di Sciacca (AG), Siculiana (AG), Gela (CL), Catania (CT), Motta Sant'Anastasia (CT), Enna (EN), Mazzara Sant'Andrea (ME), Castellana Sicula (PA), Palermo (PA), Ragusa (RG), Augusta (SR), Campobello di Mazzara (TP), Trapani (TP), distinguendo la parte smaltita come tal quale e quella pretrattata;
   rispetto all'anno 2013 non si sono riscontrati né aumenti significativi di raccolta differenziata né tantomeno si è provveduto alla costruzione e alla messa in esercizio di impianti di trattamento a servizio della raccolta dell'indifferenziato;
   dopo la scadenza della dichiarazione dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nella regione siciliana il capo del dipartimento della protezione civile ha adottato l'ordinanza n. 148/2014, in base alla quale spetta alla regione siciliana subentrare alle strutture del commissario delegato, e coordinare le attività necessarie al completamento degli interventi e al proseguimento, in regime ordinario, delle iniziative in corso da eseguire per fronteggiare l'emergenza in questione –:
   se sia a conoscenza del fatto che, in Sicilia, 1.188.632 tonnellate di rifiuti, pari al 58,8 per cento del totale nel 2012, sono state smaltite – in palese violazione della direttiva europea 1999/31/CE – senza essere sottoposte ad alcuna forma di pretrattamento;
   se risulti che il commissario delegato pro tempore per l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nella regione siciliana, dottor Marco Lupo, ovvero la regione siciliana – subentrata al commissario delegato allo scadere dello stato di emergenza – abbiano provveduto ad adeguare il sistema di trattamento e conferimento in discarica dei rifiuti, rispetto alle precisazioni fornite con la circolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 6 agosto 2013;
   se e in che modo – nella fase di transizione dalla gestione commissariale disciplinata dalla richiamata Ordinanza n. 148/2014 – intenda procedere perché vengano adottate tutte le misure necessarie ad assicurare che la quantità di rifiuti raccolti e conferiti, senza alcun trattamento, nelle discariche presenti in Sicilia, venga tempestivamente azzerata, in ottemperanza agli obblighi imposti dall'articolo 6, lettera a) della direttiva 1999/31/Ce, così come precisato dalla circolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare richiamata in premessa. (4-04217)

AFFARI ESTERI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedo di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   sul suo sito istituzionale, l'Istituto italiano di cultura di Bruxelles afferma testualmente di essere: «...un organismo del Ministero degli affari esteri italiano e ha quale permanente obiettivo quello di promuovere e diffondere la lingua e la cultura italiana in Belgio attraverso l'organizzazione di iniziative culturali volte a favorire la circolazione delle idee, delle arti e delle scienze .... e offre i seguenti servizi: corsi di lingua e civiltà italiana tenuti da docenti qualificati di madrelingua; due sessioni annuali di esami per ottenere il diploma di conoscenza della lingua italiana come lingua straniera; una Biblioteca italiana a disposizione degli alunni e degli iscritti all'Istituto per la consultazione e il prestito di libri, cd, dvd, riviste e giornali italiani; servizio di informazione e documentazione sull'Italia nel campo culturale»;
   appare tutto molto suggestivo, salvo poi scoprire che un'inchiesta de Il fatto quotidiano del 16 marzo 2014 ha fatto emergere che tale Istituto «ha tenuto per anni i docenti a libro paga senza alcun contratto, spedendoli a insegnare persino alla Commissione e al Parlamento europeo. Nessuna ritenuta, niente tasse, zero contributi, anche per 10-15 anni solo impegni a voce e mandati di pagamento, le ore e gli importi scritti a penna»;
   inoltre, risulterebbe che gli stessi siano stati ingaggiati affinché tenessero corsi ai funzionari della Commissione europea, la quale fatturava all'istituto, mentre i soldi pare finissero a professionisti abilitati ma irregolari da sempre; a rendere più pesante tale condizione di irregolarità è che gli insegnanti specializzati, laureati, abilitati sono stati inquadrati e pagati come colf, malgrado facessero parte di un organismo del Ministero degli affari esteri;
   risulta, sempre dall'indagine citata, che la questione degli insegnanti al «nero» nella rappresentanza culturale italiana a Bruxelles fosse ben nota alla Farnesina, anche se nessun intervento ha poi fatto seguito nemmeno alle segnalazione degli interessati circa la loro condizione di irregolari; ciò ha portato, inevitabilmente, a far emergere lo scandalo compromettendo di fatto l'immagine dell'Italia in Europa, proprio in prossimità della sua assunzione di presidenza dell'Unione a partire dal prossimo luglio;
   nel frattempo, l'inchiesta ha prodotto il risultato che poche ore dopo la sua pubblicazione l'ambasciatore italiano a Bruxelles, Alfredo Bastianelli, su indicazione della Farnesina, ha «commissariato» l'Istituto italiano di cultura in oggetto poiché, come ha affermato in una nota rivolta alla comunità che frequenta l'ente culturale presso il consolato d'Italia e apparsa sul sito euronews.it del 17 marzo, «le irregolarità contabili e amministrative impongono un'attenta azione di riordino»;
   sempre nella stessa nota il rappresentante dell'Italia in Belgio ha poi comunicato che il Ministero gli ha chiesto di assumere direttamente la guida dell'Istituto fino alla nomina di un nuovo direttore, al posto di quello precedente, Federiga Bindi, il cui incarico non sarà rinnovato «anche a seguito delle irregolarità contabili e amministrative», come si legge in una nota del 28 gennaio 2014 diramata dal Ministero interessato;
   si apprende, sempre dall'inchiesta giornalistica, che l'ambasciatore sarebbe, in tal senso, orientato ad adottare contratti di un anno rinnovabili una sola volta, una soluzione applicata anche altrove ma che gli interessati vedono come fumo negli occhi;
   va segnalato che, secondo il Fatto quotidiano, agli insegnanti restavano, come unica traccia di pagamento, i bonifici che giungevano da un conto del Monte Paschi di Siena e che accadeva: «...tutto per un perverso meccanismo a tenaglia: il ministero che evitava di sottoscrivere impegni scritti di qualsiasi tipo perché non accampassero pretese sull'amministrazione, l'Istituto che non rinunciava a utilizzarli per i corsi a pagamento che gli consentivano d'incassare corpose entrate senza gli oneri contributivi e fiscali, quindi a costi unitari ridottissimi»;
   malgrado quanto sopra esposto, non risulta siano state fornite risposte agli insegnanti coinvolti in questa vicenda –:
   come mai, malgrado le reiterate segnalazioni degli insegnanti di cui alla premessa, non si sia proceduto tempestivamente ad accertare le contestazioni mosse all'ex direttore dell'Istituto italiano di cultura di Bruxelles, Federiga Bindi, e quale soluzione intenda adottare per tutti quei docenti regolarizzati e affidati a un'agenzia interinale.
(2-00475) «Scagliusi, Manlio Di Stefano, Spadoni, Del Grosso, Di Battista, Grande, Sibilia».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, SCAGLIUSI, SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DEL GROSSO e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in base a molte segnalazioni ricevute da parte di cittadini non comunitari residenti in Irlanda che intendono ottenere il visto per l'Italia la relativa procedura risulta macchinosa ed onerosa;
   sul sito on line dell'Ambasciata d'Italia a Dublino è testualmente riportato che «l'ufficio visti riceve per appuntamento. L'appuntamento va fissato con largo anticipo rispetto alla partenza per l'Italia chiamando il numero 1570 787 661 (numero a pagamento) oppure il numero 6642312»;
   già la modalità dell'appuntamento rappresenta un dispendio di tempo tanto più che, in un'epoca come la nostra, questo servizio potrebbe e dovrebbe essere attivato per via telematica;
   al numero ordinario 6642312 il più delle volte non risponde nessuno e, quindi, l'interessato è indotto a chiamare il numero a pagamento, che ha una tariffazione di 1.75 euro/minuto;
   anche per i pochi minuti necessari a fissare l'appuntamento o a ricevere informazioni l'interessato spende una considerevole somma che potrebbe essergli risparmiata con un'implementazione del centralino ordinario o l'attivazione di un servizio sostitutivo on line –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa disfunzione nella procedura di richiesta del visto per l'Italia in danno dei cittadini non comunitari residenti in Irlanda e se intenda porre in essere iniziative di sua competenza per garantire un servizio efficace ed efficiente per coloro che intendono visitare il nostro Paese. (4-04195)


   BORGHI, GALPERTI, REALACCI, DE MICHELI, MARCO DI MAIO, GADDA, GIULIETTI, ARLOTTI, MARANTELLI, SENALDI, PLANGGER, SCHULLIAN, PAOLA BRAGANTINI, BRAGA, FRAGOMELI, RIBAUDO, BRANDOLIN e VALERIA VALENTE. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è in sede di ripresa il negoziato fiscale tra l'Italia e la Confederazione Elvetica, e a tale proposito risultano da fonti di stampa essere in corso trattative fiscali tra il Governo italiano e il Governo federale svizzero;
   anche a seguito del forum informale italo-elvetico di Berna dello scorso 30/31 novembre, si ipotizza la possibile conclusione del negoziato entro la fine del mese di maggio, in concomitanza con la visita di Stato in Svizzera del Presidente della Repubblica;
   settori dell'opinione pubblica e della vista istituzionale svizzera stanno esercitando pressioni affinché la questione della tassazione dei lavoratori frontalieri italiani (oggi oggetto di specifico trattato internazionale sull'imposizione fiscale dei lavoratori) venga riconsiderata all'interno di tale negoziato;
   in particolare si adombra l'ipotesi di una introduzione dello «splitting» fiscale che, in pratica, prevederebbe una tassazione dei frontalieri analoga ai residenti in Ticino con la possibilità, poi, di dedurre quanto corrisposto al fisco in Svizzera dalla tassazione italiana;
   la delicatezza della materia, sia sotto i profili dei diritti soggettivi dei nostri concittadini (i quali già oggi versano buona parte della loro trattenuta fiscale a favore dell'erario svizzero per il mantenimento di servizi e prerogative che non vengono loro assicurate in quanto cittadini italiani residenti in Italia) sia sotto i profili dei ristorni di tale tassazione, che in virtù del predetto accordo internazionale vengono assicurati per il 38,8 per cento a favore di comuni contemplati nella fascia di confine stabilita dal medesimo accordo, è notevole;
   in proposito sono stati votati specifici atti di indirizzo in materia dal Parlamento italiano –:
   quale sia il reale stato del negoziato in questione, quali siano le posizioni che il Governo ha ritenuto di dover assumere nel corso dell'incontro e se il Governo condivida le preoccupazioni oggetto della presente interrogazione. (4-04202)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il sito industriale di BUSSI (PESCARA) attualmente di proprietà della Solvay, con tutta l'area circostante, è una discarica di veleni prodotti in oltre un secolo dalla storia industriale di questo polo chimico nato agli inizi del novecento e che sino a pochi anni fa occupava oltre mille lavoratori;
   per la bonifica di questo sito inquinato di rilievo nazionale occorrerebbero almeno 500 milioni di euro, ma sinora 50 nel quadro di un processo contemporaneo di reindustrializzazione;
   il commissario per la bonifica dell'asta fluviale Aterno Pescara, che attraversa questo sito inquinato, ha sinora prodotto alcuni interventi parziali, prima con il «cupping» (il telo con il quale si è coperta l'area della discarica e acque meteoriche e il trascinamento di inquinanti negli strati sottostanti), poi coi diaframmi metallici lungo la sponda sinistra del fiume Pescara per cercare di isolarlo dal sito inquinato ed affrancarlo dai contatti superficiali con il terreno inquinato;
   il decreto 225 del 2010 impone il risanamento ambientale del sito industriale e delle aree limitrofe al fine di garantire condizioni di sicurezza della salute dei circa 300 mila cittadini che vivono nella Val Pescara, da Bussi a Pescara;
   questa bonifica dovrebbe accompagnarsi ad una azione di reindustrializzazione del sito industriale di Bussi e a questo fine sono stati 50 milioni di euro, nell'ambito dei fondi stanziati per la ricostruzione delle aree terremotate del sisma del 2009;
   il sindaco di Bussi ha chiesto ai soggetti industriali di manifestare il proprio interesse presentando progetti specifici;
   forte è l'allarme sociale nella popolazione della Val Pescara e di Pescara per l'inquinamento della stessa acqua potabile –:
   quali iniziative intenda assumere per la bonifica del sito inquinato di Bussi stanziando fondi adeguati;
   quale sia lo stato degli interventi sinora eseguiti dal commissario Goio;
   quale sia lo stato dei progetti di reindustrializzazione del sito di Bussi.
(3-00716)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, DI VITA, D'UVA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in base alla direttiva europea 1999/31/CE, nelle discariche non possono essere smaltiti rifiuti non trattati, e la separazione dei rifiuti destinati agli invasi deve consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano altresì l'effetto di evitare o diminuire nel miglior modo possibile ripercussioni negative sull'ambiente nonché rischi per la salute umana;
   la direttiva 1999/31/CE – recepita in Italia con il decreto legislativo 13 gennaio 2003 n. 36 ed attuata con il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005 – individua come biodegradabile qualsiasi rifiuto che per natura subisce processi di decomposizione aerobica o anaerobica, quali, ad esempio, rifiuti di alimenti, rifiuti dei giardini, rifiuti di carta e di cartone;
   ad esito del trattamento meccanico biologico – che viene utilizzato diffusamente come forma di pretrattamento di rifiuti urbani indifferenziati prima dello smaltimento in discarica – i rifiuti presentano, in molti casi, valori dell'indice di ispirazione dinamico ben più alti di 1.000 mg O2/kg SV/h, che rappresenta il valore di riferimento proposto a livello europeo per non considerare biodegradabile il rifiuto trattato;
   con la circolare U.prot.GAB-2009-0014963 del 30 giugno 2009, il Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare ha fornito delle indicazioni in merito alle forme di trattamento dei rifiuti, includendo la tritovagliatura tra quelle idonee a soddisfare gli obblighi contenuti nella normativa comunitaria di riferimento;
   il 6 agosto del 2013, il Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare ha inviato a tutte le regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano una circolare avente per oggetto «termine di efficacia della circolare del Ministro dell'ambiente U.prot.GAB-2009-0014963 del 30 giugno 2009», all'interno della quale viene precisato – in base a quanto asserito dalla Commissione nel parere motivato della Commissione Europea (prot. 9026 del 1o giugno 2012) e nel ricorso depositato il 13 giugno 2013 contro la Repubblica Italiana (registro della Corte numero causa C 323/13) – che la tritovagliatura, pur rappresentando un miglioramento della gestione dei rifiuti indifferenziati, non può soddisfare, da sola, l'obbligo di trattamento previsto dall'articolo 6, lettera a) della direttiva 1999/31/Ce;
   in quell'occasione il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dichiarato che «con questa circolare viene definitivamente chiarito quali sono i trattamenti necessari per il conferimento dei rifiuti in discarica dove non potrà arrivare mai più il cosiddetto “tal quale”, anche se sottoposto a tritovagliatura»;
   con la stessa circolare del 6 agosto del 2013, il Ministero ha invitato le regioni e le province autonome a osservare le precisazioni fornite, e ad adottare le iniziative conseguenti e necessarie al fine di assicurare il pieno rispetto degli obiettivi stabiliti dalle norme comunitarie;
   il rapporto dei rifiuti urbani 2013, a cura dell'ISPRA, fornisce i dati relativi allo smaltimento in discarica riferiti al 2012, indicando, per ciascuna regione, la quantità complessiva (in tonnellate anno), quella smaltita come tal quale e quella smaltita come pretrattato, i dati forniti dal Rapporto sono suddivisi per regioni nel modo seguente:
    Piemonte: totale rifiuti in discarica 735.788, smaltiti come tal quale 529.795 (72 per cento), smaltiti come pretrattato 205.993 (28 per cento);
    Valle d'Aosta: totale rifiuti in discarica 41.992, smaltiti come tal quale 41.992 (100 per cento);
    Lombardia: totale rifiuti in discarica 365.869, smaltiti come tal quale 12.360 (3,38 per cento), smaltiti come pretrattato 353.509 (96,62 per cento);
    Trentino Alto Adige: totale rifiuti in discarica 123.360, smaltiti come tal quale 107.753 (87,35 per cento), smaltiti come pretrattato 15.606 (12,65 per cento);
    Veneto: totale rifiuti in discarica 240.765, smaltiti come tal quale 143.029 (59,41 per cento), smaltiti come pretrattato 97.736 (40,59 per cento);
    Friuli Venezia Giulia: totale rifiuti in discarica 39.835, smaltiti come tal quale 4.072 (10,22 per cento), smaltiti come pretrattato 35.763 (89,78 per cento);
    Liguria: totale rifiuti in discarica 608.135, smaltiti come tal quale 533.865 (87,79 per cento), smaltiti come pretrattato 74.270 (12,21 per cento);
    Emilia Romagna: totale rifiuti in discarica 851.531, smaltiti come tal quale 413.636 (48,58 per cento), smaltiti come pretrattato 437.895 (51,42 per cento);
    Toscana: totale rifiuti in discarica 957.155, smaltiti come tal quale 473.943 (49,52 per cento), smaltiti come pretrattato 482.212 (50,38 per cento);
    Umbria: totale rifiuti in discarica 291.831, smaltiti come tal quale 25.032 (8,58 per cento), smaltiti come pretrattato 266.798 (91,42 per cento);
    Marche: totale rifiuti in discarica 455.374, smaltiti come tal quale 346.850 (76,17 per cento), smaltiti come pretrattato 108.524 (23,83 per cento);
    Lazio: totale rifiuti in discarica 2.085.435, smaltiti come tal quale 1.381.981 (66,27 per cento), smaltiti come pretrattato 703.454 (33,73 per cento);
    Abruzzo: totale rifiuti in discarica 117.891, smaltiti come tal quale 3.098 (2,63 per cento), smaltiti come pretrattato 114.793 (97,37 per cento);
    Molise: totale rifiuti in discarica 132.659, smaltiti come tal quale 3.024 (2,28 per cento), smaltiti come pretrattato 129.635 (97,72 per cento);
    Campania: totale rifiuti in discarica 319.903, smaltiti come tal quale 236.049 (73,79 per cento), smaltiti come pretrattato 83.855 (26,21 per cento);
    Puglia: totale rifiuti in discarica 1.169.645, smaltiti come tal quale 274.943 (23,51 per cento), smaltiti come pretrattato 894.702 (76,49 per cento);
    Basilicata: totale rifiuti in discarica 120.176, smaltiti come tal quale 73.903 (61,50 per cento), smaltiti come pretrattato 46.273 (38,50 per cento);
    Calabria: totale rifiuti in discarica 697.017, smaltiti come tal quale 350.265 (50,25 per cento), smaltiti come pretrattato 346.753 (49,75 per cento);
    Sicilia: totale rifiuti in discarica 2.021.439, smaltiti come tal quale 1.188.632 (58,8 per cento), smaltiti come pretrattato 832.807 (41,2 per cento);
    Sardegna: totale rifiuti in discarica 288.032, smaltiti come tal quale 59.625 (20,70 per cento), smaltiti come pretrattato 228.407 (79,30 per cento) –:
   se sia a conoscenza del fatto che più della metà dei rifiuti raccolti (53 per cento), a livello nazionale, sono stati smaltiti – in palese violazione della Direttiva europea 1999/31/CE – senza essere sottoposti ad alcuna forma di pretrattamento, e che detta percentuale supera il 70 per cento, in, sei regioni (Valle d'Aosta, Liguria, Trentino Alto Adige, Marche, Campania e Piemonte), e il 50 per cento in altre sei (Lazio, Basilicata, Veneto, Sicilia, Calabria, e Toscana);
   se risulti quali iniziative siano state adottate dalle regioni e dalle province autonome per adeguare i rispettivi sistemi di trattamento e conferimento in discarica dei rifiuti, alle precisazioni fornite con la Circolare del 6 agosto 2013;
   se non ritenga necessario assumere un'iniziativa normativa per dare rango di fonte primaria alle disposizioni relative al trattamento e al conferimento in discarica dei rifiuti contenute nella Circolare del 6 agosto del 2013;
   quali azioni intenda intraprendere perché vengano tempestivamente adottate tutte le misure necessarie a scongiurare il rischio che – a causa del perdurare della situazione descritta dai dati riportati nel rapporto dei rifiuti urbani dell'ISPRA – venga aperta una nuova, gravosa, procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia per violazione dell'obbligo di trattamento di cui all'articolo 6, lettera a) della direttiva 1999/31/Ce. (5-02468)


   FAMIGLIETTI, BRATTI, BRAGA e PARIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'area dell'ex Isochimica di Pianodardine di Avellino da alcune settimane è sotto i riflettori dei media nazionali con diverse inchieste giornalistiche, da La Stampa all'Espresso, che ne denunciano la pericolosità per la salute per le note lavorazioni in amianto in quanto l'impianto industriale era addetta alla de coibentazione di carrozze e vagoni ferroviari;
   il 3 giugno 2013, gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Avellino hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo dello stabilimento e dell'area dove era allocata l'azienda «Isochimica spa», sita in Pianodardine – Zona A.S.I. di Avellino, disposto in via d'urgenza dalla procura della Repubblica ai sensi dell'articolo 321, comma 3-bis, del codice di procedura penale;
   sulla base delle verifiche disposte gli inquirenti è stato accertato lo stato attuale di «ammaloramento» degli oltre 500 cubi di cemento-amianto friabile ivi illecitamente smaltiti, dal 1983 al 1988, tanto da evidenziare una valutazione di generalizzata inidoneità a trattenere le fibre di amianto, la cui dispersione espone a concreto pericolo, collettivamente, l'incolumità di un numero indeterminato di persone, residenti nel comprensorio;
   l'attività di indagine prosegue anche in ordine ai reati di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, relativi ai decessi di vari dipendenti della Isochimica spa ed alle lesioni in danno di altri lavoratori, nonché in ordine alla fattispecie di reato ex articolo 347 del codice penale;
   su 400 dipendenti della fallita Isochimica 170 si sono ammalati di patologie ,e circa una trentina sarebbero già sono morti;
   è indispensabile procedere con la massima urgenza alla bonifica e alla messa in sicurezza del sito in oggetto in quanto espone anche la popolazione che vive in prossimità degli ex impianti a rischio di contrarre patologie legate all'amianto;
   il sito infatti sorge in prossimità di un'area popolata con una scuola, impianti sportivi e persino la stazione ferroviaria in poche centinaia di metri –:
   in considerazione di quanto esposto se e quali siano i motivi che fino ad ora hanno impedito di procedere alla bonifica del sito, se e quali siano le iniziative che intenda quindi assumere per procedere alla messa in sicurezza dell'area nonché per attivare uno screening e un monitoraggio continuo per gli ex lavoratori e la popolazione esposta e infine, per i lavoratori, se non sia il caso di assumere iniziative per procedere ad una deroga per l'accesso ai requisiti previdenziali in considerazione della specificità del caso.
(5-02470)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   prossimamente sarà inaugurata la mega-discarica di Corigliano d'Otranto (LE), posta sul più importante e ricco giacimento idrico potabile ipogeo del Salento, fonte di approvvigionamento idrico per l'80 per cento dei cittadini di Terra d'Otranto, come scritto nel piano di tutela delle acque, con oltre 30 pozzi di proprietà dell'Acquedotto pugliese;
   la nuova discarica sorge a pochi metri, separata da rocce di calcarenite, fortemente fratturate e soggette a importanti fenomeni di carsismo, da una vecchia ricolma di rifiuti tal quale, fatta chiudere dall'Acquedotto pugliese negli anni ’80 e mai bonificata che, durante gli scavi della nuova discarica, ha rilasciato percolato. La discarica si trova a monte dei pozzi Aqp, per cui la fuoriuscita di eventuali inquinanti dalla discarica potrebbe defluire proprio verso i pozzi dell'acquedotto;
   la legge regionale di tutela delle acque ha previsto un'apposita deroga che di fatto permette l'apertura della discarica sulla falda di Corigliano, quando invece dovrebbe solo applicare la norma nazionale, che invece prevede, nel testo unico sull'ambiente di cui al decreto legislativo n. 52 del 2006, in linea con la normativa europea, il divieto di apertura di discariche sulle falde acquifere;
   pare, a quel che consta all'interrogante, che l'unico studio idrogeologico su cui si sono basate tutte le autorizzazioni, compresa la valutazione d'impatto ambientale (Via), è stato commissionato dalla stessa ditta appaltatrice Ati Cogeam e non da università o da centri di ricerca, facendo di fatto mancare un momento di approfondimento scientifico certo in fase istruttoria;
   nel 2002, il Cnr-Irpi di Bari (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica) ha affermato che, in relazione ai rischi di inquinamento per la falda acquifera l'impermeabilizzazione non è in genere sufficiente a scongiurare rischi di perdite fluide dalle discariche;
   il 25 marzo 2014, sul quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno viene pubblicata la dichiarazione dell'assessore Nicastro e dei dirigenti Antonicelli e Campobasso, i quali affermano di essere disponibili a far in modo che nella discarica in questione sia conferita solo la frazione secca, evitando la frazione organica, prescrizione che si può ritenere utile ma non determinante –:
   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, attivarsi, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, per acquisire elementi sullo stato dei luoghi e sui possibili rischi per la salute dei cittadini pugliesi. (4-04204)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   ZAN. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel marzo del 2013, diverse frane hanno interessato il territorio del comune di Monselice, e in particolare la zona del Colle della Rocca – di proprietà della regione Veneto e in gestione alla società «Beni La Rocca» – costringendo intere famiglie ad abbandonare le proprie abitazioni e la regione Veneto a dichiarare lo stato di crisi;
   un nuovo smottamento verificatosi sul Colle della Rocca il 16 febbraio 2014, sul fronte che sta proprio sotto la cortina muraria del complesso del Mastio, ha provocato la caduta di una decina di grossi massi, di circa un metro cubo l'uno, destando preoccupazione per l'incolumità dei pedoni che percorrono tutti i sentieri sui versanti del colle, e costringendone la chiusura;
   nuovi smottamenti si sono verificati i primi giorni di marzo 2014, a seguito delle pesanti precipitazioni che hanno interessato la bassa padovana;
   nel Colle della Rocca sono concentrate numerose bellezze architettoniche tra le quali il castello, il Duomo vecchio, le Sette Chiesette, Villa Duodo, Villa Emo, Villa paradisi, Villa Nani, e altro; ancora oggi, inoltre, l'area sommitale conserva i resti di antiche fortificazioni tra cui l'imponente roccaforte del Mastio federiciano;
   il Colle risulta sottoposto a tutela paesaggistica ai sensi del codice per i beni culturali e paesaggistici, in particolare dell'articolo 142, lettera f), in quanto territorio del parco regionale dei Colli Euganei, e dell'articolo 136, quale area di notevole interesse pubblico; la parte sud-est del Colle è inoltre sottoposta a tutela ai sensi dell'articolo 12 del medesimo codice;
   a seguito del crollo di un pezzo di parete sul lato nord, lo scorso anno, le famiglie residenti si sono viste raggiungere i cortili da massi imponenti. Nel frattempo sono crollati altri pezzi di parete, mura di cinta, pezzi di mura storiche con grave danno per il patrimonio del Colle e gravi rischi per i residenti;
   le azioni e gli interventi da parte della regione Veneto appaiono a tutt'oggi, oltreché tardivi, del tutto insufficienti a risolvere l'emergenza e a tutelare il patrimonio ambientale, architettonico e artistico, costantemente in serio pericolo;
   si rende quanto mai necessario un sistema di canalizzazione delle acque e altri importanti interventi di riassetto idrogeologico del territorio, per i quali occorrono ingenti fondi di cui il comune di Monselice non dispone;
   il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo pro tempore Massimo Bray, rispondendo nel settembre 2013 all'interrogante, assicurava che la competente soprintendenza avrebbe effettuato gli accertamenti necessari sullo stato di fatto dei beni architettonici e delle aree contigue al Colle, «al fine di individuare i rischi connessi agli eventi franosi e per valutare la necessità di un monitoraggio strumentale e di misure cautelari di messa in sicurezza degli immobili, nonché degli interventi di ingegneria naturalistica, con terre armate e opere di contenimento dei pendii, per la protezione dei beni architettonici presenti sul Colle della Rocca» –:
   quale sia lo stato dei suddetti accertamenti da parte della soprintendenza;
   quali ulteriori iniziative i Ministri intendano adottare, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di garantire i necessari urgenti interventi di messa in sicurezza e ripristino dell'assetto idrogeologico del territorio indicato in premessa, oltre che per tutelare l'incolumità dei cittadini, per salvaguardare, stante l'enorme valore storico, architettonico e artistico unico nel suo genere, i beni culturali e paesaggistici che interessano il Colle della Rocca nel comune di Monselice. (4-04213)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHAOUKI e GIUDITTA PINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da varie fonti che nell'ambito dell'operazione Mare nostrum, il 9 novembre 2013 dalla fregata della Marina militare «Aliseo» è stato aperto il fuoco contro un'imbarcazione della quale la stessa era all'inseguimento nel canale di Sicilia;
   l'inseguimento, avvenuto in acque internazionali, ha successivamente portato all'arresto di 16 scafisti egiziani, sotto inchiesta da parte della procura di Catania, che avevano poco prima abbandonato in mare 150 profughi siriani;
   dalle stesse fonti si apprende che l'imbarcazione, una volta messa al traino della nave «Aliseo», è affondata imbarcando acqua, non risultando chiaro se ciò sia avvenuto a seguito dei danni riportati per i colpi ricevuti o per le condizioni del mare –:
   ferme restando le conclusioni che deriveranno dalle inchieste in corso, se il Governo non ritenga opportuno fornire chiarimenti, con la massima tempestività sull'accaduto, con particolare riguardo alle regole d'ingaggio con cui si svolge l'operazione «Mare nostrum» che dovrebbero, in ogni caso, a giudizio degli interroganti, non mettere a rischio vite umane.
(5-02462)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, CORDA, BASILIO, ARTINI, PAOLO BERNINI, TOFALO e FRUSONE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il codice dell'ordinamento militare, regolamenta agli articoli 279 e seguenti la disciplina in tema di alloggi di servizio, fra cui spiccano gli alloggi di servizio connessi all'incarico, cosiddetti alloggi ASI, che a mente del successivo articolo 281, primo comma, sono assegnati al personale dipendente cui sono affidati incarichi che richiedono l'obbligo di abitare presso la località di servizio;
   l'articolo 343, punto c), del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, prevede che gli incarichi che danno diritto all'assegnazione di un alloggio ASI sono individuati dallo Stato maggiore della Difesa, dal Segretariato generale della Difesa o dagli Stati maggiori di Forza armata e inseriti in appositi elenchi;
   per quanto riguarda l'area di competenza dello Stato maggiore della Difesa, nel maggio 2008 venne emanato un elenco degli incarichi che danno titolo all'alloggio ASI, in base alla disciplina prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 2004, n. 88, abrogato con l'entrata in vigore del testo unificato citato. Tale elenco non risulta essere stato aggiornato abrogato e pertanto è da ritenere in vigore anche in base alla disciplina di cui allo stesso testo unificato;
   dall'esame del ridetto elenco si evince come l'attribuzione di tali alloggi sia riconosciuta non solo a personale militare, previa ripartizione tra ufficiali e sottufficiali, a loro volta distinti in tre distinte fasce di precedenza, ma vieppiù anche a una quota di personale civile tra cui emergono professionalità per le quali sussistono ampi dubbi sul mantenimento di tale diritto;
   in particolare, risulta che l'alloggio di servizio connesso all'incarico sia anzitutto riconosciuto, come soggetti di prima fascia a pagina 25 del ridetto elenco, ai funzionari dell'ex ruolo dei cancellieri militari che prestano servizio negli uffici giudiziari militari già oggetto di propositi di razionalizzazione alla luce del ridotto carico di lavoro (ordini del giorno nn. 9/01015/002 e 9/01682-A/028, accolti dal Governo il 9 e 24 ottobre 2013, nonché risposta del 19 dicembre 2013 all'interrogazione in Commissione n. 5/01121), di talché risulta dubbia la permanenza di tale previsione alloggiativa di servizio;
   alla suddetta categoria di dipendenti civili della Difesa si aggiungono poi ulteriori professionalità, inserite in seconda e terza fascia, addette ad uffici del tutto specifici per i quali dovrebbe quantomeno essere attentamente valutata l'opportunità del mantenimento di tale diritto alloggiativo di servizio (tra questi incarichi che non paiono agli interroganti giustificare l'alloggio di servizio, vi sono a pagina 25 del citato elenco: «capo ufficio demanio e servitù militari di reparto infrastrutture»; «capo ufficio amministrazione di reparto infrastrutture»; «vice direttore di polo mantenimento»; idraulico con patentino di abilitazione di 2o grado per la conduzione di impianti termici dell'Arsenale esercito di Napoli; operatore dei servizi di supporto non vedente presso il Policlinico Militare e Centro ospedaliero»; «centralinista non vedente presso lo Spolettificio di Torre Annunziata»; elettrotecnico del Policlinico Militare di Roma»; operatore edile (idraulico) del Policlinico Militare di Roma») –:
   se, anche in relazione ai profondi mutamenti intervenuti nella struttura della Difesa, non ritenga di assumere iniziative per rivedere gli incarichi del personale militare e civile per i quali cui è riconosciuto il diritto all'attribuzione dell'alloggio di servizio connessi all'incarico (cosiddetto alloggi ASI), sia nel caso dei funzionari degli uffici giudiziari militari, che di ulteriori professionalità in servizio presso altri uffici centrali e periferici del Ministero della difesa;
   se, in relazione a quanto previsto dalla normativa in vigore, non ritenga inoltre, per evidenti ragioni di trasparenza e correttezza dell'azione amministrativa, di dover fornire gli elenchi di tutti gli incarichi, militari e civili, che danno titolo ad alloggio di servizio, compresi gli alloggi ASIR, e per le medesime ragioni di pubblicarli anche sul proprio sito internet istituzionale. (4-04189)


   CIRIELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Croce rossa italiana è oggi interessata da un provvedimento di privatizzazione selvaggia;
   in particolare, il Governo Monti, con il decreto legislativo n. 178 del 28 settembre 2012, ad avviso dell'interrogante tradendo lo spirito della delega (che risultava già scaduta nei termini), non si è limitato ad una riorganizzazione funzionale, ma ha disposto un vero e proprio stravolgimento della natura giuridica dell'Associazione italiana della croce rossa (CRI);
   il decreto ha previsto, infatti, la riorganizzazione della CRI e la sua completa privatizzazione;
   con un colpo di spugna si cancellano storia e tradizioni di uomini e donne che si sono sempre distinti per abnegazione, generosità e professionalità nel soccorrere i più deboli e più bisognosi, nel corso di gravi emergenze o pubbliche calamità, in Italia e all'estero, riscuotendo consensi, plausi e onorificenze nazionali ed internazionali;
   l'attuazione del decreto comporterà gravi riflessi soprattutto occupazionali poiché in esso è prevista anche la smilitarizzazione del personale militare del Corpo militare della Croce rossa italiana, che conta circa 1.200 tra effettivi e temporanei, coadiuvati da oltre 20.000 riservisti militari volontari che operano gratuitamente;
   il decreto legislativo n. 178 del 2012 ha determinato, di fatto, una smobilitazione del Corpo militare croce rossa italiana, con il conseguente trasferimento del suo personale in servizio attivo in un ruolo ad esaurimento nell'ambito del personale civile della croce rossa italiana;
   per la prosecuzione dei servizi ausiliari delle Forze armate è stata prevista, con decreto del Ministero della difesa, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, l'istituzione di un contingente di 300 uomini in servizio attivo che confluirà nel ruolo civile della croce rossa italiana entro e non oltre il 31 dicembre 2016;
   entro tale data il personale attualmente in servizio presso la Croce rossa potrà dunque optare per la risoluzione del contratto con l'ente pubblico croce rossa italiana e la successiva assunzione presso l'associazione Croce rossa italiana, di natura privata, se in possesso dei requisiti e nei limiti dell'organico di personale che la medesima associazione definirà;
   al personale che non dovesse essere assunto dall'associazione si applicherebbero gli strumenti per le eccedenze nelle pubbliche amministrazioni e la mobilità potrebbe aver luogo anche presso enti fuori provincia o regione di residenza;
   la difficile situazione economica degli enti pubblici italiani, l'età media del personale militare in servizio attivo e le attuali disponibilità economiche della croce rossa italiana sono, però, tali da far ritenere quantomeno di difficile attuazione l'assunzione presso l'associazione o la mobilità del personale presso altri enti pubblici;
   si profila quindi una tragedia sociale che non riguarda solo i dipendenti della croce rossa italiana che sono investiti da una riforma ingiusta e vessatoria nei confronti dei dipendenti, ma sopratutto nei confronti dei cittadini che specialmente in questo difficilissimo periodo di crisi economica si trovano ad essere privati di una serie di servizi essenziali che la società privata non potrà e non sarà in grado di erogare;
   per istituzioni meritorie come il Corpo militare della croce rossa non dovrebbe esserci né lo scioglimento, né lo svilimento dei livelli occupazionali;
   le logiche di contenimento dei costi e di riduzione della spesa pubblica, seppur condivisibili in momenti come questi, non si ottengono con la soppressione dell'attuale croce rossa italiana e l'istituzione di una associazione privata che comunque sarà finanziata con fondi pubblici e sottratta agli attuali controlli ministeriali;
   tale provvedimento non porterà nemmeno ai risparmi annunciati dal Governo Monti, poiché questi sarebbero immediatamente assorbiti dai contenziosi innescati dai dipendenti militari;
   con la ratifica della Convenzione internazionale di Ginevra l'Italia si è impegnata a finanziare la propria croce rossa per assicurarne efficienza e prontezza e i tagli ipotizzati non vanno in questa direzione;
   il Corpo militare della croce rossa è innanzitutto una risorsa per la collettività che ricava risparmi per oltre 2 milioni di euro/anno per le prestazioni rese ai Corpi dello Stato con corsi e supporti operativi gratuiti in Italia e all'estero;
   è necessario fermare la svendita di pezzi dello Stato, che, nel nome di una necessaria «spending review». favorisce manovre scellerate, privando i cittadini di molti servizi indispensabili –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti ritengano opportuno adottare per scongiurare il rischio di smilitarizzazione del Corpo militare della croce rossa italiana, che è una risorsa per la nazione, a scapito di personale altamente qualificato e motivato che nel tempo ha dato prestigio e lustro all'Italia o se non ritengano, quantomeno, di adottare iniziative atte a far rientrare il personale del Corpo militare della croce rossa italiana nel comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico in modo da estendervi il trattamento previdenziale riservato al comparto. (4-04197)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si riportano di seguito alcune considerazioni in ordine alla RCAUTO – l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (ex articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997);
   al fine di dare attuazione ai noti principi riguardanti il federalismo fiscale ed alla conseguente autonomia di entrata a favore degli enti locali, l'articolo 17 del decreto legislativo n. 68 del 2011 prevede che a partire dal 2012 l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (ex articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997) costituisce «tributo proprio derivato» delle province. Al comma 2 del citato articolo si prevede che le province possano aumentare o diminuire l'aliquota vigente pari al 12,5 per cento di una percentuale fino a 3,5 punti percentuali;
   ad oggi le province e le istituende città metropolitane non hanno alcun reale strumento operativo di controllo e verifica della base imponibile oggetto del tributo sopra specificato;
   un esempio emblematico di tale situazione è fornito da quanto si è verificato nell'anno 2013 all'amministrazione provinciale di Roma;
   in particolare, con delibera del commissario straordinario n. 2 del 15 gennaio 2013, la provincia di Roma ha provveduto ad aumentare l'aliquota di detto tributo di 3,5 punti percentuali, portando la stessa al livello massimo consentito dalla normativa (16 per cento);
   ciononostante, a fronte di un incremento di aliquota del 28 per cento, si è registrato, nel corso dell'esercizio 2013 un aumento del gettito mensile mediamente pari al 15 per cento-20 per cento rispetto al dato 2012 e quindi notevolmente inferiore alle aspettative derivanti dall'utilizzo della leva fiscale di competenza dell'amministrazione provinciale;
   tale mancato gettito ha determinato una forte criticità nel mantenimento degli equilibri finanziari complessivi da parte dell'ente;
   stante la situazione sopra descritta l'amministrazione provinciale di Roma ha posto in essere una serie di azioni nei confronti dei potenziali attori:
    società assicuratrici: è stata inoltrata richiesta a tutte le compagnie assicuratrici (nota prot. 131351 dell'8 ottobre 2013) dei dati forniti ai sensi del provvedimento del direttore dell'agenzia delle entrate prot. 2013/51954 datato 30 aprile 2013 (approvazione del modello di denuncia dell'imposta sulle assicurazioni dovuta sui premi e accessori incassati nell'esercizio annuale scaduto previsto dall'articolo 9 della legge n. 1216 del 1961);
   tale nota era inviata a tutte le compagnie di riferimento (pari a 64), ha ricevuto risposta solo da 28 operatori, 19 dei quali non hanno fornito dati con una nota concordata univocamente dalla loro associazione di categoria, sulla base del fatto che gli stessi sono già stati trasmessi all'Agenzia delle entrate e che quindi sono già in possesso di altro soggetto pubblico;
   di contro 9 compagnie hanno ben accettato la richiesta di collaborazione;
    Agenzia delle entrate: la medesima richiesta è stata inoltrata dall'amministrazione provinciale di Roma all'Agenzia delle entrate il 27 novembre 2013 prot. 157162; in tale occasione era chiesta collaborazione per la costruzione di un sistema di verifica dell'imposta tale da contrastare eventuali anomalie nell'andamento della stessa coerentemente con lo spirito del gruppo di lavoro costituito con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 20 settembre 2012 e conseguentemente attivare la convenzione prevista dal comma 4 dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 68 del 2011. Tale nota rimaneva priva di riscontro. Successivamente, a fine gennaio 2014, il commissario straordinario, stante l'urgenza della questione inviava una comunicazione con la quale si richiedeva la collaborazione dell'Agenzia delle entrate al fine di ottenere la fornitura/accesso ai dati sopra citati in modo da rendere possibile la costruzione di un sistema di verifica dell'imposta in oggetto. Anche tale comunicazione rimaneva priva di risposta;
    motorizzazione civile: con nota prot. 0142517/2013 del 29 ottobre 2013 e nota prot. prot. 159156 del 2 dicembre 2013 inviate rispettivamente al direttore dell'ufficio Motorizzazione di Roma (dipartimento trasporti terrestri) al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – direzione generale per la motorizzazione – centro elaborazione dati l'amministrazione provinciale di Roma chiedeva – al fine di contrastare fenomeni elusivi e/o evasivi del suddetto tributo – di poter accedere/usufruire della banca dati in possesso della motorizzazione;
   ne scaturiva un'iniziale disponibilità manifestata dalla direzione generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In particolare, il dipartimento trasporti terrestri evidenziava che l'accesso alle banche dati era da considerarsi limitato alle informazioni necessarie per lo svolgimento degli specifici compiti d'istituto, valutati in ogni caso i motivi di interesse pubblico;
   successivamente, tale disponibilità ad una collaborazione istituzionale era notevolmente ridimensionata e di fatto negata da parte della motorizzazione comunicando all'amministrazione provinciale che: «recenti osservazioni della Corte dei Conti, in sede di controllo dei provvedimenti di approvazione dei contratti per l'ammissione all'utenza del S.I. di questo Centro, mirano ad escludere la possibilità di trasferimenti più o meno integrali di sezioni della banca dati», invitando l'amministrazione ad utilizzare lo strumento web del portale dell'automobilista;
   tale strumento essendo stato concepito per ricerche puntuali è stato predisposto prevalentemente per un utilizzo da parte degli organi di polizia locale comunale e provinciale e appare assolutamente inidoneo ad uno scarico massivo dei dati finalizzato a realizzare un interscambio e comparazione tra banche dati esistenti;
    Aci-Pra: l'Automobile Club, sia attraverso la propria amministrazione centrale sia attraverso il PRA di Roma, si dimostrava disponibile sin dal principio a condividere le proprie basi informative con l'amministrazione provinciale di Roma per le citate finalità;
   da quanto descritto appare indispensabile per le amministrazioni provinciali titolari del tributo – per una corretta programmazione di bilancio – avere accesso/visibilità ad una base dati completa ed omogenea, quale quella rinvenibile nelle dichiarazioni mensili ed annuali trasmesse all'agenzia delle entrate ai sensi dell'articolo 17, comma 3 e 4, del decreto legislativo n. 68 del 2011;
   tali dati, opportunamente incrociati con altre banche dati pubbliche (ad esempio DTT, ACI-PRA, bollo regionale), fornirebbero una puntuale conoscenza della base imponibile ed un efficace contrasto a potenziali fenomeni di evasione ed elusione fiscale;
   i numerosi tentativi sopra descritti fatti dalla provincia di Roma di realizzare un «naturale» accesso/interscambio ed incrocio con altre banche dati pubbliche non ha visto ad oggi (tranne rare eccezioni) quell'auspicabile collaborazione e concreta cooperazione tra gli enti detentori delle varie base dati;
   quanto all'imposta provinciale di trascrizione – IPT – (articolo 56 del decreto legislativo n. 446 del 1997) si segnala quanto segue;
   l'articolo 56, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, disciplina l'imposta di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico (IPT); essa è applicata sulla base di apposita tariffa, determinata con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze (decreto ministeriale n. 435 del 1998) la cui misura può essere aumentata fino ad un massimo del 30 per cento. Le province, con apposito regolamento, ne disciplinano le modalità di gestione nonché i rapporti con il concessionario del PRA (ACI) per quanto attiene tempi e modalità relativi ai riversamenti, ai recuperi, e ad altri aspetti;
   con il decreto-legge 13 agosto 2011, convertito dalla legge 14 settembre 2011 n. 148 – «Legge sulle misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria», è stato introdotto il regime di tassazione proporzionale dell'IPT anche per gli atti soggetti ad IVA, equiparandoli, così, alla tassazione prevista per gli atti non soggetti ad IVA;
   tale disposizione normativa ha riguardato inizialmente le sole province ricadenti nelle regioni a statuto ordinario, con la naturale conseguenza della migrazione della registrazione delle formalità nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome. Di tale anomalia hanno beneficiato, in particolar modo, le province autonome di Trento e Bolzano che hanno registrato dei macroscopici incrementi delle formalità e degli incassi per IPT rispetto ai volumi medi degli anni precedenti;
   al fine di correggere tale anomalia il legislatore con l'articolo 9, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge n. 174 del 2012 convertito dalla legge n. 213 del 2012 ha introdotto delle modifiche inerenti alla soggettività passiva e la titolarità del tributo. In particolare, è stato statuito che il gettito IPT venisse destinato alla provincia ove il soggetto passivo ha la sede legale o la residenza;
   tale disposizione non essendo stata collegata alla soppressione della tariffa ancora oggi prevista nel decreto ministeriale n. 435 del 1998 non ha impedito alle province autonome di continuare ad applicare la tariffa fissa agli atti soggetti ad IVA;
   è emblematico il caso dell'amministrazione provinciale di Roma:
    la difficile congiuntura economica e la contrazione delle vendite registrata nel mercato delle auto, si è ripercossa pesantemente sul gettito IPT registrato dall'amministrazione provinciale di Roma, comportando di conseguenza la necessità di portare, nel 2012, la tariffa al livello massimo consentito dalla legge, ad eccezione delle categorie cosiddette professionali;
   nel 2013 la significativa riduzione delle formalità è stata compensata dalla proporzionalità delle tariffe;
   l'amministrazione provinciale di Roma attua un costante monitoraggio delle variazioni/trasferimenti delle sedi legali da parte delle società di auto noleggio verso le province autonome citate al fine di individuare per tempo eventuali fenomeni elusivi che potrebbero determinare degli squilibri nell'entrate finanziarie dell'ente;
   ad oggi si è registrato mi incremento complessivo delle transazioni per noleggi su base nazionale di circa il 28 per cento;
   in controtendenza risulta il dato registrato a Roma dove si delinea una perdita netta del 70 per cento a tutto vantaggio delle province autonome di Trento e Bolzano ove sono migrate alcune fra le maggiori compagnie di autonoleggio: Mercedes a Trento, Hertz Fleet, Europe Car e Avis Autonoleggio a Bolzano;
   in particolare, Bolzano registra un incremento medio nel bimestre 2014 pari al 48 per cento, mentre Trento ha un incremento del 68 per cento circa (Fonte: Unrae);
   si rileva che il citato spostamento delle sedi legali da parte dei noleggiatori concentrate nell'anno 2013 e in questo inizio di corrente anno ad avviso dell'interrogante non appare motivato da elementi economici o organizzativi ma da scopi prettamente fiscali –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti descritti;
   quali iniziative intendano assumere per permettere alle amministrazioni provinciali titolari del tributo RCAUTO ex articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997 di avere accesso/visibilità ad una base dati completa ed omogenea, quale quella rinvenibile nelle dichiarazioni mensili ed annuali trasmesse dalle società assicuratrici all'Agenzia delle entrate ai sensi dell'articolo 17, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 68 del 2011, in modo da permettere alle stesse amministrazioni una idonea programmazione di bilancio e le doverose attività di verifica tendenti al recupero di base imponibile con conseguente incremento delle entrate fiscali;
   in quali modi intendano procedere al fine di garantire procedure di interscambio dati tra soggetti pubblici (Agenzia delle entrate, motorizzazione, Aci - Pra e amministrazioni provinciali) così da rendere efficace e reale il contrasto a potenziali fenomeni di evasione ed elusione fiscale con riferimento all'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (RCAUTO);
   in quali modi intendano contrastare quelli che all'interrogante appaiono evidenti fenomeni di concorrenza fiscale «sleale» da parte delle province autonome in materia di imposta provinciale di trascrizione (IPT) permessa dall'attuale normativa vigente;
   se si intendano intraprendere iniziative normative tendenti all'abrogazione del decreto ministeriale n. 435 del 1998.
(3-00717)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI, DADONE, DIENI e COZZOLINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile 2012 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un bando di concorso del comando generale della Guardia di finanza, per titoli ed esami, per il reclutamento di 750 allievi finanzieri della Guardia di finanza;
   concluse le procedure di selezione, è avvenuta la presa in carico degli idonei vincitori in 2 aliquote;
   a causa delle riscontrate esigue risorse finanziarie, il Corpo della guardia di finanza ha deciso di scaglionare l'incorporamento dei vincitori di concorso in più anni;
   il 23 ottobre 2013 è stata avviata al corso di formazione per allievi finanzieri una prima aliquota di 327 vincitori per l'arruolamento diretto del concorso succitato, definita in maniera proporzionale tra i contingenti e le specializzazioni a concorso, e così composta:
    a) 282 unità per il contingente ordinario;
    b) 15 unità per il contingente ordinario «Tecnico di Soccorso Alpino (S.A.G.F.)»;
    c) 18 unità per il contingente mare specializzazione «Nocchiere»;
    d) 12 unità per il contingente mare «Operatore di Sistema»;
   mancano da avviare al corso di formazione la restante parte di allievi vincitori (310 unità), la seconda aliquota da rendere disponibile per la ferma quadriennale nelle forze armate (113 unità) e gli idonei non vincitori in soprannumero (769 unità);
   come risaputo l'attività di lotta all'evasione fiscale – portata avanti dalla Guardia di finanza – è particolarmente importante, soprattutto nell'ambito dell'azione contemporanea di riduzione del carico fiscale gravante sulle famiglie e del rafforzamento delle misure di controllo nei confronti degli evasori fiscali;
   secondo gli ultimi dati, però, la Guardia di finanza si trova in una situazione di carenza d'organico, poiché a fronte di una dotazione organica di 68.130 militari, in servizio si contano, al momento, soltanto 60.527 unità;
   il 14 gennaio 2014 il Ministro dell'interno Angelino Alfano ha presentato il protocollo «Milano Expo 2015-Mafia Free» annunciando lo sblocco del turn over per le forze dell'ordine, «che subirà una deroga del 55 per cento» per «incrementare la presenza di Forze dell'Ordine in vista dell'Esposizione universale»;
   gli stessi commi 464 e 468 della legge n. 147 del 27 dicembre 2013 (legge di stabilità), prevedono l'assunzione di «600 unità per il Corpo della guardia di finanza» che però «possono essere riservate al personale volontario in ferma prefissata di un anno delle Forze armate»;
   come denunciato da più parti e dalla stessa scrivente in precedenti interrogazioni, nuove procedure concorsuali sarebbero inutili anche perché richiederebbero tempi lunghi che andrebbero al di là della stessa manifestazione dell'Expo;
   l'arma dei Carabinieri ha avviato con decreto dirigenziale una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria dell'anno 2012 per 1.886 allievi carabinieri e, nella fattispecie, non solo sono stati assunti i vincitori ma anche tutti i 48 idonei non vincitori presenti in graduatoria ancora in corso di validità;
   in questo modo è stata eliminata la quota dei vincitori in seconda aliquota, superando nei fatti il problema relativo alla ripartizione in aliquote;
   il decreto-legge n. 101 del 31 agosto 2013 (cosiddetto «decreto D'Alia»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 30 ottobre 2013, stabilisce che fino al 31 dicembre 2015 l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali «è subordinata all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, verificata l'assenza di graduatorie vigenti, per ciascun soggetto pubblico interessato, approvate dal 1° gennaio 2008 relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza» (articolo 4, comma 3) –:
   se intenda disporre un corso di formazione per le restanti unità di idonei vincitori, vincitori in seconda aliquota e idonei non vincitori, anche in vista dell'appuntamento dell'Expo 2015, traendo peraltro vantaggio dall'economicità e speditezza di questa soluzione, in quanto i summenzionati vincitori e idonei potrebbero immediatamente prendere parte ai corsi di formazione. (4-04194)


   BOCCADUTRI, DI SALVO, MIGLIORE, PIAZZONI, QUARANTA e SCOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come noto, l'ingegner Mauro Moretti ricopre attualmente l'incarico di amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato, presidente della Fondazione FS italiane (marzo 2013), presidente del consiglio di amministrazione di Grandi stazioni (2008) e responsabile ad interim della direzione centrale affari internazionali e istituzionali. A livello internazionale, inoltre, Mauro Moretti riveste il ruolo di vicepresidente dell’Union Internationale des chemins de fer e presidente dello European Management Committee dell'UIC (Union Internationale des Chemins de Fer) da dicembre 2013. Da settembre 2012, infine, ricopre il ruolo di co-chairman dell’Italian Egyptian Business Council;
   recentemente, alcune affermazioni dell'ingegner Moretti in merito alla ventilata possibilità di recedere dal suo incarico di amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato, qualora il Governo dovesse assumere iniziative normative tese a ridurre i compensi dei manager pubblici, hanno suscitato critiche e indignazione sia dal mondo politico che da quello imprenditoriale, considerato non solo il fatto che l'ingegner Moretti percepisce attualmente un compenso pari a circa 850.000 euro lordi l'anno, ma anche alla luce del cronico stato di degrado in cui versa ormai da decenni l'intero sistema ferroviario nazionale di cui si avvalgono per motivi di studio e di lavoro migliaia di cittadini pendolari;
   Ferrovie dello Stato s.p.a ha recentemente approvato un nuovo piano quadriennale dove alla voce investimenti sono previsti 24 miliardi di euro nell'intero periodo di riferimento, di cui 15,5 miliardi di euro a carico dello Stato, ovvero 4 miliardi l'anno, importo lievemente superiore agli anni precedenti; mentre quelli autofinanziati da Ferrovie dello Stato stessa sono pari a 8,5 miliardi di euro in tutto, ovvero 2 miliardi di euro l'anno;
   un recente studio dell'Università Bicocca (Ugo Arrigo e Giacomo di Foggia «Gli aiuti di Stato al settore ferroviario nell'Unione Europea». Paper dell'Università Bicocca di Milano, 2013) ha messo in luce che i trasferimenti unitari a Ferrovie dello Stato sono tra i più alti d'Europa;
   in particolare, detto studio evidenzia che da quando Ferrovie dello Stato è diventata società per azioni (1992-2012), in 21 anni, la spesa pubblica ferroviaria in Italia è stata di 207,7 miliardi di euro senza contare la rivalutazione monetaria, di cui 85 miliardi di euro di spesa corrente;
   un aspetto peculiare del recente piano quadriennale di Ferrovie dello Stato spa è l'esplicita menzione dell'integrazione tra servizi ferroviari e quelli di autobus, verosimilmente anche urbani;
   non a caso il gruppo FS ha recentemente acquistato l'azienda urbana di Firenze e sembrerebbe intenzionata ad espandersi in questo settore;
   l'aspetto primo centrale, tuttavia, è che lo Stato per gli investimenti che finanzia a totale fondo perduto, non sembrerebbe richiedere alle società adeguate verifiche ex ante ed ex post, ovvero nessuna contabilità sociale o industriale, come se tale situazione non fosse rilevante in una condizione generale di scarsità di risorse per gli interventi pubblici in economia e, in particolare, per sostenere adeguatamente e stabilmente il trasporto pubblico locale;
   alla luce di quanto precede appare agli interrogante di eccezionale gravità quanto dichiarato recentemente dall'ingegner Moretti, come anche il suo intento di strumentalizzare gli utili conseguiti da Ferrovie dello Stato in questi ultimi anni senza dire una parola sulla mole di risorse pubbliche introitate da Ferrovie dello Stato nei decenni scorsi: risorse che in altri Paesi europei avrebbero consentito la costruzione di reti ferroviarie di gran lunga più estese ed efficienti di quella italiana, stando alle analisi contenute nel citato studio dell'Università Bicocca;
   il trasporto ferroviario rappresenta un comparto fondamentale del trasporto pubblico locale che, offerto a condizioni accessibili a tutti, dovrebbe essere considerato come strumento per neutralizzare disparità sociali e per conferire eguali opportunità di lavoro e di istruzione ai cittadini meno abbienti, i quali non sempre possono sostenere il costo della mobilità privata per recarsi sul luogo di lavoro o per raggiungere l'istituzione educativa (scolastica o universitaria) prescelta;
   Ferrovie dello Stato italiane spa, dal 12 agosto del 1992, è una società per azioni con partecipazione statale totale attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione, non intenda assumere le opportune iniziative di competenza tese a far cessare gli incarichi attualmente conferiti all'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato s.p.a. ingegner Mauro Moretti, previa quantificazione della relativa liquidazione, nonché ad avviare un ragionamento complessivo volto alla ripubblicizzazione di Ferrovie dello Stato S.p.a. (4-04198)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Equitalia s.p.a. è una società a partecipazione pubblica italiana, incaricata della riscossione dei tributi su tutto il territorio, ad eccezione della Sicilia, partecipata al 51 per cento da Agenzia delle entrate e al 49 per cento da Inps;
   per il periodo 2000-2014 alle società di recupero è stato affidato un carico di riscossione pari a 894 miliardi di euro, dei quali solo il 7,7 per cento è stato riscosso, mentre il 7,8 per cento è il carico residuo che viene ritenuto riscuotibile nel prossimo futuro;
   Equitalia spa subentra nella gestione del recupero crediti solo nel 2006, mentre prima tutto era in mano a gestori privati, prevalentemente banche. Da quella data la società garantisce una media annua di riscossione pari a circa 8 miliardi di euro, mentre i precedenti concessionari erano in grado di garantirne appena 2,9 miliardi;
   secondo quanto dichiarato dall'amministratore delegato di Equitalia s.p.a. in occasione della recente audizione alla Commissione finanze del Senato, ben il 22,6 per cento dell'ammontare totale era errato, un altro 27 per cento è rappresentato da contribuenti falliti, deceduti o nullatenenti, nel 25 per cento dei casi Equitalia ha tentato almeno un'azione di riscossione che ha ottenuto esito negativo e il 2 per cento è costituito da rateizzazioni in scadenza;
   la legge n. 147 del 2013, meglio nota come legge di stabilità per il 2014, ha previsto una sanatoria per le cartelle esattoriali i cui ruoli sono stati assegnati alla riscossione prima del 31 ottobre 2013, oppure per gli avvisi di accertamento esecutivi affidati alle agenzie fiscali entro la medesima data, estinguibili pagando il solo debito originario, senza alcun tipo di mora o interessi, se il saldo fosse avvenuto entro il 28 febbraio 2014;
   secondo fonti ufficiali gli italiani che hanno aderito alla sanatoria sono stati 90 mila, per un incasso totale pari a 335 milioni, dunque meno del 5 per cento del totale che Equitalia s.p.a. autonomamente raccoglie ogni anno;
   prevedere il saldo in un'unica soluzione lascia sottintendere che il debitore sia in possesso della somma dovuta, concetto poco aderente alla realtà di grave crisi che stanno affrontando famiglie e imprese italiane;
   la legge n. 98 del 2013 («decreto del fare») ha previsto per tutti i cittadini che hanno difficoltà a saldare il debito in un'unica soluzione, la possibilità di rateizzare le somme iscritte a ruolo per un massimo di 120 mensilità, con importo minimo pari a 100 euro;
   secondo l'amministratore delegato di Equitalia s.p.a., un ulteriore importo pari a 20 miliardi di euro potrebbe essere raccolto se venisse prevista un'ulteriore rateizzazione, ammettendo tutti coloro che hanno perso il beneficio di ottenere in via eccezionale la possibilità di una nuova dilazione del debito;
   in data 17 febbraio 2014 il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/02027/041, che vedeva l'interrogante come primo firmatario e che lo impegnava a valutare la possibilità di modificare la sanatoria introdotta con la legge n. 147 del 2013, fissando come termine per il ristoro delle somme dovute a Equitalia s.p.a. il 31 dicembre 2016 (anziché il 28 febbraio 2014) e, conseguentemente, a prevedere l'armonizzazione delle disposizioni previste ai commi 621, 622, 623 al nuovo termine;
   non si dispone di informazioni aggiornate circa l'attuazione del citato ordine del giorno n. 9/02027/041 –:
   se siano state adottate iniziative in conformità all'atto di indirizzo di cui in premessa e, in particolare se siano state assunte iniziative per una più lunga dilazione per il ristoro delle somme dovute al fine di incentivare l'attività di rientro da parte del debitore e agevolare l'arrivo di maggiori risorse per lo Stato. (4-04205)


   LATRONICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione Unione Europea ha presentato una proposta che prevede un tetto sulle commissioni bancarie (interchange fee) dello 0,2 per cento della transazione per le carte di debito e dello 0,3 per cento della transazione per le carte di credito; per i primi 22 mesi il tetto alle commissioni sarà in vigore solo per le transazioni internazionali, successivamente entrerà in vigore anche per quelle nazionali;
   secondo la relazione allegata alla proposta della Commissione, il calo dell’interchange fee dovrebbe ridurre i costi a carico dei commercianti di circa sei miliardi di euro all'anno e rilanciare l'uso del pagamento elettronico; attualmente, la commissione pagata dalla banca del commerciante alla banca del consumatore, può essere addirittura pari all'1,5 per cento del totale della transazione; si calcola che la media europea sia dello 0,9 per cento;
   il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevedeva, all'articolo 12, comma 9, che l'Associazione bancaria italiana, le associazioni dei prestatori di servizi di pagamento, la società Poste Italiane spa, il Consorzio Bancomat, le imprese che gestiscono circuiti di pagamento e le associazioni delle imprese maggiormente significative a livello nazionale dovessero definire entro il 1o giugno 2012, ed applicare entro i tre mesi successivi, le regole generali per assicurare una riduzione delle commissioni a carico degli esercenti in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento, tenuto conto della necessità di assicurare trasparenza e chiarezza dei costi, nonché di promuovere l'efficienza economica nel rispetto delle regole di concorrenza;
   tuttavia, non si è pervenuti, secondo le modalità e nei termini previsti dal citato articolo 12, comma 9, all'elaborazione delle suddette regole condivise e pertanto, ai sensi dell'articolo 12, comma 10 del richiamato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, tali regole devono essere fissate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentite la Banca d'Italia e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
   il 30 giugno 2014 entrerà in vigore il decreto che obbliga imprese e professionisti ad accettare pagamenti attraverso bancomat e carte di credito, per mezzo dei cosiddetti terminali POS «ad accettazioni multiple», l'obbligo vige per gli importi superiori a 30 euro;
   il codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 85 del 2005, articolo 5) ha esteso l'obbligo di accettazione dei pagamenti con carte di debito anche ai soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti o servizi in «in toto», ossia pubblici esercizi, esercenti impianti di carburante, attività commerciali in genere, autoriparatori, saloni di bellezza, società di servizi, gli studi professionali di geometri, ingegneri, avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e similari –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro per attuare i provvedimenti necessari ad ottenere la riduzione delle commissioni, dei costi e dei canoni che gravano sugli esercenti commerciali e sui consumatori che si avvalgono dell'utilizzo della moneta elettronica (carta di credito/debito) nelle transazioni superiori a 1.000 euro e alla cancellazione di ogni commissione, costo o canone per le transazioni inferiori a 1.000 euro. (4-04211)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie diffuse a mezzo stampa, un militare statunitense di 21 anni di stanza nella Caserma Del Din, Jerelle Lamarcus Gray, sarebbe indagato per violenza sessuale e sequestro nei confronti di una ragazza minorenne residente a Schio nella provincia di Vicenza. Secondo quanto denunciato dalla ragazza ai carabinieri, la vittima avrebbe conosciuto il giovane militare in un disco club della zona e l'uomo, ubriaco, l'avrebbe obbligata a seguirla in un vicolo buio dove l'avrebbe violentata;
   l'articolo VII, comma 3, lettera c) della Convenzione tra gli Stati parti del Trattato dell'Atlantico del Nord, relativa allo statuto delle truppe della NATO, prevede che lo Stato che abbia diritto di esercitare prioritariamente la propria giurisdizione possa rinunciarvi e che le domande di rinuncia al diritto di priorità alla giurisdizione penale possano essere valutate da parte dello Stato ospitante, qualora vi siano considerazioni particolarmente importanti, atte a giustificarle;
   da quanto si apprende dagli organi di stampa, l'ufficio legale dello United States Army Garrison – Vicenza (USAG) avrebbe scritto al Ministero della giustizia per sollecitare la rinuncia al diritto di priorità alla giurisdizione penale, così come previsto dall'articolo sopracitato;
   secondo quanto riportato in un articolo intitolato «La legge disuguale dei soldati americani», pubblicato da Il Fatto Quotidiano in data 24 marzo, a firma di Alessio Schiesari, vi sarebbero state da parte del Ministero della giustizia della Repubblica italiana, negli ultimi 15 mesi, circa 90 risposte positive a richieste analoghe da parte dell'amministrazione militare statunitense;
   una volta che lo Stato italiano abbia rinunciato all'esercizio della giurisdizione penale, diventa difficile per le vittime dei reati e per gli organi istituzionali italiani anche solo disporre di notizie aggiornate sull'andamento dei processi in corso;
   in ogni caso le considerazioni di cui all'articolo VII, comma 3, lettera c) della sopracitata Convenzione, atte a giustificare la rinuncia all'esercizio prioritario della giurisdizione, non potrebbero contrastare con i principi e ledere i diritti costituzionalmente garantiti dagli articoli 24 e 111 della Costituzione della Repubblica italiana –:
   quante siano state, negli ultimi 24 mesi, le risposte positive del Governo alle domande di rinuncia al diritto di priorità alla giurisdizione penale pervenute al Ministero della giustizia in base a quanto previsto dall'articolo VII, comma 3, lettera c) della citata convenzione, nonché quali siano state le motivazioni, e quali le considerazioni particolarmente importanti, atte a giustificarle;
   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per permettere alle vittime di reati commessi da militari stranieri operanti sul territorio italiano di venire a conoscenza del successivo andamento dei processi nelle ipotesi in cui lo Stato abbia rinunciato al diritto di giurisdizione prioritaria;
   se, e come, i Ministri interrogati intendano garantire, e con quali strumenti, i diritti delle vittime di reati penali commessi da militari stranieri contro cittadini italiani. (5-02460)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   GRIMOLDI e MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   «CO.MI. scarl con sede in Roma Largo Luigi Tenco 13» è una cooperativa edilizia che ha per scopo la costruzione o l'acquisto di case economiche e popolari da assegnare ai propri soci in proprietà divisa e/o indivisa: a norma degli articoli 7 e 8 dello statuto, essa può annoverare, tra i propri Soci, soltanto gli appartenenti alle Forze di Polizia ed Armate dello Stato – in servizio, in quiescenza o comunque cessati dal servizio – che siano cittadini italiani ed abbiano i requisiti per essere assegnatari di alloggi ai sensi della legislazione sull'edilizia economica e popolare;
   CO.MI. amministra tuttora sette iniziative edilizie, di cui tre a Roma, due ad Udine, una a Verona ed una a Trieste, avendo realizzato delle unità immobiliari, a proprietà indivisa, di edilizia economica e popolare. Tutte le iniziative edilizie sono state da tempo completate e per alcune (Verona, Trieste, Udine) è già stato dato il nulla osta alla trasformazione in cooperativa a proprietà individuale ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 136 del 1999 (e si è in attesa, ormai da anni, dell'autorizzazione alla stipulazione del mutuo edilizio individuale);
   CO.MI. è stata più volte commissariata dal Ministero per dissidi tra i soci di alcune iniziative edilizie con una durata complessiva del periodo di commissariamento di oltre dieci anni degli ultimi 20;
   solo nel corso del 2012 i soci della CO.MI. venivano messi a conoscenza di alcune problematiche scaturenti dall'attività edilizia dei soci CO.MI. dell'iniziativa Roma 2, che erano state oggetto di contenzioso giudiziale tra CO.MI., Edilcervialto S.r.l. e Parti Seconda S.r.l. (rg n. 50445/96); si apprendeva così che il tribunale di Roma, con sentenza 21 maggio 2001 n. 18870/01, aveva condannato «...CO.MI. coop. S.r.l. al pagamento, in favore di Edilcervialto S.r.l. delle somme di lire 4.135.990.000 e di lire 4.000.000 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo; condanna inoltre Parti Seconda S.r.l. a tenere indenne CO.MI. coop. S.r.l. di quanto fosse tenuta a pagare a Edilcervialto S.r.l.». Da sottolineare che nelle more del giudizio i soci di Roma 2 rifiutarono una vantaggiosa proposta transattiva con Edilcervialto;
   la sentenza è stata confermata dalla corte di appello di Roma; avverso la sentenza della corte di appello di Roma CO.MI. ha proposto ricorso in Cassazione in data 18/20 aprile 2011, rg 10758/11, giudizio tuttora pendente;
   in forza di detta sentenza, Edilcervialto ha notificato atto di precetto per il pagamento di complessivi euro 5.373.411,32 e sottoposto a pignoramento immobiliare n. 54 appartamenti siti in Roma, ossia quelli dell'iniziativa di Roma 2;
   il debito che ha portato alla condanna è riconducibile ad una iniziativa edilizia del 1989 dei soci dell'iniziativa edilizia di Roma 2 ed aveva ad oggetto la realizzazione di locali commerciali nell'edificio sociale; essa andava a beneficio dei soli soci dell'iniziativa di Roma 2, come si evidenzia dal preliminare di vendita sottoscritto;
   non è dato a sapere se nella fattispecie fossero state rispettate le forme di cui agli articoli 8-9 del testo unico del 1938 e se la società CO.MI. fosse in possesso delle autorizzazioni di legge considerato che le assemblee 7 novembre 1989 e 26 ottobre 1990 furono convocate e partecipate dai soli soci della CO.MI. dell'iniziativa di Roma 2;
   inoltre l'assemblea ordinaria CO.MI. del 27 aprile 1985 aveva deliberato che i vari condomini, una volta realizzati e completati e definiti il contributo ed il mutuo, fossero gestiti in maniera autonoma in tutto e per tutto con uno stato patrimoniale proprio. Ciò per evitare che, in caso di difficoltà o di insolvenza per altre iniziative, il patrimonio dei vari condomini venisse inglobato nel patrimonio generale per concorrere al salvataggio delle cooperative. Questo è quanto sta invece accadendo;
   già dal 25 novembre 2002 il provveditorato aveva rilasciato l'autorizzazione al passaggio a proprietà individuale ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 136 del 1999, precisando di rimanere in attesa di richiesta dalla CO.MI. di nulla osta all'effettivo frazionamento ai sensi dell'articolo 139 testo unico 1938, ed il 10 maggio 2006 i Servizi integrati infrastrutture e trasporti presso il Magistrato alle acque di Venezia, richiamando la richiesta della CO.MI. del 13 novembre 2002, rilasciavano il nulla osta alla trasformazione ai sensi della nuova normativa con la precisazione che in caso di mancata consegna di tutti gli alloggi, gli stessi avrebbero dovuto essere comunque tutti assegnati, eventualmente con riserva di consegna. Malgrado siano trascorsi undici anni dalla prima autorizzazione la pratica non si è mai perfezionata e non si è giunti alla intestazione degli immobili in proprietà ai soci mentre è intervenuto in data 18 settembre 2013 il decreto di liquidazione coatta amministrativa della CO.MI.;
   il Ministero ha per molti anni controllato attraverso il commissariamento l'attività della CO.MI.: ciononostante non è mai stata evidenziata ai soci delle altre iniziative la problematica del debito Edilcervialto e lo stesso figura per la prima volta solo nel bilancio del 2012;
   infatti, a quanto consta all'interrogante, nessuno dei commissari nominati evidenziava, sino al bilancio del 2012, il rilevante debito verso la Edilcervialto, malgrado il fatto che già dal 2001 vi era una sentenza del tribunale di Roma che condannava la CO.MI.;
   le case realizzate da CO.MI. sono le uniche abitazioni per le famiglie dei soci (molti dei quali oggi sono pensionati) i quali vi abitano da moltissimi anni essendo l'assegnazione risalente al 1984;
   attualmente, duecentodieci famiglie di Verona, Roma, Trieste e Udine rischiano di perdere la propria casa, dopo aver terminato di pagarla, a causa del fallimento della CO.MI.;
   in particolare, i soci dell'Iniziativa di Verona, pur avendo pagato interamente l'immobile dove vivono, corrono il rischio che sia revocata l'assegnazione e venduta la loro casa e questo, come detto, malgrado vivano in case che hanno già pagato; infatti, malgrado l'intervenuto integrale pagamento da parte dei soci CO.MI. di Verona delle somme dovute in relazione al mutuo ipotecario iscritto sul complesso di alloggi facenti parte dell'iniziativa immobiliare di Verona, Via Maddalena, 4/6 e malgrado già dal 25 novembre 2002 il provveditorato avesse rilasciato l'autorizzazione al passaggio a proprietà individuale, rinnovata nel 2006, non si sia mai giunti alla trasformazione ed assegnazione degli immobili in proprietà ai soci –:
   se il Ministro, anche in virtù del protratto regime commissariale, non intenda verificare se siano state rispettate per l'Iniziativa di Roma 2 dei soci CO.MI., che ha dato origine al contenzioso con la società Edilcervialto, le forme di cui agli articoli 8-9 del testo unico del 1938 e se la società CO.MI. fosse in possesso delle autorizzazioni di legge e se siano stati effettuati i controlli ministeriali, qualora l'iniziativa fosse stata autorizzata e, inoltre, quali iniziative il Ministero intenda assumere a tutela dei soci della CO.MI. nonché, per quanto di competenza, contro i responsabili dei fatti che hanno portato a questa situazione e a quali controlli, anche ispettivi, intenda dare luogo per chiarire gli aspetti di questa incredibile vicenda per cui i soci dalla CO.MI. di Verona corrono il rischio che sia venduta la loro casa che hanno già pagato e che abitano da circa trent'anni. (5-02464)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DADONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dal «Rapporto Cuneo 2013», a cura della CCIAA provinciale di Cuneo:
    nell'anno 2012 la struttura imprenditoriale della provincia di Cuneo registra un tasso di crescita negativo pari al -0,94 per cento;
    il numero di imprese agricole, per lo stesso anno, è di 22.185 unità registrando così un calo tra il 2010 e il 2012 del -4,21 per cento. In termini percentuali, la consistenza di imprese agricole è pari al 30,46 per cento sul totale della provincia, al 13,02 per cento sul totale regionale e al 13,43 per cento sul totale nazionale;
    il numero delle imprese commerciali per il 2012 è pari a 13.485 unità corrispondenti al 18,5 per cento sul totale provinciale, al 23,4 per cento sul totale regionale e al 25,4 per cento sul totale nazionale;
    la produzione industriale per l'anno 2012 registra un decremento pari al -1,7 per cento;
    nel settore dei trasporti e del magazzinaggio, si registra tra il 2008 e il 2012 un calo settoriale del -5 per cento corrispondente in termini di imprese artigianali di solo trasporto, ad un calo pari al -15 per cento. Nel periodo più recente, quello del biennio 2011/2012 il calo che si registra nell'attività di trasporti è del -2,65 per cento;
    il volume di traffico in provincia corrisponde al 12,2 per cento di quello regionale, quarto in classifica dopo le province di Torino, Alessandria e Novara;
    il volume di emissioni di anidride carbonica (CO2) per il 2012 è pari al 10,6 per cento di quello regionale, terzo in classifica a pari merito con la provincia di Novara, dopo le province di Torino e Alessandria;
   la città di Fossano, in provincia di Cuneo, secondo quanto riportato dal sito ufficiale, nel 2013 conta 24.734 abitanti;
   le maggiori arterie di circolazione su gomma che interessano la città sono rappresentante dalle seguenti: strada statale 28 (tangenziale), strada statale 231, E74 (via Cuneo), strada provinciale 45, 165, 169, 184 e 206;
   il comune di Fossano è collegato alla circolazione autostradale attraverso lo svincolo autostradale dell'A6 Torino-Savona in località Buretto, a circa 6 chilometri dal centro città;
   al pari, Fossano presenta un ulteriore sbocco autostradale rappresentato dallo svincolo dell'A33 Asti-Cuneo, precedentemente in località Marene, oggi in località Roreto di Cherasco, che permette l'immissione anche all'A6 Torino-Savona;
   i due svincoli con relativi caselli autostradali si trovano di fatto rispettivamente a oriente e a settentrione del centro abitato di Fossano, contando l'uno dall'altro una distanza di circa 14 chilometri;
   dal 2004, l'amministrazione comunale di Fossano discute della necessità di realizzare un ulteriore svincolo autostradale posizionato sulla medesima linea di trasporto stradale rappresentato dal tratto autostradale dell'A6 Torino-Savona, più specificatamente in località Tagliata, frazione del comune di Fossano, a circa 6 chilometri dal centro abitato;
   soggetto responsabile per la progettazione e per la realizzazione dello svincolo autostradale è la Autostrada Torino - Savona spa, presieduta dal 27 giugno 2000 dal professor Giovanni Quaglia;
   nell'arco degli anni precedenti, si è andato a formare il comitato di cittadini per la difesa del suolo «No al Casello di Tagliata» che, aderendo anche al Manifesto nazionale «Stop al Consumo di Territorio» e del Forum «Salviamo il Paesaggio», ha lanciato una petizione on line. La petizione oggi trova tra i suoi firmatari e aderenti circa 300 cittadini tra i quali alcuni esponenti dei Slow Food Italia e la presidente della provincia di Cuneo Gianna Gancia;
   i cittadini, i movimenti ambientalisti e il comitato «No al Casello di Tagliata» sostengono la necessità di rispettare il territorio e evitare un inutile consumo di suolo, peraltro impegnato in agricolture di qualità e grande valore non esclusivamente economico-alimentare ma anche culturale e quindi utili in termini di promozione territoriale;
   all'aspetto dell'impatto ambientale, i promotori della petizione contraria alla realizzazione del casello autostradale in località Tagliata aggiungono una critica relativa alla spesa per lo svolgimento dei lavori. Secondo quanto esposto in un post del sito di informazione locale www.grandain.com lo scorso 26 febbraio 2014, i costi di realizzazione sarebbero aumentati a 40 milioni di euro rispetto ai 27 precedentemente individuati nello studio di fattibilità preliminare;
   perplessità in merito all'aspetto ambientale del consumo del territorio e del costo di realizzazione del progetto promosso dall'amministrazione comunale di Fossano sono rinvenibili anche in una recente lettera indirizzata alla società concessionaria Autostrada Torino-Savona spa e per conoscenza al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oltre che alla provincia di Cuneo e al sindaco di Fossano, da parte del responsabile di settore viabilità e sicurezza stradale – direzione trasporti, infrastrutture, mobilità e logistica della regione Piemonte, architetto Riccardo Lorizzo, datata 20 gennaio 2014;
   secondo gli stessi promotori della petizione online la crisi economica che ha colpito il Paese e in particolare la provincia di Cuneo non giustificherebbe la realizzazione di un ulteriore svincolo autostradale a così breve distanza da quelli già presenti nelle vicinanze di Fossano;
   sembra che al momento non sia ancora possibile per i cittadini consultare il progetto dello svincolo autostradale nei suoi dettagli e nelle ricadute sostanziali in termini concreti –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sta accadendo nella provincia di Cuneo relativamente al progetto di realizzazione dello svincolo autostradale di Tagliata, frazione del comune di Fossano in provincia di Cuneo;
   se il Ministro intenda assumere informazioni in merito al progetto, ai flussi di traffico potenziale e quindi valutare in termini tecnici quali reali effetti potrebbe comportare la realizzazione di un ulteriore svincolo autostradale, peraltro a metà strada tra i due caselli già presenti in località Roreto di Cherasco e in località Buretto;
   se il Ministro, anche alla luce dei dati economici presentati dal Rapporto Cuneo 2013 a cura della CCIAA della provincia di Cuneo, non intenda assumere iniziative volte a far rispettare oltre che il consumo di suolo agricolo di alta qualità, in una provincia altamente a produzione agricola, anche un approccio di razionalizzazione dei costi pubblici combinati a criteri di utilità sociale ed economica delle opere pubbliche. (5-02459)


   TINO IANNUZZI e CAPOZZOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si sono susseguiti negli ultimi mesi – a seguito di eventi meteorologici negativi e di precipitazioni e temporali molto intensi e violenti – numerosi episodi con frane e smottamenti di terreno, che hanno determinato l'interruzione forzata della viabilità su diverse infrastrutture stradali in provincia di Salerno, in tante zone del Cilento;
   in particolare da circa un anno si sono registrate prolungate interruzioni e chiusure sulla S.P. 430 «Cilentana», l'arteria stradale principale che assicura i collegamenti stradali nel Cilento; precisamente all'altezza degli svincoli tra Agropoli Sud e Prignano Cilento; con un nuovo evento franoso anche sul percorso alternativo alla SP 430, in località «Gorgo» tra Agropoli (SA) e Prignano (SA); con cedimenti di viadotti sulla SP 430, che hanno causato la interruzione forzata della viabilità. Su questa grave problematica la Procura della Repubblica presso il tribunale di Vallo della Lucania ha aperto un'indagine;
   la viabilità è stata ridotta anche a causa di cedimenti del manto stradale sulla SP 430 «Cilentana» tra lo svincolo di Vallo della Lucania e Ceraso; ne è derivata una situazione di grave e pericoloso isolamento per numerosi comuni;
   inoltre, numerose strade cilentane sono state chiuse o hanno subito forti limitazioni nella circolazione, a causa di movimenti franosi; questa situazione si è verificata in particolare sulla SP 82 Policastro-Santa Marina; la SR ex SS n. 447 nel Comune di San Mauro la Bruca; la SP 93 nel Comune di Rofrano; la SP 430 nel Comune di Agropoli; la SP 269 nel Comune di Ascea; la SP 430 nel Comune di Montano Antilia; la SP 16 nei Comuni di Casaletto Spartano, Tortorella, Torraca e Vibonati; la SP 210 nel Comune di Morigerati; la SS 488 nel Comune di Roccadaspide; la SP 342 b Ro scigno – Corleto Monforte; le SP 12 e SP 342 Sacco – Corleto Monforte; la SP 84 Futani – San Mauro la Bruca; la SR ex SS 447 Pisciotta- Palinuro; la SP 430 Roccagloriosa; la SP 54 Vibonati – origerati; la SP 17 Celle di Bulgheria; la SP 257 Pisciotta – Rodio – Ceraso; la SP 269 Ascea-Ceraso; la SP 365 Pattano – Metoio; la SP 16 Torraca; la SP 17 b Acquavena – S. Giovanni a Piro; la SP 18 b Rofrano – Sanza; la SP 18 a Rofrano-Laurito; la SR ex SS 562 S. Giovanni a Piro; la SP 48 a Pollica – Pioppi; la SP 15 Pollica – Acciaroli; la SP 143 Montano Antilia-Abatemarco; la SP 198 Montano Antilia; la SP 346 Abatemarco Massiccile;
   ne sono conseguite ripetute e gravi difficoltà per le popolazioni di quei territori nei collegamenti stradali e nelle mobilità, all'interno del Cilento e verso Salerno. Questi perduranti e rilevanti disagi, oltre a rappresentare concreti pericoli per la sicurezza della circolazione e dei trasporti, comportano, specie in prossimità della stagione estiva, per di più’ per il secondo anno consecutivo, anche un consistente e devastante pregiudizio economico per gli operatori turistici, e per l'intero Cilento, già colpiti dalla crisi economica che attraversa l'intero Paese;
   queste vicende hanno riconfermato la necessità non più procrastinabile, ma assolutamente urgente, di incrementare e rafforzare, con adeguati investimenti, la linea ferroviaria da Salerno e verso il Cilento –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministero intenda assumere nell'esercizio delle sue competenze istituzionali – per rafforzare e potenziale adeguatamente ed in tempi rapidi la circolazione ferroviaria lungo la tratta Salerno Agropoli-Vallo della Lucania-Sapri, per programmare e realizzare celermente interventi organici di risanamento e messa in sicurezza delle zone indicate esposte a pesanti rischi idrogeologici e per stanziare – in via straordinaria e di fronte ad eventi sicuramente di eccezionale avversità atmosferica – risorse per consentire urgenti e non più rinviabili lavori di ripristino e di recupero della viabilità lungo le infrastrutture menzionate. (5-02469)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'utilizzo dei trasporti su rotaia in Sardegna è costantemente disincentivato a causa delle pessime condizioni in cui versa la rete ferroviaria della regione e del limitato numero di treni che percorre l'isola quotidianamente. La rete principale della Sardegna, infatti, gestita dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane tramite l'azienda RFI (Rete ferroviaria italiana), si compone solamente di quattro linee ferroviarie. Dei 432 chilometri a scartamento ordinario soltanto 51 sono a doppio binario. La gestione del trasporto ferroviario dei passeggeri che viaggiano sulla rete principale dell'isola, invece, è affidata all'azienda Trenitalia, che fa parte dello stesso gruppo Ferrovie dello Stato;
   interi territori, che comprendono anche comuni molto popolosi, non sono serviti da treni. Talvolta, l'unico modo per raggiungere le stazioni più vicine rispetto al luogo di residenza è utilizzare i mezzi propri. I pendolari sardi, inoltre, sono quotidianamente costretti, anche negli orari di punta, a lunghe attese nelle stazioni e impiegano tempi molto lunghi per percorrere brevi distanze, con tutti i disagi che ne conseguono;
   gravi condizioni di disagio dovuti alla carenza di servizi ferroviari si sono riscontrate negli ultimi anni in modo particolare nel tratto sud della dorsale sarda. Per migliorare il servizio dei trasporti dell'isola a giugno del 2009 sono state aperte tre nuove fermate lungo la tratta tra Cagliari e Decimomannu: Assemini Carmine, Assemini Santa Lucia e Cagliari Santa Gilla. L'investimento complessivo, come dichiarato dal gruppo Ferrovie dello Stato, è stato di 4,5 milioni di euro;
   il nuovo servizio metropolitano, che avrebbe permesso di raggiungere Decimomannu da Cagliari e viceversa in poco più di venti minuti sfruttando in pieno le potenzialità del doppio binario, avrebbe dovuto prevedere un treno ogni mezz'ora nelle fasce orarie a più intenso traffico pendolare;
   il servizio non è mai entrato in pieno regime e, nel corso degli anni successivi, è stato ridotto considerevolmente, fino ad arrivare alla cancellazione, dall'estate 2013, delle fermate di Assemini Carmine e Assemini Santa Lucia, lasciando agli abitanti del comune di Assemini, che comprende un'area molto vasta, soltanto l'utilizzo della vecchia stazione, ormai declassata a fermata ferroviaria –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro, nelle sedi che riterrà più opportune e nell'ambito delle proprie competenze, per chiarire le motivazioni della sopraggiunta inattività delle fermate di Assemini Carmine e Assemini Santa Lucia, a fronte di stanziamenti complessivi pari a 4,5 milioni di euro già utilizzati per l'apertura delle tre fermate ferroviarie citate;
   quali iniziative intenda altresì intraprendere, nelle sedi che riterrà più opportune e nell'ambito delle proprie competenze, affinché siano riattivate, nel più breve tempo possibile, le citate fermate ferroviarie. (4-04186)


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, TOFALO, SIBILIA, CECCONI, GRILLO, LUIGI DI MAIO, MANTERO, DALL'OSSO e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 18 febbraio 2014 nelle prime ore pomeridiane, alcuni massi si sono staccati dalla costa rocciosa della ex strada statale 18, tra Salerno e Vietri Sul Mare. Fortunatamente le reti metalliche sono riuscite a trattenere, in un primo momento, i grossi pezzi di roccia che, solo dopo qualche ora, a strada ormai chiusa, hanno invaso la corsia stradale senza alcuna grave conseguenza;
   l'episodio accadeva esattamente a distanza di un anno da un'altra frana del costone roccioso che, il 12 febbraio 2013, aveva invaso la corsia stradale nel medesimo punto costringendo la chiusura dell'importante arteria stradale con gravissimi disagi per i residenti;
   la chiusura, per oltre due mesi, del tratto stradale, l'intervento dei rocciatori e un lungo strascico di polemiche, avevano lasciato sperare in una soluzione definitiva che avesse risolto radicalmente il problema della fragilità del costone;
   così non è stato ed oggi centinaia di migliaia di cittadini, soprattutto coloro che abitano in costiera amalfitana, sono costretti nuovamente ad affrontare questo disagio della chiusura di una strada statale che rappresenta l'unico accesso al capoluogo di provincia ed alle arterie di collegamento con il sud Italia;
   questo evento, inoltre, mette in risalto in maniera ancora più evidente gli scellerati tagli, perpetrati da una regione incapace di gestire le amministrazioni sanitarie locali, alle strutture sanitarie pubbliche della zona; non essendoci alcuna struttura idonea, i mezzi di soccorso, che dovrebbero raggiungere l'ospedale più vicino a Salerno, sono costretti a dirottare le emergenze sanitarie in strutture ora più facilmente raggiungibili rispetto al capoluogo, seppur a distanze di oltre 30 chilometri;
   la riapertura momentanea di una carreggiata, avvenuta da pochi giorni, non rappresenta una soddisfacente soluzione, ma aggrava ancor di più il problema a causa delle code chilometriche che si formano anche nelle arterie di comunicazione alle porte di Salerno con gravi ripercussioni, nelle ore di punta, per il traffico cittadino;
   la magistratura salernitana pone la sua lente d'ingrandimento sulla ex statale 18. Le toghe stanno infatti verificando quali cause hanno provocato lo smottamento, a poco meno di un anno dall'identico evento del 2013. Il procuratore aggiunto del tribunale di Salerno, Erminio Rinaldi, sembrerebbe non escludere responsabilità dei proprietari di costruzioni abusive edificate sul costone roccioso e intenderebbe verificare la prevedibilità dell'evento che potrebbe, quindi, ricondurre a comportamenti da accertare;
   la friabilità del tipo di roccia che compone il costone in queste zone è causa delle continue cadute di massi; ciò è reso ancor più frequente e pericoloso dalla presenza di gallerie, viadotti costruiti in passato ed ancora oggi in fase di realizzazione, che sono causa di intense vibrazioni destabilizzanti per il costone già messo a dura prova dagli smottamenti da condizioni meteorologiche poco favorevoli e dagli abusi edilizi;
   inoltre, anche le altre strade che accedono direttamente ai paesi della costiera amalfitana, sono spesso oggetto di chiusura per frane; tutta questa situazione già precaria, diventa tragica se si aggiunge anche solo una semplice manifestazione sportiva, come una gara ciclistica, che richiede la chiusura delle poche strade praticabili impedendo di ratto ai soccorsi di intervenire in caso di emergenza. È proprio ciò che è accaduto ad una signora del Comune di Maiori, morta per un infarto nell'attesa del medico che non era riuscito ad intervenire in un tempo ragionevolmente breve, bloccato dal traffico creatosi a causa della manifestazione sportiva –:
   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di definire una programmazione, a lungo termine, dei lavori di messa in sicurezza del tratto stradale interessato alle frane, che rappresenti una soluzione definitiva al problema e non si limiti al ripristino momentaneo dei luoghi di attraversamento stradale;
   se non ritenga necessario promuovere di concerto con gli enti territoriali, piani di emergenza per il transito di mezzi di soccorso nel caso in cui ci fossero impedimenti come nel caso della frana del costone roccioso. (4-04188)


   NARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 25 giugno 2002 è stata adottata la direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, un passo in avanti nell'elaborazione della politica dell'Unione europea in materia di inquinamento acustico;
   la direttiva mira a definire «un approccio comune volto ad evitare, prevenire o ridurre, secondo le rispettive priorità, gli effetti nocivi, compreso il fastidio, dell'esposizione al rumore ambientale». A tal fine la direttiva impone agli Stati membri di mettere in atto una serie di interventi e, più in particolare, di determinare l'esposizione al rumore ambientale mediante la mappatura acustica, di adottare piani d'azione in base ai risultati della mappatura acustica e di garantire che il pubblico sia informato in merito al rumore ambientale e ai relativi effetti;
   il rumore ambientale rappresenta un problema significativo in tutta l'Unione europea per le conseguenze che esso ha sulla salute. Numerosi studi indicano, infatti, che il rumore ambientale costituisce un fattore di rischio per la salute pubblica e che l'esposizione al rumore presenta in Europa una tendenza in crescita rispetto ad altri fattori di stress. L'urbanizzazione, la domanda crescente di trasporti motorizzati e le lacune della pianificazione urbana costituiscono le cause principali dell'esposizione al rumore ambientale. Inoltre, l'inquinamento acustico è spesso presente in aree urbane nelle quali anche la qualità dell'aria può essere un problema;
   anche a livello economico l'inquinamento acustico provoca effetti negativi, tra i quali si può annoverare il deprezzamento del valore degli immobili;
   il quadro legislativo nazionale prevede la regolamentazione di qualsiasi attività rumorosa e una pianificazione territoriale e urbanistica che tenga conto del clima acustico delle aree urbane;
   all'inizio del 2013 l'Europa ha richiamato l'Italia per non avere adempiuto alle norme comunitarie a tutela dell'ambiente proprio in riferimento all'inquinamento acustico e la Commissione ha messo in mora il nostro Paese per il mancato rispetto della legge europea in materia;
   nelle varie regioni della penisola, rispetto all'attuazione della direttiva, si stanno facendo passi in avanti, compatibilmente con le risorse a disposizione, ma non in tutte considerato che la frazione di San Liberato di Narni soffre da decenni della mancata realizzazione di adeguate barriere antirumore per proteggere le abitazioni dal rumore continuo e fastidioso generato dal traffico veicolare che attraversa il raccordo Orte-Terni;
   per quanto risulta all'interrogante, l'ANAS avrebbe previsto la realizzazione delle suddette barriere non prima dei prossimi dieci anni, ma il comune di Narni ha sottolineato da tempo l'urgenza di accelerare la risoluzione del problema dell'inquinamento acustico;
   inoltre, il comune di Narni si è dotato di un piano di zonizzazione acustica che intende estendere, sotto il profilo del risanamento ambientale, all'intero territorio comunale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere per ovviare ai citati disagi, anche coinvolgendo direttamente il comune di Narni nella fase di realizzazione dell'intervento, previa restituzione da parte di ANAS delle risorse che si presumono essere già impegnate. (4-04190)


   SIBILIA, SCAGLIUSI e SPADONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   all'interno dell'area ASI – nucleo industriale in località Pianodardine ad Avellino lo scalo merci non è collegato alla rete ferroviaria nazionale a causa dell'assenza di circa 10 centimetri di binario;
   questa situazione mortifica la città di Avellino e soprattutto le aziende ubicate nell'agglomerato, che, tramite lo snodo, potrebbero ricevere ed effettuare spedizioni su ferro in maniera completamente autonoma da e per l'Italia e, quindi, verso tutta l'Europa;
   questa vicenda è rimbalzata agli onori della cronaca per la sua assurdità, potendo essere inserita nella lunga lista delle «incompiute» del nostro Paese;
   quel collegamento è di un'importanza strategica per il rilancio del commercio su ferro e, quindi, dell'economia locale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda porre in essere, per quanto di competenza, una qualche azione tesa a garantire il collegamento tra i due tratti ferrati e ad individuare le responsabilità di tale situazione. (4-04193)


   PAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 20 marzo 2014 il Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti delegato nel rispondere ad un atto di sindacato ispettivo che interrogava il Governo sulla sanzionabilità della sosta su stallo a pagamento oltre l'orario autorizzato dal contrassegno esposto, ha sostenuto la tesi dell'inapropriatezza e dell'illegittimità della sanzione pecuniaria, assimilando la fattispecie a semplice «inadempienza contrattuale»;
   l'Associazione dei comuni, dal canto suo, ha reagito alla suddetta interpretazione e, anche suffragata dalla giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione e della Corte dei Conti e dalla contraddittorietà di circolari ministeriali succedutesi nel tempo, ha confermato l'indirizzo di ritenere che la protrazione della sosta oltre l'orario indicato dal tagliando esposto costituisce illecito amministrativo ai sensi dell'articolo 7 del codice della strada, sanzionabile con multa prevista dal regolamento comunale;
   anche i consumatori, tramite il Codacons, vogliono conoscere le sorti delle multe comminate loro negli ultimi 60 giorni, e ritenendo che vadano annullate, stanno minacciando la presentazione di numerosi ricorsi per reato di abuso di ufficio e di un'azione collettiva per il recupero delle somme già versate;
   gli introiti derivanti dalla elevazione delle multe per violazione del codice della strada rappresentano per i comuni un'importante voce di entrata di bilancio, pertanto la suddetta interpretazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rischia di compromettere la tenuta dei conti dei comuni relativi agli anni pregressi –:
   alla luce di quanto fin qui esposto quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati e come pensino che si possano conciliare le legittime aspettative dei comuni da una parte e quelle dei cittadini dall'altra, anche con particolare riferimento agli effetti prodotti da un eventuale mancato incasso delle sanzioni pregresse. (4-04201)


   CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con comunicato stampa pubblicato in data 4 febbraio 2009, il dipartimento di ANAS Piemonte ha deliberato l'aggiudicazione in via definitiva dell'appalto per l'esecuzione dei lavori di ammodernamento e allargamento della strada statale 32 «Ticinese» in provincia di Novara;
   come da progetto, l'intervento prevedeva l'adeguamento dell'allora sede stradale con una corsia da 3,75 metri per senso di marcia e relative banchine da 1,50 metri, e doveva comportare anche una variante dell'attuale tracciato in corrispondenza dell'abitato di Cavagliano;
   come si può inoltre apprendere dal già citato comunicato stampa, erano inoltre previsti svincoli a rotatoria per l'innesto con la viabilità secondaria, la ridefinizione degli attraversamenti idraulici-irrigui, le strade di servizio ai fondi, gli impianti di illuminazione, le barriere di sicurezza e la segnaletica;
   dalla gara è risultato aggiudicatario l'operatore economico Cerutti Lorenzo s.r.l. di Borgomanero (Novara) per un importo complessivo dell'appalto di circa di 5,665 milioni di euro;
   ad oggi i lavori di rimodernamento infrastrutturale sono effettivamente conclusi;
   nonostante ciò, la rotatoria sorta all'altezza del bivio con la strada provinciale 83 e Cascina Rosa risulta ancora oggi priva della prevista illuminazione e di qualsiasi tipo di segnaletica temporanea;
   tale rotatoria sorge all'interno del territorio del comune di Cameri (Novara);
   essendo evidente il pericolo derivante dalla percorrenza di quel tratto da parte degli automobilisti specialmente nelle ore notturne, l'interrogante ha provveduto a contattare le istituzioni che, a rigor di logica, sembrerebbero essere direttamente coinvolte nell'allacciamento elettrico agli impianti presenti;
   il 19 febbraio 2014, dopo le opportune verifiche, l'interrogante richiede chiarimenti considerando il disservizio al dipartimento ANAS di Torino che provvede a rispondere in data 26 febbraio 2014 riportando le sintesi di alcune comunicazioni intercorse fra lo stesso ente e il comune di Cameri accompagnate dal numero di protocollo ANAS;
   dalla nota prot. CT0-0030097-A del 2 novembre 2011 emergerebbe come il comune di Cameri avrebbe dovuto procedere con le modifiche all'allaccio elettrico esistente al fine di completare i lavori previsti dal progetto;
   nella medesima nota viene inoltre riportato che a causa delle condizioni economiche dell'ente legate alla legge finanziaria 2011 e al patto di stabilità, il comune fosse impossibilitato a svolgere quanto richiesto sia in termini di allaccio che in termini di intestazione delle bollette energetiche invitando ANAS ad accollarsi tali oneri;
   dalla nota prot. CT0-0001313-P del 19 gennaio 2012 si apprende che il compartimento ANAS di Torino comunicava la propria disponibilità al pagamento delle spese relative alla variazione di potenza dell'impianto elettrico attualmente in servizio, precisando però che tale disponibilità era vincolata alla potenza richiesta dall'impianto in servizio e non ad una maggiore;
   nella nota sopracitata ANAS chiedeva inoltre al comune di porre in essere tutte le procedure per l'esecuzione dei lavori di adeguamento dell'impianto;
   nella già citata risposta di ANAS all'interrogante del 26 febbraio 2014 lo stesso ente comunica inoltre che l'impianto di illuminazione in questione sarà funzionante entro il mese di aprile 2014;
   al fine di un'ulteriore verifica e per avere il parere di tutte le parti coinvolte, in data 27 febbraio 2014 si è provveduto a richiedere informazioni, alla luce di quanto scritto da ANAS precedentemente, al comune di Cameri che risponde in data 11 marzo 2014 dichiarando però che, considerando che gli impianti di illuminazione pubblica nel tratto di strada statale interessata dai lavori rientrano nel progetto esecutivo di ANAS, l'ente locale ha ritenuto che sia di competenza della stazione appaltante fornire quanto necessario alla messa in funzione dell'impianto, e cioè della stessa ANAS;
   inoltre, nonostante l'interrogante l'avesse chiaramente richiesto, il comune di Cameri non ha fatto alcun riferimento al mese di aprile come scadenza entro cui tale impianto dovrebbe entrare in funzione;
   la circolazione di tale tratto nelle ore notturne risulta essere estremamente difficoltosa e pericolosa considerando che, oltre a non essere attivo l'impianto di illuminazione, non risulta inoltre presente la segnaletica temporanea di emergenza per fornire un'adeguata informazione agli automobilisti –:
   se i Ministri interrogati possano chiarire definitivamente se la competenza dell'allacciamento dell'energia elettrica dell'impianto di illuminazione installato presso la rotonda menzionata nelle premesse sia di ANAS;
   quali siano le ragioni per le quali ANAS non ha provveduto ad installare segnalazioni temporanee di emergenza al fine di informare gli automobilisti circa la pericolosità del tratto nelle ore notturne;
   se possano, dopo aver contattato tutti gli enti preposti, confermare che tale impianto di illuminazione sarà in funzione entro aprile 2014. (4-04203)


   MARCON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Rete ferroviaria italiana, società del Gruppo FS che gestisce l'infrastruttura ferroviaria, e Trenitalia, società che gestisce il trasporto di passeggeri e merci, sono due aziende pubbliche che operano in regime di diritto privato. La scelta di tale forma giuridica, se da una parte richiede il rispetto di parametri di efficienza imposti dal mercato, dall'altra deve garantire l'erogazione del servizio pubblico universale, in condizione di parità a milioni di cittadini;
   il diritto alla mobilità trova riconoscimento nelle carte costituzionali dei maggiori Paesi occidentali, ma anche nella Carta dei diritti dell'Unione europea (Art. II-105: «Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La libertà di circolazione e di soggiorno può essere accordata, conformemente alla Costituzione, ai cittadini dei Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro») e nel diritto internazionale (articolo 13 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di movimento e di residenza»);
   sotto il profilo del diritto costituzionale nazionale italiano, il diritto del cittadino di poter usufruire di un sistema di mobilità pubblica trova tutela costituzionale alla luce delle disposizioni contenute negli articoli 1, comma 1 e negli articoli 2, 3, 4, 16, 33 e 34 della Costituzione;
   il trasporto pubblico locale, ivi compreso quello ferroviario, offerto a condizioni accessibili a tutti, deve essere quindi considerato come strumento per neutralizzare disparità sociali e per conferire eguali opportunità di lavoro e di istruzione ai cittadini meno abbienti, i quali non sempre possono sostenere il costo della mobilità privata per recarsi sul luogo di lavoro o per raggiungere l'istituzione educativa (scolastica o universitaria) prescelta;
   non a caso, in altri ordinamenti giuridici, come quello statunitense, viene posto l'accento proprio su questi argomenti per affermare l'essenzialità e la centralità di un sistema pubblico dei trasporti;
   da questo punto di vista, all'interno dell'impianto costituzionale italiano, la libertà di circolazione, di cui all'articolo 16 della Costituzione che recita: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dai territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge», assume una rilevanza particolare;
   è stato recentemente attivato da parte della regione Veneto, il «Cadenzamento Orario ferroviario»;
   a seguito di tale determinazione è stata rilevata la cancellazione di treni in fascia oraria lavorativa, che ha obbligato ancora una volta i turnisti, settore servizi-turismo-produttivo, ad utilizzare mezzi propri, l'eliminazione di alcuni treni nelle fasce serali che ha tolto un servizio fondamentale per il bacino turistico che gravita nell'entroterra veneziano mentre gli autobus sostitutivi, avviati su pressione di amministratori e comitati, allungando di molto i tempi di percorrenza, soprattutto sulla Venezia Portogruaro, obbligano i pendolari ad utilizzare mezzi propri;
   altri gravi disservizi si sono verificati sul fronte del servizio per gli studenti: sulle tratte Vicenza-Schio e Treviso-Portogruaro, posto che il nuovo orario porta gli studenti, nelle città sede di servizio scolastico, troppo presto o troppo tardi, diversamente da quanto avveniva fino al 13 dicembre scorso. Questo ha causato grandi difficoltà a famiglie e istituti. In conseguenza di ciò sono stati istituiti bus sostitutivi, con le note difficoltà, ottenendo il risultato di avere dei treni vuoti e doppie corse di autobus;
   i fondi destinati dallo Stato al trasporto pubblico locale servono anche a coprire il servizio universale, quindi il servizio assicurato alle fasce più deboli ma, come si rileva da quanto sopra delineato, non sembrano assicurare la soluzione dei problemi che l'importanza del servizio di trasporto pubblico locale ormai da tempo manifesta –:
   se il Governo, alla luce di quanto descritto in premessa, non ritenga quanto mai urgente, stante l'insostenibile situazione creatasi, porre in essere ogni atto di competenza al fine di risolvere in modo positivo le annose problematiche citate in premessa e procedere ad un concreto miglioramento dell'offerta di trasporto ferroviario secondo gli obiettivi di utilità sociale e ambientale che dovrebbero essere garantiti a tutti i cittadini pendolari, ivi compresi i cittadini veneti;
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di promuovere, per quanto di competenza, ed anche nel trasporto pubblico locale, il pieno rispetto degli standard qualitativi europei in merito a puntualità, affidabilità, affollamento, pulizia, comfort, decoro e informazione, anche condizionando l'assegnazione di eventuali risorse a Trenitalia all'effettivo ottenimento di miglioramenti nel trasporto ferroviario pubblico. (4-04220)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   alcuni giorni fa nel corso della notte si è verificato un episodio inquietante che ha riguardato il pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Pier Paolo Bruni;
   ad essere stata presa di mira è stata l'autovettura del padre del pubblico ministero che era parcheggiata in prossimità dell'abitazione di famiglia;
   l'automobile è stata prima manomessa e poi spostata in una zona a rimozione forzata;
   la scena è stata ripresa dalle videocamere di un servizio di vigilanza. L'autovettura con cui erano giunti gli autori della manomissione è stata poi ritrovata bruciata nelle campagne nei pressi di Isola Capo Rizzuto;
   sulla vicenda stanno indagando gli agenti della squadra mobile della questura di Crotone, ma è abbastanza evidente la chiara matrice intimidatoria del gesto;
   va ricordato che il pubblico ministero Pier Paolo Bruni sta conducendo delicate inchieste sui rapporti tra criminalità organizzata e politica sia nella provincia di Cosenza che nel Vibonese nonché filoni di indagine che riguardano il territorio crotonese;
   si sarebbe appreso, inoltre, come riportato da alcuni organi di stampa, che questo non sarebbe il primo episodio di intimidazione nei confronti del pubblico ministero –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga di intervenire con la massima urgenza per fare luce sugli inquietanti episodi e assicurare al magistrato e ai suoi familiari i più adeguati dispositivi di sicurezza consentendogli di poter svolgere nelle migliori condizioni possibili il proprio delicatissimo lavoro. (5-02456)


   MARTELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane oltre 2000 persone provenienti dalle coste africane sono state soccorse dalle navi della marina militare, impegnate nel dispositivo interforze denominato mare nostrum;
   dopo la prima necessaria accoglienza si dovrà provvedere ad ospitare le profughe ed i profughi su tutto il territorio nazionale, anche solo per effettuare le necessarie procedure di riconoscimento dello status –:
   con quali modalità i finanziamenti ministeriali dedicati saranno trasferiti ai territori ospitanti;
   quale sia la quantificazione giornaliera del contributo previsto per ciascuna persona e per quale tipologia di spesa sono previsti contributi;
   se e quali enti territoriali saranno deputati ad individuare i soggetti preposti alla gestione dei centri di accoglienza e secondo quali regole;
   se e quale ruolo sia stato previsto per i comuni che ospitano sul proprio territorio i centri di accoglienza. (5-02472)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (CNVVF) è in grave carenza di organico e i tagli di bilancio adottati negli ultimi anni stanno determinando gravi ripercussioni nella organizzazione del lavoro dei vigili del fuoco (VVF) che operano nelle varie regioni d'Italia;
   la carenza di organico ha costretto l'adozione di turni massacranti e l'impossibilità di garantire interventi di soccorso tecnico urgente, in misura idonea a fronteggiare tutte le necessità; si è passati a ciò, sempre a causa della consistente carenza di organico ed al fine di garantire un minimo di operatività delle squadre reputate al soccorso, ad una necessaria contrazione delle unità operative a bordo dei mezzi;
   le emergenze che hanno investito il Paese, anche nel recente passato purtroppo sono state tante e particolarmente onerose. Tra queste possiamo ricordare, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, l'alluvione che ha colpito la regione Sardegna nel novembre scorso, dove il CNVVF ha dato il massimo per fronteggiare gli effetti dell'evento calamitoso, anche in una grave situazione di carenza di organico;
   se fossero confermati gli ulteriori tagli all'organico del CNVVF come pervenuta dall'ultima bozza sul riordino di quest'ultimo, porterebbe allo stremo la struttura, che già dal 31 dicembre 2015 vedrebbe l'organico ridursi di ulteriori 797 unità permanenti, per i pensionamenti previsti, e che questi fossero rimpiazzati da eventuali 6000 richiami di volontari, per prevenire questa ulteriore carenza di organico causata dai tagli lineari dei precedenti governi;
   le ultime iniziative adottate dal Governo sono state adottate nel recente decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni dove è stato approvato il potenziamento di 1000 unità, divise tra le 2 graduatorie vigenti, prorogate fino e non oltre il 31 dicembre 2016;
   le risorse per tali assunzioni sono state ricavate senza oneri aggiuntivi per le casse erariali in cui il legislatore ha ritenuto, giustamente, di investire quei fondi destinati ai richiami di personale discontinuo non professionista e generatore di precariato, in assunzioni di personale permanente assunto dalle due graduatorie vigenti, che di fatto assicurano un auspicabile rinnovamento anagrafico, di cui il corpo necessita, in quanto l'età media del personale operativo è attualmente di 44 anni;
   tali misure che si apprestano ad essere varate con il Piano di riordino del dispositivo di soccorso pubblico, non volgono più nella direzione tracciata fino ad ora, ma se non si interverrà si riavrà l'ennesima inversione di rotta nella conduzione del CNVVF verso una nuova precarizzazione del personale operativo;
   la stessa norma con l'articolo 8 prevede l'esaurimento delle due graduatorie vigenti entro quella data precludendo l'indizione di nuovi concorsi». Le suddette graduatorie garantiscono un bacino di idonei di circa 8000 unità pronte a sopperire, a seguito di corso di formazione professionale, alla citata grande carenza di organico del CNVVF;
   allo stato lo smaltimento delle attuali graduatorie avrebbe un costo pari a zero per le proprie casse non dovendo sostenere nessuna spesa per un nuovo concorso e si darebbe il giusto riconoscimento agli idonei presenti in queste due graduatorie, già sottoposti a visita medica;
   la necessità di sopperire a tale esigenza evidenzia il controsenso enorme che si verrebbe a creare se il turn over, allo stato attuale, venisse lasciato inalterato o depotenziato. Lasciare inalterate percentuali o addirittura ridurre già le percentuali del turn over, ridurrebbe ulteriormente l'effettiva capacità lavorativa del CNVVF di fronteggiare adeguatamente le emergenze che investono, ormai quotidianamente, la collettività nazionale;
   in tali frangenti il CNVVF ha rappresentato, e continua a rappresentare un valido punto di riferimento per i cittadini e per le amministrazioni locali e nazionali interessate dalle situazioni emergenziali;
   in questi anni sono stati fatti solo tagli lineari, magari sottovalutando la grande importanza che il CNVVF ha per la sicurezza di tutti i cittadini italiani. Ricordo che gli oneri derivanti dalle assunzioni delle 1000 unità previste a seguito dell'articolo 8, del citato decreto-legge, sono stati fronteggiati con riequilibrio finanziario delle risorse già attribuiti da parte del dipartimento dei vigili del fuoco;
   la graduatoria del concorso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale-IV serie speciale concorsi ed esami, n. 90 del 18 novembre 2008 bando di concorso per titoli ed esami a 814 posti, nella qualifica di vigile del fuoco è stata approvata il 14 luglio 2010 con successive modifiche, decretando un totale di 7599 idonei e che tra agosto 2010 e gennaio 2012 ha chiamato a visita medica pronti per l'assunzione circa 3500 idonei che alla data odierna ne risultano assunti solo 2000 circa;
   la suddetta graduatoria risulta valida fino e «non oltre» dicembre 2016 ed è necessario prorogarla al fine di evitare l'indizione di un nuovo concorso a partire dal 1o gennaio 2017 che comporterebbe un onere superiore a quello dello scorrimento della sopracitata graduatoria;
   in considerazione della necessità della copertura degli organici del ruolo in questione e alla luce della economicità richiesta dell’ attuale situazione della finanza pubblica –:
   se non ritenga, necessario ed urgente predisporre un iniziative per ripristinare turn-over e che proroghi la validità della graduatoria del/dei concorso/i fino al 2018 al fine dello scorrimento della stessa;
   se non ritenga necessario garantire una copertura ed efficienza di organico e un netto risparmio sulla spesa pubblica, al fine di garantire l'operatività del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e la sicurezza dei cittadini. (4-04192)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con interrogazione a risposta scritta, depositata il 16 aprile 2013, si chiedevano informazioni e chiarimenti in ordine agli esiti delle prove scritte del Coa V che hanno avuto luogo il 22, 23 e 24 marzo 2011;
   con comunicazione scritta il Ministero dell'interno, in data 27 agosto 2013, rispondeva che, a seguito della nomina dei quattro componenti supplenti avvenuta il 30 maggio 2013, la commissione di concorso era in grado di proseguire nella correzione degli scritti, in modo da terminare entro l'anno la procedura concorsuale;
   sebbene la procedura concorsuale si sia conclusa nel 2013, il bando di concorso prevede che i vincitori, per essere iscritti negli albi regionali, debbano partecipare a un corso di nove mesi, tre dei quali di tirocinio presso una pubblica amministrazione;
   ad oggi, pare che il procedimento sia nuovamente bloccato e nulla si sa al riguardo;
   il Consiglio direttivo dell'ex Agenzia per i segretari non è in grado di decidere in merito all'avvio dei corsi, non avendo comunicazioni certe in merito –:
   se non intenda completare, in via definitiva, la procedura necessaria per l'iscrizione dei vincitori del corso-concorso Coa V negli albi regionali dei segretari comunali. (4-04212)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha annunciato giorni fa che tra le urgenze da affrontare c’è il contrasto economico alla criminalità organizzata dichiarando, sulle colonne di Repubblica quali sono i cinque punti per fermare «mafia spa»:
    autoriciclaggio, prevedendo l'introduzione del delitto per punire così l'estorsore o il pusher che reimpiega il provento dei delitti;
    certificazione antimafia che va ripensata in quanto troppo spesso si riesce ad aggirare prevedendo controlli più severi;
    beni confiscati per i quali il premier prevede la riforma dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati;
    i manager, inviati nei comuni sciolti per mafia, i quali dovranno operare a tempo pieno anche in deroga alle regole del patto di stabilità;
    infine la corruzione che ha un costo che ammonta a 60 miliardi di euro ogni anno e per contrastare la quale è fondamentale dare piena attuazione alle legge n. 190 del 2012. Per questo si è impegnato a nominare immediatamente il Commissario anticorruzione, come previsto dalla stessa legge;
   sembra invece, da un articolo apparso lo scorso 5 marzo sul settimanale L'Espresso, che le risorse a disposizione della direzione investigativa antimafia, organismo principale per la lotta ed il contrasto alla criminalità organizzata, vadano sempre più assottigliandosi;
   il direttore della direzione investigativa antimafia, Arturo De Felice, nei giorni immediatamente successivi alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, avrebbe diramato una circolare a tutti i centri operativi sparsi sul territorio nazionale per dimezzare gli strumenti di controllo sulle imprese, società e persone fisiche;
   tali centri operativi, preposti ad indagare sull'economia criminale, subirebbero, a causa del ridimensionamento, il dimezzamento degli accessi alle banche dati delle forze dell'ordine (Sdi) o delle camere di commercio (Infocamere). Sono strumenti fondamentali per un apparato investigativo come la direzione investigativa antimafia, che da anni è chiamata a controllare e contrastare gli affari mafiosi e il riciclaggio, le infiltrazioni dei clan negli appalti pubblici e a proporre ai giudici sequestri di beni in mano alle mafie;
   la direzione investigativa antimafia è stata chiamata anche a controllare e dunque evitare le infiltrazioni nei lavori dell'Expo di Milano e grazie a queste banche dati è possibile conoscere in tempo reale la formazione delle compagini societarie, i precedenti penali di operai o imprenditori. In questo modo si traccia subito uno screening informativo;
   a supporto delle attività investigative della direzione investigativa antimafia vi è il Servizio per il sistema informativo interforze che è un sistema che permette di avere a disposizione un'unica banca dati dove i vari tipi di informazioni vengono alimentati in un unico formato da tutte le forze di polizia. È un sistema chiuso, accessibile solo da postazioni di lavoro certificate che consentono l'acquisizione delle informazioni utilizzando una rete intranet, senza esporsi ad interazioni con la rete pubblica. L'accesso alla banca dati è possibile solo a persone autorizzate e con abilitazione di un apposito profilo, diversificato a seconda delle informazioni che il personale deve conoscere, in ragione delle mansioni da svolgere. Adesso, secondo il direttore della direzione investigativa antimafia, il numero delle credenziali di accesso deve essere «rimodulato», cioè, ridotto;
   sempre secondo l'articolo di cui sopra, secondo De Felice «la necessità di un adeguato uso del sistema impone, sulla scorta anche delle cogenti prescrizioni impartite nel tempo dal Garante sulla privacy, una limitazione sulle abilitazioni all'utilizzo dello Sdi». Saranno inoltre razionalizzate anche le abilitazioni agli accessi Infocamere in quanto, essendo il sistema a pagamento, vi è un problema economico di contenimento dei costi. «La più volte richiamata contingenza economica e la conseguente necessità di una concreta razionalizzazione delle risorse, impongono una riflessione sulle attribuzioni delle abilitazioni al sistema Infocamere» scrive il direttore della direzione investigativa antimafia nella circolare. De Felice però sottolinea che ha «riguardo» del «perseguimento degli obiettivi istituzionali» e nonostante ciò «provvederà a rimodulare i criteri di assegnazione delle credenziali di accesso ai vari operatori della Dia»;
   alle notizie di cui sopra apparse su L'Espresso ha replicato il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, rispondendo ai microfoni de ilfattoquotidiano.it: «È un bene che il governo abbia parlato di contrasto alle mafie come una priorità dell'Esecutivo», «Io ho il dovere di crederci». Con riferimento al depotenziamento della direzione investigativa antimafia con riferimento alla riduzione dell'accesso alle banche dati afferma: «Non ci sarà nessun depotenziamento, non lo permetteremo, soprattutto dopo le dichiarazioni rilasciate dal governo, oltre le norme servono i mezzi operativi»;
   la 1a Commissione permanente del Senato esaminando, per le parti di competenza, il disegno di legge relativo alla legge di stabilità per il triennio 2014-2016 ed il disegno di legge sul bilancio di previsione dello Stato per il medesimo triennio ha osservato per quanto riguarda lo stato di previsione del Ministero dell'interno (Tabella 8), rispetto al bilancio assestato 2013, un decremento degli stanziamenti, pari complessivamente a -1,16 miliardi;
   in particolare il capitolo che reca lo stanziamento alle spese di organizzazione e funzionamento della missione Ordine pubblico e sicurezza ha evidenziato un decremento di 15,3 milioni rispetto alle previsioni assestate 2013;
   nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza», il programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica» registra una decurtazione di 14 milioni di euro per l'anno 2014. Al suo interno, il macroaggregato «Spese di carattere riservato per la lotta alla delinquenza organizzata» prevede una riduzione di 324 mila euro; le «Spese per i servizi di polizia criminale» di 503 mila euro; le «Spese per il finanziamento di misure volte alla prevenzione ed al contrasto della criminalità» di ben 9 milioni di euro. Il programma «Pianificazione e coordinamento Forze di polizia» segna un decremento di ben 72 milioni di euro; al suo interno, il macroaggregato le «Spese di funzionamento della Direzione Investigativa Antimafia» registra una diminuzione di 135 mila euro; le «Spese derivanti dall'attuazione delle collaborazioni internazionali e delle intese operative dirette al contrasto dell'immigrazione clandestina» segnano un decremento di un milione e settecentomila euro;
   la 1a Commissione del Senato considerato dunque gli ingenti tagli e le pesanti riduzioni delle dotazioni economiche previste per il Ministero dell'interno che risultano del tutto inadeguate, non solo al fine di attuare i programmi annunciati dal Governo, ma soprattutto per mantenere vigenti i già esigui presidi all'ordine pubblico ed alla sicurezza dei cittadini ha espresso in tale sede parere contrario, sottolineando la perdurante discrepanza tra le annunciate politiche governative volte al contrasto alla criminalità ed i concreti finanziamenti connessi alle risorse economico-strumentali ad effettiva disposizione delle forze dell'ordine;
   in occasione dell'esposizione universale «Expo Milano 2015», per far fronte alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, il Ministro dell'interno, nei giorni scorsi, ha dichiarato come il blocco del turnover delle Forze dell'Ordine avrebbe subito una deroga del 55 per cento;
   la legge di stabilità per il 2014, legge n. 147 del 2013 prevede importanti risorse economiche anche per le dotazioni di mezzi e la logistica, per le strutture ed i servizi;
   a ciò si deve aggiungere che la forza disponibile, in base alle esigenze riscontrate dal Ministro, va utilizzata, da parte dell'Amministrazione di PS, in ossequio alla direttiva del 2013 emanata dal Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione con apposito provvedimento a proposito dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi pubblici, prorogabili sino al 31 dicembre 2015;
   le unità da assumere, per essere effettivamente disponibili entro la data di inizio dell'evento, dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre il mese di aprile 2014; pertanto non sussistono i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale (questa, infatti, terminerebbe a fine 2014 e renderebbe operativi i nuovi agenti nel dicembre 2015);
   a tal proposito si ricorda che vi sono ad oggi, diverse graduatorie di merito in corso di validità nelle quali risultano essere disponibili candidati idonei immediatamente arruolabili. Tra questi i 512 candidati idonei non vincitori, oltre alle seconde aliquote e VFP4 idonei dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti bandito lo scorso marzo 2013;
   tutto ciò premesso, invece, il Ministro dell'interno per far fronte alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza in occasione dell'esposizione universale «Expo Milano 2015» ha disposto l'utilizzo della direzione investigativa antimafia depauperando le risorse umane destinate al contrasto delle organizzazioni criminali –:
   se le notizie esposte in premessa corrispondano al vero;
   quali iniziative intenda adottare, a fronte delle cospicue riduzioni di stanziamenti previste dalla legge di stabilità per l'anno 2014, per incrementare le somme destinate alla pianificazione e al coordinamento delle forze di polizia e le spese riservate alla direzione investigativa antimafia;
   quali iniziative il Ministro interrogato ha intenzione di assumere, al fine di incrementare il numero delle forze dell'ordine per far fronte da un lato alle esigenze di sicurezza dell'intero Paese e dall'altro a garantire l'ordinato e sicuro svolgimento della manifestazione di Expo 2015 alla luce delle considerazioni sopra esposte; (4-04214)


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, TOFALO e SIBILIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   domenica 23 marzo 2014 moriva a Minori, in provincia di Salerno, una signora colpita da attacco cardiaco, mentre il medico cardiologo, allertato telefonicamente dai familiari della vittima, era bloccato da una gara ciclistica;
   il dottor Antonio De Luca, cardiologo, ha raccontato di non essere riuscito a raggiungere l'abitazione della vittima, bloccato dall'organizzazione della gara. La telefonata dei familiari, l'avrebbe ricevuta intorno alle 10:11. Sopraggiunto nel comune di Castiglione di Ravello, il cardiologo, resta in coda alle numerose auto bloccate per ben 45 minuti, fin quando, alle 11:25, i familiari lo avvertono telefonicamente del sopraggiunto decesso della paziente;
   il racconto del medico De Luca delinea responsabilità delle forze dell'ordine, infatti egli, tra l'altro, dichiara: «Giunto al bivio di Castiglione il traffico veicolare era bloccato per il sopraggiungere della corsa (ciclistica). Dopo aver atteso pochi minuti, visto che l'attesa si prolungava eccessivamente, sceso dalla macchina, mi sono avviato al posto di blocco informando gli addetti che dovevo raggiungere urgentemente Minori. Venivo rassicurato che la strada sarebbe stati riaperta in dieci minuti, motivo per cui ritornavo nella mia auto in trepidante attesa. Nel frattempo venivo sollecitato ulteriormente dal figlio della signora, spiegandogli che entro dieci minuti avrei raggiunto l'abitazione. Trascorso invano il tempo previsto, sono stato costretto a superare tutte le auto ferme in attesa dell'apertura e a dire, di nuovo, dapprima ad un Vigile e successivamente ad un Carabiniere, che avevo urgenza di passare. Lo stesso mi invitava ad attendere perché, passando, avrei creato problemi ai ciclisti»;
   la gara ciclistica «GranfondoAmalfi» è una manifestazione di grande rilievo che richiama circa un migliaio di concorrenti; i ciclisti percorrono tratti di strada che rappresentano gli unici collegamenti stradali per molti paesi della costiera amalfitana; il blocco dell'unica arteria stradale, la strada statale 163 Amalfitana, di fatto rappresenterebbe un isolamento, seppur per qualche ora, per i residenti delle zone percorse dalla gara;
   l'ordinanza prefettizia numero prot. 71420 del 21 marzo 2014 ha concesso i permessi per l'organizzazione della gara –:
   se intenda far luce sulla vicenda, al fine di verificare se ci sia stata la garanzia del rispetto di un adeguato livello di soccorso attraverso l'utilizzo di strumenti idonei, come, ad esempio, il documento recante il dettaglio delle risorse e delle modalità di organizzazione preventiva di assistenza sanitaria messe in campo dall'organizzazione (piano di soccorso sanitario relativo all'evento);
   se intenda attivare, per quanto di competenza, attraverso le strutture prefettizie, un percorso che porti ad accordi con gli enti locali affinché siano maggiormente chiariti gli ambiti di intervento da parte delle forze di polizia in caso di eventi analoghi a quello verificatosi e descritto nel presente documento, affinché sia maggiormente tutelato il soccorso e l'emergenza territoriale durante gli eventi e le manifestazioni programmate. (4-04215)


   DEL GROSSO, SIBILIA, SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, VACCA, MARZANA, BATTELLI, RIZZO, BASILIO e COLLETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina normativa delle guardie giurate è contenuta nel TULPS (Testo unico pubblica sicurezza) emanato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
   la guardia particolare giurata (GPG) che lavora alle dipendenze di un istituto di vigilanza privata è ora inquadrata giuridicamente come «incaricato di pubblico servizio» (ai sensi del decreto legge 8 aprile 2008 n. 59 – convertito in legge 6 giugno 2008 n. 101 – che ha modificato l'articolo 138 del TULPS), benché alcune sentenze della Corte di cassazione ne abbiano evidenziato anche la qualità di «agente di Polizia Giudiziaria»;
   in particolare, le guardie particolari di cui all'articolo 133 del regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 (TULPS) nello svolgimento dei compiti cui sono abilitate a tutela delle proprietà private, esercitano funzioni di polizia giudiziaria nella prevenzione e repressione dei reati aventi per oggetto beni mobili e immobili soggetti alla loro vigilanza, nonché l'obbligo di cooperare con l'autorità di polizia, giusto il disposto dell'articolo 139 del surricordato regio decreto n. 773 del 1931;
   con decreto del Ministero dell'interno 6 ottobre 2009, le guardie giurate possono essere impiegate in strutture di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi come addette ai servizi di controllo (cosiddetti «buttafuori») attraverso l'istituto d'appartenenza su richiesta del gestore;
   il decreto del Ministero dell'interno 28 dicembre 2012, n. 266 ha sancito la possibilità di impiegare professionisti della sicurezza privata (il decreto parla di guardie giurate) su navi mercantili italiane, a tutela dell'imbarcazione stessa e del carico trasportato. Vengono inoltre disciplinate le modalità di detenzione e trasporto delle armi sia a bordo della nave che sulla terraferma;
   il «primo atto» della riforma della vigilanza privata, che presenta importanti riflessi anche sulle tecnologie per la centralizzazione video, è stata introdotta attraverso il decreto ministeriale n. 269 del 2010, che impone agli Istituti di Vigilanza privata una serie di requisiti minimi, anche di natura tecnologica;
   nel citato decreto ministeriale n. 269 del 2010, nell'allegato d, lettera e), è previsto una formazione in ingresso delle guardie giurate di almeno 48 ore e si richiama ad un aggiornamento professionale annuale senza contemplarne la durata. La predetta formazione è affidata anche alle singole imprese che spesso in situazioni di disagio economico perseguono la logica del risparmio a discapito degli indici di qualità della dell'istruzione della guardia giurata stessa sovente chiamata ad operare con rapidità e decisione in situazioni di evidenti criticità;
   nel quadro di una migliore risposta all'attività preventiva e repressiva svolta nei singoli settori di specifico impiego operativo della guardia giurata –:
   quali iniziative intenda intraprendere nell'ambito delle sue competenze per meglio definire il quadro normativo del settore in modo tale da qualificare secondo parametri di maggior efficacia la guardia giurata attraverso un più aderente percorso formativo dell'attività da quest'ultima svolta, mediante l'istituzione di un albo docenti qualificati, tali da soddisfare compiutamente le esigenze basilari formative e professionali della polizia sussidiaria. (4-04218)


   RIZZO, BASILIO, PAOLO BERNINI e CANCELLERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 22 maggio 2013 è stato sottoscritto tra il consorzio Calatino Terra d'accoglienza di Mineo e la SISIFO consorzio di cooperative società cooperativa a responsabilità limitata, il contratto di appalto per l'affidamento dei servizi di forniture per la gestione del centro di accoglienza richiedenti asilo di Mineo;
   tale contratto aveva durata dal 1o gennaio 2013 al 30 giugno 2013 e che ad oggi sono stati prorogati i termini sino al 30 aprile 2014 con determina dirigenziale n. 9 del 31 gennaio 2014 del Consorzio Calatino Terra d'accoglienza di Mineo alla SISIFO consorzio di cooperative sociali;
   il contratto citato prevede all'articolo 4 «Obblighi a carico del soggetto gestore» testualmente:
    «è riconosciuto ai migranti richiedenti asilo un piccolo “pocket money” per ciascun soggetto ospitato pari a Euro 2,5 al giorno fino ad un massimo di Euro 7,5 per nucleo familiare, fino a quando l'ospite si troverà all'interno dei centro. Detto importo potrà essere erogato anche attraverso “buoni”, emessi direttamente dalla struttura di accoglienza, spendibili presso esercizi commerciali appositamente convenzionati per acquistare bolli postali, schede telefoniche, snack alimentari, sigarette, libri e giornali»;
   come riportato da diversi organi di informazione (l’Huffington post del 18 febbraio 2014, www.ilsettemezzomagazine.it del 25 gennaio 2014, www.dinamopress.it del 20 febbraio 2014, www.meltingpot.org del 6 febbraio 2014 e non ultimo, dalla visita ispettiva avvenuta il 17 novembre 2013 da parte degli interroganti presso il residence degli Aranci, struttura ospitante i richiedenti asilo a cui detto contratto si riferisce, gli ospiti ricevano, a dire da loro stessi, un pacchetto di sigarette o una scheda telefonica al giorno in sostituzione del «pocket money» indicato dall'articolo 4 del contratto di appalto sopra citato –:
   se sia a conoscenza di tali fatti e di conseguenza, qualora tali informazioni corrispondano a verità:
    a) per quali motivi non venga riconosciuto il «pocket money» previsto dal contratto di appalto per l'affidamento di servizi e di forniture per la gestione del centro di accoglienza richiedenti asilo di Mineo;
    b) se ciò possa essere in contrasto con la convenzione-quadro dell'OMS per la lotta al tabagismo ratificata dall'Italia con la legge n. 75 del 18 marzo 2008;
    c) quali precauzioni o interventi intenda adottare per ripristinare il rispetto del contratto d'appalto erogato dal consorzio calatino Terra d'Accoglienza a difesa della salute degli ospiti del Cara di Mineo;
    d) secondo quale contratto di subfornitura vengano venduti i pacchetti di sigarette trattandosi di monopoli di Stato e se vi sia il rischio di incentivare il contrabbando delle stesse tra i concessionari dei monopoli di Stato limitrofi alla struttura e gli stessi migranti. (4-04219)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 13 luglio 2011 il direttore generale per il personale scolastico del Ministero dell'istruzione bandiva il concorso pubblico per il reclutamento di n. 2.386 dirigenti scolastici;
   con successivo decreto in data 6 ottobre 2011 n. AOODRCA/RU 13599 veniva nominata la commissione giudicatrice per le operazioni concorsuali da svolgersi in Campania;
   con ulteriore decreto in data 30 ottobre 2012 n. AAOODRCA.9460 il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per la Campania approvava e pubblicava l'elenco alfabetico dei candidati risultati ammessi a sostenere le prove del concorso in questione, avendo superato i test preselettivi;
   tali atti venivano impugnati dai candidati non idonei, con ricorsi innanzi al T.A.R. della Campania;
   il T.A.R. Campania, in accoglimento delle istanze cautelari di cui ai predetti ricorsi, disponeva l'ammissione con riserva alle prove concorsuali dei ricorrenti;
   l'esito delle prove scritte veniva nuovamente impugnato innanzi al T.A.R. Campania da parte di quei candidati che tali prove non avevano superato;
   il T.A.R. Campania, accogliendo nuovamente la domanda cautelare dei ricorrenti, disponeva la sospensione degli atti concorsuali;
   con sentenze depositate nei mesi di luglio ed agosto del 2013 il T.A.R. Campania rigettava tutti i ricorsi innanzi detti, confermando, da un lato, la legittimità degli atti in virtù dei quali era stata composta la commissione giudicatrice e, dall'altro, il corretto operato della predetta commissione;
   le predette sentenze del T.A.R. Campania sono state gravate di appello innanzi al Consiglio di Stato e l'udienza di discussione è fissata per il 14 luglio 2014;
   tale complesso ed articolato iter giudiziario ha determinato il notevole rallentamento delle operazioni concorsuali, tanto che il concorso per dirigenti scolastici della Campania risulta essere l'unico non ancora definito;
   a ciò si aggiunga che, a pochi giorni dalla pubblicazione della graduatoria dei vincitori del concorso, si è appreso dai mezzi di informazione dell'esistenza di un'indagine della procura della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata avente ad oggetto presunti favoritismi che si sarebbero consumati nell'ambito dello svolgimento delle prove concorsuali;
   da fonti giornalistiche si apprende, inoltre, che il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale della Campania, dottor Bouchè, nel manifestare piena fiducia nell'operato della commissione esaminatrice, ha chiarito che la stessa procederà nel proprio lavoro di valutazione dei titoli dei candidati e che, una volta approvata la graduatoria definitiva del concorso, invierà gli atti al MIUR per gli adempimenti di competenza;
   nonostante tali dichiarazioni del direttore generale dell'ufficio scolastico regionale della Campania, non è dato sapere se e quando verrà approvata la predetta graduatoria, essendo ormai decorso più di un mese dalla conclusione delle prove concorsuali –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se il Governo intenda assumere iniziative e quali; con quali tempi certi si procederà a completare l'iter concorsuale di cui in premessa. (5-02461)


   PALMIERI, SQUERI e LAINATI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con D.D.G. 13 luglio 2011 è stato bandito il concorso ordinario per esami e titoli a dirigente scolastico, concluso in Lombardia il 29 giugno 2012 e annullato dal TAR Lombardia il 18 luglio 2012: la graduatoria di merito dello stesso concorso è stata successivamente pubblicata in via definitiva il 27 agosto 2012 dall'Ufficio scolastico regionale della Lombardia e il 29 agosto 2012 il Consiglio di Stato non ha concesso la sospensiva per l'inserimento in servizio sotto condizione dei dirigenti scolastici lombardi;
   l'11 luglio 2013 il Consiglio di Stato ordinava la ricorrezione degli elaborati dei candidati al concorso per dirigenti scolastici previa ricostruzione dei plichi concorsuali indicando come responsabile del rispetto della procedura il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca;
   a fine luglio 2013 si svolgevano le operazioni di ripristino dei plichi, operazioni rinnovate i primi di ottobre 2013 per rendere le stesse inoppugnabili. Sempre nel mese di ottobre 2013 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvedeva alla nomina della nuova commissione esaminatrice e veniva dato il via alle operazioni di ricorrezione degli scritti, operazioni concluse nel dicembre 2013;
   nel frattempo veniva emanato il decreto-legge n. 104 del 2013 convertito poi dalla legge n. 128 del 2013 che conteneva all'articolo 17 uno specifico comma, il 6, sulla situazione del concorso a dirigenti scolastici;
   a dicembre 2013 veniva pubblicato all'albo dell'Ufficio scolastico regionale della Lombardia l'elenco degli ammessi agli orali e nello stesso dicembre 2013, a seguito di nota dell'Avvocatura di stato che permetteva di «conservare» gli orali per coloro che, avendo superato nuovamente gli scritti e avendo già sostenuto gli orali erano inseriti nell'elenco degli ammessi agli orali, veniva pubblicato il calendario degli orali;
   a febbraio 2014 sul sito dell'ufficio scolastico regionale Lombardia veniva pubblicata la graduatoria generale di merito e il giorno seguente l'ufficio scolastico regionale della Lombardia pubblicava il decreto per le operazioni propedeutiche alla firma del contatto per dirigente scolastico con presa di servizio immediata;
   sempre a fine febbraio 2014 con decreto pubblicato sul sito dell'ufficio scolastico regionale Lombardia venivano convocati i vincitori di concorso il giorno 7 marzo 2014 per la stipula dei contratti a tempo indeterminato con presa di servizio il 10 marzo 2014 nelle sedi assegnante;
   a marzo 2014 venivano ribadite le modalità di presa di servizio e veniva pubblicato il decreto con l'elenco delle sedi e le rispettive assegnazioni ai candidati vincitori di concorso;
   dunque, 346 vincitori di concorso provenienti da tutta Italia come consentito dalla legge n. 128 del 2014, articolo 17 comma 6, essendo stato autorizzato il contingente ed essendo stati gli interessati ufficialmente convocati dall'ufficio scolastico regionale, sono stati espressamente individuati come destinatari di una proposta di contratto a tempo indeterminato a far data dal 7 marzo 2014 con presa di servizio il 10 marzo 2014 come dirigenti scolastici;
   alle ore 20,06 del giorno 6 marzo 2014 arrivava una nota, non pubblica, al direttore generale dell'ufficio scolastico regionale Lombardia dottor Francesco de Sanctis a firma del capo dipartimento dottor Luciano Chiappetta in cui si chiedeva di procedere ad una nomina giuridica con decorrenza economica dal 1o settembre 2014 adducendo come motivazioni forti pressioni sindacali per preservare la continuità didattica;
   i destinatari di contratto erano all'oscuro della nota arrivata fuori tempo massimo per qualsivoglia comunicazione efficace e tempestiva;
   la legge n. 128 del 2013, all'articolo 17, comma 6, statuisce il diritto all'assunzione ove possibile in corso d'anno e cioè ove un contingente autorizzato è realmente disponibile: è a tal fine servita al Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca per mettere in servizio nel mese di ottobre 2013 i vincitori del concorso in Abruzzo;
   è dunque accaduto che gli interessati alla proposta di contratto a tempo indeterminato della regione Lombardia, pur avendo provveduto, specialmente se provenienti da fuori regione, a organizzare lo spostamento in Lombardia e comunque presso la sede destinata, sostenendo spese anche di alloggio e di trasferimento, si sono poi sentiti dire che le condizioni erano cambiate;
   la disparità di trattamento rispetto all'applicazione della legge pone i lombardi in una condizione differente, ad esempio, degli abruzzesi –:
   poiché non sono stati attuati gli accordi con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di immediata assunzione dei vincitori del concorso per dirigente scolastico al termine delle operazioni concorsuali come previsto da norma di legge, se non si reputi opportuno il ritiro della nota del capo dipartimento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'inserimento in servizio al più presto possibile dei vincitori di concorso e comunque non oltre il termine del 30 giugno, termine che contempera il termine delle attività didattiche e dei contratti a tempo determinato stipulati per i supplenti dei vicari.
(5-02473)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   mancano pochi giorni alla scadenza del termine di cui alle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 748, della legge di stabilità 2014, che prevede la prosecuzione fino al 31 marzo 2014 degli appalti delle pulizie e dei servizi ausiliari alle condizioni di dicembre 2013 al fine di trovare soluzioni occupazionali per i lavoratori ex LSU e cosiddetti «appalti storici»;
   nonostante ciò non è giunta alcuna convocazione ufficiale per la riattivazione del «tavolo» governativo previsto specificatamente dalla norma sopra richiamata;
   in tale situazione non si comprende il ritardo con cui il Governo e i vari Ministri interessati stanno agendo e soprattutto appaiono all'interrogante del tutto insufficienti le dichiarazioni rilasciate dagli stessi che manifestano la volontà, a parole, di dare una soluzione positiva alla vertenza;
   ad aggravare la situazione, come hanno denunciato le organizzazioni sindacali di categoria e gli stessi lavoratori, è la scelta, in molti territori, come la provincia di Foggia, in cui sono state attivate le convenzioni CONSIP, delle imprese di ridurre drasticamente gli orari di lavoro;
   tale scelta ha determinato gravi ripercussioni sulla busta paga dei lavoratori e notevoli disservizi per le scuole, con il risultato che sta crescendo in maniera esponenziale la preoccupazione e la tensione sia tra i lavoratori che tra i genitori degli alunni;
   nei territori dove non è stata ancora attivata la convenzione CONSIP la situazione è ancora più esplosiva stante la forte preoccupazione che possano arrivare possibili licenziamenti;  
   in segno di protesta è stato convocato per la giornata del 25 marzo 2014 un sit-in davanti all'ufficio scolastico di Foggia per rivendicare il rispetto degli impegni assunti dal Governo;
   la protesta si sta allargando a macchia d'olio in tutte le realtà territoriali coinvolte a dimostrazione di una situazione esasperante in cui sono costretti a vivere migliaia di lavoratori in condizioni di estrema precarietà e con salari spesso fortemente decurtati;
   a Foggia, lo stato di agitazione è già in essere stante il mancato pagamento degli stipendi da parte della cooperativa «Globo Service», ditta subappaltatrice della DUSMANN Italia (ditta vincitrice dell'appalto in Puglia);
   nei mesi passati, il Ministro pro tempore Maria Chiara Carrozza aveva preso il preciso impegno di internalizzare il servizio di pulizia delle scuole, al fine di risolvere in maniera definitiva lo stato di precarietà dei lavoratori coinvolti e garantire un servizio efficiente negli istituti scolastici –:
   se non si ritenga necessario, urgente e improcrastinabile la convocazione del tavolo di confronto al fine di dare, nell'immediato, risposte concrete ai lavoratori ex LSU e «appalti storici» per assicurare loro la tutela del posto di lavoro e garantire agli istituti scolastici servizi adeguati e rispondenti alle esigenze degli alunni e del personale scolastico;
   se non si ritenga, in ogni caso, necessario dare una risposta definitiva a questi lavoratori, costretti, insieme alle loro famiglie, a vivere in condizioni di estrema precarietà, anche psicologica oltre che lavorativa, articolando un percorso che porti all'internalizzazione dei lavoratori ex LSU e «appalti storici» ponendo fine ai continui soprusi che questi lavoratori sono costretti a subire. (4-04199)


   BENAMATI, CANI e SENALDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di indagine giudiziaria e applicazione di misure cautelari si sono verificate le dimissioni del presidente dell'ASI-Agenzia Spaziale Italiana, ing. Enrico Saggese, e dei componenti del Consiglio di amministrazione;
   l'ASI è un ente pubblico nazionale, che dipende dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e opera in collaborazione con diversi altri dicasteri ed è oggi uno dei più importanti attori mondiali sulla scena della scienza dello spazio;
   l'ASI svolge, oggi, ruolo di primaria importata a livello europeo ed a livello mondiale, con strettissime collaborazioni con l'Agenzia spaziale europea e la NASA;
   la necessità di dare stabilità rapidamente all'ASI, immerso in quelle particolari condizioni, ha portato il Governo Letta a precedere alla nomina del commissario straordinario, professor Aldo Sandulli, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 2014 con durata dell'incarico trimestrale;
   si è, inoltre, avviata la procedura per la nomina del presidente con la costituzione della commissione per la valutazione dei curricula;
   l'azione di riorganizzazione dell'ente avviata dal commissario appare in questo quadro, in parte, come scelta obbligata al fine di dare continuità di attività e per avviare una fase di rilancio mentre, d'altro canto, l'entità dell'operazione proposta appare incongrua con la limitatezza temporale dell'incarico commissariale;
   la decisione assunta dal commissario di dare avvio alle procedure per la nomina del nuovo direttore generale il cui contratto (come previsto dallo statuto) sarebbe legato alla durata del mandato commissariale, deve essere ben valutata;
   preoccupazioni sono state espresse da parte sindacale per un piano di riordino che apparirebbe «affrettato» e portato avanti dal commissario straordinario che pare non avere di fronte a sé tempi idonei tale opera;
   parrebbe, per altro, opportuno che un processo di vasta riorganizzazione operativa e strategica fosse avviato e portato a conclusione dai vertici istituzionali di prossima nomina –:
   quali siano i tempi entro i quali saranno insediati i nuovi organi, anche in relazione alle azioni che si intendono intraprendere per rilanciare l'ASI e salvaguardare il suo ruolo strategico a livello nazionale ed internazionale, e se le attuali iniziative poste in essere dal commissario siano nell'ambito del mandato ricevuto.
(4-04210)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   MARTELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i presidenti delle regioni e le organizzazioni sindacali hanno più volte in questi giorni lanciato l'allarme circa gli ammortizzatori in deroga;
   il riparto avvenuto in data 22 gennaio 2014 ha ripartito 400 milioni di euro per cassa integrazione guadagni e mobilità in deroga;
   tali risorse stanziate nella legge di stabilità 2014 sono state insufficienti a chiudere l'anno 2013;
   molte regioni infatti sono ferme nei pagamenti al mese di novembre 2013 e i lavoratori non percepiscono da ben 5 mesi alcun sostegno al reddito con conseguenze facilmente immaginabili dal punto di vista del disagio sociale;
   sono circa 300 mila i lavoratori interessati dalla copertura in deroga degli ammortizzatori sociali;
   si è in attesa di comprendere quali siano le intenzioni del Governo circa il varo del decreto legislativo di riforma dei criteri per l'accesso agli ammortizzatori sociali in relazione al processo di riforma avviato con la cosiddetta legge Fornero;
   questo punto rappresenta un ulteriore elemento di incertezza per il futuro di questa platea innescando ulteriori tensioni sociali nei territori –:
   se e in quali tempi il Governo intenda procedere ad un nuovo riparto per chiudere l'anno 2013 e quale sarà il futuro per il 2014 dei lavoratori attualmente beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga anche in considerazione delle enormi difficoltà che stanno vivendo questi lavoratori e le loro famiglie. (3-00718)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   circa 400 lavoratori della ex Pansac sono in attesa della firma del decreto di cassa integrazione straordinaria per 12 mesi a valere dalla data del 13 dicembre 2013 giorno da cui, in base all'accordo siglato il 14 gennaio 2014 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, parte la concessione dell'ammortizzatore sociale;
   da allora sono trascorsi ben tre mesi e i lavoratori e le loro famiglie sono in enorme difficoltà a poter fronteggiare le esigenze primarie a partire dalla spesa;
   i lavoratori interessati sono quelli dei siti di Mira, ora divenuto stabilimento Polimira, Portogruaro, impianto chiuso, e Marghera, sito Selene;
   i lavoratori dell'ex Pansac sono davvero allo stremo e attraverso le proprie organizzazioni sindacali, le segreterie provinciali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil hanno lanciato un appello al Presidente del Consiglio Matteo Renzi ed ai neo Ministri Giuliano Poletti per il lavoro e le politiche sociali e Federica Guidi per lo sviluppo economico per chiedere di accelerare i tempi per l'erogazione della cassa integrazione straordinaria;
   tale situazione va peraltro a sommarsi ad un contesto sociale territoriale molto complesso e delicato per quanto riguarda la provincia di Venezia che conta circa 23 mila lavoratori nelle stesse situazioni;
   i tempi che intercorrono tra l'accordo e la firma del decreto di autorizzazione alla cassa integrazione guadagni straordinaria vanno dai sei agli otto mesi, francamente troppo per persone che spesso vivono solo di quel sussidio –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per abbreviare il calvario di questi lavoratori e procedere alla firma del decreto di cassa integrazione guadagni straordinaria per i dipendenti ex Pansac di cui in premessa. (5-02453)


   OLIVERIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in base ad una ricerca resa nota dall'istituto Demoskopika, in Calabria rispetto al 2011 le donne senza occupazione sono aumentate di ben 26 mila unità;
   il tasso di disoccupazione femminile è pari al 23,5 per cento, e siamo ben lontani dai cosiddetti obiettivi di Lisbona consegnando la regione agli ultimi posti in Europa;
   la quota di donne occupate tra l'altro è diminuita di due punti e mezzo percentuali;
   la perdita di 26 mila posti di lavoro è un vero e proprio tsunami sociale in una regione complessa dal punto di vista economico e sociale;
   nel commentare i dati un economista ha provato a fare un esempio, la perdita di 20 mila posti di lavoro equivale alla chiusura contemporanea di gruppi industriali come Unipol, Edison ed Erg messi insieme;
   occorre intervenire immediatamente con misure urgenti in particolare per il Mezzogiorno e la Calabria;
   servono nuove politiche di conciliazione, sfruttare al meglio l'opportunità dello strumento europeo della «garanzia giovani» e migliorare la funzionalità dei centri per l'impiego –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere da subito per affrontare l'emergenza occupazionale femminile in Calabria che presenta aspetti drammatici in quanto si ripercuotono su tutto il sistema sociale calabrese. (5-02455)


   SIBILIA, BALDASSARRE, CHIMIENTI, COMINARDI, BECHIS, FANTINATI, SILVIA GIORDANO e BRESCIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 il gruppo Tosoni, proprietario della SAIRA, azienda di produzione di interior per carrozze ferroviarie, chiudeva lo stabilimento di Avellino, attivando una procedura di licenziamento collettivo e gettando nella più totale disperazione decine di famiglie, in maggioranza monoreddito;
   sono stati posti in essere tutti i tentativi istituzionali affinché il gruppo Tosoni tornasse sui suoi passi e lasciasse aperta la sede di Avellino, mantenendo i livelli occupazionali;
   l'azienda SAIRA ha fatto ricorso alla CIG in deroga fino al 4 agosto 2013;
   l'azienda SAIRA, ottenuto il relativo parere positivo da parte della giunta della regione Campania il 30 luglio 2013, ha presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali istanza di concessione della CGIS per crisi aziendale per cessazione di attività, ai sensi della legge n. 223 del 1991 e del decreto ministeriale n. 31826 del 18 dicembre 2002, per 12 mesi a decorrere dal 5 agosto 2013 per n. 51 unità costituenti l'organico della sede produttiva di Avellino;
   secondo quanto riferito dai lavoratori interessati dalla CGIS, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non ha ancora proceduto alla chiusura formale di sua competenza della procedura avviata;
   sono, quindi, ben otto mesi che gli ex dipendenti della SAIRA non percepiscono nessun tipo di ammortizzatore sociale e sono costretti a vivere in precarissime condizioni economiche assieme alle proprie famiglie –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, quali siano i motivi per cui fino ad oggi la procedura di concessione della CGIS non si è conclusa e quali siano i tempi affinché questo avvenga nell'esclusivo interesse dei tanti lavoratori che si trovano in difficoltà quotidiane dovute all'assenza di reddito. (5-02457)


   ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, BECHIS, COMINARDI, CHIMIENTI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'8 agosto 2013 è stato pubblicato un avviso pubblico tramite il quale si intende attivare 3.000 tirocini per l'inserimento e il reinserimento al lavoro, nonché per favorire l'uscita dalla condizione giovanile «né allo studio, né al lavoro»;
   le risorse disponibili per l'attuazione del suddetto avviso sono quantificate in dieci milioni di euro a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987 e relative al Piano di azione e coesione – priorità giovani –, stanziati con decreto 7 agosto 2013, n. 25 del Ministero dell'economia e delle finanze, registrato dalla Corte dei conti (reg. 4 – foglio 238) in data 23 maggio 2013;
   Italia Lavoro spa è il soggetto che promuove l'attivazione e la gestione dei tirocini per conto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   le 3.000 borse di tirocinio sono ripartite su base tipologica (tirocini «in loco» e «in mobilità») e geografica (4 regioni in obiettivo convergenza);
   l'obiettivo è quello di organizzare i citati tirocini della durata di sei mesi, nelle imprese che aderiranno all'avviso pubblico di «Italia Lavoro spa». I giovani partecipanti riceveranno una borsa mensile di 500 euro per i tirocini che si svolgeranno in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, e di 1.300 euro per quelli che si terranno invece nelle altre regioni;
   per i «Neet» si tratta di un'opportunità per arricchire il curriculum con una esperienza professionale e creare utili contatti professionali per la ricerca del lavoro nel medio periodo; per le aziende si tratta di offrire un'opportunità formativa a un giovane, ma anche un'occasione per valutarne le potenzialità e le competenze;
   in riferimento all'avviso pubblico in parola, con nota informativa del 23 dicembre 2013, Italia Lavoro comunica che «in ragione dell'elevato numero di richieste ad oggi pervenute, tali da esaurire i fondi disponibili, la data di chiusura dell'avviso, originariamente prevista per il 31 dicembre 2014, è anticipata al 30 dicembre 2013»;
   dal sito «click lavoro» si apprende che a tutt'oggi solo 328 giovani sarebbero già in azienda;
   il progetto di far fuoriuscire, almeno temporaneamente, 3.000 giovani laureati dal frustrante status di Neet avrebbe senso solo se i programmati 3.000 tirocini fossero attivati in breve tempo, vista l'intercorrenza dei tempi tra il responso di «Italia Lavoro» e la concreta attivazione dei tirocini;
   tale situazione produce l'aberrante e paradossale effetto di incentivare i giovani a non lavorare o a lavorare in nero per non perdere i requisiti di partecipazione;
   infatti l'articolo 7 del predetto «bando» elenca le cause di interruzione del tirocinio menzionando la perdita dello status di disoccupato/inoccupato, e, non disponendo circa un eventuale percorso formativo contemporaneo al tirocinio, nonché vincolando i tirocinanti solo al rispetto di quanto stabilito dall'articolo 4 del medesimo bando, ai sensi del quale «alla data di candidatura non si deve essere iscritti o frequentare alcun corso di formazione» –:
   quale sia il numero delle domande pervenute, quanti risultino essere i tirocini attivati e di conseguenza quanti ancora in attesa di conferma da parte di «Italia lavoro spa», e quali siano i motivi ostativi per cui il progetto sarebbe ancora parzialmente attivato;
   come mai si parla di uno stanziamento di soli 10 milioni di euro a fronte dei 56 milioni previsti per l'anno 2013 per le borse di tirocinio formativo a favore di giovani che non lavorano, non studiano e non partecipano ad alcuna attività di formazione (NEET). (5-02463)


   ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, BECHIS, COMINARDI, CHIMIENTI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con un comunicato diffuso 22 gennaio 2014, il Ministero del lavoro, congiuntamente al Ministero dell'economia e delle finanze, ha reso noto che il pagamento dei premi e dei contributi INAIL in un'unica soluzione alla prima scadenza annuale, previsto in origine entro il prossimo 16 febbraio, è stato rinviato al 16 maggio 2014;
   il motivo di tale slittamento è da riferirsi a una misura contenuta nel comma 128 dell'articolo 1 della legge 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), con cui si prevede una progressiva riduzione dei premi INAIL per i prossimi tre anni;
   nello specifico, tale disposizione – in vigore già dal 1o gennaio 2014 – prevede che, con un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta dell'INAIL e tenendo conto dell'andamento infortunistico aziendale, venga attuata una riduzione complessiva dei premi e contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per il triennio 2014-2016;
   il differimento al 16 maggio dovrebbe riguardare anche il termine del 17 marzo 2014 per la presentazione telematica delle dichiarazioni delle retribuzioni 2013 tramite i servizi «Alpi online» e «Invio dichiarazione salari», per comunicare la volontà di avvalersi del pagamento rateale dei premi ai sensi delle leggi 449 del 1997 e 144 del 1999 e per chiedere la riduzione prevista dall'articolo 1, commi 780 e 781, della legge n. 296 del 2006 a favore delle imprese artigiane;
   per quanto riguarda il pagamento rateale ai sensi delle leggi 449 del 1997 e 144 del 1999 dei premi di autoliquidazione, per effetto del rinvio al 16 maggio 2014 si hanno tre rate. A tal fine però il premio dovrà essere sempre diviso in quattro rate, ma le prime due confluiranno nella rata con scadenza 16 maggio 2014, pertanto si avrà che per la 1a rata e quindi il 16 maggio 2014 si dovrà versare l'importo pari al 50 per cento del premio, senza maggiorazione di interessi; per la 2a rata e cioè al 16 agosto 2014 pari al 25 per cento del premio, differita di diritto al 20 agosto 2014 con maggiorazione degli interessi e per la 3a rata, il 16 novembre 2014 pari al 25 per cento del premio, con maggiorazione degli interessi. Premesso che nulla rileva ai fini del versamento in unica soluzione, se non differimento favorevole per le aziende che ne avranno la possibilità economica, appare iniquo il versamento al 16 maggio di due rate contemporaneamente, il che porterebbe a gravi difficoltà economiche dato l'esborso monetario che si andrà a realizzare per effetto di tale proroga –:
   se i Ministri interrogati non ritengano sia più equo e corretto suddividere direttamente l'importo totale in tre rate di cui la prima con versamento al 16 maggio 2014 e non diviso in quattro rate, con le prime due che confluiscono nella rata con scadenza 16 maggio 2014;
   se non ritengano urgente e opportuno effettuare le opportune iniziative normative volte a rendere più corretto tale calcolo differito. (5-02471)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOSCA, SALTAMARTINI e TINAGLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità 2012 introduceva misure di incentivazione del telelavoro (smartworking):
    a)  al fine di facilitare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro attraverso il ricorso allo strumento del telelavoro, i benefici di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a), della legge 8 marzo 2000, n. 53, possono essere riconosciuti anche in caso di telelavoro nella forma di contratto a termine o reversibile;
    b)  al fine di facilitare l'inserimento dei lavoratori disabili mediante il telelavoro, gli obblighi di cui al comma 1 dell'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, in tema di assunzioni obbligatorie e quote di riserva possono essere adempiuti anche utilizzando la modalità del telelavoro;
    c) ai medesimi fini di cui alla lettera b), fra le modalità di assunzioni che possono costituire oggetto delle convenzioni e delle convenzioni di integrazione lavorativa di cui all'articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sono incluse le assunzioni con contratto di telelavoro;
    d) al fine di facilitare il reinserimento dei lavoratori in mobilità, le offerte di cui al comma 2 dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, comprendono anche le ipotesi di attività lavorative svolte in forma di telelavoro, anche reversibili;
   il 12 marzo 2014 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha approvato un disegno di legge delega al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, di semplificazione delle procedure e degli adempimenti in materia di lavoro, di riordino delle forme contrattuali e di miglioramento della conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita;
   la delega è finalizzata a rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da pane di coloro che sono in «cerca di occupazione, nonché a riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto produttivo nazionale e internazionale. A tal fine vengono individuati, tra gli altri, i seguenti principi e criteri direttivi:
    a) individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti ai fini di poterne valutare l'effettiva coerenza con il contesto occupazionale e produttivo nazionale e internazionale, anche in funzione di eventuali interventi di riordino delle medesime tipologie contrattuali;
    b) procedere alla redazione di un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali dei rapporti di lavoro che possa anche prevedere l'introduzione, eventualmente in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l'inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i lavoratori coinvolti;
   la delega inoltre ha la finalità di contemperare i tempi di vita con i tempi di lavoro dei genitori. In particolare, l'obiettivo che si vuole raggiungere è quello di evitare che le donne debbano essere costrette a scegliere fra avere dei figli oppure lavorare. A tal fine viene individuato, tra gli altri, il principio e il criterio direttivo di incentivare accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell'orario lavorativo e l'impiego di premi di produttività, per favorire la conciliazione dell'attività lavorativa con l'esercizio delle responsabilità genitoriali e dell'assistenza alle persone non autosufficienti;
   sul tema delle forme contrattuali a favore della flessibilità dell'orario e della sede lavorativa e a favore della conciliazione, lo sviluppo delle tecnologie ha permesso di emergere la possibilità di nuove forme e modalità di lavoro a distanza, come lo smart working. Tuttavia la normativa risulta restrittiva sull'argomento rispetto all'evoluzione degli strumenti tecnologici a disposizione ed espone le aziende interessate all'utilizzo di questa modalità lavorativa a costi e rischi molto elevati, ad esempio in materia di sicurezza sul lavoro;
   una recente ricerca prodotta dall'Osservatorio Smart Working del Politecnico riporta che il telelavoro è uno strumento ancora scarsamente utilizzato nelle imprese italiane: è presente nel 20 per cento delle imprese ma disponibile a tutti i lavoratori solo nel 2 per cento dei casi e nel 2013 la percentuale dei telelavoratori per più di un quarto del loro tempo lavorativo è stata del solo 6,1 per cento;
   numerose ricerche dimostrano che chi usufruisce dello smartworking è mediamente più produttivo dei dipendenti che sono in ufficio (grandi aziende internazionali riportano un aumento di produttività del 35-40 per cento), con una riduzione di circa il 63 per cento di assenteismo in meno, riducendo così le possibilità che decida di lasciare l'azienda, costringendo quest'ultim'ora a investire risorse nella formazione di una nuova persona. Si stima che l'adozione di pratiche di smartworking in Italia potrebbe significare 27 miliardi di euro, in più di produttività e 10 miliardi di euro in meno di costi fissi. Con benefit inclusi per il bilancio pubblico: 4 milioni di euro in meno a carico dei cittadini ed emissioni di CO2 ridotte di 1,5 milioni di tonnellate –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per incentivare l'adozione dello smartworking all'interno delle aziende private e nella pubblica amministrazione per le mansioni compatibili con il suo utilizzo è prevedere una revisione delle norme in merito alla sicurezza sul lavoro per quanto concerne lo smartworking meno onerosa per le aziende sia in termini di costi economici sia in termini di rischio. (4-04187)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o novembre 2013 sei tecnici che lavoravano per conto di poste nel centro di meccanizzazione postale di a sono rimasti senza lavoro e pur avendo ottenuto la cassa integrazione non hanno avuto sinora nessuna erogazione nei loro confronti;
   lo centro di meccanizzazione postale di Pescara secondo i programmi dell'azienda sarà chiuso definitivamente entro sei mesi;
   i suddetti lavoratori erano dipendenti della società Logos spa di Roma (diventata oggi srl) che nel 2007 ottenne in sub-appalto dalla Selex (facente parte del gruppo Finmeccanica) la manutenzione e l'assistenza tecnica degli impianti del centro di meccanizzazione postale del centro-sud e delle isole e tra questi c'era anche quello della città adriatica;
   alla nuova gara d'appalto dello scorso anno, la Logos non partecipò, parteciparono invece Stac Italia, Siemens e Ph Facility di Genova. Quest'ultima si aggiudicò l'appalto per l'intero territorio nazionale, pur essendo una società specializzata nel settore igiene e sanificazione (sul sito dell'azienda si vanta un'esperienza di quaranta anni). Ph Facility ha proposto ai sei lavoratori non più il contratto del settore metalmeccanico che avevano in precedenza, ma quello del settore multiservizi, che solitamente si sceglie per chi si occupa di pulizie;
   questa proposta ovviamente è stata rigettata dai lavoratori che la ritengono offensiva dato l'alto livello della loro formazione. Inoltre non offre alcun tipo di garanzia in caso di licenziamento, non essendo previsti gli ammortizzatori sociali.
   questa situazione oltre a mettere in difficoltà la sopravvivenza economica dei lavoratori crea un'enorme disagio alla città dato che il servizio di consegna della posta subisce ulteriori ritardi –:
   se non intenda intervenire per salvaguardare i posti di lavoro dei dipendenti ed evitare ulteriori disagi ai cittadini che subiscono grosse inefficienze nella consegna della corrispondenza. (4-04196)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   FRANCO BORDO, ZAN, PALAZZOTTO, PELLEGRINO e ZARATTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 240, della legge 191 del 2009 (Finanziaria 2010) afferma che: «...le risorse assegnate per interventi di rifinanziamento ambientale con delibera del CIPE del 6 novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro, a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture e del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, di cui all'articolo 18, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, sono destinate ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico individuate dalla direzione generale competente del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, sentiti le autorità di bacino di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, nonché all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, e il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le risorse di cui al presente comma possono essere utilizzate anche tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che definisce, altresì, la quota di cofinanziamento regionale a valere sull'assegnazione di risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, che ciascun programma attuativo regionale destina a interventi di risanamento...»;
   il miliardo di euro stanziato attivava una corrispondente cifra di cofinanziamento regionale;
   è incontrovertibile che il territorio italiano dal punto di vista del dissesto idrogeologico è a livelli allarmanti e preoccupanti, basti guardare alla vulnerabilità del territorio che si manifesta, ciclicamente, al ripetersi di eventi climatici avversi anche di media intensità. Si pensi, che dal 2002 a oggi si sono registrate circa 2000 alluvioni, che hanno causato la perdita di 293 vite umane e danni per miliardi di euro;
   il 68,9 per cento dei comuni italiani è a forte rischio idrogeologico, 6 milioni di cittadini vivono in are del Paese considerate molto rischiose e 22 milioni di cittadini in aree mediamente rischiose;
   sono 6251 le scuole e 547 gli ospedali che sorgono su terreni non sicuri;
   ogni giorno in Italia vengono edificati 668 ettari di terra, un'area equivalente a 96 campi di calcio. Nel corso di 10 anni l'edilizia ha consumato 244 mila ettari di terreno, il più delle volte sottratti all'agricoltura che è il vero presidio del territorio, dei beni pubblici ambientali e paesaggistici;
   il piano contro il dissesto idrogeologico del 2010 prospettava 1365 azioni per una spesa di 4,1 miliardi di euro; nel 2011 si è saliti a 2519 azioni per 5,7 miliardi di euro, nel 2012 a 2949 per 6,8 miliardi di euro, nel 2013 a 3342 per 7,4 miliardi di euro e l'aggiornamento al corrente anno porta la cifra di 3383 interventi per un valore di quasi 8 miliardi di euro;
   dal recente rapporto dell'Associazione nazionale consorzi di bonifica, ANBI, si evince che dal 2002 al 2012 sono stati stanziati 2,98 miliardi di euro a seguito delle dichiarazioni dello stato di calamità;
   sempre dal medesimo rapporto si stigmatizza che dei 2 miliardi di euro previsti dal piano contro il dissesto idrogeologico del 2010, riconfermati negli anni seguenti al fine di rispondere al dissesto idrogeologico del Paese, si è speso appena il 4 per cento che è l'equivalente dei compensi e dei costi delle gestioni commissariali –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e, in caso affermativo, quali azioni urgenti e concrete intenda adottare al fine di contrastare il dissesto idrogeologico dell'Italia;
   a quanto ammonti, ad oggi, la dotazione del piano contro il dissesto idrogeologico del 2010;
   se il Governo non intenda adottare un «piano nazionale strutturale» contro il dissesto idrogeologico, che tenga conto delle peculiarità dei territori maggiormente vulnerabili, attuando politiche del territorio immediate di messa in sicurezza delle aree in questione;
   se il Governo non intenda attivarsi nel monitoraggio delle aree agricole, di proprietà dello Stato, che risultino essere dismesse, abbandonate, o comunque aree non più utilizzate per finalità produttive da riconvertire all'agricoltura sostenibile, prevedendo un apposito programma nazionale, che prediliga l'affidamento e/o l'affitto delle aree in questione ai giovani agricoltori e organizzazioni di gruppi che operano nel campo dell'agricoltura sociale. (3-00715)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MUCCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il SIAN, acronimo di Sistema informativo agricolo nazionale, è il sistema informativo unificato di servizi del comparto agricolo, agroalimentare e forestale messo a disposizione dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e dall'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per assicurare lo svolgimento dei compiti relativi alla gestione degli adempimenti previsti dalla PAC (Politica agricola comunitaria), con particolare riguardo ai regimi di intervento nei diversi settori produttivi;
   i Pac, i contributi europei destinati a sostenere chi in Italia coltiva la terra e alleva bestiame per il periodo 2014-2020, ammontano a 44 miliardi;
   i servizi del SIAN sono accessibili a utenti istituzionali ovvero a soggetti che, per conto dell'amministrazione o di enti a essa collegati, sono chiamati a svolgere attività amministrative tramite gli strumenti informatici del SIAN (regioni, organismi pagatori, e altro). Sono inoltre fruibili direttamente anche da utenti qualificati, ovvero da quei soggetti privati che interagiscono a qualsiasi titolo con il SIAN i quali, personalmente o per delega, possono accedere alle informazioni sulla propria azienda e assolvere ad adempimenti normativi e amministrativi;
   il portale www.sian.it, è lo strumento attraverso il quale viene attuato il processo di «telematizzazione» nella gestione dei servizi realizzati dal Sistema informativo agricolo nazionale e dagli enti pagatori Arbea, Arpea, Appag e Bolzano consentendo l'accesso alle informazioni e ai servizi resi disponibili in rete dalla pubblica amministrazione centrale, dagli enti territoriali collegati agli organismi pagatori;
   dal 2007 il sistema Sian è in gestione alla Sin, una società che nel 2011 è stata trasformata da Srl in Spa e che vede la partecipazione al 51 per cento della Agea (società del Ministero) e per il 49 per cento da un raggruppamento temporaneo di imprese Rti quali in ordine: Almaviva, Auseldal, Sofiter2, Telespazio, Cooprogetti, Ibm, Agriconsulting, Agrifuturo;
   sembra che negli ultimi vent'anni il Sian sia stato gestito sempre dagli stessi imprenditori privati attraverso un complesso sistema di società, sotto altre forme o in consorzio;
   dal 2010 ad oggi il sistema informatico del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sembra sia costato 780 milioni, un budget completamente ingiustificato per quanto prodotto;
   alla vigilia dell'insediamento del Governo Renzi, pare che il contratto di gestione sia stato rialzato con una provvigione di altri 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016;
   da notizie stampa si è appreso che ci siano problemi di funzionamento della piattaforma Sian: l'ultima relazione di collaudo redatta dallo studio dell'ingegner Giuseppe Felice e ora agli atti della Procura di Roma segnala che, tra i molti aspetti del malfunzionamento del sistema informativo, ci sarebbero dati erronei ma mai verificati relativi alle superfici delle aziende agricole;
   secondo quanto appreso dalla stampa nazionale sembra che i finanzieri del nucleo speciale di tutela spesa pubblica, oltre a valutare la relazione cennata dell'ingegner Felice, stiano conducendo un'indagine che si muove in due direzioni: la prima riguarda i contributi che spesso invece di finire ai produttori pare siano stati concessi a chi non ha nemmeno un metro di terra coltivato, versamenti a favore di prestanome di clan mafiosi o ancora a chi ha un'autorimessa dichiarata come fienile. La seconda ha come oggetto un ammanco di 50 milioni: l'Agea, nel periodo dal 1999 al 2012, ha riscontrato una serie di irregolarità nella gestione dei fondi comunitari, quantificati dalla Corte dei conti in 1,9 miliardi di rettifiche finanziarie che l'Italia ha dovuto restituire. Secondo i finanzieri, però, l'Agea non ha rendicontato con regolarità ai revisori di Bruxelles fatto che potrebbe consentire all'Unione europea di bloccare i nuovi finanziamenti;
   la nomina di Giovanni Mainolfi all'Agea fatta dall'ex Ministro pro tempore De Girolamo appare all'interrogante assolutamente inadeguata. Si tratta infatti di un generale della guardia di finanza, indagato nell'inchiesta sulla P4 ed è più volte citato in quella della P3, come «persona vicina ad Alfonso Papa e Pasquale Lombardi», il politico e faccendiere campano che secondo la procura di Napoli avrebbero organizzato un'associazione segreta per pilotare appalti e concorsi. Lombardi conosce bene Nicola de Girolamo, padre del ministro. Nel 2003 fu nominato nel comitato di sorveglianza del Consorzio agricolo di Benevento dove Nicola era direttore. E lo è ancora tuttora, anche nel momento in cui sua figlia era ministro e in qualche modo il suo controllore;
   sotto osservazione pare sia finita anche la società Sin, una delle agenzie satellite dell'Agea, che ha il compito di gestire il sistema informativo tra il Ministero e le singole regioni, il cui direttore generale nominato è Antonio Tozzi, che da fonti di stampa risulta essere stato fidanzato con il Ministro pro tempore De Girolamo. Tra i soci di Agea in questo progetto figurano anche Almaviva, un'azienda che – come segnalato dall’Espresso – vince nel 2007 un appalto da 1,1 miliardi di euro in cambio di servizi informatici fino al 2016;
   il presidente pro tempore della Sin fino ad aprile 2013, Ernesto Carbone accusato di aver utilizzato in modo improprio 23 mila euro per spese personali e di rappresentanza, ha denunciato il mal funzionamento del software e la cattiva gestione dei vecchi amministratori;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato;
   se ritenga di chiarire, relativamente al portale Sian.it, quante e quali siano state le attività svolte fino ad oggi e quelle attualmente in corso e/o previste per il futuro a fronte del budget stanziato specificando quanto sia ancora disponibile e se risulti quali siano le motivazioni che avrebbero condotto all'aumento «della provvigione di altri 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016»;
   se il Ministro interrogato, a fronte della proliferazione di numerosi dossier, relazioni di collaudo, audit interni e perizie legali che hanno dimostrato l'inefficienza nella gestione del Sian, non ritenga di intervenire urgentemente affinché, per quanto di sua competenza, vengano monitorati i finanziamenti che saranno concessi agli agricoltori, a fronte dei fondi europei previsti dalla nuova programmazione 2014-2020, in ogni stadio della pratica. (5-02477)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   il direttore generale dell'azienda sanitaria locale (ASL) di Salerno ha approvato la deliberazione n. 106 del 4 febbraio 2014 – recante l'esecuzione del decreto n. 82 del 2013 del Commissario per l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario cui è sottoposta la regione Campania – con la conseguente proposta di riconversione dei quattro presidi ospedalieri di Eboli, Battipaglia, Oliveto Citra e Roccadaspide;
   tale proposta comporta la drastica riduzione del 50 per cento circa dei posti letto riservati alla rianimazione ed alla terapia intensiva, nonché del 41 per cento circa dei posti letto assegnati alla Cardiologia – UTIC;
   né, tantomeno, a fronte di questa drastica riduzione dei posti letto, sono state previste adeguate e congrue soluzioni alternative e/o sostitutive e/o compensative, creando così nei fatti un grave e pesante deficit di assistenza sanitaria ed ospedaliera per i cittadini;
   ne discendono rischi molto forti e pericolosi per la tutela, per il rispetto e per la conservazione degli indispensabili e doverosi livelli minimi ed essenziali di assistenza (LEA) alle persone, fissati dalla legislazione vigente;
   il progetto di riconversione ospedaliera in parola aggrava la carenza dei posti letto attribuiti alle strutture ospedaliere, ubicate nell'area geografica a sud della città di Salerno; con una dotazione attuale di soli 328 posti letto per le patologie acute rispetto ad una popolazione pari a circa 300.000 abitanti nel bacino territoriale servito dai quattro ospedali. Ne discende un coefficiente assolutamente basso nel riparto fra popolazione residente/posti letto, pari a 1.32 posti letto per mille abitanti; mentre a livello nazionale, tenuto conto delle elaborazioni del Siveas (Servizio nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria, istituito con decreto 17 giugno 2006 presso il Ministero della salute) lo standard di riferimento è di 3,7 posti letto per mille abitanti, definito dal Patto per la Salute 2010-2012 e confermato dalla normativa fissata dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, che ha convertito il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (la cosiddetta Legge Balduzzi), la cui disciplina risulta, quindi, violata nella fattispecie;
   fra l'altro, nella riunione congiunta fra il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali ed il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza (LEA) con la regione Campania, svoltasi il 27 novembre 2013, sono state espressamente poste alla struttura commissariale per la sanità in Campania diverse prescrizioni, alle quali è stata subordinata l'approvazione del Programma operativo 2103-2015. Fra tali prescrizioni rientra la necessità di procedere alla ridefinizione della rete ospedaliera pubblica e privata per acuti e post-acuti, con individuazione analitica del numero dei posti letto suddivisi per struttura, disciplina, DH e ordinari, unità operative;
   la medesima deliberazione della ASL Salerno n. 106/2014 contiene, per ognuno dei quattro presidi ospedalieri in oggetto, la modifica della dotazione organica, della quale peraltro sono indicati solo i dati finali e non quelli specifici di dettaglio per le singole unità operative; ne consegue la messa in mobilità di ben 287 dipendenti (pari al 23 per cento dell'attuale dotazione complessiva dei quattro presidi), senza alcuna valutazione di fabbisogni, carichi di lavoro, numero e qualità delle prestazioni e senza che sia stata attivata alcuna azione informativa verso le forze sindacali e le istituzioni locali;
   il provvedimento richiamato della direzione generale intende, quindi, fornire una attività di assistenza ospedaliera con la riduzione di circa il 6 per cento di posti letto e del 23 per cento di personale, nonostante che i predetti presidi ospedalieri, a causa del blocco del turnover in atto nella regione Campania, già registrano sensibili carenze di personale, con il ricorso quanto mai oneroso ad orario aggiuntivo;
   i sindaci di Eboli, Oliveto Citra e Roccadaspide ed il commissario prefettizio di Battipaglia, in piena sintonia con le forze sindacali, hanno proposto, alla unanimità, un progetto di riordino degli ospedali con il mantenimento quali-quantitativo di tutte le strutture destinate ad attività emergenza e con interventi comportanti la riduzione dei posti letto nelle strutture dedicate esclusivamente ad attività di elezione; alla luce di questa proposta, sarebbero raggiunti i medesimi obiettivi di risparmio economico e di razionalizzazione assistenziale, evitando la messa in mobilità del personale ed incidendo, invece, significativamente sui costi del lavoro aggiuntivo. Le medesime autorità hanno sollecitato un intervento dell'ASL di riequilibrio territoriale nella distribuzione dei posti letto a tutela dell'area collocata a sud della città di Salerno, tenendo conto, in particolare, del numero di abitanti che si registra nel bacino di utenza dei quattro Ospedali surrichiamati. Tali proposte non sono state prese in considerazione dalla ASL di Salerno;
   il progetto dell'ASL Salerno, fra l'altro, non elimina la duplicazione delle funzioni ospedaliere;
   tutti e quattro i presidi ospedalieri offrono sostanzialmente le medesime prestazioni sanitarie, senza interventi di caratterizzazione specialistica;
   il provvedimento in contestazione ha creato grave allarme sociale nelle comunità interessate, sia per i rischi di insostenibile carenza assistenziale nell'ambito delle attività di emergenza, sia per le ricadute occupazionali molto negative –:
   quali siano le iniziative che il Ministero della salute intende attivare – nell'esercizio delle sue competenze istituzionali e considerato che la Campania rientra fra le regioni sottoposte a commissariamento per l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario – in merito alla vicenda sopra descritta, al fine di tutelare la salute dei cittadini ed in particolare di assicurare la doverosa ed imprescindibile salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e delle prioritarie prestazioni di emergenza nell'ambito del territorio vasto e densamente popolato, ubicato a sud della città di Salerno, nel rispetto del diritto alla salute, oggetto di prioritaria tutela costituzionale. (5-02454)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATARRELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nell'articolo pubblicato nei primi mesi del 2014 sulla rivista scientifica Environmental Research da un gruppo di ricercatori composto da epidemiologi, fisici dell'atmosfera, biologi di alcuni istituti del CNR di Pisa, Lecce e Bologna e neonatologi della ASL di Brindisi. (Congenital anomalies among live births in ahigh environmental risk area – A case-control study in Brindisi, Italy) si evidenzia che le mamme che dal 2001 al 2010 hanno partorito bambini con malformazioni congenite sono state esposte, nel periodo della loro gravidanza che va dalla terza alla ottava settimana, ad una concentrazione di anidride solforosa (SO2) più elevata delle mamme che hanno partorito negli stessi anni bambini in buona salute;
   sono stati considerati nell'analisi 189 casi di anomalie congenite (AC), di questi 81 sono stati i casi con anomalie congenite cardiache (ACC) e 44 con difetti del setto ventricolare (DSV) (gli autori hanno escluso da questo lavoro i casi di anomalie cromosomiche coincidenti). Le concentrazioni degli inquinanti sono generalmente più alte tra i casi rispetto ai controlli, con differenze maggiori che si riscontrano tra le anomalie congenite cardiache. I modelli con variabile di esposizione continua mostrano incrementi di rischio che tuttavia non sono statisticamente significativi. L'esposizione materna alle maggiori concentrazioni rilevate di SO2 sono significativamente correlate con tutti i tipi di malformazioni e, in particolare, con le malformazioni congenite del cuore;
   gli stessi autori un anno fa avevano pubblicato su altra rivista internazionale i dati sulle malformazioni congenite a Brindisi registrando nello stesso arco temporale un totale di 194 anomalie su 8.503 neonati e osservando una prevalenza di 228 casi su 10.000 nati vivi, approssimativamente il 17 per cento in più rispetto al dato riportato dal registro europeo EUROCAT. Circa 3 neonati con malformazioni in più ogni anno rispetto alla media europea. L'eccesso osservato per le anomalie cardiovascolari era del 49 per cento. L'attuale studio costituisce un approfondimento che correla il dato sanitario con il dato ambientale e rappresenta un avanzamento nella conoscenza del fenomeno poiché la SO2 origina dalle emissioni industriali e dai combustibili per la navigazione marittima. Nella città di Brindisi per l'ARPA Puglia il 90 per cento delle emissioni di SO2 provengono dalla produzione energetica. In realtà, i ricercatori precisano che potrebbe non essere solo la SO2 in quanto tale a provocare il maggior rischio di malformazioni, ma «la SO2 può essere considerata un surrogato del complesso delle emissioni» che investono la città;
   la regione Puglia nel luglio 2013, probabilmente sulla base delle risultanze del primo studio sulle malformazioni congenite a Brindisi, ha istituito il registro regionale delle malformazioni. È evidente che le misure più urgenti da adottare a tutela della salute della popolazione brindisina non sono né una ricerca epidemiologica né interventi sanitari bensì un serio programma di riduzione delle emissioni industriali ed energetiche in particolari –:
   se non intenda assumere iniziative per verificare, attraverso un monitoraggio, l'esposizione ai rischi della popolazione interessata dai dati dello studio esposto in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere per prevenire l'incidenza di malformazioni cardiache alla nascita dei cittadini esposti a fattori di inquinamento ambientale.
(4-04200)


   GALLINELLA, GAGNARLI, L'ABBATE, PARENTELA, BENEDETTI e DE ROSA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nell'agosto del 2012 la procura di Torino ha aperto un'inchiesta sul caso di 123 braccianti agricoli piemontesi (tutti con meno di 30 anni di età) malati di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), ipotizzando che l'insorgere di tale patologia sia legato ai pesticidi chimici usati per proteggere le coltivazioni;
   tale ipotesi andrebbe ad istaurare, secondo la stessa procura, un legame tra l'insorgenza della Sla tra gli agricoltori e quella della stessa malattia tra i calciatori, forse causata da prodotti fitosanitari nocivi per l'uomo ed utilizzati per la cura dell'erba nei campi di calcio;
   in Italia i malati di Sla sono circa 5.000 e se da un lato non esistono cause «ufficiali» per l'insorgere della malattia, dall'altro è comprovata la correlazione con l'esposizione ad alcune sostanze effettivamente contenute in diversi pesticidi chimici;
   i pesticidi o prodotti fitosanitari sono utilizzati nell'agricoltura convenzionale per combattere organismi nocivi, per la protezione delle piante e per la conservazione dei prodotti vegetali, così come durante il trasporto e durante la giacenza dei prodotti alimentari nei magazzini e nei silos;
   il regolamento (CE) n. 396/2005 e suoi successivi aggiornamenti fissa i livelli massimi di residui (LMR) di pesticidi negli alimenti, secondo il principio che sia possibile stabilire, per ogni sostanza tossica, una quantità che non danneggia l'organismo;
   l'EFSA (Ente federale per la sicurezza alimentare) ha ritenuto, però, che questo principio non tiene conto degli effetti a lungo termine dei pesticidi né del fenomeno dell'accumulo delle sostanze tossiche negli organi, i cui effetti non sono sempre prevedibili (tossicità cronica);
   recentemente un'inchiesta francese ha rivelato come la presenza di pesticidi in molti corsi d'acqua provocherebbe maggiore possibilità per gli esseri umani di contrarre malattie gravissime come il cancro del sangue, tanto che lo Stato francese è stato condannato a indennizzare un agricoltore malato di tumore provocato da sostanze contenute nei pesticidi ed erbicidi;
   nella stessa Francia un decreto di revisione e aggiornamento delle tabelle delle malattie professionali in agricoltura ha introdotto la malattia di Parkinson provocata dai pesticidi, riconoscendola come malattia professionale per i vignaioli;
   la IARC (International agency for research on cancer – Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) di Lione, dopo uno studio sui pesticidi e gli erbicidi, ha concluso che molti di essi sono cancerogeni –:
   se, sulla base di quanto esposto in premessa, con particolare riferimento alle ipotesi della procura di Torino, abbia condotto o abbia intenzione di avviare studi e ricerche finalizzate a determinare la correlazione tra l'insorgere della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e l'esposizione prolungata a pesticidi usati in agricoltura, al fine di tutelare la salute dei cittadini e in particolare degli agricoltori;
   se abbia avviato o intenda avviare studi nazionali volti a determinare, in ogni caso, gli effetti a lungo termine dell'esposizione dei pesticidi sulla salute umana;
   se non intenda intervenire, nelle competenti sedi europee, per rivedere al ribasso il livello massimo di residui di pesticidi negli alimenti (LMR) o comunque per determinarla con criteri più restrittivi che considerino l'esistenza di categoria di persone (agricoltori) che entrano in contatto con i fitofarmaci non solo indirettamente attraverso la dieta ma anche direttamente durante l'attività professionale. (4-04206)


   COVA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il servizio sicurezza alimentare, igiene della nutrizione e sanità Pubblica della Regione Friuli Venezia Giulia il 7 ottobre 2013 emanava decreto n. 855/VETAL – pubblicato in BUR FVG n. 46 – in punto «Istituzione del Veterinario di fiducia-Definizione di compiti, responsabilità e requisiti professionali»;
   tale decreto istituisce la figura del «Veterinario di fiducia», i cui requisiti professionali sono ulteriormente definiti e specificati nell'allegato di detto decreto;
   il punto 3) lettera c di tale allegato prevede quale requisito professionale «Partecipare con profitto al Corso di formazione per veterinario aziendale» –:
   se un medico veterinario libero professionista, regolarmente iscritto al proprio Ordine Professionale e abilitato alla propria professione intellettuale in virtù dei titoli abilitativi ex lege richiesti, debba partecipare ad un «Corso di formazione per veterinario aziendale» per poter svolgere la propria attività;
   se la partecipazione a questo «Corso di formazione per veterinario aziendale», sia un requisito vincolante per svolgere l'attività di veterinario aziendale prevista dal decreto legislativo n. 196 del 22 maggio 1999;
   se il soggetto o i soggetti che tengono questo corso, definito come requisito vincolante per l'esercizio della libera professione veterinaria quale veterinario aziendale, sia o siano abilitati dal Ministero della Salute. (4-04207)


   MELILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione nazionale pubbliche assistenze e la Confederazione delle misericordie d'Italia hanno indetto per il 3 aprile a Roma una giornata nazionale di protesta a causa delle diffuse difficoltà riscontrate nei vari territori per il rinnovo degli accordi e delle convenzioni con gli enti locali per il trasporto sanitario;
   l'Anpas e le Misericordie con 5 mila ambulanze e oltre 200 mila volontari assicurano il 70 per cento dell'intero trasporto di soccorso sanitario;
   sono molte le questioni sollevate dalla protesta: il finanziamento del Fondo sociale e di quello della non autosufficienza, il servizio civile nazionale, la stabilizzazione del 5 per mille, la mancata definizione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, la riforma della legislazione del terzo settore e il funzionamento dell'Osservatorio nazionale, le modifiche al codice della strada con la definizione dei veicoli speciali, la portata delle autoambulanze, la patente di servizio per gli autisti soccorritori, e l'esenzione del pedaggio autostradale per le ambulanze impegnate nella emergenza del soccorso –:
   se non intenda convocare le parti interessate alla vertenza per trovare le appropriate soluzioni di mediazione per evitare una protesta che nuoce al sistema dell'emergenza sanitaria e all'immagine del Paese. (4-04216)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   LACQUANITI, NARDI, DI SALVO, AIRAUDO, FERRARA, PLACIDO e MATARRELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   RetItalia internazionale è una società a partecipazione pubblica, il cui capitale è interamente posseduto dall'ex Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), attualmente Agenzia ICE (ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane);
   gli impiegati di RetItalia internazionale hanno svolto da più di trenta anni funzioni a supporto del ruolo istituzionale dell'ICE: analisi di fabbisogni, progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture, servizi e sistemi informativi a supporto dell'internazionalizzazione e dei processi gestionali interni all'ICE, consentendo la loro integrazione e interconnessione con sistemi esterni, fornitura, di assistenza qualificata al personale dell'ICE e alle piccole e medie imprese (PMI) italiane;
   il carattere strategico delle funzioni e del coinvolgimento operativo di RetItalia nel comparto estero, sono stati ulteriormente confermati dall'assegnazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, nel giugno 2011, del progetto del portale made in Italy, un sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale, nell'aprile 2012, del progetto International trade hub-Italia, un portale sponsorizzato dal «tavolo strategico nazionale per la trade facilitation che consente alle imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione. Tale progetto è stato oggetto di ulteriori convenzioni a dicembre 2012 e a luglio 2013;
   a seguito della soppressione dell'ICE la proprietà di RetItalia internazionale è stata trasferita alla ex-ICE/costituenda Agenzia e al Ministero dello sviluppo economico che tuttavia, a giudizio degli interroganti di fatto, ha ignorato la proprietà e si è disinteressato in un anno e mezzo dell'indirizzo strategico della società;
   da maggio 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha dimezzato il contratto in essere tra l'ex ICE e RetItalia internazionale (da 6 a 3 milioni di euro) portando con sé una cassa integrazione ordinaria estremamente penalizzante;
   a ottobre 2012, basandosi sull'articolo 4 del decreto sulla spending review il Ministero dello sviluppo economico, ha dato indicazione di provvedere all'alienazione di RetItalia internazionale e ha posto come prerequisito una severa ristrutturazione della società, attualmente costituita da 65 lavoratori, un dirigente e un direttore generale, al fine di renderla appetibile al mercato;
   l'agenzia ICE è attiva a tutti gli effetti da gennaio 2013 e gli obiettivi ambiziosi di crescita dell’export che si pone la stessa ICE, ed esposti nel Piano promozionale 2013-2015, non possono che basarsi e accompagnarsi ad uno sviluppo dell'ICT;
   pur tuttavia, il 22 gennaio 2013 il consiglio di amministrazione dell'Agenzia ICE delibera l'alienazione di RetItalia internazionale con un contratto pari a quello decurtato a maggio 2012, evidenziando che l'opzione, di cui al comma 3 dell'articolo 4 citato, «si ritiene non percorribile poiché la società RetItalia internazionale SpA risulta essere una società strumentale dell'ex Ice con il compito di gestire e mantenere il sistema informativo dell'istituto e curare la realizzazione dei software utilizzati dallo stesso per la propria operatività», sminuendo così le attività, le funzioni e la strategia operativa di RetItalia stessa e ponendo a rischio elevatissimo i posti di lavoro degli impiegati di RetItalia internazionale;
   la cassa integrazione straordinaria, avviata il 6 maggio 2013, è stata richiesta a zero ore per la totalità del personale, con la clausola di richiamare il personale in relazione alla necessità del momento, formula che fornisce un vantaggio al possibile acquirente;
   in data 30 aprile 2013, non si è giunti ad alcun accordo con le parti sociali, in merito all'attuazione della cassa integrazione straordinaria, questo ha portato l'amministrazione di RetItalia internazionale a non anticipare al personale il contributo INPS relativo, con gravissime conseguenze sugli emolumenti percepiti dai lavoratori;
   a luglio 2013, a seguito di uno sciopero di tutti i lavoratori, sono stati sbloccati dei fondi dal Ministero dello sviluppo economico per i progetti made in Italy e international trade hub-Italia e in generale per sviluppi ad altre piattaforme in gestione a RetItalia internazionale;
   ciò ha consentito l'erogazione dell'anticipo del contributo INPS e l'alleggerimento della cassa integrazione straordinaria dal 60 per cento al 20 per cento da settembre a dicembre 2013;
   a dicembre 2013 la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 562, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha previsto l'abrogazione dei commi dell'articolo 4 della legge del 7 agosto 2012 n. 135, ossia l'obbligo di vendita delle società in house consentendo nel contempo la mobilità tra le società partecipate dalla pubblica amministrazione;
   l'Agenzia ICE ha continuato con la procedura di alienazione di RetItalia internazionale, avviata il 13 novembre 2013 e il termine delle offerte il 9 gennaio 2014;
   il bando di gara per la vendita di RetItalia internazionale e il contratto di servizi per quanto risulta agli interroganti è in perdita, consente la sopravvivenza di meno di 30 lavoratori sui 65 totali, appare al ribasso e non contiene garanzie sui livelli occupazionali, ovvero secondo gli interroganti, un massacro sociale;
   ciò nonostante il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia ICE non procedono all'individuazione di soluzioni alternative previste dalla stessa legge di stabilità circa la mobilità nell'ambito delle società partecipate e non aumentano il valore economico del contratto, nonostante l'Agenzia il 13 dicembre 2013 abbia percepito 22 milioni di euro con un provvedimento del Consiglio dei ministri;
   nel bando di gara non sono stati annoverati come asset della società i due progetti strategici sopra menzionati. Il Ministero dello sviluppo economico dopo aver finanziato i due progetti per circa 2,8 circa milioni di euro (IVA inclusa) non procede alla messa in linea dei due portali, che avrebbero portato dei ritorni economici per i lavoratori di RetItalia internazionale. A luglio vengono sponsorizzati, a gennaio vengono dimessi. Il portale ITH-Italia è nella fase finale della realizzazione, a breve sarà consegnato e probabilmente «buttato via»;
   intanto a febbraio 2014 la situazione della cassa integrazione straordinaria precipiterà tornando a più di un 60 per cento delle ore non lavorate, mentre ai primi di maggio terminerà del tutto;
   l'Agenzia ICE non curante di quanto dichiarato dai lavoratori e dalle loro rappresentanze sindacali, indifferente ad avviso dell'interrogante a quanto legiferato in merito alle società partecipate, continua a procedere con la vendita di RetItalia internazionale;
   l'accanimento nella vendita, la compressione del mercato e il contratto di servizi in perdita che garantisce molto meno della metà dei 65 posti di lavoro, non possono che far temere che si stia delegando all'acquirente la ristrutturazione e la riorganizzazione della società, con conseguente parziale o totale dismissione delle forze lavoro attualmente occupate;
   una situazione surreale, ma un futuro nefasto, che si risolverebbe in positivo con un intervento del Ministero e dell'Agenzia ICE che potrebbero avvalersi di leggi e valori economici appena erogati per trovare soluzioni alternative solo a 65 persone;
   si segnala, inoltre, che in data 20 dicembre 2013, in occasione della discussione della legge di stabilità 2014 è stato accolto dal Governo pro tempore un ordine del giorno a firma Nardi, Di Salvo e altri 9/1865-A/60 ove il Governo si impegnava a:
    1) valutare l'opportunità di sospendere definitivamente la procedura di alienazione in essere di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2012, 135, relativa 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 95, alla società RetItalia Internazionale SpA al fine di individuare una soluzione di garanzia occupazionale verso i dipendenti;
    2) oppure, in alternativa, a disporre in termini chiari e inconfutabili che nel bando di gara per la vendita di RetItalia internazionale spa l'Ice-Agenzia individui il mantenimento dei livelli occupazionali come precondizione imprescindibile;
    3) ovvero ancora, a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato all'integrazione del personale di RetItalia internazionale spa nelle strutture della pubblica amministrazione, salvaguardando in tal modo le conoscenze professionali specializzate maturate e la tenuta dei progetti avviati, nonché la continuità operativa segnatamente sul versante dell'integrazione ed interconnessione dei servizi e dei sistemi informativi con i sistemi esterni;
   in data 29 gennaio 2014, per quanto risulta gli interroganti, sono state aperte le buste delle offerte per la vendita di RetItalia internazionale ove si prevede un contratto di servizi di 5 anni che si traduce, di fatto, secondo gli interroganti, in una vendita al ribasso, un bando privo di clausole per la salvaguardia dei posti di lavoro e, soprattutto, un contratto il cui valore economico non garantisce la sopravvivenza lavorativa neanche di 30 persone su 65. Tale contratto, essendo di fatto al ribasso, non potrà che aumentare la quantità di persone che rimarranno senza lavoro. Solo due società hanno presentato l'offerta, Techshare srl e Gepin PA spa ed entrambe sono state ritenute ammissibili;
   in data 3 marzo 2014, la gara viene aggiudicata a Gepin PA spa, costituita ad aprile 2012 da una cessione di ramo di azienda dalla Gepin spa che, di fatto, si avvale del soggetto cedente per partecipare alla gara. Gepin Spa è infatti divenuta Gepin srl;
   la Gepin PA spa e la Gepin srl fanno parte entrambe del gruppo Gepin che, per quanto risulta agli interroganti, vanterebbe una storia passata e recente di dismissioni di rami di azienda e di costituzione nuove società, licenziamenti, ma anche di inadempienze nei confronti dei lavoratori e del fisco;
   i commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3-sexies ed 8 dell'articolo 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, sono stati dichiarati illegittimi dalla sentenza 16-23 luglio 2013 n. 229 della Corte Costituzionale nella parte in cui si applicavano alle regioni ordinarie e abrogati, come si è detto, dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, venendo così a mancare le motivazioni di vendita di RetItalia da parte di ICE-Agenzia;
   la legge di stabilità 2014, oltre ad abrogare la parte relativa all'obbligo di vendita delle società in house, consente lo spostamento di personale eventualmente in eccedenza ad altra società partecipata dalla pubblica amministrazione;
   francamente, non si comprendono i motivi per i quali l'ICE-Agenzia non decida di recedere dalle procedure di vendita, venendo così collocate le eventuali eccedenze di personale in modo tale da assicurare adeguata tutela occupazionale a tutto il personale di RetItalia internazionale –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo, alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione, al fine di dare seguito in modo immediato a quanto indicato nell'ordine del giorno di cui in premessa presentato dai deputati del Gruppo SEL (Sinistra Ecologia e Libertà), affinché il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia ICE individuino soluzioni volte alla salvaguardia reale dei posti di lavoro di RetItalia internazionale spa utilizzando tutti gli strumenti previsti dalla legislazione vigente. (5-02474)


   DA VILLA, MANLIO DI STEFANO, CRIPPA, DELLA VALLE, FANTINATI, MUCCI, PETRAROLI, PRODANI e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale crisi ucraina potrebbe produrre, in tutta Europa, ripercussioni sul fronte dell'approvvigionamento energetico, considerato che dalla Russia proviene circa il 30 per cento del gas destinato all'Europa, l'80 per cento del quale passa proprio attraverso i 40 mila chilometri di gasdotti che si snodano lungo l'Ucraina;
   per l'Italia sembra che la situazione sia sotto controllo, almeno per il momento, poiché risulta ancora garantito dai vertici russi circa il 30-35 per cento del nostro fabbisogno di gas che, attraverso il gasdotto Tag (Trans Austria Gas Pipeline), raggiunge il territorio terminando a Tarvisio, in Friuli;
   tuttavia, nel corso della sua audizione del 20 marzo 2014, l'amministratore delegato del gruppo petrolifero Eni, Paolo Scaroni, descriveva alla Commissione attività produttive della Camera i principali nodi del settore energetico, legato a doppio filo a Mosca come probabilmente nessun altro, affermando: «Vedo il futuro del South Stream piuttosto fosco perché la crisi ucraina metterà anche in discussione le autorizzazioni Ue necessarie per portare avanti il progetto: non so se si realizzerà»;
   l'amministratore delegato Scaroni ha poi anche dichiarato: «Anche in presenza di una crisi ucraina, che può essere di due tipi (tipo A, il gas russo non attraversa più l'Ucraina per situazioni di conflitto e il flusso è interrotto; tipo B, ci sono sanzioni verso la Russia) ce la faremmo, siamo in grado di assicurare le forniture all'Italia»; proseguendo, ha infine spiegato che: «[...]siamo un po’ al limite, perché tutta la nostra struttura organizzativa è basata sulla formula “N-1” considerando tutte le fonti di approvvigionamento meno una.... se insieme a crisi ucraina, ci fossero problemi anche dalla Libia avremmo difficoltà, ci sarebbero problemi gravi se ci fosse un fermo dall'Algeria»;
   dal 2016, ha concluso Scaroni, la questione dovrebbe essere definitivamente risolta. Per allora, infatti, si prevede che sarà completato e operativo South Stream, il gasdotto che collegherà la Russia con l'Europa passando sotto il Mar Nero;
   tuttavia, intervistato dal Corriere della Sera, Paolo Scaroni, in merito al futuro di South Stream, il gasdotto partecipato da Eni messo in pericolo dalla crisi Russia-Ucraina, ha rivelato: «Certo, rispetto a due mesi fa la situazione si è complicata. Vedendo le cose da un punto di vista commerciale, dovremmo essere favorevoli al South Stream, che permette di evitare il rischio di transito in Ucraina e poi verrà costruito dalla Saipem, di cui siamo azionisti. Ma la chiave di lettura della politica dell'Occidente potrebbe essere diversa, perché la costruzione del South Stream sancirebbe i legami tra Russia e Europa in materia di energia. Il tema è complicato dal fatto che l'intera crisi viene gestita da una Commissione europea che sta per scadere e con la prospettiva di elezioni a maggio» –:
   quale sia la posizione del Governo in relazione alle criticità evidenziate in premessa, con particolare riguardo a quello che l'amministratore delegato Scaroni indica come scenario «di tipo B», cioè quello relativo all'ipotesi di sanzioni che rendano politicamente impercorribili le alternative al passaggio del gas russo in territorio ucraino (quali i citati TAG e South Stream), e quali azioni intenda intraprendere, nell'ambito di una Strategia energetica nazionale, al fine di garantire in modo sicuro ed autonomo l'approvvigionamento del gas in Italia. (5-02475)


   BENAMATI e DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la FAAC è una grande multi-nazionale bolognese con diversi stabilimenti produttivi nel mondo e circa 1.800 dipendenti, dei quali più di 200 occupati nella sola sede centrale di Zola Predosa;
   da più di un anno, a seguito della morte prematura dell'imprenditore Michelangelo Manini e dell'impugnazione da parte di alcuni parenti del suo testamento (nel quale si indica quale erede universale la curia bolognese), l'azienda di Zola Predosa si è trovata ad operare in regime di sequestro giudiziario, disposto dal tribunale;
   la FAAC ha costituito fino ad oggi una realtà industriale fortemente in attivo, che rischia di essere messa in crisi non per ragioni economiche o di mercato, bensì per via di un'intricata controversia ereditaria, del tutto estranea alla vita dell'azienda, ma che proprio sull'azienda sta gravando con pesanti effetti: è sufficiente ricordare che il piano di crescita – che in quattro anni aveva più che raddoppiato il fatturato – si è bloccato da quando è stato disposto il sequestro giudiziario dei beni oggetto del compendio ereditario conteso nei quali è ricompreso il pacchetto azionario di maggioranza della società, e se la situazione non dovesse cambiare in tempi assai brevi anche il bilancio del 2014 si chiuderebbe senza alcuna crescita né di fatturato né di profittabilità ma forse finanche invertendo la tendenza mettendo così inevitabilmente a rischio la longevità aziendale e l'attuale indice occupazionale;
   la presente situazione rischia quindi, come si apprende da diverse fonti, non solo di mettere in forse le prospettive di sviluppo societarie e di mercato anche all'estero ma addirittura tutto il piano industriale nei suoi fondamenti;
   considerando gli importanti risvolti economici e sociali di interesse pubblico, tale vicenda ha determinato il coinvolgimento delle stesse autorità locali, e sta sollevando enormi preoccupazioni, alla luce dei tempi prevedibilmente assai lunghi per la definizione della causa, tenuto conto che l'azienda di Zola Predosa, con più di 200 lavoratori, costituisce una fonte di reddito per centinaia di famiglie, ed è committente per centinaia di commesse locali, costituendo una leva di sviluppo e una risorsa per l'intero territorio;
   la società in argomento, intervenendo volontariamente nel procedimento giudiziario si è fatta parte attiva per proporre all'autorità giudiziaria soluzioni alternative alla custodia – parimenti garantistiche per le parti che contendono il pacchetto azionario – e tali proposte, fino ad oggi, non sono state accolte –:
   se il Ministro abbia conoscenza di quanto in premessa, se questo risponda al vero e del caso quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze si intendano adottare al fine di facilitare l'individuazione di soluzioni che permettano di preservare, anche nelle more del giudizio, l'azienda, il suo valore e un patrimonio tecnologico italiano in una situazione che ad oggi ne sta mettendo in forse la stessa sopravvivenza. (5-02476)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento ILVA di Genova Cornigliano, dopo la chiusura della cokeria, è al centro di un processo di riconversione che ha visto la definizione di un accordo di programma che prevedeva inizialmente 2.700 posti di lavoro, ridotti a 2.200 nell'accordo ridefinito nel 2008, ma che in realtà sono scesi attraverso pensionamenti ed esodi a 1.740 unità;
   a seguito della crisi della siderurgia, 1.450 lavoratori delle 1.740 unità sono coinvolti in «contratti di solidarietà»;
   nella giornata del 20 gennaio 2014, durante un incontro tra la direzione ILVA e i delegati di rappresentanze sindacali unitarie proprio in merito ai contratti di solidarietà, sono emersi da parte dell'azienda criticità tali che comporterebbero il non rispetto in termini occupazionali degli organici previsti dall'accordo di programma e riconfermati dall'azienda nel mese di settembre 2013;
   queste affermazioni dei rappresentanti della proprietà hanno creato una legittima preoccupazione da parte dei lavoratori e delle loro famiglie, rispetto alla possibilità di nuovi esuberi e complessivamente sul futuro siderurgico di Genova/Cornigliano;
   in data 25 marzo 2014, a seguito delle dichiarazioni dell'azienda circa l'impossibilità di garantire l'occupazione, i sindacati hanno richiesto al prefetto di Genova di mantenere gli attuali livelli occupazionali –:
   se il Ministro sia a conoscenza della nuova situazione che interessa lo stabilimento ILVA di Genova/Cornigliano e se non ritenga utile convocare con urgenza un incontro con l'azienda e le parti sociali. (5-02458)


   TIDEI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel 2007 la società Privilege Yard spa ha insediato nel porto di Civitavecchia un cantiere per la costruzione di navi passeggeri di lusso;
   il cantiere Privilege Yard occupa attualmente circa 600 operai dediti alla costruzione di una nave passeggeri di lusso commissionata da una società diritto inglese;
   secondo quanto certificato da RINA, la nave attualmente in cantiere è al 73 per cento dei lavori necessari al completamento;
   la società Privilege Yard è in attesa di un finanziamento da parte di un pool di banche (Banca Etruria, Unicredit, Banca Intesa, MPS e BPM), necessario a completare la costruzione della nave;
   nel mese di gennaio 2014 la società Privilege Yard ha ricevuto comunicazione dell'avvenuta deliberazione del finanziamento da parte delle suddette banche, ma ad oggi il finanziamento non è ancora stato erogato;
   la società Privilege Yard asserisce che senza il suddetto finanziamento (importo totale 90.000.000 euro e ad oggi maturato e certificato per un importo superiore a 50.000.000 euro, importo attraverso il quale sarebbero saldati tutti i debiti pregressi e riavviata la produzione), sarebbe impossibilitata a pagare le imprese fornitrici e a completare la costruzione della nave;
   i dipendenti delle società appaltatrici della Privilege non percepiscono lo stipendio dallo scorso novembre;
   in data 20 marzo 2014 venti operai hanno occupato la nave in segno di protesta e non intendono cessare le azioni di protesta fino al pagamento degli stipendi –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro sui fatti riportati in premessa;
   se non ritenga opportuno attivarsi, per scongiurare l'aggravarsi della situazione della società Privilege Yard, cosa che potrebbe portare al fallimento della società stessa e alla perdita di 600 posti di lavoro. (5-02465)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Dorina Bianchi n. 1-00381, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bosco, Bernardo.

  La mozione De Girolamo n. 1-00389, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Calabrò.

  La mozione Prodani e altri n. 1-00397, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rostellato.

  La mozione Pagano e Dorina Bianchi 1-00402, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pizzolante.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Caon n. 7-00271, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Catania, Franco Bordo, Dal Moro.

  La risoluzione in commissione Saltamartini e altri n. 7-00313, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Di Salvo, Airaudo, Placido, Fedriga, Pizzolante, Mottola, Incerti, Maestri, Gribaudo, Gregori, Miccoli, Giacobbe, Simoni, Zappulla, Albanella, Baruffi, Bargero, Paris, Giorgia Meloni, Tripiedi, Dellai, Polverini.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Kyenge e altri n. 2-00459, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Valeria Valente.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Anzaldi n. 5-02030, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mongiello.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fossati e Tullo n. 5-02165, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mariani.

  L'interrogazione a risposta scritta Corda n. 4-04179, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Luigi Di Maio.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rosato n. 5-02439, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Catalano, Prodani.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Benamati n. 1-00401, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 196 del 24 marzo 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    secondo il rapporto dell'Unwto (World Tourism Organisation) «Tourism Towards 2030», che presenta le prospettive a lungo termine del settore, il numero di arrivi dei turisti internazionali nel mondo aumenterà del 3,3 per cento per anno, tra il 2010 e il 2030, per raggiungere 1,8 miliardi al termine del periodo;
    anche per il 2013, l'Istat conferma il trend negativo del turismo italiano, avviatosi nel 2009, che nel corso del quinquennio ha comportato una perdita di quasi 60 milioni di viaggi (290 milioni di notti);
    nel 2012 il turismo internazionale nel mondo ha superato, per la prima volta nella storia, quota un miliardo di arrivi; nel 2013 gli arrivi internazionali, secondo i dati provvisori dell'Organizzazione mondiale del turismo, si sono attestati a 1 miliardo e 87 milioni di euro, con un aumento del 5 per cento rispetto al 2012, un trend in continua crescita del quale l'Italia non beneficia;
    secondo la Banca d'Italia, nel periodo gennaio-dicembre 2013, il settore ha registrato, comunque, un avanzo di 12.830 milioni di euro (lo 0,8 per cento del prodotto interno lordo), a fronte di 11.543 milioni di euro nello stesso periodo dell'anno precedente;
    le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 32.989 milioni di euro, sono aumentate del 2,9 per cento; quelle dei viaggiatori italiani all'estero, per 20.159 milioni di euro, si sono ridotte dell'1,7 per cento;
    secondo l'Osservatorio nazionale del turismo, tra gennaio e ottobre 2013, gli arrivi e le presenze di italiani sono calati dell'8,3 per cento, gli arrivi degli stranieri dello 0,1 per cento e le presenze dello 0,3 per cento;
    il 2013 per il turismo italiano è stato l'anno peggiore del passato quadriennio, in totale nei mesi indicati la perdita complessiva di arrivi si attesta a -4,3 per cento, quella della presenze a 4,4 per cento;
    l'incertezza economica globale non ha fermato la crescita del turismo internazionale, che ha mostrato la sua capacità di adattamento alle mutevoli condizioni del mercato e, benché a un tasso inferiore, ci si aspetta un'ulteriore espansione del settore nel 2014;
    l'Europa rimane di gran lunga il continente con il più alto numero di turisti al mondo e, nonostante le difficoltà dell'eurozona, ha registrato una crescita degli arrivi internazionali pari al 3,3 per cento, risultato da considerarsi tendenzialmente positivo per una destinazione matura;
    il report sull'impatto economico annuale del World Travel and Tourism Council (WTTC) indica ancora nel 2013 un contributo al prodotto interno lordo italiano derivante da viaggi e turismo pari al 10,3 per cento, percentuale tra le più elevate tra i Paesi membri del G20 con significative possibilità di miglioramento;
    se i flussi turistici internazionali crescono e quelli diretti verso l'Italia diminuiscono, è urgente che il turismo sia compiutamente riconosciuto come opportunità strategica di crescita per il Paese attraverso un conseguente salto di qualità delle politiche ad esso dedicate;
    la novità costituita dalla nuova collocazione del settore all'interno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con un ulteriore cambiamento nella gestione strategica del turismo italiano, può aprire nuove prospettive per il rilancio effettivo di immagine del turismo nazionale e per l'implementazione di nuove politiche di promozione del Paese a livello planetario;
    secondo la Banca d'Italia, infatti, il turismo culturale contribuisce in misura rilevante ai flussi di viaggiatori stranieri in Italia, pesando per circa un quarto sulla domanda estera complessiva di soggiorno e per quasi la metà su quella relativa ai soli viaggi per vacanza, poiché la spesa pro capite dei turisti interessati alle proposte culturali è più elevata della media e il loro contributo risulta anche maggiore in termini di risorse finanziarie;
    il saldo positivo tra entrate e uscite relative al turismo culturale è di circa 6 miliardi di euro l'anno, oltre la metà dell'attivo turistico complessivo;
    il confronto internazionale suggerisce l'esistenza di ampi margini di miglioramento nella valorizzazione e nella fruizione del patrimonio artistico e culturale e nel rafforzamento delle attività gestionali e promozionali, al fine di incrementare velocemente le quote di mercato nel settore del turismo culturale, nel quale l'Italia potrebbe ambire a collocarsi al primo posto nel mondo;
    l'ulteriore perdita di quote di mercato da parte del turismo italiano è un segnale molto negativo anche dentro la recessione che il Paese sta attraversando; se il turismo internazionale cresce nel mondo, non c’è alcuna ragione perché l'Italia perda in competitività internazionale, mentre il mercato nazionale affonda;
    le imprese turistiche italiane non possono vivere in solitudine questo momento difficile; a livello globale la maggior parte dei Paesi turistici e di quelli che intendono diventarlo si organizzano, investendo risorse importanti per intercettare i flussi internazionali previsti in crescita di qui al 2020;
    da molti anni non è più sufficiente il marchio «Italia», per vincere sul mercato globale, ma è necessaria una strategia nazionale forte, da realizzare d'intesa con le regioni, per il turismo internazionale, e si devono rafforzare gli strumenti a disposizione per incentivare la domanda interna, in particolare per le fasce più deboli, a cominciare da un nuovo ed efficiente sistema di buoni vacanze;
    le politiche per il turismo del dopo referendum e la riforma costituzionale sul Titolo V della Costituzione si sono caratterizzate per le continue oscillazioni tra difesa delle competenze regionali e momenti di accentramento nazionale;
    una delle poche novità positive è arrivata dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome che ha approvato nel 2010 un documento che rappresenta un valido punto di riferimento per realizzare le politiche nazionali necessarie per il rilancio del settore;
    il documento della Conferenza delle regioni e delle province autonome aveva anche lo scopo di evitare gli errori, poi commessi, nell'approvazione del codice del turismo, definito come una «riforma del settore» ma senza l'apporto delle regioni e delle organizzazioni di categoria, e successivamente bocciato ampiamente dalla Corte costituzionale;
    se il Governo intende mettere mano alla governance del turismo, non appare sufficiente il trasferimento delle competenze al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ma appare logico pensare a forme organizzate di coordinamento costante tra i Ministeri con deleghe che interessano il turismo, per redigere ed aggiornare annualmente il piano strategico nazionale per il turismo in condivisione con tutti i Ministri interessati e con le regioni, individuando le risorse necessarie per finanziarlo;
    appare, quindi, urgente la riformare il Titolo V della Costituzione, ripensando l'attuale assetto di competenze, in modo da favorire l'emergere di una strategia nazionale per il settore e la cooperazione e il coordinamento di ogni livello istituzionale e amministrativo;
    un progetto adeguato di rilancio del turismo deve occuparsi, in primo luogo, della promozione dell'immagine del nostro Paese che non può più essere inquadrata come un'attività sganciata dalle altre iniziative promozionali e organizzative che lo Stato italiano, a vario titolo, svolge sul mercato internazionale;
    la promozione turistica è in piena evoluzione nei concetti, nei criteri e negli strumenti: il modo tradizionale di fare promozione (brochure, fiere, campagne di advertising) non è più sufficiente, il rapporto diretto, on-line, sta rivoluzionando l'intero comparto, le parole chiave del web 2.0 sono interazione e partecipazione, le strategie promozionali devono tramutarsi, velocemente, in strategie di marketing web;
    l'Enit-l'Agenzia nazionale del turismo ha innanzitutto un problema di risorse, che occorre risolvere, ma deve essere affrontata contestualmente la riforma radicale dell'ente per realizzare una struttura specializzata, che riesca a interpretare i grandi cambiamenti del settore e dare risposte innovative nei mercati internazionali con politiche di promo-commercializzazione;
    una struttura che risponda a precisi indirizzi programmatici, autonoma e giudicata sulla base dei risultati operativi conseguiti, obiettivo che potrebbe essere realizzato da una società per azioni a maggioranza pubblica che coinvolga pienamente l'insieme di soggetti, di territori e di prodotti destinati a comporre un sistema sotto il «marchio Italia»;
    la strategia del rilancio del turismo si fonda, sulla scorta di quanto fin qui analizzato, su un profondo rinnovamento ed efficientamento della governance e della promozione, così come di un sistema imprenditoriale le cui necessarie trasformazioni vanno accompagnate riprendendo l’iter del piano strategico nazionale che, migliorato nei contenuti e adattato alle esigenze delle regioni, può costituire un primo importante approccio sistemico al settore;
    tra i vari problemi del settore c’è anche la disciplina normativa, modificata con il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, «codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio», che è stato ampiamente bocciato dalla Corte costituzionale in 19 articoli per eccesso di delega del Governo;
    con il giudizio della Corte costituzionale sono state cancellate anche le norme in materia di classificazione e standard qualitativi delle strutture ricettive, la disciplina delle agenzie di viaggio e del tour operator, le norme sui sistemi turistici locali e quelle sulla gestione dei reclami da parte del dipartimento del turismo;
    quanto alle concessioni demaniali-marittime ad uso turistico-ricreativo va colto il segnale positivo arrivato dalla Commissaria europea per gli affari marittimi e le coste, Maria Damanaki, secondo la quale la Commissione europea sarebbe disponibile a modificare la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del consiglio, nella parte che riguarda proprio le spiagge, in quanto i vincoli applicati alle concessioni demaniali sono troppo rigidi, e a stendere una nuova direttiva che consenta maggiore flessibilità ai singoli Stati per tener conto delle peculiarità delle proprie coste;
    è, dunque, urgente risolvere alcune delle principali problematiche del settore rimaste inevase sostenendone la crescita con iniziative normative e finanziarie adeguate;
    la sfida del turismo, perno di un possibile rilancio della crescita del Paese, si concentra in poche mosse che attengono, tutte, alla capacità del nostro Paese di fare squadra;
    migliorare il turismo significa migliorare il Paese, valorizzare le straordinarie risorse italiane e creare nuova occupazione,

impegna il Governo:

   ad identificare una governance complessiva del turismo coordinata con la nuova collocazione del settore nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a cooperare strettamente col Parlamento al fine di individuare, nell'ottica più generale della riforma del titolo V della Costituzione, le forme migliori per l'assetto delle competenze nel settore turistico, in modo da favorire anche la definizione ed il perseguimento di una strategia nazionale vincente in questo importante comparto;
   ad intervenire con un sistema organico di politiche economiche e fiscali che favoriscano in particolar modo la digitalizzazione del settore, sia pubblico che privato, e la competitività delle imprese turistico-ricettive;
   a favorire lo start up di imprese, in particolar modo giovanili, finalizzate alla valorizzazione e gestione del patrimonio pubblico, culturale e naturalistico;
   a prevedere un profondo rinnovamento dell'organizzazione e della missione dell'Agenzia nazionale del turismo ed una sua svolta digitale per favorire la competitività promo-commerciale internazionale dell'intero sistema culturale, turistico e della valorizzazione dei prodotti tipici e artigianali, anche contemplando in tale rinnovamento un maggiore apporto dei privati e dei vettori nazionali di trasporto alla definizione del piano di promozione nazionale;
   a valutare l'opportunità di rivedere il codice del turismo e il piano strategico nazionale;
   ad assumere iniziative per rivedere l'attuale «tassa di soggiorno» che ha prodotto scompensi sul territorio tra i comuni che l'hanno istituita e quelli che non l'hanno istituita;
   a valutare l'opportunità di riorganizzare l'attuale sistema dei buoni vacanza e delle modalità di finanziamento, alla luce delle migliori esperienze europee;
   ad ammodernare e semplificare il sistema dei visti al fine di favorire l'afflusso di turisti dai Paesi emergenti;
   ad assumere iniziative per estendere il bonus per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica anche agli immobili adibiti ad attività turistiche, finalizzandolo anche all'adeguamento alla sicurezza antincendio;
   ad assumere iniziative per rivedere la disciplina delle guide turistiche, inserendola nel contesto del quadro normativo europeo in materia di professioni e non di servizi;
   a verificare l'apertura della Commissione europea riguardo a una maggiore flessibilità nell'applicazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio alle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo;
   a mettere il turismo al centro del piano giovani per sviluppare occupazione qualificata;
   a considerare nell'organizzazione del sistema dei trasporti aerei, ferroviari e marittimi una maggiore integrazione di servizi orientata allo sviluppo del turismo, su tutto il territorio nazionale e con particolare attenzione al sud dell'Italia, al fine di favorire la raggiungibilità e la fruibilità dei luoghi e dell'immenso patrimonio naturalistico e culturale;
   ad intraprendere tutte le azioni per farsi che Expo 2015 possa promuovere il patrimonio nazionale, valorizzando al meglio le eccellenze del made in Italy e quelle artistiche, culturali e ambientali.
(1-00401)
(Nuova formulazione) «Benamati, Petitti, Taranto, Montroni, Bini, Bonafè, Folino, Galperti, Ginefra, Mariano, Senaldi, Basso, Martella, Fabbri, Nesi».
(24 marzo 2014)

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Roberta Agostini n. 1-00273 del 3 dicembre 2013;
   mozione Brunetta n. 1-00290 del 19 dicembre 2013;
   mozione Vezzali n. 1-00319 del 20 gennaio 2014;
   mozione Prataviera n. 1-00379 del 14 marzo 2014;
   mozione Dorina Bianchi n. 1-00381 del 18 marzo 2014;
   mozione Santerini n. 1-00393 del 24 marzo 2014.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione De Maria n. 5-02019 del 29 gennaio 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Palmieri e altri n. 4-04011 del 13 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02473.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Nuti n. 4-03744 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta n. 180 del 26 febbraio 2014.
  Alla pagina 10162, seconda colonna, dalla riga diciasettesima alla riga diciottesima deve leggersi: «certificato S-64 rilevato a suo tempo dall'azienda Sikorsky, mentre un ulteriore 49» e non «certificato S-64 rilevato a suo tempo dall'azienda Sarkozy, mentre un ulteriore 49», come stampato.
  Alla pagina 10163, seconda colonna, alla riga ventinovesima deve leggersi: «derivano da elicotteri modello Sikorsky» e non «derivano da elicotteri modello Sarkozy», come stampato.

  Interrogazione a risposta scritta Lombardi n. 4-04184 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della Seduta n. 197 del 25 marzo 2014.
  Alla pagina 11367, seconda colonna, dalla riga ottava alla riga diciassettesima, deve leggersi: «i criteri stabiliti dalla legge – la fondazione è difesa dallo studio legale Proia & partners, con cui ha collaborato anche l'avvocato Marco Gambacciani, nato a Roma il 6 aprile 1973, il quale attualmente collabora anche con la cattedra del professor Proia;» e non come stampato.