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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 24 marzo 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    «lo sport è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza non potrà mai essere compensata», secondo quanto Pierre de Coubertin, fondatore dei Giochi olimpici moderni, affermava;
    la Carta europea dei diritti delle donne nello sport del 1985, promossa dall'Unione italiana sport per tutti ed inserita in un'apposita risoluzione del Parlamento europeo del 1987, è stata il primo reale tentativo di riconoscimento e rivendicazione di pari opportunità di uomini e donne nello sport;
    l'Unione europea, nel luglio 2007 attraverso il Libro bianco sullo sport e successivamente attraverso il Trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, ha confermato lo sport quale proprio settore di competenza in cui la stessa può sostenere, coordinare ed integrare le attività dei suoi Stati membri;
    il Libro bianco sullo sport lo riconosce quale «fenomeno sociale ed economico d'importanza crescente che contribuisce in modo significativo agli obiettivi strategici di solidarietà e prosperità perseguiti dall'Unione europea», «sfera dell'attività umana che interessa in modo particolare i cittadini dell'Unione europea e ha un potenziale enorme di riunire e raggiungere tutti, indipendentemente dall'età o dall'origine sociale»;
    nel gennaio 2011, la Commissione europea ha adottato una comunicazione per sviluppare la dimensione europea dello sport, per disciplinare il ruolo sociale dello sport, la dimensione economica e la sua organizzazione nonché i compiti della Commissione europea e degli Stati membri attraverso l'approvazione di standard comuni e lo scambio di buone prassi;
    il 25 maggio 2011 è stata presentata al Parlamento europeo una nuova proposta della Carta dei diritti delle donne nello sport, elaborata italiana sport per tutti in collaborazione con altri partner europei nell'ambito del progetto «Olympia - Equal opportunities via and within sport» e indirizzata a tutti gli operatori sportivi, alle associazioni ed organizzazioni sportive, alle istituzioni, ai Paesi dell'Unione europea, alle tifoserie e ai media;
    la nuova Carta europea dei diritti delle donne nello sport intende favorire la leadership e l'educazione nello sport fondato sulla parità di genere, tenendo conto dei media e del loro impatto culturale per abbracciare politiche di genere e consentire alle donne le stesse opportunità degli uomini di esprimere la propria passione sportiva. Altresì, prevede il riconoscimento di incarichi dirigenziali nei gruppi sportivi, senza alcuna discriminazione;
    nel febbraio 2012, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione in cui si invita la Commissione europea e gli Stati membri a sostenere gli organismi europei per la promozione e l'attuazione delle raccomandazioni della Carta europea dei diritti delle donne nello sport;
    nel marzo 2013 il Parlamento europeo ha individuato nell'attività sportiva una risorsa importante per la promozione della salute ed il successivo superamento degli stereotipi di genere;
    lo sport ha un ruolo sociale fondamentale nella coesione sociale e nelle pari opportunità per tutti e contribuisce a rendere effettivo e compiuto il godimento del diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione. Altresì, ha un valore pedagogico, decisivo per facilitare l'integrazione e il rispetto dell'altro;
    la pratica sportiva femminile si è progressivamente diffusa con una maggiore velocità rispetto a quella maschile; dai dati Istat del 2011 (indagine multiscopo 2011, utilizzata da Tangos: «Tavolo nazionale per la governance nello sport») emerge un aumento della pratica femminile tra le bambine tra i 6 e i 10 anni, tra le donne tra i 45 e i 54 anni e tra quelle nella fascia tra i 60 e i 64 anni;
    nella pratica e nelle istituzioni sportive, tuttavia, persiste un'evidente segregazione verticale delle donne nello sport, in particolare non sono presenti in ruoli direttivi, né in ruoli tecnici, quali arbitri e allenatori;
    tra i praticanti di attività sportiva in modo continuativo, nella fascia di età tra i 20 e i 44 anni, le sportive sono intorno al 20 per cento contro l'oltre 30 per cento dei coetanei maschi. I sedentari, ovvero coloro i quali non svolgono alcuna attività sportiva nel tempo libero, sono il 39,8 per cento tra gli uomini e ben il 44,4 per cento tra le donne che, secondo i dati dell'Eurobarometro speciale sullo sport e l'attività fisica (2010), attribuiscono alla «mancanza di tempo» la responsabilità della mancata pratica sportiva in misura maggiore rispetto alla media europea,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in tutte le sedi istituzionali europee affinché la nuova Carta europea delle donne nello sport presentata il 25 maggio 2011 sia al più presto approvata;
   ad adottare le necessarie misure positive di carattere economico e normativo, recependo nell'ordinamento italiano la Carta europea dei diritti delle donne nello sport, per la promozione effettiva delle pari opportunità di genere nelle attività sportive, nell'utilizzo paritario degli impianti sportivi, nonché per favorire una maggiore partecipazione femminile alle varie discipline sportive e ai processi decisionali attraverso l'inclusione delle donne nelle posizioni di dirigenza degli organismi federali delle varie discipline sportive.
(1-00393) «Santerini, Binetti, Schirò, Fitzgerald Nissoli, Gigli, De Mita, Sberna, Marazziti, Caruso, Fauttilli».


   La Camera,
   premesso che:
    le bellezze naturali e paesaggistiche, il ricco patrimonio di storia, le opere d'arte e i monumenti hanno permesso all'Italia di collocarsi tra le principali mete turistiche del mondo e l'Unesco ha inserito il nostro Paese nel patrimonio mondiale dell'umanità;
    il turismo rappresenta un settore fondamentale per l'economia del Paese per due ragioni: anzitutto ha un forte peso sia in termini di prodotto interno lordo (circa il 9 per cento) sia di occupazione (circa il 10 per cento); è inoltre un settore, forse l'unico, dove l'Italia ha un vantaggio competitivo forte e durevole nel tempo;
    in altri Paesi (come ad esempio Francia e Spagna) il contributo del turismo all'economia è maggiore sia in termini relativi sia in termini assoluti e, negli ultimi anni, il settore turistico italiano ha perso quota di mercato a livello mondiale: dalla prima posizione occupata a livello europeo all'inizio degli anni Ottanta e ancora verso la metà degli anni Novanta, oggi è soltanto terzo (dietro a Spagna e Francia), per non parlare poi delle ultime decisioni prese ad Atene relative alla promozione del turismo marino e marittimo;
    l'Italia ha ancora un ruolo rilevante nel turismo internazionale, ma stenta a tenere il passo della crescita del settore e tende a perdere quota di mercato nei confronti dei suoi tradizionali concorrenti europei, evidenziando una notevole perdita di competitività;
    il turismo per il nostro Paese ha oltretutto un peso significativo nell'economia nazionale, generando maggiori opportunità di lavoro rispetto ad altri settori industriali considerati prioritari e il suo contributo al prodotto interno lordo dell'Italia ammonta a oltre 130 miliardi di euro (circa il 9 per cento della produzione nazionale), impegnando in questo settore circa 2,2 milioni di persone (un lavoratore su dieci);
    è un settore che esprime un notevole potenziale per ciò che riguarda la comunicazione e l'integrazione interculturale, due elementi rilevanti in un mondo divenuto multi-polare, e offre inoltre grandi opportunità per la valorizzazione dello straordinario patrimonio storico e artistico italiano, sia rispetto alla comunicazione delle identità dei territori, ma soprattutto in termini di attrazione di nuove risorse per la loro conservazione e rivalutazione;
    sono chiare a tutti le criticità dell'industria turistica italiana dovute a problemi di governance del settore, promozione all'estero estremamente frammentata e graduale marginalizzazione dell'Agenzia nazionale del turismo (Enit), nanismo delle imprese, limiti nella capacità di costruire prodotti turistici competitivi, infrastrutture insufficienti, formazione del personale inadeguata al mercato globale, difficoltà ad attrarre investimenti internazionali;
    condizione indispensabile per un rilancio del settore è un radicale cambiamento nell'approccio ai problemi del turismo, che nessun Governo ha mai messo al centro della propria agenda, non considerandolo un investimento su cui puntare per lo sviluppo del Paese;
    è necessario, dunque, avviare un cambiamento anzitutto culturale, iniziando a considerare il turismo come una grande opportunità per il Paese e coordinando gli sforzi necessari a valorizzarne il potenziale inespresso;
    l'impareggiabile ricchezza di «risorse turistiche» del Paese non deve condurre all'ingenua convinzione che i turisti internazionali continueranno ad arrivare spontaneamente, dal momento che i viaggiatori internazionali cercano oggi un'offerta organizzata e, anche se l'Italia rappresenta per più di una ragione la meta più desiderabile, spesso la scelta finale premia altre destinazioni perché complessivamente più convenienti o più «facili»;
    per competere con successo nel mercato turistico internazionale, è necessario allora comprendere a fondo anzitutto la domanda ed essere in grado poi di offrire prodotti moderni, consapevoli del fatto che l'esperienza di consumo turistico ha inizio ben prima dell'atto della prenotazione e termina ben dopo il rientro a casa;
    le differenti aree tematiche del turismo italiano sono considerate «mature» ed attrattive nei confronti dei diretti competitor internazionali e occorre, quindi, fare leva sulla riqualificazione generale dell'offerta turistico-ricettiva alberghiera, che spesso, stante anche la sua ridotta dimensione imprenditoriale, sconta la necessità di subire costi elevati di mantenimento di standard qualitativi. Durante l'esame della legge di stabilità 2014, il gruppo parlamentare di Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente ha presentato degli emendamenti diretti a far fronte all'arretratezza tecnologica del comparto turistico che è uno dei principali elementi di svantaggio competitivo rispetto ai maggiori sistemi turistici concorrenti;
    è, dunque, necessario apportare un miglioramento degli aspetti legati alla sostenibilità ambientale, anche diretti a favorire i sistemi di etichettatura ecologica su base volontaria, in linea con le politiche in materia dell'Unione europea, per poter conseguire livelli di qualità più vicini alle esigenze di una clientela turistica sempre più attenta alle istanze derivanti dalle problematiche ambientali e che richiede una serie di comportamenti virtuosi e qualitativi da parte di esercenti e albergatori;
    per il periodo 2010-2020 la crescita attesa del turismo internazionale nel mercato di riferimento dell'Italia è pari al 2,9 per cento annuo in termini di numero di viaggiatori e pari al 4,8 per cento annuo in termini di spesa; è rilevante, quindi, osservare come circa la metà di questa crescita in termini di spesa dovrebbe riguardare i viaggiatori a medio-lungo raggio e, quindi, dalle geografie emergenti (in particolare dai Paesi cosiddetti Bric e del Golfo Persico) che nello scorso decennio hanno espresso solamente il 30 per cento della crescita;
    sono state individuate alcune criticità principali per la definizione di una politica di sviluppo del turismo in Italia che si riferiscono agli asset del Paese dal punto di vista turistico, distinti tra «asset permanenti» e «asset temporanei», dove per «permanenti» si intendono le aree italiane con prestigio e notorietà riconosciute (asset religiosi, naturalistici, enogastronomici e artistico-culturali) e dove per «temporanei», invece, si intendono il posizionamento attuale del Paese (ad esempio, lifestyle e moda), il contesto politico-sociale e i grandi eventi o le manifestazioni che in esso hanno luogo;
    nella XVI legislatura sono state emanate alcune disposizioni per aumentare la competitività del turismo al fine di riqualificare e rilanciare l'offerta turistica a livello nazionale e internazionale. In particolare, il piano strategico di sviluppo del turismo in Italia, adottato ai sensi dell'articolo 34-quinquies del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, ha messo in risalto come l'Italia ha ancora un ruolo rilevante nel turismo nazionale ed internazionale, ma stenta a tenere il passo della crescita e tende a perdere quote di mercato nei confronti dei suoi tradizionali concorrenti europei;
    è importante che il Governo decida di mettere al centro della propria agenda una serie di scelte strategiche per lo sviluppo del turismo, riconoscendogli un ruolo di primo piano per la crescita del Paese,

impegna il Governo:

   a definire un più efficiente programma strategico di sviluppo che tenga conto del patrimonio culturale, architettonico e paesaggistico del Paese e che sia volto a far crescere qualitativamente l'offerta turistica e a rendere l'Italia più competitiva sul mercato internazionale, anche attraverso la promozione di azioni dirette a favorire la riqualificazione dei territori nonché del capitale umano;
   ad adottare azioni dirette a migliorare la formazione tecnico-professionale, date le caratteristiche labour intensive del settore, e a ripensare la formazione universitaria, dove si è assistito negli ultimi dieci anni ad un progressivo scollamento tra offerta formativa ed esigenze espresse dalle imprese, così da favorire un ingresso massiccio di giovani nel settore turistico per contribuire a una sua più rapida innovazione;
   a valorizzare il patrimonio materiale storico-artistico ed enogastronomico e quello immateriale tradizionale, anche attraverso lo sviluppo ed il riconoscimento di attività e manifestazioni che incentivano il turismo identitario e culturale;
   a convocare al più presto un tavolo tecnico diretto a delineare le strategie per lo sviluppo del turismo in Italia sull'onda dell'ultima riunione dei presidenti della Commissione parlamentare attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati e della Commissione parlamentare industria, commercio, turismo del Senato della Repubblica riguardante il turismo e la crescita sostenibile dei settori marino e marittimo;
   a prevedere uno sviluppo del turismo che metta al centro il paesaggio, quale asset fondamentale per il Paese, contenendo i fenomeni come il consumo del suolo e l'abbandono progressivo dei territori rurali e montani, che minano la sostenibilità futura del turismo in Italia;
   ad adoperarsi affinché il Mezzogiorno possa esprimere – avendone i requisiti in termini di risorse – la propria naturale vocazione turistica in maniera moderna ed efficiente, trasformandosi in un'industria di traino per tutto il Paese e favorendo l'attrazione di numerosi investimenti;
   a prevedere, nell'ambito della propria attività di iniziativa legislativa, in particolare per quanto riguarda la riforma del titolo V della Costituzione, che la promozione del turismo italiano torni ad essere materia di competenza esclusiva dello Stato.
(1-00394) «Abrignani, Palese».


   La Camera,
   premesso che:
    grazie ai suoi 3.609 musei, ai quasi 5.000 siti culturali tra monumenti, musei e aree archeologiche, ai 46.025 beni architettonici vincolati, alle 12.609 biblioteche, alle centinaia di festival ed iniziative culturali e ai 49 siti Unesco (5 per cento del totale e 11 per cento di quelli europei) il nostro Paese rappresenta un unicum nel panorama culturale e turistico mondiale;
    il settore del turismo rappresenta circa il 10 per cento del prodotto interno lordo italiana e occupa, secondo quanto emerge dal Quarto osservatorio sul mercato del lavoro del turismo in Italia, quasi un milione di posti di lavoro, pari al 5 per cento dell'occupazione italiana. In particolare, il turismo è settore trainante dell'occupazione giovanile: i giovani rappresentano, infatti, il 63 per cento degli occupati;
    nel 2013 si è registrato un incremento del 5 per cento del turismo mondiale rispetto all'anno precedente, ma l'Italia è scivolata al quinto posto tra i Paesi più visitati, dietro a Francia, Stati Uniti, Spagna e Cina;
    nonostante l'Italia sia il primo Paese al mondo per qualità del turismo culturale, occupa il quindicesimo posto nella classifica che misura il valore di un marchio-Paese nel mondo, perdendo cinque posizioni rispetto all'anno precedente. Le continue emergenze strutturali che caratterizzano l'Italia, unite all'incapacità di trasmettere efficacemente le vocazioni dei cosiddetti terroir, danneggiano fortemente la percezione dell'Italia all'estero. Se da un lato, infatti, i territori hanno mantenuto una forte specificità e identità locali marcate, manca una loro promozione integrata che comprenda un'adeguata riqualificazione della loro offerta turistica;
    la riforma del Titolo V della Costituzione, ampliando i poteri delle regioni in materia di turismo, non ha sciolto tuttavia i nodi esistenti. Permane un'evidente mancanza di coordinamento nazionale con un marchio unico da promuovere, con la conseguenza che ogni regione agisce indipendentemente senza un indirizzo ed una strategia comuni. Nel triennio 2009-2011 le regioni hanno speso in promozione turistica circa un miliardo di euro con scarsi ritorni economici;
    si stima che, recuperando parte della competitività persa, il turismo potrebbe nel 2016 raggiungere almeno l'11,9 per cento del prodotto interno lordo, creando ulteriori 900 mila posti di lavoro, puntando soprattutto sulla capacità di spesa dei Paesi cosiddetti Bric (Brasile. Russia, India e Cina) che è destinata a triplicare entro il 2030 (già oggi questi Paesi hanno a disposizione l'80 per cento in più di reddito di quanto ne avessero nel 2005);
    partendo dall'analisi di alcuni dati, questa tendenza risulta amplificata nel Mezzogiorno, dove i siti culturali statali nel 2012 hanno attratto 7,4 milioni di visitatori e incassato 28 milioni di euro di introiti lordi, di cui però il 43 per cento dei visitatori e il 75 per cento degli incassi sono rappresentati solo da Pompei, Ercolano e dalla Reggia di Caserta. Sempre a titolo esemplificativo, in Sicilia su 115 siti culturali solo 11 hanno un proprio sito web e appena 5 di questi sono anche in inglese. In pochi posti in Italia come in Sicilia esiste un patrimonio archeologico così perfettamente inserito nel panorama agricolo e non bisogna dimenticare che, sempre in Sicilia, l'agricoltura incide sostanzialmente sul prodotto interno lordo regionale. Se si valuta che un posto di lavoro in agricoltura costa, in media, sei volte meno che un altro tipo di lavoro, diventa così evidente come incoraggiare, promuovere, sostenere e diffondere il circuito virtuoso del cosiddetto terroir e del turismo culturale sarebbe una sfida vincente;
    occorre partire da un dato di fatto, cioè che oltre la metà del turismo mondiale è rappresentata dal turismo culturale, nel quale, nonostante tutto, l'Italia può ancora vantare una posizione preminente;
    l'Italia è ultima in Europa anche rispetto all'accesso e nell'uso delle risorse digitali. Basti pensare che mentre il sito della reggia di Versailles è in cinque lingue, quello degli Uffizi, oltre che in italiano, offre solo l'alternativa in inglese. Tra i musei italiani solo il 3 per cento ha applicazioni per smartphone e tablet, solo il 6 per cento ha video-guide o dispositivi digitali per la visita e solo il 13 per cento ha il catalogo accessibile on-line;
    i tentativi finora messi in campo per dotare il Paese di un portale nazionale del turismo e di una rete che venda il prodotto Italia sono naufragati con un inutile dispendio di risorse preziose;
    si registrano forti ritardi anche nella digitalizzazione dei sistemi di ospitalità, mediamente solo il 12,5 per cento dei pernottamenti sono venduti sul web, il 30 per cento delle attività ricettive non ha una piattaforma per le prenotazioni e solo il 46,7 per cento vende on-line;
    vi è anche l'Expo 2015 che rappresenta un'occasione imperdibile per tutta l'Italia. Attraverso questo evento mondiale sarà possibile presentare una vetrina globale unica del patrimonio italiano di varietà agroalimentari. Attraverso l'Expo 2015 si potrà offrire un sistema di itinerari turistici articolati intorno alla rete dell'ospitalità italiana;
    per un rilancio del turismo bisogna puntare, oltre sull'ineguagliabile patrimonio culturale, anche sulla forte identità e specificità dei territori: l'Italia conta, infatti, 1.923 comuni aderenti all'associazione Res Tipica, per la promozione e la valorizzazione del patrimonio enogastronomico, ambientale, culturale e turistico; 542 comuni aderenti all'associazione «Città del vino», 154 prodotti di denominazione di origine protetta, 92 prodotti di indicazione geografica protetta;
    il turismo è uno strumento importante per integrare le regioni meno sviluppate e garantire loro una partecipazione equa alla crescita. Per tali motivi i fondi europei strutturali e di coesione possono fornire un sostegno fondamentale per migliorare la competitività e la qualità del turismo a livello regionale e locale. Le infrastrutture turistiche contribuiscono allo sviluppo locale e a creare o mantenere posti di lavoro anche nelle aree in declino industriale o rurale o in quelle in corso di riqualificazione urbana;
    tra il 2007 e il 2013, gli aiuti destinati dall'Unione europea all'industria del turismo nell'ambito della politica di coesione sono stati pari a oltre 6 miliardi di euro, pari all'1,8 per cento del bilancio complessivo; di questi, 3,8 miliardi di euro sono stati destinati al miglioramento dei servizi turistici, 1,4 miliardi di euro alla protezione e lo sviluppo del patrimonio naturale e 1,1 miliardi di euro alla valorizzazione dei beni naturali. È stato, altresì, previsto un sostegno alle infrastrutture e ai servizi associati al turismo attraverso altre linee di bilancio, tra cui innovazione, promozione delle piccole e medie imprese, applicazioni delle tecnologie dell'informazione e capitale umano;
    l'aumento della domanda del mercato turistico presuppone l'esistenza di infrastrutture adeguate, oltre a quelle primarie, in quanto l'attrattività di un territorio e la scelta della vacanza dipende principalmente dal suo grado di accessibilità. Un'offerta dei mezzi di trasporto efficiente è direttamente proporzionale alla competitività turistica del Paese, soprattutto alla luce della concorrenza sempre più agguerrita degli altri Paesi europei e non;
    è necessario che il turista possa disporre di una soluzione integrata di servizi multicanale, che gli consenta di poter essere seguito ed assistito in tutte le fasi di acquisto e consumo del viaggio turistico-culturale in Italia;
    la ristrettezza di risorse economiche e la spending review impongono una revisione della normativa in materia di erogazioni liberali, sponsorizzazioni e fund raising, tali da agevolare, soprattutto dal punto di vista fiscale, i soggetti che vogliono liberamente contribuire al mantenimento e alla valorizzazione del patrimonio culturale italiano;
    oltre ad essere una leva fondamentale per favorire lo sviluppo e l'occupazione, il turismo rappresenta uno strumento potente per migliorare la qualità della vita delle persone, soprattutto per quelle categorie economicamente svantaggiate. Secondo le ultime stime i viaggiatori con età superiore ai 65 anni sono più di 2 milioni l'anno e sono in continua crescita; le persone con disabilità sono circa 1 milione e 600 e di queste il 60 per cento effettua almeno un viaggio l'anno;
    in questo contesto, fornire servizi studiati ad hoc per gli anziani, rendere le strutture accessibili ai disabili, investire nel turismo giovanile attraverso l'ampliamento e il miglioramento di ostelli, possono rappresentare un'opportunità per allargare a ulteriori segmenti l'attività dell'operatore e rendere la propria offerta più competitiva sul mercato. Il turismo sociale, inteso quindi come «servizio sociale», può inoltre rappresentare, per chi opera nell'offerta turistica, una valida opportunità di sviluppo e di ritorno economico, concentrandosi in periodi di bassa stagione e destinato a località svantaggiate o in aree depresse,

impegna il Governo:

   al fine di valorizzare l'ineguagliabile patrimonio culturale, paesaggistico e agricolo italiano, contestualmente al recupero e al potenziamento della competitività del settore quale volano per lo sviluppo generale del Paese, a valutare l'opportunità di:
    a) rivedere, nell'ambito delle più generale riforma del Titolo V della Costituzione, la ripartizione delle competenze in materia di turismo tra Stato e regioni e a predisporre in tempi rapidi, nelle more di tale riforma, una revisione della governance attraverso la creazione di una cabina di regia unica per il turismo tra Governo, Ministeri e regioni;
    b) predisporre un programma di digitalizzazione e d'informatizzazione per migliorare l'offerta turistica, annullando il digital divide attualmente presente rispetto agli altri Paesi a vocazione turistica;
    c) agevolare la diffusione di start-up giovanili nel settore culturale e turistico;
    d) valorizzare le identità e le specificità dei territori e il loro patrimonio enogastronomico, anche attraverso una pianificazione agricola di qualità, competitiva e rispettosa dell'ambiente;
    e) concepire misure per il coinvolgimento dei privati nella valorizzazione di beni e siti turistici, compresi quelli minori per favorire lo sviluppo locale, anche attraverso soluzioni che agevolino le erogazioni liberali e le sponsorizzazioni;
    f) considerare il prossimo semestre europeo e la celebrazione di Expo 2015 quali occasioni imperdibili per recuperare credibilità e tornare al centro dei processi di sviluppo internazionali, riaffermando l'Italia quale produttore di cultura;
    g) reperire le risorse finanziarie necessarie a realizzare una seria programmazione strutturale di interventi di manutenzione per tutti i principali siti archeologici a partire dai siti Unesco;
    h) sviluppare in tempi rapidi un brand Italia da promuovere a partire dai prossimi grandi eventi nazionali e regionali;
    i) predisporre standard di classificazione europei e un marchio di qualità nazionale in modo da consentire il recupero di attrattività ed efficienza per il sistema dell'ospitalità italiana, soprattutto per migliorarne l'accessibilità attraverso una mappatura delle strutture accessibili e il potenziamento dell'accoglienza all'infanzia;
    l) sostenere la domanda di turismo sociale favorendo, soprattutto l'accesso al sistema del turismo per le categorie sociali più deboli, recuperando lo strumento dei buoni vacanze, rivelatosi molto importante per il forte impatto sociale ed economico, ma sospeso nel 2012 per la fine della convenzione e in attesa delle disposizioni ministeriali sulle modalità della sua riattivazione;
    m) studiare, all'interno dei piani per la sicurezza nazionali, un protocollo di garanzia turistica: vigilanza riconoscibile e amichevole, squadre anti scippo, controlli anti frode con adeguate conoscenze e percorsi rapidi su come intervenire con turisti stranieri, consolati, ambasciate ed altro;
    n) monitorare e ottimizzare le comunicazioni integrate aereo, treno, pullman, aliscafo, promuovendo, per quanto di competenza, la possibilità di effettuare gli acquisti dei biglietti on-line.
(1-00395) «Schirò, Caruso, De Mita, Binetti, Santerini, Sberna, Gigli, Fauttilli, Fitzgerald Nissoli, Piepoli, Cera».


   La Camera,
   premesso che:
    il settore turistico è strategico per l'economia del Paese. Il contributo del turismo al prodotto interno lordo dell'Italia ammonta ad oltre 161 miliardi di euro nel 2012. Sempre nello stesso anno il settore ha contribuito a garantire circa 2 milioni 700 mila occupati;
    il settore è oggi in crisi e, nonostante una leggera ripresa nel 2013 con un +0,9 per cento di turismo interno e un +3 per cento di quello straniero, i profitti delle imprese e l'occupazione rimangono in forte calo. Da un'indagine realizzata da Federalberghi, il giro di affari nel 2013 si attesterà sui 14,9 miliardi di euro rispetto ai 15,3 miliardi di euro del 2012, con un –3 per cento e con l'occupazione in calo del 5 per cento;
    nella XVI legislatura sono state emanate alcune disposizioni per aumentare la competitività del turismo al fine di riqualificare e rilanciare l'offerta turistica a livello nazionale e internazionale. In particolare, il piano strategico di sviluppo del turismo in Italia, adottato ai sensi dell'articolo 34-quinquies, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, ha messo in risalto come l'Italia ha ancora un ruolo rilevante nel turismo nazionale ed internazionale, ma stenta a tenere il passo della crescita e tende a perdere quote di mercato nei confronti dei suoi tradizionali concorrenti europei, in primo luogo Francia e Spagna;
    come emerso da un'audizione svolta in Parlamento dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del Governo Letta, Massimo Bray, l'Italia, pur rimanendo in cima ai desideri di viaggio dei turisti, perde continuamente quote di mercato a favore di un generalizzato aumento del turismo al livello mondiale; il marchio Italia rimane quindi ai primi posti, eppure il sistema italiano fatica ad intercettare la domanda per questioni che sono anche riconducibili a ritardi nello sviluppo infrastrutturale del Paese;
    l'Italia, a differenza di altri Paesi, ha un patrimonio artistico, culturale e paesaggistico e gastronomico che rappresenta una leva importante per lo sviluppo del turismo, il quale a sua volta è uno strumento efficace per la conoscenza e la valorizzazione delle bellezze di cui dispone il Paese;
    da un'indagine condotta da Symbola e Unioncamere, il sistema produttivo culturale nel 2012 ha reso alle casse dello Stato 75 miliardi di euro, rappresentando il 5,4 per cento della ricchezza prodotta. La sinergia tra cultura e turismo, se efficacemente sfruttata, può offrire quindi un'opportunità di crescita all'economia del Paese;
    il settore turistico ha davanti a sé un grande opportunità di sviluppo che è rappresentata dalla realizzazione di Expo 2015, un evento strategico che attrarrà, nei sei mesi di esposizione, oltre 20 milioni di visitatori di cui il 30 per cento stranieri, con la partecipazione di 145 Paesi per un investimento previsto per l'area espositiva di 1,7 miliardi di euro;
    molti Paesi che hanno aderito ad Expo 2015 da tempo stanno promuovendo, a livello nazionale ed internazionale, pacchetti turistici per attrarre sui loro territori i flussi di visitatori che arriveranno per l'evento, aumentando così il livello della competizione nel settore;
    il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, Enrico Letta, ha più volte sottolineato l'importanza dell'evento come possibilità di ripresa dell'economia italiana e ne ha ribadito l'assoluta priorità per il Paese. In tal senso, è stato approvato il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014, che tra le varie misure prevede anche il finanziamento di progetti territoriali per la valorizzazione e l'accoglienza turistica legata all'evento Expo 2015;
    è indispensabile attivare tutte le occorrenti misure per potenziare e sfruttare al meglio tutte le opportunità che offrirà al tessuto sociale e imprenditoriale l'incremento del turismo legato ad Expo 2015, sostenendo le eccellenze del nostro Paese per far sì che la Lombardia e le regioni limitrofe possano esprimere al meglio il proprio potenziale e diventare uno stimolo per attrarre i visitatori che arriveranno a Milano per l'evento;
    la crisi in atto nel Paese ha avuto ripercussioni importanti anche sul turismo italiano; i viaggi effettuati dagli italiani nel 2013 sono stati 63 milioni e 154 mila, il 19,8 per cento in meno rispetto all'anno precedente; un trend negativo, rilevato già a partire dal 2009, che ha fatto registrare in totale una perdita di circa 60 milioni di viaggi;
    in tale scenario appare importante sostenere la domanda turistica degli italiani con iniziative che li incoraggino a trascorrere le proprie vacanze in Italia, dando così un segnale di fiducia all'intero comparto, caratterizzato prevalentemente dalla presenza di piccole e medie imprese;
    la Svizzera, ad esempio, discute da tempo la possibilità di adottare misure di detrazione dai redditi del costo delle vacanze trascorse dai turisti svizzeri in patria, con lo scopo di rilanciare la domanda interna, specie nelle località meno turistiche, a beneficio dell'intero comparto industriale;
    l'industria turistica italiana, con particolare riferimento al comparto alberghiero, attraversa oggi una fase molto delicata. La riduzione del fatturato, la scarsa liquidità finanziaria, riconducibile alla mancanza di possibilità di accesso al credito, e l'aumento della pressione fiscale costituiscono, infatti, gli ostacoli più gravi all'esercizio d'impresa, ed anzi in molti casi sono tra le principali cause dell'abbandono dell'attività da parte degli albergatori;
    in questo scenario bisogna anche considerare che il patrimonio alberghiero in molti casi appare obsoleto e non più rispondente alle esigenze dei consumatori, richiedendo la realizzazione di ingenti investimenti. Sarebbe opportuno, quindi, un intervento che punti in primo luogo a favorire gli investimenti per l'ammodernamento delle strutture alberghiere, necessari per restituire un nuovo impulso allo sviluppo dell'offerta turistica, che sia rinnovata e di maggiore qualità;
    con il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, è stata reintrodotta nella legislazione italiana un'imposta di soggiorno a carico di chi alloggia nelle strutture ricettive italiane, con l'obiettivo di finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali;
    non sempre la tassa di soggiorno viene applicata in modo trasparente sul territorio, con il rischio che i proventi derivanti da tale tassazione non vengano reinvestiti nello sviluppo del turismo ma si perdano per finalità diverse e generiche. Il ritorno a un'imposta di scopo, così come originariamente pensata nel citato decreto legislativo n. 23 del 2011, rappresenterebbe un importante fonte di finanziamento per il turismo in generale e per il rinnovamento dell'offerta turistico-alberghiera;
    la legge Costituzionale n. 3 del 2001 ha modificato profondamente il Titolo V della Costituzione, relativo agli enti territoriali, assegnando alle regioni la piena autonomia legislativa ed amministrativa in ambito turistico. Tuttavia, il persistere nell'ordinamento italiano di norme di natura diversa in materia di turismo ha portato ad una regolamentazione disorganica del settore, introducendo elementi di incertezza per le diverse categorie che vi operano,

impegna il Governo:

   ad adottare immediate iniziative di sostegno al settore turistico italiano, reperendo le risorse necessarie per consentire ai cittadini italiani la possibilità di detrarre dalle imposte dirette sui redditi le spese sostenute per le vacanze effettuate in strutture turistiche italiane;
   a destinare ulteriori risorse allo sviluppo di progetti per la valorizzazione del turismo che incentivino, in accordo con i piani di sviluppo regionali, la costruzione e l'ammodernamento di strutture ricettive collegate alla realizzazione dell'evento di Expo 2015, anche attraverso sgravi fiscali che possano attirare nuovi investimenti imprenditoriali per il settore;
   ad attivare campagne di promozione del patrimonio culturale, artistico, paesaggistico e gastronomico italiano al fine di valorizzare un'offerta turistica che sia legata alle specificità dei territori locali;
   a potenziare le infrastrutture di collegamento con i principali aeroporti di rilevanza internazionale;
   a garantire la tracciabilità dell'impiego delle risorse ottenute attraverso la tassa di soggiorno, recuperando le finalità originarie per cui la tassa stessa era stata concepita, e cioè per finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali;
   a sostenere il rilancio del settore turistico italiano attraverso l'adozione di misure per la riduzione del carico fiscale, la semplificazione burocratica e la facilitazione all'accesso al credito per le imprese turistiche, con particolare riferimento a quelle di medie e piccole dimensioni.
(1-00396) «Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Cristian Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica che ha coinvolto le principali economie occidentali negli ultimi anni ha duramente colpito il tessuto produttivo italiano, interessando anche il comparto turistico;
    i dati contenuti nel report «Viaggi e vacanze in Italia e all'estero», pubblicato il 12 febbraio 2014 dall'Istat, evidenziano come continui il trend negativo iniziato nel 2009 che negli ultimi cinque anni ha causato la perdita di quasi 60 milioni di viaggi (290 milioni di notti) da parte dei cittadini residenti in Italia;
    secondo le rilevazioni campionarie sul turismo internazionale dell'Italia, per l'intero periodo gennaio-novembre 2013, la bilancia turistica dei pagamenti è in avanzo di 12.459 milioni di euro – a fronte dei 11.292 milioni di euro dello stesso periodo dell'anno precedente (+10,3 per cento) – grazie agli stranieri che, nei primi 11 mesi dell'anno, hanno speso nel nostro Paese 31 miliardi e 400 milioni di euro (+2,8 per cento) malgrado la loro spesa si sia contratta del 2,3 per cento;
    l'alta concentrazione di beni dal rilevante valore storico-artistico, il patrimonio diffuso costituito dall'insieme formato dal paesaggio e tradizioni locali non sono garanzia di alte performance nell’incoming turistico, visto che l'Italia vive una riduzione dell'affluenza straniera nonostante il World Tourism Organization (UNWTO) abbia registrato nel 2013 un incremento dei flussi da turismo internazionale, che hanno raggiunto la cifra record di un miliardo e 87 milioni di euro, ovvero il 5 per cento in più rispetto al 2012;
    la promozione è una componente essenziale per lo sviluppo e l'affermazione delle attività turistiche, ma è evidente l'esistenza di gravi difficoltà se, come riportato dallo studio «Opportunità e trend per fare impresa nel turismo» (28 novembre 2013) dell'Istituto nazionale ricerche turistiche (Isnart) di Unioncamere, i principali canali di comunicazione che influenzano ancora la scelta delle vacanze nel 2012 sono sempre più il passaparola (37,4 per cento) e l'esperienza personale (29,6 per cento);
    il ricorso al web, infatti, è fermo al 23,1 per cento, malgrado la maggioranza delle aziende del settore disponga di un sito internet utile non solo come vetrina ma anche per effettuare prenotazioni, fatto che ha notevolmente incrementato il flusso di clienti provenienti da questo canale;
    ad oggi esistono gravi lacune, numerose barriere di natura burocratica e ulteriori limiti strutturali che non permettono il pieno sviluppo del settore ricettivo per il quale l'immediata razionalizzazione e riorganizzazione delle strutture istituzionali esistenti preposte potrebbe ridurre i numerosi sprechi e produrre risultati immediati e concreti;
    il precedente Esecutivo guidato da Enrico Letta si è limitato a trasferire, con l'articolo 1 della legge 24 giugno 2013, n. 71, di conversione del decreto-legge cosiddetto «omnibus» sull'emergenza ambientale (n. 43 del 2013), le funzioni del dipartimento del turismo dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo (commi 2-8);
    il trasferimento, avvenuto con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2013, ha seguito tempi troppo lunghi e modalità che, in pratica, hanno paralizzato le risorse umane ed economiche impiegate dallo Stato centrale;
    il tanto annunciato e atteso decreto «valore turismo» del precedente Esecutivo non è stato emanato e numerose azioni contenute nella bozza circolata facevano riferimento, in base all'attuale riparto delle competenze nella Costituzione, alla necessità di un accordo tra Stato e regioni, circostanza che avrebbe ulteriormente complicato l'operatività del provvedimento per la necessità di una consultazione successiva alla sua emanazione da parte degli enti interessati;
    le difficoltà legate al rilancio del turismo italiano sono secondo i firmatari del presente atto di indirizzo in buona parte da imputare alla riforma del Titolo V della Costituzione, approvata con la legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha sottratto questa materia alla competenza dello Stato;
    l'assetto normativo legato alla polverizzazione delle attribuzioni in materia ha comportato la paradossale concorrenza tra le regioni che hanno speso per ciascun anno del triennio 2009-2011, secondo uno studio del 2013 di Confartigianato, ben 939 milioni e 600 mila euro senza aumentare in modo sensibile l'attrattività turistica;
    l'Enit-Agenzia nazionale del turismo, che dovrebbe svolgere una funzione di promozione in coordinamento con le regioni, ha subito negli ultimi anni continui tagli al proprio fondo di dotazione, potendo ora disporre solo delle risorse necessarie alle spese ordinarie per il proprio funzionamento, circostanza che ne evidenzia il fallimento e la perdita di credibilità;
    si prospetta la necessità di un ministero autonomo, come previsto in altri Paesi europei, i cui dipartimenti siano a stretto contatto con gli altri dicasteri chiave in modo da elaborare una politica coerente e unitaria per il comparto turistico;
    il sistema ricettivo, per essere efficace, deve essere in grado di proporre e soddisfare soluzioni sempre più personalizzate e individuali per far fronte a una domanda di mercato specifica, definita da una progressiva settorializzazione legata alle forme di turismo come quello culturale, congressuale, legato ai «marina», ambientale, sportivo e termale;
    è necessario un supporto maggiore al turismo religioso e culturale visto che l'Italia detiene il maggior numero di siti (49) inclusi nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'Unesco, la cui valorizzazione può rappresentare una delle peculiarità e delle offerte tematiche trainanti per gli altri settori della filiera. Questi beni devono essere tutelati adeguatamente: è emblematica la trascuratezza di alcuni siti-simbolo, come Pompei, che danneggia l'immagine complessiva del Paese;
    l'industria degli eventi costituisce un'attrattiva del comparto ricettivo ampiamente sottostimata. Secondo Federcongressi & eventi, nel 2012 l'Italia si è posizionata al quinto posto nel ranking dei dieci maggiori Paesi europei per eventi internazionali ospitati, dopo Germania, Spagna, Gran Bretagna e Francia. Per il rilancio di questa tipologia di turismo, la cui filiera si sta riorganizzando e necessita comunque di un sostegno, l'Agenzia nazionale del turismo e Federturismo stanno collaborando per l'istituzione del «Convention Bureau Italia» in grado di far fronte a questa specifica domanda di mercato;
    il Libro bianco sul turismo per tutti in Italia, intitolato «Accessibile è meglio», presentato il 15 febbraio 2013 alla Borsa del turismo di Milano, evidenzia come le regioni abbiano avviato numerose iniziative ma manchi un'organizzazione in grado di mettere a sistema quanto è stato già fatto e non esista a livello nazionale uno strumento informativo sulle attività realizzate o in corso d'opera;
    le aziende termali costituiscono una parte consistente della filiera turistica legata alla cultura del «wellness», per le quali occorre un rilancio efficace, anche alla luce dei segnali di ripresa registrati nel 2013, per i notevoli margini di sviluppo economico e occupazionale, considerando inoltre lo stretto legame con il servizio sanitario nazionale, la rimborsabilità di alcune prestazioni che rientrano nella sfera terapeutica-sanitaria e le opportunità offerte dalla direttiva 2011/24/UE sull'assistenza sanitaria transfrontaliera;
    sono colpevolmente sottostimati anche la nautica e il settore diportistico che nel corso degli ultimi anni, complice un regime fiscale sproporzionato, sono stati gravemente danneggiati dalla crisi;
    in Friuli Venezia Giulia sono stati istituiti i dry marina e i marina resort, strutture organizzate che, essendo equiparate a complessi ricettivi, possono usufruire del regime iva della categoria, mantenendo la propria competitività soprattutto con i vicini mercati transfrontalieri;
    la ripresa del settore è possibile solo adeguando l'offerta alle mutate richieste della domanda, quindi è necessaria la riclassificazione delle strutture ricettive in modo da garantirne l'omogeneità su tutto il territorio nazionale, aggiornandole e rendendole più competitive, in grado di prestare servizi moderni e sempre più integrati dal punto di vista della sostenibilità ambientale;
    alle criticità complessive del comparto se ne aggiungono alcune che riguardano nello specifico la professione della guida turistica e le concessioni demaniali marittime;
    riguardo le guide turistiche, la legge europea per il primo semestre del 2013 (n. 97 del 2013) ha chiuso la procedura di pre-infrazione comunitaria legata all'applicazione – peraltro erronea – della direttiva cosiddetta «servizi» (2006/123/CE) alla categoria, prevedendo che l'abilitazione alla professione di guida turistica sia valida su tutto il territorio nazionale ed eliminando così la competenza in ambito locale;
    la stessa legge ha equiparato alle guide turistiche italiane tutti i cittadini dell'Unione europea in possesso della qualifica professionale conseguita in altri Stati europei, consentendo l'esercizio sull'intero territorio nazionale, ad eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico che avrebbe dovuto essere individuati con un decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo da emanare entro il 4 dicembre 2013, circostanza non verificatasi. Questa deregolamentazione comporta una grave perdita di competenze, servizi meno qualificati e un danno economico quantificabile intorno al 2 per cento dell'intero comparto turistico nazionale (studio TRIP-Italia 2013 del Ciset);
    prosegue da anni senza soluzione e certezze la questione legata alla durata e al rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime che coinvolge circa 30 mila imprese. La legge di stabilità per il 2014 è intervenuta sui pagamenti dei canoni oggetto di procedimenti giudiziari pendenti al 30 settembre 2013, prevedendo nelle more il riordino complessivo della materia da effettuare entro il 15 maggio 2014;
    costituisce un possibile strumento per finanziare la promozione turistica senza oneri per lo Stato il ricorso alla differenza tra i rimborsi tax free effettivamente versati ai turisti extracomunitari e l'iva stornata dai versamenti erariali che ammonta a circa il 5 per cento su una spesa totale stimata in circa 4 miliardi di euro all'anno;
    l'utilizzo dei buoni vacanza a disposizione di soggetti pubblici e privati per favorire il turismo sociale, quindi a sostegno delle categorie più deboli, si sta dimostrando uno strumento insufficiente, mentre alcuni Paesi europei hanno introdotto a sostegno anche della domanda interna la detrazione fiscale parziale delle spese nel ricettivo;
    lo sviluppo della cultura ricettiva si fonda necessariamente su una formazione professionale, puntuale e continua, che risponda in maniera dinamica alle esigenze del mercato. Il sostegno, in sinergia con le imprese e con gli operatori, di percorsi formativi specifici e di scuole alberghiere, rappresenta uno degli stimoli principali alla crescita qualitativa ed occupazionale del settore,

impegna il Governo:

   ad assumere in via prioritaria le seguenti iniziative, anche normative, per favorire la ripresa e il pieno sviluppo del comparto turistico nazionale:
    a) sostenere, nell'ambito della preannunciata riforma del Titolo V della Costituzione, una nuova collocazione della materia turistica, la cui attribuzione non deve essere sottratta alle regioni ma deve rispondere a una strategia unitaria concordata tra queste e lo Stato centrale, a cui deve essere attribuita la programmazione strategica del turismo fissandone i principi generali, a tal fine a valutare l'istituzione di un dicastero dedicato solo al turismo i cui dipartimenti in sinergia con i ministeri chiave come quello dello sviluppo economico, dei beni e delle attività culturali e del turismo, dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, delle politiche agricole, alimentari e forestali e della salute per le evidenti interconnessioni e le necessarie integrazioni operative che devono favorire l'elaborazione di una politica coerente ed unitaria per il comparto;
    b) riorganizzare la struttura e le competenze in materia di promozione e commercializzazione dell'Agenzia nazionale del turismo (Enit) in modo da costituire un valido supporto operativo per il dicastero competente e per gli operatori del comparto, selezionando il personale in base a chiari criteri meritocratici, stabilendo precisi obiettivi operativi di promozione e la finalità delle risorse finanziarie impiegate;
    c) potenziare l'offerta turistica nazionale on-line del portale Italia.it, ad oggi disomogeneo e poco funzionale, rendendolo punto di riferimento promo-commerciale dell’e-commerce turistico italiano, favorendo la leale collaborazione tra gli operatori coinvolti e vietando le clausole capestro contenute nella maggior parte dei contratti sottoscritti dalle strutture ricettive con le online travel agent al fine di rimuovere un grave ostacolo alla libera concorrenza;
    d) istituire un marchio distintivo e definitivo per la promozione del Paese, fortemente identitario e utilizzabile da tutti gli operatori che rispondono ai requisiti per l'esercizio della propria professione o attività che rappresenti una garanzia dei servizi offerti ai consumatori;
    e) assumere misure urgenti affinché l'intero territorio nazionale sia considerato «distretto turistico», semplificando le procedure burocratiche previste, causa principale del precedente fallimento di questo istituto, promuovendo la formazione di reti d'impresa territoriali con il riconoscimento dei relativi vantaggi fiscali e burocratici uniti a un reale sostegno economico;
    f) valutare l'adozione un sistema di detrazione fiscale, già utilizzato anche in altri Paesi europei, alternativo ai «bonus vacanze», che permetta il sostegno ed il rilancio della domanda interna;
    g) verificare con maggior rigore l'utilizzo delle risorse da parte delle regioni, soprattutto di natura comunitaria come i fondi strutturali e di coesione, da collegare in modo chiaro a tempistiche e progetti certi per evitare sprechi, ritardi e il loro mancato utilizzo;
    h) incentivare la creazione di start up che promuovano l'offerta turistica nazionale attraverso tecnologie innovative e prevedere misure di semplificazione amministrativa per le imprese turistiche che investano nel miglioramento delle strutture ricettive;
    i) estendere il fondo rotativo di Kyoto per l'occupazione giovanile a favore delle aziende turistiche che promuovano progetti di turismo ambientale;
    j) sostenere una strategia finalizzata alla destagionalizzazione delle attività ricettive basate sulle diverse potenzialità delle aree del Paese, anche con incentivi fiscali per gli operatori, stabilendo la presentazione in largo anticipo di piani triennali e annuali delle regioni;
    k) finanziare la promozione turistica adottando le misure normative necessarie per il recupero da parte dello Stato di una quota del margine di guadagno degli operatori specializzati nel tax refund;
    l) valorizzare in chiave turistica i siti limitrofi ai centri di grande attrazione al fine di realizzare percorsi integrati che puntino allo sviluppo di un turismo sempre più sostenibile e competitivo, prevedendo la realizzazione delle dorsali cicloturistiche e favorendo un approccio integrato al turismo in tema di infrastrutture e trasporti che permetta efficienti collegamenti tra hub, centri e periferie tali da garantire una miglior fruizione dell'intero territorio italiano;
    m) nell'ambito del progetto «Natura 2000», sviluppare e promo-commercializzare percorsi e pacchetti turistici legati ai siti Unesco, alle terme e alle dimore storiche, attraverso una gestione integrata del patrimonio ambientale, culturale e storico che consenta di richiamare turisti puntando sulla qualità dell'offerta;
    n) riformare immediatamente il sistema normativo italiano delle concessioni demaniali marittime e il calcolo dei relativi canoni, attivando tavoli di confronto con i portatori di interessi e attuando il riordino della materia entro la scadenza del 15 maggio 2014, come previsto dalla legge di stabilità per il 2014 (n. 147 del 2013) e sollecitando il legislatore comunitario ad interpretare la direttiva servizi escludendo dall'applicazione della stessa direttiva il settore turistico-balneare e ricreativo;
    o) procedere immediatamente alla riclassificazione unitaria comune a tutto il territorio nazionale delle strutture ricettive – tenendo presente le peculiarità di bed and breakfast, affittacamere, agriturismo e appartamenti vacanza, sentite le organizzazioni di settore, dei consumatori e di categoria e previa intesa in conferenza unificata – che preveda anche strumenti di defiscalizzazione o contributivi, e avviare al contempo una semplificazione burocratica, che interessi anche la gestione degli ospiti, favorendo in questo modo l'emersione dell'eventuale evasione fiscale legata all'extralbeghiero;
    p) adottare misure urgenti per il rilancio della nautica da diporto nazionale e della relativa filiera, in modo da garantire la promozione unitaria del settore nautico-turistico in ambito nazionale ed internazionale, introducendo una classificazione delle strutture che tenga conto della diffusione di best practice ed estendendo l'iva agevolata delle strutture ricettive ai marina resort;
    q) favorire il rilancio del settore termale italiano, ampiamente sottostimato per le potenzialità legate alla sua attrattività turistica e occupazionale, puntando, tra l'altro, alle possibilità del mercato ora disponibili in ambito sanitario grazie alla direttiva 24/2011/UE sulla libera circolazione dei pazienti europei;
    r) promuovere gli opportuni tavoli di confronto e programmazione a sostegno dello sviluppo del turismo accessibile, settore che costituisce non solo una parte rilevante della filiera di riferimento ma anche un diritto per le persone con disabilità e bisogni specifici;
    s) contrastare con efficacia qualsiasi forma di abusivismo in materia, relativo per lo più ad agenzie di viaggio, tour operator, settore dei trasporti, guide turistiche e museali, oltre alle stesse strutture ricettive, che mina la credibilità del Paese all'estero danneggiando l'Erario e i consumatori;
    t) avviare una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica, sostenendo in sede comunitaria la tutela della professionalità degli operatori italiani con l'applicazione della direttiva corretta al posto della direttiva 2006/123/CE, emanando nel frattempo l'atteso decreto attuativo dell'articolo 3, comma 3, della legge 6 agosto 2013, n. 97, «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – legge europea 2013»;
    u) riformare la figura professionale del direttore tecnico d'agenzia di viaggio per normare un ruolo ad oggi gestito da regioni, province e comuni con forti differenze che impattano sul lavoro stesso degli operatori, rendendo omogenee le prove per l'esercizio della professione e valutando la possibilità di inserire un registro nazionale;
    v) colmare il vuoto normativo sulla natura giuridica di filiali, sedi secondarie o altre articolazioni delle agenzie di viaggi, ad oggi oggetto di possibili abusi, per tutelare i consumatori e la libera concorrenza;
    w) finanziare con risorse adeguate la formazione offerta dalle scuole alberghiere, fondamentali per lo sviluppo della cultura ricettiva essenziale per la crescita del comparto e per il suo grado di professionalizzazione, coinvolgendo gli operatori del settore in percorsi formativi da concordare e promuovere percorsi formativi di studio propedeutici ai servizi alberghieri e alla ristorazione con istituti di istruzione secondaria e universitaria e con altri enti di formazione italiani ed esteri.
(1-00397) «Prodani, Mucci, Da Villa, Crippa, Della Valle, Fantinati, Vallascas, Petraroli, Nuti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 97 della Costituzione prevede che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge» ed il Testo unico sul pubblico impiego (decreto legislativo n. 165 del 2001), all'articolo 35, ne disciplina le modalità di reclutamento;
    tale disposto costituzionale stabilisce, pertanto, come condicio sine qua non per l'accesso il superamento di concorso regolarmente indetto, tanto che eventuali violazioni potrebbero anche presupporre la decadenza del contratto in essere e la responsabilità per danno erariale in capo al dirigente;
    i lavoratori precari nella pubblica amministrazione sono quantificati in circa 250 mila, concentrati principalmente nella scuola, nella sanità e negli enti locali, cifre che hanno indotto la Corte di giustizia dell'Unione europea ad affermare che la legislazione italiana «necessita in via urgente, assoluta e primaria di una revisione epocale della normativa di riferimento in materia di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego»;
    pur comprendendo il dramma del fenomeno del precariato, non si possono sostenere procedure di stabilizzazione di massa nella pubblica amministrazione che, oltre a contraddire il dettato costituzionale, provocherebbero un blocco delle assunzioni di giovani per molti anni; significherebbe cioè che un'intera generazione sarebbe esclusa dall'opportunità di accedere al pubblico impiego;
    tale posizione è stata ribadita, da ultimo, in occasione dell'esame parlamentare del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, e, specificatamente, sulla previsione in esso contenuta della stabilizzazione del 50 per cento del personale a tempo nelle pubbliche amministrazioni e della valenza fino a nove anni delle graduatorie anche per gli idonei;
    si ritiene, infatti, che una stabilizzazione di massa contrasti fortemente anche il principio della meritocrazia, trasformando, di fatto, il comparto pubblico in una sorta di «ammortizzatore sociale»;
    basti pensare che il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione pro tempore ha disposto la proroga di 24.000 precari della Sicilia, sostenendo che si trattasse di una razionalizzazione della spesa, ma si tratta secondo i firmatari del presente atto di indirizzo in realtà dell'esatto opposto, ovvero del continuo e perenne assistenzialismo che andrà ad aggiungere ulteriori sprechi, in una regione già piagata da un numero esorbitante di dipendenti pubblici;
    l'articolo 3 della Costituzione afferma: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
    l'articolo 4 afferma: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società»;
    il dramma del precariato colpisce sia le giovani generazioni sia molti cittadini in età avanzata, in particolare nel settore scolastico, tanto da poter essere considerato, ad oggi, una delle più grandi emergenze sociali del nostro Paese;
    la scuola rappresenta un'istituzione basilare della società visto l'alto ruolo che riveste nella formazione dei cittadini;
    è pur vero che dal 1951 al 1978 è triplicato il numero degli insegnanti, passando da 240.000 a 732.000; in seguito, nonostante la contrazione della popolazione studentesca, gli insegnanti hanno continuato a crescere, arrivando a sfiorare le 900.000 unità all'inizio degli anni Novanta ed attestandosi poi negli ultimi anni ad 850.000. Dunque, negli anni, la scuola italiana ha continuato ad assumere personale indipendentemente dal diminuire o dal crescere del numero degli studenti, questo spesso a causa di logiche distorte di mantenimento del consenso politico;
    l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento è stata favorevole ai docenti del Sud, molti dei quali sono in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge n. 104 del 1992 sulle disabilità, o si avvalgono della legge relativa al riconoscimento dell'invalidità civile. In base alla legge n. 104 del 1992 o alla legge n. 68 del 1999, chiunque abbia dichiarato di essere in possesso di handicap personale è stato inserito «a pettine» nella graduatoria e ha avuto il privilegio di scegliere il posto anche se nella graduatoria era in coda per mancanza di punteggio negli ultimi anni, ed anche di recente sono più volte comparse notizie accertate su casi di truffe al sistema scolastico e sanitario per l'ottenimento di certificati che attestino l'idoneità della persona in causa alla legge n. 104 del 1992, con lo scopo di trarre vantaggi su punteggi e posizionamenti nelle varie graduatorie scolastiche. Molti tra docenti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario settentrionali si trovano in uno stato di precarietà da molti anni, pur avendo punteggi e titoli superiori al personale in possesso dei requisiti della legge n. 104 del 1992. Anche a Milano ci sarebbero state truffe di massa da parte di docenti per ottenere il trasferimento da Milano al Sud tramite certificati medici falsi e medici compiacenti che hanno diagnosticato malattie immaginarie inesistenti;
    il problema dei precari, con tutti gli aspetti negativi che ad esso si collegano, si trascina da troppo tempo. Il ricorso alle sanatorie, oltre ad eludere il problema fondamentale di un serio accertamento dei requisiti professionali, non può che dare risposte parziali, visti l'elevato numero dei precari oramai raggiunto e la necessità di tenere conto di una spesa per studente già elevata,

impegna il Governo:

   a salvaguardare le competenze acquisite, senza mortificare la meritocrazia, attraverso l'istituzione di una riserva limitata di posti nei concorsi pubblici su base regionale;
   ad attivarsi al fine di appoggiare la proposta di un punteggio aggiuntivo nelle graduatorie, destinato ai docenti residenti nella regione in cui intendono insegnare, cominciando ad attuare una «pianificazione» regionale, basata sull'assunzione di personale unicamente sulla base dei posti effettivamente disponibili, nell'ambito regionale o provinciale.
(1-00398) «Buonanno, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo Renzi ha annunciato un ampio piano d'azione concernente l'edilizia scolastica, finalizzato a tentare di risolvere le più che evidenti criticità in materia;
    se è vero che gli edifici scolastici meritano un focus particolare, è altrettanto prioritario ricercare una soluzione all'annosa questione del personale in servizio nel sistema scolastico, in quanto non si risolve la situazione di stallo del percorso formativo dei ragazzi solo con il risanamento delle strutture;
    la stabilità delle figure di docenza nelle scuole italiane è il vero cuore della questione, sia in termini pedagogici, che dal punto di vista della valorizzazione delle risorse umane impegnate nella formazione della futura classe dirigente di questo Paese;
    il precariato scolastico, oltre alle note e tristi ricadute in merito alla posizione dei lavoratori, risulta avere un'incidenza negativa anche sulla continuità didattica e sulla qualità dell'insegnamento;
    da dati in possesso dai firmatari del presente atto di indirizzo risulterebbe una notevole percentuale di personale della scuola (sia insegnanti che personale amministrativo, tecnico e ausiliario) assunta con contratti a tempo determinato;
    la normativa europea, in particolare la direttiva 1999/70/CE, afferma il principio della non discriminazione tra lavoratori a tempo indeterminato e quelli cosiddetti precari, in quanto svolgano le stesse attività;
    in allegato alla stessa direttiva sopra citata (quinta clausola dell'accordo allegato) è espresso chiaramente il principio della non reiterabilità di contratti di lavoro a tempo determinato per periodi che, eccedendo la ragionevole durata, siano tali da conformare un'equiparazione di fatto al lavoro a tempo indeterminato, senza però le tutele e le garanzie offerte da tali tipologie contrattuali;
    tale evidenza sopra menzionata si ravvisa nella ratio legis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ove all'articolo 36 si impone l'assunzione a tempo indeterminato per il personale scolastico, ad esclusione di eventualità temporanee ed eccezionali da ravvisarsi sulla base di oggettivi riscontri;
    a partire dal novembre 2013 la Commissione europea ha sottoposto il nostro Paese ad una procedura d'infrazione per il mancato rispetto della sopra citata direttiva 1999/70/CE in merito ai contratti a tempo determinato sottoposti a rinnovi successivi continui, tali da essere equiparabili, nei fatti, a rapporti a tempo indeterminato;
    la Corte di giustizia dell'Unione europea ha fissato per il 27 marzo 2014 la decisione su una serie di ricorsi sul precariato nella scuola;
    il Governo, nell'ottemperare alle richieste derivanti dalle sedi europee, al fine di garantire la stabilizzazione delle figure professionali del settore scolastico, in particolare del personale docente, piuttosto che tener conto esclusivamente del criterio dell'anzianità, dovrebbe prendere in considerazione la grande importanza che riveste la formazione del personale docente;
    la stabilizzazione del personale scolastico va attuata tenendo in debita considerazione che l'interesse prioritario di ogni politica del settore dell'istruzione deve essere la formazione dei ragazzi, che vengono penalizzati dalla carenza di una continuità didattica e soprattutto dall'assenza di una politica della qualità della formazione che sia atta a premiare il merito dei docenti attraverso strategie complesse che integrino i percorsi di stabilizzazione con una seria analisi valutativa delle carriere e dei percorsi formativi del corpo docente,

impegna il Governo:

   a fornire puntuali elementi in merito all'entità reale del fenomeno di cui al presente atto di indirizzo;
   a chiarire, nelle opportune sedi parlamentari, l'orientamento del Governo rispetto al turnover delle istituzioni scolastiche;
   a garantire in tempi celeri l'adeguamento ai rilievi posti dalla Commissione europea in merito alla procedura d'infrazione citata in premessa;
   nell'ambito della stabilizzazione del personale docente, a tenere in considerazione il criterio del merito e, in particolare, delle competenze acquisite dalle giovani generazioni, in ottemperanza ai percorsi formativi indicati dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   a rendersi disponibile ad un serio confronto con gli organismi parlamentari competenti, attraverso gli strumenti che si ritengano più idonei, al fine di elaborare una strategia complessiva in materia che tenga conto in via prioritaria della centralità degli studenti, nell'ambito di un percorso formativo che valorizzi nel modo più adeguato il merito e la qualità del corpo docente.
(1-00399) «Santerini, Marazziti, Binetti, Piepoli, Fauttilli, Schirò, Fitzgerald Nissoli, De Mita, Caruso, Sberna, Gigli».


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha fissato al 31 agosto di ciascun anno il termine entro il quale devono essere effettuate le assunzioni a tempo indeterminato e devono essere adottati i provvedimenti di utilizzazione, di assegnazione provvisoria e quelli di durata annuale riguardanti il personale di ruolo;
    per le assunzioni relative all'anno scolastico 2013-2014, le graduatorie da utilizzare sono state, per il 50 per cento dei posti, quelle ad esaurimento di cui all'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per l'altro 50 per cento dei posti disponibili, quelle relative al concorso per esami e titoli indetto con decreto direttoriale n. 82 del 2012, purché le stesse siano state rese definitive entro il 31 agosto 2013;
    il decreto di approvazione delle graduatorie del sopra detto concorso non è intervenuto entro tale data (31 agosto), in quanto la procedura concorsuale ha subito dei ritardi attribuibili all'ingente numero di candidati. Si ricorda che alle prove preselettive del concorso per docenti hanno partecipato circa 33 mila candidati e circa 17 mila alle prove scritte;
    la mancata approvazione delle graduatorie nel termine utile per le immissioni in ruolo ha costretto così l'amministrazione ad effettuare le assunzioni per il 2013-2014 attingendo dalle graduatorie ad esaurimento e dalle graduatorie dei precedenti concorsi;
    tale circostanza comporta degli inconvenienti relativamente alla decorrenza giuridica dell'immissione in ruolo dei candidati vincitori, ma non compromette le possibilità di assunzione;
    la Costituzione, all'articolo 97, prevede: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge». Il concorso pubblico viene indicato in modo esplicito come lo strumento fondamentale di accesso alla pubblica amministrazione;
    l'ultimo concorso a cattedra è stato bandito con decreto del direttore generale per il personale scolastico 24 settembre 2012, n. 82, «indizione dei concorsi a posti a cattedre, per titoli ed esami, finalizzati al reclutamento del personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado» con la previsione di effettiva disponibilità di cattedre e posti da destinare per un totale di 11.542 unità;
    in materia di contratti a tempo determinato, la Commissione europea ha aperto due procedure di infrazione (procedimento n. 010/2045 e procedimento n. 2010/2124), per la non corretta trasposizione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. In particolare, nell'ambito della procedura d'infrazione n. 2010/2124 relativa all'utilizzo dei contratti a tempo determinato nel comparto scuola, che diversamente da altri settori della pubblica amministrazione risente fisiologicamente di condizioni particolari legate al variare ad ogni anno scolastico del numero di iscrizioni di studenti alle diverse istituzioni scolastiche e ai differenti indirizzi di studio, la Commissione europea ritiene che la prassi italiana di impiegare personale ausiliario, tecnico e amministrativo nella scuola pubblica per mezzo di una successione di contratti a tempo determinato, senza misure atte a prevenirne l'abuso, non ottempera gli obblighi della clausola 5 dell'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE;
    la Corte di cassazione, sezione lavoro, invece, nella sentenza 20 giugno 2012, n. 10127, ha legittimato il reiterato uso dei contratti a tempo determinato nel settore scolastico, portando ad escludere un abuso nell'utilizzo da parte dell'amministrazione del contratto a tempo determinato. La Corte di cassazione, in tema di personale docente, infatti, ha affermato l'inapplicabilità del principio di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, restando applicabile la disciplina delle supplenze, contenuta nel decreto legislativo n. 297 del 1994, che non è stata abrogata dal decreto legislativo n. 368 del 2001, con conseguente insussistenza di un diritto alla stabilizzazione del rapporto ed al risarcimento del danno in caso di reiterazione delle supplenze, ove non risulti un abuso nell'assegnazione degli incarichi in questione;
    la corte d'appello di Perugia, inoltre, ritenendo inapplicabile la disciplina di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001, ha valutato di dover accertare se la pubblica amministrazione, nella stipulazione di una serie di contratti di lavoro, avesse dato luogo ad un abuso dello strumento delle assunzioni a termine con conseguente diritto del lavoratore, secondo i dettami della direttiva del Consiglio dell'Unione europea 28 giugno 1999, n. 70, emanata in attuazione dell'accordo quadro sui contratti a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, al risarcimento del danno. La corte territoriale ha escluso tale abuso, precisando che il ricorrente aveva avuto supplenze annuali sull'organico di fatto, ossia posti non vacanti ma disponibili, seguite da supplenze temporanee in sostituzione di personale assente, ed infine supplenze su organico di diritto, cioè su posti disponibili e vacanti, in molteplici scuole; ciascun incarico risultava, infatti, svincolato dal precedente, di cui non costituiva né proroga né prosecuzione, e tenendo in considerazione che l'amministrazione non poteva scegliere liberamente il lavoratore con cui stipulare il contratto dovendosi attenere alle graduatorie permanenti provinciali per gli incarichi su organico di diritto o per le supplenze su organico di fatto o temporaneo alle graduatorie interne d'istituto;
    la Corte di cassazione ha reputato principio di diritto vivente la praticabilità del contratto a termine e di altre forme negoziali flessibili nel rapporto di lavoro pubblico, ai sensi del decreto legislativo n. 165 del 2001, nella più ampia valorizzazione del ruolo della contrattazione collettiva rispetto al passato e con la previsione, in caso di violazione di norme imperative in materia, di un vero e proprio regime sanzionatorio costituito dal diritto del lavoratore al risarcimento del danno. Principio quest'ultimo non contrastante con la direttiva 1999/70/CE, in quanto idoneo a prevenire e sanzionare l'utilizzo abusivo dei contratti a termine da parte della pubblica amministrazione e che è consequenziale alla configurazione come regolamentazione speciale ed alternativa a quella prevista dal decreto legislativo n. 368 del 2001 relativa alla disciplina generale del contratto a termine. Inoltre, nella materia di cui trattasi, invero, sottolinea più volte la Corte di cassazione, la regolamentazione propria del settore pubblico non può ritenersi abrogata da quella stabilita in via generale dal richiamato decreto legislativo n. 368 del 2001, stante l'immanenza della regola lex posterior generalis non derogat legi priori speciali;
    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, inoltre, è intervenuto in più occasioni nel 2011 (decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011) e nel 2013 (decreto-legge n. 104 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2013) attraverso i piani triennali per l'assunzione di personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario. Con l'articolo 9, comma 17, del decreto-legge n. 70 del 2011 e con il relativo decreto interministeriale 3 agosto 2011, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, aveva definito la programmazione triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario per gli anni scolastici compresi nel triennio 2011/2013, sulla base dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno e detto piano triennale di immissioni in ruolo aveva programmato 124.000 assunzioni tra personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario nell'arco dei tre anni scolastici 2011/12, 2012/13 e 2013/14: 30.300 docenti e 36.000 personale amministrativo, tecnico e ausiliario nel 2011/12 e 22.000 assunzioni di docenti e 7.000 di personale amministrativo, tecnico e ausiliario per ciascun anno 2012/2013 e 2013/14. Il Ministero dell'economia e delle finanze ha successivamente bloccato le assunzioni 2013/14;
    nell'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, è stata prevista la prosecuzione del piano triennale del 2011-13 attraverso un ulteriore piano triennale di assunzioni, che per l'anno scolastico 2014/2015 prevede il reclutamento di 12.625 docenti, 1.604 insegnanti di sostegno e 4.317 unità di personale amministrativo, tecnico e ausiliario;
    in dodici dei Paesi dell'Unione europea, pari ad un terzo della popolazione europea, tra cui Regno Unito, Svezia, Belgio e Olanda, il reclutamento avviene mediante chiamata diretta da parte delle scuole. In Italia, Francia e Grecia il reclutamento avviene su base concorsuale ed in Spagna ed in Germania i concorsi sono su base regionale. In Austria, Finlandia e Lussemburgo sono, inoltre, previsti concorsi per l'accesso ai percorsi formativi per l'insegnamento. In Spagna è anche previsto un periodo di tirocinio in prova e Francia, Finlandia, Regno Unito e Olanda prevedono la formazione in servizio obbligatoria,

impegna il Governo:

   ad avviare in tempi brevi il piano triennale di assunzioni del personale docente che assegni i posti, per il 50 per cento, ai vincitori di concorso e, per l'altro 50 per cento, utilizzando le graduatorie ad esaurimento, facendo in modo che:
    a) il contingente di assunzioni per il prossimo anno scolastico del personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario sia calcolato in relazione sia ai posti vacanti e disponibili in organico sia alle iscrizioni e all'entità dei pensionamenti;
    b) venga garantito il numero di posti e cattedre indicate nell'allegato «1» del bando di concorso che costituisce parte integrante del decreto del direttore generale 24 settembre 2012, n. 82, per l'immissione in ruolo dei vincitori negli anni scolastici 2013-2014 e 2014-2015, attraverso la previsione di un accantonamento dei posti per coloro i quali avrebbero avuto il diritto di entrare in ruolo dall'anno scolastico in corso e per i quali non è stato possibile, invece, ottenere l'assunzione;
    c) venga consentito solo l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento con la sola esclusione del personale dei cicli della Scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario, trasformando pertanto le cosiddette GAE effettivamente in graduatorie ad esaurimento;
    d) venga dato l'avvio ad una riforma del sistema di reclutamento per il personale docente e non, in linea con altri Stati dell'Unione europea che consenta maggiore autonomia e libertà da parte delle istituzioni scolastiche, anche in rete, nell'individuazione e nella scelta del personale docente e non docente;
    e) vengano programmate forme di reclutamento e di selezione concorsuali del personale scolastico, come previsto dalla Costituzione, a cadenza periodica regolare e ravvicinata solo su posti effettivamente vacanti e disponibili, senza la creazione di ulteriori graduatorie, e sia definito un relativo piano di assunzioni, previa una ricognizione di posti effettivamente vacanti e disponibili ai fini dell'erogazione di un servizio efficace, efficiente e rispettoso dei principi di trasparenza ed economicità, previsti dalla normativa vigente;
    f) venga prevista una formazione specifica, mirata e programmata nell'ambito universitario per il personale docente e amministrativo che possa prevedere tirocini, stage, apprendistato e nuove forme di inserimento nelle istituzioni scolastiche.
(1-00400) «Centemero, Polverini, Palese».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il rapporto dell'Unwto (World Tourism Organisation) «Tourism Towards 2030», che presenta le prospettive a lungo termine del settore, il numero di arrivi dei turisti internazionali nel mondo aumenterà del 3,3 per cento per anno, tra il 2010 e il 2030, per raggiungere 1,8 miliardi al termine del periodo;
    anche per il 2013, l'Istat conferma il trend negativo del turismo italiano, avviatosi nel 2009, che nel corso del quinquennio ha comportato una perdita di quasi 60 milioni di viaggi (290 milioni di notti);
    nel 2012 il turismo internazionale nel mondo ha superato, per la prima volta nella storia, quota un miliardo di arrivi; nel 2013 gli arrivi internazionali, secondo i dati provvisori dell'Organizzazione mondiale del turismo, si sono attestati a 1 miliardo e 87 milioni di euro, con un aumento del 5 per cento rispetto al 2012, un trend in continua crescita del quale l'Italia non beneficia;
    secondo la Banca d'Italia, nel periodo gennaio-dicembre 2013, il settore ha registrato, comunque, un avanzo di 12.830 milioni di euro (lo 0,8 per cento del prodotto interno lordo), a fronte di 11.543 milioni di euro nello stesso periodo dell'anno precedente;
    le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 32.989 milioni di euro, sono aumentate del 2,9 per cento; quelle dei viaggiatori italiani all'estero, per 20.159 milioni di euro, si sono ridotte dell'1,7 per cento;
    secondo l'Osservatorio nazionale del turismo, tra gennaio e ottobre 2013, gli arrivi e le presenze di italiani sono calati dell'8,3 per cento, gli arrivi degli stranieri dello 0,1 per cento e le presenze dello 0,3 per cento;
    il 2013 per il turismo italiano è stato l'anno peggiore del passato quadriennio, in totale nei mesi indicati la perdita complessiva di arrivi si attesta a -4,3 per cento, quella della presenze a 4,4 per cento;
    l'incertezza economica globale non ha fermato la crescita del turismo internazionale, che ha mostrato la sua capacità di adattamento alle mutevoli condizioni del mercato e, benché a un tasso inferiore, ci si aspetta un'ulteriore espansione del settore nel 2014;
    l'Europa rimane di gran lunga il continente con il più alto numero di turisti al mondo e, nonostante le difficoltà dell'eurozona, ha registrato una crescita degli arrivi internazionali pari al 3,3 per cento, risultato da considerarsi tendenzialmente positivo per una destinazione matura;
    il report sull'impatto economico annuale del World Travel and Tourism Council (WTTC) indica ancora nel 2013 un contributo al prodotto interno lordo italiano derivante da viaggi e turismo pari al 10,3 per cento, percentuale tra le più elevate tra i Paesi membri del G20 con significative possibilità di miglioramento;
    se i flussi turistici internazionali crescono e quelli diretti verso l'Italia diminuiscono, è urgente che il turismo sia compiutamente riconosciuto come opportunità strategica di crescita per il Paese attraverso un conseguente salto di qualità delle politiche ad esso dedicate;
    la novità costituita dalla nuova collocazione del settore all'interno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con un ulteriore cambiamento nella gestione strategica del turismo italiano, può aprire nuove prospettive per il rilancio effettivo di immagine del turismo nazionale e per l'implementazione di nuove politiche di promozione del Paese a livello planetario;
    secondo la Banca d'Italia, infatti, il turismo culturale contribuisce in misura rilevante ai flussi di viaggiatori stranieri in Italia, pesando per circa un quarto sulla domanda estera complessiva di soggiorno e per quasi la metà su quella relativa ai soli viaggi per vacanza, poiché la spesa pro capite dei turisti interessati alle proposte culturali è più elevata della media e il loro contributo risulta anche maggiore in termini di risorse finanziarie;
    il saldo positivo tra entrate e uscite relative al turismo culturale è di circa 6 miliardi di euro l'anno, oltre la metà dell'attivo turistico complessivo;
    il confronto internazionale suggerisce l'esistenza di ampi margini di miglioramento nella valorizzazione e nella fruizione del patrimonio artistico e culturale e nel rafforzamento delle attività gestionali e promozionali, al fine di incrementare velocemente le quote di mercato nel settore del turismo culturale, nel quale l'Italia potrebbe ambire a collocarsi al primo posto nel mondo;
    l'ulteriore perdita di quote di mercato da parte del turismo italiano è un segnale molto negativo anche dentro la recessione che il Paese sta attraversando; se il turismo internazionale cresce nel mondo, non c’è alcuna ragione perché l'Italia perda in competitività internazionale, mentre il mercato nazionale affonda;
    le imprese turistiche italiane non possono vivere in solitudine questo momento difficile; a livello globale la maggior parte dei Paesi turistici e di quelli che intendono diventarlo si organizzano, investendo risorse importanti per intercettare i flussi internazionali previsti in crescita di qui al 2020;
    da molti anni non è più sufficiente il marchio «Italia» per vincere sul mercato globale, ma è necessaria una strategia nazionale forte, da realizzare d'intesa con le regioni, per il turismo internazionale, e si devono rafforzare gli strumenti a disposizione per incentivare la domanda interna, in particolare per le fasce più deboli, a cominciare da un nuovo ed efficiente sistema di buoni vacanze;
    le politiche per il turismo del dopo referendum e la riforma costituzionale sul Titolo V della Costituzione si sono caratterizzate per le continue oscillazioni tra difesa delle competenze regionali e momenti di accentramento nazionale;
    una delle poche novità positive è arrivata dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome che ha approvato nel 2010 un documento che rappresenta un valido punto di riferimento per realizzare le politiche nazionali necessarie per il rilancio del settore;
    il documento della Conferenza delle regioni e delle province autonome aveva anche lo scopo di evitare gli errori, poi commessi, nell'approvazione del codice del turismo, definito come una «riforma del settore» ma senza l'apporto delle regioni e delle organizzazioni di categoria, e successivamente bocciato ampiamente dalla Corte costituzionale;
    se il Governo intende mettere mano alla governance del turismo, non appare sufficiente il trasferimento delle competenze al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ma appare logico pensare a forme organizzate di coordinamento costante tra i Ministeri con deleghe che interessano il turismo, per redigere ed aggiornare annualmente il piano strategico nazionale per il turismo in condivisione con tutti i Ministri interessati e con le regioni, individuando le risorse necessarie per finanziarlo;
    appare, quindi, urgente la riformare il Titolo V della Costituzione, ripensando l'attuale assetto di competenze, in modo da favorire l'emergere di una strategia nazionale per il settore e la cooperazione e il coordinamento di ogni livello istituzionale e amministrativo;
    un progetto adeguato di rilancio del turismo deve occuparsi, in primo luogo, della promozione dell'immagine del nostro Paese che non può più essere inquadrata come un'attività sganciata dalle altre iniziative promozionali e organizzative che lo Stato italiano, a vario titolo, svolge sul mercato internazionale;
    la promozione turistica è in piena evoluzione nei concetti, nei criteri e negli strumenti: il modo tradizionale di fare promozione (brochure, fiere, campagne di advertising) non è più sufficiente, il rapporto diretto, on-line, sta rivoluzionando l'intero comparto, le parole chiave del web 2.0 sono interazione e partecipazione, le strategie promozionali devono tramutarsi, velocemente, in strategie di marketing web;
    l'Enit-l'Agenzia nazionale del turismo ha innanzitutto un problema di risorse, che occorre risolvere, ma deve essere affrontata contestualmente la riforma radicale dell'ente per realizzare una struttura specializzata, che riesca a interpretare i grandi cambiamenti del settore e dare risposte innovative nei mercati internazionali con politiche di promo-commercializzazione;
    una struttura che risponda a precisi indirizzi programmatici, autonoma e giudicata sulla base dei risultati operativi conseguiti, obiettivo che potrebbe essere realizzato da una società per azioni a maggioranza pubblica che coinvolga pienamente l'insieme di soggetti, di territori e di prodotti destinati a comporre un sistema sotto il «marchio Italia»;
    la strategia del rilancio del turismo si fonda, sulla scorta di quanto fin qui analizzato, su un profondo rinnovamento ed efficientamento della governance e della promozione, così come di un sistema imprenditoriale le cui necessarie trasformazioni vanno accompagnate riprendendo l’iter del piano strategico nazionale che, migliorato nei contenuti e adattato alle esigenze delle regioni, può costituire un primo importante approccio sistemico al settore;
    tra i vari problemi del settore c’è anche la disciplina normativa, modificata con il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, «codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio», che è stato ampiamente bocciato dalla Corte costituzionale in 19 articoli per eccesso di delega del Governo;
    con il giudizio della Corte costituzionale sono state cancellate anche le norme in materia di classificazione e standard qualitativi delle strutture ricettive, la disciplina delle agenzie di viaggio e del tour operator, le norme sui sistemi turistici locali e quelle sulla gestione dei reclami da parte del dipartimento del turismo;
    quanto alle concessioni demaniali-marittime ad uso turistico-ricreativo va colto il segnale positivo arrivato dalla Commissaria europea per gli affari marittimi e le coste, Maria Damanaki, secondo la quale la Commissione europea sarebbe disponibile a modificare la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del consiglio, nella parte che riguarda proprio le spiagge, in quanto i vincoli applicati alle concessioni demaniali sono troppo rigidi, e a stendere una nuova direttiva che consenta maggiore flessibilità ai singoli Stati per tener conto delle peculiarità delle proprie coste;
    è, dunque, urgente risolvere alcune delle principali problematiche del settore rimaste inevase sostenendone la crescita con iniziative normative e finanziarie adeguate;
    la sfida del turismo, perno di un possibile rilancio della crescita del Paese, si concentra in poche mosse che attengono, tutte, alla capacità del nostro Paese di fare squadra;
    migliorare il turismo significa migliorare il Paese, valorizzare le straordinarie risorse italiane e creare nuova occupazione,

impegna il Governo:

   ad identificare una governance complessiva del turismo coordinata con la nuova collocazione del settore nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a cooperare strettamente col Parlamento al fine di individuare, nell'ottica più generale della riforma del titolo V della Costituzione, le forme migliori per l'assetto delle competenze nel settore turistico, in modo da favorire anche la definizione ed il perseguimento di una strategia nazionale vincente in questo importante comparto;
   ad intervenire con un sistema organico di politiche economiche e fiscali che favoriscano in particolar modo la digitalizzazione del settore, sia pubblico che privato, e la competitività delle imprese turistico-ricettive;
   a favorire lo start up di imprese, in particolar modo giovanili, finalizzate alla valorizzazione e gestione del patrimonio pubblico, culturale e naturalistico;
   a prevedere un profondo rinnovamento dell'organizzazione e della missione dell'Agenzia nazionale del turismo ed una sua svolta digitale per favorire la competitività promo-commerciale internazionale dell'intero sistema culturale, turistico e della valorizzazione dei prodotti tipici e artigianali, anche contemplando in tale rinnovamento un maggiore apporto dei privati e dei vettori nazionali di trasporto alla definizione del piano di promozione nazionale;
   a valutare l'opportunità di rivedere il codice del turismo e il piano strategico nazionale;
   ad assumere iniziative per rivedere l'attuale «tassa di soggiorno» che ha prodotto scompensi sul territorio tra i comuni che l'hanno istituita e quelli che non l'hanno istituita;
   a valutare l'opportunità di riorganizzare l'attuale sistema dei buoni vacanza e delle modalità di finanziamento, alla luce delle migliori esperienze europee;
   ad ammodernare e semplificare il sistema dei visti al fine di favorire l'afflusso di turisti dai Paesi emergenti;
   ad assumere iniziative per estendere il bonus per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica anche agli immobili adibiti ad attività turistiche, finalizzandolo anche all'adeguamento alla sicurezza antincendio;
   ad assumere iniziative per rivedere la disciplina delle guide turistiche, inserendola nel contesto del quadro normativo europeo in materia di professioni e non di servizi;
   a verificare l'apertura della Commissione europea riguardo a una maggiore flessibilità nell'applicazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio alle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo;
   a mettere il turismo al centro del piano giovani per sviluppare occupazione qualificata;
   a considerare nell'organizzazione del sistema dei trasporti aerei, ferroviari e marittimi una maggiore integrazione di servizi orientata allo sviluppo del turismo, su tutto il territorio nazionale e con particolare attenzione al sud dell'Italia, al fine di favorire la raggiungibilità e la fruibilità dei luoghi e dell'immenso patrimonio naturalistico e culturale.
(1-00401) «Benamati, Petitti, Taranto, Montroni, Bini, Bonafè, Folino, Galperti, Ginefra, Mariano, Senaldi, Basso, Martella».


   La Camera,
   premesso che:
    dai dati diffusi dall'Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni Unite (Unwto), il mercato del turismo mondiale nel 2013 ha superato la soglia di un miliardo di clienti ed è cresciuto, rispetto all'anno precedente, del 5 per cento, pari a 52 milioni di nuovi turisti in termini assoluti. Le aree mondiali che nel 2013 hanno registrato i migliori risultati in termini di crescita sono state: il Sudest asiatico (+10 per cento), l'Europa centrale e dell'est (+7 per cento), il Nord Africa (+6 per cento) e l'Europa meridionale e mediterranea (+6 per cento);
    l'Italia nel 2013 è stato il quinto Paese più visitato nel mondo con circa 55 milioni di turisti stranieri, con un volume d'affari valutato dall'osservatorio sul turismo di Unioncamere in 73 miliardi di euro. Rispetto al 2012, si registra una contrazione sia dei flussi (–3,9 per cento), sia dei consumi (–2 per cento), dovuta alla riduzione delle spese degli italiani (–3,9 per cento), mentre quelle degli stranieri risultano in contenuto aumento (+0,7 per cento); gli italiani che hanno fatto almeno una vacanza sono stati il 12,2 per cento in meno rispetto al 2012;
    con riferimento al 2008, anno in cui il volume dei consumi turistici superava i 77 miliardi di euro, la complessiva diminuzione della spesa (–5,7 per cento) ha investito tutti i comparti economici del turismo ad esclusione di quello agroalimentare, che cresce del +65,9 per cento, per un totale di oltre 11,7 miliardi di euro spesi dai turisti in negozi tipici e supermercati nei luoghi di vacanza; peraltro, il turismo enogastronomico attiva in media più ricchezza rispetto a quello balneare. Secondo le stime 2013 del centro studi Intesa San Paolo, l'enogastronomia genera 119,6 euro per ciascun turista, il turismo culturale 105,4 euro e le spiagge 83,8 euro;
    per quel che riguarda il futuro, l'Organizzazione mondiale del turismo prevede che il mercato turistico crescerà ancora nel 2014 del 4-5 per cento, con un aumento sia del numero delle persone che si spostano in vacanza per il pianeta, sia della spesa media pro capite; per quel che riguarda l'Italia, il Centro internazionale di studi sull'economia turistica dell'università di Venezia (Ciset) ha diffuso le proprio previsioni secondo le quali l'Italia si attesterà, nel 2014, su un numero di arrivi internazionali di poco superiore ai 55 milioni, mantenendosi al terzo posto in Europa dietro la Francia (91,4 milioni) e la Spagna (63,3 milioni); il primato mondiale delle presenze turistiche, che è stato appannaggio dell'Italia fino agli anni Ottanta, è quindi, oggi, della Francia, ma, con la frenata degli arrivi degli ultimi anni, il nostro Paese rischia di retrocedere anche dopo Inghilterra e Germania;
    tale dato è confermato dai dati dell'Organizzazione mondiale del turismo riguardanti l'apporto al prodotto interno lordo del settore turistico: per l'Italia esso è stato pari al 5,4 per cento nel 2012 (10 per cento, se si considera l'indotto), inferiore al dato della Spagna (6,4 per cento) e della Francia (6,2 per cento);
    per quel che riguarda l'occupazione, i dati dell'Organizzazione mondiale del turismo sull'Italia, riferiti al 2012, quantificano il contributo diretto del turismo italiano all'occupazione in circa 1,1 milioni di operatori (4,8 per cento), che salgono a 2,7 milioni se si considera anche l'occupazione indiretta (11,7 per cento);
    per quanto riguarda i Paesi di origine dei flussi turistici stranieri verso l'Italia, le previsioni parlano di una generale stagnazione della crescita degli arrivi dai principali mercati europei. Saranno i Paesi extraeuropei a sostenere la crescita del turismo internazionale a livello globale: i flussi internazionali generati fuori dal vecchio continente dovrebbero aumentare del 4,6 per cento nel 2014, superando quota 10 milioni e portando a un recupero delle perdite subite tra il 2008 e il 2009; sono in crescita, in particolare, gli arrivi statunitensi, seguiti dai giapponesi, dai cinesi e dai russi;
    secondo le proiezioni per il 2014, Grecia (+5,3 per cento), Portogallo (+5,1 per cento) e Francia (+4,5 per cento) si distingueranno per i maggiori incrementi nel numero di arrivi da turismo internazionale; per l'Italia le proiezioni registrano aumenti più contenuti (+2,2 per cento);
    per l'anno 2014, i diversi enti specializzati concordano nel prevedere che la concorrenza sarà particolarmente aspra per le destinazioni balneari italiane, le cui performance potrebbero essere condizionate da due fattori: le politiche di prezzo aggressive attuate nei Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo e il recupero di competitività delle destinazioni nordafricane. Un simile contesto rischia di penalizzare le regioni del Mezzogiorno, meno attrezzate a compensare eventuali perdite estive con un'offerta differenziata per stagione, prodotti e segmenti di domanda. Appare meno problematica la situazione sulla fascia adriatica, grazie anche alla maggiore organizzazione e alla vicinanza geografica rispetto ai Paesi del centro-nord Europa, nei quali la maggiore ricchezza pro capite si traduce in una maggiore spesa turistica;
    i problemi che affliggono l'industria turistica nazionale, e che ne impediscono uno sviluppo che sia comparabile con le bellezze paesaggistico-architettoniche e il patrimonio storico culturale che contraddistinguono il nostro Paese, possono esemplificarsi come segue:
     a) mancanza di un progetto nazionale sul turismo; secondo Federturismo – l'associazione di Confindustria che raccoglie le imprese di settore – tale problema è imputabile al titolo V della Costituzione che assegna alle regioni la competenza esclusiva in materia; tale frammentazione è evidenziata dal decreto legislativo n. 79 del 2011, definito come una «riforma del settore», ma successivamente dichiarato in parte incostituzionale dalla Corte costituzionale; parte del problema può imputarsi ai limitati e decrescenti finanziamenti, al sottoutilizzo ed allo scarso coordinamento degli enti turistici nazionali, regionali e locali;
     b) la scarsa resa economica del turismo nelle regioni meridionali: esaminando il valore aggiunto prodotto a livello locale dalle singole regioni, si scopre che alcuni territori producono bassi effetti moltiplicatori: Sardegna, Basilicata e Calabria attivano rispettivamente 63,8 euro, 61,3 euro e 38,6 euro per ciascun turista. Al top invece Lombardia, Piemonte e Friuli Venezia Giulia (rispettivamente 184 euro, 177,2 euro e 123,3 euro (ricerca 2013 centro studi Intesa San Paolo);
     c) le ridotte dimensioni delle imprese turistiche nazionali, che sono strutturate in maniera similare al resto del sistema produttivo nazionale, fatto per la gran parte di piccole e medie imprese; ciò comporta maggiori difficoltà sia a reperire i capitali necessari ad espandersi, sia a coordinarsi per creare sistemi turistici in grado di adeguare l'offerta turistica alla crescente competitività degli altri Paesi;
     d) il deficit infrastrutturale del Paese e il mancato coordinamento delle politiche di trasporto con le esigenze del turismo; le reti trasportistiche ed in particolare le ferrovie, il trasporto navale verso le isole e gli aeroporti, scontano sia inefficienze, sia l'adozione di politiche volte a minimizzare i costi e massimizzare le entrate; nel deficit infrastrutturale va anche considerato il digital divide e cioè il ritardo nell'estensione delle reti telematiche veloci;
     e) la fiscalità, con particolare riferimento all'iva per i servizi turistici, gli oneri burocratici e gli adempimenti amministrativi, che si risolvono in più alti costi generali a carico delle imprese turistiche ed in una minore competitività rispetto all'offerta turistica delle analoghe imprese operanti nei Paesi concorrenti;
     f) l'elevata fiscalità, in particolare la recente esplosione della fiscalità locale (ivi compresa l'imposta di soggiorno), connessa agli oneri burocratici, ha prodotto un incremento dei prezzi turistici e dei costi connessi ben al di là della crescita derivante dall'inflazione: da un recente studio di Confartigianato emerge che, tra il 2009 e il 2013, l'indice dei prezzi dei servizi per le vacanze è aumentato del 15 per cento, mentre quello dei trasporti addirittura del 21,8 per cento; ben superiori al 10 per cento i rincari nella ristorazione, mentre nel settore alberghiero si rilevano tendenze contrastanti: alla crescita in termini di trend, si contrappongono drastici tagli volti a superare con il minimo danno possibile i periodi di bassa stagione;
     g) l'elevata stagionalità dei flussi turistici, in particolare del turismo balneare: un problema particolarmente grave per un Paese, come l'Italia, con oltre 8000 chilometri di coste, un problema che concentra in periodi ristretti la creazione di ricchezza e di posti di lavoro e che finisce per risolversi in un costo nei periodi di «bassa stagione» in quanto, da un lato, occorre mantenere l'efficienza delle strutture nei periodi improduttivi, dall'altro, adottare strumenti di sostegno del reddito per gli inoccupati; giova ricordare a tal proposito che il Parlamento europeo con la risoluzione sulla crescita blu – miglioramento della crescita sostenibile nel settore marino, dei trasporti marittimi e del turismo dell'Unione (2012/2297 (INI)), approvata il 2 luglio 2013, ha sottolineato l'importanza del turismo balneare quale strumento fondamentale di crescita di alcune regioni costiere europee, in particolare di quelle mediterranee;
    con riferimento al turismo sociale quale strumento di destagionalizzazione dei flussi turistici, in relazione al quale il decreto legislativo n. 79 del 2011, pur prevedendone l'incentivazione, non contiene finanziamenti, è di primaria importanza l'adozione di misure volte ad incentivare il turismo della terza età; i cittadini dai 55 anni in su rappresentano già circa il 25 per cento della popolazione europea; nel corso dei prossimi quattro decenni la popolazione over 60 crescerà del 50 per cento nei Paesi sviluppati, dai 264 milioni di persone nel 2011 ai 418 milioni nel 2050; il turismo della terza età, nonostante la crisi economica, registra un dato del 20 per cento di crescita all'anno e deve considerarsi un'importante risorsa economica;
    nell'ambito delle priorità della politica europea del turismo, la Commissione europea si è impegnata a ridurre la dimensione stagionale del settore, riconoscendo che il contributo dato dagli anziani all'industria turistica europea è notevole e andrebbe rafforzato per far fronte al problema della stagionalità; a tal fine, dopo il successo dell'iniziativa Calypso, la Commissione europea ha avviato nel maggio 2012 la fase pilota dell'iniziativa turismo della terza età e un invito a presentare proposte è stato pubblicato nel 2013 per dare sostegno a questa iniziativa;
    in questo ambito taluni Stati dell'Unione europea hanno già da anni avviato iniziative in tal senso con risultati di assoluto rilievo; in particolare, la Spagna con un'iniziativa avviata nel 1985 con soli 16.000 posti ha ospitato, ad oggi, oltre 12 milioni di anziani. Durante la stagione 2011-2012, il Governo spagnolo ha stanziato 103 milioni di euro per un programma di vacanze, che ha offerto a turisti anziani 1.084.730 pacchetti di servizi e ospitalità turistica completi e a prezzi agevolati fuori alta stagione in località diverse; i risultati economici e lavorativi sono stati notevoli: 238 milioni di euro di maggiori entrate fiscali e oltre 53.000 occupati destagionalizzati;
    l'accordo di partenariato sulla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 prevede che una quota del Fondo per lo sviluppo e la coesione sia destinata allo sviluppo del turismo e al turismo di qualità; in tale quadro la legge di stabilità per il 2014 individua in 24 miliardi di euro la quota di cofinanziamento nazionale ad integrazione dei 30 miliardi di euro di fondi strutturali europei, nonché degli ulteriori 55 miliardi di euro per il Fondo per lo sviluppo e la coesione destinati per una quota dell'80 per cento al Mezzogiorno;
    ai sensi dell'articolo 34-quinquies del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, nei primi mesi del 2013 il Ministro degli affari regionali, dello sport e del turismo pro tempore, Piero Gnudi, ha messo a punto il piano strategico del turismo «Italia 2020»; secondo alcune stime conservative, le azioni contenute nel piano possono tradursi in circa 30 miliardi di euro di incremento del prodotto interno lordo e in 500.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020; il piano individua le criticità del comparto e detta alcune parole d'ordine che sono coordinamento e innovazione; il piano Gnudi, che peraltro si concentra anche sui riflessi positivi derivanti dall'Expo 2015, risulta totalmente inattuato,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative in sede di riforma del Titolo V della Costituzione per una profonda riarticolazione delle competenze tra Stato e regioni, riportando a livello centrale le politiche a sostegno del «marchio Italia» e dei processi di ammodernamento e rilancio del sistema turistico;
   ad adottare iniziative normative urgenti di attuazione del piano strategico del turismo «Italia 2020», previsto ai sensi dell'articolo 34-quinquies del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, riprendendo e aggiornando quanto già elaborato in sede di redazione del decreto «valore turismo»;
   ad individuare quali risorse aggiuntive a quelle nazionali e locali per il rilancio del turismo, sia una quota significativa del Fondo per lo sviluppo e la coesione, nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali 2014-2020, sia quote di ogni altro possibile programma comunitario di sostegno alle imprese quale, ad esempio, il programma Cosme;
   a rafforzare il ruolo degli enti turistici nazionali;
   in una strategia di più lungo periodo, ad introdurre, sull'esempio di quanto già si verifica in altri Paesi, un modello definibile «Sistema turistico integrato», nell'ambito del quale:
    a) amministratori pubblici, associazioni di categoria, manager, imprenditori ed enti turistici collaborino in maniera sinergica, in modo da offrire al cliente pacchetti integrati che comprendano il trasporto, l'accoglienza, la personalizzazione del servizio (accoglienza dedicata per minori, anziani e disabili, possibilità di turismo congressuale o sportivo) e l'organizzazione di eventi (visite ai musei e ai siti culturali, escursioni, percorsi enogastronomici o artigianali);
    b) sia prevista una cabina di regia, quale luogo di coordinamento degli operatori, di individuazione degli obiettivi qualitativi da raggiungere, di valorizzazione delle risorse umane e di selezione delle proposte turistiche innovative destinate a migliorare la competitività del cosiddetto sistema Italia;
    c) siano fortemente valorizzate le identità culturali di ciascun territorio, sia per quel che riguarda gli aspetti culturali, sia con riferimento alla gastronomia e all'artigianato;
    d) siano fissati standard elevati di servizio, ai quali gli operatori devono attenersi, con riferimento all'efficienza delle strutture e dei trasporti, alla professionalità degli operatori, alla qualità delle proposte e degli eventi;
   in attesa della definizione del modello di «Sistema turistico integrato», a rafforzare i circuiti nazionali di eccellenza di cui all'articolo 22 del decreto legislativo n. 79 del 2011 e a prevedere agevolazioni similari a quelle già previste per i distretti industriali in favore dei sistemi turistici locali, di cui al citato articolo 22, qualora gli operatori turistici e gli enti di settore ivi operanti si coordinino per avanzare offerte turistiche integrate;
   al fine di avviare i virtuosi processi di destagionalizzazione descritti in premessa, ad introdurre e a finanziare, con effetto già dalla stagione turistica 2014 e in coordinamento con le esperienze regionali già in corso, un programma volto ad offrire pacchetti turistici agevolati in favore del turismo della terza età e del turismo sociale, sul modello degli analoghi programmi previsti dalla Spagna e dalla Francia;
   in attuazione di quanto previsto sulle spiagge nella legge di stabilità per il 2014, a definire la riforma delle concessioni demaniali, per dare stabilità alle 30.000 aziende balneari e per far ripartire i necessari investimenti.
(1-00402) «Pagano, Dorina Bianchi».


   La Camera,
   premesso che:
    il territorio del comune di Piedimonte Matese è stato l'epicentro di un forte terremoto, in data 29 dicembre 2013, di magnitudo 4,9, localizzato tra le province di Caserta e Benevento, che ha colpito molti comuni dell'area, producendo significative compromissioni statiche di molteplici edifici pubblici e privati rimasti danneggiati in maniera consistente;
    il 20 gennaio 2014 si è verificata un'ulteriore forte scossa di terremoto di magnitudo 4,2 che è stata avvertita non solo nelle zone già colpite in data 29 dicembre 2013 ma anche a Napoli e nella provincia di Campobasso;
    nelle aree dell'alto Matese, le scosse di terremoto hanno provocato ingenti danni sia ad abitazioni private che ad immobili non residenziali e ad edifici pubblici, come scuole, strutture sanitarie, immobili di valore storico monumentale e chiese; molte chiese sono state dichiarate inagibili e chiuse al culto;
    i terremoti hanno arrecato, quindi, notevoli danni e disagi alla popolazione residente, anche a causa dell'inagibilità di strade ubicate in un territorio impervio e montano;
    è improrogabile garantire agli abitanti dei territori dell'alto Matese l'esecuzione delle opere che ripristinino una situazione che riporti alla normalità e, ove necessario, con l'occasione procedere ad interventi strutturali antisismici, tenuto conto dell'alto grado di sismicità del territorio interessato nell'ambito di un approccio organico alla gestione dei terremoti;
    è necessario procedere ad una mappatura aggiornata periodicamente in quanto la cronaca conferma l'alta sismicità del territorio italiano, in cui eventi disastrosi, come quello del 2012 in Pianura Padana o del 2009 in Abruzzo, sono intervallati da un numero consistente e costante di fenomeni di entità più lieve, ma comunque in grado di causare danni a persone, cose e infrastrutture;
    è, altresì, necessario procedere ad interventi di due tipi: interventi successivi ai sismi, da indirizzare specificatamente nelle aree colpite; interventi di prevenzione e riduzione del rischio sismico, da estendere su scala nazionale alle aree maggiormente esposte;
    la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico nel campo del telerilevamento mettono a disposizione strumenti capaci di effettuare mappature rapide post evento, sia di dettaglio che su vaste aree, utilizzabili come metodi speditivi per individuare le criticità maggiori e le priorità d'intervento;
    si evidenzia che lo Stato italiano, tramite diversi Ministeri, può servirsi liberamente di banche dati come ad esempio quella del Piano straordinario di telerilevamento ambientale (PST-A);
    nell'ottica di individuare finanziamenti congrui, al fine di dare continuità agli interventi anche strutturali che necessitano gli immobili pubblici e privati per ottenere una sensibile riduzione del rischio sismico, si evidenzia come il Cresme (Centro ricerche economiche, sociali e di mercato per l'edilizia e il territorio) intervenendo in audizione presso la VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati, ha presentato uno studio in cui veniva dimostrato analiticamente come il meccanismo del cosiddetto «eco-bonus» (esteso attualmente anche agli interventi di adeguamento antisismico) produce, tra imposte e tasse immediatamente riscosse a fronte di un bonus fiscale dilazionato nel tempo, un bilancio nettamente positivo per le casse dello Stato, in particolare nel breve periodo;
    la Protezione civile ha stilato delle norme di comportamento in caso di terremoto, che evidenziano il ruolo attivo del singolo cittadino ed indicano i comportamenti da tenere prima, durante e dopo il sisma per ridurre al minimo la probabilità di subire danni,

impegna il Governo:

   a fornire alle competenti Commissioni parlamentari a tre mesi dagli eventi sismici l'ammontare complessivo dei danni, gli interventi sostenuti, il numero di immobili pubblici e privati che sono stati interessati dall'evento sismico, riportando i danni strutturali che ne hanno impedito l'utilizzo, i tempi necessari al ripristino degli immobili e le risorse fino ad oggi individuate e utilizzate;
   a verificare, di concerto con la regione Campania, entro quindici giorni dall'approvazione del presente documento, la sussistenza di finanziamenti statali, regionali e comunitari che possano essere utilizzati nell'immediato per procedere ai lavori strutturali necessari al ripristino degli immobili pubblici e privati danneggiati e al sostegno delle famiglie e aziende che hanno subito danni a causa degli eventi sismici;
   a verificare in primis in ordine ai fondi comunitari se si sia proceduto ad accedere ai finanziamenti del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per le grandi calamità e, in caso affermativo, ad informare le competenti Commissioni parlamentari dell'entità dei finanziamenti ai quali si è avuto accesso;
   a valutare, in virtù della necessità e dell'emergenza, l'ulteriore opportunità di individuare risorse su fondi europei della programmazione 2007-2013, ancora non spesi o su fondi europei della programmazione 2014-2020;
   nel caso di fondi ancora insufficienti, a seguito della verifica effettuata, ad assumere iniziative normative che prevedano la possibilità di reperire fondi adeguati, in relazione in primo luogo ai danni derivanti dagli eventi sismici richiamati in premessa, anche attraverso l'aumento della tassazione sui giochi d'azzardo e sui superalcolici, e attraverso la riduzione ulteriore delle indennità di parlamentari, sindaci, presidenti di regione, consiglieri comunali e regionali;
   a richiedere alla Banca europea per gli investimenti un finanziamento finalizzato alla realizzazione di un piano per il recupero, la conservazione, la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale danneggiato dagli eventi richiamati in premessa, nonché da altre calamità naturali;
   a valutare l'opportunità di ricavare dai sopra detti interventi risorse per la creazione di un fondo nazionale per fronteggiare le varie emergenze che dovessero presentarsi su tutto il territorio nazionale a seguito di calamità naturali;
   in tale contesto, a predisporre, all'ambito di ogni programma di intervento su edifici pubblici, criteri di priorità di finanziamento basati su evidenze tecnico-scientifiche della stabilità degli edifici, ricavate dall'analisi di dati già in possesso dei vari Ministeri, come, ad esempio, i dati di interferometria satellitare;
   ad assumere iniziative per stabilizzare il bonus fiscale del 65 per cento per l'adeguamento antisismico degli edifici, nell'ottica di mitigare il rischio sismico, innanzitutto nelle aree territoriali in questione, riducendo l'impatto dei futuri terremoti sul patrimonio edilizio pubblico e privato;
   a utilizzare lo strumento della «pubblicità progresso» attraverso reti televisive, radio e siti web, per diffondere, periodicamente, le norme di comportamento da tenersi prima, durante e dopo un terremoto, utilizzando per la copertura economica di tale campagna informativa il fondo già a bilancio al capitolo 563 «Finanziamento di progetti di comunicazione a carattere pubblicitario delle amministrazioni dello Stato, ritenuti di particolare utilità sociale o di interesse pubblico» inserito nel bilancio di previsione 2013 della Presidenza del Consiglio dei ministri, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 gennaio 2013, supplemento ordinario n. 5;
   a rendere pubblici e consultabili i dati di rischio sismico riferiti in particolare ad attività in corso nelle regioni interessate dal sisma;
   ad inviare una relazione alle competenti Commissioni parlamentari su quale sia lo stato di redazione e conoscenza della popolazione, in particolare delle province di Caserta e Benevento, dei piani di emergenza in caso di evento sismico, nonché sull'attendibilità dei piani di evacuazione e prima accoglienza in caso di evento sismico.
(1-00403) «Colonnese, Silvia Giordano, Luigi Gallo, Sibilia, Tofalo, Micillo, Mantero, Segoni, Terzoni, Busto, De Rosa, Zolezzi, Daga, Mannino».


   La Camera,
   premesso che:
    una forte scossa di terremoto di magnitudo 4,9 ha colpito il 29 dicembre 2013 le province di Caserta e Benevento, un'area notoriamente sismica. All'evento sono poi seguite molte altre repliche di magnitudo inferiore;
    la scossa di terremoto, avvertita in tutta la Campania e in Molise, ha avuto il suo epicentro nella provincia di Caserta, tra Castello del Matese e Piedimonte Matese, e gli effetti del sisma si sono sentiti in un raggio di 10 chilometri, interessando principalmente i comuni di Castello del Matese, Gioia Sannitica, Piedimonte Matese, San Gregorio Matese, San Potito Sannitico, in provincia di Caserta, e Cusano Mutri, in provincia di Benevento;
    a Piedimonte Matese è stato fatto evacuare l'ultimo piano dell'ospedale, sono state dichiarate inagibili la chiesa «Ave Gratia Plena» e quella annessa al convento francescano di «Santa Maria Occorrevole». Sono risultati inagibili anche l'istituto agrario e tredici abitazioni. Altre tre a Castello Matese. In provincia di Benevento è stata dichiarata inagibile la chiesa di Santa Maria del Carmelo a Faicchio;
    il terremoto ha prodotto danni anche in Molise: tra gli edifici danneggiati anche un'ala dell'assessorato regionale alle politiche sociali a Campobasso;
    successivamente, il 20 gennaio 2014, una nuova scossa di terremoto di magnitudo 4,2 alle 8,12 è stata localizzata nel distretto sismico Monti del Matese, tra il Molise e la Campania, a cui è seguito un movimento tellurico di magnitudo 3,7. Il sisma è stato avvertito dai comuni in un raggio di 20 chilometri in provincia di Caserta, Benevento e Campobasso; territori in gran parte già colpiti dagli eventi sismici del 29 dicembre 2013;
    in via cautelativa, sono state chiuse dai sindaci tutte le scuole in 22 comuni della provincia di Benevento e medesime chiusure a scopo precauzionale sono avvenute per scuole ed edifici pubblici in numerosi comuni della provincia di Caserta;
    come dichiarato dal direttore del Centro nazionale terremoti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Alberto Michelini, la zona dei Monti del Matese ha un livello di pericolosità sismica molto alta, «tra i più elevati in Italia. Per questo è fondamentale puntare sulla prevenzione, in modo da costruire sulle basi delle indicazioni contenute nella Mappa della pericolosità sismica»;
    la Campania è una delle zone a più alto rischio sismico, eppure, secondo l'ultimo rapporto Ecosistema scuola di Legambiente, circa il 60 per cento del patrimonio edilizio scolastico della regione è precedente al 1974, anno di entrata in vigore delle norme sulle edificazioni nelle zone a rischio sismico. Solo l'8,4 per cento risulta costruito secondo i criteri antisismici: solo nel 31,1 per cento è stata effettuata la verifica di vulnerabilità antisismica a fronte di un 100 per cento di edifici posti in aree a rischio sismico;
    il Presidente dell'Ordine dei geologi della Campania, Francesco Peduto, il 30 dicembre 2013 ha dichiarato all'agenzia AGI: «Sono anni che i geologi cercano di sensibilizzare le istituzioni ai diversi livelli in riferimento al rischio sismico, ed il terremoto che ieri ha interessato la fascia di territorio a cavallo delle province di Caserta e Benevento ha evidenziato ancora una volta la necessità di sviluppare una seria e sistematica politica pluriennale di previsione e prevenzione del rischio sismico. In Campania ben 4.608 edifici scolastici e 259 ospedali sono localizzati in aree ad elevato rischio sismico, tutti i comuni secondo l'ultimo aggiornamento delle mappe sismiche sono stati classificati, a diverso grado, a rischio sismico e circa il 50 per cento ha subito quantomeno un incremento di classe sismica, oppure è stato classificato sismico mentre prima non lo era. È normale, quindi, chiedersi se le scuole dei nostri figli, gli ospedali, gli edifici pubblici e le nostre case siano sicure. E non lo possiamo sapere, perché in Campania ancora oggi non abbiamo un dispositivo legislativo che impone il Fascicolo del Fabbricato: tale strumento ci avrebbe permesso di conoscere lo stato di salute degli edifici»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per garantire le risorse necessarie per gli interventi di riparazione e messa in sicurezza antisismica degli edifici e degli immobili colpiti dagli eventi sismici di cui in premessa;
   ad assumere iniziative per escludere dal Patto di stabilità interno le spese per i sopra detti interventi, sostenute dai comuni interessati a valere su risorse proprie o su donazioni di terzi;
   ad assumere iniziative per prevedere l'istituzione obbligatoria del fascicolo del fabbricato, quale strumento essenziale per conoscere lo stato di un immobile dal punto di vista delle caratteristiche statiche e di sicurezza;
   a prevedere adeguate risorse, con priorità per le zone a maggior rischio sismico (zone 1 e 2), finalizzate a un piano di investimenti necessari alla messa in sicurezza sismica del territorio italiano.
(1-00404) «Scotto, Giancarlo Giordano, Migliore, Ragosta, Zan, Zaratti, Pellegrino, Di Salvo, Piazzoni, Lacquaniti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'11 marzo 2014, la centrale elettrica Tirreno Power di Vado Ligure è stata posta sotto sequestro, su richiesta della procura di Savona, alla luce dei risultati delle perizie eseguite dai consulenti della procura stessa e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    secondo i pm savonesi, che hanno aperto due filoni di inchiesta per disastro ambientale ed omicidio colposo, si stima che tra il 200 e il 2007 i fumi della centrale abbiano causato 442 morti e che siano stati tra i 1700 e i 2000 i ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari, mentre 450 bambini sarebbero stati ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d'asma tra il 2005 e il 2012;
    al centro delle indagini della procura di Savona, oltre ai verbali dei tecnici dell'Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (ISPRA) relativi all'inottemperanza agli obblighi imposti alla centrale Tirreno Power per la concessione dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia), c’è una perizia che prende in esame le ricadute delle emissioni inquinanti della centrale Tirreno Power sulla salute pubblica attraverso due modelli, il primo matematico dell'Università di Genova, che tiene conto, tra i vari fattori, delle emissioni e dei venti, mentre il secondo è basato sull'indagine sul campo effettuata con 40 stazioni di monitoraggio, che utilizzavano i licheni e che hanno avuto due periodi di raccolta dati di quattro mesi ciascuno;
    secondo notizie di stampa riportate il 18 marzo 2014 dal quotidiano Il Piccolo di Trieste, e confermate dal procuratore capo della procura di Gorizia, anche sulla centrale termoelettrica alimentata a carbone di Monfalcone (Gorizia) è stato aperto un fascicolo di indagine relativo all'inquinamento ambientale prodotto da quella centrale ed è stato «affidato a un perito esperto, di alto profilo in fatto di professionalità ed esperienza in materia di inquinamento, di eseguire i relativi rilevamenti»;
    nella centrale di Monfalcone, di proprietà della società A2A spa, due gruppi attualmente funzionanti sono alimentati a carbone (prevalente), rifiuti organici non pericolosi e, per le fasi di avviamento, a olio combustibile/gasolio; detti gruppi sono caratterizzati rispettivamente da una potenza elettrica di 165 megawatt e 171 megawatt. L'esercizio di tali gruppi è disciplinato dall'autorizzazione integrata ambientale (AIA), rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel mese di marzo del 2009. Nel 2011 venne sospeso l'incenerimento dei rifiuti organici dopo un'inchiesta per truffa e smaltimento illecito di rifiuti, tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, che ha coinvolto anche alcuni dipendenti della centrale e che ha portato ad otto arresti da parte dei carabinieri del nucleo operativo ecologico (NOE);
    la centrale di Monfalcone è inserita in un contesto industriale particolarmente pesante e, per la sua ubicazione in un quartiere densamente abitato e per le ricadute degli inquinanti sul territorio, ha da sempre costituito fonte di viva preoccupazione per la cittadinanza;
    nel 2013 l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) della regione Friuli Venezia Giulia ha pubblicato la ricerca «Biometraggio dell'inquinamento da gas fitotossici nella Regione Friuli Venezia Giulia tramite licheni come bioindicatori». Questo studio è basato sull'analisi della biodiversità dei licheni che vivono sulla scorza degli alberi, organismi sensibili nei confronti di diversi gas tossici, principalmente anidride solforosa e ossidi di azoto. Il campionamento è stato eseguito in 72 stazioni, distribuite in tutta la regione Friuli Venezia Giulia, tra marzo 2011 e ottobre 2012 e lo studio ha rilevato che «i valori peggiori si concentrano in prossimità della centrale termoelettrica di Monfalcone e presso la Ferriera di Trieste e Muggia»;
    le rilevazioni effettuate dall'ARPA si riferiscono solo ad alcuni parametri, quali anidride solforosa, ossidi di azoto, monossido di carbonio, polveri, mentre «scarseggiano le informazioni su molti inquinanti come i metalli»;
    nel 1999 fu l'Enel, che aveva realizzato e ancora gestiva la centrale a carbone di Monfalcone, a commissionare, all'università di Trieste, uno studio di biomonitoraggio lichenico che, nei risultati, evidenziava preoccupanti livelli di metalli pesanti, causa principale di neoplasie, nei licheni di 52 stazioni di monitoraggio;
    detto studio, concluso nel 2001, segnalava infatti la presenza di arsenico e cadmio al limite delle concentrazioni naturali oltre ad altre sostanze estremamente pericolose. Sia nell'autorizzazione integrata ambientale del 2009, che nelle precedenti procedure di autorizzazione governativa, non è stato fatto alcun riferimento significativo a detto studio, né sono state richieste analisi mirate alla rilevazione dei metalli pesanti nell'ambiente, limitandosi a valutare il monossido e diossido di azoto, monossido di zolfo e polveri totali sospese, elementi palesemente più volatili rispetto ai metalli pesanti e, perciò, più soggetti al trasporto aereo e ad una dispersione più diffusa nell'ambiente con conseguente diminuzione di concentrazione in zone specifiche;
    nel febbraio 2014 è stato reso pubblico un nuovo studio, «Biomonitoraggio attivo della deposizione di elementi in traccia intorno alla città di Monfalcone mediante licheni», commissionato dall'imprenditore locale Alessandro Vescovini all'Università di Trieste, Dipartimento di scienze della vita. Anche in questo caso ci si è basati sullo «studio di bioaccumulo tramite licheni» con prelievi in 52 stazioni. Dai risultati, che riguardano la prima fase di studio, appare «evidente» la presenza di inquinamento da metalli pesanti in alcuni dei 10 punti monitorati sui 52 della griglia e la situazione di maggiori «anomalie» riguarda il rione di Panzano (E6), il più contaminato da «nichel, piombo, cadmio e zinco», sostanze cancerogene secondo l'agenzia americana Atsdr (Agency for toxis substance & disease registry);
    attualmente in Italia sono in funzione 13 centrali a carbone, di diversa potenza installata e differente tecnologia impiegata: tre in Liguria, una in Lombardia, due in Veneto, una in Friuli Venezia Giulia, due in Sardegna, una nel Lazio, una in Umbria, due in Puglia;
    le centrali, con i rispettivi gruppi proprietari sono: Edipower Centrale Termoelettrica Brindisi, E.ON Centrale di Fiume Santo, A2A Centrale di Lamarmora, A2A Centrale di Monfalcone, Tirreno Power Centrale Vado Ligure, Enel Centrale della Spezia «Eugenio Montale», Enel Centrale di Torrevaldaliga Nord, Enel Centrale Sulcis «Grazia Deledda», Enel Centrale «Federico II» Brindisi Sud, Enel Centrale di Fusina, Enel Centrale di Marghera, Enel Bastardo Centrale «Pietro Vannucci», Enel centrale di Genova;
    sono inoltre previsti diversi nuovi progetti d'impianti a carbone: si va dalla già autorizzata realizzazione di un nuovo gruppo da 460 MW a Vado Ligure (di proprietà Tirreno Power) alla riconversione della centrale di Porto Tolle (1.980 MW) di proprietà Enel. È in fase di VIA un impianto ex novo a Saline Joniche in Calabria (1.320 MW) della società SEI, nella stessa regione ogni tanto si torna a parlare della riconversione dell'impianto di Rossano Calabro (1.200 MW) di proprietà Enel (ma il parere VIA era stato negativo), in Sardegna oltre alla già autorizzata centrale di Fiume Santo (410 MW) di proprietà E.On si ipotizzava anche un nuovo impianto nel Sulcis, e si inizia a parlare anche di qualche altro progetto. Anche la A2A, proprietaria della centrale di Monfalcone (Gorizia), negli anni scorsi aveva ipotizzato la sostituzione di 2 dei 4 gruppi di produzione di energia elettrica alimentati a carbone e risalenti agli anni 1965 e 1970, di potenza elettrica complessivamente di 361 megawatt, con un nuovo impianto, di 340 MW di potenza, prevalentemente a carbone ma capace di bruciare anche biomasse;
    lo scorso gennaio il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha bloccato nuovamente il progetto di conversione a carbone della centrale a olio termoelettrica di Polesine Camerini, Porto Tolle, da 2,7 miliardi di euro. Dopo nove anni l’iter deve ripartire da capo in quanto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emesso un provvedimento «interlocutorio-negativo» al termine della valutazione di impatto ambientale (Via) rilevando «gravi carenze e contraddittorietà» nel progetto e invitando Enel a ripresentarlo da capo, insieme a un nuovo studio di impatto ambientale;
    non solo, sempre per la stessa centrale di Porto Tolle, negli stessi giorni di gennaio, una perizia dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), depositata nel processo «Enel bis» a Rovigo, per la prima volta, ha calcolato i costi della mortalità e dei danni ambientali per le emissioni in eccesso prodotte da quell'impianto termoelettrico a olio che si vorrebbe riconvertire a carbone. Rispetto all'impatto economico per lo Stato della centrale di Porto Tolle, in provincia di Rovigo i periti dell'Ispra hanno infatti calcolato: 2,6 miliardi di danni sanitari, essenzialmente per la mortalità in eccesso, più un miliardo per omessa ambientalizzazione. In totale quindi un risarcimento da 3,6 miliardi di euro per danno ambientale e sanitario. A chiedere la perizia, firmata da Leonardo Arru su incarico dell'avvocatura di Stato, sono stati i Ministeri di ambiente e salute, parte civile nel procedimento, denominato «Enel bis», insieme alle associazioni ambientaliste;
    questa perizia potrebbe diventare un precedente per tutta una serie di situazioni pendenti ad altissimo impatto ambientale oggetto d'indagine o di processi di riconversione: dalla Tirreno Power (ex Enel oggi gruppo De Benedetti) di Vado Ligure (Savona), per la quale la locale procura indaga per gli stessi capi di imputazione, passando per le centrali di Brindisi (Enel), Monfalcone in provincia di Gorizia (A2A), Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia (Enel);
    secondo i «Dati statistici sull'energia elettrica in Italia», di Terna, le centrali a carbone hanno prodotto circa 44.726 Gigawatt ora nel 2011 e 46.755 Gigawatt ora nel 2012, contribuendo rispettivamente al 12,9 per cento e al 13,7 per cento del fabbisogno elettrico complessivo italiano;
    secondo l'ISPRA, «Fattori di emissione per la produzione ed il consumo di energia elettrica in Italia», gli impianti a carbone, nel 2011, hanno prodotto oltre 38,3 milioni di tonnellate di CO2 che, nel 2012, hanno superato i 40 milioni di tonnellate, corrispondenti quindi a oltre 1/3 di tutte le emissioni del sistema elettrico nazionale;
    il carbone usato da questi impianti è sostanzialmente d'importazione, dal momento che il nostro Paese non dispone di risorse carbonifere adeguate allo sfruttamento, sia in termini quantitativi sia qualitativi, infatti il poco carbone presente in Sardegna, nell'area del Sulcis, ha un tenore troppo alto di zolfo, circa il 6 per cento, vale a dire dieci volte quello del carbone d'importazione;
    l'uso del carbone è una delle maggiori fonti d'inquinamento a livello globale, con gravi impatti sulla salute di persone, organismi viventi ed ecosistemi. Dai processi di combustione del carbone si liberano numerose sostanze tossiche, alcune bioaccumulabili, altre cancerogene;
    un'ampia letteratura scientifica dimostra come dalla combustione del carbone si liberino sostanze che impattano in modo pesante sulla salute delle persone provocando al contempo pesanti danni economici e sanitari che, se correttamente internalizzati nei costi energetici, metterebbero fuori mercato questo combustibile, tesi ampiamente documentata nel Dossier del WWF Italia, pubblicato nel novembre 2013, «Carbone: un ritorno al passato inutile e pericoloso»;
    le fonti fossili comunque rappresentano la principale minaccia per il clima del pianeta in quanto proprio dalla combustione delle fonti fossili si libera quasi il 90 per cento del carbonio che si sta accumulando nell'atmosfera terrestre. Proprio il carbonio è il principale responsabile dell'alterazione del clima e del conseguente riscaldamento globale, come evidenzia un'imponente mole di studi scientifici e ricerche internazionali;
    come riportato dalla IEA, l'Agenzia internazionale dell'energia fondata, nel 1974, dall'OCSE in seguito allo shock petrolifero dell'anno precedente, nel suo «Key World Energy Statistics», pubblicato nel 2013, il 44 per cento della CO2, corrispondente a quasi 13,8 miliardi di tonnellate, è stata originata, nel 2011, dalla combustione del carbone;
    anche ricorrendo alla migliore tecnologia a carbone per ogni kWh prodotto, vengono emessi comunque oltre 750 grammi di CO2 contro i 370 del gas naturale in impianti a ciclo combinato. Del resto, a parità di energia primaria disponibile, le emissioni di CO2 provenienti dalla combustione del carbone arrivano a essere del 30 per cento superiori a quelle del petrolio e del 70 per cento superiori a quelle del gas naturale;
    negli ultimi anni, grandi aziende di produzione di energia italiane, per favorire l'apertura di nuove centrali a carbone, hanno lanciato il così detto «carbone pulito», una definizione impropria e fuorviante poiché i dati di emissione di questi impianti mostrano comunque performance sensibilmente peggiori rispetto a quelle di un ciclo combinato a gas;
    la tecnologia del «carbone pulito», che nulla a che fare con la riduzione delle emissioni di CO2, è così definita perché gli impianti sono dotati di desolforatori e di denitrificatori (DeNOx), oltre che di filtri a manica. Si tratta in realtà di sistemi che permettono di abbattere solo una parte delle sostanze inquinanti, quali una frazione degli ossidi di zolfo, di azoto e di particolato, che comunque continuano a essere sempre nettamente superiori rispetto a quelle di una centrale di pari potenza a ciclo combinato a gas;
    in sostanza la migliore tecnologia a carbone «pulito», nonostante la presenza dei desolforatori, presenta livelli di anidride solforosa (SO2) ben 140 volte superiori rispetto a quelli emessi da un ciclo combinato a gas. Analogamente la presenza di denitrificatori ha permesso di ridurre le emissioni di ossidi di azoto (NOx), ma queste restano comunque circa 4,5 volte superiori rispetto a quelle del gas;
    per quanto riguarda le emissioni di «polveri fini» (PM), anche con l'introduzione di filtri a manica, queste risultano ben 71 volte superiori rispetto a quelle del gas. Occorre però rilevare che la capacità di trattenere il particolato da parte dei filtri si limita al PM10. I filtri sono assai meno efficaci sul PM 2.5 e praticamente inutili per trattenere le polveri ultra fini che, proprio per le loro ridotte dimensioni, sono in grado di penetrare negli alveoli polmonari veicolando pericolosi contaminanti all'interno del nostro organismo, fattore questo che costituisce oggi la causa più importante di incremento della mortalità e della morbilità (frequenza di una malattia in una popolazione);
    una consistente frazione del particolato ultrafine deriva proprio dai processi di combustione. Si tratta di particelle costituite da un nucleo di carbonio rivestito da altre sostanze chimiche, compresi metalli pesanti o composti organici. Proprio le dimensioni delle particelle e la loro composizione chimica determinano l'entità del rischio per la salute umana ed è assodato come proprio le particelle più piccole siano quelle maggiormente pericolose per la capacità di superare la barriera polmonare ed entrare nel circolo sanguigno;
    un'ampia letteratura scientifica documenta come l'inquinamento atmosferico, prodotto dall'uso dei Combustibili fossili, sia causa di gravi patologie umane oltre che di seri danni all'ambiente, come nel caso delle emissioni di anidride solforosa o biossido di zolfo (SO2), un gas incolore con caratteristico odore pungente e irritante. Questo gas proviene soprattutto dagli impianti termoelettrici a carbone;
    dal processo di combustione del carbone sono rilasciate anche svariate decine di altre sostanze tossiche, che sono causa di gravi patologie. Tra questi ad esempio figurano mercurio, arsenico, cromo e cadmio, tutti cancerogeni conclamati secondo lo IARC (International Agency for Research on Cancer);
    negli Stati Uniti, l'EPA (United States Environmental Protection Agency) ha rilevato 67 differenti inquinanti emessi da impianti che bruciano carbone, di questi inquinanti, ben 24 sono stati classificati dall'EPA come cancerogeni;
    anche in Italia non mancano studi che attestano un aumento significativo di mortalità per tumore al polmone connessa alle emissioni di metalli pesanti provenienti da una centrale a carbone. È il caso, ad esempio, di La Spezia e provincia (S. Parodi et. al. Lung cancer mortality in a district of La Spezia (Italy) exposed to air pollution from industrial plants, Tumori, 90: 181-185, 2004) dove, proprio nelle aree con maggiore ricaduta degli inquinanti, soprattutto metalli pesanti, prodotti dall'impianto, si riscontrava il maggior numero di decessi, addirittura più che doppi rispetto alle aree non esposte;
    sempre in Liguria, nella provincia di Savona, i dati di mortalità nel periodo 1988-1998 dimostrano un'incidenza statisticamente significativa di patologie tumorali al polmone, patologie ischemiche cardiovascolari e cerebrovascolari (ictus) ben correlabili con la presenza della centrale a carbone di Vado (C. Casella et al. Atlante della Mortalità nella Provincia di Savona 1988-1998. IST Genova);
    nel novembre 2011 l'Agenzia europea per l'ambiente (EEA) ha pubblicato uno studio sugli impatti sanitari, ambientali ed economici dell'inquinamento atmosferico dei principali impianti industriali europei. In quella ricerca (Revealing the cost of air pollution from industrial facilities in Europe) l'EEA presenta una classifica dei 20 impianti industriali più inquinanti, per emissioni atmosferiche, nel nostro continente: al 18esimo posto viene classificata la centrale termoelettrica a carbone Enel Federico II, a Brindisi;
    lo studio EEA fornisce una stima del costo aggregato dei danni sanitari, economici e ambientali di quell'impianto: un importo economico tra i 536 e i 707 milioni di euro, in riferimento ai dati di emissioni del 2009 (fonte registro E-PRTR);
    l'associazione ambientalista Greenpeace Italia, nel 2012, ha commissionato all'istituto di ricerca indipendente olandese SOMO una ricerca che, utilizzando lo stesso metodo applicato dall'EEA, estendesse lo studio a tutte le centrali termoelettriche a carbone di Enel in Italia e in Europa e a tutte le centrali alimentate con fonti fossili di Enel in Italia;
    lo scopo della ricerca di Greenpeace era quello di mettere in luce gli impatti e le esternalità che derivano dall'impiego del carbone nella produzione termoelettrica, così come calcolati attraverso la metodologia EEA, facendo riferimento a dati di emissione di fonte istituzionale;
    secondo i risultati di quel rapporto, utilizzando dati riferiti al 2009, si evince che le morti premature associabili alle emissioni della produzione elettrica con fonti fossili di Enel per l'anno 2009 in Italia sarebbero 460. I danni associati a queste stesse emissioni sono stimabili in quasi 2,4 miliardi di euro;
    la produzione termoelettrica da carbone costituisce una percentuale preponderante di questi totali: a essa sarebbero ascrivibili 366 morti premature (80 per cento), per quell'anno, e danni per oltre 1,7 miliardi di euro (75 per cento);
    sempre secondo lo studio di Greepeace un impianto a carbone, a parità di energia prodotta, presenterebbe un costo esterno superiore a due volte e mezzo rispetto al gas. Se poi si guarda ai costi esterni imputabili alla sola CO2, il carbone presenta valori circa doppi; se invece si focalizza l'attenzione sui danni da inquinamento, il carbone presenterebbe un impatto sei volte superiore a quello del gas;
    se poi si considera la mortalità in eccesso dovuta alle emissioni inquinanti, la centrale a carbone comporterebbe un impatto di oltre cinque volte e mezza rispetto a quella alimentata a gas, con fino a 62 casi attesi di morti premature rispetto agli 11 del gas;
    nell'Unione europea (a 27 Paesi) si stima che l'impatto sanitario causato dagli impianti a carbone ammonti a 18.200 morti premature all'anno, 8.500 nuovi casi di bronchiti croniche, oltre 4 milioni di giorni di lavoro persi;
    i costi economici dell'impatto sanitario provocato dalla combustione del carbone in Europa si stima siano compresi tra 15,5 e 42,8 miliardi di euro annui. Tali costi sono principalmente associati a malattie respiratorie e cardiovascolari (HEAL. The Unpaid health bill: How coal power plants make us sick. March 2013);
    altro motivo di preoccupazione, derivante dalla combustione del carbone, riguarda l'emissione di radionuclidi che comporta una maggiore esposizione alle radiazioni ionizzanti sia per chi lavora nelle centrali a carbone sia per le popolazioni residenti;
    in Europa l’Health and Environment Alliance (HEAL) ha stimato costi, per l'impatto sanitario provocato dalla combustione del carbone, compresi tra 15,5 e 42,8 miliardi di euro annui (HEAL. The Unpaid Health Bill: How coal power plants make us sick. March 2013);
    la stessa Unione europea, per valutare i costi esterni della produzione di energia, ha realizzato il progetto ExternE (EUROPEAN COMMISSION External Costs Research results on socio-environmental damages due to electricity and transport);
    per la prima volta in maniera scientifica e con un lavoro che ha visto coinvolti decine di studiosi di una ventina di differenti paesi, è stata definita una metodologia per pesare le esternalità ambientali e, soprattutto, sanitarie connesse ai vari usi dell'energia, a iniziare dalla produzione elettrica;
    questo enorme lavoro, durato anni, ha finito con l'attribuire all'inquinamento prodotto dalle centrali termoelettriche un costo, in termini d'impatto sanitario, stimabile in decine di miliardi di euro l'anno, la maggior parte dei quali dipendono proprio dall'uso del carbone, considerato il combustibile con le maggiori esternalità;
    esiste poi un recente rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente (EEA) proprio volto a definire il costo complessivo delle emissioni inquinanti da impianti industriali su salute e ambiente da cui emerge che, nel 2009, in Europa il costo dei danni causati dalle emissioni degli impianti industriali è stimato essere almeno pari a 102-169 miliardi di euro e che un numero limitato di grandi impianti è responsabile della maggior parte dei costi dell'inquinamento;
    il settore della generazione elettrica dà il maggiore contributo d'inquinamento, cui corrispondono costi dell'ordine di 66-112 miliardi di euro. Se si escludono i costi dei danni provocati dalla CO2, i costi del settore oscillano tra 26 e 71 miliardi di euro;
    nel valutare l'impatto ambientale complessivo delle centrali a carbone (anche quello «pulito») non basta però considerare le varie emissioni inquinanti o climalteranti, ma è importante tenere conto di altri aspetti che pesano sul ciclo di vita di questo combustibile, come quello della dispersione delle polveri durante le operazioni di approvvigionamento delle materie prime e della movimentazione dei materiali da smaltire (carbone, calcare, gesso e ceneri). Stesso approfondimento andrebbe fatto anche per il consumo di acqua. Si stima che per ogni megawatt ora prodotto da carbone, con migliore tecnologia, si generi un flusso di materiali oltre 20 volte superiore quello prodotto da gas naturale, di tipo convenzionale, impiegato in un ciclo combinato (Gleick, P.H. (1994). Water and Energy. Annual Review of Energy and the Environment, 19: 267-299). Analogamente il flusso di acqua usato in tutto il ciclo di vita del combustibile carbone può arrivare a essere anche 100 volte superiore rispetto a quelle del gas naturale convenzionale;
    occorre anche sottolineare come proprio i miglioramenti conseguiti nel contenimento delle emissioni da parte delle centrali elettriche a carbone, come è proprio il caso del carbone «pulito», abbiano, come contropartita, un aumento della produzione di rifiuti, che in alcuni casi sono anche estremamente pericolosi: i residui della combustione costituiti da ceneri volanti, ceneri pesanti e scorie di carbone contengono infatti un'ampia gamma di metalli pesanti tossici che, se non correttamente gestiti, possono comportare grave rischio per la salute umana e l'ambiente;
    più in generale nell'Unione europea, dalla produzione di energia elettrica da carbone, si genera quasi il 4 per cento della produzione totale dei rifiuti provenienti dalle attività economiche;
    una centrale della potenza di circa 2.000 megawatt (come quella di Civitavecchia o come quella che si vorrebbe realizzare a Porto Tolle nel delta del Po), brucia fino a 5.000.000 di tonnellate all'anno di carbone che producono oltre 550.000 tonnellate di ceneri da smaltire. Inoltre, si consumano oltre 180.000 tonnellate anno di calcare per i filtri desolforatori e 13.000 tonnellate di urea per i denitrificatori. Una simile centrale consuma poi oltre 1 milione di metri cubi di acqua all'anno per gli impianti di raffreddamento e quasi 2,5 milioni per i desolforatori. L'impianto produce ogni anno quasi 1 milione di metri cubi di acque inquinate e 6.000 tonnellate di fanghi derivanti dal trattamento delle acque che devono essere smaltite in discariche per rifiuti speciali;
    questi elementi di criticità dovrebbero essere tenuti in grande considerazione quando si orientano le scelte energetiche soprattutto quando, come nel caso dell'Italia, non si dispone di adeguate riserve di combustibili fossili;
    la scelta carbone, poi, è ancor più sbagliata, per un Paese come l'Italia, sostanzialmente privo di giacimenti. Una scelta che non solo danneggia l'ambiente e la salute delle persone ma non migliora neanche il livello di sicurezza energetica;
    peraltro in Italia l'uso del carbone non permetterebbe neanche di ridurre il costo della bolletta energetica, dal momento che il suo prezzo, soprattutto quello commerciato a livello internazionale, è fortemente condizionato dal costo del petrolio, la fonte necessaria per trasportarlo;
    attualmente molti Paesi stanno pianificando e attuando la dismissione di impianti a carbone per la produzione di energia;
    la Germania che, a oggi, produce il 45 per cento della sua energia con il carbone e che ha deciso di uscire dal nucleare, ha impostato un piano energetico nazionale che prevede che nel 2050 l'uso del carbone diverrà marginale;
    la Spagna dal ’90 ha ridotto il consumo di carbone del 47 per cento, la Gran Bretagna lo ha ridotto del 49 per cento (fonte U.S. Energy information administration), gli USA, insieme ai Paesi scandinavi, si sono impegnati a non finanziare più centrali a carbone all'estero;
    è plausibile attendersi, in futuro, un progressivo incremento dei prezzi del carbone se la domanda sul mercato internazionale, per spinta dei paesi non OCSE, continuerà ad aumentare. Lo stesso inasprimento delle normative ambientali, volto a contrastare l'inquinamento e le emissioni climalteranti, farà lievitare i costi dell'energia prodotta da carbone;
    proprio in questi mesi si stanno discutendo a livello comunitario i prossimi obbiettivi europei di riduzione dei gas serra, dei quali la combustione del carbone è uno dei maggiori responsabili, da rispettare entro il 2030;
    se l'obbiettivo di riduzione si attestasse, come pare, tra il 35 e il 40 per cento, anche per il nostro Paese si imporrebbe di adottare una legislazione che limiti l'uso del carbone visto che da esso deriva oltre il 30 per cento di emissione nazionale di CO2;
    l'Italia ha una sovra capacità di produzione di energia elettrica tale da costringere molte delle centrali tradizionali a funzionare parzialmente, quindi, il nostro Paese non ha bisogno di investire in impianti tradizionali o a carbone ma farebbe meglio a puntare su un diverso modello energetico centrato sul risparmio, l'efficienza e le fonti rinnovabili, partendo dalla generazione distribuita in piccoli impianti alimentati sempre più da energie rinnovabili allacciate a reti intelligenti (Smartgrids);
    il modello energetico fondato su grandi centrali e lo sfruttamento dei combustibili fossili, negli ultimi anni, è sostanzialmente entrato in crisi. Il tentativo di perpetuarlo attraverso impianti che usano il carbone, un combustibile vecchio, anti-storico, legato alla rivoluzione industriale di sue secoli fa, causa enormi problemi ambientali e sottopone la collettività a rischi e costi inammissibili e duraturi;
    la pigrizia imprenditoriale e le rendite di posizione non possono essere premiate: la transizione verso un nuovo modello energetico e una nuova economia è iniziata;
    per questo è determinante che l'Italia sappia prendere la strada giusta iniziando ad abbandonare tutti i progetti di nuovi impianti a carbone, pianificando la chiusura delle dannose centrali a carbone in esercizio e riconvertendo quegli impianti in centrali di produzione di energia da gas o direttamente da fonti rinnovabili, come nel caso del solare termodinamico;
    la prospettiva di una decarbonizzazione della produzione di energia è tecnicamente fattibile, ambientalmente desiderabile, socialmente utile ed economicamente convincente;
    su questa strada si è del resto incamminata anche l'Unione europea, e diversi studi, tra cui proprio gli scenari previsti dall'UE per lo sviluppo della settore energetico, mostrano che uno scenario a emissioni zero nel settore elettrico è possibile senza ricorrere al nucleare,

impegna il Governo:

   ad avviare e rendere permanente, a integrazione dello studio «Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento» (SENTIERI), una indagine epidemiologica nazionale delle aree esposte a rischio da inquinamento in cui sono insediate centrali a carbone, al fine di verificare l'effettiva incidenza dell'inquinamento prodotto da dette centrali sull'ambiente e sulla salute pubblica, e lo stato di salute della popolazione residente in dette aree;
   a prevedere opportune iniziative normative volte a implementare e rendere rigorosa l'attuale disciplina in materia ambientale e sanitaria, relativamente alle attività di monitoraggio e controllo ambientale e sanitario, con particolare riferimento agli impianti industriali altamente inquinanti, e a tutela della salute della popolazione residente nelle aree interessate dai medesimi impianti;
   ad avviare puntuali analisi volte a verificare l'effettivo costo della produzione di elettricità da carbone rispetto alla produzione di energia da fonti rinnovabili, includendo a tal fine nei costi del kilowatt ora dell'elettricità da carbone anche le esternalità negative, ossia gli impatti ambientali e sanitari causati dalle emissioni climalteranti e inquinanti della combustione del carbone medesimo;
   a prevedere una moratoria per le nuove centrali a carbone e a olio combustibile nuove o riconvertite;
   ad avviare una politica industriale ed energetica per la riduzione progressiva dell'uso del carbone per la produzione di energia elettrica fino al suo completo abbandono, e la riconversione a gas naturale e/o solare termodinamico, delle centrali termoelettriche che oggi utilizzano olio combustibile o carbone;
   a definire una roadmap di decarbonizzazione che riguardi tutti i settori, dall'elettrico ai trasporti, dall'industria ai servizi, per perseguire l'obiettivo del «Carbonio Zero» entro il 2050, fissando obiettivi intermedi almeno decennali (2020, 2030, 2040) e target settoriali;
   a predisporre conseguentemente una nuova Strategia energetica nazionale, avviando un piano energetico e una politica ambientale in grado di perseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto, e volta a favorire un sistema energetico distribuito, fondato sul risparmio energetico, sull'efficienza e sulle fonti rinnovabili, che si ponga l'obiettivo del 100 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili nel 2050;
   ad attuare, in linea con le conclusioni del Consiglio europeo del 22 maggio 2013, opportune iniziative normative finalizzate alla cancellazione dei sussidi ai combustibili fossili, a partire da quelli individuati dall'OCSE e quelli finanziati a carico della bolletta elettrica.
(1-00405) «Pellegrino, Quaranta, Zan, Zaratti, Migliore, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Lavagno, Kronbichler, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Pannarale, Piazzoni, Piras, Placido, Ragosta, Sannicandro, Scotto».


   La Camera,
   premesso che:
    il 15 giugno 2000 Enrico Forti, nato in Italia nel 1959, ex campione mondiale di windsurf, filmaker, produttore televisivo, fu condannato all'ergastolo per l'omicidio di Dale Pike, 42 anni, dalla Dade County di Miami in Florida, con l'accusa di «aver personalmente e/o con altra persona o persone allo stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, provocato dolosamente e preordinatamente la morte di Dale Pike». In Key Biscayne – Virginia Key – il 15 febbraio 1998. Il corpo di Dale fu trovato il 16 febbraio 1998, sulla spiaggia di Sewer Beach, in Key Biscayne. La vittima era stata raggiunta da due colpi di arma da fuoco esplosi alla nuca a distanza ravvicinata. Il movente dell'omicidio, secondo la Corte, fu l'eliminazione di Dale «ostacolo all'acquisto truffaldino dell'hotel Pike's di Ibiza di proprietà del padre di Dale». Il movente fu smentito dal notaio German Leon Pena, che in Spagna aveva rogato il preliminare di vendita tra Anthony Pike e Forti. Pena disse al prosecutor Rubin e all'avvocato di Forti Loewy, che Anthony Pike non risultava proprietario di alcuna azione delle tre società che vantavano il 95 per cento della proprietà dell'Hotel. Il prosecutor Rubin non esibì alla Corte la testimonianza di Pena che scagionava Forti dal movente. Ma ci fu una omissione anche del legale di Forti, che non chiese la testimonianza di Pena. In realtà, era stato il Forti a subire un danno pagando ad A. Pike un acconto di 25.000 dollari alla stipula del preliminare Anthony lo ammise a Londra davanti a Rubin e Loewy. Thomas Knott, pregiudicato condannato in Germania a sei anni per truffa e bancarotta fraudolenta, espatriato dalla Germania, mentre era in libertà vigilata, con documenti falsi forniti da Anthony Pike, fu sospettato dell'omicidio di Dale. Per questo subì una perquisizione domiciliare disposta dal prosecutor. Tuttavia Knott patteggiò la pena con il Prosecutor Rubin e, benché truffatore di professione, divenne fondamentale testimone di accusa contro Forti. Peraltro risulterebbero circostanze quantomeno opache circa il ruolo di Anthony Pike che, anziché confermare ciò che aveva detto al persecutor Rubin e all'avvocato Ira Loewy a Londra il 26 e 27 marzo 1999, e cioè che lui Anthony non aveva alcun titolo per la vendita dell'albergo, modificò radicalmente la sua versione dei fatti in senso accusatorio verso Forti. In particolare, non è chiaro se ciò sia avvenuto sulla base di pressioni esterne. Al processo Antony divenne il principale testimone d'accusa contro Forti. Le prove documentali e testimoniali raccolte, dopo la condanna, da Enrico Forti e dai suoi familiari, con l'assistenza in Italia dell'avvocato Ferdinando Imposimato e della criminologa Roberta Bruzzone, dimostrano chiaramente come Enrico Forti fosse, quando fu sentito come teste dalla Polizia di Miami, a tutti gli effetti, indagato per il delitto di Dale. La Polizia di Miami disse a Forti di recarsi all'ufficio di polizia la sera del 19 febbraio 1998. Forti si presentò puntuale e alle 18,55 cominciò quella che doveva essere una chiacchierata informale e invece si rivelò un vero e proprio interrogatorio di indagato, senza che venisse avvisato, come era doveroso secondo la Costituzione americana e secondo il trattato sui diritti civili e politici di New York, che era indagato di omicidio. L'articolo 14, comma 3, lettera a), del patto di New York, prescrive che «ogni individuo accusato di un reato, ha diritto come minimo ad essere informato sollecitamente della natura e dei modi dell'accusa a lui rivolta». Dell'interrogatorio, avvenuto con videoregistrazione, sono scomparse le registrazioni video e audio. L'indagine sulla morte di Dale Pike proseguì contro Forti, mentre Thomas Knott stipulò un accordo segreto con lo Stato (plea agreement) diventando di fatto un testimone decisivo per l'accusa contro Forti;
    nel caso Forti sono state violate diverse norme del patto di New York del 16 dicembre 1966, ratificati dagli Stati Uniti l'8 settembre 1992, vincolante per gli USA, e della Costituzione USA;
    l'accusa contro Enrico Forti era confusa, generica, incomprensibile e non consentì una adeguata difesa a Forti: non era chiaro, dopo alcuni cambiamenti del capo di imputazione, se Forti avesse agito come mandante o come esecutore materiale, da solo o con uno o più complici, e quale fosse l'arma del delitto. La genericità dell'accusa violò una norma fondamentale del patto di New York del 1966; l'articolo 14, comma 3, dispone, infatti, che «Ogni individuo accusato di un reato, ha diritto ad essere informato sollecitamente e in modo circostanziato della natura e dei motivi dell'accusa a lui rivolta». Il prosecutor contestò a Forti in un primo tempo di essere stato l'esecutore materiale dell'omicidio, ma di fronte all'alibi di Forti, – che dimostrò, con le celle del suo portatile, di essersi trovato lontano dal luogo del delitto al momento del fatto – , cambiò l'accusa nel modo seguente «per avere il Forti Enrico personalmente e/o (sic) con altra persona e persone allo stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamente, la morte, di Dale Pike». Sulla base di questa nuova imputazione, di dubbia legittimità perché generica e alternativa, in cui si accusava contraddittoriamente Forti di avere agito «personalmente», o con una o più persone non identificate, «ognuno con la propria condotta partecipativa» che non veniva descritta, «e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso», che non veniva definito, venne inflitta la condanna all'ergastolo. La Corte concludeva: «La Corte non ha le prove che lei signor Forti abbia premuto il grilletto, ma ho la sensazione (sic), al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l'istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Lo condanniamo all'ergastolo senza condizionale. Dall'accusa generica e vaga, con complici evanescenti mai identificati, Forti non poté in alcun modo difendersi. Fu violato in tal modo sia la regola che prescrive di informare «in modo circostanziato» (articolo 14, comma 3, del PI di New York 1966) l'accusato, sia il principio di legalità, «nullum crimen, nulla poena sine lege» di cui all'articolo 14 PI New York che prescrive all'articolo 14, comma 2, che per la condanna si richiede che «la colpevolezza sia provata legalmente». Postulato che è contenuto, oltre che nel PI di New York del 1966, nella dichiarazione universale sui diritti dell'uomo, nel patto delle Nazioni unite del 1966, nella convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e nella Costituzione Repubblicana;
    altra violazione dell'articolo 14 del patto di New York, riguarda l'obbligo per l'autorità che indaga di informare sollecitamente l'accusato della natura e dei motivi dell'accusa. Al contrario, la Polizia violò l'articolo 14 lettera b del patto di New York del 16 dicembre 1966, che: stabilisce che «ogni individuo accusato di un reato, ha diritto a disporre del tempo e dei mezzi necessari alla preparazione della difesa ed a comunicare con un difensore di sua scelta». Invece il 19 febbraio 1998, Forti fu sottoposto a un lungo interrogatorio protrattosi diverse ore, senza potersi avvalere dell'assistenza di un legale, poiché ciò non gli fu consentito;
    la Corte di Miami, che ha condannato E. Forti per omicidio in base al movente della truffa dell'acquisto dell'hotel Pike's, ha violato il principio del ne bis in idem. Le accuse contro Forti erano tre: truffa, circonvenzione e concorso in omicidio. Il processo contro Forti per la truffa e la circonvenzione di incapace, si era concluso con una sentenza di non doversi procedere «nolli prosequi». Senonché l'8 ottobre 1999, nonostante il proscioglimento di Forti dall'accusa di truffa e circonvenzione di incapace, il prosecutor chiese alla Corte di contestare al Forti l'accusa di omicidio di primo grado a scopo di lucro, cioè a scopo di ingiusto profitto per mezzo di truffa. Tale contestazione, sviluppata dal prosecutor nella requisitoria finale, venne posta dalla Corte come pilastro dell'accusa, a base della condanna all'ergastolo. Invece, il presidente della Corte doveva informare la giuria che Forti era stato prosciolto dall'accusa di truffa e circonvenzione con sentenza per effetto della quale c'era il divieto del ne bis in idem alias del «double Jeopardy». L'articolo 14, comma 6, del patto di New York, stabilisce che «nessuno può essere sottoposto a nuovo giudizio per un reato per il quale sia già stato assolto o condannato con sentenza definitiva in conformità al diritto e alla procedura penale di ciascun paese». L'appendice alla Costituzione degli Stati Uniti d'America dispone, in conformità dell'articolo 14, comma 6, del PI di New York del 1966, nel modo seguente: «Articolo V. Nessuno potrà essere sottoposto due volte per un medesimo delitto, a un procedimento che comprometta la sua vita o la sua integrità fisica»;
    la norma fa riferimento al doppio giudizio sulla stessa offesa e ciò ha interesse per la questione della truffa addebitata a Forti. La parte essenziale del fatto contestato, lo scopo di frode in danno di Anthony Pike, costituente il movente dell'omicidio, era stato deciso con il nolli prosequi dal giudice Platzer;
    il tedesco Knott doveva essere un teste importante nel processo. In una testimonianza di un compagno di cella di T. Knott, Glenn Ravera, questi disse che il tedesco gli aveva raccontato di una visita del procuratore Rubin a Knott. Nel corso della visita, Rubin gli aveva promesso un aiuto giudiziario in cambio di una testimonianza per incastrare Forti. Knott, arrestato e condannato a 15 anni per reati di truffa, era indagato anche dell'omicidio: contro di lui esistevano molti indizi di colpevolezza anche per l'omicidio di Dale Pike, tanto da provocare la perquisizione del criminale tedesco. Thomas Knott accettò di collaborare con Rubin con cui stipulò un plea agreement. Ma si ignora il contenuto delle dichiarazioni rese da Knott senza replica. Ogni accusa contro Knott per la possibile responsabilità per l'omicidio di Dale Pike era stata oggetto di un patteggiamento i cui contenuti vennero segretari dalla procura di Miami. Orbene, esisteva ed esiste un obbligo del trattato internazionale di New York del 1966, che imponeva la discovery della testimonianza di Knott. L'articolo 14, comma 3, lettera a), del trattato stabilisce che «ogni individuo accusato di un reato ha diritto di essere informato sollecitamente e in modo circostanziato della natura e dei motivi dell'accusa nei suoi confronti». Invece la contestazione da parte del prosecutor mancò e l'avvocato Loewy non trovò nulla da ridire contro la segretazione degli atti del patteggiamento, da cui potevano e possono ricavarsi elementi a carico di Knott e a favore di Forti: il 15 febbraio 1998 Knott doveva ospitare proprio Dale, come ebbe a riconoscere anche il padre di Dale;
    nel dicembre 2002, Enrico Forti, dopo la condanna all'ergastolo, divenuta definitiva il 12 agosto 2002, mentre era in carcere in espiazione della pena, venne a conoscenza da un detenuto di un conflitto di interessi diretto che investiva l'avvocato Ira Loewy. Questi, durante il processo a Forti, era stato contemporaneamente difensore di Enrico Forti contro lo Stato della Florida, e prosecutor per lo stesso Stato della Florida in un altro processo. Il compagno di detenzione disse che aveva avuto come accusatore proprio l'avvocato Loewy. Il presidente della Corte dei due processi in cui Loewy appariva in funzioni contrapposte, giudice Victoria Platzer, essendo presidente della Corte nei due processi, era a conoscenza del conflitto di interessi e della irregolarità della posizione dell'avvocato Loewy. Forti era ignaro del conflitto. Nel corso di una udienza ad hoc del 29 marzo 2000, assente il Forti non citato, la Presidente Platzer, richiamò l'avvocato Loewy sulla necessità di sanare il conflitto di interessi mediante l'autorizzazione della vittima del conflitto, Forti. Il presidente Platzer fece presente a Loewy che se non fosse stata sanata la grave irregolarità, il processo non sarebbe potuto proseguire. L'avvocato Loewy rispose che Forti non poteva essere presente perché in quarantena nel carcere per una epidemia di varicella. Era evidente che il processo non poteva iniziare né proseguire senza l'autorizzazione di Forti. Sennonché Platzer non tenne più un'altra udienza per chiedere al Forti se rinunziava a eccepire la grave irregolarità. Il giudice Platzer omise di tener conto che questo vizio inficiava sia la fase delle indagini che quella del dibattimento svolto fino a quel momento, senza la rinunzia da parte al conflitto di interessi. Il Loewy rinunziò ai fondamentali diritti di difesa, come il tratto di Forti a prendere la parola per ultimo per replicare alle accuse della polizia e del pubblico ministero, sul diritto ad avere l'ultima parola da parte dell'imputato, il diritto a chiedere il confronto con Thomes Knott, il diritto a chiedere il confronto con Anthony Pike, il diritto a chiedere la testimonianza di Katherine Evans sul possesso della pistola da parte di Knott, il diritto a chiedere la testimonianza del notaio Pena sulla mancanza nel A. Pike del diritto di proprietà dell'Hotel, il diritto a fare valere il ne bis in idem; Forti non poté più fare valere quei diritti per decadenza dei termini previsti dalla legge. Loewy, riconobbe la necessità della autorizzazione (waiver) di Forti. Non si sa se l'avvocato esibì mai alcun documento originale. Abbiamo solo conoscenza di una fotocopia di un modulo di rinunzia. Di tale documento pare non sia mai stato trovato l'originale agli atti del processo penale;
    l'Appendice alla Costituzione degli Stati Uniti dispone: «You or your lawyer can then make a concluding speech arguing your case». A seguito di richiesta dell'avvocato Loewy e al pubblico ministero Rubin della rinunzia da parte di Forti al conflitto di interessi, il pubblico ministero Rubin il 7 giugno 2005 inviava a Susan Dmitrovsky una autorizzazione in data 20 marzo 2000. Questo documento era in contrasto con la circostanza documentale che l'udienza sul conflitto di interessi, in cui il giudice Platzer aveva rilevato l'anomalia, era stata celebrata, senza la presenza di Forti, il 29 marzo 2000 dopo la data del documento prodotto da Rubin. Il richiamo da parte del presidente Platzer a difesa e accusa sulla necessità della presenza di Forti parrebbe dimostrare che la fase del processo successiva al 15 febbraio 1998 e almeno fino al 29 marzo 2000 era avvenuto senza l'autorizzazione di Forti. Sicché ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo la colpevolezza di Forti non fu «provata legalmente» (articolo 14, comma 2, del patto I di New York del 16 dicembre 1996);
    secondo i firmatari del presente atto di indirizzo orbene la difesa di Forti vanificò tutti i princìpi del giusto processo. Se l'avvocato Ira Loewy avesse prodotto il documento originale dell'autorizzazione scritta di Forti, o questo fosse stato rinvenuto nel processo, Forti avrebbe dovuto rispondere di calunnia o di diffamazione. Ma né l'avvocato né l'ufficio del Giudice hanno mai esibito questo documento fondamentale. In tutti i casi, se l'originale del “waiver” non si e mai ritrovato, non si comprende da dove è stata ricavata la fotocopia;
    la Costituzione americana prevede al predetto VI emendamento che in ogni procedimento penale, l'accusato ...«avrà diritto ad essere informato della natura del motivo dell'accusa, a essere messo a confronto con i testimoni a carico, a ottenere di far comparire i testimoni a suo favore e a farsi assistere da un avvocato per la sua difesa», diritti che sono stati vanificati dal comportamento dell'avvocato Loewy nel consigliare l'assistito che gli conveniva non parlare per ultimo al termine del processo, per proclamare la sua innocenza e di non contraddire le menzogne di chi lo accusava. Si è consapevoli che negli Stati Uniti, la sensibilità verso i conflitti di interesse è altissima. In Italia Piero Calamandrei, uno degli artefici della Costituzione Italiana, lasciò scritto in pagine indimenticabili che il magistrato non deve essere soltanto imparziale, ma deve apparire tale. Lo stesso vale per un avvocato; nei confronti dell'avvocato, il ragionamento è valido a maggior ragione, visto che l'avvocato viene scelto, per aiutare, per difendere, per continuare a sperare, e da persone che sono a volte in una difficilissima situazione;
    da rilevare che l'articolo 629 cpp prevede che le condanne soggette e revisione sono ammesse «in ogni tempo a favore dei condannati» e che l'articolo 630, lettera d), cpp indica, tra i presupposti della revisione, «che la condanna venga pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato». Il professor Franco Cordero della Sapienza, nell'indicare i casi di possibile revisione, secondo l'ordinamento giuridico italiano, indica «casi giudiziari penalmente inquinati che hanno determinato la condanna tra cui «la frode processuale, il patrocinio infedele e la falsità in atti» (Franco Cordero procedura penale Ed. Giuffrè 2003);
    il 9 luglio 2008 venne presentata dalla nuova difesa di Enrico Forti una richiesta di revisione alla corte di appello del terzo distretto, che rifiutò di prendere in considerazione tale richiesta senza fornire alcuna motivazione, come risulta da documento processuale in possesso della difesa di Forti. Un ultimo ricorso per ottenere la revisione del processo di Enrico Forti venne presentato alla Corte Federale degli USA il 4 marzo 2009, ma la decisione della stessa Corte del 3 agosto 2010 fu di «rifiuto per scadenza dei termini di presentazione». La revisione è implicitamente prevista dal patto internazionale di New York del 1966 all'articolo 14, comma 6, secondo cui «Quando un individuo è stato condannato con sentenza definitiva e successivamente tale condanna viene annullata, in quanto un fatto nuovo o scoperto dopo la condanna, dimostra che era stato commesso un errore giudiziario». Questa norma, vincolante per gli USA, dimostra che la revisione è un ricorso non ancorato a termini. E del resto Forti scoprì il conflitto di interessi dopo la condanna definitiva all'ergastolo, e fu costretto a raccogliere le prove presso amici e parenti e conoscenti per dimostrare che esisteva il conflitto. Non ha alcuna giustificazione né la decisione del giudice Murphy di respingere la richiesta di Forti senza alcuna motivazione, né quella della Corte federale, che ha dichiarato la scadenza del termine per la presentazione del ricorso per la revisione, dal momento che nel patto vincolante per gli USA non esiste un termine, come in nessun ordinamento del mondo che si ispiri al due process of law;
    il patto internazionale di New York del 16 dicembre 1966 afferma, all'articolo 2, comma 1, che «ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a rispettare e a garantire tutti gli individui che si trovino sul suo territorio e siano sottoposti alla sua giurisdizione i diritti riconosciuti nel presente patto» all'articolo 2, comma 2 «Ciascuno degli Stati parti si impegna a compiere, in armonia con la proprie procedure costituzionali e con le disposizioni del presente Patto, per l'adozione delle misure legislative o di altro genere che possano occorrere per rendere effettivi i diritti riconosciuti nel presente Patto», all'articolo 2, comma 3, lettera a), «Ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a garantire che qualsiasi persona i cui diritti riconosciuti nel PI siano stati violati, disponga di effettivi mezzi di ricorso, anche nel caso in cui la violazione sia stata commessa da persone agenti nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali»;
    all'articolo 2, comma 3, lettera b), garantisce «che l'autorità competente giudiziaria, amministrativa e legislativa, decida in merito ai diritti del ricorrente, e sviluppare il ricorso in sede giudiziaria»;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, alla luce di tutto quanto richiamato, il processo contro Chico Forti non è stato equo e si è fondato su un comportamento quantomeno dubbio del difensore e pertanto si ritiene necessario un nuovo processo in cui Chico Forti venga chiamato a rispondere dell'omicidio di Dale Pike secondo le norme della Costituzione americana e del Patto di New York del 16 dicembre 1966,

impegna il Governo:

   ad approfondire tutti i profili relativi alla vicenda di Enrico (Chico) Forti, soprattutto con riferimento alle possibili violazioni delle norme del due process of law contenute nel Patto internazionale sui diritti civili e politici di New York del 16 dicembre 1966 (in particolare nell'articolo 14), nonché della Costituzione degli Stati Uniti, interessando formalmente il Governo degli Stati Uniti ad intraprendere ogni iniziativa di competenza al riguardo, al fine di evitare un grave pregiudizio dei diritti inviolabili della persona;
   a richiedere chiarimenti al Governo degli Stati Uniti, per quanto di competenza e nel pieno rispetto dell'indipendenza della giustizia americana, sulle molteplici circostanze che fanno supporre, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, che il processo sia stato condizionato da una difesa che appare segnata da gravi opacità, con particolare riferimento a possibili conflitti di interesse;
   ad assumere iniziative affinché gli Stati Uniti risolvano, in osservanza del Patto internazionale di New York del 1966, il problema della scadenza dei termini di presentazione del ricorso per la revisione, se necessario ricorrendo ad apposita norma che consenta di presentare il ricorso per la revisione «in ogni tempo» come previsto dall'articolo 14, comma 6, del citato Patto internazionale di New York;
   a informare il Comitato dei diritti dell'uomo di cui all'articolo 28 del Patto internazionale di New York del 1966 perché assista Enrico Forti garantendo la osservanza delle norme contenute nel menzionato Patto, ratificato dagli Stati Uniti nel 1992 e vincolante per gli Stati Uniti;
   a sostenere, anche a mezzo di un legale in Florida, le ragioni di Enrico Forti, vittima, a giudizio dei firmatari del presente atto, di molteplici violazioni dei diritti della difesa tutelati dal Patto internazionale di New York e dalla Costituzione degli Stati Uniti;
   a chiedere al Governo degli Stati Uniti, per quanto di competenza, che siano resi accessibili alla difesa di Forti (discovery) tutti gli atti relativi al processo per truffa contro Thomas Knott, testimone di accusa contro Forti e gli atti del plea agreement, atti che sono stati coperti dal segreto che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha impedito la difesa di Forti dall'accusa di omicidio;
   ad assumere iniziative affinché siano osservati l'articolo 2, comma 3, lettera a) del Patto internazionale di New York secondo cui «Ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a garantire che qualsiasi persona i cui diritti o libertà riconosciuti nel Patto siano stati violati, disponga di effettivi mezzi di ricorso, anche nel caso in cui la violazione sia stata commessa da persone agenti nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali», nonché l'articolo 2, comma 3, lettera b), del medesimo Patto secondo il quale ciascuno degli Stati parte si impegna a «garantire che l'autorità competente giudiziaria, amministrativa o legislativa, od ogni altra autorità competente ai sensi dell'ordinamento giuridico dello Stato decida in merito ai diritti del ricorrente, e sviluppare le possibilità di ricorso in sede giudiziaria».
(1-00406) «Corda, Sibilia, Di Benedetto, De Lorenzis, Manlio Di Stefano, Fico, Colletti, Businarolo, Agostinelli, Luigi Gallo, Dall'Osso, Cecconi, Di Vita, Cominardi, Brescia, Simone Valente, Basilio, Rizzo, Frusone, Barbanti, Ruocco, Paolo Bernini, Tofalo».


   La Camera,
   premesso che:
    il 27 marzo 2014 presso la Corte di giustizia europea è prevista l'udienza per rispondere alle questioni di pregiudizialità sollevate sia dal tribunale di Napoli (GUCE, C 141/11-2013) che dalla Corte Costituzionale (GUCE, C 313/7-2010) sulla legittimità della norme italiane che, per i lavoratori della scuola, acconsentono di ricorrere a contratti di lavoro a tempo determinato in maniera continuativa ed estesa ben oltre il limite massimo dei 36 mesi fissati dalla direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999; lo scopo della normativa europea è stato quello di dare dignità al lavoro migliorando la qualità di quello precario e garantire, così, l'applicazione del principio di non discriminazione nonché di prevenzione di ogni abuso derivante dall'utilizzo del susseguirsi di contratti o di rapporti di lavoro temporanei;
    nel nostro Paese si continuano ad infrangere, ormai da troppi anni, le clausole 4 e 5 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla citata direttiva europea che affermano, rispettivamente e con chiarezza, che:
  «Clausola 4.
   1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
   2. Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis.
   3. Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali.
   4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive.

  Clausola 5.
   1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
    a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
    b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
    c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

   2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
   a) devono essere considerati «successivi»;
   b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»;
    l'attuale normativa italiana sul precariato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, deve essere cambiata al più presto in quanto in profondo contrasto con il diritto comunitario e con le legittime rivendicazioni dei tanti lavoratori precari che hanno presentato i ricorsi al tribunale del lavoro e che si son già visti riconoscere il diritto alla parità di trattamento con il personale di ruolo; infatti, si susseguono sentenze anche della magistratura italiana che condannano e disapplicano l'attuale normativa che addirittura sanziona, per le pubbliche amministrazioni, l'assunzione o l'impiego di lavoratori attraverso la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (decreto legislativo n.165 del 2001 – «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» – articolo 36 (utilizzo di contratti di lavoro flessibile));
    il nostro Paese, pertanto, per sua colpa e inefficienza, potrà essere condannato per infrazione del diritto comunitario dalla Corte di giustizia europea che porrà così fine all'uso e all'abuso dei contratti a termine e alla disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato che svolgono lo stesso lavoro. Un risultato decisivo per migliaia di lavoratori precari di lungo corso che dovranno essere stabilizzati e vedranno riconosciuto l'impegno e il lavoro con cui in questi anni hanno garantito il funzionamento della scuola pubblica;
    esiste un'altra situazione, in cui la discriminazione a carico di lavoratori a tempo determinato appare inequivocabilmente evidente, determinatasi con riferimento all'applicazione della legge 30 dicembre 2010, n. 240 – «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario», che prevede il reclutamento dei docenti universitari di ruolo di prima e seconda fascia con una procedura in due fasi: una prima imperniata su concorsi pubblici di abilitazione nazionale ed una seconda basata su concorsi pubblici di chiamata da esperirsi dai singoli atenei;
    si è ora per la prima volta completato l'espletamento dei concorsi nazionali previsti dalla citata legge n. 240 del 2010;
    i concorsi hanno portato a conseguire l'abilitazione per la prima e la seconda fascia sia candidati già strutturati con un rapporto a tempo indeterminato (come professori associati o ricercatori) sia candidati non strutturati legati ad un'università da contratti d'insegnamento a tempo determinato, conclusi, uno dopo l'altro, anno per anno;
    l'articolo 24 della legge prevede che un singolo ateneo, con risorse ad hoc, apra concorsi per la chiamata di abilitati riservati a professori di seconda fascia e ricercatori in servizio in tale ateneo e non prevede che questo, con risorse proprie ad hoc, apra concorsi riservati a docenti non strutturati ad esso legati da un contratto annuale ancorché ripetuto di anno in anno;
    è evidente che alla chiamata di questa categoria di docenti legati all'università da contratti a tempo determinato, che hanno ottenuto un'abilitazione sulla base di concorsi pubblici nazionali, non si può opporre il principio secondo cui un'amministrazione pubblica non può assumere senza concorso,

impegna il Governo

a provvedere immediatamente, ancor prima della prevedibile condanna per infrazione, ad adottare iniziative normative per superare l'inadeguatezza della normativa in vigore relativa al sistema contrattuale del lavoro, avendo riguardo ai principi sanciti dalla citata direttiva europea e programmare, pertanto, un piano di stabilizzazione del personale precario sulla base di tutti i posti effettivamente vacanti.
(1-00407) «Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Di Salvo, Costantino, Fratoianni, Airaudo, Placido, Paglia».

Risoluzione in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    le vicende del confine orientale tra il 1943 e il 1947 hanno costituito per decenni una pagina oscura e non raccontata della nostra storia nazionale, e ancora oggi costituiscono oggetto di studio e approfondimento della verità storica;
    nel 2004, con la legge del 30 marzo, n. 92, è stata istituita la ricorrenza come solennità civile, il 10 febbraio di ciascun anno, del Giorno del ricordo, al fine di «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, nonché dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra», e per recuperare alla memoria collettiva della nostra nazione un fatto storico di profonda importanza che ha causato migliaia di vittime e l'esodo di centinaia di migliaia di italiani, che sono dovuti scappare lasciando e perdendo tutto ciò che possedevano;
   quegli eventi costituiscono una ferita profonda nella memoria di moltissimi di noi e meritano di essere trattati con la dovuta attenzione e nel rispetto di tutti e la legge istitutiva del Giorno del ricordo ha previsto altresì la concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati al fine di dare un segnale di risarcimento morale ai pregiudizi subiti immediatamente dopo la seconda guerra mondiale da quella parte degli italiani che risiedevano nell'Istria, a Fiume e nella Dalmazia;
   in particolare, l'articolo 3 e i seguenti dispongono che il riconoscimento, a titolo onorifico e senza assegni, consista in un'insegna metallica, con relativo diploma, da concedere a domanda al coniuge superstite, ai figli, ai nipoti, ovvero, in mancanza di questi, ai congiunti fino al sesto grado di coloro che dall'8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle province dell'attuale confine orientale, furono soppressi e infoibati, nonché agli scomparsi e quanti nello stesso periodo e nelle stesse zone furono soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati;
    la normativa stessa dispone altresì che il riconoscimento possa essere concesso anche ai congiunti dei cittadini italiani che persero la vita dopo il 10 febbraio 1947 ed entro l'anno 1950, qualora la morte sia sopravvenuta in conseguenza di torture, deportazione e prigionia, escludendo coloro che morirono in combattimento;
    in seguito alla presentazione delle domande alla Commissione per la concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 febbraio 2005, e alla relativa istruttoria, ogni anno è emesso un decreto del Presidente della Repubblica di concessione delle onorificenze e, proprio nella ricorrenza del Giorno del Ricordo, ha luogo una cerimonia di consegna dei riconoscimenti presso il Palazzo del Quirinale e presso le prefetture di residenza degli insigniti;
   ai sensi della legge n. 92 del 2004, tuttavia, è previsto un termine di dieci anni per inoltrare le domande per la concessione del riconoscimento, limite temporale che sta per scadere;
   per differenti motivi, primo tra tutti i tempi necessari a un'adeguata ricerca storica, non tutti i parenti delle vittime delle foibe hanno avuto occasione di presentare domanda di riconoscimento;
   la suddetta legge ha rappresentato un incentivo importante e irrinunciabile alla ricerca storica relativa al confine orientale, che attraverso l'occasione della ricorrenza ha stimolato un dibattito costruttivo e positivo finalizzato alla ricostruzione dei diversi aspetti di questa terribile pagina di storia;
   la fissazione di tale limite temporale – e la sua imminente scadenza – rappresentano una incomprensibile limitazione sia ai diritti dei parenti delle vittime, sia alla completezza della ricerca a fini storiografici, posto che le vicende in esame hanno rappresentato una tragedia nazionale per il nostro Paese,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative dirette a prorogare suddetta scadenza di ulteriori dieci anni e per impedire l'interruzione di un positivo processo di indagine storica avviato anche grazie a questa ricorrenza;
   ad estendere il diritto di richiesta dei suddetti riconoscimenti – oggi previsto per i soli parenti delle vittime – ai diversi enti pubblici e privati che posseggano informazioni sufficienti a ricostruire le vicende dei martiri di quelle tragedie, pur in mancanza di parenti in vita, o in mancanza di esplicito interesse da parte degli stessi, in particolare amministrazioni pubbliche, enti locali, associazioni culturali, centri di ricerca, università e altri enti di vario genere.
(7-00314) «La Russa, Rampelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   lo scorso 26 giugno 2013 la Camera dei deputati ha approvato una mozione che impegnava il Governo «relativamente al programma F35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi dell'articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244»; stesso impegno era presente in un'identica mozione presentata e approvata dal Senato della Repubblica in data 16 luglio 2013;
   il 3 luglio 2013 si riuniva il Consiglio Supremo di Difesa, presieduto dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta), che, attraverso un comunicato specificava che il Parlamento non può avere un diritto di veto su «decisioni operative» sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate che spettano al Governo;
   nel comunicato si leggeva testualmente: «Per quanto attiene alle necessità conoscitive e di eventuale sindacato delle Commissioni Difesa sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate – si sottolinea –, fermo restando che, nel quadro di un rapporto fiduciario che non può che essere fondato sul riconoscimento dei rispettivi distinti ruoli, tale facoltà del Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell'Esecutivo»;
   il Governo Letta aveva così messo a tacere le divisioni sul tema espresse all'interno del Partito democratico, e non aveva effettuato alcuna revisione del programma di acquisto dei caccia F35;
   il tema della revisione del suddetto programma è tornato al centro del dibattito politico con l'avvento del Governo Renzi; la scorsa settimana, nel corso dell'audizione presso le Commissioni Difesa di Camera e Senato, il Ministro della difesa Pinotti ha infatti dichiarato che, per quel che riguarda «l'ammodernamento delle nostre forze armate», il Governo «non esiterà a rivedere, ridurre o ripensare anche grandi progetti avviati o ipotizzati, qualora mutati scenari internazionali o economici lo indicheranno come opportuno»;
   per quanto riguarda più nello specifico il programma di acquisto degli F35, il Ministro Pinotti ha rilasciato dichiarazioni più prudenti nel corso dei giorni successivi, specificando che «i media hanno anche esteso mie considerazioni con valutazioni che io non ho fatto. Per i programmi d'arma ho parlato di tre ”R”, ripensare, rivedere, ridurre, ma è sbagliato parlare nello specifico di un programma. Il fatto che abbia parlato di riduzione significa che si comincia a ragionare e io lo voglio fare con il Parlamento»;
   il Presidente del Consiglio Renzi sembra più che favorevole al taglio della commessa internazionale per i nuovi caccia intercettori F-35; il Consiglio Supremo di Difesa convocato al Quirinale nella mattinata del 19 marzo 2014, prudentemente non ne ha parlato scegliendo di non entrare nel merito di questa specifica decisione strategico-industriale, affidando la materia nel suo complesso all'elaborazione di un «Libro Bianco» che – spiega un comunicato del Quirinale – avrà lo scopo di «ridefinire il quadro strategico di riferimento per lo strumento militare, gli obiettivi di efficacia e di efficienza». Il tutto entro l'anno e con il coinvolgimento del Parlamento attraverso le commissioni competenti; «Il nuovo contesto strategico e le pressanti esigenze di contenimento della spesa pubblica – si legge nel comunicato del Quirinale al termine del Consiglio – impongono di ripensare e riorganizzare profondamente, sulla base di principi fortemente innovativi, la struttura e le capacità dello strumento militare nazionale, che ancora risentono di schemi concettuali riconducibili al periodo della Guerra Fredda»;
   è notizia del giorno successivo alla riunione del Consiglio, il 20 marzo, che il Governo ha sospeso i pagamenti per l'F35; con una nuova tranche di pagamenti in scadenza, «di fronte alle preoccupazioni – ha dichiarato il Ministro della difesa – si può vedere se sia il caso di ridimensionare». Il tutto – si legge su «La Stampa» – in attesa dei risultati dell'indagine conoscitiva del Parlamento;
   sembra che il Ministro Pinotti non abbia fatto in tempo a chiarire che intende «tagliare» soltanto all'esito di un serio lavoro di ripensamento, che le decisioni già incombono; tra l'altro il 19 marzo, mentre si riuniva il Consiglio Supremo di Difesa, il capogruppo del Partito democratico in Commissione difesa della Camera, Gianpiero Scanu, sostenitore del taglio drastico alle spese militari, ha inoltrato la relazione della delegazione del PD in Commissione difesa a tutti i deputati; nella relazione si scrive che è possibile tagliare 45 cacciabombardieri su 90 preventivati, che si può vendere una portaerei delle due in linea, che si può rinviare il programma di ammodernamento dell'Esercito Forza-Nec che costerebbe 20 miliardi di euro (spalmati in 25 anni);
   precisati i fatti, il dato evidente è che c’è stato sicuramente un ripensamento, che tra l'altro mette in luce tutte le contraddizioni interne al Partito democratico –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro della difesa intendano chiarire l'azione programmatica di Governo per quanto riguarda la razionalizzazione e i tagli della spesa annunciati al comparto difesa, e, nello specifico, come si intenda procedere con il programma F-35, in relazione a quanto fatto dal precedente Governo Letta, e alle decisioni assunte all'interno del Consiglio Supremo di Difesa.
(2-00468) «Brunetta».

Interrogazione a risposta scritta:


   DI BATTISTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da organi di stampa – ed in particolare dalle inchieste de «Il Fatto Quotidiano», l'ultima sulla versione on line con un articolo a firma di Marco Lillo del 19 marzo 2014 – l'interrogante è venuto a conoscenza che Matteo Renzi, il 27 ottobre 2003, un giorno prima dell'annuncio, da parte della Margherita, della sua candidatura a presidente della Provincia di Firenze, è stato assunto come dirigente dalla società di famiglia, la Chil S.r.l.;
   fino a 10 giorni prima dell'assunzione come dirigente Matteo Renzi era socio, con una quota del 40 per cento, della predetta società e nell'atto di cessione delle quote dichiara di essere libero professionista, poiché, come noto, lavorava, presso la stessa Chil, con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa;
   a quanto risulta all'interrogante la Chil S.r.l, poi Chil Post S.r.l., è una società fondata dal padre di Matteo Renzi, Tiziano; a seguito di cessione di ramo d'azienda dell'ottobre 2010, invece, Matteo Renzi risulta inquadrato come dirigente in un'altra società creata dalla famiglia Renzi, la Eventi 6 S.r.l.;
   di conseguenza, a seguito dell'assunzione da dirigente e dopo esser stato messo in aspettativa, da quasi 10 anni i contributi pensionistici di Matteo Renzi ed il TFR sono versati prima dalla provincia e poi dal Comune di Firenze;
   difatti, a seguito di alcune interrogazioni presentate da consiglieri comunali dell'amministrazione fiorentina, il vice-sindaco di Firenze, Stefania Saccardi, dava riscontro evidenziando che «alla società presso cui risulta dipendente in aspettativa il dottor Renzi sono erogati i contributi previsti all'articolo 86 comma 3 del Testo unico sugli enti locali» e che «se al momento della assegnazione della carica fosse stato occupato con un rapporto di co.co.co., il Dott. Matteo Renzi non avrebbe avuto diritto ai contributi figurativi»;
   per 7 mesi e mezzo, dunque, fino all'elezione alla provincia nel giugno 2004, la Chil S.r.l. paga i contributi previdenziali ed il TFR di Matteo Renzi, poi gli stessi passano a carico della collettività;
   la situazione appena enunciata non è poi così dissimile da quella che coinvolge Josefa Idem la quale, dopo le dimissioni presentate il 24 giugno 2013 per il mancato pagamento dell'Imu, è stata indagata per truffa, punito con una pena da 1 a 5 anni e che poi è stata raggiunta da un avviso di conclusioni delle indagini preliminari insieme al marito;
   secondo il Pubblico Ministero Angela Scorza l'ex ministro Idem avrebbe truffato il Comune di Ravenna facendo leva sulla legge che impone all'ente pubblico (Comune, Provincia o Regione) di versare i contributi al posto del datore di lavoro nel periodo in cui un dipendente viene eletto consigliere o nominato assessore e chiede l'aspettativa: nel caso della Idem si tratta di 8.642 euro versati dal Comune al posto dell'associazione sportiva del marito, che l'aveva assunta poco prima della nomina ad assessore (incarico che ha svolto per 183 giorni lavorativi dal 10 giugno 2006 al 7 maggio 2007);
   invece, grazie all'assunzione nella Chil e nella Eventi 6, Matteo Renzi, almeno fino al mese scorso è costato al Comune di Firenze ben 3.240,00 euro al mese per i contributi previdenziali;
   per quanto riguarda le somme accumulate a titolo di trattamento di fine rapporto fino al 2010 – quando l'azienda della Chil Post, con Matteo Renzi in aspettativa, passa alla Eventi 6 – ammontavano a 28.326,00 euro;
   in seguito la Eventi 6 della famiglia Renzi, dopo il 2010, ha accumulato ulteriori versamenti a titolo di TFR del dirigente in aspettativa Matteo Renzi, per circa 15 mila euro;
   inoltre, sempre in conseguenza di un'interrogazione di un consigliere del Comune di Firenze, si è scoperto che Matteo Renzi è rientrato al lavoro in azienda per soli tre giorni dal 22 al 24 giugno del 2009, quando ha poi usufruito di tre giorni di ferie;
   ad oggi quindi, Matteo Renzi può contare su un TFR di circa 40 mila euro e su contributi previdenziali versati dal 2004 dalla Provincia e dal Comune di Firenze e che, pertanto, si tratta di somme ben più ingenti di quelle che interessano il caso Idem –:
   se non si intenda fornire urgentemente chiarimenti circa la vicenda esposta in premessa e se comunque risultino avviate indagini in merito. (4-04172)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 24 giugno 2013, n. 71 le funzioni in materia di turismo sono state trasferite al Ministero dei beni e delle attività culturali;
   l’ex Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) oggi Agenzia nazionale del Turismo risulta, ad oggi, controllata dal Mibact;
   in un'articolo del settimanale L'Espresso, pubblicato il 16 febbraio 2014, a firma di Emiliano Fittipaldi, si elencano una serie di spese effettuate dall'ENIT tra le quali: circa 8.970.000 euro per spese di affitto e per il personale amministrativo, circa 5.506.000 euro per pagare le indennità ad alcuni dirigenti impiegati nelle sedi estere;
   nelle audizioni informali di giovedì 6 marzo 2014, nell'ambito dell'esame della proposta di legge recante disposizioni per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano e per la creazione della rete integrata di itinerari turistici culturali (C. 1249 Petrenga), i rappresentanti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo affermano che il giorno 5 marzo 2014 si siano dimessi il presidente dell'ENIT Pierluigi Celli, e il direttore generale Andrea Babbi;
   il sito internet www.quotidianoarte.it riferisce di particolari criticità nella gestione dovute: alla presenza di molteplici soggetti deputati alla promozione del turismo i quali non risultano coordinati tra loro, alla eccessiva spesa per la gestione del personale e delle sedi estere;
   sulla procedura che ha portato alla sottoscrizione del contratto da direttore generale dell'ENIT risulta una inchiesta ordinata dai magistrati della Corte dei conti;
   l'Italia è uno dei pochi Paesi che negli ultimi anni ha visto ridurre gli introiti del settore turistico, superata, come testimoniano gli ultimi rilevamenti, anche da Spagna e Francia;
   sul sito internet dell'ENIT non risultano presenti gli ultimi bilanci approvati, né per ciò che concerne i bilanci previsionali né per ciò che concerne i bilanci consuntivi;
   sul sito internet del Mibact non risulta la presenza di alcun documento che comprovi l'attività di controllo esercitata dal ministero nei confronti dell'ente da esso controllato –:
   se sia possibile pubblicare i bilanci di previsione e consuntivi degli ultimi cinque anni dell'ENIT nonché le relazioni redatte negli ultimi cinque anni dagli organismi preposti al controllo dello stesso ENIT;
   se, qualora venissero accertate le osservazioni elencate in premessa, intenda istituire un commissario liquidatore al fine di ridurre le spese non proficue generate dall'ENIT o se, in alternativa, intende far intervenire il commissario della spending review Cottarelli per liquidare questo ente e riportare le poche iniziative che esegue nella gestione del Mibact. (5-02435)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   DI BATTISTA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la portaerei Cavour è la nave più grande ed avanzata della Marina Militare essendo lunga 244 metri e larga 51, con un equipaggio fisso di 450 marinai più 200 addetti ad aerei ed elicotteri;
   la portaerei Cavour, a partire dal 12 novembre 2013, resterà sei mesi lontano dall'Italia per una missione che sembra avere quale obiettivo principale quello di promuovere i prodotti del cosiddetto «Made in Italy» e che, pertanto, verrà impiegata per scopi principalmente commerciali;
   difatti, come riportato dal capo di Stato maggiore della marina militare, Giuseppe De Giorgi, la Cavour, «avrà compito di vetrina dell'eccellenza italiana ma anche compiti militari con una fase di antipirateria marittima e di addestramento delle Marine dei paesi litorali africani come quella somala. ... «È un'operazione che rappresenta l'Italia in tutte le sue sfaccettature»;
   a quanto risulta all'interrogante, a bordo della portaerei Cavour sono presenti stand di aziende italiane non solo del settore militare, ma anche stand dell'Expo di Milano 2015, di Fincantieri, di aziende del gruppo Finmeccanica, di Beretta, di ENI ed altre imprese come la Ferrero;
   pertanto, da un lato, alla luce delle imprese presenti con propri stand – come Finmeccanica e Beretta – sulla portaerei oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, di certo si fa promozione e, forse, commercializzazione di materiale bellico;
   nonostante il Ministro della difesa Mario Mauro, in data 13 novembre 2013, avesse garantito come la predetta missione non abbia lo scopo di promuovere la vendita di elicotteri da guerra e di altro materiale bellico, tali dichiarazioni sono state però smentite da un servizio fotografico – pubblicato dal giornale di Abu Dhabi, «The National» – dove si possono notare pistole e fucili con lanciagranate della Beretta e siluri della Wass esposti negli stand allestiti a bordo della portaerei, oltre agli elicotteri da guerra della AgustaWestland parcheggiati sul ponte di volo;
   ciò è particolarmente grave in considerazione del fatto che, a quanto risulta da articoli di stampa, la portaerei Cavour ha fatto tappa in Mozambico ed in Nigeria, Paesi interessati da guerre civili e da conflitti armati;
   la missione de qua, dunque, potrebbe porsi in contrasto con le vigenti convenzioni internazionali ed in particolare con il trattato ONU sul commercio di armi, recentemente ratificato dall'Italia, che vietano la vendita di armi a Paesi che si trovino in guerra;
   dall'altro lato, da altre aziende presenti sulla portaerei Cavour – come la Ferrero, la Pirelli, Eni, la Ferretti e Federlegno – con propri stand, si evince che la nave della Marina Militare italiana è stata, e viene, utilizzata per una operazione meramente commerciale;
   da un recente articolo di stampa, risulta addirittura che sulla pista della portaerei Cavour, attraccata al porto di Dakar, in Senegal, sembra si sia addirittura svolto un concerto con tanto di interpretazione vocale, da parte della cantante Luisa Corna, del nostro inno nazionale;
   dunque, da quanto esposto, non si comprendono le ragioni di questa missione laddove si consideri che gli scopi umanitari che sulla carta dovrebbe perseguire sono smentiti da larga parte delle Ong italiane (come Focsiv, Cipsi, Cocis, Coopi Cesvi, Cosv, Amnesty, Emergency, Pax Christi, Arci, Acli, Beati i costruttori di Pace, Intersos, Oxfam, Un Ponte per, Terres des Hommes) che hanno sottoscritto una lettera al Presidente della Repubblica per protestare contro questa iniziativa della Difesa, ritenendola inaccettabile in quanto mescola una serie di attività, commerciali, militari e umanitarie;
   secondo indiscrezioni il costo della missione, che si avvierà alla conclusione nel prossimo mese di aprile dagli iniziali 20 milioni di euro costerà circa 33 milioni di euro, tenendo conto che un giorno di navigazione della Cavour costa circa 200 mila euro;
   non e dato sapere in che misura i costi della missione siano a carico del bilancio dello Stato italiano;
   infine, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del ministro interrogato il quale, in merito alle spese militari, ha affermato che «Il governo è pronto a ripensare o a ridurre i grandi progetti avviati» e che «non esiterà a rivedere, ridurre o ripensare anche grandi progetti avviati o ipotizzati qualora mutati scenari internazionali o economici lo indicheranno come opportuno» si rende necessario sia chiarire definitivamente i costi della missione che interessa la portaerei Cavour sia prendere posizione sull'opportunità e necessità di utilizzare una nave della flotta appartenente alla nostra Marina militare a fini esclusivamente commerciali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   quali siano i complessivi costi della missione, di cui in premessa, che sono stati e che saranno a carico del bilancio dello Stato;
   se sulla portaerei Cavour si sia svolta e si svolgerà un'attività di promozione di materiale bellico ed alla luce di quanto esposto in premessa, se ritenga che ciò possa costituire una violazione di convenzioni e trattati internazionali sul commercio delle armi ed, in ogni caso, se ritenga opportuno che l'attività di promozione e commercializzazione di armi avvenga nei confronti di Paesi interessati da guerre civili e da conflitti armati;
   se ritenga opportuno l'utilizzo di una nave appartenente alla flotta della Marina militare a fini principalmente commerciali;
   se sia a conoscenza del fatto che sulla portaerei Cavour si siano svolti concerti come quello avvenuto in data 17 marzo 2014 ed a carico di chi sono posti le spese ed i costi dei medesimi. (4-04168)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sul Corriere Adriatico del 18 marzo 2014, si da conto di un incontro tra il presidente della giunta regionale Marche e il presidente della Quadrilatero spa per discutere del «cantiere incompiuto», il collegamento stradale tra Marche e Umbria. «Sottoscrizione dell'Accordo di programma relativo ai contributi previsti nel PAV da parte della Camera di commercio di Ancona, bando per collocare sul mercato le aree leader in tempi rapidi, altrettanto rapida cessione del ramo d'azienda di Impresa spa;
   sono i tre temi discussi tra i due. Perosino ha riferito di aver incontrato il presidente della camera di commercio di Ancona al quale ha sottoposto la richiesta di sottoscrizione, dell'Accordo di programma relativo ai contributi previsti nel Piano di Area Vasta. La camera di commercio di Ancona infatti, a differenza di quelle di Macerata e Perugia, non lo ha ancora fatto. Il presidente Spacca si è impegnato a sollecitare Giampieri affinché anche Ancona aderisca. Spacca e Perosino hanno poi concordato sulla necessità che l’advisor che assiste la società Quadrilatero nelle strategie di valorizzazione e collocamento sul mercato delle aree leader, proceda con sollecitudine all'indizione delle relative gare;
   la Quadrilatero spa è una società a totale capitale pubblico che avrebbe dovuto realizzare alcune strade di collegamento tra le Marche e l'Umbria grazie ad un partenariato pubblico-privato e con finanziamenti privati, da ottenere mediante la «cattura di valore» derivanti dall'attuazione dei piani di area vasta con la valorizzazione delle cosiddette aree leader; a tutt'oggi invece, i finanziamenti sono stati tutti a carico dei soggetti pubblici e, come risulta dal bilancio integrato Anas 2012, «il costo complessivo per la realizzazione del Progetto Quadrilatero (sistemi viario e piano di area vasta) è cresciuto a 2.284 milioni di euro». Inoltre, «relativamente al piano di area vasta (PAV), lo strumento finalizzato alla crescita dello sviluppo socio-economico del territorio e al reperimento dei fondi necessari per cofinanziare le opere viarie, gli infruttuosi esiti di tutte le gare finora esperite, per il collocamento sul mercato della prima tranche di otto aree leader approvate dal CIPE nel 2006 hanno messo in rilievo evidenti elementi di criticità;
   emerge così, ad avviso dell'interrogante, che fino ad ora i finanziamenti sono tutti pubblici e sommano a due miliardi e duecento milioni di euro, mentre sono pari a zero quelli privati, con un esborso ingentissimo di risorse pubbliche;
   appare altresì all'interrogante, a dir poco provocatoria, la richiesta del presidente della Quadrilatero e l'impegno del presidente della regione Marche tesi a voler forzare la camera di commercio di Ancona ad aderire al fallimentare progetto che imporrebbe agli associati: commercianti, artigiani, imprenditori e agricoltori della provincia di Ancona di pagare una sorta di tassa aggiuntivata, ancor più oggi quando il cosiddetta piano Cottarelli propone, tra l'altro, la riduzione degli oneri obbligatori alle camere di commercio che sono finanziate principalmente dai contributi obbligatori delle imprese. Le entrate delle CdC (2012) erano pari a 1307 miliardi di cui 878 per diritti annuali e 263 per diritti di segreteria;
   in sostanza il Governo vorrebbe ridurre i costi per gli associati, la regione e la Quadrilatero vuole aumentare quelli esistenti per supplire al fallimento del progetto Quadrilatero –:
   se siano a conoscenza dei fatti suesposti e se e quali misure intenda attuare nei confronti dei responsabili, atteso che la Quadrilatero è posseduta dallo Stato tramite l'Anas e pertanto sottoposta alla vigilanza del Ministero;
   se e come intenda mettere fine allo sperpero di denaro pubblico e se intenda intervenire per quanto di competenza per evitare un ulteriore onere per imprese della provincia di Ancona. (5-02437)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRATAVIERA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la possibilità di poter fruire dei servizi a banda larga è ormai diventato elemento fondamentale di competizione sia a livello economico che culturale ed è assolutamente indispensabile per chi utilizza gli strumenti informatici e telematici per lavoro;
   internet, la posta elettronica, la linea per gli accessi rapidi sulla rete e sugli accessi sono diventati per gli imprenditori e per le piccole e grandi aziende uno strumento indispensabile, senza il quale si rimane esclusi dalla competizione commerciale;
   il collegamento alla rete internet è importante per tutti i cittadini e concorre allo sviluppo e alla crescita culturale degli studenti;
   la riorganizzazione e la digitalizzazione della pubblica amministrazione passa anche attraverso l'utilizzo di internet, al fine di consentire il miglioramento delle interrelazioni tra organismi e utenti ma solo la parte della popolazione che usufruisce di una connessione adsl può effettivamente godere dei suddetti benefici;
   alcune aree della regione Veneto non sono ancora coperte dal servizio di banda larga e molte altre lamentano disservizi della linea adsl per rallentamenti eccessivi, specie nelle ore centrali della giornata, caduta della connessione e impossibilità di fruire correttamente delle opportunità multimediali fornite dalla rete web;
   il digital divide opera nei fatti una discriminazione nei confronti di alcuni cittadini veneti;
   Telecom Italia, nonostante percepisca grazie al solo canone telefonico mensile, pagato anche dagli utenti dei piccoli comuni, circa 5 miliardi di euro annui per mantenere ed ammodernare la rete telefonica, ad oggi vede il 15-20 per cento delle sue centrali impossibilitate ad erogare i servizi adsl a causa di apparecchiature limitanti –:
   quali siano il piano programmatico e le relative tempistiche previsti per la copertura dell'intero territorio della regione Veneto, polo fondamentale dello sviluppo imprenditoriale. (4-04165)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LA RUSSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito di un organico piano di revisione approntato dal Ministero dell'interno sembrerebbero destinate a chiusura sia la sezione di Polizia ferroviaria che quella di polizia postale nella città di Siena;
   avverso le ipotesi di chiusura hanno già avuto modo di esprimersi le organizzazioni sindacali di categoria e grande allarme suscitano tali notizie anche nella cittadinanza;
   la chiusura degli uffici senesi rientrerebbe in un piano più ampio che prevede la soppressione complessiva di quasi 150 uffici della polizia postale e di quella ferroviaria, nel senso di una riorganizzazione delle relative strutture su base regionale;
   la polizia postale e delle comunicazioni costituisce un nucleo di alta specializzazione nelle indagini informatiche, di fondamentale importanza in un contesto in cui sono sempre più in crescita i reati all'interno e per mezzo della rete internet, e che, anche a scopo preventivo, ha fatto opera di informazione tra i giovanissimi con argomentate lezioni tenute anche all'interno degli istituti scolastici senesi;
   alla stessa stregua, il posto di polizia ferroviaria ha sinora assicurato alla città di Siena il controllo e la sicurezza del notevole flusso di persone a che a vario titolo (turismo, lavoro) arrivano o transitano nella città, nonché dell'area circostante alla stazione ferroviaria;
   peraltro, in base a quanto emerso dagli incontri tra i vertici della polizia e le organizzazioni sindacali, sembrerebbe che alle chiusure farà seguito la dispersione di gran parte delle professionalità acquisite per motivi di ricollocazione del personale –:
   se non ritenga di disporre una revisione del suddetto piano di chiusure, al fine di salvaguardare sia la sicurezza dei cittadini, sia le professionalità acquisite dal personale di polizia citato. (4-04162)


   LA RUSSA e CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno avrebbe avanzato un progetto di spending review che prevede gravi tagli al comparto nazionale della sicurezza, dal quale risulterebbe particolarmente penalizzata la regione Liguria;
   secondo una tabella in possesso della sezione ligure del Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia (COISP), uno dei sindacati maggiormente rappresentativi a livello nazionale della categoria, nella provincia di Genova verrebbero soppressi i posti di polizia ferroviaria di Chiavari e di Ronco Scrivia, e la squadra nautica di Genova, e subirebbero un declassamento le sottosezioni di polizia ferroviaria di Genova Brignole e di Genova Sampierdarena;
   nella provincia di La Spezia verrebbero soppressi il posto di polizia ferroviaria di Sarzana, nonché la sezione di polizia postale, l'ufficio di frontiera marittima ed il nucleo artificieri dell'ufficio di frontiera e la squadra nautica di La Spezia città;
   nella provincia di Imperia verrebbero soppressi il distaccamento della polizia stradale di Sanremo, il posto di polizia ferroviaria Imperia Oneglia, il posto di polizia ferroviaria Sanremo, la sezione della polizia postale di Imperia e la squadra nautica della stessa località;
   nella provincia di Savona verrebbero soppressi il commissariato di polizia di Alassio e il locale distaccamento nautico, il distaccamento di polizia stradale di Finale Ligure, mentre a Savona chiuderebbero la locale sezione della polizia postale, l'ufficio di frontiera marittima, la squadra nautica e il nucleo artificieri dell'ufficio di frontiera;
   sia le graduatorie nazionali in materia di reati che gli stessi dati forniti in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario 2014 a Genova, attestano come lo stato della sicurezza in Liguria presenti situazioni di particolare criticità –:
   se il Governo non reputi opportuno ripensare i succitati tagli, che metterebbero ulteriormente a rischio il diritto alla sicurezza della comunità ligure, reperendo, invece, i risparmi di spesa attraverso tagli in settori meno sensibili dell'amministrazione dello Stato, al fine di fornire risposte adeguate in termini di strutture, mezzi e personale alla diffusa domanda di sicurezza che proviene dai cittadini. (4-04163)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   dal 18 ottobre 2013 il Governo italiano ha autorizzato una missione militare-umanitaria per risolvere il problema degli sbarchi nel Mediterraneo, denominata Mare Nostrum;
   alla presentazione dell'operazione Mare Nostrum e delle sue finalità, il Ministro dell'interno Angelino Alfano allora spiegò che «la somma del pattugliamento e dell'azione della polizia giudiziaria e della magistratura avrà un effetto deterrente molto significativo per chi pensa impunemente di fare traffico di esseri umani»;
   sempre allora il Ministro della difesa pro tempore Mauro ribadì che «ci muoviamo per primi e al limite delle nostre possibilità nell'ambito di Eurosur, finalmente varato, che consentirà di controllare le frontiere all'interno di Frontex per dare un esempio chiaro e forte» sottolineando che «non ci sarà bisogno di altri fondi, ma basteranno i soldi dei Ministeri» e stimando tale costo «al momento attorno al milione e mezzo di euro al mese»;
   dal 18 ottobre ad oggi, in solo 5 mesi, l'operazione Mare Nostrum ha tratto sulle coste italiane 13.500 immigrati clandestini;
   se lo scorso anno gli sbarchi sono stati 42.925, solo dall'inizio di quest'anno gli arrivi hanno ora superato quota 8.500 e il Viminale ha fatto sapere che il dato è di oltre dieci volte maggiore a quello registrato nello stesso periodo del 2013, un vero e proprio record;
   a gennaio il Ministero dell'interno ha inviato un'informativa a tutti i prefetti affinché attivino, nei territori di competenza, altre strutture per l'accoglienza;
   tali dati dimostrano che l'operazione Mare Nostrum anziché avere «un effetto deterrente molto significativo per chi pensa impunemente di fare traffico di esseri umani» è stata interpretata dai trafficanti come un aiuto per raggiungere le coste italiane poiché la consapevolezza di venir salvati, una volta avvistate le coste italiane, spinge una moltitudine di immigrati a tentare la traversata in mare;
   l'operazione Mare Nostrum pare costi fra i 12 ed i 14 milioni di euro al mese;
   benché le prime erogazioni ammontassero a circa 1,5 milioni al mese, secondo dichiarazioni ufficiali del Ministero della difesa, la stampa specializzata ha tentato una stima dell'importo desumendolo dai costi giornalieri dei mezzi impiegati (la fregata Maestrale sembra si avvicini ai 60.000 euro, la San Marco ne vale 45.000, mentre quello dei pattugliatori pare essere di poco inferiore ai 15.000, a cui si assommano i valori degli aeromobili, gli elicotteri AB-212 ed i droni, che si aggirano sui 4.000 euro ad ora di volo, mentre tra gli EH-101 ed il Breguet Atlantic si parte da 7.000 fino ai 13.000), aggiungendo ai quali le indennità del personale e la manutenzione necessaria per l'uso straordinario dei mezzi, la spesa finale dovrebbe attestarsi tra i 10 ed i 14 milioni di euro al mese;
   i costi di Mare Nostrum incidono esclusivamente sull'economia italiana e risultano ben più gravosi degli esborsi stanziati per i normali pattugliamenti che precedevano l'operazione, stando alle cifre sopra riportate in mancanza di dati ufficiali da parte dei Ministeri interessati;
   anche solo facendo il calcolo del consumo di carburante aggiuntivo per rifornire tutte le unità coinvolte nell'operazione, non pare possibile che il Governo, come ha precisato, non abbia stanziato ulteriori fondi a quelli già in bilancio per le operazioni precedenti a Mare Nostrum;
   secondo la circolare dell'8 gennaio 2014 del Ministero dell'interno-dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione recante «Afflusso di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale. Individuazione di strutture di accoglienza» a qualunque clandestino che sbarchi in Italia e semplicemente presenti richiesta di protezione internazionale, anche se fittizia, debba essere garantito vitto e alloggio per un importo di euro 30 oltre IVA , un pocket money di euro 2,5 al giorno e una tessera/ricarica telefonica di euro 15 all'ingresso delle strutture di accoglienza, nonché assistenza e cure sanitarie;
   considerando solo i clandestini arrivati in Italia dall'inizio di quest'anno, se presentassero domanda di protezione internazionale per ottenere tali benefit, i costi sarebbero di 127.500 euro di ricariche telefoniche, 21.250 euro di pocket money al giorno e 255.000 euro di vitto e alloggio al giorno, oltre a cure sanitarie;
   su 11 centri di identificazione ed espulsione sei sono stati chiusi l'anno scorso per lavori di ristrutturazione, causati dai danneggiamenti dei clandestini ospitati, e perciò risulta che centinaia di clandestini, in questi giorni trasferiti nelle regioni del Nord, vengano alloggiati anche in alberghi a 4 stelle, come ad esempio al Riz di San Genesio, in provincia di Pavia, dove il pernottamento a notte costa dai 120 ai 140 euro –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa, in particolare quali siano i costi ad oggi sostenuti per l'operazione Mare Nostrum, suddivisi nelle diverse voci come sopra indicato, ossia per mezzi impiegati, indennità del personale, manutenzione e carburante;
   se sia vero che il Governo, come ha precisato, non abbia stanziato ulteriori fondi a quelli già in bilancio per le operazioni precedenti a Mare Nostrum;
   quali siano i costi dettagliati relativi all'alloggio, vitto e tutti gli altri benefit citati nella circolare sopra richiamata, sostenuti nel 2014, nonché nel 2013, fino a quando sia intenzione di questo Governo sostenere l'operazione Mare Nostrum e con quali risorse, considerata la grave crisi economica in atto nel nostro Paese, e se, alla luce dei dati sopra esposti, considerino ancora tale operazione un «deterrente molto significativo per chi pensa impunemente di fare traffico di esseri umani». (4-04164)


   PAGLIA, MARCON e ZAMPA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata del 20 marzo 2014 a Parma, presso la sede dell'EFSA, veniva promossa una manifestazione contro la legalizzazione dell'utilizzo di sementi OGM da parte dell'Unione europea;
   tale manifestazione consisteva nell'attraversamento della sede dell'EFSA da parte degli attivisti, con spargimento di sementi e vegetali, senza che venisse in alcun modo compromessa la sicurezza di cose e persone;
   l'iniziativa era volta ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica su un tema di grande interesse collettivo, tanto da concludersi con una conferenza stampa nello spazio esterno della stessa EFSA;
   al momento di concludere l'iniziativa e abbandonare il luogo, i manifestanti trovavano improvvisamente chiusa la via di uscita da uno schieramento di forze dell'ordine;
   tale situazione precipitava rapidamente in cariche da parte della polizia, con ferimento di alcuni manifestanti;
   i manifestanti nonostante avessero dichiarato che la manifestazione fosse finita e stessero ritornando ai propri mezzi, sono stati scortati dalle forze dell'ordine per le vie della città;
   in quell'inseguimento i manifestanti sono stati nuovamente caricati con ferimento di alcuni di loro;
   i manifestanti sono stati bloccati sul ponte tra piazza Corridoni e viale Amerigo Vespucci;
   la tale situazione si è comunque conclusa con la semplice identificazione di uno dei manifestanti, mentre agli altri è stato garantito il diritto di movimento –:
   quale sia stato il livello di mobilitazione delle forze dell'ordine, davanti ad un fatto evidentemente dimostrativo e già conclusosi senza problemi di sorta;
   in base a quale principio si sia stabilito di procedere alla richiesta di identificazione dei manifestanti;
   se si ritenga la gestione della situazione giustificata da reali ragioni di ordine pubblico, e non piuttosto lesiva del diritto di manifestazione;
   se non si creda opportuno consigliare una diversa gestione dell'ordine pubblico, in una città, Parma, che ha già vissuto negli ultimi mesi episodi discutibili in merito. (4-04169)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   TONINELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alla luce di numerose segnalazioni relative ad irregolarità da parte di alcune scuole nella richiesta alle famiglie dei contributi scolastici, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dipartimento per l'istruzione, con nota prot. 312 del 20 marzo 2013 ha fornito precise indicazioni;
   con la suddetta nota il Ministero ha ribadito che trattasi di contributi «assolutamente volontari, anche in ossequio al principio di obbligatorietà e gratuità dell'istruzione inferiore»;
   ciononostante soprattutto in occasione del periodo di iscrizione, la prassi delle scuole di richiedere il versamento dei contributi in maniera irregolare non sarebbe affatto terminata. Con nota prot. 593 del 7 marzo 2013 il dicastero è infatti nuovamente intervenuto sulla grave questione sottolineando che «tali comportamenti, oltre a danneggiare l'immagine dell'intera amministrazione scolastica e minare il clima di fiducia e collaborazione che è doveroso instaurare con le famiglie, si configurino come vere e proprie lesioni al diritto allo studio costituzionalmente garantito.[...] subordinare l'iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo non è solo illegittimo, ma si configura, per i soggetti che sono responsabili della gestione, come una grave violazione dei propri doveri d'ufficio». Il Ministero ha infine ricordato che «qualunque discriminazione ingiustificata a danno degli studenti derivante dal rifiuto di versamento del contributo in questione, sia in termini di valutazione che disciplinari, risulterebbe del tutto illegittima e gravemente lesiva del diritto allo studio dei singoli»;
   secondo quanto riportato dalla stampa, il Comitato scuola pubblica di Crema da mesi lamenta «le pressioni ricevute da parte dei dirigenti scolastici di alcuni istituti cremaschi [...] perché le famiglie paghino i cosiddetti contributi, che dovrebbero essere volontari, ma che di fatto diventano obbligatori. Pena: l'esclusione da alcune attività scolastiche, come laboratori, accesso ad internet e quant'altro considerato non strettamente legato alla didattica» (Crema Oggi del 24 giugno 2013);
   già il 9 febbraio 2013 il comitato scuola pubblica cremasca aveva denunciato la questione, spiegando che nel cremasco tali contributi si aggirano in media tra le 100 e le 200 euro, coprendo circa la metà delle entrate scolastiche. «E così capita [...] che i contributi che dovrebbero essere volontari diventano obbligatori. Pena: verrà negata la password a quelli ragazzi che non hanno pagato» (Crema Oggi, 9 febbraio 2013);
   addirittura nell'articolo succitato si riporta l'esempio di alcuni liceali che non avendo versato tale contributo rischierebbero di «non poter vedere la propria pagella» (Crema Oggi, 9 febbraio 2013) –:
   se quanto riportato circa l'irregolare richiesta dei contributi corrisponda al vero, ed in caso affermativo, quali iniziative di sua competenza il Ministro intenda adottare nei confronti degli eventuali responsabili;
   come intenda il Ministro garantire l'applicazione da parte delle istituzioni scolastiche delle note prot. 312 del 20 marzo 2013 e prot. 593 del 7 marzo 2013 anche al fine di tutelare il diritto allo studio. (3-00704)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSTO, MANNINO, ZOLEZZI, DAGA, SEGONI, MICILLO, DE ROSA e TERZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli atenei e le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreuta istituiscono, ai sensi dell'articolo 15, commi ter, e 16-bis del decreto ministeriale n. 249 del 2010, i percorsi speciali abilitanti;
   i candidati ammessi ai corsi sono assegnati ai singoli atenei o alle istituzioni AFAM della regione secondo criteri che assicurino sia la frequenza dei corsi che lo svolgimento del servizio;
   con il decreto dipartimentale n. 45 del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono stati istituiti i corsi PAS (percorsi abilitanti speciali);
   secondo l'articolo 3 del suddetto decreto dipartimentale i corsi si svolgeranno secondo il calendario che sarà fissato per l'anno accademico 2013-2014 e successivi, dai competenti atenei e istituzioni AFAM e secondo le modalità illustrate all'articolo 6 del D.D.G. n. 58 del 2013 e comunque dovranno iniziare, preferibilmente, entro la seconda metà del mese di dicembre 2013 e terminare, possibilmente, entro la prima decade del mese di giugno 2014. Gli esami di abilitazione dovranno essere svolti entro la fine del mese di luglio 2014;
   la frequenza dei corsi è obbligatoria. È consentito un massimo di assenze nella percentuale del 20 per cento. Il monte ore relativo sarà recuperato tramite attività on-line, predisposte dal titolare dell'insegnamento. Le attività didattiche in presenza dovranno essere pari ad almeno un terzo delle ore di insegnamento, le rimanenti ore saranno impegnate in attività di studio ivi comprese le attività in modalità e-learning;
   l'abilitazione viene conseguita con il punteggio pari ad almeno 60/100;
   per l'iscrizione al corso l'università del Salento di Lecce (Unisalento) ha richiesto il pagamento della prima rata dall'11 al 21 marzo (1.000 euro senza rateizzazione), pena la non iscrizione. Non risulta vi siano avvisi riguardanti le materie del corso, il programma, gli orari ed i giorni di frequenza;
   l'inizio dei corsi è stato quindi previsto per il 31 marzo;
   si apprende che non sono previste teleconferenze o modalità alternative di e-learning per seguire i corsi on-line, cosa che rende molto difficile se non impossibile seguire i corsi per le persone impossibilitate causa forza maggiore o anche in caso di maternità avanzata;
   nello specifico il decreto ministeriale in questione non prevede nulla per i casi di maternità avanzata o di prossimità al parto, il che rende praticamente impossibile per talune persone poter seguire i corsi con il grave rischio di non poter riprendere il lavoro –:
   se il Ministro non ritenga di assumere iniziative normative per definire modalità di frequenza dei corsi mediante e-learning nei casi di maternità, ovvero quando ricorrano specifici accordi tra corsisti e università. (4-04160)


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, convertito dalla legge n. 128 del 2013, all'articolo 16, autorizza la spesa di 10 milioni di euro per il 2014, da utilizzare per iniziative di formazione e aggiornamento obbligatori del personale scolastico, al fine di migliorare il rendimento della didattica e potenziare le capacità organizzative del personale scolastico;
   le attività sono rivolte, in particolare, alle zone ad alto rischio socio-educativo e demanda la definizione delle modalità di organizzazione e gestione delle attività formative ad un decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   più nel dettaglio, la formazione e l'aggiornamento obbligatori del personale indicato sono finalizzati al raggiungimento di molteplici obiettivi, tra i quali il rafforzamento delle competenze degli alunni ed il miglioramento degli esiti nelle valutazioni nazionali effettuate dall'istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI) e degli apprendimenti;
   alla lettera d) del comma 1 del citato articolo 16 si legge, inoltre, che tra gli obiettivi da perseguire vi è pure quello di aumentare le competenze relative all'educazione all'affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere;
   prendendo spunto e avvallo normativo dalla lettera citata, nonché dalle «Linee Guida» secondo notizie di stampa sono in atto numerosi progetti in tutta Italia dedicati all'apprendimento del «gender» già a partire dalle scuole di primo grado;
   solo a titolo esemplificativo, si riporta l'esperienza della regione Friuli Venezia Giulia, che ha finanziato il «Progetto regionale di prevenzione e contrasto al fenomeno del bullismo omofobico: rilevazione del problema, strategie d'intervento e attività di formazione». Il compito di attuarlo spetta direttamente all'ufficio scolastico regionale, al dipartimento di scienze della vita dell'università di Trieste e alle associazioni Circolo Arcobaleno Arcigay Arcilesbica Trieste e Gorizia, Arcigay Nuovi Passi di Udine e Pordenone e Arcilesbica Udine;
   anche a Roma, l'assessorato scuola, infanzia, giovani e pari opportunità di Roma della giunta Marino ha licenziato un Bando che, con il titolo «Le cose cambiano», si propone di inserire nelle scuole superiori la teoria del gender, suscitando numerosissime critiche di cui si è fatto portavoce il Forum delle associazioni familiari del Lazio che, avendo ricevuto centinaia di mail da parte di genitori spaventati per queste proposte educative che trattano temi così delicati, in una nota al sindaco Marino ha fortemente e formalmente contestato la totale mancanza di coinvolgimento dei genitori e delle famiglie, specie su questo tema educativo che dovrebbe essere trattato quantomeno concordando con i genitori i modi e i tempi onde evitare semplificazioni o indottrinamenti;
   nel discorso al Corpo diplomatico del 10 gennaio 2011, Benedetto XVI aveva detto: «Non posso passare sotto silenzio un'altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un'antropologia contraria alla fede e alla retta ragione»;
   comincia anche ed esserci un allarme libri di testo. Durante la discussione alla Camera del Parlamento italiano del suddetto decreto scuola, il Governo ha fatto proprio un ordine del giorno che introduce il rispetto del codice delle pari opportunità nei libri di testo. In Francia c’è già stato un grande dibattito negli anni scorsi che tuttora continua, ma la cosa comincia a preoccupare seriamente anche in Italia. Questo è sempre stato un problema, data la forte caratterizzazione ad avviso dell'interrogante ideologica di molti libri che si usano nella scuola italiana, ma ora la cosa si fa allarmante in quanto i manuali scientifici sempre più veicolano una pseudoscienza del gender;
   gli altri obiettivi previsti dalla norma sono: aumentare le competenze per potenziare i processi di integrazione a favore di alunni con disabilità e bisogni educativi speciali; potenziare le competenze nelle aree ad alto rischio socio-educativo e a forte concentrazione di immigrati, rafforzando le competenze relative all'integrazione scolastica, alla didattica interculturale, al bilinguismo e all'italiano come lingua 2; aumentare le capacità di gestione e programmazione dei sistemi scolastici, nonché le competenze relative ai processi di digitalizzazione e innovazione tecnologica; aumentare le competenze per favorire i percorsi di alternanza scuola-lavoro, anche attraverso periodi di formazione presso enti pubblici ed imprese;
   l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), ente governativo istituito all'interno del Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha approvato in data 29 aprile 2013 il documento denominato «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)»;
   tale documento contiene le linee guida asseritamente volte all'applicazione dei principi contenuti nella raccomandazione CM/REC(2010)5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, volta a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o l'identità «di genere»;
   il medesimo documento contempla, in particolare, uno specifico punto strategico (4.1, «Asse Educazione e Istruzione») per diffondere la «teoria del gender» nelle scuole, attraverso anche iniziative volte ad offrire ad alunni e docenti, ai fini dell'elaborazione del processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere;
   tali misure, secondo l'UNAR, devono comprendere «la comunicazione di informazioni oggettive sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico, nonché la fornitura agli alunni e agli studenti delle informazioni, della protezione e del sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere»;
   il documento prevede espressamente, tra l'altro, l'obiettivo strategico di «ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT», di «garantire un ambiente scolastico sicuro e friendly», di «favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni», nonché di «contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all'orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali», anche attraverso: la «valorizzazione dell’expertise delle associazioni LGBT in merito alla formazione e sensibilizzazione dei docenti, degli studenti e delle famiglie, per potersi avvalere delle loro conoscenze»; il «coinvolgimento degli Uffici scolastici regionali e provinciali sul diversity management per i docenti»; la «predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali» (genitore 1 e genitore 2); l’«accreditamento delle associazioni LGBT, presso il MIUR, in qualità di enti di formazione»; l’«arricchimento delle offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari, di laboratori di lettura e di un glossario dei termini LGBT che consenta un uso appropriato del linguaggio»;
   lo stesso documento prevede anche la «Realizzazione di percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT» e sullo «sviluppo dell'identità sessuale nell'adolescente», sull’«educazione affettivo-sessuale», sulla «conoscenza delle nuove realtà familiari», e che tale formazione «dovrà essere rivolta non solo al corpo docente e agli studenti (con riconoscimento per entrambi di crediti formativi) ma anche a tutto il personale non docente della scuola (personale amministrativo, bidelli, eccetera)»;
   come è evidente nel decreto dirigenziale 20 dicembre 2012, nessuna associazione familiare o associazione professionale dei docenti è stata coinvolta; paradossalmente il documento finale accusa sé stesso, laddove a pagina 16 ribadisce la necessità di un coinvolgimento di «tutti gli attori della comunità scolastica, in particolar modo le seguenti categorie: gli studenti, i docenti e le famiglie»;
   il documento e i testi destinati alle scuole che ne sono derivati, non tengono conto delle puntuali contestazioni formulate dal Forum nazionale genitori scuola, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore Carrozza con lettera del 12 novembre 2013; né si è tenuto conto di quanto asserito dalle linee di indirizzo sulla partecipazione dei genitori in materia di diritto dei genitori alla «corresponsabilità educativa», diramate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 22 novembre 2012;
   secondo fonti giornalistiche, (vedi articolo a firma Carlotta De Leo pubblicato su Corriere.it del 15 febbraio 2014) il viceministro pro tempore Maria Cecilia Guerra ha sconfessato l'iniziativa e inviato una formale nota di demerito a Marco De Giorgi, il direttore dell'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) che ha diffuso nelle scuole quei volumi. «L'educazione alla diversità è e resta cruciale ma quel materiale didattico è stato realizzato senza che io ne fossi informata e senza alcun accordo con il Miur», spiega Guerra; e questo, sottolinea Guerra, «senza che il direttore De Giorgi, me ne desse alcuna informazione, né che io fossi a conoscenza degli esiti della ricerca, di cui del resto ignoravo addirittura l'esistenza»;
   «non è inoltre accettabile – continua Guerra – che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso fra gli insegnanti da un ufficio delle Pari Opportunità senza alcun accordo con il Miur»; è stata piccata anche la reazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tirato in ballo per la diffusione degli opuscoli agli insegnanti. «Il fatto che gli opuscoli sulla diversità siano stati redatti dall'Unar e diffusi nelle scuole senza l'approvazione del Dipartimento Pari Opportunità da cui dipende, e senza che il Ministero dell'istruzione ne sapesse niente, è una cosa grave; chi dirige Unar ne tragga le conseguenze» afferma Gabriele Toccafondi, Sottosegretario pro tempore per l'istruzione, l'università e la ricerca. «L'Unar – prosegue Toccafondi – sembra voler imporre un'impronta culturale a senso unico destando preoccupazione e confusione su tutto il sistema educativo»;
   la nascita di scuole materne in cui bambini e bambine non sono aiutati a coltivare correttamente la propria identità sessuata, ma educati in modo «neutro» in attesa che siano loro, in futuro, a scegliere; la diffusione di favole per bambini o di spettacoli e sceneggiati per le scuole in cui il naturale approccio alla diversità sessuale viene stravolto in base alla nuova ideologia gender; la pianificazione centralizzata da parte dei governi di una educazione sessuale praticata in modo discutibile fin dai primissimi anni di vita, tutto questo getta una luce molto inquietante sulla educazione dei nostri figli, davanti a cui nessuno può ritenere di poter tacere –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire sull'argomento, bloccando i progetti sull'educazione del gender, ed in particolare su lesbiche, gender, bisex e trans (LGBT), progetti assai lontani dall'educazione alla parità di genere e all'affettività, per dare invece priorità ad iniziative sicuramente più formative, quali l'integrazione degli alunni disabili ed i processi per l'innovazione tecnologica;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative sul piano disciplinare nei confronti di quanti hanno predisposto la pubblicazione e la diffusione degli opuscoli e segnatamente i dirigenti responsabili in assenza di decisioni politiche-amministrative. (4-04161)


   CAMPANA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i concorsi nazionali per l'accesso all'insegnamento sono regolati dal testo unico che recita che per il 50 per cento delle assunzioni bisogna attingere dalla lista degli idonei e il numero di posti fissato dal Ministro pro tempore Profumo viene scavalcato dall'esigenza di nuove assunzioni su un piano triennale;
   lo scorrimento delle nuove graduatorie di merito degli idonei del concorso a cattedra è sancito dagli articolo 399, 400 e 401 del testo unico della scuola ed è avvalorato dalle recenti sentenze del Consiglio di Stato le quali sanciscono che in presenza di una graduatoria di concorso ancora valida ed efficace, sia pur a seguito di proroga legislativa, la decisione di indire un nuovo concorso relativo all'assunzione degli stessi profili di quella graduatoria, va congruamente motivata, a pena di illegittimità e che l'amministrazione, anche se non sussiste un diritto soggettivo all'assunzione in capo agli idonei, deve tener conto sul piano ordinamentale che lo scorrimento delle preesistenti graduatorie deve costituire la regola generale, mentre l'indizione del concorso rappresenta un'eccezione;
   il testo unico della scuola all'articolo 401 recita che chi ha superato il concorso a cattedra ha diritto ad iscriversi nelle graduatorie permanenti, poi mutate ad esaurimento nel 2007, ma che tale diritto è negato agli idonei. Infatti, comma 2 dello stesso articolo recita: «le graduatorie permanenti di cui al comma 1 sono periodicamente integrate con l'inserimento dei docenti che hanno superato le prove dell'ultimo concorso regionale per titoli ed esami per la medesima classe di concorso e il medesimo posto»;
   un numero abbastanza consistente di insegnanti, pur avendo superato un concorso regionale per titoli ed esami, non potendosi iscrivere nella graduatoria ad esaurimento, non ha la possibilità di ottenere neanche una supplenza, nonostante il fatto che l'idoneità ottenuta dovrebbe legittimare gli stessi ad iscriversi nella graduatoria ad esaurimento e ad insegnare –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se il Governo intenda intervenire, in concomitanza con le recenti indicazioni del Consiglio di Stato, al fine di ripristinare per un numero determinato di insegnanti il diritto, in realtà già derivante dal superamento del concorso, ad iscriversi nei registri della graduatoria ad esaurimento e ad essere ammessi alla graduatoria di scorrimento. (4-04166)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAMPANA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Unilever Italia è attualmente la quarta azienda del largo consumo in Italia. Nel mercato alimentare italiano Unilever è presente con alcuni tra i più noti marchi: Lipton, Knorr, Calvé, Algida, Magnum, Carte d'Or. Nel settore della cura della casa e della persona i marchi più conosciuti sono: Dove, Axe, Mentadent, Sunsilk, Clear, Cif, Coccolino, Lysoform, Svelto, Domestos;
   la sede centrale è a Roma e sono presenti 4 stabilimenti produttivi su tutto il territorio nazionale;
   è in atto da alcuni anni un processo di destrutturazione della società in Italia: nel dicembre del 2007 chiude lo stabilimento produttivo di Cagliari; nel 2008 vengono ceduti i marchi Bertolli, Maya, Dante e San Giorgio alla società spagnola Grupo SoS. La Unilever conserva il marchio Bertolli per le salse di pomodoro, le margarine e i cibi surgelati; nel 2010 Unilever vende uno dei suoi marchi più prestigiosi, FINDUS al fondo private equity Permira;
   Unilever in Italia produce notevoli profitti;
   nel 2013 Unilever chiude a Roma e Milano i centri di eccellenza sullo sviluppo dei brand, spostando le attività a Rotterdam e a Londra. Ciò comporta la diminuzione di 120 posti di lavoro a Roma e 100 a Milano;
   il 23 gennaio 2014 Unilever ha aperto una procedura di mobilità per 121 dipendenti di cui 108 sulla sede romana di via Paolo di Dono 3/a; in meno di un anno dunque circa 220 posti di lavoro in meno a Roma (su circa 500 dipendenti);
   in seguito all'apertura della procedura, il raggiungimento di un accordo fra Unilever, organizzazioni sindacali e RSU si è rivelato sin dal primo incontro difficile in quanto l'azienda non ha mai dimostrato un'effettiva volontà di interrompere la procedura;
   Unilever ha bocciato una prima proposta presentata dalle organizzazioni sindacali e dalle RSU nella quale si prospettava il ricorso ad una mobilità di carattere volontario con pacchetti di incentivi;
   è stata bocciata dall'azienda una seconda proposta che prospettava, attraverso il ricorso ai contratti di solidarietà, la possibilità nella sede romana dell'azienda, di avere di fatto circa 40 lavoratori completamente a costo zero intervenendo in particolare sulla dinamica dei venerdì corti (4 ore) da introdurre nell'arco dell'intero anno solare (oggi sono previsti esclusivamente nei tre mesi estivi);
   tale soluzione avrebbe portato all'azienda un notevole risparmio non solo sulle retribuzioni e gli oneri sociali dei lavoratori, ma anche sui costi mensa (circa 300 pasti in meno per 52 giorni/anno) e sui costi energia;
   è stata infine proposta un'altra soluzione sulla base di una mobilità a carattere volontario della durata di 120 giorni, con pacchetti di incentivi. A conclusione di questa mobilità volontaria, si sarebbe svolto un check congiunto per verificare il numero delle uscite. Qualora il numero di tali uscite non si fosse rivelato congruo rispetto all'esigenze di riorganizzazione del business italiano dichiarate nella mobilità del 23 gennaio, si sarebbe determinata l'apertura di una nuova procedura di mobilità. Tale proposta sarebbe stata accettata da Unilever esclusivamente se ci fosse stato un preaccordo (riguardo la seconda eventuale mobilità) sui tempi di chiusura (15 giorni) della nuova procedura e sui criteri da utilizzare (l'articolo 5 della legge n. 223 del 1991). La controproposta della società è stata respinta dalle organizzazioni sindacali in quanto avrebbe evidentemente significato, già da subito, il licenziamento dei dipendenti senza alcuna possibilità di trattativa e con i soli criteri di legge;
   il 10 marzo 2014 si è conclusa di fatto con un mancato accordo la fase a livello sindacale della procedura di mobilità;
   a decorrere dal 10 marzo, scatta il termine dei 30 giorni per cercare di trovare un accordo prima che unilateralmente Unilever decida di precedere ai licenziamenti –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in precedenza;
   come il Governo intenda intervenire per favorire il raggiungimento di un accordo entro il termine di 30 giorni a decorrere dal 10 marzo 2014, al fine di evitare i licenziamenti da parte di Unilever. (4-04167)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Sangemini è un grande polo del beverage interamente italiano che commercializza, tra le altre, l'omonima acqua con il brand Sangemini, Fabia, Amerino, Vita di Sangemini;
   il gruppo ha una unità produttiva a San Gemini (Terni) che comprende anche la produzione dei succhi di frutta «Vita di Sangemini» (marchio Sangemini Fruit) e un'altra ad Acquasparta (Terni);
   recentemente la società Sangemini, per vicende collegate alla crisi e anche ad una gestione sempre più problematica, nel gennaio del 2014 è stata ammessa alla richiesta di concordato preventivo dal tribunale di Terni con una offerta vincolante di affitto di un ramo d'azienda presentata dalla cordata guidata dal gruppo Norda;
   dopo una sofferta negoziazione, secondo notizie recenti (Giornale dell'Umbria del 22 marzo 2014), è stato firmato l'accordo relativo all'affitto del ramo di azienda che prevede l'assorbimento di 95 addetti da parte di Norda nella newco che si chiamerà «Sangemini Acque»: 90 provenienti dalla vecchia società della Sangemini (su 102), quattro da Amerino e uno proveniente dalla Sangemini Fruit;
   con la sigla del recente accordo, sono rimasti «fuori» circa 23 lavoratori provenienti dalla chiusura della Sangemini Fruit per i quali sarebbero previsti percorsi di cassa integrazione straordinaria per almeno un anno;
   nonostante la conclusione dell'accordo che ha visto l'assorbimento dei 95 dipendenti e al quale le parti sono giunte non senza sacrifici per l'occupazione e il livello del reddito dei lavoratori, rimane la preoccupazione dei dipendenti ed ex dipendenti Sangemini per il proprio futuro lavorativo –:
   se i Ministri, ciascuno per le sue competenze, non ritengano opportuno, e nel caso con quali azioni, intervenire tempestivamente al fine di tutelare i lavoratori rimasti privi di occupazione favorendo l'assorbimento della forza lavoro in esubero;
   quali misure intendano assumere per tutelare tutti i lavoratori dell’(ex) gruppo Sangemini favorendo il ricorso agli strumenti previsti dalla normativa vigente al fine di assicurare la salvaguardia dei livelli occupazionali e il reddito dei lavoratori. (4-04170)


   CIPRINI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 18 marzo 2014, è stato inaugurato a Milano il nuovo store «Eataly» di Oscar Farinetti che ha preso il nome dello storico teatro Smeraldo;
   dalla stampa (Il Giornale del 16 marzo 2014) si apprende che a occuparsi della ristrutturazione non è stata un'impresa edile locale ma la Cobetra Power di Suceatra in Romania;
   la società rumena, con sede legale in Romania, avrebbe una filiale in Italia e tramite il sistema di appalti, subappalti e del «distacco» di imprese, ha ottenuto l'appalto per i lavori di ristrutturazione per demolire e ricostruire l'interno dell'ex teatro;
   secondo quanto riportato da Il Giornale del 16 marzo 2014, i contratti che hanno firmato i 25 operai con Cobetra mediamente si aggirano tra i 500 e gli 800 ron di stipendio base lordo (dunque tra i 110 e 176 euro) per 40 ore settimanali di lavoro: tradotto tra i 2,75 e i 4,40 euro all'ora;
   eppure la cifra dei contributi (che non vengono versati in Italia ma nel Paese di origine) arriverebbe a euro 2.100 tanto che il segretario Cisl di Milano Fabio Del Carro ha rimarcato la stranezza che «se fossero davvero corrisposti verrebbe da chiedersi come mai non vengono assunti operai italiani, visto che sarebbero più economici dei romeni» (da Il Giornale del 16 marzo 2014);
   l'articolo 36 della Costituzione prevede il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa –:
   se corrisponda al vero il fatto descritto e se i Ministri ritengano opportuno, e nel caso con quali azioni, intervenire al fine di verificare il rispetto dei diritti contributivi e retributivi dei lavoratori della Cobetra e della normativa italiana ed europea in tema di minimi contrattuali;
   quali iniziative – anche di tipo normativo – intendano adottare i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, per garantire il rispetto dell'articolo 36 della Costituzione nei casi di distacco e/o subappalto di lavori ad imprese straniere. (4-04171)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, VIGNAROLI, DAGA, TERZONI, DE ROSA, BUSTO, MANNINO, SEGONI, MICILLO, MASSIMILIANO BERNINI e GRANDE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da quanto riportato sugli organi di stampa nazionali e regionali della Liguria, la procura di Savona ha ottenuto il sequestro della centrale termoelettrica a carbone della Tirreno Power di Vado Ligure. L'ipotesi è il superamento delle emissioni in atmosfera che sarebbe correlato alle morti in eccesso registrate nella zona. Per gli inquirenti i fumi della Tirreno Power hanno causato la morte di 442 persone, tra il 2000 e il 2007, e tra i 1.700 e i 2.000 ricoveri per malattie respiratorie e cardiovascolari nello stesso arco temporale;
   la centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord è una centrale termoelettrica a carbone con una capacità totale di 1.980 MW installati. Si trova presso la località Torrevaldaliga, nel comune di Civitavecchia. L'attuale impianto ha subìto una riconversione da olio combustibile a carbone completata nel 2010. Sorge in un'area già fortemente impattata da infrastrutture energetiche e produttive (la centrale di Montalto di Castro, sempre di ENEL, e la centrale di Torrevaldaliga Sud, di Tirreno Power);
   da quanto riportato nelle conclusioni dal rapporto del DEP Lazio (dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale – regione Lazio), pubblicato il 12 febbraio 2012, sulla valutazione epidemiologica dello stato di salute della popolazione residente nei comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella, la popolazione residente nel comune di Civitavecchia nel periodo 2006-2010 presentava un quadro di mortalità per cause naturali (tutte le cause eccetto i traumatismi) e per tumori maligni in eccesso di circa il 10 per cento rispetto alla popolazione residente nel Lazio nello stesso periodo. Tale eccesso si conferma tra gli uomini residenti nell'area allargata ai comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella ma non tra le donne. In riferimento alla mortalità per cause tumorali, si osserva tra gli uomini residenti a Civitavecchia un forte eccesso di rischio per tumore polmonare e della pleura. L'analisi allargata ai comuni del comprensorio conferma l'eccesso di rischio per tumore polmonare. In questo periodo si osserva inoltre un eccesso di rischio di mortalità per infezioni acute respiratorie sia tra gli uomini che nelle donne, sia nel comune di Civitavecchia che nell'area allargata. L'analisi del ricorso alle cure ospedaliere conferma sostanzialmente il quadro delineato dallo studio della mortalità;
   in data 28 ottobre 2008 il comune di Tarquinia ed Enel hanno sottoscritto l'accordo che disciplina i reciproci rapporti tra l'amministrazione comunale e Enel spa;
   l'accordo si inserisce nel più ampio ambito definito «Accordo quadro relativo alle iniziative per la tutela della salute, dell'ambiente e dello sviluppo territoriale nell'area» del 4 luglio 2008, tra regione Lazio, province di Roma e Viterbo, comuni di Civitavecchia, Allumiere, Santa Marinella, Tarquinia, Tolfa ed Enel;
   lo studio aveva una durata complessiva di cinque anni e doveva svolgersi, secondo le modalità definite nell'allegato tecnico, dal Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura (CRA), ente nazionale di ricerca e sperimentazione nel settore agricolo, posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   come da contratto è prevista l'istituzione di un comitato tecnico formato da rappresentanti del comune, Enel, CRA e ARSIAL con lo scopo di monitorare l'andamento delle attività, verificare gli adempimenti contrattuali e approvare i rapporti tecnici;
   l'obiettivo dell'attività proposta mirava alla realizzazione di biomonitoraggio a partire dall'anno 2008 dell'area adiacente la centrale di Civitavecchia, che è stata sottoposta alla conversione da olio combustibile a carbone, al fine di verificare a lungo termine l'eventuale impatto legato al fall-out di elementi contaminanti sui suoli agricoli e sulle relative produzioni vegetali;
   secondo quanto indicato nell'attività prevista dall'accordo tra Enel e comune di Tarquinia (Viterbo) per comprendere al meglio il ruolo delle diverse attività umane sul possibile aumento dei metalli/metalli pesanti nel suolo era necessario individuare il loro valore naturale di fondo, o comunque, il valore relativo al tempo «zero» da porre in relazione alle concentrazioni successivamente riscontrate nei suoli da monitorare;
   attraverso comunicazione al comune di Tarquinia (n. prot. 3717 del 4 febbraio 2014) e per conoscenza al CRA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura) e all'ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione dell'agricoltura del Lazio) l'ENEL – Divisione generazione Energy management e mercato Italia – ha predisposto, tramite CRA, il rapporto relativo alle attività di biomonitoraggio per la valutazione dei risultati nel periodo 2010-2013, dando disponibilità per la valutazione dei risultati nell'ambito del comitato tecnico come previsto dagli accordi del 28 ottobre 2008;
   in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-01446 formulata dall'onorevole Zolezzi ed altri, riguardante raccordo per l'attuazione del piano di monitoraggio dell'area adiacente alla centrale ENEL di Civitavecchia, il rappresentante del Governo aveva riferito, innanzitutto, che sul punto nulla risultava agli atti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   nella risposta il Governo, riportava, inoltre, che su richiesta della società Enel Produzione, il CRA-RPS avrebbe provveduto in tempi rapidi (testualmente «a breve») a comunicare i risultati degli ultimi campionamenti, predisponendo, altresì, un report riepilogativo inerente le attività svolte e i risultati ottenuti nel periodo 2010-2013. Il Governo riportava che non appena disponibili, i risultati delle indagini condotte sarebbero stati trasmessi in primis, per le successive valutazioni, al comune di Tarquinia, rilevando che, «...allo stato, nessun dato era stato reso disponibile, per quanto appreso, allo stesso Comune di Tarquinia». Il Governo aggiungeva, infine, testualmente che «...per quanto attiene alle possibili iniziative da adottarsi nell'ambito delle competenze rimesse istituzionalmente al Ministero dell'ambiente, è stata sul punto interessata la competente struttura tecnica, la quale, ha assicurato, porrà tutta la dovuta attenzione sui risultati conseguenti alle attività di monitoraggio svolte dal CRA-RPS anche al fine di interessare i competenti Enti territoriali in ordine alle eventuali criticità che dovessero risultare»;
   risulta all'interrogante che il 4 febbraio 2014 sia pervenuta al comune di Tarquinia raccomandata da parte di società Enel Produzione in merito alla predisposizione del rapporti relativo alle attività svolte nel periodo 2010-2013 e alla disponibilità a valutarne i risultati;
   ad oggi il tavolo tecnico a cui dovevano partecipare le figure coinvolte dal- l'accordo di programma non è ancora stato attivato –:
   se, alla luce di quanto rappresentato in premessa il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali non intenda farsi parte diligente e promuovere ogni iniziativa utile affinché i dati raccolti dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) siano al più presto resi disponibili anche promuovendo la rapida costituzione del tavolo tecnico ricordato in premessa di cui il CRA dovrebbe essere parte, in modo tale da garantire la tranquillità dei residenti in prossimità del citato impianto ed il diritto di informazione ambientale previsto dalla convenzione di Aarhus, assicurando altresì il coinvolgimento dei soggetti e degli enti comunque portatori di interessi nella vicenda. (5-02436)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ferrari e Fiorio n. 5-01610, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Toninelli n. 4-00997 del 25 giugno 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-00704.