Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 21 marzo 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'industria del turismo rappresenta un settore chiave dell'economia europea, che genera oltre il 10 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione Europea, impiegando 9,7 milioni di persone e coinvolgendo 1,8 milioni di imprese;
    il turismo può contribuire efficacemente a incrementare il lavoro e lo sviluppo regionale, ad incentivare uno sviluppo sostenibile, a creare un patrimonio naturale e culturale maggiore, nonché a formare un'identità europea;
    la politica dell'Unione europea mira a promuovere il turismo in modo da mantenere la posizione di prima destinazione turistica mondiale, massimizzando, al contempo, il contributo del settore alla crescita e all'occupazione;
    il Trattato di Lisbona riconosce espressamente l'importanza del turismo all'articolo 195 del Tratto stesso, mentre la strategia europea sul turismo è enunciata principalmente dalla comunicazione «L'Europa, prima destinazione turistica mondiale – un nuovo quadro politico per il turismo europeo», adottata nel giugno 2010 dalla Commissione europea;
    si tratta di un quadro di iniziative per il turismo europeo che definisce 21 azioni per l'industria del turismo su cui la Commissione europea intende operare in stretta collaborazione con gli Stati membri e con i principali operatori dell'industria turistica. Tali azioni possono essere riunite attorno a quattro assi principali che consistono nello: stimolare la competitività del settore turistico europeo; promuovere lo sviluppo di un turismo responsabile, sostenibile e di qualità; consolidare l'immagine dell'Europa come insieme di destinazioni sostenibili e di alta qualità; infine, massimizzare il potenziale delle politiche finanziarie dell'Unione europea per lo sviluppo del turismo;
    sotto il profilo europeo, gli strumenti di finanziamento per il turismo per il prossimo periodo di programmazione 2014-2020 sono rappresentati dal Programma per la competitività delle imprese e per le piccole e medie imprese – COSME (rivolto alle piccole e medie imprese e teso a: agevolare l'accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese; sostenere la creazione di un ambiente favorevole alla creazione di nuove imprese e alla crescita; aumentare la sostenibilità e aiutare l'internazionalizzazione); dal Programma Horizon 2020 (per la ricerca e l'innovazione che prevede misure per sostenere il settore del turismo, attraverso progressi in ricerca e innovazione in settori quali tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), trasporto sostenibile ed altri), dal Programma per l'ambiente e l'azione per il clima – Life (con un importo di circa 3 miliardi di euro); infine, dai fondi strutturali europei e per l'agricoltura che potranno co-finanziare interventi in materia di turismo con il Fondo europeo di sviluppo regionale (per la sostenibilità energetica, ricerca, innovazione e tecnologie dell'informazione e della comunicazione) il Fondo europeo di sviluppo (per la formazione) ed il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale per il turismo rurale nell'ambito della cooperazione territoriale europea ed i programmi interregionali;
    la competitività dell'industria europea del turismo è strettamente legata alla sua sostenibilità, come la qualità delle destinazioni turistiche è fortemente influenzata dal loro ambiente naturale e culturale e la loro integrazione nella comunità locale. Le principali sfide per il turismo sostenibile sono, quindi, rappresentate dall'obiettivo di conservare le risorse naturali e culturali; limitare gli impatti negativi tra cui l'uso di risorse naturali e la produzione di rifiuti; promuovere il benessere della comunità locale; ridurre la stagionalità della domanda e rendere il turismo accessibile a tutti; limitare l'impatto ambientale dei trasporti in materia di turismo; migliorare la qualità dei posti di lavoro del turismo. Non a caso la Carta europea per un turismo sostenibile e responsabile cerca di incoraggiare lo sviluppo di questo tipo di turismo e la cosiddetta iniziativa «Eden» è stata concepita per promuovere le destinazioni emergenti e del turismo sostenibile attraverso un concorso annuale per selezionare una «destinazione di eccellenza» sulla base dell'impegno per la sostenibilità sociale, culturale e ambientale;
    particolare attenzione è riservata sul piano europeo al turismo marittimo e costiero che occupa circa 2.360.000 persone, pari all'1,1 per cento del totale dell'Unione europea. Circa il 51 per cento dei posti letto in hotel in Europa si concentra in regioni costiere, mentre il turismo da crociera, secondo i dati del 2011, da solo, rappresenta un segmento distinto capace di generare un fatturato diretto di 14,5 miliardi di euro e assicurare quasi 150.000 posti di lavoro. La Commissione europea sta, infatti, predisponendo una comunicazione sul turismo marittimo e costiero, tesa a facilitare la crescita competitiva e sostenibile del settore marittimo europeo e del turismo costiero nell'ottica di creare nuove opportunità lavoro. Tale comunicazione dovrebbe integrarsi con la strategia marittima dell'Unione europea inclusa nella comunicazione «Crescita blu - Opportunità per la crescita sostenibile dei settori marino e marittimo» presentata nel 2012;
    per quanto concerne il turismo accessibile per i disabili e per gli anziani, si evidenzia che rendere il turismo più accessibile rappresenta non solo una responsabilità sociale, ma anche un business case convincente per rilanciare la competitività del turismo in Europa, considerato che la popolazione europea sembrerebbe invecchiare sempre di più (si stima che entro il 2050 il numero di persone con più di 65 anni sarà di 3 volte quello che era nel 2003, e rispetto agli anni Ottanta sarà di 5 volte maggiore). Le persone anziane rappresentano attualmente circa il 25 per cento della popolazione europea e parte di questo gruppo di popolazione, che comprende individui con potere d'acquisto e tempo libero, rappresenta per l'Europa un notevole potenziale economico. Non a caso, l'iniziativa europea «Calypso», lanciata nel 2009, ha chiaramente evidenziato come il turismo anziano può contribuire a combattere la stagionalità, rafforzare il concetto di cittadinanza europea e promuovere uno sviluppo regionale. Nel 2013 è stato poi avviato il programma «Senior Initiative» che sostituisce «Calypso» ed ha un focus specifico sul turismo dei senior;
    per quanto attiene al turismo culturale, inutile sottolineare come l'Europa rappresenti una destinazione chiave di turismo culturale, che si stima rappresenti circa il 40 per cento di tutto il turismo europeo. Sotto tale profilo si segnala che la Commissione europea supporta i prodotti turistici transnazionali basati su temi specifici che hanno ancora un grande potenziale di crescita, i cosiddetti «itinerari culturali europei»;
    particolare attenzione merita pure nell'ambito delle azioni volte all'implementazione delle nuove tecnologie dell'informazione, l'iniziativa tecnologie dell'informazione e della comunicazione e per il business nel turismo (cosiddetta iniziativa ICT e Turismo) tesa ad aiutare le piccole e medie imprese a interconnettersi con tutti gli operatori del mercato interessati attraverso le reti di distribuzione a prezzi accessibili, contribuendo in tal modo a partecipare alla catena del valore digitale;
    la Commissione europea ha recentemente lanciato due consultazioni pubbliche per conoscere le opinioni degli operatori europei del turismo sul futuro e sul quadro normativo ed amministrativo del settore. La consultazione «European Tourism of the Future» mira ad individuare sfide ed opportunità per il futuro dell'industria europea del turismo e a favorire la revisione, se necessaria, del piano d'azione per il settore del turismo, approvato dalla Commissione europea nel 2010. La consultazione «Regulatory and Administrative Framework on Tourism Businesses, Public Administrations, and other Tourism Stakeholders in the EU» è volta, invece, ad individuare le politiche e le pratiche amministrative, a livello nazionale e comunitario, che gravano sulle imprese turistiche europee, impedendone la crescita, ma anche ad identificare le buone pratiche che possono essere considerate degli esempi da seguire;
    i risultati di tali consultazioni, aperte fino al 15 marzo 2014, dovranno essere analizzati dalla Commissione europea al fine di fornire informazioni utili per future azioni politiche a tutti i livelli e costituiranno un input nella stesura del documento che sarà presentato dal vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, al Forum europeo del turismo, che si svolgerà nel mese di luglio 2014 sotto presidenza italiana dell'Unione europea;
    l'urgenza di sollecitare l'attivazione di nuove politiche improntate ad una maggiore considerazione strategica del settore turistico trova la sua ragione sia nella rilevanza che il turismo assume rispetto all'economia nazionale e nella dimensione dei flussi e dei movimenti che effettivamente attrae, sia nella difficile situazione competitiva che da alcuni anni sta penalizzando il nostro Paese rispetto ad altri principali competitor internazionali;
    dal 1950 al 2005 il turismo internazionale è cresciuto nel mondo con un tasso medio annuo del 6,5 per cento, passando da una media annua del 10,6 per cento negli anni Cinquanta al 3,3 per cento del periodo 2000-2005;
    in questo processo di enorme crescita turistica, l'Italia ha mostrato, anche recentemente, di crescere meno di altri Paesi, perdendo, dunque, rilevanti posizioni nella classifica mondiale;
    l'ultimo dossier Unwto, l'Organizzazione mondiale del turismo, segnala come il nostro Paese si collochi effettivamente al quinto posto sotto il profilo del numero degli arrivi turistici, ma che in termini di fatturato è scivolato già al sesto posto dietro Macao, con un trend negativo che si riflette pure nella classifica sulla competitività turistica, dove l'Italia si pone malinconicamente nel ventiseiesimo posto nel mondo e nel diciassettesimo in Europa. Il rapporto 2013 World Travel & Tourism Council evidenzia, poi, come il turismo in senso stretto contribuisca al prodotto interno lordo italiano con appena il 4,1 per cento che corrisponde ad una quota nettamente inferiore a quella che altri Paesi occidentali ricavano dall'utilizzo delle tecnologie digitali e della banda larga e che, compreso questo dato, l'indotto contribuisce al prodotto interno lordo italiano con poco più del 10, 3 per cento. A ciò si aggiunge che, senza una sterzata realmente virtuosa, gli economisti del World Travel & Tourism Council prevedono che nei prossimi 10 anni nove Paesi su 181 monitorati cresceranno meno dell'Italia e la tabella diffusa recentemente da Eurostat sui pernottamenti nel nostro Paese altro non fa che confermare queste previsioni. Detta tabella rivela, infatti, che l'Ungheria ha registrato nel 2013 un aumento del 5 per cento, la Slovacchia del 5,5 per cento, la Bulgaria del 6,2 per cento, la Gran Bretagna (con 28 siti Unesco a fronte dei 49 italiani, che dovrebbero diventare 50 comprendendo le Langhe) del 6,5 per cento, la Lettonia del 7,3 per cento, la Grecia dell'11 per cento, mentre l'Italia ha perso il 4,6 per cento con contestuale chiusura di 1.808 imprese alberghiere (dati Asshotel 2013);
    lo stato di sofferenza dell'industria turistica del nostro Paese e la necessità di indagare le cause di tale crisi, valutandone le possibili soluzioni, aveva già indotto la X Commissione parlamentare (Attività produttive) della Camera dei deputati a deliberare, il 30 gennaio 2007, una indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della legge 29 marzo 2001, n. 135, concernente la riforma della legislazione nazionale del turismo, il cui documento conclusivo è stato approvato nella seduta del 27 febbraio 2008. Secondo quanto riportato in tale documento, l'industria turistica del nostro Paese registra vari punti critici tra i quali si segnalano:
     a) il problema della governance del sistema, in quanto l'approvazione della legge n. 135 del 2001 è andata rapidamente ad impattare con la riforma costituzionale di cui alla legge n. 3 del 2001, in base alla quale la materia «turismo» è stata assegnata alla competenza esclusiva delle regioni. Tale discrasia ha provocato un'attuazione parziale e non convinta della legge stessa, da un lato, ed un'estrema frammentazione nell'applicazione di alcuni punti qualificanti della riforma stessa (ad esempio, l'identificazione dei sistemi turistici locali, che è stata attuata solo da alcune regioni ed in maniera estremamente difforme). D'altro canto, alcune delle funzioni che sono ricadute nella competenza esclusiva delle regioni (si pensi, ad esempio, al sistema della classificazione delle strutture alberghiere e turistiche) sarebbero state meglio standardizzate ove i criteri fossero stati univocamente e centralmente definiti. Più in generale, è stato sottolineato che, di fronte ad una grave crisi del sistema del turismo, con la perdita di porzioni notevoli del mercato, l'Italia non riesce a far fronte alla concorrenza internazionale a causa dell'assenza di una politica nazionale in materia, che qualifichi l'offerta e la domanda, con un brand riconoscibile relativo al cosiddetto «Prodotto Italia». L'offerta e la promozione frammentata messa in atto dalle regioni non sembra, infatti, raggiungere una massa critica sufficiente a indirizzare la domanda e, soprattutto, ad innescare quei processi di innovazione e di qualificazione dell'offerta che sembrano essenziali di fronte ad una richiesta di servizi da parte del turista che è radicalmente cambiata;
     b) l'incompleta attuazione della stessa legge n. 135 del 2001, poiché alcune norme in essa contenute, come quelle relative alla carta dei diritti del turista o ai buoni vacanza, non sono mai decollate o solo parzialmente attuate. Il giudizio pressoché unanime sulla legge è che essa si è presentata come una buona legge, ma è rimasta incompiuta;
     c) la carenza nella qualificazione e differenziazione del prodotto-turismo. La difficoltà ad innovare e qualificare i vari segmenti di offerta turistica appare in gran parte strutturale: le strutture ricettive si caratterizzano (un po’ come in generale la piccola industria italiana) come micro-dimensionate e spesso non di proprietà dei gestori; questi dati, come naturale, scoraggiano ed impediscono l'investimento su di esse, necessario per la loro riqualificazione, anche in relazione all'offerta di alcuni tipi di servizio (quale quello diretto all'accoglienza delle persone diversamente abili, ovvero del turismo cosiddetto sociale). In Italia manca, inoltre, quasi completamente la presenza delle grandi catene alberghiere, anche per una comprovata incapacità di attrarre investimenti dall'estero. Da un punto di vista strutturale, assai carenti si presentano inoltre i vettori di trasporto (sia il vettore aereo che i trasporti di terra): questo scoraggia il cosiddetto turismo itinerante, ovvero che non si ferma in un'unica località, e rende pressoché irraggiungibili alcune parti del territorio nazionale (ovvero raggiungibili solo con ingente spesa di tempo e denaro). Anche altre fette di domanda, infine, non trovano risposte nella richiesta di nuovi servizi: si pensi, ad esempio, al turismo ciclabile, che caratterizza il turismo in Olanda e che sarebbe particolarmente appetibile in Italia. La convinzione che emerge è che, di fronte ad una domanda di turismo che è cambiata e che continua a cambiare, l'Italia non sia in grado di raccogliere le forze per rispondere come sistema-Paese: il dato dell'aumento percentuale, e in controtendenza, del turismo culturale conferma tale analisi, poiché in tale caso è il prodotto che si qualifica da solo. L'Italia sta perdendo buona parte del turismo cosiddetto popolare, ma non migliora nemmeno su quello che si potrebbe caratterizzare quale turismo di qualità, poiché non offre la migliore qualità né per l'alloggio, né per la ristorazione, né per la mobilità sul territorio (risente di questa situazione anche il turismo termale, un tempo punto di forza del settore), mentre continua a rimanere non concorrenziale il rapporto qualità-prezzi;
     d) la carenze nella rilevazione dei dati. Un elemento che è stato particolarmente sottolineato è la difficoltà a reperire dati attendibili relativi alle presenze turistiche e alla loro durata, ovvero dei dati relativi al fenomeno del turismo che possano permettere di leggere meglio la domanda e di calibrare l'offerta. La rilevazione dei dati, che fino ad ora è stata affidata all'Istat, viene attualmente svolta da un istituto di nuova costituzione, ovvero, l'Osservatorio nazionale sul turismo;
     e) le carenze nella formazione del personale e nella politica dell'accoglienza. Da più parti è stato rilevato che nell'offerta turistica italiana si sconta anche una grave carenza relativa alla politica dell'accoglienza; senza dubbio fra le cause di tale deficit rientra la non adeguata formazione del personale di tutti i livelli addetti al turismo, sia a causa dell'accentuata stagionalità dello stesso, sia, per quanto riguarda il livello manageriale, a causa dell'assenza di un atteggiamento culturale che riconosca la complessità del fenomeno turistico e la delicatezza insita nell'opera di qualificazione dell'offerta. A differenza, quindi, dei Paesi competitor dell'Italia, non esistono percorsi di alta formazione per i manager del turismo e il personale di diverso livello è spesso precario e stagionale;
     f) le difficoltà nella politica di promozione turistica. Tutte le strutture concepite nella legge n. 135 del 2001, quali potenziali fulcri della promozione turistica, hanno solo parzialmente funzionato: dai sistemi turistici locali, per quanto concerne la promozione da effettuare sul territorio; alla Conferenza nazionale del turismo, che non sembra avere compiutamente ottemperato alla sua competenza in relazione alla definizione delle linee guida delle politiche del turismo, né al compito di favorire il confronto tra le istituzioni e le rappresentanze del settore; né infine, è stato di qualche utilità il portale telematico ideato per assemblare e coordinare il cosiddetto «Prodotto Italia» in una vetrina tecnologicamente avanzata;
    alla luce di quanto precede, appare evidente come alcune delle cause principali che caratterizzano la crisi dell'industria turistica italiana siano oggetto di approfondimento e di dibattito parlamentare ormai da diversi anni, eppure l'attenzione dedicata al turismo sino a oggi ha, di fatto, mobilitato meno dell'uno per cento degli interessi della politica, non esistendo concretamente una strategia nazionale di riferimento, perché il turismo viene sempre invocato ma quasi mai utilizzato nelle decisioni sulle quali puntare per lo sviluppo del nostro Paese nell'ambito del contesto europeo e internazionale;
    appare necessario ripensare la materia del turismo in modo organico e in linea le indicazioni europee formulate sulla questione, puntando, in particolare, all'attivazione di una serie di iniziative volte a promuovere la sinergia tra turismo e patrimonio artistico e culturale, considerato che il sistema produttivo culturale, stando all'indagine condotta da Symbola e Unioncamere, nel 2012, ha reso alle casse nazionali oltre 75 miliardi di euro, rappresentando a sua volta il 5,4 per cento della ricchezza prodotta;
    si evidenzia, inoltre, che i Paesi ad economia emergente potrebbero oggi rappresentare una grande un'opportunità economia da cogliere, considerato che la Russia e la Cina nel 2017 potrebbero spendere insieme sino a 20 miliardi di euro per il turismo. Tali dati - raccolti dalla già citata Organizzazione mondiale del turismo - sono stati recentissimamente ribaditi in occasione della presentazione di una ricerca realizzata per Formez PA dal centro di ricerca internazionale EuroMonitor, in collaborazione con Federculture, dalla quale emergono le potenzialità italiane nell'attrarre turisti provenienti dai Paesi cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India e Cina) rispetto ai diretti competitor dell'Italia, Spagna e Francia,

impegna il Governo:

   a presentare, prima della data di inizio del semestre europeo, una strategia nazionale di rilancio del turismo che punti a rilanciare il turismo nel solco delle indicazioni formulate a livello europeo e alla luce delle criticità evidenziate dal presente atto di indirizzo per quanto attiene alla difficoltà nella governance del settore, alla promozione all'estero frammentata, al nanismo delle imprese, ai limiti nella capacità di costruire prodotti turistici competitivi, alle infrastrutture insufficienti, alla formazione del personale inadeguata e alla difficoltà ad attrarre investimenti internazionali, al fine di ricollocare il turismo al centro dell'agenda politica del Governo in una logica di efficace collaborazione tra Stato e autonomie regionali;
   a promuovere e favorire l'avvio di un percorso che, attraverso la revisione del titolo V della parte II della Carta costituzionale, restituisca allo Stato il ruolo di propulsore del turismo, materia rispetto alla quale l'esercizio dell'attività legislativa è attualmente demandata in via esclusiva alle regioni;
   ad unificare la gestione delle banche dati sul turismo sotto un singolo osservatorio alle dipendenze del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, oppure dell'Agenzia nazionale del turismo, con la responsabilità di garantire completezza, affidabilità e chiavi di lettura a livello nazionale e regionale sui dati relativi al turismo;
   a rilanciare l'Agenzia nazionale del turismo, portandola al livello delle migliori agenzie internazionali, dotandola di risorse e competenze specifiche per diventare effettivo motore di sviluppo del settore nello svolgimento della missione istituzionale di promozione turistica internazionale dell'Italia e delle sue realtà regionali;
   ad implementare una strategia digitale del Paese per il turismo nell'ambito del progetto complessivo di attuazione dell'Agenda digitale italiana, sviluppando la promozione dell'Italia su canali e piattaforme digitali e aumentando, altresì, la visibilità dei prodotti turistici italiani sul web;
   a sfruttare la vetrina dell'Expo 2015 per promuovere anche il resto dell'offerta turistica del Paese, rafforzando la campagna sui media italiani per sensibilizzare il Paese circa l'importanza dell'offerta turistica nazionale oltre che internazionale;
   ad adottare opportune iniziative normative tese ad incentivare fiscalmente la produzione di film internazionali ambientati in luoghi italiani sui quali si deve puntare come soluzioni di offerta del sistema che fungano da pubblicità e richiamo;
   ad aprire un tavolo di lavoro sul turismo marittimo tra l'Agenzia nazionale del turismo, regioni, enti locali e associazioni di categoria, focalizzando gli sforzi per trovare una soluzione che risponda alla normativa «Bolkestein»;
   a promuovere una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica che riguardi anche i requisiti di accesso e le relative modalità di verifica, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, al fine di assicurare la valorizzazione e la tutela del patrimonio storico e artistico nazionale, nonché la tutela del turista e del fruitore dei beni culturali, anche riconoscendo, sulla base della direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (direttiva 2005/36/CE), la specifica e peculiare professionalità delle guide turistiche;
   a promuovere un programma di eccellenza della formazione turistica nazionale (ad esempio, istituti tecnici superiori e scuole professionali) per rilanciare l'offerta di qualità del turismo italiano nei confronti dei turisti internazionali;
   a promuovere l'adozione di un piano strategico teso a migliorare l'offerta italiana di trasporti e infrastrutture e a potenziare, in particolare, le strutture aeroportuali a forte potenziale turistico, sviluppando voli diretti da e per Paesi in forte crescita, aumentando il numero e la frequenza delle tratte nelle connessioni con i Paesi cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India e Cina);
   a sostenere il turismo culturale, trasformandolo in una delle leve di sviluppo del nostro Paese, avviando un piano straordinario e immediato di manutenzione dei siti Unesco, come recentemente ribadito dal programma delineato da Formez e Federcolture, al fine di rilanciare il turismo italiano, con particolare riguardo alle aree del Mezzogiorno;
   a favorire, mediante l'adozione di apposite iniziative di competenza, la pratica del naturismo che potrebbe rendere maggiormente competitiva l'offerta turistica italiana, superata oggi non solo dall'Europa settentrionale, ma anche da tutti i Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, disciplinando l'individuazione di apposite aree da destinare a campi naturisti per un utilizzo di tipo turistico-ricettivo.
(1-00388) «Lacquaniti, Migliore, Di Salvo, Giancarlo Giordano, Costantino, Melilla, Zan, Pellegrino, Lavagno, Nicchi, Ricciatti».


   La Camera,
   premesso che:
    nei mesi di dicembre 2013 e gennaio 2014 l'intera area geografica comprendente le province di Caserta, Benevento, Campobasso e la città di Napoli, è stata teatro di eventi tellurici ripetuti, con scosse di magnitudo compresa tra il 4,9 ed il 4,2 della scala Richter e con uno sciame sismico che ha prodotto ben 19 scosse ulteriori;
    la serie di manifestazioni telluriche ha causato ingenti danni ad abitazioni private ed edifici di utilità pubblica, quali scuole, ospedali e luoghi di culto;
    numerosi danni, inoltre, sono stati riportati dalle infrastrutture viarie di collegamento ai comuni ed alle località interessate dall'attività sismica, procurando inevitabilmente un isolamento dei comuni colpiti,

impegna il Governo:

   ad intraprendere, insieme alla regione Campania, quanto necessario per lo stanziamento di risorse economiche da destinare alle popolazioni delle zone colpite dai terremoti del periodo indicato in premessa, allo scopo di riparare i danni riportati dalle infrastrutture, dalle reti di comunicazione, dalle abitazioni private e dagli edifici pubblici e di culto;
   ad attivarsi affinché possano essere utilizzate le risorse messe a disposizione dal Fondo di solidarietà dell'Unione europea per le grandi calamità;
   a sostenere l'apparato produttivo dell'intera area geografica interessata dall'attività sismica, già di per sé compromessa dalla negativa congiuntura economica.
(1-00389) «De Girolamo».


   La Camera,
   premesso che:
    in data 26 giugno 2013 al termine di un lungo e faticoso negoziato, svolto per la prima volta secondo la procedura legislativa ordinaria introdotta con il Trattato di Lisbona (articolo 294 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea, TFUE), che ha coinvolto Parlamento europeo, Consiglio e Commissione (codecisione), si è chiusa la fase legislativa della riforma della PAC 2014/2020;
    in data 28 giugno 2013 il Comitato dei rappresentanti permanenti ha approvato, a nome del Consiglio europeo, l'accordo raggiunto con il Parlamento europeo sul progetto di regolamento che stabilisce il Quadro finanziario pluriennale, QFP, dell'Unione europea per il periodo 2014-2020 e l'accordo interistituzionale in materia di bilancio. L'accordo limita la spesa massima ammissibile per un'Unione di 28 Stati membri a 959,99 miliardi di euro in impegni, pari a 1 per cento del reddito nazionale lordo, RNL, dell'Unione europea. Il massimale dei pagamenti complessivi è stato fissato a 908,40 miliardi di euro, rispetto ai 942,78 miliardi di euro del QFP 2007-2013;
    in data 28 giugno 2013 è stato raggiunto l'accordo politico tra il Parlamento europeo, Commissione europea e Consiglio (il cosiddetto «trilogo») sulla PAC sulla base delle conclusioni del Consiglio Europeo del 7-8 febbraio 2013;
    in data 4 settembre 2013 la Commissione Europea ha formalmente adottato il pacchetto di atti (accordo inter-istituzionale e dichiarazioni allegate) che, a seguito dell'approvazione del Parlamento europeo, hanno consentito l'adozione del regolamento sul QFP, da parte del Consiglio europeo;
    in data 24 settembre 2013, a seguito dell'accordo politico raggiunto sulla PAC, sono state aggiunte le decisioni relative a quegli elementi finanziari che facevano parte dei negotiating box («schema di negoziato» elaborato dalla presidenza danese) della «rubrica 2» («Crescita sostenibile: risorse naturali» il cui massimale di spesa di 373,18 miliardi di euro è stato fissato dal Consiglio Europeo) del QFP e che erano rimasti fuori dal più ampio accordo di giugno, vale a dire: «convergenza esterna» tra gli Stati membri (definizione dei massimali nazionali per i pagamenti diretti), «degressività e capping» e la flessibilità tra il primo pilastro della PAC (finanziato attraverso il Fondo europeo agricolo di garanzia, FEAGA) e il secondo pilastro della PAC (finanziato attraverso il Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale, FEASR), a discrezione degli Stati membri, nella misura del 15 per cento dei massimali nazionali per gli anni 2014-2020;
    il pacchetto legislativo sulla riforma della PAC consta di sette regolamenti di base, ossia:
     a) Regolamento (UE) n. 1307 del 2013 recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune;
     b) Regolamento (UE) n. 1308 del 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli;
     c) Regolamento (UE) n. 1305 del 2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale;
     d) Regolamento (UE) n. 1306 del 2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune;
     e) Regolamento (UE) n. 1370 del 2013 recante misure per la fissazione di determinati aiuti e restituzioni connessi all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli;
     f) Regolamento (UE) n. 671 del 2012 recante modifica del regolamento (CE) n. 73/2009 in ordine all'applicazione dei pagamenti diretti agli agricoltori per il 2013;
     g) Regolamento (UE) n. 1028 del 2012 che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 in ordine al regime di pagamento unico e al sostegno ai viticoltori;
    la nuova PAC implica numerose scelte da parte degli Stati membri che dovranno essere notificate a Bruxelles: alcune entro il 1o agosto 2014 ed altre entro il 1o gennaio 2015;
    anche se la PAC è stata approvata e i regolamenti sono stati pubblicati, l'adozione delle scelte nazionali e le procedure di attuazione degli organismi pagatori richiedono tempi incompatibili con l'applicazione della nuova PAC dal 1o gennaio 2014. Il 2014 sarà, quindi, un anno di transizione, precisamente, alcune parti saranno rinviate al 2015 (i nuovi pagamenti diretti entreranno in vigore dal 1o gennaio 2015); altre parti della PAC sono entrate in vigore regolarmente il 1o gennaio 2014 (OCM unica), mentre la nuova politica di sviluppo rurale si trova in una situazione intermedia. Il vecchio sistema dei pagamenti diretti, compreso l'articolo 68, sarà mantenuto per l'anno di domanda PAC 2014. Pertanto, il Regolamento (CE) n. 73/2009 continuerà ad applicarsi nel 2014, con la possibilità per gli Stati membri di modificare l'articolo 68 entro il 1o febbraio 2014. Le nuove norme sui pagamenti diretti entreranno in vigore dal 2015, compresi lo spacchettamento nelle sette tipologie di pagamento e il «greening». Ciò implica alcune importanti conseguenze per gli agricoltori per quanto riguarda tali pagamenti: gli attuali titoli si utilizzeranno anche per la domanda della PAC 2014, benché soggetti alle riduzioni per i massimali di bilancio e per la convergenza esterna; le misure dell'articolo 68 saranno applicate anche nel 2014; la nuova PAC prenderà avvio dal 2015 e i nuovi titoli saranno assegnati in base alla domanda unica al 15 maggio 2015;
    il budget complessivo europeo riferito alla PAC è di 373,43 miliardi di euro di cui 277,85 miliardi di euro per il primo pilastro e 95,58 miliardi per il secondo pilastro;
    l'Italia riceverà 41,5 miliardi di euro, 27 miliardi di euro per i pagamenti diretti, 4 miliardi di euro per l'OCM vino e l'OCM ortofrutticoli e 10,5 miliardi di euro per lo sviluppo rurale, che attivano un contributo nazionale di pari entità (10,5 miliardi di euro);
    la riforma della PAC si articola su sette regolamenti di cui quattro particolarmente importanti:
     1) pagamenti diretti;
     2) l'organizzazione comune di mercato unica, OCM;
     3) lo sviluppo rurale;
     4) un regolamento orizzontale sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della PAC;
    il primo pilastro della PAC è costituito dai pagamenti diretti che si articolano in sette componenti:
     1) pagamento di base;
     2) pagamento redistributivo per i primi ettari;
     3) pagamento ecologico, o greening;
     4) pagamento delle aree svantaggiate;
     5) pagamento per i giovani agricoltori;
     6) pagamento per i piccoli agricoltori;
     7) pagamento accoppiato;
    in base al primo pilastro e alle sue componenti, alcune devono essere attivate obbligatoriamente, mentre altre hanno un regime facoltativo che è a discrezione degli Stati membri se attivarle o meno, il tutto entro percentuali del massimale nazionale. L'unica componente definita in percentuale fissa tra tutti gli Stati membri è quella relativa al «greening», che è obbligatoria, e rappresenta la percentuale fissa del 30 per cento del massimale nazionale;
    la tipologia più importante è il «pagamento di base» perché solo gli agricoltori che hanno diritto al «pagamento di base» possono accedere alle altre tipologie di pagamento (a eccezione del pagamento accoppiato che è svincolato dagli altri pagamenti). Il «pagamento di base» è obbligatorio per gli Stati membri i quali dovranno dedicare al nuovo regime di pagamento una percentuale del plafond nazionale dei pagamenti diretti (massimo il 70 per cento) in funzione delle scelte che verranno fatte sulle altre tipologie di pagamenti;
    il nuovo sistema dei pagamenti diretti abbandonerà gradualmente i riferimenti storici, allo scopo di arrivare a una distribuzione più omogenea del sostegno per ettaro a livello nazionale o regionale, si dovrà procedere verso una convergenza dei pagamenti tra Stati membri – convergenza esterna –, tra gli agricoltori all'interno di ogni stato membro – convergenza interna –; entrambe le convergenze avverranno in modo graduale;
    i «nuovi titoli» saranno soggetti alla «regionalizzazione», che è obbligatoria, e consiste nella fissazione di una distribuzione omogenea del sostegno per ettaro con lo scopo di attribuire un valore uniforme per tutti gli agricoltori, precisamente un valore medio uniforme a livello nazionale o regionale. La regione può essere individuata in base a criteri amministrativi, ad esempio l'attuale ripartizione amministrativa delle regioni, o in base a criteri agronomici, ad esempio pianura, collina e montagna, quindi sono due i tipi di pagamenti diretti che possono essere applicati a livello nazionale o regionale: il «pagamento di base» e il «greening». L'orientamento del Governo sembrerebbe quello di considerare l'Italia regione unica;
    le opzioni di convergenza possibili, a discrezione degli Stati membri, sono tre:
     a) mancanza di convergenza (titoli uniformi a partire dal 2015);
     b) convergenza al 2019 (effetto «ritardato»): si stabilisce il valore di partenza, il valore finale di arrivo (uniforme) e gli stadi per arrivarci;
     c) convergenza parziale (modello «irlandese»): non si raggiunge un valore uniforme, ma alla fine nessun titolo può avere valore unitario inferiore al 60 per cento del valore medio nazionale (regionale). L'orientamento del Governo è il «modello irlandese»;
    OCM unica nella riforma della PAC riguarda due obiettivi maggiormente rappresentativi, il primo predispone un maggiore orientamento al mercato e il secondo afferisce al rafforzamento della rete di sicurezza per gli agricoltori. Il primo obiettivo contiene le misure relative alle organizzazione dei produttori, OP, e interprofessionali, OI, e il superamento dei vincoli quantitativi alla produzione (quote), al secondo la razionalizzazione delle misure di intervento e la riserva (nazionale) per il superamento delle crisi di mercato. Il modello di organizzazione delle OP e delle OI ha lo scopo di dare maggiore peso contrattuale per la componente agricola della filiera produttiva. Per la questione delle quote di produzione è prevista la fine delle «quote latte» il 31 marzo 2015 e la chiusura del regime per lo zucchero il 30 settembre 2017 e il passaggio ad un nuovo regime flessibile, a partire dal 2016, per quanto attiene i nuovi impianti per i vigneti, con crescita limitata all'1 per cento l'anno. Gli strumenti preposti nella riforma hanno lo scopo di gestire la volatilità dei mercati, a tal riguardo sono stati confermati sia l'intervento pubblico che gli aiuti per lo stoccaggio privato (con la previsione anche per alcuni prodotti DOP, ad esempio il Parmigiano Reggiano) con regole e modalità differenti per i vari comparti. Per tutelare i redditi degli operatori del settore, rispetto al mercato e agli eventi atmosferici, il fondo di riserva nazionale per le crisi di mercato verrà finanziato ogni anno tramite un accantonamento delle risorse destinate ai pagamenti diretti attraverso il meccanismo della disciplina finanziaria. Nel caso in cui i fondi non venissero utilizzati, essi vengono impiegati per integrare gli aiuti destinati ai pagamenti. La Commissione europea si è riservata la possibilità di intervenire per situazioni di crisi specifiche, legate anche all'emergenza sanitaria o eventi imprevisti;
    il «pagamento redistributivo per i primi ettari» è un pagamento facoltativo, che mira a ridistribuire le risorse finanziarie all'interno dello Stato membro dalle aziende più grandi a quelle più piccole. Entro il 1o agosto di ciascun anno, uno Stato membro può decidere di concedere dall'anno successivo un «pagamento redistributivo per i primi ettari» agli agricoltori che hanno diritto a ricevere il «pagamento di base». Il pagamento redistributivo può essere applicato anche a livello regionale. A tale pagamento può essere destinato fino al 30 per cento del massimale nazionale. Gli Stati membri che applicano il pagamento redistributivo utilizzando più del 5 per cento del massimale nazionale non applicano il capping. Si tratta, in entrambi i casi, di strumenti che mirano a redistribuire risorse finanziarie: nel caso del capping, drenando risorse dalle aziende che beneficiano di oltre 150.000 euro di «pagamento di base», subendo, a tal riguardo, una riduzione del 5 per cento e le risorse derivanti da tale taglio saranno riversate per incrementare la dotazione finanziaria del secondo pilastro del Paese stesso, inoltre nel caso del pagamento redistributivo, drenando risorse da quelle più grandi in termini di superficie ammissibile verso quelle più piccole;
    al «greening» hanno diritto gli agricoltori che beneficiano del pagamento di base e se rispettano sui loro ettari ammissibili tre pratiche agricole: diversificazione delle colture, mantenimento dei prati e pascoli permanenti esistenti, aree di interesse ecologico (consistono in margini dei campi, siepi, alberi, terreni lasciati a riposo, elementi caratteristici del paesaggio, biotipi, fasce tampone, superfici oggetto di imboschimento). Le aree di interesse ecologico si applicano solamente alle superfici a seminativo, quindi sono escluse dal greening le colture permanenti – vigneti, uliveti, frutteti, agrumeti – quelle sommerse e i prati permanenti, mentre sono obbligatorie per le aziende superiori a 15 ettari a seminativo, per almeno il 5 per cento della superficie a seminativo dell'azienda (dal 1o gennaio 2017 la percentuale passerà al 7 per cento). Il pagamento verde assume la forma di un pagamento forfetario a ettaro ottenuto dividendo il massimale per il pagamento verde per gli ettari ammissibili. Gli Stati membri che applicano la «convergenza interna», sia quella basata sulla differenziazione del valore dei titoli sulla base del loro valore iniziale che la «convergenza interna» «modello irlandese», possono calcolare il pagamento verde come una percentuale del valore dei titoli di ciascun agricoltore. Le aziende situate totalmente o parzialmente nelle aree coperte dalle direttive Habitat, Acque, e Uccelli per definizione sono titolate a beneficiare dei pagamenti verdi purché rispettino le pratiche verdi, a condizione che queste siano compatibili con gli obiettivi delle direttive in questione. Le aziende con metodo biologico sono anch'esse, per definizione, titolate a ricevere il pagamento verde, ma solo per le unità delle aziende condotte con il metodo biologico (equivalenza d'inverdimento). A partire dal 2017, tuttavia, il mancato rispetto delle pratiche verdi comporta una sanzione che si applica al pagamento di base, di importo pari al 20 per cento del pagamento verde nel 2017 e al 25 per cento nel 2018. Gli Stati membri possono applicare delle pratiche equivalenti a quelle verdi che producono un beneficio per il clima e l'ambiente pari o superiore alle pratiche verdi;
    gli effetti del «greening» all'interno della nuova PAC costituisce un controverso strumento di aiuto a duplice valenza, ossia che da una parte tutte le imprese agricole in possesso di titoli di base disaccoppiati saranno beneficiarie, mentre dall'altra la reale applicazione graverà su una minoranza di agricoltori. Le stime parlano solo di un 5-6 per cento di produttori italiani, possessori di un terzo della superficie nazionale a seminativi, che saranno tenuti ad adempiere ai tre impegni obbligatori. Nel dettaglio l'incidenza sarà maggiore nel Nord del Paese soprattutto in regioni come il Piemonte, la Lombardia, e l'Emilia Romagna dove la dimensione media delle aziende agricole supera i 15 ettari di superficie agricola utilizzata, SAU, il «greening» avrà un impatto rilevante, riservando una incidenza minore per le aziende del Centro e Sud Italia, ad eccezione del Veneto con una dimensione media di nemmeno 7 ettari e la Sardegna che, con quasi 19 ettari di SAU, supera la Lombardia (18,4 ettari) come superficie media aziendale. Gli impegni saranno meno vincolanti per le imprese a seminativi, che già oggi adottano piano colturali con più colture, mentre peseranno di più sulle realtà economiche a indirizzo produttivo da carne bovina e suina, costringendole a diversificare maggiormente l'indirizzo colturale, oggi basato sul mais. Per tutte le aziende la creazione di aree a «focus ecologico», comporterà un sensibile calo delle entrate (almeno un 5 per cento di superficie produttiva verrà infatti dedicato alla creazione di aree a valenza ambientale). Nel Centro Italia, invece, la maggioranza delle aziende agricole, avendo superfici medie inferiori ai 10 ettari, saranno esentate dagli obblighi del greening, soprattutto alla diversificazione delle colture e alla creazione di aree a «focus ecologico» adempimento, quest'ultimo, che ricade sulle imprese con superfici a seminativo superiori ai 15 ettari. Sul mantenimento delle foraggere permanenti, dipenderà dalla loro eventuale ubicazione in aree protette;
    il «pagamento delle aree svantaggiate» è una forma di sostegno attivabile in modo facoltativo dallo Stato membro e prevede la percentuale di finanziamento entro la soglia del 5 per cento del massimale nazionale ed è indirizzato a quelle aree interessate dai vincoli naturali;
    il «pagamento per i giovani agricoltori» è stato previsto per promuovere il rinnovo generazionale, il pagamento di base accordato ai giovani agricoltori (di età inferiore a 40 anni) al loro primo insediamento viene integrato da un ulteriore 25 per cento per i primi cinque anni di attività. Il suo finanziamento proverrà fino al 2 per cento dalla dotazione nazionale e sarà obbligatorio per tutti gli stati membri. Questa disposizione si aggiunge alle altre misure a disposizione dei giovani agricoltori nel quadro dei programmi dello sviluppo rurale;
    il «pagamento per i piccoli agricoltori» è una forma di sostegno attivabile in modo facoltativo dagli stati membri e incide nella misura del 10 per cento del massimale nazionale fino alla somma di 1.250 euro per azienda;
    il «pagamento accoppiato» è una forma di sostegno attivabile in modo facoltativo dagli Stati membri nella misura fino al 13 per cento del massimale nazionale dei pagamenti diretti (escluso tabacco, patate e settore vitivinicolo) e un ulteriore 2 per cento per le colture proteiche. Il pagamento accoppiato è collegato a un prodotto specifico allo scopo di risolvere gli effetti potenzialmente negativi della convergenza interna per settori specifici di determinate regioni. Quindi la componente è finalizzata a quei settori che subiscono gli effetti negativi dell'uniformazione dei titoli, come la zootecnia, l'olio d'oliva, il pomodoro da industria, la barbabietola, eccetera;
    le nuove norme della PAC 2014-2020 entrano in vigore dal 2015, compreso lo spacchettamento nelle sette tipologie di pagamenti diretti. Quindi, il «greening» entrerà in vigore dal 2015. Pertanto, i pagamenti diretti saranno suddivisi in due categorie: i pagamenti disaccoppiati: 92 per cento del plafond; i pagamenti accoppiati dell'articolo 68: 8 per cento del plafond. La quasi totalità del sostegno della PAC verrà erogato sotto forma di pagamenti disaccoppiati nell'ambito del regime di «pagamento unico», in funzione dei titoli (ordinari e speciali) posseduti da ogni agricoltore. Gli unici pagamenti accoppiati che rimangono in vigore nel 2014 riguardano i settori interessati dall'articolo 68 (carni bovine, carni ovicaprine, olio di oliva, latte, tabacco, barbabietola da zucchero, tabacco, Danaee Racemosa, avvicendamento colturale al Centro-Sud);
    la definizione di «agricoltore attivo» ha l'obiettivo di destinare l'aiuto comunitario agli agricoltori «veri» cioè quelli che svolgono la loro attività in modo prevalente e professionale. Vengono, pertanto, esclusi dai pagamenti diretti tutti i soggetti che detengono terreni agricoli ma non sono agricoltori (inseriti in un apposita «lista nera» come: gli aeroporti, i campi sportivi e ricreativi, i servizi immobiliari, i servizi ferroviari, le compagnie delle acque, eccetera). Gli Stati membri possono integrare questa lista ma non sottrarre soggetti. Sono considerati «attivi per definizione» tutti coloro che ricevono meno di 5.000 euro di pagamenti diretti (anche se presenti nella lista nera). Tuttavia, lo Stato membro può abbassare questa soglia al di sotto dei 5.000 euro, rendendo più restrittiva la definizione di «agricoltore attivo». Va considerato che nel regime semplificato per i piccoli agricoltori il pagamento previsto è compreso tra 500 e 1.250 euro, mentre sono previste anche soglie minime per l'accesso ai pagamenti diretti, da esprimersi in montante finanziario o in estensioni superficiali minime;
    la nuova programmazione prevede la proroga dei regimi «frutta nelle scuole» e «latte nelle scuole» e il bilancio annuale per il regime «frutta nelle scuole» è stato aumentato da 90 milioni di euro a 150 milioni di euro all'anno;
    all'interno della riforma della PAC è stata introdotta la revisione della PAC di medio termine (mid-term review) nel 2017 alla luce del fatto che trattandosi di una delle politiche più impattanti dell'Unione, bisogna saper leggere il contesto in cui interviene – un contesto oggi caratterizzato dall'instabilità dei mercati, della volatilità dei prezzi e da un crescente disequilibrio tra domanda e offerta – e debba essere, eventualmente, rimodulata;
    per agevolare la transizione dal periodo di programmazione 2007-2013 al «nuovo periodo di programmazione» 2014-2020, con riferimento alle politiche del secondo pilastro, l'UE ha emanato un regolamento transitorio (Reg. 1310/2013). Le regioni hanno la possibilità di assumere nuovi impegni per il 2014, sia per le misure dell'Asse 1 (miglioramento della competitività) che dell'Asse 2 (miglioramento dell'ambiente), conformemente ai Programmi di Sviluppo Rurale, PSR, 2007-2013, purché la domanda sia presentata prima dell'approvazione dei PSR 2014-2020. In sostanza le regioni possono assumere nuovi impegni con il vecchio PSR 2007-2013, che saranno pagati con le risorse finanziarie del PSR 2014-2020, al fine di evitare qualsiasi interruzione nel sostegno alla politica di sviluppo rurale sia per gli investimenti che per l'agroambiente;
    in data 16 gennaio 2014 la Conferenza Stato-regioni ha raggiunto un accordo tra le regioni e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sulla ripartizione del secondo pilastro della PAC. Tale circostanza consente di sbloccare la programmazione dei PSR 2014-2020, in considerazione del fatto che le regioni entro quattro mesi dall'invio formale dell'accordo di partenariato a Bruxelles da parte del Governo, che avverrà presumibilmente ad aprile 2014, dovranno inviare formalmente i rispettivi PSR alla Commissione europea. La Commissione europea si riserva sei mesi di tempo per l'approvazione degli stessi. L'accordo ha ripartito le risorse tra i programmi nazionali e tra i PSR regionali, il regolamento sullo sviluppo rurale ha assegnato all'Italia una dotazione finanziaria di 10,43 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, a questo importo si deve aggiungere il cofinanziamento nazionale, per cui l'importo complessivo della spesa pubblica per lo sviluppo rurale diviene di 20,85 miliardi di euro in sette anni, con una maggiorazione dei fondi del 6 per cento superiore alla precedente programmazione. Per tenere conto dei diversi contesti regionali in cui si attua la politica strutturale in questione, il riparto della nuova programmazione prevede una diversificazione dei tassi di cofinanziamento comunitari. Nel cofinanziamento le risorse sono state così ripartite: cofinanziamento FEASR regioni competitività 43,12 per cento; regioni transizione 48 per cento; cofinanziamento regioni convergenza 60,50 per cento. Il cofinanziamento nazionale (Stato/Regioni) è del 50 per cento sull'intero ammontare finanziario. Di tale 50 per cento il 100 per cento è a carico dello Stato per le misure nazionali, mentre per i programmi regionali è per il 70 per cento a carico dello Stato e per il 30 per cento a carico delle regioni. La novità rispetto alla precedente programmazione dei programmi di sviluppo rurale è che la loro attuazione avverrà tramite un Programma Operativo Nazionale, PON, congiuntamente ai programmi regionali. L'accordo della Conferenza Stato-regioni ha previsto di destinare 18,6 miliardi di euro all'attuazione dei programmi regionali e 2,2 miliardi di euro a misure nazionali, in quattro linee di intervento: «gestione, del rischio» (1,640 miliardi - 7,86 per cento) «infrastrutture irrigue» (300 milioni di euro - 1,44 per cento), «biodiversità animale» (200 milioni di euro - 0,96 per cento) e «rete rurale nazionale» (100 milioni di euro - 0,48 per cento). Nella programmazione 2007-2013 la gestione del rischio (assicurazioni agevolate, stabilizzazione del reddito e fondi di mutualizzazione) faceva parte del primo pilastro della PAC (articolo 68 Reg. (CE) n. 73/2009), invece nella programmazione futura farà parte di un PSR nazionale. La misura «gestione del rischio» prevederà meccanismi e strategie tali da rendere applicabile l'intervento in tutto il territorio nazionale, anche attraverso l'attivazione di un «Fondo mutualistico» e delle misure di sostegno al reddito in caso di crisi. Altro tema che farà parte del PON è il «piano irriguo» che sta assumendo una notevole rilevanza a seguito degli eccessi di pioggia o la scarsità di acqua che in questi ultimi periodi ha colpito, ripetutamente, l'agricoltura italiana. La misura prevederà interventi alle strutture irrigue e non alla bonifica ambientale in senso lato, in quanto tali interventi non possono essere posti a carico del settore agricolo. La misura «biodiversità animale» (informazioni, banche dati, controlli utili alla selezione) consente di finanziare il programma nazionale per la gestione dei «Libri Genealogici» e il «miglioramento genetico». La riorganizzazione del sistema allevatoriale deve rispettare il principio di separazione fra le attività di miglioramento della biodiversità, poste a carico nazionale, da quelle di consulenza da attività poste a carico regionale. La nuova programmazione dello sviluppo rurale non sarà più classificata a livello dell'Unione europea in «assi» con l'obbligo di una spesa minima per «asse», si passerà dagli «assi» alle «priorità». Spetterà agli Stati membri o alle regioni decidere quale misura usare, e come, per raggiungere gli obiettivi fissati in base a «sei priorità» generali con relativi «settori di interesse» (sotto-priorità) più specifici, quindi ogni PSR dovrà contenere almeno quattro priorità, con un ampio spettro di misure con finalità ambientali (minimo 30 per cento). Le sei priorità sono fortemente incentrate sul: trasferimento di conoscenze, l'innovazione, l'organizzazione delle filiere agroalimentari, la gestione del rischio, la tutela degli ecosistemi, il contrasto ai cambiamenti climatici e la riduzione dell'anidride carbonica, l'inclusione sociale e lo sviluppo economico nelle zone rurali. Gli Stati membri saranno tenuti a riservare, obbligatoriamente, il 30 per cento degli stanziamenti, provenienti dal bilancio UE per lo sviluppo rurale, a determinate misure di gestione delle terre e alla lotta contro i cambiamenti climatici e il 5 per cento all'approccio «Liason entre actions de développement de l’èconomie rurale», LEADER. Il regolamento offre anche la possibilità per le regioni di mettere a punto «sottoprogrammi tematici» per concentrarsi meglio su specifiche esigenze: giovani agricoltori, piccoli agricoltori, zone montane, mitigazione dei cambiamenti climatici, biodiversità e filiere agroalimentari corte;
    le novità del secondo pilastro attengono alla governance e ad avere un approccio integrato e complementare con la politica di coesione territoriale finanziata attraverso i fondi strutturali (Reg. (UE) 1303/2013). Infatti, la programmazione delle politiche di sviluppo regionale e rurale viene organizzata sulla base di un Quadro strategico comune, QSC, per tutti i fondi strutturali (Fondo europeo di sviluppo regionale, FEASR, Fondo sociale europeo, FSE, e Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, FEAMP) e supportato da un «position paper», per ogni singolo Stato membro, in cui vengono trasferiti i desiderata su alcune priorità di intervento per le future politiche di sviluppo territoriale;
    l'Accordo di partenariato è stato elaborato a livello nazionale, al fine di definire la strategia dello Stato membro e l'azione, integrata, dei diversi fondi con cui agire, strategicamente, nel perseguimento degli obiettivi tematici contenuti nell'Accordo di partenariato e dei risultati attesi, nonché le modalità necessarie a garantire l'attuazione efficiente ed efficace dei programmi;
    per il secondo pilastro è previsto, inoltre, il «Community-led local development», CLLD, che, sul modello dell'approccio leader, è estendibile ad aree non rurali e al contributo di altri Fondi;
    i nuovi strumenti di governance introdotti nel secondo pilastro riguardano la «condizionalità ex ante» e la «riserva di performance». La prima è finalizzata a garantire alcune condizioni minime – aspetti normativi, amministrativi e organizzativi – al fine di migliore il raggiungimento e l'efficacia delle azioni poste in essere per le politiche di sviluppo rurale. L'assenza di una o più condizioni pone lo Stato e le Autorità di gestione dei programmi, nella condizione di dover definire percorsi e impegni precisi per il loro soddisfacimento, con il rischio del blocco nell'erogazione dei pagamenti comunitari qualora in caso di verifica ex post (2019) venisse verificato il mancato rispetto degli impegni assunti. La seconda riguarda la capacità dei programmi di raggiungere gli obiettivi preposti, stimolando le amministrazioni responsabili attraverso una premialità da assegnare ai programmi maggiormente performanti e virtuosi (6 per cento della quota complessiva assegnata ad allo Stato membro);
    le ulteriori misure introdotte nel secondo pilastro sono volte a favorire:
     a) la cooperazione, l'associazionismo e l'integrazione tra gli attori del sistema produttivo agroalimentare, con lo scopo di favorire gli obiettivi di sistema al fine di superare le debolezze settoriali e a favorire la trasparenza dei rapporti della filiera del settore primario;
     b) la diffusione di strumenti per la «gestione del rischio» legato alle crisi di mercato e/o calamità naturali, nel dettaglio oltre a favorire l'assicurazione su tali eventi, vi è la possibilità di stimolare la nascita di fondi mutualistici e di attivare dei fondi per il sostegno dei redditi;
     c) diffondere l'innovazione e i risultati della ricerca (Partenariato europeo per l'innovazione, PEI), tramite la creazione di un sistema di rete europea, in una logica che coinvolga l'intera Unione. Il PEI si articolerà per Stato membro, in gruppi operativi che a livello settoriale e territoriale dovrebbero costituirsi con il coinvolgimento delle imprese, sistema della ricerca e della consulenza al fine di innovare il sistema;
    la strategia «Europa 2020» ha quali obiettivi tematici nell'ambito delle politiche europee da adottare entro il 2020, l'occupazione, la ricerca e l'innovazione, l'istruzione, la riduzione delle povertà, i cambiamenti climatici e l'energia. La programmazione PAC post 2013 s'inserisce nella cornice definita dalla strategia dell'Unione al 2020. Le possibilità offerte dal primo pilastro sono notevoli, ma quelle che offre il secondo pilastro, per come è strutturato, hanno una valenza maggiore rispetto al primo. Il livello d'interrelazione con il territorio che le politiche di sviluppo rurale hanno è notevole, tant’è vero che a livello legislativo comunitario sono state previste 6 priorità di intervento declinate in 18 focus area tutte indirizzate alla strategia «Europa 2020». Le sei priorità sono:
     a) promozione del trasferimento di conoscenze e dell'innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle aree rurali;
     b) competitività e redditività nel settore agricolo;
     c) promozione della filiera agroalimentare e gestione del rischio;
     d) tutela e ripristino degli ecosistemi naturali;
     e) lotta ai cambiamenti climatici;
     f) favorire l'inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico delle zone rurali;
    alla luce di quanto descritto nel presente atto d'indirizzo risulta di fondamentale importanza pensare ad una agricoltura che riaffermi la sua funzione primaria di produrre alimenti e che sia capace di:
     a) dare reddito agli agricoltori e nuova qualità della vita nelle aree rurali;
     b) valorizzare il lavoro costruendo nuova e buona occupazione;
     c) produrre eticamente garantendo la sicurezza alimentare ed il benessere degli animali;
     d) assicurare la salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio anche promuovendo l'uso delle fonti di energia rinnovabili, sulla base di una loro corretta regolamentazione e pianificazione;
     e) mantenere una forte diversificazione produttiva e multifunzionalità dei servizi offerti, con una connotazione di qualità legata al territorio,

impegna il Governo:

   ad attivare quelle componenti facoltative (pagamento redistributivo per i primi ettari, pagamento delle aree svantaggiate, pagamento per i piccoli agricoltori e pagamento accoppiato) previste nel primo pilastro della PAC le quali potrebbero rivelarsi degli straordinari strumenti socio-economici anticiclici e rispettosi della conformazione strutturale delle aziende agricole italiane in termini di dimensioni e orientamenti produttivi, nella misura in cui il Governo sarà in grado di implementare le scelte nazionali con meccanismi amministrativi che siano snelli, semplici e sburocratizzati, consentendo così ai nuovi attori economici una conoscenza delle potenzialità che questa riforma potrebbe esprimere, sia in campo agroambientale che economico;
   a istituire, unitamente alle regioni, un programma nazionale per la «gestione del rischio» che coordini le azioni volte a ridurre e risarcire le attività agricole da eventi pedoclimatici avversi, crisi di mercato e politiche di mutualizzazione;
   a intervenire in sede comunitaria per verificare la possibilità di istituire un Fondo unico europeo per le avversità ambientali, epizoiche in campo agricolo, utilizzando i fondi non spesi nella precedente programmazione, anche a seguito della riprogrammazione, rivenienti o dal primo o dal secondo pilastro;
   a porre debita attenzione alla definizione di «agricoltore attivo», al fine di riconoscere i soggetti che svolgono una attività agricola produttiva;
   a rendere coerente il sistema di soglie previste, con la necessità di salvaguardare le strutture aziendali, caratterizzanti le diverse realtà territoriali, pur conciliandole con un adeguato risparmio amministrativo e burocratico;
   ad attivare delle vere politiche a difesa e valorizzazione dell'ambiente, con pratiche virtuose che prevedano servizi ambientali integrati con l'agricoltura, a cominciare dalla tutela della biodiversità, del risparmio idrico, di pratiche che possano incrementare la captazione di carbonio nel suolo e promuovere iniziative mirate alla valorizzazione delle aree marginali del Paese al fine di creare valori aggiunti in campo ecologico ed economico;
   ad evitare che l'applicazione del «greening» produca delle distorsioni reddituali, nonché una diminuzione della produzione lorda vendibile, che può solo essere stimata ma non adeguatamente compresa nei suoi effetti di riduzione reddituale;
   nell'ambito dello sviluppo rurale a raccogliere, con lo strumento del Partenariato europeo per l'innovazione, le sollecitazioni prodotte da molte organizzazioni della società civile tese a privilegiare un modello di «innovazione interattiva» che promuova l'avanzamento sociale e produttivo;
   a porre in essere, nel minor tempo possibile, tutte le azioni necessarie a garantire le «condizionalità ex ante» strettamente funzionali ad una efficiente ed efficace attuazione dei programmi nazionali e regionali, con particolare riferimento alle interrelazioni tra banche dati per il dialogo interistituzionale tra gli Enti preposti al rilascio della documentazione necessaria per l'attività istruttoria legata alla concessione dei benefici previsti dalla PAC;
   ad adottare tutte le misure necessarie a migliorare l'operatività delle strutture che intervengono nei processi di concessione ed erogazione dei benefici connessi alla PAC;
   ad affrontare e trovare soluzione all'annoso problema dell'accesso al credito per le imprese agricole, al fine di garantire la quota di cofinanziamento privato necessaria alla realizzazione dei progetti di investimento, in particolare quelli riconosciuti ammissibili a finanziamento comunitario;
   ad assumere iniziative per escludere, in sede comunitaria, dal computo delle spese che concorrono ai vincoli derivanti dal patto interno di stabilità e crescita, la quota del cofinanziamento regionale. In assenza di ciò potrebbe verificarsi l'impossibilità per le regioni di allocare a bilancio le risorse all'uopo necessarie;
   a presidiare affinché quanto previsto dall'attuale formulazione del regolamento orizzontale, in ordine alla ammissibilità dell'imposta sul valore aggiunto, non recuperabile per i soggetti pubblici, venga confermata dai regolamenti attuativi della PAC e qualora tale condizione non si dovesse realizzare, istituire un fondo nazionale alimentato da risorse statali per assicurare la copertura dell'imposta sul valore aggiunto per i soggetti pubblici;
   a destinare adeguate risorse finanziarie del Fondo di sviluppo e coesione al settore agricolo, in considerazione del ruolo e delle risorse che l'agricoltura impegna in misura considerevole per il mantenimento dei beni pubblici ambientali del sistema Paese, ritenuti utili al raggiungimento degli obiettivi previsti nell'accordo di partenariato.
(1-00390) «Franco Bordo, Palazzotto, Migliore».


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia sono tantissimi i giovani che, vincitori di un concorso pubblico, attendono da tempo di essere assunti, tant’è che nel corso del tempo si è creata una nuova categoria di «disoccupati»: i cosiddetti vincitori di concorsi pubblici non assunti, vale a dire giovani che, pur avendo sostenuto una prova concorsuale e avendola vinta, si trovano oggi a non poter accedere al posto per il quale hanno studiato e sostenuto sacrifici anche economici;
    la situazione è stata resa difficile dal continuo blocco del turn over nella pubblica amministrazione, che i vari Governi hanno adottato e mantenuto nel tempo;
    ciò ha indotto il Governo ad intervenire recentemente con misure dettate dalla necessità e urgenza con il duplice obiettivo di favorire l'assunzione prioritaria nella pubblica amministrazione di coloro che sono collocati in posizione utile nelle graduatorie approvate dal 1o gennaio 2007 (che vengono prorogate al 31 dicembre 2016) con una più razionale gestione delle graduatorie di vincitori ed idonei e di favorire l'avvio di nuove procedure concorsuali per l'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale con contratto a tempo determinato che abbia maturato determinati requisiti di durata del servizio alle dipendenze della pubblica amministrazione banditrice: per rispondere a tali esigenze è stato emanato il decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito in legge 30 ottobre 2013 n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni»;
    l'articolo 4, comma 3, del decreto ha previsto che «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è subordinata alla verifica: a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti ed approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza»;
    i commi 3-ter e 3-quater del medesimo decreto hanno disposto che «Resta ferma per i vincitori e gli idonei delle graduatorie di cui al comma 3 del presente articolo l'applicabilità dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. L'assunzione dei vincitori e degli idonei, nelle procedure concorsuali, già avviate dai soggetti di cui al comma 3 e non ancora concluse alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è subordinata alla verifica del rispetto della condizione di cui alla lettera a) del medesimo comma»;
    l'articolo 4, comma 5, ha previsto infine che: «La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, al fine di individuare quantitativamente, tenuto anche conto dei profili professionali di riferimento, i vincitori e gli idonei collocati in graduatorie concorsuali vigenti per assunzioni a tempo indeterminato, coloro che, in virtù di contratti di lavoro a tempo determinato, hanno maturato i requisiti di anzianità previsti dal comma 6, nonché i lavoratori di cui al comma 8, avvia, entro il 30 settembre 2013, apposito monitoraggio telematico con obbligo, per le pubbliche amministrazioni che intendono avvalersi delle procedure previste dai citati commi 6 e 8, di fornire le informazioni richieste. I dati ottenuti a seguito del monitoraggio telematico di cui al primo periodo sono resi accessibili in un'apposita sezione del sito internet del Dipartimento della funzione pubblica»;
    asse portante della nuova disciplina è dunque il collegamento tra l'obbligo di esaurire le graduatorie vigenti e l'autorizzazione a bandire nuovi concorsi;
    il decreto-legge n. 101 del 2013 precostituisce, così, in caso di decisione di coprire i posti vacanti, un diritto all'assunzione per i vincitori, esteso anche agli idonei ma solo quelli collocati nelle graduatorie dell'amministrazione vigenti ed approvate dal 1° gennaio 2007;
    la legge subordina l'autorizzazione a indire nuovi concorsi, all'immissione in servizio di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti e degli idonei inseriti nelle graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, i quali vantano il preferenziale diritto all'assunzione;
    la ratio del provvedimento è chiara: l'utilizzo delle graduatorie vigenti, in un epoca in cui le risorse pubbliche risultano complessivamente ridotte, risponde ad esigenze sociali e di equità ed esonera l'amministrazione dalle spese e dai costi e dai tempi di attesa connessi ad un nuovo concorso (e quindi attuare il principio costituzionale di buon andamento);
    anche l'ex Ministro per la pubblica amministrazione, Giampiero D'Alia, ebbe a dichiarare: «Ricordiamo a tutti che abbiamo un debito da saldare: quello verso i tanti giovani vincitori di concorso rimasti fuori dalla porta delle amministrazioni»;
    il recente intervento normativo rappresenta «un atto di giustizia, un segnale di rispetto per quei tanti italiani, la maggior parte dei quali giovani, che da anni attendono una collocazione nella pubblica amministrazione dopo aver sostenuto e superato un regolare concorso» (Guida al decreto-legge n. 101 del 2013, in www.funzionepubblica.gov.if) e ha configurato un vero e proprio diritto all'immissione in servizio in capo non solo ai vincitori collocati nelle graduatorie ma anche agli idonei;
    a ciò si aggiunge che persino la giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato con decisione n. 14 del 24 luglio 2011 ebbe a sancire che «l'Amministrazione una volta stabilito di procedere alla provvista del posto, deve sempre motivare in ordine alle modalità prescelte per il reclutamento, dando conto, in ogni caso, della esistenza di eventuali graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci al momento dell'indizione del nuovo concorso» e che «nel motivare l'opzione preferita, l'amministrazione deve tenere nel massimo rilievo la circostanza che l'ordinamento attuale afferma un generale favore per l'utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso»;
    lo scorrimento delle graduatorie è dunque divenuta modalità ordinaria di provvista del personale, tanto più giustificata in relazione alla finalità primaria di ridurre i costi gravanti sulle amministrazioni per la gestione delle procedure selettive e comunque maggiormente rispettosa anche dei principi di trasparenza e di imparzialità;
    come emerge da una rilevazione delle graduatorie concorsuali vigenti e del numero di vincitori e/o idonei del giugno-luglio 2011 del dipartimento della funzione pubblica (protocollo n. 0037037 del 22 giugno 2011), su 68 amministrazioni interessate (escluso il comparto sicurezza), sono 1.802 i vincitori da assumere e ben 11.243 gli idonei per eventuale assunzione;
    dopo anni di blocco e di relative proroghe di graduatorie, i vincitori e gli idonei di concorso si vedono riconoscere il diritto ad essere assunti;
    inoltre l'assunzione dei vincitori e degli idonei rappresenterebbe l'ingresso di energie giovani, motivate e preparate nella pubblica amministrazione, energie indispensabili se si vuole realmente perseguire l'obiettivo della modernizzazione anche ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione;
    l'obiettivo del decreto-legge n. 101 del 2013 si colloca proprio nella direzione della valorizzazione del concorso pubblico e del ritorno ad una logica del reclutamento fondato sul merito valutato comparativamente mediante procedure che garantiscono imparzialità ed eguaglianza nel rispetto dei supremi valori costituzionali;
    con circolare n. 5 del 21 novembre 2013, il Dipartimento della funzione pubblica, obbligata ai sensi del comma 5 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 101, al monitoraggio telematico al fine di individuare i vincitori e gli idonei collocati nelle graduatorie concorsuali vigenti ai fini delle assunzioni a tempo indeterminato e coloro che, in virtù di contratti di lavoro a tempo determinato, hanno maturato i requisiti di anzianità previsti dal comma 6 e 8 del medesimo articolo 4, ha dichiarato (pagina 18) che «L'applicazione telematica per l'acquisizione dei dati del prescritto monitoraggio è stata già avviata ed è in via di conclusione la fase di sviluppo»;
    tuttavia a tutt'oggi non risulterebbe ancora la conclusione del prescritto monitoraggio e l'attuazione di quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 4 secondo il quale: «I dati ottenuti a seguito del monitoraggio telematico di cui al primo periodo sono resi accessibili in un'apposita sezione del sito internet del Dipartimento della funzione pubblica»;
    alcune associazioni, tra le quali il comitato vincitori e idonei al Concorso per 300 posti ricostruzione – Abruzzo Ripam e il comitato nazionale XXVII ottobre vincitori ed idonei di concorsi pubblici non assunti, hanno denunciato il mancato rispetto da parte di alcune amministrazioni dell'obbligo di scorrimento delle graduatorie vigenti in violazione del diritto dei vincitori e degli idonei all'immissione in servizio prevista dal decreto-legge n. 101 del 2013;
    in particolare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha indetto un concorso pubblico unico, per titoli ed esami (pubblicato in Gazzetta Ufficiale serie-concorsi n. 92 del 22 novembre 2013), per l'assunzione di 32 unità di personale da inquadrare a tempo pieno ed indeterminato nell'area a funzionale III – profilo professionale «Ingegnere-Architetto» motivando l'impossibilità di «attingere a graduatorie in corso di validità» sull'asserito presupposto che i profili professionali, i requisiti di ammissione e i titoli di studio richiesti siano diversi da quelli previsti dal concorso speciale «Ripam Abruzzo» per la figura di funzionario ingegnere-architetto III area funzionale profilo F1 presso il medesimo Ministero;
    risulta che un cospicuo numero di idonei del concorso Ripam abbia già depositato il ricorso al TAR del Lazio;
    anche il Ministero dell'economia e delle finanze in data 18 dicembre 2013 ha bandito un concorso per il reclutamento di 30 unità di personale della terza area – profilo informatico per il quale vi sarebbe già una analoga graduatoria di vincitori ed idonei da cui poter attingere presso il Ministero dello sviluppo economico;
    il Ministero dell'interno in data 26 marzo 2013 bandiva il concorso pubblico per il reclutamento di n. 964 Allievi agenti della Polizia di Stato, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale dalle cui selezioni risultano 512 idonei non vincitori ma recentemente in Gazzetta Ufficiale del 14 marzo del 2014 il Ministero ha bandito un nuovo concorso per il reclutamento di n. 650 allievi agenti della polizia negando l'applicabilità dell'istituto dello scorrimento della graduatoria del precedente concorso per 964 Allievi Agenti del 26 marzo 2013;
    forte è il rischio anche di contenziosi giudiziari con l'amministrazione pubblica;
    inoltre numerose sono le graduatorie di vincitori ed idonei approvate presso i Ministeri da cui le amministrazioni interessate possono attingere – prima dell'indizione di nuovi concorsi – per figure professionali analoghe o equivalenti ai sensi dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 e dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto n. 101 del 2013;
    infine il recente disegno di legge di matrice governativa in materia di «Tempi di pagamento da parte della pubblica amministrazione» prevede all'articolo 18, comma 2, che le amministrazioni pubbliche che registrano ritardi nei tempi di pagamento «non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo... anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto» così vanificando il diritto all'assunzione dei vincitori e degli idonei;
    vi è il fondato e concreto timore che l'inerzia dell'amministrazione ad attuare il monitoraggio telematico – prodromico anche alla successiva immissione in servizio dei vincitori e degli idonei – e che il comportamento elusivo delle amministrazioni possa far «affievolire» e/o frustrare il diritto dei vincitori e degli idonei all'immissione in servizio così come cristallizzato dal decreto-legge n. 101 del 2013 e generare contenzioso giudiziario,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative opportune volte ad avviare e concludere in tempi celeri il monitoraggio telematico previsto dall'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito in legge 30 ottobre 2013 n. 125;
   ad adottare sollecitamente ogni iniziativa utile – anche di tipo normativo – per rendere cogente e garantire il diritto dei vincitori e degli idonei dei concorsi pubblici all'immissione in servizio in tempi celeri in conformità alle disposizioni del decreto-legge n. 101 del 2013 convertito in legge n. 125 del 2013;
   ad adottare iniziative normative urgenti volte ad impedire l'indizione di nuovi concorsi da parte delle amministrazioni pubbliche tenute alla assunzione dei vincitori ed idonei collocati in graduatorie concorsuali vigenti per assunzioni a tempo indeterminato ai sensi delle disposizioni del decreto-legge n. 101 del 2013 convertito in legge n. 125 del 2013 prevedendo un efficace regime di responsabilità amministrativa e contabile per i dirigenti delle suddette amministrazioni che non rispettano o eludono il predetto obbligo;
   ad adottare tutte le misure necessarie – anche di tipo normativo – per incentivare tra le amministrazioni gli accordi per l'assunzione di figure per profili analoghi o equivalenti ai sensi dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 e dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto n. 101 del 2013;
   a realizzare un monitoraggio al fine di verificare lo stato di attuazione del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2013 e in particolare il numero dei vincitori e degli idonei collocati nelle graduatorie vigenti immessi in servizio per effetto delle disposizioni del decreto-legge n. 101 del 2013; 
   ad adottare ogni iniziativa utile allo stralcio della norma prevista dall'articolo 18, comma 2, del recente disegno di legge governativo in materia di «Tempi di pagamento da parte della pubblica amministrazione» che dispone il blocco delle «assunzioni di personale a qualsiasi titolo» per le amministrazioni pubbliche che registrano ritardi nei tempi di pagamento, siccome lesiva dei diritti e degli interessi dei vincitori ed idonei ai sensi delle disposizioni del decreto-legge n. 101 del 2013;
   ad adottare ogni iniziativa utile – anche di tipo normativo – per rendere compatibile la disciplina dell'accesso ai ruoli della polizia di Stato con i principi e le disposizioni di cui al decreto n. 101 del 2013 in tema di scorrimento delle graduatorie;
   ad adottare tutte le iniziative utili – anche di tipo normativo – con le università, le regioni, le autonomie locali, e gli enti del servizio sanitario nazionale per estendere e/o condividere con le suddette amministrazioni, anche nelle relative sedi istituzionali, le modalità per l'avvio di un successivo analogo monitoraggio al fine di dare una compiuta rappresentazione delle graduatorie di vincitori ed idonei ancora vigenti ed approvate ed evitare l'indizione di nuovi inutili e costosi concorsi.
(1-00391) «Ciprini, Luigi Di Maio, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    il 28 febbraio 2014, il Presidente della Repubblica nominava, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sottosegretario la dottoressa Francesca Barracciu;
    la dottoressa Francesca Barracciu si dimetteva dall'incarico di consigliere regionale della Sardegna il 17 aprile del 2013 in quanto eletta al Parlamento europeo;
    la dottoressa Francesca Barracciu, già europarlamentare, in data 29 settembre 2013 si candidava alle primarie del Partito democratico come candidato governatore, della forza politica di appartenenza, per le successive ed imminenti elezioni regionali della Sardegna svoltesi in data 16 febbraio 2014. A seguito di un'indagine a suo carico da parte della Procura di Cagliari, decideva di ritirare la sua candidatura a governatore della Regione Sardegna in data 30 dicembre 2013;
    la dottoressa Francesca Barracciu, attualmente, risulta iscritta, dalla Procura di Cagliari, nel registro delle notizie di reato ex articolo 335 del Codice di procedura penale. La Procura de qua ha avviato un'indagine nei suoi confronti per il delitto di cui all'articolo 314 del codice penale nell'ambito dell'inchiesta-bis sulla gestione dei fondi destinati ai Gruppi del Consiglio regionale della Sardegna;
   il sostituto procuratore titolare dell'inchiesta, dottor Marco Cocco, contesta l'utilizzo «non chiaro», nella precedente legislatura, 2004-2009, dei fondi destinati all'attività politica, circa 30mila euro a cui si aggiungono altri 40mila euro circa contestati nei giorni scorsi;
    le contingenze procedimentali che vedono il sottosegretario Francesca Barracciu indagata per il reato proprio di cui all'articolo 314 del codice penale, peraltro con la contestazione – come emerge da notizie di stampa – anche di circostanze aggravanti, militano affinché si ritenga del tutto irragionevole e inopportuno, data la gravità del delitto di peculato, che la stessa ricopra l'incarico istituzionale conferitole con il necessario decoro e imparzialità che si confà all'altissimo impegno che è stata chiamata ad adempiere. Ciò, nonostante il disposto di cui al secondo comma dell'articolo 27 della Carta fondamentale;
   secondo gli inquirenti le spese poste in essere del sottosegretario non sarebbero giustificabili come spese istituzionali. Anche qualora venisse accertato che la condotta contestata non abbia in alcun modo arrecato un pregiudizio patrimoniale alla pubblica amministrazione, data la plurioffensività del delitto in oggetto, tale comportamento potrebbe, astrattamente, essere eventualmente valutato lesivo dell'ulteriore interesse tutelato dalla norma de qua. Tale interesse si identifica nella legalità, nell'imparzialità e nel buon andamento della pubblica amministrazione ex articolo 97 della Costituzione;
    anche a voler ritenere e sostenere, come d'altronde appare corretto in tale fase del procedimento, la totale estraneità ai fatti in questione, tuttavia, anche in virtù del principio di trasparenza a cui le istituzioni si ispirano, sarebbe opportuno che la neo sottosegretaria rinunciasse, quanto meno temporaneamente, all'incarico conferitole fino alla chiara definizione della sua posizione procedimentale;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il profilo attuale del sottosegretario Francesca Barracciu è, pertanto, ragionevolmente incompatibile con l'incarico affidatogli, per lo meno, sotto il profilo formale e dell'opportunità politica,

impegna il Governo

ad avviare immediatamente le procedure di revoca della nomina a Sottosegretario di Stato della dottoressa Francesca Barracci per tutti i motivi esposti in premessa.
(1-00392) «Corda, Nicola Bianchi, Basilio, Rizzo, Paolo Bernini, Artini, Frusone, Tofalo, Lombardi, Cristian Iannuzzi, De Lorenzis, Di Battista, Dieni, D'Incà, Scagliusi, Manlio Di Stefano».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni V e XI,
   premesso che:
    il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, non differenzia la normativa previdenziale relativa al comparto della scuola rispetto a quella degli altri settori pubblici e privati, non tenendo in alcun conto il fatto che i lavoratori della scuola possono andare in pensione un solo giorno all'anno, il 1o settembre, indipendentemente dalla data di maturazione dei requisiti, per le giuste esigenze di funzionalità e di continuità didattica;
    di tale specificità, espressa anche nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 351, si è invece tenuto sempre conto in tutte le normative in materia pensionistica antecedenti la cosiddetta «riforma Fornero»;
    è stata ampiamente manifestata da tutte le forze politiche in sede parlamentare l'esigenza di garantire il rispetto della specificità della condizione del personale della scuola e, conseguentemente, l'eguaglianza di trattamento tra tutti i lavoratori in relazione ai requisiti per il pensionamento, prevedendo che i requisiti per il pensionamento, previsti dalla normativa antecedente alla «riforma Fornero», continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola che abbiano maturato gli stessi requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
    la platea dei soggetti interessati da tale misura sulla base di una ricognizione effettuata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrebbe ammontare a circa 4.000 unità, con un onere stimato dall'INPS in circa 35 milioni di euro per l'anno 2014, 106 milioni di euro per l'anno 2015, 107,2 milioni di euro per l'anno 2016, 108,4 milioni di euro per l'anno 2017 e 72,8 milioni di euro per l'anno 2018;
    si tratta, quindi, di risorse consistenti che, per essere reperite nel quadro delle complessive compatibilità finanziarie, richiedono un forte coinvolgimento del Governo,

impegnano il Governo

a individuare, entro 20 giorni, le risorse necessarie ai fini dell'adozione di urgenti iniziative normative volte a prevedere che i requisiti per il pensionamento, previsti dalla normativa antecedente alla «riforma Fornero», continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola indicati in premessa che abbiano maturato gli stessi requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
(7-00313) «Saltamartini, Gnecchi, Marchi, Castelli, Palese, Marcon, Misuraca, Borghesi, Librandi, De Mita, Corsaro, Tabacci».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 30-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, ha modificato l'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, recante la disciplina amministrativa per l'esercizio della vendita diretta dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli;
    in particolare, esso ha modificato il secondo periodo del comma 2 dell'articolo 4 disponendo che «Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'ambito dell'azienda agricola, nonché per la vendita esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non è richiesta la comunicazione di inizio attività»;
    rispetto al testo previgente è stato eliminato l'inciso «o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità» posto subito dopo le parole «azienda agricola»;
    il Ministero dello sviluppo economico con la risoluzione n. 23488 del 12 febbraio 2014, in risposta al quesito formulato dalla polizia locale di un comune, ha sostenuto che non è più possibile per gli imprenditori agricoli effettuare l'attività di vendita su una superficie all'aperto privata, anche nel caso che della medesima il soggetto in questione abbia disponibilità, in conseguenza della evidenziata modifica normativa;
    in tal modo l'interpretazione del Ministero dello sviluppo economico restringe notevolmente l'ambito di applicazione della vendita diretta come conseguenza di una innovazione legislativa finalizzata al contrario, nelle intenzioni del legislatore, a semplificarne le modalità di esercizio;
    l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), in una nota del 13 dicembre 2013 con la quale sono state fornite indicazioni sull'applicazione delle novità legislative in materia di attività di vendita diretta dei prodotti agricoli, con riferimento alla vendita effettuata su aree private delle quali gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità, ritiene, contrariamente a quanto sostenuto dal Ministero dello sviluppo economico, che tale esercizio non sia vietato, ferma restando la comunicazione al comune nel cui territorio insiste l'area privata adibita alla vendita;
    la vigente formulazione della disposizione in commento (articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 228 del 2001) non comporta in alcun modo restrizioni o divieti all'esercizio della vendita diretta su aree private diverse da quelle ubicate nella sede principale dell'azienda agricola delle quali l'imprenditore agricolo abbia la disponibilità sulla base di un titolo legittimo; tale interpretazione risulta conforme con la previsione generale in tema di vendita diretta recata dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 228 del 2001, secondo cui: «Gli imprenditori agricoli singoli o associati iscritti nel registro delle imprese di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per chiarire con urgenza che la disposizione di cui all'articolo 4, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo n. 228 del 2001, anche nell'attuale formulazione, non prevede alcuna restrizione o divieto all'esercizio della vendita diretta su aree private all'aperto diverse da quelle ubicate nella sede principale dell'azienda agricola delle quali l'imprenditore agricolo abbia la disponibilità sulla base di un titolo legittimo;
   ad adottare le necessarie iniziative per valorizzare e semplificare l'attività di vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli.
(7-00312) «Oliverio, Anzaldi, Cova, Marrocu, Mongiello, Taricco, Tentori, Antezza, Covello».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   esiste un certa discordanza tra le previsioni della Commissione europea (European Economic Forecast – Winter 2014) ed il quadro complessivo recato dalla nota di aggiornamento del DEF 2014, da cui deriva una differenza di 0,4 punti percentuali in termini di crescita (tra il +1 per cento previsto dal Governo rispetto al +0,6 per cento previsto dalla Commissione), le cui conseguenze sul deficit possono essere calcolate in 0,2 punti di prodotto interno lordo;
   inoltre, la Commissione prevede, al tempo stesso, minori uscite complessive (–0,2 per cento del prodotto interno lordo) e minori entrate (–0,3 per cento del prodotto interno lordo) il cui saldo determina un aumento del deficit, rispetto alle previsioni, di circa 0,1 punti di prodotto interno lordo;
   il riflesso di questi divergenti andamenti comporta una rettifica del deficit previsto dalla nota di aggiornamento, a legislazione vigente, dal 2,3 al 2,6 per cento del prodotto interno lordo;
   il quadro programmatico di finanza pubblica, che è stato alla base dell'impostazione della «legge di stabilità» per il 2014 indicava un ulteriore aumento del deficit, originariamente previsto dal DEF 2013, dal 2,3 al 2,5 del prodotto interno lordo con la seguente motivazione: «l'utilizzo di 0,2 punti percentuali del saldo 2014 (differenza tra saldo a legislazione vigente e quello programmatico) è giustificato dalla volontà di finanziare alcune voci di spesa in conto capitale non incluse nel saldo a legislazione vigente»;
   il deficit implicito nei tendenziali di finanza pubblica, anche a seguito dei provvedimenti presi con la «legge di stabilità», che hanno comportato rilevanti impegni per gli investimenti, è pertanto pari al 2,8 per cento del prodotto interno lordo;
   queste proiezioni riducono, fino ad annullare, qualsiasi ulteriore margine di intervento sia ai fini dell'ulteriore spesa in conto capitale per il ripianamento dei debiti della pubblica amministrazione, sia per la ventilata riduzione del cuneo fiscale. Provvedimenti che non possono essere realizzati in deficit –:
   in che modo si intenda finanziare, con poste certe e non affidate ad improbabili clausole di salvaguardia, che suonerebbero aperta violazione del nuovo articolo 81 della Costituzione, in vigore fin da quest'anno, i numerosi impegni assunti dal Governo in ordine alle maggiori spese annunciate che riguardano: la riduzione del cuneo fiscale per circa 7 miliardi di euro, da realizzare entro il prossimo maggio; l'integrale pagamento dei debiti della pubblica amministrazione (per circa 68 miliardi da effettuare entro il prossimo luglio; l'intervento di manutenzione straordinaria per gli edifici scolastici per un importo pari a 3,5 miliardi di euro; il maggior stanziamento per la difesa del territorio da mettere in cantiere dal mese di aprile, per un importo pari a 1,5 miliardi; lo sblocco dei fondi europei per 3 miliardi, nonché le spese relative alla cosiddetta «youth guarantee», per i quali è necessario il co-finanziamento nazionale; la riduzione del 10 per cento dell'IRAP con contestuale aumento della tassazione delle rendite finanziarie di cui, tuttavia, non è stato adeguatamente valutato il cosiddetto «effetto Laffer»; la riduzione del costo dell'energia per le piccole e medie imprese del 10 per cento, il cui onere dovrà essere compensato da trasferimenti a favore delle imprese fornitrici di energia; il raddoppio del credito d'imposta per l'assunzione di giovani ricercatori; le provvidenze a favore delle imprese sociali per un importo pari a 500 milioni di euro.
(2-00466) «Brunetta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI GIOIA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli amministratori locali della provincia di Nuoro hanno lanciato un grido di allarme sul rischio che il bacino del rio Posada si possa trasformare in una fogna a cielo aperto;
   per gli effetti devastanti dell'alluvione, infatti, non sono più utilizzabili il depuratore di Bitti-Lula-Onani e quello di Torpè, con la conseguenza che i reflui arrivano, nel primo caso, senza filtri nel rio Mannu che confluisce nel rio Posada e, nel secondo caso, direttamente nel rio Posada;
   con la stagione invernale e la diluizione causata dalle piogge vi è stata una limitazione dei danni ma questa situazione, già preoccupante, rischia di diventare catastrofica con l'arrivo della stagione secca e l'afflusso dei turisti;
   la situazione è grave anche a Nuoro, dove non sta funzionando l'impianto di sollevamento di Tanca ’e S'ena con conseguente scarico dei reflui non depurati nel rio Su Grumene e quindi nel fiume Cedrino;
   la gravità della situazione è stata illustrata al commissario delegato per l'emergenza alluvione in Sardegna e ai vertici dell'Ato e di Abbanoa, ma non è stata data, sino a oggi, nessuna risposta sui tempi e gli eventuali interventi di ripristino delle strutture danneggiate dall'alluvione –:
   se non si ritenga necessario e urgente stabilire e coordinare, prima dell'arrivo dell'estate, interventi urgenti al fine di ristabilire la piena funzionalità delle strutture danneggiate così da non determinare ulteriori danni all'ambiente ed evitare che tale situazione determini rischi per la salute delle popolazioni locali;
   quale sia il piano di interventi già decisi, ad oggi, per «sanare» i danni prodotti dall'alluvione in Sardegna e se già sia disponibile un cronoprogramma degli stessi. (4-04138)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi della legge 10 gennaio 2006, n. 17, è stata costituita la Scuola per l'Europa di Parma, per la presenza dell'EFSA (Agenzia europea per la sicurezza alimentare);
   con la legge 3 agosto 2009, n. 115, le è stata riconosciuta personalità giuridica a far data dal 1o settembre 2010, dopo l'accreditamento da parte del Consiglio superiore delle scuole europee;
   la Scuola per l'Europa di Parma, che offre il servizio scolastico ai figli dei funzionari EFSA, è temporaneamente ospitata da un edificio di proprietà del comune di Parma, attraverso la convenzione sottoscritta il 15 maggio 2009;
   il 1o aprile 2010 è stata bandita una gara pubblica per la realizzazione del nuovo complesso scolastico, per un valore di 23,5 milioni di euro;
   i lavori sono stati affidati all'associazione temporanea di imprese (ATI) tra CO.GE. SpA e UNIECO coop., con contratto sottoscritto in data 22 novembre 2010, per un importo complessivo pari a 23,3 milioni di euro;
   a seguito della riduzione subita dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, fondo attraverso cui il CIPE avrebbe finanziato i lavori, disposta con decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, e con decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (entrambi convertiti in legge), l'ATI in data 5 dicembre 2011 ha sospeso una prima volta i lavori;
   con la dichiarazione dell'opera «Nuova Sede della Scuola Europea di Parma» quale intervento indifferibile (articolo 33, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183), il Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero per la coesione territoriale ha confermato il finanziamento ex CIPE (con decreto interministeriale 19 gennaio 2012);
   i lavori, ripresi il 5 marzo 2012 sono stati interrotti il 4 giugno 2012 da parte dell'ATI a causa della mancata liquidazione dei certificati di pagamento scaduti;
   i lavori sono stati nuovamente interrotti nell'ottobre 2012, a causa del mancato perfezionamento per un vizio formale dell'atto transattivo da parte dell'amministrazione comunale;
   gli stessi lavori sono poi ripresi il 5 febbraio 2013, dopo la sottoscrizione di una nuova transazione con la società con la quale il termine di fine lavori veniva stabilito in data 30 giugno 2013;
   allo stato attuale i lavori sono giunti quasi al 90 per cento del completamento, ma, a quanto consta all'interrogante, sono sospesi per decisione unilaterale dell'ATI affidataria;
   il 10 agosto 2013 l'ATI ha promosso presso il TAR del Lazio una causa contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, STU Authority e il comune di Parma;
   la consegna dei nuovi locali alla Scuola europea deve essere consentita entro il prossimo 30 giugno 2014 (data in cui gli ispettori europei dovranno rinnovare l'accreditamento della scuola al sistema delle scuole europee in scadenza il prossimo agosto 2015);
   la presenza operativa dell'EFSA nella città di Parma costituisce un impegno per lo Stato italiano in termini di offerta di un'adeguata infrastruttura scolastica di livello internazionale;
   il posticipo del completamento dei lavori comprometterebbe il rinnovo della convenzione che riconosce la Scuola per l'Europa di Parma come Scuola europea «accreditata»;
   a causa dell'inadeguatezza della struttura che attualmente ospita la Scuola per l'Europa di Parma, si paventa il blocco delle iscrizioni per il prossimo anno scolastico 2014/2015, che potrebbe pregiudicare la continuità operativa della Autorità europea per la sicurezza alimentare;
   sono state ulteriormente ridotte le risorse per il personale scolastico della Scuola europea di Parma in modo lineare del 25 per cento rispetto a quanto previsto dalla legge n. 115 (articolo 1, comma 11) del 3 agosto 2009, su delibera del Consiglio di amministrazione della stessa scuola a partire dall'1 settembre 2013 –:
   se il Governo ritenga di assumere le iniziative di competenza per il finanziamento urgente di 4 milioni di euro, richiesto dal comune di Parma e dalla regione Emilia-Romagna in data 8 novembre 2013 alla Presidenza del Consiglio e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per evitare di incorrere nelle sanzioni previste dall'Unione europea per il mancato adempimento degli obblighi sottoscritti;
   se intenda assumere iniziative per onorare gli obblighi assunti dal Governo italiano con l'EFSA che prevedono la disponibilità di un'adeguata infrastruttura scolastica di livello internazionale per garantire l'insediamento e il funzionamento dell'EFSA nel territorio italiano ed assicurare il completamento dell'edificio definitivo della Scuola per l'Europa di Parma;
   se ed in che modo il Governo intenda garantire l'applicazione di criteri più equi in relazione al trattamento retributivo del personale scolastico in servizio presso la scuola europea di Parma rispetto a quello delle scuole europee di categoria 1. (4-04145)


   MANNINO, NUTI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, D'UVA, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, RIZZO e VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il 16 gennaio 2009, è stato dichiarato lo stato di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Palermo, la durata del quale è stata prorogata fino al 31 dicembre 2010;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il 9 luglio 2009, è stato dichiarato lo stato di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti urbani nel territorio della regione siciliana fino al 31 dicembre 2012;
   con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3887 del 9 luglio 2010 «Immediati interventi per fronteggiare la situazione di emergenza determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella regione siciliana», è stato nominato commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza il presidente della regione siciliana, che subentra, altresì, nella gestione delle iniziative poste in essere fino a quel momento dal commissario delegato – prefetto di Palermo;
   la stessa ordinanza n. 3887 del 2010, all'articolo 3, stabilisce che per tutta la durata dello stato di emergenza, il commissario delegato «informando le competenti strutture sanitarie, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili allo scopo a legislazione vigente, dispone per la rimozione ed il trasporto di cumuli di rifiuti, anche pericolosi, presenti su aree pubbliche o private, in danno del soggetto interessato, da parte di soggetti in possesso dei necessari titoli abilitativi, anche in deroga alle procedure vigenti»;
   il decreto-legge n. 43 del 26 aprile 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 71 del 24 giugno 2013, all'articolo 2, comma 1, ha stabilito, in deroga al divieto di proroga o rinnovo richiamato al punto precedenti che «atteso il permanere delle condizioni di emergenza ambientale e ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di evitare il verificarsi di soluzioni di continuità negli interventi posti in essere nel corso della gestione della medesima emergenza ambientale, sino al 31 dicembre 2013 continuano a produrre effetti, salva diversa previsione del presente articolo, le disposizioni di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3887 del 9 luglio 2010 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 23 luglio 2010»;
   la proroga del termine di efficacia della dichiarazione dello stato di emergenza e dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3887 del 2010 – disposta con la norma richiamata sopra – ha trovato applicazione, fino al 31 dicembre 2013, rispetto all'esecuzione degli interventi elencati nello stesso decreto-legge richiamato nel punto precedente;
   con il decreto del presidente della regione siciliana del 29 aprile 2013, il dirigente generale del dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti Marco Lupo è stato nominato commissario delegato, e con un successivo decreto lo stesso Marco Lupo è stato, altresì, nominato soggetto attuatore degli interventi indicati nel citato decreto-legge n. 43 del 2013;
   in base alle disposizioni in materia di chiusura degli stati di emergenza contenute nel decreto-legge n. 59 del 2012, il capo dipartimento della protezione civile ha emanato un'apposita ordinanza di protezione civile, la n. 148 del 18 febbraio 2014, con la quale la regione siciliana è stata individuata quale amministrazione competente al coordinamento delle attività ancora necessarie per il completamento degli interventi e delle attività previste, al fine di fronteggiare l'emergenza nel settore della gestione dei rifiuti;
   con l'ordinanza n. 148 del 2014, il direttore generale del dipartimento dell'acqua e dei rifiuti dell'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità della regione siciliana Marco Lupo è stato individuato quale soggetto responsabile delle attività occorrenti per il subentro dell'amministrazione regionale nel coordinamento degli interventi finanziati e contenuti nei piani finalizzati al superamento dell'emergenza smaltimento rifiuti urbani, e dunque per il proseguimento, in regime ordinario, delle iniziative in corso;
   in base all'articolo 1, comma 5 dell'ordinanza n. 148 del 2014, il completamento degli interventi in corso è curato dal direttore generale del dipartimento acqua e rifiuti, a valere sulle risorse disponibili nella contabilità n. 5446 aperta per la gestione dell'emergenza, della quale lo stesso direttore diviene intestatario per 12 mesi, salvo proroghe, a decorrere dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della stessa ordinanza n. 148 del 2014, e dunque a partire dal 25 febbraio 2014;
   con una precedente ordinanza del capo dipartimento della protezione civile – la n. 44 del 29 gennaio 2013 – il direttore generale del dipartimento dell'acqua e dei rifiuti dell'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità della regione siciliana è stato chiamato a svolgere la stessa funzione, con riferimento alla chiusura della gestione commissariale relativa allo stato di emergenza in materia di bonifica e di risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati oltre che in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione;
   con interrogazione a risposta scritta n. 4-02858 presentata il 5 dicembre 2013 – ancora pendente e della quale si richiamano integralmente le premesse e i quesiti – era stato evidenziato come la gestione commissariale relativa allo stato di emergenza in materia di bonifica e di risanamento ambientale dei suoli, fosse stata sostituita, attraverso l'ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 44 del 2013, con una gestione ordinaria della stessa problematica e delle stesse attività, da parte della regione siciliana, e dunque da parte della stessa struttura amministrativa chiamata, negli ultimi anni, a supportare l'attività del presidente della regione siciliana quale commissario delegato;
   con la stessa interrogazione n. 4-02858 era stato, altresì, evidenziato come l'ordinanza n. 44 del 2013 non prevedesse meccanismi idonei a vigilare attivamente sul rispetto degli adempimenti connessi al passaggio di consegne tra il commissario delegato e la regione siciliana, sulla prosecuzione degli interventi in corso e, più in generale, sull'appropriatezza, l'efficacia e l'efficienza dell'azione regionale finalizzata a fronteggiare un'emergenza che – al pari di quella relativa allo smaltimento dei rifiuti urbani in discussione oggetto della presente interpellanza – incide significativamente sullo stato di salute dei cittadini siciliani e sulla qualità complessiva dell'ambiente nel quale vivono;
   l'ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 148 del 2014 relativa alla chiusura dell'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani non contiene meccanismi di controllo rispetto all'attività della regione siciliana e – differentemente da quanto stabilito nella citata ordinanza n. 44 del 2013 – non ha previsto, neanche, la trasmissione al dipartimento della protezione civile di una relazione semestrale sulle attività svolte dall'amministrazione subentrata, riducendo ulteriormente la possibilità, per lo stesso dipartimento, di vigilare su queste attività ed in particolare sull'azione del direttore generale acqua e rifiuti;
   l'ordinanza n. 148 del 2014 stabilisce che la contabilità speciale viene intestata al direttore generale Marco Lupo per dodici mesi a partire dalla data di pubblicazione della stessa ordinanza, prevedendo già la possibilità che questo periodo venga, successivamente, prorogato con un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze;
   la stessa ordinanza, all'articolo 1, comma 10, stabilisce che per un periodo di 6 mesi – sempre a decorrere dalla pubblicazione dell'ordinanza – il direttore generale Marco Lupo, ai fini dell'espletamento delle funzioni attribuite, provvede in deroga a numerosi articoli del codice dei contratti elencati nell'ordinanza, nonché alle disposizioni correlate contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010;
   l'ordinanza n. 148 del 2014, all'articolo 1 comma 12, stabilisce, comunque, che restano fermi gli obblighi fissati dall'articolo 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992, in base al quale i commissari delegati titolari di contabilità speciali sono tenuti a rendicontare – entro il quarantesimo giorno dalla chiusura dal termine della gestione o del loro incarico – tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato;
   il rendiconto relativo all'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella regione siciliana non è stato pubblicato nell'apposita sezione del sito web della protezione civile –:
   se ritenga appropriata – e pienamente rispondente all'esigenza di assicurare la massima trasparenza sulla gestione amministrativa e contabile dei poteri commissariali delegati – la scelta di affidare il coordinamento del subentro della regione siciliana alla struttura commissariale, la gestione, per almeno altri 12 mesi, e la chiusura della contabilità speciale, al direttore generale Marco Lupo, che fino al 31 dicembre 2013, ha svolto il ruolo di commissario delegato e che, in quanto tale, deve predisporre il rendiconto relativo all'intervento delegato, con i modi e i tempi stabiliti dall'articolo 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992;
   se il rendiconto relativo all'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella regione siciliana, con l'indicazione di tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato, e non solo quelle relative all'ultimo esercizio finanziario – come prescritto dall'articolo 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992 – sia stato predisposto da parte del commissario delegato pro tempore, ed entro quale termine lo stesso rendiconto verrà pubblicato nell'apposita sezione del sito web della protezione civile. (4-04150)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   come lamentato nei giorni scorsi da Amnesty international ed anche da alcune Ong che operano in Kenya, ad esempio Afrikasi, fino a 3.000 abitanti degli «slum» di Nairobi, capitale del Kenya, rischiano di essere sfrattati con la forza dalle loro baracche per far posto a una strada nell'ambito di un progetto di urbanizzazione e riduzione della povertà finanziato dall'Unione europea per circa 37 milioni di euro;
   il paradosso è dato dal fatto che accanto alle buone finalità di aiuto e sviluppo del progetto di cooperazione si affiancano da parte della autorità kenyote pratiche di violenze, demolizioni forzate con incendi di baracche e da ultimo la gravissima non «riprotezione» in altri alloggi degli sfrattati che perdono, con la distruzione degli slum, un riparo anche se di fortuna;
   pare quindi che l'intento del Governo di Nairobi sia quello di spostare la baraccopoli con il solo effetto di spingere ancora di più nella povertà gli abitanti di Deep Sea –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda, se essa corrisponda al vero e quali azioni intenda mettere in campo, per quanto di competenza, anche in ambito comunitario, affinché il sopraddetto progetto venga implementato non a discapito delle popolazioni degli slum che dovrebbero essere le prime beneficiarie dello strumento di aiuto di cooperazione. (4-04135)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   nella «Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Puglia» approvata, nella scorsa legislatura, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, si faceva rilevare che nel territorio del distretto di Corte d'appello di Lecce e di quello di Bari si sono registrate una serie di condotte illecite, dal traffico transregionale di rifiuti, provenienti non solo dalla Campania ma anche da altre regioni del nord Italia al traffico transfrontaliero, al tombamento di rifiuti industriali e utilizzo illecito di cave abbandonate per lo smaltimento dei rifiuti, fenomeni evidentemente connessi con la criminalità organizzata;
   l'indagine conoscitiva affermava, in tale contesto: «particolare attenzione merita l'indagine denominata «Formica», partita dal sequestro di due automezzi che dalla provincia di Viterbo trasportavano rifiuti diretti a Brindisi presso la discarica Formica», sita nelle campagne di contrada Autigna, tra Brindisi e San Vito dei Normanni;
   l'indagine ha consentito, inoltre, di dimostrare l'esistenza di un traffico di ingenti quantitativi di rifiuti tossici e nocivi per la presenza di sostanze canceroteratogene in concentrazioni superiori ai limiti previsti e non ammissibili presso l'impianto destinatario, ciò avveniva anche mediante la falsificazione dei certificati identificativi e dei formulari di identificazione dei rifiuti, nonché attraverso la corruzione di pubblici amministratori;
   la provincia di Brindisi ha rilevato che le campagne di monitoraggio delle acque di falda, condotte da ARPA Puglia negli anni 2008-2009, inerenti la gestione dell'impianto di discarica della società Formica Spa, hanno mostrato uno stato di grave inquinamento, rilevando alcuni superamenti dei limiti di legge per parametri quali piombo, manganese, cloroformio e nichel nei pozzi posizionati a valle della discarica nella direzione di flusso della falda;
   l'altra criticità della discarica rilevata in questi ultimi anni è legata al notevole accumulo di percolato nel bacino di discarica, secondo quanto previsto nella D.D. 348/2008, alla sezione prescrizioni operative, punto 6 «il gestore è tenuto a garantire il mantenimento di un battente idraulico del percolato minimo, compatibile con i sistemi di estrazione»;
   il gestore non ha garantito, come accertato in diverse occasioni, i corretti livelli di sicurezza nella gestione della discarica, come dimostra la copiosa corrispondenza in merito al cosiddetto «lago, di percolato» accumulatosi nella vasca V3, oggetto di diversi solleciti indirizzati all'utorità giudiziaria da parte della Provincia di Brindisi;
   il corpo di vigilanza della Provincia nel corso di un recente sopralluogo ha accertato la persistenza di un'ingente quantità di percolato in sito, che secondo quanto dichiarato dalla stessa società ammonterebbe a circa 21.000 m3, a fronte dei 14.000 m3 dichiarati in data 29 ottobre 2012;
   nelle more dell'acquisizione delle risultanze del monitoraggio delle acque di falda da effettuare in un periodo medio-lungo, è indispensabile, preliminarmente a qualsiasi altra attività, la predisposizione da parte della società Formica Ambiente sxl, di un piano per la rimozione dei rifiuti pericolosi smaltiti in discarica in difformità a quanto autorizzato e la completa eliminazione delle ingenti quantità di percolato presenti in sito;
   da diversi mesi la discarica Formica è tornata in esercizio e risulterebbe nelle fasi conclusive il processo di prima grado per il quale l'autorità giudiziaria nel 2009 aveva proceduto al sequestro degli impianti a seguito dell'inchiesta dei carabinieri del (Noe) di Lecce, la stessa discarica ha ottenuto l'autorizzazione integrata ambientale dalla regione Puglia, rilasciata a fine gennaio e pubblicata sul bollettino regionale il 20 febbraio scorso; nella stessa AIA la regione Puglia ha approvato l'ampliamento della discarica Formica che arriverà ad occupare un volume complessivo di circa 1.500.000 metri cubi;
   la provincia di Brindisi ha fatto più volte fatto rilevare che nessun ente, ad oggi, ha espresso un parere chiaro in merito alla compatibilità tra i rifiuti pericolosi depositati e l'idoneità della discarica autorizzata per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi, ma soprattutto nessuna istituzione ha reso esplicite le implicazioni sul piano dell'impatto sanitario della discarica sulla salute della popolazione residente, considerato che il comune di Brindisi ancora attende il completamento della valutazione di Danno Sanitario, come prevista dalla legge regionale n. 21 del 2012;
   la legge regionale pugliese n. 21 del 2012 «Norme a tutela della salute, dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale», con lo scopo di prevenire ed evitare un pericolo grave, immediato o differito, per la salute degli esseri viventi e per il territorio regionale, dispone una serie di norme che si applicano nelle aree di Brindisi e Taranto, già dichiarate «aree a elevato rischio di crisi ambientale» e oggetto dei piani di risanamento;
   la citata legge prevede che l'agenzia regionale dei servizi sanitari (AReS), l'Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente della Puglia (ARPA Puglia) e l'Azienda sanitaria locale (ASL) competente per territorio, sotto il coordinamento di ARPA Puglia, debbano congiuntamente redigere, con cadenza almeno annuale, un rapporto di Valutazione del danno sanitario (VDS) anche sulla base del registro tumori regionale e mappe epidemiologiche sulle principali malattie a carattere ambientale;
   il Regolamento regionale n. 24 del 3 ottobre 2012 include l'impianto soggetto ad AIA di competenza regionale della Formica Ambiente, tra quelli che devono essere dotati di idonei sistemi atti a prevenire ed evitare il diffondersi nell'ambiente circostante di polveri tal quali o derivanti da processi produttivi e che il rapporto VDS, i piani di riduzione degli impatti, le conseguenti determinazioni siano trasmessi all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale per le determinazioni di propria competenza;
   si aggiunga che secondo notizie riportate dalla stampa locale, le ecoballe semi, combuste che da nove anni sono oggetto di battaglie per la salute e l'ambiente da parte dei cittadini di Fragneto Monforte in provincia di Benevento, nell'entroterra campano, potrebbero essere spostate, a giorni, proprio nella discarica comunale gestita dalla Società Formica;
   si tratterebbe di 60 mila ecoballe, 400 tonnellate di rifiuti, stoccati a suo tempo sulle colline di Toppa Infuocata e più volte dati alle fiamme, tanto da imporre l'evacuazione dei residenti, come accaduto lo scorso settembre –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano porre in essere, per la tutela della salute e dell'ambiente dell'area del brindisino interessata alle attività della discarica;
   se sussistano le condizioni per applicare, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, gli articoli 299 e successivi del testo unico ambientale n. 152 del 2006 riguardanti il danno ambientale e se si ritenga opportuna, in tale contesto, una verifica da parte del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente;
   se risulti al Ministro interrogato che 400 tonnellate di ecoballe semicombuste, provenienti Fragneto Monforte, sarebbero destinate allo stoccaggio nella discarica Formica.
(2-00467) «Mariano, Bratti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il «Resto del Carlino» del 26 febbraio 2014 riporta la notizia della conclusione delle indagini condotte dalla procura della Repubblica di Ancona sui ripascimenti «bluff» finanziati dalla regione Marche per contrastare il fenomeno della erosione delle coste; si tratta di interventi costati decine di milioni di euro per rifare le spiagge da Grottammare a Marina di Montemarciano, nel periodo che va dal 2004 ad oggi;
   con riguardo ai predetti interventi, giusto pochi giorni fa, il pubblico ministero titolare dell'inchiesta, il dottor Paolo Gubinelli, ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini nei confronti di 12 persone, tra funzionari della regione e privati imprenditori; secondo l'accusa, gli imputati avrebbero costituito un'associazione finalizzata a consentire l'affidamento di una serie di lavori per la difesa della costa ad un cartello di imprese, così violando la normativa europea sulla concorrenza (la Lungarini spa, la Arenaria srl, la Sidra spa, la Eurobulding spa, la ing. Sarti Giuseppe & Co., la Prama srl, la Cooperativa San Martino);
   le gare sarebbero state pilotate e, talvolta, bandite per la realizzazione di lavori inutili o, comunque, in deroga alle ordinarie norme di evidenza pubblica, invocando un'urgenza inesistente; inoltre sarebbero stati omessi i dovuti controlli sulla esecuzione degli stessi. I tratti di litorale sui quali sono stati eseguiti i ripascimenti contestati sono quelli del Fermano, della riviera del Conero, di Montemarciano;
   nel Fermano l'intervento di ripascimento, consistito nel riporto di sabbia nei litorali compresi tra Civitanova Marche e Grottammare, costato 10 milioni di euro, secondo la procura di Ancona sarebbe stato effettuato senza la prescritta Valutazione di Impatto Ambientale in violazione delle norme europee sugli appalti. Numerose associazioni a tutela del territorio hanno, in passato, sollevato perplessità sugli interventi da eseguire in queste località, perché considerati non risolutivi e di breve durata, in quanto realizzati con granulometrie non adatte alle spiagge interessate (sabbie fini su sabbie ciottolose) e, soprattutto, parziali, in quanto eseguiti senza tenere conto del sistema costiero nel suo complesso;
   sulla riviera del Conero l'appalto del ripascimento di Numana e Sirolo, per il quale vi è stato un finanziamento pubblico di 8,17 milioni di euro, secondo l'accusa sarebbe stato affidato in deroga alle normative vigenti, sul presupposto di un'urgenza in realtà inesistente; con riguardo allo stesso segmento di litorale è contestato anche il rifacimento del cosiddetto Molo Davanzali nonché, sempre per presunte irregolarità, anche i lavori realizzati a Portonovo tra il 2010 ed il 2011 (vale a dire il ripascimento del 2010, a protezione della Torre e del Fortino napoleonico e costato 120mila euro, la manutenzione straordinaria del 2011, costata 270mila euro, nonché la realizzazione di un non previsto quarto pennello davanti al Fortino), lavori questi ultimi la cui esecuzione fu già oggetto di aspra contestazione da parte di alcune associazioni ambientaliste, in quanto giudicati non necessari in relazione allo stato dei luoghi e, soprattutto, ad elevato impatto ambientale, perché pregiudizievoli per la fauna e per la flora;
   gli interventi riguardanti il molo Davanzai a Sirolo, sono stati la causa dell'avvio, da parte della Unione europea, di una procedura di infrazione nei confronti della regione Marche in quanto la legge regionale n. 7 del 14 aprile 2004, sulla «Disciplina della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale», non prevede la valutazione di impatto ambientale per gli interventi di ripascimento finalizzati al ripristino dello stato dei luoghi, così ponendosi in netto contrasto sia con le direttive in materia di Valutazione di Impatto Ambientale che con il decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile 1996;
   eppure la regione Marche era già a conoscenza dell'irregolarità della suddetta legge regionale e dell'eventualità che l'Unione europea potesse dare avvio ad una procedura d'infrazione, ciò e testimoniato dal fatto che, in data 20 luglio 2009, il Ministero dell'ambiente ha provveduto ad inviare al servizio ambiente e difesa suolo della regione Marche una comunicazione in cui si faceva presente che: «[..] sia le Direttive in materia di Valutazione di Impatto Ambientale che il decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile 1996, prevedono che siano soggette alle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (procedura completa o procedura di screening) le «opere costiere destinate a combattere l'erosione ed i lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare»; la regione Marche, invece, con la legge regionale n. 7 del 2004 ha specificatamente escluso gli interventi di ripascimento finalizzati al ripristino dello stato dei luoghi da qualsiasi valutazione ambientale;
   con riguardo al litorale di Montemarciano, poi, ad essere contestati sono il ripascimento della spiaggia ed il rifacimento delle scogliere, che sarebbero stati eseguiti con materiale diverso da quello previsto, cioè materiale derivante da demolizioni edili al posto dei massi previsti;
   tutto ciò premesso, in considerazione del fatto che gli interventi di ripascimento interessati dalla indagine della Procura di Ancona sono stati realizzati con finanziamenti pubblici, con la presente interrogazione si chiede –:
   se siano a conoscenza dei fatti come sopra esposti;
   se e in quale ammontare siano intervenuti finanziamenti erogati dallo Stato, e se risulti come queste somme siano state effettivamente utilizzate;
   quali iniziative il Ministero dell'ambiente abbia assunto a seguito della procedura di infrazione avviata dalla Unione europea e delle numerose segnalazioni pervenute dalle associazioni ambientaliste;
   se sia stato interessato e/o sia intervenuto il dipartimento difesa del mare del Ministero ed, eventualmente, se siano state rispettate le prescrizioni del medesimo. (5-02432)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa nazionale e locale, dalle forze di polizia, da ripetuti allarmi delle associazioni delle maggiori categorie produttive, da libere associazioni di cittadinanza attiva, da Libera e da quelle a tutela dell'ambiente della legalità come, Legambiente nazionale e Legambiente Latina si apprende che, nella provincia di Latina, con propaggini sempre più forti anche a Roma Capitale, crescono in modo preoccupante l'illegalità ambientale, le speculazioni, il radicamento della criminalità organizzata;
   tra tutti il settore dell'edilizia e quello dell'agroalimentare sono tra quelli maggiormente colpiti di tutta Italia con una pressione sempre crescente della criminalità organizzata mafiosa, soprattutto di origine campana;
   infatti, dalla cittadina di Sperlonga, passando per Fondi, Terracina, San Felice Circeo, Sabaudia, Latina sino a Cisterna è un continuo l'allarme legalità lanciato dalle forze dell'ordine, dalle associazioni, dai politici e dai cittadini, che si unisce, drammaticamente, ai continui attentati subiti da uomini dello Stato e cittadini. I parchi, i laghi e le coste, ma anche i centri delle antiche cittadine sono esposti alle continue speculazioni edilizie. Un assalto rapace e selvaggio che scaccia le attività oneste e blocca il rilancio economico, imprenditoriale e occupazionale della zona. Grave e diffusissima risulta poi essere la pratica illegale del «caporalato» per i braccianti agricoli di origine italiana e straniera;
   l'esposizione dei comuni pontini al radicamento delle mafie nel tessuto economico locale e, in alcuni casi, anche politico, denunciato più volte dalle associazioni Legambiente e Libera, richiede un'azione forte che faccia diventare la provincia di Latina un caso e un'emergenza nazionale. Questo è il dato più preoccupante, insieme alle intimidazioni subite da uomini dello Stato. È quello peraltro che si evince analizzando il dato territoriale del rapporto Ecomafia 2013 di Legambiente, dove la provincia di Latina si posiziona al 9 posto nazionale per infrazioni accertate nel ciclo del cemento illegale. A livello regionale, l'area pontina vanta un triste primato per infrazioni accertate;
   appare evidente che si parla di un'intera area dove si è costituito e ramificato un vero «sistema criminale» che Libera, l'associazione antimafia presieduta da don Ciotti, non ha esitato a chiamare la «Quinta mafia», che ha soprattutto nel ciclo del cemento la sua manifestazione più eclatante. Basti pensare che stando ai dati delle forze dell'ordine nel parco nazionale del Circeo sono un milione e 200.000 i metri cubi fuori legge, 2 abusi edili per ogni ettaro, una richiesta di condono edilizio in media, considerando anche bambini ed anziani, per abitante per la città di San Felice Circeo ed una ogni 3-4 residenti per la città di Sabaudia; secondo gli investigatori, una parte è imputabile, direttamente o indirettamente, a esponenti della malavita organizzata e a quel sottobosco politico/economico che sta suscitando grande attenzione negli inquirenti;
   già nelle relazioni annuali sulle attività svolte dal procuratore nazionale antimafia e dalla direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso si denuncia che «anche nel circondario, in particolare Latina e Frosinone, si registra un elevato grado di penetrazione della criminalità mafiosa nel tessuto economico. In tali zone l'inserimento della mafia nelle attività imprenditoriali è stato agevolato dai progressivi trasferimenti, nel tempo, di personaggi di non secondario spessore – quali Bardellino, De Angelis, i fratelli Tripodo, Salvatore Giuliano, Michele Senese – che si sono spostati nel contesto laziale per sfuggire alle guerre per bande in atto nei territori di origine o al contrario per riorganizzarsi e continuare lo scontro con i clan antagonisti. Tali fenomeni hanno fatto sì che oggi, sul territorio laziale persistano, oltre al ceppo originario dei “trasferiti”, i loro familiari, che vantano ampio margine di movimento e consolidati contatti con la criminalità locale»;
   in questo contesto è fondamentale ricordare quello che accadde il 29 marzo 1995 in provincia di Latina quando venne ucciso il parroco di Borgo Montello, dove ha sede la grande discarica di rifiuti della provincia di Latina e di alcuni comuni del sud di Roma, Don Cesare Boschin. Il parroco, ottantunenne, fu ucciso in modo barbaro, soffocato con la propria dentiera conficcata nella gola dopo essere stato aggredito selvaggiamente, legato mani e piedi e imbavagliato con il nastro adesivo, con ai suoi piedi un asciugamano sporco del suo sangue. Anomalo risulta ancora il fatto che in seguito all'aggressione violenta nei riguardi di don Cesare Boschin non furono portati via denari pure presenti nella stanza dell'aggressione ma due agende non più ritrovate. Un omicidio condotto con una modalità chiaramente mafiosa, denso di segnali inquietanti e rimasto a tutt'oggi senza movente, autori e mandanti, per il quale anche Don Ciotti, presidente di Libera, ha chiesto la riapertura delle indagini. Non certo un omicidio per rapina, considerando che il portafogli del parroco era ancora intatto vicino al suo corpo con all'interno ben 800 mila lire. È con ogni probabilità infatti che la morte dell'anziano parroco sia avvenuta in seguito alle sue denunce relativamente al traffico notturno internazionale di rifiuti tossici che coinvolgevano la discarica, condotto per mezzo delle tristemente note «navi dei veleni». Si ricorda che questi sospetti furono confermati dalle dichiarazioni rese dal pentito Carmine Schiavone sulle «Terre dei Fuochi» anche in Lazio e specificamente nell'area pontina;
   sulle predette questioni e sull'omicidio irrisolto di Don Cesare Boschin l'interrogante, nella XVI legislatura, ha presentato l'atto di sindacato ispettivo 4-12995 senza però ottenere risposta –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno destinare maggiori risorse per l'organico delle forze dell'ordine e delle agenzie specializzate del Ministero dell'ambiente, unitamente a strumenti tecnologici e mezzi necessari, per contrastare il fenomeno del radicamento delle mafie, delle ecomafie e dei loro interessi nel tessuto economico, sociale e politico della provincia di Latina, anche alla luce del caso ancora irrisolto dell'efferato omicidio di don Cesare Boschin con l'obiettivo della creazione in loco di una sede distaccata della direzione investigativa antimafia e della direzione distrettuale antimafia; se non ritenga necessario attivare un controllo serrato, per quanto di competenza, sia sul sistema degli appalti, delle concessioni e delle consulenze in tutti i comuni della provincia pontina e sulla stessa amministrazione provinciale, sia sull'azione imprenditoriale condotta dalle numerose cooperative agricole dell'agro pontino, in particolare quelle presenti nei comuni di Formia, Fondi, Sperlonga, Terracina, San Felice Circeo, Sabaudia e Latina e sui titolari delle medesime e da ultimo sul «MOF – Centro Agroalimentare all'ingrosso di Fondi» già protagonista in passato di attività criminale e di indagini della magistratura. (4-04148)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 marzo 2014, si è appreso da un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, intitolato «Abruzzo, “strage” silenziosa di orsi e lupi marsicani. Ma la politica sta a guardare», che nella regione Abruzzo hanno perso la vita decine di esemplari di orsi, lupi e rarissimi rapaci;
   in base ai dati di Legambiente, in 36 mesi, in particolare, sono deceduti un notevole numero di esemplari di lupo appenninico e di orso bruno marsicano;
   le cause di questa strage sono riconducibili all'azione dell'uomo: animali moribondi con evidenti segni di avvelenamento, crivellati dalle pallottole, strangolati in trappole, investiti da automobili in corsa o divelti da pale eoliche;
   secondo un altro studio, su una popolazione di 1.500 lupi, 44 sono stati brutalmente uccisi;
   è del 17 marzo 2014, dunque recentissimo, l'ultimo ritrovamento di una femmina di lupo appenninico di circa quattro anni, incinta, crivellata dai colpi di carabina tra i monti di Pizzoferrato;
   è, invece, del 15 marzo 2014 il rinvenimento di un'orsa, gravemente malata, deceduta nel centro di sorveglianza del parco nazionale d'Abruzzo a Pescasseroli, una perdita che ha arrecato un danno notevole alle speranze di sopravvivenza della specie, che è ridotta ad una popolazione stimata tra 37/61 esemplari, di cui meno della metà sono femmine;
   tali decessi sono causati da atti criminali, sinistri stradali che avvengono sull'autostrada dei Parchi – anche a causa dell'approvazione di progetti urbanistici che hanno un forte impatto sull’habitat animale – nonché da gravi patologie a causa della mancata attuazione di interventi di profilassi per impedire la diffusione di malattie letali;
   il direttore del parco nazionale d'Abruzzo, Dario Febbo, dichiara che gli interventi di propria competenza sono stati posti in essere per la tutela degli animali presenti nel parco, ma afferma sia necessario un concreto intervento delle istituzioni, a livello nazionale, poiché bisogna individuare ulteriori azioni per contrastare gli eventi che possono compromettere la sopravvivenza delle specie;
   in una regione come l'Abruzzo, nota per i parchi e dove quasi il 36 per cento del territorio è sottoposto a rigorose norme di tutela ambientale, è inaccettabile che si siano verificati i numerosi decessi descritti a causa di atti criminali e della mancata adozione di adeguati interventi a tutela della salute degli ammali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   se e quali urgenti interventi intenda adottare, affinché sia disposto un efficace contrasto agli eventi che potrebbero compromettere la sopravvivenza delle specie animali presenti nei parchi, come descritti in premessa;
   se e quali provvedimenti di competenza intenda adottare, in particolare, per evitare il verificarsi di ulteriori stragi di animali riconducibili all'azione criminale dell'uomo. (4-04151)


   COSTANTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Serra San Bruno (Vibo Valentia) ha deciso di vendere gli alberi secolari. In tempi di crisi, l'amministrazione del sindaco Bruno Rosi ha deciso di non andare troppo per il sottile e di tagliare uno dei boschi più pregiati del territorio serrese;
   secondo una delibera comunale, il 25 marzo 2014 avrà luogo l'asta pubblica, con il sistema delle offerte segrete, per la vendita di materiale legnoso ottenuto dal taglio di tre lotti appartenenti al demanio comunale «Archiforo». Si tratta di boschi che si trovano nel cuore del Parco naturale regionale delle Serre, indicato «come sito di importanza comunitaria – zona di riserva generale orientata»;
   nel dettaglio, il bando di gara riguarda l'abbattimento di 2.603 piante di cui ben 1.090 esemplari di rarissimo abete bianco, conosciuto come il «principe dei boschi». Questi giganti della montagna saranno trasformati in legna per l'industria nel tentativo di risanare il deficit di bilancio, ma per il territorio significherà privarsi di un patrimonio più unico che raro;
   i boschi secolari delle Serre non sono nuovi a massicce operazioni di taglio. Solo negli ultimi 13 mesi sono stati abbattuti 9.291 alberi;
   lo stesso comandante regionale del Corpo forestale, Giuseppe Graziano, ha auspicato «un passo indietro» della giunta comunale: «I Patriarchi, capostipiti dei nostri boschi, rappresentano un patrimonio per la biodiversità e per le generazioni future che devono essere individuati e tutelati, e che rappresentano per la Calabria un patrimonio da rispettare, salvaguardare e godere» –:
   se non intenda chiarire se il previsto taglio del bosco dell'Achifòro sia compatibile con quanto previsto dalla legge n. 10 del 2013 e con il contributo economico comunitario ricevuto dal parco delle Serre per la valorizzazione del bosco;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda intraprendere al fine di scongiurare il taglio degli alberi monumentali dell'area. (4-04155)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la VECO spa è una fonderia di ghisa di seconda fusione, con opificio ubicato da oltre cinquant'anni nel comune di Martinsicuro nella provincia di Teramo;
   alla suddetta società, è stata recapitata l'ordinanza del sindaco n. 185 del 13 settembre 2013 che impone all'azienda di adottare, con effetto immediato nelle modalità operative, tutti gli accorgimenti necessari a limitare le emissioni rumorose nelle ore notturne dalle 22,00 alle 06,00, con particolare riguardo alle aree confinanti con le abitazioni;
   è bene precisare che nelle immediate vicinanze dell'opificio insiste un'unica palazzina che, sembrerebbe abitata stabilmente da una sola famiglia, e saltuariamente – solo nel periodo estivo – da altri condomini;
   il piano comunale di classificazione acustica, approvato con delibera di Consiglio n. 5 del 23 gennaio 2007, approva in «classe 3» il condominio in parola, mentre l'area industriale confinante, dove ha sede la VECO spa, in «classe 5»;
   non si comprende come due aree adiacenti, siano state classificate in maniera così vistosamente diversa, in contrasto con quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera a), della legge n. 447 del 1995 che impone il divieto di contiguità di aree i cui valori di qualità si discostino di più di 5 dB (A);
   in data 24 ottobre 2013 il consiglio comunale di Martinsicuro, ha approvato all'unanimità una mozione con la quale si chiede all'amministrazione comunale di agire immediatamente, di concerto con gli uffici tecnici, affinché il piano di classificazione acustica sia adeguato alla delibera consiliare del 23 gennaio 2007 ed alla legge n. 447 del 1995;
   la società, inoltre, nel mese di ottobre, ha ricevuto numerosi e ripetuti controlli:
    da parte dell'Arta Abruzzo – sede di Teramo – e del NOE di Pescara che ha anche consegnato un decreto di ispezione, perquisizione e sequestro della procura della Repubblica presso il tribunale di Teramo;
    da parte della ASL 4 Teramo – sezione prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro – sede di Nereto (Teramo);
   la Società dà stabile occupazione ad oltre 80 dipendenti nel comune di Martinsicuro, oltre all'indotto quantificabile in altrettante n. 80 unità; soprattutto, si tratta di un'azienda che in un momento di grave difficoltà dell'industria, riesce a mantenere quote di mercato ed onorare la propria firma come sempre fatto in 52 anni di storia, probabilmente da molto tempo prima della ristrutturazione della suddetta palazzina che, in origine sarebbe stata accatastata come «residenza temporanea di braccianti agricoli»;
   la direzione aziendale – fermi restando i notevoli e massicci investimenti effettuati negli ultimi anni in tema di tutela dell'ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro – si è mostrata disponibile ad apportare ogni utile intervento mirato a migliorare ulteriormente l'ambiente e la qualità della vita di quanti vivono in prossimità dell'azienda, ma il tutto deve essere compatibile con l'ammontare dei costi da sostenere e con i tempi di realizzazione degli interventi stessi;
   le prescrizioni intimate non tengono conto delle suddette variabili, mentre sarebbe auspicabile, che si potessero ottenere dilazioni congrue, al fine di consentire all'azienda di programmare ulteriori interventi per il miglioramento dell'impatto ambientale;
   secondo una dichiarazione di un rappresentante della Fiom-Cgil al quotidiano Il Centro di sabato 26 ottobre 2013. «Mi auguro che il ruolo della politica torni ad essere il perno per la risoluzione del problema, ci sono interessi legittimi di salute pubblica e lavoro che vanno tutelati. Spero che si apra un tavolo per trovare le migliori soluzioni dopo la mozione votata da tutti. L'atto dovuto, ovvero l'ordinanza emessa dal Sindaco, poteva essere preceduta dalla discussione intorno a un tavolo che non è stata fatta» –:
   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze e nel rispetto dei controlli e delle verifiche che le autorità competenti stanno effettuando, intendano adottare al fine di contribuire a trovare una equilibrata soluzione al problema e garantire la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro, e scongiurare il pericolo che un'Azienda storica – protagonista dell'industria della provincia – rischi di scomparire. (4-04157)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 1967 il Ministero della pubblica istruzione (che allora aveva competenza anche per i beni culturali), pronunciandosi in via definitiva sull'esatta localizzazione dello storico incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, avvenuto il 26 ottobre 1860 nei pressi della «Casa bianca» (così definita dallo scrittore garibaldino Giuseppe Cesare Abba nel suo famoso «Diario dei Mille»), dichiarò il suddetto immobile conosciuto anche come «Taverna Catena», nel comune di Vairano Paternora in provincia di Caserta, di interesse particolarmente importante sottoponendolo alle disposizioni della legge n. 1089 del 1939;
   a tal proposito, occorre altresì ricordare che il modesto cippo lapideo posto davanti alla «Casa bianca» al fine di ricordare il celebre incontro sopra citato, fu inaugurato contemporaneamente al Vittoriano, in occasione delle manifestazioni celebrative per il cinquantenario dell'Unità d'Italia nel 1911;
   attualmente il complesso monumentale di Taverna Catena, che rappresenta con tutta evidenza un luogo di fondamentale importanza per la memoria collettiva e l'identità comune degli italiani, versa in una penosa e preoccupante situazione di degrado;
   la tutela di tale complesso monumentale appare del tutto inadeguata con conseguenti rischi di ulteriore degrado e crolli delle ampie strutture interne. Peraltro, occorre segnalare il reiterato scempio architettonico fatto di superfetazioni e continui abusi che ne hanno alterato persino la configurazione esterna originaria, così come si può facilmente verificare da un reportage fotografico a disposizione dell'interrogante;
   peraltro, la Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici per le province di Caserta e Benevento con la nota prot. n. 21103 del 7 dicembre 1987 ha espresso parere favorevole alla richiesta di sanatoria presentata per lavori abusivi riguardanti l'immobile denominato «Taverna Catena»;
   tale nota è stata poi annullata dalla IV sezione del TAR Campania con sentenza del 12 ottobre 2005 n. 19204/05 Reg. Sent.;
   le motivazioni di tale sentenza, che definisce «sicuramente contraddittorio» e «ingiustificato e privo di congrua motivazione» il parere annullato, testimonia con evidenza ad avviso dell'interrogante un problema di omesso controllo da parte del Ministero nei confronti della Soprintendenza;
   appare sempre più necessario procedere con un «puntellamento» e con la messa in sicurezza del complesso monumentale di Taverna Catena –:
   quali siano le informazioni in possesso del Ministro interrogato in merito alla situazione del complesso monumentale di Taverna Catena;
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso procedere con urgenza alla messa in sicurezza delle ampie strutture interne (laterali e retrostanti) del complesso minacciate da cedimenti, intervento indispensabile per evitare il ripetersi di situazioni di crollo come quelle che si verificano periodicamente presso il sito archeologico di Pompei;
   se la Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici per le province di Caserta e Benevento abbia imposto al proprietario, possessore o detentore gli interventi necessari per assicurare la messa in sicurezza e la conservazione del bene culturale, ai sensi dell'articolo 32 del codice dei beni culturali e del paesaggio e successive modificazioni e integrazioni;
   se la Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici per le province di Caserta e Benevento, vista l'assoluta urgenza, non ritenga, opportuno adottare direttamente le misure conservative necessarie a salvaguardare il bene architettonico da ulteriori danni;
   se il Ministro, attraverso la direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio ed il personale, non ritenga prioritario assumere iniziative per lo stanziamento di un finanziamento straordinario per avviare immediatamente un primo, indispensabile lotto di lavori delle fabbriche di «Taverna Catena» nel comune di Vairano Paternora (Caserta), rivalendosi successivamente in danno al proprietario, possessore o detentore, così come prevedono gli articoli 33-34 del codice dei beni culturali e del paesaggio;
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso altresì impegnarsi affinché siano garantite risorse finanziarie aggiuntive per restaurare e restituire definitivamente alla collettività un bene culturale simbolo di un periodo storico e di un evento di fondamentale importanza, anche in considerazione del fatto che l'intera struttura può rappresentare un importante e strategico luogo di approfondimento delle grande questioni di fondo italiane come la questione meridionale. (4-04156)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha ricevuto la segnalazione da parte di un cittadino circa l'irragionevolezza di una norma concernente il regolamento relativo al concorso pubblico per l'ammissione alla prima classe dei corsi regolari dell'Accademia aeronautica;
   il segnalante, dopo aver superato la preselezione, si sarebbe imbattuto in quella che ha percepito come una vera ingiustizia. Infatti, a causa di un problema ottico che lo accompagna fin dalla nascita, tempo addietro era stato sottoposto ad un intervento oculistico per correggere tale difetto e ritrovare la completa funzionalità della vista;
   purtroppo l'intervento al quale è stato sottoposto, denominato LASIK, avrebbe comportato l'inidoneità del soggetto, a differenza di un'altra tipologia di intervento, denominato RPK, che a quanto risulta all'interrogante risulterebbe più problematico, doloroso e soprattutto rudimentale per il paziente;
   in effetti, la competente commissione medica del Centro aeromedico per la selezione psicofisiologica ha ritenuto che l'intervento di fotocheratoablazione (LASIK) rientrasse nelle cause di esclusione previste dall'articolo 582, lettera s), del decreto ministeriale 15 marzo 2010, n. 90;
   si tratta di una norma che secondo autorevoli pareri medici sarebbe del tutto irragionevole, dal momento che l'intervento richiesto dalle istituzioni militari è una pratica obsoleta e arretrata, facile da eseguire, mentre l'operazione LASIK è molto più efficace per il paziente, ma più complessa nell'esecuzione;
   così il cittadino segnalante sarebbe stato recentemente dichiarato non idoneo alle visite mediche per il suddetto concorso per essersi sottoposto ad un intervento che utilizza una tecnologia più avanzata ed efficace e meno rischiosa, anziché ad una modalità di intervento obsoleta, meno efficiente, più rischiosa e dolorosa per il paziente –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sulle vicende esposte;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover attivare tutte le iniziative di competenza al fine di aggiornare le normative relative al concorso pubblico per l'ammissione alla prima classe dei corsi regolari dell'Accademia aeronautica.
(4-04149)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   BRAGA e MARIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza n. 50 del 14 marzo 2014, la Corte costituzionale ha sancito l'illegittimità costituzionale per eccesso di delega, della norma sanzionatoria per le locazioni non registrate nei termini, registrate parzialmente e per i comodati che simulavano affitti;
   si tratta dei commi 8 e 9 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale (decreto che ha introdotto la cosiddetta cedolare secca) che prevedevano particolari «sanzioni» da applicare ai casi di affitti in nero;
   in particolare il comma 8 prevedeva, modificando di fatto gli accordi contrattualmente concordati tra le parti, che per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo i quali, ricorrendono i presupposti, non erano stati registrati entro il termine stabilito dalla legge (di regola, 30 giorni dalla firma), la possibilità da parte dell'inquilino di registrare autonomamente il contratto di locazione al posto del proprietario stesso presso l'ufficio dell'Agenzia delle entrate, ottenendo così:
    a) che la durata fosse stabilita in 4 anni a decorre dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio, rinnovabili di altri 4, salvo deroghe previste per legge;
    b) che dalla registrazione del contratto, il canone annuo di locazione fosse pari a tre volte la rendita catastale oltre l'adeguamento, dal secondo anno, del 75 per cento dell'Istat; una somma quindi inferiore fino al 70/80 per cento rispetto ai valori di mercato;
   il comma 9 inoltre disponeva che la nullità del contratto di locazione non registrato, si applicasse sia nel caso in cui nel contratto registrato fosse stato indicato un importo inferiore a quello effettivamente versato, e sia quando il contratto fosse stato registrato un comodato fittizio;
   la norma, la cui introduzione era stata preceduta da una fase transitoria nella quale era stato concesso ai proprietari in difetto di autodenunciarsi e di regolarizzare la propria situazione, ricevendo anche incentivi in termini di riduzione dell'Irpef dovuta, era stata inserita dal Governo con il chiaro obiettivo di contrastare l'evasione fiscale dei locatori di immobili e quindi di favorire l'emersione degli affitti in nero sanzionando il proprietario, il cui guadagno sull'affitto si sarebbe fortemente ridotto, e premiando l'inquilino che avesse aiutato lo Stato attraverso la regolarizzazione del contratto;
   questo meccanismo, conseguente alle denunce degli inquilini, aveva dato luogo a numerosi contenziosi. I tribunali di Ostia, Palermo, Genova, Firenze e Salerno hanno sollevato questione di legittimità costituzionale, ritenendo che la norma fosse viziata da un eccesso di delega e giudicandola eccessivamente penalizzante per il proprietario, oltre che rilevandone una violazione dello Statuto del contribuente;
   secondo la sentenza della Consulta la citata disciplina oggetto di censura sebbene «rivoluzionaria sul piano del sistema civilistico vigente» presenta un vizio di origine, la legge n. 42 del 2009 delegava infatti il Governo ad emanare disposizioni in materia di federalismo fiscale, senza fornire nessun criterio per il sistema sanzionatorio poi previsto dai commi censurati dalla Corte. Nella specie si tratterebbe dunque di un ambito normativo del tutto estraneo alla delega di riferimenti Non a caso infatti la stessa sentenza recita: «la disciplina oggetto di censura si presenta del tutto priva di copertura da parte della legge di delegazione, in riferimento sia all'ambito oggettivo, sia alla sua riconducibilità agli stessi obiettivi perseguiti dalla delega. [...] Pertanto la norma risulta del tutto estranea essendo questa destinata ad introdurre una determinazione legale di elementi essenziali del contratto di locazione ad uso abitativo (canone e durata) in ipotesi di ritardata registrazione dei contratti o di simulazione oggettiva dei contratti medesimi pur previste ed espressamente sanzionate nella disciplina tributaria di settore»;
   anche la tesi dell'Avvocatura dello Stato, secondo cui un principio della delega nel contrasto agli affitti in nero sarebbe chiaramente ricavabile dall'articolo 26 della legge che evoca «forme premiali per gli enti territoriali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggiore gettito» viene bocciata dalla Suprema Corte che rileva come «il tema della lotta all'evasione fiscale, che costituisce un chiaro obiettivo dell'intervento normativo in questione, non può essere configurato come criterio per l'esercizio della delega, il quale per definizione deve indicare lo specifico oggetto su cui interviene il legislatore delegato entro i previsti limiti»;
   oltre all'estraneità dell'ambito prescrittivo della delega di riferimento, la Consulta rileva la norma dichiarata illegittima anche in palese contrasto con le Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente laddove questo, all'articolo 10 della legge n. 212 del 2000, prevede che «Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto», con la conseguente trasformazione, quanto a canone e durata, addirittura in novazione per factum principis;
   la norma recentemente dichiarata incostituzionale ha sino ad oggi dimostrato di essere un valido strumento legislativo in materia di locazione abitativa: ha tutelato i diritti dell'abitare dei conduttori di immobili ad uso abitativo, ha dato la possibilità per i locatori trovatisi nella situazione di dover corrispondere un affitto in nero di regolarizzare la propria posizione, ha consentito l'emersione e il recupero di ingenti somme di denaro da parte dello Stato, e al contempo, ha permesso di stipulare un patto di legalità tra Stato e cittadini onesti chiedendo ai locatari di denunciare il proprietario di casa evasore fiscale;
   la sentenza della Corte costituzionale avendo effetto retroattivo ha cancellato dal 14 marzo 2014 la possibilità dell'utilizzo della sanzione, gettando in uno stato di profonda incertezza tutte quelle situazioni venutesi a creare prima di tale data facendo diventare, con le varie fattispecie di irregolarità e nullità, di fatto carta straccia tutti quei contratti registrati dagli inquilini e dai funzionari del fisco a partire da giugno 2011;
   l'illegittimità costituzionale della norma antievasione fiscale in materia di contratti di locazione ha abbandonato al proprio destino tutti quegli inquilini che, denunciando il sommerso, si sono resi colpevoli di avere soltanto esercitato un diritto, applicando una legge dello Stato la cui dichiarazione di illegittimità li potrebbe esporre a pesanti azioni di rivalsa da parte dei proprietari di casa. I locatori potrebbero infatti imporre agli inquilini di liberare l'abitazione attivando la procedura di sfratto, poiché il contratto cessa insieme alla norma di legge che lo prevedeva oppure chiedere la differenza degli importi non percepiti nel corso di questi tre anni;
   lo Stato non può proporre ai propri cittadini un patto di legalità chiedendo loro di denunciare l'evasore fiscale padrone di casa e poi lasciarlo privo di qualsiasi tutela giuridica e per giunta con l'onere di risarcire persino l'evasore;
   l'incostituzionalità della norma antievasione sui contratti di locazione in nero rischia, insieme alla nota del mercato economico finanziario sulla tracciabilità dei canoni di locazione che nonostante le disposizioni di legge prevede la possibilità per gli inquilini di poter effettuare pagamenti in contanti, possono creare i presupposti per ritornare ad una crescita dell'evasione e dell'elusione fiscale che per quanto riguarda il settore degli affitti/locazioni è superiore a 2 miliardi di euro annui –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per porre rimedio alla grave e pesante situazione di incertezza venutasi a creare con la sentenza della Corte costituzionale nei rapporti tra proprietari e inquilini;
   quali misure il Ministro intenda adottare affinché da un lato non si lasci la materia delle locazioni priva dei necessari strumenti indispensabili per combattere l'annosa piaga dell'evasione fiscale che trova terreno fertile nei cosiddetti «affitti in nero»; dall'altro si recuperi e onori quel patto di legalità tra Stato e cittadino-locatario la cui denuncia del sommerso ha permesso l'emersione e il recupero di ingenti somme di denaro. (3-00703)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DADONE. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione cassa di risparmio di Cuneo (CRC), costituita nel 1992, presenta un Esercizio per l'anno 2012 di 1.480.616.607 euro e un patrimonio netto pari a oltre 1,33 miliardi euro, posizionandosi tra le prime dieci fondazioni di origine bancaria per totale attivo in Italia;
   la fondazione cassa di risparmio di Cuneo detiene partecipazioni bancarie in Banca regionale europea (BRE) pari al 25 per cento e in Gruppo UBI Banca pari al 2,23 per cento;
   la fondazione cassa di risparmio di Cuneo, è stata nel corso degli ultimi anni al centro di numerose polemiche, atti di sindacato ispettivo e inchieste e ricostruzioni giornalistiche, su testate locali e nazionali, in particolar modo per questioni riguardanti le designazioni delle cariche interne, nonché l'assegnazione di lavori di ristrutturazione di immobili e i legami d'affari che interesserebbero diversi esponenti della Fondazione e di società locali;
   per quanto riguarda gli atti di sindacato ispettivo di cui sopra, tutti presentati al Senato al Ministro dell'economia e delle finanze del tempo, si vedano il n. 3-00013 del 13 maggio 2006 (già n. 4-00032 del 31 maggio 2006), il n. 3-01259 del 13 aprile 2010, il n. 3-01297 del 4 maggio 2010, il n. 4-06570 del 12 gennaio 2012 con relativa risposta (fascicolo n. 169) e il n. 4-07912 del 10 luglio 2012;
   per quanto concerne la polemica e gli strascichi giornalistici, le presunte relazioni politiche che caratterizzerebbero la formazione degli organi dirigenziali della Fondazione e le appartenenze partitiche dei diversi membri, si vedano ad esempio: Franco Adriano su ItaliaOggi pagina 7 e Michele Masneri su Il Riformista pagina 9 del 16 aprile 2010, l'intervista di Gianni Martini a Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Acri (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio) su La Stampa del 19 maggio 2010, l'intervista di Ezio Belardi allo stesso Guzzetti, su La Guida pagina 1 del 19 novembre 2010, Marco Alfieri su La Stampa pagina 30 del 19 aprile 2011, Pier Paolo Luciano su La Repubblica – Piemonte (inserto Economia) pagina XI del 3 maggio 2011, Luca Piana su L'Espresso pagina 122 dell'8 marzo 2012, Gianni Martini su La Stampa (Cuneo e provincia) pagina 57 del 20 marzo 2012, Pier Paolo Luciano su La Repubblica – Torino del 19 febbraio 2013, Carlotta Scozzari su Il Fatto Quotidiano pagina 12 del 26 giugno 2013;
   il tema della trasparenza e della regolarità dei dirigenti della Fondazione cassa di risparmio di Cuneo, oltre ad essere stato oggetto di una sentenza del giudice Alberto Boetti del Tribunale di Saluzzo, è stato anche oggetto dell'ordine del giorno n. 3 «Segnalazione da parte del “Gruppo 19 marzo” di gravi irregolarità nella gestione della Fondazione cassa di risparmio di Cuneo» presentato in consiglio comunale a Cuneo lo scorso gennaio 2014, nonché al centro di un dettagliato dossier che lo stesso «Gruppo 19 marzo» ha sottoposto, tra gli altri, ai parlamentari della provincia di Cuneo al fine di ripercorrere quanto accaduto dal 2010 ad oggi;
   stando a quanto riportata da singoli esponenti del tessuto socioeconomico locale, nonché dalla politica e dall'informazione, le questioni relative alla scarsa trasparenza e alle presunte irregolarità mostrate da alcuni dirigenti della Fondazione, sono le seguenti:
    1) i rapporti d'affari esistenti tra Ezio Falco, presidente della Fondazione, Gianluigi Gola, presidente del collegio sindacale, Pierfranco Risoli, membro del consiglio di amministrazione, Laura Dompè e Roberta Carrara, rispettivamente dipendente fiduciaria e moglie di Gianluigi Gola, attraverso le società Lineacomputer srl, Piemonte advisor building srl, Polo Grafico spa, Sigecom srl, Media sas, Newspaper Milano srl, Riserva di pesca Valle Pesio scarl, di cui risultano nel corso degli ultimi anni essere stati o tuttora ricoprire posizioni societarie, di partecipazione o di controllo o di gestione amministrativa;
    2) l'assegnazione nel 2009 da parte della Fondazione cassa di risparmio di Cuneo dei lavori di ristrutturazione della ex sala contrattazioni all'imprenditore locale Giuseppe Ferrero, anch'egli collegato attraverso alcune società, agli stessi Falco e Risoli, quando già erano membri della Fondazione cassa di risparmio di Cuneo, nonché a Gola, alla Dompè e alla Media sas di cui sopra;
   la società Lineacomputer srl a socio unico, la cui attività risulta «commercio all'ingrosso di computer, apparecchiature informatiche periferiche e di software», è fondata da Ezio Falco negli anni ’90. Lo stesso Falco che detiene il 33 per cento delle quote ricopre negli anni vari incarichi all'interno della società a partire da quello di consigliere fino ad arrivare nel 2005 a quella di amministratore delegato. Lo seguirà nel medesimo incarico il socio Mauro Chiari dal 2004 al 2013;
   nel 2007 e nel 2008 Lineacomputer srl chiude gli esercizi dei due anni con perdite progressive rispettivamente pari a 122.826 e 131.819 euro;
   nel marzo 2009, la società di Falco versa in condizioni critiche, così come accertato dall'ufficio crediti di BRE UBI Banca, tanto da necessitare di una ricapitalizzazione che inizia con l'intervento della società Piemonte Advisor Building srl (PAB) la cui attività è la «locazione di beni propri o in leasing (affitto)». I soci sono: Laura Dompè con il 36,96 per cento, Media sas di Carrara Roberta & C. con il 17,39 per cento, Giuseppe Ferrero con il 13,04 per cento e altri;
   la Media sas, a sua volta, vede Roberta Carrara come socio accomandatario e Gian Luigi Gola in veste di socio accomandante (fino al 2010);
   la stessa Media sas partecipa con il 16,57 per cento alla Polo Grafico spa della quale Dompè risulta essere Consigliere di amministrazione dal 2004. La stessa Carrara siederà dalla metà del 2010 nel consiglio di amministrazione della Polo Grafico spa;
   tra il marzo e il maggio 2009, quindi, Lineacomputer srl riceve circa 80.000 euro da parte della PAB srl non sufficienti a ripianare il disavanzo patrimoniale di oltre 140 mila euro. Di lì a poco, infatti, si deciderà di ricapitalizzare fino al minimo legale la società con un versamento complessivo da parte di PAB srl di 200 mila euro;
   in seguito alla ricapitalizzazione nel 2013 l'allora Linearcomputer srl a socio unico viene incorporata dalla omonima Linearcomputer srl (istituita già nel luglio 2010 che ha per attività: «attività delle holding impegnate nelle attività gestionali») con la seguente compagine societaria: Ezio Falco e la Co.Re.Fi. Compagnia fiduciaria e di revisione con il 33 per cento e Mauro Chiari il 34 per cento e la carica di Amministratore Unico;
   nel frattempo, Fondazione cassa di risparmio di Cuneo comunica la decisione di voler affidare con gara i lavori di ristrutturazione della ex sala contrattazioni;
   tra il febbraio e il marzo del 2009 da reversali di bonifici allegati al dossier realizzato dal «Gruppo 19 marzo», risulta che due società di Giuseppe Ferrero (lo stesso che risulta avere partecipazioni in PAB srl) la immobiliare Cristallo srl e la Fratelli Ferrero srl effettuano un bonifico ciascuno, di importo rispettivamente pari a 48.000 e 18.000 euro, a favore di Piemonte Advisor Building (PAB) srl impegnata nello stesso periodo a rifinanziare il debito della Lineacomputer srl di proprietà del Presidente di Fondazione cassa di risparmio di Cuneo, Ezio Falco;
   lo stesso giorno del primo bonifico, 26 febbraio 2009, la Fondazione delibera l'assegnazione dei lavori di ristrutturazione alla Fratelli Ferrero srl, dell'omonimo imprenditore edile, socio di Gian Luigi Gola e sua moglie in Media sas, nonché presidente del collegio sindacale al momento dello svolgimento dei fatti. La sottoscrizione del contratto di affidamento dei lavori cade nel giorno del secondo bonifico effettuato dalla Fratelli Ferrero srl, 13 marzo 2009;
   nel marzo 2010, dopo una prima indicazione favorevole, la Fondazione cassa di risparmio di Cuneo decide di non rinnovare la fiducia a Piero Bertolotto, Presidente di BRE UBI Banca e rappresentante della fondazione nel Consiglio di gestione di UBI Banca. Al suo posto, su indicazione del presidente Ezio Falco, la fondazione nomina l'allora Presidente del Collegio sindacale Gian Luigi Gola;
   Gola cede le sue quote di Media sas a Laura Dompè che riveste dal 2010 il ruolo di socio accomandante;
   il Gola nel 2013 sarà nominato nel consiglio di sorveglianza all'interno di UBI Banca;
   a seguito delle interrogazioni parlamentari presentate dal senatore Menardi, Gian Luigi Gola sporge querela per diffamazione contro lo stesso senatore. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Saluzzo, dottor Alberto Boetti, emana in data 14 marzo 2011 l'ordinanza di archiviazione specificando che «I rapporti d'affari tra membri del Consiglio di amministrazione e del Consiglio sindacale, cui prima s’è fatto riferimento, suscitano perplessità sul corretto rapporto organo di controllo-organo gestorio che dovrebbe essere garantito dal Codice Etico della Fondazione»;
   ad oggi, dalle visure risulta una panoramica di relazioni d'affari che rende le parole del giudice Boetti più che attuali:
    a) Gian Luigi Gola: Proprietario al 50 per cento e consigliere di amministrazione di Consult Rev srl. Proprietario al 34,5 per cento di Paper-One srl. Consiglio di Sorveglianza di UBI Banca, già consigliere di gestione di UBI Banca, già presidente del collegio sindacale della fondazione cassa di risparmio di Cuneo. Consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa. Consigliere di amministrazione di Newspaper Milano srl. Presidente del collegio sindacale di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl. Già Socio Accomandante di Media sas;
    b) Ezio Falco: presidente della fondazione cassa di risparmio di Cuneo. Proprietario del 33 per cento di Lineacomputer srl, già amministratore delegato; proprietario del 31 per cento di Sigecom srl e Consigliere di amministrazione. Consigliere di amministrazione di Sinloc spa;
    c) Giuseppe Ferrero: proprietario al 90 per cento e amministratore unico di Fratelli Ferrero srl. Proprietario al 90 per cento e amministratore unico di Immobiliare Cristallo srl. Proprietario al 13,04 per cento di Piemonte Advisor Building srl, proprietario al 9,09 per cento di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl. Proprietario al 26 per cento di Edicinquemila srl. Appaltatore dei lavori di ristrutturazione della ex Sala contrattazioni per Fondazione cassa di risparmio di Cuneo;
    d) Pierfranco Risoli: proprietario al 9,09 per cento e sindaco di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl, presidente del consiglio di amministrazione di Newspaper Milano srl, già Vicepresidente e Consigliere di amministrazione. Consigliere di amministrazione di Sigecom srl. Consigliere di amministrazione di Fondazione cassa di risparmio di Cuneo;
    e) Roberta Carrara: proprietaria al 32 per cento di Edicinquemila srl. Socio Accomandatario di Media sas già socio accomandante. Consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa;
    f) Laura Dompè: proprietaria al 36,96 per cento di Piemonte Advisor Building srl già amministratore unico, consigliere e presidente del consiglio di amministrazione. Socio accomandante di Media sas, membro del comitato di controllo sulla gestione di Polo Grafico spa. Sindaco supplente di riserva di Pesca Valle Pesio scarl. Revisore Unico di Newspaper Milano srl già Sindaco. Già amministratore unico e presidente del consiglio di amministrazione di Piemonte Advisor Building srl;
    g) Luca Delfino: proprietario al 16,30 per cento e amministratore unico di Piemonte Advisor Building srl. Consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa già presidente del comitato di controllo sulla gestione. Amministratore Unico di Riserva di Pesca valle Pesio scarl. Amministratore Unico di Edicinquemila srl. Amministratore Delegato di Newspaper Milano srl;
   sul piano delle diverse società si nota dalle visure la seguente situazione:
    a) Lineacomputer srl: soci Mauro Chiari al 34 per cento e amministratore unico, Ezio Falco al 33 per cento già amministratore delegato, CO.Re.Fi. al 33 per cento;
    b) Media sas di Carrara Roberta & C.: socio accomandatario Roberta Carrara, socio accomandante, Laura Dompè;
    c) Polo Grafico spa: soci Media sas al 16,57 per cento e altri; consigliere di amministrazione Roberta Carrara, Consigliere di amministrazione e Membro del Comitato per il controllo sulla gestione, Laura Dompè;
    d) Piemonte Advisor Building srl: soci Laura Dompè al 36,96 per cento, Media sas al 17,39 per cento, Giuseppe Ferrero al 13,04 per cento, Luca Delfino al 16,30 per cento e altri. Amministratore Unico Luca Delfino;
    e) Edicinquemila srl: soci Giuseppe Ferrero al 26 per cento;
    f) Newspaper Milano srl: presidente del consiglio di amministrazione Pierfranco Risoli, Revisore Unico Laura Dompè;
    g) riserva di Pesca Valle Pesio scarl: soci Giuseppe Ferrero al 9,09 per cento, Pierfranco Risoli al 9,09 per cento. Amministratore unico Luca Delfino, Presidente del collegio sindacale Gian Luigi Gola, sindaco supplente Laura Dompè;
   a norma del decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999, «la vigilanza sulle Fondazioni è attribuita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica», pertanto il Ministero ha ritenuto già nel 2012 svolgere una prima verifica a seguito dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-06570, limitatamente ad un aspetto dell'interrogazione, senza prendere in considerazione gli atti ispettivi precedentemente presentati, collegati e rimasti senza risposta, limitandosi a chiedere chiarimenti allo stesso soggetto della verifica, ovvero la Fondazione cassa di risparmio di Cuneo;
   le supposte condizioni di vincoli politici che emergono dalle polemiche e dalle ricostruzioni emerse sulla stampa locale e nazionale, in particolar modo relativamente alla successione tra Bertolotto e Gola alla rappresentanza della Fondazione cassa di risparmio di Cuneo, lasciano intravedere dinamiche ed equilibri squisitamente politici e trasversali in merito ai quali il presente atto ispettivo non ha alcun interesse;
   obiettivo di tale atto, infatti, è quello di richiedere un'attenta verifica delle condizioni esistenti dentro e intorno alla Fondazione cassa di risparmio di Cuneo sulla base della dettagliata e documentata ricostruzione realizzata dal «Gruppo 19 marzo». Partendo da qui per individuare un percorso di controllo costante, ed evidentemente necessario, perché si evitino situazioni di conflitto di interessi, distrazioni economico-finanziarie, ai danni delle comunità del territorio –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto illustrato, degli evidenti legami d'affari tra persone che rivestono incarichi dirigenziali di amministrazione e controllo nella fondazione cassa di risparmio di Cuneo e al tempo stesso condividono partecipazioni societarie, eventuali utili e perdite, incarichi gestionali e di controllo in società sul medesimo territorio di attività della fondazione;
   se il Ministro intenda acquisire maggiori informazioni, anche prendendo in considerazione quanto prodotto dal «Gruppo 19 Marzo»;
   se il Ministro intenda avvalersi adeguatamente del decreto legislativo 153 del 1999 per chiarire la situazione di cui sopra, e in tal modo garantire la necessaria trasparenza e la fondamentale regolarità delle dinamiche decisionali all'interno della Fondazione cassa di risparmio di Cuneo;
   se il Ministro, una volta appurata la situazione di intrecci d'affari illustrata nel presente atto ispettivo non ritenga opportuno e doveroso intervenire nei confronti della fondazione cassa di risparmio di Cuneo e delle figure eventualmente coinvolte, avviando altresì una good practice di puntuale controllo e monitoraggio ampliato a tutte le 88 fondazioni di origine bancaria coinvolgendo in questo anche l'Associazione delle fondazioni e casse di risparmio (Acri) presieduta da Giuseppe Guzzetti. (5-02434)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'anno passato il Consiglio di amministrazione di Equitalia ha varato il «Piano sportelli 2013», che troverà applicazione durante l'anno in corso e che, per quanto riguarda il territorio della provincia di Barletta, Andria e Trani, prevede la chiusura dello sportello di Barletta;
   nei giorni scorsi il tema è diventato di forte attualità per l'iniziativa del Consiglio regionale della Puglia che ha approvato un ordine del giorno trasversale volto a chiedere ai vertici di Equitalia un ripensamento rispetto a una mossa che, a fronte dell'importanza dello sportello in questione (il secondo in Puglia dopo quello di Bari per volume di pratiche trattate), è suscettibile di creare forti disagi all'utenza locale intesa sia come cittadinanza che come imprenditoria;
   l'esigenza di razionalizzare le risorse è una necessità imprescindibile ma a patto che essa non vada a discapito, in modo generalizzato, di obiettive esigenze dei singoli territori –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, nell'ambito delle sue competenze, ritenga di assumere iniziative volte a garantire che non siano creati pesanti disagi alla vasta popolazione della provincia di Barletta, Andria e Trani in termini di accesso ai servizi di Equitalia;
   quali siano stati i criteri alla base della formulazione del «Piano sportelli 2013» richiamato in premessa. (4-04141)


   FUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni il comparto della sanità ha già contribuito in modo abbondante e in certi casi spropositato alle varie manovre di taglio della spesa pubblica;
   nell'annunciato nuovo piano del commissario per la cosiddetta spending review, Carlo Cottarelli, presentato al Governo e in attesa di essere reso noto in tutti i suoi aspetti, saranno previsti, come da lui stesso affermato in un'audizione in Senato senza però entrare nei dettagli delle cifre, nuovi tagli alla sanità;
   le esigenze di razionalizzazione e risparmio sono note ed evidenti a tutti, ma bisogna evitare il susseguirsi continuo di tagli che non seguono una logica e non consentono, in definitiva, di realizzare quella che è la vera esigenza della sanità italiana, ovvero un organico piano di rivisitazione della rete ospedaliera sull'intero territorio nazionale;
   un esempio concreto riguarda la rete dei punti nascita, su cui nella passata legislatura la condusse un'attenta indagine culminata nell'approvazione unanime di una risoluzione e il Governo Berlusconi mise a punto un piano di riordino –:
   quale sia, allo stato attuale, l'entità dei tagli previsti nell'ambito del nuovo piano sulla spending review in relazione al comparto della sanità;
   in che modo si intenda garantire che i tagli non vadano a detrimento dei servizi offerti dalle strutture sanitarie e siano al contrario volti a intervenire sui veri sprechi a livello gestionale e organizzativo della rete ospedaliera oggi esistenti;
   se il Governo in carica, nel contesto della spending review, ritenga opportuno valutare iniziative volte a dare seguito concreto agli indirizzi emersi sia nei lavori della Camera della passata legislatura che nel piano di riordino dei punti nascita varato dal Governo Berlusconi. (4-04143)


   VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, CHIMIENTI, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, BATTELLI, BRESCIA, D'UVA, GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse sugli organi di stampa, ed in particolare su Il Fatto Quotidiano del 18 marzo 2014, si apprende che l'attuale Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, professoressa Stefania Giannini, nel corso del mandato di rettore dell'università per stranieri di Perugia avrebbe sostenuto una spesa pari a 16.400,00 euro per un viaggio in aereo verso Bruxelles;
   la stessa professoressa Stefania Giannini ha preso parte al viaggio insieme ad ospiti;
   tale spesa appare esagerata e lontana da una ottica di contenimento della spesa pubblica;
   l'autonomia degli atenei comunque non esonera l'Università dal seguire i principi generali di trasparenza, imparzialità, economicità ed efficienza dell'azione amministrativa;
   dallo stesso articolo di stampa si apprende che due membri del collegio dei revisori dei conti dell'università per stranieri di Perugia hanno segnalato presunte anomalie alla corte dei conti in merito ad altre attività dell'ateneo perugino;
   da notizie apparse su internet nel corso degli ultimi anni, risultano altri dubbi sulla gestione amministrativa dell'ex rettore dell'università per stranieri di Perugia;
   molti atenei italiani pubblicano i verbali del consiglio di amministrazione sul proprio portale e sono consultabili, mentre quelli dell'università per stranieri di Perugia non sono facilmente reperibili;
   l'articolo 2, comma 1, lettera a) della legge 30 dicembre 2010, n.240 prevede che il collegio dei revisori dei conti è un organo dell'università;
   l'articolo 2, comma 1, lettera p), della legge 30 dicembre 2010, n. 240 prevede che nel collegio dei revisori dei conti siano presenti un componente effettivo e un supplente, designati dal Ministero dell'economia e delle finanze e uno effettivo ed un supplente designati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   se il Governo ritenga opportuno verificare le spese sostenute dall'università per professoressa Stefania Giannini;
   se il Governo non ritenga opportuno invitare ufficialmente tutti gli atenei statali a pubblicare, in chiaro, sul proprio portale istituzionale i verbali e le convocazione degli organi dell'ateneo, compresi il consiglio di amministrazione, il senato accademico, il collegio dei revisori dei conti e stranieri di Perugia, anche se deliberate dal consiglio di amministrazione, durante la gestione della consigli di dipartimento.
   (4-04158)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI. —Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 18 marzo 2014 si è svolto a Roma un convegno a cura della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe), nel corso del quale gli operatori sanitari penitenziari hanno fornito alcuni dati aggiornati sulla situazione attuale della «Salute in Carcere»;
   secondo le stime del Simpse il 32 per cento dei detenuti è tossicodipendente, il 27 per cento ha un problema psichiatrico maggiore, il 17 per cento ha malattie osteoarticolari, il 16 per cento cardiovascolari e circa il 10 per cento problemi metabolici e dermatologici;
   sempre secondo tali stime e secondo le parole di Sergio Babudieri, presidente del Simspe, tra le malattie infettive è l'epatite C la più frequente (32,8 per cento), seguito da tbc (21,8 per cento), epatite B (5,3 per cento), hiv (3,8 per cento) e sifilide (2,3 per cento), ma, non potendo avere una reale dimensione del fenomeno in assenza di un Osservatorio epidemiologico nazionale e anche perché molti dei detenuti non sanno di avere una malattia, probabilmente i dati citati sono sottostimati;
   i dati resi noti, addirittura per difetto, dicono comunque che il 60-80 per cento dei detenuti ha almeno una malattia e che nella metà dei casi questa malattia è infettiva;
   tali dati sono particolarmente preoccupanti per la salute del personale di polizia penitenziaria che quotidianamente assicura la propria attività lavorativa a contatto con l'utenza penitenziaria, nonché per le loro famiglie in primis e, una volta messi in libertà i detenuti, anche per gli ignari cittadini;
   come rilevato dal segretario generale dell'O.S.A.P.P. Leo Benedici in un comunicato stampa, nonostante giornalmente gli agenti di polizia penitenziaria si relazionino dunque con centinaia di detenuti, di cui circa la metà potrebbe essere affetta da malattie infettive e pericolose, nessuna agevolazione sanitaria è prevista per il personale, così come nessuna profilassi o serie di controlli;
   sempre secondo quanto sottolineato dall'OSAPP, a fronte dei dati sopra esposti nonché dei rischi a cui sono quotidianamente esposti gli agenti, sarebbe invece auspicabile prevedere per il personale di polizia penitenziaria visite infettivologiche di routine i cui costi, proprio perché si parla di rischi correlati all'attività lavorativa prestata, non dovrebbero essere sostenuti dal personale stesso;
   anche in passato la stampa ha riportato diverse volte notizie di agenti di polizia penitenziaria che avevano contratto malattie infettive, tra cui la TBC –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali siano le sue intenzioni rispetto alla questione segnalata, in particolare quali azioni intenda porre in essere con estrema celerità e se abbia intenzione di avviare gli iter necessari per la stipula di apposite convenzioni con il servizio sanitario nazionale per tutelare lo stato di salute degli agenti di polizia penitenziaria, esposti quotidianamente al rischio di contagio, e delle loro famiglie. (4-04154)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GADDA, BRAGA, CATALANO, MARANTELLI e SENALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere, premesso che:
   la provincia di Varese e l'area occidentale della Lombardia sono inserite nel contesto strategico delle reti di trasporto europeo, Ten-T, come riviste dal regolamento (UE) n. 1315 del 2013. La nuova rete centrale unificata TEN-T sarà costituita da nove corridoi infrastrutturali principali che formeranno le arterie dei trasporti nel mercato unico europeo, core network. La rete infrastrutturale centrale formata dai nove corridoi principali, di cui ognuno deve includere tre modalità di trasporto, tre Stati membri e due sezioni transfrontaliere, sarà suddivisa in due corridoi nord-sud, tre corridoi est-ovest e quattro corridoi diagonali. L'obiettivo della Commissione UE è che il core network della TEN-T, il cui completamento è previsto entro il 2030, trasformi i collegamenti est-ovest (che rappresentano una priorità della nuova politica infrastrutturale dell'UE), elimini le strozzature, permetta di aggiornare le infrastrutture e snellire le operazioni connesse ai trasporti transfrontalieri in tutta l'UE a vantaggio sia dei passeggeri che delle merci;
   il territorio della provincia di Varese è attraversato dal corridoio numero 9 Reno-Alpi, che costituisce una delle rotte merci più trafficate d'Europa: collega i porti del Mare del Nord di Rotterdam e Anversa con il Mar Mediterraneo a Genova attraversando la Svizzera e passando per alcuni dei principali centri economici della Ruhr renana, le regioni del Reno-Meno-Neckar e l'agglomerazione di Milano. È un corridoio multimodale che include il Reno come via navigabile interna. I principali progetti sono le gallerie di base in Svizzera, in parte già completate, e le loro vie di accesso in Germania e in Italia. La Nuova trasversale ferroviaria alpina (AlpTransit), infrastruttura ferroviaria ad alta velocità, si sviluppa lungo tre nuovi tunnel ferroviari alpini, lungo gli assi del Lötschberg-Sempione, del San Gottardo e del Ceneri;
   la galleria di base del Lötschberg, lunga 34,6 chilometri, elemento centrale dei primo asse della nuova trasversale ferroviaria alpina, è stata inaugurata nel 2007 ed è ormai vicina al punto di massima capacità; la seconda direttrice si sviluppa lungo l'asse del Gottardo; la galleria di base del Gottardo, con i suoi 57 chilometri, una volta completato sarà il più lungo tunnel ferroviario del mondo e consentirà di diminuire radicalmente i tempi di percorrenza attraverso l'utilizzo di treni ad alta velocità che raggiungeranno i 250 chilometri orari grazie alla realizzazione di una linea ferroviaria pianeggiante che collegherà il Canton Uri e il Canton Ticino; le previsioni di realizzazione indicano che sarà pronto ad ospitare il trasporto di merci e passeggeri già nel dicembre 2016;
   uno studio recente dell'università Bocconi realizzato dal professor Lanfranco Senn, direttore CERTeT Università Bocconi, mostra come lungo l'asse di attraversamento della Svizzera, che transita dal Sempione e dal Gottardo, viaggiano ogni anno circa 35,2 milioni di tonnellate di merci, il 63 per cento delle quali su treno, con una crescita costante dell'intermodale non accompagnato. La regione maggiormente interessata è un'area che comprende la Lombardia e la provincia di Novara dove fanno capo circa cinquecento convogli intermodali ogni settimana su venti terminal, indirizzati soprattutto verso la Germania ed il Benelux. I tre nodi più importanti sono Milano, Busto Arsizio-Gallarate e Novara e le loro connessioni sono tutte inadeguate per il nuovo Gottardo. L'analisi del CERTeT – Bocconi, infatti, mostra che oggi lungo queste linee possono circolare convogli con lunghezza massima di 550 metri e peso massimo di 1600 tonnellate, con altezza massima di 3,8 metri. Con la nuova galleria di base, la lunghezza salirà a 750 metri, il peso a duemila tonnellate e l'altezza a 4,1 metri. Questo, però, sul versante svizzero;
   per adeguare quello italiano, bisogna attivare in tempi veloci i cantieri per adeguare l'infrastruttura lungo tre direttrici: Chiasso e Luino per il Gottardo e quella del Sempione. Gli operatori intermodali sottolineano che non basta adeguare il «modulo» (ossia la lunghezza massima dei convogli) e neppure la portata complessiva in tonnellate. Lungo questa direttrice è fondamentale ampliare anche la sagoma allo standard P/C80. In concreto, ciò significa portare l'altezza massima della sagoma a 4,1 metri, in modo da permettere il transito di convogli con semirimorchi. È quello che viene definito il «corridoio quattro metri», che si rivela strategicamente importante per il traffico transalpino. Basti pensare che – a fronte di 760mila spedizioni di semirimorchi non accompagnati registrate nel 2011 lungo le direttrici del Gottardo e del Sempione – lo studio della Bocconi prevede di raggiungere 1,1 milioni nel 2020 e 1,2 milioni nel 2030;
   la realizzazione di Alptransit Gottardo (Ntfa) consentirebbe risparmi nei costi di trazione e treni più lunghi (750 metri, contro i 550 metri attuali) in grado di trasportare fino a 2000 tonnellate di merci. Nel caso di attivazione solo dell'Ntfa, la crescita prevista al 2030 è di 20,1 milioni di tonnellate di merci. Con la realizzazione del Corridoio 4 metri (C4M, per treni con un profilo di 4 metri) sull'intero asse del Gottardo si aprirebbero ulteriori segmenti di mercato, con una crescita prevista che si attesta a 25,2 milioni tonnellate di merci trasportate nel 2030. «Luino – ha spiegato Lanfranco Senn, direttore del CERTeT dell'Università Bocconi in un convegno organizzato dalla Camera di Commercio di Varese – nel caso di attivazione del C4M vedrebbe un incremento sulla sua linea del trasporto combinato non accompagnato pari a 660 mila spedizioni all'anno nel 2020”. Il risparmio sui costi di trasporto arriverebbe fino a 1 miliardo e 475 milioni di euro per la sola Nfta (1 miliardo e 953 milioni di euro in caso di realizzazione del C4M); mentre quello sui costi ambientali è calcolato in 383 milioni di euro (688 milione con il C4M);
   nell'audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, svoltasi mercoledì 12 marzo 2014, il ministro ha affermato che l'Italia intende sostenere il principio che gli investimenti per la realizzazione delle grandi reti infrastrutturali europee inserite nella core- network della TEN-T non debbono gravare sul calcolo della spesa pubblica nazionale degli Stati membri. Nell'ambito della presidenza del semestre europeo per quanto riguarda le Reti TEN-T la presidenza italiana si caratterizzerà per un focus sui corridoi multimodali e, in particolare sulle misure previste a livello europeo per i collegamenti tra i «nodi» e le «reti». Infine durante il semestre di Presidenza si esamineranno le logiche, predisposte dalla Commissione, con cui attribuire le risorse del Fondo delle Reti TEN-T. Senza dubbio in tale operazione si terrà conto degli investimenti già effettuati dai singoli Stati membri sulle reti TEN-T. L'Italia intende proporre un monitoraggio sistematico sull’ avanzamento degli interventi effettuato dalla Commissione attraverso i coordinatori dei corridoi;
   in data 28 gennaio 2014 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi ha firmato con la consigliera federale ai trasporti Doris Leuthard un accordo Italia-Svizzera sul finanziamento delle opere di ampliamento previste per i due valichi ferroviari di Chiasso e di Luino di collegamento da Basilea al Nord Italia. In base all'accordo l'Italia investirà 40 milioni di euro sulla tratta Milano-Chiasso che fa parte del corridoio strategico Rotterdam-Genova inserito nelle Ten-T dell'Unione Europea. La Svizzera metterà a disposizione 120 milioni di euro per gli adeguamenti delle sagome delle gallerie sulla linea di Luino, percorso alternativo per il trasporto delle merci che fa parte delle reti comprensive. L'adeguamento permetterà il passaggio di carichi merci con altezza agli angoli di 4 metri e l'uso di treni merci della lunghezza di 750 metri. La realizzazione di questi due corridoi è un elemento centrale della politica di trasferimento del traffico dalla strada alla rotaia, condivisa dai due paesi e un importante contributo alla modernizzazione dei corridoi europei per il traffico merci.
   i 120 milioni svizzeri per la tratta Luino-Gallarate saranno messi a disposizione di RFI. I 40 milioni italiani per la tratta Milano-Chiasso sono già stati stanziati dal Decreto del Fare e inseriti nell'accordo di programma con Rfi per il biennio 2014-2016;
   la realizzazione del «Corridoio 4 metri» determinerà un significativo aumento del traffico merci sulla linea Luino-Gallarate. Secondo le stime del CERTeT – università Bocconi infatti le spedizioni passeranno dalle oltre 300 mila attuali a più di 660 mila nel 2020. Un incremento reso possibile dalla circolazione di treni significativamente più lunghi, di 750 metri, che correranno ad un ritmo ben più frequente su questa tratta ferroviaria. Una stima di 90 viaggi giornalieri creerebbe notevoli disagi su una linea dove esistono ben 25 passaggi a livello, alcuni dei quali, come a Laveno-Mombello o a Luino, attraversano arterie di traffico fondamentali per assicurare i collegamenti di accesso ed uscita dai centri urbani. L'attraversamento delle città genererà anche un aumento dell'inquinamento acustico che sarà solo parzialmente ridotto nel 2020, quando all'interno della Confederazione Elvetica entrerà in vigore una nuova legislazione per ridurre il rumore del traffico merci ferroviario;
   la linea Luino-Gallarate ha un rilievo strategico per la circolazione del traffico merci del nostro paese. Già in questo momento vengono movimentate un numero di spedizioni paragonabile alla linea del Brennero che collega l'Italia all'Austria ed alla Germania, e la realizzazione dei «Corridoi 4 metri» con conseguente adeguamento alla Nuova trasversale ferroviaria alpina (AlpTransit) ne aumenterà la rilevanza. L'Italia è tradizionalmente chiusa dalle Alpi, ed il nostro sistema produttivo potrà aumentare la sua capacità di esportazione. Il sistema produttivo dell'area collegata ad AlpTransit esporta per 74.423 milioni di euro, il 19,1 dell’export italiano, come importa per 82.317 milioni di euro 21,7 per cento dell’import italiano. Essa ha una propensione all’export (export/PIL x 100) pari a 32,4 per cento, mentre in Italia la media è del 23,9 per cento, con un stesso di apertura [(importazioni+esportazioni)/valore aggiunto x 100] pari a 60,8 per cento, contro una media italiana del 48,5 per cento –:
   se le cifre stanziate dalla Confederazione elvetica e messe a disposizione di Rfi e dal Governo italiano siano adeguate a garantire la messa in sicurezza della linea ferroviaria Luino-Gallarate, soprattutto nelle tratte di attraversamento dei centri urbani;
   quale sia la dotazione finanziaria per mitigare l'impatto sui centri abitati dell'incremento del traffico merci, soprattutto per quanto riguarda l'inquinamento acustico e l'isolamento creato dalla perdurante chiusura dei passaggi al livello; quali siano gli interventi previsti per adeguare le infrastrutture viarie e di collegamento alla linea ferroviaria alla luce della realizzazione del «Corridoio 4 Metri»; quali siano le misure predisposte per l'adeguamento dei terminal ferroviari alla luce dell'incremento del traffico merci generato dall'entrata in pieno funzionamento di AlpTransit;
   quali siano gli impatti sul traffico passeggeri della linea Luino-Gallarate.
(5-02425)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILOZZI e PIAZZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane, a quanto risulta allo scrivente, il Dipartimento centrale di pubblica sicurezza ha presentato un progetto di razionalizzazione dei presidi territoriali degli Uffici della polizia di Stato, che consiste nella chiusura di sedi di commissariati di pubblica sicurezza, di posti di Polizia ferroviaria, di sezioni di polizia postale, delle squadre nautiche e di squadre a cavallo, per un totale di 261 uffici di polizia su tutto il territorio nazionale;
   tale progetto sarebbe già al vaglio di questori e prefetti competenti che dovranno valutarne la compatibilità ed esprimere un parere entro la prima metà di marzo 2014;
   l'iniziativa, sarebbe dettata esclusivamente da esigenze di bilancio, con l'obiettivo di risparmiare risorse da destinare ad attività allo stato ignote. Questo ulteriore taglio, ma sarebbe più giusto definirlo smantellamento, del sistema sicurezza nazionale, segue i recenti tagli lineari alle risorse economiche che dovrebbero assicurare piena funzionalità alla polizia di Stato;
   il taglio interesserà tutto il territorio nazionale, compresi i commissariati della provincia di Frosinone, destinati a subire una sorte che, a giudizio del sottoscritto, appare come un gravissimo errore in quanto riduce drasticamente i presidi di controllo su un territorio fortemente a rischio non solo per la criminalità comune – molto forte in questi ultimi mesi – ma anche per la massiccia presenza della criminalità organizzata;
   le conseguenze nefaste sulla qualità e l'efficienza del controllo di pubblica sicurezza da parte del progetto, è stata denunciata anche dal Coisp, il sindacato della polizia, che ha evidenziato i danni derivanti dalla possibile chiusura delle sezioni di polizia postale e dall'accorpamento di varie sezioni di polizia stradale;
   il Corpo di polizia è quello che, negli ultimi anni, è stato tra i più colpiti dai tagli alla spesa pubblica, con conseguenze oramai al limite della sopportabilità: mancanza di personale, taglio delle pattuglie su strada, difficoltà nell'approvvigionamento carburante e, ora, addirittura la chiusura delle sedi e l'accorpamento dei reparti;
   i commissariati di polizia sparsi sul territorio nazionale svolgono una fondamentale opera di prevenzione repressione dei reati –:
   se il Ministro si appresti effettivamente a varare un piano di razionalizzazione della spesa pubblica caratterizzato dalla chiusura di numerose sedi di commissariati di pubblica sicurezza, di posti di polizia ferroviaria, di sezioni di polizia postale, delle squadre nautiche e di squadre a cavallo;
   se non ritenga opportuno, al contrario, potenziare e dotare di maggiori risorse gli organi della polizia di Stato, impegnati nelle attività di prevenzione e repressione dei reati su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento a quei territori, quale la provincia di Frosinone, in cui la presenza della criminalità organizzata è un fenomeno oramai accertato giudizialmente. (4-04136)


   GUIDESI. —Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la circolare del Ministero dell'interno del 3 marzo 2014, recante il «Progetto di rimodulazione dei presidi della polizia di Stato» prevede la chiusura del 15,7 per cento per un totale di 266 presidi territoriali di polizia 11 commissariati di pubblica sicurezza, 4 nuclei artificieri, 74 di polizia ferroviaria, 72 di polizia postale, 27 di polizia stradale, 14 del settore frontiera, 50 della squadra nautica, 9 della squadra a cavallo e 5 della squadra sommozzatori;
   il 4 marzo 2014, il vice capo della polizia di Stato, prefetto Alessandro Marangoni, ha illustrato le linee guida del progetto di razionalizzazione delle risorse e dei presidi dalla polizia di Stato sul territorio nazionale è stato elaborato dal dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno attraverso due direttrici fondamentali: una, a carattere interno alla polizia di Stato, diretta, sostanzialmente, ad una ottimizzazione dei presidi delle quattro specialità stradale, ferroviaria, postale e di frontiera, l'altra, finalizzata ad una rivisitazione sul territorio della dislocazione dei commissariati di pubblica sicurezza, delle compagnie dei carabinieri e dei reparti speciali, a carattere sussidiario concentrate in alcune sedi;
   la razionalizzazione dei presidi stride con la necessità di aumentare e potenziare il livello di sicurezza su tutto il territorio nazionale, soprattutto in quelle province caratterizzate da una forte presenza di criminalità organizzata e con i maggiori indici di crimini consumati;
   il progetto non fa alcun riferimento a come sarà garantita la sicurezza dei cittadini laddove saranno soppressi i presidi di polizia;
   già oggi, nonostante l'encomiabile impegno delle forze dell'ordine, è evidente una cronica carenza di uomini, mezzi (e non un surplus come a giudizio dell'interrogante erroneamente evidenziato dai rapporto dal Ministero dell'interno) che comporta l'aumento di atti vandalici a negozi, automobili e persone proprio nella zona in cui operano i comandi oggetto della rimodulazione, da cui scaturisce, piuttosto, l'esigenza del mantenimento dei massimi livelli di sicurezza del territorio;
   gli investimenti per la sicurezza negli ultimi cinque anni sono stati ridotti di oltre 4 miliardi di euro e gli operatori della polizia di Stato sono passati dai 103 mila del 2003 ai 94 mila del 2013, con i contratti fermi al 2009, gli stipendi più bassi d'Europa e un tetto retributivo che per tutto il 2014 impedisce di guadagnare di più rispetto al 2010;
   nella sola Lombardia paiono assolutamente ingiustificate le chiusure di ben 19 presidi di cui 1 commissariato di pubblica sicurezza, 4 di polizia stradale, 4 di polizia ferroviaria, 1 del settore frontiera aerea, 2 della squadra nautica e ben 7 sezioni di polizia postale allorquando la stragrande maggioranza dei reati corrono quasi esclusivamente sulla rete;
   la provincia di Cremona, seppur non sia al momento interessata da ipotesi di chiusura di presidi di polizia, carabinieri e vigili del fuoco, presenta allo stato attuale diverse criticità inerenti alle strutture che ospitano tali presidi, in particolare quelli ubicati nella città di Crema;
   per i vigili del fuoco l'attuale caserma risulta inadeguata allo svolgimento del servizio preposto come da anni lo stesso comando provinciale di Cremona ha evidenziato, sia alle amministrazioni locali che al Ministero dell'interno;
   a titolo esemplificativo la situazione analitica dell'importante attività operativa svolta a favore della collettività nell'ultimo anno (2013) dalla sola polizia di Stato è così riassunta:
    le persone identificate sono state oltre 6.000, cioè più di 17 ogni giorno; le auto controllate sono state circa 2.500, circa sette il giorno, le notizie di reato avanzate sono state 1.150, le persone denunciate oltre 250, gli arresti 20 (contro i 37 della volta scorsa). Circa 300 le licenze per porto di fucile, oltre 2.500 le domande di passaporto evase e circa 2.800 le istanze di permesso di soggiorno inoltrate;
   sono numerosi gli appelli di tutte le sigle sindacali afferenti alle forze di polizia di Stato relativamente all'inadeguatezza e all'inopportunità di tale tipo di programmazione che inciderebbe negativamente sulla sicurezza e sull'ordine pubblico, sulla garanzia di sicurezza e, più in generale, di legalità –:
   se il Governo sia a conoscenza dell'utilità, ai fini della sicurezza e dell'ordine pubblico dei presidi di polizia di Stato, carabinieri e vigili del fuoco presenti nella città di Crema, nonché delle problematiche relative agli stabili nei quali sono gli stessi ubicati;
   quali siano le intenzioni ed i programmi per superare le criticità relative alle strutture che ospitano i presidi di Crema;
   quali siano i motivi economici e finanziari che giustificano chiusure, che, a giudizio dell'interrogante, colpiscono l'attività prettamente operativa di presidio del territorio, d'indagine, di prevenzione e repressione dei crimini;
   se il Governo ritenga compatibile con il contrasto al degrado e con la garanzia della sicurezza e dell'ordine pubblico nella provincia bresciana un provvedimento di razionalizzazione che, ad avviso degli interroganti, ridurrebbe sensibilmente le capacità nel campo della prevenzione del crimine per via informatica, del controllo delle locali acque lacustri, della strada e del monitoraggio delle frontiere, ovvero se non ritenga di potenziare le capacità di contrasto al crimine anche in vista dell'Expo 2015;
   se il Governo non ritenga opportuno rivedere il progetto di razionalizzazione che impone un drastico taglio ai presidi e alle sezioni della polizia di Stato in un momento in cui al contrario andrebbe rafforzata l'attività di controllo e prevenzione per fronteggiare l'emergenza immigrazione e il crescente tasso di criminalità.
(4-04144)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in queste ultime settimane, in ottemperanza alle disposizioni in tema di razionalizzazione delle risorse economiche e strumentali nelle pubbliche amministrazioni (la cosiddetta spending review) e a seguito del potenziamento degli organici nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 recante disposizioni per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, il Dipartimento nazionale ha redatto un progetto di riordino delle strutture centrali e territoriali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   questo progetto è stato consegnato alle organizzazioni sindacali lo scorso 6 febbraio 2014, nel corso di un confronto con il Sottosegretario di Stato delegato ed i vertici dell'amministrazione;
   lo stesso, dopo alcuni confronti con le parti e in conseguenza di osservazioni fatte pervenire dalle medesime è stato rimodulato e ritrasmesso lo scorso 7 marzo 2014;
   dalla lettura e dall'analisi scaturita, facendo menzione alla regione Sicilia, sono state riscontrate e denunciate incongruità e principi che non sono coerenti con la linea e gli indirizzi tendenti a garantire sull'intero territorio uno standard di sicurezza adeguato a fronteggiare i pericoli ed i rischi connessi alle peculiari caratteristiche del territorio regionale (sisma, tsunami, alluvioni, dissesto idrogeologico, vulcani, ecc.) agli incendi di bosco e di interfaccia e non ultimo quelli derivanti dalle attività industriali (poli petrolchimici di Milazzo, Siracusa e Gela);
   la lettura del progetto evidenzia, infatti, la riduzione dell'attuale dispositivo di soccorso e il rigetto delle reiterate richieste che da più parti chiedono di giungere all'effettiva autonomia del soccorso nell'isola;
   a fronte di un prospettato potenziamento di 1.000 unità che avrebbe dovuto garantire un rafforzamento della macchina dei soccorsi, non si sta procedendo a coprire il turn-over, ma si sta adottando un ridimensionamento degli organici dei comandi siciliani con una forte riduzione della dotazione organica del personale operativo e del personale appartenente al supporto amministrativo, tecnico e informatico;
   distaccamenti già decretati come permanenti, vengono declassati a distaccamenti volontari e successivamente vengono temporaneamente esclusi, poiché la loro apertura non è più ritenuta indispensabile nel breve periodo con la conseguente eliminazione dalle piante organiche del personale operativo originariamente previsto (vedi ad esempio i distaccamenti di Roccalumera, di Bagheria, di Cefalù o, ancora, Palagonia);
   inoltre, l'inaccettabile riduzione del personale del nucleo sommozzatori di Catania con la previsione di un organico di sole 14 unità che non consentirà di assicurare il soccorso nell'arco delle ventiquattrore;
   i due nuclei sommozzatori dell'isola, uno a Palermo con 28 operatori ed uno a Catania con soli 14 operatori, non potranno garantire medesimi standard di sicurezza e di operatività per tutto il territorio regionale considerando, dunque, di livello inferiore lo standard di sicurezza di cui potrà dispone la Sicilia orientale (province di Messina, Catania, Siracusa, Ragusa ed Enna), rispetto a quello assicurato dal nucleo sommozzatori di Palermo che potrà invece assicurare per la Sicilia occidentale (province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta) un operatività h24 potendo, infatti, dispone di 28 operatori;
   a ciò si è aggiunta la colpevole omissione della valutazione dei nuovi parametri definiti dall'emananda legge regionale che ha innalzato al rango di città metropolitane le città di Messina, Catania e Palermo, valutazione che avrebbe determinato, se tenuta doverosamente in conto, il potenziamento delle dotazioni organiche dei citati comandi;
   per questi e altri motivi la Confsal vigili del fuoco, sigla sindacale maggiormente rappresentativa, sta denunciando in questi giorni le omissioni e gli errori del nuovo piano di riordino del Corpo dei Vigili del fuoco;
   non è più accettabile che una regione come la Sicilia venga considerata nell'ambito del Corpo nazionale dei vigili del fuoco una regione di serie «C», attesa l'elevata professionalità del personale dei vigili del fuoco, la stima e la fiducia più volte espressa dalla popolazione e dalle istituzioni regionali e dal numero d'interventi di soccorso (mediamente circa 75 mila all'anno) che nell'ultimo decennio la vedono al primo posto davanti a regioni ritenute, forse a torto, più a rischio quali il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia e il Veneto;
   non è più accettabile che una regione come la Sicilia caratterizzata da rischi di origine naturale (sisma, alluvioni, dissesto idrogeologico, vulcanico, e altro) industriale e antropici veda una riduzione dei presidi sul territorio e della pianta organica;
   non è accettabile, a giudizio della Confsal e dell'interrogante, che una regione con una fortissima vocazione turistica e con i pericoli incombenti già descritti, non abbia ancora ottenuto l'improcrastinabile autonomia del soccorso che deve essere raggiunta attraverso l'adeguato potenziamento degli organici, dei mezzi e delle attrezzature;
   a tutt'oggi le azioni poste in atto dagli uffici centrali del dipartimento e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco hanno penalizzato le giuste aspettative della popolazione isolana e mortificato il lavoro svolto in silenzio, professionalità ed abnegazione dagli uomini e dalle donne dei Vigili del fuoco della regione –:
   quali iniziative di natura normativa e amministrativa intenda adottare il ministro interrogato affinché vengano apportate le opportune correzioni ed integrazioni al piano di riordino del Corpo nazionale del vigili del fuoco. (4-04147)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa pare che entro la prossima estate verranno soppressi circa 267 presidi di polizia in tutta Italia, secondo il piano di spending review per il comparto sicurezza formulato dal Ministro dell'interno;
   tra i probabili presidi di polizia colpiti dai drastici tagli disposti da suddetto piano, sembra che nella città di Siena sia prevista la chiusura di ben due uffici: la sezione di polizia postale e delle comunicazioni e la sezione di polizia ferroviaria;
   la polizia postale e delle comunicazioni è un ufficio di alta specializzazione nelle indagini informatiche, di fondamentale importanza in un contesto in cui sono sempre più in crescita i reati all'interno e per mezzo della rete internet, e, anche a scopo preventivo, ha fatto opera di informazione tra i giovanissimi con argomentate lezioni tenute anche all'interno degli istituti scolastici senesi;
   il posto di polizia ferroviaria sinora ha assicurato alla città di Siena il controllo del notevole flusso di persone che a vario titolo (turismo, lavoro) arrivano o transitano nella città, nonché dell'area circostante alla stazione ferroviaria;
   in questo particolare momento di difficoltà, in cui crisi e immigrazione clandestina contribuiscono ad aumentare il numero dei reati e delle situazioni a rischio, le forze dell'ordine e i loro presidi, già ridotti ai minimi termini a causa dei continui tagli al comparto sicurezza, andrebbero invece sostenuti e potenziati, non indeboliti o soppressi;
   non è chiaro quale sia il risparmio in termini economici che tale piano vuole conseguire, ma privare il territorio di importanti presidi che garantiscono la tutela della sicurezza e il contrasto alla criminalità di fatto andrà sicuramente a penalizzare ulteriormente i cittadini;
   c’è stata l'unanime condanna da parte delle organizzazioni sindacali, sia nel metodo che nel merito, delle «ipotesi di chiusura selvaggia dei presidi con il relativo trasferimento» del personale –:
   se il Ministro ritenga compatibile con i problemi di ordine pubblico a Siena il piano di soppressione dei presidi indicati in premessa, che ridurrebbe sensibilmente le capacità delle forze dell'ordine nel campo della prevenzione e del contrasto alla criminalità; se non si ritenga più opportuno rinunciarvi e potenziare il comparto sicurezza a Siena, in termini di nuove risorse sia strumentali che di personale, mediante l'utilizzo delle disponibilità del fondo unico di giustizia, promosso dal Ministro pro tempore Maroni e dove sono giacenti le somme sequestrate e confiscate ai mafiosi; quale sia l'ipotetico risparmio che si intende conseguire con tale piano e se tale ipotetico risparmio non sia comunque irrisorio o inutile se raffrontato alla drammatica situazione che si prospetta per i cittadini senesi in termini di sicurezza. (4-04152)


   PRATAVIERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lo sforzo profuso dall'intero comparto delle forze dell'ordine per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza è quotidiano; pur tuttavia, le piante organiche delle stesse forze dell'ordine sembrano risalire a decine di anni fa, quando le esigenze di tutela e della pubblica sicurezza erano indiscutibilmente diverse da quelle attuali;
   nonostante l'evoluzione della micro criminalità, legata negli ultimi anni anche a fenomeni sociali come il fenomeno dell'immigrazione straniera, il numero dei dipendenti in servizio alle locali forze di polizia appare in Veneto non coerente con quello previsto dalle richieste del territorio;
   da alcuni organi di stampa locali del Veneto si apprende l'intenzione del dipartimento per la pubblica sicurezza di riprendere in mano il progetto di razionalizzazione delle risorse già preannunciato qualche anno fa e, in particolare, si parlerebbe della chiusura di numerosi commissariati, della cancellazione delle squadre nautiche e di presidi della stradale oltre che di quelli della Polfer; tale progetto di razionalizzazione risulta già essere sul tavolo di questori e prefetti competenti che dovranno valutarne la compatibilità ed esprimere un parere entro la prima metà di marzo 2014;
   a quanto risulta alla data all'interrogante, in provincia di Venezia tale decurtazione porterà alla soppressione degli uffici del posto del distaccamento di polizia stradale a Portogruaro, dove verrà altresì soppresso il posto di polizia ferroviaria, della squadra nautica a Venezia, mentre il distaccamento polizia stradale di San Donà di Piave sarà elevato a sottosezione autostradale –:
   quale sia l'orientamento sulla vicenda descritta in premessa; di quali elementi disponga al riguardo e se non ritenga opportuno, anche in ragione della estrema preoccupazione di tutti i cittadini per il crescente aumento delle rapine e dei fenomeni di criminalità, rivedere il drastico taglio agli uffici di polizia sopra riportati i quali rappresentano oggi un punto di riferimento fondamentale per i cittadini, adottando idonee iniziative nell'ambito delle proprie competenze allo scopo di favorire un rafforzamento delle risorse umane a disposizione delle forze dell'ordine per il controllo del territorio del Veneto e, nello specifico, della provincia di Venezia. (4-04153)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALMIERI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con l'Avviso per la presentazione di Idee Progettuali per Smart Cities and Communities and Social Innovation di cui al decreto direttoriale prot. n. 391/Ric del 5 luglio 2012, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha assegnato 655,5 milioni di euro (di cui 170 milioni di euro di contributo nella spesa e 485,5 milioni di euro per il credito agevolato) per interventi e per lo sviluppo di città intelligenti su tutto il territorio nazionale;
   a quasi due anni dalla pubblicazione dell'avviso 391, sono finalmente state pubblicate a inizio febbraio 2014 le graduatorie definitive, con decreto direttoriale 13 febbraio 2014, n. 428, ultima tappa per l'avvio dei progetti;
   nella tabella allegata al provvedimento (Allegato 1), che costituisce parte integrante e sostanziale dello stesso, è riportato l'elenco dei progetti ammessi alle agevolazioni, come da graduatoria approvata con decreto del capo dipartimento del 31 ottobre 2013, n. 2057, con l'indicazione degli importi aggiornati a seguito della rideterminazione dei costi progettuali effettuata dagli esperti tecnico-scientifici;
   nella medesima tabella, in ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 7 comma 3 dell'Avviso 391/Ric nonché del decreto direttoriale del 31 ottobre 2013, n. 2057, i Progetti di Innovazione Sociale, di cui al decreto direttoriale n. 371 del 28 febbraio 2013 e al decreto direttoriale n. 1222 del 26 giugno 2013 sono strutturalmente e funzionalmente collegati all'interno dei progetti esecutivi, di cui costituiscono i workpackage formativi;
   dopo i provvedimenti di cui sopra, su questi progetti è ridisceso il silenzio, nella totale assenza di informazione ai destinatari da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   questi progetti sono strategici per la realizzazione dell'Italia Digitale, e coinvolgono moltissimi giovani che si domandano che fine hanno fatto i loro progetti approvati –:
   quando saranno finalmente prodotti i decreti per avviare ciascun progetto smart cities (e per i collegati progetti di social innovation), a distanza di quasi un anno dalla pubblicazione delle graduatorie dei progetti di social innovation, e di diversi mesi dalla pubblicazione della graduatoria per gli smart cities. (5-02430)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDASSARRE, BECHIS, COMINARDI, CHIMIENTI, RIZZETTO, ROSTELLATO, CIPRINI e TRIPIEDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla comunicazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato della regioni su «Piano d'azione imprenditorialità 2020», Bruxelles 9 gennaio 2013 emergono tre ambiti di intervento al fine del rilancio dell'imprenditorialità in ambito europeo: a) istruzione e formazione all'imprenditorialità in modo da sostenere la crescita e la creazione d'impresa; b) rafforzamento delle condizioni quadro per gli imprenditori rimuovendo gli attuali ostacoli strutturali e fornendo loro un aiuto nelle fasi cruciali del ciclo di vita dell'impresa; c) dinamizzazione della cultura dell'imprenditorialità in Europa: allevare la nuova generazione di imprenditori;
   dalla suddetta comunicazione emerge una prima linea d'azione suggerita: «Istruzione e formazione all'imprenditorialità per sostenere la crescita e la creazione di imprese»;
   dalla relazione emerge che l'investimento nell'educazione all'imprenditorialità è uno dei più produttivi che l'Europa può fare ed altresì emerge che tra il 15 per cento e il 20 per cento degli studenti che partecipano a un programma di miniimpresa nella scuola secondaria avvierà poi una propria impresa;
   dalla comunicazione suddetta emerge inoltre che la Commissione:
    a) svilupperà un'iniziativa paneuropea di apprendimento per l'imprenditoria che riunirà le fonti d'esperienza esistenti a livello europeo e nazionale (...);
    b) rafforzerà la cooperazione con gli Stati membri per verificare l'introduzione dell'istruzione all'imprenditorialità in ciascun paese sulla base delle esperienze reali e per coadiuvare le amministrazioni pubbliche che desiderino conoscere inter pares le esperienze che hanno
avuto buon esito;
    c) stabilirà, assieme all'OCSE, un quadro orientativo per incoraggiare lo sviluppo delle scuole di imprenditoria e delle istituzioni di IFP;
    d) promuoverà il riconoscimento e la convalida dell'apprendimento imprenditoriale in un contesto apprenditivo informale o non formale;
    e) diffonderà all'inizio del 2013 il quadro orientativo all'imprenditorialità per le università (...);
    f) appoggerà i meccanismi efficaci di creazione di imprese su impulso delle università (spin-off e altro) e gli ecosistemi emergenti università-imprese imperniati sulle grandi sfide societali;
   la Commissione inviata inoltre gli stati membri, tra cui l'Italia, a:
    a) assicurare che la competenza chiave «imprenditorialità» sia inserita nei curricula dell'istruzione primaria, secondaria, professionale, superiore e continua entro la fine del 2015;
    b) offrire ai giovani l'opportunità di fare almeno un'esperienza imprenditoriale pratica prima di lasciare la scuola dell'obbligo, come ad esempio gestire una miniimpresa, essere responsabili di un progetto imprenditoriale per un'azienda o un progetto sociale;
    c) dare impulso alla formazione all'imprenditorialità per i giovani e gli adulti (...);
    d) promuovere moduli di apprendimento in campo imprenditoriale per i giovani che partecipano ai programmi nazionali Garanzia per i giovani –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano far propri alcuni suggerimenti della Commissione e intraprendere iniziative per la modifica della normativa nazionale al fine di agevolare l'attuazione di tali suggerimenti;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, non ritengano di dover valutare con maggiore attenzione la possibilità di sviluppare meccanismi capaci di facilitare la nascita e lo sviluppo nella creazione di imprese (spin-off e altro) su impulso delle università e gli ecosistemi università-impresa che promuovono tali creazioni;
   se e quali interventi, i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendono intraprendere al fine di facilitare l'inserimento della «formazione all'imprenditorialità» nel tessuto dell'istruzione italiana. (4-04139)


   PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   «A norma dell'articolo 1, comma 1-bis della legge 143/2004, la permanenza, a pieno titolo o con riserva, nelle graduatorie a esaurimento avviene su domanda dell'interessato, da presentarsi entro il termine [...]. La mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione definitiva dalla graduatoria.»;
   l'articolo 1 comma 605 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento (GAE) «al fine di dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, di stabilizzare e rendere più funzionali gli assetti scolastici, di attivare azioni tese ad abbassare l'età media del personale docente»;
   nelle graduatorie ad esaurimento sono stati inseriti tutti i docenti, tranne coloro che, pur in possesso dell'abilitazione, non sono riusciti a far domanda per l'aggiornamento;
   di un centinaio di docenti esclusi dalle graduatorie ad esaurimento, alcuni di essi, sono riusciti ad ottenere il reinserimento, a seguito del ricorso presentato al giudice del lavoro, che ha emesso la seguente sentenza: «l'esclusione di coloro che non avevano dimostrato interesse per la permanenza nella graduatoria rimane invece disciplinata dalla legge previgente senza che la nuova apporti modifiche al sistema della rinnovazione della domanda» e rileva che «nella specie non esiste alcuna impossibilità di contemporanea applicazione tra la previsione generale del carattere ad esaurimento delle graduatorie e la disposizione che consente il reinserimento in graduatoria di chi già avesse maturato il diritto all'inserimento in graduatoria e ne sia stato cancellato soltanto per non aver presentato tempestiva domanda di aggiornamento» convenendo che «la disposizione di cui all'articolo 1 comma 1-bis decreto-legge n. 97/2004, nel disciplinare l'onere di presentazione della domanda di aggiornamento della posizione in graduatoria e le conseguenze della mancata ottemperanza a tale onere costituisce in realtà norma speciale – per quanto riguarda questo specifico adempimento – rispetto alla norma generale che stabilisce il carattere ad esaurimento delle graduatorie»;
   le graduatorie ad esaurimento non prevedono nuovi ingressi;
   i docenti in questione appartengono al personale precario e che per essi il permanere nelle graduatorie in questione costituisce residua, anzi estrema possibilità di accedere al mondo del lavoro, sicché è davvero ingiusta la cancellazione definitiva dalle graduatorie;
   molti docenti che sono stati esclusi, per non aver prodotto domanda di aggiornamento nel periodo prescritto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, stanno ottenendo il reinserimento, a seguito di sentenze favorevoli emesse dai giudici del lavoro, altri che non hanno la possibilità di adire le vie legali saranno, invece, penalizzati;
   l'articolo 3 della Costituzione recita: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (..) impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» –:
   se, alla luce di quanto esposto, non ritenga opportuno dare un'ultima possibilità a coloro che, pur in possesso dell'abilitazione e dei titoli all'insegnamento, non abbiano provveduto, per motivate ragioni, a far domanda per l'aggiornamento delle graduatorie permanenti, anche in considerazione che diversi giudici del lavoro hanno definito eccezionale l'onere di presentazione di tale adempimento da parte di coloro che già erano stati inseriti. (4-04140)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'importanza degli ammortizzatori sociali in deroga quale unica forma di sostegno al reddito in favore di lavoratori dipendenti da imprese escluse dalla normativa generale sugli ammortizzatori sociali è comunemente riconosciuta, specie in questo periodo di grave crisi economica che ha colpito duramente le piccole e medie imprese, fondamento della nostra economia;
   secondo quanto riportato dalla stampa, il Presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, ha lanciato il grido di allarme sulle risorse per la cassa in deroga: «manca un miliardo, se non arriva, migliaia di lavoratori lombardi saranno licenziati»;
   in particolare, il presidente Maroni, al termine delle riunione tra la Conferenza delle regioni ed il Governo sul tema delle riforme, ha spiegato che la regione ha fatto tutto il possibile, anticipando le somme assegnate dal Governo e che si sta pagando la cassa del 2013 con le risorse del 2014, perché mancano gli stanziamenti da parte dell'esecutivo;
   lo stesso Ministro del lavoro Poletti, nei giorni scorsi, ha dichiarato che la cassa integrazione in deroga necessita di un miliardo in più rispetto alle risorse destinate dal bilancio per l'anno 2014, riconoscendo l'esistenza del problema –:
   se il Governo non intenda dare priorità alla soluzione della problematica in premessa, sciogliendo con urgenza il nodo del reperimento delle risorse. (5-02426)

Interrogazione a risposta scritta:


   BALDASSARRE, BECHIS, COMINARDI, CHIMIENTI, RIZZETTO, ROSTELLATO, CIPRINI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che -
   come segnalato dall'interrogante in una precedente interrogazione a risposta scritta, la n. 4-03390, la procura della Repubblica di Roma sta indagando su Antonio Mastrapasqua per presunte cartelle cliniche «truccate» al fine di gonfiare rimborsi in favore dell'ospedale Israelitico di Roma diretto dallo stesso signor Antonio Mastrapasqua;
   dopo l'evento suddetto, come si apprende da organi di stampa, Antonio Mastrapasqua si sarebbe dimesso da alcuni incarichi che ricopriva, tra i quali: presidente INPS, consigliere e presidente del consiglio di amministrazione di IDEAFimit società di gestione del risparmio Spa, sindaco di Coni Servizi Spa e consigliere e vicepresidente del consiglio d'amministrazione di Equitalia Spa;
   è altresì noto, e ricordato frequentemente da vari organi di stampa, come i manager e dirigenti pubblici, solitamente, al termine del loro incarico, percepiscano «buonuscite» di notevole rilievo economico, molte volte nella misura di svariati milioni di euro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti;
   se il Ministro interrogato possa fornire la cifra esatta che dovrebbe spettare ad Antonio Mastrapasqua, nella forma di «buonuscita» ovvero altre erogazioni monetarie, a seguito delle sue dimissioni, sia per quanto concerne l'incarico rivestito in INPS, sia per tutti gli ulteriori incarichi ricoperti in enti di natura pubblica.
(4-04142)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI, OLIVERIO, TERROSI, CARRA, TENTORI, COVELLO, VENITTELLI e ANTEZZA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di ottobre 2013 una delicata indagine condotta dalla Guardia di finanza presso i Centri di assistenza agricola sull'intero territorio nazionale, ha portato al sequestro di circa 50.000 fascicoli di aziende agricole vere o presunte riguardanti irregolarità nella percezione dei contributi politica agricola comune;
   fra le ipotesi di irregolarità riscontrate due sarebbero le più ricorrenti ovvero 8.000 aziende avrebbero dichiarato contratti di affitto o comodato d'uso con persone decedute, 7.000 casi si riferiscono a aziende che avrebbero denunciato terreni in realtà di proprietà di enti pubblici, per altri si tratterebbe solo di piccole irregolarità amministrative che non si configurerebbero come vere e proprie violazioni di legge (ad esempio, successioni prolungatesi nel corso degli anni prima della definizione);
   nella vicenda risultano coinvolti anche cinquecento soggetti che hanno inserito nella domanda per ottenere i contributi della politica agricola comune terreni confiscati alla criminalità organizzata;
   il sequestro ha portato come immediata conseguenza al congelamento dei contributi per tutte le aziende oggetto del sequestro dei fascicoli aziendali, ma a distanza di cinque mesi dall'avvenuto sequestro alle imprese interessate, a quanto consta agli interroganti, non sarebbe stato notificato alcun addebito o irregolarità dagli organi di polizia giudiziaria;
   le imprese agricole interessate stanno attualmente vivendo la pesante conseguenza del blocco dei pagamenti, quantizzato in oltre 290 milioni di euro, che va ad aggravare una situazione economica già molto pesante anche a seguito dei danni derivati da eventi atmosferici ripetuti che in molti casi ha distrutto oltre il 50 per cento della produzione;
   è indubbio che eventuali violazioni e abusi devono essere perseguiti, recuperando i contributi indebitamente percepiti ma è altrettanto necessario che si faccia chiarezza al più presto sulla vicenda per evitare che una sospensione così vasta e generalizzata di tutti i pagamenti rischi di penalizzare in modo grave e indiscriminato, e in qualche caso irreversibile, la condizione di imprese potenzialmente in regola o che risultino interessate da irregolarità non gravi;
   risulta all'interrogante che siano intercorse varie comunicazioni tra Agea e gli organi pagatori regionali al fine di concordare un unico metodo di verifica da effettuare nonché sulle decisioni necessarie al fine di giungere allo sblocco dei contributi, anche in virtù della vastità dei fascicoli sequestrati e degli organismi pagatori interessati;
   gli organismi pagatori di Emilia Romagna, Calabria, Piemonte, Toscana, Veneto, Lombardia, Trento e Bolzano, hanno trasmesso al direttore generale di Agea, al commissario straordinario della medesima Agenzia, al direttore delle politiche europee e dello sviluppo rurale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali Giuseppe Blasi, al coordinatore delle regioni, ai CAA nazionali, una lettera, con la quale si richiamano le difficoltà e le proteste di molte imprese agricole segnalando la possibilità che buona parte delle proteste potrebbero evolvere «in contenziosi legali con l'accusa di abuso di potere e violazione delle norme sui procedimenti amministrativi, cui gli OP non avrebbero motivazioni per opporsi (a conferma si cita la recente ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria sezione misure di prevenzione, emanata il 21 gennaio 2014)»;
   al fine di scongiurare tale ipotesi, e fatte salve le situazioni di non conformità per le quali dovranno essere effettuati tutti i procedimenti dovuti attraverso sanzioni e recupero, gli organismi pagatori hanno chiesto di poter riprendere le attività di erogazione contestualmente alle verifiche documentali;
   la lettera chiede con forza di porre in essere ogni azione per poter stabilire definitivamente entro la data del 31 marzo 2014, se esistano i presupposti per proseguire il blocco (tramite comunicazione da parte degli organi giudiziari), oppure procedere allo sblocco dei pagamenti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda sopra esposta e delle determinazioni assunte da regioni ed organismi pagatori;
   se sia consapevole della gravità della situazione a seguito della quale le aziende agricole interessate rischiano il blocco delle proprie attività per effetto dei mancati pagamenti;
   quali siano, nel rispetto dell'autonomia delle autorità giudiziarie titolari dell'indagine, le indicazioni che intende assumere e fornire ad Agea in merito alla questione al fine di tutelare le imprese agricole che hanno agito correttamente o che sono interessate da irregolarità non gravi. (5-02429)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'INCECCO, LENZI, PAOLA BRAGANTINI, SBROLLINI, CAPONE, CASATI, AMATO e MURER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'epatite C è una infiammazione del fegato dovuta da una infezione causata dall’Hepatitis C virus (HCV). L'HCV è trasmesso principalmente a contatto diretto con il sangue infetto attraverso trasfusioni di sangue e presidi medici non sterilizzati, incluso lo scambio di siringhe legato all'uso di droghe per via endovenosa;
   fino ad oggi sono state identificate sette varianti virali dell'HCV, con diverso genotipo, numerati da uno a sette. Il genotipo 1 è responsabile di circa il 60 per cento delle infezioni globali, è il più diffuso in Italia ed è la forma più difficile da curare;
   l'infezione da virus C generalmente determina una infiammazione del fegato che evolve in forma cronica, stimola la fibrosi e, persistendo, provoca la cicatrizzazione del fegato e l'evoluzione in cirrosi;
   l'ulteriore evoluzione della cirrosi (per la progressiva perdita di tessuto epatico) conduce allo scadimento della funzione del fegato e alla comparsa di insufficienza epatica. Inoltre la cirrosi può essere complicata da ipertensione portale con la comparsa di varici esofagee e gastriche ad alto rischio emorragico e dal cancro del fegato. Il trapianto rappresenta per alcuni pazienti (e non per tutti) l'unica soluzione (spesso temporanea) per la gestione di questa malattia;
   l'obiettivo terapeutico è quindi la eradicazione del virus, che determina una regressione del danno epatico eventualmente instauratosi; ciò vuol dire cura;
   l'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di persone positive al virus dell'HCV, con più del 50 per cento dei 50.000 nuovi casi che si registrano ogni anno tra i maggiori Paesi europei (UK, Francia, Germania, Spagna ed Italia);
   si stima che circa 1.700.000 italiani sono affetti da HCV e che solo 300.000 sono diagnosticati. Da dati epidemiologici emerge inoltre che si registrano 16.000 morti all'anno per HCV contro i 1.000 morti per HIV e che il 50/60 per cento degli epatopatici cronici sono HCV positivi;
   la patologia colpisce in modo differente tra il nord e il sud, dove circa 7 persone su 100 hanno la patologia; purtroppo, in alcune aree della Campania, Puglia e Calabria si arriva quasi ad una epidemia, con punte fino al 20 per cento;
   una conseguenza dell'alta diffusione della patologia in Italia è il fatto che l'Italia è il paese che ha la più alta incidenza di epatocarcinoma (cancro del fegato) come conseguenza della malattia e che più della metà dei trapianti di fegato correlati al virus C realizzati in Europa sono effettuati in Italia;
   il numero dei trapianti di fegato correlati alla infezione HCV è di circa 900 all'anno; il costo del singolo trapianto si aggira oggigiorno a circa 100.000 euro;
   fino al 2012 le persone con epatite C potevano essere curate solo con una terapia a base di due farmaci (Interferone e Ribavirina, la cosiddetta «duplice terapia»), della durata variabile dalle 24 settimane all'anno e mezzo; solo un numero limitato di persone potevano beneficiare di tale terapia, sia perché gravata da importanti effetti collaterali, sia per la limitata efficacia soprattutto sul genotipo prevalente in Italia; ed infine, considerato che per gli altri pazienti non erano disponibili terapie alternative, c'era un inevitabile rischio di progressione della malattia;
   dall'inizio del 2013 sono disponibili anche in Italia le «triplici terapie» costituite dai farmaci della duplice più un farmaco che, se da un lato migliora le potenzialità di cura, dall'altro è accompagnato da un maggior numero di effetti collaterali che ne limitano ulteriormente l'utilizzo, peraltro già indirizzato al solo genotipo 1;
   ad ottobre del 2010 l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha pubblicato un report tecnico dal titolo Surveillance and prevention of hepatitis B and C in Europe –:
   a che punto sia l'approvazione del piano nazionale per le epatiti e l’iter del finanziamento per la sua realizzazione, considerando che l'Italia è uno degli ultimi Paesi in Europa in cui deve essere ancora attuato;
   quali siano le misure che intende intraprendere per garantire la prevenzione e cura dell'HCV;
   se sia possibile quantificare le risorse messe a disposizione per la cura dell'HCV, in particolare se s'intendano assumere iniziative per creare un budget per patologia considerando il prossimo arrivo sul mercato di farmaci che potranno eradicare la patologia;
   se si procederà all'inserimento nei livelli essenziali di assistenza delle epatiti, con particolare riferimento all'HCV, che rappresenta una malattia con una epidemiologia importante. (5-02428)


   DE ROSA, GALLINELLA, BUSTO, TERZONI, SEGONI, ZOLEZZI, MANNINO e DAGA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (CE) 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla commercializzazione di prodotti fitosanitari riguarda l'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e va a sostituire la direttiva 91/414/CEE;
   esso si applica ai prodotti fitosanitari in commercio, alle sostanze attive, ai sinergizzanti e ai coadiuvanti in essi contenuti;
   l'attuale sistema è basato sull'approvazione a livello europeo delle sostanze attive e sull'autorizzazione a livello nazionale dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive approvate;
   i prodotti fitosanitari possono essere immessi in commercio ed utilizzati solo se autorizzati dal Ministero della salute;
   il Ministero della salute si avvaleva, a tale scopo, di una commissione consultiva (al momento abrogata) che forniva i pareri a supporto sulle richieste di immissioni in commercio a seguito di una analisi sulla documentazione presentata;
   la commissione consultiva per i prodotti fitosanitari, presieduta dal Ministro o da un suo delegato, forniva pareri tecnico-scientifici sugli aspetti relativi all'efficacia agronomica, alle proprietà chimico-fisiche, alla tossicologia (mutagenesi, cancerogenesi e teratogenesi), all'esposizione dell'operatore, alla ecotossicologia e al destino ambientale per la registrazione di prodotti fitosanitari;
   tale commissione costituiva per il Ministero un organismo tecnico-scientifico per assolvimento dei compiti previsti dalla normativa. A tale organo partecipavano i rappresentanti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, oltre a numerosi esperti;
   l'iter procedurale che porta all'autorizzazione per l'immissione in commercio di prodotti fitosanitari, dovrebbe garantire la tutela di aspetti fondamentali come la sicurezza dell'operatore, degli alimenti, degli animali e dell'ambiente, tuttavia del regolamento (CE) 1107/2009 prevede la possibilità di autorizzare, per un periodo limitato, l'immissione in commercio e l'impiego di prodotti fitosanitari in deroga ai requisiti di sicurezza sanitaria e ambientale stabiliti dall'articolo 28 dello stesso regolamento, quando pericoli di carattere fitosanitario non altrimenti controllabili lo richiedano (cosiddetti «autorizzazioni eccezionali»);
   negli ultimi anni, il ricorso a questa procedura in Italia è stato crescente: si è passati da 16 prodotti nel 2012 a 27 nel 2013;
   il numero previsto per il 2014 è di gran lunga superiore e anomalo a quello registrato negli anni scorsi, essendo, a tutt'oggi, oltre 50 le istanze di «autorizzazioni eccezionali». In alcuni casi ogni anno si vedono reiterare le stesse richieste per gli stessi prodotti e le stesse colture;
   la maggior parte di queste sostanze attive non sono più autorizzate nell'Unione europea (esempio 1,3-dicloropropene, cloropicrina, propanile, e altri), e questo meccanismo consente di bypassare il sistema autorizzativo e i relativi passaggi di verifica dell'impatto (ambientale e sulla salute) non essendo, le richieste, corredate della adeguata documentazione. Tuttavia anche in questo caso venivano chiamati ad esprimersi i componenti della commissione consultiva;
   analizzando la situazione degli altri Stati membri, Francia e Portogallo (i Paesi che sono ricorsi maggiormente a questo tipo di autorizzazioni) già nel 2011, erano scesi rispettivamente a 32 e a 30 autorizzazioni eccezionali;
   solamente sul riso, in Italia, nel 2013 sono stati autorizzati in via eccezionale ben 3 prodotti (in tutti e tre i casi vietati);
   uno dei casi di «autorizzazione eccezionale» che ha suscitato maggiore scalpore è stato quello dell'Aviozolfo e dell'Aviocaffaro che sono state autorizzate ogni anno dal 2007 con l'irrorazione aerea, nonostante della composizione di questi due prodotti si conosca solo una parte (25 per cento dell'Aviocaffaro e 85 per cento dell'Aviozolfo perché non dichiarate nelle schede di sicurezza);
   inoltre, quando un Stato membro concede una «autorizzazione eccezionale» dovrebbe trasmettere alla Commissione europea le informazioni sulle dosi, sulle aree trattate e sui risultati del monitoraggio effettuato a seguito dell'utilizzo del prodotto in questione;
   su tale argomento la Commissione europea ha prodotto un documento «Working document on emergency situations according to article 53 of regulation (EC) 1107/2009» (documento SANCO/10087/2013) nel quale sono fornite le indicazioni di cui si dovrebbe tenere conto al momento dell'esame delle richieste per i suddetti usi in deroga;
   da tale documento emerge chiaramente che l'interesse che deve prevalere è quello della protezione dell'ambiente e della salute umana e viene evidenziato come il regolamento 1107/2009 abbia, tra le altre, la funzione di tutelare il mercato interno attraverso l'armonizzazione delle procedure adottate dagli Stati membri per l'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per regolamentare restrittivamente l'utilizzo delle autorizzazioni ai sensi dell'articolo 53 del regolamento (CE) 1107/2009;
   quali siano le ragioni che hanno portato all'abrogazione della commissione consultiva per i prodotti fitosanitari citata in premessa e se non intendano assumere iniziative per ripristinare tale organo o un alternativo ed efficace strumento di controllo che definisca in maniera chiara i criteri con cui viene ammesso in commercio il prodotto fitosanitario e quelli con cui ne viene definita l'assegnazione della classe di rischio, al fine di delimitare il ricorso all'uso di prodotti fitosanitari, in deroga ai requisiti di sicurezza sanitaria e ambientale, solo a specifiche e ristrette situazioni di emergenza documentata, espressamente limitate ai casi di evidente pericolo per la produzione agricola o per gli ecosistemi, non controllabili in altri ragionevoli modi, circoscrivendo la concessione di tali eccezioni al rispetto di requisiti necessari per garantire la tutela della salute umana e dell'ambiente previsti dal citato regolamento;
   se siano stati trasmessi alla Commissione europea tutti i dati relativi agli effetti dell'autorizzazione eccezionale di tutti i prodotti autorizzati e, in caso positivo, se ci siano stati riscontri da parte della Commissione stessa. (5-02433)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da una notizia apparsa nell'edizione di Bari, del Corriere del Mezzogiorno del 18 marzo 2014, si apprende che vi sarebbero dei medici, in servizio presso la ASL di Lecce, che si rifiuterebbero di fare lo screening mammografico o scoraggerebbero le donne dal fare il test;
   la denuncia è stata fatta dal Comitato consultivo misto dell'Asl di Lecce, l'organismo di controllo della qualità dei servizi sanitari istituito dalla legge regionale n. 25 del 2006;
   secondo Rita Tarantino, referente per la senologia nell'ambito del Comitato: «Siamo di fronte a un fatto di una gravità inaudita. Diversi medici si rifiutano di fare lo screening mammografico alle donne dai 50 ai 69 anni che, secondo la norma, vi si devono sottoporre a scopo preventivo ogni due anni. Nel migliore dei casi essi stessi scoraggiano le utenti invitandole a prenotare la mammografia al Cup, fuori dall'attività di screening. Spesso, però, accade che, a causa delle lunghe liste d'attesa, l'esame non si riesce a fare entro il termine di un anno, come promesso, e la donne si vedono costrette a optare per la visita a pagamento in regime di intramoenia, magari fatta dallo stesso professionista che ha sconsigliato lo screening. E da tempo che denunciamo questa situazione ma nulla sta cambiando, malgrado il direttore generale abbia annunciato provvedimenti a carico dei medici» –:
   se non si ritenga necessario, nell'ambito delle proprie competenze, visti gli episodi di diniego di fornire una prestazione che fa parte dei livelli essenziali di assistenza e quindi da considerarsi obbligatoria, assumere iniziative presso tutte le sedi competenti al fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza e tutelare il diritto ad usufruire di tale prestazione da parte delle donne del territorio interessato. (4-04146)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   13 marzo 2014 i vertici del ramo italiano dell'azienda finlandese Wärtsilä – specializzata nella produzione e fornitura di impianti per il settore navale – hanno consegnato ai rappresentanti sindacali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm il nuovo piano industriale;
   il documento prevede, come riportato da un articolo pubblicato il 14 marzo 2014 dal quotidiano Il Piccolo e intitolato «Trieste, mazzata-Wärtsilä: confermati 130 esuber», che il gruppo finlandese intende procedere al taglio strutturale del 10 per cento delle risorse lavorative presenti negli stabilimenti italiani;
   nel nostro Paese una delle sedi principali della società è presente a Bagnoli della Rosandra (Trieste) ed occupa 1.150 dipendenti sui circa 1.350 impiegati in tutt'Italia, circostanza che fa presumere come il taglio dei posti di lavoro sarà concentrato in questo stabilimento;
   nel mese di novembre 2013 l'azienda Wärtsilä aveva comunicato ai sindacati l'intenzione di richiedere la cassa integrazione per 600 dipendenti, successivamente ridotti a 550, scattata effettivamente dal 13 gennaio 2014 per un massimo di 13 settimane;
   il 4 aprile 2014 è previsto il confronto tra i rappresentanti aziendali e i sindacati per esaminare principalmente il merito delle eccedenze previste dal piano industriale;
   sulla grave situazione che riguarda la società Wärtsilä e, più in generale, la cantieristica navale a Trieste, l'interrogante, in data 17 dicembre 2013, ha presentato un'interrogazione a risposta scritta n. 4-02963 indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   nell'atto summenzionato si chiedeva l'attivazione di un tavolo di confronto immediato tra Fincantieri, l'autorità portuale di Trieste, gli enti locali competenti, i rappresentanti sindacali e delle aziende del settore navalmeccanico e delle riparazioni navali di Trieste per elaborare e avviare immediatamente una politica industriale di sviluppo a tutela del livello occupazionale e per il rilancio del comparto;
   il 18 marzo 2014 in risposta all'interrogazione n. 5-02047 a firma Rizzetto e Prodani svolta nella X Commissione, il sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali Franca Biondelli ha fatto presente che dei 130 esuberi annunciati da Wärtsilä ben 120 riguarderanno lo stabilimento di Trieste;
   la crisi occupazionale del settore navalmeccanico triestino desta preoccupazione per le gravi ripercussioni occupazionali e sociali –:
   quali iniziative saranno adottate dai Ministri interrogati per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali delle sedi italiane di Wärtsilä e se s'intenda attivare immediatamente, presso il Ministero dello sviluppo economico, un tavolo di confronto tra le parti interessate. (5-02427)


   FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel verbale di accordo sottoscritto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il 21 dicembre 2011 tra Fincantieri e sindacati, si conveniva sull'esigenza di proseguire una gestione non traumatica delle eccedenze occupazionali derivanti dal piano di riorganizzazione quantificabili in 1.243 unità in esubero e, pertanto, sulla richiesta della cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore in favore di un numero massimo di 3.670 unità lavorative, individuati secondo le esigenze tecnico-organizzative produttive aziendali e, dunque, con meccanismi di rotazione;
   risulta, invero, all'interrogante che tale rotazione prevista dagli accordi sindacali non sia stata correttamente attuata, sebbene i sindacalisti a mezzo di comunicati dichiaravano di essere vigili alla rotazione di tutto il personale;
   l'accordo unitario raggiunto a Palermo il 12 gennaio 2013 superava l'accordo separato del 21 dicembre 2011, cancellando gli esuberi nel cantiere siciliano attraverso l'impegno di Fincantieri di riassorbire tutti i lavoratori nel ciclo produttivo, escludendo il ricorso a cassa integrazione guadagni straordinari a zero ore e prevedendo l'impiego prioritario del personale interno, nonché il ridimensionamento del ricorso agli appalti;
   di contro, per quanto concerne lo stabilimento di Monfalcone, nonostante nella riunione del 27 aprile 2012 si stabiliva che l'esternalizzazione delle lavorazioni era strettamente relativa alla costruzione 6224, in data 25 marzo 2013 la società comunicava di aver affidato in appalto le lavorazioni dei blocchi relativi alla cattedrale della costruzione 6231;
   con riguardo, invece, allo stabilimento di Ancona, in data 10 luglio 2013 veniva data la notizia dai sindacati di un segnale positivo del trend aziendale dato da settanta nuove assunzioni con prospettiva di farne altrettante, sebbene nella medesima data venisse firmato un nuovo accordo di cassa integrazione per Fincantieri che riprendeva e riportava in sostanza tutte le condizioni già previste in quello del 2011;
   sembrerebbe, per quanto risulta all'interrogante, che Fincantieri non abbia seguito negli ultimi anni una condotta lineare e cristallina nella gestione degli esuberi e nell'attuazione del piano di riorganizzazione;
   da segnalazioni pervenute all'interrogante risulterebbe che dal novembre 2012 al febbraio 2014 la società Fincantieri – stabilimento di Monfalcone – utilizzi personale proveniente da Castellammare di Stabia, Palermo e Ancona (con passaggi di ruolo da operaio a capo-prodotto ramo impiegatizio) concedendo un indennizzo di superminimo individuale;
   l'utilizzo di personale proveniente da altre sedi con propri dipendenti in cassa integrazione potrebbe profilare, ad avviso dell'interrogante, una situazione di dubbia regolarità nei riguardi dell'Inps per la richiesta di ammortizzatore sociale e al contempo comportare un effetto discriminatorio nei riguardi dei lavoratori posti in cassa integrazione;
   non si dovrebbe far ricorso ad ammortizzatori sociali in presenza di utilizzo di maestranze provenienti da altre sedi e di utilizzo di appalti e sub-appalti con un insieme di lavoratori pari a 5.000 unità; invero la società dovrebbe mantenere l'impegno assunto negli accordi sottoscritti di dar lavoro agli interni, cioè ai diretti dipendenti dello stabilimento di Monfalcone e solo in caso di surplus di lavoro offrire lavoro in appalto –:
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per verificare se trovi conferma quanto esposto in premessa e chiarire l'operato di Fincantieri nel processo di riorganizzazione, specie con riguardo ai lavoratori dipendenti dello stabilimento di Monfalcone;
   se, in particolare, corrisponda al vero che la società Fincantieri, a fronte della richiesta di cassa integrazione per gli operai dello stabilimento di Monfalcone, utilizzi al loro posto personale in trasferta con indennità di superminimo individuale, addirittura con passaggio di mansione da operaio a capo-reparto, proveniente dai cantieri di Castellammare di Stabia, Palermo ed Ancona;
   se, per quanto di competenza, intendano verificare la corretta erogazione della cassa integrazione e se la società abbia dato seguito correttamente agli accordi sindacali con riguardo alla rotazione;
   quali azioni di propria competenza intendano intraprendere al fine di garantire che Fincantieri attui una gestione interessata alla salvaguardia e allo sviluppo del gruppo industriale per la difesa della cantieristica e di tutti i lavoratori, operandosi per tenere lontana la società da una gestione, ad avviso dell'interrogante non corretta, che porta ad una discriminazione di taluni dipendenti a vantaggio di altri ed al ricorso secondo l'interrogante improprio a manodopera delle ditte in appalto e subappalto. (5-02431)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si è conclusa pochi giorni fa la prima edizione 2014 di MICAM, il salone internazionale leader del settore calzaturiero promosso da Assocalzaturifici Italiani;
   in merito all'andamento nell'anno passato del settore, che è uno dei più importanti d'Italia anche per la sua capacità di penetrazione nei mercati esteri, è emerso come, pur tra mille difficoltà, prima delle quali il calo persistente del mercato italiano, esso abbia tenuto con la produzione cresciuta in valore del 3,3 per cento arrivando a 7,36 miliardi, mentre l'aumento in volume è stato leggermente inferiore, dell'1,8 per cento, segno di un ulteriore innalzamento del prezzo medio delle calzature;
   quanto alle previsioni per il primo semestre del 2014, l'ufficio studi di Assocalzaturifici in base a interviste condotte tra i produttori associati prevede una sostanziale stabilità del settore, anche se un'azienda su cinque (il 22 per cento dei rispondenti) continua a indicare contrazioni;
   il calzaturiero è un settore che vede tra i territori più produttivi e con maggiori capacità di espansione sui mercati esteri quello della provincia di Barletta, Andria e Trani (BAT);
   come riportato dalla stampa locale, i maggiori imprenditori calzaturieri della BAT presenti a MICAM hanno indicato in particolare tre priorità per far sì che il settore, pur nelle difficoltà di una situazione economica molto difficile, possa non solo mantenere un buon livello di produzione e commercializzazione, ma anche porre le basi per un ulteriore rilancio;
   tali priorità sono: lotta alla contraffazione; sostegno all'internazionalizzazione; accesso al credito;
   a parere dell'interrogante, alla luce dell'importanza storica e dell'incidenza economica del settore sul Pil italiano, tali priorità hanno valore strategico per l'intero «sistema Paese» e meritano azioni e politiche di livello adeguato –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, nel più ampio contesto delle politiche nazionali in favore della competitività dell'imprenditoria italiana che è la spina dorsale del sistema produttivo, per sostenere lo strategico settore del calzaturiero;
   se, con specifico riferimento alle tre priorità indicate in premessa, il Governo stia portando avanti, o abbia intenzione di farlo, specifiche azioni. (4-04137)


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 23 settembre 2011 la procura della Repubblica di Termini Imerese ha chiesto l'archiviazione del procedimento penale n. 1293/10 nei confronti del dipendente di Poste Italiane Mario La Russa, attivato per fatti d'ufficio in relazione ad operazioni di cassa che avrebbero comportato un ingiusto profitto;
   nel 2012 l'utente danneggiata, Agostina Sapienza, si è recata presso l'ufficio ispettivo di Palermo per un colloquio con l'ispettore Alessandro Carollo, il quale verificata sollecitamente la fondatezza dei fatti reclamati, ha informato le autorità competenti;
   le attività espletate hanno consentito di fare luce sugli accadimenti e l'apertura del procedimento penale n. 2635/12 che vede quale imputato Mario La Russa, poi estromesso da Poste Italiane;
   il 28 maggio e il 25 giugno 2013, lo studio legale Granozzi, cui la società affida la trattazione dei contenziosi in Sicilia, pur disponendo di un'autonoma struttura di avvocati interni, citava l'ispettore Carollo e Agostina Sapienza a rendere testimonianza davanti al giudizio del lavoro;
   la signora Sapienza, a proprie spese, ha presenziato in entrambe le date;
   il 1o luglio 2013, la signora Sapienza ha inviato una diffida all'amministratore delegato ed al presidente atteso che non aveva ancora ricevuto il mal tolto –:
   di quali iniziative disponga in merito a quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative si intendano intraprendere affinché l'utente Agostina Sapienza venga risarcita ponendo fine alla sconcertante vicenda. (4-04159)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Pellegrino e altri n. 1-00012, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Airaudo, Marcon, Paglia.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
   interrogazione a risposta orale Sottanelli n. 3-00432 dell'11 novembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04157.